XIV Legislatura - Dossier di documentazione
Autore: Servizio Studi - Dipartimento ambiente
Altri Autori: Servizio Studi - Dipartimento ambiente , Servizio Studi - Segreteria generale-Ufficio rapporti con l'Unione europea
Titolo: Prevenzione e riduzione integrate dell’inquinamento - Direttiva 96/61/CEE - Schema di D.Lgs. n. 431 (artt. 1 e 22, L. 306/03)
Serie: Pareri al Governo    Numero: 371
Data: 07/12/04
Abstract:    Scheda di sintesi per l'istruttoria legislativa; schede di lettura; normativa nazionale e comunitaria.
Descrittori:
DECONTAMINAZIONE DALL' INQUINAMENTO   DIRETTIVE DELL'UNIONE EUROPEA
INQUINAMENTO     
Organi della Camera: VIII-Ambiente, territorio e lavori pubblici
XIV - Politiche dell'Unione europea
Riferimenti:
SCH.DEC n.431 del 19/11/04   DIR.CEE n.96/61  

servizio studi

segreteria generale
ufficio rapporti con l’ue

 

pareri al governo

Prevenzione e riduzione integrate dell’inquinamento

Direttiva 96/61/CEE

Schema di D.Lgs. n. 431

(artt. 1 e 22, L.  306/03)

n. 371

 


xiv legislatura

7 Dicembre 2004

 

Camera dei deputati


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Dipartimento Ambiente

 

SIWEB

 

I dossier del Servizio studi sono destinati alle esigenze di documentazione interna per l'attività degli organi parlamentari e dei parlamentari. La Camera dei deputati declina ogni responsabilità per la loro eventuale utilizzazione o riproduzione per fini non consentiti dalla legge.

 

File: Am0553

 


 

INDICE

 

Scheda di sintesi per l'istruttoria legislativa

Dati identificativi3

Struttura e oggetto  4

§      Contenuto  4

§      Relazioni e pareri allegati5

Elementi per l’istruttoria legislativa  6

§      Conformità con la norma di delega  6

§      Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite  7

§      Rispetto degli altri princìpi costituzionali7

§      Compatibilità comunitaria  7

§      Incidenza sull’ordinamento giuridico  10

§      Impatto sui destinatari delle norme  13

§      Formulazione del testo  14

Schede di lettura

§      La direttiva 96/61/CE   19

§      Il decreto legislativo n. 372 del 1999  21

§      La delega per l’integrale recepimento della direttiva  24

§      Altri provvedimenti nazionali in materia di IPPC   25

§      ART. 1 (Oggetto e campo di applicazione)27

§      ART. 2 (Definizioni)31

§      ART. 3 (Principi generali dell'autorizzazione integrata ambientale)34

§      ART. 4 (Individuazione e utilizzo delle migliori tecniche disponibili)35

§      ART. 5 (Procedura ai fini del rilascio dell'Autorizzazione integrata ambientale)39

§      ART. 6 (Indirizzi per garantire l'uniforme applicazione sul territorio nazionale)52

§      ART. 7 (Condizioni dell’autorizzazione integrata ambientale)53

§      ART. 8 (Migliori tecniche disponibili e norme di qualità ambientale)56

§      Articolo 9  (Rinnovo e riesame)57

§      Articolo 10 (Modifica degli impianti o variazioni del gestore)60

§      Articolo 11 (Rispetto delle condizioni dell’AIA)63

§      Articolo 12 (Inventario delle principali emissioni e loro fonti)66

§      Articolo 13 (Osservatorio)68

§      Articolo 14 (Scambio di informazioni)71

§      Articolo 15 (Effetti transfrontalieri)73

§      Articolo 16 (Sanzioni)74

§      Articolo 17 (Disposizioni transitorie)76

§      Articolo 18 (Disposizioni finali)78

§      Articolo 19 (Abrogazioni)82

§      Allegato I (Categorie di attività industriali di cui all'articolo 1)84

§      Allegato II (Elenco delle autorizzazioni ambientali già in atto, da considerare sostituite dalla autorizzazione integrata ambientale)85

§      Allegato III (Elenco indicativo delle principali sostanze inquinanti di cui è obbligatorio tener conto se pertinenti per stabilire i valori limite di emissione)87

§      Allegato IV (Considerazioni da tenere presenti in generale o in un caso particolare nella determinazione delle migliori tecniche disponibili, secondo quanto definito all'art. 2, comma 13, tenuto conto dei costi e dei benefici che possono risultare da un'azione e del principio di precauzione e prevenzione)88

§      Allegato V (Categorie di impianti relativi alle attività industriali di cui all'allegato I, soggetti ad autorizzazione integrata ambientale statale)89

§      Allegato VI (Finalità dell'osservatorio IPPC di cui all'articolo 13 del presente decreto)91

