XIV Legislatura - Dossier di documentazione
Autore: Servizio Studi - Dipartimento ambiente
Altri Autori: Servizio Studi - Dipartimento ambiente , Ufficio Rapporti con l'Unione Europea
Titolo: Scambio di quote di emissione dei gas ad effetto serra nella Comunità - Direttive 2003/87/CE e 2004/101/CE - Schema di decreto legislativo n. 597 (art. 14, L. 62/2005)
Serie: Pareri al Governo    Numero: 526
Data: 02/02/06
Organi della Camera: VIII-Ambiente, territorio e lavori pubblici
XIV - Politiche dell'Unione europea

servizio studi

segreteria generale
ufficio rapporti con l’ue

 

pareri al governo

Scambio di quote di emissione dei gas ad effetto serra nella Comunità

Direttive 2003/87/CE e 2004/101/CE

Schema di decreto legislativo n. 597

(art. 14, L. 62/2005)

 

n. 526

 


xiv legislatura

2 Febbraio 2006

 

Camera dei deputati


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Dipartimento Ambiente

 

SIWEB

 

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File: Am0642

 


 

INDICE

Scheda di sintesi per l'istruttoria legislativa

Dati identificativi3

Schede di lettura

SCHEDA INTRODUTTIVA  7

§      Il Protocollo di Kyoto  7

§      Il commercio dei diritti di emissione  10

SCHEDA DI LETTURA  17

Schema di D.Lgs. n. 597

Schema di decreto legislativo recante attuazione della direttiva 2003/87/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 13 ottobre 2003, che istituisce un sistema per lo scambio di quote di emissioni dei gas ad effetto serra nella Comunità e che modifica la direttiva 96/61/CEE e per recepire la direttiva 2004/101/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 ottobre 2004, recante modifica della direttiva 2003/87/CE, che istituisce un sistema per lo scambio di quote di emissione dei gas ad effetto serra nella Comunità, riguardo ai meccanismi di progetto del protocollo di Kyoto  37

Normativa nazionale

§      D.L. 12 novembre 2004, n. 273.  Disposizioni urgenti per l'applicazione della direttiva 2003/87/CE in materia di scambio di quote di emissione dei gas ad effetto serra nella Comunità europea.81

§      L. 18 aprile 2005, n. 62.  Disposizioni per l'adempimento di obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia alle Comunità europee. Legge comunitaria 2004 (art. 14)86

Normativa comunitaria

§      Dec. 2000/479/CE del 17 luglio 2000.91

§      Dir. 2003/87/CE del 13 ottobre 2003.108

 

 


Scheda di sintesi
per l'istruttoria legislativa


Dati identificativi

Numero dello schema di decreto legislativo

597

Titolo

Schema di decreto legislativo recante attuazione della direttiva 2003/87/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 13 ottobre 2003, che istituisce un sistema per lo scambio di quote di emissioni dei gas ad effetto serra nella Comunità e che modifica la direttiva 96/61/CEE e per recepire la direttiva 2004/101/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 ottobre 2004, recante modifica della direttiva 2003/87/CE, che istituisce un sistema per lo scambio di quote di emissione dei gas ad effetto serra nella Comunità, riguardo ai meccanismi di progetto del protocollo di Kyoto

Norma di delega

L. 18 aprile 2005, n. 62 art. 14

Settore d’intervento

Ambiente

Numero di articoli

27

Date

 

§       presentazione

24 gennaio 2006

§       assegnazione

24 gennaio 2006

§       termine per l’espressione del parere

5 marzo 2006

Commissioni competenti

VIII Ambiente, V Bilancio e XIV Politiche Unione europea

 


Schede di lettura

 


 

SCHEDA INTRODUTTIVA

Il Protocollo di Kyoto

Il Protocollo firmato a Kyoto nel 1997 impegna i Paesi industrializzati ed i Paesi con economia in transizione a ridurre le emissioni di gas in grado di alterare l’effetto serra del pianeta entro il 2012.

 

 

Con il termine “Protocollo di Kyoto” si intende l’accordo internazionale sottoscritto il 7 dicembre 1997 da oltre 160 paesi partecipanti alla terza sessione della Conferenza delle Parti della Convenzione sui cambiamenti climatici (UNFCCC). Oggetto del Protocollo è uno degli aspetti del cambiamento climatico: la riduzione, attraverso un’azione concordata a livello internazionale, delle emissioni di gas serra.

I paesi industrializzati (elencati nell’Annex I del Protocollo) si impegnano a ridurre le proprie emissioni entro il 2012. Il protocollo di Kyoto non prevede vincoli alle emissioni per tutti i paesi firmatari (oltre 160), ma solo per quelli compresi nell’elenco riportato nell’Annex I: una lista di 39 paesi che include i paesi OCSE e quelli con economie in transizione verso il mercato. Tale scelta è stata operata in attuazione del principio di “responsabilità comune ma differenziata” secondo il quale, nel controllo delle emissioni i paesi industrializzati si fanno carico di maggiori responsabilità, in considerazione dei bisogni di sviluppo economico dei PVS.

Obiettivo del Protocollo è la riduzione delle emissioni globali di sei gas, ritenuti responsabili di una delle cause del riscaldamento del pianeta: anidride carbonica (CO2), metano (CH4), ossido di azoto (N2O), esafluoruro di zolfo (SF6), idrofluorocarburi (HFCs) e perfluorocarburi (PFCs).

Gli impegni generali previsti dal Protocollo sono:

-   il miglioramento dell’efficienza energetica

-   la correzione delle imperfezioni del mercato (attraverso incentivi fiscali e sussidi)

-   la promozione dell’agricoltura sostenibile

-   la riduzione delle emissioni nel settore dei trasporti

-   l’informazione a tutte le altre Parti sulle azioni intraprese (cd “comunicazioni nazionali”)

La misura complessiva di riduzione deve essere del 5,2% rispetto ai livelli di emissione del 1990. L’onere, tuttavia, è stato ripartito fra i Paesi dell’Annex I in maniera non uniforme, in considerazione del grado di sviluppo industriale, del reddito, dei livelli di efficienza energetica.

 

 

Per garantire un’attuazione flessibile del Protocollo e una riduzione di costi gravanti complessivamente sui sistemi economici dei paesi soggetti al vincolo sono stati introdotti i seguenti meccanismi flessibili:

§      L’emission trading (commercio dei diritti di emissione)[1], in base al quale i paesi soggetti ai vincolo che riescano ad ottenere un surplus nella riduzione delle emissioni possono “vendere” tale surplus ad altri paesi soggetti a vincolo che – al contrario – non riescano a raggiungere gli obiettivi assegnati;

§      La joint implementation(attuazione congiunta degli obblighi individuali)[2], secondo cui gruppi di paesi soggetti a vincolo, fra quelli indicati dall’Annex I, possono collaborare per raggiungere gli obiettivi fissati accordandosi su una diversa distribuzione degli obblighi rispetto a quanto sancito dal Protocollo, purchè venga rispettato l'obbligo complessivo. A tal fine essi possono trasferire a, o acquistare da, ogni altro Paese “emission reduction units”(ERUs) realizzate attraverso specifici progetti di riduzione delle emissioni;

§      I clean development mechanisms(meccanismi per lo sviluppo pulito)[3], il cui fine è quello di fornire assistenza alle Parti non incluse nell’Annex I negli sforzi per la riduzione delle emissioni. I privati o i governi dei paesi dell’Annex I che forniscono tale assistenza possono ottenere, in cambio dei risultati raggiunti nei paesi in via di sviluppo grazie ai progetti, “certified emission reductions” (CERs) il cui ammontare viene calcolato ai fini del raggiungimento del target.

 

In base all’accordo le riduzioni dovranno essere conseguite nelle seguenti misure percentuali:

Protocollo di Kyoto

Impegni assunti[4]

Riduzione (entro il 2008-2012) dei gas serra rispetto ai livelli del 1990

Stati membri UE

8%

USA

7%

Giappone

6%

Canada

6%

Totale paesi Annex I

5,2%[5]

 

 

Il Protocollo riconosce all’Unione europea (che ha ratificato il Protocollo il 31 maggio 2002) la facoltà di ridistribuire tra i suoi Stati membri gli obiettivi ad essa imposti, a condizione che rimanga invariato il risultato finale. Con la decisione politica nota come accordo sulla ripartizione degli oneri (raggiunto nel Consiglio Ambiente del 16-17 giugno 1998) sono state fissate le seguenti percentuali di riduzione:

Austria

-13%

Italia

-6,5%

Belgio

-7,5%

Lussemburgo

-28%

Danimarca

-21%

Paesi Bassi

-6%

Finlandia

0%

Portogallo

+27%

Francia

0%

Regno Unito

-12,5%

Germania

-21%

Spagna

+15%

Grecia

+25%

Svezia

+4%

Irlanda

+13%

 

 

 

 

Il protocollo è diventato vincolante a livello internazionale il 16 febbraio 2005 in seguito al deposito dello strumento di ratifica da parte della Russia, con notevole ritardo rispetto alla firma del protocollo medesimo, causato dall'uscita dal Protocollo degli USA, che rappresentano da soli il 36% delle emissioni dei Paesi industrializzati

Si ricorda, infatti, che l’art. 24 del Protocollo ne prevede l’entrata in vigore 90 giorni dopo la ratifica da parte di almeno 55 paesi firmatari della Convenzione, comprendenti un numero di paesi dell’Annex I a cui sia riferibile almeno il 55% delle emissioni calcolate al 1990.

