XIV Legislatura - Dossier di documentazione | |||||
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Autore: | Servizio Studi - Dipartimento ambiente | ||||
Titolo: | Gestione delle acque nei comuni montani - AA.CC. 5568 e 5829 | ||||
Serie: | Progetti di legge Numero: 754 | ||||
Data: | 17/05/05 | ||||
Descrittori: |
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Organi della Camera: | VIII-Ambiente, territorio e lavori pubblici | ||||
Riferimenti: |
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Servizio studi |
progetti di legge |
Gestione delle acque nei comuni montani A.A.C.C. 5568 e 5829 |
n. 754
|
17 maggio 2005 |
Camera dei deputati
Dipartimento Ambiente
SIWEB
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File: Am0584
INDICE
Scheda di sintesi per l’istruttoria legislativa
Elementi per l’istruttoria legislativa
§ Necessità dell’intervento con legge
§ Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite
§ Rispetto degli altri princìpi costituzionali
§ Incidenza sull’ordinamento giuridico
§ Impatto sui destinatari delle norme
§ La legge 5 gennaio 1994, n. 36 (“legge Galli”)
§ Le proposte di legge C.5568 e C.5829
Normativa nazionale
§ Cost. 27 dicembre 1947. Costituzione della Repubblica italiana. (art. 117)
§ L. 5 gennaio 1994, n. 36. Disposizioni in materia di risorse idriche.
§ D.M. 1 agosto 1996. Metodo normalizzato per la definizione delle componenti di costo e la determinazione della tariffa di riferimento del servizio idrico integrato.
§ D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali.
§ Del.CIPE 4 aprile 2001, n. 52/2001. Direttive per la determinazione, in via transitoria, delle tariffe dei servizi acquedottistici, di fognatura e di depurazione per l'anno 2001. (Deliberazione n. 52/2001).
§ Del.CIPE 19 dicembre 2002, n. 131/02. Direttive per la determinazione, in via transitoria, delle tariffe dei servizi acquedottistici, di fognatura e di depurazione per l'anno 2002. (Deliberazione n. 131/2002).
Numero del progetto di legge |
5568 |
Titolo |
Modifiche alla legge 5 gennaio 1994, n. 36, in materia di gestione delle acque nei comuni montani |
Iniziativa |
parlamentare |
Settore d’intervento |
ambiente |
Iter al Senato |
no |
Numero di articoli |
2 |
Date |
|
§ presentazione o trasmissione alla Camera |
27 gennaio 2005 |
§ annuncio |
15 febbraio 2005 |
§ assegnazione |
15 febbraio 2005 |
Commissione competente |
Ambiente |
Sede |
Referente |
Pareri previsti |
I, V e della Commissione parlamentare per le questioni regionali |
Numero del progetto di legge |
5829 |
Titolo |
Modifiche alla legge 5 gennaio 1994, n. 36, in materia di gestione delle acque nei comuni montani |
Iniziativa |
parlamentare |
Settore d’intervento |
ambiente |
Iter al Senato |
no |
Numero di articoli |
2 |
Date |
|
§ presentazione o trasmissione alla Camera |
5 maggio 2005 |
§ annuncio |
11 maggio 2005 |
§ assegnazione |
11 maggio 2005 |
Commissione competente |
Ambiente |
Sede |
Referente |
Pareri previsti |
I, V e della Commissione parlamentare per le questioni regionali |
Le proposte di legge in commento prevedono un regime particolare per la gestione delle acque dei comuni montani, introducendo la possibilità di rendere facoltativa l'adesione alla gestione unica del servizio idrico integrato - prevista dalla legge n. 36 del 1994 (cd “legge Galli”) - da parte dei piccoli comuni inclusi nel territorio delle comunità montane, con popolazione fino a 1.000 abitanti (AC 5568) o 3.000 abitanti (AC 5829).
Un primo nucleo innovativo (rispetto alle norme vigenti) delle proposte in esame è rappresentato, pertanto, dalla previsione di una deroga al principio generale introdotto dalla legge n. 36 del 1994 della integrazione del servizio idrico (“costituito dall'insieme dei servizi pubblici di captazione, adduzione e distribuzione di acqua ad usi civili, di fognatura e di depurazione delle acque reflue”) secondo quanto disposto dall’art. 4, comma 1, lettera f), della legge n. 36.
Più in particolare, viene previsto per il Comune la facoltà sia di negare la propria adesione al momento in cui il gestore unico subentra all’azienda speciale, al consorzio o all’ente, sia di ritirare l’adesione stessa nel caso in cui il servizio integrato sia già stato affidato al gestore unico. In quest’ultimo caso, il comune deve darne comunicazione all’autorità d’ambito con un preavviso di sei mesi.
Nel caso in cui il comune eserciti la facoltà assegnata dalle proposte di legge, la gestione del servizio idrico spetterà all’azienda speciale, all’ente o al consorzio pubblico che si occupa in quel comune del servizio.
Le proposte di legge si configurano, pertanto, come derogatorie rispetto alla disciplina generale del “servizio idrico integrato”, introdotta con la “legge Galli” nel 1994, sebbene entrambe prevedano non già la totale esclusione da quella disciplina per i comuni che si volessero avvalere della suddetta facoltà, ma piuttosto il mantenimento di un rapporto fra questi comuni e le autorità d’ambito istituite dalla legge stessa. Infatti, sulle gestioni dei comuni che esercitano la facoltà prevista dalle proposte di legge in questione l’autorità d’ambito esercita funzioni di regolazione generale e di controllo sulla base di un contratto di servizio.
La proposta di legge AC 5568 prevede inoltre la possibilità, per comuni ricadenti nelle comunità montane, di applicare riduzioni della tariffa per il servizio idrico. Tali riduzioni sono inversamente proporzionali al numero di abitanti, ma sono estese a tutti i comuni compresi nelle comunità montane.
Tale possibilità per i comuni fino a 1.000 abitanti viene riconosciuta subordinatamente alla condizione che i comuni aderiscano al servizio idrico integrato, e non si avvalgano – quindi – della facoltà di cui sopra.
Alle proposte di legge sono allegate le relazioni illustrative.
Le proposte di legge prevedono una deroga alla normativa in materia di gestione integrata del servizio idrico. Tale normativa è contenuta nella legge n. 36 del 1994. Sembra quindi necessario intervenire con legge.
Si osserva inoltre che numerose leggi regionali prevedono meccanismi di flessibilità rispetto al modello della rigida gestione per ambiti previsto dall’articolo 8 della legge n. 36 del 1994, il più diffuso dei quali consiste nella istituzione di subambiti[1] Tuttavia, le finalità delle norme in commento hanno carattere più generale, riguardano aspetti centrali della normativa statale (mantenimento della gestione integrata di tutti i servizi compresi nella definizione di “servizio idrico integrato”) e non sembrerebbero comunque conseguibili con legge regionale.
In termini generali, la disciplina della gestione delle risorse idriche non sembrerebbe ascrivibile ad uno solo degli ambiti materiali individuati dall’articolo 117 della Costituzione, in quanto le sue finalità sono riferibili sia al risparmio idrico – inteso come uso sostenibile della risorsa idrica – e quindi alla tutela ambientale (lettera s) del secondo comma dell’art. 117), sia al miglioramento del servizio idropotabile offerto agli utenti, e quindi – almeno per quanto attiene ai livelli essenziali delle prestazioni – alle funzioni attribuite allo Stato dalla lettera m) del secondo comma dell’art. 117. Inoltre, in quanto la legge n. 36 del 1994 ha mirato anche all’accrescimento dell’efficienza tecnica ed economica del servizio idrico attraverso la promozione di gestioni sempre più caratterizzate da una natura imprenditoriale[2] - operanti secondo regole di mercato, e quindi in regime di concorrenza - possono essere chiamate in causa anche le competenze (esclusive dello Stato) in materia di tutela della concorrenza. In materia, può ricordarsi che la “legge Galli” disciplina il servizio idrico, che rappresenta uno dei più importanti “servizi pubblici locali” e che la sentenza della Corte costituzionale n. 272 del 2004 ha riconosciuto una competenza dello Stato che copre l’intera disciplina dei SPL.
D’altro canto, appare facilmente riconoscibile come la rete acquedottistica e fognaria, la depurazione delle acque reflue, la stessa disciplina delle derivazioni idriche, possano rappresentare elementi imprescindibili del complessivo “governo del territorio”, e in quanto tali essere considerati come compresi nell’ambito di competenza legislativa regionale, ad esclusione della determinazione dei principi fondamentali. Pertanto, non sono da sottovalutare le competenze regionali nell’intero complesso della normativa sulle acque: la stessa legge n. 36 del 1994, pur precedente alla riforma del Titolo V della Costituzione, in più punti fa rinvio alla legislazione regionale per la necessaria integrazione di una disciplina che ha carattere – sotto diversi profili – di disciplina di principio.
Più in particolare, le due proposte in commento hanno la finalità di introdurre particolari condizioni di favore per i comuni montani, in considerazione delle loro specifiche condizioni ambientali, economiche e sociali (vedi relazioni illustrative). Tali enti verrebbero infatti dotati della facoltà di scegliere se essere compresi o meno nelle gestioni integrate e ad essi – nel caso rimanessero all’interno delle gestioni integrate – verrebbe comunque applicata una riduzione tariffaria (AC 5586), che – dati i meccanismi tariffari vigenti – dovrebbe essere compensata da aumenti a carico degli utenti degli altri comuni compresi nell’ambito territoriale ottimale. Le proposte sembrano pertanto recare una normativa che – per il suo rilievo, per le sue finalità e per il suo carattere generale – potrebbe essere riconosciuta come di principio.
Si segnala inoltre, che l’art. 119, comma quinto, della Costituzione prevede che lo Stato – “per promuovere lo sviluppo economico, la coesione, la solidarietà sociale, per rimuovere gli squilibri economici e sociali” […] – possa effettuare “interventi speciali” in favore di determinati Comuni, Province, Città metropolitane e Regioni.
Nulla da osservare in proposito.
La norme recate dalle proposte di legge in commento non presentano profili di incompatibilità con disposizioni di diritto comunitario.
Si ricorda – infatti - che la principale direttiva europea in materia di tutela delle acque - la direttiva 2000/60/CE - si limita ad imporre agli Stati membri l'obbligo di adottare misure adeguate a fare in modo che i prezzi dell'acqua riflettano il costo complessivo di tutti i servizi connessi con l'uso dell'acqua stessa (gestione, manutenzione delle attrezzature, investimenti, sviluppi futuri), nonché i costi connessi con l'ambiente e l'impoverimento delle risorse (art.9). A tal fine gli Stati membri dovranno contribuire entro il 2020 a porre a carico dei vari settori di impiego dell'acqua (industria, famiglie e agricoltura) i costi dei servizi idrici, anche sulla base del principio "chi inquina paga".
L'Italia non ha ancora definito i distretti idrografici e l'autorità di gestione competente, previste per il 31/12/2003 dall'art.3 della direttiva. Anche la trasposizione nella legislazione nazionale italiana, prevista per la stessa data, non è ancora avvenuta. Per questo motivo, il 18 gennaio 2005 la Commissione Europea ha deciso di deferire l'Italia alla Corte di giustizia delle Comunità europee perchè lo stato italiano ha omesso di recepire nel proprio ordinamento la Direttiva Quadro sulle Acque, recepimento previsto per il 22 dicembre 2003. Il deferimento alla Corte di Giustizia avviene a qualche mese dell'invio all'Italia, il 7 luglio 2004, del "parere motivato". La Commissione ha deciso di adire la Corte di giustizia delle Comunità europee dato che lo Stato Italiano non si è conformato al parere motivato[3].
La legge comunitaria per l’anno 2003, legge 31 ottobre 2003, n. 306, ha delegato il Governo ad adottare, entro diciotto mesi dall’entrata in vigore della legge stesse (e quindi entro il 15 maggio 2005) uno o più decreti legislativi di recepimento della direttiva 2000/60/CE /allegato B).
Le proposte, pure incidendo in profondità su una disciplina di significativo rilievo sul territorio, non sembrano produrre effetti distorsivi del riparto di competenze fra Stato e autonomie territoriali (vedi – in proposito – le considerazioni svolte sopra in relazione alle competenze legislative delle Regioni).
Offrire ai comuni dotati di particolari caratteristiche territoriali e demografiche la facoltà di optare tra l’adesione alla gestione integrata e la gestione separata rappresenta, infatti - almeno per essi – un ampliamento di autonomia.
Restano, comunque, da considerare gli effetti che l’applicazione di tale disciplina potrebbero produrre sugli altri comuni. Per quelli che sono i meccanismi vigenti di determinazione delle tariffe idriche[4] – infatti - gli utenti dei comuni non rientranti nell’ambito di applicazione delle norme in esame si troverebbero a subire automaticamente aumenti delle tariffe (compensativi) in tutti i casi in cui l’opzione producesse, nei comuni montani, una riduzione.
Le proposte di legge non prevedono ulteriori adempimenti normativi.
Le due proposte appaiono correttamente coordinate con le norme vigenti, in quanto prevedono ipotesi e dispongono facoltà che le norme vigenti non contemplano (e implicitamente escludono).
Si ricorda, in fatti, che l’art. 9, comma 4, della legge n. 36 del 1994 – dettato da finalità in qualche modo analoghe a quelle che sottendono le proposte in commento (salvaguardia delle forme e delle capacità gestionali degli organismi esistenti che rispondono a criteri di efficienza, di efficacia e di economicità) – si limita a prevedere che i comuni e le province possano provvedere alla gestione integrata del servizio idrico anche con una pluralità di soggetti e di forme tra quelle, anche obbligatorie, previste dalla legge 8 giugno 1990, n. 142. In tal caso, i comuni e le province individuano il soggetto che svolge il compito di coordinamento del servizio ed adottano ogni altra misura di organizzazione e di integrazione delle funzioni fra la pluralità di soggetti gestori. Tale previsione esclude quindi, implicitamente, che possa essere superato il principio della gestione integrata dei servizi idrico, fognario e di depurazione (che invece rappresenta esattamente il nucleo principale delle proposte in commento).
Quanto alla modulazione della tariffa, anche in questo caso la normativa vigente prevede varie possibilità (vedi commi 7, 8 e 9 dell’art. 13 della stessa legge n. 36), ma nessun meccanismo di portata generale assimilabile a quelli introdotti dalle proposte in commento.
Sul piano della tecnica legislativa, nelle proposte in commento si fa opportunamente ricorso alla novellazione diretta dell’atto normativo che – ad oggi - regola in modo organico la materia.
Non si segnalano lavori legislativi in corso in materia di riforma della legge n. 36 del 1994.
Secondo la relazione illustrativa della pdl AC 5568, l’applicazione della norma interesserebbe 1477 comuni, con una popolazione stimata di circa 800.000 abitanti. La stima è riferibile – comunque – ai soli comuni montani con popolazione sotto i 1000 abitanti e quindi alle sole disposizioni relative alla facoltatività dell’adesione al servizio integrato.
La stessa pdl reca, però (comma 1, lettera c), che introduce un comma 9-bis all’articolo 13 della legge n. 36)anche disposizioni applicabili a tutti i comuni inclusi nel territorio delle comunità montane (con una semplice graduazione degli effetti proporzionale al numero di abitanti). Tali disposizioni non sarebbero prive di significativi effetti, in quanto immediatamente dispositive di riduzioni tariffarie, e quindi produttive di un automatico innalzamento delle tariffe per gli altri comuni non inclusi nella comunità montana ma rientranti nello stesso ambito territoriale. Di tali possibili impatti non si forniscono quantificazioni nella relazione illustrativa. Tuttavia, può segnalarsi che le citate disposizioni della lettera c) del comma 1, sembrano idonee a produrre effetti differenziati (anche fortemente differenziati) in base alla conformazione territoriale dell’ambito. Infatti in una ipotesi di ambito comprendente comuni prevalentemente non montani, le riduzioni tariffarie sarebbero limitate e da ripartire su un numero ampio di utenti. Al contrario, negli ambiti territoriali ottimali con comuni prevalentemente montani, gli oneri aggiuntivi a carico degli utenti non inclusi negli sconti tariffari sarebbe maggiore e (per di più) da ripartire su una platea più ristretta.
Gli impatti collegabili invece alla seconda pdl (AC 5829) sarebbero invece maggiori, per quanto riguarda la facoltatività dell’adesione, in quanto la soglia di 1000 abitanti viene alzata fino ai 3000 abitanti. Questa seconda proposta non prevede invece riduzioni automatiche delle tariffe nei comuni montani, anche se sono riportabili anche qui le avvertenze di cui sopra, in quanto, se a seguito della scelta di non aderire al servizio integrato si dovesse produrre (come è probabilmente nelle intenzioni dei proponenti) una riduzione della tariffe, tale riduzione andrebbe comunque ad essere compensata da un aumento a carico degli utenti residenti in comuni “non monatni”, con effetti generali differenziati a seconda della conformazione geografica dell’ambito territoriale di riferimento.
Al comma 1, lettera c), della pdl AC 5568si fa riferimento per tre volte (lettere a), b) e c) del comma 9-bis) a “comunità”, laddove il numero di abitanti andrebbe più correttamente riferito ai “comuni”.
La legge 5 gennaio 1994, n. 36 “Disposizioni in materia di risorse idriche” ha lo scopo di riorganizzare il sistema dei servizi idrici in Italia, stabilendo una netta separazione di ruoli tra l’attività di indirizzo e controllo e quella più propriamente gestionale.
Per superare la frammentazione che caratterizza l’organizzazione e la gestione dei servizi, la legge ha previsto l'integrazione territoriale con la costituzione di Ambiti Territoriali Ottimali (ATO) e l'integrazione funzionale delle diverse attività del ciclo dell’acqua nel servizio idrico integrato.
A livello centrale la legge prevede due elementi fondamentali per la riforma:
§ l’individuazione di un metodo normalizzato per definire le componenti di costo e determinare la tariffa di riferimento che il gestore del servizio idrico integrato deve applicare come base per la tariffa del servizio idrico integrato (art.13);
§ la disciplina delle modalità di affidamento ad un soggetto gestore con carattere industriale del servizio idrico integrato.
A livello locale la legge attribuisce alle Regioni il compito di emanare disposizioni per l’ individuazione e delimitazione degli ATO (art.8) e di adottare una convenzione tipo, mentre a Province e Comuni spettano l’organizzazione e l’affidamento della gestione del servizio idrico, secondo forme e modi di cooperazione previsti da leggi nazionali e regionali.
Più in particolare, l’Autorità d’ambito è il nuovo ente che riunisce i Comuni e le province ricedenti nello stesso ATO, al fine di coordinare le funzioni e le azioni in materia di servizio idrico. A questo scopo, le Regioni individuano gli Enti locali partecipanti e l’Ente locale responsabile del coordinamento. L’autorità d’ambito può essere costituita secondo le due modalità di cooperazione tra enti locali, previste dall’ordinamento italiano : consorzio o convenzione
Per quanto riguarda invece le modalità attraverso le quali può essere affidato il servizio da parte dell’ autorità d’ambito, occorre ricordare che le stesse sono previste dall’articolo 113 del, Testo unico degli enti locali(D.lgs. n.267 del 2000), così come modificato da ultimo dalla legge n.350 del 20038 finanziaria per il 2004.
L’articolo 113 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, e successive modificazioni. disciplina le modalità per la gestione delle reti e l’erogazione dei servizi pubblici locali di rilevanza economica Il comma 5 prevede, in particolare che l'erogazione del servizio avvenga secondo le discipline di settore e nel rispetto della normativa dell'Unione europea, con conferimento della titolarità del servizio: a società di capitali individuate attraverso l'espletamento di gare con procedure ad evidenza pubblica; a società a capitale misto pubblico privato nelle quali il socio privato venga scelto attraverso l'espletamento di gare con procedure ad evidenza pubblica che abbiano dato garanzia di rispetto delle norme interne e comunitarie in materia di concorrenza secondo le linee di indirizzo emanate dalle autorità competenti attraverso provvedimenti o circolari specifiche; a società a capitale interamente pubblico a condizione che l'ente o gli enti pubblici titolari del capitale sociale esercitino sulla società un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi e che la società realizzi la parte più importante della propria attività con l'ente o gli enti pubblici che la controllano (affidamenti in house). Il comma 5-bis prevede peraltro che le normative di settore, al fine di superare assetti monopolistici, possono introdurre regole che assicurino concorrenzialità nella gestione dei servizi da esse disciplinati prevedendo, nel rispetto delle disposizioni di cui al comma 5, criteri di gradualità nella scelta della modalità di conferimento del servizio. Il comma 15-bis prevede che nel caso in cui le disposizioni previste per i singoli settori non stabiliscano un congruo periodo di transizione, ai fini dell'attuazione delle disposizioni previste nell’articolo 113, le concessioni rilasciate con procedure diverse dall'evidenza pubblica cessano comunque entro e non oltre la data del 31 dicembre 2006, senza necessità di apposita deliberazione dell'ente affidante. Sono escluse peraltro dalla cessazione le concessioni affidate a società a capitale misto pubblico privato nelle quali il socio privato sia stato scelto mediante procedure ad evidenza pubblica che abbiano dato garanzia di rispetto delle norme interne e comunitarie in materia di concorrenza, nonché quelle affidate a società a capitale interamente pubblico a condizione che gli enti pubblici titolari del capitale sociale esercitino sulla società un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi e che la società realizzi la parte più importante della propria attività con l'ente o gli enti pubblici che la controllano. Sono altresì escluse dalla cessazione le concessioni affidate alla data del 1º ottobre 2003 a società già quotate in borsa e a quelle da esse direttamente partecipate a tale data a condizione che siano concessionarie esclusive del servizio, nonché a società originariamente a capitale interamente pubblico che entro la stessa data abbiano provveduto a collocare sul mercato quote di capitale attraverso procedure ad evidenza pubblica, ma, in entrambe le ipotesi indicate, le concessioni cessano comunque allo spirare del termine equivalente a quello della durata media delle concessioni aggiudicate nello stesso settore a seguito di procedure di evidenza pubblica, salva la possibilità di determinare caso per caso la cessazione in una data successiva qualora la stessa risulti proporzionata ai tempi di recupero di particolari investimenti effettuati da parte del gestore.
Dall’ultima relazione annuale (per il 2003) sullo stato dei servizi idrici redatta dal Comitato di vigilanza sull’uso delle risorse idriche risulta che ad oggi gli ATO insediati sono 87 su 91 previsti e rappresentano il 96% degli ATO e circa il 97% della popolazione.
Dalla stessa relazione si evince inoltre che gli ATO che hanno affidato il servizio idrico integrato sono 38. Di questi 38 la gran maggioranza (25) ha scelto la formula del partenariato pubblico-privato. Infatti, 25 ATO hanno affidato a una società per azioni mista.
Dei 13 ATO restanti, 12 hanno optato per un affidamento a s.p.a. pubblica mentre solo l’ATO di Frosinone ha aggiudicato il servizio sulla base di una gara.
I rapporti tra l’autorità d’ambito e i soggetti gestori del servizio idrico sono invece regolati da una convenzione tipo adottata da ogni Regione.
La convenzione –tipo prevede in particolare
a) il regime giuridico prescelto per la gestione del servizio;
b) l'obbligo del raggiungimento dell'equilibrio economico-finanziario della gestione;
c) la durata dell'affidamento, non superiore comunque a trenta anni;
d) i criteri per definire il piano economico-finanziario per la gestione integrata del servizio;
e) le modalità di controllo del corretto esercizio del servizio;
f) il livello di efficienza e di affidabilità del servizio da assicurare all'utenza anche con riferimento alla manutenzione degli impianti;
g) la facoltà di riscatto da parte degli enti locali secondo i princìpi di cui al titolo I, capo II, del regolamento approvato con decreto del Presidente della Repubblica 4 ottobre 1986, n. 902;
h) l'obbligo di restituzione delle opere, degli impianti e delle canalizzazioni dei servizi di cui all'articolo 4, comma 1, lettera f), oggetto dell'esercizio, in condizioni di efficienza ed in buono stato di conservazione;
i) idonee garanzie finanziarie e assicurative;
l) le penali, le sanzioni in caso di inadempimento e le condizioni di risoluzione secondo i princìpi del codice civile;
m) i criteri e le modalità di applicazione delle tariffe determinate dagli enti locali e del loro aggiornamento, anche con riferimento alle diverse categorie di utenze.
L’evoluzione delle tariffe del servizio idrico
Innanzi tutto, occorre chiarire che per tariffe dei servizi idrici si intende oggi (dopo la “legge Galli” del 1994) il corrispettivo pagato dagli utenti per l’insieme dei servizi di acquedotto, fognatura e depurazione, mentre tradizionalmente queste tre componenti avevano un proprio regime separato.
Per quanto riguarda le tariffe acquedottistiche, nel dopoguerra fino al 1974 vi fu un sostanziale blocco. Queste tariffe furono regolate da provvedimenti che consentivano rivalutazioni percentuali rispetto ai livelli in vigore nel 1942, senza alcun riferimento ai relativi costi di gestione (sistema di prezzi amministrati). Nel 1974 il controllo sulle tariffe dell’acqua fu affidato ai Comitati Provinciali Prezzi (CPP) coordinati in sede nazionale dalle direttive ed indirizzi emanati dal Comitato Interministeriale Prezzi (CIP).
Il CIP con provvedimenti 45 e 46 del 1974 e 26 del 1975 introdusse una ristrutturazione tariffaria per armonizzare il ripianamento economico delle gestioni aziendali con l’esigenza di assicurare all’utenza una tariffa agevolata, limitata ai consumi essenziali. Il sistema introdotto nella prima metà degli anni ’70 aveva comunque carattere di innovatività in merito agli obiettivi di sostenibilità ambientale nell’uso della risorsa idrica.
Questo metodo introduceva una tariffa base che era data dal rapporto dei costi sostenuti, depurati dai ricavi che non fossero quelli ottenuti dalla vendita diretta d’acqua, con il volume di acqua venduto.
Inoltre il metodo specificava:
§ che i quantitativi di acqua, anche se non consumati, stabiliti quale minimo garantito per le necessità domestiche fondamentali, dovevano essere fatturati all'utenza domestica ad una tariffa agevolata;
§ che i quantitativi di acqua eccedenti il livello delle necessità domestiche fondamentali, anche se non consumati, dovevano essere fatturati a tariffa base fino al quantitativo contrattualmente impegnato;
§ che laddove non fosse esistito tale impegno contrattuale, doveva essere considerato consumo da fatturare a tariffa base il quantitativo corrispondente ad una volta e mezzo quello previsto per la tariffa agevolata;
§ che per i consumi che avessero superato tali limiti dovevano essere applicate tariffe relative a consumi di eccedenza;
§ che l'entità della tariffa agevolata per gli usi domestici doveva essere determinata in modo che i minori introiti corrispondenti a detta tariffa fossero compensati dai maggiori introiti relativi ai consumi in eccedenza;
§ che per i consumi in eccedenza dovevano essere stabilite tre fasce tariffarie la cui entità doveva penalizzare i consumi oltre il minimo garantito o il quantitativo contrattualmente impegnato.
Il metodo introdotto dal CIP nel 1974-75 è riconducibile alla metodologia del “Cost-Plus”: ai gestori del servizio è data la possibilità di coprire interamente i costi sostenuti attraverso il pagamento dell’acqua da parte degli utenti.
All’orientamento del risanamento economico dei gestori affermatosi nel 1974 si sono contrapposti, dal 1984, provvedimenti antinflazionistici con cui venne introdotto il principio secondo cui gli adeguamenti tariffari dovevano rimanere entro i limiti del tasso di inflazione programmato. A partire dal 1987, infine, all’obiettivo del controllo dell’inflazione si è affiancato quello del riequilibrio degli enti locali: le diverse leggi finanziarie hanno infatti previsto la copertura obbligatoria di un’aliquota crescente di costi, dal 60% del 1987 all’80-100% del 1990, anche in deroga al tasso di inflazione programmato.
Nel corso degli anni è stato possibile rilevare delle inefficienze di questo metodo legate alle difficoltà per l’accertamento dei costi denunciati dai gestori del servizio ed alla discrezionalità dei gestori nella presentazione dei costi, costi che a volte coprivano insufficienze della gestione.
Per quanto riguarda i servizi di fognatura e depurazione, i meccanismi tariffari sono stati – fino al 1994 – diversi da quelli vigenti per i servizi di acquedotto. Nel TU sulla finanza locale del 1931 (RD n. 1175) era – in linea di principio – prevista la gratuità del servizio (solo per i comuni superiori a 60.000 abitanti era prevista la “possibilità” di imporre ai proprietari di immobili serviti da fognatura contributi per la manutenzione della fognatura stessa. Questo principio generale fu superato dalla legge n. 319 del 1976 (cd “legge Merli”) che per la prima volta introdusse il principio dei canoni, oltre alla distinzione fra servizio di fognatura e servizio di depurazione. Ma i canoni di fognatura e depurazione venivano stabiliti secondo un criterio uniforme su tutto il territorio nazionale e scollegato dai costi. In ogni caso, fino alla legge finanziaria per l’anno 1999 (legge 23 dicembre 1998, n. 449), il corrispettivo dei servizi di fognatura e depurazione era considerato canone e non tariffa.
Nel 1994 la legge n. 36 detta “legge Galli” ha avviato la ristrutturazione del comparto dei servizi idrici incidendo anche sulle tariffe idriche e sancendo (art. 13) il principio generale secondo cui “la tariffa costituisce il corrispettivo del servizio idrico come definito all'articolo 4, comma 1, lettera f)”, cioè del servizio “costituito dall'insieme dei servizi pubblici di captazione, adduzione e distribuzione di acqua ad usi civili, di fognatura e di depurazione delle acque reflue”.
