XIV Legislatura - Dossier di documentazione
Autore: Servizio Studi - Dipartimento bilancio
Titolo: Finanziaria 2005 - Lavori preparatori al Senato - A.S. 3223-A - Esame in Assemblea - Parte XIII
Serie: Progetti di legge    Numero: 653    Progressivo: 2
Data: 21/12/04
Descrittori:
LEGGE FINANZIARIA     
Organi della Camera: V-Bilancio, Tesoro e programmazione
Riferimenti:
AS n.3223-A/14   AC n.5310 bis/14
AS n.3223/14     

Servizio studi

 

progetti di legge

Finanziaria 2005

Lavori preparatori al Senato

A.S. 3223-A

Esame in Assemblea

 

n. 653/2

Parte XIII


xiv legislatura

21 dicembre 2004

 

Camera dei deputati


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Dipartimento Bilancio e politica economica

 

SIWEB

 

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File: BI0703o.doc

 


INDICE

 

 

 

 

Volume XIII

 

Esame in Assemblea

§      Seduta del 13 dicembre 2004 (Antimeridiana)3

§      Seduta del 13 dicembre 2004 (Pomeridiana)39

§      Seduta del 14 dicembre 2004 (Antimeridiana)99

§      Seduta del 14 dicembre 2004 (Pomeridiana)149

§      Seduta del 15 dicembre 2004 (Antimeridiana)153

§      Seduta del 15 dicembre 2004 (Pomeridiana)307

§      Seduta del 16 dicembre 2004 (Antimeridiana)439

 


Esame in Assemblea

 


SENATO DELLA REPUBBLICA

¾¾¾¾¾¾¾¾¾ XIV LEGISLATURA ¾¾¾¾¾¾¾¾¾

 

709a SEDUTA

PUBBLICA

RESOCONTO STENOGRAFICO

LUNEDÌ 13 dicembre 2004

(Antimeridiana)

Presidenza del presidente PERA,
indi del vice presidente DINI
e del vice presidente MORO

 

 

Presidenza del presidente PERA

 

Discussione congiunta dei disegni di legge:

 

(3233) Conversione in legge del decreto-legge 29 novembre 2004, n. 282, recante disposizioni urgenti in materia fiscale e di finanza pubblica (Relazione orale)

(3224) Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2005 e bilancio pluriennale per il triennio 2005-2007 (Approvato dalla Camera dei deputati) (Votazione finale qualificata, ai sensi dell'articolo 120, comma 3, del Regolamento)

(3223) Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2005) (Approvato dalla Camera dei deputati) (Votazione finale qualificata, ai sensi dell'articolo 120, comma 3, del Regolamento)

 

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione congiunta del disegno di legge n. 3233 e dei disegni di legge nn. 3224 e 3223, già approvati dalla Camera dei deputati.

Ricordo che, ai sensi dell'articolo 120, comma 3, del Regolamento, le votazioni finali sul disegno di legge di bilancio e sul disegno di legge finanziaria avranno luogo con votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico.

Le relazioni sui disegni di legge nn. 3223 e 3224 sono state già stampate e distribuite.

Il relatore, senatore Franco Paolo, ha chiesto l'autorizzazione a svolgere la relazione orale sul disegno di legge n. 3233. Non facendosi osservazioni, la richiesta si intende accolta.

Pertanto, ha facoltà di parlare il relatore.

 

FRANCO Paolo, relatore sul disegno di legge n. 3233. Signor Presidente, colleghi senatori, signori rappresentanti del Governo, illustro il contenuto del decreto-legge in via di conversione.

L’articolo 1 proroga di un anno i termini per la presentazione delle comunicazioni di inesigibilità relative ai ruoli consegnati ai concessionari fino al 31 dicembre 2002.

L’articolo 2 dispone la rimodulazione della tempistica di restituzione ai concessionari del servizio nazionale della riscossione degli importi da essi anticipati in forza dell’obbligo del non riscosso come riscosso, fissando al 2006 l’inizio di tale restituzione, da effettuarsi in rate annuali; l’individuazione del numero delle rate e delle modalità di restituzione è affidata ad un decreto ministeriale.

La norma dell’articolo 3 rinvia l’applicazione delle disposizioni recentemente introdotte con il decreto-legge n. 168 del 2004, in materia di determinazione del valore della produzione netta delle banche ai fini dell’imposta regionale sulle attività produttive (IRAP).

Con l’articolo 4 si prevede che Poste italiane S.p.A, banche ed enti e società finanziarie, che si avvalgono della possibilità di assolvimento dell’importo virtuale dell’imposta di bollo, siano tenuti al versamento di un acconto di tale imposta.

La norma dell’articolo 5 equipara Poste italiane S.p.A e Cassa depositi e prestiti S.p.A. alle banche, ai fini dell’obbligo di versamento di un acconto sulle ritenute sugli interessi corrisposti ai titolari di conti correnti e depositi.

Con l’articolo 6 si introduce l’obbligo di versamento di un acconto pari al 12,5 per cento dell’imposta sulle assicurazioni, con esclusione di quella relativa alle assicurazioni contro la responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore.

La disposizione dell’articolo 7 interviene sull’articolo 1 del decreto-legge 10 dicembre 2003, n. 341, con il quale è stato previsto che le banche effettuino un versamento anticipato di una percentuale delle somme da riscuotere ai sensi del Capo III del decreto legislativo n. 241 del 1997.

Quanto all’articolo 8, si osserva che, in base alla previsione dell’articolo 11 del decreto legislativo n. 545 del 1992, nella parte in cui dispone che "i componenti delle commissioni tributarie durano in carica nella stessa commissione non oltre nove anni", accadrà che il 1° aprile 2005 oltre 6.300 giudici tributari non saranno più abilitati ad esercitare le funzioni nell’attuale commissione di appartenenza, con la conseguenza della possibile paralisi di molte commissioni, anche per problemi relativi all’espletamento dei concorsi, già segnalati dal Consiglio di Presidenza della giustizia tributaria con la relazione al Ministro dell’economia e delle finanze, che comporteranno l’esame di diverse decine di migliaia di domande di nomina in altre commissioni.

Per disporre del tempo necessario per elaborare una soluzione che soddisfi l’esigenza di evitare l’immedesimazione della funzione giudiziaria delle stesse persone per un periodo troppo lungo e, contemporaneamente, per evitare l’inconveniente sopra lamentato, appare opportuna una proroga dell’attuale durata novennale dell’incarico ricoperto nella stessa commissione.

Con la disposizione di cui all’articolo 9 si modifica l’articolo 50 del decreto-legge n. 269 del 2003, istitutivo della cosiddetta tessera sanitaria, inserendovi il comma 13-bis, finalizzato ad evitare che alle farmacie pubbliche venga riservato, senza giustificazione, un trattamento deteriore rispetto a quello delle farmacie private.

L’articolo 10 proroga il termine per il pagamento della seconda e della terza rata dell’oblazione relativa al condono edilizio. In difetto di detta proroga, i predetti termini andrebbero a scadere rispettivamente il 20 ed il 30 dicembre 2004, a brevissima distanza (dieci e venti giorni) dal termine per la presentazione della domanda volta alla definizione degli illeciti edilizi, alla quale va allegata la ricevuta della prima rata dell’oblazione.

La proroga riguarda anche il pagamento della seconda e della terza rata degli oneri concessori, fermo restando che, in tale materia, la disciplina statale ha valore suppletivo e quindi è destinata ad operare solo in assenza della disciplina dettata dalle Regioni.

Per ragioni di opportunità viene anche differito il termine per la presentazione della denuncia in catasto, della denuncia ai fini dell'imposta comunale sugli immobili (ICI) e, ove necessarie, delle denunce ai fini della tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani (TARSU) e della tassa sull'occupazione di spazi ed aree pubbliche (TOSAP).

L'articolo 11 è finalizzato a potenziare la capacità di intervento dell'Agenzia delle entrate in materia di accertamento e di erogazione dei rimborsi. L'opportunità di un tale intervento consegue, da un lato, agli effetti della riforma del sistema fiscale che impone l'adeguamento dei processi tecnologici di supporto e un adeguato aggiornamento professionale dei dipendenti e, dall'altro, all'impellente necessità di fornire un tempestivo riscontro alle richieste di rimborso dei cittadini.

L'articolo 12 contiene una disposizione volta a reperire risorse finanziarie necessarie a garantire il funzionamento dei Comitati degli italiani all'estero. La legge 23 ottobre 2003, n. 286, recante norme relative alla disciplina dei Comitati italiani all'estero, dispone, all'articolo 3, che "il Comitato provvede al proprio funzionamento e all'adempimento dei propri compiti con (...) i finanziamenti annuali disposti dal Ministero degli affari esteri".

Infine, l'articolo 13 dispone in ordine all'entrata in vigore del provvedimento.

(omissis)

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare, per integrare la relazione scritta, il senatore Franco Paolo, relatore sul disegno di legge n. 3223. Ne ha facoltà.

 

FRANCO Paolo, relatore sul disegno di legge n. 3223. Signor Presidente, colleghi senatori, signori rappresentanti del Governo, la legge finanziaria 2005 scaturisce dal Documento di programmazione economico-finanziaria 2005-2008 e dalla successiva manovra correttiva attuata con il decreto-legge n. 168 del 2004.

Il provvedimento di cui iniziamo oggi la discussione in Aula, dovrebbe produrre un impatto sull’economia nazionale per circa 24 miliardi di euro, al netto degli effetti della riforma fiscale disposta con il maxiemendamento approvato dalla Commissione, che corrisponde ad una ulteriore manovra di 6,5 miliardi.

Uno dei principali obiettivi perseguiti dall’attuale finanziaria è rappresentato dalla riduzione nel 2005 del deficit pubblico al 2,7 per cento (in opposizione a un deficit tendenziale del 4,4 per cento): non si deve infatti dimenticare che l’attuale legge finanziaria è stata condizionata dall’esigenza di ricondurre l’andamento dei saldi di finanza pubblica entro i parametri derivanti dall’appartenenza all’Unione economica e monetaria.

Da un punto di vista prettamente numerico, fatte salve le variazioni apportate in Commissione, l’articolato della legge finanziaria 2005 dovrebbe produrre risparmi per circa 9,7 miliardi, attraverso operazioni di contenimento della spesa pubblica, che saranno principalmente perseguite tramite l’applicazione della cosiddetta golden rule, ovvero l’introduzione di un tetto del 2 per cento sulle spese della pubblica amministrazione.

La manovra fiscale sopra richiamata prevede una riduzione di imposte per 6,5 miliardi, di cui 6 per l’IRE e 0,5 per l’IRAP. Una serie di interventi dovrebbe poi garantire 5,8 miliardi di euro in conseguenza di maggiori entrate nette; ulteriori 7 miliardi dovrebbero essere garantiti tramite operazioni una tantum aventi per oggetto la cessione di beni immobili dello Stato; 1,5 miliardi di euro dovrebbero essere inoltre risparmiati grazie ad un minor impatto della spesa per interessi rispetto a quanto era stato originariamente calcolato per il 2005.

In presenza di un quadro congiunturale piuttosto problematico, caratterizzato da una flebile crescita economica all’interno dell’area euro, l’aggiustamento strutturale dei conti pubblici, da tempo auspicato ed attualmente perseguito dalla legge finanziaria, dovrebbe contemplare la sostituzione delle misure una tantum, presenti in misura minore rispetto agli anni passati, in favore di interventi strutturali; al contempo, dovrebbe favorire l’innalzamento del tasso di crescita reale e potenziale del nostro Paese.

Gli obiettivi stabiliti in termini di indebitamento netto delineano un percorso di risanamento nel rispetto dei vincoli europei depurato dagli effetti del ciclo, il deficit si riduce di circa mezzo punto percentuale all’anno passando dal 2,7 per cento del 2005 al 2 del 2006, fino allo 0,9 del 2008 (dati dopo la nota di aggiornamento del DPEF). Il debito in rapporto al PIL è previsto in graduale riduzione, passando dal 106 per cento del 2004 al 104 per cento del 2005, fino al 98 per cento del 2008.

I dati menzionati manifestano gli obiettivi di sostanziale miglioramento della finanza pubblica, in dipendenza delle politiche economiche attuate dal Governo. In linea con il DPEF, a livello politico le scelte del Governo hanno prodotto una strategia che si è concretizzata nella riforma fiscale, caratterizzante questa finanziaria con la modifica delle aliquote della imposta sulle persone fisiche.

La modifica delle aliquote fiscali è infatti il risultato di una precisa strategia, volta a sostenere la ripresa economica ed il rilancio dello sviluppo. La politica che la maggioranza vuol perseguire, quindi, è in tal senso conseguente a un programma che ha ottenuto il consenso elettorale degli italiani nel 2001 a favore della coalizione della Casa delle libertà.

L’attuazione strategica del programma si sta pertanto concretizzando, attraverso l’approvazione delle riforme, mediante la definizione delle risorse e degli strumenti necessari. In questa legislatura sono state avviate riforme economiche e sociali finalizzate ad accrescere la competitività del Paese, coerentemente con gli obiettivi fissati dall’Unione Europea. Alcune di queste riforme sono già operative, come la riforma del mercato del lavoro, del diritto societario, della scuola, la riforma pensionistica, il federalismo ed altro; da ultima, la riforma dell’ordinamento giudiziario. Altre riforme in corso riguarderanno il sistema degli ammortizzatori sociali, la tutela del risparmio, il settore energetico, l’università e la ricerca scientifica, la liberalizzazione e la privatizzazione dei servizi, la riforma delle professioni.

Da quanto esposto emerge che questo Governo ha fatto il possibile per perseguire gli obiettivi del risanamento, della ripresa e dello sviluppo. Non dobbiamo, tuttavia, dimenticare che l’Italia è parte integrante dell’Unione Europea; pertanto, ogni sforzo sostenuto a livello nazionale, presuppone un coordinamento comunitario, nell’ambito di una comune visione e di una comune politica europea, che va oltre il mero rispetto dei numeri del Patto di stabilità, perseguendo obiettivi di sviluppo e crescita.

In questo senso, l’Europa ha sin qui dimostrato di attuare una politica ed una strategia deboli, soprattutto dal punto di vista economico, monetario e strutturale. Le deboli scelte politiche del Governo europeo hanno partorito altrettante deboli strategie a livello istituzionale comunitario. Ci troviamo, infatti, di fronte ad un'Europa di burocrati, ossia caratterizzata da direttive, normative e numeri fini a se stessi e privi di strategie lungimiranti; un’Europa politica con poca testa, che lo sprone stesso del nostro Paese sta gradualmente spingendo verso necessarie scelte di valenza politica. Troppo poco ancora per dare una spinta verso lo sviluppo e la crescita se confrontato ad altre aree macroeconomiche quali gli Stati Uniti o l’Estremo Oriente.

Lo sforzo e le proposte che andiamo ad esaminare sono tesi al coordinamento e alla creazione di una politica europea di guida e sviluppo dell'economia, compresa la revisione del Patto di stabilità per liberare risorse agli investimenti e l'auspicabile utilizzo della leva monetaria per ridurre la sovrastima della valuta europea, che sta penalizzando in maniera preoccupante le nostre esportazioni.

Tornando ai contenuti di questa legge finanziaria, per la prima volta vengono introdotti dei semplici ma efficaci meccanismi di controllo e di blocco dell'aumento della spesa pubblica. In un'ottica di risanamento del sistema Paese, l'Italia risulta in linea (visti anche i risultati di altri Paesi europei meno "virtuosi") con le politiche europee di rispetto e risanamento di bilancio dettate dal Patto di stabilità. In un contesto economico difficile ed incerto come quello attuale, con imprese costrette all'austerità, alla riduzione degli sprechi, al recupero di produttività e di posizioni di mercato, non si può pensare che il settore della pubblica amministrazione costituisca un mondo a parte, per non dire intoccabile.

Pertanto, così come le nostre imprese reagiscono positivamente all'attuale crisi congiunturale europea (si veda al riguardo l'aumento del PIL italiano nel terzo trimestre pari al 0,4 per cento contro un 0,1 di Francia e Germania), allo stesso modo non possiamo pensare di continuare a lasciare la spesa della pubblica amministrazione nel limbo delle non scelte e dell'assoluta mancanza di controllo.

Parlando di spesa pubblica non esiste solo un problema di divario tra Nord e Sud; esiste altresì un problema di confronto tra settore privato e settore pubblico. Gli sprechi della pubblica amministrazione non hanno infatti confini geografici e sfuggono ai controlli di efficacia ed efficienza, così come valentemente argomentato anche nella relazione al bilancio presentata dai colleghi della Camera nel corso del dibattimento della presente legge finanziaria. In tal senso gli amministratori, i politici di ogni livello, devono essere giudicati e valutati soprattutto in funzione delle loro capacità di eliminare gli sprechi e di ottimizzare le risorse.

Nel passato la manovra veniva definita partendo dall'aumento tendenziale della spesa, delle entrate e del deficit. Successivamente si procedeva ad effettuare alcuni grandi tagli su poche voci di bilancio per raggiungere gli obiettivi prefissati. Questo in pratica faceva sì che, pur intervenendo in talune aree di spesa, di fatto si lasciasse crescere spontaneamente il resto della spesa corrente, incrementando di conseguenza le entrate, spesso anche tramite il ricorso indiscriminato al mercato. In sostanza, il vecchio metodo della dinamica di spesa tendenziale ha dimostrato di favorire la perdita di controllo della crescita della spesa.

Il metodo adottato per la finanziaria 2005 capovolge invece l'impostazione tradizionale, ponendo come cardine progettuale la situazione di spesa del 2004, alla quale viene applicato un incremento nominale ed uniforme (si veda la norma dell'aumento contenuto al 2 per cento della spesa pubblica o cosiddetta golden rule), con alcune eccezioni relative agli organismi di rilevanza costituzionale. Questa regola, coerente con l'impostazione adottata nei maggiori Paesi europei, permette un aggiustamento equo e controllato delle varie componenti di spesa, pur con i limiti propri di un taglio orizzontale che non è in grado di distinguere adeguatamente eventuali diverse rimodulazioni all'interno delle varie unità previsionali di base, e pur in presenza di un processo legislativo che pospone la copertura alla creazione della spesa.

Altro crocevia importante della manovra di bilancio riguarda la riduzione del carico fiscale. Attraverso l'emendamento fiscale presentato dal Governo vengono di fatto introdotte delle misure atte a favorire competitività, sviluppo dell'economia e recupero del potere d'acquisto. Vorrei innanzitutto premettere che l'auspicata riforma fiscale proposta ha carattere di riforma strutturale. La parte centrale del provvedimento fiscale prevede l'attuazione della riforma dell'IRE.

A tal proposito, è statisticamente dimostrato dai dati economici, che nessun grande Paese avanzato con una pressione fiscale sopra il 40 per cento, registra tassi di crescita soddisfacenti. Una conferma deriva dalla comparazione tra il livello di pressione fiscale e la crescita economica nei maggiori Paesi, dalla quale risulta che in presenza di una pressione fiscale inferiore al 40 per cento (sotto il 40 per Gran Bretagna e Spagna, sotto il 35 per gli Stati Uniti), la crescita economica va dal 3 al 3,5 per cento del PIL. Viceversa, con una pressione fiscale superiore al 45 per cento (Germania e Italia), la crescita rimane ben al di sotto del 2 per cento.

L'ipotesi in oggetto prevede la rimodulazione dell'imposta sul reddito delle persone fisiche secondo quanto segue, dividendola per classi di reddito: fino a 26.000 euro, 23 per cento di aliquota; da 26.000 a 33.500, 33 per cento di aliquota; oltre 33.500 euro di reddito, 39 per cento di aliquota.

Vengono inoltre introdotte le seguenti modifiche normative; l'introduzione di un contributo di solidarietà del 4 per cento per i redditi superiori a 100.000 euro; la trasformazione delle detrazioni di imposta per i carichi familiari (deduzioni dall'imponibile), pari a 3.200 euro per il coniuge, a 2.900 euro per ogni figlio a carico e a 3.700 euro per ogni figlio portatore di handicap. Poi per ogni figlio inferiore a 3 anni di età l'importo della deduzione è aumentato di 550 euro, in base alle stesse condizioni previste dalla normativa vigente. Vi è infine l'introduzione di una deduzione di 1.820 euro relativa alle spese sostenute per gli addetti all'assistenza personale dei soggetti non autosufficienti.

In termini pratici, questo significa un risparmio fiscale, in primo luogo per le famiglie con figli a carico, e, in generale, relativamente ai diversi scaglioni di reddito, benefici a vario titolo per tutte le categorie di contribuenti, calcolati quindi sul reddito medio dei capofamiglia, operai, impiegati, dirigenti, insegnanti, lavoratori indipendenti, pensionati e altro.

Le modifiche tributarie introdotte, ovvero la rimodulazione dell'imposta sul reddito delle persone fisiche, nonché le modifiche sulle imposte indirette, produrranno complessivamente un minor gettito, cui corrisponderanno maggiori risorse disponibili per i contribuenti, che verranno utilizzate per incrementare, sia il livello medio dei consumi che il livello medio del risparmio. Di contro, le modifiche alle imposte indirette, procurando un maggior gettito all'erario, produrranno un effetto opposto: maggiore IVA da maggiori consumi.

La manovra fiscale ha per oggetto anche interventi sull'IRAP. In linea con l'obbiettivo del Governo di eliminare gradualmente tale tassa, l'emendamento prevede la deducibilità ai fini IRAP del costo di tutto il personale addetto alla ricerca e del costo del lavoro per gli occupati incrementali. A tal riguardo ritengo un'attenzione particolare debba essere rivolta all'accoglimento delle istanze manifestate dalle categorie delle piccole e medie imprese, che risultano di fatto le prime ad essere colpite dalla gravosità dell'IRAP.

Grazie ad un emendamento introdotto in Commissione bilancio, è stato ridotto l'onere di tale imposta di un ulteriore importo pari a circa 100 milioni di euro. Ritengo che tale scelta sia necessaria ai fini del mantenimento degli obiettivi che questa maggioranza di Governo ha proposto e che ribadisce con l'impegno per la diminuzione graduale del peso dell'IRAP, imposta che inibisce iniquamente e pesantemente le capacità di sviluppo del sistema produttivo.

Per quanto concerne la materia del finanziamento dello sport, l'emendamento citato dispone modifiche normative riguardanti la destinazione al CONI di una quota del gettito erariale su tutti i giochi, il riordino del sistema di gestione delle scommesse sportive, nonché la revisione della ripartizione della posta per i concorsi pronostici, le scommesse a quota fissa e le scommesse a totalizzatore.

Con riferimento in particolare al settore delle scommesse sportive, si rileva come si sia di recente registrata una tendenza all’incremento della raccolta, nonostante la crescente diffusione del canale telematico abbia agevolato l’operato di soggetti irregolari che accettano scommesse on line. In tale contesto, l’emendamento in discorso è finalizzato a favorire tale positiva linea di sviluppo attraverso interventi quali la riduzione del prelievo fiscale, il riordino della rete di vendita attraverso un ampliamento della stessa, nonché l’introduzione di innovative forme di commercializzazione.

Con le disposizioni in materia di giochi con partecipazione a distanza o giochi telematici, si provvede ad un difetto di regolamentazione che si riscontrava nel Paese, ferma restando la notevole diffusione tra il pubblico, il quale ha ampie possibilità di accesso ai siti Internet che raccolgono illegalmente il gioco telematico, senza alcuna tutela per la fede pubblica né per le entrate erariali. L’emendamento è finalizzato essenzialmente alla difesa dei ricavi erariali e più in generale dei giochi pubblici, con significative stime di incremento del gettito, elaborate sulla base dell’attuale andamento del mercato dei giochi. Anche le disposizioni in materia di acconto delle imposte dirette determinano significativi effetti in termini di entrate tributarie.

 

PRESIDENTE. Senatore Franco, le chiedo di quanto tempo ha ancora bisogno per terminare la sua relazione.

 

FRANCO Paolo, relatore sul disegno di legge n. 3223. Signor Presidente, al relatore è stato concesso il tempo di un’ora e trenta minuti. Penso di finire verso le ore 12,10, pertanto ho bisogno di ancora venti minuti, ma si tratta della relazione alla legge finanziaria.

 

PRESIDENTE. Può continuare il suo intervento.

 

FRANCO Paolo, relatore sul disegno di legge n. 3223. La ringrazio, Presidente.

Per non occupare tutto il tempo a disposizione, intendo rimandare al testo già stampato e distribuito per i riferimenti specifici agli articoli e continuare a svolgere solo le considerazioni di carattere generale.

Sempre dal lato della manovra fiscale, ricordo, tra le altre norme proposte originariamente nella finanziaria, quelle relative agli studi di settore. Anche in questo caso la rivisitazione del sistema è stata accolta con grande preoccupazione da parte delle categorie economiche interessate, preoccupate per l’emergere di un ulteriore aggravio dal punto di vista fiscale in un periodo di chiara sofferenza per l’economia. Come è noto, gli studi di settore gravano sulle aziende con ricavi fino ai 5 milioni di euro, vale a dire in prevalenza le piccole e medie imprese.

È evidente che disposizioni come l’aggiornamento annuale degli studi di settore nulla ha a che vedere con il valore della produzione industriale. Le stesse considerazioni valgono anche per l’estensione del campo di applicabilità degli studi di settore. Non possiamo al riguardo pensare che l’amministrazione fiscale, non riuscendo a stanare gli evasori, tenda a colpire la globalità dei contribuenti con una miriade di adempimenti, spesso inutili e costosi, in termini di risorse e, fatto ancor più grave, con la presunzione della percezione dei redditi. È evidente che tutto questo sarebbe limitativo.

Così come per l’IRAP, anche per gli altri interventi di natura fiscale che sono stati proposti e che riguardano le imprese, mi auguro ci sia una particolare sensibilità ed attenzione al fine di evitare ulteriori aggravi burocratici e/o contributivi-fiscali. Ben vengano quindi le modifiche migliorative presentate in tal senso in Commissione, compreso l’emendamento del Governo all’articolo 40 che va incontro alla risoluzione delle problematiche ora esposte. Stante l’emendamento in questione e mantenendo il gettito previsto, viene modificata la disposizione sull’adeguamento annuale degli studi di settore in base alle elaborazioni ISTAT.

Sono previsti controlli sulle grandi imprese normalmente escluse dagli studi di settore, e vengono dettate le nuove linee normative per le verifiche e per l’adeguamento. Si attuerà, inoltre, la cosiddetta pianificazione fiscale triennale, con la quale si dovrebbe stabilire in maniera preventiva l’ammontare di imposte da pagare nel corso di un triennio, mentre ai contribuenti aderenti al piano sarà garantita una serie di benefìci. In materia di IVA è stata introdotta una serie di norme dirette a contrastare l’evasione.

Altro elemento fondamentale della manovra finanziaria riguarda il blocco delle assunzioni. L’obiettivo è quello di contenere gli organici della pubblica amministrazione attraverso il blocco delle assunzioni, andando ad intaccare quella sorta di diritto "all’autoconservazione" che finora ha privilegiato la pubblica amministrazione.

In termini numerici, il blocco delle assunzioni dovrebbe portare nel triennio 2005-2007 ad un risparmio complessivo pari a circa 1,8 miliardi di euro.

A subire gli effetti del blocco delle assunzioni già a partire dal 2005 saranno tutte le pubbliche amministrazioni, con esclusione del comparto scuola e del settore infermieristico nell’ambito del Servizio sanitario nazionale, nonché naturalmente delle Forze Armate, dei Corpi di Polizia, dei Vigili del fuoco, delle categorie protette.

Un breve accenno merita il "Fondo rotativo per il sostegno all'investimento e all'innovazione" introdotto dall'emendamento fiscale del Governo; un fondo ad hoc creato presso la gestione separata della Cassa depositi e prestiti spa. Tale iniziativa va nella direzione del sostegno alle imprese nel coordinamento delle risorse per il rilancio dell'economia. Il fondo è finalizzato alla concessione alle imprese di finanziamenti agevolati, con una dotazione iniziale di 6.000 milioni di euro alimentata nel primo anno con le risorse del risparmio postale.

Complessivamente, in termini di incidenza percentuale sul PIL, l'ammontare dei Fondi per le aree sottoutilizzate incide, nel 2005, per lo 0,79 per cento. E' evidente che si tratta di cifre considerevoli, che meritano opportune riflessioni. In tal senso bisogna dare atto che alcune norme introdotte con questa finanziaria vanno nella direzione di modificare gli aiuti a pioggia da parte dello Stato, trasformandoli cioè da aiuti a fondo perduto in finanziamenti in conto capitale dove le agevolazioni si concentrano sugli interessi, responsabilizzando le aziende a creare investimenti utili all'ammortamento delle rate dei mutui. Tengo tuttavia a ribadire con forza (anche a seguito di analoghe considerazioni emerse in sede di discussione della finanziaria alla Camera dei deputati) come le misure a sostegno del Mezzogiorno non siano comunque riuscite nel tempo a risolvere l'annoso problema del divario economico esistente all'interno del Paese.

Un altro aspetto di discussione politica e finanziaria ha riguardato la questione del recupero del saldo netto da finanziare in relazione alle modificazioni apportate alla Camera: per il 2005 il livello massimo del saldo netto da finanziare era stato originariamente determinato (in termini di competenza) in 50.000 milioni di euro, al netto di 5.494 milioni di euro per regolazioni debitorie. Tuttavia tale ammontare, in seguito all'approvazione di un emendamento nel corso dell'esame presso l'altro ramo del Parlamento, è stato ridotto di circa 862 milioni di euro. Il taglio ha riguardato i fondi del Ministero dell'economia destinati sia alla copertura degli emendamenti alla finanziaria che ad eventuali nuove leggi di spesa, contenuti nella Tabella B. Si sono così di fatto resi inammissibili gli emendamenti collegati alla Tabella B. Di conseguenza si è verificata una serie di ricadute a catena nei confronti dei Ministeri della giustizia, dell'economia, dell'istruzione, dell'ambiente, degli esteri, della salute, dei beni culturali, i cui bilanci avrebbero dovuto inevitabilmente essere rivisti.

Come è noto, a seguito dell'illustrazione e discussione di un emendamento proposto dal sottoscritto e approvato dalla Commissione si è provveduto al ripristino quasi integrale dei saldi previsti nella finanziaria con un margine di miglioramento degli stessi integrando la dotazione delle Tabelle B e D dell'Artigiancassa e della fornitura gratuita dei libri di testo, lascio all'Assemblea le considerazioni già stampate nella relazione generale che riguardano la descrizione complessiva dell'articolato modificato in Commissione bilancio e quanto elaborato ad integrazione dello stesso.

Ricordo brevemente in conclusione quali sono le innovazioni introdotte dalla Commissione; le citerò in ordine sparso, ma si tratta di innovazioni aggiuntive, oltre a quelle che ho citato adesso proposte dal Governo e rivisitate dalla Commissione, sulla riduzione fiscale, sugli studi di settore ed altro ancora.

In Commissione è stato approvato: il sostegno alle realtà calcistiche femminili; il concorso degli utenti sulle spese per le carte e i valori stampati; la proroga dei benefici previdenziali per i dipendenti delle imprese di trasporto; il potenziamento delle funzioni dell’ISMEA; nuovi interventi in ordine ai giochi e alle scommesse; la regolazione della pubblicità negli impianti sportivi dilettantistici; le dismissioni di tratti di rete stradale nazionale a favore di Infrastrutture S.p.A.; la riduzione dei valori minimi delle dismissioni immobiliari per le quali è possibile l'alienazione a trattativa privata; l'avvio di rendicontazioni fiscali per la grande distribuzione secondo nuove e più celeri procedure telematiche; interventi per la tutela della fede pubblica in merito all'impiego di informazioni di dati catastali ed ipotecari.

In conclusione, devo rilevare che, con l'esame del disegno di legge finanziaria e dei relativi emendamenti discussi ed approvati in Commissione bilancio, sono state approfondite problematiche di notevolissima portata. Ciò, di per sé, implica la constatazione che la legge finanziaria in esame non può più essere considerata in alcun modo un guscio vuoto, come alcuni avevano sostenuto, poiché essa contiene, viceversa, delle chiare connotazioni che la delineano come uno strumento efficace e complesso della politica economica della maggioranza di Governo.

Si rileva quindi che la questione del quantum della riduzione della spesa merita un'attenta disamina, ma impone di fatto di non negare che l'abbassamento della pressione fiscale è un fatto compiuto. Infatti, il Governo e la maggioranza sin dal 2002 hanno sviluppato un programma di progressiva riduzione della pressione fiscale per una riduzione globale di ben 13,6 miliardi di euro; come tappe di questo percorso si possono citare, tra le altre, la previsione di detrazioni per i figli a carico nell'anno 2002, l'introduzione di una no tax area per il 2003 e l'obiettivo, posto in atto con la presente manovra, di una riduzione delle aliquote.

La complessità di tali interventi dimostra come non si possa parlare di iniquità, dal momento che questi provvedimenti vengono a favorire la totalità delle fasce della popolazione. Rispetto a chi predice la necessità di una manovra correttiva dagli effetti traumatici per il 2005, si rileva come i dati forniti dall'OCSE e recentemente pubblicati, non configurino uno scenario così negativo come alcuni critici affermano; non è escluso, poi, che i nuovi sgravi fiscali possano condurre all'avvio di un processo virtuoso. Circa i rischi di un possibile sforamento del rapporto tra deficit e PIL, gli stessi dati OCSE inducono a credere che, seppure esso si verificasse, si attesterebbe su valori molto contenuti.

Circa il tema, più volte richiamato dai senatori intervenuti nella Commissione, del Patto di stabilità interno, che lega le amministrazioni centrali agli enti locali, e i timori che la manovra finanziaria per il 2005 possa condurre ad un'insostenibile contrazione di risorse per gli enti locali, è opportuno ricordare come i danni tanto temuti per gli anni 2002 e 2003 non si sono poi verificati grazie anche all'impegno degli amministratori locali che, con encomiabile sforzo, hanno fatto fronte alle esigenze di contenimento della spesa pubblica. Si può concordare con quanti a più riprese hanno ribadito le esigenze di una nuova fiscalità per gli enti locali, ma occorre rilevare che questo è un obiettivo certamente non perseguibile con le manovre di bilancio. Conclusivamente, dunque, il tetto del 2 per cento agli impegni di spesa sembra rappresentare un sacrificio sostenibile da fronteggiare con la razionalizzazione e il ripensamento delle politiche di spesa locali.

Infine, occorre evidenziare l'apprezzamento manifestato dalla Commissione per il fattivo contributo arrecato dai rapporti e dalle osservazioni pervenuti dalle Commissioni di merito che hanno esaminato i documenti di bilancio, rilevando come essi sicuramente hanno offerto un utile e fruttuoso contributo nel corso della trattazione e dell'esame degli emendamenti.

Il percorso in Commissione è stato lungo e laborioso, ma ha anche affrontato la legge finanziaria ben tenendo conto delle aspettative, purtroppo irrisolte dai colleghi della Camera, e delle nuove proposte in merito alla fiscalità formulate dal Governo. Un lavoro complessivo che credo debba essere misurato, più che sui tempi di attuazione, sulla indubbia qualità del risultato raggiunto. (Applausi dal Gruppo LP e dai banchi del Governo).

 

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare, per integrare la relazione scritta, il senatore Marini, relatore di minoranza sul disegno di legge n. 3223. Ne ha facoltà.

 

MARINI, relatore di minoranza sul disegno di legge n. 3223. Signor Presidente, l’esame del disegno di legge recante disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato avviene in un contesto nazionale e internazionale caratterizzato da una forte crescita dei Paesi emergenti, quali la Cina e l’India; da una crescita contenuta dei Paesi dell’area dell’OCSE e da una crescita timida dei Paesi dell’Unione Europea. All’interno di quest’area, si segnala un rallentamento delle cosiddette economie forti, Francia e Germania, che presentano disavanzi superiori al 3 per cento.

L’Italia purtroppo registra una situazione preoccupante perché ha un deficit di fatto che va ben oltre il 3 per cento del PIL, come è stato segnalato da importanti istituti di ricerca. L’Italia, inoltre, ha un debito pubblico molto alto e per giunta segnalo una riduzione costante, negli ultimi tre anni, dell’avanzo primario. Il processo virtuoso che era stato iniziato un decennio fa con la riduzione del debito e l’aumento dell’avanzo primario è stato interrotto negli ultimi tre anni. Tutte le previsioni fatte dal Governo e dalla maggioranza, di aggiustamento dei conti e di crescita, sono state smentite.

Il Documento di programmazione economico-finanziaria del luglio 2003 aveva indicato, per il 2004, un obiettivo di indebitamento netto delle amministrazioni pubbliche pari all’1,8 per cento del PIL e una crescita economica del 2 per cento. Nel successivo mese di settembre l’obiettivo veniva innalzato al 2,2 per cento del PIL e a maggio di quest’anno al 2,9. Quasi certamente, senza camuffamenti legislativi, siamo ben oltre il 3 per cento del deficit. Nonostante le entrate temporanee dovute alle una tantum e alla cartolarizzazione degli immobili, i conti non migliorano.

 

Presidenza del vice presidente DINI

 

(Segue MARINI, relatore di minoranza sul disegno di legge n. 3223). Dal punto di vista sociale, il disagio è cresciuto e un numero sempre maggiore di famiglie lambisce la soglia della povertà, stabilita dall’ISTAT in circa 820 euro mensili. L’apparato produttivo perde quote di mercato estero e i consumi interni non crescono. I finanziamenti pubblici in innovazione e ricerca sono tra i più bassi d’Europa e la spinta alla riduzione della forbice tra Nord e Sud, che pure era notevole, si è affievolita.

Per il 2005, colleghi, sarebbe stata necessaria una finanziaria che stimolasse l’espansione dei consumi, che promuovesse politiche industriali dirette a favorire la ricerca e l’innovazione, che indirizzasse tutte le risorse possibili verso le famiglie e la scuola. Invece, il Governo ha proposto una manovra, perlomeno nella stesura originaria, che è articolata in un limite di spesa per le pubbliche amministrazioni del 2 per cento rispetto all’anno precedente, in un rinvio in tal modo delle spese agli anni successivi, per cui l’appesantimento avverrà, appunto, negli esercizi futuri, perché questo limite, rispetto a pubbliche amministrazioni che hanno stipulato i contratti, significa solo il rinvio delle spese.

Nella finanziaria si ha una compressione dei consumi intermedi, e sappiamo quale sarà l’effetto in termini recessivi, cioè il danno per l’intero apparato produttivo.

Il Patto di stabilità interno è stato irrigidito ulteriormente, per cui si scarica su Comuni, Province e Regioni la cosiddetta finanza creativa, che ha finito con il determinare il trasferimento dell’indebitamento dalla pubblica amministrazione centrale alle autonomie.

L’insieme delle norme contenute nella finanziaria limita enormemente l’autonomia locale: a dispetto di quanto sta per essere definito nella cosiddetta riforma del Titolo V della Costituzione, anziché avere una esaltazione delle autonomie locali, si ha una mortificazione delle stesse.

Nella finanziaria, purtroppo, non c’è nulla per le famiglie, anzi c’è una riduzione dei servizi sociali, perché il limite di spesa per i Comuni e la riduzione dei trasferimenti fanno sì che Comuni, Province e Regioni siano obbligati ad aumentare il costo dei servizi, che poi si scarica sulla popolazione. Sappiamo che vi è un aumento consistente dell’impoverimento della popolazione: si segnalano due milioni e mezzo di famiglie che ormai lambiscono il limite di povertà e rappresentano il 12, 4 per cento della popolazione.

Il taglio delle risorse per i contratti pubblici al 3,7 per cento, a fronte di una richiesta dell’8 per cento dei sindacati, significa una riduzione dei consumi e quindi soprattutto una limitazione delle capacità espansive dell’economia.

Il Mezzogiorno, in particolare, è pesantemente penalizzato. Per la verità, già il Ministro, in occasione della presentazione del Documento di programmazione economico-finanziaria, sostenne che non ci sarebbero state risorse aggiuntive per il Mezzogiorno. La finanziaria ancora di più denuncia questo quadro desolante, con una riduzione dei finanziamenti per il 2005 di ben 5 miliardi di euro. La tecnica usata dallo strumento di legge in esame è quella del rinvio al 2006, ma soprattutto al 2008 e agli anni successivi, delle risorse di spesa.

La rimodulazione in riduzione riguarda tutti gli strumenti finanziari di promozione dello sviluppo. Sono previsti infatti 200 milioni in meno per la legge n. 64 del 1986, 2.184 milioni in meno per il fondo per le aree sottoutilizzate, 1.265 milioni in meno per i fondi che riguardano gli incentivi agli investimenti, 50 milioni in meno per la legge n. 488 del 1992 e 11.400 milioni in meno per la legge n. 208 del 1998 (che riguarda il fondo rotativo per gli interventi nelle aree depresse). Come si vede, quindi, si ha una sostanziale diminuzione dei trasferimenti per il Mezzogiorno.

Inoltre, il tetto di spesa nelle limitazioni dei pagamenti consentirà un tetto complessivo per il 2005 di 7.900 milioni di euro, che deprimerà ulteriormente il dinamismo dell’economia meridionale, che pure era stato vivace negli ultimi anni.

Mi pare che viene completamente disatteso il progetto Mezzogiorno, cioè l’impegno assunto dai sindacati, dalle associazioni imprenditoriali e dagli enti locali a promuovere lo sviluppo attraverso la valorizzazione delle risorse del Mezzogiorno. Pertanto, il Governo, rispetto a uno sforzo di concertazione molto importante, lo ignora totalmente e anzi lo disattende nella sua pienezza. Lo stesso pericolo di trasformazione degli incentivi, come è stato enunciato dal Ministro dell’economia in occasione della presentazione del DPEF, rappresenterà un elemento di forte freno alle politiche meridionaliste. Infatti, soprattutto la trasformazione dell’incentivo del contributo dal conto capitale in mutuo rotativo finirà per determinare un forte rallentamento degli investimenti e delle iniziative imprenditoriali nel Mezzogiorno.

È quindi, colleghi, una finanziaria che non dà risposte; negativa; una finanziaria già modesta nella sua impostazione originaria e squilibrata nelle previsioni di copertura, che lungo il percorso parlamentare è stata ulteriormente depotenziata nella sua natura di legge base per correggere ed indirizzare i conti pubblici verso obiettivi di crescita, con l’irruzione del maxiemendamento del Governo sulla riduzione delle tasse. L’emendamento, dettato da preoccupazioni elettorali, ha lo scopo evidente di invertire l’orientamento critico degli elettori verso il Governo, attraverso la suggestiva proposta di abbassare l’imposizione fiscale riducendo le aliquote a tre (25 per cento, 33 per cento e 39 per cento), oltre a un contributo del 4 per cento, denominato "di solidarietà", a carico dei redditi eccedenti i 100.000 euro l’anno.

Il cosiddetto taglio delle tasse, ottenuto con la riduzione del numero delle aliquote, ferisce il principio costituzionale della progressività dell’imposizione fiscale, fondato sull’applicazione coerente del criterio di distribuzione del carico secondo la capacità reddituale dei cittadini; minore è il numero delle aliquote, maggiore è la possibilità di ingiustizia fiscale. La considerazione critica principale sulla riforma fiscale riguarda la scelta di intervenire su un aspetto del rapporto Stato-cittadini di difficile sostenibilità finanziaria, quando sarebbe stato più necessario difendere il potere d’acquisto dei salari e delle pensioni, modernizzare i servizi e promuovere lo sviluppo per rendere concreto il diritto al lavoro.

L’inverno dell’economia italiana è dovuto al raffreddamento dei consumi, alla perdita di competitività dell’apparato produttivo, alla crescita dell’inflazione, all’aumento dell’indebitamento e alla diminuzione dell’avanzo primario. Questi elementi di crisi si affrontano destinando le risorse finanziarie da un lato per incentivare l’innovazione, la ricerca e la modernizzazione della produzione, dall’altro per costruire una maggiore protezione sociale per le fasce di popolazione investite più direttamente dagli effetti della crisi.

Di tutto questo non vi è traccia nella finanziaria e nell'emendamento fiscale, che ha il solo ingannevole "effetto annuncio" e, purtroppo, non fa che essere lo specchio della situazione di grave confusione in cui versa la politica economica del Governo.

Un esame attento della politica fiscale del Governo che sommi tutte le maggiori imposte decise e sottragga le agevolazioni, comprese le riduzioni dell'IRE, dà un esito del tutto diverso da quanto vorrebbe far credere la propaganda ufficiale.

A fronte di minori imposte per il 2005 di 4.161.000 euro si hanno maggiori imposte per 7.303 milioni di euro. Il saldo quindi è del tutto negativo e la stessa cosa avviene per il 2006, come pure per il 2007. Un intervento, quindi, quello dell'emendamento, di natura - è bene dirlo -antipopolare, ampiamente neutralizzato dall'aumento dell'imposizione indiretta (aumentano intatti il catasto, la TARSU, le accise, i giochi e il lotto, l’acconto IRPEF), che pesa sui cittadini per 5 miliardi di euro.

Inoltre, è bene rilevarlo, tutta l’impostazione della finanziaria è inefficace per stimolare i consumi. L'esperienza del passato insegna che le riforme fiscali sono utili per la redistribuzione del reddito, ma del tutto neutre per innescare processi di sviluppo.

L'opposizione, pur ritenendo prioritaria la mobilitazione delle risorse in direzione di politiche finalizzate a superare la lunga stagnazione dell'economia che ha fatto temere la nascita di un processo di declino, ha proposto una riduzione delle tasse orientata alle fasce di popolazione più bisognose. Un aiuto reale al disagio sociale, fondato sulla leva fiscale, sugli assegni familiari e sulla istituzione di un fondo per le persone anziane non autosufficienti, è parso ben più incisivo per correggere gli squilibri reddituali esistenti.

Contemporaneamente, la proposta dell'opposizione affronta, limitatamente agli investimenti in innovazione e ricerca nel Mezzogiorno, il problema del costo dell'IRAP, diventato insopportabile per molte aziende, e incentiva l'attività turistica nel Mezzogiorno con una sostanziale riduzione dell'IVA al 10 per cento.

Inoltre, introduce nel sistema degli incentivi per le aree a ritardo di sviluppo la fiscalità di vantaggio che, nel caso dovesse essere accolta con favore dalle imprese, potrebbe essere ampliata con la individuazione di zone speciali all'interno delle quali una defiscalizzazione più accentuata potrebbe attrarre notevoli flussi di investimenti per nuove imprese.

Il punto dolente della finanziaria e dell'emendamento fiscale del Governo è rappresentato dalle coperture. L'intera manovra ipotizza entrate non realistiche. Il prospetto di copertura prevede una crescita delle entrate tributarie per 7.204 milioni di euro e, soprattutto, con la manutenzione delle basi imponibili per circa 5,1 miliardi di euro. Quest'ultimo si compone, nella sua formulazione iniziale, della revisione automatica degli studi di settore per 5,1 miliardi di euro; l'ampliamento delle basi imponibili riferite agli immobili e alle società cooperative per un'imposta per 1,3 miliardi di euro.

La maggioranza, in ritardo, a seguito delle critiche dell'opposizione e delle imprese, ha compreso l'effetto recessivo della norma ed ha eliminato l'automatismo previsto per le medie e piccole imprese, che, nell’impostazione iniziale del Governo, avrebbero subìto un forte aumento dei costi attraverso la previsione iniziale.

Tutti gli artifici sono stati usati per inventare possibili fonti di entrate fino al punto di immaginare una vendita fittizia delle strade statali, per 1.500 chilometri, ad una società pubblica che dovrebbe corrispondere allo Stato 3 miliardi di euro da reperire attraverso il pedaggio figurativo, che in pratica significa un impegno a restituire alla società veicolo i 3 miliardi di euro oltre al costo finanziario dell'operazione.

Quindi, lo Stato si inventa una vendita di un bene a se stesso, facendo finta di incassare 3 miliardi di euro, al solo scopo di evitare lo sfondamento del deficit oltre il 3 per cento stabilito dal Patto di stabilità, attraverso una operazione di pura fantasia finanziaria non a costo zero, ma per giunta onerosa e senza che vi sia la necessaria copertura.

L'emendamento governativo di riduzione delle tasse ha una copertura, per l'anno 2005, proveniente per il 43,5 per cento dallo slittamento della seconda e terza rata del condono edilizio dall'esercizio in corso al prossimo, preceduto da una spericolata manovra di trasferimento della postazione nel bilancio del ricavato, dello stesso condono, da entrate in conto capitale di spesa corrente, e già l'applicazione ineccepibile della normativa vigente avrebbe dovuto consigliare l'inammissibilità della proposta emendativa. A questo riguardo, colleghi, io penso che buona parte della manovra finanziaria doveva essere dichiarata inammissibile proprio per una mancanza di copertura.

Si tratta, inoltre, di minori entrate tributarie che per giunta hanno un effetto duraturo, perché viene meno tutta una serie di fondi, come il condono edilizio. Per il 2006 e per gli anni successivi le entrate del condono sono sostituite da maggiori entrate fiscali per un ammontare pressoché equivalente nell'ipotesi che si crei un processo virtuoso, fondato sulla maggiore disponibilità di risorse finanziarie delle famiglie che dovrebbe far aumentare i consumi, innescando, in tal modo, una ripresa economica e un conseguente maggior gettito fiscale.

La previsione ha fondamenta deboli perché non tiene conto della inefficacia della riduzione della pressione fiscale nel consumo delle famiglie a reddito medio alto e per quelle medio basse non calcola gli effetti della sfiducia generalizzata esistente, provocata dalla incertezza della situazione economica e dalla perdita di consenso verso il Governo. Questo stato d'animo molto diffuso potrebbe spingere le famiglie a destinare le insignificanti maggiori entrate verso il risparmio, assottigliatosi negli ultimi anni per il considerevole aumento del costo della vita.

L'opposizione responsabilmente propone una riduzione delle tasse per i redditi più bassi e contemporaneamente forme di sostegno al reddito delle famiglie più bisognose. Prevede la restituzione delle maggiori tasse pagate dai cittadini per effetto dell'inflazione e un aumento degli assegni familiari. In tal modo si alimentano correttamente i consumi e la produzione. Per il Mezzogiorno si chiedono la riduzione dell'IVA al 10 per cento per l'attività turistica, la fiscalità di vantaggio, incentivi per l'innovazione la ricerca e aiuti ai Comuni per incentivare il recupero dei centri storici.

Le coperture sono più che realistiche e meno onerose per la stragrande maggioranza dei cittadini, perché individuate nell'appesantimento lieve del contributo per chi ha esportato illecitamente capitali all'estero e l'aumento del prelievo per le

rendite finanziarie, controbilanciate da una riduzione per i rendimenti dei conti correnti bancari.

Quindi, la proposta dell'opposizione sembra essere di maggior effetto e di vantaggio per le classi meno abbienti, ed è quindi impostata ad una visione di crescita del Paese. Ringrazio i colleghi presenti che mi hanno ascoltato e il Presidente, rimandando alla lettura della mia relazione la completezza dell'analisi. (Applausi dai Gruppi Misto-SDI, DS-U, Mar-DL-U e Aut).

 

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare, per integrare la relazione scritta, il senatore Giaretta, relatore di minoranza sul disegno di legge n. 3224. Ne ha facoltà.

 

GIARETTA, relatore di minoranza sul disegno di legge n. 3224. Signor Presidente, signor sottosegretario Sestini, che in questo momento è l'unico rappresentante del Governo ad ascoltare le relazioni di minoranza, colleghi, cercherò di argomentare le tre affermazioni che sostengono la chiave di lettura politica del bilancio che l'opposizione fa.

La prima è che il bilancio e la manovra finanziaria confermano la rinuncia ad ogni ambizione per una politica riformista, stretti come sono, l'una e l'altra, ad un'azione di contenimento dei conti pubblici, conseguenza di gravi errori, di questi tre anni di Governo delle destre, che purtroppo si confermano con questa manovra.

La seconda affermazione è che la regola del tetto del 2 per cento, presentata con grande enfasi come idea geniale, in realtà è servita solo a confermare una gestione approssimativa dei conti e ad indebolire quella democrazia di bilancio che è parte sostanziale della democrazia parlamentare.

La terza affermazione è che le conseguenze sul bilancio dello Stato sono assai gravi, indebolendo gli interventi in settori strategici per il futuro del Paese.

Quanto alla rinuncia ad un'ambizione riformista, nessuna risposta viene data alle due grandi emergenze che sta vivendo il Paese. Intanto, una perdita pesante del potere di acquisto e della disponibilità di reddito delle famiglie. Tanti dati ce lo dicono: il calo dei consumi; la crescita dell'indebitamento o il ricorso al credito per affrontare i consumi quotidiani; la difficoltà nel pagamento di servizi essenziali; l'aumento dei rischi di povertà e di esclusione sociale, che tutte le indicazioni di analisi sociologica e statistica confermano. Poi, la perdita di competitività del Paese.

La classifica internazionale della competitività del World Economic Forum ci fa retrocedere di ulteriori sei posti. In tre anni di Governo delle destre, il Paese è passato dalla 26a alla 47a posizione. In peggioramento anche l'indice di competitività sui prezzi alla produzione calcolato dalla Banca d'Italia e le quote del sistema Italia sul commercio mondiale.

Cosa si fa per affrontare queste due emergenze? Nulla o quasi nulla. Sulla competitività, è sparito dall'orizzonte il collegato che era stato annunciato. C'è un intervento sull'IRAP per la ricerca nel Mezzogiorno, che va nelle direzioni che anche noi abbiamo richiesto, ma modesto, e un aumento della franchigia sull'IRAP che è offensivo per le aziende. L'intervento previsto dalla maggioranza significa uno sconto di 20 euro: 20 euro all'anno sarebbe la politica su cui questo Governo basa il rilancio del sistema produttivo.

Sul potere di acquisto delle famiglie, nulla. La riduzione dell'IRE è concentrata sui redditi alti, accompagnata dalla crescita del prelievo fiscale in altre forme e dall'aumento dei servizi pubblici essenziali. Se questa è la realtà, il Presidente del Consiglio tace su certi aspetti e cerca di accreditare la sua immagine come quella di una sorta di titano che, solo contro tutti, vuole realizzare una riduzione delle tasse (in questo periodo è tutto epocale per lui) e una riduzione dell'invadenza di uno Stato visto come nemico della libertà. Niente di meno. Solo contro tutti, contro la sua maggioranza che non capisce queste esigenze, contro l'Europa che non gli lascia contrarre ulteriori debiti, contro i sindacati, contro Confindustria e, naturalmente, contro l'opposizione, che addirittura vorrebbe esplicitare i propri criteri.

Possiamo chiederci se abbia un fondamento questa immagine che il Presidente del Consiglio vuole accreditare della sua politica. Per il futuro vedremo, anche se noi offriamo argomenti per dire che un fondamento non ce l'ha. Di certo per il passato il fondamento non lo ha avuto: lo dicono i dati e non le critiche dell'opposizione.

I dati sono i seguenti. La spesa corrente dei Ministeri, cari colleghi della Lega, è passata dal 37.9 per cento del PIL nel 2001 al 39.4 per cento attuale. Vi siete mangiati 1.5 punti percentuali della ricchezza nazionale per mantenere, in condizioni poi indecorose, la pubblica amministrazione. I dipendenti pubblici dello Stato centrale sono aumentati di 116.000 unità. La pressione fiscale, che secondo le promesse del Presidente del Consiglio sarebbe dovuta scendere dal 43 per cento al 40 per cento, è invece salita al 43.4 per cento e salirà ancora con questa manovra.

Avete provocato un grave dissesto dei conti pubblici. Siete costretti ad una manovra correttiva che, sommando i vari interventi, sfiora quasi i 40 miliardi di euro. Ripeto: 40 miliardi di euro circa di manovra correttiva, con una riduzione dell’avanzo primario, ossia della riserva per il futuro, ciò che avanza al netto degli interessi, che cala dal 5 per cento all’1 per cento nel 2004. Colleghi della maggioranza, fare debiti è il modo migliore per diminuire il grado di libertà economica del Paese, perché se ne condiziona il futuro.

I fatti ci dicono che finora questo Governo è stato statalista, centralista; è stato un Governo che ha gravato il peso fiscale senza garantire idonei servizi. Manca completamente quel capitolo di un vero programma riformista che dovrebbe basarsi sulla riforma, e non sulla destrutturazione del Welfare, e su regole di mercato della concorrenza che aprono il Paese a nuove opportunità, ad un sostegno efficace al sistema economico per orientare investimenti innovativi.

La seconda affermazione è quella relativa alla regola del 2 per cento. Anche a tal proposito ricordiamo il Presidente del Consiglio assicurare all’opinione pubblica, con la sua presenza in programmi televisivi, che questa geniale idea avrebbe prodotto due risultati: nessun taglio nei capitoli di bilancio, ma un incremento di tutti i capitoli nel limite del 2 per cento, ed un sistema più ordinato per la buona gestione delle risorse pubbliche.

Presidenza del vice presidente MORO

 

(Segue GIARETTA, relatore di minoranza sul disegno di legge n. 3224). Qui non occorre aspettare il consuntivo. Né l’uno né l’altro degli obiettivi sono stati raggiunti. Basta leggere il bilancio che è stato presentato dal Governo.

I capitoli a spesa obbligatoria, determinata da disposizioni di legge che non si vuole o non si è capaci di correggere, crescono molto più del 2 per cento. Di conseguenza, la spesa variabile (sostanzialmente gli investimenti e i consumi intermedi, ciò che serve a far funzionare lo Stato) porta a conseguenze pesantissime per l’amministrazione.

La Ragioneria dello Stato, in un documento riservato, che però è comparso sulla stampa e non è stato smentito, dice che l’applicazione di questa regola rischia di compromettere l’operatività minima dei servizi prestati e di fatto basta vedere i risultati che ne derivano… (Brusìo in Aula).

PAGANO (DS-U). Ma chi del Governo deve sentire l’opposizione che sta illustrando la relazione? Chi è che deve sentire? Stanno tutti parlando tra di loro.

PRESIDENTE. Senatrice Pagano, stanno ascoltando. Non si preoccupi perché il Governo è molto attento a quanto sta dicendo il relatore di minoranza.

Non si preoccupi, senatrice Pagano, il Governo è responsabile.

Prego i colleghi di consentire al Governo di ascoltare l’intervento del relatore Giaretta. Senatore Guasti, torni al suo posto.

 

Presidenza del presidente PERA

 

BRUTTI Massimo (DS-U). Nessun senatore dovrebbe sedere sui banchi del Governo.

 

GIARETTA, relatore di minoranza sul disegno di legge n. 3224. Sono certo che almeno il sottosegretario Vegas leggerà la mia relazione.

Signor Presidente, abbiamo una situazione che è bene che l’opinione pubblica conosca con chiarezza. L’applicazione di questa regola ha portato gli stanziamenti per gli investimenti dei Ministeri alla seguente variazione: per il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, -23 per cento per i consumi e -29 per cento per gli investimenti; per il Ministero degli affari esteri, rispettivamente -32 per cento e -33 per cento; per il Ministero dell’interno -10 per cento; per il Ministero della difesa -21 per cento, e potrei continuare con l’elenco di tutti i Ministeri. Ma non basta, perché il maxiemendamento fiscale prevede un ulteriore taglio di 700 milioni di euro agli stanziamenti dei consumi intermedi dei Dicasteri.

Tutto questo ci porterà, colleghi, al seguente risultato: il Ministero degli affari esteri avrà - per esempio - un taglio dei consumi correnti del 45 per cento. Chiedo ai colleghi di Alleanza Nazionale (Fini ha fatto così tanto, fin dalle dimissioni di Ruggiero, per diventare ministro degli affari esteri): con un taglio del 45 per cento degli stanziamenti che politiche faranno le nostre ambasciate, che politica verrà fatta per gli istituti della cultura italiana all'estero, per una presenza dell'economia e della cultura italiana? Così pure vorrei chiedere al ministro Pisanu, un membro del Governo che credo abbia diritto alla stima del Parlamento: con un taglio del 15 per cento quest'anno, e con tagli operati anche l'anno scorso, per il mantenimento delle Forze di sicurezza del Paese che politica di sicurezza si potrà fare?

Questa regola del 2 per cento ha portato all'assenza di regole. I capitoli variano in libertà e aumenta il disordine contabile. Se, infatti, si realizzassero questi tagli, avremmo la situazione che ci ha descritto la Ragioneria dello Stato, ma se non si realizzassero in parte avremmo uno sfondamento dei conti pubblici, confermando quella tendenza alle cosiddette eccedenze di spesa che anche nella legge finanziaria di quest'anno assumono le dimensioni di 3,2 miliardi di euro: si spendono soldi che non si hanno e poi si pagano i debiti a piè di lista. Immaginate quale sarà la conseguenza di queste regole applicate poi, come prevede la legge finanziaria agli enti locali, alle Regioni, alle università e agli enti di ricerca.

Circa le tabelle del bilancio, certamente la più rilevante è quella delle entrate, che dobbiamo esaminare sotto tre profili: la plausibilità delle entrate programmate, il livello della pressione fiscale che ne uscirà e i mutamenti nella composizione delle entrate.

Sotto il profilo della plausibilità delle entrate, gli elementi da considerare sono principalmente legati all'andamento della formazione del PIL e alla realizzabilità dei nuovi introiti. La previsione di crescita del PIL, sebbene più prudente di quella proposta dal Governo nei precedenti esercizi, appare ancora sovrastimata rispetto alle previsioni dei più accreditati istituti di ricerca ed è quindi da ritenersi che l'aumento del 3 per cento delle entrate non possa realizzarsi. Il Fondo monetario stima che in una previsione di crescita più realistica si dovrebbe scontare un minor introito pari allo 0,2 per cento.

Quanto agli incrementi delle previsioni di gettito che dovrebbero essere assicurati dall'articolazione della legge finanziaria, la nota del Servizio del bilancio del Senato, come già quello della Camera, evidenzia diversi fattori di pesante aleatorietà. Qui, come è noto, presenteremo una pregiudiziale di costituzionalità proprio sotto il profilo della copertura e quindi rimando alle argomentazioni che a nome delle opposizioni il senatore Morando svolgerà sul tema.

Mi soffermo solo sulle novità che introduce il maxiemendamento fiscale con tre previsioni di gettito nuove che vale la pena di commentare. L'aumento per 570 milioni di euro delle imposte di registro, di bollo, ipotecaria, catastale, eccetera: per assicurare tale gettito, cari colleghi della maggioranza (che siete un po’ distratti in questo momento), occorre prevedere un incremento medio del 9,5 per cento degli importi fissi con un aggravio dei costi per tutti, imprese e cittadini.

È singolare la previsione di un introito di 100 milioni di euro derivante dall'appropriazione da parte dello Stato del 70 per cento del sovrapprezzo sull'energia elettrica destinato ai siti nucleari ed alla SOGIN. Lo Stato si appropria di un sovrapprezzo che è destinato alle autonomie locali ed ad una società che dovrebbe provvedere alla sicurezza nucleare. Se non avete più bisogno di questi denari, restituiteli ai cittadini che pagano di più l'energia elettrica per garantire questi interventi. Si ripete, in altri termini, il furto effettuato ai cittadini dell'appropriazione di una quota rilevante dell'8 per mille dell'IRPEF.

Anche allora i cittadini definirono una volontà di destinazione di queste somme con l’8 per mille e lo Stato se n’è illegittimamente appropriato.

Infine, vi è la previsione di un gettito di 2 miliardi di euro derivante dal condono edilizio, doppiamente anomala: perché non ci saranno e perché non si può impegnare un gettito di parte capitale per finanziare la spesa corrente. Ma su questo penso che si soffermerà il senatore Morando.

La parte strettamente fiscale della manovra è basata su previsioni avventate ed insicure. Se poi pensiamo al secondo argomento, cioè a cosa succederà della pressione fiscale del nostro Paese, il risultato certo è che essa sarà fortemente aggravata. Infatti, un’accurata lettura dei dati delle relazioni tecniche che accompagnano i provvedimenti, che di fatto costituiscono il complesso della manovra correttiva, porta a quantificare in 9,8 miliardi (avete capito bene: 9,8 miliardi) l’aggravio fiscale complessivo recato da questi provvedimenti; l’alleggerimento si limita ai 4,3 miliardi di revisione delle aliquote IRE e a proroghe di sgravi, sostanzialmente per il settore dei trasporti e dell’agricoltura, per 1,4 miliardi. Basta allora un’operazione aritmetica per capire che l’aggravio netto sarà, anche quest’anno, di oltre 4 miliardi di euro di nuova imposizione fiscale, sovvertendo l’idea che la scelta del Governo sia quella di una sostanziosa riduzione della pressione fiscale per sostenere una ripresa dei consumi. Se c’è qualcuno legittimato a chiamarsi "Forza tasse", questo è il Governo di centro-destra che sta realizzando tale manovra di aggravio.

Resta infine da osservare che il principio costituzionale della progressività dell’imposta viene attaccato anche dal peso progressivo che assume l’imposizione indiretta rispetto a quella diretta. La credibilità fiscale viene progressivamente intaccata con l’abuso delle pratiche condonistiche e ci viene consegnato un fisco antiquato, in cui riacquistano peso impostazioni ottocentesche, con l’aumento di gabelle e intermediazioni varie che lo Stato impone al cittadino con bolli, accise, tasse di concessione, tutti ostacoli alla libera circolazione delle persone, delle merci e degli affari.

Lo Stato esattore, sotto il Governo del centro-destra, abusa della propria posizione: basti pensare che lo stato di previsione per l’entrata reca, rispetto al bilancio assestato, un incremento di 2 miliardi di euro (+ 9,5 per cento) per le accise e imposte erariali di consumo di oli minerali, la benzina, il gasolio, e di 0,5 miliardi (+ 14 per cento) per l’imposta di consumo sul gas metano. Invece di provvedere con interventi di sterilizzazione, si lucra sulla tensione dei prezzi. Potremmo dire che la metà del vantaggio fiscale dell’IRE viene restituita allo Stato per le spese di trasporto e riscaldamento che cittadini e imprese devono sostenere.

Si pretende la flessibilità del lavoro e quindi anche una disponibilità alla mobilità sul territorio, ma poi il cittadino dovrebbe pagare molto di più se compra o vende una casa o un’automobile, se prende un immobile in affitto, se necessita di una pratica burocratica. Si parla di società liberale, ma si pratica la politica dello Stato autoritario ed esoso.

Una parte degli effetti di contenimento della spesa è affidata al blocco del turnover della pubblica amministrazione. Il pubblico impiego viene colpito dalla finanziaria sia nel suo status economico, attraverso il taglio delle risorse per i contratti, sia nello status sociale. Sul piano economico, con le cifre disponibili si assicurerebbe un incremento medio delle buste paga di circa 65 euro, rispetto ai 106 concessi nella scorsa tornata contrattuale. Appare grave l’incapacità del Governo ad affrontare la questione del pubblico impiego come una grande questione per l’ammodernamento del Paese, ondeggiando tra politiche corporative con difesa di microsettori e politiche di blocco totale del turnover,che costituiscono la rinuncia ad una gestione attiva della risorsa umana.

È evidente che mai il blocco del turnover possa costituire uno strumento efficace per la buona gestione del personale, perché porta all’invecchiamento e alla dequalificazione dell’amministrazione pubblica. Basti pensare che sotto l’attuale Governo, con questo bilancio, nel 2005 si taglieranno, per oltre l’11 per cento, le spese per l’informatizzazione dei servizi amministrativi. Meno informatica, meno presenza di persone giovani e formate secondo le nuove necessità del Paese: questo non è uno Stato leggero, questo è uno Stato assente. Dovremmo pur ricordare che ogni buona riforma deve necessariamente camminare sulle gambe di una pubblica amministrazione capace di applicarla e di farla applicare.

Rinvio alla relazione scritta per un esame più puntuale delle tabelle dei Ministeri. Mi soffermo solo su due Ministeri particolarmente importanti per segnalare dei fatti che ritengo gravissimi. Ministero delle politiche sociali: il Fondo nazionale delle politiche sociali è il presidio attraverso cui lo Stato interviene in settori delicatissimi dell’infanzia, dell’adolescenza, della politica per gli anziani, dell’integrazione e dell’autonomia dei portatori di handicap, della lotta alla tossicodipendenza, del sostegno alle famiglie disagiate, del sostegno alla promozione al volontariato e terzo settore. Ebbene, questo fondo vede nel bilancio un taglio da 1,66 miliardi a 1,27 miliardi di euro; pari a -23,4 per cento. Nel corso dell’esame questo fondo è stato tagliato ancora per un altro 7 per cento. Nel 2005 le risorse saranno un terzo in meno, e i tagli riguarderanno Regioni e Comuni nelle loro fondamentali politiche sociali.

La seconda osservazione sulle tabelle dei Ministeri riguarda il Ministero dell’interno. Nel Paese c’è una domanda di maggiore sicurezza perché il numero dei reati sta crescendo; sono spariti dai telegiornali, ma crescono, come evidenziano tutte le statistiche. Ebbene, stanziamenti essenziali per la lotta alla criminalità della Polizia di Stato e dei carabinieri vengono tagliati. Negli anni 2003-2004-2005, se applichiamo anche le ultime previsioni contenute nei maxiemendamenti, avremo un taglio del 25 per cento delle risorse destinate ai mezzi della polizia, all’armamento, alle caserme, alle trasferte. Pensate di far fronte alla criminalità tagliando di un quarto gli stanziamenti per la sicurezza del Paese? (Applausi dai Gruppi DS-U, Mar-DL-U e Misto-SDI). Pensate sia corretto fare la retorica sulla Polizia di Stato e sui carabinieri e poi mandarli a fare il servizio d’ordine, senza straordinari, con i mezzi antiquati che perdono pezzi? Li mettete a confronto con una criminalità crescente con mezzi del tutto inadeguati. È questa la politica che pensate serva al Paese? Sono dati che fanno male a partiti che hanno sostenuto la necessità di interventi maggiori per la sicurezza del Paese. Voi al Governo state rompendo questi presidi.

Infine, pensiamo che la manovra, per i dati che abbiamo offerto, si sia resa prigioniera di una promessa populistica e un modesto ritocco delle aliquote IRPEF, per una cifra che non raggiunge lo 0,4 per cento del PIL, è di per sé incapace di avere qualsiasi effetto macroeconomico, concentrata com’è sulla parte a più alto reddito della popolazione e venendo pagata da un aggravio di una miriade di altre forme di imposizione.

Scompare dall’orizzonte un pensiero robusto sul futuro del Paese. L’espressione "investimenti in infrastrutture" e il miglioramento del capitale fisso del Paese in sapere scompaiono dall’agenda del Governo.

Osserva un fiscalista di vaglia come Enrico De Mita che, di fronte a problemi - questi sì! - epocali, si richiederebbero altre rivoluzioni mentali e operative, rispetto alle quali un modesto aggiustamento di aliquote suscita solo malinconia. Gli studiosi di economia e gli operatori economici non hanno riconosciuto alla manovra fiscale né valenza programmatica, né carattere rivoluzionario.

Il Paese è chiamato ad affrontare profonde trasformazioni per reggere la sfida della competitività, del radicale mutamento della struttura demografica, del nuovo contesto geopolitico, ed avrebbe quindi bisogno di unità, non tanto nella gestione corrente, che ben potrebbe basarsi su una seria distinzione dei ruoli tra maggioranza e opposizione, quanto sulle grandi questioni del Paese, sulla condivisione di un’ambizione collettiva, che è qualcosa di più robusto di un sogno. La maggioranza invece offre solo divisione e conflitto con le parti sociali di ogni tipo, sulla fondamentale base della convivenza civile che è la Carta costituzionale, in settori delicatissimi per la vitalità democratica, come l’amministrazione della giustizia, le regole elettorali e la libertà di espressione.

Il travolgimento delle regole di rigore poste a presidio della formazione del bilancio, della valutazione delle coperture e degli effetti finanziari dei provvedimenti (regole che attengono alla sostanza di un regime di democrazia parlamentare) rappresenta la sostanza di una politica populista, che riduce ogni intervento alla dimensione di uno spot.

I comportamenti collettivi si possono modificare in direzioni più virtuose per il bene comune solo se l’autorevolezza della politica, fondata sul rispetto di regole condivise, può offrire la certezza della natura e della durata di incentivi e di trasferimenti fiscali, se il cittadino può porre a ragionevole fondamento che ciò che gli viene offerto stia nel mondo della realtà e non in quello virtuale della propaganda.

La manovra presentata dal Governo manca totalmente di queste caratteristiche e avrà perciò esiti gravemente negativi per il nostro Paese. Pertanto, su di essa esprimeremo un voto contrario. (Applausi dai Gruppi Mar-DL-U, DS-U, Misto-Com e Misto-SDI e del senatore Michelini. Congratulazioni).

 

MORANDO (DS-U). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

MORANDO (DS-U). Signor Presidente, intendo presentare una questione pregiudiziale ai sensi dell’articolo 93 del nostro Regolamento.

Nello specifico, intendo sostenere che la legge finanziaria al nostro esame vìola … (Brusìo in Aula).

 

PRESIDENTE. Colleghi, vi prego, c’è troppo brusìo.

 

MORANDO (DS-U). Dicevo che la legge finanziaria vìola l’articolo 53 della Costituzione, il quale recita (lo ricordo a me stesso, naturalmente): "Il sistema tributario è informato a criteri di progressività". Inoltre, la legge finanziaria al nostro esame vìola l’articolo 81 della Costituzione, che al quarto comma recita: "Ogni legge che importi nuove o maggiori spese deve indicare i mezzi per farvi fronte".

Mi soffermo sul primo punto, quello in riferimento all’articolo 53 della Costituzione. È noto, signor Presidente, che in Commissione bilancio è stato presentato e approvato un emendamento del Governo che ridisegna la curva delle aliquote dell’imposta sui redditi delle persone fisiche.

Circa gli effetti di questo emendamento sulla progressività… (Brusìo in Aula. Richiami del Presidente).

 

PRESIDENTE. Per favore, colleghi, non fatevi richiamare più, ci sono troppi capannelli!

 

MORANDO (DS-U). Come dicevo, circa gli effetti di quest’emendamento sulla progressività del prelievo basterà, signor Presidente, citare un dato: divise le famiglie per decili in termini di reddito e fatto primo decile quello composto dalle famiglie con reddito più basso e decimo decile quello costituito dalle famiglie con reddito più alto, la percentuale delle famiglie appartenenti al primo decile che risparmia qualcosa grazie a questo provvedimento è pari al 2 per cento; la percentuale delle famiglie appartenenti al secondo decile che guadagna qualcosa è pari al 27 per cento; la percentuale appartenente al quinto decile che guadagna qualcosa è pari al 54 per cento, mentre la percentuale delle famiglie appartenenti al nono decile, quindi con reddito più alto, che guadagna qualcosa è pari al 95 per cento; infine, la percentuale del decimo decile, con l’imponibile medio familiare superiore ai 93.000 euro, che guadagna qualcosa è pari al 99 per cento.

Non c’è bisogno di altri dati per documentare il carattere duramente regressivo di queste misure. L’articolo 53 della Costituzione prescrive che chi ha di più deve dare di più. La legge finanziaria al nostro esame modifica la curva delle aliquote IRE per ottenere esattamente l’effetto opposto. E si badi, signor Presidente, signor Ministro, questi calcoli li ho fatti assumendo che il cosiddetto contributo di solidarietà imposto dalla legge finanziaria ai contribuenti più ricchi definisca in realtà una quarta aliquota del sistema IRE, perché l’effetto regressivo sarebbe ancora più marcato se dovessimo prendere sul serio il Governo e dovessimo quindi ipotizzare che al nome "contributo di solidarietà" corrisponda la cosa, cioè che non si tratti della quarta aliquota, bensì effettivamente di un contributo di solidarietà.

Signor Ministro, conosco e prendo molto sul serio l’obiezione che viene mossa a questa critica circa il carattere regressivo della riforma al nostro esame. In buona sostanza - dicono il Governo e la maggioranza - l’articolo 53 della Costituzione non impone di rispettare il principio della progressività per ogni componente del sistema tributario, cioè per ognuna delle imposte; l’articolo 53 impone, in realtà, di rispettare il criterio della progressività del prelievo soltanto per il sistema nel suo complesso, non per ognuna delle imposte che ne fa parte.

Prendo tanto sul serio questo argomento da sostenere in partenza che esso è ineccepibile: solo il rispetto della progressività nel sistema può rispondere o meno a quanto disposto dall’articolo 53 della Costituzione; non è l’esame di una singola imposta che può farci concludere per il rispetto o meno di quell’articolo. (Brusìo in Aula). Chissà perché bisogna urlare così per poter svolgere un intervento! È veramente vergognoso; comunque, non fa niente.

Peccato, signor Presidente, per i contribuenti italiani dei primi sette decili di reddito che la legge finanziaria al nostro esame non si limiti a toccare le aliquote IRE, ma contenga decine di altri interventi di tipo fiscale.

In una rapidissima e incompleta sintesi - li elencherò rapidamente, altrimenti mi servirebbe il tempo di tutto l’intervento per citarle - la legge finanziaria dispone aumenti di prelievo derivanti dalla revisione degli estimi catastali; dalla TARSU, cioè la tassa per la raccolta dei rifiuti solidi urbani; dall’IVA intracomunitaria per i veicoli, dalla modificazione e revisione dei parametri degli studi di settore; dall'aumento dell'imposizione sulle società cooperative; dall'aumento enorme dell'accisa sulle sigarette (nel 2006, solo l'accisa sulle sigarette, in base alla relazione tecnica del Governo, deve comportare un aumento di gettito di un miliardo di euro, cioè 2.000 miliardi di vecchie lire); dall'aumento dell'imposta di bollo e concessioni. Più altre sette misure di aumento della pressione fiscale cui adesso non accenno una per una.

È noto - lo ha detto adesso il senatore Giaretta - che, considerate tutte le misure di sgravio fiscale e tutte le misure di aumento della pressione fiscale, questa legge finanziaria alla fine dispone un aumento della pressione fiscale per circa quattro miliardi di euro. Ma l'argomento che mi interessa non è questo e io non vi insisterò. Per la verifica del rispetto all'articolo 53 della Costituzione, rileva constatare che lo sgravio IRE che premia i redditi più alti viene finanziato, anche tecnicamente, per un miliardo di euro, con l'aumento di imposte duramente regressive, come è quella, purtroppo, sul tabacco. Non bisogna essere grandi esperti di sociologia per sapere chi oggi pratica più intensamente, dal punto di vista sociale, la pratica del fumo: le persone a più basso reddito e a più basso livello di formazione. Quindi, non si tratta di fare un ragionamento su un'unica imposta.

L'articolo 53 della Costituzione viene violato per una ragione puntuale: lo sgravio dell'imposta sui redditi dei più ricchi viene finanziato attraverso l'aumento di imposte duramente regressive, come quelle sui consumi di tabacco e quelle di bollo. Siamo di fronte ad una ipotesi di scuola, in termini di violazione dell'articolo 53: meno prelievo sui più ricchi, in nome e sulla base di un maggior intervento su coloro che stanno peggio.

Secondo punto. La legge finanziaria vìola il comma 4 dell'articolo 81 della Costituzione. Signor Presidente, è noto, certamente a lei, ma credo anche a molti colleghi, che, dal punto di vista dell'esigenza di rispettare tale disposizione, la legge finanziaria non è una legge speciale, ma una legge come tutte le altre. In buona sostanza, se reca degli oneri, deve provvedere direttamente al suo interno ai mezzi di copertura. Ammesso e non concesso che la legge finanziaria, così come giunta dalla Camera, fosse perfettamente coperta, e lo ammetto, anche se non lo concedo, perché lei ha pronunciato… (Brusìo in Aula).

 

PAGANO (DS-U). Signor Presidente, può chiedere ai colleghi di fare silenzio?

 

PRESIDENTE. Colleghi, è possibile che debba richiamarvi ancora una volta? Mettetevi seduti e non fate capannelli.

 

GUZZANTI (FI). Ma stai zitta!

 

PAGANO (DS-U). Stai zitto tu, che fai solo il pagliaccio!

 

PRESIDENTE. Senatrice Pagano, per favore.

 

PAGANO (DS-U). Signor Presidente, non è tollerabile che colleghi parlino e diano anche le spalle alla Presidenza. (Richiami del Presidente).

 

MORANDO (DS-U). Grazie, signor Presidente, ma ormai sono rassegnato.

Dicevo: devo ammettere, anche se non concedere, che le cose stiano così, cioè che la legge finanziaria arrivata dalla Camera fosse perfettamente coperta, perché questo è stato il giudizio da lei pronunciato all'inizio dei nostri lavori. Quindi, assumo che il provvedimento presentasse un prospetto di copertura privo di pecche particolarmente rilevanti.

Ebbene, sostengo che le modifiche apportate dalla 5a Commissione a quel testo hanno prodotto oneri non quantificati e non coperti, cosicché quel prospetto di copertura, che originariamente è stato correttamente valutato da lei come ammissibile, oggi dovrebbe essere riscritto, facendo emergere oneri, non quantificati e non coperti, per una cifra che cercherò di definire.

Per ragioni di brevità, signor Presidente, mi limiterò a fare rapidamente solo due esempi, che sono quelli più rilevanti fra gli almeno nove che ho contato.

Per quanto riguarda il primo, il testo della legge finanziaria che ci proviene dalla Camera dei deputati disponeva la revisione - attenzione, colleghi - annuale e automatica - sottolineo l’aggettivo automatica - dei parametri degli studi di settore. L’allegato n. 7 alla legge finanziaria ha quantificato in 2 miliardi e 109 milioni il maggiore gettito derivante da questa revisione annuale e automatica sulla base dei dati ISTAT dei parametri degli studi di settore.

Qual era, signor Presidente, l’innovazione legislativa da cui il Governo si attendeva un simile e così rilevante aumento di gettito? Forse la revisione degli studi di settore genericamente intesa? Assolutamente no, signor Presidente. Perché? Perché la revisione degli studi di settore genericamente intesa era prevista dalla legislazione vigente e noi sappiamo che nel prospetto di copertura, in termini di maggiori entrate, si possono mettere soltanto quelle entrate che derivano dall’innovazione legislativa. Se la revisione dei parametri era prevista a legislazione vigente, il Governo doveva solo farla e non doveva scrivere in norma assolutamente nulla. Se scrive in norma che la revisione è annuale e automatica sulla base dei dati ISTAT, allora legittimamente stima un aumento del gettito, perché introduce una significativa innovazione nella legislazione vigente, che prevede che i parametri degli studi di settore si possano rivedere, ma senza fissare né la scadenza né in alcun modo l’automaticità.

Ora che cosa è accaduto? A fronte del fatto che l’unica effettiva innovazione legislativa recata dalla legge finanziaria, da cui ci si attendeva - ripeto - un aumento di gettito di 2 miliardi e 109 milioni, era quella riferita all’automatismo nella revisione, in sede di Commissione il relatore e il Governo hanno presentato una modifica che elimina l’automatismo. Signor Presidente, se si elimina l’automatismo, sfido chiunque a dimostrare che la revisione degli studi di settore attualmente prevista nel testo uscito dalla Commissione non contenga se non quanto già contenuto nella legislazione vigente.

Qual è il fatto? Il Governo in un primo tempo, con relazione tecnica, signor Presidente, ha preteso di sostenere che l’eliminazione dell’automatismo non dovesse essere coperta attraverso un qualche aumento di gettito alternativo o una riduzione di spesa. Successivamente però, grazie alle nostre vibratissime proteste e debbo dire, dandogliene atto, grazie anche all’insistenza del presidente Azzollini, il Governo ha ritirato la precedente relazione tecnica e ne ha presentata un’altra in cui l’abolizione dell’automatismo viene coperta con 250 milioni di euro. Si è salvato il principio, direi la dignità dei nostri lavori, il rispetto delle regole almeno sotto il profilo formale.

Tuttavia, signor Presidente, dal punto di vista sostanziale rimane il fatto che il gettito previsto da innovazioni legislative nel campo degli studi di settore era di 2 miliardi e 109 milioni di euro e che la copertura dell’emendamento, che limita l’automatismo, grazie alle nostre insistenze è a questo punto di 250 milioni di euro. Si fa presto a fare la sottrazione, attraverso la quale si vede che abbiamo una scopertura certificata, nel prospetto di copertura della legge finanziaria, di almeno un miliardo e 800 milioni. Ciò non perché lo dico io, ma perché lo dicono il buonsenso, la lettera della legge e una normale operazione di sottrazione.

Veniamo al secondo esempio, che riguarda la famosa cessione di tratti stradali. La legge finanziaria pervenutaci dalla Camera prevedeva una norma per la cessione da parte dello Stato a soggetti direttamente o indirettamente controllati dallo Stato stesso (non mi sto occupando del merito, come lei, signor Presidente, ha ben compreso, ma semplicemente di questioni di copertura) di tratti stradali - attenzione, cari colleghi della maggioranza, colleghi dell'opposizione - assoggettabili a pedaggio.

La relazione tecnica indica in ben 3 miliardi di euro la somma rinveniente dalla cessione, che compare nel bilancio così come modificato dalla legge finanziaria, cioè nell'allegato 7, ed ha effetto sul dato dell'indebitamento netto a partire dal 2005. Non sto dicendo nulla che non sia la descrizione della norma originaria e dei suoi effetti. È accaduto, signor Presidente, che in 5a Commissione è stato presentato un emendamento che conferma la cessione di questi tratti stradali da parte del Governo ad un soggetto a questo punto preciso, la società Infrastrutture S.p.A., e quindi conferma le entrate per 3 miliardi da far agire sul dato dell'indebitamento netto del 2005, ma dispone che il pedaggio sia figurativo, cioè a carico del bilancio dello Stato e nemmeno ipoteticamente a carico dei cittadini che con i loro veicoli passeranno su quelle strade, a quel punto, dopo che siano state vendute, assoggettate a un pedaggio.

Quindi, dalla modificazione approvata in Commissione che, così come afferma la relazione tecnica, è chiaro che con il testo dell'emendamento si determina in capo al bilancio 2006, signor relatore, sicuramente un onere aggiuntivo che incide direttamente sia sul fabbisogno, sia sull'indebitamento, che sulla base dei dati che il Governo ha fornito, signor Ministro, ho calcolato in almeno 350 milioni di euro.

Signor Presidente, credo di aver dimostrato anche su questo secondo punto che il prospetto di copertura della legge finanziaria viola l'articolo 81, quarto comma, della Costituzione almeno per una cifra pari a 2 miliardi di euro. (Applausi dai Gruppi DS-U, Mar-DL-U, Verdi-U, Misto-Com, Misto-RC, Misto-SDI e Misto-Pop-Udeur. Congratulazioni).

 

PRESIDENTE. Ricordo che, a termini di Regolamento, sulla questione pregiudiziale può prendere la parola non più di un rappresentante per Gruppo parlamentare.

Poiché nessuno domanda di parlare, metto ai voti la questione pregiudiziale, avanzata dal senatore Morando.

Non è approvata.

 

PAGANO (DS-U). Chiediamo la controprova.

 

PRESIDENTE. Ordino la chiusura delle porte. Procediamo alla controprova mediante procedimento elettronico.

Non è approvata.

 

Dichiaro aperta la discussione generale congiunta.

È iscritta a parlare la senatrice De Petris. Ne ha facoltà. (Brusìo in Aula).

 

DE PETRIS (Verdi-U). Adesso aspetto un attimo, signor Presidente. (Brusìo in Aula. Richiami del Presidente).

 

PRESIDENTE. Un po’ di silenzio, per cortesia.

 

DE PETRIS (Verdi-U). Guarda che roba… (Brusìo in Aula. Richiami del Presidente).

 

PRESIDENTE. Colleghi, chi intende uscire lo faccia, ma in silenzio, perché la senatrice De Petris deve svolgere il suo intervento. Ripeto, colleghi: se volete uscire, fatelo. Senatrice De Petris, la prego.

 

DE PETRIS (Verdi-U). Sì, io provo, ma… (Brusìo in Aula. Richiami del Presidente).

 

PRESIDENTE. Colleghi, c’è troppo brusìo! Prego, senatrice.

 

DE PETRIS (Verdi-U). Onorevoli colleghi, capisco che avete come al solito fretta, ma credo che ci siano poche occasioni per discutere e sarebbe bene almeno avere un po’ di silenzio.

La manovra finanziaria che arriva oggi in Aula è stata ed è una sorta di cantiere aperto, non certo perché vi è la volontà del Governo di migliorare il testo, magari con il contributo dell’opposizione, ma per il procedere a vista da parte del Governo stesso e della maggioranza, con emendamenti spesso scoordinati e dall’incerta, fittizia o addirittura nulla copertura finanziaria, come tra l’altro abbiamo posto in evidenza durante la discussione in Commissione e come poc’anzi ha evidenziato di nuovo il collega Morando. Questo cantiere aperto - come dicevo - non sappiamo quando e come sarà completato con il maxiemendamento del Governo: siamo infatti in attesa di questi cosiddetti ultimi ritocchi, che tra l’altro annunciano ulteriori interventi per una cifra certamente da non sottovalutare.

 

Presidenza del vice presidente MORO

 

(Segue DE PETRIS). In realtà questo forse è il vero motivo della questione di fiducia, che ancora tecnicamente non è stata posta, ma che è stata ampiamente annunciata da parte del Governo sulla finanziaria 2005, una decisione che noi riteniamo gravissima e che ancora una volta lede i diritti del Parlamento e impedisce in Aula una discussione franca, serena, seria e approfondita. Spero che questa volta non avrete il coraggio di attribuirne la responsabilità all’ostruzionismo dell’opposizione, perché in questi giorni in Commissione abbiamo più che altro dovuto assistere a una sorta di assalto alla diligenza costituito dai 2.000 emendamenti presentati dalla maggioranza: quindi forse dovremmo parlare di un ostruzionismo al contrario.

Ancora una volta porre la fiducia, quindi abbreviare come sempre i termini della discussione, rappresenta forse il tentativo di sviare l’attenzione dell’opinione pubblica dai veri contenuti della finanziaria, per continuare la propaganda sul cosiddetto taglio delle tasse. Ma i cittadini, lo sapete bene (lo dico in particolare al ministro Siniscalco), si accorgeranno ben presto degli effetti della manovra e del segno degli sgravi fiscali del Governo. Si tratta infatti di sgravi fiscali che hanno una forte impronta regressiva e attenuano fortemente, anzi, per certi versi ribaltano la progressività dell’imposizione come prevista dall’articolo 53 della Costituzione.

Si toglie ai poveri, per dare ai ricchi possiamo dirlo letteralmente: così potremmo sintetizzare i tagli e gli sgravi fiscali presentati dal Governo. Pensiamo a ciò che è avvenuto con il taglio della indennità di disoccupazione per le lavoratrici e i lavoratori agricoli, per 70 milioni di euro, per contribuire alla copertura del taglio delle tasse: un vero e proprio esempio di macelleria sociale tra i tanti.

Per di più, l’effetto redistributivo degli sgravi fiscali, che danno le briciole ai poveri per attribuire vantaggi più elevati ai ricchi, non sortirà alcun effetto sullo sviluppo economico. Per i redditi più bassi non si tradurrà in aumento del potere di acquisto e quindi della domanda interna; per i redditi più alti, il maggior reddito disponibile non andrà certamente sui consumi, ma al risparmio che peraltro, a causa del clima di incertezza e sfiducia diffuso nel Paese, difficilmente si orienterà sugli investimenti. Infatti, per il 30 per cento più povero dei contribuenti gli sgravi saranno mediamente di 7 euro al mese; il 16,5 per cento dei contribuenti più ricchi, al contrario, godrà del 60 per cento dell’ammontare totale degli sgravi; il 50 per cento più povero avrà solo il 12,5 per cento dello sgravio e ciò non sarà certamente sufficiente a compensare l’aumento delle altre tasse che questa finanziaria produce.

L’evento storico annunciato dal presidente Berlusconi sarebbe dunque questo: se lo sgravio medio per famiglia di 325 euro viene ben calcolato, dividendo i contribuenti in 10 fasce, si verifica che la progressività dell’imposizione avviene al contrario, per cui le famiglie più povere risparmieranno 17 euro all’anno e le famiglie più benestanti, l’ultimo gradino della scala, otterranno un beneficio di 1.164 euro all’anno; gli incapienti, vale a dire coloro che hanno un reddito così basso da essere esenti da imposta, non solo non avranno alcun beneficio, ma pagheranno il taglio dei servizi sociali e sanitari nonché un ulteriore aumento di tasse indirette.

Ed è proprio questo quello che voi, forse, volete continuamente celare, vale a dire che la finanziaria 2005 (al contrario della vostra propaganda) aumenta complessivamente il prelievo fiscale di più di 7 miliardi. Pensiamo soltanto all’effetto che si produrrà con la revisione degli estimi catastali, della TARSU e delle altre tasse dirette e indirette.

La finanziaria penalizza il Mezzogiorno e la scuola è, ancora una volta, sacrificata. Taglia pesantemente le risorse alle Regioni e agli enti locali, con tutto quello che ciò comporta in termini di riduzione dei servizi, da quelli sanitari, a quelli sociali, al trasporto pubblico locale. Produce, per di più, un taglio di 75.000 dipendenti pubblici.

Quindi, in realtà, questa finanziaria avrà, a nostro avviso, un effetto recessivo sulla domanda interna. Pensiamo solo al blocco della spesa del 2 per cento per acquisto di beni e servizi della pubblica amministrazione; per di più assistiamo, anche qui, ad un taglio agli investimenti.

Ma che dire, ancora, sul perpetuarsi di quella che noi definiamo, ormai, una vera e propria spoliazione del patrimonio dello Stato, con ulteriori vendite di pezzi del patrimonio, medesimo (ed pensiamo anche delle strade, attraverso questo marchingegno di finanza creativa del passaggio all’ISPA), con la ripresa della questione delle aree demaniali, che però, questa volta non prevede alcuna esclusione, per cui potranno essere messe in vendita - addirittura a trattativa privata - aree demaniali marittime, golenali e lagunari: quindi anche le aree più importanti dal punto di vista paesaggistico del nostro Paese.

Per non parlare, poi, della questione del condono edilizio. Si prevedono 2 miliardi di entrata, sempre a copertura del taglio delle tasse, degli sgravi fiscali: si tratta, tra l’altro, di una copertura un po’ strana, perché un’entrata in conto capitale finanzia una spesa corrente. Ma siccome sapete perfettamente che questa è una cifra assolutamente irrealistica, vi avvertiamo subito: su questo, ovviamente, vi troverete di fronte un’opposizione durissima se pensate (come da più parti di sente dire) di riaprire i termini del condono edilizio, con tutto ciò comporta in relazione all’ulteriore saccheggio del territorio e ai costi aggiuntivi per i Comuni.

Non vi sono invece provvedimenti reali per aiutare la ripresa economica e non credo che questa volta avrete il coraggio - lo spero, almeno - di dire che il taglio delle tasse avrà un effetto virtuoso e taumaturgico per la ripresa dell’economia.

Ad alcuni settori sono arrivate solo le briciole. Potremmo citarne molti, ma mi concentrò sul settore agroalimentare, che - come sapete - rischia il declino. Sembra invece che il Governo lo ignori ed è forse questo il modo per sintetizzare il nostro giudizio sulla legge finanziaria con riferimento a tale comparto, perché non è stata adottata alcuna misura concreta. Sono stati operati alcuni aggiustamenti in Commissione, e si dice che vi sarà qualcosa nel maxiemendamento, ma in realtà non è stato fatto niente che possa servire veramente ad affrontare le questioni strutturali del settore, cioè a sostenerne la competitività, dal momento che esso è alle prese con una fortissima e preoccupante crisi congiunturale.

Erano necessari interventi concreti, perché siamo alla vigilia dell’impatto con la nuova politica agricola comunitaria e con l’entrata in vigore delle regole in materia di tracciabilità, ma di tutto questo non si è voluto assolutamente tenere conto.

I dati strutturali in questo settore configurano un quadro preoccupante e ne cito solo alcuni: dopo un 2003 che ha visto calare pesantemente la produzione, oggi ci troviamo ancora di più in una vera e propria crisi. Basti pensare a ciò che è accaduto nel campo dell’ortofrutta, che tradizionalmente era il settore di punta dell’esportazione agricola italiana e che per la prima volta ha chiuso il periodo con un deficit negli scambi con l’estero. Ma di tutto ciò, della possibilità di intervenire su questi problemi strutturali - lo ripeto - non solo non c’è traccia nel disegno di legge finanziaria, ma non ne avete neanche voluto tenere conto.

Il settore agroalimentare, invece, ha bisogno di ben altro. Innanzitutto, ha bisogno di certezze in campo fiscale, e invece si continua con la proroga di volta in volta delle agevolazioni fiscali; sono aumentati i costi di produzione, ma anche su questo non c’è stato alcun segnale. La maggior parte della distribuzione ormai è concentrata nelle mani di gruppi stranieri e quindi sarebbe necessario intervenire con strumenti appropriati. Voi rispondete che si provvederà con il decreto sulla competitività, ma certo le misure in questo campo sono il segno della qualità dell’insieme della manovra, che per la campagna di propaganda del taglio delle tasse ha sacrificato moltissimi settori e quindi la possibilità di ripresa.

Prima di concludere, mi soffermo sulla questione di Roma capitale. Sembra che nel maxiemendamento siano state accolte in parte le richieste, con la previsione di una - non so se definirla così - mancia. Per la prima volta, infatti, questo fondo è stato fortemente definanziato. Se si pensa che per il ruolo di Roma capitale sia sufficiente lo stanziamento di 120 milioni di euro per il biennio (60 milioni di euro per ciascuno degli anni 2005 e 2006 o 50 milioni per il 2005 e 70 milioni per il 2006), ci si sta sbagliando di grosso. Basti considerare che lo scorso anno le manifestazioni che si sono svolte a Roma, proprio per il suo ruolo di capitale, sono costate ai cittadini romani 55 milioni di euro. Credo che questo dato stia a significare che ancora una volta ci troviamo di fronte ad una totale sottovalutazione ed umiliazione del ruolo della capitale. (Applausi dai Gruppi Verdi-U, Mar-DL-U, DS-U e Misto-SDI).

 

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Flammia. Ne ha facoltà.

 

FLAMMIA (DS-U). Signor Presidente, ho deciso di intervenire in discussione generale per riprendere il ragionamento sul Mezzogiorno che, sulla base di alcune mozioni presentate dal sottoscritto e da altri senatori, è stato avviato in quest’Aula all’inizio del mese di marzo, senza tuttavia trovare una conclusione.

Nel corso di questi mesi non solo il sottoscritto, ma anche altri senatori hanno più volte sollecitato la Presidenza a dare seguito e conclusione alla discussione avviata, ma ogni sollecitazione è risultata vana perché il Governo non ha ritenuto nemmeno di dover onorare un dovere istituzionale formale e la stessa Presidenza del Senato - duole doverlo sottolineare - si è acconciata alle inadempienze dell’Esecutivo.

Invero, non c’è da meravigliarsi molto del comportamento del Governo, vista la sua assoluta e costante ostilità nei confronti del Mezzogiorno, nell’azione quotidiana e in tutti gli atti legislativi come, del resto, dimostra il disegno di legge finanziaria che stiamo esaminando.

Non credo che nella storia repubblicana ci sia stato un Governo più ostile al Mezzogiorno di quello attuale. Di finanziaria in finanziaria, di manovra in manovra, si è proceduto con pervicace tenacia a senso unico contro il Mezzogiorno: sottrazione di risorse finanziarie; soppressione o unificazione di strumenti legislativi ed operativi; rapina di risorse umane ed economiche; indebolimento di servizi essenziali; disparità di trattamento in ogni settore della vita civile e sociale.

Dove hanno colpito di più i tagli della manovra estiva e dove colpiranno di più i tagli di questa finanziaria? A pagare sarà tutto il Paese, ma chi ne ha risentito e ne risentirà di più? La parte del Paese più solida o quella più debole? I ceti più ricchi o quelli più poveri?

Facciamo qualche esempio. Dove inciderà di più il blocco del turnover, sulla parte del Paese con un tasso occupazionale più alto o dove c’è più disoccupazione? Sui garantiti o sui precari? Sulle realtà più dotate di servizi o su quelle con maggiori deficienze?

Quando si sottraggono i fondi ai forestali o ai braccianti, quali realtà territoriali pagheranno un prezzo più alto?

Quando si tagliano i fondi alle forze dell’ordine, si dà certamente un colpo alla sicurezza complessiva del Paese, ma chi ne subirà il danno maggiore, il territorio più attrezzato economicamente e socialmente, o quello che, per motivi storici e sociali, è più esposto alla violenza della malavita organizzata?

Quando si sottraggono i fondi agli enti locali, con riflessi devastanti sui servizi e sulle tasche dei cittadini, si producono più guasti sulle aree forti o su quelle deboli, sui ceti benestanti o su quelli meno abbienti?

Quando si riducono le risorse per le grandi infrastrutture, quale territorio ne risentirà di più, quello attrezzato o quello che da anni le aspetta?

Quando si sottraggono risorse all’agricoltura e non si assegnano i fondi necessari alle risorse idriche, quale parte del Paese ne subirà i danni maggiori, quella dotata di maggiori servizi oppure quella esposta alla desertificazione?

Credo bastino questi pochi esempi emblematici per dimostrare in maniera inconfutabile che questo Governo è la massima espressione storica dell’antimeridionalismo. E non si capisce che il Mezzogiorno potrebbe essere una grande risorsa per l’Italia e per l’Europa. Non si capisce che nella stessa logica della competizione del mercato globalizzato la crescita del Mezzogiorno è una necessità. Non si capisce che negli stessi processi politici ed economici internazionali le aree del Mezzogiorno potrebbero assumere un ruolo fondamentale.

Perché non si capiscono queste cose elementari? Perché gli interessi di chi ci governa sono altri: interessi personali, di classe e di territori, a danno del mondo del lavoro, dei deboli, dei giovani e del Mezzogiorno.

Come potete, onorevoli senatori meridionali della maggioranza, rendervi complici di una politica così ostile agli interessi del vostro territorio? Certo, anche voi potete far ricorso, nei vostri collegi, alle menzogne e alla pubblicità ingannevole, seguendo l’esempio del vostro grande maestro. Ma sappiate che al Sud cominciano a mancare persino le condizioni minime del mercato e della pubblicità.

Attenti, onorevoli senatori! La disperazione può produrre anche processi incontrollabili. L’unità del Paese è veramente in pericolo. Voi vi state assumendo una gravissima responsabilità. (Applausi dal Gruppo DS-U e del senatore Marino).

 

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Cavallaro. Ne ha facoltà.

 

CAVALLARO (Mar-DL-U). Signor Presidente, colleghi senatori, il mio sarà un commento non strettamente tecnico come quelli già magistralmente espressi dai nostri relatori di minoranza e dal senatore Morando, ma intanto desidero effettuare una notazione di carattere generale: soltanto un grande sforzo mediatico può riuscire a far credere che una manovra di circa 24 miliardi di euro o, più esattamente, come sembra sia divenuta nel corso della nottata scorsa, di 22,8 miliardi, possa essere una svolta epocale. È una manovra che a tale importo arriva fra tagli di spesa e aumenti di entrate e perciò è, complessivamente, l’importo che al Paese si chiede di mettere a disposizione di un riequilibrio dei conti pubblici.

E lo stesso taglio fiscale di circa 5 miliardi di euro è dunque ben poca cosa, a prescindere dal fatto che nel merito risulta distribuito, come ci è stato spiegato, secondo le tecniche del piovere sul bagnato ed è in gran parte finanziato con nuove specifiche entrate tributarie, specie, ad esempio, su quella fascia di lavoratori autonomi ai quali proprio all'inizio della legislatura si era rivolto con trionfalismo il Governo.

Penso che neppure un borseggiatore abile come quelli dell'oleografia di Dickens sarebbe capace di far credere ai cittadini che, sottraendo dalla tasca qualcosa e rimettendone in un'altra soltanto una piccola parte, questo cittadino ne ricavi maggiore ricchezza e maggiori possibilità per il futuro. E questa è la realtà, al di là dei tecnicismi e delle suggestioni mediatiche e virtuali, la realtà quotidiana con la quale il Paese sarà chiamato, è già chiamato ormai da più di un anno, a confrontarsi.

Le stesse speranze che il cambio del Ministro dell'economia aveva in qualche misura legittimato per uno stile più consapevole in realtà sono solo un cambiamento di stile personale. Per la terza volta ci si trova di fronte ad un metodo che non solo non è concertativo (e forse si può sostenere che la legge finanziaria non debba essere per forza oggetto di un procedimento di concertazione reale con le forze sociali, che tutte insieme sono insorte contro questo testo, compresa la Confindustria) ma è addirittura sprezzante di quello stesso principio federalista che, in altra parte di questo Palazzo, stiamo discutendo, e addirittura stiamo enfatizzando (devo dire, a questo punto, del quale stiamo vaneggiando e favoleggiando).

Vorrei richiamare il principio che Comuni, Province e Regioni sono espressione della Repubblica, e ne sono parte non gerarchicamente sottordinata allo Stato centrale. E invece, pur tuttavia, abbiamo dovuto prendere atto che mai come in questa occasione a Comuni, Province, Regioni e alle loro associazioni è stato ragionevolmente posto e proposto un testo che non è stato oggetto di nessuna discussione, di concertazione alcuna e rispetto al quale i punti fondamentali dell'architettura non condivisibili sono stati del tutto non oggetto di negoziazione.

E sì che peraltro la stessa Corte dei conti ha riconosciuto che, ad esempio, per il 58,3 per cento la spesa pubblica verrà tagliata nel 2005 proprio con tagli sugli enti locali e addirittura, se non ci sarà una manovra di cambiamento, come noi comunque continuiamo ad auspicare, per il 73 per cento questa manovra sarà influenzata dai tagli sugli enti locali per il 2006 ed il 2007. E ciò perché, fra l'altro, si è scelto - lo hanno già detto magistralmente coloro che mi hanno preceduto - un taglio di spesa del tutto ottuso e non selettivo.

Ovviamente, fare politica attraverso i tagli di spesa significa scegliere, significa accontentare qualcuno e scontentare talaltro, e quindi significa prendere una posizione reale, una posizione nitida, che avrebbe portato alla considerazione che i Comuni, le autonomie locali nel loro complesso, le Province le Regioni, sono (per riconoscimento anche qui della Corte dei conti, l'organo tecnico, neutrale che vigila sui conti pubblici nel nostro Paese) coloro che hanno, attraverso il Patto di stabilità, più di tutti contribuito al tentativo di risanamento dei conti pubblici. Ad esso invece a posto mano disordinatamente il Governo, aumentando la parte di spesa, aumentando proprio quella parte di spesa che, odiernamente, come è stato ricordato, viene invece drasticamente tagliata.

Tra l'altro agghiacciante e finora poco indagato è il fatto che in questa legge finanziaria si propone un dimezzamento nel giro di pochi anni della capacità di indebitamento reale delle autonomie locali, e non ci si pone ancora il problema - ma si proporrà negli anni futuri - che tutto ciò provocherà il raddoppio delle entrate locali per mantenere il livello di investimenti attuali, o necessariamente il taglio degli investimenti, perché non li si potrà sostenere con questa manovra così incisiva sui conti delle autonomie locali.

E questo senza dire che alcuni strumenti finanziari progettati sono espressione di un neocentralismo, perché non si creano fondi che vengono erogati attraverso criteri obiettivi e attraverso la partecipazione obbligatoria in alcuni settori delle Regioni, ma attraverso una sorta di sportello ministeriale; tali strumenti aumenteranno quindi il tasso di discrezionalità, forse anche di clientelismo, dell'erogazione verticistica della spesa pubblica. Mancano invece gli strumenti di sostegno allo sviluppo, all'innovazione, alla ricerca, al settore pubblico - in generale la scuola, la giustizia e la sicurezza sono visti come pesi piuttosto che come risorse - eventualmente riqualificando la spesa, per modernizzare il Paese.

L'attacco al Welfare e la mancata predisposizione di tutele per i nuovi lavori diffonde incertezza, il contrario di ciò che servirebbe adesso al Paese, ossia fiducia e speranza. Manca anche la solidarietà sociale. D'altronde, lo stesso Governo fa manifestazione di stampo poujadista, che è tutt'altro che l'esaltazione dello spirito di solidarietà civica, cui deve ispirarsi una collettività nazionale ambiziosa.

Devo fare un'ultima osservazione, non perché sia legato al localismo, ma perché lo Stato, anche in una condizione di particolare difficoltà (quindi la mia non è un'esortazione localistica, ma etica) si dimostra egoista, patrigno ed ingiusto anche di fronte alle catastrofi. Sarebbe odioso un genitore che facesse qualcosa per un figlio e non per un altro, mentre tutti i figli sono uguali, persino quando somigliano agli scarafaggi del proverbio. Bisogna dire con forza che per la terza volta, come cittadini di Marche ed Umbria - lo hanno fatto tutti i parlamentari - ci rivolgiamo pietisticamente al Governo per ottenere quel che una legge dello Stato ha promesso, non politicamente, quindi, ma istituzionalmente, mentre altri rivoli e altri canali, del tutto legittimi, ma senza alcuna sistematicità e organicità, vengono avviati dalle casse dello Stato verso esigenze straordinarie locali.

Speriamo che anche stavolta, come ci è stato assicurato, ci venga dato qualcosa, anche se sarà poco. Speriamo soprattutto che questa sia l'ultima occasione in cui siamo costretti ad un pietismo del tutto inaccettabile nelle Aule parlamentari. Qui si tratta di creare uno strumento di carattere finanziario che consenta l'erogazione di risorse a chi ne abbia bisogno per esigenze straordinarie.

La direzione di questa legge finanziaria è del tutto sbagliata e le modalità con cui viene proposta non consentono una organica definizione delle esigenze territoriali e locali, come pure sarebbe giusto, senza cedere ai campanilismi, ma ci portano all'Aula con un dibattito artificioso e scontato, perché sappiamo che stanotte si sono trovati quattro soldi per i forestali e per Roma capitale. Arriveremo al voto e tutto il nostro lavoro e i nostri sforzi emendativi saranno stati inutili.

Da questa finanziaria il Paese non si può attendere un miracolo di Natale. Anzi, questo Governo assomiglia sempre più a Dorian Gray e per conservare la sua apparenza accentua appunto le apparenze, i suoi continui strappi, i suoi cambiamenti e le nomine consolatorie. Ma purtroppo la realtà, sia del Governo sia di Dorian Gray, non è quella dello specchio, bensì quella, ben diversa, di tutti i giorni. Ci auguriamo ci sia una svolta reale della politica nel nostro Paese. (Applausi dai Gruppi Mar-DL-U e DS-U).

 

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Michelini. Ne ha facoltà.

 

MICHELINI (Aut). Signor Presidente, signor Sottosegretario, onorevoli colleghi, nell’esaminare il disegno di legge finanziaria 2005 ritengo che quest’Aula dovrebbe verificare la coerenza del provvedimento con il mandato che il Parlamento ha conferito al Governo, con il Documento di programmazione economico-finanziaria 2005-2008, per realizzare la manovra di bilancio del prossimo anno, e ciò per due ragioni.

La prima riguarda il fatto che su questo provvedimento il Governo ha scatenato un’operazione mediatica, quasi per chiedere il consenso del popolo e condizionare quindi il Parlamento, lanciando un messaggio che, però, non corrisponde ai contenuti del documento che stiamo esaminando.

La seconda ragione riguarda il ricorso al voto di fiducia, e cioè all’introduzione di una procedura che sottrae a quest’Aula il potere-dovere di modificare il provvedimento in esame qualora lo ritenesse incoerente con il Documento programmatico o comunque inidoneo a conseguire gli obiettivi di finanza pubblica.

A tal fine, ricordo che la risoluzione approvata da quest’Aula in merito al Documento di programmazione economico-finanziaria 2005-2008 vincola la manovra di finanza pubblica 2005 a due misure: una di carattere finanziario, con il contenimento dell’incremento della spesa entro l’aliquota del 2 per cento (con l’eccezione delle spese per prestazioni sociali, interessi sui titoli di Stato e contribuzione al bilancio comunitario) e l’incremento delle entrate tributarie al 3,5 per cento, ed una di carattere economico sulla competitività, sullo sviluppo e sul potere di acquisto (misura quest’ultima da realizzare attraverso un apposito provvedimento che affianca la legge finanziaria e che riporta, tra l’altro, i dettagli della riforma fiscale).

Si tratta di misure con le quali la risoluzione sul DPEF ha cercato di dare risposte al problema del disavanzo 2005 dei bilanci della pubblica amministrazione, in quanto con i suoi 62,650 miliardi di euro oltrepassa di 1,4 punti di PIL il tetto del 3 per cento concordato a Maastricht ed il problema dello sviluppo economico che vede la nostra ricchezza inchiodata ad un incremento minimale ben al di sotto dei livelli non solo dell’America, del Giappone e della Cina, ma anche degli altri Paesi dell’euro. È stato ricordato, infatti, che la nostra crescita non oltrepassa l’1,4 per cento.

Per quanto riguarda la manovra sui conti pubblici, prima ancora di verificare il riscontro alla misura programmatica, ritengo utile mettere in luce le cause che hanno provocato un così rilevante disavanzo, nonostante le manovre di contenimento degli anni precedenti (compreso il 2004), e rendere quindi maggiormente comprensibili i contenuti reali della manovra stessa. Per questo, tenendo conto che il disavanzo dei bilanci della pubblica amministrazione nell’anno in corso (cioè il 2004) ammonta a circa 39 miliardi di euro, vale a dire un 2,8 per cento del PIL 2005, c’è da chiedersi cosa sia successo se per il bilancio del prossimo anno il disavanzo è cresciuto così tanto da passare dai 39 ai 62,650 miliardi di euro prima citati.

Confrontando il bilancio assestato 2004 (nel quale viene compresa pure l’ultima manovra introdotta con il decreto-legge n. 282 del 2004, anch’esso al nostro esame) con il bilancio a legislazione vigente del 2005, ossia con il bilancio che ricomprende gli effetti finanziari di tutte le leggi esistenti, si scopre che il peggioramento dei conti è dovuto ad una crescita molto forte delle spese - 31 miliardi e 104 milioni di euro, pari al 4,74 per cento - contro una crescita meno evidente delle entrate - 7 miliardi e 560 milioni di euro, pari all’1,23 per cento - con un divario quindi negativo di 23 miliardi e 544 milioni, ossia un valore appunto pari al peggioramento dell’ammontare del disavanzo complessivo rispetto al 2004.

L’aumento delle spese deriva da un aumento del 3,6 per cento delle spese correnti (22 miliardi e 132 milioni di euro) e un aumento del 17,4 per cento delle spese in conto capitale (9 miliardi e 472 milioni di euro); aumentano le spese per il personale, per l’acquisto di beni e servizi, le spese per il funzionamento degli uffici, gli interessi passivi e le spese per la sanità.

L’aumento delle entrate per il citato importo di 7 miliardi e 560 milioni deriva da un aumento sostanzioso delle entrate tributarie (10 miliardi e 899 milioni, pari al 2,8 per cento) e da un altrettanto sostanzioso aumento dei contributi sociali (5 miliardi e 599 milioni, pari al 3,14 per cento).

Diminuiscono invece le imposte in conto capitale per 4 miliardi e 886 milioni di euro; le entrate correnti per un 1 miliardo e 588 milioni, le entrate in conto capitale per 2 miliardi e 360 milioni.

A fronte di questa situazione, quali misure ha preso il Governo per contrastarne la dinamica così fortemente negativa?

La risposta contenuta nei documenti ufficiali, primo fra tutti il Documento di programmazione economico-finanziaria, è quella di una manovra che riduce il disavanzo dei bilanci della pubblica amministrazione per 24 miliardi di euro da realizzarsi mediante operazioni strutturali per 17 miliardi di euro e mediante dismissione di beni immobili per 7 miliardi di euro.

Ciò, però, a mio avviso, non è sufficiente a spiegare il significato politico della manovra, che si può invece scoprire se si confronta il risultato della manovra, cioè il bilancio programmato 2005 con il bilancio assestato 2004. Da questo confronto emerge con chiarezza ciò che programma il Governo per il rientro dal disavanzo dei 62.650 milioni di euro, vale a dire il 4,4 per cento del PIL, e giungere così a quello dei 38.438 milioni di euro, cioè il 2,7 per cento del PIL, cioè un disavanzo poco al di sotto di quello del bilancio 2004.

In questo confronto deve essere presa in considerazione l'intera manovra 2005, cioè quella contenuta nel provvedimento approvato dalla Camera e quella contenuta nel maxiemendamento approvato dalla 5a Commissione del Senato.

Con la finanziaria 2005, nel testo consegnato dalla 5a Commissione del Senato, la manovra si sostanzia in un aumento di spesa di 13.045 milioni di euro, pari a l'1,99 per cento rispetto al 2004, ed in un aumento di entrate di 13.715 milioni di euro pari al 2,22 per cento sempre del 2004. In altre parole, la manovra 2005 è stata costruita puntando sull'aumento delle entrate non già al livello programmato del 3,5 per cento, bensì ad un livello tale da poter finanziare gli incrementi di spesa tenendo conto del fatto che le entrate sono aumentate per effetto del loro incremento naturale per 7.560 milioni di euro e per effetto della manovra con un aumento netto pari a 6.153 milioni di euro.

Guardata dall'angolazione del bilancio tendenziale 2005, la manovra si sostanzia in una riduzione di spesa di 18.059 milioni di euro e in un aumento di entrate di 6.153 milioni di euro. La spesa è stata ridotta del 2,63 per cento e l'entrata è stata aumentata dello 0,98 per cento.

E' da dire subito che i sacrifici connessi alla riduzione della spesa non sono molto rilevanti, poiché quei 18 miliardi di minori spese sono stati distribuiti per 9 miliardi sulle spese correnti e per 9 miliardi sulle spese in conto capitale. Va da sé, dunque, che rispetto al 2004 le spese correnti sono state tutte aumentate per un valore medio del 2,1 per cento: sono aumentate le spese per il personale, per i consumi intermedi, per le pensioni, per gli interessi passivi; si sono invece fermate le spese per prestazioni sociali diverse dalle pensioni e sono state ridotte le spese sanitarie.

Non è però detto che tutte le maggiori spese siano reali, poiché per molti interventi i maggiori oneri sono stati soltanto presunti e perché in taluni casi, come quelli relativi al pagamento dei pedaggi figurativi delle autostrade trasferite in concessione, non sono stati affatto conteggiati.

L'incremento della spesa corrente del 2,1 per cento supera, peraltro, il vincolo di mandato del Documento di programmazione economico-finanziaria che, ricordo, era stato posto al 2 per cento. Inoltre, la messa sotto controllo delle dinamiche di spesa risulta molto semplicistica, come nel caso dei tagli lineari alle spese per i consumi intermedi, ovvero in quello del tetto di incremento del 2 per cento imposto a tutti gli enti della pubblica amministrazione, Comuni, Province e Regioni comprese.

Non vi sono scelte selettive; gli incrementi e quindi i relativi meccanismi posti a presidio della loro evoluzione, sempre rispetto al 2004, sono indifferenziati come nel caso del Patto di stabilità interna imposto a tutti gli enti locali: un patto che, diversamente dal significato che questa parola comporta, è un'imposizione agli enti locali sulla dinamica delle loro spese, sia correnti che in conto capitale, con riguardo al livello di competenza e quello di cassa.

Il Patto, per essere tale, dovrebbe prevedere il consenso degli enti locali; inoltre, non dovrebbe incidere sulle dinamiche della spesa, bensì sui saldi correnti e complessivi dei bilanci degli enti stessi, alla stregua di quanto concordato a Maastricht per gli Stati dell'Unione Europea.

Imponendo un controllo sia sulla gestione che sugli investimenti non può esservi un patto, ma soltanto interferenza dello Stato sul governo degli enti locali, tutto a discapito della dignità di queste istituzioni, i cui rappresentanti - lo ricordo - vengono eletti dal popolo nel modo stesso con il quale il popolo elegge i rappresentanti dello Stato.

L'imposizione del Patto è un fatto molto grave, oltre che un'offesa alle istituzioni sul piano politico e un'offesa alla Costituzione sul piano giuridico, offesa che si manifesta in tutta la sua portata se si considera l'azzeramento, di fatto, delle prerogative proprie delle Regioni a Statuto speciale in dispregio delle leggi costituzionali di approvazione dei relativi Statuti, e ciò prescindendo dal fatto che dalla riforma fiscale, di cui dirò tra poco, derivano a questi enti minori entrate per un importo che la relazione tecnica stima in 400 milioni di euro, senza copertura alcuna.

Sul versante delle politiche di spesa, è dato rilevare, infine, il fatto che la manovra non produce effetti sostanziali sull'economia ai fini dello sviluppo: non vi sono, in altre parole, disposizioni indirizzate all'obiettivo dell'incremento del prodotto interno lordo.

Con riferimento, invece, alla manovra fatta sul versante delle entrate, è da dire che l'incremento naturale dei gettiti fiscali (entrate tributarie e contributi sociali) ha permesso al Governo di movimentare questo fronte con l'introduzione di provvedimenti di contenimento delle entrate tributarie per 5,722 miliardi di euro, accompagnati da provvedimenti di aumento delle entrate per 8,471 miliardi di euro.

Il contenimento dei gettiti è stato predisposto in due fasi. La prima con il disegno di legge finanziaria, che comporta sgravi fiscali per un importo complessivo di 1,461 miliardi; la seconda con il maxiemendamento che contiene la riforma fiscale, con la riduzione dei gettiti di imposta per un importo complessivo di 4,261 milioni di euro e riguardante la riduzione delle aliquote e delle classi relative all'IRE, nonché la deduzione dall'imponibile IRAP del costo del lavoro sostenuto per il personale addetto alla ricerca e l'introduzione di una franchigia per le piccole aziende.

Sulla riforma fiscale si è sviluppata l'operazione mediatica di cui ho parlato all'inizio ed è quindi un tema ben noto a tutti noi.

Ciò che è da rilevare ancora in merito, oltre alle caratteristiche specifiche di iniqua distribuzione dei risparmi di imposta, riguarda il fatto che le riduzioni proposte potranno essere compromesse anche seriamente dalla manutenzione degli estimi catastali: un intervento, questo, che comporta un aumento delle imposizioni ai fini dell'IRE, dell’ICI e anche degli affitti; riguarda ancora il fatto che, diversamente da quanto propagandato in termini di politiche liberistiche, la riduzione delle imposte sui redditi delle persone fisiche non produrrà effetti taumaturgici sulla ripresa dello sviluppo e ciò in dipendenza dell'entità molto esigua del suo ammontare e della mancata riduzione delle spese delle pubbliche amministrazioni. La relazione tecnica stima gli effetti derivanti dalla riforma tributaria in 421 milioni di euro.

La manovra finanziaria non prevede, peraltro, soltanto riduzione di imposta, ma introduce anche un consistente aumento di tributi, intervenendo su ognuna delle fonti fiscali dello Stato, cosicché è stata aumentata la pressione fiscale rispetto a quella del bilancio tendenziale per circa 0,7 punti di PIL.

Tra di esse, la modifica dalla quale potrà derivare un incremento di gettito abbastanza rilevante (3,314 miliardi di euro) riguarda l'imposta sui redditi delle aziende, estendendo ad esse la tecnica che va sotto il nome di "studi di settore", una tecnica con la quale si stima la redditività dell’azienda non già sulla base degli esiti contabili della sua gestione, bensì sulla base di prestabiliti parametri statistici.

Con gli emendamenti approvati dalla 5a Commissione per sopprimere l'automatismo della revisione degli studi di settore, il gettito è stato ridotto di 250 milioni, ma con tutta probabilità tale previsione è fortemente sottostimata. Anche per questo verso, la manovra risulta carente di copertura.

Ad incrementare questa carenza, concorre poi il condono edilizio, il cui gettito è stato spostato dal 2004 al 2005 per un importo di 2,215 miliardi di euro. Questa somma, con tutta probabilità, non sarà riscossa, dato il numero esiguo di domande di sanatoria presentate entro la scadenza del 10 dicembre 2004.

Un'ultima considerazione sulla manovra in esame riguarda il capitolo sulle dismissioni. Dalle dismissioni dei beni immobili dovrebbero derivare 7 miliardi di euro al bilancio della pubblica amministrazione. Tra di esse vi è anche la dismissione della rete stradale, che ha le caratteristiche delle autostrade ed in quanto tale viene sottoposta al pagamento di un pedaggio figurativo da parte dello Stato. L'operazione è molto discutibile ed anche preoccupante perché da essa deriverà una riduzione della consistenza del demanio pubblico e l'assunzione di un'obbligazione pluriennale per ristorare i mutui che gli acquirenti andranno a contrarre per acquisire tali immobili a carico del bilancio dello Stato.

Come detto prima e precisato anche nella relazione tecnica, da questa manovra non deriveranno effetti significativi per la ripresa dello sviluppo della nostra economia, nonostante alcuni interventi come il sostegno alla ricerca, la riduzione dell'IRE e dell’IRAP e la costituzione del fondo rotativo per il sostegno degli investimenti e dell'innovazione.

Secondo la risoluzione di approvazione del Documento di programmazione economico-finanziaria 2005-2008, gli interventi a sostegno dello sviluppo dovrebbero far parte di un provvedimento che affianca la finanziaria, ma esso, finora, non è stato presentato e, sotto questo profilo, il Governo risulta inadempiente rispetto al mandato ricevuto.

Questo è un tempo ove si è parlato molto di conti pubblici e di revisione dei parametri di Maastricht, ma molto poco di ripresa economica, di competitività e di sviluppo, quasi come non assumesse rilevanza la condizione in cui versa la nostra economia.

Siamo gravemente carenti nelle esportazioni, le nostre aziende non sono competitive e guadagnano soltanto quelle che operano ancora in regime di sostanziale monopolio; vi sono i casi Parmalat e Cirio con un sistema bancario in libertà ed una Banca d'Italia che non ha ancora trovato il suo ruolo, dopo aver perso quello di istituto di emissione; vi è il fenomeno delle delocalizzazioni degli investimenti industriali; vi è un euro che si apprezza rispetto al dollaro e vi è un'Europa che innova i parametri della convivenza nell'economia agricola e quelli relativi ai fondi strutturali; vi è un ampliamento, infine, dell’area della povertà. Questi temi non vengono affrontati nei documenti che stiamo esaminando e ciò che sembra emergere è l'incapacità di questo Governo di generare una politica del contrasto idonea ad imprimere alla nostra economia un senso di marcia autenticamente competitivo e, ciò considerando, che tutti gli interventi i finora messi in cantiere dal Governo non hanno conseguito i risultati attesi, come dimostrano i documenti di finanza creativa e le riforme strutturali finora emanate.

Il Paese ha bisogno, a mio giudizio, di una riflessione profonda sul modo in cui una crescita che si alimenta alla cultura della solidarietà sa diventare propositiva in un mondo globalizzato.

Non credo che i parametri della riflessione possano essere attinti ai princìpi che ispirano la politica economica del Governo quali emergono dal Documento di programmazione economico-finanziaria del 2005, messo a confronto con quello di avvio di legislatura del 2002.

Non sono certo che i parametri riferiti in quei documenti possano servire alla nostra riflessione. Essi possono essere altri. Se il Presidente mi concede un minuto in più, con Jeremy Rifkin, penso che "mentre lo "spirito americano" guarda stancamente al passato, nasce un sogno europeo. (...) Il sogno europeo pone l'accento sulle relazioni comunitarie più che sull'autonomia individuale, sulla diversità culturale più che sull'assimilazione, sullo sviluppo sostanziale più che sulla illuminata crescita materiale, sul "gioco profondo" più che sull'incessante fatica, sui diritti umani universali e su quelli della natura più che sui diritti di proprietà, sulla cooperazione globale più che sull'esercizio unilaterale del potere"".

Signor Presidente, non credo che questi siano i princìpi cui si è ispirato il Governo e ritengo che nella manovra presentata dallo stesso per il 2005 vi sia un grande assente: l'Europa.

 

PRESIDENTE. Rinvio il seguito della discussione congiunta dei disegni di legge in titolo ad altra seduta.


SENATO DELLA REPUBBLICA

¾¾¾¾¾¾¾¾¾ XIV LEGISLATURA ¾¾¾¾¾¾¾¾¾

 

710a SEDUTA

PUBBLICA

RESOCONTO STENOGRAFICO

LUNEDÌ 13 dicembre 2004

(Pomeridiana)

Presidenza del vice presidente FISICHELLA,
indi del vice presidente SALVI
e del presidente PERA

 

 

 

Presidenza del vice presidente FISICHELLA

 

Seguito della discussione congiunta dei disegni di legge:

 

(3233) Conversione in legge del decreto-legge 29 novembre 2004, n. 282, recante disposizioni urgenti in materia fiscale e di finanza pubblica (Relazione orale)

(3224) Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2005 e bilancio pluriennale per il triennio 2005-2007 (Approvato dalla Camera dei deputati) (Votazione finale qualificata, ai sensi dell'articolo 120, comma 3, del Regolamento)

(3223) Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2005) (Approvato dalla Camera dei deputati) (Votazione finale qualificata, ai sensi dell'articolo 120, comma 3, del Regolamento)

 

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione congiunta del disegno di legge n. 3233 e dei disegni di legge nn. 3224 e 3223, già approvati dalla Camera dei deputati.

Ricordo che, ai sensi dell'articolo 120, comma 3, del Regolamento, le votazioni finali sul disegno di legge di bilancio e sul disegno di legge finanziaria avranno luogo con votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico.

Ricordo altresì che nella seduta antimeridiana il relatore ha svolto la relazione orale sul disegno di legge n. 3233, i relatori di maggioranza e di minoranza hanno integrato le relazioni scritte sui disegni di legge nn. 3223 e 3224, è stata respinta una questione pregiudiziale ed ha avuto inizio la discussione generale congiunta.

È iscritto a parlare il senatore Vitali. Ne ha facoltà.

 

VITALI (DS-U). Signor Presidente, signori rappresentanti del Governo, colleghe senatrici e colleghi senatori, intendo illustrare le proposte avanzate dalle opposizioni e da numerosi colleghi della maggioranza sui temi delle Regioni e delle autonomie locali.

Questo comparto risulta essere uno dei più penalizzati dall'attuale legge finanziaria, come hanno segnalato ancora una volta i sindaci italiani in una manifestazione che si è tenuta venerdì scorso qui a Roma in piazza del Pantheon.

In Commissione, il Governo ha accolto parzialmente una sola modifica, chiesta da Regioni ed autonomie, che riguarda la possibilità di usare il 75 per cento dei proventi da oneri di urbanizzazione per spesa corrente.

Vi è stato un impegno del sottosegretario Giuseppe Vegas a prendere in considerazione l'esigenza di finanziare in modo adeguato il fondo per il rimborso agli enti locali delle minori entrate derivanti dall'abolizione del credito d'imposta sui dividendi delle società partecipate e la proposta dell'ANCI sulla compartecipazione dei comuni alla lotta contro l'evasione fiscale.

A quanto pare, però, la maggioranza non ha intenzione di seguire il sottosegretario Vegas in questa disponibilità annunciata che era stata da noi apprezzata. Ciò significa che, a parte quella piccola modifica cui ho fatto cenno, per le Regioni e gli enti locali, la finanziaria è rimasta quella approvata dalla Camera dei deputati.

È una finanziaria molto pesante per Regioni ed autonomie locali per tre ragioni fondamentali.

La prima ragione è che questo non è il primo anno nel quale vengono operati tagli pesanti, riduzione dell'autonomia di spesa e anche dell’autonomia impositiva di Regioni ed enti locali. Ciò accade almeno dalla finanziaria del 2002, con la quale si è introdotto un nuovo criterio di applicazione del Patto di stabilità interno improntato a rigidità ed a prescrittività, e si è iniziato a ridurre progressivamente i trasferimenti agli enti locali.

Come risulta dalla relazione della Corte dei conti per l’anno 2003, la spesa di parte corrente dei Comuni, ad esempio, è molto al di sotto della spesa dell'insieme del comparto della pubblica amministrazione, con gravi effetti negativi per i servizi forniti da Comuni e Province (asili nido, assistenza agli anziani, edilizia scolastica).

La seconda ragione per cui Regioni e autonomie locali vengono duramente colpite riguarda la spesa per investimenti. Qui c'è la novità più grave.

Con la finanziaria 2005 entrano a far parte del Patto di stabilità e, quindi, del tetto di spesa, anche le spese in conto capitale.

La novità era purtroppo attesa perché già nelle finanziarie degli anni precedenti si faceva riferimento ad essa. Ma questa novità è intervenuta proprio nel momento peggiore, quando l’economia italiana ha bisogno di una scossa perché è in fase recessiva, e gli investimenti delle pubbliche amministrazioni rappresentano un volano importante per la crescita dell’economia.

Lo dimostra il fatto che tutte le associazioni e categorie economiche, insieme ai sindacati, hanno protestato con Regioni e associazioni delle autonomie contro tale norma. Facendo rientrare le spese per investimento nel blocco di spesa si comprime infatti l’unica voce dinamica di questo comparto, che in questi anni era effettivamente e positivamente cresciuta. Si impedisce così anche l’utilizzo di finanziamenti nazionali derivanti dalla legge-obiettivo sulle grandi opere pubbliche. Le Regioni non potranno più cofinanziare progetti cui partecipano anche soggetti privati.

Tutto ciò non può che avere un effetto devastante innanzitutto per le comunità locali che devono rinunciare ad opere fondamentali per la viabilità, per i trasporti urbani, per la scuola e gli altri servizi pubblici, e un effetto ulteriormente depressivo, insieme agli altri indotti da questa finanziaria, sulla situazione economica del Paese.

Bisognerebbe almeno evitare che le grandi opere infrastrutturali fossero sottoposte al limite di incremento di spesa.

Il terzo aspetto particolarmente negativo che contraddistingue la finanziaria di quest’anno riguarda i piccoli Comuni solo fino a 3.000 abitanti, che sono esclusi dall’applicazione del Patto di stabilità e quindi dal tetto di spesa anche per gli investimenti. Ciò implica che entrano, a differenza degli anni scorsi, i Comuni con una fascia di abitanti compresa tra i 3.000 e i 5.000, ma anche i piccoli Comuni con meno di 3.000 abitanti che fanno parte delle comunità montane - sottoposte al blocco - e delle unioni di Comuni con più di 10.000 abitanti, anch'esse sottoposte al blocco della spesa.

Le Regioni lamentano ancora una sottovalutazione del Fondo sanitario, una ulteriore riduzione del Fondo per interventi sociali e per l’edilizia popolare.

Le Province segnalano di essere particolarmente penalizzate dal calcolo del tetto di spesa sul triennio 2001-2003. Le comunità montane fanno presente che si sono ulteriormente ridotti i trasferimenti ad esse destinati ed è stato dimezzato il Fondo per la montagna.

Voglio infine sottolineare un altro importante aspetto che viene fatto presente da numerosi direttori di Ragioneria dei Comuni italiani. Ad esempio, il direttore della Ragioneria del Comune di Bologna, il dottor Stefano Biggi, fa presente a noi parlamentari di quella città che il comma 2 dell’articolo 6 del disegno di legge finanziaria, così com’è configurato, impedirà, per prudenza, ai Comuni di approvare i propri bilanci entro il 31 dicembre del corrente anno perché, secondo quanto stabilito in tale articolo, viene indicata una particolare modalità di attribuzione delle risorse ai Comuni calcolata sulla spesa corrente media pro capite degli anni precedenti per classe demografica.

Ora è evidente che, mancando il decreto attuativo che fissa questa ripartizione, i Comuni si trovano nella più totale incertezza e non possono approvare bilanci realistici. È un ulteriore motivo per dire che siamo di fronte ad un colpo molto duro per i bilanci di Regioni ed enti locali.

Il mio vuole essere un invito almeno a rivedere una norma che tra le altre cose rende del tutto incerta la possibilità di predisporre i bilanci e potrebbe produrre anche in questo caso effetti ulteriormente molto negativi sull’insieme dei Comuni italiani. (Applausi dai Gruppi DS-U e Mar-DL-U).

 

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Fasolino. Ne ha facoltà.

 

FASOLINO (FI). Signor Presidente, onorevoli colleghi, la legislatura si approssima al suo termine: manca poco più di un anno ed è tempo di rendiconti oltre che di programmazione e di prospettive. Inoltre, è tempo che il Paese maturi una certezza rispetto al fatto che quanto si promette in campagna elettorale va mantenuto e che il patto che così si stabilisce tra elettori ed eletti è patto serio, che viene osservato ed onorato astraendo al limite - non è il nostro caso - dalla stessa validità attuale dei contenuti, in modo da fare emergere la certezza che il motivo per cui si dà e a sua volta si riceve il voto sarà il motivo conduttore dell’azione di chi governa.

Una società moderna e tecnologicamente avanzata ha bisogno di certezze, anche perché il margine cronologico per la correzione degli errori è risicatissimo stante la velocità dei processi e delle loro verifiche. Qualunque impresa deve poter contare sulla stretta osservanza dei patti, specie se si riconducono all'esecutivo più alto, il Governo del Paese.

La domanda: "Ha fatto bene Berlusconi ad abbassare le tasse?" non può che trovare una risposta univoca: ha fatto benissimo e per due motivi. In primo luogo (e forse per la prima volta nella storia dell'Italia repubblicana), perché una promessa elettorale strategica è stata mantenuta. In secondo luogo, perché sono ampiamente tuttora sussistenti le condizioni socio-economiche dell'epoca in cui è maturato il patto con gli elettori.

Nonostante alcuni indici positivi, come il contenimento del disavanzo, l'aumento dell'occupazione e la caduta dell'inflazione, non c'è chi non veda come la crescita del PIL rimanga tuttora stentata, del resto in linea con tutti i Paesi dell'euro, mentre ad Occidente e ad Oriente le economie crescono a ritmo sostenuto. Gravano sullo sviluppo dell'Europa regole e mentalità antiquate; Cina, e subito dopo e di conseguenza, Stati Uniti non hanno avuto timore a deprezzare le loro divise, rendendo competitivi i loro prodotti. L'Europa assiste invece passivamente all'ipervalutazione della propria moneta, che rende difficile le esportazioni e abbassa la capacità di produzione del sistema.

In Italia, poi, la congiuntura viene aggravata dal mostruoso debito pubblico ereditato dai precedenti Governi, da un sistema pensionistico che solo ora e faticosamente si è messo in linea con le necessità obiettive dell'economia italiana (e anche in questo caso per merito del Governo Berlusconi), infine, da un mercato del lavoro ancora ingessato a causa della furibonda opposizione di una sinistra barricadera e oltranzista, che non riesce tuttora ad accettare la filosofia dell'alternanza e che ha vanificato quasi tutti i tentativi posti in essere dal Governo per realizzare un mercato del lavoro snello ed operativo, funzionale al Paese in una stagione di massima competitività internazionale.

Va appena notato che mentre il Paese del comunismo, la Cina, utilizza la manodopera quasi al costo più basso del mercato internazionale, la sinistra da noi impedisce qualsiasi tentativo di modernizzazione del sistema, l'ultima carta rimasta nelle mani dei Paesi europei per contrastare la concorrenza spietata e scorretta sul piano attuariale e contributivo dei Paesi del Terzo mondo, della Cina in particolare.

La diminuzione della pressione fiscale rappresenta, alla luce di queste considerazioni, la chiave per innescare un circolo economico virtuoso, restituendo autonomia e ricchezza ad un mercato finora dominato dalle lobbies dirigistiche e assistenzialistiche.

Più soldi nelle tasche dei cittadini significa libera scelta negli acquisti, linfa alle imprese migliori, indipendentemente dal fatto che siano collocate al Nord o al Sud del Paese. Al tempo stesso, diminuisce il ruolo delle sovvenzioni statali, spesso unicamente indirizzate ad imprese decotte e superate, brave solo a praticare lobbing, addirittura tali da disinteressarsi dell’attività industriale per specializzarsi in corridoi ministeriali, regionali e affini. Guarda caso, l’80 per cento delle sovvenzioni statali ad imprese riguarda il Nord del Paese e solo il 20 per cento le Regioni meridionali.

Altro che contro il Mezzogiorno: la diminuzione delle tasse è il primo vero intervento, da decenni a questa parte, in favore della componente più povera e negletta dell’Italia. Accompagnata dalla straordinaria operazione infrastrutturale in corso, che ha il suo epicentro nell’ammodernamento dell’autostrada Salerno-Reggio Calabria, la diminuzione delle tasse si configura come lo strumento migliore per rilanciare l’economia meridionale.

Signor Presidente, noi meridionali siamo convinti che il Mezzogiorno non ha bisogno di prebende o elemosine, ma di libertà di scelte, di autonomia e di infrastrutture. Il pacchetto delle misure proposto dalla sinistra è antiquato e tale da privilegiare le aree forti del Paese, del resto in linea con la politica seguita finora da quasi tutti i Governi italiani.

Cosa ha dato e chi per il Mezzogiorno, finora? La più grande industria italiana, la FIAT, è stata sempre al centro di un sistema assistenziale che, da una parte, ha reso possibile la sussistenza antistorica di un equilibrio aziendale incentrato sulla famiglia Agnelli e, dall’altra, ha reso impossibile l’ingresso di un azionariato popolare e diffuso, che solo avrebbe potuto dare linfa autentica alle asfittiche strategie aziendali.

I risultati sono sotto gli occhi di tutti. Negli anni Ottanta, Governo, sindacati e opposizione corsero affannati al capezzale dell’Alfa Romeo per infliggere all’azienda di Arese e Pomigliano il colpo di grazia, regalandola alla FIAT e impedendone l’acquisto da parte di Nissan e di Ford.

La scelta disastrosa è di quelle da segnare, per il Mezzogiorno, nigro lapillo. Un futuro dell’Alfa Romeo fuori del dominio FIAT avrebbe segnato soprattutto il rilancio internazionale di Pomigliano e competitività e leadership nel mondo automobilistico italiano ed europeo, una grande occasione mancata per il Mezzogiorno, i cui responsabili sono i Governi di allora e il sindacato nazionale.

E ora il centro-sinistra si lamenta della riduzione delle tasse e del corredo di restrizioni che l’accompagna nella finanziaria per il 2005. Certo, diminuiscono i soldi destinati al lobbing, ma qui solo l’impresa attrezzata alle clientele ci guadagnava. Certo, i Comuni, le Province, le Regioni dovranno diminuire le spese per i soggiorni all’estero e per le missioni, saranno costretti a risparmiare sulle convenzioni milionarie o miliardarie che dir si voglia. Ma che male c’è? Bassolino dovrà togliere dal libro paga della Regione Campania fior di giornalisti e di plaudenti? Conta poco, l'importante è che non sia stata ridotta la spesa strategica, quella - tanto per intenderci - per scuola e sanità, e che non siano stati ridotti gli interventi per la solidarietà: anzi, quest’ultima è uscita notevolmente potenziata dai provvedimenti in esame. L’importante è soprattutto che la gente acquisisca fiducia in se stessa e diventi artefice e protagonista del proprio futuro.

Intendo svolgere una personalissima considerazione finale. Probabilmente anche la legge finanziaria ha fatto il suo tempo. La complessa realtà del Paese non può essere fotografata (né ingessata, dico io) una volta all’anno con uno strumento di per sé poco flessibile e duttile. Mi auguro che, subito dopo l’approvazione della finanziaria per il 2005, il Governo ed il Parlamento comincino a pensare ad uno o più strumenti diversi per il 2006. (Applausi dal Gruppo FI e del senatore Curto. Congratulazioni).

 

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Morando. Ne ha facoltà.

 

MORANDO (DS-U). Signor Presidente, l’economia del nostro Paese - purtroppo lo constatiamo ormai da almeno tre o quattro anni - cresce molto poco. La crescita della ricchezza nazionale, del prodotto interno lordo italiano, per il terzo anno consecutivo, sarà quest’anno inferiore a quella media dell’area dell’euro.

Se usciamo da tale area e guardiamo al contesto dell’economia internazionale, questo dato acquisisce un carattere di vera e propria drammaticità, poiché nel corso di questi anni, al di fuori dell’area dell’euro, l’economia - come è a tutti noto - è stata caratterizzata da una crescita tumultuosa, molto intensa, di cui sono stati protagonisti non soltanto i grandi Paesi asiatici, ma anche gli Stati Uniti d’America, cioè il Paese, per così dire, capitale dello sviluppo mondiale.

Una discussione sulla politica economica e sugli strumenti di bilancio dovrebbe partire da quanto segue: ci dobbiamo chiedere cosa determina questa situazione di sostanziale stagnazione. La risposta a questa domanda è nei numeri della contabilità nazionale che il discorso sulla politica economica del Paese tende ad ignorare, perché, per così dire, è molto caratterizzato da impostazioni di carattere propagandistico. Eppure, i numeri sono molto chiari.

Questa situazione di sostanziale stagnazione della nostra economia, come dirò più avanti, è un fenomeno ormai di medio-lungo periodo e va molto al di là, nelle sue ragioni, della fase di competenza del Governo di centro-destra. Sostengo sempre con i miei amici della sinistra e del centro-sinistra che non bisogna mai fare cattiva propaganda, perché questo Governo sta facendo sufficientemente male da solo le cose che fa e non c’è bisogno di attribuirgli anche quelle che obiettivamente non può aver fatto e di cui non può essere stato responsabile.

Come dicevo, la risposta alla domanda che ho posto è nei numeri. I dati ci dicono che i consumi delle famiglie e delle imprese (la domanda interna) crescono; purtroppo molto poco, ma crescono. Cosa è crollato dunque nel corso di questi anni e che è alla base dell’attuale stagnazione? Questa domanda ha una risposta precisa nei numeri: è crollata la nostra quota di commercio mondiale.

Signor Presidente, poco più di 8 anni fa, nel 1995, fatto pari a 100 il commercio mondiale, la quota dell’Italia era pari a 5; nel 2003 (ultimo anno per il quale disponiamo di dati definitivi) la quota di commercio mondiale detenuta dal nostro Paese è diventata del 3,5: il 30 per cento in meno di quota di commercio mondiale in 8 anni.

Male comune dell’area euro? Non diciamo stupidaggini! Nel 1995 la Germania federale avevano l’11 per cento di quota di commercio mondiale; nel 2003 questa quota è diventata l’11,5 per cento. La Germania ha grandi difficoltà di altro tipo, soprattutto sul versante del bilancio pubblico, ha una disoccupazione a livelli elevatissimi, ma la sua quota di commercio mondiale l’ha perfettamente difesa.

La Francia nel 1995 aveva il 5,5 per cento di quota di commercio mondiale, poco più di noi, perché le nostre economie sono a dimensione sostanzialmente analoga; ebbene, nel 2003 mantiene il 5,5 per cento.

Nel frattempo, tra il 1995 e il 2003, noi sappiamo che il commercio mondiale si è enormemente ingigantito e accresciuto per il protagonismo di grandi Paesi che conoscono ritmi di sviluppo tra il 7 e il 9 per cento l’anno (è il caso della Cina e dell’India, ma non soltanto dei Paesi asiatici, perché vi sono anche alcuni Paesi dell’America Latina che stanno crescendo a questo ritmo).

Dunque, la causa è chiara: la nostra economia stagna e si tratta di una specificità nel contesto dell’area dell’euro. Non è affatto vero che questo ci accomuna, che questa condizione è comune per i Paesi dell’area dell’euro, perché la nostra economia stagna a causa della progressiva drammatica perdita di quota di commercio mondiale. E la causa della progressiva perdita di quota di commercio mondiale è - anche questo è chiarissimo - nei dati della contabilità nazionale. Noi abbiamo una drammatica caduta, che dura quasi da un decennio, della cosiddetta "produttività totale dei fattori".

Non si tratta, signor Presidente, soltanto della produttività del lavoro, perché la produttività del lavoro italiano è ancora a livelli da record mondiale, anche se abbiamo, nel corso di questi ultimi 5 o 6 anni, indubbiamente perduto posizioni anche a questo proposito. Quello che però ci fa perdere drammaticamente capacità di competere nell’economia globalizzata è la caduta della produttività totale dei fattori, cioè quella che potremmo chiamare la "produttività del sistema economico Italia".

La produttività totale dei fattori ha a che fare con la produttività del lavoro, ma anche con il buon funzionamento del sistema finanziario e creditizio, con il buon funzionamento della pubblica amministrazione, con il buon funzionamento del sistema giustizia, con il buon funzionamento del sistema infrastrutturale, in particolare dei trasporti e delle grandi reti materiali e immateriali di telecomunicazioni, e così via. Questa è la produttività totale dei fattori, questo è il campo nel quale noi stiamo perdendo drammaticamente colpi.

È un’analisi condivisa? Sinceramente, non mi pare; tuttavia, è un’analisi fondata su numeri che parlano chiarissimo. La malattia è questa, signori del Governo, e se questa è la malattia è anche abbastanza chiaro quale debba essere la cura: bisogna intervenire per interrompere la caduta della produttività totale dei fattori.

Ora, questo potrebbe sembrare un linguaggio da iniziati, ma, in buona sostanza, cosa vuol dire intervenire con la politica economica (che, ricordiamocelo sempre, non può tutto, non siamo un’economia sovietica, ma può molto)? Significa intervenire su alcuni elementi fondamentali che agiscono nel definire il buon funzionamento del sistema economico italiano o, al contrario, il suo cattivo funzionamento.

So che questo è un refrain che ripetiamo tutti retoricamente, ma in primo luogo nella società della conoscenza la produttività totale dei fattori si sostiene attraverso interventi sulla risorsa "conoscenza". Non c’è niente da fare: o non è vero che questa è la società della conoscenza, e allora tutto quello che sto dicendo non ha senso, o è vero (e mi pare francamente che sia vero) e allora non c’è dubbio che la risorsa fondamentale per la determinazione dello sviluppo è la conoscenza. Quindi, se registriamo una caduta della produttività totale dei fattori è perché sul fattore formazione e ricerca, cioè sviluppo della conoscenza, presentiamo un deficit drammatico.

In secondo luogo, abbiamo bisogno di un intervento efficace sul versante dell’infrastrutturazione materiale ed immateriale del Paese. Sapete a cosa mi riferisco: dai trasporti, laddove disponiamo di una rete ferroviaria che risale all’inizio del secolo scorso dal punto di vista del suo effettivo sviluppo, fino alla diffusione delle grandi autostrade informatiche, il nerbo di una nuova infrastrutturazione del Paese sul versante della cosiddetta immaterialità.

Abbiamo bisogno inoltre d'intervenire nella distribuzione del reddito con una politica economica da economia di mercato, naturalmente, non sovietica, non per aumentare i salari per legge ma per fare in modo che il sistema della contrattazione sia aiutato dalle politiche fiscali al fine di premiare lo sforzo per aumentare la produttività.

Questo non viene detto da Enrico Morando, senatore dell’opposizione che vuole sempre vedere le cose che non vanno bene, ma dagli indici ISTAT, dai quali si evince chiaramente che nel rapporto tra profitti e salari si è instaurato, nel corso degli ultimi anni, un meccanismo alla rovescia nelle aziende italiane.

La questione salariale si sta determinando perché gli aumenti salariali sono bassi; anzi c’è una caduta del potere d’acquisto dei salari dei lavoratori impegnati nei settori esposti alla competizione internazionale che hanno un più elevato tasso di produttività e si registra un aumento degli stipendi nella pubblica amministrazione, cioè nella parte di economia italiana non esposta alla competizione e con un tasso di produttività più basso.

È così oppure no? Sapete tutti che è così. In tal caso, bisogna riformare il sistema contrattuale o meglio aiutarlo a riformarsi per fare in modo che vi sia una risoluzione della questione salariale a favore di quella parte di lavoratori più impegnati nel realizzare un aumento della produttività del sistema.

Noi abbiamo bisogno, infine, di liberalizzare i mercati chiusi; una ragione per la quale il nostro sistema ha una produttività totale dei fattori più bassa di quella di altri Paesi dell’area dell’euro; non sto parlando della Cina che non ha nulla a che fare con ciò, sto facendo il confronto con la Germania, con la Francia. Dobbiamo sapere che vige ancora un sistema nel quale paghiamo duramente il fatto che vi sono interi mercati caratterizzati da oligopolio e da monopolio, soprattutto nel settore dei servizi alle persone ed alle imprese.

Leggete i risultati di bilancio, pubblicati da Mediobanca, delle prime cinquecento aziende italiane, di chi ha realizzato più profitti nel corso degli ultimi anni e dell’ultimo in particolare. Conoscete tutti i nomi, uno per uno: si tratta delle imprese che operano in mercati protetti, caratterizzati da oligopolio e da monopolio. Ma in economia quello non si definisce profitto ma rendita da monopolio, sovraprofitto da rendita da monopolio.

Allora, se vogliamo che il sistema funzioni meglio, dobbiamo fare in modo che queste rendite e questi sovraprofitti si riducano nella loro dimensione. Dobbiamo, quindi, agire in funzione della liberalizzazione e, infine, agevolare il più possibile gli investimenti, creare un vantaggio competitivo enorme per gli investimenti che si realizzano e per l’occupazione aggiuntiva che si crea nelle aree più arretrate del Paese.

Non vi è dubbio che se sono un investitore che può scegliere dove investire in Italia tra - cito l’area di maggiore intensità di sviluppo - Treviso e Salerno, per il Sud, naturalmente farò una valutazione: a Treviso dispongo di un sistema di infrastrutturazione, di ospitalità per l’attività imprenditoriale decisamente migliore di quello di Salerno per ragioni che è inutile descrivere.

Se questi svantaggi, relativi dell’area di Salerno, vengono compensati fiscalmente da una politica dello Stato che garantisca, nel caso in cui si vada ad investire a Salerno, per tre, quattro o cinque anni una condizione di particolarissimo favore, potrò valutare e insistere per Treviso, ma potrò anche decidere di andare a Salerno perché avrò una compensazione degli svantaggi relativi che la situazione più arretrata di Salerno porta inesorabilmente con sé.

Abbiamo quindi bisogno di quella che è stata definita da Confindustria - anche nel corso delle audizioni - la cosiddetta fiscalità di vantaggio ai fini della compensazione dello svantaggio nelle aree più arretrate.

Nel corso di questa discussione, naturalmente, abbiamo potuto ben renderci conto, signor Presidente, che queste sono le priorità, ma viviamo in un regime di risorse scarse, per cui non possiamo realizzare in maniera adeguata tutti gli interventi che ho cercato di riassumere avendo grande agio e disponibilità di risorse da impiegare allo scopo. Proprio per questa ragione, è particolarmente grave che il Governo abbia fatto ritornare la finanza pubblica in un’area di instabilità, a differenza di quel che si poteva dire della situazione creatasi nel 2001, quando l’attuale Governo ha cominciato a sviluppare la sua iniziativa.

Al riguardo, non raccontate, signori del Governo, la favola del buco trovato, perché esso non esisteva e lo avete dimostrato quando non avete posto in essere una manovra correttiva per turarlo; fino a prova contraria, se il buco ci fosse stato, certamente avreste dovuto intervenire per fare in modo che esso venisse immediatamente superato. Poiché non l’avete fatto, vuol dire che il buco non c’era; ma adesso, purtroppo, il buco c’è, tant’è che ci presentate una manovra di correzione per 24 miliardi di euro, la terza, in ordine di dimensione della correzione, nella storia delle leggi finanziarie di questi ultimi dieci anni.

Riprenderò ora il discorso da dove l’avevo lasciato. In una situazione di particolare difficoltà della finanza pubblica, che è storica per l’Italia e che adesso voi avete reso più grave, non c’è dubbio che ci voleva una rigorosissima selezione delle priorità.

Ci viene sempre rivolta la seguente domanda e si dice che non diamo risposta: "Ma se ci foste voi al posto nostro, cosa fareste?". Sulla base dell’analisi che ho appena cercato di abbozzare - naturalmente in 20 minuti non si può effettuare un’analisi esaustiva della situazione del Paese - abbiamo detto chiaramente che, se dipendesse da noi e se fossimo noi al vostro posto, avremmo ripristinato, in primo luogo, immediatamente i crediti d'imposta automatici - sottolineo "automatici" - per gli investimenti e l’occupazione aggiuntiva nel Mezzogiorno, che c’erano e che avete eliminato per realizzare la Tremonti-bis, cioè un’iniziativa di agevolazione fiscale che non discrimina in alcun modo tra aree sviluppate e aree meno sviluppate del Paese.

Secondariamente, avremmo realizzato la liberalizzazione dei servizi pubblici locali, quella che voi avete promesso e non avete realizzato, malgrado aveste a disposizione un disegno di legge sostanzialmente condiviso da centro-destra e centro-sinistra elaborato nella fase finale della scorsa legislatura.

Avremmo realizzato in questa finanziaria - e abbiamo proposto emendamenti al riguardo - una decontribuzione per la quota di salario da contrattazione da secondo livello, sviluppando in questo senso l’accordo generale di enorme valore stipulato dalle associazioni degli artigiani con CGIL, CISL e UIL, volto ad affermare che la contrattazione per la distribuzione dei proventi da aumento della produttività non si svolgerà più a livello nazionale, come avviene oggi, ma a livello regionale, di distretto.

Si tratta di un’innovazione di portata enorme, che vi abbiamo chiesto di accompagnare con un piccolo intervento dello Stato per cui, qualora fosse stata condotta questa trattativa a livello locale per distribuire i proventi della produttività, lo Stato sarebbe intervenuto per agevolarla con una defiscalizzazione.

In quarto luogo, abbiamo chiesto che si procedesse ad una rielaborazione, sempre che sia necessaria, del Patto di stabilità interno, una rielaborazione che però non introducesse la spesa per investimenti, che è al di fuori del Patto di stabilità, all’interno del Patto stesso, in aperta contraddizione con ciò che il Presidente del Consiglio italiano sta sostenendo in sede europea.

Il presidente Silvio Berlusconi, infatti, ha scritto proprio in questi giorni al presidente di turno del Consiglio europeo Balkenende una lettera per chiedere una riforma del Patto di stabilità europeo nel senso di togliere gli investimenti dai parametri. Contemporaneamente, lo stesso giorno, mentre firmava quella lettera, ha deciso di fare una finanziaria in base alla quale, laddove gli investimenti sono fuori dal Patto di stabilità, vengono reinseriti al suo interno. Con quale credibilità ci si presenta in Europa per una trattativa quando per ciò che riguarda le scelte nazionali si fa il contrario?

Dal momento che il tempo a mia disposizione è concluso, e non posso esaurire gli argomenti che volevo sviluppare, mi sembra comunque importante rilevare che da parte nostra si evidenzia un’analisi della realtà del Paese e un tentativo di darvi risposta, mentre voi avete scelto un’altra priorità. Non mi è molto chiaro quale sia, ma so per certo che in questo momento essa non corrisponde alle esigenze reali dell’Italia. (Applausi dai Gruppi DS-U, Mar-DL-U, Misto-Com e Misto-SDI).

 

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Cambursano. Ne ha facoltà.

 

CAMBURSANO (Mar-DL-U). Signor Presidente, colleghi, diversi possono essere gli approcci al patto agli italiani che questa finanziaria rappresenta. Il collega Morando, ad esempio, ne ha ricordato uno molto qualificato.

Personalmente, essendo forse questa l’ultima finanziaria che sarà per intero gestita da questo Governo, perché si estende a tutto il 2005, ho optato per il confronto con il patto o contratto con gli italiani firmato - lo ricordate tutti - nella trasmissione di Bruno Vespa da un solo contraente, il candidato a Presidente del Consiglio. Cosa prometteva quel contratto?

Ricordo rapidamente le quattro promesse principali: pensioni minime superiori ad un milione al mese per tutti i cittadini che a quella data ne fossero al di sotto; più sicurezza per tutti gli italiani; un nuovo miracolo economico per il Paese; meno tasse per tutti. Andiamo a vedere se tali promesse sono state mantenute.

Per quanto riguarda le pensioni minime per tutti, cito i dati INPS. I beneficiati sono 1.547.485, di cui circa 350.000 probabilmente dovranno restituire quanto percepito in modo errato. Le pensioni ancora al di sotto del milione di vecchie lire sono 5.434.625, mentre le pensioni inferiori a 500.000 delle vecchie lire sono circa 1.800.000.

Se questa è davvero l’ultima finanziaria che estende i suoi effetti per l’intero esercizio, al suo interno si dovrebbe trovare la soluzione a quella promessa, cioè il suo mantenimento. La risposta è nulla, nel senso che la prima promessa non è stata mantenuta.

In secondo luogo, si prometteva più sicurezza per tutti. Tutti i colleghi hanno potuto verificare l’ultimo rapporto del Ministero dell’interno dal quale si evince, purtroppo, che sono aumentati gli omicidi, gli scippi, le rapine. In Italia si manifesta più violenza, senza parlare poi di certe zone quali Napoli e non solo; lo spaccio della droga è imperante e crescente.

La risposta che si sarebbe dovuta dare era di fornire più uomini, mezzi ed attrezzature. Chi, come me, è di Torino avrà visto, qualche mese fa, un manifesto affisso per le vie della città. Era scritto "Più pantere a disposizione della polizia".

Non è assolutamente vero, anche qui basta leggere ciò che le stesse forze dell'ordine hanno detto e scritto. Quindi, seconda promessa non mantenuta. In più, cosa troviamo nella finanziaria? Tagli dal 10, al 20, al 30 per cento, proprio per la Guardia di finanza, i Carabinieri e la Polizia. In Commissione sono stati bocciati alcuni emendamenti - non solo a mia firma - che tendevano invece ad incrementare le risorse per i mezzi - le pantere - delle forze dell'ordine.

In terzo luogo, e sul punto è già stato molto esauriente l'amico Enrico Morando, quali sono gli interventi strutturali per sostenere la politica economica del Paese? Era stato promesso il miracolo economico e cosa troviamo davanti agli occhi di tutti? In termini di crescita del PIL siamo gli ultimi, siamo il fanalino di coda dei 25 Stati della nuova Europa.

Onorevoli colleghi, ricordate che cosa prevedeva il primo Documento di programmazione economico-finanziaria per il 2002, presentato nel luglio 2001? Una crescita del 3 per cento. Ebbene, si è registrata per l'esercizio 2002 e per i seguenti una crescita di circa un decimo di ciò che era stato preventivato.

Tutto ciò, come ricordava poc'anzi il collega Morando, in presenza di un'economia mondiale in crescita, quasi di un boom per alcuni Paesi, non certamente per l'Europa dove però, anche in questo caso, l'Italia continua a rappresentare il fanalino di coda. Il senatore Morando ha ricordato anche come si misura la crescita di un Paese in rapporto agli altri Stati, facendo riferimento alla quota di commercio mondiale, ma non sto qui a ripeterlo.

C'è però un altro dato che ci dovrebbe preoccupare molto, quello relativo alla competitività. Anche in questo caso voglio ricordare da dove siamo partiti e dove questo Governo è arrivato: nel 2000 eravamo al diciannovesimo posto; nel 2001 al ventitreesimo; nel 2002 al trentatreesimo; nel 2003 al quarantunesimo; nel 2004 ci troviamo al quarantasettesimo posto, dopo il Botswana, Stato che, non sapendolo, ho dovuto verificare dove si trova.

La domanda anche in questo caso è: ci troviamo di fronte ad una finanziaria per lo sviluppo? Assolutamente no. Anzi, troviamo tagli ai capitoli relativi alle infrastrutture; tagli ai capitoli dei trasporti (la legge obiettivo contiene 450 milioni di euro: poco più di briciole); tagli all'ambiente e alla tutela del territorio; assenza totale di risorse per l'attuazione della riforma del sistema pensionistico (salvo che nel maxiemendamento di cui pare siamo in attesa si inserisca qualcosa); somme assolutamente insufficienti per gli ammortizzatori sociali. Ho appreso che nella sola città di Torino al 31 dicembre di quest'anno, cioè tra qualche giorno, 10.000 operai, se non interverranno fatti nuovi, si troveranno fuori dal mondo del lavoro perché non ci sono per questi 10.000 cittadini di Torino città, fondi per gli ammortizzatori sociali. Troviamo poi tagli per le risorse finanziarie che leggi precedenti prevedevano per le imprese e la loro crescita; tagli per il Mezzogiorno e tagli agli incentivi per la formazione, nonché poche briciole per la ricerca e l'innovazione.

Ecco quindi che anche su questo fronte la terza promessa, quella del nuovo miracolo italiano, non è stata mantenuta. In compenso c'è l'ultima: meno tasse per tutti. Al riguardo, occorre innanzi tutto constatare che nel 2003 la pressione fiscale è aumentata dello 0,9 per cento, quasi un punto di PIL: 11 miliardi di euro, circa 22.000 miliardi di vecchie lire. In questi tre anni e mezzo l'evasione fiscale è inoltre aumentata del 608 per cento.

Anche qui ovviamente c'è una motivazione, o meglio, una lunga serie, troppo lunga, di motivazioni: i provvedimenti del falso in bilancio e dello scudo fiscale, i tanti condoni e sanatorie fiscali. Ho visto pubblicato su un giornale uno specchietto che fotografa esattamente trent'anni di condoni in Italia, dal 1973 al 2004: ovviamente la punta più alta, che uscendo fuori dal diagramma si è dovuto appositamente allungare, è quella relativa al 2003, con una crescita del 248, 7 per cento.

"Meno tasse per tutti" lo diceva una legge dello Stato che è stata approvata dall’attuale maggioranza, la n. 80 del 2003, che prevedeva due scaglioni e due aliquote; invece ci troviamo davanti alla proposta di quattro scaglioni e quattro aliquote. Anzi, loro sono bravi, dicono: tre aliquote più un contributo di solidarietà o contributo etico. Allora io vorrei, signor Presidente, ma non per ridicolizzare i fatti, sottolineare che un contributo obbligatorio è imposto e, se è imposto, è una imposta, cioè una tassa. Come si fa, dunque, a dire che è un contributo di solidarietà?

Tutti i colleghi avranno sicuramente letto ciò che è stato detto (Richiami del Presidente) dal coordinatore di Forza Italia riferito al Presidente del Consiglio, massimo beneficiario di questo provvedimento, cioè che il suo risparmio fiscale verrà devoluto in beneficenza. Me lo auguro.

Intanto, ci troviamo - e concludo, signor Presidente - di fronte ad una finanziaria che aumenta una lunga serie di tasse e di imposte. Ma soprattutto, dopo averle aumentate per tutti, provvede a ridurle soltanto per i più ricchi e solo la mancanza di tempo non mi consente di dimostrare esattamente, caro collega Fasolino (che è uscito e che ha appena dichiarato l’esatto opposto), che invece la nostra proposta (ma lo vedremo se arriveremo mai all’esame degli emendamenti) interviene davvero a favore delle classi meno abbienti, dei redditi più bassi e non già, come la proposta del Governo, a favore dei più ricchi. (Applausi dai Gruppi Mar-DL-U, DS-U e dei senatori Biscardini e Zancan).

 

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la senatrice Acciarini. Ne ha facoltà.

 

ACCIARINI (DS-U). Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, colleghi senatori e colleghe senatrici, per quanto riguarda la scuola, l’università e la ricerca, il disegno di legge finanziaria rappresenta un carattere di mera sopravvivenza, di natura recessiva, che non è in grado di garantire il bisogno di sicurezza nel futuro avvertito molto dalle famiglie e in specie dai giovani.

Parliamo di cifre. Spesa prevista per il 2005 per l’intero Ministero: 50.796 milioni di euro; rendiconto del 2001 (che registrava le scelte politiche ancora del Governo di centro-sinistra): 46.229 milioni di euro. Un incremento, quindi, solo del 9,8 per cento in quattro anni, che non permette neanche il recupero del tasso di inflazione. La scuola, l’università e la ricerca sono quindi più povere.

Proprio il Ministro, che dovrebbe avere a cuore questi temi, rilascia interviste quasi trionfalistiche: basta leggere la stampa del 26 novembre, in cui esalta i risultati economici da lei ottenuti. In realtà, è il primo Ministro dell’istruzione che sento ascrivere a merito personale il valore complessivo assunto dalla spesa del suo Ministero, che tra l’altro, per motivi strutturali, comprende un 96 per cento circa di spese che hanno un carattere fisso e obbligatorio, perché rappresentano stipendi e retribuzioni; comprende quindi il valore di stipendi, certamente modesti e inadeguati, che però bisogna pur pagare, nonché la progressione di carriera, le anzianità che maturano e che nessun Ministro può decidere se pagare o no, in uno Stato di diritto.

In realtà, dove vi sono le misure in cui si verifica la volontà di un Governo di migliorare veramente la qualità della scuola e dell’università, troviamo solo segni meno: meno 62 milioni di euro in quattro anni per il cosiddetto Fondo dell’offerta formativa, che, tradotto in parole povere, è il Fondo a cui attingono le scuole per comprare, tra l’altro, il materiale didattico. Sono sempre di più i genitori che scrivono alle rubriche dei giornali lamentandosi di dover pagare carta, gessetti, matite necessari per far funzionare la scuola.

Circa l’edilizia, il Ministro ha varato un piano pluriennale di investimenti di 7,5 miliardi di euro, cifra rispettabilissima; peccato che a bilancio con chiarezza si vedano solo 31 milioni di euro per l’ammortamento dei mutui.

Il Ministro fa spesso piani straordinari. Nel settembre 2003 uscì dal Consiglio dei ministri dicendo che aveva ottenuto risorse straordinarie ed aggiuntive per la sua legge di riforma pari a 8,4 miliardi di euro; in due anni ha avuto il 2,5 per cento di quella somma: quindi, ci vorrebbero 80 anni per far sviluppare il piano quinquennale.

Intanto, ha perso risorse per le supplenze, che non sono uno spreco perché gli alunni minorenni, oltre a non dover perdere tempo a scuola, devono anche essere vigilati.

L’inglese, una delle famose I: si farà a meno degli insegnanti specialisti in cambio degli insegnanti di classe frettolosamente sottoposti ad una preparazione.

Per quanto poi riguarda la ricerca, settore cruciale del Paese, siamo al quarto anno del blocco delle assunzioni: quindi, i giovani ricercatori saranno tenuti fuori dal sistema della ricerca.

L’università è stata un po’ più fortunata: ovviamente riconosciamo che è sfuggita all’ennesimo blocco delle assunzioni (ce ne rallegriamo) e che può contare su un modesto aumento del fondo ordinario con cui verranno pagati gli aumenti collegati allo sviluppo dell’anzianità dei docenti.

Questo tuttavia - è grave doverlo rilevare - è avvenuto a scapito degli altri due settori, che hanno dovuto pagare e hanno pagato di più, a nostro giudizio, la "sopravvivenza" del settore universitario. In realtà, i tre settori sono collegati e quindi non si può fare questo ragionamento, perché bisognerebbe avere un progetto per tutti.

Leggo oggi sul quotidiano "la Repubblica" che il Ministro, adesso, vorrebbe che fossero effettuate delle modifiche. Forse si è finalmente accorta che la scuola, l’università e la ricerca hanno effettuato sinora solo passi indietro nella trasformazione; vale a dire, ci si è mossi, ma ci si può muovere per andare avanti o per andare indietro; il movimento, di per sé, non vuol dire progresso. Inoltre, vi sono stati tagli nelle spese e nel personale: in tre anni la scuola ha registrato la perdita di più di 33.000 posti di lavoro.

Quindi, noi speriamo - lo diciamo con molta sincerità - che ci sia un ravvedimento operoso in questo campo, vale a dire che ci si renda conto del fatto che se non c’è un deciso cambio di rotta, si comprometterà proprio quanto precedentemente veniva sottolineato in tutti gli interventi, in particolare in quello del collega Morando: la possibilità per il Paese, facendo leva sui settori della scuola, dell’università e della ricerca, tutti e tre insieme, di costruire un futuro migliore fondato sul sapere, sulla coesione sociale, sulla competitività dell’intero sistema.

Purtroppo, questa politica di restrizione, che incide proprio su elementi di qualità, dimostra già i suoi effetti, perché non possiamo non ricordare che c’è intorno alla politica scolastica e per la formazione portata avanti da questo Ministero una grande opposizione nel Paese. Un’opposizione che sarebbe ancora maggiore se ci si rendesse conto degli effetti a lunga scadenza che avrà tutto questo: si tratta di tipiche scelte i cui effetti riguardano anche gli anni a venire.

La scuola ha necessità di riforme, di trasformazione, ne siamo pienamente convinti.

 

NOVI (FI). Anche perché è la peggiore d’Europa!

 

ACCIARINI (DS-U). Non ha bisogno di andare indietro, caro collega.

 

NOVI (FI). L’avete portata indietro voi!

 

ACCIARINI (DS-U). Il movimento, ripeto, in questo caso è un movimento all’indietro.

I tagli sono tagli di spesa, alla qualità della scuola, dell’università e della ricerca: questo è sotto gli occhi di tutti e, d’altra parte, che sia così lo dimostra il fatto che lo stesso Ministro dell’istruzione, dopo aver detto di aver ottenuto molto per il suo Ministero, si è accorta, facendo conti più attenti, che in realtà sta perdendo la possibilità di dare un messaggio a questi settori, nel senso che si crede nella possibilità di far sì che la scuola, l’università e la ricerca siano un grande fattore per lo sviluppo civile, culturale ed anche economico dell’Italia.

Per questo, nella finanziaria in esame possiamo davvero parlare di una grande occasione mancata, come purtroppo abbiamo dovuto fare in questi ultimi anni. (Applausi dai Gruppi DS-U, Mar-DL-U e del senatore Zancan).

 

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Castellani. Ne ha facoltà.

 

CASTELLANI (Mar-DL-U). Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, onorevoli colleghi che avete la pazienza di ascoltarmi, mi limiterò nel mio intervento a parlare soltanto del decreto-legge che accompagna il disegno di legge finanziaria, perché altri colleghi hanno già parlato di alcuni aspetti della finanziaria e altri ancora interverranno su questo importante documento.

Il decreto-legge che accompagna la finanziaria in qualche modo ne è un complemento necessario; non vorrei però che passasse sotto silenzio, anche se non sappiamo ancora se avrà vita propria, se cioè resterà come decreto-legge da convertire o se sarà ricompreso totalmente nel maxiemendamento che il Governo sottoporrà all’Assemblea per la fiducia.

Questo decreto-legge è stato necessitato innanzitutto da due obiettivi che non credo siano stati centrati dal Governo. Il primo è quello di contenere i saldi del 2004 all’interno dei parametri di Maastricht, soprattutto l'indebitamento netto sul PIL all’interno del famoso 3 per cento.

Credo che questo obiettivo non sia così facilmente raggiungibile perché ci consta che il Fondo monetario internazionale e anche l’OCSE hanno chiesto al Governo ben altra manovra correttiva, molto più cospicua. Si tratta, con questo decreto-legge, di fare un’operazione cosmetica sui conti pubblici dello Stato, una pura operazione cosmetica che vorrebbe appunto centrare quell'obiettivo, anche se io credo - purtroppo - che non ci riuscirà.

Il secondo obiettivo è quello di costituire il cosiddetto Fondo per interventi strutturali di politica economica che, a partire dal 2005, dovrebbe in parte coprire il famoso emendamento già presentato ed approvato in Commissione bilancio sul taglio delle aliquote dell’imposta sulle persone fisiche. Anche questo obiettivo non sappiamo se verrà centrato, perché viene costituito con la proroga di entrate che dovevano già essere nelle casse dello Stato entro il mese di dicembre 2004, relative al famoso condono edilizio; tali entrate vengono spostate al 2005.

La seconda e la terza rata, che dovevano entrare nelle casse dello Stato - ripeto - nell’anno 2004, vengono invece spostate al 2005 e, attraverso questo Fondo per interventi strutturali di politica economica, costituiscono una parziale copertura dell’emendamento relativo al taglio fiscale.

Anche in questo caso sarà difficile che il Governo centri l’obiettivo perché ormai è trascorso il termine del 10 dicembre entro il quale potevano presentarsi le domande; il Governo può quindi fare - ci auguriamo che sia così - un’informativa al Parlamento per rendere noto se attraverso le domande pervenute, che si dice siano poco sopra le 100.000, ma una settimana fa erano addirittura 58.000, si possa raggiungere l’obiettivo di quasi 3 miliardi di euro per coprire, con le risorse derivanti dal condono edilizio, il taglio delle tasse.

Il decreto-legge, quindi, fa questo tipo di manovra: da una parte, un aggiustamento solo cosmetico dei conti pubblici per il 2004, dall’altra, il trasferimento al 2005 delle entrate previste per il condono edilizio.

Ma guardiamo in modo più ravvicinato come viene attuato questo meccanismo di cosmesi dei conti pubblici: innanzitutto con il trasferimento al 2005, quindi con un rinvio tecnico, della restituzione, da parte dello Stato ai concessionari, delle anticipazioni effettuate in suo favore, in vigenza del famoso principio dell’obbligo del "non riscosso come riscosso".

Si tratta in questo caso di 258 milioni per il 2004 e di 205 milioni per il 2005. Sostanzialmente lo Stato, entro il 2004, doveva restituire ai concessionari somme dell’ordine di 258 milioni di euro; non le restituisce e promette di farlo nel 2005. Rinviando di un anno o due l’obbligo della restituzione di queste somme ai concessionari della pubblica riscossione non sono previsti oneri per gli interessi. Vi è già quindi una "scopertura" insita in questo meccanismo del provvedimento al nostro esame.

L’altra operazione - non me ne abbia la scarsa platea che mi ascolta - di cosmesi è la seguente: alle banche e alle Poste italiane spa viene richiesta un’anticipazione del 70 per cento dell’imposta di bollo assolta in modo virtuale. Se ne vogliono ricavare, nel 2004, 775 milioni di euro. Quindi, da una parte, con il primo provvedimento si rinvia la restituzione di fondi dello Stato ai concessionari, mentre con questa misura si anticipa un prelievo forzoso dalle banche e dalle Poste per 775 milioni, pari cioè al 70 per cento di quanto le banche e le Poste dovrebbero nel 2005 introitare con l’imposta di bollo assolta in modo virtuale.

Un'ulteriore misura di abbellimento dei conti pubblici è la seguente: alle Poste ed alla Cassa depositi e prestiti si chiede un anticipo sulle ritenute per gli interessi ed i libretti postali. Se ne vogliono ricavare 300 milioni nel 2004. Quindi, nell’anno corrente lo Stato chiede alle Poste e alla Cassa depositi e prestiti di anticipare delle somme, che dovrebbero essere versate nel 2005, perché siano versate nel 2004 nella misura di 300 milioni.

Alle assicurazioni si chiede un acconto del 12,5 per cento sulle somme di imposta che le assicurazioni dovrebbero versare nel 2005; si chiede di versarle nel 2004 per un importo pari a 300 milioni. Si tratta ancora di un’altra anticipazione.

Alle banche si chiede un ulteriore anticipo dell’1,5 per cento in luogo dell’1 per cento (vi è quindi uno 0,50 in più) sulle somme riscosse nell’anno precedente in termini di entrate con i versamenti unitari con compensazione - una misura, questa, introdotta dal centro-sinistra - per una somma pari ad un miliardo e 460 milioni di euro per il 2004. Questa è l’operazione di cosmesi, oltre ad altre su cui non ho il tempo di soffermarmi.

Non ci resta che dire che la fantasia creativa cui ci aveva abituato il ministro Tremonti continua ancora con il ministro Siniscalco. Ma temiamo che questa fantasia creativa senza limiti porti l’Italia ad un vero disastro dei conti pubblici. (Applausi dai Gruppi Mar-DL-U e DS-U).

 

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Pascarella. Ne ha facoltà.

 

PASCARELLA (DS-U). Signor Presidente, sono dell’avviso che il largo consenso che ha ricevuto il centro-destra nella mia Regione sia scaturito, innanzitutto, da un’attesa che i cittadini avevano per quanto riguarda sia le politiche economiche nel Mezzogiorno che le politiche della sicurezza.

Con riferimento alle politiche economiche nel Mezzogiorno, vorrei partire dal dato relativo al Mezzogiorno, riportato stamane dal "Corriere della Sera" nel suo inserto, del numero delle aziende in crisi nella mia Regione, 180, con un numero di lavoratori pari a circa 18.000, rispetto ai 32.000 impiegati nelle stesse società. Si tratta di una percentuale che si è triplicata nel corso di questo anno e che indica, quindi, una crisi straordinaria della Campania e, soprattutto, del polo elettronico di Caserta.

Ieri su "Il Mattino", il giornale più letto della Campania, venivano riportate ed enfatizzate le dichiarazioni di alcuni parlamentari di Forza Italia e della maggioranza riguardo all’inserimento del distretto di Marcianise tra quelli che potrebbero avere un sostegno all’industrializzazione.

Vorrei ricordare ai colleghi senatori che questo risultato è scaturito da mesi di lotte dei lavoratori di quelle aziende, sia sul territorio che a Roma, ed è un risultato fortemente voluto dal sindacato al tavolo di confronto presso il Ministero dell’industria, presieduto dallo stesso ministro Marzano. Non si tratta, quindi, di un regalo, bensì di un obiettivo fortunatamente raggiunto; ma restano in piedi tutte le preoccupazioni per questo grande comparto, soprattutto per le crisi finanziarie che hanno investito la Finmek e l’Ixfin, e le politiche di delocalizzazione dei grandi gruppi multinazionali, dall’Alcatel, alla Siemens, alla Marconi.

Più volte abbiamo ascoltato in quest’Aula il riferimento all’11 settembre; un riferimento utilizzato per giustificare la mancata ripresa nel nostro Paese. Vorrei ricordare, come bene ha fatto il senatore Morando, che ormai sono due anni, dalla metà del 2002, che l’economia mondiale si espande, che nell’Unione Europea i Paesi hanno un’espansione minore, peraltro significativa nei nuovi Paesi dell’Unione, e che però, anche rispetto ai Paesi di antica tradizione europea, come la Francia e la Germania, il nostro Paese cresce, ma molto di meno.

È significativo l’aspetto che in questi anni si è registrata la perdita del 30 per cento della nostra presenza nel commercio mondiale. Vi sono quindi una scarsissima attenzione alle politiche economiche e, soprattutto, un mancato sostegno alla nostra economia.

È riportato come uno degli elementi fondanti del programma di questo Governo l’impegno per le infrastrutture. La più importante la si può legare al nome del leader del momento, così come in altri momenti, in Paesi certamente non democratici come lo è l’Italia, si è legata ai leader locali la realizzazione di grandi opere; viene invece meno, improvvisamente, l’attenzione verso le politiche che dovrebbero essere più a cuore a questo Governo nell’interesse nazionale, ovvero quelle riguardanti le piccole e medie infrastrutture. Mi riferisco, soprattutto, alle politiche di sostegno alle aree degradate delle grandi metropoli, che vanno riscattate e riconquistate con interventi che sappiano coniugare creatività e capacità di programmazione.

Signor Presidente, ruberò all'Aula un altro minuto e poi consegnerò il testo integrale del mio intervento. L'altro aspetto su cui mi volevo rapidamente soffermare è il problema della sicurezza. Molti cittadini avevano votato la Casa delle Libertà sperando di poter migliorare il livello della sicurezza del nostro Paese. Ebbene, se andiamo a guardare i dati più significativi, dobbiamo registrare nell'ultimo triennio un abbassamento, rispetto al triennio precedente, della quota di prodotto interno lordo finalizzato alle politiche per la sicurezza.

E se andiamo a guardare l'impegno nella lotta al terrorismo o nelle politiche della difesa, possiamo dire, con estrema franchezza, che su questo versante non ci siamo nella collaborazione con gli altri Paesi europei, né riusciamo a mettere in piedi insieme agli altri Paesi europei forti e determinate politiche di sicurezza comune e di difesa europea. (Applausi dai Gruppi DS-U, Verdi-U e del senatore Marini).

 

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Curto. Ne ha facoltà.

 

CURTO (AN). Signor Presidente, signori del Governo, colleghi, questa legge finanziaria ha alcune caratteristiche particolari. La prima, che la differenzia rispetto a tutte le altre che l'hanno preceduta, è che mentre per quelle precedenti il dibattito si è svolto in quest'Aula, e comunque dopo la presentazione della medesima, in questa circostanza, per questa legge finanziaria c'è stato un dibattito intenso molto prima che la stessa fosse presentata.

Questo dibattito è stato interno ai poli ed esterno ad essi; ha interessato uomini della politica, uomini dell'economia; ha interessato uomini di cultura affinché si potesse comprendere, si potesse rappresentare al Paese quali prospettive ci possono essere per l'Italia, per il nostro territorio, per il futuro dei nostri concittadini.

Devo dire, però, che da questo dibattito è emerso un dato importante. Il dibattito interno alla Casa delle Libertà è stato molto forte e a lungo ha fatto pensare a qualcuno che probabilmente la Casa delle Libertà si sarebbe sostanzialmente sgretolata. Sono stati momenti importanti, in cui la contrapposizione delle analisi è stata talvolta feroce, ma alla fine il risultato è stato sicuramente positivo: la Casa delle Libertà ne è uscita notevolmente rafforzata in termini di quantità e in termini di qualità, come uomini presenti all'interno del Governo, come tipo di deleghe che sono state assegnate, come spessore di coloro che vanno a rappresentare anche fuori dai confini nazionali gli interessi del nostro Paese.

Questa è una legge diversa anche per un altro motivo: fino allo scorso anno, quando discutevamo di legge finanziaria, facevamo sempre rilevare un dato, e cioè la situazione venutasi a determinare dopo l'11 settembre, e che quindi la congiuntura sarebbe comunque mutata entro un lasso di tempo breve.

Oggi dobbiamo ammettere che non è più così. Almeno nel medio periodo, dovremo continuare a fare i conti con un'economia internazionale che, seppur in ripresa, non penso lasci molto spazio all'immaginazione di un Paese; né credo si possano recuperare elevati livelli di competitività e produttività rispetto alle nostre aspirazioni.

Ciò non dipende dalle politiche economiche del Governo, ma soprattutto da due fattori con i quali dobbiamo sicuramente fare i conti cercando gli strumenti più idonei per contrastarli. Il primo è legato ad un fattore monetario: l'apprezzamento dell'euro ha tolto a gran parte delle nostre imprese (chi mi ha preceduto nel corso degli interventi ne ha parlato) quote di commercio mondiale; indubbiamente l'apprezzamento dell'euro può aver determinato una crisi di competitività. Quante volte in passato la svalutazione della lira, se ha determinato un impoverimento all'interno del Paese, ci ha fornito però la possibilità di competere molto più facilmente sui mercati internazionali?

L'apprezzamento dell'euro, quindi, oggi costituisce effettivamente un problema che dobbiamo analizzare e valutare in maniera positiva per cercare di rendere virtuose le conseguenze che dallo stesso derivano.

Il secondo motivo risiede in un fatto noto: la presenza dei cosiddetti Paesi emergenti, quali l'India, la Cina, lo stesso Brasile dove i tassi di sviluppo e di aumento del PIL sono enormemente superiori ai nostri.

Vi è un dato, però, che deve farci riflettere. Quei Paesi potranno anche avere un tasso più elevato rispetto ai Paesi europei e al nostro stesso Paese, ma tutto ciò viene determinato dalle condizioni di partenza che non sono simili e che, pertanto, determinano per quei Paesi, e in determinati settori e territori, una situazione completamente diversa rispetto a quella che ci caratterizza.

È necessario allora mettere in atto una politica virtuosa che tenga conto di tutti questi fattori. Il Governo, nonostante tutto, è stato capace di rilanciare una politica economica in una situazione che all'inizio si è dimostrata di grande difficoltà; lo ha fatto cercando con le parti sindacali un dialogo che è venuto meno - diciamo anche questo in maniera molto chiara - non per scarsa volontà o propensione da parte del Governo, ma perché anche in questo campo siamo stati innovativi.

Nel passato la concertazione veniva interpretata dalle parti sociali come una sorta di veto che le parti sociali medesime potevano opporre rispetto alle politiche del Governo, dimenticando che, se è vero che le organizzazioni sindacali - è legittimo e giusto - debbono svolgere il loro ruolo, è anche vero che il potere politico non può delegare a terzi funzioni e prerogative proprie.

Tutto questo ha determinato una sorta di predisposizione e propensione ad uno sciopero preventivo; lo abbiamo visto in tanti settori: sciopero preventivo nel settore della giustizia, prima ancora che si chiudesse il capitolo della riforma dell'ordinamento giudiziario; da parte di alcune categorie sociali assolutamente non toccate da questa legge finanziaria; sciopero preventivo ovunque.

C’è il sospetto che i sindacati, o almeno gran parte di essi, obbediscano non a logiche sindacali, cioè di tutela dei lavoratori, ma a logiche di natura squisitamente politica. Si scende in campo non per una sorta di rivendicazione salariale o contrattuale, ma perché si ritiene in questa maniera di poter supportare adeguatamente la parte politica più vicina, cioè il centro-sinistra.

 

TURCI (DS-U). Vale anche per l'UGL!

 

CURTO (AN). Questa è una finanziaria molto chiara che dice in maniera puntuale come ci si intende muovere sul piano della razionalizzazione. È facile contestare o dire le cose contraddittorie che ho ascoltato negli interventi di stamattina. Da un lato, si contesta il taglio del 2 per cento per le spese dei singoli Ministeri; dall'altro, si dice che tagliando il 2 per cento della spesa non abbiamo assolto ad una operazione politica ma ad un'operazione di tipo diverso che non produrrà alcun risultato.

Riteniamo che anche all'interno degli apparati ministeriali continuino ad esistere sacche di spreco di denaro pubblico, motivo per cui abbiamo contenuto all'interno di una percentuale molto limitata tali tagli che, peraltro, non sono stati fatti in maniera indiscriminata ma prevedendo delle deroghe. Si tratta di tagli precisi; più che tagli sono limiti posti all'aumento delle spese che, se potessero essere preventivati anche per i prossimi anni, potrebbero consentire di raggiungere un livello di imposizione fiscale molto più basso rispetto a quello di qualche anno fa. Potremmo attestarci tra il 35 e il 37 per cento, così come potremmo sicuramente, nello spazio di un periodo quinquennale, creare le condizioni e i presupposti per scendere al di sotto del 100 per cento nel rapporto tra debito pubblico e prodotto interno lordo.

Poche cose, ma fatte in maniera chiara, quindi. Un contenimento della spesa nei limiti del 2 per cento, una forte limitazione agli altri sprechi quotidiani che sovente si manifestano sotto i nostri occhi - mi riferisco alle auto blu, alle consulenze e alle convenzioni - la razionalizzazione delle esposizioni anche degli enti locali. Quanti enti locali non hanno rinegoziato i mutui contratti moltissimi anni fa, quando i tassi di interesse erano enormemente superiori a quelli odierni, magari non per indolenza o per superficialità ma talvolta piuttosto per mancata conoscenza della norma.

Il Governo tutto questo lo ha fatto ed è andato avanti anche nella verifica di quella che può essere considerata una delle forme di ricchezza più parassitarie, cioè l’evasione fiscale rispetto ai redditi immobiliari.

Il Governo aveva iniziato anche una politica molto virtuosa nel campo del sistema degli incentivi. Al riguardo, probabilmente non è stato positivo e giusto creare le condizioni e i presupposti per sopprimere l’articolo 14 del disegno di legge finanziaria. Spero che nella riformulazione del maxiemendamento che il Governo presenterà, l’articolo 14 venga ripristinato perché è assolutamente necessario moralizzare il sistema degli incentivi.

Non passa giorno, infatti, che non si legga sui giornali che in tutta Italia sono state compiute truffe rispetto alla legge n. 488 del 1992 o frodi rispetto ad incentivi dell’Unione Europea. Alcuni imprenditori - che tali sono soltanto a parole - non rischiano nulla e creano solo le condizioni per divenire imprenditori di una economia assistita. Non mi sembra il massimo per il Paese.

Con le scarse risorse a disposizione il Governo ha mantenuto un comportamento virtuoso. È riuscito ad abbattere le tasse e a modificare in positivo l’IRE, l’IRAP e il sistema delle deduzioni per la famiglia. Credo che anche le scelte che sono state fatte rispetto all’IRAP, in direzione dell’esenzione per l’innovazione tecnologica e per i nuovi assunti, rappresentino un segnale forte che risuona come sostanziale recepimento degli indirizzi venuti dalla parte più sana del nostro tessuto imprenditoriale. Si sono create le condizioni e i presupposti affinché un’imposizione fiscale potesse essere almeno più sostenibile da parte delle imprese.

Voglio ricordare qui quanto detto nel corso della discussione della legge finanziaria di qualche anno fa, quando nella scorsa legislatura, per realizzare una verifica del sistema della cosiddetta programmazione negoziata, si fece una visita all’estero - specificamente in Irlanda del Nord e nel Galles - per verificare la capacità degli strumenti ad essa dedicati di portare sviluppo ed occupazione.

Ci rendemmo conto che sostanzialmente quegli strumenti non avevano procurato alcun beneficio. Cosa aveva determinato invece il grande sviluppo di tali Paesi? Una bassissima imposizione fiscale e un sistema di oneri sociali assolutamente compatibile e sostenibile, per cui non c’era alcun bisogno di strane alchimie.

Quando si è in presenza di un sistema fiscale con oneri sociali contenuti ed un’imposizione fiscale sostenibile, il sistema cammina e non ha bisogno di altro per andare avanti. Le iniziative e le scelte che il Governo ha assunto a nostro avviso rappresentano un fatto molto importante per il futuro del Paese.

Si sarebbe potuto fare di più? Vorrei rispondere a questa domanda dicendo che sicuramente nessun altro Governo avrebbe potuto fare meglio con le modeste risorse a disposizione. Siccome così è, evidentemente abbiamo portato avanti un discorso virtuoso che credo possa rappresentare un elemento importante, soprattutto per quello che avverrà nei prossimi mesi ed anni.

Dico, quindi, che dobbiamo concentrarci adesso su come rilanciare l'intero Paese, perché è già importante il fatto che, a fronte di una congiuntura internazionale molto sfavorevole, si sia riusciti a mantenere la barra a dritta. Vorrei ricordare a qualche collega del centro-sinistra che nel passato, quando non c'erano risorse pubbliche sufficienti per sostenere il sistema Paese, si dette vita a situazioni assolutamente aberranti, come ad esempio quella della cosiddetta appropriazione del 6 per mille, che avvenne da un giorno all'altro attraverso un prelievo sui conti correnti bancari, con una manovra correttiva di finanza pubblica che allora, sotto il Governo Amato, costò la bellezza di 90.000 miliardi di lire. Parliamo di più di dieci anni fa; figuriamoci se oggi dovessimo parametrare i 90.000 miliardi di lire di allora con i valori attuali: questo Governo avrebbe potuto fare una manovra da 60-80 miliardi di euro. Cosa avrebbero detto i nostri avversari?

È facile dire facciamo le riforme, modifichiamo il sistema e diamo impulso al sistema economico, quando si tratta di incidere sui bisogni dei cittadini. Dobbiamo dire per l'ennesima volta che con queste poche risorse a disposizione si sono create le condizioni per non incidere pesantemente sulle tasche dei cittadini, perché si è scelto il sistema della razionalizzazione delle risorse pubbliche, che a mio personale avviso è l'unico che può condurre il Paese verso l'occupazione e lo sviluppo.

Dobbiamo allora intenderci su come agire nel prossimo futuro e credo sia opportuno indicare i pilastri. Vorrei partire dal cosiddetto Patto di stabilità. Tre anni fa, se non sbaglio, nel corso dell'esame della terz'ultima legge finanziaria, fui relatore al disegno di legge di bilancio e riportai nella mia relazione una considerazione che in quel momento creò anche qualche imbarazzo all'interno della nostra forza politica e della nostra coalizione. Parlai cioè in maniera molto chiara della necessità di modificare il Patto di stabilità, che non è un totem.

Il patto di stabilità è stato lo strumento in un determinato momento storico per evitare che si potessero utilizzare risorse pubbliche in maniera non appropriata; se però questo strumento lo indirizziamo a scopi produttivi, vincolandolo, ad esempio, a spese di investimento, recuperando un gap infrastrutturale che è presente in Italia ma anche in Europa, credo che un risultato positivo lo si potrà sicuramente conseguire, perché non saranno mai soldi buttati al vento ma soldi che creeranno un miglioramento del tasso di spendibilità del sistema Paese, fattore importante per poter accedere ai mercati internazionali. Patto di stabilità quindi, investimenti e infrastrutture.

C'è poi un dato che debbo evidenziare all'attenzione dei colleghi e delle forze politiche di maggioranza e del Governo. Leggo da "Il Messaggero" del 6 ottobre che l'economia sommersa ha raggiunto il 15-16 per cento del PIL. Vorrei rivolgermi al mio Governo per dire che se fossimo capaci di risolvere il problema del sommerso avremmo risolto i problemi della competitività del nostro Paese. Avremmo risolto il problema delle finanze pubbliche.

Per fare ciò c'è però bisogno di scelte precise. Quali sono le scelte precise che intendo nuovamente rappresentare all'interno di quest'Aula? Innanzi tutto una grande semplificazione. Lo dico con il massimo rispetto nei confronti di chi, grande cultore della materia, determinò le condizioni per realizzare la cosiddetta legge Biagi: siamo sicuri che abbiamo fatto grossi passi in avanti con la legge Biagi?

Oggi l'imprenditore che vuole assumere è un soggetto che intende assumere chi decide lui senza che gli venga indicata la figura professionale particolare e lo deve fare nella maniera più semplice possibile. Quante sono le categorie e le figure particolari di lavoratori rappresentate nella legge Biagi? Moltissime; credo siano in numero superiore a 20.

L’imprenditore non deve perdere il proprio tempo, andando a dimenarsi fra le tante figure professionali, per scegliere quale può essere più utile al suo caso, e magari, quando non c’è la figura che gli è gradita, rinunciare ad usufruire di una contribuzione più favorevole o delle agevolazioni previste dalla legge Biagi medesima.

Vorrei allora proporre nuovamente al Governo la necessità di rivedere il sistema dell’intero pacchetto lavoro, di creare le condizioni per rendere ordinario il sistema contributivo. Non ha senso partire con aliquote base del 50 per cento per arrivare poi al 20 o al 25 grazie al sistema degli sgravi e delle fiscalizzazioni degli oneri sociali, quando si potrebbe fare da tempo quello che disse tanti anni fa il direttore generale dell’INPS: abbassare nettamente le aliquote, eliminando i cosiddetti incentivi, gli sgravi e le fiscalizzazioni.

Io credo che un imprenditore sarebbe molto più disponibile ad investire se avesse certezze in questo campo, senza il timore che un domani un tipo di agevolazione o di incentivo possa venir meno, avendo la certezza che l’aliquota è quella stabilita, ad esempio il 20 o il 25 per cento, e non il 50 che poi diventa il 20 o il 25. Ciò potrebbe sicuramente creare le condizioni per una migliore programmazione e quindi per intervenire sul sistema produttivo del Paese.

Il grande problema resta in ogni caso il Mezzogiorno. Se ne parla molto, però c’è bisogno, io dico, di una grande coerenza politica nei confronti del Mezzogiorno, ad incominciare dagli incentivi, che, come ho detto già prima, debbono essere moralizzati (e parlo così da uomo del Mezzogiorno). Non è più possibile chiedere che tipo di incentivi ci sono e, dopo averlo verificato, creare un’impresa ad hoc: no, l’imprenditore dev’essere tale e poi magari deve creare le condizioni per poter usufruire di incentivi che vadano in quella direzione, non viceversa.

Se vogliamo risolvere il problema del Mezzogiorno d’Italia, dobbiamo conoscere che cosa c’è in quell’area del Paese, quali sono le attività sulle quali lo Stato può intervenire. Ad esempio, vorrei sapere dal mio Governo se è cambiato qualcosa, passando dai Governi di centro-sinistra a quello del centro-destra, nell’ambito della programmazione della chimica.

In altre parole, la politica economica per la chimica in Italia, secondo il centro-destra, è qualcosa di uguale o di diverso rispetto alla politica economica per la chimica del centro-sinistra? Poiché Mincato stava e Mincato sta, dovrei dire che sono uguali, il che non può andarmi bene, perché noi italiani abbiamo perduto personaggi importanti della chimica italiana quella chimica che, guarda caso, proprio nel Sud d’Italia ha creato a lungo occasioni di lavoro, di benessere e anche di equilibrio sociale.

Lo stesso dicasi per il settore dell’energia. Noi possiamo anche accettare, nelle nostre città, nelle nostre Province, la presenza dell’ENEL, ma è scandaloso chiedere che, quando c’è un blackout, quella Provincia in cui è presente la centrale non sia l’ultima dove ritorna l’energia elettrica?

È scandaloso dire che i cittadini che abitano in quei territori dove si inseriscono queste realizzazioni e che quindi subiscono il vulnus comunque di un’attività inquinante (anche se il sistema della sostenibilità ambientale, a mio avviso, dev’essere riscoperto in maniera totale) probabilmente debbono pagare un po’ meno di altri il costo della bolletta elettrica, il che vuol dire non solamente agevolare le famiglie, ma agevolare anche le imprese, visto che il costo dell’energia in Italia è uno fra i più alti in Europa e nel mondo?

È scandaloso se si apre un dibattito politico all’interno del Parlamento nazionale per andare a verificare se non è il caso di ritornare a pensare a quell’ipotesi del nucleare che nel passato forse abbiamo abbandonato troppo velocemente, quando poi troviamo centrali nucleari a pochi chilometri di distanza dal nostro confine?

È scandaloso dire che si deve fare una politica per il Sud e che bisogna evitare le delocalizzazioni? Non parlo solamente delle delocalizzazioni in Italia, ma in Europa. Ci sono aziende di grande calibro, nel Meridione d’Italia, che ormai sono pressoché in ginocchio, per il fatto che fasi importanti delle loro lavorazioni vengono fatte eseguire da altre aziende in Polonia o in altri Paesi dell’Est.

Non si può fare, allora, una politica non dico per il Sud (devo correggere questo tipo di impostazione), piuttosto per le aree sottoutilizzate (al Sud ed al Nord), con cui creare le condizioni per una politica economica attiva, capace di ricreare condizioni di sviluppo e di benessere?

È scandaloso sostenere che bisogna migliorare le leggi, che la legislazione deve essere più semplice, più intelligibile, meno interpretabile e capace quindi di venire incontro alle esigenze dell’imprenditoria?

È scandaloso sostenere che bisogna risolvere una volta per tutte il problema della burocrazia, che dovrebbe rispondere alle stesse leggi in tutte le parti d’Italia, perché attualmente c’è la notevole differenza per cui al Nord si chiede una autorizzazione e probabilmente la si riesce ad ottenere in 20 giorni, mentre al Sud sono necessari 5 o 6 mesi, quando tutto va bene.

Vi sono dei meccanismi a costo zero che sicuramente possiamo inserire nel sistema economico del Paese, creando le condizioni per determinate occasioni di sviluppo.

Così come sono importanti le politiche di contesto, sulle quali dovremo discutere ampiamente. Le politiche di contesto comportano sburocratizzazione, sicurezza, ma anche (dico in maniera chiara, una volta tanto, che al riguardo sono d’accordo con le tesi di un ex Ministro dell’economia) attenzione verso il processo di debancarizzazione del Sud, che ormai è messo in ginocchio.

Se è vero che l’istituto più grande del Meridione d’Italia, l’ex Banco di Napoli, oggi San Paolo-Banco di Napoli probabilmente, nei tempi storici a cui faccio riferimento, non assolse pienamente al mandato conferitogli, di rappresentare non in maniera passiva ma attiva le ragioni del Meridione d’Italia, oggi è assolutamente vero che perso il Banco di Napoli e la Cassa di Risparmio, saltata la Banca del Salento (credo che in Sicilia sia accaduta sostanzialmente la stessa cosa), la politica deve fornire ampi indirizzi, deve determinare situazioni importanti anche sotto tale profilo.

La sintesi di questo intervento sulla legge finanziaria, che non è stato sui numeri (ne abbiamo esaminati molti, troppi: non è sufficiente, certe volte, parlare solamente di numeri per risolvere i problemi), è che c’è da lavorare molto, ma bisogna farlo, però, avendo la consapevolezza (utilizzo una espressione del Presidente di Confindustria) che il peggio è ormai alla spalle.

Credo che abbiamo superato tutti in Italia, in Europa e nel mondo quel sistema per fronteggiare l’emergenza che ci aveva messo in difficoltà negli ultimi anni. Si potrà lavorare molto e si potrà lavorare meglio avendo idee precise e creando condizioni veramente di sviluppo. Lo si potrà fare solamente se reggerà il sistema economico. Credo che lo si potrà fare anche se il sistema politico, la classe politica potrà creare tali condizioni, che sono quelle ottimali, migliori.

Per quanto ci riguarda (lo abbiamo già fatto in Commissione bilancio e nelle Commissioni di merito nel corso di esame di questa legge finanziaria), gli interventi che abbiamo suggerito non sono mai stati a carattere settoriale, ma sono stati sempre di portata molto ampia, perché riteniamo che in questo momento anche l’approccio ai problemi di natura canonica debba essere di natura globale e complessiva.

Abbiamo dunque fiducia che, sia pure lentamente, riusciremo a condurre il Paese su livelli molto elevati. Questa legge finanziaria è sicuramente il primo passo, ma è chiaro che adesso se ne aggiungeranno molti altri.

L’apprezzamento che viene per l’opera del Governo è molto forte, sentito e convinto. È un apprezzamento che non proviene solo da esponenti di Alleanza Nazionale, del centro-destra, ma è da parte di chi registra, anche all’interno della società civile, la sensazione che ormai ci si sia resi tutti conto che qualcosa sta cambiando positivamente per il bene dell’Italia, del nostro Paese. (Applausi dai Gruppi AN e LP).

 

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Zancan. Ne ha facoltà.

 

ZANCAN (Verdi-U). Signor Presidente, ha fatto bene il mio Gruppo a concedermi soltanto 4 minuti, perché in claris non fit interpretatio. Le condizioni degli uffici giudiziari sono disastrose (inutilmente, da tre anni e mezzo, invito il Ministro a visitare con me gli uffici giudiziari del Piemonte, ma, ahimé, egli non gradisce la mia compagnia, però non vedo perché rifiuti questo invito) per la carenza endemica degli organici dei magistrati, per la mancanza di personale amministrativo e per l’esaurimento delle dotazioni.

Gli operatori denunciano ormai da anni questa condizione, senza che tuttavia questo Governo abbia mai saputo dare risposta alla domanda di giustizia del Paese. In numerosi tribunali la possibilità di celebrare processi o di condurre adeguate indagini è rimessa soltanto alla buona volontà degli operatori.

Nel corso della legislatura il Ministro Guardasigilli ha ritenuto di poter dare risposte a queste legittime richieste di giustizia attraverso le riforme cosiddette a costo zero, con il solo risultato di ottenere una iperproduzione legislativa schizofrenica, inopportuna e dannosa.

La recente riforma dell’ordinamento giudiziario non solo non sarà in grado di risolvere le urgenze, ma contiene al suo interno una profonda contraddizione dovuta alla mancanza di fondi in grado di finanziare le innovazioni in essa contenute, quale ad esempio quella relativa ai concorsi e ai famosi e mai abbastanza lodati test psico-attitudinali, o alla Scuola superiore della magistratura.

La spesa prevista nel bilancio per la giustizia è ridotta dall’1,7 all’1,6 per cento del rapporto spesa giustizia/spesa pubblica, non rispettando neppure l’incremento del 2 per cento previsto dalla legge finanziaria. Di tutto questo, ahimè, non c’è bisogno di dimostrazione.

E allora, se non c’è bisogno di dimostrazione, questo sta a significare per l’ennesima volta che per questa maggioranza e per questo Governo la giustizia è solo il luogo ove si tenta di tutelare gli interessi degli amici inquisiti, di introdurre innovazioni che intimidiscano i magistrati e sviliscano il principio sacro e santo di autonomia e di indipendenza.

Noi chiediamo il potenziamento dell’informatizzazione dei servizi e, in particolare, i sistemi relativi al casellario giudiziario, al registro generale, ai carichi pendenti, alle banche dati; chiediamo anche la massima espansione dei tempi delle udienze e, quindi, la corresponsione di straordinari al personale ausiliario e il pagamento delle attività di registrazione e trascrizione dei dibattimenti; chiediamo inoltre la tutela della salute dei detenuti e la promozione di attività di formazione e di recupero; chiediamo il sostegno e lo sviluppo delle misure alternative alla detenzione, in particolare per i minorenni.

Questo chiediamo, signor Presidente, ma purtroppo, ahimè, sono domande che rimarranno senza risposta da questa maggioranza e da questo Governo. Eppure, signor Presidente, signori colleghi, senza giustizia non c’è Stato. (Applausi dai Gruppi Verdi-U e DS-U. Congratulazioni).

 

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Valditara. Ne ha facoltà.

 

VALDITARA (AN). Signor Presidente, signor Ministro, onorevoli colleghi, devo dire che sono rimasto sorpreso l’altra sera quando in televisione, in un dibattito nel programma "Porta a porta" l’ex ministro, onorevole Livia Turco, ha dichiarato che in questa finanziaria ci sarebbero pesanti tagli al settore dell’università e della scuola. (Commenti del senatore Turci).

Confermo che l’onorevole Livia Turco è intervenuta in un dibattito a "Porta a porta" con l’onorevole La Russa la scorsa settimana. Le sue dichiarazioni mi hanno stupito perché l’onorevole Turco non è un parlamentare qualsiasi; è un ex ministro, un dirigente importante dei Democratici di Sinistra, e mi chiedo come faccia a non sapere che invece i fondi per l’università sono aumentati del 7,5 per cento rispetto all’anno scorso, il più alto aumento da quando è stato istituito il Fondo di finanziamento ordinario.

Un aumento, quindi, che neppure i Governi di centro-sinistra (che in più occasioni vantano miracoli per quanto riguarda il loro passato operare) mai realizzarono per l’università italiana: si tratta di 450 milioni di euro in più per il Fondo di finanziamento ordinario. Dico questo con grande soddisfazione perché per noi di Alleanza Nazionale un significativo aumento di stanziamenti per l’università era diventato uno degli obiettivi prioritari. Ero intervenuto anche in Commissione, lo avevano sostenuto anche altri colleghi della maggioranza.

Vi era stata anche una deliberazione della Commissione perché il Governo si ricordasse dell’università. Avevamo tra l’altro chiesto che non fosse prorogato il blocco delle assunzioni e con grande soddisfazione abbiamo appreso che a partire dal 1° gennaio 2005 non ci sarà più.

Ora però anche le università devono fare la loro parte. Sarebbe molto grave se dovessimo scoprire, per esempio, che il numero delle assunzioni è superiore alle possibilità di finanziamento previste all’interno dei propri bilanci. Credo vi siano troppe università che in questi anni non abbiano seguito un comportamento corretto nell’ambito della politica del personale. I soldi ora ci sono; il blocco delle assunzioni non c’è più. Il Governo è intenzionato a dialogare con il sistema dell’università, con la CRUI, con il CUN per riformare lo stato giuridico dei docenti. La maggioranza sotto questo aspetto è di costante stimolo perché si arrivi ad una intesa. Però, tutti chiediamo ora all’università un forte senso di responsabilità.

Anche sulla scuola avevamo chiesto che non vi fossero tagli di organico. Negli anni scorsi i tagli o, meglio, le razionalizzazioni erano già state fatte. Tutti i risparmi da esse derivanti per la prima volta erano state integralmente destinate alla valorizzazione del personale docente, quindi reimmessi all’interno del circuito scolastico. Non ci sono tagli quest’anno e lo dobbiamo dire con grande chiarezza.

Ho apprezzato che qualche collega dell’opposizione abbia dato atto al Governo di aver aumentato le risorse destinate all’edilizia scolastica. Si contano 110 milioni di euro in più per la riforma; certo, non è un grande stanziamento; d’altro canto, l’opposizione aveva gridato allo scandalo lo scorso anno, in occasione della passata legge finanziaria, quando il Governo stanziò una certa cifra per finanziare gli anticipi sostenendo che le risorse erano insufficienti; poi il Governo ha risparmiato un terzo delle somme stanziate.

Dunque, le previsioni erano state corrette. È vero: ora si è intervenuto sulle supplenze, ma il Ministero ci ha comunicato che a livello nazionale a fine anno vi sarebbero somme non spese per circa un terzo di quanto viene stanziato per le supplenze. Se questa notizia fosse confermata ci troveremmo di fronte ad uno dei tanti sprechi su cui bisogna intervenire.

Bene avrebbe fatto dunque il Governo ad intervenire in questa direzione. Devo aggiungere però qualche ulteriore dato, altrimenti non si coglie nella sua interezza il panorama: qualche settimana fa sono stati stanziati 650 milioni di euro dal Ministero per pagare la ricostruzione di carriere vecchie, in alcuni casi, di quindici anni. Questo significa che molti degli insegnanti assunti in passato attendevano la ricostruzione da quindici anni.

Non dimentichiamoci ancora che in questa finanziaria sono previsti 375 milioni di euro, come d’altro canto in tutte le finanziarie da quando il Governo è in carica, per pagare i lavoratori socialmente utili; una spesa, introdotta nel 2000 dal Governo dell’Ulivo, priva di copertura finanziaria adeguata. Non dimentichiamoci che in questi anni il Governo in carica e la maggioranza che lo sostiene hanno dovuto trovare 53 milioni di euro per pagare i commissari di concorso, quelli del famoso "concorsone" del 2000, per cui non era prevista copertura finanziaria e che attendevano di essere pagati.

Non dimentichiamo che abbiamo dovuto trovare, con una legge del 2002, 530 milioni di euro per pagare i contratti di pulizia, che erano passati dagli enti locali allo Stato nel 1999, a seguito della legge n. 124, ancora una volta non coperta da questo punto di vista. Così come abbiamo dovuto trovare 570 milioni di euro per pagare il trasferimento del personale ATA dagli enti locali allo Stato, e ancora si tratta di una misura prevista nella legge n. 124 del 1999 e non coperta.

Ci troviamo allora di fronte ad un’opposizione che si riconosce in un’azione politica in materia di istruzione, scuola e università di passati Governi, che erano i Governi del debito, dello spreco e degli impegni non mantenuti.

Su un punto invece vorrei soffermarmi e chiedo al Governo di dedicare una particolare attenzione nei prossimi mesi avviando una seria riflessione con i sindacati. Ci troviamo di fronte il problema drammatico del personale precario della scuola e vi è stato anche un impegno assunto in quest’Aula dal Governo, a varare un piano pluriennale di assunzioni.

Mi rendo conto che il problema dell’assunzione del personale precario rappresenta un costo per lo Stato, soprattutto per le ricostruzioni di carriera, che sono il vero costo e che, non a caso, sono state dilazionate negli anni; tuttavia, credo ci sia una parte del sindacato disponibile a dialogare su questo punto.

Dobbiamo trovare una soluzione per dare certezza a centinaia di migliaia di persone che hanno, tra l’altro, ormai una certa età e sulle cui spalle vivono famiglie intere, anche per poter dar corso alla riforma del reclutamento, che credo non potrà mai entrare seriamente a regime sino a quando non si sarà data una risposta seria e forte alla questione del precariato.

Alleanza Nazionale nelle prossime settimane presenterà una proposta su questo punto; cercheremo di elaborare una proposta che sia finanziariamente compatibile, ma chiediamo al Governo una particolare sensibilità sul tema.

Peraltro, non possiamo non essere soddisfatti per quanto riguarda il settore dell’università; forse, per la ricerca sarebbe stato opportuno qualche stanziamento in più, ma ci rendiamo conto che di fronte ad una grande operazione di riduzione delle tasse, come quella concretizzata in questa finanziaria, trovare risorse significative non era certamente facile.

 

PAGANO (DS-U). Oh, è una grande operazione!

 

VALDITARA (AN). Per l’università si è fatto, ringraziamo il ministro Moratti che si è spesa tantissimo e il Governo che ha veramente cambiato rotta rispetto a politiche di intervento che da molto tempo non erano all’altezza dell’università italiana. (Applausi dal Gruppo AN).

 

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Caddeo. Ne ha facoltà.

 

CADDEO (DS-U). Signor Presidente, onorevoli colleghi, in Commissione abbiamo lavorato a lungo, più degli anni passati. Sono stati infiniti i litigi della maggioranza e le interruzioni per sedare le contese; le scelte, infine, sono risultate unificate da una smodata ossessione elettoralistica.

La manovra finanziaria è il frutto di un’operazione verità: all’inizio dell’estate la maggioranza ha preso amaramente atto che Tremonti nascondeva i buchi nei conti pubblici; lo ha perciò licenziato, perché il deficit era arrivato al 4,4 per cento del PIL, causato dal dilagare delle spese correnti, clientelari e improduttive, ciò che segna già il fallimento della politica economica e di bilancio di questa legislatura.

Ha preso così il via una stagione di manovre correttive; dapprima, 2 miliardi di riduzione della spesa farmaceutica; poi, il decreto-legge n. 168 del luglio scorso, con tagli per circa 7,5 miliardi; ora, discutiamo la finanziaria da 24 miliardi. Quindi, al suo interno, sono sopraggiunti aumenti di entrate e tagli di spesa per altri 10 miliardi per coprire le riduzioni fiscali.

Infine, è arrivato il decreto-legge n. 282, per sopperire alle mancate entrate del condono edilizio. Da luglio ad oggi è, quindi, tutto un rincorrersi affannoso di manovre e manovrine. Le finanze pubbliche sono nuovamente fuori controllo, tornano in primo piano le urgenze della stabilizzazione finanziaria e le politiche per la crescita sono rinviate ad un futuro lontano. I conti, quindi, non tornano più.

Il Fondo monetario internazionale dice che mancano 6 o 7 miliardi: l'OCSE e l'Unione Europea pronosticano una manovra suppletiva per la prossima primavera; il CNEL sostiene che le misure prese risulteranno efficaci solo per il 50 per cento. Vivremo, quindi, un futuro imprigionato da logiche emergenziali, con un Governo che annaspa con l'acqua alla gola, privo di una salda e limpida visione strategica.

La manovra si compone di pesanti tagli alla spesa pubblica e di un aggravamento della pressione fiscale. Dei 24 miliardi complessivi, ben 9 miliardi e mezzo sono recuperati con riduzioni di spesa; sono frutto dell'applicazione della regola nuova del 2 per cento.

Lo Stato centrale dovrà risparmiare un miliardo e 900 milioni di consumi intermedi e di investimenti; altri 2 miliardi di euro saranno tagliati ulteriormente per coprire le riduzioni dell'imposta sul reddito. A pagare di più saranno il Ministero dell’interno e quello della difesa, che deve assicurare l'attività dell'Arma dei Carabinieri. A farne le spese saranno, quindi, la sicurezza dei cittadini e l'ordine pubblico. Scarseggiano già il carburante e i fondi per la manutenzione delle volanti e si lesina sulle esercitazioni e sull'addestramento delle forze dell'ordine.

Nel campo degli investimenti pagano di più le comunicazioni e le infrastrutture. Si sancisce, cioè, in via definitiva l'affossamento del programma delle infrastrutture strategiche immaginato dalla legge Lunardi. Diventa carta straccia il Patto con gli italiani, pomposamente siglato nello studio televisivo di "Porta a Porta".

Ma il colpo più violento viene assestato sulle spalle degli enti locali. A loro il nuovo Patto di stabilità chiede 8 miliardi di riduzione di spese; blocca la capacità di assumere mutui e di fare investimenti; colpisce il welfare locale, riducendo l'assistenza agli anziani e all'infanzia, i trasporti pubblici, i servizi culturali. Si disvela, così, l'anima profondamente reazionaria della destra.

Il quadro degli interventi comprende poi un ulteriore programma di dismissioni immobiliari per 7 miliardi. Dopo il fallimento di SCIP 2 nella vendita di alloggi pubblici, si punta ancora alla cessione di uffici e al loro riaffitto. Per avere un po’ di liquidità subito si appesantiscono i bilanci degli anni futuri; si usa, cioè, una tecnica che, se applicata alle famiglie, le ridurrebbe ben presto sul lastrico.

Infine, la manovra aggrava la pressione fiscale per 4 miliardi di euro. Pagheremo di più per la casa con l'aumento dell'ICI conseguente alla revisione degli estimi catastali. Risulteranno esorbitanti gli incrementi delle accise e del prezzo dei tabacchi, del costo delle marche da bollo, delle imposte catastali, ipotecarie, di bollo, di concessione, eccetera.

La scelta di fondo è quella di appesantire l'imposta patrimoniale oggi esistente in Italia, la tassa sulla casa, e di accentuare la regressività della tassazione, esasperando le imposte dirette ed il carico fiscale sulle fasce medie e basse della società. Ne è la riprova la nuova curva dell'imposta sul reddito.

Con le nuove aliquote, al terzo più povero delle famiglie andranno dai 70 ai 100 euro; le classi medie ne otterranno oltre 200. Al terzo più benestante della società si offre uno sconto tra i 500 e i 1.500 euro. Se in una famiglia di ceto medio qualcuno fuma e c'è un figlio all'università che deve registrare il contratto della camera in affitto, lo sgravio dell'IRE è annullato dalla tassa di registro e dall'incremento del costo delle sigarette.

L'iniquità regna quindi sovrana in casa della destra; l'avventurismo del ciclo elettorale porta a modificare la tassazione sul reddito quando non ci sono le condizioni per farlo. Tuttavia, poiché si vuole comunque intervenire, si dovrebbe agire proprio in senso contrario per ridurre di più il carico ai ceti medi e bassi colpiti dal carovita. Si dovrebbe, cioè, restituire il fiscal drag e istituire un assegno alle famiglie, comprese quelle incapienti.

L'impostazione della nuova finanziaria è frutto di un improvviso voltafaccia del Premier che, mentre si accingeva a varare sgravi fiscali alle imprese per accrescere la loro competitività, è stato gelato da sondaggi elettorali sfavorevoli. Il declino del consenso ha così imposto di girare le spalle ad imprese e sindacati per fare scelte populiste ed elettoralistiche.

Qual è, invece, il problema dell'Italia di oggi che va affrontato? Quello della perdita progressiva di competitività: la perdita di quote del commercio mondiale, passate dal 5 per cento nel 1995 al 3,5 per cento nel 2003.

Sul che fare, ormai, vi è una larga condivisione nel Paese. Servono infrastrutture moderne, flessibilità nel lavoro professionale e nei servizi, più alta formazione, più ricerca e più innovazione tecnologica.

Su tutto ciò, però, la finanziaria non opera scelte. Soprattutto, ignora il Mezzogiorno, su cui, invece, l'insieme delle organizzazioni delle imprese e dei sindacati insiste reclamando che diventi centrale nell'azione del Governo.

Il Sud, signor Presidente, non è tutto uguale. Ci sono zone arretrate ed altre più dinamiche. Il Mezzogiorno, però, non è più un problema locale da lasciare alle cure dei soli meridionali.

Tra il 1999 e il 2001 è cresciuto più del Nord; oggi, però, è abbandonato a se stesso. Dopo essersi risollevato ed essere cresciuto più delle altre realtà, oggi il Mezzogiorno è tornato ad essere una questione nazionale; anzi, è la questione nazionale da risolvere.

Se l'Italia vuole reggere le nuove ed impervie sfide della competitività, deve utilizzare al meglio tutte le risorse umane ed ambientali della Penisola.

Con la globalizzazione, con l'allargamento a 25 Stati dell'Unione Europea, con la creazione di un'area di libero scambio euromediterranea muta il modello di sviluppo nazionale e quindi anche meridionale.

Si può affrontare una fase così radicalmente nuova con la semplice categoria delle aree depresse? Si deve "abolire il Mezzogiorno", come recita il titolo di un saggio di successo?

Di certo, occorre abolire il rimanifestarsi dei vizi del vecchio meridionalismo: l'assistenzialismo, la commistione tra affari e politica, il piangersi addosso. I termini nuovi della questione meridionale sono, invece, costituiti dalla competizione con aree in ritardo di sviluppo che tassano gli utili d'impresa al 19 per cento, che hanno una formazione dei lavoratori più alta, che sono più flessibili, più propense al dinamismo indotto da una rapida crescita demografica e da uno slancio nuovo seguito a decenni di stagnazione.

Con la destra al Governo il Sud rivive vecchie esperienze.

Luigi de Rosa, exdocente della LUISS, ha appena pubblicato un libro, "La Provincia subordinata", in cui con acutezza sostiene come dall'unificazione nazionale in poi, nei ricorrenti cambi di modello di sviluppo, il Sud sia stato sempre ignorato dalle scelte strategiche imposte dalla parte più forte del Paese. Al Sud è stata sempre negata l'autonomia, intesa non come astratta libertà o separatezza, ma come possibilità di crescita offerta dalle scelte strategiche fondamentali, assunte centralmente.

È questa, in fondo, la richiesta delle forze sociali ed imprenditoriali di oggi. È questa la nostra proposta. Noi e loro pensiamo a fiscalità di vantaggio, ad infrastrutture strategiche, ad un alto livello di formazione umana, alla ricerca, all'innovazione tecnologica. Al Sud serve quello che è utile al Paese, in forma più accentuata.

Il Governo di centro-sinistra istituì la DIT, una tassazione degli utili d'impresa al 19 per cento, un livello analogo a quello dei Paesi appena entrati nell'Unione Europea. Voi l'avete cancellata ed avete sbagliato.

Oggi proponiamo di introdurre l'IVA al 10 per cento in favore dei servizi turistici e di varare un grande programma di riqualificazione urbanistica delle città meridionali. Vi è un risveglio del turismo meridionale, anche se permangono segni di difficoltà per la concorrenza dei Paesi rivieraschi del Mediterraneo. Si può creare lavoro, però, imprenditorialità, nuova competitività con l'esportazione legata al turismo.

In secondo luogo, è possibile potenziare la capacità attrattiva di nuove imprese. La finanziaria prevede riduzioni del costo del lavoro, dell'IRAP. Sono segnali importanti, ma troppo limitati. Servono crediti d'imposta automatici più ampi, svincolati dall'intermediazione politica. Se non possono essere generalizzati, siano possibili almeno per i nuovi investimenti innovativi e per favorire la crescita dimensionale delle imprese.

In terzo luogo, è matura la revisione delle leggi di incentivazione degli investimenti. Voi avete bloccato i bandi previsti dalla legge n. 488 del 1992. Noi abbiamo depositato una proposta di riforma che prevede ancora la presenza di contributi a fondo perduto, seppur ridotti, di crediti a tasso agevolato e di un'istruttoria bancaria impegnativa anche per la banca che deve concedere parte del credito. Crediamo poi che una parte preponderante dei fondi debba essere riservata alle proposte di investimenti innovativi, con tecnologie avanzate.

Per il Mezzogiorno servono quindi scelte selettive, coerenti con la difficoltà finanziaria nazionale. Tuttavia, sono necessarie politiche nazionali, centrali. Chi governa ha la responsabilità di non trattare il Sud come "la Provincia subordinata". L'interesse del Meridione coincide oggi con quello della Nazione.

Le scelte fin qui realizzate mostrano, invece, una destra prigioniera di visioni vecchie, reazionarie. Ne fanno fede la devolution ed il rifiuto di cancellare il decreto delegato n. 56 del 2000, che si è rivelato iniquo perché paradossalmente trasferisce risorse finanziarie del Sud al Nord, con una perequazione al rovescio.

A questo punto, si impongono visioni più ampie ed una ispirazione genuinamente nazionale. L'Italia riduce la sua capacità competitiva ed ha bisogno di raccogliere tutte le sue forze, la sua vitalità, di mobilitare anche le risorse ambientali e umane del Mezzogiorno. A questo sforzo non ci sono alternative. L'idea di cercare il tepore di nicchie protettive dalle conseguenze economiche e sociali del declino è preclusa dall'esperienza storica e dall'orgoglio di un grande Paese come il nostro.

Se non avete la forza d'animo, la tensione morale e politica per affrontare le sfide della nuova Europa e gli orizzonti allargati del Mediterraneo, lasciate ad altri, a noi, il compito di risollevare l'Italia, di guidarla nel mare aperto del terzo millennio, di renderla più forte, più dinamica, più giusta. (Applausi dai Gruppi DS-U, Mar-DL-U e Verdi-U).

 

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Marino. Ne ha facoltà.

 

MARINO (Misto-Com). Signor Presidente, in tre anni e mezzo sono peggiorati i saldi della finanza pubblica. Risulta dimezzato l’avanzo primario, dilapidato il lascito di un avanzo pari al 5,2 per cento all’inizio della legislatura.

Dall’analisi dei dati fondamentali dell’economia reale, risulta chiaramente un calo dei consumi anche a causa della forte perdita del potere d’acquisto dei salari, degli stipendi e delle pensioni.

Continua la perdita di competitività del sistema Paese e ciò lo si evince anche dalla riduzione delle esportazioni e dall’andamento del PIL rispetto agli altri Paesi europei. La tenuta dei conti è disastrosa e le scelte del Governo causeranno ulteriori buchi per i minori introiti del condono edilizio e delle cartolarizzazioni, rispetto alle sovrastimate previsioni.

A fronte di queste difficoltà il Governo italiano spinge perché sia rivisto il Patto di stabilità e crescita, in base alla filosofia "meno Stato, meno sindacato, meno Europa", quasi che le responsabilità per le scelte sbagliate portate avanti siano dell’Europa o dei parametri europei. Il Patto di stabilità e crescita però non può costituire un alibi - rispondo al senatore Curto precedentemente intervenuto - per scaricare su altri le proprie responsabilità.

Non è in discussione la possibilità di rendere più flessibile il Patto nel senso di valutare diversamente nel computo del deficit le spese per investimenti nelle infrastrutture o nella ricerca scientifica, ma non si può neanche sottacere che una cosa è l’interpretazione del Patto in tal senso, altra cosa è una sua revisione volta a far saltare il tutto, con il rischio reale di un aumento dei tassi di interesse - vero e proprio disastro per l’Italia, stante l’elevato debito accumulato dal nostro Paese rispetto agli altri - e dell’inflazione che comporterebbe un ulteriore attacco al potere di acquisto dei salari al mondo del lavoro dipendente in particolare.

Questa finanziaria, con le modifiche che verranno introdotte al Senato con il maxiemendamento presentato dal Governo, è diventata ancora più iniqua.

Nessuna campagna propagandistica potrà sottacere il fatto che la stragrande maggioranza della popolazione non avrà alcun beneficio dalle misure fiscali fortemente volute dal presidente Berlusconi, anche contro le resistenze e le perplessità di alcuni alleati di Governo.

Queste misure determineranno invece una redistribuzione di ricchezza a favore dei ceti più forti. Tutta l'operazione in materia di imposta sui redditi comporta sgravi fiscali consistenti, anche di qualche milione di euro per i più ricchi (i famosi regali agli amici di cui parlava Visentini) e solo una misera mancia per i redditi più bassi. Ma i cittadini meno abbienti, a fronte di qualche centesimo di risparmio, si troveranno a pagare altri balzelli, come l’aumento del bollo, dell'imposta di registro, delle imposte ipotecarie, catastali eccetera, e soprattutto a sopportare la conseguente maggiore onerosità dei servizi essenziali forniti a livello locale, stante il taglio delle risorse alle Regioni e ai Comuni, che, soprattutto nel Mezzogiorno, hanno margini di manovra più ridotti e dipendono maggiormente dai trasferimenti dal centro.

I più ricchi indirizzeranno lo sgravio ottenuto, dopo i tanti regali fiscali già ricevuti con le precedenti finanziarie, verso l'acquisto di beni di lusso o verso investimenti finanziari ritenuti più redditizi e non funzionali allo sviluppo.

Anziché favorire i più ricchi, ben altro sostegno ai consumi e all'economia sarebbe venuto ove gli sgravi fiscali fossero stati diretti ai ceti medio-bassi e se si fosse restituito quanto ingiustamente trattenuto dall'erario (circa 1,3 miliardi all'anno) per il drenaggio fiscale o per l'ingiusta tassazione sul trattamento di fine rapporto (1,5 miliardi all'anno), malgrado gli impegni assunti di ridurre l'aliquota dal 23 al 19 per cento.

Insomma, con l'emendamento governativo approvato si realizza una vera e propria piramide rovesciata: molto a chi sta in alto, pochissimo o quasi niente a chi sta in basso, contro il principio della capacità contributiva e della capacità delle imposte stabilito dalla Costituzione repubblicana. Un regalo natalizio duraturo nel tempo a chi sta già bene, mentre il malessere sociale cresce, come si evince dal trentottesimo rapporto del CENSIS, ed aumenta la povertà relativa e assoluta come si vede dall'incremento dei pasti distribuiti ai poveri. Questo disagio sociale ha trovato espressione anche nell'ultima manifestazione di sciopero, ove si è ritrovata la grande unità di tutti i sindacati.

La finanziaria per il 2005 è anche senza rigore, perché aggrava una situazione già difficile per la mancata tenuta dei conti, come conferma l'OCSE, tant'è che già viene annunciata una manovrina di fine anno, con la quale si andranno, tra l'altro, a restringere le forme di intervento a favore delle persone non autosufficienti, e una inevitabile manovra di primavera.

Non è una finanziaria per lo sviluppo. Quali sono le scelte di politica industriale? Quelle di dismettere, anche a cessione diretta, tutti i beni immobili e le partecipazioni azionarie, compresa l'ulteriore tranche di azioni ENI ed ENEL direttamente sul mercato.

L'escamotage trovato in precedenza dal ministro Tremonti, di cedere pacchetti azionari dell'ENEL e dell'ENI alla Cassa depositi e prestiti è stato abbandonato. La vendita di tranche di ENEL ed ENI direttamente sul mercato comporta, infatti, una cessione di fatto del controllo pubblico di settori energetici, che non solo compaiono al primo posto della nostra bilancia dei pagamenti ma costituiscono un punto strategico fondamentale per lo sviluppo della nostra economia e per il futuro di questo Paese anche in termini di ricerca scientifica.

Queste società, ENEL e in particolare ENI, stanno realizzando da anni utili consistenti che entrano come dividendi nella casse dello Stato, mentre prosegue la crisi del settore privato, che dopo la Cirio, la FIAT e la Parmalat, investe anche VolareWeb.com e Impregilo. Tutto il discorso della riduzione dei trasferimenti alle imprese con questa finanziaria è consistito solo nel taglio delle risorse per le ferrovie, le poste, l'ANAS e le altre imprese pubbliche.

La finanziaria programma dismissioni immobiliari da realizzare non solo tramite cartolarizzazioni (tanto per cambiare), ma anche per cessioni dirette, con tutto quello che ciò comporta. In più, è stato inventato il trasferimento di tratti della rete stradale nazionale alla Infrastrutture spa, salvo poi accollarsi il "pedaggio ombra" (come lo ha definito il ministro Siniscalco), che graverà sulla fiscalità generale e quindi su tutti i contribuenti.

I proprietari di casa, già supertassati, che in numerosi casi possiedono l’unica casa di abitazione, costata a volte decenni di mutuo, con la revisione degli estimi catastali pagheranno di più e dovranno pensare anche di assicurarsi contro i danni da calamità naturali. È la fine della solidarietà nazionale anche in caso di calamità naturali e ancora una volta viene colpito chi non può nascondere quello che ha, che sia lo stipendio, la pensione, l’automobile o la casa, ed il peso viene scaricato soprattutto sui possessori delle prime case e su coloro che abitano nelle zone più deboli del Paese.

Nulla viene posto in essere per la lotta all’elusione e all’evasione fiscale ed è stata respinta ogni proposta in tal senso.

Per non parlare della mancanza di trasparenza nell’operazione, che viene imposta anche agli enti di previdenza, di dismettere gli immobili in cui hanno addirittura le proprie sedi periferiche, per poi riaffittarli con la corresponsione quindi del canone di locazione.

Il tetto del 2 per cento (questa novità mutuata, ma che non ha nulla a che vedere con quella che viene applicata nel Regno Unito) comporterà un contenimento della spesa in maniera indifferenziata e senza valutazione alcuna della specificità dei singoli interventi e, tra l’altro, comporterà un freno agli investimenti nelle infrastrutture, un blocco delle nuove opere ed un arresto di quelle in corso, malgrado il settore delle costruzioni costituisca ancora un volano per l’economia.

I Comuni colpiti da questa manovra finanziaria saranno costretti ad utilizzare la leva fiscale per non ridurre i servizi pubblici essenziali e gli effetti recessivi della manovra, al di là del tetto del 2 per cento, saranno determinati non solo dai tagli alle spese, in particolare a quelle degli enti locali, ma dagli stessi contenuti del Patto di stabilità interno, che pongono limiti stringenti sia perché includono anche le spese di investimento nel calcolo dei parametri da rispettare, sia perché limitano la capacità di indebitamento per gli stessi investimenti, finendo per premiare non i comportamenti virtuosi, ma i Comuni che negli anni 2000-2003 hanno speso di più indipendentemente dalla qualità delle spese e degli interventi. Ciò determinerà un inevitabile abbassamento del livello degli investimenti pubblici locali.

Per il Mezzogiorno, gli stanziamenti a disposizione, sia per il Fondo per le aree sottoutilizzate, sia per il Fondo di rotazione per le politiche comunitarie, non sono altro che la reiscrizione di risorse rivenienti dal passato, per giunta tagliate, rimodulate e trasferite quasi per intero… (Il microfono si disattiva automaticamente).

 

PRESIDENTE. Le ho già concesso un minuto, senatore Marino, gliene posso concedere un altro mezzo; non di più.

 

MARINO (Misto-Com). Fra l’altro, malgrado l’ordine del giorno presentato dai Comunisti italiani ed approvato dal Senato, il Governo anche quest’anno non ha provveduto a dare ragione delle somme trasferite da un esercizio all’altro, in modo da fare chiarezza sull’entità di quelle realmente stanziate, che restano in effetti quelle dei fondi strutturali europei.

Insomma, il Sud è ancora una volta penalizzato da questa finanziaria e, d’altra parte, la stessa SVIMEZ ha recentemente registrato che le risorse per il Mezzogiorno, come da tempo il centro-sinistra va sostenendo, sono state ridotte di ben 881 milioni per il 2005 rispetto al 2004 e sono comunque inferiori alla media degli ultimi anni. (Applausi dal Gruppo DS-U e dei senatori Marini e Ripamonti).

 

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Costa. Ne ha facoltà.

 

COSTA (FI). Signor Presidente, signori del Governo, colleghi, se questa fosse stata l’Italia dell’anno zero il vostro compito - signori del Governo - sarebbe stato molto più facile, perché avreste avuto notevole discrezionalità ai fini dell’appostazione della spesa. Ma così non è, evidentemente, ed è bene che non sia così, perché questo è un grande Paese in cammino che a momenti segna il passo, così come tra l’altro viene rilevato da tutte le parti, a motivo di un cambiamento epocale dei sistemi economico-produttivi dei Paesi di tutto il mondo.

Il senatore Morando, molto acutamente, ha fatto riferimento alle quote di mercato che perdono i Paesi europei rispetto al resto del mondo ed evidentemente anche l’Italia. Non mi cruccio, senatore Morando, se, al limite, la Germania o altri Paesi ricchi di risorse e per i quali l’export evidentemente non riguarda soltanto l’industria manifatturiera, ma anche le risorse naturali, non subiscono una contrazione sensibilmente inferiore.

Se si depura l’export di quei Paesi (primo fra tutti, la Germania) dai fattori che l’Italia non ha mai posseduto nemmeno agli albori della Repubblica, quando inventò il miracolo italiano (una delle più grandi potenze economiche del mondo) verifichiamo non soltanto che non abbiamo fatto passi indietro rispetto alla Germania e ad altri Paesi europei, ma anche che abbiamo fatto qualche passo avanti in più.

Tuttavia, non possiamo nasconderci che questo Paese ha bisogno di ammodernare il suo sistema e di prestare attenzione alle nuove frontiere del sistema produttivo, innanzitutto in quei settori dove non si pone il problema dell’utilizzo di manodopera o dove abbiamo caratteristiche uniche, come quelli dei beni culturali e del turismo.

Sono lieto di scorgere in Aula il signor ministro Urbani, del quale conosco il notevole impegno al fine di far comprendere al Governo ed al popolo italiano che nei giorni, nei mesi e negli anni a venire la nuova frontiera sarà la fruizione di beni culturali che non possiede nessun altro Paese al mondo. Pur in costanza delle relazioni culturali, sociali ed economiche con grandi Paesi popolosi come la Cina, l’India e così via, che oggi fanno concorrenza nel settore manifatturiero a tutti gli altri Paesi al mondo, in quel settore non possono competere con noi: quella, dunque, è la nuova frontiera.

Questo Governo, con la finanziaria in esame, in costanza di una spesa ingessata e, nella stragrande maggioranza, anelastica (così è stata definita), qualche cosa sta facendo. Nel rispetto di quelle prescrizioni che l’Osservatorio della Banca d’Italia da oltre dieci anni (come più volte detto da altri in questa sede) va predicando come necessarie e necessitate, quali la contrazione della spesa corrente, cosa si può fare se non contenere in un limite ben determinato (che nel caso di specie è del 2 per cento) l’incremento della spesa? Mi sembra sia l’operazione più giudiziosa che possa porre in essere un oculato amministratore, vuoi che si occupi della famiglia, vuoi che si occupi dello Stato.

Non è vero che non c’è discrezionalità ed elasticità nei limiti di quel 2 per cento; basti pensare al turn over, che non è stato applicato per l’università e per la scuola. Ecco, a questo riguardo, l’attenzione notevole, pur nei limiti della spesa e in base alla limitata disponibilità di risorse, a quei settori strategici ai quali si faceva riferimento ai fini dell’ammodernamento dello Stato: l’università, la scuola, le infrastrutture.

Poi, l’attenzione alla famiglia, alla demografia di questo Paese, che è il problema dei problemi: l’attenzione mostrata con le deduzioni a favore della famiglia, del neonato, dell’anziano per cercare di porre nuovamente all’interno della famiglia quel circolo virtuoso tra anziano e bambino, tra nonno e neonato.

E ancora: la scuola, cui si è fatto riferimento. Forse questo Paese non ha conseguito i più grandi risultati quando alla mobilitazione ed all’impegno dei Governi è seguita la mobilitazione del popolo italiano? Perché no? Perché alla scuola non si può chiedere una sorta di riqualificazione del suo generoso personale, ai fini dell’insegnamento dell’inglese e dell’informatica, come si sta facendo?

Avremmo voluto avere a disposizione chissà quali risorse, ma se - come è evidente - l’illimitatezza delle risorse non esiste in alcun Paese del mondo, certamente non può esistere neanche in Italia. Nei limiti di quella limitatezza si sta però facendo ogni sforzo per la famiglia, per la scuola, per la gioventù, tentando di recuperare quel principio necessitato della formazione, che si è detto per la prima volta, in questa finanziaria (non se ne parlava da quando scomparve il Ministero della gioventù), del fondo per la gioventù.

Per quanto riguarda i trasporti, si è detto dei settori strategici, ma nella finanziaria si legge: "trasporti e strade informatiche".

Inoltre, i piccoli Comuni. Per la prima volta si presta attenzione alla necessità di ripopolare i piccoli centri, non soltanto perché "piccolo è bello", ma perché si ritiene che evitando l’urbanesimo non si creino costi ed esigenze che oggi non appaiono ma che sarebbero di grande (forse irresolubile) dimensione. Ecco, allora, che si coniuga la politica che va nella direzione del ripopolamento e della rigenerazione di piccoli centri con la grande politica a favore delle aree bisognose, come quelle del Mezzogiorno.

La Commissione finanze e tesoro, della quale mi onoro di far parte, ha adottato all’unanimità una risoluzione, amici del Governo, affinché si presti attenzione a politiche differenziate anche a livello fiscale, perché si consenta di mantenere la gente laddove è presente per evitare che possa traslarsi laddove creerebbe problemi conseguenti all’urbanesimo, come quelli della scuola, dell’abitazione e così via: non mi soffermo sul punto perché lor signori ne sanno più di me.

Allora, signori del Governo, ministro Siniscalco, sottosegretario Vegas, relatore Franco Paolo, ministro Urbani, abbiate la comprensione di chi ha ascoltato tutto quello che è stato detto, ma consapevole che a voi non è dato fare la moltiplicazione dei pani e dei pesci, ma soltanto prendere atto e fare un utilizzo razionale delle risorse. A voi è dato soltanto pensare che la spesa non può galoppare all’infinito e che porre un limite ed istigare - volutamente - le nuove generazioni di amministratori alla grande competizione di tornare ad amministrare così come si faceva in questo Paese e non anche ad erogare risorse, come era accaduto per un grande numero di lustri, può darsi significhi cooptare anche alla causa della gestione del Paese l’enorme schiera di generosi amministratori locali che certamente, applicati tanto quanto noi, potranno indurre una spinta notevole all’ammodernamento del Paese e ad una corale gestione della stessa.

Per queste motivazioni, ritengo, signori del Governo, che abbiate fatto bene, in particolare laddove avete pensato al contenimento della pressione fiscale. Ammesso, per un momento, che non si conseguisse alcun risultato (ma fra un anno ne riparleremo: i risultati ci saranno), questa misura avrà una funzione pedagogica: servirà a far comprendere che la famiglia, come lo Stato, si governa contenendo la spesa, non dilatandola, e cercando piuttosto di prelevare con tasse, imposte, tributi e contributi quanto meno possibile, ammesso che nessun altro risultato - che invece, a mio avviso, si conseguirà - non dovesse essere raggiunto.