 

Per quanto riguarda l’Italia, si ricorda che la ratifica del protocollo di Kyoto da parte dell’Italia è avvenuta con la legge 1° giugno 2002, n. 120, la quale, tuttavia, non si è limitata alla mera ratifica del Protocollo, ma ha recato una serie di disposizioni finalizzate al raggiungimento degli obiettivi di riduzione delle emissioni di gas serra.

In particolare, dando attuazione al disposto dell’art. 1, comma 1, della citata legge n. 120 del 2002[6], il Ministero dell'Ambiente e della tutela del territorio ha provveduto ad elaborare il Piano nazionale per la riduzione delle emissioni di gas responsabili dell’effetto serra: 2003-2010 (per consentire all'Italia di rispettare gli obiettivi di riduzione delle emissioni di gas serra del 6,5% entro il 2008-2012, come prevede il Protocollo di Kyoto), nonché la proposta di revisione della delibera CIPE n. 137 del 19 novembre 1998, recante le “linee guida per le politiche e misure nazionali di riduzione delle emissioni dei gas serra”.

Tali documenti, approvati con la delibera CIPE 19 dicembre 2002, n. 123[7], contengono, secondo quanto previsto dalla legge di ratifica, l'individuazione delle politiche e delle misure finalizzate al contenimento ed alla riduzione delle emissioni di gas serra[8].

Nel Piano nazionale viene sottolineato che poiché le emissioni tendenziali al 2010 corrispondono a 580 Mt di CO2 equivalenti, il “gap” da colmare a quella data sarà pari a 93 Mt di CO2 equivalenti (dato che l’obbligo imposto dal Protocollo di Kyoto di una riduzione del 6,5% rispetto al 1990 implica che le emissioni non potranno superare i 487 Mt CO2 equivalenti).

 

Il commercio dei diritti di emissione

Nelle sue finalità è uno strumento per raggiungere gli obiettivi del Protocollo a costi più vantaggiosi attraverso il ricorso a meccanismi di mercato. Il presupposto su cui si basa la previsione di riduzione dei costi globali è fondato sulle forti variazioni nei costi di riduzione delle emissioni fra i vari paesi e fra i vari processi industriali. Attraverso la commercializzazione dei permessi di emissione, lo stesso mercato provvederà ad allocarli nel modo più efficiente, riducendo i costi globali rispetto a meccanismi più rigidi quali la tassazione o la semplice definizione di limiti.

La piena entrata in vigore a livello internazionale dell'emission trading è prevista nel 2008 (oggi sono ancora da definire le regole[9]), ma molti governi, organizzazioni governative e società stanno conducendo prove e sperimentazioni per verificarne le modalità di funzionamento.

La direttiva 2003/87/CE

Un’importante iniziativa in tal senso è stata intrapresa dall’Unione europea con l’emanazione della direttiva 2003/87/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 13 ottobre 2003 che istituisce un sistema per lo scambio di quote di emissioni dei gas a effetto serra nella Comunità - denominato Emission Trading System (ETS) - al fine di promuovere la riduzione di dette emissioni secondo criteri di efficacia dei costi ed efficienza economica.

Tale direttiva, che rappresenta la prima fase attuativa del Programma europeo sul cambiamento climatico (European Climate Change Programme - ECCP) lanciato nel giugno del 2000 dalla Commissione Europea, prevede l’istituzione di un mercato delle emissioni su scala europea a partire dal 2005 da affiancare all’emission trading previsto su scala globale dal Protocollo.

La direttiva si applica alle emissioni provenienti dalle attività indicate nell'allegato I e ai gas a effetto serra elencati nell'allegato II. In particolare alle emissioni di anidride carbonica provenienti da attività di combustione energetica, produzione e trasformazione dei metalli ferrosi, lavorazione di prodotti minerari, produzione di pasta per carta, carta e cartoni.

Gli obblighi previsti per gli impianti da essa regolati sono:

1)      possedere un permesso all’emissione in atmosfera di gas serra[10];

2)      rendere alla fine dell’anno un numero di quote (o diritti) d’emissione pari alle emissioni di gas serra rilasciate durante l’anno[11].

Le quote d’emissioni vengono rilasciate dall’autorità nazionale competente (ANC) all’operatore di ciascun impianto regolato dalla direttiva sulla base di un piano di allocazione nazionale; ogni quota (cd. European Unit Allowance – EUA) dà diritto al rilascio di una tonnellata di biossido di carbonio equivalente.

Il piano di allocazione nazionale (redatto in conformità ai criteri previsti dall’allegato III della direttiva) prevede l’assegnazione di quote a livello d’impianto per periodi di tempo predeterminati (il primo è individuato dalla direttiva nel triennio 2005-2007, mentre i successivi nei quinquenni 2008-2012, 2013-2017, ecc).

Esso, inoltre, deve essere coerente con gli obiettivi di riduzione nazionale, con le previsioni di crescita delle emissioni, con il potenziale di abbattimento e con i principi di tutela della concorrenza.

Una volta rilasciate, le quote possono essere vendute o acquistate[12]. Tali transazioni devono poi essere registrate nell’ambito di un registro nazionale.

La restituzione delle quote d’emissione avviene attraverso il registro nazionale ed è effettuata annualmente dagli operatori degli impianti in numero pari alle emissioni reali certificate da un soggetto terzo accreditato dall’ANC.

Con la Decisione della Commissione n. 156 del 29 gennaio 2004 sono state fissate le linee guida per il monitoraggio e la comunicazione delle emissioni di gas a effetto serra ai sensi della direttiva 2003/87/CE.

Si ricorda, inoltre, che la direttiva 2004/101/CE (cd. direttiva linking) ha riconosciuto i meccanismi flessibili del Protocollo di Kyoto (Joint Implementation e Clean Developmnet Mechanism) all’interno dell’ETS, stabilendo la validità dei crediti di emissione (ottenuti grazie all’attuazione di tali progetti) per rispondere agli obblighi di riduzione delle emissioni[13].

 

L’attuazione nell’ordinamento italiano

Per quanto riguarda l’Italia, i Ministeri delle attività produttive e dell'ambiente hanno elaborato e trasmesso alla Commissione europea il 21 luglio 2004 il Piano Nazionale di Assegnazione delle quote di emissione di anidride carbonica (secondo quanto previsto dalla direttiva 2003/87/CE) che illustra i principi per l'applicazione della direttiva nel contesto energetico e industriale dell'Italia ed il metodo da utilizzare per l'assegnazione delle quote a livello di attività e di impianto.

Si ricorda che in materia è intervenuto anche il D.L. 12 novembre 2004, n. 273 (convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1 della legge 30 dicembre 2004, n. 316) recante disposizioni urgenti per l’applicazione della direttiva 2003/87/CE in materia di scambio di quote di emissione dei gas ad effetto serra nella Comunità europea, al fine di consentire – in attesa del recepimento della direttiva[14] - l’avvio a partire già dal 2005 del sistema previsto dalla direttiva stessa.

I punti salienti di tale DL sono, infatti:

-        attribuzione del ruolo di ANC al Ministero dell’ambiente fino all’avvenuto recepimento della direttiva;

-        obbligo per i gestori di impianti ricadenti nel campo di applicazione della direttiva di presentare la richiesta di autorizzazione ad emettere gas serra entro il 30 novembre 2004 e di presentare le informazioni necessarie per permettere all’ANC di procedere all’assegnazione delle quote di emissione di CO2 entro il 30 dicembre 2004;

-        individuazione delle modalità di comunicazione delle suddette informazioni;

-        individuazione delle modalità di rilascio delle autorizzazioni ad emettere gas serra.

 

Successivamente, il 28 febbraio 2005, il Governo ha provveduto a trasmettere alla Commissione europea l’integrazione del Piano nazionale di assegnazione per il periodo 2005-2007 al fine di assicurare la coerenza del Piano con il criterio 10 dell’allegato III della direttiva 2003/87/CE, che richiede che il Piano contenga l’elenco degli impianti regolati dalla direttiva con i valori delle quote che il Governo intende assegnare a ciascun impianto[15].