Gli artt. 13 e 14 della legge n. 36 definiscono le linee fondamentali di un nuovo sistema tariffario unificato, che ha visto peraltro i natali dopo due anni con il varo del cosiddetto metodo tariffario unificato (DM 1 agosto 1996, recante Metodo normalizzato per la definizione delle componenti di costo e la determinazione della tariffa di riferimento del servizio idrico integrato).
Con l’applicazione della legge 36/94 si avrà quindi un’unica tariffa superando quindi l’attuale situazione, ancora in vigore, in cui le tariffe di acquedotto, fognatura e depurazione sono disciplinate in maniera differente.
La tariffa deve essere determinata tenendo conto della qualità della risorsa idrica e del servizio fornito, delle opere e degli adeguamenti necessari, dell'entità dei costi di gestione delle opere, dell'adeguatezza della remunerazione del capitale investito e dei costi di gestione delle aree di salvaguardia, in modo che sia assicurata la copertura integrale dei costi di investimento e di esercizio.
La tariffa di riferimento:
- è articolata per fasce territoriali, anche con riferimento a particolari situazioni idrogeologiche;
- costituisce la base per la determinazione della tariffa nonché per orientare e graduare nel tempo gli adeguamenti tariffari di legge;
- è applicata dai soggetti gestori, nel rispetto della convenzione di gestione e del relativo disciplinare;
- tiene conto, nelle successive determinazioni, degli obiettivi di miglioramento della produttività e della qualità del servizio fornito e del tasso di inflazione programmato.
Il passaggio dalla tariffa di riferimento a quella effettiva, avviene tramite una articolazione o modulazione per fasce di utenza in cui devono essere assicurate agevolazioni per i consumi domestici essenziali nonché per i consumi di determinate categorie secondo prefissati scaglioni di reddito. Per conseguire obiettivi di equa redistribuzione dei costi sono ammesse maggiorazioni di tariffa per le residenze secondarie e per gli impianti ricettivi stagionali.
L'eventuale modulazione della tariffa tra i comuni tiene conto degli investimenti effettuati dai comuni medesimi che risultino utili ai fini dell'organizzazione del servizio idrico integrato.
La quota di tariffa riferita al servizio di pubblica fognatura e di depurazione è dovuta dagli utenti anche nel caso in cui la fognatura sia sprovvista di impianti centralizzati di depurazione o questi siano temporaneamente inattivi. I relativi proventi devono affluire in un fondo vincolato e sono destinati esclusivamente alla realizzazione e alla gestione delle opere e degli impianti centralizzati di depurazione.
Al fine della determinazione della quota tariffaria per la fognatura e depurazione, il volume dell'acqua scaricata è determinato in misura pari al volume di acqua fornita, prelevata o comunque accumulata.
Nei casi in cui il servizio idrico integrato sia gestito da più soggetti, la tariffa idrica è riscossa dal soggetto che gestisce l’acquedotto, il quale poi provvede al riparto della stessa con gli altri gestori.
Il Decreto del Ministero del Lavori Pubblici del 1° agosto 1996 descrive la metodologia per il calcolo della tariffa di riferimento che con altre parole può essere definita la tariffa reale media della gestione.
Tale metodologia di calcolo fa riferimento al metodo di controllo tariffario dei "limiti di prezzo" anche detto “price-cap”.
Il sistema del price-cap di ispirazione inglese, introdotto nel nostro ordinamento dalla delibera CIP n. 34 del 18 dicembre 1991 (Nuova regolamentazione tariffaria delle aziende di pubblici servizi) consiste nello stabilire che la tariffa applicata da un gestore non possa aumentare più del tasso di inflazione e di una percentuale prefissata “K”. Generalmente nelle applicazioni del price-cap il valore di K dovrebbe essere negativo. Ma nel caso specifico del settore idrico gli ingenti investimenti che sono necessari per la creazione di un servizio efficace fanno si che il valore di K sia positivo..
La legge n. 36 del 1994 sta avendo una attuazione alquanto lunga, per cui – come si è detto - nei territori in cui la nuova normativa non trovava piena applicazione, in via transitoria, per la tariffa per la fognatura e la depurazione, il CIPE continua ad emanare disposizioni ad hoc[5].
Inoltre, un vero e proprio regime transitorio si è istaurato, parallelamente a quello disciplinato dal DM del 1996 (applicabile solo agli ATO che hanno affidato il servizio integrato, che in base ai dati dell’ultima relazione dell’Autorità di vigilanza sono – come si è detto sopra – solo 38).
Inoltre occorre considerare che, dal 1995 ad oggi, numerosi provvedimenti di blocco delle tariffe (per finalità antiinflazionistiche) hanno interferito con la disciplina che qui viene descritta.
Il regime transitorio è disciplinato da alcune delibere CIPE[6].
Le proposte di legge in esame prevedono un regime particolare per la gestione delle acque dei comuni montani, introducendo la possibilità di rendere facoltativa l'adesione alla gestione unica del servizio idrico integrato - prevista dalla legge n.36 del 1994 - da parte dei piccoli comuni inclusi nel territorio delle comunità montane, con popolazione fino a 1.000 abitanti (C.5568) o 3.000 abitanti (C.5829).
Le proposte di legge in esame intervengono sull’articolo 9 della legge n.36 del 1994, prevedendo delle modifiche a tale articolo
L’articolo 9 prevede che i comuni e le province di ciascun ambito territoriale ottimale entro il termine perentorio di sei mesi dalla delimitazione dell'ambito medesimo, organizzano il servizio idrico integrato, come definito dall'articolo 4, comma 1, lettera f), al fine di garantirne la gestione secondo criteri di efficienza, di efficacia e di economicità. I comuni e le province ai sensi del comma 2 provvedono alla gestione del servizio idrico integrato mediante le forme, anche obbligatorie, previste dalla legge 8 giugno 1990, n. 142. Al fine di salvaguardare le forme e le capacità gestionali degli organismi esistenti che rispondono a criteri di efficienza, di efficacia e di economicità, i comuni e le province possono provvedere alla gestione integrata del servizio idrico anche con una pluralità di soggetti e di forme tra quelle di cui al comma 2. In tal caso, i comuni e le province individuano il soggetto che svolge il compito di coordinamento del servizio ed adottano ogni altra misura di organizzazione e di integrazione delle funzioni fra la pluralità di soggetti gestori.
Le proposte disciplinano la facoltà dei comuni montani di non aderire al servizio idrico integrato aggiungendo due commi all’articolo 9, il comma 4-bis e il comma 4-ter.
Più in particolare, i due commi aggiuntivi prevedono che il Comune possa non aderire sia nel caso in cui non sia gia stato affidato il servizio ad un unico soggetto gestore sia nel caso in cui l’affidamento sia già avvenuto. In quest’ultimo caso, il comune che intende esercitare la possibilità di non aderire alla gestione unica deve darne comunicazione all’autorità d’ambito con un preavviso di sei mesi.
Nel caso in cui il comune eserciti la facoltà assegnata dalle proposte di legge, la gestione del servizio idrico spetterà all’azienda speciale, all’ente o al consorzio pubblico che si occupa in quel comune del servizio.
Sulle gestioni dei comuni che esercitano la facoltà prevista dalle proposte di legge in questione l’autorità d’ambito esercita funzioni di regolazione generale e di controllo sulla base di un contratto di servizio.
Le due proposte intervengono inoltre sul comma 1 dell’articolo 10 della legge “Galli”, il quale prevede la cessazione di tutte le gestioni esistenti a partire dal momento in cui il servizio idrico integrato sia affidato ad un unico soggetto. A seguito della facoltà concessa ai comuni montani viene infatti aggiunto un periodo, che fa salve le gestioni dei comuni montani che si pongono al di fuori del servizio idrico integrato.
La proposta di legge C.5568 propone invece una modifica all’articolo 13 della legge “Galli”, che, come già visto, disciplina la tariffa per il servizio idrico.
Ai sensi del comma 1, la tariffa costituisce il corrispettivo del servizio idrico come definito all'articolo 4, comma 1, lettera f). Il comma 2 prevede che la tariffa è determinata tenendo conto della qualità della risorsa idrica e del servizio fornito, delle opere e degli adeguamenti necessari, dell'entità dei costi di gestione delle opere, dell'adeguatezza della remunerazione del capitale investito e dei costi di gestione delle aree di salvaguardia, in modo che sia assicurata la copertura integrale dei costi di investimento e di esercizio. Ai sensi del comma 3, il Ministro dei lavori pubblici, di intesa con il Ministro dell'ambiente, su proposta del comitato di vigilanza di cui all'articolo 21, sentite le Autorità di bacino di rilievo nazionale, nonché la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, elabora un metodo normalizzato per definire le componenti di costo e determinare la tariffa di riferimento. La tariffa di riferimento è articolata per fasce di utenza e territoriali, anche con riferimento a particolari situazioni idrogeologiche ed in funzione del contenimento del consumo.Il comma 4 prevede che la tariffa di riferimento costituisce la base per la determinazione della tariffa nonché per orientare e graduare nel tempo gli adeguamenti tariffari derivanti dall'applicazione della presente legge. Ai sensi del comma 5, la tariffa è determinata dagli enti locali, anche in relazione al piano finanziario degli interventi relativi al servizio idrico di cui all'articolo 11, comma 3. Il comma 6 prevede che la tariffa è applicata dai soggetti gestori, nel rispetto della convenzione e del relativo disciplinare, mentre ai sensi del comma 7 nella modulazione della tariffa sono assicurate agevolazioni per i consumi domestici essenziali nonché per i consumi di determinate categorie secondo prefissati scaglioni di reddito e che - per conseguire obiettivi di equa redistribuzione dei costi -sono ammesse maggiorazioni di tariffa per le residenze secondarie e per gli impianti ricettivi stagionali. Il comma 8 prevede che per le successive determinazioni della tariffa si tiene conto degli obiettivi di miglioramento della produttività e della qualità del servizio fornito e del tasso di inflazione programmato. Infine, il comma 9 prevede che l'eventuale modulazione della tariffa tra i comuni tiene conto degli investimenti effettuati dai comuni medesimi che risultino utili ai fini dell'organizzazione del servizio idrico integrato.
La modifica proposta consiste nella possibilità di applicare riduzioni della tariffa da parte dei comuni delle comunità montane.
Più precisamente, i comuni fino a 1.500 abitanti potranno applicare riduzioni del 50%, quelli da 1.501 a 5.000 abitanti del 40 per cento e quelli sopra i 5.000 abitanti del 30 per cento.
Si osserva che, al comma 1, lettera c), della pdl AC 5568 si fa riferimento per tre volte (lettere a), b) e c) del comma 9-bis) a “comunità”, laddove il numero di abitanti andrebbe più correttamente riferito ai “comuni”.
Si osserva che – in virtù dei meccanismi vigenti di determinazione delle tariffe - le disposizioni immediatamente dispositive di riduzioni tariffarie produrrebbero un automatico innalzamento delle tariffe per gli altri comuni non inclusi nella comunità montana ma rientranti nello stesso ambito territoriale. Può segnalarsi che le citate disposizioni della lettera c) del comma 1, sembrano idonee a produrre effetti differenziati (anche fortemente differenziati) in base alla conformazione territoriale dell’ambito. Infatti in una ipotesi di ambito comprendente comuni prevalentemente non montani, le riduzioni tariffarie sarebbero limitate e da ripartire su un numero ampio di utenti. Al contrario, negli ambiti territoriali ottimali con comuni prevalentemente montani, gli oneri aggiuntivi a carico degli utenti non inclusi negli sconti tariffari sarebbe maggiore e (per di più) da ripartire su una platea più ristretta.
E’ inoltre previsto che i comuni delle comunità montane sotto i 1.000 abitanti possono applicare la riduzione tariffaria prevista solo se aderiscono al servizio idrico integrato. Pertanto la riduzione è alternativa alla possibilità di non aderire o di separarsi dall’ambito ottimale.
N. 5568
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CAMERA DEI DEPUTATI ¾¾¾¾¾¾¾¾ |
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PROPOSTA DI LEGGE |
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d’iniziativa dei deputati PAROLO, GUIDO ROSSI, CAPARINI ¾ |
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Modifiche alla legge
5 gennaio 1994, n. 36, in materia |
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Presentata il 27 gennaio 2005
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Onorevoli Colleghi! - La presente proposta di legge prevede un regime particolare per la gestione delle acque dei comuni montani introducendo la possibilità di rendere facoltativa l'adesione alla gestione unica del servizio idrico integrato da parte dei piccoli comuni inclusi nel territorio delle comunità montane, con popolazione fino a 1.000 abitanti.
L'applicazione della norma interesserebbe 1477 comuni, la maggior parte dei quali con popolazione inferiore a 600 abitanti, con una popolazione totale stimata in circa 800.000 abitanti ed una superficie territoriale complessiva pari a 25.593 chilometri quadrati.
Considerando la bassa densità abitativa di tali zone, che corrisponde a circa 31 abitanti per chilometro quadrato, risulta evidente che si tratta di territori economicamente svantaggiati, per i quali l'acqua rappresenta spesso la principale se non l'unica risorsa certa.
Per tali comuni la possibilità dell'autogestione del servizio idrico diventa inevitabile anche se a prima vista tale possibilità sembrerebbe contraria ai principi della legge 5 gennaio 1994, n. 36, recante «Disposizioni in materia di risorse idriche», circa la gestione integrata del servizio per tutto l'ambito territoriale.
Infatti, nei comuni montani è la stessa morfologia territoriale a rendereinefficace una gestione centralizzata che creerebbe inconvenienti e disservizi per gli utenti. Spesso si tratta di territori poco urbanizzati, con caratteristiche particolari, ove la limitata presenza dell'uomo, la bassa densità abitativa e la conseguente necessità di estendere le reti a vaste aree poco urbanizzate, rendono diseconomica la gestione del servizio idrico su base centralizzata.
Fino ad oggi i piccoli comuni di montagna hanno gestito in economia il proprio servizio idrico e gli stessi cittadini o l'amministrazione comunale si sono adoperati per preservare le condutture idriche dalle intemperie invernali. L'adesione obbligatoria al servizio idrico integrato e la gestione del servizio da parte di un unico gestore centrale sta rompendo l'equilibrio fragile dell'economia locale dei piccoli comuni di montagna e richiede un immediato intervento legislativo.
La presente proposta di legge, nel rendere facoltativa l'adesione al servizio idrico integrato da parte dei piccoli comuni di montagna, prevede tuttavia un coordinamento da parte dell'autorità d'ambito, che esercita funzioni di regolazione generale e di controllo, sulla base di un contratto di servizio. Peraltro la possibilità di gestioni plurime del servizio, previo coordinamento unitario da parte di un unico soggetto, è già prevista dall'articolo 9, comma 4, della legge n. 36 del 1994, proprio per venire incontro ad esigenze territoriali particolari.
Inoltre, per incentivare l'adesione al servizio integrato da parte dei piccoli comuni di montagna, la presente proposta di legge prevede agevolazioni tariffarie per il servizio idrico integrato, fatto salvo, ovviamente, il bilancio paritario di gestione dell'intero ambito.
Una diversificazione della tariffa idrica è prevista per tutti i comuni facenti parte delle comunità montane, ritenendo opportuna un'articolazione della tariffa per fasce territoriali, sia sulla base della disponibilità territoriale della risorsa idrica - quale caratteristica principale dei comuni facenti parte delle comunità montane - sia sulla base della popolazione comunale. Del resto, la stessa legge n. 36 del 1994, all'articolo 1, comma 1, fa riferimento al principio di solidarietà per la definizione della gestione del servizio idrico integrato.
Si auspica un celere esame della presente proposta di legge per permettere una corretta applicazione dei princìpi della legge n. 36 del 1994 senza stravolgere la già critica economia locale dei comuni di montagna.
proposta di legge ¾¾¾
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Art. 1. (Modifiche alla legge 5 gennaio 1994, n. 36). 1. Alla legge 5 gennaio 1994, n. 36, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni: a) all'articolo 9 sono aggiunti, in fine, i seguenti commi: «4-bis. Per i comuni con popolazione fino a 1.000 abitanti inclusi nel territorio delle comunità montane, l'adesione al servizio idrico integrato è facoltativa. Ove il comune non aderisca, il nuovo soggetto gestore non subentra all'azienda speciale, all'ente o al consorzio pubblico esercente il servizio. I comuni di cui al primo periodo possono, altresì, ritirare la propria adesione al servizio idrico integrato previo preavviso di sei mesi all'autorità d'ambito. 4-ter. Sulle gestioni di cui al comma 4-bis l'autorità d'ambito esercita funzioni di regolazione generale e di controllo, sulla base di un contratto di servizio»; b) all'articolo 10, comma 1, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Sono comunque fatte salve le gestioni ai sensi dell'articolo 9, comma 4-bis»; c) all'articolo 13 sono aggiunti, in fine, i seguenti commi: «9-bis. Nell'ambito dell'articolazione per fasce territoriali, sono previste specifiche agevolazioni per i comuni ricadenti nelle comunità montane mediante l'applicazione di riduzioni della tariffa d'ambito, nelle misure di seguito indicate: a) comunità fino a 1.500 abitanti, 50 per cento; b) comunità da 1.501 a 5.000 abitanti, 40 per cento; c) comunità sopra i 5.000 abitanti, 30 per cento. 9-ter. I comuni di cui all'articolo 9, comma 4-bis, applicano la riduzione di cui al comma 9-bis, lettera a), qualora aderiscano al servizio idrico integrato». Art. 2. (Entrata in vigore). 1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.
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N. 5829
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CAMERA DEI DEPUTATI ¾¾¾¾¾¾¾¾ |
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PROPOSTA DI LEGGE |
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d’iniziativa del deputato ZANETTA ¾ |
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Modifiche alla legge 5 gennaio 1994, n. 36, in materia di gestione delle acque nei comuni montani |
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Presentata il5 maggio 2005
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Onorevoli Colleghi! - La presente proposta di legge prevede un regime particolare per la gestione delle acque dei comuni montani introducendo la possibilità di rendere facoltativa l'adesione alla gestione unica del servizio idrico integrato da parte dei piccoli comuni inclusi nel territorio delle comunità montane, con popolazione fino e 3.000 abitanti. Per tali comuni la possibilità dell'autogestione del servizio idrico diventa inevitabile, in quanto si tratta di territori economicamente svantaggiati, per i quali l'acqua rappresenta spesso la principale se non l'unica risorsa certa. Nei comuni montani è infatti la stessa morfologia territoriale a rendere inefficace una gestione centralizzata che creerebbe inconvenienti e disservizi per gli utenti.
La presente proposta di legge, nel rendere facoltativa l'adesione al servizio idrico integrato da parte dei piccoli comuni di montagna, prevede tuttavia un coordinamento da parte dell'Autorità d'ambito, che esercita funzioni di regolazione generale e di controllo, sulla base di un contratto di servizio. Peraltro, la possibilità di gestioni plurime del servizio, previo coordinamento unitario da parte di un unico soggetto, è già prevista dall'articolo 9, comma 4, della legge 5 gennaio 1994, n. 36, proprio per venire incontro a esigenze territoriali particolari.
proposta di legge ¾¾¾
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Art. 1. (Modifiche alla legge 5 gennaio 1994, n. 36). 1. Alla legge 5 gennaio 1994, n. 36, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni: a) all'articolo 9 sono aggiunti, in fine, i seguenti commi: «4-bis. Per i comuni con popolazione fino a 3.000 abitanti inclusi nel territorio delle comunità montane ai sensi dell'articolo 1, comma 3, della legge 31 gennaio 1994, n. 97, l'adesione al servizio idrico integrato è facoltativa. Ove il comune non aderisca, il nuovo soggetto gestore non subentra all'azienda speciale, all'ente o al consorzio pubblico esercente il servizio. I comuni di cui al primo periodo possono, altresì, ritirare la propria adesione al servizio idrico integrato previo preavviso di sei mesi all'Autorità d'ambito. 4-ter. Sulle gestioni di cui al comma 4-bis l'Autorità d'ambito esercita funzioni di regolazione generale e di controllo, sulla base di un apposito contratto di servizio»; b) all'articolo 10, comma 1, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Sono comunque fatte salve le gestioni ai sensi dell'articolo 9, comma 4-bis». Art. 2. (Entrata in vigore). 1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.
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Cost. 27 dicembre 1947.
Costituzione della Repubblica italiana. (art.
117)
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(1) La Costituzione fu approvata dall'Assemblea Costituente il 22 dicembre 1947, promulgata dal Capo provvisorio dello Stato il 27 dicembre 1947, pubblicata nella Gazz. Uff. 27 dicembre 1947, n. 298, ediz. straord., ed entrò in vigore il 1° gennaio 1948. Vedi XVIII disp. trans. fin., comma primo.
(omissis)
117. La potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto della Costituzione, nonché dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali.
Lo Stato ha legislazione esclusiva nelle seguenti materie:
a) politica estera e rapporti internazionali dello Stato; rapporti dello Stato con l'Unione europea; diritto di asilo e condizione giuridica dei cittadini di Stati non appartenenti all'Unione europea;
b) immigrazione;
c) rapporti tra la Repubblica e le confessioni religiose;
d) difesa e Forze armate; sicurezza dello Stato; armi, munizioni ed esplosivi;
e) moneta, tutela del risparmio e mercati finanziari; tutela della concorrenza; sistema valutario; sistema tributario e contabile dello Stato; perequazione delle risorse finanziarie;
f) organi dello Stato e relative leggi elettorali; referendum statali; elezione del Parlamento europeo;
g) ordinamento e organizzazione amministrativa dello Stato e degli enti pubblici nazionali;
h) ordine pubblico e sicurezza, ad esclusione della polizia amministrativa locale;
i) cittadinanza, stato civile e anagrafi;
l) giurisdizione e norme processuali; ordinamento civile e penale; giustizia amministrativa;
m) determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale;
n) norme generali sull'istruzione;
o) previdenza sociale;
p) legislazione elettorale, organi di governo e funzioni fondamentali di Comuni, Province e Città metropolitane;
q) dogane, protezione dei confini nazionali e profilassi internazionale;
r) pesi, misure e determinazione del tempo; coordinamento informativo statistico e informatico dei dati dell'amministrazione statale, regionale e locale; opere dell'ingegno;
s) tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali.
Sono materie di legislazione concorrente quelle relative a: rapporti internazionali e con l'Unione europea delle Regioni; commercio con l'estero; tutela e sicurezza del lavoro; istruzione, salva l'autonomia delle istituzioni scolastiche e con esclusione della istruzione e della formazione professionale; professioni; ricerca scientifica e tecnologica e sostegno all'innovazione per i settori produttivi; tutela della salute; alimentazione;
ordinamento sportivo; protezione civile; governo del territorio; porti e aeroporti civili; grandi reti di trasporto e di navigazione; ordinamento della comunicazione; produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia; previdenza complementare e integrativa; armonizzazione dei bilanci pubblici e coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario; valorizzazione dei beni culturali e ambientali e promozione e organizzazione di attività culturali; casse di risparmio, casse rurali, aziende di credito a carattere regionale; enti di credito fondiario e agrario a carattere regionale. Nelle materie di legislazione concorrente spetta alle Regioni la potestà legislativa, salvo che per la determinazione dei princìpi fondamentali, riservata alla legislazione dello Stato.
Spetta alle Regioni la potestà legislativa in riferimento ad ogni materia non espressamente riservata alla legislazione dello Stato.
Le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, nelle materie di loro competenza, partecipano alle decisioni dirette alla formazione degli atti normativi comunitari e provvedono all'attuazione e all'esecuzione degli accordi internazionali e degli atti dell'Unione europea, nel rispetto delle norme di procedura stabilite da legge dello Stato, che disciplina le modalità di esercizio del potere sostitutivo in caso di inadempienza.
La potestà regolamentare spetta allo Stato nelle materie di legislazione esclusiva, salva delega alle Regioni. La potestà regolamentare spetta alle Regioni in ogni altra materia. I Comuni, le Province e le Città metropolitane hanno potestà regolamentare in ordine alla disciplina dell'organizzazione e dello svolgimento delle funzioni loro attribuite.
Le leggi regionali rimuovono ogni ostacolo che impedisce la piena parità degli uomini e delle donne nella vita sociale, culturale ed economica e promuovono la parità di accesso tra donne e uomini alle cariche elettive.
La legge regionale ratifica le intese della Regione con altre Regioni per il migliore esercizio delle proprie funzioni, anche con individuazione di organi comuni.
Nelle materie di sua competenza la Regione può concludere accordi con Stati e intese con enti territoriali interni ad altro Stato, nei casi e con le forme disciplinati da leggi dello Stato (143).
(omissis)
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(143) Articolo così sostituito dall'art. 3, L.Cost. 18 ottobre 2001, n. 3. Per l'attuazione del presente articolo vedi la L. 5 giugno 2003, n. 131.
L. 5
gennaio 1994, n. 36.
Disposizioni in materia di risorse idriche.
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(1) Pubblicata nella Gazz. Uff. 19 gennaio 1994, n. 14, S.O.
(1/a) La regione Sicilia, con l'art. 8, L.R. 7 marzo 1997, n. 6, ha apportato modifiche alla presente legge. In appendice alla suddetta legge regionale è riportato il testo della presente legge, aggiornato con le modifiche disposte da detto art. 8, la cui validità è pertanto circoscritta unicamente alla regione Sicilia.
(1/circ) Con riferimento al presente provvedimento sono state emanate le seguenti istruzioni:
- Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio: Circ. 17 ottobre 2001, n. GAB/2001/11559/B01;
- Ministero dell'economia e delle finanze: Ris. 9 luglio 2002, n. 222/E;
- Ministero delle finanze: Circ. 23 aprile 1996, n. 98/E; Circ. 29 ottobre 1996, n. 263/E.
Capo I - Princìpi generali
1. Tutela e uso delle risorse idriche.
1. Tutte le acque superficiali e sotterranee, ancorché non estratte dal sottosuolo, sono pubbliche e costituiscono una risorsa che è salvaguardata ed utilizzata secondo criteri di solidarietà (1/cost).
2. Qualsiasi uso delle acque è effettuato salvaguardando le aspettative ed i diritti delle generazioni future a fruire di un integro patrimonio ambientale (1/cost).
3. Gli usi delle acque sono indirizzati al risparmio e al rinnovo delle risorse per non pregiudicare il patrimonio idrico, la vivibilità dell'ambiente, l'agricoltura, la fauna e la flora acquatiche, i processi geomorfologici e gli equilibri idrologici.
4. Le acque termali, minerali e per uso geotermico sono disciplinate da leggi speciali.
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(1/cost) La Corte costituzionale, con sentenza 10-19 luglio 1996, n. 259 (Gazz. Uff. 31 luglio 1996, n. 31, Serie speciale), ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 1, comma 1, sollevata in riferimento agli artt. 2, 3 e 42 della Costituzione.
(1/cost) La Corte costituzionale, con sentenza 10-19 luglio 1996, n. 259 (Gazz. Uff. 31 luglio 1996, n. 31, Serie speciale), ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 1, comma 1, sollevata in riferimento agli artt. 2, 3 e 42 della Costituzione.
2. Usi delle acque.
1. L'uso dell'acqua per il consumo umano è prioritario rispetto agli altri usi del medesimo corpo idrico superficiale o sotterraneo. Gli altri usi sono ammessi quando la risorsa è sufficiente e a condizione che non ledano la qualità dell'acqua per il consumo umano.
2. Con decreto emanato, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, dal Ministro dell'ambiente, di concerto con il Ministro dei lavori pubblici, ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400 (2), è adottato il regolamento per la disciplina delle modificazioni artificiali della fase atmosferica del ciclo naturale dell'acqua.
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(2) Riportata alla voce Ministeri: provvedimenti generali.
3. Equilibrio del bilancio idrico.
1. L'Autorità di bacino competente definisce ed aggiorna periodicamente il bilancio idrico diretto ad assicurare l'equilibrio fra le disponibilità di risorse reperibili o attivabili nell'area di riferimento ed i fabbisogni per i diversi usi, nel rispetto dei criteri e degli obiettivi di cui agli articoli 1 e 2.
2. Per assicurare l'equilibrio tra risorse e fabbisogni, l'Autorità di bacino competente adotta, per quanto di competenza, le misure per la pianificazione dell'economia idrica in funzione degli usi cui sono destinate le risorse.
3. Nei bacini idrografici caratterizzati da consistenti prelievi o da trasferimenti, sia a valle che oltre la linea di displuvio, le derivazioni sono regolate in modo da garantire il livello di deflusso necessario alla vita negli alvei sottesi e tale da non danneggiare gli equilibri degli ecosistemi interessati.
4. Competenze dello Stato.
1. Il Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Comitato dei ministri per i servizi tecnici nazionali e gli interventi nel settore della difesa del suolo, di cui all'articolo 4, comma 2, della L. 18 maggio 1989, n. 183 (3), e successive modificazioni, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, nell'esercizio delle funzioni di cui al medesimo articolo 4 della citata legge n. 183 del 1989 (3), con propri decreti determina:
a) le direttive generali e di settore per il censimento delle risorse idriche, per la disciplina dell'economia idrica e per la protezione delle acque dall'inquinamento;
b) le metodologie generali per la programmazione della razionale utilizzazione delle risorse idriche e le linee della programmazione degli usi plurimi delle risorse idriche;
c) i criteri e gli indirizzi per la programmazione dei trasferimenti di acqua per il consumo umano di cui all'articolo 17;
d) le metodologie ed i criteri generali per la revisione e l'aggiornamento del piano regolatore generale degli acquedotti, e successive varianti, di cui alla legge 4 febbraio 1963, n. 129 (4), e successive modificazioni, da effettuarsi su scala di bacino salvo quanto previsto all'articolo 17;
e) le direttive ed i parametri tecnici per la individuazione delle aree a rischio di crisi idrica con finalità di prevenzione delle emergenze idriche;
f) i criteri per la gestione del servizio idrico integrato, costituito dall'insieme dei servizi pubblici di captazione, adduzione e distribuzione di acqua ad usi civili, di fognatura e di depurazione delle acque reflue;
g) i livelli minimi dei servizi che devono essere garantiti in ciascun ambito territoriale ottimale di cui all'articolo 8, comma 1, nonché i criteri e gli indirizzi per la gestione dei servizi di approvvigionamento, di captazione e di accumulo per usi diversi da quello potabile;
h) meccanismi ed istituti di conguaglio a livello di bacino ai fini del riequilibrio tariffario;
i) i sistemi già esistenti che rispondano all'obiettivo di cui all'articolo 17, ai fini dell'applicazione del medesimo articolo (4/a).