Schema di D.Lgs. n. 431

§      Schema di decreto legislativo recante recepimento della direttiva 96/61/CE, relativa alla prevenzione e riduzione integrate dell’inquinamento.95

Normativa nazionale

§      Cost. 27 dicembre 1947 (1). Costituzione della Repubblica italiana. (artt. 76 e 87)139

§      R.D. 27-07-1934 n. 1265 Approvazione del testo unico delle leggi sanitarie (artt. 216 e 217)141

§      D.L. 04-12-1993 n. 496 Disposizioni urgenti sulla riorganizzazione dei controlli ambientali e istituzione della Agenzia nazionale per la protezione dell'ambiente. (art. 3)143

§      L. 8 luglio 1986, n. 349 (1). Istituzione del Ministero dell'ambiente e norme in materia di danno ambientale (1/circ). (art. 6)146

§      L. 23 agosto 1988, n. 400 (1). Disciplina dell'attività di Governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri (1/a) (1/circ). (art. 17)148

§      D.P.C.M. 10 agosto 1988, n. 377 (1).  Regolamentazione delle pronunce di compatibilità ambientale di cui all'art. 6 della legge 8 luglio 1986, n. 349, recante istituzione del Ministero dell'ambiente e norme in materia di danno ambientale (2) (1/circ). (art. 1)151

§      D.P.R. 24 maggio 1988, n. 203 (1). Attuazione delle direttive CEE numeri 80/779, 82/884, 84/360 e 85/203 concernenti norme in materia di qualità dell'aria, relativamente a specifici agenti inquinanti, e di inquinamento prodotto dagli impianti industriali, ai sensi dell'art. 15 della L. 16 aprile 1987, n. 183 (2).154

§      L. 7 agosto 1990, n. 241 (1).  Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi (1/circ). (artt. 7, 8, 14, 14-bis, 14-ter, 14-quater)173

§      D.Lgs. 27 gennaio 1992, n. 95 (1). Attuazione delle direttive 75/439/CEE e 87/101/CEE relative alla eliminazione degli olii usati (2) (1/circ). (Art. 5)180

§      D.Lgs. 27 gennaio 1992, n. 99 (1). Attuazione della direttiva 86/278/CEE concernente la protezione dell'ambiente, in particolare del suolo, nell'utilizzazione dei fanghi di depurazione in agricoltura (2) (1/circ). (art. 9)182

§      D.Lgs. 5 febbraio 1997, n. 22 (1).  Attuazione delle direttive 91/156/CEE sui rifiuti, 91/689/CEE sui rifiuti pericolosi e 94/62/CE sugli imballaggi e sui rifiuti di imballaggio (1/circ). (artt. 27, 28 e 55-bis)184

§      D.Lgs. 28 agosto 1997, n. 281 (1). Definizione ed ampliamento delle attribuzioni della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano ed unificazione, per le materie ed i compiti di interesse comune delle regioni, delle province e dei comuni, con la Conferenza Stato-città ed autonomie locali (1/circ). (artt. 8 e 9)189

§      D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 112 (1).  Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo I della L. 15 marzo 1997, n. 59 (2) (1/circ). (art. 71)194

§      D.Lgs. 11 maggio 1999, n. 152 (1).  Disposizioni sulla tutela delle acque dall'inquinamento e recepimento della direttiva 91/271/CEE concernente il trattamento delle acque reflue urbane e della direttiva 91/676/CEE relativa alla protezione delle acque dall'inquinamento provocato dai nitrati provenienti da fonti agricole (2) (1/circ). (artt. 27-34 e 57)196

§      D.Lgs. 22 maggio 1999, n. 209 (1).  Attuazione della direttiva 96/59/CE relativa allo smaltimento dei policlorodifenili e dei policlorotrifenili. (art. 7)205

§      D.Lgs. 30 luglio 1999, n. 300 (1).  Riforma dell'organizzazione del Governo, a norma dell'articolo 11 della L. 15 marzo 1997, n. 59 (1/circ). (art. 38)207

§      D.Lgs. 4 agosto 1999, n. 372 (1).  Attuazione della direttiva 96/61/CE relativa alla prevenzione e riduzione integrate dell'inquinamento (1/circ).209

§      D.L. 12 ottobre 2000, n. 279 (1).  Interventi urgenti per le aree a rischio idrogeologico molto elevato e in materia di protezione civile, nonché a favore di zone colpite da calamità naturali (2). (art. 6-quater)230

§      L. 23 marzo 2001, n. 93 (1).  Disposizioni in campo ambientale. (art. 18)231

§      D.M. 23 novembre 2001 (1). Dati, formato e modalità della comunicazione di cui all'art. 10, comma 1, del D.Lgs. 4 agosto 1999, n. 372.233