Con la decisione C(2005)1527 del 25 maggio 2005 la Commissione europea ha accolto il piano dell’Italia che assegna le quote di emissione di CO2 agli impianti italiani per il periodo di scambio 2005-2007, dopo che le autorità italiane hanno accettato di ridurre il numero totale di quote da assegnare: 23 milioni di tonnellate di CO2 in meno all’anno, pari al 9% delle quote previste inizialmente. Con tale decisione, tuttavia, la Commissione ha richiesto all’Italia di comunicare ulteriori informazioni sulle quote assegnate a impianti specifici e rinunciare ad una disposizione riguardante l’adeguamento a posteriori del piano. La versione del piano di assegnazione dell’Italia esaminata nel maggio 2005 dalla Commissione riguardava 1.240 impianti, tutti ammessi a partecipare al sistema di scambio, ai quali si prevedeva di assegnare quote per consentire di emettere mediamente, ogni anno, 232,5 milioni di tonnellate di CO2 per il periodo 2005-2007.

Nello scorso dicembre il Governo ha presentato alle Camere, per il parere[16], uno schema di decisione di assegnazione delle quote di CO2 per il periodo 2005-2007, che rappresenta la versione definitiva e revisionata del piano nazionale di assegnazione delle quote di emissione, come risultante a seguito delle integrazioni e delle prescrizioni dettate dalla Commissione europea[17], che individua il numero di quote complessivo, a livello di settore e di impianto, che sarà assegnato dall’ANC per l’attuazione della direttiva.

In particolare tale schema attribuisce al settore termoelettrico un tetto di 131,1 milioni di tonnellate di CO2 all'anno, con una riduzione di 17,5 milioni di tonnellate di CO2 rispetto al «consolidato», e ai settori non elettrici un tetto di 94,4 milioni di tonnellate di CO2 all'anno, con una riduzione di 8,3 milioni di tonnellate rispetto al «consolidato». La riduzione delle quote, in linea con la citata decisione della Commissione europea, risulta, pertanto, complessivamente pari a 25,8 milioni di tonnellate di CO2 per anno.

Di seguito si riporta la tabella 1.1 dello schema di decisione ove sono indicate le quote complessivamente assegnate nel primo triennio di riferimento:

 

 

 

 

 

 

 

 

 


Con lo schema di decreto in esame, come si legge nella relazione illustrativa, il Governo si propone di recepire nell’ordinamento nazionale sia la direttiva 2003/87/CE (il cui termine di recepimento è scaduto il 31 dicembre 2003), sia la direttiva 2004/101 (il cui termine di recepimento è scaduto il 13 novembre 2005), provvedendo, altresì, ad inglobare nel testo – al fine di predisporre un quadro normativo unitario – le disposizioni dettate dal DL n. 273/2004, che viene consequenzialmente abrogato (art. 25).

 

 

Le borse dei fumi

Le quote di emissione assegnate dal PNA ai gestori regolati dalla Direttiva 2003/87 possono essere scambiate attraverso contrattazioni bilaterali (OTC) oppure attraverso piattaforme di scambio organizzate (le cd. borse dei fumi).

Nel caso in cui lo scambio avvenga su base bilaterale, il venditore delle quote è tenuto ad inserire l’operazione di vendita nel Registro tenuto dall’APAT; le quote di emissione scambiate, quindi, vengono automaticamente trasferite dal conto di deposito del venditore al conto di deposito dell’acquirente.

I mercati organizzati, invece, facilitano l’incontro tra la domanda e l’offerta delle quote di emissioni e la formazione di prezzi efficienti. A livello europeo sono già attive alcune piattaforme di negoziazione; Nord Pool è attiva dal febbraio 2005 ed offre un servizio di trading e di clearing, EEX (European Energy Exchange) è operativa dal marzo 2005, Powernext ed EXAA (Energy Exchange Austria) sono operative dal maggio 2005.

Entro i primi mesi del 2006 sarà attiva la prima piattaforma italiana per lo scambio delle quote di emissione che sarà organizzata e gestita dal gestore del mercato elettrico (GME). Su tale piattaforma le contrattazioni delle quote di emissioni avverranno sulla base della negoziazione continua nel corso di diverse sessioni di scambio[18].

Il mercato delle quote di emissione del GME consentirà ai relativi operatori di ricercare sul mercato la controparte negoziale, di scambiare permessi di emissione secondo regole certe e predefinite, garantendo indifferenza di controparte; trasparenza; efficienza nella formazione dei prezzi e sicurezza delle transazioni.

 

L’Italian Carbon Fund (ICF)

Si segnala, infine, che anche la Banca mondiale ha intrapreso un programma di emission trading attraverso l’istituzione del Community Development Carbon Fund, con il quale verranno acquistati - nei Paesi in via di sviluppo – certificati legati alla riduzione delle emissioni di gas serra generate da progetti selezionati e monitorati dalla Banca stessa. Secondo alcuni, con questa operazione la Banca Mondiale “si candida a giocare un ruolo centrale nel futuro commercio mondiale dei certificati di emissione della CO2[19].

Tale iniziativa si affianca ad altre analoghe[20] tra cui quella che nell’ottobre 2003 ha portato alla stipula di un accordo tra il Ministero dell’ambiente e la Banca Mondiale volto ad istituire l’Italian Carbon Fund per l’acquisto di crediti di emissione da progetti che generino riduzioni di emissioni di gas serra (compatibili con i meccanismi flessibili previsti dal Protocollo di Kyoto e con il nuovo sistema europeo di emission trading) ed apportino benefici all’ambiente globale, promuovendo nel contempo la diffusione di tecnologie moderne ed energia pulita in paesi in via di sviluppo e con economie in transizione.

Tale fondo è un partenariato pubblico-privato (dal 1° gennaio 2004 il Fondo è aperto alla partecipazione di aziende private ed agenzie pubbliche italiane) amministrato dalla Banca Mondiale e dotato di un capitale iniziale di 15 milioni di dollari messi a disposizione dal Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio[21]. Tale impegno finanziario si affianca alla partecipazione dell’Italia al citato Community Development Carbon Fund per un importo di 7,7 milioni di dollari.


SCHEDA DI LETTURA

 

L’articolo 1 definisce l’oggetto del decreto, ossia il recepimento delle seguenti direttive:

§          la direttiva 2003/87/CE (il cui termine di recepimento è scaduto il 31 dicembre 2003) che ha istituito un sistema per lo scambio di quote di emissioni dei gas a effetto serra nella Comunità

§          la direttiva 2004/101 (il cui termine di recepimento è scaduto il 13 novembre 2005), che modifica la direttiva precedente riguardo ai meccanismi di progetto del Protocollo di Kyoto (cioè joint implementation e clean development mechanisms).

 

Sui meccanismi flessibili del Protocollo di Kyoto e sul contenuto delle direttive citate si rinvia alla scheda introduttiva.

 

 

L’articolo 2 definisce il campo di applicazione del decreto, che riguarda le emissioni:

§          provenienti dalle attività indicate nell’allegato A;

§          relative ai gas-serra elencati nell’allegato B.

 

L’allegato A riproduce le medesime attività elencate dall’allegato I della direttiva 2003/87 salvo due piccole differenze.

Nell’allegato A del presente decreto viene inserito un periodo volto a specificare i codici NOSE (Nomenclature for sources of emissions)[22] che individuano, in ambito comunitario, i processi economici che generano emissioni, in linea con quanto dettato dalla Commissione europea con la Decisione 2000/479/CE del 17 luglio 2000[23], che ha identificato i codici NOSE-P di riferimento per le attività IPPC.

Il campo di applicazione della direttiva, secondo quanto indicato dal Governo nel PNA[24], riguarda:

§          gli impianti rientranti nella Direttiva IPPC, classificati nell'ambito dell'Allegato I della stessa, con codice di attività 1.2, 1.3, 2.1, 2.2, 3.1, 3.3, 3.5, 6.1;

§          gli impianti rientranti nella Direttiva IPPC, classificati nell'ambito dell'Allegato I della stessa, con codice di attività 1.1. In particolare, alla luce dell'Allegato A3 della Decisione 2000/479/CE , a quelli classificati con codice NOSE-P 101.01, 101.02, 101.04 e 101.05, corrispondenti ad impianti di combustione con potenza calorifica superiore ai 50 MW[25];

§          gli impianti di combustione con potenza calorifica aggregata tra i 20 ed i 50 MW classificati con codice NOSE-P 101.03.