Abbiate tutta la comprensione del Gruppo che ho l’onore di rappresentare ed in particolare il mio personale voto favorevole. (Applausi dal Gruppo FI).

 

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Turci. Ne ha facoltà.

 

TURCI (DS-U). Signor Presidente, intervengo per rilevare come questa finanziaria (e soprattutto l’emendamento fiscale che l’ha accompagnata) sia stata l’occasione per il lancio di un forte battage mediatico sulle tasse da parte del Presidente del Consiglio accompagnato dal rilancio dell’ideologia tipica di Forza Italia e del Polo delle Libertà prima maniera.

Ricordo il 1994, la prima campagna elettorale, ed anche quella del 2001: quelli oggi in uso sono gli ingredienti classici della campagna elettorale e della propaganda berlusconiana. "Meno Stato e più mercato". Qui abbiamo anche presente un Ministro che è stato un teorico di questa politica, che ha aiutato nella fase iniziale Berlusconi ad indottrinarsi un po’ sulle teorie thatcheriane e americane. Comunque, come dicevo, meno Stato e più mercato, meno spesa pubblica e più libertà per la società civile: questi sono i luoghi classici della propaganda corrente.

Ebbene sono convinto che, nonostante il forte clamore pubblicitario, siamo di fronte ad una manovra di breve respiro, destinata ad infrangersi rapidamente su tre scogli. Il primo è quello dello stato, grave ed in via di ulteriore aggravamento, della finanza pubblica, dei conti pubblici.

Non starò a ripetere i dati che già questa mattina sono stati illustrati ampiamente dai colleghi dell’opposizione. Nonostante tutti i proclami contro l’Europa, che mi ricordano un po’ i proclami del ventennio fascista contro la "perfida Albione" o contro la plutocrazia internazionale, in verità noi saremo costretti, entro la metà dell’anno prossimo, a effettuare una manovra correttiva; così come è stata fatta a luglio di quest’anno una manovra correttiva, nonostante Tremonti avesse garantito che mai ci sarebbe stata una tale manovra sotto la sua direzione: in verità c’è stata dopo l’avvicendamento al Ministero, ma i dati li aveva precostituiti lui.

Il secondo ostacolo è rappresentato dallo stato dell’economia reale. Economia reale sulla quale peraltro, con questa finanziaria, va a cadere un accresciuto prelievo fiscale: perché - non dimentichiamolo! - c’è comunque un aggravamento del prelievo fiscale con questa manovra finanziaria. Una economia reale a cui questa finanziaria e la politica del Governo in carica non sono in grado di indicare una percepibile strategia di fuoriuscita dall’impasse in cui ci dibattiamo da alcuni anni a questa parte. Una crisi dell’economia reale che non si risolverà con le grida manzoniane contro la Cina e contro il dollaro: improvvisamente la Cina e gli Stati Uniti sono diventati il nemico comune dell’economia italiana! Ma anche questo è un modo propagandistico di misurarsi con i problemi che abbiamo di fronte.

Il terzo ostacolo, forse quello più importante, è il sentimento diffuso nel Paese, nella grande opinione pubblica. Un Paese che si sente sempre più insicuro sul suo avvenire, insicuro sulle prospettive del lavoro, insicuro sulle pensioni, insicuro sulla tenuta dei grandi servizi pubblici, dalla sanità agli altri servizi essenziali come la scuola. Un Paese che è colpito nel potere di acquisto delle grandi masse popolari. Un Paese che non è sollevato da una manovra fiscale che, peraltro, distribuisce a piramide rovesciata i benefìci fiscali in essa contenuti.

Ebbene, di fronte a questa situazione, la maggioranza pensa di rilanciare il "sogno" berlusconiano, ma è cambiato l’umore di fondo che questo sogno incrociò ancora tre anni fa, all’inizio di questa legislatura.

Certo, nessuno rifiuta una riduzione di tasse, tanto più se è reale e non è rimangiata per mille rivoli la settimana dopo, come corre il rischio di accadere con questa manovra fiscale. Ma nessuno, anche quelli che possono intascare un leggero vantaggio fiscale da questa manovra, si illude più sui puri automatismi di mercato, sui miracoli degli animal spirits liberati finalmente dalla morsa dello Stato e della pubblica amministrazione; nessuno si illude più che si possa andare avanti senza una rinnovata politica pubblica, adeguata nella sua dimensione nazionale e internazionale. Badate, nonostante il rilancio della propaganda contro lo Stato, c’è invece una crescente consapevolezza che senza uno Stato e una pubblica amministrazione sana, efficace e forte di una strategia lucida non si va da nessuna parte.

Io vorrei sfidarvi proprio su questo terreno: nel momento in cui voi rilanciate i temi classici del neoliberismo, ebbene io scommetto (non sono uno statalista per mia formazione) che c’è nel Paese invece il ritorno del bisogno di un’efficace mano pubblica capace di dare strategia e respiro alla crescita del Paese e della società civile. Di tutto questo, invece, non c’è traccia nella finanziaria e nella politica più complessiva del Governo. C’è un tirare a campare dentro un logoramento progressivo di cui non si vede la fine né, tanto meno, si vedono segni di inversione di tendenza.

A questo punto non bastano le chiacchiere o le feste televisive che così bene si riesce ad organizzare da parte di Forza Italia e di questa maggioranza.

Sabato scorso, infatti, il partito di maggioranza relativa, con il suo Presidente e con tutti i suoi leader, era schierato a Venezia, in una grande kermesse televisiva. Ebbene, in questa occasione ha riproposto la rivoluzione contro la spesa pubblica, la rivoluzione contro lo spreco del pubblico denaro e la rivoluzione contro lo Stato. Il giorno dopo, di notte, il Consiglio dei ministri ha tenuto una faticosa riunione per trovare i soldi per rifinanziare i forestali della Calabria.

Credo che un commento più chiaro e solare delle contraddizioni e dell’impasse di questa maggioranza non si possa trovare se non accostando questi due dati: l’immagine di Berlusconi sorridente che taglia un panettone (non so di quanti chili fosse) a Mestre, a quella festa con tutto il ceto medio festante - elettorato classico antistatuale e antitasse - di Forza Italia e le decisioni della notte successiva.

Ma forse c’è un ulteriore tocco di comicità in tutto questo, e cioè il fatto che il Governo ha accompagnato il rifinanziamento del sostegno ai forestali di Calabria (finanziamento ottenuto con il taglio delle risorse destinate alla riforma degli ammortizzatori sociali, quella riforma cioè sempre promessa e mai fatta, che dovrebbe servire a dare modernità, flessibilità e dinamicità al mercato del lavoro) con la nomina del ministro leghista Calderoli a commissario dei forestali di Calabria. Ci sarebbe da piangere, ma forse è meglio ridere perché c’è una consolazione in tutto questo: il ministro Calderoli ha già la divisa di colore adatto per fare il commissario dei forestali. (Applausi dai Gruppi DS-U, Misto-Com, Verdi-U e Misto-SDI).

 

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la senatrice Donati. Ne ha facoltà.

 

DONATI (Verdi-U). Signor Presidente, colleghi e colleghe, rappresentante del Governo, questa legge finanziaria contiene tagli robusti anche nel campo della spesa per investimenti. Nonostante gli annunci, le promesse e le tabelle portate in continuazione in televisione, in realtà, questa è una finanziaria che continua a tagliare la spesa per investimenti. L’ANCE ha stimato un -1,7 per cento. A farne le spese saranno l’ANAS, per la quale è confermato il dimezzamento degli apporti di capitale sociale, la difesa del suolo, la spesa per le reti stradali locali.

Venendo ad un giudizio più complessivo sulla politica delle opere strategiche, perno fondamentale di ogni annuncio da parte del Governo Berlusconi sulla politica del fare, anche qui i conti non tornano. È noto il costo complessivo dell’operazione che equivale a 125 miliardi di euro in dieci anni. Fino ad oggi sono state approvate 58 opere, pari a 44 miliardi di euro, ma sommando sia le risorse disponibili sia quelle ancora da assegnare, si arriva ad una cifra pari a circa 23 miliardi di euro con un risultato finale stimato dall’ANCE (che ha fatto una rigorosa e puntuale analisi dello stato delle opere strategiche e del loro iter di approvazione) piuttosto eloquente: mancano all’appello 19,8 miliardi di euro per le opere già approvate.

Sappiamo tra l’altro che sono in corso numerosi iter di approvazione per ulteriori opere. Voglio ricordare che il taglio del 2 per cento sulla spesa tendenziale si applicherà anche alla spesa per gli investimenti ed in generale anche al capitolo infrastrutture di cui, nel Documento di programmazione economico-finanziaria discusso a luglio, veniva addirittura allungata la lista delle opere, pari a circa 5,3 miliardi di euro, anche se su questa lista, per fortuna, il CIPE non si è mai espresso e per la quale il ministro Lunardi aveva richiesto 7,2 miliardi di euro in questa legge finanziaria con il semplice scopo di proseguire quanto già deciso.

Di tutto questo non c’è nulla nella finanziaria. A ciò vanno anche aggiunti i tagli che gli enti locali, in particolare le Province - che effettuano quote significative di investimenti, ad esempio sull’adeguamento della rete stradale locale - che saranno costretti - soprattutto quelli che hanno investito di più - in buona misura a sospendere questi adeguamenti che molto spesso costituiscono delle vere ed autentiche priorità per offrire un miglior servizio di mobilità ai cittadini.

Non ci sono risorse aggiuntive ma non si ha neanche il coraggio di selezionare la lista con criteri pubblici, trasparenti e con una selezione autentica delle priorità. Anzi, si distribuiscono le scarse risorse spalmandole su un elevato numero di opere o si procede attraverso dei trucchi, affidando ad esempio tratte non prioritarie di alta velocità ad ISPA.

È il caso della tratta ad alta velocità Milano-Genova, affidata ad ISPA dopo che il CIPE aveva espresso un giudizio non positivo su questo affidamento. È un’opera di scarsissima redditività e non prioritaria ma si è proceduto ugualmente con un decreto interministeriale, in assenza del parere del CIPE; procedura che ritengo anche irregolare e gravissima.

Il risultato gravissimo di questa strategia sarà un fortissimo indebitamento futuro, la realizzazione di opere ad elevato impatto ambientale o comunque la prosecuzione del loro iter di approvazione, generando ed alimentando dei contratti difficili da selezionare o rimuovere. Infine, la politica dello spalmare poche risorse su tante opere produrrà tempi incerti e comunque tempi lunghi di realizzazione degli investimenti; il tipico modello italiano che tutti quanti abbiamo sperato in questi anni di vedere abbandonato.

Questa è la strategia sbagliata che la finanziaria propone: non aggiunge risorse, non seleziona e continua ad autorizzare processi di spesa non coperti che graveranno pesantemente, senza che sia quantificata la loro dimensione, all’interno della legge finanziaria.

Il secondo argomento che voglio affrontare in questa discussione riguarda la questione della vendita della cartolarizzazione di tratti di rete stradale ANAS. La legge finanziaria autorizza la cessione di 1.500 chilometri di rete stradale nazionale per incassare subito 3 miliardi di euro da restituire in tempi futuri, peraltro non quantificati, da parte del bilancio dello Stato.

La discussione in Commissione, anche a seguito delle polemiche sul pedaggiamento, tema sempre molto complesso e altamente impopolare, ha chiarito due nuovi elementi: il primo, che la cessione da parte dello Stato sarà riferita ad ISPA, quindi ad una società pubblica, e il secondo, che il pedaggio sarà figurativo ed è stato chiarito, con apposito subemendamento, che comunque non sarà a carico degli utenti.

Queste due correzioni evidenti configurano probabilmente una trasformazione dell’ipotesi iniziale di cessione a società non ben definite di questa rete; tuttavia, questa resta una misura fortemente sbagliata, iniqua ed inefficace per tre fondamentali ragioni.

In primo luogo, essa è solo un modo per fare cassa subito lasciando debiti futuri, da ripagare con gli anni a venire, secondo una tipica strategia dell’attuale Governo, applicata in ogni campo e confermata anche con la cartolarizzazione di tratti di rete stradale.

Secondariamente, la piccola - in realtà grande - correzione dell’opportunità che il pedaggio sia esclusivamente figurativo e sia escluso il pagamento del suo prezzo da parte dell’utente dell’infrastruttura, pone un problema molto semplice di passaggio del carico, del costo, del ripagamento della cartolarizzazione, dall’utente al contribuente, senza che questo sia stato adeguatamente corretto dalla Commissione bilancio, che non ha inserito invece l’adeguata appostazione finanziaria per coprire questa nuova spesa, che si determina cambiando completamente la strategia in ordine al sistema tariffario, non più a carico dell’utente.

Infine, con questo provvedimento si rinuncia ancora una volta ad una politica di orientamento nel campo della mobilità, che dovrebbe avere uno dei suoi capisaldi anche nelle politiche tariffarie, che dovrebbe contenere e orientare le diverse modalità sostenendo quelle a minor impatto ambientale, nonché trasformare la politica di orientamento non soltanto con una politica di spesa - si ragiona sempre in termini di incremento dell’offerta - rinunciando, in questo modo, anche ad un orientamento della crescita della domanda, che purtroppo nel campo della mobilità è ancora molto elevata e non è, di per sé, un fattore positivo.

Tutto ciò mentre tutti i documenti più recenti, anche a livello europeo, ci chiedono di ragionare su un orientamento della domanda che sappia selezionare, orientare e anche, in qualche modo, ridisegnare tutti i sistemi tariffari, a partire ad esempio dal prezzo dei carburanti.

Infine, concluderò con una notazione su qualcosa che manca completamente in questa legge finanziaria: una politica per le città, per la mobilità urbana e di riqualificazione. Voglio ricordare che anche l’ANCE aveva chiesto e apparentemente ottenuto una legge obiettivo di risanamento delle città che non c’è, né ce ne sono le risorse in questa legge finanziaria, mentre si continua una politica di sole grandi infrastrutture nel territorio, che però non hanno nei nodi, nella mobilità, la dove i cittadini prevalentemente vivono e lavorano, soluzioni credibili e integrazioni di politiche.

Questa è una grave assenza che pagheremo tutti quando, l’anno prossimo, una nuova direttiva sulla qualità dell’aria costringerà molti centri urbani a ricorrere nuovamente a misure di emergenza per risolvere problemi che invece dovevano essere affrontati da tempo e che in questa finanziaria non vengono affrontati e risolti, neanche in minima parte. (Applausi dai Gruppi Verdi-U, DS-U e Misto-SDI).

 

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Sodano Tommaso. Ne ha facoltà.

 

SODANO Tommaso (Misto-RC). Signor Presidente, il giudizio sulla finanziaria del Governo Berlusconi è da parte nostra estremamente negativo nel merito delle proposte fin qui sostenute e nel metodo utilizzato, con le continue modifiche apportate rispetto al testo iniziale e la scelta di porre la fiducia, espropriando il Parlamento delle sue legittime prerogative.

La crisi italiana è sicuramente interna ad una crisi generale del modello della globalizzazione neoliberista, ma aggravata dalla politica economica del Governo che ha portato il nostro Paese in una lunga fase di ristagno e di recessione economica. Siamo di fronte ad una crisi strutturale della nostra economia.

Nel Sud del mondo si aggrava la povertà e la miseria per grandi masse di popolazione. Il modello liberista che ha dominato nello scorso decennio, promettendo prosperità e sviluppo al mondo intero, è entrato in una crisi, a nostro avviso, irreversibile.

In Italia a questa crisi generale si aggiunge il vertiginoso declino del sistema industriale e produttivo. La rilevante perdita di quote di mercato nel commercio mondiale, la crisi dei principali settori industriali, l'aggravarsi degli squilibri regionali tra Nord e Sud, costituiscono gravi segnali di un allarme per il futuro del nostro Paese.

Sul piano occupazionale, nonostante la forte precarizzazione dei rapporti di lavoro, continuiamo ad avere un tasso di disoccupazione più alto della media europea e sacche di disoccupazioni nel Sud del Paese a livelli insopportabili. Sul piano sociale assistiamo a una perdita consistente del potere d'acquisto di salari e pensioni, un numero crescente di persone non riesce ad arrivare a fine mese e fasce di popolazione sono spinte verso una condizione di povertà e indigenza.

Non vi è nella strategia del Governo uno straccio di programmazione, di interventi sui settori produttivi, anzi si assiste a tagli che avranno conseguenze drammatiche per i lavoratori dell'industria con l'eliminazione di fatto della cassa integrazione e l'attacco al settore agricolo con il taglio dell'indennità di disoccupazione per i braccianti. Non si investe sulla formazione, sulla ricerca e sull'innovazione tecnologica per rendere i nostri prodotti competitivi sul piano delle produzioni di qualità piuttosto che insistere sulla forza lavoro al livello più basso di precarizzazione.

Il Governo taglia le risorse destinate al Mezzogiorno mentre lo sviluppo di questa area del Paese avrebbe richiesto, da un lato, lo stanziamento di risorse aggiuntive, dall'altro la presenza dello Stato per avviare e valorizzare i settori e le risorse specifiche del Mezzogiorno - da quelle umane a quelle culturali e ambientali -, facendosi imprenditore e forza trainante ed aggregando un'altra imprenditoria, creando per questa via sviluppo, occupazione e ricchezza per il Mezzogiorno e per il Paese.

La recessione, aggravata da un deterioramento del sistema industriale, avrebbe richiesto a nostro avviso una politica fiscale aggressiva in senso espansivo, che puntasse a rilanciare l'intervento pubblico su entrambi i fronti del sostegno alla domanda e del potenziamento dell'offerta; necessaria per creare nuove forme di presenza pubblica diretta in alcuni settori produttivi, non solo nell'industria, ma anche nel terziario avanzato, attraverso il ripristino di una nuova funzione di indirizzo delle politiche creditizie, che è un elemento indispensabile per la ricostruzione produttiva del Paese.

In questo contesto il Governo risponde con una manovra economica che si configura come una delle più pesanti e gravose degli ultimi dieci anni e che si scaricherà per la maggior parte nella riduzione dei livelli di protezione sociale. Esemplificativo è il taglio dei trasferimenti statali, nascosto dietro al meccanismo del tetto di spesa del 2 per cento, con la conseguenza che le Regioni e gli enti locali non avranno altra scelta che quella di tagliare i servizi sociali offerti ai cittadini, riducendosi al ruolo di meri esecutori della volontà omicida del Governo diretta contro lo Stato sociale.

L'impianto complessivo della finanziaria non tiene conto della situazione concreta nella quale il Paese vive. Non deve sfuggire il fatto che attualmente il 70 per cento del Welfare State ricade sui Comuni e che l'impoverimento di ampie fasce della popolazione richiederebbe orientamenti economico-finanziari opposti a quelli messi in atto dal Governo.

Invece, il tetto di spesa, il blocco delle addizionali IRPEF (fino al 2007 per i Comuni), il taglio del 10 per cento alla spesa pubblica per l'anno in corso corrispondono in termini sostanziali a una ulteriore riduzione del benessere collettivo. Un peggioramento progressivo della qualità della vita degli italiani è in atto ormai da anni ed è aggravato dalle recenti leggi finanziarie.

La riduzione dei trasferimenti statali agli enti locali (meno 6 per cento in tre anni) ha costretto questi ultimi a fronteggiare problemi di bilancio che in molti casi hanno trovato soluzione attingendo alle tasche dei cittadini, in primo luogo incrementando le tariffe dei servizi pubblici.

Il Governo, anziché farsi carico dell'attuale situazione, ha inasprito le regole relative al Patto di stabilità interno, includendo in esso le spese per investimento. I limiti posti all'autonomia degli Enti locali rischiano di pregiudicare i pochi margini di sviluppo che era lecito attendersi dopo anni di sacrifici.

Da fonti ISTAT si evince infatti che gli investimenti delle amministrazioni pubbliche sono effettuati per il 59 per cento da Comuni (50 per cento) e Province (9 per cento). Dunque, i tagli disposti non potranno che intaccare anche gli attuali livelli occupazionali, aggravando particolarmente la condizione sociale nel Mezzogiorno.

Non si comprende come sia possibile continuare a penalizzare gli Enti che dal 1999 ad oggi hanno sempre rispettato il Patto di stabilità interno sul quale abbiamo pure delle riserve come partito. Non si comprendono le ragioni per cui la responsabilità di una cattiva gestione delle risorse pubbliche a livello centrale debba essere scaricata su Comuni e Province. Basti un solo dato Istat: nell'ultimo triennio la spesa pubblica centrale è aumentata del 10,7 per cento, quella degli Enti locali dello 0,4 per cento.

Gli asili, il trasporto scolastico e quello urbano, la manutenzione delle strade, dei parchi, delle scuole del corredo urbano costituiscono un patrimonio della collettività, un patrimonio destinato a rapido logoramento se la politica non riuscirà ad invertire il trend regressivo in atto, ed è con questa preoccupazione che gli amministratori locali hanno manifestato venerdì scorso qui a Roma.

E che dire della scuola? A questo Governo non sta minimamente a cuore il futuro del sistema scolastico italiano. Le conseguenze della manovra saranno gravissime eppure non ci stupisce che vengano da un Governo che da tempo conduce le sue politiche sull'istruzione lungo i binari della precarizzazione e del risparmio (ovviamente, solo a discapito della scuola pubblica), tutta la politica del Governo sembra spingere il sistema formativo italiano sul ciglio di un burrone. La finanziaria 2005 non è altro che un'ennesima spinta in quella direzione.

Eppure, il Ministro aveva provato con una penosa campagna mediatica a far credere agli italiani che questa finanziaria non avrebbe toccato la scuola italiana. Vi sono 250.000 insegnati precari e non è prevista nemmeno un'immissione in ruolo. Vi sono drammatici tagli agli organici, tanto che, paradossalmente, scuole nuove di zecca non possono aprire. I posti per i docenti nella scuola diminuiscono di 35.000 unità ed il personale tecnico-amministrativo di 9.600.

A questo si aggiungano le migliaia di posti persi negli ultimi tre anni e si avrà un quadro completo da un lato della disperazione in cui versano migliaia di lavoratici e lavoratori, dall'altro dei gravi disservizi che si creano nelle scuole italiane.

Che fine ha fatto il piano pluriennale per le 15.000 assunzioni promesse? Per quanto queste assunzioni sarebbero briciole di fronte agli oltre 100.000 posti che sarebbe necessario prevedere nella scuola.

Non v'è traccia neanche di un provvedimento che vada verso la stabilizzazione dei contratti. Al contrario, l'unico stanziamento per i servizi scolastici è finalizzato all'espansione del sistema degli appalti di pulizia, dando così continuità alle norme previste nelle precedenti finanziarie, in base alle quali è possibile l'istituzione di nuovi appalti in cambio di un'ulteriore riduzione degli organici dei collaboratori scolastici.

Insomma, la situazione per la scuola è gravissima, e le cose non vanno meglio per l'università: l'incremento del fondo di finanziamento è solo del 2 per cento e con lo sbarramento del 2 per cento sarà impossibile fare assunzioni, mentre la nostra università necessita di nuovi ricercatori nonché di stabilizzare i troppi precari.

Ovviamente, ma ormai sembra scontato per questo Governo, mentre si penalizzano università ed enti pubblici di ricerca, si aumentano i finanziamenti alle università private del 9 per cento!

Siamo di fronte ad una pessima finanziaria che in cambio di una riduzione fiscale che consentirà a lavoratori e lavoratrici della scuola elementare di beneficiare dell'equivalente di un cappuccino in più al giorno, vuole eliminare qualsiasi affidabilità del sistema formativo italiano.

Il rispetto dei parametri di Maastricht e il taglio delle tasse ai ricchi, rappresentano la micidiale tenaglia attraverso la quale avanza una sistematica operazione di scardinamento dei diritti sociali e civili dei cittadini.

Nella proposta del Governo sul fisco rimangono escluse le grandi rendite finanziarie e patrimoniali, che continuano a godere di un trattamento privilegiato. Non si interviene su una delle più macroscopiche distorsioni dell'attuale sistema, quella relativa al fenomeno dell'erosione fiscale, cioè della sottrazione legale dalla base imponibile di redditi che idealmente dovrebbero essere sottoposti a prelievo sulla base dei criteri generali dell'imposta.

Secondo le più attendibili stime, l'erosione dall'IRPEF sfiora il 95 per cento per le rendite finanziarie e l'85 per cento per le rendite fondiarie. Oltre all'erosione, è ben noto che in Italia una fetta rilevante di redditi non è sottoposta a tassazione a seguito di comportamenti fraudolenti derivanti dall'elusione e dall'evasione fiscale. In particolare, le più recenti valutazioni statistiche parlano di una quota di circa il 60 per cento dei redditi da lavoro autonomo e da impresa che illegalmente sfuggono all'IRPEF.

Altro punto rilevante nella proposta del Governo è relativo agli effetti regressivi sulla distribuzione del reddito. La proposta governativa prevede infatti l'eliminazione dell'aliquota massima IRPEF, che oggi è del 45 per cento e la definizione di tre sole aliquote.

I vantaggi della riforma fiscale si concentreranno sui redditi più alti e, in particolare, sullo 0,5 per cento dei contribuenti più ricchi. In questo modo, si annulla di fatto il principio costituzionale della progressività delle imposte che assegna al regime fiscale anche un compito redistributivo di parziale correzione delle disuguaglianze sociali.

È questo l'aspetto più ingiusto della manovra, quello che meglio ne evidenzia i palesi connotati di classe, tanto più in una situazione come quella odierna caratterizzata da un impoverimento crescente della popolazione causato dalla continua perdita di potere d'acquisto dei salari e delle pensioni. La progressività non potrà essere garantita con il cosiddetto contributo etico, che prevede una contribuzione aggiuntiva marginale del 4 per cento per i redditi sopra i 100.000 euro, da confermare o modificare annualmente con la legge finanziaria.

Oltre ad essere del tutto inadeguata dal punto di vista quantitativo a correggere le distorsioni distributive, l'adozione del criterio del "contributo etico" muta alla radice i princìpi stessi dell'ordinamento fiscale. Infatti, la redistribuzione del reddito cesserebbe di essere uno dei criteri e degli obiettivi fondanti sui quali è costruito il sistema fiscale e si tramuterebbe in una misura di pubblica beneficenza, in un aiuto caritatevole, benevolmente concesso allo Stato dai più ricchi per assistere i più poveri.

Dietro l'istituto della progressività fiscale c'era l'idea che il reddito nazionale è il frutto del comune lavoro sociale dell'intera collettività e che la sua distribuzione non possa rispondere a princìpi di equità e di giustizia qualora venga affidata ai puri meccanismi del mercato.

Di qui il dovere e l'obbligo dello Stato di procedere attraverso il fisco ad una parziale correzione nella distribuzione del reddito, per rendere meno grande la differenza esistente tra il contributo da ciascuno fornito alla produzione della ricchezza nazionale e la sua ineguale appropriazione. Da regola, la progressività fiscale, con le proposte del Governo, diventa eccezione.

In realtà i benefìci della riduzione delle tasse sarebbero nulli per i redditi medio-bassi fino a 20.000 euro, cioè per la gran parte dei lavoratori dipendenti e dei pensionati, insignificanti per quelli medi ed elevatissimi per i redditi alti.

Rifondazione Comunista, insieme alle altre forze di opposizione, ha tentato in questi giorni di smascherare la demagogia di Berlusconi che usa la parola d'ordine del taglio delle tasse per fare un gigantesco regalo ai ricchi e per distruggere lo Stato sociale. E lo abbiamo fatto presentando una proposta alternativa.

In primis, ci siamo preoccupati di ridurre il carico fiscale sui redditi bassi e medi e di ricostruire una effettiva progressività nella curva dell'IRPEF, modulando diversamente le aliquote e gli scaglioni e prevedendo un incremento delle deduzioni al fine di recuperare il drenaggio fiscale degli ultimi anni e di ampliare i minimi imponibili per i lavoratori dipendenti, automi e pensionati.

Il complesso della manovra delle opposizioni costerebbe circa sei miliardi di euro che non verrebbero recuperati attraverso il taglio dello Stato sociale, bensì attraverso l'aumento della tassazione sulla speculazione e sulla rendita finanziaria. La proposta delle opposizioni non determina una riduzione degli introiti dello Stato, ma semplicemente una diversa distribuzione del carico fiscale.

In particolare, è previsto un aumento della tassazione sul rientro dei capitali illegalmente esportati e una unificazione dell'aliquota sulla tassazione delle rendite finanziarie al 20 per cento.

Oltre il 60 per cento dei contribuenti italiani (23,3 milioni di persone su 38,2 milioni di contribuenti) dichiarano redditi inferiori ai 17.500 euro annui. A questa maggioranza di contribuenti con la nostra proposta andrebbe il 66 per cento del risparmio, pari a circa 4 miliardi di euro. Agli stessi contribuenti la proposta del Governo dà solo il 25 per cento del totale, pari a circa 1,5 miliardi di euro. Ovviamente il restante 75 per cento del taglio delle tasse nella proposta del Governo va a favorire il 40 per cento più ricco della popolazione, ed in particolare più della metà del taglio delle tasse va a favorire il quinto più ricco del Paese, quel 20 per cento della popolazione che in questi ultimi vent'anni si è già arricchito moltissimo sulle spalle dei lavoratori e dei pensionati.

Il punto vero, al di là della demagogia sulla riduzione delle tasse, è che la proposta del Governo aumenta le diseguaglianze sociali mentre quella da noi proposta all’attenzione del Paese tenta di ridurle.

Il punto vero, al di là della demagogia, è che siamo di fronte ad una manovra di bilancio che accompagna il declino del Paese, che agisce sul fisco per togliere alle fasce più deboli, per ridurre le tasse alla parte già ricca della popolazione, che molto spesso già non le paga. La nostra proposta dimostra invece che un'altra strada è possibile per ridurre le diseguaglianze e per redistribuire i redditi in modo più equo e allargando la possibilità di accesso alle risorse per i lavoratori, i pensionati e tutte le categorie più deboli della popolazione. (Applausi dai Gruppi Misto-RC e DS-U).

 

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Legnini. Ne ha facoltà.

 

LEGNINI (DS-U). Signor Presidente, questa non è la finanziaria che restituisce risorse ai cittadini, come si è "strombazzato" in questi giorni, ma è quella che toglie risorse alle famiglie e alle imprese introducendo nuovi elementi di iniquità sociale, giacché i prelievi superano di gran lunga le restituzioni, come è stato ampiamente dimostrato in Commissione e nell’odierna discussione.

Questa è la finanziaria dei tagli a tutti i settori della pubblica amministrazione, in misura tale da mettere in discussione per la prima volta l’erogazione di servizi essenziali per la collettività.

Questa è la finanziaria dei tagli al sistema dei enti locali che avevano garantito in questi anni la crescita economica in vari settori. Per la prima volta, con il patto di stabilità esteso smisuratamente anche ai piccoli Comuni, si bloccano gli investimenti, si mortificano le capacità degli amministratori, si tagliano le ali alla capacità di Comuni e Province di produrre progetti capaci di garantire la crescita alle popolazioni.

Questa è la finanziaria con la quale per la prima volta si vendono le strade per acquisire surrettiziamente finanziamenti allo Stato e per far apparire una riduzione dell'indebitamento che non esiste. È la finanziaria del taglio alla giustizia, unito al rilevante aumento dei contributi a carico dei cittadini per l'accesso alle cause, un ulteriore colpo al già traballante sistema giudiziario dopo la dannosa riforma dell'ordinamento di cui abbiamo discusso nelle settimane passate, destinata ad appesantirne ulteriormente il funzionamento.

Ma questa è anche la finanziaria, ed è la principale ragione per cui intervengo, che contiene alcune norme incomprensibili e di una gravità inaudita che mi auguro siano eliminate. Se ne potrebbero citare tante, voglio ricordarne una soltanto.

Con un emendamento a firma dei colleghi della maggioranza si è tentato di istituire, a mezzo della legge finanziaria, cinque nuovi presidenti di sezione del Consiglio di Stato, attingendo a graduatorie vecchie di dieci anni. Una misura senza precedenti, ingiustificata, finalizzata evidentemente ad accentuare il controllo di quell'importantissimo consesso giudiziario.

Con una norma di legge si dispone la nomina, senza concorso o con concorsi datati, di presidenti di cui non c'è alcun bisogno, giacché su sette sezioni del Consiglio di Stato vi sono già 24 presidenti in carica, di cui addirittura si conoscono già i nomi e i cognomi. Il tutto con la falsa motivazione dell'abbattimento dell'arretrato, quando è notorio che i presidenti di sezione del Consiglio di Stato non esercitano funzioni utili a raggiungere finalità di tal genere. Solo il nostro intervento in Commissione bilancio ha impedito di introdurre una norma mostruosa di tal fatta.

La maggioranza, però, nonostante il nostro appello, non ha voluto desistere da tale intendimento, reintroducendo una norma modificata, meno grave di quella originariamente proposta, e prevedendo la semplice assunzione in deroga al blocco delle assunzioni nel sistema pubblico di consiglieri di Stato.

Questa misura specifica rimane inaccettabile; mi auguro che la maggioranza e il Governo vogliano definitivamente eliminarla da questa legge finanziaria. Essa costituisce un vulnus all'ordinamento della giustizia amministrativa e al sistema giudiziario nel suo complesso.

Signor Presidente, onorevoli colleghi, questa è una finanziaria dannosa per l'economia e per il sistema pubblico; evitate almeno di colorarla di norme scandalose come quella di cui ho parlato. (Applausi dal Gruppo DS-U e dei senatori Michelini, Ripamonti e Marini).

 

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Labellarte. Ne ha facoltà.

 

LABELLARTE (Misto-SDI). Signor Presidente, onorevoli colleghi, si sa che nel nostro strano Paese non sempre le dichiarazioni riportate tra virgolette corrispondono testualmente - come pure dovrebbe essere se disponessimo di una stampa normale, in un Paese normale - a frasi realmente pronunciate.

Pertanto, non sono del tutto sicuro che il ministro dell'economia Domenico Siniscalco abbia realmente pronunciato una frase riportata qualche giorno fa da vari giornali. Egli avrebbe affermato di sentirsi come chi si trova a lavorare in sala operatoria mentre fuori c'è chi propone nuove e fantasiose terapie e confeziona sogni. Non so se lo abbia detto veramente, ma sicuramente lo pensa e ha la nostra comprensione. Infatti, la situazione è esattamente quella da lui descritta. Gli è stato affidato un Paese in grave stato di debilitazione.

I colleghi che mi hanno preceduto si sono soffermati a lungo sulla malattia di questo Paese, sulla grave stagnazione, sulla caduta di competitività delle nostre imprese all'estero (su questo il senatore Morando è stato particolarmente puntuale), sulla crisi di fiducia delle famiglie, sulle difficoltà sempre crescenti dei nostri giovani. Il medico chirurgo che precedentemente si occupava dell'ammalato, Tremonti, è stato allontanato prima che le sue ricette creative potessero provocare conseguenze irreversibili.

Ora, ci si è affidati ad un tecnico serio, il ministro Siniscalco, che - lo ripeto - ha la nostra comprensione, ma che riceverebbe da noi una comprensione maggiore se dicesse un’altra verità, cioè (per rimanere ancora all’esempio e alla metafora) che il principale terapista improvvisato, nonché confezionatore di sogni, non si limita a stare fuori dalla porta della sala operatoria, ma spesso e volentieri vuole anche lui adoperare il bisturi.

Questo è avvenuto nei giorni scorsi, quando Silvio Berlusconi - per uscire dalla metafora - è entrato violentemente nella vicenda di questa finanziaria imponendo, ad un lavoro già faticoso, una pura e semplice, cinica operazione di propaganda; in questo, infatti, onorevoli colleghi, consiste il famoso taglio delle tasse: in una cinica operazione di propaganda. Una beffa per milioni di contribuenti cui viene fatto intravedere un beneficio che in realtà non ci sarà affatto.

Per oltre dieci milioni di contribuenti il beneficio fiscale è infatti pari a zero (lo ha detto lo stesso Governo) e per giunta quei milioni di contribuenti, che sono tra l’altro i più poveri, i più bisognosi, dovranno comunque farsi carico di tutti gli aumenti che vengono previsti, quali quello delle sigarette, dei giochi, dei bolli e di varie tariffe.

I contribuenti penalizzati dalla riforma, cioè non quelli che sono a saldo zero, che non ci rimettono e non ci guadagnano, ma quelli che ne vengono penalizzati, non sono poche migliaia, come aveva detto il Governo nella sua relazione tecnica, ma, come ha detto del resto autorevolmente il nostro Servizio del bilancio, quasi due milioni, i quali, appunto, vengono danneggiati da questa pretesa riduzione delle tasse.

Per un terzo degli italiani, il terzo più povero, gli sgravi saranno mediamente pari a 7 euro al mese e intanto, invece, il 10 per cento dei contribuenti, quelli più ricchi, si godrà più del 50 per cento del totale dei tagli. Il 50 per cento più povero dei contribuenti beneficerà soltanto del 12 per cento dello sgravio, che, com’è ovvio, non compenserà l’aumento delle altre tasse.

Questi sono solamente pochi dei numeri che potremmo fornire. Del resto, nei tanti interventi in questo dibattito molti altri numeri sono stati e saranno forniti.

Dunque, questa è la cosiddetta riduzione delle tasse: una manovra che non serve a rilanciare l’economia (e questo lo sapete benissimo anche voi), una manovra che aumenta l’ingiustizia e le disparità sociali.

Nel frattempo, non si dà alcun seguito a iniziative che pure risponderebbero a un senso minimo di equità. Ad esempio, non si restituiscono ai contribuenti i crediti che hanno nei confronti del fisco. Oggi l’Erario italiano deve restituire ai contribuenti oltre 20 miliardi di euro: si tratta di diritti acquisiti, non si tratta di condoni o di evasioni, si tratta di soldi pagati allo Stato e che quest’ultimo deve restituire. Questa cifra è aumentata di circa 5 miliardi nell’ultimo anno e ormai la media di restituzione del fisco al contribuente è salita oltre gli otto anni: cioè, per avere restituiti i propri denari, bisogna aspettare oltre otto anni.

Nessun richiamo viene fatto alla sconcertante e progressiva ripresa dell’evasione fiscale, laddove invece molto si può e si dovrebbe fare. Negli anni che vanno dal 1995 al 2003 sono stati scovati 52.000 evasori totali, per un totale di 148,4 miliardi di euro di imponibile recuperati. Nel 2002 la Guardia di finanza ha recuperato 17 miliardi di euro, ma stime molto attendibili dicono che nel nostro Paese l’evasione raggiunge cifre superiori di oltre dieci volte quelle scoperte e recuperate. Su tali campi, però, non ci si muove e non si fa nulla.

Voi definite noi del centro-sinistra il partito, o la coalizione, delle tasse: noi non siamo mai stati il partito o la coalizione delle tasse. Riteniamo di essere la coalizione della giustizia sociale e sappiamo bene che un uso corretto dello strumento fiscale è da sempre l’elemento principale per perseguire l’obiettivo della giustizia sociale.

Non basta dire "meno tasse per tutti", anzi, forse non è nemmeno giusto dirlo. Bisogna invece dire "tasse giuste per tutti e pagate da tutti", senza furbizie e senza condoni.

Quello che non è eticamente giusto in questo Paese non è, come ha detto il Presidente del Consiglio in più di un’occasione, che i contribuenti ricchi paghino imposte con aliquote al 40 per cento; quello che è ingiusto profondamente, in questo Paese, è che molti, troppi contribuenti non paghino affatto o paghino pochissimo, a danno di tutti gli altri. E quello che è ancora più ingiusto è che lo Stato, invece di combatterli con durezza, abbia nei loro confronti un atteggiamento giustificatorio o addirittura complice.

Noi del centro-sinistra non siamo il partito delle tasse, siamo dalla parte di quei cittadini che pagano, che non inseguono i condoni e che pretendono che paghino tutti. Siamo con i milioni di cittadini che aspettavano una mano dallo Stato e che non hanno visto e non vedranno una lira di riduzione delle imposte, ma che invece vedranno decine di aumenti di prezzi e tariffe. Siamo con le centinaia di sindaci e amministratori locali, anche di centro-destra, che sono venuti a Roma nei giorni scorsi per urlare che non ce la fanno più a dare ai loro cittadini i servizi che spettano loro perché lo Stato, anno dopo anno, taglia i loro fondi.

 

Presidenza del vice presidente SALVI

 

(Segue LABELLARTE). Siamo con gli impiegati pubblici (tre milioni di persone) che da un anno aspettano di vedere rinnovato il loro contratto e che continueranno ad aspettare perché i loro soldi saranno stati usati per diminuire le tasse ai ricchi. Siamo anche con gli imprenditori, con gli artigiani e i commercianti. Siamo anche con le piccole e medie imprese della Padania.

Leggevo questa mattina - lo dico al relatore, senatore Paolo Franco - che lo stesso relatore si è lamentato di essere stato lasciato solo a difendere le piccole e medie industrie della Padania, il che significa - lo dice lui - che Forza Italia, AN e UDC le hanno abbandonate.

Ebbene, noi siamo con le piccole e medie imprese della Padania, che speravano di avere un aiuto da questo Governo e non l’hanno avuto. Siamo con i cittadini di Roma, che, ancora una volta, sono stati imbrogliati, perché è stato loro promesso e garantito il finanziamento per Roma Capitale e invece, da quanto si conosce al momento, il finanziamento è stato dimezzato.

Insomma, cari membri del Governo, cari colleghi della maggioranza, siamo dalla parte di quei milioni e milioni di italiani che si sentono come l’ammalato nella camera operatoria di Siniscalco e Berlusconi. A loro auguriamo - e lo auguriamo anche a noi stessi - che decidano di cambiare medico e di riprendere in mano il loro destino. (Applausi dai Gruppi Misto-SDI e DS-U).

 

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Gentile. Ne ha facoltà.

 

GENTILE (FI). Signor presidente Salvi, onorevoli colleghi, la finanziaria che il Parlamento si sta accingendo ad approvare è un buon provvedimento. Anche in una situazione congiunturale difficile come quella attuale, il Governo italiano ha ritenuto di rispettare i princìpi di stabilità, rigore e crescita dettati dalla Comunità Europea.

Per il quarto anno consecutivo il Governo mantiene l’impegno preso con gli italiani: la centralità della famiglia nelle politiche fiscali del Governo è confermata nettamente dalla restituzione del potere d’acquisto e dal taglio delle tasse, dall’introduzione di nuovi sgravi e dagli incentivi alla natalità.

Mi sorprende molto, dunque, come alcuni colleghi dell’opposizione non abbiano mai trovato una parola di consenso, nemmeno su un piccolo problema, in relazione a questa finanziaria che in qualche modo ha assunto anche aspetti rivoluzionari con il taglio delle tasse. È la prima volta, infatti, che un Governo si accinge a farlo ed è la prima volta che, giustamente, si poteva aprire un dibattito fecondo intorno a questo argomento.

Ma la considerazione di fondo è che la capacità d’acquisto sia una compensazione dovuta in un contesto in cui l’inflazione reale, determinata dall’introduzione dell’euro, dalla crisi mondiale dell’economia, ha comportato minore capacità di spesa. I provvedimenti legislativi varati dal Governo Berlusconi in tale direzione sono sotto gli occhi di tutti e non possono essere confutabili.

Proprio oggi il professor Alvi sul "Corriere della Sera" ha ricordato come circa 15 milioni di italiani, con deduzioni per moglie e figli a carico, si troveranno ad avere uno sconto fiscale che decresce con il crescere del reddito. Anzi, devo affermare che il Governo ha ereditato una situazione finanziaria gravissima ed è riuscito non solo a mettere ordine nei bilanci dello Stato, ma ha anche rilanciato una politica di investimenti che nel breve periodo produrrà certamente più occupazione, più rilancio economico.

Nel Mezzogiorno del Paese la crisi stagnante nell’economia sta ormai per finire; tutto questo generalizzato in un Paese che ha conosciuto, con i Governi del centro-sinistra, un aumento delle imposizioni ed una ventata di tasse straordinarie - non dimentichiamo quella sull’Europa - che hanno prodotto una forte crescita della pressione tributaria.

Oggi per il Mezzogiorno non è stato ridotto un solo euro di investimento rispetto a quelli paventati, caro senatore Marino, e sono state introdotte regole qualitative che vanno nella direzione di una interruzione della contribuzione a pioggia che ha spesso favorito le imprese di altre parti del Paese, senza creare un solo posto di lavoro.

Aveva ragione Umberto Zanotti Bianco quando sosteneva che i problemi del Sud partono quasi sempre dal Sud medesimo. La Calabria in questi giorni è stata interessata da uno sciopero selvaggio che ha assunto i toni di una mobilitazione estrema, ben lontana da una vocazione riformistica. Migliaia di forestali hanno temuto di perdere il posto di lavoro a causa di una grande soffiata sul fuoco di settori del centro-sinistra che pensavano di speculare su tutto pur di vincere le elezioni nelle Regioni meridionali. La verità storica, però, non è un dogma.

Ecco che emerge nell’opinione pubblica il senso di una polemica che di fatto si trasformerà in un boomerang. Infatti, l’emendamento sottoscritto da chi vi parla insieme a tutti gli altri colleghi della Casa delle Libertà è stato accolto in pieno, almeno nelle linee essenziali, da parte del Governo.

Voglio solo ricordare a chi ha memoria corta che i forestali in Calabria solo dieci anni fa erano 30.000, quasi tutti tenuti in ostaggio precarile dal binomio politico che governava la Regione Calabria, il Partito popolare e il vecchio PCI. Oggi questi forestali sono ridotti ad 11.000 e, dopo che avremo approvato la finanziaria, saranno tutti stabilizzati.

Il centro-destra in questi quattro anni li ha impegnati produttivamente, utilizzandoli nella valorizzazione del legno e nell’azienda speciale di trasformazione, nella difesa del suolo e nei servizi sociali. Ma per tentare di speculare sui bisogni dei calabresi, la sinistra giacobina ha sparato a zero: aeroporti bloccati, treni deviati, dichiarazioni di fuoco di esponenti politici della sinistra estrema.

Purtroppo, dal profondo Sud emerge il lato manieristico e stucchevole di un ceto politico antico che antepone i piccoli interessi elettorali ad una verità che dovrebbe essere patrimonio di tutti. Poco fa il senatore Turci ha giocato di rimessa; se l’è presa con la nomina del senatore ministro Calderoli a capo dell’esercito dei forestali.

Dobbiamo dire la verità: il Governo, nonostante le difficoltà finanziarie, è riuscito, anche con l’apporto della Lega, a risolvere questo annoso problema. (Applausi dal Gruppo FI. Commenti del senatore Turci). Ciò per dire che la polemica non deve essere mai stucchevole, ma deve portare ad un risultato. Stimo molto la sua capacità di analisi, anche acuta su molti problemi finanziari, senatore Turci, ma credo vi stiate giocando male la partita, perché i risultati sono quelli che abbiamo portato avanti: il problema dei forestali è stato risolto, cari colleghi della sinistra.

Un ringraziamento, in primis, va al Governo, soprattutto al nostro ministro per gli affari regionali per delega del presidente Berlusconi, senatore Enrico La Loggia, che con il suo prezioso, tempestivo e determinante intervento ha saputo sciogliere questa matassa che difficilmente si poteva dipanare in tempi rapidi.

Inoltre, avviandomi a concludere, devo dire che all’esame del Parlamento vi sono altri provvedimenti recanti risorse aggiuntive per il Sud, che devono servire ad uno sviluppo organico della rete produttiva attraverso l’innesto dei meccanismi sociali, tesi ad integrare le dinamiche economiche ed imprenditoriali, nonché ad attrezzare un mondo della ricerca ancora in ritardo, che però, attraverso le università, rappresenta la chiave principale di ingresso, per il Sud, nel contesto della valorizzazione di tutta l’area mediterranea.

Mi sia consentito concludere ricordando un grande Santo della mia terra, san Francesco di Paola. Pensatore raffinato, uomo di grande virtù, nel XV secolo - caro senatore Nocco - si recò dall’allora Re di Napoli chiedendogli di abbassare le gabelle che vessavano la popolazione; gli prese la mano sinistra e con la destra gli rivoltò contro le monete che lo raffiguravano, dicendo: "Questo è il sangue dei contribuenti". Le monete si trasformarono in sangue ed il Re abbassò le tasse, impaurito.

Ripartiamo dalla storia per dire che uno Stato è etico e giusto quando sa essere equo; ritengo che i provvedimenti presi da questo Governo vadano tutti in tale direzione. (Applausi dai Gruppi FI e UDC).

 

PAGANO (DS-U). Ministro La Loggia, spieghi che lo Stato etico non può essere democratico!

 

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Battafarano. Ne ha facoltà.

 

BATTAFARANO (DS-U). Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, colleghi senatori, Governo e maggioranza pongono molta enfasi sulla riduzione delle tasse (lo hanno fatto anche in quest’Aula), però non chiariscono in che modo poi coprono tale riduzione.

Vorrei ricordare che una delle voci colpite da questa operazione è l’indennità di disoccupazione agricola, nella misura di 70 milioni di euro l’anno per tre anni. Specialmente al Sud, ci sono lavoratori agricoli che lavorano cinquanta-cento giorni l’anno e l’indennità di disoccupazione serve a coprire i periodi di non lavoro; il Governo taglia questa indennità e appare chiaro un trasferimento diretto di ricchezza, di reddito, dal basso verso l’alto, ossia dai lavoratori agricoli disoccupati ai percettori di redditi molto più elevati. Si tratta quindi di una riduzione delle tasse che colpisce in basso per premiare in alto.

L’aspetto ancor più grave è che da un paio di mesi è stato attivato un tavolo presso i Ministeri del lavoro e dell’agricoltura per il riordino della previdenza agricola, sulla base della delega contenuta nella legge n. 243, approvata appena tre mesi or sono. Si attiva questo tavolo, le organizzazioni sindacali e imprenditoriali sono pronte a discutere come riordinare la previdenza agricola e il Governo, con un colpo di mano, toglie loro 70 milioni di euro l’anno: a questo punto, il riordino è già fatto e con un atto d’imperio.

Ancor più grave è che, in previsione di questo tavolo, le organizzazioni imprenditoriali e sindacali hanno firmato un avviso comune, che come è noto, indica le linee su cui imprenditori e sindacati sono d’accordo per riordinare il settore e qualificare la spesa pubblica; il Governo trascura l’avviso comune e, come ho detto, toglie 70 milioni di euro l’anno per la disoccupazione agricola.

Giorni fa, il 10 dicembre, vi è stato uno sciopero cui hanno partecipato varie decine di migliaia di lavoratori in Sicilia, in Campania e in Puglia; mai si sono viste le piazze delle città meridionali così gremite di lavoratori che si sono sentiti colpiti alle spalle. Naturalmente, molti di quei lavoratori - lo comunico ai senatori della maggioranza - avevano votato per il centro-destra nelle scorse elezioni, ma dai toni della loro protesta penso non lo faranno più, perché si sono resi conto che la riduzione delle tasse avviene a loro spese.

In realtà, questi lavoratori devono anche fronteggiare una grave crisi dell'agricoltura, in particolare del Sud, perché c'è un crollo dei prezzi dell'ortofrutta, in particolare dell'uva da tavola. Ci sono manifestazioni di protesta per il crollo dei prezzi, ma anche per l'esosità dei contributi previdenziali, che in Italia sono al di sopra della media europea e fanno sì che parecchie aziende - molte aziende - siano ormai indebitate nei confronti delle società concessionarie e non siano più in grado di andare avanti. Quindi, sul complesso dei problemi dell'agricoltura la finanziaria non dà risposte; semmai colpisce, aggrava i problemi.

Non c'è solo questo. C'è anche il trattamento di fine rapporto. Come è noto, in base al primo modulo della riforma fiscale, l'aliquota più bassa è stata portata dal 18 al 23 per cento; c'era però l'impegno, ovviamente, a venire incontro a quelle situazioni in cui i lavoratori venivano danneggiati.

Ebbene, il trattamento di fine rapporto oggi viene tassato con il 23 per cento, il che significa che i lavoratori stanno consegnando allo Stato una somma che aumenta di anno in anno: siamo ormai a 2.000 miliardi di vecchie lire. Eppure, alla Camera dei deputati è stato approvato all'unanimità un disegno di legge per riportare l'aliquota al 18 per cento. Il provvedimento è arrivato al Senato, Governo e maggioranza lo hanno fermato. Tutti i lavoratori interessati al trattamento di fine rapporto è chiaro che non gradiscono, perché avrebbero voluto non tanto la riduzione delle tasse, quanto la restituzione del dovuto, cioè riportare l'aliquota del trattamento di fine rapporto dal 23 al 18 per cento.

Vi è poi la riforma degli ammortizzatori sociali. C'è un disegno di legge sulla riforma degli ammortizzatori sociali all'esame della Commissione lavoro che dovrebbe essere finanziato con i soldi stanziati in finanziaria. Il provvedimento non va avanti; ogni qualvolta c'è bisogno di soldi, si attinge al fondo per gli ammortizzatori sociali. Non si aumenta l'indennità di disoccupazione dal 40 al 60 per cento, per quanto tante volte noi dell'opposizione abbiamo invitato Governo e maggioranza ad adottare questa misura anche con decreto-legge, visto che l'aumento è presente nel disegno di legge.

Quindi, per gli ammortizzatori sociali non si fanno passi avanti, ma si riduce il relativo stanziamento; la finanziaria, naturalmente, è abbastanza deludente per il Mezzogiorno. Lo hanno già detto altri colleghi e lo richiamo a grandi linee: per il Mezzogiorno si rimodulano gli stanziamenti, per cui le somme maggiori saranno negli anni 2006 e 2007; ci sono meno soldi nel 2005, ma il Sud avrebbe bisogno di questi stanziamenti oggi, non fra due anni, perché oggi c'è bisogno delle risorse per rilanciare gli investimenti.

Vengono cancellati gli incentivi alle imprese, il credito d'imposta, il bonus occupazionale, che avevano permesso nel periodo 1999-2001 che l'occupazione crescesse più al Sud che al Nord. Dal 2001 in poi, invece, l'occupazione cresce meno al Sud che al Nord e aumenta di nuovo il divario, perché i provvedimenti fiscali del Governo Berlusconi hanno comportato un intervento a pioggia che non ha aiutato uno sviluppo accelerato delle aree più deboli.

Pertanto, questa finanziaria del Governo Berlusconi conferma lo scarso interesse del Governo Berlusconi per il Mezzogiorno. Questo Governo ha il cuore e il cervello a Nord; il Sud verrà dopo! In questo modo però si mette a repentaglio la coesione sociale e nazionale del nostro Paese.

Con la probabile fiducia sulla finanziaria si blinda la manovra e si impedisce che essa possa essere corretta. Governo e maggioranza si assumono la responsabilità di varare una manovra che non serve al Paese; non serve a rilanciare l'economia e crea grande distorsione sociale, come ho cercato di documentare in questo mio breve intervento. (Applausi dai Gruppi DS-U e Mar-DL-U).

 

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Rollandin. Ne ha facoltà.

 

ROLLANDIN (Aut). Signor Presidente, signor Ministro, onorevoli colleghi, nel merito del provvedimento il collega, senatore Michelini, ha già svolto un'attenta analisi sugli aspetti più importanti che si riferiscono alla politica in senso più generale, e alla filosofia del provvedimento riportandone puntualmente debolezze e carenze.

Vorrei intervenire in questo ambito che è l'unico in cui ci è data la possibilità di anticipare le nostre valutazioni sugli emendamenti presentati al fine di migliorare, a nostro avviso, alcuni aspetti del provvedimento che riteniamo carenti o, appunto, migliorabili.

Vorrei limitarmi a due aspetti sostanziali il primo dei quali riferito agli Enti ed alle autonomie locali, per esaminare le ricadute che alcuni provvedimenti contenuti in questo documento avranno nel futuro; in secondo luogo, tenendo conto che da alcuni anni cerchiamo di attirare l'attenzione sui problemi della montagna, vorrei fare riferimento agli investimenti previsti in finanziaria per la politica della montagna, ponendo particolare attenzione a due aspetti fondamentali: gli investimenti infrastrutturali e le agevolazioni ordinarie delle imposte per la piccola imprenditoria di montagna.

Per quanto riguarda le infrastrutture, dal momento in cui sono stati presentati i programmi delle grandi opere, si è molto sottolineata l'esigenza di intervenire tempestivamente per recuperare il deficit delle grandi infrastrutture.

Tra queste, si è fatta menzione, a più riprese, alle opere infrastrutturali viarie, ferroviarie, autostradali e stradali. Per quanto riguarda le ferrovie, ancora una volta sottolineo che purtroppo la rete lamenta ritardi del tutto evidenti che rendono ancora più difficile non solo il trasporto di persone, ma soprattutto di merci.

Ciò va in controtendenza con gli investimenti effettuati in altri Paesi, quali la Francia e la Germania che hanno investito in questo settore con lungimiranza, cercando di creare le premesse per un'attinenza tra quella che viene continuamente proposta come misura adeguata a ridurre o a contenere l'inquinamento e una reale alternativa al trasporto merci effettuato unicamente su gomma.

Non sono tra coloro che sostengono che sarà possibile un passaggio completo da un sistema all'altro. Credo però sia indispensabile invertire questo processo per cercare di migliorare la struttura.

A tal riguardo, abbiamo presentato alcuni emendamenti con i quali abbiamo chiesto interventi specifici nel settore ferroviario (mi riferisco in particolare alla zona che più conosco, l'Aosta-Chivasso) sottolineando come siano necessari questi interventi di rettifica e miglioramento di una tratta che è rimasta una delle poche ad avere tempi di percorrenza assolutamente non compatibili con un'economia montana legata al turismo e al trasporto merci.

Una delle più importanti aziende di produzione di acciaio in Valle d'Aosta, la Cogne Acciai Speciali (che ha ancora un peso rilevante) recentemente ha dimostrato tutta la sua validità anche nel settore della ricerca acquisendo commesse in Cina; è una delle poche aziende che lavorerà per la Cina per la realizzazione di un ponte in acciaio. Ebbene, tale società lamenta che non può trasportare le merci attraverso la ferrovia perché non vi sono sistemi adeguati e l'intermodale è ancora un sogno.

Questi fatti concreti erano stati da noi sottolineati e rispetto ad essi è importante, pur tenendo conto dei problemi economici che sarebbe stupido non vedere, mandare un segnale con riferimento ad un intervento in grado di migliorare l’attuale situazione.

Un discorso analogo si era cercato di fare, ad esempio, per la rete autostradale presente in Valle d’Aosta, ma è un discorso che non riguarda soltanto la Valle d’Aosta, che presenta due tra i trafori più importanti del Nord Italia e del Centro Europa. Mi riferisco al Traforo del Gran San Bernardo e a quello del Monte Bianco. Avevo chiesto che si prevedessero, proprio nell’ambito della politica di sicurezza del trasporto, delle canne di collegamento nel caso di eventuali problemi alla circolazione.

Era stato da noi chiesto un finanziamento per il Gran San Bernardo - non so come andrà a finire - in considerazione del fatto che è già in corso un progetto avanzato di collegamento con la Svizzera. È richiesto, gli svizzeri sono d’accordo, ma manca ancora l’adeguamento del tratto italiano.

Per quanto riguarda il traforo del Monte Bianco, dopo la tragedia del 2000 che ha visto il sacrificio di quaranta persone, credo che sia importante ed urgente prevedere una definitiva sistemazione di quella realtà, attraverso la realizzazione di un tunnel di servizio.

Questi due tunnel non hanno né lo scopo di aumentare il traffico su gomma, né di portare avanti altre politiche che non siano quelle della sicurezza dei passeggeri e di coloro che per il trasporto delle merci utilizzano questi servizi.

Un discorso analogo vale per gli aeroporti di montagna, un altro punto dolente. Le norme vigenti sono antiquate, non si riesce ad adeguare le strutture, che già sono vincolate da un territorio particolarmente difficile, e in più mancano gli investimenti. Pertanto, se si guarda alla zona relativa a tutto l’arco alpino, purtroppo gli aeroporti non riescono ad essere adeguati rispetto all’esigenza di prestazioni legate ad uno degli elementi vitali della politica per la montagna: il turismo. Questo purtroppo non è reso possibile.

Ho voluto soltanto portare qualche esempio di come si sarebbe voluto almeno cercare di incentivare certi aspetti strettamente legati ad alcuni settori della politica per la montagna.

Con riferimento poi al discorso sugli enti locali, il refrain più in voga è legato al timore che la riduzione delle aliquote fiscali a livello nazionale comporti un adeguamento in peggio, cioè un aumento, delle tasse e tariffe a livello locale. Per alcuni casi ben noti ciò diventerà una realtà. Purtroppo i problemi, sollevati anche da altri colleghi, in termini di bilancio dei piccoli Comuni, soprattutto montani, diventano drammatici.

Da parte nostra è giunta anche una critica ad una legge riferita ai piccoli Comuni, la "Realacci" tanto per intenderci, che nonostante le buone intenzioni in realtà non prevedeva specifici stanziamenti. Mancano in effetti i fondi per migliorare la realtà dei piccoli Comuni. A nostro avviso, vanno previsti interventi mirati affinché i piccoli Comuni dispongano effettivamente delle risorse di cui necessitano per salvaguardare il patrimonio della montagna.

Questa difficoltà da parte dei Comuni costituisce un aspetto molto delicato che tra l’altro va ad incidere sul discorso della spesa delle famiglie che da tutti i dati ISTAT disponibili risulta aumentata e in fase di aumento, anche se per una serie di ragioni che solo in parte sono strutturali. Le altre sono legate proprio alla politica che attiene alle tariffe comunali e delle comunità montane. Si tratterà di spese fisse a carico delle famiglie, con un aggravio estremamente pesante e difficilmente sopportabile, al di là dei possibili sconti.

Tutte le forniture primarie dei Comuni, dall’acqua ai rifiuti, dai servizi sociali a quelli legati alle grandi opere, rappresentano indubbiamente un aggravio nell’ottica della politica della famiglia, così come lo sarà per i costi dei servizi essenziali, sia pubblici che privatizzati.

Per quanto riguarda i servizi pubblici, le prestazioni sanitarie, sia ospedaliere che territoriali, rischiano di essere limitate o tagliate per far fronte ai costi in continua crescita. Vi sono stati anche importanti provvedimenti legati ai costi dei farmaci; sono però provvedimenti molto parziali, perché i costi che più incidono su questo sistema sono quelli del personale e delle nuove tecnologie.

Lo stesso discorso vale in montagna per le scuole. Le scuole che in montagna mantenevano più e meglio la propria localizzazione anche nei Comuni più piccoli, rischiano di chiudere se non vi sarà un intervento da parte delle Regioni per supplire alla mancanza di quello che doveva essere un sistema allargato.

Credo che lo stesso accada per tanti altri servizi, anche per quelli che sono stati privatizzati e tocco qui una nota dolente che credo sia già stata oggetto di uno specifico riferimento: le poste. Il problema delle poste è drammatico, non solo nei grandi centri ma soprattutto nei piccoli, laddove ormai con il discorso della privatizzazione si tende a chiudere gli uffici postali che non rendono; non interessa alcunché del servizio fornito alle piccole comunità.

La stessa considerazione si può fare per le stazioni e i collegamenti ferroviari e, ancora di più, per l'energia, che va ad incidere pesantemente sul reddito delle famiglie nelle zone di montagna, dove non si ricevono benefici in considerazione del contributo per la produzione di energia idroelettrica. Il costo dell'energia per il riscaldamento, in montagna come in pianura, è esattamente lo stesso. Vi sono stati provvedimenti annuali agevolativi che però non hanno risolto il problema.

Credo che queste siano osservazioni condivise e che molti di noi hanno già fatto proprie. Si tratta, in sintesi, di superare le difficoltà e di realizzare una politica che aiuti la montagna che non sia solo un contributo una tantum, perché in questo modo non si riuscirà a risolvere il problema dei Comuni di montagna.

Diversi colleghi qui presenti sono sindaci di piccoli Comuni di montagna e conoscono bene questo problema. Come aiutare a valorizzare la presenza della piccola imprenditoria di montagna, che sia agricola, artigianale, turistica o commerciale? Esclusivamente mediante un sostegno per superare le difficoltà, che oggi sono essenzialmente di natura fiscale, professionale e formativa. Sono questi elementi che indubbiamente meriterebbero un approfondimento.

Vorrei poi molto brevemente sollevare un aspetto legato al nuovo regime fiscale che si riferisce in particolare alle Regioni a statuto speciale, alcune delle quali registreranno conseguenze molto importanti e pesanti per i propri bilanci. Nel caso specifico voglio fare riferimento alla Valle d'Aosta. Come si sa, l'intera spesa sanitaria di tale Regione è pagata con fondi regionali; la entrate di base per questo sostegno erano costituite dall'IRAP.

Condividiamo la riduzione e l'eliminazione di questa tassa, il problema è però come sostituirla, perché la circostanza che non vi sia più l'elemento base all'origine di una contrattazione tra Stato e Regioni per conseguire una compartecipazione che dava la possibilità di sostenere il sistema sanitario regionale è un fatto molto grave. Non parliamo poi di alcune difficoltà legate a tasse una tantum, in particolare ai condoni. Le Regioni, ad eccezione di alcune, non hanno usufruito di alcuna compartecipazione nelle entrate dei condoni, quando invece partecipavano ad altri tributi.

Anziché conseguire una compartecipazione sui tributi che sarebbero stati introitati con il condono, anche se in ritardo, si è scelto di bypassare di fatto le entrate regionali. Si tratta di un aggravio non indifferente, proprio perché sono provvedimenti eccezionali e non rientrano nel normale regime di compartecipazione.

In sintesi, speriamo davvero che questa nuova politica per la montagna possa trovare al più presto accoglimento. Sappiamo delle attenzioni del ministro La Loggia, che ha seguìto passo dopo passo le varie fasi della legge.

Noi abbiamo bisogno di alcuni interventi che possano essere risolutivi per ciò che concerne alcune riduzioni fiscali che già oggi sono previste ma che sono ricontrattate annualmente; noi vogliamo pertanto che queste entrino strutturalmente in una fase di valorizzazione della politica territoriale per la montagna, che agevolino questa presenza importante delle varie strutture e che quindi possano dare un segnale che va nella direzione concordata. Si sta lavorando a questo progetto e io mi auguro che possa al più presto trovare l’assenso di molti.

In conclusione, dobbiamo dire che, non avendo potuto discutere né tanto meno modificare alcuni punti, francamente è un lavoro un po’ difficile, per non dire inutile, quello che ci compete, cioè quello di fare alcune osservazioni che sappiamo lasciano il tempo che trovano.

Ci auguriamo comunque che questo tema sia oggetto di una valutazione da parte del Governo e delle forze di maggioranza, che oggi si trovano bensì di fronte ad un periodo difficile, però anche a scelte che dovrebbero essere operate soprattutto a favore delle piccole collettività e delle collettività di montagna. In tal senso noi ci auguriamo che vi sia quanto prima uno sforzo comune. (Applausi dai Gruppi Aut, DS-U e del senatore Giaretta. Congratulazioni).

 

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Ripamonti. Ne ha facoltà.

 

RIPAMONTI (Verdi-U). Signor Presidente, nonostante quello che tutti sappiamo e che viene richiamato nella nostra discussione, cioè che verrà posta la fiducia nelle prossime ore da parte del Governo, gli interventi che abbiamo svolto in queste ore hanno portato molti contributi importanti. E questo nonostante la finanziaria, ancor più di quelle degli scorsi anni, con il passare dei giorni e delle ore si modifica per cui molto spesso siamo costretti ad affrontare questioni che vanno al di là delle proposte licenziate dal Consiglio dei ministri.

È arrivato in Senato un testo, abbiamo discusso di sgravi fiscali, la Commissione ha licenziato il testo che adesso è all’esame dell’Aula, ma siamo costretti a discutere del prossimo maxiemendamento, sul quale verrà posta la fiducia, e dei suoi contenuti. Ogni volta, quindi, si sposta l’attenzione su testi che devono ancora arrivare mentre non si entra nel merito di quello che è al nostro esame, al vero oggetto della nostra discussione.

Signor Presidente, più volte abbiamo detto nei giorni scorsi (lo ripeto in quest’Aula) che avremo la possibilità di approfondire la questione nelle prossime ore. Riteniamo che la richiesta di fiducia sulla finanziaria sia contro le istituzioni, prima di tutto; infatti, questa decisione è stata presa fuori dal Parlamento, in un salotto insieme con un giornalista, il dottor Vespa: quindi, prima di tutto, questa è una fiducia contro le istituzioni.

È poi una fiducia contro il Parlamento, contro il lavoro che noi abbiamo fatto, in particolare l’esame che abbiamo svolto in Commissione (al riguardo, ringrazio il relatore e tutti i senatori che sono intervenuti) portando un contributo importante, al di là del risultato, al di là di ciò che è stato licenziato dalla Commissione (dirò qualcosa alla fine di questo mio intervento). Inoltre, è una fiducia contro la maggioranza, perché il Governo non si fida più della sua stessa maggioranza.

L’esame in Commissione, quest’anno, ha dimostrato davvero (mi chiedo cosa succederà l’anno prossimo, con l’ultima finanziaria di questo Governo legata al ciclo elettorale) che c’è stato l’assalto alla diligenza: centinaia di emendamenti microsettoriali per accontentare questo e quest’altro, l’amico e l’amico dell’amico, ed avanti nella filiera degli amici.

Ma c’è un altro motivo, credo, per il quale il Governo porrà la fiducia: impedire - perché non si riuscirebbe a garantire un esame approfondito in Aula - che su alcune questioni, per l’appunto, l’esame sia approfondito e rigoroso. Mi riferisco - mi auguro di sbagliarmi - al fatto che nel maxiemendamento verrà riproposta la questione del condono edilizio: per tale motivo verrà posta la fiducia sul maxiemendamento, impedendo al Parlamento di entrare nel merito di tale questione.

Signor Presidente, abbiamo tentato solo di fare il nostro dovere: riteniamo di averlo fatto, in molti passaggi, anche bene. Voglio centrare l’attenzione di questo mio breve intervento su cosa è uscito dal lavoro della Commissione e su cosa stiamo esaminando.

È già stato detto, ma credo vada ribadito, che il dato che segue fa giustizia di tutte le questioni relative agli sgravi fiscali, alla riduzione delle tasse: dalla finanziaria, con il "decretino" che è stato approvato nel mese di luglio, all’emendamento sugli sgravi fiscali ci accorgiamo che c’è un aumento della pressione fiscale di 4 miliardi di euro. Ripeto: nel 2005 vi sarà un aumento della pressione fiscale di 4 miliardi di euro. Questa è la verità; poi potete dire quello che volete. Però questo è il dato che emerge dai numeri e dai documenti che stiamo esaminando.

La seconda questione è che non c’è alcuna garanzia sul fatto che i conti pubblici possano essere in equilibrio e che si riesca a raggiungere gli obiettivi prefissati, intanto perché sul 2004 non vi è alcuna garanzia di stare sotto al 3 per cento nel rapporto deficit-Prodotto interno lordo.

Sappiamo infatti come sta procedendo la vicenda delle dismissioni immobiliari e come non si realizzi quel gettito; conosciamo la vicenda del concordato preventivo e cosa non ha prodotto quell’iniziativa. Tutto ciò avrà sicuramente effetti sui conti pubblici per il 2005, tenendo conto del fatto che per l’anno prossimo vale questa nuova regola del 2 per cento riguardo al cosiddetto contenimento delle spese, che poi, alla fine, è un taglio fatto a caso, che incide sui consumi intermedi e che, per alcuni Ministeri, arriva a rappresentare il 20-30 per cento delle spese, mettendo a rischio il funzionamento di alcuni servizi essenziali.

Nell’esame in Commissione abbiamo fatto presente che, per quanto riguarda la sicurezza, vi è il rischio - soprattutto in questo momento, in cui tutti si riempiono la bocca con la necessità di intervenire, di garantire i servizi, di aumentare il personale in servizio sulle strade e così via - di far mancare addirittura la benzina per le automobili in servizio. Abbiamo ancora fatto l’esempio delle scuole, ma si potrebbe continuare.

Infine c’è la questione, più volte richiamata, relativa alla copertura generale di questa finanziaria. Con il decreto che verrà esaminato domani, viene prorogata l’entrata relativa al condono per 2 miliardi di euro, mentre sappiamo che tale entrata non si realizzerà: si tratta, ripeto, di 2 miliardi di euro. C’è la questione inerente agli studi di settore. Abbiamo dimostrato che, con la revisione della rivalutazione automatica, che è venuta meno, si produrrà un’entrata minore.

C’è la questione del pedaggiamento di alcune strade (la questione dell’ANAS), c’è ancora la questione delle dismissioni immobiliari che non realizzano il gettito che dovrebbe garantire la copertura di questa finanziaria.

Guardate, colleghi, ci sono tagli consistenti sulle tabelle, in particolare sulla Tabella C che è quella che deve finanziare leggi esistenti per far funzionare lo Stato, per far funzionare i rapporti tra i cittadini e la pubblica amministrazione. Si tratta della Tabella C, non di cose nuove, ma di una Tabella che deve garantire il funzionamento delle leggi esistenti.

Ebbene, in un primo momento c’è stato un taglio del 4 per cento per coprire l’emendamento che prevede i cosiddetti sgravi fiscali; poi, sempre con riferimento alla Tabella C, un taglio del 2,5 per cento per coprire il fatto che non c’è più la rivalutazione automatica degli studi di settore; infine, un taglio dell’1, 5 per cento per coprire un emendamento del relatore (che era un emendamento della Lega) relativo a maggiori sgravi IRAP.

Lei mi concederà, signor Presidente, una piccola riflessione sul fatto che vengono previsti 67 milioni di ulteriori sgravi per l’IRAP e ci sono state grandi discussioni notturne, riunioni di maggioranza per decidere se questa misura fosse sostenibile o no; Ministri che sono arrivati di notte in Commissione per marcare il terreno. Ebbene, signor Presidente, questi sgravi ammontano esattamente a 21 euro per azienda: valeva la pena umiliare così l’esame dei provvedimenti e il lavoro della Commissione?

Signor Presidente, io credo che il nostro Paese sia sotto osservazione da parte dell’Europa e dei mercati, non perché i mercati siano cattivi o perché l’Europa ce l’abbia con il nostro Paese, ma perché vi sono alcune cose che noi dobbiamo valutare con attenzione per capire se facciamo il bene del nostro Paese o se siamo noi che ci tiriamo addosso queste attenzioni particolari.

Alcune dichiarazioni del presidente Berlusconi circa la necessità di rivedere il Patto di stabilità sono state imprudenti e inopportune, fatte in questo momento, soprattutto per un Paese come il nostro che ha un livello del debito così alto.

È chiaro che ci guardano con più attenzione: c’è il rischio, come dicevo prima, che si sfondi il tetto del 3 per cento nel rapporto deficit-PIL, vi sono ancora troppe una tantum anche in questa finanziaria, mentre il debito non si riduce. Si è ridotto invece l’avanzo primario, questo sì, passando dal 5 per cento e oltre, ai tempi dei Governi del centro-sinistra, ad una quota di poco superiore all’1 per cento.

Anche qui c’è una singolare dichiarazione del presidente Berlusconi, proprio di questi giorni, che ha detto di aver trovato un debito superiore al 120 per cento e di averlo portato al 106 per cento. Ma quando mai, sottosegretario Vegas. I Governi di centro-sinistra hanno ridotto il debito dal 120 al 106 per cento; da quando ci siete voi il debito non cala.

 

Presidenza del presidente PERA

 

(Segue RIPAMONTI). La seconda considerazione che voglio fare è la seguente: qual è il filo conduttore di questa finanziaria che viene portata in Aula dopo l’esame in Commissione? Guardate, è molto difficile trovare un filo conduttore, è molto difficile capire dove stiamo andando. Infatti, vi sono decine di misure settoriali, che io chiamo anche elettorali; c’è un appesantimento della macchina burocratica statale e regionale appunto per accontentare le clientele locali; vi sono sanatorie un po’ su ogni argomento, in particolare sulle questioni che riguardano il personale della pubblica amministrazione.

Ricordo alcuni emendamenti del senatore Ferrara, incomprensibili, scritti in modo tale che nessuno capisse che cosa volesse dire. Alla fine, però, sotto vi è la sanatoria! Presidente, uso un termine un po’ provocatorio. Sembra di essere tornati al CAF (Craxi, Forlani, Andreotti). Aumentano la spesa pubblica corrente, il debito; la pubblica amministrazione torna ad essere una vacca da mungere per accontentare le clientele ma v’è di peggio!

Questa finanziaria è recessiva. Infatti, il CAF stimolava la crescita con il deficit. Questa finanziaria aumenta il deficit e deprime la crescita. Questo è il risultato: sfiducia nel Paese, nelle famiglie e tra le imprese. Le aspettative sono basse. I consumi non sono adeguati a quello che dovrebbe richiedere la situazione che stiamo attraversando. È la prima volta dal dopoguerra che il reddito delle famiglie è diminuito. Siamo nella situazione nella quale non abbiamo la sicurezza - anzi, si sta verificando esattamente il contrario - che il futuro dei nostri figli possa essere migliore. È la prima volta che succede dal dopoguerra. Avete detto: sarete tutti più ricchi. Il risultato è che stiamo diventando tutti più poveri. Alla fine non è mai così; qualcuno si arricchisce sempre. (Commenti del senatore Agoni).

Guardate, credo che questa maggioranza non ha rispetto per la cultura del nostro Paese, per la nostra identità nazionale, per l’ambiente, per il paesaggio. La vostra parola d’ordine è vendere, alienare, fare cassa. Si impoverisce il patrimonio del nostro Paese, che deve essere lasciato alle future generazioni. (Commenti del senatore Agoni).

Questo perché vi interessa il risultato immediato: fare cassa. È un’idea debole, provinciale e - scusatemi - anche un po’ cialtrona. Perché i condoni? Perché alimentare gli istinti più regressivi presenti nella società? Avete coniato lo slogan "padroni a casa nostra". Si è verificato che il patrimonio pubblico è diventato terreno di rapina, di spreco e di degrado.

Il ministro Siniscalco dovrebbe spiegarci se questa è veramente la politica economica o se vi è una politica economica diversa; altrimenti sono tutte chiacchiere; è la politica economica che abbiamo conosciuto in questi tre anni, di Berlusconi e di Tremonti e che noi vogliamo fermare perché vogliamo mandare a casa Berlusconi nel più breve tempo possibile. (Applausi dai Gruppi Verdi-U, DS-U e del senatore Michelini).

 

PRESIDENTE. Colleghi, in considerazione della richiesta fatta da parte di alcuni colleghi di intervenire domani mattina e di altri che non hanno fatto in tempo a giungere oggi in Aula, apprezzo le circostanze e rinvio il seguito della discussione dei disegni di legge in titolo ad altra seduta.


Allegato B

 

Testo integrale dell'intervento del senatore Pascarella nella discussione generale congiunta sui disegni di legge nn. 3233, 3224 e 3223

 

Signor Presidente, quando nel 2001 il centro-destra ha vinto le elezioni le ha vinte con un voto, tra Forza Italia e i suoi alleati, molto favorevole anche in Campania. Il consenso a questo schieramento scaturì certamente dalle promesse e dal programma del presidente Berlusconi, che prevedeva una forte politica sulla sicurezza e soprattutto un'espansione della base produttiva del Paese e quindi dei consumi nelle regioni del Mezzogiorno. Questa mattina, sul "Corriere della Sera", nell'inserto che riguarda il Mezzogiorno, risulta che le aziende in crisi sono 180, con circa 18.000 lavoratori interessati su un totale di circa 32.000 impiegati nelle stesse società.

In quest'ultimo anno si è triplicato il numero delle aziende in crisi e dei posti di lavoro in bilico.

Questo dato è ancora più significativo in quanto rappresenta, di per sé, la metà di tutte le aziende in difficoltà nel Sud. Nella mia provincia, lo storico Polo meridionale casertano corre il rischio di essere cancellato travolto dalle crisi finanziarie dei gruppi nazionali come FINMEK e LUPPI (IXFIN) e dai processi di riorganizzazione e delocalizzazione delle multinazionali MARCONI e SIEMENS.

Ieri su "Il Mattino", il giornale più letto della Campania ,venivano riportate ed enfatizzate le dichiarazioni di alcuni parlamentari di Forza Italia e della maggioranza riguardo l'inserimento del distretto di Marcianise tra quelli che potevano avere un sostegno all'industrializzazione. Vorrei ricordare ai colleghi senatori che questo risultato è scaturito da mesi di lotte dei lavoratori di queste aziende, sia sul territorio che a Roma, ed è un risultato fortemente voluto dal sindacato al tavolo di confronto presso il Ministero dell'Industria, presieduto dallo stesso ministro Marzano.

Più volte è risuonato in quest'Aula un richiamo all'11 settembre. Vorrei ricordare ai colleghi senatori che ormai sono due anni che l'economia mondiale è in espansione e che solo in Italia la crescita economica è inferiore a tutti i Paesi europei. Questo sia per ciò che riguarda i nuovi Paesi, dove l'economia si espande, come è comprensibile, più velocemente, sia anche nei confronti della Francia, della Germania. Contemporaneamente, il sistema produttivo italiano perde il 30 per cento della sua fetta di mercato mondiale. Un grande fallimento di questo Governo. Anche in questa finanziaria, che doveva essere più attenta agli interessi industriali e produttivi del Paese, manca la capacità di favorire lo sviluppo. L'attenzione alle grandi infrastrutture è solo frutto di motivazioni propagandistiche tendenti ad individuare solo opere simbolo. Il risultato è che si finisce per ignorare tutto ciò che è minore e potrebbe, invece, dare grande sollievo all'economia. Così è, per esempio per le aree degradate delle grandi metropoli, che vanno riscattate e riconquistate con interventi che sappiano coniugare creatività e capacità di programmazione, mobilitando risorse ed energie pubbliche e private. Il passaggio alle Regioni di importanti competenze in materia di politica industriale non è stato accompagnato dal Governo attuale da alcuna attività di sostegno che consentisse, soprattutto alle Regioni meridionali, di poter contare su un punto di riferimento nazionale e interregionale. Eppure, se si vogliono fare politiche selettive, un coordinamento è necessario, per evitare dannose duplicazioni di sforzo. E' inoltre importante che si diffondano le migliori esperienze e che le Regioni siano stimolate a collaborare fra loro. L'assenza di proposte per risolvere problemi strutturali è palese. Quindi, il Governo di destra, che ha fatto anche attacchi fondamentali ai diritti dei lavoratori, fallisce sul terreno dell'economia e del liberismo economico. Come si può emblematicamente vedere, le aziende italiane producono profitti esclusivamente se sono protette o impegnate nel mercato domestico.

Un altro fallimento della politica del Governo riguarda gli aspetti della sicurezza. Nella stessa nota sul disegno di legge finanziaria 2005, depositata dal Ministro dell'economia e delle finanze, leggiamo che le riduzioni di stanziamenti di autorizzazione di spesa per il Ministero dell'interno, per quanto riguarda le dotazioni iniziali delle unità previsionali di base relative ai consumi intermedi, sono ridotte del 10,3 per cento. Più corpose le riduzioni del Ministero della giustizia, dove le dotazioni per gli investimenti fissi lordi sono ridotte del 26,1 per cento e quelle per i consumi intermedi del 9 per cento. Il disegno di legge finanziaria per il 2005 conferma l'assenza di un progetto di investimento infrastrutturale per le attività di sicurezza da parte del Governo e prosegue, invece, lungo la linea di riduzione, nei fatti, delle risorse a disposizione delle forze dell'ordine per le attività istituzionali. Infatti, fissa intorno al 2 per cento il tetto di spesa per il Ministero dell'interno, nonostante la riduzione, dal 20 al 30 per cento, che i fondi delle forze di polizia avevano subito con il "decreto taglia spese" dell'allora ministro Tremonti. Riduzione mai recuperata con i provvedimenti successivi e attuata in settori strategici, come la motorizzazione, la logistica e le missioni, con il risultato di comprimere le potenzialità operative nelle attività investigative e di controllo del territorio. Il Governo conferma così la volontà di portare a regime la drastica riduzione delle risorse che era stata adoperata, esattamente nel momento di maggiore crescita dell'allarme per la minaccia terroristica e quella criminale.

Nella legge finanziaria 2001 si era stabilito che gli investimenti nel settore della sicurezza e della difesa in generale avrebbero dovuto raggiungere l'1,5 per cento del PIL nel corso di questi anni. Invece, si è assistito ad una progressiva diminuzione di tale percentuale, anche con riferimento al triennio che va dal 1999 al 2001. D'altra parte, quella al nostro esame è una finanziaria che non si può non giudicare di spessore, perché, rispetto a quelle che si sono avute negli ultimi quindici anni, prevede un aggiustamento pari a 30 miliardi di euro, cioè circa 60.000 miliardi delle vecchie lire, rispetto all'andamento del deficit tendenziale 2005, stimato al 4,4 per cento del PIL.

Debbo aggiungere che il settore della sicurezza ha per me la stessa importanza dei settori del welfare, della sanità e della scuola, perché stiamo parlando di lotta al terrorismo e alla criminalità, su cui noi tutti, in maniera condivisa, ampia ed unitaria, ci dobbiamo riconoscere, e dove il cittadino deve obbligatoriamente diventare un elemento di riferimento. Invece, ci troviamo di fronte a scelte di carattere strutturale che penalizzano ancora una volta l'intero settore della sicurezza e della difesa in generale.

A tale proposito, vorrei soffermarmi sui problemi che viviamo in questi giorni per l'emergenza criminalità a Napoli.

Su "Il Mattino" di oggi leggiamo che gli omicidi in città e in provincia dall'inizio di quest'anno sono 126 e 26 i morti ammazzati nell'ambito della faida nel clan Di Lauro dall'inizio di settembre, 19 le principali famiglie che controllano i traffici illeciti della città, di 500.000 euro l'incasso giornaliero del clan Di Lauro grazie al business della droga.

I dati forniti dal Governo riguardo il numero del personale impiegato sul territorio di Napoli è esatto nella totalità; peccato che includa tutte le persone che svolgono compiti amministrativi, logistici e di servizi interni. Sulla strada ce ne sono un numero insufficiente. La mancata divisione del territorio o dei compiti fa si che, nella realtà, di carabinieri e poliziotti sul territorio ce ne siano pochi.

Gli stessi operatori delle forze dell'ordine arrivano quasi tutti dai reparti celeri o mobili, non conoscono il territorio, né le persone che vi operano, al massimo possono svolgere azioni di blocco o di controlli fissi, che servono solo a fare immagine.

Chi conosce le strade di Napoli sa che si può passare senza problemi attraverso la città senza trovare un adeguato numero di rappresentanti delle forze dell'ordine. A tutto ciò aggiungiamo la sfiducia del personale operativo che fa di tutto per andarsene dalle stazioni in virtù di una situazione di indifferenza nei confronti del lavoro e della sua organizzazione. Questo tipo di problema è stato più volte denunciato nel passato, ma senza nessun risultato.

Chi va in caserma per denunciare il furto di un motorino o uno scippo vede che per questo tipo di reati vi è pochissima attività investigativa. Quest'ultima si rivolge ai grandi reati, cosa che al cittadino normale non interessa; per cui alla fine si rivolge spesso al camorrista conosciuto per riavere quello che gli è stato rubato.

Bisogna comprendere che il cittadino va tutelato anche attraverso i problemi della sua individualità, soprattutto dove la ricerca di facili guadagni, in presenza di una cronica crisi occupazionale, ha costituito lo scenario in cui si è registrata la crescita di reati tipici di criminalità diffusa (scippi, rapine, furti, contraffazioni di ogni genere, ricettazioni), nel cui ambito agiscono anche i minori.

Parlando dei reati che hanno consentito la creazione di enormi patrimoni, bisogna rilevare che in questo settore per l'attività investigativa occorrono professionalità specifiche e di elevata qualità, che allo stato attuale sembrano molto carenti, per cui assistiamo alla creazione di grandi patrimoni senza essere in grado di scoprire come si siano costituiti. C'è bisogno, quindi, di ripensare a un programma che consenta un salto di qualità all'attività investigativa, sia per i reati minori che per i grandi reati.

Ciò consentirebbe di contrastare il fenomeno caratterizzato dall'accentuata diffusione della delinquenza di strada, nonché quello della criminalità organizzata, spesso strutturata in cartelli per poter meglio consolidare le proprie posizioni sul territorio.

Sul versante delle politiche del personale si prevede uno stanziamento di 20 milioni di euro, come quota contrattuale per l'assegnazione di quello 0,1 per cento in più (dal 3,6 al 3,7 per cento) di differenziale inflattivo riconosciuto fino a questo momento dal Governo per i rinnovi contrattuali, confermando così che il Governo intende chiudere la trattativa in corso, senza reperire alcuna risorsa aggiuntiva oltre quella già indicata nella finanziaria 2004, e cioè intende riconoscere al personale un incremento sugli stipendi che non difenderà il loro potere di acquisto a causa di una maggiore inflazione annuale, peraltro già riconosciuta negli atti ufficiali.

Gli incrementi sui trattamenti accessori sono pressoché inesistenti, dal momento che si potrà aggiornare soltanto una voce (la presenza nel servizio festivo), mentre tutte le altre rimarranno inalterate, con la paradossale conseguenza che l'ora di lavoro straordinario verrà retribuita meno dell'ora di lavoro nell'orario ordinario.

Non si prevedono risorse per l'attuazione del progetto di riordino delle carriere del comparto sicurezza, per il quale il Governo si era impegnato nell'agosto scorso.

Non si prevede alcun intervento sul versante della politica della casa e degli alloggi per il personale delle forze di polizia.

A fronte di numerose richieste da noi fatte per migliorare la legge finanziaria riguardo le problematiche sulla sicurezza e della difesa, l'unico cambiamento operato dalla Camera dei deputati, durante l'esame in prima lettura dei documenti finanziari, è quello relativo allo stanziamento di circa un milione di euro per l'assicurazione del personale per le responsabilità civili e amministrative nello svolgimento delle proprie attività istituzionali, che ha raccolto un emendamento presentato dalla nostra parte politica. Ma vi sono questioni che il Governo si era impegnato a risolvere delle quali non vi è alcuna traccia nella legge finanziaria. Al riguardo, mi associo alle espressioni di apprezzamento che sono state rivolte da tutte le parti politiche riguardo al lavoro di qualità che le nostre Forze armate stanno svolgendo con grande dedizione, nonostante gli scarsi mezzi posti a disposizione. In tal modo risultano esaltate - lo dico senza retorica - le naturali disponibilità del nostro popolo verso gli aspetti umanitari in territori difficili, nei quali ci siamo segnalati anche rispetto alle altre Forze armate per evidenti elementi di pacificazione.

In conclusione, il giudizio complessivo sulla manovra finanziaria è completamente negativo e l'opposizione, per ciò che riguarda il comparto sicurezza e difesa, intendeva presentare una serie di emendamenti tendenti a far onorare almeno tutti gli impegni presi dal Governo sia nelle Commissioni parlamentari, sia nelle sedi sindacali, sia in sede di approvazione di leggi che riguardavano temi come la riqualificazione e la formazione professionale del personale, le provvidenze a favore di militari colpiti da patologie invalidanti o letali o di militari infortunati o caduti durante il periodo di servizio, gli stanziamenti per il trattamento economico, la politica degli alloggi di servizio, l'ammodernamento delle infrastrutture.

Il voto di fiducia impedirà ogni discussione sul merito, confermando, ancora una volta, l'incapacità di questo Governo di confrontarsi su qualsiasi argomento.

 

Sen. Pascarella


SENATO DELLA REPUBBLICA

¾¾¾¾¾¾¾¾¾ XIV LEGISLATURA ¾¾¾¾¾¾¾¾¾

 

711a SEDUTA

PUBBLICA

RESOCONTO STENOGRAFICO

MARTEDÌ 14 dicembre 2004

(Antimeridiana)

Presidenza del vice presidente MORO,
indi del vice presidente FISICHELLA
e del vice presidente DINI

 

 

 

Presidenza del vice presidente MORO

 

Discussione congiunta dei disegni di legge:

 

(3233) Conversione in legge del decreto-legge 29 novembre 2004, n. 282, recante disposizioni urgenti in materia fiscale e di finanza pubblica (Relazione orale)

(3224) Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2005 e bilancio pluriennale per il triennio 2005-2007 (Approvato dalla Camera dei deputati) (Votazione finale qualificata, ai sensi dell'articolo 120, comma 3, del Regolamento)

(3223) Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2005) (Approvato dalla Camera dei deputati) (Votazione finale qualificata, ai sensi dell'articolo 120, comma 3, del Regolamento)

 

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione congiunta del disegno di legge n. 3233 e dei disegni di legge nn. 3224 e 3223, già approvati dalla Camera dei deputati.

Ricordo che, ai sensi dell'articolo 120, comma 3, del Regolamento, le votazioni finali sul disegno di legge di bilancio e sul disegno di legge finanziaria avranno luogo con votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico.

Ricordo altresì che nella seduta pomeridiana di ieri è proseguita la discussione generale congiunta.

È iscritto a parlare il senatore Ciccanti. Ne ha facoltà.

 

CICCANTI (UDC). Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, onorevoli colleghi, con questa finanziaria possiamo dire che 28.622.000 italiani avranno una maggiore disponibilità di reddito a partire dal 1° gennaio 2005, 727.000 pensionati non pagheranno più tasse, le famiglie monoreddito vedranno ampliarsi l’area di esenzione fiscale con l’aumento delle deduzioni dei familiari a carico da 7.500 euro del 2004 a 14.000 euro del 2005.

L’UDC si è sentito protagonista di questa priorità riconosciuta alla famiglia nel taglio delle tasse, soprattutto alle famiglie a basso reddito. Come ha ripetuto più volte l’onorevole Follini, il nostro modello fiscale propone, in alternativa alla tassazione individuale, la tassazione per parti, anche con coefficienti minori di uno, per mantenere basso il costo della riforma.

Il nostro modello fiscale, già operante in Francia, si chiama "quoziente familiare" e considera la famiglia una unità impositiva. Non vediamo giustizia nella disparità di sacrificio sostenuto da una famiglia monoreddito con un coniuge e due figli a carico e la stessa famiglia con due o più redditi. Il reddito o i redditi di una famiglia si devono dividere in tante parti quanti sono i familiari a carico pur preservando nella fase transitoria tra il modello attuale e quello da noi prospettato la clausola di maggior favore.

La famiglia, a prescindere dalle proprie convinzioni religiose, è una risorsa sociale ed economica della nostra comunità nazionale: valorizzarne il ruolo ed incentivarne la costituzione significa dare risposte alla crisi della natalità e al decremento demografico nel nostro Paese.

Integrare il Sistema sanitario nell'assistenza agli anziani e ai disabili, rendere più efficace il sistema educativo e prevenire le devianze minorili, razionalizzare la spesa sociale, favorire la solidarietà tra le generazioni e garantire la continuità culturale data dalla memoria storica.

Questa consapevolezza del significato sociale della famiglia e della sua centralità ha segnato una costante attenzione di ogni finanziaria di questa coalizione verso le famiglie povere. Le politiche avviate dal 2001 e rivolte direttamente o indirettamente a contrastare la povertà attraverso il sostegno allo sviluppo dell'occupazione, sgravi fiscali sui redditi delle famiglie, l'aumento delle detrazioni per i figli a carico, l'innalzamento dei limiti pensionistici per gli anziani, hanno permesso di far diminuire le famiglie relativamente povere, cioè quelle con due persone aventi una capacità di spesa media mensile pari o inferiore a 823 euro, di ben 207.000 unità, pari a 688.000 persone.

Secondo l'ISTAT, invece, le famiglie povere in assoluto sono diminuite di 14.000 unità in questi tre anni, pari a 112.000 persone. Per famiglia povera in assoluto si intende una famiglia di due persone con una capacità di spesa pari o inferiore a 574 euro, 363 euro se persona sola, 1.691 euro se famiglia numerosa, e così via.

C'è molto da fare ancora per il recupero del fiscal drag, per la restituzione dell'imposta negativa per gli incapienti. Per il momento provvede a queste situazioni la rete dei servizi sociali degli enti locali, alla quale è stato confermato nel corso di questa finanziaria un fondo avente una capienza pari a quella dell'anno scorso. La questione è dentro la rivisitazione del sistema di solidarietà, che va rivisto e cambiato, restituendo più spazio alla società civile. Più risorse alle famiglie significa non solo più efficacia alla spesa, ma anche migliore qualità delle prestazioni.

La solidarietà si paga però con lo sviluppo. Questa finanziaria, come le altre, intende tenere insieme l'architrave della coesione sociale sui pilastri dello sviluppo e della competitività. La ricchezza, se non si produce, non si divide. Con un Paese che registra una pressione fiscale del 41,8 per cento come quella dell'anno in corso si ha poco da raccontare sul peso del costo del lavoro in busta paga per i lavoratori dipendenti e poco ancora per le imprese con il 33 per cento di IRAP.

L'Italia è, tra i Paesi europei, quello con il più alto tasso di pressione fiscale. Dal 1961 ad oggi, in trent'anni, è passata dal 25 per cento al 45 per cento del PIL. La metà del reddito di un lavoratore è lasciata al fisco. Ha destato sicuramente meraviglia vedere qualche settimana fa marciare migliaia di lavoratori, con Prodi in testa, contro i tagli delle tasse, salvo poi vedere lo stesso Prodi affrettarsi ad avanzare una proposta di tagli di tasse con lo stesso impianto di quella del Governo. Variavano solo le aliquote rispetto ai redditi per non dispiacere a Bertinotti.

Si è detto che i tagli dell'IRPEF, ora IRE, sono stati più favorevoli verso i redditi più alti, che è stato violato il principio di progressività con la riduzione delle aliquote. Posto che la questione della riduzione delle tasse era stata già posta dal Governo Amato e dall'ex ministro delle finanze Del Turco, l'impegno di questa coalizione era quello di ridurre le tasse a tutti. Ai redditi alti per due ragioni: la prima, quella di una maggiore equità, che vede gravare su un milione di italiani, rispetto ai 38 milioni di contribuenti, il 20 per cento del gettito dell'imposizione diretta sulle persone fisiche, tenendo conto che per la gran parte si tratta di redditi da lavoro dipendente; la seconda ragione è quella di scoraggiare l'evasione fiscale rispetto a carichi eccessivi di pressione, soprattutto rispetto ai redditi da lavoro autonomo.

Certo, non basta la legislazione premiale adottata in questi ultimi anni per risolvere i problemi del sommerso e dell'evasione fiscale; la media del sommerso in Italia è stimata intorno al 23-27 per cento, rispetto alla media europea del 17-20 per cento. La repressione aiuta, ma non risolve.

Abbiamo una nostra idea come Unione Democristiana e di Centro per fronteggiare la questione del fisco: introdurre il contrasto di interessi, il modello americano. Conosciamo i problemi di gettito che può provocare, ma si deve rompere l'accordo oggettivo che c'è oggi tra venditore ed acquirente a danno dello Stato.

L'altra considerazione è che la progressività non è messa in discussione, permanendo incentivate le deduzioni fiscali sulla base imponibile rispetto alla quale si applicano oggi le tre aliquote provvisorie rispetto alle due definitive.

Per quanto riguarda i redditi medio-bassi, non può sottacersi che i tagli delle tasse del 2005 si sommano a quelli del 2004 che hanno riguardato 24 milioni di persone che si sono viste collocate tra la fascia di reddito esente da tassazione fino a 7.500 euro e quella per cui l'aliquota è stata ridotta al 23 per cento. Quale è stata però la novità di questa finanziaria? Sicuramente è quella di vedere il finanziamento del taglio delle tasse con il contenimento della spesa pubblica.

La spesa pubblica con l'attuale legislazione se fosse stata lasciata a se stessa avrebbe portato l'indebitamento al 4,4 per cento del PIL, ben oltre il vincolo del 3 per cento imposto dal Trattato di Maastricht. Anziché procedere a tagli da "macelleria sociale", colpendo solo alcuni settori della spesa pubblica, il ministro Siniscalco ha proposto un contenimento del naturale incremento della spesa pubblica dentro il tetto del 2 per cento: aumentare sì, ma non oltre il 2 per cento, sia per lo Stato che per tutte le amministrazioni (Regioni, Province e Comuni compresi).

Abbiamo visto elevarsi una protesta istituzionale troppo interessata politicamente rispetto agli obiettivi di politica economica e monetaria che scaturiscono sia dalla crisi del commercio con l'estero dell'Italia e dell'Europa che dai trattati internazionali che ci legano all'Unione Europea.

Qualunque persona di buon senso si chiede se la crisi economica e i sacrifici imposti dall'appartenenza all'Euro devono essere sostenuti solo dalle famiglie e dalle imprese e poi se devono essere sostenuti solo dai soggetti privati e non anche da quelli pubblici e se tra questi ultimi solo dallo Stato e non anche dagli enti locali.

Se contenimento al 2 per cento ci deve essere, perché non deve riguardare anche Regioni, Province e Comuni? Tutti devono concorrere e sostenere il risanamento dei conti pubblici!

Si è detto che è un errore applicare la regola del 2 per cento anche alla spesa in conto capitale degli enti locali, perché si bloccano gli investimenti e si orienta il sistema economico verso la recessione.

Non è forse vero che tra i vincoli del Patto di stabilità europeo c'è anche la spesa per gli investimenti che concorre a definire il livello di indebitamento?

Non è forse vero che l'Italia ha chiesto la riforma del Patto con la cosiddetta golden rule, ossia la sterilizzazione della componente relativa agli investimenti?

Non è forse altrettanto vero che l'opposizione ha obiettato essere un errore una simile richiesta, perché andrebbe ad accrescere il debito pubblico per un Paese come l'Italia che registra il 106 per cento rispetto al 60 per cento previsto dagli accordi di Maastricht riguardo al PIL?

Allora, se è un errore per l'Italia sterilizzare la spesa pubblica per gli investimenti per il Patto di stabilità europeo, perché non lo è pure per gli enti locali per il Patto di stabilità interno? Non concorrono forse anche gli enti locali al debito pubblico con i loro mutui e i loro debiti?

Credo che una maggiore coerenza aiuti l’opposizione a farsi capire dal buon senso degli italiani. Se un rilievo va fatto, è quello di auspicare un’azione più incisiva per una riduzione selettiva della spesa pubblica. Ci sono sprechi ed inefficienze da correggere, e lì va affondato il coltello.

Bisogna ottimizzare l’azione della pubblica amministrazione, perché sia di aiuto e non d’intralcio alla libera intraprendenza degli italiani. Ho sentito lamentare che la stagnazione della nostra economia dipende da alcuni fattori di sistema, tra cui la pubblica amministrazione, il sistema del credito, il sistema di amministrazione della giustizia, le cosiddette economie esterne al sistema produttivo (come l’università, la ricerca, i trasporti e quant’altro).

Se di questo si tratta, non si può sostenere un aumento dell’8 per cento dei contratti del pubblico impiego, rispetto al 3,7 per cento riconosciuto dal Governo, senza alcun legame con la produttività, ovvero opporsi al blocco delle assunzioni agitando i problemi occupazionali. A parte la considerazione che da quando è al Governo questa coalizione la disoccupazione è scesa dal 9,1 per cento del 2001 al 7,9 per cento del 2004, comunque l’occupazione non si difende con le assunzioni in ruoli improduttivi.

Le vicende degli operai idraulici forestali e i lavoratori socialmente utili di Napoli e Palermo hanno agitato argomenti di accusa a questa maggioranza di clientelismo e assistenzialismo, solo perché ha dovuto sanare situazioni pregresse non dalla stessa determinate.

Non si possono dare insegnamenti di rigore nella gestione della spesa pubblica, quando poi si cercano fortune elettorali a sinistra bloccando i trasporti pubblici locali in modo selvaggio, oppure gli aeroporti per risolvere la vertenza Alitalia, lasciando pagare gli esuberi alla fiscalità generale e alle future generazioni.

La gestione della spesa pubblica deve essere seria e rigorosa sempre, sia quando riguarda gli elettori di centro-sinistra, che quando concerne gli elettori di centro-destra.

Non sfugge certo all’attenzione degli italiani la trasformazione degli incentivi alle imprese, quindi agli imprenditori, sotto forma di contributi in conto interessi invece che in conto capitale, dove si fanno clientele politiche attraverso il filtro della burocrazia.

Invece che il credito d’imposta, che non consentiva la selezione dei percettori dei benefìci, il contributo in conto interessi salta lo stesso i costi di intermediazione della pubblica amministrazione e del potere politico, ma garantisce il filtro selettivo del sistema bancario, che è in grado di garantire l’efficacia dell’intervento pubblico.

L’UDC in questa finanziaria ha dato un contributo notevole per risolvere i piccoli e grandi problemi, da quello della famiglia, come si è detto, a quello di una diversa concezione del fisco; ma si è interessato anche di problemi minori portando a soluzione una questione come quella, ad esempio, dell’estensione ai lavoratori privati della cessione del quinto dello stipendio per favorire le nuove famiglie in sede di primo insediamento, cercando di far riconoscere un contributo per l’acquisto della prima casa per le giovani coppie.

Riteniamo che queste economie, cosiddette domestiche, non soltanto aiutino l’economia assicurando un maggior potere di acquisto alle famiglie sul mercato interno, e quindi contribuendo ad un rilancio dei consumi, ma costituiscano anche una connotazione di carattere sociale per rendere il nostro Paese più giusto e più libero.

Riteniamo che molto debba essere ancora fatto, ma le condizioni economiche del Paese non ce l’hanno consentito.

Riteniamo che la politica riformista di questo Governo, che si è potuta già esprimere attraverso riforme strutturali e di sistema, possa proseguire con i provvedimenti in agenda già all'esame del Parlamento, come la riforma del diritto fallimentare, quella relativa agli ammortizzatori sociali nella quale troveranno spazio anche le questioni relative alla precarietà del lavoro venutesi a determinare a seguito di un'importante riforma del mercato, la cosiddetta riforma Biagi.

L'UDC e l'attuale maggioranza con la finanziaria in esame ritengono di aver dato un contributo notevole alla stabilità dei conti pubblici e allo sviluppo del Paese a cui contribuirà, soprattutto, il provvedimento sulla competitività che tra qualche mese verrà presentato dal Governo. (Applausi dai Gruppi UDC, FI e AN. Congratulazioni)

 

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Filippelli. Ne ha facoltà.

 

FILIPPELLI (Misto-Pop-Udeur). Signor Presidente, onorevoli colleghi, ancora una volta siamo costretti ad intervenire per esprimere il nostro fermissimo "no" a questo Governo; lo facciamo con convinzione per protestare contro questa finanziaria che, oltre ad essere devastante per le finanze pubbliche, non lascerà segni nei Resoconti della nostra Assemblea, dal momento che il Governo ci impedirà di discuterla ed emendarla con l'apposizione della fiducia, comprimendo ancora una volta i diritti e le prerogative sia dell'opposizione che della maggioranza.

Avrei voluto e votato una finanziaria così come illustrata dal collega che mi ha preceduto. La realtà, però, è un'altra!

Poche volte nella storia repubblicana un Governo ha dimostrato la propria strutturale incapacità come quello che ci sta governando.

Non sto esagerando colleghi, basta ripercorrere brevemente le tappe di questa manovra: il lavoro della Camera dei deputati - ben 47 giorni dedicati alla manovra di bilancio - a detta di tutti, presidente Casini compreso, è stato un lavoro inutile, sfilacciato, tirato via, tanto che la stessa opposizione ha ritirato tutti gli emendamenti. Ad un certo punto era diventato ovvio per tutti che la finanziaria si sarebbe scritta al Senato.

Così è stato. Abbiamo atteso fino al 29 novembre la presentazione dell'emendamento del Governo, preceduto dalla pantomima che ha visto protagonista assoluto, ancora una volta, il Presidente del Consiglio e, nella figura di comprimari, tutti gli altri accontentati e tacitati con poltrone e strapuntini. È arrivato, poi, l'emendamento sugli studi di settore, privo di copertura, che ha messo in imbarazzo anche il generoso presidente Azzollini, incerto fino alla fine se dichiararlo ammissibile, parzialmente ammissibile o inammissibile. Ciò ha determinato il prolungarsi dei tempi di discussione in Commissione e il rinvio del dibattito in Aula, dove il testo è finalmente giunto accompagnato da migliaia di emendamenti.

Quando poi questa contraddittoria, claudicante, confusa ma devastante manovra arriva finalmente in Aula, ovvero nel luogo deputato all'esame approfondito cui tutti i senatori possono finalmente partecipare, ecco che si scopre che all'esame di questo provvedimento possiamo dedicare solo pochi giorni. Anzi, nemmeno quelli perché il Governo porrà la fiducia: niente dibattito, quindi, niente emendamenti, niente confronto.

Davvero una bella prova di autorevolezza, di rispetto soprattutto del ruolo del Senato. Per non parlare della Camera e delle autorevoli parole del suo Presidente che aveva ammonito: "il prossimo passaggio della finanziaria a Montecitorio non sarà formale!".

Purtroppo lo sarà, caro Presidente: anche la Camera sarà umiliata dalla richiesta della fiducia.

Ci rimane, dunque, poco tempo per esprimere un giudizio sul merito della manovra economica delineata da questo provvedimento, ma almeno su un punto vorremmo soffermarci.

Il testo presentato dal Governo ha messo in evidenza un dato ineludibile: il Mezzogiorno ha in questo Governo e in questa maggioranza parlamentare un nemico giurato e irriducibile. Non vi era bisogno di prove: il Mezzogiorno non è mai stato nell'agenda del Governo. Esso è stato cancellato da ogni programma ed è stato rimosso dalla coscienza.

Le finanziarie approvate da questo Governo - soprattutto quella che oggi stiamo esaminando - hanno cancellato il Sud e tutto ciò che avrebbe contribuito a farlo decollare: scuola, ricerca, impresa, infrastrutture e sanità.

Questa finanziaria è basata su risorse insignificanti, su riduzioni improbabili di spesa, su una serie di misure una tantum, su previsioni sbagliate, sull’errato convincimento secondo il quale il gettito sulle società sarebbe cresciuto in relazione ai tassi previsti dalla crescita economica, senza aver calcolato l’ipotesi - poi verificatasi - che questa poteva essere più bassa e che i profitti potevano calare, vista la fase di stasi dell’economia.

Insomma, questa finanziaria condanna il sistema Italia ad una pericolosa deriva dell’apparato economico con riflessi marcati sulla società civile e particolarmente nel Mezzogiorno. Lo dimostra il fatto che in questi giorni stanno manifestando contro la manovra del Governo tutte le categorie sociali.

Prevale l’impostazione culturale della destra, che ritiene che il Paese possa crescere meglio se si riduce lo spazio pubblico e, molto probabilmente, se si elimina il Mezzogiorno. In linea con questa impostazione, il Governo destruttura gli strumenti finanziari esistenti, sia in termini quantitativi (a causa del complessivo definanziamento di tali strumenti), sia in termini metodologici e qualitativi, per effetto della natura sostanzialmente regressiva delle forme di finanziamento prospettate. Si creano le basi per un declino di natura strategica e di marginalizzazione dei processi produttivi del nostro Meridione.

Intervengo in Aula, a nome del Gruppo Misto-Popolari-Udeur, da meridionale che non può ignorare il grido di dolore che si eleva verso di noi, proveniente dai milioni di disoccupati, dalle vittime dell’usura e del racket,dalle aziende danneggiate dal sottratto credito d’imposta; dalla politica del credito, che ha trasformato nel Mezzogiorno gli istituti bancari in organizzazioni che raccolgono il risparmio per sostenere le economie delle aree forti; dalle famiglie, che non arrivano alla fine del mese; da quel 66 per cento di famiglie in stato di povertà relativa e da quel 20 per cento che si trova al di sotto della soglia di povertà; dai Comuni, che con i continui tagli sono ridotti al dissesto finanziario e non sono più nelle condizioni di assicurare i servizi minimi essenziali; dal mondo dei derelitti e degli handicappati, ai quali mancano le strutture socio-assistenziali che le poche risorse nel settore non possono garantire; da coloro che, armati di buona volontà, non riescono ad impostare un’attività produttiva per l’assenza delle infrastrutture essenziali.

Non abbiamo bisogno del ponte sullo Stretto, se questo non è accompagnato dalle infrastrutture essenziali e se è legato al licenziamento di 11.000 forestali calabresi, ai quali questo Governo nega le risorse e il loro sacrosanto diritto al lavoro.

Signor Presidente, colleghi, fra le caratteristiche di questo Governo va certamente riconosciuta la capacità di perseguire con estrema caparbietà i propri obiettivi, senza lasciarsi troppo distrarre, possiamo anche dire a qualsiasi costo: ciò vale senza dubbio per quella lunga serie di provvedimenti che per brevità possiamo definire mirati o ad personam e che non elenco perché esaurirei il tempo a disposizione. Ma bisogna ammettere che questa determinazione il Governo riesce a metterla in campo anche in altri settori cui, ahimè, dedica la sua attenzione.

Questo Governo, in soli tre anni, è riuscito a mortificare ed umiliare gli sforzi e le legittime aspettative di una parte dell’Italia, che con la propria fatica e il proprio lavoro aveva visto concretizzarsi la speranza di un risveglio non solo economico, ma anche sociale e culturale.

Mi fermo qui, consapevole di avere indicato solo alcuni e parziali temi che caratterizzano la questione del Mezzogiorno. Sono parziali ma decisivi e rischiano di diventare ancora più drammatici se non riusciremo ad imporre al Governo gli impegni che deve assumersi, se vuole davvero rappresentare gli interessi di tutti i cittadini del nostro Paese e se vuole veramente, creando occupazione, ridurre l’area dell’emarginazione e del degrado, che condiziona e frena lo sviluppo economico e sociale delle Regioni meridionali. (Applausi dal Gruppo Misto-SDI).

 

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Pedrizzi. Ne ha facoltà.

 

PEDRIZZI (AN). Signor Presidente, signor Ministro, ebbene sì, questo Governo sta tagliando le tasse. Giornalisticamente si potrebbe dire che quanto meno c’è la notizia: non si tratta di un cane che morde un uomo (come recita quel detto inglese), che è una notizia banale, ossia una non notizia, ma è un uomo che morde il cane.

Stavolta in Italia c’è un Governo che taglia le tasse, invece di aumentarle, che fa una manovra finanziaria incentrata sulla diminuzione della pressione fiscale, invece di mettere la mano nelle tasche degli italiani.

È qualcosa di assolutamente nuovo, oserei dire addirittura di rivoluzionario. Per questo non è esagerato dire che oggi siamo dinanzi ad uno snodo politico, infatti, e ad un momento di svolta anche di tipo culturale.

Antonio Padellaro in un editoriale su "l’Unità" di qualche giorno fa si è preso gioco del fatto che Berlusconi abbia parlato di svolta epocale. È un’ironia che però cade nel vuoto, perché se Padellaro fosse attento alla storia quanto lo è alla propaganda antiberlusconiana, scoprirebbe che è la prima volta in Italia che si vara un provvedimento di sgravi fiscali di questa portata. Dal 1961, infatti, da quando cioè la Democrazia Cristiana pose le basi della politica economica e fiscale dei Governi di centro-sinistra in questo Paese, c’è stato ininterrottamente un aumento esponenziale delle tasse, unitamente ad una politica economica dirigista che ha portato l’Italia in pochi anni ad essere il Paese europeo con il più alto numero di imprese pubbliche e con quelle sacche di socialismo reale da tutti oggi deprecate.

 

Presidenza del vice presidente FISICHELLA

 

(Segue PEDRIZZI). Ma anche dopo il 1994, dopo la prima brevissima esperienza di un Governo di centro-destra, i successivi sette anni di centro sinistra, in cui ben quattro Governi si sono alternati, sono stati caratterizzati da un succedersi ininterrotto di tasse e balzelli, tanto da portare l’Italia ad essere tra i Paesi europei con le più alte aliquote IRPEF e IRPEG. Solo dal 2001, con il ritorno al Governo del centro-destra, si è cominciato a prendere un’altra direzione, è stato possibile, nonostante i negativi scenari internazionali (l’11 settembre, l’Iraq, il terrorismo), gettare le basi per arrivare ad immaginare e praticare una politica economica che ricorre alla leva fiscale per liberare energie per lo sviluppo e non per fare cassa.

Ecco perché quello che stiamo vivendo è un momento storico: il centro-destra sta dando vita ad una manovra finanziaria strutturale che rompe lo schema culturale della sinistra, una manovra che, se accompagnata da adeguati interventi per rilanciare la competitività del nostro apparato produttivo nel medio e lungo termine, andrà ad incidere sui problemi della nostra economia. Certo, bisognerà continuare su questa strada nei prossimi anni, in modo da innestare un effetto cumulativo virtuoso e progressivo.

Sappiamo bene, onorevoli colleghi, che c’è chi sta minimizzando; chi, animato dal livore di aver perso la speranza che questo Governo andasse in crisi per la manovra fiscale, si trova adesso con il cerino in mano, costretto ad assistere impotente al conseguimento di un obiettivo che il centro-destra si era dato all’inizio del suo mandato di Governo. Costretto ad ascoltare e a registrare sondaggi che attestano non solo che il centro-destra recupera i consensi che aveva perso durante le discussioni di questi ultimi due mesi (una dialettica che è stata dolorosa, ma anche necessaria e, come si vede, utile), ma anche che molti tra gli elettori del centro-sinistra sono favorevoli a questa manovra fiscale. Sono in molti, infatti, a capire che non regge nei fatti la reazione scomposta da parte delle opposizioni. Vediamo perché.

Una prima critica riguarda la presunta invarianza della pressione fiscale: il gettito aggiuntivo derivante dagli altri provvedimenti fiscali contenuti nella finanziaria, si dice (in particolare le misure in materia di studi di settore e quelle di contrasto all’erosione e all’evasione nel settore dei redditi immobiliari), compenserebbe le riduzioni che vengono ora operate in sede IRE.

In realtà, non si possono confondere le due cose. Per molto tempo, anche da parte di esponenti di sinistra, si è invocata la necessità di una riforma fiscale che ampliasse la base imponibile, anche attraverso una migliore efficacia degli strumenti di accertamento, e riducesse al contempo le aliquote d’imposta, rimuovendo un sicuro disincentivo all’attività economica. L’operazione di manutenzione della base imponibile non equivale all’istituzione di nuove forme di imposizione, e lo sa bene chi si intende di economia a sinistra, come i senatori Morando, Turci e D’Amico.

Essa mira essenzialmente ad adeguare gli strumenti di accertamento e definizione della base imponibile stessa al mutato contesto economico, che risulta enormemente modificato, peraltro, dagli effetti dell’introduzione dell’euro. Anche l’adeguamento delle imposte e delle tasse in misura fissa (bollo, concessioni governative, eccetera) risponde, nella sostanza, alla medesima esigenza. In pratica, non si possono equiparare le vecchie 50.000 lire a 25 euro.

L’istituzione di una nuova imposta (come è stato, per esempio, il caso dell’IRAP o del contributo straordinario per l’Europa) non può essere confusa con l’introduzione di misure dirette all’affinamento degli strumenti di accertamento che, eliminando aree di erosione ed evasione, rendono possibili riduzioni consistenti delle aliquote d’imposizione.

Un ulteriore filone di critica ha ripreso temi già ascoltati nel corso dell’esame della legge delega di riforma del sistema fiscale. In particolare, si è tornati ad evocare attentati contro il sacro principio della progressività, come ha fatto lo stesso senatore Morando ieri mattina, per sostenere la presunta anticostituzionalità di questo provvedimento. Come in occasione di quel dibattito, voglio chiedere ai colleghi: di quale progressività si sta parlando? Per impostare correttamente il problema della progressività, forse sarebbe opportuno partire dalla constatazione che l’IRPEF è in sostanza già da tempo un’imposta speciale progressiva e personale solo sul reddito da lavoro. L’IRPEF è stata gradualmente trasformata, soprattutto a seguito delle riforme introdotte dai Governi di centro-sinistra, in un’imposta specifica sul lavoro (e sulle pensioni); l’esatto opposto, quindi, del suo modello morale, ideale e politico.

In particolare, proprio i Governi di centro-sinistra hanno perseguito una sistematica esclusione dalla base imponibile dell’imposta personale di tutti gli altri tipi di reddito: dei redditi di capitale, soprattutto delle forme più sofisticate di impiego del risparmio, soggetti ad aliquota proporzionale del 12,5 per cento; dei redditi d’impresa, via DIT a regime, applicata in ragione di un’aliquota proporzionale del 19 per cento; degli stessi redditi immobiliari, per i quali era stata prefigurata una riforma che avrebbe introdotto una generale tassazione del 19 per cento.

Onorevoli colleghi, cari avversari del centro-sinistra, se poi si guarda al sistema impositivo nel suo complesso, il colpo finale alla progressività è venuto con l’introduzione dell’IRAP, un’imposta sostanzialmente regressiva, perché colpisce relativamente di più le attività produttive con minore capacità contributiva, perché piccole o perché non evolute. La regressività dell’imposta è emersa in modo ancora più evidente nella sua concreta attuazione, che ha visto un notevole scarto tra le previsioni di gettito e le risultanze di consuntivo, con una forte redistribuzione dell’onere fiscale che si è regressivamente - attenzione: regressivamente, non progressivamente - concentrata a favore delle attività maggiori (banche, assicurazioni), imprese ad alta tecnologia.

Per le ragioni sopra esposte, non può che essere ben accolto - secondo criteri sia di efficienza, sia di equità distributiva - qualsiasi intervento teso a ridurre sia la personalizzazione che la progressività dell’imposizione sul reddito, così come prefigurato nel primo e, ora, nel secondo modulo di riforma dell’IRPEF, nonché la graduale riduzione ed eliminazione dell’IRAP, agevolando in tal modo sia le famiglie che le PMI.

Occorre poi assicurare una progressività reale del sistema fiscale, che è funzione anche dell’ampiezza del fenomeno dell’evasione fiscale. Un contributo al corretto adempimento degli obblighi fiscali verrà dall’ulteriore affinamento degli studi di settore, uno strumento - ricordiamolo - introdotto nel 1994 dal primo Governo Berlusconi, e per il quale, anche attraverso il consenso delle categorie e degli operatori interessati, si va definendo un percorso di adeguamento alle mutate condizioni economiche.

Quanto agli effetti degli sgravi sui singoli contribuenti, essi devono essere valutati alla luce dell’azione complessiva del Governo nel corso di questi anni. Secondo i risultati di una simulazione condotta da alcuni ricercatori di Econpubblica, Centro di ricerca sull’economia del settore pubblico dell’università Bocconi, l’esame combinato delle modifiche introdotte nel primo e nel secondo modulo di riforma fa emergere benefici consistenti proprio per i redditi bassi.

Ed inoltre, circa il complesso delle riduzioni di imposte concesse, la consistenza degli sgravi operati con il secondo modulo di riforma supera, come sottolineato dal professor Vitaletti in un suo articolo su "Italia Oggi", quella del primo modulo, varato a partire dal 2003, pari a 5,5 miliardi di euro; supera altresì di molto quella del primo avvio di riduzione dell’IRPEF-IRE (il milione di lire a figlio varato a partire dal 2002), il cui costo fiscale si aggirava su 1,2 miliardi di euro.

Complessivamente gli sgravi Ire in questa legislatura ammontano finora a quasi 13 miliardi di euro, circa un punto pieno di PIL. Ma quando mai si sono verificati, nel nostro Paese, riduzioni di tasse di questa portata, onorevoli colleghi? Si tratta di risultati fondamentali, che testimoniano la coerenza dell’azione di Governo e della sua maggioranza parlamentare sulla via della realizzazione degli aspetti qualificanti del programma politico della Casa delle Libertà. Del resto, è difficile contestare questi fatti e queste cifre.

Il taglio che ci apprestiamo a fare, che vale 6,5 miliardi di euro, non ha precedenti nella storia ed è un taglio che non solo sostiene il potere di acquisto dei singoli e delle famiglie, alza la soglia delle no tax area, ma riduce drasticamente la spesa per la pubblica amministrazione, cresciuta in modo abnorme negli ultimi anni. È una riforma che prevede meno tasse per i redditi bassi e medi, che diminuisce la pressione fiscale anche su quelli più alti, ma che non ridurrà i servizi sociali. In pratica, mette al centro dell’attenzione politica la famiglia nel suo complesso, pensando persino alle badanti che assistono anziani e portatori di handicap. Non tocca la scuola e la sanità e non taglia sostanzialmente risorse agli enti locali per le prestazioni necessarie ai cittadini.

Questa finanziaria introduce piuttosto criteri di rigore e di efficienza nei conti e nella gestione di spesa dello Stato, come è nella tradizione della destra: della destra, non dimentichiamolo, che ha fatto questo Paese e che ha sempre pareggiato i conti dello Stato.

Ma come si può continuare a dire ai cittadini, a fronte di una spesa pubblica annua di 640 miliardi, che non ci sono le risorse e gli spazi per diminuire le tasse? È assurdo ed è immorale, anche perché le risorse e la copertura alla manovra finanziaria si sono trovate proprio stringendo la spesa pubblica, eliminando gli sprechi e - diciamolo - controllando di più la finanza un po’ allegra di molte amministrazioni locali: un concerto della star di turno ed un viaggio all’estero in meno non comprometteranno certamente i servizi essenziali per i cittadini.

Ecco perché sosteniamo che stiamo varando una finanziaria sociale e non solo perché toglie alla pletora burocratica per dare ai cittadini o perché punta ai ceti deboli, visto che il grosso dell’incentivo fiscale è per chi guadagna mediamente 25.000 euro annui, che è l’identikit tipico del dipendente pubblico e dell’impiegato medio privato con moglie e due figli a carico.

La verità è che questa finanziaria ha un contenuto sociale, perché diminuire oggi l’IRAP, la tassa sul lavoro, inventata ricordiamolo da Vincenzo Visco, e sulle esposizioni bancarie, quindi sui debiti delle aziende, e l’IRE - cioè l’ex IRPEF - significa promuovere la crescita di una società che sta cambiando, e lo sta facendo velocemente.

La sinistra minimizza, leva al cielo il suo allarme, ma è bene ricordare che anche a sinistra c'è chi non è accecato dalla faziosità, chi riconosce l'importanza di questa manovra finanziaria. In un'intervista rilasciata a "II Giornale" domenica 28 novembre, il senatore Debenedetti, dei DS, fino a prova contraria, ha detto queste testuali parole: "Finora l'opposizione ha reagito contestando il merito dell'operazione fisco: dicendo che è poco, "una mancia" come dice Pietro Fassino. Tenta insomma di sminuire la portata dell'operazione. In parte" - continua Debenedetti - "sono critiche motivate, resta il fatto però che quel poco non è nulla, non può essere liquidato come tale". Ma non solo, Debenedetti riconosce alla filosofia di questa finanziaria un senso ed una logica.

Anche il direttore de "il Riformista", Antonio Polito, in un fondo dello scorso 29 novembre scrive queste cose: "Si sta strepitando, a sinistra, perché un Governo di destra taglia lo 0,5 per cento di una spesa pubblica che ammonta a 640 miliardi di euro all'anno? A sbraitare di macelleria sociale? A stracciarsi le vesti per la copertura? Non ci si può opporre ai tagli fiscali dicendo che non sono veri, ma al contempo socialmente micidiali. Che non sono coperti ma produrranno la fine dello stato sociale".

Tutto quello che hanno detto Debenedetti e Polito è vero, perché le contraddizioni della sinistra sono evidenti.

Come una contraddizione è stato anche lo sciopero generale indetto dai sindacati. Uno sciopero paradossale fatto per protestare contro una manovra che riduce le tasse, dimostrando di essere uno sciopero solo politico - lo ha detto lo stesso Pezzotta esclusivamente per non essere stato chiamato al tavolo del Governo - a difesa della conservazione.

La realtà è che questa manovra finanziaria non può essere liquidata come se non ci fosse, se non altro perché avrà effetti certi e fecondi, perché - come si è detto - rompe uno schema culturale, mette cioè l'Italia nella scia di quei Paesi - Spagna Irlanda e Inghilterra - dove, grazie a politiche fiscali analoghe a quella che stiamo varando, la ripresa economica e lo sviluppo sono partiti e stanno continuando a crescere.

Questa manovra finanziaria, peraltro, come hanno certificato la Ragioneria, il Governatore della Banca d'Italia ed i mercati, ha rispettato i parametri di Maastricht, anche perché siamo convinti che gli impegni assunti e liberamente sottoscritti si devono e si possono mantenere. Abbiamo sempre detto chiaramente che il Patto va preso sul serio, ma stiamo anche dicendo da tempo che la filosofia di Maastricht ed il Patto sono stati concepiti in un periodo di inflazione elevata, di politiche finanziarie differenziate e soprattutto di trend economico sostenuto. Allo stato attuale, quel limite del 3 per cento del deficit ha un effetto prociclico che di fatto rallenta ulteriormente lo sviluppo e fa abortire ogni possibilità di ripresa. In pratica, significa proseguire e continuare a praticare politiche di bilancio restrittive che impediscono la crescita europea.

Del resto, la sinistra non ha sempre criticato gli euroburocrati, le logiche finanziarie di Bruxelles, i banchieri centralistici che hanno disatteso le esigenze del popolo e della società, dei singoli popoli e delle singole Nazioni? Ecco, su questi temi Alleanza Nazionale ha aperto il dibattito.

Si tratta, allora, di allentare questi vincoli che oggi frenano la ripresa dell'Italia, dando maggiori risorse, avviando una discussione sulle modalità applicative e sull'interpretazione dei parametri fissati con il Trattato di Maastricht. E' un punto importante che il Governo dovrà affrontare dopo aver dimostrato di riuscire a muoversi anche dentro i vincoli del Patto, come sta facendo in questo momento, come sta facendo bene in questi giorni con il ministro Siniscalco e con una maggioranza di centro-destra che lo sostiene. (Applausi dal Gruppo AN e del senatore Peruzzotti. Congratulazioni).

 

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Moro. Ne ha facoltà.

 

MORO (LP). Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, signor relatore, onorevoli colleghi, nel corso del dibattito assembleare abbiamo colto i punti salienti della legge finanziaria all’esame del Senato.

Ritengo che tre siano gli elementi caratterizzanti, frutto delle scelte politiche dell’attuale Governo, in linea con le linee programmatiche che la Lega Nord ha da sempre sostenuto.

Questi sono gli ambiti principali di intervento che emergono dall’applicazione della manovra di Governo: il controllo della spesa pubblica, il taglio delle tasse, il blocco delle assunzioni nel pubblico impiego. Tali ambiti di intervento sono frutto di scelte politiche forti e nascono da una scuola di pensiero ben diversa rispetto a quella perseguita dall’opposizione. Di fatto, in quest’Aula, attraverso la presente legge finanziaria sono venute a confrontarsi due differenti anime e due diverse concezioni della politica, che vedono rapportarsi, in maniera diversa, l’economia di mercato con quella dello Stato sociale-assistenzialista, l’autonomia e il federalismo con il centralismo democratico.

La manovra proposta ha, tra i suoi obiettivi, la riduzione nel 2005 del deficit pubblico al 2,7 per cento (in opposizione ad un deficit tendenziale del 4,4 per cento), considerata anche l’esigenza di ricondurre l’andamento dei saldi di finanza pubblica entro i parametri derivanti dall’appartenenza all’Unione economica e monetaria. A tale scopo, sono quindi strutturate le risorse.

In presenza di un quadro congiunturale piuttosto problematico, caratterizzato da una flebile crescita economica all’interno dell’area euro, l’aggiustamento strutturale dei conti pubblici dovrebbe favorire l’innalzamento del tasso di crescita reale e potenziale del nostro Paese.

Con l’attuale disegno di legge ci si prefigge, pertanto, una riduzione strutturale del deficit tendenziale, un programma di sviluppo che miri a un miglioramento della competitività del sistema Paese, un sostegno dei redditi, nonché un’accelerazione della riduzione del debito pubblico.

I dati di questa finanziaria manifestano obiettivi di sostanziale miglioramento della finanza pubblica, in linea ed in dipendenza con le politiche economiche attuate dal Governo.

Il Governo ed il sistema Paese stanno impegnandosi profondamente per garantire la ripresa economica e il rilancio dello sviluppo. La politica di questo Governo è, in tal senso, il risultato di un programma che ha ottenuto il consenso della maggioranza degli italiani in favore della Casa delle Libertà; l’attuazione di tale programma si sta concretizzando attraverso l’approvazione di una serie di riforme economiche e sociali, volte ad accrescere la competitività del Paese coerentemente con gli obiettivi fissati dall’Unione Europea.

Alcune di queste riforme sono già operative, altre sono sulla linea del traguardo, come quelle del mercato del lavoro, del diritto societario, della giustizia, della scuola, la riforma pensionistica ed il federalismo.

Tornando ai tre punti significativi e caratterizzanti la finanziaria, relativamente al controllo della spesa pubblica, l'applicazione della regola del 2 per cento risulta quanto mai necessaria, soprattutto se intendiamo intaccare quella sorta di intoccabilità (in materia di assunzioni) di cui ha sempre goduto la pubblica amministrazione, quasi si trattasse di un diritto feudale. Non possiamo infatti pensare di continuare a lasciare la spesa della pubblica amministrazione nel limbo delle "non scelte" e soprattutto al di fuori di ogni controllo.

In un contesto economico difficile come quello attuale, in cui le nostre imprese sono costrette all'austerità, a praticare il taglio degli sprechi e a lottare per il recupero della produttività, anche il mondo della pubblica amministrazione deve necessariamente essere sottoposto ad una sostanziale e necessaria riduzione degli sprechi, dei privilegi e dell'improduttività.

Parlando di spesa pubblica, vorrei sottolineare che non esiste un problema di divario tra Nord e Sud; esiste altresì un problema di confronto tra ambito privato ed ambito pubblico. Gli sprechi della pubblica amministrazione non hanno infatti confini geografici e sfuggono ai controlli di efficacia ed efficienza.

In tal senso gli amministratori, i politici ad ogni livello, devono essere giudicati e valutati soprattutto in funzione della loro capacità di eliminare gli sprechi e di ottimizzare le risorse. Attraverso la presente legge finanziaria e gli interventi di contenimento della spesa pubblica, il Governo non ha fatto altro che interpretare gli umori dei cittadini, oramai esasperati e stufi di pagare per gli ingenti sprechi della pubblica amministrazione.

Per quanto invece riguarda il taglio delle tasse, attraverso l'emendamento fiscale presentato dal Governo vengono di fatto introdotte delle misure atte a favorire la competitività, lo sviluppo dell'economia ed il recupero del potere d'acquisto. La coalizione di Governo ha voluto infatti dare attuazione all'accordo programmatico stipulato con i propri elettori, che individuava nelle riduzione della pressione fiscale uno degli strumenti più efficaci con cui sostenere la ripresa economica; per non parlare delle riforme introdotte nel corso di questa legislatura che hanno coinvolto i settori della previdenza, della giustizia e dell’ordinamento federale dello Stato.

Come abbiamo sentito nel corso della presentazione in Aula, gli interventi al riguardo sono relativi: alla riforma dell'IRE, con tre sole aliquote con il nuovo regime delle deduzioni per i carichi familiari; a modifiche sull'IRAP (che peraltro non soddisfano appieno le nostre richieste in ordine al sostegno delle piccole e medie imprese, ovvero di quei soggetti più provati dalla iniqua tassazione IRAP introdotta dai Governi precedenti); ad altri interventi di natura normativa tributaria (studi di settore, adempimenti, eccetera.)

In termini pratici tutto questo significa un risparmio fiscale, in primo luogo per le famiglie con figli a carico ed in generale, relativamente ai vari scaglioni di reddito, benefici a vario titolo per tutte le categorie di contribuenti.

Le modifiche tributarie introdotte, ovvero la rimodulazione dell'imposta sul reddito delle persone fìsiche, nonché le modifiche riguardanti le imposte indirette, alleggeriranno il carico fiscale e renderanno disponibili maggiori risorse a favore dei cittadini. Queste verranno utilizzate sia per incrementare il livello medio di consumo che per aumentare il livello medio di risparmio.

Infine: il blocco delle assunzioni nel pubblico impiego. L'obiettivo è quello di ridurre gli organici della pubblica amministrazione andando ad intaccare quella sorta di diritto d'intoccabilità della pubblica amministrazione precedentemente menzionato. I tagli previsti consentiranno comunque di concedere un ulteriore aumento contrattuale dello 0,6 per cento per il rinnovo dei contratti pubblici rispetto al 3,7 previsto originariamente per il triennio 2004-2006. Le disposizioni sul blocco non si applicano alle Forze armate, ai corpi di polizia, ai Vigili del fuoco, alle categorie protette, unitamente ad altre eccezioni previste.

A fronte di queste positive considerazioni, ritengo tuttavia doveroso sottolineare due aspetti negativi emersi dal dibattito in corso. Mi riferisco innanzitutto alla problematica dei fondi per le aree sottoutilizzate.

Anche per il 2005 le risorse per il Mezzogiorno vedono comunque uno stanziamento rilevante, pari a circa 11.190 milioni di euro comprensivi dei fondi di cofinanziamento per le politiche comunitarie. E' oramai evidente a tutti come le misure di sostegno del Mezzogiorno (in termini di ingenti risorse finanziarie finora stanziate) non siano comunque riuscite a risolvere l'annoso problema del divario economico esistente all'interno del Paese recentemente sollevato, a ragione, anche dal Capo dello Stato.

Come Lega Nord riteniamo che, al pari degli altri problemi del Paese affrontati dalla presente finanziaria (quali il controllo e la riduzione della spesa pubblica, il taglio delle tasse e la riduzione del personale della pubblica amministrazione), non possa più essere rinviata la soluzione del problema Mezzogiorno. Dobbiamo capire i motivi per i quali persiste il divario economico di risorse tra Nord e Sud (non più sostenibile e da superare), pur in presenza delle ingenti risorse investite nel Mezzogiorno.

Alla luce del dibattito ormai secolare su questa problematica, non può ulteriormente differirsi una complessiva revisione degli strumenti di intervento. Urge una verifica puntuale su dove vanno a finire i soldi e su quali risultati si siano prodotti in termini di ritorno a livello economico ed occupazionale.

Si rende necessaria una profonda riflessione al riguardo; sarebbero opportune delle scelte coraggiose che pongano fine agli sprechi inconfutabili e documentati dalla mancata crescita e dall'inesistente sviluppo del Mezzogiorno.

Volendo infine individuare, all'interno dei fondi per le aree sottoutilizzate, l'ammontare delle risorse specificamente rivolte alle imprese, per il 2005 vi sono stanziamenti che ammontano a circa 2.500 milioni di euro. La riflessione precedentemente avanzata vale anche in questo caso in relazione alle logiche assistenziali che hanno sin qui caratterizzato lo stanziamento di fondi per il Mezzogiorno. Ci preoccupano in tal senso le posizioni di chiusura manifestate delle categorie interessate (vedi Confindustria) dal momento che vengono poste delle preclusioni alla discussione di queste delicate tematiche. La verità è che questi fondi le nostre piccole imprese, (che costituiscono l'asse portante dell'economia italiana) nemmeno li vedono.

Infine, colgo la riflessione del relatore alla finanziaria quando lamenta una mancanza di leadership da parte dell'Europa e dei suoi organismi: mancano scelte politiche forti in sostegno dell'economia e dello sviluppo.

Mancano scelte politiche forti a sostegno dell'economia e dello sviluppo. Ancor di più preoccupa il permanere e lo svilupparsi di un’Europa dei burocrati, di un’Europa delle direttive, delle normative, dei numeri fine a se stessi. Un’Europa con poca testa, con poche idee e priva di una vera e propria guida politica. (Applausi dal Gruppo LP).

 

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore D'Amico. Ne ha facoltà.

 

D'AMICO (Mar-DL-U). Signor Presidente, il ragionamento che mi appresto a svolgere parte da una diagnosi della situazione del nostro Paese. Una diagnosi preoccupata, considerato che il nostro è un Paese la cui economia cresce molto poco e che perde, da numerosi anni, quote sui mercati internazionali e nel commercio mondiale.

Il nostro è il Paese che probabilmente oggi registra la più bassa mobilità sociale rispetto agli altri Paesi sviluppati. Siamo la Nazione in cui più alta è la probabilità che una persona, sia essa ingegnere, professore universitario o operaio, faccia lo stesso mestiere che facevano i suoi genitori.

 

Presidenza del vice presidente MORO

 

(Segue D'AMICO). È un Paese, quindi, che presenta problemi di giustizia sociale, di eguaglianza delle opportunità e uno dei motivi per cui esiste lo Stato è anche quello di creare eguaglianza nelle opportunità.

Un altro indicatore molto semplice delle difficoltà che vive il Paese è il bassissimo tasso di natalità: essendo senatori, e quindi non più giovanissimi, credo che tutti ricordiamo la polemica sui 12-13 figli delle famiglie napoletane, laddove oggi, a Napoli, si fanno meno figli che a Stoccolma.

Il nostro è, quindi, un Paese che dà segnali di stasi, di stanchezza e forse anche di declino. In questa situazione, qual è stata la politica del Governo di centro-destra? Sostanzialmente, in questi tre anni il Governo ha scelto di aspettare la ripresa internazionale; nel frattempo, ha adottato una serie di provvedimenti tampone come le cartolarizzazioni, le cessioni del patrimonio pubblico e i condoni a non finire, oltre a numerosi artifici contabili sui quali prima o poi bisognerà indagare con maggiore attenzione. Non ha attuato, però, altri interventi che invece avrebbe dovuto realizzare: non si è occupato della ricerca, né del Mezzogiorno, non si è occupato della scuola, né della riforma della pubblica amministrazione.

Si è trattato di una strategia attendista: la ripresa internazionale avrebbe dovuto risolvere i problemi dell'Italia. La ripresa è arrivata, tant'è che nel 2003 e nel 2004 l'economia internazionale è cresciuta a tassi che non hanno precedenti negli ultimi venticinque anni. Ripeto: non era mai cresciuta così velocemente come negli ultimi due anni.

Tuttavia, la crescita economica italiana è rimasta debole ed insufficiente ed il Paese ha continuato a dare segni di stanchezza; non si è - come si usa dire - agganciato alla ripresa. È vero, in Europa le cose non vanno altrettanto bene dal punto di vista della crescita rispetto al resto del mondo, ma la crescita europea in questi anni è stata comunque pari a una volta e mezza quella italiana. Una crescita del genere avrebbe risolto molti dei nostri problemi, ma la verità è che la strategia attendista di questi anni si è rivelata insufficiente; si aspettava una ripresa e quando questa è arrivata l'economia italiana non è stata in grado di recuperare dinamismo.

In questo quadro si colloca la svolta degli ultimi mesi, di questo fine 2004: l’annuncio della riduzione delle tasse. Di fronte all'evidenza del fatto che non bastava attendere, si è deciso di introdurre un elemento nuovo per muovere un’economia che dà segni di stasi: la riduzione delle tasse. Se nonché, in questi tre anni non solo è stata condotta una politica attendista, ma si è anche sprecata una grandissima occasione. In questi tre anni l'andamento dei tassi sui mercati internazionali ha fatto sì che nonostante il debito pubblico italiano sia cresciuto la spesa per interessi pagati dall'Italia sul proprio grande debito si sia ridotta di circa due punti del PIL.

Era una grande occasione, forse per ridurre le tasse, forse per fare spese utili. Tuttavia, quell’occasione è andata perduta, perché nel frattempo, mentre ci si occupava dei provvedimenti tampone, ci si distraeva da quello che è stato il ruolo essenziale del Ministro dell’economia, almeno dal 1992 ad oggi: la politica della lesina, del contenimento della spesa, dell’acuta, persistente e pervicace osservanza dei conti per verificare dove c’erano sprechi ed evitare che questi si producessero.

Il risultato clamoroso di quei tre anni è che i due punti di riduzione della spesa pubblica resi possibili dalla riduzione dei tassi di interesse sono andati tutti dispersi in un aumento della spesa corrente. Tale aumento è stato determinato, per esempio, dalla circostanza che in quei tre anni si è consentito che i dipendenti pubblici aumentassero di circa 130.000 unità. In sostanza, non si è fatto rispettare il blocco del turnover, che pure era previsto. Quel 2 per cento di margine che l’andamento dei tassi ha reso possibile nel bilancio pubblico italiano è stato sprecato.

A questo punto, la riduzione delle tasse pone con gravità il problema del suo finanziamento. La questione non si sarebbe posta se si fosse mantenuta costante la spesa corrente in rapporto al PIL; si pone, invece, a seguito degli errori commessi nella gestione della spesa da parte di chi ne aveva la responsabilità.

Pertanto, la riduzione delle tasse pone il problema del finanziamento, tant’è vero che la riduzione delle tasse, in realtà, non c’è. A conti fatti, l’aumento dei vari balzelli (costituiti dalla rivalutazione degli estimi, dalla revisione degli studi di settore, dall’aumento dei bolli, delle accise sulle sigarette e delle imposte sul lotto) è superiore alla riduzione dell’imposta sui redditi delle persone. Secondo i conti del Governo, e non dell’opposizione, nel 2005 ci sarà un accrescimento dell’imposizione fiscale, rispetto alla legislazione corrente, di circa 3,8 miliardi di euro. Ciò vuol dire che si riducono alcune tasse, se ne aumentano altre e l’entità dell’aumento supera quella della riduzione.

C’è stata una divertente discussione anche sui giornali sugli effetti di una riduzione delle tasse. Certo, l’effetto sulla crescita - al contrario di quanto ha detto il Presidente del Consiglio - è maggiore se la riduzione delle tasse viene coperta con una riduzione delle spese, piuttosto che se viene realizzata in deficit. Ma il punto è che ci deve essere una riduzione delle tasse perché si produca un certo effetto. Qui una riduzione delle tasse non c’è, secondo i conti del Governo, dai quali emerge che ad una tassa si sostituiscono altre tasse, maggiori di quelle che si riducono.

C’è anche iniquità in queste misure, perché la tassa che si diminuisce, che è progressiva, viene sostituita con altre proporzionali o regressive. Inoltre, la riduzione dell’imposta sul reddito delle persone fisiche è concentrata sui redditi più alti, proprio in un momento nel quale, per la prima volta nel dopoguerra (secondo i dati dell’indagine sui redditi e sui patrimoni delle famiglie svolta dalla Banca d’Italia), le famiglie, gli operai e gli impiegati vedono ridurre il proprio reddito reale netto. Questo non era mai successo nel dopoguerra, è la prima volta che si verifica e tuttavia la scelta di politica fiscale del Governo è di spostare il prelievo da un’imposta progressiva a imposte regressive o proporzionali e - all’interno di queste - concentrare la riduzione per circa due terzi sulle famiglie più ricche. C’è, quindi, un problema di equità.

Sebbene l’aumento delle imposte sia superiore alla riduzione dell’imposta sul reddito e nonostante l’effetto di iniquità che si genera attraverso questa manovra, ci si può legittimamente interrogare sul fatto che comunque una riduzione dell’imposta sul reddito può determinare, in astratto, un aumento dell’offerta di lavoro. Non è quindi una politica espansiva dal lato della domanda, come qualcuno della maggioranza ha detto, dal momento che si accrescono le imposte più di quanto le si riducano; tuttavia un cambiamento del prelievo fiscale, in astratto, potrebbe determinare un aumento dell’offerta di lavoro: se per ogni ora lavorata in più la parte di salario netta che resta in tasca è superiore a quella precedente, si potrebbe decidere di prestare alcune ore di lavoro in più.

Vi è però un errore clamoroso nella costruzione del sistema delle aliquote delle deduzioni fiscali; se questo era l'obiettivo, il sistema è sbagliato tecnicamente. Infatti, già a livelli di reddito dell'ordine di grandezza di 30.000 euro lordi l'anno un aumento di 100 euro del reddito non viene tassato al 33 per cento: un'aliquota apparente, perché quell'aumento di 100 euro determina anche una riduzione delle deduzioni di 28 euro. Ricevendo, quindi, un aumento di 100 euro del reddito lordo, quest'ultimo, fiscalmente assoggettato, crescendo complessivamente di 128 euro, costringe al pagamento di un'aliquota pari al 33 per cento: già a quel livello di reddito, pertanto, ci si imbatte in una aliquota marginale effettiva di oltre il 40 per cento (42 per cento circa).

Se l'effetto dal lato della domanda non c'è, perché le nuove tasse superano le vecchie, non vi è effetto neanche dal lato dell'offerta, perché su livelli di reddito medi il livello di aliquota marginale è molto più alto dell’attuale. Ci troviamo di fronte ad una costruzione - a mio parere - priva di ogni ragionevolezza.

Siamo certi, poi, che vi sia una qualche copertura di questa manovra? Il Fondo monetario internazionale afferma che prima ancora dell'operazione di cui all’emendamento fiscale, quello cioè che ha introdotto la riduzione delle tasse, sarebbe stata necessaria una manovra aggiuntiva di 6 miliardi di euro nel corso del prossimo anno. Le stime dell'OCSE sono lievemente più ottimistiche; l'Unione Europea ha detto la sua, mi pare, con una certa rudezza sul fatto che la manovra non è in grado di determinare il rispetto del 3 per cento del parametro indebitamento-PIL. Tutti - e sottolineo tutti - gli istituti di ricerca italiana che si occupano di finanza pubblica hanno evidenziato che questa previsione è largamente non coperta.

A ciò si aggiungono le misure relative alla cosiddetta riduzione delle tasse. Non riesco a capire come si possa pensare di concordare con i lavoratori autonomi e le piccole imprese una revisione degli studi di settore che, secondo i conti presentati dal Governo in Parlamento, comporterebbe aggravi dell'ordine di grandezza di 7.000 miliardi l'anno, a partire dal prossimo anno.

Come si può pensare che un Governo che ha consentito nei tre anni e mezzo in cui ha governato che il numero dei dipendenti pubblici crescesse di 130.000 unità, che ha dimostrato questa capacità di presa sulla struttura e sull'evoluzione della pubblica amministrazione, sia in grado di determinare le forti riduzioni della spesa per i dipendenti pubblici annunziate nel corso di questa manovra finanziaria?

Come si può pensare che qualcuno al mondo possa credere che l'operazione un po' ridicola condotta per l’ANAS possa determinare l'uscita della stessa dal settore della pubblica amministrazione? È tutto interno alla pubblica amministrazione, non una lira deriva dal mercato. Si può pensare che qualcuno si faccia turlupinare da questi giochini, secondo me, un po' ridicoli, sui quali bisognerà indagare?

Tre anni sono stati perduti e in quei tre anni si sono prodotti gravi danni sulla finanza pubblica italiana. Sono andate perse opportunità, non si sono fatte cose che era necessario fare. A questo punto, si prova a correre ai ripari con scelte in larga misura controproducenti e sbagliate anche tecnicamente. Vi chiederei di guardare con attenzione le aliquote effettive previste dalla riforma dell'IRE, che producono gli effetti aberranti che dicevo prima: aliquote di oltre il 40 per cento già su livelli di reddito medi.

Ci viene chiesto cosa fare. Lo abbiamo scritto; capisco che nella società dell'informazione ciò non basta, dal momento che non vi è nulla di più inedito di ciò che è stato scritto. Quando abbiamo presentato il nostro programma per le elezioni europee, abbiamo scritto che nell'arco di una legislatura il tasso di crescita possibile per un Paese come l'Italia, nella situazione nella quale l'Italia è oggi anche a seguito delle scelte sbagliate del Governo Berlusconi, è pari all'1,5 per cento l'anno.

Purtroppo, il tasso di crescita potenziale della nostra economia (anche gli ultimi dati del Fondo monetario lo confermano) non è molto maggiore. Una crescita del genere determina un aumento delle entrate fiscali in termini reali, nella legislatura, di circa 40 miliardi di euro. Ciò vuol dire che se si riesce a tenere fermo il valore reale, senza cioè nessuna sua riduzione, delle altre spese, questi 40 miliardi di euro possono essere distribuiti tra le quattro grandi finalità che, secondo noi, devono essere perseguite: adeguamento delle infrastrutture del Paese (le grandi o piccole opere che non si sono viste), interventi per la ricerca e l'innovazione nel sistema della scuola, interventi per un nuovo welfare, interventi per la riduzione delle tasse.

La discussione che stiamo facendo è su come distribuire quei 40 miliardi di euro tra queste quattro grandi priorità. Questo è ciò che il Paese può fare, questo è ciò che proporremo al Paese quando vi deciderete a sgombrare il campo e a smettere di fare danni. (Applausi dai Gruppi Mar-DL-U, DS-U e Verdi-U. Congratulazioni).

 

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Vicini. Ne ha facoltà.

 

VICINI (DS-U). Signor Presidente, onorevoli rappresentanti del Governo, onorevoli colleghi, la legge finanziaria per l’anno 2005 appare inadeguata a garantire le esigenze delle imprese che operano nel mercato agroalimentare e dei consumatori e ad incentivare lo sviluppo del settore primario e del territorio rurale, soprattutto alla luce del contesto internazionale che richiede, come sappiamo tutti, sempre maggiore competitività.

Non sono solo le risorse ad essere insufficienti, ma è l’approccio con il quale la legge è stata redatta a porre dubbi sull’efficacia della politica agricola seguita dal Governo. Anzi, si potrebbe affermare che quest’anno non ci sia una "finanziaria agricola". La manovra di finanza pubblica, in altre parole, conferma la poca rilevanza assegnata dal Governo al comparto primario: la legge non sembra essere costruita su un reale impianto, non sembra frutto di linee programmatiche chiare sul futuro e lo sviluppo di settori vitali per l’economia nazionale quali, ovviamente, l’agricoltura e l’alimentare.

Quattro sono i punti che vanno evidenziati: il primo è la diminuzione di competitività del sistema agroalimentare italiano. Il Governo nulla o poco ha fatto per sostenere il sistema agroalimentare italiano, che sta vivendo un momento di acuta crisi, causata dalla crescente diminuzione di competitività delle nostre imprese e dalla difficoltà di fare emergere nei mercati mondiali la qualità dei nostri prodotti. In particolare, preoccupazione desta la mancata protezione a livello internazionale dei prodotti tipici e tradizionali, già tutelati nel mercato comunitario con i segni distintivi DOP e IGP, attraverso l’introduzione di un albo delle denominazioni protette in seno all’Organizzazione mondiale del commercio. Inoltre, come è noto, nell’Unione Europea l’agroalimentare è uno dei settori più rilevanti per l’apporto di occupazione e di valore aggiunto al PIL comunitario.

Tuttavia, mentre Gran Bretagna, Germania, Francia e Spagna sostengono in maniera rilevante il comparto (rispettivamente con il 22,2 per cento, il 19,8 per cento, il 15,1 per cento e il 10,8 per cento) l’Italia non rappresenta che l’8,7 per cento del valore aggiunto, con un saldo negativo (nel 2003) della bilancia agroalimentare di 7.400 milioni di euro (fonte uno stesso ente di ricerca vigilato dal MIPAF: l’INEA). Inoltre, sono peggiorati tutti gli indicatori di performance commerciale: il grado di copertura è passato da 73,5 a 71,5; la propensione ad esportare è scesa da 26,5 a 25,4; il grado di autoapprovvigionamento è variato da 91,3 a 90,8.

Secondo punto: l’istituzione dell’Agenzia nazionale per la sicurezza alimentare. Nella legge finanziaria nulla è disposto riguardo l’istituzione dell’Autorità nazionale sulla sicurezza alimentare. Invece, la proposta dei Democratici di Sinistra va nella direzione di introdurre tale ente, in quanto istituzione necessaria a coordinare la ricerca, la prevenzione, l’indirizzo ed il controllo delle norme igienico-sanitarie nell’ambito della filiera alimentare. Essa dovrebbe avere struttura, funzioni, compiti e procedure speculari all’Autorità europea (come è noto con sede a Parma), per garantire un’efficace collaborazione con quest’ultima ed un’adeguata e scientificamente autorevole posizione dell’Italia nella valutazione del rischio.

Terzo punto: tassazione delle cooperative agricole e della piccola pesca. Nella legge finanziaria si prevede che dal 2005 concorrano a formare il reddito imponibile delle società cooperative e dei loro consorzi le somme destinate alle riserve indivisibili nella misura del 20 per cento degli utili netti annuali delle cooperative agricole e loro consorzi, nonché quelle della piccola pesca ed i loro consorzi. Si tratta evidentemente di una ulteriore, seppure indiretta, tassazione in capo agli agricoltori ed ai pescatori, che andrebbe ovviamente eliminata.

Quarto punto: nuovo sistema assicurativo contro i rischi in agricoltura. La finanziaria reca anche alcune disposizioni in materia di assicurazioni contro i rischi in agricoltura a seguito di calamità naturali, che tuttavia non prevedono che un trasferimento di fondi da una autorizzazione di spesa del Fondo di solidarietà nazionale all’altro, senza peraltro aumentarne la dotazione complessiva di risorse.

Al contrario, per realizzare un moderno sistema assicurativo per il settore primario non è certo sufficiente solo trasferire fondi da una voce di spesa all’altra, come disposto nella finanziaria. Si dovrebbe introdurre un sistema assicurativo pubblico di protezione dai rischi, ad esempio come introdotto negli USA dal recente Agricultural Risk Protection Act, che richiede nuova progettualità e confronto con le categorie professionali.

Tale provvedimento appare non più procrastinabile. Ad oggi, in Italia, secondo i dati disponibili, le polizze multirischio nel settore agricolo sono una esperienza assolutamente marginale: sono state avviate in via sperimentale e rappresentano solo lo 0,31 per cento del numero delle polizze (643 su ben 210.643), lo 0,1 per cento delle superfici assicurate e lo 0,25 per cento del valore assicurato.

A conclusione del mio breve intervento, esprimo quindi un giudizio di forte preoccupazione per l’andamento assai negativo, per non dire di grave crisi del settore agroalimentare italiano, ed un giudizio negativo sulla manovra economica del Governo che, così come è stata strutturata, non aiuterà il Paese nell’auspicata ripresa economica, così utile per ridare fiducia ai cittadini italiani, purtroppo sempre più poveri, e contribuirà pesantemente, ancora una volta, a mortificare la montagna e il mondo agricolo. (Applausi dal Gruppo DS-U).

 

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Ferrara. Ne ha facoltà.

 

FERRARA (FI). Signor Presidente, questa mattina ripassavo alcuni testi di economia, cercando concetti più seri rispetto ai quali siamo stati abituati - o sono stato abituato, perché questo errore credo di averlo fatto anch’io - negli anni passati e vedevo che una delle massime, in un libro che conservo dai tempi di scuola, è che l’economia politica è il codice dell’usura.

Noi probabilmente abbiamo un compito, se vogliamo incidere sul sociale e quindi sulle convinzioni che derivano dall’azione in ambito economico, e quindi di politica economica, che noi poniamo in essere, se vogliamo cercare di cambiare questo assunto, questa convinzione che è vecchia essendo una massima settecentesca. Non so quanto ci siamo riusciti o quanto ci si possa riuscire nel mondo occidentale, atteso che, ogni volta che si parla di economia politica, o ogni volta che si fa politica in economia, specie nei Paesi occidentali e particolarmente in Italia, il dibattito confonde le argomentazioni come in un frappé, un frullato di tre o quattro concetti fondamentali.

Un concetto è quello che attiene al dibattito sulla politica economica nella diversità che questa assume in Europa rispetto all’America, e in modo più specifico a Stati Uniti d’America e Canada (in misura preponderante i primi). Quindi, diversità, all’interno della politica economica occidentale, tra Europa e Stati Uniti.

L’altro problema calato nel contesto dei tempi più recenti è il fatto che l’economia ha finito per diventare più liberista. Ci sono sacche di statalismo nel mondo ma, con l’entrata nel mercato mondiale di Paesi importantissimi come la Cina, l’India e la Corea, ormai il problema è quello di portare all’interno del dibattito anche la globalizzazione dell’economia e quindi i problemi che ne derivano.

Un altro elemento del frullato è costituito dal Trattato di Maastricht e quindi dalla necessità di raggiungere i tre classici obiettivi fissati, vale a dire il contenimento dell’inflazione, del debito pubblico e il rapporto tra disavanzo pubblico e PIL.

Un ulteriore elemento attiene alla realtà tutta italiana: per una motivazione un po’ strana, nel nostro Paese il presidenzialismo non è compiuto e il parlamentarismo non è superato: ci troviamo a metà strada tra parlamentarismo e presidenzialismo. La doppia lettura del bilancio con un parlamentarismo in questo momento assolutamente perfetto dimostra come si è dimenticata quella asimmetria iniziale (dagli anni Cinquanta in poi), con una legge di contabilità che fa arrivare alla definitiva approvazione della legge finanziaria attraverso la discussione di documenti interessanti, importanti, ma caratterizzati da una eccessiva farraginosità: mi riferisco al rendiconto, all’assestamento, al Documento di programmazione economico-finanziaria e alla relativa nota di aggiornamento.

Una finanziaria che - secondo la prevista cadenza dei tempi - deve essere presentata prima che siano disponibili i dati definitivi sull’assestamento. Quegli obiettivi che dovrebbero essere indicati nella finanziaria per l’anno successivo e che dovrebbero essere ricavati anche dalla lettura dei dati dell’assestamento vengono fissati al momento. Del resto, non si comprende come si possa costruire una finanziaria se i dati sull’assestamento non sono ancora noti.

Non solo. Sappiamo bene che dobbiamo lavorare su dei documenti programmatici scritti sulla base di dati tendenziali che però, al momento in cui viene presentata la prima stesura della finanziaria, ancora non si conoscono, perché non sono disponibili i dati relativi all’andamento dell’economia mondiale. Questo è un errore nel quale necessariamente cade il Governo, oggi come in passato, quando c’era il centro-sinistra. È quindi facile fare polemiche rispetto a indicazioni programmatiche che si discostano molto dai dati tendenziali. Ho ricordato più volte il fatto che nella terza e quarta finanziaria della precedente legislatura vi furono grandissimi scostamenti: al terzo anno, addirittura, i dati proposti furono molto meno ottimistici dei risultati che si produssero successivamente.

Se fosse stato possibile costruire una finanziaria sui dati tendenziali, si sarebbero potute programmare entrate ben superiori rispetto a quelle previste, per cui nel quarto anno ci si trovò a gestire un andamento migliore rispetto a quello dell’anno precedente. Su questo aspetto abbiamo anche dibattuto, perché a nostro avviso il Governo precedente non seppe approfittare di questa opportunità, ma questa è un'altra storia rispetto a ciò di cui vorrei parlare questa mattina.

Chiariti, quindi, questi quattro elementi fondamentali, va assunto il fatto che comunque l’obiettivo della discussione dovrebbe essere quello di realizzare una legge che coniughi rigore ed equità. È chiaro che tutti gli elementi che compongono la struttura piramidale dello Stato tendono naturalmente a spendere di più e quindi il tentativo deve essere quello di incidere nella strutturazione della spesa, in modo che ci sia un certo rigore; d’altro canto si deve tendere a realizzare manovre espansive per favorire i consumi e quindi la ripresa, incrementando il PIL attraverso misure di equità. Laddove non c’è equità, non solo non c’è giustizia sociale, ma non si raggiungono gli obiettivi che ci si prefigge, vale a dire l’aumento del PIL tenendo bassa l’inflazione.

I fondamentali problemi derivano dal fatto che la politica si dibatte sempre tra due strade. La prima è tesa a realizzare il raggiungimento degli obiettivi attraverso la fiducia e l’altra è di farlo attraverso la riconoscenza (un termine, quest’ultimo, un po’ eufemistico, ma cercherò di spiegarlo meglio con riferimento al passato).

Quando nel passato il sistema per la formazione della legge finanziaria era assolutamente parlamentare, il tentativo di realizzare gli obiettivi attraverso la riconoscenza era preponderante rispetto a quello di raggiungere gli obiettivi attraverso un’operazione di fiducia. Vi erano, cioè, Presidenti del Consiglio che finivano per andare contro coloro che parlavano di rigore (a quei partiti che allora erano piccoli partiti, ricordiamo quello repubblicano, e che volevano realizzare un po’ troppo rigore bisognava addirittura addrizzare la schiena).

Il contenimento della spesa non era un obiettivo specifico; anzi, per poter far meglio e di più, si poteva liberamente aumentare la spesa senza riguardo al debito pubblico, pensando che l’aumento della spesa avrebbe favorito il virtuosismo economico. Una maggiore disponibilità di spesa avrebbe fatto crescere la domanda; il riequilibrio dell’offerta a sua volta avrebbe portato ad una espansione della domanda ed a un accrescimento del PIL. L’obiettivo, però, non era di accrescere il PIL, ma la riconoscenza.

C’era una sfasatura ideologica: l’obiettivo non era l’aumento del prodotto interno lordo, il rigore o l’equità, ma quello di favorire la riconoscenza sperando (e poi pensando, per affievolire i rimorsi di coscienza) che l’aumento della spesa per favorire la riconoscenza avrebbe comunque aumentato il prodotto interno lordo. Ovviamente non era così: bisogna stare attenti a realizzare un aumento del PIL senza sfavorire altre voci, senza aumentare ad esempio il debito pubblico, perché se lo si aumenta al di là di una certa misura si finisce per pagare gli interessi e quindi si grava la spesa pubblica di una ulteriore spesa che avvita l’economia su se stessa e la allontana da un circolo assolutamente virtuoso.

Un’altra grande difficoltà sconta l’Europa rispetto agli Stati Uniti d’America, i quali da troppo tempo hanno la possibilità di agire sul surplus senza la preoccupazione del debito pubblico, indotto dall’aumento della massa monetaria. Il presidente Pedrizzi è un dirigente bancario di grande esperienza e sa che gli Stati Uniti d’America si sono per molto tempo finanziati con un debito pubblico favorito dall’espansione della massa monetaria; anzi, in certi periodi finivano - sta avvenendo anche adesso - per favorire la svalutazione o meglio una sottovalutazione del dollaro rispetto alle altre monete perché ciò favorisce l’utilizzo del dollaro come moneta mondiale. Quindi l’espansione del debito pubblico significa portare la maggiore stampa di cartamoneta all’estero, con la conseguenza di non avere l’influsso negativo dell’inflazione legato all’aumento di massa monetaria oltre un certo limite. Questo in Europa non possiamo farlo.

Il senatore D’Amico ha affermato che in Europa abbiamo una crescita di gran lunga più bassa rispetto a quella del resto del mondo. Ciò fa parte del secondo concetto fondamentale che calavo all’interno della discussione: ormai l’economia sta diventando globalizzata, secondo un fenomeno che si è reso evidente molto più negli ultimi quattro o cinque anni con India, Cina, Corea che si sono affacciate sul mercato mondiale in modo evidente; cioè è accaduto non sette o dieci anni fa, ma dal 1999, dal 2000, è un problema che ci siamo trovati a dover gestire noi, più che il Governo precedente.

L’economia mondiale è stimolata alla crescita, da un aumento della domanda di beni strumentali e di servizi, grazie ad una globalizzazione e una comunicazione che fanno ritenere gli strumenti occidentali utili anche dall’Oriente. Al di là se la nostra crescita è di gran lunga inferiore rispetto ai Paesi orientali, è sbagliato dire che l’Italia non è nella media dell’Europa, perché in un’Europa allargata abbiamo Stati - che non sono la Francia, la Germania, l’Inghilterra o l’Italia; penso alla Grecia, la Spagna, l’Irlanda - che hanno un prodotto interno lordo che si eleva ad un ritmo di molto superiore al nostro perché hanno una qualità della vita certamente inferiore e quindi hanno la necessità di raggiungere uno standard qualitativo che si è globalizzato in Europa.

Non possiamo guardare alla media, perché sarebbe sbagliato; dobbiamo cercare di guardare quel che realizzano gli Stati che hanno una qualità della vita superiore alla nostra. Dobbiamo guardare a quanto stanno realizzando Francia e Germania, per vedere se stiamo agendo bene o male. La verità è che noi, per quanto abbiamo un debito pubblico molto più elevato, stiamo facendo molto meglio rispetto a Francia e Germania, i quali crescono meno rispetto a noi, pur avendo l’Italia un problema in più, e cioè un debito pubblico che non le consente lo sforamento del famoso tetto del 3 per cento del rapporto deficit-PIL, come invece sta facendo la Germania. Quest’ultima, infatti, sta finanziando le infrastrutture e gli investimenti nella Germania dell’Est, sta unificando il territorio e aumentando la qualità della vita, sforando, appunto, quel tetto del 3 per cento.

Così pure sta agendo la Francia, la quale peraltro ha un’altra possibilità, rispetto a noi e a quanto richiamato negli interventi dei senatori dell’opposizione, ossia ha un prodotto interno lordo che per una certa aliquota non risente degli influssi dell’andamento dell’economia mondiale: per una gran parte il PIL francese, come sappiamo, proviene dalla produzione agricola. I francesi sono i primi esportatori della Comunità Europea, i secondi esportatori mondiali per livello economico ed i terzi, per quantitativo, dopo gli Stati Uniti d’America e il Canada.

La nostra non è una situazione paragonabile. Anzi, i nostri quozienti di svantaggio sono superiori a quelli di Francia e Germania per cui, quando conseguiamo risultati migliori rispetto a detti Paesi, non solo andiamo meglio, ma realizziamo una politica economica - in italiano non si potrebbe dire, ma lo dirò per sottolineare il concetto - di gran lunga "molto migliore" rispetto a quelle francese e tedesca; vale a dire che l’azione di questo Governo è di gran lunga più efficace sotto il profilo del rigore e dell’equità.

Il ragionamento che intendo svolgere evidenzia una grande difficoltà, che non può essere liquidata in poche battute e che richiede notevole sincerità e una prudenza nei giudizi ben superiore rispetto a quella che mostrano non soltanto l’opposizione e, rispondendo a questa, la maggioranza, ma tutto il Paese, che polemizza troppo. Si è infatti ben lontani dall’eccesso francese e dal criticabile sciovinismo di altri Paesi, e non si ha ancora appieno compreso il senso di quel che una Nazione, sovrapponendosi allo Stato, debba fare nei confronti dei propri cittadini, per affermare il rigore, l’equità e l’ottimismo così favorendo la ripresa, nella convinzione che, con le nostre forze, con una politica economica ben impostata si possa risalire la china, superare quella fase di declino cominciata già da molto tempo, che ha determinato infauste situazioni per lo stato economico nazionale.

Cosa è stato fatto? Non poco. Sono state realizzate riforme molto importanti; è stata prodotta una legislazione orientata ad introdurre la flessibilità nei rapporti di lavoro; è stata portata avanti una legge che sta favorendo in modo concreto, efficace e significativo l’innovazione del mercato e la definizione delle infrastrutture, il progetto e l’appalto di nuove infrastrutture per un notevole ammontare; è stata incentrata notevole attenzione sull’obiettivo dell’ammodernamento del sistema finanziario. Ed i risultati si sono visti, perché sono aumentate l’occupazione e la spesa in infrastrutture, si sono avute conseguenze estremamente positive sul mercato del lavoro e sulla spesa, per quanto riguarda la produzione nazionale indirizzata alla costruzione di infrastrutture.

Cos’è che si deve fare? Si deve continuare sulla strada tracciata cercando di non perdere il passo rispetto alle modifiche introdotte, cercando di favorire lo sviluppo attraverso la riduzione della spesa in accordo con il Governo e con un sistema diverso rispetto al passato.

Abbandonato il sistema del consenso attraverso la riconoscenza, bisogna adesso cercare di favorire il sistema del consenso attraverso la fiducia. E come? Favorendo il PIL. E come favorire il PIL? Il Governo ha individuato un sistema diverso rispetto al passato che passa per il contenimento, il rigore. Mentre nel periodo della riconoscenza si tagliava questo o quel capitolo, e per favorire la riconoscenza ce ne erano degli altri che non venivano toccati, o di cui veniva aumentata la competenza, ora si evita che l'attenzione si concentri su certi capitoli e che invece ce ne siano degli altri che sforino in maniera molto, ma molto più pesante rispetto a quelli su cui si è concentrata l'attenzione.

Tante volte si è detto che il bilancio dello Stato può essere assimilato a quello di un'azienda. In un'azienda si progetta, si costruisce, si consegna il prodotto; lo si vende e si incassa il corrispettivo del prodotto venduto. In uno Stato le cose sono molto, ma molto più complicate perché prima si pensa alla legge, indi si presenta il disegno di legge, lo si approva, poi si hanno gli effetti della legge, se ne controllano le conseguenze e si beneficia dei ritorni rispetto a quel provvedimento. L'intervento in un'azienda è molto più facile, più diretto: il prodotto, la vendita, il rapporto con il cliente, l'incasso, il collaudo della merce. Collaudare invece gli effetti di una produzione legislativa non è tanto facile; per vedere quali sono i ritorni bisogna aspettare gli assestamenti.

Prevedere il futuro rispetto agli andamenti dell'economia nazionale in un momento storico in cui c'è stata la crisi argentina, l’attacco alle Twin Towers, le crisi della Parmalat, della FIAT (non vorrei dimenticarne qualcuna, ma sono tali e tante che è veramente difficile dirle tutte), non è certo facile. Dinanzi a tali e tante difficoltà, predisporre una produzione legislativa i cui benefìci fossero certi ha presentato delle difficoltà. E allora cosa fare? Ecco il taglio, per il contenimento della spesa.

Il senatore Ripamonti lo ha detto così tante volte da generare quasi una ricusazione, riferimento un po' troppo anglosassone, sia da parte mia che da parte di altri senatori, ma la verità è che le cose da fare sono due. Noi ne siamo convinti, visto che poi, se il rigore viene introdotto, genera così tante lamentele. Se ci sono così tante lamentale rispetto a questo famoso 2 per cento è perché finalmente si è pensato in un modo veramente serio di incidere con un bisturi a carne viva sull'aumento della spesa, oppure stiamo pensando a una cosa totalmente inesatta.

I complimenti, gli apprezzamenti e le attestazioni di stima che vengono fatte da tutti i sistemi di controllo internazionale sulla produzione della politica economica nazionale mi sembra che portino alla conclusione che forse stiamo raggiungendo l'obiettivo sperato, attraverso un articolato che riduce la spesa in modo generale, non differenziato; che realizza una più facile, più attiva riflessione da parte dello Stato, degli enti locali, di tutti gli enti destinatari delle risorse sul contenimento della spesa. Questo obiettivo, che si aggiunge alle tre grandi direttrici portate avanti dalla finanziaria precedente, potrà certamente farci ottenere dei risultati.

Al di là di ciò, questa maggioranza, questo Governo hanno individuato un'altra misura: l'introduzione di un sistema per favorire l'ottimismo e per rendere più efficace l'aumento del PIL, attraverso la riduzione delle tasse. Sono due, quindi, le direttrici che a questo punto si vanno a sommare alle tre attivate in precedenza perché attraverso una diminuzione dell'aumento della spesa automatico che si aveva nel passato, con la diminuzione e con l'attivazione del sistema ottimismo e con la possibilità di una manovra espansiva orizzontale, noi pensiamo che si possa uscire…

 

PRESIDENTE. La prego di concludere, senatore Ferrara.

 

FERRARA (FI). …da quel concetto che richiamavo all’inizio, per dire che l'economia politica non é il codice dell'usura, ma può essere il codice del progresso. (Applausi del senatore Izzo).

 

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Villone. Ne ha facoltà.

 

VILLONE (DS-U). Signor Presidente, discutiamo in quest’Aula ancora in attesa che venga presentato il maxiemendamento del Governo, quindi in realtà stiamo dibattendo di una legge finanziaria che non c'è, giacché il contenuto di tale emendamento sarà il cuore dell'indirizzo di governo rispetto alle scelte che dovremo compiere. Non abbiamo dunque una politica, purtroppo però abbiamo un Governo, il vostro, e non me ne voglia per questo il Ministro.

I dati ci dicono che la condizione del Paese è drammatica. Ancora tra ieri ed oggi abbiamo appreso dalla stampa della cattiva sorte che investe uno dei nostri pilastri, il made in Italy, che risulta in calo verticale; i dati relativi alla produzione automobilistica sono ugualmente in calo. Inoltre, leggiamo in queste ore notizie drammatiche sui bilanci delle università che sono praticamente al collasso, e le università sono il nostro futuro. Quindi il nostro presente ed il nostro futuro sono segnati da elementi di fortissima preoccupazione.

Perché succede tutto questo? Al riguardo abbiamo ascoltato tante motivazioni, tanti riferimenti alla crisi mondiale, ai vincoli europei, al fantomatico cosiddetto buco del bilancio che avrebbe anni fa - e non era vero - lasciato in eredità il centro-sinistra, all'euro troppo forte. Con questo Governo c'è sempre un cattivo. Ci ricorda tanto quegli studenti che, ripresi dal maestro, piagnucolando dicono che non è colpa loro, ma del compagno che li ha distratti e li ha indotti a parlare. In realtà non c'è nessun cattivo di turno. In realtà questo Governo non è in grado di fronteggiare una situazione certo difficile, ma sicuramente tale da consentire una risposta efficace e in grado di attutire le oggettive difficoltà che ci pone la condizione economica del mondo e dell'Europa.

Il problema è che questo Governo non ha una politica, anzi quella che ha, purtroppo, ha posto il Paese in una condizione miserevole: dalla finanza creativa del ministro Tremonti, siamo passati alla finanza fantastica. Bisogna ammettere che il ministro Siniscalco aveva provato a fare una qualche iniezione di prudenza e saggezza, ma questo tentativo è durato lo spazio di un mattino; l'iniezione del ministro Siniscalco ha provocato nel presidente Berlusconi uno shock anafilattico, visto che poi ha reagito subito con lo spot elettorale sulle tasse. Quindi, lo stesso ministro Siniscalco ha rischiato la poltrona ed ha ceduto, come l'onorevole Follini, che era partito in armi ed è arrivato in pantofole e si è comodamente seduto.

Ora in particolare abbiamo in campo una politica che voglio stigmatizzare per un punto, che è stato già sollevato dal collega, senatore Morando, nell'esposizione della sua pregiudiziale e che vorrei riprendere perché resti agli atti di questa Assemblea. Mi riferisco al fatto che abbiamo una politica socialmente e politicamente regressiva, che ha un orientamento preciso che in questo Paese fa il danno di chi è debole nei territori e nei ceti.

Lo spot sulle tasse e l'abbandono del principio della progressività ci dice che è a rischio in questo Paese la solidarietà tra forti e deboli, tra territori e tra ceti. Dobbiamo sapere che vale molto di più questo tipo di scelte in materia di solidarietà che non una tonnellata di chiacchiere sul federalismo più o meno solidale. Siamo nella condizione per la quale la parte debole del Paese, già fortemente penalizzata, lo sarà ancora più gravemente. Inoltre - ed è questo l'unico punto che desidero toccare nel poco tempo che ho a disposizione - siamo di fronte ad una politica che indebolisce ormai le funzioni fondamentali dello Stato, a partire dalla sicurezza.

Io vivo quotidianamente quello che viene definito il caso Napoli. Vedete, non serve chiamare l’esercito a Napoli, perché non è possibile presidiare efficacemente ogni angolo di strada per impedire che si commettano reati. Ci sarà sempre un reato che viene commesso dietro le spalle del poliziotto che in quel momento non guarda. Non è questa, dunque, la soluzione. La soluzione è invece quella di prevedere un forte investimento in mezzi, risorse, competenze, professionalità.

La sicurezza oggi costa molto più di quanto costava una volta, perché non è sufficiente mandare il poliziotto a piedi o il carabiniere a cavallo a vedere cosa succede. Bisogna invece avere una strumentazione all’altezza dei tempi: la camorra ha questa strumentazione, perché investe nella sua organizzazione molto più di quanto lo Stato non investa nella propria dal punto di vista della sicurezza.

Nella finanziaria non c’è alcuna traccia di una risposta efficace al drammatico problema di Napoli. Mi aspetto pertanto che nei prossimi mesi saremo sepolti ancora da una montagna di chiacchiere e di iniziative di teatro, ma non vedremo nessuna iniziativa veramente efficace ai fini della soluzione del problema.

Da tutto ciò deriva il mio giudizio fortemente negativo su ciò che il Governo fa e su quello che non fa. Mi pare che in sintesi si possa dire che tutti sono buoni a navigare quando le acque sono tranquille, ma i buoni si vedono quando il mare è grosso e voi proprio buoni non siete. (Applausi dai Gruppi DS-U e Misto-SDI).

 

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Malan. Ne ha facoltà.

 

MALAN (FI). Signor Presidente, essendo l’ultimo a parlare, ho avuto il privilegio di avere ascoltato gli altri che sono intervenuti prima di me.

Credo che un provvedimento così complesso come la legge finanziaria sia il luogo naturale di scontro tra le diverse impostazioni che si intendono dare al governo dello Stato. È pertanto positivo che ci sia una diversità di vedute tra la maggioranza e l’opposizione, salvo ulteriori articolazioni. Tuttavia, sarebbe sicuramente un vantaggio per tutti se si potesse parlare sulla base di dati reali e non manipolando i numeri o addirittura semplicemente negando le realtà di fatto.

Mi permetto di prendere spunto da interventi fatti all’inizio di questa discussione, in particolare dai relatori di minoranza. Ad esempio, il senatore Marini ha insistito sul fatto che le famiglie al di sotto della soglia di povertà sono sempre più numerose e lambiscono la cifra di due milioni e mezzo. Questo è un numero vero ed è effettivamente una preoccupazione di tutti noi che siano così numerose. Occorre però precisare che, dall’inizio della legislatura, le famiglie in queste condizioni sono diminuite: infatti il numero delle famiglie sotto la soglia di povertà è sceso di 303.000 unità dall’inizio della legislatura.

Durante i cinque anni di governo dell’Ulivo, il numero di famiglie sotto la soglia di povertà è invece aumentato di 149.000 unità. Gli individui sotto la soglia di povertà, nel corso di questa legislatura, sono diminuiti di 1.042.000 unità, mentre erano aumentati di 525.000 unità nel corso dei cinque anni di governo dell’Ulivo.

Tutto ciò ci conferma una cosa che sappiamo da tempo: la sinistra ama così tanto i poveri che desidera che ce ne siano il più possibile! Noi, invece che lottare in questo modo, combattiamo la povertà e se anche ci saranno meno poveri sapremo consolarci. Altri ancora fanno la lotta alla ricchezza; anche questo non è il nostro modo di riferirci alle cose.

La soglia di povertà - voglio sottolinearlo - è stata dovutamente aggiornata secondo l'evidente crescita del costo della vita; solo dal 2002 al 2003 è stato registrato un aumento di tale soglia del 5,6 per cento. Nonostante questo aumento, però, il numero di famiglie e di individui poveri è fortemente diminuito.

Si è detto poi (lo hanno affermato i senatori Giaretta e Marini) che non si fa nulla per le famiglie. Ogni provvedimento può essere visto in diversi modi, ma il concetto di nulla è abbastanza chiaro.

Il nulla che abbiamo fatto per la famiglia sta nel fatto, ad esempio, che le detrazioni per i figli a carico sono passate dai 258 euro stanziati alla fine del quinquennio dell'Ulivo ai 516 euro in vigore oggi; nel 2005, con l'introduzione del nuovo meccanismo, tale cifra diventerà variabile e potrà arrivare fino a 700 euro. La triplicazione della detrazione per i figli non mi sembra davvero possa essere considerata un nulla. I dati riportati si rifanno alla tassazione 2000-2001.

Se prendiamo ad esempio il 1999, la detrazione per ogni figlio era pari a 210 euro: il passaggio da 210 a 700 euro non mi sembra cosa da poco.

Così come non è cosa da poco lo stimolo all'istituzione di micro asili ed asili nido presso le aziende per l'istituzione dei quali è prevista una deduzione fino a 2.000 euro. Si tratta di strumenti utilissimi che rendono conciliabile il lavoro con la maternità e la paternità.

Già dall'anno scorso abbiamo introdotto un premio di 1.000 euro per ogni bambino nato dopo il primo; anche a tal proposito si è detto che la cifra stanziata è poca cosa e che con quella cifra non si comprano neanche i pannolini.

 

MORANDO (DS-U). Quest'anno lo avete tolto.

 

MALAN (FI). Se è vero che i 1.000 euro sono pochi è anche vero che sono 1.000 in più rispetto a quelli che concedeva il Governo dell'Ulivo.

 

GIARETTA (Mar-DL-U). Adesso, invece è zero.

 

MALAN (FI). Abbiamo poi introdotto la detrazione per i membri della famiglia, non necessariamente a carico, che siano non autosufficienti. Tale detrazione concede un beneficio alle famiglie pari a 400 o 500 euro. Certamente una persona che deve badare ad un individuo non autosufficiente costa di più ma tale costo veniva sostenuto anche prima. Oggi vi è anche un beneficio fiscale compreso tra i 400 e i 600 euro.

Questo è un aspetto rilevante perché prendersi cura a proprio carico, da un punto di vista umano ed economico, di un congiunto non autosufficiente credo rappresenti un'esperienza molto importante nella vita di una famiglia, soprattutto per la persona non autosufficiente che anziché essere collocata in un istituto, che anche se bello ed efficiente non è mai come la propria casa, viene accudita in famiglia.

Abbiamo, inoltre, esteso la tutela della maternità e della paternità anche ai lavoratori semi autonomi; abbiamo aumentato gli assegni famigliari e introdotto gli assegni di maternità per le madri a basso reddito e senza indennità di maternità a causa della loro situazione lavorativa, ed altro ancora.

Ritengo pertanto che la famiglia, alla luce dei provvedimenti adottati dal Governo su tale materia in questi anni (questa non è certo la prima finanziaria che noi variamo), rappresenti un punto forte dell'azione del Governo.

Vorrei toccare, infine, un punto particolarmente importante: è stata addirittura citata la presunta violazione dell'articolo 53 della Costituzione, il cui secondo comma recita: "Il sistema tributario è informato a criteri di progressività".

Senatore Morando lei è spesso illuminante nei suoi interventi perché mette in luce aspetti tecnici importanti; la sua perizia in questo settore è certamente nota e riconosciuta ma il giochino dei decili che ha illustrato nella sua relazione non è degno di lei.

Dice infatti il senatore Morando che suddividendo la popolazione dei contribuenti, anzi, la popolazione per decili (dove il primo è il decimo della popolazione che ha un reddito più basso, il secondo è quello che viene subito dopo e così via di seguito, e il decimo decile è quello della popolazione che ha il reddito più alto) è possibile notare una progressione impressionante: i provvedimenti di quest’anno, dice il senatore, quindi senza tenere conto di quelli degli anni scorsi, danno benefici solo al 2 per cento della popolazione compresa nel decile del reddito più basso; si sale al 27 per cento della popolazione del secondo decile, poi si sale ancora al 54 per cento del decile successivo, fino ad arrivare al 95 per cento del secondo decile dei cittadini più facoltosi e al 99 per cento di quello dei cittadini con il reddito più alto, sostenendo quindi che tutto ciò configura esattamente l’opposto della progressività dell’imposta prescritta dalla Costituzione.

Ebbene, detto così l’argomento suona coerente, ma c’è un elemento da considerare: la ragione per cui l’attuale riduzione delle imposte incide solo sul 2 per cento dei cittadini appartenenti al decile dei contribuenti a reddito più basso è che tutti gli altri, il restante 98 per cento, già non paga nessuna imposta sul reddito e risulta dunque impossibile ridurre un’imposta che è già pari a zero.

Sarebbe come rimproverarci perché non abbiamo esentato i poveri, ad esempio, dall’imposta sulle aziende: certo, non la pagano, è ovvio che non gliel’abbiamo ridotta. Sul secondo ed il terzo decile c’è ancora l’incidenza della no tax area su cui ritorniamo; arrivando alle ultime aliquote, quelle più alte, ai settori della popolazione a più alto reddito, indubbiamente essi vengono tutti beneficiati da queste riduzioni, anche perché nelle prime riduzioni eravamo soprattutto intervenuti sui redditi più bassi e di conseguenza occorreva dare un beneficio a tutti quanti. Però questo è un argomento che viene usato a contrario. Nulla è più opinabile dei numeri, però bisogna anche porre un limite ai sofismi matematici che si usano.

Venendo alla progressività dell’imposta, che è un punto interessante, sono due le realtà, i numeri, di cui dobbiamo tenere conto per poter parlare di progressività o meno dell’imposta. La prima è sicuramente la percentuale di reddito che viene pagata in termini di imposta sul reddito e la seconda è l’incidenza sulla quantità di imposta pagata delle riduzioni di imposta introdotte dal nostro Governo; parlare in termini assoluti, paragonando il beneficio di imposta relativo a un reddito di 14.000 euro con quello riferito ad un reddito di 200.000 euro è evidentemente fuorviante. Su un reddito di 200.000 euro l’anno il beneficio in termini assoluti è certamente superiore rispetto a quello ottenuto su un reddito di 14.000 euro: ebbene, vediamo qual è.

Faccio un paragone rispetto alla scorsa legislatura, perché non possiamo ragionare come se questa fosse la prima finanziaria di questo Governo: essa costituisce un altro passo nel quadro generale di riduzione delle imposte che noi abbiamo programmato. Ebbene, un reddito di 200.000 euro l’anno, con coniuge ed un figlio a carico, godrà l’anno prossimo di una riduzione rispetto al 2000 di 4.920 euro, mentre all’estremo opposto un reddito di 14.000 euro, avrà una riduzione di 1.548 euro.

Certo, il reddito di 200.000 euro ha un vantaggio in termini assoluti tre volte superiore, è un fatto; mentre però per il percettore del reddito di 200.000 euro la riduzione dell’imposta è pari al 6 per cento, per colui che guadagna 14.000 euro la riduzione è del 100 per cento, si tratta cioè di una totale esenzione dall’imposta sul reddito.

Precisando meglio, ai tempi del Governo dell’Ulivo chi guadagnava 14.000 euro e aveva coniuge e figli a carico pagava 1.548 euro di imposta sul reddito; oggi non paga nulla. Questo è il modo in cui noi affrontiamo la questione.

Per gli altri scaglioni di reddito, abbiamo cifre simili: a chi guadagna 18.000 euro l’imposta sul reddito viene ridotta del 58 per cento, chi guadagna 25.000 euro ha una riduzione del 34 per cento, fino a scendere - come dicevo - al 6-6,6 per cento di riduzione dai 100.000 euro in su.

Il risultato finale, quello sulla base del quale evidentemente si deve giudicare l’applicazione o meno del criterio di progressività imposto dalla Costituzione (articolo 53), è quanta percentuale del reddito si deve pagare in imposta. Con 14.000 euro di reddito oggi non si paga nulla, mentre all’epoca del Governo dell’Ulivo si pagava l’11 o 12 per cento; su 18.000 euro si paga il 6,7 per cento, mentre all’epoca del Governo dell’Ulivo si pagava di più; si passa al 14 per cento per chi guadagna 25.000 euro, al 26 per cento per chi guadagna 50.000 euro fino ad arrivare al 34 per cento per chi guadagna 100.000 euro e al 38 per cento per chi guadagna 200.000 euro. Direi che questa progressività dell’imposta è totalmente rispettata. Allora va bene criticare, va bene giudicare male quello che fanno gli altri, però dire l’opposto della verità non è un contributo alla discussione.

Ricordo anche che la Costituzione, in particolare l’articolo 53, non è in vigore dal 2001 ma da molto tempo, persino prima dei Governi dell’Ulivo, cioè dal 1948. Dal 1948 a tutti gli anni ’60 l’aliquota massima dell’imposta sul reddito, che all’epoca aveva una diversa articolazione, era decisamente più bassa di oggi e nessuno mai si sognò di dire che la Costituzione non era rispettata. Piuttosto succedeva che all’epoca il tasso di crescita del nostro Paese era molto alto.

Ritengo che ciò non sia un caso, non sia una coincidenza di tipo astrologico, ma ci sia un rapporto di causa ed effetto che vogliamo riprodurre nel futuro. Pensiamo che la riduzione delle imposte sia un ulteriore passo al fine di stimolare l’economia del nostro Paese perché torni ad avere tassi di crescita alti e stia così al passo di altri Paesi, non solo quelli che escono da uno stato di povertà, ed è dunque normale che abbiano tassi di crescita alti. Purtroppo, come sappiamo, siamo in ritardo rispetto a Paesi fuori dall’Unione Europea, che crescono più del nostro.

Questa è la ragione che ci ispira nel prendere tali provvedimenti, che certamente non sono facili e comportano una rivisitazione di molti aspetti della spesa pubblica. Per esempio (e questa è l’ultima citazione ripresa dalle affermazioni dei relatori di minoranza), il senatore Giaretta all’inizio del suo intervento ha detto che il Governo nel non toccare nulla è prigioniero di una tendenza al conservativismo. (Brusìo in Aula).

È gentile che l’opposizione rumoreggi quando parlano gli altri, mentre quando loro hanno parlato noi siamo stati in silenzio ad ascoltarli. Questo succede anche durante le dichiarazioni di voto quando vi è la ripresa televisiva, per cui non penso certo di essere più importante di chi dichiara il voto su rilevanti provvedimenti. (Commenti del senatore Giaretta).

 

PRESIDENTE. Senatore Giaretta…

 

MALAN (FI). Il senatore Giaretta prima ha affermato che il Governo è schiacciato dalla conservazione e rinuncia ad ogni ambizione di una politica riformista, poi si è lamentato del fatto che la finanziaria comporti movimenti per un totale di 40 miliardi di euro. I casi sono due: o non si muove nulla, come diceva all’inizio del suo intervento, oppure si muove qualcosa, perché aver rimodulato, riposizionato 40 miliardi nelle entrate e nelle uscite del bilancio dello Stato vuol dire che si muove parecchio.

Vogliamo muovere molto di più nel futuro per riuscire a rendere questo Stato efficiente, per portarlo all’altezza delle aspettative dei cittadini e delle imposte che essi pagano, oggi assai meno di ieri, ma che evidentemente ancora sono alte. Facciamo questo perché crediamo che rappresenti un bene per il nostro Paese ed una priorità.

Ebbene, se c’è un aspetto del modo di fare politica che segna l’enorme differenza tra noi e i nostri oppositori è il seguente. Per noi l’impegno assunto con gli elettori è assoluto, da mantenere sebbene le condizioni economiche siano assai diverse da quelle che ci si poteva aspettare a causa di una serie di avvenimenti del tutto imprevisti (dall’11 settembre allo scoppio della bolla speculativa americana, alla crisi argentina e così via). Ripeto: per noi gli impegni assunti con gli elettori costituiscono un impegno assoluto, da rispettare ad ogni costo.

Per i nostri oppositori, evidentemente, gli impegni assunti sono una cosa da dimenticare il più presto possibile, come si fece nel 1996, dove gli 85 punti del programma del candidato Prodi furono immediatamente cestinati, il giorno dopo le elezioni.

Si arriva al punto di irridere questa manovra, definendola elettorale. Sì, se vogliamo, quella che comprende la riduzione delle imposte è una manovra elettorale, ma noi facciamo riferimento alle elezioni del 2001, nel corso delle quali abbiamo assunto un impegno che stiamo mantenendo. Questo è il nostro modo di fare politica: ad alcuni non piace, ma alla maggior parte dei cittadini italiani sono convinto di sì. (Applausi dal Gruppo FI. Congratulazioni).

 

PRESIDENTE. Dichiaro chiusa la discussione generale congiunta.

(omissis)

Presidenza del vice presidente DINI

(omissis)

 

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il relatore, senatore Franco Paolo. Ne ha facoltà.

 

FRANCO Paolo, relatore sui disegni di legge nn. 3233 e 3223. Signor Presidente, vorrei iniziare questa mia replica sulla legge finanziaria in corso di approvazione ringraziando tutti coloro che sono intervenuti da tutti i banchi dell’Aula, dall’opposizione alla maggioranza, perché credo che il contributo che è stato prodotto nella discussione e la qualità delle proposte, anche alternative, che sono state formulate diano merito al Senato di una discussione di qualità, volta a rendere costruttivo un dibattito importantissimo, quello sulla legge più importante e più influente nella vita sociale, civile ed economica del Paese nell’anno e negli esercizi successivi, con grande dignità, con grande capacità e professionalità da parte di tutti.

Lo dico perché è importante che l’Aula si sia confrontata e si stia confrontando in un modo concreto, a differenza di quanto spesso, anzi direi sempre, avviene laddove il cittadino riceve dai media informazioni che accentuano nelle loro petizioni di principio le contrapposizioni politiche, ben diversamente quindi da quanto accade in maniera costruttiva nelle Commissioni e nelle Aule parlamentari, come dicevo poc’anzi.

Analogo ringraziamento vorrei esprimere per il lavoro svolto dalla Commissione bilancio; credo che da parte di tutti gli intervenuti ci sia stato un grande impegno nelle valutazioni di carattere tecnico e politico sulle scelte derivanti dalla proposta legislativa offerta dal Governo e trasmessaci dalla Camera, nonché nella valutazione delle proposte emendative che gli stessi colleghi senatori della Commissione bilancio, gli stessi Gruppi politici, formulavano per migliorarne il testo.

Come ho detto nella relazione iniziale, penso che per questa finanziaria non si possa più parlare di un guscio vuoto, bensì di un articolato sistema propositivo, condivisibile o meno, che comunque ha assunto una sua qualità, rappresentando uno schema di lavoro in tutti gli ambiti che naturalmente una finanziaria può trattare e sui quali può incidere. Una finanziaria, quindi, di qualità, in linea con le progettualità politiche che la maggioranza di Governo intende offrire in base al mandato elettorale ricevuto dall’elettorato nel 2001.

Ritenevo opportuno premettere questo ringraziamento, proprio perché il lavoro svolto in Commissione ed in Aula, nei contenuti, ci induce a riflettere sugli elementi fondamentali dell’azione politica e della politica macroeconomica che la maggioranza ed il Governo stanno portando avanti. In particolare sono stati evidenziati i punti cardine, sui quali tanto la maggioranza quanto l’opposizione hanno formulato proposte diverse; sull’origine delle problematiche che l’Italia affronta sotto il profilo economico e sociale ritengo vi sia grande attenzione, così come penso vi sia una condivisione circa i punti focali sui quali si deve intervenire, sia pure con strumenti diversi.

Credo di poter interpretare il comune sentire dei colleghi affermando che nei vari interventi abbiamo sentito porre l’accento sul problema della modernizzazione dello Stato, in generale direi della cosa pubblica, in Italia.

Questa manomorta, come la definiva il ministro Tremonti, questa difficoltà di operare in un contesto internazionale facendo leva su una struttura pubblica (ma dirò poi anche di una struttura privata) legata a schemi sorpassati, non è più in grado di offrire valide alternative e supporti moderni alla nostra società, in linea con i supporti che offrono altre realtà statuali in Europa e nel mondo.

Penso che l’evidenziazione di questa difficoltà della struttura Paese Italia, e la difficoltà di trasformarsi e di adeguarsi secondo le necessità più moderne che incontriamo nel confronto internazionale, sia uno degli elementi focali che è stato affrontato negli interventi dei colleghi. È come se, negli ultimi anni, fosse stato tolto un velo che copriva sia il contesto complessivo farraginoso della pubblica amministrazione, sia grandi inefficienze ed efficienze del settore privato, soprattutto nel settore del capitale e della possibilità di competere con la concorrenza internazionale.

L’Unione Europea, l’euro, la globalizzazione, l’internazionalizzazione, il mercato globale stanno mettendo in evidenza, da un lato, che il capitalismo, la capacità produttiva italiana ha sempre vissuto su rendite di posizione che arrivavano da situazioni di monopolio o quasi, di protezione o di assistenzialismo, comunque di tutela, che, abbandonando questo velo - come l’ho definito in precedenza - e confrontandosi con la concorrenza, con i mercati internazionali, hanno dimostrato di non saper competere senza un’abitudine antica, quella ad esempio della svalutazione competitiva che permetteva ai nostri prodotti di circolare nel mondo a prezzi convenienti.

Dall’altro lato, a fianco di una struttura privata in grave difficoltà (sono dati di questi giorni il calo e il limite della produzione industriale in Italia), purtroppo la struttura pubblica non ha saputo rinnovarsi, mettersi a fianco del settore privato per affrontare questa sfida nella maniera migliore e più dinamica possibile. Ecco che la modernizzazione (chiamiamola così, ma possiamo usare tantissimi termini) diventa fulcro di un’azione politica che in parte in questa finanziaria, con i limiti propri di un provvedimento legislativo di questo tipo, il Governo e la maggioranza cercano di affrontare e su cui cercano di incidere.

Quando parlo di settore pubblico (mi riferisco a quanto affermato a diverso titolo dai colleghi) intendo, ad esempio, la scuola. Spesso consideriamo la scuola come una parte dell’attività pubblica, dell’istruzione, come non fosse essa stessa una gestione di qualità del mondo scolastico e della qualità dell’istruzione e fosse cosa diversa da un investimento vero e proprio. Vorrei quasi definire la scuola come un investimento infrastrutturale, perché crea le condizioni affinché il Paese abbia, un domani prossimo, del personale qualificato e preparato per affrontare queste sfide.

Eppure, di fronte al fatto che comunque la nostra scuola non fornisce la qualità di servizio che citavo prima, la qualità di resa di altri sistemi scolastici europei o mondiali, una riforma proposta dalla maggioranza - condivisibile o meno, per carità, sembra sia stata demonizzata - nel tentativo di modernizzare (dicevo poco fa), sotto il profilo scolastico e dell’istruzione, il Paese Italia, è stata motivo di un confronto politico aspro che, più che sui contenuti, mi sembra sia andato verso il mantenimento di rendite di posizione per quanto riguarda il contesto del personale che opera all’interno del mondo dell’istruzione.

Altrettanto devo dire sulla modernizzazione dello Stato, della cosa pubblica, della res publica affinché sia posta in grado di supportare il settore privato autentico che è il sociale, che costituisce la forza reale dell’Italia nei confronti degli altri Paesi.

Sulla scuola poc’anzi ho detto che non mi sarei addentrato, ma la scuola italiana sicuramente non è al livello di quelle esistenti in altri Paesi. Dall’altro lato, c’è la giustizia, che rappresenta un'altra componente fondamentale. È stata varata una riforma dell’ordinamento giudiziario sulla quale si è scatenata una grandissima battaglia di carattere politico. Eppure la giustizia va riformata, come è stato fatto adesso con l’ordinamento giudiziario.

Le riforme della giustizia e del sistema scolastico non danno i risultati a distanza di un anno. La riforma della giustizia, peraltro, ha suscitato un grandissimo contrasto politico, ma comunque va ad incidere nel senso della modernizzazione di questo Stato. E il federalismo, le autonomie degli enti locali? Le si affronta come non fosse un principio assodato il fatto che più ci si avvicina alle realtà locali dell’impiego e, quindi, alla sussidiarietà delle risorse (ma anche alla gestione della normativa in senso stretto), più ci si avvicina al cittadino (non foss’altro quello, il risultato), mentre si ribadisce un centralismo che storicamente ha dimostrato di avere gravi handicap e di generare difficoltà.

Non per niente, infatti, proprio questo centralismo ha causato, negli anni che sappiamo, l’esplosione del debito pubblico italiano per clientelismo, per assistenzialismo e così via. Anche a questo riguardo c’è stata una grandissima battaglia di carattere politico, in cui si sosteneva pure che il federalismo costerà delle cifre disumane, incredibili. Quindi, si tenta di spostare il dibattito politico dalla necessità di modernizzare lo Stato al fatto che le riforme e il cambiamento sono negativi.

Ci sono tante cose da fare. Poco fa ho citato la giustizia, però potremmo fare un esame su quanto sia costata al sistema produttivo italiano (ormai non so neanche come definirla) la legge fallimentare, su quanto sia superata nei suoi contenuti, su quanto sia un luogo giuridico ormai al di fuori della realtà imprenditoriale di scambio e confronto all’interno del mondo imprenditoriale. Credo che tutti condividiamo il fatto che anche il diritto fallimentare è un’altra mano morta che indubbiamente non è positiva (tant’è che dobbiamo poi predisporre delle leggi per i casi della Parmalat e di tutti gli altri gruppi in difficoltà), perché si capisce che un sistema come quello a legislazione vigente, per l’appunto, sulla "legge fallimentare" non può certo offrire le risposte che vogliamo dare per il recupero di certe realtà: costituisce piuttosto un sistema liquidatorio di cessione, di ultimazione dell’attività produttiva.

Non entro ulteriormente nel merito di questi dettagli, però potremmo continuare a dire quanto sia necessaria la modernizzazione dello Stato. Tutto questo costa.

Va inoltre considerato il fatto che quando il capitale italiano si è confrontato con la globalizzazione del mercati ha dimostrato di non essere in grado di competere nel suo insieme in maniera costruttiva, andando davvero ad investire mantenendo qui la testa, il core business, riuscendo a fare investimenti concreti, veri e non solo a subire le acquisizioni internazionali. Sappiamo anche di casi, recentemente discussi sotto i più diversi profili, per cui quando il capitale italiano si è trovato privo di quel velo, non è riuscito a mantenere le capacità a livello produttivo o, quando l’ha fatto, ha incontrato grandissime difficoltà.

Abbiamo sentito anche dalle relazioni dei colleghi di minoranza come è andata pian piano diminuendo nel tempo la disponibilità del nostro Paese all’interno della quota di mercato del commercio internazionale. Ebbene, credo che queste considerazioni non possano che derivare da tutto un sistema Paese che ha dimostrato quanto sia obsoleto e quanto abbia bisogno di riforme; riforme che però poi continuamente vengono politicamente dibattute, quasi assalite - direi - a fini strettamente politici e non certo a fini di costruzione di cambiamento.

Lo stesso sciopero che ha avuto luogo contro una riduzione fiscale non può che lasciare perplessi: non si comprende infatti quale finalità intendesse raggiungere uno sciopero contro una legge finanziaria che tenta di dare delle risposte nel senso che ho esposto fino a poco tempo fa. Nella realtà diventa esclusivamente uno sciopero politico contro una maggioranza di Governo e non propositivo o a favore di una proposta alternativa.

Passando ad un altro argomento che è stato toccato, il Nord e il Sud del Paese, mi sembra si vada a piangere sul latte versato quando si dice quanto sia delittuoso il fatto che non ci siano investimenti nel Mezzogiorno, quanto il Mezzogiorno non sia ancora in grado di levare le ancore ed essere parte propositiva forte, come è giusto che sia e come anche chi vi vive e vi lavora da sempre ha diritto, dignità e capacità di poter fare. Mi chiedo allora come mai in tanti anni, e soprattutto nell’ultimo decennio, le imprese italiane del Nord, invece di andare ad investire nel Mezzogiorno, sono andate ad investire in Slovacchia, in Romania, in Slovenia, in Polonia e in tantissimi altri Paesi dell’Est.

In questi ultimi mesi è sorto un dibattito che ho sentito riprendere anche poco fa dal collega Izzo sui finanziamenti, su come sono strutturati gli incentivi, sulle modalità di intervento nei confronti del Mezzogiorno, ma, parliamoci chiaro, anche sul discorso dei forestali della Calabria. Alla fine il succo è sempre quello: si deve capire che le soluzioni devono essere diverse, che quelle adottate nel passato non possono dare le risposte di crescita e di sviluppo che il Mezzogiorno si aspetta. Chiedersi semplicemente come mai l’azienda di Treviso va ad investire in Slovacchia e non in Campania lascia un po’ il tempo che trova.

Adesso si parla di fiscalità di vantaggio, ma mi pare che nel passato fossero state avanzate delle proposte in ordine alle gabbie salariali, in ordine - per intenderlo in senso esteso - ad una fiscalità diversa, con costi diversi ai quali potevano anche corrispondere servizi diversi. Se si fossero prese in considerazione delle risposte politiche serie per tempo, forse questa "fuga" dell’industria del Nord d’Italia verso altri lidi rispetto al Mezzogiorno non ci sarebbe stata. Evidentemente i motivi ci sono, altrimenti non si sarebbe verificata una situazione di questo tipo.

I motivi tornano sempre legati alla burocratizzazione dello Stato, all’incapacità di rendere sotto il profilo infrastrutturale, ma anche dei rapporti sociali (come ho detto, della giustizia, della legge fallimentare e quant’altro) in grado di ospitare queste risorse. Quando si parla di fiscalità di vantaggio o si avanzano certe proposte ho come l’impressione che si voglia chiudere la porta della stalla dopo che i buoi sono già scappati.

Utilizzerò gli ultimi minuti per discutere brevemente di un altro aspetto che è stato affrontato dai colleghi. Voglio ricordare che anche a proposito della riduzione fiscale sono state svolte tante osservazioni; quella che però mi sembra di non poter accettare è quella che sostiene trattarsi, per l’IRAP, di pochi euro per azienda e, per l’IRE, di pochi euro per reddito o, addirittura, tanti euro per i redditi più alti e così via.

Ciò vuol dire dimenticarsi che abbiamo approvato una riforma fiscale sulla quale anche questa riduzione sta cercando di operare l’inserimento di un ulteriore modulo; vuol dire dimenticarsi, comunque, che è anche importante iniziare un’inversione di tendenza, cioè dare il messaggio chiaro ai cittadini per cui la pubblica amministrazione o la spesa pubblica in generale non possono accrescere il proprio volume all’infinito, cioè che lo spazio tra le possibilità reddituali individuali, del cittadino e dell’azienda, e lo Stato e la fiscalità pubblica deve essere delimitato da un confine molto chiaro, certo e invalicabile, che è quello che riguarda la reciproca convivenza. Dare il messaggio che la fiscalità generale non può agire fino al punto di far sì che le aziende, invece di rimanere in Italia, fuggano.

Vogliamo capire che le aziende italiane sono andate all’estero perché le condizioni infrastrutturali, fiscali, del lavoro e della manodopera sono duttili e leggere, sono molto diverse da quelle presenti in questo Paese?

Ebbene, concludo con un’ultima osservazione su un altro aspetto, che riguarda il Patto di stabilità, l’Unione Europea e l’euro, che è stato affrontato dai colleghi. È evidente, come ho detto all’inizio di questo intervento, che il fatto che sia stato tolto il velo che proteggeva l’economia e la società italiane ci sta mettendo, come Paese dell’area euro, più in difficoltà di altri, proprio per le motivazioni esposte sinora.

Indipendentemente da questo, perché, come dice il detto "mal che si vuole, non duole", eppure penso che la società italiana abbia perso grandi occasioni nel passato per amministrare sia la cosa pubblica, che la cosa privata in modo molto più proficuo e redditizio, soprattutto a favore delle generazioni che adesso stanno entrando nel mondo del lavoro; comunque, la politica europea non ci sta aiutando. Siamo abituati ad una svalutazione competitiva e stiamo confrontandoci con un euro sopravvalutato e quindi c’è poco da chiedersi come mai si assiste ad un crollo delle esportazioni industriali, quando i nostri prodotti costano il 30 per cento in più di quello che costavano due o tre anni fa; penso sia molto difficile riuscire a competere sui mercati internazionali a queste condizioni e quando, pur con la dovuta rigidità che questo Patto deve avere soprattutto nei confronti di chi, come l’Italia, ha un debito pubblico elevato, non cresce, ha le strutture pubbliche, come ho detto, più obsolete, non c’è quello slancio maggiore che ci deve essere proprio per riformare queste componenti, queste palle al piede che spesso, invece di essere motivo di crescita, sono motivo di freno e rallentamento della nostra economia.

L’Unione Europea, comunque, dovrà essere uno strumento di crescita - ed è questo un auspicio che penso si legge anche negli interventi del Governo e della maggioranza di questi giorni - in fatto di stabilità e di sviluppo; non può essere solamente un coacervo di norme pesanti che irrigidiscono la nostra capacità di essere duttili, per quanto riguarda sia gli investimenti nelle infrastrutture, che la tutela delle aziende (a questo punto non dico più solamente italiane, ma europee) in Europa e nel mondo.

L’auspicio finale è che il lavoro di questa maggioranza negli ultimi anni, che traghetta piano piano il Paese da una situazione di stallo e obsolescenza ereditata dal passato, verso una situazione di leggerezza e modernità, possa essere supportato, anche a livello europeo, da una grande collaborazione che possa far sì che, seppur con il peso fiscale che ancora ritengo eccessivo, possano essere poste le basi e le condizioni prossime e future per una crescita del sistema industriale, per una crescita ulteriore dell’occupazione e della qualità del servizio.

Infatti, questa manovra finanziaria non è solo la legge finanziaria per il 2005, giacché l'azione politica intrapresa dal Governo in questi anni va ben più oltre. Va ad esempio a permettere in futuro ai nostri figli di avere un posto di lavoro, di avere dei servizi di qualità accettabile e, soprattutto, di avere la possibilità di crescere in una economia ed in un Paese liberi, in grado di affrontare le sfide presenti e future, scevro e libero dai vincoli che abbiamo ereditato dal passato.

Credo che la responsabilità che tutti in quest'Aula abbiamo dimostrato, pur manifestando pareri diversi, non possa che rappresentare alla fine il miglior viatico perché si raggiungano questi obiettivi. (Applausi dal Gruppo LP).

 

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il relatore di minoranza, senatore Marini. Ne ha facoltà.

 

MARINI, relatore di minoranza sul disegno di legge n. 3223. Signor Presidente, colleghi, credo che le questioni che abbiamo posto durante i lavori di questa finanziaria, sia in Commissione sia in Aula, non abbiano avuto risposte da parte della maggioranza, tant'è che una serie di dubbi, perplessità e giudizi negativi rimangono così come erano stati posti all'inizio del presente dibattito.

Le questioni più rilevanti che oggi abbiamo in Italia, e che erano presenti nella finanziaria, non hanno - ripeto - avuto risposta. Alludo, ad esempio, al rapporto che si è venuto a creare in Italia, con questo Governo di centro-destra, tra amministrazione centrale dello Stato e autonomie locali. In questi anni, diversi problemi sono stati pian piano riversati sulle autonomie locali attraverso il contenimento della spesa. Si è voluta attuare una politica di rigore pubblico, limitando soltanto la spesa degli enti territoriali. Lo si è fatto con la furbizia di ritenere che in tal modo il cittadino recriminasse verso il soggetto istituzionale a più immediato contatto, cioè l'ente locale, preservando da qualsiasi giudizio negativo l'amministrazione centrale e quindi il Governo.

Così, detto per inciso, non è stato perché i cittadini hanno capito esattamente qual è stata la linea politica del centro-destra. In questi anni ci si aspettava invece, proprio a seguito dell'enfatizzazione dei processi di federalismo, derivanti dalla riforma del Titolo V della Costituzione, una maggiore autonomia degli enti locali e quindi la possibilità, per questi ultimi, di esprimere pienamente le proprie linee di azione politica. Invece è accaduto il contrario: ciò ha significato un danno enorme per i cittadini e per le famiglie giacché in realtà la limitazione dei trasferimenti ha fatto sì che i servizi si siano ridotti enormemente.

Sappiamo che tale riduzione non incide in pari misura su tutti i cittadini; quelli che hanno redditi alti non soffrono per la limitazione dei servizi perché si possono rivolgere a strutture private. Sono quindi le classi meno abbienti che soffrono per non avere soluzioni alternative quando un servizio comunale viene meno o diventa inadeguato.

Vi è stata poi l’estensione nella finanziaria del Patto di stabilità interno, che ha ancora di più compresso la spesa e quindi l’attività degli amministratori. Badate che questa non è solo una questione di natura economica, è proprio una questione di funzionamento dello Stato. Se viene meno il rapporto di fiducia tra enti e istituzioni all’interno del quadro democratico, si verifica una lacerazione profonda non più nel rapporto tra il singolo cittadino e lo Stato, ma tra gli stessi soggetti istituzionali. Ritengo che questa sia una politica sbagliata e pericolosa, perché fa venir meno l’unicità dello Stato.

Anche l’idea di proibire le cosiddette tasse di scopo per i Comuni che basano la loro economia sul turismo (e che quindi in alcuni mesi dell’anno devono erogare servizi per un numero di cittadini di gran lunga superiore allo standard) ha determinato un restringimento dell’autonomia degli enti locali. Nel cosiddetto vecchio Stato centralizzato, era consentita l’applicazione delle tasse di scopo e molti Comuni ancora le conservano. Voi della maggioranza, invece, portate avanti la riforma istituzionale per introdurre forme di federalismo e contemporaneamente mortificate le capacità decisionali degli enti territoriali.

Mi soffermo ora sulla questione dei forestali, cui ha accennato poco fa il collega Franco Paolo. La nomina del ministro Calderoli a supervisore è molto indicativa della vostra reale intenzione rispetto al problema del rapporto tra soggetti istituzionali.

La questione dei forestali è molto antica. Come sapete, la Calabria era ritenuta la Regione più dissestata d’Italia, al punto tale che i grandi meridionalisti della fine del 1800 (alludo in particolare a Giustino Fortunato e a De Viti De Marco) ritenevano che il dissesto idrogeologico calabrese fosse causa dell’arretratezza della Regione, definita dal grande pensatore lucano "sfasciume pendulo sul mare".

Fin dall’epoca del Regno di Napoli sono stati adottati una serie di interventi per rimediare a tale situazione, ripresi all’inizio del Novecento, soprattutto dopo il terremoto di Messina, che sconvolse la parte meridionale della Calabria. Tutti questi interventi dovevano dare risposta al problema idrogeologico; bastava che piovesse perché le fiumare inondassero la pianura, anche a causa della distruzione del sistema arboricolo della montagna effettuata nei secoli precedenti.

Ebbe così origine il problema dei forestali. Già con la legge speciale Calabria (che è molto antica e non è stata attuata dall’ultimo Governo di centro-sinistra, ma risale all’epoca centrista) fu affidato al Corpo dei forestali un certo numero di operai, che nel 1984 giunse a 34.000 unità. Fu allora che il Governo chiese alla Regione di condividere una soluzione in prospettiva del problema, anche in accordo con i sindacati: fu stabilito quindi di bloccare le assunzioni dei forestali e con una legge successiva ne fu impedito il turnover; in cambio lo Stato si assumeva l’onere del loro pagamento. Questo è avvenuto puntualmente fino a pochi mesi fa; ogni anno, lo Stato ha puntualmente pagato i forestali, i quali si sono ridotti dalle 34.000 unità del 1984 alle 11.000 unità del 2004.

Quest’anno invece il Governo, non so se per dimenticanza, per furbizia o per sottovalutazione del problema, ha pensato di eliminare questo stanziamento. Ma le recenti vicende hanno costretto la maggioranza a prendere atto della situazione e a prevedere di nuovo il finanziamento. Ieri è stato nominato il ministro Calderoli come supervisore dell’impiego di questi finanziamenti. Ma cosa dovrebbe fare il Ministro? Dovrebbe presiedere all’attività della Regione? I forestali sono gestiti dall’Agenzia di forestazione regionale (AFOR). Il Ministro non potrebbe certo dirigere l’Agenzia, perché per legge gli amministratori vengono scelti dal Consiglio regionale; non può neanche controllare l’attività dell’Agenzia, perché in tal modo verrebbe lesa la potestà della Regione, dal momento che questa è una competenza della Giunta regionale e in particolare dell’assessore a ciò preposto.

Bisogna forse stare attenti che la destinazione dei fondi abbia la finalizzazione prevista dalla legge, cioè che siano destinati alla forestazione? Occorre un Ministro che faccia da guardiano? Basta leggere, comunque, il conto consuntivo a fine anno per rendersi conto se la finalizzazione è stata rispettata. In ogni caso vi è L'Autorità giudiziaria contabile preposta a tale compito.

Che senso ha tutto ciò se non quello, politico, di mortificare una Regione? Che senso ha se non quello politico di far sì che si sappia che il Governo regionale di centro-destra non gode della fiducia del Governo nazionale di centro-destra per cui è messo sotto tutela? Io dico che questa è una mortificazione gravissima dei forestali e dei calabresi.

Il collega, senatore Paolo Franco, affermava che non si sono volute accettare le gabbie salariali per cui gli imprenditori hanno maggiore convenienza ad andare in altri Paesi, magari in Romania, anziché venire in Calabria.

Vi è un particolare che molte volte si dimentica, lo dimenticano soprattutto i colleghi della Lega: il costo della vita nel Mezzogiorno è lo stesso del Nord: ne più, né meno.

 

BOLDI (LP). Ma non è vero! Al Nord abbiamo il costo dei riscaldamenti.

 

MARINI, relatore di minoranza sul disegno di legge n. 3223. Parlerò anche del riscaldamento. Certamente sui costi del riscaldamento avremo un certo risparmio ma si trascura un altro aspetto: nel Mezzogiorno non ci sono trasporti pubblici. Il trasferimento di un operaio dalla propria casa al posto di lavoro deve avvenire con mezzi privati, dal momento che il trasporto pubblico non c'è. Quanto costa il trasporto privato su un bilancio familiare? Credo abbia un prezzo piuttosto alto.

Come si può pensare allora di introdurre le gabbie salariali sapendo che il costo della vita al Sud è identico a quello del Nord e di altre parti d'Italia? Mi sembra che ciò dimostri un'enorme superficialità nel risolvere problemi che andrebbero affrontati diversamente. Per quanto concerne, quindi, il rapporto Stato-autonomie mi sembra siamo al disastro.

Per quanto riguarda invece le imprese, già da qualche mese da parte di Confindustria è stata avanzata una critica; si chiede cosa facciano il Governo, la maggioranza e il Parlamento per affrontare i problemi che abbiamo dinanzi a noi.

L'Italia ha la spesa più bassa d'Europa in innovazioni e ricerca; in questa finanziaria non mi sembra sia contenuta una svolta in tal senso. La finanziaria non fa altro che fotografare la debolezza dell'Italia.

Nel passato l'industria italiana che non era di qualità ha retto bene il mercato fintanto che ha potuto godere della svalutazione lenta della lira. Con la divisa unica europea la situazione è cambiata. Sarebbe stato necessario incentivare l'industria italiana perché i beni di alta qualità reggessero la concorrenza nell’ambito di quello specifico settore. Ciò non è stato fatto? Il Governo e questa maggioranza non hanno inteso promuovere processi che servissero a tale fine.

Come si può frenare la delocalizzazione? Si ferma forse pensando a barriere doganali antistoriche e oltretutto non possibili?

La delocalizzazione si può fermare in un solo modo: facendo sì che attraverso vantaggi fiscali, lentamente, l'impresa possa rinnovarsi e introdurre processi di modernizzazione tali che rendano i prodotti competitivi.

Non mi sembra vi sia alcun cenno a provvedimenti di questa natura nella finanziaria che, al riguardo, non dice nulla.

Credo che tutto sia fatto in maniera improvvisata. Pensate a ciò che è successo con la bolla speculativa. Era nata una bolla speculativa riferita alla new economy che produceva risultati strabilianti dal punto di vista dell'aumento del valore delle azioni sui mercati azionari. Si sapeva che prima o poi sarebbe scoppiata e che avrebbe mietuto vittime tra i risparmiatori che non avevano le armi per difendersi, né per conoscere l'andamento delle borse. Si sapeva che i risparmiatori messi nelle mani del sistema bancario avrebbero finito per diventare vittime.

Eppure non è stato fatto niente. Quando poi sono scoppiati i casi Parmalat e Cirio sarebbe stato necessario subito un provvedimento legislativo che creasse un cordone protettivo per le famiglie e per il risparmio italiano. Sappiamo, invece, che la legge giace alla Camera perché non si riesce a trovare un accordo.

Mi pare che tutto ciò indichi una grande spregiudicatezza dell’attuale maggioranza, ma soprattutto del Governo. Tremonti ci dice, dopo aver finito di fare il Ministro, che nel Mezzogiorno c’è un problema rappresentato dalla mancanza di autonomia del sistema bancario, di quel sistema bancario nato nel Mezzogiorno. Se ne accorge adesso, quando tutto ciò è stato distrutto, quando quel sistema bancario è servito per aumentare la rete sportellare dei grandi gruppi bancari del Centro-Nord, attraverso la quale si è pensato di rastrellare il risparmio che serviva proprio a finanziare la bolla speculativa, in modo tale da conseguire cospicui utili. E adesso vi accorgete di questo elemento di debolezza in un’area strategica per lo sviluppo dell’intero Paese? Mi pare che vi sia davvero molta spregiudicatezza, chiamiamola così, nell’affrontare i problemi.

Sarebbe necessario, allora, riprendere una politica di fiducia: dobbiamo fare in modo che la gente torni ad avere fiducia nelle istituzioni, perché l’ha persa a seguito di tutti questi problemi non risolti, di questi nodi intricati che non sono stati sciolti.

Venendo al problema della spesa pubblica, onorevoli colleghi, che corre senza freni ed è all’origine della grave situazione del deficit, ormai di fatto sfondato, e intacca l’avanzo primario che si sta riducendo anno dopo anno non vi è alcun elemento che possa far credere a una crescita nei prossimi anni.

C’è un problema serio: lo scostamento tra competenza e cassa. Il fabbisogno di cassa ha un momento critico: ebbene, il Governo se li pone questi problemi seriamente e trova un rimedio? Non può pensare di risolverli rallentando le spese di cassa, anche perché queste ultime servono a mantenere l’apparato produttivo, in quanto un’azienda che ha fatto lavori per le pubbliche amministrazioni o fornito servizi non può vedersi negato il credito o rinviato per mesi il pagamento dovuto perché, lo sappiamo, ciò mette in crisi le stesse aziende.

Quindi, il problema del fabbisogno di cassa, che all’epoca del Governo di centro-sinistra veniva seguito con grande attenzione, ora viene totalmente trascurato. Può servire per risolvere il problema del fabbisogno di cassa il contenimento della spesa al 2 per cento o il limite di assunzione per i pubblici dipendenti? Non mi pare. Sappiamo infatti che porre un tetto alla spesa significa rinviarla, trasferirla agli anni successivi; d’altra parte, il blocco delle assunzioni non ha mai funzionato e in ogni caso, se ci fosse stata serietà nel porre una questione di limite di assunzioni nella pubblica amministrazione, di pari passo avrebbe dovuto camminare un progetto di formazione della pubblica amministrazione di riorganizzazione e preparata in maniera diversa; tutto questo non c’è.

La situazione delle famiglie è drammatica, lo abbiamo detto in ogni modo; non ci sono più i servizi di ieri, molti dei quali sono stati smantellati. Il problema dell’assistenza dell’infanzia è diventato molto serio: i dati ISTAT ci dicono che su dieci bambini, sei vengono accuditi dai nonni, quindi il 60 per cento di assistenza ai bambini viene effettuato dai nonni, il che significa che manchiamo totalmente di un sistema sociale adeguato. Questi dati ISTAT sono molto allarmanti: rispetto a tale situazione, qual è la risposta? C’è un finanziamento, una politica di intervento? C’è il tentativo di finalizzare la qualità della spesa sociale? Non mi pare che ciò sia stato fatto. E allora, mi sembra tutto molto negativo.

La riduzione delle tasse: serviva davvero la riduzione delle tasse in questa situazione o è anch’essa un elemento non all’ordine del giorno dell’economia del Paese? A me pare che la riduzione delle tasse sia più una misura elettoralistica, che mira a contenere il giudizio negativo che cresce giorno dopo giorno verso il Governo e la maggioranza, anziché un modo per promuovere una politica economica. La riduzione delle tasse non è mai servita, lo ripeto, l’ho già detto nella fase introduttiva del mio intervento in Aula, per promuovere lo sviluppo aumentando i consumi; la riduzione delle tasse serve solo ad una ridistribuzione del reddito: è uno strumento tipico per ridistribuire il reddito allorquando vi è una forte sperequazione nella sua distribuzione.

Pensiamo di risolvere i nostri problemi in questa maniera, dicendo ai cittadini che si restituisce loro la "mancia", sapendo poi che tra quel che viene dato e quel che viene preso, con l’imposizione indiretta, il saldo è negativo?

La mancanza di una politica di sviluppo fa arretrare il Paese. Ogni punto in meno di crescita del PIL rappresenta lo 0,5 per cento in più di indebitamento, per cui la mancata crescita degli ultimi tre anni ha significato un aumento dell’indebitamento; il minore sviluppo futuro rispetto alle previsioni per gli anni a venire porterà alle medesime conseguenze. Questi sono i risultati. Il Governo prevedeva una crescita del 2,1 per cento del PIL; gli istituti di ricerca dicono che non si può andare oltre l’1,7. Questo scostamento dello 0,4 per cento significa proprio un maggiore indebitamento.

La diminuzione delle tasse non c’è stata, anzi c’è stato un aumento fiscale. È con questo viatico che vi presentate al Paese, senza dire che anche la vicenda del maxiemendamento sul quale porrete la fiducia è una specie di favola. Ne abbiamo chiesto più volte, il contenuto c’è stato detto che all’inizio dei lavori dell’Aula avremmo avuto una risposta. Stiamo dibattendo su ciò di cui si parla per strada, nei corridoi e non in Aula. Si dice che non ci sia accordo su una serie di richieste dei singoli senatori per cui si deve conciliare l’inconciliabile. Una cosa è certa: il maggior strumento di politica economica del Paese viene gestito in maniera che definire puerile è poco. (Applausi dai Gruppi Misto-SDI, DS-U, Mar-DL-U e Verdi-U).

 

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il relatore di minoranza, senatore Giaretta. Ne ha facoltà.

 

GIARETTA, relatore di minoranza sul disegno di legge n. 3224. Signor Presidente, colleghi, ringrazio naturalmente i relatori di maggioranza e il senatore Malan per l’attenzione che hanno voluto riservare alle considerazioni che abbiamo svolto con le nostre relazioni. Credo sia un’attenzione dovuta anche alla necessità di arrivare alla scadenza prevista per questa mattina, mancando ancora il testo dell’emendamento che il Governo porterà alla nostra attenzione.

Secondo questi interventi, gli italiani sono tutti felici e contenti della nuova situazione economica: le famiglie stanno meglio e le imprese hanno di fronte una radiosa situazione di conquista di nuovi mercati. Naturalmente le cose non stanno così. Non occorre che lo diciamo noi: è la realtà del Paese che parla attraverso le proprie associazioni, le proprie organizzazioni sindacali, gli studiosi e gli opinionisti. Tutti ritraggono un’Italia molto diversa. Le famiglie, purtroppo, stanno peggio. Si è criticato il fatto che io abbia affermato che non c’è nulla per le politiche familiari. Ma non sono io a dirlo, bensì la relazione tecnica con cui il Governo accompagna i suoi provvedimenti.

Secondo questa, l’unica politica familiare si fa attraverso la leva fiscale. Ebbene, la riduzione delle aliquote dell’IRE, così ci dice il Governo, non interessa per nulla il 60 per cento delle famiglie italiane e per il rimanente 40 per cento, oltre la metà delle risorse sono destinate al 10 per cento dei cittadini più ricchi. C’era un intervento di 1.000 euro per i nuovi nati? L’intervento scompare. Parlate della deduzione per le badanti; da tempo abbiamo presentato emendamenti in questa direzione. Perché non dite però agli italiani che con lo stanziamento che avete appostato sarà possibile intervenire a favore solo di 75.000 famiglie? Secondo voi questo è in Italia il numero delle famiglie che hanno una simile esigenza?

Per avere quella possibilità di un vantaggio fiscale, che si ridurrà a circa 300 euro all’anno, si dovrà presentare una fattura in cui risulti che si siano spesi 1.980 euro per l’assistenza ai familiari: credete che siano molte le famiglie che possono permettersi di spendere una simile cifra?

Su questa materia, devo dire la verità, gli italiani saranno anche un po’ frastornati perché sentono molte cifre, leggono molte tabelle e stanno facendo i calcoli per conto loro. Comunque ci sarà un momento della verità che, almeno per i lavoratori dipendenti, è molto vicino, perché con la consegna delle buste paga di gennaio i cittadini italiani vedranno da soli chi ha ragione: noi, che sosteniamo che purtroppo il vantaggio fiscale sarà molto modesto, o chi sostiene che siamo in presenza di una riduzione epocale delle tasse. I cittadini italiani, a partire dal primo gennaio prossimo, si accorgeranno anche del fatto che quel modesto intervento sulla riduzione delle aliquote IRE (modestissimo per molti di loro e inesistente per molti altri) sarà comunque completamente eroso dagli aumenti che dovranno affrontare nella loro vita quotidiana.

Si accorgeranno che la benzina continuerà ad aumentare, perché il Governo colpevolmente non interverrà per ridurre le accise. Se compreranno un’automobile si renderanno conto che l’imposta di trascrizione sarà aumentata di circa il 10 per cento. Se richiederanno un certificato, verificheranno che il costo del bollo sarà aumentato. Se dovranno accedere al tribunale, noteranno l’aumento delle relative imposte, così come quelle previste per la sottoscrizione di un contratto d’affitto. Ma potrei proseguire negli esempi.

Non ho sentito contestare la cifra che abbiamo riportato; è scritta nella relazione di minoranza. Con questa legge finanziaria aumentate l’imposizione fiscale per oltre 9,8 miliardi di euro e ne restituite solo 4,3: con una operazione di aritmetica elementare si rileva un aumento della pressione fiscale.

Circa le imprese non so cosa dire. Ha ragione il senatore Paolo Franco quando ci ricorda le difficoltà che derivano dal cambiamento dello scenario geopolitico, degli equilibri finanziari che derivano dal prepotente affacciarsi sul mercato di nuovi produttori, che sottraggono quote di mercato all’Italia. Ma a fronte di tutto questo, l’unico concreto intervento che ponete in essere è quello riguardante la riduzione dell’IRAP (bene per le imprese del Mezzogiorno e per quelle che fanno ricerca), ma è davvero modesto e valido solo per un anno. Quale azienda potrà modificare i propri programmi di investimento se gli si dice che forse, per un anno, avrà un vantaggio fiscale modestissimo, mentre per gli altri anni non si sa, perché "dipende".

L’altro intervento, che vale invece per tutte le piccole imprese, è il famoso aumento della franchigia dell’IRAP, che porta al mirabolante risultato di 20 euro di vantaggio in un anno (non in un mese). Le aziende, nella denuncia del 2006 (perché naturalmente per il 2005 non avranno nulla) potranno dedurre 20 euro.

Vi chiedo di avere un po’ di pudore, senatori della maggioranza e Governo: si può anche dire alle imprese che non siete in grado di fare alcunché. Non si può sostenere di affrontare la competitività, il colosso cinese, con la propaganda dei dazi (che non si possono mettere), quando si potrebbe porre in essere una seria politica contro le contraffazioni e la concorrenza sleale: questa sì che si potrebbe attuare, a livello europeo, se si preparassero delle proposte serie. Ma voi non lo fate, piuttosto date 20 euro: tale è la vostra politica per la competitività.

Ha ragione ancora il senatore Paolo Franco a dire: vogliamo più federalismo in questo Paese. Ci troviamo insieme su questa strada. Guardando, però, a questa legge finanziaria e a quelle che l’hanno preceduta, vorrei chiedergli - mi rivolgo a lei, senatore Franco, perché è relatore di maggioranza - se è parente del federalismo l’aumento che avete realizzato in questi tre anni di 116.000 nuovi dipendenti pubblici dello Stato centrale, se è parente del federalismo l’aumento della spesa dei Ministeri - non della spesa pubblica, che è un grande aggregato - di un punto e mezzo del PIL.

Avete prelevato dalle tasche degli italiani queste risorse non per distribuirle sul territorio a sostenere i Comuni, le Regioni, le imprese, ma per finanziare la struttura dello Stato centrale: che c’entra questa cosa col federalismo? Questa è un politica centralista.

E perché tutte le Regioni, anche quelle con una maggioranza di centro-destra, e tutti i Comuni, anche quelli con la medesima maggioranza, contestano che questa legge finanziaria non solo toglie loro dei soldi ma anche autonomia? Infatti, in sostanza dite che un Comune non è neanche libero di fare gli investimenti, un Comune che ha denari perché ha amministrato bene, un Comune che ha denari perché i cittadini sono disponibili a pagare i servizi, non importa, comunque non può fare più investimenti oltre un certo tetto. Qui non è solo una questione di visione economica; vi è un’impostazione centralistica: volete dire ai sindaci come devono spendere i loro soldi anche se ce li hanno e anche se i cittadini glieli hanno dati.

Poi, non avete detto nulla - perché nulla potevate dire - sulle cifre gravissime che ho esposto in relazione ai tagli che vengono realizzati nell’intervento sulla pubblica amministrazione. Leggo questa mattina un’intervista del ministro Stanca - voi avete alcuni Ministri che sembrano essere sempre in una sorta di letargo amministrativo e ogni tanto rilasciano un’intervista - che sottolinea come solo con la informatizzazione della pubblica amministrazione si potranno risparmiare 3-4 miliardi di euro: bene, siamo con lui a sostenerlo.

Se, però, fosse qui, chiederei al ministro Stanca se ha letto i bilanci dei Ministeri e si è accorto che i capitoli - perché ci sono i capitoli, non è mica una poesia - relativi all’informatizzazione dei servizi, che naturalmente erano già inadeguati, sono stati tagliati dell’11 per cento. Ma quale politica di informatizzazione dei servizi! Ministri che fanno interviste, e non hanno ancora capito che svolgono un altro mestiere, non dovrebbero rilasciare interviste, bensì risolvere i problemi.

E questi tagli del 25 per cento in due anni della spesa relativa alla pubblica sicurezza pensate non abbiano conseguenza sulla tenuta sociale del Paese?

E ancora il taglio del 30 per cento del Fondo sociale, che è quello che serve ancora una volta ai Comuni? Sono soldi che vanno ai Comuni e voi li tagliate?

E questo taglio dei consumi intermedi per 2 miliardi allo Stato centrale, per 4 miliardi alle Regioni e per altri 2-3 miliardi agli altri enti pensate non abbia un effetto recessivo? L’espressione "consumi intermedi", che è un po’ criptica, significa forniture che la pubblica amministrazione compra sul mercato, dall’altra parte del taglio ci sono le imprese che forniscono servizi e che non li forniranno più, avranno problemi di mercato, di occupazione: qui c’è un grande effetto recessivo.

In questa finanziaria c’è stato spazio per tutto, come abbiamo visto nel faticoso lavoro in Commissione. Diciamo la verità, i senatori di maggioranza, non potendo incidere sull’orientamento generale della finanziaria, hanno dovuto limitarsi ognuno a lasciare la propria traccia: allora abbiamo i ricercatori di tartufo, il calcio femminile, le singole categorie e sottocategorie della pubblica amministrazione che vengono premiate con un piccolo beneficio di carriera. Altro che blocco delle assunzioni!

Basta vedere gli articoli 35 e 42: uno è diventato di 48 commi e l’altro di 69, e ad ogni comma vi è un piccolo segnale su un problema puntuale. Anche quelli sono problemi che esistono nel Paese, ma dov’è la visione generale? Mi sapete spiegare perché vale il calcio e non il ciclismo femminile? Perché, in quel momento, c’era lì un senatore che portava il suo obolo per risolvere un problema.

Il giudizio generale quindi non resta smentito, per cui questa legge finanziaria è foriera di più tasse per i cittadini, meno servizi e più debito. Noi insistiamo nel dire che uno dei grandi modi di togliere libertà ai cittadini è caricarli del debito pubblico. Se non li liberiamo da questo peso non ci sarà libertà economica futura per il Paese.

Il senatore Izzo ha osservato che non abbiamo proposto una manovra alternativa. Qui fa torto alla verità e alla ragione, perché con i nostri interventi in Commissione credo che sempre abbiamo avanzato proposte e comunque le ricordo. Se invece di questa inutile riduzione delle tasse concentrata sui ceti più elevati, che secondo i calcoli degli analisti porterebbe ad un incremento del PIL dello 0,1 per cento, dedicato quasi tutto alle importazioni, e quindi senza alcun beneficio per la crescita del prodotto interno lordo, aveste realizzato quel che vi abbiamo proposto, e cioè un sostegno reale dei consumi per i ceti più deboli (che sono numerosi e se metti loro in tasca 200 euro li spendono tutti per beni essenziali); se aveste restituito il maltolto che lo Stato realizza sotto la vostra guida (cioè il maltolto del drenaggio fiscale, le tasse in più che pagano i cittadini per l’aumento dell’inflazione); se aveste ridotto il cuneo fiscale sul costo del lavoro, dando un vantaggio ai lavoratori, che avrebbero più soldi in busta paga, e alle imprese, che avrebbero un costo del lavoro meno caro; se aveste realizzato una politica seria di sostegno alle aziende che investono, come ha suggerito Confindustria, vedreste allora che ci sarebbe un disegno robusto. Noi ve lo abbiamo proposto; voi lo avete respinto.

Signor Presidente, terminerò sollevando una questione anche all’attenzione della Presidenza del Senato. Nella riunione dei Capigruppo di ieri, ad una mia specifica domanda, il rappresentante del Governo ha assicurato che l’emendamento sarebbe stato presentato entro la giornata di ieri. Siamo alle ore 13,20 della giornata di oggi e l’emendamento non è stato ancora presentato. Ma ciò che più è grave, naturalmente, è che questo emendamento si sta prefigurando non come un semplice aggiustamento di poche questioni rimaste in sospeso, ma come un’altra legge finanziaria.

Fa un po’ sorridere il dibattito che è in corso anche sulla stampa, alimentato da esponenti della maggioranza, per cui si afferma "noi avremmo l’ambizione che ci fosse una procedura di tipo anglosassone, in cui il Governo presenta la manovra e il Parlamento ne deve prendere atto". Magari fosse così! Magari ci fosse un Governo che avesse presentato in Parlamento la manovra!

Avete presentato alla Camera una manovra finta, avete obbligato al voto di fiducia senza discussione; qui in Senato, in Commissione, avete presentato gli emendamenti per pezzi estorti, quasi come dal dentista, dalla minoranza per poterli avere; adesso sappiamo che sarà presentato qui non un modesto emendamento, ma un altro pezzo di manovra. Infatti, leggiamo dalle agenzie che era in corso qualche minuto fa - non so se lo sia ancora - una riunione cui partecipano il ministro dell’economia Siniscalco, il ministro Alemanno, i Presidenti delle Commissioni e i relatori della maggioranza della Camera, persino l’onorevole La Russa, che porterà consiglio su come impostare la legge finanziaria.

È cosa che ci dispiace molto, signor Presidente. Secondo queste agenzie parteciperebbe a questa riunione tutta politica il Ragioniere generale dello Stato. Io chiedo qui formalmente che la Presidenza del Senato accerti, perché se così fosse, sarebbe veramente grave che organismi che sono preposti alla certificazione dello stato dei conti, e che sono alte autorità a disposizione dello Stato italiano, vengano da questa maggioranza obbligati (poi c'è anche chi si fa obbligare, naturalmente, e chi ha il coraggio di dire di no) a divenire servitori modesti delle esigenze appunto di una maggioranza. Questo sarebbe grave per le istituzioni italiane e sarebbe una delle tante colpe di cui vi state caricando, nel disprezzo del sistema istituzionale italiano!

Io vorrei quindi sapere dalla Presidenza e dal Governo quando mai riuscirete a trovare un accordo su questo emendamento, a presentarlo all'attenzione del Senato, e quindi a definire i termini per poterlo esaminare nel dettaglio, approvandolo pur con un vergognoso voto di fiducia. Vergognoso perché qui avete più di 50 senatori di vantaggio e non avete il coraggio di ricevere un voto aperto dalla vostra maggioranza, lasciandola libera di giudicare il senso della vostra manovra. Noi l'abbiamo giudicata! (Applausi dai Gruppi Mar-DL-U, DS-U, Verdi-U e Misto-SDI).

 

PRESIDENTE. La Presidenza attende in tempi brevi la presentazione dell'emendamento del Governo.

Ha facoltà di parlare il rappresentante del Governo.

 

VEGAS, sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Signor Presidente, ringrazio i relatori di maggioranza e di minoranza e tutti i senatori intervenuti in questo dibattito. Mi soffermerò su alcune questioni più rilevanti, come quella relativa alla struttura di questa legge finanziaria, perché il fatto saliente è che essa cerca di coniugare le misure essenziali per favorire lo sviluppo del Paese. Quello che abbiamo sentito in questo dibattito è proprio come un grido di dolore circa la situazione del Paese e il fatto che è indispensabile rilanciare lo sviluppo.

Innanzitutto partiamo dalla realtà, e la realtà ovviamente è che il Paese si trova in una situazione difficile, ma ciò nonostante negli ultimi anni ha sempre goduto di un tasso di sviluppo positivo, cosa che non sempre è successa in tutti gli altri Paesi europei. Accanto a questo tasso di sviluppo positivo vi è sempre stato il pieno rispetto dei parametri europei, segnatamente quelli relativi al rapporto tra deficit e prodotto interno lordo.

Quindi, il Paese in questi anni di difficoltà economiche e mondiali - è stato riconosciuto ieri anche dal senatore Morando - malgrado quello che è successo a livello di terrorismo internazionale e di crisi dei mercati, è riuscito sempre a coniugare lo sviluppo, sicuramente insufficiente, ma pur sempre positivo, insieme al rispetto dei parametri europei.