2. Per lo svolgimento delle attività di cui al comma 1, il Comitato dei ministri di cui all'articolo 4, comma 2, della citata legge n. 183 del 1989 (3), e successive modificazioni, senza oneri ulteriori a carico del bilancio dello Stato, si avvale del supporto tecnico e amministrativo del dipartimento per i servizi tecnici nazionali della Presidenza del Consiglio dei ministri, della direzione generale della difesa del suolo del Ministero dei lavori pubblici e del servizio per la tutela delle acque, la disciplina dei rifiuti, il risanamento del suolo e la prevenzione dell'inquinamento di natura fisica del Ministero dell'ambiente.
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(3) Riportata alla voce Ministero dell'ambiente.
(4) Riportata al n. A/IX.
(4/a) Vedi, anche, il D.P.C.M. 4 marzo 1996, riportato al n. A/XXXIV.
5. Risparmio idrico.
1. Le regioni prevedono norme e misure volte a favorire la riduzione dei consumi e l'eliminazione degli sprechi ed in particolare a:
a) migliorare la manutenzione delle reti di adduzione e di distribuzione di acque a qualsiasi uso destinate al fine di ridurre le perdite;
b) realizzare, in particolare nei nuovi insediamenti abitativi, commerciali e produttivi di rilevanti dimensioni, reti duali di adduzione al fine dell'utilizzo di acque meno pregiate per usi compatibili;
c) promuovere l'informazione e la diffusione di metodi e tecniche di risparmio idrico domestico e nei settori industriale, terziario ed agricolo;
d) installare contatori per il consumo dell'acqua in ogni singola unità abitativa nonché contatori differenziali per le attività produttive e del settore terziario esercitate nel contesto urbano;
e) realizzare nei nuovi insediamenti sistemi di collettamento differenziali per le acque piovane e per le acque reflue (4/b).
1-bis. Gli strumenti urbanistici, compatibilmente con l'assetto urbanistico e territoriale e con le risorse finanziarie disponibili, prevedono reti duali al fine dell'utilizzo di acque meno pregiate, nonché tecniche di risparmio della risorsa. Il comune rilascia la concessione edilizia se il progetto prevede l'installazione di contatori per ogni singola unità abitativa, nonché il collegamento a reti duali, ove già disponibili (4/c).
2. Entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, con decreto del Ministro dei lavori pubblici, emanato ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400 (5), è adottato un regolamento per la definizione dei criteri e del metodo in base ai quali valutare le perdite degli acquedotti e delle fognature. Entro il mese di febbraio di ciascun anno, i soggetti gestori dei servizi idrici trasmettono al Ministero dei lavori pubblici i risultati delle rilevazioni eseguite con la predetta metodologia (5/a).
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(4/b) Comma così sostituito dall'art. 25, D.Lgs. 11 maggio 1999, n. 152, riportato alla voce Sanità pubblica.
(4/c) Comma aggiunto dall'art. 25, D.Lgs. 11 maggio 1999, n. 152, riportato alla voce Sanità pubblica.
(5) Riportata alla voce Ministeri: provvedimenti generali.
(5/a) Per il regolamento, vedi il D.M. 8 gennaio 1997, n. 99, riportato al n. A/XXXV.
6. Modalità per il riutilizzo delle acque reflue.
1. Con decreto del Ministro dell'ambiente, di concerto con il Ministro per le politiche agricole, della sanità, dell'industria, del commercio e dell'artigianato, dei lavori pubblici e d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano sono definite norme tecniche per il riutilizzo delle acque reflue (5/b).
2. Le regioni adottano norme e misure volte a favorire il riciclo dell'acqua e il riutilizzo delle acque reflue depurate mediante le quali sono in particolare:
a) indicate le migliori tecniche disponibili per la progettazione e l'esecuzione delle infrastrutture nel rispetto delle norme tecniche emanate ai sensi del comma 1;
b) indicate le modalità del coordinamento interregionale anche al fine di servire vasti bacini di utenza ove vi siano grandi impianti di depurazione di acque reflue;
c) previsti incentivi e agevolazioni alle imprese che adottano impianti di riciclo o riutilizzo (5/c).
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(5/b) In attuazione di quanto disposto dal presente comma vedi il D.M. 12 giugno 2003, n. 185.
(5/c) Articolo così sostituito dall'art. 26, D.Lgs. 11 maggio 1999, n. 152, riportato alla voce Sanità pubblica.
7. Trattamento delle acque reflue urbane.
1. Il Ministro dell'ambiente, di concerto con i Ministri della sanità, dell'industria, del commercio e dell'artigianato e dei lavori pubblici, previo parere vincolante della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, con proprio decreto predispone il programma nazionale di attuazione della direttiva 91/271/CEE del Consiglio, del 21 maggio 1991, concernente il trattamento delle acque reflue urbane. Il programma definisce le direttive, i criteri e gli indirizzi affinché i comuni siano provvisti di reti fognarie e le acque reflue urbane siano depurate secondo le modalità e le norme tecniche stabilite dalla medesima direttiva.
2. Il Ministro dell'ambiente, con proprio decreto emanato di concerto con i Ministri della sanità, dell'industria, del commercio e dell'artigianato e dei lavori pubblici, entro diciotto mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, provvede all'attuazione della citata direttiva 91/271/CEE in conformità alla legislazione vigente in materia di tutela delle acque dall'inquinamento.
3. I decreti di cui ai commi 1 e 2 sono emanati ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400 (5).
4. Il Ministro dell'ambiente, nell'ambito della relazione sullo stato dell'ambiente, riferisce al Parlamento sullo stato di attuazione della citata direttiva 91/271/CEE e della relativa normativa di recepimento. Il Ministro dell'ambiente provvede altresì ad informare le Comunità europee ed a fornire le altre comunicazioni previste dalla medesima direttiva. A tali fini, il Ministro dell'ambiente promuove e organizza la raccolta presso i comuni, le province e le regioni di tutti i dati necessari.
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(5) Riportata alla voce Ministeri: provvedimenti generali.
Capo II - Servizio idrico integrato
8. Organizzazione territoriale del servizio idrico integrato.
1. I servizi idrici sono riorganizzati sulla base di ambiti territoriali ottimali delimitati secondo i seguenti criteri:
a) rispetto dell'unità del bacino idrografico o del sub-bacino o dei bacini idrografici contigui, tenuto conto delle previsioni e dei vincoli contenuti nei piani regionali di risanamento delle acque di cui alla legge 10 maggio 1976, n. 319 (6), e successive modificazioni, e nel piano regolatore generale degli acquedotti, nonché della localizzazione delle risorse e dei loro vincoli di destinazione, anche derivanti da consuetudine, in favore dei centri abitati interessati;
b) superamento della frammentazione delle gestioni;
c) conseguimento di adeguate dimensioni gestionali, definite sulla base di parametri fisici, demografici, tecnici e sulla base delle ripartizioni politico-amministrative (6/a).
2. Le regioni, sentite le province interessate, nonché le province autonome di Trento e di Bolzano, nell'ambito delle attività di programmazione e di pianificazione previste dagli articoli 3 e 17 della legge 18 maggio 1989, n. 183 (7), e successive modificazioni, entro il termine di sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, provvedono alla delimitazione degli ambiti territoriali ottimali. Nei bacini idrografici di rilievo nazionale, ai sensi della citata legge n. 183 del 1989 (8), le regioni, sentite le province interessate, nonché le province autonome di Trento e di Bolzano provvedono alla delimitazione degli ambiti territoriali ottimali dopo aver sottoposto il progetto di delimitazione all'Autorità di bacino per la determinazione di competenza ai sensi dell'articolo 12, comma 4, della citata legge n. 183 del 1989 (8) (8/a).
3. Qualora, nei bacini che non siano di rilievo nazionale, un acquedotto in regime di servizio pubblico, per concessione assentita o consuetudine, convogli risorse idriche derivate o captate in territori comunali ricadenti in più regioni, la delimitazione degli ambiti territoriali ottimali di cui al comma 1 è effettuata d'intesa tra le regioni interessate (8/a).
4. Le regioni, sentite le province interessate, nonché le province autonome di Trento e di Bolzano, d'intesa tra loro o singolarmente, nonché l'Autorità di bacino, nell'ambito delle attività previste dagli articoli 3 e 17 della citata legge n. 183 del 1989 (8), e successive modificazioni, per le finalità di cui alla presente legge provvedono nei bacini idrografici di loro competenza all'aggiornamento del piano regolatore generale degli acquedotti su scala di bacino ed alla programmazione degli interventi attuativi occorrenti in conformità alle procedure previste dalla medesima legge n. 183 del 1989 (8) (8/a).
5. Le regioni, sentite le province, nonché le province autonome di Trento e di Bolzano, stabiliscono norme integrative per il controllo degli scarichi degli insediamenti civili e produttivi allacciati alle pubbliche fognature, per la funzionalità degli impianti di pretrattamento e per il rispetto dei limiti e delle prescrizioni previsti dalle relative autorizzazioni (8/a).
6. Nei bacini di rilievo nazionale sono fatte salve le competenze statali di cui all'articolo 91, numero 4), del D.P.R. 24 luglio 1977, n. 616 (9), esercitate dal Ministro dei lavori pubblici, su proposta dell'Autorità di bacino (9/a).
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(6) Riportata alla voce Sanità pubblica.
(6/a) La Corte costituzionale, con sentenza 24 novembre-7 dicembre 1994, n. 412 (Gazz. Uff. 14 dicembre 1994, n. 51 - Serie speciale), ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 8, commi 1, 2, 3, 4 e 5 nella parte in cui si estende alle Province autonome di Trento e di Bolzano, e dell'art. 30, comma 1, lettere b) e c), della stessa legge, nella parte in cui prevede l'intervento di organismi statali senza ricorrere all'intesa con le Province autonome e al di fuori del piano generale provinciale, anche quando non si tratti di grandi derivazioni a scopo idroelettrico.
(7) Riportata alla voce Ministero dell'ambiente.
(8) Riportata alla voce Ministero dell'ambiente.
(8/a) Vedi la nota 6/a all'art. 8.
(8/a) Vedi la nota 6/a all'art. 8.
(9) Riportato alla voce Regioni.
(9/a) Vedi, anche, il comma 4 dell'art. 141, L. 23 dicembre 2000, n. 388.
9. Disciplina della gestione del servizio idrico integrato.
1. I comuni e le province di ciascun ambito territoriale ottimale di cui all'articolo 8, entro il termine perentorio di sei mesi dalla delimitazione dell'ambito medesimo, organizzano il servizio idrico integrato, come definito dall'articolo 4, comma 1, lettera f), al fine di garantirne la gestione secondo criteri di efficienza, di efficacia e di economicità.
2. I comuni e le province provvedono alla gestione del servizio idrico integrato mediante le forme, anche obbligatorie, previste dalla legge 8 giugno 1990, n. 142 (10), come integrata dall'articolo 12, L. 23 dicembre 1992, n. 498 (11).
3. Per le finalità di cui al presente articolo, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, entro il termine di sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, disciplinano, ai sensi della L. 8 giugno 1990, n. 142 (10), e successive modificazioni, le forme ed i modi della cooperazione tra gli enti locali ricadenti nel medesimo ambito ottimale. Nei casi in cui la forma di cooperazione sia attuata per gli effetti dell'articolo 24 della L. 8 giugno 1990, n. 142 (10), le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano individuano gli enti locali partecipanti, l'ente locale responsabile del coordinamento, gli adempimenti e i termini previsti per la stipulazione delle convenzioni di cui all'articolo 24, comma 1, della L. 8 giugno 1990, n. 142 (10). Dette convenzioni determinano in particolare le procedure che dovranno essere adottate per l'assegnazione della gestione del servizio idrico, le forme di vigilanza e di controllo, nonché gli altri elementi indicati all'articolo 24, comma 2, della legge 8 giugno 1990, n. 142 (10). Decorso inutilmente il termine fissato dalle regioni e dalle province autonome, provvedono queste ultime in sostituzione degli enti inadempienti.
4. Al fine di salvaguardare le forme e le capacità gestionali degli organismi esistenti che rispondono a criteri di efficienza, di efficacia e di economicità, i comuni e le province possono provvedere alla gestione integrata del servizio idrico anche con una pluralità di soggetti e di forme tra quelle di cui al comma 2. In tal caso, i comuni e le province individuano il soggetto che svolge il compito di coordinamento del servizio ed adottano ogni altra misura di organizzazione e di integrazione delle funzioni fra la pluralità di soggetti gestori.
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(10) Riportata alla voce Comuni e province.
(11) Riportata alla voce Amministrazione del patrimonio e contabilità generale dello Stato.
10. Gestioni esistenti.
1. Le aziende speciali, gli enti ed i consorzi pubblici esercenti i servizi, anche in economia, esistenti alla data di entrata in vigore della presente legge, continuano a gestire i servizi loro affidati fino alla organizzazione del servizio idrico integrato secondo le modalità di cui all'articolo 9.
2. Le aziende speciali, gli enti e i consorzi pubblici esercenti i servizi, anche in economia, di cui al comma 1, ove ne sia deliberato lo scioglimento, confluiscono nel soggetto gestore del servizio idrico integrato, secondo le modalità e le forme stabilite nella convenzione. Il nuovo soggetto gestore subentra agli enti preesistenti nei termini e con le modalità previste nella convenzione e nel relativo disciplinare.
3. Le società e le imprese consortili concessionarie di servizi alla data di entrata in vigore della presente legge ne mantengono la gestione fino alla scadenza della relativa concessione.
4. Alla scadenza delle concessioni di cui al comma 3, i beni e gli impianti delle imprese già concessionarie sono trasferiti direttamente agli enti locali concedenti nei limiti e nelle forme di legge, se non diversamente disposto dalla convenzione.
5. Entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, con decreto del Ministro dei lavori pubblici, emanato d'intesa con il Ministro del tesoro, sentiti il Ministro dell'ambiente e le regioni interessate, nonché le competenti Commissioni parlamentari, nel limite degli ordinari stanziamenti di bilancio, si provvede al riassetto funzionale ed organizzativo degli enti gestori di servizi di cui all'articolo 4, comma 1, lettera f), sottoposti a vigilanza statale, ridefinendone la natura giuridica e le competenze territoriali, nel rispetto dei criteri e delle modalità di gestione dei servizi di cui alla presente legge.
6. Gli impianti di acquedotto, fognatura e depurazione gestiti dai consorzi per le aree ed i nuclei di sviluppo industriale di cui all'articolo 50 del testo unico delle leggi sugli interventi nel Mezzogiorno, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 6 marzo 1978, n. 218 (12), e successive modificazioni, e da altri consorzi di diritto pubblico, nel rispetto dell'unità di gestione, entro il 31 dicembre 1995 sono trasferiti al gestore del servizio idrico integrato dell'ambito territoriale ottimale nel quale ricadono in tutto o per la maggior parte i territori serviti, secondo un piano adottato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dei lavori pubblici, di concerto con il Ministro dell'ambiente, sentite le regioni, le province e gli enti interessati.
7. Nel caso in cui le regioni, le province o altri enti pubblici siano titolari di servizi di cui all'articolo 4, comma 1, lettera f), essi ne affidano la gestione nelle forme previste dall'articolo 22, comma 3, lettere b), c) ed e), della legge 8 giugno 1990, n. 142 (13).
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(12) Riportato alla voce Cassa per il Mezzogiorno.
(13) Riportata alla voce Comuni e province.
11. Rapporti tra enti locali e soggetti gestori del servizio idrico integrato.
1. La regione adotta una convenzione tipo e relativo disciplinare per regolare i rapporti tra gli enti locali di cui all'articolo 9 ed i soggetti gestori dei servizi idrici integrati, in conformità ai criteri ed agli indirizzi di cui all'articolo 4, comma 1, lettere f) e g).
2. La convenzione tipo prevede, in particolare:
a) il regime giuridico prescelto per la gestione del servizio;
b) l'obbligo del raggiungimento dell'equilibrio economico-finanziario della gestione;
c) la durata dell'affidamento, non superiore comunque a trenta anni;
d) i criteri per definire il piano economico-finanziario per la gestione integrata del servizio;
e) le modalità di controllo del corretto esercizio del servizio;
f) il livello di efficienza e di affidabilità del servizio da assicurare all'utenza anche con riferimento alla manutenzione degli impianti;
g) la facoltà di riscatto da parte degli enti locali secondo i princìpi di cui al titolo I, capo II, del regolamento approvato con decreto del Presidente della Repubblica 4 ottobre 1986, n. 902 (14);
h) l'obbligo di restituzione delle opere, degli impianti e delle canalizzazioni dei servizi di cui all'articolo 4, comma 1, lettera f), oggetto dell'esercizio, in condizioni di efficienza ed in buono stato di conservazione;
i) idonee garanzie finanziarie e assicurative;
l) le penali, le sanzioni in caso di inadempimento e le condizioni di risoluzione secondo i princìpi del codice civile;
m) i criteri e le modalità di applicazione delle tariffe determinate dagli enti locali e del loro aggiornamento, anche con riferimento alle diverse categorie di utenze.
3. Ai fini della definizione dei contenuti della convenzione di cui al comma 2, i comuni e le province operano la ricognizione delle opere di adduzione, di distribuzione, di fognatura e di depurazione esistenti e definiscono le procedure e le modalità, anche su base pluriennale, per assicurare il conseguimento degli obiettivi previsti dalla presente legge. A tal fine predispongono, sulla base dei criteri e degli indirizzi fissati dalle regioni, un programma degli interventi necessari accompagnato da un piano finanziario e dal connesso modello gestionale ed organizzativo. Il piano finanziario indica, in particolare, le risorse disponibili, quelle da reperire nonché i proventi da tariffa, come definiti all'articolo 13, per il periodo considerato.
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(14) Riportato alla voce Municipalizzazione di pubblici servizi.
12. Dotazioni dei soggetti gestori del servizio idrico integrato.
1. Le opere, gli impianti e le canalizzazioni relativi ai servizi di cui all'articolo 4, comma 1, lettera f), di proprietà degli enti locali o affidati in dotazione o in esercizio ad aziende speciali e a consorzi, salvo diverse disposizioni della convenzione, sono affidati in concessione al soggetto gestore del servizio idrico integrato, il quale ne assume i relativi oneri nei termini previsti dalla convenzione e dal relativo disciplinare.
2. Le immobilizzazioni, le attività e le passività relative ai servizi di cui all'articolo 4, comma 1, lettera f), ivi compresi gli oneri relativi all'ammortamento dei mutui, sono trasferite al soggetto gestore del servizio idrico integrato.
3. Le regioni e, compatibilmente con le attribuzioni previste dai rispettivi statuti e dalle relative norme di attuazione, le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano disciplinano forme e modalità per il trasferimento ai soggetti gestori del servizio idrico integrato del personale appartenente alle amministrazioni comunali, dei consorzi, delle aziende speciali e di altri enti pubblici già adibito ai servizi di cui all'articolo 4, comma 1, lettera f), della presente legge, alla data del 31 dicembre 1992. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano provvedono con legge al trasferimento del personale ai nuovi gestori del servizio idrico integrato; tale trasferimento avviene nella posizione giuridica rivestita dal personale stesso presso l'ente di provenienza. Nel caso di passaggio di dipendenti di enti pubblici e di aziende municipalizzate o consortili a società private che esercitano le medesime funzioni, si applica, ai sensi dell'articolo 62 del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29 (15), la disciplina del trasferimento di azienda di cui all'articolo 2112 del codice civile.
4. Il soggetto gestore del servizio idrico integrato, previo consenso della provincia e del comune già titolare, può gestire altri servizi pubblici, oltre a quello idrico, ma con questo compatibili, anche se non estesi all'intero ambito territoriale ottimale.
5. Il servizio elettrico gestito, alla data di entrata in vigore della presente legge, ai sensi dell'articolo 4, numero 5), della legge 6 dicembre 1962, n. 1643 (16), e dell'articolo 21 della legge 9 gennaio 1991, n. 9 (17), da aziende esercenti anche servizi di cui all'articolo 4, comma 1, lettera f), della presente legge può essere trasferito, con autorizzazione del Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato, previo consenso del comune titolare della concessione di esercizio elettrico, al soggetto gestore del servizio idrico integrato.
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(15) Riportato alla voce Impiegati civili dello Stato.
(16) Riportata alla voce Ente nazionale per la cellulosa e per la carta.
(17) Riportata alla voce Ministero dell'ambiente.
13. Tariffa del servizio idrico.
1. La tariffa costituisce il corrispettivo del servizio idrico come definito all'articolo 4, comma 1, lettera f).
2. La tariffa è determinata tenendo conto della qualità della risorsa idrica e del servizio fornito, delle opere e degli adeguamenti necessari, dell'entità dei costi di gestione delle opere, dell'adeguatezza della remunerazione del capitale investito e dei costi di gestione delle aree di salvaguardia, in modo che sia assicurata la copertura integrale dei costi di investimento e di esercizio.
3. Il Ministro dei lavori pubblici, di intesa con il Ministro dell'ambiente, su proposta del comitato di vigilanza di cui all'articolo 21, sentite le Autorità di bacino di rilievo nazionale, nonché la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, elabora un metodo normalizzato per definire le componenti di costo e determinare la tariffa di riferimento. La tariffa di riferimento è articolata per fasce di utenza e territoriali, anche con riferimento a particolari situazioni idrogeologiche ed in funzione del contenimento del consumo (17/a).
4. La tariffa di riferimento costituisce la base per la determinazione della tariffa nonché per orientare e graduare nel tempo gli adeguamenti tariffari derivanti dall'applicazione della presente legge.
5. La tariffa è determinata dagli enti locali, anche in relazione al piano finanziario degli interventi relativi al servizio idrico di cui all'articolo 11, comma 3.
6. La tariffa è applicata dai soggetti gestori, nel rispetto della convenzione e del relativo disciplinare.
7. Nella modulazione della tariffa sono assicurate agevolazioni per i consumi domestici essenziali nonché per i consumi di determinate categorie secondo prefissati scaglioni di reddito. Per conseguire obiettivi di equa redistribuzione dei costi sono ammesse maggiorazioni di tariffa per le residenze secondarie e per gli impianti ricettivi stagionali.
8. Per le successive determinazioni della tariffa si tiene conto degli obiettivi di miglioramento della produttività e della qualità del servizio fornito e del tasso di inflazione programmato.
9. L'eventuale modulazione della tariffa tra i comuni tiene conto degli investimenti effettuati dai comuni medesimi che risultino utili ai fini dell'organizzazione del servizio idrico integrato (17/b).
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(17/a) Comma così modificato dall'art. 25, D.Lgs. 11 maggio 1999, n. 152, riportato alla voce Sanità pubblica.
(17/b) Vedi, anche, l'art. 3, commi 42-47, L. 28 dicembre 1995, n. 549, riportata alla voce Amministrazione del patrimonio e contabilità generale dello Stato. Inoltre, con D.M. 1° agosto 1996 (Gazz. Uff. 16 ottobre 1996, n. 243) è stato approvato il metodo normalizzato per la definizione delle componenti di costo e la determinazione della tariffa di riferimento del servizio idrico integrato.
14. Tariffa del servizio di fognatura e depurazione.
1. La quota di tariffa riferita al servizio di pubblica fognatura e di depurazione è dovuta dagli utenti anche nel caso in cui la fognatura sia sprovvista di impianti centralizzati di depurazione o questi siano temporaneamente inattivi. I relativi proventi, determinati ai sensi dell'articolo 3, commi da 42 a 47, della legge 28 dicembre 1995, n. 549, aumentati della percentuale di cui al punto 2.3 della delibera CIPE 4 aprile 2001, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 165 del 18 luglio 2001, affluiscono a un fondo vincolato a disposizione dei soggetti gestori del Servizio idrico integrato la cui utilizzazione è vincolata alla attuazione del piano d'àmbito (17/b).
1-bis. I comuni già provvisti di impianti centralizzati di depurazione funzionanti, che non si trovino in condizione di dissesto, destinano i proventi derivanti dal canone di depurazione e fognatura prioritariamente alla gestione e manutenzione degli impianti medesimi (17/c).
2. Gli utenti tenuti all'obbligo di versamento della tariffa riferita al servizio di pubblica fognatura, di cui al comma 1, sono esentati dal pagamento di qualsivoglia altra tariffa eventualmente dovuta al medesimo titolo ad altri enti.
3. Al fine della determinazione della quota tariffaria di cui al presente articolo, il volume dell'acqua scaricata è determinato in misura pari al volume di acqua fornita, prelevata o comunque accumulata.
4. Per le utenze industriali la quota tariffaria di cui al presente articolo è determinata sulla base della qualità e della quantità delle acque reflue scaricate. È fatta salva la possibilità di determinare una quota tariffaria ridotta per le utenze che provvedono direttamente alla depurazione e che utilizzano la pubblica fognatura.
4-bis. Allo scopo di incentivare il riutilizzo di acqua reflua o già usata nel ciclo produttivo, la tariffa per le utenze industriali è ridotta in funzione dell'utilizzo nel processo produttivo di acqua reflua o già usata. La riduzione si determina applicando alla tariffa un correttivo che tiene conto della quantità di acqua riutilizzata e della quantità delle acque primarie impiegate (17/d).
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(17/b) Vedi, anche, l'art. 3, commi 42-47, L. 28 dicembre 1995, n. 549, riportata alla voce Amministrazione del patrimonio e contabilità generale dello Stato. Inoltre, con D.M. 1° agosto 1996 (Gazz. Uff. 16 ottobre 1996, n. 243) è stato approvato il metodo normalizzato per la definizione delle componenti di costo e la determinazione della tariffa di riferimento del servizio idrico integrato.
(17/c) Comma aggiunto dall'art. 31, comma 31, L. 23 dicembre 1998, n. 448, riportata alla voce Amministrazione del patrimonio e contabilità generale dello Stato.
(17/d) Comma aggiunto dall'art. 26, D.Lgs. 11 maggio 1999, n. 152, riportato alla voce Sanità pubblica.
15. Riscossione della tariffa.
1. In attuazione delle disposizioni di cui all'articolo 12, comma 5, della legge 23 dicembre 1992, n. 498 (18), la tariffa è riscossa dal soggetto che gestisce il servizio idrico integrato come definito all'articolo 4, comma 1, lettera f), della presente legge.
2. Qualora il servizio idrico sia gestito separatamente, per effetto di particolari convenzioni e concessioni, la relativa tariffa è riscossa dal soggetto che gestisce il servizio di acquedotto, il quale provvede al successivo riparto tra i diversi gestori entro trenta giorni dalla riscossione (18/a).
2-bis. Il pagamento del corrispettivo dei servizi di depurazione e fognatura deve essere effettuato dal diverso gestore entro sessanta giorni dal ricevimento delle fatture per effetto del riparto (18/b).
2-ter. Previa richiesta del gestore del servizio di acquedotto e contestuale versamento degli interessi, calcolati con l'applicazione del tasso legale aumentato di due punti, il termine di pagamento, di cui al comma 2-bis, è differito di un anno dal ricevimento delle fatture (18/c).
2-quater. Per omesso o ritardato pagamento oltre l'anno dall'emissione delle fatture è dovuta una penalità pari al 10 per cento dell'importo dovuto, oltre agli interessi (18/d).
2-quinquies. Per le fatture o per i corrispettivi dovuti per il servizio di depurazione e fognatura maturati prima del 1° gennaio 2003 il termine di pagamento è fissato al 31 dicembre 2003 (18/e).
3. Con apposita convenzione, sottoposta al controllo della regione, sono definiti i rapporti tra i diversi gestori per il riparto delle spese di riscossione.
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(18) Riportata alla voce Amministrazione del patrimonio e contabilità generale dello Stato.
(18/a) Vedi, anche, l'art. 1, D.M. 24 ottobre 2000, n. 370.
(18/b) Comma aggiunto dall'art. 77, L. 27 dicembre 2002, n. 289.
(18/c) Comma aggiunto dall'art. 77, L. 27 dicembre 2002, n. 289.
(18/d) Comma aggiunto dall'art. 77, L. 27 dicembre 2002, n. 289.
(18/e) Comma aggiunto dall'art. 77, L. 27 dicembre 2002, n. 289.
16. Opere di adeguamento del servizio idrico.
1. Ciascun ente locale ha facoltà di realizzare le opere necessarie per provvedere all'adeguamento del servizio idrico in relazione ai piani urbanistici, previa convenzione con il soggetto gestore del servizio medesimo, al quale le opere sono affidate in gestione.
17. Opere e interventi per il trasferimento di acqua.
1. Ai fini di pianificare l'utilizzo delle risorse idriche nei casi di cui all'articolo 4, comma 1, lettere c) e i), della presente legge, laddove il fabbisogno comporti o possa comportare il trasferimento di acqua tra regioni diverse e ciò travalichi i comprensori di riferimento dei bacini idrografici istituiti a norma della legge 18 maggio 1989, n. 183 (19), e successive modificazioni, le Autorità di bacino di rilievo nazionale e le regioni interessate, in quanto titolari, in forma singola o associata, dei poteri di Autorità di bacino, di rilievo regionale o interregionale, promuovono accordi di programma ai sensi dell'articolo 27, L. 8 giugno 1990, n. 142 (20), salvaguardando in ogni caso le finalità di cui all'articolo 3 della presente legge. A tal fine il Ministro dei lavori pubblici assume le opportune iniziative anche su richiesta di una Autorità di bacino o di una regione interessata, fissando un termine per definire gli accordi.