Si osserva, in proposito ,che non appare chiaro il motivo per cui nell’allegato A non venga menzionato il codice NOSE P-101.05, che invece compare nella citata decisione 2000/479/CE e che viene giustamente ricordato nel Governo nel PNA.

Un’ulteriore differenza che si riscontra nell’allegato A del presente decreto, rispetto all’allegato I della direttiva, riguarda la definizione 3.3 il cui campo di applicazione viene ristretto rispetto alla direttiva.

Infatti, mentre la direttiva prevede che rientrino nel campo di applicazione della stessa gli impianti per la fabbricazione di prodotti ceramici con una capacità di produzione di oltre 75 tonnellate al giorno e/o che soddisfino altre condizioni, nel presente decreto viene eliminata la “o”, per cui tutte le condizioni elencate devono verificarsi contemporaneamente al fine della sottoposizione dell’impianto alle disposizioni del presente decreto.

Tale modifica viene motivata nella relazione illustrativa con il fine “di non penalizzare la competitività delle imprese italiane per la produzione di ceramiche e laterizi”, anche sulla base del fatto che la medesima soluzione è stata adottata anche “da altri Stati membri della UE, in particolare dalla Spagna che risulta essere un importante concorrente nel settore”.

 

Per quanto riguarda l’elencazione dei gas-serra, l’allegato B riproduce esattamente l’allegato II della direttiva.

 

 

L’articolo 3 riporta le definizioni utilizzate nel decreto, che riproducono nella sostanza quelle recate dal corrispondente articolo della direttiva, che vengono integrate con ulteriori definizioni funzionali ad una migliore comprensione del testo, quali ad es. quelle di “attività di attuazione congiunta” e di “attività di meccanismo di sviluppo pulito”, che esplicitano le nozioni di Joint Implementation e Clean Developmnet Mechanism.

Viene poi aggiunta, accanto alla definizione di impianto, quella di impianto termoelettrico, per il diverso trattamento previsto, per tali impianti, dal PNA, a cui si fa rinvio per la stessa definizione di tali impianti.

Per tali impianti, lo si ricorda, la data che fa da spartiacque ai fini dell’individuazione degli impianti esistenti e dei nuovi entranti non è il 1° gennaio 2004, ma il 1° gennaio 2005, come stabilito dal PNA.

 

 

L’articolo 4 stabilisce, a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto, l’obbligo di autorizzazione per gli impianti rientranti nel campo di applicazione del presente decreto, in linea con le disposizioni del corrispondente articolo della direttiva.

Tale autorizzazione è rilasciata dall’ANC per l’attuazione della direttiva.

 

L’articolo 5 prevede l’obbligo di presentazione all’ANC della domanda di autorizzazione ad emettere gas serra almeno 90 giorni prima dell’entrata in esercizio dell’impianto (commi 1 e 2)

Il comma 1 del medesimo articolo, inoltre, esenta da tale obbligo gli impianti autorizzati ai sensi dei seguenti decreti del Ministero dell’ambiente e del Ministero delle attività produttive:

§          DEC/RAS/2179/2004;

§          DEC/RAS/2215/2004;

§          DEC/RAS/0013/2005;

 

Si ricorda, in proposito, che l’art. 1 del DL n. 273/2004, volto a consentire l’avvio del sistema di emission trading previsto dalla direttiva 2003/87/CE sin dal 2005, ha previsto che “ai fini del rilascio dell'autorizzazione ad emettere gas ad effetto serra, i gestori degli impianti rientranti nelle categorie di attività elencate nell'allegato I della direttiva 2003/87/CE del 13 ottobre 2003 del Parlamento europeo e del Consiglio, in esercizio alla data di entrata in vigore del presente decreto presentano, entro il 5 dicembre 2004, all'autorità nazionale competente di cui all'articolo 3, comma 1, apposita domanda di autorizzazione” e che la stessa provveda ad emanare la relativa autorizzazione, conforme ai requisiti previsti dalla direttiva (art. 1, comma 4).

In attuazione di quanto disposto dal citato comma 4, con il Comunicato 22 marzo 2005[26] è stato reso noto che il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e il Ministero delle attività produttive hanno emanato i citati decreti di autorizzazione, che sono pubblicati sul sito web del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio all’indirizzo www2.minambiente.it/Sito/settori_azione/pia/att/pna_c02/pnac02_autorizzazione.asp.

 

Il comma 3 prevede che l’ANC stabilisca:

§         le informazioni che il gestore deve fornire nella domanda di autorizzazione;

§         le modalità per l’invio della domanda.

Lo stesso comma, inoltre, fa rinvio all’allegato C relativamente al contenuto informativo minimo e alle modalità di trasmissione della domanda.

L’allegato C ripropone nella sostanza il contenuto dell’articolo 5 della direttiva. Nel medesimo allegato viene inoltre specificato che la domanda deve essere inviata telematicamente con firma digitale basata su un certificato qualificato ai sensi del d.lgs. n. 10/2002.

 

Si ricorda che, in attuazione del disposto dell’art. 1, comma 3, del DL n. 273/2004, finalizzato alla raccolta delle domande di autorizzazione, è stato emanato il D.M. 16 novembre 2004, n. DEC/RAS/1715/2004[27]con cui sono stati definiti il formato e le modalità di trasmissione della domanda di autorizzazione ad emettere gas ad effetto serra, nonché le specificazioni di dettaglio sulle informazioni da includere nella stessa.

 

Ciò premesso, si osserva che sembrerebbe opportuno riformulare il comma nel senso di chiarire che l’ANC stabilisce le informazioni che il gestore deve fornire sulla base dell’elenco minimo individuato dall’allegato C nonché le modalità di invio della domanda dando priorità alla modalità individuata nel medesimo allegato.

Sembra inoltre opportuno l’inserimento di un comma aggiuntivo recante una norma transitoria volta a consentire l’applicazione del citato decreto DEC/RAS/1715/2004 (in particolare per l’utilizzo dei moduli allegati al decreto medesimo), fino all’emanazione, da parte dell’ANC, di un provvedimento attuativo del comma 3 in esame.

 

 

Il comma 4 prevede che l’ANC si avvale, per la raccolta e l’elaborazione delle domande, del supporto operativo della Direzione per la ricerca ambientale e lo sviluppo (RAS) del Ministero dell’ambiente.

Nella relazione illustrativa si legge, in proposito, che “la scelta di individuare il Ministero dell’ambiente quale supporto operativo […] piuttosto che affidare tale ruolo alla Segreteria tecnica istituita dall’articolo 9 del presente decreto è motivata dal fatto che tale attività richiede risorse umane e mezzi informatici superiori a quelle di cui necessita in generale la Segreteria tecnica e per un periodo di tempo limitato. Pertanto non si ritiene opportuno dimensionare le risorse della Segreteria tecnica sulla base di un’attività che non ha carattere continuativo”.

Si noti che la relazione illustrativa si riferisce probabilmente ad una vecchia versione dello schema in esame, poiché nel testo presentato alle Camere non compare nessun riferimento ad alcuna Segreteria tecnica, per cui quanto indicato dalla relazione sembra da ricondurre al Comitato istituito dall’art. 8.

 

L’articolo 6 fissa un termine di 45 giorni dal ricevimento della domanda per il rilascio dell’autorizzazione da parte dell’ANC, che è altresì tenuta alla verifica della completezza e della correttezza della domanda. Viene altresì disposta la sospensione di tale termine qualora l’ANC richiede al gestore dell’impianto ulteriori informazioni e fino al ricevimento delle stesse.

Quanto ai contenuti dell’autorizzazione, previsti dal comma 2 del medesimo articolo, essi riproducono quelli previsti dal corrispondente articolo della direttiva, con l’aggiunta di un termine di durata dell’autorizzazione stessa, stabilito dall’ANC.

Si noti che nell’articolo in esame scompare la disposizione recata dall’art. 6 della direttiva secondo cui “un'autorizzazione ad emettere gas a effetto serra può valere per uno o più impianti localizzati sullo stesso sito gestiti dallo stesso gestore”.


Il diagramma seguente schematizza la procedura delineata dagli artt. 5 e 6 per l’ottenimento dell’autorizzazione ad emettere gas serra:

 

 

 

 

 

 

 



L’articolo 7 ripropone la stessa procedura testé schematizzata in caso di aggiornamento dell’autorizzazione.

Il comma 1 prevede che il gestore sia tenuto a presentare domanda di aggiornamento, con le modalità e nelle forme definite dall’ANC, nei seguenti casi:

§          modifiche della natura dell’impianto;

§          modifiche del funzionamento dell’impianto;

§          ampliamenti dell’impianto;

§          modifiche dell’identità del gestore;

§          modifiche della metodologia di monitoraggio.