Qualcosa in più però occorre fare: non vi è dubbio che la chiave del futuro è lo sviluppo, e per questo sono state definite nella finanziaria e nelle precedenti misure, ad esempio per la ricerca, iniziative tendenti a favorire lo sviluppo, soprattutto attraverso l’utilizzo della leva fiscale. La leva fiscale, infatti, è lo strumento che si è dimostrato in tutti i Paesi del mondo come l'unico effettivamente efficace per poter far crescere lo sviluppo. La leva fiscale non è di per sé neutra: la leva fiscale ha senso se si coniuga con la diminuzione della spesa pubblica, se in qualche modo aumentano le risorse a disposizione dell'economia e possono essere destinate al risparmio, ai consumi, agli investimenti. Altrimenti è una semplice partita di giro e non c'è sviluppo.

Per questo la finanziaria di quest'anno, pur con ovvie difficoltà, pur con resistenze, pur con una situazione che è quella che si eredita dal passato, ha cercato di coniugare il duplice obiettivo della saldezza dei conti pubblici, della riduzione della spesa e dello sviluppo attraverso la leva fiscale.

Credo che questi siano gli elementi salienti della presente finanziaria: si propone di rispettare il Patto di stabilità europeo, colorandolo con un qualcosa in più, cioè la famosa regola del 2 per cento, che sicuramente sarà inadeguata, che non si applicherà a tutti i comparti della spesa pubblica, che per molti aspetti è criticabile, ma che pur tuttavia costituisce il cuore essenziale del vero rispetto del Patto di stabilità europeo.

Non mi riferisco solo ai saldi, perché questi ultimi di per sé costituiscono un valore utile nel contingente - per pervenire alla creazione della moneta unica - ma non nel lungo periodo. I saldi possono avere senso per un livello di spesa pubblica molto bassa, ma ne hanno molto meno a fronte di una spesa pubblica molto elevata rispetto al PIL. Se, ad esempio, ho un disavanzo del 3 per cento con un reddito pari a 100, i saldi hanno un senso, ma con un reddito pari a 10 il significato è del tutto diverso; quindi, più basso è il rapporto tra la spesa pubblica ed il PIL, migliore è anche la qualità dei saldi.

Torno a ripetere: i saldi di per sé non costituiscono un valore assoluto; il valore deve essere quello del miglioramento della spesa, cioè dell'abbassamento dell'intermediazione della spesa pubblica sul prodotto interno lordo. Oggi si dibatte molto sulle eventuali modifiche del Patto di stabilità europeo e, per certi aspetti, in una situazione di economia relativamente stagnante è giusto apportare qualche cambiamento; tuttavia, non va dimenticato che i padri costituenti dell'Europa monetaria vollero quel tipo di rapporto, essendo ovvio che con quel meccanismo si sarebbe dovuti gradualmente arrivare ad una diminuzione della spesa pubblica complessiva perché soltanto tale diminuzione porta sviluppo e - se vogliamo - libera anche l'economia ed insieme a quest'ultima anche il cittadino.

Quindi, da una parte, vi è un meccanismo che colora, migliorandolo, il sistema del Patto di stabilità europeo, quello che limita la crescita della spesa al tetto del 2 per cento, dall'altra, vi è la riforma fiscale.

Signor Presidente, onorevoli colleghi, il fatto che il miglioramento e lo sviluppo non si possano ottenere che con la leva fiscale costituisce una vecchia questione. Questa parte politica lo sostiene da quando ha avuto la responsabilità di Governo e ha sempre cercato di procedere in tal senso attraverso tutti gli interventi che si sono susseguiti in questi anni: mi riferisco alla legge Tremonti-bis, alle misure dei 100 giorni, al primo modulo fiscale, ed oggi al secondo modulo fiscale. Da parte dell'opposizione si sostiene, al contrario, che lo sviluppo si possa ottenere soltanto con prepotenti iniezioni di spesa pubblica.

Se così fosse, però, l'Italia dovrebbe essere un Paese splendidamente avviato; considerati i livelli di spesa pubblica attuali e che abbiamo ereditato dal passato, se le cose stessero in questi termini non ci sarebbero problemi, invece così non è. Inoltre, se così fosse, mi domando come mai l'opposizione che prima ci ha rimproverato di spendere poco e di pensare più alla detassazione, oggi, come folgorata sulla via di Damasco, propone anch'essa una diminuzione della pressione fiscale. Credo che si tratti di una proposta alquanto strumentale: l'opposizione si rende ben conto di come la sola spesa pubblica non porti in primo luogo che ad un aumento della spesa e dei percettori della spesa, e poi forse, in un secondo momento, a un qualche miglioramento.

Ne consegue che anche l'opposizione ha presentato emendamenti nel senso della riduzione fiscale, però lo fa operando una copertura solo con un incremento di tassazione da altre parti: ciò sta a significare che non si tratta di diminuzione della pressione fiscale, e che l'opposizione non crede in quello che afferma; che presenta solo emendamenti strumentali in un dibattito politico acceso semplicemente perché spera di non perdere consensi. In realtà non vi è dubbio che l'opposizione è sempre stata a favore della spesa pubblica e non della sua riduzione e che conversioni dell'ultimo minuto non cambiano nulla rispetto ad una struttura di pensiero che si è consolidata negli anni.

Vi è un'ulteriore contraddizione da rilevare, giacché l'opposizione, da un lato, rimprovera il Governo di essere troppo spendaccione e non in grado di tener ferma la barra nei confronti dei parametri europei, dall'altro, contemporaneamente, va chiedendo una congerie di spese e non per qualche intervento spot - criticabile forse ma che pur tuttavia costituisce la tradizione da pagare quando si passa all'esame parlamentare della manovra finanziaria, e comunque posso assicurare che si tratta di pochissima cosa - ma aumenti di spese cospicui in una serie di settori.

E allora vi è una contraddizione insanabile: o si vuole stringere i cordoni della borsa oppure si vuole allargarli, non si può fingere di volerli stringere e contemporaneamente lamentare insufficienze di spesa.

Ma vorrei esaminare più dettagliatamente la questione delle insufficienze di spesa. Ho sentito delle lamentele riferite per esempio al mancato rispetto dell’articolo 53 della Costituzione, che stabilisce il principio della progressività. Vediamo allora come questo Governo ha cercato di dare attuazione ad alcuni articoli della Costituzione.

Iniziamo dall’articolo 4: non mi risulta che il Governo passato abbia attuato tale norma, secondo cui "La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendono effettivo questo diritto". Per creare tali condizioni, occorrono un mercato del lavoro più flessibile (ricordo la legge Biagi), una minore tassazione sul lavoro, un sistema di contributi sociali più equo e anche una minore tassazione sui redditi delle persone. È ovvio infatti che la forbice tra i costi e i redditi reali dei lavoratori deve essere diminuita. La Costituzione si attua quindi anche con questo tipo di norme.

L’articolo 9 afferma che "La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica". Ebbene, le riduzioni dell’IRAP prodotte in questa finanziaria per la ricerca danno realmente corpo a tale norma costituzionale.

Parliamo anche dell’articolo 31, ove si dice che "La Repubblica agevola con misure economiche e altre provvidenze la formazione della famiglia e l’adempimento dei compiti relativi, con particolare riguardo alle famiglie numerose". Le deduzioni presenti nel secondo modulo della riforma fiscale - erano già presenti nel primo - portano la quota esente fino a 14.000 euro, cioè a 28 milioni delle vecchie lire: ciò significa dare una mano molto importante alle famiglie, in particolare quelle numerose e in situazione di bisogno. Ciò significa rendere reale la Costituzione italiana, seppure per via finanziaria.

L’articolo 32 della Costituzione prevede che "La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo". Signor Presidente, rispetto ai patti sulla sanità scritti dal precedente Governo, nel 2005 noi finanziamo la sanità pubblica con un aumento equivalente a circa 30.000 miliardi delle vecchie lire. Si può dire che sono insufficienti, che non bastano mai, però bisogna riconoscere che quasi una manovra finanziaria intera in più viene destinata solo alla sanità, in particolare alle persone più bisognose che devono rivolgersi ai servizi pubblici. Credo che questo sia un fatto di grande rilievo.

Viene spesso trascurato l’articolo 36 della nostra Costituzione, ove si stabilisce che "Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa". Visto che ovviamente lo Stato non può aumentare gli stipendi ai dipendenti privati, in questa finanziaria si aumentano quelli dei dipendenti pubblici più dell’inflazione. Ma occorre anche intervenire con misure di monitoraggio della spesa, cosa che viene fatta con riferimento all’andamento dei prezzi. Non a caso i dati odierni dimostrano una diminuzione dell’inflazione in Italia superiore a quella che si riscontra negli altri Paesi europei. Si interviene quindi sia dal lato dell’offerta, sia dal lato della domanda, diminuendo la pressione fiscale e facendo sì che i nostri cittadini abbiano più soldi in busta paga e quindi in tasca.

Il senatore Malan, poco fa, ha fatto una chiara esemplificazione del livello di risparmio di cui godono le famiglie italiane con la riduzione della tassazione. Con l’attuazione del secondo modulo della riforma fiscale, si avvantaggiano tutti i contribuenti (dal 1° gennaio 2005 tutti pagheranno meno tasse e quindi si troveranno in una situazione migliore rispetto al passato), ma in particolare si avvantaggiano coloro che percepiscono i redditi più bassi. Infatti, fino a 15.000 euro, il vantaggio è di circa il 40 per cento; per i redditi medi e bassi, il vantaggio passa al 13 e al 10 per cento, mentre scende fino al 3 per cento per i redditi più alti.

Ciò significa che la parte principale della riforma fiscale è concentrata sui redditi bassi e medi; serve, quindi, a dare più potere d'acquisto a queste fasce di reddito che potranno fare più acquisti, comprare più cose e far, così, ripartire il circuito dell'economia.

L'opposizione critica il fatto che i ricchi guadagnano di più. Certamente avendo un reddito molto elevato essi hanno un ritorno fiscale più vistoso ma, in proporzione, molto più basso. Nella stessa Costituzione, d'altronde, si legge che il sistema fiscale è improntato a criteri di progressività; non deve essere progressivo in ogni suo segmento, altrimenti la Costituzione l'avrebbe detto con chiarezza.

Il dettato costituzionale vuol dire che ci deve sempre essere un piccola leva nel sistema fiscale tale da spingere ciascuno a voler guadagnare e produrre qualcosa di più per appropriarsi di una frazione superiore rispetto a quello che produce. È un meccanismo che nella sostanza si traduce in un incentivo, una molla a far sviluppare l'economia. Diversamente, ci troveremmo di fronte ad una economia di comando e, dunque, un sistema economico destinato al fallimento, come è accaduto nell'Europa dell'Est - ahimè - non molto tempo fa.

Ricordo anche l'articolo 41 della Costituzione, là dove dice che l'iniziativa economica privata è libera (uno dei nostri capisaldi); non vi è libertà senza la possibilità di utilizzare risorse economiche e di disporre di qualcosa in più da poter investire e lavorare.

Un cenno, infine, all'articolo 53, già citato poc'anzi, in cui è contenuto il principio della capacità contributiva, diventato in questa legislatura il simbolo dell'azione del Governo.

Finora al cittadino veniva portato il conto della spesa pubblica. Si faceva il conto delle spese delle Regioni, dello Stato, dei Ministeri, dei Comuni degli enti pubblici e poi si rimetteva al cittadino che pagava attraverso le tasse. Fino a qualche anno fa il meccanismo era diverso: le tasse non si facevano pagare perché ci si avvaleva dell'indebitamento complessivo, cosa non più possibile dopo la ratifica del Trattato di Maastricht.

Abbiamo cercato di rivoluzionare questo principio. Partendo, cioè, dal principio della capacità contributiva abbiamo cercato di stabilire cosa il cittadino può pagare. Sulla base di ciò che paga poi si distribuisce la spesa, esattamente come accade nelle famiglie di ciascuno di noi. Il padre di famiglia non cerca lavoro in base ai bisogni della famiglia, non tira la somma e di conseguenza cerca un lavoro che gli corrisponda uno stipendio equivalente a quella somma. Ha un dato lavoro, un reddito e sulla base di quello distribuisce la spesa familiare. Questo è un principio di buon senso che non si capisce perché non debba essere applicato anche allo Stato.

Voglio ricordare come malgrado le accuse - a mio sommesso avviso - infondate sollevate dall'opposizione, la spesa pubblica in certi settori fondamentali sia cresciuta negli ultimi anni; mi riferisco alla spesa degli enti locali. Si dice che i comuni vengono strozzati da questa manovra. Non è vero, perché la spesa dei comuni e delle provincie è cresciuta. Non dobbiamo soltanto tener conto dei trasferimenti da parte dello Stato ma anche delle entrate proprie.

Le spese complessive dei Comuni sono costituite da entrate proprie (tassazione, ad esempio, ICI) e da trasferimenti dello Stato. La somma delle due fonti è incrementata notevolmente, basti vedere (dati ISTAT non del Governo) che negli ultimi 3 anni questa somma è incrementata del 14,2 per cento rispetto al meno 9 per cento per il settore statale.

Se vi è quindi qualche contenimento di spesa da fare, si tratta di contenimento di sprechi e non di spese destinate a settori sensibili della spesa comunale. La stessa cosa vale per le provincie dove la spesa è aumentata di più perché ci sono state funzioni trasferite; negli ultimi 3 anni, comunque, quest'ultima è aumentata del 63,5 per cento.

Del finanziamento al servizio sanitario nazionale ho già avuto modo di parlare. Vale la pena di ricordare che il finanziamento per le aree sottoutilizzate nella finanziaria 2005 è arrivato ad uno stanziamento complessivo di 31.122 milioni; una cifra record rispetto al passato. Ricordo ancora che per l'ordine pubblico e la sicurezza abbiamo incrementato la spesa per il 2005 rispetto agli anni precedenti; per le attività ricreative e culturali di culto di oltre il 20 per cento, per la protezione sociale siamo passati da 66.900 milioni a 68.400 milioni.

Questo vuol dire che, pur in periodi di difficoltà per la spesa pubblica, i settori sensibili sono stati oggetto di cura da parte del Governo che ha cercato un modo possibile, reale ma efficace di incrementare questo tipo di spesa, proprio perché nei momenti di difficoltà occorre selezionare le spese giuste per cercare di cancellare o diminuire quelle superflue.

La finanziaria in esame ne è un esempio, perché la spesa per acquisti di beni e servizi, per consulenze, cose di questo genere, è stata molto limitata.

Tutto questo potrà essere sufficiente? Speriamo di sì. I dati sulle entrate di queste ore danno qualche motivo di ragionevole tranquillità per la conclusione del 2004 e possibilmente anche per l’anno successivo. L’attività di controllo dell’andamento della spesa pubblica, che il Governo ha svolto e continuerà a svolgere, induce a buone prospettive. Tutto quello che si doveva fare per stare tranquilli sotto il profilo del mantenimento della saldezza dei conti nei confronti dell’Unione Europea e possibilmente per sviluppare l’economia questo Governo lo sta facendo e continuerà a farlo e se necessario proseguirà su questa strada.

In conclusione, un breve accenno sulla nota questione che si riaffaccia ogni volta che si dibatte di legge finanziaria: nessuno è mai soddisfatto delle procedure e della struttura della legge finanziaria. Ogni anno, una volta approvata la finanziaria, ci si rende sempre più conto di questa esigenza e credo che bisognerà, un anno o l’altro, arrivare finalmente alla modifica di questa finanziaria.

 

MORANDO (DS-U). Almeno questa ce la risparmi!

 

VEGAS, sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Posso anche risparmiarla, però è un’esigenza che prima o poi bisognerà anche cercare di soddisfare, tant’è vero che noi lavoriamo con una finanziaria che è stata modificata nel 1999, quindi all’epoca del Governo D’Alema, che ha reintrodotto la cosiddetta finanziaria omnibus, la finanziaria pesante, i cui effetti sono sotto gli occhi di tutti. Personalmente non sono tanto convinto che si debba andare ad una finanziaria inemendabile tout court, perché forse (e non faccio esempi relativi a casi recenti) emendamenti approvati alla luce del sole in Parlamento sono meglio di trattative che spesso sfuggono di mano.

Detto questo, però, probabilmente quattro letture, due in Commissione e due in Aula, nei due rami del Parlamento sono troppe; bisognerebbe passare forse ad un altro sistema, utilizzando una sorta di sede redigente, in modo da concentrare le discussioni e dare la possibilità di esprimere le posizioni contrapposte su scelte di politica economica in modo compiuto e non su singoli emendamenti che poi diventano un profluvio che cambia i piccoli particolari senza modificare la struttura dei documenti e soprattutto senza contrapporre diverse alternative politiche. Diversamente, rischiamo di non rendere un buon servizio al Paese e ai cittadini.

 

ANGIUS (DS-U). Questo appello a chi è rivolto?

 

VEGAS, sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. È un appello rivolto generalmente al buonsenso; a me stesso innanzitutto, ma al buon senso generale.

 

ANGIUS (DS-U). Dopo quattro anni di Governo?

 

VEGAS, sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Dopo quattro anni di Governo. È chiaro che esistono delle difficoltà, è chiaro che la finanziaria è uno strumento che è sempre in itinere tutti gli anni, però qualche difficoltà applicativa esiste, prima o poi bisognerà intervenire, magari il prossimo Governo sarà in grado di migliorarla. La ringrazio, signor Presidente. (Applausi dai Gruppi FI, LP e AN).

 

PRESIDENTE. Con la replica da parte del rappresentante del Governo si é conclusa la discussione congiunta dei provvedimenti all'ordine del giorno.

Dovremmo ora passare al seguito della discussione del disegno di legge n. 3233.

 

FRANCO Paolo, relatore sui disegni di legge nn. 3233 e 3223. Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

FRANCO Paolo, relatore sui disegni di legge nn. 3233 e 3223. Signor Presidente, visto che dovremmo iniziare l’esame degli articoli del decreto-legge n. 282, di cui sono relatore, data l’ora e considerato che dovremo recarci alla Camera per le votazioni per l'elezione di giudici costituzionali, le chiedo di apprezzare le circostanze e di anticipare la chiusura dei lavori dell’Assemblea.

 

PRESIDENTE. Poiché non si fanno osservazioni, così rimane stabilito.

Rinvio pertanto il seguito della discussione dei disegni di legge in titolo ad altra seduta.


SENATO DELLA REPUBBLICA

¾¾¾¾¾¾¾¾¾ XIV LEGISLATURA ¾¾¾¾¾¾¾¾¾

 

712a SEDUTA

PUBBLICA

RESOCONTO STENOGRAFICO

MARTEDÌ 14 dicembre 2004

(Pomeridiana)

Presidenza del vice presidente FISICHELLA,
indi del presidente PERA

 

 

Presidenza del vice presidente FISICHELLA

 

Seguito della discussione del disegno di legge:

(3223) Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2005) (Approvato dalla Camera dei deputati) (Votazione finale qualificata ai sensi dell'articolo 120, comma 3, del Regolamento)

 

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge n. 3223, già approvato dalla Camera dei deputati.

Ha chiesto di parlare il ministro per i rapporti con il Parlamento, onorevole Giovanardi. Ne ha facoltà. (Commenti dai banchi dell’opposizione. Richiami del Presidente).

 

GIOVANARDI, ministro per i rapporti con il Parlamento. Signor Presidente, come è noto, al disegno di legge concernente disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2005), Atto Senato n. 3223 all’esame di quest’Aula, già approvato dalla Camera, è stato presentato un elevato numero di emendamenti. (Proteste dai banchi dell’opposizione).

 

MORANDO (DS-U). Da chi sono stati presentati?

 

GIOVANARDI, ministro per i rapporti con il Parlamento. Il loro esame richiederebbe tempi lunghi … (Brusìo in Aula).

 

PRESIDENTE. Per cortesia, colleghi, lasciate parlare il Ministro. (Proteste del senatore Giaretta). Senatore Giaretta, la prego, sia gentile.

 

GIOVANARDI, ministro per i rapporti con il Parlamento. Considerato che il provvedimento deve ritornare alla Camera, ci sono seri rischi che prima della pausa natalizia non si riesca ad approvarlo definitivamente.

 

GIARETTA (Mar-DL-U). Perché?

 

GIOVANARDI, ministro per i rapporti con il Parlamento. Pertanto, il Governo, già espressamente autorizzato dal Consiglio dei ministri, pone la questione di fiducia sull'approvazione, senza subemendamenti ed articoli aggiuntivi, … (Proteste del senatore Petrini).

 

PRESIDENTE. Senatore Petrini, la richiamo all’ordine. (Vibrate proteste del senatore Petrini). Senatore Petrini, la richiamo all’ordine per la seconda volta.

 

GIOVANARDI, ministro per i rapporti con il Parlamento. … dell'emendamento 1.2000, presentato dal Governo, che faccio pervenire alla Presidenza nel testo interamente sostitutivo di tutti gli articoli del disegno di legge n. 3223. (Vivaci proteste dai banchi dell’opposizione).

 

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, la Presidenza, nel prendere atto del maxiemendamento presentato in questo momento dal Governo al disegno di legge finanziaria lo trasmetterà immediatamente al Presidente della 5a Commissione permanente affinché, in relazione all’articolo 81 della Costituzione e nel rispetto delle prerogative costituzionali del Governo, possa informare l’Assemblea, in aggiunta al parere a suo tempo formulato, circa i profili di copertura finanziaria delle disposizioni eventualmente non corrispondenti a quelle dell’articolato licenziato dalla medesima Commissione per l’Assemblea.

Sospendo la seduta fino alle ore 19 e convoco la Conferenza dei Capigruppo per le ore 17,30.

Durante questo intervallo le Commissioni 2a e 6a riunite sono autorizzate a convocarsi.

 

(La seduta, sospesa alle ore 16,44, è ripresa alle ore 19,07).

 

Sui lavori del Senato

 

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, la Conferenza dei Capigruppo ha organizzato la discussione sulla fiducia posta dal Governo sul maxiemendamento al disegno di legge finanziaria, adeguando a tal fine gli orari delle sedute già previste dal calendario corrente.

La discussione generale si svolgerà nelle sedute di domani, mercoledì 15 dicembre, dalle ore 9 alle ore 14 e dalle ore 16 alle ore 19, nonché nella seduta antimeridiana di giovedì 16, dalle ore 9 alle ore 10,30, per complessive nove ore e trenta minuti, ripartite proporzionalmente tra i Gruppi:

 

AN 1h e 13'

UDC 59'

DS 1h e 27'

Forza Italia 1h e 40'

Lega 46'

Margherita 1h e 02'

Misto 57'

Autonomie 40'

Verdi 40'

Dissenzienti 10'

 

Seguiranno quindi, nella mattinata di giovedì, le dichiarazioni di voto (dieci minuti per ciascun Gruppo; quindici minuti al Gruppo misto; cinque minuti ai dissenzienti) e la chiama per il voto di fiducia.

I decreti-legge in scadenza saranno discussi dalle ore 19 alle ore 21,30 di mercoledì 15 dicembre e, successivamente al voto di fiducia, nella giornata di giovedì 16, in cui avranno presumibilmente luogo anche il voto della Nota di variazioni e la votazione finale - con la presenza del numero legale - del disegno di legge di bilancio.

Agli argomenti della settimana si aggiungono le deliberazioni dell'Assemblea sulla costituzione in giudizio in conflitti di attribuzione e l'esame di relazioni della Giunta delle elezioni e delle immunità parlamentari in tema di insindacabilità.

I lavori dell'Assemblea proseguiranno nella seduta antimeridiana di venerdì 17 dicembre, se necessaria, ed eventualmente nella giornata di martedì 21 dicembre per completare l'esame dei decreti-legge non conclusi.

La Conferenza dei Capigruppo sarà nuovamente convocata per stabilire il calendario dei lavori della ripresa.

 

La seduta è tolta (ore 19,10).


SENATO DELLA REPUBBLICA

¾¾¾¾¾¾¾¾¾ XIV LEGISLATURA ¾¾¾¾¾¾¾¾¾

 

713a SEDUTA

PUBBLICA

RESOCONTO STENOGRAFICO

MERCOLEDÌ 15 dicembre 2004

(Antimeridiana)

Presidenza del presidente PERA,
indi del vice presidente DINI
e del vice presidente SALVI

 

 

Presidenza del presidente PERA

 

Seguito della discussione del disegno di legge:

(3223) Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2005) (Approvato dalla Camera dei deputati) (Votazione finale qualificata ai sensi dell'articolo 120, comma 3, del Regolamento)

 

Discussione della questione di fiducia

 

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge n. 3223, già approvato dalla Camera dei deputati.

Ricordo che nella seduta pomeridiana di ieri il Ministro per i rapporti con il Parlamento ha posto la questione di fiducia sull’approvazione dell’emendamento 1.2000, interamente sostitutivo degli articoli da 1 a 44 del disegno di legge finanziaria n. 3223.

Come avevo chiesto e comunicato all’Assemblea, chiedo al senatore Azzollini di informare l’Assemblea stessa del dibattito che si è svolto presso la Commissione bilancio sui profili di copertura del maxiemendamento, presentato dal Governo. Subito dopo avrà inizio la discussione sulla questione di fiducia.

 

AZZOLLINI (FI). Signor Presidente, sulle questioni metodologiche che l'innovativa procedura in corso pone, va senz’altro espresso apprezzamento per l’operato del Presidente del Senato, in quanto è giusto che il Presidente, di fronte alla complessità di materie come quelle alla nostra attenzione e che mai erano state prima prese in esame dalla Commissione bilancio durante l’iter della finanziaria, ritenga d'investire l’organo preposto per meglio essere edotto delle implicazioni finanziarie che i testi presentano. Va sottolineato che tale giudizio, negli stessi termini, è stato espresso anche dai colleghi dell’opposizione.

Si è discusso, peraltro, su come è possibile rendere ancora più utile questa procedura e dai colleghi dell’opposizione in particolare - ma è un giudizio che la Commissione nella sostanza ha preso in esame condividendolo - è stato osservato che la procedura attivata dal Presidente, ove dovesse ritornare ad essere necessaria, potrebbe essere prevista come un’integrazione del parere della Commissione bilancio sul prospetto di copertura della legge finanziaria.

Questo aspetto è stato preso in esame con attenzione, perché si sono analizzate sia le implicazioni positive che quelle eventualmente negative; si è cioè detto, con grande onestà intellettuale da parte di tutti i colleghi (dell’opposizione in particolare), che si vuole evitare che una procedura di questo tipo possa essere utilizzata, per una sorta di eterogenesi dei fini, in una successiva occasione a mo’ di ostruzionismo, nel senso di chiedere sistematiche integrazioni del parere di copertura e si è detto invece che essa va correttamente posta, così come il Presidente ha voluto porla, soltanto nei casi - come è accaduto quest’anno - in cui ci si trova di fronte ad un maxiemendamento su cui è posta la fiducia e che contiene questioni rilevanti che non sono mai state prese prima in esame dalla Commissione bilancio. In questo caso dunque appare utile questa iniziativa e, se possibile, appare utile formularla, con maggior precisione, come integrazione del parere sulla copertura.

Naturalmente, si tratta di un'osservazione che la Commissione sottopone al Presidente, del quale - lo ribadisco perché è importante - ha condiviso il procedimento innovativo che egli ha inteso adottare. Ribadisco ancora che si è trattato della posizione della Commissione nel suo complesso, integralmente.

Dopo queste osservazioni metodologiche, passo al merito del tema: due sono state le grandi questioni di copertura sollevate. La prima: è stata iscritta una regolazione debitoria per ripiano di debiti pregressi del Servizio sanitario nazionale dell’ordine di due miliardi di euro ed è stata coperta per la sola ricaduta in conto interessi, come già era stato fatto in precedenza nel corso del tempo. Si tratta di una copertura che è stata già usata correntemente e, pur tuttavia, la Commissione ha dovuto notare che bisogna essere sempre molto attenti a questo genere di coperture, perché non vi è dubbio che anche le regolazioni debitorie hanno un’influenza sul debito.

La seconda questione importante è l’aumento per 550 milioni di euro dell’imposta di bollo ed altre consimili, che sono uno strumento di copertura adeguato perché si tratta di effettive nuove maggiori entrate.

Le altre coperture, tutte coerenti con la legge di contabilità, sono state una riduzione della Tabella A per le spese correnti e altresì significativa è la ricostituzione del Fondo di riserva della Tabella C. Questa misura si è resa particolarmente necessaria perché nel corso dell’esame della legge finanziaria vi è stato un utilizzo della Tabella C in maniera significativa. Voglio dire però che l’utilizzo della Tabella C, signor Presidente, ha fornito copertura adeguata ad importanti emendamenti.

La Commissione ha poi preso in esame, anche nel merito, gli aspetti di copertura puntualmente riferiti ad alcuni commi. Chiedo scusa se ne salterò qualcuno, ma prenderò in esame quelli più significativi.

Del comma 315, quello riferito all’aumento delle imposte di bollo, ho già detto.

Significativo è apparso anche il dibattito sul comma 290, concernente anticipazioni di tesoreria per l’Agenzia del demanio. Si può affermare che la possibilità per l’Agenzia del demanio di attingere in tesoreria a titolo di anticipazione non pone problemi in quanto, come esplicitamente indicato nell’ultimo periodo, l’anticipazione è comunque estinta entro l’anno e, per prassi, non si tiene conto degli eventuali effetti negativi sul fabbisogno riassorbiti su base infrannuale.

Con riferimento ai commi 316 e 317, relativi agli acconti IRE e alle anticipazioni del versamento delle banche, occorre rilevare che il maxiemendamento non ha modificato di molto il testo licenziato dalla Commissione, perché la quantificazione di 640 e 650 milioni di euro si limita a riproporre quella già presentata a suo tempo.

Per la riforma IRE, commi da 365 a 369, è vero che c’è una differenza nella nuova relazione tecnica per un maggior onere di 2.1 milioni per il 2005, di 3.3 milioni per il 2006 e 3 milioni per il 2007. L’entità dell’onere non è particolarmente significativa e tale diversa quantificazione ha piuttosto ragioni tecniche, non nascendo da modifiche normative, ma da una diversa stima dell’aggregato di partenza.

Rilevante, invece, si presenta il comma 459 e l'aumento dell’importo delle anticipazioni concedibili dalla Cassa depositi e prestiti al Ministero della difesa a valere sulle future dismissioni di immobili. L’aumento di tale importo (il limite massimo di 954 milioni diviene minimo e quello massimo è fissato invece in 1.357 milioni) non dovrebbe comportare effetti finanziari perché la Cassa depositi e prestiti è estranea al "perimetro" della pubblica amministrazione e, del resto, già nella relazione tecnica originaria la norma veniva considerata neutrale ai fini della finanza pubblica.

Tornando un attimo indietro, associo anche le considerazioni di questa mattina, qualche osservazione è stata effettuata in relazione ai commi 352 e 356, perché appare ridotta la platea degli edifici su cui si applica quella imposizione, in quanto sembra che quell’aumento si riferisca soltanto agli edifici di natura privata escludendosi gli edifici pubblici. Si tratta di un’osservazione che merita di essere fatta.

Per quel che riguarda i commi da 403 a 414, si può serenamente osservare che la difficoltà del parere di copertura su questa norma è data dalla complessità della norma stessa; tuttavia, essa non era già stata quantificata, né lo è stata, e sembra avere effetti di carattere neutrale e dunque non comporta particolari problemi.

Per quanto riguarda poi i commi che vanno dal 496 al 499, oggetto di esame anche nella giornata di ieri, devo dire che tali disposizioni non determinano nei confronti dei Comuni una diminuzione delle entrate sui diritti di affissione in misura consistente, atteso che l’attuale tariffa per il servizio delle pubbliche affissioni già prevede, all’articolo 20 del decreto legislativo n. 507 del 1993, una riduzione alla metà per le affissioni dei manifesti relativi ad attività politiche. Inoltre, l’esenzione del pagamento del diritto di affissione riguarda soltanto il 10 per cento degli spazi pubblicitari di ciascun Comune da destinare alle affissioni in parola.

La previsione normativa dell’esclusione dell’utilizzo del personale comunale per tali affissioni e l’attribuzione dell’onere a carico dei soggetti che procedono all’affissione appare assicurare l’invarianza finanziaria alla luce dell’articolo 18 del citato decreto legislativo n. 507, laddove prevede che l’affissione dei manifesti di qualunque materiale costituisca espletamento di un servizio pubblico di affissione.

Si fa presente inoltre che le entrate derivanti dai diritti di affissione sono incluse nel Titolo I, entrate tributarie, delle entrate del bilancio di previsione del Comune e incidono nell’ambito del Titolo I in misura percentuale minima rispetto agli altri tributi (quali ICI, TOSAP, TARSUe addizionale IRPEF) contenuti nel medesimo Titolo.

Devo fare un’annotazione sul comma 558 con un sorriso sulle labbra. Esso non ha un rilievo finanziario straordinario, ma consiglieremmo - la Commissione bilancio lo fa da tempo - di non usare mai la locuzione "si copre su ordinari stanziamenti di bilancio". È ben noto che questo non è consentito. Abbiamo più volte espresso come 5a Commissione la raccomandazione a tenere conto di questa normativa.

In merito al comma 563, chiediamo al Governo di chiarire bene alla Presidenza una cifra che ci sembra strana e che reputiamo un refuso tipografico. La relazione tecnica si occupa dell’aumento di unità dei Vigili del fuoco previsti in quella norma nell’ordine di alcune migliaia, mentre il comma in questione fa riferimento ad alcune centinaia. Riteniamo che il refuso debba intendersi nel senso di riportare a centinaia tali unità. Pertanto, il Governo farà bene a chiarire alla Presidenza del Senato se il refuso - lo dico con una nota di levità - si riferisce alla Nota tecnica che ha stimato in migliaia o al testo che invece ha aumentato le unità. Siamo certi che si tratta della seconda ipotesi, per cui riteniamo utile una correzione.

Signor Presidente, vorrei sottolineare due questioni. Innanzitutto alcune riflessioni sono state naturalmente sommarie perché ovviamente un testo così complesso, perché sia valutato in ogni minimo particolare, necessita di maggiore tempo e, se la Commissione ha commesso qualche errore nella valutazione, chiediamo che esso sia scusabile.

In secondo luogo, voglio far presente che il senso generale della discussione è stato da me riportato, ma è naturale che su alcuni punti specifici i colleghi della opposizione hanno mantenuto alcune riserve, che potranno esplicitare in ogni momento del dibattito perché sarà loro consentito. Voglio però ribadire che il senso della valutazione è stato quello che ho testé espresso.

Pertanto, signor Presidente, possiamo ritenere che per i grandi aggregati il nostro parere ha tenuto conto delle rilevanti questioni nei termini esplicitati e per tutte le questioni insorte di piccolo momento la nostra, se possibile, diventa una raccomandazione. Quando si arriva, infatti, a porre la fiducia è opportuno che anche questi piccoli aspetti siano tenuti in conto puntuale affinché, oltre alla prerogativa costituzionale del Governo, che lei stesso ha riaffermato nella sua lettera e che noi condividiamo, sia garantita quanto più possibile la coerenza con le leggi di contabilità di Stato.

 

PRESIDENTE. Senatore Azzollini, la ringrazio per la relazione e per le parole da lei adoperate per riferire le opinioni della maggioranza e dell'opposizione nel dibattito svoltosi in 5a Commissione.

Colleghi, permettetemi di spendere qualche parola perché è probabile che non tutti abbiano prestato attenzione a ciò che è accaduto: si tratta di un'innovazione che non ha precedenti. Ricordo peraltro che dal 1981 ad oggi si sono succeduti 21 Governi e le votazioni di fiducia sulle manovre di bilancio sono state ben 42, ma per nessuna di esse è stata impiegata la procedura di quest'anno. Da oggi abbiamo dunque una novità nella giurisprudenza e nella procedura parlamentare.

Vorrei richiamare la vostra attenzione, colleghi, perché tale innovazione è costata un po’ di sacrificio intellettuale alla Presidenza. Si tratta - a mio avviso - di conciliare due esigenze, entrambe di rango costituzionale: la prima attiene alle prerogative del Governo, il quale in ogni momento ha diritto a porre la fiducia, a vincolare la sua esistenza ad un provvedimento; la seconda attiene alla prerogativa del Parlamento di esaminare la manovra finanziaria, soprattutto alla luce dell'articolo 81 della Costituzione.

Il nostro Regolamento tace su questo punto, non afferma alcunché di esplicito e io mi sono assunto la responsabilità di interpretarlo con il massimo di equità, con un'attenzione particolare non soltanto alle prerogative del Parlamento, ma anche ai diritti dell'opposizione, la quale è certamente più interessata al controllo e al rispetto dell'articolo 81 della Costituzione.

Ringrazio perciò cordialmente la 5a Commissione, sia la componente di maggioranza sia la componente di opposizione, per il conforto datomi in questa interpretazione del Regolamento; accogliendo però la raccomandazione avanzata dal senatore Azzollini, riterrei opportuno procedere ad un primo esame presso la Giunta del Regolamento affinché si fornisca una qualche interpretazione più precisa delle norme riguardanti la discussione della manovra finanziaria ovvero si introduca una vera e propria norma ad hoc. La questione non è di facile soluzione perché si tratta di comporre due esigenze entrambe difficilmente derogabili.

Essendo in vena di ringraziamenti, ne rivolgo uno altrettanto cordiale agli Uffici del Senato, in particolare all'Ufficio studi, al suo direttore e ai suoi collaboratori, per aver lavorato tutta la notte e aver prodotto un fascicolo che, consentendo di confrontare l'emendamento del Governo 1.2000 con il testo approvato dalla Commissione, sarà di aiuto nella discussione.

Dichiaro aperta la discussione sulla questione della fiducia.

È iscritto a parlare il senatore Malabarba. Ne ha facoltà.

 

MALABARBA (Misto-RC). Signor Presidente, nella discussione generale sulla finanziaria, già il collega Tommaso Sodano ha evidenziato le nostre critiche e le nostre proposte alternative che ora, con l’imposizione del voto di fiducia, ci impedite di sottoporre al voto parlamentare. Ci sono delle novità, da lei annunciate; c’è molto fair play; ci sono i suoi sforzi per limitare i danni, signor Presidente, ma quando si pone la fiducia su una legge così importante, sempre di danni di tratta. Dopo di che, ben vengano le innovazioni regolamentari concordate con l’opposizione.

Approfitto dell’unico spazio concessomi per affrontare alcune conseguenze di questa legge sui lavoratori, di cui pare non molti intendano occuparsi. Credo che l’operazione propagandistica sul taglio delle tasse, signor sottosegretario Vegas, questa volta non pagherà. E non solo perché favorisce i più ricchi e aumenta le imposte per i servizi locali e le imposte indirette, come ben abbiamo potuto verificare con il maxiemendamento, colpendo quindi i cittadini più deboli e più poveri, ma perché avete portato al collasso il sistema produttivo del Paese e volete far pagare ai lavoratori e alle lavoratrici il prezzo del vostro fallimento.

Siete passati dal vento in poppa del Patto per l’Italia, costruito appositamente per dividere il sindacato e i lavoratori, al momento della verifica delle promesse. Avete scontentato tutti. Perché non fate più l’elenco di tutte le associazioni sindacali e imprenditoriali che vi avevano sostenuto solo due anni orsono? Perché le trovereste tutte contro la vostra politica, come già avreste dovuto verificare in occasione dello sciopero generale del 30 novembre. E siccome siete duri d’orecchio, visto che il sottosegretario Sacconi sostiene che non gli ha fatto né caldo né freddo, perché sarebbe stato un fallimento totale, non mancheranno le repliche nelle prossime settimane, a cominciare dal pubblico impiego e dalla scuola, che non hanno le risorse né per un decente rinnovo contrattuale né per la conferma del personale necessario al funzionamento dei servizi.

State teorizzando esplicitamente di far cassa risparmiando su stipendi e salari tra i più bassi d’Europa e sul taglio secco di 75.000 dipendenti, che diventano in realtà 400.000 posti di lavoro in meno in tre anni attraverso il blocco del turn over. È paradossale, ma in fondo non tanto, che la modalità con cui attuate il provvedimento sia persino di significato opposto rispetto alla conclamata esigenza di modernizzazione ed efficienza, perché non intaccate, per scelta, le sacche burocratiche e clientelari, base elettorale non secondaria delle forze di maggioranza, e di alcune in particolare. Neppure intaccate stipendi e prebende da favola dei grandi manager pubblici, rifiutando di prendere in considerazione misure di moralizzazione come quelle da anni avanzate da Rifondazione Comunista, quale quella di introdurre un rapporto massimo di uno a dieci tra stipendi più alti e stipendi più bassi nella pubblica amministrazione.

 

Presidenza del vice presidente DINI

 

(Segue MALABARBA). Anzi, per consulenze nell’ambito del solo Ministero dell’economia, avete speso, signor Sottosegretario - parlo del suo Dicastero - oltre 42 milioni di euro per il solo 2004, una cifra assurda e assolutamente ingiustificata, come denunciano i sindacati. Pensate quindi di cavarvela a buon mercato con alcuni milioni di lavoratori in queste condizioni?

Poi le categorie più precarie, quelle che di anno in anno dipendono da stanziamenti pubblici, come gli oltre 20.000 LSU e le altre migliaia di dipendenti dalle cosiddette società miste, mentre voi coccolate, e lo fate in modo spudorato, solo quelle funzionali alle vostre clientele locali. Posso far riferimento agli interessi elettorali del senatore Schifani?

Avete incontrato i rappresentanti sindacali e avete promesso loro qualche soldo, ma vi opponete esplicitamente ad una stabilizzazione. Così come avete incontrato i rappresentanti dei forestali calabresi e avete dovuto fare promesse sul reperimento di 160 milioni di euro. Così come avete incontrato i rappresentanti del settore agricolo, rinviando di un anno il taglio di 70 milioni di euro per la disoccupazione agricola, che comunque intendete perseguire.

Naturalmente, per coprire una falla da una parte, la aprite altrove ed è sinceramente indecente sostenere che queste coperture temporanee e in extremis non avvengano a scapito di altre tipologie di lavoratori e settori produttivi che, a loro volta, resteranno scoperti, in particolare perché attingono in gran parte dal Fondo nazionale per l’occupazione. Il gioco delle tre carte non è consentito, signor Sottosegretario.

Vengo al punto dolente relativo ai processi di riorganizzazione industriale, che saranno particolarmente accentuati, visto il declino produttivo gravissimo che i dati di questi giorni confermano e, giustamente, drammatizzano.

Non mettete un euro per la proroga degli ammortizzatori per le aziende non coperte dalla legge n. 223 del 1991 che scadono tra pochi giorni: nell’indotto FIAT sono 20.000 solo quelli collegati a Mirafiori e altrettanti quelli legati agli altri stabilimenti che saranno così licenziabili dal 31 dicembre. E intanto lasciate andare alla deriva (ossia in mano alle banche creditrici e ai capricci di General Motors) la più grande impresa italiana che, come ben sapete, dà lavoro direttamente o indirettamente a quasi un milione di persone. Invece di concedere soldi alla FIAT per chiudere stabilimenti, sarebbe ora di acquisirla, senza oneri per lo Stato - se mi posso permettere - perché la collettività l’ha acquistata già parecchie volte!

Inoltre, sono almeno 200.000 i posti immediatamente a rischio per chiusura di impresa o esubero strutturale dichiarato in altri settori. Vi sono poi i processi di riorganizzazione a cui pensate di far fronte trasformando la cassa integrazione straordinaria in mobilità, ossia passando dalla sospensione del lavoro con integrazione salariale al licenziamento. 150 milioni di euro all’anno di tagli, stimava il professor Brunetta nel salotto istituzionale di Bruno Vespa, saranno risparmiabili introducendo la mobilità al posto della cassa integrazione straordinaria. Il provvedimento non è in finanziaria bensì nella delega (atto Senato n. 848-bis), ma i risparmi sono in finanziaria: questo è quello che volete materialmente fare!

Nemmeno la tanto promessa elevazione dell’indennità di disoccupazione al 60 per cento (una misura troppo enfatizzata, perché in realtà sostitutiva di altri ammortizzatori funzionali al rilancio produttivo e alla tenuta dell’occupazione) siete riusciti a concretizzare, nemmeno questo, neanche in questa finanziaria; quante volte avete rinviato il provvedimento!

La riforma degli ammortizzatori fatta a costo zero, che voi state attuando e per come la state surrettiziamente anticipando, significa licenziamenti collettivi di massa nei prossimi mesi: forse non avete idea del fuoco che cova sotto la cenere del mondo del lavoro pubblico e privato, in tutti i settori. Bassi salari, prospettive di lavoro incerte e persino licenziamenti: ho già usato in altri momenti il termine di rivolta sociale, ho l’impressione che qualcosa avverrà e sarebbe assai miope non vedere un’istigazione di questa reazione popolare nelle vostre scelte di politica economica.

Voi state gettando benzina su quel fuoco che cova e certo noi non ci trasformeremo in pompieri, perché siamo con tutti coloro che di questa palese ingiustizia sociale soffrono: lavoratori e lavoratrici, pensionati che non raggiungono il milione al mese promesso (esclusi di fatto nel 75 per cento dei casi), disabili e malati, vittime dell’amianto e di altre patologie, inquilini sfrattati e senza casa, popolazioni del Mezzogiorno senza futuro e così via.

Chiedete la revisione del Patto di stabilità: vi prendiamo in parola, signori del Governo, perché la rigidità dei vincoli strozza l’economia specie in fase di stagnazione. Sarebbe opportuno che i rigoristi a priori fossero più cauti. Scordatevi però di utilizzare i margini che ne derivano per tagliare le tasse ai vostri amici e imporre politiche di privatizzazione e liberalizzazione del mercato del lavoro.

La "direttiva Bolkestein" della Commissione europea che impone la privatizzazione dei servizi sociali e consente l’esportazione dei contratti di lavoro peggiori laddove vi sono contratti migliori: è una vergogna che il nostro Paese non deve ratificare, anzi, di cui deve chiedere l’abolizione. Serve invece una spesa sociale qualificata, un aumento di pensioni e salari e il ripristino del ruolo pubblico in economia. Su questo siamo disposti a raccogliere la sfida del superamento del Patto di stabilità.

L’ennesima fiducia imposta dal Governo fa strame di quello che resta delle prerogative del Parlamento e non merita altre considerazioni.

Rifondazione Comunista avrebbe voluto illustrare le proprie proposte alternative in quest’Aula, insieme a quelle di tutte le opposizioni e a quelle sottoscritte dai senatori dell’area alternativa di sinistra che fa capo all’Associazione Samarcanda: ci viene impedito con la vostra decisione autoritaria. Vi avremmo illustrato un’altra idea di politica economica con la copertura possibile attraverso la detassazione dei salari e la tassazione dei profitti e delle rendite, a partire da quelle speculative.

L’onorevole Tabacci ha quantificato in 750.000 miliardi di vecchie lire all’anno l’evasione fiscale, a cui sommare almeno 80.000 miliardi di evasione contributiva, secondo il ministro Maroni. Che cosa avete fatto per intaccare il paradiso fiscale Italia? Avete assunto almeno 10.000 ispettori per cancellare in parte questa vergogna? No; avete perfino depotenziato la loro attività e i controlli sono stati 150.000 in meno rispetto ad un anno fa, garantendo l’impunità alle imprese che evadono, con la benedizione del Presidente del Consiglio.

Sarà buona cosa se al più presto toglierete il disturbo, facendovi definitivamente da parte. (Applausi dai Gruppi Misto-RC, DS-U e del senatore Marini).

 

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Paolo Brutti. Ne ha facoltà.

 

BRUTTI Paolo (DS-U). Signor Presidente, colleghi, avete sentito, dal modo stesso in cui il presidente Azzollini ha introdotto la discussione, lo stato di confusione in cui stiamo operando nella fase finale dell’esame della legge finanziaria.

Le cose confuse non portano mai bene, ma, in ogni caso, nonostante il tentativo di mescolare questioni differenti, per quello che riguarda almeno la parte relativa agli interventi infrastrutturali previsti dalla legge finanziaria e dalla manovra di bilancio, posso dire, senza paura di essere smentito, che la drastica riduzione degli stanziamenti loro destinati è una delle caratteristiche negative salienti dell’attuale legge finanziaria e della manovra di bilancio. Richiamerò qualche cifra, che è arida, ma che ritengo illuminante relativamente alle affermazioni che ho fatto.

Il bilancio di competenza del Ministero delle infrastrutture è ridotto del 14 per cento rispetto a quanto previsto nel 2004: meno 1,1 miliardi di euro. La contrazione colpisce, in particolare, le infrastrutture stradali, i trasporti terrestri, i trasporti marittimi, vale a dire tre degli elementi fondamentali di ogni moderna politica di sviluppo.

Le Ferrovie dello Stato vedono ridotto il loro trasferimento dal Ministero dell’economia e delle finanze del 42 per cento: meno 2,1 miliardi. Per il trasporto pubblico locale, sulla cui essenzialità per la vivibilità delle città italiane non c’è necessità di spendere ulteriori parole, lo stanziamento è dimezzato, nonostante siano aumentati i costi di esercizio del trasporto pubblico anche per i recenti nuovi contratti di lavoro. Altrettanto più che dimezzato è lo stanziamento a favore dell’ANAS per la sua ricapitalizzazione: meno 500 miliardi.

La manovra sulla definizione dei nuovi saldi di finanza pubblica, che in fasi alterne ha interessato la discussione della finanziaria, determina il sostanziale azzeramento degli stanziamenti in conto capitale previsti in Tabella B, quella con cui si dovrebbero finanziare gli interventi infrastrutturali per il prossimo 2005.

C’è da domandarsi come si finanzieranno, con questo quadro di intervento, le grandi opere. Come si finanzierà la tante volte promessa e sbandierata nuova grande autostrada Mestre-Civitavecchia? Come si finanzierà il terzo maxilotto della Salerno-Reggio-Calabria, senza il quale questa resterà una eterna incompiuta nel nostro Paese? Come si finanzierà la Pedemontana lombarda, sulla quale già sussistono investimenti privati bloccati dal fatto che il Governo non mette a disposizione la parte pubblica dell’intervento? Come si finanzierà il tante volte promesso sistema autostradale siciliano, che è stato anche al centro della recente campagna elettorale?

Gli interessi intercalari di ISPA per l’alta velocità, che il Governo doveva assicurare con la legge che ha fatto di ISPA il soggetto finanziatore dell’alta velocità, non ci sono e questo blocca le attività per la realizzazione del Corridoio 5, rete transeuropea di importanza fondamentale per l’Italia; blocca la possibilità di iniziare l’opera del terzo valico del porto di Genova, senza il quale tale porto non si connetterà con le grandi reti internazionali; blocca le grandi trasversali ferroviarie (tra cui spiccano la trasversale Napoli-Bari e la trasversale Orte-Falconara) e i valichi alpini del Gottardo - senza il quale si assiste ad un fermo del trasporto merci in Lombardia - e del Brennero. Come finanzieremo queste opere così importanti e tante volte promesse?

In quale remotissimo futuro sarà collocata l’alta velocità Napoli-Reggio Calabria (e addirittura Palermo, come ci è stato detto recentemente dal ministro Lunardi) e come e cosa viaggerà sul famoso Ponte sullo Stretto se non c’è questo approvvigionamento ferroviario?

Cosa racconterete del contratto con gli italiani? Come racconterete, stavolta, le cartine delle opere pubbliche nel salotto di Vespa e come racconterete lo sviluppo della legge obiettivo, tante volte considerata l’asso nella manica per far decollare gli investimenti infrastrutturali italiani? Ricordo l’ingegner Di Corte che elencava le opere da avviare entro il 2005: queste opere non si vedranno neppure - Dio non lo voglia - se doveste governare per un’altra legislatura.

Nel maxiemendamento 1.2000 c’è una versione peggiorativa della vendita delle strade statali - attualmente in concessione ANAS - ad ISPA; non si tratta solo, come qualcuno sostiene, di un artificio contabile per indebitare le future generazioni in cambio di una trasfusione di tre miliardi di euro che sparirà nella voragine attuale del debito pubblico, perché questo artificio ha un prezzo: la perdita del controllo dell’unitarietà della rete stradale e, soprattutto, la sopravvivenza futura della stessa ANAS, del suo lavoro e dei suoi lavoratori.

Per quanto riguarda l’editoria, i giornali sono in uno stato di grande sofferenza. La legge finanziaria tagliava l’intero modestissimo finanziamento in corso fino al 2004. Il maxiemendamento, bontà sua, ripristina senza alcun incremento, per il solo 2005, i 75 milioni di euro di agevolazioni e rimborsi. Si vanta e si sbandiera questo come un grande risultato di pluralismo nell’informazione, mentre nella stessa giornata abbiamo notizia che la Mediaset del vostro Capo del Governo succhia indebitamente il 60 per cento del contributo televisivo di pubblicità, un bocconcino - perdonatemi la frase - da 2,1 miliardi di euro. E’ uno scandalo!

C’è, poi, l’insufficienza degli stanziamenti per le zone terremotate dell’Umbria e delle Marche: tre milioni di euro contro un’esigenza di almeno 12 milioni di euro, come era stato richiesto dai Presidenti delle due Regioni.

Non viene poi affrontato il problema dell’equiparazione della busta paga e, infine, si dimezza lo stanziamento per Roma Capitale (da 312 a 150 milioni di euro in tre anni). Si dimezza, altresì, lo stanziamento per agevolare l’acquisto di decoder del digitale terrestre, che sancisce il fallimento del termine temporale dello switching.

In compenso, signor Presidente - e concludo - il maxiemendamento contiene sei nuovi interventi che sarebbero esilaranti se la situazione non fosse così drammatica. Al comma 468: 5 milioni di euro dagli stanziamenti per la variante di valico dell’Appennino Firenze-Bologna per non definite opere di viabilità stradale e autostradale previste dalla convenzione tra Italia e Francia del 1970 (cosa sono, non lo sa nessuno); al comma 469: 2 milioni di euro - quindi anche un’elemosina - per l’accesso alla Valtellina; al comma 471: 12 milioni di euro per interventi infrastrutturali necessari ad assicurare la tutela ambientale (il titolo è più grosso dell’intervento) per opere di collegamento tra grandi reti urbane ed extra urbane delle Città metropolitane a più intensa circolazione viaria, nonché tra nodi di scambio portuali ed aeroportuali: cose veramente fantasmagoriche; al comma 472: 10 milioni di euro per contributi alla realizzazione di infrastrutture ad alta automazione e, per finire, 3 milioni di euro alla Fiera di Padova.

Questo è un pasticcio immangiabile, nauseabondo. Questa legge finanziaria per lo sviluppo infrastrutturale e logistico non produce altro che effetti negativi. Tenetevela! Gli italiani sapranno giudicare e daranno presto il loro verdetto, daranno la loro fiducia. Io, intanto, anticipo che la mia fiducia non ci sarà. (Applausi dal Gruppo DS-U e dei senatori Petrini e Marino).

 

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Ciccanti. Ne ha facoltà.

 

CICCANTI (UDC). Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, onorevoli colleghi, mi associo anch’io all’apprezzamento fatto alla Presidenza del Senato per aver contemperato la giusta esigenza di unire le prerogative del Governo di porre la questione di fiducia a quelle del Parlamento di verificare l’attuazione dell’articolo 81 della Costituzione. Ciò ha reso l’esame di questa finanziaria, nella sua novità e specificità - come è stato ricordato dal presidente Pera - meno lacerante di quanto le valutazioni di merito possano far apparire.

Con il cosiddetto maxiemendamento oggi ci troviamo di nuovo a confrontarci, dopo il dibattito generale svolto lunedì e nella giornata di ieri, per valutare in modo migliore le innovazioni che sono state introdotte. Oltre a svolgere una valutazione metodologica, che è stata ben riassunta questa mattina dal Presidente della 5a Commissione, esaminiamo anche il contenuto di merito del maxiemendamento al nostro esame.

Ampia è stata la valutazione compiuta dalla Commissione bilancio, la quale ha profuso un impegno veramente esemplare rispetto a quanto normalmente si sente affermare e si legge sulla stampa nei confronti del Parlamento, dei parlamentari che in qualche modo sono privilegiati e fanno parte di una specie di "compagnia del dolce far niente". Ho personalmente potuto constatare, essendo stato presente ai lavori sia dell'Aula che della 5a Commissione, che quest’anno il lavoro compiuto è stato veramente improbo ed impegnativo. In Commissione bilancio siamo stati per circa 15 ore al giorno impegnati ad esaminare 4.300 emendamenti, che sono stati uno ad uno visionati, valutati e pesati.

Con l’inserimento delle nuove norme attraverso il maxiemendamento ci troviamo a fare oggi una valutazione complessiva sulla manovra. Oltre quanto è stato già detto in merito alle modifiche apportate dalla Commissione bilancio, ritengo occorra valutare anche le aggiunte apportate dal Governo nella modifica della prima versione della finanziaria, già approvata dalla Camera dei deputati, che riguardano almeno tre aspetti.

Per quanto riguarda il primo, si tratta del rafforzamento del comparto sicurezza. Sono stati dati circa 100 milioni di euro per rafforzare in qualche modo la lotta alla droga, per contrastare l’uso delle sostanze stupefacenti, che è il vero male della gioventù del nostro Paese.

È stata poi rafforzata la figura del cosiddetto poliziotto di quartiere, destinando ad essa altri 30 milioni di euro. Il poliziotto di quartiere è stato definito, da parte di qualche critico eccessivo, uno strumento di propaganda elettorale di questo Governo, tuttavia, nelle città in cui è stato istituito ha destato molto interesse ed apprezzamento da parte della cittadinanza, rappresentando, in qualche modo, la legalità e lo Stato nel territorio.

Al di là degli effetti repressivi degli interventi che ci si possono aspettare, il poliziotto di quartiere è una figura che previene culturalmente la manifestazione di illegalità. Nella città di Napoli, la cui situazione è stata oggetto di dibattito in quest’Aula qualche settimana fa, da parte della coalizione di maggioranza è stata ravvisata una maggiore presenza dello Stato, migliorando il rapporto tra la presenza delle forze dell’ordine e la popolazione nel contesto del Paese.

Comunque, i fenomeni delinquenziali, soprattutto della criminalità organizzata, si sono purtroppo accentuati ed il loro acuirsi è sotto gli occhi dell’opinione pubblica italiana. Non si può quindi legare la presenza fisica del rappresentante delle forze dell’ordine sul territorio ad un effetto dissuasivo rispetto all’acuirsi della criminalità; tale presenza ha certamente un effetto dissuasivo nei confronti della microcriminalità, ma non rappresenta lo strumento idoneo a combattere la criminalità organizzata, la quale, essendo oggi moderna e sofisticata, richiede invece interventi di intelligence molto più sofisticati, moderni ed attuali. Ci rendiamo ben conto di questa divaricazione di strumenti, ma ogni cosa va rapportata alla sua giusta dimensione.

Ci preoccupiamo del problema della illegalità diffusa, che trova forse un terreno di coltura nelle zone più povere del Paese e delle città, soprattutto nell’area giovanile, che rappresenta una fonte della manovalanza per la criminalità organizzata con veri e propri eserciti, reclutati tra i giovani sbandati delle periferie delle nostre città. Certamente questo è un fenomeno che ci preoccupa e il poliziotto di quartiere, come ho detto, è uno degli strumenti che ci stanno a cuore, anche se il discorso è certamente più complesso.

Peraltro, proprio con riferimento all’aspetto relativo agli strumenti più impegnativi e sofisticati e alle strumentazioni tecnologiche appropriate, ritengo che l’attenzione particolare riservata, nel maxiemendamento del Governo, al sostegno degli investimenti nel settore delle forze dell’ordine (per un importo di 50 milioni) rappresenti un’ulteriore risposta per combattere la delinquenza organizzata.

Certo, ci sono altre priorità che, oltre alla criminalità ordinaria, tradizionale, conosciuta, seppur organizzata e sofisticata, oggi ci impone per la difesa del cittadino il problema del terrorismo. C'è una minaccia esterna al nostro Paese e ai nostri concittadini italiani, che è quella del terrorismo e questa finanziaria già se n'era occupata, così come quelle dei due anni precedenti, accentuando la difesa del nostro apparato nei confronti di edifici e strutture sensibili, nell’ipotesi di attacchi terroristici.

Ci si è preoccupati però anche di difendere i cittadini in quanto tali. Così si è dato un ulteriore incentivo all'organizzazione della Protezione civile e dei Vigili del fuoco per una specializzazione particolare dell'intervento in caso di attacchi batteriologici, di carattere nucleare o di carattere chimico che possono venire al nostro Paese, e si è appunto costituito un soccorso tecnico nucleare per fronteggiare eventuali attacchi terroristici che possano compiersi su questo fronte, molto più insidioso e pericoloso rispetto ad attacchi di tipo tradizionale.

Si è inviato un segnale importante circa la seconda questione che volevo sottolineare: la disoccupazione agricola. Ieri si è svolta davanti al Senato una manifestazione di braccianti agricoli, che hanno giustamente rivendicato, attraverso le loro organizzazioni di categoria e sindacali, un'attenzione da parte del Governo e del Parlamento che si accingeva a votare la finanziaria. Il nostro segretario Follini si è reso anche interprete e in qualche modo insieme ad altri protagonista di questa attenzione e ben 70 milioni sono stati destinati, proprio all'ultimo momento, per risolvere questo problema.

Per quanto riguarda Roma Capitale, tale argomento trova ancora, nonostante i profeti di sventura, udienza in questo Parlamento e in questa maggioranza, perché Roma Capitale, al di là di una propaganda abbastanza rude e a volte insultante, rappresenta per noi un punto di riferimento nella riorganizzazione del sistema dei poteri in senso federalista, un centro di interesse politico, sociale e culturale ed istituzionale che va preservato e difeso.

Non posso non dimenticare, infine, l'attenzione prestata agli operai idraulici forestali della Calabria, con 160 milioni di fondi all'uopo destinati. Mi preoccupo soprattutto di questo aspetto. Le vibrate proteste avrebbero potuto essere risparmiate perché la nostra attenzione al problema fu sottolineata anche anni fa, senza registrare l'esasperazione di questa circostanza; un problema che è stato oggi preso in considerazione da un ampio arco di forze sociali e politiche, da sinistra a destra, che ha sostenuto questa battaglia.

Ci interessa questo aspetto e non ci preoccupa chi farà il commissario per la Calabria. La polemica di oggi su questo piano infastidisce noi dell'UDC, imbarazza chi ha il senso delle istituzioni. Potrebbe essere risparmiato al Paese e all'opinione pubblica un confronto di così basso profilo, anche tra Ministri della Repubblica; ma tant'è, questo offre oggi il mercato politico italiano.

Voglio ricordare, infine, il vero significato di questa finanziaria che, per quanto riguarda la mia parte politica, è rappresentato dal taglio di tasse a favore delle famiglie italiane, soprattutto le famiglie monoreddito.

Come ho già detto ieri nel mio intervento, le famiglie monoreddito, con coniuge e figli studenti a carico che non arrivano alla quarta settimana del mese, erano quelle che più ci stavano a cuore. Ebbene, queste famiglie avranno dal 1° gennaio 2005 almeno 100 euro in più di reddito disponibile. Se poi si pensa che i rinnovi contrattuali, anche del pubblico impiego, comporteranno un aumento medio della busta paga compreso tra i 50 e i 60 euro al mese, possiamo dire che nel 2005 le famiglie di reddito medio-basso avranno maggiori disponibilità per 150-200 euro.

È questo che ci conforta; sappiamo che fuori da questo taglio delle tasse sono rimasti gli incapienti che hanno un'imposta negativa. Sappiamo che esiste anche un problema di fiscal drag, ma sappiamo anche che le migliori condizioni per la ripresa della nostra economia, che si registra nel terzo trimestre e speriamo migliori anche nel successivo quadrimestre, ci consentiranno di disporre della giusta quantità di risorse per fronteggiare queste situazioni.

L'impegno dell'UDC su questo terreno per i ceti meno abbienti sarà forte e deciso all'interno della maggioranza. Per ora, ci consola in qualche modo il fatto che il Fondo nazionale destinato alle Regioni è rimasto intatto e consentirà, attraverso la rete del welfare locale, di sostenere i ceti meno abbienti. (Applausi dal Gruppo FI).

 

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Di Girolamo. Ne ha facoltà.

 

DI GIROLAMO (DS-U). Signor Presidente, signor Ministro, colleghi senatori, credo si possa realisticamente affermare che con questa legge finanziaria la maggioranza finisce di sfasciare il Paese.

I dati ISTAT, diffusi recentemente, sulla produzione industriale, le stesse affermazioni del Presidente di Confindustria ci confermano il quadro preoccupante di un Paese che non riesce ad uscire dalla crisi e va verso il declino industriale. La produzione industriale è di tre punti sotto quella del 2000. Soffrono soprattutto i settori, una volta trainanti, del made in Italy. Nessuna azienda italiana figura tra le prime 50 del mondo. La competitività del Paese è a picco: siamo scivolati dietro il Botswana.

Di fronte a questa emergenza, voi vestite i panni della demagogia e, invece di assumervi la responsabilità di proporre al Paese misure strutturali, anche difficili e impopolari, ma in grado di tirarlo fuori dalle secche in cui si trova da tre anni, venite a proporre i pannicelli caldi di un presunto taglio delle tasse.

Dico presunto perché, come hanno spiegato altri autorevoli colleghi, in ragione della combinazione tra sgravi fiscali e nuove e aumentate tassazioni, la grandissima parte dei contribuenti italiani, nel 2005 si troverà a pagare di più. E per fare questa operazione distraete risorse da capitoli importanti, quali il Fondo sociale e quello per l’occupazione, mettendo in crisi quella rete di sostegno ai soggetti più fragili, che consente non solo di dare concretezza alla parola solidarietà, ma di mantenere la coesione sociale del Paese.

Ad una lettura non approfondita della legge, il settore sanitario sembra uscire indenne dal definanziamento, essendo previsto un incremento del Fondo sanitario nazionale di oltre sei miliardi di euro rispetto al 2004 e una partecipazione al ripiano dei disavanzi pregressi delle Regioni di due miliardi di euro. Questo peraltro credo dia sostanza alle osservazioni che abbiamo fatto nella passate finanziarie, quando denunciavamo il fatto che il Fondo sanitario nazionale era sottostimanto rispetto alle esigenze di salute di uno Stato avanzato quale quello italiano.

Quindi, tutto bene; ci sono i soldi, si può andare avanti? Non direi. Innanzitutto, perché se è vero che con questo stanziamento arriviamo al 6,3 per cento del PIL, il tetto di spesa del 2 per cento previsto dall’attuale finanziaria determinerà, come riporta la relazione tecnica, un calo nei prossimi tre anni, fino a tornare sotto la soglia del 6 per cento nel 2007. Questa contraddice anche le previsioni fatte nel Documento di programmazione economico-finanziaria, nel quale si stimava un incremento medio annuo di risorse pari al 3,7 per cento, quindi il doppio del 2 per cento di adesso, in modo da portare il rapporto tra spesa sanitaria e PIL dal 6,3 del 2003 al 6,5 del 2008, avvicinandolo a quello degli altri Paesi europei.

In secondo luogo, perché in quella somma non vengono comprese risorse importanti, quale la piena copertura dei LEA, la corresponsione degli arretrati per il contratto della dirigenza e quelli per le convenzioni, contratti e convenzioni, lo ricordo, scaduti da tre anni e che non sembrano trovare una soluzione positiva. Infine perché, anche con il contributo statale di due miliardi di euro, il disavanzo complessivo delle Regioni alla fine del 2004 sarà nell’ordine di quindici miliardi di euro, mettendone a rischio l’operatività.

Non si può dire che le Regioni non si siano impegnate in questi anni, dato che, insieme a provvedimenti di razionalizzazione, imposizione di tickets e inasprimenti fiscali, hanno attuato trasferimenti di risorse sul capitolo sanità dell’ordine di oltre tredici miliardi di euro.

Senza contare, inoltre, che la corresponsione delle quote del Fondo sanitario nazionale è stata fatta con colpevole lentezza. Le Regioni, infatti, vantano crediti per circa 8 miliardi di euro per il 2002 e 7 miliardi di euro per il 2003 ed anche l'erogazione del 2004 è avvenuta solo recentemente, con la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale del 10 novembre della delibera CIPE, che ripartisce con un ritardo di ben 9 mesi le quote su cui le Regioni avevano trovato un accordo già nel febbraio 2004.

Questo, da una parte, costringe le Regioni ad anticipazioni di cassa, che hanno determinato il pagamento di interessi dell'ordine di oltre 300 milioni di euro (sottraendo queste risorse all'operatività dei servizi sanitari) e dall'altra portano ad una dilazione dei tempi di pagamento dei fornitori che mediamente supera i 300 giorni, ma arriva anche ai due anni.

Ciò genera un enorme danno per il sistema economico, se consideriamo che, secondo un rapporto della Commissione europea, un fallimento su quattro è provocato da ritardi di pagamento o da inadempienze del committente pubblico. Purtroppo, il fondo per il pagamento dei debiti di fornitura che è stato previsto da questa finanziaria dal comma 378 del maxiemendamento non vale per le aziende sanitarie locali e per le aziende ospedaliere.

Ma oltre a tali questioni, che attengono al capitolo fondamentale delle risorse, ve ne sono altre che ci fanno dire di no a questa legge. Vengono ridotti e procrastinati i fondi per l'ammodernamento tecnologico delle strutture sanitarie, lasciando indietro un settore ad alta innovazione. Non è previsto alcun fondo specifico per la sanità del Mezzogiorno, che consenta a queste Regioni di colmare il gap strutturale che le separa dal resto del Paese anche in questo delicato settore.

Sono nettamente insufficienti sia gli stanziamenti per la ricerca biomedica che le misure previste per agevolare la ricerca nel campo farmacologico, settore che è al secondo posto nel mondo per risorse impiegate e da cui l'Italia rischia di rimanere fuori.

Riappare, inoltre, una visione centralistica dello Stato, alla faccia della devoluzione, fino ad arrivare addirittura ad ipotesi di commissariamento mascherato delle Regioni. Non viene modificato il tetto di spesa previsto per l'assistenza farmaceutica territoriale, malgrado si sia dimostrato in questi anni totalmente inadeguato a sopperire alle necessità della salute di una popolazione che ha il più alto tasso di invecchiamento del mondo.

In conclusione, signor Presidente, signor Ministro, colleghi senatori, vorrei concludere il mio intervento con le parole pronunciate dal presidente Ciampi durante la giornata dell'AIRC (Associazione italiana per la ricerca sul cancro). Dice il Presidente: "Il diritto alla salute è una delle forme fondamentali con cui si esprime il diritto all'uguaglianza e la sanità nazionale va difesa e migliorata, perché è una delle istituzioni più preziose che la comunità ha saputo costruire per il suo benessere".

Ci riconosciamo interamente nelle parole del Presidente della Repubblica, crediamo che questa legge finanziaria non dia le risposte necessarie a tutelare questo diritto e per questo continueremo a batterci. (Applausi dal Gruppo DS-U e del senatore Gaglione. Congratulazioni).

 

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il senatore Nocco. Ne ha facoltà.

 

NOCCO (FI). Signor Presidente, colleghi, pur essendo componente della Commissione bilancio, non intervengo in tale veste, perché voglio fare una premessa di carattere politico che penso debba farci riflettere.

Nell’ambito di una finanziaria ognuno di noi recita la sua parte, dimenticando come e in quale contesto essa si inserisca. Ogni giorno ci facciamo abbagliare dalle interviste dei Montezemolo o degli Epifani, signori che dimenticano qual è il loro ruolo e come dovrebbero contribuire a cambiare questa Italia, nel creare premesse acché queste finanziarie non siano sempre una corsa confusa e difficile per ripianare i conti. Perché il male è in origine.

Questa finanziaria s'innesta in un contesto di crisi internazionale, dove è sotto gli occhi di tutti cosa significano l’euro pesante rispetto al dollaro (per cui le esportazioni sono compresse), il dramma del terrorismo, l’espansione dei Paesi emergenti.

In ambito interno, abbiamo uno Stato che ha bisogno di essere strutturato, e strutturato significa non dimenticare la protezione dei veri deboli, ma smantellare le grandi oasi di privilegio e di autoreferenzialità esistenti in Italia. Avete mai sentito sindacati che abbiano la capacità di dare suggerimenti e di essere dalla parte di chi deve intervenire in un settore malato per tagliare e ristrutturare? Avete mai sentito grandi industriali che non continuano a volere i privilegi di cui si sono avvalsi per tanti anni? Ritenete che nella pubblica amministrazione sia tutto serio?

Tutti noi, di tutti i partiti, quasi facciamo la corsa per andare a cercare il consenso. Noi non siamo contro i pubblici dipendenti, né contro gli ospedalieri: vorremo essere a favore di chi contribuisce a modernizzare lo Stato. Ma non ve ne è la possibilità, perché abbiamo tanti e tali grovigli dai quali non si esce a causa di un sistema elettorale confuso e ricattatorio. Né voi, né noi saremo in grado di cambiare questo Stato se non avremo il coraggio di liberarci di certi vincoli. Non abbiamo il coraggio di dirlo in queste Aule, per cui voi ricorrete alle cifre ed io farò altrettanto: non è questa la politica. Lasciamo la ricerca e le statistiche ai ragionieri che spesso non si trovano tra loro: i grandi Soloni dell’economia dicono tutto e il contrario di tutto.

Non dimenticate, però, che l’Italia è in un contesto internazionale e in questo momento non sta peggio delle altre Nazioni. Il petrolio: non vi dice niente l’aumento del suo prezzo? Il terrorismo non vi dice niente? Quest’Europa arranca perché è arretrata mentalmente e si criticano magari gli Stati Uniti che hanno la capacità di essere un Paese moderno, libero, dove c’è la tutela del vero debole, ma dove c’è anche la rincorsa alla ricerca, al nuovo.

Se dimentichiamo questi concetti, amici miei, faremo sempre le lotte e le rincorse e avremo sempre le sure coraniche, come il maxiemendamento 1.2000, queste sure che bisogna interpretare, ma rispetto alle quali alla fine arriviamo ad una sintesi. Avere la capacità di sintesi significa far capire che noi politici abbiamo l’obbligo morale (è questa la vera morale, non quella di cui parla Prodi) di saper essere obiettivi e di saper intervenire in quei settori in cui l’Italia ha bisogno di essere ristrutturata e riformata.

Fatta questa premessa, mi avvio ad una lettura scarna, di difesa di questa finanziaria. Non è la migliore possibile, è quella che è stato possibile fare. Abbiate il coraggio, colleghi dell’opposizione, di riconoscere in quale contesto si formano certi testi legislativi; abbiate il coraggio di dire che la previsione del tetto del 2 per cento della spesa di questa finanziaria può essere accolta, può essere concepita come buona. Invece, per voi non c’è niente di buono.

Lanciate delle cifre: ma chi di noi non vuole essere a favore dei più deboli in misura maggiore? Chi non vuole dare tutti i finanziamenti necessari alla scuola, alla ricerca? Tutti noi lo vogliamo. L’essenziale è sapersi muovere e cominciare a muoversi.

Questo Governo sta cominciando a modernizzare l’Italia, nonostante gli Epifani e i Montezemolo che fanno le primedonne sui giornali e dimenticano quali sono le sacche di privilegio che quotidianamente loro proteggono e che impediscono il vero ammodernamento del nostro Stato. Noi invece facciamo i figuranti rispetto a questi protagonisti falsi dell’economia italiana; abbiamo il coraggio di interrogarci, ma purtroppo questa politica ci divide e non riesce a farci capire qual è il bene superiore.

Fatte queste premesse, passo ad elencare quali potrebbero essere i pochi meriti della finanziaria; pochi, ma comunque meriti.

La manovra per il 2005 ha avuto anche quest’anno un percorso difficile e pieno di peripezie, ma il lavoro che è stato fatto all’interno della Commissione bilancio è stato importante per diversi motivi. Infatti, il confronto tra maggioranza e opposizione è stato acceso, intenso e ha prodotto come risultato una finanziaria che recepisce i reali bisogni del Paese in questo delicato momento, coniugandoli con la realizzazione del programma della Casa delle Libertà.

Il ricorso alla fiducia, che ci apprestiamo a votare, rappresenta una scelta, per il Governo ed il Parlamento, solo di ordine procedurale e non - come è stato detto - uno strumento di strozzatura del dibattito parlamentare. Parliamo già troppo e comunque non bisogna scandalizzarsi, perché il precedente Governo ha fatto ricorso alla fiducia molto più spesso di quello attuale. Nulla di tutto questo, quindi, poiché il vero dibattito a cui, caro senatore Bordon, non si sono sottratti i senatori della Margherita è avvenuto in maniera costruttiva e seria all’interno della 5a Commissione.

Il maxiemendamento governativo 1.2000 alla nostra attenzione altro non è che il frutto del lavoro della Commissione bilancio, cui si sono aggiunti interventi di carattere straordinario suggeriti dal Governo e richiesti dalle circostanze.

La finanziaria che oggi il Senato approverà è una buona finanziaria, anche e soprattutto per il Sud. Si tratta di una manovra che ha dedicato particolare attenzione al mondo della scuola, con un incremento delle risorse disponibili di circa il 7 per cento, che ha introdotto un diverso modo d'intendere il prelievo fiscale. Con la rimodulazione delle aliquote, infatti, si punterà ad una fiscalità equa e in proporzione e i vantaggi si vedranno proprio per le fasce contributive più basse.

Era impensabile che il Governo e la Casa delle libertà si lasciassero scappare questa occasione per affrontare un tema come quello delle tasse. Abbiamo affrontato un argomento delicato e spinoso con la forza e la determinazione che contraddistinguono il nostro operato dal 2001. Non era facile ridurle e scegliere la via migliore; l’importante è aver dato una svolta alla politica dei Governi italiani. Sino ad oggi un comune cittadino versava nelle casse dello Stato una cifra pari al 45 per cento di quello che guadagnava. Questo, come ha ricordato il presidente Berlusconi, è moralmente inaccettabile. Pagare le tasse in modo eccessivo rende il cittadino renitente.

A questo si aggiunge la rimodulazione degli studi di settore che consentirà maggiori entrate nelle casse statali, consentendo di applicare un livello di tassazione, anche alle categorie sociali che vi aderiscono, più giusto e in linea con il trend economico del momento. Mi piace ricordare che il ministro Siniscalco e i tecnici di via XX Settembre hanno avviato una serie di consultazioni preventive con le associazioni di categoria interessate dagli studi di settore. Il risultato di questa concertazione lo troviamo espresso nella finanziaria 2005.

La finanziaria ha affrontato il problema della sicurezza. Voi sapete quanto ci sia bisogno dell’intervento dello Stato in termini di presenza materiale. Ebbene, questo Governo non ha limitato e non si è curato di risparmiare negli investimenti per la sicurezza. Ha previsto l’assunzione di quasi 2.000 fra agenti di polizia, carabinieri e vigili del fuoco. Ha concesso finanziamenti perché quello della sicurezza è uno dei problemi dell’Italia.

La legge finanziaria per il 2005 ha affrontato anche il problema degli incentivi statali. Intendo sottolineare con forza che le misure presenti in finanziaria che riguardano gli incentivi alle imprese non toglieranno un solo euro al Mezzogiorno, alle imprese pugliesi, campane o lucane, ma consentiranno di utilizzare le risorse in maniera più attenta, poiché il sistema di contribuzione a pioggia, fino ad oggi vigente, ha spesso creato effetti distorti che hanno arrecato solo danno all’economia del Mezzogiorno.

Di questo ha bisogno il Mezzogiorno: non di regali o di interventi una tantum, ma di infrastrutture e di interventi che abbiano carattere strutturale e non emergenziale. Su queste due direttrici si è mossa la Casa delle Libertà e si sono già visti gli effetti reali: l’Italia è un cantiere che si avvia e si realizza.

Non si comprende poi (nel contesto di quanto ho detto all’inizio) come mai la minoranza si opponga alla misura che introduce il contenimento del 2 per cento della spesa per la pubblica amministrazione. Ripeto che nessuno è contro i dipendenti pubblici, ma tutti voi sapete quali fiumi e rivoli di dissennato dispendio delle risorse pubbliche ci sono e cosa non funziona.

Per quanto riguarda la sanità, poi, occorre dire che questo Governo è stato attentissimo e ha concesso finanziamenti per migliaia di miliardi anche a tutela dei deboli che noi dobbiamo curare. Non ho mai visto, però, sindacati, corporazioni o altri settori della cosiddetta società civile che incoraggino gli amministratori alla razionalizzazione della spesa pubblica in materia di sanità.

Non abbiamo, quindi, bisogno di proteggere bensì di rendere funzionale il settore. In Puglia, con il nostro Governatore, abbiamo fatto una riforma sanitaria strutturale seria e abbiamo chiuso, ristrutturato o trasformato i piccoli ospedali dove la gente non veniva curata, dove la gente rischiava e abbiamo operato nel senso dell’efficienza e del risparmio. Ebbene, i sindacati, gli operatori e tutti i partiti dell’opposizione hanno strumentalizzato questa riforma. La Puglia è una Regione virtuosa perché ha pareggiato i conti e la sanità funziona.

La nostra pubblica amministrazione non risponde ai criteri di efficienza che le dovrebbero essere propri. Purtroppo, negli anni, ha rappresentato e rappresenta per le casse dello Stato un vero disastro economico, cui il Governo Berlusconi sta cercando di porre rimedio. Non è facile, caro Berlusconi, non sono le tue aziende; l’Italia è difficile.

Il contenimento di questi costi, alcuni dei quali sono veri e propri sprechi, è necessario e quanto mai inevitabile per rilanciare l’apparato amministrativo. Basterebbe vedere quanto sono appesantiti di spese superflue i Comuni e le Province (quante manifestazioni inutili, quanti sprechi), che dovranno avviare al loro interno un più virtuoso sistema di spesa.

Con riferimento alle norme sul cosiddetto turnover, a proposito della sanità, non è vero che questo Governo è stato sordo e cieco: ha riconosciuto e ha dato opportunità, dicendo però alle Regioni che l’autonomia è una conquista; questo significa saper razionalizzare la spesa prevista per la sanità.

Vi è poi il contenuto delle norme di cui al comma 97 dell’articolo 1 del maxiemendamento 1.2000, sul quale è stata chiesta la fiducia, che, tra l’altro, così recita: "Sono comunque fatte salve le previsioni di cui al combinato disposto dell’articolo 3, commi 53, ultimo periodo, e 71, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, nonché le procedure concorsuali in atto alla data del 30 novembre 2004, …omissis… Ai fini del concorso delle autonomie regionali e locali al rispetto degli obiettivi di finanza pubblica, le disposizioni di cui al presente comma costituiscono principi e norme di indirizzo per le predette amministrazioni e per gli enti del Servizio sanitario nazionale, che operano le riduzioni delle rispettive dotazioni organiche secondo l’ambito di applicazione da definire con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di cui al comma 102". Giova ricordare che al comma 102 si fissa il contingentamento delle assunzioni e non dei concorsi.

E’ evidente che la nostra volontà di legislatori - è bene chiarirlo - è che la norma "…sono comunque fatte salve le procedure concorsuali in atto al 30 novembre 2004 …" vale anche per gli enti del Servizio sanitario nazionale, considerata l’autonomia degli stessi e la necessità di rispettare esigenze come quella delle Regioni virtuose (vedasi la Puglia), che hanno proceduto al riordino della rete ospedaliera e che da anni si erano dati la regola di non bandire concorsi proprio perché dovevano procedere al riordino. Questa Regione sia di esempio per molte altre.

Il Governo Berlusconi e la Casa delle Libertà hanno avviato una serie di riforme, che passa anche attraverso l’approvazione di questa finanziaria. Non possiamo non ricordare come nella manovra economica una particolare attenzione è prestata all’emittenza locale. Questo Governo, a differenza dei precedenti che facevano proclami e leggi vuote, ha in pochi anni conferito alle televisioni locali finanziamenti per oltre 100 miliardi annui.

Ciò dimostra il rispetto che abbiamo per la pluralità dell’informazione. Certo, si può fare di più; anzi, colgo l’occasione per sollecitare l’attenzione del Governo affinché ai 5 milioni di euro, che incrementano il fondo a favore dell'emittenza locale, sia previsto un aumento, per quanto possibile nell’ambito delle disponibilità finanziarie. Ciò perché la pubblicità delle televisioni locali è importante, anche al fine di incrementare lo sviluppo dell’industria meridionale.

Per questi motivi, ritengo di poter annunciare il mio voto convinto a favore di questa manovra finanziaria, poiché ritengo che la maggioranza di cui faccio parte abbia avviato una serie di riforme necessarie per il sistema Italia e questa finanziaria contribuisce a mettere un tassello importante a quelle stesse riforme. (Applausi dal Gruppo FI).

 

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Chiusoli. Ne ha facoltà.

 

CHIUSOLI (DS-U). Signor Presidente, onorevoli colleghi, confesso una certa dose di frustrazione nel tentare ancora una volta di ragionare attorno alle questioni che oggi caratterizzano il sistema produttivo nazionale.

Di questo voglio occuparmi all’interno della manovra finanziaria per la quale si chiede il voto di fiducia che noi certamente negheremo. Ciò non solo e non tanto per la disinvoltura e a volte la superficialità con le quali vediamo affrontate problematiche con cui ormai drammaticamente si confrontano le imprese e i lavoratori del Paese, quanto invece perché rilevo la totale assenza di interlocutori o la disponibilità al dialogo e al confronto nel merito dei nodi del sistema.

Il Ministro delle attività produttive costituisce un caso degno della trasmissione televisiva "Chi l’ha visto". Noi senatori lo abbiamo visto un paio di volte, per alcune decine di minuti in Commissione e una sola volta in Aula. Sono passati 44 dei 60 mesi della legislatura, ma non è questo il peggio.

La diagnosi sullo stato asfittico del nostro apparato produttivo è ormai largamente condivisa e le valutazioni sulla competitività del sistema Paese sono largamente diffuse. Il made in Italy segna il passo ed è di questi giorni il nuovo dato allarmante di fonte ISTAT: la produzione è calata del 5,6 per cento, con significative cadute del 5,6 per cento nell’abbigliamento, dell’11 per cento nelle calzature, del 4,6 per cento nei mobili; non va meglio il settore automobilistico, e sappiamo tutti molto bene che cosa questo significa per il nostro Paese.

Siamo sull’orlo della recessione. E’ una situazione che mette i brividi. È questo il parere del segretario generale della CISL, protagonista del Patto per l’Italia e la Confindustria prevede, per il 2005, una crescita dell’1,5 per cento contro una previsione del Governo del 2,1, ossia il 25 per cento in meno.

Il Governo e la maggioranza pensano che queste siano considerazioni accademiche o pura polemica politica. Ma quando pensate di uscire dal sogno? Quando pensate di affrontare la realtà? Una realtà nella quale la crisi dei consumi, generata dall’insicurezza che questo Governo ha provocato, o che esiste malgrado questo Governo (a voi la scelta, in ogni caso grave), mette all’angolo i grandi produttori manifatturieri come i piccoli fornitori di servizi.

Il quadro, dunque, è purtroppo chiaro per tutti, tranne che per il Governo, che continua a spandere un ottimismo di maniera, non confortato da elementi concreti.

In una situazione del genere, un Governo pensoso degli interessi del Paese aprirebbe un confronto serio e vero; ascolterebbe tutti i protagonisti dell’economia nazionale e promuoverebbe nella sede giusta, il Parlamento della Repubblica, il dibattito nel quale andrebbero a confrontarsi i modelli e le proposte alternative per affrontare, con serie possibilità di soluzione, i problemi in evidenza e, in quella sede, ci si assumerebbero le conseguenti responsabilità. Abbiamo più volte dichiarato di essere disponibili a fare la nostra parte e ad anticipare il lavoro che, comunque, ci attende tra 16 mesi, ma, nella realtà, nulla si muove.

Il Presidente imprenditore sembra non avvertire la gravità della situazione, tutto preso dalle contromisure rispetto ai risultati dei sondaggi, e il ministro Marzano preferisce collezionare deleghe, mortificare le autonomie, centralizzare quanto è possibile e indebolire le autorità indipendenti.

Ma vi è di più: nessuna iniziativa politica forte e vera rispetto alla legge lumaca sulla tutela del risparmio, che pure potrebbe contenere tante norme di governance capaci di stimolare nuove iniziative imprenditoriali.

In compenso, in questa finanziaria non vi è alcuna iniziativa significativa che possa anche lontanamente prefigurare una proposta complessiva, finalizzata a dare impulso e speranza di ripresa al sistema produttivo nazionale.

Forse è tutto rinviato al fantastico provvedimento sulla competitività che dalla Cina il Ministro sembrava voler inserire a forza nella fiducia sulla finanziaria, senza aver ascoltato il parere delle imprese, dei lavoratori e nel più completo disprezzo delle prerogative del Parlamento.

In una dichiarazione rilasciata ieri, il Ministro afferma che nessun Governo avrebbe saputo fare meglio. Mi chiedo in base a quali elementi giunga a questa conclusione, dal momento che non si è mai - sottolineo mai - confrontato con l’opposizione e le sue proposte.

Nella finanziaria dell’anno scorso decidemmo di seguire la via di un disegno organico, seppure ovviamente presentato sotto forma di varie proposte emendative, dalla strumentazione finanziaria per la imprenditoria diffusa, all’incentivazione per l’aggregazione delle piccole e medie imprese, al sostegno dell’attività di ricerca e innovazione (a proposito, su questo tema è di ieri il grido di allarme degli scienziati italiani: la ricerca in Italia è alla canna del gas!), alla tutela delle caratteristiche delle produzioni nazionali, alla definizione di nuovi rapporti tra pubblica amministrazione e sistema delle imprese. Insomma, una proposta per un confronto sulle cose, nella ricerca dell’interesse del sistema produttivo nazionale e siamo ancora in attesa di un cenno di disponibilità alla discussione.

Quest’anno abbiamo proceduto, dopo aver consultato tutte le organizzazioni, dalla Confindustria, agli artigiani, ai commercianti, ad usare un diverso sistema: alcune proposte su questioni particolarmente sensibili per i produttori di beni e servizi, per chi crea ricchezza, lavoro, occupazione. Silenzio! Ma il Ministro è sicuro che nessuno potrebbe fare meglio e intanto si accontenta di uscire da questa finanziaria con tagli sanguinosi in ogni tabella. La cosa ci lascerebbe indifferenti se, paradossalmente, non compromettesse ulteriormente la già inesistente politica industriale del Paese.

Come ciliegina sulla torta, nel maxiemendamento i fondi per finanziare le misure contro il caro-acciaio vengono ridotte da 100 a 10 milioni di euro, un decimo. Forse è una punizione simbolica alla Confindustria per quella che viene ritenuta una sua posizione troppo severa nei confronti del Governo.

Serve, dunque, una nuova e virtuosa strategia per salvaguardare il residuo patrimonio della grande industria nazionale e per rimettere a profitto il nostro capitale nazionale caratteristico, quello delle piccole e medie imprese. Ma il Governo Berlusconi prima ha smantellato la costruzione legislativa precedente, con ferite mortali alla credibilità dello Stato, e poi ha iniziato una sistematica politica di slittamento dei finanziamenti, come se il tempo fosse una variabile neutrale per le imprese.

I ritardi per la legge n. 488 del 1992, la sospensione della legge n. 46 del 1990 sono simboli di questa politica, assieme al blocco sostanziale delle domande di contratti di programma al CIPE. Si calcola che dal 2001 ad oggi le minori erogazioni alle imprese sono di 5 miliardi di euro, ed il Ministero delle attività produttive conferma che la quota degli incentivi è passata dallo 0,6 del PIL del 2000 allo 0,38 del 2002; nel 2003 le cose sono andate ancora peggio.

Nuova strategia, dunque, serve, fondata su corresponsabilizzazione attorno ad un obiettivo di crescita non solo quantitativa del sistema produttivo nazionale. Un patto fra i produttori e lo Stato, su binari certi e negoziati, a cominciare da un coordinamento forte di tutte le realtà di sostegno e da un compartecipato tavolo di verifiche.

Serve una nuova fiscalità d'impresa con elementi di progressività accompagnati da una seria detassazione, sia per accompagnare la crescita delle imprese per fusioni, accorpamenti o investimenti, sia per stimolare le imprese dei rispettivi distretti ad unificare gli impegni per i necessari servizi, sia per ridurre drasticamente proprio quegli oneri (bolli, tasse di concessione, di registro, imposte ipotecarie e catastali, diritti speciali) che voi, proprio voi, in questa finanziaria avete decisamente e drasticamente aumentato.

Avete liberato gli spiriti animali del capitalismo; il risultato è questo ed è disastroso. Chi fino a ieri chiedeva di essere lasciato libero di fare, oggi chiede una forte iniziativa pubblica. Avete liberato la fantasia nei meccanismi dell'economia, ma non siamo a teatro. Dovreste governare, ma non siete capaci di mettere in campo delle idee forti, capaci di orientare le scelte o lo sviluppo. Pensate di essere sollevati dalle vostre responsabilità, assegnando a chi vi ha preceduto, al terrorismo, all'euro, alle maree, alla calamità atmosferiche; in ogni caso escludete vostre responsabilità.

Ma il Paese, i lavoratori, gli imprenditori, hanno capito e non hanno più fiducia. Questa finanziaria è un misero tentativo di prolungare il sogno, è l'ultimo trucco di un illusionismo senza speranza, di cui gli italiani faranno presto giustizia! (Applausi dal Gruppo DS-U).

 

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Marino. Ne ha facoltà.

 

MARINO (Misto-Com). Signor Presidente, con il maxiemendamento onnicomprensivo su cui il Governo chiede la fiducia resteranno indiscusse tutte le nostre proposte alternative, che saranno sostanzialmente affidate ai soli atti parlamentari.

Con questo maxiemendamento del Governo vengono eliminate alcune modifiche apportate in Commissione; mi riferisco, in particolare, all'eliminazione dell'Alta commissione per il monitoraggio della spesa pubblica prevista all'articolo 2-bis del testo licenziato dalla Commissione, che avrebbe dovuto, tra l'altro, procedere alle necessarie rilevazioni per verificare la corrispondenza fra l'andamento dei principali indicatori di finanza pubblica e gli obiettivi fissati dal Patto di stabilità e crescita. Evidentemente quest'Alta commissione dava fastidio al Governo, per cui nel testo del maxiemendamento è stata operata una vera e proprio censura.

D'altra parte, sono stati portati rattoppi ad un vestito che si sbrindella, si strappa da tutti i lati, con le misure per i forestali della Calabria, che rispondono ad un problema certamente non nuovo, con l'aumento del Fondo per la spesa sanitaria, indispensabile ma inadeguato rispetto alle esigenze, con il rafforzamento degli organici delle forze dell'ordine, con le misure per l'agricoltura biologica chieste dal ministro Alemanno e, soprattutto, con la perla del comma 566, che costituisce una vera e propria deroga all'ordinamento contabile vigente.

La manovra viene coperta con anticipazioni di introiti erariali e con un'ulteriore stangata di imposte indirette, un ulteriore aumento del bollo, delle imposte ipotecarie, catastali, di registro e così via.

È una linea politica che viene da lontano perché sin dall'inizio della legislatura si è deciso di fare regali ai più ricchi, rinunciando a qualsiasi lotta all'evasione e all'elusione fiscale e non affrontando i problemi dell'economia sommersa, da cui avrebbe potuto scaturire un allargamento della base imponibile.

Regali fiscali ai più ricchi, inasprimento delle imposte indirette e maggiori oneri per i ceti più deboli, attraverso tagli alle imprese pubbliche - anche la finanziaria sottrae risorse alle Ferrovie, all'ANAS, alle Poste e alle altre imprese pubbliche e determinerà un aumento delle tariffe - e attraverso tagli agli enti locali, i quali saranno costretti a ridurre la spesa sociale. In particolare i tagli alle Regioni e agli enti locali determineranno inevitabilmente una riduzione dei servizi da erogare oppure costringeranno ad aumentare le tariffe dei servizi.

Sin dall'inizio della legislatura si è scelta questa linea in base allo slogan meno tasse, meno Stato, meno Europa. Ma il taglio delle tasse, che avrebbe dovuto essere il volano dello sviluppo, chi ha avvantaggiato nel corso di questi tre anni e mezzo? Voglio ricordare a me stesso e ai pochi colleghi presenti che tra i provvedimenti dei primi cento giorni di questo Governo la prima misura adottata è stata l'abolizione totale delle imposte di successione e di donazione, imposte che erano già state eliminate di fatto per i due terzi delle famiglie italiane, per le famiglie a reddito medio-basso.

È stato fatto così un regalo al 20 per cento di famiglie più ricche. La seconda misura adottata dal Governo ha favorito il rientro dei capitali esportati illegalmente all'estero, tassati al 2,5 per cento, per giunta con la garanzia dell'anonimato. È seguita una caterva di condoni e di sanatorie e non bisogna poi meravigliarsi se ciò determina il crollo delle entrate: dopo misure diseducative è difficile avere un risultato positivo in termini di gettito.

Ricordo ancora la delega per ridurre a due le aliquote dell'imposta personale sul reddito: si tratta di un sogno perché i soldi non ci sono, a meno di massacrare lo Stato sociale, e così le aliquote sono state ridotte a tre. Anche con questa finanziaria guadagneranno solo poche centinaia di migliaia di famiglie e quanto è stato disposto va contro i princìpi della capacità contributiva e della progressività delle imposte stabiliti dalla nostra Costituzione repubblicana.

Per non parlare poi della Tremonti-bis, un provvedimento assunto all'inizio della legislatura che ha sottratto fondi alla legge n. 488 del 1992 e ha spostato le risorse al Centro-Nord, penalizzando il Sud.

È questa la modernità di cui parlava poc'anzi il senatore Nocco? Eppure la legislatura era iniziata bene: era stato realizzato il risanamento finanziario del Paese, erano stati risparmiati 80.000 miliardi di vecchie lire soltanto per la spesa di interessi sul debito pubblico.

Lo stesso Governatore della Banca d’Italia, non tenero con la gestione di centro-sinistra, parlava di nuovo miracolo economico del nostro Paese. C’era certamente un problema di competitività da affrontare, ma sin dall’inizio qual è stata la linea seguita? Da un lato, un attacco allo Statuto dei lavoratori, alla legislazione del lavoro, e quindi al costo del lavoro; dall’altro, la leva fiscale, quella di Tremonti, cui ho accennato, come volano per lo sviluppo, per cui pagare meno tasse di per sé avrebbe comportato più sviluppo e più occupazione, mentre si sa bene che un imprenditore investe quando ha un’aspettativa di profitto, e non solo quando arriva qualche vantaggio o qualche sgravio fiscale, soprattutto perché il mercato internazionale era stagnante.

Di fronte a questa situazione, l’alternativa era o seguire questa linea o seguirne un'altra: quella di allargare la domanda interna e i consumi, affrontando la questione salariale e puntando su ricerca e innovazione. Ripetiamo cose banali e ovvie, ma è questa la via da seguire se si vuole reggere la competizione a livello internazionale: un prodotto a più alto valore tecnologico.

La questione salariale si sarebbe potuta affrontare con l’allargamento della domanda interna, con la restituzione del fiscal drag, che da solo fa 1,3 miliardi di euro ogni anno, con la tutela del potere di acquisto di salari, stipendi e pensioni, con la riduzione della tassazione sui trattamenti di fine rapporto, con la messa a disposizione dei contratti del pubblico impiego delle risorse necessarie, perché almeno in questo senso si può agire, per di più avendo un tasso di inflazione programmato non lontano da quello poi statisticamente rilevato o reale, perché si sa che i contratti dei pubblici dipendenti e i contratti del settore privato hanno come riferimento il tasso di inflazione programmato.

Sin dall’inizio sono apparsi i connotati di questa legge finanziaria, definita deludente da tutte le organizzazioni di categoria, vuota dalla Confindustria, da respingere dalle organizzazioni sindacali.

Una finanziaria monca, perché rinvia i problemi della competitività ad un successivo provvedimento; non si capiscono poi né i contenuti né da dove si attingeranno le risorse necessarie, tra le altre cose, per la ricerca e l’innovazione.

Una finanziaria sostanzialmente antindustriale, antisociale, antimeridionale, improntata ad un ottimismo assolutamente ingiustificato rispetto ad una crisi economica del Paese senza precedenti. Errate previsioni di crescita sin dall’inizio della legislatura e finanza creativa.

Abbiamo un quadro congiunturale dell’economia che è sotto gli occhi di tutti, una crisi dell’apparato industriale e del settore agroindustriale, un calo dei consumi, una perdita del potere di acquisto, un’ulteriore perdita di quote di mercato estero, un attendismo che non rafforza la competitività. Non c’è nemmeno l’alibi della crisi economica internazionale, perché la crescita c’è negli Stati Uniti, in Cina e in molti altri Paesi Europei.

Qualche collega ha tirato in ballo il Patto di stabilità e crescita. Ma è colpa dell’euro o dei parametri europei? Una cosa è l’interpretazione del Patto, tendente a valutare diversamente la spesa per le infrastrutture e la ricerca, ben altra cosa è una revisione che toglierebbe questo indispensabile strumento per gestire il pilastro monetario ed economico.

Occorre respingere il ricatto del centro-destra, per cui, ove il Patto non fosse profondamente rivisto, andrebbe tagliata la spesa sociale. Un allentamento produrrebbe un’inflazione pericolosa per il potere di acquisto di salari, stipendi e pensioni e un aumento dei tassi di interesse che, per un Paese come l’Italia, molto indebitato, significherebbe un disastro per i nostri conti.

Signor Presidente, il Sud è stato ulteriormente penalizzato. Anziché rispondere positivamente alle richieste venute, non solo dalle organizzazioni sindacali, ma dalla stessa Confindustria e dalle organizzazioni di categoria per rilanciare le grandi infrastrutture strategiche, per prevedere un piano per l’innovazione e la ricerca e per affrontare il problema di sistema creditizio e degli incentivi attraverso il ripristino delle vecchie misure, la montagna ha partorito il topolino del Fondo rotativo, che ben poco risolverà in termini di riduzione del divario fra Nord e Sud che dall’inizio di questa legislatura, a differenza di quella passata, è andato aumentando.

Il senatore Nocco, il relatore Izzo e altri colleghi hanno detto in quest’Aula che non è vero che le risorse del Sud siano state tagliate. Ma come si fa a sostenere ciò quando la SVIMEZ, la Banca d'Italia, la Corte dei conti, l'ISAE, in sostanza tutti, e quando persino il contenuto degli emendamenti presentati dalla maggioranza, signor Presidente, evidenziano l'ulteriore riduzione del fondo per le aree sottoutilizzate? Come si fa a sostenere che tutto questo non è avvenuto, quando gli atti parlamentari, oltre a questi enti ed istituti parlano nello stesso modo?

La stessa SVIMEZ ha sostenuto che i fondi per il 2005 subiscono una contrazione di 881 milioni di euro rispetto al 2004 e che le risorse, in media, sono inferiori per il Sud rispetto a quelle previste negli anni precedenti, aumentando quel divario Nord-Sud che - ripeto - si era andato accorciando grazie alle misure prese: mi riferisco ai crediti di imposta per le assunzioni e per gli investimenti, a quanto previsto per l'imprenditoria giovanile, al prestito d'onore e a tutti gli altri provvedimenti adottati a tal fine.

Dall'inizio di questa legislatura, dal 2001 in poi, tale divario è andato aumentando ed è una responsabilità di questo Governo aver evitato una discussione approfondita sulle nostre proposte alternative, che affrontavano i problemi della questione salariale, delle pensioni minime, delle norme antinflazione, che disponevano misure a favore degli incapienti, a sostegno dei redditi familiari e personali, che prevedevano interventi per incrementare il Fondo nazionale per le politiche sociali e per affrontare i problemi della casa, dei lavoratori precari, del reddito minimo di inserimento (che è ormai scaricato completamente sulle spalle degli enti locali) e tante altre questioni.

Tale discussione si è voluta evitare con la presentazione del maxiemendamento, per cui di tutto questo resterà solamente traccia negli atti parlamentari. (Applausi dal Gruppo DS-U).

 

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Ripamonti. Ne ha facoltà.

 

RIPAMONTI (Verdi-U). Signor Presidente, nel mio intervento affronterò alcune questioni di carattere tecnico, in quanto abbiamo già espresso in questi giorni (anche nella giornata di ieri) il giudizio politico generale su questa finanziaria e lo faremo ulteriormente domani, in sede di dichiarazione di voto, in modo da rendere più chiara la nostra posizione.

Riteniamo di essere di fronte ad una finanziaria che crea un buco nei conti pubblici; aumenta il carico fiscale; è inefficace ai fini di uno stimolo a un processo di crescita e di sviluppo; è elettorale in quanto trasformata nel tempo in un coacervo di iniziative settoriali e microsettoriali.

La prima questione rilevante riguarda le coperture di questo maxiemendamento sul quale il Governo ha posto la fiducia. Signor Presidente, siamo preoccupati perché (lo avevamo detto nelle scorse settimane e lo abbiamo verificato in queste ore) la relazione tecnica presentata dal Ragioniere generale fa acqua da tutte le parti. Nei giorni scorsi avevamo già rilevato come la relazione tecnica presentata sull'emendamento del Governo che prevedeva la soppressione dell'automatismo nella revisione degli studi di settore, non prevedesse, appunto, un minore gettito per le entrate.

Dopo nostre pressioni, tale relazione è stata modificata; ora prevede, per così dire, un limitato minore gettito (comunque, una riduzione del gettito), salvando, per così dire la procedura. Anche in questo caso credo che dobbiamo porre grande attenzione su questo aspetto, signor Presidente. Vengono aumentate imposte per 550 milioni di euro su bolli, imposte di registro, tasse di concessione, per ripristinare il fondo di riserva in Tabella C.

Ieri avevamo detto che ci sarebbe stato, grazie a questa finanziaria, un aumento dell’imposizione fiscale di 4 miliardi di euro; ebbene, dopo la presentazione di questo maxiemendamento l’aumento della pressione fiscale nel 2005 non sarà di 4, ma di 5 miliardi di euro: emerge dalla valutazione del maxiemendamento presentato dal Governo.

Il problema è però che il fondo di riserva istituito in Tabella C e finanziato appunto con questi aumenti di imposte viene subito azzerato per coprire l’intervento a favore delle guardie forestali della Calabria, l’intervento su Roma capitale, le nuove assunzioni previste per Vigili del fuoco, polizia e carabinieri.

E allora, la copertura diventa una questione rilevante. Intanto vengono previste regolazioni debitorie (due miliardi in più) per ripianare il debito del Servizio sanitario nazionale. In altre parole, spendiamo 2 miliardi in più e mettiamo in bilancio la somma relativa alle emissioni debitorie per sostenere questa spesa.

Signor Presidente, credo che così non vada bene, credo che vi sia una violazione delle regole di contabilità e che in ogni caso si renda il bilancio meno trasparente.

Al comma 558 si prevedono nuove assunzioni di personale (agenti della Polizia di Stato o nei carabinieri) ma non è prevista la copertura, come invece dovrebbe essere, per gli oneri relativi alla formazione, all'accasermamento, all'equipaggiamento e alla motorizzazione di queste nuove figure, oneri che rientrano negli ordinari stanziamenti di bilancio.

La relazione tecnica chiarisce che a seguito di pensionamenti si liberano dei posti e che le assunzioni previste sono comunque minori rispetto a quello che era stato preventivato. Noi però sappiamo che la relazione tecnica non deve soffermarsi su queste cose: deve quantificare la spesa relativa a nuovo personale eventualmente assunto e quanto eventualmente si risparmia con i pensionamenti e/o con le assunzioni rispetto a quanto preventivato. Questo dovrebbe dire; ma nella relazione tecnica che noi abbiamo esaminato tali quantificazioni non ci sono.

Il comma 563 prevede l'assunzione di 500 Vigili del fuoco; ci chiediamo se la copertura sia congrua.

Nel comma 403 e successivi si prevede la revisione del concordato preventivo; non si capisce, perché la relazione tecnica non fa alcun cenno al riguardo (e credo che ciò sia grave), che cosa si prevede, quale gettito, se cioè c’è una modifica rispetto al testo della Commissione, come si modifica e quali sono le previsioni di gettito.

Il comma 352 tratta la questione degli estimi catastali. La nuova formulazione prevede per noi una rilevante riduzione delle entrate. Signor Presidente, mi concederà di leggere velocemente il testo al nostro esame: "I Comuni, constatata la presenza di immobili di proprietà privata non dichiarati in catasto ovvero la sussistenza di situazioni di fatto non più coerenti con i classamenti catastali per intervenute variazioni edilizie, richiedono…". Il testo originario recitava: "I Comuni, constatata la presenza di immobili non dichiarati in catasto ovvero la sussistenza di situazioni di fatto non coerenti con i classamenti catastali, richiedono…". C’è una modifica rilevante, signor Presidente, e la relazione tecnica non quantifica il probabile (noi riteniamo certo) minor gettito per le casse dello Stato.

Al comma 496 ritorna la sanatoria delle affissioni abusive; il committente non è più responsabile (come se i manifesti che vengono affissi non riportassero le nostre facce) e viene prevista anche una quota di spazi per affissioni politiche senza oneri per i partiti politici.

Mi avvio alla conclusione, signor Presidente, ricordando che è stato taglieggiato il fondo in Tabella A del Ministero del lavoro per 190 milioni di euro nel 2005, come a dire che c’è un’istituzionalizzazione della guerra tra poveri: si danno un po’ di soldi per i forestali e se ne danno di meno per le politiche del lavoro.

Infine, il comma 288 contiene una piccola sanatoria per l’utilizzo di immobili di proprietà dello Stato, per i quali non sono stati effettuati i pagamenti dovuti, ma il problema riguarda anche immobili del demanio. Bisogna capire la portata della norma, perché basta una notificazione e la conseguente riscossione per risolvere il contenzioso.

Il comma 290 solleva problemi di confusione relativamente al bilancio. Ci sono due strutture dello stesso Ministero che effettuano anticipazioni reciproche; mi riferisco al Demanio e alla Ragioneria. È la questione della dismissione del patrimonio immobiliare e delle cartolarizzazioni. Signor Presidente, ritengo che, anche in questo caso, debba essere chiarita la portata della norma: perché - ci chiediamo - ci deve essere questa anticipazione di tesoreria da parte della Ragioneria? Forse perché i locatari non sono in grado di pagare l’affitto? Credo che tale questione debba essere posta alla nostra attenzione.

Concludo riguardo alla procedura straordinaria che è stata adottata quest’anno. È la prima volta che il Presidente del Senato richiama e ci sottopone tale procedura. Credo sia stata una decisione utile e importante, perché potrebbe aprire la strada, in quanto precedente, a una modifica del nostro Regolamento.

Quando ci si trova in presenza di un maxiemendamento, cioè di un nuovo testo del Governo, sul quale si pone la fiducia, credo sia importante che sulle parti nuove e modificate vi sia la possibilità per la Commissione bilancio di riunirsi e valutare appunto le coperture corrette, potendo in questo modo integrare il parere già espresso in Aula da parte del Presidente.

Se non ci si indirizza su questa strada, credo che la pur lodevole iniziativa del Presidente del Senato alla fine sostanzialmente non produrrà effetti. Il dibattito in Commissione, in cui i Gruppi si esprimono, rischia di diventare una discussione accademica che appunto non produce effetti.

Riconoscendo al Presidente della Commissione bilancio la possibilità di relazionare in Aula, come è avvenuto questa mattina, gli si potrebbe affidare un ruolo improprio, che potrebbe rivelarsi inutile, senza alcun valore, proprio perché la relazione da lui svolta potrebbe non produrre effetti significativi sulle nostre procedure di esame della finanziaria. Potrebbe risultare altresì improprio il ruolo dello stesso Presidente del Senato, che potrebbe divenire una sorta di nuovo relatore sulla finanziaria, esprimendo persino giudizi di carattere politico sul nuovo testo.

La seconda questione riguarda la richiesta di fiducia e l’esame in Commissione. Abbiamo visto le agenzie e il presidente Berlusconi annunciare la richiesta di fiducia quando noi eravamo ancora in Commissione a lavorare assiduamente per esaminare il testo nel suo complesso.

Devo dire che c’è stata una sorta di accordo politico tra i Gruppi di maggioranza e di opposizione, che consisteva nel continuare a lavorare (avevamo persino ipotizzato la possibilità di abbandonare i lavori). Di fronte al fatto che, durante i lavori della Commissione, un’agenzia annunciava che il presidente Berlusconi avrebbe posto la fiducia, abbiamo persino ipotizzato questa soluzione estrema. L’accordo che abbiamo raggiunto è stato di continuare l’esame del provvedimento e i nostri lavori, con la garanzia che il maxiemendamento presentato dal Governo avrebbe compreso tutte le parti licenziate dalla Commissione.

Questo non si è verificato, signor Presidente, e credo sia grave; con trasparenza noi avevamo raggiunto un accordo tra Gruppi in Commissione bilancio, tra maggioranza e opposizione.

Il testo invece non è quello licenziato dalla Commissione: numerose sono le parti soppresse (mi riferisco alla famosa commissione di controllo sui conti pubblici) e le modifiche (mi riferisco agli estimi catastali), oltre a nuovi provvedimenti come l’aumento delle imposte di registro, delle tasse in concessione; tralasciando, signor Presidente, tutti i vari provvedimenti settoriali e microsettoriali finalizzati alle clientele elettorali locali.

Siamo di fronte, quindi, oltre che a problemi di carattere procedurale importanti, anche al fatto che, come dicevo all’inizio, questa finanziaria ha rotto gli argini. Noi ci chiediamo che cosa succederà il prossimo anno di fronte all’ultima finanziaria a disposizione di questo Governo. (Applausi dal Gruppo DS-U).

 

PRESIDENTE. La ringrazio, senatore Ripamonti, anche per il riferimento che lei ha fatto all’iniziativa del Presidente del Senato di chiedere una verifica alla Commissione bilancio sulla copertura dei provvedimenti aggiuntivi che si trovano nel maxiemendamento.

Come lei sa, il senatore Azzollini questa mattina ha fatto una dichiarazione illustrando punto per punto gli elementi di copertura che ha presentato come raccomandazione. Si tratta di un'innovazione rispetto alla quale il Presidente del Senato ha preso l’iniziativa perché tale innovazione non trova una piena copertura nel vigente Regolamento del Senato.

Pertanto, il Presidente del Senato ha detto che sottoporrà la questione alla Giunta per il Regolamento, essendo la prima volta che si presenta un caso del genere, per apportare eventualmente al Regolamento le modifiche necessarie.

E’ iscritto a parlare il senatore D’Amico. Ne ha facoltà.

 

D'AMICO (Mar-DL-U). Signor Presidente, noi ieri abbiamo ricevuto un maxiemendamento composto da 592 commi, che introduce numerose modifiche rispetto al testo approvato in Commissione sul quale abbiamo discusso, e che siamo chiamati oggi ad esaminare. C’è da chiedersi quanto sia seria una sessione di bilancio così condotta in Parlamento. Purtroppo, è difficile fare interventi organici su questa materia perché sono passate meno di ventiquattro ore.

 

FERRARA (FI). E’ difficile anche essere primi, perché ci sono tanti precedenti.

 

D'AMICO (Mar-DL-U). Sì, ma questo non esime chi ha avuto la responsabilità dal Governo di fare proposte magari per riorganizzare questa sessione di bilancio, lo si è detto tante volte, non lo si è fatto e ci troviamo in questa situazione un po’ imbarazzante.

Sono intervenuto appena ieri sulla legge finanziaria e quindi ripercorrerò velocemente il discorso sulla manovra di politica economica di questo provvedimento e farò qualche ragionamento sulle ulteriori modifiche che sono state introdotte.

Sostanzialmente noi vediamo una gestione della politica economica da parte di questo Governo che è stata improntata all’attesa. Poiché la situazione andava male, il Governo sostanzialmente ha ritenuto opportuno che fosse sufficiente aspettare la ripresa internazionale e nel frattempo varare provvedimenti tampone. Ritornerò sui provvedimenti tampone perché ci sono altri elementi preoccupanti nell’emendamento sul quale viene posta la fiducia, ma credo che questo debba richiamare la nostra attenzione.

I provvedimenti tampone (cartolarizzazioni, condoni, artifici contabili e quant’altro) erano concepiti in attesa che arrivasse la ripresa economica. La ripresa economica è arrivata: nel 2003 e nel 2004 l’economia mondiale è cresciuta a tassi eccezionalmente elevati nel confronto storico. Infatti, l’economia mondiale non era mai cresciuta negli ultimi trent’anni quanto è cresciuta in questi ultimi due. Tuttavia l’economia italiana non è andata bene, anzi, è andata abbastanza male. E’ evidente che la politica di attesa non era sufficiente. La logica che suggeriva di aspettare la ripresa internazionale con provvedimenti tampone si è rivelata inefficace.

A questo punto, arriva la novità di questa finanziaria che viene presentata come un'epocale riduzione delle imposte sul reddito. Dopo alcune oscillazioni, perché prima si è partiti con la riduzione dell’IRAP per poi arrivare all’epocale riduzione delle imposte sul reddito.

Se non che ci si trova di fronte ad un problema: l’economia era andata male e quindi anche le entrate pubbliche. In particolare, le entrate pubbliche ordinarie dello Stato erano andate malissimo. Nel 2003 le entrate da imposte dirette diminuiscono dell’1 per cento al netto dei condoni e delle operazioni straordinarie.

Ora, è vero che è andata male l’economia, ma il reddito nominale - è la grandezza di riferimento - cresceva del 3 per cento circa. La differenza tra quell’1 e quel 3 per cento è l’aumento dell’evasione fiscale. Venivamo da 6 anni nei quali in ciascuno di essi, a parità di aliquote, le entrate fiscali crescevano più del reddito nominale; si stava gradatamente erodendo l’area di evasione fiscale.

Nel 2003 si assiste ad una riduzione in valore assoluto delle entrate fiscali, nonostante un aumento nominale del PIL. I dati relativi al 2004 confermano la stessa situazione. Quelle politiche di attesa hanno peggiorato le entrate e, quindi, peggiorano le prospettive future. Ma ciò è ovvio perché, se il condono abbraccia 6 anni, chi deve pagare le tasse penserà che ci sarà un condono anche in futuro o aspetterà i 5 anni, fino alla prescrizione, e poi arriverà un altro condono, per cui per quale motivo dovrà pagare le tasse, tanto più che la situazione economica è piuttosto cattiva?

Inoltre, in quegli anni dell’attesa è successo un fatto eccezionalmente favorevole per l’economia italiana. Per una serie di motivi, sui quali in questa sede non indagheremo, i tassi di interesse di mercato scendevano. L’Italia è il terzo grande debitore del mondo. Per l’Italia non è difficile immaginare una situazione migliore di quella in cui i tassi di interesse scendono.

Il debito pubblico continuava a crescere, ma in Italia l’incidenza degli oneri per interessi sul bilancio pubblico italiano diminuiva di due punti. Si tratta di 25 miliardi di euro, signori. È una situazione eccezionalmente favorevole. Quei due punti avrebbero abbondantemente compensato le minori entrate dovute ad un andamento non favorevole dell’economia, se non fosse per il fatto che sono stati sprecati in due punti di aumento delle spese correnti. Si è perso il controllo sull’andamento della spesa corrente.

Il Ministero dell’economia si è tutto concentrato sulle cartolarizzazioni, su diavolerie varie, su cessioni più o meno vere di attività reali e finanziarie dello Stato, su cessioni di crediti e su artifici e si è dimenticato di fare ciò che un Ministro dell’economia deve fare. Si è dimenticato di stare attento, di quanto è stato fatto da Quintino Sella in avanti. Si è dimenticato di chi fosse la scrivania sulla quale sedeva.

Quei due punti sono stati sprecati. Oggi è proprio lì il problema. Guardate che si tratta dei due punti della manovra finanziaria portata in Parlamento. Sono esattamente quei 24 miliardi di cui dovete rendere conto al Paese, perché sono stati sprecati. Sono stati offerti al Paese da una circostanza positiva, favorevole e sono stati sprecati per vostra responsabilità.

A questo punto facciamo la riduzione delle tasse, ma i soldi non ci sono. Quei due punti sono stati sprecati. Allora che cosa si fa? Si dice che deve essere coperta con le entrate aggiuntive o con riduzione delle spese. Se poi facciamo il saldo non già sui conti dell’opposizione, ma - come ha fatto il Governatore della Banca d’Italia quando è venuto in Parlamento - su quelli del Governo, fra riduzione delle tasse e loro aumento quel saldo dà un aumento netto delle tasse: erano 3,8 miliardi nel 2005, prima del maxiemendamento, e diventano circa 4,5 miliardi dopo il maxiemendamento. C’è dunque un aumento delle tasse.

Ora si discute in merito all’effetto che può avere una riduzione delle tasse sull’andamento dell’economia. Tralasciando la teoria ed esaminando dal lato empirico, analisi internazionali fanno rilevare che, se si riduce di un punto di PIL l’imposizione fiscale in un Paese sviluppato, si determinano 40 centesimi di aumento della crescita del PIL del Paese stesso.

Se questa riduzione delle tasse viene coperta con la riduzione delle spese, si determina un incremento di circa 0,20 se viene finanziata in deficit. Ma se viene coperta con maggiori tasse? La riduzione delle tasse non c’è e allora quale effetto ci aspettiamo sull’economia? La discussione sulla quale si è concentrato anche il massimo quotidiano nazionale il "Corriere della Sera", era fra queste due alternative: viene finanziata in deficit o con riduzione della spesa. Se però viene finanziata con altre tasse, non c’è la loro riduzione e quindi non ci possiamo aspettare un effetto espansivo sull’economia.

Francamente, trovo un po’ ridicolo che il Governo abbia utilizzato l’autocopertura. L’autocopertura di che cosa? Cioè l’ipotesi che un aumento dell’imposizione fiscale determini un’accelerazione del tasso di crescita dell’economia; chiederei al Ministro dell’economia e al suo Sottosegretario in quale manuale lo hanno letto.

Eppure, io so che si potrebbe avere anche questo effetto, che si potrebbe determinare non l’effetto di domanda keynesiano. Che cosa vuol dire? Che se davvero io stessi determinando uno spostamento consistente dell’imposizione dall’imposizione diretta a quella indiretta, aumenterei il salario netto per unità di lavoro aggiuntiva prestata dal lavoratore. Semplificando, ciò significa che converrebbe maggiormente prestare un’ora di lavoro straordinario, perché se questa rende, in ipotesi, 100, la parte che resta nello stipendio è maggiore, perché è stata ridotta l’IRE.

Sennonché - e ancora una volta vorrei chiedere al Ministro dell’economia su quale manuale ha letto che è logico concepire una riforma dell’IRE come quella che è stata portata in Parlamento! - sono state riviste le aliquote. Ne abbiamo parlato a lungo; è stata introdotta una deduzione decrescente al crescere del reddito.

Ciò vuol dire che, se una persona con reddito di 30.000 euro, cioè un reddito lordo medio, decide di prestare un’ora di straordinario, il reddito imponibile gli aumenta di 100? No, gli aumenta di 128, perché gli si riduce la deduzione dall’imponibile determinata decrescente in funzione del reddito. Quindi, egli pagherà la nuova aliquota del 33 non su 100, ma su 128 e la sua aliquota marginale effettiva diventa il 42 per cento.

Ora vorrei chiedere al Ministro dell’economia e al suo Sottosegretario sulla base di quale manuale di economia hanno potuto immaginare che un’aliquota marginale sui redditi medi del 42 per cento, più alta della precedente, possa determinare un aumento dell’offerta di lavoro.

Stiamo alzando l’aliquota marginale effettiva sui redditi medi e questo avrà un effetto negativo sull’offerta di lavoro. Se bisogna realizzare le autocoperture, bisogna farle negative, perché questa modifica dell’IRE sicuramente peggiorerà le condizioni dell’economia italiana.

Ci sono errori. C’è una politica di destra, e in cosa consiste? Si sposta l’imposizione fiscale da un’imposta progressiva come quella sul reddito a imposte proporzionali o regressive come le imposte indirette, ad esempio i bolli, cui arriverò tra poco.

 

FERRARA (FI). Il bollo non è un’imposta!

 

D'AMICO (Mar-DL-U). Non è un’imposta! Chiamiamola come vogliamo.

 

GIARETTA (Mar-DL-U). Sono soldi che escono dalle tasche dei cittadini!

 

MORANDO (DS-U). È una componente della pressione fiscale, caro senatore!

 

D'AMICO (Mar-DL-U). Si sposta il prelievo da un’imposta progressiva a imposte proporzionali o regressive. La parte di beneficio concessa sull’IRE viene in larga misura concentrata sui redditi alti. Questa è una politica di destra; è una politica che noi combattiamo e che consideriamo di destra. Oltre questo, ci sono gli errori!

Con riferimento a quell’aliquota marginale al 42 per cento sui redditi di 30.000 euro, qualcuno dovrà rispondere degli effetti che produrrà sul sistema economico! Quella è una stupidaggine, un errore! È la conseguenza di alcune scelte stupide che sono state compiute nel momento della delega con l’esclusione delle deduzioni.

Ma andiamo avanti. Arriva il maxiemendamento; i bolli raddoppiano, cioè prevediamo nel solo anno prossimo l’incremento dei bolli, delle concessioni governative e ammenicoli vari. Vi ricordate le 100 tasse degli italiani di Tremonti? Stanno ritornando. Le avevamo abolite. Non c’era la tassa per l’accesso alla giustizia sulle piccole cause? È stata rimessa. Ritornano le 100 tasse degli italiani. 1.120 euro solo di bolli l’anno prossimo; l’anno successivo 1 milione di euro.

 

MORANDO (DS-U). Un miliardo.

 

D'AMICO (Mar-DL-U). Un miliardo.

 

FERRARA (FI). Non si preoccupi, noi abbiamo dato i numeri ed è meglio che continuiamo a darli noi.

 

D'AMICO (Mar-DL-U). Sì, ora vengo ai numeri. Un miliardo di euro di aumento delle accise sulle sigarette. Ci troviamo di fronte ad un aggravio del prelievo fiscale realizzato con imposte che sono particolarmente odiose e ingiuste e che producono effetti collaterali; ad esempio, penso alle accise sulla benzina e all’effetto che avrà sul rilancio della camorra napoletana, di cui forse il Ministro dell’interno farebbe bene a preoccuparsi.

Dopodiché, ci sono altre novità. Nella crescita della spesa corrente di 2 punti in questi due anni c’è un aumento dei dipendenti pubblici di circa 120.000-130.000 persone.

Il Governo viene in Parlamento e annuncia il blocco. Ma il blocco di cui si parla regge lo spazio di un mattino. Già nel maxiemendamento ci sono 4.000 dipendenti in più; già quel blocco ha ceduto. Ma, d'altra parte, come fa ad essere credibile un Governo che ha lasciato che i dipendenti pubblici aumentassero di 130.000 unità in tre anni ed oggi annuncia di ridurli di 75.000 come se nulla fosse? Già da subito è costretto a cedere.

Ci sono alcune cose preoccupanti, signor Presidente, che sono quelle relative al riemergere di una operazione piuttosto oscura contabilmente, come i 2 miliardi per la regolazione dei debiti pregressi relativamente al settore della sanità. Perché questa è un'operazione piuttosto oscura? Perché la regolazione dei debiti pregressi non concorre alla determinazione dell'indebitamento netto di competenza economica valido ai fini del Trattato di Maastricht. Ora, io comincio ad avere il sospetto - e al proposito il Parlamento dovrebbe indagare - del fatto che il ripetuto gonfiamento degli oneri per debiti pregressi sia un modo attraverso il quale si sta imbrogliando sui conti.

Noi abbiamo visto negli ultimi anni ripetutamente utilizzare il meccanismo del decreto taglia-spese. Il meccanismo del decreto taglia-spese sta funzionando nel modo seguente: si tagliano le spese nel corso dell'anno e quindi anche spese relative, ad esempio, al pagamento degli affitti che sono scaduti non vengono inserite fra le spese di quell'anno, perché sono state tagliate con il taglia-spese. L'anno successivo il Governo poi inserisce nella legge finanziaria come pagamento dei debiti pregressi il pagamento di quelle voci, ad esempio gli affitti, che erano scaduti nell'anno precedente. E così quegli oneri non ci sono nell'anno del quale si parla e non ci sono nell'anno successivo.

Qui si sta facendo il gioco delle tre carte coi conti pubblici. Fa parte del gioco delle tre carte con i conti pubblici l'operazione che viene condotta sull'ANAS. Esistono precedenti europei secondo i quali quell'operazione non consente di escludere i conti dell'ANAS dai conti delle pubbliche amministrazioni; ciò nonostante il Governo continua in Parlamento a dire che l'ANAS è fuori dai conti della pubblica amministrazione. Non c'è una lira che arriva dal mercato all'ANAS, nonostante l'operazione di conclusione che è stata fatta attraverso le complesse operazioni descritte in questa finanziaria.

Abbiamo, nel frattempo, un precedente gravissimo. La prima operazione di cartolarizzazione immobiliare viene bocciata da Eurostat. La seconda operazione di cartolarizzazione immobiliare viene accettata da Eurostat nel presupposto secondo il quale non c'è una garanzia pubblica, e gli immobili ceduti sono sufficienti a ripagare le obbligazioni.

Non si vende quello che si prevedeva di vendere, e a quel punto chi deve ripagare le obbligazioni non ha i soldi e lo Stato gli dà i soldi. Se lo Stato fornisce la provvista finanziaria per pagare le obbligazioni, questo vuol dire che c'era da qualche parte una garanzia. Sarà stata una garanzia implicita, ma c'era una garanzia se, nel momento in cui essa viene attivata funziona, cioè nel momento in cui il veicolo non sarebbe in condizione di pagare, paga lo Stato per esso. E allora, ripeto, la garanzia c'era. Quindi tutte le operazioni di cartolarizzazione devono essere riportate dentro quei conti, o no?

Ci troviamo di fronte cartolarizzazioni, cessione di crediti (come stanno andando le cessioni di crediti lo sa solo Dio), operazione ANAS; ci troviamo di fronte ad un insieme di meccanismi che confondono i conti pubblici. È preoccupante che il Governo abbia cancellato la norma approvata in Commissione bilancio al Senato che prevedeva una commissione tecnica che seguisse l'andamento dei conti pubblici e che verificasse la congruenza dei fondi pubblici di varie fonti.

È gravissimo che con il Fondo monetario internazionale questo Governo, il Governo Berlusconi, si era impegnato ad accelerare il funzionamento di un alta commissione sui conti pubblici, che non ha mai rassegnato il suo rapporto; questo Governo si era impegnato con il Fondo monetario nell'ottobre del 2002 a realizzare una commissione che rendesse compatibili le varie forme di stima del fabbisogno, ma quella commissione non è mai stata costituita.

Presidenza del vice presidente SALVI

 

(Segue D'AMICO). Il Parlamento approva la costituzione di una Commissione tecnica per il controllo della finanza pubblica e il Governo, forzando tale decisione attraverso il meccanismo della fiducia, rimuove la Commissione tecnica. Di fronte a questi fatti è perciò necessario, oltre che legittimo, dubitare della gestione dei conti pubblici e sarebbe bene che il Parlamento si interrogasse di più, indagasse un po’ meglio sull'andamento dei conti pubblici.

Non solo c'è un peggioramento della qualità della finanza pubblica, non solo c'è una svolta a destra della politica economica che presenta numerosi errori dal punto di vista tecnico, ma c'è anche un abbassamento della qualità morale nella gestione dei fondi pubblici. La finanziaria prevede una norma secondo la quale Sviluppo Italia concede, con finalità di crescita economica, credito agevolato e contributo in conto capitale alle imprese del Mezzogiorno.

Che cosa vuol dire questa norma? Abbiamo già la legge n. 488 del 1992, e cioè un meccanismo in base al quale le imprese, tutte uguali fra loro, concorrono per accedere agli incentivi. Questa norma prevede che Sviluppo Italia eroghi risorse in modo completamente discrezionale: ci sono dunque imprese più uguali delle altre, quelle degli amici degli amici? Che cosa significa l'operazione qui contenuta? Non c'è un limite finanziario fissato nel bilancio pubblico, non c'è un solo criterio per l'accesso a questo finanziamento, ritorna l'intermediazione politica e burocratica nella gestione degli incentivi nel Mezzogiorno.

Non solo il Sud è stato ridotto nelle condizioni in cui versa, tornando a crescere meno dell'economia nazionale perché sono state tagliate le risorse, ma nella gestione delle agevolazioni torna l'intermediazione politica, con effetti economici noti e con immaginabili effetti morali sulla gestione della finanza pubblica di cui sarete chiamati a rispondere. (Applausi dai Gruppi Mar-DL-U e DS-U. Congratulazioni).

 

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Modica. Ne ha facoltà.

 

MODICA (DS-U). Signor Presidente, onorevoli colleghi, mi reputo fortunato perché parlo in un’Aula dove sono presenti quattro amici e colleghi della maggioranza, mentre nei precedenti interventi i banchi del centro-destra erano desolatamente vuoti. Sono contento, inoltre, che le scolaresche, fino a poco fa presenti nelle tribune, non ci sentano parlare della vita economica e sociale del Paese nel prossimo anno.

È meglio che non ci ascoltino, signor Presidente, onorevoli colleghi, è meglio che non guardino questo mostro. Non so se sia la prima volta o una delle prime, ma, a prescindere da questo dato, una legge che consta di un articolo di 593 commi, senza alcuna distinzione in rubriche che aiutino a leggere e a organizzare la materia, non è solo qualcosa di molto vicino ad un pasticcio legislativo, ma è anche qualcosa di simile ad un insulto alla democrazia.

La mancanza di trasparenza si aggiunge ad una riduzione impressionante dei tempi del dibattito. Soltanto questa mattina chi ne ha avuto voglia ha potuto leggere un testo, risultato dell'eccezionale lavoro del Servizio studi, svolto nelle ore notturne, senza il quale non si può nemmeno scorrere un tale mostro legislativo.

Voglio ora addentrarmi nei contenuti della manovra, senza limitarmi alle questioni di forma, che pure sono importanti. Parlerò della ricerca, di questa Cenerentola della vita economica e sociale dell'Italia.

Ieri un gruppo di ricercatori italiani ha usato parole pesanti: siamo alla canna del gas, siamo alla fine. Vorrei ricordare che presso il Consiglio nazionale delle ricerche, il maggior ente di ricerca italiano, le assunzioni sono bloccate da tre anni e questa legge prolunga tale blocco per ulteriori tre anni, quando l'età media dei ricercatori del CNR supera i cinquantaquattro anni.

Stiamo uccidendo il CNR; stiamo uccidendo la ricerca italiana, stiamo soffocando il massimo ente di ricerca italiano, quello dove sono nate l'informatica, la genetica e la biotecnologia italiane, dove hanno avuto origine gran parte dei successi della ricerca italiana negli scorsi quarant'anni. Lo stiamo uccidendo con un blocco delle assunzioni per sei anni consecutivi, in presenza di un'età media dei ricercatori superiore a cinquantaquattro anni.

Non solo, con mossa ridicola, chiediamo che il CNR riduca le sue piante organiche, fittizie visto che non sono coperte, del cinque per cento. Sapete perché? Perché ci sono i computer, perché con i computer gli uffici funzionano con meno personale. Al CNR? Ma sapete di cosa parlate? Siete in grado di fornire a questi nostri ricercatori - che non vogliono andare all’estero, ma che ci andranno perché non potranno fare altrimenti - una sola motivazione reale per questa punizione (tre anni più tre anni) che avete inventato?

So, e non voglio negarlo, che un altro comparto della ricerca pubblica, l’università, ha avuto quest’anno un miglior trattamento. Lo riconosco e ne sono soddisfatto, ma non si usano due pesi e due misure, anche perché l’aumento che hanno avuto i finanziamenti per l’università è stato più che compensato da diminuzioni in altri settori del sistema del sapere: scuola e ricerca. Vadano, quei soldi in più per l’università, a colmare gli aumenti automatici di stipendio mai rimborsati, ma non si dica che sono un investimento nella ricerca dell’Italia.

Potrei elencare decine di interventi, ma per carità di Patria ne citerò solo alcuni, alla spicciolata. Questa finanziaria è fatta di spesucce suddivise in infiniti piccoli capitoli. Una finanziaria extraparlamentare in senso tecnico, che ha accontentato questa o quella lobby.

Faccio alcuni esempi, che vanno citati. Il centro San Raffaele del Monte Tabor, sicuramente di grande interesse scientifico nel campo medico, riceve 15 milioni di euro. Voi direte: a seguito di un’accurata valutazione nazionale ed internazionale dei valori in campo.

 

SALERNO (AN). Sono dell’anno scorso.

 

MODICA (DS-U). No, niente.

Sappiamo che una scuola di ateneo a me ignota, la "Jean Monnet" (di quale università, non lo sappiamo), si trasforma per legge in facoltà, saltando a piè pari tutte le regole di programmazione dello sviluppo dell’università. Questa scuola riceve due milioni annui, da ora in poi. Quindi, avremo un piccolo fondo nel bilancio dello Stato ad essa destinato. Sarà importantissima, non dico di no, ma è un pezzetto di un’anonima università.

Si accontenta un po’ il CNR. Sapete come? Si crea un osservatorio sul mercato creditizio regionale e si affida al CNR (comma 242) il compito di provvedere. Al CNR? Vi siete mai chiesti quali siano le sue reali attività? Davvero tra queste c’è quella di monitorare il mercato creditizio regionale?

Per l’aeroporto "Cristoforo Colombo" - giustissimo - si dà un milione di euro.

Nel comma 251, poi, è previsto un aumento di due milioni di euro per la proroga di un intervento della scorsa finanziaria. Neanche il Servizio studi è riuscito a capire a cosa si riferisse e pudicamente non vi ha fatto riferimento.

Potrei anche continuare; è incredibile dover fare questo tipo di elencazione. Nella finanziaria manca totalmente una politica e questa è forse la cosa più grave cui assistiamo.

Fatemi parlare della scuola, altra Cenerentola, checché se ne dica, di questa finanziaria. Per una riforma il cui costo era stato valutato dal ministro Moratti in 8 miliardi di euro, si danno 110 milioni. Ci vorranno molti anni per raggiungere gli obiettivi della riforma, se non ho sbagliato i calcoli, circa 80. Questi soldi non sono per tutti gli interventi, ma hanno delle priorità. Sapete quale priorità manca? Quella che tutta l’Italia ha chiesto nell’inverno scorso: il tempo pieno e il tempo prolungato per i ragazzi delle elementari e delle medie. Non è una priorità per cui si possa utilizzare questo denaro.

C'è l'incredibile storia dell'insegnamento dell'inglese. In Italia siamo molto indietro per la matematica, per la lettura e, aggiungo, per le lingue straniere: lo sappiamo, purtroppo. Come si pensa di risolvere una questione che rappresenta una delle famose tre "I", quella dell'inglese? Molto semplicemente. Si prendono 14.200 (il numero non l'ho inventato io, ma è riportato nella finanziaria) maestri e maestre elementari che non hanno mai studiato la lingua inglese (e non è una loro colpa, naturalmente, perché per poter insegnare una lingua non basta aver frequentato per qualche ora un corso pubblico o privato), quindi privi di requisiti, li si obbliga a partecipare a corsi di formazione (ripeto: li si obbliga a partecipare) e si attribuisce loro il dovere di insegnare l'inglese.

Dunque, ai nostri ragazzi, alle nostre bambine e ai nostri bambini che frequentano le scuole elementari l'inglese sarà insegnato da persone che avranno come unico titolo un breve corso di formazione per insegnanti…

 

FERRARA (FI). Si tratta di insegnanti di lingua francese.

 

MODICA (DS-U). No, mi scusi senatore Ferrara: la pregherei di non interrompermi e comunque ho ragione io.

 

FERRARA (FI). Si tratta di insegnanti di francese che hanno vinto il concorso e che vengono dirottati sull'inglese, perché il francese viene meno utilizzato.

 

CASTELLANI (Mar-DL-U). Non è così.

 

MODICA (DS-U). Non è vero, senatore Ferrara: se lei leggerà il comma 133, si renderà conto che non è così.

Tutto ciò - e mi avvio a concludere - nel momento in cui viene pesantemente ridotta la spesa possibile per le supplenze.

Tenete conto che sono tra quelli che pensano che il problema del personale della scuola è difficile, delicato e su di esso bisognerebbe intervenire. Si tratta di un problema insieme didattico e sociale, perché in molte Regioni del Paese è anche un problema sociale grave. Il Governo, con la finanziaria, propone in questo settore una sforbiciata di oltre il 20 per cento. Non ci sono nuove assunzioni e gli organici sono bloccati a quelli dell'anno scorso; vengono inoltre sforbiciati i fondi per le supplenze. Mi domando: come si pensa di far funzionare la scuola se non con l'usuale sfondamento cui assistiamo e abbiamo assistito ogni anno?

Capisco che possiamo essere contenti che il Governo si affidi, per il monitoraggio delle politiche pubbliche, ad enti esterni, attribuendo loro 6 milioni di euro (che non sono pochissimi) ed esternalizzando anche una delle funzioni tipiche di ogni struttura di Governo. Capisco che siamo moderni e in questa finanziaria abbiamo l'all digital e il T-Government. Mi domando, però: se tra dieci anni qualcuno volesse studiarla, riuscirà a capire a cosa faceva riferimento questa legge (perché non si tratta di espressioni particolarmente diffuse)?

Concludo osservando che questa, come tante altre, è una legge che diseduca il Paese non solo perché taglia i fondi per l’educazione in senso lato (perché sono educazione anche la ricerca, la scuola e la società, che rappresentano elementi di crescita del patrimonio culturale del Paese), ma anche perché il nostro Paese scopre di non avere più la capacità di progettare il futuro: questa è la più terribile delle diseducazioni, è l'ennesimo condono, l'ennesimo successo delle lobbies, delle furbizie, l'ennesima rinuncia a sperare. Questo costituisce il dato più negativo della finanziaria in esame.

Noi certamente non vi daremo la fiducia, ma la fiducia non ve la darà più nemmeno il Paese. (Applausi dai Gruppi DS-U, Mar-DL-U e del senatore Betta).

 

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Salerno. Ne ha facoltà.

 

SALERNO (AN). Signor Presidente, non mi ha troppo convinto, per la gran parte, l'intervento svolto dal collega Modica, perché evoca una diseducazione del Paese che sarebbe stata causata da questa maggioranza e dal Governo in carica. Non viene però ricordato quanta diseducazione si è accumulata nei cinque anni di Governo di centro-sinistra. In tema di educazione, e parlando di figli, si è dimenticata totalmente la famiglia, che nel 2001 ci è stata consegnata come la più tassata, più vessata e più dimenticata, per non dire la più umiliata, di tutta Europa.

Per non parlare poi dei pensionati, dei tanti interventi sociali che presentano un aspetto se vogliamo educativo perché più sociale, nella direzione di un maggior rapporto con il Paese, rispetto a tanti altri provvedimenti di natura amministrativa e finanziaria.

Verrebbe da chiedersi se il collega Modica non sia sprofondato in qualche Paese che non conosceva prima: prima del 2001 forse l’Italia era quell’Eldorado del quale lui si ricorda, un Paese delle meraviglie; dopo il maggio 2001, stranamente, questo Paese delle meraviglie scompare e ritorna ad essere un Paese diverso.

Dovrebbe invece ricordare, non solo lui, ma anche gli altri colleghi di maggioranza, come in realtà nel maggio 2001, quando questa coalizione vinse le elezioni, il Paese che ci venne consegnato era afflitto da mali strutturali irrisolti. A questi mali le maggioranze che avevano governato prima, compresa quella che aveva governato fino a maggio 2001, non erano riuscite ad apportare alcun tipo di sollievo, alcun tipo di soluzione, alcun tipo di cambiamento positivo.

Dunque, un Paese fermo agli anni Sessanta, signor Presidente, dove non un metro di nuova autostrada era stato costruito nei cinque anni precedenti, non un metro di ferrovia nuova (parliamo di alta velocità, quasi un miraggio nel maggio 2001); quindi, un Paese estremamente ingessato, estremamente invecchiato nella struttura, nelle regole, nei mercati del lavoro, nei mercati finanziari. E poi, lo abbiamo visto: i risultati, i cocci, li abbiamo raccolti in questi tre anni di Governo.

Ma vengo al dunque e parlo della finanziaria, perché credo che sia questo l’intervento che sono deputato a fare.

Questa finanziaria ha registrato tre passaggi fondamentali costituiti, innanzitutto - primo passaggio - dal momento in cui ci è stato consegnato dalla Camera dei deputati il testo originario della finanziaria, contenente alcuni strumenti di accortezza, di diligenza e di buon senso nell’amministrare i conti pubblici: mi riferisco al tetto del 2 per cento sull’aumento delle spese, ma anche ad una certa accelerazione di altri provvedimenti che sono intervenuti da quella data ad oggi.

Abbiamo quindi avuto il primo maxiemendamento del Governo, l’articolo 16-bis, che ha voluto introdurre con un’accelerazione la riforma delle aliquote fiscali. In un secondo momento, abbiamo avuto ancora un maxiemendamento del Governo; come terzo passaggio, infine, dobbiamo capire che questa maggioranza si è fatto carico di alcune emergenze del Paese.

Vorrei ricordare in particolare l’ultima, quella degli oltre 12.000 forestali della Calabria che, a partire dal 1° gennaio 2005, sarebbero stati licenziati, non avrebbero più avuto un rapporto di lavoro. Un’altra emergenza è stata costituita dall’adempimento di alcuni accordi, come quello su Roma Capitale, come alcuni grandi provvedimenti di natura sanitaria (la spesa farmaceutica), tutti provvedimenti d'emergenza che hanno obbligato il Governo a riprodurre un maxiemendamento, quello che noi ci accingeremo a votare con la procedura della fiducia.

Signor Presidente, nell’ultimo maxiemendamento governativo, la copertura, dal punto di vista tecnico della Commissione bilancio, è stata fornita. Noi abbiamo avuto, con il secondo maxiemendamento, rispetto alla prima formulazione dell’articolo 16-bis, un aumento di oneri da parte dello Stato di circa 2 miliardi e 100 milioni di euro, coperti per 550 milioni con l’aumento delle imposte indirette (bollo, registro, tasse e concessioni governative); per circa 954 milioni di euro, con anticipazioni per dismissioni del patrimonio immobiliare da parte della Cassa depositi e prestiti e infine, per 650 milioni, con maggiori entrate derivanti dall’incremento delle percentuali di cauzione che il sistema bancario versa annualmente allo Stato.

Anche quest’ultima voce di entrata è effettivamente tale, non è soltanto anticipazione di cassa, perché si tratta di una disponibilità che annualmente è, appunto, a disposizione dello Stato, del Governo, e quindi correttamente il Governo l’ha stanziata per questa misura di copertura.

Ma parliamo di una finanziaria che, con il maxiemendamento, compone la quarta manovra finanziaria dell’attuale Governo. Va ricordato ai colleghi della minoranza che questa quarta manovra finanziaria, in realtà, non ha comportato una lira prima e un euro poi di maggiori imposte dirette ai cittadini italiani, né di maggiori oneri e imposte verso le imprese. È la quarta finanziaria che non grava sul sistema produttivo, sul sistema trainante del Paese.

È una finanziaria che finalmente ha colto nel segno - mi riferisco di nuovo all’intervento del senatore Modica - per quanto riguarda l’educazione, considerato che in qualche maniera reintroduce un rispetto per i valori sociali, perché finalmente con la finanziaria torniamo a dare un premio alla famiglia, cari colleghi.

Con il nuovo sistema di tassazione, che vorremmo definire detassazione della famiglia, viene finalmente valorizzato di nuovo il nucleo familiare, la famiglia con figli, la famiglia all’interno della quale vivono gli anziani. Questo valore sociale viene finalmente premiato, e viene premiato da un Governo di centro-destra con una detassazione significativa.

Quando si parla del maggior beneficio al 40 per cento degli italiani, ci riferiamo al 40 per cento delle famiglie che hanno all’interno del nucleo familiare più di un figlio, cosa che in questo Paese ormai non accade più perché il tasso di natalità è caduto. È il Paese in cui si registrano contemporaneamente il più alto tasso di invecchiamento della popolazione e la più bassa natalità. Allora abbiamo pensato che forse il premio più forte va dato a quelle famiglie che hanno ancora un tasso di natalità significativo, cioè più di un figlio.

È una finanziaria che finalmente ritrova anche i temi cari - questi sì - al centro-destra e che riguardano la sicurezza, con circa 2.500 uomini tra Polizia di Stato e carabinieri, con un intervento sui Vigili del fuoco per dare più protezione al territorio. Si prevedono, infatti, 500 assunzioni di Vigili del fuoco effettivi.

È una finanziaria, cari colleghi, che sicuramente segna una svolta decisa e chiara nella mentalità, soprattutto dal punto di vista della serietà. In questi anni ci siamo sempre un po’ dimenticati che gli impegni vanno mantenuti, e non lo dico per questa maggioranza che in tre anni e mezzo di Governo ha mantenuto sempre gli impegni assunti.

Ringrazio - lo dico pubblicamente - il presidente del Consiglio Berlusconi per aver voluto mantenere l’impegno che dal 1° gennaio 2005 sarebbe stata avviata concretamente la riforma delle aliquote fiscali, anche se i conti non ce lo permettevano.

Abbiamo stretto la cinghia, ma abbiamo voluto mantenere gli impegni con gli italiani, e dal 1° gennaio 2005 ci sarà la seconda significativa riduzione delle imposte. Vorrei ricordarlo di nuovo pubblicamente: in tre anni e mezzo, con il primo modulo il 1° gennaio 2003 e con il secondo modulo dal 1° gennaio 2005, abbiamo ridotto le tasse agli italiani per circa 26.000 miliardi di vecchie lire.

Questo dato rappresenta non soltanto una soddisfazione per il Governo e la maggioranza, ma vuole anche condannare e mettere con le spalle al muro il centro-sinistra che, con demagogia, non ha mai prodotto nulla su questo versante, non ha prodotto una detassazione della famiglia, non ha mai ridotto le imposte ai cittadini mentre questo Governo lo ha fatto; non ha mai posto veramente il problema del mondo del lavoro, delle nuove regole.

Anzi, vorrei ricordare agli italiani che fu proprio il centro-sinistra, che ora ci accusa così tanto di non diminuire ancor più l’IRAP e di non cancellarla, a regalare quella tassa. Fu l’allora ministro dei DS Visco che introdusse la più iniqua e la più negativa delle imposte che la storia tributaria di un Paese occidentale ha mai registrato, ossia l’IRAP, l’imposta che tassa il lavoro e lo disincentiva, che detassa non so quali tipi di aree commerciali, ma che in realtà penalizza fortemente le imprese, perché tassa il lavoro - ripeto - e le imprese che hanno più debiti verso le banche.

In un Paese in cui il sistema delle piccole e medie imprese è tra i più altamente indebitati d’Europa questo significa non parlare di tasse, ma vuol dire creare zavorre, pesi e tassazioni inique e vessatorie di un sistema che invece è il nerbo e costituisce l’80 per cento del sistema produttivo del Paese. Altro che competitività, cari colleghi!

Avviandomi alla conclusione, voglio dire che questa quarta manovra finanziaria ci pone veramente al cospetto dei Paesi europei maggiormente rappresentativi (Francia, Germania, grandi Paesi) perché è di nuovo una finanziaria per lo sviluppo e la competitività.

L’IRAP è stata significativamente diminuita abbattendo i costi per la ricerca e per le nuove assunzioni e questo la dice lunga sull’attenzione dell’attuale Governo sulla famiglia, sulla competitività, sulle imprese e sulla sicurezza del Paese. (Applausi dal Gruppo AN).

 

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Gasbarri. Ne ha facoltà.

 

GASBARRI (DS-U). Signor Presidente, colleghi, con il mio intervento voglio modestamente richiamare la vostra attenzione su quella parte del maxiemendamento che tratta della Protezione civile, al fine di impedire che la sacrosanta centralità del dibattito sui temi più propri della manovra finanziaria riesca a far passare sotto silenzio la gravità di quanto contenuto nel comma 208.

Per il breve tempo a disposizione non mi è concesso di approfondire il comma 207 sull’assicurazione da rischi derivanti da calamità naturali o il comma 209 che, in gran parte, va detto, ha mitigato il testo originario che era espressione di logiche di collegio incredibilmente protagoniste anche quando si parla di terremoti e alluvioni.

Il comma 208 stabilisce che il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri e l’ordinanza di protezione civile costituiscono per questo Governo il meccanismo degli interventi cosiddetti di protezione civile. Si continua sulla strada aperta dalla legge n. 401 del 2001, la legge che ha introdotto il concetto di "grandi eventi".

E’ grazie a questa legge che il Presidente del Consiglio e il capo del Dipartimento hanno introdotto un radicale cambiamento nella Protezione civile, in particolare con l’impiego del potere di ordinanza in deroga, utilizzato in maniera indiscriminata per interventi che con la protezione civile hanno ben poco o nulla a che fare.

Dal varo della legge 9 novembre 2001, n. 401, e dei successivi e parziali ritocchi e, infine, con questa finanziaria si è arrivati alla codificazione finale da parte del Governo, e della maggioranza che domani gli dovrà votare la fiducia, di una chiara e decisa volontà di trasformare alla radice la Protezione civile.

Si tratta di una diabolica perseveranza a percorrere il terreno (come l’ha definito giusto un anno fa la Commissione europea nell’avviare una procedura di infrazione nei confronti del nostro Paese) del ricorso sistematico allo strumento dell’ordinanza in deroga.

Dopo questa legge finanziaria il Parlamento per avere informazioni sull’attività di protezione civile nel nostro Paese, per avere notizie sulle modalità di ricostruzione nelle zone colpite da calamità naturali o sulla ripartizione dei contributi ai cosiddetti soggetti competenti dovrà rivolgersi ai media, tenuto conto che esso è stato completamento esautorato dei suoi compiti in un settore delicato qual è appunto quello della protezione civile. Un vero e proprio esproprio.

Dicevamo della procedura di infrazione della Commissione europea. Essa è stata avviata il 16 dicembre dello scorso anno nei confronti dell’Italia e si riferisce in particolare agli appalti per l’acquisizione di beni e servizi per cui si ricorre costantemente alla trattativa privata, evitando ogni forma di pubblicità anche nei casi in cui non si ravvisa quella "estrema urgenza" prevista anche dalla normative comunitarie e che renderebbe possibile la deroga alla predette norme.

In particolare, viene tra l’altro contestato: il ricorso alla dichiarazione dello stato di emergenza con successiva emanazione di ordinanze in deroga relative a situazioni che, pur generando un’indubbia situazione di malessere, non rappresentano un evento improvviso ma durano da molto tempo e che non sono state risolte anche in presenza di interventi programmati e finanziati, per evidente incapacità degli organismi preposti quali, ad esempio, la gestione dei rifiuti, il dissesto degli acquedotti e simili.

Le ordinanze in deroga e i successivi contratti a trattativa privata vengono effettuati anche quando gli interventi da eseguire, i cosiddetti grandi eventi, sono infatti noti e programmati con largo anticipo, anche di anni, e vi sarebbe di conseguenza tutto il tempo necessario per seguire le ordinarie procedure di gara, eventualmente accelerate come ben prevede la normativa comunitaria.

Lo stato di emergenza viene quasi sempre prorogato indefinitamente per poter portare a termine, in tempi lunghissimi, gli interventi. Vista tale durata, non si può più parlare di urgenza e potrebbero tranquillamente osservarsi le normative ordinarie per gli appalti.

L’uso che viene fatto dall’attuale Governo del sistema di protezione civile denuncia una preoccupante tendenza ad utilizzare tale strumento, concepito per affrontare le reali situazioni di emergenza, per realizzare invece ogni iniziativa di interesse dell’Esecutivo o di qualcuno dei suoi autorevoli membri, scavalcando allegramente le leggi dello Stato e la volontà del Parlamento che di tali iniziative viene a conoscenza solo dagli organi di stampa.

E’ stato dichiarato lo stato di emergenza per le situazioni più varie: dagli approvvigionamenti idrici ai problemi di conferimento dei rifiuti urbani fino a quelli della mobilità a Milano o a Catania, al traffico lagunare di Venezia, alla rottamazione dei veicoli a Palermo, al crollo di un semplice edificio a Napoli, ad un attentato terroristico all’ovovia dell’Abetone, all’attraversamento di mezzi pesanti nelle città di Messina e di Villa S. Giovanni, all’aereo finito sul Pirellone di Milano e simili. Ma non solo.

Il Consiglio dei ministri ha dichiarato "grande evento" il vertice INCE di Trieste, il semestre di Presidenza italiana dell’Unione europea, il vertice NATO-Federazione russa, la cerimonia di canonizzazione di Padre Pio da Pietrelcina, la cerimonia di canonizzazione di Josemaría Escrivá, l’incontro internazionale per la pace del settembre 2002 nella città di Palermo, il IV centenario della nascita di S. Giuseppe da Copertino, la beatificazione di Madre Teresa di Calcutta, l’incontro nazionale dell’Azione cattolica dello scorso settembre a Loreto, e si sta preparando in questi giorni la gestione della fase preliminare della regata velica a Trapani, per la quale si sono verificati già i primi arresti per corruzione e la magistratura parla di infiltrazioni mafiose. Si è addirittura dichiarato lo stato di emergenza per l’afflusso di extracomunitari o per la situazione internazionale o per la sindrome respiratoria acuta.

A fronte di questa marea di dichiarazioni di emergenza, circa il 50 per cento delle ordinanze ha riguardato eventi difficilmente classificabili di protezione civile. Quello che appare più grave, a parte ogni altra considerazione, è il fatto che, concentrato sui problemi dell’organizzazione dei grandi eventi o della realizzazione di interventi infrastrutturali che avrebbero dovuto rientrare nella competenza ordinaria di appositi Ministeri, il Dipartimento della protezione civile sta del tutto trascurando le attività di previsione e prevenzione.

Il volontariato, ancor più importante dopo l’abolizione della leva obbligatoria, resta abbandonato a se stesso, conteso e talvolta ricattato tra poteri regionali - è il caso della Regione Lazio - e locali, e le esercitazioni di protezione civile sono diventate un ricordo.

Signor Presidente, nonostante e proprio per questa pervicace volontà di esproprio del Parlamento, ci sentiamo sempre più impegnati a vigilare e a denunciare con forza l’uso distorto di una struttura trasformata in qualcosa che sta tra una agenzia di affari ed uno strumento di propaganda governativa.

 

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Ferrara. Ne ha facoltà.

 

FERRARA (FI). Signor Presidente, come altri colleghi, sono già intervenuto ieri nella discussione generale sul disegno di legge finanziaria, soffermandomi maggiormente sugli aspetti di economia politica.

Oggi, in occasione del dibattito sulla fiducia (cioè di una discussione che stiamo svolgendo mutuando il Regolamento su un emendamento e quindi in discussione generale sull’emendamento stesso), non soltanto prosegue la trattazione dei temi economici della produzione legislativa in atto, ma viene anche naturale affrontare gli aspetti istituzionali (cioè perché e per come è stata posta la fiducia), sviluppando un confronto dialettico con le riserve e le critiche dei colleghi della minoranza.

Ci troviamo oggi ad approvare i disegni di legge finanziaria e di bilancio. Come tutti sappiamo, si fa riferimento in primo luogo all’articolo 81 della Costituzione e poi, in sottordine, alle norme sulla contabilità dello Stato.

Nel fare questi riferimenti e nell’intervenire sulla questione di fiducia posta, non possiamo non tenere in considerazione che - come prima ipotesi pregiudiziale rispetto al ragionamento svolto - la fiducia è una prerogativa che la Costituzione prevede per il Governo; il fatto che se ne parli ha una connotazione di tipo politico generale, che trova fondamento nelle discussione e nei dibattiti svolti nel passato. Tuttavia, bisogna rivedere tale dibattito alla luce della nuova Costituzione materiale.

Perché dico questo? In una democrazia parlamentare, il Parlamento ha in qualsiasi momento la possibilità, votando una mozione di sfiducia, di togliere la fiducia al Governo, che conseguentemente dovrebbe dimettersi; oppure, il Governo ha la possibilità di porre la questione di fiducia sui propri atti, chiamando il Parlamento a rinnovare la fiducia all’Esecutivo, facendo decadere le proposte di modifica che il Parlamento ha presentato.

Perché oggi il discorso, almeno per la fiducia, diventa completamente diverso? La questione di fiducia è stata posta 42 volte dal 1981 ad oggi e, con riferimento alla legge finanziaria, soltanto due volte negli ultimi nove anni.

Ciò aiuta a svolgere un ragionamento di tipo deduttivo sulla apposizione della questione di fiducia sulle leggi finanziarie. Perché è stata posta soltanto due volte negli ultimi nove anni, cioè una volta nella precedente legislatura, con il Governo Prodi, e una volta in questa legislatura? Perché è cambiato l’assetto istituzionale. Siamo in una democrazia che si avvia ad essere sempre più presidenziale e quindi l’Esecutivo ha una forza tale che il parere espresso dal Governo nell’ambito del procedimento di formazione della legge finanziaria si configura esso stesso, di fatto, come una posizione della questione di fiducia. Allora, perché i due casi, quello del 1996 e quello di oggi?

Prima di parlare di oggi, anche per avere l’attenzione di qualcuno, mi riferirò ad un intervento svolto nel 1996 da codesta Presidenza, senatore Salvi, che, per giustificare che venisse posta la questione di fiducia, fece in quell’occasione un ragionamento che mi accingo a fare anch’io.

 

PRESIDENTE. Faccia liberamente. Naturalmente, non posso interloquire da questo banco.

 

FERRARA (FI). Leggerò anche parte del Resoconto. Cosa sosteneva allora il senatore Salvi? Bisogna riconoscere che si era in un momento in cui la nuova materialità si era costituita di recente, con l’elezione del nuovo Parlamento e del nuovo Governo Prodi, che veniva ad essere il primo Governo presidenzialista della Seconda Repubblica.

C'era una necessità, diceva il senatore Salvi: in un momento di così grande trasformazione, con un Governo appena insediato, non si poteva stare a discutere 3.500 emendamenti; facendo un rapido calcolo, visto che il dato matematico ha la sua importanza, perché anche l'aritmetica conta, 3.500 emendamenti richiedono cinquantasette ore di lavoro.

Che coincidenza! Se facciamo il conto di quanto tempo verrebbe ad occupare la discussione oggi, ritroviamo la stessa cifra; trenta ore per la discussione generale, più quattordici per la maggioranza e tredici ore per l'opposizione per l’esame degli emendamenti, dà un totale di circa cinquantasette ore, come la volta precedente.

Dividendo questo numero per dodici ore al giorno (un po' più dell'orario di un lavoratore metalmeccanico), si finisce per impegnare completamente cinque giorni; e cinque giorni, secondo il senatore Salvi nel 1996, significavano andare all'esercizio provvisorio. In una democrazia che vuole produrre velocemente i suoi effetti e incidere in modo da dare un impulso positivo, per far sì che l'economia si avvii verso un percorso più virtuoso (come richiesto dalle parti sociali, dalla contingenza internazionale, eccetera), impedisce che si possano aspettare cinque giorni.

Di fatto, è quello che sta succedendo in questo momento. Lo scandalo ritrova un elemento colposo nell'opposizione: il famoso emendamento Boccia fece sì che alla Camera venissero di fatto impiegati tre giorni in più. Un altro elemento colposo è dovuto ad una coincidenza astrale: di fatto, la festività dell'8 dicembre, a metà settimana, ha richiesto qualche giorno in più di discussione anche al Senato. Quindi, per non andare all'esercizio provvisorio, si pone la fiducia.

Si pone la fiducia anche per un altro motivo, che allora rilevava non soltanto il senatore Salvi, ma anche il senatore Fassone: perché, di fatto, la legge finanziaria consiste ormai di due parti fondamentali. Una è la proposta del Governo, su cui non si incide tanto in Parlamento, perché così tanto condivisa dalla maggioranza che gli emendamenti della maggioranza stessa vengono immediatamente ritirati.

Un'altra è la finanziaria che si fa dappertutto nel mondo, cioè la finanziaria del Parlamento, la finanziaria di spesa. Ci sono Parlamenti in cui queste due parti vengono trattate in modo diverso. La proposta del Governo, che è inemendabile, e la proposta del Parlamento - si guardi a ciò che avviene nel Senato americano - vanno inseguendosi fino a sovrapporsi; si perviene così al bilancio dello Stato. Che la proposta di bilancio del Parlamento negli Stati Uniti venga approvata anche dopo il 31 dicembre non costituisce nessuno scandalo, perché l'importante è la proposta del Governo, che ha immediate conseguenze ed eventualmente finisce con una limitazione delle spese voluta dal Governo, in modo da adeguarsi alle spese votate dal Parlamento; questa sovrapposizione può avere luogo anche nei mesi successivi, senza dover ricorrere all'esercizio provvisorio.

Quello americano è un sistema che non è stato adottato neanche in Gran Bretagna; quindi, non è da spiegare più di tanto per volerne mutuare o copiare le modalità. Ho fatto questo ragionamento soltanto per dire che il presidenzialismo (e quindi una trasformazione come quella che sta di fatto avvenendo in Italia) comporta questa lettura, alla quale non siamo ancora ben abituati.

Nascono a questo punto le critiche della minoranza, che investono, da un lato, aspetti macroeconomici. Gli interventi del senatore Morando, in Commissione e in Aula, e del senatore D'Amico hanno criticato l'impostazione dell'abbassamento del carico fiscale. In realtà, non abbiamo diminuito le tasse, ma abbiamo cercato di incidere sul sistema dei tributi, lavorando sulle imposte.

Quando si cerca di fare confusione, come ha fatto il senatore D'Amico, che pure è un esperto di diritto finanziario, l'operazione assume il significato della politica, della contrapposizione naturale tra opposizione e maggioranza che non rende giustizia alla verità.

Altre critiche non vertono sulle proposte governative, bensì su scelte del Parlamento. Il senatore Modica ha richiamato un elenco di spese e spesucce criticabilissime, ma è un fenomeno comune a tutti i Parlamenti del mondo che accanto alla manovra finanziaria del Governo vi siano scelte del Parlamento e voler sottrarre al singolo senatore la possibilità di proporre interventi, poi condivisi dalla maggioranza, significa limitare le prerogative parlamentari, ridimensionare la democrazia e la capacità di proposta del Parlamento.

Le decisioni circa la destinazione delle risorse si inseriscono, comunque, in un disegno complessivo molto più importante, che ha dato continuità a quanto disposto dalla precedente finanziaria, dalla legge obiettivo, dalle innovazioni introdotte nel mondo del lavoro e nella struttura amministrativa.

Ulteriori critiche riguardano i motivi alla base dell'impianto della proposta governativa. Se il Governo si trova a dover tagliare qua e là per abbassare le imposte - si argomenta - ciò accade perché l'Esecutivo non è stato attento all'aumento delle spese correnti.

Le spese correnti però non aumentano da un giorno all'altro in ragione di una scarsa attenzione, perché i sistemi di controllo interni ed esterni sono numerosi. Le spese aumentano perché la legislazione precedente prevede questa possibilità. Se le spese per il pubblico impiego, per la sanità e per gli enti locali sono cresciute, dobbiamo risalire a ciò che è stato fatto con la riforma Bassanini, con la riforma sanitaria intervenuta prima della costituzione dell'attuale Governo, con i contratti pubblici sottoscritti nel 2000.

Se i contratti del 2000 avevano dato 100, era difficile in occasione del rinnovo nel 2002 dare zero. La spirale coinflazionistica avviata dal rinnovo dei contratti nel settore pubblico ha trovato difficoltà ad essere regolata e corretta nella precedente legislatura.

Signor Presidente, vorrei sapere di quanto tempo ancora dispongo.

 

PRESIDENTE. Lei ha ancora a disposizione sei minuti.

 

CADDEO (DS-U). Hai ancora tempo per inventare.

 

FERRARA (FI). L'operazione non mi risulta difficile: rispondere alle vostre osservazioni è molto facile; debbo, anzi, cercare di limitarmi per svolgere le considerazioni finali cui vengo richiamato dalla mia appartenenza e dalle mie convinzioni.

A proposito della spesa corrente, è stato inventato un sistema per le dirigenze comunali, ancor prima di passare dal controllo ex ante al controllo ex post in modo definitivo, che suscita molte difficoltà. È vero che per chiedere la responsabilità del dirigente dobbiamo poter corrispondere in modo adeguato alla prestazione del suo servizio, ma una trasformazione non completata ha finito per far pagare di più un servizio che non viene reso.

Sono questi gli effetti della riforma Bassanini. Noi sottolineavamo già negli anni 1997-1998 che l'eliminazione di tutti i controlli dei CORECO e della Corte dei conti avrebbe causato problemi. I dirigenti vengono nominati, rimossi e spostati, senza che il relativo provvedimento indichi i meriti e gli obiettivi che debbono essere raggiunti.

È difficile regolare questo sistema e introdurre sistemi di controllo diversi da quelli aboliti, perché, a prescindere dal colore politico degli enti locali, i controlli non li vuole più nessuno perché implicano maggiore responsabilità, maggiore efficienza ed efficacia e non possono non coniugarsi con un sistema di sanzioni.

Cosa ha fatto invece il Governo in una situazione di grandissima difficoltà internazionale, in una situazione di lenta ripresa industriale, in un quadro economico problematico? Ha mantenuto e dato forza alla sua proposta iniziale. Per inciso, ricordo che le proposte avanzate dai colleghi deputati hanno finito per essere riproposte nel maxiemendamento del Governo e con emendamenti presentati qui in Senato. Il Governo ha finito per dare forza al suo progetto iniziale, con una posizione sinergica rispetto al contesto generale di nuovo ottimismo, dapprima con il maxiemendamento fiscale.

Ci si chiede la fiducia sul maxiemendamento 1.2000, che introduce alcune misure che non erano prerogativa esclusiva del Parlamento: nuovi incentivi per diminuire il costo dei materiali da costruzione; un sistema per rinnovare l’aiuto all’industria editoriale; meccanismi per consentire nuove assunzioni di personale nei comparti della difesa e della sicurezza; un sistema che permetta alle Regioni di prevedere imposte da equilibrare la maggiore necessità di risorse per la sanità, stabilendo al tempo stesso che questa prerogativa è anche una sanzione, perché, nel momento in cui si aumenta la spesa sanitaria e si aumentano le tasse, si devono affrontare gli elettori.

I Governi regionali avranno dunque tutto l’interesse a non sottoporsi al duro giudizio del popolo e a mettere in campo i meccanismi necessari affinché la spesa sanitaria non aumenti. Questo meccanismo è giusto e noi finiamo per condividere il percorso, difficile, opinabile, come deve essere nel giusto gioco della democrazia, del Governo.

E’ una finanziaria che si rinnova totalmente, nell’ultimo periodo, e che finisce per trovare il nostro pieno ed assoluto consenso, stavolta non formale, ma sostanziale, che riaffermeremo non soltanto nelle Aule parlamentari, ma anche all’esterno, così che diventi sempre più forte e convinto, dopo averlo espresso con il voto previsto per la giornata di domani.

 

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Righetti. Ne ha facoltà.

 

RIGHETTI (Misto-Pop-Udeur). Signor Presidente, il mio sarà un breve intervento solo sui fondi per Roma capitale. Dopo un lungo braccio di ferro tra i rappresentanti romani della Casa delle Libertà e il Governo, sono comparsi nel maxiemendamento finanziamenti per 80 milioni per il 2005 e per 70 milioni per il 2006.

La città di Roma ha un bilancio che supera i 3,2 miliardi all’anno e ha una capacità di autofinanziarsi di oltre il 70 per cento. L’Amministrazione capitolina ha ridotto gli sprechi e ha aumentato i controlli all’evasione; razionalizzando le imposte e le tasse comunali ha registrato maggiori entrate per 60 milioni. Sono in piedi investimenti per circa sei miliardi di euro, portati avanti con rigore. Le maggiori agenzie internazionali di rating hanno assegnato la massima valutazione all’amministrazione capitolina, tanto che Roma ha potuto emettere bond trentennali per un miliardo di euro. L’ultima collocazione di 400 milioni servirà, tra l’altro, a ridurre di 20 milioni all’anno gli oneri per i mutui.

Gli investitori istituzionali europei e nazionali hanno dato fiducia a Roma e in poche ore sono arrivate consistenti adesioni all'emissione capitolina di titoli. Il Governo sembra, invece, non fidarsi di Roma e delle sue istituzioni e trova soldi per tutto e per tutti, tranne che per la Capitale. L'Esecutivo non capisce che Roma si fa carico di tutte le manifestazioni nazionali di piazza e dei relativi disagi, che è il principale centro italiano per l'accoglienza del turismo, che è il biglietto da visita dell'Italia nel mondo.

Rispetto ad altre capitali europee, che hanno bilanci simili o superiori, Roma ha un gap di infrastrutture che non può essere sottovalutato e che, anzi, va colmato. Un esempio per tutti: Londra ha 19 linee di metropolitana, Parigi 14, Madrid ne ha 11, Mosca ha 250 chilometri su 11 linee, Roma ha solo 2 linee di metropolitana. Significa che Roma ha notevoli ritardi infrastrutturali, che con grande lungimiranza intendono essere colmati dal Campidoglio, che ha la piena fiducia dei cittadini.

Ecco perché di fronte ai problemi di Roma, alla grande dedizione della sua amministrazione, questo stanziamento di 150 milioni è sì utile, ma è una piccola cosa ed è lontano dalle promesse fatte, oltreché dagli stanziamenti precedenti.

Un Governo che non si fida di Roma e della sua voglia di investire e di crescere, non merita la fiducia dei senatori Popolari-Udeur.

 

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Viviani. Ne ha facoltà.

 

VIVIANI (DS-U). Signor Presidente, colleghi senatori, rappresentanti del Governo, il ricorso al voto di fiducia sanziona l'estrema debolezza politica di questa finanziaria, costruita attraverso rifacimenti successivi ed oggi incapace anche di affrontare la prova di un voto libero della stessa maggioranza.

Questa procedura, come è noto, irrigidisce e rende immodificabili i suoi contenuti, dopo che il dibattito in Commissione bilancio ha dimostrato la sua inadeguatezza, anche nei giudizi di buona parte della maggioranza, per creare le condizioni di uscita del Paese dall'attuale stato di stagnazione economica, di disuguaglianza e disagio sociali, di sfiducia di fronte al futuro.

Questo vale particolarmente per i problemi e le politiche del lavoro, in larga parte trascurati da tale provvedimento. Non so, signor Presidente, se ciò sia frutto del fatto che l'incremento dell'occupazione era stato, fino a poco tempo fa, l'unico parametro di segno positivo di un sistema produttivo e sociale segnato dalla crisi. Eppure anche questo patrimonio si è consumato ed ora l'occupazione è pressoché ferma, nonostante la tanto propagandata legge n. 30 del 2003, che doveva determinare una svolta all'insegna di una crescita consistente dei posti di lavoro.

Nel 2002, prima che tale legge fosse approvata, l'Italia, a fronte di una crescita molto contenuta del PIL (pari allo 0,4 per cento e alla metà di quello medio europeo) realizzò la più alta crescita di posti di lavoro di tutti i Paesi dell'Unione Europea. Allora erano nuovi posti di lavoro i due terzi dei quali erano a tempo indeterminato, riguardavano più le donne che gli uomini ed erano collocati, in prevalenza, nel Mezzogiorno.

Oggi, con tanta flessibilità a disposizione, il processo di precarizzazione del lavoro ha preso il sopravvento sulla stessa crescita dei posti di lavoro e ciò per l'assenza, nell'attuale legislazione, di due strumenti essenziali di una moderna politica del lavoro: mi riferisco, innanzi tutto, ad un sistema universale di ammortizzatori sociali e ad un sistema efficace di alternanza tra formazione e lavoro.

Questa finanziaria, signor Presidente, non compie alcuna scelta in tema di riforma degli ammortizzatori sociali; si limita, secondo la più scontata e inefficace tradizione, a prorogare per un po’ di tempo l'esistente solo per alcuni punti di crisi, e rinvia ad un indefinito futuro l'ormai non più credibile riforma.

Con questa assenza di cornice finanziaria, il disegno di legge n. 848-bis, in discussione da anni in Commissione lavoro al Senato, è destinato a rimanere lettera morta. In tal modo il lavoro precario sta facendo crescere, soprattutto nei giovani, quello spirito di sfiducia, di paura e preoccupazione di fronte al futuro, che rappresenta una contraddizione radicale con ogni volontà di sviluppo economico e sociale di un Paese.

Del resto, questa propensione del Governo a cercare di rattoppare i buchi presenti nella finanza pubblica anche con la precarizzazione del lavoro è dimostrata dalle norme che incentivano e consolidano i rapporti a tempo determinato nella pubblica amministrazione, un processo che in alcune amministrazioni ha raggiunto livelli preoccupanti, superiori al 30 per cento del personale, con evidenti effetti negativi nella qualità dei servizi erogati per i cittadini.

L’altro buco nero della politica del lavoro è rappresentato dallo stato comatoso in cui si è ridotto l’intervento formativo connesso al lavoro. Con le ultime scelte, dentro e dopo la legge n. 30 del 2003, si sta progressivamente distruggendo una regola che rimane una necessità per evitare la precarietà del lavoro, cioè connettere strettamente ogni ingresso al lavoro, specie dei giovani, con un sostanzioso intervento formativo, come avvio di un processo di formazione continua che deve realizzarsi durante tutta la vita lavorativa.

In materia di apprendistato si sta annullando un lavoro di anni tendente ad irrobustire e qualificare la formazione in questo rapporto di lavoro, per avvicinarsi, almeno in parte, agli analoghi rapporti di lavoro esistenti negli altri Paesi europei. Ora la figura dell’apprendistato professionalizzante si può realizzare con un semplice accompagnamento nel lavoro, non rispettoso dell’esigenza della crescita professionale soggettiva del lavoratore, indispensabile per rendere meno marginale la sua collocazione nel mercato del lavoro. In più, sullo stesso segmento di età (18-29 anni) è possibile attivare un contratto di inserimento privo di formazione e quindi in competizione negativa con l’apprendistato.

In questo campo, signor Presidente, stiamo ritornando alle condizioni degli anni Cinquanta, con effetti ulteriormente deprimenti in termini di qualità del lavoro e di competitività del sistema produttivo.

Teniamo poi presente che in materia di formazione continua non siamo ancora riusciti a decollare ad un livello dignitoso (in questa finanziaria si è introdotto alla Camera un emendamento, richiesto dalle parti sociali, per garantire almeno le poche risorse attualmente erogate, che sono ferme dal 1978).

Ma mentre noi ci dibattiamo in difficoltà e ritardi colpevoli, gli altri Paesi stanno investendo in modo consistente in direzione della società della conoscenza, secondo la strategia europea di Lisbona.

La Francia, che attualmente nel complesso del sistema formativo, spende almeno tre volte il nostro Paese, in materia di formazione continua investe una percentuale della massa salariale pari a cinque volte l’Italia e nello scorso agosto ha introdotto per legge il diritto di ogni lavoratore di utilizzare 20 ore all’anno per tale formazione. Una situazione analoga esiste in Germania e anche questo spiega la diversa capacità di competizione sul mercato globale di questi Paesi rispetto al nostro, come ci ricordava nel dibattito precedente il collega Morando.

Va nella medesima direzione di riduzione del livello di efficienza del sistema formativo anche la progressiva precarizzazione dell’ISFOL, un istituto di ricerca e monitoraggio in questo campo che in questi anni ha svolto un lavoro prezioso di raccordo tra il Ministero del lavoro e quello della pubblica istruzione e di collaborazione con le Regioni.

Questa finanziaria considera l’ISFOL come soggetto di ricerca per quanto riguarda l’assetto dell’organico, al fine di creare un posto di lavoro per qualche dirigente, ma vuole trasformarlo in un organismo privo di autonomia, alle strette dipendenze del Ministero del lavoro, per svolgere un’attività diversa e meno qualificata. Questo era il senso dell’articolo 14 del testo della finanziaria, approvato dalla Camera dei deputati e giustamente bocciato dalla nostra Commissione bilancio.

Questa sottovalutazione colpevole della priorità di una politica di valorizzazione del fattore lavoro trova un’ulteriore conferma nel totale rifiuto di quel rapporto cooperativo di concertazione con le parti sociali che è stato uno dei fattori determinanti del progetto di risanamento e di qualificazione della finanza pubblica e di sviluppo nel corso degli anni Novanta e che ha costituito uno dei pochi differenziali positivi del nostro Paese in termini di capitale sociale rispetto agli altri competitori europei.

Ma questa finanziaria, signor Presidente, presenta altri punti carenti in materia previdenziale e di servizi dello Stato sociale. Dopo una riforma previdenziale che ha lasciato aperti tutti i problemi di equità sociale, oggi il Governo si propone di affrontare l’attuazione della delega in materia di previdenza complementare con insufficienti risorse stanziate. In questo modo, il secondo pilastro del sistema previdenziale, che nel nostro Paese rappresenta una necessità urgente e inderogabile, corre il rischio di un decollo stentato ed insufficiente per garantire prestazioni complessive adeguate ad impedire il precipitare di molti in condizioni di povertà al termine del lavoro.

Concludendo, signor Presidente, questo provvedimento non solo non consente passi in avanti in materia di politiche del lavoro, ma consolida quel processo di aggravamento della condizione dei giovani verso il lavoro, per i quali il domani si presenta peggiore dell’oggi ed è forse la prima volta che avviene nella storia della nostra Repubblica.

Questa maggioranza voleva creare tanti posti di lavoro e invece ha distrutto quanto di buono era stato creato in precedenza. Voleva costruire una società attiva e ha realizzato una società sfiduciata, rinchiusa in se stessa, timorosa di fronte alle sfide del futuro, come ci ha attestato recentemente il CENSIS. Voleva superare le cosiddette "trappole della povertà", superando il carattere assistenzialistico di alcuni sussidi, e ha creato povertà diffusa.

Questi sono gli effetti di una finanziaria che consolida una politica negativa realizzata in questi tre anni dal Governo e che sta portando l’Italia lontano dall’Europa, sempre meno capace di competere sui mercati internazionali e una società meno coesa, più diseguale e meno capace di affrontare le sfide del futuro. (Applausi dal Gruppo DS-U. Congratulazioni).

 

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Girfatti. Ne ha facoltà.

 

GIRFATTI (FI). Signor Presidente, onorevoli Ministri, colleghi senatori, il provvedimento di cui oggi ci occupiamo rappresenta la sintesi degli sforzi congiunti del Parlamento e del Governo per dare un contributo innovativo e determinante per il rilancio della nostra economia, sia all’interno, sia sul piano internazionale.

Si tratta di una finanziaria lungamente dibattuta, prima alla Camera, poi per oltre due settimane dalla nostra Commissione bilancio, nell’ambito della quale sono stati approvati emendamenti qualificati proposti da esponenti dell’opposizione, quali, in particolare, quelli inerenti al settore della sanità. Questo naturalmente per rispondere a tutti coloro i quali dicono e hanno sostenuto che l’opposizione non è stata presa in considerazione per la finanziaria.

Quindi, il maxiemendamento presentato dal Governo contiene, oltre a quanto scaturito dai lavori della Commissione bilancio, anche alcune novità che recepiscono le istanze dei vari settori della nostra società, in primis la clausola di salvaguardia; clausola che permette ai contribuenti, in sede di dichiarazione dei redditi per l’anno 2005, di scegliere se applicare le disposizioni in vigore al 31 dicembre 2002 oppure quelle in vigore al 31 dicembre 2004.

Il maxiemendamento alla finanziaria amplia la clausola di salvaguardia, permettendo ai contribuenti di optare quindi tra due diverse disposizioni, mentre nel testo licenziato dalla Commissione bilancio del Senato si poteva scegliere solo se applicare le disposizioni in vigore nel 2002.

Per quanto riguarda i bolli, si prevede un aumento delle entrate derivanti dall’incremento delle imposte indirette pari a 550 milioni di euro per il 2005. Gli importi fissi dell’imposta di registro, della tassa di concessione governativa, dell’imposta di bollo, dell’imposta ipotecaria e catastale, delle tasse ipotecarie e dei diritti speciali sono aumentati in misura tale da assicurare un maggior gettito annuo pari a 1.120 milioni di euro nel 2005 e 2006 e a 1.320 milioni di euro a decorrere dal 2007. L’aumento verrà stabilito con decreto entro il 31 gennaio 2005.

Per quanto concerne le addizionali IRPEF e IRAP, le Regioni potranno tornare ad usare la leva fiscale. Il maxiemendamento prevede che per rispettare l’equilibrio economico e finanziario e per ripianare il disavanzo della gestione sanitaria dell’esercizio 2004, le Regioni possono decidere di aumentare le addizionali regionali IRPEF e l’IRAP. Il sottosegretario Giuseppe Vegas ha spiegato che comunque per il pregresso del Fondo sanitario nazionale sono previsti due miliardi in più.

Per quanto riguarda le casalinghe, gli assegni familiari potranno essere scorporati dalla busta paga dei dipendenti e versati direttamente al coniuge a carico privo di reddito proprio, che potrebbe ritirare l’assegno presso gli sportelli postali.

Quanto, poi, alle forze dell’ordine, è prevista l’assunzione di 1.324 agenti di polizia, di 1.400 carabinieri e di 500 vigili del fuoco, da realizzare entro la fine del 2006 (questo, naturalmente, per rispondere a tutti coloro i quali sostengono la diminuzione dell’occupazione). La norma fa parte di un pacchetto che include anche il potenziamento del sistema di difesa contro i rischi non convenzionali e un incremento degli stanziamenti per esigenze straordinarie antiterrorismo.

È stato risolto il problema dei forestali. Nel maxiemendamento è stata modificata la norma sugli operai idraulico-forestali in Calabria: vengono confermati 160 milioni di euro da spendere nel 2005.

Per il caro-acciaio arrivano i fondi per finanziare le stesse misure e vengono ridotti a 10 milioni di euro rispetto ai 100 milioni previsti dalla Camera.

Per chi ama scommettere, poi, sulle corse dei cavalli, ma non vuole perdere un patrimonio, arriva la puntata minima di un euro: è quanto prevede il maxiemendamento alla finanziaria sul quale il Governo ha posto la fiducia. Nel nuovo testo, infatti, si fissa a un euro la posta minima su ciascuna scommessa, fermo restando il valore minimo di tre euro per la giocata.

Questa modifica, come si legge nella relazione tecnica, consentirà di aumentare la raccolta, in particolare permettendo giocate anche da 4, 5 e 10 euro, senza l’attuale vincolo di dover operare per multipli di 3 euro. In pratica, utilizzando come riferimento il valore economico della raccolta di scommesse attese a fine 2004, pari a circa a 1,3 miliardi di euro per le scommesse a quota fissa, i benefici economici attesi sono pari ad un incremento di 15 milioni di euro dovuto ad un aumento della raccolta.

Scompare poi l’Alta commissione per il controllo della spesa pubblica. La novità era stata introdotta dalla Commissione bilancio di Palazzo Madama attraverso un emendamento del centrista Tarolli al quale il Governo si era detto contrario.

Per quanto riguarda le banche, a partire dal 2006 si prevede un incremento delle attuali somme dovute dal sistema bancario a titolo di cauzione sulle somme riscosse per conto dell’Erario in modo da consentire "maggiori entrate per il bilancio dello Stato pari a 650 milioni di euro".

Anche per l’editoria arrivano fondi, cioè 95 milioni di euro. Le risorse sono contenute nel maxiemendamento alla finanziaria dove una norma stabilisce agevolazioni fiscali per le stesse imprese editrici anche per il 2005.

Per quanto concerne i Paesi di emigrazione, vengono stanziati 23 milioni di euro nel 2005 e altri 20 milioni nel 2006 per l’attuazione del programma di cooperazione AENEAS, che prevede assistenza finanziaria e tecnica ai Paesi di accertata provenienza di flussi migratori clandestini verso l’Italia. Tra le iniziative si ipotizzano progetti per il rimpatrio volontario, fornitura di materiali e mezzi tecnici, formazione del personale per il contrasto del fenomeno.

Ancora per quanto riguarda il pacchetto misure per il Sud, arriva una serie di importanti iniziative tese a valorizzare e a rilanciare l’economia del Sud. Innanzitutto, per attrarre investimenti nelle aree sottoutilizzate è prevista la possibilità per "Sviluppo Italia" di concedere agevolazioni alle imprese in tre diverse forme: in primo luogo, un contributo in conto interessi sui mutui di durata non inferiore a cinque anni e non superiore a dieci anni; è previsto un preammortamento di durata non superiore a tre anni a decorrere dalla stipula del contratto; il mutuo agevolato può coprire fino al 50 per cento degli investimenti ammissibili. In secondo luogo, è previsto un contributo in conto capitale fino al limite massimo del 20 per cento degli investimenti ammissibili. Infine, è prevista la partecipazione temporanea al capitale sociale in misura non inferiore al 15 per cento dello stesso capitale sociale.

Il cumulo delle agevolazioni non può superare i limiti massimi dell’intensità di aiuto fissato a livello comunitario per le diverse aree geografiche. Le nuove agevolazioni si aggiungono (per rispondere agli interventi di alcuni colleghi della sinistra) a quelle già previste finanziabili attraverso il Fondo aree sottoutilizzate.

La seconda vera iniziativa è quella che favorisce l’afflusso di capitale di rischio verso le piccole e medie imprese innovative del Mezzogiorno. E’ prevista, infatti, la possibilità per il Dipartimento per l’innovazione e le tecnologie di sottoscrivere e alienare quote di uno o più fondi comuni di investimento, in misura non superiore al 50 per cento del patrimonio, promossi o gestiti da Società di gestione del risparmio. Per far partire il provvedimento vengono resi disponibili 100 milioni di euro del Fondo aree sottoutilizzate.

Per quanto riguarda la terza iniziativa, su proposta dell’ex ministro Tremonti, sono stati stanziati 5 milioni di euro per elaborare studi di fattibilità come primo passo al fine di favorire la creazione di banche a carattere regionale nel Mezzogiorno. Lo studio verrà elaborato da un osservatorio sul mercato creditizio regionale che sarà costituito presso il CNR.

Altro punto fondamentale è che sono stati assegnati fondi anche per i lavori socialmente utili a Napoli e Palermo.

Signor Presidente, questa mattina e soprattutto nei giorni scorsi si è gridato allo scandalo perché l’emendamento presentato dal Governo, su cui si chiede la fiducia, è composto - così come ha dichiarato ieri in un’agenzia il collega Angius - da 95 pagine e addirittura da 593 commi.

Questa mattina il collega Modica ha parlato addirittura di un maxiemendamento mostro. Evidentemente questi colleghi hanno dimenticato un altro maxiemendamento che, più che mostro, definirei uno zombi: hanno dimenticato infatti che sull’approvazione della legge Prodi fu posta la fiducia, con un maxiemendamento di tre articoli. Era la finanziaria del 1997: l’articolo 1 era composto da 267 commi; l’articolo 2 da 224 commi, l’articolo 3 da 217 commi, per un totale di 708 commi, quindi 115 commi in più di quell’emendamento oggi al nostro esame. Definirei questo un mostro a tre teste. Evidentemente la sinistra ha dimenticato questa parte.

Da ultimo, vi ricordo che le questioni di fiducia poste da questo Governo sono state 22, mentre quelle poste dal Governo di sinistra nel complesso sono state 27. Ritengo anzi che la sinistra avrebbe voluto porre più questioni di fiducia, ma non l’ha fatto soltanto perché era divisa al suo interno e quindi preoccupata che non venissero approvati tutti i provvedimenti. Noi invece potremmo porne in numero maggiore, perché mai la compattezza della Casa delle Libertà è venuta meno sui provvedimenti.

Oggi potrei anche citare - sono notizie di ieri - che dal punto di vista politico gli italiani stanno apprezzando molto il comportamento del Governo Berlusconi. Proprio ieri nella trasmissione televisiva "Porta a Porta" sono stati comunicati gli esiti di alcuni sondaggi, secondo cui il 46 per cento degli italiani dà ragione al Governo in merito alla manovra, mentre il 35 per cento degli indecisi si sta avvicinando a noi. Pertanto, la maggior parte del nostro Paese è d’accordo in merito a tutte le misure emanate dal Governo e adottate in questa finanziaria.

Signor Presidente, nessuno dell’opposizione, pretestuosamente, ha inquadrato questa finanziaria nello scenario economico mondiale. Molti sanno ma pochi hanno detto che ormai ogni singola Nazione subisce il riflesso di una globalizzazione di mercato sempre più pressante, che talvolta annulla i provvedimenti dei singoli Stati nei vari settori dell’economia. Basti guardare solo per un attimo a quanto sta succedendo ai nostri vicini tedeschi e francesi.

Tutti sanno, ma nessuno ha avuto l’onestà di dire che questa finanziaria, unica, innovativa, coraggiosa e quindi storica, con la compressione della spesa pubblica e la riduzione della pressione fiscale, rappresenta la vera grande sfida del Governo per il rilancio dell’economia del nostro Paese.

La riduzione effettiva delle tasse per il 2005 e quella ulteriore annunziata per il 2006 e per il 2007 rappresentano il completamento del programma del nostro Governo, volto a modificare radicalmente le basi normative nei settori economici del nostro Paese, rimaste per oltre mezzo secolo fossilizzate da una incapacità sostanziale a concepire da parte dei vari Governi una tendenza di mercato che oggi ha portato la nostra economia ad una stagnazione sempre più evidente. Assistiamo, infatti, alla peggiore crisi economica dal dopoguerra, che vede ridurre la nostra competitività da oltre dieci anni, come ha dovuto constatare lo stesso Montezemolo nella giornata di ieri.

Le norme di questa finanziaria più conformi e compatibili alle dinamiche dei mercati moderni servono a rendere il nostro Paese veramente competitivo con altri Paesi, anche orientali, ad economia più avanzata della nostra.

Signor Presidente, questo provvedimento, proprio per la novità e per i fini che si è riproposto per il rilancio dell’economia del nostro Paese, non solo merita la fiducia della maggioranza, ma ritengo meriti anche la fiducia della minoranza perché sono certo che singolarmente i colleghi dell’opposizione lo approvino e lo condividano perché nessuno di loro - ripeto - ne sono sicuro, può rifiutare il taglio delle tasse, cui ora si oppongono solo perché costretti a difendere il previgente sistema fiscale, da loro stessi introdotto. Un sistema fiscale che portò, non dimentichiamolo, la pressione fiscale al massimo storico degli ultimi dieci anni, pari al 44,5 per cento del PIL (e si badi bene, con un PIL che era addirittura pari al 2 per cento ed un’inflazione dell’1,8 per cento).

Signor Presidente, per terminare, i senatori di Forza Italia danno fiducia al proprio presidente Berlusconi e all’operato del Governo, perché sono convinti che stiano lavorando nell’interesse di tutti e che tutto il Paese, ancora una volta, sia con loro. (Applausi dal Gruppo FI e del senatore Salzano).

 

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Pascarella. Ne ha facoltà.

 

PASCARELLA (DS-U). Signor Presidente, vorrei partire proprio dalle ultime battute del senatore Girfatti, che ci invita, come opposizione, a dare noi stessi fiducia al Governo per questa finanziaria.

Vorrei invitare immediatamente il senatore Girfatti, che è un mio corregionale (entrambi siamo campani), a spiegarlo ai 18.000 lavoratori delle 180 aziende in crisi della Regione Campania, che rischiano in questo momento il posto di lavoro.

Lo dico in maniera anche piana, nel senso che sono convinto che, rispetto al programma e alle promesse del Governo Berlusconi al tempo delle elezioni del 2001, nonostante il sondaggio poc’anzi riferito dal senatore Girfatti, nel Paese sia diffusa invece la sfiducia verso l’attuale Governo.

I temi più importanti per cui gli italiani diedero allora un ampio consenso, così al Nord, come al Sud del Paese, furono quelli legati certamente all’economia. Si aspettava un’espansione del nostro apparato produttivo che oggi, come ripete frequentemente lo stesso presidente della Confindustria, è in forte declino, e si aspettava un aumento dei consumi, soprattutto nel Sud del Paese.

Poiché era sicuramente molto diffuso un senso di insoddisfazione per la scarsa sicurezza del cittadino, ci si aspettava anche sicurezza; e grazie a questo tema, quasi epidermico e viscerale, nel 2001 il cittadino fu portato a dare consenso al programma del centro-destra, fu portato ad aderire a quel programma.

Avevamo anche noi alcune responsabilità, dal momento che avremmo potuto fare qualcosa in più nel periodo in cui abbiamo governato; il cittadino fu portato ad aderirvi, perché era presente quasi un sentimento che vedeva nella destra la possibilità di avere maggiore sicurezza da questo punto di vista.

Le politiche del centro-destra in materia di sicurezza sono del tutto fallite, e non lo diciamo perché a volte, in quest’Aula, come anche nei rapporti che vengono periodicamente inviati dal Governo e dai suoi rappresentanti, si vuole invece disconoscere questo aspetto. Lo diciamo perché, discutendo di finanziaria, i dati che servono sono proprio quelli relativi alle risorse utilizzate e investite in questo particolare settore.

E la sicurezza è data sicuramente da diversi aspetti, uno dei quali fa capo direttamente al Ministro dell'interno, per il quale è prevista una riduzione del 10,3 per cento di investimenti; è data dal funzionamento della giustizia, e in questo settore vi sono riduzioni degli investimenti per il 26,1 per cento e dei consumi intermedi per il 9 per cento.

Diceva bene il collega Giaretta: in numerose procure e anche in numerosi commissariati mancano gli elementi indispensabili per poter svolgere bene il proprio lavoro. Vi sono tuttavia anche altri aspetti che riguardano la sicurezza e che dovrebbero essere attenzionati da questo Governo, che si è spinto in economia estera ad appoggiare, diversamente da altri Paesi europei, la politica aggressiva di Bush nel mondo, specie in Iraq: un siffatto Governo dovrebbe anche dare tranquillità al cittadino italiano, ai tanti cittadini che vestono le divise delle nostre Forze armate, affinché si sentano più sicuri.

Sul "Corriere della Sera", nel giorno stesso in cui il Governo ha presentato il maxiemendamento, veniva riportata un'intervista al Capo dello Stato maggiore della Difesa italiana, generale Giampaolo Di Paolo. Questi è sicuramente un eccellente responsabile del settore ed ha avuto in passato la responsabilità di segretario generale della Difesa e anche di direttore generale degli armamenti; egli riferisce di una difficoltà che l'Italia avrebbe nel caso in cui vi fossero attentati terroristici, per una mancanza assoluta di difese missilistiche interne.

Quando il capo di stato maggiore della Difesa dice una cosa del genere (e sappiamo bene come sono pochi e molto spesso chiusi gli ambienti di questo settore straordinariamente importante del nostro Stato) penso che sia utile e necessario che il Governo assuma una posizione precisa; posizione che però viene certamente posta in discussione da questa finanziaria nella misura in cui si promette il 10 e si dà lo 0,1 per cento; viene meno nel momento in cui, anche in questo settore tanto caro ad una destra che può essere votata per i valori che ha, porta gli investimenti rispetto al prodotto interno lordo per la Difesa del nostro Paese al di sotto dell'1 per cento.

C'è stato anche un tentativo, a mio avviso poco accorto, di far rientrare le spese per l'Iraq nell'ambito della Difesa; quelle sono spese straordinarie che certamente non hanno in questo momento nulla a che fare con il problema delle risorse che devono servire alle Forze armate italiane.

Sono convinto che questo dato è ancora più preoccupante se si pensa all’approvazione del Parlamento italiano di una legge di riforma nel senso di avere Forze armate professionali. Proprio quando vi sono delle riforme esse devono essere soprattutto supportate adeguatamente dal punto di vista economico, per la riuscita dell'obiettivo fissato.

Quindi, tornando al punto da cui ero partito, sia gli aspetti dell'espansione economica del liberismo, sia gli aspetti della sicurezza dovrebbero essere cari ad una destra moderna, e quindi costituire valori per realizzare aggregazione e consenso. Sono alla fine convinto che questo Governo di centro-destra non sappia fare il lavoro di governo della Destra.

Se mi è consentito, desidero concludere il mio intervento esprimendo profonde perplessità sulle considerazioni del senatore Girfatti. Quanto all'aspetto propagandistico della diminuzione delle tasse, che favorisce per lo più i ceti più abbienti, rinvio alle motivazioni che sono state dettagliatamente illustrate da altri colleghi dell'opposizione. Mi limito a rilevare che anche su altri versanti, la sicurezza, l'espansione economica, il liberismo, si semina un sentimento che sarà distrutto nei fatti e nella coscienza libera dei cittadini italiani.

Da parte nostra, lo sforzo di tutto il centro-sinistra deve essere più coerente e più sentito, dobbiamo cercare di maturare una maggiore determinazione, rispetto al passato, a governare uniti il Paese perché possiamo rispettare, cosa che non ha fatto questo Governo, i programmi che presenteremo nelle prossime elezioni politiche per il consenso dei cittadini italiani. (Applausi del senatore Zavoli).

 

PRESIDENTE. Essendo esauriti gli interventi previsti per la seduta antimeridiana, rinvio il seguito della discussione del disegno di legge in titolo ad altra seduta.

 

La seduta è tolta (ore 13,03).


Allegato A

 

 

DISEGNO DI LEGGE

Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2005) (3223)

 

EMENDAMENTO 1.2000, SU CUI IL GOVERNO HA POSTO LA QUESTIONE DI FIDUCIA INTERAMENTE SOSTITUTIVO DEGLI ARTICOLI CHE COMPONGONO IL DISEGNO DI LEGGE N. 3223

 

1.2000

IL GOVERNO

(*)

Sostituire gli articoli da 1 a 44 con il seguente:

"Art. 1

1. Per l’anno 2005, il livello massimo del saldo netto da finanziare resta determinato in termini di competenza in 50.000 milioni di euro, al netto di 7.494 milioni di euro per regolazioni debitorie. Tenuto conto delle operazioni di rimborso di prestiti, il livello massimo del ricorso al mercato finanziario di cui all’articolo 11 della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni, ivi compreso l’indebitamento all’estero per un importo complessivo non superiore a 2.000 milioni di euro relativo ad interventi non considerati nel bilancio di previsione per il 2005, resta fissato, in termini di competenza, in 245.000 milioni di euro per l’anno finanziario 2005.

2. Per gli anni 2006 e 2007 il livello massimo del saldo netto da finanziare del bilancio pluriennale a legislazione vigente, tenuto conto degli effetti della presente legge, è determinato, rispettivamente, in 41.000 milioni di euro ed in 24.500 milioni di euro, al netto di 3.572 milioni di euro per l’anno 2006 e 3.176 milioni di euro per l’anno 2007, per le regolazioni debitorie; il livello massimo del ricorso al mercato è determinato, rispettivamente, in 235.000 milioni di euro ed in 210.000 milioni di euro. Per il bilancio programmatico degli anni 2006 e 2007, il livello massimo del saldo netto da finanziare è determinato, rispettivamente, in 43.000 milioni di euro ed in 39.000 milioni di euro ed il livello massimo del ricorso al mercato è determinato, rispettivamente, in 281.000 milioni di euro ed in 246.000 milioni di euro.

3. I livelli del ricorso al mercato di cui ai commi 1 e 2 si intendono al netto delle operazioni effettuate al fine di rimborsare prima della scadenza o ristrutturare passività preesistenti con ammortamento a carico dello Stato.

4. Per ciascuno degli anni 2005, 2006 e 2007, le maggiori entrate rispetto alle previsioni derivanti dalla normativa vigente sono interamente utilizzate per la riduzione del saldo netto da finanziare, salvo che si tratti di assicurare la copertura finanziaria di interventi urgenti ed imprevisti necessari per fronteggiare calamità naturali, improrogabili esigenze connesse con la tutela della sicurezza del Paese, situazioni di emergenza economico-finanziaria ovvero riduzioni della pressione fiscale finalizzate al conseguimento degli obiettivi indicati nel Documento di programmazione economico-finanziaria.

5. Al fine di assicurare il conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica stabiliti in sede di Unione europea, indicati nel Documento di programmazione economico-finanziaria e nelle relative note di aggiornamento, per il triennio 2005 - 2007 la spesa complessiva delle amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato, individuate per l’anno 2005 nell’elenco 1 allegato alla presente legge e per gli anni successivi dall’Istituto nazionale di statistica (ISTAT) con proprio provvedimento pubblicato nella Gazzetta Ufficiale non oltre il 31 luglio di ogni anno, non può superare il limite del 2 per cento rispetto alle corrispondenti previsioni aggiornate del precedente anno, come risultanti dalla Relazione previsionale e programmatica.

6. Le disposizioni del comma 5 non si applicano alle spese per gli organi costituzionali, per il Consiglio superiore della Magistratura, per interessi sui titoli di Stato, per prestazioni sociali in denaro connesse a diritti soggettivi e per trasferimenti all’Unione europea a titolo di risorse proprie.

7. Le amministrazioni di cui al comma 5, oltre ad applicare le specifiche disposizioni di cui agli articoli successivi, adottano comportamenti coerenti con quanto previsto nel comma 5.

8. Al fine di assicurare il concorso del bilancio dello Stato al raggiungimento degli obiettivi di cui ai commi da 5 a 7, per il triennio 2005-2007 gli stanziamenti iniziali di competenza e di cassa delle spese aventi impatto diretto sul conto economico consolidato delle pubbliche amministrazioni, tranne quelli di cui al comma 6 nonché quelli connessi ad accordi internazionali già ratificati, a limiti di impegno già attivati e a rate di ammortamento mutui, possono essere incrementati entro il limite del 2 per cento rispetto alle corrispondenti previsioni iniziali del precedente esercizio ridotte ai sensi del decreto-legge 12 luglio 2004, n. 168, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2004, n. 191, intendendosi corrispondentemente rideterminate le relative autorizzazioni di spesa mediante rimodulazione nei successivi esercizi. Le dotazioni di competenza e di cassa del bilancio dello Stato sono conseguentemente ridotte secondo quanto previsto nell’elenco 2 allegato alla presente legge. Per gli stanziamenti relativi ad oneri di personale si fa riferimento alla dinamica tendenziale complessiva dei relativi livelli di spesa.

9. Per il triennio 2005-2007, le riassegnazioni di entrate e l’utilizzo dei fondi di riserva per spese obbligatorie e d’ordine e per spese impreviste non possono essere superiori a quelli del precedente esercizio incrementati del 2 per cento. Nei casi di particolare necessità e urgenza, il predetto limite può essere superato, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze, da comunicare alle competenti Commissioni parlamentari e alla Corte dei conti.

10. Le dotazioni indicate nella Tabella C allegata alla presente legge sono rideterminate, nella medesima Tabella, in coerenza con i limiti di cui al presente articolo.

11. Fermo quanto stabilito per gli enti locali dal comma 44 della presente legge, la spesa annua per studi ed incarichi di consulenza conferiti a soggetti estranei all’amministrazione sostenuta per ciascuno degli anni 2005, 2006 e 2007 dalle pubbliche amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, esclusi le università, gli enti di ricerca e gli organismi equiparati, non deve essere superiore a quella sostenuta nell’anno 2004. L’affidamento di incarichi di studio o di ricerca, ovvero di consulenze a soggetti estranei all’amministrazione in materie e per oggetti rientranti nelle competenze della struttura burocratica dell’ente, deve essere adeguatamente motivato ed è possibile soltanto nei casi previsti dalla legge ovvero nell’ipotesi di eventi straordinari. In ogni caso, l’atto di affidamento di incarichi e consulenze di cui al secondo periodo deve essere trasmesso alla Corte dei conti. L’affidamento di incarichi in assenza dei presupposti di cui al presente comma costituisce illecito disciplinare e determina responsabilità erariale.

12. L’articolo 13 del decreto-legge 12 giugno 2001, n. 217, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2001, n. 317, va interpretato nel senso che agli incarichi di consigliere giuridico e di esperto non si applica il regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 18 aprile 1994, n. 338, anche nell’ipotesi in cui il personale interessato non sia assegnato agli uffici di diretta collaborazione.

13. La norma di cui al comma 5 si applica anche agli incarichi fiduciari attribuiti ai sensi dell’articolo 7, comma 6, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165.

14. Per ciascuno degli anni 2005, 2006 e 2007, le pubbliche amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, non possono effettuare spese di ammontare superiore rispettivamente al 90, 80 e 70 per cento della spesa sostenuta nell’anno 2004, come rideterminata ai sensi del decreto-legge 12 luglio 2004, n. 168, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2004, n. 191, per l’acquisto, la manutenzione, il noleggio e l’esercizio di autovetture. Ai fini di cui al primo periodo, le medesime pubbliche amministrazioni sono tenute a trasmettere, entro il 31 marzo 2005, al Ministero dell’economia e delle finanze – Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato una relazione da cui risulti la consistenza dei mezzi di trasporto a disposizione e la loro destinazione. In caso di mancata trasmissione della relazione nei termini suddetti, le pubbliche amministrazioni inadempienti non possono effettuare, relativamente alle spese di cui al primo periodo, pagamenti in misura superiore al 50 per cento della spesa complessiva sostenuta nell’anno 2004.

15. Sulla base di effettive, motivate e documentate esigenze delle amministrazioni competenti, il Ministro dell’economia e delle finanze può, con proprio decreto, stabilire che le disposizioni di cui al primo periodo del comma 14 non si applicano alle spese sostenute da specifiche amministrazioni. Contestualmente alla loro adozione, i decreti di cui al primo periodo, corredati da apposite relazioni, sono trasmessi alle Camere.

16. Entro il 30 giugno 2005, il Ministro dell’economia e delle finanze trasmette alle Camere una relazione concernente lo stato di attuazione degli interventi di cui ai commi 14 e 15 in cui si evidenzino i risultati conseguiti in termini di riduzione della spesa.

17. Per l’anno 2005, il concorso al raggiungimento degli obiettivi di cui ai commi da 5 a 7, per i settori di intervento di cui alle lettere a), b) e c), del presente comma è garantito anche mediante la limitazione dei pagamenti a favore dei soggetti beneficiari negli ammontari indicati:

     a) strumenti di intervento finanziati con i fondi di cui agli articoli 60 e 61 della legge 27 dicembre 2002, n. 289, e successive modificazioni: 6.550 milioni di euro, ivi compresi gli interventi di cui alle lettere b) e c) del presente comma per complessivi 1.850 milioni di euro;

b) fondo investimenti-incentivi alle imprese del Ministero delle attività produttive: 2.750 milioni di euro, ivi comprese le risorse erogate dal Fondo innovazione tecnologica e gli interventi finanziati con gli strumenti di cui alla lettera a);

c) interventi finanziati dall’articolo 13, comma 1, della legge 1º agosto 2002, n. 166, i cui stanziamenti sono iscritti nello stato di previsione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti: 450 milioni di euro, ivi inclusi gli interventi finanziati con gli strumenti di cui alla lettera a).

18. Al fine di assicurare il rispetto dei limiti di cui al comma 17, i soggetti che gestiscono le risorse ivi indicate trasmettono trimestralmente al Ministero dell’economia e delle finanze - Dipartimento per le politiche di sviluppo e di coesione e al Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, le informazioni sull’ammontare delle somme erogate per singolo strumento e intervento aggiornando le previsioni relative ai trimestri successivi.

19. Fermo restando il limite complessivo dei pagamenti di cui al comma 17, pari a 7.900 milioni di euro, al fine di garantire gli obiettivi di spesa del Fondo per le aree sottoutilizzate per l’intero territorio nazionale, di cui alla revisione di metà periodo del Quadro comunitario di sostegno 2000-2006 per le regioni dell’obiettivo 1, prevista dall’articolo 14 del regolamento (CE) n. 1260/1999 del Consiglio, del 21 giugno 1999, i limiti settoriali di cui al comma 17, lettere a), b) e c), possono essere modificati con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, in relazione all’andamento dei pagamenti. Per le stesse finalità le amministrazioni centrali si conformano all’obiettivo di destinare al Mezzogiorno almeno il 30 per cento della spesa ordinaria in conto capitale. Le amministrazioni centrali, nell’esercizio dei diritti dell’azionista nei confronti delle società di capitali a prevalente partecipazione pubblica diretta o indiretta, adottano le opportune direttive per conformarsi ai princìpi di cui al presente comma.

20. A modifica di quanto stabilito dall’articolo 32, comma 1, della legge 27 dicembre 2002, n. 289, per il triennio 2005-2007 i soggetti titolari di conti correnti e di contabilità speciali aperti presso la Tesoreria dello Stato, inseriti nell’elenco 1 allegato alla presente legge, non possono effettuare prelevamenti dai rispettivi conti aperti presso la Tesoreria dello Stato superiori all’importo cumulativamente prelevato alla fine di ciascun bimestre dell’anno precedente aumentato del 2 per cento. Sono esclusi da tale limite le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, gli enti locali di cui all’articolo 2, commi 1 e 2, del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, gli enti previdenziali, gli enti del Servizio sanitario nazionale, il Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro, il Ministero dell’economia e delle finanze, per i conti relativi alle funzioni trasferite a seguito della trasformazione della Cassa depositi e prestiti in spa, le Agenzie fiscali di cui all’articolo 57 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, ed i conti accesi ai sensi dell’articolo 576 del regolamento di cui al regio decreto 23 maggio 1924, n. 827, e successive modificazioni. Sono, inoltre, esclusi i conti riguardanti interventi di politica comunitaria, i conti intestati ai fondi di rotazione individuati ai sensi dell’articolo 93, comma 8, della legge 27 dicembre 2002, n. 289, o ai loro gestori, i conti relativi ad interventi di emergenza, il conto finalizzato alla ripetizione di titoli di spesa non andati a buon fine, nonché i conti istituiti nell’anno precedente a quello di riferimento.

21. I soggetti interessati possono richiedere al Ministero dell’economia e delle finanze deroghe al vincolo di cui al comma 20 per effettive e motivate esigenze. L’accoglimento della richiesta ovvero l’eventuale diniego, totale o parziale, è disposto con determinazione dirigenziale. Le eccedenze di spesa riconosciute in deroga devono essere riassorbite; nelle more del riassorbimento possono essere effettuate solo le spese previste per legge o derivanti da contratti perfezionati, nonché le spese indifferibili la cui mancata effettuazione comporta un danno. I prelievi delle amministrazioni periferiche dello Stato sono regolati con provvedimenti del Ministro dell’economia e delle finanze.

22. Le disposizioni di cui all’articolo 66, comma 1, della legge 23 dicembre 2000, n. 388, continuano ad applicarsi per il triennio 2005-2007.

23. Ai fini della tutela dell’unità economica della Repubblica, le regioni, le province, i comuni con popolazione superiore a 3.000 abitanti, nonché le comunità montane, le comunità isolane e le unioni di comuni con popolazione superiore a 10.000 abitanti concorrono, in armonia con i princìpi recati dai commi da 5 a 7, alla realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica per il triennio 2005-2007 con il rispetto delle disposizioni di cui al presente articolo, che costituiscono princìpi fondamentali del coordinamento della finanza pubblica ai sensi degli articoli 117, terzo comma, e 119, secondo comma, della Costituzione.

24. Per gli stessi fini di cui al comma 23:

a) per l’anno 2005, il complesso delle spese correnti e delle spese in conto capitale, determinato ai sensi del comma 26, per ciascuna provincia, per ciascun comune con popolazione superiore a 3.000 abitanti, per ciascuna comunità montana con popolazione superiore a 10.000 abitanti non può essere superiore alla corrispondente spesa annua mediamente sostenuta nel triennio 2001-2003, incrementata dell’11,5 per cento limitatamente agli enti locali che nello stesso triennio hanno registrato una spesa corrente media pro-capite inferiore a quella media pro-capite della classe demografica di appartenenza e incrementata del 10 per cento per i restanti enti locali. Per le comunità isolane e le unioni di comuni di cui al comma 1 l’incremento è dell’11,5 per cento. Per l’individuazione della spesa media del triennio si tiene conto della media dei pagamenti, in conto competenza e in conto residui, e per l’individuazione della popolazione, ai fini dell’appartenenza alla classe demografica, si tiene conto della popolazione residente calcolata secondo i criteri previsti dall’articolo 156 del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267. Con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, da emanare entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, è stabilita la spesa media pro-capite per ciascuna delle classi demografiche di seguito indicate:

1) province con popolazione fino a 400.000 abitanti e superficie fino a 3.000 Kmq;

2) province con popolazione fino a 400.000 abitanti e superficie superiore a 3.000 Kmq;

3) province con popolazione superiore a 400.000 abitanti e superficie fino a 3.000 Kmq;

4) province con popolazione superiore a 400.000 abitanti e superficie superiore a 3.000 Kmq;

5) comuni da 3.000 a 4.999 abitanti;

6) comuni da 5.000 a 9.999 abitanti;

7) comuni da 10.000 a 19.999 abitanti;

8) comuni da 20.000 a 59.999 abitanti;

9) comuni da 60.000 a 99.999 abitanti;

10) comuni da 100.000 a 249.999 abitanti;

11) comuni da 250.000 a 499.999 abitanti;

12) comuni da 500.000 abitanti ed oltre;

13) comunità montane con popolazione superiore a 10.000 e fino a 50.000 abitanti;

14) comunità montane con popolazione superiore a 50.000 abitanti;

b) per gli anni 2006 e 2007 si applica la percentuale di incremento del 2 per cento alle corrispondenti spese correnti e in conto capitale determinate per l’anno precedente in conformità agli obiettivi stabiliti dal presente articolo.

25. Per gli stessi fini di cui al comma 23, per l’anno 2005, il complesso delle spese correnti e delle spese in conto capitale, determinato ai sensi del comma 26, per ciascuna regione a statuto ordinario non può essere superiore al corrispondente ammontare di spese dell’anno 2003 incrementato del 4,8 per cento. Per gli anni 2006 e 2007 si applica la percentuale di incremento del 2 per cento alle corrispondenti spese correnti e in conto capitale determinate per l’anno precedente in conformità agli obiettivi stabiliti dal presente articolo.

26. Il complesso delle spese di cui ai commi 23 e 24 è calcolato, sia per la gestione di competenza che per quella di cassa, quale somma tra le spese correnti e quelle in conto capitale al netto delle:

a) spese di personale, cui si applica la specifica disciplina di settore;

b) spese per la sanità per le regioni che sono disciplinate dai commi da 169 a 182;

c) spese derivanti dall’acquisizione di partecipazioni azionarie e di altre attività finanziarie, dai conferimenti di capitale e dalle concessioni di crediti;

d) spese per trasferimenti destinati alle amministrazioni pubbliche individuate in applicazione dei commi da 5 a 7;

e) spese connesse agli interventi a favore dei minori soggetti a provvedimenti dell’autorità giudiziaria minorile;

f) spese per calamità naturali per le quali sia stato dichiarato lo stato di emergenza nonché quelle sostenute dai comuni per il completamento dell’attuazione delle ordinanze emanate dal Presidente del Consiglio dei ministri a seguito di dichiarazioni di stato di emergenza.

27. Limitatamente all’anno 2005 il complesso delle spese di cui al comma 26 è calcolato anche al netto delle spese in conto capitale derivanti da interventi cofinanziati dall’Unione europea, ivi comprese le corrispondenti quote di parte nazionale.

28. Gli enti possono eccedere i limiti di spesa stabiliti dai commi 23 e 24 solo per spese di investimento e nei limiti dei proventi derivanti da alienazione di beni immobili, mobili, nonché delle erogazioni a titolo gratuito e liberalità. Le regioni possono destinare le nuove entrate alla copertura degli eventuali disavanzi di gestione accertati nel settore sanitario.

29. Le spese in conto capitale degli enti locali che eccedono il limite di spesa stabilito dal presente articolo possono essere anticipate a carico di un apposito fondo istituito presso la gestione separata della Cassa depositi e prestiti Spa. Il fondo è dotato per l’anno 2005 di euro 250 milioni. Le anticipazioni sono estinte dagli enti locali entro il 31 dicembre 2006 e i relativi interessi, determinati e liquidati sulla base di quanto previsto ai commi 2, 3 e 4 dell’articolo 6 del decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 5 dicembre 2003, pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 288 del 12 dicembre 2003, valutati in 10 milioni di euro, sono a carico del bilancio statale. Le anticipazioni sono corrisposte dalla Cassa depositi e prestiti Spa direttamente ai soggetti beneficiari secondo indicazioni e priorità fissate dal Comitato interministeriale per la programmazione economica (CIPE). Gli enti locali comunicano al CIPE e alla Cassa depositi e prestiti Spa, entro il 31 gennaio 2005, le spese che presentano le predette caratteristiche e, ove ad esse connessi, i progetti a cui si riferiscono, nonché le scadenze di pagamento e le coordinate dei soggetti beneficiari.

30. Fermo restando quanto previsto ai commi 28 e 29, al fine di promuovere lo sviluppo economico, è autorizzata la spesa di euro 201.500.000 per l’anno 2005, di euro 176.500.000 per l’anno 2006 e di euro 170.500.000 per l’anno 2007 per la concessione di contributi statali al finanziamento di interventi diretti a tutelare l’ambiente e i beni culturali, e comunque a promuovere lo sviluppo economico e sociale del territorio. Possono accedere ai contributi gli interventi realizzati dagli enti destinatari nei rispettivi territori per il risanamento e il recupero dell’ambiente e per la tutela dei beni culturali.

31. Il Ministro dell’economia e delle finanze, individua con proprio decreto gli interventi e gli enti destinatari dei contributi di cui al comma 30 sulla base dei progetti preliminari da presentare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, in coerenza con apposito atto di indirizzo parlamentare. Il Ministero dell’economia e delle finanze provvede all’erogazione dei contributi in favore degli enti destinatari.

32. Al fine di consentire il monitoraggio degli adempimenti relativi al patto di stabilità interno, anche secondo i criteri adottati in contabilità nazionale, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, le province e i comuni con popolazione superiore a 30.000 abitanti e le comunità montane con popolazione superiore a 50.000 abitanti trasmettono trimestralmente al Ministero dell’economia e delle finanze – Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, entro trenta giorni dalla fine del periodo di riferimento, utilizzando il sistema web appositamente previsto per il patto di stabilità interno nel sito www.pattostabilità.rgs.tesoro.it, le informazioni riguardanti sia la gestione di competenza che quella di cassa, attraverso un prospetto e con le modalità definiti con decreto del predetto Ministero, di concerto con il Ministero dell’interno, sentiti la Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e l’ISTAT.

33. Le province e i comuni con popolazione superiore a 5.000 abitanti sono tenuti a predisporre entro il mese di febbraio una previsione di cassa cumulata e articolata per trimestri del complesso delle spese come definite dal comma 4 coerente con l’obiettivo annuale, che comunicano, le province e i comuni con popolazione superiore a 30.000 abitanti al Ministero dell’economia e delle finanze attraverso il sistema web, e i comuni con popolazione superiore a 5.000 e fino a 30.000 abitanti alle Ragionerie provinciali dello Stato competenti per territorio. Il collegio dei revisori dei conti dell’ente locale verifica, entro il mese successivo al trimestre di riferimento, il rispetto dell’obiettivo trimestrale e la sua coerenza con l’obiettivo annuale e, in caso di inadempienza, ne dà comunicazione sia all’ente che al Ministero dell’economia e delle finanze, per le province e i comuni con popolazione superiore a 30.000 abitanti attraverso il predetto sistema web, e alle Ragionerie provinciali dello Stato competenti per territorio per i comuni con popolazione superiore a 5.000 e fino a 30.000 abitanti. I comuni con popolazione superiore a 3.000 e fino a 5.000 abitanti e le comunità montane con popolazione superiore a 10.000 abitanti predispongono, entro il mese di marzo, una previsione di cassa semestrale alla cui verifica e comunicazione alle Ragionerie provinciali dello Stato competenti per territorio provvede il revisore dei conti dell’ente. A seguito dell’accertamento del mancato rispetto dell’obiettivo trimestrale, o semestrale, gli enti sono tenuti nel trimestre, o nel semestre, successivo a riassorbire lo scostamento registrato intervenendo sui pagamenti, computati ai sensi del comma 26, nella misura necessaria a garantire il rientro delle spese nei limiti stabiliti. Restano ferme per il mancato conseguimento degli obiettivi annuali le disposizioni recate dai commi 34, 35, 36 e 37.

34. Per gli enti locali, l’organo di revisione economico-finanziaria previsto dall’articolo 234 del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, verifica il rispetto degli obiettivi annuali del patto, sia in termini di competenza che di cassa, e in caso di mancato rispetto ne dà comunicazione al Ministero dell’interno sulla base di un modello e con le modalità che verranno definiti con decreto del Ministero dell’interno, di concerto con il Ministero dell’economia e delle finanze.

35. Gli enti locali che non hanno rispettato gli obiettivi del patto di stabilità interno stabiliti per l’anno precedente non possono a decorrere dall’anno 2006:

a) effettuare spese per acquisto di beni e servizi in misura superiore alla corrispondente spesa dell’ultimo anno in cui si è accertato il rispetto degli obiettivi del patto di stabilità interno, ovvero, ove l’ente sia risultato sempre inadempiente, in misura superiore a quella del penultimo anno precedente ridotta del 10 per cento. Per gli enti locali soggetti al patto di stabilità interno dall’anno 2005 il limite è commisurato, in sede di prima applicazione, al livello delle spese dell’anno 2003;

b) procedere ad assunzioni di personale a qualsiasi titolo;

c) ricorrere all’indebitamento per gli investimenti.

36. La disposizione di cui al comma 35 si applica anche nel 2005 per le province e i comuni con popolazione superiore a 5.000 abitanti che non hanno rispettato gli obiettivi del patto di stabilità interno per l’anno 2004.

37. A decorrere dall’anno 2006, i mutui e i prestiti obbligazionari posti in essere dagli enti di cui al comma 23 con istituzioni creditizie e finanziarie per il finanziamento degli investimenti devono essere corredati da apposita attestazione da cui risulti il conseguimento degli obiettivi del patto di stabilità interno per l’anno precedente. L’istituto finanziatore o l’intermediario finanziario non possono procedere al finanziamento o al collocamento del prestito in assenza della predetta attestazione, che deve essere acquisita anche per l’anno 2005 con riferimento agli obiettivi del patto di stabilità interno delle province e dei comuni con popolazione superiore a 5.000 abitanti.

38. Gli enti di nuova istituzione nell’anno 2005, o negli anni successivi, sono soggetti alle regole dei commi da 23 a 55 dall’anno in cui è disponibile la base di calcolo su cui applicare gli incrementi di spesa stabiliti al comma 24.

39. Attraverso le loro associazioni, le province, i comuni e le comunità montane concorrono al monitoraggio sull’andamento delle spese. Le comunicazioni previste dai commi 32, 33 e 34 sono trasmesse anche all’Unione delle province d’Italia (UPI), all’Associazione nazionale dei comuni italiani (ANCI) e all’Unione nazionale comuni, comunità ed enti montani (UNCEM), per via telematica.

40. Per gli esercizi 2005, 2006 e 2007, le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano concordano, entro il 31 marzo di ciascun anno, con il Ministero dell’economia e delle finanze, il livello delle spese correnti e in conto capitale, nonchè dei relativi pagamenti, in coerenza con gli obiettivi di finanza pubblica per il periodo 2005-2007. In caso di mancato accordo si applicano le disposizioni di cui ai commi da 23 a 55

41. Per gli enti locali dei rispettivi territori provvedono alle finalità di cui ai commi da 23 a 55 le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano ai sensi delle competenze alle stesse attribuite dai rispettivi statuti di autonomia e dalle relative norme di attuazione. Qualora le predette regioni e province autonome non provvedano entro il 31 marzo di ciascun anno, si applicano, per gli enti locali dei rispettivi territori, le disposizioni di cui ai commi da 23 a 55

42. Resta ferma la facoltà delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano di estendere le regole del patto di stabilità interno nei confronti degli enti ed organismi strumentali.

43. Sono abrogate le disposizioni recate dall’articolo 29 della legge 27 dicembre 2002, n. 289, e successive modificazioni, limitatamente alle regole del patto di stabilità interno previsto per gli enti territoriali per gli anni 2005 e successivi.

44. L’affidamento da parte degli enti locali di incarichi di studio o di ricerca, ovvero di consulenze a soggetti estranei all’amministrazione, deve essere adeguatamente motivato con specifico riferimento all’assenza di strutture organizzative o professionalità interne all’ente in grado di assicurare i medesimi servizi, ad esclusione degli incarichi conferiti ai sensi della legge 11 febbraio 1994, n. 109, e successive modificazioni. In ogni caso l’atto di affidamento di incarichi e consulenze di cui al primo periodo deve essere corredato della valutazione dell’organo di revisione economico-finanziaria dell’ente locale e deve essere trasmesso alla Corte dei conti. L’affidamento di incarichi in difformità dalle previsioni di cui al presente comma costituisce illecito disciplinare e determina responsabilità erariale. Le disposizioni di cui al presente comma si applicano agli enti con popolazione superiore a 5.000 abitanti.

45. I proventi delle concessioni edilizie e delle sanzioni previste dal testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, possono essere destinati al finanziamento di spese correnti entro il limite del 75 per cento per il 2005 e del 50 per cento per il 2006.

46. All’articolo 204 del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al comma 1, dopo le parole: «nuovi mutui» sono inserite le seguenti: «e accedere ad altre forme di finanziamento reperibili sul mercato» e le parole: «25 per cento» sono sostituite dalle seguenti: «12 per cento»;

b) dopo il comma 2, è inserito il seguente:

«2-bis. Le disposizioni del comma 2 si applicano, ove compatibili, alle altre forme di indebitamento cui l’ente locale acceda».

47. Gli enti che alla data di entrata in vigore della presente legge superino il limite di indebitamento di cui al comma 1 dell’articolo 204 del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, come modificato dal comma 46, sono tenuti a ridurre il proprio livello di indebitamento entro i seguenti termini:

a) un importo annuale degli interessi di cui al citato comma 1 dell’articolo 204 non superiore al 20 per cento entro la fine dell’esercizio 2008;

b) un importo annuale degli interessi di cui al citato comma 1 dell’articolo 204 non superiore al 16 per cento entro la fine dell’esercizio 2010;

c) un importo annuale degli interessi di cui al citato comma 1 dell’articolo 204 non superiore al 12 per cento entro la fine dell’esercizio 2013.

48. All’articolo 101 del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al comma 1, le parole: «quattro anni» sono sostituite dalle seguenti: «due anni»;

b) al comma 4, le parole: «quattro anni» sono sostituite dalle seguenti: «due anni».

49. In vigenza di disposizioni che stabiliscono un regime di limitazione delle assunzioni di personale a tempo indeterminato, sono consentiti trasferimenti per mobilità, anche intercompartimentale, tra amministrazioni sottoposte al regime di limitazione, nel rispetto delle disposizioni sulle dotazioni organiche e, per gli enti locali, purchè abbiano rispettato il patto di stabilità interno per l’anno precedente.

50. In caso di mobilità presso altre pubbliche amministrazioni, con la conseguente cancellazione dall’albo, nelle more della nuova disciplina contrattuale, i segretari comunali e provinciali appartenenti alle fasce professionali A e B possono essere collocati, analogamente a quanto previsto per i segretari appartenenti alla fascia C, nella categoria o area professionale più alta prevista dal sistema di classificazione vigente presso l’amministrazione di destinazione, previa espressa manifestazione di volontà in tale senso.

51. Nell’ambito del processo di mobilità di cui al comma 50, i soggetti che abbiano prestato servizio effettivo di ruolo come segretari comunali o provinciali per almeno tre anni e che si siano avvalsi della facoltà di cui all’articolo 18 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 4 dicembre 1997, n. 465, sono inquadrati, nei limiti del contingente di cui al comma 101, nei ruoli unici delle amministrazioni in cui prestano servizio alla data di entrata in vigore della presente legge, ovvero di altre amministrazioni in cui si riscontrano carenze di organico, previo consenso dell’interessato, ai sensi ed agli effetti delle disposizioni in materia di mobilità e delle condizioni del contratto collettivo vigenti per la categoria.

52. All’articolo 10, comma 10, lettera c), del decreto-legge 18 gennaio 1993, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 marzo 1993, n. 68, le parole: «lire 50.000» e «lire 150.000» sono sostituite, rispettivamente, dalle seguenti: «euro 51,65» e «euro 516,46».

53. Per gli anni 2005, 2006 e 2007 è consentita la variazione in aumento dell’aliquota di compartecipazione dell’addizionale comunale all’imposta sul reddito delle persone fisiche, di cui al comma 3 dell’articolo 1 del decreto legislativo 28 settembre 1998, n. 360, e successive modificazioni, ai soli enti che, alla data di entrata in vigore della presente legge, non si siano avvalsi della facoltà di aumentare la suddetta addizionale. L’aumento deve comunque essere limitato entro la misura complessiva dello 0,1 per cento. Fermo restando quanto stabilito al primo e al secondo periodo, fino al 31 dicembre 2006 restano sospesi gli effetti degli aumenti delle addizionali e delle maggiorazioni di cui alla lettera a) del comma 1 dell’articolo 3 della legge 27 dicembre 2002, n. 289, eventualmente deliberati. Gli effetti decorrono, in ogni caso, dal periodo d’imposta successivo alla predetta data.

54. Ai fini del comma 2 dell’articolo 4 del decreto legislativo 12 dicembre 2003, n. 344, è istituito per l’anno 2005, presso lo stato di previsione del Ministero dell’interno, il fondo per il rimborso agli enti locali delle minori entrate derivanti dall’abolizione del credito d’imposta con una dotazione di 10 milioni di euro. Con regolamento emanato ai sensi dell’articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dell’interno, sono dettate le disposizioni per l’attuazione della disposizione di cui al presente comma e per la ripartizione del fondo.

55. All’articolo 3, comma 51, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, il secondo periodo è soppresso.

56. Per l’anno 2005 è istituito, presso il Ministero dell’interno, con finalità di riequilibrio economico e sociale, il fondo per l’insediamento nei comuni montani con popolazione inferiore a 1.000 abitanti, sottodotati ai sensi del decreto legislativo 30 giugno 1997, n. 244, con una dotazione di 5 milioni di euro per il 2005.

57. Il fondo di cui al comma 56 è finalizzato, oltre a quanto previsto dal medesimo comma 1, al riequilibrio insediativo, quindi all’incentivazione dell’insediamento nei centri abitati di attività artigianali e commerciali, al recupero di manufatti, edifici e case rurali per finalità economiche e abitative, al recupero degli antichi mestieri.

58. Entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge il Ministro dell’interno definisce con proprio decreto i criteri di ripartizione e le modalità per l’accesso ai finanziamenti di cui ai commi 56 e 57.

59. Per il triennio 2005-2007, gli enti indicati nell’elenco 1 allegato alla presente legge, ad eccezione degli enti di previdenza di cui ai decreti legislativi 30 giugno 1994, n. 509, e successive modificazioni, e 10 febbraio 1996, n. 103, e successive modificazioni, delle altre associazioni e fondazioni di diritto privato e degli enti del sistema camerale, possono incrementare per l’anno 2005 le proprie spese, al netto delle spese di personale, in misura non superiore all’ammontare delle spese dell’anno 2003 incrementato del 4,5 per cento. Per gli anni 2006 e 2007 si applica la percentuale di incremento del 2 per cento alle corrispondenti spese determinate per l’anno precedente con i criteri stabiliti dal presente articolo. Per le spese di personale si applica la specifica disciplina di settore. A regioni, province, comuni, comunità montane, comunità isolane, unioni di comuni, nonché agli enti indicati nell’articolo 3, commi 1 e 2, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, si applica la disciplina ivi prevista.

60. Con riferimento alla perdita di gettito realizzata dalle regioni a statuto ordinario per gli anni 2003 e successivi, a seguito della riduzione dell’accisa sulla benzina non compensata dal maggior gettito delle tasse automobilistiche, come determinato dall’articolo 17, comma 22, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, viene riconosciuto l’importo di euro 342,583 milioni. Detto importo è ripartito tra le regioni entro il 30 aprile 2005, con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, e integra i trasferimenti soppressi di cui all’articolo 1, comma 1, del decreto legislativo 18 febbraio 2000, n. 56, ai fini dell’aliquota definitiva da determinare entro il 31 luglio 2005 ai sensi dell’articolo 5, comma 3, del medesimo decreto legislativo n. 56 del 2000, e successive modificazioni. Il decreto è predisposto sulla base della proposta delle regioni da presentare in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano.

61. Ai fini della determinazione dell’aliquota definitiva di cui al comma 60 si tiene altresì conto dei trasferimenti attribuiti per l’anno 2004 alle regioni a statuto ordinario in applicazione dell’articolo 70 della legge 28 dicembre 2001, n. 448. Il fondo di cui al citato articolo 70 è soppresso.

62. Il Fondo di cui all’articolo 52, comma 8, della legge 23 dicembre 2000, n. 388, è utilizzato anche per l’esercizio delle funzioni conferite agli enti territoriali ai sensi dell’articolo 7 della legge 5 giugno 2003, n. 131.

63. Salvo quanto disposto nel comma 180, la sospensione degli aumenti delle addizionali all’imposta sul reddito e delle maggiorazioni dell’aliquota dell’imposta regionale sulle attività produttive di cui all’articolo 3, comma 1, lettera a) della legge 27 dicembre 2002, n. 289, e all’articolo 2, comma 21 della legge 24 dicembre 2003, n. 350 è confermata sino al 31 dicembre 2005. Resta ferma l’applicazione del predetto comma 22 dell’articolo 2 della legge n. 350 del 2003 alle disposizioni regionali in materia di IRAP diverse da quelle riguardanti la maggiorazione dell’aliquota, nonché, unitamente al comma 23 del medesimo articolo, alle disposizioni regionali in materia di tassa automobilistica; le regioni possono modificare tali disposizioni nei soli limiti dei poteri loro attribuiti dalla normativa statale di riferimento ed in conformità con essa.

64. Sono autorizzate, a carico di somme a qualsiasi titolo spettanti, le compensazioni degli importi a credito e a debito di ciascuna regione, connessi alle perdite di entrata realizzate dalle stesse per effetto delle disposizioni recate dall’articolo 17, comma 22, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, indicate, solo a questo fine, nella tabella di riparto approvata con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze sulla base della proposta presentata dalle regioni in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano. Tale compensazione sarà effettuata dal Ministero dell’economia e delle finanze - Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, in quattro rate annuali di eguale importo a partire dall’esercizio 2005.

66. I trasferimenti erariali per l’anno 2005 di ogni singolo ente locale sono determinati in base alle disposizioni recate dall’articolo 31, comma 1, primo periodo, della legge 27 dicembre 2002, n. 289.

67. Per l’anno 2005, l’incremento delle risorse, pari a 340 milioni di euro, derivante dal reintegro della riduzione dei trasferimenti erariali conseguente alla cessazione dell’efficacia delle disposizioni di cui all’articolo 24, comma 9, della legge 28 dicembre 2001, n. 448, è attribuito, quanto ad euro 260 milioni, a favore degli enti locali per confermare i contributi di cui all’articolo 3, commi 27, 35, secondo periodo, 36 e 141, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, e quanto ad 80 milioni di euro in favore dei comuni di cui all’articolo 9, comma 3, del decreto legislativo 30 giugno 1997, n. 244.

68. Le disposizioni in materia di compartecipazione provinciale e comunale al gettito dell’imposta sul reddito delle persone fisiche di cui all’articolo 31, comma 8, della legge 27 dicembre 2002, n. 289, già confermate per l’anno 2004 dall’articolo 2, comma 18, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, sono prorogate per l’anno 2005.

70. Gli enti locali di cui all’articolo 2, comma 1, del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, hanno facoltà di utilizzare le entrate derivanti dal plusvalore realizzato con l’alienazione di beni patrimoniali, inclusi i beni immobili, per il rimborso della quota di capitale delle rate di ammortamento dei mutui.

71. In deroga alle disposizioni dell’articolo 3, comma 3, della legge 27 luglio 2000, n. 212, concernente l’efficacia temporale delle norme tributarie, i termini per l’accertamento dell’imposta comunale sugli immobili che scadono il 31 dicembre 2004 sono prorogati al 31 dicembre 2005, limitatamente alle annualità d’imposta 2000 e successive.

72. Al testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all’articolo 42, comma 2, la lettera h) è sostituita dalla seguente:

«h) contrazione di mutui e aperture di credito non previste espressamente in atti fondamentali del consiglio ed emissioni di prestiti obbligazionari»;

b) all’articolo 204, comma 2, le lettere a) e b) sono sostituite dalle seguenti:

«a) l’ammortamento non può avere durata inferiore ai cinque anni;

b) la decorrenza dell’ammortamento deve essere fissata al 1º gennaio dell’anno successivo a quello della stipula del contratto. In alternativa, la decorrenza dell’ammortamento può essere posticipata al 1º luglio seguente o al 1º gennaio dell’anno successivo e, per i contratti stipulati nel primo semestre dell’anno, può essere anticipata al 1º luglio dello stesso anno»;

c) dopo l’articolo 205 è inserito il seguente:

«Art. 205-bis (Contrazione di aperture di credito) – 1. Gli enti locali sono autorizzati a contrarre aperture di credito nel rispetto della disciplina di cui al presente articolo.

2. Le spese per investimenti finanziate con il contratto di apertura di credito si considerano impegnate all’atto della stipula del contratto stesso e per l’ammontare dell’importo del progetto o dei progetti definitivi o esecutivi finanziati; alla chiusura dell’esercizio le somme oggetto del contratto di apertura di credito costituiscono residui attivi.

3. Il ricorso alle aperture di credito è possibile solo se sussistono le condizioni di cui all’articolo 203, comma 1, e nel rispetto dei limiti di cui all’articolo 204, comma 1, calcolati con riferimento all’importo complessivo dell’apertura di credito stipulata.

4. L’utilizzo del ricavato dell’operazione è sottoposto alla disciplina di cui all’articolo 204, comma 3.

5. I contratti di apertura di credito devono, a pena di nullità, essere stipulati in forma pubblica e contenere le seguenti clausole e condizioni:

a) la banca è tenuta ad effettuare erogazioni, totali o parziali, dell’importo del contratto in base alle richieste di volta in volta inoltrate dall’ente e previo rilascio da parte di quest’ultimo delle relative delegazioni di pagamento ai sensi dell’articolo 206. L’erogazione dell’intero importo messo a disposizione al momento della contrazione dell’apertura di credito ha luogo nel termine massimo di tre anni ferma restando la possibilità per l’ente locale di disciplinare contrattualmente le condizioni economiche di un eventuale utilizzo parziale;

b) gli interessi sulle aperture di credito devono riferirsi ai soli importi erogati. L’ammortamento di tali importi deve avere una durata non inferiore a cinque anni con decorrenza dal 1º gennaio o dal 1º luglio successivi alla data dell’erogazione;

c) le rate di ammortamento devono essere comprensive, sin dal primo anno, della quota capitale e della quota interessi;

d) unitamente alla prima rata di ammortamento delle somme erogate devono essere corrisposti gli eventuali interessi di preammortamento, gravati degli ulteriori interessi decorrenti dalla data di inizio dell’ammortamento e sino alla scadenza della prima rata;

e) deve essere indicata la natura delle spese da finanziare e, ove necessario, avuto riguardo alla tipologia dell’investimento, dato atto dell’intervenuta approvazione del progetto o dei progetti definitivi o esecutivi, secondo le norme vigenti;

f) deve essere rispettata la misura massima di tasso applicabile alle aperture di credito i cui criteri di determinazione sono demandati ad apposito decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dell’interno, da emanare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione.

6. Le aperture di credito sono soggette, al pari delle altre forme di indebitamento, al monitoraggio di cui all’articolo 41 della legge 28 dicembre 2001, n. 448, nei termini e modalità previsti dal relativo regolamento di attuazione, di cui al decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 1º dicembre 2003, n. 389. I modelli per la comunicazione delle caratteristiche finanziarie delle singole operazioni di apertura di credito sono pubblicati in allegato al decreto di cui alla lettera f) del comma 5»;

d) all’articolo 207, dopo il comma 1, è inserito il seguente:

«1-bis. A fronte di operazioni di emissione di prestiti obbligazionari effettuate congiuntamente da più enti locali, gli enti capofila possono procedere al rilascio di garanzia fideiussoria riferita all’insieme delle operazioni stesse. Contestualmente gli altri enti emittenti rilasciano garanzia fideiussoria a favore dell’ente capofila in relazione alla quota parte dei prestiti di propria competenza. Ai fini dell’applicazione del comma 4, la garanzia prestata dall’ente capofila concorre alla formazione del limite di indebitamento solo per la quota parte dei prestiti obbligazionari di competenza dell’ente stesso».

73. Per la gestione del fondo di ammortamento del debito di cui all’articolo 41, comma 2, della legge 28 dicembre 2001, n. 448, non si applica il principio di accentramento di ogni deposito presso il tesoriere stabilito dagli articoli 209, comma 3, e 211, comma 2, del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267.