2. Gli accordi di programma di cui al comma 1, su proposta delle Autorità di bacino e delle regioni interessate per competenza, sono approvati dal Comitato dei ministri di cui all'articolo 4, comma 2, della citata legge n. 183 del 1989 (19), e successive modificazioni, nel quadro dei programmi triennali di intervento di cui all'articolo 21 della medesima legge.
3. Nell'ambito dell'accordo di programma sono stabiliti criteri e modalità per la esecuzione e la gestione degli interventi.
4. In caso di inerzia, di mancato accordo o di mancata attuazione dell'accordo stesso, il Presidente del Consiglio dei ministri, in via sostitutiva, su proposta del Ministro dei lavori pubblici, previo congruo preavviso, sottopone al Comitato dei ministri di cui all'articolo 4, comma 2, della citata legge n. 183 del 1989 (19), e successive modificazioni, l'accordo di programma o le misure necessarie alla sua attuazione.
5. Le opere e gli impianti necessari per le finalità di cui al presente articolo sono dichiarati di interesse nazionale. La loro realizzazione e gestione possono essere poste anche a totale carico dello Stato, previa deliberazione del Comitato interministeriale per la programmazione economica (CIPE), su proposta del Ministro dei lavori pubblici, al quale compete altresì definire la convenzione tipo, le direttive per la concessione delle acque ai soggetti utilizzatori, nonché l'affidamento per la realizzazione e la gestione delle opere e degli impianti medesimi.
6. Le opere e gli interventi relativi al trasferimento di acqua di cui al presente articolo sono sottoposti alla preventiva valutazione di impatto ambientale, secondo quanto previsto dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 10 agosto 1988, n. 377 (21), e successive modificazioni.
7. L'approvazione degli accordi di programma di cui al comma 2 comporta variante al piano regolatore generale degli acquedotti.
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(19) Riportata alla voce Ministero dell'ambiente.
(20) Riportata alla voce Comuni e province.
(21) Riportato alla voce Ministero dell'ambiente.
18. Canoni per le utenze di acqua pubblica.
1. Ferme restando le esenzioni vigenti, dal 1° gennaio 1994 i canoni annui relativi alle utenze di acqua pubblica, previsti dall'articolo 35 del testo unico delle disposizioni di legge sulle acque e sugli impianti elettrici, approvato con regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775 (22), e successive modificazioni, costituiscono il corrispettivo per gli usi delle acque prelevate e sono così stabiliti:
a) per ogni modulo di acqua ad uso di irrigazione, lire 70.400, ridotte alla metà se le colature ed i residui di acqua sono restituiti anche in falda;
b) per ogni ettaro, per irrigazione di terreni con derivazione non suscettibile di essere fatta a bocca tassata, lire 640;
c) per ogni modulo di acqua assentito per il consumo umano, lire 3 milioni;
d) per ogni modulo di acqua assentito ad uso industriale, lire 22 milioni, assumendosi ogni modulo pari a tre milioni di metri cubi annui. Il canone è ridotto del 50 per cento se il concessionario attua un riuso delle acque a ciclo chiuso reimpiegando le acque risultanti a valle del processo produttivo o se restituisce le acque di scarico con le medesime caratteristiche qualitative di quelle prelevate. Le disposizioni di cui al comma 5 dell'art. 12, D.L. 27 aprile 1990, n. 90 (23), convertito, con modificazioni, dalla L. 26 giugno 1990, n. 165, e successive modificazioni, non si applicano limitatamente al canone di cui alla presente lettera;
e) per ogni modulo di acqua per la pescicoltura, l'irrigazione di attrezzature sportive e di aree destinate a verde pubblico, lire 500.000;
f) per ogni kilowatt di potenza nominale concessa o riconosciuta, per le concessioni di derivazione ad uso idroelettrico lire 20.467. È abrogato l'articolo 32 della legge 9 gennaio 1991, n. 9 (19), e successive modificazioni;
g) per ogni modulo di acqua ad uso igienico ed assimilati, concernente l'utilizzo dell'acqua per servizi igienici e servizi antincendio, ivi compreso quello relativo ad impianti sportivi, industrie e strutture varie qualora la richiesta di concessione riguardi solo tale utilizzo, per impianti di autolavaggio e lavaggio strade e comunque per tutti gli usi non previsti alle precedenti lettere, lire 1.500.000 (23/a).
2. Gli importi dei canoni di cui al comma 1 non possono essere inferiori a lire 500.000 per derivazioni per il consumo umano e a lire 3 milioni per derivazioni per uso industriale.
3. È istituito un fondo speciale per il finanziamento degli interventi relativi al risparmio idrico e al riuso delle acque reflue, nonché alle finalità di cui alla legge 18 maggio 1989, n. 183 (19), e successive modificazioni. Le maggiori entrate derivanti dall'applicazione del presente articolo e quelle derivanti da eventuali maggiorazioni dei canoni rispetto a quelli in atto alla data di entrata in vigore della presente legge sono conferite al fondo di cui al presente comma. Le somme sono ripartite con delibera del CIPE, su proposta del Ministro dei lavori pubblici (23/b) (23/c).
4. A far data dal 1° gennaio 1994 l'articolo 2 della legge 16 maggio 1970, n. 281 (24), non si applica per le concessioni di acque pubbliche. A decorrere dalla medesima data le regioni possono istituire un'addizionale fino al 10 per cento dell'ammontare dei canoni di cui al comma 1. I proventi derivanti dall'addizionale di tali canoni affluiscono in un fondo vincolato e sono destinati in via prioritaria alle attività di ricognizione delle opere e di programmazione degli interventi di cui al comma 3 dell'articolo 11 della presente legge, qualora non ancora effettuate (24/a).
5. Con decreto del Ministro delle finanze, di concerto con il Ministro del tesoro, da emanare entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono definite le modalità per l'applicazione del presente articolo e per l'aggiornamento triennale dei canoni tenendo conto del tasso di inflazione programmato e delle finalità di cui alla presente legge (24/b).
6. È abrogato il comma 1 dell'articolo 5 del D.L. 15 settembre 1990, n. 261 (25), convertito, con modificazioni, dalla legge 12 novembre 1990, n. 331.
7. Al comma 2 dell'articolo 2 della legge 23 dicembre 1992, n. 498 (26), le parole da: «Le maggiori risorse» fino a: «delle sostanze disperse.» sono soppresse.
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(22) Riportato al n. A/III.
(23) Riportato alla voce Imposte e tasse in genere.
(19) Riportata alla voce Ministero dell'ambiente.
(23/a) Per le modalità di aggiornamento dei canoni di cui al presente comma vedi l'art. 3, D.M. 25 febbraio 1997, n. 90, in nota al quale sono altresì indicati i successivi aggiornamenti.
(23/b) Comma così modificato dall'art. 28, L. 30 aprile 1999, n. 136, riportata alla voce Case popolari ed economiche.
(23/c) Con D.P.R. 18 novembre 1997 (Gazz. Uff. 2 gennaio 1998, n. 1) e con D.P.R. 9 aprile 1999 (Gazz. Uff. 18 giugno 1999, n. 141), sono stati approvati la finalizzazione ed il riparto delle somme di cui al fondo speciale previsto dal presente comma.
(24) Riportata alla voce Regioni.
(24/a) Periodo aggiunto dall'art. 28, L. 30 aprile 1999, n. 136, riportata alla voce Case popolari ed economiche.
(24/b) Per il regolamento, vedi il D.M. 25 febbraio 1997, n. 90, riportato al n. A/XXXV.
(25) Riportato alla voce Finanza locale.
(26) Riportata alla voce Amministrazione del patrimonio e contabilità generale dello Stato.
19. Poteri sostitutivi.
1. Qualora la regione non individui nel termine di cui all'articolo 8, comma 2, gli ambiti territoriali ottimali, il Presidente del Consiglio dei ministri, previa congrua diffida, su proposta del Ministro dei lavori pubblici, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, adotta i provvedimenti sostitutivi.
2. Nei casi in cui le intese o gli accordi previsti dalla presente legge non siano conseguiti dalle regioni interessate, previa congrua diffida, il Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dei lavori pubblici, provvede, su istanza anche di una sola delle regioni interessate, sentita l'Autorità di bacino.
3. La regione, nella convenzione tipo di cui all'articolo 11, prevede l'esercizio di poteri sostitutivi e gli interventi necessari qualora siano accertate gravi irregolarità, inadempienze ed in qualsiasi altro caso in cui la gestione del servizio idrico non possa essere proseguita.
20. Concessione della gestione del servizio idrico a soggetti non appartenenti alla pubblica amministrazione.
1. La concessione a terzi della gestione del servizio idrico, nei casi previsti dalla presente legge, è soggetta alle disposizioni dell'appalto pubblico di servizi degli enti erogatori di acqua in conformità alle vigenti direttive della Comunità europea in materia, secondo modalità definite con decreto del Ministro dei lavori pubblici, di concerto con il Ministro dell'ambiente. Non sono applicabili le norme relative agli importi degli appalti, ivi compreso il limite di importo della concessione medesima (26/a).
2. I concessionari e gli affidatari del servizio idrico diversi dalle pubbliche amministrazioni e dalle relative aziende speciali sono considerati come operatori in virtù di diritti speciali o esclusivi ai sensi della direttiva 90/531/CEE del Consiglio, del 17 settembre 1990, e successive modificazioni.
3. Qualora la gestione di servizi idrici rientri nell'oggetto di una concessione di costruzione e gestione, le relative attività sono assoggettate alla disciplina vigente in materia di appalti di lavori pubblici.
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(26/a) In attuazione di quanto disposto dal presente comma, vedi il D.M. 22 novembre 2001.
Capo III - Vigilanza, controlli e partecipazione
21. Comitato per la vigilanza sull'uso delle risorse idriche.
1. Al fine di garantire l'osservanza dei princìpi di cui all'articolo 9, con particolare riferimento all'efficienza, all'efficacia ed all'economicità del servizio, alla regolare determinazione ed al regolare adeguamento delle tariffe sulla base dei criteri fissati dal Comitato interministeriale dei prezzi (CIP), nonché alla tutela dell'interesse degli utenti, è istituito, presso il Ministero dei lavori pubblici, il Comitato per la vigilanza sull'uso delle risorse idriche, di seguito denominato «Comitato».
2. Il Comitato è composto da sette membri, nominati con decreto del Ministro dei lavori pubblici, di concerto con il Ministro dell'ambiente. Di tali componenti, tre sono designati dalla Conferenza dei presidenti delle regioni e delle province autonome e quattro - di cui uno con funzioni di presidente individuato con il medesimo decreto - sono scelti tra persone particolarmente esperte in materia di tutela ed uso delle acque, sulla base di specifiche esperienze e conoscenze del settore.
3. I membri del Comitato durano in carica cinque anni e non possono essere confermati. Qualora siano dipendenti pubblici, essi sono collocati fuori ruolo o, se professori universitari, sono collocati in aspettativa per l'intera durata del mandato. Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dei lavori pubblici, di concerto con i Ministri dell'ambiente e del tesoro, è determinato il trattamento economico spettante ai membri del Comitato.
4. Per l'espletamento dei propri compiti e per lo svolgimento di funzioni ispettive, il Comitato si avvale di una segreteria tecnica, costituita nell'ambito della direzione generale della difesa del suolo del Ministero dei lavori pubblici, nonché della collaborazione delle Autorità di bacino. Esso può richiedere di avvalersi, altresì, dell'attività ispettiva e di verifica di altre amministrazioni.
5. Il Comitato definisce, d'intesa con le regioni e con le province autonome di Trento e di Bolzano, i programmi di attività e le iniziative da porre in essere a garanzia degli interessi degli utenti per il perseguimento delle finalità di cui al comma 1, anche mediante la cooperazione con organi di garanzia eventualmente istituiti dalle regioni e dalle province autonome competenti.
22. Osservatorio dei servizi idrici.
1. Per l'espletamento dei propri compiti il Comitato si avvale di un Osservatorio dei servizi idrici, di seguito denominato «Osservatorio». L'Osservatorio, mediante la costituzione e la gestione di una banca dati in connessione con i sistemi informativi delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano, delle Autorità di bacino e dei soggetti pubblici che detengono informazioni nel settore, svolge funzioni di raccolta, elaborazione e restituzione di dati statistici e conoscitivi, in particolare, in materia di:
a) censimento dei soggetti gestori dei servizi idrici e relativi dati dimensionali, tecnici e finanziari di esercizio;
b) convenzioni e condizioni generali di contratto per l'esercizio dei servizi idrici;
c) modelli adottati di organizzazione, di gestione, di controllo e di programmazione dei servizi e degli impianti;
d) livelli di qualità dei servizi erogati;
e) tariffe applicate;
f) piani di investimento per l'ammodernamento degli impianti e lo sviluppo dei servizi.
2. I soggetti gestori dei servizi idrici trasmettono periodicamente all'Osservatorio, alle regioni e alle province autonome di Trento e di Bolzano i dati e le informazioni di cui al comma 1. L'Osservatorio ha, altresì, facoltà di acquisire direttamente le notizie relative ai servizi idrici ai fini della proposizione innanzi agli organi giurisdizionali competenti, da parte del Comitato, dell'azione avverso gli atti posti in essere in violazione della presente legge, nonché dell'azione di responsabilità nei confronti degli amministratori e di risarcimento dei danni a tutela dei diritti dell'utente.
3. Sulla base dei dati acquisiti, l'Osservatorio effettua, su richiesta del Comitato, elaborazioni al fine, tra l'altro, di:
a) definire indici di produttività per la valutazione della economicità delle gestioni a fronte dei servizi resi;
b) individuare livelli tecnologici e modelli organizzativi ottimali dei servizi;
c) definire parametri di valutazione per il controllo delle politiche tariffarie praticate, anche a supporto degli organi decisionali in materia di fissazione di tariffe e dei loro adeguamenti, verificando il rispetto dei criteri fissati in materia dai competenti organi statali;
d) individuare situazioni di criticità e di irregolarità funzionale dei servizi o di inosservanza delle prescrizioni normative vigenti in materia, per l'azione di vigilanza a tutela dell'utente;
e) promuovere la sperimentazione e l'adozione di tecnologie innovative;
f) verificare la fattibilità e la congruità dei programmi di investimento in relazione alle risorse finanziarie e alla politica tariffaria;
g) realizzare quadri conoscitivi di sintesi sulla base dei quali il Comitato predispone una relazione annuale al Parlamento sullo stato dei servizi idrici.
4. L'Osservatorio assicura l'accesso generalizzato, anche per via informatica, ai dati raccolti e alle elaborazioni effettuate per la tutela degli interessi degli utenti.
5. Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dei lavori pubblici, formulata d'intesa con il Ministro del tesoro e con il Ministro per la funzione pubblica, ai sensi dell'articolo 6, comma 3, del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29 (27), è approvata la consistenza della dotazione organica della segreteria tecnica del Comitato e dell'Osservatorio, cui sono preposti due dirigenti, rispettivamente, del ruolo amministrativo e tecnico del Ministero dei lavori pubblici. Per l'espletamento dei propri compiti, l'Osservatorio può avvalersi della consulenza di esperti nel settore e stipulare convenzioni con enti pubblici di ricerca e con società specializzate.
6. All'onere derivante dalla costituzione e dal funzionamento del Comitato e dell'Osservatorio, pari a lire 700 milioni per il 1993 e a lire 1.750 milioni annue a decorrere dal 1994, si provvede mediante riduzione dello stanziamento iscritto al capitolo 1124 dello stato di previsione del Ministero dei lavori pubblici per l'anno 1993 e corrispondenti capitoli per gli esercizi successivi.
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(27) Riportato alla voce Impiegati civili dello Stato.
23. Partecipazione, garanzia e informazione degli utenti.
1. Le società miste e le società concessionarie del servizio idrico integrato possono emettere prestiti obbligazionari sottoscrivibili esclusivamente dagli utenti con facoltà di conversione in azioni semplici o di risparmio. Nel caso di aumento del capitale sociale, una quota non inferiore al 10 per cento è offerta in sottoscrizione agli utenti del servizio.
2. Ciascun gestore dei servizi idrici integrati assicura l'informazione agli utenti, promuove iniziative per la diffusione della cultura dell'acqua e garantisce l'accesso dei cittadini alle informazioni inerenti ai servizi gestiti nell'ambito di propria competenza, alle tecnologie impiegate, al funzionamento degli impianti, alla quantità e qualità delle acque fornite e trattate.
3. Il Ministro dei lavori pubblici, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, nell'ambito delle rispettive competenze, assicurano la pubblicità dei progetti concernenti opere idrauliche che comportano o presuppongono grandi e piccole derivazioni, opere di sbarramento o di canalizzazione, nonché la perforazione di pozzi. A tal fine, le amministrazioni competenti curano la pubblicazione delle domande di concessione, contestualmente all'avvio del procedimento, oltre che nelle forme previste dall'articolo 7 del testo unico delle disposizioni di legge sulle acque e sugli impianti elettrici, approvato con regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775 (28), e successive modificazioni, anche mediante pubblicazione per estratto sulla Gazzetta Ufficiale e su almeno un quotidiano a diffusione nazionale e un quotidiano a diffusione locale.
4. Chiunque può prendere visione presso i competenti uffici del Ministero dei lavori pubblici, delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano di tutti i documenti, gli atti, gli studi e i progetti inerenti alle domande di concessione di cui al comma 3 del presente articolo, ai sensi della L. 7 agosto 1990, n. 241 (29).
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(28) Riportato al n. A/III.
(29) Riportata alla voce Ministeri: provvedimenti generali.
24. Gestione delle aree di salvaguardia.
1. Per assicurare la tutela delle aree di salvaguardia delle risorse idriche destinate al consumo umano, il gestore del servizio idrico integrato può stipulare convenzioni con lo Stato, le regioni, gli enti locali, le associazioni e le università agrarie titolari di demani collettivi, per la gestione diretta dei demani pubblici o collettivi ricadenti nel perimetro delle predette aree, nel rispetto della protezione della natura e tenuto conto dei diritti di uso civico esercitati.
2. La quota di tariffa riferita ai costi per la gestione delle aree di salvaguardia, in caso di trasferimenti di acqua da un ambito territoriale ottimale all'altro, è versata alla comunità montana, ove costituita, o agli enti locali nel cui territorio ricadono le derivazioni; i relativi proventi sono utilizzati ai fini della tutela e del recupero delle risorse ambientali.
25. Disciplina delle acque nelle aree protette.
1. Nell'ambito delle aree naturali protette nazionali e regionali, l'ente gestore dell'area protetta, sentita l'Autorità di bacino, definisce le acque sorgive, fluenti e sotterranee necessarie alla conservazione degli ecosistemi, che non possono essere captate.
2. Il riconoscimento e la concessione preferenziale delle acque superficiali o sorgentizie che hanno assunto natura pubblica per effetto dell'articolo 1, nonché le concessioni in sanatoria, sono rilasciati su parere dell'Ente gestore dell'area naturale protetta. Gli enti gestori di aree protette verificano le captazioni e le derivazioni già assentite all'interno delle aree protette e richiedono all'autorità competente la modifica delle quantità di rilascio qualora riconoscano alterazioni degli equilibri biologici dei corsi d'acqua oggetto di captazione, senza che ciò possa dar luogo alla corresponsione di indennizi da parte della Pubblica amministrazione, fatta salva la relativa riduzione del canone demaniale di concessione (29/a).
3. [Le captazioni prive di regolare titolo, o per le quali non è stata presentata domanda, sono immediatamente interrotte a spese dell'utente responsabile] (29/b).
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(29/a) Il presente comma, modificato dall'art. 15, D.L. 8 agosto 1994, n. 507, riportato al n. A/XXXIII e dall'art. 28, comma 3, L. 30 aprile 1999, n. 136, riportata alla voce Case popolari ed economiche è stato così sostituito dal comma 9-quater dell'articolo 23, D.Lgs. 11 maggio 1999, n. 152, aggiunto dall'art. 7, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 258.
(29/b) Comma abrogato dall'art. 23, comma 9-quinquies, D.Lgs. 11 maggio 1999, n. 152, nel testo integrato dall'art. 7, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 258.
26. Controlli.
1. Per assicurare la fornitura di acqua di buona qualità e per il controllo degli scarichi nei corpi ricettori, ciascun gestore di servizio idrico si dota di un adeguato servizio di controllo territoriale e di un laboratorio di analisi per i controlli di qualità delle acque alla presa, nelle reti di adduzione e di distribuzione, nei potabilizzatori e nei depuratori, ovvero stipula apposita convenzione con altri soggetti gestori di servizi idrici. Restano ferme le competenze amministrative e le funzioni di controllo sulla qualità delle acque e sugli scarichi nei corpi idrici stabilite dalla normativa vigente e quelle degli organismi tecnici preposti a tali funzioni.
2. Coloro che si approvvigionano in tutto o in parte di acqua da fonti diverse dal pubblico acquedotto sono tenuti a denunciare al soggetto gestore del servizio idrico il quantitativo prelevato nei termini e secondo le modalità previste dalla normativa per la tutela delle acque dall'inquinamento.
3. Le sanzioni previste dall'articolo 21 del decreto del Presidente della Repubblica 24 maggio 1988, n. 236 (30), si applicano al responsabile della gestione dell'acquedotto soltanto nel caso in cui, dopo la comunicazione dell'esito delle analisi, egli non abbia tempestivamente adottato le misure idonee ad adeguare la qualità dell'acqua o a prevenire il consumo o l'erogazione di acqua non idonea (30/cost).
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(30) Riportato alla voce Alimenti, bevande, oggetti di uso domestico e sostanze agrarie (Igiene e repressione delle frodi in materia di).
(30/cost) La Corte costituzionale, con sentenza 18-26 luglio 1996, n. 317 (Gazz. Uff. 21 agosto 1996, n. 34, Serie speciale), ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 26, terzo comma, sollevata in riferimento agli artt. 3 e 11 della Costituzione.
Capo IV - Usi produttivi delle risorse idriche
27. Usi delle acque irrigue e di bonifica.
1. I consorzi di bonifica ed irrigazione, nell'ambito delle competenze definite dalla legge, hanno facoltà di realizzare e gestire le reti a prevalente scopo irriguo, gli impianti per l'utilizzazione in agricoltura di acque reflue, gli acquedotti rurali e gli altri impianti funzionali ai sistemi irrigui e di bonifica e, previa domanda alle competenti autorità, corredata dal progetto di massima delle opere da realizzare, hanno facoltà di utilizzare le acque fluenti nei canali e nei cavi consortili per usi che comportino la restituzione delle acque e siano compatibili con le successive utilizzazioni, ivi compresi la produzione di energia idroelettrica e l'approvvigionamento di imprese produttive. L'autorità competente esprime entro sessanta giorni la propria determinazione. Il predetto termine è interrotto una sola volta qualora l'amministrazione richieda integrazioni della documentazione allegata alla domanda, decorrendo nuovamente nei limiti di trenta giorni dalla data di presentazione della documentazione integrativa. Trascorso tale termine, la diversa utilizzazione si intende consentita. Per tali usi i consorzi sono obbligati al pagamento dei relativi canoni per le quantità di acqua corrispondenti, applicandosi anche in tali ipotesi le disposizioni di cui al secondo comma dell'articolo 36 del testo unico delle disposizioni di legge sulle acque e sugli impianti elettrici, approvato con regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775 (31).
2. I rapporti tra i consorzi di bonifica ed irrigazione ed i soggetti che praticano gli usi di cui al comma 1 sono regolati dalle disposizioni di cui al capo I del titolo VI del regio decreto 8 maggio 1904, n. 368 (32).
3. Chiunque, non associato ai consorzi di bonifica ed irrigazione, utilizza canali consortili o acque irrigue come recapito di scarichi, anche se depurati e compatibili con l'uso irriguo, provenienti da insediamenti di qualsiasi natura, deve contribuire alle spese consortili in proporzione al beneficio ottenuto.
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(31) Riportato al n. A/III.
(32) Riportato alla voce Bonifica.
28. Usi agricoli delle acque.
1. Nei periodi di siccità e comunque nei casi di scarsità di risorse idriche, durante i quali si procede alla regolazione delle derivazioni in atto, deve essere assicurata, dopo il consumo umano, la priorità dell'uso agricolo.
2. Nell'ipotesi in cui, ai sensi dell'articolo 3, comma 3, della presente legge, si proceda alla regolazione delle derivazioni, l'amministrazione competente, sentiti i soggetti titolari delle concessioni di derivazione, assume il relativo provvedimento in conformità alle determinazioni adottate dal Comitato dei ministri di cui all'articolo 4, comma 2, della legge 18 maggio 1989, n. 183 (33), e successive modificazioni.
3. La raccolta di acque piovane in invasi e cisterne al servizio di fondi agricoli o di singoli edifici è libera.
4. La raccolta di cui al comma 3 non richiede licenza o concessione di derivazione di acque; la realizzazione dei relativi manufatti è regolata dalle leggi in materia di edilizia, di costruzioni nelle zone sismiche, di dighe e sbarramenti e dalle altre leggi speciali.
5. L'utilizzazione delle acque sotterranee per gli usi domestici come definiti dall'articolo 93, secondo comma, del testo unico delle disposizioni di legge sulle acque e sugli impianti elettrici, approvato con regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775 (34), resta disciplinata dalla medesima disposizione, purché non comprometta l'equilibrio del bilancio idrico di cui all'articolo 3.
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(33) Riportata alla voce Ministero dell'ambiente.
(34) Riportato al n. A/III.
29. Acque per usi industriali.
1. Al primo comma dell'articolo 21 del testo unico delle disposizioni di legge sulle acque e sugli impianti elettrici, approvato con regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775 (34), come modificato dall'articolo 6 del decreto legislativo 12 luglio 1993, n. 275, le parole: «per usi industriali diversi» sono soppresse.
2. (35).
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(34) Riportato al n. A/III.
(35) Aggiunge un comma, dopo il primo, all'art. 21, R.D. 11 dicembre 1933, n. 1775, riportato al n. A/III.
30. Utilizzazione delle acque destinate ad uso idroelettrico.
1. Tenuto conto dei princìpi di cui alla presente legge e del piano energetico nazionale, nonché degli indirizzi per gli usi plurimi delle risorse idriche di cui all'articolo 4, comma 1, lettera b), della presente legge, il CIPE, su iniziativa del Comitato dei ministri di cui all'articolo 4, comma 2, della legge 18 maggio 1989, n. 183 (33), e successive modificazioni, sentite le Autorità di bacino, disciplina:
a) la produzione al fine della cessione di acqua dissalata conseguita nei cicli di produzione delle centrali elettriche costiere;
b) l'utilizzazione dell'acqua invasata a scopi idroelettrici per fronteggiare situazioni di emergenza idrica;
c) la difesa e la bonifica per la salvaguardia della quantità e della qualità delle acque dei serbatoi ad uso idroelettrico.
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(33) Riportata alla voce Ministero dell'ambiente.
31. Piani, studi e ricerche.
1. I piani, gli studi e le ricerche realizzati dalle Amministrazioni dello Stato e da enti pubblici aventi competenza nelle materie disciplinate dalla legge 18 maggio 1989, n. 183 (33), e successive modificazioni, sono comunicati alle Autorità di bacino competenti per territorio ai fini della predisposizione dei piani ad esse affidati.
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(33) Riportata alla voce Ministero dell'ambiente.
Capo V - Disposizioni finali e transitorie
32. Abrogazione di norme.
1. Gli articoli 17-bis e 17-ter della legge 10 maggio 1976, n. 319 (36), sono abrogati.
2. L'articolo 12 del decreto legislativo 12 luglio 1993, n. 275 (37), è abrogato.
3. Il Governo, ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400 (38), adotta, su proposta del Ministro dei lavori pubblici, di concerto con i Ministri interessati nelle materie di rispettiva competenza, previo parere delle competenti commissioni parlamentari, che si esprimono entro trenta giorni dalla trasmissione dei relativi schemi alle Camere, uno o più regolamenti con i quali sono individuate le disposizioni normative incompatibili con la presente legge ed indicati i termini della relativa abrogazione in connessione con le fasi di attuazione della presente legge nei diversi ambiti territoriali (39).
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(36) Riportata alla voce Sanità pubblica.
(37) Riportato al n. A/XXX.
(38) Riportata alla voce Ministeri: provvedimenti generali.
(39) Comma così sostituito dall'art. 12, D.L. 8 agosto 1994, n. 507, riportato al n. A/XXXIII. In attuazione del presente comma vedi il D.P.R. 18 febbraio 1999, n. 238.
33. Disposizioni di principio.
1. Le disposizioni di cui alla presente legge costituiscono princìpi fondamentali ai sensi dell'articolo 117 della Costituzione. Sono fatte salve le competenze spettanti alle regioni a statuto speciale ed alle province autonome di Trento e di Bolzano ai sensi dei rispettivi statuti e delle relative norme di attuazione.
34. Norma transitoria.
1. Il termine entro il quale far valere, a pena di decadenza, ai sensi degli articoli 3 e 4 del testo unico delle disposizioni di legge sulle acque e sugli impianti elettrici, approvato con regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775 (34), il diritto al riconoscimento o alla concessione di acque che hanno assunto natura pubblica a norma dell'articolo 1, comma 1, della presente legge, è fissato in tre anni dalla data di entrata in vigore della legge stessa (40).
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(34) Riportato al n. A/III.
(40) Per la nuova fissazione del termine previsto dal presente articolo vedi, anche, l'art 28, L. 30 aprile 1999, n. 136, riportata alla voce Case popolari ed economiche.
D.M. 1 agosto 1996.
Metodo normalizzato per la definizione delle componenti di costo e la
determinazione della tariffa di riferimento del servizio idrico integrato.