Si noti che quest’ultima fattispecie non è contemplata dall’art. 7 della direttiva.

Si fa notare, inoltre, che il medesimo articolo della direttiva dispone che l'autorità competente procede all’aggiornamento dell’autorizzazione solo “ove lo ritenga necessario”.

Tale disposizione sembra finalizzata a consentire all’autorità competente di procedere all’aggiornamento solo qualora la modifica sia sostanziale (definizione che tuttavia non compare nella direttiva).

Ciò premesso, sembrerebbe pertanto opportuno riformulare il comma 2 dell’articolo 7 al fine di conformarlo al dettato della norma comunitaria.

 

Il comma 3 prevede, inoltre, che l’ANC provveda all’aggiornamento d’ufficio delle autorizzazioni in seguito a modifiche del quadro normativo di riferimento nazionale e comunitario.

 

 

L’articolo 8 dispone, al comma 1, l’istituzione - senza oneri aggiuntivi a carico del bilancio dello Stato -, presso la Direzione RAS del Ministero dell’ambiente, del “Comitato nazionale di gestione e attuazione della direttiva 2003/87/CE”, cui viene affidata la funzione di ANC.

Si ricorda che secondo la vigente normativa recata dal DL n. 273/2004 “fino al recepimento della direttiva 2003/87/CE, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio - Direzione per la ricerca ambientale e lo sviluppo svolge le funzioni di autorità nazionale competente, avvalendosi a tale fine, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, dell'Agenzia per la protezione dell'ambiente e per i servizi tecnici e dell'Ente per le nuove tecnologie, l'energia e l'ambiente”.

Il comma 2 definisce i compiti del Comitato, provvedendo a raccogliere le varie attribuzioni che risultano sparse (e non sempre esplicitate) nei vari articoli del presente decreto.

 

Il comma 3 disciplina la composizione del Comitato, che prevede una partecipazione paritaria (sia dal punto di vista del potere di nomina che da quello dei funzionari eleggibili) del Ministero dell’ambiente e di quello delle attività produttive.

Tale scelta, secondo la relazione illustrativa, discende dal fatto che l’attuazione della direttiva implica anche scelte di politica industriale e rilevanti dal punto di vista della sicurezza energetica.

 

Il comma 4 demanda ad un successivo decreto interministeriale l’individuazione delle modalità di funzionamento del Comitato.

 

I commi 5 e 6 riguardano, rispettivamente, le modalità di adozione delle decisioni e l’organizzazione operativa.

 

Il comma 7, prevede che non sono previsti compensi o rimborsi spese per i membri del Comitato.

Si ricorda che ai sensi del comma 3 i componenti sono tutti scelti tra funzionari dei ministeri, per cui il comma in esame ha semplicemente il fine di limitare la loro retribuzione a quella che percepiscono normalmente per l’attività che svolgono negli uffici di provenienza.

La disposizione recata da tale comma, unitamente a quella prevista dal comma 1, garantisce l’invarianza della spesa a carico del bilancio pubblico, nel rispetto della delega contenuta nella legge n. 62/2005.

Si ricorda, infatti, che l’art. 14, comma 3, della legge n. 62/2005 dispone che dal recepimento della direttiva “non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica”.

 

 

L’articolo 9 prevede, in linea con il disposto dell’art. 8 della direttiva, che i Ministeri dell’ambiente e delle attività produttive promuovano il coordinamento degli adempimenti disciplinati dal presente decreto con la normativa in materia di IPPC.

Si osserva in proposito che sembrerebbe opportuno sostituire il riferimento alle norme del d.lgs. n. 372/1999 in quanto abrogate dal d.lgs. n. 59/2005 che ha provveduto all’integrale recepimento della direttiva 96/61/CE.

 

Rispetto all’art. 8 della direttiva, l’articolo in esame prevede il coordinamento anche con le norme recate dall’art. 10, comma 2, del regolamento EMAS.

L’art. 10, comma 2, del regolamento CE n. 761/2001 (EMAS) dispone, del resto, che “Gli Stati membri dovrebbero studiare come tener conto della registrazione EMAS, ottenuta conformemente al presente regolamento, nell'attuazione e nell'esecuzione della legislazione ambientale la fine di evitare inutili duplicazioni di attività sia da parte delle organizzazioni che delle autorità competenti in materia di controllo”.

 

 

L’articolo 10 disciplina le modalità per la predisposizione (nonché per eventuali modifiche e integrazioni) del PNA, riproducendo le disposizioni degli articoli 9-11 della direttiva.

Si osserva che sembrerebbe opportuno riformulare il comma 1 nella parte in cui rinvia a “ciascun periodo di riferimento di cui all’articolo 3, comma 1, lettera h)” in modo da fare corretto riferimento a “ciascuno dei periodi di riferimento di cui all’articolo 3, comma 2, lettera h)”.

Nel definire le modalità citate l’articolo in esame fa rinvio all’allegato G (che riproduce fedelmente l’allegato III della direttiva) e vi affianca (ai commi 2 e 3) alcuni criteri aggiuntivi che appaiono comunque compatibili con le norme della direttiva (a titolo di esempio la lettera e) del comma 2 riproduce il contenuto dell’ultimo periodo dell’art. 10 della direttiva, relativamente all’assegnazione a titolo gratuito di buona parte delle quote di emissione).

Alcuni dei citati criteri aggiuntivi consentono inoltre, di attuare le previsioni della delega recata dalla legge n. 62/2005. Si noti, ad esempio, come le lettere a) e b) del comma 2 accolgano le direttive formulate nelle corrispondenti lettere dell’art. 14, comma 1, della legge n. 62/2005.

 

Per quanto riguarda l’allegato G si osserva che il punto 12 appare incompleto, probabilmente per un errore di trascrizione del testo dell’allegato III della direttiva, pertanto appare opportuna una sua integrazione.

 

L’articolo 10 prevede altresì che il PNA così predisposto dal Comitato venga poi approvato dai Ministri dell’ambiente e delle attività produttive previa verifica della compatibilità con il Piano nazionale di riduzione delle emissioni.

Si sottolinea che tale disposizione consente di attuare le previsioni della delega contenuta nell’art. 14, comma 1, lettera f), della legge n. 62/2005, secondo cui il Governo, nell’attuazione della direttiva, è tenuto a “conformare il piano nazionale di assegnazione delle quote di emissione […] al piano di azione nazionale per la riduzione dei livelli di emissione di gas a effetto serra[28]”.

 

 

L’articolo 11 disciplina le modalità per l’assegnazione e il rilascio delle quote di emissioni, in conformità alle norme recate dalla direttiva e con quanto previsto, circa i compiti del Comitato, dall’art. 8.

A titolo di esempio si noti come il comma 2 riproduca nella sostanza la disposizione recata dall’art. 11, par. 4, della direttiva.

Si noti che nel comma 3 viene usata l’espressione “sezione” con riferimento all’impianto, senza che di tale termine venga fornita alcuna definizione nell’articolo 3.

Peraltro nel presente decreto nulla viene riferito a parti dell’impianto (benché l’art. 6 della direttiva preveda che “l'autorità competente rilascia un'autorizzazione ad emettere gas a effetto serra da un impianto o da parte di esso”), per cui tale riferimento alla “sezione” risulta invero abbastanza ambiguo.


Il diagramma seguente schematizza la procedura che, secondo quanto previsto dagli artt. 10 e 11, conduce dall’approvazione del PNA all’assegnazione e al successivo rilascio delle quote di emissioni ai singoli impianti:

 

 

 



L’articolo 12 fa rinvio all’allegato H per l’elencazione delle informazioni minime che i gestori degli impianti devono comunicare all’ANC, secondo i tempi e le modalità da questa stabilite, ai fini dell’assegnazione delle quote d’emissione.

Lo stesso articolo attribuisce all’ANC la facoltà di modificare – ove necessario - la tipologia delle informazioni richieste.

 

Si osserva che tale previsione appare impropria, nell’affidare ad un organo privo di competenze legislative la funzione di modificare un testo normativo avente forza di legge.

 

Si fa notare che nella relazione illustrativa si dà conto di un comma 3 - che tuttavia non esiste nel testo del presente decreto - finalizzato a fornire all’ANC il supporto del Ministero dell’ambiente nelle attività di raccolta dati previste dal presente articolo.

Praticamente dalla lettura della relazione si può ipotizzare che il testo del comma omesso sia “Per la raccolta delle informazioni di cui ai precedenti commi, l’autorità nazionale competente si avvale del supporto operativo del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio - Direzione per la ricerca ambientale e lo sviluppo”, cioè una sorta di norma speculare a quella recata dall’art. 5, comma 4.