74. All’articolo 41, comma 2, primo periodo, della legge 28 dicembre 2001, n. 448, sono soppresse le parole: «e contrarre mutui» e le parole: «o dell’accensione».

75. Lo Stato, le regioni, le province autonome di Trento e di Bolzano e gli enti locali sono tenuti a provvedere, se consentito dalle clausole contrattuali, alla conversione dei mutui con oneri di ammortamento anche parzialmente a carico dello Stato in titoli obbligazionari di nuova emissione o alla rinegoziazione, anche con altri istituti, dei mutui stessi, in presenza di condizioni di rifinanziamento che consentano una riduzione del valore finanziario delle passività totali. Nel valutare la convenienza dell’operazione di rifinanziamento si dovrà tenere conto anche delle commissioni. In caso di mutuo a tasso fisso, per la verifica delle condizioni di rifinanziamento, lo Stato o l’ente pubblico interessato osservano regolarmente i tassi di mercato e si attivano allorchè il tasso swap con scadenza pari alla vita media residua del mutuo sia inferiore al tasso del mutuo di almeno un punto percentuale.

76. Gli stanziamenti di bilancio previsti per il pagamento dei mutui con oneri integralmente o parzialmente a carico dello Stato sono proporzionalmente adeguati ai nuovi piani di ammortamento conseguenti alla conclusione delle operazioni di conversione o rinegoziazione dei mutui di cui al comma 75.

77. Ai fini dell’attuazione di quanto stabilito dai commi 75 e 76 l’ente pubblico è tenuto a trasmettere, entro trenta giorni dal perfezionamento delle operazioni di cui al comma 75, all’amministrazione statale interessata, la relativa documentazione contrattuale, compresi i piani di ammortamento o di rimborso.

78. In caso di nuove emissioni di titoli obbligazionari con rimborso del capitale in un’unica soluzione alla scadenza, è necessario che al momento dell’emissione venga costituito un fondo di ammortamento del debito o conclusa una operazione di swap per l’ammortamento dello stesso, secondo quanto disposto dall’articolo 2 del regolamento di cui al decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 1º dicembre 2003, n. 389.

79. Al fine del consolidamento dei conti pubblici rilevanti per il rispetto degli obiettivi adottati con l’adesione al patto di stabilità e crescita le rate di ammortamento dei mutui attivati dalle regioni, dalle province autonome di Trento e di Bolzano, dagli enti locali e dagli altri enti pubblici ad intero carico del bilancio dello Stato sono pagate agli istituti finanziatori direttamente dallo Stato.

80. Per le stesse finalità di cui al comma 79 e con riferimento agli enti pubblici diversi dallo Stato, il debito derivante dai mutui è iscritto nel bilancio dell’amministrazione pubblica che assume l’obbligo di corrispondere le rate di ammortamento agli istituti finanziatori, ancorchè il ricavato del prestito sia destinato ad un’amministrazione pubblica diversa. L’amministrazione pubblica beneficiaria del mutuo, nel caso in cui le rate di ammortamento siano corrisposte agli istituti finanziatori da un’amministrazione pubblica diversa, iscrive il ricavato del mutuo nelle entrate per trasferimenti in conto capitale con vincolo di destinazione agli investimenti. L’istituto finanziatore, contestualmente alla stipula dell’operazione di finanziamento, ne dà notizia all’amministrazione pubblica tenuta al pagamento delle rate di ammortamento che, unitamente alla contabilizzazione del ricavato dell’operazione tra le accensioni di prestiti, provvede all’iscrizione del corrispondente importo tra i trasferimenti in conto capitale al fine di consentire la regolazione contabile dell’operazione.

81. Le amministrazioni pubbliche sono tenute ad adeguarsi alle disposizioni di cui ai commi 79 e 80 con riferimento alle nuove operazioni finanziarie.

82. Il Ministero dell’economia e delle finanze - Dipartimento del tesoro procede alla gestione delle nuove posizioni finanziarie attive di sua competenza.

83. Al fine di sperimentare gli effetti del superamento del sistema di tesoreria unica il Ministro dell’economia e delle finanze, sentiti la Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, il Ministro dell’interno e il Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, individua con proprio decreto una regione, tre province, tre comunità montane, sei comuni e tre università nei quali durante l’anno 2005 i trasferimenti statali e le entrate proprie affluiscono direttamente ai tesorieri degli enti. L’individuazione degli enti, salvo che per la regione, viene effettuata assicurando la rappresentatività per aree geografiche; gli enti sono comunque individuati tra quelli che possono collegarsi, tramite i loro tesorieri, al sistema informativo delle operazioni degli enti pubblici (SIOPE) istituito ai sensi dell’articolo 28, commi 3, 4 e 5, della legge 27 dicembre 2002, n. 289. La rilevazione per via telematica riguarda i dati contabili sia ai fini del calcolo del fabbisogno di cassa sia ai fini del calcolo dell’indebitamento netto. Con il predetto decreto vengono altresì definiti i criteri, le modalità e i tempi della sperimentazione relativa sia alle entrate sia alle spese. In relazione ai risultati registrati la sperimentazione può essere estesa, nel corso dello stesso anno 2005, ad altri enti.

84. L’articolo 213 del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, è sostituito dal seguente:

«Art. 213 (Gestione informatizzata del servizio di tesoreria) – 1. Qualora l’organizzazione dell’ente e del tesoriere lo consentano il servizio di tesoreria può essere gestito con modalità e criteri informatici e con l’uso di ordinativi di pagamento e di riscossione informatici, in luogo di quelli cartacei, le cui evidenze informatiche valgono a fini di documentazione, ivi compresa la resa del conto del tesoriere di cui all’articolo 226.

2. La convenzione di tesoreria di cui all’articolo 210 può prevedere che la riscossione delle entrate e il pagamento delle spese possano essere effettuati, oltre che per contanti presso gli sportelli di tesoreria, anche con le modalità offerte dai servizi elettronici di incasso e di pagamento interbancari.

3. Gli incassi effettuati dal tesoriere mediante i servizi elettronici interbancari danno luogo al rilascio di quietanza o evidenza bancaria ad effetto liberatorio per il debitore; le somme rivenienti dai predetti incassi sono versate alle casse dell’ente, con rilascio della quietanza di cui all’articolo 214, non appena si rendono liquide ed esigibili in relazione ai servizi elettronici adottati e comunque nei tempi previsti nella predetta convenzione di tesoreria».

85. Ai fini della razionalizzazione e della semplificazione dell’attività amministrativa, con decreto da adottare ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, il Ministro degli affari esteri emana disposizioni per la semplificazione della gestione finanziaria degli uffici all’estero.

86. Per il contrasto e la prevenzione del rischio di utilizzazione illecita di finanziamenti pubblici, tutti gli enti e le società che fruiscono di finanziamenti a carico di bilanci pubblici o dell’Unione europea, anche sotto forma di esenzioni, incentivi o agevolazioni fiscali, in materia di avviamento, aggiornamento e formazione professionale, utilizzazione di lavoratori, sgravi contributivi per personale addetto all’attività produttiva, devono dotarsi entro il 31 ottobre 2005 di specifiche misure organizzative e di funzionamento idonee a prevenire il rischio del compimento di illeciti nel loro interesse o a loro vantaggio, nel rispetto dei princìpi previsti dal decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, predisposte ovvero verificate ed approvate dall’ente di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 19 marzo 2003, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 139 del 18 giugno 2003, secondo tariffe, predeterminate e pubbliche, determinate sulla base del costo effettivo del servizio, attribuite allo stesso ente mediante riassegnazione ai sensi del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 10 novembre 1999, n. 469. Dell’avvenuta adozione delle misure indicate al primo periodo viene data comunicazione al competente comitato di coordinamento finanziario regionale, per l’adozione delle rispettive iniziative ispettive e di verifica nei confronti dei soggetti che non risultino avere adottato le citate misure organizzative e di funzionamento. L’agenzia delle entrate comunica con evidenze informatiche all’ente di cui al primo periodo l’elenco dei soggetti che dichiarano di fruire delle agevolazioni o degli incentivi citati, per l’adozione delle conseguenti iniziative. Dall’attuazione del presente comma non possono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

87. Al fine di incentivare il passaggio dal sistema contributivo-indennizzatorio per danni all’agricoltura al sistema assicurativo contro i danni, l’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 1, comma 3, lettere b) e c), del decreto legislativo 29 marzo 2004, n. 102, Fondo di solidarietà nazionale - interventi indennizzatori, è ridotta di 50 milioni di euro per ciascuno degli anni 2005 e 2006 e il corrispondente importo è destinato agli interventi agevolativi per la stipula di contratti assicurativi contro i danni in agricoltura alla produzione e alle strutture, di cui all’articolo 1, comma 3, lettera a), del decreto legislativo 29 marzo 2004, n. 102, Fondo di solidarietà nazionale - incentivi assicurativi.

88. All’articolo 15 del decreto legislativo 29 marzo 2004, n. 102, il comma 3 è sostituito dal seguente:

«3. Per la dotazione finanziaria del Fondo di solidarietà nazionale-incentivi assicurativi destinato agli interventi di cui all’articolo 1, comma 3, lettera a), si provvede ai sensi dell’articolo 11, comma 3, lettera f), della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni. Per la dotazione finanziaria del Fondo di solidarietà nazionale - interventi indennizzatori, destinato agli interventi di cui all’articolo 1, comma 3, lettere b) e c), si provvede a valere sulle risorse del Fondo di protezione civile, come determinato ai sensi dell’articolo 11, comma 3, lettera d), della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni, nel limite stabilito annualmente dalla legge finanziaria».

89. Per gli stessi fini di cui al comma 87, per l’anno 2005 la dotazione del Fondo per la riassicurazione dei rischi, istituito presso l’Istituto per studi, ricerche e informazioni sul mercato agricolo (ISMEA), ai sensi dell’articolo 127, comma 3, della legge 23 dicembre 2000, n. 388, è incrementata di 50 milioni di euro, di cui 5 milioni di euro da destinare preferenzialmente agli interventi di riassicurazione relativi ai fondi rischi di mutualità.

90. Per gli interventi previsti all’articolo 66, comma 3, della legge 27 dicembre 2002, n. 289, la dotazione del Fondo di investimento nel capitale di rischio, previsto dal regolamento di cui al decreto del Ministro delle politiche agricole e forestali 22 giugno 2004, n. 182, è incrementata per l’anno 2005 di 50 milioni di euro.

91. Nell’ambito del Fondo per lo sviluppo dell’agricoltura biologica e di qualità di cui all’articolo 59, comma 2-bis, della legge 23 dicembre 1999, n. 488, e successive modificazioni, è istituito un apposito capitolo per l’attuazione del Piano d’azione nazionale per l’agricoltura biologica e i prodotti biologici con una dotazione di 5 milioni di euro per l’anno 2005, a valere, per la somma di 3 milioni di euro, sull’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 5, comma 7 della legge 21 marzo 2001, n. 122. Le modalità di spesa inerenti tale capitolo sono definite con apposito decreto del Ministro delle politiche agricole e forestali da emanare entro quattro mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge.

92. Ai fini di quanto disposto dall’articolo 48, comma 1, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, le risorse per la contrattazione collettiva nazionale previste dall’articolo 3, comma 46, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, a carico del bilancio statale, sono incrementate di 292 milioni di euro per l’anno 2005 e di 396 milioni di euro a decorrere dall’anno 2006.

93. Le risorse previste dall’articolo 3, comma 47, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, per corrispondere i miglioramenti retributivi al personale statale in regime di diritto pubblico sono incrementate di 119 milioni di euro per l’anno 2005 e di 159 milioni di euro a decorrere dall’anno 2006, con specifica destinazione, rispettivamente, di 105 milioni di euro e di 139 milioni di euro per il personale delle Forze armate e dei Corpi di polizia di cui al decreto legislativo 12 maggio 1995, n. 195.

94. Le somme di cui ai commi 92 e 93, comprensive degli oneri contributivi ai fini previdenziali e dell’IRAP, costituiscono l’importo complessivo massimo di cui all’articolo 11, comma 3, lettera h), della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni. A decorrere dal 2005, è stanziata la somma di un milione di euro da destinare alla copertura delle spese connesse alla responsabilità civile e amministrativa per gli eventi dannosi, non dolosi, causati a terzi dal personale delle Forze armate nello svolgimento delle proprie attività istituzionali.

95. Per il personale dipendente da amministrazioni, istituzioni ed enti pubblici diversi dall’amministrazione statale gli oneri derivanti dai rinnovi contrattuali per il biennio 2004-2005, nonché quelli derivanti dalla corresponsione dei miglioramenti economici al personale di cui all’articolo 3, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, sono posti a carico dei rispettivi bilanci ai sensi dell’articolo 48, comma 2, del medesimo decreto legislativo, tenuto anche conto dei risparmi derivanti dalle disposizioni di cui ai commi da 97 a110 riferite all’anno 2005. In sede di deliberazione degli atti di indirizzo previsti dall’articolo 47, comma 1, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, i comitati di settore provvedono alla quantificazione delle relative risorse e alla determinazione della quota da destinare all’incentivazione della produttività, attenendosi, quale tetto massimo di crescita delle retribuzioni, ai criteri previsti per il personale delle amministrazioni dello Stato di cui al comma 92.

96. Il decreto del Presidente della Repubblica 25 agosto 2004, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 225 del 24 settembre 2004, concernente le piante organiche degli enti di ricerca, si intende applicabile anche all’Istituto per lo sviluppo della formazione professionale dei lavoratori (ISFOL), di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 19 marzo 2003, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 139 del 18 giugno 2003.

97. Le dotazioni organiche delle amministrazioni dello Stato anche ad ordinamento autonomo, delle agenzie, incluse le agenzie fiscali di cui agli articoli 62, 63 e 64 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, e successive modificazioni, degli enti pubblici non economici, degli enti di ricerca e degli enti di cui all’articolo 70, comma 4, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, sono rideterminate, sulla base dei princìpi e criteri di cui all’articolo 1, comma 1, del predetto decreto legislativo e all’articolo 34, comma 1, della legge 27 dicembre 2002, n. 289, apportando una riduzione non inferiore al 5 per cento della spesa complessiva relativa al numero dei posti in organico di ciascuna amministrazione, tenuto comunque conto del processo di innovazione tecnologica. Ai predetti fini le amministrazioni adottano adeguate misure di razionalizzazione e riorganizzazione degli uffici, anche sulla base di quanto previsto dall’articolo 27 della presente legge, mirate ad una rapida e razionale riallocazione del personale ed alla ottimizzazione dei compiti direttamente connessi con le attività istituzionali e dei servizi da rendere all’utenza, con significativa riduzione del numero di dipendenti attualmente applicati in compiti logistico-strumentali e di supporto. Le amministrazioni interessate provvedono a tale rideterminazione secondo le disposizioni e le modalità previste dai rispettivi ordinamenti. Le amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, provvedono con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri su proposta del Ministro competente, di concerto con il Ministro per la funzione pubblica e con il Ministro dell’economia e delle finanze. Per le amministrazioni che non provvedono entro il 30 aprile 2005 a dare attuazione agli adempimenti contenuti nel presente comma la dotazione organica è fissata sulla base del personale in servizio, riferito a ciascuna qualifica, alla data del 31 dicembre 2004. In ogni caso alle amministrazioni e agli enti, finché non provvedono alla rideterminazione del proprio organico secondo le predette previsioni, si applica il divieto di cui all’articolo 6, comma 6, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165. Al termine del triennio 2005-2007 le amministrazioni di cui al presente comma rideterminano ulteriormente le dotazioni organiche per tener conto degli effetti di riduzione del personale derivanti dalle disposizioni del presente articolo. Sono comunque fatte salve le previsioni di cui al combinato disposto dell’articolo 3, commi 53, ultimo periodo, e 71, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, nonché le procedure concorsuali in atto alla data del 30 novembre 2004, le mobilità che l’amministrazione di destinazione abbia avviato alla data di entrata in vigore della presente legge e quelle connesse a processi di trasformazione o soppressione di amministrazioni pubbliche ovvero concernenti personale in situazione di eccedenza, compresi i docenti di cui all’articolo 35, comma 5, terzo periodo, della legge 27 dicembre 2002, n. 289. Ai fini del concorso delle autonomie regionali e locali al rispetto degli obiettivi di finanza pubblica, le disposizioni di cui al presente comma costituiscono princìpi e norme di indirizzo per le predette amministrazioni e per gli enti del Servizio sanitario nazionale, che operano le riduzioni delle rispettive dotazioni organiche secondo l’ambito di applicazione da definire con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di cui al comma 102.

98. Le disposizioni di cui al comma 97 non si applicano alle Forze armate, al Corpo nazionale dei vigili del fuoco, ai Corpi di polizia, al personale della carriera diplomatica e prefettizia, ai magistrati ordinari, amministrativi e contabili, agli avvocati e procuratori dello Stato, agli ordini e collegi professionali e relativi consigli e federazioni, alle università, al comparto scuola ed alle istituzioni di alta formazione e specializzazione artistica e musicale.

99. Per gli anni 2005, 2006 e 2007 alle amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, alle agenzie, incluse le agenzie fiscali di cui agli articoli 62, 63 e 64 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, e successive modificazioni, agli enti pubblici non economici, agli enti di ricerca ed agli enti di cui all’articolo 70, comma 4, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, è fatto divieto di procedere ad assunzioni di personale a tempo indeterminato, ad eccezione delle assunzioni relative alle categorie protette. Il divieto si applica anche alle assunzioni dei segretari comunali e provinciali nonché al personale di cui all’articolo 3 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni. Per le regioni, le autonomie locali ed il Servizio sanitario nazionale si applicano le disposizioni di cui al comma 102. Sono fatte salve le norme speciali concernenti le assunzioni di personale contenute: nell’articolo 3, commi 59, 70, 146 e 153, e nell’articolo 4, comma 64, della legge 24 dicembre 2003, n. 350; nell’articolo 2 del decreto-legge 30 gennaio 2004, n. 24, convertito, con modificazioni, dalla legge 31 marzo 2004, n. 87, nell’articolo 1, comma 2, della legge 27 marzo 2004, n. 77, e nell’articolo 2, comma 2-ter, del decreto-legge 27 gennaio 2004, n. 16, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 marzo 2004, n. 77. Sono fatte salve le assunzioni connesse con la professionalizzazione delle Forze armate di cui alla legge 14 novembre 2000, n. 331, al decreto legislativo 8 maggio 2001, n. 215, ed alla legge 23 agosto 2004, n. 226. Sono, altresì, fatte salve le assunzioni autorizzate con decreto del Presidente della Repubblica del 25 agosto 2004, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 225 del 24 settembre 2004, e quelle di cui ai decreti del Presidente del Consiglio dei ministri del 27 luglio 2004, pubblicati nella Gazzetta Ufficiale n. 224 del 23 settembre 2004, non ancora effettuate alla data di entrata in vigore della presente legge. È consentito, in ogni caso, il ricorso alle procedure di mobilità, anche intercompartimentale.

100. Per fronteggiare indifferibili esigenze di servizio di particolare rilevanza ed urgenza, in deroga al divieto di cui al comma 99, per ciascuno degli anni 2005, 2006 e 2007, le amministrazioni ivi previste possono procedere ad assunzioni, previo effettivo svolgimento delle procedure di mobilità, nel limite di un contingente complessivo di personale corrispondente ad una spesa annua lorda pari a 120 milioni di euro a regime. A tal fine è costituito un apposito fondo nello stato di previsione della spesa del Ministero dell’economia e delle finanze con uno stanziamento pari a 40 milioni di euro per l’anno 2005, a 160 milioni di euro per l’anno 2006, a 280 milioni di euro per l’anno 2007 e a 360 milioni di euro a decorrere dall’anno 2008. Per ciascuno degli anni 2005, 2006 e 2007, nel limite di una spesa pari a 40 milioni di euro in ciascun anno iniziale e a 120 milioni di euro a regime, le autorizzazioni ad assumere vengono concesse secondo le modalità di cui all’articolo 39, comma 3-ter, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, e successive modificazioni.

101. Nell’ambito delle procedure e nei limiti di autorizzazione all’assunzione di cui al comma 100 è prioritariamente considerata l’immissione in servizio:

a) del personale del settore della ricerca;

b) del personale che presti attualmente o abbia prestato servizio per almeno due anni in posizione di comando o distacco presso l’Azienda per la promozione dell’ambiente e per i servizi tecnici ai sensi dell’articolo 2, comma 6, del decreto-legge 11 giugno 1998, n. 180, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 1998, n. 267;

c) per la copertura delle vacanze organiche nei ruoli degli ufficiali giudiziari C1 e nei ruoli dei cancellieri C1 dell’amministrazione giudiziaria, dei vincitori e degli idonei al concorso pubblico per la copertura di 443 posti di ufficiale giudiziario C1, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale, 4ª serie speciale, n. 98 del 13 dicembre 2002;

d) del personale del Consiglio per la ricerca e la sperimentazione in agricoltura;

e) dei candidati a magistrato del Consiglio di Stato risultati idonei al concorso a posti di consiglieri di Stato che abbiano conservato, senza soluzione di continuità, i requisiti per la nomina a tale qualifica fino alla data di entrata in vigore della presente legge;

f) a decorrere dal 2006, dei dirigenti e funzionari del Ministero dell’economia e delle finanze e delle Agenzie fiscali previo superamento di uno speciale corso-concorso pubblico unitario, bandito e curato dalla Scuola superiore dell’economia e delle finanze e disciplinato con decreto non regolamentare del Ministro dell’economia e delle finanze, anche in deroga al decreto legislativo n. 165 del 2001. A tal fine e per le ulteriori finalità istituzionali della suddetta Scuola, possono essere utilizzate le attività di cui all’articolo 19, comma 2, della legge 27 luglio 2000, n. 212;

g) del personale necessario per assicurare il rispetto degli impegni internazionali e al controllo dei confini dello Stato;

h) degli addetti alla difesa nazionale e dei vincitori di concorsi banditi per le esigenze di personale civile degli arsenali della Marina militare ed espletati alla data del 30 settembre 2004.

102. Ai fini del concorso delle autonomie regionali e locali al rispetto degli obiettivi di finanza pubblica, con decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, da emanare previo accordo tra Governo, regioni e autonomie locali da concludere in sede di Conferenza unificata, per le amministrazioni regionali, gli enti locali di cui all’articolo 2, commi 1 e 2, del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, e gli enti del Servizio sanitario nazionale, sono fissati criteri e limiti per le assunzioni a tempo indeterminato per il triennio 2005-2007. Per ciascuno degli anni 2005, 2006 e 2007 le assunzioni, previa attivazione delle procedure di mobilità, devono essere contenute, fatta eccezione per il personale infermieristico del Servizio sanitario nazionale, entro percentuali non superiori al 20 per cento per l’anno 2005, al 20 per cento per l’anno 2006 ed al 50 per cento per l’anno 2007 delle cessazioni dal servizio verificatesi nel corso dell’anno precedente tenuto conto, in relazione alla tipologia degli enti, della dimensione demografica, dei profili professionali del personale da assumere, della essenzialità dei servizi da garantire e della incidenza delle spese del personale sulle entrate correnti. Fino all’emanazione dei decreti di cui al presente comma trovano applicazione le disposizioni di cui al comma 99. Le province e i comuni che non abbiano rispettato le regole del patto di stabilità interno non possono procedere ad assunzioni di personale a qualsiasi titolo nell’anno successivo a quello del mancato rispetto. I singoli enti in caso di assunzioni di personale devono autocertificare il rispetto delle disposizioni del patto di stabilità interno per l’anno precedente quello nel quale vengono disposte le assunzioni. In ogni caso sono consentite, previa autocertificazione degli enti, le assunzioni connesse al passaggio di funzioni e competenze alle regioni e agli enti locali il cui onere sia coperto dai trasferimenti erariali compensativi della mancata assegnazione di unità di personale. Per le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e l’Unioncamere, con decreto del Ministero delle attività produttive, d’intesa con la Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento della funzione pubblica e con il Ministero dell’economia e delle finanze, sono individuati specifici indicatori di equilibrio economico-finanziario, volti a fissare criteri e limiti per le assunzioni a tempo indeterminato, nel rispetto delle percentuali di cui al presente comma.

103. Le disposizioni in materia di assunzioni di cui ai commi da 97 a 111 si applicano anche al trattenimento in servizio di cui all’articolo 1-quater del decreto-legge 28 maggio 2004, n. 136, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 luglio 2004, n. 186. A tal fine, per il comparto scuola si applica la specifica disciplina autorizzatoria delle assunzioni.

104. I termini di validità delle graduatorie per le assunzioni di personale presso le amministrazioni pubbliche che per gli anni 2005, 2006 e 2007 sono soggette a limitazioni delle assunzioni sono prorogati di un triennio. In attesa dell’emanazione del regolamento di cui all’articolo 9 della legge 16 gennaio 2003, n. 3, continuano ad applicarsi le disposizioni di cui all’articolo 3, comma 61, terzo periodo, della legge 24 dicembre 2003, n. 350.

105. Le disposizioni di cui ai commi 99 e 100 non si applicano al comparto scuola, alle università nonché agli ordini ed ai collegi professionali e relativi consigli e federazioni.

106. Le amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2, e all’articolo 70, comma 4, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, non ricomprese nell’elenco 1 allegato alla presente legge, adeguano le proprie politiche di reclutamento di personale al principio del contenimento della spesa in coerenza con gli obiettivi fissati dai documenti di finanza pubblica. A tal fine, secondo modalità indicate dal Ministero dell’economia e delle finanze, d’intesa con la Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento della funzione pubblica, gli organi competenti ad adottare gli atti di programmazione dei fabbisogni di personale trasmettono annualmente alle predette amministrazioni i dati previsionali dei fabbisogni medesimi.

107. A decorrere dall’anno 2008, le amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, e all’articolo 70, comma 4, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, possono, previo esperimento delle procedure di mobilità, effettuare assunzioni a tempo indeterminato entro i limiti delle cessazioni dal servizio verificatesi nell’anno precedente.

108. Il secondo periodo del comma 4 dell’articolo 35 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, è sostituito dal seguente: «Per le amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, le agenzie, ivi compresa l’Agenzia autonoma per la gestione dell’albo dei segretari comunali e provinciali, gli enti pubblici non economici e gli enti di ricerca, con organico superiore alle 200 unità, l’avvio delle procedure concorsuali è subordinato all’emanazione di apposito decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, da adottare su proposta del Ministro per la funzione pubblica di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze».

109. A decorrere dall’anno 2005, le università adottano programmi triennali del fabbisogno di personale docente, ricercatore e tecnico-amministrativo, a tempo determinato e indeterminato, tenuto conto delle risorse a tal fine stanziate nei rispettivi bilanci. I programmi sono valutati dal Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca ai fini della coerenza con le risorse stanziate nel fondo di finanziamento ordinario, fermo restando il limite del 90 per cento ai sensi della normativa vigente.

110. Per il funzionamento del Dipartimento Nazionale per le politiche antidroga è autorizzata l’ulteriore spesa di 6 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2005

111. Per le regioni, le autonomie locali e gli enti del servizio sanitario nazionale le economie derivanti dall’attuazione del presente articolo conseguenti a misure limitative delle assunzioni per gli anni 2006, 2007 e 2008 restano acquisite ai bilanci degli enti ai fini del miglioramento dei relativi saldi.

112. È stanziata, per l’anno 2005, la somma di 10 milioni di euro per il finanziamento delle attività inerenti alla programmazione e realizzazione del sistema integrato di trasporto denominato «Autostrade del mare», di cui al Piano generale dei trasporti e della logistica, approvato con deliberazione del Consiglio dei ministri del 2 marzo 2001, attuato dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti per il tramite della società Rete autostrade mediterranee Spa (RAM) del gruppo Sviluppo Italia Spa.

113. I soggetti che nell’esercizio di impresa si rendono acquirenti di tartufi da raccoglitori dilettanti od occasionali non muniti di partita IVA sono tenuti ad emettere autofattura con le modalità e nei termini di cui all’articolo 21 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, e successive modificazioni. In deroga all’articolo 21, comma 2, lettera a), del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, e successive modificazioni, i soggetti acquirenti di cui al primo periodo omettono l’indicazione nell’autofattura delle generalità del cedente e sono tenuti a versare all’erario, senza diritto di detrazione, gli importi dell’IVA relativi alle autofatture emesse nei termini di legge. La cessione di tartufo non obbliga il cedente raccoglitore dilettante od occasionale non munito di partita IVA ad alcun obbligo contabile. I cessionari sono obbligati a comunicare annualmente alle regioni di appartenenza la quantità del prodotto commercializzato e la provenienza territoriale dello stesso, sulla base delle risultanze contabili. I cessionari sono obbligati a certificare al momento della vendita la provenienza del prodotto, la data di raccolta e quella di commercializzazione.

114. Allo scopo di concorrere al soddisfacimento della domanda di abitazioni, con particolare riferimento alle aree metropolitane ad alta tensione abitativa, e per agevolare la mobilità del personale dipendente da amministrazioni dello Stato, è consentita la modifica in aumento del limite numerico degli alloggi da realizzare nell’ambito di programmi straordinari di edilizia residenziale pubblica di cui al comma 150 dell’articolo 4 della legge 24 dicembre 2003, n. 350, da concedere in locazione o in godimento ai medesimi dipendenti, fermo restando il limite volumetrico complessivo degli interventi oggetto dei programmi stessi.

115. Allo scopo di favorire l’accesso delle giovani coppie alla prima casa di abitazione, è istituito, per l’anno 2005, presso il Ministero dell’economia e delle finanze, un fondo per il sostegno finanziario all’acquisto di unità immobiliari da adibire ad abitazione principale in regime di edilizia convenzionata da cooperative edilizie, aziende territoriali di edilizia residenziale pubbliche ed imprese private. La dotazione finanziaria del predetto fondo per l’anno 2005 è fissata in 10 milioni di euro. Con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze di concerto con i Ministri delle infrastrutture e dei trasporti e per le pari opportunità, sono fissati i criteri per l’accesso al fondo e i limiti di fruizione dei benefici di cui al presente comma.

116. Il contributo statale annuo a favore della Federazione nazionale delle istituzioni pro ciechi di cui all’articolo 3, comma 3, della legge 28 agosto 1997, n. 284, è aumentato a decorrere dal 2005 di euro 350.000.

117. Il contributo statale annuo a favore dell’Associazione nazionale vittime civili di guerra è aumentato a decorrere dall’anno 2005 di euro 250.000.

118. All’articolo 6, comma 4, della legge 13 maggio 1999, n. 133, e successive modificazioni, le parole «31 dicembre 2004» sono sostituite dalle seguenti: «31 dicembre 2005».

119. All’articolo 2, comma 31, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, le parole «legalmente riconosciute» sono sostituite dalle seguenti: «legalmente costituite».

120. Nell’ambito delle risorse preordinate sul Fondo per l’occupazione di cui all’articolo 1, comma 7, del decreto-legge 20 maggio 1993, n. 148, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 luglio 1993, n. 236, con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sono determinati i criteri e le modalità per la destinazione dell’importo aggiuntivo di 2 milioni di euro per il 2005, per il finanziamento degli interventi di cui all’articolo 80, comma 4, della legge 23 dicembre 1998, n. 448.

121. Per l’anno 2005, le amministrazioni di cui agli articoli 1, comma 2, e 70, comma 4, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, possono avvalersi di personale a tempo determinato, ad eccezione di quanto previsto dall’articolo 108 del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, o con convenzioni ovvero con contratti di collaborazione coordinata e continuativa, nel limite della spesa media annua sostenuta per le stesse finalità nel triennio 1999-2001. La spesa per il personale a tempo determinato in servizio presso il Corpo forestale dello Stato nell’anno 2005, assunto ai sensi della legge 5 aprile 1985, n. 124, non può superare quella sostenuta per lo stesso personale nell’anno 2004. Le limitazioni di cui al presente comma non trovano applicazione nei confronti del personale infermieristico del Servizio sanitario nazionale. Le medesime limitazioni non trovano altresì applicazione nei confronti delle regioni e delle autonomie locali. Gli enti locali che per l’anno 2004 non abbiano rispettato le regole del patto di stabilità interno non possono avvalersi di personale a tempo determinato o con convenzioni ovvero con contratti di collaborazione coordinata e continuativa. Per il comparto scuola e per quello delle istituzioni di alta formazione e specializzazione artistica e musicale trovano applicazione le specifiche disposizioni di settore.

122. I Ministeri per i beni e le attività culturali, della giustizia, della salute e l’Agenzia del territorio sono autorizzati ad avvalersi, sino al 31 dicembre 2005, del personale in servizio con contratti di lavoro a tempo determinato, prorogati ai sensi dell’articolo 3, comma 62, della legge 24 dicembre 2003, n. 350. Il Ministero dell’economia e delle finanze può continuare ad avvalersi fino al 31 dicembre 2005 del personale utilizzato ai sensi dell’articolo 47, comma 10, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, e successive modificazioni.

123. Possono essere prorogati fino al 31 dicembre 2005 i contratti di lavoro a tempo determinato stipulati dagli organi della magistratura amministrativa nonchè i contratti di lavoro a tempo determinato stipulati dall’INPS, dall’INPDAP e dall’INAIL già prorogati ai sensi dell’articolo 1 del decreto-legge 28 maggio 2004, n. 136, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 luglio 2004, n. 186, i cui oneri continuano ad essere posti a carico dei bilanci degli enti predetti.

124. L’Agenzia per la protezione dell’ambiente e per i servizi tecnici (APAT) può continuare ad avvalersi, sino al 31 dicembre 2005, del personale in servizio nell’anno 2004 con contratto a tempo determinato o con convenzione o con altra forma di flessibilità e di collaborazione nel limite massimo di spesa complessivamente stanziata per lo stesso personale nell’anno 2004 dalla predetta Agenzia. I relativi oneri continuano a fare carico sul bilancio dell’Agenzia. Il Centro nazionale per l’informatica nella pubblica amministrazione (CNIPA) è autorizzato a prorogare, fino al 31 dicembre 2005, i rapporti di lavoro del personale con contratto a tempo determinato in servizio nell’anno 2004. I relativi oneri continuano a fare carico sul bilancio del Centro.

125. Al fine di consentire il completamento e l’aggiornamento dei dati per la rilevazione dei cittadini italiani residenti all’estero, i rapporti di impiego a tempo determinato stipulati ai sensi dell’articolo 2, comma 1, della legge 27 maggio 2002, n. 104, possono proseguire nell’anno 2005 fino al completamento dell’ultimo rinnovo semestrale autorizzato ai sensi dell’articolo 1-bis del decreto-legge 31 marzo 2003, n. 52, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 maggio 2003, n. 122.

126. Le procedure di conversione in rapporti di lavoro a tempo indeterminato dei contratti di formazione e lavoro di cui all’articolo 3, comma 63, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, possono essere effettuate unicamente nel rispetto delle limitazioni e delle modalità previste dalla normativa vigente per l’assunzione di personale a tempo indeterminato. I rapporti in essere instaurati con il personale interessato alla predetta conversione sono comunque prorogati al 31 dicembre 2005.

127. Per l’anno 2005 per gli enti di ricerca, l’Istituto superiore di sanità, l’Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza del lavoro, gli istituti zooprofilattici sperimentali, l’Agenzia per i servizi sanitari regionali, l’Agenzia italiana del farmaco, gli Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico, l’Agenzia spaziale italiana, l’Ente per le nuove tecnologie, l’energia e l’ambiente, il CNIPA, nonchè per le università e le scuole superiori ad ordinamento speciale, sono fatte comunque salve le assunzioni a tempo determinato e la stipula di contratti di collaborazione coordinata e continuativa per l’attuazione di progetti di ricerca e di innovazione tecnologica ovvero di progetti finalizzati al miglioramento di servizi anche didattici per gli studenti, i cui oneri non risultino a carico dei bilanci di funzionamento degli enti o del Fondo di finanziamento degli enti o del Fondo di finanziamento ordinario delle università.

128. I comandi del personale della società Poste italiane Spa e dell’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato, di cui dall’articolo 3, comma 64, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, sono prorogati al 31 dicembre 2005.

129. Nulla è dovuto a titolo di indennità o trattamento economico aggiuntivo comunque denominato nei confronti del personale in servizio presso enti e società derivanti da processi di privatizzazione di amministrazioni pubbliche esercenti attività e servizi in regime di monopolio e già proveniente dalle predette amministrazioni pubbliche che sia trasferito a domanda con il semplice consenso dell’ente o della società e dell’amministrazione di destinazione presso le pubbliche amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni.

130. All’articolo 40, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, al terzo periodo le parole: «i ricercatori e i tecnologi degli enti di ricerca, compresi quelli dell’ENEA,» sono soppresse.

131. Per la proroga delle attività di cui all’articolo 78, comma 31, della legge 23 dicembre 2000, n. 388, è autorizzata, per l’anno 2005, la spesa di 375 milioni di euro.

132. Per l’anno scolastico 2005-2006, la consistenza numerica della dotazione del personale docente in organico di diritto non potrà superare quella complessivamente determinata nel medesimo organico di diritto per l’anno scolastico 2004-2005.

133. L’insegnamento della lingua straniera nella scuola primaria è impartito dai docenti della classe in possesso dei requisiti richiesti o da altro docente facente parte dell’organico di istituto sempre in possesso dei requisiti richiesti. Possono essere attivati posti di lingua straniera da assegnare a docenti specialisti solo nei casi in cui non sia possibile coprire le ore di insegnamento con i docenti di classe o di istituto. Al fine di realizzare quanto previsto dal presente comma, la cui applicazione deve garantire il recupero all’insegnamento sul posto comune di non meno di 7.100 unità per ciascuno degli anni scolastici 2005-2006 e 2006-2007, sono attivati corsi di formazione, nell’ambito delle annuali iniziative di formazione in servizio del personale docente, la cui partecipazione è obbligatoria per tutti i docenti privi dei requisiti previsti per l’insegnamento della lingua straniera. Il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca adotta ogni idonea iniziativa per assicurare il conseguimento del predetto obiettivo.

134. La spesa per supplenze brevi del personale docente, amministrativo, tecnico ed ausiliario, al lordo degli oneri sociali a carico dell’amministrazione e dell’imposta regionale sulle attività produttive, non può superare l’importo di 766 milioni di euro per l’anno 2005 e di 565 milioni di euro a decorrere dall’anno 2006. Il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca adotta ogni idonea misura per assicurare il rispetto dei predetti limiti.

135. Per l’attuazione del piano programmatico di cui all’articolo 1, comma 3, della legge 28 marzo 2003, n. 53, è autorizzata, a decorrere dall’anno 2005, l’ulteriore spesa complessiva di 110 milioni di euro per i seguenti interventi: anticipo delle iscrizioni e generalizzazione della scuola dell’infanzia, iniziative di formazione iniziale e continua del personale, interventi di orientamento contro la dispersione scolastica e per assicurare la realizzazione del diritto-dovere di istruzione e formazione.

136. Per la realizzazione di interventi di edilizia e per l’acquisizione di attrezzature didattiche e strumentali di particolare rilevanza da parte delle istituzioni di cui all’articolo 1 della legge 21 dicembre 1999, n. 508, è autorizzata a decorrere dall’anno 2005 la spesa di 10 milioni di euro.

137. Salvo diversa determinazione della Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento della funzione pubblica, per il triennio 2005-2007 è fatto divieto a tutte le amministrazioni pubbliche di cui agli articoli 1, comma 2, e 70, comma 4, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, di adottare provvedimenti per l’estensione di decisioni giurisdizionali aventi forza di giudicato, o comunque divenute esecutive, in materia di personale delle amministrazioni pubbliche.

138. All’articolo 61 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, dopo il comma 1 è inserito il seguente:

«1-bis. Le pubbliche amministrazioni comunicano alla Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento della funzione pubblica e al Ministero dell’economia e delle finanze l’esistenza di controversie relative ai rapporti di lavoro dalla cui soccombenza potrebbero derivare oneri aggiuntivi significativamente rilevanti per il numero dei soggetti direttamente o indirettamente interessati o comunque per gli effetti sulla finanza pubblica. La Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento della funzione pubblica, d’intesa con il Ministero dell’economia e delle finanze, può intervenire nel processo ai sensi dell’articolo 105 del codice di procedura civile».

139. Dopo l’articolo 63 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, è inserito il seguente:

«Art. 63-bis. - (Intervento dell’ARAN nelle controversie relative ai rapporti di lavoro). – 1. L’ARAN può intervenire nei giudizi innanzi al giudice ordinario, in funzione di giudice del lavoro, aventi ad oggetto le controversie relative ai rapporti di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni di cui agli articoli 1, comma 2, e 70, comma 4, al fine di garantire la corretta interpretazione e l’uniforme applicazione dei contratti collettivi. Per le controversie relative al personale di cui all’articolo 3, derivanti dalle specifiche discipline ordinamentali e retributive, l’intervento in giudizio può essere assicurato attraverso la Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento della funzione pubblica, d’intesa con il Ministero dell’economia e delle finanze».

140. La dotazione del Fondo di cui all’articolo 3, comma 149, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, è incrementata di un milione di euro per ciascuno degli anni 2005 e 2006.

141. Al fine di conseguire risparmi o minori oneri finanziari per le amministrazioni pubbliche, può sempre essere disposto l’annullamento di ufficio di provvedimenti amministrativi illegittimi, anche se l’esecuzione degli stessi sia ancora in corso. L’annullamento di cui al primo periodo di provvedimenti incidenti su rapporti contrattuali o convenzionali con privati deve tenere indenni i privati stessi dall’eventuale pregiudizio patrimoniale derivante, e comunque non può essere adottato oltre tre anni dall’acquisizione di efficacia del provvedimento, anche se la relativa esecuzione sia perdurante.

142. Al testo unico delle leggi concernenti il sequestro, il pignoramento e la cessione degli stipendi, salari e pensioni dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 5 gennaio 1950, n. 180, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all’articolo 1, primo comma, dopo le parole: «di comunicazione o di trasporto» sono inserite le seguenti: «nonché le aziende private»;

b) la rubrica del titolo III è sostituita dalla seguente: «Della cessione degli stipendi e salari dei dipendenti dello Stato non garantiti dal Fondo, degli impiegati e dei salariati non dipendenti dallo Stato e dei dipendenti di soggetti privati»;

c) l’articolo 34 è abrogato;

d) al primo comma dell’articolo 54 le parole: «a norma del presente titolo» sono sostituite dalle seguenti: «a norma del titolo II e del presente titolo».

143. L’articolo 47 del testo unico delle norme sulle prestazioni previdenziali a favore dei dipendenti civili e militari dello Stato, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 29 dicembre 1973, n. 1032, è abrogato.

144. L’adeguamento dei trasferimenti dovuti dallo Stato, ai sensi rispettivamente dell’articolo 37, comma 3, lettera c), della legge 9 marzo 1989, n. 88, e successive modificazioni, e dell’articolo 59, comma 34, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, e successive modificazioni, è stabilito per l’anno 2005:

a) in 532,37 milioni di euro in favore del Fondo pensioni lavoratori dipendenti, delle gestioni dei lavoratori autonomi, della gestione speciale minatori, nonchè in favore dell’Ente nazionale di previdenza e di assistenza per i lavoratori dello spettacolo (ENPALS);

b) in 131,55 milioni di euro in favore del Fondo pensioni lavoratori dipendenti, ad integrazione dei trasferimenti di cui alla lettera a), della gestione esercenti attività commerciali e della gestione artigiani.

145. Conseguentemente a quanto previsto dal comma 144, gli importi complessivamente dovuti dallo Stato sono determinati per l’anno 2005 in 15.740,39 milioni di euro per le gestioni di cui al comma 1, lettera a), e in 3.889,53 milioni di euro per le gestioni di cui al comma 1, lettera b).

146. I medesimi complessivi importi di cui ai commi 144 e 145 sono ripartiti tra le gestioni interessate con il procedimento di cui all’articolo 14 della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni, al netto, per quanto attiene al trasferimento di cui al comma 1, lettera a), della somma di 1.059,08 milioni di euro attribuita alla gestione per i coltivatori diretti, mezzadri e coloni a completamento dell’integrale assunzione a carico dello Stato dell’onere relativo ai trattamenti pensionistici liquidati anteriormente al 1º gennaio 1989, nonchè al netto delle somme di 2,36 milioni di euro e di 54,78 milioni di euro di pertinenza, rispettivamente, della gestione speciale minatori e dell’ENPALS.

147. Il termine concernente i contributi previdenziali e i premi assicurativi relativi al sisma del 1990, riguardanti le imprese delle province di Catania, Siracusa e Ragusa, differito al 30 giugno 2005 dall’articolo 2, comma 66, della legge 24 dicembre del 2003, n. 350, è prorogato al 30 giugno 2006.

148. Ai fini della copertura dei maggiori oneri derivanti dall’assunzione, a carico del bilancio dello Stato, del finanziamento della gestione di cui all’articolo 37 della legge 9 marzo 1989, n. 88, riferiti agli esercizi finanziari precedenti l’anno 2004, per un importo pari a 7.581,83 milioni di euro, sono utilizzate:

a) le somme trasferite dal bilancio dello Stato all’INPS ai sensi dell’articolo 35, comma 3, della legge 23 dicembre 1998, n. 448, a titolo di anticipazione sul fabbisogno finanziario delle gestioni previdenziali risultate, nel loro complesso, eccedenti sulla base dei bilanci consuntivi per le esigenze delle predette gestioni, evidenziate nella contabilità del predetto Istituto ai sensi dell’articolo 35, comma 6, della predetta legge n. 448 del 1998, per un ammontare complessivo non superiore a 5.700 milioni di euro;

b) le somme che risultano, sulla base del bilancio consuntivo dell’anno 2003, trasferite alla predetta gestione dell’INPS in eccedenza rispetto agli oneri per prestazioni e provvidenze varie, ivi comprese le somme trasferite in eccedenza per il finanziamento degli oneri di cui all’articolo 49, comma 1, della legge 23 dicembre 1999, n. 488, e fatto salvo quanto previsto dal decreto-legge 14 aprile 2003, n. 73, convertito, con modificazioni, dalla legge 10 giugno 2003, n. 133, per un ammontare complessivo pari a 307,51 milioni di euro;

c) le risorse trasferite all’INPS e accantonate presso la medesima gestione, come risultanti dal bilancio consuntivo dell’anno 2003 del predetto Istituto, in quanto non utilizzate per i seguenti scopi:

1) finanziamento delle prestazioni economiche per la tubercolosi di cui all’articolo 3, comma 14, della citata legge n. 448 del 1998, per un ammontare complessivo pari a 804,98 milioni di euro;

2) finanziamento degli oneri per pensionamenti anticipati di cui all’articolo 8 del decreto-legge 16 maggio 1994, n. 299, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 luglio 1994, n. 451, e all’articolo 3 della legge 23 dicembre 1996, n. 662, per un ammontare complessivo pari a 457,71 milioni di euro;

3) finanziamento degli oneri per l’assistenza ai portatori di handicap grave di cui all’articolo 42, comma 5, del testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, di cui al decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, e successive modificazioni, per un ammontare complessivo pari a 300,66 milioni di euro;

4) finanziamento degli oneri per i trattamenti di integrazione salariale straordinaria previsti da disposizioni diverse, per un ammontare complessivo pari a 10,97 milioni di euro.

149. Il complesso degli effetti contabili delle disposizioni di cui al comma 148 sulle gestioni dell’INPS interessate è definito con la procedura di cui all’articolo 14 della legge 7 agosto 1990, n. 241.

150. Ai fini del finanziamento dei maggiori oneri a carico della Gestione per l’erogazione delle pensioni, assegni e indennità agli invalidi civili, ciechi e sordomuti di cui all’articolo 130 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, valutati in 1.326 milioni di euro per l’esercizio 2004 e 827 milioni di euro a decorrere dal 2005:

a) per l’esercizio 2004, concorrono, per un importo complessivo di 780 milioni di euro, le risorse derivanti da:

1) i minori oneri accertati nell’attuazione dell’articolo 38 della legge 28 dicembre 2001, n. 448, concernente incremento delle pensioni in favore di soggetti disagiati, per un ammontare complessivo pari a 245 milioni di euro;

2) i minori oneri accertati nell’attuazione dell’articolo 3, comma 14, della legge 23 dicembre 1998, n. 448, concernente prestazioni economiche per la tubercolosi, per un ammontare complessivo pari a 70 milioni di euro;

3) i minori oneri accertati nell’attuazione del comma 5 dell’articolo 42 del citato testo unico di cui al decreto legislativo n. 151 del 2001 e del comma 3 dell’articolo 80 della legge 23 dicembre 2000, n. 388, concernenti rispettivamente assistenza ai portatori di handicap grave e contribuzione figurativa in favore di sordomuti e invalidi,per un ammontare complessivo pari a 160 milioni di euro;

4) i minori oneri, rispetto alla somma di 872,8 milioni di euro prevista dalla legge 31 dicembre 1991, n. 415, e dalla legge 23 dicembre 1992, n. 500, per il finanziamento della gestione di cui all’articolo 37 della legge 9 marzo 1989, n. 88, accertati nell’attuazione delle norme in materia di pensionamenti anticipati, per un ammontare complessivo pari a 305 milioni di euro;

b) a decorrere dall’anno 2005, sono utilizzate le risorse derivanti da:

1) i minori oneri accertati nell’attuazione del citato articolo 38 della legge 28 dicembre 2001, n. 448, per un ammontare complessivo pari a 245 milioni di euro;

2) i minori oneri accertati nell’attuazione del citato articolo 3, comma 14, della legge 23 dicembre 1998, n. 448, per un ammontare complessivo pari a 277 milioni di euro;

3) i minori oneri, rispetto alla somma di 872,8 milioni di euro prevista dalle citate leggi 31 dicembre 1991, n. 415, e 23 dicembre 1992, n. 500, per il finanziamento della gestione di cui all’articolo 37 della legge 9 marzo 1989, n. 88, accertati nell’attuazione delle norme in materia di pensionamenti anticipati, per un ammontare complessivo pari a 305 milioni di euro.

151. Per le imprese industriali che svolgono attività produttiva di fornitura o subfornitura di componenti, di supporto o di servizio, a favore di imprese operanti nel settore automobilistico, i periodi di integrazione salariale ordinaria fruiti negli anni 2003 e 2004 non vengono computati ai fini della determinazione del limite massimo di utilizzo dell’integrazione salariale ordinaria di cui all’articolo 6 della legge 20 maggio 1975, n. 164 entro il limite di 1.100 unità annue.

152. La disciplina dell’importo massimo di cui all’articolo 1, secondo comma, della legge 13 agosto 1980, n. 427, e successive modificazioni, estesa ai trattamenti ordinari di disoccupazione dall’articolo 3, comma 2, del decreto-legge 16 maggio 1994, n. 299, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 luglio 1994, n. 451, trova applicazione anche per i trattamenti speciali di disoccupazione aventi decorrenza dal 1º gennaio 2006.

153. A decorrere dal 1º gennaio 2005, nell’ambito del processo di armonizzazione al regime generale è abrogato l’allegato B al regio decreto 8 gennaio 1931, n. 148, e i trattamenti economici previdenziali di malattia, riferiti ai lavoratori addetti ai pubblici servizi di trasporto rientranti nell’ambito di applicazione del citato regio decreto, sono dovuti secondo le norme, le modalità e i limiti previsti per i lavoratori del settore industria. I trattamenti economici previdenziali di malattia aggiuntivi rispetto a quelli spettanti ai lavoratori del settore industria, o comunque diversi dagli stessi, previsti ed applicati alla predetta data ai sensi del citato allegato B e degli accordi collettivi nazionali che stabilivano a carico delle disciolte Casse di soccorso particolari prestazioni, trasferite dal 1º gennaio 1980 all’INPS ai sensi della legge 23 dicembre 1978, n. 833, sono da considerare, fino ad eventuale diversa disciplina pattizia, obbligazioni contrattuali del datore di lavoro.

154. I commi primo e secondo dell’articolo 2 del decreto-legge 30 dicembre 1979, n. 663, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 febbraio 1980, n. 33, e successive modificazioni, sono sostituiti dai seguenti:

«A decorrere dal 1º giugno 2005, nei casi di infermità comportante incapacità lavorativa, il medico curante trasmette all’INPS il certificato di diagnosi sull’inizio e sulla durata presunta della malattia per via telematica on line, secondo le specifiche tecniche e le modalità procedurali determinate dall’INPS medesimo.

Il lavoratore è tenuto, entro due giorni dal relativo rilascio, a recapitare o a trasmettere, a mezzo raccomandata con avviso di ricevimento, l’attestazione della malattia, rilasciata dal medico curante, al datore di lavoro, salvo il caso in cui quest’ultimo richieda all’INPS la trasmissione in via telematica della suddetta attestazione, secondo modalità stabilite dallo stesso Istituto.

Con apposito decreto interministeriale dei Ministri del lavoro e delle politiche sociali, della salute, dell’economia e delle finanze e per l’innovazione e le tecnologie, previa intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sono individuate le modalità tecniche, operative e di regolamentazione, al fine di consentire l’avvio della nuova procedura di trasmissione telematica on line della certificazione di malattia all’INPS e di inoltro dell’attestazione di malattia dall’lNPS al datore di lavoro, previsti dal primo e dal secondo comma del presente articolo».

155. L’articolo 1, comma 54, della legge 23 agosto 2004, n. 243, è abrogato.

156. All’articolo 118 della legge 23 dicembre 2000, n. 388, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al comma 1, ultimo periodo, sono soppresse le parole: «progressivamente e»;

b) al comma 1, dopo l’ultimo periodo è aggiunto il seguente: «Nel finanziare i piani formativi di cui al presente comma, i fondi si attengono al criterio della redistribuzione delle risorse versate dalle aziende aderenti a ciascuno di essi, ai sensi del comma 3»;

c) il comma 3 è sostituito dal seguente:

«3. I datori di lavoro che aderiscono ai fondi effettuano il versamento del contributo integrativo, di cui all’articolo 25 della legge n. 845 del 1978, e successive modificazioni, all’INPS, che provvede a trasferirlo, per intero, una volta dedotti i meri costi amministrativi, al fondo indicato dal datore di lavoro. L’adesione ai fondi è fissata entro il 31 ottobre di ogni anno, con effetti dal 1º gennaio successivo; le successive adesioni o disdette avranno effetto dal 1º gennaio di ogni anno. L’INPS, entro il 31 gennaio di ogni anno, a decorrere dal 2005, comunica al Ministero del lavoro e delle politiche sociali e ai fondi la previsione, sulla base delle adesioni pervenute, del gettito del contributo integrativo, di cui all’articolo 25 della legge n. 845 del 1978, e successive modificazioni, relativo ai datori di lavoro aderenti ai fondi stessi nonchè di quello relativo agli altri datori di lavoro, obbligati al versamento di detto contributo, destinato al Fondo per la formazione professionale e per l’accesso al Fondo sociale europeo (FSE), di cui all’articolo 9, comma 5, del decreto-legge 20 maggio 1993, n. 148, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 luglio 1993, n. 236. Lo stesso Istituto provvede a disciplinare le modalità di adesione ai fondi interprofessionali e di trasferimento delle risorse agli stessi mediante acconti bimestrali nonchè a fornire, tempestivamente e con regolarità, ai fondi stessi, tutte le informazioni relative alle imprese aderenti e ai contributi integrativi da esse versati. Al fine di assicurare continuità nel perseguimento delle finalità istituzionali del Fondo per la formazione professionale e per l’accesso al FSE, di cui all’articolo 9, comma 5, del decreto-legge 20 maggio 1993, n. 148, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 luglio 1993, n. 236, rimane fermo quanto previsto dal secondo periodo del comma 2 dell’ articolo 66 della legge 17 maggio 1999, n. 144.".

157. È istituito, presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, il «Fondo per il sostegno delle adozioni internazionali» finalizzato al rimborso delle spese sostenute dai genitori adottivi per l’espletamento della procedura di adozione disciplinata dalle disposizioni contenute nel capo I del titolo III della legge 4 maggio 1983, n. 184. Con decreto di natura non regolamentare adottato, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, dal Presidente del Consiglio dei ministri, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, vengono determinati l’entità e i criteri del rimborso, nonché le modalità di presentazione delle istanze. In ogni caso, i rimborsi non potranno superare l’ammontare massimo di 10 milioni di euro per l’anno 2005. A favore del Fondo di cui al presente comma è autorizzata la spesa di 10 milioni di euro per l’anno 2005.

158. Nell’ambito del Fondo nazionale per le politiche sociali di cui all’articolo 59, comma 44, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, è destinata una quota di 500.000 euro per l’anno 2005 per l’istituzione di un Fondo speciale al fine di promuovere le politiche giovanili finalizzate alla partecipazione dei giovani sul piano culturale e sociale nella società e nelle istituzioni, mediante il sostegno della loro capacità progettuale e creativa e favorendo il formarsi di nuove realtà associative nonchè consolidando e rafforzando quelle già esistenti.

159. Il 70 per cento della quota del Fondo di cui al comma 158 è destinato al finanziamento dei programmi e dei progetti del Forum nazionale dei giovani, con sede in Roma. Il restante 30 per cento è ripartito tra i Forum dei giovani regionali e locali proporzionalmente alla presenza di associazioni e di giovani sul territorio.

160. In attesa della riforma degli ammortizzatori sociali e nel limite complessivo di spesa di 310 milioni di euro a carico del Fondo per l’occupazione di cui all’articolo 1, comma 7, del decreto-legge 20 maggio 1993, n. 148, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 luglio 1993, n. 236, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e finanze, può disporre entro il 31 dicembre 2005, anche in deroga alla vigente normativa, concessioni, anche senza soluzione di continuità, dei trattamenti di cassa integrazione guadagni straordinaria, di mobilità e di disoccupazione speciale, nel caso di programmi finalizzati alla gestione di crisi occupazionali, anche con riferimento a settori produttivi e ad aree territoriali ovvero miranti al reimpiego di lavoratori coinvolti in detti programmi definiti in specifici accordi in sede governativa intervenuti entro il 30 giugno 2005. Nell’ambito delle risorse finanziarie di cui al primo periodo, i trattamenti concessi ai sensi dell’articolo 3, comma 137, quarto periodo, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, e successive modificazioni, possono essere prorogati con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, qualora i piani di gestione delle eccedenze già definiti in specifici accordi in sede governativa abbiano comportato una riduzione nella misura almeno del 10 per cento del numero dei destinatari dei trattamenti scaduti il 31 dicembre 2004. La misura dei trattamenti di cui al secondo periodo è ridotta del 10 per cento nel caso di prima proroga e del 30 per cento per le proroghe successive.

161. All’articolo 118, comma 16, della legge 23 dicembre 2000, n. 388, e successive modificazioni, le parole: «e di 100 milioni di euro per ciascuno degli anni 2003 e 2004» sono sostituite dalle seguenti: «e di 100 milioni di euro per ciascuno degli anni 2003, 2004 e 2005».

162. All’articolo 43 del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al comma 1, le parole da: «in un’apposita gestione» fino alla fine del comma sono sostituite dalle seguenti: «alla gestione separata di cui all’articolo 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335»;

b) al comma 2, le parole da: «alla gestione separata» fino a: «n. 335» sono soppresse;

c) il comma 9 è abrogato.

163. All’articolo 58 della legge 17 maggio 1999, n. 144, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al comma 2:

1) la parola: «tredici» è sostituita dalla parola: «dodici»;

2) le parole: «sei eletti dagli iscritti al Fondo» sono sostituite dalle seguenti: «cinque designati dalle associazioni sindacali rappresentative degli iscritti al Fondo medesimo»;

b) il comma 3 è sostituito dal seguente:

«3. Il comitato amministratore è presieduto dal presidente dell’INPS o da un suo delegato scelto tra i componenti del consiglio di amministrazione dell’Istituto medesimo.

164. Limitatamente ai soli enti gestori di forme di previdenza obbligatoria i collegi sindacali continuano ad esercitare il controllo contabile e per essi non trova applicazione l’articolo 2409-bis, terzo comma, del codice civile.

165. È costituita la Fondazione per la diffusione della responsabilità sociale delle imprese. Alla Fondazione partecipano, quali soci fondatori, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, oltre ad altri soggetti pubblici e privati che ne condividano le finalità. La Fondazione è soggetta alle disposizioni del codice civile, delle leggi speciali e dello statuto, che verrà redatto dai fondatori. Per lo svolgimento delle sue attività istituzionali è assegnato alla Fondazione un contributo di un milione di euro per l’anno 2005.

166. L’ente nazionale di previdenza e assistenza per i lavoratori dello spettacolo (ENPALS) può continuare ad avvalersi, fino al 31 dicembre 2005, del personale in servizio nell’anno 2004 con contratto di lavoro a tempo determinato nel limite massimo di spesa complessivamente stanziata per lo stesso personale nell’anno 2004. I relativi oneri continuano ad essere posti a carico del bilancio dell’ente.

167. All’articolo 3, comma 136, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, al primo periodo, le parole: «31 dicembre 2004» sono sostituite dalle seguenti: «31 dicembre 2005» e, al secondo periodo, le parole: «31 dicembre 2003» sono sostituite dalle seguenti: «31 dicembre 2004». A tal fine è autorizzata, per l’anno 2005, la spesa di 5 milioni di euro a valere sul Fondo per l’occupazione di cui all’articolo 1, comma 7, del decreto-legge 20 maggio 1993, n. 148, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 luglio 1993, n. 236.

168. Per la prosecuzione degli interventi di cui all’articolo 3, comma 9 , e all’articolo 8, comma 4-bis, del decreto legge 20 maggio 1993, n. 148, convertito con modificazioni dalla legge 19 luglio 1993, n. 236, è autorizzato un contributo di euro 160.102.000 per l’anno 2005. A tal fine, con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, è nominato un Commissario straordinario del Governo con funzioni di vigilanza sulle modalità di attuazione del presente comma.

169. Per garantire il rispetto degli obblighi comunitari e la realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica per il triennio 2005-2007 il livello complessivo della spesa del Servizio sanitario nazionale, al cui finanziamento concorre lo Stato, è determinato in 88.195 milioni di euro per l’anno 2005, 89.960 milioni di euro per l’anno 2006 e 91.759 milioni di euro per l’anno 2007. I predetti importi ricomprendono anche quello di 50 milioni di euro, per ciascuno degli anni indicati, a titolo di ulteriore finanziamento a carico dello Stato per l’ospedale «Bambino Gesù». Lo Stato, in deroga a quanto stabilito dall’articolo 4, comma 3, del decreto legge 18 settembre 2001, n. 347, convertito, con modificazioni, dalla legge 16 novembre 2001, n. 405, concorre al ripiano dei disavanzi del Servizio Sanitario Nazionale per gli anni 2001, 2002 e 2003. A tal fine è autorizzata, a titolo di regolazione debitoria, la spesa di 2.000 milioni di euro per l’anno 2005, di cui 50 milioni di euro finalizzati al ripiano dei disavanzi della Regione Lazio per l’anno 2003, derivanti dal finanziamento dell’ospedale "Bambino Gesù". Le predette disponibilità finanziarie sono ripartite tra le regioni con decreto del Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, d’intesa con la Conferenza Stato–Regioni.

170. Resta fermo l’obbligo in capo all’Agenzia italiana del farmaco di garantire per la quota a proprio carico, ai sensi dell’articolo 48 del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, il livello della spesa farmaceutica stabilito dalla legislazione vigente. Nell’ambito delle annuali direttive del Ministro della salute all’Agenzia è incluso il conseguimento dell’obiettivo del rispetto del predetto livello della spesa farmaceutica. Al fine di conseguire il contenimento della spesa farmaceutica, l’Agenzia italiana del farmaco stabilisce le modalità per il confezionamento ottimale dei farmaci a carico del Servizio sanitario nazionale, almeno per le patologie più rilevanti, relativamente a dosaggi e numero di unità posologiche, individua i farmaci per i quali i medici possono prescrivere «confezioni d’avvio» per terapie usate per la prima volta verso i cittadini, al fine di evitare prescrizioni quantitativamente improprie e più costose, e di verificarne la tollerabilità e l’efficacia, e predispone l’elenco dei farmaci per i quali sono autorizzate la prescrizione e la vendita per unità posologiche.

171. All’articolo 8 della legge 24 dicembre 1993, n. 537, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al comma 10: 1) alla lettera c), dopo le parole: «indicate alle lettere a) e b)» sono aggiunte le seguenti: «ad eccezione dei farmaci non soggetti a ricetta con accesso alla pubblicità al pubblico»;

2) dopo la lettera c), è aggiunta la seguente:

«c-bis) farmaci non soggetti a ricetta medica con accesso alla pubblicità al pubblico (OTC)»;

b) al comma 14, ultimo periodo, le parole: «lettera c)» sono sostituite dalle seguenti: «lettere c) e c-bis)».

172. All’articolo 70, comma 2, primo periodo, della legge 23 dicembre 1998, n. 448, dopo le parole «l’indicazione della "nota"» la parola: «, controfirmata,» è soppressa.

173. L’Agenzia italiana del farmaco adotta nel limite di spesa annuo di 1 milione di euro per ciascuno degli anni 2005, 2006 e 2007, nell’ambito del programma annuale di attività previsto dall’articolo 48, comma 5, lettera h), del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, un piano di comunicazione volto a diffondere l’uso dei farmaci generici, ad assicurare una adeguata informazione del pubblico su tali farmaci e a garantire ai medici, ai farmacisti e agli operatori di settore, a mezzo di apposite pubblicazioni specialistiche, le informazioni necessarie sui farmaci generici e le liste complete di farmaci generici disponibili.

174. Al fine di garantire che l’obiettivo del raggiungimento dell’equilibrio economico finanziario da parte delle regioni sia conseguito nel rispetto della garanzia della tutela della salute, ferma restando la disciplina dettata dall’articolo 54 della legge 27 dicembre 2002, n. 289, per le prestazioni già definite dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 29 novembre 2001, pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 33 dell’8 febbraio 2002, e successive modificazioni, anche al fine di garantire che le modalità di erogazione delle stesse siano uniformi sul territorio nazionale, coerentemente con le risorse programmate per il Servizio sanitario nazionale, con regolamento adottato ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, dal Ministro della salute, che si avvale della commissione di cui all’articolo 4-bis, comma 10, del decreto-legge 15 aprile 2002, n. 63, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 giugno 2002, n. 112, sono fissati gli standard qualitativi, strutturali, tecnologici, di processo e possibilmente di esito, e quantitativi di cui ai livelli essenziali di assistenza, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano. Con la medesima procedura sono individuati le tipologie di assistenza e i servizi, relativi alle aree di offerta individuate dal vigente Piano sanitario nazionale. In fase di prima applicazione gli standard sono fissati entro il 30 giugno 2005.

175. Alla determinazione delle tariffe massime per la remunerazione delle prestazioni e delle funzioni assistenziali, assunte come riferimento per la valutazione della congruità delle risorse a disposizione del Servizio sanitario nazionale, provvede, con proprio decreto, il Ministero della salute, di concerto con il Ministero dell’economia e delle finanze, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano. Gli importi tariffari, fissati dalle singole regioni, superiori alle tariffe massime restano a carico dei bilanci regionali. Entro il 30 marzo 2005, con decreto del Ministero della salute, di concerto con il Ministero dell’economia e delle finanze, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, si procede alla ricognizione e all’eventuale aggiornamento delle tariffe massime, coerentemente con le risorse programmate per il Servizio sanitario nazionale. Con la medesima modalità e i medesimi criteri si procede all’aggiornamento biennale delle tariffe massime entro il 31 dicembre di ogni secondo anno a decorrere dall’anno 2005.

176. Ferma restando la facoltà delle singole regioni di procedere, per il governo dei volumi di attività e dei tetti di spesa, alla modulazione, entro i valori massimi nazionali, degli importi tariffari praticati per la remunerazione dei soggetti erogatori pubblici e privati, è vietata, nella remunerazione del singolo erogatore, l’applicazione alle singole prestazioni di importi tariffari diversi a seconda della residenza del paziente, indipendentemente dalle modalità con cui viene regolata la compensazione della mobilità sia intraregionale che interregionale. Sono nulli i contratti e gli accordi stipulati con i soggetti erogatori in violazione di detto principio.

177. Il potere di accesso del Ministro della salute presso le aziende unità sanitarie locali e le aziende ospedaliere di cui all’articolo 2, comma 6, del decreto-legge 29 agosto 1984, n. 528, convertito, con modificazioni, dalla legge 31 ottobre 1984, n. 733, e all’articolo 4, comma 2, della legge 1º febbraio 1989, n. 37, è esteso a tutti gli Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico, anche se trasformati in fondazioni, ai policlinici universitari e alle aziende ospedaliere universitarie ed è integrato con la potestà di verifica dell’effettiva erogazione, secondo criteri di efficienza ed appropriatezza, dei livelli essenziali di assistenza di cui all’articolo 1, comma 6, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni, al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 29 novembre 2001, pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 33 dell’8 febbraio 2002, e all’articolo 54 della legge 27 dicembre 2002, n. 289, compresa la verifica dei relativi tempi di attesa.

178. L’accesso al finanziamento integrativo a carico dello Stato derivante da quanto disposto al comma 169, rispetto al livello di cui all’accordo Stato-regioni dell’8 agosto 2001, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 208 del 7 settembre 2001, per l’anno 2004, rivalutato del 2 per cento su base annua a decorrere dal 2005, è subordinato alla stipula di una specifica intesa tra Stato e regioni ai sensi dell’articolo 8, comma 6, della legge 5 giugno 2003, n. 131, che contempli ai fini del contenimento della dinamica dei costi:

a) gli adempimenti già previsti dalla vigente legislazione;

b) i casi nei quali debbano essere previste modalità di affiancamento dei rappresentanti dei Ministeri della salute e dell’economia e delle finanze ai fini di una migliore definizione delle misure da adottare;

c) ulteriori adempimenti per migliorare il monitoraggio della spesa sanitaria nell’ambito del Nuovo sistema informativo sanitario;

d) il rispetto degli obblighi di programmazione a livello regionale, al fine di garantire l’effettività del processo di razionalizzazione delle reti strutturali dell’offerta ospedaliera e della domanda ospedaliera, con particolare riguardo al riequilibrio dell’offerta di posti letto per acuti e per lungodegenza e riabilitazione, alla promozione del passaggio dal ricovero ordinario al ricovero diurno, nonché alla realizzazione degli interventi previsti dal Piano nazionale della prevenzione e dal Piano nazionale dell’aggiornamento del personale sanitario, coerentemente con il Piano sanitario nazionale;

e) il vincolo di crescita delle voci dei costi di produzione, con esclusione di quelli per il personale cui si applica la specifica normativa di settore, secondo modalità che garantiscano che, complessivamente, la loro crescita non sia superiore, a decorrere dal 2005, al 2 per cento annuo rispetto ai dati previsionali indicati nel bilancio dell’anno precedente, al netto di eventuali costi di personale di competenza di precedenti esercizi;

f) in ogni caso, l’obbligo in capo alle regioni di garantire in sede di programmazione regionale, coerentemente con gli obiettivi sull’indebitamento netto delle amministrazioni pubbliche, l’equilibrio economico-finanziario delle proprie aziende sanitarie, aziende ospedaliere, aziende ospedaliere universitarie ed Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico sia in sede di preventivo annuale che di conto consuntivo, realizzando forme di verifica trimestrale della coerenza degli andamenti con gli obiettivi dell’indebitamento netto delle amministrazioni pubbliche e prevedendo l’obbligatorietà dell’adozione di misure per la riconduzione in equilibrio della gestione ove si prospettassero situazioni di squilibrio, nonchè l’ipotesi di decadenza del direttore generale.

179. Al fine del rispetto dell’equilibrio economico-finanziario, la regione, ove si prospetti sulla base del monitoraggio trimestrale una situazione di squilibrio, adotta i provvedimenti necessari. Qualora dai dati del monitoraggio del quarto trimestre si evidenzi un disavanzo di gestione a fronte del quale non sono stati adottati i predetti provvedimenti, ovvero essi non siano sufficienti, con la procedura di cui all’articolo 8, comma 1, della legge 5 giugno 2003, n. 131, il Presidente del Consiglio dei ministri diffida la regione a provvedervi entro il 30 aprile dell’anno successivo a quello di riferimento. Qualora la regione non adempia, entro i successivi trenta giorni il presidente della regione, in qualità di commissario ad acta, approva il bilancio di esercizio consolidato del Servizio sanitario regionale al fine di determinare il disavanzo di gestione e adotta i necessari provvedimenti per il suo ripianamento, ivi inclusi gli aumenti dell’addizionale all’imposta sul reddito delle persone fisiche e le maggiorazioni dell’aliquota dell’imposta regionale sull’attività produttiva entro le misure stabilite dalla normativa vigente. I predetti incrementi possono essere adottati anche in funzione della copertura dei disavanzi di gestione accertati o stimati nel settore sanitario relativi all’esercizio 2004 e seguenti.

180. Per le finalità di cui al comma 179 e per la copertura dei disavanzi di gestione accertati o stimati nel settore sanitario, la regione, in deroga alla sospensione di cui al comma 63, primo periodo, può deliberare l’inizio o la ripresa della decorrenza degli effetti degli aumenti dell’addizionale regionale all’imposta sul reddito e delle maggiorazione dell’aliquota dell’imposta regionale sulle attività produttive, già disposti, oggetto della predetta sospensione. Ai sensi del primo periodo del presente comma e del comma 22 dell’articolo 2 della legge 24 dicembre 2003, n. 350, l’inizio o la ripresa della decorrenza degli effetti può concernere anche quelle maggiorazioni dell’aliquota IRAP che siano state deliberate dalle regioni, antecedentemente al 31 dicembre 2003, in difformità rispetto a quanto previsto dalla normativa statale. Per le medesime finalità, le regioni possono altresì, nei limiti della normativa statale di riferimento ed in conformità ad essa, disporre nuovi aumenti dell’addizionale regionale all’imposta sul reddito o nuove maggiorazioni dell’aliquota IRAP ovvero modificazione gli aumenti e le maggiorazioni di cui al primo periodo del presente comma.

181. In caso di mancato adempimento agli obblighi di cui al comma 178 è precluso l’accesso al maggiore finanziamento previsto per gli anni 2005, 2006 e 2007, con conseguente immediato recupero delle somme eventualmente erogate.

182. Le regioni, ai sensi dell’articolo 4, comma 9, della legge 30 dicembre 1991, n. 412, e successive modificazioni, definiscono le fattispecie per l’eventuale trasformazione da tempo determinato a tempo indeterminato del rapporto di lavoro dei professionisti convenzionati a carico del protocollo aggiuntivo ai sensi dei decreti del Presidente della Repubblica 28 luglio 2000, n. 271, e 21 settembre 2001, n. 446, in modo da assicurare una riduzione della relativa spesa pari ad almeno il 20 per cento. La predetta trasformazione è possibile entro il limite del numero di ore di incarico attivate a titolo convenzionale presso ciascuna azienda sanitaria locale alla data del 31 ottobre 2004.

183. Il rapporto tra il Servizio sanitario nazionale, i medici di medicina generale, i pediatri di libera scelta, i medici specialisti ambulatoriali interni e le altre professioni sanitarie non dipendenti dal medesimo è disciplinato da apposite convenzioni conformi agli accordi collettivi nazionali stipulati ai sensi dell’articolo 4, comma 9, della legge 30 dicembre 1991, n. 412, e successive modificazioni, con le organizzazioni sindacali di categoria maggiormente rappresentative in campo nazionale. La rappresentatività delle organizzazioni sindacali è basata sulla consistenza associativa. Detti accordi hanno durata quadriennale per la parte normativa e durata biennale per la parte economica. In sede di prima applicazione la durata, per le parti normativa ed economica, è definita fino al 31 dicembre 2005.

184. Al fine di garantire il rispetto degli obblighi di cui al comma 178, ciascuna regione provvede a disciplinare appositi meccanismi di raccordo tra le aziende sanitarie locali, le aziende ospedaliere, le aziende ospedaliere universitarie, gli Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico e i medici di medicina generale e i pediatri di libera scelta, attribuendo a questi ultimi il compito di segnalare tempestivamente alle strutture competenti a livello regionale le situazioni di inefficienza gestionale e organizzativa che costituiscono violazione degli obiettivi di contenimento della dinamica dei costi di cui al presente articolo.

185. La regione interessata, nelle ipotesi indicate ai commi 179 e 181, anche avvalendosi del supporto tecnico dell’Agenzia per i servizi sanitari regionali, procede ad una ricognizione delle cause ed elabora un programma operativo di riorganizzazione, di riqualificazione o di potenziamento del Servizio sanitario regionale, di durata non superiore al triennio. I Ministri della salute e dell’economia e delle finanze e la singola regione stipulano apposito accordo che individui gli interventi necessari per il perseguimento dell’equilibrio economico, nel rispetto dei livelli essenziali di assistenza e degli adempimenti di cui alla intesa prevista dal comma 178. La sottoscrizione dell’accordo è condizione necessaria per la riattribuzione alla regione interessata del maggiore finanziamento anche in maniera parziale e graduale, subordinatamente alla verifica della effettiva attuazione del programma.

186. Con riferimento agli importi indicati al comma 1, relativamente alla somma di 1.000 milioni di euro per l’anno 2005, 1.200 milioni di euro per l’anno 2006 e 1.400 milioni di euro per l’anno 2007, il relativo riconoscimento alle regioni resta condizionato, oltre che agli adempimenti di cui al comma 178, anche al rispetto da parte delle regioni medesime dell’obiettivo per la quota a loro carico sulla spesa farmaceutica previsto dall’articolo 48 del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326.

187. Limitatamente all’anno 2004:

a) l’obbligo in capo alle regioni, per la quota del 40 per cento a loro carico, di cui all’articolo 48, comma 5, lettera f), del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, in caso di superamento dei tetti di spesa di cui al comma 1 del predetto articolo 48, s’intende comunque adempiuto, anche qualora la regione non abbia provveduto al previsto ripiano, purché l’equilibrio complessivo del relativo sistema sanitario regionale venga rispettato, previa verifica dell’avvenuta erogazione dei livelli essenziali di assistenza effettuata dal Ministero della salute, ai sensi del comma 9 del presente articolo;

b) con specifica intesa tra Stato e regioni, sulla base dei dati forniti dall’Agenzia italiana del farmaco, su proposta del Ministro della salute, sono definite le eventuali compensazioni sugli effetti, per ogni singola regione, derivanti dai provvedimenti a carico delle aziende produttrici di cui all’articolo 1 del decreto-legge 24 giugno 2004, n. 156, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 agosto 2004, n. 202, nel rispetto degli equilibri di finanza pubblica programmati, anche ai fini dell’accesso all’integrazione dei finanziamenti a carico dello Stato come stabilito dal citato Accordo Stato-regioni dell’8 agosto 2001.

188. A partire dal 2005, sulla base delle rilevazioni condotte dall’Agenzia italiana del farmaco, le regioni che non adottano misure di contenimento della spesa farmaceutica adeguate al rispetto dei tetti stabiliti dall’articolo 48, comma 1, del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, sono tenute nell’esercizio successivo a quello di rilevazione ad adottare misure di contenimento pari al 50 per cento del proprio sfondamento.

189. Al fine di consentire in via anticipata l’erogazione dell’incremento del finanziamento a carico dello Stato:

a) in deroga a quanto stabilito dall’articolo 13, comma 6, del decreto legislativo 18 febbraio 2000, n. 56, il Ministero dell’economia e delle finanze, per gli anni 2005, 2006 e 2007, è autorizzato a concedere alle regioni a statuto ordinario anticipazioni con riferimento alle somme indicate al comma 169, al netto di quelle indicate al comma 186, da accreditare sulle contabilità speciali di cui all’articolo 66 della legge 23 dicembre 2000, n. 388, in essere presso le tesorerie provinciali dello Stato, nella misura pari al 95 per cento delle somme dovute alle regioni a statuto ordinario a titolo di finanziamento della quota indistinta del fabbisogno sanitario, quale risulta dalla deliberazione del CIPE per i corrispondenti anni, al netto delle entrate proprie regionali;

b) per gli anni 2005, 2006 e 2007, il Ministero dell’economia e delle finanze è autorizzato a concedere alle regioni Sicilia e Sardegna anticipazioni nella misura pari al 95 per cento delle somme dovute a tali regioni a titolo di finanziamento della quota indistinta quale risulta dalla deliberazione del CIPE per i corrispondenti anni, al netto delle entrate proprie e delle partecipazioni delle medesime regioni;

c) all’erogazione dell’ulteriore 5 per cento o al ripristino del livello di finanziamento previsto dal citato accordo Stato-regioni dell’8 agosto 2001 per l’anno 2004, rivalutato del 2 per cento su base annua a decorrere dal 2005, nei confronti delle singole regioni si provvede a seguito della verifica degli adempimenti di cui ai commi 178 e 186;

d) nelle more della deliberazione del CIPE e della proposta di decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di cui al comma 4 dell’articolo 2 del decreto legislativo 18 febbraio 2000, n. 56, nonché della stipula dell’intesa di cui al comma 178, le anticipazioni sono commisurate al livello del finanziamento corrispondente a quello previsto dal riparto per l’anno 2004 in base alla deliberazione del CIPE, rivalutato del 2 per cento su base annua a decorrere dal 2005;

e) sono autorizzati, in sede di conguaglio, eventuali recuperi che dovessero rendersi necessari anche a carico delle somme a qualsiasi titolo spettanti alle regioni per gli esercizi successivi.

190. All’articolo 50 del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, dopo il comma 1, è inserito il seguente:

«1-bis. Il Ministero dell’economia e delle finanze cura la generazione e la consegna della tessera sanitaria a tutti i soggetti destinatari, indicati al comma 1, entro il 31 dicembre 2005».

191. Nell’ambito delle attività dirette alla definizione e implementazione del Nuovo Sistema Informativo Sanitario (NSIS), il Ministero della salute, anche ai fini del controllo e monitoraggio della spesa per la realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica, garantisce in ogni caso la coerente prosecuzione delle azioni in corso con riduzione della spesa per il rinnovo dei contratti per la fornitura di beni e servizi afferenti al funzionamento del NSIS nella misura di cinque punti percentuali, salva la facoltà di ampliare i servizi richiesti nel limite dell’ordinario stanziamento di bilancio.

192. In considerazione del rilievo nazionale ed internazionale nella sperimentazione sanitaria di elevata specializzazione e nella cura delle più rilevanti patologie, per l’anno 2005 è autorizzata la spesa di 15 milioni di euro in favore della fondazione «Centro San Raffaele del Monte Tabor».

193. Le regioni che alla data del 1º gennaio 2005 abbiano ancora in corso di completamento il proprio programma di investimenti in attuazione dell’articolo 20 della legge 11 marzo 1988, n. 67, e successive modificazioni, destinano una quota delle risorse residue al potenziamento ed ammodernamento tecnologico.

194. Le sanzioni amministrative per infrazioni al divieto di fumare, previste dall’articolo 51, comma 7, della legge 16 gennaio 2003, n. 3, sono aumentate del 10 per cento.

195. I proventi delle sanzioni amministrative per infrazioni al divieto di fumare inflitte, a norma dell’articolo 51, comma 7, della legge 16 gennaio 2003, n. 3, da organi statali affluiscono al bilancio dello Stato, per essere successivamente riassegnati, limitatamente ai maggiori proventi conseguiti per effetto degli aumenti di cui al comma 1, ad appositi capitoli di spesa dello stato di previsione del Ministero della salute per il potenziamento degli organi ispettivi e di controllo, nonché per la realizzazione di campagne di informazione e di educazione alla salute finalizzate alla prevenzione del tabagismo e delle patologie ad esso correlate.

196. Resta ferma l’autonoma, integrale disponibilità da parte delle singole regioni, ai sensi degli articoli 17, terzo comma, e 29, terzo comma, della legge 24 novembre 1981, n. 689, dei proventi relativi alle infrazioni di cui al comma 194, accertate dagli organi di polizia locale, come tali ad esse direttamente attribuiti.

197. Al fine di migliorare l’efficienza operativa della pubblica amministrazione e per il contenimento della spesa pubblica, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri sono individuati le applicazioni informatiche e i servizi per i quali si rendono necessarie razionalizzazioni ed eliminazioni di duplicazioni e sovrapposizioni. Il CNIPA stipula contratti-quadro per l’acquisizione di applicativi informatici e per l’erogazione di servizi di carattere generale riguardanti il funzionamento degli uffici con modalità che riducano gli oneri derivanti dallo sviluppo, dalla manutenzione e dalla gestione.

198. Le pubbliche amministrazioni di cui all’articolo 1 del decreto legislativo 12 febbraio 1993, n. 39, sono tenute ad avvalersi, uniformando le procedure e le prassi amministrative in corso, degli applicativi e dei servizi di cui al comma 1, salvo i casi in cui possano dimostrare, in sede di richiesta di parere di congruità tecnico-economica di cui all’articolo 8 dello stesso decreto legislativo, che la soluzione che intendono adottare, a parità di funzioni, risulti economicamente più vantaggiosa.

199. Ai fini di cui al comma 197, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri sono individuati interventi di razionalizzazione delle infrastrutture di calcolo, telematiche e di comunicazione delle amministrazioni di cui al comma 198.

200. Le pubbliche amministrazioni diverse da quelle di cui al comma 198 possono avvalersi dei servizi di cui al medesimo comma 2, secondo modalità da definire in sede di Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281.

201. Ai fini della copertura delle spese necessarie per lo svolgimento dei compiti di cui al comma 2, possono essere assegnati al CNIPA finanziamenti a carico del Fondo di finanziamento per i progetti strategici nel settore informatico di cui all’articolo 27, comma 2, della legge 16 gennaio 2003, n. 3.

202. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, i cedolini per il pagamento delle competenze stipendiali del personale delle amministrazioni di cui all’articolo 1 del decreto legislativo 12 febbraio 1993, n. 39, purché sia già in possesso di caselle di posta elettronica fornite dall’amministrazione, sono trasmessi, tenuto conto del diritto alla riservatezza, esclusivamente per via telematica all’indirizzo di posta elettronica assegnato a ciascun dipendente. Con decreto di natura non regolamentare del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro per l’innovazione e le tecnologie, sono emanate le relative norme attuative.

203. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, gli uffici cassa delle amministrazioni, anche periferiche, dello Stato sono organizzati sulla base di procedure amministrative informatizzate. Tutti i contatti con il personale dipendente e con gli uffici, anche di altra amministrazione, avvengono utilizzando modalità di trasmissione telematica dei dati. Con decreto di natura non regolamentare del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro per l’innovazione e le tecnologie, sono emanate le relative norme attuative.

204. Per l’anno finanziario 2005 e successivi, il Ministro dell’economia e delle finanze, su proposta del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio, è autorizzato a provvedere con propri decreti alla riassegnazione alle pertinenti unità previsionali di base dello stato di previsione del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio delle somme da versare in entrata per revoche ed economie dei finanziamenti di cui alla legge 8 ottobre 1997, n. 344, adottate con provvedimento del Ministero competente, e con lo stesso destinate alla realizzazione di interventi finalizzati allo stesso progetto strategico inseriti negli accordi di programma quadro da stipulare con le regioni territorialmente interessate.

205. Al fine di garantire la prosecuzione delle iniziative di sostegno allo sviluppo economico già adottate e per il completamento delle dotazioni infrastrutturali già programmate, è autorizzata la prosecuzione degli interventi previsti dall’articolo 52, comma 59, della legge 28 dicembre 2001, n. 448, e dall’articolo 3, comma 2-ter, secondo periodo, del decreto-legge 24 settembre 2002, n. 209, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 novembre 2002, n. 265, nei limiti delle risorse finanziarie per tali finalità rispettivamente appostate e disponibili, che a tale fine vengono versate all’entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnate negli anni successivi, fino al completamento delle iniziative contemplate nelle citate disposizioni di legge.

206. La richiesta di cambio di destinazione urbanistica delle aree o dei manufatti industriali interessati da processi di delocalizzazione dell’intero processo produttivo, soprattutto quando essi comportino perdita di posti di lavoro, determina la cessazione del diritto acquisito dall’impresa ad eventuali benefici concessi dallo Stato per il sostegno e il miglioramento del processo produttivo medesimo.

207. Al fine di consentire l’avvio di un regime assicurativo volontario per la copertura dei rischi derivanti da calamità naturali sui fabbricati a qualunque uso destinati, attraverso la sottoscrizione di una quota parte del capitale sociale di una costituenda Compagnia di riassicurazioni finalizzata ad aumentare le capacità riassicurative del mercato, e di sostenere il Consorzio o l’unione di assicurazioni destinato a coprire i danni derivanti da calamità naturali, è istituito un apposito Fondo di garanzia la cui gestione è affidata alla Concessionaria di servizi assicurativi pubblici (CONSAP Spa). Per le predette finalità è autorizzata la spesa di 50 milioni di euro per l’anno 2005 Con apposito regolamento emanato entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, ai sensi dell’articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, di concerto con i Ministri delle attività produttive e dell’economia e delle finanze, sentiti la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano e l’Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni private e di interesse collettivo, che si esprimono entro trenta giorni, e acquisito successivamente il parere delle competenti Commissioni parlamentari da esprimere entro trenta giorni dalla data di trasmissione del relativo schema, è costituita la Compagnia di riassicurazioni di cui al primo periodo e sono definite le forme, le condizioni e le modalità di attuazione del predetto Fondo, nonché le misure volte ad incentivare lo sviluppo delle coperture assicurative in questione, in ogni caso senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, e prevedendo l’esclusione dell’intervento del Fondo per i danni prodotti dalle calamità naturali a fabbricati abusivi, ivi compresi i fabbricati abusivi per i quali, pur essendo stata presentata la domanda di definizione dell’illecito edilizio, non sono stati corrisposti interamente l’oblazione e gli oneri accessori.

208. Il Dipartimento della protezione civile è autorizzato ad erogare ai soggetti competenti contributi per la prosecuzione degli interventi e dell’opera di ricostruzione nei territori colpiti da calamità naturali per i quali è intervenuta la dichiarazione dello stato di emergenza ai sensi dell’articolo 5 della legge 24 febbraio 1992, n. 225. Le modalità di utilizzo dei contributi sono stabilite con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri d’intesa con il Ministro dell’economia e delle finanze. Alla ripartizione dei contributi si provvede con ordinanze del Presidente del Consiglio dei ministri, adottate ai sensi dell’articolo 5, comma 2, della citata legge n. 225 del 1992, destinando almeno il 5 per cento delle risorse complessive, per ciascuno degli anni 2005, 2006 e 2007 alla realizzazione del piano di ricostruzione del comune di San Giuliano di Puglia, ai sensi dell’articolo 4 dell’ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri 10 aprile 2003, n. 3279, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 89 del 16 aprile 2003, nonché una quota del 5 per cento per il completamento della ricostruzione degli edifici situati nei comuni delle regioni Marche ed Umbria danneggiati dal terremoto del settembre 1997, per i quali è stato dichiarato lo stato di emergenza con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 27 settembre 1997, una quota del 5 per cento per gli interventi di ricostruzione nei comuni della provincia di Brescia colpiti dagli eventi sismici del 24 novembre 2004, per i quali è stato dichiarato lo stato di emergenza con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 26 novembre 2004, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 287 del 7 dicembre 2004, una quota del 2 per cento per gli interventi di ricostruzione nei comuni della regione Sardegna colpiti dagli eventi calamitosi del dicembre 2004 ed una quota pari a 4 milioni di euro annui per fronteggiare le esigenze derivanti dalla situazione emergenziale conseguente alle intense precipitazioni verificatesi nei giorni 31 ottobre e 1º novembre 2004 nel territorio della regione autonoma Friuli-Venezia Giulia, nonché una quota pari a 5 milioni di euro annui per consentire la prosecuzione degli interventi di cui all’articolo 50 comma 1 lettera i) della legge 23 dicembre 1998, n, 448, ripartendo detta quota alla regione Basilicata e Campania nella misura rispettivamente del 25 per cento e del 75 per cento. Per le finalità di cui al presente comma è autorizzata la spesa annua di 58,5 milioni di euro per 15 anni, a decorrere dall’anno 2005.

209. Per gli interventi di ricostruzione nei comuni della provincia di Brescia colpiti dagli eventi sismici del 24 novembre 2004, per i quali è stato dichiarato lo stato di emergenza con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 26 novembre 2004, è autorizzato un contributo di 30 milioni di euro per l’anno 2005.

210. Il Fondo di cui all’articolo 27, comma 1, della legge 27 dicembre 2002, n. 289, è destinato alla copertura delle spese relative al progetto promosso dal Dipartimento per l’innovazione e le tecnologie della Presidenza del Consiglio dei ministri denominato «PC ai giovani», diretto ad incentivare l’acquisizione e l’utilizzo degli strumenti informatici e digitali tra i giovani che compiono sedici anni nel 2005, nonché la loro formazione, fino all’esaurimento delle disponibilità del Fondo stesso. Le modalità di attuazione del progetto, nonché di erogazione degli incentivi stessi, sono disciplinate con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro per l’innovazione e le tecnologie, emanato ai sensi dell’articolo 27, comma 1, della legge 27 dicembre 2002, n. 289.

211. I benefici di cui all’articolo 4, comma 11, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, concessi ai docenti con le modalità di cui al decreto del Ministro per l’innovazione e le tecnologie 3 giugno 2004, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 164 del 15 luglio 2004, sono prorogati a tutto l’anno 2005.

212. Nel corso dell’anno 2005, i benefici di cui al comma 211 sono concessi anche al personale dirigente e al personale non docente delle scuole pubbliche di ogni ordine e grado e delle università statali, nonché al personale dirigente, docente e non docente delle scuole paritarie di ogni ordine e grado, delle università non statali e delle università telematiche riconosciute ai sensi del decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca 17 aprile 2003, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 98 del 29 aprile 2003. Le modalità attuative del presente comma sono definite ai sensi dell’ultimo periodo del comma 11 dell’articolo 4 della legge 24 dicembre 2003, n. 350.

213. I dipendenti delle pubbliche amministrazioni possono acquistare un personal computer usufruendo di una riduzione di costo ottenuta in esito ad una apposita selezione di produttori o distributori operanti nel settore informatico, esperita, previa apposita indagine di mercato, dalla Concessionaria servizi informatici pubblici (CONSIP Spa).

214. La sezione speciale del Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese di cui all’articolo 2, comma 100, lettera a), della legge 23 dicembre 1996, n. 662, istituita con decreto del Ministro delle attività produttive e del Ministro per l’innovazione e le tecnologie 15 giugno 2004, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 150 del 29 giugno 2004, è integrata della somma di 40 milioni di euro per l’anno 2005, 40 milioni di euro per l’anno 2006 e 20 milioni di euro per l’anno 2007. Tali somme possono essere altresì utilizzate, limitatamente a quelle non impegnate al termine di ciascun anno, per altri interventi del Fondo di cui al presente comma. Le caratteristiche degli interventi del Fondo di cui al presente comma sono rideterminate con decreto di natura non regolamentare del Ministro delle attività produttive, da emanare entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, in linea con quanto previsto dall’Accordo di Basilea recante la disciplina sui requisiti minimi di capitale per le banche.

215. Le risorse del Fondo centrale di garanzia per il credito navale di cui all’articolo 5 della legge 31 luglio 1997, n. 261, e successive modificazioni, sono destinate, per un importo di sessanta milioni di euro, al Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese di cui all’articolo 2, comma 100, lettera a), della legge 23 dicembre 1996, n. 662.

216. L’intervento di cui al comma 1 dell’articolo 4 della legge 24 dicembre 2003, n. 350, è rifinanziato, per l’anno 2005, per l’importo di 110 milioni di euro. Il contributo ivi previsto, la cui misura è fissata in euro 70, si applica ai contratti stipulati a decorrere dal 1º dicembre 2004. Le procedure per l’assegnazione dei contributi stabilite, relativamente all’anno 2004, dagli articoli 1, 2, 3 e 7 del decreto del Ministro delle comunicazioni 30 dicembre 2003, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 18 del 23 gennaio 2004, sono estese, in quanto compatibili, ai contributi di cui al presente comma.

217. L’intervento di cui al comma 2 dell’articolo 4 della legge 24 dicembre 2003, n. 350, è rifinanziato, per l’anno 2005, per l’importo di 30 milioni di euro. Il contributo si applica ai contratti stipulati a decorrere dal 1º dicembre 2004 nella misura di euro 50, elevata ad euro 75 qualora l’accesso alla rete fissa o alla rete mobile UMTS da parte dell’utente ricada nei comuni il cui territorio sia ricompreso nelle aree di cui all’obiettivo 1 del regolamento (CE) n. 1260/1999 del Consiglio, del 21 giugno 1999, e comunque in quelli con popolazione inferiore a diecimila abitanti.

218. Allo scopo di promuovere il potenziamento della strumentazione tecnologica e l’aggiornamento della tecnologia impiegata nel settore della radiofonia, a decorrere dall’anno 2005 la quota prevista a valere sui contributi di cui al comma 190 dell’articolo 4 della legge 24 dicembre 2003, n. 350, ferma restando la misura del 10 per cento stabilita al medesimo comma, non può comunque essere inferiore a 1 milione di euro annui. Ai fini di cui al presente comma è autorizzata la spesa di 1 milione di euro annui a decorrere dall’anno 2005. L’accesso ai benefici di cui al citato comma 190 dell’articolo 4 è subordinato alla presentazione, da parte dei soggetti interessati, della relativa domanda entro il 31 gennaio di ciascun anno.

219. ll finanziamento annuale previsto dall’articolo 52, comma 18, della legge 28 dicembre 2001, n. 448, come rideterminato dalla legge 27 dicembre 2002, n. 289, e dalla legge 24 dicembre 2003, n. 350, è incrementato di 5 milioni di euro per l’anno 2005.

220. Al fine di rafforzare l’attrazione di nuovi investimenti nelle aree sottoutilizzate, Sviluppo Italia Spa è autorizzata a concedere agevolazioni alle imprese capaci di produrre effetti economici addizionali e durevoli e tali da generare esternalità positive sul territorio.

221. Le agevolazioni di cui al comma 220, il cui cumulo non può comunque superare i vigenti limiti massimi di intensità di aiuto, consistono in: a) un contributo in conto interessi a valere su mutui di durata non inferiore a cinque anni e non superiore a dieci, concessi da istituti autorizzati all’esercizio dell’attività bancaria ai sensi del testo unico di cui al decreto legislativo 1º settembre 1993, n. 385. È previsto un pre-ammortamento di durata non superiore a tre anni a decorrere dalla stipula del contratto di finanziamento. Il mutuo agevolato può coprire fino al 50 per cento degli investimenti ammissibili; b) un contributo in conto capitale fino al limite massimo del 20 per cento degli investimenti ammissibili; c) partecipazioni temporanee al capitale sociale, in misura non superiore al 15 per cento del capitale sociale delle imprese beneficiarie. Le percentuali di cui alle lettere b) e c) possono essere elevate, rispettivamente, al 35 per cento ed al 20 per cento nel caso di piccole e medie imprese.

222. Le agevolazioni di cui al comma 221 sono finanziate a valere sul Fondo di cui all’articolo 61 della legge 27 dicembre 2002, n. 289. A tale fine l’elenco degli strumenti che confluiscono nel Fondo per le aree sottoutilizzate, di cui all’allegato 1 della citata legge n. 289 del 2002, è esteso agli interventi previsti dal presente articolo.

223. Con delibera del CIPE, da emanare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono definiti le procedure di assegnazione e riprogrammazione delle risorse del Fondo destinate agli interventi previsti al comma 220 nonché le condizioni e i limiti delle agevolazioni di cui al comma 222.

224. Il CIPE, in sede di riparto annuale delle risorse per le aree sottoutilizzate, tenuto conto dei programmi pluriennali predisposti dall’Istituto italiano per gli studi storici e dall’Istituto italiano per gli studi filosofici, aventi sede in Napoli, assegna risorse per la realizzazione delle rispettive attività di ricerca e formazione di rilevante interesse pubblico per lo sviluppo dell’integrazione europea e mediterranea delle aree del Mezzogiorno. Con la delibera di assegnazione delle risorse sono disposte le relative modalità di erogazione.

225. Ai fini di cui al comma 5, i predetti istituti presentano al Ministero dell’economia e delle finanze – Dipartimento delle politiche di sviluppo e coesione – e al Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca i programmi di attività entro il 31 dicembre di ciascun anno; per l’anno 2005 i programmi sono presentati entro il 31 gennaio 2005. Tali programmi, nel rispetto del consolidato principio comunitario del cofinanziamento, indicano le altre fonti, pubbliche e private, con cui si intende contribuire alla loro realizzazione e sono accompagnati da una relazione di rendiconto sulle attività, già oggetto di finanziamento, concluse e in corso, nonché sull’equilibrio patrimoniale ovvero sulle azioni assunte per conseguirlo.

226. L’efficacia delle disposizioni di cui ai commi da 220 a 225 è subordinata, ai sensi dell’articolo 88, paragrafo 3, del Trattato istitutivo della Comunità europea, alla preventiva approvazione da parte della Commissione europea.

227. Al fine di favorire l’afflusso di capitale di rischio verso piccole e medie imprese innovative localizzate nelle aree sottoutilizzate, il Dipartimento per l’innovazione e le tecnologie della Presidenza del Consiglio dei ministri può sottoscrivere e alienare quote di uno o più fondi comuni di investimento, in misura non superiore al 50 per cento del patrimonio, promossi e gestiti da una o più società di gestione del risparmio (SGR) previste dal testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58. Tali SGR saranno individuate dal citato Dipartimento, d’intesa con il Dipartimento per le politiche di sviluppo e di coesione e con il Dipartimento del tesoro del Ministero dell’economia e delle finanze, con procedure competitive, anche in deroga alle vigenti norme di legge e di regolamento sulla contabilità generale dello Stato, nel rispetto delle norme comunitarie applicabili, assicurando che l’organizzazione e la gestione dei fondi siano coerenti con le finalità pubbliche ed eventualmente prevedendo a tale fine la presenza di un rappresentante della pubblica amministrazione negli organi di gestione dei fondi.

228. Alla copertura degli oneri derivanti dall’attuazione del presente articolo si provvede mediante le risorse previste dalla legge 30 giugno 1998, n. 208, e stanziate con delibera del CIPE n. 20 del 29 settembre 2004, punto 4.1.2, in attuazione dell’articolo 61 della legge 27 dicembre 2002, n. 289.

229. Gli immobili di cui all’articolo 9, comma 1-bis, lettera a), del decreto-legge 15 aprile 2002, n. 63, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 giugno 2002, n. 112, ivi compresi quelli individuati dal decreto dirigenziale del 10 giugno 2003, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 150 del 1º luglio 2003, possono essere alienati anche nell’ambito dell’attività di gestione della liquidazione già affidata a società direttamente controllata dallo Stato ai sensi di quanto previsto dall’articolo 9, comma 1-bis, lettera c), del medesimo decreto-legge.

230. All’articolo 9, comma 1-bis, lettera c), del decreto-legge 15 aprile 2002, n. 63, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 giugno 2002, n. 112, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al secondo periodo, le parole: «La società si avvale» sono sostituite dalle seguenti: «La società può avvalersi anche»;

b) dopo il secondo periodo è inserito il seguente: «È, altresì, facoltà della società di procedere alla revoca dei mandati già conferiti».

231. Con riguardo a tutte le liquidazioni di cui al comma 1-ter dell’articolo 9 del decreto-legge 15 aprile 2002, n. 63, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 giugno 2002, n. 112, la società, direttamente controllata dallo Stato, di cui al comma 1-bis, lettera c), del medesimo articolo 9 del citato decreto-legge n. 63 del 2002, esercita ogni potere finora attribuito all’Ispettorato generale per la liquidazione degli enti disciolti e può procedere alla revoca degli incarichi di Commissario liquidatore in essere.

232. Al fine di rendere più efficienti ed economicamente convenienti per la finanza pubblica le procedure di liquidazione, il commissario nominato ai sensi dell’articolo 5 della legge 28 ottobre 1999, n. 410, e successive modificazioni, non può cessare dall’ufficio fino a che non sia garantita la ricostituzione degli organi statutari e comunque non oltre due anni dalla conclusione delle procedure di cui all’articolo 214 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, in mancanza di procedimenti contenziosi a quella data pendenti, ovvero, in tale ultima ipotesi, fino alla definitiva conclusione degli stessi procedimenti. Nell’articolo 5, comma 7-bis, della legge 28 ottobre 1999, n. 410, le parole: «e per una durata massima di dodici mesi» sono soppresse.

233. L’ufficio stralcio di cui all’articolo 119 del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616, e al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 24 marzo 1979, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 90 del 31 marzo 1979, è soppresso; le residue funzioni sono svolte dalle regioni interessate.

234. Congiuntamente al Ministro dell’economia e delle finanze, la società direttamente controllata dallo Stato, di cui al comma 1-bis, lettera c), dell’articolo 9 del decreto-legge 15 aprile 2002, n. 63, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 giugno 2002, n. 112, riferisce annualmente alle Camere sullo stato della liquidazione degli enti pubblici, di cui alla legge 4 dicembre 1956, n. 1404, per i quali la liquidazione stessa non sia stata esaurita entro il 31 dicembre 2005.

235. Le risorse del fondo di cui all’articolo 4, comma 61, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, sono complessivamente destinate alle attività previste ai commi 61, 68, 76 e 77 del citato articolo 4 della legge n. 350 del 2003, nonché alle attività di cui al comma 237 del presente articolo. Il relativo riparto è stabilito con decreto del Ministro delle attività produttive, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, fermo restando quanto stabilito nell’articolo 4, comma 70, della legge 24 dicembre 2003, n. 350. Per le finalità di cui al citato comma 70 è autorizzata la spesa di 10 milioni di euro per l’anno 2005.

236. All’articolo 2, comma 8, del decreto-legge 12 agosto 1983, n. 371, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 ottobre 1983, n. 546, le parole: «dall’AIMA» sono sostituite dalle seguenti: «dall’Agenzia per le erogazioni in agricoltura (AGEA) e dagli altri organismi pagatori istituiti ai sensi dell’articolo 3 del decreto legislativo 27 maggio 1999, n. 165» e le parole: «mercato agricolo» sono sostituite dalle seguenti: «settore agricolo».

237. Per l’utilizzo delle risorse del fondo di cui al comma 1 il Ministero delle attività produttive può promuovere protocolli di intesa con le associazioni imprenditoriali di categoria e può avvalersi della collaborazione dell’Istituto nazionale per il commercio estero. Resta fermo quanto stabilito ai sensi dell’articolo 4, comma 61, secondo periodo, della legge n. 350 del 2003 nei limiti della dotazione finanziaria ivi prevista. Nel citato comma 61, al secondo periodo, le parole: «5 milioni» sono sostituite dalle seguenti: «10 milioni», e nel quarto periodo le parole: «per l’anno 2004» sono sostituite dalle seguenti: «per l’anno 2004 e successivi, ivi comprese quelle di cui al secondo periodo del presente comma, allo stesso direttamente attribuite,».

238. Per l’anno 2005 è confermato il Fondo di riserva di 1.200 milioni di euro per provvedere ad eventuali esigenze connesse con la proroga delle missioni internazionali di pace. Il Ministro dell’economia e delle finanze provvede ad inviare al Parlamento copia delle deliberazioni relative all’utilizzo del Fondo e di esse viene data formale comunicazione alle competenti Commissioni parlamentari.

239. Al fine di assicurare l’efficace svolgimento delle attività di cui all’articolo 17 del decreto-legge 8 febbraio 1995, n. 32, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 aprile 1995, n. 104, l’Istituto per la promozione industriale (IPI) adotta, d’intesa con il Ministero delle attività produttive, appositi programmi pluriennali. I relativi finanziamenti, ai sensi dell’articolo 14 della legge 5 marzo 2001, n. 57, e dell’articolo 60 della legge 27 dicembre 2002, n. 289, e successive modificazioni, sono determinati, a decorrere dall’anno 2005, in 25 milioni di euro annui, intendendosi corrispondentemente ridotte le autorizzazioni di spesa di cui all’articolo 52 della legge 23 dicembre 1998, n. 448, per 16,5 milioni di euro ed all’articolo 60, comma 3, della legge n. 289 del 2002 per 8,5 milioni di euro.

240. All’articolo 36 della legge 17 maggio 1999, n. 144, e successive modificazioni, dopo il comma 5, è inserito il seguente:

«5-bis. Per l’applicazione delle disposizioni dell’articolo 2, comma 3, del decreto-legge 28 dicembre 1998, n. 451, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 1999, n. 40, in materia di riduzione compensata di pedaggi autostradali, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, limitatamente alle imprese di autotrasporto con sede legale e stabilimento operativo nelle aree interessate dalla continuità territoriale, modifica le direttive ivi previste tenendo conto dei costi marittimi gravanti sulle imprese di autotrasporto, nonché delle distanze chilometriche percorse in mare e per raggiungere i punti d’imbarco. Nelle medesime direttive il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti provvede ad introdurre il rimborso parziale dei costi marittimi, secondo criteri che garantiscano la parità di condizioni di esercizio tra tutte le imprese del settore».

241. Il fondo di cui all’articolo 145, comma 40, della legge 23 dicembre 2000, n. 388, e successive modificazioni, deve intendersi destinato al settore della nautica da diporto, nella misura e con le modalità disciplinate dal combinato disposto della lettera c) del comma 14 dell’articolo 22 della legge 28 dicembre 2001, n. 448, e del comma 13 dell’articolo 80 della legge 27 dicembre 2002, n. 289.

242. Al fine di incentivare lo sviluppo economico nelle aree sottoutilizzate del Paese, con particolare riferimento a quelle meridionali, il Consiglio nazionale delle ricerche costituisce un Osservatorio sul mercato creditizio regionale procedendo, d’intesa con le corrispondenti strutture di ricerca delle amministrazioni regionali, alla elaborazione di studi di fattibilità per favorire la creazione di banche a carattere regionale. A tale fine è autorizzata la spesa di 500.000 euro a decorrere dal 2005.

243. Con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, da emanare entro il 31 gennaio 2005, è stabilito un incremento delle tariffe applicabili per le operazioni in materia di motorizzazione di cui all’articolo 18 della legge 1º dicembre 1986, n. 870, in modo da assicurare, su base annua, maggiori entrate pari a 24 milioni di euro a decorrere dall’anno 2005. Una quota delle predette maggiori entrate, pari ad euro 20 milioni per l’anno 2005, e ad euro 12 milioni a decorrere dall’anno 2006, è riassegnata allo stato di previsione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti per la copertura degli oneri di cui all’articolo 2, commi 3, 4 e 5, del decreto legislativo 20 agosto 2002, n. 190.

244. I soggetti di cui all’articolo 3 del decreto legislativo 16 settembre 1996, n. 564, e successive modificazioni, che non hanno presentato la domanda di accredito della contribuzione figurativa per i periodi anteriori al 1º gennaio 2003, secondo le modalità previste dal medesimo articolo 3 del citato decreto legislativo, possono esercitare tale facoltà entro il 31 marzo 2005.

245. All’articolo 24, comma 6, della legge 11 febbraio 1994, n. 109, e successive modificazioni, dopo le parole: «comma 7-bis» sono aggiunte le seguenti: «, e degli organismi di cui agli articoli 3, 4 e 6 della legge 24 ottobre 1977, n. 801, che sono disciplinati con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, emanato su proposta del Comitato di cui all’articolo 2 della citata legge n. 801 del 1977, previa intesa con il Ministro dell’economia e delle finanze».

246. Al fine di garantire l’efficienza e la sostenibilità delle infrastrutture olimpiche finanziate, quali opere connesse ai sensi della legge 9 ottobre 2000, n. 285, e quali opere di accompagnamento ai sensi dell’articolo 21 della legge 1º agosto 2002, n. 166, è autorizzato l’utilizzo dei fondi previsti anche successivamente all’evento olimpico onde garantire il completamento funzionale di alcune opere per l’uso post-olimpico.

247. Per il triennio 2005-2007 è autorizzato uno stanziamento pari a 5.418.000 euro per ciascuno degli anni 2005, 2006 e 2007, destinato all’adeguamento delle risorse previste per il funzionamento dell’Alto Commissario di cui al comma 2 dell’articolo 1 della legge 16 gennaio 2003, n. 3.

248. Nella regione Sardegna, in deroga al disposto dell’articolo 10, comma 15, del decreto-legge 28 marzo 2003, n. 49, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 maggio 2003, n. 119, e successive modificazioni, sono consentiti i trasferimenti a titolo temporaneo, fino al 31 dicembre 2007, di quote latte anche tra zone disomogenee.

249. All’articolo 141 del testo unico delle disposizioni sull’edilizia popolare ed economica, di cui al regio decreto 28 aprile 1938, n. 1165, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) dopo il primo comma è inserito il seguente:

«Nelle cooperative edilizie a proprietà divisa qualora i soci si siano accollati l’intero importo del mutuo pro capite, si può procedere allo scioglimento delle cooperative stesse.»;

b) al secondo comma, le parole: «previsto dal precedente comma» sono sostituite dalle seguenti: «previsto dal primo comma».

250. Allo scopo di favorire l’ammodernamento e il potenziamento del comparto della pesca, anche ai fini dell’adozione di tecniche di pesca finalizzate a garantire la protezione delle risorse acquatiche, è autorizzata, per ciascuno degli anni 2005, 2006 e 2007, la spesa di 5 milioni di euro per la concessione di contributi a favore delle piccole e medie imprese operanti nelle aree per le quali sia stata prevista l’interruzione temporanea obbligatoria delle attività di pesca. Il contributo di cui al presente comma è riconosciuto nei limiti della normativa comunitaria in materia di aiuti di Stato.

251. Per la prosecuzione degli interventi previsti dall’articolo 4, comma 153, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, è autorizzata, per l’anno 2005, la spesa di 1 milione di euro.

252. Allo scopo di rafforzare il monitoraggio del rischio sismico attraverso l’utilizzo di nuove tecnologie, il Centro di geomorfologia integrata per l’area del Mediterraneo provvede alla predisposizione di metodologie scientifiche innovative integrate dei fattori di rischio delle diverse aree del territorio. A tal fine, è autorizzata la spesa di 1,5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2005, 2006 e 2007.

253. Al fine di incentivare lo sviluppo delle energie prodotte da fonti rinnovabili, con particolare attenzione alle potenzialità di produzione dell’idrogeno da fonti di energia solare, eolica, idraulica o geotermica è istituto, per l’anno 2005, nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze, il Fondo per la promozione delle risorse rinnovabili con una dotazione finanziaria di 10 milioni di euro. Il Fondo è finalizzato al cofinanziamento di studi e ricerche nel campo ambientale e delle fonti di energia rinnovabile destinate all’utilizzo per i mezzi di locomozione e per migliorare la qualità ambientale all’interno dei centri urbani. Sono ammessi al finanziamento gli studi e le ricerche che presentino una partecipazione al finanziamento non inferiore alla metà del costo totale del singolo progetto di ricerca da parte di università, laboratori scientifici, enti o strutture di ricerca ovvero imprese per il successivo diretto utilizzo industriale e commerciale dei risultati di tale attività di ricerca e progettuale.

254. Per la prosecuzione degli interventi di cui all’articolo 4, comma 160, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, è autorizzata la spesa di 2 milioni di euro per ciascuno degli anni 2005 e 2006.

255. Nello stato di previsione del Ministero delle comunicazioni, è istituito, per l’anno 2005, con una dotazione finanziaria pari a 10 milioni di euro, un Fondo per la promozione e la realizzazione di aree all digital e servizi di T-Government sulla piattaforma della televisione digitale terrestre.

255. Allo scopo di promuovere la ricerca avanzata nei settori di rilevanza strategica per l’industria nazionale, è autorizzata la spesa di 30 milioni di euro per ciascuno degli anni 2005, 2006 e 2007 destinata al finanziamento di progetti pilota realizzati da società operanti nel settore aeronautico, di cui alla legge 24 dicembre 1985, n. 808.

256. Il Fondo rotativo nazionale per gli interventi nel capitale di rischio delle imprese, di cui all’articolo 4, comma 106, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, è rifinanziato per un importo pari a 10 milioni di euro per il 2005.

257. All’articolo 67, comma 1, lettera m), del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, dopo le parole: «associazioni sportive dilettantistiche» sono inserite le seguenti: «e di cori, bande e filodrammatiche da parte del direttore e dei collaboratori tecnici».

258. Per le esigenze connesse all’esercizio dei compiti di vigilanza e controllo operativi in materia di sicurezza delle navi e delle strutture portuali svolti dal Corpo delle Capitanerie di porto-Guardia costiera, è autorizzata la spesa di 10 milioni di euro per l’anno 2005 e per ciascuno degli anni 2006 e 2007, iscritta in un fondo dello stato di previsione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, da ripartire nel corso della gestione tra le unità previsionali di base interessate con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, da comunicare, anche con evidenze informatiche, al Ministero dell’economia e delle finanze, tramite l’Ufficio centrale del bilancio, nonché alle competenti Commissioni parlamentari e alla Corte dei conti.

259. Agli enti non commerciali di cui all’articolo 41, comma 7, della legge 27 dicembre 2002, n. 289, e successive modificazioni, che abbiano almeno una sede operativa nei territori di cui al decreto-legge 4 novembre 2002, n. 245, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 dicembre 2002, n. 286, si applica la sospensione dei termini di cui all’articolo 4 del citato decreto-legge n. 245 del 2002 fino al 31 dicembre 2005 nonché, per i versamenti non eseguiti a questa ultima data, compresi i sostituti di imposta, l’articolo 3, comma 2, e l’articolo 4, comma 3, dell’ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri 7 maggio 2004, n. 3354, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 112 del 14 maggio 2004.

260. Per la prosecuzione degli interventi necessari allo svolgimento dei Campionati mondiali di sci alpino del 2005 in Valtellina è autorizzata la spesa di 2 milioni di euro per l’anno 2005.

261. Al fine di garantire la piena realizzazione della misura di riconversione di cui all’articolo 2 del decreto-legge 7 maggio 2002, n. 85, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 luglio 2002, n. 134, e autorizzata l’ulteriore spesa di 260.000 euro.

262. Al fine di consentire la piena realizzazione degli obiettivi di ammodernamento della flotta peschereccia delle regioni dell’obiettivo 1, il Ministero delle politiche agricole e forestali e autorizzato a liquidare le istanze di contributo ritenute idonee ai sensi del decreto 15 marzo 2002 recante modalità di attuazione delle misure di costruzione di nuove navi e di ammodernamento di navi esistenti non ancora ammesso a finanziamento per mancanza delle relative risorse finanziarie, valutate in 320.000 euro per l’anno 2005.

263. Per la liquidazione delle istanze risultate idonee ai sensi della legge 28 agosto 1989, n. 302, pervenute al Ministero delle politiche agricole e forestali entro il 31 dicembre 1999, l’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 52, comma 82, della legge 28 dicembre 2001, n. 448, è incrementata di 833.000 euro per l’anno 2005.

264. Al fine di valorizzare le iniziative celebrative della figura di Cristoforo Colombo curate dall’apposito Comitato nazionale istituito presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, è autorizzata la spesa di 1 milione di euro per ciascuno degli anni 2005 e 2006.

265. Per le attività di monitoraggio delle politiche pubbliche adottate dal Governo, di analisi del loro impatto sul Sistema-Paese, di informazione e comunicazione istituzionale sulle riforme attuate, il Presidente del Consiglio dei ministri, ovvero il Ministro a ciò delegato, può avvalersi di enti o istituti di ricerca, pubblici o privati, di istituti demoscopici nonché di consulenti dotati di specifica professionalità. A tal fine è autorizzata la spesa di 3 milioni di euro per ciascuno degli anni 2005 e 2006.

266. Nel limite complessivo di 22 milioni di euro, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali è autorizzato a prorogare, limitatamente all’esercizio 2005, le convenzioni stipulate, anche in deroga alla normativa vigente relativa ai lavori socialmente utili, direttamente con i comuni, per lo svolgimento di attività socialmente utili (ASU) e per l’attuazione, nel limite complessivo di 36 milioni di euro, di misure di politica attiva del lavoro, riferite a lavoratori impiegati in ASU nella disponibilità degli stessi comuni da almeno un triennio, nonché ai soggetti, provenienti dal medesimo bacino, utilizzati attraverso convenzioni già stipulate in vigenza dell’articolo 10, comma 3, del decreto legislativo 1º dicembre 1997, n. 468, e successive modificazioni, e prorogate nelle more di una definitiva stabilizzazione occupazionale di tali soggetti. In presenza delle suddette convenzioni il termine di cui all’articolo 78, comma 2, della legge 23 dicembre 2000, n. 388, è prorogato al 31 dicembre 2005. Il Ministro dell’interno è autorizzato a concedere, nel limite complessivo di 98 milioni di euro, in prosecuzione degli interventi per favorire l’occupazione previsti dall’articolo 3 del decreto-legge 25 marzo 1997, n. 67, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 maggio 1997, n. 135, contributi per spese pubbliche nei comuni di Napoli e Palermo.

267. Nel limite di spesa complessivo di 1 milione di euro, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali è autorizzato a prorogare, limitatamente all’anno 2005, le convenzioni di cui all’articolo 3, comma 82, della legge 24 dicembre 2003, n.350, avvalendosi della graduatoria allegata al decreto dirigenziale del Ministero del lavoro e delle politiche sociali del 25 ottobre 2004.

268. All’onere di cui ai commi 266 e 267, pari a 157 milioni di euro per l’anno 2005, si provvede a valere sul Fondo per l’occupazione di cui all’articolo 1, comma 7, del decreto-legge 20 maggio 1993, n. 148, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 luglio 1993, n. 236.

269. Gli interventi di reindustrializzazione e di promozione industriale di cui al decreto-legge 1º aprile 1989, n. 120, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 maggio 1989, n. 181, sono estesi al territorio dei comuni di Arese, Rho, Garbagnate Milanese e Lainate (provincia di Milano), limitatamente alle aree individuate nell’accordo di programma per la reindustrializzazione dell’area Fiat-Alfa Romeo, approvato con decreto del Presidente della Giunta regionale della Lombardia n. 58158 del 26 giugno 1997, pubblicato nel Bollettino Ufficiale della regione Lombardia n. 29 del 14 luglio 1997, e aggiornato con decreto del Presidente della Giunta regionale della Lombardia n. 8980 del 20 maggio 2004, pubblicato nel Bollettino ufficiale della regione Lombardia n. 23 del 31 maggio 2004, nonché al comune di Marcianise (provincia di Caserta) e al distretto di Brindisi.

270. Il programma di reindustrializzazione, di cui al comma 269, proposto e attuato da Sviluppo Italia Spa in accordo con le rispettive regioni, potrà prevedere anche interventi di acquisizione, bonifica e infrastrutture di aree industriali dismesse.

271. Il programma di cui ai commi 269 e 270 prevede interventi per la promozione imprenditoriale e l’attrazione degli investimenti nel settore delle industrie e dei servizi ai sensi e per gli effetti dell’articolo 5 del decreto-legge 1º aprile 1989, n. 120, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 maggio 1989, n. 181.

272. Per gli interventi di cui ai commi da 269 a 271 è concesso un contributo straordinario pari a 32 milioni di euro per il 2005, 52 milioni di euro per il 2006 e 72 milioni di euro per il 2007.

273. Per garantire la prosecuzione degli interventi per la continuità territoriale di cui all’articolo 82 della legge 27 dicembre 2002, n. 289, per il triennio 2005-2007, per Trapani, Pantelleria e Lampedusa sono assegnate risorse finanziarie per complessivi 10 milioni di euro annui.

284. Al fine di sostenere i processi di innovazione delle imprese del commercio, il fondo di cui all’articolo 14 della legge 17 febbraio 1982, n. 46, è destinato altresì ai programmi di investimento delle imprese dei settori del commercio, del turismo e dei servizi (sezioni G, H, I, J, K, M, N ed O della classificazione delle attività economiche ISTAT 91) rivolti:

a) alla ricerca e progettazione di nuove formule e processi distributivi o aziendali innovativi ed agli investimenti materiali connessi con la loro attivazione, alla formazione e consulenza necessarie all’avvio dei processi innovativi;

b) all’accesso ai mercati elettronici e strumentazione connessa;

c) alla progettazione ed alla realizzazione di investimenti connessi all’adozione dl moderne tecniche di vendita e di offerta dei servizi (software per la gestione automatica di spazi espositivi);

d) all’acquisizione di servizi di connessione a larga banda;

e) al check-up sulla struttura aziendale per rilevare la situazione presente in azienda concernente gli approvvigionamenti, il lavoro, la commercializzazione, il personale, le risorse strumentali;

f) alla progettazione e realizzazione di interventi di assistenza tecnica intesa quale elaborazione ed applicazione di tecniche innovative volte all’innovazione dell’assetto e dell’offerta dell’impresa commerciale;

g) alla realizzazione di innovazione tecnologica intesa quale acquisizione di sistemi informatici integrati, per la gestione aziendale ed interaziendale, per la realizzazione di impianti automatizzati per la movimentazione delle merci nel magazzino e per operazioni di allestimento degli ordini e per la distribuzione commerciale.

285. Con decreto del Ministero delle attività produttive sono stabiliti termini, criteri e modalità per la concessione delle agevolazioni, di cui al comma 284, alle imprese del commercio, del turismo e dei servizi.

286. L’indennizzo di cui all’articolo 1 del decreto legislativo 28 marzo 1996, n. 207, è concesso, con le medesime modalità ivi previste, anche ai soggetti che si trovino in possesso dei requisiti di cui all’articolo 2 del predetto decreto legislativo nel periodo compreso fra il 1º gennaio 2005 ed il 31 dicembre 2007. L’aliquota contributiva di cui all’articolo 5 del citato decreto legislativo 28 marzo 1996, n. 207, dovuta dagli iscritti alla Gestione dei contributi e delle prestazioni previdenziali degli esercenti attività commerciali presso l’INPS, è prorogata, con le medesime modalità, fino al 31 dicembre 2009. Le domande di cui all’articolo 7 del citato decreto legislativo 28 marzo 1996, n. 207, possono essere presentate dai soggetti di cui al primo periodo del presente comma entro il 31 gennaio 2008.

287. All’articolo 29, comma 1, quinto periodo, del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, le parole: «per provvedere alla spesa per i canoni di locazione degli immobili stessi» sono sostituite dalle seguenti: «per provvedere alla spesa per canoni, oneri e ogni ulteriore incombenza connessi alla locazione degli immobili stessi».

288. Relativamente alle somme non corrisposte all’erario per l’utilizzo, a qualsiasi titolo, di immobili di proprietà dello Stato, decorsi novanta giorni dalla notificazione, da parte dell’Agenzia del demanio ovvero degli enti gestori, della seconda richiesta di pagamento delle somme dovute, anche a titolo di occupazione di fatto, si procede alla loro riscossione mediante ruolo, con la rivalutazione monetaria e gli interessi legali. Limitatamente alle situazioni debitorie per le quali la seconda richiesta di pagamento è intervenuta entro il 31 dicembre 2004, la riscossione di cui al primo periodo non è effettuata nel caso in cui i soggetti interessati provvedono, entro il 30 aprile 2005, a dichiarare alla Agenzia del demanio ovvero all’ente gestore di voler adempiere, in unica soluzione, l’intera sorte del debito maturato, effettuando altresì contestualmente il relativo versamento. I giudizi pendenti, aventi ad oggetto l’accertamento, la liquidazione ovvero la condanna al pagamento dei debiti di cui al secondo periodo, si estinguono di diritto con l’esatto adempimento di quanto previsto nel medesimo periodo.

289. Ai fini della valorizzazione del patrimonio immobiliare le operazioni, gli atti, i contratti, i conferimenti ed i trasferimenti di immobili di proprietà dei Comuni, ivi comprese le operazioni di cartolarizzazione di cui alla legge n. 410 del 2001, in favore di Fondazioni o Società sono esenti dall’imposta di registro, dall’imposta di bollo, dalle imposte ipotecaria e catastale e da ogni altra imposta indiretta, nonché da ogni altro tributo o diritto.

290. Al fine di consentire il tempestivo pagamento dei canoni, oneri e ogni ulteriore incombenza connessi agli immobili locati ai sensi dell’articolo 4, comma 2-ter, del decreto legge 25 settembre 2001, n. 351, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 novembre 2001, n. 410, l’Agenzia del demanio può richiedere al Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato anticipazioni di tesoreria per gli importi necessari. Alla regolazione contabile dell’anticipazione di tesoreria si provvede con le modalità stabilite dal predetto Dipartimento d’intesa con l’Agenzia del demanio. L’anticipazione di tesoreria è comunque estinta entro l’anno a valere sul fondo di cui al comma 1, quinto periodo, dell’artico 29 del decreto legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito con modificazioni dalla legge 24 novembre 2003, n. 326.

291. Al comma 6-bis dell’articolo 1 del decreto-legge 25 settembre 2001, n. 351, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 novembre 2001, n. 410, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al primo periodo, dopo le parole: «sono alienati» sono inserite le seguenti: «e valorizzati»;

b) all’ultimo periodo, dopo le parole: «al momento dell’alienazione» sono inserite le seguenti: «e valorizzazione».

292. Per il potenziamento delle attività di ricerca, formazione e studi internazionali della Scuola di ateneo per la formazione europea Jean Monnet, costituita in facoltà, è autorizzata la spesa di 2 milioni di euro a decorrere dall’anno 2005.

293. Per dare attuazione alle azioni della Convenzione sulla biodiversità fatta a Rio de Janeiro il 5 giugno 1992, di cui alla legge 14 febbraio 1994, n. 124, e per dare avvio all’esecuzione del Protocollo di Cartagena sulla prevenzione dei rischi biotecnologici relativo alla Convenzione sulla diversità biologica, fatto a Montreal il 29 gennaio 2000, di cui alla legge 15 gennaio 2004, n. 27, è autorizzata la spesa complessiva di 2 milioni di euro per l’anno 2005 per campagne di comunicazione e sensibilizzazione riferite alle citate Convenzioni internazionali.

294. A decorrere dal 1º gennaio 2005 le dichiarazioni di conformità di cui all’articolo 76, commi 6 e 7, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, sono assoggettate all’imposta di bollo di cui all’articolo 2 della tariffa, parte prima, allegata al decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 642, e successive modificazioni. Una quota pari a 5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2005, 2006 e 2007 delle maggiori entrate derivanti dalle disposizioni di cui al presente comma è destinata al funzionamento e all’implementazione del centro elaborazione dati del Dipartimento dei trasporti terrestri del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti. A valere sulle maggiori entrate di cui al presente comma, è autorizzata la spesa di 2 milioni di euro per ciascuno degli anni 2005, 2006 e 2007 per la realizzazione a cura del Dipartimento dei trasporti terrestri del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti di una campagna di comunicazione volta a diffondere i valori della sicurezza stradale e ad assicurare una adeguata informazione agli utenti, soprattutto di più giovane età, al fine di consolidare e accrescere l’attività di prevenzione in materia di circolazione e antinfortunistica stradale.

295. A partire dal 1º gennaio 2005, una quota parte delle entrate erariali ed extraerariali derivanti dai concorsi pronostici su base sportiva, dalle scommesse, dal gioco del lotto, dall’enalotto, dal bingo, dagli apparecchi da divertimento ed intrattenimento, dalle lotterie ad estrazione istantanea e differita, nonché da eventuali giochi di istituzione successiva a tale data, è destinata al CONI per il finanziamento dello sport.

296. Le modalità operative di determinazione della base di calcolo delle entrate erariali ed extraerariali provenienti dai giochi di cui al comma 295, nonché le modalità di trasferimento periodico dei fondi per il finanziamento del CONI, sono determinate con provvedimento del Ministero dell’economia e delle finanze – Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, d’intesa con il Dipartimento della ragioneria generale dello Stato, da emanare entro il 31 marzo 2005. Per il quadriennio 2005-2008, le risorse a favore del CONI sono stabilite in misura pari a 450 milioni di euro annui, secondo quanto stabilito dall’articolo 4 del decreto-legge 8 luglio 2002, n. 138, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 agosto 2002, n. 178. Dette risorse sono comprensive del contributo straordinario finalizzato alla preparazione degli atleti per i Giochi olimpici invernali di Torino 2006 e per i Giochi olimpici di Pechino 2008.

297. Ferme restando le competenze del Ministro dell’economia e delle finanze di cui agli articoli 12, comma 2, della legge 18 ottobre 2001, n. 383, e successive modificazioni, e 16, comma 1, secondo, terzo e quarto periodo, della legge 13 maggio 1999, n. 133, a partire dal 1º gennaio 2005, al fine di assicurare l’incremento dei volumi di raccolta derivanti dai concorsi pronostici su base sportiva e tenuto conto delle nuove modalità di finanziamento del CONI, la posta di gioco dei concorsi pronostici, prevista dall’articolo 5 del regolamento di cui al decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 19 giugno 2003, n. 179, è così rideterminata: a) 8 per cento, come aggio al luogo di vendita autorizzato; b) 50 per cento, come montepremi; c) 33,84 per cento, come imposta unica; d) 2,45 per cento, come contributo all’Istituto per il credito sportivo; e) 5,71 per cento, come contributo alle spese di gestione. Le vincite non riscosse entro i termini stabiliti dal regolamento di gioco, per i concorsi indetti dopo il 1º gennaio 2005, sono riportate sul montepremi del concorso immediatamente successivo.

298. Ferme restando le competenze del Ministro dell’economia e delle finanze di cui agli articoli 12, comma 2, della legge 18 ottobre 2001, n. 383, e successive modificazioni, e 16, comma 1, secondo, terzo e quarto periodo, della legge 13 maggio 1999, n. 133, a partire dal 1º gennaio 2005, in funzione delle nuove modalità di finanziamento del CONI di cui ai commi 1 e 2, l’aliquota dell’imposta unica sulle scommesse a quota fissa su eventi diversi dalle corse dei cavalli, di cui all’articolo 4, comma 1, lettera b), numero 2), del decreto legislativo 23 dicembre 1998, n. 504, è fissata nella misura del 33 per cento della quota di prelievo stabilita per ciascuna scommessa. Dalla stessa data cessa la corresponsione delle quote di prelievo sull’ammontare lordo delle scommesse. Le vincite non riscosse ed i rimborsi non richiesti entro i termini stabiliti dal regolamento di gioco, per le scommesse indette dopo il 1º gennaio 2005, sono acquisite dall’erario.

299. Ferme restando le competenze del Ministro dell’economia e delle finanze di cui agli articoli 12, comma 2, della legge 1º ottobre 2001, n. 383, e successive modificazioni, e 16, comma 1, secondo, terzo e quarto periodo, della legge 13 maggio 1999, n. 133, a partire dal 1º gennaio 2005, la posta unitaria di gioco delle scommesse a totalizzatore su eventi diversi dalle corse dei cavalli, come definita dall’articolo 12 del regolamento di cui al decreto del Ministro delle finanze 2 agosto 1999, n. 278, e successive modificazioni, è così rideterminata, trovando applicazione, per la percentuale residua, la disposizione di cui all’articolo 16, comma 2, lettera b), della legge 13 maggio 1999, n. 133: a) 57 per cento, come disponibile a vincite; b) 8 per cento, come aggio al luogo di vendita autorizzato; c) 20 per cento, come imposta unica; d) 5,71 per cento, come contributo alle spese complessive di gestione; e) 2,54 per cento, come fondo speciale di riserva. A partire dalla stessa data, in funzione delle nuove modalità di finanziamento del CONI, è abrogata la lettera a) del comma 2 dell’articolo 16 della legge 13 maggio 1999, n. 133.

300. Con uno o più decreti, da adottare ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, il Ministro dell’economia e delle finanze, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, provvede al riordino delle scommesse su eventi sportivi diversi dalle corse dei cavalli e su eventi non sportivi, in particolare per quanto attiene agli aspetti organizzativi, gestionali, amministrativi, impositivi, sanzionatori, nonché a quelli relativi al contenzioso ed al riparto dei proventi.

301. Con provvedimenti del Ministero dell’economia e delle finanze – Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato sono stabilite le nuove modalità di distribuzione delle scommesse a quota fissa su eventi diversi dalle corse dei cavalli e su eventi non sportivi, da adottare nel rispetto della disciplina comunitaria e nazionale, secondo princìpi di:

a) armonizzazione delle modalità di commercializzazione a quella dei concorsi pronostici;

b) economicità ed efficienza delle reti di vendita, fisiche e telematiche;

c) diffusione capillare delle stesse sul territorio nazionale;

d) sicurezza e trasparenza del gioco nonché tutela della buona fede dei partecipanti;

e) salvaguardia dei diritti derivanti dall’applicazione del regolamento di cui al decreto del Ministro delle finanze 2 giugno 1998, n. 174.

302. Ciascun concessionario per l’adduzione delle scommesse a totalizzatore al totalizzatore nazionale e per la ricezione del nulla osta all’emissione della ricevuta di scommessa, nonché per l’adduzione delle scommesse a libro al servizio centrale di registrazione utilizza e remunera i servizi di un operatore da indicare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge nel rispetto dei rapporti contrattuali in corso. L’operatore deve essere in possesso di requisiti di capacità tecnica ed affidabilità economica accertati dal Ministero dell’economia e delle finanze – Amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato e deve dimostrare di essere stato indicato da non meno di 300 (trecento) concessionari. Il rapporto tra l’operatore e l’Amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato è regolato da apposita convenzione. Ove l’operatore assuma l’obbligo di provvedere, in nome e per conto del concessionario, al versamento di quanto da lui dovuto per l’esercizio della concessione, la convenzione di cui al comma precedente stabilisce:

a) il termine, di natura essenziale, entro il quale deve essere effettuato mensilmente il versamento;

b) l’anticipazione al concessionario, da parte dell’operatore, delle integrazioni eventualmente necessarie al pagamento delle scommesse a totalizzatore vincenti, contabilizzate nel mese di cui alla lettera precedente;

c) la retribuzione del servizio prestato dall’operatore in misura non superiore al 2 per cento dell’ammontare delle somme versate;

d) la prestazione di idonea cauzione o fideiussione a garanzia dell’adempimento delle obbligazioni assunte, a fronte della quale verranno svincolate, per la parte corrispondente, le garanzie prestate dal concessionario.

303. A decorrere dal 1 febbraio 2005, la posta unitaria per scommesse a libro sulle corse dei cavalli è stabilita in un euro. L’importo di ciascuna scommessa non può essere inferiore a tre euro.

304. Al fine di assicurare la tutela della fede pubblica e per una più efficace azione di contrasto al gioco illecito ed illegale il Ministero dell’economia e delle finanze – Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato adotta i provvedimenti necessari per la definizione, diffusione e gestione, con organizzazione propria o di terzi, dei mezzi di pagamento specifici per la partecipazione al gioco a distanza. Tali mezzi di pagamento possono essere abilitati dal Ministero dell’economia e delle finanze – Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato anche per le transazioni relative a forme di gioco non a distanza.

305. Per le attività di diffusione e gestione di cui al comma 304, il Ministero dell’economia e delle finanze, sulla base di apposita direttiva del Ministro, può costituire società di scopo ovvero può procedere, attraverso l’Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, all’individuazione di uno o più soggetti selezionati con procedura ad evidenza pubblica nel rispetto della normativa nazionale e comunitaria.

307. Il Ministero dell’economia e delle finanze - Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato regola le lotterie, differite ed istantanee, con partecipazione a distanza definendo la ripartizione percentuale della posta di gioco relativamente all’erario, ai giocatori ed ai soggetti terzi, nonché i criteri e le modalità di gestione delle lotterie telefoniche e telematiche.

308. Il Ministero dell’economia e delle finanze - Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato può organizzare, congiuntamente alle amministrazioni competenti di altri Stati dell’Unione europea, la gestione di giochi ovvero di singoli concorsi od estrazioni.

309. Nel caso di cui al comma 308, l’Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, in accordo con le amministrazioni competenti degli altri Stati, stabilisce la ripartizione della posta di gioco.

310. In aggiunta a quanto previsto dal comma 8, le dotazioni iniziali delle unità previsionali di base dello stato di previsione dei Ministeri per consumi intermedi non aventi natura obbligatoria sono ulteriormente ridotte in maniera lineare, assicurando una minore spesa pari a 700 milioni di euro per l’anno 2005 ed una minore spesa annua di 1.300 milioni di euro a decorrere dall’anno 2006.

311. Le dotazioni di parte corrente indicate nella tabella C, salve quelle concernenti il settore universitario, oltre a quanto previsto dal comma 10, sono ridotte in maniera lineare, in modo da assicurare, per l’anno 2005, una minore spesa di 650 milioni di euro, e, a decorrere dall’anno 2006, in modo tale da assicurare una minore spesa annua di 850 milioni di euro.

312. L’autorizzazione di spesa relativa al Fondo per interventi strutturali di politica economica, di cui al comma 5 dell’articolo 10 del decreto-legge 29 novembre 2004, n. 282, è ridotta di 2.000 milioni di euro per l’anno 2005.

313. A decorrere dal 1º gennaio 2005 è assicurato un gettito annuo pari a 100 milioni di euro mediante il versamento all’entrata del bilancio dello Stato di una quota pari al 70 per cento degli importi derivanti dall’applicazione dell’aliquota della componente della tariffa elettrica di cui al comma 1-bis dell’articolo 4 del decreto-legge 14 novembre 2003, n. 314, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 dicembre 2003, n. 368, nonché di una ulteriore quota che assicuri il predetto gettito a valere sulle entrate derivanti dalla componente tariffaria A2 sul prezzo dell’energia elettrica, definito ai sensi dell’articolo 3, comma 11, del decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79, e dell’articolo 1, comma 1, del decreto-legge 18 febbraio 2003, n. 25, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 aprile 2003, n. 83. Con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, sentita l’Autorità per l’energia elettrica ed gas, sono stabiliti modalità e termini dei versamenti di cui al presente comma.

314. I trasferimenti correnti alle imprese pubbliche sono ridotti, per ciascuno degli anni 2005, 2006 e 2007, per gli importi di seguito indicati:

a) Ferrovie dello Stato Spa (Ministero dell’economia e delle finanze – u.p.b. 3.1.2.8 – Ferrovie dello Stato): 90 milioni di euro per il 2005, 100 milioni di euro per il 2006 e 90 milioni di euro per il 2007;

b) Poste italiane Spa (Ministero dell’economia e delle finanze – u.p.b. 3.1.2.4. – Poste italiane): 40 milioni di euro per il 2005, 50 milioni di euro per il 2006 e 40 milioni di euro per il 2007;

c) ANAS Spa (Ministero dell’economia e delle finanze – u.p.b. 3.1.2.45 – ANAS): 40 milioni di euro per il 2005, 50 milioni di euro per il 2006 e 40 milioni di euro per il 2007;

d) altre imprese pubbliche (Ministero dell’economia e delle finanze – u.p.b. 3.1.2.43 – Fondo contratti programma): 90 milioni di euro per il 2005, 130 milioni di euro per il 2006 e 90 milioni di euro per il 2007.

315. Gli importi fissi dell’imposta di registro, della tassa di concessione governativa, dell’imposta di bollo, dell’imposta ipotecaria e catastale, delle tasse ipotecarie e dei diritti speciali di cui al titolo III della tabella A allegata al decreto-legge 31 luglio 1954, n. 533, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 settembre 1954, n. 869, e successive modificazioni, sono aggiornati, con decreto non avente natura regolamentare del Ministro dell’economia e delle finanze, da emanare entro il 31 gennaio 2005, tenuto conto anche dell’aumento dei prezzi al consumo quale risultante dagli indici ISTAT per le famiglie degli operai e degli impiegati, impiegati, e dell’esigenza di semplificazione o di integrazioni innovative per servizi telematici a valore aggiunto, in misura tale da assicurare un maggiore gettito annuo, pari a 1.120 milioni di euro per gli anni 2005 e 2006, e a 1.320 milioni di euro a decorrere dall’anno 2007.

316. A decorrere dal periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2006, la misura dell’acconto dell’imposta sul reddito delle persone fisiche è fissata al 99 per cento e quella dell’acconto dell’imposta sul reddito delle società è fissata al 100 per cento.

317. All’articolo 1, comma 1, del decreto-legge 10 dicembre 2003, n. 341, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 febbraio 2004, n. 31, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Per l’anno 2006 il versamento è determinato con il decreto di cui al comma 5 in modo che complessivamente garantisca maggiori entrate per il bilancio dello Stato pari a 650 milioni di euro».

318. I beni culturali immobili dello Stato, delle regioni e degli enti locali, per l’uso dei quali attualmente non è corrisposto alcun canone e che richiedono interventi di restauro, possono essere dati in concessione a soggetti privati con pagamento di un canone fissato dai competenti organi. Il concessionario si impegna a realizzare a proprie spese gli interventi di restauro e conservazione indicati dal predetto ufficio.

319. Dal canone di concessione vengono detratte le spese sostenute dal concessionario per il restauro entro il limite massimo del canone stesso. Il concessionario è obbligato a rendere fruibile il bene da parte del pubblico con le modalità e i tempi stabiliti nell’atto di concessione o in apposita convenzione unita all’atto stesso.

320. I beni culturali che possono formare oggetto delle concessioni di cui ai commi 318 e 319 sono individuati con decreto del Ministro per i beni e le attività culturali su proposta del Direttore regionale competente. L’individuazione del concessionario avviene mediante procedimento ad evidenza pubblica.

321. All’articolo 10, comma 4, del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, le parole: «il processo di valore inferiore a euro 1.100 e» sono soppresse.

322. I commi 1 e 2 dell’articolo 13 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, sono sostituiti dai seguenti:

«1. Il contributo unificato è dovuto nei seguenti importi:

a) euro 30 per i processi di valore fino a 1.100 euro;

b) euro 70 per i processi di valore superiore a euro 1.100 e fino a euro 5.200 e per i processi di volontaria giurisdizione, nonché per i processi speciali di cui al libro IV, titolo II, capo VI, del codice di procedura civile;

c) euro 170 per i processi di valore superiore a euro 5.200 e fino a euro 26.000 e per i processi contenziosi di valore indeterminabile di competenza esclusiva del giudice di pace;

d) euro 340 per i processi di valore superiore a euro 26.000 e fino a euro 52.000 e per i processi civili e amministrativi di valore indeterminabile;

e) euro 500 per i processi di valore superiore a euro 52.000 e fino a euro 260.000;

f) euro 800 per i processi di valore superiore a euro 260.000 e fino a euro 520.000;

g) euro 1.110 per i processi di valore superiore a euro 520.000».

323. Per i processi di esecuzione immobiliare il contributo dovuto è pari a euro 200. Per gli altri processi esecutivi lo stesso importo è ridotto della metà. Per i processi di opposizione agli atti esecutivi il contributo dovuto è pari a euro 120.

324. L’articolo 46, comma 1, della legge 21 novembre 1991, n. 374, è sostituito dal seguente:

«1. Le cause e le attività conciliative in sede non contenziosa il cui valore non eccede la somma di euro 1.033,00 e gli atti e i provvedimenti ad esse relativi sono soggetti soltanto al pagamento del contributo unificato, secondo gli importi previsti dall’articolo 13 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, e successive modificazioni»

325. Il maggior gettito derivante dall’applicazione delle disposizioni di cui ai commi da 321 a 324 è versato al bilancio dello Stato, per essere riassegnato allo stato di previsione del Ministero della giustizia per il pagamento di debiti pregressi nonché per l’adeguamento delle spese di funzionamento degli uffici giudiziari.

326. All’articolo 11 della legge 21 novembre 1991, n. 374, e successive modificazioni, è aggiunto, in fine, il seguente comma:

«4-ter. Le indennità previste dal presente articolo non possono superare in ogni caso l’importo di euro 72.000 lordi annui».

327. La disposizione recata dal comma 326 si applica anche ai giudici tributari.

328. I veicoli giacenti presso i custodi a seguito dell’applicazione di provvedimenti di sequestro dell’autorità giudiziaria, anche se non confiscati, sono alienati, anche ai soli fini della rottamazione, mediante cessione al soggetto titolare del deposito ove ricorrano le seguenti condizioni:

a) siano ritenute cessate, con ordinanza dell’autorità giudiziaria da comunicare all’avente diritto alla restituzione, le esigenze che avevano motivato l’adozione del provvedimento di sequestro;

b) siano immatricolati per la prima volta da oltre cinque anni e siano privi di interesse storico e collezionistico;

c) siano comunque custoditi da oltre due anni alla data del 1º luglio 2002;

d) siano trascorsi sessanta giorni dalla comunicazione all’avente diritto alla restituzione dell’ordinanza di cui alla lettera a) senza che questi abbia provveduto al ritiro.

329. La cessione di cui al comma 328 è disposta, anche in assenza di documentazione in ordine allo stato di conservazione, sulla base di elenchi predisposti dalla cancelleria o dalla segreteria nei quali i veicoli sono individuati secondo il tipo, il modello e il numero di targa o di telaio.

330. All’alienazione di cui ai commi 328 e 329 e alle attività ad essa funzionali e connesse procede una commissione costituita presso i tribunali e presso i tribunali per i minorenni, secondo modalità stabilite con decreto del Ministero della giustizia di concerto con le altre amministrazioni interessate.

331. L’alienazione del veicolo si perfeziona con la notifica al custode acquirente del provvedimento, eventualmente relativo ad elenchi di veicoli, dal quale risulta la determinazione all’alienazione da parte dell’ufficio giudiziario competente.

332. Il provvedimento di alienazione è comunicato all’autorità giudiziaria che aveva disposto il sequestro.

333. Il provvedimento di alienazione è altresì comunicato al pubblico registro automobilistico competente, il quale provvede, senza oneri, all’aggiornamento delle relative iscrizioni.

334. Al custode è riconosciuto, in deroga alle tariffe previste dagli articoli 59 e 276 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, un importo complessivo forfettario, comprensivo del trasporto, determinato, per ciascuno degli anni di custodia, nel modo seguente:

a) euro 6 per ogni mese o frazione di esso per i motoveicoli e i ciclomotori;

b) euro 24 per ogni mese o frazione di esso per gli autoveicoli e i rimorchi di massa complessiva inferiore a 3,5 tonnellate, per le macchine agricole e operatrici;

c) euro 30 per ogni mese o frazione di esso per gli autoveicoli e i rimorchi di massa complessiva superiore a 3,5 tonnellate.

335. Gli importi di cui al comma 334 sono progressivamente ridotti del 20 per cento per ogni anno o frazione di esso successivo al primo di custodia del veicolo, salva l’eventuale intervenuta prescrizione delle somme dovute.

336. Le somme complessivamente dovute sono corrisposte in cinque ratei annui costanti a decorrere dall’anno 2006.

337. Alle procedure di alienazione o rottamazione già avviate e non ancora concluse e alle relative istanze di liquidazione dei compensi, comunque presentate dai custodi, si applicano, qualora esse concernano veicoli in possesso dei requisiti cui al comma 328, le disposizioni di cui ai commi da 328 a 336.

338. All’articolo 82, comma 1, del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, le parole: «e previo parere del consiglio dell’ordine,» sono soppresse.

339. L’articolo 30, comma 1, del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, è sostituito dal seguente:

«1. La parte che per prima si costituisce in giudizio, che deposita il ricorso introduttivo, ovvero che, nei processi esecutivi di espropriazione forzata, fa istanza per l’assegnazione o la vendita di beni pignorati, anticipa i diritti, le indennità di trasferta e le spese di spedizione per la notificazione eseguita su richiesta del funzionario addetto all’ufficio, in modo forfettizzato, nella misura di euro 8,00, eccetto che nei processi previsti dall’articolo unico della legge 2 aprile 1958, n. 319, e successive modificazioni, e in quelli in cui si applica lo stesso articolo».

340. La tabella di cui all’allegato n. 1 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, è abrogata.

341. All’articolo 3, comma 1, della legge 19 febbraio 1981, n. 27, le parole: «assenza obbligatoria o facoltativa previsti negli articoli 4 e 7 della legge 30 dicembre 1971, n. 1204,» sono sostituite dalle seguenti: «astensione facoltativa previsti dagli articoli 32 e 47, commi 1 e 2, del testo unico di cui al decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151».

342. Al comma 1 dell’articolo 5 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, dopo la lettera i), è aggiunta la seguente:

«i-bis) le spese relative alle prestazioni previste dall’articolo 96 del decreto legislativo 1º agosto 2003, n. 259, e quelle funzionali all’utilizzo delle prestazioni medesime.»;

343. All’articolo 205 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, dopo il comma 2 sono aggiunti i seguenti:

«2-bis. Le spese relative alle prestazioni previste dall’articolo 96 del decreto legislativo 1º agosto 2003, n. 259, e successive modificazioni, e quelle funzionali all’utilizzo delle prestazioni medesime sono recuperate in misura fissa stabilita con decreto del Ministro della giustizia di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, ai sensi dell’articolo 17, commi 3 e 4, della legge 23 agosto 1988, n. 400.

2-ter. Il decreto di cui al comma 2-bis determina la misura del recupero con riferimento al costo medio delle singole tipologie di prestazione. L’ammontare degli importi può essere rideterminato ogni anno».

344. Il primo periodo del comma 2 dell’articolo 96 del decreto legislativo 1º agosto 2003, n. 259, è sostituito dai seguenti: «Le prestazioni previste al comma 1 sono individuate in un apposito repertorio nel quale vengono stabiliti, le modalità ed i tempi di effettuazione delle prestazioni stesse e gli obblighi specifici degli operatori. Il ristoro dei costi sostenuti dagli operatori e le modalità di pagamento sono stabiliti con decreto del Ministro della giustizia di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze e con il Ministro delle comunicazioni, in forma di canone annuo determinato anche in considerazione del numero e della tipologia delle prestazioni complessivamente effettuate nell’anno precedente».

345. Al comma 4 dell’articolo 96 del decreto legislativo 1º agosto 2003, n. 259, dopo le parole: «comma 2» sono inserite le seguenti: «, secondo periodo,».

346. Le disposizioni contenute nei commi da 342 a 345 si applicano alle prestazioni previste al comma 342 disposte successivamente alla emanazione del decreto previsto dall’articolo 205, comma 2-bis, del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, e del decreto previsto dall’articolo 96, comma 2, secondo periodo, del decreto legislativo 1º agosto 2003, n. 259, come modificati dal comma 344.

347. Dall’attuazione delle disposizioni di cui ai commi da 342 a 346 non devono derivare maggiori oneri per il bilancio dello Stato.

348. Al decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 605, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all’articolo 6, primo comma:

1) dopo la lettera e) è inserita la seguente:

«e-bis) denunce di inizio attività presentate allo sportello unico comunale per l’edilizia, permessi di costruire e ogni altro atto di assenso comunque denominato in materia di attività edilizia rilasciato dai comuni ai sensi del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, relativamente ai soggetti dichiaranti, agli esecutori e ai progettisti dell’opera»;

2) alla lettera g-ter), dopo le parole: «contratti di somministrazione di energia elettrica,» sono inserite le seguenti: «di servizi idrici e del gas,»;

b) all’articolo 7:

1) al primo comma, le parole: «riguardanti gli atti di cui alla lettera g) dell’articolo 6» sono sostituite dalle seguenti: «contenuti negli atti di cui alle lettere e-bis) e g) del primo comma dell’articolo 6»;

2) al quinto comma, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Al fine dell’emersione delle attività economiche, con particolare riferimento all’applicazione dei tributi erariali e locali nel settore immobiliare, gli stessi soggetti devono comunicare i dati catastali identificativi dell’immobile presso cui è attivata l’utenza»;

3) il sesto comma è sostituito dal seguente:

«Le banche, la società Poste italiane Spa, gli intermediari finanziari, le imprese di investimento, gli organismi di investimento collettivo del risparmio, le società di gestione del risparmio, nonché ogni altro operatore finanziario, fatto salvo quanto disposto dal secondo comma dell’articolo 6 per i soggetti non residenti, sono tenuti a rilevare e a tenere in evidenza i dati identificativi, compreso il codice fiscale, di ogni soggetto che intrattenga con loro qualsiasi rapporto o effettui qualsiasi operazione di natura finanziaria»;

4) l’undicesimo comma è sostituito dal seguente:

«Le comunicazioni di cui ai commi dal primo all’ottavo del presente articolo sono trasmesse esclusivamente per via telematica. Le modalità e i termini delle trasmissioni nonché le specifiche tecniche del formato dei dati sono definite con provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate»;

5) al dodicesimo comma, le parole: «il Ministro delle finanze» sono sostituite dalle seguenti: «il Direttore dell’Agenzia delle entrate».

349. Ai fini dell’applicazione delle disposizioni previste dall’articolo 7, quinto comma, ultimo periodo, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 605, come modificato dal numero 2) della lettera b) del comma 1 del presente articolo, a decorrere dal 1º aprile 2005 le aziende, gli istituti, gli enti e le società richiedono i dati identificativi catastali all’atto della sottoscrizione dei relativi contratti; per i contratti in essere le medesime informazioni sono acquisite dai predetti soggetti solo in occasione del rinnovo ovvero della modificazione del contratto stesso.

350. Con provvedimento dei Direttori delle Agenzie delle entrate e del territorio, sono stabilite le informazioni analitiche che individuano univocamente le unità immobiliari, da acquisire con riferimento ai contratti di cui al comma 349.

351. La revisione parziale del classamento delle unità immobiliari di proprietà privata site in microzone comunali, per le quali il rapporto tra il valore medio di mercato individuato ai sensi del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 23 marzo 1998, n. 138, e il corrispondente valore medio catastale ai fini dell’applicazione dell’imposta comunale sugli immobili si discosta significativamente dall’analogo rapporto relativo all’insieme delle microzone comunali, è richiesta dai comuni agli Uffici provinciali dell’Agenzia del territorio. Per i calcoli di cui al precedente periodo, il valore medio di mercato è aggiornato secondo le modalità stabilite con il provvedimento di cui al comma 8. L’Agenzia del territorio, esaminata la richiesta del comune e verificata la sussistenza dei presupposti, attiva il procedimento revisionale con provvedimento del Direttore dell’Agenzia medesima.

352. I comuni, constatata la presenza di immobili di proprietà privata non dichiarati in catasto ovvero la sussistenza di situazioni di fatto non non più coerenti con i classamenti catastali per intervenute variazioni edilizie, richiedono ai titolari di diritti reali sulle unità immobiliari interessate la presentazione di atti di aggiornamento redatti ai sensi del regolamento di cui al decreto del Ministro delle finanze 19 aprile 1994, n. 701. La richiesta, contenente gli elementi constatati, tra i quali, qualora accertata, la data cui riferire la mancata presentazione della denuncia catastale, è notificata ai soggetti interessati e comunicata, con gli estremi di notificazione, agli Uffici provinciali dell’Agenzia del territorio. Se i soggetti interessati non ottemperano alla richiesta entro novanta giorni dalla notificazione, gli Uffici provinciali dell’Agenzia del territorio provvedono, con oneri a carico dell’interessato, alla iscrizione in catasto dell’immobile non accatastato ovvero alla verifica del classamento delle unità immobiliari segnalate, notificando le risultanze del classamento e la relativa rendita. Si applicano le sanzioni previste per le violazioni dell’articolo 28 del regio decreto-legge 13 aprile 1939, n. 652, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 1939, n. 1249, e successive modificazioni.

353. Le rendite catastali dichiarate o comunque attribuite a seguito della notificazione della richiesta del comune di cui al comma 352 producono effetto fiscale, in deroga alle vigenti disposizioni, a decorrere dal 1º gennaio dell’anno successivo alla data cui riferire la mancata presentazione della denuncia catastale, indicata nella richiesta notificata dal comune, ovvero ovvero, in assenza della suddetta indicazione, dal 1º gennaio dell’anno di notifica della richiesta del comune.

354. Gli importi minimo e massimo della sanzione amministrativa prevista per l’inadempimento degli obblighi di cui all’articolo 31 del regio decreto-legge 13 aprile 1939, n. 652, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 1939, n. 1249, dall’articolo 31 del medesimo regio decreto-legge n. 652 del 1939, come rideterminati dall’articolo 8, comma 1, del decreto-legge 30 settembre 1989, n. 332, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 novembre 1989, n. 384, con riferimento al mancato adempimento degli obblighi previsti dagli articoli 20 e 28 del citato decreto-legge 13 aprile 1939, n. 652, sono elevati rispettivamente a euro 258 e a euro 2.066.

355. Con provvedimento del Direttore dell’Agenzia del territorio, da adottare entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, e da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale, sono stabilite, previa intesa con la Conferenza Stato-città ed autonomie locali, le modalità tecniche e operative per l’applicazione delle disposizioni di cui ai commi 351 e 352.

356. Al comma 3 dell’articolo 70 del decreto legislativo 15 novembre 1993, n. 507, sono aggiunti i seguenti periodi: «A decorrere dal1º gennaio 2005, per le unità immobiliari di proprietà privata a destinazione ordinaria censite nel catasto edilizio urbano, la superficie di riferimento non può in ogni caso essere inferiore all’80 per cento della superficie catastale determinata secondo i criteri stabiliti dal regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 23 marzo 1998, n. 138; per gli immobili già denunciati, i comuni modificano d’ufficio, dandone comunicazione agli interessati, le superfici che risultano inferiori alla predetta percentuale a seguito di incrocio dei dati comunali, comprensivi della toponomastica, con quelli dell’Agenzia del territorio, secondo modalità di interscambio stabilite con provvedimento del Direttore della predetta Agenzia, sentita la Conferenza Stato-città ed autonomie locali. Nel caso in cui manchino, negli atti catastali, gli elementi necessari per effettuare la determinazione della superficie catastale, i soggetti privati intestatari catastali, provvedono, a richiesta del comune, a presentare all’Ufficio provinciale dell’Agenzia del territorio la planimetria catastale del relativo immobile, secondo le modalità stabilite dal regolamento di cui al decreto del Ministro delle finanze 19 aprile 1994, n. 701, per l’eventuale conseguente modifica, presso il comune, della consistenza di riferimento».

357. Al testo unico delle disposizioni concernenti l’imposta di registro, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131, e successive modificazioni, dopo l’articolo 52 è inserito il seguente:

«Art. 52-bis. – (Liquidazione dell’imposta derivante dai contratti di locazione)1. La liquidazione dell’imposta complementare di cui all’articolo 42, comma 1, è esclusa qualora l’ammontare del canone di locazione relativo ad immobili, iscritti in catasto con attribuzione di rendita, risulti dal contratto non inferiore al 10 per cento del valore dell’immobile determinato ai sensi dell’articolo 52, comma 4, e successive modificazioni. Restano comunque fermi i poteri di liquidazione dell’imposta per le annualità successive alla prima».

358. Al decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e successive modificazioni, dopo l’articolo 41-bis è inserito il seguente:

«Art. 41-ter. – (Accertamento dei redditi di fabbricati)1. Le disposizioni di cui agli articoli 32, primo comma, numero 7), 38, 40 e 41-bis non si applicano con riferimento ai redditi di fabbricati derivanti da locazione dichiarati in misura non inferiore ad un importo corrispondente al maggiore tra il canone di locazione risultante dal contratto ridotto del 15 per cento e il 10 per cento del valore dell’immobile.

2. In caso di omessa registrazione del contratto di locazione di immobili, si presume, salva documentata prova contraria, l’esistenza del rapporto di locazione anche per i quattro periodi d’imposta antecedenti quello nel corso del quale è accertato il rapporto stesso; ai fini della determinazione del reddito si presume, quale importo del canone, il 10 per cento del valore dell’immobile.

3. Ai fini di cui ai commi 1 e 2, il valore dell’immobile è determinato ai sensi dell’articolo 52, comma 4, del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131, e successive modificazioni».

359. Le disposizioni degli articoli 52-bis del testo unico delle disposizioni concernenti l’imposta di registro, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131, e 41-ter del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, introdotti, rispettivamente, dai commi 357 e 358 del presente articolo, non trovano applicazione nei confronti dei contratti di locazione di immobili ad uso abitativo stipulati o rinnovati a norma degli articoli 2, comma 3, e 4, commi 2 e 3, della legge 9 dicembre 1998, n. 431.

360. Il modello per la comunicazione di cui all’articolo 12 del decreto-legge 21 marzo 1978, n. 59,convertito, con modificazioni, dalla legge 18 maggio 1978, n. 191, approvato con decreto interdirigenziale del Ministero dell’interno e della Agenzia delle entrate, è reso disponibile gratuitamente, in modalità telematica, dalla predetta Agenzia; la comunicazione è effettuata, anche avvalendosi degli intermediari di cui all’articolo 3 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 luglio 1998, n. 322, e successive modificazioni, nonché degli uffici dell’Agenzia delle entrate, con la compilazione in formato elettronico del relativo modello e con la sua trasmissione, in modalità telematica, alla predetta Agenzia, che provvede, con la medesima modalità, a dare avviso di ricevimento. L’Agenzia delle entrate, secondo intese con il Ministero dell’interno, ordina i dati contenuti nelle comunicazioni per la loro successiva trasmissione telematica al predetto Ministero. La presentazione per la registrazione degli atti di cessione di cui al predetto articolo 12 del decreto-legge n. 59 del 1978 tiene luogo della comunicazione di cui al medesimo articolo 12.

361. L’obbligo di comunicazione di cui al comma 360 trova applicazione anche nei riguardi dei soggetti che esercitano abitualmente attività di intermediazione nel settore immobiliare; la comunicazione è dovuta per le cessioni di cui i predetti soggetti hanno diretta conoscenza, per avervi concorso ovvero assistito in ragione della loro attività, e, relativamente a quelle diverse dalle cessioni in proprietà, anche per le cessioni di durata inferiore al mese. In caso di violazione dell’obbligo di cui al precedente periodo, si applica la sanzione amministrativa di cui al quarto comma dell’articolo 12 del decreto-legge 21 marzo 1978, n. 59, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 maggio 1978, n. 191; in caso di seconda violazione, il sindaco del comune in cui operano i soggetti di cui al primo periodo, su segnalazione dell’Agenzia delle entrate, dispone nei riguardi dei medesimi soggetti la sospensione per un mese della loro attività.

362. I contratti di locazione, o che comunque costituiscono diritti relativi di godimento, di unità immobiliari ovvero di loro porzioni, comunque stipulati, sono nulli se, ricorrendone i presupposti, non sono registrati.

363. All’articolo 11 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) nel comma 1, lettera a), sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «, nonché, per i soggetti di cui all’articolo 3, comma 1, lettere da a) ad e), i costi sostenuti per il personale addetto alla ricerca e sviluppo, ivi compresi quelli per il predetto personale sostenuti da consorzi tra imprese costituiti per la realizzazione di programmi comuni di ricerca e sviluppo, a condizione che l’attestazione di effettività degli stessi sia rilasciata dal presidente del collegio sindacale ovvero, in mancanza, da un revisore dei conti o da un professionista iscritto negli albi dei revisori dei conti, dei dottori commercialisti, dei ragionieri e periti commerciali o dei consulenti del lavoro, nelle forme previste dall’articolo 13, comma 2, del decreto-legge 28 marzo 1997, n. 79, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 maggio 1997, n. 140, e successive modificazioni, ovvero dal responsabile del centro di assistenza fiscale»;

b) nel medesimo comma 1, lettera b), il numero 1) è sostituito dal seguente:

«1) fatte salve le disposizioni di cui alla lettera a), i costi relativi al personale classificabili nell’articolo 2425, primo comma, lettera B), numeri 9) e 14), del codice civile»;

c) il comma 4-bis è sostituito dal seguente:

«4-bis. Per i soggetti di cui all’articolo 3, comma 1, lettera da a) ad e), sono ammessi in deduzione, fino a concorrenza, i seguenti importi:

a) euro 8.000 se la base imponibile non supera euro 180.759,91;

b) euro 6.000 se la base imponibile supera euro 180.759,91 ma non euro 180.839,91;

c) euro 4.000 se la base imponibile supera euro 180.839,91 ma non euro 180.919,91;

d) euro 2.000 se la base imponibile supera euro 180.919,91 ma non euro 180.999,91»;

«4-quater. Per i soggetti di cui all’articolo 3, comma 1, lettere da a) ad e), che incrementano il numero di lavoratori dipendenti assunti con contratto a tempo indeterminato, rispetto al numero dei lavoratori assunti con il medesimo contratto mediamente occupati nel periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2004, è deducibile il costo del predetto personale per un importo annuale non superiore a 20.000 euro per ciascun nuovo dipendente assunto, e nel limite dell’incremento complessivo del costo del personale classificabile nell’articolo 2425, primo comma, lettera B), numeri 9) e 14), del codice civile. Rilevano gli incrementi del predetto personale nei tre periodi d’imposta successivi a quello in corso al 31 dicembre 2004; la media dell’incremento occupazionale raggiunto nei predetti periodi di imposta costituisce l’incremento massimo agevolabile nei periodi d’imposta successivi. L’incremento della base occupazionale va considerato al netto delle diminuzioni occupazionali verificatesi in società controllate o collegate ai sensi dell’articolo 2359 del codice civile o facenti capo, anche per interposta persona, allo stesso soggetto. Per i soggetti di cui all’articolo 3, comma 1, lettera e), la base occupazionale di cui al terzo periodo è individuata con riferimento al personale dipendente con contratto di lavoro a tempo indeterminato impiegato nell’attività commerciale e la deduzione spetta solo con riferimento all’incremento dei lavoratori utilizzati nell’esercizio di tale attività. In caso di lavoratori impiegati anche nell’esercizio dell’attività istituzionale si considera, sia ai fini della individuazione della base occupazionale di riferimento e del suo incremento, sia ai fini della deducibilità del costo, il solo personale dipendente con contratto di lavoro a tempo indeterminato riferibile all’attività commerciale individuato in base al rapporto di cui all’articolo 10, comma 2. Non rilevano ai fini degli incrementi occupazionali i trasferimenti di dipendenti dall’attività istituzionale all’attività commerciale. Nell’ipotesi di imprese di nuova costituzione non rilevano gli incrementi occupazionali derivanti dallo svolgimento di attività che assorbono anche solo in parte attività di imprese giuridicamente preesistenti, ad esclusione delle attività sottoposte a limite numerico o di superficie. Nel caso di impresa subentrante ad altra nella gestione di un servizio pubblico, anche gestito da privati, comunque assegnata, la deducibilità del costo del personale spetta limitatamente al numero di lavoratori assunti in più rispetto a quello dell’impresa sostituita.

4-quinquies. Nelle aree ammissibili alle deroghe previste dall’articolo 87, paragrafo 3, lettere a) e c), del Trattato che istituisce la Comunità europea, individuate dalla Carta italiana degli aiuti a finalità regionale per il periodo 2000-2006, l’importo deducibile determinato ai sensi del comma 4-quater è raddoppiato».

364. Le disposizioni del comma 363 si applicano a partire dal periodo d’imposta che inizia successivamente al 31 dicembre 2004, ad eccezione di quelle della lettera d), che si applicano a decorrere dal periodo d’imposta in cui interviene l’approvazione da parte della Commissione europea ai sensi dell’articolo 88, paragrafo 3, del Trattato istitutivo della Comunità europea.

365. A decorrere dal 1º gennaio 2005, al testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) nell’articolo 3, comma 1, le parole: «nonché della deduzione spettante ai sensi dell’articolo 11» sono sostituite dalle seguenti: «nonché delle deduzioni effettivamente spettanti ai sensi degli articoli 11 e 12»;

b) l’articolo 13 è rinumerato in articolo 12 e la relativa rubrica è sostituita dalla seguente: «Deduzioni per oneri di famiglia»; nel medesimo articolo sono, altresì, apportate le seguenti modificazioni:

1) i commi 1 e 2 sono sostituiti dai seguenti:

«1. Dal reddito complessivo si deducono per oneri di famiglia i seguenti importi:

a) 3.200 euro per il coniuge non legalmente ed effettivamente separato;

b) 2.900 euro per ciascun figlio, compresi i figli naturali riconosciuti, i figli adottivi e gli affidati o affiliati, nonché per ogni altra persona indicata nell’articolo 433 del codice civile che conviva con il contribuente o percepisca assegni alimentari non risultanti da provvedimenti dell’autorità giudiziaria da ripartire tra coloro che hanno diritto alla deduzione.

2. La deduzione di cui al comma 1, lettera b), è aumentata a:

a) 3.450 euro, per ciascun figlio di età inferiore a tre anni;

b) 3.200 euro, per il primo figlio se l’altro genitore manca o non ha riconosciuto i figli naturali e il contribuente non è coniugato o se coniugato, si è successivamente legalmente ed effettivamente separato, ovvero se vi sono figli adottivi, affidati o affiliati del solo contribuente e questi non è coniugato o, se coniugato, si è successivamente legalmente ed effettivamente separato;

c) 3.700 euro, per ogni figlio portatore di handicap ai sensi dell’articolo 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104.»;

2) nei commi 3 e 4, le parole: «Le detrazioni per carichi di famiglia» sono sostituite dalle seguenti: «Le deduzioni di cui ai commi 1 e 2»

3) dopo il comma 4, sono aggiunti i seguenti:

«4-bis. Dal reddito complessivo si deducono, fino ad un massimo di 1.820 euro, le spese documentate sostenute dal contribuente per gli addetti alla propria assistenza personale nei casi di non autosufficienza nel compimento degli atti della vita quotidiana. Le medesime spese sono deducibili anche se sono state sostenute nell’interesse delle persone indicate nell’articolo 433 del codice civile.

4-ter. Le deduzioni di cui ai commi 1, 2 e 4-bis spettano per la parte corrispondente al rapporto tra l’ammontare di 78.000 euro, aumentato delle medesime deduzioni e degli oneri deducibili di cui all’articolo 10, e diminuito del reddito complessivo, e l’importo di 78.000 euro. Se il predetto rapporto è maggiore o uguale a 1, la deduzione compete per intero; se lo stesso è zero o minore di zero, la deduzione non compete; negli altri casi, ai fini del predetto rapporto, si computano le prime quattro cifre decimali.»;

c) l’articolo 12 è rinumerato in articolo 13 e sono, altresì, apportate le seguenti modificazioni:

1) nell’alinea del comma 1, le parole: «della deduzione per assicurare la progressività dell’imposizione di cui all’articolo 11» sono sostituite dalle seguenti: «delle deduzioni di cui agli articoli 11 e 12»;

2) le lettere da a) ad e) dello stesso comma 1 sono sostituite dalle seguenti:

«a) fino a 26.000 euro, 23 per cento;

b) oltre 26.000 euro e fino a 33.500 euro, 33 per cento;

c) oltre 33.500 euro, 39 per cento»;

3) nel comma 2, le parole: «negli articoli 13, 14 e 15» sono sostituite dalle seguenti: «negli articoli 15 e 16 nonché in altre disposizioni di legge»;

d) l’articolo 14 è abrogato.

366. È introdotto un contributo di solidarietà del 4 per cento sulla parte di reddito imponibile di cui all’articolo 13 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, come modificato dal comma 1 del presente articolo, eccedente l’importo di 100.000 euro. Per la dichiarazione, il versamento, l’accertamento, la riscossione ed il contenzioso riguardante il contributo di solidarietà, si applicano le disposizioni vigenti per le imposte sui redditi.

367. Quando leggi, regolamenti, decreti, o altre norme o provvedimenti fanno riferimento a disposizioni contenute in articoli del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, vigenti prima del 1º gennaio 2005, il riferimento, salvo che tali disposizioni non risultino abrogate per effetto di quanto disposto dal comma 365, si intende alle corrispondenti disposizioni contenute negli articoli che recano la numerazione disposta dal medesimo comma 365.

368. I contribuenti, in sede di dichiarazione dei redditi per l’anno 2005, possono applicare le disposizioni del testo unico delle imposte sui redditi in vigore al 31 dicembre 2002 ovvero quelle in vigore al 31 dicembre 2004, se più favorevoli.

369. Al decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) nell’articolo 23:

1) nel comma 2, lettera a), le parole: «al netto della deduzione di cui all’articolo 10-bis del medesimo testo unico, ed effettuando le detrazioni previste negli articoli 12 e 13 del citato testo unico, rapportate al periodo stesso. Le detrazioni di cui agli articoli 12 e 13 del citato testo unico sono effettuate» sono sostituite dalle seguenti: «al netto delle deduzioni di cui agli articoli 11 e 12 commi 1 e 2del medesimo testo unico, rapportate al periodo stesso. Le deduzioni di cui all’articolo 12 commi 1 e 2 del citato testo unico sono riconosciute»; nel medesimo comma, lettera c), dopo le parole: «biennio precedente» sono aggiunte le seguenti: «, al netto delle deduzioni di cui agli articoli 11 e 12 commi 1 e 2 del medesimo testo unico»;

2) nel comma 3, il primo periodo è sostituito dal seguente: «I soggetti indicati nel comma 1 devono effettuare, entro il 28 febbraio dell’anno successivo e, in caso di cessazione del rapporto di lavoro, alla data di cessazione, il conguaglio tra le ritenute operate sulle somme e i valori di cui alle lettere a) e b) del comma 2, e l’imposta dovuta sull’ammontare complessivo degli emolumenti stessi, tenendo conto delle deduzioni di cui agli articoli 11 e 12 commi 1 e 2 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, e delle detrazioni eventualmente spettanti a norma dell’articolo 15 dello stesso testo unico, e successive modificazioni, per oneri a fronte dei quali il datore di lavoro ha effettuato trattenute, nonché, limitatamente agli oneri di cui al comma 1, lettere c) e f), dello stesso articolo, per erogazioni in conformità a contratti collettivi o ad accordi e regolamenti aziendali.»;

3) nel comma 4, il terzo periodo è soppresso;

b) nell’articolo 29:

1) nel comma 1, lettera c), dopo le parole: «biennio precedente» sono aggiunte le seguenti: «, al netto delle deduzioni di cui agli articoli 11 e 12 commi 1 e 2del medesimo testo unico»;

2) nel comma 2, il secondo periodo è sostituito dal seguente: «A tal fine, all’inizio del rapporto, il sostituito deve specificare quale delle opzioni previste al comma 3 dell’articolo 23 intende adottare».

370. È istituito, presso la gestione separata della Cassa depositi e prestiti Spa, un apposito fondo rotativo, denominato «Fondo rotativo per il sostegno alle imprese». Il Fondo è finalizzato alla concessione alle imprese di finanziamenti agevolati che assumono la forma dell’anticipazione, rimborsabile con un piano di rientro pluriennale. La dotazione iniziale del Fondo, alimentato con le risorse del risparmio postale, è stabilita in 6.000 milioni di euro. Le successive variazioni della dotazione sono disposte dalla Cassa depositi e prestiti Spa, in relazione alle dinamiche di erogazione e di rimborso delle somme concesse, e comunque nel rispetto dei limiti annuali di spesa sul bilancio dello Stato fissati ai sensi del comma 377.

371. Con apposite delibere del CIPE, presieduto dal Presidente del Consiglio dei ministri in maniera non delegabile, da sottoporre al controllo preventivo della Corte dei conti, il Fondo è ripartito per essere destinato ad interventi agevolativi alle imprese, individuati dalle stesse delibere sulla base degli interventi già disposti a legislazione vigente e per i quali sussiste apposito stanziamento di bilancio.

372. Il CIPE, con una o più delibere adottate con le modalità previste dal comma 371:

a) stabilisce i criteri generali di erogazione dei finanziamenti agevolati;

b) approva una convenzione tipo che regola i rapporti tra la Cassa depositi e prestiti Spa e i soggetti abilitati a svolgere le istruttorie dei finanziamenti, stabilendo le modalità per assicurare che l’importo complessivo dei finanziamenti erogati non superi l’importo assegnato dal CIPE e che vengano comunque rispettati i limiti annuali di spesa a carico del bilancio dello Stato stabiliti ai sensi del comma 377;

c) prevede la misura minima del tasso di interesse da applicare;

d) stabilisce la durata massima del piano di rientro;

e) prevede che le nuove modalità di attuazione ed erogazione delle misure agevolative previste dal presente articolo si applichino a programmi di investimento per i quali, alla data di pubblicazione del decreto di cui al comma 373, non è stata ancora presentata richiesta di erogazione relativa all’ultimo stato di avanzamento e non sono stati adottati provvedimenti di revoca totale o parziale, a condizione che l’impresa agevolata manifesti formale opzione e comunque previo parere conforme del soggetto responsabile dell’istruttoria.

373. Con decreto di natura non regolamentare il Ministro competente, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, stabilisce, in relazione ai singoli interventi previsti dal comma 371, nel rispetto dei princìpi contenuti nel presente articolo e di quanto disposto dal comma 372, i requisiti e le condizioni per l’accesso ai finanziamenti agevolati previsti dal presente articolo. In particolare, sono stabilite le condizioni economiche e le modalità di concessione dei finanziamenti agevolati, anche per quanto concerne i criteri di valutazione, i documenti istruttori, la procedura, le ulteriori condizioni per l’accesso, per l’erogazione e per la revoca delle agevolazioni, le modalità di controllo e rendicontazione, la quota minima di mezzi propri e di finanziamento bancario a copertura delle spese d’investimento, la decorrenza e le modalità di rimborso del finanziamento agevolato.

374. Il tasso di interesse sulle somme erogate in anticipazione è determinato con decreto, di natura non regolamentare, del Ministro dell’economia e delle finanze. La differenza tra il tasso così stabilito e il tasso del finanziamento agevolato, nonché gli oneri derivanti dal comma 376, sono posti, in favore della Cassa depositi e prestiti Spa, a carico del bilancio dello Stato, a valere sull’autorizzazione di spesa di cui al comma 377.

375. Sull’obbligo di rimborso al Fondo delle somme ricevute in virtù del finanziamento agevolato e dei relativi interessi può essere prevista, secondo criteri, condizioni e modalità da stabilire con decreto di natura non regolamentare del Ministro dell’economia e delle finanze, la garanzia dello Stato. Tale garanzia è elencata nell’allegato allo stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze di cui all’articolo 13 della legge 5 agosto 1978, n. 468. Ai relativi eventuali oneri si provvede ai sensi dell’articolo 7, secondo comma, numero 2), della legge 5 agosto 1978, n. 468, con imputazione nell’ambito dell’unità previsionale di base 3.2.4.2 dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze per l’anno 2005 e corrispondenti per gli esercizi successivi.

376. Alla Cassa depositi e prestiti Spa, sulle somme erogate in anticipazione, è riconosciuto, a valere sui finanziamenti stabiliti ai sensi del comma 4, lettera a), il rimborso delle spese di gestione del Fondo in misura pari allo 0,40 per cento complessivo delle somme erogate annualmente.

377. Per le finalità previste dal presente articolo è autorizzata la spesa di 80 milioni di euro per l’anno 2005 e di 150 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2006. Una quota dei predetti oneri, pari a 55 milioni di euro per l’anno 2005 e 100 milioni di euro per ciascuno degli anni 2006 e 2007, è posta a carico del Fondo per le aree sottoutilizzate per gli interventi finanziati dallo stesso. La restante quota relativa agli anni 2005 e 2006, pari rispettivamente a 25 milioni di euro e a 50 milioni di euro, è posta a carico della parte del Fondo unico per gli incentivi alle imprese non riguardante gli interventi nelle aree sottoutilizzate; alla quota relativa all’anno 2007 e all’onere decorrente dal 2008, pari rispettivamente a 50 milioni di euro e a 150 milioni di euro, si provvede con le maggiori entrate derivanti dal comma 315.

378. Nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze è istituito un «Fondo per i pagamenti dei debiti di fornitura», al quale vengono riassegnate le dotazioni in conto residui, previamente versate in entrata, relative a debiti scaduti ed esigibili alla data del 31 dicembre 2004, derivanti dalla fornitura di beni e servizi alle amministrazioni dello Stato, ceduti alla Cassa depositi e prestiti Spa dai fornitori sulla base di idonei titoli giuridici.

379. La Cassa depositi e prestiti Spa, in relazione alle cessioni di credito di cui al comma 378, dispone i pagamenti a valere su un apposito fondo istituito, con una dotazione di 2.000 milioni di euro, presso la gestione separata della medesima Cassa, le cui risorse costituiscono patrimonio destinato, ai sensi dell’articolo 5, comma 18, del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326. La Cassa depositi e prestiti Spa è autorizzata ad effettuare operazioni di cessione dei crediti acquisiti senza l’autorizzazione del soggetto ceduto.

380. Il Ministero dell’economia e delle finanze può provvedere al pagamento alla Cassa depositi e prestiti Spa delle somme erogate, in un periodo massimo di quindici anni, a carico del Fondo di cui al comma 378, nonché, a decorrere dal 2006, alla corresponsione degli oneri di gestione.

381. La Cassa depositi e prestiti Spa predispone apposita rendicontazione annuale sull’amministrazione del fondo, di cui al comma 379, da trasmettere al Ministero dell’economia e delle finanze, entro novanta giorni dalla chiusura dell’esercizio. Con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, da emanare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono stabilite le modalità applicative del presente articolo, in ordine alle condizioni generali per l’accesso al Fondo, alla natura dei crediti ed ai relativi importi ammissibili alla cessione, al compenso da riconoscere sulle somme erogate, alle modalità, ai tempi ed ai termini di erogazione alla Cassa depositi e prestiti Spa di quanto alla stessa dovuto.

382. Agli oneri di cui al comma 380, valutati in complessivi 70 milioni di euro annui a decorrere dal 2006, si provvede mediante utilizzo di quota parte delle maggiori entrate recate dal comma 315.

383. A fini di contrasto di fenomeni di elusione fiscale e di tutela della fede pubblica, salvo quanto previsto nel comma 387, è vietata la riutilizzazione commerciale dei documenti, dei dati e delle informazioni catastali ed ipotecari, che risultino acquisiti, anche per via telematica in via diretta o mediata, dagli archivi catastali o da pubblici registri immobiliari, tenuti dagli uffici dell’Agenzia del territorio.

384. Ai sensi del presente articolo si ha riutilizzazione commerciale quando i predetti documenti, dati ed informazioni sono ceduti o comunque forniti a terzi, anche in copia o parzialmente o previa elaborazione nella forma o nel contenuto, dai soggetti che li hanno acquisiti, in via diretta o mediata, anche per via telematica, dagli uffici dell’Agenzia del territorio.

385. Non si ha riutilizzazione commerciale quando i predetti documenti, dati ed informazioni sono forniti al solo soggetto per conto del quale, su preventivo e specifico incarico, risultante da atto scritto, l’acquisizione stessa, previo pagamento dei tributi dovuti, è stata effettuata. Anche in tale ipotesi, tuttavia, salva prova contraria, si ha riutilizzazione commerciale quando il corrispettivo previsto, o comunque versato, per la fornitura, risulta inferiore all’ammontare dei tributi dovuti agli uffici dell’Agenzia del territorio per l’acquisizione, anche telematica, dei predetti documenti, dati o informazioni.

386. Per ciascun atto di riutilizzazione commerciale sono comunque dovuti i tributi speciali catastali e le tasse ipotecarie, nella misura prevista per l’acquisizione, anche telematica, dei documenti, dei dati o delle informazioni catastali o ipotecari direttamente dagli uffici dell’Agenzia del territorio.

387. Le attività di riutilizzazione commerciale sono consentite esclusivamente se regolamentate da specifiche convenzioni stipulate con l’Agenzia del territorio, che disciplinino, a fronte del preventivo pagamento dei tributi dovuti anche ai sensi del comma 386, modalità e termini della raccolta, della conservazione, della elaborazione dei dati, nonché il controllo del limite di riutilizzo consentito.

388. Chi pone in essere atti di riutilizzazione commerciale, non consentiti, è soggetto altresì ad una sanzione amministrativa tributaria di ammontare compreso fra il triplo ed il quintuplo dei tributi speciali e delle tasse dovuti ai sensi del comma 386. Si applicano le disposizioni del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472.

389. L’accertamento delle violazioni alle disposizioni del presente articolo è demandato al Corpo della guardia di finanza, che esercita, a tal fine, i poteri previsti dall’articolo 32 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, avvalendosi della collaborazione dell’Agenzia del territorio. A tal fine, per assicurare effettività all’indicata azione di contrasto all’utilizzazione illecita dei documenti, dei dati e delle informazioni catastali ed ipotecari, a valere sulle maggiori entrate derivanti dall’attuazione del presente articolo e nei limiti di spesa di 5 milioni di euro annui, entro il 30 aprile 2005 è avviato dalla Scuola superiore dell’economia e delle finanze un programma straordinario di qualificazione continua e ricorrente e formazione mirata e specialistica del personale dell’amministrazione finanziaria e delle agenzie fiscali addetto alla predetta attività di accertamento. A tale programma di qualificazione e formazione può partecipare, su base convenzionale, anche il personale designato da enti locali o altri enti pubblici per le analoghe esigenze di consolidamento dell’azione di contrasto all’elusione fiscale, in presenza di coincidenti ragioni di pubblico interesse.

390. Alla presentazione degli atti di aggiornamento del catasto si può provvedere, a decorrere dal lº marzo 2005, con procedure telematiche, mediante un modello unico informatico di aggiornamento degli atti catastali sottoscritto con firma elettronica avanzata dal tecnico che li ha redatti ovvero dal soggetto obbligato alla presentazione. In caso di irregolare funzionamento del collegamento telematico, la trasmissione per via telematica è sostituita dalla presentazione su supporto informatico. Con provvedimenti del direttore dell’Agenzia del territorio:

a) è stabilita la progressiva attivazione del servizio, anche limitatamente a determinati soggetti, a specifiche aree geografiche ed a particolari tipologie di adempimenti;

b) è approvato il modello unico informatico di aggiornamento degli atti catastali e sono stabilite le modalità tecniche necessarie per la trasmissione dei dati relativi alla procedura telematica di cui al presente articolo;

c) sono fissati i termini, le condizioni e le modalità relative: alla presentazione del modello unico informatico di aggiornamento degli atti catastali; alla presentazione dei documenti e degli atti da allegare al predetto modello, anche al fine di accertare l’avvenuto deposito presso i comuni, per gli atti per i quali è previsto; alla conservazione, a cura dei soggetti interessati, dei documenti cartacei originali sottoscritti dal tecnico che li ha redatti e dai soggetti che hanno la titolarità sui beni;

d) sono stabilite, d’intesa con il Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, le modalità di versamento dei tributi dovuti.

391. Gli atti comunque attributivi o modificativi delle rendite catastali per terreni e fabbricati possono essere prodotti e notificati ai soggetti intestatari, a cura dell’Agenzia del territorio, avvalendosi di procedure automatizzate. In tal caso, la firma autografa del responsabile è sostituita dall’indicazione a stampa del nominativo dello stesso.

392. Nell’articolo 2, comma 2, del decreto legge 24 dicembre 2002, n. 282, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 febbraio 2003, n. 27, le parole: «30 settembre 2004», ovunque ricorrano, sono sostituite dalle seguenti: «30 giugno 2005».

393. All’articolo 3, comma 2, primo periodo, del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 luglio 1998, n. 322, le parole: «a lire 50 milioni» sono sostituite dalle seguenti: «ad euro 10.000».

394. Ai fini dell’applicazione dell’articolo 53, comma 3, del decreto-legge 30 agosto 1993, n. 331, convertito con modificazioni dalla legge 29 ottobre 1993, n. 427, i soggetti di imposta trasmettono al Dipartimento dei Trasporti Terrestri, entro il termine di quindici giorni dall’acquisto e, in ogni caso, prima dell’immatricolazione, il numero identificativo intracomunitario nonché il numero di telaio degli autoveicoli, motoveicoli e loro rimorchi acquistati. Per i successivi passaggi interni precedenti l’immatricolazione il numero identificativo intracomunitario è sostituito dal codice fiscale del fornitore. In mancanza delle informazioni da parte dei soggetti di imposta gli uffici preposti non procedono all’immatricolazione. La comunicazione è altresì effettuata, entro il termine di quindici giorni dalla vendita, anche in caso di cessione intracomunitaria o di esportazione dei medesimi veicoli.

395. Con decreto del Capo del Dipartimento per i trasporti terrestri del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e del Direttore dell’Agenzia delle entrate sono stabiliti i contenuti e le modalità delle comunicazioni di cui alla disposizione recata dal comma 394.

396. Con la convenzione prevista dall’articolo 1, comma 1-bis, del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 19 settembre 2000, n. 358, è definita la procedura di trasmissione telematica all’Agenzia delle entrate delle informazioni inviate dai soggetti di imposta ai sensi del comma 394.

397. All’articolo 1, comma 1, lettera c), del decreto-legge 29 dicembre 1983, n. 746, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 1984, n. 17, è aggiunto il seguente periodo: «Nella prima ipotesi, il cedente o prestatore deve comunicare all’Agenzia delle entrate, esclusivamente per via telematica entro il giorno 16 del mese successivo, i dati contenuti nella dichiarazione ricevuta».

398. Ai fini del necessario coordinamento delle attività di controllo, da attuare secondo quanto disposto dall’articolo 63, secondo e terzo comma, primo periodo, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, l’Agenzia delle entrate condivide con gli altri organi preposti ai controlli in materia di imposta sul valore aggiunto le informazioni risultanti dalle comunicazioni di cui ai commi 394 e 397.

399. All’articolo 7 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471, dopo il comma 4 è inserito il seguente:

«4-bis. È punito con la sanzione prevista nel comma 3 il cedente o il prestatore che omette di inviare, nei termini previsti, la comunicazione di cui all’articolo 1, comma 1, lettera c), ultimo periodo, del decreto-legge 29 dicembre 1983, n. 746, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 1984, n. 17, o la invia con dati incompleti o inesatti».

400. Chiunque omette di inviare, nei termini previsti, la comunicazione di cui all’articolo 1, comma 1, lettera c), ultimo periodo, del decreto-legge 29 dicembre 1983, n. 746, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 1984, n. 17, introdotto dal comma 397, o la invia con dati incompleti o inesatti, è responsabile in solido con il soggetto acquirente dell’imposta evasa correlata all’infedeltà della dichiarazione ricevuta.

401. Il Direttore dell’Agenzia delle entrate determina, con suo provvedimento, i contenuti e le modalità della comunicazione di cui all’articolo 1, comma 1, lettera c), ultimo periodo, del decreto-legge 29 dicembre 1983, n. 746, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 1984, n. 17, introdotto dal comma 397.

402. Al decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, dopo l’articolo 60, è inserito il seguente:

«Art. 60-bis – (Solidarietà nel pagamento dell’imposta). 1. Con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, su proposta degli organi competenti al controllo, sulla base di analisi effettuate su fenomeni di frode, sono individuati i beni per i quali operano le disposizioni dei commi 2 e 3.

2. In caso di mancato versamento dell’imposta da parte del cedente relativa a cessioni effettuate a prezzi inferiori al valore normale, il cessionario, soggetto agli adempimenti ai fini del presente decreto, è obbligato solidalmente al pagamento della predetta imposta.

3. L’obbligato solidale di cui al comma 2 può tuttavia documentalmente dimostrare che il prezzo inferiore dei beni è stato determinato in ragione di eventi o situazioni di fatto oggettivamente rilevabili o sulla base di specifiche disposizioni di legge e che comunque non è connesso con il mancato pagamento dell’imposta».

403. A decorrere dal periodo d’imposta in corso al 1° gennaio 2005, è introdotto l’istituto della pianificazione fiscale concordata alla quale possono accedere i titolari di reddito d’impresa e gli esercenti arti e professioni cui si applicano gli studi di settore per il periodo di imposta in corso al 1° gennaio 2003. L’adesione alla pianificazione fiscale determina preventivamente, per un triennio, la base imponibile caratteristica dell’attività svolta e comporta una riduzione dell’imposizione fiscale e contributiva per gli importi eccedenti la base imponibile pianificata.

404. Non possono accedere alla pianificazione fiscale i titolari di reddito d’impresa e gli esercenti arti e professioni:

a) per i quali sussistano cause di esclusione o di inapplicabilità degli studi di settore per il periodo di imposta in corso al 1° gennaio 2003;

b) che svolgono dal 1° gennaio 2004 una attività diversa da quella esercitata nel biennio 2002 e 2003;

c) che non erano in attività in almeno uno dei periodi di imposta in corso al 1° gennaio 2002, al 1° gennaio 2003 ovvero al 1° gennaio 2004;

d) che hanno omesso di dichiarare il reddito derivante dall’attività svolta per almeno uno dei periodi d’imposta in corso al 1° gennaio 2002 e al 1° gennaio 2003;

e) che hanno omesso di presentare la dichiarazione ai fini dell’imposta sul valore aggiunto per i medesimi periodi d’imposta di cui alla lettera d);

f) che hanno omesso di comunicare i dati rilevanti ai fini dell’applicazione degli studi di settore per il periodo di imposta in corso al 1° gennaio 2003.

405. La proposta individuale di pianificazione fiscale è formulata sulla base di elaborazioni operate dall’anagrafe tributaria, tenendo conto delle risultanze dell’applicazione degli studi di settore, dei dati sull’andamento dell’economia nazionale per distinti settori economici di attività, della coerenza dei componenti negativi di reddito e di ogni altra informazione disponibile riferibile al contribuente.

406. L’adesione alla pianificazione fiscale si perfeziona, ferma restando la congruità dei ricavi o dei compensi alle risultanze degli studi di settore per ciascun periodo d’imposta, con l’accettazione di importi, proposti al contribuente dall’Agenzia delle entrate, che individuano per un triennio la base imponibile caratteristica dell’attività svolta, esclusi gli eventuali componenti positivi o negativi di reddito di carattere straordinario.

407. L’adesione alla proposta di pianificazione fiscale è comunicata dal contribuente entro sessanta giorni dal suo ricevimento; nel medesimo termine, la proposta può essere altresì definita in contraddittorio con il competente ufficio dell’Agenzia delle entrate, anche con l’assistenza degli intermediari di cui all’articolo 3, commi 2-bis e 3, del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 luglio 1998, n. 322, esclusivamente nel caso in cui il contribuente sia in grado di documentare una evidente infondatezza della stessa, sulla base dell’esistenza di:

a) significative variazioni degli elementi strutturali nell’esercizio dell’attività rispetto a quelli presi a base per la formulazione della proposta;

b) dati ed elementi presi a base per la formulazione della proposta divergenti sensibilmente, all’atto dell’adesione.

408. La sussistenza delle circostanze di cui alle lettere a) e b) del comma 407 può essere asseverata dai soggetti abilitati sulla base delle disposizioni vigenti.

409. Per i periodi d’imposta oggetto di pianificazione, relativamente al reddito caratteristico d’impresa o di arti o professioni:

a) sono inibiti i poteri spettanti all’amministrazione finanziaria sulla base delle disposizioni di cui all’articolo 39 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e successive modificazioni;

b) esclusa l’aliquota del 23 per cento, quelle marginali applicabili al reddito complessivo ai fini dell’imposta sul reddito, nonché quella applicabile ai fini dell’imposta sul reddito delle società , sono ridotte di 4 punti percentuali, per la parte di reddito dichiarato eccedente quello pianificato;

c) è esclusa l’applicazione dei contributi previdenziali per la parte di reddito dichiarato che eccede quello pianificato fatto salvo il minimale reddituale previsto ai fini contributivi; restano salve le prerogative delle Casse Autonome nonché la facoltà di effettuare i versamenti su base volontaria.

410. Per gli stessi periodi d’imposta di cui al precedente comma 409, ai fini dell’imposta sul valore aggiunto:

a) il contribuente assolve ordinariamente a tutti gli obblighi formali e sostanziali previsti dal decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633 e successive modificazioni e dalle altre disposizioni in materia di imposta sul valore aggiunto;

b) all’ammontare degli eventuali maggiori ricavi o compensi da dichiarare rispetto a quelli risultanti dalle scritture contabili si applica, tenendo conto della esistenza di operazioni non soggette ad imposta ovvero soggette a regimi speciali, l’aliquota media risultante dal rapporto tra l’imposta relativa alle operazioni imponibili, diminuita di quella relativa alle cessioni di beni ammortizzabili, e il volume d’affari dichiarato;

c) sono inibiti i poteri spettanti all’amministrazione finanziaria in base alle disposizioni di cui agli articoli 54, secondo comma, secondo periodo, e 55, secondo comma, numero 3), del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, e successive modificazioni.

411. In caso di mancato rispetto della pianificazione, da comunicare nella dichiarazione presentata ai fini dell’imposta sul reddito, l’Agenzia delle entrate procede ad accertamento parziale in ragione del reddito oggetto della pianificazione nonché, per l’imposta sul valore aggiunto, in ragione del volume d’affari corrispondente ai ricavi o compensi caratteristici a base della stessa, salve le ipotesi di documentati accadimenti straordinari e imprevedibili; in tale ultima ipotesi trova applicazione il procedimento di accertamento con adesione previsto dal decreto legislativo 19 giugno 1997, n. 218.. La disposizione di cui al presente comma si applica anche nel caso di mancato adeguamento alle risultanze degli studi di settore.

412. L’inibizione dei poteri di cui ai commi 409, lettera a), e 410, lettera c) ed i benefici di cui al comma 410, lettere b) e c) non operano qualora:

a) il reddito dichiarato differisca da quanto effettivamente conseguito, ovvero non siano adempiuti gli obblighi di cui al comma 410, lettera a), ferma restando, comunque, in tale caso l’inibizione dei poteri di cui all’articolo 39, secondo comma, lettera d), del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e successive modificazioni e dell’articolo 55, secondo comma, numero 3), del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, e successive modificazioni;

b) siano constatate condotte del contribuente che integrano le fattispecie di cui agli articoli da 2 a 5, 8, 10 e 11 del decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74.

413 Salva l’applicazione del comma 407, nei casi in cui a seguito di controlli e segnalazioni, anche di fonte esterna all’amministrazione finanziaria, emergano dati ed elementi difformi da quelli comunicati dal contribuente, qualora presi a base per la formulazione della proposta, nei suoi confronti non opera l’inibizione dei poteri di cui ai commi 409, lettera a) e 410, lettera c) nonché i benefici di cui al comma 409, lettere b) e c).

414. Nel caso in cui l’attività effettivamente esercitata vari nel corso del triennio, l’istituto della pianificazione fiscale concordata cessa di avere effetto dal periodo d’imposta nel corso del quale si è verificata la variazione. Con decreti del Ministro dell’economia e delle finanze, di natura non regolamentare, sono individuate le singole categorie di contribuenti nei cui riguardi progressivamente, nel corso del triennio, decorre l’applicazione della pianificazione fiscale concordata nonché approvate una o più note metodologiche per la formulazione della proposta di cui al comma 405. Con i medesimi decreti sono conseguentemente rideterminati i periodi d’imposta di cui al comma 404, per i contribuenti nei cui confronti la pianificazione fiscale opera a decorrere da periodi d’imposta diversi da quello indicato al comma 403. Con provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate sono definite le modalità di invio delle proposte, anche in via telematica, direttamente al contribuente ovvero per il tramite degli intermediari di cui all’articolo 3, commi 2-bis e 3, del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 luglio 1998, n. 322, nonché le modalità di adesione.".

415. Gli studi di settore previsti all’articolo 62-bis del decreto-legge 30 agosto 1993, n. 331, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 ottobre 1993, n. 427, sono soggetti a revisione, di norma, ogni quattro anni dalla data di entrata in vigore dello studio di settore ovvero da quella dell’ultima revisione, al fine di mantenere la rappresentatività degli stessi rispetto alla realtà economica cui si riferiscono. La revisione può essere disposta anche prima del decorso del temine previsto dal primo periodo, tenuto anche conto di dati ed informazioni ufficiali quali i dati di contabilità nazionale, sentito il parere della commissione di esperti di cui all’articolo 10, comma 7, della legge 8 maggio 1998, n. 146. La revisione degli studi di settore è programmata con provvedimento del direttore dell’Agenzia della entrate da emanare entro il mese di febbraio di ciascun anno.

416. In deroga a quanto previsto al comma 415, entro il mese di febbraio 2005, l’Agenzia delle entrate completa l’attività di revisione relativa agli studi di settore già precedentemente individuati, con effetto dal periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2004, ai sensi dell’articolo 1 del regolamento recante disposizioni concernenti i tempi e le modalità di applicazione degli studi di settore, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 31 maggio 1999, n. 195.

417. Gli organi preposti al controllo, in conseguenza della revisione e del potenziamento degli studi di settore, sulla base delle disposizioni del presente articolo, programmano l’impiego di maggiore capacità operativa per l’attività di contrasto all’evasione nei confronti dei soggetti ai quali non si applicano gli studi medesimi.

418. All’articolo 32 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e successive modificazioni, recante disposizioni comuni in materia di accertamento delle imposte sui redditi, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) nel primo comma:

1) al numero 2):

1.1) nel primo e secondo periodo, le parole da: «alle operazioni»a: «risultanti dai conti» sono sostituite dalle seguenti: «ai rapporti ed alle operazioni, i cui dati, notizie e documenti siano stati acquisiti a norma del numero 7), ovvero rilevati a norma dell’articolo 33, secondo e terzo comma. I dati ed elementi attinenti ai rapporti ed alle operazioni acquisiti e rilevati rispetivamente a norma del numero 7) e dell’articolo 33, secondo e terzo comma,»;

1.2) nel secondo periodo, le parole da: «a base delle stesse» alla fine del periodo sono sostituite dalle seguenti: «o compensi a base delle stesse rettifiche ed accertamenti, se il contribuente non ne indica il soggetto beneficiario e sempreché non risultino dalle scritture contabili, i prelevamenti o gli importi riscossi nell’ambito dei predetti rapporti od operazioni»;

2) al numero 5):

2.1) nel primo periodo, le parole da: «, ovvero» fino a: «in forma fiduciaria,» sono soppresse;

2.2) nel quarto periodo, le parole da: «all’Amministrazione postale,» fino alla fine del numero sono sostituite dalle seguenti: «alle banche, alla società Poste italiane spa, per le attività finanziarie e creditizie, agli intermediari finanziari, alle imprese di investimento, agli organismi di investimento collettivo del risparmio, alle società di gestione del risparmio e alle società fiduciarie»;

3) al numero 6-bis), il primo periodo è sostituito dal seguente: «richiedere, previa autorizzazione del direttore centrale dell’accertamento dell’Agenzia delle entrate o del direttore regionale della stessa, ovvero, per il Corpo della guardia di finanza, del comandante regionale, ai soggetti sottoposti ad accertamento, ispezione o verifica il rilascio di una dichiarazione contenente l’indicazione della natura, del numero e degli estremi identificativi dei rapporti intrattenuti con le banche, la società Poste italiane spa, gli intermediari finanziari, le imprese di investimento, gli organismi di investimento collettivo del risparmio, le società di gestione del risparmio e le società fiduciarie, nazionali o stranieri, in corso ovvero estinti da non più di cinque anni dalla data della richiesta»;

4) al numero 7):

4.1) il primo periodo è sostituito dai seguenti: «richiedere, previa autorizzazione del direttore centrale dell’accertamento dell’Agenzia delle entrate o del direttore regionale della stessa, ovvero, per il Corpo della guardia di finanza, del comandante regionale, alle banche, alla società Poste italiane spa, per le attività finanziarie e creditizie, agli intermediari finanziari, alle imprese di investimento, agli organismi di investimento collettivo del risparmio, alle società di gestione del risparmio e alle società fiduciarie, dati, notizie e documenti relativi a qualsiasi rapporto intrattenuto od operazione effettuata, ivi compresi i servizi prestati, con i loro clienti, nonché alle garanzie prestate da terzi. Alle società fiduciarie di cui alla legge 23 novembre 1939, n. 1966, e a quelle iscritte nella sezione speciale dell’albo di cui all’articolo 20 del testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, può essere richiesto, tra l’altro, specificando i periodo temporali di interesse, di comunicare le generalità dei soggetti per conto dei quali esse hanno detenuto o amministrato o gestito beni, strumenti finanziari e partecipazioni in imprese, inequivocamente individuati.»;

4.2) nel secondo periodo, dopo le parole «deve essere indirizzata» sono inserite le seguenti: «al responsabile della struttura accentrata, ovvero»;

b) nel secondo comma:

1) al secondo periodo, la parola: «sessanta» è sostituita dalla seguente: «trenta»;

2) il terzo periodo è sostituito dal seguente: «Il termine può essere prorogato per un periodo di venti giorni su istanza dell’operatore finanziario, per giustificati motivi, dal competente direttore centrale o direttore regionale per l’Agenzia delle entrate, ovvero, per il Corpo della guardia di finanza, dal comandante regionale.»;

c) dopo il secondo comma è inserito il seguente:

«Le richieste di cui al primo comma, numero 7), nonché le relative risposte, anche se negative, devono essere effettuate esclusivamente in via telematica. Con provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate sono stabilite le disposizioni attuative e le modalità di trasmissione delle richieste, delle risposte, nonché dei dati e delle notizie riguardanti i rapporti e le operazioni indicati nel citato numero 7)».

419. All’articolo 51 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, e successive modificazioni, concernente l’istituzione e la disciplina dell’imposta sul valore aggiunto, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) nel secondo comma:

1) al numero 2):

1.1) nel primo periodo, le parole da: «alle operazioni» a: «acquisita» sono sostituite dalle seguenti: «ai rapporti ed alle operazioni, i cui dati, notizie e documenti siano stati acquisiti»; la parola: «rilevate» è sostituita dalla seguente: «rilevati»;

1.2) nel secondo periodo, le parole: «I singoli dati ed elementi risultanti dai conti» sono sostituite dalle seguenti: «I dati ed elementi attinenti ai rapporti ed alle operazioni acquisiti e rilevati rispettivamente a norma del numero 7) e dell’articolo 52, ultimo comma, o dell’articolo 63, primo comma,»;

2) al numero 5):

2.1) nel primo periodo, le parole da: «, ovvero» fino a: «in forma fiduciaria,» sono soppresse;

2.2) nel quarto periodo, le parole da: «all’Amministrazione postale,» fino alla fine del numero sono sostituite dalle seguenti: «alle banche, alla società Poste italiane spa, per le attività finanziarie e creditizie, agli intermediari finanziari, alle imprese di investimento, agli organismi di investimento collettivo del risparmio, alle società di gestione del risparmio e alle società fiduciarie»;

3) al numero 6-bis) il primo periodo è sostituito dal seguente: «richiedere, previa autorizzazione del direttore centrale accertamento dell’Agenzia delle entrate o del direttore regionale della stessa, ovvero, per il Corpo della guardia di finanza, del comandante regionale, ai soggetti sottoposti ad accertamento, ispezione o verifica il rilascio di una dichiarazione contenente l’indicazione della natura, del numero e degli estremi identificativi dei rapporti intrattenuti con le banche, la società Poste italiane spa, gli intermediari finanziari, le imprese di investimento, gli organismi di investimento collettivo del risparmio, le società di gestione del risparmio e le società fiduciarie, nazionali o stranieri, in corso ovvero estinti da non più di cinque anni dalla data della richiesta.»;

4) al numero 7):

4.1) il primo periodo è sostituito dai seguenti: «richiedere, previa autorizzazione del direttore centrale dell’accertamento dell’Agenzia delle entrate o del direttore regionale della stessa, ovvero, per il Corpo della guardia di finanza, del comandante regionale, alle banche, alla società Poste italiane spa, per le attività finanziarie e creditizie, agli intermediari finanziari, alle imprese di investimento, agli organismi di investimento collettivo del risparmio, alle società di gestione del risparmio e alle società fiduciarie, dati notizie e documenti relativi a qualsiasi rapporto intrattenuto od operazione effettuata, ivi compresi i servizi prestati, con i loro clienti, nonché alle garanzie prestate da terzi. Alle società fiduciarie di cui alla legge 23 novembre 1939, n. 1966, e a quelle iscritte nella sezione speciale dell’albo di cui all’articolo 20 del testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, può essere richiesto, tra l’altro, specificando i periodi temporali di interesse, di comunicare le generalità dei soggetti per conto dei quali esse hanno detenuto o amministrato o gestito beni, strumenti finanziari e partecipazioni in imprese, inequivocamente individuati.»;

4.2) nel secondo periodo, dopo le parole: «deve essere indirizzata» sono inserite le seguenti: «al responsabile della struttura accentrata, ovvero»;

b) nel terzo comma:

1) al primo periodo, la parola: «sessanta» è sostituita dalla seguente: «trenta»;

2) il secondo periodo è sostituito dal seguente: «Il termine può essere prorogato per un periodo di venti giorni su istanza dell’operatore finanziario, per giustificati motivi, dal competente direttore centrale o direttore regionale per l’Agenzia dell’entrate, ovvero, per il Corpo della guardia di finanza, dal comandante regionale.»;

c) dopo il terzo comma è inserito il seguente:

«Le richieste di cui al secondo comma, numero 7), nonché le relative risposte, anche se negative, sono effettuate esclusivamente in via telematica. Con provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate sono stabilite le disposizioni attuative e le modalità di trasmissione delle richieste, delle risposte, nonché dei dati e delle notizie riguardanti i rapporti e le operazioni indicati nel citato numero 7)».

420. Le disposizioni di cui al terzo comma dell’articolo 32 decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, nonché quelle di cui al quarto comma dell’articolo 51 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, introdotte rispettivamente dai commi 418 e 419, hanno effetto dal 1º luglio 2005. Con uno o più provvedimenti del direttore dell’Agenzia delle entrate può essere prevista una diversa decorrenza successiva, in considerazione delle esigenze di natura esclusivamente tecnica.

421. Al fine di una maggiore efficienza, efficacia ed effettività dell’istituto della pianificazione fiscale concordata, al primo periodo del comma 1 dell’articolo 41-bis del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) le parole da: «gli uffici delle imposte» fino a: «delle imposte dirette» sono sostituite dalle seguenti: «i competenti uffici dell’Agenzia delle entrate, qualora dagli accessi, ispezioni e verifiche nonché dalle segnalazioni effettuati dalla Direzione centrale accertamento, da una Direzione regionale ovvero da un ufficio della medesima Agenzia ovvero di altre Agenzie fiscali»;

b) dopo le parole: «non spettanti,» sono inserite le seguenti: «nonché l’esistenza di imposte o di maggiori imposte non versate, escluse le ipotesi di cui agli articoli 36-bis e 36-ter,»;

c) sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «, ovvero la maggiore imposta da versare, anche avvalendosi delle procedure previste dal decreto legislativo 19 giugno 1997, n. 218».

422. Al quinto comma dell’articolo 54 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) le parole da: «l’ufficio dell’imposta» fino a: «indirette sugli affari» sono sostituite dalle seguenti: «i competenti uffici dell’Agenzia delle entrate, qualora dagli accessi, ispezioni e verifiche nonché dalle segnalazioni effettuati dalla Direzione centrale accertamento, da una Direzione regionale ovvero da un ufficio della medesima Agenzia ovvero di altre Agenzie fiscali»;

b) dopo le parole: «l’esistenza di corrispettivi» sono inserite le seguenti: «o di imposta»;

c) sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «, nonché l’imposta o la maggiore imposta non versata, escluse le ipotesi di cui all’articolo 54-bis, anche avvalendosi delle procedure previste dal decreto legislativo 19 giugno 1997, n. 218».

423. Al comma 181 dell’articolo 3 della legge 28 dicembre 1995, n. 549, primo periodo dell’alinea, le parole: «alle altre categorie reddituali» sono sostituite dalle seguenti: «alle medesime o alle altre categorie reddituali, nonché con riferimento ad ulteriori operazioni rilevanti ai fini dell’imposta sul valore aggiunto,».

424. All’articolo 70 della legge 21 novembre 2000, n. 342, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al comma 1, le parole: «alle categorie reddituali diverse da quelle che hanno formato oggetto degli accertamenti stessi» sono sostituite dalle seguenti: «alle medesime o alle altre categorie reddituali nonché con riferimento ad ulteriori operazioni rilevanti ai fini dell’imposta sul valore aggiunto»;

b) al comma 2, le parole da: «qualora» fino a: «indipendentemente» sono sostituite dalle seguenti: «indipendentemente dalla sopravvenuta conoscenza di nuovi elementi e».

425. All’articolo 10 della legge 8 maggio 1998, n. 146, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) il comma 2 è sostituito dal seguente:

«2. Nei confronti degli esercenti attività d’impresa in regime di contabilità ordinaria, anche per effetto di opzione, e degli esercenti arti e professioni, la disposizione del comma 1 trova applicazione quando in almeno in due periodi d’imposta su tre consecutivi considerati, compreso quello da accertare, l’ammontare dei compensi o dei ricavi determinabili sulla base degli studi di settore risulta superiore all’ammontare dei compensi o ricavi dichiarati con riferimento agli stessi periodi d’imposta. La disposizione del comma 1 trova applicazione in ogni caso nei confronti degli esercenti attività d’impresa in regime di contabilità ordinaria, anche per effetto di opzione, quando emergono significative situazioni di incoerenza rispetto ad indici di natura economica, finanziaria o patrimoniale, individuati con apposito provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate, sentito il parere della commissione di esperti di cui al comma 7.»;

b) dopo il comma 3 è inserito il seguente:

«3-bis. Nelle ipotesi di cui ai commi 2 e 3 l’ufficio, prima della notifica dell’avviso di accertamento, invita il contribuente a comparire, ai sensi dell’articolo 5 del decreto legislativo 19 giugno 1997, n. 218.»;

c) il comma 6 è sostituito dal seguente:

«6. I maggiori ricavi, compensi e corrispettivi, conseguenti all’applicazione degli accertamenti di cui al comma 1, ovvero dichiarati per effetto dell’adeguamento di cui all’articolo 2 del regolamento recante disposizioni concernenti i tempi e le modalità di applicazione degli studi di settore, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 31 maggio 1999, n. 195, non rilevano ai fini dell’obbligo della trasmissione della notizia di reato ai sensi dell’articolo 331 del codice di procedura penale».

426. Le disposizioni dei commi 2 e 3-bis dell’articolo 10 della legge 8 maggio 1998, n. 146, come modificato dal comma 425 del presente articolo, hanno effetto a decorrere dal periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2004.

427. All’articolo 2 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 31 maggio 1999, n. 195, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al comma 1:

1) le parole: «il primo periodo» sono sostituite dalle seguenti: «i periodi»;

2) le parole: «nella dichiarazione dei redditi» sono sostituite dalle seguenti: «nelle dichiarazioni di cui all’articolo 1 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 luglio 1998, n. 322, e successive modificazioni,»;

3) le parole: «per adeguare i ricavi o i compensi» sono sostituite dalle seguenti: «per adeguare gli stessi, anche ai fini dell’imposta regionale sulle attività produttive,»;

b) al comma 2:

1) le parole da: «Per il primo periodo d’imposta» fino a: «revisione del medesimo,» sono sostituite dalle seguenti: «Per i medesimi periodi d’imposta di cui al comma 1,»;

2) le parole: «può essere» sono sostituite dalla seguente: «è»;

3) le parole: «di presentazione della dichiarazione dei redditi» sono sostituite dalle seguenti: «del versamento a saldo dell’imposta sul reddito; i maggiori corrispettivi devono essere annotati, entro il suddetto termine, in un’apposita sezione dei registri di cui agli articoli 23 e 24 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, e successive modificazioni, e riportati nella dichiarazione annuale».

c) dopo il comma 2, è aggiunto il seguente:

«2-bis. L’adeguamento di cui ai commi 1 e 2 è effettuato, per i periodi d’imposta diversi da quello in cui trova applicazione per la prima volta lo studio, ovvero le modifiche conseguenti alla revisione del medesimo, a condizione che sia versata, entro il termine per il versamento a saldo dell’imposta sul reddito, una maggiorazione del 3 per cento, calcolata sulla differenza tra ricavi o compensi derivanti dall’applicazione degli studi e quelli annotati nelle scritture contabili. La maggiorazione non è dovuta se la predetta differenza non è superiore al 10 per cento dei ricavi o compensi annotati nelle scritture contabili».

428. In esecuzione dell’articolo 6, comma 5, della legge 27 luglio 2000, n. 212, l’Agenzia delle entrate comunica mediante raccomandata con avviso di ricevimento ai contribuenti l’esito dell’attività di liquidazione, effettuata ai sensi dell’articolo 36-bis del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e successive modificazioni, relativamente ai redditi soggetti a tassazione separata. La relativa imposta o la maggiore imposta dovuta, a decorrere dal periodo d’imposta 2001, è versata mediante modello di pagamento, di cui all’articolo 19 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, precompilato dall’Agenzia. In caso di mancato pagamento entro il termine di trenta giorni dal ricevimento dell’apposita comunicazione si procede all’iscrizione a ruolo, secondo le disposizioni di cui al decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, e successive modificazioni, con l’applicazione della sanzione di cui all’articolo 13, comma 2, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471, e degli interessi di cui all’articolo 20 del predetto decreto n. 602 del 1973, a decorrere dal primo giorno del secondo mese successivo a quello di elaborazione della predetta comunicazione.

429. Ai commi 2 e 1, rispettivamente, degli articoli 2 e 3 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 462, e successive modificazioni, con riferimento alle dichiarazioni presentate dal 1º gennaio 1999, sono aggiunte, in fine, le seguente parole: «e gli interessi sono dovuti fino all’ultimo giorno del mese antecedente a quello dell’elaborazione della comunicazione».

430. Al decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74, dopo l’articolo 10 è inserito il seguente:

«Art. 10-bis. – (Omesso versamento di ritenute certificate). 1. È punito con la reclusione da sei mesi a due anni chiunque non versa entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione annuale di sostituto d’imposta ritenute risultanti dalla certificazione rilasciata ai sostituiti, per un ammontare superiore a cinquantamila euro per ciascun periodo d’imposta».

431. All’articolo 49, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, e successive modificazioni, dopo le parole: «costituisce titolo esecutivo» sono aggiunte le seguenti: «; il concessionario può altresì promuovere azioni cautelari e conservative, nonché ogni altra azione prevista dalle norme ordinarie a tutela del creditore».

432. All’articolo 19 del decreto legislativo 13 aprile 1999, n. 112, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al comma 2. lettera a) le parole "entro il quinto mese successivo alla consegna del ruolo ovvero" sono sostituite dalla seguenti: "entro il dodicesimo mese successivo alla consegna del ruolo ovvero, per i ruoli straordinari, entro il sesto mese successivo nonché" »;

b) al comma 4, dopo le parole: «di segnalare azioni cautelari ed esecutive» sono inserite le seguenti: «nonché conservative ed ogni altra azione prevista dalle norme ordinarie a tutela del creditore».

433. Al decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all’articolo 12, comma 3, dopo la parola: «contribuente,» sono inserite le seguenti: «la specie del ruolo,»;

b) all’articolo 19, comma 4-bis, le parole: «ad espropriazione forzata» sono sostituite dalle seguenti: «alla riscossione coattiva»; nel medesimo comma sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «secondo le disposizioni di cui al titolo II del presente decreto»;

c) all’articolo 25, comma 1, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «, a pena di decadenza, entro l’ultimo giorno del dodicesimo mese successivo a quello di consegna del ruolo, ovvero entro l’ultimo giorno del sesto mese successivo alla consegna se la cartella è relativa ad un ruolo straordinario».

434. Al decreto legislativo 19 giugno 1997, n. 218, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all’articolo 8, comma 2, terzo periodo, le parole: «garanzia con le modalità di cui all’articolo 38-bis del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633» sono sostituite dalle seguenti: «idonea garanzia mediante polizza fideiussoria o fideiussione bancaria»; al medesimo articolo 8, dopo il comma 3, è inserito il seguente:

«3-bis. In caso di mancato pagamento anche di una sola delle rate successive, se il garante non versa l’importo garantito entro trenta giorni dalla notificazione di apposito invito, contenente l’indicazione delle somme dovute e dei presupposti di fatto e di diritto della pretesa, il competente ufficio dell’Agenzia delle entrate provvede all’iscrizione a ruolo delle predette somme a carico del contribuente e dello stesso garante»;

b) all’articolo 15, comma 2, le parole: «commi 2 e 3» sono sostituite dalle seguenti: «commi 2, 3 e 3-bis».

435. All’articolo 48, comma 3, del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, le parole: «garanzia secondo le modalità di cui all’articolo 38-bis del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633» sono sostituite dalle seguenti: «garanzia mediante polizza fideiussoria o fideiussione bancaria»; al medesimo articolo 48, dopo il comma 3 è inserito il seguente:

«3-bis. In caso di mancato pagamento anche di una sola delle rate successive, se il garante non versa l’importo garantito entro trenta giorni dalla notificazione di apposito invito, contenente l’indicazione delle somme dovute e dei presupposti di fatto e di diritto della pretesa, il competente ufficio dell’Agenzia delle entrate provvede all’iscrizione a ruolo delle predette somme a carico del contribuente e dello stesso garante».

436. Le disposizioni del comma 432, lettera a), e del comma 433, lettere a) e c), si applicano con riferimento ai ruoli resi esecutivi successivamente al 1º luglio 2005.

437. Ferme restando le attribuzioni e i poteri previsti dagli articoli 31 e seguenti del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e successive modificazioni, nonché quelli previsti dagli articoli 51 e seguenti del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, e successive modificazioni, per la riscossione dei crediti indebitamente utilizzati in tutto o in parte, anche in compensazione ai sensi dell’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, e successive modificazioni, l’Agenzia delle entrate può emanare apposito atto di recupero motivato da notificare al contribuente con le modalità previste dall’articolo 60 del citato decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973. La disposizione del primo periodo non si applica alle attività di recupero delle somme di cui all’articolo 1, comma 3, del decreto-legge 20 marzo 2002, n. 36, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 maggio 2002, n. 96, e all’articolo 1, comma 2, del decreto-legge 24 dicembre 2002, n. 282, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 febbraio 2003, n. 27.

438. In caso di mancato pagamento, in tutto o in parte, delle somme dovute entro il termine assegnato dall’ufficio, comunque non inferiore a sessanta giorni, si procede alla riscossione coattiva con le modalità previste dal decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, e successive modificazioni.

439. La competenza all’emanazione degli atti di cui al comma 437, emessi prima del termine per la presentazione della dichiarazione, spetta all’ufficio nella cui circoscrizione è il domicilio fiscale del soggetto per il precedente periodo d’imposta.

440. In deroga alle disposizioni dell’articolo 3, comma 3, della legge 27 luglio 2000, n. 212, i termini di decadenza per l’iscrizione a ruolo previsti dall’articolo 17, comma 1, lettera a), del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, e successive modificazioni, sono prorogati al 31 dicembre 2006 per le dichiarazioni presentate nell’anno 2003.

441. Al decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, dopo l’articolo 75 è inserito il seguente:

«Art. 75-bis. – (Dichiarazione stragiudiziale del terzo). 1. Il concessionario, prima di procedere ai sensi degli articoli 543 e seguenti del codice di procedura civile, può chiedere a soggetti terzi, debitori del soggetto che è iscritto a ruolo o dei coobligati, di indicare per iscritto, anche solo in modo generico, le cose e le somme da loro dovute al creditore».

442. È effettuato mediante ruolo il recupero delle somme dovute, per inadempimento, dal soggetto incaricato del servizio di intermediazione all’incasso ovvero dal garante di tale soggetto o del debitore di entrate riscosse ai sensi dell’articolo 17 del decreto legislativo 26 febbraio 1999, n. 46, e successive modificazioni. In attesa della riforma organica del settore della riscossione, fermi restando i casi di responsabilità penale, i concessionari del servizio nazionale della riscossione ed i commissari governativi delegati provvisoriamente alla riscossione, di cui al decreto legislativo 13 aprile 1999, n. 112, hanno facoltà di sanare le irregolarità connesse all’esercizio degli obblighi del rapporto concessorio compiute fino alla data del 20 novembre 2004 dietro versamento della somma di 3 euro per ciascun abitante residente negli ambiti territoriali ad essi affidati in concessione alla data del 1º gennaio 2004. L’importo dovuto è versato in tre rate, la prima pari al 40 per cento del totale, da versare entro il 30 giugno 2005, e le altre due, ciascuna pari al 30 per cento del totale, da versare rispettivamente entro il 30 giugno 2006 e tra il 21 ed il 31 dicembre 2006. Con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze sono stabilite le modalità di applicazione delle disposizioni del presente comma.

443. La durata delle concessioni del servizio nazionale della riscossione e degli incarichi di commissario governativo, delegato provvisoriamente alla riscossione, è prorogata al 31 dicembre 2006.

444. A condizione che la relativa imposta sostitutiva sia stata versata entro il termine del 30 settembre 2004, i soli termini previsti per la redazione ed il giuramento delle perizie di cui agli articoli 5 e 7 della legge 28 dicembre 2001, n. 448, e successive modificazioni, sono stabiliti alla data del 31 marzo 2005. Tra i soggetti abilitati per tale attività di redazione e giuramento delle perizie si comprendono i periti regolarmente iscritti alle Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, ai sensi del testo unico di cui al regio decreto 20 settembre 1934, n. 2011.

445. Le imprese che operano nel settore della grande distribuzione possono trasmettere telematicamente all’Agenzia delle entrate, distintamente per ciascun punto vendita, l’ammontare complessivo dei corrispettivi giornalieri delle cessioni di beni e delle prestazioni di servizi di cui agli articoli 2 e 3 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, e successive modificazioni.

446. Ai fini del comma 445 sono imprese di grande distribuzione commerciale, ai sensi dell’articolo 4, comma 1, lettere e) ed f), del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114, le aziende distributive che operano con esercizi commerciali definiti media e grande struttura di vendita aventi, quindi, superficie superiore a 150 metri quadri nei comuni con popolazione residente inferiore a 10.000 abitanti, o superficie superiore a 250 metri quadri nei comuni con popolazione residente superiore ai 10.000 abitanti.

447. Le modalità tecniche ed i termini per la trasmissione telematica di cui al comma 445 sono definiti con provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate. La trasmissione telematica di cui al comma 20-bis sostituisce l’obbligo di certificazione fiscale dei corrispettivi di cui all’articolo 12 della legge 30 dicembre 1991, n. 413 e al decreto del Presidente della Repubblica 21 dicembre 1996, n. 696. Resta comunque fermo l’obbligo di emissione delle fatture su richiesta del cliente.

448. Le violazioni alle prescrizioni di cui ai commi 445 e 446 sono soggette alle sanzioni previste ai sensi dell’articolo 6, comma 3, dell’articolo 11, comma 5, e dell’articolo 12, comma 3, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471.

449. Nell’ambito delle attività volte al riordino, alla razionalizzazione e alla valorizzazione del patrimonio immobiliare dello Stato, l’Agenzia del demanio è autorizzata, con decreto dirigenziale del Ministero dell’economia e delle finanze, a vendere a trattativa privata, anche in blocco, le quote indivise di beni immobili, i fondi interclusi nonchè i diritti reali su immobili, dei quali lo Stato è proprietario ovvero comunque è titolare. Il prezzo di vendita è stabilito secondo criteri e valori di mercato, tenuto conto della particolare condizione giuridica dei beni e dei diritti. Il perfezionamento della vendita determina il venire meno dell’uso governativo, delle concessioni in essere nonché di ogni altro eventuale diritto spettante a terzi in caso di cessione.

450. Le aree che appartengono al patrimonio e al demanio dello Stato, sulle quali, alla data di entrata in vigore della presente legge, i comuni hanno realizzato le opere di urbanizzazione di cui all’articolo 4 della legge 29 settembre 1964, n. 847, e successive modificazioni, sono trasferite in proprietà, a titolo oneroso, nello stato di fatto e di diritto in cui si trovano, al patrimonio indisponibile del comune che le richiede, con vincolo decennale di inalienabilità. La richiesta di trasferimento è presentata alla filiale dell’Agenzia del demanio territorialmente competente, corredata dalle planimetrie e dagli atti catastali che identificano le aree oggetto di trasferimento.Il corrispettivo del trasferimento è determinato secondo i parametri fissati nell’elenco 3 allegato alla presente legge. I parametri sono aggiornati annualmente, a decorrere dal 1º gennaio 2006, nella misura dell’8 per cento.

451. Le somme dovute dai comuni per l’occupazione delle aree di cui al comma 450, non versate fino alla data di stipulazione dell’atto del loro trasferimento, sono corrisposte, contestualmente al trasferimento, in misura pari a un terzo degli importi di cui all’elenco 3 allegato alla presente legge, per ogni anno di occupazione, nei limiti della prescrizione quinquennale. Con il trasferimento delle aree si estinguono i giudizi pendenti, promossi dall’amministrazione demaniale e comunque preordinati alla liberazione delle aree di cui al comma 450, e restano compensate fra le parti le spese di lite.

452. I beni immobili che non formano oggetto delle procedure di dismissione disciplinate dal decreto-legge 25 settembre 2001, n. 351, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 novembre 2001, n. 410, di valore non superiore a 100.000 euro, individuati con i decreti di cui all’articolo 1, comma 1, dello stesso decreto-legge n. 351 del 2001, possono essere alienati direttamente dall’Agenzia del demanio a trattativa privata, se non aggiudicati in vendita, al prezzo più alto, a seguito di procedura di invito pubblico ad offrire, della quale sia data adeguata pubblicità almeno su due quotidiani a diffusione nazionale e su almeno due periodici a diffusione locale, di durata non inferiore al mese, esperito telematicamente attraverso il sito INTERNET della medesima Agenzia.

453. Le alienazioni di cui al comma 452 non sono soggette alla disposizione di cui al comma 113 dell’articolo 3 della legge 23 dicembre 1996, n. 662, concernente il diritto di prelazione degli enti locali territoriali. Non sono altresì soggette alla disposizione di cui al primo periodo le alienazioni effettuate direttamente dalla Agenzia del demanio a trattativa privata, a seguito di asta pubblica deserta, aventi ad oggetto immobili di valore inferiore a 250.000 euro; in caso di valore pari o superiore al predetto importo, il diritto di prelazione è esercitato dall’ente locale entro quindici giorni dal ricevimento della comunicazione della determinazione a vendere, e delle relative condizioni, da parte dell’Agenzia del demanio.

454. Relativamente agli immobili di cui al comma 452 è fatto salvo il diritto di prelazione in favore dei concessionari, dei conduttori nonché dei soggetti che si trovano comunque nel godimento dell’immobile oggetto di alienazione, a condizione che gli stessi abbiano soddisfatto tutti i crediti richiesti dall’amministrazione competente.

455. Le disposizioni agevolative previste dalla normativa vigente in favore di enti locali territoriali e di enti pubblici e privati, in materia di utilizzo di beni immobili di proprietà statale sono applicate in regime di reciprocità in favore delle amministrazioni dello Stato che a loro volta utilizzano, per usi governativi, immobili di proprietà degli stessi enti.

456. Il regio decreto-legge 10 settembre 1923, n. 2000, convertito dalla legge 17 aprile 1925, n. 473, è abrogato.

457. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, gli alloggi di cui all’articolo 2 della legge 27 dicembre 1997, n. 449, e successive modificazioni, sono trasferiti in proprietà, a titolo gratuito e nello stato di fatto e di diritto in cui si trovano al momento del loro trasferimento, ai comuni nel cui territorio gli stessi sono ubicati. I comuni procedono, entro centoventi giorni dalla data della volturazione, all’accertamento di eventuali difformità urbanistico-edilizie. Le disposizioni del presente comma non si applicano agli alloggi realizzati in favore dei profughi ai sensi dell’articolo 18 della legge 4 marzo 1952, n. 137, nonché agli alloggi di cui al comma 458.

458. Al fine di consentire la regolare e sollecita conclusione delle procedure e in coerenza con l’articolo 4, comma 223, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, il comma 27 dell’articolo 1 della legge 24 dicembre 1993, n. 560, si interpreta nel senso che gli alloggi attualmente di proprietà statale realizzati ai sensi della legge 9 agosto 1954, n. 640, sono ceduti in proprietà agli assegnatari o loro congiunti, in possesso dei requisiti previsti dalla predetta legge. Per la determinazione delle condizioni di vendita, ivi comprese la fissazione del prezzo e le modalità di pagamento, si fa riferimento alla normativa in vigore alla data di presentazione della domanda di acquisto dell’alloggio.

459. Dopo il comma 13-bis dell’articolo 27 del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, sono aggiunti i seguenti:

« 13-ter. Dopo il comma 13-bis dell'articolo 27 del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, sono aggiunti i seguenti:"13-ter. In sede di prima applicazione dei commi 13 e 13-bis, il Ministero della difesa, Direzione generale dei lavori e del demanio, di concerto con l'Agenzia del demanio, individua entro il 28 febbraio 2005 beni immobili comunque in uso all'Amministrazione della difesa, non più utili ai fini istituzionali, da dismettere e, a tal fine, consegnare al Ministero dell'economia e delle finanze e, per esso, all'Agenzia del demanio.

13-quater. Gli immobili individuati e consegnati ai sensi del comma 13-ter entrano a far parte del patrimonio disponibile dello Stato per essere assoggettati alle procedure di valorizzazione e di dismissione di cui al decreto-legge 25 settembre 2001, n. 351, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 novembre 2001, n. 410, e di cui ai commi da 6 a 8. Gli immobili individuati sono stimati a cura dell'Agenzia del demanio nello stato di fatto e di diritto in cui si trovano.

13-quinquies. La Cassa depositi e prestiti concede, entro trenta giorni dalla data di individuazione degli immobili di cui al comma 13-ter, anticipazioni finanziarie della quota come sopra determinata, pari al valore degli immobili individuati, per un importo complessivo non inferiore a 954 milioni di euro e, comunque, non superiore a 1357 milioni di euro. Le condizioni generali ed economiche delle anticipazioni sono stabilite in conformità con le condizioni praticate sui finanziamenti della gestione separata di cui all'articolo 5, comma 8. Il Ministro dell'economia e delle finanze provvede al rimborso delle somme anticipate e dei connessi oneri finanziari a valere sui proventi delle dismissioni degli immobili. Le anticipazioni concesse dalla Cassa depositi e prestiti sono versate all'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnate al Dicastero della Difesa su appositi fondi relativi ai consumi intermedi e agli investimenti fissi lordi, da ripartire, nel corso della gestione, sui capitoli interessati, con decreto del Ministro della difesa da comunicare, anche con evidenze informatiche, al Ministero dell'economia e delle finanze, tramite l'Ufficio centrale del bilancio, nonché alle Commissioni parlamentari competenti e alla Corte dei conti.

13 sexies. Fermo restando quanto previsto al comma 13-quinquies, a valere sulle risorse derivanti dall'applicazione delle procedure di valorizzazione e dismissione dei beni immobili dell'Amministrazione della difesa, non più utili ai fini istituzionali, ai sensi dei commi 13 e 13-bis, e individuati dal Ministero della difesa, Direzione generale dei lavori e del demanio, di concerto con l'Agenzia dei demanio, per ciascuno degli anni dal 2005 al 2009 una somma di 30 milioni di euro è destinata all'ammodernamento e alla ristrutturazione degli arsenali della Marina militare di Augusta, La Spezia e Taranto. Inoltre, una, somma di 30 milioni di euro per l'anno 2005 è destinata al finanziamento di un programma di edilizia residenziale in favore del personale delle Forze armate dei ruoli dei sergenti e dei volontari in servizio permanente.".

460. Le finalità di cui all’articolo 29 della legge 18 febbraio 1999, n. 28, e successive modificazioni, possono essere conseguite anche attraverso il ricorso alla locazione, anche finanziaria, con l’utilizzo delle risorse non ancora impegnate alla data del 31 dicembre 2004.

461. Il comma 65 dell’articolo 17 della legge 15 maggio 1997, n. 127, è abrogato.

462. Per conseguire obiettivi di contenimento, razionalizzazione, ottimizzazione e programmazione della spesa pubblica destinata ad interventi edilizi sul patrimonio immobiliare dello Stato, fermo restando il quadro normativo vigente, ed in particolare le competenze del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, le amministrazioni dello Stato e le Agenzie fiscali, ad eccezione degli organi costituzionali e degli organismi di sicurezza, provvedono, ai fini del coordinamento, del monitoraggio e della ottimale gestione del patrimonio dello Stato a comunicare all’Agenzia del demanio:

a) entro il 30 ottobre di ogni anno, gli schemi di programma triennali e gli elenchi annuali redatti ai sensi dell’articolo 14 della legge 11 febbraio 1994, n. 109, e successive modificazioni, e del decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti 22 giugno 2004, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 151 del 30 giugno 2004, relativi all’esecuzione di interventi edilizi di cui all’articolo 3, comma 1, lettere b), c), d) ed e1), del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, su immobili di proprietà dello Stato;

b) i programmi triennali e gli elenchi annuali definitivi, di cui alla lettera a), entro un mese dalla data della loro approvazione da parte dei competenti organi, secondo i rispettivi ordinamenti. Identica comunicazione è dovuta in tutti i casi di variazione apportata ai programmi triennali e agli elenchi annuali dei lavori;

c) ogni tre mesi, il consuntivo relativo allo stato di realizzazione degli interventi previsti negli elenchi annuali nonché ai lavori di importo inferiore alla soglia prevista dalla legge 11 febbraio 1994, n. 109, eventualmente eseguiti nell’anno considerato;

d) entro il 31 ottobre di ogni anno, le previsioni in ordine ai fabbisogni annuali di nuovi spazi allocativi, necessari allo svolgimento delle proprie attività istituzionali, nonché le previsioni in ordine alle superfici il cui utilizzo è ritenuto non più necessario all’esecuzione delle predette finalità.

463. L’Agenzia del demanio elabora linee guida tecnico-operative per la formazione o l’aggiornamento dei programmi triennali degli interventi, finalizzate al raggiungimento degli obiettivi indicati dal Governo, e fornisce alle amministrazioni di cui al comma 462 il supporto informatico per la redazione e la trasmissione dei programmi triennali e degli elenchi annuali.

464. L’Agenzia del demanio, entro il 30 aprile di ogni anno, presenta al Ministero dell’economia e delle finanze una relazione sulle attività svolte in attuazione delle disposizioni di cui al comma 463.

465. I piani di investimento immobiliare deliberati dall’INAIL sono approvati dal Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, e gli investimenti sono orientati alle finalità annualmente individuate con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sentiti il Ministro della salute e il Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca.

466.  Il Ministro dell’economia e delle finanze, con uno o più decreti, avvia programmi di dismissioni immobiliari da realizzare tramite cartolarizzazioni di fondi immobiliari o cessioni dirette. Con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, sentite le competenti Commissioni parlamentari, possono essere trasferiti, a prezzo di mercato, a Infrastrutture Spa, tratti di rete stradale nazionale di cui all’articolo 7, comma 1-bis, del decreto-legge 8 luglio 2002, n. 138, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 agosto 2002, n. 178, assoggettabili a pedaggio figurativo comunque non a carico degli utenti. Il prezzo è fissato con modalità concordate tra il Ministero dell’economia e delle finanze, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e Infrastrutture Spa. Le modalità di pianificazione, gestione e manutenzione dei tratti di cui al secondo periodo, rimangono le stesse della restante rete stradale di interesse nazionale e saranno disciplinate da apposita convenzione. Con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, vengono ridefiniti entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, i rapporti finanziari tra ANAS s.p.a., Infrastrutture s.p.a. e i Ministeri interessati.

467. È fatta salva l’applicazione delle disposizioni del codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42.

468. Per il completamento degli interventi infrastrutturali necessari a garantire l’integrale attuazione della Convenzione tra l'Italia e la Francia, conclusa a Roma il 24 giugno 1970, è autorizzata la spesa di 5 milioni di euro per dodici anni, a decorrere dal 2005, a valere sulle risorse previste dall’articolo 19-bis, comma 1, del decreto legge n. 67 del 1997, per la realizzazione delle opere di viabilità stradale e autostradale speciale e di grande comunicazione connesse al percorso di cui alla stessa Convenzione. A tal fine, per garantire effettività alla realizzazione delle iniziative in grado di potenziare e rendere più efficiente la grande viabilità lungo il percorso tra Italia e Francia, viene assicurata priorità al completamento degli interventi infrastrutturali stradali e di grande attraversamento viario nelle località in cui sono ubicati gli immobili di cui all’articolo 17 della citata Convenzione per i quali, alla data di entrata in vigore della presente legge, sia già perfezionata la fase della progettazione preliminare.

469. Per consentire l'inizio dei lavori relativi alla strada statale n. 38 previsti dalla delibera del CIPE del 21 dicembre 2001 per l'accesso alla Valtellina, è autorizzato un contributo quindicinnale di 2 milioni di euro, a favore dell'ANAS S.p.A., a decorrere dall'anno 2005. La Cassa Depositi e Prestiti è autorizzata a intervenire a favore dell'ANAS ai sensi dell'articolo 47 della legge 28 dicembre 2001 n. 448.

470. All’articolo 24, comma 7 della legge 27 dicembre 2002, n. 289, dopo le parole "alla procedura" inserire le seguenti: "di esecuzione di lavori e".

471. Per la realizzazione ed il completamento di interventi infrastrutturali necessari ad assicurare la tutela dell’ambiente in relazione ad opere di interesse nazionale per il collegamento tra le grandi reti viarie urbane ed extraurbane delle città metropolitane a più intensa circolazione viaria, nonché tra nodi di scambio portuali ed aeroportuali ed aree urbane attraverso aree naturali protette, è istituito, nello stato di previsione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, un Fondo per la viabilità con una dotazione di 12 milioni di euro per l’anno 2005 e di 5 milioni di euro per l’anno 2006. Con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti da emanare, previo parere delle competenti Commissioni parlamentari, entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono individuati gli interventi ammessi alla fruizione dei contributi e gli importi massimi erogabili per ciascun intervento, nel rispetto delle disposizioni comunitarie in materia di aiuti di Stato.