(1) Pubblicato nella Gazz. Uff. 16 ottobre 1996, n. 243.
IL MINISTRO DEI LAVORI PUBBLICI
d'intesa con
IL MINISTRO DELL'AMBIENTE;
Vista la legge 5 gennaio 1994, n. 36, recante disposizioni in materia di risorse idriche;
Visto, tra l'altro, il capo II della stessa legge che disciplina l'organizzazione, le forme e le modalità di gestione del servizio idrico integrato;
Visto, in particolare, l'art. 13 della citata legge che, nel fissare i parametri per la determinazione della tariffa, quale corrispettivo del servizio idrico integrato, dispone che il Ministro dei lavori pubblici, d'intesa con il Ministro dell'ambiente, su proposta del Comitato di vigilanza di cui all'art. 21, sentite le autorità di bacino di rilievo nazionale nonché la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano, elabori un metodo normalizzato per definire le componenti di costo e determinare la tariffa di riferimento;
Considerato, altresì, che:
la tariffa di riferimento costituisce la base per la determinazione della tariffa nonché per orientare e graduare nel tempo gli adeguamenti tariffari derivanti dall'applicazione della legge 5 gennaio 1994, n. 36, e che per le successive determinazioni della tariffa stessa si terrà conto degli obiettivi di miglioramento della produttività, della qualità del servizio e del tasso di inflazione programmato;
la tariffa è determinata dagli enti locali ed è applicata dai soggetti gestori nel rispetto della convenzione e del relativo disciplinare;
Visto il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 4 marzo 1996 con il quale, ai sensi e per gli effetti dell'art. 4, comma 1, della legge n. 36 del1994, sono stati, tra l'altro, fissati:
i criteri per la gestione del servizio idrico integrato, costituito dall'insieme dei servizi pubblici di captazione, adduzione, distribuzione di acqua, ad usi civili, di fognatura e di depurazione delle acque reflue;
i livelli minimi dei servizi che devono essere garantiti in ciascun ambito territoriale ottimale di cui all'art. 8, comma 1, della legge n. 36 del 1994, nonché i criteri e gli indirizzi per la gestione dei servizi di approvvigionamento, di captazione e di accumulo per usi diversi da quello potabile;
Visto il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 27 gennaio 1994, recante principi sull'erogazione dei servizi di pubblica utilità;
Vista la proposta 31 luglio 1995 del Comitato per la vigilanza sull'uso delle risorse idriche;
Viste le indicazioni in materia di politica tariffaria contenute nella relazione previsionale e programmatica per l'anno 1996;
Visti i pareri espressi dalle autorità di bacino di rilievo nazionale con deliberazioni dei comitati istituzionali rispettivamente in data 23 gennaio 1996 per l'Autorità di bacino del Tevere, in data 29 gennaio 1996 per le Autorità di bacino dell'Isonzo-Tagliamento-Livenza-Piave-Brenta-Bacchiglione, dell'Arno, dell'Adige, del Liri-Garigliano-Volturno ed in data 5 febbraio 1996 per l'Autorità di bacino del Po;
Considerato che, in vista dell'esame della proposta di metodo tariffario da parte della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, la Regione Piemonte, quale capofila delle Regioni e delle Province autonome, ha espresso osservazioni e proposto emendamenti con nota 23 aprile 1996, n. 378, in ordine alla predetta proposta;
Considerato che il Comitato per la vigilanza sull'uso delle risorse idriche, con delibera del 3 luglio 1996, ha ritenuto di dover esprimere le proprie valutazioni sulle proposte di modifica ed integrazioni contenute nei pareri sopra descritti e di suggerire ulteriori perfezionamenti al metodo a suo tempo presentato;
Viste le osservazioni, formulate dal Consiglio superiore dei lavori pubblici con voto n. 238 reso nell'adunanza dell'assemblea generale del 19 luglio 1996, parzialmente recepite in sede di riunioni tecniche tenutesi presso la segreteria delle Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano;
Vista l'intesa con il Ministro dell'ambiente espressa con nota 31 luglio 1996, n. GAB/96/11451;
Visto il parere favorevole della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano, espresso nella riunione del 1° agosto 1996;
Ritenuto che la proposta di metodo normalizzato per la determinazione della tariffa di riferimento del servizio idrico integrato elaborata dal Comitato per la vigilanza sull'uso delle risorse idriche possa essere approvata con le modifiche ed integrazioni di cui al parere espresso dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano nella riunione del 1° agosto 1996;
Decreta:
Articolo unico. È approvato il metodo normalizzato per la definizione delle componenti di costo e la determinazione della tariffa di riferimento del servizio idrico integrato che, allegato al presente decreto, ne costituisce parte integrante.
Allegato
Metodo normalizzato per definire le componenti di costo e determinare la tariffa di riferimento
Articolo 1
Tariffa di riferimento.
La tariffa di riferimento del servizio idrico integrato è lo strumento per consentire la realizzazione di adeguati livelli di servizio, per sostenere conseguenti programmi di investimento nell'equilibrio di bilancio, per ottenere il contenimento dei costi al consumo, il miglioramento dell'efficienza della gestione e la tutela dell'interesse dell'utenza.
La tariffa di riferimento, collegata al metodo di controllo tariffario dei "limiti di prezzo", in applicazione della deliberazione CIP n. 34 del 18 dicembre 1991, rappresenta l'insieme dei criteri e delle condizioni cui l'Ambito deve attenersi nello stabilire la tariffa reale media della gestione.
La tariffa reale media è stabilita dall'Ambito in relazione al modello organizzativo della gestione, alla quantità ed alla qualità della risorsa idrica e dal livello di qualità del servizio. La stessa è altresì fissata in funzione del piano finanziario di cui all'articolo 11, comma 3, della legge n. 36 del 1994, tenuto conto dei costi reali, delle economie conseguenti al miglioramento di efficienza e al superamento della frammentazione delle attuali gestioni. La tariffa di riferimento è così costituita:
Tn = (C + A + R)n-1 ⋅ (1 + Π + K)
dove:
Tn è la tariffa all'anno corrente
C è la componente dei costi operativi
A è la componente del costo di ammortamento
R è la componente per la remunerazione del capitale investito
Π è il tasso di inflazione programmato per l'anno corrente
K è il "limite di prezzo"
Per quanto riguarda la componente dei costi operativi (C), è calcolata sulla base del confronto tra i valori modellati calcolati secondo le formule di cui al successivo articolo 3.1 e quelli reali previsti nel piano finanziario, in modo da conseguire livelli progressivi di efficienza secondo i successivi articoli 5 e 6.
Il calcolo della tariffa di riferimento all'anno iniziale (T1) è effettuato assumendo come tariffa all'anno zero (T0) la tariffa media ponderata delle gestioni preesistenti come accorpate nella nuova gestione.
Articolo 2
Campo di applicazione.
Il metodo normalizzato sì applica alle gestioni del servizio idrico integrato istituito a norma degli articoli 8 e 9 della legge 5 gennaio 1994 n. 36.
Il metodo normalizzato non si applica alle gestioni affidate in concessione ed esistenti alla data di entrata in vigore della legge, le quali, a norma dell'art. 10, comma 3, della legge citata, continuano fino alla scadenza, seguendo le disposizioni tariffarie contenute nelle rispettive convenzioni o disciplinari di concessione. In mancanza di tali disposizioni, viene stipulato un atto aggiuntivo per regolare la struttura tariffaria per il residuo periodo di vigenza della concessione, tenendo conto dei principi e criteri di cui al presente metodo.
Articolo 3
Composizione della tariffa di riferimento.
Le componenti della tariffa di riferimento sono definite secondo il decreto legislativo 9 aprile 1991 n. 127, in recepimento delle direttive n. 78/660/CEE e n. 83/349/CEE e sono calcolate come risultanti dell'applicazione dei parametri e dei coefficienti sotto riportati.
3.1 - Costi operativi
Sono comprese in questi costi, con riferimento alle prescrizioni del citato decreto legislativo n. 127del 1991, le seguenti categorie:
B 6 - Costi per materie di consumo e merci (al netto di resi, abbuoni e sconti)
B 7 - Costi per servizi
B 8 - Costi per godimento di beni di terzi
B 9 - Costo del personale
B 11 - Variazioni delle rimanenze di materie prime, sussidiarie, di consumo e merci
B 12 - Accantonamento per rischi, nella misura massima ammessa dalle leggi e prassi fiscali.
B 13 - Altri accantonamenti
B 14 - Oneri diversi di gestione.
In questa ultima voce deve essere iscritto ogni costo della produzione non ricompreso in quelli specificatamente previsti dall'elencazione di cui sopra e ogni altro componente negativo del reddito che non abbia natura finanziaria, straordinaria o fiscale.
La componente modellata dei costi operativi è articolata nei seguenti tre elementi essenziali del servizio idrico integrato (acqua potabile, fognatura, depurazione) per i quali sono definite le seguenti formule di costo:
a) SERVIZIO ACQUE POTABILI
COAP = 1,1 ⋅ (VE)0,67 ⋅ (L)0,32 ⋅ (IT)0,1 ⋅ e [0,2 × (Utdm/UtT)] + EE +AA
dove:
COAP = Spese funzionali per l'approvvigionamento e la distribuzione dell'acqua potabile (milioni di lire/anno)
VE = Volume erogato (migliaia di m3/anno)
L = Lunghezza rete (km)
Utdm = Utenti domestici con contatore del diametro minimo
UtT = Utenti totali
EE = Spese energia elettrica (milioni di lire/anno)
AA = Costo dell'acqua acquistata da terzi (milioni di lire/anno)
IT = Indicatore difficoltà dei trattamenti di potabilizzazione
dove:
Vi = Volume trattato dall'impianto i-esimo ed erogato all'utenza
Cui = Coefficiente di costo unitario per l'impianto i-esimo
N = Numero impianti gestiti
Vnt = Volume non sottoposto a trattamento
Il coefficiente adimensionale di costo unitario dell'impianto i-esimo va individuato nelle seguente tabella, in base al volume trattato ed alle tipologie di trattamento di cui alle vigenti disposizioni.
Coefficienti di costo unitario
Tipo di trattamento |
Classi delle dimensioni(milioni di litri/giorno) |
|
|
Da sorgente, |
|
|
|
|
|
da falda |
|
|
|
|
|
sotterranea |
< 1 |
> = 1 - < 5 |
> = 5 - < 10 |
> = 10 - < 25 |
= > 25 |
Disinfezione |
0.85 |
0.36 |
0.23 |
0.17 |
0.13 |
Trattamento A1 (*) |
1.28 |
0.97 |
0.84 |
0.76 |
0.71 |
Trattamento A2 (*) |
2.01 |
1.39 |
1.01 |
0.97 |
0.93 |
Trattamento A3 (*) |
4.02 |
2.78 |
2.01 |
1.95 |
1.87 |
|
|
|
|
|
|
Da lago artificiale |
|
|
|
|
|
naturale, da fiume |
< 5 |
> = 5 - < 25 |
> = 25 - < 50 |
> = 50 - < 100 |
= > 100 |
Disinfezione |
0.45 |
0.18 |
0.11 |
0.08 |
0.05 |
Trattamento A1 (*) |
2.45 |
1.33 |
1.00 |
0.83 |
0.61 |
Trattamento A2 (*) |
3.90 |
1.90 |
1.34 |
1.07 |
0.72 |
Trattamento A3 (*) |
4.83 |
2.35 |
1.66 |
1.33 |
0.90 |
|
(*) (Vedi classificazione di cui all'art. 4 del D.P.R. 3 luglio 1982, n. 515.) |
|
La fornitura d'acqua da parte di terzi e il relativo prezzo di acquisto all'ingrosso sono stabiliti dall'Ambito in base alla specifica delle fonti utilizzabili di cui alla lettera d) dell'articolo 4, e ai criteri per il calcolo della tariffa di riferimento.
b) SERVIZIO FOGNATURE
COFO = 0,15 ⋅ (Lf)0,4 ⋅ Ab)0,6 + EE
COFO = Spese funzionali per il collettamento fognario (milioni lire/anno)
Lf = Lunghezza rete fognaria (km)
Ab = Abitanti serviti
EE = Spese energia elettrica (milioni di lire/anno)
c) SERVIZIO TRATTAMENTO REFLUI
COTR = Costo operativo per i trattamenti (milioni di lire/anno)
Ct = Carico inquinante trattato (kg/giorno di COD)
n = Numero Impianti
α = Coefficiente funzione della classe di impianto - (da tabella)
β = Esponente funzione della classe di impianto - (da tabella)
A = Coefficiente per la difficoltà dei trattamenti - Linea Acque (da tabella)
F = Coefficiente per la difficoltà dei trattamenti - Linea Fanghi (da tabella)
Classi di Impianto |
α |
β |
Grandi impianti: oltre 2000 kg/giorno di COD |
0,35 |
0,90 |
Medi impianti: fino a 2000 kg/giorno di COD ≅ 15.000 a.e. |
0,40 |
0,95 |
Piccoli impianti: fino a 300 kg/giorno di COD ≅ 2.500 a.e. |
0,45 |
1,00 |
LINEA ACQUE Tipologia di trattamento |
A |
Solo sedimentazione primaria |
0,42 |
Secondario massa sospesa |
1 |
Secondario massa adesa |
0,57 |
In presenza di trattamento terziario il coefficiente A va moltiplicato per 1,4
LINEA FANGHI Tipologia di trattamento |
F |
Ispessimento, digestione aerobica, essiccazione in letto |
1 |
Digestione anaerobica |
1,35 |
Disidratazione senza digestione anaerobica |
1,35 |
Digestione anaerobica con disidratazione |
1,70 |
Digestione anaerobica, disidratazione, essiccamento |
2,0 |
Disidratazione, essiccamento |
1,75 |
Digestione anaerobica, disidratazione, incenerimento |
2,1 |
Disidratazione, incenerimento |
1,8 |
Per evitare che ad una classe superiore di impianti corrispondano costi operativi inferiori al valore determinato per il limite superiore della classe precedente, si assume il valore di costo calcolato per detto limite fino a quando non sia superato dal valore che compete alla propria classe di impianto.
3.2 - Ammortamenti e accantonamenti (A)
Sono comprese in questa componente, con riferimento alle notazioni del citato decreto legislativo n. 127 del 1991, le seguenti categorie:
B 10 a - Ammortamento delle immobilizzazioni immateriali
B 10 b - Ammortamento delle immobilizzazioni materiali
B 10 c - Altre svalutazioni delle immobilizzazioni.
I cespiti conferiti al soggetto gestore saranno determinati sulla base della ricognizione degli impianti prevista dall'articolo 11, comma 3 della legge n. 36 del 1994. Su tali cespiti e su quelli realizzati dal soggetto gestore, come risultanti dai libri contabili e del piano economico finanziario, si applicano le aliquote previste dai principi contabili di riferimento, nel limite massimo delle aliquote ammesse dalle leggi fiscali.
3.3 - Remunerazione del capitale investito (R) - Tasso di remunerazione (t)
La misura della remunerazione sul capitale investito è data da:
Reddito operativo / Capitale investito
dove:
Reddito operativo = Ricavi meno Costi della gestione caratteristica (prima delle detrazioni degli oneri finanziari e fiscali).
Capitale investito = Immobilizzazioni materiali e immateriali al netto dei relativi fondi di ammortamento. Dalle immobilizzazioni vanno eliminati i contributi a fondo perduto, nonché i finanziamenti a tasso agevolato per la parte differenziale.
Il ritorno sul capitale investito rappresenta la redditività dell'azienda nell'ipotesi in cui l'azienda si dedichi alla sola gestione per la quale è costituita.
Il capitale investito è definito dalla media dei valori del capitale iniziale e finale dell'esercizio ed esprime il valore dell'investimento medio aziendale. Indicati con:
V0 = Valore del capitale investito al tempo 0
V1 = Valore del capitale investito al tempo 1
I1 = Investimenti effettuati al tempo I
A1 = Ammortamenti relativi agli investimenti al tempo 1
t = tasso di ritorno sul capitale investito
R = remunerazione sul capitale investito
e quindi:
Il Capitale investito al tempo 1 = V0 + (I1 - A1) / 2 = (V0 + V1) / 2
Reddito sul capitale investito al tempo 1 = [(V0 + V1) / 2] · t = R
Sul capitale investito, come risultante dai libri contabili alla data di emanazione del metodo e dal piano economico-finanziario, si applica un tasso di remunerazione fissato nella misura del 7%.
Il piano finanziario di cui all'articolo 11 della legge n. 36 del 1994 deve tener conto che i finanziamenti pubblici, a qualsiasi titolo erogati, affluiscono all'Ambito e non al gestore e devono essere mantenuti separati nel momento della valutazione del tasso di rendimento del capitale investito.
Per definire le tre componenti dei costi in tariffa, per metro cubo d'acqua, ciascun costo è diviso per la quantità di acqua erogata.
Articolo 4
Applicazione del metodo tariffario.
L'Ambito approva il piano finanziario e il modello gestionale di cui all'art. 11, comma 3, della legge n. 36, nei quali, previa ricognizione delle opere esistenti, sono compresi:
a) i livelli di qualità del prodotto e del servizio (che possono essere anche superiori a quelli obbligatori) ai quali deve essere commisurata la tariffa;
b) il programma degli interventi necessari;
c) il piano finanziario degli investimenti;
d) la specifica delle fonti utilizzabili di derivazione della risorsa idrica, già in essere o di nuova acquisizione, nonché il ricorso eventuale all'acquisto da terzi;
e) la individuazione delle aree di salvaguardia a tutela della qualità delle risorse da utilizzare;
f) il modello gestionale e organizzativo;
g) le risorse finanziarie necessarie;
In conseguenza della previsione del piano finanziario e del modello gestionale, l'Ambito determina la tariffa reale media per il primo esercizio annuale della istituzione del servizio idrico integrato, fissa la percentuale di crescita annua della tariffa nel rispetto del limite di prezzo di cui all'articolo 5 e la relativa articolazione tariffaria di cui al successivo articolo 7, sulla base delle seguenti prescrizioni:
1. la componente dei costi operativi è stabilita dal piano economico-finanziario di cui al 3° comma dell'articolo 11 della legge; qualora l'Ambito ritenga necessario adottare una quota tariffaria per i costi operativi superiore di oltre il 30% a quella prevista dalle formulazioni dell'articolo 3.1 della presente normativa, l'Ambito rivolge motivata domanda, per il tramite della Regione, al Comitato per la vigilanza sull'uso delle risorse idriche che, previa istruttoria, può autorizzare la deroga, stabilendo contestualmente gli adeguamenti gestionali necessari ed i tempi di recupero della produttività.
2. le componenti dei costi di ammortamento A e della remunerazione del capitale investito R sono stabilite, con riferimento alla disciplina di cui all'articolo 3 paragrafi 2 e 3, nelle previsioni del piano finanziario.
La tariffa reale media, calcolata secondo quanto espresso ai numeri 1 e 2, non può superare, inizialmente, la tariffa media ponderata delle gestioni preesistenti, accorpate nella nuova gestione, aumentata del tasso programmato di inflazione e del "limite di prezzo" stabilito dall'articolo successivo. Per gli esercizi annuali successivi al primo, l'Ambito determina la tariffa coerentemente col piano finanziario e di gestione, entro gli aumenti consentiti dal tasso di inflazione programmata e dal "limite di prezzo".
La tariffa media ponderata delle gestioni preesistenti equivale al fatturato di tutte le gestioni interessate riferito alla fornitura dell'acqua, compresi i canoni sulle acque reflue, ed è riferita al quantitativo di acqua potabile venduta. Al fatturato globale come sopra definito è aggiunto l'importo corrispondente ai canoni di fognatura e depurazione, nei valori massimi previsti dalle leggi alla data di entrata in vigore della citata legge n. 36, per le quantità non applicate per la mancata effettuazione del servizio. Nella determinazione del fatturato delle gestioni preesistenti, per il calcolo della relativa tariffa media ponderata, si deve fare riferimento all'esercizio annuale immediatamente precedente alla adozione del piano economico - finanziario per la nuova gestione. Per la determinazione della tariffa reale media della nuova gestione, da applicare all'esercizio iniziale, si farà ricorso all'applicazione del tasso programmato di inflazione sulla tariffa intercorrente tra l'anno per il quale quest'ultima tariffa è stata calcolata e l'anno iniziale previsto per la nuova gestione.
Nel caso in cui dal fatturato globale, a causa delle disfunzioni, e delle diseconomie delle precedenti gestioni, non fosse possibile ricavare una base attendibile per il calcolo della tariffa media ponderata, questa è fissata dall'Ambito, su parere del Comitato per la vigilanza sull'uso delle risorse idriche, che si esprime su documentata e motivata richiesta.
Alla tariffa media ponderata delle gestioni preesistenti sono aggiunte le voci, ove non già comprese nelle spese documentate, relative a:
- canoni dell'utilizzazione di acqua pubblica;
- costo dell'acqua acquistata da terzi;
- canone di concessione del servizio idrico integrato;
- oneri per le aree di salvaguardia derivanti dalla normativa vigente;
- i ratei dei mutui in essere.
La tariffa reale media può subire variazioni per effetto di:
- disposizioni legislative o regolamentari che modifichino le prescrizioni relative ai livelli di qualità del prodotto e del servizio, previa deliberazione dell'Ambito;
- verifiche periodiche sul funzionamento delle gestioni;
- variazioni al metodo normalizzato disposte dal Comitato per la vigilanza sull'uso delle risorse idriche.
Articolo 5
Limite di prezzo "K".
La tariffa reale media, come definita al precedente articolo 4, può essere incrementata annualmente, dell'indice percentuale del limite di prezzo "K" che l'Ambito delibera entro i valori massimi seguenti:
per il primo esercizio annuale a partire dall'istituzione del servizio idrico integrato, il limite "K", da applicare alla tariffa media ponderata delle gestioni preesistenti come calcolata al precedente art. 4 può essere così determinato:
- per tariffa media ponderata come sopra inferiore a lire 1000 al mc, riferita al 1995, e comprensiva dei servizi del ciclo: K = 25%
- per tariffa come sopra, ma superiore a 1600 lire al mc: K = 7,5%
- per tariffa media ponderata compresa tra 1001 lire/mc e 1599 lire/mc si applica il coefficiente K risultante da interpolazione lineare tra i due valori estremi sopraindicati.
per gli esercizi annui successivi al primo, il limite di prezzo "K", da applicare sulla tariffa reale media nell'esercizio precedente, vale:
- per tariffa reale media dell'esercizio precedente inferiore a lire 1100 al mc: K = 10%
- per tariffa come sopra, ma superiore a lire 1750 al mc: K = 5%
- per tariffa reale media come sopra, ma compresa tra lire 1101 e 1750 a mc., si applica il coefficiente risultante da interpolazione lineare tra i due valori estremi sopraindicati.
Articolo 6
Miglioramento dell'efficienza.
La metodologia di cui all'art. 1 prevede che si conseguano incrementi di efficienza mediante una formulazione tariffaria che consenta la riduzione dei costi operativi a vantaggio degli investimenti, e favorisca il raggiungimento degli obiettivi.
Nel determinare la tariffa reale media da applicare nel periodo della durata del piano, l'Ambito delibera un coefficiente di miglioramento dell'efficienza che il gestore, anche per effetto dei previsti investimenti deve rispettare mediante riduzione della componente tariffaria relativa ai costi operativi, nelle misure minime seguenti:
a) per gestioni che presentino costi operativi reali superiori ai costi operativi presenti nella tariffa di riferimento aumentata del 20%, la riduzione annua dei costi operativi reali deve essere stabilita in almeno il 2% degli stessi, valutato sui dati dell'esercizio precedente;
b) per gestioni che presentino costi operativi reali superiori alla componente dei costi operativi presenti nella tariffa di riferimento ma uguali o inferiori alla detta componente aumentata del 20%, la riduzione annua dei costi operativi reali deve essere stabilita in almeno l'1%, valutato sui dati dell'esercizio precedente;
c) per gestioni che presentino costi operativi uguali o inferiori ai costi operativi presenti nella tariffa di riferimento, va comunque stabilita la riduzione annua dei costi operativi reali nello 0,5% degli stessi, valutato sui dati dell'esercizio precedente.
Articolo 7
Articolazione tariffaria.
La tariffa da praticare in attuazione dell'art. 13, comma 7, legge n. 36 del 1994 è articolata dall'Ambito secondo i provvedimenti CIP n. 45 e n. 46 del 1974. Lo stesso Ambito provvede ad articolare la tariffa per fasce di utenza e territoriali, secondo quanto previsto dall'art. 13, comma 3, della legge n. 36 citata.
In attuazione dell'art. 14, comma 4, della legge 5 gennaio 1994 n. 36 per la determinazione della quota tariffaria relativa al servizio di fognatura e depurazione per le utenze industriali si applicano le vigenti disposizioni in materia.
Articolo 8
Convenzione di gestione, verifiche e revisioni.
Nella convenzione per la concessione della gestione, l'Ambito titolare della funzione deve fra l'altro stabilire la disciplina dei seguenti elementi:
1) la tariffa media come sopra determinata;
2) l'articolazione tariffaria diversificata all'interno dell'esercizio;
3) le variazioni ammesse nel tempo, sia a causa del fattore inflattivo che del limite di prezzo "K" di incremento;
4) il costo operativo iniziale, sul quale operare la riduzione di cui al punto successivo;
5) la fissazione del coefficiente di riduzione del costo operativo;
6) il piano degli investimenti connesso alla tariffa, come definito all'art. 4 e la puntuale verifica degli investimenti previsti, la loro temporalizzazione, nonché le penali a carico del gestore inadempiente.
7) i rapporti economico-finanziari, nel caso di devoluzione gratuita o di riscatto, al termine della concessione, dei nuovi investimenti anticipati dal gestore;
8) la revisione triennale per la verifica dei miglioramenti di efficienza, per la verifica della corrispondenza della tariffa media rispetto alla tariffa articolata, per la verifica del raggiungimento dei traguardi di livello di servizio ovvero dell'effettuazione degli investimenti.
L'Ambito, ferma restando la verifica triennale nell'applicazione della tariffa, può in qualsiasi momento intervenire nel caso di significativi scostamenti dalle previsioni del piano finanziario e gestionale in ordine a:
a) raggiungimento dei livelli di servizio previsti dal piano anche a seguito dei relativi investimenti, valutando le variazioni al limite di prezzo "K" o le penalizzazioni e i rimborsi , secondo quanto previsto nella convenzione di gestione, specialmente in merito alle componenti "ammortamento" e "ritorno del capitale" sulla tariffa;
b) corrispondenza tra l'incasso derivante dall'applicazione della struttura tariffaria e l'incasso previsto per effetto della tariffa media stabilita nella convenzione di gestione, al fine di apportare le conseguenti variazioni;
c) rispondenza dei costi operativi alle variazioni strutturali della produzione e della distribuzione e delle conseguenti variazioni delle riduzioni di cui all'art. 6.
Articolo 9
Obblighi del gestore.
Per permettere l'applicazione del metodo normalizzato, il concessionario è tenuto a redigere il conto economico e lo stato patrimoniale per ciascuna gestione del servizio idrico integrato separatamente da quelli di altre gestioni, anche dello stesso settore. Il conto economico è basato su contabilità analitica per centri di costo ed è redatto in forma riclassificata secondo il decreto legislativo n. 127 del 1991. Il bilancio di esercizio deve essere certificato da società all'uopo abilitate.
Il gestore deve inoltre comunicare all'organo titolare della funzione, al Comitato per la vigilanza sull'uso delle risorse idriche e all'Osservatorio dei Servizi idrici:
a) i dati relativi al rispetto dei livelli di servizio, secondo la specificazione ministeriale, mettendo in evidenza la durata e l'entità dell'eventuale mancato rispetto;
b) i dati tipici della gestione, come espressamente indicato nella convenzione, con riferimento almeno ai seguenti:
b1) i quantitativi mensili e annui prodotti per ogni impianto di produzione e complessivamente;
b2) i quantitativi mensili e annui immessi in rete per ogni settore separato della rete di distribuzione;
b3) i quantitativi annui erogati, distinti per classe tipologica di consumo (domestico, uso pubblico, uso industriale e commerciale);
b4) il quantitativo di acqua non contabilizzata;
b5) i dati di perdite come da regolamento, di cui all'articolo 5, comma 2, della legge n. 36 citata;
b6) i consumi elettrici annui;
b7) il consumo specifico di energia elettrica medio annuo e di punta;
b8) le caratteristiche qualitative per ogni impianto di produzione, di trattamento e di depurazione delle acque reflue, espresse secondo i valori medi, minimi e massimi di ogni parametro previsto nelle normative di legge (D.P.R. n. 236 del 1988 e legge n. 319 del 1976 e successive modificazioni e integrazioni);
b9) le componenti di costo delle singole fasi di captazione, adduzione, trattamento, sollevamento e distribuzione dell'acqua potabile e di raccolta e depurazione delle acque reflue;
c) il conto economico come sopra definito;
d) gli indici di produttività del personale, dell'energia elettrica, dei costi finanziari, dei materiali, degli affidamenti di operazioni a terzi, del controllo di qualità del prodotto;
e) gli indici di liquidità;
f) una relazione annuale nella quale siano descritti e documentati:
f1) i dati relativi agli investimenti, ai tempi di realizzazione e ai cespiti ammortizzabili;
f2) gli scostamenti rispetto al piano e le relative motivazioni.
Articolo 10
Comunicazioni al comitato di vigilanza.
L'organo titolare della funzione provvede a comunicare alla Regione, al Comitato per la vigilanza sull'uso delle risorse idriche e all'Osservatorio dei Servizi Idrici:
1) i programmi degli investimenti secondo l'art. 11, comma 3 citato, al fine di verificare la fattibilità e la congruità in relazione alle risorse finanziarie con riferimento alla politica tariffaria (art. 22, comma 2, lett. f), della legge n. 36 del 1994;)
2) le convenzioni adottate;
3) gli affidamenti della gestione:
4) le tariffe praticate nel territorio dell'Ambito.