§      D.L. 7 febbraio 2002, n. 7 (1). Misure urgenti per garantire la sicurezza del sistema elettrico nazionale (1/cost). (art. 1, co. 2)255

§      D.M. 24 luglio 2002 (1). Determinazione dei termini per la presentazione delle domande di autorizzazione integrata ambientale, per gli impianti di competenza statale, ai sensi del D.Lgs. n. 372 del 1999 (2).257

§      L. 31 luglio 2002, n. 179 (1). Disposizioni in materia ambientale (1/circ). (art. 5)259

§      D.M. 19 novembre 2002 (1).  Istituzione della commissione di cui all'art. 3, comma 2, ultimo periodo, del decreto legislativo n. 372 del 1999.261

§      L. 27 dicembre 2002, n. 289 (1).  Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2003) (1/circ). (art. 77, co. 3, 4 e 5)263

§      D.Lgs. 13 gennaio 2003, n. 36 (1). Attuazione della direttiva 1999/31/CE relativa alle discariche di rifiuti (1/circ).265

§      D.M. 29 maggio 2003 (1).  Approvazione del formulario per la comunicazione relativa all'applicazione del decreto legislativo n. 372 del 1999, recante attuazione della direttiva 96/61/CE relativa alla prevenzione e riduzione integrate dell'inquinamento.304

§      D.L. 29 agosto 2003, n. 239 (1). Disposizioni urgenti per la sicurezza e lo sviluppo del sistema elettrico nazionale e per il recupero di potenza di energia elettrica (2). (art. 1-sexies, co. 8)308

§      L. 31 ottobre 2003, n. 306 (1). Disposizioni per l'adempimento di obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia alle Comunità europee. Legge comunitaria 2003. (art. 22)309

§      D.L. 24 dicembre 2003, n. 355 (1). Proroga di termini previsti da disposizioni legislative (1/circ). (art. 9)310

§      D.Lgs. 29 dicembre 2003, n. 387 (1). Attuazione della direttiva 2001/77/CE relativa alla promozione dell'energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell'elettricità. (art. 12)311

Normativa comunitaria

§      Dir. 96/61/CE del 24 settembre 1996 (1). Direttiva del Consiglio sulla prevenzione e la riduzione integrate dell'inquinamento (2) (3). (come modificata dalle direttive 2003/35 e 2003/87 e rettificata dalla rettifica pubblicata nella GUCE 30.05.2002 n. L 140)321

§      Racc. 2001/331/CE del 4 aprile 2001 (1).  Raccomandazione del Parlamento europeo e del Consiglio che stabilisce i criteri minimi per le ispezioni ambientali negli Stati membri (2).347

Allegati

§      Schema di decreto interministeriale - Emanazione di linee guida per l'individuazione e l'utilizzazione delle migliori tecniche disponibili, per le attività elencate nell'allegato I del decreto legislativo 4 agosto 1999, n. 372  364

§      Presidenza del Consiglio dei Ministri – Conferenza unificata dell’11 novembre 2004 – Parere, ai sensi dell’art. 3, comma 2, del decreto legislativo 4 agosto 1999, n. 372, sullo schema di decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio, di concerto con i Ministri delle attività produttive e della salute, recante emanazione di linee guida per l’individuazione e l’utilizzazione delle migliori tecniche disponibili, per le attività elencate nell’allegato I del decreto legislativo 4 agosto 1999, n. 372.374

 

 


Scheda di sintesi
per l'istruttoria legislativa


Dati identificativi

Numero dello schema di decreto legislativo

431

Titolo

Recepimento della direttiva 96/61/CE relativa alla prevenzione e riduzione integrate dell’inquinamento

Norma di delega

 

Settore d’intervento

Ambiente

Numero di articoli

19

Date

 

§       presentazione

19 novembre 2004

§       assegnazione

22 novembre 2004

§       termine per l’espressione del parere

1° gennaio 2005

§       scadenza della delega

2 marzo 2005

Commissioni competenti

VIII Ambiente, V Bilancio e XIV Politiche dell’Unione europea

 


Struttura e oggetto

Contenuto

Il presente schema di decreto legislativo recepisce integralmente la direttiva 96/61/CE relativa alla “prevenzione e riduzione integrate dell’inquinamento”[1].

Per “recepimento integrale” deve intendersi, da un lato, l’estensione anche ai nuovi impianti delle disposizioni già contenute nel decreto legislativo 4 agosto 1999, n. 372 (che aveva dettato le norme per l’applicazione della direttiva, ma limitatamente agli impianti esistenti) (art. 2), dall’altro la modifica di alcune di quelle norme.