 

Poiché sembra ipotizzabile, vista la pertinenza della norma, che nella stesura dell’articolato tale comma sia stato inavvertitamente cancellato, appare opportuno re-inserirlo nell’articolo in esame.

 

 

Per quanto riguarda l’allegato H, che non trova analogo corrispondente nella direttiva, si fa notare che le informazioni in esso indicate sono pressoché le stesse che vengono richieste dall’allegato C per la domanda di autorizzazione all’emissione di gas serra.

Quanto alla formulazione del testo si osserva che la seconda parte dell’allegato H reca un titolo errato, poiché rinvia all’art. 13 anziché all’art. 12. Di più il periodo sotto a tale titolo è copiato dal corrispondente periodo dell’allegato C, che però riguarda un oggetto diverso.

 

Si osserva pertanto che appare opportuno sia modificare il titolo citato al fine di sostituire il riferimento all’art. 13 con un rinvio corretto all’art. 12, sia riformulare il periodo seguente nel senso di riferirlo alla trasmissione dei dati di cui all’art. 12, cioè sostituire a ”inviare la domanda di autorizzazione” le parole “trasmettere le informazioni di cui all’art. 12”.

 

Si ricorda che, in attuazione del disposto dell’art. 2 del DL n. 273/2004, finalizzato alla raccolta presso i gestori delle informazioni necessarie ai fini dell'assegnazione delle quote di emissione per il periodo 2005-2007, è stato emanato il D.M. 29 novembre 2004, n. DEC/RAS/1877/2004[29] che ha provveduto alla definizione delle specifiche relative al formato ed alle modalità per la trasmissione delle suddette informazioni, nonché le specificazioni sui dati richiesti.

 

Analogamente a quanto osservato relativamente all’art. 5, comma 3, si osserva che sembra opportuno inserire, dopo il comma in esame, una norma transitoria volta a consentire l’applicazione del citato decreto DEC/RAS/1877/2004 (in particolare per l’utilizzo dei moduli allegati al decreto medesimo), fino all’emanazione, da parte dell’ANC, di un provvedimento attuativo del comma 1 dell’articolo in esame.

 

L’articolo 13 disciplina le modalità con cui i gestori dovranno effettuare il monitoraggio delle emissioni, in modo conforme al dettato dell’art. 14 della direttiva.

Il comma 1 prevede che nell’effettuare il monitoraggio i gestori dovranno rispettare le prescrizioni recate:

§          dall’autorizzazione alle emissioni rilasciata dall’ANC;

§          dalle disposizioni attuative della decisione C(2004)130 della Commissione europea.

Sembrerebbe opportuno, al fine di una migliore comprensione del testo, riformulare il comma in esame al fine di chiarire che le citate prescrizioni, di cui si richiede il rispetto, sono quelle relative al monitoraggio delle emissioni.

 

Il comma 2 dispone che tali disposizioni attuative siano elaborate dall’ANC sulla base dei principi di cui all’allegato E e di quanto stabilito nella citata decisione C(2004)130 della Commissione europea.

Per quanto riguarda l’allegato E esso riproduce fedelmente la prima parte dell’allegato IV della direttiva.

Quanto invece alla decisione C(2004)130 della Commissione europea, si ricorda che tale decisione del 29 gennaio 2004 ha istituito le linee guida per il monitoraggio e la comunicazione delle emissioni di gas a effetto serra ai sensi della direttiva 2003/87/CE[30].

Sul sito internet del Ministero dell’ambiente sono pubblicate le disposizioni nazionali di attuazione[31] approvate dallo stesso dicastero con il decreto DEC/RAS/854/2005[32].

 

L’articolo 14 prevede l’istituzione - senza oneri a carico del bilancio statale - del Registro nazionale delle emissioni e delle quote d’emissioni presso la direzione RAS del Ministero dell’ambiente, che svolge – ai sensi del comma 2 - le funzioni di amministratore del registro sulla base delle disposizioni impartite dall’ANC.

Si ricorda che la presenza di un amministratore del registro è espressamente richiesta dall’art. 20, par. 1, della direttiva.

Tale registro:

§          è finalizzato alla contabilizzazione delle quote di emissioni rilasciate, possedute, trasferite, restituite e cancellate (conformemente al disposto dell’art. 19, par. 1, della direttiva);

§          annota i dati contenuti nella dichiarazione annuale delle emissioni di ciascun impianto prevista dall’art. 15, comma 5;

§          assolve le funzioni del registro nazionale previsto dall’art. 6 della decisione n. 208/2004/CE e opera secondo le specifiche di cui al regolamento n. 2216/2004/CE.

 

Si ricorda, in proposito, che l’art. 6 della citata decisione n. 280/2004/CE del Parlamento europeo e del Consiglio dell'11 febbraio 2004[33] - relativa ad un meccanismo per monitorare le emissioni di gas a effetto serra nella Comunità e per attuare il protocollo di Kyoto - prevede che “La Comunità e gli Stati membri istituiscono e conservano registri nazionali per garantire che vengano accuratamente contabilizzate le quantità assegnate, le unità di assorbimento, le unità di riduzione delle emissioni e le riduzioni delle emissioni certificate rilasciate, detenute, cedute, acquistate, soppresse o ritirate e il riporto delle quantità assegnate, delle unità di riduzione delle emissioni e delle riduzioni certificate di emissioni. I registri comprendono i registri istituiti ai sensi dell'articolo 19 della direttiva 2003/87/CE, a norma delle disposizioni adottate secondo la procedura dell'articolo 9, paragrafo 2, della presente decisione”.

Quanto al regolamento n. 2216/2004/CE della Commissione del 21 dicembre 2004[34] relativo ad un sistema standardizzato e sicuro di registri a norma della direttiva 2003/87/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e della decisione n. 280/2004/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, si rammenta che tale regolamento stabilisce le disposizioni generali, le specifiche funzionali e tecniche e i requisiti relativi alla gestione e alla tenuta del sistema standardizzato e sicuro di registri, composto da una serie di registri istituiti sotto forma di banche dati elettroniche standardizzate contenenti elementi di dati comuni e dal catalogo indipendente comunitario delle operazioni. Il regolamento prevede inoltre un sistema di comunicazione efficace tra il catalogo indipendente comunitario delle operazioni e il catalogo indipendente delle operazioni dell’UNFCCC.

Tale regolamento consente di attuare il disposto dell’art. 19, par. 3, della direttiva 2003/87/CE nonché del citato articolo 6 della decisione n. 280/2004/CE.

 

Si fa notare, inoltre, che le disposizioni dei commi 3 e 5 consentono di dare adeguata attuazione al paragrafo 2 dell’art. 19 della direttiva.

Il comma 4 introduce l’obbligo di iscrizione al registro per tutti i gestori nonché per chiunque intenda trasferire, restituire o cancellare quote ai sensi dell’articolo 15.

 

L’articolo 15 disciplina le modalità di trasferimento delle quote, in linea con le disposizioni dell’art. 12 della direttiva.

Il comma 5 istituisce poi, a decorrere dal 1° gennaio 2006, l’obbligo per i gestori di inviare all’ANC - entro il 31 marzo di ogni anno - la dichiarazione delle emissioni di ciascun impianto nell’anno solare precedente, in linea con quanto previsto dall’art. 14, par. 3, della direttiva.

Tale dichiarazione deve essere certificata dall’attestato di verifica disciplinato dall’art. 16, in mancanza del quale – ai sensi del comma 6 - viene impedito al gestore il trasferimento di quote, conformemente all’art. 15 della direttiva.

 

Si osserva, con riferimento al comma 5, che sembra opportuno riformulare il comma al fine di specificare che la citata dichiarazione deve contenere almeno le informazioni indicate nell’allegato F.

 

In merito all’allegato F si fa notare che esso riproduce fedelmente la seconda parte dell’allegato IV della direttiva.

Il comma 7, conformemente all’art. 12, par. 3 della direttiva, impone l’obbligo per gli operatori di restituire le quote entro il 30 aprile di ogni anno.

I commi da 8 a 11, che disciplinano le modalità di utilizzo dei crediti derivanti dai progetti di joint implementation (ERUs) e clean development mechanisms (CERs) da parte degli operatori al fine di adempiere all’obbligo annuale di restituzione delle quote, consentono di recepire le disposizioni recate dagli articoli 11-bis e 11-ter della direttiva.

Il comma 12 provvede invece a recepire il dettato dell’art. 12, par. 4, della direttiva, in merito alla modalità per la cancellazione delle quote.

Ulteriori disposizioni in materia di cancellazione sono recate dall’ultimo periodo del comma 7 che recepisce un’analoga disposizione recata dall’art. 12, par. 3, della direttiva.