L'organo titolare della funzione provvede inoltre a formulare un rapporto annuale secondo le disposizioni che il Comitato provvede ad emanare in proposito.
Articolo 11
Variazione del metodo.
Il Comitato per la vigilanza sull'uso delle risorse idriche, di propria iniziativa ed in ogni caso a cadenza quinquennale, propone al Ministro dei Lavori pubblici eventuali modifiche al metodo normalizzato, per tenere conto, tra l'altro, di nuove disposizioni normative, di evoluzioni tecnologiche, di variazioni finanziarie ovvero di cause straordinarie che afferiscano alla generalità del territorio nazionale.
In sede di prima applicazione, il Comitato:
- entro il termine di 12 mesi dalla data di entrata in vigore della presente normativa, propone la revisione del tasso di remunerazione del capitale investito al Ministro dei lavori pubblici, tenendo conto degli indirizzi e dei criteri fissati in materia dal CIPE;
- entro il termine di due anni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, propone al Ministro dei lavori pubblici eventuali variazioni al metodo normalizzato, anche tenuto conto delle rilevazioni emergenti dalle verifiche sulle gestioni istituite al sensi della legge n. 36/94 nonché sulla base dell'esperienza risultante dalla prima applicazione del presente metodo.
Il Comitato esercita funzioni di vigilanza e di controllo sull'attuazione del presente decreto e, sulla scorta delle convenzioni e dei dati acquisiti, applica le disposizioni contenute nell'art. 22 della legge n. 36 del 1994.
In considerazione della necessità di assicurare il conseguimento nel tempo di adeguati livelli di produttività e qualità del servizio idrico integrato, non solo in termini di efficienza economico-finanziaria e funzionalità del servizio, ma altresì per quanto attiene alle finalità di miglioramento delle condizioni di tutela ambientale, il presente ,metodo normalizzato viene rivisto sulla base del recepimento - da operarsi entro sei mesi - della direttiva 91/271/CEE sul trattamento delle acque reflue urbane.
Glossario dei termini tecnici contenuti nel "Metodo"
a) In generale
- Capitale investito: Il capitale preso a base della tariffa è limitato al capitale investito nei beni strumentali per l'esercizio delle attività. I beni strumentali sono costituiti dalle immobilizzazioni materiali ed immateriali al netto dei fondi di ammortamento, così come rappresentate nello stato patrimoniale di cui all'art. 2424 c.c.
b) per il servizio di acqua potabile
- Rete: l'insieme di condutture di adduzione e distribuzione, adibite al pubblico servizio di rifornimento di acqua potabile, dalla fonte di approvvigionamento al punto di derivazione della fornitura dell'utenza, situata in sede pubblica o privata, con esclusione delle condutture di presa o di allacciamento o di derivazione.
- Volume erogato: la quantità di acqua potabile consegnata all'utente, valutata in base a misura o a forfait, secondo le disposizioni del regolamento di distribuzione.
- Utente: ogni titolare di contratto di somministrazione, per uso privato o pubblico, con o senza corresponsione di tariffa, con esclusione delle somministrazioni per fontane pubbliche e per idranti stradali e antincendio, situati sul suolo pubblico.
- Utente domestico con contatore del diametro minimo: titolare di contratto per utente, ma con somministrazione misurata con contatore avente il diametro più piccolo tra quelli in uso presso l'esercizio in questione, sia al servizio di una sola che di più di una unità immobiliare, con esclusione delle somministrazioni con misura diversa di quella a contatore.
- Volume trattato dall'impianto: la quantità di acqua, misurata in migliaia di metri cubi all'anno, che esce dall'impianto (di trattamento) di potabilizzazione.
- Impianto (di trattamento) di potabilizzazione: l'impianto, o stazione, o centrale, costituito da uno o più interventi o stadi di trattamento, attraverso il quale l'acqua greggia acquista le caratteristiche di potabilità.
c) Per il servizio di fognatura:
- Rete fognaria: l'insieme delle condutture, a gravità o in pressione, per il trasporto delle acque reflue urbane, sia con sistema separato che misto per il trasporto delle acque di pioggia, con esclusione dei tratti di allacciamento dalle proprietà o dalle caditoie stradali.
d) Per il servizio di trattamento reflui:
- Carico inquinante trattato: la quantità di sostanza organica contenuta nell'acqua reflua affluente all'impianto espressa in Domanda Chimica di Ossigeno (COD) misurata in kg/giorno.
- Domanda chimica di Ossigeno (COD): la quantità consumata per l'ossidazione della sostanza organica mediante dicromato di potassio, secondo il metodo ufficialmente in vigore.
- Sedimentazione primaria: il trattamento meccanico-fiisico del liquame, per l'eliminazione di tutto o di parte del contenuto di solidi sospesi.
- Secondario a massa sospesa: il trattamento biologico mediante microrganismi mantenuti in fase dispersa nel liquido con idonei dispostivi di mescolamento del fango attivo.
- Secondario a massa adesa: il trattamento biologico mediante microrganismi mantenuti a contatto di un supporto fino ad elevata superficie specifica, attraverso il quale viene fatto passare il liquido da trattare.
- Ispessimento: il trattamento per la concentrazione del fango di supero.
- Essiccazione in letto: la riduzione del quantitativo di acqua nel fango di supero mediante evaporazione naturale.
- Essiccamento: la riduzione del quantitativo di acqua nel fango di supero, mediante contatto con aria.
- Digestione aerobica: il trattamento di stabilizzazione del fango di supero, effettuato in presenza di aria.
- Digestione anaerobica: il trattamento di stabilizzazione del fango di supero, effettuato in assenza di aria.
- Disidratazione: la riduzione del quantitativo di acqua nel fango, mediante eliminazione meccanica di parte dell'acqua contenuta.
- Incenerimento: combustione del fango di supero in impianti di termodistruzione.
D.Lgs.
18 agosto 2000, n. 267.
Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali.
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(1) Pubblicato nella Gazz. Uff. 28 settembre 2000, n. 227, S.O.
(1/circ) Con riferimento al presente provvedimento sono state emanate le seguenti istruzioni:
- I.N.P.D.A.P. (Istituto nazionale previdenza dipendenti amministrazione pubblica): Informativa 18 marzo 2003, n. 5; Informativa 23 giugno 2003, n. 22;
- I.N.P.S. (Istituto nazionale previdenza sociale): Circ. 8 gennaio 2002, n. 8; Msg. 26 settembre 2003, n. 340; Msg. 1 aprile 2004, n. 9392;
- Ministero dei lavori pubblici: Circ. 11 dicembre 2000, n. 622/Segr.;
- Ministero dell'economia e delle finanze: Ris. 6 agosto 2002, n. 269/E;
- Ministero dell'interno: Circ. 11 ottobre 2000, n. 7/2000; Circ. 19 ottobre 2000, n. 9/2000; Circ. 20 ottobre 2000, n. F.L.19/2000; Circ. 14 novembre 2000, n. F.L.21/2000; Circ. 8 novembre 2000, n. 10; Circ. 10 gennaio 2001, n. 1/2001; Circ. 19 marzo 2001, n. F.L.13/2001; Circ. 6 giugno 2001, n. F.L.23/2001; Circ. 27 luglio 2001, n. 6; Circ. 6 settembre 2001, n. 7; Circ. 20 febbraio 2002, n. F.L.3/2002; Circ. 21 giugno 2002, n. F.L.14/2002; Circ. 10 luglio 2002, n. F.L.16/2002; Circ. 12 novembre 2002, n. 23/2002; Circ. 10 febbraio 2003, n. F.L.1/2003; Circ. 29 maggio 2003, n. F.19/2003; Circ. 6 febbraio 2004, n. F.L.4/2004; Circ. 3 marzo 2004, n. F.L.6/2004; Circ. 13 luglio 2004, n. F.L.20/2004; Circ. 16 luglio 2004, n. F.L.17/2004;
- Presidenza del Consiglio dei Ministri: Circ. 19 ottobre 2001, n. 12727.
(omissis)
Articolo 113
Gestione delle reti ed erogazione dei servizi pubblici locali di rilevanza economica (101/a).
1. Le disposizioni del presente articolo che disciplinano le modalità di gestione ed affidamento dei servizi pubblici locali concernono la tutela della concorrenza e sono inderogabili ed integrative delle discipline di settore. Restano ferme le altre disposizioni di settore e quelle di attuazione di specifiche normative comunitarie. Restano esclusi dal campo di applicazione del presente articolo i settori disciplinati dai decreti legislativi 16 marzo 1999, n. 79, e 23 maggio 2000, n. 164 (101/b).
1-bis. Le disposizioni del presente articolo non si applicano al settore del trasporto pubblico locale che resta disciplinato dal decreto legislativo 19 novembre 1997, n. 422, e successive modificazioni (101/c).
2. Gli enti locali non possono cedere la proprietà degli impianti, delle reti e delle altre dotazioni destinati all'esercizio dei servizi pubblici di cui al comma 1, salvo quanto stabilito dal comma 13.
2-bis. Le disposizioni del presente articolo non si applicano agli impianti di trasporti a fune per la mobilità turistico-sportiva eserciti in aree montane (101/d).
3. Le discipline di settore stabiliscono i casi nei quali l'attività di gestione delle reti e degli impianti destinati alla produzione dei servizi pubblici locali di cui al comma 1 può essere separata da quella di erogazione degli stessi. È, in ogni caso, garantito l'accesso alle reti a tutti i soggetti legittimati all'erogazione dei relativi servizi.
4. Qualora sia separata dall'attività di erogazione dei servizi, per la gestione delle reti, degli impianti e delle altre dotazioni patrimoniali gli enti locali, anche in forma associata, si avvalgono:
a) di soggetti allo scopo costituiti, nella forma di società di capitali con la partecipazione totalitaria di capitale pubblico cui può essere affidata direttamente tale attività, a condizione che gli enti pubblici titolari del capitale sociale esercitino sulla società un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi e che la società realizzi la parte più importante della propria attività con l'ente o gli enti pubblici che la controllano (101/e);
b) di imprese idonee, da individuare mediante procedure ad evidenza pubblica, ai sensi del comma 7.
5. L'erogazione del servizio avviene secondo le discipline di settore e nel rispetto della normativa dell'Unione europea, con conferimento della titolarità del servizio:
a) a società di capitali individuate attraverso l'espletamento di gare con procedure ad evidenza pubblica;
b) a società a capitale misto pubblico privato nelle quali il socio privato venga scelto attraverso l'espletamento di gare con procedure ad evidenza pubblica che abbiano dato garanzia di rispetto delle norme interne e comunitarie in materia di concorrenza secondo le linee di indirizzo emanate dalle autorità competenti attraverso provvedimenti o circolari specifiche;
c) a società a capitale interamente pubblico a condizione che l'ente o gli enti pubblici titolari del capitale sociale esercitino sulla società un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi e che la società realizzi la parte più importante della propria attività con l'ente o gli enti pubblici che la controllano (101/f).
5-bis. Le normative di settore, al fine di superare assetti monopolistici, possono introdurre regole che assicurino concorrenzialità nella gestione dei servizi da esse disciplinati prevedendo, nel rispetto delle disposizioni di cui al comma 5, criteri di gradualità nella scelta della modalità di conferimento del servizio (101/g).
5-ter. In ogni caso in cui la gestione della rete, separata o integrata con l'erogazione dei servizi, non sia stata affidata con gara ad evidenza pubblica, i soggetti gestori di cui ai precedenti commi provvedono all'esecuzione dei lavori comunque connessi alla gestione della rete esclusivamente mediante contratti di appalto o di concessione di lavori pubblici, aggiudicati a seguito di procedure di evidenza pubblica, ovvero in economia nei limiti di cui all'articolo 24 della legge 11 febbraio 1994, n. 109, e all'articolo 143 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 21 dicembre 1999, n. 554. Qualora la gestione della rete, separata o integrata con la gestione dei servizi, sia stata affidata con procedure di gara, il soggetto gestore può realizzare direttamente i lavori connessi alla gestione della rete, purché qualificato ai sensi della normativa vigente e purché la gara espletata abbia avuto ad oggetto sia la gestione del servizio relativo alla rete, sia l'esecuzione dei lavori connessi. Qualora, invece, la gara abbia avuto ad oggetto esclusivamente la gestione del servizio relativo alla rete, il gestore deve appaltare i lavori a terzi con le procedure ad evidenza pubblica previste dalla legislazione vigente (101/h).
6. Non sono ammesse a partecipare alle gare di cui al comma 5 le società che, in Italia o all'estero, gestiscono a qualunque titolo servizi pubblici locali in virtù di un affidamento diretto, di una procedura non ad evidenza pubblica, o a seguito dei relativi rinnovi; tale divieto si estende alle società controllate o collegate, alle loro controllanti, nonché alle società controllate o collegate con queste ultime. Sono parimenti esclusi i soggetti di cui al comma 4.
7. La gara di cui al comma 5 è indetta nel rispetto degli standard qualitativi, quantitativi, ambientali, di equa distribuzione sul territorio e di sicurezza definiti dalla competente Autorità di settore o, in mancanza di essa, dagli enti locali. La gara è aggiudicata sulla base del migliore livello di qualità e sicurezza e delle condizioni economiche e di prestazione del servizio, dei piani di investimento per lo sviluppo e il potenziamento delle reti e degli impianti, per il loro rinnovo e manutenzione, nonché dei contenuti di innovazione tecnologica e gestionale. Tali elementi fanno parte integrante del contratto di servizio. Le previsioni di cui al presente comma devono considerarsi integrative delle discipline di settore (101/i).
8. Qualora sia economicamente più vantaggioso, è consentito l'affidamento contestuale con gara di una pluralità di servizi pubblici locali diversi da quelli del trasporto collettivo. In questo caso, la durata dell'affidamento, unica per tutti i servizi, non può essere superiore alla media calcolata sulla base della durata degli affidamenti indicata dalle discipline di settore.
9. Alla scadenza del periodo di affidamento, e in esito alla successiva gara di affidamento, le reti, gli impianti e le altre dotazioni patrimoniali di proprietà degli enti locali o delle società di cui al comma 13 sono assegnati al nuovo gestore. Sono, inoltre, assegnati al nuovo gestore le reti o loro porzioni, gli impianti e le altre dotazioni realizzate, in attuazione dei piani di investimento di cui al comma 7, dal gestore uscente. A quest'ultimo è dovuto da parte del nuovo gestore un indennizzo pari al valore dei beni non ancora ammortizzati, il cui ammontare è indicato nel bando di gara.
10. È vietata ogni forma di differenziazione nel trattamento dei gestori di pubblico servizio in ordine al regime tributario, nonché alla concessione da chiunque dovuta di contribuzioni o agevolazioni per la gestione del servizio.
11. I rapporti degli enti locali con le società di erogazione del servizio e con le società di gestione delle reti e degli impianti sono regolati da contratti di servizio, allegati ai capitolati di gara, che dovranno prevedere i livelli dei servizi da garantire e adeguati strumenti di verifica del rispetto dei livelli previsti.
12. L'ente locale può cedere tutto o in parte la propria partecipazione nelle società erogatrici di servizi mediante procedure ad evidenza pubblica da rinnovarsi alla scadenza del periodo di affidamento. Tale cessione non comporta effetti sulla durata delle concessioni e degli affidamenti in essere (101/l).
13. Gli enti locali, anche in forma associata, nei casi in cui non sia vietato dalle normative di settore, possono conferire la proprietà delle reti, degli impianti, e delle altre dotazioni patrimoniali a società a capitale interamente pubblico, che è incedibile. Tali società pongono le reti, gli impianti e le altre dotazioni patrimoniali a disposizione dei gestori incaricati della gestione del servizio o, ove prevista la gestione separata della rete, dei gestori di quest'ultima, a fronte di un canone stabilito dalla competente Autorità di settore, ove prevista, o dagli enti locali. Alla società suddetta gli enti locali possono anche assegnare, ai sensi della lettera a) del comma 4, la gestione delle reti, nonché il compito di espletare le gare di cui al comma 5 (101/m).
14. Fermo restando quanto disposto dal comma 3, se le reti, gli impianti e le altre dotazioni patrimoniali per la gestione dei servizi di cui al comma 1 sono di proprietà di soggetti diversi dagli enti locali, questi possono essere autorizzati a gestire i servizi o loro segmenti, a condizione che siano rispettati gli standard di cui al comma 7 e siano praticate tariffe non superiori alla media regionale, salvo che le discipline di carattere settoriale o le relative Autorità dispongano diversamente. Tra le parti è in ogni caso stipulato, ai sensi del comma 11, un contratto di servizio in cui sono definite, tra l'altro, le misure di coordinamento con gli eventuali altri gestori.
15. Le disposizioni del presente articolo non si applicano alle regioni a statuto speciale e alle province autonome di Trento e di Bolzano, se incompatibili con le attribuzioni previste dallo statuto e dalle relative norme di attuazione (101/n).
15-bis. Nel caso in cui le disposizioni previste per i singoli settori non stabiliscano un congruo periodo di transizione, ai fini dell'attuazione delle disposizioni previste nel presente articolo, le concessioni rilasciate con procedure diverse dall'evidenza pubblica cessano comunque entro e non oltre la data del 31 dicembre 2006, senza necessità di apposita deliberazione dell'ente affidante. Sono escluse dalla cessazione le concessioni affidate a società a capitale misto pubblico privato nelle quali il socio privato sia stato scelto mediante procedure ad evidenza pubblica che abbiano dato garanzia di rispetto delle norme interne e comunitarie in materia di concorrenza, nonché quelle affidate a società a capitale interamente pubblico a condizione che gli enti pubblici titolari del capitale sociale esercitino sulla società un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi e che la società realizzi la parte più importante della propria attività con l'ente o gli enti pubblici che la controllano. Sono altresì escluse dalla cessazione le concessioni affidate alla data del 1° ottobre 2003 a società già quotate in borsa e a quelle da esse direttamente partecipate a tale data a condizione che siano concessionarie esclusive del servizio, nonché a società originariamente a capitale interamente pubblico che entro la stessa data abbiano provveduto a collocare sul mercato quote di capitale attraverso procedure ad evidenza pubblica, ma, in entrambe le ipotesi indicate, le concessioni cessano comunque allo spirare del termine equivalente a quello della durata media delle concessioni aggiudicate nello stesso settore a seguito di procedure di evidenza pubblica, salva la possibilità di determinare caso per caso la cessazione in una data successiva qualora la stessa risulti proporzionata ai tempi di recupero di particolari investimenti effettuati da parte del gestore (102).
15-ter. Il termine del 31 dicembre 2006, di cui al comma 15-bis, può essere differito ad una data successiva, previo accordo, raggiunto caso per caso, con la Commissione europea, alle condizioni sotto indicate:
a) nel caso in cui, almeno dodici mesi prima dello scadere del suddetto termine si dia luogo, mediante una o più fusioni, alla costituzione di una nuova società capace di servire un bacino di utenza complessivamente non inferiore a due volte quello originariamente servito dalla società maggiore; in questa ipotesi il differimento non può comunque essere superiore ad un anno;
b) nel caso in cui, entro il termine di cui alla lettera a), un'impresa affidataria, anche a seguito di una o più fusioni, si trovi ad operare in un àmbito corrispondente almeno all'intero territorio provinciale ovvero a quello ottimale, laddove previsto dalle norme vigenti; in questa ipotesi il differimento non può comunque essere superiore a due anni (102/a).
15-quater. A decorrere dal 1° gennaio 2007 si applica il divieto di cui al comma 6, salvo nei casi in cui si tratti dell'espletamento delle prime gare aventi ad oggetto i servizi forniti dalle società partecipanti alla gara stessa. Con regolamento da emanare ai sensi dell'articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, e successive modificazioni, sentite le Autorità indipendenti del settore e la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, il Governo definisce le condizioni per l'ammissione alle gare di imprese estere, o di imprese italiane che abbiano avuto all'estero la gestione del servizio senza ricorrere a procedure di evidenza pubblica, a condizione che, nel primo caso, sia fatto salvo il principio di reciprocità e siano garantiti tempi certi per l'effettiva apertura dei relativi mercati (102/b).
(omissis)
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(101/a) Rubrica così modificata dal comma 1 dell'art. 14, D.L. 30 settembre 2003, n. 269.
(101/b) Comma così sostituito dal comma 1 dell'art. 14, D.L. 30 settembre 2003, n. 269, come modificato dalla relativa legge di conversione.
(101/c) Comma aggiunto dall'art. 1, comma 48, L. 15 dicembre 2004, n. 308.
(101/d) Comma aggiunto dall'art. 1, comma 48, L. 15 dicembre 2004, n. 308.
(101/e) Lettera così modificata dal comma 1 dell'art. 14, D.L. 30 settembre 2003, n. 269.
(101/f) Comma così sostituito dal comma 1 dell'art. 14, D.L. 30 settembre 2003, n. 269, come modificato dalla relativa legge di conversione.
(101/g) Comma aggiunto dall'art. 4, comma 234, L. 24 dicembre 2003, n. 350.
(101/h) Comma aggiunto dall'art. 4, comma 234, L. 24 dicembre 2003, n. 350.
(101/i) Comma così modificato dal comma 1 dell'art. 14, D.L. 30 settembre 2003, n. 269. La Corte costituzionale, con sentenza 13-27 luglio 2004, n. 272 (Gazz. Uff. 4 agosto 2004, n. 30 - Prima serie speciale), ha dichiarato, tra l'altro, ai sensi dell'art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87, l'illegittimità del presente comma, limitatamente al secondo ed al terzo periodo.
(101/l) Comma così modificato dal comma 1 dell'art. 14, D.L. 30 settembre 2003, n. 269.
(101/m) Comma così modificato dal comma 1 dell'art. 14, D.L. 30 settembre 2003, n. 269.
(101/n) Articolo così sostituito dal comma 1 dell'art. 35, L. 28 dicembre 2001, n. 448. Vedi, anche, le altre disposizioni dello stesso articolo 35.
(102) Comma aggiunto dal comma 1 dell'art. 14, D.L. 30 settembre 2003, n. 269 e poi così modificato dal comma 234 dell'art. 4, L. 24 dicembre 2003, n. 350.
(102/a) Comma aggiunto dal comma 1 dell'art. 14, D.L. 30 settembre 2003, n. 269, come modificato dalla relativa legge di conversione.
(102/b) Comma aggiunto dall'art. 4, comma 234, L. 24 dicembre 2003, n. 350.
Del.CIPE 4
aprile 2001, n. 52/2001.
Direttive per la determinazione, in via transitoria, delle tariffe dei servizi acquedottistici, di fognatura e di depurazione per l'anno
2001. (Deliberazione n. 52/2001).
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(1) Pubblicata nella Gazz. Uff. 18 luglio 2001, n. 165.
(2) Vedi, anche, la Del.CIPE 21 dicembre 2001, n. 120/2001. Per l'anno 2002 vedi la Del.CIPE 19 dicembre 2002, n. 131/02.
(1/circ) Con riferimento al presente provvedimento sono state emanate le seguenti istruzioni:
- Ministero delle attività produttive: Circ. 1 agosto 2001, n. 3521/C; Circ. 4 ottobre 2001, n. 3523/C.