472. Per la concessione di contributi alla realizzazione di infrastrutture ad elevata automazione e a ridotto impatto ambientale di supporto a nodi di scambio viario intermodali è autorizzata la spesa di 10 milioni di euro per ciascuno degli anni 2005, 2006 e 2007. Con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti da emanare, previo parere delle competenti Commissioni parlamentari, entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono individuate le tipologie di intervento che possono fruire dei contributi e gli importi massimi erogabili per ciascun intervento, nel rispetto delle disposizioni comunitarie in materia di aiuti di Stato.

473. Per la prosecuzione degli interventi previsti all’articolo 4, comma 158, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, è autorizzata la spesa di 3 milioni di euro per l’anno 2005.

474. E’ autorizzata la spesa di 3 milioni di euro a decorrere dall’anno 2005 allo scopo della prosecuzione degli interventi infrastrutturali previsti ai sensi dell’articolo 3, comma 127 della legge 24 dicembre 2003, n. 350.

475. Per le finalità di cui all'articolo 45, comma 3, della legge 28 dicembre 2001, n. 448, come rideterminate dal comma 180 dell'articolo 4 della legge 24 dicembre 2003, n. 350, è autorizzata la spesa di 3 milioni di euro per ciascuno degli anni 2005, 2006 e 2007. Al relativo onere si provvede mediante corrispondente riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 13, comma 1, della legge 1o agosto 2002, n. 166.".

476. Fermo restando quanto disposto dall’articolo 6, commi 1, 2 e 3, del decreto-legge 15 aprile 2002, n. 63, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 giugno 2002, n. 112, l’articolo 12 della legge 16 dicembre 1977, n. 904, non si applica alle società cooperative e loro consorzi a mutualità prevalente di cui al libro V, titolo VI, capo I, sezione I, del codice civile, e alle relative disposizioni di attuazione e transitorie, e che sono iscritti all’Albo delle cooperative sezione cooperative a mutualità prevalente di cui all’articolo 223-sexiesdecies delle disposizioni di attuazione del codice civile:

a) per la quota del 20 per cento degli utili netti annuali delle cooperative agricole e loro consorzi di cui al decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 228, delle cooperative della piccola pesca e loro consorzi;

b) per la quota del 30 per cento degli utili netti annuali delle altre cooperative e loro consorzi.

477. L’articolo 10 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 601, e successive modificazioni, non si applica limitatamente alla lettera a) del comma 1.

478. L’articolo 11 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 601, e successive modificazioni, si applica limitatamente al reddito imponibile derivante dall’indeducibilità dell’imposta regionale sulle attività produttive.

479. Le previsioni di cui ai commi da 476 a 478 non si applicano alle cooperative sociali e loro consorzi di cui alla legge 8 novembre 1991, n. 381. Resta, in ogni caso, l’esenzione da imposte e la deducibilità delle somme previste dall’articolo 11 della legge 31 gennaio 1992, n. 59, e successive modificazioni.

480. A decorrere dall’esercizio in corso al 31 dicembre 2004, in deroga all’articolo 3 della legge 27 luglio 2000, n. 212, per le società cooperative e loro consorzi diverse da quelle a mutualità prevalente l’applicabilità dell’articolo 12 della legge 16 dicembre 1977, n. 904, è limitata alla quota del 30 per cento degli utili netti annuali, a condizione che tale quota sia destinata ad una riserva indivisibile prevista dallo statuto.

481. Gli interessi sulle somme che i soci persone fisiche versano alle società cooperative e loro consorzi alle condizioni previste dall’articolo 13 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 601, e successive modificazioni, sono indeducibili per la parte che supera l’ammontare calcolato con riferimento alla misura minima degli interessi spettanti ai detentori dei buoni postali fruttiferi, aumentata dello 0,90 per cento

482. Le disposizioni dei commi da 476 a 480 si applicano a decorrere dai periodi d’imposta successivi a quello in corso al 31 dicembre 2003.

483. Al numero 41-bis) della tabella A, parte seconda, allegata al decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, sono ricomprese, a decorrere dal 1º gennaio 2005, anche le prestazioni di cui ai numeri 18), 19), 20) e 21) dell’articolo 10 del predetto decreto n. 633, e successive modificazioni, rese, in favore dei soggetti indicati nel medesimo numero 41-bis) da cooperative e loro consorzi, sia direttamente che in esecuzione di contratti di appalto e convenzioni in genere. Resta salva la facoltà per le cooperative sociali di cui alla legge 8 novembre 1991, n. 381, di optare per la previsione di maggior favore ai sensi dell’articolo 10, comma 8, del decreto legislativo 4 dicembre 1997, n. 460. Le agevolazioni di cui al presente comma sono concesse nel limite di spesa di 10 milioni di euro annui. Il Ministro dell’economia e delle finanze provvede, con propri decreti, a dare attuazione al presente comma.

484. All’articolo 11, comma 4, della legge 31 gennaio 1992, n. 59, il secondo periodo è soppresso.

485. All’articolo 6 della legge 13 maggio 1999, n. 133, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al comma 1, lettera b), è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Qualora a detti consorzi, esistenti alla data di entrata in vigore della presente disposizione, fossero associati anche soggetti diversi dalla banche, l’esenzione si applica limitatamente alle prestazioni rese nei confronti delle banche, a condizione che il relativo ammontare sia superiore al 50 per cento del volume d’affari»;

b) il comma 4 è abrogato.

486. All’articolo 90 della legge 27 dicembre 2002, n. 289, dopo il comma 11, è inserito il seguente:

«11-bis. Per i soggetti di cui al comma 1 la pubblicità, in qualunque modo realizzata negli impianti utilizzati per manifestazioni sportive dilettantistiche con capienza inferiore ai tremila posti, è da considerarsi, ai fini dell’applicazione delle disposizioni del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 640, in rapporto di occasionalità rispetto all’evento sportivo direttamente organizzato».

487. A decorrere dal 1º gennaio 2005, le disposizioni che disciplinano le modalità di liquidazione e di versamento dell’imposta sul valore aggiunto contenute nel regolamento di cui al decreto del Ministro delle finanze 24 ottobre 2000, n. 370, e nel regolamento di cui al decreto del Ministro delle finanze 24 ottobre 2000, n. 366, non si applicano ai soggetti che nell’anno solare precedente hanno versato imposta sul valore aggiunto per un importo superiore a 2 milioni di euro. I soggetti di cui al presente comma hanno facoltà di eseguire le annotazioni relative alle operazioni effettuate entro il giorno 15 del mese successivo a quello di effettuazione dell’operazione.

488. All’articolo 4, comma 1, del testo unico delle disposizioni legislative concernenti le imposte sulla produzione e sui consumi e relative sanzioni penali e amministrative, di cui al decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504, e successive modificazioni, dopo il terzo periodo, è inserito il seguente: «In tal caso resta altresì sospesa la procedura di riscossione dell’imposta sul valore aggiunto gravante sulle accise stesse».

489. Le riserve e i fondi in sospensione di imposta, anche se imputati al capitale sociale o al fondo di dotazione, esistenti nel bilancio o nel rendiconto dell’esercizio in corso alla data del 31 dicembre 2004, possono essere assoggettati, in tutto o in parte, ad imposta sostitutiva dell’imposta sul reddito delle persone fisiche, dell’imposta sul reddito delle società e dell’imposta regionale sulle attività produttive, nella misura del 10 per cento. La disposizione del primo periodo non si applica alle riserve per ammortamenti anticipati.

490. Per i saldi attivi di rivalutazione costituiti ai sensi delle leggi 29 dicembre 1990, n. 408, 30 dicembre 1991, n. 413, e 21 novembre 2000, n. 342, compresi quelli costituiti ai sensi dell’articolo 14 della legge 21 novembre 2000, n. 342, l’imposta sostitutiva di cui al comma 489 è ridotta al 4 per cento.

491. Le riserve e i fondi di cui al comma 489 e i saldi attivi di cui al comma 490, assoggettati all’imposta sostitutiva, non concorrono a formare il reddito imponibile dell’impresa ovvero della società e dell’ente e in caso di distribuzione dei citati saldi attivi non spetta il credito d’imposta previsto dall’articolo 4, comma 5, della legge 29 dicembre 1990, n. 408, dall’articolo 26, comma 5, della legge 30 dicembre 1991, n. 413, e dall’articolo 13, comma 5, della legge 21 novembre 2000, n. 342.

492. L’imposta sostitutiva è liquidata nella dichiarazione dei redditi relativa all’esercizio di cui al comma 489 ed è versata, in unica soluzione, entro il termine di versamento del saldo delle imposte sui redditi di tale esercizio.

493. L’imposta sostitutiva è indeducibile e può essere imputata, in tutto o in parte, alle riserve iscritte in bilancio o rendiconto. Se l’imposta sostitutiva è imputata al capitale sociale o fondo di dotazione, la corrispondente riduzione è operata, anche in deroga all’articolo 2365 del codice civile, con le modalità di cui all’articolo 2445, secondo comma, del medesimo codice.

494. Per la liquidazione, l’accertamento, la riscossione, i rimborsi, le sanzioni e il contenzioso si applicano le disposizioni previste per le imposte sui redditi.

495. Il Fondo Bieticolo nazionale di cui all’articolo 3 del decreto-legge 21 dicembre 1990, n. 391, convertito nella legge 18 febbraio 1991, n. 48 è incrementato della somma di 10 milioni di euro per l’anno 2005.

496. Al Decreto legislativo 15 novembre 1993, n. 507, apportare le seguenti modificazioni:

a) All’articolo 6, dopo il comma 2, aggiungere il seguente "2-bis. Ai soggetti di cui all’art. 20 della presente legge non trova applicazione l’imposta sulla pubblicità.".

b) All’articolo 20, dopo il comma 1 aggiungere il seguente: "1-bis. Il presente articolo si applica alle persone fisiche che non intendono affiggere manifesti negli spazi previsti dall’art. 20-bis.".

c) Dopo l’articolo 20, aggiungere il seguente: "Art. 20 bis (Spazi riservati ed esenzione del diritto) "1. I comuni devono riservare il 10% degli spazi totali per l’affissione dei manifesti, ai soggetti di cui all’art. 20. La richiesta è effettuata dalla persona fisica che intende affiggere manifesti per i soggetti di cui all’art. 20 e deve avvenire secondo le modalità previste dalla presente legge e dai relativi regolamenti comunali. Il comune non fornisce personale per l’affissione. L’affissione negli spazi riservati è esente dal diritto sulle pubbliche affissioni.".

2. Le violazioni ripetute e continuate delle norme in materia d’affissioni e pubblicità commesse fino all’entrata in vigore della presente legge, mediante affissioni di manifesti politici ovvero di striscioni e mezzi similari possono essere definite in qualunque ordine e grado di giudizio nonché in sede di riscossione delle somme eventualmente iscritte a titolo sanzionatorio, mediante il versamento, a carico del committente responsabile, di una imposta pari, per il complesso delle violazioni commesse e ripetute a 100,00 euro per anno e per provincia. Tale versamento deve essere effettuato a favore della tesoreria del comune competente o della provincia qualora le violazioni siano state compiute in più di un comune della stessa provincia; in tal caso la provincia provvede al ristoro, proporzionato al valore delle violazioni accertate, ai comuni interessati, ai quali compete l’obbligo di inoltrare alla provincia la relativa richiesta entro il 30 settembre 2005. In caso di mancata richiesta da parte dei comuni, la provincia destinerà le entrate al settore ecologia. La definizione di cui al presente comma non dà luogo ad alcun diritto al rimborso di somme eventualmente già riscosse a titolo di sanzioni per le predette violazioni. Il termine per il versamento è fissato, a pena di decadenza dal beneficio di cui al presente comma, al 31 maggio 2005. Non si applicano le disposizioni dell’articolo 15, commi 2 e 3, della legge 10 dicembre 1993, n. 515.".

d) All’articolo 23, dopo il comma 4 aggiungere il seguente: "4-bis. Se il manifesto riguarda l’attività di soggetti elencati nell’articolo 20, il responsabile è esclusivamente colui che materialmente è colto in flagranza nell’atto d’affissione. Non sussiste responsabilità solidale.".

e) All’articolo 24, dopo il comma 5-bis aggiungere il seguente: "5-ter. Se il manifesto riguarda l’attività di soggetti elencati nell’articolo 20, il responsabile è esclusivamente colui che materialmente è colto in flagranza nell’atto d’affissione. Non sussiste responsabilità solidale.".

497. All’art. 23 del Decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 dopo il comma 13-quater, aggiungere il seguente "13-quinquies. Se il manifesto riguarda l’attività di soggetti elencati nell’art. 20 del Decreto legislativo 15 novembre 1993, n. 507, il responsabile è esclusivamente colui che materialmente è colto in flagranza nell’atto di affissione. Non sussiste responsabilità solidale.".

498. Alla legge 4 aprile 1956, n. 212 apportare le seguenti modifiche:

a) All’articolo 6 aggiungere infine: "E’ responsabile esclusivamente colui che materialmente è colto in flagranza nell’atto di affissione. Non sussiste responsabilità solidale.";

b) All’articolo 8 aggiungere infine: "E’ responsabile esclusivamente colui che materialmente è colto in flagranza nell’atto di affissione. Non sussiste responsabilità solidale.".

499. Alla legge 10 dicembre 1993, n. 515, apportare le seguenti modifiche :

a) All’articolo 15, comma 3, sostituire le parole "sono a carico, in solido, dell’esecutore materiale e del committente responsabile" con le seguenti: "sono a carico esclusivamente dell’esecutore materiale. Non sussiste responsabilità solidale neppure del committente"

b) All’art. 15, comma 19 aggiungere infine: "La responsabilità in materia di manifesti è personale e non sussiste responsabilità neppure del committente.".

500. Le disposizioni di cui all’articolo 4, commi 181, 182, 183, 184, 185, 186 della legge 24 dicembre 2003, n. 350, sono estese alle spese sostenute nell’anno 2005. Il relativo limite di spesa per l’anno 2006 resta fissato in 95 milioni di euro.

501. Con provvedimento direttoriale del Ministero dell’economia e delle finanze-Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, tenuto anche conto dei provvedimenti di variazione delle tariffe dei prezzi di vendita al pubblico dei tabacchi lavorati, eventualmente intervenuti ai sensi dell’articolo 2 della legge 13 luglio 1965, n. 825, e successive modificazioni, può essere aumentata l’aliquota di base della tassazione dei tabacchi lavorati, di cui all’articolo 28, comma 1, del decreto-legge 30 agosto 1993, n. 331, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 ottobre 1993, n. 427, al fine di assicurare un maggiore gettito complessivo pari a 500 milioni di euro per l’anno 2005 e a 1.000 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2006.

502. Per il perseguimento di obiettivi di pubblico interesse, ivi compresi quelli di difesa della salute pubblica, con provvedimento direttoriale del Ministero dell’economia e delle finanze - Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, sentito il Ministero della salute, possono essere individuati criteri e modalità di determinazione di un prezzo minimo di vendita al pubblico dei tabacchi lavorati.

503. La vendita al pubblico delle sigarette è ammessa esclusivamente in pacchetti confezionati con dieci o venti pezzi.

504. Al fine di una tendenziale armonizzazione della misura del prelievo erariale sul Lotto a quella vigente per altri tipi di gioco, le percentuali delle ritenute previste dagli articoli 2, nono comma, della legge 6 agosto 1967, n. 699, e successive modificazioni, e 17, quarto comma, della legge 29 gennaio 1986, n. 25, sono sostituite con una ritenuta unica del 6 per cento.

505. Il primo comma dell’articolo 2 della legge 2 agosto 1982, n. 528, è sostituito dal seguente: «Il gioco del lotto si basa sull’utilizzo dei numeri da 1 a 90 inclusi, sopra le ruote di Bari, Cagliari, Firenze, Genova, Milano, Napoli, Palermo, Roma, Torino, Venezia, e sopra la ruota denominata ruota nazionale. I cinque numeri estratti determinano le vincite relativamente a ciascuna ruota. Le estrazioni della ruota nazionale sono svolte in Roma».

506. Le scommesse sulla ruota nazionale si effettuano puntando sulla ruota stessa con esclusione di tutte le altre ruote. La raccolta delle scommesse sulla ruota nazionale viene effettuata dal concessionario del gioco del lotto attraverso la rete automatizzata del lotto.

507. Il primo ed il secondo comma dell’articolo 8 della legge 2 agosto 1982, n. 528, sono sostituiti dai seguenti:

«I premi sono fissati come appresso:

a) sorti del gioco: premi per ogni combinazione;

b) estratto semplice: undici volte e duecentotrentadue millesimi della posta;

c) estratto determinato: cinquantacinque volte la posta;

d) ambo: duecentocinquanta volte la posta;

e) terno: quattromilacinquecento volte la posta;

f) quaterna: centoventimila volte la posta;

g) cinquina: seimilioni di volte la posta.

Il premio massimo cui può dar luogo ogni scontrino di giocata, comunque sia ripartito tra le poste l’importo delle scommesse, non può eccedere la somma di 6 milioni di euro».

508. Resta fermo quanto stabilito dal terzo comma dell’articolo 8 della legge 2 agosto 1982, n. 528.

509. È istituita la scommessa dell’estratto determinato. La giocata dell’estratto determinato si effettua aggiungendo all’indicazione del numero pronosticato la specificazione relativa alla successione ordinale di primo, secondo, terzo, quarto e quinto estratto.

510. Con provvedimento direttoriale del Ministero dell’economia e delle finanze- Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato può essere istituita una ulteriore estrazione settimanale del gioco del lotto abbinata al concorso Enalotto.

511. All’articolo 110, comma 7, del testo unico di cui al regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, e successive modificazioni, la lettera b) è abrogata.

512. La disposizione di cui al secondo periodo del comma 7 dell’articolo 39 del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, si intende nel senso che dalle date del 1º gennaio e 1º maggio 2004, previste in funzione del rilascio o meno del nulla osta, gli apparecchi e congegni di cui alla medesima disposizione, se non convertiti in apparecchi e congegni per il gioco lecito, sono illeciti ancorché non consentano il prolungamento o la ripetizione della partita.

513. L’esenzione di cui all’articolo 10, primo comma, numero 6), del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, si applica alla raccolta delle giocate con gli apparecchi da intrattenimento di cui all’articolo 110, comma 6, del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, di cui al regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, e successive modificazioni, anche relativamente ai rapporti tra i concessionari della rete per la gestione telematica ed i terzi incaricati della raccolta stessa.

514. È istituita, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, con provvedimento direttoriale del Ministero dell’economia e delle finanze - Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, sentito il Ministero delle politiche agricole e forestali - Dipartimento della qualità dei prodotti agroalimentari e dei servizi, una nuova scommessa ippica a totalizzatore, proposta dall’UNIRE. Con il medesimo provvedimento sono stabilite le disposizioni attuative relative alla nuova scommessa ippica, da effettuarsi nelle reti dei punti di vendita dei concorsi pronostici, delle agenzie ippiche e sportive nonché negli ippodromi, tenendo conto che la raccolta deve essere ripartita assegnando il 72 per cento come montepremi e compenso per l’attività di gestione della scommessa, l’8 per cento come compenso dell’attività dei punti di vendita, il 6 per cento come entrate erariali sotto forma di imposta unica e il 14 per cento come prelievo a favore dell’UNIRE.

515. All’articolo 39 del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, dopo il comma 7-bis è inserito il seguente:

«7-ter. La sanzione di cui alla lettera c) del comma 7 è applicata al gestore di apparecchi da intrattenimento di cui all’articolo 110, comma 7, lettere a) e c), del testo unico di cui al regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, e successive modificazioni, in tutti i casi nei quali i predetti apparecchi, installati presso esercizi pubblici, risultino non conformi alle prescrizioni normative e alle regole tecniche definite ai sensi dell’articolo 22, comma 1, della legge 27 dicembre 2002, n. 289».

516. All’articolo 38 della legge 23 dicembre 2000, n. 388, al comma 3 e al comma 4 le parole: «comma 6» sono sostituite dalle seguenti: «commi 6 e 7».

517. All’articolo 38 della legge 23 dicembre 2000, n. 388, i commi 1 e 2 sono abrogati.

518. Il Ministero dell’economia e delle finanze-Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato definisce i requisiti tecnici dei documenti attestanti il rilascio dei nulla osta di cui all’articolo 38, commi 3 e 4, della legge 23 dicembre 2000, n. 388, tali da assicurarne la controllabilità a distanza. Gli eventuali costi di rilascio dei predetti documenti sono a carico dei richiedenti.

519. All’articolo 30, comma 4, della legge 23 dicembre 2000, n. 388, le parole: « 31 dicembre 2004» sono sostituite dalle seguenti: « 31 dicembre 2005».

520. All’articolo 2, comma 11, della legge 27 dicembre 2002, n. 289, e successive modificazioni, le parole: «Per l’anno 2003 e per l’anno 2004» sono sostituite dalle seguenti: «Per gli anni 2003, 2004 e 2005».

521. Per l’anno 2005 il limite di non concorrenza alla formazione del reddito di lavoro dipendente, relativamente ai contributi di assistenza sanitaria, di cui all’articolo 51, comma 2, lettera a), del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, è fissato in euro 3.615,20.

522. All’articolo 11 del decreto legislativo 2 settembre 1997, n. 313, concernente il regime speciale per gli imprenditori agricoli, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al comma 5, primo e secondo periodo, le parole: «anni dal 1998 al 2004» sono sostituite dalle seguenti: «anni dal 1998 al 2005»;

b) il comma 5-bis è abrogato.

523. Il termine previsto dall’articolo 43, comma 3, della legge 1º agosto 2002, n. 166, prorogato, da ultimo, al 31 dicembre 2004 dall’articolo 2, comma 19, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, è ulteriormente prorogato al 31 dicembre 2005.

524. All’articolo 19, comma 3, della legge 27 dicembre 2002, n. 289, e successive modificazioni, le parole: «31 dicembre 2004» sono sostituite dalle seguenti: «31 dicembre 2005».

525. All’articolo 45, comma 1, del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, e successive modificazioni, le parole da: «per i cinque periodi d’imposta successivi» fino alla fine del comma sono sostituite dalle seguenti: «per i sei periodi d’imposta successivi l’aliquota è stabilita nella misura dell’1,9 per cento; per il periodo d’imposta in corso al 1º gennaio 2005 l’aliquota è stabilita nella misura del 3,75 per cento».

526. Per l’anno 2005 sono prorogate le disposizioni di cui all’articolo 11 della legge 23 dicembre 2000, n. 388.

527. A decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge e fino al 31 dicembre 2005, si applicano:  a) le disposizioni in materia di riduzione di aliquote di accisa sulle emulsioni stabilizzate, di cui all’articolo 24, comma 1, lettera d), della legge 23 dicembre 2000, n. 388, nonché la disposizione contenuta nell’articolo 1, comma 1-bis, del decreto-legge 28 dicembre 2001, n. 452, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2002, n. 16, e, per il medesimo periodo, l’aliquota di cui al numero 1) della predetta lettera d) è stabilita in euro 256,70 per mille litri;

b) le disposizioni in materia di aliquota di accisa sul gas metano per combustione per uso industriale di cui all’articolo 4 del decreto-legge 1º ottobre 2001, n. 356, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 novembre 2001, n. 418;

c) le disposizioni in materia di accisa concernenti le agevolazioni sul gasolio e sul GPL impiegati nelle zone montane e in altri specifici territori nazionali, di cui all’articolo 5 del decreto-legge 1º ottobre 2001, n. 356, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 novembre 2001, n. 418;

d) le disposizioni in materia di agevolazione per le reti di teleriscaldamento alimentate con biomassa ovvero con energia geotermica, di cui all’articolo 6 del decreto-legge 1º ottobre 2001, n. 356, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 novembre 2001, n. 418;

e) le disposizioni in materia di aliquote di accisa sul gas metano per combustione per usi civili, di cui all’articolo 27, comma 4, della legge 23 dicembre 2000, n. 388;

f) le disposizioni in materia di accisa concernenti le agevolazioni sul gasolio e sul GPL impiegati nelle frazioni parzialmente non metanizzate di comuni ricadenti nella zona climatica E, di cui al comma 2 dell’articolo 13 della legge 28 dicembre 2001, n. 448;

g) le disposizioni in materia di accisa concernenti il regime agevolato per il gasolio per autotrazione destinato al fabbisogno della provincia di Trieste e dei comuni della provincia di Udine, di cui al comma 6 dell’articolo 21 della legge 27 dicembre 2002, n. 289;

h) le disposizioni in materia di accisa concernenti le agevolazioni sul gasolio utilizzato nelle coltivazioni sotto serra, di cui all’articolo 2, comma 4, della legge 24 dicembre 2003, n. 350.

528. Al fine di favorire l’accesso al credito alle imprese agricole ed agroalimentari, a decorrere dal 1º gennaio 2005 la gestione degli interventi di sostegno finanziario di cui all’articolo 36 della legge 2 giugno 1961, n. 454, e successive modificazioni, e la relativa dotazione finanziaria è attribuita all’ISMEA. L’ISMEA senza oneri aggiuntivi a carico del bilancio dello Stato succede nei diritti, nelle attribuzioni e nelle situazioni giuridiche dei quali l’attuale ente gestore dei fondi previsti dalle leggi di cui al presente comma è titolare in forza di leggi, di provvedimenti amministrativi e di contratti relativi alla gestione degli interventi trasferiti.

529. Per l’anno 2004 non si fa luogo all’emanazione del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri previsto dall’articolo 8, comma 5, della legge 23 dicembre 1998, n. 448. La presente disposizione entra in vigore il giorno stesso della pubblicazione della presente legge nella Gazzetta Ufficiale.

530. È abrogato il comma 4 dell’articolo 8 della legge 23 dicembre 1998, n. 448.

531. A decorrere dal 1º gennaio 2004 e fino al 31 dicembre 2004, l’aliquota prevista nell’allegato I al testo unico delle disposizioni legislative concernenti le imposte sulla produzione e sui consumi e relative sanzioni penali e amministrative, di cui al decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504, e successive modificazioni, per il gasolio per autotrazione utilizzato dagli esercenti le attività di trasporto merci con veicoli di massa massima complessiva superiore a 3,5 tonnellate è ridotta di euro 33,21391 per mille litri. Per i soggetti che si avvalgono del beneficio di cui all’articolo 8, comma 10, lettera e), della legge 23 dicembre 1998, n. 448, e successive modificazioni, la riduzione di aliquota di cui al primo periodo è limitata ad euro 16,03656 per mille litri.

532. La riduzione prevista al comma 531, primo periodo, si applica altresì ai seguenti soggetti:

a) agli enti pubblici e alle imprese pubbliche locali esercenti l’attività di trasporto di cui al decreto legislativo 19 novembre 1997, n. 422, e relative leggi regionali di attuazione;

b) alle imprese esercenti autoservizi di competenza statale, regionale e locale di cui alla legge 28 settembre 1939, n. 1822, al regolamento (CEE) n. 684/92 del Consiglio, del 16 marzo 1992, e successive modificazioni, e al citato decreto legislativo n. 422 del 1997;

c) agli enti pubblici e alle imprese esercenti trasporti a fune in servizio pubblico per trasporto di persone.

533. Per ottenere il rimborso di quanto spettante, anche mediante la compensazione di cui all’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, e successive modificazioni, i destinatari del beneficio di cui ai commi 531 e 532 del presente articolo, presentano, entro il 30 giugno 2005, apposita dichiarazione ai competenti uffici dell’Agenzia delle dogane, secondo le modalità e con gli effetti previsti dal regolamento recante disciplina dell’agevolazione fiscale a favore degli esercenti le attività di trasporto merci, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 giugno 2000, n. 277. Tali effetti, anche per l’agevolazione fiscale di cui al predetto regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 277 del 2000, rilevano altresì ai fini delle disposizioni di cui al titolo I del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446.

534. Per gli interventi previsti dall’articolo 2, comma 2, del decreto-legge 28 dicembre 1998, n. 451, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 1999, n. 40, come prorogati dall’articolo 45, comma 1, lettera b), della legge 23 dicembre 1999, n. 488, è autorizzata per l’anno 2005 una ulteriore spesa di 15 milioni di euro, di cui 6,5 milioni di euro quale copertura dell’onere relativo all’anno 2004 e 8,5 milioni di euro quale copertura dell’onere relativo all’anno 2005.

535. Per gli interventi previsti dall’articolo 2, comma 3, del decreto-legge 28 dicembre 1998, n. 451, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 1999, n. 40, come prorogati dall’articolo 45, comma 1, lettera c), della legge 23 dicembre 1999 n. 488, è autorizzata per l’anno 2005 una ulteriore spesa di 20 milioni di euro.

536. All’articolo 22, comma 2 della legge 23 dicembre 2000, n. 388,l le parole "dal 1 gennaio 2003" sono sostituite dalle seguenti: :"dal 1 gennaio 2005". Al decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504, all’articolo 21, comma 6-ter, le parole"30 miliardi annui" sono sostituti dalle seguenti: "73 milioni di euro annui".

537. Il comma 6 dell’articolo 21 del testo unico di cui al decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504, e successive modificazioni, è sostituito dai seguenti:

«6. Le disposizioni del comma 2 si applicano anche al biodiesel (codice NC 3824 90 99) usato come carburante, come combustibile, come additivo, ovvero per accrescere il volume finale dei carburanti e dei combustibili. La fabbricazione o la miscelazione con oli minerali del biodiesel è effettuata in regime di deposito fiscale. Nell’ambito di un programma della durata di sei anni, a decorrere dal 1º gennaio 2005 fino al 31 dicembre 2010, il biodiesel, puro o miscelato con oli minerali, è esentato dall’accisa nei limiti di un contingente annuo di 200.000 tonnellate. Con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con i Ministri delle attività produttive, dell’ambiente e della tutela del territorio e delle politiche agricole e forestali, sono determinati i requisiti che gli operatori, e i rispettivi impianti di produzione, nazionali e comunitari, devono possedere per partecipare al programma pluriennale, nonchè le caratteristiche fiscali del prodotto con i relativi metodi di prova, le percentuali di miscelazione con gli oli minerali consentite, le modalità di distribuzione e di assegnazione dei quantitativi esenti agli operatori. Nelle more dell’entrata in vigore del suddetto decreto trovano applicazione, in quanto compatibili, le disposizioni del regolamento di cui al decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 25 luglio 2003, n. 256. Per il trattamento fiscale del biodiesel destinato al riscaldamento valgono, in quanto applicabili, le disposizioni dell’articolo 61.

6.1. Entro il 1º settembre di ogni anno di validità del programma di cui al comma 6, i Ministeri delle attività produttive e delle politiche agricole e forestali comunicano al Ministero dell’economia e delle finanze i costi industriali medi del biodiesel e delle materie prime necessarie alla sua produzione, rilevati nell’anno solare precedente. Sulla base delle suddette rilevazioni, al fine di evitare la sovracompensazione dei costi addizionali legati alla produzione, con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con i Ministri delle attività produttive, dell’ambiente e della tutela del territorio e delle politiche agricole e forestali, da emanare entro il 30 ottobre di ogni anno di validità del programma di cui al comma 6, è eventualmente rideterminata la misura della agevolazione di cui al medesimo comma 6.

6.2. Per ogni anno di validità del programma di cui al comma 6, i quantitativi del contingente che risultassero, al termine del medesimo anno, non immessi in consumo, sono ripartiti tra gli operatori proporzionalmente alle quote loro assegnate per l’anno in questione, purchè vengano immessi in consumo entro il successivo 30 giugno. In caso di rinuncia, totale o parziale, delle quote risultanti dalla predetta ripartizione da parte di un beneficiario, le stesse sono ridistribuite, proporzionalmente alle relative assegnazioni, fra gli altri beneficiari».

538. L’efficacia delle disposizioni di cui al comma 537 è subordinata, ai sensi dell’articolo 88, paragrafo 3, del Trattato istitutivo della Comunità europea, alla preventiva approvazione da parte della Commissione europea.

539. All’articolo 11, comma 1, lettere a) e b), del regolamento recante norme per la elaborazione del metodo normalizzato per definire la tariffa del servizio di gestione del ciclo dei rifiuti urbani, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1999, n. 158, e successive modificazioni, le parole: «cinque anni» sono sostituite dalle seguenti: «sei anni».

540. Ferma restando la facoltà del Ministro dell’economia e delle finanze di intervenire ai sensi dell’articolo 16, comma 1, della legge 13 maggio 1999, n. 133, all’articolo 1, comma 2, del regolamento di cui al decreto del Ministro delle finanze 31 gennaio 2000, n. 29, le parole: «da svolgersi in sale diverse non dedicate all’esercizio di altri giochi e comunque non collegate con locali nei quali siano installati apparecchi da divertimento e intrattenimento, nonchè biliardi, biliardini e apparecchi similari,» sono soppresse.

541. In ottemperanza alla decisione della Commissione europea n. C(2004)2638 FIN dell’8 settembre 2004, l’articolo 94, comma 14, della legge 27 dicembre 2002, n. 289 è abrogato.

542. L’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 54 della legge 28 dicembre 2001, n. 448, e successive modificazioni, è ridotta, per l’anno 2005, di 15 milioni di euro.

543. L’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 55 della citata legge n. 448 del 2001, e successive modificazioni, è ridotta, per l’anno 2005, di 50 milioni di euro.

544. Tra i soggetti di cui all’articolo 44, comma 9-quinquies, del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, sono ricompresi anche coloro che ricoprono cariche sindacali. Al citato comma 9-quinquies dell’articolo 44 del decreto-legge n. 269 del 2003, le parole: «periodi anteriori al 1º gennaio 2002» sono sostituite dalle seguenti: «periodi anteriori al 1º gennaio 2003» e le parole: «possono esercitare tali facoltà entro il 31 marzo 2004» sono sostituite dalle seguenti: «possono esercitare tali facoltà entro il 31 marzo 2005».

545. In virtù del combinato disposto dell’articolo 45, comma 14, della legge 23 dicembre 1998, n. 448, e dell’articolo 36 della legge della Regione siciliana 31 maggio 2004, n. 9, e successive modificazioni, i benefici di cui all’articolo 133 della legge 23 dicembre 2000, n. 388, si intendono trasferiti, alle medesime condizioni di cofinanziamento regionale ivi previste, all’articolo 134 della medesima legge n. 388 del 2000, nei limiti delle norme di contabilità di Stato.

546. All’articolo 195 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, e successive modificazioni, dopo il comma 3 è aggiunto il seguente:

«3-bis. A decorrere dal 1º gennaio 2005, la misura delle sanzioni amministrative pecuniarie, aggiornata ai sensi del comma 3, è oggetto di arrotondamento all’unità di euro, per eccesso se la frazione decimale è pari o superiore a 50 centesimi di euro, ovvero per difetto se è inferiore a detto limite».

547. È autorizzata la spesa di 1.770.000 euro per l’anno 2005, a sostegno delle realtà calcistiche femminili FIGC - Divisione Calcio Femminile - di serie A, A2 e B per ciascuna stagione calcistica da ripartire nel seguente modo:

a) 50.000 euro per ciascuna delle squadre iscritte al campionato di serie A (per la stagione 2004-2005 n. 12 squadre regolarmente iscritte);

b) 25.000 euro per ciascuna delle 24 squadre iscritte al campionato di serie A2 (per la stagione 2004-2005 due gironi da 12 squadre ciascuno);

c) 10.000 euro per ciascuna delle 57 squadre iscritte al campionato di serie B (per la stagione 2004-2005 cinque gironi da 12, 11, 11 squadre regolarmente iscritte).

548. Il contributo di cui al comma 547 è corrisposto alle società di serie A e A2 presso le quali risultano iscritte, oltre al proprio campionato di competenza, almeno tre squadre giovanili, di cui una appartenente al settore Primavera, e due sotto l’egida del settore scolastico, ed a quelle di serie B presso le quali risulta iscritta una squadra del settore giovanile.

549. I contributi a sostegno dell’attività professionistica delle suddette squadre non sono cumulabili con altro genere di finanziamenti di enti pubblici, nazionali o locali. Nel caso le suddette squadre fossero beneficiarie di contributo da parte di ente pubblico, la quota ad esse spettante in base al comma 547 verrà calcolata, a defalcazione, sulla base di quanto già percepito da altri enti pubblici.

550. In caso di rimanenza delle risorse individuate al comma 547, le stesse vengono accantonate per l’anno successivo ad integrazione di quanto già impegnato.

551. Le risorse di cui al comma 547 vengono erogate mediante bandi dalle amministrazioni regionali in quota pari al numero di squadre iscritte e partecipanti, di anno in anno, ai campionati FIGC - Divisione Calcio Femminile - delle Serie A, A2 e B.

552. Per il finanziamento del fondo istituito con la legge 27 dicembre 2002, n. 288, per la concessione dell’assegno sostitutivo ai grandi invalidi di guerra o per servizio, è autorizzata la spesa di 10 milioni di euro per l’anno 2005 e di 15 milioni di euro per gli anni 2006 e 2007.

553. Nei casi in cui l’articolo 1 della legge 24 aprile 2003, n. 92, abbia avuto applicazione, perché il limite di età pensionabile era inferiore a quello di 70 anni previsto, sia pure in via facoltativa, dal decreto-legge 28 maggio 2004, n. 136, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 luglio 2004, n. 186, il periodo di tre anni di permanenza in servizio, su richiesta, previsto per i perseguitati politici antifascisti o razziali dal citato articolo 1 della legge 21 aprile 2003, n. 92, si deve intendere fruibile a partire dal nuovo limite di età pensionabile, sia pure facoltativo, di 70 anni, ai sensi del citato articolo 1-quater del decreto-legge n. 136 del 2004, ed alle medesime condizioni di sospensione dei versamenti contributivi ivi previste.

554. Onde poter assicurare la continuità nel processo di risanamento e riorganizzazione e il conseguente rilancio del territorio del Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise, è autorizzato un contributo straordinario di 4,5 milioni di euro per l’anno 2005 a favore dell’Ente Parco.

555. Il fondo per il finanziamento ordinario delle università statali è implementato per l’anno 2005 di 11 milioni di euro.

556. I termini previsti per l’applicazione della disciplina del conto economico, di cui al comma 2 dell’articolo 115 del decreto legislativo n. 77 del 1995, sono differiti all’anno 2004 e all’anno 2006, rispettivamente per i comuni di cui ai numeri 4 e 4-bis del comma 1 dell’articolo 8 del decreto legge 27 ottobre 1995, n. 444, convertito con modificazioni dalla legge n. 539 del 1995.

557. Ai sensi e per gli effetti dell'articolo 1, comma 2 della legge 27 luglio 2000 n. 212, l'articolo 4 del regio decreto-legge 13 aprile 1939 n. 652 convertito con modificazioni nella legge 11 agosto 1939 n. 1249 si interpreta nel senso che i fabbricati e le costruzioni stabili sono costituiti dal suolo e dalle parti ad esso strutturalmente connesse, anche in via transitoria, cui possono accedere, mediante qualsiasi mezzo di unione, parti mobili allo scopo di realizzare un unico bene complesso. Pertanto, concorrono alla determinazione della rendita catastale, ai sensi dell'articolo 10 del citato regio decreto-legge gli elementi costitutivi degli opifici e degli altri immobili costruiti per le speciali esigenze di un'attività industriale o commerciale anche se fisicamente non incorporati al suolo. I trasferimenti erariali agli enti locali interessati sono conseguentemente rideterminati per tutti gli anni in riferimento.

558. Per far fronte ad esigenze straordinarie di controllo del territorio, al fine di potenziare l’impiego del poliziotto e del carabiniere di quartiere, oltre alle autorizzazioni alle assunzioni eventualmente disposte ai sensi dell’articolo 3, commi 54 e 55, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, sono stanziati 32 milioni di euro per l’anno 2005, 56 milioni di euro per l’anno 2006, 86 milioni di euro per l’anno 2007 e 88 milioni di euro a decorrere dall’anno 2008, per l’assunzione, in deroga a quanto previsto dal comma 53 del medesimo articolo 3 della legge n. 350 del 2003 e dalla presente legge, di 1.324 agenti della Polizia di Stato e di 1.400 carabinieri, come incremento d’organico dei rispettivi ruoli.

559. Alla copertura dei posti per agente della Polizia di Stato di cui al comma 558, si provvede:

a) nel limite di 730 posti per l’anno 2005, mediante reclutamento riservato prioritariamente agli agenti ausiliari trattenuti della Polizia di Stato, in servizio al momento della presentazione delle domande e, per il restante, ai giovani che, al momento della presentazione delle domande, hanno concluso il periodo di servizio di leva nella Polizia di Stato o nell’Arma dei carabinieri quali ausiliari da almeno un anno e da non più di quattro anni, secondo le modalità ed i criteri stabiliti con decreto del capo della polizia – direttore generale della pubblica sicurezza, d’intesa con il capo di stato maggiore della difesa. Anche al predetto personale si applica la disciplina prevista per gli agenti ausiliari trattenuti che abbiano chiesto di essere ammessi nel ruolo degli agenti e assistenti della Polizia di Stato;

b) per i restanti 594 posti, per l’anno 2006, per 267 posti, attraverso i volontari di truppa delle Forze armate, in servizio o in congedo secondo le modalità previste dai bandi di concorso a mente del decreto del presidente della repubblica 2 settembre 1997, n. 332, a partire da quello indetto in data 30 aprile 2001 pubblicato nella Gazzetta Ufficiale, 4^ serie speciale, n. 36 dell’8 maggio 2001. Quanto ai restanti 327 posti, si provvede attraverso l’immissione diretta dei Volontari in Ferma Prefissata di un anno delle Forze armate idonei ed utilmente collocati nelle graduatorie di cui all’articolo 16, comma 3, della legge 23 agosto 2004, n. 226, in aggiunta alle immissioni di cui al comma 4 del medesimo articolo.

560. Alla copertura dei posti per carabiniere di cui al comma 558, l’Arma dei carabinieri è autorizzata a procedere ad un reclutamento di carabinieri in ferma quadriennale:

a) nel limite di 770 posti, per l’anno 2005 mediante reclutamento riservato ai carabinieri ausiliari che abbiano completato il servizio di leva, ovvero in ferma biennale o richiamati nelle forze di completamento, oppure ai carabinieri ausiliari, congedati da non oltre un anno, da riammettere in servizio ai sensi dell’articolo 8 del decreto legislativo 12 maggio 1995, n. 198, e successive modificazioni;

b) per i restanti 630 posti, per l’anno 2006, per 441 posti, attraverso i volontari di truppa delle Forze armate, in servizio o in congedo secondo le modalità previste dai bandi di concorso a mente del decreto del presidente della repubblica 2 settembre 1997, n. 332, a partire da quello indetto in data 4 giugno 2002 pubblicato nella Gazzetta Ufficiale, 4^ serie speciale, n. 47 del 14 giugno 2002. Quanto ai restanti 189 posti, si provvede attraverso l’immissione diretta dei Volontari in Ferma Prefissata di un anno delle Forze armate idonei ed utilmente collocati nelle graduatorie di cui all’articolo 16, comma 3, della legge 23 agosto 2004, n. 226, in aggiunta alle immissioni di cui al comma 4 del medesimo articolo."

561. Per l'attuazione del programma di cooperazione AENEAS, di cui al Regolamento (CE) n. 491/2004 del 10 marzo 2004, finalizzato a dare ai paesi terzi interessati assistenza finanziaria e tecnica in materia di flussi migratori e di asilo, nonché per proseguire gli interventi intesi a realizzare nei Paesi di accertata provenienza di flussi di immigrazione clandestina apposite strutture è autorizzata la spesa di 23 milioni di euro iscritta in un fondo dello stato di previsione del Ministero dell'interno per l'anno 2005 e di 20 milioni di euro per l'anno 2006.

562. La spesa di cui al comma 561 è ripartita nel corso delle gestioni tra le unità previsionali di base interessate con decreto del Ministro dell'interno da comunicare, anche con evidenze informatiche, al Ministero dell'economia e delle finanze, tramite l'Ufficio centrale del bilancio, nonché alle competenti Commissioni parlamentari e alla Corte dei conti.

563. Per conseguire più elevati livelli di efficienza ed efficacia nello svolgimento dei compiti e delle funzioni istituzionali, nonché per avviare la graduale sostituzione del contingente dei vigili del fuoco ausiliari di leva, la dotazione organica del Corpo nazionale dei vigili del fuoco è incrementata di cinquecento unità complessive. Con decreto del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, si provvede alla distribuzione per qualifiche dirigenziali e per profili professionali delle unità portate in aumento ai sensi della presente disposizione nel limite di spesa di euro 5 milioni per l'anno 2005, euro 12 milioni per l'anno 2006 ed euro 13 milioni a decorrere dal 2007. Con successivo decreto del Ministro dell'interno, da comunicare al Ministro per la funzione pubblica, si provvede alla ripartizione per sedi di servizio delle unità portate in aumento ai sensi della presente disposizione. Alla copertura dei posti derivanti dal presente incremento di organico disponibili nel profilo di vigile del fuoco si provvede, nella misura del cinquanta per cento, mediante l'assunzione degli idonei della graduatoria del concorso pubblico a centottantaquattro posti di vigile del fuoco, indetto con decreto direttoriale in data 6 marzo 1998, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale – 4^ serie speciale - n. 24 del 27 marzo 1998, per il rimanente cinquanta per cento e per i posti eventualmente non coperti con la predetta graduatoria, si provvede mediante l'assunzione degli idonei della graduatoria del concorso per titolo a centosettantatre posti di vigile del fuoco, indetto con decreto direttoriale in data 5 novembre 2001, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 4^ serie speciale n. 92 del 20 novembre 2001. Le predette graduatorie rimangono valide fino al 31 dicembre 2006. Le assunzioni del personale portato in aumento ai sensi della presente disposizione sono effettuate in deroga alle vigenti procedure di programmazione ed approvazione.

564. Per il potenziamento dell'attività di soccorso tecnico urgente in materia di rischi nucleare, batteriologico, chimico e radiologico e per il proseguimento del programma di interventi previsto dall'articolo 52, comma 7, della legge 28 dicembre 2001, n. 448, per il Corpo nazionale dei vigili del fuoco è autorizzata la spesa di 5 milioni di euro per l' anno 2005, di 6 milioni di euro per l'anno 2006 e di 1 milione per l’anno 2007.

565. Per le specifiche esigenze dell’Amministrazione della pubblica sicurezza, compresa l’Arma dei carabinieri e le altre forze messe a disposizione delle autorità provinciali di pubblica sicurezza, finalizzate alla prevenzione e al contrasto del terrorismo, anche internazionale, e della criminalità organizzata, ad integrazione di quanto previsto dall’articolo 3, commi 151 e 152, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, sono autorizzate:

- la spesa di 34 milioni di euro per l'anno 2004, per le esigenze di carattere infrastrutturale e di investimento, di cui la spesa di 31 milioni di euro iscritta in apposito capitolo dello stato di previsione del Ministero dell'interno - centro di responsabilità pubblica sicurezza e la spesa di 3 milioni di euro iscritta in apposito capitolo dello stato di previsione del Ministero dell'interno - Gabinetto e Uffici di diretta collaborazione all'opera del Ministro - per il rinnovo e il potenziamento della rete nazionale cifrante;

- la spesa di 53 milioni di euro per l'anno 2004, per le esigenze correnti, iscritta in apposito capitolo dello stato di previsione del Ministero dell'interno - centro di responsabilità sicurezza pubblica.

566. Ferma restando la specifica finalizzazione, le somme di cui al comma 565 possono essere altresì ripartite nel corso della gestione tra le unità previsionali di base interessate con decreto del Ministro dell'interno, da comunicare, anche con evidenze informatiche, al Ministero dell'economia e delle finanze, tramite l'Ufficio centrale del bilancio, nonché alle competenti Commissioni parlamentari e alla Corte dei conti.

567. All’articolo 26 della legge 11 febbraio 1994, n. 109, dopo il comma 4 sono aggiunti i seguenti: "4-bis. In deroga a quanto previsto dal comma 3, qualora il prezzo di singoli materiali da costruzione, per effetto di circostanze eccezionali, subisca variazioni in aumento o in diminuzione, superiori al 10 per cento rispetto al prezzo rilevato dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti nell’anno di presentazione dell’offerta con il decreto di cui al comma 4-quater, si fa luogo a compensazioni, in aumento o in diminuzione, per la percentuale eccedente il 10 per cento e nel limite delle risorse di cui al comma 4-sexies.

4-ter. La compensazione è determinata applicando la percentuale di variazione che eccede il 10 per cento al prezzo dei singoli materiali da costruzione impiegati nelle lavorazioni contabilizzate nell’anno solare precedente al decreto di cui al comma 4-quater nelle quantità accertate dal Direttore dei lavori.

4-quater. Il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, entro il 30 giugno di ogni anno, a partire dal 30 giugno 2005, rileva con proprio decreto le variazioni percentuali annuali dei singoli prezzi dei materiali da costruzione più significativi.

4-quinquies. Le disposizioni di cui ai commi 4-bis, 4-ter e 4-quater si applicano ai lavori eseguiti e c contabilizzati a partire dal 1° gennaio 2004. A tal fine il primo decreto di cui al comma 4-quater rileva anche i prezzi dei materiali da costruzione più significativi rilevati dal Ministero per l’anno 2003. Per i lavori aggiudicati sulla base di offerte anteriori al 1° gennaio 2003 si fa riferimento ai prezzi rilevati dal Ministero per l’anno 2003.

4-sexies. Per le finalità di cui al comma 4-bis si possono utilizzare le somme appositamente accantonate per imprevisti, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, nel quadro economico di ogni intervento, in misura non inferiore all’1 per cento del totale dell’importo dei lavori, fatte salve le somme relative agli impegni contrattuali già assunti, nonché le eventuali ulteriori somme a disposizione della stazione appaltante per lo stesso intervento nei limiti della relativa autorizzazione di spesa. Possono altresì essere utilizzate le somme derivanti da ribassi d’asta, qualora non ne sia prevista una diversa destinazione sulla base delle norme vigenti, nonché le somme disponibili relative ad altri interventi ultimati di competenza dei soggetti aggiudicatori nei limiti della residua spesa autorizzata; l’utilizzo di tali somme deve essere autorizzato dal CIPE, qualora gli interventi siano stati finanziati dal CIPE stesso.

4-septies. Le amministrazioni aggiudicatici e gli altri enti aggiudicatori o realizzatori provvedono ad aggiornare annualmente i propri prezzari, con particolare riferimento alle voci di elenco correlate a quei prodotti destinati alle costruzioni, che siano stati soggetti a significative variazioni di prezzo legate a particolari condizioni di mercato. A decorrere dell’entrata in vigore della presente norma, i prezzari cessano di avere validità il 31 dicembre di ogni anno e possono essere transitoriamente utilizzati fino al 30 giugno dell’anno successivo per i progetti a base di gara la cui approvazione sia intervenuta entro tale data. In caso di inadempienza da parte dei predetti soggetti, i prezzari possono essere aggiornati dalle competenti articolazioni territoriali del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti di concerto con le regioni interessate.".

568. Al fine di estinguere il contenzioso giudiziario relativo ai trattamentl corrisposti a talune categorie di pensionati già iscritti a regimi previdenziali sostitutivi, ed allo scopo di consentire la corretta applicazione delle norme di legge di riforma pensionistica adottate in attuazione della legge 23 ottobre 1992, n. 421, l’articolo 3, comma 1, lettera p), della legge 23 ottobre 1992, n. 421, e l’articolo 9, comma 2, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 503, devono intendersi nel senso che la perequazione automatica delle pensioni prevista dall’articolo 11 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 503, si applica al complessivo trattamento pensionistico dei lavoratori di cui all’articolo 2 del decreto legislativo 20 novembre 1990, n. 357, collocati in pensione a decorrere dal 1º gennaio 1993. All’assicurazione generale obbligatoria fa esclusivamente carico la perequazione sul trattamento pensionistico di propria pertinenza.

569. Il comma 55 dell’articolo 1 della legge 23 agosto 2004, n. 243, è abrogato.

570. All’articolo 59 della legge 27 dicembre 1997, n. 449, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al comma 32, alinea, le parole: «in almeno due degli indicatori» sono sostituite dalle seguenti: «in tutti gli indicatori»;

b) dopo il comma 32, è inserito il seguente:

«32-bis. Venute meno le condizioni di anomalie di cui al comma 32, per almeno due esercizi consecutivi, per gli iscritti in quiescenza è ripristinato automaticamente, solo per il futuro, il meccanismo perequativo sul trattamento pensionistico integrativo.»;

c) al comma 33, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Nell’ipotesi che il bilancio tecnico dei detti fondi integrativi presenti avanzo di gestione, la norma di cui al comma 32 non è applicabile».

571. I provvedimenti amministrativi relativi alle misure comunitarie sono impugnabili con i rimedi previsti dalla legge 24 novembre 1981, n. 689.

572. Le controversie aventi ad oggetto le procedure ed i provvedimenti in materia di impianti di generazione di energia elettrica di cui alla legge 9 aprile 2003, n. 55 e le relative questioni risarcitorie sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo. Alle controversie di cui al presente comma si applicano le disposizioni di cui all’articolo 23-bis della legge 6 dicembre 1971, n. 1034.

573. In attuazione degli impegni derivanti dall’appartenenza dell’Italia all’Unione Europea, ovvero in esecuzione degli accordi di collaborazione con i paesi interessati, il Ministero dell’interno è autorizzato a provvedere, nel limite di spesa di 4 milioni di euro per gli anni 2005 e 2006 e di 5 milioni di euro a decorrere dal 2007, all’integrazione e allo sviluppo della rete degli ufficiali di collegamento delle Forze di polizia, incaricati di stabilire e mantenere contatti con le autorità dei paesi di destinazione o con le organizzazioni internazionali che vi hanno sede, finalizzati ad incrementare la cooperazione internazionale per la prevenzione e repressione della criminalità, dei traffici illeciti trasnazionali e del terrorismo.

574. Il servizio degli ufficiali di collegamento, scelti tra funzionari o ufficiali delle Forze di polizia in servizio presso il Dipartimento della pubblica sicurezza o ivi trasferiti per la specifica esigenza, e le relative dipendenze, nonché le modalità di selezione, formazione e assegnazione dei funzionari o ufficiali interessati ed il numero degli ufficiali di collegamento di nuova istituzione sono stabiliti con regolamento adottato dal Ministro dell’interno di concerto con i Ministri degli affari esteri, della difesa e dell’economia e delle finanze. Il predetto regolamento stabilisce le linee guida per l’eventuale utilizzazione degli ufficiali di collegamento nelle rappresentanze diplomatiche e negli uffici consolari in qualità di esperti a norma dell’art. 168 del decreto del Presidente della Repubblica 5 gennaio 1967, n. 18;

575. Gli ufficiali di collegamento possono essere incaricati, sulla base di specifici accordi di livello bilaterale o multilaterale, di curare gli interessi di uno o più Stati membri dell’Unione Europea, nel rispetto dei vincoli conseguenti dalle disposizioni in vigore e salvo che possa derivarne un pericolo per gli interessi nazionali.

576. Con decreto del Ministro dell’interno, di concerto con il Ministro della difesa, con il Ministro degli affari esteri e con il Ministro dell’economia e delle finanze sono determinati i trattamenti economici degli ufficiali di collegamento in misura non inferiore a quelli previsti per gli esperti di cui all’articolo 168 del decreto del Presidente della Repubblica 5 gennaio 1967, n. 18.

577. I comuni con popolazione inferiore ai 5000 abitanti, i consorzi tra enti locali gerenti servizi a rilevanza non industriale, le comunità montane e le unioni di comuni possono servirsi dell’attività lavorativa di dipendenti a tempo pieno di altre amministrazioni locali purchè autorizzati dall’amministrazione di provenienza.

578. all’articolo 23 del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, comma 7, sono aggiunti, in fine i seguenti periodi: "Contestualmente presenta ricevuta dell’avvenuta presentazione della variazione catastale conseguente alle opere realizzate ovvero dichiarazione che le stesse non hanno comportato modificazioni del classamento. In assenza di tale documentazione si applica la sanzione di cui all’articolo 37, comma 5.

579. Fermi restando i requisiti di cui all’articolo 2 del decreto legge 13 marzo 1988, n. 69, convertito con modificazioni dalla legge n. 153 del 1988, a decorrerete dal periodo di paga in corso al 1 gennaio 2005, l’assegno per il nucleo familiare viene erogato al coniuge dell’avente diritto. Con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sono adottate le disposizioni di attuazione del presente comma.

580. Gli importi da iscrivere nei fondi speciali di cui all’articolo 11-bis della legge 5 agosto 1978, n. 468, introdotto dall’articolo 6 della legge 23 agosto 1988, n. 362, per il finanziamento dei provvedimenti legislativi che si prevede possano essere approvati nel triennio 2005-2007, restano determinati, per ciascuno degli anni 2005, 2006 e 2007, nelle misure indicate nelle Tabelle A e B, allegate alla presente legge, rispettivamente per il fondo speciale destinato alle spese correnti e per il fondo speciale destinato alle spese in conto capitale.

581. Le dotazioni da iscrivere nei singoli stati di previsione del bilancio 2005 e triennio 2005-2007, in relazione a leggi di spesa permanente la cui quantificazione è rinviata alla legge finanziaria, sono indicate nella Tabella C allegata alla presente legge.

582. Ai sensi dell’articolo 11, comma 3, lettera f), della legge 5 agosto 1978, n. 468, come sostituita dall’articolo 2, comma 16, della legge 25 giugno 1999, n. 208, gli stanziamenti di spesa per il rifinanziamento di norme che prevedono interventi di sostegno dell’economia classificati fra le spese in conto capitale restano determinati, per ciascuno degli anni 2005, 2006 e 2007, nelle misure indicate nella Tabella D allegata alla presente legge.

583. Ai termini dell’articolo 11, comma 3, lettera e), della legge 5 agosto 1978, n. 468, le autorizzazioni di spesa recate dalle leggi indicate nella Tabella E allegata alla presente legge sono ridotte degli importi determinati nella medesima Tabella.

584. Gli importi da iscrivere in bilancio in relazione alle autorizzazioni di spesa recate da leggi a carattere pluriennale restano determinati, per ciascuno degli anni 2005, 2006 e 2007, nelle misure indicate nella Tabella F allegata alla presente legge.

585. A valere sulle autorizzazioni di spesa in conto capitale recate da leggi a carattere pluriennale, riportate nella Tabella F allegata alla presente legge, le amministrazioni e gli enti pubblici possono assumere impegni nell’anno 2005, a carico di esercizi futuri nei limiti massimi di impegnabilità indicati per ciascuna disposizione legislativa in apposita colonna della stessa Tabella, ivi compresi gli impegni già assunti nei precedenti esercizi a valere sulle autorizzazioni medesime.

586. In applicazione dell’articolo 11, comma 3, lettera i-quater), della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni, le misure correttive degli effetti finanziari di leggi di spesa sono indicate nell’allegato 1 alla presente legge. A tali misure non si applicano le disposizioni di cui commi da 8 a 11.

587. In applicazione dell’articolo 46, comma 4, della legge 28 dicembre 2001, n. 448, le autorizzazioni di spesa e i relativi stanziamenti confluiti nei fondi per gli investimenti dello stato di previsione di ciascun Ministero interessato sono indicati nell’allegato 2 alla presente legge.

588. La copertura della presente legge per le nuove o maggiori spese correnti, per le riduzioni di entrata e per le nuove finalizzazioni nette da iscrivere nel Fondo speciale di parte corrente viene assicurata, ai sensi dell’articolo 11, comma 5, della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni, secondo il prospetto allegato.

589. Le disposizioni della presente legge sono applicabili nelle regioni a statuto speciale e nelle province autonome di Trento e di Bolzano compatibilmente con le norme dei rispettivi statuti.

590. Le disposizioni della presente legge costituiscono norme di coordinamento della finanza pubblica per gli enti territoriali.

591. Il termine del 31 dicembre 2004, di cui al comma 3 dell’articolo 2 della legge 24 dicembre 2003, n. 350, concernente le agevolazioni tributarie per la formazione e l’arrotondamento della proprietà contadina, è prorogato al 31 dicembre 2005. Le somme iscritte nel conto residui di stanziamento per l'anno 2004 di pertinenza dell'unità previsionale di base 3.2.3.4 "informazione e ricerca" dello stato di previsione del Ministero delle politiche agricole e forestali destinate alle azioni di promozione agricola sono destinate per l'importo di 30 milioni di euro all'entrata del bilancio dello Stato per il 2005.

592. Con riferimento ai rapporti posti in essere nel periodo antecedente all’entrata in vigore delle disposizioni della presente legge, sono comunque dichiarati estinti, anche d’ufficio, con provvedimento emesso in ogni stato e grado del giudizio, i procedimenti pendenti alla data di entrata in vigore della presente legge conseguenti a violazioni di natura contabile o amministrativa commesse in relazione al conferimento, alla valutazione e alla esecuzione degli incarichi effettuati ai sensi dell’articolo 7, comma 6, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 18 aprile 1994, n. 338.

593. La presente legge entra in vigore il 1º gennaio 2005.

________________

(*) Il testo dell'emendamento è riprodotto in bozza non corretta e senza gli annessi elenchi, allegati, prospetto di copertura, regolazione contabile e tabelle .

 


SENATO DELLA REPUBBLICA

¾¾¾¾¾¾¾¾¾ XIV LEGISLATURA ¾¾¾¾¾¾¾¾¾

 

714a SEDUTA

PUBBLICA

RESOCONTO STENOGRAFICO

MERCOLEDÌ 15 dicembre 2004

(Pomeridiana)

Presidenza del presidente PERA,
indi del vice presidente FISICHELLA
e del vice presidente MORO

 

 

Presidenza del presidente PERA

 

Seguito della discussione del disegno di legge:

(3223) Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2005) (Approvato dalla Camera dei deputati) (Votazione finale qualificata ai sensi dell'articolo 120, comma 3, del Regolamento)

 

Seguito della discussione della questione di fiducia

 

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge n. 3223, già approvato dalla Camera dei deputati.

Ricordo che nella seduta antimeridiana ha avuto inizio la discussione sulla questione di fiducia.

È iscritta a parlare la senatrice De Petris. Ne ha facoltà.

 

DE PETRIS (Verdi-U). Signor Presidente, la discussione sulla fiducia posta dal Governo ci riempie ancora una volta di una certa amarezza, che ad alcuni può non sembrare una categoria politica, ma che io intendo assolutamente esprimere. Si ritiene tale decisione non solo grave, ma addirittura gravissima per come si arriverà domani, attraverso il voto sulla fiducia, all’approvazione della finanziaria 2005.

La situazione descritta è ormai - bisogna assolutamente dirlo - di totale annichilimento della vita parlamentare. Basti dire che soltanto ieri sera abbiamo potuto verificare il contenuto complessivo della finanziaria.

Presidenza del vice presidente FISICHELLA

 

(Segue DE PETRIS). Già nel mio intervento nel corso della discussione generale l’avevo definita un cantiere aperto. Altro che cantiere aperto: lo si potrebbe definire apertissimo, considerate le modifiche intervenute all'ultimo minuto!

Signor Presidente, che poi lei abbia presentato come una sorta di innovazione a tutela del Parlamento - e dunque anche di quest’Aula - il fatto che il maxiemendamento in caso di fiducia venga inviato alla Commissione bilancio per la certificazione delle coperture, purtroppo non modifica la situazione di annichilimento del Parlamento.

Ormai si stanno sconvolgendo tutte le procedure. Eppure dovrebbe essere un fatto normale - per rispetto dell’articolo 81 della Costituzione - che gli emendamenti presentati abbiano una copertura e che di essi si possa discutere liberamente in quest’Aula. Del resto, durante i lavori in Commissione bilancio siamo stati abituati ad esaminare emendamenti con una copertura sui generis e approssimata.

Lo sconvolgimento delle regole non è certamente riparato dal fatto che il maxiemendamento venga sottoposto alla Commissione bilancio per quello che dovrebbe essere un fatto assolutamente normale, cioè il rispetto delle procedure e dell’articolo 81 della Costituzione. Non vedo poi in quale modo questa certificazione della Commissione bilancio possa ripagare il Parlamento della negazione del suo diritto di discutere un atto fondamentale come la manovra finanziaria.

Ma da molto tempo, ormai, siamo abituati a tutto ciò. Quest’anno, come al solito, abbiamo superato ogni limite e a questo punto ci chiediamo qual è l’altro limite che verrà superato la prossima volta, con la finanziaria di fine legislatura.

Alla luce delle modifiche che sono state apportate al testo licenziato dalla Commissione bilancio, non possiamo fare altro che confermare il nostro giudizio negativo sul maxiemendamento. Ci sono peraltro elementi che rendono alcune questioni ancora più gravi.

Mi riferisco innanzitutto alle modalità con cui è stata presentata questa manovra finanziaria, cioè con una propaganda sulla riduzione delle tasse. Non ritorno sulla gravità dell’inversione della progressività dell’imposta, prevista dall’articolo 53 della Costituzione, tuttavia ricordo che con questa propaganda si è voluto coprire la realtà di una finanziaria estremamente negativa. Anche noi, come tutti i colleghi dell’opposizione, abbiamo infatti segnalato che già il testo uscito dalla Commissione aumentava complessivamente il prelievo fiscale.

Ora le novità apportate con il maxiemendamento del Governo aggravano ulteriormente la situazione, perché aumentano ancora di più il prelievo fiscale. Sono infatti previste ulteriori entrate con l’aumento delle imposte di bollo e con le anticipazioni dell’acconto IRPEF; inoltre si dà la possibilità a tutte le Regioni - e non solo a quelle che hanno una situazione deficitaria nel settore della sanità - di imporre un’addizionale IRPEF e IRAP.

È chiaro quindi che il prelievo fiscale è aumentato e ciò avviene per tutti, mentre i vantaggi dei cosiddetti sgravi fiscali riguardano soltanto le fasce di reddito più alte. Non possiamo quindi che ribadire la profonda ingiustizia di questa legge finanziaria. Addirittura alcuni non solo non avranno alcun beneficio (mi riferisco agli incapienti), perché sono così poveri da non avere un reddito sufficiente per pagare le tasse, ma saranno anche colpiti dall’aumento generalizzato del prelievo fiscale diretto e indiretto previsto in questa finanziaria e dalle conseguenze che tutto ciò comporterà.

Voi mi dovete ancora spiegare come potete pensare di far passare questa finanziaria, tra l’altro, come una possibile leva per la ripresa dello sviluppo nel nostro Paese. Su questo fronte, la situazione è assolutamente negativa.

Vorrei tornare su alcuni punti che definirei una sorta di trucchi propagandastici, anche questi presenti nel maxiemendamento. Richiamo - perché la questione mi sta particolarmente a cuore - una delle norme più odiose dal punto di vista sociale, introdotto nell’emendamento fiscale del Governo, cioè il taglio della disoccupazione speciale per i lavoratori e le lavoratrici agricole, che avevo portato ad esempio di come, togliendo ai poveri, si trovava la copertura per favorire la riduzione delle tasse dei più ricchi.

Dopo la rivolta che vi è stata, il Governo cosa ha pensato bene di fare? Nel maxiemendamento ha fatto finta di eliminare questo taglio per il 2005 e di spostarlo al 2006. Ma la realtà, lo sapete perfettamente, è un’altra: la previsione, nella relazione tecnica di un taglio di 70 milioni di euro per il 2005, a copertura di una parte dell’emendamento, era assolutamente sbagliata, perché nel 2005 vanno in pagamento le disoccupazioni già maturate nel 2004, quindi i diritti già acquisiti. Vi siete così accorti che non era possibile recuperare quei 70 milioni di euro.

E allora pensate di fare la parte, avendo spostato la previsione di questo taglio al 2006, anche di coloro che hanno recepito le proteste di tutto il mondo dei braccianti, particolarmente gravi nel Sud, come fate pure con altre norme introdotte a titolo di semplice contentino. A questa ulteriore sistemazione della manovra finanziaria che, ripeto, abbiamo potuto conoscere solo ieri sera nel suo complesso, non si è aggiunto assolutamente niente sul fronte degli interventi che diamo una possibilità di ripresa nel nostro Paese. Anzi, la maggior parte dei tagli agli investimenti che avevamo denunciato sono confermati.

La penalizzazione del Mezzogiorno non è stata, se non blandamente, attenuata, così come è avvenuto per la questione forte relativa agli enti locali e alle Regioni. Sugli interventi strutturali - penso in particolare alla questione dell’agricoltura - ci siamo trovati di fronte più ad aggiustamenti di convenienza ministeriale circa i veri provvedimenti che non a modifiche tali da essere in grado di incidere su una crisi profonda, strutturale. In questi giorni, davanti al Palazzo del Senato, vi è stata la protesta degli agricoltori che ci ha accompagnato tutti i giorni. Non sono state date risposte al mondo dell’agricoltura e a tutto il comparto agroalimentare italiano che sta attraversando un periodo davvero difficile e rischia il declino.

Alla fine, però, nessuna misura davvero efficace e concreta è stata inserita nella legge finanziaria. Sul fronte della fiscalità di vantaggio era stato chiesto di avere regole certe, per dare la possibilità al mondo delle imprese agricole di lavorare e programmare in un panorama di certezze.

Invece, per quanto riguarda la stabilizzazione del regime dell’IVA, pur dopo tante promesse non s’è visto assolutamente nulla. Non è una questione di poco conto.

Inoltre, non è stato rinnovato e neanche si è voluto prendere in esame il credito d'imposta per l’agricoltura. Figuriamoci l’estensione all’attività della pesca! Nel frattempo, in questo settore i dati strutturali configurano - vorrei ricordarlo - un quadro assolutamente preoccupante.

Rispetto ad alcune questioni fondamentali, che rappresentano la possibilità di un vero sostegno alla qualità (la quale è lo strumento per consentire a questo settore di competere), non è stato fatto assolutamente niente. Sono state date le briciole al Piano di azione per il biologico, anche in questo caso con un trucco francamente un po’ ridicolo: si è fatto finta di arrivare a cinque milioni di euro, ma in realtà due milioni di euro già c’erano e altri tre milioni di euro sono stati prelevati, sempre nell’ambito della legge 27 marzo 2001, n. 122, dalla valorizzazione dei prodotti tipici.

È evidente, quindi, che si tratta di contentini propagandistici, che non cambiano minimamente la realtà, in una situazione in cui persino nel caso dell’ortofrutta, cioè il settore tradizionalmente di punta delle esportazioni agricole italiane, abbiamo registrato quest’anno un calo negli scambi con l’estero del 12 per cento: da Paese esportatore l’Italia è diventata un Paese importatore.

Non si è voluto neanche intervenire su nodi importanti con misure che avrebbero avuto un costo irrisorio, ma avrebbero iniziato a porre le basi per risolvere una questione fondamentale in questo campo. Mi riferisco alla grande distribuzione, che ormai è completamente in mano a gruppi stranieri che hanno centrali di acquisto uniche e dettano la legge sui prezzi. Non è stata presa in esame alcuna proposta che potesse intervenire in modo strutturale.

Inoltre, il calo di reddito nel mondo dell’agricoltura è ormai sempre più allarmante. È noto che dal campo al supermercato, cioè dalla produzione al prezzo finale al consumatore, vi sono rincari addirittura pari a dieci volte il costo iniziale e si è ulteriormente ridotto (in alcuni settori, a più del 50 per cento) il prezzo alla produzione. Si registra, pertanto, un forte calo dei redditi con un aumento elevatissimo del costo di produzione. Si pensi, ad esempio, ai prezzi del carburante agricolo, dei concimi e così via.

Rispetto a tutto ciò non sono stati dati segnali significativi. Sono stati dati contentini al mondo della pesca, arrivando a cinque milioni di euro per il fermo biologico. Sono state fatte anche altre operazioni, che evidentemente interessavano di più il Ministero. Ad esempio, nei fatti è stato trasformato l’ISMEA in una vera e propria banca, anche in questo caso senza una discussione approfondita e garanzie precise, così come altri fondi dell’AGEA.

Si è detto che gli strumenti per affrontare problemi così gravi sarebbero stati inseriti all’interno del decreto-legge 29 novembre 2004, n. 280 (che, peraltro, inizieremo ad esaminare questa sera), che interviene nella crisi di mercato del settore agricolo. Ebbene, anche lì siamo al ridicolo e tutto ciò che il disegno di legge finanziaria non ha voluto affrontare, e che noi ci siamo permessi di proporre in relazione a questo decreto-legge, ovviamente non è stato preso in considerazione.

Oggi si rinvia ad un altro provvedimento sulla competitività, che dovrebbe essere risolutivo rispetto a quanto abbiamo denunciato, cioè una finanziaria che, dietro alla facciata del taglio delle tasse, in realtà non sostiene lo sviluppo, anzi con le scelte operate (ad esempio, il tetto del 2 per cento) fa un’operazione di compressione ulteriore della domanda interna. Ciò che viene dato in termini di sgravi fiscali - torno a ripetere - per la maggior parte della popolazione costituisce solo una briciola che non avrà alcun influsso sull’aumento dei consumi; per le fasce di reddito più alte delle famiglie italiane tutto questo si riverserà nel consumo: vista la situazione di incertezza del Paese, infatti tale risparmio non produrrà investimenti.

In più si continua con questa abitudine delle operazioni di pura propaganda come la questione dell'assegno per il coniuge a carico, di cui certamente non si è parlato sulla stampa come per l'assegno alle casalinghe. In sostanza si fa una semplice operazione per cui la cifra per il coniuge a carico viene detratta dallo stipendio o dalla pensione del coniuge e versata direttamente al coniuge a carico. Ora, si può propagandare questa come una semplice operazione che farà soltanto aumentare i costi o la si può far passare come un ulteriore aiuto a sostegno delle famiglie; essa certamente potrà avere un valore simbolico, ma francamente è ancora una volta un'operazione di pura apparenza.

Come pura apparenza, e lo dico a lei, presidente Fisichella, che so essere persona sensibile su tale questione, è stata tutta la telenovela di Roma Capitale, con promesse e impegni solenni, assunti dallo stesso Fini, quando era solo vice presidente del Consiglio. Si davano garanzie, sembrava da parte di tutti, che si sarebbe onorato un dovere dello Stato verso la sua capitale, quello, appunto, di rifinanziare con 100 milioni di euro per anno il Fondo per Roma Capitale. Ebbene, dopo tutte queste promesse, adesso ci troviamo, di fatto, di fronte al dimezzamento dell’impegno finanziario assunto, per cui da 300 milioni di euro si è passati ad 80 milioni per il primo anno, il 2005, e a 70 milioni per il 2006, con questo grande segnale di bontà da parte della Regione Lazio, che verserebbe per il primo anno i 20 milioni di euro mancanti.

Uno Stato che si rispetti non può trattare la propria Capitale in questo modo, come una telenovela che si ripete tutti gli anni e che quest'anno - devo dirlo - ha sfiorato quasi l'offesa istituzionale.

Concludo dicendo che è bene che tutti ricordino un dato. Soltanto nell'anno in corso, per ospitare tutte le manifestazioni che vi hanno avuto luogo in quanto Capitale della Nazione, il Comune di Roma ha speso 55 milioni di euro, e credo che questo dato la dica lunga. Purtroppo, fa capire come questo Governo e questa maggioranza stanno trattando la propria Capitale. (Applausi dei senatori Vicini e Zanda).

 

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Montagnino. Ne ha facoltà.

 

MONTAGNINO (Mar-DL-U). Signor Presidente, lo dico con franchezza e con convinzione: del Governo Berlusconi e della sua finanziaria pensiamo tutto il male possibile! E come noi la pensano milioni di italiani.

I cittadini di questo Paese, che nel 2001 hanno creduto agli spot televisivi e ai maxi-manifesti, alle promesse da sogno e a quel contratto con gli italiani della cui serietà avrebbero dovuto dubitare, sono ora invece delusi. Delusi e adirati perché si sentono traditi e manipolati da un Governo che ha utilizzato il loro consenso, espresso in buona fede, contro gli stessi interessi. Soprattutto al Sud, in particolare in Sicilia, con quei 61 campioni silenti e incerti, oltre che inerti, rispetto ad una politica chiaramente antimeridionalista che determina arretramento e proteste, dopo gli anni del centro-sinistra di speranze, di fiducia, di avanzamento sociale ed economico.

Si sentono delusi e traditi i cittadini del nostro Paese da una politica sempre orientata ad obiettivi diversi dalle esigenze reali di sviluppo e di coesione economica e sociale. E il risultato è questo: tensione istituzionale tra lo Stato e gli enti locali, impoverimento delle famiglie, riduzione del potere d'acquisto e crollo dei consumi, declino economico e caduta di competitività, sofferenza del pubblico impiego, disagio del sistema scolastico e della sanità, mancata modernizzazione infrastrutturale, marginalizzazione dei giovani, confinati nella precarietà anche nei rapporti di lavoro con la pubblica amministrazione, emergenza di nuove povertà, gravissime tensioni e difficoltà che pervadono il sistema della giustizia. Sono alcune tra le più importanti emergenze, del tutto assenti nell'azione del Governo in questi ultimi tre anni e anche in questa manovra finanziaria.

Il Governo, per niente interessato alla risoluzione di questi problemi che hanno riportato indietro il nostro Paese, creando una condizione di declino economico, tra retromarce e polemiche interne, ritiene di mantenere l'impegno contenuto nel famigerato contratto con gli italiani, con un taglio delle tasse che è virtuale e penalizzante per i ceti meno abbienti perché orientato a privilegiare le fasce più alte dei contribuenti.

Noi non siamo il partito delle tasse, ma il partito dell'equità, della giustizia sociale e della responsabilità. Per questo pensiamo che per la politica fiscale sia necessario un quadro di certezze e non di demagogia.

Quello del Governo è un atto disperato, alla ricerca di un recupero del consenso perduto. Non guarda al Paese, non riesce a percepirne i bisogni, le attese, le ragioni. Con questa finanziaria che siamo chiamati a votare si consuma insomma l'amaro tradimento del Governo nei confronti degli italiani e si realizza l'opera delle vere riforme mancate.

Il testo finale della finanziaria, quello del maxiemendamento, sul quale il Governo chiede per l'ennesima volta la fiducia, testimonia il fallimento della politica di centro-destra e il suo velleitarismo.

Nella fase finale della legislatura (se la maggioranza regge - non sappiamo se questo accadrà, noi auspichiamo che non regga - sarà questa la penultima finanziaria) il Governo è riuscito ad ottenere un risultato davvero "eccezionale": malcontento e insoddisfazione in tutti i settori produttivi e nell'intera società. Si scaricano sugli enti locali gli oneri materiali e politici di una stretta sulla spesa pubblica, il cui conto dovrà necessariamente essere pagato dai cittadini sotto forma di aumenti generalizzati delle tariffe e delle imposte locali e di riduzioni nella qualità e quantità dei servizi pubblici.

Una modalità di gestione della spesa pubblica integralmente affidata a tetti di spesa e tagli generalizzati, indifferentemente utilizzati per gli enti locali e le pubbliche amministrazioni, come per gli incentivi alle imprese e le politiche per il Mezzogiorno, costituisce una palese e drammatica rinuncia ad una politica economica che viene sostituita da una mera limitazione finanziaria.

A fare la spesa di questa rinuncia alla politica e dell'abbandono, da parte dell'attuale maggioranza, di ogni ambizione di governo, è soprattutto la famiglia, esposta più che mai al rischio di nuove forme di povertà, al di là della ridicola novità dell'assegno familiare, sottratto ai capifamiglia e attribuito direttamente alle mogli casalinghe prive di reddito, mentre gli annunciati 1.000 euro per il primo figlio non esistono, e in compenso sono stati cancellati anche quelli per il secondo figlio.

Il Mezzogiorno è sempre più abbandonato a se stesso, dopo la cancellazione della programmazione negoziata, della legge n. 488 del 1992, degli incentivi per l'occupazione, che determina l'assoluto svuotamento delle politiche economiche di sostegno alle regioni più deboli, a cui si aggiungono le nuove e più ampie sfide poste dall'allargamento dell'Unione Europea, che rischia di penalizzare i territori meridionali nell'accesso alle politiche comunitarie per lo sviluppo.

È una finanziaria che si caratterizza anche per l'assoluta assenza di politiche sociali che denota non solo mancanza di senso della realtà, ma anche palese insensibilità.

Mentre milioni di cittadini aspettano invano il fantomatico "un milione al mese", non c'è nulla per gli incapienti, cioè per quei cittadini che hanno un reddito non tassabile perché troppo basso. E non c'è nulla in questa finanziaria che riguardi il reddito minimo di inserimento, o almeno l'attuazione effettiva del reddito di ultima istanza.

Insomma, il Governo ha cancellato e archiviato un essenziale capitolo delle politiche sociali che riguarda il sostegno economico per contrastare la povertà, l’esclusione sociale e ridurre disagi e difficoltà.

Non è stata accolta la nostra proposta di ripristinare il reddito minimo o, quanto meno, di prorogarlo fino all’attuazione del reddito di ultima istanza; non è stata accolta neanche la proposta di consentire agli enti locali che hanno iniziato la sperimentazione in ritardo di attuare i progetti biennali anche successivamente al 31 dicembre 2004, e comunque fino all’esaurimento di finanziamenti già assegnati.

Non hanno consentito al Senato, nonostante l’impegno assunto, di esprimersi con un voto in Aula sulla mozione sottoscritta da 40 senatori su questo tema la cui importanza è stata riconosciuta sia dal Governo che dalla maggioranza di centro-destra durante il dibattito parlamentare.

Questi sono comportamenti irresponsabili che determinano disagi irreversibili nelle famiglie, difficoltà alle amministrazioni comunali e tensioni difficili da governare che, purtroppo, sono già iniziate.

Al Governo, che ha respinto in Commissione bilancio i nostri emendamenti il cui contenuto normativo sarebbe "frutto di diverse e non condivisibili concezioni delle politiche sociali", chiediamo se abbia una concezione o quanto meno una percezione di politica sociale e in quali termini intenda attuarla.

"Per me" - scrive una donna di Caltanissetta all’assessore alle politiche sociali del suo Comune - "questi sono giorni di angoscia e di paura di perdere quel poco di reddito che permetteva di far sopravvivere i miei bambini. Mi sono ritrovata tante volte a fare collette per curare e dare da mangiare ai miei figli e non mi vergogno a raccontarlo. Fino a qualche giorno fa pensavo di aver sconfitto questa guerra di sopravvivenza. Quando siamo entrati a far parte del reddito minimo di inserimento a casa mia c’era finalmente un po’ di serenità. Oggi mi trovo a non dormire più la notte e non riesco più a sorridere ai miei figli. Il solo pensiero di ritornare alla povertà totale e subire di nuovo umiliazioni da chi sta più in alto di me mi fa impazzire".

Vorremmo proprio sapere, di fronte a situazioni come questa, qual è la concezione di politica sociale di questo Governo.

Lo Stato sociale è un pilastro fondamentale dello sviluppo economico e garanzia dell’affermazione dei diritti, ma questo Governo mostra di non capirlo.

Mentre in Commissione lavoro, per esclusiva responsabilità del Governo e per l’inerzia dei parlamentari del centro-destra, giace da troppo tempo il disegno di legge sugli ammortizzatori sociali e non viene garantita la necessaria copertura finanziaria, mentre l’indennità di disoccupazione, nonostante gli impegni assunti, non viene adeguatamente aumentata, il Governo limita il suo intervento in finanziaria ad una proroga per un anno della Cassa integrazione e della mobilità con limitazioni inaccettabili che svuotano, di fatto, il doveroso intervento di proroga.

Un altro regalo per i lavoratori è la mancata restituzione del fiscal drag; solo in extremis - almeno per ora - poi è stato evitato lo scippo ai danni dei lavoratori agricoli, seppure in modo temporaneo e non del tutto chiaro.

Non vi è insomma rigore finanziario in questa manovra del Governo, né spinta allo sviluppo; vi è una politica economica inconsistente e una politica sociale inesistente.

In un Paese in declino, preoccupato per il presente e scoraggiato per il futuro, la tenuta sociale ed economica non è assolutamente garantita.

Domani il Governo otterrà la fiducia in quest’Aula dalla maggioranza di centro-destra. Ha però la sfiducia della maggioranza degli italiani che non crede più ai trucchi dell’illusionista e vuole che si concluda al più presto un ciclo che ha provocato troppi danni al Paese. (Applausi dai Gruppi Mar-DL-U e DS-U).

 

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Falomi. Ne ha facoltà.

 

FALOMI (Misto). Signor Presidente, è da lunedì che in quest'Aula del Parlamento stiamo parlando a vuoto. L'unico potere che sembra essere rimasto agli eletti dal popolo è soltanto quello di parlare. I parlamentari, cioè, non hanno più alcuna voce in capitolo su un atto importantissimo della politica di un Paese come la legge finanziaria.

Non hanno voce in capitolo i parlamentari dell'opposizione, le cui proposte vengono bocciate soltanto perché sono avanzate dall'opposizione, ma non hanno voce in capitolo nemmeno i parlamentari della maggioranza, minacciati come sono dal ricatto dello scioglimento delle Camere ed espropriati di ogni possibilità di decidere, a meno che non facciano parte di quella ristretta oligarchia di capi e sottocapi a cui vengono consegnati i pochi spazi d'azione rimasti al Parlamento. Tutto questo con buona pace di chi nega ogni valore al confronto con le organizzazioni sindacali in nome della sovranità del Parlamento.

Il Parlamento fa finta di discutere, ma ormai non conta quasi più niente; è stato trasformato in un semplice organo di ratifica di decisioni che sono sempre più nelle mani di élites privilegiate.

I grandi mezzi di comunicazione non riescono nemmeno a far funzionare il Parlamento come cassa di risonanza esterna, perché i grandi mezzi di comunicazione, a partire dalla televisione, che arriva nelle case di tutti i cittadini italiani, tranne qualche piccola eccezione, sono stati ridotti a grancassa propagandistica delle posizioni del Governo.

Grazie a tutto questo avete potuto raccontare al Paese una finanziaria diversa da quella che in realtà avete presentato alla ratifica del Parlamento. Nella versione parlamentare della finanziaria ci sono cose che nella versione televisiva avete, invece, nascosto, minimizzato, o, peggio, distorto e manipolato.

In televisione, per esempio, non avete spiegato ai 5.435.000 pensionati, rimasti a bocca asciutta nonostante le solenni promesse elettorali, che, nonostante percepiscano pensioni al di sotto del milione di vecchie lire, continueranno a rimanere a bocca asciutta perché avete detto "no" a tutti gli emendamenti che abbiamo presentato per garantire anche a loro ciò che avete assicurato soltanto ad una minoranza.

Nessuna informazione avete dato ai pensionati e ai lavoratori dipendenti sul "no" che avete detto alle proposte di restituzione del fiscal drag, o di tutela del loro potere di acquisto, pesantemente taglieggiato da prezzi in salita che rendono sempre più difficile alle famiglie arrivare alla fine del mese.

Nei telegiornali e nei compiacenti salotti televisivi non siete riusciti a trovare nemmeno il più piccolo spazio per dare una speranza ad una intera generazione di giovani - che sono ormai giovani precari - che avverte l'angoscia di un futuro che sarà peggiore di quello dei loro padri. Questa speranza l'avete uccisa dicendo "no" a tutte le proposte che sono state presentate dal Gruppo del Cantiere, al quale appartengo, e da forze dell'opposizione per estendere ai lavoratori atipici, alle collaborazioni coordinate e continuative le tutele previste per i dipendenti in materia di disoccupazione, maternità, malattie, formazione continua e aggiornamento professionale.

Avete detto "no" perfino ad un fondo di garanzia per consentire alle lavoratrici e ai lavoratori precari di accedere a mutui per l'acquisto della prima casa, che senza la garanzia offerta dai loro genitori - se la possono offrire - non si possono permettere in alcun modo di comprare un’abitazione.

Ci sono circa 400.000 persone che hanno da anni rapporti di lavoro precario con le pubbliche amministrazioni (160.000 soltanto nella scuola); il resto è concentrato nelle università, negli enti di ricerca e nel comparto delle Regioni e dei Comuni. L'unica prospettiva che offrite a queste persone è continuare a fare una vita da precari.

Nella finanziaria vera, a differenza di quella raccontata dalle vostre televisioni, c'è il blocco del turnover, che cancellerà 400.000 posti di lavoro nelle pubbliche amministrazioni, e c'è il taglio indiscriminato del 5 per cento delle piante organiche, tamponato soltanto da qualche pannicello caldo.

Lo Stato è diventato il principale diffusore e promotore del precariato, mentre dovrebbe per primo affermare con forza il principio che a lavoro stabile deve corrispondere lavoratore stabile. Invece, siamo di fronte ad una vera e propria operazione di devastazione dell’efficienza, dell’efficacia e della funzionalità di servizi pubblici essenziali.

Nel settore della ricerca, come è stato detto, siamo alla canna del gas. La vostra proposta è di sei anni consecutivi di blocco delle assunzioni in presenza di ricercatori con un’età media di cinquantaquattro anni; per i giovani ricercatori, nessuna prospettiva, se non quella di andarsene all’estero, con tutto quello che significa in termini di qualità della ricerca e di capacità innovativa del nostro sistema produttivo.

Non meno peggio è andata alla scuola italiana, di fronte ad una perdita di 33.000 posti di lavoro in tre anni; la vostra risposta è stata, ai circa 160.000 precari della scuola, una sola: continuate a fare i precari.

Tutto ciò avviene mentre sono a rischio 200.000 posti di lavoro privati per chiusure di aziende o per esuberi di personale; di fronte a questo, l’unica soluzione che sapete individuare è indebolire - come avete fatto in questa legge finanziaria - gli strumenti esistenti di tutela dei lavoratori, risparmiando sulla loro pelle oltre 130 milioni di euro (cosa di cui si è vantato l’onorevole Brunetta nel corso di una trasmissione televisiva), e non riuscite nemmeno a trovare un euro per finanziare la riforma degli ammortizzatori sociali.

Potrei continuare parlando della sanità, della casa, del trasporto pubblico, del taglio selvaggio, indiscriminato che avete operato su tutta la spesa per beni e servizi e su quella per investimenti, ma il tempo limitato a mia disposizione non mi consente di dilungarmi. Posso solo fare qualche rapida considerazione conclusiva.

Voi giustificate queste scelte, che qui ho sommariamente elencato, parlando di sprechi della spesa pubblica; ne parlate ormai come se fosse una formuletta magica per giustificare qualunque cosa. Vorremmo che questi sprechi fossero chiaramente definiti, individuati, precisati; invece, si continua, in televisione, a parlare di sprechi, ma in realtà non sapete definirli, individuarli, al di là di qualche piccola questione che certamente non giustifica il livello dei tagli operati nella spesa pubblica.

In una situazione di mercato in cui i vincoli, i famosi lacci e lacciuoli sono stati molto allentati nel corso di questi anni, in realtà dovrebbero essere esaltati la funzione riequilibratrice dello Stato, l’intervento redistributivo dello Stato, il suo intervento nelle politiche di sostegno agli investimenti; in realtà, l’unica cosa che sapete fare è giocare con le tasse, e per di più giocate con carte truccate. La verità è che state facendo scempio di settori pubblici essenziali per poter aumentare qualche riduzione fiscale a favore delle fasce di reddito più ricche; ne hanno parlato in molti e non ci torno sopra.

In realtà, è possibile un’altra politica; ci abbiamo provato. Molti emendamenti presentati da numerosi senatori delle forze dell’opposizione, dai senatori che fanno riferimento all’associazione parlamentare "Samarcanda", dimostrano che è possibile un’altra politica generale, un’altra finanziaria. Non è vero che non ci sono le risorse; certo, se voi, per diminuire le tasse ai ricchi, demolite la funzione e il ruolo dello Stato, le risorse non si troveranno mai. Le risorse ci sono e si possono trovare e abbiamo provato a presentare proposte.

Sono proposte di rimodulazione delle fasce e delle aliquote delle imposte sui redditi, in modo da renderle più progressive di quanto in realtà voi facciate; anzi, voi le rendete regressive. Abbiamo elaborato proposte per la lotta all’evasione fiscale; è pari a 200 miliardi di euro, secondo il SECIT, la quantità di denaro che sfugge al fisco italiano. Abbiamo parlato di ripristino dell’imposta di successione per i patrimoni più cospicui; abbiamo parlato di semplificazione e unificazione di aliquote sulle rendite finanziarie. Abbiamo parlato di tassazione dei capitali illegalmente esportati nei paradisi fiscali.

I soldi per fare una scelta diversa da quella che voi state compiendo in realtà ci sono; la verità è che avete fatto una scelta regressiva sotto il profilo fiscale, ma recessiva sotto il profilo economico e sociale, perché quello che state disegnando è un panorama di declino e di recessione. (Applausi del senatore Monticone).

 

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore D’Andrea. Ne ha facoltà.

 

D'ANDREA (Mar-DL-U). Signor Presidente, onorevoli colleghi, signori rappresentanti del Governo, è in corso la discussione generale su un maxiemendamento presentato alla legge finanziaria, per la verità interamente sostitutivo del disegno di legge stesso, sul quale il Governo ha posto la questione di fiducia.

È un maxiemendamento formato da quasi 600 commi, molto spesso di difficilissima lettura, e anche in questo caso, salvo qualche limitatissima correzione o integrazione positiva - mi riferisco agli stanziamenti per il terremoto del 1980, che inopinatamente erano stati esclusi dall’elenco delle calamità nel quale più volte tornano le evocazioni dei recenti eventi sismici pur meritevoli di intervento, rispetto al quale peraltro è stata prevista direttamente in legge una quota di ripartizione non pienamente convincente tra le Regioni interessate, o ad alcune misure per gli ammortizzatori sociali, di cui prima ha parlato a lungo il collega Montagnino o ancora a qualche limitatissimo intervento per la spesa sanitaria - non si è di fronte ad un miglioramento del testo precedente, ma ad un ulteriore peggioramento oltre ogni pessimistica previsione.

È stato persino cancellato un emendamento dell’UDC che prevedeva l’istituzione di una Commissione di monitoraggio sugli andamenti della finanza pubblica, approvato in Commissione bilancio, evidentemente solo per continuare a "manovrare" indisturbati.

Si è passati, signor Ministro per i rapporti con il Parlamento, dalla finanza creativa alla finanza illusoria, alimentata da abili giochi di prestigio, per non dire la verità agli italiani e per eludere i controlli europei ed internazionali ed è provocatorio che lei abbia indicato tra le ragioni del ricorso al voto di fiducia il numero eccessivo degli emendamenti dell’opposizione.

 

GIOVANARDI, ministro per i rapporti con il Parlamento. Ho parlato degli emendamenti in generale.

 

D'ANDREA (Mar-DL-U). Qualche collega della maggioranza lo ha pappagallescamente ripetuto in quest’Aula, ma non ci credete neanche voi. È una bugia troppo grande per trovare credito. Ci si è sforzati come opposizione di proporre un disegno alternativo per il contenimento della spesa pubblica e per l’inversione della tendenza negativa dell’economia nazionale. Si rimanda da questo punto di vista alla relazione di minoranza presentata dal senatore Giaretta.

Non avete voluto prestarci ascolto. Non avete voluto neanche accogliere la priorità per i siti UNESCO per la redazione dei programmi di cui ai nuovi commi 30 e 31; a questo proposito è scomparsa persino ogni concertazione con il sempre più silente Ministro dei beni e delle attività culturali, forse consapevole dell’esproprio formale e sostanziale, delle competenze e del patrimonio, che sta progressivamente subendo.

Abbiamo apprezzato di più il sottosegretario Vegas che, in Commissione, obbligando la maggioranza a ritirare gli emendamenti, ha onestamente ammesso che l’obiettivo di fondo era di difendere una manovra difficile, nelle condizioni di bilancio date, dall’assalto alla diligenza di fine anno.

In ogni caso, la scelta di porre la fiducia è certamente l’espressione del disagio di una maggioranza che alla Camera è andata sotto addirittura sulla quantificazione del saldo netto, per essere poi costretta ad approvare una finanziaria che ancora non esisteva; e ora in Senato viene partorito un simulacro di manovra, impacchettato tra inibizioni o sterilizzazioni dell’attività emendativa della Commissione bilancio e paternalistiche assicurazioni da parte del Governo di provvedere con il maxiemendamento, senza peraltro - basta verificare il testo attentamente - superare o almeno ridurre le contraddizioni tra i tagli di spesa e le previsioni di nuovi stanziamenti, che talvolta sembrano ispirati da una vera e propria schizofrenia contabile.

Così il clamore con il quale viene annunciata l’assunzione di 2.500 appartenenti alle forze dell’ordine fa il paio con il taglio nelle spese di funzionamento delle stesse, rilevato già ieri dal senatore Giaretta. Oppure l’ennesimo blocco delle assunzioni per gli enti di ricerca, con tanti saluti anche per i concorsi già espletati, si aggiunge al taglio degli organici, salvo poi prevedere - chissà perché, francamente non l’abbiamo capito - il finanziamento dell’attività di un osservatorio per l’andamento creditizio nel Mezzogiorno, inopinatamente incardinato nell’ambito del CNR, fatte salve le competenze e le professionalità che il CNR esprime ed è sicuramente in grado di garantire.

Nel caso degli enti locali, si tagliano impietosamente i trasferimenti, si inibiscono le nuove assunzioni e si limita al massimo il turnover, salvo poi autorizzare la prosecuzione dei contratti a tempo determinato, per precarizzare ulteriormente il lavoro nella pubblica amministrazione.

Abbiamo svolto questa discussione, signor Presidente, nella quasi totale assenza dei colleghi della maggioranza, inclusi il relatore e il Presidente della Commissione bilancio. Mi si opporrà che costoro non erano tenuti formalmente ad essere presenti; su questo ho qualche dubbio; ma non è l’argomento della mia riflessione.

Ritengo comunque che il Presidente della Commissione bilancio e il relatore della manovra sulla quale ci accingiamo ad esprimere il giudizio ultimo dovrebbero essere sempre interessati almeno ad ascoltare e a confrontarsi. Ma capisco il loro imbarazzo: hanno voluto evitare il rimorso. Ma allora dovrebbero tapparsi gli occhi e le orecchie, non dovrebbero più ascoltare la radio o guardare la televisione, non dovrebbero più leggere i giornali, perché, attraverso quei pur limitati spazi di informazione, da ogni parte, si levano critiche di fondo e radicali all’attività del Governo in materia finanziaria e di sviluppo, che oggi noi possiamo solo rilanciare in questa sede, senza necessità di amplificarle ulteriormente, perché risultano già espresse in maniera molto netta.

I colleghi della maggioranza parteciperanno disciplinatamente a un voto di fiducia che serve a salvare la loro coscienza. Potranno dire infatti che avrebbero voluto emendare ma è stata messa la fiducia. Potranno dirlo ai loro elettori, a quelli che si sarebbero aspettati più attenzione per la spesa sociale o per l’attività di sostegno alle imprese, per gli enti locali, per la ricerca o per l’università. Voteranno una manovra che non supera neanche i rilievi critici che all’inizio di ottobre furono sollevati all’interno della stessa maggioranza, anche con la pantomima delle minacce di dimissioni di qualche Ministro o Vice ministro (di cui non abbiamo più trovato traccia nei giorni successivi), o della presa di distanza di questa o di quella forza, evidentemente ispirata piuttosto dalla necessità di aprire un altro tipo di trattativa che di ottenere significative modifiche nella politica economica del Governo. In effetti, compensazioni e aggiustamenti sono intervenuti più sul piano degli assetti di Governo, che su quello più nobile delle scelte del Governo.

Per la verità, manca ancora qualche zolletta di zucchero, che sarà distribuita ai recalcitranti: una manciata di nuovi Sottosegretari che, come una sorta di premio per i più buoni, verrà posta sotto l’albero di Natale, in luogo della cenere e del carbone delle elezioni anticipate, minacciate qualche settimana fa dal presidente Berlusconi se non fossero cessate le resistenze al taglio delle tasse.

Ma sotto l’albero i pacchi dono ci saranno solo per loro, non per il Paese. L’anno che verrà, per la stragrande maggioranza degli italiani, sarà più amaro di quello che si sta concludendo. I prezzi continueranno a salire, le tariffe a crescere, i salari reali a diminuire. Il disavanzo continuerà a sfuggire al nostro controllo, lo sviluppo continuerà a stagnare e forse ad arretrare.

Continueremo ad essere il fanalino di coda quanto a crescita dei 25 Stati dell’Unione Europea. Il presente non offrirà nessun motivo di conforto e per il futuro sarà pure peggio, come non è mai avvenuto finora. L’aspettativa di una migliore condizione di vita da parte delle generazioni successive, una costante fino ad oggi dal dopoguerra, si è bruscamente interrotta.

La fondata speranza si è trasformata prima in una pallida illusione ed ora in un evidente miraggio, destinato a dissolversi mano a mano che ci si avvicinerà alla meta. È questo l’aspetto più preoccupante, signor Presidente. State rubando il futuro al Paese, con la miope adesione all’idea della riduzione delle entrate. Attraverso la riduzione della progressività della tassazione state precludendo la strada alla riqualificazione della spesa in direzione degli investimenti, soprattutto in ricerca ed innovazione, sul capitale umano, a sostegno delle purtroppo timide prospettive di rilancio dello sviluppo e delle ancora non del tutto espresse potenzialità di un Mezzogiorno che progressivamente è stato defraudato di tutte le misure di sostegno aggiuntivo e differenziato e che è stato così ostacolato nel suo attivo concorso alla crescita del Paese, come aveva cominciato a fare, negli ultimi sei anni grazie alle misure introdotte alla fine della legislatura trascorsa.

Un Mezzogiorno che viene esposto ora, improvvidamente, alla tempesta di una nuova geografia economica profondamente cambiata, di fronte alla quale il Governo annaspa e balbetta, tra aperture eccessive ai mercati e proposte di antistorici dazi doganali che danneggerebbero peraltro già le nostre aziende che esportano ed investono altrove, più che proteggerci dalle importazioni. Di tutt’altra apertura dette prova qualche secolo fa persino la Repubblica Serenissima - lo ricordo ai colleghi della Lega - che seppe accettare e vincere la sfida dei nuovi mercati.

Basterebbe invece, signor Presidente, come avevamo proposto per esempio con emendamenti per il distretto del salotto dell’area murgiana appulo-lucana e cominciato a fare con il settore tessile e quello automobilistico, predisporre strumenti per sollevare la crisi ed iniziative per rilanciare la competitività; una parola questa scomparsa dal vocabolario governativo, pur in presenza di protocolli e patti sottoscritti a più riprese tra organizzazioni imprenditoriali e sindacati nel passivo imbarazzo del Governo.

È la denuncia espressa ancora ieri da Montezemolo, rispetto alla quale certo non rappresenta una consolazione ribattere, come hanno fatto alcuni esponenti del Governo, che i mali vengono da lontano. È così. Ma quello che è assurdo è aver bloccato la strategia di intervento avviata nella passata legislatura e di averla sostituita con un acritico ed irresponsabile affidarsi esclusivo alle forze del mercato. Invece, come ha chiesto il vice presidente della Confindustria Pistorio, ci vuole una strategia decennale, ambiziosa e impegnativa, nella quale mobilitare tutte le energie del Paese. Ma pensiamo davvero di farlo così, con questa che di fatto è l’ultima finanziaria della legislatura?

Siamo molto al di sotto delle promesse elettorali del 2001 - questo a noi potrebbe importare poco - ma soprattutto molto al di sotto delle necessità del Paese - e questo ci importa molto di più - dell’Unione Europea, di cui dovremo tornare a far parte da protagonisti, e del futuro che abbiamo il dovere di costruire per il bene dei nostri figli. (Applausi dai Gruppi Mar-DL-U, DS-U e Verdi-U. Congratulazioni).

 

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Rollandin. Ne ha facoltà.

 

ROLLANDIN (Aut). Signor Presidente, nell’intervento di ieri ho cercato di evidenziare le carenze nelle politiche per lo sviluppo delle zone montane e soprattutto il rischio di abbandono da parte delle famiglie delle zone più disagiate. Mi limiterò oggi ad un breve intervento che riguarda un aspetto non secondario, presente in gran parte nella finanziaria.

Mi riferisco al problema del gioco, visto sotto tutti i profili, nei suoi diversi aspetti, non ultimo quello, come è stato sottolineato da qualcuno, di prestigio. È noto che per finanziare una parte della manovra si è puntato ad aumentare il numero delle giocate del Lotto, un tipo di scommesse.

A questo proposito, vorrei evidenziare nel maxiemendamento un comma che riassume bene la tendenza ad agevolare, premiare e quasi incentivare il gioco, in particolare dei giovani. Mi riferisco al comma 540, che recita: "Ferma restando la facoltà del Ministro dell’economia e delle finanze di intervenire, ai sensi dell’articolo 16, comma 1, della legge 13 maggio 1999, n. 133, all’articolo 1, comma 2, del regolamento di cui al decreto del Ministro delle finanze 31 gennaio 2000, n. 29, le parole: "da svolgersi in sale diverse non dedicate all’esercizio di altri giochi e comunque non collegate con locali nei quali siano installati apparecchi da divertimento ed intrattenimento, nonché biliardi, biliardini e apparecchi similari" sono soppresse".

Ora, dalla prima lettura di questo comma non è così facile rendersi conto del riferimento specifico di tale proposta. Ebbene, la proposta è riferita ad una legge che ha istituito le sale Bingo. Lo sottolineo perché è presentato, in una forma abbastanza camuffata, un tema ricorrente nelle finanziarie. Questo riferimento specifico è stato già proposto, infatti, in precedenti finanziarie. Voglio ricordare che il gioco del Bingo è stato istituito con la legge 13 maggio 1999, n. 133, e regolamentato con il già richiamato decreto n. 29 del 2000.

Nelle sale Bingo si gioca al cosiddetto tombolone, cioè un gioco che si pensava potesse dare un contributo importante alle entrate e all’occupazione e avesse un grande successo. Con due provvedimenti successivi sono state autorizzate ben 800 sale Bingo: lo evidenzio per fare comprendere l’importanza del provvedimento.

 

GIOVANARDI, ministro per i rapporti con il Parlamento. Non da questo Governo!

 

ROLLANDIN (Aut). Il seguito, però, è da collegare a questo Governo.

Sappiamo che, tranne in alcuni casi isolati, i risultati sono stati e sono tuttora disastrosi, tanto che è stato aperto solo un quarto delle sale previste: ciò la dice ancora più lunga!

Ora, per salvare gli introiti di queste nuove famose strutture per il gioco di famiglia, nella finanziaria 2002-2003 si è tentato di introdurre nelle sale Bingo le famose slot machine. In quell’occasione, come in precedenza, sono stati discussi alcuni emendamenti e a tale proposito ho spiegato che l’operazione era quanto meno disastrosa sotto molti profili, non solo finanziari, ma anche in relazione alla sicurezza e alla politica per i giovani. Così, il progetto e le proposte sono state bocciate o accantonate.

Oggi, con l’emendamento citato, si prospetta l’introduzione di fatto di giochi elettronici o comunque di macchine da intrattenimento nelle sale Bingo.

Innanzi tutto, vorrei avere un chiarimento dal Governo a tale proposito, per capire se l’introduzione delle macchine da intrattenimento, autorizzate ex comma 6 dell’articolo 110 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, di cui al regio decreto n. 773 del 1931, è una forma tecnica per dire che è comunque autorizzata anche nei bar e nelle strutture di divertimento pubbliche. Vorrei mi fosse confermata l’interpretazione, che mi è stata data per le vie brevi, sull’esclusione delle slot machine da casinò, che sono autorizzate dal comma 5 del citato articolo 110. In caso contrario, ci troveremmo di fronte all’apertura surrettizia di possibili 800 minicasinò.

Ora, sembra un argomento un po’ ameno e un po’ a latere rispetto ad una finanziaria così complessa, ma non lo è: di fatto su questo tema ci sono da una parte una serie di spinte indifferenziate delle lobby delle slot machine, che chiaramente vedono l'affare nell'introduzione di questi apparecchi nelle cosiddette sale Bingo; al contempo c'è un pullulare di iniziative tese ad avere la possibilità di aprire di fatto delle strutture, che poi poco a poco si trasformino in quello che oggi non possono essere, cioè dei casinò.

Questo nel momento in cui si sta discutendo e analizzando in sede di Comitato ristretto alla Camera un progetto di legge per un’eventuale apertura dei casinò, in base a princìpi che si riferiscono a criteri che valutino la volontà (che a questo punto sarebbe generalizzata) di avere comunque delle case da gioco in tutte le Regioni, essendo considerate la panacea di tutti i mali, come il modo per introitare denaro e per avere comunque un flusso garantito di gente nelle zone turistiche. Ma così non è: sui quattro casinò esistenti è stato condotto a questo proposito uno studio approfondito; una commissione ha lavorato su questi temi e ha evidenziato come sia indispensabile, soprattutto per le case da gioco, che tali strutture abbiano riferimento non solo al potenziale giocatore, ma anche alle condizioni geografiche dell’area su cui realizzarle, nonché alle condizioni economiche, perché possano essere garanzia di sviluppo di un settore non indifferente come il turismo.

Ora la mia domanda è molto semplice: se, come credo, questo comma non vuol dire apertura di mini-casinò, perché si è voluta dare la possibilità di immettere nelle sale Bingo le macchinette che sono già nei bar e da tutte le parti? Ora, non mi sembra che ci sia questa esigenza, né che venisse avvertita questa urgenza, se non con l'idea un po’ nascosta di passare a poco a poco dalle macchinette più semplici a quelle un po’ più complesse, il che sarebbe la morte non solo del Bingo, ma anche dei casinò attuali.

Ho voluto portare questo semplice esempio per dire che su questo tema c'è una grande attenzione da parte di tutti. Ora, anche quando si parla della politica dei giovani, della politica della famiglia, è evidente che si pensa a come allontanare i giovani da questo tipo di divertimento un po’ particolare, perché sappiamo anche che nelle sale da gioco esistenti nei bar, molto spesso si passa dal gioco a premio al gioco a vincita in denaro. Le perquisizioni e i continui controlli della Guardia di finanza hanno evidenziato questa realtà in diverse Regioni, che solleva naturalmente tutti i problemi che ne sono la diretta conseguenza.

Se mi è concessa una battuta, non vorrei che, visto che si era partiti con il Bingo, dando la possibilità al papà e alla mamma di frequentare queste sale, adesso ci portiamo anche i giovani: questa è la nuova politica per la famiglia, il modo di riunire la famiglia. Io spero che ci sia la possibilità di diversificare questa logica che non è così accettata. Vorrei sottolineare come sui giovani, nell'insieme del progetto che si esplicita con la finanziaria, manchi un investimento specifico.

È un problema che hanno sollevato altri, e ci troviamo oggi qui - ed ho voluto citare un esempio- a discutere sul come prevedere delle situazioni di intrattenimento attraverso queste macchine infernali che - ripeto - nella gran parte dei bar passa dal gioco a premi al gioco a soldi, con una compromissione vera di molte situazioni familiari che sono all'attenzione degli organi di vigilanza.

Credo che questo vada seguito con molta attenzione e mi auguro che l'interpretazione che ho dato possa essere confermata dagli organi di Governo. (Applausi del senatore Dettori).

 

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la senatrice Donati. Ne ha facoltà.

 

DONATI (Verdi-U). Signor Presidente, il nuovo testo al nostro esame contiene anche alcune novità sul tema delle infrastrutture e dei trasporti. Innanzitutto al comma 466 si fa riferimento alla vendita all’ISPA di circa 1.500 chilometri di tratte stradali, con una nuova precisazione in base alla quale viene chiarito che il Ministro con un comma aggiuntivo definirà i rapporti finanziari tra ANAS Spa, ISPA e gli stessi Ministeri interessati.

In Commissione era stata svolta un'accurata discussione su questo aspetto e il Governo e il relatore avevano escluso, nel testo che si sarebbe presentato, ogni riferimento specifico all'ANAS Spa, giacché si sosteneva in quella sede che altrimenti la Commissione europea avrebbe compreso l'astuzia di una operazione di mera contabilità finanziaria e di aggiramento delle norme in materia di contabilità.

Apprendiamo invece che questo chiarimento in parte c'è stato, ma, per come risulta dal testo in esame, appare sufficientemente ambiguo da non escludere, invece, che alcune tratte dei suddetti 1.500 chilometri di strade statali - le più ricche e trafficate - possano essere affidate anche a privati. È un’eventualità questa che non ritengo una mera ipotesi, ma una possibilità particolarmente concreta, soprattutto in quei casi in cui vi siano promotori e progetti che hanno già avanzato proposte per adeguare tratte stradali come nel caso dell'E45 (Orte-Cesena). Resta quindi il nostro giudizio complessivo negativo su questa norma, anche preso atto di questa precisazione che risulta decisamente ambigua.

Il testo in esame contiene poi una serie di microinterventi di interesse locale che dovrebbero essere posti al di fuori di una norma con queste caratteristiche strategiche - così almeno veniva annunciata - ed evidenzia alcune questioni piuttosto singolari. Cito, in proposito, il comma 468 che si richiama all'attuazione della Convenzione tra l'Italia e la Francia del 1970 - leggendo il comma non si comprende nemmeno che cosa si intenda realizzare - per opere di viabilità stradale e autostradale di grande comunicazione. In primo luogo tale Convenzione è riferita ad una tratta ferroviaria - quella Cuneo-Ventimiglia - che passa in territorio francese, mentre, in ogni caso, la norma in esame serve per costruire strade e autostrade.

Se fosse stato detto chiaramente che questo investimento era riferito all'adeguamento ed alla messa in sicurezza del Colle di Tenda, investimento utile ed urgente, rispetto al quale contestiamo il metodo con cui se n’è deciso l’inserimento, in modo così surrettizio, all'interno di un disegno di legge finanziaria, ma sulla cui utilità si poteva anche concordare.

Inoltre una norma precisa che il progetto preliminare dovrà essere già perfezionato, mentre per il Colle di Tenda c'è una discussione ancora aperta, una discussione mai conclusa con il Governo francese sulle modalità con cui effettuare l'adeguamento del valico. Resta il sospetto pesante che in realtà, invece di realizzare un adeguamento utile ed urgente, si voglia puntare alla realizzazione di una grande autostrada Cuneo-Nizza - giacché insisterebbe sulla stessa direttrice e sugli stessi tracciati - anche se poi le risorse effettivamente disponibili sono davvero poche.

Si tratta di un modo sbagliato, surrettizio, non chiaro e trasparente di destinare qualche risorsa (circa 48 milioni di euro), con modalità indefinite, lasciando ad altri la scelta e l'attuazione di questi provvedimenti, prendendo quanto necessario dalle risorse pubbliche già stanziate nel 1997 per la variante di valico Bologna-Firenze.

Ritengo che al riguardo la Società Autostrade non avrà di che piangere, visto che dal 1° gennaio 2005 scatteranno nuovi aumenti tariffari che evidentemente ripagheranno abbondantemente questa limatura di risorse già destinate alla variante di valico.

Voglio citare, sempre in quest’ottica poco strategica, la strada statale 38 in Valtellina. Anche in questo caso si segue un progetto importante, ma devastante, invece di puntare su un adeguamento di una infrastruttura che avrebbe bisogno di essere decisamente migliorata. Spendere tanto per costruire poco e distruggere l’ambiente: questa è la strategia dell’attuale Governo.

Infine, due ultime notazioni. Avevamo chiesto grandi provvedimenti per le città e la mobilità urbana: vi si destinano in tutto 47 milioni di euro, cioè nulla. Voglio ancora segnalare che non c’è l’annunciato, assicurato e sbandierato rifinanziamento del Fondo opere strategiche promesso dal ministro Lunardi che quantificava in 7,2 miliardi di euro in queste nuove misure presentate dal Governo.

A questo punto le strade sono due: o il ministro Lunardi si dimette, in coerenza con ciò che ha annunciato, anzi strillato in tutti questi mesi, promesso in tutte le sedi, oppure cambia direzione selezionando il piano delle opere e puntando davvero a realizzare quelle utili, urgenti e prioritarie nel rispetto dell’ambiente. A lui la scelta.

Nessuno, neanche i componenti dell’attuale Governo Berlusconi, potrà continuare ad andare ospite in trasmissioni come "Porta a Porta" per annunciare grandi opere che in realtà non si realizzeranno mai. Anche questo disegno di legge finanziaria non aggiunge un euro agli investimenti iscritti in tutte le liste sbandierate in ogni trasmissione pubblica; a parte l'iter di approvazione della finanziaria, non sono previste misure concrete per l’attuazione di tali investimenti.

Cambiare strada o dimettersi: queste sono le uniche due vie che il ministro Lunardi ha di fronte a sé. (Applausi dal Gruppo DS-U).

 

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Brutti Massimo. Ne ha facoltà.

 

BRUTTI Massimo (DS-U). Signor Presidente, a rigore il senatore Paolo Franco, relatore sul disegno di legge finanziaria, non avrebbe il dovere di essere presente e di seguire il dibattito in corso, dal momento che è stato chiesto dal Governo il voto di fiducia e che l’interlocutore dell’Aula è in questo momento il Governo. Tuttavia, sarebbe corretto che egli fosse qui, che partecipasse alla seduta, che rappresentasse la maggioranza e le sue ragioni fino alla conclusione del nostro dibattito.

C’è in realtà una ragione politica per la quale ha disertato la seduta d’Aula. Essa nasce da un giudizio che egli ha espresso, nettamente critico e di dissenso, rispetto al maxiemendamento presentato qui in Senato dal Governo.

In particolare, ciò che ha determinato la valutazione negativa da parte del relatore sulla finanziaria è il fatto che sia assente, non prevista, la copertura per la previdenza complementare del 2005.

Il ministro Maroni ha dichiarato: tutto ciò mi convince che questa finanziaria è sempre peggio; sull’onda di questa dichiarazione abbiamo il dissenso manifestato dal relatore. Sarebbe grave se l’assenza di copertura per far partire la previdenza complementare facesse perdere tempo prezioso, un altro anno, all’avvio del trasferimento del TFR. Le assicurazioni venute poco meno di un'ora fa dal Ministero dell'economia si risolvono in una promessa di nuovi provvedimenti.

Vi è quindi un problema politico nuovo sorto in queste ore; non dubito che la maggioranza e il Governo riusciranno a risolverlo con il voto di fiducia di domani. Non mi interessa molto il problema dei rapporti interni fra questa maggioranza; mi interessa, invece, l’effetto che sul Paese e sui lavoratori può avere l’innovazione introdotta con il maxiemendamento che lo stesso Ministro del lavoro dichiara essere negativa.

Signor Presidente, vorrei sottoporre all’attenzione dell’Assemblea, in realtà mettere a verbale per il futuro, alcune osservazioni che si riferiscono a quanto il disegno di legge finanziaria per il 2005 prevede circa le attività di cui è responsabile lo Stato volte a tutelare e garantire la sicurezza dei cittadini.

Il Governo con il testo originario della finanziaria 2005 aveva dato ad intendere che avrebbe incrementato le risorse per il Ministero dell'interno del 9,6 per cento rispetto alla finanziaria 2004, per un importo pari a circa 99 milioni di euro. In realtà, con la prima Nota di variazioni di bilancio ha effettuato una riduzione dello stanziamento per i cosiddetti consumi intermedi (si tratta praticamente di tutte le spese, tranne quelle obbligatorie come gli stipendi, quindi spese relative all'armamento, al casermaggio, all'equipaggiamento, ai mezzi di trasporto, ai carburanti) di circa 75 milioni di euro, diminuendo l'incremento complessivo, nel raffronto con il 2004, fino alla misura del 2,2 per cento.

Successivamente, con il maxiemendamento presentato alla Camera il Governo ha tagliato sullo stesso stanziamento altri 46 milioni di euro, portando il raffronto definitivo con il 2004 al -2,2 per cento, pari a circa 23 milioni di euro in meno rispetto alla finanziaria dell'anno che sta finendo, una finanziaria peraltro che ancora risentiva delle riduzioni dal 20 al 30 per cento in settori strategici come la motorizzazione e la logistica operate con il decreto taglia spese dell'allora ministro Tremonti.

Lo stesso maxiemendamento della Camera conferma il 2 per cento come tetto di spesa dei capitoli di bilancio del Ministero dell'interno, ma questa previsione, unitamente al drastico taglio ai consumi intermedi, comporterà una riduzione delle risorse mediamente del 10 per cento, con punte anche del 20 per cento per capitoli strategici come motorizzazione e formazione. Non è quindi una formula ad effetto dire che le macchine della polizia, laddove c'è più bisogno di controllo del territorio, rimarranno ferme perché non avranno la benzina.

Parallelamente il Governo, con il maxiemendamento presentato alla Camera, ha ridotto di altri 30 milioni di euro l'incremento del finanziamento di spesa corrente del Ministero dell'interno per il 2005, la più alta riduzione tra tutti i Ministeri nella tabella A, un finanziamento destinato soprattutto al poliziotto di quartiere, sul quale tanto si era detto e tanta propaganda era stata promossa, e al Fondo per le attività anticrimine e antiterrorismo.

Sempre con il maxiemendamento alla Camera viene escluso il blocco del turnover per la sicurezza e tuttavia non si prevede una priorità nelle assunzioni delle forze dell'ordine rispetto alle altre amministrazioni che invece era stata prevista nella finanziaria 2004.

Infine, un incremento di circa 73 milioni di euro per i contratti degli operatori che tentano un recupero parziale della riduzione di 200 milioni di euro che la finanziaria 2004 aveva previsto.

Con il maxiemendamento proposto alla Camera, il Governo, nonostante l'aggravarsi di tante emergenze (non solo quella napoletana) e nonostante le difficoltà finanziarie delle forze dell'ordine, ha scelto di ridurre la sicurezza dei cittadini proprio mentre sale l'allarme criminalità e si aggravano le condizioni della sicurezza nella vita quotidiana dei cittadini.

Al Senato cosa avviene? Oggi un nuovo emendamento trae risorse dalla tabella A, quella delle spese correnti, e le distribuisce nella finanziaria destinandone una parte alle assunzioni e una parte all'antiterrorismo e all'anticrimine. Le previsioni sono di 32 milioni di euro per il 2005, 56 milioni di euro per il 2006, 86 milioni di euro per il 2007 e 88 milioni di euro a regime, con la previsione dell’assunzione di 1.324 agenti di pubblica sicurezza e di 1.400 carabinieri. Già squillano le trombe per questi propositi di assunzione di nuove unità, ma vorrei sottolineare che quelle risorse vengono prese dalla tabella A e spalmate su altre destinazioni.

La riduzione delle spese per la sicurezza, di cui ho prima indicato i tratti fondamentali e che era stata già delineata dal provvedimento così come uscito dalla Camera, resta ferma; il risultato finale è che la finanziaria di quest'anno ridurrà dal 10 al 20 per cento i fondi per le Forze di polizia rispetto alla finanziaria 2004, il che è grave ed incomprensibile.

Direi anche che sarebbe penoso se qualcuno pensasse di far propaganda e di mettere tanti punti esclamativi attorno ad una decisione, quale quella di ieri, quella dell’ultimo maxiemendamento, che in nulla cambia la realtà drammatica dell’inefficienza nell’organizzazione delle forze di polizia per la lotta contro il crimine e per garantire il diritto alla sicurezza dei cittadini.

Vorrei sottolineare, signor Presidente, che tutto ciò avviene entro un quadro politico segnato da iniziative inquietanti, da un indebolimento complessivo del sistema delle garanzie per i cittadini, che vede da un lato le norme barbare in tema di legittima difesa, dall’altro la discussione, come al solito a marce forzate, di una nuova legge che, se approvata, inciderà negativamente sulla sicurezza dei cittadini, accorciando i termini della prescrizione e lasciando impuniti gli autori dei reati più gravi, imputati nei procedimenti più complessi, contemporaneamente aggravando il trattamento penale dei delinquenti di strada. Questo è chiaro, perché, per quel che riguarda i delinquenti di strada, non ci sono interessi dei potenti in gioco, mentre, per l’altro tipo di reati, quelli per i quali si accorcia la prescrizione e si garantisce l'impunità, ci sono interessi di uomini potenti in gioco.

Ancora, si continua nella denigrazione e nella delegittimazione dei magistrati, altro che voltare pagina! Dopo le sentenze di questi giorni, commentatori più o meno autorevoli hanno tirato un sospiro di sollievo e hanno detto: ora guardiamo al futuro. Neanche per idea: si continua con leggi inique, volte a tutelare privilegi, che sono in contrasto con l’interesse dei cittadini e con il principio dell'uguaglianza di tutti i cittadini davanti alla legge.

Mentre la criminalità è in aumento, voi togliete risorse alle forze di polizia, alle indagini, al controllo del territorio, all’azione antimafia e, contemporaneamente, preparate norme di legge che andranno a vantaggio dei delinquenti.

Questa è la valutazione critica che l’opposizione esprime riguardo alle previsioni della legge finanziaria che si riferiscono alla sicurezza dei cittadini. Questa valutazione critica viene manifestata ed espressa in un dibattito che sappiamo già doversi concludere con un voto di fiducia nel quale neanche i dissensi, le proposte e i suggerimenti che vengono dall’interno della maggioranza potranno in alcun modo pesare ed incidere; figuriamoci quindi se la nostra critica peserà sul voto finale. Ma la nostra critica rimane e potrà essere richiamata nei dibattiti e nelle battaglie che ci attendono.

Noi confidiamo di poter dimostrare al Paese quanto sia dannosa la vostra politica e quanto sia utile e necessario un ricambio alla direzione del Paese che avvenga il più presto possibile. (Applausi dal Gruppo DS-U e del senatore Dettori).

 

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Izzo. Ne ha facoltà.

 

IZZO (FI). Signor Presidente, onorevole Ministro, onorevoli Sottosegretari, sono rimasto per la verità un po’ sconcertato dall’intervento del collega Brutti Massimo: mi è parso infatti di capire che egli abbia svolto un’analisi, rispetto alla finanziaria che abbiamo di fronte, confrontandosi con quanto era stato approvato alla Camera e che è stato cambiato qua al Senato.

Successivamente lo stesso collega ha fatto riferimento alle misure contenute nel maxiemendamento e si è dovuto scontrare con la realtà degli appostamenti in esso contenuti. Ricordo a tale proposito che erano già stati presentati alcuni emendamenti (che, per la verità, erano a mia firma e il cui contenuto è stato fatto proprio dal Governo) per ciò che concerne le assunzioni nella polizia, il progetto AENEAS, le esigenze straordinarie legata alla lotta al terrorismo.

Sono stati stanziati 34 milioni per le esigenze di carattere infrastrutturale e gli investimenti.

 

BRUTTI Massimo (DS-U). Li avete tolti dalla tabella A.

 

IZZO (FI). Li abbiamo destinati al finanziamento. Questo è il dato di rilievo.

Collega Brutti, in maniera molto sommessa e pacata rispetto alla critica da lei fatta nel suo intervento, le rispondo che mi sento assolutamente sereno di appartenere all’attuale maggioranza, ma mi sento sereno soprattutto per il confronto che abbiamo quotidianamente con la gente. Non è affatto vero che la preoccupazione degli italiani è quella che lei rappresenta; anzi - purtroppo per voi - è assolutamente il contrario. Questo è il dato che emerge: desta preoccupazione - consentitemi di usare questo termine - l’astio con il quale si nega l’evidenza.

Certamente è indiscutibile che questa finanziaria avrebbe potuto anche prevedere tagli ulteriori e più efficaci; essa avrebbe probabilmente dovuto anche affrontare aspetti ancora più necessari di un sostegno, ma le disponibilità economiche sono quelle che sono e rispetto ad esse ci siamo mossi.

Sono convinto che un dato in particolare abbia dato fastidio all’opposizione: finalmente si è cambiato, si è voltato pagina, si è trasformato l’obiettivo del governo della spesa in governo dei bisogni dei cittadini. Era molto più comodo per un Governo inserire, così come è sempre avvenuto con i precedenti Governi, una serie di provvedimenti finalizzati a dare prebende o a creare spazi e nicchie per aumentare il consenso.

Nell’ambito della mia stessa Commissione - sarò provocatorio esaminando tale aspetto - ho presentato un emendamento secondo cui i dottori commercialisti, i ragionieri, i consulenti del lavoro potessero anch’essi presentare il modello 730 dei loro dipendenti. Perché lasciare questa prerogativa soltanto ai Centri di assistenza fiscale? Essi percepiscono dallo Stato ben 18 euro per la presentazione del modello 730. Tale modello può essere presentato dal datore di lavoro senza alcun aggravio. A tale cifra vanno poi aggiunti - qualche centro di assistenza fiscale lo fa - altri 20 euro di abbonamento, cosa che determina un aggancio mortale per tutto l’arco della vita a queste persone.

Anche la maggioranza alla quale appartengo è rimasta perplessa, preoccupata della situazione attuale, ma ripresenterò tale emendamento. Si avrà necessità di tornare a discutere di certe questioni. Perché 400 miliardi dello Stato devono finire nelle tasche di questi centri di assistenza fiscale? Nel momento in cui si interviene sulle nicchie di potere che si sono determinate negli anni precedenti, è chiaro che si determina una contrapposizione alla quale segue la manipolazione della realtà. Partendo da dati diversi si arriva a costruire un ragionamento che probabilmente porta ad una considerazione positiva, anche se purtroppo il presupposto è sbagliato.

Il Governo di centro destra, il Governo Berlusconi ha voluto, anche attraverso la concentrazione, raggiungere tre grandi obiettivi, vale a dire il taglio delle tasse, il contenimento della spesa corrente e un nuovo avvio degli investimenti. Spesso però ha incontrato una contrapposizione, non da parte di tutti ovviamente; vi sono stati anzi numerosi momenti di serenità nell’affrontare seriamente il lavoro in Commissione, sia da parte della maggioranza che dell’opposizione, ed è stata l’occasione per recepire una serie di osservazioni e suggerimenti che venivano da una parte a noi contrapposta.

Resta però l’impazzimento di alcuni rispetto al quale resto sconcertato, anzi, fortunatamente chi rimane sconcertata è l’Italia dato che - purtroppo per loro - questo Governo è destinato a continuare. Ogni tanto dicono che la maggioranza è in fibrillazione: io non sono d’accordo, piuttosto riscontro un’effervescenza di intelligenze e di proposte, non una contrapposizione ma un confronto.

Questa è la democrazia: ecco perché siamo diversi rispetto ad una parte della sinistra: abbiamo necessità di confrontarci, di approfondire i problemi per cercare di risolverli, andando incontro alle esigenze del cittadino.

Con una serie di provvedimenti, quindi, abbiamo cercato di dare delle risposte che non eravamo riusciti a dare loro finora e siamo convinti che il lavoro che abbiamo prodotto in Commissione è stato valido e ottimizzato rispetto all’obiettivo che ci siamo posti.

La fiducia, al di là del problema tecnico dei tempi, è l’esaltazione del lavoro compiuto in Commissione, in ben 15 giorni di confronto serio e serrato, non soltanto dai componenti della Commissione. Qualcuno ha detto che il testo del maxiemendamento è lungo ben 195 pagine, ma esso raccoglie tutto il lavoro fatto prima alla Camera dei deputati e poi nella Commissione bilancio del Senato, con qualche integrazione. Nessuno ha parlato dell’ulteriore grande sacrificio che ha fatto il Governo Berlusconi per destinare ben 2 miliardi di euro in più alla sanità che si trova in deficit. Nessuno dell’opposizione ha sottolineato questo grande sacrificio del Governo Berlusconi, anche se erano anni che avevamo deciso di bloccare le spese pazze delle Regioni. Meno male che è stato deciso il tetto del 2 per cento, che dovrà essere rispettato. Quante spese folli fanno gli enti locali e soprattutto le Regioni!

Sono di un piccolo paese di settemila anime della Provincia di Benevento; eppure l’amministrazione di centro-sinistra era presente con una numerosa delegazione al Columbus day. E in rappresentanza della provincia di Benevento (dove ci sono 270.000 abitanti), sono andate ben 41 persone a fare la gita a New York. Perché questo deve avvenire a spese di tanti cittadini che non c’entrano niente con queste scelte? È in questa direzione che dobbiamo verificare le spese degli enti locali e la loro produttività.

Ha fatto quindi bene il Governo, da un lato, a bloccare fino al 31 dicembre 2005 la possibilità per gli enti locali di aumentare l’IRAP e l’IRPEF e, dall’altro, a prevedere che le Regioni che sfondano il tetto della spesa in campo sanitario possano applicare una sovrattassa per pianificare lo sforamento.

Colleghi, credo che sia stato svolto un esame serio ed approfondito e che ai cittadini, che ci hanno ascoltato attraverso la radio o la stampa, il Governo abbia dato risposte soprattutto sotto il profilo della sicurezza. Ricordo l’intervento di ieri del collega Giaretta, prima della presentazione del maxiemendamento; credo che ora egli si sia convinto che questo Governo ha come obiettivo soprattutto la sicurezza del cittadino, perché grazie a ciò possiamo contribuire allo sviluppo economico della nostra realtà.

Da uomo del Sud, devo dire che il Governo è attento ai problemi del Mezzogiorno. Probabilmente questa parola dà fastidio a qualche collega della nostra maggioranza ed è stata sostituita con l’espressione "aree sottoutilizzate del Paese", ma questo non ci ha danneggiato; del resto anche nel Nord esistono aree sottoutilizzate.

L’atteggiamento serio di questo Governo rispetto ai problemi del Mezzogiorno, la sua capacità di aiuto e di stimolo allo sviluppo ci lascia tranquilli, ci mette nelle condizioni - certo, dobbiamo essere sempre attenti a che questo accada - di riscattarci. Davvero mette noi meridionali nelle condizioni di comprendere che il nostro avvenire dipende soltanto da noi e dalla nostra capacità di saper bene investire i fondi che lo Stato ci attribuisce. Per la prima volta, come ho già detto in precedenza, nel 2002-2003 abbiamo utilizzato tutti i fondi provenienti dall’Unione Europea; anzi, nel quadro comunitario, grazie al sostegno ricevuto ci avviamo ad utilizzare anche i fondi dei Paesi che hanno mancato di utilizzarli. Questa è un’attività di governo.

Da ultimo, signor Presidente, onorevoli colleghi, permettetemi una notazione: ieri sera, terminati i lavori dell’Assemblea ho letto le notizie su Televideo ed ho guardato la trasmissione "Porta a Porta". Mi sia consentito di plaudire al ritorno nel mondo politico del già ministro Tremonti, al quale va il nostro saluto ed il nostro ringraziamento come uomini di Forza Italia per l’impegno che egli ha dichiarato di voler porre per la ripresa del dinamismo di questo partito che purtroppo, avendo come suo rappresentante il Presidente del Consiglio, si ritrova sempre ad essere più propositivo e più esposto ad assecondare le richieste provenienti dai Gruppi alleati. Questo non ci pone, però, in concorrenza, ma in una condizione di maggiore amalgama.

Innanzitutto, ci tranquillizzano le considerazioni svolte dal segretario dei DS; l’altra sera Berlusconi brindava all’ipotesi, non conoscendo effettivamente ancora quando (se cioè attraverso le primarie, quando e se si faranno) sarà individuato il candidato dell’opposizione, che costui sia Prodi. Come il presidente Berlusconi, mi auguro anch’io che sarà Prodi. Lunga vita a Prodi come avversario politico: siamo assolutamente tranquilli di poterlo battere ancora...

 

IOVENE (DS-U). Non lo avete mai battuto!

 

IZZO (FI). …atteso che effettivamente rappresenta il vecchio, l’antico, la SME! Sto cercando di sostituire una qualificazione che mi viene in mente e che credo non debba essere pronunciata! Rappresenta tutto il passato! Mi sorprende - anche se non più di tanto - l’atteggiamento di Montezemolo, il quale sin dal primo momento ha dichiarato quale fosse il suo atteggiamento verso il Governo. D’altronde, non poteva che essere questo l’atteggiamento di colui che rappresenta la FIAT di fronte ad un Governo che ormai ha tagliato il cordone del sostegno alla grande impresa metalmeccanica ed alla grande impresa FIAT. (Applausi del senatore Giuliano). È la reazione giusta.

Per fortuna, però, nella sua capacità di autocritica, ha avuto modo di riferirsi a 10-15 anni addietro, perché il problema non nasce oggi ma 10-15 anni fa; è strutturale e non contingente e deve essere affrontato.

Credo che il Governo abbia posto in essere una serie di interventi che ci hanno aiutato a non avere un crollo ulteriore; siamo riusciti a mantenere tutti i limiti posti dal Trattato di Maastricht (l’incremento del PIL viaggia all’1,4 per cento). È ovvio che il nostro auspicio sarebbe di vederlo viaggiare ad una maggiore velocità.

Bene ha fatto il ministro Marzano a dichiarare che ci adopereremo, attraverso il decreto sulla competitività delle nostre aziende che esamineremo nel prossimo mese di gennaio, per avviare la ripresa che oramai è dietro l’angolo, anche se dobbiamo attendere ancora un po’. Speriamo negli esiti dei colloqui che il presidente Berlusconi ha avuto con Blair ieri e in quelli che avrà con Schröeder e Bush per determinare un’azione capace di riequilibrare il rapporto tra euro e dollaro. Ricordo quando Prodi era entusiasta e si beava da commissario nel dire che l’euro doveva essere forte e che doveva superare il dollaro, che il rapporto doveva essere di 1,20 o 1,30.

Questa è la realtà. Subiamo la debolezza del dollaro, che è dovuta all’eccessivo deficit degli Stati Uniti. Non so quando si fermerà l’impennata dell’euro e quali saranno le conseguenze del tonfo che comunque ci sarà; speriamo comunque che ci possa essere un riequilibrio moderato.

Non mi ha sorpreso, signor Presidente, leggere su "l’Unità" che la CGIL si ricorda di comunicare agli italiani che avevano ragione loro e poi ammonisce Luca Cordero di Montezemolo a stare attento a non cadere nella trappola del Governo che punta al conflitto tra imprese e sindacati. Vorrei sapere, però, quando questo Governo ha puntato al conflitto.

Ricordo i numerosi provvedimenti che il Governo Berlusconi ha adottato, anche nella finanziaria in esame, per venire incontro alle cancrene determinate dai sindacati. Mi riferisco, ad esempio, ai lavori socialmente utili di Napoli e di Palermo, ai lavoratori della forestale della Calabria e così via. Abbiamo affrontato questi problemi che non ci appartengono, di cui però è giusto farsi carico in una Nazione democratica. Dobbiamo, però, dire anche basta e determinare una trasformazione dei lavori socialmente utili. Non è possibile che i lavoratori socialmente utili continuino ad essere un appesantimento per lo Stato piuttosto che una parte produttiva per la Nazione.

Ci dimentichiamo l’aiuto fornito dal Governo Berlusconi alla Regione Campania e al presidente Bassolino, al quale piace essere chiamato governatore. Leggiamo questa parola dai vocabolari, ma in Italia - mi rivolgo al costituzionalista Presidente - fortunatamente non esiste ancora tale figura.

Ricordo anche il sindaco di Capri, che si era convinto di essere il principe di Montecarlo: voleva che Capri fosse qualcosa di diverso, che venisse estrapolata dall’Italia. Ricordo anche quanto è costata allo Stato la gestione Bassolino, come sindaco e ora come Presidente della Regione. Il giorno prima che in Campania scoppiasse la rivoluzione a causa dei rifiuti, Bassolino si è dimesso: per quattro anni, però, ha dilapidato 1.800 miliardi, non dandone conto.

La Regione Campania, poi, ha il primato - questo sì! - nel campo delle consulenze: si doveva ammodernare e rinnovare il tessuto produttivo della Regione Campania sotto il profilo del personale. Pertanto, sono state distribuite ovunque consulenze. Ora assistiamo al fatto che ben 80.000 giovani partecipano al concorso per 20 posti di operatore meccanografico, che si sta svolgendo proprio in questi giorni. Il governatore Bassolino - come, ripeto, ama essere chiamato - ha avuto la forza di finanziare anche un corso per veline. Questa è la dispersione del denaro pubblico che non possiamo più accettare!

Dovremo intervenire, quindi, anche nelle spese di gestione delle amministrazioni locali.

Sottolineo, in conclusione, che sono soddisfatto della manovra finanziaria posta in essere dal Governo Berlusconi: certamente non sono convinto che abbia risolto i problemi dell’Italia, ma so che finalmente ha determinato le condizioni per avviare una straordinaria inversione di tendenza. Condivido il termine "epocale" che è stato usato, perché dopo quarant'anni finalmente le tasse iniziano a diminuire. Le tasse saranno il volano - questo è il motivo alla base del nervosismo della sinistra - della ripresa economica della nostra Nazione e creeranno le condizioni per avviare davvero una ripresa nei prossimi anni.

Auguro a questa maggioranza di essere sempre capace di fornire ai cittadini le risposte che si attendono dagli amministratori e dai governanti e non quelle demagogiche che ho sentito, come fatto di pura e semplice contrapposizione alle nostre proposte. (Applausi dal Gruppo FI. Congratulazioni).

 

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Curto. Ne ha facoltà.

 

CURTO (AN). Signor Presidente, onorevoli colleghi, intervengo nuovamente nel dibattito sul disegno di legge finanziaria nella consapevolezza che il maxiemendamento presentato dal Governo costituisce un innegabile passo in avanti rispetto alle istanze che provengono dai ceti produttivi del Paese.

Molto spesso nel passato i maxiemendamenti e i voti di fiducia non sono stati altro che un espediente tecnico finalizzato ad imporre alle maggioranze scelte impopolari oppure a superare momenti di crisi politica o di scarsa coesione all'interno della coalizione di Governo.

Questa volta non è così. Il maxiemendamento e il conseguente voto di fiducia sono strettamente connessi a due esigenze, una tecnica e l'altra politica: quella tecnica, legata alla necessità di approvare la legge finanziaria entro il 31 dicembre, evitando così il ricorso all'esercizio provvisorio; quella politica, indirizzata a migliorare, così come poi in effetti è avvenuto, il testo e i contenuti della finanziaria, al fine di fornire risposte quanto più positive all'intera società italiana.

E così in effetti è stato. Un impianto innovativo, che trova i suoi punti di forza: nella diminuzione della pressione fiscale, fatto assolutamente in controtendenza rispetto alle politiche economiche del passato; nella nuova dinamica dell'IRAP, balzello inventato dal centro-sinistra, con cui il centro-destra introduce misure agevolative, invece, perché investe in ricerca, in innovazione tecnologica e crea nuove assunzioni; nel rispetto dei parametri di Maastricht, obiettivo raggiunto nonostante la congiuntura economica non favorevole nell'ambito nazionale e molto complessa sul piano internazionale a causa della concorrenza, in molti nostri settori strategici, dei Paesi cosiddetti emergenti; in una politica virtuosa, tendente all'eliminazione dei tanti sprechi che ancora oggi affliggono il sistema organizzativo e burocratico statale, in uno con provvedimenti miranti al contenimento della spesa pubblica attraverso l'adozione del parametro invalicabile del 2 per cento.

Ho apprezzato pertanto l'atteggiamento del Governo, che ha ripristinato il vecchio articolo 14 che voleva e vuole creare le condizioni per una moralizzazione dei finanziamenti pubblici, che, come vediamo quotidianamente, rappresentano un uso sciagurato delle risorse pubbliche collettive, sicché esse non solo vengono utilizzate in maniera impropria da non aventi diritto, ma creano anche distorsione all'interno del mercato e concorrenza sleale, che sono poi i presupposti sui quali si basa lo sfaldamento della società economica.

Mi riferisco ad una politica realmente sociale in alcuni settori particolarmente sensibili, come la sanità, a cui con questa legge finanziaria vengono assegnate risorse maggiori rispetto a quanto fatto dai Governi di centro-sinistra. Su un impianto di questo genere, rigoroso, riformatore ed europeo, si inseriscono poi gli interventi migliorativi del maxiemendamento: la risoluzione del problema dei forestali calabresi, fatto quanto mai opportuno, anche se probabilmente si è creato un precedente pericolosissimo, e cioè quello per cui i problemi del Paese e delle categorie possono essere risolti solo attraverso il ricorso alla piazza.

Sono convinto che sul tema ci sia sempre stata la sensibilità del Governo e probabilmente si sarebbero dovute trovare le occasioni per anticipare quel problema che è sfociato anche in occupazioni di assi viari di strategica importanza per l'intera Nazione. È un peccato che alla soluzione si sia giunti in questo modo, e quindi tocca oggi al Governo impedire interpretazioni false e fuorvianti che snaturerebbero una scelta politica fatta invece con grande consapevolezza e senso di responsabilità.

Ci sono nuove e aggiuntive risorse a favore del fondo per le esigenze straordinarie antiterrorismo, a dimostrazione del fatto che nel nostro Paese, anche quando il livello di attenzione sul gravissimo problema della sicurezza nazionale ed internazionale diminuisce, con grande senso di responsabilità questo Governo non attenua o allenta la presa.

Ricordo poi la correzione del provvedimento che tagliava l'indennità di disoccupazione ai braccianti agricoli, questione sulla quale ci siamo spesi molto nel confronto col Governo, in un settore sensibile qual è quello dell'agricoltura, su cui è opportuno puntare e investire molto per ciò che potrà dare al nostro Paese e sul quale l'azione del Governo dovrà mettersi in moto.

Ma so che al riguardo c'è già un impegno preciso in direzione di un più favorevole adeguamento del livello degli oneri sociali a quello degli altri Paesi europei, soprattutto di quelli concorrenti (come la Grecia, la Spagna e il Portogallo); in direzione di maggiori controlli nel campo delle sofisticazioni e delle frodi; in direzione del superamento di un'intollerabile disparità fra il prezzo all'origine e quello al commercio; in direzione del ripristino di un sistema creditizio capace di sostenere il settore. E ricordo ancora il provvedimento di proroga per i lavoratori socialmente utili, invocato da molte amministrazioni locali, alle quali però forse sarebbe opportuno chiedere un maggiore controllo per l'utilizzo più idoneo dei medesimi.

Vi è poi il provvedimento tendente a limitare i danni del dumping nel settore siderurgico, che avrebbe potuto mettere in difficoltà un settore strategico che già qualche mese fa aveva dovuto affrontare il problema dell'approvvigionamento del carbon coke dalla Cina che ha messo in forse, soprattutto nell'area meridionale, nello specifico in Puglia, all'interno dell'ex stabilimento siderurgico dell'ILVA di Taranto, la possibilità per molti giovani di avere un posto di lavoro; problema che è stato risolto con l'intervento autorevole di un Vice Ministro di Alleanza Nazionale il quale è riuscito, attraverso il rapporto con il Governo cinese, a creare nuovamente le condizioni per un adeguato approvvigionamento.

Un maxiemendamento, quindi, ricco di novità positive che però non si fermano ai citati interventi settoriali, ma vanno oltre, incidendo su settori a fortissimo impatto politico. È il caso del settore della sicurezza, una delle questioni oggi più delicate sulle quali si concentra l'attenzione del Paese.

Molte Regioni del Sud, ma anche qualcuna del Nord, sia pure con gradualità differenti - dobbiamo dirlo con certezza e forza - sono alle prese con quell'autentico morbo rappresentato dalla criminalità comune e da quella organizzata.

Napoli e il suo hinterland costituiscono oggi una delle preoccupazioni più laceranti dell'intero Paese. Il Governo in carica, senatore Brutti, risponde a questa ormai cronica emergenza non come rispose qualche tempo fa il Governo del centro-sinistra, e cioè con offensivi aumenti salariali inferiori alle 18.000 lire mensili dell'epoca - peraltro 18.000 lire lorde - ma con risorse ben più consistenti e con l'assunzione straordinaria di circa 3.000 fra poliziotti e carabinieri.

Questo Governo risponde in via più generale con un taglio diverso, anzi diametralmente opposto, rispetto al centro-sinistra, il quale per far entrare il nostro Paese in Europa ci propinò l'ennesima odiosissima tassa, la tassa per l'Europa. Il Governo del centro-destra, pur nelle mutate condizioni economiche nazionali ed internazionali, per farci rimanere in Europa non solo non ci sta facendo pagare nessuna tassa, ma crea le condizioni per migliorare la pressione fiscale e per renderla più vicina alle esigenze del cittadino.

Certo, tutto questo non è sufficiente. Certo, è aperto il dibattito sulla competitività e lo sviluppo. Una competitività ed uno sviluppo oggi alle prese con le varie problematiche di portata internazionale. Mi riferisco in primo luogo alla concorrenza dei Paesi dell'Est nel settore manifatturiero, che ha fatto sprofondare in una grave crisi il TAC (tessile-abbigliamento-calzaturiero) meridionale, ma mi riferisco anche alla concorrenza dei Paesi emergenti: India, Brasile e soprattutto Cina, con tutte le sue implicanze storiche, sociali e culturali, Paese con enormi potenzialità, ma anche con contraddizioni in tema di tutela del lavoro e dei lavoratori, e soprattutto nell'ambito del riconoscimento dei diritti umani. Una etnia capace di soppiantare il distretto tessile di Prato, una volta leader in campo nazionale ed europeo, di impadronirsi del settore dell'abbigliamento in Campania, di localizzarsi definitivamente nelle tante Chinatown di cui sono ricche le nostre metropoli.

Va inoltre considerata l'irrisolta questione del Patto di stabilità e di crescita che oggi più che mai dovrebbe determinare un maggior grado di coesione e di equilibrio tra i due fattori (stabilità e crescita), che non possono procedere in direzione opposta ma debbono, al contrario, convergere. Non c'è nessuno scandalo a chiederne una rivisitazione, senza con questo alleggerirne i vincoli che ne determinarono la nascita. Non c'è scandalo se le deroghe vanno in direzione di spese per investimenti dai quali il territorio può trarre occupazione e ricchezza. Non vi è scandalo se le deroghe vengono finalizzate ad opere infrastrutturali delle quali, soprattutto al Sud, si avverte urgente bisogno; non vi è scandalo ad interpretare, alla luce dei nuovi accadimenti epocali, in maniera moderna ed innovativa i contenuti del Patto medesimo.

Tra le tante problematiche, peraltro non derivanti da comportamenti poco virtuosi del nostro Paese, perché non ricordare poi l’influenza negativa sulle esportazioni e sul commercio estero della sopravvalutazione dell’euro rispetto al dollaro, oppure il costo del greggio lievitato notevolmente all’indomani della questione irachena? Perché non ricordare ancora, tra le tante problematiche assolutamente non imputabili a questo Governo, il processo di deindustrializzazione che ha accompagnato in questi anni il nostro Paese, dopo che una sciagurata politica di mero assistenzialismo industriale, portata avanti dal centro-sinistra (uno splendido esempio é sicuramente quello delle famosissime rottamazioni che drogarono il mercato dell'auto), ha impedito alle grandi industrie nazionali di impegnarsi sul piano della competitività reale per battere la concorrenza?

È stata molto puntuale a mio avviso (al di là delle valutazioni in qualche caso discordanti, in altre coincidenti, del centro-destra e del centro-sinistra) l’analisi del presidente di Confindustria quando ha ricordato non solo - e questo è un fatto secondario - che mai come in questo momento storico si sono concentrate tante negatività nel nostro sistema economico ma, soprattutto (e questo è primario all’interno del dibattito politico), che tale situazione trova le sue radici nel passato: "problemi che vengono da lontano, questioni antiche, strutturali" dice Montezemolo.

Il riferimento non è sicuramente indirizzato all’attuale Governo di centro-destra. Diciamolo in maniera chiara: egli si riferisce a tutto quello che hanno fatto o non fatto i Governi di centro-sinistra del passato quando l’economia internazionale poteva vivere di una luce e di una forza importante, quando la congiuntura permetteva un’esplosione, un’amplificazione dei processi produttivi, al contrario di ciò che avviene oggi, quando ci troviamo in una crisi profonda, forse di identità, alla quale dobbiamo fornire risposte.

Voglio ricordare ai colleghi del centro-sinistra che questa è l’ennesima finanziaria predisposta dal centro-destra senza mettere in maniera improvvisata e furfantesca le mani nelle tasche degli italiani. Non è una frase fatta.

Nel 1991 - quindi tredici anni fa - all’ultimo momento fu adottato un provvedimento dall’allora presidente Amato che permise un prelievo sui conti correnti bancari privati ammontante al 6 per mille. Voglio ricordare la cifra reale. Quella presunta era di 5.150 miliardi, quella reale, quella cioè che entrò nelle casse dello Stato con un prelievo forzoso e - a mio avviso - eticamente ingiusto ed immorale, fu di 5.258 miliardi. Rapportate non soltanto la cifra di allora all’odierna valuta, ma anche l’atteggiamento tenuto nei confronti della collettività da parte di un Governo che non si fece scrupoli a sottrarre risorse comuni per l’interesse strategico della coalizione che in quel momento governava il Paese.

Partendo da queste considerazioni , riteniamo di fare nostro il titolo di un fondo a firma di Dario Di Vico pubblicato oggi dal "Corriere della Sera": "finito il tempo degli indugi". È vero, sono finiti i tempi degli indugi, e non perché questo Governo abbia indugiato molto o troppo nell'affrontare i problemi sul tappeto, ma perché oggi è necessario imprimere un’accelerazione fortissima al processo riformatore che deve accompagnare il Paese.

Questo Governo ha fatto molto sino ad ora in queste direzioni: la riforma delle pensioni, che non mi pare sia stata particolarmente osteggiata, neanche da quei sindacati troppo avvezzi agli scioperi preventivi (altra deriva, a mio avviso, nel ruolo di un sindacato che dovrebbe interessarsi, più che della propria sussistenza, delle esigenze reali del Paese); la riforma Moratti, che se da un lato ha fatto emergere lo spirito spiccatamente conservatore di un mondo culturale che per sua natura dovrebbe avere diverse inclinazioni, ha nel contempo rappresentato un'ipotesi realistica di scuola moderna e proiettata al futuro; la riforma dell'ordinamento giudiziario, anch’esso alle prese col mondo della conservazione, con lo spirito di casta, con lo spirito di parte, con lo spirito della fazione; i primi passi verso una riforma fiscale capace di non contrapporre fisco e cittadini, sulla quale ci impegniamo a verificare quanto prima possibile la possibilità di introduzione del principio del quoziente famigliare, l'unico a nostro avviso che può determinare le condizioni e i presupposti per mettere al centro del dibattito politico e del dibattito economico quella cellula centrale della società che è sicuramente la famiglia; la riforma del mercato del lavoro, la cosiddetta legge Biagi, a mio personale avviso - lo debbo dire ovviamente sottovoce ma non posso non dirlo - insufficiente a recepire le esigenze di semplificazione del sistema da parte delle aziende, ma che comunque ha rappresentato una novità vera all'interno di un mondo particolare come quello del lavoro.

Non è quindi per puro obbligo di schieramento, ma per convinzione certa che chiediamo a questo Governo di andare avanti: di andare avanti verso le riforme, di andare avanti verso uno Stato liberale e sociale al stesso tempo (e non è questa sicuramente un'eresia concettuale), di andare avanti verso il recupero di un rapporto di fiducia col cittadino, di andare avanti verso il progresso, di andare avanti verso la libertà. (Applausi dal Gruppo AN. Congratulazioni).

 

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Iovene. Ne ha facoltà.

 

IOVENE (DS-U). Signor Presidente, la finanziaria sulla quale il Governo ha chiesto la fiducia non è quella prevista dal Documento di programmazione economico-finanziaria approvato dal Parlamento, né quella sulla quale la Camera prima e il Senato poi hanno discusso lungamente.

Dopo due mesi in cui sono stati presi in giro il Paese e il Parlamento si arriva ad una finanziaria "prendere o lasciare", che produrrà - come è stato denunciato negli interventi svolti in questo dibattito - grandi guasti al Paese e che esprime grandissime contraddizioni.

Voglio fare, nel corso del mio intervento, solo alcuni esempi.

In questi giorni il Ministero degli esteri ha appena concluso la celebrazione delle Giornate della cooperazione italiana allo sviluppo. È un peccato che l'abbia fatto proprio nel momento in cui il nostro Paese ha toccato il record, negativo nella sua storia, di ultimo tra i Paesi sviluppati quanto ai finanziamenti per la cooperazione allo sviluppo: eravamo allo 0,17 per cento, con la manovra di luglio siamo scesi allo 0,13 per cento, superando in discesa gli Stati Uniti d'America e diventando, come ho detto, l'ultimo Paese tra quelli sviluppati in termini di percentuale di contributi rispetto al PIL per la cooperazione con i Paesi in via di sviluppo. Siamo molto lontani da quello 0,7 per cento indicato come impegno internazionale, obiettivo del millennio; addirittura un terzo di quello 0,3 per cento di cui lo stesso Berlusconi aveva parlato in sede internazionale alle Nazioni Unite in più occasioni.

Proprio quest'anno il vostro Governo si è macchiato dell'onta di aver mancato il versamento al Fondo globale per la lotta all'AIDS e alle altre malattie nei Paesi del Sud del mondo. Se - ma si dà quasi per certo - dopo questa finanziaria sarà necessaria una nuova manovra, credo che il timore che manifestano tante organizzazioni non governative, tante realtà e tanti Paesi in via di sviluppo, sarà che ancora una volta, come già nel 2004, a rischiare saranno i fondi per la cooperazione.

Faccio un secondo esempio. Il vostro Governo ha parlato a più riprese, in questi anni, di sussidiarietà; il precedente ministro dell'economia e delle finanze, Tremonti, ne ha parlato a più riprese.

C’era una norma, sulla quale il mondo del no profit del nostro Paese tutto unito si era impegnato e che aveva richiesto da anni; questa norma era riassunta in una campagna - "Più dai, meno versi" - e riguardava la deducibilità fiscale delle erogazioni concesse alle organizzazioni no profit, alle realtà del terzo settore. Una norma sottoscritta da parlamentari - sia alla Camera che al Senato - di tutti gli schieramenti politici, anche della vostra maggioranza. Lo stesso Governo, ad un certo punto, si era dichiarato disponibile. Ebbene, non vi è traccia di questa norma all’interno della finanziaria e avete perso l’ennesima occasione, mentre ricorderete tutti che lo scorso anno, nella finanziaria del 2004, l’allora ministro Tremonti aveva fatto grande propaganda della detax, che è scomparsa in un enorme buco nero; anzi, mi piacerebbe che una volta in Parlamento venisse il nuovo Ministro dell’economia (o qualcuno dei Sottosegretari di quel Dicastero) a dirci che fine ha fatto la detax dello scorso anno, tanto propagandata dal ministro Tremonti.

Un altro esempio riguarda il mondo sportivo. Avete trovato, alla fine, con il maxiemendamento, 450 milioni di euro per il CONI; però, non siete stati in grado di trovare neanche un euro per gli enti di promozione sportiva, quegli enti che quotidianamente introducono milioni di giovani e di anziani di settori sociali in difficoltà alla pratica sportiva e che hanno fatto della pratica sportiva un grande fatto sociale e culturale del nostro Paese. Per gli enti di promozione sportiva non siete stati in grado - ripeto - di trovare neanche un euro.

Questi erano esempi relativi a problemi generali. Vi è poi una questione che mi riguarda più direttamente, perché legata alla mia Regione, di cui si è parlato molto in queste ore (ne ha parlato poco fa anche il collega Izzo); quella dei lavoratori forestali. Vorrei che la ricapitolassimo, perché è bene dire come stanno esattamente le cose.

Il Governo ha fatto finta che il problema non esistesse per mesi; ha ignorato le segnalazioni delle prefetture, ha ignorato e fatto orecchio da mercante nei confronti delle richieste dei sindacati, non ha neanche ritenuto di dover ascoltare le rappresentanze istituzionali di quella Regione che voi governate (si fa per dire, uso un eufemismo) e le richieste che il presidente della Regione, Chiaravalloti, e l’assessore alla forestazione, Gallo, avanzavano. Non c’è niente, né nella finanziaria presentata alla Camera e in quella poi arrivata al Senato, né nel primo maxiemendamento; in Commissione bilancio, il sottosegretario Vegas, il presidente della Commissione Azzollini, i relatori, di fronte alle richieste dell’opposizione, hanno detto chiaramente che non era possibile, che non c’era la copertura finanziaria e che non era materia risolvibile in Commissione.

Avete portato i lavoratori forestali della Calabria all’esasperazione e c’è stato bisogno che quell’esasperazione si trasformasse in blocchi stradali, in occupazioni di aeroporti, di ferrovie, di strade perché cominciaste a sentire qual era il problema e scopriste che ci sono 11.000 lavoratori forestali con le loro famiglie che non potevano avere una pistola puntata alla tempia, essere licenziati dalla sera alla mattina senza nessuna possibilità, senza nessuna prospettiva.

Hanno dovuto bloccare la Regione e gran parte del Mezzogiorno e siete stati costretti ad una rapidissima marcia indietro, che ha avuto anche una coda velenosa: la nomina di un commissario (il qui presente ministro Calderoli); velenosa perché avete commissariato, di fatto, la vostra maggioranza, il vostro presidente della Regione. A ciò è seguita anche una rissa tra il Ministro delle politiche agricole e l’attuale Commissario in pectore.

Il modo in cui vi relazionate nei confronti del terzo settore, del Mezzogiorno e di una Regione come la Calabria non è il solo motivo per negarvi la fiducia, ma è un motivo già di per sé sufficiente per negarvi, domani, la fiducia e perché ve la neghino gli italiani alle prossime elezioni. (Applausi dal Gruppo DS-U).

 

PRESIDENTE. Non essendo presenti in Aula i successivi iscritti a parlare, dichiaro chiusa la discussione sulla questione di fiducia posta dal Governo.

Pertanto, rinvio il seguito della discussione del disegno di legge in titolo ad altra seduta.


Allegato A

 

 

DISEGNO DI LEGGE

Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato ( legge finanziaria 2005 ) (3223)

 

EMENDAMENTO 1.2000, SU CUI IL GOVERNO HA POSTO LA QUESTIONE DI FIDUCIA INTERAMENTE SOSTITUTIVO DEGLI ARTICOLI CHE COMPONGONO IL DISEGNO DI LEGGE N. 3223

 

1.2000

IL GOVERNO

(*)

Sostituire gli articoli da 1 a 44 con il seguente:

"Art. 1

1. Per l’anno 2005, il livello massimo del saldo netto da finanziare resta determinato in termini di competenza in 50.000 milioni di euro, al netto di 7.494 milioni di euro per regolazioni debitorie. Tenuto conto delle operazioni di rimborso di prestiti, il livello massimo del ricorso al mercato finanziario di cui all’articolo 11 della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni, ivi compreso l’indebitamento all’estero per un importo complessivo non superiore a 2.000 milioni di euro relativo ad interventi non considerati nel bilancio di previsione per il 2005, resta fissato, in termini di competenza, in 245.000 milioni di euro per l’anno finanziario 2005.

2. Per gli anni 2006 e 2007 il livello massimo del saldo netto da finanziare del bilancio pluriennale a legislazione vigente, tenuto conto degli effetti della presente legge, è determinato, rispettivamente, in 41.000 milioni di euro ed in 24.500 milioni di euro, al netto di 3.572 milioni di euro per l’anno 2006 e 3.176 milioni di euro per l’anno 2007, per le regolazioni debitorie; il livello massimo del ricorso al mercato è determinato, rispettivamente, in 235.000 milioni di euro ed in 210.000 milioni di euro. Per il bilancio programmatico degli anni 2006 e 2007, il livello massimo del saldo netto da finanziare è determinato, rispettivamente, in 43.000 milioni di euro ed in 39.000 milioni di euro ed il livello massimo del ricorso al mercato è determinato, rispettivamente, in 281.000 milioni di euro ed in 246.000 milioni di euro.

3. I livelli del ricorso al mercato di cui ai commi 1 e 2 si intendono al netto delle operazioni effettuate al fine di rimborsare prima della scadenza o ristrutturare passività preesistenti con ammortamento a carico dello Stato.

4. Per ciascuno degli anni 2005, 2006 e 2007, le maggiori entrate rispetto alle previsioni derivanti dalla normativa vigente sono interamente utilizzate per la riduzione del saldo netto da finanziare, salvo che si tratti di assicurare la copertura finanziaria di interventi urgenti ed imprevisti necessari per fronteggiare calamità naturali, improrogabili esigenze connesse con la tutela della sicurezza del Paese, situazioni di emergenza economico-finanziaria ovvero riduzioni della pressione fiscale finalizzate al conseguimento degli obiettivi indicati nel Documento di programmazione economico-finanziaria.

5. Al fine di assicurare il conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica stabiliti in sede di Unione europea, indicati nel Documento di programmazione economico-finanziaria e nelle relative note di aggiornamento, per il triennio 2005 - 2007 la spesa complessiva delle amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato, individuate per l’anno 2005 nell’elenco 1 allegato alla presente legge e per gli anni successivi dall’Istituto nazionale di statistica (ISTAT) con proprio provvedimento pubblicato nella Gazzetta Ufficiale non oltre il 31 luglio di ogni anno, non può superare il limite del 2 per cento rispetto alle corrispondenti previsioni aggiornate del precedente anno, come risultanti dalla Relazione previsionale e programmatica.

6. Le disposizioni del comma 5 non si applicano alle spese per gli organi costituzionali, per il Consiglio superiore della Magistratura, per interessi sui titoli di Stato, per prestazioni sociali in denaro connesse a diritti soggettivi e per trasferimenti all’Unione europea a titolo di risorse proprie.

7. Le amministrazioni di cui al comma 5, oltre ad applicare le specifiche disposizioni di cui agli articoli successivi, adottano comportamenti coerenti con quanto previsto nel comma 5.

8. Al fine di assicurare il concorso del bilancio dello Stato al raggiungimento degli obiettivi di cui ai commi da 5 a 7, per il triennio 2005-2007 gli stanziamenti iniziali di competenza e di cassa delle spese aventi impatto diretto sul conto economico consolidato delle pubbliche amministrazioni, tranne quelli di cui al comma 6 nonché quelli connessi ad accordi internazionali già ratificati, a limiti di impegno già attivati e a rate di ammortamento mutui, possono essere incrementati entro il limite del 2 per cento rispetto alle corrispondenti previsioni iniziali del precedente esercizio ridotte ai sensi del decreto-legge 12 luglio 2004, n. 168, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2004, n. 191, intendendosi corrispondentemente rideterminate le relative autorizzazioni di spesa mediante rimodulazione nei successivi esercizi. Le dotazioni di competenza e di cassa del bilancio dello Stato sono conseguentemente ridotte secondo quanto previsto nell’elenco 2 allegato alla presente legge. Per gli stanziamenti relativi ad oneri di personale si fa riferimento alla dinamica tendenziale complessiva dei relativi livelli di spesa.

9. Per il triennio 2005-2007, le riassegnazioni di entrate e l’utilizzo dei fondi di riserva per spese obbligatorie e d’ordine e per spese impreviste non possono essere superiori a quelli del precedente esercizio incrementati del 2 per cento. Nei casi di particolare necessità e urgenza, il predetto limite può essere superato, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze, da comunicare alle competenti Commissioni parlamentari e alla Corte dei conti.

10. Le dotazioni indicate nella Tabella C allegata alla presente legge sono rideterminate, nella medesima Tabella, in coerenza con i limiti di cui al presente articolo.

11. Fermo quanto stabilito per gli enti locali dal comma 44 della presente legge, la spesa annua per studi ed incarichi di consulenza conferiti a soggetti estranei all’amministrazione sostenuta per ciascuno degli anni 2005, 2006 e 2007 dalle pubbliche amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, esclusi le università, gli enti di ricerca e gli organismi equiparati, non deve essere superiore a quella sostenuta nell’anno 2004. L’affidamento di incarichi di studio o di ricerca, ovvero di consulenze a soggetti estranei all’amministrazione in materie e per oggetti rientranti nelle competenze della struttura burocratica dell’ente, deve essere adeguatamente motivato ed è possibile soltanto nei casi previsti dalla legge ovvero nell’ipotesi di eventi straordinari. In ogni caso, l’atto di affidamento di incarichi e consulenze di cui al secondo periodo deve essere trasmesso alla Corte dei conti. L’affidamento di incarichi in assenza dei presupposti di cui al presente comma costituisce illecito disciplinare e determina responsabilità erariale.

12. L’articolo 13 del decreto-legge 12 giugno 2001, n. 217, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2001, n. 317, va interpretato nel senso che agli incarichi di consigliere giuridico e di esperto non si applica il regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 18 aprile 1994, n. 338, anche nell’ipotesi in cui il personale interessato non sia assegnato agli uffici di diretta collaborazione.

13. La norma di cui al comma 5 si applica anche agli incarichi fiduciari attribuiti ai sensi dell’articolo 7, comma 6, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165.

14. Per ciascuno degli anni 2005, 2006 e 2007, le pubbliche amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, non possono effettuare spese di ammontare superiore rispettivamente al 90, 80 e 70 per cento della spesa sostenuta nell’anno 2004, come rideterminata ai sensi del decreto-legge 12 luglio 2004, n. 168, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2004, n. 191, per l’acquisto, la manutenzione, il noleggio e l’esercizio di autovetture. Ai fini di cui al primo periodo, le medesime pubbliche amministrazioni sono tenute a trasmettere, entro il 31 marzo 2005, al Ministero dell’economia e delle finanze – Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato una relazione da cui risulti la consistenza dei mezzi di trasporto a disposizione e la loro destinazione. In caso di mancata trasmissione della relazione nei termini suddetti, le pubbliche amministrazioni inadempienti non possono effettuare, relativamente alle spese di cui al primo periodo, pagamenti in misura superiore al 50 per cento della spesa complessiva sostenuta nell’anno 2004.

15. Sulla base di effettive, motivate e documentate esigenze delle amministrazioni competenti, il Ministro dell’economia e delle finanze può, con proprio decreto, stabilire che le disposizioni di cui al primo periodo del comma 14 non si applicano alle spese sostenute da specifiche amministrazioni. Contestualmente alla loro adozione, i decreti di cui al primo periodo, corredati da apposite relazioni, sono trasmessi alle Camere.

16. Entro il 30 giugno 2005, il Ministro dell’economia e delle finanze trasmette alle Camere una relazione concernente lo stato di attuazione degli interventi di cui ai commi 14 e 15 in cui si evidenzino i risultati conseguiti in termini di riduzione della spesa.

17. Per l’anno 2005, il concorso al raggiungimento degli obiettivi di cui ai commi da 5 a 7, per i settori di intervento di cui alle lettere a), b) e c), del presente comma è garantito anche mediante la limitazione dei pagamenti a favore dei soggetti beneficiari negli ammontari indicati:

a) strumenti di intervento finanziati con i fondi di cui agli articoli 60 e 61 della legge 27 dicembre 2002, n. 289, e successive modificazioni: 6.550 milioni di euro, ivi compresi gli interventi di cui alle lettere b) e c) del presente comma per complessivi 1.850 milioni di euro;

b) fondo investimenti-incentivi alle imprese del Ministero delle attività produttive: 2.750 milioni di euro, ivi comprese le risorse erogate dal Fondo innovazione tecnologica e gli interventi finanziati con gli strumenti di cui alla lettera a);

c) interventi finanziati dall’articolo 13, comma 1, della legge 1º agosto 2002, n. 166, i cui stanziamenti sono iscritti nello stato di previsione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti: 450 milioni di euro, ivi inclusi gli interventi finanziati con gli strumenti di cui alla lettera a).

18. Al fine di assicurare il rispetto dei limiti di cui al comma 17, i soggetti che gestiscono le risorse ivi indicate trasmettono trimestralmente al Ministero dell’economia e delle finanze - Dipartimento per le politiche di sviluppo e di coesione e al Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, le informazioni sull’ammontare delle somme erogate per singolo strumento e intervento aggiornando le previsioni relative ai trimestri successivi.

19. Fermo restando il limite complessivo dei pagamenti di cui al comma 17, pari a 7.900 milioni di euro, al fine di garantire gli obiettivi di spesa del Fondo per le aree sottoutilizzate per l’intero territorio nazionale, di cui alla revisione di metà periodo del Quadro comunitario di sostegno 2000-2006 per le regioni dell’obiettivo 1, prevista dall’articolo 14 del regolamento (CE) n. 1260/1999 del Consiglio, del 21 giugno 1999, i limiti settoriali di cui al comma 17, lettere a), b) e c), possono essere modificati con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, in relazione all’andamento dei pagamenti. Per le stesse finalità le amministrazioni centrali si conformano all’obiettivo di destinare al Mezzogiorno almeno il 30 per cento della spesa ordinaria in conto capitale. Le amministrazioni centrali, nell’esercizio dei diritti dell’azionista nei confronti delle società di capitali a prevalente partecipazione pubblica diretta o indiretta, adottano le opportune direttive per conformarsi ai princìpi di cui al presente comma.

20. A modifica di quanto stabilito dall’articolo 32, comma 1, della legge 27 dicembre 2002, n. 289, per il triennio 2005-2007 i soggetti titolari di conti correnti e di contabilità speciali aperti presso la Tesoreria dello Stato, inseriti nell’elenco 1 allegato alla presente legge, non possono effettuare prelevamenti dai rispettivi conti aperti presso la Tesoreria dello Stato superiori all’importo cumulativamente prelevato alla fine di ciascun bimestre dell’anno precedente aumentato del 2 per cento. Sono esclusi da tale limite le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, gli enti locali di cui all’articolo 2, commi 1 e 2, del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, gli enti previdenziali, gli enti del Servizio sanitario nazionale, il Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro, il Ministero dell’economia e delle finanze, per i conti relativi alle funzioni trasferite a seguito della trasformazione della Cassa depositi e prestiti in spa, le Agenzie fiscali di cui all’articolo 57 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, ed i conti accesi ai sensi dell’articolo 576 del regolamento di cui al regio decreto 23 maggio 1924, n. 827, e successive modificazioni. Sono, inoltre, esclusi i conti riguardanti interventi di politica comunitaria, i conti intestati ai fondi di rotazione individuati ai sensi dell’articolo 93, comma 8, della legge 27 dicembre 2002, n. 289, o ai loro gestori, i conti relativi ad interventi di emergenza, il conto finalizzato alla ripetizione di titoli di spesa non andati a buon fine, nonché i conti istituiti nell’anno precedente a quello di riferimento.

21. I soggetti interessati possono richiedere al Ministero dell’economia e delle finanze deroghe al vincolo di cui al comma 20 per effettive e motivate esigenze. L’accoglimento della richiesta ovvero l’eventuale diniego, totale o parziale, è disposto con determinazione dirigenziale. Le eccedenze di spesa riconosciute in deroga devono essere riassorbite; nelle more del riassorbimento possono essere effettuate solo le spese previste per legge o derivanti da contratti perfezionati, nonché le spese indifferibili la cui mancata effettuazione comporta un danno. I prelievi delle amministrazioni periferiche dello Stato sono regolati con provvedimenti del Ministro dell’economia e delle finanze.

22. Le disposizioni di cui all’articolo 66, comma 1, della legge 23 dicembre 2000, n. 388, continuano ad applicarsi per il triennio 2005-2007.

23. Ai fini della tutela dell’unità economica della Repubblica, le regioni, le province, i comuni con popolazione superiore a 3.000 abitanti, nonché le comunità montane, le comunità isolane e le unioni di comuni con popolazione superiore a 10.000 abitanti concorrono, in armonia con i princìpi recati dai commi da 5 a 7, alla realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica per il triennio 2005-2007 con il rispetto delle disposizioni di cui al presente articolo, che costituiscono princìpi fondamentali del coordinamento della finanza pubblica ai sensi degli articoli 117, terzo comma, e 119, secondo comma, della Costituzione.

24. Per gli stessi fini di cui al comma 23:

a) per l’anno 2005, il complesso delle spese correnti e delle spese in conto capitale, determinato ai sensi del comma 26, per ciascuna provincia, per ciascun comune con popolazione superiore a 3.000 abitanti, per ciascuna comunità montana con popolazione superiore a 10.000 abitanti non può essere superiore alla corrispondente spesa annua mediamente sostenuta nel triennio 2001-2003, incrementata dell’11,5 per cento limitatamente agli enti locali che nello stesso triennio hanno registrato una spesa corrente media pro-capite inferiore a quella media pro-capite della classe demografica di appartenenza e incrementata del 10 per cento per i restanti enti locali. Per le comunità isolane e le unioni di comuni di cui al comma 1 l’incremento è dell’11,5 per cento. Per l’individuazione della spesa media del triennio si tiene conto della media dei pagamenti, in conto competenza e in conto residui, e per l’individuazione della popolazione, ai fini dell’appartenenza alla classe demografica, si tiene conto della popolazione residente calcolata secondo i criteri previsti dall’articolo 156 del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267. Con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, da emanare entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, è stabilita la spesa media pro-capite per ciascuna delle classi demografiche di seguito indicate:

1) province con popolazione fino a 400.000 abitanti e superficie fino a 3.000 Kmq;

2) province con popolazione fino a 400.000 abitanti e superficie superiore a 3.000 Kmq;

3) province con popolazione superiore a 400.000 abitanti e superficie fino a 3.000 Kmq;

4) province con popolazione superiore a 400.000 abitanti e superficie superiore a 3.000 Kmq;

5) comuni da 3.000 a 4.999 abitanti;

6) comuni da 5.000 a 9.999 abitanti;

7) comuni da 10.000 a 19.999 abitanti;

8) comuni da 20.000 a 59.999 abitanti;

9) comuni da 60.000 a 99.999 abitanti;

10) comuni da 100.000 a 249.999 abitanti;

11) comuni da 250.000 a 499.999 abitanti;

12) comuni da 500.000 abitanti ed oltre;

13) comunità montane con popolazione superiore a 10.000 e fino a 50.000 abitanti;

14) comunità montane con popolazione superiore a 50.000 abitanti;

b) per gli anni 2006 e 2007 si applica la percentuale di incremento del 2 per cento alle corrispondenti spese correnti e in conto capitale determinate per l’anno precedente in conformità agli obiettivi stabiliti dal presente articolo.

25. Per gli stessi fini di cui al comma 23, per l’anno 2005, il complesso delle spese correnti e delle spese in conto capitale, determinato ai sensi del comma 26, per ciascuna regione a statuto ordinario non può essere superiore al corrispondente ammontare di spese dell’anno 2003 incrementato del 4,8 per cento. Per gli anni 2006 e 2007 si applica la percentuale di incremento del 2 per cento alle corrispondenti spese correnti e in conto capitale determinate per l’anno precedente in conformità agli obiettivi stabiliti dal presente articolo.

26. Il complesso delle spese di cui ai commi 23 e 24 è calcolato, sia per la gestione di competenza che per quella di cassa, quale somma tra le spese correnti e quelle in conto capitale al netto delle:

a) spese di personale, cui si applica la specifica disciplina di settore;

b) spese per la sanità per le regioni che sono disciplinate dai commi da 169 a 182;

c) spese derivanti dall’acquisizione di partecipazioni azionarie e di altre attività finanziarie, dai conferimenti di capitale e dalle concessioni di crediti;

d) spese per trasferimenti destinati alle amministrazioni pubbliche individuate in applicazione dei commi da 5 a 7;

e) spese connesse agli interventi a favore dei minori soggetti a provvedimenti dell’autorità giudiziaria minorile;

f) spese per calamità naturali per le quali sia stato dichiarato lo stato di emergenza nonché quelle sostenute dai comuni per il completamento dell’attuazione delle ordinanze emanate dal Presidente del Consiglio dei ministri a seguito di dichiarazioni di stato di emergenza.

27. Limitatamente all’anno 2005 il complesso delle spese di cui al comma 26 è calcolato anche al netto delle spese in conto capitale derivanti da interventi cofinanziati dall’Unione europea, ivi comprese le corrispondenti quote di parte nazionale.

28. Gli enti possono eccedere i limiti di spesa stabiliti dai commi 23 e 24 solo per spese di investimento e nei limiti dei proventi derivanti da alienazione di beni immobili, mobili, nonché delle erogazioni a titolo gratuito e liberalità. Le regioni possono destinare le nuove entrate alla copertura degli eventuali disavanzi di gestione accertati nel settore sanitario.

29. Le spese in conto capitale degli enti locali che eccedono il limite di spesa stabilito dal presente articolo possono essere anticipate a carico di un apposito fondo istituito presso la gestione separata della Cassa depositi e prestiti Spa. Il fondo è dotato per l’anno 2005 di euro 250 milioni. Le anticipazioni sono estinte dagli enti locali entro il 31 dicembre 2006 e i relativi interessi, determinati e liquidati sulla base di quanto previsto ai commi 2, 3 e 4 dell’articolo 6 del decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 5 dicembre 2003, pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 288 del 12 dicembre 2003, valutati in 10 milioni di euro, sono a carico del bilancio statale. Le anticipazioni sono corrisposte dalla Cassa depositi e prestiti Spa direttamente ai soggetti beneficiari secondo indicazioni e priorità fissate dal Comitato interministeriale per la programmazione economica (CIPE). Gli enti locali comunicano al CIPE e alla Cassa depositi e prestiti Spa, entro il 31 gennaio 2005, le spese che presentano le predette caratteristiche e, ove ad esse connessi, i progetti a cui si riferiscono, nonché le scadenze di pagamento e le coordinate dei soggetti beneficiari.

30. Fermo restando quanto previsto ai commi 28 e 29, al fine di promuovere lo sviluppo economico, è autorizzata la spesa di euro 201.500.000 per l’anno 2005, di euro 176.500.000 per l’anno 2006 e di euro 170.500.000 per l’anno 2007 per la concessione di contributi statali al finanziamento di interventi diretti a tutelare l’ambiente e i beni culturali, e comunque a promuovere lo sviluppo economico e sociale del territorio. Possono accedere ai contributi gli interventi realizzati dagli enti destinatari nei rispettivi territori per il risanamento e il recupero dell’ambiente e per la tutela dei beni culturali.

31. Il Ministro dell’economia e delle finanze, individua con proprio decreto gli interventi e gli enti destinatari dei contributi di cui al comma 30 sulla base dei progetti preliminari da presentare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, in coerenza con apposito atto di indirizzo parlamentare. Il Ministero dell’economia e delle finanze provvede all’erogazione dei contributi in favore degli enti destinatari.

32. Al fine di consentire il monitoraggio degli adempimenti relativi al patto di stabilità interno, anche secondo i criteri adottati in contabilità nazionale, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, le province e i comuni con popolazione superiore a 30.000 abitanti e le comunità montane con popolazione superiore a 50.000 abitanti trasmettono trimestralmente al Ministero dell’economia e delle finanze – Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, entro trenta giorni dalla fine del periodo di riferimento, utilizzando il sistema web appositamente previsto per il patto di stabilità interno nel sito www.pattostabilità.rgs.tesoro.it, le informazioni riguardanti sia la gestione di competenza che quella di cassa, attraverso un prospetto e con le modalità definiti con decreto del predetto Ministero, di concerto con il Ministero dell’interno, sentiti la Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e l’ISTAT.

33. Le province e i comuni con popolazione superiore a 5.000 abitanti sono tenuti a predisporre entro il mese di febbraio una previsione di cassa cumulata e articolata per trimestri del complesso delle spese come definite dal comma 4 coerente con l’obiettivo annuale, che comunicano, le province e i comuni con popolazione superiore a 30.000 abitanti al Ministero dell’economia e delle finanze attraverso il sistema web, e i comuni con popolazione superiore a 5.000 e fino a 30.000 abitanti alle Ragionerie provinciali dello Stato competenti per territorio. Il collegio dei revisori dei conti dell’ente locale verifica, entro il mese successivo al trimestre di riferimento, il rispetto dell’obiettivo trimestrale e la sua coerenza con l’obiettivo annuale e, in caso di inadempienza, ne dà comunicazione sia all’ente che al Ministero dell’economia e delle finanze, per le province e i comuni con popolazione superiore a 30.000 abitanti attraverso il predetto sistema web, e alle Ragionerie provinciali dello Stato competenti per territorio per i comuni con popolazione superiore a 5.000 e fino a 30.000 abitanti. I comuni con popolazione superiore a 3.000 e fino a 5.000 abitanti e le comunità montane con popolazione superiore a 10.000 abitanti predispongono, entro il mese di marzo, una previsione di cassa semestrale alla cui verifica e comunicazione alle Ragionerie provinciali dello Stato competenti per territorio provvede il revisore dei conti dell’ente. A seguito dell’accertamento del mancato rispetto dell’obiettivo trimestrale, o semestrale, gli enti sono tenuti nel trimestre, o nel semestre, successivo a riassorbire lo scostamento registrato intervenendo sui pagamenti, computati ai sensi del comma 26, nella misura necessaria a garantire il rientro delle spese nei limiti stabiliti. Restano ferme per il mancato conseguimento degli obiettivi annuali le disposizioni recate dai commi 34, 35, 36 e 37.

34. Per gli enti locali, l’organo di revisione economico-finanziaria previsto dall’articolo 234 del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, verifica il rispetto degli obiettivi annuali del patto, sia in termini di competenza che di cassa, e in caso di mancato rispetto ne dà comunicazione al Ministero dell’interno sulla base di un modello e con le modalità che verranno definiti con decreto del Ministero dell’interno, di concerto con il Ministero dell’economia e delle finanze.

35. Gli enti locali che non hanno rispettato gli obiettivi del patto di stabilità interno stabiliti per l’anno precedente non possono a decorrere dall’anno 2006:

a) effettuare spese per acquisto di beni e servizi in misura superiore alla corrispondente spesa dell’ultimo anno in cui si è accertato il rispetto degli obiettivi del patto di stabilità interno, ovvero, ove l’ente sia risultato sempre inadempiente, in misura superiore a quella del penultimo anno precedente ridotta del 10 per cento. Per gli enti locali soggetti al patto di stabilità interno dall’anno 2005 il limite è commisurato, in sede di prima applicazione, al livello delle spese dell’anno 2003;

b) procedere ad assunzioni di personale a qualsiasi titolo;

c) ricorrere all’indebitamento per gli investimenti.

36. La disposizione di cui al comma 35 si applica anche nel 2005 per le province e i comuni con popolazione superiore a 5.000 abitanti che non hanno rispettato gli obiettivi del patto di stabilità interno per l’anno 2004.

37. A decorrere dall’anno 2006, i mutui e i prestiti obbligazionari posti in essere dagli enti di cui al comma 23 con istituzioni creditizie e finanziarie per il finanziamento degli investimenti devono essere corredati da apposita attestazione da cui risulti il conseguimento degli obiettivi del patto di stabilità interno per l’anno precedente. L’istituto finanziatore o l’intermediario finanziario non possono procedere al finanziamento o al collocamento del prestito in assenza della predetta attestazione, che deve essere acquisita anche per l’anno 2005 con riferimento agli obiettivi del patto di stabilità interno delle province e dei comuni con popolazione superiore a 5.000 abitanti.

38. Gli enti di nuova istituzione nell’anno 2005, o negli anni successivi, sono soggetti alle regole dei commi da 23 a 55 dall’anno in cui è disponibile la base di calcolo su cui applicare gli incrementi di spesa stabiliti al comma 24.

39. Attraverso le loro associazioni, le province, i comuni e le comunità montane concorrono al monitoraggio sull’andamento delle spese. Le comunicazioni previste dai commi 32, 33 e 34 sono trasmesse anche all’Unione delle province d’Italia (UPI), all’Associazione nazionale dei comuni italiani (ANCI) e all’Unione nazionale comuni, comunità ed enti montani (UNCEM), per via telematica.

40. Per gli esercizi 2005, 2006 e 2007, le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano concordano, entro il 31 marzo di ciascun anno, con il Ministero dell’economia e delle finanze, il livello delle spese correnti e in conto capitale, nonchè dei relativi pagamenti, in coerenza con gli obiettivi di finanza pubblica per il periodo 2005-2007. In caso di mancato accordo si applicano le disposizioni di cui ai commi da 23 a 55

41. Per gli enti locali dei rispettivi territori provvedono alle finalità di cui ai commi da 23 a 55 le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano ai sensi delle competenze alle stesse attribuite dai rispettivi statuti di autonomia e dalle relative norme di attuazione. Qualora le predette regioni e province autonome non provvedano entro il 31 marzo di ciascun anno, si applicano, per gli enti locali dei rispettivi territori, le disposizioni di cui ai commi da 23 a 55

42. Resta ferma la facoltà delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano di estendere le regole del patto di stabilità interno nei confronti degli enti ed organismi strumentali.

43. Sono abrogate le disposizioni recate dall’articolo 29 della legge 27 dicembre 2002, n. 289, e successive modificazioni, limitatamente alle regole del patto di stabilità interno previsto per gli enti territoriali per gli anni 2005 e successivi.

44. L’affidamento da parte degli enti locali di incarichi di studio o di ricerca, ovvero di consulenze a soggetti estranei all’amministrazione, deve essere adeguatamente motivato con specifico riferimento all’assenza di strutture organizzative o professionalità interne all’ente in grado di assicurare i medesimi servizi, ad esclusione degli incarichi conferiti ai sensi della legge 11 febbraio 1994, n. 109, e successive modificazioni. In ogni caso l’atto di affidamento di incarichi e consulenze di cui al primo periodo deve essere corredato della valutazione dell’organo di revisione economico-finanziaria dell’ente locale e deve essere trasmesso alla Corte dei conti. L’affidamento di incarichi in difformità dalle previsioni di cui al presente comma costituisce illecito disciplinare e determina responsabilità erariale. Le disposizioni di cui al presente comma si applicano agli enti con popolazione superiore a 5.000 abitanti.

45. I proventi delle concessioni edilizie e delle sanzioni previste dal testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, possono essere destinati al finanziamento di spese correnti entro il limite del 75 per cento per il 2005 e del 50 per cento per il 2006.

46. All’articolo 204 del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al comma 1, dopo le parole: «nuovi mutui» sono inserite le seguenti: «e accedere ad altre forme di finanziamento reperibili sul mercato» e le parole: «25 per cento» sono sostituite dalle seguenti: «12 per cento»;

b) dopo il comma 2, è inserito il seguente:

«2-bis. Le disposizioni del comma 2 si applicano, ove compatibili, alle altre forme di indebitamento cui l’ente locale acceda».

47. Gli enti che alla data di entrata in vigore della presente legge superino il limite di indebitamento di cui al comma 1 dell’articolo 204 del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, come modificato dal comma 46, sono tenuti a ridurre il proprio livello di indebitamento entro i seguenti termini:

a) un importo annuale degli interessi di cui al citato comma 1 dell’articolo 204 non superiore al 20 per cento entro la fine dell’esercizio 2008;

b) un importo annuale degli interessi di cui al citato comma 1 dell’articolo 204 non superiore al 16 per cento entro la fine dell’esercizio 2010;

c) un importo annuale degli interessi di cui al citato comma 1 dell’articolo 204 non superiore al 12 per cento entro la fine dell’esercizio 2013.

48. All’articolo 101 del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al comma 1, le parole: «quattro anni» sono sostituite dalle seguenti: «due anni»;

b) al comma 4, le parole: «quattro anni» sono sostituite dalle seguenti: «due anni».

49. In vigenza di disposizioni che stabiliscono un regime di limitazione delle assunzioni di personale a tempo indeterminato, sono consentiti trasferimenti per mobilità, anche intercompartimentale, tra amministrazioni sottoposte al regime di limitazione, nel rispetto delle disposizioni sulle dotazioni organiche e, per gli enti locali, purchè abbiano rispettato il patto di stabilità interno per l’anno precedente.

50. In caso di mobilità presso altre pubbliche amministrazioni, con la conseguente cancellazione dall’albo, nelle more della nuova disciplina contrattuale, i segretari comunali e provinciali appartenenti alle fasce professionali A e B possono essere collocati, analogamente a quanto previsto per i segretari appartenenti alla fascia C, nella categoria o area professionale più alta prevista dal sistema di classificazione vigente presso l’amministrazione di destinazione, previa espressa manifestazione di volontà in tale senso.

51. Nell’ambito del processo di mobilità di cui al comma 50, i soggetti che abbiano prestato servizio effettivo di ruolo come segretari comunali o provinciali per almeno tre anni e che si siano avvalsi della facoltà di cui all’articolo 18 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 4 dicembre 1997, n. 465, sono inquadrati, nei limiti del contingente di cui al comma 101, nei ruoli unici delle amministrazioni in cui prestano servizio alla data di entrata in vigore della presente legge, ovvero di altre amministrazioni in cui si riscontrano carenze di organico, previo consenso dell’interessato, ai sensi ed agli effetti delle disposizioni in materia di mobilità e delle condizioni del contratto collettivo vigenti per la categoria.

52. All’articolo 10, comma 10, lettera c), del decreto-legge 18 gennaio 1993, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 marzo 1993, n. 68, le parole: «lire 50.000» e «lire 150.000» sono sostituite, rispettivamente, dalle seguenti: «euro 51,65» e «euro 516,46».

53. Per gli anni 2005, 2006 e 2007 è consentita la variazione in aumento dell’aliquota di compartecipazione dell’addizionale comunale all’imposta sul reddito delle persone fisiche, di cui al comma 3 dell’articolo 1 del decreto legislativo 28 settembre 1998, n. 360, e successive modificazioni, ai soli enti che, alla data di entrata in vigore della presente legge, non si siano avvalsi della facoltà di aumentare la suddetta addizionale. L’aumento deve comunque essere limitato entro la misura complessiva dello 0,1 per cento. Fermo restando quanto stabilito al primo e al secondo periodo, fino al 31 dicembre 2006 restano sospesi gli effetti degli aumenti delle addizionali e delle maggiorazioni di cui alla lettera a) del comma 1 dell’articolo 3 della legge 27 dicembre 2002, n. 289, eventualmente deliberati. Gli effetti decorrono, in ogni caso, dal periodo d’imposta successivo alla predetta data.

54. Ai fini del comma 2 dell’articolo 4 del decreto legislativo 12 dicembre 2003, n. 344, è istituito per l’anno 2005, presso lo stato di previsione del Ministero dell’interno, il fondo per il rimborso agli enti locali delle minori entrate derivanti dall’abolizione del credito d’imposta con una dotazione di 10 milioni di euro. Con regolamento emanato ai sensi dell’articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dell’interno, sono dettate le disposizioni per l’attuazione della disposizione di cui al presente comma e per la ripartizione del fondo.

55. All’articolo 3, comma 51, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, il secondo periodo è soppresso.

56. Per l’anno 2005 è istituito, presso il Ministero dell’interno, con finalità di riequilibrio economico e sociale, il fondo per l’insediamento nei comuni montani con popolazione inferiore a 1.000 abitanti, sottodotati ai sensi del decreto legislativo 30 giugno 1997, n. 244, con una dotazione di 5 milioni di euro per il 2005.

57. Il fondo di cui al comma 56 è finalizzato, oltre a quanto previsto dal medesimo comma 1, al riequilibrio insediativo, quindi all’incentivazione dell’insediamento nei centri abitati di attività artigianali e commerciali, al recupero di manufatti, edifici e case rurali per finalità economiche e abitative, al recupero degli antichi mestieri.

58. Entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge il Ministro dell’interno definisce con proprio decreto i criteri di ripartizione e le modalità per l’accesso ai finanziamenti di cui ai commi 56 e 57.

59. Per il triennio 2005-2007, gli enti indicati nell’elenco 1 allegato alla presente legge, ad eccezione degli enti di previdenza di cui ai decreti legislativi 30 giugno 1994, n. 509, e successive modificazioni, e 10 febbraio 1996, n. 103, e successive modificazioni, delle altre associazioni e fondazioni di diritto privato e degli enti del sistema camerale, possono incrementare per l’anno 2005 le proprie spese, al netto delle spese di personale, in misura non superiore all’ammontare delle spese dell’anno 2003 incrementato del 4,5 per cento. Per gli anni 2006 e 2007 si applica la percentuale di incremento del 2 per cento alle corrispondenti spese determinate per l’anno precedente con i criteri stabiliti dal presente articolo. Per le spese di personale si applica la specifica disciplina di settore. A regioni, province, comuni, comunità montane, comunità isolane, unioni di comuni, nonché agli enti indicati nell’articolo 3, commi 1 e 2, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, si applica la disciplina ivi prevista.

60. Con riferimento alla perdita di gettito realizzata dalle regioni a statuto ordinario per gli anni 2003 e successivi, a seguito della riduzione dell’accisa sulla benzina non compensata dal maggior gettito delle tasse automobilistiche, come determinato dall’articolo 17, comma 22, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, viene riconosciuto l’importo di euro 342,583 milioni. Detto importo è ripartito tra le regioni entro il 30 aprile 2005, con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, e integra i trasferimenti soppressi di cui all’articolo 1, comma 1, del decreto legislativo 18 febbraio 2000, n. 56, ai fini dell’aliquota definitiva da determinare entro il 31 luglio 2005 ai sensi dell’articolo 5, comma 3, del medesimo decreto legislativo n. 56 del 2000, e successive modificazioni. Il decreto è predisposto sulla base della proposta delle regioni da presentare in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano.

61. Ai fini della determinazione dell’aliquota definitiva di cui al comma 60 si tiene altresì conto dei trasferimenti attribuiti per l’anno 2004 alle regioni a statuto ordinario in applicazione dell’articolo 70 della legge 28 dicembre 2001, n. 448. Il fondo di cui al citato articolo 70 è soppresso.

62. Il Fondo di cui all’articolo 52, comma 8, della legge 23 dicembre 2000, n. 388, è utilizzato anche per l’esercizio delle funzioni conferite agli enti territoriali ai sensi dell’articolo 7 della legge 5 giugno 2003, n. 131.

63. Salvo quanto disposto nel comma 180, la sospensione degli aumenti delle addizionali all’imposta sul reddito e delle maggiorazioni dell’aliquota dell’imposta regionale sulle attività produttive di cui all’articolo 3, comma 1, lettera a) della legge 27 dicembre 2002, n. 289, e all’articolo 2, comma 21 della legge 24 dicembre 2003, n. 350 è confermata sino al 31 dicembre 2005. Resta ferma l’applicazione del predetto comma 22 dell’articolo 2 della legge n. 350 del 2003 alle disposizioni regionali in materia di IRAP diverse da quelle riguardanti la maggiorazione dell’aliquota, nonché, unitamente al comma 23 del medesimo articolo, alle disposizioni regionali in materia di tassa automobilistica; le regioni possono modificare tali disposizioni nei soli limiti dei poteri loro attribuiti dalla normativa statale di riferimento ed in conformità con essa.

64. Sono autorizzate, a carico di somme a qualsiasi titolo spettanti, le compensazioni degli importi a credito e a debito di ciascuna regione, connessi alle perdite di entrata realizzate dalle stesse per effetto delle disposizioni recate dall’articolo 17, comma 22, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, indicate, solo a questo fine, nella tabella di riparto approvata con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze sulla base della proposta presentata dalle regioni in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano. Tale compensazione sarà effettuata dal Ministero dell’economia e delle finanze - Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, in quattro rate annuali di eguale importo a partire dall’esercizio 2005.

66. I trasferimenti erariali per l’anno 2005 di ogni singolo ente locale sono determinati in base alle disposizioni recate dall’articolo 31, comma 1, primo periodo, della legge 27 dicembre 2002, n. 289.

67. Per l’anno 2005, l’incremento delle risorse, pari a 340 milioni di euro, derivante dal reintegro della riduzione dei trasferimenti erariali conseguente alla cessazione dell’efficacia delle disposizioni di cui all’articolo 24, comma 9, della legge 28 dicembre 2001, n. 448, è attribuito, quanto ad euro 260 milioni, a favore degli enti locali per confermare i contributi di cui all’articolo 3, commi 27, 35, secondo periodo, 36 e 141, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, e quanto ad 80 milioni di euro in favore dei comuni di cui all’articolo 9, comma 3, del decreto legislativo 30 giugno 1997, n. 244.

68. Le disposizioni in materia di compartecipazione provinciale e comunale al gettito dell’imposta sul reddito delle persone fisiche di cui all’articolo 31, comma 8, della legge 27 dicembre 2002, n. 289, già confermate per l’anno 2004 dall’articolo 2, comma 18, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, sono prorogate per l’anno 2005.

70. Gli enti locali di cui all’articolo 2, comma 1, del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, hanno facoltà di utilizzare le entrate derivanti dal plusvalore realizzato con l’alienazione di beni patrimoniali, inclusi i beni immobili, per il rimborso della quota di capitale delle rate di ammortamento dei mutui.

71. In deroga alle disposizioni dell’articolo 3, comma 3, della legge 27 luglio 2000, n. 212, concernente l’efficacia temporale delle norme tributarie, i termini per l’accertamento dell’imposta comunale sugli immobili che scadono il 31 dicembre 2004 sono prorogati al 31 dicembre 2005, limitatamente alle annualità d’imposta 2000 e successive.

72. Al testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all’articolo 42, comma 2, la lettera h) è sostituita dalla seguente:

«h) contrazione di mutui e aperture di credito non previste espressamente in atti fondamentali del consiglio ed emissioni di prestiti obbligazionari»;

b) all’articolo 204, comma 2, le lettere a) e b) sono sostituite dalle seguenti:

«a) l’ammortamento non può avere durata inferiore ai cinque anni;

b) la decorrenza dell’ammortamento deve essere fissata al 1º gennaio dell’anno successivo a quello della stipula del contratto. In alternativa, la decorrenza dell’ammortamento può essere posticipata al 1º luglio seguente o al 1º gennaio dell’anno successivo e, per i contratti stipulati nel primo semestre dell’anno, può essere anticipata al 1º luglio dello stesso anno»;

c) dopo l’articolo 205 è inserito il seguente:

«Art. 205-bis (Contrazione di aperture di credito) – 1. Gli enti locali sono autorizzati a contrarre aperture di credito nel rispetto della disciplina di cui al presente articolo.

2. Le spese per investimenti finanziate con il contratto di apertura di credito si considerano impegnate all’atto della stipula del contratto stesso e per l’ammontare dell’importo del progetto o dei progetti definitivi o esecutivi finanziati; alla chiusura dell’esercizio le somme oggetto del contratto di apertura di credito costituiscono residui attivi.

3. Il ricorso alle aperture di credito è possibile solo se sussistono le condizioni di cui all’articolo 203, comma 1, e nel rispetto dei limiti di cui all’articolo 204, comma 1, calcolati con riferimento all’importo complessivo dell’apertura di credito stipulata.

4. L’utilizzo del ricavato dell’operazione è sottoposto alla disciplina di cui all’articolo 204, comma 3.

5. I contratti di apertura di credito devono, a pena di nullità, essere stipulati in forma pubblica e contenere le seguenti clausole e condizioni:

a) la banca è tenuta ad effettuare erogazioni, totali o parziali, dell’importo del contratto in base alle richieste di volta in volta inoltrate dall’ente e previo rilascio da parte di quest’ultimo delle relative delegazioni di pagamento ai sensi dell’articolo 206. L’erogazione dell’intero importo messo a disposizione al momento della contrazione dell’apertura di credito ha luogo nel termine massimo di tre anni ferma restando la possibilità per l’ente locale di disciplinare contrattualmente le condizioni economiche di un eventuale utilizzo parziale;

b) gli interessi sulle aperture di credito devono riferirsi ai soli importi erogati. L’ammortamento di tali importi deve avere una durata non inferiore a cinque anni con decorrenza dal 1º gennaio o dal 1º luglio successivi alla data dell’erogazione;

c) le rate di ammortamento devono essere comprensive, sin dal primo anno, della quota capitale e della quota interessi;

d) unitamente alla prima rata di ammortamento delle somme erogate devono essere corrisposti gli eventuali interessi di preammortamento, gravati degli ulteriori interessi decorrenti dalla data di inizio dell’ammortamento e sino alla scadenza della prima rata;

e) deve essere indicata la natura delle spese da finanziare e, ove necessario, avuto riguardo alla tipologia dell’investimento, dato atto dell’intervenuta approvazione del progetto o dei progetti definitivi o esecutivi, secondo le norme vigenti;

f) deve essere rispettata la misura massima di tasso applicabile alle aperture di credito i cui criteri di determinazione sono demandati ad apposito decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dell’interno, da emanare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione.

6. Le aperture di credito sono soggette, al pari delle altre forme di indebitamento, al monitoraggio di cui all’articolo 41 della legge 28 dicembre 2001, n. 448, nei termini e modalità previsti dal relativo regolamento di attuazione, di cui al decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 1º dicembre 2003, n. 389. I modelli per la comunicazione delle caratteristiche finanziarie delle singole operazioni di apertura di credito sono pubblicati in allegato al decreto di cui alla lettera f) del comma 5»;

d) all’articolo 207, dopo il comma 1, è inserito il seguente:

«1-bis. A fronte di operazioni di emissione di prestiti obbligazionari effettuate congiuntamente da più enti locali, gli enti capofila possono procedere al rilascio di garanzia fideiussoria riferita all’insieme delle operazioni stesse. Contestualmente gli altri enti emittenti rilasciano garanzia fideiussoria a favore dell’ente capofila in relazione alla quota parte dei prestiti di propria competenza. Ai fini dell’applicazione del comma 4, la garanzia prestata dall’ente capofila concorre alla formazione del limite di indebitamento solo per la quota parte dei prestiti obbligazionari di competenza dell’ente stesso».

73. Per la gestione del fondo di ammortamento del debito di cui all’articolo 41, comma 2, della legge 28 dicembre 2001, n. 448, non si applica il principio di accentramento di ogni deposito presso il tesoriere stabilito dagli articoli 209, comma 3, e 211, comma 2, del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267.

74. All’articolo 41, comma 2, primo periodo, della legge 28 dicembre 2001, n. 448, sono soppresse le parole: «e contrarre mutui» e le parole: «o dell’accensione».

75. Lo Stato, le regioni, le province autonome di Trento e di Bolzano e gli enti locali sono tenuti a provvedere, se consentito dalle clausole contrattuali, alla conversione dei mutui con oneri di ammortamento anche parzialmente a carico dello Stato in titoli obbligazionari di nuova emissione o alla rinegoziazione, anche con altri istituti, dei mutui stessi, in presenza di condizioni di rifinanziamento che consentano una riduzione del valore finanziario delle passività totali. Nel valutare la convenienza dell’operazione di rifinanziamento si dovrà tenere conto anche delle commissioni. In caso di mutuo a tasso fisso, per la verifica delle condizioni di rifinanziamento, lo Stato o l’ente pubblico interessato osservano regolarmente i tassi di mercato e si attivano allorchè il tasso swap con scadenza pari alla vita media residua del mutuo sia inferiore al tasso del mutuo di almeno un punto percentuale.

76. Gli stanziamenti di bilancio previsti per il pagamento dei mutui con oneri integralmente o parzialmente a carico dello Stato sono proporzionalmente adeguati ai nuovi piani di ammortamento conseguenti alla conclusione delle operazioni di conversione o rinegoziazione dei mutui di cui al comma 75.

77. Ai fini dell’attuazione di quanto stabilito dai commi 75 e 76 l’ente pubblico è tenuto a trasmettere, entro trenta giorni dal perfezionamento delle operazioni di cui al comma 75, all’amministrazione statale interessata, la relativa documentazione contrattuale, compresi i piani di ammortamento o di rimborso.

78. In caso di nuove emissioni di titoli obbligazionari con rimborso del capitale in un’unica soluzione alla scadenza, è necessario che al momento dell’emissione venga costituito un fondo di ammortamento del debito o conclusa una operazione di swap per l’ammortamento dello stesso, secondo quanto disposto dall’articolo 2 del regolamento di cui al decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 1º dicembre 2003, n. 389.

79. Al fine del consolidamento dei conti pubblici rilevanti per il rispetto degli obiettivi adottati con l’adesione al patto di stabilità e crescita le rate di ammortamento dei mutui attivati dalle regioni, dalle province autonome di Trento e di Bolzano, dagli enti locali e dagli altri enti pubblici ad intero carico del bilancio dello Stato sono pagate agli istituti finanziatori direttamente dallo Stato.

80. Per le stesse finalità di cui al comma 79 e con riferimento agli enti pubblici diversi dallo Stato, il debito derivante dai mutui è iscritto nel bilancio dell’amministrazione pubblica che assume l’obbligo di corrispondere le rate di ammortamento agli istituti finanziatori, ancorchè il ricavato del prestito sia destinato ad un’amministrazione pubblica diversa. L’amministrazione pubblica beneficiaria del mutuo, nel caso in cui le rate di ammortamento siano corrisposte agli istituti finanziatori da un’amministrazione pubblica diversa, iscrive il ricavato del mutuo nelle entrate per trasferimenti in conto capitale con vincolo di destinazione agli investimenti. L’istituto finanziatore, contestualmente alla stipula dell’operazione di finanziamento, ne dà notizia all’amministrazione pubblica tenuta al pagamento delle rate di ammortamento che, unitamente alla contabilizzazione del ricavato dell’operazione tra le accensioni di prestiti, provvede all’iscrizione del corrispondente importo tra i trasferimenti in conto capitale al fine di consentire la regolazione contabile dell’operazione.

81. Le amministrazioni pubbliche sono tenute ad adeguarsi alle disposizioni di cui ai commi 79 e 80 con riferimento alle nuove operazioni finanziarie.

82. Il Ministero dell’economia e delle finanze - Dipartimento del tesoro procede alla gestione delle nuove posizioni finanziarie attive di sua competenza.

83. Al fine di sperimentare gli effetti del superamento del sistema di tesoreria unica il Ministro dell’economia e delle finanze, sentiti la Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, il Ministro dell’interno e il Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, individua con proprio decreto una regione, tre province, tre comunità montane, sei comuni e tre università nei quali durante l’anno 2005 i trasferimenti statali e le entrate proprie affluiscono direttamente ai tesorieri degli enti. L’individuazione degli enti, salvo che per la regione, viene effettuata assicurando la rappresentatività per aree geografiche; gli enti sono comunque individuati tra quelli che possono collegarsi, tramite i loro tesorieri, al sistema informativo delle operazioni degli enti pubblici (SIOPE) istituito ai sensi dell’articolo 28, commi 3, 4 e 5, della legge 27 dicembre 2002, n. 289. La rilevazione per via telematica riguarda i dati contabili sia ai fini del calcolo del fabbisogno di cassa sia ai fini del calcolo dell’indebitamento netto. Con il predetto decreto vengono altresì definiti i criteri, le modalità e i tempi della sperimentazione relativa sia alle entrate sia alle spese. In relazione ai risultati registrati la sperimentazione può essere estesa, nel corso dello stesso anno 2005, ad altri enti.

84. L’articolo 213 del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, è sostituito dal seguente:

«Art. 213 (Gestione informatizzata del servizio di tesoreria) – 1. Qualora l’organizzazione dell’ente e del tesoriere lo consentano il servizio di tesoreria può essere gestito con modalità e criteri informatici e con l’uso di ordinativi di pagamento e di riscossione informatici, in luogo di quelli cartacei, le cui evidenze informatiche valgono a fini di documentazione, ivi compresa la resa del conto del tesoriere di cui all’articolo 226.

2. La convenzione di tesoreria di cui all’articolo 210 può prevedere che la riscossione delle entrate e il pagamento delle spese possano essere effettuati, oltre che per contanti presso gli sportelli di tesoreria, anche con le modalità offerte dai servizi elettronici di incasso e di pagamento interbancari.

3. Gli incassi effettuati dal tesoriere mediante i servizi elettronici interbancari danno luogo al rilascio di quietanza o evidenza bancaria ad effetto liberatorio per il debitore; le somme rivenienti dai predetti incassi sono versate alle casse dell’ente, con rilascio della quietanza di cui all’articolo 214, non appena si rendono liquide ed esigibili in relazione ai servizi elettronici adottati e comunque nei tempi previsti nella predetta convenzione di tesoreria».

85. Ai fini della razionalizzazione e della semplificazione dell’attività amministrativa, con decreto da adottare ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, il Ministro degli affari esteri emana disposizioni per la semplificazione della gestione finanziaria degli uffici all’estero.

86. Per il contrasto e la prevenzione del rischio di utilizzazione illecita di finanziamenti pubblici, tutti gli enti e le società che fruiscono di finanziamenti a carico di bilanci pubblici o dell’Unione europea, anche sotto forma di esenzioni, incentivi o agevolazioni fiscali, in materia di avviamento, aggiornamento e formazione professionale, utilizzazione di lavoratori, sgravi contributivi per personale addetto all’attività produttiva, devono dotarsi entro il 31 ottobre 2005 di specifiche misure organizzative e di funzionamento idonee a prevenire il rischio del compimento di illeciti nel loro interesse o a loro vantaggio, nel rispetto dei princìpi previsti dal decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, predisposte ovvero verificate ed approvate dall’ente di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 19 marzo 2003, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 139 del 18 giugno 2003, secondo tariffe, predeterminate e pubbliche, determinate sulla base del costo effettivo del servizio, attribuite allo stesso ente mediante riassegnazione ai sensi del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 10 novembre 1999, n. 469. Dell’avvenuta adozione delle misure indicate al primo periodo viene data comunicazione al competente comitato di coordinamento finanziario regionale, per l’adozione delle rispettive iniziative ispettive e di verifica nei confronti dei soggetti che non risultino avere adottato le citate misure organizzative e di funzionamento. L’agenzia delle entrate comunica con evidenze informatiche all’ente di cui al primo periodo l’elenco dei soggetti che dichiarano di fruire delle agevolazioni o degli incentivi citati, per l’adozione delle conseguenti iniziative. Dall’attuazione del presente comma non possono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

87. Al fine di incentivare il passaggio dal sistema contributivo-indennizzatorio per danni all’agricoltura al sistema assicurativo contro i danni, l’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 1, comma 3, lettere b) e c), del decreto legislativo 29 marzo 2004, n. 102, Fondo di solidarietà nazionale - interventi indennizzatori, è ridotta di 50 milioni di euro per ciascuno degli anni 2005 e 2006 e il corrispondente importo è destinato agli interventi agevolativi per la stipula di contratti assicurativi contro i danni in agricoltura alla produzione e alle strutture, di cui all’articolo 1, comma 3, lettera a), del decreto legislativo 29 marzo 2004, n. 102, Fondo di solidarietà nazionale - incentivi assicurativi.

88. All’articolo 15 del decreto legislativo 29 marzo 2004, n. 102, il comma 3 è sostituito dal seguente:

«3. Per la dotazione finanziaria del Fondo di solidarietà nazionale-incentivi assicurativi destinato agli interventi di cui all’articolo 1, comma 3, lettera a), si provvede ai sensi dell’articolo 11, comma 3, lettera f), della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni. Per la dotazione finanziaria del Fondo di solidarietà nazionale - interventi indennizzatori, destinato agli interventi di cui all’articolo 1, comma 3, lettere b) e c), si provvede a valere sulle risorse del Fondo di protezione civile, come determinato ai sensi dell’articolo 11, comma 3, lettera d), della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni, nel limite stabilito annualmente dalla legge finanziaria».

89. Per gli stessi fini di cui al comma 87, per l’anno 2005 la dotazione del Fondo per la riassicurazione dei rischi, istituito presso l’Istituto per studi, ricerche e informazioni sul mercato agricolo (ISMEA), ai sensi dell’articolo 127, comma 3, della legge 23 dicembre 2000, n. 388, è incrementata di 50 milioni di euro, di cui 5 milioni di euro da destinare preferenzialmente agli interventi di riassicurazione relativi ai fondi rischi di mutualità.

90. Per gli interventi previsti all’articolo 66, comma 3, della legge 27 dicembre 2002, n. 289, la dotazione del Fondo di investimento nel capitale di rischio, previsto dal regolamento di cui al decreto del Ministro delle politiche agricole e forestali 22 giugno 2004, n. 182, è incrementata per l’anno 2005 di 50 milioni di euro.

91. Nell’ambito del Fondo per lo sviluppo dell’agricoltura biologica e di qualità di cui all’articolo 59, comma 2-bis, della legge 23 dicembre 1999, n. 488, e successive modificazioni, è istituito un apposito capitolo per l’attuazione del Piano d’azione nazionale per l’agricoltura biologica e i prodotti biologici con una dotazione di 5 milioni di euro per l’anno 2005, a valere, per la somma di 3 milioni di euro, sull’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 5, comma 7 della legge 21 marzo 2001, n. 122. Le modalità di spesa inerenti tale capitolo sono definite con apposito decreto del Ministro delle politiche agricole e forestali da emanare entro quattro mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge.

92. Ai fini di quanto disposto dall’articolo 48, comma 1, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, le risorse per la contrattazione collettiva nazionale previste dall’articolo 3, comma 46, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, a carico del bilancio statale, sono incrementate di 292 milioni di euro per l’anno 2005 e di 396 milioni di euro a decorrere dall’anno 2006.

93. Le risorse previste dall’articolo 3, comma 47, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, per corrispondere i miglioramenti retributivi al personale statale in regime di diritto pubblico sono incrementate di 119 milioni di euro per l’anno 2005 e di 159 milioni di euro a decorrere dall’anno 2006, con specifica destinazione, rispettivamente, di 105 milioni di euro e di 139 milioni di euro per il personale delle Forze armate e dei Corpi di polizia di cui al decreto legislativo 12 maggio 1995, n. 195.

94. Le somme di cui ai commi 92 e 93, comprensive degli oneri contributivi ai fini previdenziali e dell’IRAP, costituiscono l’importo complessivo massimo di cui all’articolo 11, comma 3, lettera h), della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni. A decorrere dal 2005, è stanziata la somma di un milione di euro da destinare alla copertura delle spese connesse alla responsabilità civile e amministrativa per gli eventi dannosi, non dolosi, causati a terzi dal personale delle Forze armate nello svolgimento delle proprie attività istituzionali.

95. Per il personale dipendente da amministrazioni, istituzioni ed enti pubblici diversi dall’amministrazione statale gli oneri derivanti dai rinnovi contrattuali per il biennio 2004-2005, nonché quelli derivanti dalla corresponsione dei miglioramenti economici al personale di cui all’articolo 3, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, sono posti a carico dei rispettivi bilanci ai sensi dell’articolo 48, comma 2, del medesimo decreto legislativo, tenuto anche conto dei risparmi derivanti dalle disposizioni di cui ai commi da 97 a110 riferite all’anno 2005. In sede di deliberazione degli atti di indirizzo previsti dall’articolo 47, comma 1, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, i comitati di settore provvedono alla quantificazione delle relative risorse e alla determinazione della quota da destinare all’incentivazione della produttività, attenendosi, quale tetto massimo di crescita delle retribuzioni, ai criteri previsti per il personale delle amministrazioni dello Stato di cui al comma 92.

96. Il decreto del Presidente della Repubblica 25 agosto 2004, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 225 del 24 settembre 2004, concernente le piante organiche degli enti di ricerca, si intende applicabile anche all’Istituto per lo sviluppo della formazione professionale dei lavoratori (ISFOL), di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 19 marzo 2003, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 139 del 18 giugno 2003.

97. Le dotazioni organiche delle amministrazioni dello Stato anche ad ordinamento autonomo, delle agenzie, incluse le agenzie fiscali di cui agli articoli 62, 63 e 64 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, e successive modificazioni, degli enti pubblici non economici, degli enti di ricerca e degli enti di cui all’articolo 70, comma 4, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, sono rideterminate, sulla base dei princìpi e criteri di cui all’articolo 1, comma 1, del predetto decreto legislativo e all’articolo 34, comma 1, della legge 27 dicembre 2002, n. 289, apportando una riduzione non inferiore al 5 per cento della spesa complessiva relativa al numero dei posti in organico di ciascuna amministrazione, tenuto comunque conto del processo di innovazione tecnologica. Ai predetti fini le amministrazioni adottano adeguate misure di razionalizzazione e riorganizzazione degli uffici, anche sulla base di quanto previsto dall’articolo 27 della presente legge, mirate ad una rapida e razionale riallocazione del personale ed alla ottimizzazione dei compiti direttamente connessi con le attività istituzionali e dei servizi da rendere all’utenza, con significativa riduzione del numero di dipendenti attualmente applicati in compiti logistico-strumentali e di supporto. Le amministrazioni interessate provvedono a tale rideterminazione secondo le disposizioni e le modalità previste dai rispettivi ordinamenti. Le amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, provvedono con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri su proposta del Ministro competente, di concerto con il Ministro per la funzione pubblica e con il Ministro dell’economia e delle finanze. Per le amministrazioni che non provvedono entro il 30 aprile 2005 a dare attuazione agli adempimenti contenuti nel presente comma la dotazione organica è fissata sulla base del personale in servizio, riferito a ciascuna qualifica, alla data del 31 dicembre 2004. In ogni caso alle amministrazioni e agli enti, finché non provvedono alla rideterminazione del proprio organico secondo le predette previsioni, si applica il divieto di cui all’articolo 6, comma 6, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165. Al termine del triennio 2005-2007 le amministrazioni di cui al presente comma rideterminano ulteriormente le dotazioni organiche per tener conto degli effetti di riduzione del personale derivanti dalle disposizioni del presente articolo. Sono comunque fatte salve le previsioni di cui al combinato disposto dell’articolo 3, commi 53, ultimo periodo, e 71, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, nonché le procedure concorsuali in atto alla data del 30 novembre 2004, le mobilità che l’amministrazione di destinazione abbia avviato alla data di entrata in vigore della presente legge e quelle connesse a processi di trasformazione o soppressione di amministrazioni pubbliche ovvero concernenti personale in situazione di eccedenza, compresi i docenti di cui all’articolo 35, comma 5, terzo periodo, della legge 27 dicembre 2002, n. 289. Ai fini del concorso delle autonomie regionali e locali al rispetto degli obiettivi di finanza pubblica, le disposizioni di cui al presente comma costituiscono princìpi e norme di indirizzo per le predette amministrazioni e per gli enti del Servizio sanitario nazionale, che operano le riduzioni delle rispettive dotazioni organiche secondo l’ambito di applicazione da definire con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di cui al comma 102.

98. Le disposizioni di cui al comma 97 non si applicano alle Forze armate, al Corpo nazionale dei vigili del fuoco, ai Corpi di polizia, al personale della carriera diplomatica e prefettizia, ai magistrati ordinari, amministrativi e contabili, agli avvocati e procuratori dello Stato, agli ordini e collegi professionali e relativi consigli e federazioni, alle università, al comparto scuola ed alle istituzioni di alta formazione e specializzazione artistica e musicale.

99. Per gli anni 2005, 2006 e 2007 alle amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, alle agenzie, incluse le agenzie fiscali di cui agli articoli 62, 63 e 64 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, e successive modificazioni, agli enti pubblici non economici, agli enti di ricerca ed agli enti di cui all’articolo 70, comma 4, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, è fatto divieto di procedere ad assunzioni di personale a tempo indeterminato, ad eccezione delle assunzioni relative alle categorie protette. Il divieto si applica anche alle assunzioni dei segretari comunali e provinciali nonché al personale di cui all’articolo 3 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni. Per le regioni, le autonomie locali ed il Servizio sanitario nazionale si applicano le disposizioni di cui al comma 102. Sono fatte salve le norme speciali concernenti le assunzioni di personale contenute: nell’articolo 3, commi 59, 70, 146 e 153, e nell’articolo 4, comma 64, della legge 24 dicembre 2003, n. 350; nell’articolo 2 del decreto-legge 30 gennaio 2004, n. 24, convertito, con modificazioni, dalla legge 31 marzo 2004, n. 87, nell’articolo 1, comma 2, della legge 27 marzo 2004, n. 77, e nell’articolo 2, comma 2-ter, del decreto-legge 27 gennaio 2004, n. 16, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 marzo 2004, n. 77. Sono fatte salve le assunzioni connesse con la professionalizzazione delle Forze armate di cui alla legge 14 novembre 2000, n. 331, al decreto legislativo 8 maggio 2001, n. 215, ed alla legge 23 agosto 2004, n. 226. Sono, altresì, fatte salve le assunzioni autorizzate con decreto del Presidente della Repubblica del 25 agosto 2004, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 225 del 24 settembre 2004, e quelle di cui ai decreti del Presidente del Consiglio dei ministri del 27 luglio 2004, pubblicati nella Gazzetta Ufficiale n. 224 del 23 settembre 2004, non ancora effettuate alla data di entrata in vigore della presente legge. È consentito, in ogni caso, il ricorso alle procedure di mobilità, anche intercompartimentale.

100. Per fronteggiare indifferibili esigenze di servizio di particolare rilevanza ed urgenza, in deroga al divieto di cui al comma 99, per ciascuno degli anni 2005, 2006 e 2007, le amministrazioni ivi previste possono procedere ad assunzioni, previo effettivo svolgimento delle procedure di mobilità, nel limite di un contingente complessivo di personale corrispondente ad una spesa annua lorda pari a 120 milioni di euro a regime. A tal fine è costituito un apposito fondo nello stato di previsione della spesa del Ministero dell’economia e delle finanze con uno stanziamento pari a 40 milioni di euro per l’anno 2005, a 160 milioni di euro per l’anno 2006, a 280 milioni di euro per l’anno 2007 e a 360 milioni di euro a decorrere dall’anno 2008. Per ciascuno degli anni 2005, 2006 e 2007, nel limite di una spesa pari a 40 milioni di euro in ciascun anno iniziale e a 120 milioni di euro a regime, le autorizzazioni ad assumere vengono concesse secondo le modalità di cui all’articolo 39, comma 3-ter, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, e successive modificazioni.

101. Nell’ambito delle procedure e nei limiti di autorizzazione all’assunzione di cui al comma 100 è prioritariamente considerata l’immissione in servizio:

a) del personale del settore della ricerca;

b) del personale che presti attualmente o abbia prestato servizio per almeno due anni in posizione di comando o distacco presso l’Azienda per la promozione dell’ambiente e per i servizi tecnici ai sensi dell’articolo 2, comma 6, del decreto-legge 11 giugno 1998, n. 180, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 1998, n. 267;

c) per la copertura delle vacanze organiche nei ruoli degli ufficiali giudiziari C1 e nei ruoli dei cancellieri C1 dell’amministrazione giudiziaria, dei vincitori e degli idonei al concorso pubblico per la copertura di 443 posti di ufficiale giudiziario C1, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale, 4ª serie speciale, n. 98 del 13 dicembre 2002;

d) del personale del Consiglio per la ricerca e la sperimentazione in agricoltura;

e) dei candidati a magistrato del Consiglio di Stato risultati idonei al concorso a posti di consiglieri di Stato che abbiano conservato, senza soluzione di continuità, i requisiti per la nomina a tale qualifica fino alla data di entrata in vigore della presente legge;

f) a decorrere dal 2006, dei dirigenti e funzionari del Ministero dell’economia e delle finanze e delle Agenzie fiscali previo superamento di uno speciale corso-concorso pubblico unitario, bandito e curato dalla Scuola superiore dell’economia e delle finanze e disciplinato con decreto non regolamentare del Ministro dell’economia e delle finanze, anche in deroga al decreto legislativo n. 165 del 2001. A tal fine e per le ulteriori finalità istituzionali della suddetta Scuola, possono essere utilizzate le attività di cui all’articolo 19, comma 2, della legge 27 luglio 2000, n. 212;

g) del personale necessario per assicurare il rispetto degli impegni internazionali e al controllo dei confini dello Stato;

h) degli addetti alla difesa nazionale e dei vincitori di concorsi banditi per le esigenze di personale civile degli arsenali della Marina militare ed espletati alla data del 30 settembre 2004.

102. Ai fini del concorso delle autonomie regionali e locali al rispetto degli obiettivi di finanza pubblica, con decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, da emanare previo accordo tra Governo, regioni e autonomie locali da concludere in sede di Conferenza unificata, per le amministrazioni regionali, gli enti locali di cui all’articolo 2, commi 1 e 2, del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, e gli enti del Servizio sanitario nazionale, sono fissati criteri e limiti per le assunzioni a tempo indeterminato per il triennio 2005-2007. Per ciascuno degli anni 2005, 2006 e 2007 le assunzioni, previa attivazione delle procedure di mobilità, devono essere contenute, fatta eccezione per il personale infermieristico del Servizio sanitario nazionale, entro percentuali non superiori al 20 per cento per l’anno 2005, al 20 per cento per l’anno 2006 ed al 50 per cento per l’anno 2007 delle cessazioni dal servizio verificatesi nel corso dell’anno precedente tenuto conto, in relazione alla tipologia degli enti, della dimensione demografica, dei profili professionali del personale da assumere, della essenzialità dei servizi da garantire e della incidenza delle spese del personale sulle entrate correnti. Fino all’emanazione dei decreti di cui al presente comma trovano applicazione le disposizioni di cui al comma 99. Le province e i comuni che non abbiano rispettato le regole del patto di stabilità interno non possono procedere ad assunzioni di personale a qualsiasi titolo nell’anno successivo a quello del mancato rispetto. I singoli enti in caso di assunzioni di personale devono autocertificare il rispetto delle disposizioni del patto di stabilità interno per l’anno precedente quello nel quale vengono disposte le assunzioni. In ogni caso sono consentite, previa autocertificazione degli enti, le assunzioni connesse al passaggio di funzioni e competenze alle regioni e agli enti locali il cui onere sia coperto dai trasferimenti erariali compensativi della mancata assegnazione di unità di personale. Per le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e l’Unioncamere, con decreto del Ministero delle attività produttive, d’intesa con la Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento della funzione pubblica e con il Ministero dell’economia e delle finanze, sono individuati specifici indicatori di equilibrio economico-finanziario, volti a fissare criteri e limiti per le assunzioni a tempo indeterminato, nel rispetto delle percentuali di cui al presente comma.

103. Le disposizioni in materia di assunzioni di cui ai commi da 97 a 111 si applicano anche al trattenimento in servizio di cui all’articolo 1-quater del decreto-legge 28 maggio 2004, n. 136, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 luglio 2004, n. 186. A tal fine, per il comparto scuola si applica la specifica disciplina autorizzatoria delle assunzioni.

104. I termini di validità delle graduatorie per le assunzioni di personale presso le amministrazioni pubbliche che per gli anni 2005, 2006 e 2007 sono soggette a limitazioni delle assunzioni sono prorogati di un triennio. In attesa dell’emanazione del regolamento di cui all’articolo 9 della legge 16 gennaio 2003, n. 3, continuano ad applicarsi le disposizioni di cui all’articolo 3, comma 61, terzo periodo, della legge 24 dicembre 2003, n. 350.

105. Le disposizioni di cui ai commi 99 e 100 non si applicano al comparto scuola, alle università nonché agli ordini ed ai collegi professionali e relativi consigli e federazioni.

106. Le amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2, e all’articolo 70, comma 4, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, non ricomprese nell’elenco 1 allegato alla presente legge, adeguano le proprie politiche di reclutamento di personale al principio del contenimento della spesa in coerenza con gli obiettivi fissati dai documenti di finanza pubblica. A tal fine, secondo modalità indicate dal Ministero dell’economia e delle finanze, d’intesa con la Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento della funzione pubblica, gli organi competenti ad adottare gli atti di programmazione dei fabbisogni di personale trasmettono annualmente alle predette amministrazioni i dati previsionali dei fabbisogni medesimi.

107. A decorrere dall’anno 2008, le amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, e all’articolo 70, comma 4, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, possono, previo esperimento delle procedure di mobilità, effettuare assunzioni a tempo indeterminato entro i limiti delle cessazioni dal servizio verificatesi nell’anno precedente.

108. Il secondo periodo del comma 4 dell’articolo 35 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, è sostituito dal seguente: «Per le amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, le agenzie, ivi compresa l’Agenzia autonoma per la gestione dell’albo dei segretari comunali e provinciali, gli enti pubblici non economici e gli enti di ricerca, con organico superiore alle 200 unità, l’avvio delle procedure concorsuali è subordinato all’emanazione di apposito decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, da adottare su proposta del Ministro per la funzione pubblica di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze».

109. A decorrere dall’anno 2005, le università adottano programmi triennali del fabbisogno di personale docente, ricercatore e tecnico-amministrativo, a tempo determinato e indeterminato, tenuto conto delle risorse a tal fine stanziate nei rispettivi bilanci. I programmi sono valutati dal Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca ai fini della coerenza con le risorse stanziate nel fondo di finanziamento ordinario, fermo restando il limite del 90 per cento ai sensi della normativa vigente.

110. Per il funzionamento del Dipartimento Nazionale per le politiche antidroga è autorizzata l’ulteriore spesa di 6 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2005

111. Per le regioni, le autonomie locali e gli enti del servizio sanitario nazionale le economie derivanti dall’attuazione del presente articolo conseguenti a misure limitative delle assunzioni per gli anni 2006, 2007 e 2008 restano acquisite ai bilanci degli enti ai fini del miglioramento dei relativi saldi.

112. È stanziata, per l’anno 2005, la somma di 10 milioni di euro per il finanziamento delle attività inerenti alla programmazione e realizzazione del sistema integrato di trasporto denominato «Autostrade del mare», di cui al Piano generale dei trasporti e della logistica, approvato con deliberazione del Consiglio dei ministri del 2 marzo 2001, attuato dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti per il tramite della società Rete autostrade mediterranee Spa (RAM) del gruppo Sviluppo Italia Spa.

113. I soggetti che nell’esercizio di impresa si rendono acquirenti di tartufi da raccoglitori dilettanti od occasionali non muniti di partita IVA sono tenuti ad emettere autofattura con le modalità e nei termini di cui all’articolo 21 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, e successive modificazioni. In deroga all’articolo 21, comma 2, lettera a), del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, e successive modificazioni, i soggetti acquirenti di cui al primo periodo omettono l’indicazione nell’autofattura delle generalità del cedente e sono tenuti a versare all’erario, senza diritto di detrazione, gli importi dell’IVA relativi alle autofatture emesse nei termini di legge. La cessione di tartufo non obbliga il cedente raccoglitore dilettante od occasionale non munito di partita IVA ad alcun obbligo contabile. I cessionari sono obbligati a comunicare annualmente alle regioni di appartenenza la quantità del prodotto commercializzato e la provenienza territoriale dello stesso, sulla base delle risultanze contabili. I cessionari sono obbligati a certificare al momento della vendita la provenienza del prodotto, la data di raccolta e quella di commercializzazione.

114. Allo scopo di concorrere al soddisfacimento della domanda di abitazioni, con particolare riferimento alle aree metropolitane ad alta tensione abitativa, e per agevolare la mobilità del personale dipendente da amministrazioni dello Stato, è consentita la modifica in aumento del limite numerico degli alloggi da realizzare nell’ambito di programmi straordinari di edilizia residenziale pubblica di cui al comma 150 dell’articolo 4 della legge 24 dicembre 2003, n. 350, da concedere in locazione o in godimento ai medesimi dipendenti, fermo restando il limite volumetrico complessivo degli interventi oggetto dei programmi stessi.

115. Allo scopo di favorire l’accesso delle giovani coppie alla prima casa di abitazione, è istituito, per l’anno 2005, presso il Ministero dell’economia e delle finanze, un fondo per il sostegno finanziario all’acquisto di unità immobiliari da adibire ad abitazione principale in regime di edilizia convenzionata da cooperative edilizie, aziende territoriali di edilizia residenziale pubbliche ed imprese private. La dotazione finanziaria del predetto fondo per l’anno 2005 è fissata in 10 milioni di euro. Con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze di concerto con i Ministri delle infrastrutture e dei trasporti e per le pari opportunità, sono fissati i criteri per l’accesso al fondo e i limiti di fruizione dei benefici di cui al presente comma.

116. Il contributo statale annuo a favore della Federazione nazionale delle istituzioni pro ciechi di cui all’articolo 3, comma 3, della legge 28 agosto 1997, n. 284, è aumentato a decorrere dal 2005 di euro 350.000.

117. Il contributo statale annuo a favore dell’Associazione nazionale vittime civili di guerra è aumentato a decorrere dall’anno 2005 di euro 250.000.

118. All’articolo 6, comma 4, della legge 13 maggio 1999, n. 133, e successive modificazioni, le parole «31 dicembre 2004» sono sostituite dalle seguenti: «31 dicembre 2005».

119. All’articolo 2, comma 31, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, le parole «legalmente riconosciute» sono sostituite dalle seguenti: «legalmente costituite».

120. Nell’ambito delle risorse preordinate sul Fondo per l’occupazione di cui all’articolo 1, comma 7, del decreto-legge 20 maggio 1993, n. 148, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 luglio 1993, n. 236, con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sono determinati i criteri e le modalità per la destinazione dell’importo aggiuntivo di 2 milioni di euro per il 2005, per il finanziamento degli interventi di cui all’articolo 80, comma 4, della legge 23 dicembre 1998, n. 448.

121. Per l’anno 2005, le amministrazioni di cui agli articoli 1, comma 2, e 70, comma 4, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, possono avvalersi di personale a tempo determinato, ad eccezione di quanto previsto dall’articolo 108 del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, o con convenzioni ovvero con contratti di collaborazione coordinata e continuativa, nel limite della spesa media annua sostenuta per le stesse finalità nel triennio 1999-2001. La spesa per il personale a tempo determinato in servizio presso il Corpo forestale dello Stato nell’anno 2005, assunto ai sensi della legge 5 aprile 1985, n. 124, non può superare quella sostenuta per lo stesso personale nell’anno 2004. Le limitazioni di cui al presente comma non trovano applicazione nei confronti del personale infermieristico del Servizio sanitario nazionale. Le medesime limitazioni non trovano altresì applicazione nei confronti delle regioni e delle autonomie locali. Gli enti locali che per l’anno 2004 non abbiano rispettato le regole del patto di stabilità interno non possono avvalersi di personale a tempo determinato o con convenzioni ovvero con contratti di collaborazione coordinata e continuativa. Per il comparto scuola e per quello delle istituzioni di alta formazione e specializzazione artistica e musicale trovano applicazione le specifiche disposizioni di settore.

122. I Ministeri per i beni e le attività culturali, della giustizia, della salute e l’Agenzia del territorio sono autorizzati ad avvalersi, sino al 31 dicembre 2005, del personale in servizio con contratti di lavoro a tempo determinato, prorogati ai sensi dell’articolo 3, comma 62, della legge 24 dicembre 2003, n. 350. Il Ministero dell’economia e delle finanze può continuare ad avvalersi fino al 31 dicembre 2005 del personale utilizzato ai sensi dell’articolo 47, comma 10, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, e successive modificazioni.

123. Possono essere prorogati fino al 31 dicembre 2005 i contratti di lavoro a tempo determinato stipulati dagli organi della magistratura amministrativa nonchè i contratti di lavoro a tempo determinato stipulati dall’INPS, dall’INPDAP e dall’INAIL già prorogati ai sensi dell’articolo 1 del decreto-legge 28 maggio 2004, n. 136, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 luglio 2004, n. 186, i cui oneri continuano ad essere posti a carico dei bilanci degli enti predetti.

124. L’Agenzia per la protezione dell’ambiente e per i servizi tecnici (APAT) può continuare ad avvalersi, sino al 31 dicembre 2005, del personale in servizio nell’anno 2004 con contratto a tempo determinato o con convenzione o con altra forma di flessibilità e di collaborazione nel limite massimo di spesa complessivamente stanziata per lo stesso personale nell’anno 2004 dalla predetta Agenzia. I relativi oneri continuano a fare carico sul bilancio dell’Agenzia. Il Centro nazionale per l’informatica nella pubblica amministrazione (CNIPA) è autorizzato a prorogare, fino al 31 dicembre 2005, i rapporti di lavoro del personale con contratto a tempo determinato in servizio nell’anno 2004. I relativi oneri continuano a fare carico sul bilancio del Centro.

125. Al fine di consentire il completamento e l’aggiornamento dei dati per la rilevazione dei cittadini italiani residenti all’estero, i rapporti di impiego a tempo determinato stipulati ai sensi dell’articolo 2, comma 1, della legge 27 maggio 2002, n. 104, possono proseguire nell’anno 2005 fino al completamento dell’ultimo rinnovo semestrale autorizzato ai sensi dell’articolo 1-bis del decreto-legge 31 marzo 2003, n. 52, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 maggio 2003, n. 122.

126. Le procedure di conversione in rapporti di lavoro a tempo indeterminato dei contratti di formazione e lavoro di cui all’articolo 3, comma 63, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, possono essere effettuate unicamente nel rispetto delle limitazioni e delle modalità previste dalla normativa vigente per l’assunzione di personale a tempo indeterminato. I rapporti in essere instaurati con il personale interessato alla predetta conversione sono comunque prorogati al 31 dicembre 2005.

127. Per l’anno 2005 per gli enti di ricerca, l’Istituto superiore di sanità, l’Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza del lavoro, gli istituti zooprofilattici sperimentali, l’Agenzia per i servizi sanitari regionali, l’Agenzia italiana del farmaco, gli Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico, l’Agenzia spaziale italiana, l’Ente per le nuove tecnologie, l’energia e l’ambiente, il CNIPA, nonchè per le università e le scuole superiori ad ordinamento speciale, sono fatte comunque salve le assunzioni a tempo determinato e la stipula di contratti di collaborazione coordinata e continuativa per l’attuazione di progetti di ricerca e di innovazione tecnologica ovvero di progetti finalizzati al miglioramento di servizi anche didattici per gli studenti, i cui oneri non risultino a carico dei bilanci di funzionamento degli enti o del Fondo di finanziamento degli enti o del Fondo di finanziamento ordinario delle università.

128. I comandi del personale della società Poste italiane Spa e dell’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato, di cui dall’articolo 3, comma 64, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, sono prorogati al 31 dicembre 2005.

129. Nulla è dovuto a titolo di indennità o trattamento economico aggiuntivo comunque denominato nei confronti del personale in servizio presso enti e società derivanti da processi di privatizzazione di amministrazioni pubbliche esercenti attività e servizi in regime di monopolio e già proveniente dalle predette amministrazioni pubbliche che sia trasferito a domanda con il semplice consenso dell’ente o della società e dell’amministrazione di destinazione presso le pubbliche amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni.

130. All’articolo 40, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, al terzo periodo le parole: «i ricercatori e i tecnologi degli enti di ricerca, compresi quelli dell’ENEA,» sono soppresse.

131. Per la proroga delle attività di cui all’articolo 78, comma 31, della legge 23 dicembre 2000, n. 388, è autorizzata, per l’anno 2005, la spesa di 375 milioni di euro.

132. Per l’anno scolastico 2005-2006, la consistenza numerica della dotazione del personale docente in organico di diritto non potrà superare quella complessivamente determinata nel medesimo organico di diritto per l’anno scolastico 2004-2005.

133. L’insegnamento della lingua straniera nella scuola primaria è impartito dai docenti della classe in possesso dei requisiti richiesti o da altro docente facente parte dell’organico di istituto sempre in possesso dei requisiti richiesti. Possono essere attivati posti di lingua straniera da assegnare a docenti specialisti solo nei casi in cui non sia possibile coprire le ore di insegnamento con i docenti di classe o di istituto. Al fine di realizzare quanto previsto dal presente comma, la cui applicazione deve garantire il recupero all’insegnamento sul posto comune di non meno di 7.100 unità per ciascuno degli anni scolastici 2005-2006 e 2006-2007, sono attivati corsi di formazione, nell’ambito delle annuali iniziative di formazione in servizio del personale docente, la cui partecipazione è obbligatoria per tutti i docenti privi dei requisiti previsti per l’insegnamento della lingua straniera. Il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca adotta ogni idonea iniziativa per assicurare il conseguimento del predetto obiettivo.

134. La spesa per supplenze brevi del personale docente, amministrativo, tecnico ed ausiliario, al lordo degli oneri sociali a carico dell’amministrazione e dell’imposta regionale sulle attività produttive, non può superare l’importo di 766 milioni di euro per l’anno 2005 e di 565 milioni di euro a decorrere dall’anno 2006. Il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca adotta ogni idonea misura per assicurare il rispetto dei predetti limiti.

135. Per l’attuazione del piano programmatico di cui all’articolo 1, comma 3, della legge 28 marzo 2003, n. 53, è autorizzata, a decorrere dall’anno 2005, l’ulteriore spesa complessiva di 110 milioni di euro per i seguenti interventi: anticipo delle iscrizioni e generalizzazione della scuola dell’infanzia, iniziative di formazione iniziale e continua del personale, interventi di orientamento contro la dispersione scolastica e per assicurare la realizzazione del diritto-dovere di istruzione e formazione.

136. Per la realizzazione di interventi di edilizia e per l’acquisizione di attrezzature didattiche e strumentali di particolare rilevanza da parte delle istituzioni di cui all’articolo 1 della legge 21 dicembre 1999, n. 508, è autorizzata a decorrere dall’anno 2005 la spesa di 10 milioni di euro.

137. Salvo diversa determinazione della Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento della funzione pubblica, per il triennio 2005-2007 è fatto divieto a tutte le amministrazioni pubbliche di cui agli articoli 1, comma 2, e 70, comma 4, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, di adottare provvedimenti per l’estensione di decisioni giurisdizionali aventi forza di giudicato, o comunque divenute esecutive, in materia di personale delle amministrazioni pubbliche.