 

L’articolo 16 disciplina i criteri per la verifica delle dichiarazioni delle emissioni nonché il rilascio del relativo attestato di verifica al fine di assicurarne l’affidabilità, la credibilità e accertare la precisione dei sistemi di monitoraggio utilizzati per il calcolo delle emissioni.

 

Si osserva in proposito che sembra opportuno riformulare il comma 1 al fine di rinviare all’allegato D per i criteri informatori dell’attività di verifica.

 

Quanto all’allegato D si fa notare che esso riproduce fedelmente l’allegato V della direttiva.

 

L’articolo 17 disciplina le modalità per l’accreditamento dei verificatori, che viene affidato all’ANC con il supporto tecnico della Direzione RAS del Ministero dell’ambiente.

Presso tale direzione, ai sensi del comma 3, è istituito il registro dei verificatori accreditati.

Quanto all’inserimento del comma 4, volto al riconoscimento degli attestati di verifica emessi da verificatori accreditati in altri Stati dell’UE, nella relazione illustrativa si legge che “la scelta di estendere il mercato dei verificatori […] è motivata dalla volontà di contenere i prezzi per lo svolgimento delle verifiche nonché assicurare la presenza sul mercato di un numero di verificatori adeguato a coprire la domanda”.

 

L’articolo 18 disciplina la validità delle quote di emissione rilasciate ai gestori, recependo in modo puntuale quanto previsto dall’art. 13 della direttiva.

 

L’articolo 19 disciplina le modalità per la costituzione di raggruppamenti nonché la figura del relativo amministratore fiduciario, in linea con le disposizioni dell’art. 28 della direttiva.

Rispetto a tale articolo 28, nell’articolo in esame viene aggiunta una disposizione (quella recata dal comma 7), che riguarda le modalità di attribuzione dei crediti derivanti da JI o CDM dell’Italian Carbon Fund.

In proposito si fa notare che nella relazione tecnica si legge che il meccanismo previsto dal comma in esame “è disciplinato dall’accordo istitutivo dell’Italian Carbon Fund, che stabilisce il valore al quale i crediti sono trasferiti alle imprese”.

 

 

L’articolo 20 disciplina l’erogazione delle sanzioni da parte dell’ANC. Il gestore dell’impianto è sanzionabile nei seguenti casi:

Violazione

Comma

Sanzione

autorizzazione (esercizio in mancanza di)

1

§          da 25.000 a 250.000 €;

§          100 (40) € per ogni tonnellata di CO2 equivalente emessa in mancanza dell’autorizzazione;

§          sospensione dell’attività qualora entro 30 gg. dall’accertamento della violazione il gestore non richieda l’autorizzazione.

autorizzazione (non aggiornata)

9

§          da 1.000 a 100.000 €

 

comunicazione delle informazioni necessarie per l’assegnazione delle quote

(mancato invio all’ANC)

3

§          da 2.500 a 25.000 €;

§          sospensione dell’attività qualora entro 15 gg. dalla diffida ad adempiere dell’ANC il gestore non provveda alla comunicazione.

comunicazione delle informazioni necessarie per l’assegnazione delle quote

(falsa o non veritiera)

4

§          100 (40) € per ogni quota di emissione indebitamente assegnata

comunicazione delle informazioni necessarie per l’assegnazione delle quote

(non congruente)

5

§          100 (20) € per ogni quota di emissione indebitamente assegnata

 

dichiarazione annuale delle emissioni dell’impianto (mancato invio all’ANC oppure invio di dichiarazione non certificata o falsa o incompleta)

6

§          da 2.500 a 50.000 €

 

 

 

restituzione delle quote nei tempi e nelle quantità dovute (mancata)

7

§          100 (40) € per ogni quota di emissione non restituita

 

 

§           

comunicazione della sospensione o chiusura dell’impianto (mancato invio all’ANC)

8

§          da 1.000 a 100.000 €;

§          da 20 a 100 € per ogni quota di emissione indebitamente rilasciata a seguito della mancata comunicazione.

N.B. Gli importi indicati tra parentesi si riferiscono al primo periodo di riferimento (2005-2007), terminato il quale il sistema si considera a regime e quindi la sanzione per ogni tonnellata viene elevata a 100 €.

 

L’articolo stabilisce, infine, che è sanzionabile il verificatore che rilascia attestati di verifica pur essendo a conoscenza di discrepanze significative tra la dichiarazione e le emissioni effettive (comma 12).

 

 

Gli articoli 21 e 22 definiscono - mediante rinvio al PNA - i criteri per l’individuazione degli impianti:

§          in stato di chiusura;

§          in stato di sospensione;

§          nuovi entranti.

 

L’articolo 23 definisce le modalità di presentazione della relazione sull’attuazione del decreto alla Commissione europea, secondo quanto previsto dall’art. 21 della direttiva.

 

L’articolo 24 definisce le modalità di accesso del pubblico alle informazioni associate con l’attuazione del decreto in linea con il disposto dell’articolo 17 della direttiva.

 

L’articolo 25 abroga il DL n. 273/2004 “fatte salve le sanzioni per le violazioni delle disposizioni ivi previste commesse sino all’entrata in vigore del presente decreto”.

 

L’articolo 26 prevede l’introduzione di un sistema di tariffazione, per la copertura degli oneri derivanti dallo svolgimento, da parte dell’ANC, delle seguenti prestazioni:

§          rilascio delle autorizzazioni ad emettere gas serra;

§          aggiornamento delle autorizzazioni;

§          accreditamento dei verificatori.

Il medesimo articolo prevede che le tariffe siano poste a carico dei soggetti che richiedono la prestazione e che siano determinate, nell’importo e nelle modalità di versamento, con apposito decreto interministeriale da emanarsi entro 60 giorni dall’entrata in vigore del presente decreto.

 

L’articolo 27 impartisce le disposizioni transitorie per l’attuazione della direttiva che si applicano fino all’entrata in vigore del presente decreto.

I primi due commi riproducono, nella sostanza, il contenuto di due importanti disposizioni recate dal DL n. 273/2004 relative all’individuazione dell’ANC e dell’organo incaricato di rilasciare le autorizzazioni (rispettivamente recate dall’art. 3, comma 1, e dall’art. 1, comma 4)

Si ricorda nuovamente che il DL n. 273/2004 è stato emanato proprio al fine di consentire - in attesa del recepimento della direttiva - l’avvio a partire già dal 2005 del sistema previsto dalla direttiva stessa.

Il comma 3 riconosce al PNA inviato al Commissione nel luglio 2004 e integrato nel febbraio 2005, fatte salve le successive modifiche richieste dalla Commissione, la sua validità quale PNA per il primo periodo di riferimento del presente decreto (2005-2007).

Il comma 4, infine, stabilisce l’equipollenza tra le autorizzazioni rilasciate ai sensi dell’art. 1 del DL n. 273/2004 e quelle rilasciate ai sensi dell’art. 4 del presente decreto.

 



Schema di D.Lgs. n. 597


Schema di decreto legislativo recante attuazione della direttiva 2003/87/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 13 ottobre 2003, che istituisce un sistema per lo scambio di quote di emissioni dei gas ad effetto serra nella Comunità e che modifica la direttiva 96/61/CEE e per recepire la direttiva 2004/101/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 ottobre 2004, recante modifica della direttiva 2003/87/CE, che istituisce un sistema per lo scambio di quote di emissione dei gas ad effetto serra nella Comunità, riguardo ai meccanismi di progetto del protocollo di Kyoto




[1] Previsto dall’art. 3 del Protocollo.

[2] Prevista dall’art. 6 del Protocollo.

[3] Previsti dall’art. 12 del Protocollo.

[4] Le percentuali di responsabilità nelle emissioni globali sono le seguenti: gli Stati membri UE sono responsabili del 22,1%, gli USA del 30,3%, il Giappone del 3,7%, il Canada del 2,3%. Si ricorda, inoltre che la Russia, responsabile dell’8,9% delle emissioni non è tenuta ad alcun impegno di riduzione.

[5] La percentuale di riduzione globale che il Protocollo si prefigge quale obiettivo è scesa - dopo l’abbandono del negoziato da parte degli Stati Uniti - dal 5,2% al 3,8%.