IL COMITATO INTERMINISTERIALE
PER LA PROGRAMMAZIONE ECONOMICA
Vista la legge 5 gennaio 1994, n. 36, che detta una nuova disciplina intesa ad assicurare maggiore efficienza nell'utilizzo delle risorse idriche, in un'ottica integrata del ciclo dell'acqua, e visti in particolare gli articoli 13, 14 e 15 di detta legge;
Visto l'art. 12 del decreto-legge 8 agosto 1994, n. 507, convertito dalla legge 21 ottobre 1994, n. 584, che modifica l'art 32, comma 3, della citata legge n. 36/1994;
Visto l'art. 2, comma 3, del decreto-legge 17 marzo 1995, n. 79, convertito dalla legge 17 maggio 1995, n. 172, che demanda a questo Comitato di fissare - sino all'elaborazione del metodo normalizzato di cui all'art. 13, comma 3, della citata legge n. 36/1994 - criteri, parametri e limiti per la determinazione e l'adeguamento delle tariffe del servizio idrico, con particolare riferimento alle quote di tariffe riferite al servizio di fognatura e di depurazione;
Vista la legge 28 dicembre 1995, n. 549, che all'articolo 3, commi 42 - 47, reca disposizioni in materia di fissazione della quota di tariffa riferita al servizio di depurazione;
Visto il decreto legislativo 25 febbraio 1995, n. 77, relativo all'ordinamento finanziario e contabile degli enti locali, come modificato ed integrato dal decreto legislativo 15 settembre 1997, n. 342, recante disposizioni in materia di contabilità, di equilibrio e di dissesto finanziario di detti enti locali;
Visto l'art. 6 del decreto-legge 25 marzo 1997, n. 67, convertito dalla legge 23 maggio 1997, n. 135, che prevede la predisposizione di un piano straordinario di completamento e razionalizzazione dei sistemi di collettamento e depurazione delle acque reflue urbane, poi adottato con decreto del Ministro dell'ambiente in data 29 luglio 1997, previo parere favorevole della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano;
Vista la legge 8 ottobre 1997, n. 344, recante disposizioni per lo sviluppo e la qualificazione degli interventi e dell'occupazione in campo ambientale, che, tra l'altro, all'art. 8 vincola i proventi derivanti dall'applicazione dell'art. 14, comma 1, della legge n. 36/1994
alla realizzazione degli interventi inclusi nel piano straordinario di cui sopra;
Visto il decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, che, all'art. 50, prevede la soppressione degli Uffici provinciali dell'industria, del commercio ed artigianato (UPICA) ed il trasferimento delle relative competenze alle Camere di commercio, industria ed artigianato a decorrere dal 1° gennaio 1999; trasferimento che, come specificato nella circolare n. 571697 emanata il 28 dicembre 1998 dal Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato, è poi slittato ad altra data a causa dei ritardi nello stato di attuazione del decreto legislativo in questione;
Vista la legge 23 dicembre 1998, n. 448, che, all'art. 31, comma 29, configura i corrispettivi dei servizi di fognatura e di depurazione quali quote di tariffa ai sensi del richiamato art. 13 della legge n. 36/1994 e che fino all'entrata in vigore del suddetto metodo normalizzato - ferma restando l'applicazione del metodo stesso per ambiti successivi, non appena definita a cura degli enti locali competenti la relativa tariffa - demanda a questo Comitato di stabilire criteri, parametri e limiti per le determinazioni tariffarie concernenti tutte le tre componenti del servizio idrico;
Visto il decreto legislativo 11 maggio 1999, n. 152, con il quale sono state recepite le direttive 91/271/CEE e 91/676/CEE, concernenti - rispettivamente - il trattamento delle acque reflue urbane e la protezione delle acque dall'inquinamento provocato da nitrati, e visto altresì il decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 258, con il quale sano state apportate modifiche a detto decreto;
Visto il Documento di programmazione economico-finanziaria 2001-2004 che, tra l'altro, pone l'obiettivo di realizzare nel periodo 2002-2004 investimenti in infrastrutture di interesse pubblico con ricorso al capitale privato mediante procedure di project financing;
Vista la legge 23 dicembre 2000, n. 388 (finanziaria 2001), e visti in particolare:
l'art. 57, che - al fine di garantire il raggiungimento degli obiettivi fissati dal suddetto documento programmatico - dispone che le amministrazioni statali, in fase di pianificazione ed attuazione dei programmi di spesa per la realizzazione d'infrastrutture, acquisiscano le valutazioni dell'Unità tecnica - Finanza di progetto di cui alla legge 17 maggio 1999, n. 144, secondo modalità e criteri che questo Comitato è chiamato a definire sentita la Conferenza unificata di cui all'art. 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, prevedendo altresì che le amministrazioni locali e regionali possano ricorrere alle valutazioni di detta unità secondo le modalità così stabilite;
l'art. 141, comma 4, che, in adempimento agli obblighi comunitari in materia di fognatura, collettamento e depurazione di cui agli articoli 27, 31 e 32 del citato decreto legislativo n. 152/1999, demanda alle autorità d'àmbito, ovvero se queste non siano ancora operative, alle province, la predisposizione, entro novanta giorni, e l'attuazione di un programma di interventi urgenti a stralcio e con gli stessi effetti di quello indicato dall'art. 11, comma 3, della legge n. 36/1994, prevedendo altresì, in caso di inerzia delle predette autorità e province, l'esercizio dei poteri sostitutivi da parte dei presidenti delle giunte regionali, su delega del Presidente del Consiglio dei Ministri; l'art. 144, comma 17, che reca limiti d'impegno, a decorrere dal 2002, per la realizzazione di un programma finalizzato all'avvio del servizio idrico integrato di cui alla più volte menzionata legge n. 36/1994, con specifico riferimento all'ottimizzazione dell'uso idropotabile di invasi artificiali e di reti, e che in particolare si richiama ai progetti inclusi nel programma e relativo piano finanziario previsti all'art. 11 della stessa legge n. 36/1994, approvati dal soggetto d'àmbito e per i quali il gestore s'impegni ad anticipare almeno il 30% dell'investimento necessario;
Viste le delibere con le quali questo Comitato ha formulato, in via transitoria e con riferimento alle singole annualità, direttive per la determinazione delle tariffe dei servizi acquedottistici, di fognatura e - a far data dal 1999 - di depurazione e viste in particolare: la delibera in data 18 dicembre 1997 (Gazzetta Ufficiale n. 28/1998), con la quale sono state - tra l'altro - dettate le disposizioni procedurali per il calcolo delle tariffe e delle verifiche relative, la delibera in data 19 febbraio 1999, n. 8 (Gazzetta Ufficiale n. 96/1999), con la quale sono state dettate direttive per la determinazione delle tariffe del servizio acquedottistico, di fognatura e di depurazione per l'anno 1999 e la cui validità è stata confermata sino al 30 giugno 2000, nella seduta del 15 febbraio stesso anno, la delibera in data 22 giugno 2000, n. 62 (Gazzetta Ufficiale n. 192/2000), con la quale sono state analogamente dettate direttive per il periodo 1° luglio 2000 - 30 giugno 2001;
Vista la propria delibera in data 24 aprile 1996 (Gazzetta Ufficiale n. 118/1996), come integrata con delibera in data 17 marzo 2000, n. 30 (Gazzetta Ufficiale n. 104/2000), concernente la definizione delle linee guida per la regolazione dei servizi di pubblica utilità;
Vista la propria delibera in data 8 maggio 1996 Gazzetta Ufficiale n. 138/1996), relativa all'istituzione del Nucleo di consulenza per l'attuazione di dette linee guida (NARS), e vista la delibera in data 9 luglio 1998 (Gazzetta Ufficiale n. 199/1998) con la quale questo Comitato, ai sensi dell'art. 1 del decreto legislativo 5 dicembre 1997, n. 430, ha proceduto all'aggiornamento del proprio regolamento interno, confermando il NARS quale proprio organo consultivo in materia di regolazione dei servizi di pubblica utilità;
Vista la propria delibera in data 8 marzo 2001, n. 23 (Gazzetta Ufficiale n. 71/2001), con la quale questo Comitato ha dettato gli indirizzi per l'utilizzo delle risorse da destinare ai programmi stralcio di cui all'art. 41, comma 141, della legge n. 388/2000, condizionando l'eventuale adozione di incrementi tariffari al rilascio di un'attestazione, da parte dell'ATO o della Provincia competente, sui proventi delle tariffe di depurazione ex art. 3, commi 42 - 47, della legge finanziaria n. 549/1995 accantonati per investimenti e sui proventi delle tariffe di fognatura accantonati per il completamento dei relativi impianti;
Viste le indicazioni in materia di politica tariffaria contenute nella relazione previsionale e programmatica per il 2001;
Viste le raccomandazioni formulate dal NARS nella seduta del 30 marzo 2001;
Preso atto che con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri in data 4 marzo 1996 (supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 47/1996) sono state adottate le determinazioni previste dall'art. 4, comma 1, della citata legge n. 36/1994;
Preso atto che con decreto del Ministro dei lavori pubblici in data 1° agosto 1996 (Gazzetta Ufficiale n. 243/1996), è stato approvato il metodo normalizzato previsto dall'art. 13 della legge n. 36/1994;
Preso atto che con decreto del Ministro dei lavori pubblici in data 8 gennaio 1997, n. 99 (Gazzetta Ufficiale n. 90/1997), è stato emanato il regolamento sui criteri e metodi per la valutazione delle perdite degli acquedotti e delle fognature e che con circolare 24 febbraio 1998, n. 105/UPP (Gazzetta Ufficiale n. 52/1998), sono state formulate note esplicative;
Preso atto che con parere formulato nell'adunanza dell'8 aprile 1997 il Consiglio di Stato si è espresso per l'applicabilità delle direttive di questo comitato anche alla fattispecie della cessione d'acqua a subdistributori;
Considerato che il NARS ha rilevato come la regolazione tariffaria del settore, impostata negli ultimi anni, abbia consentito un graduale riequilibrio del prezzo relativo del servizio idrico nelle sue tre componenti e l'avvio della realizzazione di un programma d'investimenti in modo da procedere ad un primo recupero del gap infrastrutturale del nostro Paese, incentivando nel contempo l'entrata a regime della nuova normativa prevista dalla legge n. 36/1994;
Considerato che il NARS ha quindi proposto di mantenere una sostanziale continuità in tale politica di regolazione, limitando le innovazioni a quanto necessario per tener conto delle evoluzioni in corso nel settore anche a seguito dell'attivazione di programmi d'investimento basati sulla finanza di progetto, per imprimere agli investimenti sul trattamento delle acque reflue la spinta di accelerazione presupposta dalla finanziaria 2001 e per offrire un segnale sulla necessità della revisione delle tariffe di fognatura e di depurazione relative alle utenze industriali, nonché per avviare, in linea con le indicazioni fornite da questo comitato nella delibera n. 62/2000, il percorso del superamento del minimo impegnato nel settore acquedottistico;
Considerato che il NARS, anche in considerazione delle novità come sopra proposte per la manovra 2001, ha rappresentato l'opportunità di semplificare, nella fase di prima attuazione, i problemi di controllo da parte delle Camere di commercio, industria e artigianato circa la corretta applicazione delle direttive di questo comitato ed ha quindi raccomandato di stabilire per tutti e tre i servizi, relativamente all'anno 2001, una X di price-cap (tasso di crescita obiettivo produttivita) pari all'1,7%;
Considerato che il NARS ha altresì ritenuto opportuno proporre, per l'anno 2001, la sospensione del percorso d'avvicinamento alla copertura dei costi, sottolineando come il riferimento ai costi 1998 risulti attualmente inadeguato sia perché negli ultimi anni sono intervenute trasformazioni nella natura giuridica delle gestioni sia perché lo squilibrio maggiore tra tariffe e costi esiste nei servizi di fognatura e depurazione per i quali non sono ancora disponibili i dati relativi ai costi del servizio, ed ha evidenziato al riguardo che è ormai in corso di costituzione l'Osservatorio sui servizi idrici, cui compete effettuare rilevazioni ed analisi suscettibili di chiarire meglio la struttura dei costi nelle diverse realtà del Paese, e rilevato che un'adeguata valutazione dei costi efficienti, anche tramite forme di concorrenza comparativa, potrà essere effettuata solo dalle Autorità d'àmbito, anch'esse ormai in fase di avanzata costituzione;
Ritenuto di recepire le raccomandazioni del NARS, prevedendo peraltro che specifiche situazioni di sbilancio delle gestioni acquedottistiche siano segnalate a questo comitato per l'eventuale formulazione di proposte di soluzione;
Ritenuto in particolare di condividere le raccomandazioni del NARS in merito all'esigenza di far decollare i piani d'investimento realizzabili con la finanza di progetto, nonché di prevedere un aumento tariffario per gli adeguamenti impiantistici per fognatura e depurazione attuati in base ai programmi stralcio;
Ritenuto altresì di condividere le raccomandazioni del NARS circa la X da attribuire alla formula del price-cap per il 2001 sia per le motivazioni addotte dal NARS stesso sia per l'esigenza di contenere la dinamica inflazionistica;
Ritenuto di confermare la previsione di una duplice decorrenza degli incrementi tariffari al fine di evitare onerosi conguagli a carico dell'utenza;
Ritenuto di ribadire l'esigenza di dedicare specifica attenzione all'aspetto della qualità, escludendo aumenti tariffari nei confronti degli enti gestori che non abbiano ancora adottato la carta dei servizi;
Ritenuto inoltre di confermare, anche per i servizi di fognatura e di depurazione, le forme di verifica sulla puntuale attuazione delle proprie direttive, che questo comitato ha introdotto con delibera n. 62/2000, avvalendosi della facoltà di cui all'art. 13 del decreto del Presidente della Repubblica 28 giugno 1965, n. 620, relativo al decentramento del Ministero dell'industria, del commercio e dell'artigianato;
Udita la relazione del Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica;
Delibera:
Sino al 30 giugno 2001 restano in vigore le tariffe determinate ai sensi della delibera 22 giugno 2000, n. 62.
Successivamente al 30 giugno e sino all'entrata in vigore della tariffa fissata dagli articoli 13, 14 e 15 della legge 5 gennaio 1994, n. 36, e comunque non oltre il 30 giugno 2002, gli enti interessati e le imprese che gestiscono il servizio nonché, per le attività di verifica, le Camere di commercio, industria ed artigianato si atterranno alle disposizioni di cui alla presente delibera.
1. Servizio di acquedotto
1.1 Articolazione tariffaria.
Ai fini della determinazione della tariffa base, nonché dell'articolazione tariffaria e delle norme afferenti il servizio, continuano ad applicarsi, salvo quanto diversamente stabilito nelle direttive di questo comitato, i provvedimenti CIP nn. 45/1974, 46/1974, 26/1975 e successive modifiche ed integrazioni.
1.2 Sbilanci della gestione.
Per gli enti locali dissestati o in condizioni strutturalmente deficitarie è previsto l'obbligo di copertura dei costi del servizio acquedottistico in misura non inferiore all'80%.
Gli altri enti e le imprese che si trovino in condizioni di rilevante sbilancio nella gestione acquedottistica e che in particolare nel corso del 2000 abbiano registrato livelli di copertura dei costi inferiori all'80%, segnaleranno, entro il 31 dicembre 2001, tale situazione di squilibrio alla Segreteria di questo Comitato, tra l'altro precisando se si siano avvalsi o meno in passato della facoltà di procedere alla copertura dei costi sino al tetto indicato: il riferimento è ai costi 1998, incrementati dello 0,5% (percentuale media di aumento prevista dalla delibera 19 febbraio 1999, n. 8) e ulteriormente incrementati dello 0,7% (stessa percentuale indicata dalla delibera 22 giugno 2000, n. 62). Eventuali proposte di soluzione verranno sottoposte a questo comitato.
1.3 Superamento del minimo impegnato negli usi domestici e contatori per singola unità abitativa.
L'attuale canone per nolo contatore prende il nome di quota fissa e viene applicata ad ogni singola unità di utenza.
La durata del percorso di eliminazione del minimo impegnato è fissata in quattro anni. Nel primo anno la relativa quota viene ridotta, per i residenti, di 30 mc annui, mentre può essere mantenuta invariata nei confronti dei non residenti: il gestore è autorizzato ad aumentare la quota fissa fino a concorrenza della perdita di ricavo totale, valutata in base ai consumi e al fatturato dell'anno precedente, e comunque fino ad un massimo di tre volte la quota prevista dal provvedimento CIP n. 45/1974. L'eventuale differenza residua tra ricavo, come sopra determinato, e fatturato, calcolato in base ai volumi dell'anno precedente, viene recuperata con un proporzionale aumento delle tariffe dei diversi scaglioni di consumo.
Qualora, invece, la mera estensione della quota fissa, nel suo ammontare attuale, ad ogni singola unità di utenza porti al superamento del ricavo totale, determinato come sopra, si procede ad una riduzione proporzionale delle tariffe nei diversi scaglioni di consumo.
In ognuno dei tre anni successivi si procede alla riduzione di 1/3 dell'eventuale minimo impegnato residuo e comunque per non meno di 30 mc per ciascun anno, procedendo, per il rispetto del vincolo dell'isoricavo, ad un aumento proporzionale delle tariffe dei diversi scaglioni di consumo, tenendo conto degli aggiustamenti connessi alle eventuali differenze tra valori preventivati e consuntivati.
La prima tranche del percorso di superamento del minimo impegnato decorrerà dal 1° luglio 2001; peraltro per quei gestori che, stante le modalità di lettura dei contatori o per altra causa da specificare, attestino di aver incontrato difficoltà in ordine alla individuazione dei reali livelli di consumo la decorrenza potrà essere rinviata, ma non potrà comunque travalicare il 1° luglio 2002 (3).
1.4. Investimenti.
1.4.1. Casistica.
Nell'eventualità che l'ente o l'impresa che gestisce il servizio acquedottistico effettui investimenti, è consentito un incremento graduato come appresso in relazione al grado di avvicinamento all'attuazione della legge n. 36/1994 registrato al momento di predisposizione del programma e comunque anteriormente alla data del 1° luglio 2001:
a) nel caso che il programma d'investimenti predisposto dal gestore sia approvato dal rispettivo soggetto d'àmbito è possibile un aumento massimo del 6% per un volume d'investimenti pari almeno al 50% del fatturato previsto per l'anno 2000, in considerazione della prevedibile conformità del programma stesso all'adottando piano di àmbito. Nel caso di rapporti minori si procede per interpolazione lineare. Analoga percentuale d'incremento è prevista per gli interventi nelle aree comprese nell'obiettivo 1 della U.E. - pur in carenza di approvazione del piano d'àmbito - purché gli interventi stessi siano inseriti in programmi stralcio recepiti nell'accordo di programma quadro «Risorse idriche» previsto nell'intesa istituzionale di programma stipulata fra lo Stato e la regione interessata, e purché il soggetto d'àmbito sia stato costituito, come indicato al punto 3.1.1 lett. a) della delibera n. 62/2000, entro la data del 31 dicembre 2000;
b) nel caso che il programma d'investimenti sia predisposto da un gestore integrato delle tre fasi della filiera sulla base di un programma che non risulta approvato da un soggetto d'àmbito, o perché quest'ultimo non è stato ancora insediato o perché il medesimo non ha riscontrato la richiesta di approvazione del programma entro 60 giorni dalla presentazione dello stesso da parte del gestore, è possibile un aumento massimo del 4% per un volume d'investimenti pari ad 1/3 del fatturato previsto per l'anno 2000. Nel caso di rapporti inferiori si procede per interpolazione lineare;
c) nel caso che gli investimenti vengano effettuati da un gestore non integrato in presenza di fattispecie analoga a quella considerata all'alinea precedente - cioè sulla base di un programma che non risulta approvato da un soggetto d'àmbito, o perché quest'ultimo non è stato ancora insediato o perché il medesimo non ha riscontrato la richiesta di approvazione del programma entro sessanta giorni dalla presentazione dello stesso da parte del gestore - è possibile un aumento massimo del 2,5% per un volume d'investimenti pari a 1/3 del fatturato previsto per il 2000, purché detti investimenti siano vincolati alle tipologie d'investimenti ammissibili riportati nel prospetto costituente l'allegato 1, che forma parte integrante della presente delibera. In caso di rapporti inferiori si procede per interpolazione lineare.
Resta preclusa qualsiasi possibilità di disporre aumenti in relazione a programmi d'investimento che siano stati esplicitamente disapprovati dal soggetto d'àmbito, entro sessanta giorni dalla presentazione del programma stesso da parte del gestore.
1.4.2. Limiti.
1.4.2.1. Gli aumenti correlati agli investimenti non sono applicabili alle gestioni in economia.
1.4.2.2. Gli aumenti indicati al punto 1.4.1. possono essere applicati solo dopo che il gestore abbia provveduto a soddisfare l'obbligo di referto previsto dal decreto dei Ministro dei lavori pubblici in data 8 gennaio 1997, n. 99, meglio specificato in premessa, e dalla relativa circolare esplicativa.
1.4.3. Riconoscibilità degli investimenti.
Gli investimenti programmati cui viene fatto riferimento per l'applicazione degli appositi incrementi tariffari previsti dalla presente delibera sono quelli assunti dal gestore a proprio carico diretto e che risultino aggiuntivi rispetto a quelli finanziati da risorse a carico di fondi pubblici, statali o comunitari.
1.4.4. Penalizzazioni per sottorealizzazioni.
Nell'ipotesi che al 31 dicembre 2000 non risulti realizzato il volume d'investimenti considerato in sede di determinazione dell'aumento tariffario ai sensi della delibera 22 giugno 2000, n. 62, all'incremento complessivo per il 2001, come sopra calcolato, viene applicato un fattore correttivo negativo, pari all'incremento tariffario corrispondente alla differenza tra il volume d'investimenti previsto ed il volume d'investimenti effettivamente realizzato.
Nel caso esposto dunque la tariffa si riduce, a seconda dei casi indicati nella precitata delibera, della percentuale:
dove
= investimenti programmati per l'anno 2000;
= fatturato previsto per il suddetto periodo al momento del relativo programma d'investimenti;
I00 = investimenti effettivamente realizzati nell'arco temporale considerato;
F00 = fatturato realizzato nel 2000.
1.4.5. Sovradimensionamento.
Nel caso in cui si presentino necessità d'investimento che superino il limite di fatturato di cui al punto 1.4.1. della presente delibera, viene riconosciuto un corrispondente aumento tariffario nell'anno immediatamente successivo; tale incremento riduce il margine ulteriore d'aumento a disposizione per l'anno successivo medesimo.
L'aumento di cui al punto precedente si applica esclusivamente nel caso in cui il piano d'investimenti sia certificato dall'autorità d'àmbito.
Il piano annuo non può comunque superare il limite del 100% di fatturato.
1.4.6. Fornitore d'acqua all'ingrosso.
Il soggetto fornitore acqua all'ingrosso si attiene agli stessi criteri di adeguamento tariffario definiti per il gestore all'utenza finale, compresa la clausola di penalizzazione nel caso di sottorealizzazione del piano d'investimenti.
Il venditore all'ingrosso presenta il proprio piano d'investimenti entro e non oltre sessanta giorni dalla data di pubblicazione della presente delibera nella Gazzetta Ufficiale e definisce le proprie tariffe entro i trenta giorni successivi.
Il gestore del servizio all'utenza trasferisce il suddetto aumento sulla tariffa finale in proporzione all'incidenza percentuale del costo dell'acqua all'ingrosso sui costi totali registrati nell'anno precedente. A tal fine:
calcola l'incremento di costo come prodotto tra il volume di acqua acquistata presso il grossista nell'anno precedente e l'incremento della tariffa a mc praticato dal grossista;
calcola il rapporto percentuale tra tale incremento di costo e il proprio fatturato dell'anno precedente e lo applica come aumento percentuale della tariffa di distribuzione.
L'incremento complessivo della tariffa finale (quale somma dell'aumento conseguente alla traslazione dell'incremento operato dal grossista e di quello praticato dal gestore del servizio all'utenza) non può superare il tetto massimo spettante al gestore finale in relazione alle diverse situazioni illustrate al punto 1.4.1.
Nel caso in cui il venditore all'ingrosso non definisca le proprie tariffe entro i predetti novanta giorni, al gestore del servizio di distribuzione competono incrementi tariffari per programmi d'investimento secondo la casistica e nei limiti di cui ai precedenti punti.
Qualora il venditore all'ingrosso definisca le tariffe successivamente ai predetti novanta giorni il medesimo potrà utilizzare il margine residuo d'incremento rispetto al tetto spettante al gestore all'utenza finale.
2. Servizio di depurazione e fognatura
2.1. Utenze civili.
Il gestore, qualora non abbia già provveduto in tal senso, ha l'obbligo, ai sensi dell'art. 31, comma 29, della legge 23 dicembre 1998, n. 448, di elevare la tariffa all'importo di lire 500 al metro cubo, stabilito dall'art. 3, commi 42 e seguenti, della legge 28 dicembre 1995, n. 549. Per il servizio di fognatura il gestore ha la facoltà d'incrementare la tariffa sino all'importo di 170 lire, aggiornato delle percentuali d'incremento di cui alle delibere di questo Comitato nn. 255/1996, 248/1997, 8/1999 e 62/2000.
2.2. Utenze industriali.
Per le utenze relative agli insediamenti classificati quali insediamenti a complessi produttivi ai sensi dell'articolo 1-quater del decreto-legge 10 agosto 1976, n. 544, convertito dalla legge 8 ottobre 1976, n. 690, e successivamente trasfuso nel decreto legislativo 11 maggio 1999, n. 152, poi modificato dal decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 258, la quota di tariffa del servizio di fognatura è allineata a quella stabilita per le utenze civili, se superiore, e viene calcolata sulla base della quantità delle acque reflue scaricate.
Nelle more della completa revisione della formula di cui al decreto del Presidente della Repubblica 24 maggio 1977, e successive modificazioni ed integrazioni, la quota del servizio di depurazione viene determinata sulla base della suddetta formula, adeguando peraltro i coefficienti tariffari relativi allo stesso servizio di depurazione sulla base del 50% dell'incremento fatto registrare dall'indice ISTAT dei prezzi alla produzione dalla data dell'ultimo aggiornamento realizzato: i relativi valori vengono riportati nell'allegato 2, che forma parte integrante della presente delibera, mentre nell'allegato 3 viene riportato un esempio d'applicazione. Al fine di contenere l'impatto sui costi delle imprese utilizzatrici, l'adeguamento stesso è possibile fino a concorrenza di un limite massimo del 10%. La quota di tariffa viene computata sulla base della quantità delle acque scaricate.
2.3. Programmi stralcio di cui all'art. 141 della legge n. 388 del 2000.
Per il parziale finanziamento dei programmi stralcio di cui all'art. 141 della legge n. 388 del 2000 è previsto, nell'arco del quinquennio 2001-2005, un aumento cumulato delle tariffe di fognatura e depurazione nella misura massima del 20%.
In ogni anno del quinquennio l'aumento non potrà comunque eccedere la misura del 5%.
Tali incrementi si applicano sulla quantità d'acque scaricate in fognatura da parte delle utenze civili ed industriali e saranno determinati tenendo conto, pur nelle more dell'applicazione del metodo normalizzato, dei princìpi di carattere generale previsti dagli articoli 13 e 14 della legge n. 36 del 1994. Gli incrementi stessi sono destinati al finanziamento del programma stralcio in concorrenza con le altre risorse finalizzate alla realizzazione d'interventi inseriti nel programma stesso.
L'aumento finalizzato all'attuazione dei programmi stralcio viene riscosso, secondo la procedura vigente, dal gestore che pone le somme riscosse a disposizione degli enti attuatori dei programmi stessi.
L'aumento tariffario di cui ai punti precedenti si applica anche alle gestioni in economia. Qualora venga posto in essere, su delega del Presidente del Consiglio dei Ministri, l'esercizio dei poteri sostitutivi del presidente della giunta regionale per la predisposizione e l'attuazione dei programmi stralcio, l'eventuale aumento tariffario, individuato nel piano finanziario connesso al programma stralcio, viene determinato entro 90 giorni dall'emanazione del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri di delega e, comunque, entro e non oltre il 30 giugno 2002 e la decorrenza resta stabilita secondo quanto previsto dal successivo punto 3.3.
Resta inoltre confermato che, in fase di predisposizione ed attuazione dei programmi stralcio, dovrà comunque essere favorito al massimo, in linea con le indicazioni del documento di programmazione economico-finanziaria 2001-2004 richiamate in premessa, il ricorso al metodo del project financing (4).
3. Norme comuni
3.1. Price-cap per il 2001.
Per i motivi esposti in premessa, la X (tasso di crescita obiettivo di produttivita), nella formula di price-cap, viene stabilita nella misura dell'1,7% per tutti e tre i servizi.
3.2. Base di computo degli aumenti.
Gli incrementi tariffari previsti ai punti 1 e 2 sono applicati sulle tariffe vigenti, purché le stesse non siano superiori ai valori risultanti dall'attuazione delle direttive di cui alla delibera n. 62 del 2000.
3.3. Decorrenza aumenti.
Gli incrementi tariffari conseguenti all'attuazione delle direttive di cui ai citati punti 1 e 2, se pubblicati dai soggetti interessati sul F.A.L. o sul B.U.R. entro il 31 dicembre 2001, o comunque agli stessi trasmessi entro tale data, saranno applicati a decorrere dal 1° luglio 2001; quelli pubblicati successivamente a tale data decorreranno dal 1° gennaio dell'anno successivo. I nuovi valori tariffari, contestualmente all'invio in pubblicazione, verranno trasmessi alle Camere di commercio, industria ed artigianato competenti per la relativa attività di verifica.
Relativamente al servizio di distribuzione d'acqua potabile, nell'ipotesi in cui gli enti gestori non abbiano adottato entro il 30 giugno 2001 la carta del servizio idrico, non si applicano gli aumenti e gli adeguamenti tariffari di cui al punto 1.4. Se la carta medesima sia adottata successivamente, ma comunque entro il 31 dicembre 2001, detti incrementi potranno essere adottati dal 1° gennaio 2002.
3.4. Rapporti con l'utenza.
Gli enti ed imprese che gestiscono i servizi considerati nella presente delibera debbono improntare i rapporti con l'utenza a criteri di massima trasparenza, in particolare indicando la percentuale d'incremento applicata ai sensi dei punti precedenti e gli estremi del relativo provvedimento.
3.5. Procedure.
Ai fini delle verifiche sulla corretta applicazione delle presenti direttive si applicano le disposizioni procedurali stabilite al punto 1.1.4 della delibera 18 dicembre 1997, richiamata in premessa, con la specificazione che i compili dalla delibera stessa demandati agli UU.PP.I.C.A. vengono ora espletati dalle Camere di commercio, industria ed artigianato.
3.6. Clausola di rinvio.
Resta ferma l'applicazione delle altre direttive previste nella delibera 22 giugno 2000, n. 62, che non siano modificate dalla presente delibera.
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(3) Vedi, anche, la Del.CIPE 21 dicembre 2001, n. 120/2001.
(4) Il punto 2.3 è stato così sostituito dalla Del.CIPE 15 novembre 2001, n. 93/01.
Allegato 1
INVESTIMENTI ELEGGIBILI
1. Investimenti comuni alle tre componenti del servizio idrico
1.1. Interventi di ripristino e manutenzione straordinaria delle reti e degli impianti esistenti, finalizzati ad evitare il loro degrado ed a mantenere i livelli di esercizio esistenti.
1.2. Adeguamento delle strutture e degli impianti agli standard di qualità e sicurezza secondo norma.
1.3. Interventi per la fornitura a nuovi utilizzatori (estensioni rete, allacciamenti, misuratori, ampliamento impianti, etc.).
1.4. Interventi volti a raggiungere i livelli minimi di servizio di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 4 marzo 1996 e/o comunque finalizzati al miglioramento della qualità percepita dall'utente, comprensivi delle procedure e sistemi a supporto della bollettazione e del rapporto contrattuale con la clientela.
1.5. Analisi rete, cartografia numerica, rilevazione e documentazione della rete e degli impianti e formazione dei relativi data-base.
2. Investimenti specifici per i singoli servizi.
2.1. Servizio acquedottistico.
2.1.1. Interventi per il ripristino di allacciamenti idrici ed il contenimento delle perdite nelle reti e negli impianti esistenti.
2.1.2. Potabilizzazione dell'acqua secondo norma.
2.1.3. Interventi per la fornitura a nuovi utilizzatori (estensioni rete, allacciamenti, misuratori, ampliamento impianti, etc).
2.1.4. Interventi destinati ad incrementare e/o ottimizzare l'utilizzazione delle risorse idriche.
2.1.5. Interventi di ripristino e manutenzione straordinaria delle reti e degli impianti esistenti, finalizzati ad evitare il loro degrado ed a mantenere i livelli di esercizio esistenti.
2.1.6. Adeguamento delle strutture e degli impianti agli standard di qualità e sicurezza secondo norma.
2.1.7. Analisi, studi ed interventi relativi alla trasformazione degli esistenti sistemi di fornitura idrica per consentire l'installazione di contatori di ogni singola unità abitativa nonché contatori differenziati per le attività produttive e del settore terziario.
2.2. Servizio fognatura.
2.2.1. Interventi per il ripristino di allacciamenti fognari ed il contenimento delle perdite nelle reti e negli impianti esistenti.
2.2.2. Interventi per l'allaccio a nuovi utilizzatori (estensioni rete fognaria, allacciamenti, misuratori, etc.).
2.2.3. Interventi destinati a migliorare e/o ottimizzare il sistema di collettamento delle acque.
2.3. Servizio di depurazione.
2.3.1. Trattamento degli scarichi fino ai limiti previsti dal decreto legislativo n. 152/1999.
2.3.2. Adeguamenti impiantistici per fra fronte a nuovi utenti.
2.3.3. Interventi destinati a migliorare e/o ottimizzare il sistema di depurazione delle acque.
1. L'indicazione degli investimenti eleggibili per i servizi di fognatura o depurazione di cui ai precedenti punti 1, 2.2. e 2.3 è riferita esclusivamente all'ipotesi prevista al punto 3.2, comma 3, del testo (mancata determinazione della misura dell'aumento, entro il 30 novembre 2001, da parte del soggetto abilitato a predisporre il piano stralcio).
2. Dagli interventi di cui ai punti 1 e 2 vanno esclusi, ai fini della maggiorazione tariffaria prevista per investimenti, quelli relativi alla manutenzione ordinaria, in conformità a quanto previsto dalla delibera in data 18 dicembre 1997.
Allegato 2
ADEGUAMENTO PARAMETRI
PER LA TARIFFA DI DEPURAZIONE 2001
|
Prezzi |
|
|
Anno ultimo |
alla produzione dei |
Incremento % |
Incremento % |
adeguamento |
prodotti industriali |
ISTAT |
parametro |
1985 |
0,00 |
57,52 |
28,76 |
1986 |
0,20 |
57,21 |
28,60 |
1987 |
3,00 |
52,63 |
26,31 |
1988 |
3,60 |
47,32 |
23,66 |
1989 |
5,90 |
39,12 |
19,56 |
1990 |
4,10 |
33,64 |
16,82 |
1991 |
3,30 |
29,37 |
14,68 |
1992 |
1,90 |
26,96 |
13,48 |
1993 |
3,80 |
22,31 |
11,15 |
1994 |
3,70 |
17,94 |
8,97 |
1995 |
7,90 |
9,31 |
4,65 |
1996 |
1,90 |
7,27 |
3,64 |
1997 |
1,30 |
5,89 |
2,95 |
1998 |
0,10 |
5,79 |
2,89 |
1999 |
0,20 |
6,00 |
3,00 |
2000 |
6,00 |
0,00 |
0,00 |
Allegato 3
Adeguamento tariffa scarichi produttivi
Q = F2 + (f2 + dv +K2 (db Oi/Of + df Si/Sf) + da)V.
ove:
Q = Introito tariffario complessivo [Lire].
F2 = Termine fisso per servizi allacciamento alla fognatura [Lire].
f2 = Coefficiente servizio fognatura [Lire/mc].
dv = Coefficiente di costo trattamenti primari e sollevamenti [Lire/mc].
K2 = Coefficiente di costo per maggiori oneri di trattamento [numero/puro].
db = Coefficiente di costo trattamento secondario [Lire/mc].
df = Coefficiente di costo trattamento e smaltimento fanghi [Lire/mc].
da = Coefficiente di costo trattamento sostanze diverse [Lire/mc].