138. All’articolo 61 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, dopo il comma 1 è inserito il seguente:

«1-bis. Le pubbliche amministrazioni comunicano alla Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento della funzione pubblica e al Ministero dell’economia e delle finanze l’esistenza di controversie relative ai rapporti di lavoro dalla cui soccombenza potrebbero derivare oneri aggiuntivi significativamente rilevanti per il numero dei soggetti direttamente o indirettamente interessati o comunque per gli effetti sulla finanza pubblica. La Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento della funzione pubblica, d’intesa con il Ministero dell’economia e delle finanze, può intervenire nel processo ai sensi dell’articolo 105 del codice di procedura civile».

139. Dopo l’articolo 63 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, è inserito il seguente:

«Art. 63-bis. - (Intervento dell’ARAN nelle controversie relative ai rapporti di lavoro). – 1. L’ARAN può intervenire nei giudizi innanzi al giudice ordinario, in funzione di giudice del lavoro, aventi ad oggetto le controversie relative ai rapporti di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni di cui agli articoli 1, comma 2, e 70, comma 4, al fine di garantire la corretta interpretazione e l’uniforme applicazione dei contratti collettivi. Per le controversie relative al personale di cui all’articolo 3, derivanti dalle specifiche discipline ordinamentali e retributive, l’intervento in giudizio può essere assicurato attraverso la Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento della funzione pubblica, d’intesa con il Ministero dell’economia e delle finanze».

140. La dotazione del Fondo di cui all’articolo 3, comma 149, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, è incrementata di un milione di euro per ciascuno degli anni 2005 e 2006.

141. Al fine di conseguire risparmi o minori oneri finanziari per le amministrazioni pubbliche, può sempre essere disposto l’annullamento di ufficio di provvedimenti amministrativi illegittimi, anche se l’esecuzione degli stessi sia ancora in corso. L’annullamento di cui al primo periodo di provvedimenti incidenti su rapporti contrattuali o convenzionali con privati deve tenere indenni i privati stessi dall’eventuale pregiudizio patrimoniale derivante, e comunque non può essere adottato oltre tre anni dall’acquisizione di efficacia del provvedimento, anche se la relativa esecuzione sia perdurante.

142. Al testo unico delle leggi concernenti il sequestro, il pignoramento e la cessione degli stipendi, salari e pensioni dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 5 gennaio 1950, n. 180, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all’articolo 1, primo comma, dopo le parole: «di comunicazione o di trasporto» sono inserite le seguenti: «nonché le aziende private»;

b) la rubrica del titolo III è sostituita dalla seguente: «Della cessione degli stipendi e salari dei dipendenti dello Stato non garantiti dal Fondo, degli impiegati e dei salariati non dipendenti dallo Stato e dei dipendenti di soggetti privati»;

c) l’articolo 34 è abrogato;

d) al primo comma dell’articolo 54 le parole: «a norma del presente titolo» sono sostituite dalle seguenti: «a norma del titolo II e del presente titolo».

143. L’articolo 47 del testo unico delle norme sulle prestazioni previdenziali a favore dei dipendenti civili e militari dello Stato, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 29 dicembre 1973, n. 1032, è abrogato.

144. L’adeguamento dei trasferimenti dovuti dallo Stato, ai sensi rispettivamente dell’articolo 37, comma 3, lettera c), della legge 9 marzo 1989, n. 88, e successive modificazioni, e dell’articolo 59, comma 34, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, e successive modificazioni, è stabilito per l’anno 2005:

a) in 532,37 milioni di euro in favore del Fondo pensioni lavoratori dipendenti, delle gestioni dei lavoratori autonomi, della gestione speciale minatori, nonchè in favore dell’Ente nazionale di previdenza e di assistenza per i lavoratori dello spettacolo (ENPALS);

b) in 131,55 milioni di euro in favore del Fondo pensioni lavoratori dipendenti, ad integrazione dei trasferimenti di cui alla lettera a), della gestione esercenti attività commerciali e della gestione artigiani.

145. Conseguentemente a quanto previsto dal comma 144, gli importi complessivamente dovuti dallo Stato sono determinati per l’anno 2005 in 15.740,39 milioni di euro per le gestioni di cui al comma 1, lettera a), e in 3.889,53 milioni di euro per le gestioni di cui al comma 1, lettera b).

146. I medesimi complessivi importi di cui ai commi 144 e 145 sono ripartiti tra le gestioni interessate con il procedimento di cui all’articolo 14 della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni, al netto, per quanto attiene al trasferimento di cui al comma 1, lettera a), della somma di 1.059,08 milioni di euro attribuita alla gestione per i coltivatori diretti, mezzadri e coloni a completamento dell’integrale assunzione a carico dello Stato dell’onere relativo ai trattamenti pensionistici liquidati anteriormente al 1º gennaio 1989, nonchè al netto delle somme di 2,36 milioni di euro e di 54,78 milioni di euro di pertinenza, rispettivamente, della gestione speciale minatori e dell’ENPALS.

147. Il termine concernente i contributi previdenziali e i premi assicurativi relativi al sisma del 1990, riguardanti le imprese delle province di Catania, Siracusa e Ragusa, differito al 30 giugno 2005 dall’articolo 2, comma 66, della legge 24 dicembre del 2003, n. 350, è prorogato al 30 giugno 2006.

148. Ai fini della copertura dei maggiori oneri derivanti dall’assunzione, a carico del bilancio dello Stato, del finanziamento della gestione di cui all’articolo 37 della legge 9 marzo 1989, n. 88, riferiti agli esercizi finanziari precedenti l’anno 2004, per un importo pari a 7.581,83 milioni di euro, sono utilizzate:

a) le somme trasferite dal bilancio dello Stato all’INPS ai sensi dell’articolo 35, comma 3, della legge 23 dicembre 1998, n. 448, a titolo di anticipazione sul fabbisogno finanziario delle gestioni previdenziali risultate, nel loro complesso, eccedenti sulla base dei bilanci consuntivi per le esigenze delle predette gestioni, evidenziate nella contabilità del predetto Istituto ai sensi dell’articolo 35, comma 6, della predetta legge n. 448 del 1998, per un ammontare complessivo non superiore a 5.700 milioni di euro;

b) le somme che risultano, sulla base del bilancio consuntivo dell’anno 2003, trasferite alla predetta gestione dell’INPS in eccedenza rispetto agli oneri per prestazioni e provvidenze varie, ivi comprese le somme trasferite in eccedenza per il finanziamento degli oneri di cui all’articolo 49, comma 1, della legge 23 dicembre 1999, n. 488, e fatto salvo quanto previsto dal decreto-legge 14 aprile 2003, n. 73, convertito, con modificazioni, dalla legge 10 giugno 2003, n. 133, per un ammontare complessivo pari a 307,51 milioni di euro;

c) le risorse trasferite all’INPS e accantonate presso la medesima gestione, come risultanti dal bilancio consuntivo dell’anno 2003 del predetto Istituto, in quanto non utilizzate per i seguenti scopi:

1) finanziamento delle prestazioni economiche per la tubercolosi di cui all’articolo 3, comma 14, della citata legge n. 448 del 1998, per un ammontare complessivo pari a 804,98 milioni di euro;

2) finanziamento degli oneri per pensionamenti anticipati di cui all’articolo 8 del decreto-legge 16 maggio 1994, n. 299, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 luglio 1994, n. 451, e all’articolo 3 della legge 23 dicembre 1996, n. 662, per un ammontare complessivo pari a 457,71 milioni di euro;

3) finanziamento degli oneri per l’assistenza ai portatori di handicap grave di cui all’articolo 42, comma 5, del testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, di cui al decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, e successive modificazioni, per un ammontare complessivo pari a 300,66 milioni di euro;

4) finanziamento degli oneri per i trattamenti di integrazione salariale straordinaria previsti da disposizioni diverse, per un ammontare complessivo pari a 10,97 milioni di euro.

149. Il complesso degli effetti contabili delle disposizioni di cui al comma 148 sulle gestioni dell’INPS interessate è definito con la procedura di cui all’articolo 14 della legge 7 agosto 1990, n. 241.

150. Ai fini del finanziamento dei maggiori oneri a carico della Gestione per l’erogazione delle pensioni, assegni e indennità agli invalidi civili, ciechi e sordomuti di cui all’articolo 130 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, valutati in 1.326 milioni di euro per l’esercizio 2004 e 827 milioni di euro a decorrere dal 2005:

a) per l’esercizio 2004, concorrono, per un importo complessivo di 780 milioni di euro, le risorse derivanti da:

1) i minori oneri accertati nell’attuazione dell’articolo 38 della legge 28 dicembre 2001, n. 448, concernente incremento delle pensioni in favore di soggetti disagiati, per un ammontare complessivo pari a 245 milioni di euro;

2) i minori oneri accertati nell’attuazione dell’articolo 3, comma 14, della legge 23 dicembre 1998, n. 448, concernente prestazioni economiche per la tubercolosi, per un ammontare complessivo pari a 70 milioni di euro;

3) i minori oneri accertati nell’attuazione del comma 5 dell’articolo 42 del citato testo unico di cui al decreto legislativo n. 151 del 2001 e del comma 3 dell’articolo 80 della legge 23 dicembre 2000, n. 388, concernenti rispettivamente assistenza ai portatori di handicap grave e contribuzione figurativa in favore di sordomuti e invalidi,per un ammontare complessivo pari a 160 milioni di euro;

4) i minori oneri, rispetto alla somma di 872,8 milioni di euro prevista dalla legge 31 dicembre 1991, n. 415, e dalla legge 23 dicembre 1992, n. 500, per il finanziamento della gestione di cui all’articolo 37 della legge 9 marzo 1989, n. 88, accertati nell’attuazione delle norme in materia di pensionamenti anticipati, per un ammontare complessivo pari a 305 milioni di euro;

b) a decorrere dall’anno 2005, sono utilizzate le risorse derivanti da:

1) i minori oneri accertati nell’attuazione del citato articolo 38 della legge 28 dicembre 2001, n. 448, per un ammontare complessivo pari a 245 milioni di euro;

2) i minori oneri accertati nell’attuazione del citato articolo 3, comma 14, della legge 23 dicembre 1998, n. 448, per un ammontare complessivo pari a 277 milioni di euro;

3) i minori oneri, rispetto alla somma di 872,8 milioni di euro prevista dalle citate leggi 31 dicembre 1991, n. 415, e 23 dicembre 1992, n. 500, per il finanziamento della gestione di cui all’articolo 37 della legge 9 marzo 1989, n. 88, accertati nell’attuazione delle norme in materia di pensionamenti anticipati, per un ammontare complessivo pari a 305 milioni di euro.

151. Per le imprese industriali che svolgono attività produttiva di fornitura o subfornitura di componenti, di supporto o di servizio, a favore di imprese operanti nel settore automobilistico, i periodi di integrazione salariale ordinaria fruiti negli anni 2003 e 2004 non vengono computati ai fini della determinazione del limite massimo di utilizzo dell’integrazione salariale ordinaria di cui all’articolo 6 della legge 20 maggio 1975, n. 164 entro il limite di 1.100 unità annue.

152. La disciplina dell’importo massimo di cui all’articolo 1, secondo comma, della legge 13 agosto 1980, n. 427, e successive modificazioni, estesa ai trattamenti ordinari di disoccupazione dall’articolo 3, comma 2, del decreto-legge 16 maggio 1994, n. 299, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 luglio 1994, n. 451, trova applicazione anche per i trattamenti speciali di disoccupazione aventi decorrenza dal 1º gennaio 2006.

153. A decorrere dal 1º gennaio 2005, nell’ambito del processo di armonizzazione al regime generale è abrogato l’allegato B al regio decreto 8 gennaio 1931, n. 148, e i trattamenti economici previdenziali di malattia, riferiti ai lavoratori addetti ai pubblici servizi di trasporto rientranti nell’ambito di applicazione del citato regio decreto, sono dovuti secondo le norme, le modalità e i limiti previsti per i lavoratori del settore industria. I trattamenti economici previdenziali di malattia aggiuntivi rispetto a quelli spettanti ai lavoratori del settore industria, o comunque diversi dagli stessi, previsti ed applicati alla predetta data ai sensi del citato allegato B e degli accordi collettivi nazionali che stabilivano a carico delle disciolte Casse di soccorso particolari prestazioni, trasferite dal 1º gennaio 1980 all’INPS ai sensi della legge 23 dicembre 1978, n. 833, sono da considerare, fino ad eventuale diversa disciplina pattizia, obbligazioni contrattuali del datore di lavoro.

154. I commi primo e secondo dell’articolo 2 del decreto-legge 30 dicembre 1979, n. 663, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 febbraio 1980, n. 33, e successive modificazioni, sono sostituiti dai seguenti:

«A decorrere dal 1º giugno 2005, nei casi di infermità comportante incapacità lavorativa, il medico curante trasmette all’INPS il certificato di diagnosi sull’inizio e sulla durata presunta della malattia per via telematica on line, secondo le specifiche tecniche e le modalità procedurali determinate dall’INPS medesimo.

Il lavoratore è tenuto, entro due giorni dal relativo rilascio, a recapitare o a trasmettere, a mezzo raccomandata con avviso di ricevimento, l’attestazione della malattia, rilasciata dal medico curante, al datore di lavoro, salvo il caso in cui quest’ultimo richieda all’INPS la trasmissione in via telematica della suddetta attestazione, secondo modalità stabilite dallo stesso Istituto.

Con apposito decreto interministeriale dei Ministri del lavoro e delle politiche sociali, della salute, dell’economia e delle finanze e per l’innovazione e le tecnologie, previa intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sono individuate le modalità tecniche, operative e di regolamentazione, al fine di consentire l’avvio della nuova procedura di trasmissione telematica on line della certificazione di malattia all’INPS e di inoltro dell’attestazione di malattia dall’lNPS al datore di lavoro, previsti dal primo e dal secondo comma del presente articolo».

155. L’articolo 1, comma 54, della legge 23 agosto 2004, n. 243, è abrogato.

156. All’articolo 118 della legge 23 dicembre 2000, n. 388, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al comma 1, ultimo periodo, sono soppresse le parole: «progressivamente e»;

b) al comma 1, dopo l’ultimo periodo è aggiunto il seguente: «Nel finanziare i piani formativi di cui al presente comma, i fondi si attengono al criterio della redistribuzione delle risorse versate dalle aziende aderenti a ciascuno di essi, ai sensi del comma 3»;

c) il comma 3 è sostituito dal seguente:

«3. I datori di lavoro che aderiscono ai fondi effettuano il versamento del contributo integrativo, di cui all’articolo 25 della legge n. 845 del 1978, e successive modificazioni, all’INPS, che provvede a trasferirlo, per intero, una volta dedotti i meri costi amministrativi, al fondo indicato dal datore di lavoro. L’adesione ai fondi è fissata entro il 31 ottobre di ogni anno, con effetti dal 1º gennaio successivo; le successive adesioni o disdette avranno effetto dal 1º gennaio di ogni anno. L’INPS, entro il 31 gennaio di ogni anno, a decorrere dal 2005, comunica al Ministero del lavoro e delle politiche sociali e ai fondi la previsione, sulla base delle adesioni pervenute, del gettito del contributo integrativo, di cui all’articolo 25 della legge n. 845 del 1978, e successive modificazioni, relativo ai datori di lavoro aderenti ai fondi stessi nonchè di quello relativo agli altri datori di lavoro, obbligati al versamento di detto contributo, destinato al Fondo per la formazione professionale e per l’accesso al Fondo sociale europeo (FSE), di cui all’articolo 9, comma 5, del decreto-legge 20 maggio 1993, n. 148, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 luglio 1993, n. 236. Lo stesso Istituto provvede a disciplinare le modalità di adesione ai fondi interprofessionali e di trasferimento delle risorse agli stessi mediante acconti bimestrali nonchè a fornire, tempestivamente e con regolarità, ai fondi stessi, tutte le informazioni relative alle imprese aderenti e ai contributi integrativi da esse versati. Al fine di assicurare continuità nel perseguimento delle finalità istituzionali del Fondo per la formazione professionale e per l’accesso al FSE, di cui all’articolo 9, comma 5, del decreto-legge 20 maggio 1993, n. 148, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 luglio 1993, n. 236, rimane fermo quanto previsto dal secondo periodo del comma 2 dell’ articolo 66 della legge 17 maggio 1999, n. 144.".

157. È istituito, presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, il «Fondo per il sostegno delle adozioni internazionali» finalizzato al rimborso delle spese sostenute dai genitori adottivi per l’espletamento della procedura di adozione disciplinata dalle disposizioni contenute nel capo I del titolo III della legge 4 maggio 1983, n. 184. Con decreto di natura non regolamentare adottato, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, dal Presidente del Consiglio dei ministri, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, vengono determinati l’entità e i criteri del rimborso, nonché le modalità di presentazione delle istanze. In ogni caso, i rimborsi non potranno superare l’ammontare massimo di 10 milioni di euro per l’anno 2005. A favore del Fondo di cui al presente comma è autorizzata la spesa di 10 milioni di euro per l’anno 2005.

158. Nell’ambito del Fondo nazionale per le politiche sociali di cui all’articolo 59, comma 44, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, è destinata una quota di 500.000 euro per l’anno 2005 per l’istituzione di un Fondo speciale al fine di promuovere le politiche giovanili finalizzate alla partecipazione dei giovani sul piano culturale e sociale nella società e nelle istituzioni, mediante il sostegno della loro capacità progettuale e creativa e favorendo il formarsi di nuove realtà associative nonchè consolidando e rafforzando quelle già esistenti.

159. Il 70 per cento della quota del Fondo di cui al comma 158 è destinato al finanziamento dei programmi e dei progetti del Forum nazionale dei giovani, con sede in Roma. Il restante 30 per cento è ripartito tra i Forum dei giovani regionali e locali proporzionalmente alla presenza di associazioni e di giovani sul territorio.

160. In attesa della riforma degli ammortizzatori sociali e nel limite complessivo di spesa di 310 milioni di euro a carico del Fondo per l’occupazione di cui all’articolo 1, comma 7, del decreto-legge 20 maggio 1993, n. 148, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 luglio 1993, n. 236, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e finanze, può disporre entro il 31 dicembre 2005, anche in deroga alla vigente normativa, concessioni, anche senza soluzione di continuità, dei trattamenti di cassa integrazione guadagni straordinaria, di mobilità e di disoccupazione speciale, nel caso di programmi finalizzati alla gestione di crisi occupazionali, anche con riferimento a settori produttivi e ad aree territoriali ovvero miranti al reimpiego di lavoratori coinvolti in detti programmi definiti in specifici accordi in sede governativa intervenuti entro il 30 giugno 2005. Nell’ambito delle risorse finanziarie di cui al primo periodo, i trattamenti concessi ai sensi dell’articolo 3, comma 137, quarto periodo, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, e successive modificazioni, possono essere prorogati con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, qualora i piani di gestione delle eccedenze già definiti in specifici accordi in sede governativa abbiano comportato una riduzione nella misura almeno del 10 per cento del numero dei destinatari dei trattamenti scaduti il 31 dicembre 2004. La misura dei trattamenti di cui al secondo periodo è ridotta del 10 per cento nel caso di prima proroga e del 30 per cento per le proroghe successive.

161. All’articolo 118, comma 16, della legge 23 dicembre 2000, n. 388, e successive modificazioni, le parole: «e di 100 milioni di euro per ciascuno degli anni 2003 e 2004» sono sostituite dalle seguenti: «e di 100 milioni di euro per ciascuno degli anni 2003, 2004 e 2005».

162. All’articolo 43 del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al comma 1, le parole da: «in un’apposita gestione» fino alla fine del comma sono sostituite dalle seguenti: «alla gestione separata di cui all’articolo 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335»;

b) al comma 2, le parole da: «alla gestione separata» fino a: «n. 335» sono soppresse;

c) il comma 9 è abrogato.

163. All’articolo 58 della legge 17 maggio 1999, n. 144, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al comma 2:

1) la parola: «tredici» è sostituita dalla parola: «dodici»;

2) le parole: «sei eletti dagli iscritti al Fondo» sono sostituite dalle seguenti: «cinque designati dalle associazioni sindacali rappresentative degli iscritti al Fondo medesimo»;

b) il comma 3 è sostituito dal seguente:

«3. Il comitato amministratore è presieduto dal presidente dell’INPS o da un suo delegato scelto tra i componenti del consiglio di amministrazione dell’Istituto medesimo.

164. Limitatamente ai soli enti gestori di forme di previdenza obbligatoria i collegi sindacali continuano ad esercitare il controllo contabile e per essi non trova applicazione l’articolo 2409-bis, terzo comma, del codice civile.

165. È costituita la Fondazione per la diffusione della responsabilità sociale delle imprese. Alla Fondazione partecipano, quali soci fondatori, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, oltre ad altri soggetti pubblici e privati che ne condividano le finalità. La Fondazione è soggetta alle disposizioni del codice civile, delle leggi speciali e dello statuto, che verrà redatto dai fondatori. Per lo svolgimento delle sue attività istituzionali è assegnato alla Fondazione un contributo di un milione di euro per l’anno 2005.

166. L’ente nazionale di previdenza e assistenza per i lavoratori dello spettacolo (ENPALS) può continuare ad avvalersi, fino al 31 dicembre 2005, del personale in servizio nell’anno 2004 con contratto di lavoro a tempo determinato nel limite massimo di spesa complessivamente stanziata per lo stesso personale nell’anno 2004. I relativi oneri continuano ad essere posti a carico del bilancio dell’ente.

167. All’articolo 3, comma 136, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, al primo periodo, le parole: «31 dicembre 2004» sono sostituite dalle seguenti: «31 dicembre 2005» e, al secondo periodo, le parole: «31 dicembre 2003» sono sostituite dalle seguenti: «31 dicembre 2004». A tal fine è autorizzata, per l’anno 2005, la spesa di 5 milioni di euro a valere sul Fondo per l’occupazione di cui all’articolo 1, comma 7, del decreto-legge 20 maggio 1993, n. 148, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 luglio 1993, n. 236.

168. Per la prosecuzione degli interventi di cui all’articolo 3, comma 9 , e all’articolo 8, comma 4-bis, del decreto legge 20 maggio 1993, n. 148, convertito con modificazioni dalla legge 19 luglio 1993, n. 236, è autorizzato un contributo di euro 160.102.000 per l’anno 2005. A tal fine, con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, è nominato un Commissario straordinario del Governo con funzioni di vigilanza sulle modalità di attuazione del presente comma.

169. Per garantire il rispetto degli obblighi comunitari e la realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica per il triennio 2005-2007 il livello complessivo della spesa del Servizio sanitario nazionale, al cui finanziamento concorre lo Stato, è determinato in 88.195 milioni di euro per l’anno 2005, 89.960 milioni di euro per l’anno 2006 e 91.759 milioni di euro per l’anno 2007. I predetti importi ricomprendono anche quello di 50 milioni di euro, per ciascuno degli anni indicati, a titolo di ulteriore finanziamento a carico dello Stato per l’ospedale «Bambino Gesù». Lo Stato, in deroga a quanto stabilito dall’articolo 4, comma 3, del decreto legge 18 settembre 2001, n. 347, convertito, con modificazioni, dalla legge 16 novembre 2001, n. 405, concorre al ripiano dei disavanzi del Servizio Sanitario Nazionale per gli anni 2001, 2002 e 2003. A tal fine è autorizzata, a titolo di regolazione debitoria, la spesa di 2.000 milioni di euro per l’anno 2005, di cui 50 milioni di euro finalizzati al ripiano dei disavanzi della Regione Lazio per l’anno 2003, derivanti dal finanziamento dell’ospedale "Bambino Gesù". Le predette disponibilità finanziarie sono ripartite tra le regioni con decreto del Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, d’intesa con la Conferenza Stato–Regioni.

170. Resta fermo l’obbligo in capo all’Agenzia italiana del farmaco di garantire per la quota a proprio carico, ai sensi dell’articolo 48 del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, il livello della spesa farmaceutica stabilito dalla legislazione vigente. Nell’ambito delle annuali direttive del Ministro della salute all’Agenzia è incluso il conseguimento dell’obiettivo del rispetto del predetto livello della spesa farmaceutica. Al fine di conseguire il contenimento della spesa farmaceutica, l’Agenzia italiana del farmaco stabilisce le modalità per il confezionamento ottimale dei farmaci a carico del Servizio sanitario nazionale, almeno per le patologie più rilevanti, relativamente a dosaggi e numero di unità posologiche, individua i farmaci per i quali i medici possono prescrivere «confezioni d’avvio» per terapie usate per la prima volta verso i cittadini, al fine di evitare prescrizioni quantitativamente improprie e più costose, e di verificarne la tollerabilità e l’efficacia, e predispone l’elenco dei farmaci per i quali sono autorizzate la prescrizione e la vendita per unità posologiche.

171. All’articolo 8 della legge 24 dicembre 1993, n. 537, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al comma 10: 1) alla lettera c), dopo le parole: «indicate alle lettere a) e b)» sono aggiunte le seguenti: «ad eccezione dei farmaci non soggetti a ricetta con accesso alla pubblicità al pubblico»;

2) dopo la lettera c), è aggiunta la seguente:

«c-bis) farmaci non soggetti a ricetta medica con accesso alla pubblicità al pubblico (OTC)»;

b) al comma 14, ultimo periodo, le parole: «lettera c)» sono sostituite dalle seguenti: «lettere c) e c-bis)».

172. All’articolo 70, comma 2, primo periodo, della legge 23 dicembre 1998, n. 448, dopo le parole «l’indicazione della "nota"» la parola: «, controfirmata,» è soppressa.

173. L’Agenzia italiana del farmaco adotta nel limite di spesa annuo di 1 milione di euro per ciascuno degli anni 2005, 2006 e 2007, nell’ambito del programma annuale di attività previsto dall’articolo 48, comma 5, lettera h), del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, un piano di comunicazione volto a diffondere l’uso dei farmaci generici, ad assicurare una adeguata informazione del pubblico su tali farmaci e a garantire ai medici, ai farmacisti e agli operatori di settore, a mezzo di apposite pubblicazioni specialistiche, le informazioni necessarie sui farmaci generici e le liste complete di farmaci generici disponibili.

174. Al fine di garantire che l’obiettivo del raggiungimento dell’equilibrio economico finanziario da parte delle regioni sia conseguito nel rispetto della garanzia della tutela della salute, ferma restando la disciplina dettata dall’articolo 54 della legge 27 dicembre 2002, n. 289, per le prestazioni già definite dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 29 novembre 2001, pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 33 dell’8 febbraio 2002, e successive modificazioni, anche al fine di garantire che le modalità di erogazione delle stesse siano uniformi sul territorio nazionale, coerentemente con le risorse programmate per il Servizio sanitario nazionale, con regolamento adottato ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, dal Ministro della salute, che si avvale della commissione di cui all’articolo 4-bis, comma 10, del decreto-legge 15 aprile 2002, n. 63, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 giugno 2002, n. 112, sono fissati gli standard qualitativi, strutturali, tecnologici, di processo e possibilmente di esito, e quantitativi di cui ai livelli essenziali di assistenza, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano. Con la medesima procedura sono individuati le tipologie di assistenza e i servizi, relativi alle aree di offerta individuate dal vigente Piano sanitario nazionale. In fase di prima applicazione gli standard sono fissati entro il 30 giugno 2005.

175. Alla determinazione delle tariffe massime per la remunerazione delle prestazioni e delle funzioni assistenziali, assunte come riferimento per la valutazione della congruità delle risorse a disposizione del Servizio sanitario nazionale, provvede, con proprio decreto, il Ministero della salute, di concerto con il Ministero dell’economia e delle finanze, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano. Gli importi tariffari, fissati dalle singole regioni, superiori alle tariffe massime restano a carico dei bilanci regionali. Entro il 30 marzo 2005, con decreto del Ministero della salute, di concerto con il Ministero dell’economia e delle finanze, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, si procede alla ricognizione e all’eventuale aggiornamento delle tariffe massime, coerentemente con le risorse programmate per il Servizio sanitario nazionale. Con la medesima modalità e i medesimi criteri si procede all’aggiornamento biennale delle tariffe massime entro il 31 dicembre di ogni secondo anno a decorrere dall’anno 2005.

176. Ferma restando la facoltà delle singole regioni di procedere, per il governo dei volumi di attività e dei tetti di spesa, alla modulazione, entro i valori massimi nazionali, degli importi tariffari praticati per la remunerazione dei soggetti erogatori pubblici e privati, è vietata, nella remunerazione del singolo erogatore, l’applicazione alle singole prestazioni di importi tariffari diversi a seconda della residenza del paziente, indipendentemente dalle modalità con cui viene regolata la compensazione della mobilità sia intraregionale che interregionale. Sono nulli i contratti e gli accordi stipulati con i soggetti erogatori in violazione di detto principio.

177. Il potere di accesso del Ministro della salute presso le aziende unità sanitarie locali e le aziende ospedaliere di cui all’articolo 2, comma 6, del decreto-legge 29 agosto 1984, n. 528, convertito, con modificazioni, dalla legge 31 ottobre 1984, n. 733, e all’articolo 4, comma 2, della legge 1º febbraio 1989, n. 37, è esteso a tutti gli Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico, anche se trasformati in fondazioni, ai policlinici universitari e alle aziende ospedaliere universitarie ed è integrato con la potestà di verifica dell’effettiva erogazione, secondo criteri di efficienza ed appropriatezza, dei livelli essenziali di assistenza di cui all’articolo 1, comma 6, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni, al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 29 novembre 2001, pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 33 dell’8 febbraio 2002, e all’articolo 54 della legge 27 dicembre 2002, n. 289, compresa la verifica dei relativi tempi di attesa.

178. L’accesso al finanziamento integrativo a carico dello Stato derivante da quanto disposto al comma 169, rispetto al livello di cui all’accordo Stato-regioni dell’8 agosto 2001, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 208 del 7 settembre 2001, per l’anno 2004, rivalutato del 2 per cento su base annua a decorrere dal 2005, è subordinato alla stipula di una specifica intesa tra Stato e regioni ai sensi dell’articolo 8, comma 6, della legge 5 giugno 2003, n. 131, che contempli ai fini del contenimento della dinamica dei costi:

a) gli adempimenti già previsti dalla vigente legislazione;

b) i casi nei quali debbano essere previste modalità di affiancamento dei rappresentanti dei Ministeri della salute e dell’economia e delle finanze ai fini di una migliore definizione delle misure da adottare;

c) ulteriori adempimenti per migliorare il monitoraggio della spesa sanitaria nell’ambito del Nuovo sistema informativo sanitario;

d) il rispetto degli obblighi di programmazione a livello regionale, al fine di garantire l’effettività del processo di razionalizzazione delle reti strutturali dell’offerta ospedaliera e della domanda ospedaliera, con particolare riguardo al riequilibrio dell’offerta di posti letto per acuti e per lungodegenza e riabilitazione, alla promozione del passaggio dal ricovero ordinario al ricovero diurno, nonché alla realizzazione degli interventi previsti dal Piano nazionale della prevenzione e dal Piano nazionale dell’aggiornamento del personale sanitario, coerentemente con il Piano sanitario nazionale;

e) il vincolo di crescita delle voci dei costi di produzione, con esclusione di quelli per il personale cui si applica la specifica normativa di settore, secondo modalità che garantiscano che, complessivamente, la loro crescita non sia superiore, a decorrere dal 2005, al 2 per cento annuo rispetto ai dati previsionali indicati nel bilancio dell’anno precedente, al netto di eventuali costi di personale di competenza di precedenti esercizi;

f) in ogni caso, l’obbligo in capo alle regioni di garantire in sede di programmazione regionale, coerentemente con gli obiettivi sull’indebitamento netto delle amministrazioni pubbliche, l’equilibrio economico-finanziario delle proprie aziende sanitarie, aziende ospedaliere, aziende ospedaliere universitarie ed Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico sia in sede di preventivo annuale che di conto consuntivo, realizzando forme di verifica trimestrale della coerenza degli andamenti con gli obiettivi dell’indebitamento netto delle amministrazioni pubbliche e prevedendo l’obbligatorietà dell’adozione di misure per la riconduzione in equilibrio della gestione ove si prospettassero situazioni di squilibrio, nonchè l’ipotesi di decadenza del direttore generale.

179. Al fine del rispetto dell’equilibrio economico-finanziario, la regione, ove si prospetti sulla base del monitoraggio trimestrale una situazione di squilibrio, adotta i provvedimenti necessari. Qualora dai dati del monitoraggio del quarto trimestre si evidenzi un disavanzo di gestione a fronte del quale non sono stati adottati i predetti provvedimenti, ovvero essi non siano sufficienti, con la procedura di cui all’articolo 8, comma 1, della legge 5 giugno 2003, n. 131, il Presidente del Consiglio dei ministri diffida la regione a provvedervi entro il 30 aprile dell’anno successivo a quello di riferimento. Qualora la regione non adempia, entro i successivi trenta giorni il presidente della regione, in qualità di commissario ad acta, approva il bilancio di esercizio consolidato del Servizio sanitario regionale al fine di determinare il disavanzo di gestione e adotta i necessari provvedimenti per il suo ripianamento, ivi inclusi gli aumenti dell’addizionale all’imposta sul reddito delle persone fisiche e le maggiorazioni dell’aliquota dell’imposta regionale sull’attività produttiva entro le misure stabilite dalla normativa vigente. I predetti incrementi possono essere adottati anche in funzione della copertura dei disavanzi di gestione accertati o stimati nel settore sanitario relativi all’esercizio 2004 e seguenti.

180. Per le finalità di cui al comma 179 e per la copertura dei disavanzi di gestione accertati o stimati nel settore sanitario, la regione, in deroga alla sospensione di cui al comma 63, primo periodo, può deliberare l’inizio o la ripresa della decorrenza degli effetti degli aumenti dell’addizionale regionale all’imposta sul reddito e delle maggiorazione dell’aliquota dell’imposta regionale sulle attività produttive, già disposti, oggetto della predetta sospensione. Ai sensi del primo periodo del presente comma e del comma 22 dell’articolo 2 della legge 24 dicembre 2003, n. 350, l’inizio o la ripresa della decorrenza degli effetti può concernere anche quelle maggiorazioni dell’aliquota IRAP che siano state deliberate dalle regioni, antecedentemente al 31 dicembre 2003, in difformità rispetto a quanto previsto dalla normativa statale. Per le medesime finalità, le regioni possono altresì, nei limiti della normativa statale di riferimento ed in conformità ad essa, disporre nuovi aumenti dell’addizionale regionale all’imposta sul reddito o nuove maggiorazioni dell’aliquota IRAP ovvero modificazione gli aumenti e le maggiorazioni di cui al primo periodo del presente comma.

181. In caso di mancato adempimento agli obblighi di cui al comma 178 è precluso l’accesso al maggiore finanziamento previsto per gli anni 2005, 2006 e 2007, con conseguente immediato recupero delle somme eventualmente erogate.

182. Le regioni, ai sensi dell’articolo 4, comma 9, della legge 30 dicembre 1991, n. 412, e successive modificazioni, definiscono le fattispecie per l’eventuale trasformazione da tempo determinato a tempo indeterminato del rapporto di lavoro dei professionisti convenzionati a carico del protocollo aggiuntivo ai sensi dei decreti del Presidente della Repubblica 28 luglio 2000, n. 271, e 21 settembre 2001, n. 446, in modo da assicurare una riduzione della relativa spesa pari ad almeno il 20 per cento. La predetta trasformazione è possibile entro il limite del numero di ore di incarico attivate a titolo convenzionale presso ciascuna azienda sanitaria locale alla data del 31 ottobre 2004.

183. Il rapporto tra il Servizio sanitario nazionale, i medici di medicina generale, i pediatri di libera scelta, i medici specialisti ambulatoriali interni e le altre professioni sanitarie non dipendenti dal medesimo è disciplinato da apposite convenzioni conformi agli accordi collettivi nazionali stipulati ai sensi dell’articolo 4, comma 9, della legge 30 dicembre 1991, n. 412, e successive modificazioni, con le organizzazioni sindacali di categoria maggiormente rappresentative in campo nazionale. La rappresentatività delle organizzazioni sindacali è basata sulla consistenza associativa. Detti accordi hanno durata quadriennale per la parte normativa e durata biennale per la parte economica. In sede di prima applicazione la durata, per le parti normativa ed economica, è definita fino al 31 dicembre 2005.

184. Al fine di garantire il rispetto degli obblighi di cui al comma 178, ciascuna regione provvede a disciplinare appositi meccanismi di raccordo tra le aziende sanitarie locali, le aziende ospedaliere, le aziende ospedaliere universitarie, gli Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico e i medici di medicina generale e i pediatri di libera scelta, attribuendo a questi ultimi il compito di segnalare tempestivamente alle strutture competenti a livello regionale le situazioni di inefficienza gestionale e organizzativa che costituiscono violazione degli obiettivi di contenimento della dinamica dei costi di cui al presente articolo.

185. La regione interessata, nelle ipotesi indicate ai commi 179 e 181, anche avvalendosi del supporto tecnico dell’Agenzia per i servizi sanitari regionali, procede ad una ricognizione delle cause ed elabora un programma operativo di riorganizzazione, di riqualificazione o di potenziamento del Servizio sanitario regionale, di durata non superiore al triennio. I Ministri della salute e dell’economia e delle finanze e la singola regione stipulano apposito accordo che individui gli interventi necessari per il perseguimento dell’equilibrio economico, nel rispetto dei livelli essenziali di assistenza e degli adempimenti di cui alla intesa prevista dal comma 178. La sottoscrizione dell’accordo è condizione necessaria per la riattribuzione alla regione interessata del maggiore finanziamento anche in maniera parziale e graduale, subordinatamente alla verifica della effettiva attuazione del programma.

186. Con riferimento agli importi indicati al comma 1, relativamente alla somma di 1.000 milioni di euro per l’anno 2005, 1.200 milioni di euro per l’anno 2006 e 1.400 milioni di euro per l’anno 2007, il relativo riconoscimento alle regioni resta condizionato, oltre che agli adempimenti di cui al comma 178, anche al rispetto da parte delle regioni medesime dell’obiettivo per la quota a loro carico sulla spesa farmaceutica previsto dall’articolo 48 del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326.

187. Limitatamente all’anno 2004:

a) l’obbligo in capo alle regioni, per la quota del 40 per cento a loro carico, di cui all’articolo 48, comma 5, lettera f), del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, in caso di superamento dei tetti di spesa di cui al comma 1 del predetto articolo 48, s’intende comunque adempiuto, anche qualora la regione non abbia provveduto al previsto ripiano, purché l’equilibrio complessivo del relativo sistema sanitario regionale venga rispettato, previa verifica dell’avvenuta erogazione dei livelli essenziali di assistenza effettuata dal Ministero della salute, ai sensi del comma 9 del presente articolo;

b) con specifica intesa tra Stato e regioni, sulla base dei dati forniti dall’Agenzia italiana del farmaco, su proposta del Ministro della salute, sono definite le eventuali compensazioni sugli effetti, per ogni singola regione, derivanti dai provvedimenti a carico delle aziende produttrici di cui all’articolo 1 del decreto-legge 24 giugno 2004, n. 156, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 agosto 2004, n. 202, nel rispetto degli equilibri di finanza pubblica programmati, anche ai fini dell’accesso all’integrazione dei finanziamenti a carico dello Stato come stabilito dal citato Accordo Stato-regioni dell’8 agosto 2001.

188. A partire dal 2005, sulla base delle rilevazioni condotte dall’Agenzia italiana del farmaco, le regioni che non adottano misure di contenimento della spesa farmaceutica adeguate al rispetto dei tetti stabiliti dall’articolo 48, comma 1, del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, sono tenute nell’esercizio successivo a quello di rilevazione ad adottare misure di contenimento pari al 50 per cento del proprio sfondamento.

189. Al fine di consentire in via anticipata l’erogazione dell’incremento del finanziamento a carico dello Stato:

a) in deroga a quanto stabilito dall’articolo 13, comma 6, del decreto legislativo 18 febbraio 2000, n. 56, il Ministero dell’economia e delle finanze, per gli anni 2005, 2006 e 2007, è autorizzato a concedere alle regioni a statuto ordinario anticipazioni con riferimento alle somme indicate al comma 169, al netto di quelle indicate al comma 186, da accreditare sulle contabilità speciali di cui all’articolo 66 della legge 23 dicembre 2000, n. 388, in essere presso le tesorerie provinciali dello Stato, nella misura pari al 95 per cento delle somme dovute alle regioni a statuto ordinario a titolo di finanziamento della quota indistinta del fabbisogno sanitario, quale risulta dalla deliberazione del CIPE per i corrispondenti anni, al netto delle entrate proprie regionali;

b) per gli anni 2005, 2006 e 2007, il Ministero dell’economia e delle finanze è autorizzato a concedere alle regioni Sicilia e Sardegna anticipazioni nella misura pari al 95 per cento delle somme dovute a tali regioni a titolo di finanziamento della quota indistinta quale risulta dalla deliberazione del CIPE per i corrispondenti anni, al netto delle entrate proprie e delle partecipazioni delle medesime regioni;

c) all’erogazione dell’ulteriore 5 per cento o al ripristino del livello di finanziamento previsto dal citato accordo Stato-regioni dell’8 agosto 2001 per l’anno 2004, rivalutato del 2 per cento su base annua a decorrere dal 2005, nei confronti delle singole regioni si provvede a seguito della verifica degli adempimenti di cui ai commi 178 e 186;

d) nelle more della deliberazione del CIPE e della proposta di decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di cui al comma 4 dell’articolo 2 del decreto legislativo 18 febbraio 2000, n. 56, nonché della stipula dell’intesa di cui al comma 178, le anticipazioni sono commisurate al livello del finanziamento corrispondente a quello previsto dal riparto per l’anno 2004 in base alla deliberazione del CIPE, rivalutato del 2 per cento su base annua a decorrere dal 2005;

e) sono autorizzati, in sede di conguaglio, eventuali recuperi che dovessero rendersi necessari anche a carico delle somme a qualsiasi titolo spettanti alle regioni per gli esercizi successivi.

190. All’articolo 50 del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, dopo il comma 1, è inserito il seguente:

«1-bis. Il Ministero dell’economia e delle finanze cura la generazione e la consegna della tessera sanitaria a tutti i soggetti destinatari, indicati al comma 1, entro il 31 dicembre 2005».

191. Nell’ambito delle attività dirette alla definizione e implementazione del Nuovo Sistema Informativo Sanitario (NSIS), il Ministero della salute, anche ai fini del controllo e monitoraggio della spesa per la realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica, garantisce in ogni caso la coerente prosecuzione delle azioni in corso con riduzione della spesa per il rinnovo dei contratti per la fornitura di beni e servizi afferenti al funzionamento del NSIS nella misura di cinque punti percentuali, salva la facoltà di ampliare i servizi richiesti nel limite dell’ordinario stanziamento di bilancio.

192. In considerazione del rilievo nazionale ed internazionale nella sperimentazione sanitaria di elevata specializzazione e nella cura delle più rilevanti patologie, per l’anno 2005 è autorizzata la spesa di 15 milioni di euro in favore della fondazione «Centro San Raffaele del Monte Tabor».

193. Le regioni che alla data del 1º gennaio 2005 abbiano ancora in corso di completamento il proprio programma di investimenti in attuazione dell’articolo 20 della legge 11 marzo 1988, n. 67, e successive modificazioni, destinano una quota delle risorse residue al potenziamento ed ammodernamento tecnologico.

194. Le sanzioni amministrative per infrazioni al divieto di fumare, previste dall’articolo 51, comma 7, della legge 16 gennaio 2003, n. 3, sono aumentate del 10 per cento.

195. I proventi delle sanzioni amministrative per infrazioni al divieto di fumare inflitte, a norma dell’articolo 51, comma 7, della legge 16 gennaio 2003, n. 3, da organi statali affluiscono al bilancio dello Stato, per essere successivamente riassegnati, limitatamente ai maggiori proventi conseguiti per effetto degli aumenti di cui al comma 1, ad appositi capitoli di spesa dello stato di previsione del Ministero della salute per il potenziamento degli organi ispettivi e di controllo, nonché per la realizzazione di campagne di informazione e di educazione alla salute finalizzate alla prevenzione del tabagismo e delle patologie ad esso correlate.

196. Resta ferma l’autonoma, integrale disponibilità da parte delle singole regioni, ai sensi degli articoli 17, terzo comma, e 29, terzo comma, della legge 24 novembre 1981, n. 689, dei proventi relativi alle infrazioni di cui al comma 194, accertate dagli organi di polizia locale, come tali ad esse direttamente attribuiti.

197. Al fine di migliorare l’efficienza operativa della pubblica amministrazione e per il contenimento della spesa pubblica, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri sono individuati le applicazioni informatiche e i servizi per i quali si rendono necessarie razionalizzazioni ed eliminazioni di duplicazioni e sovrapposizioni. Il CNIPA stipula contratti-quadro per l’acquisizione di applicativi informatici e per l’erogazione di servizi di carattere generale riguardanti il funzionamento degli uffici con modalità che riducano gli oneri derivanti dallo sviluppo, dalla manutenzione e dalla gestione.

198. Le pubbliche amministrazioni di cui all’articolo 1 del decreto legislativo 12 febbraio 1993, n. 39, sono tenute ad avvalersi, uniformando le procedure e le prassi amministrative in corso, degli applicativi e dei servizi di cui al comma 1, salvo i casi in cui possano dimostrare, in sede di richiesta di parere di congruità tecnico-economica di cui all’articolo 8 dello stesso decreto legislativo, che la soluzione che intendono adottare, a parità di funzioni, risulti economicamente più vantaggiosa.

199. Ai fini di cui al comma 197, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri sono individuati interventi di razionalizzazione delle infrastrutture di calcolo, telematiche e di comunicazione delle amministrazioni di cui al comma 198.

200. Le pubbliche amministrazioni diverse da quelle di cui al comma 198 possono avvalersi dei servizi di cui al medesimo comma 2, secondo modalità da definire in sede di Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281.

201. Ai fini della copertura delle spese necessarie per lo svolgimento dei compiti di cui al comma 2, possono essere assegnati al CNIPA finanziamenti a carico del Fondo di finanziamento per i progetti strategici nel settore informatico di cui all’articolo 27, comma 2, della legge 16 gennaio 2003, n. 3.

202. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, i cedolini per il pagamento delle competenze stipendiali del personale delle amministrazioni di cui all’articolo 1 del decreto legislativo 12 febbraio 1993, n. 39, purché sia già in possesso di caselle di posta elettronica fornite dall’amministrazione, sono trasmessi, tenuto conto del diritto alla riservatezza, esclusivamente per via telematica all’indirizzo di posta elettronica assegnato a ciascun dipendente. Con decreto di natura non regolamentare del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro per l’innovazione e le tecnologie, sono emanate le relative norme attuative.

203. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, gli uffici cassa delle amministrazioni, anche periferiche, dello Stato sono organizzati sulla base di procedure amministrative informatizzate. Tutti i contatti con il personale dipendente e con gli uffici, anche di altra amministrazione, avvengono utilizzando modalità di trasmissione telematica dei dati. Con decreto di natura non regolamentare del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro per l’innovazione e le tecnologie, sono emanate le relative norme attuative.

204. Per l’anno finanziario 2005 e successivi, il Ministro dell’economia e delle finanze, su proposta del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio, è autorizzato a provvedere con propri decreti alla riassegnazione alle pertinenti unità previsionali di base dello stato di previsione del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio delle somme da versare in entrata per revoche ed economie dei finanziamenti di cui alla legge 8 ottobre 1997, n. 344, adottate con provvedimento del Ministero competente, e con lo stesso destinate alla realizzazione di interventi finalizzati allo stesso progetto strategico inseriti negli accordi di programma quadro da stipulare con le regioni territorialmente interessate.

205. Al fine di garantire la prosecuzione delle iniziative di sostegno allo sviluppo economico già adottate e per il completamento delle dotazioni infrastrutturali già programmate, è autorizzata la prosecuzione degli interventi previsti dall’articolo 52, comma 59, della legge 28 dicembre 2001, n. 448, e dall’articolo 3, comma 2-ter, secondo periodo, del decreto-legge 24 settembre 2002, n. 209, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 novembre 2002, n. 265, nei limiti delle risorse finanziarie per tali finalità rispettivamente appostate e disponibili, che a tale fine vengono versate all’entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnate negli anni successivi, fino al completamento delle iniziative contemplate nelle citate disposizioni di legge.

206. La richiesta di cambio di destinazione urbanistica delle aree o dei manufatti industriali interessati da processi di delocalizzazione dell’intero processo produttivo, soprattutto quando essi comportino perdita di posti di lavoro, determina la cessazione del diritto acquisito dall’impresa ad eventuali benefici concessi dallo Stato per il sostegno e il miglioramento del processo produttivo medesimo.

207. Al fine di consentire l’avvio di un regime assicurativo volontario per la copertura dei rischi derivanti da calamità naturali sui fabbricati a qualunque uso destinati, attraverso la sottoscrizione di una quota parte del capitale sociale di una costituenda Compagnia di riassicurazioni finalizzata ad aumentare le capacità riassicurative del mercato, e di sostenere il Consorzio o l’unione di assicurazioni destinato a coprire i danni derivanti da calamità naturali, è istituito un apposito Fondo di garanzia la cui gestione è affidata alla Concessionaria di servizi assicurativi pubblici (CONSAP Spa). Per le predette finalità è autorizzata la spesa di 50 milioni di euro per l’anno 2005 Con apposito regolamento emanato entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, ai sensi dell’articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, di concerto con i Ministri delle attività produttive e dell’economia e delle finanze, sentiti la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano e l’Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni private e di interesse collettivo, che si esprimono entro trenta giorni, e acquisito successivamente il parere delle competenti Commissioni parlamentari da esprimere entro trenta giorni dalla data di trasmissione del relativo schema, è costituita la Compagnia di riassicurazioni di cui al primo periodo e sono definite le forme, le condizioni e le modalità di attuazione del predetto Fondo, nonché le misure volte ad incentivare lo sviluppo delle coperture assicurative in questione, in ogni caso senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, e prevedendo l’esclusione dell’intervento del Fondo per i danni prodotti dalle calamità naturali a fabbricati abusivi, ivi compresi i fabbricati abusivi per i quali, pur essendo stata presentata la domanda di definizione dell’illecito edilizio, non sono stati corrisposti interamente l’oblazione e gli oneri accessori.

208. Il Dipartimento della protezione civile è autorizzato ad erogare ai soggetti competenti contributi per la prosecuzione degli interventi e dell’opera di ricostruzione nei territori colpiti da calamità naturali per i quali è intervenuta la dichiarazione dello stato di emergenza ai sensi dell’articolo 5 della legge 24 febbraio 1992, n. 225. Le modalità di utilizzo dei contributi sono stabilite con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri d’intesa con il Ministro dell’economia e delle finanze. Alla ripartizione dei contributi si provvede con ordinanze del Presidente del Consiglio dei ministri, adottate ai sensi dell’articolo 5, comma 2, della citata legge n. 225 del 1992, destinando almeno il 5 per cento delle risorse complessive, per ciascuno degli anni 2005, 2006 e 2007 alla realizzazione del piano di ricostruzione del comune di San Giuliano di Puglia, ai sensi dell’articolo 4 dell’ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri 10 aprile 2003, n. 3279, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 89 del 16 aprile 2003, nonché una quota del 5 per cento per il completamento della ricostruzione degli edifici situati nei comuni delle regioni Marche ed Umbria danneggiati dal terremoto del settembre 1997, per i quali è stato dichiarato lo stato di emergenza con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 27 settembre 1997, una quota del 5 per cento per gli interventi di ricostruzione nei comuni della provincia di Brescia colpiti dagli eventi sismici del 24 novembre 2004, per i quali è stato dichiarato lo stato di emergenza con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 26 novembre 2004, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 287 del 7 dicembre 2004, una quota del 2 per cento per gli interventi di ricostruzione nei comuni della regione Sardegna colpiti dagli eventi calamitosi del dicembre 2004 ed una quota pari a 4 milioni di euro annui per fronteggiare le esigenze derivanti dalla situazione emergenziale conseguente alle intense precipitazioni verificatesi nei giorni 31 ottobre e 1º novembre 2004 nel territorio della regione autonoma Friuli-Venezia Giulia, nonché una quota pari a 5 milioni di euro annui per consentire la prosecuzione degli interventi di cui all’articolo 50 comma 1 lettera i) della legge 23 dicembre 1998, n, 448, ripartendo detta quota alla regione Basilicata e Campania nella misura rispettivamente del 25 per cento e del 75 per cento. Per le finalità di cui al presente comma è autorizzata la spesa annua di 58,5 milioni di euro per 15 anni, a decorrere dall’anno 2005.

209. Per gli interventi di ricostruzione nei comuni della provincia di Brescia colpiti dagli eventi sismici del 24 novembre 2004, per i quali è stato dichiarato lo stato di emergenza con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 26 novembre 2004, è autorizzato un contributo di 30 milioni di euro per l’anno 2005.

210. Il Fondo di cui all’articolo 27, comma 1, della legge 27 dicembre 2002, n. 289, è destinato alla copertura delle spese relative al progetto promosso dal Dipartimento per l’innovazione e le tecnologie della Presidenza del Consiglio dei ministri denominato «PC ai giovani», diretto ad incentivare l’acquisizione e l’utilizzo degli strumenti informatici e digitali tra i giovani che compiono sedici anni nel 2005, nonché la loro formazione, fino all’esaurimento delle disponibilità del Fondo stesso. Le modalità di attuazione del progetto, nonché di erogazione degli incentivi stessi, sono disciplinate con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro per l’innovazione e le tecnologie, emanato ai sensi dell’articolo 27, comma 1, della legge 27 dicembre 2002, n. 289.

211. I benefici di cui all’articolo 4, comma 11, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, concessi ai docenti con le modalità di cui al decreto del Ministro per l’innovazione e le tecnologie 3 giugno 2004, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 164 del 15 luglio 2004, sono prorogati a tutto l’anno 2005.

212. Nel corso dell’anno 2005, i benefici di cui al comma 211 sono concessi anche al personale dirigente e al personale non docente delle scuole pubbliche di ogni ordine e grado e delle università statali, nonché al personale dirigente, docente e non docente delle scuole paritarie di ogni ordine e grado, delle università non statali e delle università telematiche riconosciute ai sensi del decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca 17 aprile 2003, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 98 del 29 aprile 2003. Le modalità attuative del presente comma sono definite ai sensi dell’ultimo periodo del comma 11 dell’articolo 4 della legge 24 dicembre 2003, n. 350.

213. I dipendenti delle pubbliche amministrazioni possono acquistare un personal computer usufruendo di una riduzione di costo ottenuta in esito ad una apposita selezione di produttori o distributori operanti nel settore informatico, esperita, previa apposita indagine di mercato, dalla Concessionaria servizi informatici pubblici (CONSIP Spa).

214. La sezione speciale del Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese di cui all’articolo 2, comma 100, lettera a), della legge 23 dicembre 1996, n. 662, istituita con decreto del Ministro delle attività produttive e del Ministro per l’innovazione e le tecnologie 15 giugno 2004, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 150 del 29 giugno 2004, è integrata della somma di 40 milioni di euro per l’anno 2005, 40 milioni di euro per l’anno 2006 e 20 milioni di euro per l’anno 2007. Tali somme possono essere altresì utilizzate, limitatamente a quelle non impegnate al termine di ciascun anno, per altri interventi del Fondo di cui al presente comma. Le caratteristiche degli interventi del Fondo di cui al presente comma sono rideterminate con decreto di natura non regolamentare del Ministro delle attività produttive, da emanare entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, in linea con quanto previsto dall’Accordo di Basilea recante la disciplina sui requisiti minimi di capitale per le banche.

215. Le risorse del Fondo centrale di garanzia per il credito navale di cui all’articolo 5 della legge 31 luglio 1997, n. 261, e successive modificazioni, sono destinate, per un importo di sessanta milioni di euro, al Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese di cui all’articolo 2, comma 100, lettera a), della legge 23 dicembre 1996, n. 662.

216. L’intervento di cui al comma 1 dell’articolo 4 della legge 24 dicembre 2003, n. 350, è rifinanziato, per l’anno 2005, per l’importo di 110 milioni di euro. Il contributo ivi previsto, la cui misura è fissata in euro 70, si applica ai contratti stipulati a decorrere dal 1º dicembre 2004. Le procedure per l’assegnazione dei contributi stabilite, relativamente all’anno 2004, dagli articoli 1, 2, 3 e 7 del decreto del Ministro delle comunicazioni 30 dicembre 2003, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 18 del 23 gennaio 2004, sono estese, in quanto compatibili, ai contributi di cui al presente comma.

217. L’intervento di cui al comma 2 dell’articolo 4 della legge 24 dicembre 2003, n. 350, è rifinanziato, per l’anno 2005, per l’importo di 30 milioni di euro. Il contributo si applica ai contratti stipulati a decorrere dal 1º dicembre 2004 nella misura di euro 50, elevata ad euro 75 qualora l’accesso alla rete fissa o alla rete mobile UMTS da parte dell’utente ricada nei comuni il cui territorio sia ricompreso nelle aree di cui all’obiettivo 1 del regolamento (CE) n. 1260/1999 del Consiglio, del 21 giugno 1999, e comunque in quelli con popolazione inferiore a diecimila abitanti.

218. Allo scopo di promuovere il potenziamento della strumentazione tecnologica e l’aggiornamento della tecnologia impiegata nel settore della radiofonia, a decorrere dall’anno 2005 la quota prevista a valere sui contributi di cui al comma 190 dell’articolo 4 della legge 24 dicembre 2003, n. 350, ferma restando la misura del 10 per cento stabilita al medesimo comma, non può comunque essere inferiore a 1 milione di euro annui. Ai fini di cui al presente comma è autorizzata la spesa di 1 milione di euro annui a decorrere dall’anno 2005. L’accesso ai benefici di cui al citato comma 190 dell’articolo 4 è subordinato alla presentazione, da parte dei soggetti interessati, della relativa domanda entro il 31 gennaio di ciascun anno.

219. ll finanziamento annuale previsto dall’articolo 52, comma 18, della legge 28 dicembre 2001, n. 448, come rideterminato dalla legge 27 dicembre 2002, n. 289, e dalla legge 24 dicembre 2003, n. 350, è incrementato di 5 milioni di euro per l’anno 2005.

220. Al fine di rafforzare l’attrazione di nuovi investimenti nelle aree sottoutilizzate, Sviluppo Italia Spa è autorizzata a concedere agevolazioni alle imprese capaci di produrre effetti economici addizionali e durevoli e tali da generare esternalità positive sul territorio.

221. Le agevolazioni di cui al comma 220, il cui cumulo non può comunque superare i vigenti limiti massimi di intensità di aiuto, consistono in: a) un contributo in conto interessi a valere su mutui di durata non inferiore a cinque anni e non superiore a dieci, concessi da istituti autorizzati all’esercizio dell’attività bancaria ai sensi del testo unico di cui al decreto legislativo 1º settembre 1993, n. 385. È previsto un pre-ammortamento di durata non superiore a tre anni a decorrere dalla stipula del contratto di finanziamento. Il mutuo agevolato può coprire fino al 50 per cento degli investimenti ammissibili; b) un contributo in conto capitale fino al limite massimo del 20 per cento degli investimenti ammissibili; c) partecipazioni temporanee al capitale sociale, in misura non superiore al 15 per cento del capitale sociale delle imprese beneficiarie. Le percentuali di cui alle lettere b) e c) possono essere elevate, rispettivamente, al 35 per cento ed al 20 per cento nel caso di piccole e medie imprese.

222. Le agevolazioni di cui al comma 221 sono finanziate a valere sul Fondo di cui all’articolo 61 della legge 27 dicembre 2002, n. 289. A tale fine l’elenco degli strumenti che confluiscono nel Fondo per le aree sottoutilizzate, di cui all’allegato 1 della citata legge n. 289 del 2002, è esteso agli interventi previsti dal presente articolo.

223. Con delibera del CIPE, da emanare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono definiti le procedure di assegnazione e riprogrammazione delle risorse del Fondo destinate agli interventi previsti al comma 220 nonché le condizioni e i limiti delle agevolazioni di cui al comma 222.

224. Il CIPE, in sede di riparto annuale delle risorse per le aree sottoutilizzate, tenuto conto dei programmi pluriennali predisposti dall’Istituto italiano per gli studi storici e dall’Istituto italiano per gli studi filosofici, aventi sede in Napoli, assegna risorse per la realizzazione delle rispettive attività di ricerca e formazione di rilevante interesse pubblico per lo sviluppo dell’integrazione europea e mediterranea delle aree del Mezzogiorno. Con la delibera di assegnazione delle risorse sono disposte le relative modalità di erogazione.

225. Ai fini di cui al comma 5, i predetti istituti presentano al Ministero dell’economia e delle finanze – Dipartimento delle politiche di sviluppo e coesione – e al Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca i programmi di attività entro il 31 dicembre di ciascun anno; per l’anno 2005 i programmi sono presentati entro il 31 gennaio 2005. Tali programmi, nel rispetto del consolidato principio comunitario del cofinanziamento, indicano le altre fonti, pubbliche e private, con cui si intende contribuire alla loro realizzazione e sono accompagnati da una relazione di rendiconto sulle attività, già oggetto di finanziamento, concluse e in corso, nonché sull’equilibrio patrimoniale ovvero sulle azioni assunte per conseguirlo.

226. L’efficacia delle disposizioni di cui ai commi da 220 a 225 è subordinata, ai sensi dell’articolo 88, paragrafo 3, del Trattato istitutivo della Comunità europea, alla preventiva approvazione da parte della Commissione europea.

227. Al fine di favorire l’afflusso di capitale di rischio verso piccole e medie imprese innovative localizzate nelle aree sottoutilizzate, il Dipartimento per l’innovazione e le tecnologie della Presidenza del Consiglio dei ministri può sottoscrivere e alienare quote di uno o più fondi comuni di investimento, in misura non superiore al 50 per cento del patrimonio, promossi e gestiti da una o più società di gestione del risparmio (SGR) previste dal testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58. Tali SGR saranno individuate dal citato Dipartimento, d’intesa con il Dipartimento per le politiche di sviluppo e di coesione e con il Dipartimento del tesoro del Ministero dell’economia e delle finanze, con procedure competitive, anche in deroga alle vigenti norme di legge e di regolamento sulla contabilità generale dello Stato, nel rispetto delle norme comunitarie applicabili, assicurando che l’organizzazione e la gestione dei fondi siano coerenti con le finalità pubbliche ed eventualmente prevedendo a tale fine la presenza di un rappresentante della pubblica amministrazione negli organi di gestione dei fondi.

228. Alla copertura degli oneri derivanti dall’attuazione del presente articolo si provvede mediante le risorse previste dalla legge 30 giugno 1998, n. 208, e stanziate con delibera del CIPE n. 20 del 29 settembre 2004, punto 4.1.2, in attuazione dell’articolo 61 della legge 27 dicembre 2002, n. 289.

229. Gli immobili di cui all’articolo 9, comma 1-bis, lettera a), del decreto-legge 15 aprile 2002, n. 63, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 giugno 2002, n. 112, ivi compresi quelli individuati dal decreto dirigenziale del 10 giugno 2003, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 150 del 1º luglio 2003, possono essere alienati anche nell’ambito dell’attività di gestione della liquidazione già affidata a società direttamente controllata dallo Stato ai sensi di quanto previsto dall’articolo 9, comma 1-bis, lettera c), del medesimo decreto-legge.

230. All’articolo 9, comma 1-bis, lettera c), del decreto-legge 15 aprile 2002, n. 63, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 giugno 2002, n. 112, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al secondo periodo, le parole: «La società si avvale» sono sostituite dalle seguenti: «La società può avvalersi anche»;

b) dopo il secondo periodo è inserito il seguente: «È, altresì, facoltà della società di procedere alla revoca dei mandati già conferiti».

231. Con riguardo a tutte le liquidazioni di cui al comma 1-ter dell’articolo 9 del decreto-legge 15 aprile 2002, n. 63, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 giugno 2002, n. 112, la società, direttamente controllata dallo Stato, di cui al comma 1-bis, lettera c), del medesimo articolo 9 del citato decreto-legge n. 63 del 2002, esercita ogni potere finora attribuito all’Ispettorato generale per la liquidazione degli enti disciolti e può procedere alla revoca degli incarichi di Commissario liquidatore in essere.

232. Al fine di rendere più efficienti ed economicamente convenienti per la finanza pubblica le procedure di liquidazione, il commissario nominato ai sensi dell’articolo 5 della legge 28 ottobre 1999, n. 410, e successive modificazioni, non può cessare dall’ufficio fino a che non sia garantita la ricostituzione degli organi statutari e comunque non oltre due anni dalla conclusione delle procedure di cui all’articolo 214 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, in mancanza di procedimenti contenziosi a quella data pendenti, ovvero, in tale ultima ipotesi, fino alla definitiva conclusione degli stessi procedimenti. Nell’articolo 5, comma 7-bis, della legge 28 ottobre 1999, n. 410, le parole: «e per una durata massima di dodici mesi» sono soppresse.

233. L’ufficio stralcio di cui all’articolo 119 del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616, e al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 24 marzo 1979, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 90 del 31 marzo 1979, è soppresso; le residue funzioni sono svolte dalle regioni interessate.

234. Congiuntamente al Ministro dell’economia e delle finanze, la società direttamente controllata dallo Stato, di cui al comma 1-bis, lettera c), dell’articolo 9 del decreto-legge 15 aprile 2002, n. 63, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 giugno 2002, n. 112, riferisce annualmente alle Camere sullo stato della liquidazione degli enti pubblici, di cui alla legge 4 dicembre 1956, n. 1404, per i quali la liquidazione stessa non sia stata esaurita entro il 31 dicembre 2005.

235. Le risorse del fondo di cui all’articolo 4, comma 61, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, sono complessivamente destinate alle attività previste ai commi 61, 68, 76 e 77 del citato articolo 4 della legge n. 350 del 2003, nonché alle attività di cui al comma 237 del presente articolo. Il relativo riparto è stabilito con decreto del Ministro delle attività produttive, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, fermo restando quanto stabilito nell’articolo 4, comma 70, della legge 24 dicembre 2003, n. 350. Per le finalità di cui al citato comma 70 è autorizzata la spesa di 10 milioni di euro per l’anno 2005.

236. All’articolo 2, comma 8, del decreto-legge 12 agosto 1983, n. 371, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 ottobre 1983, n. 546, le parole: «dall’AIMA» sono sostituite dalle seguenti: «dall’Agenzia per le erogazioni in agricoltura (AGEA) e dagli altri organismi pagatori istituiti ai sensi dell’articolo 3 del decreto legislativo 27 maggio 1999, n. 165» e le parole: «mercato agricolo» sono sostituite dalle seguenti: «settore agricolo».

237. Per l’utilizzo delle risorse del fondo di cui al comma 1 il Ministero delle attività produttive può promuovere protocolli di intesa con le associazioni imprenditoriali di categoria e può avvalersi della collaborazione dell’Istituto nazionale per il commercio estero. Resta fermo quanto stabilito ai sensi dell’articolo 4, comma 61, secondo periodo, della legge n. 350 del 2003 nei limiti della dotazione finanziaria ivi prevista. Nel citato comma 61, al secondo periodo, le parole: «5 milioni» sono sostituite dalle seguenti: «10 milioni», e nel quarto periodo le parole: «per l’anno 2004» sono sostituite dalle seguenti: «per l’anno 2004 e successivi, ivi comprese quelle di cui al secondo periodo del presente comma, allo stesso direttamente attribuite,».

238. Per l’anno 2005 è confermato il Fondo di riserva di 1.200 milioni di euro per provvedere ad eventuali esigenze connesse con la proroga delle missioni internazionali di pace. Il Ministro dell’economia e delle finanze provvede ad inviare al Parlamento copia delle deliberazioni relative all’utilizzo del Fondo e di esse viene data formale comunicazione alle competenti Commissioni parlamentari.

239. Al fine di assicurare l’efficace svolgimento delle attività di cui all’articolo 17 del decreto-legge 8 febbraio 1995, n. 32, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 aprile 1995, n. 104, l’Istituto per la promozione industriale (IPI) adotta, d’intesa con il Ministero delle attività produttive, appositi programmi pluriennali. I relativi finanziamenti, ai sensi dell’articolo 14 della legge 5 marzo 2001, n. 57, e dell’articolo 60 della legge 27 dicembre 2002, n. 289, e successive modificazioni, sono determinati, a decorrere dall’anno 2005, in 25 milioni di euro annui, intendendosi corrispondentemente ridotte le autorizzazioni di spesa di cui all’articolo 52 della legge 23 dicembre 1998, n. 448, per 16,5 milioni di euro ed all’articolo 60, comma 3, della legge n. 289 del 2002 per 8,5 milioni di euro.

240. All’articolo 36 della legge 17 maggio 1999, n. 144, e successive modificazioni, dopo il comma 5, è inserito il seguente:

«5-bis. Per l’applicazione delle disposizioni dell’articolo 2, comma 3, del decreto-legge 28 dicembre 1998, n. 451, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 1999, n. 40, in materia di riduzione compensata di pedaggi autostradali, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, limitatamente alle imprese di autotrasporto con sede legale e stabilimento operativo nelle aree interessate dalla continuità territoriale, modifica le direttive ivi previste tenendo conto dei costi marittimi gravanti sulle imprese di autotrasporto, nonché delle distanze chilometriche percorse in mare e per raggiungere i punti d’imbarco. Nelle medesime direttive il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti provvede ad introdurre il rimborso parziale dei costi marittimi, secondo criteri che garantiscano la parità di condizioni di esercizio tra tutte le imprese del settore».

241. Il fondo di cui all’articolo 145, comma 40, della legge 23 dicembre 2000, n. 388, e successive modificazioni, deve intendersi destinato al settore della nautica da diporto, nella misura e con le modalità disciplinate dal combinato disposto della lettera c) del comma 14 dell’articolo 22 della legge 28 dicembre 2001, n. 448, e del comma 13 dell’articolo 80 della legge 27 dicembre 2002, n. 289.

242. Al fine di incentivare lo sviluppo economico nelle aree sottoutilizzate del Paese, con particolare riferimento a quelle meridionali, il Consiglio nazionale delle ricerche costituisce un Osservatorio sul mercato creditizio regionale procedendo, d’intesa con le corrispondenti strutture di ricerca delle amministrazioni regionali, alla elaborazione di studi di fattibilità per favorire la creazione di banche a carattere regionale. A tale fine è autorizzata la spesa di 500.000 euro a decorrere dal 2005.

243. Con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, da emanare entro il 31 gennaio 2005, è stabilito un incremento delle tariffe applicabili per le operazioni in materia di motorizzazione di cui all’articolo 18 della legge 1º dicembre 1986, n. 870, in modo da assicurare, su base annua, maggiori entrate pari a 24 milioni di euro a decorrere dall’anno 2005. Una quota delle predette maggiori entrate, pari ad euro 20 milioni per l’anno 2005, e ad euro 12 milioni a decorrere dall’anno 2006, è riassegnata allo stato di previsione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti per la copertura degli oneri di cui all’articolo 2, commi 3, 4 e 5, del decreto legislativo 20 agosto 2002, n. 190.

244. I soggetti di cui all’articolo 3 del decreto legislativo 16 settembre 1996, n. 564, e successive modificazioni, che non hanno presentato la domanda di accredito della contribuzione figurativa per i periodi anteriori al 1º gennaio 2003, secondo le modalità previste dal medesimo articolo 3 del citato decreto legislativo, possono esercitare tale facoltà entro il 31 marzo 2005.

245. All’articolo 24, comma 6, della legge 11 febbraio 1994, n. 109, e successive modificazioni, dopo le parole: «comma 7-bis» sono aggiunte le seguenti: «, e degli organismi di cui agli articoli 3, 4 e 6 della legge 24 ottobre 1977, n. 801, che sono disciplinati con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, emanato su proposta del Comitato di cui all’articolo 2 della citata legge n. 801 del 1977, previa intesa con il Ministro dell’economia e delle finanze».

246. Al fine di garantire l’efficienza e la sostenibilità delle infrastrutture olimpiche finanziate, quali opere connesse ai sensi della legge 9 ottobre 2000, n. 285, e quali opere di accompagnamento ai sensi dell’articolo 21 della legge 1º agosto 2002, n. 166, è autorizzato l’utilizzo dei fondi previsti anche successivamente all’evento olimpico onde garantire il completamento funzionale di alcune opere per l’uso post-olimpico.

247. Per il triennio 2005-2007 è autorizzato uno stanziamento pari a 5.418.000 euro per ciascuno degli anni 2005, 2006 e 2007, destinato all’adeguamento delle risorse previste per il funzionamento dell’Alto Commissario di cui al comma 2 dell’articolo 1 della legge 16 gennaio 2003, n. 3.

248. Nella regione Sardegna, in deroga al disposto dell’articolo 10, comma 15, del decreto-legge 28 marzo 2003, n. 49, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 maggio 2003, n. 119, e successive modificazioni, sono consentiti i trasferimenti a titolo temporaneo, fino al 31 dicembre 2007, di quote latte anche tra zone disomogenee.

249. All’articolo 141 del testo unico delle disposizioni sull’edilizia popolare ed economica, di cui al regio decreto 28 aprile 1938, n. 1165, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) dopo il primo comma è inserito il seguente:

«Nelle cooperative edilizie a proprietà divisa qualora i soci si siano accollati l’intero importo del mutuo pro capite, si può procedere allo scioglimento delle cooperative stesse.»;

b) al secondo comma, le parole: «previsto dal precedente comma» sono sostituite dalle seguenti: «previsto dal primo comma».

250. Allo scopo di favorire l’ammodernamento e il potenziamento del comparto della pesca, anche ai fini dell’adozione di tecniche di pesca finalizzate a garantire la protezione delle risorse acquatiche, è autorizzata, per ciascuno degli anni 2005, 2006 e 2007, la spesa di 5 milioni di euro per la concessione di contributi a favore delle piccole e medie imprese operanti nelle aree per le quali sia stata prevista l’interruzione temporanea obbligatoria delle attività di pesca. Il contributo di cui al presente comma è riconosciuto nei limiti della normativa comunitaria in materia di aiuti di Stato.

251. Per la prosecuzione degli interventi previsti dall’articolo 4, comma 153, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, è autorizzata, per l’anno 2005, la spesa di 1 milione di euro.

252. Allo scopo di rafforzare il monitoraggio del rischio sismico attraverso l’utilizzo di nuove tecnologie, il Centro di geomorfologia integrata per l’area del Mediterraneo provvede alla predisposizione di metodologie scientifiche innovative integrate dei fattori di rischio delle diverse aree del territorio. A tal fine, è autorizzata la spesa di 1,5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2005, 2006 e 2007.

253. Al fine di incentivare lo sviluppo delle energie prodotte da fonti rinnovabili, con particolare attenzione alle potenzialità di produzione dell’idrogeno da fonti di energia solare, eolica, idraulica o geotermica è istituto, per l’anno 2005, nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze, il Fondo per la promozione delle risorse rinnovabili con una dotazione finanziaria di 10 milioni di euro. Il Fondo è finalizzato al cofinanziamento di studi e ricerche nel campo ambientale e delle fonti di energia rinnovabile destinate all’utilizzo per i mezzi di locomozione e per migliorare la qualità ambientale all’interno dei centri urbani. Sono ammessi al finanziamento gli studi e le ricerche che presentino una partecipazione al finanziamento non inferiore alla metà del costo totale del singolo progetto di ricerca da parte di università, laboratori scientifici, enti o strutture di ricerca ovvero imprese per il successivo diretto utilizzo industriale e commerciale dei risultati di tale attività di ricerca e progettuale.

254. Per la prosecuzione degli interventi di cui all’articolo 4, comma 160, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, è autorizzata la spesa di 2 milioni di euro per ciascuno degli anni 2005 e 2006.

255. Nello stato di previsione del Ministero delle comunicazioni, è istituito, per l’anno 2005, con una dotazione finanziaria pari a 10 milioni di euro, un Fondo per la promozione e la realizzazione di aree all digital e servizi di T-Government sulla piattaforma della televisione digitale terrestre.

255. Allo scopo di promuovere la ricerca avanzata nei settori di rilevanza strategica per l’industria nazionale, è autorizzata la spesa di 30 milioni di euro per ciascuno degli anni 2005, 2006 e 2007 destinata al finanziamento di progetti pilota realizzati da società operanti nel settore aeronautico, di cui alla legge 24 dicembre 1985, n. 808.

256. Il Fondo rotativo nazionale per gli interventi nel capitale di rischio delle imprese, di cui all’articolo 4, comma 106, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, è rifinanziato per un importo pari a 10 milioni di euro per il 2005.

257. All’articolo 67, comma 1, lettera m), del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, dopo le parole: «associazioni sportive dilettantistiche» sono inserite le seguenti: «e di cori, bande e filodrammatiche da parte del direttore e dei collaboratori tecnici».

258. Per le esigenze connesse all’esercizio dei compiti di vigilanza e controllo operativi in materia di sicurezza delle navi e delle strutture portuali svolti dal Corpo delle Capitanerie di porto-Guardia costiera, è autorizzata la spesa di 10 milioni di euro per l’anno 2005 e per ciascuno degli anni 2006 e 2007, iscritta in un fondo dello stato di previsione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, da ripartire nel corso della gestione tra le unità previsionali di base interessate con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, da comunicare, anche con evidenze informatiche, al Ministero dell’economia e delle finanze, tramite l’Ufficio centrale del bilancio, nonché alle competenti Commissioni parlamentari e alla Corte dei conti.

259. Agli enti non commerciali di cui all’articolo 41, comma 7, della legge 27 dicembre 2002, n. 289, e successive modificazioni, che abbiano almeno una sede operativa nei territori di cui al decreto-legge 4 novembre 2002, n. 245, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 dicembre 2002, n. 286, si applica la sospensione dei termini di cui all’articolo 4 del citato decreto-legge n. 245 del 2002 fino al 31 dicembre 2005 nonché, per i versamenti non eseguiti a questa ultima data, compresi i sostituti di imposta, l’articolo 3, comma 2, e l’articolo 4, comma 3, dell’ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri 7 maggio 2004, n. 3354, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 112 del 14 maggio 2004.

260. Per la prosecuzione degli interventi necessari allo svolgimento dei Campionati mondiali di sci alpino del 2005 in Valtellina è autorizzata la spesa di 2 milioni di euro per l’anno 2005.

261. Al fine di garantire la piena realizzazione della misura di riconversione di cui all’articolo 2 del decreto-legge 7 maggio 2002, n. 85, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 luglio 2002, n. 134, e autorizzata l’ulteriore spesa di 260.000 euro.

262. Al fine di consentire la piena realizzazione degli obiettivi di ammodernamento della flotta peschereccia delle regioni dell’obiettivo 1, il Ministero delle politiche agricole e forestali e autorizzato a liquidare le istanze di contributo ritenute idonee ai sensi del decreto 15 marzo 2002 recante modalità di attuazione delle misure di costruzione di nuove navi e di ammodernamento di navi esistenti non ancora ammesso a finanziamento per mancanza delle relative risorse finanziarie, valutate in 320.000 euro per l’anno 2005.

263. Per la liquidazione delle istanze risultate idonee ai sensi della legge 28 agosto 1989, n. 302, pervenute al Ministero delle politiche agricole e forestali entro il 31 dicembre 1999, l’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 52, comma 82, della legge 28 dicembre 2001, n. 448, è incrementata di 833.000 euro per l’anno 2005.

264. Al fine di valorizzare le iniziative celebrative della figura di Cristoforo Colombo curate dall’apposito Comitato nazionale istituito presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, è autorizzata la spesa di 1 milione di euro per ciascuno degli anni 2005 e 2006.

265. Per le attività di monitoraggio delle politiche pubbliche adottate dal Governo, di analisi del loro impatto sul Sistema-Paese, di informazione e comunicazione istituzionale sulle riforme attuate, il Presidente del Consiglio dei ministri, ovvero il Ministro a ciò delegato, può avvalersi di enti o istituti di ricerca, pubblici o privati, di istituti demoscopici nonché di consulenti dotati di specifica professionalità. A tal fine è autorizzata la spesa di 3 milioni di euro per ciascuno degli anni 2005 e 2006.

266. Nel limite complessivo di 22 milioni di euro, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali è autorizzato a prorogare, limitatamente all’esercizio 2005, le convenzioni stipulate, anche in deroga alla normativa vigente relativa ai lavori socialmente utili, direttamente con i comuni, per lo svolgimento di attività socialmente utili (ASU) e per l’attuazione, nel limite complessivo di 36 milioni di euro, di misure di politica attiva del lavoro, riferite a lavoratori impiegati in ASU nella disponibilità degli stessi comuni da almeno un triennio, nonché ai soggetti, provenienti dal medesimo bacino, utilizzati attraverso convenzioni già stipulate in vigenza dell’articolo 10, comma 3, del decreto legislativo 1º dicembre 1997, n. 468, e successive modificazioni, e prorogate nelle more di una definitiva stabilizzazione occupazionale di tali soggetti. In presenza delle suddette convenzioni il termine di cui all’articolo 78, comma 2, della legge 23 dicembre 2000, n. 388, è prorogato al 31 dicembre 2005. Il Ministro dell’interno è autorizzato a concedere, nel limite complessivo di 98 milioni di euro, in prosecuzione degli interventi per favorire l’occupazione previsti dall’articolo 3 del decreto-legge 25 marzo 1997, n. 67, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 maggio 1997, n. 135, contributi per spese pubbliche nei comuni di Napoli e Palermo.

267. Nel limite di spesa complessivo di 1 milione di euro, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali è autorizzato a prorogare, limitatamente all’anno 2005, le convenzioni di cui all’articolo 3, comma 82, della legge 24 dicembre 2003, n.350, avvalendosi della graduatoria allegata al decreto dirigenziale del Ministero del lavoro e delle politiche sociali del 25 ottobre 2004.

268. All’onere di cui ai commi 266 e 267, pari a 157 milioni di euro per l’anno 2005, si provvede a valere sul Fondo per l’occupazione di cui all’articolo 1, comma 7, del decreto-legge 20 maggio 1993, n. 148, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 luglio 1993, n. 236.

269. Gli interventi di reindustrializzazione e di promozione industriale di cui al decreto-legge 1º aprile 1989, n. 120, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 maggio 1989, n. 181, sono estesi al territorio dei comuni di Arese, Rho, Garbagnate Milanese e Lainate (provincia di Milano), limitatamente alle aree individuate nell’accordo di programma per la reindustrializzazione dell’area Fiat-Alfa Romeo, approvato con decreto del Presidente della Giunta regionale della Lombardia n. 58158 del 26 giugno 1997, pubblicato nel Bollettino Ufficiale della regione Lombardia n. 29 del 14 luglio 1997, e aggiornato con decreto del Presidente della Giunta regionale della Lombardia n. 8980 del 20 maggio 2004, pubblicato nel Bollettino ufficiale della regione Lombardia n. 23 del 31 maggio 2004, nonché al comune di Marcianise (provincia di Caserta) e al distretto di Brindisi.

270. Il programma di reindustrializzazione, di cui al comma 269, proposto e attuato da Sviluppo Italia Spa in accordo con le rispettive regioni, potrà prevedere anche interventi di acquisizione, bonifica e infrastrutture di aree industriali dismesse.

271. Il programma di cui ai commi 269 e 270 prevede interventi per la promozione imprenditoriale e l’attrazione degli investimenti nel settore delle industrie e dei servizi ai sensi e per gli effetti dell’articolo 5 del decreto-legge 1º aprile 1989, n. 120, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 maggio 1989, n. 181.

272. Per gli interventi di cui ai commi da 269 a 271 è concesso un contributo straordinario pari a 32 milioni di euro per il 2005, 52 milioni di euro per il 2006 e 72 milioni di euro per il 2007.

273. Per garantire la prosecuzione degli interventi per la continuità territoriale di cui all’articolo 82 della legge 27 dicembre 2002, n. 289, per il triennio 2005-2007, per Trapani, Pantelleria e Lampedusa sono assegnate risorse finanziarie per complessivi 10 milioni di euro annui.

284. Al fine di sostenere i processi di innovazione delle imprese del commercio, il fondo di cui all’articolo 14 della legge 17 febbraio 1982, n. 46, è destinato altresì ai programmi di investimento delle imprese dei settori del commercio, del turismo e dei servizi (sezioni G, H, I, J, K, M, N ed O della classificazione delle attività economiche ISTAT 91) rivolti:

a) alla ricerca e progettazione di nuove formule e processi distributivi o aziendali innovativi ed agli investimenti materiali connessi con la loro attivazione, alla formazione e consulenza necessarie all’avvio dei processi innovativi;

b) all’accesso ai mercati elettronici e strumentazione connessa;

c) alla progettazione ed alla realizzazione di investimenti connessi all’adozione dl moderne tecniche di vendita e di offerta dei servizi (software per la gestione automatica di spazi espositivi);

d) all’acquisizione di servizi di connessione a larga banda;

e) al check-up sulla struttura aziendale per rilevare la situazione presente in azienda concernente gli approvvigionamenti, il lavoro, la commercializzazione, il personale, le risorse strumentali;

f) alla progettazione e realizzazione di interventi di assistenza tecnica intesa quale elaborazione ed applicazione di tecniche innovative volte all’innovazione dell’assetto e dell’offerta dell’impresa commerciale;

g) alla realizzazione di innovazione tecnologica intesa quale acquisizione di sistemi informatici integrati, per la gestione aziendale ed interaziendale, per la realizzazione di impianti automatizzati per la movimentazione delle merci nel magazzino e per operazioni di allestimento degli ordini e per la distribuzione commerciale.

285. Con decreto del Ministero delle attività produttive sono stabiliti termini, criteri e modalità per la concessione delle agevolazioni, di cui al comma 284, alle imprese del commercio, del turismo e dei servizi.

286. L’indennizzo di cui all’articolo 1 del decreto legislativo 28 marzo 1996, n. 207, è concesso, con le medesime modalità ivi previste, anche ai soggetti che si trovino in possesso dei requisiti di cui all’articolo 2 del predetto decreto legislativo nel periodo compreso fra il 1º gennaio 2005 ed il 31 dicembre 2007. L’aliquota contributiva di cui all’articolo 5 del citato decreto legislativo 28 marzo 1996, n. 207, dovuta dagli iscritti alla Gestione dei contributi e delle prestazioni previdenziali degli esercenti attività commerciali presso l’INPS, è prorogata, con le medesime modalità, fino al 31 dicembre 2009. Le domande di cui all’articolo 7 del citato decreto legislativo 28 marzo 1996, n. 207, possono essere presentate dai soggetti di cui al primo periodo del presente comma entro il 31 gennaio 2008.

287. All’articolo 29, comma 1, quinto periodo, del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, le parole: «per provvedere alla spesa per i canoni di locazione degli immobili stessi» sono sostituite dalle seguenti: «per provvedere alla spesa per canoni, oneri e ogni ulteriore incombenza connessi alla locazione degli immobili stessi».

288. Relativamente alle somme non corrisposte all’erario per l’utilizzo, a qualsiasi titolo, di immobili di proprietà dello Stato, decorsi novanta giorni dalla notificazione, da parte dell’Agenzia del demanio ovvero degli enti gestori, della seconda richiesta di pagamento delle somme dovute, anche a titolo di occupazione di fatto, si procede alla loro riscossione mediante ruolo, con la rivalutazione monetaria e gli interessi legali. Limitatamente alle situazioni debitorie per le quali la seconda richiesta di pagamento è intervenuta entro il 31 dicembre 2004, la riscossione di cui al primo periodo non è effettuata nel caso in cui i soggetti interessati provvedono, entro il 30 aprile 2005, a dichiarare alla Agenzia del demanio ovvero all’ente gestore di voler adempiere, in unica soluzione, l’intera sorte del debito maturato, effettuando altresì contestualmente il relativo versamento. I giudizi pendenti, aventi ad oggetto l’accertamento, la liquidazione ovvero la condanna al pagamento dei debiti di cui al secondo periodo, si estinguono di diritto con l’esatto adempimento di quanto previsto nel medesimo periodo.

289. Ai fini della valorizzazione del patrimonio immobiliare le operazioni, gli atti, i contratti, i conferimenti ed i trasferimenti di immobili di proprietà dei Comuni, ivi comprese le operazioni di cartolarizzazione di cui alla legge n. 410 del 2001, in favore di Fondazioni o Società sono esenti dall’imposta di registro, dall’imposta di bollo, dalle imposte ipotecaria e catastale e da ogni altra imposta indiretta, nonché da ogni altro tributo o diritto.

290. Al fine di consentire il tempestivo pagamento dei canoni, oneri e ogni ulteriore incombenza connessi agli immobili locati ai sensi dell’articolo 4, comma 2-ter, del decreto legge 25 settembre 2001, n. 351, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 novembre 2001, n. 410, l’Agenzia del demanio può richiedere al Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato anticipazioni di tesoreria per gli importi necessari. Alla regolazione contabile dell’anticipazione di tesoreria si provvede con le modalità stabilite dal predetto Dipartimento d’intesa con l’Agenzia del demanio. L’anticipazione di tesoreria è comunque estinta entro l’anno a valere sul fondo di cui al comma 1, quinto periodo, dell’artico 29 del decreto legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito con modificazioni dalla legge 24 novembre 2003, n. 326.

291. Al comma 6-bis dell’articolo 1 del decreto-legge 25 settembre 2001, n. 351, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 novembre 2001, n. 410, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al primo periodo, dopo le parole: «sono alienati» sono inserite le seguenti: «e valorizzati»;

b) all’ultimo periodo, dopo le parole: «al momento dell’alienazione» sono inserite le seguenti: «e valorizzazione».

292. Per il potenziamento delle attività di ricerca, formazione e studi internazionali della Scuola di ateneo per la formazione europea Jean Monnet, costituita in facoltà, è autorizzata la spesa di 2 milioni di euro a decorrere dall’anno 2005.

293. Per dare attuazione alle azioni della Convenzione sulla biodiversità fatta a Rio de Janeiro il 5 giugno 1992, di cui alla legge 14 febbraio 1994, n. 124, e per dare avvio all’esecuzione del Protocollo di Cartagena sulla prevenzione dei rischi biotecnologici relativo alla Convenzione sulla diversità biologica, fatto a Montreal il 29 gennaio 2000, di cui alla legge 15 gennaio 2004, n. 27, è autorizzata la spesa complessiva di 2 milioni di euro per l’anno 2005 per campagne di comunicazione e sensibilizzazione riferite alle citate Convenzioni internazionali.

294. A decorrere dal 1º gennaio 2005 le dichiarazioni di conformità di cui all’articolo 76, commi 6 e 7, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, sono assoggettate all’imposta di bollo di cui all’articolo 2 della tariffa, parte prima, allegata al decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 642, e successive modificazioni. Una quota pari a 5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2005, 2006 e 2007 delle maggiori entrate derivanti dalle disposizioni di cui al presente comma è destinata al funzionamento e all’implementazione del centro elaborazione dati del Dipartimento dei trasporti terrestri del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti. A valere sulle maggiori entrate di cui al presente comma, è autorizzata la spesa di 2 milioni di euro per ciascuno degli anni 2005, 2006 e 2007 per la realizzazione a cura del Dipartimento dei trasporti terrestri del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti di una campagna di comunicazione volta a diffondere i valori della sicurezza stradale e ad assicurare una adeguata informazione agli utenti, soprattutto di più giovane età, al fine di consolidare e accrescere l’attività di prevenzione in materia di circolazione e antinfortunistica stradale.

295. A partire dal 1º gennaio 2005, una quota parte delle entrate erariali ed extraerariali derivanti dai concorsi pronostici su base sportiva, dalle scommesse, dal gioco del lotto, dall’enalotto, dal bingo, dagli apparecchi da divertimento ed intrattenimento, dalle lotterie ad estrazione istantanea e differita, nonché da eventuali giochi di istituzione successiva a tale data, è destinata al CONI per il finanziamento dello sport.

296. Le modalità operative di determinazione della base di calcolo delle entrate erariali ed extraerariali provenienti dai giochi di cui al comma 295, nonché le modalità di trasferimento periodico dei fondi per il finanziamento del CONI, sono determinate con provvedimento del Ministero dell’economia e delle finanze – Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, d’intesa con il Dipartimento della ragioneria generale dello Stato, da emanare entro il 31 marzo 2005. Per il quadriennio 2005-2008, le risorse a favore del CONI sono stabilite in misura pari a 450 milioni di euro annui, secondo quanto stabilito dall’articolo 4 del decreto-legge 8 luglio 2002, n. 138, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 agosto 2002, n. 178. Dette risorse sono comprensive del contributo straordinario finalizzato alla preparazione degli atleti per i Giochi olimpici invernali di Torino 2006 e per i Giochi olimpici di Pechino 2008.

297. Ferme restando le competenze del Ministro dell’economia e delle finanze di cui agli articoli 12, comma 2, della legge 18 ottobre 2001, n. 383, e successive modificazioni, e 16, comma 1, secondo, terzo e quarto periodo, della legge 13 maggio 1999, n. 133, a partire dal 1º gennaio 2005, al fine di assicurare l’incremento dei volumi di raccolta derivanti dai concorsi pronostici su base sportiva e tenuto conto delle nuove modalità di finanziamento del CONI, la posta di gioco dei concorsi pronostici, prevista dall’articolo 5 del regolamento di cui al decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 19 giugno 2003, n. 179, è così rideterminata: a) 8 per cento, come aggio al luogo di vendita autorizzato; b) 50 per cento, come montepremi; c) 33,84 per cento, come imposta unica; d) 2,45 per cento, come contributo all’Istituto per il credito sportivo; e) 5,71 per cento, come contributo alle spese di gestione. Le vincite non riscosse entro i termini stabiliti dal regolamento di gioco, per i concorsi indetti dopo il 1º gennaio 2005, sono riportate sul montepremi del concorso immediatamente successivo.

298. Ferme restando le competenze del Ministro dell’economia e delle finanze di cui agli articoli 12, comma 2, della legge 18 ottobre 2001, n. 383, e successive modificazioni, e 16, comma 1, secondo, terzo e quarto periodo, della legge 13 maggio 1999, n. 133, a partire dal 1º gennaio 2005, in funzione delle nuove modalità di finanziamento del CONI di cui ai commi 1 e 2, l’aliquota dell’imposta unica sulle scommesse a quota fissa su eventi diversi dalle corse dei cavalli, di cui all’articolo 4, comma 1, lettera b), numero 2), del decreto legislativo 23 dicembre 1998, n. 504, è fissata nella misura del 33 per cento della quota di prelievo stabilita per ciascuna scommessa. Dalla stessa data cessa la corresponsione delle quote di prelievo sull’ammontare lordo delle scommesse. Le vincite non riscosse ed i rimborsi non richiesti entro i termini stabiliti dal regolamento di gioco, per le scommesse indette dopo il 1º gennaio 2005, sono acquisite dall’erario.

299. Ferme restando le competenze del Ministro dell’economia e delle finanze di cui agli articoli 12, comma 2, della legge 1º ottobre 2001, n. 383, e successive modificazioni, e 16, comma 1, secondo, terzo e quarto periodo, della legge 13 maggio 1999, n. 133, a partire dal 1º gennaio 2005, la posta unitaria di gioco delle scommesse a totalizzatore su eventi diversi dalle corse dei cavalli, come definita dall’articolo 12 del regolamento di cui al decreto del Ministro delle finanze 2 agosto 1999, n. 278, e successive modificazioni, è così rideterminata, trovando applicazione, per la percentuale residua, la disposizione di cui all’articolo 16, comma 2, lettera b), della legge 13 maggio 1999, n. 133: a) 57 per cento, come disponibile a vincite; b) 8 per cento, come aggio al luogo di vendita autorizzato; c) 20 per cento, come imposta unica; d) 5,71 per cento, come contributo alle spese complessive di gestione; e) 2,54 per cento, come fondo speciale di riserva. A partire dalla stessa data, in funzione delle nuove modalità di finanziamento del CONI, è abrogata la lettera a) del comma 2 dell’articolo 16 della legge 13 maggio 1999, n. 133.

300. Con uno o più decreti, da adottare ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, il Ministro dell’economia e delle finanze, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, provvede al riordino delle scommesse su eventi sportivi diversi dalle corse dei cavalli e su eventi non sportivi, in particolare per quanto attiene agli aspetti organizzativi, gestionali, amministrativi, impositivi, sanzionatori, nonché a quelli relativi al contenzioso ed al riparto dei proventi.

301. Con provvedimenti del Ministero dell’economia e delle finanze – Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato sono stabilite le nuove modalità di distribuzione delle scommesse a quota fissa su eventi diversi dalle corse dei cavalli e su eventi non sportivi, da adottare nel rispetto della disciplina comunitaria e nazionale, secondo princìpi di:

a) armonizzazione delle modalità di commercializzazione a quella dei concorsi pronostici;

b) economicità ed efficienza delle reti di vendita, fisiche e telematiche;

c) diffusione capillare delle stesse sul territorio nazionale;

d) sicurezza e trasparenza del gioco nonché tutela della buona fede dei partecipanti;

e) salvaguardia dei diritti derivanti dall’applicazione del regolamento di cui al decreto del Ministro delle finanze 2 giugno 1998, n. 174.

302. Ciascun concessionario per l’adduzione delle scommesse a totalizzatore al totalizzatore nazionale e per la ricezione del nulla osta all’emissione della ricevuta di scommessa, nonché per l’adduzione delle scommesse a libro al servizio centrale di registrazione utilizza e remunera i servizi di un operatore da indicare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge nel rispetto dei rapporti contrattuali in corso. L’operatore deve essere in possesso di requisiti di capacità tecnica ed affidabilità economica accertati dal Ministero dell’economia e delle finanze – Amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato e deve dimostrare di essere stato indicato da non meno di 300 (trecento) concessionari. Il rapporto tra l’operatore e l’Amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato è regolato da apposita convenzione. Ove l’operatore assuma l’obbligo di provvedere, in nome e per conto del concessionario, al versamento di quanto da lui dovuto per l’esercizio della concessione, la convenzione di cui al comma precedente stabilisce:

a) il termine, di natura essenziale, entro il quale deve essere effettuato mensilmente il versamento;

b) l’anticipazione al concessionario, da parte dell’operatore, delle integrazioni eventualmente necessarie al pagamento delle scommesse a totalizzatore vincenti, contabilizzate nel mese di cui alla lettera precedente;

c) la retribuzione del servizio prestato dall’operatore in misura non superiore al 2 per cento dell’ammontare delle somme versate;

d) la prestazione di idonea cauzione o fideiussione a garanzia dell’adempimento delle obbligazioni assunte, a fronte della quale verranno svincolate, per la parte corrispondente, le garanzie prestate dal concessionario.

303. A decorrere dal 1 febbraio 2005, la posta unitaria per scommesse a libro sulle corse dei cavalli è stabilita in un euro. L’importo di ciascuna scommessa non può essere inferiore a tre euro.

304. Al fine di assicurare la tutela della fede pubblica e per una più efficace azione di contrasto al gioco illecito ed illegale il Ministero dell’economia e delle finanze – Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato adotta i provvedimenti necessari per la definizione, diffusione e gestione, con organizzazione propria o di terzi, dei mezzi di pagamento specifici per la partecipazione al gioco a distanza. Tali mezzi di pagamento possono essere abilitati dal Ministero dell’economia e delle finanze – Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato anche per le transazioni relative a forme di gioco non a distanza.

305. Per le attività di diffusione e gestione di cui al comma 304, il Ministero dell’economia e delle finanze, sulla base di apposita direttiva del Ministro, può costituire società di scopo ovvero può procedere, attraverso l’Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, all’individuazione di uno o più soggetti selezionati con procedura ad evidenza pubblica nel rispetto della normativa nazionale e comunitaria.

307. Il Ministero dell’economia e delle finanze - Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato regola le lotterie, differite ed istantanee, con partecipazione a distanza definendo la ripartizione percentuale della posta di gioco relativamente all’erario, ai giocatori ed ai soggetti terzi, nonché i criteri e le modalità di gestione delle lotterie telefoniche e telematiche.

308. Il Ministero dell’economia e delle finanze - Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato può organizzare, congiuntamente alle amministrazioni competenti di altri Stati dell’Unione europea, la gestione di giochi ovvero di singoli concorsi od estrazioni.

309. Nel caso di cui al comma 308, l’Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, in accordo con le amministrazioni competenti degli altri Stati, stabilisce la ripartizione della posta di gioco.

310. In aggiunta a quanto previsto dal comma 8, le dotazioni iniziali delle unità previsionali di base dello stato di previsione dei Ministeri per consumi intermedi non aventi natura obbligatoria sono ulteriormente ridotte in maniera lineare, assicurando una minore spesa pari a 700 milioni di euro per l’anno 2005 ed una minore spesa annua di 1.300 milioni di euro a decorrere dall’anno 2006.

311. Le dotazioni di parte corrente indicate nella tabella C, salve quelle concernenti il settore universitario, oltre a quanto previsto dal comma 10, sono ridotte in maniera lineare, in modo da assicurare, per l’anno 2005, una minore spesa di 650 milioni di euro, e, a decorrere dall’anno 2006, in modo tale da assicurare una minore spesa annua di 850 milioni di euro.

312. L’autorizzazione di spesa relativa al Fondo per interventi strutturali di politica economica, di cui al comma 5 dell’articolo 10 del decreto-legge 29 novembre 2004, n. 282, è ridotta di 2.000 milioni di euro per l’anno 2005.

313. A decorrere dal 1º gennaio 2005 è assicurato un gettito annuo pari a 100 milioni di euro mediante il versamento all’entrata del bilancio dello Stato di una quota pari al 70 per cento degli importi derivanti dall’applicazione dell’aliquota della componente della tariffa elettrica di cui al comma 1-bis dell’articolo 4 del decreto-legge 14 novembre 2003, n. 314, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 dicembre 2003, n. 368, nonché di una ulteriore quota che assicuri il predetto gettito a valere sulle entrate derivanti dalla componente tariffaria A2 sul prezzo dell’energia elettrica, definito ai sensi dell’articolo 3, comma 11, del decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79, e dell’articolo 1, comma 1, del decreto-legge 18 febbraio 2003, n. 25, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 aprile 2003, n. 83. Con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, sentita l’Autorità per l’energia elettrica ed gas, sono stabiliti modalità e termini dei versamenti di cui al presente comma.

314. I trasferimenti correnti alle imprese pubbliche sono ridotti, per ciascuno degli anni 2005, 2006 e 2007, per gli importi di seguito indicati:

a) Ferrovie dello Stato Spa (Ministero dell’economia e delle finanze – u.p.b. 3.1.2.8 – Ferrovie dello Stato): 90 milioni di euro per il 2005, 100 milioni di euro per il 2006 e 90 milioni di euro per il 2007;

b) Poste italiane Spa (Ministero dell’economia e delle finanze – u.p.b. 3.1.2.4. – Poste italiane): 40 milioni di euro per il 2005, 50 milioni di euro per il 2006 e 40 milioni di euro per il 2007;

c) ANAS Spa (Ministero dell’economia e delle finanze – u.p.b. 3.1.2.45 – ANAS): 40 milioni di euro per il 2005, 50 milioni di euro per il 2006 e 40 milioni di euro per il 2007;

d) altre imprese pubbliche (Ministero dell’economia e delle finanze – u.p.b. 3.1.2.43 – Fondo contratti programma): 90 milioni di euro per il 2005, 130 milioni di euro per il 2006 e 90 milioni di euro per il 2007.

315. Gli importi fissi dell’imposta di registro, della tassa di concessione governativa, dell’imposta di bollo, dell’imposta ipotecaria e catastale, delle tasse ipotecarie e dei diritti speciali di cui al titolo III della tabella A allegata al decreto-legge 31 luglio 1954, n. 533, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 settembre 1954, n. 869, e successive modificazioni, sono aggiornati, con decreto non avente natura regolamentare del Ministro dell’economia e delle finanze, da emanare entro il 31 gennaio 2005, tenuto conto anche dell’aumento dei prezzi al consumo quale risultante dagli indici ISTAT per le famiglie degli operai e degli impiegati, impiegati, e dell’esigenza di semplificazione o di integrazioni innovative per servizi telematici a valore aggiunto, in misura tale da assicurare un maggiore gettito annuo, pari a 1.120 milioni di euro per gli anni 2005 e 2006, e a 1.320 milioni di euro a decorrere dall’anno 2007.

316. A decorrere dal periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2006, la misura dell’acconto dell’imposta sul reddito delle persone fisiche è fissata al 99 per cento e quella dell’acconto dell’imposta sul reddito delle società è fissata al 100 per cento.

317. All’articolo 1, comma 1, del decreto-legge 10 dicembre 2003, n. 341, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 febbraio 2004, n. 31, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Per l’anno 2006 il versamento è determinato con il decreto di cui al comma 5 in modo che complessivamente garantisca maggiori entrate per il bilancio dello Stato pari a 650 milioni di euro».

318. I beni culturali immobili dello Stato, delle regioni e degli enti locali, per l’uso dei quali attualmente non è corrisposto alcun canone e che richiedono interventi di restauro, possono essere dati in concessione a soggetti privati con pagamento di un canone fissato dai competenti organi. Il concessionario si impegna a realizzare a proprie spese gli interventi di restauro e conservazione indicati dal predetto ufficio.

319. Dal canone di concessione vengono detratte le spese sostenute dal concessionario per il restauro entro il limite massimo del canone stesso. Il concessionario è obbligato a rendere fruibile il bene da parte del pubblico con le modalità e i tempi stabiliti nell’atto di concessione o in apposita convenzione unita all’atto stesso.

320. I beni culturali che possono formare oggetto delle concessioni di cui ai commi 318 e 319 sono individuati con decreto del Ministro per i beni e le attività culturali su proposta del Direttore regionale competente. L’individuazione del concessionario avviene mediante procedimento ad evidenza pubblica.

321. All’articolo 10, comma 4, del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, le parole: «il processo di valore inferiore a euro 1.100 e» sono soppresse.

322. I commi 1 e 2 dell’articolo 13 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, sono sostituiti dai seguenti:

«1. Il contributo unificato è dovuto nei seguenti importi:

a) euro 30 per i processi di valore fino a 1.100 euro;

b) euro 70 per i processi di valore superiore a euro 1.100 e fino a euro 5.200 e per i processi di volontaria giurisdizione, nonché per i processi speciali di cui al libro IV, titolo II, capo VI, del codice di procedura civile;

c) euro 170 per i processi di valore superiore a euro 5.200 e fino a euro 26.000 e per i processi contenziosi di valore indeterminabile di competenza esclusiva del giudice di pace;

d) euro 340 per i processi di valore superiore a euro 26.000 e fino a euro 52.000 e per i processi civili e amministrativi di valore indeterminabile;

e) euro 500 per i processi di valore superiore a euro 52.000 e fino a euro 260.000;

f) euro 800 per i processi di valore superiore a euro 260.000 e fino a euro 520.000;

g) euro 1.110 per i processi di valore superiore a euro 520.000».

323. Per i processi di esecuzione immobiliare il contributo dovuto è pari a euro 200. Per gli altri processi esecutivi lo stesso importo è ridotto della metà. Per i processi di opposizione agli atti esecutivi il contributo dovuto è pari a euro 120.

324. L’articolo 46, comma 1, della legge 21 novembre 1991, n. 374, è sostituito dal seguente:

«1. Le cause e le attività conciliative in sede non contenziosa il cui valore non eccede la somma di euro 1.033,00 e gli atti e i provvedimenti ad esse relativi sono soggetti soltanto al pagamento del contributo unificato, secondo gli importi previsti dall’articolo 13 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, e successive modificazioni»

325. Il maggior gettito derivante dall’applicazione delle disposizioni di cui ai commi da 321 a 324 è versato al bilancio dello Stato, per essere riassegnato allo stato di previsione del Ministero della giustizia per il pagamento di debiti pregressi nonché per l’adeguamento delle spese di funzionamento degli uffici giudiziari.

326. All’articolo 11 della legge 21 novembre 1991, n. 374, e successive modificazioni, è aggiunto, in fine, il seguente comma:

«4-ter. Le indennità previste dal presente articolo non possono superare in ogni caso l’importo di euro 72.000 lordi annui».

327. La disposizione recata dal comma 326 si applica anche ai giudici tributari.

328. I veicoli giacenti presso i custodi a seguito dell’applicazione di provvedimenti di sequestro dell’autorità giudiziaria, anche se non confiscati, sono alienati, anche ai soli fini della rottamazione, mediante cessione al soggetto titolare del deposito ove ricorrano le seguenti condizioni:

a) siano ritenute cessate, con ordinanza dell’autorità giudiziaria da comunicare all’avente diritto alla restituzione, le esigenze che avevano motivato l’adozione del provvedimento di sequestro;

b) siano immatricolati per la prima volta da oltre cinque anni e siano privi di interesse storico e collezionistico;

c) siano comunque custoditi da oltre due anni alla data del 1º luglio 2002;

d) siano trascorsi sessanta giorni dalla comunicazione all’avente diritto alla restituzione dell’ordinanza di cui alla lettera a) senza che questi abbia provveduto al ritiro.

329. La cessione di cui al comma 328 è disposta, anche in assenza di documentazione in ordine allo stato di conservazione, sulla base di elenchi predisposti dalla cancelleria o dalla segreteria nei quali i veicoli sono individuati secondo il tipo, il modello e il numero di targa o di telaio.

330. All’alienazione di cui ai commi 328 e 329 e alle attività ad essa funzionali e connesse procede una commissione costituita presso i tribunali e presso i tribunali per i minorenni, secondo modalità stabilite con decreto del Ministero della giustizia di concerto con le altre amministrazioni interessate.

331. L’alienazione del veicolo si perfeziona con la notifica al custode acquirente del provvedimento, eventualmente relativo ad elenchi di veicoli, dal quale risulta la determinazione all’alienazione da parte dell’ufficio giudiziario competente.

332. Il provvedimento di alienazione è comunicato all’autorità giudiziaria che aveva disposto il sequestro.

333. Il provvedimento di alienazione è altresì comunicato al pubblico registro automobilistico competente, il quale provvede, senza oneri, all’aggiornamento delle relative iscrizioni.

334. Al custode è riconosciuto, in deroga alle tariffe previste dagli articoli 59 e 276 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, un importo complessivo forfettario, comprensivo del trasporto, determinato, per ciascuno degli anni di custodia, nel modo seguente:

a) euro 6 per ogni mese o frazione di esso per i motoveicoli e i ciclomotori;

b) euro 24 per ogni mese o frazione di esso per gli autoveicoli e i rimorchi di massa complessiva inferiore a 3,5 tonnellate, per le macchine agricole e operatrici;

c) euro 30 per ogni mese o frazione di esso per gli autoveicoli e i rimorchi di massa complessiva superiore a 3,5 tonnellate.

335. Gli importi di cui al comma 334 sono progressivamente ridotti del 20 per cento per ogni anno o frazione di esso successivo al primo di custodia del veicolo, salva l’eventuale intervenuta prescrizione delle somme dovute.

336. Le somme complessivamente dovute sono corrisposte in cinque ratei annui costanti a decorrere dall’anno 2006.

337. Alle procedure di alienazione o rottamazione già avviate e non ancora concluse e alle relative istanze di liquidazione dei compensi, comunque presentate dai custodi, si applicano, qualora esse concernano veicoli in possesso dei requisiti cui al comma 328, le disposizioni di cui ai commi da 328 a 336.

338. All’articolo 82, comma 1, del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, le parole: «e previo parere del consiglio dell’ordine,» sono soppresse.

339. L’articolo 30, comma 1, del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, è sostituito dal seguente:

«1. La parte che per prima si costituisce in giudizio, che deposita il ricorso introduttivo, ovvero che, nei processi esecutivi di espropriazione forzata, fa istanza per l’assegnazione o la vendita di beni pignorati, anticipa i diritti, le indennità di trasferta e le spese di spedizione per la notificazione eseguita su richiesta del funzionario addetto all’ufficio, in modo forfettizzato, nella misura di euro 8,00, eccetto che nei processi previsti dall’articolo unico della legge 2 aprile 1958, n. 319, e successive modificazioni, e in quelli in cui si applica lo stesso articolo».

340. La tabella di cui all’allegato n. 1 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, è abrogata.

341. All’articolo 3, comma 1, della legge 19 febbraio 1981, n. 27, le parole: «assenza obbligatoria o facoltativa previsti negli articoli 4 e 7 della legge 30 dicembre 1971, n. 1204,» sono sostituite dalle seguenti: «astensione facoltativa previsti dagli articoli 32 e 47, commi 1 e 2, del testo unico di cui al decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151».

342. Al comma 1 dell’articolo 5 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, dopo la lettera i), è aggiunta la seguente:

«i-bis) le spese relative alle prestazioni previste dall’articolo 96 del decreto legislativo 1º agosto 2003, n. 259, e quelle funzionali all’utilizzo delle prestazioni medesime.»;

343. All’articolo 205 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, dopo il comma 2 sono aggiunti i seguenti:

«2-bis. Le spese relative alle prestazioni previste dall’articolo 96 del decreto legislativo 1º agosto 2003, n. 259, e successive modificazioni, e quelle funzionali all’utilizzo delle prestazioni medesime sono recuperate in misura fissa stabilita con decreto del Ministro della giustizia di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, ai sensi dell’articolo 17, commi 3 e 4, della legge 23 agosto 1988, n. 400.

2-ter. Il decreto di cui al comma 2-bis determina la misura del recupero con riferimento al costo medio delle singole tipologie di prestazione. L’ammontare degli importi può essere rideterminato ogni anno».

344. Il primo periodo del comma 2 dell’articolo 96 del decreto legislativo 1º agosto 2003, n. 259, è sostituito dai seguenti: «Le prestazioni previste al comma 1 sono individuate in un apposito repertorio nel quale vengono stabiliti, le modalità ed i tempi di effettuazione delle prestazioni stesse e gli obblighi specifici degli operatori. Il ristoro dei costi sostenuti dagli operatori e le modalità di pagamento sono stabiliti con decreto del Ministro della giustizia di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze e con il Ministro delle comunicazioni, in forma di canone annuo determinato anche in considerazione del numero e della tipologia delle prestazioni complessivamente effettuate nell’anno precedente».

345. Al comma 4 dell’articolo 96 del decreto legislativo 1º agosto 2003, n. 259, dopo le parole: «comma 2» sono inserite le seguenti: «, secondo periodo,».

346. Le disposizioni contenute nei commi da 342 a 345 si applicano alle prestazioni previste al comma 342 disposte successivamente alla emanazione del decreto previsto dall’articolo 205, comma 2-bis, del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, e del decreto previsto dall’articolo 96, comma 2, secondo periodo, del decreto legislativo 1º agosto 2003, n. 259, come modificati dal comma 344.

347. Dall’attuazione delle disposizioni di cui ai commi da 342 a 346 non devono derivare maggiori oneri per il bilancio dello Stato.

348. Al decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 605, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all’articolo 6, primo comma:

1) dopo la lettera e) è inserita la seguente:

«e-bis) denunce di inizio attività presentate allo sportello unico comunale per l’edilizia, permessi di costruire e ogni altro atto di assenso comunque denominato in materia di attività edilizia rilasciato dai comuni ai sensi del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, relativamente ai soggetti dichiaranti, agli esecutori e ai progettisti dell’opera»;

2) alla lettera g-ter), dopo le parole: «contratti di somministrazione di energia elettrica,» sono inserite le seguenti: «di servizi idrici e del gas,»;

b) all’articolo 7:

1) al primo comma, le parole: «riguardanti gli atti di cui alla lettera g) dell’articolo 6» sono sostituite dalle seguenti: «contenuti negli atti di cui alle lettere e-bis) e g) del primo comma dell’articolo 6»;

2) al quinto comma, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Al fine dell’emersione delle attività economiche, con particolare riferimento all’applicazione dei tributi erariali e locali nel settore immobiliare, gli stessi soggetti devono comunicare i dati catastali identificativi dell’immobile presso cui è attivata l’utenza»;

3) il sesto comma è sostituito dal seguente:

«Le banche, la società Poste italiane Spa, gli intermediari finanziari, le imprese di investimento, gli organismi di investimento collettivo del risparmio, le società di gestione del risparmio, nonché ogni altro operatore finanziario, fatto salvo quanto disposto dal secondo comma dell’articolo 6 per i soggetti non residenti, sono tenuti a rilevare e a tenere in evidenza i dati identificativi, compreso il codice fiscale, di ogni soggetto che intrattenga con loro qualsiasi rapporto o effettui qualsiasi operazione di natura finanziaria»;

4) l’undicesimo comma è sostituito dal seguente:

«Le comunicazioni di cui ai commi dal primo all’ottavo del presente articolo sono trasmesse esclusivamente per via telematica. Le modalità e i termini delle trasmissioni nonché le specifiche tecniche del formato dei dati sono definite con provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate»;

5) al dodicesimo comma, le parole: «il Ministro delle finanze» sono sostituite dalle seguenti: «il Direttore dell’Agenzia delle entrate».

349. Ai fini dell’applicazione delle disposizioni previste dall’articolo 7, quinto comma, ultimo periodo, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 605, come modificato dal numero 2) della lettera b) del comma 1 del presente articolo, a decorrere dal 1º aprile 2005 le aziende, gli istituti, gli enti e le società richiedono i dati identificativi catastali all’atto della sottoscrizione dei relativi contratti; per i contratti in essere le medesime informazioni sono acquisite dai predetti soggetti solo in occasione del rinnovo ovvero della modificazione del contratto stesso.

350. Con provvedimento dei Direttori delle Agenzie delle entrate e del territorio, sono stabilite le informazioni analitiche che individuano univocamente le unità immobiliari, da acquisire con riferimento ai contratti di cui al comma 349.

351. La revisione parziale del classamento delle unità immobiliari di proprietà privata site in microzone comunali, per le quali il rapporto tra il valore medio di mercato individuato ai sensi del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 23 marzo 1998, n. 138, e il corrispondente valore medio catastale ai fini dell’applicazione dell’imposta comunale sugli immobili si discosta significativamente dall’analogo rapporto relativo all’insieme delle microzone comunali, è richiesta dai comuni agli Uffici provinciali dell’Agenzia del territorio. Per i calcoli di cui al precedente periodo, il valore medio di mercato è aggiornato secondo le modalità stabilite con il provvedimento di cui al comma 8. L’Agenzia del territorio, esaminata la richiesta del comune e verificata la sussistenza dei presupposti, attiva il procedimento revisionale con provvedimento del Direttore dell’Agenzia medesima.

352. I comuni, constatata la presenza di immobili di proprietà privata non dichiarati in catasto ovvero la sussistenza di situazioni di fatto non non più coerenti con i classamenti catastali per intervenute variazioni edilizie, richiedono ai titolari di diritti reali sulle unità immobiliari interessate la presentazione di atti di aggiornamento redatti ai sensi del regolamento di cui al decreto del Ministro delle finanze 19 aprile 1994, n. 701. La richiesta, contenente gli elementi constatati, tra i quali, qualora accertata, la data cui riferire la mancata presentazione della denuncia catastale, è notificata ai soggetti interessati e comunicata, con gli estremi di notificazione, agli Uffici provinciali dell’Agenzia del territorio. Se i soggetti interessati non ottemperano alla richiesta entro novanta giorni dalla notificazione, gli Uffici provinciali dell’Agenzia del territorio provvedono, con oneri a carico dell’interessato, alla iscrizione in catasto dell’immobile non accatastato ovvero alla verifica del classamento delle unità immobiliari segnalate, notificando le risultanze del classamento e la relativa rendita. Si applicano le sanzioni previste per le violazioni dell’articolo 28 del regio decreto-legge 13 aprile 1939, n. 652, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 1939, n. 1249, e successive modificazioni.

353. Le rendite catastali dichiarate o comunque attribuite a seguito della notificazione della richiesta del comune di cui al comma 352 producono effetto fiscale, in deroga alle vigenti disposizioni, a decorrere dal 1º gennaio dell’anno successivo alla data cui riferire la mancata presentazione della denuncia catastale, indicata nella richiesta notificata dal comune, ovvero ovvero, in assenza della suddetta indicazione, dal 1º gennaio dell’anno di notifica della richiesta del comune.

354. Gli importi minimo e massimo della sanzione amministrativa prevista per l’inadempimento degli obblighi di cui all’articolo 31 del regio decreto-legge 13 aprile 1939, n. 652, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 1939, n. 1249, dall’articolo 31 del medesimo regio decreto-legge n. 652 del 1939, come rideterminati dall’articolo 8, comma 1, del decreto-legge 30 settembre 1989, n. 332, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 novembre 1989, n. 384, con riferimento al mancato adempimento degli obblighi previsti dagli articoli 20 e 28 del citato decreto-legge 13 aprile 1939, n. 652, sono elevati rispettivamente a euro 258 e a euro 2.066.

355. Con provvedimento del Direttore dell’Agenzia del territorio, da adottare entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, e da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale, sono stabilite, previa intesa con la Conferenza Stato-città ed autonomie locali, le modalità tecniche e operative per l’applicazione delle disposizioni di cui ai commi 351 e 352.

356. Al comma 3 dell’articolo 70 del decreto legislativo 15 novembre 1993, n. 507, sono aggiunti i seguenti periodi: «A decorrere dal1º gennaio 2005, per le unità immobiliari di proprietà privata a destinazione ordinaria censite nel catasto edilizio urbano, la superficie di riferimento non può in ogni caso essere inferiore all’80 per cento della superficie catastale determinata secondo i criteri stabiliti dal regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 23 marzo 1998, n. 138; per gli immobili già denunciati, i comuni modificano d’ufficio, dandone comunicazione agli interessati, le superfici che risultano inferiori alla predetta percentuale a seguito di incrocio dei dati comunali, comprensivi della toponomastica, con quelli dell’Agenzia del territorio, secondo modalità di interscambio stabilite con provvedimento del Direttore della predetta Agenzia, sentita la Conferenza Stato-città ed autonomie locali. Nel caso in cui manchino, negli atti catastali, gli elementi necessari per effettuare la determinazione della superficie catastale, i soggetti privati intestatari catastali, provvedono, a richiesta del comune, a presentare all’Ufficio provinciale dell’Agenzia del territorio la planimetria catastale del relativo immobile, secondo le modalità stabilite dal regolamento di cui al decreto del Ministro delle finanze 19 aprile 1994, n. 701, per l’eventuale conseguente modifica, presso il comune, della consistenza di riferimento».

357. Al testo unico delle disposizioni concernenti l’imposta di registro, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131, e successive modificazioni, dopo l’articolo 52 è inserito il seguente:

«Art. 52-bis. – (Liquidazione dell’imposta derivante dai contratti di locazione)1. La liquidazione dell’imposta complementare di cui all’articolo 42, comma 1, è esclusa qualora l’ammontare del canone di locazione relativo ad immobili, iscritti in catasto con attribuzione di rendita, risulti dal contratto non inferiore al 10 per cento del valore dell’immobile determinato ai sensi dell’articolo 52, comma 4, e successive modificazioni. Restano comunque fermi i poteri di liquidazione dell’imposta per le annualità successive alla prima».

358. Al decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e successive modificazioni, dopo l’articolo 41-bis è inserito il seguente:

«Art. 41-ter. – (Accertamento dei redditi di fabbricati)1. Le disposizioni di cui agli articoli 32, primo comma, numero 7), 38, 40 e 41-bis non si applicano con riferimento ai redditi di fabbricati derivanti da locazione dichiarati in misura non inferiore ad un importo corrispondente al maggiore tra il canone di locazione risultante dal contratto ridotto del 15 per cento e il 10 per cento del valore dell’immobile.

2. In caso di omessa registrazione del contratto di locazione di immobili, si presume, salva documentata prova contraria, l’esistenza del rapporto di locazione anche per i quattro periodi d’imposta antecedenti quello nel corso del quale è accertato il rapporto stesso; ai fini della determinazione del reddito si presume, quale importo del canone, il 10 per cento del valore dell’immobile.

3. Ai fini di cui ai commi 1 e 2, il valore dell’immobile è determinato ai sensi dell’articolo 52, comma 4, del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131, e successive modificazioni».

359. Le disposizioni degli articoli 52-bis del testo unico delle disposizioni concernenti l’imposta di registro, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131, e 41-ter del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, introdotti, rispettivamente, dai commi 357 e 358 del presente articolo, non trovano applicazione nei confronti dei contratti di locazione di immobili ad uso abitativo stipulati o rinnovati a norma degli articoli 2, comma 3, e 4, commi 2 e 3, della legge 9 dicembre 1998, n. 431.

360. Il modello per la comunicazione di cui all’articolo 12 del decreto-legge 21 marzo 1978, n. 59,convertito, con modificazioni, dalla legge 18 maggio 1978, n. 191, approvato con decreto interdirigenziale del Ministero dell’interno e della Agenzia delle entrate, è reso disponibile gratuitamente, in modalità telematica, dalla predetta Agenzia; la comunicazione è effettuata, anche avvalendosi degli intermediari di cui all’articolo 3 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 luglio 1998, n. 322, e successive modificazioni, nonché degli uffici dell’Agenzia delle entrate, con la compilazione in formato elettronico del relativo modello e con la sua trasmissione, in modalità telematica, alla predetta Agenzia, che provvede, con la medesima modalità, a dare avviso di ricevimento. L’Agenzia delle entrate, secondo intese con il Ministero dell’interno, ordina i dati contenuti nelle comunicazioni per la loro successiva trasmissione telematica al predetto Ministero. La presentazione per la registrazione degli atti di cessione di cui al predetto articolo 12 del decreto-legge n. 59 del 1978 tiene luogo della comunicazione di cui al medesimo articolo 12.

361. L’obbligo di comunicazione di cui al comma 360 trova applicazione anche nei riguardi dei soggetti che esercitano abitualmente attività di intermediazione nel settore immobiliare; la comunicazione è dovuta per le cessioni di cui i predetti soggetti hanno diretta conoscenza, per avervi concorso ovvero assistito in ragione della loro attività, e, relativamente a quelle diverse dalle cessioni in proprietà, anche per le cessioni di durata inferiore al mese. In caso di violazione dell’obbligo di cui al precedente periodo, si applica la sanzione amministrativa di cui al quarto comma dell’articolo 12 del decreto-legge 21 marzo 1978, n. 59, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 maggio 1978, n. 191; in caso di seconda violazione, il sindaco del comune in cui operano i soggetti di cui al primo periodo, su segnalazione dell’Agenzia delle entrate, dispone nei riguardi dei medesimi soggetti la sospensione per un mese della loro attività.

362. I contratti di locazione, o che comunque costituiscono diritti relativi di godimento, di unità immobiliari ovvero di loro porzioni, comunque stipulati, sono nulli se, ricorrendone i presupposti, non sono registrati.

363. All’articolo 11 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) nel comma 1, lettera a), sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «, nonché, per i soggetti di cui all’articolo 3, comma 1, lettere da a) ad e), i costi sostenuti per il personale addetto alla ricerca e sviluppo, ivi compresi quelli per il predetto personale sostenuti da consorzi tra imprese costituiti per la realizzazione di programmi comuni di ricerca e sviluppo, a condizione che l’attestazione di effettività degli stessi sia rilasciata dal presidente del collegio sindacale ovvero, in mancanza, da un revisore dei conti o da un professionista iscritto negli albi dei revisori dei conti, dei dottori commercialisti, dei ragionieri e periti commerciali o dei consulenti del lavoro, nelle forme previste dall’articolo 13, comma 2, del decreto-legge 28 marzo 1997, n. 79, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 maggio 1997, n. 140, e successive modificazioni, ovvero dal responsabile del centro di assistenza fiscale»;

b) nel medesimo comma 1, lettera b), il numero 1) è sostituito dal seguente:

«1) fatte salve le disposizioni di cui alla lettera a), i costi relativi al personale classificabili nell’articolo 2425, primo comma, lettera B), numeri 9) e 14), del codice civile»;

c) il comma 4-bis è sostituito dal seguente:

«4-bis. Per i soggetti di cui all’articolo 3, comma 1, lettera da a) ad e), sono ammessi in deduzione, fino a concorrenza, i seguenti importi:

a) euro 8.000 se la base imponibile non supera euro 180.759,91;

b) euro 6.000 se la base imponibile supera euro 180.759,91 ma non euro 180.839,91;

c) euro 4.000 se la base imponibile supera euro 180.839,91 ma non euro 180.919,91;

d) euro 2.000 se la base imponibile supera euro 180.919,91 ma non euro 180.999,91»;

«4-quater. Per i soggetti di cui all’articolo 3, comma 1, lettere da a) ad e), che incrementano il numero di lavoratori dipendenti assunti con contratto a tempo indeterminato, rispetto al numero dei lavoratori assunti con il medesimo contratto mediamente occupati nel periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2004, è deducibile il costo del predetto personale per un importo annuale non superiore a 20.000 euro per ciascun nuovo dipendente assunto, e nel limite dell’incremento complessivo del costo del personale classificabile nell’articolo 2425, primo comma, lettera B), numeri 9) e 14), del codice civile. Rilevano gli incrementi del predetto personale nei tre periodi d’imposta successivi a quello in corso al 31 dicembre 2004; la media dell’incremento occupazionale raggiunto nei predetti periodi di imposta costituisce l’incremento massimo agevolabile nei periodi d’imposta successivi. L’incremento della base occupazionale va considerato al netto delle diminuzioni occupazionali verificatesi in società controllate o collegate ai sensi dell’articolo 2359 del codice civile o facenti capo, anche per interposta persona, allo stesso soggetto. Per i soggetti di cui all’articolo 3, comma 1, lettera e), la base occupazionale di cui al terzo periodo è individuata con riferimento al personale dipendente con contratto di lavoro a tempo indeterminato impiegato nell’attività commerciale e la deduzione spetta solo con riferimento all’incremento dei lavoratori utilizzati nell’esercizio di tale attività. In caso di lavoratori impiegati anche nell’esercizio dell’attività istituzionale si considera, sia ai fini della individuazione della base occupazionale di riferimento e del suo incremento, sia ai fini della deducibilità del costo, il solo personale dipendente con contratto di lavoro a tempo indeterminato riferibile all’attività commerciale individuato in base al rapporto di cui all’articolo 10, comma 2. Non rilevano ai fini degli incrementi occupazionali i trasferimenti di dipendenti dall’attività istituzionale all’attività commerciale. Nell’ipotesi di imprese di nuova costituzione non rilevano gli incrementi occupazionali derivanti dallo svolgimento di attività che assorbono anche solo in parte attività di imprese giuridicamente preesistenti, ad esclusione delle attività sottoposte a limite numerico o di superficie. Nel caso di impresa subentrante ad altra nella gestione di un servizio pubblico, anche gestito da privati, comunque assegnata, la deducibilità del costo del personale spetta limitatamente al numero di lavoratori assunti in più rispetto a quello dell’impresa sostituita.

4-quinquies. Nelle aree ammissibili alle deroghe previste dall’articolo 87, paragrafo 3, lettere a) e c), del Trattato che istituisce la Comunità europea, individuate dalla Carta italiana degli aiuti a finalità regionale per il periodo 2000-2006, l’importo deducibile determinato ai sensi del comma 4-quater è raddoppiato».

364. Le disposizioni del comma 363 si applicano a partire dal periodo d’imposta che inizia successivamente al 31 dicembre 2004, ad eccezione di quelle della lettera d), che si applicano a decorrere dal periodo d’imposta in cui interviene l’approvazione da parte della Commissione europea ai sensi dell’articolo 88, paragrafo 3, del Trattato istitutivo della Comunità europea.

365. A decorrere dal 1º gennaio 2005, al testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) nell’articolo 3, comma 1, le parole: «nonché della deduzione spettante ai sensi dell’articolo 11» sono sostituite dalle seguenti: «nonché delle deduzioni effettivamente spettanti ai sensi degli articoli 11 e 12»;

b) l’articolo 13 è rinumerato in articolo 12 e la relativa rubrica è sostituita dalla seguente: «Deduzioni per oneri di famiglia»; nel medesimo articolo sono, altresì, apportate le seguenti modificazioni:

1) i commi 1 e 2 sono sostituiti dai seguenti:

«1. Dal reddito complessivo si deducono per oneri di famiglia i seguenti importi:

a) 3.200 euro per il coniuge non legalmente ed effettivamente separato;

b) 2.900 euro per ciascun figlio, compresi i figli naturali riconosciuti, i figli adottivi e gli affidati o affiliati, nonché per ogni altra persona indicata nell’articolo 433 del codice civile che conviva con il contribuente o percepisca assegni alimentari non risultanti da provvedimenti dell’autorità giudiziaria da ripartire tra coloro che hanno diritto alla deduzione.

2. La deduzione di cui al comma 1, lettera b), è aumentata a:

a) 3.450 euro, per ciascun figlio di età inferiore a tre anni;

b) 3.200 euro, per il primo figlio se l’altro genitore manca o non ha riconosciuto i figli naturali e il contribuente non è coniugato o se coniugato, si è successivamente legalmente ed effettivamente separato, ovvero se vi sono figli adottivi, affidati o affiliati del solo contribuente e questi non è coniugato o, se coniugato, si è successivamente legalmente ed effettivamente separato;

c) 3.700 euro, per ogni figlio portatore di handicap ai sensi dell’articolo 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104.»;

2) nei commi 3 e 4, le parole: «Le detrazioni per carichi di famiglia» sono sostituite dalle seguenti: «Le deduzioni di cui ai commi 1 e 2»

3) dopo il comma 4, sono aggiunti i seguenti:

«4-bis. Dal reddito complessivo si deducono, fino ad un massimo di 1.820 euro, le spese documentate sostenute dal contribuente per gli addetti alla propria assistenza personale nei casi di non autosufficienza nel compimento degli atti della vita quotidiana. Le medesime spese sono deducibili anche se sono state sostenute nell’interesse delle persone indicate nell’articolo 433 del codice civile.

4-ter. Le deduzioni di cui ai commi 1, 2 e 4-bis spettano per la parte corrispondente al rapporto tra l’ammontare di 78.000 euro, aumentato delle medesime deduzioni e degli oneri deducibili di cui all’articolo 10, e diminuito del reddito complessivo, e l’importo di 78.000 euro. Se il predetto rapporto è maggiore o uguale a 1, la deduzione compete per intero; se lo stesso è zero o minore di zero, la deduzione non compete; negli altri casi, ai fini del predetto rapporto, si computano le prime quattro cifre decimali.»;

c) l’articolo 12 è rinumerato in articolo 13 e sono, altresì, apportate le seguenti modificazioni:

1) nell’alinea del comma 1, le parole: «della deduzione per assicurare la progressività dell’imposizione di cui all’articolo 11» sono sostituite dalle seguenti: «delle deduzioni di cui agli articoli 11 e 12»;

2) le lettere da a) ad e) dello stesso comma 1 sono sostituite dalle seguenti:

«a) fino a 26.000 euro, 23 per cento;

b) oltre 26.000 euro e fino a 33.500 euro, 33 per cento;

c) oltre 33.500 euro, 39 per cento»;

3) nel comma 2, le parole: «negli articoli 13, 14 e 15» sono sostituite dalle seguenti: «negli articoli 15 e 16 nonché in altre disposizioni di legge»;

d) l’articolo 14 è abrogato.

366. È introdotto un contributo di solidarietà del 4 per cento sulla parte di reddito imponibile di cui all’articolo 13 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, come modificato dal comma 1 del presente articolo, eccedente l’importo di 100.000 euro. Per la dichiarazione, il versamento, l’accertamento, la riscossione ed il contenzioso riguardante il contributo di solidarietà, si applicano le disposizioni vigenti per le imposte sui redditi.

367. Quando leggi, regolamenti, decreti, o altre norme o provvedimenti fanno riferimento a disposizioni contenute in articoli del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, vigenti prima del 1º gennaio 2005, il riferimento, salvo che tali disposizioni non risultino abrogate per effetto di quanto disposto dal comma 365, si intende alle corrispondenti disposizioni contenute negli articoli che recano la numerazione disposta dal medesimo comma 365.

368. I contribuenti, in sede di dichiarazione dei redditi per l’anno 2005, possono applicare le disposizioni del testo unico delle imposte sui redditi in vigore al 31 dicembre 2002 ovvero quelle in vigore al 31 dicembre 2004, se più favorevoli.

369. Al decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) nell’articolo 23:

1) nel comma 2, lettera a), le parole: «al netto della deduzione di cui all’articolo 10-bis del medesimo testo unico, ed effettuando le detrazioni previste negli articoli 12 e 13 del citato testo unico, rapportate al periodo stesso. Le detrazioni di cui agli articoli 12 e 13 del citato testo unico sono effettuate» sono sostituite dalle seguenti: «al netto delle deduzioni di cui agli articoli 11 e 12 commi 1 e 2del medesimo testo unico, rapportate al periodo stesso. Le deduzioni di cui all’articolo 12 commi 1 e 2 del citato testo unico sono riconosciute»; nel medesimo comma, lettera c), dopo le parole: «biennio precedente» sono aggiunte le seguenti: «, al netto delle deduzioni di cui agli articoli 11 e 12 commi 1 e 2 del medesimo testo unico»;

2) nel comma 3, il primo periodo è sostituito dal seguente: «I soggetti indicati nel comma 1 devono effettuare, entro il 28 febbraio dell’anno successivo e, in caso di cessazione del rapporto di lavoro, alla data di cessazione, il conguaglio tra le ritenute operate sulle somme e i valori di cui alle lettere a) e b) del comma 2, e l’imposta dovuta sull’ammontare complessivo degli emolumenti stessi, tenendo conto delle deduzioni di cui agli articoli 11 e 12 commi 1 e 2 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, e delle detrazioni eventualmente spettanti a norma dell’articolo 15 dello stesso testo unico, e successive modificazioni, per oneri a fronte dei quali il datore di lavoro ha effettuato trattenute, nonché, limitatamente agli oneri di cui al comma 1, lettere c) e f), dello stesso articolo, per erogazioni in conformità a contratti collettivi o ad accordi e regolamenti aziendali.»;

3) nel comma 4, il terzo periodo è soppresso;

b) nell’articolo 29:

1) nel comma 1, lettera c), dopo le parole: «biennio precedente» sono aggiunte le seguenti: «, al netto delle deduzioni di cui agli articoli 11 e 12 commi 1 e 2del medesimo testo unico»;

2) nel comma 2, il secondo periodo è sostituito dal seguente: «A tal fine, all’inizio del rapporto, il sostituito deve specificare quale delle opzioni previste al comma 3 dell’articolo 23 intende adottare».

370. È istituito, presso la gestione separata della Cassa depositi e prestiti Spa, un apposito fondo rotativo, denominato «Fondo rotativo per il sostegno alle imprese». Il Fondo è finalizzato alla concessione alle imprese di finanziamenti agevolati che assumono la forma dell’anticipazione, rimborsabile con un piano di rientro pluriennale. La dotazione iniziale del Fondo, alimentato con le risorse del risparmio postale, è stabilita in 6.000 milioni di euro. Le successive variazioni della dotazione sono disposte dalla Cassa depositi e prestiti Spa, in relazione alle dinamiche di erogazione e di rimborso delle somme concesse, e comunque nel rispetto dei limiti annuali di spesa sul bilancio dello Stato fissati ai sensi del comma 377.

371. Con apposite delibere del CIPE, presieduto dal Presidente del Consiglio dei ministri in maniera non delegabile, da sottoporre al controllo preventivo della Corte dei conti, il Fondo è ripartito per essere destinato ad interventi agevolativi alle imprese, individuati dalle stesse delibere sulla base degli interventi già disposti a legislazione vigente e per i quali sussiste apposito stanziamento di bilancio.

372. Il CIPE, con una o più delibere adottate con le modalità previste dal comma 371:

a) stabilisce i criteri generali di erogazione dei finanziamenti agevolati;

b) approva una convenzione tipo che regola i rapporti tra la Cassa depositi e prestiti Spa e i soggetti abilitati a svolgere le istruttorie dei finanziamenti, stabilendo le modalità per assicurare che l’importo complessivo dei finanziamenti erogati non superi l’importo assegnato dal CIPE e che vengano comunque rispettati i limiti annuali di spesa a carico del bilancio dello Stato stabiliti ai sensi del comma 377;

c) prevede la misura minima del tasso di interesse da applicare;

d) stabilisce la durata massima del piano di rientro;

e) prevede che le nuove modalità di attuazione ed erogazione delle misure agevolative previste dal presente articolo si applichino a programmi di investimento per i quali, alla data di pubblicazione del decreto di cui al comma 373, non è stata ancora presentata richiesta di erogazione relativa all’ultimo stato di avanzamento e non sono stati adottati provvedimenti di revoca totale o parziale, a condizione che l’impresa agevolata manifesti formale opzione e comunque previo parere conforme del soggetto responsabile dell’istruttoria.

373. Con decreto di natura non regolamentare il Ministro competente, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, stabilisce, in relazione ai singoli interventi previsti dal comma 371, nel rispetto dei princìpi contenuti nel presente articolo e di quanto disposto dal comma 372, i requisiti e le condizioni per l’accesso ai finanziamenti agevolati previsti dal presente articolo. In particolare, sono stabilite le condizioni economiche e le modalità di concessione dei finanziamenti agevolati, anche per quanto concerne i criteri di valutazione, i documenti istruttori, la procedura, le ulteriori condizioni per l’accesso, per l’erogazione e per la revoca delle agevolazioni, le modalità di controllo e rendicontazione, la quota minima di mezzi propri e di finanziamento bancario a copertura delle spese d’investimento, la decorrenza e le modalità di rimborso del finanziamento agevolato.

374. Il tasso di interesse sulle somme erogate in anticipazione è determinato con decreto, di natura non regolamentare, del Ministro dell’economia e delle finanze. La differenza tra il tasso così stabilito e il tasso del finanziamento agevolato, nonché gli oneri derivanti dal comma 376, sono posti, in favore della Cassa depositi e prestiti Spa, a carico del bilancio dello Stato, a valere sull’autorizzazione di spesa di cui al comma 377.

375. Sull’obbligo di rimborso al Fondo delle somme ricevute in virtù del finanziamento agevolato e dei relativi interessi può essere prevista, secondo criteri, condizioni e modalità da stabilire con decreto di natura non regolamentare del Ministro dell’economia e delle finanze, la garanzia dello Stato. Tale garanzia è elencata nell’allegato allo stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze di cui all’articolo 13 della legge 5 agosto 1978, n. 468. Ai relativi eventuali oneri si provvede ai sensi dell’articolo 7, secondo comma, numero 2), della legge 5 agosto 1978, n. 468, con imputazione nell’ambito dell’unità previsionale di base 3.2.4.2 dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze per l’anno 2005 e corrispondenti per gli esercizi successivi.

376. Alla Cassa depositi e prestiti Spa, sulle somme erogate in anticipazione, è riconosciuto, a valere sui finanziamenti stabiliti ai sensi del comma 4, lettera a), il rimborso delle spese di gestione del Fondo in misura pari allo 0,40 per cento complessivo delle somme erogate annualmente.

377. Per le finalità previste dal presente articolo è autorizzata la spesa di 80 milioni di euro per l’anno 2005 e di 150 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2006. Una quota dei predetti oneri, pari a 55 milioni di euro per l’anno 2005 e 100 milioni di euro per ciascuno degli anni 2006 e 2007, è posta a carico del Fondo per le aree sottoutilizzate per gli interventi finanziati dallo stesso. La restante quota relativa agli anni 2005 e 2006, pari rispettivamente a 25 milioni di euro e a 50 milioni di euro, è posta a carico della parte del Fondo unico per gli incentivi alle imprese non riguardante gli interventi nelle aree sottoutilizzate; alla quota relativa all’anno 2007 e all’onere decorrente dal 2008, pari rispettivamente a 50 milioni di euro e a 150 milioni di euro, si provvede con le maggiori entrate derivanti dal comma 315.

378. Nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze è istituito un «Fondo per i pagamenti dei debiti di fornitura», al quale vengono riassegnate le dotazioni in conto residui, previamente versate in entrata, relative a debiti scaduti ed esigibili alla data del 31 dicembre 2004, derivanti dalla fornitura di beni e servizi alle amministrazioni dello Stato, ceduti alla Cassa depositi e prestiti Spa dai fornitori sulla base di idonei titoli giuridici.

379. La Cassa depositi e prestiti Spa, in relazione alle cessioni di credito di cui al comma 378, dispone i pagamenti a valere su un apposito fondo istituito, con una dotazione di 2.000 milioni di euro, presso la gestione separata della medesima Cassa, le cui risorse costituiscono patrimonio destinato, ai sensi dell’articolo 5, comma 18, del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326. La Cassa depositi e prestiti Spa è autorizzata ad effettuare operazioni di cessione dei crediti acquisiti senza l’autorizzazione del soggetto ceduto.

380. Il Ministero dell’economia e delle finanze può provvedere al pagamento alla Cassa depositi e prestiti Spa delle somme erogate, in un periodo massimo di quindici anni, a carico del Fondo di cui al comma 378, nonché, a decorrere dal 2006, alla corresponsione degli oneri di gestione.

381. La Cassa depositi e prestiti Spa predispone apposita rendicontazione annuale sull’amministrazione del fondo, di cui al comma 379, da trasmettere al Ministero dell’economia e delle finanze, entro novanta giorni dalla chiusura dell’esercizio. Con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, da emanare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono stabilite le modalità applicative del presente articolo, in ordine alle condizioni generali per l’accesso al Fondo, alla natura dei crediti ed ai relativi importi ammissibili alla cessione, al compenso da riconoscere sulle somme erogate, alle modalità, ai tempi ed ai termini di erogazione alla Cassa depositi e prestiti Spa di quanto alla stessa dovuto.

382. Agli oneri di cui al comma 380, valutati in complessivi 70 milioni di euro annui a decorrere dal 2006, si provvede mediante utilizzo di quota parte delle maggiori entrate recate dal comma 315.

383. A fini di contrasto di fenomeni di elusione fiscale e di tutela della fede pubblica, salvo quanto previsto nel comma 387, è vietata la riutilizzazione commerciale dei documenti, dei dati e delle informazioni catastali ed ipotecari, che risultino acquisiti, anche per via telematica in via diretta o mediata, dagli archivi catastali o da pubblici registri immobiliari, tenuti dagli uffici dell’Agenzia del territorio.

384. Ai sensi del presente articolo si ha riutilizzazione commerciale quando i predetti documenti, dati ed informazioni sono ceduti o comunque forniti a terzi, anche in copia o parzialmente o previa elaborazione nella forma o nel contenuto, dai soggetti che li hanno acquisiti, in via diretta o mediata, anche per via telematica, dagli uffici dell’Agenzia del territorio.

385. Non si ha riutilizzazione commerciale quando i predetti documenti, dati ed informazioni sono forniti al solo soggetto per conto del quale, su preventivo e specifico incarico, risultante da atto scritto, l’acquisizione stessa, previo pagamento dei tributi dovuti, è stata effettuata. Anche in tale ipotesi, tuttavia, salva prova contraria, si ha riutilizzazione commerciale quando il corrispettivo previsto, o comunque versato, per la fornitura, risulta inferiore all’ammontare dei tributi dovuti agli uffici dell’Agenzia del territorio per l’acquisizione, anche telematica, dei predetti documenti, dati o informazioni.

386. Per ciascun atto di riutilizzazione commerciale sono comunque dovuti i tributi speciali catastali e le tasse ipotecarie, nella misura prevista per l’acquisizione, anche telematica, dei documenti, dei dati o delle informazioni catastali o ipotecari direttamente dagli uffici dell’Agenzia del territorio.

387. Le attività di riutilizzazione commerciale sono consentite esclusivamente se regolamentate da specifiche convenzioni stipulate con l’Agenzia del territorio, che disciplinino, a fronte del preventivo pagamento dei tributi dovuti anche ai sensi del comma 386, modalità e termini della raccolta, della conservazione, della elaborazione dei dati, nonché il controllo del limite di riutilizzo consentito.

388. Chi pone in essere atti di riutilizzazione commerciale, non consentiti, è soggetto altresì ad una sanzione amministrativa tributaria di ammontare compreso fra il triplo ed il quintuplo dei tributi speciali e delle tasse dovuti ai sensi del comma 386. Si applicano le disposizioni del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472.

389. L’accertamento delle violazioni alle disposizioni del presente articolo è demandato al Corpo della guardia di finanza, che esercita, a tal fine, i poteri previsti dall’articolo 32 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, avvalendosi della collaborazione dell’Agenzia del territorio. A tal fine, per assicurare effettività all’indicata azione di contrasto all’utilizzazione illecita dei documenti, dei dati e delle informazioni catastali ed ipotecari, a valere sulle maggiori entrate derivanti dall’attuazione del presente articolo e nei limiti di spesa di 5 milioni di euro annui, entro il 30 aprile 2005 è avviato dalla Scuola superiore dell’economia e delle finanze un programma straordinario di qualificazione continua e ricorrente e formazione mirata e specialistica del personale dell’amministrazione finanziaria e delle agenzie fiscali addetto alla predetta attività di accertamento. A tale programma di qualificazione e formazione può partecipare, su base convenzionale, anche il personale designato da enti locali o altri enti pubblici per le analoghe esigenze di consolidamento dell’azione di contrasto all’elusione fiscale, in presenza di coincidenti ragioni di pubblico interesse.

390. Alla presentazione degli atti di aggiornamento del catasto si può provvedere, a decorrere dal 1° marzo 2005, con procedure telematiche, mediante un modello unico informatico di aggiornamento degli atti catastali sottoscritto con firma elettronica avanzata dal tecnico che li ha redatti ovvero dal soggetto obbligato alla presentazione. In caso di irregolare funzionamento del collegamento telematico, la trasmissione per via telematica è sostituita dalla presentazione su supporto informatico. Con provvedimenti del direttore dell’Agenzia del territorio:

a) è stabilita la progressiva attivazione del servizio, anche limitatamente a determinati soggetti, a specifiche aree geografiche ed a particolari tipologie di adempimenti;

b) è approvato il modello unico informatico di aggiornamento degli atti catastali e sono stabilite le modalità tecniche necessarie per la trasmissione dei dati relativi alla procedura telematica di cui al presente articolo;

c) sono fissati i termini, le condizioni e le modalità relative: alla presentazione del modello unico informatico di aggiornamento degli atti catastali; alla presentazione dei documenti e degli atti da allegare al predetto modello, anche al fine di accertare l’avvenuto deposito presso i comuni, per gli atti per i quali è previsto; alla conservazione, a cura dei soggetti interessati, dei documenti cartacei originali sottoscritti dal tecnico che li ha redatti e dai soggetti che hanno la titolarità sui beni;

d) sono stabilite, d’intesa con il Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, le modalità di versamento dei tributi dovuti.

391. Gli atti comunque attributivi o modificativi delle rendite catastali per terreni e fabbricati possono essere prodotti e notificati ai soggetti intestatari, a cura dell’Agenzia del territorio, avvalendosi di procedure automatizzate. In tal caso, la firma autografa del responsabile è sostituita dall’indicazione a stampa del nominativo dello stesso.

392. Nell’articolo 2, comma 2, del decreto legge 24 dicembre 2002, n. 282, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 febbraio 2003, n. 27, le parole: «30 settembre 2004», ovunque ricorrano, sono sostituite dalle seguenti: «30 giugno 2005».

393. All’articolo 3, comma 2, primo periodo, del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 luglio 1998, n. 322, le parole: «a lire 50 milioni» sono sostituite dalle seguenti: «ad euro 10.000».

394. Ai fini dell’applicazione dell’articolo 53, comma 3, del decreto-legge 30 agosto 1993, n. 331, convertito con modificazioni dalla legge 29 ottobre 1993, n. 427, i soggetti di imposta trasmettono al Dipartimento dei Trasporti Terrestri, entro il termine di quindici giorni dall’acquisto e, in ogni caso, prima dell’immatricolazione, il numero identificativo intracomunitario nonché il numero di telaio degli autoveicoli, motoveicoli e loro rimorchi acquistati. Per i successivi passaggi interni precedenti l’immatricolazione il numero identificativo intracomunitario è sostituito dal codice fiscale del fornitore. In mancanza delle informazioni da parte dei soggetti di imposta gli uffici preposti non procedono all’immatricolazione. La comunicazione è altresì effettuata, entro il termine di quindici giorni dalla vendita, anche in caso di cessione intracomunitaria o di esportazione dei medesimi veicoli.

395. Con decreto del Capo del Dipartimento per i trasporti terrestri del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e del Direttore dell’Agenzia delle entrate sono stabiliti i contenuti e le modalità delle comunicazioni di cui alla disposizione recata dal comma 394.

396. Con la convenzione prevista dall’articolo 1, comma 1-bis, del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 19 settembre 2000, n. 358, è definita la procedura di trasmissione telematica all’Agenzia delle entrate delle informazioni inviate dai soggetti di imposta ai sensi del comma 394.

397. All’articolo 1, comma 1, lettera c), del decreto-legge 29 dicembre 1983, n. 746, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 1984, n. 17, è aggiunto il seguente periodo: «Nella prima ipotesi, il cedente o prestatore deve comunicare all’Agenzia delle entrate, esclusivamente per via telematica entro il giorno 16 del mese successivo, i dati contenuti nella dichiarazione ricevuta».

398. Ai fini del necessario coordinamento delle attività di controllo, da attuare secondo quanto disposto dall’articolo 63, secondo e terzo comma, primo periodo, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, l’Agenzia delle entrate condivide con gli altri organi preposti ai controlli in materia di imposta sul valore aggiunto le informazioni risultanti dalle comunicazioni di cui ai commi 394 e 397.

399. All’articolo 7 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471, dopo il comma 4 è inserito il seguente:

«4-bis. È punito con la sanzione prevista nel comma 3 il cedente o il prestatore che omette di inviare, nei termini previsti, la comunicazione di cui all’articolo 1, comma 1, lettera c), ultimo periodo, del decreto-legge 29 dicembre 1983, n. 746, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 1984, n. 17, o la invia con dati incompleti o inesatti».

400. Chiunque omette di inviare, nei termini previsti, la comunicazione di cui all’articolo 1, comma 1, lettera c), ultimo periodo, del decreto-legge 29 dicembre 1983, n. 746, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 1984, n. 17, introdotto dal comma 397, o la invia con dati incompleti o inesatti, è responsabile in solido con il soggetto acquirente dell’imposta evasa correlata all’infedeltà della dichiarazione ricevuta.

401. Il Direttore dell’Agenzia delle entrate determina, con suo provvedimento, i contenuti e le modalità della comunicazione di cui all’articolo 1, comma 1, lettera c), ultimo periodo, del decreto-legge 29 dicembre 1983, n. 746, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 1984, n. 17, introdotto dal comma 397.

402. Al decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, dopo l’articolo 60, è inserito il seguente:

«Art. 60-bis – (Solidarietà nel pagamento dell’imposta). 1. Con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, su proposta degli organi competenti al controllo, sulla base di analisi effettuate su fenomeni di frode, sono individuati i beni per i quali operano le disposizioni dei commi 2 e 3.

2. In caso di mancato versamento dell’imposta da parte del cedente relativa a cessioni effettuate a prezzi inferiori al valore normale, il cessionario, soggetto agli adempimenti ai fini del presente decreto, è obbligato solidalmente al pagamento della predetta imposta.

3. L’obbligato solidale di cui al comma 2 può tuttavia documentalmente dimostrare che il prezzo inferiore dei beni è stato determinato in ragione di eventi o situazioni di fatto oggettivamente rilevabili o sulla base di specifiche disposizioni di legge e che comunque non è connesso con il mancato pagamento dell’imposta».

403. A decorrere dal periodo d’imposta in corso al 1° gennaio 2005, è introdotto l’istituto della pianificazione fiscale concordata alla quale possono accedere i titolari di reddito d’impresa e gli esercenti arti e professioni cui si applicano gli studi di settore per il periodo di imposta in corso al 1° gennaio 2003. L’adesione alla pianificazione fiscale determina preventivamente, per un triennio, la base imponibile caratteristica dell’attività svolta e comporta una riduzione dell’imposizione fiscale e contributiva per gli importi eccedenti la base imponibile pianificata.

404. Non possono accedere alla pianificazione fiscale i titolari di reddito d’impresa e gli esercenti arti e professioni:

a) per i quali sussistano cause di esclusione o di inapplicabilità degli studi di settore per il periodo di imposta in corso al 1° gennaio 2003;

b) che svolgono dal 1° gennaio 2004 una attività diversa da quella esercitata nel biennio 2002 e 2003;

c) che non erano in attività in almeno uno dei periodi di imposta in corso al 1° gennaio 2002, al 1° gennaio 2003 ovvero al 1° gennaio 2004;

d) che hanno omesso di dichiarare il reddito derivante dall’attività svolta per almeno uno dei periodi d’imposta in corso al 1° gennaio 2002 e al 1° gennaio 2003;

e) che hanno omesso di presentare la dichiarazione ai fini dell’imposta sul valore aggiunto per i medesimi periodi d’imposta di cui alla lettera d);

f) che hanno omesso di comunicare i dati rilevanti ai fini dell’applicazione degli studi di settore per il periodo di imposta in corso al 1° gennaio 2003.

405. La proposta individuale di pianificazione fiscale è formulata sulla base di elaborazioni operate dall’anagrafe tributaria, tenendo conto delle risultanze dell’applicazione degli studi di settore, dei dati sull’andamento dell’economia nazionale per distinti settori economici di attività, della coerenza dei componenti negativi di reddito e di ogni altra informazione disponibile riferibile al contribuente.

406. L’adesione alla pianificazione fiscale si perfeziona, ferma restando la congruità dei ricavi o dei compensi alle risultanze degli studi di settore per ciascun periodo d’imposta, con l’accettazione di importi, proposti al contribuente dall’Agenzia delle entrate, che individuano per un triennio la base imponibile caratteristica dell’attività svolta, esclusi gli eventuali componenti positivi o negativi di reddito di carattere straordinario.

407. L’adesione alla proposta di pianificazione fiscale è comunicata dal contribuente entro sessanta giorni dal suo ricevimento; nel medesimo termine, la proposta può essere altresì definita in contraddittorio con il competente ufficio dell’Agenzia delle entrate, anche con l’assistenza degli intermediari di cui all’articolo 3, commi 2-bis e 3, del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 luglio 1998, n. 322, esclusivamente nel caso in cui il contribuente sia in grado di documentare una evidente infondatezza della stessa, sulla base dell’esistenza di:

a) significative variazioni degli elementi strutturali nell’esercizio dell’attività rispetto a quelli presi a base per la formulazione della proposta;

b) dati ed elementi presi a base per la formulazione della proposta divergenti sensibilmente, all’atto dell’adesione.

408. La sussistenza delle circostanze di cui alle lettere a) e b) del comma 407 può essere asseverata dai soggetti abilitati sulla base delle disposizioni vigenti.

409. Per i periodi d’imposta oggetto di pianificazione, relativamente al reddito caratteristico d’impresa o di arti o professioni:

a) sono inibiti i poteri spettanti all’amministrazione finanziaria sulla base delle disposizioni di cui all’articolo 39 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e successive modificazioni;

b) esclusa l’aliquota del 23 per cento, quelle marginali applicabili al reddito complessivo ai fini dell’imposta sul reddito, nonché quella applicabile ai fini dell’imposta sul reddito delle società , sono ridotte di 4 punti percentuali, per la parte di reddito dichiarato eccedente quello pianificato;

c) è esclusa l’applicazione dei contributi previdenziali per la parte di reddito dichiarato che eccede quello pianificato fatto salvo il minimale reddituale previsto ai fini contributivi; restano salve le prerogative delle Casse Autonome nonché la facoltà di effettuare i versamenti su base volontaria.

410. Per gli stessi periodi d’imposta di cui al precedente comma 409, ai fini dell’imposta sul valore aggiunto:

a) il contribuente assolve ordinariamente a tutti gli obblighi formali e sostanziali previsti dal decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633 e successive modificazioni e dalle altre disposizioni in materia di imposta sul valore aggiunto;

b) all’ammontare degli eventuali maggiori ricavi o compensi da dichiarare rispetto a quelli risultanti dalle scritture contabili si applica, tenendo conto della esistenza di operazioni non soggette ad imposta ovvero soggette a regimi speciali, l’aliquota media risultante dal rapporto tra l’imposta relativa alle operazioni imponibili, diminuita di quella relativa alle cessioni di beni ammortizzabili, e il volume d’affari dichiarato;

c) sono inibiti i poteri spettanti all’amministrazione finanziaria in base alle disposizioni di cui agli articoli 54, secondo comma, secondo periodo, e 55, secondo comma, numero 3), del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, e successive modificazioni.

411. In caso di mancato rispetto della pianificazione, da comunicare nella dichiarazione presentata ai fini dell’imposta sul reddito, l’Agenzia delle entrate procede ad accertamento parziale in ragione del reddito oggetto della pianificazione nonché, per l’imposta sul valore aggiunto, in ragione del volume d’affari corrispondente ai ricavi o compensi caratteristici a base della stessa, salve le ipotesi di documentati accadimenti straordinari e imprevedibili; in tale ultima ipotesi trova applicazione il procedimento di accertamento con adesione previsto dal decreto legislativo 19 giugno 1997, n. 218.. La disposizione di cui al presente comma si applica anche nel caso di mancato adeguamento alle risultanze degli studi di settore.

412. L’inibizione dei poteri di cui ai commi 409, lettera a), e 410, lettera c) ed i benefici di cui al comma 410, lettere b) e c) non operano qualora:

a) il reddito dichiarato differisca da quanto effettivamente conseguito, ovvero non siano adempiuti gli obblighi di cui al comma 410, lettera a), ferma restando, comunque, in tale caso l’inibizione dei poteri di cui all’articolo 39, secondo comma, lettera d), del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e successive modificazioni e dell’articolo 55, secondo comma, numero 3), del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, e successive modificazioni;

b) siano constatate condotte del contribuente che integrano le fattispecie di cui agli articoli da 2 a 5, 8, 10 e 11 del decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74.

413 Salva l’applicazione del comma 407, nei casi in cui a seguito di controlli e segnalazioni, anche di fonte esterna all’amministrazione finanziaria, emergano dati ed elementi difformi da quelli comunicati dal contribuente, qualora presi a base per la formulazione della proposta, nei suoi confronti non opera l’inibizione dei poteri di cui ai commi 409, lettera a) e 410, lettera c) nonché i benefici di cui al comma 409, lettere b) e c).

414. Nel caso in cui l’attività effettivamente esercitata vari nel corso del triennio, l’istituto della pianificazione fiscale concordata cessa di avere effetto dal periodo d’imposta nel corso del quale si è verificata la variazione. Con decreti del Ministro dell’economia e delle finanze, di natura non regolamentare, sono individuate le singole categorie di contribuenti nei cui riguardi progressivamente, nel corso del triennio, decorre l’applicazione della pianificazione fiscale concordata nonché approvate una o più note metodologiche per la formulazione della proposta di cui al comma 405. Con i medesimi decreti sono conseguentemente rideterminati i periodi d’imposta di cui al comma 404, per i contribuenti nei cui confronti la pianificazione fiscale opera a decorrere da periodi d’imposta diversi da quello indicato al comma 403. Con provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate sono definite le modalità di invio delle proposte, anche in via telematica, direttamente al contribuente ovvero per il tramite degli intermediari di cui all’articolo 3, commi 2-bis e 3, del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 luglio 1998, n. 322, nonché le modalità di adesione.".

415. Gli studi di settore previsti all’articolo 62-bis del decreto-legge 30 agosto 1993, n. 331, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 ottobre 1993, n. 427, sono soggetti a revisione, di norma, ogni quattro anni dalla data di entrata in vigore dello studio di settore ovvero da quella dell’ultima revisione, al fine di mantenere la rappresentatività degli stessi rispetto alla realtà economica cui si riferiscono. La revisione può essere disposta anche prima del decorso del temine previsto dal primo periodo, tenuto anche conto di dati ed informazioni ufficiali quali i dati di contabilità nazionale, sentito il parere della commissione di esperti di cui all’articolo 10, comma 7, della legge 8 maggio 1998, n. 146. La revisione degli studi di settore è programmata con provvedimento del direttore dell’Agenzia della entrate da emanare entro il mese di febbraio di ciascun anno.

416. In deroga a quanto previsto al comma 415, entro il mese di febbraio 2005, l’Agenzia delle entrate completa l’attività di revisione relativa agli studi di settore già precedentemente individuati, con effetto dal periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2004, ai sensi dell’articolo 1 del regolamento recante disposizioni concernenti i tempi e le modalità di applicazione degli studi di settore, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 31 maggio 1999, n. 195.

417. Gli organi preposti al controllo, in conseguenza della revisione e del potenziamento degli studi di settore, sulla base delle disposizioni del presente articolo, programmano l’impiego di maggiore capacità operativa per l’attività di contrasto all’evasione nei confronti dei soggetti ai quali non si applicano gli studi medesimi.

418. All’articolo 32 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e successive modificazioni, recante disposizioni comuni in materia di accertamento delle imposte sui redditi, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) nel primo comma:

1) al numero 2):

1.1) nel primo e secondo periodo, le parole da: «alle operazioni»a: «risultanti dai conti» sono sostituite dalle seguenti: «ai rapporti ed alle operazioni, i cui dati, notizie e documenti siano stati acquisiti a norma del numero 7), ovvero rilevati a norma dell’articolo 33, secondo e terzo comma. I dati ed elementi attinenti ai rapporti ed alle operazioni acquisiti e rilevati rispetivamente a norma del numero 7) e dell’articolo 33, secondo e terzo comma,»;

1.2) nel secondo periodo, le parole da: «a base delle stesse» alla fine del periodo sono sostituite dalle seguenti: «o compensi a base delle stesse rettifiche ed accertamenti, se il contribuente non ne indica il soggetto beneficiario e sempreché non risultino dalle scritture contabili, i prelevamenti o gli importi riscossi nell’ambito dei predetti rapporti od operazioni»;

2) al numero 5):

2.1) nel primo periodo, le parole da: «, ovvero» fino a: «in forma fiduciaria,» sono soppresse;

2.2) nel quarto periodo, le parole da: «all’Amministrazione postale,» fino alla fine del numero sono sostituite dalle seguenti: «alle banche, alla società Poste italiane spa, per le attività finanziarie e creditizie, agli intermediari finanziari, alle imprese di investimento, agli organismi di investimento collettivo del risparmio, alle società di gestione del risparmio e alle società fiduciarie»;

3) al numero 6-bis), il primo periodo è sostituito dal seguente: «richiedere, previa autorizzazione del direttore centrale dell’accertamento dell’Agenzia delle entrate o del direttore regionale della stessa, ovvero, per il Corpo della guardia di finanza, del comandante regionale, ai soggetti sottoposti ad accertamento, ispezione o verifica il rilascio di una dichiarazione contenente l’indicazione della natura, del numero e degli estremi identificativi dei rapporti intrattenuti con le banche, la società Poste italiane spa, gli intermediari finanziari, le imprese di investimento, gli organismi di investimento collettivo del risparmio, le società di gestione del risparmio e le società fiduciarie, nazionali o stranieri, in corso ovvero estinti da non più di cinque anni dalla data della richiesta»;

4) al numero 7):

4.1) il primo periodo è sostituito dai seguenti: «richiedere, previa autorizzazione del direttore centrale dell’accertamento dell’Agenzia delle entrate o del direttore regionale della stessa, ovvero, per il Corpo della guardia di finanza, del comandante regionale, alle banche, alla società Poste italiane spa, per le attività finanziarie e creditizie, agli intermediari finanziari, alle imprese di investimento, agli organismi di investimento collettivo del risparmio, alle società di gestione del risparmio e alle società fiduciarie, dati, notizie e documenti relativi a qualsiasi rapporto intrattenuto od operazione effettuata, ivi compresi i servizi prestati, con i loro clienti, nonché alle garanzie prestate da terzi. Alle società fiduciarie di cui alla legge 23 novembre 1939, n. 1966, e a quelle iscritte nella sezione speciale dell’albo di cui all’articolo 20 del testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, può essere richiesto, tra l’altro, specificando i periodo temporali di interesse, di comunicare le generalità dei soggetti per conto dei quali esse hanno detenuto o amministrato o gestito beni, strumenti finanziari e partecipazioni in imprese, inequivocamente individuati.»;

4.2) nel secondo periodo, dopo le parole «deve essere indirizzata» sono inserite le seguenti: «al responsabile della struttura accentrata, ovvero»;

b) nel secondo comma:

1) al secondo periodo, la parola: «sessanta» è sostituita dalla seguente: «trenta»;

2) il terzo periodo è sostituito dal seguente: «Il termine può essere prorogato per un periodo di venti giorni su istanza dell’operatore finanziario, per giustificati motivi, dal competente direttore centrale o direttore regionale per l’Agenzia delle entrate, ovvero, per il Corpo della guardia di finanza, dal comandante regionale.»;

c) dopo il secondo comma è inserito il seguente:

«Le richieste di cui al primo comma, numero 7), nonché le relative risposte, anche se negative, devono essere effettuate esclusivamente in via telematica. Con provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate sono stabilite le disposizioni attuative e le modalità di trasmissione delle richieste, delle risposte, nonché dei dati e delle notizie riguardanti i rapporti e le operazioni indicati nel citato numero 7)».

419. All’articolo 51 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, e successive modificazioni, concernente l’istituzione e la disciplina dell’imposta sul valore aggiunto, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) nel secondo comma:

1) al numero 2):

1.1) nel primo periodo, le parole da: «alle operazioni» a: «acquisita» sono sostituite dalle seguenti: «ai rapporti ed alle operazioni, i cui dati, notizie e documenti siano stati acquisiti»; la parola: «rilevate» è sostituita dalla seguente: «rilevati»;

1.2) nel secondo periodo, le parole: «I singoli dati ed elementi risultanti dai conti» sono sostituite dalle seguenti: «I dati ed elementi attinenti ai rapporti ed alle operazioni acquisiti e rilevati rispettivamente a norma del numero 7) e dell’articolo 52, ultimo comma, o dell’articolo 63, primo comma,»;

2) al numero 5):

2.1) nel primo periodo, le parole da: «, ovvero» fino a: «in forma fiduciaria,» sono soppresse;

2.2) nel quarto periodo, le parole da: «all’Amministrazione postale,» fino alla fine del numero sono sostituite dalle seguenti: «alle banche, alla società Poste italiane spa, per le attività finanziarie e creditizie, agli intermediari finanziari, alle imprese di investimento, agli organismi di investimento collettivo del risparmio, alle società di gestione del risparmio e alle società fiduciarie»;

3) al numero 6-bis) il primo periodo è sostituito dal seguente: «richiedere, previa autorizzazione del direttore centrale accertamento dell’Agenzia delle entrate o del direttore regionale della stessa, ovvero, per il Corpo della guardia di finanza, del comandante regionale, ai soggetti sottoposti ad accertamento, ispezione o verifica il rilascio di una dichiarazione contenente l’indicazione della natura, del numero e degli estremi identificativi dei rapporti intrattenuti con le banche, la società Poste italiane spa, gli intermediari finanziari, le imprese di investimento, gli organismi di investimento collettivo del risparmio, le società di gestione del risparmio e le società fiduciarie, nazionali o stranieri, in corso ovvero estinti da non più di cinque anni dalla data della richiesta.»;

4) al numero 7):

4.1) il primo periodo è sostituito dai seguenti: «richiedere, previa autorizzazione del direttore centrale dell’accertamento dell’Agenzia delle entrate o del direttore regionale della stessa, ovvero, per il Corpo della guardia di finanza, del comandante regionale, alle banche, alla società Poste italiane spa, per le attività finanziarie e creditizie, agli intermediari finanziari, alle imprese di investimento, agli organismi di investimento collettivo del risparmio, alle società di gestione del risparmio e alle società fiduciarie, dati notizie e documenti relativi a qualsiasi rapporto intrattenuto od operazione effettuata, ivi compresi i servizi prestati, con i loro clienti, nonché alle garanzie prestate da terzi. Alle società fiduciarie di cui alla legge 23 novembre 1939, n. 1966, e a quelle iscritte nella sezione speciale dell’albo di cui all’articolo 20 del testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, può essere richiesto, tra l’altro, specificando i periodi temporali di interesse, di comunicare le generalità dei soggetti per conto dei quali esse hanno detenuto o amministrato o gestito beni, strumenti finanziari e partecipazioni in imprese, inequivocamente individuati.»;

4.2) nel secondo periodo, dopo le parole: «deve essere indirizzata» sono inserite le seguenti: «al responsabile della struttura accentrata, ovvero»;

b) nel terzo comma:

1) al primo periodo, la parola: «sessanta» è sostituita dalla seguente: «trenta»;

2) il secondo periodo è sostituito dal seguente: «Il termine può essere prorogato per un periodo di venti giorni su istanza dell’operatore finanziario, per giustificati motivi, dal competente direttore centrale o direttore regionale per l’Agenzia dell’entrate, ovvero, per il Corpo della guardia di finanza, dal comandante regionale.»;

c) dopo il terzo comma è inserito il seguente:

«Le richieste di cui al secondo comma, numero 7), nonché le relative risposte, anche se negative, sono effettuate esclusivamente in via telematica. Con provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate sono stabilite le disposizioni attuative e le modalità di trasmissione delle richieste, delle risposte, nonché dei dati e delle notizie riguardanti i rapporti e le operazioni indicati nel citato numero 7)».

420. Le disposizioni di cui al terzo comma dell’articolo 32 decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, nonché quelle di cui al quarto comma dell’articolo 51 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, introdotte rispettivamente dai commi 418 e 419, hanno effetto dal 1º luglio 2005. Con uno o più provvedimenti del direttore dell’Agenzia delle entrate può essere prevista una diversa decorrenza successiva, in considerazione delle esigenze di natura esclusivamente tecnica.

421. Al fine di una maggiore efficienza, efficacia ed effettività dell’istituto della pianificazione fiscale concordata, al primo periodo del comma 1 dell’articolo 41-bis del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) le parole da: «gli uffici delle imposte» fino a: «delle imposte dirette» sono sostituite dalle seguenti: «i competenti uffici dell’Agenzia delle entrate, qualora dagli accessi, ispezioni e verifiche nonché dalle segnalazioni effettuati dalla Direzione centrale accertamento, da una Direzione regionale ovvero da un ufficio della medesima Agenzia ovvero di altre Agenzie fiscali»;

b) dopo le parole: «non spettanti,» sono inserite le seguenti: «nonché l’esistenza di imposte o di maggiori imposte non versate, escluse le ipotesi di cui agli articoli 36-bis e 36-ter,»;

c) sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «, ovvero la maggiore imposta da versare, anche avvalendosi delle procedure previste dal decreto legislativo 19 giugno 1997, n. 218».

422. Al quinto comma dell’articolo 54 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) le parole da: «l’ufficio dell’imposta» fino a: «indirette sugli affari» sono sostituite dalle seguenti: «i competenti uffici dell’Agenzia delle entrate, qualora dagli accessi, ispezioni e verifiche nonché dalle segnalazioni effettuati dalla Direzione centrale accertamento, da una Direzione regionale ovvero da un ufficio della medesima Agenzia ovvero di altre Agenzie fiscali»;

b) dopo le parole: «l’esistenza di corrispettivi» sono inserite le seguenti: «o di imposta»;

c) sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «, nonché l’imposta o la maggiore imposta non versata, escluse le ipotesi di cui all’articolo 54-bis, anche avvalendosi delle procedure previste dal decreto legislativo 19 giugno 1997, n. 218».

423. Al comma 181 dell’articolo 3 della legge 28 dicembre 1995, n. 549, primo periodo dell’alinea, le parole: «alle altre categorie reddituali» sono sostituite dalle seguenti: «alle medesime o alle altre categorie reddituali, nonché con riferimento ad ulteriori operazioni rilevanti ai fini dell’imposta sul valore aggiunto,».

424. All’articolo 70 della legge 21 novembre 2000, n. 342, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al comma 1, le parole: «alle categorie reddituali diverse da quelle che hanno formato oggetto degli accertamenti stessi» sono sostituite dalle seguenti: «alle medesime o alle altre categorie reddituali nonché con riferimento ad ulteriori operazioni rilevanti ai fini dell’imposta sul valore aggiunto»;

b) al comma 2, le parole da: «qualora» fino a: «indipendentemente» sono sostituite dalle seguenti: «indipendentemente dalla sopravvenuta conoscenza di nuovi elementi e».

425. All’articolo 10 della legge 8 maggio 1998, n. 146, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) il comma 2 è sostituito dal seguente:

«2. Nei confronti degli esercenti attività d’impresa in regime di contabilità ordinaria, anche per effetto di opzione, e degli esercenti arti e professioni, la disposizione del comma 1 trova applicazione quando in almeno in due periodi d’imposta su tre consecutivi considerati, compreso quello da accertare, l’ammontare dei compensi o dei ricavi determinabili sulla base degli studi di settore risulta superiore all’ammontare dei compensi o ricavi dichiarati con riferimento agli stessi periodi d’imposta. La disposizione del comma 1 trova applicazione in ogni caso nei confronti degli esercenti attività d’impresa in regime di contabilità ordinaria, anche per effetto di opzione, quando emergono significative situazioni di incoerenza rispetto ad indici di natura economica, finanziaria o patrimoniale, individuati con apposito provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate, sentito il parere della commissione di esperti di cui al comma 7.»;

b) dopo il comma 3 è inserito il seguente:

«3-bis. Nelle ipotesi di cui ai commi 2 e 3 l’ufficio, prima della notifica dell’avviso di accertamento, invita il contribuente a comparire, ai sensi dell’articolo 5 del decreto legislativo 19 giugno 1997, n. 218.»;

c) il comma 6 è sostituito dal seguente:

«6. I maggiori ricavi, compensi e corrispettivi, conseguenti all’applicazione degli accertamenti di cui al comma 1, ovvero dichiarati per effetto dell’adeguamento di cui all’articolo 2 del regolamento recante disposizioni concernenti i tempi e le modalità di applicazione degli studi di settore, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 31 maggio 1999, n. 195, non rilevano ai fini dell’obbligo della trasmissione della notizia di reato ai sensi dell’articolo 331 del codice di procedura penale».

426. Le disposizioni dei commi 2 e 3-bis dell’articolo 10 della legge 8 maggio 1998, n. 146, come modificato dal comma 425 del presente articolo, hanno effetto a decorrere dal periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2004.

427. All’articolo 2 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 31 maggio 1999, n. 195, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al comma 1:

1) le parole: «il primo periodo» sono sostituite dalle seguenti: «i periodi»;

2) le parole: «nella dichiarazione dei redditi» sono sostituite dalle seguenti: «nelle dichiarazioni di cui all’articolo 1 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 luglio 1998, n. 322, e successive modificazioni,»;

3) le parole: «per adeguare i ricavi o i compensi» sono sostituite dalle seguenti: «per adeguare gli stessi, anche ai fini dell’imposta regionale sulle attività produttive,»;

b) al comma 2:

1) le parole da: «Per il primo periodo d’imposta» fino a: «revisione del medesimo,» sono sostituite dalle seguenti: «Per i medesimi periodi d’imposta di cui al comma 1,»;

2) le parole: «può essere» sono sostituite dalla seguente: «è»;

3) le parole: «di presentazione della dichiarazione dei redditi» sono sostituite dalle seguenti: «del versamento a saldo dell’imposta sul reddito; i maggiori corrispettivi devono essere annotati, entro il suddetto termine, in un’apposita sezione dei registri di cui agli articoli 23 e 24 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, e successive modificazioni, e riportati nella dichiarazione annuale».

c) dopo il comma 2, è aggiunto il seguente:

«2-bis. L’adeguamento di cui ai commi 1 e 2 è effettuato, per i periodi d’imposta diversi da quello in cui trova applicazione per la prima volta lo studio, ovvero le modifiche conseguenti alla revisione del medesimo, a condizione che sia versata, entro il termine per il versamento a saldo dell’imposta sul reddito, una maggiorazione del 3 per cento, calcolata sulla differenza tra ricavi o compensi derivanti dall’applicazione degli studi e quelli annotati nelle scritture contabili. La maggiorazione non è dovuta se la predetta differenza non è superiore al 10 per cento dei ricavi o compensi annotati nelle scritture contabili».

428. In esecuzione dell’articolo 6, comma 5, della legge 27 luglio 2000, n. 212, l’Agenzia delle entrate comunica mediante raccomandata con avviso di ricevimento ai contribuenti l’esito dell’attività di liquidazione, effettuata ai sensi dell’articolo 36-bis del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e successive modificazioni, relativamente ai redditi soggetti a tassazione separata. La relativa imposta o la maggiore imposta dovuta, a decorrere dal periodo d’imposta 2001, è versata mediante modello di pagamento, di cui all’articolo 19 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, precompilato dall’Agenzia. In caso di mancato pagamento entro il termine di trenta giorni dal ricevimento dell’apposita comunicazione si procede all’iscrizione a ruolo, secondo le disposizioni di cui al decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, e successive modificazioni, con l’applicazione della sanzione di cui all’articolo 13, comma 2, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471, e degli interessi di cui all’articolo 20 del predetto decreto n. 602 del 1973, a decorrere dal primo giorno del secondo mese successivo a quello di elaborazione della predetta comunicazione.

429. Ai commi 2 e 1, rispettivamente, degli articoli 2 e 3 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 462, e successive modificazioni, con riferimento alle dichiarazioni presentate dal 1º gennaio 1999, sono aggiunte, in fine, le seguente parole: «e gli interessi sono dovuti fino all’ultimo giorno del mese antecedente a quello dell’elaborazione della comunicazione».

430. Al decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74, dopo l’articolo 10 è inserito il seguente:

«Art. 10-bis. – (Omesso versamento di ritenute certificate). 1. È punito con la reclusione da sei mesi a due anni chiunque non versa entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione annuale di sostituto d’imposta ritenute risultanti dalla certificazione rilasciata ai sostituiti, per un ammontare superiore a cinquantamila euro per ciascun periodo d’imposta».

431. All’articolo 49, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, e successive modificazioni, dopo le parole: «costituisce titolo esecutivo» sono aggiunte le seguenti: «; il concessionario può altresì promuovere azioni cautelari e conservative, nonché ogni altra azione prevista dalle norme ordinarie a tutela del creditore».

432. All’articolo 19 del decreto legislativo 13 aprile 1999, n. 112, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al comma 2. lettera a) le parole "entro il quinto mese successivo alla consegna del ruolo ovvero" sono sostituite dalla seguenti: "entro il dodicesimo mese successivo alla consegna del ruolo ovvero, per i ruoli straordinari, entro il sesto mese successivo nonché" »;

b) al comma 4, dopo le parole: «di segnalare azioni cautelari ed esecutive» sono inserite le seguenti: «nonché conservative ed ogni altra azione prevista dalle norme ordinarie a tutela del creditore».

433. Al decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all’articolo 12, comma 3, dopo la parola: «contribuente,» sono inserite le seguenti: «la specie del ruolo,»;

b) all’articolo 19, comma 4-bis, le parole: «ad espropriazione forzata» sono sostituite dalle seguenti: «alla riscossione coattiva»; nel medesimo comma sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «secondo le disposizioni di cui al titolo II del presente decreto»;

c) all’articolo 25, comma 1, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «, a pena di decadenza, entro l’ultimo giorno del dodicesimo mese successivo a quello di consegna del ruolo, ovvero entro l’ultimo giorno del sesto mese successivo alla consegna se la cartella è relativa ad un ruolo straordinario».

434. Al decreto legislativo 19 giugno 1997, n. 218, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all’articolo 8, comma 2, terzo periodo, le parole: «garanzia con le modalità di cui all’articolo 38-bis del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633» sono sostituite dalle seguenti: «idonea garanzia mediante polizza fideiussoria o fideiussione bancaria»; al medesimo articolo 8, dopo il comma 3, è inserito il seguente:

«3-bis. In caso di mancato pagamento anche di una sola delle rate successive, se il garante non versa l’importo garantito entro trenta giorni dalla notificazione di apposito invito, contenente l’indicazione delle somme dovute e dei presupposti di fatto e di diritto della pretesa, il competente ufficio dell’Agenzia delle entrate provvede all’iscrizione a ruolo delle predette somme a carico del contribuente e dello stesso garante»;

b) all’articolo 15, comma 2, le parole: «commi 2 e 3» sono sostituite dalle seguenti: «commi 2, 3 e 3-bis».

435. All’articolo 48, comma 3, del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, le parole: «garanzia secondo le modalità di cui all’articolo 38-bis del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633» sono sostituite dalle seguenti: «garanzia mediante polizza fideiussoria o fideiussione bancaria»; al medesimo articolo 48, dopo il comma 3 è inserito il seguente:

«3-bis. In caso di mancato pagamento anche di una sola delle rate successive, se il garante non versa l’importo garantito entro trenta giorni dalla notificazione di apposito invito, contenente l’indicazione delle somme dovute e dei presupposti di fatto e di diritto della pretesa, il competente ufficio dell’Agenzia delle entrate provvede all’iscrizione a ruolo delle predette somme a carico del contribuente e dello stesso garante».

436. Le disposizioni del comma 432, lettera a), e del comma 433, lettere a) e c), si applicano con riferimento ai ruoli resi esecutivi successivamente al 1º luglio 2005.

437. Ferme restando le attribuzioni e i poteri previsti dagli articoli 31 e seguenti del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e successive modificazioni, nonché quelli previsti dagli articoli 51 e seguenti del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, e successive modificazioni, per la riscossione dei crediti indebitamente utilizzati in tutto o in parte, anche in compensazione ai sensi dell’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, e successive modificazioni, l’Agenzia delle entrate può emanare apposito atto di recupero motivato da notificare al contribuente con le modalità previste dall’articolo 60 del citato decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973. La disposizione del primo periodo non si applica alle attività di recupero delle somme di cui all’articolo 1, comma 3, del decreto-legge 20 marzo 2002, n. 36, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 maggio 2002, n. 96, e all’articolo 1, comma 2, del decreto-legge 24 dicembre 2002, n. 282, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 febbraio 2003, n. 27.

438. In caso di mancato pagamento, in tutto o in parte, delle somme dovute entro il termine assegnato dall’ufficio, comunque non inferiore a sessanta giorni, si procede alla riscossione coattiva con le modalità previste dal decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, e successive modificazioni.

439. La competenza all’emanazione degli atti di cui al comma 437, emessi prima del termine per la presentazione della dichiarazione, spetta all’ufficio nella cui circoscrizione è il domicilio fiscale del soggetto per il precedente periodo d’imposta.

440. In deroga alle disposizioni dell’articolo 3, comma 3, della legge 27 luglio 2000, n. 212, i termini di decadenza per l’iscrizione a ruolo previsti dall’articolo 17, comma 1, lettera a), del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, e successive modificazioni, sono prorogati al 31 dicembre 2006 per le dichiarazioni presentate nell’anno 2003.

441. Al decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, dopo l’articolo 75 è inserito il seguente:

«Art. 75-bis. – (Dichiarazione stragiudiziale del terzo). 1. Il concessionario, prima di procedere ai sensi degli articoli 543 e seguenti del codice di procedura civile, può chiedere a soggetti terzi, debitori del soggetto che è iscritto a ruolo o dei coobligati, di indicare per iscritto, anche solo in modo generico, le cose e le somme da loro dovute al creditore».

442. È effettuato mediante ruolo il recupero delle somme dovute, per inadempimento, dal soggetto incaricato del servizio di intermediazione all’incasso ovvero dal garante di tale soggetto o del debitore di entrate riscosse ai sensi dell’articolo 17 del decreto legislativo 26 febbraio 1999, n. 46, e successive modificazioni. In attesa della riforma organica del settore della riscossione, fermi restando i casi di responsabilità penale, i concessionari del servizio nazionale della riscossione ed i commissari governativi delegati provvisoriamente alla riscossione, di cui al decreto legislativo 13 aprile 1999, n. 112, hanno facoltà di sanare le irregolarità connesse all’esercizio degli obblighi del rapporto concessorio compiute fino alla data del 20 novembre 2004 dietro versamento della somma di 3 euro per ciascun abitante residente negli ambiti territoriali ad essi affidati in concessione alla data del 1º gennaio 2004. L’importo dovuto è versato in tre rate, la prima pari al 40 per cento del totale, da versare entro il 30 giugno 2005, e le altre due, ciascuna pari al 30 per cento del totale, da versare rispettivamente entro il 30 giugno 2006 e tra il 21 ed il 31 dicembre 2006. Con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze sono stabilite le modalità di applicazione delle disposizioni del presente comma.

443. La durata delle concessioni del servizio nazionale della riscossione e degli incarichi di commissario governativo, delegato provvisoriamente alla riscossione, è prorogata al 31 dicembre 2006.

444. A condizione che la relativa imposta sostitutiva sia stata versata entro il termine del 30 settembre 2004, i soli termini previsti per la redazione ed il giuramento delle perizie di cui agli articoli 5 e 7 della legge 28 dicembre 2001, n. 448, e successive modificazioni, sono stabiliti alla data del 31 marzo 2005. Tra i soggetti abilitati per tale attività di redazione e giuramento delle perizie si comprendono i periti regolarmente iscritti alle Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, ai sensi del testo unico di cui al regio decreto 20 settembre 1934, n. 2011.

445. Le imprese che operano nel settore della grande distribuzione possono trasmettere telematicamente all’Agenzia delle entrate, distintamente per ciascun punto vendita, l’ammontare complessivo dei corrispettivi giornalieri delle cessioni di beni e delle prestazioni di servizi di cui agli articoli 2 e 3 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, e successive modificazioni.

446. Ai fini del comma 445 sono imprese di grande distribuzione commerciale, ai sensi dell’articolo 4, comma 1, lettere e) ed f), del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114, le aziende distributive che operano con esercizi commerciali definiti media e grande struttura di vendita aventi, quindi, superficie superiore a 150 metri quadri nei comuni con popolazione residente inferiore a 10.000 abitanti, o superficie superiore a 250 metri quadri nei comuni con popolazione residente superiore ai 10.000 abitanti.

447. Le modalità tecniche ed i termini per la trasmissione telematica di cui al comma 445 sono definiti con provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate. La trasmissione telematica di cui al comma 20-bis sostituisce l’obbligo di certificazione fiscale dei corrispettivi di cui all’articolo 12 della legge 30 dicembre 1991, n. 413 e al decreto del Presidente della Repubblica 21 dicembre 1996, n. 696. Resta comunque fermo l’obbligo di emissione delle fatture su richiesta del cliente.

448. Le violazioni alle prescrizioni di cui ai commi 445 e 446 sono soggette alle sanzioni previste ai sensi dell’articolo 6, comma 3, dell’articolo 11, comma 5, e dell’articolo 12, comma 3, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471.

449. Nell’ambito delle attività volte al riordino, alla razionalizzazione e alla valorizzazione del patrimonio immobiliare dello Stato, l’Agenzia del demanio è autorizzata, con decreto dirigenziale del Ministero dell’economia e delle finanze, a vendere a trattativa privata, anche in blocco, le quote indivise di beni immobili, i fondi interclusi nonchè i diritti reali su immobili, dei quali lo Stato è proprietario ovvero comunque è titolare. Il prezzo di vendita è stabilito secondo criteri e valori di mercato, tenuto conto della particolare condizione giuridica dei beni e dei diritti. Il perfezionamento della vendita determina il venire meno dell’uso governativo, delle concessioni in essere nonché di ogni altro eventuale diritto spettante a terzi in caso di cessione.

450. Le aree che appartengono al patrimonio e al demanio dello Stato, sulle quali, alla data di entrata in vigore della presente legge, i comuni hanno realizzato le opere di urbanizzazione di cui all’articolo 4 della legge 29 settembre 1964, n. 847, e successive modificazioni, sono trasferite in proprietà, a titolo oneroso, nello stato di fatto e di diritto in cui si trovano, al patrimonio indisponibile del comune che le richiede, con vincolo decennale di inalienabilità. La richiesta di trasferimento è presentata alla filiale dell’Agenzia del demanio territorialmente competente, corredata dalle planimetrie e dagli atti catastali che identificano le aree oggetto di trasferimento.Il corrispettivo del trasferimento è determinato secondo i parametri fissati nell’elenco 3 allegato alla presente legge. I parametri sono aggiornati annualmente, a decorrere dal 1º gennaio 2006, nella misura dell’8 per cento.

451. Le somme dovute dai comuni per l’occupazione delle aree di cui al comma 450, non versate fino alla data di stipulazione dell’atto del loro trasferimento, sono corrisposte, contestualmente al trasferimento, in misura pari a un terzo degli importi di cui all’elenco 3 allegato alla presente legge, per ogni anno di occupazione, nei limiti della prescrizione quinquennale. Con il trasferimento delle aree si estinguono i giudizi pendenti, promossi dall’amministrazione demaniale e comunque preordinati alla liberazione delle aree di cui al comma 450, e restano compensate fra le parti le spese di lite.

452. I beni immobili che non formano oggetto delle procedure di dismissione disciplinate dal decreto-legge 25 settembre 2001, n. 351, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 novembre 2001, n. 410, di valore non superiore a 100.000 euro, individuati con i decreti di cui all’articolo 1, comma 1, dello stesso decreto-legge n. 351 del 2001, possono essere alienati direttamente dall’Agenzia del demanio a trattativa privata, se non aggiudicati in vendita, al prezzo più alto, a seguito di procedura di invito pubblico ad offrire, della quale sia data adeguata pubblicità almeno su due quotidiani a diffusione nazionale e su almeno due periodici a diffusione locale, di durata non inferiore al mese, esperito telematicamente attraverso il sito INTERNET della medesima Agenzia.

453. Le alienazioni di cui al comma 452 non sono soggette alla disposizione di cui al comma 113 dell’articolo 3 della legge 23 dicembre 1996, n. 662, concernente il diritto di prelazione degli enti locali territoriali. Non sono altresì soggette alla disposizione di cui al primo periodo le alienazioni effettuate direttamente dalla Agenzia del demanio a trattativa privata, a seguito di asta pubblica deserta, aventi ad oggetto immobili di valore inferiore a 250.000 euro; in caso di valore pari o superiore al predetto importo, il diritto di prelazione è esercitato dall’ente locale entro quindici giorni dal ricevimento della comunicazione della determinazione a vendere, e delle relative condizioni, da parte dell’Agenzia del demanio.

454. Relativamente agli immobili di cui al comma 452 è fatto salvo il diritto di prelazione in favore dei concessionari, dei conduttori nonché dei soggetti che si trovano comunque nel godimento dell’immobile oggetto di alienazione, a condizione che gli stessi abbiano soddisfatto tutti i crediti richiesti dall’amministrazione competente.

455. Le disposizioni agevolative previste dalla normativa vigente in favore di enti locali territoriali e di enti pubblici e privati, in materia di utilizzo di beni immobili di proprietà statale sono applicate in regime di reciprocità in favore delle amministrazioni dello Stato che a loro volta utilizzano, per usi governativi, immobili di proprietà degli stessi enti.

456. Il regio decreto-legge 10 settembre 1923, n. 2000, convertito dalla legge 17 aprile 1925, n. 473, è abrogato.

457. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, gli alloggi di cui all’articolo 2 della legge 27 dicembre 1997, n. 449, e successive modificazioni, sono trasferiti in proprietà, a titolo gratuito e nello stato di fatto e di diritto in cui si trovano al momento del loro trasferimento, ai comuni nel cui territorio gli stessi sono ubicati. I comuni procedono, entro centoventi giorni dalla data della volturazione, all’accertamento di eventuali difformità urbanistico-edilizie. Le disposizioni del presente comma non si applicano agli alloggi realizzati in favore dei profughi ai sensi dell’articolo 18 della legge 4 marzo 1952, n. 137, nonché agli alloggi di cui al comma 458.

458. Al fine di consentire la regolare e sollecita conclusione delle procedure e in coerenza con l’articolo 4, comma 223, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, il comma 27 dell’articolo 1 della legge 24 dicembre 1993, n. 560, si interpreta nel senso che gli alloggi attualmente di proprietà statale realizzati ai sensi della legge 9 agosto 1954, n. 640, sono ceduti in proprietà agli assegnatari o loro congiunti, in possesso dei requisiti previsti dalla predetta legge. Per la determinazione delle condizioni di vendita, ivi comprese la fissazione del prezzo e le modalità di pagamento, si fa riferimento alla normativa in vigore alla data di presentazione della domanda di acquisto dell’alloggio.

459. Dopo il comma 13-bis dell’articolo 27 del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, sono aggiunti i seguenti:

« 13-ter. Dopo il comma 13-bis dell'articolo 27 del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, sono aggiunti i seguenti:"13-ter. In sede di prima applicazione dei commi 13 e 13-bis, il Ministero della difesa, Direzione generale dei lavori e del demanio, di concerto con l'Agenzia del demanio, individua entro il 28 febbraio 2005 beni immobili comunque in uso all'Amministrazione della difesa, non più utili ai fini istituzionali, da dismettere e, a tal fine, consegnare al Ministero dell'economia e delle finanze e, per esso, all'Agenzia del demanio.

13-quater. Gli immobili individuati e consegnati ai sensi del comma 13-ter entrano a far parte del patrimonio disponibile dello Stato per essere assoggettati alle procedure di valorizzazione e di dismissione di cui al decreto-legge 25 settembre 2001, n. 351, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 novembre 2001, n. 410, e di cui ai commi da 6 a 8. Gli immobili individuati sono stimati a cura dell'Agenzia del demanio nello stato di fatto e di diritto in cui si trovano.

13-quinquies. La Cassa depositi e prestiti concede, entro trenta giorni dalla data di individuazione degli immobili di cui al comma 13-ter, anticipazioni finanziarie della quota come sopra determinata, pari al valore degli immobili individuati, per un importo complessivo non inferiore a 954 milioni di euro e, comunque, non superiore a 1357 milioni di euro. Le condizioni generali ed economiche delle anticipazioni sono stabilite in conformità con le condizioni praticate sui finanziamenti della gestione separata di cui all'articolo 5, comma 8. Il Ministro dell'economia e delle finanze provvede al rimborso delle somme anticipate e dei connessi oneri finanziari a valere sui proventi delle dismissioni degli immobili. Le anticipazioni concesse dalla Cassa depositi e prestiti sono versate all'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnate al Dicastero della Difesa su appositi fondi relativi ai consumi intermedi e agli investimenti fissi lordi, da ripartire, nel corso della gestione, sui capitoli interessati, con decreto del Ministro della difesa da comunicare, anche con evidenze informatiche, al Ministero dell'economia e delle finanze, tramite l'Ufficio centrale del bilancio, nonché alle Commissioni parlamentari competenti e alla Corte dei conti.

13 sexies. Fermo restando quanto previsto al comma 13-quinquies, a valere sulle risorse derivanti dall'applicazione delle procedure di valorizzazione e dismissione dei beni immobili dell'Amministrazione della difesa, non più utili ai fini istituzionali, ai sensi dei commi 13 e 13-bis, e individuati dal Ministero della difesa, Direzione generale dei lavori e del demanio, di concerto con l'Agenzia dei demanio, per ciascuno degli anni dal 2005 al 2009 una somma di 30 milioni di euro è destinata all'ammodernamento e alla ristrutturazione degli arsenali della Marina militare di Augusta, La Spezia e Taranto. Inoltre, una, somma di 30 milioni di euro per l'anno 2005 è destinata al finanziamento di un programma di edilizia residenziale in favore del personale delle Forze armate dei ruoli dei sergenti e dei volontari in servizio permanente.".

460. Le finalità di cui all’articolo 29 della legge 18 febbraio 1999, n. 28, e successive modificazioni, possono essere conseguite anche attraverso il ricorso alla locazione, anche finanziaria, con l’utilizzo delle risorse non ancora impegnate alla data del 31 dicembre 2004.

461. Il comma 65 dell’articolo 17 della legge 15 maggio 1997, n. 127, è abrogato.

462. Per conseguire obiettivi di contenimento, razionalizzazione, ottimizzazione e programmazione della spesa pubblica destinata ad interventi edilizi sul patrimonio immobiliare dello Stato, fermo restando il quadro normativo vigente, ed in particolare le competenze del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, le amministrazioni dello Stato e le Agenzie fiscali, ad eccezione degli organi costituzionali e degli organismi di sicurezza, provvedono, ai fini del coordinamento, del monitoraggio e della ottimale gestione del patrimonio dello Stato a comunicare all’Agenzia del demanio:

a) entro il 30 ottobre di ogni anno, gli schemi di programma triennali e gli elenchi annuali redatti ai sensi dell’articolo 14 della legge 11 febbraio 1994, n. 109, e successive modificazioni, e del decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti 22 giugno 2004, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 151 del 30 giugno 2004, relativi all’esecuzione di interventi edilizi di cui all’articolo 3, comma 1, lettere b), c), d) ed e1), del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, su immobili di proprietà dello Stato;

b) i programmi triennali e gli elenchi annuali definitivi, di cui alla lettera a), entro un mese dalla data della loro approvazione da parte dei competenti organi, secondo i rispettivi ordinamenti. Identica comunicazione è dovuta in tutti i casi di variazione apportata ai programmi triennali e agli elenchi annuali dei lavori;

c) ogni tre mesi, il consuntivo relativo allo stato di realizzazione degli interventi previsti negli elenchi annuali nonché ai lavori di importo inferiore alla soglia prevista dalla legge 11 febbraio 1994, n. 109, eventualmente eseguiti nell’anno considerato;

d) entro il 31 ottobre di ogni anno, le previsioni in ordine ai fabbisogni annuali di nuovi spazi allocativi, necessari allo svolgimento delle proprie attività istituzionali, nonché le previsioni in ordine alle superfici il cui utilizzo è ritenuto non più necessario all’esecuzione delle predette finalità.

463. L’Agenzia del demanio elabora linee guida tecnico-operative per la formazione o l’aggiornamento dei programmi triennali degli interventi, finalizzate al raggiungimento degli obiettivi indicati dal Governo, e fornisce alle amministrazioni di cui al comma 462 il supporto informatico per la redazione e la trasmissione dei programmi triennali e degli elenchi annuali.

464. L’Agenzia del demanio, entro il 30 aprile di ogni anno, presenta al Ministero dell’economia e delle finanze una relazione sulle attività svolte in attuazione delle disposizioni di cui al comma 463.

465. I piani di investimento immobiliare deliberati dall’INAIL sono approvati dal Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, e gli investimenti sono orientati alle finalità annualmente individuate con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sentiti il Ministro della salute e il Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca.

466.  Il Ministro dell’economia e delle finanze, con uno o più decreti, avvia programmi di dismissioni immobiliari da realizzare tramite cartolarizzazioni di fondi immobiliari o cessioni dirette. Con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, sentite le competenti Commissioni parlamentari, possono essere trasferiti, a prezzo di mercato, a Infrastrutture Spa, tratti di rete stradale nazionale di cui all’articolo 7, comma 1-bis, del decreto-legge 8 luglio 2002, n. 138, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 agosto 2002, n. 178, assoggettabili a pedaggio figurativo comunque non a carico degli utenti. Il prezzo è fissato con modalità concordate tra il Ministero dell’economia e delle finanze, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e Infrastrutture Spa. Le modalità di pianificazione, gestione e manutenzione dei tratti di cui al secondo periodo, rimangono le stesse della restante rete stradale di interesse nazionale e saranno disciplinate da apposita convenzione. Con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, vengono ridefiniti entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, i rapporti finanziari tra ANAS s.p.a., Infrastrutture s.p.a. e i Ministeri interessati.

467. È fatta salva l’applicazione delle disposizioni del codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42.

468. Per il completamento degli interventi infrastrutturali necessari a garantire l’integrale attuazione della Convenzione tra l'Italia e la Francia, conclusa a Roma il 24 giugno 1970, è autorizzata la spesa di 5 milioni di euro per dodici anni, a decorrere dal 2005, a valere sulle risorse previste dall’articolo 19-bis, comma 1, del decreto legge n. 67 del 1997, per la realizzazione delle opere di viabilità stradale e autostradale speciale e di grande comunicazione connesse al percorso di cui alla stessa Convenzione. A tal fine, per garantire effettività alla realizzazione delle iniziative in grado di potenziare e rendere più efficiente la grande viabilità lungo il percorso tra Italia e Francia, viene assicurata priorità al completamento degli interventi infrastrutturali stradali e di grande attraversamento viario nelle località in cui sono ubicati gli immobili di cui all’articolo 17 della citata Convenzione per i quali, alla data di entrata in vigore della presente legge, sia già perfezionata la fase della progettazione preliminare.

469. Per consentire l'inizio dei lavori relativi alla strada statale n. 38 previsti dalla delibera del CIPE del 21 dicembre 2001 per l'accesso alla Valtellina, è autorizzato un contributo quindicinnale di 2 milioni di euro, a favore dell'ANAS S.p.A., a decorrere dall'anno 2005. La Cassa Depositi e Prestiti è autorizzata a intervenire a favore dell'ANAS ai sensi dell'articolo 47 della legge 28 dicembre 2001 n. 448.

470. All’articolo 24, comma 7 della legge 27 dicembre 2002, n. 289, dopo le parole "alla procedura" inserire le seguenti: "di esecuzione di lavori e".

471. Per la realizzazione ed il completamento di interventi infrastrutturali necessari ad assicurare la tutela dell’ambiente in relazione ad opere di interesse nazionale per il collegamento tra le grandi reti viarie urbane ed extraurbane delle città metropolitane a più intensa circolazione viaria, nonché tra nodi di scambio portuali ed aeroportuali ed aree urbane attraverso aree naturali protette, è istituito, nello stato di previsione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, un Fondo per la viabilità con una dotazione di 12 milioni di euro per l’anno 2005 e di 5 milioni di euro per l’anno 2006. Con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti da emanare, previo parere delle competenti Commissioni parlamentari, entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono individuati gli interventi ammessi alla fruizione dei contributi e gli importi massimi erogabili per ciascun intervento, nel rispetto delle disposizioni comunitarie in materia di aiuti di Stato.

472. Per la concessione di contributi alla realizzazione di infrastrutture ad elevata automazione e a ridotto impatto ambientale di supporto a nodi di scambio viario intermodali è autorizzata la spesa di 10 milioni di euro per ciascuno degli anni 2005, 2006 e 2007. Con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti da emanare, previo parere delle competenti Commissioni parlamentari, entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono individuate le tipologie di intervento che possono fruire dei contributi e gli importi massimi erogabili per ciascun intervento, nel rispetto delle disposizioni comunitarie in materia di aiuti di Stato.

473. Per la prosecuzione degli interventi previsti all’articolo 4, comma 158, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, è autorizzata la spesa di 3 milioni di euro per l’anno 2005.

474. E’ autorizzata la spesa di 3 milioni di euro a decorrere dall’anno 2005 allo scopo della prosecuzione degli interventi infrastrutturali previsti ai sensi dell’articolo 3, comma 127 della legge 24 dicembre 2003, n. 350.

475. Per le finalità di cui all'articolo 45, comma 3, della legge 28 dicembre 2001, n. 448, come rideterminate dal comma 180 dell'articolo 4 della legge 24 dicembre 2003, n. 350, è autorizzata la spesa di 3 milioni di euro per ciascuno degli anni 2005, 2006 e 2007. Al relativo onere si provvede mediante corrispondente riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 13, comma 1, della legge 1o agosto 2002, n. 166.".

476. Fermo restando quanto disposto dall’articolo 6, commi 1, 2 e 3, del decreto-legge 15 aprile 2002, n. 63, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 giugno 2002, n. 112, l’articolo 12 della legge 16 dicembre 1977, n. 904, non si applica alle società cooperative e loro consorzi a mutualità prevalente di cui al libro V, titolo VI, capo I, sezione I, del codice civile, e alle relative disposizioni di attuazione e transitorie, e che sono iscritti all’Albo delle cooperative sezione cooperative a mutualità prevalente di cui all’articolo 223-sexiesdecies delle disposizioni di attuazione del codice civile:

a) per la quota del 20 per cento degli utili netti annuali delle cooperative agricole e loro consorzi di cui al decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 228, delle cooperative della piccola pesca e loro consorzi;

b) per la quota del 30 per cento degli utili netti annuali delle altre cooperative e loro consorzi.

477. L’articolo 10 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 601, e successive modificazioni, non si applica limitatamente alla lettera a) del comma 1.

478. L’articolo 11 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 601, e successive modificazioni, si applica limitatamente al reddito imponibile derivante dall’indeducibilità dell’imposta regionale sulle attività produttive.

479. Le previsioni di cui ai commi da 476 a 478 non si applicano alle cooperative sociali e loro consorzi di cui alla legge 8 novembre 1991, n. 381. Resta, in ogni caso, l’esenzione da imposte e la deducibilità delle somme previste dall’articolo 11 della legge 31 gennaio 1992, n. 59, e successive modificazioni.

480. A decorrere dall’esercizio in corso al 31 dicembre 2004, in deroga all’articolo 3 della legge 27 luglio 2000, n. 212, per le società cooperative e loro consorzi diverse da quelle a mutualità prevalente l’applicabilità dell’articolo 12 della legge 16 dicembre 1977, n. 904, è limitata alla quota del 30 per cento degli utili netti annuali, a condizione che tale quota sia destinata ad una riserva indivisibile prevista dallo statuto.

481. Gli interessi sulle somme che i soci persone fisiche versano alle società cooperative e loro consorzi alle condizioni previste dall’articolo 13 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 601, e successive modificazioni, sono indeducibili per la parte che supera l’ammontare calcolato con riferimento alla misura minima degli interessi spettanti ai detentori dei buoni postali fruttiferi, aumentata dello 0,90 per cento

482. Le disposizioni dei commi da 476 a 480 si applicano a decorrere dai periodi d’imposta successivi a quello in corso al 31 dicembre 2003.

483. Al numero 41-bis) della tabella A, parte seconda, allegata al decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, sono ricomprese, a decorrere dal 1º gennaio 2005, anche le prestazioni di cui ai numeri 18), 19), 20) e 21) dell’articolo 10 del predetto decreto n. 633, e successive modificazioni, rese, in favore dei soggetti indicati nel medesimo numero 41-bis) da cooperative e loro consorzi, sia direttamente che in esecuzione di contratti di appalto e convenzioni in genere. Resta salva la facoltà per le cooperative sociali di cui alla legge 8 novembre 1991, n. 381, di optare per la previsione di maggior favore ai sensi dell’articolo 10, comma 8, del decreto legislativo 4 dicembre 1997, n. 460. Le agevolazioni di cui al presente comma sono concesse nel limite di spesa di 10 milioni di euro annui. Il Ministro dell’economia e delle finanze provvede, con propri decreti, a dare attuazione al presente comma.

484. All’articolo 11, comma 4, della legge 31 gennaio 1992, n. 59, il secondo periodo è soppresso.

485. All’articolo 6 della legge 13 maggio 1999, n. 133, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al comma 1, lettera b), è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Qualora a detti consorzi, esistenti alla data di entrata in vigore della presente disposizione, fossero associati anche soggetti diversi dalla banche, l’esenzione si applica limitatamente alle prestazioni rese nei confronti delle banche, a condizione che il relativo ammontare sia superiore al 50 per cento del volume d’affari»;

b) il comma 4 è abrogato.

486. All’articolo 90 della legge 27 dicembre 2002, n. 289, dopo il comma 11, è inserito il seguente:

«11-bis. Per i soggetti di cui al comma 1 la pubblicità, in qualunque modo realizzata negli impianti utilizzati per manifestazioni sportive dilettantistiche con capienza inferiore ai tremila posti, è da considerarsi, ai fini dell’applicazione delle disposizioni del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 640, in rapporto di occasionalità rispetto all’evento sportivo direttamente organizzato».

487. A decorrere dal 1º gennaio 2005, le disposizioni che disciplinano le modalità di liquidazione e di versamento dell’imposta sul valore aggiunto contenute nel regolamento di cui al decreto del Ministro delle finanze 24 ottobre 2000, n. 370, e nel regolamento di cui al decreto del Ministro delle finanze 24 ottobre 2000, n. 366, non si applicano ai soggetti che nell’anno solare precedente hanno versato imposta sul valore aggiunto per un importo superiore a 2 milioni di euro. I soggetti di cui al presente comma hanno facoltà di eseguire le annotazioni relative alle operazioni effettuate entro il giorno 15 del mese successivo a quello di effettuazione dell’operazione.

488. All’articolo 4, comma 1, del testo unico delle disposizioni legislative concernenti le imposte sulla produzione e sui consumi e relative sanzioni penali e amministrative, di cui al decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504, e successive modificazioni, dopo il terzo periodo, è inserito il seguente: «In tal caso resta altresì sospesa la procedura di riscossione dell’imposta sul valore aggiunto gravante sulle accise stesse».

489. Le riserve e i fondi in sospensione di imposta, anche se imputati al capitale sociale o al fondo di dotazione, esistenti nel bilancio o nel rendiconto dell’esercizio in corso alla data del 31 dicembre 2004, possono essere assoggettati, in tutto o in parte, ad imposta sostitutiva dell’imposta sul reddito delle persone fisiche, dell’imposta sul reddito delle società e dell’imposta regionale sulle attività produttive, nella misura del 10 per cento. La disposizione del primo periodo non si applica alle riserve per ammortamenti anticipati.

490. Per i saldi attivi di rivalutazione costituiti ai sensi delle leggi 29 dicembre 1990, n. 408, 30 dicembre 1991, n. 413, e 21 novembre 2000, n. 342, compresi quelli costituiti ai sensi dell’articolo 14 della legge 21 novembre 2000, n. 342, l’imposta sostitutiva di cui al comma 489 è ridotta al 4 per cento.

491. Le riserve e i fondi di cui al comma 489 e i saldi attivi di cui al comma 490, assoggettati all’imposta sostitutiva, non concorrono a formare il reddito imponibile dell’impresa ovvero della società e dell’ente e in caso di distribuzione dei citati saldi attivi non spetta il credito d’imposta previsto dall’articolo 4, comma 5, della legge 29 dicembre 1990, n. 408, dall’articolo 26, comma 5, della legge 30 dicembre 1991, n. 413, e dall’articolo 13, comma 5, della legge 21 novembre 2000, n. 342.

492. L’imposta sostitutiva è liquidata nella dichiarazione dei redditi relativa all’esercizio di cui al comma 489 ed è versata, in unica soluzione, entro il termine di versamento del saldo delle imposte sui redditi di tale esercizio.

493. L’imposta sostitutiva è indeducibile e può essere imputata, in tutto o in parte, alle riserve iscritte in bilancio o rendiconto. Se l’imposta sostitutiva è imputata al capitale sociale o fondo di dotazione, la corrispondente riduzione è operata, anche in deroga all’articolo 2365 del codice civile, con le modalità di cui all’articolo 2445, secondo comma, del medesimo codice.

494. Per la liquidazione, l’accertamento, la riscossione, i rimborsi, le sanzioni e il contenzioso si applicano le disposizioni previste per le imposte sui redditi.

495. Il Fondo Bieticolo nazionale di cui all’articolo 3 del decreto-legge 21 dicembre 1990, n. 391, convertito nella legge 18 febbraio 1991, n. 48 è incrementato della somma di 10 milioni di euro per l’anno 2005.

496. Al Decreto legislativo 15 novembre 1993, n. 507, apportare le seguenti modificazioni:

a) All’articolo 6, dopo il comma 2, aggiungere il seguente "2-bis. Ai soggetti di cui all’art. 20 della presente legge non trova applicazione l’imposta sulla pubblicità.".

b) All’articolo 20, dopo il comma 1 aggiungere il seguente: "1-bis. Il presente articolo si applica alle persone fisiche che non intendono affiggere manifesti negli spazi previsti dall’art. 20-bis.".

c) Dopo l’articolo 20, aggiungere il seguente: "Art. 20 bis (Spazi riservati ed esenzione del diritto) "1. I comuni devono riservare il 10% degli spazi totali per l’affissione dei manifesti, ai soggetti di cui all’art. 20. La richiesta è effettuata dalla persona fisica che intende affiggere manifesti per i soggetti di cui all’art. 20 e deve avvenire secondo le modalità previste dalla presente legge e dai relativi regolamenti comunali. Il comune non fornisce personale per l’affissione. L’affissione negli spazi riservati è esente dal diritto sulle pubbliche affissioni.".

2. Le violazioni ripetute e continuate delle norme in materia d’affissioni e pubblicità commesse fino all’entrata in vigore della presente legge, mediante affissioni di manifesti politici ovvero di striscioni e mezzi similari possono essere definite in qualunque ordine e grado di giudizio nonché in sede di riscossione delle somme eventualmente iscritte a titolo sanzionatorio, mediante il versamento, a carico del committente responsabile, di una imposta pari, per il complesso delle violazioni commesse e ripetute a 100,00 euro per anno e per provincia. Tale versamento deve essere effettuato a favore della tesoreria del comune competente o della provincia qualora le violazioni siano state compiute in più di un comune della stessa provincia; in tal caso la provincia provvede al ristoro, proporzionato al valore delle violazioni accertate, ai comuni interessati, ai quali compete l’obbligo di inoltrare alla provincia la relativa richiesta entro il 30 settembre 2005. In caso di mancata richiesta da parte dei comuni, la provincia destinerà le entrate al settore ecologia. La definizione di cui al presente comma non dà luogo ad alcun diritto al rimborso di somme eventualmente già riscosse a titolo di sanzioni per le predette violazioni. Il termine per il versamento è fissato, a pena di decadenza dal beneficio di cui al presente comma, al 31 maggio 2005. Non si applicano le disposizioni dell’articolo 15, commi 2 e 3, della legge 10 dicembre 1993, n. 515.".

d) All’articolo 23, dopo il comma 4 aggiungere il seguente: "4-bis. Se il manifesto riguarda l’attività di soggetti elencati nell’articolo 20, il responsabile è esclusivamente colui che materialmente è colto in flagranza nell’atto d’affissione. Non sussiste responsabilità solidale.".

e) All’articolo 24, dopo il comma 5-bis aggiungere il seguente: "5-ter. Se il manifesto riguarda l’attività di soggetti elencati nell’articolo 20, il responsabile è esclusivamente colui che materialmente è colto in flagranza nell’atto d’affissione. Non sussiste responsabilità solidale.".

497. All’art. 23 del Decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 dopo il comma 13-quater, aggiungere il seguente "13-quinquies. Se il manifesto riguarda l’attività di soggetti elencati nell’art. 20 del Decreto legislativo 15 novembre 1993, n. 507, il responsabile è esclusivamente colui che materialmente è colto in flagranza nell’atto di affissione. Non sussiste responsabilità solidale.".

498. Alla legge 4 aprile 1956, n. 212 apportare le seguenti modifiche:

a) All’articolo 6 aggiungere infine: "E’ responsabile esclusivamente colui che materialmente è colto in flagranza nell’atto di affissione. Non sussiste responsabilità solidale.";

b) All’articolo 8 aggiungere infine: "E’ responsabile esclusivamente colui che materialmente è colto in flagranza nell’atto di affissione. Non sussiste responsabilità solidale.".

499. Alla legge 10 dicembre 1993, n. 515, apportare le seguenti modifiche :

a) All’articolo 15, comma 3, sostituire le parole "sono a carico, in solido, dell’esecutore materiale e del committente responsabile" con le seguenti: "sono a carico esclusivamente dell’esecutore materiale. Non sussiste responsabilità solidale neppure del committente"

b) All’art. 15, comma 19 aggiungere infine: "La responsabilità in materia di manifesti è personale e non sussiste responsabilità neppure del committente.".

500. Le disposizioni di cui all’articolo 4, commi 181, 182, 183, 184, 185, 186 della legge 24 dicembre 2003, n. 350, sono estese alle spese sostenute nell’anno 2005. Il relativo limite di spesa per l’anno 2006 resta fissato in 95 milioni di euro.

501. Con provvedimento direttoriale del Ministero dell’economia e delle finanze-Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, tenuto anche conto dei provvedimenti di variazione delle tariffe dei prezzi di vendita al pubblico dei tabacchi lavorati, eventualmente intervenuti ai sensi dell’articolo 2 della legge 13 luglio 1965, n. 825, e successive modificazioni, può essere aumentata l’aliquota di base della tassazione dei tabacchi lavorati, di cui all’articolo 28, comma 1, del decreto-legge 30 agosto 1993, n. 331, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 ottobre 1993, n. 427, al fine di assicurare un maggiore gettito complessivo pari a 500 milioni di euro per l’anno 2005 e a 1.000 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2006.

502. Per il perseguimento di obiettivi di pubblico interesse, ivi compresi quelli di difesa della salute pubblica, con provvedimento direttoriale del Ministero dell’economia e delle finanze - Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, sentito il Ministero della salute, possono essere individuati criteri e modalità di determinazione di un prezzo minimo di vendita al pubblico dei tabacchi lavorati.

503. La vendita al pubblico delle sigarette è ammessa esclusivamente in pacchetti confezionati con dieci o venti pezzi.

504. Al fine di una tendenziale armonizzazione della misura del prelievo erariale sul Lotto a quella vigente per altri tipi di gioco, le percentuali delle ritenute previste dagli articoli 2, nono comma, della legge 6 agosto 1967, n. 699, e successive modificazioni, e 17, quarto comma, della legge 29 gennaio 1986, n. 25, sono sostituite con una ritenuta unica del 6 per cento.

505. Il primo comma dell’articolo 2 della legge 2 agosto 1982, n. 528, è sostituito dal seguente: «Il gioco del lotto si basa sull’utilizzo dei numeri da 1 a 90 inclusi, sopra le ruote di Bari, Cagliari, Firenze, Genova, Milano, Napoli, Palermo, Roma, Torino, Venezia, e sopra la ruota denominata ruota nazionale. I cinque numeri estratti determinano le vincite relativamente a ciascuna ruota. Le estrazioni della ruota nazionale sono svolte in Roma».

506. Le scommesse sulla ruota nazionale si effettuano puntando sulla ruota stessa con esclusione di tutte le altre ruote. La raccolta delle scommesse sulla ruota nazionale viene effettuata dal concessionario del gioco del lotto attraverso la rete automatizzata del lotto.

507. Il primo ed il secondo comma dell’articolo 8 della legge 2 agosto 1982, n. 528, sono sostituiti dai seguenti:

«I premi sono fissati come appresso:

a) sorti del gioco: premi per ogni combinazione;

b) estratto semplice: undici volte e duecentotrentadue millesimi della posta;

c) estratto determinato: cinquantacinque volte la posta;

d) ambo: duecentocinquanta volte la posta;

e) terno: quattromilacinquecento volte la posta;

f) quaterna: centoventimila volte la posta;

g) cinquina: seimilioni di volte la posta.

Il premio massimo cui può dar luogo ogni scontrino di giocata, comunque sia ripartito tra le poste l’importo delle scommesse, non può eccedere la somma di 6 milioni di euro».

508. Resta fermo quanto stabilito dal terzo comma dell’articolo 8 della legge 2 agosto 1982, n. 528.

509. È istituita la scommessa dell’estratto determinato. La giocata dell’estratto determinato si effettua aggiungendo all’indicazione del numero pronosticato la specificazione relativa alla successione ordinale di primo, secondo, terzo, quarto e quinto estratto.

510. Con provvedimento direttoriale del Ministero dell’economia e delle finanze- Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato può essere istituita una ulteriore estrazione settimanale del gioco del lotto abbinata al concorso Enalotto.

511. All’articolo 110, comma 7, del testo unico di cui al regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, e successive modificazioni, la lettera b) è abrogata.

512. La disposizione di cui al secondo periodo del comma 7 dell’articolo 39 del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, si intende nel senso che dalle date del 1º gennaio e 1º maggio 2004, previste in funzione del rilascio o meno del nulla osta, gli apparecchi e congegni di cui alla medesima disposizione, se non convertiti in apparecchi e congegni per il gioco lecito, sono illeciti ancorché non consentano il prolungamento o la ripetizione della partita.

513. L’esenzione di cui all’articolo 10, primo comma, numero 6), del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, si applica alla raccolta delle giocate con gli apparecchi da intrattenimento di cui all’articolo 110, comma 6, del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, di cui al regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, e successive modificazioni, anche relativamente ai rapporti tra i concessionari della rete per la gestione telematica ed i terzi incaricati della raccolta stessa.

514. È istituita, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, con provvedimento direttoriale del Ministero dell’economia e delle finanze - Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, sentito il Ministero delle politiche agricole e forestali - Dipartimento della qualità dei prodotti agroalimentari e dei servizi, una nuova scommessa ippica a totalizzatore, proposta dall’UNIRE. Con il medesimo provvedimento sono stabilite le disposizioni attuative relative alla nuova scommessa ippica, da effettuarsi nelle reti dei punti di vendita dei concorsi pronostici, delle agenzie ippiche e sportive nonché negli ippodromi, tenendo conto che la raccolta deve essere ripartita assegnando il 72 per cento come montepremi e compenso per l’attività di gestione della scommessa, l’8 per cento come compenso dell’attività dei punti di vendita, il 6 per cento come entrate erariali sotto forma di imposta unica e il 14 per cento come prelievo a favore dell’UNIRE.

515. All’articolo 39 del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, dopo il comma 7-bis è inserito il seguente:

«7-ter. La sanzione di cui alla lettera c) del comma 7 è applicata al gestore di apparecchi da intrattenimento di cui all’articolo 110, comma 7, lettere a) e c), del testo unico di cui al regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, e successive modificazioni, in tutti i casi nei quali i predetti apparecchi, installati presso esercizi pubblici, risultino non conformi alle prescrizioni normative e alle regole tecniche definite ai sensi dell’articolo 22, comma 1, della legge 27 dicembre 2002, n. 289».

516. All’articolo 38 della legge 23 dicembre 2000, n. 388, al comma 3 e al comma 4 le parole: «comma 6» sono sostituite dalle seguenti: «commi 6 e 7».

517. All’articolo 38 della legge 23 dicembre 2000, n. 388, i commi 1 e 2 sono abrogati.

518. Il Ministero dell’economia e delle finanze-Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato definisce i requisiti tecnici dei documenti attestanti il rilascio dei nulla osta di cui all’articolo 38, commi 3 e 4, della legge 23 dicembre 2000, n. 388, tali da assicurarne la controllabilità a distanza. Gli eventuali costi di rilascio dei predetti documenti sono a carico dei richiedenti.

519. All’articolo 30, comma 4, della legge 23 dicembre 2000, n. 388, le parole: « 31 dicembre 2004» sono sostituite dalle seguenti: « 31 dicembre 2005».

520. All’articolo 2, comma 11, della legge 27 dicembre 2002, n. 289, e successive modificazioni, le parole: «Per l’anno 2003 e per l’anno 2004» sono sostituite dalle seguenti: «Per gli anni 2003, 2004 e 2005».

521. Per l’anno 2005 il limite di non concorrenza alla formazione del reddito di lavoro dipendente, relativamente ai contributi di assistenza sanitaria, di cui all’articolo 51, comma 2, lettera a), del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, è fissato in euro 3.615,20.

522. All’articolo 11 del decreto legislativo 2 settembre 1997, n. 313, concernente il regime speciale per gli imprenditori agricoli, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al comma 5, primo e secondo periodo, le parole: «anni dal 1998 al 2004» sono sostituite dalle seguenti: «anni dal 1998 al 2005»;

b) il comma 5-bis è abrogato.

523. Il termine previsto dall’articolo 43, comma 3, della legge 1º agosto 2002, n. 166, prorogato, da ultimo, al 31 dicembre 2004 dall’articolo 2, comma 19, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, è ulteriormente prorogato al 31 dicembre 2005.

524. All’articolo 19, comma 3, della legge 27 dicembre 2002, n. 289, e successive modificazioni, le parole: «31 dicembre 2004» sono sostituite dalle seguenti: «31 dicembre 2005».

525. All’articolo 45, comma 1, del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, e successive modificazioni, le parole da: «per i cinque periodi d’imposta successivi» fino alla fine del comma sono sostituite dalle seguenti: «per i sei periodi d’imposta successivi l’aliquota è stabilita nella misura dell’1,9 per cento; per il periodo d’imposta in corso al 1º gennaio 2005 l’aliquota è stabilita nella misura del 3,75 per cento».

526. Per l’anno 2005 sono prorogate le disposizioni di cui all’articolo 11 della legge 23 dicembre 2000, n. 388.

527. A decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge e fino al 31 dicembre 2005, si applicano:  a) le disposizioni in materia di riduzione di aliquote di accisa sulle emulsioni stabilizzate, di cui all’articolo 24, comma 1, lettera d), della legge 23 dicembre 2000, n. 388, nonché la disposizione contenuta nell’articolo 1, comma 1-bis, del decreto-legge 28 dicembre 2001, n. 452, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2002, n. 16, e, per il medesimo periodo, l’aliquota di cui al numero 1) della predetta lettera d) è stabilita in euro 256,70 per mille litri;

b) le disposizioni in materia di aliquota di accisa sul gas metano per combustione per uso industriale di cui all’articolo 4 del decreto-legge 1º ottobre 2001, n. 356, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 novembre 2001, n. 418;

c) le disposizioni in materia di accisa concernenti le agevolazioni sul gasolio e sul GPL impiegati nelle zone montane e in altri specifici territori nazionali, di cui all’articolo 5 del decreto-legge 1º ottobre 2001, n. 356, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 novembre 2001, n. 418;

d) le disposizioni in materia di agevolazione per le reti di teleriscaldamento alimentate con biomassa ovvero con energia geotermica, di cui all’articolo 6 del decreto-legge 1º ottobre 2001, n. 356, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 novembre 2001, n. 418;

e) le disposizioni in materia di aliquote di accisa sul gas metano per combustione per usi civili, di cui all’articolo 27, comma 4, della legge 23 dicembre 2000, n. 388;

f) le disposizioni in materia di accisa concernenti le agevolazioni sul gasolio e sul GPL impiegati nelle frazioni parzialmente non metanizzate di comuni ricadenti nella zona climatica E, di cui al comma 2 dell’articolo 13 della legge 28 dicembre 2001, n. 448;

g) le disposizioni in materia di accisa concernenti il regime agevolato per il gasolio per autotrazione destinato al fabbisogno della provincia di Trieste e dei comuni della provincia di Udine, di cui al comma 6 dell’articolo 21 della legge 27 dicembre 2002, n. 289;

h) le disposizioni in materia di accisa concernenti le agevolazioni sul gasolio utilizzato nelle coltivazioni sotto serra, di cui all’articolo 2, comma 4, della legge 24 dicembre 2003, n. 350.

528. Al fine di favorire l’accesso al credito alle imprese agricole ed agroalimentari, a decorrere dal 1º gennaio 2005 la gestione degli interventi di sostegno finanziario di cui all’articolo 36 della legge 2 giugno 1961, n. 454, e successive modificazioni, e la relativa dotazione finanziaria è attribuita all’ISMEA. L’ISMEA senza oneri aggiuntivi a carico del bilancio dello Stato succede nei diritti, nelle attribuzioni e nelle situazioni giuridiche dei quali l’attuale ente gestore dei fondi previsti dalle leggi di cui al presente comma è titolare in forza di leggi, di provvedimenti amministrativi e di contratti relativi alla gestione degli interventi trasferiti.

529. Per l’anno 2004 non si fa luogo all’emanazione del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri previsto dall’articolo 8, comma 5, della legge 23 dicembre 1998, n. 448. La presente disposizione entra in vigore il giorno stesso della pubblicazione della presente legge nella Gazzetta Ufficiale.

530. È abrogato il comma 4 dell’articolo 8 della legge 23 dicembre 1998, n. 448.

531. A decorrere dal 1º gennaio 2004 e fino al 31 dicembre 2004, l’aliquota prevista nell’allegato I al testo unico delle disposizioni legislative concernenti le imposte sulla produzione e sui consumi e relative sanzioni penali e amministrative, di cui al decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504, e successive modificazioni, per il gasolio per autotrazione utilizzato dagli esercenti le attività di trasporto merci con veicoli di massa massima complessiva superiore a 3,5 tonnellate è ridotta di euro 33,21391 per mille litri. Per i soggetti che si avvalgono del beneficio di cui all’articolo 8, comma 10, lettera e), della legge 23 dicembre 1998, n. 448, e successive modificazioni, la riduzione di aliquota di cui al primo periodo è limitata ad euro 16,03656 per mille litri.

532. La riduzione prevista al comma 531, primo periodo, si applica altresì ai seguenti soggetti:

a) agli enti pubblici e alle imprese pubbliche locali esercenti l’attività di trasporto di cui al decreto legislativo 19 novembre 1997, n. 422, e relative leggi regionali di attuazione;

b) alle imprese esercenti autoservizi di competenza statale, regionale e locale di cui alla legge 28 settembre 1939, n. 1822, al regolamento (CEE) n. 684/92 del Consiglio, del 16 marzo 1992, e successive modificazioni, e al citato decreto legislativo n. 422 del 1997;

c) agli enti pubblici e alle imprese esercenti trasporti a fune in servizio pubblico per trasporto di persone.

533. Per ottenere il rimborso di quanto spettante, anche mediante la compensazione di cui all’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, e successive modificazioni, i destinatari del beneficio di cui ai commi 531 e 532 del presente articolo, presentano, entro il 30 giugno 2005, apposita dichiarazione ai competenti uffici dell’Agenzia delle dogane, secondo le modalità e con gli effetti previsti dal regolamento recante disciplina dell’agevolazione fiscale a favore degli esercenti le attività di trasporto merci, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 giugno 2000, n. 277. Tali effetti, anche per l’agevolazione fiscale di cui al predetto regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 277 del 2000, rilevano altresì ai fini delle disposizioni di cui al titolo I del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446.

534. Per gli interventi previsti dall’articolo 2, comma 2, del decreto-legge 28 dicembre 1998, n. 451, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 1999, n. 40, come prorogati dall’articolo 45, comma 1, lettera b), della legge 23 dicembre 1999, n. 488, è autorizzata per l’anno 2005 una ulteriore spesa di 15 milioni di euro, di cui 6,5 milioni di euro quale copertura dell’onere relativo all’anno 2004 e 8,5 milioni di euro quale copertura dell’onere relativo all’anno 2005.

535. Per gli interventi previsti dall’articolo 2, comma 3, del decreto-legge 28 dicembre 1998, n. 451, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 1999, n. 40, come prorogati dall’articolo 45, comma 1, lettera c), della legge 23 dicembre 1999 n. 488, è autorizzata per l’anno 2005 una ulteriore spesa di 20 milioni di euro.

536. All’articolo 22, comma 2 della legge 23 dicembre 2000, n. 388,l le parole "dal 1 gennaio 2003" sono sostituite dalle seguenti: :"dal 1 gennaio 2005". Al decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504, all’articolo 21, comma 6-ter, le parole"30 miliardi annui" sono sostituti dalle seguenti: "73 milioni di euro annui".

537. Il comma 6 dell’articolo 21 del testo unico di cui al decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504, e successive modificazioni, è sostituito dai seguenti:

«6. Le disposizioni del comma 2 si applicano anche al biodiesel (codice NC 3824 90 99) usato come carburante, come combustibile, come additivo, ovvero per accrescere il volume finale dei carburanti e dei combustibili. La fabbricazione o la miscelazione con oli minerali del biodiesel è effettuata in regime di deposito fiscale. Nell’ambito di un programma della durata di sei anni, a decorrere dal 1º gennaio 2005 fino al 31 dicembre 2010, il biodiesel, puro o miscelato con oli minerali, è esentato dall’accisa nei limiti di un contingente annuo di 200.000 tonnellate. Con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con i Ministri delle attività produttive, dell’ambiente e della tutela del territorio e delle politiche agricole e forestali, sono determinati i requisiti che gli operatori, e i rispettivi impianti di produzione, nazionali e comunitari, devono possedere per partecipare al programma pluriennale, nonchè le caratteristiche fiscali del prodotto con i relativi metodi di prova, le percentuali di miscelazione con gli oli minerali consentite, le modalità di distribuzione e di assegnazione dei quantitativi esenti agli operatori. Nelle more dell’entrata in vigore del suddetto decreto trovano applicazione, in quanto compatibili, le disposizioni del regolamento di cui al decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 25 luglio 2003, n. 256. Per il trattamento fiscale del biodiesel destinato al riscaldamento valgono, in quanto applicabili, le disposizioni dell’articolo 61.

6.1. Entro il 1º settembre di ogni anno di validità del programma di cui al comma 6, i Ministeri delle attività produttive e delle politiche agricole e forestali comunicano al Ministero dell’economia e delle finanze i costi industriali medi del biodiesel e delle materie prime necessarie alla sua produzione, rilevati nell’anno solare precedente. Sulla base delle suddette rilevazioni, al fine di evitare la sovracompensazione dei costi addizionali legati alla produzione, con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con i Ministri delle attività produttive, dell’ambiente e della tutela del territorio e delle politiche agricole e forestali, da emanare entro il 30 ottobre di ogni anno di validità del programma di cui al comma 6, è eventualmente rideterminata la misura della agevolazione di cui al medesimo comma 6.

6.2. Per ogni anno di validità del programma di cui al comma 6, i quantitativi del contingente che risultassero, al termine del medesimo anno, non immessi in consumo, sono ripartiti tra gli operatori proporzionalmente alle quote loro assegnate per l’anno in questione, purchè vengano immessi in consumo entro il successivo 30 giugno. In caso di rinuncia, totale o parziale, delle quote risultanti dalla predetta ripartizione da parte di un beneficiario, le stesse sono ridistribuite, proporzionalmente alle relative assegnazioni, fra gli altri beneficiari».

538. L’efficacia delle disposizioni di cui al comma 537 è subordinata, ai sensi dell’articolo 88, paragrafo 3, del Trattato istitutivo della Comunità europea, alla preventiva approvazione da parte della Commissione europea.

539. All’articolo 11, comma 1, lettere a) e b), del regolamento recante norme per la elaborazione del metodo normalizzato per definire la tariffa del servizio di gestione del ciclo dei rifiuti urbani, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1999, n. 158, e successive modificazioni, le parole: «cinque anni» sono sostituite dalle seguenti: «sei anni».

540. Ferma restando la facoltà del Ministro dell’economia e delle finanze di intervenire ai sensi dell’articolo 16, comma 1, della legge 13 maggio 1999, n. 133, all’articolo 1, comma 2, del regolamento di cui al decreto del Ministro delle finanze 31 gennaio 2000, n. 29, le parole: «da svolgersi in sale diverse non dedicate all’esercizio di altri giochi e comunque non collegate con locali nei quali siano installati apparecchi da divertimento e intrattenimento, nonchè biliardi, biliardini e apparecchi similari,» sono soppresse.

541. In ottemperanza alla decisione della Commissione europea n. C(2004)2638 FIN dell’8 settembre 2004, l’articolo 94, comma 14, della legge 27 dicembre 2002, n. 289 è abrogato.

542. L’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 54 della legge 28 dicembre 2001, n. 448, e successive modificazioni, è ridotta, per l’anno 2005, di 15 milioni di euro.

543. L’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 55 della citata legge n. 448 del 2001, e successive modificazioni, è ridotta, per l’anno 2005, di 50 milioni di euro.

544. Tra i soggetti di cui all’articolo 44, comma 9-quinquies, del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, sono ricompresi anche coloro che ricoprono cariche sindacali. Al citato comma 9-quinquies dell’articolo 44 del decreto-legge n. 269 del 2003, le parole: «periodi anteriori al 1º gennaio 2002» sono sostituite dalle seguenti: «periodi anteriori al 1º gennaio 2003» e le parole: «possono esercitare tali facoltà entro il 31 marzo 2004» sono sostituite dalle seguenti: «possono esercitare tali facoltà entro il 31 marzo 2005».

545. In virtù del combinato disposto dell’articolo 45, comma 14, della legge 23 dicembre 1998, n. 448, e dell’articolo 36 della legge della Regione siciliana 31 maggio 2004, n. 9, e successive modificazioni, i benefici di cui all’articolo 133 della legge 23 dicembre 2000, n. 388, si intendono trasferiti, alle medesime condizioni di cofinanziamento regionale ivi previste, all’articolo 134 della medesima legge n. 388 del 2000, nei limiti delle norme di contabilità di Stato.

546. All’articolo 195 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, e successive modificazioni, dopo il comma 3 è aggiunto il seguente:

«3-bis. A decorrere dal 1º gennaio 2005, la misura delle sanzioni amministrative pecuniarie, aggiornata ai sensi del comma 3, è oggetto di arrotondamento all’unità di euro, per eccesso se la frazione decimale è pari o superiore a 50 centesimi di euro, ovvero per difetto se è inferiore a detto limite».

547. È autorizzata la spesa di 1.770.000 euro per l’anno 2005, a sostegno delle realtà calcistiche femminili FIGC - Divisione Calcio Femminile - di serie A, A2 e B per ciascuna stagione calcistica da ripartire nel seguente modo:

a) 50.000 euro per ciascuna delle squadre iscritte al campionato di serie A (per la stagione 2004-2005 n. 12 squadre regolarmente iscritte);

b) 25.000 euro per ciascuna delle 24 squadre iscritte al campionato di serie A2 (per la stagione 2004-2005 due gironi da 12 squadre ciascuno);

c) 10.000 euro per ciascuna delle 57 squadre iscritte al campionato di serie B (per la stagione 2004-2005 cinque gironi da 12, 11, 11 squadre regolarmente iscritte).

548. Il contributo di cui al comma 547 è corrisposto alle società di serie A e A2 presso le quali risultano iscritte, oltre al proprio campionato di competenza, almeno tre squadre giovanili, di cui una appartenente al settore Primavera, e due sotto l’egida del settore scolastico, ed a quelle di serie B presso le quali risulta iscritta una squadra del settore giovanile.

549. I contributi a sostegno dell’attività professionistica delle suddette squadre non sono cumulabili con altro genere di finanziamenti di enti pubblici, nazionali o locali. Nel caso le suddette squadre fossero beneficiarie di contributo da parte di ente pubblico, la quota ad esse spettante in base al comma 547 verrà calcolata, a defalcazione, sulla base di quanto già percepito da altri enti pubblici.

550. In caso di rimanenza delle risorse individuate al comma 547, le stesse vengono accantonate per l’anno successivo ad integrazione di quanto già impegnato.

551. Le risorse di cui al comma 547 vengono erogate mediante bandi dalle amministrazioni regionali in quota pari al numero di squadre iscritte e partecipanti, di anno in anno, ai campionati FIGC - Divisione Calcio Femminile - delle Serie A, A2 e B.

552. Per il finanziamento del fondo istituito con la legge 27 dicembre 2002, n. 288, per la concessione dell’assegno sostitutivo ai grandi invalidi di guerra o per servizio, è autorizzata la spesa di 10 milioni di euro per l’anno 2005 e di 15 milioni di euro per gli anni 2006 e 2007.

553. Nei casi in cui l’articolo 1 della legge 24 aprile 2003, n. 92, abbia avuto applicazione, perché il limite di età pensionabile era inferiore a quello di 70 anni previsto, sia pure in via facoltativa, dal decreto-legge 28 maggio 2004, n. 136, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 luglio 2004, n. 186, il periodo di tre anni di permanenza in servizio, su richiesta, previsto per i perseguitati politici antifascisti o razziali dal citato articolo 1 della legge 21 aprile 2003, n. 92, si deve intendere fruibile a partire dal nuovo limite di età pensionabile, sia pure facoltativo, di 70 anni, ai sensi del citato articolo 1-quater del decreto-legge n. 136 del 2004, ed alle medesime condizioni di sospensione dei versamenti contributivi ivi previste.

554. Onde poter assicurare la continuità nel processo di risanamento e riorganizzazione e il conseguente rilancio del territorio del Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise, è autorizzato un contributo straordinario di 4,5 milioni di euro per l’anno 2005 a favore dell’Ente Parco.

555. Il fondo per il finanziamento ordinario delle università statali è implementato per l’anno 2005 di 11 milioni di euro.

556. I termini previsti per l’applicazione della disciplina del conto economico, di cui al comma 2 dell’articolo 115 del decreto legislativo n. 77 del 1995, sono differiti all’anno 2004 e all’anno 2006, rispettivamente per i comuni di cui ai numeri 4 e 4-bis del comma 1 dell’articolo 8 del decreto legge 27 ottobre 1995, n. 444, convertito con modificazioni dalla legge n. 539 del 1995.

557. Ai sensi e per gli effetti dell'articolo 1, comma 2 della legge 27 luglio 2000 n. 212, l'articolo 4 del regio decreto-legge 13 aprile 1939 n. 652 convertito con modificazioni nella legge 11 agosto 1939 n. 1249 si interpreta nel senso che i fabbricati e le costruzioni stabili sono costituiti dal suolo e dalle parti ad esso strutturalmente connesse, anche in via transitoria, cui possono accedere, mediante qualsiasi mezzo di unione, parti mobili allo scopo di realizzare un unico bene complesso. Pertanto, concorrono alla determinazione della rendita catastale, ai sensi dell'articolo 10 del citato regio decreto-legge gli elementi costitutivi degli opifici e degli altri immobili costruiti per le speciali esigenze di un'attività industriale o commerciale anche se fisicamente non incorporati al suolo. I trasferimenti erariali agli enti locali interessati sono conseguentemente rideterminati per tutti gli anni in riferimento.