[6] Il comma citato dispone che il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, entro il 30 settembre 2002, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze e con gli altri ministri interessati, è tenuto a presentare al CIPE un piano di azione nazionale per la riduzione dei livelli di emissione dei gas serra e l’aumento del loro assorbimento ed una relazione contenente lo stato di attuazione e la proposta di revisione della delibera CIPE n. 137 del 19 novembre 1998. L’art. 1 della legge n. 120 del 2002 prevede, inoltre, che la suddetta relazione debba riguardare anche lo stato di attuazione dei programmi finanziati dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio in attuazione del decreto-legge 30 dicembre 1999, n. 500 e del D.M. ambiente 20 luglio 2000, n. 337, nonché dei programmi pilota previsti dalla medesima legge n. 120 all’art. 2, comma 3, in cui si prevede che il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, entro il 30 marzo di ogni anno, individui, con proprio decreto e di concerto con i ministri interessati e con la Conferenza unificata Stato-regioni-città, i programmi pilota da attuare a livello nazionale ed internazionale per la riduzione delle emissioni e l'impiego di piantagioni forestali per l'assorbimento del carbonio e che entro il 30 novembre di ogni anno il Ministro dell’ambiente trasmetta al Parlamento una relazione sulla loro attuazione.

[7] G.U. n. 68 del 22 marzo 2003.

[8] Nella legge di ratifica viene specificato che tali azioni devono tendere al raggiungimento dei migliori risultati in termini di riduzione delle emissioni mediante il miglioramento dell'efficienza energetica del sistema economico nazionale e un maggiore utilizzo delle fonti di energia rinnovabili, all'aumento degli assorbimenti di gas serra derivanti dalle attività e dai cambiamenti di uso del suolo e forestali, alla piena utilizzazione dei meccanismi istituiti dal Protocollo di Kyoto per la realizzazione di iniziative congiunte con gli altri Paesi industrializzati (joint implementation) e con quelli in via di sviluppo (clean development mechanism), e, infine, all’accelerazione delle iniziative di ricerca e sperimentazione per l’introduzione dell’idrogeno quale combustibile e per la realizzazione di impianti per la produzione di energie alternative pulite (biomasse, biogas, combustibile derivato dai rifiuti, impianti eolici, fotovoltaici, solari).

[9] Si ricorda, in proposito, che nel corso della COP7 di Marrakech (2001) si è stabilito che il commercio dei permessi di emissione tra i paesi industrializzati non sia soggetto a limiti quantitativi.

[10] Tale permesso è rilasciato dall’autorità nazionale competente previa verifica da parte della stessa della capacità dell’operatore dell’impianto di monitorare nel tempo le proprie emissioni di gas serra.

[11] La mancata resa di una quota d’emissione prevede una sanzione pecuniaria di 40 Euro nel periodo 2005-2007 e di 100 Euro nei periodi successivi; le emissioni oggetto di sanzione non sono esonerate dall’obbligo di resa di quote.

[12] Ogni anno i gestori degli impianti regolati dalla direttiva 2003/87 sono tenuti a restituire un numero di quote corrispondenti alle emissioni reali prodotte. L’eventuale surplus di quote (differenza positiva tra le quote assegnate ad inizio anno e le emissioni effettivamente immesse in atmosfera) potrà essere accantonato o venduto sul mercato, mentre il deficit potrà essere coperto attraverso l’acquisto delle quote. Gli Stati membri dovranno quindi assicurare la libera circolazione delle quote di emissioni all’interno della Comunità Europea consentendo lo sviluppo effettivo del mercato europeo dei diritti di emissione.

[13] In particolare dei CERs a partire dal 2005 e delle ERUs a partire dal 2008.

[14] Previsto dall’art. 14 della legge 18 aprile 2005, n. 62 (legge comunitaria 2004), che ha delegato il Governo al recepimento della direttiva 2003/87 nella legislazione nazionale entro il termine di diciotto mesi dall’entrata in vigore della legge (vale a dire entro il 12 novembre 2006).

[15] Le successive versioni del Piano Nazionale di Assegnazione sono consultabili nel sito internet del Ministero dell’ambiente ai seguenti indirizzi:

www2.minambiente.it/Sito/settori_azione/pia/att/pna_c02/pna_c02.asp;

www2.minambiente.it/Sito/settori_azione/pia/att/pna_c02/pnac02_schema_assegnazione.asp.

[16] Reso dall’VIII Commissione della Camera nella seduta di mercoledì 21 dicembre 2005.

[17] Nelle premesse dello schema citato si legge che la revisione deriva, altresì, da Lo schema di Decisione di assegnazione è stato elaborato in base al consolidamento della banca dati contenente le informazioni storiche di base necessarie per calcolare il numero delle quote assegnate agli impianti regolati dalla Direttiva 2003/87/CE e al consolidamento dell'ambito di applicazione della Direttiva 2003/87/CE che ha portato all'esclusione di alcuni impianti precedentemente inseriti nell'"Integrazione al Piano Nazionale di Assegnazione delle quote di CO2".

[18] Il GME organizzerà un book di negoziazione (uno per ogni anno di riferimento fino al 2007) nel quale, durante la sessione di contrattazione, ogni operatore potrà inserire le proposte di negoziazione (acquisto o vendita) indicando l’anno di validità di riferimento delle quote di emissione, la quantità e il prezzo riferito ad una quota di emissione.

Le proposte di acquisto e di vendita verranno ordinate secondo priorità di prezzo e, in caso di prezzo uguale, secondo l’ordine temporale di ricevimento dell’offerta da parte del sistema informatico del GME e automaticamente abbinate.

Per ulteriori approfondimenti si veda il documento presentato dal GME alla fiera “CO2 Expo”, tenutasi a Roma dal 29 settembre al 1° ottobre 2005, e disponibile sul sito internet del GME all’indirizzo www.mercatoelettrico.org/GmewebItaliano/MenuBiblioteca/Documenti/PresentazioneCO2.pdf. Si rammenta, altresì, che sul medesimo sito è consultabile la bozza di Regolamento del mercato delle quote di emissione all’indirizzo:

http://www.mercatoelettrico.org/GmeWebItaliano/MenuBiblioteca/Documenti/20051003RegolamentoET.pdf.

[19] Si veda, ad esempio, L. De Simone, A. Nobili “Con i certificati verdi ed emission trading sviluppo economico sempre più sostenibile”, in Ambiente e sicurezza – Suppl. n. 4/2003.

[20] Una rassegna delle iniziative della Banca Mondiale in materia è contenuta nel sito http://carbonfinance.org.

[21] Per approfondimenti si rinvia al documento di presentazione dell’iniziativa predisposto congiuntamente dal Ministero dell’ambiente e dalla Banca mondiale e disponibile all’indirizzo internet http://carbonfinance.org/docs/ItalianCarbonFundItalianLanguage.pdf.

[22] Il manuale elaborato dall’Eurostat sui codici NOSE può essere consultato all’indirizzo internet http://www2.minambiente.it/Sito/settori_azione/pia/att/pna_c02/docs/nose_p_codes.pdf.

[23] “Decisione in merito all'attuazione del Registro europeo delle emissioni inquinanti (EPER) ai sensi dell'articolo 15 della direttiva 96/61/CE del Consiglio sulla prevenzione e la riduzione integrate dell'inquinamento (IPPC)”.

[24] Cfr. l’utile pagina pubblicata sul sito internet del Ministero dell’ambiente all’indirizzo www2.minambiente.it/Sito/settori_azione/pia/att/pna_c02/pnac02_applicazione_dl.asp.

[25] Si ricorda che l’allegato I della direttiva IPPC indica, al punto 1.1, gli impianti di combustione con una potenza calorifica di combustione di oltre 50 MW.

[26] Pubblicato nella G.U. 22 marzo 2005, n. 67.

[27] http://www2.minambiente.it/Sito/settori_azione/pia/att/pna_c02/docs/dd_16_11_2004_1715.pdf.

[28] Si ricorda che in attuazione dell’art. 2, comma 1, della legge n. 120/2002, il CIPE con la delibera 19 dicembre 2002, n. 123 ha provveduto ad approvare il “Piano nazionale per la riduzione delle emissioni di gas responsabili dell’effetto serra: 2003-2010”.

[29] http://www2.minambiente.it/Sito/settori_azione/pia/att/pna_c02/docs/dd_29_11_2004_1877.pdf.

[30] Il testo è consultabile sul sito internet del Ministero dell’ambiente all’indirizzo:

http://www2.minambiente.it/Sito/settori_azione/pia/att/pna_c02/docs/direttiva_ce_87_2003_linee_guida.pdf.

[31]  www2.minambiente.it/Sito/settori_azione/pia/att/pna_c02/docs/daf_decisione_CE_29_01_2004_130.pdf.

[32] http://www2.minambiente.it/Sito/settori_azione/pia/att/pna_c02/docs/dd_01_07_2005_854.pdf.

[33] www.apat.gov.it/site/_Files/NormativaAria/LegislazioneComunitaria/dec.CEE280_feb2004.pdf.

[34] www.greta.sinanet.apat.it/file/registro_regolamento_commissione_ce_2216_21_dic_2004.pdf.