Oi = COD (chemical oxigen demand) dell'effluente industriale considerato [mg/litro].
Of = COD (chemical oxigen demand) del liquame affluente all'impianto [mg/litro].
Si = Solidi sospesi totali dell'effluente industriale considerato [mg/litro].
Sf = Solidi sospesi totali del liquame affluente all'impianto [mg/litro].
V = Volume dell'effluente scaricato in fognatura [mc].
Si consideri la situazione seguente:
coefficiente f2 al 30 giugno 2001 = 120 L/mc;
ultimo anno adeguamento coefficienti formula = 1995;
tariffa fognatura civile definita per l'anno 2001 (dal 1° luglio 2001) = 180 L/mc.
Determinazione tariffaria anno 2001
Quota fognatura scarico industriale:
coefficiente f2 1° luglio 2001 (qualora il valore di f2 al 30 giugno 2001 fosse superiore alla tariffa civile 2001 permane il valore precedente di f2) = 180 L/mc.
Quota depurazione scarico industriale:
in base alla tabella 2 di adeguamento dei coefficienti della formula: coefficiente tabella 2 = 4,65%;
Tale valore è al netto di eventuali incrementi connessi alle precedenti deliberazioni C.I.P.E. in materia nonché degli incrementi connessi al punto 4 della presente delibera.
I valori dei coefficienti «dv, db, df, da» della formula vanno incrementati del 4,65%.
Questi valori vanno ulteriormente incrementati degli aumenti relativi al punto 4 della presente delibera.
I restanti coefficienti restano invariati.
Del.CIPE 19
dicembre 2002, n. 131/02.
Direttive per la determinazione, in via transitoria, delle tariffe dei servizi acquedottistici, di fognatura e di depurazione per l'anno
2002. (Deliberazione n. 131/2002).
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(1) Pubblicata nella Gazz. Uff. 4 aprile 2003, n. 79.
(1/a) Vedi, anche, il Comunicato 17 giugno 2003 del Ministero delle attività produttive.
IL COMITATO INTERMINISTERIALE
PER LA PROGRAMMAZIONE ECONOMICA
Vista la legge 5 gennaio 1994, n. 36, che detta una nuova disciplina intesa ad assicurare maggiore efficienza nell'utilizzo delle risorse idriche, in un'ottica integrata del ciclo dell'acqua, e visti in particolare gli articoli 13, 14 e 15 di detta legge;
Vista la legge 11 febbraio 1994, n. 109 e successive modifiche, in materia di lavori pubblici;
Visto l'art. 12 del decreto-legge 8 agosto 1994, n. 507, convertito nella legge 21 ottobre 1994, n. 584, che modifica l'art. 32, comma 3, della citata legge n. 36 del 1994;
Visto l'art. 2, comma 3, del decreto-legge 17 marzo 1995, n. 79, convertito nella legge 17 maggio 1995, n. 172, che demanda a questo Comitato di fissare - sino all'elaborazione del metodo normalizzato di cui all'art. 13, comma 3, della citata legge n. 36 del 1994 - criteri, parametri e limiti per la determinazione e l'adeguamento delle tariffe del servizio idrico, con particolare riferimento alle quote di tariffe riferite al servizio di fognatura e di depurazione;
Vista la legge 28 dicembre 1995, n. 549, che all'art. 3, commi 42-47, reca disposizioni in materia di fissazione della quota di tariffa riferita al servizio di depurazione;
Visto il decreto legislativo 25 febbraio 1995, n. 77, relativo all'ordinamento finanziario e contabile degli enti locali, come modificato ed integrato dal decreto legislativo 15 settembre 1997, n. 342, recante disposizioni in materia di contabilità, di equilibrio e di dissesto finanziario di detti enti locali;
Visto l'art. 6 del decreto-legge 25 marzo 1997, n. 67, convertito nella legge 23 maggio 1997, n. 135, che prevede la predisposizione di un piano straordinario di completamento e razionalizzazione dei sistemi di collettamento e depurazione delle acque reflue urbane, poi adottato con decreto del Ministro dell'ambiente in data 29 luglio 1997, previo parere favorevole della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano;
Vista la legge 8 ottobre 1997, n. 344, recante disposizioni per lo sviluppo e la qualificazione degli interventi e dell'occupazione in campo ambientale, che, tra l'altro, all'art. 8 vincola i proventi derivanti dall'applicazione dell'art. 14, comma 1, della legge n. 36 del 1994 alla realizzazione degli interventi inclusi nel piano straordinario di cui sopra.
Visto il decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, che con l'art. 20 attribuisce alle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura le funzioni esercitate dagli uffici provinciali per l'industria, il commercio e l'artigianato soppressi, ai sensi dell'art. 50 del medesimo decreto legislativo n. 112 del 1998, con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 26 maggio 2000;
Vista la legge 23 dicembre 1998, n. 448, che, all'art. 31, comma 29, configura i corrispettivi dei servizi di fognatura e di depurazione quali quote di tariffa ai sensi del richiamato art. 13 della legge n. 36 del 1994 e che fino all'entrata in vigore del suddetto metodo normalizzato, ferma restando l'applicazione del metodo stesso per àmbiti successivi, non appena definita a cura degli enti locali competenti la relativa tariffa, demanda a questo Comitato di stabilire criteri, parametri e limiti per le determinazioni tariffarie concernenti tutte le tre componenti del servizio idrico (acquedotto, fognatura e depurazione) (2);
Visto il decreto legislativo 11 maggio 1999, n. 152, con il quale sono state recepite le direttive del Consiglio 91/271/CEE e 91/676/CEE, concernenti, rispettivamente, il trattamento delle acque reflue urbane e la protezione delle acque dall'inquinamento provocato da nitrati, e visto altresì il decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 258, con il quale sono state apportate modifiche a detto decreto;
Visto il decreto legislativo 2 febbraio 2001, n. 31, con il quale è stata recepita la direttiva del Consiglio 98/83/CE, relativa alla qualità delle acque per il consumo umano;
Visto il Documento di programmazione economico-finanziaria 2001-2004 che, tra l'altro, pone l'obiettivo di realizzare nel periodo 2002-2004 investimenti in infrastrutture di interesse pubblico con ricorso al capitale privato mediante procedure di project financing;
Viste le delibere con le quali questo Comitato ha formulato, in via transitoria e con riferimento alle singole annualità, direttive per la determinazione delle tariffe dei servizi acquedottistico, di fognatura e - a far data dal 1999 - di depurazione e viste in particolare: la delibera 18 dicembre 1997 (Gazzetta Ufficiale n. 28/1998), con la quale sono state, tra l'altro, dettate le disposizioni procedurali per il calcolo delle tariffe e delle verifiche relative, la delibera 19 febbraio 1999, n. 8 (Gazzetta Ufficiale n. 96/1999), con la quale sono state dettate direttive per la determinazione delle tariffe del servizio acquedottistico, di fognatura e di depurazione per l'anno 1999 e la cui validità è stata confermata sino al 30 giugno 2000, la Del.CIPE 22 giugno 2000, n. 62/2000 (Gazzetta Ufficiale n. 192/2000), con la quale sono state analogamente dettate direttive per il periodo 1° luglio 2000 - 30 giugno 2001 la Del.CIPE 4 aprile 2001, n. 52/2001 (Gazzetta Ufficiale n. 165/2001) con la quale sono state previste direttive analoghe per il periodo 1° luglio 2001 - 30 giugno 2002;
Vista la propria Del.CIPE 24 aprile 1996 (Gazzetta Ufficiale n. 118/1996), come integrata con propria Del.CIPE 17 marzo 2000, n. 30 (Gazzetta Ufficiale n. 104/2000), concernente la definizione delle linee guida per la regolazione dei servizi di pubblica utilità;
Vista la propria Del.CIPE 8 maggio 1996, n. 81 (Gazzetta Ufficiale n. 138/1996), relativa all'istituzione del Nucleo di consulenza per l'attuazione di dette linee guida (NARS), e vista la Del.CIPE 9 luglio 1998, n. 63 (Gazzetta Ufficiale n. 199/1998) con la quale questo Comitato, ai sensi dell'art. 1 del decreto legislativo 5 dicembre 1997, n. 430, ha proceduto all'aggiornamento del proprio regolamento interno, confermando il NARS quale proprio organo consultivo in materia di regolazione dei servizi di pubblica utilità;
Vista la Del.CIPE 8 marzo 2001, n. 23 (Gazzetta Ufficiale n. 71/2001), con la quale questo Comitato ha dettato gli indirizzi per l'utilizzo delle risorse da destinare ai programmi stralcio di cui all'art. 141, comma 4, della legge n. 388 del 2000, condizionando l'eventuale adozione di incrementi tariffari al rilascio di un'attestazione, da parte dell'ATO o della provincia competente, sui proventi delle tariffe di depurazione ex art. 3, commi 42-47, della legge finanziaria n. 549 del 1995 accantonati per investimenti e sui proventi delle tariffe di fognatura accantonati per il completamento dei relativi impianti;
Viste le indicazioni in materia di politica tariffaria contenute nella relazione previsionale e programmatica per il 2002;
Viste le raccomandazioni formulate dal NARS nella seduta del 10 dicembre 2002 ed in particolare l'opportunità di attribuire particolare attenzione all'aspetto della qualità e di riprendere il percorso di copertura dei costi per quelle gestioni che non hanno ancora raggiunto l'equilibrio economico;
Preso atto che con D.M. 8 gennaio 1997, n. 99 del Ministro dei lavori pubblici (Gazzetta Ufficiale n. 90/1997), è stato emanato il regolamento sui criteri e metodi per la valutazione delle perdite degli acquedotti e delle fognature e che con circolare 24 febbraio 1998, n. 105/UPP (Gazzetta Ufficiale n. 52/1998), sono state formulate note esplicative;
Preso atto che con parere formulato nell'adunanza dell'8 aprile 1997 il Consiglio di Stato si è espresso per l'applicabilità delle direttive di questo Comitato anche alla fattispecie della cessione d'acqua a subdistributori;
Considerata l'opportunità di sistematizzare i dati contenuti nei modulari allegati alla circolare del Ministero delle attività produttive esplicativa della presente delibera al fine di poter disporre di una base informativa sul settore;
Udita la relazione del Ministro dell'economia e delle finanze;
Delibera:
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(2) Capoverso così corretto con Comunicato 22 maggio 2003.
Sino all'entrata in vigore della tariffa fissata dagli articoli 13, 14 e 15 della legge 5 gennaio 1994, n. 36, e comunque non oltre il 30 giugno 2003, gli enti interessati e le imprese che gestiscono il servizio nonché, per le attività di verifica, le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura si atterranno alle disposizioni di cui alla presente delibera.
1. Servizio di acquedotto.
1.1 Articolazione tariffaria.
Ai fini della determinazione della tariffa base, nonché dell'articolazione tariffaria e delle norme afferenti il servizio, continuano ad applicarsi, salvo quanto diversamente stabilito nelle direttive di questo Comitato, i provvedimenti CIP numeri. 45/1974, 46/1974, 26/1975 e successive modifiche ed integrazioni.
1.2 Incremento tariffario per fattori di qualità.
Gli enti e le imprese che hanno adottato entro il 30 giugno 2002 la carta del servizio idrico e che hanno previsto l'acquisizione della certificazione ISO possono incrementare la tariffa dello 0,2%.
1.3 Percorso di avvicinamento alla copertura dei costi (3).
1.3.1 I gestori che nel 2001, pur avendo iniziato negli anni precedenti il percorso di copertura dei costi, non hanno ancora coperto i costi del servizio quali risultanti dalla somma dei costi operativi e degli ammortamenti iscritti in bilancio per l'anno 1998, applicano incrementi tariffari che consentano la copertura integrale dei costi stessi ovvero un sensibile avvicinamento a tale obiettivo entro il periodo di vigenza della presente delibera. A tal fine si farà riferimento ai costi 1998, rivalutati nella misura del 1,7% (percentuale derivante dalla somma dei valori del price-cap - relativi agli anni 1999-2002 - 0,5; 0,7; 0,0; 0,5).
1.3.2 I costi, di cui al precedente punto, sono inclusivi di un tasso di remunerazione del capitale proprio investito pari al 7%. Per capitale proprio investito si intende l'importo delle immobilizzazioni tecniche, al netto dei contributi pubblici a fondo perduto, degli ammortamenti e dei debiti a medio e lungo termine. Detto tasso di remunerazione non è peraltro riferibile alle gestioni in economia.
Gli aumenti di cui sopra non debbono superare il limite di incremento tariffario del 6%.
1.3.3 Sbilanci della gestione.
Agli enti ed alle imprese che, nel corso del 2000 hanno registrato livelli di copertura dei costi inferiori all'80% e che hanno segnalato, ai sensi del punto 1.2 della 4 aprile 2001, n. 52/2001, la situazione di sbilancio alla segreteria di questo Comitato, sono consentiti incrementi tariffari per la copertura integrale dello squilibrio. Tali incrementi sono ripartiti in un periodo di quattro anni: nel primo anno è consentito un incremento tale da coprire un massimo del 30% dello squilibrio mentre la parte restante è recuperabile entro il limite di 1/3 in ognuno dei tre anni successivi.
Tali richieste di variazioni tariffarie devono essere segnalate alle autorità d'àmbito o alle province, nel caso in cui le prime non siano ancora operative; le predette autorità possono formulare entro un tempo congruo un parere al riguardo al fine di consentire alle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura di verificare senza ritardi la congruità delle richieste di adeguamento tariffario.
1.3.4 Limite all'aumento tariffario.
I limiti di cui ai punti precedenti non si applicano nei confronti degli enti dissestati o strutturalmente deficitari, ai quali si applicano le disposizioni di cui all'art. 19 del decreto legislativo n. 342 del 1997.
1.4 Adeguamento della tariffa.
La tariffa vigente al 30 giugno 2002, o quella rideterminata ai sensi del precedente punto 1.3, viene adeguata sino ad un massimo dello 0.5% (pari alla differenza tra il tasso di inflazione programmato 1,7% ed il tasso di crescita obiettivo della produttività 1,2%).
L'aumento non è applicabile a quelle gestioni che con la manovra di cui al punto 1.3 non raggiungono l'equilibrio economico.
1.5 Superamento del minimo impegnato negli usi domestici e contatori per singola unità abitativa.
Gli enti e le imprese che gestiscono il servizio proseguono il percorso di graduale eliminazione del minimo impegnato negli usi domestici secondo le modalità indicate nel punto 1.3 della Del.CIPE n. 52/2001 e nella Del.CIPE 21 dicembre 2001, n. 120/2001, tenendo, altresì, conto degli aggiustamenti connessi alle eventuali differenze tra valori preventivati e valori consuntivati presi a riferimento nella manovra di isoricavo.
La seconda tranche del percorso di superamento del minimo impegnato decorrerà dal 1° luglio 2002.
I gestori che non hanno ancora avviato tale meccanismo di eliminazione del minimo impegnato sono obbligati ad avviarlo nel periodo di vigenza della presente delibera.
Il percorso di eliminazione del minimo impegnato, a decorrere dal 1° luglio 2002, viene esteso ai non residenti; per questi la quota fissa della tariffa può superare fino a tre volte quella calcolata per i residenti nei limiti dell'isoricavo.
1.6 Incrementi per investimenti.
1.6.1 Nell'eventualità che l'ente o l'impresa che gestisce il servizio acquedottistico effettui investimenti di cui all'allegato 1, che costituisce parte integrante della presente delibera, è consentito un incremento pari al 5% nel caso di rapporto investimenti/fatturato pari o superiore al 50%; in caso di rapporti inferiori si procede per interpolazione lineare. Il relativo programma di investimenti deve essere approvato dall'ATO o, in sua assenza, dalla provincia.
1.6.2 È, altresì, previsto un ulteriore incremento nella misura massima del 2% qualora la tipologia degli investimenti è finalizzata alla riduzione delle perdite secondo la metodologia indicata nel decreto ministeriale n. 99 del 1997, specificato in premessa, ovvero alla realizzazione di strumentazioni per la sua misurazione.
L'incremento tariffario è proporzionale al rapporto tra il valore degli investimenti effettuati per la riduzione della dispersione e il valore complessivo degli investimenti stessi.
Ciascun intervento unitario e non frazionabile, di cui al presente punto, non deve superare l'1% del fatturato e deve rimanere comunque entro un tetto massimo di 200.000 euro.
Per gli interventi di cui al presente punto, il gestore del servizio ha l'obbligo di comunicare all'Autorità d'àmbito o alla provincia, nel caso in cui la predetta autorità non sia operante, la tipologia di investimenti unitamente alla dettagliata descrizione degli interventi da effettuare nonché i corrispondenti incrementi.
Resta preclusa qualsiasi possibilità di disporre aumenti in relazione a programmi di investimento che siano stati esplicitamente disapprovati dall'ATO o dalla provincia entro 60 giorni dalla presentazione del programma stesso da parte del gestore.
1.6.3. Limiti.
1.6.3.1 Gli aumenti correlati agli investimenti non sono applicabili alle gestioni in economia.
1.6.3.2 Gli aumenti indicati al punto 1.6 possono essere applicati solo dopo che il gestore abbia provveduto a soddisfare l'obbligo di referto previsto dal decreto ministeriale n. 99 del 1997 del Ministro dei lavori pubblici e dalla relativa circolare esplicativa.
1.6.4. Riconoscibilità degli investimenti.
Gli investimenti programmati cui viene fatto riferimento per l'applicazione degli appositi incrementi tariffari previsti dalla presente delibera sono quelli assunti dal gestore a proprio carico diretto e che risultino aggiuntivi rispetto a quelli finanziati con fondi pubblici regionali, statali o comunitari.
1.6.5. Penalizzazioni per sottorealizzazioni.
Nell'ipotesi che al 31 dicembre 2002 non risulti realizzato il volume d'investimenti considerato in sede di determinazione dell'aumento tariffario ai sensi della Del.CIPE 4 aprile 2001, n. 52/2001, all'incremento complessivo per il 2002, come sopra calcolato, viene applicato un fattore correttivo negativo, pari all'incremento tariffario corrispondente alla differenza tra il volume d'investimenti previsto ed il volume d'investimenti effettivamente realizzato nel 2001.
Nel caso esposto dunque la tariffa si riduce, a seconda dei casi indicati nella precitata delibera, della percentuale:
dove:
= investimento programmati per l'anno 2001;
= fatturato previsto per il suddetto periodo al momento del relativo programma d'investimenti
I01 = investimenti effettivamente realizzati nell'arco temporale considerato;
F01 = fatturato realizzato nel 2001.
1.6.6. Fornitore d'acqua all'ingrosso.
Al gestore all'ingrosso si applicano le disposizioni di cui al punto 1.4.6 della Del.CIPE n. 52 del 2001, nei limiti tariffari previsti dalla presente delibera.
2. Servizio di depurazione e fognatura.
2. 1. Utenze civili.
Il gestore, qualora non abbia già provveduto in tal senso, ha l'obbligo, ai sensi dell'art. 31, comma 29, della legge 23 dicembre 1998, n. 448, di elevare la tariffa all'importo di 0,25822 € (L. 500) al metro cubo, stabilito dall'art. 3, commi 42 e seguenti, della legge 28 dicembre 1995, n. 549. Per il servizio di fognatura il gestore ha la facoltà d'incrementare la tariffa sino all'importo di 0,08779 € (L. 170), aggiornato delle percentuali d'incremento di cui alle delibere di questo Comitato 27 novembre 1996, n. 255, 18 dicembre 1997, n. 248, numeri 8/1999, Del.CIPE 22 giugno 2000, 62/2000 e Del.CIPE 4 aprile 2001, 52/2001.
2.2. Utenze industriali.
Per le utenze relative agli insediamenti classificati quali insediamenti o complessi produttivi ai sensi dell'art. 1-quater del decreto-legge 10 agosto 1976, n. 544, convertito, nella legge 8 ottobre 1976, n. 690, e successivamente trasfuso nel decreto legislativo n. 152 del 1999, poi modificato dal decreto legislativo n. 258 del 2000, si applicano le disposizioni di cui al punto 2.2 della Del.CIPE n. 52 del 2001 secondo i parametri di cui all'allegato 2 che forma parte integrante della presente delibera.
2.3. Per entrambi i servizi la tariffa massima a metro cubo può essere incrementata sino alla misura massima dell'1,7% pari alla differenza tra il tasso di inflazione programmato ed il tasso di crescita obiettivo della produttività, assunto pari a 0.
2.4. Programmi stralcio di cui all'art. 141 della legge n. 388 del 2000.
Per il parziale finanziamento dei programmi stralcio di cui all'art. 141 della legge n. 388 del 2000 si applicano le disposizioni di cui al punto 1 della Del.CIPE 15 novembre 2001, n. 93 (Gazzetta Ufficiale n. 30/2002).
Per le autorità d'àmbito, che nel 2001 non hanno presentato i suddetti programmi, è previsto un aumento cumulato delle tariffe di fognatura e depurazione dell'arco temporale 2001-2006 secondo le stesse modalità di cui alla richiamata Del.CIPE n. 52/2001.
Sono stabiliti, altresì, incrementi per investimenti, previsti nell'anno 2002, nel caso in cui gli interventi stessi non siano inseriti all'interno dei piano stralcio di cui alla legge n. 388 del 2000. L'aumento è fissato nella misura massima dell'1,5% qualora il volume degli investimenti sia pari ad almeno 1/6 del fatturato; per i volumi inferiori si procede per interpolazione lineare (4).
3. Norme comuni.
3.1 Base di computo degli aumenti.
Gli incrementi tariffari previsti ai punti 1 e 2 sono applicati sulle tariffe vigenti al 30 giugno 2002, salva l'ipotesi di rideterminazione di cui al precedente punto 1.3. Gli incrementi tariffari non possono comunque superare cumulativamente il tetto del 10%, ad esclusione degli incrementi di cui al punto 1.3.
3.2. Decorrenza degli aumenti.
Gli incrementi tariffari conseguenti all'attuazione delle direttive di cui ai citati punti 1 e 2 saranno applicati dal 1° luglio 2002. I nuovi valori tariffari, contestualmente all'invio in pubblicazione, verranno trasmessi alle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura competenti per la relativa attività di verifica entro il 30 giugno 2003. I relativi conguagli verranno ripartiti, nell'arco dell'anno, in almeno due soluzioni di pari importo (5).
3.3 Rapporti con l'utenza.
Gli enti ed imprese che gestiscono i servizi considerati nella presente delibera debbono improntare i rapporti con l'utenza a criteri di massima trasparenza, in particolare indicando la percentuale d'incremento applicata ai sensi dei punti precedenti e gli estremi del relativo provvedimento.
3.4 Procedure.
Ai fini delle verifiche sulla corretta applicazione delle presenti direttive si applicano le disposizioni procedurali stabilite al punto 1.1.4 della delibera 18 dicembre 1997, richiamata in premessa, con la specificazione che i compiti dalla delibera stessa demandati agli UU.PP.I.C.A. vengono ora espletati dalle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura.
3.5 Clausola di rinvio.
Resta ferma l'applicazione delle altre direttive previste nella Del.CIPE n. 52 del 2001, che non siano modificate dalla presente delibera.
Invita
gli enti interessati e le imprese che gestiscono il servizio a trasmettere i modulari alle camere di commercio industria, artigianato e agricoltura indipendentemente dalla richiesta di adeguamenti tariffari;
le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura ad organizzare i dati su supporto elettronico ed a renderli disponibili alle amministrazioni interessate.
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(3) Punto così corretto con Comunicato 22 maggio 2003.
(4) Punto così sostituito dalla Del.CIPE 14 marzo 2003, n. 11/03.
(5) Punto così sostituito dalla Del.CIPE 14 marzo 2003, n. 11/03.
Allegato 1
1 Investimenti comuni alle tre componenti del servizio idrico
1.1 Interventi di ripristino e manutenzione straordinaria delle reti e degli impianti esistenti, finalizzati ad evitare il loro degrado ed a mantenere i livelli di esercizio esistenti.
1.2 Adeguamento delle strutture e degli impianti agli standard di qualità e sicurezza secondo norma.
1.3 Interventi per la fornitura a nuovi utilizzatori (estensioni rete, allacciamenti, misuratori, ampliamento impianti, etc.).
1.4 Interventi volti a raggiungere i livelli minimi di servizio di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 4 marzo 1996 e/o comunque finalizzati al miglioramento della qualità percepita dall'utente, comprensivi delle procedure e sistemi a supporto della bollettazione e del rapporto contrattuale con la clientela.
1.5 Analisi rete, cartografia numerica, rilevazione e documentazione della rete degli impianti e formazione dei relativi data-base.
2. Investimenti specifici per i singoli servizi.
2.1 Servizio acquedottistico.
2.1.1 Interventi per il ripristino di allacciamenti idrici ed il contenimento delle perdite delle reti e negli impianti esistenti.
2.1.2 Potabilizzazione dell'acqua secondo norma.
2.1.3 Interventi per la fornitura a nuovi utilizzatori (estensioni rete, allacciamenti, misuratori, ampliamento impianti, etc.).
2.1.4 Interventi destinati ad incrementare e/o ottimizzare l'utilizzazione delle risorse idriche.
2.1.5 Interventi di ripristino e manutenzione straordinaria delle reti e degli impianti esistenti, finalizzati ad evitare il loro degrado ed a mantenere i livelli di esercizio esistenti.
2.1.6 Adeguamento delle strutture e degli impianti agli standard di qualità sicurezza secondo norma.
2.1.7 Analisi, studi ed interventi relativi alla trasformazione degli esistenti sistemi di fornitura idrica per consentire l'installazione di contatori in ogni singola unità abitativa nonché contatori differenziati per le attività produttive e del settore terziario.
2.1.8 Interventi per incentivare la sicurezza dell'approvvigionamento idrico da contaminazioni internazionali.
2.1.9 Interventi volti alla realizzazione di strumentazioni per la misurazione delle perdite.
2.2 Servizio fognatura.
2.2.1 Interventi per il ripristino di allacciamenti fognari ed il contenimento delle perdite nelle reti e negli impianti esistenti.
2.2.2 Interventi per l'allaccio a nuovi utilizzatori (estensioni rete fognaria, allacciamenti, misuratori, etc.).
2.2.3 Interventi destinati a migliorare e/o ottimizzare il sistema di collettamento delle acque.
2.3 Servizio di depurazione.
2.3.1 Trattamento degli scarichi fino ai limiti previsti dal decreto legislativo n. 152 del 1999.
2.3.2 Adeguamenti impiantistici per far fronte a nuovi utenti.
2.3.3. Interventi destinati a migliorare e/o ottimizzare il sistema di depurazione dell'acque.
Allegato 2
Adeguamento parametri per la tariffa di depurazione 2002
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Prezzi |
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|
alla produzione |
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Anno ultimo |
dei prodotti |
Incremento % |
Incremento % |
adeguamento |
industriali |
ISTAT |
parametro |
|
|
|
|
|
|
|
|
1985 |
0,00 |
|
60,55 |
|
30,28 |
|
1986 |
0,20 |
|
60,23 |
|
30,11 |
|
1987 |
3,00 |
|
55,56 |
|
27,78 |
|
1988 |
3,60 |
|
50,16 |
|
25,08 |
|
1989 |
5,90 |
|
41,79 |
|
20,90 |
|
1990 |
4,10 |
|
36,21 |
|
18,10 |
|
1991 |
3,30 |
|
31,86 |
|
15,93 |
|
1992 |
1,90 |
|
29,40 |
|
14,70 |
|
1993 |
3,80 |
|
24,66 |
|
12,33 |
|
1994 |
3,70 |
|
20,21 |
|
10,11 |
|
1995 |
7,90 |
|
11,41 |
|
5,71 |
|
1996 |
1,90 |
|
9,33 |
|
4,61 |
|
1997 |
1,30 |
|
7,93 |
|
3,97 |
|
1998 |
0,10 |
|
7,82 |
|
3,91 |
|
1999 |
-0,20 |
|
8,04 |
|
4,02 |
|
2000 |
6,00 |
|
1,92 |
|
0,96 |
|
2001 |
1,92 |
|
0,00 |
|
0,00 |
|
|
|
|
|
|
|
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[1] Vedi, ad esempio, la legge regionale Lombardia n. 21 del 1998 e la legge regionale Piemonte n. 13 del 1997.
[2] Introducendo una netta separazione fra le attività aziendali (di gestione del servizio) e quelle di controllo, programmazione e decisione, proprie dell’istituzione pubblica, laddove nella tradizione amministrativa (non solo italiana) i due profili appaiono invece intrecciati.
[3] Qualora la Corte di giustizia stabilisca che si configura una violazione del trattato, lo Stato membro in questione sarà tenuto ad adottare i provvedimenti necessari per conformarsi alla normativa comunitaria. La Commissione, ai sensi dell'articolo 228 del trattato, ha facoltà di procedere contro lo Stato membro che non abbia preso i provvedimenti imposti dalla sentenza della Corte di giustizia, inviando nuovamente a detto Stato membro un primo avvertimento scritto (lettera di costituzione in mora) e quindi un secondo (e ultimo) avvertimento scritto, un parere motivato. Lo stesso articolo consente inoltre alla Commissione di chiedere alla Corte di irrogare allo Stato membro in questione una sanzione pecuniaria.
[4] Illustrati più in dettaglio in altra parte del presente dossier.
[5] Si ricorda che – in base alla normativa vigente, al fine di favorire gli investimenti nel settore delle fognature e dei depuratori – i gestori possono applicare la tariffa di depurazione anche nei territori non serviti da depuratore, purchè l’utente sia allacciato alla fognatura.
[6] I principali e più recenti atti CIPE che disciplinano tali aspetti sono: la Delibera n. 52 del 2001 e la Delibera n. 131 del 2002.