558. Per far fronte ad esigenze straordinarie di controllo del territorio, al fine di potenziare l’impiego del poliziotto e del carabiniere di quartiere, oltre alle autorizzazioni alle assunzioni eventualmente disposte ai sensi dell’articolo 3, commi 54 e 55, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, sono stanziati 32 milioni di euro per l’anno 2005, 56 milioni di euro per l’anno 2006, 86 milioni di euro per l’anno 2007 e 88 milioni di euro a decorrere dall’anno 2008, per l’assunzione, in deroga a quanto previsto dal comma 53 del medesimo articolo 3 della legge n. 350 del 2003 e dalla presente legge, di 1.324 agenti della Polizia di Stato e di 1.400 carabinieri, come incremento d’organico dei rispettivi ruoli.

559. Alla copertura dei posti per agente della Polizia di Stato di cui al comma 558, si provvede:

a) nel limite di 730 posti per l’anno 2005, mediante reclutamento riservato prioritariamente agli agenti ausiliari trattenuti della Polizia di Stato, in servizio al momento della presentazione delle domande e, per il restante, ai giovani che, al momento della presentazione delle domande, hanno concluso il periodo di servizio di leva nella Polizia di Stato o nell’Arma dei carabinieri quali ausiliari da almeno un anno e da non più di quattro anni, secondo le modalità ed i criteri stabiliti con decreto del capo della polizia – direttore generale della pubblica sicurezza, d’intesa con il capo di stato maggiore della difesa. Anche al predetto personale si applica la disciplina prevista per gli agenti ausiliari trattenuti che abbiano chiesto di essere ammessi nel ruolo degli agenti e assistenti della Polizia di Stato;

b) per i restanti 594 posti, per l’anno 2006, per 267 posti, attraverso i volontari di truppa delle Forze armate, in servizio o in congedo secondo le modalità previste dai bandi di concorso a mente del decreto del presidente della repubblica 2 settembre 1997, n. 332, a partire da quello indetto in data 30 aprile 2001 pubblicato nella Gazzetta Ufficiale, 4^ serie speciale, n. 36 dell’8 maggio 2001. Quanto ai restanti 327 posti, si provvede attraverso l’immissione diretta dei Volontari in Ferma Prefissata di un anno delle Forze armate idonei ed utilmente collocati nelle graduatorie di cui all’articolo 16, comma 3, della legge 23 agosto 2004, n. 226, in aggiunta alle immissioni di cui al comma 4 del medesimo articolo.

560. Alla copertura dei posti per carabiniere di cui al comma 558, l’Arma dei carabinieri è autorizzata a procedere ad un reclutamento di carabinieri in ferma quadriennale:

a) nel limite di 770 posti, per l’anno 2005 mediante reclutamento riservato ai carabinieri ausiliari che abbiano completato il servizio di leva, ovvero in ferma biennale o richiamati nelle forze di completamento, oppure ai carabinieri ausiliari, congedati da non oltre un anno, da riammettere in servizio ai sensi dell’articolo 8 del decreto legislativo 12 maggio 1995, n. 198, e successive modificazioni;

b) per i restanti 630 posti, per l’anno 2006, per 441 posti, attraverso i volontari di truppa delle Forze armate, in servizio o in congedo secondo le modalità previste dai bandi di concorso a mente del decreto del presidente della repubblica 2 settembre 1997, n. 332, a partire da quello indetto in data 4 giugno 2002 pubblicato nella Gazzetta Ufficiale, 4^ serie speciale, n. 47 del 14 giugno 2002. Quanto ai restanti 189 posti, si provvede attraverso l’immissione diretta dei Volontari in Ferma Prefissata di un anno delle Forze armate idonei ed utilmente collocati nelle graduatorie di cui all’articolo 16, comma 3, della legge 23 agosto 2004, n. 226, in aggiunta alle immissioni di cui al comma 4 del medesimo articolo."

561. Per l'attuazione del programma di cooperazione AENEAS, di cui al Regolamento (CE) n. 491/2004 del 10 marzo 2004, finalizzato a dare ai paesi terzi interessati assistenza finanziaria e tecnica in materia di flussi migratori e di asilo, nonché per proseguire gli interventi intesi a realizzare nei Paesi di accertata provenienza di flussi di immigrazione clandestina apposite strutture è autorizzata la spesa di 23 milioni di euro iscritta in un fondo dello stato di previsione del Ministero dell'interno per l'anno 2005 e di 20 milioni di euro per l'anno 2006.

562. La spesa di cui al comma 561 è ripartita nel corso delle gestioni tra le unità previsionali di base interessate con decreto del Ministro dell'interno da comunicare, anche con evidenze informatiche, al Ministero dell'economia e delle finanze, tramite l'Ufficio centrale del bilancio, nonché alle competenti Commissioni parlamentari e alla Corte dei conti.

563. Per conseguire più elevati livelli di efficienza ed efficacia nello svolgimento dei compiti e delle funzioni istituzionali, nonché per avviare la graduale sostituzione del contingente dei vigili del fuoco ausiliari di leva, la dotazione organica del Corpo nazionale dei vigili del fuoco è incrementata di cinquecento unità complessive. Con decreto del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, si provvede alla distribuzione per qualifiche dirigenziali e per profili professionali delle unità portate in aumento ai sensi della presente disposizione nel limite di spesa di euro 5 milioni per l'anno 2005, euro 12 milioni per l'anno 2006 ed euro 13 milioni a decorrere dal 2007. Con successivo decreto del Ministro dell'interno, da comunicare al Ministro per la funzione pubblica, si provvede alla ripartizione per sedi di servizio delle unità portate in aumento ai sensi della presente disposizione. Alla copertura dei posti derivanti dal presente incremento di organico disponibili nel profilo di vigile del fuoco si provvede, nella misura del cinquanta per cento, mediante l'assunzione degli idonei della graduatoria del concorso pubblico a centottantaquattro posti di vigile del fuoco, indetto con decreto direttoriale in data 6 marzo 1998, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale – 4^ serie speciale - n. 24 del 27 marzo 1998, per il rimanente cinquanta per cento e per i posti eventualmente non coperti con la predetta graduatoria, si provvede mediante l'assunzione degli idonei della graduatoria del concorso per titolo a centosettantatre posti di vigile del fuoco, indetto con decreto direttoriale in data 5 novembre 2001, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 4^ serie speciale n. 92 del 20 novembre 2001. Le predette graduatorie rimangono valide fino al 31 dicembre 2006. Le assunzioni del personale portato in aumento ai sensi della presente disposizione sono effettuate in deroga alle vigenti procedure di programmazione ed approvazione.

564. Per il potenziamento dell'attività di soccorso tecnico urgente in materia di rischi nucleare, batteriologico, chimico e radiologico e per il proseguimento del programma di interventi previsto dall'articolo 52, comma 7, della legge 28 dicembre 2001, n. 448, per il Corpo nazionale dei vigili del fuoco è autorizzata la spesa di 5 milioni di euro per l' anno 2005, di 6 milioni di euro per l'anno 2006 e di 1 milione per l’anno 2007.

565. Per le specifiche esigenze dell’Amministrazione della pubblica sicurezza, compresa l’Arma dei carabinieri e le altre forze messe a disposizione delle autorità provinciali di pubblica sicurezza, finalizzate alla prevenzione e al contrasto del terrorismo, anche internazionale, e della criminalità organizzata, ad integrazione di quanto previsto dall’articolo 3, commi 151 e 152, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, sono autorizzate:

- la spesa di 34 milioni di euro per l'anno 2004, per le esigenze di carattere infrastrutturale e di investimento, di cui la spesa di 31 milioni di euro iscritta in apposito capitolo dello stato di previsione del Ministero dell'interno - centro di responsabilità pubblica sicurezza e la spesa di 3 milioni di euro iscritta in apposito capitolo dello stato di previsione del Ministero dell'interno - Gabinetto e Uffici di diretta collaborazione all'opera del Ministro - per il rinnovo e il potenziamento della rete nazionale cifrante;

- la spesa di 53 milioni di euro per l'anno 2004, per le esigenze correnti, iscritta in apposito capitolo dello stato di previsione del Ministero dell'interno - centro di responsabilità sicurezza pubblica.

566. Ferma restando la specifica finalizzazione, le somme di cui al comma 565 possono essere altresì ripartite nel corso della gestione tra le unità previsionali di base interessate con decreto del Ministro dell'interno, da comunicare, anche con evidenze informatiche, al Ministero dell'economia e delle finanze, tramite l'Ufficio centrale del bilancio, nonché alle competenti Commissioni parlamentari e alla Corte dei conti.

567. All’articolo 26 della legge 11 febbraio 1994, n. 109, dopo il comma 4 sono aggiunti i seguenti: "4-bis. In deroga a quanto previsto dal comma 3, qualora il prezzo di singoli materiali da costruzione, per effetto di circostanze eccezionali, subisca variazioni in aumento o in diminuzione, superiori al 10 per cento rispetto al prezzo rilevato dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti nell’anno di presentazione dell’offerta con il decreto di cui al comma 4-quater, si fa luogo a compensazioni, in aumento o in diminuzione, per la percentuale eccedente il 10 per cento e nel limite delle risorse di cui al comma 4-sexies.

4-ter. La compensazione è determinata applicando la percentuale di variazione che eccede il 10 per cento al prezzo dei singoli materiali da costruzione impiegati nelle lavorazioni contabilizzate nell’anno solare precedente al decreto di cui al comma 4-quater nelle quantità accertate dal Direttore dei lavori.

4-quater. Il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, entro il 30 giugno di ogni anno, a partire dal 30 giugno 2005, rileva con proprio decreto le variazioni percentuali annuali dei singoli prezzi dei materiali da costruzione più significativi.

4-quinquies. Le disposizioni di cui ai commi 4-bis, 4-ter e 4-quater si applicano ai lavori eseguiti e c contabilizzati a partire dal 1° gennaio 2004. A tal fine il primo decreto di cui al comma 4-quater rileva anche i prezzi dei materiali da costruzione più significativi rilevati dal Ministero per l’anno 2003. Per i lavori aggiudicati sulla base di offerte anteriori al 1° gennaio 2003 si fa riferimento ai prezzi rilevati dal Ministero per l’anno 2003.

4-sexies. Per le finalità di cui al comma 4-bis si possono utilizzare le somme appositamente accantonate per imprevisti, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, nel quadro economico di ogni intervento, in misura non inferiore all’1 per cento del totale dell’importo dei lavori, fatte salve le somme relative agli impegni contrattuali già assunti, nonché le eventuali ulteriori somme a disposizione della stazione appaltante per lo stesso intervento nei limiti della relativa autorizzazione di spesa. Possono altresì essere utilizzate le somme derivanti da ribassi d’asta, qualora non ne sia prevista una diversa destinazione sulla base delle norme vigenti, nonché le somme disponibili relative ad altri interventi ultimati di competenza dei soggetti aggiudicatori nei limiti della residua spesa autorizzata; l’utilizzo di tali somme deve essere autorizzato dal CIPE, qualora gli interventi siano stati finanziati dal CIPE stesso.

4-septies. Le amministrazioni aggiudicatici e gli altri enti aggiudicatori o realizzatori provvedono ad aggiornare annualmente i propri prezzari, con particolare riferimento alle voci di elenco correlate a quei prodotti destinati alle costruzioni, che siano stati soggetti a significative variazioni di prezzo legate a particolari condizioni di mercato. A decorrere dell’entrata in vigore della presente norma, i prezzari cessano di avere validità il 31 dicembre di ogni anno e possono essere transitoriamente utilizzati fino al 30 giugno dell’anno successivo per i progetti a base di gara la cui approvazione sia intervenuta entro tale data. In caso di inadempienza da parte dei predetti soggetti, i prezzari possono essere aggiornati dalle competenti articolazioni territoriali del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti di concerto con le regioni interessate.".

568. Al fine di estinguere il contenzioso giudiziario relativo ai trattamentl corrisposti a talune categorie di pensionati già iscritti a regimi previdenziali sostitutivi, ed allo scopo di consentire la corretta applicazione delle norme di legge di riforma pensionistica adottate in attuazione della legge 23 ottobre 1992, n. 421, l’articolo 3, comma 1, lettera p), della legge 23 ottobre 1992, n. 421, e l’articolo 9, comma 2, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 503, devono intendersi nel senso che la perequazione automatica delle pensioni prevista dall’articolo 11 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 503, si applica al complessivo trattamento pensionistico dei lavoratori di cui all’articolo 2 del decreto legislativo 20 novembre 1990, n. 357, collocati in pensione a decorrere dal 1º gennaio 1993. All’assicurazione generale obbligatoria fa esclusivamente carico la perequazione sul trattamento pensionistico di propria pertinenza.

569. Il comma 55 dell’articolo 1 della legge 23 agosto 2004, n. 243, è abrogato.

570. All’articolo 59 della legge 27 dicembre 1997, n. 449, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al comma 32, alinea, le parole: «in almeno due degli indicatori» sono sostituite dalle seguenti: «in tutti gli indicatori»;

b) dopo il comma 32, è inserito il seguente:

«32-bis. Venute meno le condizioni di anomalie di cui al comma 32, per almeno due esercizi consecutivi, per gli iscritti in quiescenza è ripristinato automaticamente, solo per il futuro, il meccanismo perequativo sul trattamento pensionistico integrativo.»;

c) al comma 33, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Nell’ipotesi che il bilancio tecnico dei detti fondi integrativi presenti avanzo di gestione, la norma di cui al comma 32 non è applicabile».

571. I provvedimenti amministrativi relativi alle misure comunitarie sono impugnabili con i rimedi previsti dalla legge 24 novembre 1981, n. 689.

572. Le controversie aventi ad oggetto le procedure ed i provvedimenti in materia di impianti di generazione di energia elettrica di cui alla legge 9 aprile 2003, n. 55 e le relative questioni risarcitorie sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo. Alle controversie di cui al presente comma si applicano le disposizioni di cui all’articolo 23-bis della legge 6 dicembre 1971, n. 1034.

573. In attuazione degli impegni derivanti dall’appartenenza dell’Italia all’Unione Europea, ovvero in esecuzione degli accordi di collaborazione con i paesi interessati, il Ministero dell’interno è autorizzato a provvedere, nel limite di spesa di 4 milioni di euro per gli anni 2005 e 2006 e di 5 milioni di euro a decorrere dal 2007, all’integrazione e allo sviluppo della rete degli ufficiali di collegamento delle Forze di polizia, incaricati di stabilire e mantenere contatti con le autorità dei paesi di destinazione o con le organizzazioni internazionali che vi hanno sede, finalizzati ad incrementare la cooperazione internazionale per la prevenzione e repressione della criminalità, dei traffici illeciti trasnazionali e del terrorismo.

574. Il servizio degli ufficiali di collegamento, scelti tra funzionari o ufficiali delle Forze di polizia in servizio presso il Dipartimento della pubblica sicurezza o ivi trasferiti per la specifica esigenza, e le relative dipendenze, nonché le modalità di selezione, formazione e assegnazione dei funzionari o ufficiali interessati ed il numero degli ufficiali di collegamento di nuova istituzione sono stabiliti con regolamento adottato dal Ministro dell’interno di concerto con i Ministri degli affari esteri, della difesa e dell’economia e delle finanze. Il predetto regolamento stabilisce le linee guida per l’eventuale utilizzazione degli ufficiali di collegamento nelle rappresentanze diplomatiche e negli uffici consolari in qualità di esperti a norma dell’art. 168 del decreto del Presidente della Repubblica 5 gennaio 1967, n. 18;

575. Gli ufficiali di collegamento possono essere incaricati, sulla base di specifici accordi di livello bilaterale o multilaterale, di curare gli interessi di uno o più Stati membri dell’Unione Europea, nel rispetto dei vincoli conseguenti dalle disposizioni in vigore e salvo che possa derivarne un pericolo per gli interessi nazionali.

576. Con decreto del Ministro dell’interno, di concerto con il Ministro della difesa, con il Ministro degli affari esteri e con il Ministro dell’economia e delle finanze sono determinati i trattamenti economici degli ufficiali di collegamento in misura non inferiore a quelli previsti per gli esperti di cui all’articolo 168 del decreto del Presidente della Repubblica 5 gennaio 1967, n. 18.

577. I comuni con popolazione inferiore ai 5000 abitanti, i consorzi tra enti locali gerenti servizi a rilevanza non industriale, le comunità montane e le unioni di comuni possono servirsi dell’attività lavorativa di dipendenti a tempo pieno di altre amministrazioni locali purchè autorizzati dall’amministrazione di provenienza.

578. all’articolo 23 del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, comma 7, sono aggiunti, in fine i seguenti periodi: "Contestualmente presenta ricevuta dell’avvenuta presentazione della variazione catastale conseguente alle opere realizzate ovvero dichiarazione che le stesse non hanno comportato modificazioni del classamento. In assenza di tale documentazione si applica la sanzione di cui all’articolo 37, comma 5.

579. Fermi restando i requisiti di cui all’articolo 2 del decreto legge 13 marzo 1988, n. 69, convertito con modificazioni dalla legge n. 153 del 1988, a decorrerete dal periodo di paga in corso al 1 gennaio 2005, l’assegno per il nucleo familiare viene erogato al coniuge dell’avente diritto. Con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sono adottate le disposizioni di attuazione del presente comma.

580. Gli importi da iscrivere nei fondi speciali di cui all’articolo 11-bis della legge 5 agosto 1978, n. 468, introdotto dall’articolo 6 della legge 23 agosto 1988, n. 362, per il finanziamento dei provvedimenti legislativi che si prevede possano essere approvati nel triennio 2005-2007, restano determinati, per ciascuno degli anni 2005, 2006 e 2007, nelle misure indicate nelle Tabelle A e B, allegate alla presente legge, rispettivamente per il fondo speciale destinato alle spese correnti e per il fondo speciale destinato alle spese in conto capitale.

581. Le dotazioni da iscrivere nei singoli stati di previsione del bilancio 2005 e triennio 2005-2007, in relazione a leggi di spesa permanente la cui quantificazione è rinviata alla legge finanziaria, sono indicate nella Tabella C allegata alla presente legge.

582. Ai sensi dell’articolo 11, comma 3, lettera f), della legge 5 agosto 1978, n. 468, come sostituita dall’articolo 2, comma 16, della legge 25 giugno 1999, n. 208, gli stanziamenti di spesa per il rifinanziamento di norme che prevedono interventi di sostegno dell’economia classificati fra le spese in conto capitale restano determinati, per ciascuno degli anni 2005, 2006 e 2007, nelle misure indicate nella Tabella D allegata alla presente legge.

583. Ai termini dell’articolo 11, comma 3, lettera e), della legge 5 agosto 1978, n. 468, le autorizzazioni di spesa recate dalle leggi indicate nella Tabella E allegata alla presente legge sono ridotte degli importi determinati nella medesima Tabella.

584. Gli importi da iscrivere in bilancio in relazione alle autorizzazioni di spesa recate da leggi a carattere pluriennale restano determinati, per ciascuno degli anni 2005, 2006 e 2007, nelle misure indicate nella Tabella F allegata alla presente legge.

585. A valere sulle autorizzazioni di spesa in conto capitale recate da leggi a carattere pluriennale, riportate nella Tabella F allegata alla presente legge, le amministrazioni e gli enti pubblici possono assumere impegni nell’anno 2005, a carico di esercizi futuri nei limiti massimi di impegnabilità indicati per ciascuna disposizione legislativa in apposita colonna della stessa Tabella, ivi compresi gli impegni già assunti nei precedenti esercizi a valere sulle autorizzazioni medesime.

586. In applicazione dell’articolo 11, comma 3, lettera i-quater), della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni, le misure correttive degli effetti finanziari di leggi di spesa sono indicate nell’allegato 1 alla presente legge. A tali misure non si applicano le disposizioni di cui commi da 8 a 11.

587. In applicazione dell’articolo 46, comma 4, della legge 28 dicembre 2001, n. 448, le autorizzazioni di spesa e i relativi stanziamenti confluiti nei fondi per gli investimenti dello stato di previsione di ciascun Ministero interessato sono indicati nell’allegato 2 alla presente legge.

588. La copertura della presente legge per le nuove o maggiori spese correnti, per le riduzioni di entrata e per le nuove finalizzazioni nette da iscrivere nel Fondo speciale di parte corrente viene assicurata, ai sensi dell’articolo 11, comma 5, della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni, secondo il prospetto allegato.

589. Le disposizioni della presente legge sono applicabili nelle regioni a statuto speciale e nelle province autonome di Trento e di Bolzano compatibilmente con le norme dei rispettivi statuti.

590. Le disposizioni della presente legge costituiscono norme di coordinamento della finanza pubblica per gli enti territoriali.

591. Il termine del 31 dicembre 2004, di cui al comma 3 dell’articolo 2 della legge 24 dicembre 2003, n. 350, concernente le agevolazioni tributarie per la formazione e l’arrotondamento della proprietà contadina, è prorogato al 31 dicembre 2005. Le somme iscritte nel conto residui di stanziamento per l'anno 2004 di pertinenza dell'unità previsionale di base 3.2.3.4 "informazione e ricerca" dello stato di previsione del Ministero delle politiche agricole e forestali destinate alle azioni di promozione agricola sono destinate per l'importo di 30 milioni di euro all'entrata del bilancio dello Stato per il 2005.

592. Con riferimento ai rapporti posti in essere nel periodo antecedente all’entrata in vigore delle disposizioni della presente legge, sono comunque dichiarati estinti, anche d’ufficio, con provvedimento emesso in ogni stato e grado del giudizio, i procedimenti pendenti alla data di entrata in vigore della presente legge conseguenti a violazioni di natura contabile o amministrativa commesse in relazione al conferimento, alla valutazione e alla esecuzione degli incarichi effettuati ai sensi dell’articolo 7, comma 6, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 18 aprile 1994, n. 338.

593. La presente legge entra in vigore il 1º gennaio 2005.

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(*) Il testo dell'emendamento è riprodotto in bozza non corretta e senza gli annessi elenchi, allegati, prospetto di copertura, regolazione contabile e tabelle.


SENATO DELLA REPUBBLICA

¾¾¾¾¾¾¾¾¾ XIV LEGISLATURA ¾¾¾¾¾¾¾¾¾

 

715a SEDUTA

PUBBLICA

RESOCONTO STENOGRAFICO

GIOVEDÌ 16 dicembre 2004

(Antimeridiana)

Presidenza del vice presidente FISICHELLA,
indi del presidente PERA
e del vice presidente MORO

 

 

 

Presidenza del presidente PERA

 

Seguito della discussione e approvazione, con modificazioni, del disegno di legge:

(3223) Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2005) (Approvato dalla Camera dei deputati) (Votazione finale qualificata ai sensi dell'articolo 120, comma 3, del Regolamento)

 

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge n. 3223, già approvato dalla Camera dei deputati.

Ricordo che nella seduta pomeridiana di ieri si è conclusa la discussione sulla questione di fiducia.

Do lettura del parere espresso dalla 1a Commissione permanente sul disegno di legge finanziaria: "La Commissione, esaminato il disegno di legge in titolo, rilevato che nel corso dell'esame in sede referente la Commissione bilancio ha espunto dall'articolo 23 le disposizioni in materia di asili nido incompatibili con l'intervenuta sentenza della Corte costituzionale n. 320 del 2004, come segnalato dal rapporto che la Commissione affari costituzionali aveva reso in data 24 novembre 2004, e che ha anche riformulato l'articolo 30, comma 1, escludendo la natura vincolante del parere delle competenti Commissioni parlamentari ivi previsto, come egualmente segnalato nel medesimo rapporto;

esprime parere non ostativo, con le seguenti osservazioni:

- all'articolo 19, comma 1, appare opportuno esplicitare le finalità di coordinamento della finanza pubblica che giustificano l'applicazione anche alle autonomie territoriali del divieto di estensione dei giudicati in materia di personale delle amministrazioni pubbliche e la competenza della Presidenza del Consiglio dei ministri a determinare eventuali deroghe;

- all'articolo 25, comma 6, valuti l'Assemblea la compatibilità con il riparto di competenze costituzionalmente fissato, delle norme che demandano al regolamento statale non solo l'individuazione di standard dei livelli minimi da assicurare ma anche elementi attinenti all'assistenza ai servizi, in particolare considerando se sia sufficiente il coinvolgimento delle regioni attraverso il previsto parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano;

- all'articolo 44, comma 3, sembra opportuna una riformulazione che sostituisca il riferimento a "norme di coordinamento della finanza pubblica" con quella, più coerente con il dettato costituzionale, di "principi di coordinamento della finanza pubblica"".

Ha ora facoltà di parlare il ministro dell’economia e delle finanze, professor Siniscalco, che saluto e ringrazio.

 

SINISCALCO, ministro dell'economia e delle finanze. Signor Presidente, onorevoli senatori, desidero innanzitutto ringraziare la Commissione bilancio per il lavoro svolto sul testo della legge finanziaria e l’Assemblea del Senato per il dibattito che ha occupato gli ultimi due giorni e che ha offerto elementi di approfondimento, di critica e di suggerimento.

La discussione sui cambiamenti introdotti in Commissione ha ovviamente attratto l’attenzione nel dibattito degli ultimi giorni; pertanto, oggi, prima del voto di fiducia, è doveroso che io replichi ai numerosi interventi, tutti interessanti, e, soprattutto, che ricomponga i vari elementi del provvedimento in un quadro d’insieme che ne offra una visione complessiva.

Permettetemi, prima di tutto, una premessa. Quella che il Senato si accinge a votare è una legge finanziaria quantitativamente imponente e strutturale per la dimensione dei flussi coinvolti ed è guidata da due princìpi chiave: la stabilità dei conti e una minore invasività dello Stato nell’economia e nella vita dei cittadini.

Per argomentare queste affermazioni di principio mi sia concesso di entrare nel dettaglio e di dividere la mia replica in tre parti legate tra loro: la base di partenza della legge finanziaria, su cui mi soffermerò ovviamente molto in breve, la ricostruzione del quadro d’insieme del provvedimento per come si è andato costituendo fino ad oggi e la collocazione di questa legge finanziaria e del bilancio nella politica economica e, in generale, nella visione che il Governo ha del Paese, che si trova indubbiamente nel mezzo di un profondo processo di transizione.

Ogni legge finanziaria può essere giudicata da più punti di vista: dal punto di vista economico, da quello finanziario, da quello politico e, fondamentalmente, dal punto di vista del cittadino elettore. Nel replicare, cercherò di analizzare il provvedimento in modo sintetico, tenendo di volta in volta conto di tutti questi diversi punti di vista.

Cominciamo dalla base di partenza della legge finanziaria. In una legge finanziaria la costruzione del quadro tendenziale dell’economia, e soprattutto del quadro tendenziale della finanza pubblica, credetemi, è metà dell’opera. Se questo quadro è credibile e trasparente, tutto l’esercizio di formazione del bilancio è costruito su una base solida. Al contrario, se non lo è, rischia di avere fondamenta discutibili.

La costruzione di un quadro tendenziale trasparente, fatta in luglio e riproposta in settembre, non è stata un’operazione semplice, ma ci ha consentito di disegnare un aggiustamento ingente e credibile: 24 miliardi di euro, pari all’1,7 per cento del PIL, rispetto alle tendenze spontanee che si andavano manifestando in quel momento nel bilancio pubblico. Attenzione: come abbiamo spesso ripetuto, questo aggiustamento si riferisce al tendenziale. Rispetto all’anno 2004, cioè rispetto all’andamento storico dell’economia, esso è molto più limitato, e vedremo tra breve quanto. Ma sicuramente in assenza di questo intervento il deficit sarebbe salito fino al 4,4 per cento del PIL.

Partendo dal tendenziale, la legge finanziaria presentata in settembre era stata disegnata attraverso un meccanismo trasparente, equidistribuito, ma soprattutto semplice da capire, nei rapporti tra i Ministeri e con le altre amministrazioni. Per fare questo, ci eravamo innanzitutto concentrati esplicitamente sui conti della pubblica amministrazione (non soltanto dello Stato), cioè sul perimetro e sul parametro rilevanti per l’Europa e per i mercati.

Partendo da lì, abbiamo utilizzato tre strumenti chiave, la cui principale caratteristica - ripeto - era la semplicità. Abbiamo applicato un tetto del 2 per cento all’aumento della spesa pubblica, ovviamente con alcune eccezioni legate ai diritti soggettivi e alle priorità; abbiamo operato una manutenzione della base imponibile in cui alcuni condoni e misure una tantum andavano sostituiti con misure di carattere strutturale; abbiamo introdotto esplicitamente una regola importante per una gestione sana della finanza pubblica, la cosiddetta "regola aurea" o golden rule, in base alla quale il bilancio corrente sia in pareggio e tutto il nuovo debito serva a finanziare unicamente gli investimenti.

Questa parte della legge finanziaria di settembre è la base di partenza su cui poi il Governo ha costruito il taglio fiscale, che è pienamente coperto non soltanto in base all’articolo 81 della Costituzione italiana, ma anche in base a criteri europei e di mercato. Insieme al programma di privatizzazione degli attivi patrimoniali dello Stato, la riduzione delle tasse è l’aspetto più significativo di natura economica e - aggiungo - anche politica, del programma del Governo Berlusconi. La riduzione delle imposte, al di là dei possibili effetti espansivi, rappresenta una visione di politica economica che ha, appunto, una valenza politica, come fin dall’inizio dell’economia classica i grandi padri della nostra disciplina hanno sempre dimostrato (non a caso, erano filosofi ed economisti insieme).

L’emendamento 1.2000, oggi all’esame dell’Aula, incorpora anche l’inevitabile pragmatismo che caratterizza tutte le leggi finanziarie, che per un Ministro dell’economia senz’altro non è agevole da sopportare, e che deve far riflettere sulla necessità di riformare questo strumento (non certo di abolirlo!), in linea con le migliori pratiche che prevalgono nei Paesi avanzati.

Dall’approvazione del DPEF l’estate scorsa, alcuni elementi del quadro macroeconomico su cui abbiamo costruito la nostra legge sono migliorati, altri sono invece peggiorati e in maniera anche vistosa.

È peggiorato progressivamente il contesto delle variabili economiche esogene, quali il tasso di cambio tra euro e dollaro e il prezzo del petrolio. A luglio, avevamo un tasso di cambio euro-dollaro dell’1,22, mentre oggi questo è superiore all'1,33-1,34; il petrolio - cito il Brent, che è la qualità più diffusa - era a 37 dollari al barile ed è salito fino a 45 dollari, per poi fortunatamente decrescere fino a 41 dollari. Tutto ciò, evidentemente, da un lato danneggia la competitività della nostra industria e, dall’altro, anche tramite questo canale esercita una pressione al ribasso sulle prospettive di crescita.

Per converso, è migliorata di molto l’inflazione, e non soltanto in termini assoluti, dal momento che per la prima volta è più bassa rispetto all’inflazione europea. Questa per la competitività è una buona notizia.

Migliora la crescita del PIL nel 2004 rispetto alla previsione di luglio, pari all’1,2 per cento; ritengo di poter dire, con qualche confidenza, che probabilmente salirà intorno all’1,4 per cento per fine anno. Sono decimali, non sono grandi numeri; però, ciò significa che la base di partenza per il PIL del 2005 in termini nominali è più elevata di quella prevista nel quadro tendenziale.

Nel terzo trimestre 2004, peraltro, il nostro Paese è quello che cresciuto di più nell’Europa dell’euro: confrontando i trimestri e usando un dato destagionalizzato, l’Italia è cresciuta dello 0,4 per cento contro lo 0,1 per cento della Francia e della Germania e lo 0,3 per cento medio dell’Europa a dodici.

Questo è un punto importante. Tale aumento di natura congiunturale, che andrà spiegato e che probabilmente verrà riassorbito nel prosieguo del ciclo, è avvenuto nonostante nel terzo trimestre dell’anno ci sia stata (per la prima volta, da quando io ricordi le statistiche) una riduzione della spesa pubblica per acquisto di beni e servizi come componente del PIL: si è avuta una diminuzione del 3 per cento in valori correnti e del 2,6 per cento in valori costanti, secondo i conti trimestrali dell’ISTAT.

Con ciò voglio dire che il controllo della spesa (seppure doloroso e con tutte le imperfezioni che conosciamo e siamo pronti a riconoscere) messo in campo dal luglio di quest’anno in avanti ha prodotto risultati visibili anche nella contabilità nazionale.

Sul piano dei conti pubblici, peraltro, si registra - e questo è un dato che al Tesoro interessa molto - un netto miglioramento nel controllo dei flussi di cassa; quella di prima era una variabile di competenza, una variabile economica. Si è ridotto, infatti, in modo vistoso il differenziale cumulato nel fabbisogno finanziario del settore statale del 2004 rispetto al 2003 (mi riferisco, in poche parole, agli esborsi meno gli introiti, mese per mese e settimana per settimana). Pensate che questo cuneo tra il valore del 2004 e quello del 2003 si era allargato, fino a raggiungere circa 12 miliardi nel 2004 rispetto al 2003, nel mese di luglio. Nel mese di novembre, si è ridotto a 2,3 miliardi e immaginiamo che nel mese di dicembre resti pari o continui a ridursi. Si è avuta, in sostanza, una riduzione del divario (quindi un miglioramento, in parole semplici) di 10 miliardi di euro in cinque mesi: lo considero uno sforzo poderoso, di notevoli dimensioni, che non ha ingenerato contrazioni nell’attività economica, quanto meno nel terzo trimestre, a riprova che nell’economia le variabili non si muovono in modo né automatico, né idraulico, ma la vita è sempre più complessa di come appare a prima vista.

Inoltre, per quanto riguarda i conti del mese di dicembre, di cui non disponiamo, il condono edilizio sta producendo il gettito previsto e l’autotassazione, secondo i primi dati, è in linea con le previsioni. Grazie all’andamento del fabbisogno finanziario appena descritto, abbiamo potuto cancellare le emissioni di titoli di Stato di fine anno (altra cosa che non avevamo fatto in precedenza). Inoltre, dovremmo - uso il condizionale - chiudere l’anno con un rapporto tra debito e PIL migliore di quello previsto e promesso nel programma di stabilità approvato dalla Commissione europea in marzo.

Gli spread (i differenziali tra i tassi di interesse nazionali e tedeschi) sui BTP e i Bund a dieci anni, che sono l'indicatore più immediato della fiducia dei mercati, continuano a stringersi, indicando che gli investitori che ogni giorno mettono i loro soldi e la loro fiducia sul nostro debito pubblico, che supera il 100 per 100 del PIL, assegnano un voto di credibilità al nostro Paese.

Naturalmente, le difficoltà della nostra economia ci sono tutte e permangono e attengono alla competitività e al potere di acquisto; mi ci soffermerò alla fine. Non voglio presentare un quadro roseo, ma solo osservare che, rispetto a quanto era previsto in luglio, molto è già stato messo a posto.

Veniamo alla parte oggi più rilevante: la ricostruzione del quadro di insieme della finanziaria su cui il Governo pone la fiducia.

Le modifiche anche profonde alla finanziaria varata in settembre non cambiano, né ovviamente potrebbero cambiare, i saldi per il 2005: il saldo corrente aumenta dello +0,1, l’avanzo primario del 2,4, il deficit (o meglio, l’indebitamento netto) diminuisce del 2,7; ci sono poi, naturalmente, tutti i dati sul bilancio statale.

Anticipo, dal programma di stabilità che abbiamo presentato in Europa, che la sensibilità di questi risultati al ciclo economico ci consente comunque di restare sotto il 3 per cento, anche in presenza di oscillazioni piuttosto marcate del prodotto interno lordo. Cambia invece, ovviamente, la composizione dei grandi aggregati che costituiscono la finanziaria, la cui analisi è di fondamentale interesse. A questo proposito, vorrei offrire dei dati (su cui abbiamo lavorato fino a ieri sera) che mi sembrano interessanti da un punto di vista generale e che ricostruiscono il quadro d’insieme cui accennavo.

In primo luogo, la spesa pubblica complessiva scende di oltre 12 miliardi rispetto al tendenziale e si assesta al 47,4 per cento del prodotto interno lordo del 2005, contro il 48,4 per cento del 2004 (un punto di PIL di riduzione), pur aumentando in termini assoluti e in termini reali, ma perché aumenta meno di quanto aumenti il prodotto interno lordo.

La spesa corrente, comprensiva degli interessi, si assesta al 44 per cento del PIL 2005, contro il 44,9 del 2004.

Le cessioni di attivi validi per il deficit sono pari a sette miliardi, come concordato con la Commissione. Le una tantum decrescono, anche grazie alla fine della stagione dei condoni.

Nell'insieme (e vengo alle imposte), la pressione fiscale scende dal 41,8 per cento del 2004 (versione DPEF: sapete che sono sempre indicatori convenzionali su cosa si include e cosa si esclude) al 41,2 per cento del 2005. Scende, dunque, di mezzo punto di PIL (anzi, di oltre mezzo punto di PIL, in quanto il valore è di 0,6), nonostante il fatto che si siano dovute sostituire le entrate da condono, che non figurano nel calcolo convenzionale della pressione fiscale. La pressione tributaria in senso stretto, invece (le tasse), a sua volta scende dal 28,6 al 28 per cento del PIL. Naturalmente, tutto ciò è la risultante delle diverse componenti che producono il gettito complessivo.

Tra le spese pubbliche, non sono state ridotte rispetto al PIL quelle per le pensioni, per la sanità e per la scuola. In corso d'anno, già nelle prossime settimane, sono previsti alcuni ulteriori aggiustamenti sulla spesa per la sicurezza, che - lo riconosco - probabilmente è stata troppo sacrificata.

Sono inoltre previste risorse aggiuntive per il contratto del pubblico impiego.

 

PASQUINI (DS-U). E l'avanzo primario?

 

SINISCALCO, ministro dell'economia e delle finanze. L'avanzo primario non cambia: è sempre al 2,4.

Veniamo ora alla riforma delle imposte in maggior dettaglio.

Una riforma fiscale, in tutti i principali Paesi, non è un atto singolo, ma fa parte di un processo che si sviluppa nel tempo. Così è stato per la riforma fiscale americana operata dai repubblicani o per la riforma fiscale inglese. Si procede per moduli.

Nel nostro caso, si è iniziato nel 2002, aumentando fino a 516 euro le detrazioni per i figli, con un incremento dell'81 per cento. Ne hanno beneficiato 9,5 milioni di contribuenti con carichi di famiglia e l’ammontare dello sgravio è pari ad oltre 2 miliardi di euro.

Nel 2003 si è proseguito con il primo modulo della riforma IRE (l'ex IRPEF, per intenderci), che ha accorpato le due aliquote più basse e introdotto la cosiddetta no tax area: 28,6 milioni di contribuenti, con redditi medio-bassi, hanno beneficiato di uno sgravio fiscale valutato ex post in 6 miliardi di euro. Il primo modulo ha portato da 7,1 a 13,2 milioni il numero dei soggetti esenti dal pagamento delle imposte.

Nel 2005, sulla base del secondo modulo, oggi sottoposto al voto, si riducono ulteriormente le aliquote (23 , 33 e 39 per cento, con un contributo di solidarietà del 4 per cento per i redditi al di sopra dei 100.000 euro). Aumenta la no tax area selettivamente, laddove è maggiore il bisogno: famiglie numerose e a basso reddito. Le detrazioni per carichi di famiglia sono infatti trasformate in deduzioni decrescenti al crescere del reddito e sono significativamente potenziate nel loro ammontare. I beneficiari della riduzione sono 15,6 milioni: oltre il 62 per cento di tutti coloro che nel 2004 hanno pagato imposte e che non avevano beneficiato del primo modulo. Il secondo modulo IRE comporta, a sua volta, sgravi per 6 miliardi a regime.

Nel complesso, per quanto riguarda l'imposta sul reddito, dal 2001 i contribuenti favoriti dall'azione del Governo sono stati 31,1 milioni; nessuno ha subito aggravi, anche per l'operare delle clausole di salvaguardia. Dal 2001 è raddoppiato il numero dei soggetti che hanno smesso di pagare le imposte: da 6,8 a 13,5 milioni; oggi, un contribuente su tre non pagherà più le imposte sul reddito. L'entità complessiva dei tre sgravi supera un punto del PIL.

Passo ora ad analizzare nel dettaglio l'emendamento 1.2000. È una riforma che dà alla famiglia, soprattutto a quella monoreddito, e che non dimentica - con la speciale deduzione per le badanti e soprattutto con il forte incremento delle deduzioni per altri familiari a carico; in particolare, gli anziani non autosufficienti dal punto di vista fisico, nel caso della badante, ma anche il cosiddetto nonno a carico - il disagio degli anziani. Per un dipendente con coniuge e due figli a carico la no tax area sale fino a 14.000 euro.

Il meccanismo delle deduzioni decrescenti permette di concentrare gli sgravi laddove è maggiore il bisogno e assicura la progressività dell'imposizione. Anzi, in tutti i moduli, per ciò che riguarda l'IRE dal 2001 ad oggi, l'indice di progressività (anche se non è mia intenzione dilungarmi in tecnicismi) cresce in media dell'1 per cento, e anche in questo caso cresce. È più complesso fare un calcolo sull'intero sistema, ma il Governo si sta cimentando anche su tale questione.

Per quanto riguarda le politiche per la famiglia, in un articolo molto interessante uno dei più famosi demografi italiani e mio collega, il professor Massimo Livi Bacci, poneva l'accento sulla necessità di fare di più per la famiglia. Sono sicuramente d'accordo con lui in questa valutazione; però, rispetto ad incentivi a margine per ogni nuovo nato (il famoso bonus per il figlio in più, che lui stesso menzionava ed invocava), una certezza sulla struttura delle deduzioni per i figli a carico (non al momento della nascita, ma fino a quando restano a carico) è, a mio parere, uno strumento di sostegno alle famiglie migliore di un incentivo una tantum per ogni nuovo figlio, anche perché l'ammontare dei bonus non mi pare tale da determinare scelte demografiche così rilevanti.

Veniamo ora alle imprese. Con l’emendamento prosegue il cammino di progressiva riduzione dell’IRAP avviato dal Governo. La no tax area IRAP sale a 8.000 euro; le imprese (fatto molto importante) non pagheranno più l’IRAP sui ricercatori del settore privato, diventando quindi esenti; il costo del lavoro dagli assunti incrementali (ogni assunto in più) a livello di aziende viene sgravato dall’IRAP e questo beneficio diventa doppio se l’assetto incrementale è nelle aree dell’Obiettivo 1 e dell’Obiettivo 2, cioè nel Mezzogiorno e nelle altre aree sottoutilizzate.

Dal 2001 gli interventi di riduzione dell’IRAP hanno comportato sgravi fiscali per 750 milioni di euro e hanno avvantaggiato oltre 3,2 milioni di imprese e di professionisti; 612.000 imprese e professionisti (il 16 per cento del totale) non pagheranno più questa imposta.

Una parola su un tema che ha suscitato molte discussioni nella giornata di ieri: le addizionali regionali. Sin dal passaggio parlamentare della legge finanziaria alla Camera era stato introdotto il blocco delle addizionali regionali sulle imposte. Nel maxiemendamento presentato al Senato viene ribadito quanto già approvato dalla Commissione bilancio di Montecitorio, vale a dire che il blocco delle addizionali rimane e può essere superato dalle Regioni, come misura dissuasiva, unicamente laddove esse sfondino la spesa sanitaria, che comunque, in assenza di questa norma che ha carattere di responsabilità politica, lo Stato rimborserebbe a piè di lista; quindi, la spesa sarebbe comunque quella, ma c’è, in più, un disincentivo a sfondare.

Per ciò che riguarda il Mezzogiorno e le aree sottosviluppate del Paese, è assicurata, innanzitutto, piena copertura al cofinanziamento nazionale dei fondi comunitari. Già alla Camera era stato risolto il possibile problema del cofinanziamento degli enti locali quando batteva contro il tetto del 2 per cento. È assicurata assoluta continuità e certezza di medio termine alla politica regionale nazionale aggiungendo 8 miliardi di euro per il quadriennio 2005-2008.

La regola del 2 per cento, che si applicava a tutte le voci, è attuata, ma con forte tutela per le risorse per lo sviluppo. In particolare, c’è flessibilità tra i limiti di spesa posti al Fondo aree sottoutilizzate (FAS) - legge-obiettivo - incentivi, così che se le altre linee tirano meno del prestito il FAS può tirare di più. Un tetto applicato in maniera flessibile su più voci ovviamente morde meno - mi si passi l’espressione poco tecnica - di un tetto disaggregato su ogni singolo capitolo.

C’è una nuova tutela normativa al Sud: ricevere il 30 per cento della spesa in conto capitale per rispettare l’impegno con l’Unione Europea. È introdotto - e lo riteniamo un segnale molto importante - un primo passo di fiscalità di vantaggio, con il famoso sgravio dell’IRAP raddoppiato per gli assunti incrementali nelle aree sottoutilizzate. È introdotto, infine, il fondo rotativo di 6 miliardi di euro per gli investimenti, che, come sapete, non è solo per le aree sottoutilizzate, ma anche per la ricerca, l’innovazione e la produttività; quindi, è uno strumento generale.

Richiamato per sommi capi l’impatto finanziario della legge nei suoi grandi saldi, vorrei concludere dando un giudizio economico e politico sul provvedimento nel quadro della politica economica del Governo. Per farlo, ovviamente, si richiede un minimo di prognosi condivisa per poter discutere poi una diagnosi.

Con la creazione della moneta unica europea e con la recente accelerazione repentina di alcuni processi di globalizzazione nel mercato dei prodotti, dei capitali e del lavoro (quando dico recente intendo dire post Seattle, post 2000, quando il processo ha ripreso ad accelerare dopo una stasi), l’Italia, più che in una fase di declino, secondo noi è entrata in una fase di profonda, difficile transizione e si sta liberando delle cattive abitudini, delle tossine economiche accumulate nei precedenti trent’anni.

Per trent’anni il nostro Paese è andato avanti fondandosi su un’alta inflazione, su frequenti svalutazioni della moneta, che consentivano una spinta all’export nel breve periodo, ma ovviamente determinavano un problema finanziario nel medio, sull’accumulazione di debito pubblico e su un eccesso di protezione su tutti i mercati. È una diagnosi, direi, condivisa da tutti; è un problema di storia economica, non di un Governo o di un altro.

In sintesi, rispetto, sta cambiando radicalmente il contesto di politica economica: siamo entrati in un sistema di bassa inflazione e di moneta stabile, un sistema in cui i disavanzi pubblici non sono più ammessi e in cui la globalizzazione e la concorrenza internazionale stanno aprendo a ritmo vertiginoso quasi tutti i mercati dei beni e molti mercati dei servizi.

Adattarsi da un sistema di regolazione di una società ad un altro è difficile, complesso, doloroso. Già oggi la performance economica dell'Italia (crescita ed inflazione, per intenderci) sta tornando verso la media europea.

C'è un indicatore macroeconomico che si chiama - non facciamo ironia sul nome - indice di miseria, risultante dalla somma del tasso di inflazione e del tasso di disoccupazione. Questo indice di miseria (che aveva avuto un massimo superiore al 20 per cento in Italia negli anni in cui l'inflazione era a due cifre) si va riducendo continuamente: nel 2000 era pari a 13, oggi è pari al 10,6 perché la disoccupazione è scesa al livello minimo (8,7) e perché l'inflazione è scesa al livello minimo dal 1999 (1,9).

Il processo di adattamento alle nuove realtà (integrazione europea e globalizzazione) richiede di spingere moltissimo i processi di riforma piuttosto che tenere a bada i sintomi con effimeri aggiustamenti, sussidi o provvidenze che curano e sono lenitivi nel breve termine, ma non affrontano mai il problema.

Credo si debba puntare con decisione alla riduzione strutturale del debito (attraverso, anzitutto, l'avanzo primario, che non basta mai a questi livelli ma va riportato su), ad un aumento del potenziale di crescita (investimenti in capitale umano e Agenda di Lisbona), ad un recupero di efficienza e di competitività delle nostre aziende e ad un aumento di investimenti pubblici.

Questa è la direzione di marcia. La stabilità dei conti - come dicevo prima - è un bene pubblico, in un contesto di globalizzazione finanziaria, perché - ripeto - il 45 per cento del nostro debito è collocato presso i mercati internazionali. Le riforme che impongono la ristrutturazione del sistema industriale, e della sua competitività, sono ugualmente importanti; il mercato dei capitali va sviluppato e tutelato.

Anche qui ieri c'è stata una polemica sul decollo dei fondi pensione integrativi. Avevamo presentato un emendamento in tal senso, che non era coperto, per la Commissione, in maniera convincente; la questione è stata rinviata ad un successivo provvedimento, ma posso garantirvi che, per quel che riguarda il Governo, e me in particolare, il decollo di una previdenza integrativa di mercato permane una evidente priorità.

In questo contesto, abbiamo aperto anche una specie di data room - mi si lasci passare il termine - in cui stiamo mettendo tutte le statistiche disponibili in maniera ordinata, cosicché il Parlamento, le istituzioni internazionali, le agenzie di rating possano avere accesso in tempo reale a tutti i dati che produciamo.

C'è, poi, il problema della competitività. La contrazione della produzione industriale è sotto gli occhi di tutti ed è il vero problema del Paese. Per il comparto manifatturiero, nessuno esita a dire che la recessione non è ancora terminata. Il problema è in parte strutturale e in parte legato al tasso di cambio nominale, che ha subito un apprezzamento che il presidente Trichet, pur nella sua prudenza, ha definito brutale: pensate che dal 2000 ad oggi il tasso di cambio euro-dollaro si è apprezzato del 63 per cento (con un differenziale di inflazione che non ne spiega neanche una Y); l'apprezzamento del tasso di cambio reale non è molto distante.

Economisti della Banca d'Italia, di Confindustria, delle Università hanno riconosciuto che il problema della competitività della nostra industria esiste da almeno quindici anni. Ricordo, peraltro, che la produzione industriale rappresenta soltanto il 20 per cento del prodotto interno lordo e che non è di per sé un indicatore dell’avanzamento di un Paese; anzi, più un Paese è avanzato, più, magari, il settore terziario è avanzato. La questione è che da noi è tutto il sistema ad avere un problema di competitività: lo abbiamo nell'industria, come nei servizi; lo abbiamo nei servizi finanziari, come nella pubblica amministrazione.

È qui che dobbiamo fare lo sforzo più grande, curando le cause e non i sintomi; lo facciamo avendo alle spalle questa legge finanziaria (che, come è ovvio, si occupa di conti) e lo facciamo - mi auguro e immagino da subito - occupandoci di quello che è giusto che uno Stato consideri: anzitutto, cambiare il contesto, ossia le regole in cui gli operatori interagiscono, migliorare dove è necessario il processo di integrazione europea, curare il capitale umano per l'innovazione e le infrastrutture materiali e immateriali.

Ricordo, se mi è concesso, per concludere, una piccola citazione accademica. Adamo Smith, ne "La ricchezza delle nazioni", dopo aver esaminato tutta la parte sul progresso tecnico, nel capitolo intitolato "Disuguaglianze derivanti dagli ordinamenti d’Europa", ricorda che le disuguaglianze tra gli ordinamenti sono uno dei fattori che spiegano maggiormente la diversa ricchezza tra le Nazioni.

Ora, fare riforme in questi campi (lo sappiamo tutti, ma lo dice lo stesso Smith in quello scritto) non è compito semplice per gli ostacoli spesso corporativi che si frappongono al cambiamento. Ma è su questo terreno che si gioca la sfida della nostra competitività e del nostro sviluppo, a cominciare da quindici anni fa, non da oggi.

Per competere, oltre alle regole, occorre riformare il modello di sviluppo e ridurre, noi crediamo, una pervasività dello Stato che fa i conti con una spesa pubblica, un debito pubblico e un attivo dello Stato ancora troppo elevati per un Paese che vuole tornare a crescere. (Applausi dai Gruppi FI, AN, UDC e LP e dai banchi del Governo).

 

VEGAS, sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

VEGAS, sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Signor Presidente, occorre apportare al testo dell’emendamento 1.2000 le seguenti correzioni di carattere formale.

Al comma 13: sostituire le parole "comma 5" con "comma 12".

Al comma 23: sostituire le parole "di cui al presente articolo" con le parole "di cui ai commi da 24 a 55".

Al comma 24: alla lettera a), sostituire le parole "di cui al comma 1" con le seguenti "di cui al comma 23".

Al comma 24: alla lettera b), sostituire le parole "dal presente articolo" con le parole "dai commi da 23 a 55" e apportare la stessa modifica al comma 25.

Al comma 26: al primo capoverso, sostituire le parole "commi 23 e 24" con le seguenti "commi 24 e 25"; al medesimo comma, lettera b), sostituire le parole "commi da 169 a 182" con le parole "commi da 169 a 193".

Al comma 28: sostituire le parole "dai commi 23 e 24" con le parole "dai commi 24 e 25".

Al comma 29: al primo periodo, sostituire le parole "dal presente articolo" con le parole "dai commi da 23 a 55".

Al comma 32: la parola "pattostabilità" va indicata senza accento; pertanto, il richiamo al sito, nel comma in esame, va così rettificato "www.pattostabilita.rgs.tesoro.it".

Al comma 33: il richiamo al comma 4 deve essere corretto con il comma 26.

Al comma 51: sostituire le parole "comma 101" con le parole "comma 100".

Al comma 57: il richiamo al comma 1 deve essere corretto con il comma 56.

Al comma 59: al secondo periodo, sostituire le parole "presente articolo" con le parole "presente comma".

Al comma 59: sostituire l'ultimo periodo con il seguente "Alle regioni e agli enti locali di cui ai commi da 23 a 55, agli enti del servizio sanitario di cui ai commi da 169 a 193, nonché agli enti indicati nell'articolo 3, commi 1 e 2, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, si applica la disciplina ivi prevista".

Al comma 63: sopprimere, alla quinta riga, la parola "predetto".

Mancano i commi 65 e 69; conseguentemente va modificata la numerazione dei commi.

Al comma 91: sostituire le parole "sull'autorizzazione di spesa di cui all’" con le parole "sulle disponibilità di cui all'autorizzazione di spesa recate dall’" e dopo la parola "122" inserire le parole ", che sono a tal fine versate all'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnate all’apposita unità previsionale di base".

Al comma 97: sostituire le parole "dall'articolo 27" con le parole "dal comma 197".

Al comma 180: all'ultimo periodo, sostituire la parola "modificazione" con la parola "modificare".

Al comma 186: sostituire le parole "al comma 1" con quelle "al comma 169".

Al comma 187: lettera a), sostituire le parole "del comma 9" con le seguenti "del comma 177".

Al comma 225: le parole "comma 5" vanno sostituite con le altre "comma 224".

Al comma 228: sostituire le parole "presente articolo" con le parole "comma 227".

Il comma 255 è riportato due volte; il secondo 255 deve essere 256 e di conseguenza va cambiata la numerazione (ovviamente senza che con ciò si dica che il Governo non conosce i numeri).

Tra il comma 262 e il comma 264 è indicato erroneamente il comma "363", che va sostituito in "263".

Il comma 284 deve essere 274 e conseguentemente va modificata la numerazione dei commi, anche per quanto detto in precedenza.

Il comma 307 deve essere 306 e conseguentemente va modificata la numerazione dei commi.

Al comma 563: al primo periodo sostituire la parola "cinquecento" con le seguenti "fino ad un massimo di cinquecento".

Al comma 565: sostituire le parole "l'anno 2004" con le seguenti "l'anno 2005" in entrambi gli alinea.

 

PRESIDENTE. Prendiamo atto delle sue comunicazioni, signor Sottosegretario.

Passiamo alla votazione dell'emendamento 1.2000 (testo corretto), interamente sostitutivo degli articoli da 1 a 44 del disegno di legge n. 3223, sul quale il Governo ha posto la questione di fiducia.

 

MARINO (Misto-Com). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

MARINO (Misto-Com). Signor Presidente, i Comunisti italiani negheranno la fiducia. In tre anni e mezzo sono peggiorati i conti della finanza pubblica, è più che dimezzato l’avanzo primario, sono diminuiti i consumi anche a causa della perdita del potere di acquisto di salari e pensioni, è cresciuto il malessere sociale e continua la crisi del settore industriale e del sistema produttivo nel suo complesso per le scelte errate di politica economica. Il nostro Paese perde terreno anche per quanto concerne le esportazioni.

Dopo i tanti regali fiscali già fatti ai più ricchi con le finanziarie precedenti e dopo i tanti condoni e sanatorie, ancora una volta sono stati favoriti i ceti più abbienti, mentre la stragrande maggioranza della popolazione non avrà alcun beneficio: pagherà più imposte indirette e ancora di più per la casa di proprietà, costata tanti sacrifici, e dovrà sopportare l’inevitabile maggior costo dei servizi, essendo state tagliate le risorse a Regioni e Comuni.

È, dunque, una finanziaria che dà molto a chi sta in alto e niente a chi sta in basso, contro i princìpi stabiliti dalla Carta costituzionale; colpisce chi non può nascondere quello che ha. È una finanziaria socialmente iniqua e, in più, senza rigore: nulla viene posto in essere per lottare contro l’evasione fiscale. Il Mezzogiorno viene ancora una volta penalizzato; quel divario tra Nord e Sud, che si era andato riducendo, dal 2001 è ripreso ad aumentare.

Malgrado i rattoppi e le aggiunte, questa finanziaria non affronta i problemi dello sviluppo del Paese; è una finanziaria sostanzialmente antindustriale, antisociale, che penalizza ancora di più il lavoro dipendente e le famiglie operaie, antimeridionale, improntata ad un ottimismo assolutamente ingiustificato rispetto ad una crisi non solo economica, ma anche sociale e culturale del Paese senza precedenti.

Ogni proposta dei Comunisti italiani e di tutta l’opposizione unita, in risposta all’inganno del Governo e a vantaggio dei redditi più disagiati, è stata sistematicamente respinta. La maggioranza di centro-destra ha votato compatta contro ogni proposta di equità fiscale, contro le misure a sostegno del reddito personale e quelle volte a difesa del potere d’acquisto dei salari e delle pensioni.

È una finanziaria che non dà risposte allo Stato sociale, che rinvia ad un futuro provvedimento gli interventi per rendere il sistema Paese più competitivo e che mortifica il Mezzogiorno.

Da tutto questo ha origine il voto contrario del Gruppo dei Comunisti italiani. (Applausi dai Gruppi Misto-Com, DS-U e Misto-RC ).

 

SODANO Tommaso (Misto-RC). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

SODANO Tommaso (Misto-RC). Signor Presidente, rappresentanti del Governo, siamo di nuovo al voto di fiducia, questa volta sul disegno di legge finanziaria. Siamo all'ennesimo scippo della democrazia parlamentare.

Le profonde lacerazioni all'interno della coalizione vi costringono ad imporre la fiducia ad una maggioranza di cui non vi fidate e mostrano in modo chiaro il fallimento del progetto del Governo.

La finanziaria che presentate è una delle più gravose degli ultimi dieci anni e avrà ripercussioni pesanti per le fasce più deboli della popolazione. L’ultima stesura fa cadere le ultime illusioni, mostrando chiaramente che si pagherà molto di più per bolli, concessioni e balzelli vari.

La politica del Governo ha condotto il nostro Paese in una situazione di grave crisi economica, con un vertiginoso declino del sistema industriale e produttivo, con una perdita di quote di mercato nel commercio mondiale, e con l'aumento degli squilibri regionali tra Nord e Sud del Paese.

Sul fronte occupazionale abbiamo 200.000 posti di lavoro a rischio nelle industrie, una situazione critica per il destino della FIAT con un milione di lavoratori con il fiato sospeso, un aumento della precarietà, forestali e braccianti agricoli dall'incerto futuro, a cui il Governo aggiunge i tagli nella scuola e nel pubblico impiego per un totale di 400.000 posti in meno in tre anni.

C'è un Paese reale che soffre con una perdita consistente del potere di acquisto di stipendi e pensioni.

C'è un grido d'allarme che viene da milioni di famiglie che non riescono più ad arrivare a fine mese e fasce di popolazione sono spinte verso una condizione di povertà e indigenza: in Italia, signor Ministro, ci sono 2 milioni e mezzo di famiglie povere.

A tutto questo il Governo risponde con l'annuncio del taglio delle tasse per fare un gigantesco regalo ai ricchi e per distruggere lo Stato sociale.

La verità, al di là della propaganda, è che la riduzione fiscale si concentrerà sui redditi più alti, sui contribuenti più ricchi, annullando il principio costituzionale della progressività delle imposte.

La proposta del Governo aumenta le diseguaglianze sociali: toglie alle fasce più deboli per ridurre le tasse alla parte già ricca e opulenta della popolazione.

Le opposizioni hanno smascherato il grande imbroglio ed hanno dimostrato che un'altra strada è possibile e necessaria per ridurre le diseguaglianze e aumentare salari, stipendi e pensioni, e lo si può fare andando a prendere i soldi dagli evasori fiscali (ogni anno ci sono 750.000 miliardi di vecchie lire di evasione fiscale) e tassando le grandi rendite finanziarie e colpendo i capitali detenuti illecitamente all'estero.

Questo Governo va fermato prima che le macerie sociali e morali che produce possano intaccare lo stesso tessuto democratico del nostro Paese.

Rifondazione Comunista vi negherà ovviamente la fiducia, così come faranno i lavoratori, i pensionati e tutti i cittadini onesti del nostro Paese. (Applausi dai Gruppi Misto-RC, Misto-Com e DS-U).

 

OCCHETTO (Misto-LGU). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

OCCHETTO (Misto-LGU). Signor Presidente, gli antichi romani dicevano "oportet ut scandala eveniant" e con questa espressione consolatoria intendevano che forse era meglio che il male venisse alla luce per poterlo combattere più apertamente.

La stessa considerazione vale per quello scandalo che è il Governo Berlusconi, perché in fondo tale Governo ha fatto emergere i mali sommersi non solo della politica, ma anche della società italiana per poterli combattere con più facilità.

Oggi, tuttavia, ci troviamo davanti a quello scandalo nello scandalo che è il voto di fiducia sulla finanziaria. Sì, si tratta di un duplice scandalo, non solo perché il tal modo avete voluto mettere la mordacchia, non tanto all’opposizione quanto alla vostra stessa maggioranza, una maggioranza - badate bene - unita solo se costretta, minacciata e regimentata, ma per il fatto che non volete discutere nel merito una finanziaria che presentate come il simbolo, direi il manifesto programmatico della vostra visione di politica economica e fiscale.

Ebbene, nel momento in cui si dovrebbe discutere di questo tema cruciale, nel quale si compendia tutta una visione della politica sociale ed economica, sottraete il contenuto stesso della vostra innovazione alla discussione circostanziata e chiedete una ratifica al buio, fondata sulla costrizione del voto di fiducia.

In tal modo sottraete al Parlamento la discussione e la decisione sui contenuti, discutibili - per quanto presentati con garbo e con indubbia competenza dal ministro Siniscalco - per difendere la mera forma del vostro potere, del potere per il potere.

Ma è proprio questa operazione truffaldina che ci permettere di rinnovare la nostra convinta sfiducia verso questo Governo, verso un Governo che non solo intende deturpare la più bella Costituzione europea, cioè la Costituzione italiana, ma che nello specifico della vexata quaestio delle tasse colpisce al cuore il sacrosanto principio costituzionale della tassazione progressiva.

Per questi motivi, signor Presidente, noi neghiamo la fiducia all’onorevole Berlusconi per ridare fiducia al Paese. (Applausi dai Gruppi DS-U, Verdi-U e del senatore Falomi).

 

RIGHETTI (Misto-Pop-Udeur). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

RIGHETTI (Misto-Pop-Udeur). È veramente mortificante vedere che l'unico punto del dibattito politico, sul più importante strumento di politica economica del Governo, sia diventata la fiducia sul maxiemendamento. Una fiducia che serve a ridurre i vostri scontri interni, come dimostrano le dichiarazioni del ministro Maroni e del presidente Formigoni; per non parlare dell'assurdo commissariamento dei fondi per la Calabria affidati al ministro Calderoli.

Noi avremmo potuto e voluto discutere di una riforma fiscale giusta, che mettesse al primo posto la famiglia e le classi medio-basse. Ci troviamo di fronte a una mancia che il Governo concede a taluni, mentre allo stesso tempo aumenta tutta una serie di altre imposte, bolli e tasse. Una trasformazione seria del fisco avrebbe dovuto allargare la base imponibile, come ci insegna la "riforma Reagan" del 1986.

Quando saranno stati incassati gli oltre 2 miliardi di euro del condono edilizio previsti per il 2005, resta il problema di come coprire la riduzione delle tasse a partire dal 2006, necessitando, a regime, di una copertura di circa 6,5 miliardi dal 2006. Ci saranno quindi nuove imposte - altro che riduzione delle tasse! - considerato che avete più clientele di tutti i partiti della Prima repubblica messi insieme.

Questa riforma fiscale è ingiusta, perché ridistribuisce il reddito in modo sbagliato. Tra i redditi alti, i single sopra i 78.000 euro beneficiano più delle famiglie. Fra i redditi bassi, coloro che evadono, restando sotto una certa soglia di reddito, ricevono un ulteriore aiuto dallo Stato attraverso l'allargamento della fascia di franchigia.

Vi siete arresi di fronte alla larga platea di elusori e di evasori. Le buone intenzioni, pure enfatizzate dal ministro Siniscalco, rimangono lettera morta, se non vengono scritte nero su bianco in un provvedimento di legge.

Serve un fattivo coinvolgimento dei Comuni nell'accertamento dei redditi. Chi è onesto non ha nulla da temere dalla revisione dei sistemi di verifica fiscale. La somma di tutte le tasse - sulla persona e non - deve essere minore di quando non c'erano le addizionali, altrimenti diventa una vera e propria presa in giro per i cittadini.

Per quanto concerne la copertura, nemmeno noi abbiamo interdizioni ai tagli alla pubblica amministrazione, se sono mirati e validi - non a percentuale come nel disegno di legge in esame - o a tassare beni voluttuari e di lusso.

Avremmo voluto una riforma dei conti dello Stato che guardasse a una ridistribuzione del reddito, che introducesse meccanismi premiali nei confronti delle famiglie, che riducesse gli sprechi, che finanziasse la ricerca scientifica ad alti livelli, che si facesse carico dello sviluppo del Paese, che si occupasse della sicurezza dei cittadini, inclusa quella stradale, che registra un vero e proprio bollettino di guerra. Siamo, invece, di fronte a una manovra tutta elettorale, che ha il fiato corto e che farà scoppiare i conti dello Stato, finita la salita della campagna elettorale: una manovra che non merita la fiducia dei senatori Popolari-Udeur.

 

RIPAMONTI (Verdi-U). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

RIPAMONTI (Verdi-U). Signor Presidente, i Verdi voteranno contro la richiesta di fiducia posta dal Governo innanzitutto perché riteniamo che questo Governo non la meriti e soprattutto perché pensiamo che esso stia causando danni al nostro Paese.

Prima di tutto vi è un grave dissesto dei conti pubblici. È stata fatta una manovra nel mese di luglio per 7 miliardi di euro; il disegno di legge finanziaria ammonta a 24 miliardi di euro, il "decretino" recentemente approvato prevede altri 6 miliardi di euro. È quindi una manovra molto pesante che, per quanto riguarda l’ammontare dell’impegno finanziario, viene dopo quella del Governo Amato del 1992 (voglio ricordare che il nostro Paese era sull’orlo della bancarotta) e della manovra del Governo Prodi del 1996 (e voglio ricordare che in quell'occasione l’obiettivo era quello di centrare l’euro, cioè di entrare in Europa).

La manovra che stiamo esaminando è adottata solo per aggiustare i conti pubblici. Questa è la dimostrazione del buco che ha lasciato il ministro Tremonti, causato dalle misure una tantum, dai condoni, da previsioni di entrata sovradimensionate, da uscite senza coperture e anche da leggi sbagliate, come la Tremonti-bis, che ha elargito contributi in modo non selettivo e senza garantire interventi decisivi per l’occupazione e lo sviluppo.

Il ministro Siniscalco ha parlato di una fase di transizione da una situazione all’altra. Credo invece che il nostro Paese sia in una fase di stagnazione e il motivo si capisce guardando semplicemente i numeri, senza fare propaganda. C’è una crescita sostenuta a livello internazionale: si riscontrano alti tassi di crescita non solo in Paesi come la Cina e l’India, ma anche negli Stati Uniti. Il nostro Paese invece non è riuscito ad agganciare questo trend e la crescita è solo un terzo di quella prevista per gli Stati Uniti. Per quale motivo c’è questa situazione?

Il problema è che la nostra presenza sui mercati internazionali è crollata: nel 1995 la nostra quota sui mercati internazionali era pari al 5 per cento, mentre nel 2003 è scesa al 3,5 per cento, con un crollo del 30 per cento in pochi anni. La situazione è ancora più grave se ci confrontiamo con i nostri competitori europei: la Francia aveva una quota del 5,5 per cento ed è rimasta stabile; la Germania aveva una quota pari all’11 per cento ed è arrivata all’11,5 per cento.

Non è vero che l’Europa è ferma; l’Europa, seppure con difficoltà, cerca di agganciare questa ripresa e in particolare, con riferimento alla presenza sui mercati esteri, dimostra di essere in grado di competere. È il nostro Paese che non riesce a garantire una presenza adeguata sui mercati internazionali, siamo noi che perdiamo quote di mercato.

Allora il problema è quello della competitività. Occorre investire sulla ricerca, sull’innovazione tecnologica, sulla formazione per i lavoratori, sulle infrastrutture, cioè le ferrovie, le grandi autostrade del mare e le grandi autostrade informatiche. È necessario garantire sostegno ai redditi più bassi, al potere d’acquisto dei salari e delle pensioni. Tuttavia, siamo di fronte ad una situazione in cui le risorse sono scarse, per cui bisogna scegliere le priorità. La maggioranza e il Governo hanno lanciato una grande operazione ideologica: avete parlato di svolta epocale, avete proclamato che con meno tasse e minore peso dello Stato avreste garantito più libertà, più sviluppo, più lotta agli sprechi.

La verità è che ci saranno più tasse. Nel 2005 la pressione fiscale aumenta di 4 miliardi e mezzo di euro: questi sono i numeri, ministro Siniscalco. Inoltre, ci saranno meno servizi ai cittadini e più sacrifici per risanare i conti pubblici, perché gli sgravi non sono coperti. Il condono non produrrà il gettito che avete preventivato, vi sono tagli consistenti sulle tabelle, sono aumentati imposte e balzelli vari, dai bolli alle sigarette. Quale svolta epocale! Tra l’altro, nel 2005 non saranno 6 miliardi, ma 4,3 miliardi, cioè molto meno di quanto realizzato dai Governi dell’Ulivo negli anni scorsi.

È una riforma iniqua, perché premia i redditi più alti. Gli sgravi sono inefficaci per alimentare i consumi e per far crescere l’economia, perché i redditi più bassi, come sapete, hanno già subito l’aumento dei costi dei servizi locali e si stanno indebitando perfino per coprire le spese quotidiane.

Inoltre, i consumi che tengono sono quelli basati su beni di importazione, ad alto contenuto tecnologico; quindi, se favoriamo questa tendenza ai consumi, favoriamo i nostri competitori internazionali, ad ulteriore dimostrazione della nostra scarsa competitività e capacità di stare sui mercati.

Circa gli sgravi ai ceti medi, signor Presidente, voglio dire con franchezza che i soldi in più che rimarranno nelle tasche dei cittadini non saranno indirizzati ai consumi e agli investimenti. Infatti, in questo clima di incertezza non si sa se queste riduzioni saranno durature e in un clima di sfiducia basato sul fatto che siamo di fronte ad un Governo ondivago, in particolare sulle questioni di politica economica, sono convinto che questi soldi in più saranno destinati al risparmio.

Gli sgravi IRAP, inoltre, sono inefficaci e insufficienti. La ricerca verrà premiata solo per alcune decine di aziende. Gli sgravi per i nuovi assunti cosa sono, ministro Siniscalco, se non sgravi automatici? C'era una norma che funzionava nel nostro Paese, che prevedeva - appunto - gli incentivi automatici per la nuova occupazione e lo sviluppo: avete fatto di tutto per scassare quella norma e l'avete abrogata; adesso riproponete lo stesso principio. Probabilmente, avevamo allora ragione noi, ministro Siniscalco.

Spesso ci chiedete cosa avremmo fatto noi. Avremmo previsto, come ho detto, incentivi automatici per la nuova occupazione e per gli investimenti, misure più efficaci per la competitività e l'innovazione, la restituzione del fiscal drag, l'introduzione dell'imposta negativa per gli incapienti; soprattutto avremmo previsto un grande piano per il risanamento dei centri storici e, per stare al passo degli altri Paesi europei nostri competitori immediati (perché la Francia, la Germania, la Gran Bretagna e la Finlandia hanno già deciso cosa fare: investono sulle nuove tecnologie) avremmo investito sulla competitività e soprattutto sulla sostenibilità.

Il Protocollo di Kyoto, che tra poche settimane diverrà legge in Italia, non può essere considerato un vincolo per il sistema delle imprese e per il nostro Paese, ma deve essere ritenuto una grande opportunità per lanciare un piano di innovazione tecnologica finalizzato al risparmio energetico, all'efficienza, alla capacità di essere un Paese più moderno e innovativo. Questo non lo state facendo ed è quello che serve nel nostro Paese.

Infine, signor Presidente, osservo che è stato lanciato questo grande spot elettorale sulla finta riduzione delle tasse: si tratta, per l'appunto, di uno spot elettorale, perché il Presidente del Consiglio cerca di accreditarsi e di accreditare la sua immagine come il grande liberatore che, solo contro tutti, vuole tagliare le tasse. Solo contro tutti: contro la sua maggioranza, che non comprenderebbe la svolta epocale, contro l'Europa (che gli impedisce di aumentare il deficit), contro i sindacati, contro la stessa Confindustria e certamente contro l'opposizione, che vuole esercitare il suo diritto di criticarlo e di presentare proposte alternative. L'opposizione deve stare zitta, perché il monarca non può essere disturbato.

Per questi motivi, signor Presidente, bisogna mandarlo a casa nel più breve tempo possibile. (Applausi dai Gruppi Verdi-U, DS-U e della senatrice De Zulueta. Congratulazioni).

 

THALER AUSSERHOFER (Aut). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

THALER AUSSERHOFER (Aut). Signor Presidente, colleghi, in queste settimane siamo stati tutti testimoni di uno spettacolo che non fa onore al Paese, soprattutto alla sua classe politica ed in particolare alla sua maggioranza che lo governa.

Oggi il Senato esamina di fatto in prima lettura, anche se tecnicamente non è così, la più importante legge dello Stato. E questo perché il Governo, in assenza di una seria politica economica, non è riuscito a presentare un testo sul quale il Parlamento potesse lavorare seriamente; ha presentato un testo improvvisato, preoccupato di colmare i buchi di bilancio e di soddisfare le diverse esigenze dei partiti di maggioranza, ma carente di indicazioni sulle prospettive future della nostra economia.

Voglio ricordare che nel programma di questo Governo quello della riduzione della pressione fiscale, quale intervento necessario per consentire la ripresa dei consumi e riavviare il ciclo produttivo, è un punto cardine a cui il Presidente del Consiglio si è sempre considerato impegnato, facendone un cavallo di battaglia dell'ultima tornata elettorale.

Signor Ministro, condivido pienamente la necessità di ridurre la pressione fiscale a carico dei cittadini. L'Italia è uno dei Paesi con la più alta pressione fiscale e la competitività delle nostre imprese in campo europeo non c'è più.

Faccio l'esempio di un Paese a noi vicino, l'Austria, che sta adottando una politica fiscale molto coraggiosa, riducendo l'imposta sulle società al 25 per cento per aiutare le imprese a rimanere sul mercato, a mantenere i posti di lavoro e a farle crescere.

Il Governo qui da noi cosa sta facendo? Riduce le aliquote dell'IRE (e questo può andar bene) ma dall'altra parte, con modifiche apportate all'ultimo momento, introduce una serie di misure che comunque vanno a colpire indirettamente le tasche dei cittadini.

Allora quello che viene dato con la mano destra glielo si toglie con la mano sinistra! Da un lato, si alleggerisce l'imposizione diretta, quella più visibile, palpabile dal contribuente e, dall'altro, si appesantisce il prelievo indiretto che il contribuente avvertirà a conti fatti, a consuntivo, quando mettendosi le mani in tasca si accorgerà che la sua condizione finanziaria non è cambiata, se non, forse, in peggio.

Signor Ministro, nella sua replica lei si è soffermato molto sulla riduzione delle imposte dirette, ma nulla ha detto della pressione fiscale in generale. Questo evidenzia che il Governo non segue una politica trasparente di riduzione equa della pressione fiscale e una politica di sviluppo economico che erano previste nella riforma fiscale, che ancora oggi condivido in pieno e di cui vedrei necessaria l'attuazione per dare slancio all'economia.

Mi dispiace doverlo dire ma, a mio avviso, manca una guida politica coerente. La legge finanziaria ne è testimonianza. I testi che il Governo ha presentato hanno scatenato una serie di reazioni che hanno riaperto il dibattito sulla poca trasparenza dei conti pubblici e anche l'Unione Europea, temendo lo sfondamento del tetto stabilito dal patto di stabilità, sta ora svolgendo i dovuti approfondimenti.

Tutto ciò comporta certamente una perdita di immagine del nostro Paese in campo internazionale. Sarebbe stato utile un intervento da parte del Governo volto proprio al chiarimento, nel corso dell'esame della legge finanziaria, di tutti i dubbi emersi.

II Governo, purtroppo, non ha condiviso questa necessità, anzi si sottrae ad ogni confronto ponendo la fiducia.

Oggi abbiamo al nostro esame la terza versione della legge finanziaria. La prima versione, ossia quella presenta alla Camera, era priva di una consistente parte fiscale; tale parte e tante altre modifiche sono state inserite durante la trattazione in Commissione bilancio del Senato ed ora, in Aula, si è costretti a votare un testo ancora una volta stravolto dal Governo che ha pensato bene, per ridurre i tempi di approvazione e per non permettere a noi parlamentari di svolgere il nostro compito di controllo e di indirizzo e di proporre modifiche in merito agli argomenti trattati, di apporre la fiducia.

Si tratta di un'iniziativa grave e discutibile perché riguarda il provvedimento che indirizzerà la politica economica del Paese per il 2005 ed il giudizio sulla sua capacità di tenuta ne esce fortemente indebolito.

Dall’andamento dei lavori parlamentari risulta che la legge finanziaria per il 2005 sarà approvata avendo superato un esame del tutto incompleto dalla sola Commissione bilancio del Senato. Mi sembra molto poco e poco responsabile vista l'importanza che riveste il provvedimento.

Voglio soffermarmi brevemente su alcuni aspetti di questa manovra che, a mio avviso, meritano considerazione: il primo è quello che si riferisce al reperimento delle risorse per finanziarla.

Oltre ai tagli alle spese, o come sono stati etichettati, agli sprechi delle varie amministrazioni, si è ricorso all'aumento della pressione fiscale indiretta, ai tagli dei trasferimenti agli enti locali e al contenimento degli incentivi agli investimenti.

Cosa significa questo? Che a pagare saranno nuovamente i cittadini. Non è la politica che mi aspettavo, cioè una rigorosa politica di contenimento serio di spese.

Il secondo aspetto si riferisce al rispetto della legge n. 212 del 2000, ossia della legge in materia di statuto dei diritti del contribuente. Da una lettura, obbligatoriamente veloce del maxiemendamento, ho dovuto constatare che il Governo ha inserito una serie di disposizioni fiscali retroattive in netto contrasto con le disposizioni contenute nell'articolo 3 della legge citata che prevede chiaramente la irretroattività delle norme tributarie. Altro aspetto non trascurabile è l'aumento degli obblighi burocratici a carico dei cittadini e la previsione di tempi molto stretti per effettuare diverse nuove comunicazioni.

Siamo riusciti in Commissione bilancio ad eliminare un obbligo burocratico inutile ed ingiustificato per le imprese (mi riferisco alla eliminazione della reintroduzione dell'elenco clienti e fornitori abolito nel 1994), sperando di contribuire a non appesantire né il contribuente né l'Amministrazione finanziaria con dati inutili e ripetitivi. Speranza parzialmente svanita con il maxiemendamento che ha introdotto altre nuove comunicazioni.

Signor Presidente, l’amministrazione pubblica ha a disposizione talmente tanti dati dei propri contribuenti che bastano ed avanzano per fare controlli seri e combattere l’evasione fiscale.

Quello che deve essere cambiato è, a mio avviso, il sistema dei controlli e la misurazione della sua efficienza. L'efficienza dei controlli fiscali infatti non può essere misurata sull'accertato, ma dovrebbe essere misurata sull'effettivo riscosso.

Questa osservazione di carattere generale al senso della manovra proposta in questo modo dal Governo non vuole disconoscere quanto di buono c'è nella legge finanziaria al nostro esame.

Per esempio è per me motivo di soddisfazione la conferma di disposizioni per le quali in passato mi ero battuta, come la proroga dell'agevolazione fiscale per il gasolio da riscaldamento, il gas metano ed il teleriscaldamento, le agevolazioni previste per l'agricoltura, gli incentivi alla ricerca, la riduzione, anche se molto limitata, dell'IRAP, o altre che finalmente vedo realizzate, come la proposta da tempo avanzata dal mio Gruppo di prevedere degli sgravi fiscali più consistenti a favore di coloro che assistono anziani e portatori di handicap.

Tuttavia le ombre restano su questa finanziaria, che ci appare più preoccupata di trovare la quadratura contabile dello status quo piuttosto che offrire al Paese indicazioni convincenti, di largo respiro, su ciò che il Governo intende fare per assicurarne la crescita e lo sviluppo.

Queste considerazioni, unite al fatto che il Gruppo per le Autonomie non accetta più di dover votare un provvedimento che non ha seguito il corretto iter parlamentare e sul quale non è stato possibile un serio confronto costruttivo tra le forze politiche rappresentate in Parlamento, ci fa votare contro. Non diamo la nostra fiducia; speriamo però che il nostro voto faccia riflettere il Governo sul modo seguito e sulla necessità di fornire chiarimenti sui conti pubblici, di adottare una politica economica non fatta solo di annunci e di immagine, ma rivolta alle esigenze reali dei cittadini per dare loro più sicurezza e speranza per il futuro e considerarli spettatori non indifferenti e indispensabili protagonisti della possibile rinascita economica del Paese. (Applausi dai Gruppi Aut, DS-U, Mar-DL-U e Misto-SDI e del senatore De Paoli).

 

PIROVANO (LP). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

PIROVANO (LP). Signor Presidente, signor Ministro, colleghi, il retaggio della dissennata gestione assistenziale e dell'incredibile debito pubblico ereditati dal passato, nonché la situazione economico-finanziaria italiana, europea e mondiale sono le basi sulle quali il Governo e il Senato hanno dovuto operare per costruire una legge finanziaria innovativa sia per gli indirizzi che per la loro concreta realizzazione.

Invertire drasticamente l'impostazione di decenni che ha portato ad un carico fiscale pesantissimo e di conseguenza alla stagnazione e recessione della nostra economia era e sarà ancora per tante altre finanziarie la sfida difficilissima da vincere.

Il Gruppo della Lega Nord prende atto che dal 2005 inizia un nuovo modo di fare programmazione finanziaria con la volontà di rispettare gli impegni presi con i cittadini.

Devo però sottolineare come, nella tendenza ad innovare, continuino a convivere impostazioni assolutamente inaccettabili. L'assistenzialismo emerge ancora sfacciatamente. Le Regioni, se incapaci di gestire e di contenere il disavanzo nel settore sanitario, potranno aumentare le addizionali IRPEF e incrementare l'IRAP. Ricordo che nelle Regioni del Nord da anni si può constatare un netto miglioramento della capacità di gestire le risorse che in altre Regioni resta assolutamente disatteso.

La città di Roma continua ad essere considerata detentrice di diritti divini. Centinaia di milioni di euro a Roma capitale non saranno mai più un regalo. Tutti, ma proprio tutti, dovranno dimostrare una evidente capacità di gestire le risorse che i cittadini versano nelle casse dello Stato, per ora ancora centrale.

Dal 1960 con le prime 10.000 assunzioni inizia la saga dei forestali calabresi; la macchina assistenziale non ha freni e nel 1970 i forestali sono già 20.000; nel 1983 si arriva addirittura a 28.000; oggi sono circa 11.000, mentre in Lombardia sono 399 - in Veneto 441 e in Piemonte 396. Il controllo politico di tale situazione diviene una delle più grandi opportunità elettorali nazionali. Lo Stato dal 1984 ha uno specifico Fondo per i forestali istituito con la legge n. 442.

Questa legge, che vietava l'assunzione di operai forestali, consentiva però di assumere a tempo determinato coloro che l'anno precedente avevano svolto quel lavoro almeno per 51 giorni. Ad oggi, i forestali calabresi sono costati ai cittadini italiani circa 4 miliardi di euro. Serve una nuova politica che rispetti la dignità dei cittadini calabresi e della loro terra, una politica che finalmente crei uno sviluppo concreto. La Regione Calabria, pur trovandosi nell'Obiettivo 1, ha utilizzato solo un terzo dei finanziamenti europei ad essa destinati. Pochi giorni fa si è chiuso il bando per poter accedere a tali fondi senza che nessuno abbia presentato la benché minima domanda.

Il Ministro del lavoro e del benessere - anglicizzato in welfare - protesta giustamente per il prosciugamento dei fondi del suo Dicastero che mette a rischio il decollo della previdenza complementare. Il Governo deve dare precise assicurazioni sul reintegro di tali fondi indispensabili alla programmazione futura di una moderna previdenza in linea con le impostazioni europee.

In questa finanziaria convivono due anime, una delle quali mostra una moderna e concreta impostazione a migliorare. Nonostante la sinistra, ancorata ad una politica teorica e aridamente vuota di spinte innovative, insista con critiche strumentali, questa finanziaria rimarrà nella storia per il profondo cambiamento di impostazione rispetto all'atteggiamento tenuto dai Governi del centro-sinistra che con la riforma Visco avevano modificato l'IRPEF colpendo i redditi più bassi. Ricordiamoci che, a livello di aliquote intermedie, dal 40 per cento si era passati al 46 per cento per i redditi oltre i 135 milioni di vecchie lire, danneggiando di conseguenza proprio il ceto medio.

Questo Governo, nel rispetto del programma elettorale, ha innescato la riduzione della pressione fiscale con la ridefinizione delle aliquote IRPEF che oggi sono soltanto tre e precisamente: 23, 33 e 39 per cento.

Particolare attenzione è rivolta ai nuclei familiari trasformando le detrazioni in deduzioni dal reddito, facendo in modo che le famiglie meno abbienti con due figli a carico usufruiscano di un'esenzione di imposta sino a 14.000 euro.

La Lega Nord è particolarmente soddisfatta che il Governo abbia accolto una sua proposta, da tempo sostenuta, che favorisce le famiglie al cui interno vi siano persone diversamente abili riducendo la pressione fiscale di 1.820 euro in riferimento alle spese per gli addetti all'assistenza personale.

Dal 1° gennaio 2005 l'IRAP sul costo di tutto il personale addetto alla ricerca e sulle nuove assunzioni sarà ridotta, favorendo quindi la crescita dell'occupazione. Ma è grazie ad un emendamento della Lega Nord approvato in Commissione bilancio che l'IRAP è stata ulteriormente ridotta per le piccole e medie imprese - con un imponibile fino a 180.000 euro - aumentando le deduzioni.

Un'altra importante modifica fiscale introdotta dalla Commissione bilancio è la soppressione dell'adeguamento annuale sugli studi di settore in base alle elaborazioni ISTAT.

La determinazione del reddito presunto sarà oggi calcolata in accordo con le associazioni di categoria.

Con un accordo interno alla Casa delle Libertà si è eliminato l'obbligo degli elenchi clienti e fornitori da parte delle imprese e dei professionisti che avrebbe costituito un gravoso onere burocratico.

Il terremoto di novembre ha piegato la popolazione della Provincia di Brescia che, pur nel suo fermo orgoglio, deve essere concretamente aiutata.

Con grande soddisfazione la Lega Nord ha ottenuto uno stanziamento di 44 milioni in quindici anni ed ulteriori 30 milioni come contributo una tantum per l'anno 2005 per far fronte alle prime esigenze della ricostruzione.

Il tanto contestato obbligo di utilizzare il modello F24 per i versamenti dell'ICI è stato soppresso con buona pace di tutte le amministrazioni comunali, che avrebbero dovuto rimbalzare a Roma gli incassi dell’imposta comunale sugli immobili.

Un altro importante risultato ottenuto dalla Lega Nord è lo stanziamento di ben 70 milioni di euro per il triennio 2005-2007 quale concorso dello Stato sui mutui stipulati dalle imprese artigiane.

Dopo lo sfascio e le speculazioni sull'area di Arese della FIAT-Alfa Romeo, la Lega Nord ha ottenuto 156 milioni di euro destinati alla deindustrializzazione e alla promozione industriale delle zone di Arese, Rho, Garbagnate e Lainate.

Finalmente vi sono concreti finanziamenti per le nuove infrastrutture di cui il Nord ha un assoluto ed inderogabile bisogno.

Vi sono anche finanziamenti sino a 10 milioni di euro per il rimborso delle spese sostenute dalle famiglie costrette a cercare all'estero un bambino da adottare. Ricordo ai colleghi la bocciatura - da parte di questo Senato - del disegno di legge sul nuovo diritto di famiglia che avrebbe favorito l'adozione di bambini italiani che languono negli orfanotrofi.

L'impegno determinato del Governo sul contenimento della spesa pubblica e sulla drastica riduzione del costo della macchina burocratica non ha penalizzato le Forze armate, i Corpi di polizia, i Vigili del fuoco e i comparti della scuola e dell'università, fondamentali per lo sviluppo della ricerca e della tecnologia nel nostro Paese.

Un fondo di dotazione iniziale di 6 miliardi di euro è destinato all'investimento e all'innovazione attraverso la concessione di finanziamenti agevolati alle imprese.

L'obiettivo importante è la trasformazione delle elargizioni a fondo perduto in finanziamenti a tassi agevolati aumentando il numero delle imprese beneficiarie ed assicurando un effettivo controllo sull'uso del denaro pubblico.

Il Governo dunque ha posto la fiducia sulla finanziaria 2005, ma vorrei precisare che in realtà questa fiducia viene chiesta su un testo che è il risultato di un ampio lavoro svolto dalla Commissione bilancio del Senato. Tale lavoro, quest'anno, per la prima volta, si è sviluppato con un relatore della Lega Nord, il senatore Paolo Franco, cui rivolgiamo un ringraziamento per l'impegno profuso. (Applausi dal Gruppo LP).

Sul piatto della bilancia vi sono le due anime di questa finanziaria. La prima rappresenta la continuazione di un passato assistenzialista e centralista. La seconda, ancora in fasce, guarda al futuro di uno Stato federale.

Dopo una seria ed attenta valutazione, il Gruppo della Lega Nord, annunciando che vigilerà affinché la neonata impostazione finanziaria possa crescere al riparo dei pericoli di un nuovo centralismo, concede la fiducia al Governo. (Applausi dal Gruppo LP).

 

TAROLLI (UDC). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

TAROLLI (UDC). Signor Presidente, signor Ministro, onorevoli rappresentanti del Governo, siamo chiamati a un voto di fiducia ad un Governo che - mi si consenta questa premessa - si presenta per la prima volta in quest’Aula con un profilo diverso e aggiornato. In esso è stata infatti rafforzata la presenza dell’UDC attraverso l’incarico a vice premier dell’onorevole Marco Follini e a ministro per la funzione pubblica dell’onorevole Baccini, incarichi che si vanno ad aggiungere a quelli di ministro per le politiche comunitarie e di ministro per i rapporti con il Parlamento già rispettivamente retti dagli onorevoli Buttiglione e Giovanardi.

È un riconoscimento che premia non solo il lavoro svolto da tutta la classe dirigente di un partito nazionale, ma anche l’accresciuto ruolo che l’UDC ha avuto nelle ultime elezioni europee che hanno visto premiato il suo impegno con un incremento sostanziale di consensi. Questo è per noi motivo di soddisfazione, ma anche uno stimolo per continuare a tenere alto il profilo moderato dell’azione del Governo e a mantenere viva la migliore tradizione democratico-cristiana, e di questo riconoscimento diamo atto anche al presidente Berlusconi.

Siamo chiamati ad esprimere un voto di fiducia sulla manovra finanziaria. Eravamo ad un bivio: rispetto ad un contesto sia europeo che nazionale di bassa crescita o si proseguiva sulla strada del vivacchiare, oppure si imboccava in maniera decisa una strada nuova, ricca di rischi, carica di problemi, ma anche piena di prospettive e cioè quella di abbassare le tasse. Su questo concetto vorrei che fosse chiaro che tutte le scuole di pensiero di centro-destra, di centro-sinistra, di centro, all’unanimità riconoscono che l’abbassamento delle tasse costituisce un’azione di politica economica che può generare solo virtuosità, sviluppo e - se mi si consente il termine - lubrificare la macchina economica del Paese.

È dunque una misura innovativa, quasi una rivoluzione, quella che il Governo si appresta ad adottare con la presente manovra finanziaria.

Questa esperienza è stata già attuata con successo negli Stati Uniti, anche se in questo caso è stata soprattutto centrata sulla riduzione delle imposte delle imprese.

Diamo quindi inizio ad un percorso, che non si ritiene concluso con il voto. Ripeto, si dà avvio ad un percorso che magari durerà anni e che richiederà un aggiornamento del nostro modello di Stato sociale, ma che comunque si pone obiettivi di grande lungimiranza: in primo luogo quello di accrescere il reddito disponibile delle famiglie, giacché farlo significa sostenere la voce dei consumi che è una tra quelle determinanti per lo sviluppo della crescita; in secondo luogo, quello di ridurre una pressione dello Stato - il ministro Siniscalco l’ha definita "invasività" dello Stato - che consentirà di far emergere virtuosamente il sommerso. Il nostro Paese ha un tasso di sommerso altissimo e se riuscissimo ad intercettarne anche una minima parte, sappiamo quante risorse potremmo ottenere per sostenere lo Stato sociale e gli investimenti.

Quindi, signor Presidente, si tratta di un’azione che non nasce da fini propagandistici, ma dalla volontà di imprimere al nostro Paese una sterzata nell’interpretazione della politica economica al fine di sostenerlo. Nell’ambito di questo processo che - ripeto - è innovativo e quasi rivoluzionario, ma anche carico di grandi responsabilità che vengono assunte dalla maggioranza e dall’UDC è stato affrontato un tema dominante che è quello non solo della necessità di accrescere il reddito disponibile delle famiglie, ma anche di contrastare il fenomeno della denatalità, ampliando la capacità di protagonismo delle famiglie del nostro Paese.

Qui non si tratta di fare una rivoluzione rispetto al riconoscimento di diritti delle famiglie, tema su cui si è sviluppata l’azione economica di questi venti anni, ma di fare una scelta; e questa maggioranza ha fatto una scelta precisa in favore delle famiglie che fanno figli, che quindi contrastano il fenomeno della denatalità che è il fenomeno principe del decadimento del nostro Paese. (Applausi dai Gruppi UDC e AN).

Noi abbiamo nel nostro Paese due voci che non possono che allarmare. Da una parte abbiamo un bassissimo tasso di natalità che, se non contrastato, potrebbe determinare un orizzonte quasi da "terra dei morti"; dall’altra, mentre facciamo pochi figli, abbiamo un tasso di anzianità in crescita. Se quindi accoppiamo il tasso di bassa natalità a quello di anzianità, abbiamo un carico di problemi sulle spalle del bilancio pubblico incredibile. Operare allora un’inversione come quella che è stata fatta con questa finanziaria, investendo direttamente sulle famiglie che fanno figli, può essere una scelta che la sinistra non condivide - e noi siamo contenti che non la condivida! -, ma che noi abbiamo fatto in quanto la riteniamo scelta fondamentale per il Paese. (Commenti dal Gruppo DS-U).

 

TURCI (DS-U). Ma cosa stai dicendo?

 

TAROLLI (UDC). Questa operazione economica per l’UDC deve avvenire parallelamente, con eguale determinazione, al riparo da sfondamenti sul lato della finanza pubblica. Ed allora il ministro Siniscalco ha introdotto quest’anno nella legge finanziaria una misura anch’essa innovativa e quasi rivoluzionaria nella nostra cultura, cioè quella del tetto di spesa del 2 per cento; una misura che, se funzionerà, riuscirà probabilmente a regimentare una questione finora irrisolta.

Certo, signor Ministro, questa scelta, di cui noi le diamo atto, avrà i suoi effetti solo se riuscirà, attraverso un monitoraggio continuo, costante e rigoroso, a produrre i suoi effetti su tutti i centri di spesa da cui è costituito il nostro sistema di finanza pubblica.

Si tratta quindi di una manovra che guarda alle famiglie, cercando di accrescere il reddito disponibile, una manovra che guarda però anche alle regole dell’Europa e quindi fa propri i valori della stabilità e della virtuosità della finanza pubblica; ed è in questo contesto che il sottoscritto aveva proposto anche quella famosa alta Commissione che doveva essere uno strumento in grado di accompagnare e rafforzare l’azione del Governo, lontano da ogni retropensiero per cui questa iniziativa poteva essere di contrasto alla politica governativa. Voleva essere solo uno strumento ad adiuvandum per risolvere una questione che il nostro Paese si trascina da tanti anni.

Certo, non sono state ancora affrontate le misure necessarie per far fronte alle necessità del sistema produttivo e al grande tema della competitività. È questo un capitolo che il Governo - lo ha detto anche il Ministro questa mattina -, così come l’UDC, ritiene debba essere affrontato urgentemente, sin da domani mattina, dopo l’approvazione della finanziaria. Noi dobbiamo approntare un progetto di sostegno a tutta la struttura produttiva italiana che vada a premiare i settori della ricerca e della formazione, le aziende che realizzano internazionalizzazione; dobbiamo assolutamente premiare le aziende che realizzano accorpamento dimensionale perché, se facciamo crescere dimensionalmente le nostre aziende, abbiamo la premessa per poter essere competitivi sul piano internazionale; dobbiamo portare ad una migliore collaborazione il rapporto tra banche e imprese, perché il capitale finanziario è assolutamente determinante affinché le imprese possano fare meglio il loro lavoro. Questo è un terreno su cui bisogna investire, da potenziare con iniziative legislative da attuare nei prossimi mesi.

L’UDC ha arricchito la manovra finanziaria con l’introduzione di un’iniziativa originale, quella dell’estensione dello strumento della cessione del quinto dello stipendio anche ai soggetti privati. Vuol dire che abbiamo allargato questo strumento di finanziamento dai 6 milioni di cittadini che lo utilizzano oggi ai potenziali 14 milioni futuri. Crediamo di aver fatto un'iniziativa lodevole, soprattutto per le giovani coppie.

Ma la manovra finanziaria contiene molte altre iniziative meritevoli di essere ricordate, perché vanno nella direzione di tutelare il lavoro e la socialità. A tale riguardo, desidero ricordare ad esempio un tema a noi caro, che abbiamo proposto e che è stato raccolto dal Governo, e cioè l’esigenza di venire incontro alle famiglie che hanno soggetti anziani con problemi gravi e che si avvalgono di badanti. Insieme ai colleghi Ciccanti ed Eufemi, e accompagnati dal nostro presidente D’Onofrio, abbiamo introdotto una novità da questo punto di vista.

Non dimentichiamo neanche le iniziative nei confronti dei lavori socialmente utili, dei braccianti agricoli della Sicilia e dei forestali della Calabria. Su questo argomento mi sia consentita una precisazione: per noi i braccianti agricoli siciliani e i forestali della Calabria hanno gli stessi diritti e gli stessi problemi che hanno i lavoratori che sono stati colpiti da una crisi industriale come quella dell’azienda Volare nel varesino. (Applausi dal Gruppo UDC e del senatore Salerno).

Ripeto, sono lavoratori che hanno gli stessi diritti e quindi devono ricevere le stesse attenzioni che hanno i lavoratori che stanno a Varese. Se il Governo vuole approfondire come questi lavori vengono svolti, se vuole andare alla ricerca di strumenti per controllare che i soldi siano spesi bene, ciò è condivisibile ed è nelle sue facoltà esercitare tale controllo. Certamente non accettiamo però che vengano fatte discriminazioni.

Ricordo alla sinistra che tra l’altro il Ministro ci ha assicurato che la risposta a questi problemi non è temporanea ma strutturale; vale a dire che questi lavori devono essere sistemati per sempre, ma all’insegna della virtuosità. (Applausi dai Gruppi UDC e AN).

Sono stati affrontati anche i temi della ricerca, dell’università, del mondo della cooperazione. In conclusione, l’UDC ha svolto un ruolo determinante nell’elaborazione di questa manovra finanziaria ed ha concorso a determinare una nuova linea, che è una linea di svolta. Certamente si poteva fare di più e avremmo voluto fare di più, però ci siamo mossi in una situazione di grande difficoltà, che il Paese sta affrontando anche sul piano internazionale.

Tuttavia, i risultati ottenuti (voglio rappresentarlo all’Aula senza enfasi) sono stati raggiunti all’insegna della lungimiranza, del far bene, in modo da creare le condizioni affinché questo Paese possa davvero utilizzare gli strumenti previsti per crescere e per uscire dal tunnelin cui siamo caduti anche a causa dell’eredità che la sinistra ci ha lasciato. (Applausi dai Gruppi UDC, FI e AN. Molte congratulazioni).

 

SALERNO (AN). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

SALERNO (AN). Signor Presidente, onorevoli rappresentanti del Governo, colleghi, la finanziaria che ci accingiamo a votare con la procedura della fiducia segna una precisa svolta rispetto al passato, decisa e chiara rispetto anche a tutte le precedenti manovre finanziarie. Infatti al suo interno troviamo non solo norme innovative, di diligenza amministrativa, quale la fissazione del tetto del 2 per cento all’aumento tendenziale delle spese (ovviamente con l’esclusione delle spese cosiddette di valore sociale, come la previdenza e la salute).

Ma troviamo anche virtuosismi ed accelerazioni, cari colleghi, a cui il Paese, forse, non era abituato, che rappresentano vere e proprie svolte positive di gestione, ma soprattutto di mentalità, che dimostrano coraggio e determinazione. Esattamente come la decisione assunta di avviare, già dal 2005, la riforma delle aliquote IRPEF, la riduzione dell'IRAP e la nuova tassazione della famiglia.

Questa è la quarta finanziaria della legislatura, onorevoli colleghi, e va ricordato che sia questa che le altre non hanno mai aumentato di una lira prima, e di un euro poi, né le imposte dei cittadini né quelle sulle imprese. Nelle tre finanziarie che hanno preceduto l'attuale, e nonostante la pesante eredità lasciataci dal centro-sinistra (mi riferisco all'accertato e certificato buco di bilancio di circa 28.000 miliardi di lire) abbiamo ridato fiato alle imprese, dapprima con la legge Tremonti, che detassava gli utili reinvestiti, abbiamo dato il via ai grandi cantieri per la modernizzazione del Paese e abbiamo portato le pensioni minime degli anziani a livelli minimi di sussistenza, iniziando , cari colleghi (ce ne dobbiamo ricordare), una lenta ma costante detassazione della famiglia, fino ad oggi dimenticata se non addirittura punita da tutti i Governi che ci hanno preceduti.

Abbiamo finanziato per la prima volta e rifinanziato il made in Italy, sostenuto ricerca e innovazione con grande attenzione ai settori di eccellenza. Abbiamo avviato grandi ed importanti riforme della pubblica amministrazione e ne cito una per tutte: quella della Cassa depositi e prestiti. Per non parlare, poi delle tasse, queste famigerate tasse che nella storia della nostra Repubblica non sono state mai diminuite e men che mai per ben due volte durante la stessa legislatura: cari colleghi, ci dobbiamo ricordare che la prima volta è avvenuto a partire dal 1° gennaio 2003, con l'avvio del primo modulo di riduzione delle imposte sui bassi redditi; la seconda volta avviene oggi, dal 1° gennaio 2005, con l'avvio delle nuove aliquote, che detasserà, per altri 6 miliardi di euro, cittadini, anziani, imprenditori e lavoratori.

Per non dire della detassazione della famiglia che, come ho detto, premierà per la prima volta le famiglie con più di un figlio e quelle all'interno delle quali vivono gli anziani, ricevendo finalmente un premio sociale che ha un valore di riguardo e rispetto: una famiglia finalmente rispettata, con un premio non solo tangibile di sostegno finanziario, ma anche con un simbolico premio morale.

Veniamo anche all'IRAP che, come ho detto, abbiamo diminuito per le imprese in maniera forte per quanto riguarda l'innovazione e la ricerca, proprio a riprova dell'attenzione per la competitività che questo Governo ha posto a partire dalla prima finanziaria, come dicevo prima, con il varo della legge Tremonti, ma anche con l'attuale finanziaria, con l'aumento delle deduzioni anche per le nuove assunzioni cosiddette incrementali.

Anche qui voglio dire all'Assemblea, ai cari colleghi, che è persino incredibile che oggi la maggior parte delle accuse sulla mancata cancellazione dell'IRAP o su una sua più forte riduzione ci vengano rivolte proprio da coloro che l'hanno introdotta. (Applausi dai Gruppi AN, FI e UDC). Fu l'allora ministro Visco a farci questo triste regalo, dandoci la peggiore delle imposte mai registrata nella storia fiscale di un Paese moderno e occidentale sulla quale pende presso la Corte europea un pesantissimo giudizio di illegittimità.

Il centro-sinistra, il cosiddetto guardiano del lavoro e difensore dei lavoratori (a parole e demagogicamente), ci regalò una imposta, l'IRAP, inaccettabile proprio perché tassa il lavoro disincentivandolo, e tassa di più le imprese indebitate con il sistema bancario, perché è bene ricordare che dall'IRAP non è deducibile il costo degli interessi passivi. Vi lascio dunque immaginare in un sistema come quello italiano delle piccole e medie imprese, signor Presidente, tra i più indebitati d'Europa, quale sia l'effetto di questa pesantissima norma. Altro che competitività, senatori dell’opposizione!

Sento parlare poi di declino continuo e di tanti altri catastrofismi, che però non corrispondono alla realtà: l'Italia è un Paese con grandi risorse e grande coraggio e vi sta rispondendo con i fatti, partiti dell’opposizione, e ci viene da chiedere perché mai nei vostri cinque anni di Governo non avete fatto niente per la competitività, non un metro di autostrade nuove, non un metro di ferrovia nuova.

Credo che qui si confrontino due visioni non solo della politica, ma di intendere l'economia, la società, la cultura ed il progresso del nostro Paese.

Con questa finanziaria, con la seconda riduzione, si stanno restituendo complessivamente agli italiani, in tre anni e mezzo, circa 26 miliardi di vecchie lire per minori tasse; si sta premiando la famiglia, come mai è stato fatto, e a ottobre 2005 correrà il primo treno ad alta velocità sulla tratta Torino-Milano.

Qui si tratta, a volte, di prescindere addirittura da schieramenti politici e di distinguere tra chi va avanti e che va indietro, e credo che gli italiani l'abbiano capito. Permettetemi anche di ringraziare pubblicamente il presidente del Consiglio Berlusconi per la determinazione avuta sulla questione delle aliquote fiscali che ha segnato una vittoria della volontà di questo Governo, ma anche della sua serietà nel mantenere gli impegni assunti con gli elettori, permettendoci inoltre di dimostrare che lo slancio del 2001 non solo non si è spento, ma prosegue più forte che mai e che tanto ci separa da coloro che hanno governato prima di noi.

Alle parole noi abbiamo sostituito i fatti: due riduzioni delle tasse, una modernizzazione del Paese che adesso è una realtà, i provvedimenti per le imprese, con la detassazione degli utili reinvestiti e le riduzioni dell'IRAP, il riconoscimento delle deduzioni per la ricerca oltre alle nuove assunzioni. Sono fatti concreti che testimoniano che la competitività del sistema è al centro dell'attenzione del Governo e che tanta altra attenzione è stata data alla famiglia e ai redditi medio-bassi considerati prima veri fanalini di coda di tutti i Governi che hanno preceduto quest'ultimo.

A fronte di ciò stanno coloro che l'IRAP l'hanno introdotta, che verso la famiglia non hanno mai avuto una politica degna di tale nome e che ci hanno consegnato un Paese fermo agli anni Sessanta.

I nostri non sono slogan e lo dimostra il fallimento dei vostri scioperi generali, falliti in quanto la vostra stessa base appare disorientata e non si riconosce nelle vostre parole d'ordine e non vi segue perché non capisce come sia possibile scioperare contro chi vuole ridurre le tasse e dare più incentivi alla famiglia.

Ed alla fine voglio ringraziare, anche per la estenuante fatica fisica in Commissione bilancio, il ministro dell'economia e delle finanze Siniscalco, il presidente Azzollini e i tanti funzionari che dimostrano in ogni occasione una competenza professionale che onora non solo il Senato ma il Paese intero.

Per ultimo voglio ringraziare il collega Grillotti che, solo per un suo temporaneo impedimento, mi ha consentito con onore, ma forse indegnamente, di sostituirlo. (Vivi applausi dai Gruppi AN, FI, UDC e LP. Molte congratulazioni).

 

MORANDO (DS-U). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

MORANDO (DS-U). Signor Presidente, ho l'onore di svolgere questa dichiarazione di voto a nome dei Gruppi Democratici di Sinistra, Margherita e Misto-SDI, che ringrazio anche di aver voluto determinare, con questa sola scelta, e molto al di là del merito magari deludente di quanto sto per dire, un piccolo fatto politico. Mi riferisco a questa dichiarazione di voto unitaria delle forze che sono impegnate nel progetto di costruzione della Federazione dell'Ulivo.

Signor Ministro, noi facciamo discendere il giudizio su questa legge finanziaria e sulla politica economica del Governo da una valutazione realistica dello stato dell'economia del Paese.

Proprio in questi giorni autorevoli analisti hanno documentato l'esistenza di una diffusa percezione di incertezza sul futuro, una percezione che andrebbe, secondo quest'analisi, al di là degli stessi dati della realtà.

I cittadini italiani percepiscono una realtà peggiore di quella che in effetti è sulla base dei dati della contabilità nazionale. Verrebbe da dire: davvero un bel miracolo per il Presidente del Consiglio, mago nell’eccitazione del sistema delle aspettative.

Ma se andiamo ai fondamentali dell’economia, in realtà capiamo quanto siano profonde le cause di questa sensazione di incertezza e di insicurezza. E poi, ci ha detto stamattina in conclusione del suo intervento il Ministro dell’economia, e poi viene il problema della competitività. No: prima viene il problema della competitività, signor Ministro, noi partiamo dai fondamentali dell’economia. Ritmo di crescita della ricchezza nazionale, quota di commercio mondiale, produttività totale dei fattori, livello dei salari e dei profitti, andamento dei prezzi, occupazione, livello dei consumi e degli investimenti, grado di apertura dei mercati, livello e tutela dei risparmiatori e della trasparenza nella governance delle imprese, efficienza della pubblica amministrazione: questi sono i fondamentali dell’economia da cui noi partiamo.

Da questo esame, dall’esame dei fondamentali dell’economia, signor Ministro (voglio dirlo subito e chiaramente), noi traiamo la conclusione che esistono le condizioni materiali e immateriali, economiche e sociali, per risollevarci, per riconquistare quote di commercio mondiale, per tornare a far crescere la ricchezza nazionale. Ma oggi queste risorse (non enormi, certo, ma esistenti e significative) sono penalizzate dalla politica economica.

Tra le imprese italiane, la vostra politica economica, la politica economica di questi ultimi anni, premia con un più elevato livello dei profitti quelle che operano - attenzione - al riparo dalla concorrenza internazionale, in quei mercati dei grandi servizi a rete che voi, signori del Governo, non avete aperto, non avete liberalizzato, con il duplice devastante effetto di far gravare sull’economia italiana costi più elevati a paragone di quelli che sono sopportati dalle imprese europee e di indurre gli investitori a concentrare la loro attenzione proprio su quei settori protetti dalla competizione internazionale, alla ricerca di sovrapprofitti da rendita e da monopolio.

C’è da stupirsi, le chiedo, professor Siniscalco, se in questo contesto da noi le nuove tecnologie in buona sostanza sono usate più per aumentare il numero dei telefonini che per aumentare la produttività totale dei fattori?

Tra i lavoratori, la vostra politica economica è tale che in un quadro di difficile tenuta, e nell’ultimo anno addirittura di caduta del potere d‘acquisto dei salari degli operai e degli impiegati, le retribuzioni più penalizzate sono quelle dei lavoratori a più alto livello di produttività, cioè quelle dei lavoratori che operano nelle imprese impegnate nella competizione globale. Imprese, lavoratori: chi più si impegna per far crescere la capacità competitiva del sistema, più viene penalizzato dalla politica economica. Chi invece è meglio incistato nel sistema degli interessi economico-corporativi, viene maggiormente premiato dalla vostra politica economica.

E tra i giovani questa tendenza a penalizzare il merito è addirittura enfatizzata. Tutte le esigenze di flessibilità del sistema sono state scaricate su di loro, senza quel sistema di ammortizzatori sociali di tipo universale che potrebbe finalmente stendere sotto di loro una robusta rete di sostegno per far sì che possano progettare il futuro anche a prescindere, signor Ministro, dalla pensione di papà o addirittura del nonno.

La mobilità sociale si è progressivamente bloccata, a proposito di giovani: chi nasce in una famiglia più sfortunata sotto il profilo del reddito e della formazione dei genitori ha un elevatissimo grado di probabilità di rimanere a quel gradino della scala sociale o addirittura di scenderne, al contrario di chi ha la fortuna di nascere in famiglie più fortunate per ciò che riguarda il reddito e il livello di formazione dei genitori. Eppure, signor Ministro, se il problema fondamentale che è aperto è quello di far crescere le dimensioni della torta, la ricchezza nazionale, allora la politica economica deve far leva proprio sulle componenti più dinamiche della società italiana, aggredendo con politiche di radicale riforma gli interessi corporativi che ne soffocano l’iniziativa e la capacità di competere.

Ora, colleghi della maggioranza, cosa dice la vostra finanziaria a queste componenti più dinamiche dell'economia e della società italiana?

La migliore risposta l'hanno data in questi giorni due Ministri del Governo. Il primo, l'ineffabile Ministro delle attività produttive - bisognerebbe studiare per cambiargli nome, se rimane lui - ha rinviato tutto e tutti a dopo le feste, quando presenterà - bontà sua! - il disegno di legge per la competitività. Le imprese e i giovani italiani possono attendere e nel frattempo incassano altri tre anni di blocco delle assunzioni e di ingresso al CNR. Sottolineo che l'età media dei ricercatori al CNR è di 54 anni, signor Presidente, sei anni ininterrotti di blocco per i migliori cervelli che abbiamo in Italia, i cervelli dei nostri giovani. (Applausi dai Gruppi DS-U, Mar-DL-U, Verdi-U, Misto-Com, Misto-RC, Misto-SDI e Misto-Pop-Udeur). Le imprese, invece, incassano - colleghi della Lega, per favore - la mirabolante cifra di 20 euro all'anno di riduzione dell'IRAP.

Il secondo, il Ministro del welfare - del lavoro, insomma - ha scoperto solo ieri, con una tempestività effettivamente un po’ dubbia, che la legge finanziaria non contiene le risorse per consentire l'avvio dei fondi pensione integrativi.

Sono, dunque, due Ministri del Governo di centro-destra che testimoniano con le loro dichiarazioni che la legge finanziaria non contiene, da un lato, alcun provvedimento che accresca la produttività totale dei fattori, cioè la capacità competitiva del sistema, dall'altro, non promuove la crescita di quei nuovi investitori istituzionali, i fondi pensione, che potrebbero alimentare gli investimenti, la cui caduta - signor Ministro, lei mi insegna - da tre anni consecutivi è uno dei fattori fondamentali che spiega perché la produttività totale dei fattori in Italia cade, sia pure in un contesto di discreto andamento della produttività del lavoro in senso stretto.

La costruzione immediata dei fondi pensione con la necessaria compensazione per le imprese e i necessari incentivi per i lavoratori sarebbe stata tanto più necessaria in quanto sul versante della tutela del risparmio il Governo ha deciso di non fare nulla, ormai a un anno e mezzo dall'esplosione degli scandali che tutti conosciamo, della norma sulla tutela del risparmio.

La crescita deriverà, allora, signor Ministro, dalla riduzione della pressione fiscale disposta da questa legge finanziaria?

Via, colleghi, non scherziamo. Si dice "pressione fiscale" - mi scuso, signor Presidente, per l'assoluta pedanteria - la somma di tributi e contributi in rapporto al prodotto interno lordo. La legge finanziaria dispone - come dimostra la relazione tecnica ad essa allegata - un aumento della pressione fiscale nel 2005 rispetto a quello che si determinerebbe a legislazione vigente di 4,5 miliardi di euro. Il ministro Siniscalco questa mattina ci ha detto una cosa che, per la verità, in sé è vera, cioè che la pressione fiscale scenderà nel 2005 dal 41,8 al 41,2 per cento del PIL.

Allora, io ho torto e il Ministro ha ragione, la pressione fiscale scenderà. Per spiegare chi ha ragione e chi ha torto, signor Ministro, deve leggere il suo Documento di programmazione economico-finanziaria a pagina 35, quadro delle previsioni a legislazione vigente: a legislazione vigente, cioè se il Governo non ci fosse e non facesse assolutamente nulla, nel 2005 la pressione fiscale scenderebbe di un punto percentuale di PIL.

Ecco perché, con l'intervento del Governo che aumenta la pressione fiscale, certamente la pressione fiscale 2005 scenderà non più di un punto, come accadrebbe se il Governo non ci fosse, e questo è il dato che avete scritto nel DPEF, pagina 35, del relativo atto Senato, ma soltanto dello 0,6 per cento perché voi la aumentate, rispetto al tendenziale a legislazione vigente, dello 0,4 per cento. (Applausi dai Gruppi DS-U, Mar-DL-U, Verdi-U, Misto-Com, Misto-RC, Misto-SDI e Misto-Pop-Udeur).

Si può quindi dichiarare esaurito l’interessante dibattito teorico che si è sviluppato in queste settimane sul seguente dilemma: il prodotto interno lordo cresce di più se la riduzione della pressione fiscale avviene in deficit oppure cresce di più se questa riduzione della pressione fiscale viene finanziata da un proporzionale taglio delle spese?

È un interessante dibattito, signor Presidente, ma non è appropriato alla situazione italiana, visto che la legge finanziaria non dispone alcuna riduzione della pressione fiscale, ma dispone un suo aumento. (Applausi dai Gruppi DS-U, Mar-DL-U, Verdi-U e Misto-Com). È un bel dibattito, ma lo dobbiamo applicare ad un altro oggetto, non a questa legge finanziaria.

Ma noi, in ultimo, colleghi, cosa avremmo fatto se fossimo stati al posto vostro? Beh, voi non ce ne avete nemmeno fatto discutere, perché tra fiducia di qui, fiducia di là, non si è potuto far niente. Ma noi a questa domanda abbiamo persino tentato di rispondere proprio presentando degli strumenti di legge, con i nostri emendamenti.

Ne cito soltanto tre, signor Presidente, che sono l’emblema di quella che io considero un’altra politica economica.

Il primo è un emendamento per ricostruire una fiscalità di vantaggio per il Sud. Signor Ministro, lei questa mattina ci ha parlato di una "prima" misura di fiscalità di vantaggio per il Sud; io direi una "piccola", non una "prima" misura; "prima" di nulla, perché c’era già la misura di fiscalità di vantaggio: erano i crediti automatici d’imposta per gli investimenti e le assunzioni nel Mezzogiorno. (Applausi dai Gruppi DS-U, Mar-DL-U, Verdi-U, Misto-Com e Misto-RC). Poi l’avete massacrata, quella misura, l’avete tolta di mezzo; noi l’abbiamo riproposta e realizzeremmo questa scelta graduandola per intensità in rapporto alla dimensione delle risorse disponibili e articolandola anche (abbiamo avanzato una nuova proposta, ma nessuno ne ha parlato, per carità, perché mica questo si discute a "Porta a Porta") per genere, addirittura, in quanto siamo convinti che, per ogni cento donne in età fertile assunte in più nel Mezzogiorno, si può ottenere un aumento ulteriore di venti posti nel mercato dei servizi.

Il secondo emendamento riguarda i crediti d’imposta automatici per le piccole e le medie imprese che si consorziano per assegnare commesse di ricerca alle università e ai centri di ricerca pubblici, così affrontando il problema che rende gli investimenti privati in ricerca in Italia troppo bassi, perché è la dimensione delle imprese che li rende sostanzialmente impossibili.

Il terzo emendamento prevede la defiscalizzazione (signor Ministro, sono certo che, se discutessimo al di fuori di questa sede, lei sarebbe d’accordo con me) per la quota di salario da contrattazione di secondo livello, incoraggiando così l’importante accordo concluso recentemente da CGIL, CISL e UIL e le organizzazioni delle imprese artigiane.

Sud, conoscenza, nuova contrattazione: noi vi abbiamo proposto di occuparci assieme del futuro dell’Italia; voi ci avete risposto con una finanziaria che dispone 2 miliardi di euro di imposte in più, su bolli, concessioni governative e sigarette, e 13 (li ho contati) nuovi balzelli. Voi non meritate la nostra fiducia. (Vivi applausi dai Gruppi DS-U, Mar-DL-U, Verdi-U, Misto-Com, Misto-SDI e Misto-RC e del senatore Amato. Molte congratulazioni).

 

AZZOLLINI (FI). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

AZZOLLINI (FI). Signor Presidente, iniziando il mio intervento, sono fortemente tentato dall’idea di fare polemica con i colleghi del centro-sinistra, perché è fin troppo facile notare la profonda confusione in cui versano e hanno versato in questo periodo.

Prima che il Governo presieduto dal presidente Berlusconi desse l’impulso per la riduzione generalizzata delle tasse, si diceva che questa misura non era efficace; subito dopo che questo impulso è stato dato e la riduzione delle tasse è stata introdotta in finanziaria, si è detto che questa non era sufficiente, che si sarebbe fatto altro; oggi si afferma addirittura che le tasse aumentano.

Se andassimo nel dettaglio, la nostra polemica avrebbe davvero vita facile in questo momento. Farebbero bene i colleghi ad organizzare - come si fa tradizionalmente - almeno una decente linea di difesa! Se non vi riescono, visto che io non dubito della loro intelligenza, evidentemente sono di fronte a fatti così circostanziati che non esito a definire macigni.

In questo momento, non mi interessa tanto fare polemica, quanto rivisitare sommariamente i punti fondamentali del disegno di legge finanziaria in esame. Comincio subito sottolineando che nessuno, neanche il centro-sinistra, ha potuto disconoscere che questa finanziaria è stata costruita in modo assolutamente trasparente: nella prima fase del disegno di legge finanziaria tutti hanno riconosciuto lo sforzo di trasparenza compiuto dal Governo.

Tale sforzo è stato fatto attraverso due grandi strumenti, con cui si è inteso effettuare una manovra di rigore che riconduce il rapporto tra deficit e PIL entro i parametri di Maastricht. Ciò non è semplice perché - come è noto a tutti voi - parecchi Paesi, anche molto importanti dell’Unione Europea, non riescono a raggiungere tale obiettivo. Con questa finanziaria, invece, noi ci riusciamo attraverso due misure.

La prima è il tetto del 2 per cento di aumento della spesa pubblica, con alcune significative eccezioni relative, in particolare, al mondo dell’istruzione e della ricerca. Ricordo bene l’ironia con cui questo provvedimento è stato accolto inizialmente, che si è poi stemperata lentamente in una critica, ed oggi non sento neanche critiche.

In realtà, l’innovatività di tale strumento va colta in tutta la sua importanza. Per la prima volta, una misura di riduzione e contenimento del deficit e del debito non si esercita attraverso quella che viene comunemente definita "macelleria sociale" (come molti avrebbero sperato fosse); si tratta piuttosto di una misura che non penalizza l’economia, corregge le distorsioni ed elimina o punta ad eliminare gli sprechi e gli eccessi che - come tutti riconoscono - influiscono negativamente sullo sviluppo economico della Nazione. (Applausi dal Gruppo FI).

La seconda misura è la revisione degli studi di settore. Non uso gerghi strani, dovendo parlare a tanti cittadini; so che in politica si parla di manutenzione della base, ma in verità si tratta di una revisione degli studi di settore. Nel testo oggi al nostro esame, tale revisione deve concordarsi con le categorie prive di automatismi e in linea con le tendenze dell’economia.

A chi si lamenta che il lavoro del Parlamento è stato inefficace voglio ricordare con una punta di orgoglio per il mio Gruppo, per la Casa delle Libertà e per l’intero Parlamento che su tale punto l’iter del disegno di legge finanziaria ha subìto sostanziali modifiche, il dialogo con il Governo è stato serrato e, quindi, il nuovo indirizzo dell’Esecutivo è stato non solo recepito (non automatico, ma da concordarsi con le categorie), ma è stato anche coerentemente e correttamente coperto, e sfido chiunque ad affermare il contrario. Infatti, anche in questo caso è stata ridotta la spesa corrente e, dunque, gli eccessi e gli sprechi.

Se in questa sede, potessimo rivedere come sono state realizzate alcune manovre del passato, credo che otterremmo una vittoria secca, perché spesso in passato le manovre di questo tipo erano - mi sia consentita l’espressione, signor Presidente - totalmente "spider", cioè senza alcuna copertura. Sono pronto ad affrontare questo tema sempre e in qualsiasi sede dovessi farlo. (Applausi dai Gruppi FI, AN e UDC).

Il Governo, però, oltre al rigore, ha incentrato l’attenzione anche sullo sviluppo. Anche in questo caso, onorevoli colleghi, capisco tutte le polemiche, ma ciò è stato dichiarato nel programma di Governo, è stato affermato dal Presidente del Consiglio prima di iniziare l’iter del disegno di legge finanziaria e, quindi, è stato fatto, perché siamo abituati a mantenere gli impegni assunti. In tal modo, siamo arrivati alla riduzione delle tasse.

Dirò dopo quale è il segno di fondo di tale riduzione che è innegabile. Tuttavia, voglio soltanto aggiungere che sul piano generale si tratta della prima riduzione generalizzata delle imposte sul reddito degli ultimi decenni!

 

BONAVITA (DS-U). Bugiardo!

 

AZZOLLINI (FI). Può essere poco, forse troppo, ma comunque è stata la prima riduzione generalizzata delle imposte sul reddito. (Applausi dai Gruppi FI, UDC e AN).

 

BRUNALE (DS-U). Non è vero!

 

AZZOLLINI (FI). Non solo, perché anche le polemiche vanno spente. Questo modulo non è il primo che l’attuale Governoutilizza, già nel 2002 erano state aumentate le detrazioni per i figli con beneficio per oltre 10 milioni di contribuenti ed uno sgravio di 2 miliardi di euro ed erano le famiglie meno abbienti. Nel 2003 sono state accorpate le aliquote più basse e la no tax area è stata aumentata con uno sgravio di 6 miliardi di euro e così altri 13 milioni di contribuenti hanno beneficiato di quel provvedimento. Con il modulo di quest’anno, con il contributo di solidarietà e l’aumento ulteriore della no tax area le famiglie numerose e a basso reddito ricevono il beneficio più significativo. Quindi anche la polemica dei Robin Hood alla rovescia è francamente infondata e, ripeto, risibile. Nessun contribuente italiano ha ricevuto aggravi dalla manovra del Governo e questo è un dato di fatto a mio avviso inoppugnabile! (Applausi dai Gruppi FI, UDC e AN).

Non solo, anche per quanto riguarda l’IRAP alcuni colleghi lamentano la sua scarsa riduzione; ebbene, la risposta in questo caso è facilissima: perché non è stata ridotta prima, o meglio perché era stata introdotta con un aggravio di 9.000 miliardi per le casse dello Stato? (Applausi dal Gruppo FI).

In ogni caso non è stata prevista l’IRAP per i ricercatori ed è stata stabilita una progressiva riduzione dell’IRAP per la no tax area fino ad 8.000 euro; inoltre, nelle aree sottoutilizzate il beneficio è raddoppiato e l’IRAP sui nuovi assunti è stata abolita. Anche qui chi dice che questo Parlamento si è esercitato su altro, sbaglia! Questo Parlamento si è esercitato su questi temi e sono state introdotte modifiche significative durante il corso dell’esame della manovra finanziaria ed oggi la legge è migliore. Abbiamo lavorato bene e lo possiamo dire con grande orgoglio. (Applausi dai Gruppi FI, UDC e AN). Peraltro, questo vale 750 milioni di euro.

Una piccola puntata sulla questione dello sblocco addizionale. Sapete bene che non c’è uno sblocco generalizzato delle addizionali, ma che si riferisce soltanto a misure di copertura di eccessi di disavanzo sanitario che, ribadisco, se non ci fosse questa norma sarebbero stati pagati tout court dallo Stato. Noi abbiamo cercato di introdurre misure di carattere dissuasivo e questo è quanto è accaduto di preciso e voglio sottolinearlo. Attenzione, tale norma si accompagna ad un aumento secco - che nessuno ha rilevato - delle risorse a favore del Servizio sanitario nazionale per un importo di 7 miliardi e mezzo di euro. (Applausi dai Gruppi FI, UDC, AN e LP).

Si tratta del più grande incremento degli ultimi decenni! Passiamo ad una percentuale a favore del Servizio sanitario nazionale che è in linea con i target più alti dell’Unione Europea. Non si affermino quindi certe cose a riguardo, visto che si tratta di 7 miliardi e mezzo di euro.

Infine, altro motivo di orgoglio per il Parlamento, abbiamo semplificato il rapporto tra fisco e contribuente e il Governo è stato sensibile a queste nostre istanze; una serie di misure - ne hanno già parlato alcuni colleghi - che complicavano il rapporto tra cittadino e fisco sono state dal Parlamento modificate in maniera tale da migliorare e semplificare in un’ottica liberale questo tipo di rapporti.

Insomma, e termino su questo, anche per quanto riguarda il discorso sulle aree del Mezzogiorno, cosa dicono i colleghi del centro-sinistra? Ci accusano di avere fatto poca fiscalità di vantaggio. Certamente, e la domanda sarebbe sempre la stessa: perché non avevate fatto di meglio? Abbiamo però anche detto chiaramente che questo è il primo modulo e che ci impegniamo a fare di più e meglio. Voglio ricordare anche a tutti che sono stati aumentati complessivamente i fondi per le aree sottoutilizzate del Mezzogiorno e che ci sono norme di tutela per gli investimenti nel Mezzogiorno che rimangono significative.

Per concludere, è evidente che per la prima volta il taglio delle tasse viene introdotto con due puntuali significati. Il primo è di carattere politico-ideale: riteniamo che lo Stato debba invadere i cittadini e l’economia il meno possibile! (Applausi dai Gruppi FI, LP e UDC). Così si realizza un taglio generalizzato delle tasse in osservanza di un principio politico ideale. Può andare peggio o meglio, ma questo è il nostro intendimento, confermato dal nostro operato.

Vi è però di più: noi prevediamo il taglio delle tasse con una significativa impostazione economica. La storia dirà in seguito come è andata questa vicenda, ma per noi la situazione è chiara. Colleghi, l’Italia registra all’interno dell’Europa una crescita non elevata. Noi riteniamo che il taglio delle tasse può consentire un miglioramento della competitività e della produttività del nostro Paese. Ciò viene confortato - scusate la piccola dissertazione colta - da ben due premi Nobel, cioè sia da Prescott che da Mandell; anche il centro-destra qualche volta legge, la cultura non è soltanto appannaggio del centro-sinistra! (Applausi dai Gruppi FI, AN, UDC e LP. Commenti della senatrice Piloni).

Questa linea è confermata a livello autorevolissimo e quindi noi ne siamo convinti. Dopo anni in cui la contrazione della produttività e della competitività a livello europeo è stata significativa, noi tentiamo di introdurre la leva fiscale come leva di sviluppo. Conosco bene le grandi contraddizioni, ma questo è il nostro intendimento. Riteniamo di esserci riusciti e pertanto il Gruppo Forza Italia esprime non soltanto con convinzione, ma anche con determinazione e serenità, la propria fiducia al nostro Governo. (Vivi applausi dai Gruppi FI, AN, UDC e LP e dai banchi del Governo. Molte congratulazioni).

 

PRESIDENTE. Procediamo dunque alla votazione dell’emendamento 1.2000 (testo corretto).

 

Votazione nominale con appello

 

PRESIDENTE. Ricordo che ai sensi dell'articolo 94, secondo comma, della Costituzione, e ai sensi dell'articolo 161, comma 1, del Regolamento del Senato, la votazione sulla fiducia avrà luogo mediante votazione nominale con appello.

Indíco pertanto la votazione nominale con appello sull'emendamento 1.2000 (testo corretto), presentato dal Governo, interamente sostitutivo degli articoli del disegno di legge n. 3223, sul quale il Governo stesso ha posto la questione di fiducia.

I senatori favorevoli alla fiducia risponderanno sì; i senatori contrari risponderanno no; i senatori che intendono astenersi risponderanno di conseguenza.

Ricordo che ciascun senatore chiamato dal senatore segretario dovrà esprimere il proprio voto passando innanzi al banco della Presidenza.

Voteranno per primi i senatori Presidenti di Gruppo parlamentare, in quanto dovranno partecipare alla Conferenza dei Capigruppo.

Invito il senatore segretario a procedere all'appello di tali senatori.

(I predetti senatori rispondono all'appello).

Estraggo a sorte il nome del senatore dal quale avrà inizio l'appello nominale.

(È estratto a sorte il nome del senatore Semeraro).

Invito il senatore segretario a procedere all'appello, iniziando dal senatore Semeraro.

 

Presidenza del vice presidente MORO

 

ROLLANDIN, segretario, fa l'appello.

Rispondono i senatori:

Agogliati, Agoni, Alberti Casellati, Archiutti, Asciutti, Azzollini

Balboni, Baldini, Barelli, Battaglia Antonio, Bergamo, Bettamio, Bevilacqua, Bianconi, Bobbio Luigi, Boldi, Bonatesta, Bongiorno, Borea, Boscetto, Bosi, Brignone, Buccero

Calderoli, Callegaro, Camber, Cantoni, Carrara, Caruso Antonino, Castagnetti, Castelli, Centaro, Chincarini, Chirilli, Ciccanti, Cicolani, Cirami, Collino, Comincioli, Compagna, Consolo, Contestabile, Corrado, Costa, Cozzolino, Crinò, Cursi, Curto, Cutrufo

D’Alì, Danieli Paolo, Danzi, De Corato, Dell'Utri, Delogu, Del Pennino, Demasi, De Rigo, D’Ippolito, D’Onofrio

Eufemi

Fabbri, Falcier, Fasolino, Favaro, Federici, Ferrara, Firrarello, Florino, Forlani, Forte, Franco Paolo

Gaburro, Gentile, Girfatti, Giuliano, Greco, Grillo, Grillotti, Guasti, Gubetti, Guzzanti

Iannuzzi, Iervolino, Ioannucci, Izzo

Kappler

La Loggia

Maffioli, Magnalbò, Malan, Manfredi, Mantica, Manunza, Marano, Massucco, Meduri, Meleleo, Menardi, Minardo, Moncada, Monti, Moro, Morra, Morselli, Mugnai, Mulas

Nessa, Nocco, Novi

Ognibene

Pace, Palombo, Pasinato, Pastore, Pedrazzini, Pedrizzi, Pellegrino, Pellicini, Peruzzotti, Pessina, Pianetta, Piccioni, Pirovano, Pontone, Ponzo, Provera

Ragno, Rizzi, Ronconi, Ruvolo

Salerno, Salini, Salzano, Sambin, Sanzarello, Scarabosio, Schifani, Scotti, Semeraro, Servello, Sestini, Siliquini, Sodano Calogero, Specchia, Stiffoni, Sudano

Tarolli, Tatò, Tirelli, Tofani, Tomassini, Travaglia, Tredese, Trematerra, Tunis

Ulivi

Valditara, Vanzo, Vegas, Ventucci, Vizzini

Zanoletti, Zappacosta, Ziccone, Zorzoli

Rispondono no i senatori:

Acciarini, Amato, Andreotti, Angius

Baio Dossi, Baratella, Bassanini, Basso, Bastianoni, Battafarano, Battaglia Giovanni, Battisti, Bedin, Betta, Bettoni Brandani, Biscardini, Boco, Bonavita, Bonfietti, Bordon, Brunale, Brutti Massimo, Brutti Paolo

Caddeo, Calvi, Carella, Casillo, Castellani, Cavallaro, Chiusoli, Colombo, Coviello, Crema

Dalla Chiesa, D’Amico, D'Andrea, Danieli Franco, Dato, De Paoli, De Petris, De Zulueta, Di Girolamo, Dini, Di Siena, Donati

Falomi, Fassone, Filippelli, Flammia, Forcieri, Formisano

Gasbarri, Giaretta, Gruosso, Guerzoni

Labellarte, Lauria, Legnini, Liguori, Longhi

Maconi, Malabarba, Mancino, Manieri, Manzella, Manzione, Marini, Marino, Maritati, Martone, Mascioni, Michelini, Montagnino, Montalbano, Monticone, Montino, Morando, Murineddu, Muzio

Nieddu

Pagano, Pagliarulo, Pascarella, Pasquini, Peterlini, Petrini, Piatti, Piloni, Pizzinato

Rigoni, Rollandin, Rotondo

Salvi, Scalera, Sodano Tommaso, Soliani, Stanisci

Tessitore, Thaler Ausserhofer, Togni, Tonini, Treu, Turci

Vallone, Veraldi, Vicini, Viserta Costantini, Viviani

Zancan, Zanda, Zavoli.

Dichiaro chiusa la votazione e invito i senatori segretari a procedere alla numerazione dei voti.

 

(I senatori segretari procedono alla numerazione dei voti).

 

Sospendo pertanto brevemente la seduta.

(La seduta, sospesa alle ore 13,40, è ripresa alle ore 13,45).

 

Proclamo il risultato della votazione nominale con appello dell'emendamento 1.2000 (testo corretto), interamente sostitutivo degli articoli da 1 a 44 del disegno di legge n. 3223, sull'approvazione del quale il Governo ha posto la questione di fiducia:

 

Senatori votanti

 

277

Maggioranza

 

139

Favorevoli

 

166

Contrari

 

111

 

Il Senato approva.

 

Decadono, pertanto, tutti gli emendamenti e gli ordini del giorno presentati agli articoli del disegno di legge.

Per effetto dell’approvazione del disegno di legge finanziaria, il Governo dovrà ora procedere alla stesura della conseguente Nota di variazioni, che sarà trasmessa al Senato non appena possibile.

La 5a Commissione permanente è fin d’ora autorizzata a convocarsi per l’esame di tale documento e quindi a riferire all’Assemblea alla ripresa della discussione del disegno di legge di bilancio.

 


Allegato A

 

 

DISEGNO DI LEGGE

Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato ( legge finanziaria 2005 ) (3223)

 

EMENDAMENTO 1.2000, SU CUI IL GOVERNO HA POSTO LA QUESTIONE DI FIDUCIA INTERAMENTE SOSTITUTIVO DEGLI ARTICOLI CHE COMPONGONO IL DISEGNO DI LEGGE N. 3223 ED ANNESSI ELENCHI 1, 2 E 3, ALLEGATI 1 E 2, PROSPETTO DI COPERTURA E TABELLE A, B, C, D, E E F (*)

________________

(*) Per gli elenchi, gli allegati, il prospetto di copertura e le tabelle si faccia riferimento all'elenco cronologico, che rimane disponibile e aggiornato sul sito esterno

 

 

1.2000 (testo corretto)

IL GOVERNO

Approvato

Sostituire gli articoli da 1 a 44 con il seguente:

 

Art. 1.

 

1. Per l’anno 2005, il livello massimo del saldo netto da finanziare resta determinato in termini di competenza in 50.000 milioni di euro, al netto di 7.494 milioni di euro per regolazioni debitorie. Tenuto conto delle operazioni di rimborso di prestiti, il livello massimo del ricorso al mercato finanziario di cui all’articolo 11 della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni, ivi compreso l’indebitamento all’estero per un importo complessivo non superiore a 2.000 milioni di euro relativo ad interventi non considerati nel bilancio di previsione per il 2005, resta fissato, in termini di competenza, in 245.000 milioni di euro per l’anno finanziario 2005.

2. Per gli anni 2006 e 2007 il livello massimo del saldo netto da finanziare del bilancio pluriennale a legislazione vigente, tenuto conto degli effetti della presente legge, è determinato, rispettivamente, in 41.000 milioni di euro ed in 24.500 milioni di euro, al netto di 3.572 milioni di euro per l’anno 2006 e 3.176 milioni di euro per l’anno 2007, per le regolazioni debitorie; il livello massimo del ricorso al mercato è determinato, rispettivamente, in 235.000 milioni di euro ed in 210.000 milioni di euro. Per il bilancio programmatico degli anni 2006 e 2007, il livello massimo del saldo netto da finanziare è determinato, rispettivamente, in 43.000 milioni di euro ed in 39.000 milioni di euro ed il livello massimo del ricorso al mercato è determinato, rispettivamente, in 281.000 milioni di euro ed in 246.000 milioni di euro.

3. I livelli del ricorso al mercato di cui ai commi 1 e 2 si intendono al netto delle operazioni effettuate al fine di rimborsare prima della scadenza o ristrutturare passività preesistenti con ammortamento a carico dello Stato.

4. Per ciascuno degli anni 2005, 2006 e 2007, le maggiori entrate rispetto alle previsioni derivanti dalla normativa vigente sono interamente utilizzate per la riduzione del saldo netto da finanziare, salvo che si tratti di assicurare la copertura finanziaria di interventi urgenti ed imprevisti necessari per fronteggiare calamità naturali, improrogabili esigenze connesse con la tutela della sicurezza del Paese, situazioni di emergenza economico-finanziaria ovvero riduzioni della pressione fiscale finalizzate al conseguimento degli obiettivi indicati nel Documento di programmazione economico-finanziaria.

5. Al fine di assicurare il conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica stabiliti in sede di Unione europea, indicati nel Documento di programmazione economico-finanziaria e nelle relative note di aggiornamento, per il triennio 2005 – 2007 la spesa complessiva delle amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato, individuate per l’anno 2005 nell’elenco 1 allegato alla presente legge e per gli anni successivi dall’Istituto nazionale di statistica (ISTAT) con proprio provvedimento pubblicato nella Gazzetta Ufficiale non oltre il 31 luglio di ogni anno, non può superare il limite del 2 per cento rispetto alle corrispondenti previsioni aggiornate del precedente anno, come risultanti dalla Relazione previsionale e programmatica.

6. Le disposizioni del comma 5 non si applicano alle spese per gli organi costituzionali, per il Consiglio superiore della Magistratura, per interessi sui titoli di Stato, per prestazioni sociali in denaro connesse a diritti soggettivi e per trasferimenti all’Unione europea a titolo di risorse proprie.

7. Le amministrazioni di cui al comma 5, oltre ad applicare le specifiche disposizioni di cui ai commi successivi, adottano comportamenti coerenti con quanto previsto nel comma 5.

8. Al fine di assicurare il concorso del bilancio dello Stato al raggiungimento degli obiettivi di cui ai commi da 5 a 7, per il triennio 2005-2007 gli stanziamenti iniziali di competenza e di cassa delle spese aventi impatto diretto sul conto economico consolidato delle pubbliche amministrazioni, tranne quelli di cui al comma 6 nonchè quelli connessi ad accordi internazionali già ratificati, a limiti di impegno già attivati e a rate di ammortamento mutui, possono essere incrementati entro il limite del 2 per cento rispetto alle corrispondenti previsioni iniziali del precedente esercizio ridotte ai sensi del decreto-legge 12 luglio 2004, n. 168, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2004, n. 191, intendendosi corrispondentemente rideterminate le relative autorizzazioni di spesa mediante rimodulazione nei successivi esercizi. Le dotazioni di competenza e di cassa del bilancio dello Stato sono conseguentemente ridotte secondo quanto previsto nell’elenco 2 allegato alla presente legge. Per gli stanziamenti relativi ad oneri di personale si fa riferimento alla dinamica tendenziale complessiva dei relativi livelli di spesa.

9. Per il triennio 2005-2007, le riassegnazioni di entrate e l’utilizzo dei fondi di riserva per spese obbligatorie e d’ordine e per spese impreviste non possono essere superiori a quelli del precedente esercizio incrementati del 2 per cento. Nei casi di particolare necessità e urgenza, il predetto limite può essere superato, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze, da comunicare alle competenti Commissioni parlamentari e alla Corte dei conti.

10. Le dotazioni indicate nella Tabella C allegata alla presente legge sono rideterminate, nella medesima Tabella, in coerenza con i limiti di cui ai commi da 8 a 16.

11. Fermo quanto stabilito per gli enti locali dal comma 44, la spesa annua per studi ed incarichi di consulenza conferiti a soggetti estranei all’amministrazione sostenuta per ciascuno degli anni 2005, 2006 e 2007 dalle pubbliche amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, esclusi le università, gli enti di ricerca e gli organismi equiparati, non deve essere superiore a quella sostenuta nell’anno 2004. L’affidamento di incarichi di studio o di ricerca, ovvero di consulenze a soggetti estranei all’amministrazione in materie e per oggetti rientranti nelle competenze della struttura burocratica dell’ente, deve essere adeguatamente motivato ed è possibile soltanto nei casi previsti dalla legge ovvero nell’ipotesi di eventi straordinari. In ogni caso, l’atto di affidamento di incarichi e consulenze di cui al secondo periodo deve essere trasmesso alla Corte dei conti. L’affidamento di incarichi in assenza dei presupposti di cui al presente comma costituisce illecito disciplinare e determina responsabilità erariale.

12. L’articolo 13 del decreto-legge 12 giugno 2001, n. 217, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2001, n. 317, va interpretato nel senso che agli incarichi di consigliere giuridico e di esperto non si applica il regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 18 aprile 1994, n. 338, anche nell’ipotesi in cui il personale interessato non sia assegnato agli uffici di diretta collaborazione.

13. La norma di cui al comma 12 si applica anche agli incarichi fiduciari attribuiti ai sensi dell’articolo 7, comma 6, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165.

14. Per ciascuno degli anni 2005, 2006 e 2007, le pubbliche amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, non possono effettuare spese di ammontare superiore rispettivamente al 90, 80 e 70 per cento della spesa sostenuta nell’anno 2004, come rideterminata ai sensi del decreto-legge 12 luglio 2004, n. 168, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2004, n. 191, per l’acquisto, la manutenzione, il noleggio e l’esercizio di autovetture. Ai fini di cui al primo periodo, le medesime pubbliche amministrazioni sono tenute a trasmettere, entro il 31 marzo 2005, al Ministero dell’economia e delle finanze – Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato una relazione da cui risulti la consistenza dei mezzi di trasporto a disposizione e la loro destinazione. In caso di mancata trasmissione della relazione nei termini suddetti, le pubbliche amministrazioni inadempienti non possono effettuare, relativamente alle spese di cui al primo periodo, pagamenti in misura superiore al 50 per cento della spesa complessiva sostenuta nell’anno 2004.

15. Sulla base di effettive, motivate e documentate esigenze delle amministrazioni competenti, il Ministro dell’economia e delle finanze può, con proprio decreto, stabilire che le disposizioni di cui al primo periodo del comma 14 non si applicano alle spese sostenute da specifiche amministrazioni. Contestualmente alla loro adozione, i decreti di cui al primo periodo, corredati da apposite relazioni, sono trasmessi alle Camere.

16. Entro il 30 giugno 2005, il Ministro dell’economia e delle finanze trasmette alle Camere una relazione concernente lo stato di attuazione degli interventi di cui ai commi 14 e 15 in cui si evidenzino i risultati conseguiti in termini di riduzione della spesa.

17. Per l’anno 2005, il concorso al raggiungimento degli obiettivi di cui ai commi da 5 a 7, per i settori di intervento di cui alle lettere a), b) e c) del presente comma, è garantito anche mediante la limitazione dei pagamenti a favore dei soggetti beneficiari negli ammontari indicati:

a) strumenti di intervento finanziati con i fondi di cui agli articoli 60 e 61 della legge 27 dicembre 2002, n. 289, e successive modificazioni: 6.550 milioni di euro, ivi compresi gli interventi di cui alle lettere b) e c) del presente comma per complessivi 1.850 milioni di euro;

b) fondo investimenti-incentivi alle imprese del Ministero delle attività produttive: 2.750 milioni di euro, ivi comprese le risorse erogate dal Fondo innovazione tecnologica e gli interventi finanziati con gli strumenti di cui alla lettera a);

c) interventi finanziati dall’articolo 13, comma 1, della legge 1º agosto 2002, n. 166, i cui stanziamenti sono iscritti nello stato di previsione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti: 450 milioni di euro, ivi inclusi gli interventi finanziati con gli strumenti di cui alla lettera a).

18. Al fine di assicurare il rispetto dei limiti di cui al comma 17, i soggetti che gestiscono le risorse ivi indicate trasmettono trimestralmente al Ministero dell’economia e delle finanze – Dipartimento per le politiche di sviluppo e di coesione e al Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, le informazioni sull’ammontare delle somme erogate per singolo strumento e intervento aggiornando le previsioni relative ai trimestri successivi.

19. Fermo restando il limite complessivo dei pagamenti di cui al comma 17, pari a 7.900 milioni di euro, al fine di garantire gli obiettivi di spesa del Fondo per le aree sottoutilizzate per l’intero territorio nazionale, di cui alla revisione di metà periodo del Quadro comunitario di sostegno 2000-2006 per le regioni dell’obiettivo 1, prevista dall’articolo 14 del regolamento (CE) n. 1260/1999 del Consiglio, del 21 giugno 1999, i limiti settoriali di cui al comma 17, lettere a), b) e c),possono essere modificati con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, in relazione all’andamento dei pagamenti. Per le stesse finalità le amministrazioni centrali si conformano all’obiettivo di destinare al Mezzogiorno almeno il 30 per cento della spesa ordinaria in conto capitale. Le amministrazioni centrali, nell’esercizio dei diritti dell’azionista nei confronti delle società di capitali a prevalente partecipazione pubblica diretta o indiretta, adottano le opportune direttive per conformarsi ai princìpi di cui al presente comma.

20. A modifica di quanto stabilito dall’articolo 32, comma 1, della legge 27 dicembre 2002, n. 289, per il triennio 2005-2007 i soggetti titolari di conti correnti e di contabilità speciali aperti presso la Tesoreria dello Stato, inseriti nell’elenco 1 allegato alla presente legge, non possono effettuare prelevamenti dai rispettivi conti aperti presso la Tesoreria dello Stato superiori all’importo cumulativamente prelevato alla fine di ciascun bimestre dell’anno precedente aumentato del 2 per cento. Sono esclusi da tale limite le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, gli enti locali di cui all’articolo 2, commi 1 e 2, del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, gli enti previdenziali, gli enti del Servizio sanitario nazionale, il Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro, il Ministero dell’economia e delle finanze, per i conti relativi alle funzioni trasferite a seguito della trasformazione della Cassa depositi e prestiti in Spa, le agenzie fiscali di cui all’articolo 57 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, ed i conti accesi ai sensi dell’articolo 576 del regolamento di cui al regio decreto 23 maggio 1924, n. 827, e successive modificazioni. Sono, inoltre, esclusi i conti riguardanti interventi di politica comunitaria, i conti intestati ai fondi di rotazione individuati ai sensi dell’articolo 93, comma 8, della legge 27 dicembre 2002, n. 289, o ai loro gestori, i conti relativi ad interventi di emergenza, il conto finalizzato alla ripetizione di titoli di spesa non andati a buon fine, nonché i conti istituiti nell’anno precedente a quello di riferimento.

21. I soggetti interessati possono richiedere al Ministero dell’economia e delle finanze deroghe al vincolo di cui al comma 20 per effettive e motivate esigenze. L’accoglimento della richiesta ovvero l’eventuale diniego, totale o parziale, è disposto con determinazione dirigenziale. Le eccedenze di spesa riconosciute in deroga devono essere riassorbite; nelle more del riassorbimento possono essere effettuate solo le spese previste per legge o derivanti da contratti perfezionati, nonchè le spese indifferibili la cui mancata effettuazione comporta un danno. I prelievi delle amministrazioni periferiche dello Stato sono regolati con provvedimenti del Ministro dell’economia e delle finanze.

22. Le disposizioni di cui all’articolo 66, comma 1, della legge 23 dicembre 2000, n. 388, continuano ad applicarsi per il triennio 2005-2007.

23. Ai fini della tutela dell’unità economica della Repubblica, le regioni, le province, i comuni con popolazione superiore a 3.000 abitanti, nonchè le comunità montane, le comunità isolane e le unioni di comuni con popolazione superiore a 10.000 abitanti concorrono, in armonia con i princìpi recati dai commi da 5 a 7, alla realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica per il triennio 2005-2007 con il rispetto delle disposizioni di cui ai commi da 24 a 55, che costituiscono princìpi fondamentali del coordinamento della finanza pubblica ai sensi degli articoli 117, terzo comma, e 119, secondo comma, della Costituzione.

24. Per gli stessi fini di cui al comma 23:

a) per l’anno 2005, il complesso delle spese correnti e delle spese in conto capitale, determinato ai sensi del comma 26, per ciascuna provincia, per ciascun comune con popolazione superiore a 3.000 abitanti, per ciascuna comunità montana con popolazione superiore a 10.000 abitanti non può essere superiore alla corrispondente spesa annua mediamente sostenuta nel triennio 2001-2003, incrementata dell’11,5 per cento limitatamente agli enti locali che nello stesso triennio hanno registrato una spesa corrente media pro-capite inferiore a quella media pro-capite della classe demografica di appartenenza e incrementata del 10 per cento per i restanti enti locali. Per le comunità isolane e le unioni di comuni di cui al comma 23 l’incremento è dell’11,5 per cento. Per l’individuazione della spesa media del triennio si tiene conto della media dei pagamenti, in conto competenza e in conto residui, e per l’individuazione della popolazione, ai fini dell’appartenenza alla classe demografica, si tiene conto della popolazione residente calcolata secondo i criteri previsti dall’articolo 156 del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267. Con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, da emanare entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, è stabilita la spesa media pro-capite per ciascuna delle classi demografiche di seguito indicate:

1) province con popolazione fino a 400.000 abitanti e superficie fino a 3.000 Kmq;

2) province con popolazione fino a 400.000 abitanti e superficie superiore a 3.000 Kmq;

3) province con popolazione superiore a 400.000 abitanti e superficie fino a 3.000 Kmq;

4) province con popolazione superiore a 400.000 abitanti e superficie superiore a 3.000 Kmq;

5) comuni da 3.000 a 4.999 abitanti;

6) comuni da 5.000 a 9.999 abitanti;

7) comuni da 10.000 a 19.999 abitanti;

8) comuni da 20.000 a 59.999 abitanti;

9) comuni da 60.000 a 99.999 abitanti;

10) comuni da 100.000 a 249.999 abitanti;

11) comuni da 250.000 a 499.999 abitanti;

12) comuni da 500.000 abitanti ed oltre;

13) comunità montane con popolazione superiore a 10.000 e fino a 50.000 abitanti;

14) comunità montane con popolazione superiore a 50.000 abitanti;

b) per gli anni 2006 e 2007 si applica la percentuale di incremento del 2 per cento alle corrispondenti spese correnti e in conto capitale determinate per l’anno precedente in conformità agli obiettivi stabiliti dai commi da 23 a 55.

25. Per gli stessi fini di cui al comma 23, per l’anno 2005, il complesso delle spese correnti e delle spese in conto capitale, determinato ai sensi del comma 26, per ciascuna regione a statuto ordinario non può essere superiore al corrispondente ammontare di spese dell’anno 2003 incrementato del 4,8 per cento. Per gli anni 2006 e 2007 si applica la percentuale di incremento del 2 per cento alle corrispondenti spese correnti e in conto capitale determinate per l’anno precedente in conformità agli obiettivi stabiliti dai commi da 23 a 55.

26. Il complesso delle spese di cui ai commi 24 e 25 è calcolato, sia per la gestione di competenza che per quella di cassa, quale somma tra le spese correnti e quelle in conto capitale al netto delle:

a) spese di personale, cui si applica la specifica disciplina di settore;

b) spese per la sanità per le regioni che sono disciplinate dai commi da 167 a 191;

c) spese derivanti dall’acquisizione di partecipazioni azionarie e di altre attività finanziarie, dai conferimenti di capitale e dalle concessioni di crediti;

d) spese per trasferimenti destinati alle amministrazioni pubbliche individuate in applicazione dei commi da 5 a 7;

e) spese connesse agli interventi a favore dei minori soggetti a provvedimenti dell’autorità giudiziaria minorile;

f) spese per calamità naturali per le quali sia stato dichiarato lo stato di emergenza nonchè quelle sostenute dai comuni per il completamento dell’attuazione delle ordinanze emanate dal Presidente del Consiglio dei ministri a seguito di dichiarazioni di stato di emergenza.

27. Limitatamente all’anno 2005 il complesso delle spese di cui al comma 26 è calcolato anche al netto delle spese in conto capitale derivanti da interventi cofinanziati dall’Unione europea, ivi comprese le corrispondenti quote di parte nazionale.

28. Gli enti possono eccedere i limiti di spesa stabiliti dai commi 24 e 25 solo per spese di investimento e nei limiti dei proventi derivanti da alienazione di beni immobili, mobili, nonchè delle erogazioni a titolo gratuito e liberalità. Le regioni possono destinare le nuove entrate alla copertura degli eventuali disavanzi di gestione accertati nel settore sanitario.

29. Le spese in conto capitale degli enti locali che eccedono il limite di spesa stabilito dai commi da 23 a 55 possono essere anticipate a carico di un apposito fondo istituito presso la gestione separata della Cassa depositi e prestiti Spa. Il fondo è dotato per l’anno 2005 di euro 250 milioni. Le anticipazioni sono estinte dagli enti locali entro il 31 dicembre 2006 e i relativi interessi, determinati e liquidati sulla base di quanto previsto ai commi 2, 3 e 4 dell’articolo 6 del decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 5 dicembre 2003, pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 288 del 12 dicembre 2003, valutati in 10 milioni di euro, sono a carico del bilancio statale. Le anticipazioni sono corrisposte dalla Cassa depositi e prestiti Spa direttamente ai soggetti beneficiari secondo indicazioni e priorità fissate dal Comitato interministeriale per la programmazione economica (CIPE). Gli enti locali comunicano al CIPE e alla Cassa depositi e prestiti Spa, entro il 31 gennaio 2005, le spese che presentano le predette caratteristiche e, ove ad esse connessi, i progetti a cui si riferiscono, nonchè le scadenze di pagamento e le coordinate dei soggetti beneficiari.

30. Fermo restando quanto previsto ai commi 28 e 29, al fine di promuovere lo sviluppo economico, è autorizzata la spesa di euro 201.500.000 per l’anno 2005, di euro 176.500.000 per l’anno 2006 e di euro 170.500.000 per l’anno 2007 per la concessione di contributi statali al finanziamento di interventi diretti a tutelare l’ambiente e i beni culturali, e comunque a promuovere lo sviluppo economico e sociale del territorio. Possono accedere ai contributi gli interventi realizzati dagli enti destinatari nei rispettivi territori per il risanamento e il recupero dell’ambiente e per la tutela dei beni culturali.

31. Il Ministro dell’economia e delle finanze, individua con proprio decreto gli interventi e gli enti destinatari dei contributi di cui al comma 30 sulla base dei progetti preliminari da presentare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, in coerenza con apposito atto di indirizzo parlamentare. Il Ministero dell’economia e delle finanze provvede all’erogazione dei contributi in favore degli enti destinatari.

32. Al fine di consentire il monitoraggio degli adempimenti relativi al patto di stabilità interno, anche secondo i criteri adottati in contabilità nazionale, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, le province e i comuni con popolazione superiore a 30.000 abitanti e le comunità montane con popolazione superiore a 50.000 abitanti trasmettono trimestralmente al Ministero dell’economia e delle finanze – Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, entro trenta giorni dalla fine del periodo di riferimento, utilizzando il sistema web appositamente previsto per il patto di stabilità interno nel sito www.pattostabilita.rgs.tesoro.it, le informazioni riguardanti sia la gestione di competenza che quella di cassa, attraverso un prospetto e con le modalità definiti con decreto del predetto Ministero, di concerto con il Ministero dell’interno, sentiti la Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e l’ISTAT.

33. Le province e i comuni con popolazione superiore a 5.000 abitanti sono tenuti a predisporre entro il mese di febbraio una previsione di cassa cumulata e articolata per trimestri del complesso delle spese come definite dal comma 26 coerente con l’obiettivo annuale, che comunicano: le province e i comuni con popolazione superiore a 30.000 abitanti al Ministero dell’economia e delle finanze attraverso il sistema web, e i comuni con popolazione superiore a 5.000 e fino a 30.000 abitanti alle Ragionerie provinciali dello Stato competenti per territorio. Il collegio dei revisori dei conti dell’ente locale verifica, entro il mese successivo al trimestre di riferimento, il rispetto dell’obiettivo trimestrale e la sua coerenza con l’obiettivo annuale e, in caso di inadempienza, ne dà comunicazione sia all’ente che al Ministero dell’economia e delle finanze, per le province e i comuni con popolazione superiore a 30.000 abitanti attraverso il predetto sistema web, e alle Ragionerie provinciali dello Stato competenti per territorio per i comuni con popolazione superiore a 5.000 e fino a 30.000 abitanti. I comuni con popolazione superiore a 3.000 e fino a 5.000 abitanti e le comunità montane con popolazione superiore a 10.000 abitanti predispongono, entro il mese di marzo, una previsione di cassa semestrale alla cui verifica e comunicazione alle Ragionerie provinciali dello Stato competenti per territorio provvede il revisore dei conti dell’ente. A seguito dell’accertamento del mancato rispetto dell’obiettivo trimestrale, o semestrale, gli enti sono tenuti nel trimestre, o nel semestre, successivo a riassorbire lo scostamento registrato intervenendo sui pagamenti, computati ai sensi del comma 26, nella misura necessaria a garantire il rientro delle spese nei limiti stabiliti. Restano ferme per il mancato conseguimento degli obiettivi annuali le disposizioni recate dai commi 34, 35, 36 e 37.

34. Per gli enti locali, l’organo di revisione economico-finanziaria previsto dall’articolo 234 del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, verifica il rispetto degli obiettivi annuali del patto, sia in termini di competenza che di cassa, e in caso di mancato rispetto ne dà comunicazione al Ministero dell’interno sulla base di un modello e con le modalità che verranno definiti con decreto del Ministero dell’interno, di concerto con il Ministero dell’economia e delle finanze.

35. Gli enti locali che non hanno rispettato gli obiettivi del patto di stabilità interno stabiliti per l’anno precedente non possono a decorrere dall’anno 2006:

a) effettuare spese per acquisto di beni e servizi in misura superiore alla corrispondente spesa dell’ultimo anno in cui si è accertato il rispetto degli obiettivi del patto di stabilità interno, ovvero, ove l’ente sia risultato sempre inadempiente, in misura superiore a quella del penultimo anno precedente ridotta del 10 per cento. Per gli enti locali soggetti al patto di stabilità interno dall’anno 2005 il limite è commisurato, in sede di prima applicazione, al livello delle spese dell’anno 2003;

b) procedere ad assunzioni di personale a qualsiasi titolo;

c) ricorrere all’indebitamento per gli investimenti.

36. La disposizione di cui al comma 35 si applica anche nel 2005 per le province e i comuni con popolazione superiore a 5.000 abitanti che non hanno rispettato gli obiettivi del patto di stabilità interno per l’anno 2004.

37. A decorrere dall’anno 2006, i mutui e i prestiti obbligazionari posti in essere dagli enti di cui al comma 23 con istituzioni creditizie e finanziarie per il finanziamento degli investimenti devono essere corredati da apposita attestazione da cui risulti il conseguimento degli obiettivi del patto di stabilità interno per l’anno precedente. L’istituto finanziatore o l’intermediario finanziario non possono procedere al finanziamento o al collocamento del prestito in assenza della predetta attestazione, che deve essere acquisita anche per l’anno 2005 con riferimento agli obiettivi del patto di stabilità interno delle province e dei comuni con popolazione superiore a 5.000 abitanti.

38. Gli enti di nuova istituzione nell’anno 2005, o negli anni successivi, sono soggetti alle regole dei commi da 23 a 55 dall’anno in cui è disponibile la base di calcolo su cui applicare gli incrementi di spesa stabiliti al comma 24.

39. Attraverso le loro associazioni, le province, i comuni e le comunità montane concorrono al monitoraggio sull’andamento delle spese. Le comunicazioni previste dai commi 32, 33 e 34 sono trasmesse anche all’Unione delle province d’Italia (UPI), all’Associazione nazionale dei comuni italiani (ANCI) e all’Unione nazionale comuni, comunità ed enti montani (UNCEM), per via telematica.

40. Per gli esercizi 2005, 2006 e 2007, le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano concordano, entro il 31 marzo di ciascun anno, con il Ministero dell’economia e delle finanze, il livello delle spese correnti e in conto capitale, nonchè dei relativi pagamenti, in coerenza con gli obiettivi di finanza pubblica per il periodo 2005-2007. In caso di mancato accordo si applicano le disposizioni di cui ai commi da 23 a 55.

41. Per gli enti locali dei rispettivi territori provvedono alle finalità di cui ai commi da 23 a 55 le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano ai sensi delle competenze alle stesse attribuite dai rispettivi statuti di autonomia e dalle relative norme di attuazione. Qualora le predette regioni e province autonome non provvedano entro il 31 marzo di ciascun anno, si applicano, per gli enti locali dei rispettivi territori, le disposizioni di cui ai commi da 23 a 55.

42. Resta ferma la facoltà delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano di estendere le regole del patto di stabilità interno nei confronti degli enti ed organismi strumentali.

43. Sono abrogate le disposizioni recate dall’articolo 29 della legge 27 dicembre 2002, n. 289, e successive modificazioni, limitatamente alle regole del patto di stabilità interno previsto per gli enti territoriali per gli anni 2005 e successivi.

44. L’affidamento da parte degli enti locali di incarichi di studio o di ricerca, ovvero di consulenze a soggetti estranei all’amministrazione, deve essere adeguatamente motivato con specifico riferimento all’assenza di strutture organizzative o professionalità interne all’ente in grado di assicurare i medesimi servizi, ad esclusione degli incarichi conferiti ai sensi della legge 11 febbraio 1994, n. 109, e successive modificazioni. In ogni caso l’atto di affidamento di incarichi e consulenze di cui al primo periodo deve essere corredato della valutazione dell’organo di revisione economico-finanziaria dell’ente locale e deve essere trasmesso alla Corte dei conti. L’affidamento di incarichi in difformità dalle previsioni di cui al presente comma costituisce illecito disciplinare e determina responsabilità erariale. Le disposizioni di cui al presente comma si applicano agli enti con popolazione superiore a 5.000 abitanti.

45. I proventi delle concessioni edilizie e delle sanzioni previste dal testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, possono essere destinati al finanziamento di spese correnti entro il limite del 75 per cento per il 2005 e del 50 per cento per il 2006.

46. All’articolo 204 del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al comma 1, dopo le parole: «nuovi mutui» sono inserite le seguenti: «e accedere ad altre forme di finanziamento reperibili sul mercato» e le parole: «25 per cento» sono sostituite dalle seguenti: «12 per cento»;

b) dopo il comma 2, è inserito il seguente:

«2-bis. Le disposizioni del comma 2 si applicano, ove compatibili, alle altre forme di indebitamento cui l’ente locale acceda».

47. Gli enti che alla data di entrata in vigore della presente legge superino il limite di indebitamento di cui al comma 1 dell’articolo 204 del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, come modificato dal comma 46, sono tenuti a ridurre il proprio livello di indebitamento entro i seguenti termini:

a) un importo annuale degli interessi di cui al citato comma 1 dell’articolo 204 non superiore al 20 per cento entro la fine dell’esercizio 2008;

b) un importo annuale degli interessi di cui al citato comma 1 dell’articolo 204 non superiore al 16 per cento entro la fine dell’esercizio 2010;

c) un importo annuale degli interessi di cui al citato comma 1 dell’articolo 204 non superiore al 12 per cento entro la fine dell’esercizio 2013.

48. All’articolo 101 del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al comma 1, le parole: «quattro anni» sono sostituite dalle seguenti: «due anni»;

b) al comma 4, le parole: «quattro anni» sono sostituite dalle seguenti: «due anni».

49. In vigenza di disposizioni che stabiliscono un regime di limitazione delle assunzioni di personale a tempo indeterminato, sono consentiti trasferimenti per mobilità, anche intercompartimentale, tra amministrazioni sottoposte al regime di limitazione, nel rispetto delle disposizioni sulle dotazioni organiche e, per gli enti locali, purchè abbiano rispettato il patto di stabilità interno per l’anno precedente.

50. In caso di mobilità presso altre pubbliche amministrazioni, con la conseguente cancellazione dall’albo, nelle more della nuova disciplina contrattuale, i segretari comunali e provinciali appartenenti alle fasce professionali A e B possono essere collocati, analogamente a quanto previsto per i segretari appartenenti alla fascia C, nella categoria o area professionale più alta prevista dal sistema di classificazione vigente presso l’amministrazione di destinazione, previa espressa manifestazione di volontà in tale senso.

51. Nell’ambito del processo di mobilità di cui al comma 50, i soggetti che abbiano prestato servizio effettivo di ruolo come segretari comunali o provinciali per almeno tre anni e che si siano avvalsi della facoltà di cui all’articolo 18 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 4 dicembre 1997, n. 465, sono inquadrati, nei limiti del contingente di cui al comma 98, nei ruoli unici delle amministrazioni in cui prestano servizio alla data di entrata in vigore della presente legge, ovvero di altre amministrazioni in cui si riscontrano carenze di organico, previo consenso dell’interessato, ai sensi ed agli effetti delle disposizioni in materia di mobilità e delle condizioni del contratto collettivo vigenti per la categoria.

52. All’articolo 10, comma 10, lettera c), del decreto-legge 18 gennaio 1993, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 marzo 1993, n. 68, le parole: «lire 50.000» e «lire 150.000» sono sostituite, rispettivamente, dalle seguenti: «euro 51,65» e «euro 516,46».

53. Per gli anni 2005, 2006 e 2007 è consentita la variazione in aumento dell’aliquota di compartecipazione dell’addizionale comunale all’imposta sul reddito delle persone fisiche, di cui al comma 3 dell’articolo 1 del decreto legislativo 28 settembre 1998, n. 360, e successive modificazioni, ai soli enti che, alla data di entrata in vigore della presente legge, non si siano avvalsi della facoltà di aumentare la suddetta addizionale. L’aumento deve comunque essere limitato entro la misura complessiva dello 0,1 per cento. Fermo restando quanto stabilito al primo e al secondo periodo, fino al 31 dicembre 2006 restano sospesi gli effetti degli aumenti delle addizionali e delle maggiorazioni di cui alla lettera a) del comma 1 dell’articolo 3 della legge 27 dicembre 2002, n. 289, eventualmente deliberati. Gli effetti decorrono, in ogni caso, dal periodo d’imposta successivo alla predetta data.

54. Ai fini del comma 2 dell’articolo 4 del decreto legislativo 12 dicembre 2003, n. 344, è istituito per l’anno 2005, presso lo stato di previsione del Ministero dell’interno, il fondo per il rimborso agli enti locali delle minori entrate derivanti dall’abolizione del credito d’imposta con una dotazione di 10 milioni di euro. Con regolamento emanato ai sensi dell’articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dell’interno, sono dettate le norme per l’attuazione della disposizione di cui al presente comma e per la ripartizione del fondo.

55. All’articolo 3, comma 51, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, il secondo periodo è soppresso.

56. Per l’anno 2005 è istituito, presso il Ministero dell’interno, con finalità di riequilibrio economico e sociale, il fondo per l’insediamento nei comuni montani con popolazione inferiore a 1.000 abitanti, sottodotati ai sensi del decreto legislativo 30 giugno 1997, n. 244, con una dotazione di 5 milioni di euro per il 2005.

57. Il fondo di cui al comma 56 è finalizzato, oltre a quanto previsto dal medesimo comma 56, al riequilibrio insediativo, quindi all’incentivazione dell’insediamento nei centri abitati di attività artigianali e commerciali, al recupero di manufatti, edifici e case rurali per finalità economiche e abitative, al recupero degli antichi mestieri.

58. Entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge il Ministro dell’interno definisce con proprio decreto i criteri di ripartizione e le modalità per l’accesso ai finanziamenti di cui ai commi 56 e 57.

59. Per il triennio 2005-2007, gli enti indicati nell’elenco 1 allegato alla presente legge, ad eccezione degli enti di previdenza di cui ai decreti legislativi 30 giugno 1994, n. 509, e successive modificazioni, e 10 febbraio 1996, n. 103, e successive modificazioni, delle altre associazioni e fondazioni di diritto privato e degli enti del sistema camerale, possono incrementare per l’anno 2005 le proprie spese, al netto delle spese di personale, in misura non superiore all’ammontare delle spese dell’anno 2003 incrementato del 4,5 per cento. Per gli anni 2006 e 2007 si applica la percentuale di incremento del 2 per cento alle corrispondenti spese determinate per l’anno precedente con i criteri stabiliti dal presente comma. Per le spese di personale si applica la specifica disciplina di settore. Alle regioni e agli enti locali di cui ai commi da 23 a 55, agli enti del Servizio sanitario nazionale di cui ai commi da 167 a 191, nonché agli enti indicati nell’articolo 3, commi 1 e 2, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, si applica la disciplina ivi prevista.

60. Con riferimento alla perdita di gettito realizzata dalle regioni a statuto ordinario per gli anni 2003 e successivi, a seguito della riduzione dell’accisa sulla benzina non compensata dal maggior gettito delle tasse automobilistiche, come determinato dall’articolo 17, comma 22, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, viene riconosciuto l’importo di euro 342,583 milioni. Detto importo è ripartito tra le regioni entro il 30 aprile 2005, con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, e integra i trasferimenti soppressi di cui all’articolo 1, comma 1, del decreto legislativo 18 febbraio 2000, n. 56, ai fini dell’aliquota definitiva da determinare entro il 31 luglio 2005 ai sensi dell’articolo 5, comma 3, del medesimo decreto legislativo n. 56 del 2000, e successive modificazioni. Il decreto è predisposto sulla base della proposta delle regioni da presentare in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano.

61. Ai fini della determinazione dell’aliquota definitiva di cui al comma 60 si tiene altresì conto dei trasferimenti attribuiti per l’anno 2004 alle regioni a statuto ordinario in applicazione dell’articolo 70 della legge 28 dicembre 2001, n. 448. Il fondo di cui al citato articolo 70 è soppresso.

62. Il Fondo di cui all’articolo 52, comma 8, della legge 23 dicembre 2000, n. 388, è utilizzato anche per l’esercizio delle funzioni conferite agli enti territoriali ai sensi dell’articolo 7 della legge 5 giugno 2003, n. 131.

63. Salvo quanto disposto nel comma 178, la sospensione degli aumenti delle addizionali all’imposta sul reddito e delle maggiorazioni dell’aliquota dell’imposta regionale sulle attività produttive di cui all’articolo 3, comma 1, lettera a), della legge 27 dicembre 2002, n. 289, e all’articolo 2, comma 21 della legge 24 dicembre 2003, n. 350, è confermata sino al 31 dicembre 2005. Resta ferma l’applicazione del comma 22 dell’articolo 2 della legge n. 350 del 2003 alle disposizioni regionali in materia di IRAP diverse da quelle riguardanti la maggiorazione dell’aliquota, nonchè, unitamente al comma 23 del medesimo articolo, alle disposizioni regionali in materia di tassa automobilistica; le regioni possono modificare tali disposizioni nei soli limiti dei poteri loro attribuiti dalla normativa statale di riferimento ed in conformità con essa.

64. Sono autorizzate, a carico di somme a qualsiasi titolo spettanti, le compensazioni degli importi a credito e a debito di ciascuna regione, connessi alle perdite di entrata realizzate dalle stesse per effetto delle disposizioni recate dall’articolo 17, comma 22, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, indicate, solo a questo fine, nella tabella di riparto approvata con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze sulla base della proposta presentata dalle regioni in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano. Tale compensazione sarà effettuata dal Ministero dell’economia e delle finanze – Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, in quattro rate annuali di eguale importo a partire dall’esercizio 2005.

65. I trasferimenti erariali per l’anno 2005 di ogni singolo ente locale sono determinati in base alle disposizioni recate dall’articolo 31, comma 1, primo periodo, della legge 27 dicembre 2002, n. 289.

66. Per l’anno 2005, l’incremento delle risorse, pari a 340 milioni di euro, derivante dal reintegro della riduzione dei trasferimenti erariali conseguente alla cessazione dell’efficacia delle disposizioni di cui all’articolo 24, comma 9, della legge 28 dicembre 2001, n. 448, è attribuito, quanto ad euro 260 milioni, a favore degli enti locali per confermare i contributi di cui all’articolo 3, commi 27, 35, secondo periodo, 36 e 141, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, e quanto ad 80 milioni di euro in favore dei comuni di cui all’articolo 9, comma 3, del decreto legislativo 30 giugno 1997, n. 244.

67. Le disposizioni in materia di compartecipazione provinciale e comunale al gettito dell’imposta sul reddito delle persone fisiche di cui all’articolo 31, comma 8, della legge 27 dicembre 2002, n. 289, già confermate per l’anno 2004 dall’articolo 2, comma 18, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, sono prorogate per l’anno 2005.

68. Gli enti locali di cui all’articolo 2, comma 1, del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, hanno facoltà di utilizzare le entrate derivanti dal plusvalore realizzato con l’alienazione di beni patrimoniali, inclusi i beni immobili, per il rimborso della quota di capitale delle rate di ammortamento dei mutui.

69. In deroga alle disposizioni dell’articolo 3, comma 3, della legge 27 luglio 2000, n. 212, concernente l’efficacia temporale delle norme tributarie, i termini per l’accertamento dell’imposta comunale sugli immobili che scadono il 31 dicembre 2004 sono prorogati al 31 dicembre 2005, limitatamente alle annualità d’imposta 2000 e successive.

70. Al testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all’articolo 42, comma 2, la lettera h) è sostituita dalla seguente:

«h) contrazione di mutui e aperture di credito non previste espressamente in atti fondamentali del consiglio ed emissioni di prestiti obbligazionari»;

b) all’articolo 204, comma 2, le lettere a) e b) sono sostituite dalle seguenti:

«a) l’ammortamento non può avere durata inferiore ai cinque anni;

b) la decorrenza dell’ammortamento deve essere fissata al 1º gennaio dell’anno successivo a quello della stipula del contratto. In alternativa, la decorrenza dell’ammortamento può essere posticipata al 1º luglio seguente o al 1º gennaio dell’anno successivo e, per i contratti stipulati nel primo semestre dell’anno, può essere anticipata al 1º luglio dello stesso anno»;

c) dopo l’articolo 205 è inserito il seguente:

«Art. 205-bis. - (Contrazione di aperture di credito) – 1. Gli enti locali sono autorizzati a contrarre aperture di credito nel rispetto della disciplina di cui al presente articolo.

2. Le spese per investimenti finanziate con il contratto di apertura di credito si considerano impegnate all’atto della stipula del contratto stesso e per l’ammontare dell’importo del progetto o dei progetti definitivi o esecutivi finanziati; alla chiusura dell’esercizio le somme oggetto del contratto di apertura di credito costituiscono residui attivi.

3. Il ricorso alle aperture di credito è possibile solo se sussistono le condizioni di cui all’articolo 203, comma 1, e nel rispetto dei limiti di cui all’articolo 204, comma 1, calcolati con riferimento all’importo complessivo dell’apertura di credito stipulata.

4. L’utilizzo del ricavato dell’operazione è sottoposto alla disciplina di cui all’articolo 204, comma 3.

5. I contratti di apertura di credito devono, a pena di nullità, essere stipulati in forma pubblica e contenere le seguenti clausole e condizioni:

a) la banca è tenuta ad effettuare erogazioni, totali o parziali, dell’importo del contratto in base alle richieste di volta in volta inoltrate dall’ente e previo rilascio da parte di quest’ultimo delle relative delegazioni di pagamento ai sensi dell’articolo 206. L’erogazione dell’intero importo messo a disposizione al momento della contrazione dell’apertura di credito ha luogo nel termine massimo di tre anni ferma restando la possibilità per l’ente locale di disciplinare contrattualmente le condizioni economiche di un eventuale utilizzo parziale;

b) gli interessi sulle aperture di credito devono riferirsi ai soli importi erogati. L’ammortamento di tali importi deve avere una durata non inferiore a cinque anni con decorrenza dal 1º gennaio o dal 1º luglio successivi alla data dell’erogazione;

c) le rate di ammortamento devono essere comprensive, sin dal primo anno, della quota capitale e della quota interessi;

d) unitamente alla prima rata di ammortamento delle somme erogate devono essere corrisposti gli eventuali interessi di preammortamento, gravati degli ulteriori interessi decorrenti dalla data di inizio dell’ammortamento e sino alla scadenza della prima rata;

e) deve essere indicata la natura delle spese da finanziare e, ove necessario, avuto riguardo alla tipologia dell’investimento, dato atto dell’intervenuta approvazione del progetto o dei progetti definitivi o esecutivi, secondo le norme vigenti;

f) deve essere rispettata la misura massima di tasso applicabile alle aperture di credito i cui criteri di determinazione sono demandati ad apposito decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dell’interno, da emanare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione.

6. Le aperture di credito sono soggette, al pari delle altre forme di indebitamento, al monitoraggio di cui all’articolo 41 della legge 28 dicembre 2001, n. 448, nei termini e modalità previsti dal relativo regolamento di attuazione, di cui al decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 1º dicembre 2003, n. 389. I modelli per la comunicazione delle caratteristiche finanziarie delle singole operazioni di apertura di credito sono pubblicati in allegato al decreto di cui alla lettera f) del comma 5»;

d) all’articolo 207, dopo il comma 1, è inserito il seguente:

«1-bis. A fronte di operazioni di emissione di prestiti obbligazionari effettuate congiuntamente da più enti locali, gli enti capofila possono procedere al rilascio di garanzia fideiussoria riferita all’insieme delle operazioni stesse. Contestualmente gli altri enti emittenti rilasciano garanzia fideiussoria a favore dell’ente capofila in relazione alla quota parte dei prestiti di propria competenza. Ai fini dell’applicazione del comma 4, la garanzia prestata dall’ente capofila concorre alla formazione del limite di indebitamento solo per la quota parte dei prestiti obbligazionari di competenza dell’ente stesso».

71. Per la gestione del fondo di ammortamento del debito di cui all’articolo 41, comma 2, della legge 28 dicembre 2001, n. 448, non si applica il principio di accentramento di ogni deposito presso il tesoriere stabilito dagli articoli 209, comma 3, e 211, comma 2, del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267.

72. All’articolo 41, comma 2, primo periodo, della legge 28 dicembre 2001, n. 448, sono soppresse le parole: «e contrarre mutui» e le parole: «o dell’accensione».

73. Lo Stato, le regioni, le province autonome di Trento e di Bolzano e gli enti locali sono tenuti a provvedere, se consentito dalle clausole contrattuali, alla conversione dei mutui con oneri di ammortamento anche parzialmente a carico dello Stato in titoli obbligazionari di nuova emissione o alla rinegoziazione, anche con altri istituti, dei mutui stessi, in presenza di condizioni di rifinanziamento che consentano una riduzione del valore finanziario delle passività totali. Nel valutare la convenienza dell’operazione di rifinanziamento si dovrà tenere conto anche delle commissioni. In caso di mutuo a tasso fisso, per la verifica delle condizioni di rifinanziamento, lo Stato o l’ente pubblico interessato osservano regolarmente i tassi di mercato e si attivano allorchè il tasso swap con scadenza pari alla vita media residua del mutuo sia inferiore al tasso del mutuo di almeno un punto percentuale.

74. Gli stanziamenti di bilancio previsti per il pagamento dei mutui con oneri integralmente o parzialmente a carico dello Stato sono proporzionalmente adeguati ai nuovi piani di ammortamento conseguenti alla conclusione delle operazioni di conversione o rinegoziazione dei mutui di cui al comma 73.

75. Ai fini dell’attuazione di quanto stabilito dai commi 73 e 74 l’ente pubblico è tenuto a trasmettere, entro trenta giorni dal perfezionamento delle operazioni di cui al comma 73, all’amministrazione statale interessata, la relativa documentazione contrattuale, compresi i piani di ammortamento o di rimborso.

76. In caso di nuove emissioni di titoli obbligazionari con rimborso del capitale in un’unica soluzione alla scadenza, è necessario che al momento dell’emissione venga costituito un fondo di ammortamento del debito o conclusa una operazione di swap per l’ammortamento dello stesso, secondo quanto disposto dall’articolo 2 del regolamento di cui al decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 1º dicembre 2003, n. 389.

77. Al fine del consolidamento dei conti pubblici rilevanti per il rispetto degli obiettivi adottati con l’adesione al patto di stabilità e crescita le rate di ammortamento dei mutui attivati dalle regioni, dalle province autonome di Trento e di Bolzano, dagli enti locali e dagli altri enti pubblici ad intero carico del bilancio dello Stato sono pagate agli istituti finanziatori direttamente dallo Stato.

78. Per le stesse finalità di cui al comma 77 e con riferimento agli enti pubblici diversi dallo Stato, il debito derivante dai mutui è iscritto nel bilancio dell’amministrazione pubblica che assume l’obbligo di corrispondere le rate di ammortamento agli istituti finanziatori, ancorchè il ricavato del prestito sia destinato ad un’amministrazione pubblica diversa. L’amministrazione pubblica beneficiaria del mutuo, nel caso in cui le rate di ammortamento siano corrisposte agli istituti finanziatori da un’amministrazione pubblica diversa, iscrive il ricavato del mutuo nelle entrate per trasferimenti in conto capitale con vincolo di destinazione agli investimenti. L’istituto finanziatore, contestualmente alla stipula dell’operazione di finanziamento, ne dà notizia all’amministrazione pubblica tenuta al pagamento delle rate di ammortamento che, unitamente alla contabilizzazione del ricavato dell’operazione tra le accensioni di prestiti, provvede all’iscrizione del corrispondente importo tra i trasferimenti in conto capitale al fine di consentire la regolazione contabile dell’operazione.

79. Le amministrazioni pubbliche sono tenute ad adeguarsi alle disposizioni di cui ai commi 77 e 78 con riferimento alle nuove operazioni finanziarie.

80. Il Ministero dell’economia e delle finanze – Dipartimento del tesoro procede alla gestione delle nuove posizioni finanziarie attive di sua competenza.

81. Al fine di sperimentare gli effetti del superamento del sistema di tesoreria unica il Ministro dell’economia e delle finanze, sentiti la Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, il Ministro dell’interno e il Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, individua con proprio decreto una regione, tre province, tre comunità montane, sei comuni e tre università nei quali durante l’anno 2005 i trasferimenti statali e le entrate proprie affluiscono direttamente ai tesorieri degli enti. L’individuazione degli enti, salvo che per la regione, viene effettuata assicurando la rappresentatività per aree geografiche; gli enti sono comunque individuati tra quelli che possono collegarsi, tramite i loro tesorieri, al sistema informativo delle operazioni degli enti pubblici (SIOPE) istituito ai sensi dell’articolo 28, commi 3, 4 e 5, della legge 27 dicembre 2002, n. 289. La rilevazione per via telematica riguarda i dati contabili sia ai fini del calcolo del fabbisogno di cassa sia ai fini del calcolo dell’indebitamento netto. Con il predetto decreto vengono altresì definiti i criteri, le modalità e i tempi della sperimentazione relativa sia alle entrate sia alle spese. In relazione ai risultati registrati la sperimentazione può essere estesa, nel corso dello stesso anno 2005, ad altri enti.

82. L’articolo 213 del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, è sostituito dal seguente:

«Art. 213. - (Gestione informatizzata del servizio di tesoreria) – 1. Qualora l’organizzazione dell’ente e del tesoriere lo consentano il servizio di tesoreria può essere gestito con modalità e criteri informatici e con l’uso di ordinativi di pagamento e di riscossione informatici, in luogo di quelli cartacei, le cui evidenze informatiche valgono a fini di documentazione, ivi compresa la resa del conto del tesoriere di cui all’articolo 226.

2. La convenzione di tesoreria di cui all’articolo 210 può prevedere che la riscossione delle entrate e il pagamento delle spese possano essere effettuati, oltre che per contanti presso gli sportelli di tesoreria, anche con le modalità offerte dai servizi elettronici di incasso e di pagamento interbancari.

3. Gli incassi effettuati dal tesoriere mediante i servizi elettronici interbancari danno luogo al rilascio di quietanza o evidenza bancaria ad effetto liberatorio per il debitore; le somme rivenienti dai predetti incassi sono versate alle casse dell’ente, con rilascio della quietanza di cui all’articolo 214, non appena si rendono liquide ed esigibili in relazione ai servizi elettronici adottati e comunque nei tempi previsti nella predetta convenzione di tesoreria».

83. Ai fini della razionalizzazione e della semplificazione dell’attività amministrativa, con decreto da adottare ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, il Ministro degli affari esteri emana disposizioni per la semplificazione della gestione finanziaria degli uffici all’estero.

84. Per il contrasto e la prevenzione del rischio di utilizzazione illecita di finanziamenti pubblici, tutti gli enti e le società che fruiscono di finanziamenti a carico di bilanci pubblici o dell’Unione europea, anche sotto forma di esenzioni, incentivi o agevolazioni fiscali, in materia di avviamento, aggiornamento e formazione professionale, utilizzazione di lavoratori, sgravi contributivi per personale addetto all’attività produttiva, devono dotarsi entro il 31 ottobre 2005 di specifiche misure organizzative e di funzionamento idonee a prevenire il rischio del compimento di illeciti nel loro interesse o a loro vantaggio, nel rispetto dei princìpi previsti dal decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, predisposte ovvero verificate ed approvate dall’ente di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 19 marzo 2003, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 139 del 18 giugno 2003, secondo tariffe, predeterminate e pubbliche, determinate sulla base del costo effettivo del servizio, attribuite allo stesso ente mediante riassegnazione ai sensi del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 10 novembre 1999, n. 469. Dell’avvenuta adozione delle misure indicate al primo periodo viene data comunicazione al competente comitato di coordinamento finanziario regionale, per l’adozione delle rispettive iniziative ispettive e di verifica nei confronti dei soggetti che non risultino avere adottato le citate misure organizzative e di funzionamento. L’Agenzia delle entrate comunica con evidenze informatiche all’ente di cui al primo periodo l’elenco dei soggetti che dichiarano di fruire delle agevolazioni o degli incentivi citati, per l’adozione delle conseguenti iniziative. Dall’attuazione del presente comma non possono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

85. Al fine di incentivare il passaggio dal sistema contributivo-indennizzatorio per danni all’agricoltura al sistema assicurativo contro i danni, l’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 1, comma 3, lettere b) e c), del decreto legislativo 29 marzo 2004, n. 102, Fondo di solidarietà nazionale – interventi indennizzatori, è ridotta di 50 milioni di euro per ciascuno degli anni 2005 e 2006 e il corrispondente importo è destinato agli interventi agevolativi per la stipula di contratti assicurativi contro i danni in agricoltura alla produzione e alle strutture, di cui all’articolo 1, comma 3, lettera a), del decreto legislativo 29 marzo 2004, n. 102, Fondo di solidarietà nazionale – incentivi assicurativi.

86. All’articolo 15 del decreto legislativo 29 marzo 2004, n. 102, il comma 3 è sostituito dal seguente:

«3. Per la dotazione finanziaria del Fondo di solidarietà nazionale-incentivi assicurativi destinato agli interventi di cui all’articolo 1, comma 3, lettera a), si provvede ai sensi dell’articolo 11, comma 3, lettera f), della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni. Per la dotazione finanziaria del Fondo di solidarietà nazionale – interventi indennizzatori, destinato agli interventi di cui all’articolo 1, comma 3, lettere b) e c), si provvede a valere sulle risorse del Fondo di protezione civile, come determinato ai sensi dell’articolo 11, comma 3, lettera d), della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni, nel limite stabilito annualmente dalla legge finanziaria».

87. Per gli stessi fini di cui al comma 85, per l’anno 2005 la dotazione del Fondo per la riassicurazione dei rischi, istituito presso l’Istituto per studi, ricerche e informazioni sul mercato agricolo (ISMEA), ai sensi dell’articolo 127, comma 3, della legge 23 dicembre 2000, n. 388, è incrementata di 50 milioni di euro, di cui 5 milioni di euro da destinare preferenzialmente agli interventi di riassicurazione relativi ai fondi rischi di mutualità.

88. Per gli interventi previsti all’articolo 66, comma 3, della legge 27 dicembre 2002, n. 289, la dotazione del Fondo di investimento nel capitale di rischio, previsto dal regolamento di cui al decreto del Ministro delle politiche agricole e forestali 22 giugno 2004, n. 182, è incrementata per l’anno 2005 di 50 milioni di euro.

89. Nell’ambito del Fondo per lo sviluppo dell’agricoltura biologica e di qualità di cui all’articolo 59, comma 2-bis, della legge 23 dicembre 1999, n. 488, e successive modificazioni, è istituito un apposito capitolo per l’attuazione del Piano d’azione nazionale per l’agricoltura biologica e i prodotti biologici con una dotazione di 5 milioni di euro per l’anno 2005, a valere, per la somma di 3 milioni di euro, sulle disponibilità di cui all’autorizzazione di spesa recate dall’articolo 5, comma 7, della legge 21 marzo 2001, n. 122, che sono a tal fine versate all’entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnate all’apposita unità previsionale di base. Le modalità di spesa inerenti tale capitolo sono definite con apposito decreto del Ministro delle politiche agricole e forestali da emanare entro quattro mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge.

90. Ai fini di quanto disposto dall’articolo 48, comma 1, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, le risorse per la contrattazione collettiva nazionale previste dall’articolo 3, comma 46, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, a carico del bilancio statale, sono incrementate di 292 milioni di euro per l’anno 2005 e di 396 milioni di euro a decorrere dall’anno 2006.

91. Le risorse previste dall’articolo 3, comma 47, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, per corrispondere i miglioramenti retributivi al personale statale in regime di diritto pubblico sono incrementate di 119 milioni di euro per l’anno 2005 e di 159 milioni di euro a decorrere dall’anno 2006, con specifica destinazione, rispettivamente, di 105 milioni di euro e di 139 milioni di euro per il personale delle Forze armate e dei Corpi di polizia di cui al decreto legislativo 12 maggio 1995, n. 195.

92. Le somme di cui ai commi 90 e 91, comprensive degli oneri contributivi ai fini previdenziali e dell’IRAP, costituiscono l’importo complessivo massimo di cui all’articolo 11, comma 3, lettera h), della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni. A decorrere dal 2005, è stanziata la somma di un milione di euro da destinare alla copertura delle spese connesse alla responsabilità civile e amministrativa per gli eventi dannosi, non dolosi, causati a terzi dal personale delle Forze armate nello svolgimento delle proprie attività istituzionali.

93. Per il personale dipendente da amministrazioni, istituzioni ed enti pubblici diversi dall’amministrazione statale gli oneri derivanti dai rinnovi contrattuali per il biennio 2004-2005, nonché quelli derivanti dalla corresponsione dei miglioramenti economici al personale di cui all’articolo 3, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, sono posti a carico dei rispettivi bilanci ai sensi dell’articolo 48, comma 2, del medesimo decreto legislativo, tenuto anche conto dei risparmi derivanti dalle disposizioni di cui ai commi da 95 a 108 riferite all’anno 2005. In sede di deliberazione degli atti di indirizzo previsti dall’articolo 47, comma 1, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, i comitati di settore provvedono alla quantificazione delle relative risorse e alla determinazione della quota da destinare all’incentivazione della produttività, attenendosi, quale tetto massimo di crescita delle retribuzioni, ai criteri previsti per il personale delle amministrazioni dello Stato di cui al comma 90.

94. Il decreto del Presidente della Repubblica 25 agosto 2004, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 225 del 24 settembre 2004, concernente le piante organiche degli enti di ricerca, si intende applicabile anche all’Istituto per lo sviluppo della formazione professionale dei lavoratori (ISFOL), di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 19 marzo 2003, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 139 del 18 giugno 2003.

95. Le dotazioni organiche delle amministrazioni dello Stato anche ad ordinamento autonomo, delle agenzie, incluse le agenzie fiscali di cui agli articoli 62, 63 e 64 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, e successive modificazioni, degli enti pubblici non economici, degli enti di ricerca e degli enti di cui all’articolo 70, comma 4, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, sono rideterminate, sulla base dei princìpi e criteri di cui all’articolo 1, comma 1, del predetto decreto legislativo e all’articolo 34, comma 1, della legge 27 dicembre 2002, n. 289, apportando una riduzione non inferiore al 5 per cento della spesa complessiva relativa al numero dei posti in organico di ciascuna amministrazione, tenuto comunque conto del processo di innovazione tecnologica. Ai predetti fini le amministrazioni adottano adeguate misure di razionalizzazione e riorganizzazione degli uffici, anche sulla base di quanto previsto dal comma 195, mirate ad una rapida e razionale riallocazione del personale ed alla ottimizzazione dei compiti direttamente connessi con le attività istituzionali e dei servizi da rendere all’utenza, con significativa riduzione del numero di dipendenti attualmente applicati in compiti logistico-strumentali e di supporto. Le amministrazioni interessate provvedono a tale rideterminazione secondo le disposizioni e le modalità previste dai rispettivi ordinamenti. Le amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, provvedono con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri su proposta del Ministro competente, di concerto con il Ministro per la funzione pubblica e con il Ministro dell’economia e delle finanze. Per le amministrazioni che non provvedono entro il 30 aprile 2005 a dare attuazione agli adempimenti contenuti nel presente comma la dotazione organica è fissata sulla base del personale in servizio, riferito a ciascuna qualifica, alla data del 31 dicembre 2004. In ogni caso alle amministrazioni e agli enti, finché non provvedono alla rideterminazione del proprio organico secondo le predette previsioni, si applica il divieto di cui all’articolo 6, comma 6, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165. Al termine del triennio 2005-2007 le amministrazioni di cui al presente comma rideterminano ulteriormente le dotazioni organiche per tener conto degli effetti di riduzione del personale derivanti dalle disposizioni del presente comma e dei commi da 96 a 108. Sono comunque fatte salve le previsioni di cui al combinato disposto dell’articolo 3, commi 53, ultimo periodo, e 71, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, nonché le procedure concorsuali in atto alla data del 30 novembre 2004, le mobilità che l’amministrazione di destinazione abbia avviato alla data di entrata in vigore della presente legge e quelle connesse a processi di trasformazione o soppressione di amministrazioni pubbliche ovvero concernenti personale in situazione di eccedenza, compresi i docenti di cui all’articolo 35, comma 5, terzo periodo, della legge 27 dicembre 2002, n. 289. Ai fini del concorso delle autonomie regionali e locali al rispetto degli obiettivi di finanza pubblica, le disposizioni di cui al presente comma costituiscono princìpi e norme di indirizzo per le predette amministrazioni e per gli enti del Servizio sanitario nazionale, che operano le riduzioni delle rispettive dotazioni organiche secondo l’ambito di applicazione da definire con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di cui al comma 100.

96. Le disposizioni di cui al comma 95 non si applicano alle Forze armate, al Corpo nazionale dei vigili del fuoco, ai Corpi di polizia, al personale della carriera diplomatica e prefettizia, ai magistrati ordinari, amministrativi e contabili, agli avvocati e procuratori dello Stato, agli ordini e collegi professionali e relativi consigli e federazioni, alle università, al comparto scuola ed alle istituzioni di alta formazione e specializzazione artistica e musicale.

97. Per gli anni 2005, 2006 e 2007 alle amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, alle agenzie, incluse le agenzie fiscali di cui agli articoli 62, 63 e 64 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, e successive modificazioni, agli enti pubblici non economici, agli enti di ricerca ed agli enti di cui all’articolo 70, comma 4, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, è fatto divieto di procedere ad assunzioni di personale a tempo indeterminato, ad eccezione delle assunzioni relative alle categorie protette. Il divieto si applica anche alle assunzioni dei segretari comunali e provinciali nonché al personale di cui all’articolo 3 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni. Per le regioni, le autonomie locali ed il Servizio sanitario nazionale si applicano le disposizioni di cui al comma 100. Sono fatte salve le norme speciali concernenti le assunzioni di personale contenute: nell’articolo 3, commi 59, 70, 146 e 153, e nell’articolo 4, comma 64, della legge 24 dicembre 2003, n. 350; nell’articolo 2 del decreto-legge 30 gennaio 2004, n. 24, convertito, con modificazioni, dalla legge 31 marzo 2004, n. 87, nell’articolo 1, comma 2, della legge 27 marzo 2004, n. 77, e nell’articolo 2, comma 2-ter, del decreto-legge 27 gennaio 2004, n. 16, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 marzo 2004, n. 77. Sono fatte salve le assunzioni connesse con la professionalizzazione delle Forze armate di cui alla legge 14 novembre 2000, n. 331, al decreto legislativo 8 maggio 2001, n. 215, ed alla legge 23 agosto 2004, n. 226. Sono, altresì, fatte salve le assunzioni autorizzate con decreto del Presidente della Repubblica del 25 agosto 2004, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 225 del 24 settembre 2004, e quelle di cui ai decreti del Presidente del Consiglio dei ministri del 27 luglio 2004, pubblicati nella Gazzetta Ufficiale n. 224 del 23 settembre 2004, non ancora effettuate alla data di entrata in vigore della presente legge. È consentito, in ogni caso, il ricorso alle procedure di mobilità, anche intercompartimentale.

98. Per fronteggiare indifferibili esigenze di servizio di particolare rilevanza ed urgenza, in deroga al divieto di cui al comma 97, per ciascuno degli anni 2005, 2006 e 2007, le amministrazioni ivi previste possono procedere ad assunzioni, previo effettivo svolgimento delle procedure di mobilità, nel limite di un contingente complessivo di personale corrispondente ad una spesa annua lorda pari a 120 milioni di euro a regime. A tal fine è costituito un apposito fondo nello stato di previsione della spesa del Ministero dell’economia e delle finanze con uno stanziamento pari a 40 milioni di euro per l’anno 2005, a 160 milioni di euro per l’anno 2006, a 280 milioni di euro per l’anno 2007 e a 360 milioni di euro a decorrere dall’anno 2008. Per ciascuno degli anni 2005, 2006 e 2007, nel limite di una spesa pari a 40 milioni di euro in ciascun anno iniziale e a 120 milioni di euro a regime, le autorizzazioni ad assumere vengono concesse secondo le modalità di cui all’articolo 39, comma 3-ter, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, e successive modificazioni.

99. Nell’ambito delle procedure e nei limiti di autorizzazione all’assunzione di cui al comma 98 è prioritariamente considerata l’immissione in servizio:

a) del personale del settore della ricerca;

b) del personale che presti attualmente o abbia prestato servizio per almeno due anni in posizione di comando o distacco presso l’Agenzia per la promozione dell’ambiente e per i servizi tecnici ai sensi dell’articolo 2, comma 6, del decreto-legge 11 giugno 1998, n. 180, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 1998, n. 267;

c) per la copertura delle vacanze organiche nei ruoli degli ufficiali giudiziari C1 e nei ruoli dei cancellieri C1 dell’amministrazione giudiziaria, dei vincitori e degli idonei al concorso pubblico per la copertura di 443 posti di ufficiale giudiziario C1, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale, 4ª serie speciale, n. 98 del 13 dicembre 2002;

d) del personale del Consiglio per la ricerca e la sperimentazione in agricoltura;

e) dei candidati a magistrato del Consiglio di Stato risultati idonei al concorso a posti di consiglieri di Stato che abbiano conservato, senza soluzione di continuità, i requisiti per la nomina a tale qualifica fino alla data di entrata in vigore della presente legge;

f) a decorrere dal 2006, dei dirigenti e funzionari del Ministero dell’economia e delle finanze e delle agenzie fiscali previo superamento di uno speciale corso-concorso pubblico unitario, bandito e curato dalla Scuola superiore dell’economia e delle finanze e disciplinato con decreto non regolamentare del Ministro dell’economia e delle finanze, anche in deroga al decreto legislativo n. 165 del 2001. A tal fine e per le ulteriori finalità istituzionali della suddetta Scuola, possono essere utilizzate le attività di cui all’articolo 19, comma 2, della legge 27 luglio 2000, n. 212;

g) del personale necessario per assicurare il rispetto degli impegni internazionali e il controllo dei confini dello Stato;

h) degli addetti alla difesa nazionale e dei vincitori di concorsi banditi per le esigenze di personale civile degli arsenali della Marina militare ed espletati alla data del 30 settembre 2004.

100. Ai fini del concorso delle autonomie regionali e locali al rispetto degli obiettivi di finanza pubblica, con decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, da emanare previo accordo tra Governo, regioni e autonomie locali da concludere in sede di Conferenza unificata, per le amministrazioni regionali, gli enti locali di cui all’articolo 2, commi 1 e 2, del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, e gli enti del Servizio sanitario nazionale, sono fissati criteri e limiti per le assunzioni a tempo indeterminato per il triennio 2005-2007. Per ciascuno degli anni 2005, 2006 e 2007 le assunzioni, previa attivazione delle procedure di mobilità, devono essere contenute, fatta eccezione per il personale infermieristico del Servizio sanitario nazionale, entro percentuali non superiori al 20 per cento per l’anno 2005, al 20 per cento per l’anno 2006 ed al 50 per cento per l’anno 2007 delle cessazioni dal servizio verificatesi nel corso dell’anno precedente tenuto conto, in relazione alla tipologia degli enti, della dimensione demografica, dei profili professionali del personale da assumere, della essenzialità dei servizi da garantire e della incidenza delle spese del personale sulle entrate correnti. Fino all’emanazione dei decreti di cui al presente comma trovano applicazione le disposizioni di cui al comma 97. Le province e i comuni che non abbiano rispettato le regole del patto di stabilità interno non possono procedere ad assunzioni di personale a qualsiasi titolo nell’anno successivo a quello del mancato rispetto. I singoli enti in caso di assunzioni di personale devono autocertificare il rispetto delle disposizioni del patto di stabilità interno per l’anno precedente quello nel quale vengono disposte le assunzioni. In ogni caso sono consentite, previa autocertificazione degli enti, le assunzioni connesse al passaggio di funzioni e competenze alle regioni e agli enti locali il cui onere sia coperto dai trasferimenti erariali compensativi della mancata assegnazione di unità di personale. Per le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e l’Unioncamere, con decreto del Ministero delle attività produttive, d’intesa con la Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento della funzione pubblica e con il Ministero dell’economia e delle finanze, sono individuati specifici indicatori di equilibrio economico-finanziario, volti a fissare criteri e limiti per le assunzioni a tempo indeterminato, nel rispetto delle percentuali di cui al presente comma.

101. Le disposizioni in materia di assunzioni di cui ai commi da 95 a 109 si applicano anche al trattenimento in servizio di cui all’articolo 1-quater del decreto-legge 28 maggio 2004, n. 136, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 luglio 2004, n. 186. A tal fine, per il comparto scuola si applica la specifica disciplina autorizzatoria delle assunzioni.

102. I termini di validità delle graduatorie per le assunzioni di personale presso le amministrazioni pubbliche che per gli anni 2005, 2006 e 2007 sono soggette a limitazioni delle assunzioni sono prorogati di un triennio. In attesa dell’emanazione del regolamento di cui all’articolo 9 della legge 16 gennaio 2003, n. 3, continuano ad applicarsi le disposizioni di cui all’articolo 3, comma 61, terzo periodo, della legge 24 dicembre 2003, n. 350.

103. Le disposizioni di cui ai commi 97 e 98 non si applicano al comparto scuola, alle università nonché agli ordini ed ai collegi professionali e relativi consigli e federazioni.

104. Le amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2, e all’articolo 70, comma 4, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, non ricomprese nell’elenco 1 allegato alla presente legge, adeguano le proprie politiche di reclutamento di personale al principio del contenimento della spesa in coerenza con gli obiettivi fissati dai documenti di finanza pubblica. A tal fine, secondo modalità indicate dal Ministero dell’economia e delle finanze, d’intesa con la Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento della funzione pubblica, gli organi competenti ad adottare gli atti di programmazione dei fabbisogni di personale trasmettono annualmente alle predette amministrazioni i dati previsionali dei fabbisogni medesimi.

105. A decorrere dall’anno 2008, le amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, e all’articolo 70, comma 4, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, possono, previo esperimento delle procedure di mobilità, effettuare assunzioni a tempo indeterminato entro i limiti delle cessazioni dal servizio verificatesi nell’anno precedente.

106. Il secondo periodo del comma 4 dell’articolo 35 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, è sostituito dal seguente: «Per le amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, le agenzie, ivi compresa l’Agenzia autonoma per la gestione dell’albo dei segretari comunali e provinciali, gli enti pubblici non economici e gli enti di ricerca, con organico superiore alle 200 unità, l’avvio delle procedure concorsuali è subordinato all’emanazione di apposito decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, da adottare su proposta del Ministro per la funzione pubblica di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze».

107. A decorrere dall’anno 2005, le università adottano programmi triennali del fabbisogno di personale docente, ricercatore e tecnico-amministrativo, a tempo determinato e indeterminato, tenuto conto delle risorse a tal fine stanziate nei rispettivi bilanci. I programmi sono valutati dal Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca ai fini della coerenza con le risorse stanziate nel fondo di finanziamento ordinario, fermo restando il limite del 90 per cento ai sensi della normativa vigente.

108. Per il funzionamento del Dipartimento Nazionale per le politiche antidroga è autorizzata l’ulteriore spesa di 6 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2005

109. Per le regioni, le autonomie locali e gli enti del Servizio sanitario nazionale le economie derivanti dall’attuazione dei commi da 95 a 107 conseguenti a misure limitative delle assunzioni per gli anni 2006, 2007 e 2008 restano acquisite ai bilanci degli enti ai fini del miglioramento dei relativi saldi.

110. È stanziata, per l’anno 2005, la somma di 10 milioni di euro per il finanziamento delle attività inerenti alla programmazione e realizzazione del sistema integrato di trasporto denominato «Autostrade del mare», di cui al Piano generale dei trasporti e della logistica, approvato con deliberazione del Consiglio dei ministri del 2 marzo 2001, attuato dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti per il tramite della società Rete autostrade mediterranee Spa (RAM) del gruppo Sviluppo Italia Spa.

111. I soggetti che nell’esercizio di impresa si rendono acquirenti di tartufi da raccoglitori dilettanti od occasionali non muniti di partita IVA sono tenuti ad emettere autofattura con le modalità e nei termini di cui all’articolo 21 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, e successive modificazioni. In deroga all’articolo 21, comma 2, lettera a), del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, e successive modificazioni, i soggetti acquirenti di cui al primo periodo omettono l’indicazione nell’autofattura delle generalità del cedente e sono tenuti a versare all’erario, senza diritto di detrazione, gli importi dell’IVA relativi alle autofatture emesse nei termini di legge. La cessione di tartufo non obbliga il cedente raccoglitore dilettante od occasionale non munito di partita IVA ad alcun obbligo contabile. I cessionari sono obbligati a comunicare annualmente alle regioni di appartenenza la quantità del prodotto commercializzato e la provenienza territoriale dello stesso, sulla base delle risultanze contabili. I cessionari sono obbligati a certificare al momento della vendita la provenienza del prodotto, la data di raccolta e quella di commercializzazione.

112. Allo scopo di concorrere al soddisfacimento della domanda di abitazioni, con particolare riferimento alle aree metropolitane ad alta tensione abitativa, e per agevolare la mobilità del personale dipendente da amministrazioni dello Stato, è consentita la modifica in aumento del limite numerico degli alloggi da realizzare nell’ambito di programmi straordinari di edilizia residenziale pubblica di cui al comma 150 dell’articolo 4 della legge 24 dicembre 2003, n. 350, da concedere in locazione o in godimento ai medesimi dipendenti, fermo restando il limite volumetrico complessivo degli interventi oggetto dei programmi stessi.

113. Allo scopo di favorire l’accesso delle giovani coppie alla prima casa di abitazione, è istituito, per l’anno 2005, presso il Ministero dell’economia e delle finanze, un fondo per il sostegno finanziario all’acquisto di unità immobiliari da adibire ad abitazione principale in regime di edilizia convenzionata da cooperative edilizie, aziende territoriali di edilizia residenziale pubbliche ed imprese private. La dotazione finanziaria del predetto fondo per l’anno 2005 è fissata in 10 milioni di euro. Con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze di concerto con i Ministri delle infrastrutture e dei trasporti e per le pari opportunità, sono fissati i criteri per l’accesso al fondo e i limiti di fruizione dei benefici di cui al presente comma.

114. Il contributo statale annuo a favore della Federazione nazionale delle istituzioni pro ciechi di cui all’articolo 3, comma 3, della legge 28 agosto 1997, n. 284, è aumentato a decorrere dal 2005 di euro 350.000.

115. Il contributo statale annuo a favore dell’Associazione nazionale vittime civili di guerra è aumentato a decorrere dall’anno 2005 di euro 250.000.

116. All’articolo 6, comma 4, della legge 13 maggio 1999, n. 133, e successive modificazioni, le parole: «31 dicembre 2004» sono sostituite dalle seguenti: «31 dicembre 2005».

117. All’articolo 2, comma 31, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, le parole: «legalmente riconosciute» sono sostituite dalle seguenti: «legalmente costituite».

118. Nell’ambito delle risorse preordinate sul Fondo per l’occupazione di cui all’articolo 1, comma 7, del decreto-legge 20 maggio 1993, n. 148, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 luglio 1993, n. 236, con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sono determinati i criteri e le modalità per la destinazione dell’importo aggiuntivo di 2 milioni di euro per il 2005, per il finanziamento degli interventi di cui all’articolo 80, comma 4, della legge 23 dicembre 1998, n. 448.

119. Per l’anno 2005, le amministrazioni di cui agli articoli 1, comma 2, e 70, comma 4, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, possono avvalersi di personale a tempo determinato, ad eccezione di quanto previsto dall’articolo 108 del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, o con convenzioni ovvero con contratti di collaborazione coordinata e continuativa, nel limite della spesa media annua sostenuta per le stesse finalità nel triennio 1999-2001. La spesa per il personale a tempo determinato in servizio presso il Corpo forestale dello Stato nell’anno 2005, assunto ai sensi della legge 5 aprile 1985, n. 124, non può superare quella sostenuta per lo stesso personale nell’anno 2004. Le limitazioni di cui al presente comma non trovano applicazione nei confronti del personale infermieristico del Servizio sanitario nazionale. Le medesime limitazioni non trovano altresì applicazione nei confronti delle regioni e delle autonomie locali. Gli enti locali che per l’anno 2004 non abbiano rispettato le regole del patto di stabilità interno non possono avvalersi di personale a tempo determinato o con convenzioni ovvero con contratti di collaborazione coordinata e continuativa. Per il comparto scuola e per quello delle istituzioni di alta formazione e specializzazione artistica e musicale trovano applicazione le specifiche disposizioni di settore.

120. I Ministeri per i beni e le attività culturali, della giustizia, della salute e l’Agenzia del territorio sono autorizzati ad avvalersi, sino al 31 dicembre 2005, del personale in servizio con contratti di lavoro a tempo determinato, prorogati ai sensi dell’articolo 3, comma 62, della legge 24 dicembre 2003, n. 350. Il Ministero dell’economia e delle finanze può continuare ad avvalersi fino al 31 dicembre 2005 del personale utilizzato ai sensi dell’articolo 47, comma 10, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, e successive modificazioni.

121. Possono essere prorogati fino al 31 dicembre 2005 i contratti di lavoro a tempo determinato stipulati dagli organi della magistratura amministrativa nonchè i contratti di lavoro a tempo determinato stipulati dall’INPS, dall’INPDAP e dall’INAIL già prorogati ai sensi dell’articolo 1 del decreto-legge 28 maggio 2004, n. 136, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 luglio 2004, n. 186, i cui oneri continuano ad essere posti a carico dei bilanci degli enti predetti.

122. L’Agenzia per la protezione dell’ambiente e per i servizi tecnici (APAT) può continuare ad avvalersi, sino al 31 dicembre 2005, del personale in servizio nell’anno 2004 con contratto a tempo determinato o con convenzione o con altra forma di flessibilità e di collaborazione nel limite massimo di spesa complessivamente stanziata per lo stesso personale nell’anno 2004 dalla predetta Agenzia. I relativi oneri continuano a fare carico sul bilancio dell’Agenzia. Il Centro nazionale per l’informatica nella pubblica amministrazione (CNIPA) è autorizzato a prorogare, fino al 31 dicembre 2005, i rapporti di lavoro del personale con contratto a tempo determinato in servizio nell’anno 2004. I relativi oneri continuano a fare carico sul bilancio del Centro.

123. Al fine di consentire il completamento e l’aggiornamento dei dati per la rilevazione dei cittadini italiani residenti all’estero, i rapporti di impiego a tempo determinato stipulati ai sensi dell’articolo 2, comma 1, della legge 27 maggio 2002, n. 104, possono proseguire nell’anno 2005 fino al completamento dell’ultimo rinnovo semestrale autorizzato ai sensi dell’articolo 1-bis del decreto-legge 31 marzo 2003, n. 52, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 maggio 2003, n. 122.

124. Le procedure di conversione in rapporti di lavoro a tempo indeterminato dei contratti di formazione e lavoro di cui all’articolo 3, comma 63, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, possono essere effettuate unicamente nel rispetto delle limitazioni e delle modalità previste dalla normativa vigente per l’assunzione di personale a tempo indeterminato. I rapporti in essere instaurati con il personale interessato alla predetta conversione sono comunque prorogati al 31 dicembre 2005.

125. Per l’anno 2005 per gli enti di ricerca, l’Istituto superiore di sanità, l’Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza del lavoro, gli istituti zooprofilattici sperimentali, l’Agenzia per i servizi sanitari regionali, l’Agenzia italiana del farmaco, gli Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico, l’Agenzia spaziale italiana, l’Ente per le nuove tecnologie, l’energia e l’ambiente, il CNIPA, nonchè per le università e le scuole superiori ad ordinamento speciale, sono fatte comunque salve le assunzioni a tempo determinato e la stipula di contratti di collaborazione coordinata e continuativa per l’attuazione di progetti di ricerca e di innovazione tecnologica ovvero di progetti finalizzati al miglioramento di servizi anche didattici per gli studenti, i cui oneri non risultino a carico dei bilanci di funzionamento degli enti o del Fondo di finanziamento degli enti o del Fondo di finanziamento ordinario delle università.

126. I comandi del personale della società Poste italiane Spa e dell’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato, di cui dall’articolo 3, comma 64, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, sono prorogati al 31 dicembre 2005.

127. Nulla è dovuto a titolo di indennità o trattamento economico aggiuntivo comunque denominato nei confronti del personale in servizio presso enti e società derivanti da processi di privatizzazione di amministrazioni pubbliche esercenti attività e servizi in regime di monopolio e già proveniente dalle predette amministrazioni pubbliche che sia trasferito a domanda con il semplice consenso dell’ente o della società e dell’amministrazione di destinazione presso le pubbliche amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni.

128. All’articolo 40, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, al terzo periodo le parole: «i ricercatori e i tecnologi degli enti di ricerca, compresi quelli dell’ENEA,» sono soppresse.

129. Per la proroga delle attività di cui all’articolo 78, comma 31, della legge 23 dicembre 2000, n. 388, è autorizzata, per l’anno 2005, la spesa di 375 milioni di euro.

130. Per l’anno scolastico 2005-2006, la consistenza numerica della dotazione del personale docente in organico di diritto non potrà superare quella complessivamente determinata nel medesimo organico di diritto per l’anno scolastico 2004-2005.

131. L’insegnamento della lingua straniera nella scuola primaria è impartito dai docenti della classe in possesso dei requisiti richiesti o da altro docente facente parte dell’organico di istituto sempre in possesso dei requisiti richiesti. Possono essere attivati posti di lingua straniera da assegnare a docenti specialisti solo nei casi in cui non sia possibile coprire le ore di insegnamento con i docenti di classe o di istituto. Al fine di realizzare quanto previsto dal presente comma, la cui applicazione deve garantire il recupero all’insegnamento sul posto comune di non meno di 7.100 unità per ciascuno degli anni scolastici 2005-2006 e 2006-2007, sono attivati corsi di formazione, nell’ambito delle annuali iniziative di formazione in servizio del personale docente, la cui partecipazione è obbligatoria per tutti i docenti privi dei requisiti previsti per l’insegnamento della lingua straniera. Il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca adotta ogni idonea iniziativa per assicurare il conseguimento del predetto obiettivo.

132. La spesa per supplenze brevi del personale docente, amministrativo, tecnico ed ausiliario, al lordo degli oneri sociali a carico dell’amministrazione e dell’imposta regionale sulle attività produttive, non può superare l’importo di 766 milioni di euro per l’anno 2005 e di 565 milioni di euro a decorrere dall’anno 2006. Il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca adotta ogni idonea misura per assicurare il rispetto dei predetti limiti.

133. Per l’attuazione del piano programmatico di cui all’articolo 1, comma 3, della legge 28 marzo 2003, n. 53, è autorizzata, a decorrere dall’anno 2005, l’ulteriore spesa complessiva di 110 milioni di euro per i seguenti interventi: anticipo delle iscrizioni e generalizzazione della scuola dell’infanzia, iniziative di formazione iniziale e continua del personale, interventi di orientamento contro la dispersione scolastica e per assicurare la realizzazione del diritto-dovere di istruzione e formazione.

134. Per la realizzazione di interventi di edilizia e per l’acquisizione di attrezzature didattiche e strumentali di particolare rilevanza da parte delle istituzioni di cui all’articolo 1 della legge 21 dicembre 1999, n. 508, è autorizzata a decorrere dall’anno 2005 la spesa di 10 milioni di euro.

135. Salvo diversa determinazione della Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento della funzione pubblica, per il triennio 2005-2007 è fatto divieto a tutte le amministrazioni pubbliche di cui agli articoli 1, comma 2, e 70, comma 4, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, di adottare provvedimenti per l’estensione di decisioni giurisdizionali aventi forza di giudicato, o comunque divenute esecutive, in materia di personale delle amministrazioni pubbliche.

136. All’articolo 61 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, dopo il comma 1 è inserito il seguente:

«1-bis. Le pubbliche amministrazioni comunicano alla Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento della funzione pubblica e al Ministero dell’economia e delle finanze l’esistenza di controversie relative ai rapporti di lavoro dalla cui soccombenza potrebbero derivare oneri aggiuntivi significativamente rilevanti per il numero dei soggetti direttamente o indirettamente interessati o comunque per gli effetti sulla finanza pubblica. La Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento della funzione pubblica, d’intesa con il Ministero dell’economia e delle finanze, può intervenire nel processo ai sensi dell’articolo 105 del codice di procedura civile».

137. Dopo l’articolo 63 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, è inserito il seguente:

«Art. 63-bis. – (Intervento dell’ARAN nelle controversie relative ai rapporti di lavoro). – 1. L’ARAN può intervenire nei giudizi innanzi al giudice ordinario, in funzione di giudice del lavoro, aventi ad oggetto le controversie relative ai rapporti di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni di cui agli articoli 1, comma 2, e 70, comma 4, al fine di garantire la corretta interpretazione e l’uniforme applicazione dei contratti collettivi. Per le controversie relative al personale di cui all’articolo 3, derivanti dalle specifiche discipline ordinamentali e retributive, l’intervento in giudizio può essere assicurato attraverso la Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento della funzione pubblica, d’intesa con il Ministero dell’economia e delle finanze».

138. La dotazione del Fondo di cui all’articolo 3, comma 149, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, è incrementata di un milione di euro per ciascuno degli anni 2005 e 2006.

139. Al fine di conseguire risparmi o minori oneri finanziari per le amministrazioni pubbliche, può sempre essere disposto l’annullamento di ufficio di provvedimenti amministrativi illegittimi, anche se l’esecuzione degli stessi sia ancora in corso. L’annullamento di cui al primo periodo di provvedimenti incidenti su rapporti contrattuali o convenzionali con privati deve tenere indenni i privati stessi dall’eventuale pregiudizio patrimoniale derivante, e comunque non può essere adottato oltre tre anni dall’acquisizione di efficacia del provvedimento, anche se la relativa esecuzione sia perdurante.

140. Al testo unico delle leggi concernenti il sequestro, il pignoramento e la cessione degli stipendi, salari e pensioni dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 5 gennaio 1950, n. 180, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all’articolo 1, primo comma, dopo le parole: «di comunicazione o di trasporto» sono inserite le seguenti: «nonché le aziende private»;

b) la rubrica del titolo III è sostituita dalla seguente: «Della cessione degli stipendi e salari dei dipendenti dello Stato non garantiti dal Fondo, degli impiegati e dei salariati non dipendenti dallo Stato e dei dipendenti di soggetti privati»;

c) l’articolo 34 è abrogato;

d) al primo comma dell’articolo 54 le parole: «a norma del presente titolo» sono sostituite dalle seguenti: «a norma del titolo II e del presente titolo».

141. L’articolo 47 del testo unico delle norme sulle prestazioni previdenziali a favore dei dipendenti civili e militari dello Stato, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 29 dicembre 1973, n. 1032, è abrogato.

142. L’adeguamento dei trasferimenti dovuti dallo Stato, ai sensi rispettivamente dell’articolo 37, comma 3, lettera c), della legge 9 marzo 1989, n. 88, e successive modificazioni, e dell’articolo 59, comma 34, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, e successive modificazioni, è stabilito per l’anno 2005:

a) in 532,37 milioni di euro in favore del Fondo pensioni lavoratori dipendenti, delle gestioni dei lavoratori autonomi, della gestione speciale minatori, nonchè in favore dell’Ente nazionale di previdenza e di assistenza per i lavoratori dello spettacolo (ENPALS);

b) in 131,55 milioni di euro in favore del Fondo pensioni lavoratori dipendenti, ad integrazione dei trasferimenti di cui alla lettera a), della gestione esercenti attività commerciali e della gestione artigiani.

143. Conseguentemente a quanto previsto dal comma 142, gli importi complessivamente dovuti dallo Stato sono determinati per l’anno 2005 in 15.740,39 milioni di euro per le gestioni di cui al comma 142, lettera a), e in 3.889,53 milioni di euro per le gestioni di cui al comma 142, lettera b).

144. I medesimi complessivi importi di cui ai commi 142 e 143 sono ripartiti tra le gestioni interessate con il procedimento di cui all’articolo 14 della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni, al netto, per quanto attiene al trasferimento di cui al comma 142, lettera a), della somma di 1.059,08 milioni di euro attribuita alla gestione per i coltivatori diretti, mezzadri e coloni a completamento dell’integrale assunzione a carico dello Stato dell’onere relativo ai trattamenti pensionistici liquidati anteriormente al 1º gennaio 1989, nonchè al netto delle somme di 2,36 milioni di euro e di 54,78 milioni di euro di pertinenza, rispettivamente, della gestione speciale minatori e dell’ENPALS.

145. Il termine concernente i contributi previdenziali e i premi assicurativi relativi al sisma del 1990, riguardanti le imprese delle province di Catania, Siracusa e Ragusa, differito al 30 giugno 2005 dall’articolo 2, comma 66, della legge 24 dicembre del 2003, n. 350, è prorogato al 30 giugno 2006.

146. Ai fini della copertura dei maggiori oneri derivanti dall’assunzione, a carico del bilancio dello Stato, del finanziamento della gestione di cui all’articolo 37 della legge 9 marzo 1989, n. 88, riferiti agli esercizi finanziari precedenti l’anno 2004, per un importo pari a 7.581,83 milioni di euro, sono utilizzate:

a) le somme trasferite dal bilancio dello Stato all’INPS ai sensi dell’articolo 35, comma 3, della legge 23 dicembre 1998, n. 448, a titolo di anticipazione sul fabbisogno finanziario delle gestioni previdenziali risultate, nel loro complesso, eccedenti sulla base dei bilanci consuntivi per le esigenze delle predette gestioni, evidenziate nella contabilità del predetto Istituto ai sensi dell’articolo 35, comma 6, della predetta legge n. 448 del 1998, per un ammontare complessivo non superiore a 5.700 milioni di euro;

b) le somme che risultano, sulla base del bilancio consuntivo dell’anno 2003, trasferite alla predetta gestione dell’INPS in eccedenza rispetto agli oneri per prestazioni e provvidenze varie, ivi comprese le somme trasferite in eccedenza per il finanziamento degli oneri di cui all’articolo 49, comma 1, della legge 23 dicembre 1999, n. 488, e fatto salvo quanto previsto dal decreto-legge 14 aprile 2003, n. 73, convertito, con modificazioni, dalla legge 10 giugno 2003, n. 133, per un ammontare complessivo pari a 307,51 milioni di euro;

c) le risorse trasferite all’INPS e accantonate presso la medesima gestione, come risultanti dal bilancio consuntivo dell’anno 2003 del predetto Istituto, in quanto non utilizzate per i seguenti scopi:

1) finanziamento delle prestazioni economiche per la tubercolosi di cui all’articolo 3, comma 14, della citata legge n. 448 del 1998, per un ammontare complessivo pari a 804,98 milioni di euro;

2) finanziamento degli oneri per pensionamenti anticipati di cui all’articolo 8 del decreto-legge 16 maggio 1994, n. 299, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 luglio 1994, n. 451, e all’articolo 3 della legge 23 dicembre 1996, n. 662, per un ammontare complessivo pari a 457,71 milioni di euro;

3) finanziamento degli oneri per l’assistenza ai portatori di handicap grave di cui all’articolo 42, comma 5, del testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, di cui al decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, e successive modificazioni, per un ammontare complessivo pari a 300,66 milioni di euro;

4) finanziamento degli oneri per i trattamenti di integrazione salariale straordinaria previsti da disposizioni diverse, per un ammontare complessivo pari a 10,97 milioni di euro.

147. Il complesso degli effetti contabili delle disposizioni di cui al comma 146 sulle gestioni dell’INPS interessate è definito con la procedura di cui all’articolo 14 della legge 7 agosto 1990, n. 241.

148. Ai fini del finanziamento dei maggiori oneri a carico della Gestione per l’erogazione delle pensioni, assegni e indennità agli invalidi civili, ciechi e sordomuti di cui all’articolo 130 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, valutati in 1.326 milioni di euro per l’esercizio 2004 e 827 milioni di euro a decorrere dal 2005:

a) per l’esercizio 2004, concorrono, per un importo complessivo di 780 milioni di euro, le risorse derivanti da:

1) i minori oneri accertati nell’attuazione dell’articolo 38 della legge 28 dicembre 2001, n. 448, concernente incremento delle pensioni in favore di soggetti disagiati, per un ammontare complessivo pari a 245 milioni di euro;

2) i minori oneri accertati nell’attuazione dell’articolo 3, comma 14, della legge 23 dicembre 1998, n. 448, concernente prestazioni economiche per la tubercolosi, per un ammontare complessivo pari a 70 milioni di euro;

3) i minori oneri accertati nell’attuazione del comma 5 dell’articolo 42 del citato testo unico di cui al decreto legislativo n. 151 del 2001 e del comma 3 dell’articolo 80 della legge 23 dicembre 2000, n. 388, concernenti rispettivamente assistenza ai portatori di handicap grave e contribuzione figurativa in favore di sordomuti e invalidi, per un ammontare complessivo pari a 160 milioni di euro;

4) i minori oneri, rispetto alla somma di 872,8 milioni di euro prevista dalla legge 31 dicembre 1991, n. 415, e dalla legge 23 dicembre 1992, n. 500, per il finanziamento della gestione di cui all’articolo 37 della legge 9 marzo 1989, n. 88, accertati nell’attuazione delle norme in materia di pensionamenti anticipati, per un ammontare complessivo pari a 305 milioni di euro;

b) a decorrere dall’anno 2005, sono utilizzate le risorse derivanti da:

1) i minori oneri accertati nell’attuazione del citato articolo 38 della legge 28 dicembre 2001, n. 448, per un ammontare complessivo pari a 245 milioni di euro;

2) i minori oneri accertati nell’attuazione del citato articolo 3, comma 14, della legge 23 dicembre 1998, n. 448, per un ammontare complessivo pari a 277 milioni di euro;

3) i minori oneri, rispetto alla somma di 872,8 milioni di euro prevista dalle citate leggi 31 dicembre 1991, n. 415, e 23 dicembre 1992, n. 500, per il finanziamento della gestione di cui all’articolo 37 della legge 9 marzo 1989, n. 88, accertati nell’attuazione delle norme in materia di pensionamenti anticipati, per un ammontare complessivo pari a 305 milioni di euro.

149. Per le imprese industriali che svolgono attività produttiva di fornitura o subfornitura di componenti, di supporto o di servizio, a favore di imprese operanti nel settore automobilistico, i periodi di integrazione salariale ordinaria fruiti negli anni 2003 e 2004 non vengono computati ai fini della determinazione del limite massimo di utilizzo dell’integrazione salariale ordinaria di cui all’articolo 6 della legge 20 maggio 1975, n. 164 entro il limite di 1.100 unità annue.

150. La disciplina dell’importo massimo di cui all’articolo 1, secondo comma, della legge 13 agosto 1980, n. 427, e successive modificazioni, estesa ai trattamenti ordinari di disoccupazione dall’articolo 3, comma 2, del decreto-legge 16 maggio 1994, n. 299, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 luglio 1994, n. 451, trova applicazione anche per i trattamenti speciali di disoccupazione aventi decorrenza dal 1º gennaio 2006.

151. A decorrere dal 1º gennaio 2005, nell’ambito del processo di armonizzazione al regime generale è abrogato l’allegato B al regio decreto 8 gennaio 1931, n. 148, e i trattamenti economici previdenziali di malattia, riferiti ai lavoratori addetti ai pubblici servizi di trasporto rientranti nell’ambito di applicazione del citato regio decreto, sono dovuti secondo le norme, le modalità e i limiti previsti per i lavoratori del settore industria. I trattamenti economici previdenziali di malattia aggiuntivi rispetto a quelli spettanti ai lavoratori del settore industria, o comunque diversi dagli stessi, previsti ed applicati alla predetta data ai sensi del citato allegato B e degli accordi collettivi nazionali che stabilivano a carico delle disciolte Casse di soccorso particolari prestazioni, trasferite dal 1º gennaio 1980 all’INPS ai sensi della legge 23 dicembre 1978, n. 833, sono da considerare, fino ad eventuale diversa disciplina pattizia, obbligazioni contrattuali del datore di lavoro.

152. I commi primo e secondo dell’articolo 2 del decreto-legge 30 dicembre 1979, n. 663, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 febbraio 1980, n. 33, e successive modificazioni, sono sostituiti dai seguenti:

«A decorrere dal 1º giugno 2005, nei casi di infermità comportante incapacità lavorativa, il medico curante trasmette all’INPS il certificato di diagnosi sull’inizio e sulla durata presunta della malattia per via telematica on line, secondo le specifiche tecniche e le modalità procedurali determinate dall’INPS medesimo.

Il lavoratore è tenuto, entro due giorni dal relativo rilascio, a recapitare o a trasmettere, a mezzo raccomandata con avviso di ricevimento, l’attestazione della malattia, rilasciata dal medico curante, al datore di lavoro, salvo il caso in cui quest’ultimo richieda all’INPS la trasmissione in via telematica della suddetta attestazione, secondo modalità stabilite dallo stesso Istituto.

Con apposito decreto interministeriale dei Ministri del lavoro e delle politiche sociali, della salute, dell’economia e delle finanze e per l’innovazione e le tecnologie, previa intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sono individuate le modalità tecniche, operative e di regolamentazione, al fine di consentire l’avvio della nuova procedura di trasmissione telematica on line della certificazione di malattia all’INPS e di inoltro dell’attestazione di malattia dall’lNPS al datore di lavoro, previsti dal primo e dal secondo comma del presente articolo».

153. L’articolo 1, comma 54, della legge 23 agosto 2004, n. 243, è abrogato.

154. All’articolo 118 della legge 23 dicembre 2000, n. 388, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al comma 1, ultimo periodo, sono soppresse le parole: «progressivamente e»;

b) al comma 1, dopo l’ultimo periodo è aggiunto il seguente: «Nel finanziare i piani formativi di cui al presente comma, i fondi si attengono al criterio della redistribuzione delle risorse versate dalle aziende aderenti a ciascuno di essi, ai sensi del comma 3»;

c) il comma 3 è sostituito dal seguente:

«3. I datori di lavoro che aderiscono ai fondi effettuano il versamento del contributo integrativo, di cui all’articolo 25 della legge n. 845 del 1978, e successive modificazioni, all’INPS, che provvede a trasferirlo, per intero, una volta dedotti i meri costi amministrativi, al fondo indicato dal datore di lavoro. L’adesione ai fondi è fissata entro il 31 ottobre di ogni anno, con effetti dal 1º gennaio successivo; le successive adesioni o disdette avranno effetto dal 1º gennaio di ogni anno. L’INPS, entro il 31 gennaio di ogni anno, a decorrere dal 2005, comunica al Ministero del lavoro e delle politiche sociali e ai fondi la previsione, sulla base delle adesioni pervenute, del gettito del contributo integrativo, di cui all’articolo 25 della legge n. 845 del 1978, e successive modificazioni, relativo ai datori di lavoro aderenti ai fondi stessi nonchè di quello relativo agli altri datori di lavoro, obbligati al versamento di detto contributo, destinato al Fondo per la formazione professionale e per l’accesso al Fondo sociale europeo (FSE), di cui all’articolo 9, comma 5, del decreto-legge 20 maggio 1993, n. 148, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 luglio 1993, n. 236. Lo stesso Istituto provvede a disciplinare le modalità di adesione ai fondi interprofessionali e di trasferimento delle risorse agli stessi mediante acconti bimestrali nonchè a fornire, tempestivamente e con regolarità, ai fondi stessi, tutte le informazioni relative alle imprese aderenti e ai contributi integrativi da esse versati. Al fine di assicurare continuità nel perseguimento delle finalità istituzionali del Fondo per la formazione professionale e per l’accesso al FSE, di cui all’articolo 9, comma 5, del decreto-legge 20 maggio 1993, n. 148, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 luglio 1993, n. 236, rimane fermo quanto previsto dal secondo periodo del comma 2 dell’articolo 66 della legge 17 maggio 1999, n. 144.».

155. È istituito, presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, il «Fondo per il sostegno delle adozioni internazionali» finalizzato al rimborso delle spese sostenute dai genitori adottivi per l’espletamento della procedura di adozione disciplinata dalle disposizioni contenute nel capo I del titolo III della legge 4 maggio 1983, n. 184. Con decreto di natura non regolamentare adottato, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, dal Presidente del Consiglio dei ministri, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, vengono determinati l’entità e i criteri del rimborso, nonché le modalità di presentazione delle istanze. In ogni caso, i rimborsi non potranno superare l’ammontare massimo di 10 milioni di euro per l’anno 2005. A favore del Fondo di cui al presente comma è autorizzata la spesa di 10 milioni di euro per l’anno 2005.

156. Nell’ambito del Fondo nazionale per le politiche sociali di cui all’articolo 59, comma 44, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, è destinata una quota di 500.000 euro per l’anno 2005 per l’istituzione di un Fondo speciale al fine di promuovere le politiche giovanili finalizzate alla partecipazione dei giovani sul piano culturale e sociale nella società e nelle istituzioni, mediante il sostegno della loro capacità progettuale e creativa e favorendo il formarsi di nuove realtà associative nonchè consolidando e rafforzando quelle già esistenti.

157. Il 70 per cento della quota del Fondo di cui al comma 156 è destinato al finanziamento dei programmi e dei progetti del Forum nazionale dei giovani, con sede in Roma. Il restante 30 per cento è ripartito tra i Forum dei giovani regionali e locali proporzionalmente alla presenza di associazioni e di giovani sul territorio.

158. In attesa della riforma degli ammortizzatori sociali e nel limite complessivo di spesa di 310 milioni di euro a carico del Fondo per l’occupazione di cui all’articolo 1, comma 7, del decreto-legge 20 maggio 1993, n. 148, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 luglio 1993, n. 236, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e finanze, può disporre entro il 31 dicembre 2005, anche in deroga alla vigente normativa, concessioni, anche senza soluzione di continuità, dei trattamenti di cassa integrazione guadagni straordinaria, di mobilità e di disoccupazione speciale, nel caso di programmi finalizzati alla gestione di crisi occupazionali, anche con riferimento a settori produttivi e ad aree territoriali ovvero miranti al reimpiego di lavoratori coinvolti in detti programmi definiti in specifici accordi in sede governativa intervenuti entro il 30 giugno 2005. Nell’ambito delle risorse finanziarie di cui al primo periodo, i trattamenti concessi ai sensi dell’articolo 3, comma 137, quarto periodo, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, e successive modificazioni, possono essere prorogati con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, qualora i piani di gestione delle eccedenze già definiti in specifici accordi in sede governativa abbiano comportato una riduzione nella misura almeno del 10 per cento del numero dei destinatari dei trattamenti scaduti il 31 dicembre 2004. La misura dei trattamenti di cui al secondo periodo è ridotta del 10 per cento nel caso di prima proroga e del 30 per cento per le proroghe successive.

159. All’articolo 118, comma 16, della legge 23 dicembre 2000, n. 388, e successive modificazioni, le parole: «e di 100 milioni di euro per ciascuno degli anni 2003 e 2004» sono sostituite dalle seguenti: «e di 100 milioni di euro per ciascuno degli anni 2003, 2004 e 2005».

160. All’articolo 43 del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al comma 1, le parole da: «in un’apposita gestione» fino alla fine del comma sono sostituite dalle seguenti: «alla gestione separata di cui all’articolo 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335»;

b) al comma 2, le parole da: «alla gestione separata» fino a: «n. 335» sono soppresse;

c) il comma 9 è abrogato.

161. All’articolo 58 della legge 17 maggio 1999, n. 144, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al comma 2:

1) la parola: «tredici» è sostituita dalla parola: «dodici»;

2) le parole: «sei eletti dagli iscritti al Fondo» sono sostituite dalle seguenti: «cinque designati dalle associazioni sindacali rappresentative degli iscritti al Fondo medesimo»;

b) il comma 3 è sostituito dal seguente:

«3. Il comitato amministratore è presieduto dal presidente dell’INPS o da un suo delegato scelto tra i componenti del consiglio di amministrazione dell’Istituto medesimo».

162. Limitatamente ai soli enti gestori di forme di previdenza obbligatoria i collegi sindacali continuano ad esercitare il controllo contabile e per essi non trova applicazione l’articolo 2409-bis, terzo comma, del codice civile.

163. È costituita la Fondazione per la diffusione della responsabilità sociale delle imprese. Alla Fondazione partecipano, quali soci fondatori, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, oltre ad altri soggetti pubblici e privati che ne condividano le finalità. La Fondazione è soggetta alle disposizioni del codice civile, delle leggi speciali e dello statuto, che verrà redatto dai fondatori. Per lo svolgimento delle sue attività istituzionali è assegnato alla Fondazione un contributo di un milione di euro per l’anno 2005.

164. L’ente nazionale di previdenza e assistenza per i lavoratori dello spettacolo (ENPALS) può continuare ad avvalersi, fino al 31 dicembre 2005, del personale in servizio nell’anno 2004 con contratto di lavoro a tempo determinato nel limite massimo di spesa complessivamente stanziata per lo stesso personale nell’anno 2004. I relativi oneri continuano ad essere posti a carico del bilancio dell’ente.

165. All’articolo 3, comma 136, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, al primo periodo, le parole: «31 dicembre 2004» sono sostituite dalle seguenti: «31 dicembre 2005» e, al secondo periodo, le parole: «31 dicembre 2003» sono sostituite dalle seguenti: «31 dicembre 2004». A tal fine è autorizzata, per l’anno 2005, la spesa di 5 milioni di euro a valere sul Fondo per l’occupazione di cui all’articolo 1, comma 7, del decreto-legge 20 maggio 1993, n. 148, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 luglio 1993, n. 236.

166. Per la prosecuzione degli interventi di cui all’articolo 3, comma 9, e all’articolo 8, comma 4-bis, del decreto-legge 20 maggio 1993, n. 148, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 luglio 1993, n. 236, è autorizzato un contributo di euro 160.102.000 per l’anno 2005. A tal fine, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, è nominato un Commissario straordinario del Governo con funzioni di vigilanza sulle modalità di attuazione del presente comma.

167. Per garantire il rispetto degli obblighi comunitari e la realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica per il triennio 2005-2007 il livello complessivo della spesa del Servizio sanitario nazionale, al cui finanziamento concorre lo Stato, è determinato in 88.195 milioni di euro per l’anno 2005, 89.960 milioni di euro per l’anno 2006 e 91.759 milioni di euro per l’anno 2007. I predetti importi ricomprendono anche quello di 50 milioni di euro, per ciascuno degli anni indicati, a titolo di ulteriore finanziamento a carico dello Stato per l’ospedale «Bambino Gesù». Lo Stato, in deroga a quanto stabilito dall’articolo 4, comma 3, del decreto-legge 18 settembre 2001, n. 347, convertito, con modificazioni, dalla legge 16 novembre 2001, n. 405, concorre al ripiano dei disavanzi del Servizio sanitario nazionale per gli anni 2001, 2002 e 2003. A tal fine è autorizzata, a titolo di regolazione debitoria, la spesa di 2.000 milioni di euro per l’anno 2005, di cui 50 milioni di euro finalizzati al ripiano dei disavanzi della regione Lazio per l’anno 2003, derivanti dal finanziamento dell’ospedale «Bambino Gesù». Le predette disponibilità finanziarie sono ripartite tra le regioni con decreto del Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, d’intesa con la Conferenza Stato–Regioni.

168. Resta fermo l’obbligo in capo all’Agenzia italiana del farmaco di garantire per la quota a proprio carico, ai sensi dell’articolo 48 del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, il livello della spesa farmaceutica stabilito dalla legislazione vigente. Nell’ambito delle annuali direttive del Ministro della salute all’Agenzia è incluso il conseguimento dell’obiettivo del rispetto del predetto livello della spesa farmaceutica. Al fine di conseguire il contenimento della spesa farmaceutica, l’Agenzia italiana del farmaco stabilisce le modalità per il confezionamento ottimale dei farmaci a carico del Servizio sanitario nazionale, almeno per le patologie più rilevanti, relativamente a dosaggi e numero di unità posologiche, individua i farmaci per i quali i medici possono prescrivere «confezioni d’avvio» per terapie usate per la prima volta verso i cittadini, al fine di evitare prescrizioni quantitativamente improprie e più costose, e di verificarne la tollerabilità e l’efficacia, e predispone l’elenco dei farmaci per i quali sono autorizzate la prescrizione e la vendita per unità posologiche.

169. All’articolo 8 della legge 24 dicembre 1993, n. 537, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al comma 10:

1) alla lettera c), dopo le parole: «indicate alle lettere a) e b)» sono aggiunte le seguenti: «ad eccezione dei farmaci non soggetti a ricetta con accesso alla pubblicità al pubblico»;

2) dopo la lettera c), è aggiunta la seguente:

«c-bis) farmaci non soggetti a ricetta medica con accesso alla pubblicità al pubblico (OTC)»;

b) al comma 14, ultimo periodo, le parole: «lettera c)» sono sostituite dalle seguenti: «lettere c) e c-bis)».

170. All’articolo 70, comma 2, primo periodo, della legge 23 dicembre 1998, n. 448, dopo le parole: «l’indicazione della ’’nota’’» la parola: «, controfirmata,» è soppressa.

171. L’Agenzia italiana del farmaco adotta nel limite di spesa annuo di 1 milione di euro per ciascuno degli anni 2005, 2006 e 2007, nell’ambito del programma annuale di attività previsto dall’articolo 48, comma 5, lettera h), del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, un piano di comunicazione volto a diffondere l’uso dei farmaci generici, ad assicurare una adeguata informazione del pubblico su tali farmaci e a garantire ai medici, ai farmacisti e agli operatori di settore, a mezzo di apposite pubblicazioni specialistiche, le informazioni necessarie sui farmaci generici e le liste complete di farmaci generici disponibili.

172. Al fine di garantire che l’obiettivo del raggiungimento dell’equilibrio economico finanziario da parte delle regioni sia conseguito nel rispetto della garanzia della tutela della salute, ferma restando la disciplina dettata dall’articolo 54 della legge 27 dicembre 2002, n. 289, per le prestazioni già definite dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 29 novembre 2001, pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 33 dell’8 febbraio 2002, e successive modificazioni, anche al fine di garantire che le modalità di erogazione delle stesse siano uniformi sul territorio nazionale, coerentemente con le risorse programmate per il Servizio sanitario nazionale, con regolamento adottato ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, dal Ministro della salute, che si avvale della commissione di cui all’articolo 4-bis, comma 10, del decreto-legge 15 aprile 2002, n. 63, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 giugno 2002, n. 112, sono fissati gli standard qualitativi, strutturali, tecnologici, di processo e possibilmente di esito, e quantitativi di cui ai livelli essenziali di assistenza, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano. Con la medesima procedura sono individuati le tipologie di assistenza e i servizi, relativi alle aree di offerta individuate dal vigente Piano sanitario nazionale. In fase di prima applicazione gli standard sono fissati entro il 30 giugno 2005.

173. Alla determinazione delle tariffe massime per la remunerazione delle prestazioni e delle funzioni assistenziali, assunte come riferimento per la valutazione della congruità delle risorse a disposizione del Servizio sanitario nazionale, provvede, con proprio decreto, il Ministero della salute, di concerto con il Ministero dell’economia e delle finanze, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano. Gli importi tariffari, fissati dalle singole regioni, superiori alle tariffe massime restano a carico dei bilanci regionali. Entro il 30 marzo 2005, con decreto del Ministero della salute, di concerto con il Ministero dell’economia e delle finanze, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, si procede alla ricognizione e all’eventuale aggiornamento delle tariffe massime, coerentemente con le risorse programmate per il Servizio sanitario nazionale. Con la medesima modalità e i medesimi criteri si procede all’aggiornamento biennale delle tariffe massime entro il 31 dicembre di ogni secondo anno a decorrere dall’anno 2005.

174. Ferma restando la facoltà delle singole regioni di procedere, per il governo dei volumi di attività e dei tetti di spesa, alla modulazione, entro i valori massimi nazionali, degli importi tariffari praticati per la remunerazione dei soggetti erogatori pubblici e privati, è vietata, nella remunerazione del singolo erogatore, l’applicazione alle singole prestazioni di importi tariffari diversi a seconda della residenza del paziente, indipendentemente dalle modalità con cui viene regolata la compensazione della mobilità sia intraregionale che interregionale. Sono nulli i contratti e gli accordi stipulati con i soggetti erogatori in violazione di detto principio.

175. Il potere di accesso del Ministro della salute presso le aziende unità sanitarie locali e le aziende ospedaliere di cui all’articolo 2, comma 6, del decreto-legge 29 agosto 1984, n. 528, convertito, con modificazioni, dalla legge 31 ottobre 1984, n. 733, e all’articolo 4, comma 2, della legge 1º febbraio 1989, n. 37, è esteso a tutti gli Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico, anche se trasformati in fondazioni, ai policlinici universitari e alle aziende ospedaliere universitarie ed è integrato con la potestà di verifica dell’effettiva erogazione, secondo criteri di efficienza ed appropriatezza, dei livelli essenziali di assistenza di cui all’articolo 1, comma 6, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni, al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 29 novembre 2001, pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 33 dell’8 febbraio 2002, e all’articolo 54 della legge 27 dicembre 2002, n. 289, compresa la verifica dei relativi tempi di attesa.

176. L’accesso al finanziamento integrativo a carico dello Stato derivante da quanto disposto al comma 167, rispetto al livello di cui all’accordo Stato-regioni dell’8 agosto 2001, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 208 del 7 settembre 2001, per l’anno 2004, rivalutato del 2 per cento su base annua a decorrere dal 2005, è subordinato alla stipula di una specifica intesa tra Stato e regioni ai sensi dell’articolo 8, comma 6, della legge 5 giugno 2003, n. 131, che contempli ai fini del contenimento della dinamica dei costi:

a) gli adempimenti già previsti dalla vigente legislazione;

b) i casi nei quali debbano essere previste modalità di affiancamento dei rappresentanti dei Ministeri della salute e dell’economia e delle finanze ai fini di una migliore definizione delle misure da adottare;

c) ulteriori adempimenti per migliorare il monitoraggio della spesa sanitaria nell’ambito del Nuovo sistema informativo sanitario;

d) il rispetto degli obblighi di programmazione a livello regionale, al fine di garantire l’effettività del processo di razionalizzazione delle reti strutturali dell’offerta ospedaliera e della domanda ospedaliera, con particolare riguardo al riequilibrio dell’offerta di posti letto per acuti e per lungodegenza e riabilitazione, alla promozione del passaggio dal ricovero ordinario al ricovero diurno, nonché alla realizzazione degli interventi previsti dal Piano nazionale della prevenzione e dal Piano nazionale dell’aggiornamento del personale sanitario, coerentemente con il Piano sanitario nazionale;

e) il vincolo di crescita delle voci dei costi di produzione, con esclusione di quelli per il personale cui si applica la specifica normativa di settore, secondo modalità che garantiscano che, complessivamente, la loro crescita non sia superiore, a decorrere dal 2005, al 2 per cento annuo rispetto ai dati previsionali indicati nel bilancio dell’anno precedente, al netto di eventuali costi di personale di competenza di precedenti esercizi;

f) in ogni caso, l’obbligo in capo alle regioni di garantire in sede di programmazione regionale, coerentemente con gli obiettivi sull’indebitamento netto delle amministrazioni pubbliche, l’equilibrio economico-finanziario delle proprie aziende sanitarie, aziende ospedaliere, aziende ospedaliere universitarie ed Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico sia in sede di preventivo annuale che di conto consuntivo, realizzando forme di verifica trimestrale della coerenza degli andamenti con gli obiettivi dell’indebitamento netto delle amministrazioni pubbliche e prevedendo l’obbligatorietà dell’adozione di misure per la riconduzione in equilibrio della gestione ove si prospettassero situazioni di squilibrio, nonchè l’ipotesi di decadenza del direttore generale.

177. Al fine del rispetto dell’equilibrio economico-finanziario, la regione, ove si prospetti sulla base del monitoraggio trimestrale una situazione di squilibrio, adotta i provvedimenti necessari. Qualora dai dati del monitoraggio del quarto trimestre si evidenzi un disavanzo di gestione a fronte del quale non sono stati adottati i predetti provvedimenti, ovvero essi non siano sufficienti, con la procedura di cui all’articolo 8, comma 1, della legge 5 giugno 2003, n. 131, il Presidente del Consiglio dei ministri diffida la regione a provvedervi entro il 30 aprile dell’anno successivo a quello di riferimento. Qualora la regione non adempia, entro i successivi trenta giorni il presidente della regione, in qualità di commissario ad acta, approva il bilancio di esercizio consolidato del Servizio sanitario regionale al fine di determinare il disavanzo di gestione e adotta i necessari provvedimenti per il suo ripianamento, ivi inclusi gli aumenti dell’addizionale all’imposta sul reddito delle persone fisiche e le maggiorazioni dell’aliquota dell’imposta regionale sulle attività produttive entro le misure stabilite dalla normativa vigente. I predetti incrementi possono essere adottati anche in funzione della copertura dei disavanzi di gestione accertati o stimati nel settore sanitario relativi all’esercizio 2004 e seguenti.

178. Per le finalità di cui al comma 177 e per la copertura dei disavanzi di gestione accertati o stimati nel settore sanitario, la regione, in deroga alla sospensione di cui al comma 63, primo periodo, può deliberare l’inizio o la ripresa della decorrenza degli effetti degli aumenti dell’addizionale regionale all’imposta sul reddito e delle maggiorazioni dell’aliquota dell’imposta regionale sulle attività produttive, già disposti, oggetto della predetta sospensione. Ai sensi del primo periodo del presente comma e del comma 22 dell’articolo 2 della legge 24 dicembre 2003, n. 350, l’inizio o la ripresa della decorrenza degli effetti può concernere anche quelle maggiorazioni dell’aliquota IRAP che siano state deliberate dalle regioni, antecedentemente al 31 dicembre 2003, in difformità rispetto a quanto previsto dalla normativa statale. Per le medesime finalità, le regioni possono altresì, nei limiti della normativa statale di riferimento ed in conformità ad essa, disporre nuovi aumenti dell’addizionale regionale all’imposta sul reddito o nuove maggiorazioni dell’aliquota IRAP ovvero modificare gli aumenti e le maggiorazioni di cui al primo periodo del presente comma.

179. In caso di mancato adempimento agli obblighi di cui al comma 176 è precluso l’accesso al maggiore finanziamento previsto per gli anni 2005, 2006 e 2007, con conseguente immediato recupero delle somme eventualmente erogate.

180. Le regioni, ai sensi dell’articolo 4, comma 9, della legge 30 dicembre 1991, n. 412, e successive modificazioni, definiscono le fattispecie per l’eventuale trasformazione da tempo determinato a tempo indeterminato del rapporto di lavoro dei professionisti convenzionati a carico del protocollo aggiuntivo ai sensi dei decreti del Presidente della Repubblica 28 luglio 2000, n. 271, e 21 settembre 2001, n. 446, in modo da assicurare una riduzione della relativa spesa pari ad almeno il 20 per cento. La predetta trasformazione è possibile entro il limite del numero di ore di incarico attivate a titolo convenzionale presso ciascuna azienda sanitaria locale alla data del 31 ottobre 2004.

181. Il rapporto tra il Servizio sanitario nazionale, i medici di medicina generale, i pediatri di libera scelta, i medici specialisti ambulatoriali interni e le altre professioni sanitarie non dipendenti dal medesimo è disciplinato da apposite convenzioni conformi agli accordi collettivi nazionali stipulati ai sensi dell’articolo 4, comma 9, della legge 30 dicembre 1991, n. 412, e successive modificazioni, con le organizzazioni sindacali di categoria maggiormente rappresentative in campo nazionale. La rappresentatività delle organizzazioni sindacali è basata sulla consistenza associativa. Detti accordi hanno durata quadriennale per la parte normativa e durata biennale per la parte economica. In sede di prima applicazione la durata, per le parti normativa ed economica, è definita fino al 31 dicembre 2005.

182. Al fine di garantire il rispetto degli obblighi di cui al comma 176, ciascuna regione provvede a disciplinare appositi meccanismi di raccordo tra le aziende sanitarie locali, le aziende ospedaliere, le aziende ospedaliere universitarie, gli Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico e i medici di medicina generale e i pediatri di libera scelta, attribuendo a questi ultimi il compito di segnalare tempestivamente alle strutture competenti a livello regionale le situazioni di inefficienza gestionale e organizzativa che costituiscono violazione degli obiettivi di contenimento della dinamica dei costi di cui ai commi da 167 a 190.

183. La regione interessata, nelle ipotesi indicate ai commi 177 e 179, anche avvalendosi del supporto tecnico dell’Agenzia per i servizi sanitari regionali, procede ad una ricognizione delle cause ed elabora un programma operativo di riorganizzazione, di riqualificazione o di potenziamento del Servizio sanitario regionale, di durata non superiore al triennio. I Ministri della salute e dell’economia e delle finanze e la singola regione stipulano apposito accordo che individui gli interventi necessari per il perseguimento dell’equilibrio economico, nel rispetto dei livelli essenziali di assistenza e degli adempimenti di cui alla intesa prevista dal comma 176. La sottoscrizione dell’accordo è condizione necessaria per la riattribuzione alla regione interessata del maggiore finanziamento anche in maniera parziale e graduale, subordinatamente alla verifica della effettiva attuazione del programma.

184. Con riferimento agli importi indicati al comma 167, relativamente alla somma di 1.000 milioni di euro per l’anno 2005, 1.200 milioni di euro per l’anno 2006 e 1.400 milioni di euro per l’anno 2007, il relativo riconoscimento alle regioni resta condizionato, oltre che agli adempimenti di cui al comma 176, anche al rispetto da parte delle regioni medesime dell’obiettivo per la quota a loro carico sulla spesa farmaceutica previsto dall’articolo 48 del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326.

185. Limitatamente all’anno 2004:

a) l’obbligo in capo alle regioni, per la quota del 40 per cento a loro carico, di cui all’articolo 48, comma 5, lettera f), del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, in caso di superamento dei tetti di spesa di cui al comma 1 del predetto articolo 48, s’intende comunque adempiuto, anche qualora la regione non abbia provveduto al previsto ripiano, purché l’equilibrio complessivo del relativo sistema sanitario regionale venga rispettato, previa verifica dell’avvenuta erogazione dei livelli essenziali di assistenza effettuata dal Ministero della salute, ai sensi del comma 175;

b) con specifica intesa tra Stato e regioni, sulla base dei dati forniti dall’Agenzia italiana del farmaco, su proposta del Ministro della salute, sono definite le eventuali compensazioni sugli effetti, per ogni singola regione, derivanti dai provvedimenti a carico delle aziende produttrici di cui all’articolo 1 del decreto-legge 24 giugno 2004, n. 156, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 agosto 2004, n. 202, nel rispetto degli equilibri di finanza pubblica programmati, anche ai fini dell’accesso all’integrazione dei finanziamenti a carico dello Stato come stabilito dal citato Accordo Stato-regioni dell’8 agosto 2001.

186. A partire dal 2005, sulla base delle rilevazioni condotte dall’Agenzia italiana del farmaco, le regioni che non adottano misure di contenimento della spesa farmaceutica adeguate al rispetto dei tetti stabiliti dall’articolo 48, comma 1, del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, sono tenute nell’esercizio successivo a quello di rilevazione ad adottare misure di contenimento pari al 50 per cento del proprio sfondamento.

187. Al fine di consentire in via anticipata l’erogazione dell’incremento del finanziamento a carico dello Stato:

a) in deroga a quanto stabilito dall’articolo 13, comma 6, del decreto legislativo 18 febbraio 2000, n. 56, il Ministero dell’economia e delle finanze, per gli anni 2005, 2006 e 2007, è autorizzato a concedere alle regioni a statuto ordinario anticipazioni con riferimento alle somme indicate al comma 167, al netto di quelle indicate al comma 184, da accreditare sulle contabilità speciali di cui all’articolo 66 della legge 23 dicembre 2000, n. 388, in essere presso le tesorerie provinciali dello Stato, nella misura pari al 95 per cento delle somme dovute alle regioni a statuto ordinario a titolo di finanziamento della quota indistinta del fabbisogno sanitario, quale risulta dalla deliberazione del CIPE per i corrispondenti anni, al netto delle entrate proprie regionali;

b) per gli anni 2005, 2006 e 2007, il Ministero dell’economia e delle finanze è autorizzato a concedere alle regioni Sicilia e Sardegna anticipazioni nella misura pari al 95 per cento delle somme dovute a tali regioni a titolo di finanziamento della quota indistinta quale risulta dalla deliberazione del CIPE per i corrispondenti anni, al netto delle entrate proprie e delle partecipazioni delle medesime regioni;

c) all’erogazione dell’ulteriore 5 per cento o al ripristino del livello di finanziamento previsto dal citato accordo Stato-regioni dell’8 agosto 2001 per l’anno 2004, rivalutato del 2 per cento su base annua a decorrere dal 2005, nei confronti delle singole regioni si provvede a seguito della verifica degli adempimenti di cui ai commi 176 e 184;

d) nelle more della deliberazione del CIPE e della proposta di decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di cui al comma 4 dell’articolo 2 del decreto legislativo 18 febbraio 2000, n. 56, nonché della stipula dell’intesa di cui al comma 176, le anticipazioni sono commisurate al livello del finanziamento corrispondente a quello previsto dal riparto per l’anno 2004 in base alla deliberazione del CIPE, rivalutato del 2 per cento su base annua a decorrere dal 2005;

e) sono autorizzati, in sede di conguaglio, eventuali recuperi che dovessero rendersi necessari anche a carico delle somme a qualsiasi titolo spettanti alle regioni per gli esercizi successivi.

188. All’articolo 50 del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, dopo il comma 1, è inserito il seguente:

«1-bis. Il Ministero dell’economia e delle finanze cura la generazione e la consegna della tessera sanitaria a tutti i soggetti destinatari, indicati al comma 1, entro il 31 dicembre 2005».

189. Nell’ambito delle attività dirette alla definizione e implementazione del Nuovo Sistema Informativo Sanitario (NSIS), il Ministero della salute, anche ai fini del controllo e monitoraggio della spesa per la realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica, garantisce in ogni caso la coerente prosecuzione delle azioni in corso con riduzione della spesa per il rinnovo dei contratti per la fornitura di beni e servizi afferenti al funzionamento del NSIS nella misura di cinque punti percentuali, salva la facoltà di ampliare i servizi richiesti nel limite dell’ordinario stanziamento di bilancio.

190. In considerazione del rilievo nazionale ed internazionale nella sperimentazione sanitaria di elevata specializzazione e nella cura delle più rilevanti patologie, per l’anno 2005 è autorizzata la spesa di 15 milioni di euro in favore della fondazione «Centro San Raffaele del Monte Tabor».

191. Le regioni che alla data del 1º gennaio 2005 abbiano ancora in corso di completamento il proprio programma di investimenti in attuazione dell’articolo 20 della legge 11 marzo 1988, n. 67, e successive modificazioni, destinano una quota delle risorse residue al potenziamento ed ammodernamento tecnologico.

192. Le sanzioni amministrative per infrazioni al divieto di fumare, previste dall’articolo 51, comma 7, della legge 16 gennaio 2003, n. 3, sono aumentate del 10 per cento.

193. I proventi delle sanzioni amministrative per infrazioni al divieto di fumare inflitte, a norma dell’articolo 51, comma 7, della legge 16 gennaio 2003, n. 3, da organi statali affluiscono al bilancio dello Stato, per essere successivamente riassegnati, limitatamente ai maggiori proventi conseguiti per effetto degli aumenti di cui al comma 192, ad appositi capitoli di spesa dello stato di previsione del Ministero della salute per il potenziamento degli organi ispettivi e di controllo, nonché per la realizzazione di campagne di informazione e di educazione alla salute finalizzate alla prevenzione del tabagismo e delle patologie ad esso correlate.

194. Resta ferma l’autonoma, integrale disponibilità da parte delle singole regioni, ai sensi degli articoli 17, terzo comma, e 29, terzo comma, della legge 24 novembre 1981, n. 689, dei proventi relativi alle infrazioni di cui al comma 192, accertate dagli organi di polizia locale, come tali ad esse direttamente attribuiti.

195. Al fine di migliorare l’efficienza operativa della pubblica amministrazione e per il contenimento della spesa pubblica, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri sono individuati le applicazioni informatiche e i servizi per i quali si rendono necessarie razionalizzazioni ed eliminazioni di duplicazioni e sovrapposizioni. Il CNIPA stipula contratti-quadro per l’acquisizione di applicativi informatici e per l’erogazione di servizi di carattere generale riguardanti il funzionamento degli uffici con modalità che riducano gli oneri derivanti dallo sviluppo, dalla manutenzione e dalla gestione.

196. Le pubbliche amministrazioni di cui all’articolo 1 del decreto legislativo 12 febbraio 1993, n. 39, sono tenute ad avvalersi, uniformando le procedure e le prassi amministrative in corso, degli applicativi e dei servizi di cui al comma 195, salvo i casi in cui possano dimostrare, in sede di richiesta di parere di congruità tecnico-economica di cui all’articolo 8 dello stesso decreto legislativo, che la soluzione che intendono adottare, a parità di funzioni, risulti economicamente più vantaggiosa.

197. Ai fini di cui al comma 195, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri sono individuati interventi di razionalizzazione delle infrastrutture di calcolo, telematiche e di comunicazione delle amministrazioni di cui al comma 196.

198. Le pubbliche amministrazioni diverse da quelle di cui al comma 196 possono avvalersi dei servizi di cui al medesimo comma 196, secondo modalità da definire in sede di Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281.

199. Ai fini della copertura delle spese necessarie per lo svolgimento dei compiti di cui al comma 196, possono essere assegnati al CNIPA finanziamenti a carico del Fondo di finanziamento per i progetti strategici nel settore informatico di cui all’articolo 27, comma 2, della legge 16 gennaio 2003, n. 3.

200. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, i cedolini per il pagamento delle competenze stipendialidel personale delle amministrazioni di cui all’articolo 1 del decreto legislativo 12 febbraio 1993, n. 39, purché sia già in possesso di caselle di posta elettronica fornite dall’amministrazione, sono trasmessi, tenuto conto del diritto alla riservatezza, esclusivamente per via telematica all’indirizzo di posta elettronica assegnato a ciascun dipendente. Con decreto di natura non regolamentare del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro per l’innovazione e le tecnologie, sono emanate le relative norme attuative.

201. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, gli uffici cassa delle amministrazioni, anche periferiche, dello Stato sono organizzati sulla base di procedure amministrative informatizzate. Tutti i contatti con il personale dipendente e con gli uffici, anche di altra amministrazione, avvengono utilizzando modalità di trasmissione telematica dei dati. Con decreto di natura non regolamentare del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro per l’innovazione e le tecnologie, sono emanate le relative norme attuative.

202. Per l’anno finanziario 2005 e successivi, il Ministro dell’economia e delle finanze, su proposta del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio, è autorizzato a provvedere con propri decreti alla riassegnazione alle pertinenti unità previsionali di base dello stato di previsione del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio delle somme da versare in entrata per revoche ed economie dei finanziamenti di cui alla legge 8 ottobre 1997, n. 344, adottate con provvedimento del Ministero competente, e con lo stesso destinate alla realizzazione di interventi finalizzati allo stesso progetto strategico inseriti negli accordi di programma quadro da stipulare con le regioni territorialmente interessate.

203. Al fine di garantire la prosecuzione delle iniziative di sostegno allo sviluppo economico già adottate e per il completamento delle dotazioni infrastrutturali già programmate, è autorizzata la prosecuzione degli interventi previsti dall’articolo 52, comma 59, della legge 28 dicembre 2001, n. 448, e dall’articolo 3, comma 2-ter, secondo periodo, del decreto-legge 24 settembre 2002, n. 209, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 novembre 2002, n. 265, nei limiti delle risorse finanziarie per tali finalità rispettivamente appostate e disponibili, che a tale fine vengono versate all’entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnate negli anni successivi, fino al completamento delle iniziative contemplate nelle citate disposizioni di legge.

204. La richiesta di cambio di destinazione urbanistica delle aree o dei manufatti industriali interessati da processi di delocalizzazione dell’intero processo produttivo, soprattutto quando essi comportino perdita di posti di lavoro, determina la cessazione del diritto acquisito dall’impresa ad eventuali benefici concessi dallo Stato per il sostegno e il miglioramento del processo produttivo medesimo.

205. Al fine di consentire l’avvio di un regime assicurativo volontario per la copertura dei rischi derivanti da calamità naturali sui fabbricati a qualunque uso destinati, attraverso la sottoscrizione di una quota parte del capitale sociale di una costituenda Compagnia di riassicurazioni finalizzata ad aumentare le capacità riassicurative del mercato, e di sostenere il Consorzio o l’unione di assicurazioni destinato a coprire i danni derivanti da calamità naturali, è istituito un apposito Fondo di garanzia la cui gestione è affidata alla Concessionaria di servizi assicurativi pubblici (CONSAP Spa). Per le predette finalità è autorizzata la spesa di 50 milioni di euro per l’anno 2005. Con apposito regolamento emanato entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, ai sensi dell’articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, di concerto con i Ministri delle attività produttive e dell’economia e delle finanze, sentiti la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano e l’Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni private e di interesse collettivo, che si esprimono entro trenta giorni, e acquisito successivamente il parere delle competenti Commissioni parlamentari da esprimere entro trenta giorni dalla data di trasmissione del relativo schema, è costituita la Compagnia di riassicurazioni di cui al primo periodo e sono definite le forme, le condizioni e le modalità di attuazione del predetto Fondo, nonché le misure volte ad incentivare lo sviluppo delle coperture assicurative in questione, in ogni caso senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, e prevedendo l’esclusione dell’intervento del Fondo per i danni prodotti dalle calamità naturali a fabbricati abusivi, ivi compresi i fabbricati abusivi per i quali, pur essendo stata presentata la domanda di definizione dell’illecito edilizio, non sono stati corrisposti interamente l’oblazione e gli oneri accessori.

206. Il Dipartimento della protezione civile è autorizzato ad erogare ai soggetti competenti contributi per la prosecuzione degli interventi e dell’opera di ricostruzione nei territori colpiti da calamità naturali per i quali è intervenuta la dichiarazione dello stato di emergenza ai sensi dell’articolo 5 della legge 24 febbraio 1992, n. 225. Le modalità di utilizzo dei contributi sono stabilite con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri d’intesa con il Ministro dell’economia e delle finanze. Alla ripartizione dei contributi si provvede con ordinanze del Presidente del Consiglio dei ministri, adottate ai sensi dell’articolo 5, comma 2, della citata legge n. 225 del 1992, destinando almeno il 5 per cento delle risorse complessive, per ciascuno degli anni 2005, 2006 e 2007 alla realizzazione del piano di ricostruzione del comune di San Giuliano di Puglia, ai sensi dell’articolo 4 dell’ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri 10 aprile 2003, n. 3279, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 89 del 16 aprile 2003, nonché una quota del 5 per cento per il completamento della ricostruzione degli edifici situati nei comuni delle regioni Marche ed Umbria danneggiati dal terremoto del settembre 1997, per i quali è stato dichiarato lo stato di emergenza con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 27 settembre 1997, una quota del 5 per cento per gli interventi di ricostruzione nei comuni della provincia di Brescia colpiti dagli eventi sismici del 24 novembre 2004, per i quali è stato dichiarato lo stato di emergenza con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 26 novembre 2004, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 287 del 7 dicembre 2004, una quota del 2 per cento per gli interventi di ricostruzione nei comuni della regione Sardegna colpiti dagli eventi calamitosi del dicembre 2004 ed una quota pari a 4 milioni di euro annui per fronteggiare le esigenze derivanti dalla situazione emergenziale conseguente alle intense precipitazioni verificatesi nei giorni 31 ottobre e 1º novembre 2004 nel territorio della regione autonoma Friuli-Venezia Giulia, nonché una quota pari a 5 milioni di euro annui per consentire la prosecuzione degli interventi di cui all’articolo 50, comma 1, lettera i), della legge 23 dicembre 1998, n. 448, ripartendo detta quota alla regione Basilicata e Campania nella misura rispettivamente del 25 per cento e del 75 per cento. Per le finalità di cui al presente comma è autorizzata la spesa annua di 58,5 milioni di euro per quindici anni, a decorrere dall’anno 2005.

207. Per gli interventi di ricostruzione nei comuni della provincia di Brescia colpiti dagli eventi sismici del 24 novembre 2004, per i quali è stato dichiarato lo stato di emergenza con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 26 novembre 2004, è autorizzato un contributo di 30 milioni di euro per l’anno 2005.

208. Il Fondo di cui all’articolo 27, comma 1, della legge 27 dicembre 2002, n. 289, è destinato alla copertura delle spese relative al progetto promosso dal Dipartimento per l’innovazione e le tecnologie della Presidenza del Consiglio dei ministri denominato «PC ai giovani», diretto ad incentivare l’acquisizione e l’utilizzo degli strumenti informatici e digitali tra i giovani che compiono sedici anni nel 2005, nonché la loro formazione, fino all’esaurimento delle disponibilità del Fondo stesso. Le modalità di attuazione del progetto, nonché di erogazione degli incentivi stessi, sono disciplinate con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro per l’innovazione e le tecnologie, emanato ai sensi dell’articolo 27, comma 1, della legge 27 dicembre 2002, n. 289.

209. I benefici di cui all’articolo 4, comma 11, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, concessi ai docenti con le modalità di cui al decreto del Ministro per l’innovazione e le tecnologie 3 giugno 2004, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 164 del 15 luglio 2004, sono prorogati a tutto l’anno 2005.

210. Nel corso dell’anno 2005, i benefici di cui al comma 209 sono concessi anche al personale dirigente e al personale non docente delle scuole pubbliche di ogni ordine e grado e delle università statali, nonché al personale dirigente, docente e non docente delle scuole paritarie di ogni ordine e grado, delle università non statali e delle università telematiche riconosciute ai sensi del decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca 17 aprile 2003, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 98 del 29 aprile 2003. Le modalità attuative del presente comma sono definite ai sensi dell’ultimo periodo del comma 11 dell’articolo 4 della legge 24 dicembre 2003, n. 350.

211. I dipendenti delle pubbliche amministrazioni possono acquistare un personal computer usufruendo di una riduzione di costo ottenuta in esito ad una apposita selezione di produttori o distributori operanti nel settore informatico, esperita, previa apposita indagine di mercato, dalla Concessionaria servizi informatici pubblici (CONSIP Spa).

212. La sezione speciale del Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese di cui all’articolo 2, comma 100, lettera a), della legge 23 dicembre 1996, n. 662, istituita con decreto del Ministro delle attività produttive e del Ministro per l’innovazione e le tecnologie 15 giugno 2004, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 150 del 29 giugno 2004, è integrata della somma di 40 milioni di euro per l’anno 2005, 40 milioni di euro per l’anno 2006 e 20 milioni di euro per l’anno 2007. Tali somme possono essere altresì utilizzate, limitatamente a quelle non impegnate al termine di ciascun anno, per altri interventi del Fondo di cui al presente comma. Le caratteristiche degli interventi del Fondo di cui al presente comma sono rideterminate con decreto di natura non regolamentare del Ministro delle attività produttive, da emanare entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, in linea con quanto previsto dall’Accordo di Basilea recante la disciplina sui requisiti minimi di capitale per le banche.

213. Le risorse del Fondo centrale di garanzia per il credito navale di cui all’articolo 5 della legge 31 luglio 1997, n. 261, e successive modificazioni, sono destinate, per un importo di 60 milioni di euro, al Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese di cui all’articolo 2, comma 100, lettera a), della legge 23 dicembre 1996, n. 662.

214. L’intervento di cui al comma 1 dell’articolo 4 della legge 24 dicembre 2003, n. 350, è rifinanziato, per l’anno 2005, per l’importo di 110 milioni di euro. Il contributo ivi previsto, la cui misura è fissata in euro 70, si applica ai contratti stipulati a decorrere dal 1º dicembre 2004. Le procedure per l’assegnazione dei contributi stabilite, relativamente all’anno 2004, dagli articoli 1, 2, 3 e 7 del decreto del Ministro delle comunicazioni 30 dicembre 2003, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 18 del 23 gennaio 2004, sono estese, in quanto compatibili, ai contributi di cui al presente comma.

215. L’intervento di cui al comma 2 dell’articolo 4 della legge 24 dicembre 2003, n. 350, è rifinanziato, per l’anno 2005, per l’importo di 30 milioni di euro. Il contributo si applica ai contratti stipulati a decorrere dal 1º dicembre 2004 nella misura di euro 50, elevata ad euro 75 qualora l’accesso alla rete fissa o alla rete mobile UMTS da parte dell’utente ricada nei comuni il cui territorio sia ricompreso nelle aree di cui all’obiettivo 1 del regolamento (CE) n. 1260/1999 del Consiglio, del 21 giugno 1999, e comunque in quelli con popolazione inferiore a diecimila abitanti.

216. Allo scopo di promuovere il potenziamento della strumentazione tecnologica e l’aggiornamento della tecnologia impiegata nel settore della radiofonia, a decorrere dall’anno 2005 la quota prevista a valere sui contributi di cui al comma 190 dell’articolo 4 della legge 24 dicembre 2003, n. 350, ferma restando la misura del 10 per cento stabilita al medesimo comma, non può comunque essere inferiore a 1 milione di euro annui. Ai fini di cui al presente comma è autorizzata la spesa di 1 milione di euro annui a decorrere dall’anno 2005. L’accesso ai benefici di cui al citato comma 190 dell’articolo 4 è subordinato alla presentazione, da parte dei soggetti interessati, della relativa domanda entro il 31 gennaio di ciascun anno.

217. ll finanziamento annuale previsto dall’articolo 52, comma 18, della legge 28 dicembre 2001, n. 448, come rideterminato dalla legge 27 dicembre 2002, n. 289, e dalla legge 24 dicembre 2003, n. 350, è incrementato di 5 milioni di euro per l’anno 2005.

218. Al fine di rafforzare l’attrazione di nuovi investimenti nelle aree sottoutilizzate, Sviluppo Italia Spa è autorizzata a concedere agevolazioni alle imprese capaci di produrre effetti economici addizionali e durevoli e tali da generare esternalità positive sul territorio.

219. Le agevolazioni di cui al comma 218, il cui cumulo non può comunque superare i vigenti limiti massimi di intensità di aiuto, consistono in:

a) un contributo in conto interessi a valere su mutui di durata non inferiore a cinque anni e non superiore a dieci, concessi da istituti autorizzati all’esercizio dell’attività bancaria ai sensi del testo unico di cui al decreto legislativo 1º settembre 1993, n. 385. È previsto un pre-ammortamento di durata non superiore a tre anni a decorrere dalla stipula del contratto di finanziamento. Il mutuo agevolato può coprire fino al 50 per cento degli investimenti ammissibili;

b) un contributo in conto capitale fino al limite massimo del 20 per cento degli investimenti ammissibili;

c) partecipazioni temporanee al capitale sociale, in misura non superiore al 15 per cento del capitale sociale delle imprese beneficiarie. Le percentuali di cui alle lettere b) e c) possono essere elevate, rispettivamente, al 35 per cento ed al 20 per cento nel caso di piccole e medie imprese.

220. Le agevolazioni di cui al comma 219 sono finanziate a valere sul Fondo di cui all’articolo 61 della legge 27 dicembre 2002, n. 289. A tale fine l’elenco degli strumenti che confluiscono nel Fondo per le aree sottoutilizzate, di cui all’allegato 1 della citata legge n. 289 del 2002, è esteso agli interventi previsti dai commi da 218 a 224.

221. Con delibera del CIPE, da emanare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono definiti le procedure di assegnazione e riprogrammazione delle risorse del Fondo destinate agli interventi previsti al comma 218 nonché le condizioni e i limiti delle agevolazioni di cui al comma 220.

222. Il CIPE, in sede di riparto annuale delle risorse per le aree sottoutilizzate, tenuto conto dei programmi pluriennali predisposti dall’Istituto italiano per gli studi storici e dall’Istituto italiano per gli studi filosofici, aventi sede in Napoli, assegna risorse per la realizzazione delle rispettive attività di ricerca e formazione di rilevante interesse pubblico per lo sviluppo dell’integrazione europea e mediterranea delle aree del Mezzogiorno. Con la delibera di assegnazione delle risorse sono disposte le relative modalità di erogazione.

223. Ai fini di cui al comma 222, i predetti istituti presentano al Ministero dell’economia e delle finanze – Dipartimento delle politiche di sviluppo e coesione – e al Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca i programmi di attività entro il 31 dicembre di ciascun anno; per l’anno 2005 i programmi sono presentati entro il 31 gennaio 2005. Tali programmi, nel rispetto del consolidato principio comunitario del cofinanziamento, indicano le altre fonti, pubbliche e private, con cui si intende contribuire alla loro realizzazione e sono accompagnati da una relazione di rendiconto sulle attività, già oggetto di finanziamento, concluse e in corso, nonché sull’equilibrio patrimoniale ovvero sulle azioni assunte per conseguirlo.

224. L’efficacia delle disposizioni di cui ai commi da 218 a 223 è subordinata, ai sensi dell’articolo 88, paragrafo 3, del Trattato istitutivo della Comunità europea, alla preventiva approvazione da parte della Commissione europea.

225. Al fine di favorire l’afflusso di capitale di rischio verso piccole e medie imprese innovative localizzate nelle aree sottoutilizzate, il Dipartimento per l’innovazione e le tecnologie della Presidenza del Consiglio dei ministri può sottoscrivere e alienare quote di uno o più fondi comuni di investimento, in misura non superiore al 50 per cento del patrimonio, promossi e gestiti da una o più società di gestione del risparmio (SGR) previste dal testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58. Tali SGR saranno individuate dal citato Dipartimento, d’intesa con il Dipartimento per le politiche di sviluppo e di coesione e con il Dipartimento del tesoro del Ministero dell’economia e delle finanze, con procedure competitive, anche in deroga alle vigenti norme di legge e di regolamento sulla contabilità generale dello Stato, nel rispetto delle norme comunitarie applicabili, assicurando che l’organizzazione e la gestione dei fondi siano coerenti con le finalità pubbliche ed eventualmente prevedendo a tale fine la presenza di un rappresentante della pubblica amministrazione negli organi di gestione dei fondi.

226. Alla copertura degli oneri derivanti dall’attuazione del comma 225 si provvede mediante le risorse previste dalla legge 30 giugno 1998, n. 208, e stanziate con delibera del CIPE n. 20 del 29 settembre 2004, punto 4.1.2, in attuazione dell’articolo 61 della legge 27 dicembre 2002, n. 289.

227. Gli immobili di cui all’articolo 9, comma 1-bis, lettera a), del decreto-legge 15 aprile 2002, n. 63, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 giugno 2002, n. 112, ivi compresi quelli individuati dal decreto dirigenziale del 10 giugno 2003, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 150 del 1º luglio 2003, possono essere alienati anche nell’ambito dell’attività di gestione della liquidazione già affidata a società direttamente controllata dallo Stato ai sensi di quanto previsto dall’articolo 9, comma 1-bis, lettera c), del medesimo decreto-legge.

228. All’articolo 9, comma 1-bis, lettera c), del decreto-legge 15 aprile 2002, n. 63, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 giugno 2002, n. 112, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al secondo periodo, le parole: «La società si avvale» sono sostituite dalle seguenti: «La società può avvalersi anche»;

b) dopo il secondo periodo è inserito il seguente: «È, altresì, facoltà della società di procedere alla revoca dei mandati già conferiti».

229. Con riguardo a tutte le liquidazioni di cui al comma 1-ter dell’articolo 9 del decreto-legge 15 aprile 2002, n. 63, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 giugno 2002, n. 112, la società, direttamente controllata dallo Stato, di cui al comma 1-bis, lettera c), del medesimo articolo 9 del citato decreto-legge n. 63 del 2002, esercita ogni potere finora attribuito all’Ispettorato generale per la liquidazione degli enti disciolti e può procedere alla revoca degli incarichi di Commissario liquidatore in essere.

230. Al fine di rendere più efficienti ed economicamente convenienti per la finanza pubblica le procedure di liquidazione, il commissario nominato ai sensi dell’articolo 5 della legge 28 ottobre 1999, n. 410, e successive modificazioni, non può cessare dall’ufficio fino a che non sia garantita la ricostituzione degli organi statutari e comunque non oltre due anni dalla conclusione delle procedure di cui all’articolo 214 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, in mancanza di procedimenti contenziosi a quella data pendenti, ovvero, in tale ultima ipotesi, fino alla definitiva conclusione degli stessi procedimenti. Nell’articolo 5, comma 7-bis, della legge 28 ottobre 1999, n. 410, le parole: «e per una durata massima di dodici mesi» sono soppresse.

231. L’ufficio stralcio di cui all’articolo 119 del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616, e al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 24 marzo 1979, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 90 del 31 marzo 1979, è soppresso; le residue funzioni sono svolte dalle regioni interessate.

232. Congiuntamente al Ministro dell’economia e delle finanze, la società direttamente controllata dallo Stato, di cui al comma 1-bis, lettera c), dell’articolo 9 del decreto-legge 15 aprile 2002, n. 63, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 giugno 2002, n. 112, riferisce annualmente alle Camere sullo stato della liquidazione degli enti pubblici, di cui alla legge 4 dicembre 1956, n. 1404, per i quali la liquidazione stessa non sia stata esaurita entro il 31 dicembre 2005.

233. Le risorse del fondo di cui all’articolo 4, comma 61, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, sono complessivamente destinate alle attività previste ai commi 61, 68, 76 e 77 del citato articolo 4 della legge n. 350 del 2003, nonché alle attività di cui al comma 235 del presente articolo. Il relativo riparto è stabilito con decreto del Ministro delle attività produttive, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, fermo restando quanto stabilito nell’articolo 4, comma 70, della legge 24 dicembre 2003, n. 350. Per le finalità di cui al citato comma 70 è autorizzata la spesa di 10 milioni di euro per l’anno 2005.

234. All’articolo 2, comma 8, del decreto-legge 12 agosto 1983, n. 371, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 ottobre 1983, n. 546, le parole: «dall’AIMA» sono sostituite dalle seguenti: «dall’Agenzia per le erogazioni in agricoltura (AGEA) e dagli altri organismi pagatori istituiti ai sensi dell’articolo 3 del decreto legislativo 27 maggio 1999, n. 165» e le parole: «mercato agricolo» sono sostituite dalle seguenti: «settore agricolo».

235. Per l’utilizzo delle risorse del fondo di cui al comma 233 il Ministero delle attività produttive può promuovere protocolli di intesa con le associazioni imprenditoriali di categoria e può avvalersi della collaborazione dell’Istituto nazionale per il commercio estero. Resta fermo quanto stabilito ai sensi dell’articolo 4, comma 61, secondo periodo, della legge n. 350 del 2003, nei limiti della dotazione finanziaria ivi prevista. Nel citato comma 61, al secondo periodo, le parole: «5 milioni» sono sostituite dalle seguenti: «10 milioni», e nel quarto periodo le parole: «per l’anno 2004» sono sostituite dalle seguenti: «per l’anno 2004 e successivi, ivi comprese quelle di cui al secondo periodo del presente comma, allo stesso direttamente attribuite,».

236. Per l’anno 2005 è confermato il Fondo di riserva di 1.200 milioni di euro per provvedere ad eventuali esigenze connesse con la proroga delle missioni internazionali di pace. Il Ministro dell’economia e delle finanze provvede ad inviare al Parlamento copia delle deliberazioni relative all’utilizzo del Fondo e di esse viene data formale comunicazione alle competenti Commissioni parlamentari.

237. Al fine di assicurare l’efficace svolgimento delle attività di cui all’articolo 17 del decreto-legge 8 febbraio 1995, n. 32, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 aprile 1995, n. 104, l’Istituto per la promozione industriale (IPI) adotta, d’intesa con il Ministero delle attività produttive, appositi programmi pluriennali. I relativi finanziamenti, ai sensi dell’articolo 14 della legge 5 marzo 2001, n. 57, e dell’articolo 60 della legge 27 dicembre 2002, n. 289, e successive modificazioni, sono determinati, a decorrere dall’anno 2005, in 25 milioni di euro annui, intendendosi corrispondentemente ridotte le autorizzazioni di spesa di cui all’articolo 52 della legge 23 dicembre 1998, n. 448, per 16,5 milioni di euro ed all’articolo 60, comma 3, della legge n. 289 del 2002 per 8,5 milioni di euro.

238. All’articolo 36 della legge 17 maggio 1999, n. 144, e successive modificazioni, dopo il comma 5, è inserito il seguente:

«5-bis. Per l’applicazione delle disposizioni dell’articolo 2, comma 3, del decreto-legge 28 dicembre 1998, n. 451, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 1999, n. 40, in materia di riduzione compensata di pedaggi autostradali, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, limitatamente alle imprese di autotrasporto con sede legale e stabilimento operativo nelle aree interessate dalla continuità territoriale, modifica le direttive ivi previste tenendo conto dei costi marittimi gravanti sulle imprese di autotrasporto, nonché delle distanze chilometriche percorse in mare e per raggiungere i punti d’imbarco. Nelle medesime direttive il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti provvede ad introdurre il rimborso parziale dei costi marittimi, secondo criteri che garantiscano la parità di condizioni di esercizio tra tutte le imprese del settore».

239. Il fondo di cui all’articolo 145, comma 40, della legge 23 dicembre 2000, n. 388, e successive modificazioni, deve intendersi destinato al settore della nautica da diporto, nella misura e con le modalità disciplinate dal combinato disposto della lettera c) del comma 14 dell’articolo 22 della legge 28 dicembre 2001, n. 448, e del comma 13 dell’articolo 80 della legge 27 dicembre 2002, n. 289.

240. Al fine di incentivare lo sviluppo economico nelle aree sottoutilizzate del Paese, con particolare riferimento a quelle meridionali, il Consiglio nazionale delle ricerche costituisce un Osservatorio sul mercato creditizio regionale procedendo, d’intesa con le corrispondenti strutture di ricerca delle amministrazioni regionali, alla elaborazione di studi di fattibilità per favorire la creazione di banche a carattere regionale. A tale fine è autorizzata la spesa di 500.000euro a decorrere dal 2005.

241. Con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, da emanare entro il 31 gennaio 2005, è stabilito un incremento delle tariffe applicabili per le operazioni in materia di motorizzazione di cui all’articolo 18 della legge 1º dicembre 1986, n. 870, in modo da assicurare, su base annua, maggiori entrate pari a 24 milioni di euro a decorrere dall’anno 2005. Una quota delle predette maggiori entrate, pari ad euro 20 milioni per l’anno 2005, e ad euro 12 milioni a decorrere dall’anno 2006, è riassegnata allo stato di previsione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti per la copertura degli oneri di cui all’articolo 2, commi 3, 4 e 5, del decreto legislativo 20 agosto 2002, n. 190.

242. I soggetti di cui all’articolo 3 del decreto legislativo 16 settembre 1996, n. 564, e successive modificazioni, che non hanno presentato la domanda di accredito della contribuzione figurativa per i periodi anteriori al 1º gennaio 2003, secondo le modalità previste dal medesimo articolo 3 del citato decreto legislativo, possono esercitare tale facoltà entro il 31 marzo 2005.

243. All’articolo 24, comma 6, della legge 11 febbraio 1994, n. 109, e successive modificazioni, dopo le parole: «comma 7-bis» sono aggiunte le seguenti: «, e degli organismi di cui agli articoli 3, 4 e 6 della legge 24 ottobre 1977, n. 801, che sono disciplinati con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, emanato su proposta del Comitato di cui all’articolo 2 della citata legge n. 801 del 1977, previa intesa con il Ministro dell’economia e delle finanze».

244. Al fine di garantire l’efficienza e la sostenibilità delle infrastrutture olimpiche finanziate, quali opere connesse ai sensi della legge 9 ottobre 2000, n. 285, e quali opere di accompagnamento ai sensi dell’articolo 21 della legge 1º agosto 2002, n. 166, è autorizzato l’utilizzo dei fondi previsti anche successivamente all’evento olimpico onde garantire il completamento funzionale di alcune opere per l’uso post-olimpico.

245. Per il triennio 2005-2007 è autorizzato uno stanziamento pari a 5.418.000 euro per ciascuno degli anni 2005, 2006 e 2007, destinato all’adeguamento delle risorse previste per il funzionamento dell’Alto Commissario di cui al comma 2 dell’articolo 1 della legge 16 gennaio 2003, n. 3.

246. Nella regione Sardegna, in deroga al disposto dell’articolo 10, comma 15, del decreto-legge 28 marzo 2003, n. 49, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 maggio 2003, n. 119, e successive modificazioni, sono consentiti i trasferimenti a titolo temporaneo, fino al 31 dicembre 2007, di quote latte anche tra zone disomogenee.

247. All’articolo 141 del testo unico delle disposizioni sull’edilizia popolare ed economica, di cui al regio decreto 28 aprile 1938, n. 1165, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) dopo il primo comma è inserito il seguente:

«Nelle cooperative edilizie a proprietà divisa qualora i soci si siano accollati l’intero importo del mutuo pro capite, si può procedere allo scioglimento delle cooperative stesse.»;

b) al secondo comma, le parole: «previsto dal precedente comma» sono sostituite dalle seguenti: «previsto dal primo comma».

248. Allo scopo di favorire l’ammodernamento e il potenziamento del comparto della pesca, anche ai fini dell’adozione di tecniche di pesca finalizzate a garantire la protezione delle risorse acquatiche, è autorizzata, per ciascuno degli anni 2005, 2006 e 2007, la spesa di 5 milioni di euro per la concessione di contributi a favore delle piccole e medie imprese operanti nelle aree per le quali sia stata prevista l’interruzione temporanea obbligatoria delle attività di pesca. Il contributo di cui al presente comma è riconosciuto nei limiti della normativa comunitaria in materia di aiuti di Stato.

249. Per la prosecuzione degli interventi previsti dall’articolo 4, comma 153, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, è autorizzata, per l’anno 2005, la spesa di 1 milione di euro.

250. Allo scopo di rafforzare il monitoraggio del rischio sismico attraverso l’utilizzo di nuove tecnologie, il Centro di geomorfologia integrata per l’area del Mediterraneo provvede alla predisposizione di metodologie scientifiche innovative integrate dei fattori di rischio delle diverse aree del territorio. A tal fine, è autorizzata la spesa di 1,5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2005, 2006 e 2007.

251. Al fine di incentivare lo sviluppo delle energie prodotte da fonti rinnovabili, con particolare attenzione alle potenzialità di produzione dell’idrogeno da fonti di energia solare, eolica, idraulica o geotermica è istituto, per l’anno 2005, nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze, il Fondo per la promozione delle risorse rinnovabili con una dotazione finanziaria di 10 milioni di euro. Il Fondo è finalizzato al cofinanziamento di studi e ricerche nel campo ambientale e delle fonti di energia rinnovabile destinate all’utilizzo per i mezzi di locomozione e per migliorare la qualità ambientale all’interno dei centri urbani. Sono ammessi al finanziamento gli studi e le ricerche che presentino una partecipazione al finanziamento non inferiore alla metà del costo totale del singolo progetto di ricerca da parte di università, laboratori scientifici, enti o strutture di ricerca ovvero imprese per il successivo diretto utilizzo industriale e commerciale dei risultati di tale attività di ricerca e progettuale.

252. Per la prosecuzione degli interventi di cui all’articolo 4, comma 160, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, è autorizzata la spesa di 2 milioni di euro per ciascuno degli anni 2005 e 2006.

253. Nello stato di previsione del Ministero delle comunicazioni, è istituito, per l’anno 2005, con una dotazione finanziaria pari a 10 milioni di euro, un Fondo per la promozione e la realizzazione di aree all digital e servizi di T-Government sulla piattaforma della televisione digitale terrestre.

254. Allo scopo di promuovere la ricerca avanzata nei settori di rilevanza strategica per l’industria nazionale, è autorizzata la spesa di 30 milioni di euro per ciascuno degli anni 2005, 2006 e 2007 destinata al finanziamento di progetti pilota realizzati da società operanti nel settore aeronautico, di cui alla legge 24 dicembre 1985, n. 808.

255. Il Fondo rotativo nazionale per gli interventi nel capitale di rischio delle imprese, di cui all’articolo 4, comma 106, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, è rifinanziato per un importo pari a 10 milioni di euro per il 2005.

256. All’articolo 67, comma 1, lettera m), del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, dopo le parole: «associazioni sportive dilettantistiche» sono inserite le seguenti: «e di cori, bande e filodrammatiche da parte del direttore e dei collaboratori tecnici».

257. Per le esigenze connesse all’esercizio dei compiti di vigilanza e controllo operativi in materia di sicurezza delle navi e delle strutture portuali svolti dal Corpo delle Capitanerie di porto-Guardia costiera, è autorizzata la spesa di 10 milioni di euro per l’anno 2005 e per ciascuno degli anni 2006 e 2007, iscritta in un fondo dello stato di previsione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, da ripartire nel corso della gestione tra le unità previsionali di base interessate con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, da comunicare, anche con evidenze informatiche, al Ministero dell’economia e delle finanze, tramite l’Ufficio centrale del bilancio, nonché alle competenti Commissioni parlamentari e alla Corte dei conti.

258. Agli enti non commerciali di cui all’articolo 41, comma 7, della legge 27 dicembre 2002, n. 289, e successive modificazioni, che abbiano almeno una sede operativa nei territori di cui al decreto-legge 4 novembre 2002, n. 245, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 dicembre 2002, n. 286, si applica la sospensione dei termini di cui all’articolo 4 del citato decreto-legge n. 245 del 2002 fino al 31 dicembre 2005 nonché, per i versamenti non eseguiti a questa ultima data, compresi i sostituti di imposta, l’articolo 3, comma 2, e l’articolo 4, comma 3, dell’ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri 7 maggio 2004, n. 3354, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 112 del 14 maggio 2004.

259. Per la prosecuzione degli interventi necessari allo svolgimento dei Campionati mondiali di sci alpino del 2005 in Valtellina è autorizzata la spesa di 2 milioni di euro per l’anno 2005.

260. Al fine di garantire la piena realizzazione della misura di riconversione di cui all’articolo 2 del decreto-legge 7 maggio 2002, n. 85, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 luglio 2002, n. 134, è autorizzata l’ulteriore spesa di 260.000 euro.

261. Al fine di consentire la piena realizzazione degli obiettivi di ammodernamento della flotta peschereccia delle regioni dell’obiettivo 1, il Ministero delle politiche agricole e forestali è autorizzato a liquidare le istanze di contributo ritenute idonee ai sensi del decreto 15 marzo 2002 recante modalità di attuazione delle misure di costruzione di nuove navi e di ammodernamento di navi esistenti non ancora ammesso a finanziamento per mancanza delle relative risorse finanziarie, valutate in 320.000 euro per l’anno 2005.

262. Per la liquidazione delle istanze risultate idonee ai sensi della legge 28 agosto 1989, n. 302, pervenute al Ministero delle politiche agricole e forestali entro il 31 dicembre 1999, l’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 52, comma 82, della legge 28 dicembre 2001, n. 448, è incrementata di 833.000 euro per l’anno 2005.

263. Al fine di valorizzare le iniziative celebrative della figura di Cristoforo Colombo curate dall’apposito Comitato nazionale istituito presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, è autorizzata la spesa di 1 milione di euro per ciascuno degli anni 2005 e 2006.

264. Per le attività di monitoraggio delle politiche pubbliche adottate dal Governo, di analisi del loro impatto sul Sistema-Paese, di informazione e comunicazione istituzionale sulle riforme attuate, il Presidente del Consiglio dei ministri, ovvero il Ministro a ciò delegato, può avvalersi di enti o istituti di ricerca, pubblici o privati, di istituti demoscopici nonché di consulenti dotati di specifica professionalità. A tal fine è autorizzata la spesa di 3 milioni di euro per ciascuno degli anni 2005 e 2006.

265. Nel limite complessivo di 22 milioni di euro, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali è autorizzato a prorogare, limitatamente all’esercizio 2005, le convenzioni stipulate, anche in deroga alla normativa vigente relativa ai lavori socialmente utili, direttamente con i comuni, per lo svolgimento di attività socialmente utili (ASU) e per l’attuazione, nel limite complessivo di 36 milioni di euro, di misure di politica attiva del lavoro, riferite a lavoratori impiegati in ASU nella disponibilità degli stessi comuni da almeno un triennio, nonché ai soggetti, provenienti dal medesimo bacino, utilizzati attraverso convenzioni già stipulate in vigenza dell’articolo 10, comma 3, del decreto legislativo 1º dicembre 1997, n. 468, e successive modificazioni, e prorogate nelle more di una definitiva stabilizzazione occupazionale di tali soggetti. In presenza delle suddette convenzioni il termine di cui all’articolo 78, comma 2, della legge 23 dicembre 2000, n. 388, è prorogato al 31 dicembre 2005. Il Ministro dell’interno è autorizzato a concedere, nel limite complessivo di 98 milioni di euro, in prosecuzione degli interventi per favorire l’occupazione previsti dall’articolo 3 del decreto-legge 25 marzo 1997, n. 67, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 maggio 1997, n. 135, contributi per spese pubbliche nei comuni di Napoli e Palermo.

266. Nel limite di spesa complessivo di 1 milione di euro, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali è autorizzato a prorogare, limitatamente all’anno 2005, le convenzioni di cui all’articolo 3, comma 82, della legge 24 dicembre 2003, n.350, avvalendosi della graduatoria allegata al decreto dirigenziale del Ministero del lavoro e delle politiche sociali del 25 ottobre 2004.

267. All’onere di cui ai commi 265 e 266, pari a 157 milioni di euro per l’anno 2005, si provvede a valere sul Fondo per l’occupazione di cui all’articolo 1, comma 7, del decreto-legge 20 maggio 1993, n. 148, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 luglio 1993, n. 236.

268. Gli interventi di reindustrializzazione e di promozione industriale di cui al decreto-legge 1º aprile 1989, n. 120, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 maggio 1989, n. 181, sono estesi al territorio dei comuni di Arese, Rho, Garbagnate Milanese e Lainate (provincia di Milano), limitatamente alle aree individuate nell’accordo di programma per la reindustrializzazione dell’area Fiat-Alfa Romeo, approvato con decreto del presidente della Giunta regionale della Lombardia n. 58158 del 26 giugno 1997, pubblicato nel Bollettino Ufficiale della regione Lombardia n. 29 del 14 luglio 1997, e aggiornato con decreto del presidente della Giunta regionale della Lombardia n. 8980 del 20 maggio 2004, pubblicato nel Bollettino Ufficiale della regione Lombardia n. 23 del 31 maggio 2004, nonché al comune di Marcianise (provincia di Caserta) e al distretto di Brindisi.

269. Il programma di reindustrializzazione, di cui al comma 268, proposto e attuato da Sviluppo Italia Spa in accordo con le rispettive regioni, potrà prevedere anche interventi di acquisizione, bonifica e infrastrutture di aree industriali dismesse.

270. Il programma di cui ai commi 268 e 269 prevede interventi per la promozione imprenditoriale e l’attrazione degli investimenti nel settore delle industrie e dei servizi ai sensi e per gli effetti dell’articolo 5 del decreto-legge 1º aprile 1989, n. 120, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 maggio 1989, n. 181.

271. Per gli interventi di cui ai commi da 268 a 270 è concesso un contributo straordinario pari a 32 milioni di euro per il 2005, 52 milioni di euro per il 2006 e 72 milioni di euro per il 2007.

272. Per garantire la prosecuzione degli interventi per la continuità territoriale di cui all’articolo 82 della legge 27 dicembre 2002, n. 289, per il triennio 2005-2007, per Trapani, Pantelleria e Lampedusa sono assegnate risorse finanziarie per complessivi 10 milioni di euro annui.

273. Al fine di sostenere i processi di innovazione delle imprese del commercio, il fondo di cui all’articolo 14 della legge 17 febbraio 1982, n. 46, è destinato altresì ai programmi di investimento delle imprese dei settori del commercio, del turismo e dei servizi (sezioni G, H, I, J, K, M, N ed O della classificazione delle attività economiche ISTAT 91) rivolti:

a) alla ricerca e progettazione di nuove formule e processi distributivi o aziendali innovativi ed agli investimenti materiali connessi con la loro attivazione, alla formazione e consulenza necessarie all’avvio dei processi innovativi;

b) all’accesso ai mercati elettronici e strumentazione connessa;

c) alla progettazione ed alla realizzazione di investimenti connessi all’adozione di moderne tecniche di vendita e di offerta dei servizi (software per la gestione automatica di spazi espositivi);

d) all’acquisizione di servizi di connessione a larga banda;

e) al check-up sulla struttura aziendale per rilevare la situazione presente in azienda concernente gli approvvigionamenti, il lavoro, la commercializzazione, il personale, le risorse strumentali;

f) alla progettazione e realizzazione di interventi di assistenza tecnica intesa quale elaborazione ed applicazione di tecniche innovative volte all’innovazione dell’assetto e dell’offerta dell’impresa commerciale;

g) alla realizzazione di innovazione tecnologica intesa quale acquisizione di sistemi informatici integrati, per la gestione aziendale ed interaziendale, per la realizzazione di impianti automatizzati per la movimentazione delle merci nel magazzino e per operazioni di allestimento degli ordini e per la distribuzione commerciale.

274. Con decreto del Ministero delle attività produttive sono stabiliti termini, criteri e modalità per la concessione delle agevolazioni, di cui al comma 273, alle imprese del commercio, del turismo e dei servizi.

275. L’indennizzo di cui all’articolo 1 del decreto legislativo 28 marzo 1996, n. 207, è concesso, con le medesime modalità ivi previste, anche ai soggetti che si trovino in possesso dei requisiti di cui all’articolo 2 del predetto decreto legislativo nel periodo compreso fra il 1º gennaio 2005 ed il 31 dicembre 2007. L’aliquota contributiva di cui all’articolo 5 del citato decreto legislativo 28 marzo 1996, n. 207, dovuta dagli iscritti alla Gestione dei contributi e delle prestazioni previdenziali degli esercenti attività commerciali presso l’INPS, è prorogata, con le medesime modalità, fino al 31 dicembre 2009. Le domande di cui all’articolo 7 del citato decreto legislativo 28 marzo 1996, n. 207, possono essere presentate dai soggetti di cui al primo periodo del presente comma entro il 31 gennaio 2008.

276. All’articolo 29, comma 1, quinto periodo, del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, le parole: «per provvedere alla spesa per i canoni di locazione degli immobili stessi» sono sostituite dalle seguenti: «per provvedere alla spesa per canoni, oneri e ogni ulteriore incombenza connessi alla locazione degli immobili stessi».

277. Relativamente alle somme non corrisposte all’erario per l’utilizzo, a qualsiasi titolo, di immobili di proprietà dello Stato, decorsi novanta giorni dalla notificazione, da parte dell’Agenzia del demanio ovvero degli enti gestori, della seconda richiesta di pagamento delle somme dovute, anche a titolo di occupazione di fatto, si procede alla loro riscossione mediante ruolo, con la rivalutazione monetaria e gli interessi legali. Limitatamente alle situazioni debitorie per le quali la seconda richiesta di pagamento è intervenuta entro il 31 dicembre 2004, la riscossione di cui al primo periodo non è effettuata nel caso in cui i soggetti interessati provvedono, entro il 30 aprile 2005, a dichiarare alla Agenzia del demanio ovvero all’ente gestore di voler adempiere, in unica soluzione, l’intera sorte del debito maturato, effettuando altresì contestualmente il relativo versamento. I giudizi pendenti, aventi ad oggetto l’accertamento, la liquidazione ovvero la condanna al pagamento dei debiti di cui al secondo periodo, si estinguono di diritto con l’esatto adempimento di quanto previsto nel medesimo periodo.

278. Ai fini della valorizzazione del patrimonio immobiliare le operazioni, gli atti, i contratti, i conferimenti ed i trasferimenti di immobili di proprietà dei comuni, ivi comprese le operazioni di cartolarizzazione di cui alla legge n. 410 del 2001, in favore di fondazioni o società sono esenti dall’imposta di registro, dall’imposta di bollo, dalle imposte ipotecaria e catastale e da ogni altra imposta indiretta, nonché da ogni altro tributo o diritto.

279. Al fine di consentire il tempestivo pagamento dei canoni, oneri e ogni ulteriore incombenza connessi agli immobili locati ai sensi dell’articolo 4, comma 2-ter, del decreto-legge 25 settembre 2001, n. 351, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 novembre 2001, n. 410, l’Agenzia del demanio può richiedere al Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato anticipazioni di tesoreria per gli importi necessari. Alla regolazione contabile dell’anticipazione di tesoreria si provvede con le modalità stabilite dal predetto Dipartimento d’intesa con l’Agenzia del demanio. L’anticipazione di tesoreria è comunque estinta entro l’anno a valere sul fondo di cui al comma 1, quinto periodo, dell’articolo 29 del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326.

280. Al comma 6-bis dell’articolo 1 del decreto-legge 25 settembre 2001, n. 351, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 novembre 2001, n. 410, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al primo periodo, dopo le parole: «sono alienati» sono inserite le seguenti: «e valorizzati»;

b) all’ultimo periodo, dopo le parole: «al momento dell’alienazione» sono inserite le seguenti: «e valorizzazione».

281. Per il potenziamento delle attività di ricerca, formazione e studi internazionali della Scuola di ateneo per la formazione europea Jean Monnet, costituita in facoltà, è autorizzata la spesa di 2 milioni di euro a decorrere dall’anno 2005.

282. Per dare attuazione alle azioni della Convenzione sulla biodiversità fatta a Rio de Janeiro il 5 giugno 1992, di cui alla legge 14 febbraio 1994, n. 124, e per dare avvio all’esecuzione del Protocollo di Cartagena sulla prevenzione dei rischi biotecnologici relativo alla Convenzione sulla diversità biologica, fatto a Montreal il 29 gennaio 2000, di cui alla legge 15 gennaio 2004, n. 27, è autorizzata la spesa complessiva di 2 milioni di euro per l’anno 2005 per campagne di comunicazione e sensibilizzazione riferite alle citate Convenzioni internazionali.

283. A decorrere dal 1º gennaio 2005 le dichiarazioni di conformità di cui all’articolo 76, commi 6 e 7, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, sono assoggettate all’imposta di bollo di cui all’articolo 2 della tariffa, parte prima, allegata al decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 642, e successive modificazioni. Una quota pari a 5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2005, 2006 e 2007 delle maggiori entrate derivanti dalle disposizioni di cui al presente comma è destinata al funzionamento e all’implementazione del centro elaborazione dati del Dipartimento dei trasporti terrestri del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti. A valere sulle maggiori entrate di cui al presente comma, è autorizzata la spesa di 2 milioni di euro per ciascuno degli anni 2005, 2006 e 2007 per la realizzazione a cura del Dipartimento dei trasporti terrestri del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti di una campagna di comunicazione volta a diffondere i valori della sicurezza stradale e ad assicurare una adeguata informazione agli utenti, soprattutto di più giovane età, al fine di consolidare e accrescere l’attività di prevenzione in materia di circolazione e antinfortunistica stradale.

284. A partire dal 1º gennaio 2005, una quota parte delle entrate erariali ed extraerariali derivanti dai concorsi pronostici su base sportiva, dalle scommesse, dal gioco del lotto, dall’enalotto, dal bingo, dagli apparecchi da divertimento ed intrattenimento, dalle lotterie ad estrazione istantanea e differita, nonché da eventuali giochi di istituzione successiva a tale data, è destinata al CONI per il finanziamento dello sport.

285. Le modalità operative di determinazione della base di calcolo delle entrate erariali ed extraerariali provenienti dai giochi di cui al comma 284, nonché le modalità di trasferimento periodico dei fondi per il finanziamento del CONI, sono determinate con provvedimento del Ministero dell’economia e delle finanze – Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, d’intesa con il Dipartimento della ragioneria generale dello Stato, da emanare entro il 31 marzo 2005. Per il quadriennio 2005-2008, le risorse a favore del CONI sono stabilite in misura pari a 450 milioni di euro annui, secondo quanto stabilito dall’articolo 4 del decreto-legge 8 luglio 2002, n. 138, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 agosto 2002, n. 178. Dette risorse sono comprensive del contributo straordinario finalizzato alla preparazione degli atleti per i Giochi olimpici invernali di Torino 2006 e per i Giochi olimpici di Pechino 2008.

286. Ferme restando le competenze del Ministro dell’economia e delle finanze di cui agli articoli 12, comma 2, della legge 18 ottobre 2001, n. 383, e successive modificazioni, e 16, comma 1, secondo, terzo e quarto periodo, della legge 13 maggio 1999, n. 133, a partire dal 1º gennaio 2005, al fine di assicurare l’incremento dei volumi di raccolta derivanti dai concorsi pronostici su base sportiva e tenuto conto delle nuove modalità di finanziamento del CONI, la posta di gioco dei concorsi pronostici, prevista dall’articolo 5 del regolamento di cui al decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 19 giugno 2003, n. 179, è così rideterminata:

a) 8 per cento, come aggio al luogo di vendita autorizzato;

b) 50 per cento, come montepremi;

c) 33,84 per cento, come imposta unica;

d) 2,45 per cento, come contributo all’Istituto per il credito sportivo;

e) 5,71 per cento, come contributo alle spese di gestione. Le vincite non riscosse entro i termini stabiliti dal regolamento di gioco, per i concorsi indetti dopo il 1º gennaio 2005, sono riportate sul montepremi del concorso immediatamente successivo.

287. Ferme restando le competenze del Ministro dell’economia e delle finanze di cui agli articoli 12, comma 2, della legge 18 ottobre 2001, n. 383, e successive modificazioni, e 16, comma 1, secondo, terzo e quarto periodo, della legge 13 maggio 1999, n. 133, a partire dal 1º gennaio 2005, in funzione delle nuove modalità di finanziamento del CONI di cui ai commi 284 e 285, l’aliquota dell’imposta unica sulle scommesse a quota fissa su eventi diversi dalle corse dei cavalli, di cui all’articolo 4, comma 1, lettera b), numero 2), del decreto legislativo 23 dicembre 1998, n. 504, è fissata nella misura del 33 per cento della quota di prelievo stabilita per ciascuna scommessa. Dalla stessa data cessa la corresponsione delle quote di prelievo sull’ammontare lordo delle scommesse. Le vincite non riscosse ed i rimborsi non richiesti entro i termini stabiliti dal regolamento di gioco, per le scommesse indette dopo il 1º gennaio 2005, sono acquisite dall’erario.

288. Ferme restando le competenze del Ministro dell’economia e delle finanze di cui agli articoli 12, comma 2, della legge 1º ottobre 2001, n. 383, e successive modificazioni, e 16, comma 1, secondo, terzo e quarto periodo, della legge 13 maggio 1999, n. 133, a partire dal 1º gennaio 2005, la posta unitaria di gioco delle scommesse a totalizzatore su eventi diversi dalle corse dei cavalli, come definita dall’articolo 12 del regolamento di cui al decreto del Ministro delle finanze 2 agosto 1999, n. 278, e successive modificazioni, è così rideterminata, trovando applicazione, per la percentuale residua, la disposizione di cui all’articolo 16, comma 2, lettera b), della legge 13 maggio 1999, n. 133:

a) 57 per cento, come disponibile a vincite;

b) 8 per cento, come aggio al luogo di vendita autorizzato;

c) 20 per cento, come imposta unica;

d) 5,71 per cento, come contributo alle spese complessive di gestione;

e) 2,54 per cento, come fondo speciale di riserva. A partire dalla stessa data, in funzione delle nuove modalità di finanziamento del CONI, è abrogata la lettera a) del comma 2 dell’articolo 16 della legge 13 maggio 1999, n. 133.

289. Con uno o più decreti, da adottare ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, il Ministro dell’economia e delle finanze, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, provvede al riordino delle scommesse su eventi sportivi diversi dalle corse dei cavalli e su eventi non sportivi, in particolare per quanto attiene agli aspetti organizzativi, gestionali, amministrativi, impositivi, sanzionatori, nonché a quelli relativi al contenzioso ed al riparto dei proventi.

290. Con provvedimenti del Ministero dell’economia e delle finanze – Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato sono stabilite le nuove modalità di distribuzione delle scommesse a quota fissa su eventi diversi dalle corse dei cavalli e su eventi non sportivi, da adottare nel rispetto della disciplina comunitaria e nazionale, secondo princìpi di:

a) armonizzazione delle modalità di commercializzazione a quella dei concorsi pronostici;

b) economicità ed efficienza delle reti di vendita, fisiche e telematiche;

c) diffusione capillare delle stesse sul territorio nazionale;

d) sicurezza e trasparenza del gioco nonché tutela della buona fede dei partecipanti;

e) salvaguardia dei diritti derivanti dall’applicazione del regolamento di cui al decreto del Ministro delle finanze 2 giugno 1998, n. 174.

291. Ciascun concessionario per l’adduzione delle scommesse a totalizzatore al totalizzatore nazionale e per la ricezione del nulla osta all’emissione della ricevuta di scommessa, nonché per l’adduzione delle scommesse a libro al servizio centrale di registrazione utilizza e remunera i servizi di un operatore da indicare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge nel rispetto dei rapporti contrattuali in corso. L’operatore deve essere in possesso di requisiti di capacità tecnica ed affidabilità economica accertati dal Ministero dell’economia e delle finanze – Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato e deve dimostrare di essere stato indicato da non meno di trecento concessionari. Il rapporto tra l’operatore e l’Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato è regolato da apposita convenzione. Ove l’operatore assuma l’obbligo di provvedere, in nome e per conto del concessionario, al versamento di quanto da lui dovuto per l’esercizio della concessione, la convenzione di cui al periodo precedente stabilisce:

a) il termine, di natura essenziale, entro il quale deve essere effettuato mensilmente il versamento;

b) l’anticipazione al concessionario, da parte dell’operatore, delle integrazioni eventualmente necessarie al pagamento delle scommesse a totalizzatore vincenti, contabilizzate nel mese di cui alla lettera a);

c) la retribuzione del servizio prestato dall’operatore in misura non superiore al 2 per cento dell’ammontare delle somme versate;

d) la prestazione di idonea cauzione o fideiussione a garanzia dell’adempimento delle obbligazioni assunte, a fronte della quale verranno svincolate, per la parte corrispondente, le garanzie prestate dal concessionario.

292. A decorrere dal 1º febbraio 2005, la posta unitaria per scommesse a libro sulle corse dei cavalli è stabilita in 1 euro. L’importo di ciascuna scommessa non può essere inferiore a 3 euro.

293. Al fine di assicurare la tutela della fede pubblica e per una più efficace azione di contrasto al gioco illecito ed illegale il Ministero dell’economia e delle finanze – Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato adotta i provvedimenti necessari per la definizione, diffusione e gestione, con organizzazione propria o di terzi, dei mezzi di pagamento specifici per la partecipazione al gioco a distanza. Tali mezzi di pagamento possono essere abilitati dal Ministero dell’economia e delle finanze – Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato anche per le transazioni relative a forme di gioco non a distanza.

294. Per le attività di diffusione e gestione di cui al comma 293, il Ministero dell’economia e delle finanze, sulla base di apposita direttiva del Ministro, può costituire società di scopo ovvero può procedere, attraverso l’Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, all’individuazione di uno o più soggetti selezionati con procedura ad evidenza pubblica nel rispetto della normativa nazionale e comunitaria.

295. Il Ministero dell’economia e delle finanze – Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato regola le lotterie, differite ed istantanee, con partecipazione a distanza definendo la ripartizione percentuale della posta di gioco relativamente all’erario, ai giocatori ed ai soggetti terzi, nonché i criteri e le modalità di gestione delle lotterie telefoniche e telematiche.

296. Il Ministero dell’economia e delle finanze – Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato può organizzare, congiuntamente alle amministrazioni competenti di altri Stati dell’Unione europea, la gestione di giochi ovvero di singoli concorsi od estrazioni.

297. Nel caso di cui al comma 296, l’Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, in accordo con le amministrazioni competenti degli altri Stati, stabilisce la ripartizione della posta di gioco.

298. In aggiunta a quanto previsto dal comma 8, le dotazioni iniziali delle unità previsionali di base dello stato di previsione dei Ministeri per consumi intermedi non aventi natura obbligatoria sono ulteriormente ridotte in maniera lineare, assicurando una minore spesa pari a 700 milioni di euro per l’anno 2005 ed una minore spesa annua di 1.300 milioni di euro a decorrere dall’anno 2006.

299. Le dotazioni di parte corrente indicate nella tabella C, salve quelle concernenti il settore universitario, oltre a quanto previsto dal comma 10, sono ridotte in maniera lineare, in modo da assicurare, per l’anno 2005, una minore spesa di 650 milioni di euro, e, a decorrere dall’anno 2006, in modo tale da assicurare una minore spesa annua di 850 milioni di euro.

300. L’autorizzazione di spesa relativa al Fondo per interventi strutturali di politica economica, di cui al comma 5 dell’articolo 10 del decreto-legge 29 novembre 2004, n. 282, è ridotta di 2.000 milioni di euro per l’anno 2005.

301. A decorrere dal 1º gennaio 2005 è assicurato un gettito annuo pari a 100 milioni di euro mediante il versamento all’entrata del bilancio dello Stato di una quota pari al 70 per cento degli importi derivanti dall’applicazione dell’aliquota della componente della tariffa elettrica di cui al comma 1-bis dell’articolo 4 del decreto-legge 14 novembre 2003, n. 314, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 dicembre 2003, n. 368, nonché di una ulteriore quota che assicuri il predetto gettito a valere sulle entrate derivanti dalla componente tariffaria A2 sul prezzo dell’energia elettrica, definito ai sensi dell’articolo 3, comma 11, del decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79, e dell’articolo 1, comma 1, del decreto-legge 18 febbraio 2003, n. 25, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 aprile 2003, n. 83. Con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, sentita l’Autorità per l’energia elettrica ed il gas, sono stabiliti modalità e termini dei versamenti di cui al presente comma.

302. I trasferimenti correnti alle imprese pubbliche sono ridotti, per ciascuno degli

anni 2005, 2006 e 2007, per gli importi di seguito indicati:

a) Ferrovie dello Stato Spa (Ministero dell’economia e delle finanze – u.p.b. 3.1.2.8 – Ferrovie dello Stato): 90 milioni di euro per il 2005, 100 milioni di euro per il 2006 e 90 milioni di euro per il 2007;

b) Poste italiane Spa (Ministero dell’economia e delle finanze – u.p.b. 3.1.2.4. – Poste italiane): 40 milioni di euro per il 2005, 50 milioni di euro per il 2006 e 40 milioni di euro per il 2007;

c) ANAS Spa (Ministero dell’economia e delle finanze – u.p.b. 3.1.2.45 – ANAS): 40 milioni di euro per il 2005, 50 milioni di euro per il 2006 e 40 milioni di euro per il 2007;

d) altre imprese pubbliche (Ministero dell’economia e delle finanze – u.p.b. 3.1.2.43 – Fondo contratti programma): 90 milioni di euro per il 2005, 130 milioni di euro per il 2006 e 90 milioni di euro per il 2007.

303. Gli importi fissi dell’imposta di registro, della tassa di concessione governativa, dell’imposta di bollo, dell’imposta ipotecaria e catastale, delle tasse ipotecarie e dei diritti speciali di cui al titolo III della tabella A allegata al decreto-legge 31 luglio 1954, n. 533, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 settembre 1954, n. 869, e successive modificazioni, sono aggiornati, con decreto non avente natura regolamentare del Ministro dell’economia e delle finanze, da emanare entro il 31 gennaio 2005, tenuto conto anche dell’aumento dei prezzi al consumo quale risultante dagli indici ISTAT per le famiglie degli operai e degli impiegati, e dell’esigenza di semplificazione o di integrazioni innovative per servizi telematici a valore aggiunto, in misura tale da assicurare un maggiore gettito annuo, pari a 1.120 milioni di euro per gli anni 2005 e 2006, e a 1.320 milioni di euro a decorrere dall’anno 2007.

304. A decorrere dal periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2006, la misura dell’acconto dell’imposta sul reddito delle persone fisiche è fissata al 99 per cento e quella dell’acconto dell’imposta sul reddito delle società è fissata al 100 per cento.

305. All’articolo 1, comma 1, del decreto-legge 10 dicembre 2003, n. 341, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 febbraio 2004, n. 31, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Per l’anno 2006 il versamento è determinato con il decreto di cui al comma 5 in modo che complessivamente garantisca maggiori entrate per il bilancio dello Stato pari a 650 milioni di euro».

306. I beni culturali immobili dello Stato, delle regioni e degli enti locali, per l’uso dei quali attualmente non è corrisposto alcun canone e che richiedono interventi di restauro, possono essere dati in concessione a soggetti privati con pagamento di un canone fissato dai competenti organi. Il concessionario si impegna a realizzare a proprie spese gli interventi di restauro e conservazione indicati dal predetto ufficio.

307. Dal canone di concessione vengono detratte le spese sostenute dal concessionario per il restauro entro il limite massimo del canone stesso. Il concessionario è obbligato a rendere fruibile il bene da parte del pubblico con le modalità e i tempi stabiliti nell’atto di concessione o in apposita convenzione unita all’atto stesso.

308. I beni culturali che possono formare oggetto delle concessioni di cui ai commi 306 e 307 sono individuati con decreto del Ministro per i beni e le attività culturali su proposta del Direttore regionale competente. L’individuazione del concessionario avviene mediante procedimento ad evidenza pubblica.

309. All’articolo 10, comma 4, del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, le parole: «il processo di valore inferiore a euro 1.100 e» sono soppresse.

310. I commi 1 e 2 dell’articolo 13 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, sono sostituiti dai seguenti:

«1. Il contributo unificato è dovuto nei seguenti importi:

a) euro 30 per i processi di valore fino a 1.100 euro;

b) euro 70 per i processi di valore superiore a euro 1.100 e fino a euro 5.200 e per i processi di volontaria giurisdizione, nonché per i processi speciali di cui al libro IV, titolo II, capo VI, del codice di procedura civile;

c) euro 170 per i processi di valore superiore a euro 5.200 e fino a euro 26.000 e per i processi contenziosi di valore indeterminabile di competenza esclusiva del giudice di pace;

d) euro 340 per i processi di valore superiore a euro 26.000 e fino a euro 52.000 e per i processi civili e amministrativi di valore indeterminabile;

e) euro 500 per i processi di valore superiore a euro 52.000 e fino a euro 260.000;

f) euro 800 per i processi di valore superiore a euro 260.000 e fino a euro 520.000;

g) euro 1.110 per i processi di valore superiore a euro 520.000.

2. Per i processi di esecuzione immobiliare il contributo dovuto è pari a euro 200. Per gli altri processi esecutivi lo stesso importo è ridotto della metà. Per i processi di opposizione agli atti esecutivi il contributo dovuto è pari a euro 120».

311. L’articolo 46, comma 1, della legge 21 novembre 1991, n. 374, è sostituito dal seguente:

«1. Le cause e le attività conciliative in sede non contenziosa il cui valore non eccede la somma di euro 1.033,00 e gli atti e i provvedimenti ad esse relativi sono soggetti soltanto al pagamento del contributo unificato, secondo gli importi previsti dall’articolo 13 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, e successive modificazioni»

312. Il maggior gettito derivante dall’applicazione delle disposizioni di cui ai commi da 309 a 311 è versato al bilancio dello Stato, per essere riassegnato allo stato di previsione del Ministero della giustizia per il pagamento di debiti pregressi nonché per l’adeguamento delle spese di funzionamento degli uffici giudiziari.

313. All’articolo 11 della legge 21 novembre 1991, n. 374, e successive modificazioni, è aggiunto, in fine, il seguente comma:

«4-ter. Le indennità previste dal presente articolo non possono superare in ogni caso l’importo di euro 72.000 lordi annui».

314. La disposizione recata dal comma 313 si applica anche ai giudici tributari.

315. I veicoli giacenti presso i custodi a seguito dell’applicazione di provvedimenti di sequestro dell’autorità giudiziaria, anche se non confiscati, sono alienati, anche ai soli fini della rottamazione, mediante cessione al soggetto titolare del deposito ove ricorrano le seguenti condizioni:

a) siano ritenute cessate, con ordinanza dell’autorità giudiziaria da comunicare all’avente diritto alla restituzione, le esigenze che avevano motivato l’adozione del provvedimento di sequestro;

b) siano immatricolati per la prima volta da oltre cinque anni e siano privi di interesse storico e collezionistico;

c) siano comunque custoditi da oltre due anni alla data del 1º luglio 2002;

d) siano trascorsi sessanta giorni dalla comunicazione all’avente diritto alla restituzione dell’ordinanza di cui alla lettera a) senza che questi abbia provveduto al ritiro.

316. La cessione di cui al comma 315 è disposta, anche in assenza di documentazione in ordine allo stato di conservazione, sulla base di elenchi predisposti dalla cancelleria o dalla segreteria nei quali i veicoli sono individuati secondo il tipo, il modello e il numero di targa o di telaio.

317. All’alienazione di cui ai commi 315 e 316 e alle attività ad essa funzionali e connesse procede una commissione costituita presso i tribunali e presso i tribunali per i minorenni, secondo modalità stabilite con decreto del Ministero della giustizia di concerto con le altre amministrazioni interessate.

318. L’alienazione del veicolo si perfeziona con la notifica al custode acquirente del provvedimento, eventualmente relativo ad elenchi di veicoli, dal quale risulta la determinazione all’alienazione da parte dell’ufficio giudiziario competente.

319. Il provvedimento di alienazione è comunicato all’autorità giudiziaria che aveva disposto il sequestro.

320. Il provvedimento di alienazione è altresì comunicato al pubblico registro automobilistico competente, il quale provvede, senza oneri, all’aggiornamento delle relative iscrizioni.

321. Al custode è riconosciuto, in deroga alle tariffe previste dagli articoli 59 e 276 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, un importo complessivo forfettario, comprensivo del trasporto, determinato, per ciascuno degli anni di custodia, nel modo seguente:

a) euro 6 per ogni mese o frazione di esso per i motoveicoli e i ciclomotori;

b) euro 24 per ogni mese o frazione di esso per gli autoveicoli e i rimorchi di massa complessiva inferiore a 3,5 tonnellate, per le macchine agricole e operatrici;

c) euro 30 per ogni mese o frazione di esso per gli autoveicoli e i rimorchi di massa complessiva superiore a 3,5 tonnellate.

322. Gli importi di cui al comma 321 sono progressivamente ridotti del 20 per cento per ogni anno o frazione di esso successivo al primo di custodia del veicolo, salva l’eventuale intervenuta prescrizione delle somme dovute.

323. Le somme complessivamente dovute sono corrisposte in cinque ratei annui costanti a decorrere dall’anno 2006.

324. Alle procedure di alienazione o rottamazione già avviate e non ancora concluse e alle relative istanze di liquidazione dei compensi, comunque presentate dai custodi, si applicano, qualora esse concernano veicoli in possesso dei requisiti di cui al comma 315, le disposizioni di cui ai commi da 315 a 323.

325. All’articolo 82, comma 1, del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, le parole: «e previo parere del consiglio dell’ordine,» sono soppresse.

326. L’articolo 30, comma 1, del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, è sostituito dal seguente:

«1. La parte che per prima si costituisce in giudizio, che deposita il ricorso introduttivo, ovvero che, nei processi esecutivi di espropriazione forzata, fa istanza per l’assegnazione o la vendita di beni pignorati, anticipa i diritti, le indennità di trasferta e le spese di spedizione per la notificazione eseguita su richiesta del funzionario addetto all’ufficio, in modo forfettizzato, nella misura di euro 8, eccetto che nei processi previsti dall’articolo unico della legge 2 aprile 1958, n. 319, e successive modificazioni, e in quelli in cui si applica lo stesso articolo».

327. La tabella di cui all’allegato n. 1 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, è abrogata.

328. All’articolo 3, comma 1, della legge 19 febbraio 1981, n. 27, le parole: «assenza obbligatoria o facoltativa previsti negli articoli 4 e 7 della legge 30 dicembre 1971, n. 1204,» sono sostituite dalle seguenti: «astensione facoltativa previsti dagli articoli 32 e 47, commi 1 e 2, del testo unico di cui al decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151».

329. Al comma 1 dell’articolo 5 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, dopo la lettera i), è aggiunta la seguente:

«i-bis) le spese relative alle prestazioni previste dall’articolo 96 del decreto legislativo 1º agosto 2003, n. 259, e quelle funzionali all’utilizzo delle prestazioni medesime».

330. All’articolo 205 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, dopo il comma 2 sono aggiunti i seguenti:

«2-bis. Le spese relative alle prestazioni previste dall’articolo 96 del decreto legislativo 1º agosto 2003, n. 259, e successive modificazioni, e quelle funzionali all’utilizzo delle prestazioni medesime sono recuperate in misura fissa stabilita con decreto del Ministro della giustizia di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, ai sensi dell’articolo 17, commi 3 e 4, della legge 23 agosto 1988, n. 400.

2-ter. Il decreto di cui al comma 2-bis determina la misura del recupero con riferimento al costo medio delle singole tipologie di prestazione. L’ammontare degli importi può essere rideterminato ogni anno».

331. Il primo periodo del comma 2 dell’articolo 96 del decreto legislativo 1º agosto 2003, n. 259, è sostituito dai seguenti: «Le prestazioni previste al comma 1 sono individuate in un apposito repertorio nel quale vengono stabiliti le modalità ed i tempi di effettuazione delle prestazioni stesse e gli obblighi specifici degli operatori. Il ristoro dei costi sostenuti dagli operatori e le modalità di pagamento sono stabiliti con decreto del Ministro della giustizia di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze e con il Ministro delle comunicazioni, in forma di canone annuo determinato anche in considerazione del numero e della tipologia delle prestazioni complessivamente effettuate nell’anno precedente».

332. Al comma 4 dell’articolo 96 del decreto legislativo 1º agosto 2003, n. 259, dopo le parole: «comma 2» sono inserite le seguenti: «, secondo periodo,».

333. Le disposizioni contenute nei commi da 329 a 332 si applicano alle prestazioni previste al comma 329 disposte successivamente alla emanazione del decreto previsto dall’articolo 205, comma 2-bis, del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, e del decreto previsto dall’articolo 96, comma 2, secondo periodo, del decreto legislativo 1º agosto 2003, n. 259, come modificati dai commi 330 e 331.

334. Dall’attuazione delle disposizioni di cui ai commi da 329 a 333 non devono derivare maggiori oneri per il bilancio dello Stato.

335. Al decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 605, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all’articolo 6, primo comma:

1) dopo la lettera e) è inserita la seguente:

«e-bis) denunce di inizio attività presentate allo sportello unico comunale per l’edilizia, permessi di costruire e ogni altro atto di assenso comunque denominato in materia di attività edilizia rilasciato dai comuni ai sensi del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, relativamente ai soggetti dichiaranti, agli esecutori e ai progettisti dell’opera»;

2) alla lettera g-ter), dopo le parole: «contratti di somministrazione di energia elettrica,» sono inserite le seguenti: «di servizi idrici e del gas,»;

b) all’articolo 7:

1) al primo comma, le parole: «riguardanti gli atti di cui alla lettera g) dell’articolo 6» sono sostituite dalle seguenti: «contenuti negli atti di cui alle lettere e-bis) e g) del primo comma dell’articolo 6»;

2) al quinto comma, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Al fine dell’emersione delle attività economiche, con particolare riferimento all’applicazione dei tributi erariali e locali nel settore immobiliare, gli stessi soggetti devono comunicare i dati catastali identificativi dell’immobile presso cui è attivata l’utenza»;

3) il sesto comma è sostituito dal seguente:

«Le banche, la società Poste italiane Spa, gli intermediari finanziari, le imprese di investimento, gli organismi di investimento collettivo del risparmio, le società di gestione del risparmio, nonché ogni altro operatore finanziario, fatto salvo quanto disposto dal secondo comma dell’articolo 6 per i soggetti non residenti, sono tenuti a rilevare e a tenere in evidenza i dati identificativi, compreso il codice fiscale, di ogni soggetto che intrattenga con loro qualsiasi rapporto o effettui qualsiasi operazione di natura finanziaria»;

4) l’undicesimo comma è sostituito dal seguente:

«Le comunicazioni di cui ai commi dal primo all’ottavo del presente articolo sono trasmesse esclusivamente per via telematica. Le modalità e i termini delle trasmissioni nonché le specifiche tecniche del formato dei dati sono definite con provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate»;

5) al dodicesimo comma, le parole: «il Ministro delle finanze» sono sostituite dalle seguenti: «il direttore dell’Agenzia delle entrate».

336. Ai fini dell’applicazione delle disposizioni previste dall’articolo 7, quinto comma, ultimo periodo, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 605, come modificato dal numero 2) della lettera b) del comma 335, a decorrere dal 1º aprile 2005 le aziende, gli istituti, gli enti e le società richiedono i dati identificativi catastali all’atto della sottoscrizione dei relativi contratti; per i contratti in essere le medesime informazioni sono acquisite dai predetti soggetti solo in occasione del rinnovo ovvero della modificazione del contratto stesso.

337. Con provvedimento dei direttori delle Agenzie delle entrate e del territorio, sono stabilite le informazioni analitiche che individuano univocamente le unità immobiliari, da acquisire con riferimento ai contratti di cui al comma 336.

338. La revisione parziale del classamento delle unità immobiliari di proprietà privata site in microzone comunali, per le quali il rapporto tra il valore medio di mercato individuato ai sensi del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 23 marzo 1998, n. 138, e il corrispondente valore medio catastale ai fini dell’applicazione dell’imposta comunale sugli immobili si discosta significativamente dall’analogo rapporto relativo all’insieme delle microzone comunali, è richiesta dai comuni agli Uffici provinciali dell’Agenzia del territorio. Per i calcoli di cui al precedente periodo, il valore medio di mercato è aggiornato secondo le modalità stabilite con il provvedimento di cui al comma 342. L’Agenzia del territorio, esaminata la richiesta del comune e verificata la sussistenza dei presupposti, attiva il procedimento revisionale con provvedimento del direttore dell’Agenzia medesima.

339. I comuni, constatata la presenza di immobili di proprietà privata non dichiarati in catasto ovvero la sussistenza di situazioni di fatto non più coerenti con i classamenti catastali per intervenute variazioni edilizie, richiedono ai titolari di diritti reali sulle unità immobiliari interessate la presentazione di atti di aggiornamento redatti ai sensi del regolamento di cui al decreto del Ministro delle finanze 19 aprile 1994, n. 701. La richiesta, contenente gli elementi constatati, tra i quali, qualora accertata, la data cui riferire la mancata presentazione della denuncia catastale, è notificata ai soggetti interessati e comunicata, con gli estremi di notificazione, agli uffici provinciali dell’Agenzia del territorio. Se i soggetti interessati non ottemperano alla richiesta entro novanta giorni dalla notificazione, gli uffici provinciali dell’Agenzia del territorio provvedono, con oneri a carico dell’interessato, alla iscrizione in catasto dell’immobile non accatastato ovvero alla verifica del classamento delle unità immobiliari segnalate, notificando le risultanze del classamento e la relativa rendita. Si applicano le sanzioni previste per le violazioni dell’articolo 28 del regio decreto-legge 13 aprile 1939, n. 652, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 1939, n. 1249, e successive modificazioni.

340. Le rendite catastali dichiarate o comunque attribuite a seguito della notificazione della richiesta del comune di cui al comma 339 producono effetto fiscale, in deroga alle vigenti disposizioni, a decorrere dal 1º gennaio dell’anno successivo alla data cui riferire la mancata presentazione della denuncia catastale, indicata nella richiesta notificata dal comune, ovvero, in assenza della suddetta indicazione, dal 1º gennaio dell’anno di notifica della richiesta del comune.

341. Gli importi minimo e massimo della sanzione amministrativa prevista per l’inadempimento degli obblighi di cui all’articolo 31 del regio decreto-legge 13 aprile 1939, n. 652, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 1939, n. 1249, dall’articolo 31 del medesimo regio decreto-legge n. 652 del 1939, come rideterminati dall’articolo 8, comma 1, del decreto-legge 30 settembre 1989, n. 332, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 novembre 1989, n. 384, con riferimento al mancato adempimento degli obblighi previsti dagli articoli 20 e 28 del citato decreto-legge 13 aprile 1939, n. 652, sono elevati rispettivamente a euro 258 e a euro 2.066.

342. Con provvedimento del direttore dell’Agenzia del territorio, da adottare entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, e da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale, sono stabilite, previa intesa con la Conferenza Stato-città ed autonomie locali, le modalità tecniche e operative per l’applicazione delle disposizioni di cui ai commi 339 e 340.

343. Al comma 3 dell’articolo 70 del decreto legislativo 15 novembre 1993, n. 507, sono aggiunti i seguenti periodi: «A decorrere dal 1º gennaio 2005, per le unità immobiliari di proprietà privata a destinazione ordinaria censite nel catasto edilizio urbano, la superficie di riferimento non può in ogni caso essere inferiore all’80 per cento della superficie catastale determinata secondo i criteri stabiliti dal regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 23 marzo 1998, n. 138; per gli immobili già denunciati, i comuni modificano d’ufficio, dandone comunicazione agli interessati, le superfici che risultano inferiori alla predetta percentuale a seguito di incrocio dei dati comunali, comprensivi della toponomastica, con quelli dell’Agenzia del territorio, secondo modalità di interscambio stabilite con provvedimento del direttore della predetta Agenzia, sentita la Conferenza Stato-città ed autonomie locali. Nel caso in cui manchino, negli atti catastali, gli elementi necessari per effettuare la determinazione della superficie catastale, i soggetti privati intestatari catastali, provvedono, a richiesta del comune, a presentare all’ufficio provinciale dell’Agenzia del territorio la planimetria catastale del relativo immobile, secondo le modalità stabilite dal regolamento di cui al decreto del Ministro delle finanze 19 aprile 1994, n. 701, per l’eventuale conseguente modifica, presso il comune, della consistenza di riferimento».

344. Al testo unico delle disposizioni concernenti l’imposta di registro, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131, e successive modificazioni, dopo l’articolo 52 è inserito il seguente:

«Art. 52-bis. - (Liquidazione dell’imposta derivante dai contratti di locazione)1. La liquidazione dell’imposta complementare di cui all’articolo 42, comma 1, è esclusa qualora l’ammontare del canone di locazione relativo ad immobili, iscritti in catasto con attribuzione di rendita, risulti dal contratto non inferiore al 10 per cento del valore dell’immobile determinato ai sensi dell’articolo 52, comma 4, e successive modificazioni. Restano comunque fermi i poteri di liquidazione dell’imposta per le annualità successive alla prima».

345. Al decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e successive modificazioni, dopo l’articolo 41-bis è inserito il seguente:

«Art. 41-ter.– (Accertamento dei redditi di fabbricati) – 1. Le disposizioni di cui agli articoli 32, primo comma, numero 7), 38, 40 e 41-bis non si applicano con riferimento ai redditi di fabbricati derivanti da locazione dichiarati in misura non inferiore ad un importo corrispondente al maggiore tra il canone di locazione risultante dal contratto ridotto del 15 per cento e il 10 per cento del valore dell’immobile.

2. In caso di omessa registrazione del contratto di locazione di immobili, si presume, salva documentata prova contraria, l’esistenza del rapporto di locazione anche per i quattro periodi d’imposta antecedenti quello nel corso del quale è accertato il rapporto stesso; ai fini della determinazione del reddito si presume, quale importo del canone, il 10 per cento del valore dell’immobile.

3. Ai fini di cui ai commi 1 e 2, il valore dell’immobile è determinato ai sensi dell’articolo 52, comma 4, del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131, e successive modificazioni».

346. Le disposizioni degli articoli 52-bis del testo unico delle disposizioni concernenti l’imposta di registro, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131, e 41-ter del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, introdotti, rispettivamente, dai commi 344 e 345 del presente articolo, non trovano applicazione nei confronti dei contratti di locazione di immobili ad uso abitativo stipulati o rinnovati a norma degli articoli 2, comma 3, e 4, commi 2 e 3, della legge 9 dicembre 1998, n. 431.

347. Il modello per la comunicazione di cui all’articolo 12 del decreto-legge 21 marzo 1978, n. 59, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 maggio 1978, n. 191, approvato con decreto interdirigenziale del Ministero dell’interno e della Agenzia delle entrate, è reso disponibile gratuitamente, in modalità telematica, dalla predetta Agenzia; la comunicazione è effettuata, anche avvalendosi degli intermediari di cui all’articolo 3 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 luglio 1998, n. 322, e successive modificazioni, nonché degli uffici dell’Agenzia delle entrate, con la compilazione in formato elettronico del relativo modello e con la sua trasmissione, in modalità telematica, alla predetta Agenzia, che provvede, con la medesima modalità, a dare avviso di ricevimento. L’Agenzia delle entrate, secondo intese con il Ministero dell’interno, ordina i dati contenuti nelle comunicazioni per la loro successiva trasmissione telematica al predetto Ministero. La presentazione per la registrazione degli atti di cessione di cui al predetto articolo 12 del decreto-legge n. 59 del 1978 tiene luogo della comunicazione di cui al medesimo articolo 12.

348. L’obbligo di comunicazione di cui al comma 347 trova applicazione anche nei riguardi dei soggetti che esercitano abitualmente attività di intermediazione nel settore immobiliare; la comunicazione è dovuta per le cessioni di cui i predetti soggetti hanno diretta conoscenza, per avervi concorso ovvero assistito in ragione della loro attività, e, relativamente a quelle diverse dalle cessioni in proprietà, anche per le cessioni di durata inferiore al mese. In caso di violazione dell’obbligo di cui al precedente periodo, si applica la sanzione amministrativa di cui al quarto comma dell’articolo 12 del decreto-legge 21 marzo 1978, n. 59, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 maggio 1978, n. 191; in caso di seconda violazione, il sindaco del comune in cui operano i soggetti di cui al primo periodo, su segnalazione dell’Agenzia delle entrate, dispone nei riguardi dei medesimi soggetti la sospensione per un mese della loro attività.

349. I contratti di locazione, o che comunque costituiscono diritti relativi di godimento, di unità immobiliari ovvero di loro porzioni, comunque stipulati, sono nulli se, ricorrendone i presupposti, non sono registrati.

350. All’articolo 11 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) nel comma 1, lettera a), sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «, nonché, per i soggetti di cui all’articolo 3, comma 1, lettere da a) ad e), i costi sostenuti per il personale addetto alla ricerca e sviluppo, ivi compresi quelli per il predetto personale sostenuti da consorzi tra imprese costituiti per la realizzazione di programmi comuni di ricerca e sviluppo, a condizione che l’attestazione di effettività degli stessi sia rilasciata dal presidente del collegio sindacale ovvero, in mancanza, da un revisore dei conti o da un professionista iscritto negli albi dei revisori dei conti, dei dottori commercialisti, dei ragionieri e periti commerciali o dei consulenti del lavoro, nelle forme previste dall’articolo 13, comma 2, del decreto-legge 28 marzo 1997, n. 79, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 maggio 1997, n. 140, e successive modificazioni, ovvero dal responsabile del centro di assistenza fiscale»;

b) nel medesimo comma 1, lettera b), il numero 1) è sostituito dal seguente:

«1) fatte salve le disposizioni di cui alla lettera a), i costi relativi al personale classificabili nell’articolo 2425, primo comma, lettera B), numeri 9) e 14), del codice civile»;

c) il comma 4-bis è sostituito dal seguente:

«4-bis. Per i soggetti di cui all’articolo 3, comma 1, lettera da a) ad e), sono ammessi in deduzione, fino a concorrenza, i seguenti importi:

a) euro 8.000 se la base imponibile non supera euro 180.759,91;

b) euro 6.000 se la base imponibile supera euro 180.759,91 ma non euro 180.839,91;

c) euro 4.000 se la base imponibile supera euro 180.839,91 ma non euro 180.919,91;

d) euro 2.000 se la base imponibile supera euro 180.919,91 ma non euro 180.999,91»;

d) dopo il comma 4-ter, sono aggiunti i seguenti:

«4-quater. Per i soggetti di cui all’articolo 3, comma 1, lettere da a) ad e), che incrementano il numero di lavoratori dipendenti assunti con contratto a tempo indeterminato, rispetto al numero dei lavoratori assunti con il medesimo contratto mediamente occupati nel periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2004, è deducibile il costo del predetto personale per un importo annuale non superiore a 20.000 euro per ciascun nuovo dipendente assunto, e nel limite dell’incremento complessivo del costo del personale classificabile nell’articolo 2425, primo comma, lettera B), numeri 9) e 14), del codice civile. Rilevano gli incrementi del predetto personale nei tre periodi d’imposta successivi a quello in corso al 31 dicembre 2004; la media dell’incremento occupazionale raggiunto nei predetti periodi di imposta costituisce l’incremento massimo agevolabile nei periodi d’imposta successivi. L’incremento della base occupazionale va considerato al netto delle diminuzioni occupazionali verificatesi in società controllate o collegate ai sensi dell’articolo 2359 del codice civile o facenti capo, anche per interposta persona, allo stesso soggetto. Per i soggetti di cui all’articolo 3, comma 1, lettera e), la base occupazionale di cui al terzo periodo è individuata con riferimento al personale dipendente con contratto di lavoro a tempo indeterminato impiegato nell’attività commerciale e la deduzione spetta solo con riferimento all’incremento dei lavoratori utilizzati nell’esercizio di tale attività. In caso di lavoratori impiegati anche nell’esercizio dell’attività istituzionale si considera, sia ai fini della individuazione della base occupazionale di riferimento e del suo incremento, sia ai fini della deducibilità del costo, il solo personale dipendente con contratto di lavoro a tempo indeterminato riferibile all’attività commerciale individuato in base al rapporto di cui all’articolo 10, comma 2. Non rilevano ai fini degli incrementi occupazionali i trasferimenti di dipendenti dall’attività istituzionale all’attività commerciale. Nell’ipotesi di imprese di nuova costituzione non rilevano gli incrementi occupazionali derivanti dallo svolgimento di attività che assorbono anche solo in parte attività di imprese giuridicamente preesistenti, ad esclusione delle attività sottoposte a limite numerico o di superficie. Nel caso di impresa subentrante ad altra nella gestione di un servizio pubblico, anche gestito da privati, comunque assegnata, la deducibilità del costo del personale spetta limitatamente al numero di lavoratori assunti in più rispetto a quello dell’impresa sostituita.

4-quinquies. Nelle aree ammissibili alle deroghe previste dall’articolo 87, paragrafo 3, lettere a) e c), del Trattato che istituisce la Comunità europea, individuate dalla Carta italiana degli aiuti a finalità regionale per il periodo 2000-2006, l’importo deducibile determinato ai sensi del comma 4-quater è raddoppiato».

351. Le disposizioni del comma 350 si applicano a partire dal periodo d’imposta che inizia successivamente al 31 dicembre 2004, ad eccezione di quelle della lettera d), che si applicano a decorrere dal periodo d’imposta in cui interviene l’approvazione da parte della Commissione europea ai sensi dell’articolo 88, paragrafo 3, del Trattato istitutivo della Comunità europea.

352. A decorrere dal 1º gennaio 2005, al testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) nell’articolo 3, comma 1, le parole: «nonché della deduzione spettante ai sensi dell’articolo 11» sono sostituite dalle seguenti: «nonché delle deduzioni effettivamente spettanti ai sensi degli articoli 11 e 12»;

b) l’articolo 13 è rinumerato in articolo 12 e la relativa rubrica è sostituita dalla seguente: «Deduzioni per oneri di famiglia»; nel medesimo articolo sono, altresì, apportate le seguenti modificazioni:

1) i commi 1 e 2 sono sostituiti dai seguenti:

«1. Dal reddito complessivo si deducono per oneri di famiglia i seguenti importi:

a) 3.200 euro per il coniuge non legalmente ed effettivamente separato;

b) 2.900 euro per ciascun figlio, compresi i figli naturali riconosciuti, i figli adottivi e gli affidati o affiliati, nonché per ogni altra persona indicata nell’articolo 433 del codice civile che conviva con il contribuente o percepisca assegni alimentari non risultanti da provvedimenti dell’autorità giudiziaria da ripartire tra coloro che hanno diritto alla deduzione.

2. La deduzione di cui al comma 1, lettera b), è aumentata a:

a) 3.450 euro, per ciascun figlio di età inferiore a tre anni;

b) 3.200 euro, per il primo figlio se l’altro genitore manca o non ha riconosciuto i figli naturali e il contribuente non è coniugato o se coniugato, si è successivamente legalmente ed effettivamente separato, ovvero se vi sono figli adottivi, affidati o affiliati del solo contribuente e questi non è coniugato o, se coniugato, si è successivamente legalmente ed effettivamente separato;

c) 3.700 euro, per ogni figlio portatore di handicap ai sensi dell’articolo 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104.»;

2) nei commi 3 e 4, le parole: «Le detrazioni per carichi di famiglia» sono sostituite dalle seguenti: «Le deduzioni di cui ai commi 1 e 2»;

3) dopo il comma 4, sono aggiunti i seguenti:

«4-bis. Dal reddito complessivo si deducono, fino ad un massimo di 1.820 euro, le spese documentate sostenute dal contribuente per gli addetti alla propria assistenza personale nei casi di non autosufficienza nel compimento degli atti della vita quotidiana. Le medesime spese sono deducibili anche se sono state sostenute nell’interesse delle persone indicate nell’articolo 433 del codice civile.

4-ter. Le deduzioni di cui ai commi 1, 2 e 4-bis spettano per la parte corrispondente al rapporto tra l’ammontare di 78.000 euro, aumentato delle medesime deduzioni e degli oneri deducibili di cui all’articolo 10, e diminuito del reddito complessivo, e l’importo di 78.000 euro. Se il predetto rapporto è maggiore o uguale a 1, la deduzione compete per intero; se lo stesso è zero o minore di zero, la deduzione non compete; negli altri casi, ai fini del predetto rapporto, si computano le prime quattro cifre decimali.»;

c) l’articolo 12 è rinumerato in articolo 13 e sono, altresì, apportate le seguenti modificazioni:

1) nell’alinea del comma 1, le parole: «della deduzione per assicurare la progressività dell’imposizione di cui all’articolo 11» sono sostituite dalle seguenti: «delle deduzioni di cui agli articoli 11 e 12»;

2) le lettere da a) ad e) dello stesso comma 1 sono sostituite dalle seguenti:

«a) fino a 26.000 euro, 23 per cento;

b) oltre 26.000 euro e fino a 33.500 euro, 33 per cento;

c) oltre 33.500 euro, 39 per cento»;

3) nel comma 2, le parole: «negli articoli 13, 14 e 15» sono sostituite dalle seguenti: «negli articoli 15 e 16 nonché in altre disposizioni di legge»;

d) l’articolo 14 è abrogato.

353. È introdotto un contributo di solidarietà del 4 per cento sulla parte di reddito imponibile di cui all’articolo 13 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, come modificato dal comma 352, eccedente l’importo di 100.000 euro. Per la dichiarazione, il versamento, l’accertamento, la riscossione ed il contenzioso riguardante il contributo di solidarietà, si applicano le disposizioni vigenti per le imposte sui redditi.

354. Quando leggi, regolamenti, decreti, o altre norme o provvedimenti fanno riferimento a disposizioni contenute in articoli del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, vigenti prima del 1º gennaio 2005, il riferimento, salvo che tali disposizioni non risultino abrogate per effetto di quanto disposto dal comma 352, si intende alle corrispondenti disposizioni contenute negli articoli che recano la numerazione disposta dal medesimo comma 352.

355. I contribuenti, in sede di dichiarazione dei redditi per l’anno 2005, possono applicare le disposizioni del testo unico delle imposte sui redditi in vigore al 31 dicembre 2002 ovvero quelle in vigore al 31 dicembre 2004, se più favorevoli.

356. Al decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) nell’articolo 23:

1) nel comma 2, lettera a), le parole: «al netto della deduzione di cui all’articolo 10-bis del medesimo testo unico, ed effettuando le detrazioni previste negli articoli 12 e 13 del citato testo unico, rapportate al periodo stesso. Le detrazioni di cui agli articoli 12 e 13 del citato testo unico sono effettuate» sono sostituite dalle seguenti: «al netto delle deduzioni di cui agli articoli 11 e 12 commi 1 e 2 del medesimo testo unico, rapportate al periodo stesso. Le deduzioni di cui all’articolo 12 commi 1 e 2 del citato testo unico sono riconosciute»; nel medesimo comma, lettera c), dopo le parole: «biennio precedente» sono aggiunte le seguenti: «, al netto delle deduzioni di cui agli articoli 11 e 12 commi 1 e 2 del medesimo testo unico»;

2) nel comma 3, il primo periodo è sostituito dal seguente: «I soggetti indicati nel comma 1 devono effettuare, entro il 28 febbraio dell’anno successivo e, in caso di cessazione del rapporto di lavoro, alla data di cessazione, il conguaglio tra le ritenute operate sulle somme e i valori di cui alle lettere a) e b) del comma 2, e l’imposta dovuta sull’ammontare complessivo degli emolumenti stessi, tenendo conto delle deduzioni di cui agli articoli 11 e 12 commi 1 e 2 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, e delle detrazioni eventualmente spettanti a norma dell’articolo 15 dello stesso testo unico, e successive modificazioni, per oneri a fronte dei quali il datore di lavoro ha effettuato trattenute, nonché, limitatamente agli oneri di cui al comma 1, lettere c) e f), dello stesso articolo, per erogazioni in conformità a contratti collettivi o ad accordi e regolamenti aziendali.»;

3) nel comma 4, il terzo periodo è soppresso;

b) nell’articolo 29:

1) nel comma 1, lettera c), dopo le parole: «biennio precedente» sono aggiunte le seguenti: «, al netto delle deduzioni di cui agli articoli 11 e 12, commi 1 e 2, del medesimo testo unico»;

2) nel comma 2, il secondo periodo è sostituito dal seguente: «A tal fine, all’inizio del rapporto, il sostituito deve specificare quale delle opzioni previste al comma 3 dell’articolo 23 intende adottare».

357. È istituito, presso la gestione separata della Cassa depositi e prestiti Spa, un apposito fondo rotativo, denominato «Fondo rotativo per il sostegno alle imprese». Il Fondo è finalizzato alla concessione alle imprese di finanziamenti agevolati che assumono la forma dell’anticipazione, rimborsabile con un piano di rientro pluriennale. La dotazione iniziale del Fondo, alimentato con le risorse del risparmio postale, è stabilita in 6.000 milioni di euro. Le successive variazioni della dotazione sono disposte dalla Cassa depositi e prestiti Spa, in relazione alle dinamiche di erogazione e di rimborso delle somme concesse, e comunque nel rispetto dei limiti annuali di spesa sul bilancio dello Stato fissati ai sensi del comma 364.

358. Con apposite delibere del CIPE, presieduto dal Presidente del Consiglio dei ministri in maniera non delegabile, da sottoporre al controllo preventivo della Corte dei conti, il Fondo è ripartito per essere destinato ad interventi agevolativi alle imprese, individuati dalle stesse delibere sulla base degli interventi già disposti a legislazione vigente e per i quali sussiste apposito stanziamento di bilancio.

359. Il CIPE, con una o più delibere adottate con le modalità previste dal comma 358:

a) stabilisce i criteri generali di erogazione dei finanziamenti agevolati;

b) approva una convenzione tipo che regola i rapporti tra la Cassa depositi e prestiti Spa e i soggetti abilitati a svolgere le istruttorie dei finanziamenti, stabilendo le modalità per assicurare che l’importo complessivo dei finanziamenti erogati non superi l’importo assegnato dal CIPE e che vengano comunque rispettati i limiti annuali di spesa a carico del bilancio dello Stato stabiliti ai sensi del comma 364;

c) prevede la misura minima del tasso di interesse da applicare;

d) stabilisce la durata massima del piano di rientro;

e) prevede che le nuove modalità di attuazione ed erogazione delle misure agevolative previste dai commi da 357 a 364 si applichino a programmi di investimento per i quali, alla data di pubblicazione del decreto di cui al comma 360, non è stata ancora presentata richiesta di erogazione relativa all’ultimo stato di avanzamento e non sono stati adottati provvedimenti di revoca totale o parziale, a condizione che l’impresa agevolata manifesti formale opzione e comunque previo parere conforme del soggetto responsabile dell’istruttoria.

360. Con decreto di natura non regolamentare il Ministro competente, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, stabilisce, in relazione ai singoli interventi previsti dal comma 358, nel rispetto dei princìpi contenuti nei commi da 357 a 364 e di quanto disposto dal comma 359, i requisiti e le condizioni per l’accesso ai finanziamenti agevolati previsti dai commi da 357 e 364. In particolare, sono stabilite le condizioni economiche e le modalità di concessione dei finanziamenti agevolati, anche per quanto concerne i criteri di valutazione, i documenti istruttori, la procedura, le ulteriori condizioni per l’accesso, per l’erogazione e per la revoca delle agevolazioni, le modalità di controllo e rendicontazione, la quota minima di mezzi propri e di finanziamento bancario a copertura delle spese d’investimento, la decorrenza e le modalità di rimborso del finanziamento agevolato.

361. Il tasso di interesse sulle somme erogate in anticipazione è determinato con decreto, di natura non regolamentare, del Ministro dell’economia e delle finanze. La differenza tra il tasso così stabilito e il tasso del finanziamento agevolato, nonché gli oneri derivanti dal comma 363, sono posti, in favore della Cassa depositi e prestiti Spa, a carico del bilancio dello Stato, a valere sull’autorizzazione di spesa di cui al comma 364.

362. Sull’obbligo di rimborso al Fondo delle somme ricevute in virtù del finanziamento agevolato e dei relativi interessi può essere prevista, secondo criteri, condizioni e modalità da stabilire con decreto di natura non regolamentare del Ministro dell’economia e delle finanze, la garanzia dello Stato. Tale garanzia è elencata nell’allegato allo stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze di cui all’articolo 13 della legge 5 agosto 1978, n. 468. Ai relativi eventuali oneri si provvede ai sensi dell’articolo 7, secondo comma, numero 2), della legge 5 agosto 1978, n. 468, con imputazione nell’ambito dell’unità previsionale di base 3.2.4.2 dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze per l’anno 2005 e corrispondenti per gli esercizi successivi.

363. Alla Cassa depositi e prestiti Spa, sulle somme erogate in anticipazione, è riconosciuto, a valere sui finanziamenti stabiliti ai sensi del comma 359, lettera a), il rimborso delle spese di gestione del Fondo in misura pari allo 0,40 per cento complessivo delle somme erogate annualmente.

364. Per le finalità previste dai commi da 357 a 363 è autorizzata la spesa di 80 milioni di euro per l’anno 2005 e di 150 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2006. Una quota dei predetti oneri, pari a 55 milioni di euro per l’anno 2005 e 100 milioni di euro per ciascuno degli anni 2006 e 2007, è posta a carico del Fondo per le aree sottoutilizzate per gli interventi finanziati dallo stesso. La restante quota relativa agli anni 2005 e 2006, pari rispettivamente a 25 milioni di euro e a 50 milioni di euro, è posta a carico della parte del Fondo unico per gli incentivi alle imprese non riguardante gli interventi nelle aree sottoutilizzate; alla quota relativa all’anno 2007 e all’onere decorrente dal 2008, pari rispettivamente a 50 milioni di euro e a 150 milioni di euro, si provvede con le maggiori entrate derivanti dal comma 303.

365. Nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze è istituito un «Fondo per i pagamenti dei debiti di fornitura», al quale vengono riassegnate le dotazioni in conto residui, previamente versate in entrata, relative a debiti scaduti ed esigibili alla data del 31 dicembre 2004, derivanti dalla fornitura di beni e servizi alle amministrazioni dello Stato, ceduti alla Cassa depositi e prestiti Spa dai fornitori sulla base di idonei titoli giuridici.

366. La Cassa depositi e prestiti Spa, in relazione alle cessioni di credito di cui al comma 365, dispone i pagamenti a valere su un apposito fondo istituito, con una dotazione di 2.000 milioni di euro, presso la gestione separata della medesima Cassa, le cui risorse costituiscono patrimonio destinato, ai sensi dell’articolo 5, comma 18, del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326. La Cassa depositi e prestiti Spa è autorizzata ad effettuare operazioni di cessione dei crediti acquisiti senza l’autorizzazione del soggetto ceduto.

367. Il Ministero dell’economia e delle finanze può provvedere al pagamento alla Cassa depositi e prestiti Spa delle somme erogate, in un periodo massimo di quindici anni, a carico del Fondo di cui al comma 365, nonché, a decorrere dal 2006, alla corresponsione degli oneri di gestione.

368. La Cassa depositi e prestiti Spa predispone apposita rendicontazione annuale sull’amministrazione del fondo, di cui al comma 366, da trasmettere al Ministero dell’economia e delle finanze, entro novanta giorni dalla chiusura dell’esercizio. Con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, da emanare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono stabilite le modalità applicative dei commi da 365 a 369, in ordine alle condizioni generali per l’accesso al Fondo, alla natura dei crediti ed ai relativi importi ammissibili alla cessione, al compenso da riconoscere sulle somme erogate, alle modalità, ai tempi ed ai termini di erogazione alla Cassa depositi e prestiti Spa di quanto alla stessa dovuto.

369. Agli oneri di cui al comma 367, valutati in complessivi 70 milioni di euro annui a decorrere dal 2006, si provvede mediante utilizzo di quota parte delle maggiori entrate recate dal comma 303.

370. A fini di contrasto di fenomeni di elusione fiscale e di tutela della fede pubblica, salvo quanto previsto nel comma 374, è vietata la riutilizzazione commerciale dei documenti, dei dati e delle informazioni catastali ed ipotecari, che risultino acquisiti, anche per via telematica in via diretta o mediata, dagli archivi catastali o da pubblici registri immobiliari, tenuti dagli uffici dell’Agenzia del territorio.

371. Ai sensi dei commi da 370 a 378 si ha riutilizzazione commerciale quando i predetti documenti, dati ed informazioni sono ceduti o comunque forniti a terzi, anche in copia o parzialmente o previa elaborazione nella forma o nel contenuto, dai soggetti che li hanno acquisiti, in via diretta o mediata, anche per via telematica, dagli uffici dell’Agenzia del territorio.

372. Non si ha riutilizzazione commerciale quando i predetti documenti, dati ed informazioni sono forniti al solo soggetto per conto del quale, su preventivo e specifico incarico, risultante da atto scritto, l’acquisizione stessa, previo pagamento dei tributi dovuti, è stata effettuata. Anche in tale ipotesi, tuttavia, salva prova contraria, si ha riutilizzazione commerciale quando il corrispettivo previsto, o comunque versato, per la fornitura, risulta inferiore all’ammontare dei tributi dovuti agli uffici dell’Agenzia del territorio per l’acquisizione, anche telematica, dei predetti documenti, dati o informazioni.

373. Per ciascun atto di riutilizzazione commerciale sono comunque dovuti i tributi speciali catastali e le tasse ipotecarie, nella misura prevista per l’acquisizione, anche telematica, dei documenti, dei dati o delle informazioni catastali o ipotecari direttamente dagli uffici dell’Agenzia del territorio.

374. Le attività di riutilizzazione commerciale sono consentite esclusivamente se regolamentate da specifiche convenzioni stipulate con l’Agenzia del territorio, che disciplinino, a fronte del preventivo pagamento dei tributi dovuti anche ai sensi del comma 373, modalità e termini della raccolta, della conservazione, della elaborazione dei dati, nonché il controllo del limite di riutilizzo consentito.

375. Chi pone in essere atti di riutilizzazione commerciale, non consentiti, è soggetto altresì ad una sanzione amministrativa tributaria di ammontare compreso fra il triplo ed il quintuplo dei tributi speciali e delle tasse dovuti ai sensi del comma 373. Si applicano le disposizioni del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472.

376. L’accertamento delle violazioni alle disposizioni dei commi da 370 a 378 è demandato al Corpo della guardia di finanza, che esercita, a tal fine, i poteri previsti dall’articolo 32 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, avvalendosi della collaborazione dell’Agenzia del territorio. A tal fine, per assicurare effettività all’indicata azione di contrasto all’utilizzazione illecita dei documenti, dei dati e delle informazioni catastali ed ipotecari, a valere sulle maggiori entrate derivanti dall’attuazione dei commi da 370 a 378 e nei limiti di spesa di 5 milioni di euro annui, entro il 30 aprile 2005 è avviato dalla Scuola superiore dell’economia e delle finanze un programma straordinario di qualificazione continua e ricorrente e formazione mirata e specialistica del personale dell’amministrazione finanziaria e delle agenzie fiscali addetto alla predetta attività di accertamento. A tale programma di qualificazione e formazione può partecipare, su base convenzionale, anche il personale designato da enti locali o altri enti pubblici per le analoghe esigenze di consolidamento dell’azione di contrasto all’elusione fiscale, in presenza di coincidenti ragioni di pubblico interesse.

377. Alla presentazione degli atti di aggiornamento del catasto si può provvedere, a decorrere dal lº marzo 2005, con procedure telematiche, mediante un modello unico informatico di aggiornamento degli atti catastali sottoscritto con firma elettronica avanzata dal tecnico che li ha redatti ovvero dal soggetto obbligato alla presentazione. In caso di irregolare funzionamento del collegamento telematico, la trasmissione per via telematica è sostituita dalla presentazione su supporto informatico. Con provvedimenti del direttore dell’Agenzia del territorio:

a) è stabilita la progressiva attivazione del servizio, anche limitatamente a determinati soggetti, a specifiche aree geografiche ed a particolari tipologie di adempimenti;

b) è approvato il modello unico informatico di aggiornamento degli atti catastali e sono stabilite le modalità tecniche necessarie per la trasmissione dei dati relativi alla procedura telematica di cui al presente articolo;

c) sono fissati i termini, le condizioni e le modalità relative: alla presentazione del modello unico informatico di aggiornamento degli atti catastali; alla presentazione dei documenti e degli atti da allegare al predetto modello, anche al fine di accertare l’avvenuto deposito presso i comuni, per gli atti per i quali è previsto; alla conservazione, a cura dei soggetti interessati, dei documenti cartacei originali sottoscritti dal tecnico che li ha redatti e dai soggetti che hanno la titolarità sui beni;

d) sono stabilite, d’intesa con il Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, le modalità di versamento dei tributi dovuti.

378. Gli atti comunque attributivi o modificativi delle rendite catastali per terreni e fabbricati possono essere prodotti e notificati ai soggetti intestatari, a cura dell’Agenzia del territorio, avvalendosi di procedure automatizzate. In tal caso, la firma autografa del responsabile è sostituita dall’indicazione a stampa del nominativo dello stesso.

379. Nell’articolo 2, comma 2, del decreto-legge 24 dicembre 2002, n. 282, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 febbraio 2003, n. 27, le parole: «30 settembre 2004», ovunque ricorrano, sono sostituite dalle seguenti: «30 giugno 2005».

380. All’articolo 3, comma 2, primo periodo, del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 luglio 1998, n. 322, le parole: «a lire 50 milioni» sono sostituite dalle seguenti: «ad euro 10.000».

381. Ai fini dell’applicazione dell’articolo 53, comma 3, del decreto-legge 30 agosto 1993, n. 331, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 ottobre 1993, n. 427, i soggetti di imposta trasmettono al Dipartimento dei trasporti terrestri, entro il termine di quindici giorni dall’acquisto e, in ogni caso, prima dell’immatricolazione, il numero identificativo intracomunitario nonché il numero di telaio degli autoveicoli, motoveicoli e loro rimorchi acquistati. Per i successivi passaggi interni precedenti l’immatricolazione il numero identificativo intracomunitario è sostituito dal codice fiscale del fornitore. In mancanza delle informazioni da parte dei soggetti di imposta gli uffici preposti non procedono all’immatricolazione. La comunicazione è altresì effettuata, entro il termine di quindici giorni dalla vendita, anche in caso di cessione intracomunitaria o di esportazione dei medesimi veicoli.

382. Con decreto del capo del Dipartimento dei trasporti terrestri del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e del direttore dell’Agenzia delle entrate sono stabiliti i contenuti e le modalità delle comunicazioni di cui alla disposizione recata dal comma 381.

383. Con la convenzione prevista dall’articolo 1, comma 1-bis, del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 19 settembre 2000, n. 358, è definita la procedura di trasmissione telematica all’Agenzia delle entrate delle informazioni inviate dai soggetti di imposta ai sensi del comma 381.

384. All’articolo 1, comma 1, lettera c), del decreto-legge 29 dicembre 1983, n. 746, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 1984, n. 17, è aggiunto il seguente periodo: «Nella prima ipotesi, il cedente o prestatore deve comunicare all’Agenzia delle entrate, esclusivamente per via telematica entro il giorno 16 del mese successivo, i dati contenuti nella dichiarazione ricevuta».

385. Ai fini del necessario coordinamento delle attività di controllo, da attuare secondo quanto disposto dall’articolo 63, secondo e terzo comma, primo periodo, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, l’Agenzia delle entrate condivide con gli altri organi preposti ai controlli in materia di imposta sul valore aggiunto le informazioni risultanti dalle comunicazioni di cui ai commi 381 e 384.

386. All’articolo 7 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471, dopo il comma 4 è inserito il seguente:

«4-bis. È punito con la sanzione prevista nel comma 3 il cedente o il prestatore che omette di inviare, nei termini previsti, la comunicazione di cui all’articolo 1, comma 1, lettera c), ultimo periodo, del decreto-legge 29 dicembre 1983, n. 746, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 1984, n. 17, o la invia con dati incompleti o inesatti».

387. Chiunque omette di inviare, nei termini previsti, la comunicazione di cui all’articolo 1, comma 1, lettera c), ultimo periodo, del decreto-legge 29 dicembre 1983, n. 746, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 1984, n. 17, introdotto dal comma 384, o la invia con dati incompleti o inesatti, è responsabile in solido con il soggetto acquirente dell’imposta evasa correlata all’infedeltà della dichiarazione ricevuta.

388. Il direttore dell’Agenzia delle entrate determina, con suo provvedimento, i contenuti e le modalità della comunicazione di cui all’articolo 1, comma 1, lettera c), ultimo periodo, del decreto-legge 29 dicembre 1983, n. 746, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 1984, n. 17, introdotto dal comma 384.

389. Al decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, dopo l’articolo 60, è inserito il seguente:

«Art. 60-bis. - (Solidarietà nel pagamento dell’imposta).1. Con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, su proposta degli organi competenti al controllo, sulla base di analisi effettuate su fenomeni di frode, sono individuati i beni per i quali operano le disposizioni dei commi 2 e 3.

2. In caso di mancato versamento dell’imposta da parte del cedente relativa a cessioni effettuate a prezzi inferiori al valore normale, il cessionario, soggetto agli adempimenti ai fini del presente decreto, è obbligato solidalmente al pagamento della predetta imposta.

3. L’obbligato solidale di cui al comma 2 può tuttavia documentalmente dimostrare che il prezzo inferiore dei beni è stato determinato in ragione di eventi o situazioni di fatto oggettivamente rilevabili o sulla base di specifiche disposizioni di legge e che comunque non è connesso con il mancato pagamento dell’imposta».

390. A decorrere dal periodo di imposta in corso al 1º gennaio 2005, è introdotto l’istituto della pianificazione fiscale concordata alla quale possono accedere i titolari di reddito d’impresa e gli esercenti arti e professioni cui si applicano gli studi di settore per il periodo di imposta in corso al 1º gennaio 2003. L’adesione alla pianificazione fiscale determina preventivamente, per un triennio, la base imponibile caratteristica dell’attività svolta e comporta una riduzione dell’imposizione fiscale e contributiva per gli importi eccedenti la base imponibile pianificata.

391. Non possono accedere alla pianificazione fiscale i titolari di reddito d’impresa e gli esercenti arti e professioni:

a) per i quali sussistano cause di esclusione o di inapplicabilità degli studi di settore per il periodo di imposta in corso al 1º gennaio 2003;

b) che svolgono dal 1º gennaio 2004 una attività diversa da quella esercitata nel biennio 2002 e 2003;

c) che non erano in attività in almeno uno dei periodi di imposta in corso al 1º gennaio 2002, al 1º gennaio 2003 ovvero al 1º gennaio 2004;

d) che hanno omesso di dichiarare il reddito derivante dall’attività svolta per almeno uno dei periodi di imposta in corso al 1º gennaio 2002 e al 1º gennaio 2003;

e) che hanno omesso di presentare la dichiarazione ai fini dell’imposta sul valore aggiunto per i medesimi periodi di imposta di cui alla lettera d);

f) che hanno omesso di comunicare i dati rilevanti ai fini dell’applicazione degli studi di settore per il periodo di imposta in corso al 1º gennaio 2003.

392. La proposta individuale di pianificazione fiscale è formulata sulla base di elaborazioni operate dall’anagrafe tributaria, tenendo conto delle risultanze dell’applicazione degli studi di settore, dei dati sull’andamento dell’economia nazionale per distinti settori economici di attività, della coerenza dei componenti negativi di reddito e di ogni altra informazione disponibile riferibile al contribuente.

393. L’adesione alla pianificazione fiscale si perfeziona, ferma restando la congruità dei ricavi o dei compensi alle risultanze degli studi di settore per ciascun periodo di imposta, con l’accettazione di importi, proposti al contribuente dall’Agenzia delle entrate, che individuano per un triennio la base imponibile caratteristica dell’attività svolta, esclusi gli eventuali componenti positivi o negativi di reddito di carattere straordinario.

394. L’adesione alla proposta di pianificazione fiscale è comunicata dal contribuente entro sessanta giorni dal suo ricevimento; nel medesimo termine, la proposta può essere altresì definita in contraddittorio con il competente ufficio dell’Agenzia delle entrate, anche con l’assistenza degli intermediari di cui all’articolo 3, commi 2-bis e 3, del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 luglio 1998, n. 322, esclusivamente nel caso in cui il contribuente sia in grado di documentare una evidente infondatezza della stessa, sulla base dell’esistenza di:

a) significative variazioni degli elementi strutturali nell’esercizio dell’attività rispetto a quelli presi a base per la formulazione della proposta;

b) dati ed elementi presi a base per la formulazione della proposta divergenti sensibilmente, all’atto dell’adesione.

395. La sussistenza delle circostanze di cui alle lettere a) e b) del comma 394 può essere asseverata dai soggetti abilitati sulla base delle disposizioni vigenti.

396. Per i periodi di imposta oggetto di pianificazione, relativamente al reddito caratteristico d’impresa o di arti o professioni:

a) sono inibiti i poteri spettanti all’amministrazione finanziaria sulla base delle disposizioni di cui all’articolo 39 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e successive modificazioni;

b) esclusa l’aliquota del 23 per cento, quelle marginali applicabili al reddito complessivo ai fini dell’imposta sul reddito, nonché quella applicabile ai fini dell’imposta sul reddito delle società, sono ridotte di 4 punti percentuali, per la parte di reddito dichiarato eccedente quello pianificato;

c) è esclusa l’applicazione dei contributi previdenziali per la parte di reddito dichiarato che eccede quello pianificato fatto salvo il minimale reddituale previsto ai fini contributivi; restano salve le prerogative delle Casse autonome nonché la facoltà di effettuare i versamenti su base volontaria.

397. Per gli stessi periodi di imposta di cui al comma 396, ai fini dell’imposta sul valore aggiunto:

a) il contribuente assolve ordinariamente a tutti gli obblighi formali e sostanziali previsti dal decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, e successive modificazioni, e dalle altre disposizioni in materia di imposta sul valore aggiunto;

b) all’ammontare degli eventuali maggiori ricavi o compensi da dichiarare rispetto a quelli risultanti dalle scritture contabili si applica, tenendo conto della esistenza di operazioni non soggette ad imposta ovvero soggette a regimi speciali, l’aliquota media risultante dal rapporto tra l’imposta relativa alle operazioni imponibili, diminuita di quella relativa alle cessioni di beni ammortizzabili, e il volume d’affari dichiarato;

c) sono inibiti i poteri spettanti all’amministrazione finanziaria in base alle disposizioni di cui agli articoli 54, secondo comma, secondo periodo, e 55, secondo comma, numero 3), del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, e successive modificazioni.

398. In caso di mancato rispetto della pianificazione, da comunicare nella dichiarazione presentata ai fini dell’imposta sul reddito, l’Agenzia delle entrate procede ad accertamento parziale in ragione del reddito oggetto della pianificazione nonché, per l’imposta sul valore aggiunto, in ragione del volume d’affari corrispondente ai ricavi o compensi caratteristici a base della stessa, salve le ipotesi di documentati accadimenti straordinari e imprevedibili; in tale ultima ipotesi trova applicazione il procedimento di accertamento con adesione previsto dal decreto legislativo 19 giugno 1997, n. 218. La disposizione di cui al presente comma si applica anche nel caso di mancato adeguamento alle risultanze degli studi di settore.

399. L’inibizione dei poteri di cui ai commi 396, lettera a), e 397, lettera c) ed i benefici di cui al comma 396, lettere b) e c), non operano qualora:

a) il reddito dichiarato differisca da quanto effettivamente conseguito, ovvero non siano adempiuti gli obblighi di cui al comma 397, lettera a), ferma restando, comunque, in tale caso l’inibizione dei poteri di cui all’articolo 39, secondo comma, lettera d), del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e successive modificazioni, e all’articolo 55, secondo comma, numero 3), del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, e successive modificazioni;

b) siano constatate condotte del contribuente che integrano le fattispecie di cui agli articoli da 2 a 5, 8, 10 e 11 del decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74.

400. Salva l’applicazione del comma 394, nei casi in cui a seguito di controlli e segnalazioni, anche di fonte esterna all’amministrazione finanziaria, emergano dati ed elementi difformi da quelli comunicati dal contribuente, qualora presi a base per la formulazione della proposta, nei suoi confronti non opera l’inibizione dei poteri di cui ai commi 396, lettera a), e 397, lettera c), nonché i benefici di cui al comma 396, lettere b) e c).

401. Nel caso in cui l’attività effettivamente esercitata vari nel corso del triennio, l’istituto della pianificazione fiscale concordata cessa di avere effetto dal periodo di imposta nel corso del quale si è verificata la variazione. Con decreti del Ministro dell’economia e delle finanze, di natura non regolamentare, sono individuate le singole categorie di contribuenti nei cui riguardi progressivamente, nel corso del triennio, decorre l’applicazione della pianificazione fiscale concordata nonché approvate una o più note metodologiche per la formulazione della proposta di cui al comma 392. Con i medesimi decreti sono conseguentemente rideterminati i periodi d’imposta di cui al comma 391, per i contribuenti nei cui confronti la pianificazione fiscale opera a decorrere da periodi di imposta diversi da quello indicato al comma 390. Con provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate sono definite le modalità di invio delle proposte, anche in via telematica, direttamente al contribuente ovvero per il tramite degli intermediari di cui all’articolo 3, commi 2-bis e 3, del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 luglio 1998, n. 322, nonché le modalità di adesione.

402. Gli studi di settore previsti all’articolo 62-bis del decreto-legge 30 agosto 1993, n. 331, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 ottobre 1993, n. 427, sono soggetti a revisione, di norma, ogni quattro anni dalla data di entrata in vigore dello studio di settore ovvero da quella dell’ultima revisione, al fine di mantenere la rappresentatività degli stessi rispetto alla realtà economica cui si riferiscono. La revisione può essere disposta anche prima del decorso del termine previsto dal primo periodo, tenuto anche conto di dati ed informazioni ufficiali quali i dati di contabilità nazionale, sentito il parere della commissione di esperti di cui all’articolo 10, comma 7, della legge 8 maggio 1998, n. 146. La revisione degli studi di settore è programmata con provvedimento del direttore dell’Agenzia della entrate da emanare entro il mese di febbraio di ciascun anno.

403. In deroga a quanto previsto al comma 402, entro il mese di febbraio 2005, l’Agenzia delle entrate completa l’attività di revisione relativa agli studi di settore già precedentemente individuati, con effetto dal periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2004, ai sensi dell’articolo 1 del regolamento recante disposizioni concernenti i tempi e le modalità di applicazione degli studi di settore, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 31 maggio 1999, n. 195.

404. Gli organi preposti al controllo, in conseguenza della revisione e del potenziamento degli studi di settore, sulla base delle disposizioni dei commi da 390 a 435, programmano l’impiego di maggiore capacità operativa per l’attività di contrasto all’evasione nei confronti dei soggetti ai quali non si applicano gli studi medesimi.

405. All’articolo 32 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e successive modificazioni, recante disposizioni comuni in materia di accertamento delle imposte sui redditi, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) nel primo comma:

1) al numero 2):

1.1) nel primo e secondo periodo, le parole da: «alle operazioni» a: «risultanti dai conti» sono sostituite dalle seguenti: «ai rapporti ed alle operazioni, i cui dati, notizie e documenti siano stati acquisiti a norma del numero 7), ovvero rilevati a norma dell’articolo 33, secondo e terzo comma. I dati ed elementi attinenti ai rapporti ed alle operazioni acquisiti e rilevati rispettivamente a norma del numero 7) e dell’articolo 33, secondo e terzo comma,»;

1.2) nel secondo periodo, le parole da: «a base delle stesse» alla fine del periodo sono sostituite dalle seguenti: «o compensi a base delle stesse rettifiche ed accertamenti, se il contribuente non ne indica il soggetto beneficiario e sempreché non risultino dalle scritture contabili, i prelevamenti o gli importi riscossi nell’ambito dei predetti rapporti od operazioni»;

2) al numero 5):

2.1) nel primo periodo, le parole da: «, ovvero» fino a: «in forma fiduciaria,» sono soppresse;

2.2) nel quarto periodo, le parole da: «all’Amministrazione postale,» fino alla fine del numero sono sostituite dalle seguenti: «alle banche, alla società Poste italiane Spa, per le attività finanziarie e creditizie, agli intermediari finanziari, alle imprese di investimento, agli organismi di investimento collettivo del risparmio, alle società di gestione del risparmio e alle società fiduciarie»;

3) al numero 6-bis), il primo periodo è sostituito dal seguente: «richiedere, previa autorizzazione del direttore centrale dell’accertamento dell’Agenzia delle entrate o del direttore regionale della stessa, ovvero, per il Corpo della guardia di finanza, del comandante regionale, ai soggetti sottoposti ad accertamento, ispezione o verifica il rilascio di una dichiarazione contenente l’indicazione della natura, del numero e degli estremi identificativi dei rapporti intrattenuti con le banche, la società Poste italiane Spa, gli intermediari finanziari, le imprese di investimento, gli organismi di investimento collettivo del risparmio, le società di gestione del risparmio e le società fiduciarie, nazionali o stranieri, in corso ovvero estinti da non più di cinque anni dalla data della richiesta»;

4) al numero 7):

4.1) il primo periodo è sostituito dai seguenti: «richiedere, previa autorizzazione del direttore centrale dell’accertamento dell’Agenzia delle entrate o del direttore regionale della stessa, ovvero, per il Corpo della guardia di finanza, del comandante regionale, alle banche, alla società Poste italiane Spa, per le attività finanziarie e creditizie, agli intermediari finanziari, alle imprese di investimento, agli organismi di investimento collettivo del risparmio, alle società di gestione del risparmio e alle società fiduciarie, dati, notizie e documenti relativi a qualsiasi rapporto intrattenuto od operazione effettuata, ivi compresi i servizi prestati, con i loro clienti, nonché alle garanzie prestate da terzi. Alle società fiduciarie di cui alla legge 23 novembre 1939, n. 1966, e a quelle iscritte nella sezione speciale dell’albo di cui all’articolo 20 del testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, può essere richiesto, tra l’altro, specificando i periodi temporali di interesse, di comunicare le generalità dei soggetti per conto dei quali esse hanno detenuto o amministrato o gestito beni, strumenti finanziari e partecipazioni in imprese, inequivocamente individuati.»;

4.2) nel secondo periodo, dopo le parole: «deve essere indirizzata» sono inserite le seguenti: «al responsabile della struttura accentrata, ovvero»;

b) nel secondo comma:

1) al secondo periodo, la parola: «sessanta» è sostituita dalla seguente: «trenta»;

2) il terzo periodo è sostituito dal seguente: «Il termine può essere prorogato per un periodo di venti giorni su istanza dell’operatore finanziario, per giustificati motivi, dal competente direttore centrale o direttore regionale per l’Agenzia delle entrate, ovvero, per il Corpo della guardia di finanza, dal comandante regionale.»;

c) dopo il secondo comma è inserito il seguente:

«Le richieste di cui al primo comma, numero 7), nonché le relative risposte, anche se negative, devono essere effettuate esclusivamente in via telematica. Con provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate sono stabilite le disposizioni attuative e le modalità di trasmissione delle richieste, delle risposte, nonché dei dati e delle notizie riguardanti i rapporti e le operazioni indicati nel citato numero 7)».

406. All’articolo 51 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, e successive modificazioni, concernente l’istituzione e la disciplina dell’imposta sul valore aggiunto, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) nel secondo comma:

1) al numero 2):

1.1) nel primo periodo, le parole da: «alle operazioni» a: «acquisita» sono sostituite dalle seguenti: «ai rapporti ed alle operazioni, i cui dati, notizie e documenti siano stati acquisiti»; la parola: «rilevate» è sostituita dalla seguente: «rilevati»;

1.2) nel secondo periodo, le parole: «I singoli dati ed elementi risultanti dai conti» sono sostituite dalle seguenti: «I dati ed elementi attinenti ai rapporti ed alle operazioni acquisiti e rilevati rispettivamente a norma del numero 7) e dell’articolo 52, ultimo comma, o dell’articolo 63, primo comma,»;

2) al numero 5):

2.1) nel primo periodo, le parole da: «, ovvero» fino a: «in forma fiduciaria,» sono soppresse;

2.2) nel quarto periodo, le parole da: «all’Amministrazione postale,» fino alla fine del numero sono sostituite dalle seguenti: «alle banche, alla società Poste italiane Spa, per le attività finanziarie e creditizie, agli intermediari finanziari, alle imprese di investimento, agli organismi di investimento collettivo del risparmio, alle società di gestione del risparmio e alle società fiduciarie»;

3) al numero 6-bis) il primo periodo è sostituito dal seguente: «Richiedere, previa autorizzazione del direttore centrale accertamento dell’Agenzia delle entrate o del direttore regionale della stessa, ovvero, per il Corpo della guardia di finanza, del comandante regionale, ai soggetti sottoposti ad accertamento, ispezione o verifica il rilascio di una dichiarazione contenente l’indicazione della natura, del numero e degli estremi identificativi dei rapporti intrattenuti con le banche, la società Poste italiane Spa, gli intermediari finanziari, le imprese di investimento, gli organismi di investimento collettivo del risparmio, le società di gestione del risparmio e le società fiduciarie, nazionali o stranieri, in corso ovvero estinti da non più di cinque anni dalla data della richiesta.»;

4) al numero 7):

4.1) il primo periodo è sostituito dai seguenti: «Richiedere, previa autorizzazione del direttore centrale dell’accertamento dell’Agenzia delle entrate o del direttore regionale della stessa, ovvero, per il Corpo della guardia di finanza, del comandante regionale, alle banche, alla società Poste italiane Spa, per le attività finanziarie e creditizie, agli intermediari finanziari, alle imprese di investimento, agli organismi di investimento collettivo del risparmio, alle società di gestione del risparmio e alle società fiduciarie, dati, notizie e documenti relativi a qualsiasi rapporto intrattenuto od operazione effettuata, ivi compresi i servizi prestati, con i loro clienti, nonché alle garanzie prestate da terzi. Alle società fiduciarie di cui alla legge 23 novembre 1939, n. 1966, e a quelle iscritte nella sezione speciale dell’albo di cui all’articolo 20 del testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, può essere richiesto, tra l’altro, specificando i periodi temporali di interesse, di comunicare le generalità dei soggetti per conto dei quali esse hanno detenuto o amministrato o gestito beni, strumenti finanziari e partecipazioni in imprese, inequivocamente individuati.»;

4.2) nel secondo periodo, dopo le parole: «deve essere indirizzata» sono inserite le seguenti: «al responsabile della struttura accentrata, ovvero»;

b) nel terzo comma:

1) al primo periodo, la parola: «sessanta» è sostituita dalla seguente: «trenta»;

2) il secondo periodo è sostituito dal seguente: «Il termine può essere prorogato per un periodo di venti giorni su istanza dell’operatore finanziario, per giustificati motivi, dal competente direttore centrale o direttore regionale per l’Agenzia delle entrate, ovvero, per il Corpo della guardia di finanza, dal comandante regionale.»;

c) dopo il terzo comma è inserito il seguente:

«Le richieste di cui al secondo comma, numero 7), nonché le relative risposte, anche se negative, sono effettuate esclusivamente in via telematica. Con provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate sono stabilite le disposizioni attuative e le modalità di trasmissione delle richieste, delle risposte, nonché dei dati e delle notizie riguardanti i rapporti e le operazioni indicati nel citato numero 7)».

407. Le disposizioni di cui al terzo comma dell’articolo 32 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, nonché quelle di cui al quarto comma dell’articolo 51 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, introdotte rispettivamente dai commi 405 e 406, hanno effetto dal 1º luglio 2005. Con uno o più provvedimenti del direttore dell’Agenzia delle entrate può essere prevista una diversa decorrenza successiva, in considerazione delle esigenze di natura esclusivamente tecnica.

408. Al fine di una maggiore efficienza, efficacia ed effettività dell’istituto della pianificazione fiscale concordata, al primo periodo del comma 1 dell’articolo 41-bis del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) le parole da: «gli uffici delle imposte» fino a: «delle imposte dirette» sono sostituite dalle seguenti: «i competenti uffici dell’Agenzia delle entrate, qualora dagli accessi, ispezioni e verifiche nonché dalle segnalazioni effettuati dalla Direzione centrale accertamento, da una Direzione regionale ovvero da un ufficio della medesima Agenzia ovvero di altre Agenzie fiscali»;

b) dopo le parole: «non spettanti,» sono inserite le seguenti: «nonché l’esistenza di imposte o di maggiori imposte non versate, escluse le ipotesi di cui agli articoli 36-bis e 36-ter,»;

c) sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «, ovvero la maggiore imposta da versare, anche avvalendosi delle procedure previste dal decreto legislativo 19 giugno 1997, n. 218».

409. Al quinto comma dell’articolo 54 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) le parole da: «l’ufficio dell’imposta» fino a: «indirette sugli affari» sono sostituite dalle seguenti: «i competenti uffici dell’Agenzia delle entrate, qualora dagli accessi, ispezioni e verifiche nonché dalle segnalazioni effettuati dalla Direzione centrale accertamento, da una Direzione regionale ovvero da un ufficio della medesima Agenzia ovvero di altre Agenzie fiscali»;

b) dopo le parole: «l’esistenza di corrispettivi» sono inserite le seguenti: «o di imposta»;

c) sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «, nonché l’imposta o la maggiore imposta non versata, escluse le ipotesi di cui all’articolo 54-bis, anche avvalendosi delle procedure previste dal decreto legislativo 19 giugno 1997, n. 218».

410. Al comma 181 dell’articolo 3 della legge 28 dicembre 1995, n. 549, primo periodo dell’alinea, le parole: «alle altre categorie reddituali» sono sostituite dalle seguenti: «alle medesime o alle altre categorie reddituali, nonché con riferimento ad ulteriori operazioni rilevanti ai fini dell’imposta sul valore aggiunto,».

411. All’articolo 70 della legge 21 novembre 2000, n. 342, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al comma 1, le parole: «alle categorie reddituali diverse da quelle che hanno formato oggetto degli accertamenti stessi» sono sostituite dalle seguenti: «alle medesime o alle altre categorie reddituali nonché con riferimento ad ulteriori operazioni rilevanti ai fini dell’imposta sul valore aggiunto»;

b) al comma 2, le parole da: «qualora» fino a: «indipendentemente» sono sostituite dalle seguenti: «indipendentemente dalla sopravvenuta conoscenza di nuovi elementi e».

412. All’articolo 10 della legge 8 maggio 1998, n. 146, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) il comma 2 è sostituito dal seguente:

«2. Nei confronti degli esercenti attività d’impresa in regime di contabilità ordinaria, anche per effetto di opzione, e degli esercenti arti e professioni, la disposizione del comma 1 trova applicazione quando in almeno in due periodi di imposta su tre consecutivi considerati, compreso quello da accertare, l’ammontare dei compensi o dei ricavi determinabili sulla base degli studi di settore risulta superiore all’ammontare dei compensi o ricavi dichiarati con riferimento agli stessi periodi di imposta. La disposizione del comma 1 trova applicazione in ogni caso nei confronti degli esercenti attività d’impresa in regime di contabilità ordinaria, anche per effetto di opzione, quando emergono significative situazioni di incoerenza rispetto ad indici di natura economica, finanziaria o patrimoniale, individuati con apposito provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate, sentito il parere della commissione di esperti di cui al comma 7.»;

b) dopo il comma 3 è inserito il seguente:

«3-bis. Nelle ipotesi di cui ai commi 2 e 3 l’ufficio, prima della notifica dell’avviso di accertamento, invita il contribuente a comparire, ai sensi dell’articolo 5 del decreto legislativo 19 giugno 1997, n. 218.»;

c) il comma 6 è sostituito dal seguente:

«6. I maggiori ricavi, compensi e corrispettivi, conseguenti all’applicazione degli accertamenti di cui al comma 1, ovvero dichiarati per effetto dell’adeguamento di cui all’articolo 2 del regolamento recante disposizioni concernenti i tempi e le modalità di applicazione degli studi di settore, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 31 maggio 1999, n. 195, non rilevano ai fini dell’obbligo della trasmissione della notizia di reato ai sensi dell’articolo 331 del codice di procedura penale».

413. Le disposizioni dei commi 2 e 3-bis dell’articolo 10 della legge 8 maggio 1998, n. 146, come modificato dal comma 412 del presente articolo, hanno effetto a decorrere dal periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2004.

414. All’articolo 2 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 31 maggio 1999, n. 195, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al comma 1:

1) le parole: «il primo periodo» sono sostituite dalle seguenti: «i periodi»;

2) le parole: «nella dichiarazione dei redditi» sono sostituite dalle seguenti: «nelle dichiarazioni di cui all’articolo 1 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 luglio 1998, n. 322, e successive modificazioni,»;

3) le parole: «per adeguare i ricavi o i compensi» sono sostituite dalle seguenti: «per adeguare gli stessi, anche ai fini dell’imposta regionale sulle attività produttive,»;

b) al comma 2:

1) le parole da: «Per il primo periodo d’imposta» fino a: «revisione del medesimo,» sono sostituite dalle seguenti: «Per i medesimi periodi d’imposta di cui al comma 1,»;

2) le parole: «può essere» sono sostituite dalla seguente: «è»;

3) le parole: «di presentazione della dichiarazione dei redditi» sono sostituite dalle seguenti: «del versamento a saldo dell’imposta sul reddito; i maggiori corrispettivi devono essere annotati, entro il suddetto termine, in un’apposita sezione dei registri di cui agli articoli 23 e 24 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, e successive modificazioni, e riportati nella dichiarazione annuale»;

c) dopo il comma 2, è aggiunto il seguente:

«2-bis. L’adeguamento di cui ai commi 1 e 2 è effettuato, per i periodi d’imposta diversi da quello in cui trova applicazione per la prima volta lo studio, ovvero le modifiche conseguenti alla revisione del medesimo, a condizione che sia versata, entro il termine per il versamento a saldo dell’imposta sul reddito, una maggiorazione del 3 per cento, calcolata sulla differenza tra ricavi o compensi derivanti dall’applicazione degli studi e quelli annotati nelle scritture contabili. La maggiorazione non è dovuta se la predetta differenza non è superiore al 10 per cento dei ricavi o compensi annotati nelle scritture contabili».

415. In esecuzione dell’articolo 6, comma 5, della legge 27 luglio 2000, n. 212, l’Agenzia delle entrate comunica mediante raccomandata con avviso di ricevimento ai contribuenti l’esito dell’attività di liquidazione, effettuata ai sensi dell’articolo 36-bis del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e successive modificazioni, relativamente ai redditi soggetti a tassazione separata. La relativa imposta o la maggiore imposta dovuta, a decorrere dal periodo d’imposta 2001, è versata mediante modello di pagamento, di cui all’articolo 19 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, precompilato dall’Agenzia. In caso di mancato pagamento entro il termine di trenta giorni dal ricevimento dell’apposita comunicazione si procede all’iscrizione a ruolo, secondo le disposizioni di cui al decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, e successive modificazioni, con l’applicazione della sanzione di cui all’articolo 13, comma 2, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471, e degli interessi di cui all’articolo 20 del predetto decreto n. 602 del 1973, a decorrere dal primo giorno del secondo mese successivo a quello di elaborazione della predetta comunicazione.

416. Ai commi 2 e 1, rispettivamente, degli articoli 2 e 3 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 462, e successive modificazioni, con riferimento alle dichiarazioni presentate dal 1º gennaio 1999, sono aggiunte, in fine, le seguente parole: «e gli interessi sono dovuti fino all’ultimo giorno del mese antecedente a quello dell’elaborazione della comunicazione».

417. Al decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74, dopo l’articolo 10 è inserito il seguente:

«Art. 10-bis. - (Omesso versamento di ritenute certificate).1. È punito con la reclusione da sei mesi a due anni chiunque non versa entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione annuale di sostituto di imposta ritenute risultanti dalla certificazione rilasciata ai sostituiti, per un ammontare superiore a cinquantamila euro per ciascun periodo d’imposta».

418. All’articolo 49, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, e successive modificazioni, dopo le parole: «costituisce titolo esecutivo» sono aggiunte le seguenti: «; il concessionario può altresì promuovere azioni cautelari e conservative, nonché ogni altra azione prevista dalle norme ordinarie a tutela del creditore».

419. All’articolo 19 del decreto legislativo 13 aprile 1999, n. 112, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al comma 2, lettera a), le parole: «entro il quinto mese successivo alla consegna del ruolo ovvero» sono sostituite dalle seguenti: «entro il dodicesimo mese successivo alla consegna del ruolo ovvero, per i ruoli straordinari, entro il sesto mese successivo nonché»;

b) al comma 4, dopo le parole: «di segnalare azioni cautelari ed esecutive» sono inserite le seguenti: «nonché conservative ed ogni altra azione prevista dalle norme ordinarie a tutela del creditore».

420. Al decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all’articolo 12, comma 3, dopo la parola: «contribuente,» sono inserite le seguenti: «la specie del ruolo,»;

b) all’articolo 19, comma 4-bis, le parole: «ad espropriazione forzata» sono sostituite dalle seguenti: «alla riscossione coattiva»; nel medesimo comma sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «secondo le disposizioni di cui al titolo II del presente decreto»;

c) all’articolo 25, comma 1, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «, a pena di decadenza, entro l’ultimo giorno del dodicesimo mese successivo a quello di consegna del ruolo, ovvero entro l’ultimo giorno del sesto mese successivo alla consegna se la cartella è relativa ad un ruolo straordinario».

421. Al decreto legislativo 19 giugno 1997, n. 218, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all’articolo 8, comma 2, terzo periodo, le parole: «garanzia con le modalità di cui all’articolo 38-bis del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633» sono sostituite dalle seguenti: «idonea garanzia mediante polizza fideiussoria o fideiussione bancaria»; al medesimo articolo 8, dopo il comma 3, è inserito il seguente:

«3-bis. In caso di mancato pagamento anche di una sola delle rate successive, se il garante non versa l’importo garantito entro trenta giorni dalla notificazione di apposito invito, contenente l’indicazione delle somme dovute e dei presupposti di fatto e di diritto della pretesa, il competente ufficio dell’Agenzia delle entrate provvede all’iscrizione a ruolo delle predette somme a carico del contribuente e dello stesso garante»;

b) all’articolo 15, comma 2, le parole: «commi 2 e 3» sono sostituite dalle seguenti: «commi 2, 3 e 3-bis».

422. All’articolo 48, comma 3, del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, le parole: «garanzia secondo le modalità di cui all’articolo 38-bis del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633» sono sostituite dalle seguenti: «garanzia mediante polizza fideiussoria o fideiussione bancaria»; al medesimo articolo 48, dopo il comma 3, è inserito il seguente:

«3-bis. In caso di mancato pagamento anche di una sola delle rate successive, se il garante non versa l’importo garantito entro trenta giorni dalla notificazione di apposito invito, contenente l’indicazione delle somme dovute e dei presupposti di fatto e di diritto della pretesa, il competente ufficio dell’Agenzia delle entrate provvede all’iscrizione a ruolo delle predette somme a carico del contribuente e dello stesso garante».

423. Le disposizioni del comma 419, lettera a), e del comma 420, lettere a) e c), si applicano con riferimento ai ruoli resi esecutivi successivamente al 1º luglio 2005.

424. Ferme restando le attribuzioni e i poteri previsti dagli articoli 31 e seguenti del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e successive modificazioni, nonché quelli previsti dagli articoli 51 e seguenti del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, e successive modificazioni, per la riscossione dei crediti indebitamente utilizzati in tutto o in parte, anche in compensazione ai sensi dell’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, e successive modificazioni, l’Agenzia delle entrate può emanare apposito atto di recupero motivato da notificare al contribuente con le modalità previste dall’articolo 60 del citato decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973. La disposizione del primo periodo non si applica alle attività di recupero delle somme di cui all’articolo 1, comma 3, del decreto-legge 20 marzo 2002, n. 36, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 maggio 2002, n. 96, e all’articolo 1, comma 2, del decreto-legge 24 dicembre 2002, n. 282, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 febbraio 2003, n. 27.

425. In caso di mancato pagamento, in tutto o in parte, delle somme dovute entro il termine assegnato dall’ufficio, comunque non inferiore a sessanta giorni, si procede alla riscossione coattiva con le modalità previste dal decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, e successive modificazioni.

426. La competenza all’emanazione degli atti di cui al comma 424, emessi prima del termine per la presentazione della dichiarazione, spetta all’ufficio nella cui circoscrizione è il domicilio fiscale del soggetto per il precedente periodo di imposta.

427. In deroga alle disposizioni dell’articolo 3, comma 3, della legge 27 luglio 2000, n. 212, i termini di decadenza per l’iscrizione a ruolo previsti dall’articolo 17, comma 1, lettera a), del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, e successive modificazioni, sono prorogati al 31 dicembre 2006 per le dichiarazioni presentate nell’anno 2003.

428. Al decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, dopo l’articolo 75 è inserito il seguente:

«Art. 75-bis. - (Dichiarazione stragiudiziale del terzo).1. Il concessionario, prima di procedere ai sensi degli articoli 543 e seguenti del codice di procedura civile, può chiedere a soggetti terzi, debitori del soggetto che è iscritto a ruolo o dei coobbligati, di indicare per iscritto, anche solo in modo generico, le cose e le somme da loro dovute al creditore».

429. È effettuato mediante ruolo il recupero delle somme dovute, per inadempimento, dal soggetto incaricato del servizio di intermediazione all’incasso ovvero dal garante di tale soggetto o del debitore di entrate riscosse ai sensi dell’articolo 17 del decreto legislativo 26 febbraio 1999, n. 46, e successive modificazioni. In attesa della riforma organica del settore della riscossione, fermi restando i casi di responsabilità penale, i concessionari del servizio nazionale della riscossione ed i commissari governativi delegati provvisoriamente alla riscossione, di cui al decreto legislativo 13 aprile 1999, n. 112, hanno facoltà di sanare le irregolarità connesse all’esercizio degli obblighi del rapporto concessorio compiute fino alla data del 20 novembre 2004 dietro versamento della somma di 3 euro per ciascun abitante residente negli ambiti territoriali ad essi affidati in concessione alla data del 1º gennaio 2004. L’importo dovuto è versato in tre rate, la prima pari al 40 per cento del totale, da versare entro il 30 giugno 2005, e le altre due, ciascuna pari al 30 per cento del totale, da versare rispettivamente entro il 30 giugno 2006 e tra il 21 ed il 31 dicembre 2006. Con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze sono stabilite le modalità di applicazione delle disposizioni del presente comma.

430. La durata delle concessioni del servizio nazionale della riscossione e degli incarichi di commissario governativo, delegato provvisoriamente alla riscossione, è prorogata al 31 dicembre 2006.

431. A condizione che la relativa imposta sostitutiva sia stata versata entro il termine del 30 settembre 2004, i soli termini previsti per la redazione ed il giuramento delle perizie di cui agli articoli 5 e 7 della legge 28 dicembre 2001, n. 448, e successive modificazioni, sono stabiliti alla data del 31 marzo 2005. Tra i soggetti abilitati per tale attività di redazione e giuramento delle perizie si comprendono i periti regolarmente iscritti alle Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, ai sensi del testo unico di cui al regio decreto 20 settembre 1934, n. 2011.

432. Le imprese che operano nel settore della grande distribuzione possono trasmettere telematicamente all’Agenzia delle entrate, distintamente per ciascun punto vendita, l’ammontare complessivo dei corrispettivi giornalieri delle cessioni di beni e delle prestazioni di servizi di cui agli articoli 2 e 3 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, e successive modificazioni.

433. Ai fini del comma 432 sono imprese di grande distribuzione commerciale, ai sensi dell’articolo 4, comma 1, lettere e) ed f), del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114, le aziende distributive che operano con esercizi commerciali definiti media e grande struttura di vendita aventi, quindi, superficie superiore a 150 metri quadri nei comuni con popolazione residente inferiore a 10.000 abitanti, o superficie superiore a 250 metri quadri nei comuni con popolazione residente superiore ai 10.000 abitanti.

434. Le modalità tecniche ed i termini per la trasmissione telematica di cui al comma 432 sono definiti con provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate. La trasmissione telematica di cui al comma 432 sostituisce l’obbligo di certificazione fiscale dei corrispettivi di cui all’articolo 12 della legge 30 dicembre 1991, n. 413, e al decreto del Presidente della Repubblica 21 dicembre 1996, n. 696. Resta comunque fermo l’obbligo di emissione delle fatture su richiesta del cliente.

435. Le violazioni alle prescrizioni di cui ai commi 432 e 434 sono soggette alle sanzioni previste ai sensi dell’articolo 6, comma 3, dell’articolo 11, comma 5, e dell’articolo 12, comma 3, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471.

436. Nell’ambito delle attività volte al riordino, alla razionalizzazione e alla valorizzazione del patrimonio immobiliare dello Stato, l’Agenzia del demanio è autorizzata, con decreto dirigenziale del Ministero dell’economia e delle finanze, a vendere a trattativa privata, anche in blocco, le quote indivise di beni immobili, i fondi interclusi nonché i diritti reali su immobili, dei quali lo Stato è proprietario ovvero comunque è titolare. Il prezzo di vendita è stabilito secondo criteri e valori di mercato, tenuto conto della particolare condizione giuridica dei beni e dei diritti. Il perfezionamento della vendita determina il venire meno dell’uso governativo, delle concessioni in essere nonché di ogni altro eventuale diritto spettante a terzi in caso di cessione.

437. Le aree che appartengono al patrimonio e al demanio dello Stato, sulle quali, alla data di entrata in vigore della presente legge, i comuni hanno realizzato le opere di urbanizzazione di cui all’articolo 4 della legge 29 settembre 1964, n. 847, e successive modificazioni, sono trasferite in proprietà, a titolo oneroso, nello stato di fatto e di diritto in cui si trovano, al patrimonio indisponibile del comune che le richiede, con vincolo decennale di inalienabilità. La richiesta di trasferimento è presentata alla filiale dell’Agenzia del demanio territorialmente competente, corredata dalle planimetrie e dagli atti catastali che identificano le aree oggetto di trasferimento. Il corrispettivo del trasferimento è determinato secondo i parametri fissati nell’elenco 3 allegato alla presente legge. I parametri sono aggiornati annualmente, a decorrere dal 1º gennaio 2006, nella misura dell’8 per cento.

438. Le somme dovute dai comuni per l’occupazione delle aree di cui al comma 437, non versate fino alla data di stipulazione dell’atto del loro trasferimento, sono corrisposte, contestualmente al trasferimento, in misura pari a un terzo degli importi di cui all’elenco 3 allegato alla presente legge, per ogni anno di occupazione, nei limiti della prescrizione quinquennale. Con il trasferimento delle aree si estinguono i giudizi pendenti, promossi dall’amministrazione demaniale e comunque preordinati alla liberazione delle aree di cui al comma 437, e restano compensate fra le parti le spese di lite.

439. I beni immobili che non formano oggetto delle procedure di dismissione disciplinate dal decreto-legge 25 settembre 2001, n. 351, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 novembre 2001, n. 410, di valore non superiore a 100.000 euro, individuati con i decreti di cui all’articolo 1, comma 1, dello stesso decreto-legge n. 351 del 2001, possono essere alienati direttamente dall’Agenzia del demanio a trattativa privata, se non aggiudicati in vendita, al prezzo più alto, a seguito di procedura di invito pubblico ad offrire, della quale sia data adeguata pubblicità almeno su due quotidiani a diffusione nazionale e su almeno due periodici a diffusione locale, di durata non inferiore al mese, esperito telematicamente attraverso il sito INTERNET della medesima Agenzia.

440. Le alienazioni di cui al comma 439 non sono soggette alla disposizione di cui al comma 113 dell’articolo 3 della legge 23 dicembre 1996, n. 662, concernente il diritto di prelazione degli enti locali territoriali. Non sono altresì soggette alla disposizione di cui al primo periodo le alienazioni effettuate direttamente dalla Agenzia del demanio a trattativa privata, a seguito di asta pubblica deserta, aventi ad oggetto immobili di valore inferiore a 250.000euro; in caso di valore pari o superiore al predetto importo, il diritto di prelazione è esercitato dall’ente locale entro quindici giorni dal ricevimento della comunicazione della determinazione a vendere, e delle relative condizioni, da parte dell’Agenzia del demanio.

441. Relativamente agli immobili di cui al comma 439 è fatto salvo il diritto di prelazione in favore dei concessionari, dei conduttori nonché dei soggetti che si trovano comunque nel godimento dell’immobile oggetto di alienazione, a condizione che gli stessi abbiano soddisfatto tutti i crediti richiesti dall’amministrazione competente.

442. Le disposizioni agevolative previste dalla normativa vigente in favore di enti locali territoriali e di enti pubblici e privati, in materia di utilizzo di beni immobili di proprietà statale sono applicate in regime di reciprocità in favore delle amministrazioni dello Stato che a loro volta utilizzano, per usi governativi, immobili di proprietà degli stessi enti.

443. Il regio decreto-legge 10 settembre 1923, n. 2000, convertito dalla legge 17 aprile 1925, n. 473, è abrogato.

444. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, gli alloggi di cui all’articolo 2 della legge 27 dicembre 1997, n. 449, e successive modificazioni, sono trasferiti in proprietà, a titolo gratuito e nello stato di fatto e di diritto in cui si trovano al momento del loro trasferimento, ai comuni nel cui territorio gli stessi sono ubicati. I comuni procedono, entro centoventi giorni dalla data della volturazione, all’accertamento di eventuali difformità urbanistico-edilizie. Le disposizioni del presente comma non si applicano agli alloggi realizzati in favore dei profughi ai sensi dell’articolo 18 della legge 4 marzo 1952, n. 137, nonché agli alloggi di cui al comma 445.

445. Al fine di consentire la regolare e sollecita conclusione delle procedure e in coerenza con l’articolo 4, comma 223, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, il comma 27 dell’articolo 1 della legge 24 dicembre 1993, n. 560, si interpreta nel senso che gli alloggi attualmente di proprietà statale realizzati ai sensi della legge 9 agosto 1954, n. 640, sono ceduti in proprietà agli assegnatari o loro congiunti, in possesso dei requisiti previsti dalla predetta legge. Per la determinazione delle condizioni di vendita, ivi comprese la fissazione del prezzo e le modalità di pagamento, si fa riferimento alla normativa in vigore alla data di presentazione della domanda di acquisto dell’alloggio.

446. Dopo il comma 13-bis dell’articolo 27 del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, sono aggiunti i seguenti:

«13-ter. In sede di prima applicazione dei commi 13 e 13-bis, il Ministero della difesa, Direzione generale dei lavori e del demanio, di concerto con l’Agenzia del demanio, individua entro il 28 febbraio 2005 beni immobili comunque in uso all’Amministrazione della difesa, non più utili ai fini istituzionali, da dismettere e, a tal fine, consegnare al Ministero dell’economia e delle finanze e, per esso, all’Agenzia del demanio.

13-quater. Gli immobili individuati e consegnati ai sensi del comma 13-ter entrano a far parte del patrimonio disponibile dello Stato per essere assoggettati alle procedure di valorizzazione e di dismissione di cui al decreto-legge 25 settembre 2001, n. 351, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 novembre 2001, n. 410, e di cui ai commi da 6 a 8. Gli immobili individuati sono stimati a cura dell’Agenzia del demanio nello stato di fatto e di diritto in cui si trovano.

13-quinquies. La Cassa depositi e prestiti concede, entro trenta giorni dalla data di individuazione degli immobili di cui al comma 13-ter, anticipazioni finanziarie della quota come sopra determinata, pari al valore degli immobili individuati, per un importo complessivo non inferiore a 954 milioni di euro e, comunque, non superiore a 1357 milioni di euro. Le condizioni generali ed economiche delle anticipazioni sono stabilite in conformità con le condizioni praticate sui finanziamenti della gestione separata di cui all’articolo 5, comma 8. Il Ministro dell’economia e delle finanze provvede al rimborso delle somme anticipate e dei connessi oneri finanziari a valere sui proventi delle dismissioni degli immobili. Le anticipazioni concesse dalla Cassa depositi e prestiti sono versate all’entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnate al Dicastero della difesa su appositi fondi relativi ai consumi intermedi e agli investimenti fissi lordi, da ripartire, nel corso della gestione, sui capitoli interessati, con decreto del Ministro della difesa da comunicare, anche con evidenze informatiche, al Ministero dell’economia e delle finanze, tramite l’Ufficio centrale del bilancio, nonché alle Commissioni parlamentari competenti e alla Corte dei conti.

13 sexies. Fermo restando quanto previsto al comma 13-quinquies, a valere sulle risorse derivanti dall’applicazione delle procedure di valorizzazione e dismissione dei beni immobili dell’Amministrazione della difesa, non più utili ai fini istituzionali, ai sensi dei commi 13 e 13-bis, e individuati dal Ministero della difesa, Direzione generale dei lavori e del demanio, di concerto con l’Agenzia del demanio, per ciascuno degli anni dal 2005 al 2009 una somma di 30 milioni di euro è destinata all’ammodernamento e alla ristrutturazione degli arsenali della Marina militare di Augusta, La Spezia e Taranto. Inoltre, una somma di 30 milioni di euro per l’anno 2005 è destinata al finanziamento di un programma di edilizia residenziale in favore del personale delle Forze armate dei ruoli dei sergenti e dei volontari in servizio permanente».

447. Le finalità di cui all’articolo 29 della legge 18 febbraio 1999, n. 28, e successive modificazioni, possono essere conseguite anche attraverso il ricorso alla locazione, anche finanziaria, con l’utilizzo delle risorse non ancora impegnate alla data del 31 dicembre 2004.

448. Il comma 65 dell’articolo 17 della legge 15 maggio 1997, n. 127, è abrogato.

449. Per conseguire obiettivi di contenimento, razionalizzazione, ottimizzazione e programmazione della spesa pubblica destinata ad interventi edilizi sul patrimonio immobiliare dello Stato, fermo restando il quadro normativo vigente, ed in particolare le competenze del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, le amministrazioni dello Stato e le Agenzie fiscali, ad eccezione degli organi costituzionali e degli organismi di sicurezza, provvedono, ai fini del coordinamento, del monitoraggio e della ottimale gestione del patrimonio dello Stato a comunicare all’Agenzia del demanio:

a) entro il 30 ottobre di ogni anno, gli schemi di programma triennali e gli elenchi annuali redatti ai sensi dell’articolo 14 della legge 11 febbraio 1994, n. 109, e successive modificazioni, e del decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti 22 giugno 2004, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 151 del 30 giugno 2004, relativi all’esecuzione di interventi edilizi di cui all’articolo 3, comma 1, lettere b), c), d) ed e1), del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, su immobili di proprietà dello Stato;

b) i programmi triennali e gli elenchi annuali definitivi, di cui alla lettera a), entro un mese dalla data della loro approvazione da parte dei competenti organi, secondo i rispettivi ordinamenti. Identica comunicazione è dovuta in tutti i casi di variazione apportata ai programmi triennali e agli elenchi annuali dei lavori;

c) ogni tre mesi, il consuntivo relativo allo stato di realizzazione degli interventi previsti negli elenchi annuali nonché ai lavori di importo inferiore alla soglia prevista dalla legge 11 febbraio 1994, n. 109, eventualmente eseguiti nell’anno considerato;

d) entro il 31 ottobre di ogni anno, le previsioni in ordine ai fabbisogni annuali di nuovi spazi allocativi, necessari allo svolgimento delle proprie attività istituzionali, nonché le previsioni in ordine alle superfici il cui utilizzo è ritenuto non più necessario all’esecuzione delle predette finalità.

450. L’Agenzia del demanio elabora linee guida tecnico-operative per la formazione o l’aggiornamento dei programmi triennali degli interventi, finalizzate al raggiungimento degli obiettivi indicati dal Governo, e fornisce alle amministrazioni di cui al comma 449 il supporto informatico per la redazione e la trasmissione dei programmi triennali e degli elenchi annuali.

451. L’Agenzia del demanio, entro il 30 aprile di ogni anno, presenta al Ministero dell’economia e delle finanze una relazione sulle attività svolte in attuazione delle disposizioni di cui al comma 450.

452. I piani di investimento immobiliare deliberati dall’INAIL sono approvati dal Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, e gli investimenti sono orientati alle finalità annualmente individuate con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sentiti il Ministro della salute e il Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca.

453. Il Ministro dell’economia e delle finanze, con uno o più decreti, avvia programmi di dismissioni immobiliari da realizzare tramite cartolarizzazioni di fondi immobiliari o cessioni dirette. Con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, sentite le competenti Commissioni parlamentari, possono essere trasferiti, a prezzo di mercato, a Infrastrutture Spa, tratti di rete stradale nazionale di cui all’articolo 7, comma 1-bis, del decreto-legge 8 luglio 2002, n. 138, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 agosto 2002, n. 178, assoggettabili a pedaggio figurativo comunque non a carico degli utenti. Il prezzo è fissato con modalità concordate tra il Ministero dell’economia e delle finanze, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e Infrastrutture Spa. Le modalità di pianificazione, gestione e manutenzione dei tratti di cui al secondo periodo, rimangono le stesse della restante rete stradale di interesse nazionale e saranno disciplinate da apposita convenzione. Con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, vengono ridefiniti entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, i rapporti finanziari tra ANAS Spa, Infrastrutture Spa e i Ministeri interessati.

454. È fatta salva l’applicazione delle disposizioni del codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42.

455. Per il completamento degli interventi infrastrutturali necessari a garantire l’integrale attuazione della Convenzione tra l’Italia e la Francia, conclusa a Roma il 24 giugno 1970, di cui alla legge 18 giugno 1973, n. 475, è autorizzata la spesa di 5 milioni di euro per dodici anni, a decorrere dal 2005, a valere sulle risorse previste dall’articolo 19-bis, comma 1, del decreto-legge 25 marzo 1997, n. 67, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 maggio 1997, n. 135, e successive modificazioni, per la realizzazione delle opere di viabilità stradale e autostradale speciale e di grande comunicazione connesse al percorso di cui alla stessa Convenzione. A tal fine, per garantire effettività alla realizzazione delle iniziative in grado di potenziare e rendere più efficiente la grande viabilità lungo il percorso tra Italia e Francia, viene assicurata priorità al completamento degli interventi infrastrutturali stradali e di grande attraversamento viario nelle località in cui sono ubicati gli immobili di cui all’articolo 17 della citata Convenzione per i quali, alla data di entrata in vigore della presente legge, sia già perfezionata la fase della progettazione preliminare.

456. Per consentire l’inizio dei lavori relativi alla strada statale n. 38 previsti dalla delibera del CIPE del 21 dicembre 2001 per l’accesso alla Valtellina, è autorizzato un contributo quindicennale di 2 milioni di euro, a favore dell’ANAS Spa, a decorrere dall’anno 2005. La Cassa depositi e prestiti è autorizzata a intervenire a favore dell’ANAS Spa ai sensi dell’articolo 47 della legge 28 dicembre 2001, n. 448.

457. All’articolo 24, comma 7, della legge 27 dicembre 2002, n. 289, dopo le parole: «alla procedura» sono inserite le seguenti: «di esecuzione di lavori e».

458. Per la realizzazione ed il completamento di interventi infrastrutturali necessari ad assicurare la tutela dell’ambiente in relazione ad opere di interesse nazionale per il collegamento tra le grandi reti viarie urbane ed extraurbane delle città metropolitane a più intensa circolazione viaria, nonché tra nodi di scambio portuali ed aeroportuali ed aree urbane attraverso aree naturali protette, è istituito, nello stato di previsione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, un Fondo per la viabilità con una dotazione di 12 milioni di euro per l’anno 2005 e di 5 milioni di euro per l’anno 2006. Con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti da emanare, previo parere delle competenti Commissioni parlamentari, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono individuati gli interventi ammessi alla fruizione dei contributi e gli importi massimi erogabili per ciascun intervento, nel rispetto delle disposizioni comunitarie in materia di aiuti di Stato.

459. Per la concessione di contributi alla realizzazione di infrastrutture ad elevata automazione e a ridotto impatto ambientale di supporto a nodi di scambio viario intermodali è autorizzata la spesa di 10 milioni di euro per ciascuno degli anni 2005, 2006 e 2007. Con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti da emanare, previo parere delle competenti Commissioni parlamentari, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono individuate le tipologie di intervento che possono fruire dei contributi e gli importi massimi erogabili per ciascun intervento, nel rispetto delle disposizioni comunitarie in materia di aiuti di Stato.

460. Per la prosecuzione degli interventi previsti all’articolo 4, comma 158, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, è autorizzata la spesa di 3 milioni di euro per l’anno 2005.

461. E’ autorizzata la spesa di 3 milioni di euro a decorrere dall’anno 2005 allo scopo della prosecuzione degli interventi infrastrutturali previsti ai sensi dell’articolo 3, comma 127 della legge 24 dicembre 2003, n. 350.

462. Per le finalità di cui all’articolo 45, comma 3, della legge 28 dicembre 2001, n. 448, come rideterminate dal comma 180 dell’articolo 4 della legge 24 dicembre 2003, n. 350, è autorizzata la spesa di 3 milioni di euro per ciascuno degli anni 2005, 2006 e 2007. Al relativo onere si provvede mediante corrispondente riduzione dell’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 13, comma 1, della legge 1º agosto 2002, n. 166.

463. Fermo restando quanto disposto dall’articolo 6, commi 1, 2 e 3, del decreto-legge 15 aprile 2002, n. 63, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 giugno 2002, n. 112, l’articolo 12 della legge 16 dicembre 1977, n. 904, non si applica alle società cooperative e loro consorzi a mutualità prevalente di cui al libro V, titolo VI, capo I, sezione I, del codice civile, e alle relative disposizioni di attuazione e transitorie, e che sono iscritti all’Albo delle cooperative sezione cooperative a mutualità prevalente di cui all’articolo 223-sexiesdecies delle disposizioni di attuazione del codice civile:

a) per la quota del 20 per cento degli utili netti annuali delle cooperative agricole e loro consorzi di cui al decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 228, delle cooperative della piccola pesca e loro consorzi;

b) per la quota del 30 per cento degli utili netti annuali delle altre cooperative e loro consorzi.

464. L’articolo 10 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 601, e successive modificazioni, non si applica limitatamente alla lettera a) del comma 1.

465. L’articolo 11 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 601, e successive modificazioni, si applica limitatamente al reddito imponibile derivante dall’indeducibilità dell’imposta regionale sulle attività produttive.

466. Le previsioni di cui ai commi da 463 a 465 non si applicano alle cooperative sociali e loro consorzi di cui alla legge 8 novembre 1991, n. 381. Resta, in ogni caso, l’esenzione da imposte e la deducibilità delle somme previste dall’articolo 11 della legge 31 gennaio 1992, n. 59, e successive modificazioni.

467. A decorrere dall’esercizio in corso al 31 dicembre 2004, in deroga all’articolo 3 della legge 27 luglio 2000, n. 212, per le società cooperative e loro consorzi diverse da quelle a mutualità prevalente l’applicabilità dell’articolo 12 della legge 16 dicembre 1977, n. 904, è limitata alla quota del 30 per cento degli utili netti annuali, a condizione che tale quota sia destinata ad una riserva indivisibile prevista dallo statuto.

468. Gli interessi sulle somme che i soci persone fisiche versano alle società cooperative e loro consorzi alle condizioni previste dall’articolo 13 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 601, e successive modificazioni, sono indeducibili per la parte che supera l’ammontare calcolato con riferimento alla misura minima degli interessi spettanti ai detentori dei buoni postali fruttiferi, aumentata dello 0,90 per cento.

469. Le disposizioni dei commi da 463 a 468 si applicano a decorrere dai periodi d’imposta successivi a quello in corso al 31 dicembre 2003.

470. Al numero 41-bis) della tabella A, parte seconda, allegata al decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, sono ricomprese, a decorrere dal 1º gennaio 2005, anche le prestazioni di cui ai numeri 18), 19), 20) e 21) dell’articolo 10 del predetto decreto n. 633 del 1972, e successive modificazioni, rese, in favore dei soggetti indicati nel medesimo numero 41-bis) da cooperative e loro consorzi, sia direttamente che in esecuzione di contratti di appalto e convenzioni in genere. Resta salva la facoltà per le cooperative sociali di cui alla legge 8 novembre 1991, n. 381, di optare per la previsione di maggior favore ai sensi dell’articolo 10, comma 8, del decreto legislativo 4 dicembre 1997, n. 460. Le agevolazioni di cui al presente comma sono concesse nel limite di spesa di 10 milioni di euro annui. Il Ministro dell’economia e delle finanze provvede, con propri decreti, a dare attuazione al presente comma.

471. All’articolo 11, comma 4, della legge 31 gennaio 1992, n. 59, il secondo periodo è soppresso.

472. All’articolo 6 della legge 13 maggio 1999, n. 133, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al comma 1, lettera b), è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Qualora a detti consorzi, esistenti alla data di entrata in vigore della presente disposizione, fossero associati anche soggetti diversi dalle banche, l’esenzione si applica limitatamente alle prestazioni rese nei confronti delle banche, a condizione che il relativo ammontare sia superiore al 50 per cento del volume d’affari»;

b) il comma 4 è abrogato.

473. All’articolo 90 della legge 27 dicembre 2002, n. 289, dopo il comma 11, è inserito il seguente:

«11-bis. Per i soggetti di cui al comma 1 la pubblicità, in qualunque modo realizzata negli impianti utilizzati per manifestazioni sportive dilettantistiche con capienza inferiore ai tremila posti, è da considerarsi, ai fini dell’applicazione delle disposizioni del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 640, in rapporto di occasionalità rispetto all’evento sportivo direttamente organizzato».

474. A decorrere dal 1º gennaio 2005, le disposizioni che disciplinano le modalità di liquidazione e di versamento dell’imposta sul valore aggiunto contenute nel regolamento di cui al decreto del Ministro delle finanze 24 ottobre 2000, n. 370, e nel regolamento di cui al decreto del Ministro delle finanze 24 ottobre 2000, n. 366, non si applicano ai soggetti che nell’anno solare precedente hanno versato imposta sul valore aggiunto per un importo superiore a 2 milioni di euro. I soggetti di cui al presente commahanno facoltà di eseguire le annotazioni relative alle operazioni effettuate entro il giorno 15 del mese successivo a quello di effettuazione dell’operazione.

475. All’articolo 4, comma 1, del testo unico delle disposizioni legislative concernenti le imposte sulla produzione e sui consumi e relative sanzioni penali e amministrative, di cui al decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504, e successive modificazioni, dopo il terzo periodo, è inserito il seguente: «In tal caso resta altresì sospesa la procedura di riscossione dell’imposta sul valore aggiunto gravante sulle accise stesse».

476. Le riserve e i fondi in sospensione di imposta, anche se imputati al capitale sociale o al fondo di dotazione, esistenti nel bilancio o nel rendiconto dell’esercizio in corso alla data del 31 dicembre 2004, possono essere assoggettati, in tutto o in parte, ad imposta sostitutiva dell’imposta sul reddito delle persone fisiche, dell’imposta sul reddito delle società e dell’imposta regionale sulle attività produttive, nella misura del 10 per cento. La disposizione del primo periodo non si applica alle riserve per ammortamenti anticipati.

477. Per i saldi attivi di rivalutazione costituiti ai sensi delle leggi 29 dicembre 1990, n. 408, 30 dicembre 1991, n. 413, e 21 novembre 2000, n. 342, compresi quelli costituiti ai sensi dell’articolo 14 della legge 21 novembre 2000, n. 342, l’imposta sostitutiva di cui al comma 476 è ridotta al 4 per cento.

478. Le riserve e i fondi di cui al comma 476 e i saldi attivi di cui al comma 477, assoggettati all’imposta sostitutiva, non concorrono a formare il reddito imponibile dell’impresa ovvero della società e dell’ente e in caso di distribuzione dei citati saldi attivi non spetta il credito di imposta previsto dall’articolo 4, comma 5, della legge 29 dicembre 1990, n. 408, dall’articolo 26, comma 5, della legge 30 dicembre 1991, n. 413, e dall’articolo 13, comma 5, della legge 21 novembre 2000, n. 342.

479. L’imposta sostitutiva è liquidata nella dichiarazione dei redditi relativa all’esercizio di cui al comma 476 ed è versata, in unica soluzione, entro il termine di versamento del saldo delle imposte sui redditi di tale esercizio.

480. L’imposta sostitutiva è indeducibile e può essere imputata, in tutto o in parte, alle riserve iscritte in bilancio o rendiconto. Se l’imposta sostitutiva è imputata al capitale sociale o fondo di dotazione, la corrispondente riduzione è operata, anche in deroga all’articolo 2365 del codice civile, con le modalità di cui all’articolo 2445, secondo comma, del medesimo codice.

481. Per la liquidazione, l’accertamento, la riscossione, i rimborsi, le sanzioni e il contenzioso si applicano le disposizioni previste per le imposte sui redditi.

482. Il Fondo bieticolo nazionale di cui all’articolo 3 del decreto-legge 21 dicembre 1990, n. 391, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 febbraio 1991, n. 48, è incrementato della somma di 10 milioni di euro per l’anno 2005.

483. Al decreto legislativo 15 novembre 1993, n. 507, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all’articolo 6, dopo il comma 2, è aggiunto il seguente:

«2-bis. Per i soggetti di cui all’articolo 20 non trova applicazione l’imposta sulla pubblicità.»;

b) all’articolo 20, dopo il comma 1, è aggiunto il seguente:

«1-bis. Il presente articolo si applica alle persone fisiche che non intendono affiggere manifesti negli spazi previsti dall’articolo 20-bis.»;

c) dopo l’articolo 20, è inserito il seguente:

«Art. 20-bis. - (Spazi riservati ed esenzione dal diritto) – 1. I comuni devono riservare il 10 per cento degli spazi totali per l’affissione dei manifesti ai soggetti di cui all’articolo 20. La richiesta è effettuata dalla persona fisica che intende affiggere manifesti per i soggetti di cui all’articolo 20 e deve avvenire secondo le modalità previste dal presente decreto e dai relativi regolamenti comunali. Il comune non fornisce personale per l’affissione. L’affissione negli spazi riservati è esente dal diritto sulle pubbliche affissioni.

2. Le violazioni ripetute e continuate delle norme in materia d’affissioni e pubblicità commesse fino all’entrata in vigore della presente disposizione, mediante affissioni di manifesti politici ovvero di striscioni e mezzi similari possono essere definite in qualunque ordine e grado di giudizio nonché in sede di riscossione delle somme eventualmente iscritte a titolo sanzionatorio, mediante il versamento, a carico del committente responsabile, di una imposta pari, per il complesso delle violazioni commesse e ripetute a 100 euro per anno e per provincia. Tale versamento deve essere effettuato a favore della tesoreria del comune competente o della provincia qualora le violazioni siano state compiute in più di un comune della stessa provincia; in tal caso la provincia provvede al ristoro, proporzionato al valore delle violazioni accertate, ai comuni interessati, ai quali compete l’obbligo di inoltrare alla provincia la relativa richiesta entro il 30 settembre 2005. In caso di mancata richiesta da parte dei comuni, la provincia destinerà le entrate al settore ecologia. La definizione di cui al presente comma non dà luogo ad alcun diritto al rimborso di somme eventualmente già riscosse a titolo di sanzioni per le predette violazioni. Il termine per il versamento è fissato, a pena di decadenza dal beneficio di cui al presente comma, al 31 maggio 2005. Non si applicano le disposizioni dell’articolo 15, commi 2 e 3, della legge 10 dicembre 1993, n. 515.»;

d) all’articolo 23, dopo il comma 4 è aggiunto il seguente:

«4-bis. Se il manifesto riguarda l’attività di soggetti elencati nell’articolo 20, il responsabile è esclusivamente colui che materialmente è colto in flagranza nell’atto d’affissione. Non sussiste responsabilità solidale.»;

e) all’articolo 24, dopo il comma 5-bis è aggiunto il seguente:

«5-ter. Se il manifesto riguarda l’attività di soggetti elencati nell’articolo 20, il responsabile è esclusivamente colui che materialmente è colto in flagranza nell’atto di affissione. Non sussiste responsabilità solidale».

484. All’articolo 23 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, dopo il comma 13-quater, è aggiunto il seguente:

«13-quinquies. Se il manifesto riguarda l’attività di soggetti elencati nell’articolo 20 del decreto legislativo 15 novembre 1993, n. 507, e successive modificazioni, il responsabile è esclusivamente colui che materialmente è colto in flagranza nell’atto di affissione. Non sussiste responsabilità solidale».

485. Alla legge 4 aprile 1956, n. 212, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all’articolo 6 è aggiunto il seguente comma:

«E’ responsabile esclusivamente colui che materialmente è colto in flagranza nell’atto di affissione. Non sussiste responsabilità solidale.»;

b) all’articolo 8 è aggiunto il seguente comma:

«E’ responsabile esclusivamente colui che materialmente è colto in flagranza nell’atto di affissione. Non sussiste responsabilità solidale».

486. Alla legge 10 dicembre 1993, n. 515, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all’articolo 15, comma 3, le parole: «sono a carico, in solido, dell’esecutore materiale e del committente responsabile» sono sostituite dalle seguenti: «sono a carico esclusivamente dell’esecutore materiale. Non sussiste responsabilità solidale neppure del committente»;

b) all’articolo 15, comma 19, è aggiunto, infine, il seguente periodo: «La responsabilità in materia di manifesti è personale e non sussiste responsabilità neppure del committente».

487. Le disposizioni di cui all’articolo 4, commi 181, 182, 183, 184, 185 e 186 della legge 24 dicembre 2003, n. 350, sono estese alle spese sostenute nell’anno 2005. Il relativo limite di spesa per l’anno 2006 resta fissato in 95 milioni di euro.

488. Con provvedimento direttoriale del Ministero dell’economia e delle finanze-Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, tenuto anche conto dei provvedimenti di variazione delle tariffe dei prezzi di vendita al pubblico dei tabacchi lavorati, eventualmente intervenuti ai sensi dell’articolo 2 della legge 13 luglio 1965, n. 825, e successive modificazioni, può essere aumentata l’aliquota di base della tassazione dei tabacchi lavorati, di cui all’articolo 28, comma 1, del decreto-legge 30 agosto 1993, n. 331, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 ottobre 1993, n. 427, al fine di assicurare un maggiore gettito complessivo pari a 500 milioni di euro per l’anno 2005 e a 1.000 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2006.

489. Per il perseguimento di obiettivi di pubblico interesse, ivi compresi quelli di difesa della salute pubblica, con provvedimento direttoriale del Ministero dell’economia e delle finanze – Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, sentito il Ministero della salute, possono essere individuati criteri e modalità di determinazione di un prezzo minimo di vendita al pubblico dei tabacchi lavorati.

490. La vendita al pubblico delle sigarette è ammessa esclusivamente in pacchetti confezionati con dieci o venti pezzi.

491. Al fine di una tendenziale armonizzazione della misura del prelievo erariale sul Lotto a quella vigente per altri tipi di gioco, le percentuali delle ritenute previste dagli articoli 2, nono comma, della legge 6 agosto 1967, n. 699, e successive modificazioni, e 17, quarto comma, della legge 29 gennaio 1986, n. 25, sono sostituite con una ritenuta unica del 6 per cento.

492. Il primo comma dell’articolo 2 della legge 2 agosto 1982, n. 528, è sostituito dal seguente: «Il gioco del lotto si basa sull’utilizzo dei numeri da 1 a 90 inclusi, sopra le ruote di Bari, Cagliari, Firenze, Genova, Milano, Napoli, Palermo, Roma, Torino, Venezia, e sopra la ruota denominata ruota nazionale. I cinque numeri estratti determinano le vincite relativamente a ciascuna ruota. Le estrazioni della ruota nazionale sono svolte in Roma».

493. Le scommesse sulla ruota nazionale si effettuano puntando sulla ruota stessa con esclusione di tutte le altre ruote. La raccolta delle scommesse sulla ruota nazionale viene effettuata dal concessionario del gioco del lotto attraverso la rete automatizzata del lotto.

494. Il primo ed il secondo comma dell’articolo 8 della legge 2 agosto 1982, n. 528, sono sostituiti dai seguenti:

«I premi sono fissati come appresso:

a) sorti del gioco: premi per ogni combinazione;

b) estratto semplice: undici volte e duecentotrentadue millesimi della posta;

c) estratto determinato: cinquantacinque volte la posta;

d) ambo: duecentocinquanta volte la posta;

e) terno: quattromilacinquecento volte la posta;

f) quaterna: centoventimila volte la posta;

g) cinquina: seimilioni di volte la posta.

Il premio massimo cui può dar luogo ogni scontrino di giocata, comunque sia ripartito tra le poste l’importo delle scommesse, non può eccedere la somma di 6 milioni di euro».

495. Resta fermo quanto stabilito dal terzo comma dell’articolo 8 della legge 2 agosto 1982, n. 528.

496. È istituita la scommessa dell’estratto determinato. La giocata dell’estratto determinato si effettua aggiungendo all’indicazione del numero pronosticato la specificazione relativa alla successione ordinale di primo, secondo, terzo, quarto e quinto estratto.

497. Con provvedimento direttoriale del Ministero dell’economia e delle finanze- Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato può essere istituita una ulteriore estrazione settimanale del gioco del lotto abbinata al concorso Enalotto.

498. All’articolo 110, comma 7, del testo unico di cui al regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, e successive modificazioni, la lettera b) è abrogata.

499. La disposizione di cui al secondo periodo del comma 7 dell’articolo 39 del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, si intende nel senso che dalle date del 1º gennaio e 1º maggio 2004, previste in funzione del rilascio o meno del nulla osta, gli apparecchi e congegni di cui alla medesima disposizione, se non convertiti in apparecchi e congegni per il gioco lecito, sono illeciti ancorché non consentano il prolungamento o la ripetizione della partita.

500. L’esenzione di cui all’articolo 10, primo comma, numero 6), del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, si applica alla raccolta delle giocate con gli apparecchi da intrattenimento di cui all’articolo 110, comma 6, del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, di cui al regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, e successive modificazioni, anche relativamente ai rapporti tra i concessionari della rete per la gestione telematica ed i terzi incaricati della raccolta stessa.

501. È istituita, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, con provvedimento direttoriale del Ministero dell’economia e delle finanze – Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, sentito il Ministero delle politiche agricole e forestali – Dipartimento della qualità dei prodotti agroalimentari e dei servizi, una nuova scommessa ippica a totalizzatore, proposta dall’UNIRE. Con il medesimo provvedimento sono stabilite le disposizioni attuative relative alla nuova scommessa ippica, da effettuarsi nelle reti dei punti di vendita dei concorsi pronostici, delle agenzie ippiche e sportive nonché negli ippodromi, tenendo conto che la raccolta deve essere ripartita assegnando il 72 per cento come montepremi e compenso per l’attività di gestione della scommessa, l’8 per cento come compenso dell’attività dei punti di vendita, il 6 per cento come entrate erariali sotto forma di imposta unica e il 14 per cento come prelievo a favore dell’UNIRE.

502. All’articolo 39 del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, dopo il comma 7-bis è inserito il seguente:

«7-ter. La sanzione di cui alla lettera c) del comma 7 è applicata al gestore di apparecchi da intrattenimento di cui all’articolo 110, comma 7, lettere a) e c), del testo unico di cui al regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, e successive modificazioni, in tutti i casi nei quali i predetti apparecchi, installati presso esercizi pubblici, risultino non conformi alle prescrizioni normative e alle regole tecniche definite ai sensi dell’articolo 22, comma 1, della legge 27 dicembre 2002, n. 289».

503. All’articolo 38 della legge 23 dicembre 2000, n. 388, al comma 3 e al comma 4 le parole: «comma 6» sono sostituite dalle seguenti: «commi 6 e 7».

504. All’articolo 38 della legge 23 dicembre 2000, n. 388, i commi 1 e 2 sono abrogati.

505. Il Ministero dell’economia e delle finanze-Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato definisce i requisiti tecnici dei documenti attestanti il rilascio dei nulla osta di cui all’articolo 38, commi 3 e 4, della legge 23 dicembre 2000, n. 388, tali da assicurarne la controllabilità a distanza. Gli eventuali costi di rilascio dei predetti documenti sono a carico dei richiedenti.

506. All’articolo 30, comma 4, della legge 23 dicembre 2000, n. 388, le parole: « 31 dicembre 2004» sono sostituite dalle seguenti: « 31 dicembre 2005».

507. All’articolo 2, comma 11, della legge 27 dicembre 2002, n. 289, e successive modificazioni, le parole: «Per l’anno 2003 e per l’anno 2004» sono sostituite dalle seguenti: «Per gli anni 2003, 2004 e 2005».

508. Per l’anno 2005 il limite di non concorrenza alla formazione del reddito di lavoro dipendente, relativamente ai contributi di assistenza sanitaria, di cui all’articolo 51, comma 2, lettera a), del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, è fissato in euro 3.615,20.

509. All’articolo 11 del decreto legislativo 2 settembre 1997, n. 313, concernente il regime speciale per gli imprenditori agricoli, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al comma 5, primo e secondo periodo, le parole: «anni dal 1998 al 2004» sono sostituite dalle seguenti: «anni dal 1998 al 2005»;

b) il comma 5-bis è abrogato.

510. Il termine previsto dall’articolo 43, comma 3, della legge 1º agosto 2002, n. 166, prorogato, da ultimo, al 31 dicembre 2004 dall’articolo 2, comma 19, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, è ulteriormente prorogato al 31 dicembre 2005.

511. All’articolo 19, comma 3, della legge 27 dicembre 2002, n. 289, e successive modificazioni, le parole: «31 dicembre 2004» sono sostituite dalle seguenti: «31 dicembre 2005».

512. All’articolo 45, comma 1, del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, e successive modificazioni, le parole da: «per i cinque periodi d’imposta successivi» fino alla fine del comma sono sostituite dalle seguenti: «per i sei periodi d’imposta successivi l’aliquota è stabilita nella misura dell’1,9 per cento; per il periodo d’imposta in corso al 1º gennaio 2005 l’aliquota è stabilita nella misura del 3,75 per cento».

513. Per l’anno 2005 sono prorogate le disposizioni di cui all’articolo 11 della legge 23 dicembre 2000, n. 388.

514. A decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge e fino al 31 dicembre 2005, si applicano:

a) le disposizioni in materia di riduzione di aliquote di accisa sulle emulsioni stabilizzate, di cui all’articolo 24, comma 1, lettera d), della legge 23 dicembre 2000, n. 388, nonché la disposizione contenuta nell’articolo 1, comma 1-bis, del decreto-legge 28 dicembre 2001, n. 452, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2002, n. 16, e, per il medesimo periodo, l’aliquota di cui al numero 1) della predetta lettera d) è stabilita in euro 256,70 per mille litri;

b) le disposizioni in materia di aliquota di accisa sul gas metano per combustione per uso industriale di cui all’articolo 4 del decreto-legge 1º ottobre 2001, n. 356, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 novembre 2001, n. 418;

c) le disposizioni in materia di accisa concernenti le agevolazioni sul gasolio e sul GPL impiegati nelle zone montane e in altri specifici territori nazionali, di cui all’articolo 5 del decreto-legge 1º ottobre 2001, n. 356, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 novembre 2001, n. 418;

d) le disposizioni in materia di agevolazione per le reti di teleriscaldamento alimentate con biomassa ovvero con energia geotermica, di cui all’articolo 6 del decreto-legge 1º ottobre 2001, n. 356, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 novembre 2001, n. 418;

e) le disposizioni in materia di aliquote di accisa sul gas metano per combustione per usi civili, di cui all’articolo 27, comma 4, della legge 23 dicembre 2000, n. 388;

f) le disposizioni in materia di accisa concernenti le agevolazioni sul gasolio e sul GPL impiegati nelle frazioni parzialmente non metanizzate di comuni ricadenti nella zona climatica E, di cui al comma 2 dell’articolo 13 della legge 28 dicembre 2001, n. 448;

g) le disposizioni in materia di accisa concernenti il regime agevolato per il gasolio per autotrazione destinato al fabbisogno della provincia di Trieste e dei comuni della provincia di Udine, di cui al comma 6 dell’articolo 21 della legge 27 dicembre 2002, n. 289;

h) le disposizioni in materia di accisa concernenti le agevolazioni sul gasolio utilizzato nelle coltivazioni sotto serra, di cui all’articolo 2, comma 4, della legge 24 dicembre 2003, n. 350.

515. Al fine di favorire l’accesso al credito alle imprese agricole ed agroalimentari, a decorrere dal 1º gennaio 2005 la gestione degli interventi di sostegno finanziario di cui all’articolo 36 della legge 2 giugno 1961, n. 454, e successive modificazioni, e la relativa dotazione finanziaria è attribuita all’ISMEA. L’ISMEA senza oneri aggiuntivi a carico del bilancio dello Stato succede nei diritti, nelle attribuzioni e nelle situazioni giuridiche dei quali l’attuale ente gestore dei fondi previsti dalle leggi di cui al presente comma è titolare in forza di leggi, di provvedimenti amministrativi e di contratti relativi alla gestione degli interventi trasferiti.

516. Per l’anno 2004 non si fa luogo all’emanazione del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri previsto dall’articolo 8, comma 5, della legge 23 dicembre 1998, n. 448. La presente disposizione entra in vigore il giorno stesso della pubblicazione della presente legge nella Gazzetta Ufficiale.

517. È abrogato il comma 4 dell’articolo 8 della legge 23 dicembre 1998, n. 448.

518. A decorrere dal 1º gennaio 2004 e fino al 31 dicembre 2004, l’aliquota prevista nell’allegato I al testo unico delle disposizioni legislative concernenti le imposte sulla produzione e sui consumi e relative sanzioni penali e amministrative, di cui al decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504, e successive modificazioni, per il gasolio per autotrazione utilizzato dagli esercenti le attività di trasporto merci con veicoli di massa massima complessiva superiore a 3,5 tonnellate è ridotta di euro 33,21391 per mille litri. Per i soggetti che si avvalgono del beneficio di cui all’articolo 8, comma 10, lettera e), della legge 23 dicembre 1998, n. 448, e successive modificazioni, la riduzione di aliquota di cui al primo periodo è limitata ad euro 16,03656 per mille litri.

519. La riduzione prevista al comma 518, primo periodo, si applica altresì ai seguenti soggetti:

a) agli enti pubblici e alle imprese pubbliche locali esercenti l’attività di trasporto di cui al decreto legislativo 19 novembre 1997, n. 422, e relative leggi regionali di attuazione;

b) alle imprese esercenti autoservizi di competenza statale, regionale e locale di cui alla legge 28 settembre 1939, n. 1822, al regolamento (CEE) n. 684/92 del Consiglio, del 16 marzo 1992, e successive modificazioni, e al citato decreto legislativo n. 422 del 1997;

c) agli enti pubblici e alle imprese esercenti trasporti a fune in servizio pubblico per trasporto di persone.

520. Per ottenere il rimborso di quanto spettante, anche mediante la compensazione di cui all’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, e successive modificazioni, i destinatari del beneficio di cui ai commi 518 e 519 del presente articolo, presentano, entro il 30 giugno 2005, apposita dichiarazione ai competenti uffici dell’Agenzia delle dogane, secondo le modalità e con gli effetti previsti dal regolamento recante disciplina dell’agevolazione fiscale a favore degli esercenti le attività di trasporto merci, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 giugno 2000, n. 277. Tali effetti, anche per l’agevolazione fiscale di cui al predetto regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 277 del 2000, rilevano altresì ai fini delle disposizioni di cui al titolo I del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446.

521. Per gli interventi previsti dall’articolo 2, comma 2, del decreto-legge 28 dicembre 1998, n. 451, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 1999, n. 40, come prorogati dall’articolo 45, comma 1, lettera b), della legge 23 dicembre 1999, n. 488, è autorizzata per l’anno 2005 una ulteriore spesa di 15 milioni di euro, di cui 6,5 milioni di euro quale copertura dell’onere relativo all’anno 2004 e 8,5 milioni di euro quale copertura dell’onere relativo all’anno 2005.

522. Per gli interventi previsti dall’articolo 2, comma 3, del decreto-legge 28 dicembre 1998, n. 451, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 1999, n. 40, come prorogati dall’articolo 45, comma 1, lettera c), della legge 23 dicembre 1999, n. 488, è autorizzata per l’anno 2005 una ulteriore spesa di 20 milioni di euro.

523. All’articolo 22, comma 2, della legge 23 dicembre 2000, n. 388, e successive modificazioni, le parole: «dal 1º gennaio 2003» sono sostituite dalle seguenti: «dal 1º gennaio 2005». Al decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504, all’articolo 21, comma 6-ter, le parole: «lire 30 miliardi annue» sono sostituite dalle seguenti: «73 milioni di euro annui».

524. Il comma 6 dell’articolo 21 del testo unico di cui al decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504, e successive modificazioni, è sostituito dai seguenti:

«6. Le disposizioni del comma 2 si applicano anche al biodiesel (codice NC 3824 90 99) usato come carburante, come combustibile, come additivo, ovvero per accrescere il volume finale dei carburanti e dei combustibili. La fabbricazione o la miscelazione con oli minerali del biodiesel è effettuata in regime di deposito fiscale. Nell’ambito di un programma della durata di sei anni, a decorrere dal 1º gennaio 2005 fino al 31 dicembre 2010, il biodiesel, puro o miscelato con oli minerali, è esentato dall’accisa nei limiti di un contingente annuo di 200.000 tonnellate. Con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con i Ministri delle attività produttive, dell’ambiente e della tutela del territorio e delle politiche agricole e forestali, sono determinati i requisiti che gli operatori, e i rispettivi impianti di produzione, nazionali e comunitari, devono possedere per partecipare al programma pluriennale, nonché le caratteristiche fiscali del prodotto con i relativi metodi di prova, le percentuali di miscelazione con gli oli minerali consentite, le modalità di distribuzione e di assegnazione dei quantitativi esenti agli operatori. Nelle more dell’entrata in vigore del suddetto decreto trovano applicazione, in quanto compatibili, le disposizioni del regolamento di cui al decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 25 luglio 2003, n. 256. Per il trattamento fiscale del biodiesel destinato al riscaldamento valgono, in quanto applicabili, le disposizioni dell’articolo 61.

6.1. Entro il 1º settembre di ogni anno di validità del programma di cui al comma 6, i Ministeri delle attività produttive e delle politiche agricole e forestali comunicano al Ministero dell’economia e delle finanze i costi industriali medi del biodiesel e delle materie prime necessarie alla sua produzione, rilevati nell’anno solare precedente. Sulla base delle suddette rilevazioni, al fine di evitare la sovracompensazione dei costi addizionali legati alla produzione, con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con i Ministri delle attività produttive, dell’ambiente e della tutela del territorio e delle politiche agricole e forestali, da emanare entro il 30 ottobre di ogni anno di validità del programma di cui al comma 6, è eventualmente rideterminata la misura della agevolazione di cui al medesimo comma 6.

6.2. Per ogni anno di validità del programma di cui al comma 6, i quantitativi del contingente che risultassero, al termine del medesimo anno, non immessi in consumo, sono ripartiti tra gli operatori proporzionalmente alle quote loro assegnate per l’anno in questione, purché vengano immessi in consumo entro il successivo 30 giugno. In caso di rinuncia, totale o parziale, delle quote risultanti dalla predetta ripartizione da parte di un beneficiario, le stesse sono ridistribuite, proporzionalmente alle relative assegnazioni, fra gli altri beneficiari».

525. L’efficacia delle disposizioni di cui al comma 524 è subordinata, ai sensi dell’articolo 88, paragrafo 3, del Trattato istitutivo della Comunità europea, alla preventiva approvazione da parte della Commissione europea.

526. All’articolo 11, comma 1, lettere a) e b), del regolamento recante norme per la elaborazione del metodo normalizzato per definire la tariffa del servizio di gestione del ciclo dei rifiuti urbani, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1999, n. 158, e successive modificazioni, le parole: «cinque anni» sono sostituite dalle seguenti: «sei anni».

527. Ferma restando la facoltà del Ministro dell’economia e delle finanze di intervenire ai sensi dell’articolo 16, comma 1, della legge 13 maggio 1999, n. 133, all’articolo 1, comma 2, del regolamento di cui al decreto del Ministro delle finanze 31 gennaio 2000, n. 29, le parole: «da svolgersi in sale diverse non dedicate all’esercizio di altri giochi e comunque non collegate con locali nei quali siano installati apparecchi da divertimento e intrattenimento, nonché biliardi, biliardini e apparecchi similari,» sono soppresse.

528. In ottemperanza alla decisione della Commissione europea n. C(2004)2638 FIN dell’8 settembre 2004, l’articolo 94, comma 14, della legge 27 dicembre 2002, n. 289, è abrogato.

529. L’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 54 della legge 28 dicembre 2001, n. 448, e successive modificazioni, è ridotta, per l’anno 2005, di 15 milioni di euro.

530. L’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 55 della citata legge n. 448 del 2001, e successive modificazioni, è ridotta, per l’anno 2005, di 50 milioni di euro.

531. Tra i soggetti di cui all’articolo 44, comma 9-quinquies, del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, sono ricompresi anche coloro che ricoprono cariche sindacali. Al citato comma 9-quinquies dell’articolo 44 del decreto-legge n. 269 del 2003, le parole: «periodi anteriori al 1º gennaio 2002» sono sostituite dalle seguenti: «periodi anteriori al 1º gennaio 2003» e le parole: «possono esercitare tali facoltà entro il 31 marzo 2004» sono sostituite dalle seguenti: «possono esercitare tali facoltà entro il 31 marzo 2005».

532. In virtù del combinato disposto dell’articolo 45, comma 14, della legge 23 dicembre 1998, n. 448, e dell’articolo 36 della legge della Regione siciliana 31 maggio 2004, n. 9, e successive modificazioni, i benefici di cui all’articolo 133 della legge 23 dicembre 2000, n. 388, si intendono trasferiti, alle medesime condizioni di cofinanziamento regionale ivi previste, all’articolo 134 della medesima legge n. 388 del 2000, nei limiti delle norme di contabilità di Stato.

533. All’articolo 195 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, e successive modificazioni, dopo il comma 3 è aggiunto il seguente:

«3-bis. A decorrere dal 1º gennaio 2005, la misura delle sanzioni amministrative pecuniarie, aggiornata ai sensi del comma 3, è oggetto di arrotondamento all’unità di euro, per eccesso se la frazione decimale è pari o superiore a 50 centesimi di euro, ovvero per difetto se è inferiore a detto limite».

534. È autorizzata la spesa di 1.770.000 euro per l’anno 2005, a sostegno delle realtà calcistiche femminili FIGC – Divisione Calcio Femminile – di serie A, A2 e B per ciascuna stagione calcistica da ripartire nel seguente modo:

a) 50.000 euro per ciascuna delle squadre iscritte al campionato di serie A (per la stagione 2004-2005 n. 12 squadre regolarmente iscritte);

b) 25.000 euro per ciascuna delle 24 squadre iscritte al campionato di serie A2 (per la stagione 2004-2005 due gironi da 12 squadre ciascuno);

c) 10.000 euro per ciascuna delle 57 squadre iscritte al campionato di serie B (per la stagione 2004-2005 cinque gironi da 12, 11, 11 squadre regolarmente iscritte).

535. Il contributo di cui al comma 534 è corrisposto alle società di serie A e A2 presso le quali risultano iscritte, oltre al proprio campionato di competenza, almeno tre squadre giovanili, di cui una appartenente al settore Primavera, e due sotto l’egida del settore scolastico, ed a quelle di serie B presso le quali risulta iscritta una squadra del settore giovanile.

536. I contributi a sostegno dell’attività professionistica delle suddette squadre non sono cumulabili con altro genere di finanziamenti di enti pubblici, nazionali o locali. Nel caso le suddette squadre fossero beneficiarie di contributo da parte di ente pubblico, la quota ad esse spettante in base al comma 534 verrà calcolata, a defalcazione, sulla base di quanto già percepito da altri enti pubblici.

537. In caso di rimanenza delle risorse individuate al comma 534, le stesse vengono accantonate per l’anno successivo ad integrazione di quanto già impegnato.

538. Le risorse di cui al comma 534 vengono erogate mediante bandi dalle amministrazioni regionali in quota pari al numero di squadre iscritte e partecipanti, di anno in anno, ai campionati FIGC – Divisione Calcio Femminile – delle Serie A, A2 e B.

539. Per il finanziamento del fondo istituito con la legge 27 dicembre 2002, n. 288, per la concessione dell’assegno sostitutivo ai grandi invalidi di guerra o per servizio, è autorizzata la spesa di 10 milioni di euro per l’anno 2005 e di 15 milioni di euro per gli anni 2006 e 2007.

540. Nei casi in cui l’articolo 1 della legge 24 aprile 2003, n. 92, abbia avuto applicazione, perché il limite di età pensionabile era inferiore a quello di 70 anni previsto, sia pure in via facoltativa, dal decreto-legge 28 maggio 2004, n. 136, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 luglio 2004, n. 186, il periodo di tre anni di permanenza in servizio, su richiesta, previsto per i perseguitati politici antifascisti o razziali dal citato articolo 1 della legge 21 aprile 2003, n. 92, si deve intendere fruibile a partire dal nuovo limite di età pensionabile, sia pure facoltativo, di 70 anni, ai sensi del citato articolo 1-quater del decreto-legge n. 136 del 2004, ed alle medesime condizioni di sospensione dei versamenti contributivi ivi previste.

541. Onde poter assicurare la continuità nel processo di risanamento e riorganizzazione e il conseguente rilancio del territorio del Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise, è autorizzato un contributo straordinario di 4,5 milioni di euro per l’anno 2005 a favore dell’Ente Parco.

542. Il fondo per il finanziamento ordinario delle università statali è implementato per l’anno 2005 di 11 milioni di euro.

543. I termini previsti per l’applicazione della disciplina del conto economico, di cui al comma 2 dell’articolo 115 del decreto legislativo 25 febbraio 1995, n. 77, sono differiti all’anno 2004 e all’anno 2006, rispettivamente per i comuni di cui ai numeri 4 e 4-bis del comma 1, lettera d), dell’articolo 8 del decreto legge 27 ottobre 1995, n. 444, convertito, con modificazioni, dalla legge 20 dicembre 1995, n. 539.

544. Ai sensi e per gli effetti dell’articolo 1, comma 2, della legge 27 luglio 2000, n. 212, l’articolo 4 del regio decreto-legge 13 aprile 1939, n. 652, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 1939, n. 1249, si interpreta nel senso che i fabbricati e le costruzioni stabili sono costituiti dal suolo e dalle parti ad esso strutturalmente connesse, anche in via transitoria, cui possono accedere, mediante qualsiasi mezzo di unione, parti mobili allo scopo di realizzare un unico bene complesso. Pertanto, concorrono alla determinazione della rendita catastale, ai sensi dell’articolo 10 del citato regio decreto-legge gli elementi costitutivi degli opifici e degli altri immobili costruiti per le speciali esigenze di un’attività industriale o commerciale anche se fisicamente non incorporati al suolo. I trasferimenti erariali agli enti locali interessati sono conseguentemente rideterminati per tutti gli anni in riferimento.

545. Per far fronte ad esigenze straordinarie di controllo del territorio, al fine di potenziare l’impiego del poliziotto e del carabiniere di quartiere, oltre alle autorizzazioni alle assunzioni eventualmente disposte ai sensi dell’articolo 3, commi 54 e 55, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, sono stanziati 32 milioni di euro per l’anno 2005, 56 milioni di euro per l’anno 2006, 86 milioni di euro per l’anno 2007 e 88 milioni di euro a decorrere dall’anno 2008, per l’assunzione, in deroga a quanto previsto dal comma 53 del medesimo articolo 3 della legge n. 350 del 2003 e dalla presente legge, di 1.324 agenti della Polizia di Stato e di 1.400 carabinieri, come incremento d’organico dei rispettivi ruoli.

546. Alla copertura dei posti per agente della Polizia di Stato di cui al comma 545, si provvede:

a) nel limite di 730 posti per l’anno 2005, mediante reclutamento riservato prioritariamente agli agenti ausiliari trattenuti della Polizia di Stato, in servizio al momento della presentazione delle domande e, per il restante, ai giovani che, al momento della presentazione delle domande, hanno concluso il periodo di servizio di leva nella Polizia di Stato o nell’Arma dei carabinieri quali ausiliari da almeno un anno e da non più di quattro anni, secondo le modalità ed i criteri stabiliti con decreto del capo della polizia – direttore generale della pubblica sicurezza, d’intesa con il capo di stato maggiore della difesa. Anche al predetto personale si applica la disciplina prevista per gli agenti ausiliari trattenuti che abbiano chiesto di essere ammessi nel ruolo degli agenti e assistenti della Polizia di Stato;

b) per i restanti 594 posti, per l’anno 2006, per 267 posti, attraverso i volontari di truppa delle Forze armate, in servizio o in congedo secondo le modalità previste dai bandi di concorso ai sensi del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 2 settembre 1997, n. 332, a partire da quello indetto in data 30 aprile 2001, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale, 4ª serie speciale, n. 36 dell’8 maggio 2001. Quanto ai restanti 327 posti, si provvede attraverso l’immissione diretta dei volontari in ferma prefissata di un anno delle Forze armate idonei ed utilmente collocati nelle graduatorie di cui all’articolo 16, comma 3, della legge 23 agosto 2004, n. 226, in aggiunta alle immissioni di cui al comma 4 del medesimo articolo.

547. Alla copertura dei posti per carabiniere di cui al comma 545, l’Arma dei carabinieri è autorizzata a procedere ad un reclutamento di carabinieri in ferma quadriennale:

a) nel limite di 770 posti, per l’anno 2005 mediante reclutamento riservato ai carabinieri ausiliari che abbiano completato il servizio di leva, ovvero in ferma biennale o richiamati nelle forze di completamento, oppure ai carabinieri ausiliari, congedati da non oltre un anno, da riammettere in servizio ai sensi dell’articolo 8 del decreto legislativo 12 maggio 1995, n. 198, e successive modificazioni;

b) per i restanti 630 posti, per l’anno 2006, per 441 posti, attraverso i volontari di truppa delle Forze armate, in servizio o in congedo secondo le modalità previste dai bandi di concorso ai sensi del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 2 settembre 1997, n. 332, a partire da quello indetto in data 4 giugno 2002, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale, 4ª serie speciale, n. 47 del 14 giugno 2002. Quanto ai restanti 189 posti, si provvede attraverso l’immissione diretta dei volontari in ferma prefissata di un anno delle Forze armate idonei ed utilmente collocati nelle graduatorie di cui all’articolo 16, comma 3, della legge 23 agosto 2004, n. 226, in aggiunta alle immissioni di cui al comma 4 del medesimo articolo.

548. Per l’attuazione del programma di cooperazione AENEAS, di cui al regolamento (CE) n. 491/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 10 marzo 2004, finalizzato a dare ai Paesi terzi interessati assistenza finanziaria e tecnica in materia di flussi migratori e di asilo, nonché per proseguire gli interventi intesi a realizzare nei Paesi di accertata provenienza di flussi di immigrazione clandestina apposite strutture è autorizzata la spesa di 23 milioni di euro iscritta in un fondo dello stato di previsione del Ministero dell’interno per l’anno 2005 e di 20 milioni di euro per l’anno 2006.

549. La spesa di cui al comma 548 è ripartita nel corso delle gestioni tra le unità previsionali di base interessate con decreto del Ministro dell’interno da comunicare, anche con evidenze informatiche, al Ministero dell’economia e delle finanze, tramite l’Ufficio centrale del bilancio, nonché alle competenti Commissioni parlamentari e alla Corte dei conti.

550. Per conseguire più elevati livelli di efficienza ed efficacia nello svolgimento dei compiti e delle funzioni istituzionali, nonché per avviare la graduale sostituzione del contingente dei vigili del fuoco ausiliari di leva, la dotazione organica del Corpo nazionale dei vigili del fuoco è incrementata fino ad un massimo di cinquecento unità complessive. Con decreto del Ministro dell’interno, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, si provvede alla distribuzione per qualifiche dirigenziali e per profili professionali delle unità portate in aumento ai sensi della presente disposizione nel limite di spesa di euro 5 milioni per l’anno 2005, euro 12 milioni per l’anno 2006 ed euro 13 milioni a decorrere dal 2007. Con successivo decreto del Ministro dell’interno, da comunicare al Ministro per la funzione pubblica, si provvede alla ripartizione per sedi di servizio delle unità portate in aumento ai sensi della presente disposizione. Alla copertura dei posti derivanti dal presente incremento di organico disponibili nel profilo di vigile del fuoco si provvede, nella misura del 50 per cento, mediante l’assunzione degli idonei della graduatoria del concorso pubblico a centottantaquattro posti di vigile del fuoco, indetto con decreto direttoriale in data 6 marzo 1998, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale, 4ª serie speciale, n. 24 del 27 marzo 1998, per il rimanente 50 per cento e per i posti eventualmente non coperti con la predetta graduatoria, si provvede mediante l’assunzione degli idonei della graduatoria del concorso per titolo a centosettantatre posti di vigile del fuoco, indetto con decreto direttoriale in data 5 novembre 2001, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale, 4ª serie speciale, n. 92 del 20 novembre 2001. Le predette graduatorie rimangono valide fino al 31 dicembre 2006. Le assunzioni del personale portato in aumento ai sensi della presente disposizione sono effettuate in deroga alle vigenti procedure di programmazione ed approvazione.

551. Per il potenziamento dell’attività di soccorso tecnico urgente in materia di rischi nucleare, batteriologico, chimico e radiologico e per il proseguimento del programma di interventi previsto dall’articolo 52, comma 7, della legge 28 dicembre 2001, n. 448, per il Corpo nazionale dei vigili del fuoco è autorizzata la spesa di 5 milioni di euro per l’anno 2005, di 6 milioni di euro per l’anno 2006 e di 1 milione per l’anno 2007.

552. Per le specifiche esigenze dell’Amministrazione della pubblica sicurezza, compresa l’Arma dei carabinieri e le altre forze messe a disposizione delle autorità provinciali di pubblica sicurezza, finalizzate alla prevenzione e al contrasto del terrorismo, anche internazionale, e della criminalità organizzata, ad integrazione di quanto previsto dall’articolo 3, commi 151 e 152, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, sono autorizzate:

a) la spesa di 34 milioni di euro per l’anno 2005, per le esigenze di carattere infrastrutturale e di investimento, di cui la spesa di 31 milioni di euro iscritta in apposito capitolo dello stato di previsione del Ministero dell’interno – centro di responsabilità pubblica sicurezza e la spesa di 3 milioni di euro iscritta in apposito capitolo dello stato di previsione del Ministero dell’interno – gabinetto e uffici di diretta collaborazione all’opera del Ministro – per il rinnovo e il potenziamento della rete nazionale cifrante;

b) la spesa di 53 milioni di euro per l’anno 2005, per le esigenze correnti, iscritta in apposito capitolo dello stato di previsione del Ministero dell’interno – centro di responsabilità sicurezza pubblica.

553. Ferma restando la specifica finalizzazione, le somme di cui al comma 552 possono essere altresì ripartite nel corso della gestione tra le unità previsionali di base interessate con decreto del Ministro dell’interno, da comunicare, anche con evidenze informatiche, al Ministero dell’economia e delle finanze, tramite l’Ufficio centrale del bilancio, nonché alle competenti Commissioni parlamentari e alla Corte dei conti.

554. All’articolo 26 della legge 11 febbraio 1994, n. 109, dopo il comma 4 sono inseriti i seguenti:

«4-bis. In deroga a quanto previsto dal comma 3, qualora il prezzo di singoli materiali da costruzione, per effetto di circostanze eccezionali, subisca variazioni in aumento o in diminuzione, superiori al 10 per cento rispetto al prezzo rilevato dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti nell’anno di presentazione dell’offerta con il decreto di cui al comma 4-quater, si fa luogo a compensazioni, in aumento o in diminuzione, per la percentuale eccedente il 10 per cento e nel limite delle risorse di cui al comma 4-sexies.

4-ter. La compensazione è determinata applicando la percentuale di variazione che eccede il 10 per cento al prezzo dei singoli materiali da costruzione impiegati nelle lavorazioni contabilizzate nell’anno solare precedente al decreto di cui al comma 4-quater nelle quantità accertate dal direttore dei lavori.

4-quater. Il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, entro il 30 giugno di ogni anno, a partire dal 30 giugno 2005, rileva con proprio decreto le variazioni percentuali annuali dei singoli prezzi dei materiali da costruzione più significativi.

4-quinquies. Le disposizioni di cui ai commi 4-bis, 4-ter e 4-quater si applicano ai lavori eseguiti e contabilizzati a partire dal 1º gennaio 2004. A tal fine il primo decreto di cui al comma 4-quater rileva anche i prezzi dei materiali da costruzione più significativi rilevati dal Ministero per l’anno 2003. Per i lavori aggiudicati sulla base di offerte anteriori al 1º gennaio 2003 si fa riferimento ai prezzi rilevati dal Ministero per l’anno 2003.

4-sexies. Per le finalità di cui al comma 4-bis si possono utilizzare le somme appositamente accantonate per imprevisti, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, nel quadro economico di ogni intervento, in misura non inferiore all’1 per cento del totale dell’importo dei lavori, fatte salve le somme relative agli impegni contrattuali già assunti, nonché le eventuali ulteriori somme a disposizione della stazione appaltante per lo stesso intervento nei limiti della relativa autorizzazione di spesa. Possono altresì essere utilizzate le somme derivanti da ribassi d’asta, qualora non ne sia prevista una diversa destinazione sulla base delle norme vigenti, nonché le somme disponibili relative ad altri interventi ultimati di competenza dei soggetti aggiudicatori nei limiti della residua spesa autorizzata; l’utilizzo di tali somme deve essere autorizzato dal CIPE, qualora gli interventi siano stati finanziati dal CIPE stesso.

4-septies. Le amministrazioni aggiudicatrici e gli altri enti aggiudicatori o realizzatori provvedono ad aggiornare annualmente i propri prezzari, con particolare riferimento alle voci di elenco correlate a quei prodotti destinati alle costruzioni, che siano stati soggetti a significative variazioni di prezzo legate a particolari condizioni di mercato. A decorrere dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, i prezzari cessano di avere validità il 31 dicembre di ogni anno e possono essere transitoriamente utilizzati fino al 30 giugno dell’anno successivo per i progetti a base di gara la cui approvazione sia intervenuta entro tale data. In caso di inadempienza da parte dei predetti soggetti, i prezzari possono essere aggiornati dalle competenti articolazioni territoriali del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti di concerto con le regioni interessate».

555. Al fine di estinguere il contenzioso giudiziario relativo ai trattamenti corrisposti a talune categorie di pensionati già iscritti a regimi previdenziali sostitutivi, ed allo scopo di consentire la corretta applicazione delle norme di legge di riforma pensionistica adottate in attuazione della legge 23 ottobre 1992, n. 421, l’articolo 3, comma 1, lettera p), della legge 23 ottobre 1992, n. 421, e l’articolo 9, comma 2, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 503, devono intendersi nel senso che la perequazione automatica delle pensioni prevista dall’articolo 11 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 503, si applica al complessivo trattamento pensionistico dei lavoratori di cui all’articolo 2 del decreto legislativo 20 novembre 1990, n. 357, collocati in pensione a decorrere dal 1º gennaio 1993. All’assicurazione generale obbligatoria fa esclusivamente carico la perequazione sul trattamento pensionistico di propria pertinenza.

556. Il comma 55 dell’articolo 1 della legge 23 agosto 2004, n. 243, è abrogato.

557. All’articolo 59 della legge 27 dicembre 1997, n. 449, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al comma 32, alinea, le parole: «in almeno due degli indicatori» sono sostituite dalle seguenti: «in tutti gli indicatori»;

b) dopo il comma 32, è inserito il seguente:

«32-bis. Venute meno le condizioni di anomalie di cui al comma 32, per almeno due esercizi consecutivi, per gli iscritti in quiescenza è ripristinato automaticamente, solo per il futuro, il meccanismo perequativo sul trattamento pensionistico integrativo.»;

c) al comma 33, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Nell’ipotesi che il bilancio tecnico dei detti fondi integrativi presenti avanzo di gestione, la norma di cui al comma 32 non è applicabile».

558. I provvedimenti amministrativi relativi alle misure comunitarie sono impugnabili con i rimedi previsti dalla legge 24 novembre 1981, n. 689.

559. Le controversie aventi ad oggetto le procedure ed i provvedimenti in materia di impianti di generazione di energia elettrica di cui al decreto-legge 7 febbraio 2002, n. 7, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 aprile 2002, n. 55, e le relative questioni risarcitorie sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo. Alle controversie di cui al presente comma si applicano le disposizioni di cui all’articolo 23-bis della legge 6 dicembre 1971, n. 1034.

560. In attuazione degli impegni derivanti dall’appartenenza dell’Italia all’Unione europea, ovvero in esecuzione degli accordi di collaborazione con i Paesi interessati, il Ministero dell’interno è autorizzato a provvedere, nel limite di spesa di 4 milioni di euro per gli anni 2005 e 2006 e di 5 milioni di euro a decorrere dal 2007, all’integrazione e allo sviluppo della rete degli ufficiali di collegamento delle Forze di polizia, incaricati di stabilire e mantenere contatti con le autorità dei Paesi di destinazione o con le organizzazioni internazionali che vi hanno sede, finalizzati ad incrementare la cooperazione internazionale per la prevenzione e repressione della criminalità, dei traffici illeciti trasnazionali e del terrorismo.

561. Il servizio degli ufficiali di collegamento, scelti tra funzionari o ufficiali delle Forze di polizia in servizio presso il Dipartimento della pubblica sicurezza o ivi trasferiti per la specifica esigenza, e le relative dipendenze, nonché le modalità di selezione, formazione e assegnazione dei funzionari o ufficiali interessati ed il numero degli ufficiali di collegamento di nuova istituzione sono stabiliti con regolamento adottato dal Ministro dell’interno, di concerto con i Ministri degli affari esteri, della difesa e dell’economia e delle finanze. Il predetto regolamento stabilisce le linee guida per l’eventuale utilizzazione degli ufficiali di collegamento nelle rappresentanze diplomatiche e negli uffici consolari in qualità di esperti a norma dell’articolo 168 del decreto del Presidente della Repubblica 5 gennaio 1967, n. 18, e successive modificazioni.

562. Gli ufficiali di collegamento possono essere incaricati, sulla base di specifici accordi di livello bilaterale o multilaterale, di curare gli interessi di uno o più Stati membri dell’Unione europea, nel rispetto dei vincoli conseguenti dalle disposizioni in vigore e salvo che possa derivarne un pericolo per gli interessi nazionali.

563. Con decreto del Ministro dell’interno, di concerto con il Ministro della difesa, con il Ministro degli affari esteri e con il Ministro dell’economia e delle finanze, sono determinati i trattamenti economici degli ufficiali di collegamento in misura non inferiore a quelli previsti per gli esperti di cui all’articolo 168 del decreto del Presidente della Repubblica 5 gennaio 1967, n. 18, e successive modificazioni.

564. I comuni con popolazione inferiore ai 5.000 abitanti, i consorzi tra enti locali gerenti servizi a rilevanza non industriale, le comunità montane e le unioni di comuni possono servirsi dell’attività lavorativa di dipendenti a tempo pieno di altre amministrazioni locali purché autorizzati dall’amministrazione di provenienza.

565. All’articolo 23, comma 7, del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, sono aggiunti, in fine, i seguenti periodi: «Contestualmente presenta ricevuta dell’avvenuta presentazione della variazione catastale conseguente alle opere realizzate ovvero dichiarazione che le stesse non hanno comportato modificazioni del classamento. In assenza di tale documentazione si applica la sanzione di cui all’articolo 37, comma 5».

566. Fermi restando i requisiti di cui all’articolo 2 del decreto-legge 13 marzo 1988, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla legge 13 maggio 1988, n. 153, a decorrere dal periodo di paga in corso al 1º gennaio 2005, l’assegno per il nucleo familiare viene erogato al coniuge dell’avente diritto. Con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sono adottate le disposizioni di attuazione del presente comma.

567. Gli importi da iscrivere nei fondi speciali di cui all’articolo 11-bis della legge 5 agosto 1978, n. 468, introdotto dall’articolo 6 della legge 23 agosto 1988, n. 362, per il finanziamento dei provvedimenti legislativi che si prevede possano essere approvati nel triennio 2005-2007, restano determinati, per ciascuno degli anni 2005, 2006 e 2007, nelle misure indicate nelle Tabelle A e B, allegate alla presente legge, rispettivamente per il fondo speciale destinato alle spese correnti e per il fondo speciale destinato alle spese in conto capitale.

568. Le dotazioni da iscrivere nei singoli stati di previsione del bilancio 2005 e triennio 2005-2007, in relazione a leggi di spesa permanente la cui quantificazione è rinviata alla legge finanziaria, sono indicate nella Tabella C allegata alla presente legge.

569. Ai sensi dell’articolo 11, comma 3, lettera f), della legge 5 agosto 1978, n. 468, come sostituita dall’articolo 2, comma 16, della legge 25 giugno 1999, n. 208, gli stanziamenti di spesa per il rifinanziamento di norme che prevedono interventi di sostegno dell’economia classificati fra le spese in conto capitale restano determinati, per ciascuno degli anni 2005, 2006 e 2007, nelle misure indicate nella Tabella D allegata alla presente legge.

570. Ai termini dell’articolo 11, comma 3, lettera e), della legge 5 agosto 1978, n. 468, le autorizzazioni di spesa recate dalle leggi indicate nella Tabella E allegata alla presente legge sono ridotte degli importi determinati nella medesima Tabella.

571. Gli importi da iscrivere in bilancio in relazione alle autorizzazioni di spesa recate da leggi a carattere pluriennale restano determinati, per ciascuno degli anni 2005, 2006 e 2007, nelle misure indicate nella Tabella F allegata alla presente legge.

572. A valere sulle autorizzazioni di spesa in conto capitale recate da leggi a carattere pluriennale, riportate nella Tabella F allegata alla presente legge, le amministrazioni e gli enti pubblici possono assumere impegni nell’anno 2005, a carico di esercizi futuri nei limiti massimi di impegnabilità indicati per ciascuna disposizione legislativa in apposita colonna della stessa Tabella, ivi compresi gli impegni già assunti nei precedenti esercizi a valere sulle autorizzazioni medesime.

573. In applicazione dell’articolo 11, comma 3, lettera i-quater), della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni, le misure correttive degli effetti finanziari di leggi di spesa sono indicate nell’allegato 1 alla presente legge. A tali misure non si applicano le disposizioni di cui ai commi da 8 a 11.

574. In applicazione dell’articolo 46, comma 4, della legge 28 dicembre 2001, n. 448, le autorizzazioni di spesa e i relativi stanziamenti confluiti nei fondi per gli investimenti dello stato di previsione di ciascun Ministero interessato sono indicati nell’allegato 2 alla presente legge.

575. La copertura della presente legge per le nuove o maggiori spese correnti, per le riduzioni di entrata e per le nuove finalizzazioni nette da iscrivere nel Fondo speciale di parte corrente viene assicurata, ai sensi dell’articolo 11, comma 5, della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni, secondo il prospetto allegato.

576. Le disposizioni della presente legge sono applicabili nelle regioni a statuto speciale e nelle province autonome di Trento e di Bolzano compatibilmente con le norme dei rispettivi statuti.

577. Le disposizioni della presente legge costituiscono norme di coordinamento della finanza pubblica per gli enti territoriali.

578. Il termine del 31 dicembre 2004, di cui al comma 3 dell’articolo 2 della legge 24 dicembre 2003, n. 350, concernente le agevolazioni tributarie per la formazione e l’arrotondamento della proprietà contadina, è prorogato al 31 dicembre 2005. Le somme iscritte nel conto residui di stanziamento per l’anno 2004 di pertinenza dell’unità previsionale di base 3.2.3.4 «informazione e ricerca» dello stato di previsione del Ministero delle politiche agricole e forestali destinate alle azioni di promozione agricola sono destinate per l’importo di 30 milioni di euro all’entrata del bilancio dello Stato per il 2005.

579. Con riferimento ai rapporti posti in essere nel periodo antecedente alla data di entrata in vigore delle disposizioni della presente legge, sono comunque dichiarati estinti, anche d’ufficio, con provvedimento emesso in ogni stato e grado del giudizio, i procedimenti pendenti alla data di entrata in vigore della presente legge conseguenti a violazioni di natura contabile o amministrativa commesse in relazione al conferimento, alla valutazione e alla esecuzione degli incarichi effettuati ai sensi dell’articolo 7, comma 6, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 18 aprile 1994, n. 338.

580. La presente legge entra in vigore il 1º gennaio 2005.

 

 

 

 

 

 

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N.B Il testo dell'emendamento cui sono riferite le correzioni è disponibile nei Resoconti delle sedute 713 e 714, Allegato A.

Per gli articoli, gli elenchi 1, 2 e 3, gli Allegati 1 e 2, il prospetto di copertura, le Tabelle A, B, C, D, E ed F recati dal disegno di legge 3223 così come trasmesso dalla 5a Commissione si fa rinvio agli stampati Atto Senato n. 3223 e n. 3223 e 3224-A .

In considerazione del loro numero non vengono inoltre pubblicati in Allegato A gli emendamenti e gli ordini del giorno non presi in considerazione a seguito della posizione della questione di fiducia sull'emendamento 1.2000 e che sono disponibili in bozza di stampa nel fascicolo n. 1 del 13 dicembre 2004 e nel fascicolo 1, annesso I, del 14 dicembre 2004