Pertanto - anche attraverso l’abrogazione del decreto legislativo n. 372 (disposta dall’art. 19, comma 1, dello schema) e la trasposizione del suo contenuto nello schema stesso – si perviene ad una omogenea normativa di recepimento della direttiva, e quindi al superamento della situazione presente, caratterizzata da un recepimento parziale della direttiva e dalla convivenza di due distinte discipline, rispettivamente, per gli impianti già esistenti alla data di entrata in vigore del decreto n. 372 e per quelli realizzati successivamente a quella data.

 

Lo schema in commento - pur differenziandosi dal decreto n. 372 per la introduzione di alcune nuove norme necessarie all’estensione della disciplina anche agli impianti nuovi e per la modifica del contenuto di altre già presenti - ne ricalca la struttura.

L’articolo 1 dello schema, dispone l’obbligo della autorizzazione integrata ambientale per tutti gli impianti elencati all’Allegato I. Tale titolo garantisce che non vi siano emissioni nell’aria, nell’acqua e nel suolo derivanti dall’esercizio di determinate attività industriali o che le stesse siano contenute a livelli tali che venga comunque assicurato un elevato livello di protezione dell’ambiente nel suo complesso e sostituisce ad ogni effetto ogni altra autorizzazione, visto, nulla osta o parere ambientale  previsti dalle disposizioni di legge e dalle relative norme di attuazione. L’articolo 2 reca le definizioni.

L’autorizzazione integrata ambientale viene concessa, in base alla procedura disciplinata dall’articolo 5, nell’ambito di una conferenza di servizie nel rispetto di alcuni principi generali previsti dall’articolo 3 oltre chedelle disposizioni che individuano le migliori tecniche disponibili (art. 4).

L’articolo 7 individua le condizioni che gli impianti devono rispettare ai fini del rilascio della autorizzazione, mentre l’articolo 6 reca disposizioni interamente nuove rispetto al decreto n. 372, relative all’eventuale adozione di indirizzi per garantire l'uniforme applicazione delle disposizioni del decreto da parte delle autorità competenti.

L’articolo 8 consente all'autorità competente di prescrivere – per determinate aree - nell’autorizzazione integrata ambientale misure supplementari particolari più rigorose di quelle ottenibili con le migliori tecniche disponibili, al fine di assicurare nell’area specifica il rispetto delle norme di qualità ambientale.

Gli articoli 9 e 10 recanodisposizioni relative alle procedure per il rinnovo, il riesame e l’aggiornamento dell’autorizzazione, mentre l’articolo 11 disciplinala materia dei controlli che devono essere effettuati al fine di garantire il rispetto delle condizioni dell’autorizzazione.

L'articolo 12 riguarda l’obbligo di trasmissione annuale da parte dei gestori degli impianti in esercizio relativi ai dati sulle emissioni in aria, acqua e suolo dell'anno precedente, ai fini della costituzione dell'inventario delle principali emissioni e loro fonti.

L’articolo 13 reca disposizioni, innovative rispetto al decreto n. 372, relative all’istituzione di un osservatorio IPPC presso il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio, per il controllo dell’applicazione comunitaria, nazionale e regionale della direttiva 96/61/CE e del decreto legislativo in via di emanazione.

L’articolo 14 riguarda lo scambio di informazioni tra autorità competenti al rilascio dell’autorizzazione, Ministero dell’ambiente e tutela del territorio e Commissione europea, mentre l’articolo 15 specifica gli obblighi di comunicazioni intercorrenti tra i diversi Stati dell’Unione europea, nel caso in cui il funzionamento di un impianto possa avere effetti transfrontalieri negativi e significativi.

L’articolo 16 prevede le sanzioni per il mancato rispetto delle disposizioni contenute nel decreto.

Glia articoli 17 e 18 prevedono disposizioni transitorie e finali, l’articolo 19 le abrogazioni.

 

Relazioni e pareri allegati

Lo schema di decreto è stato trasmesso alla Camera privo del parere della Conferenza unificata.

Tale parere è stato successivamente trasmesso in data 29 novembre 2004.

 

Elementi per l’istruttoria legislativa

Conformità con la norma di delega

La norma di delega è contenuta nell’articolo 22 della legge 31/10/2003, n. 306 (legge comunitaria 2003), il quale disponecheil Governo è delegato ad adottare, entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, un decreto legislativo per l'integrale attuazione della direttiva 96/61/CE sulla prevenzione e la riduzione integrate dell'inquinamento, mediante modifiche al decreto legislativo 4 agosto 1999, n. 372, in base ai seguenti princìpi e criteri direttivi:

a)              estensione delle disposizioni del citato decreto legislativo n. 372 del 1999, limitate agli impianti industriali esistenti, anche ai nuovi impianti e a quelli sostanzialmente modificati, anche tenendo conto di quanto previsto dall'articolo 77, comma 3, della legge 27 dicembre 2002, n. 289;

b)              indicazione esemplificativa delle autorizzazioni già in atto, da considerare assorbite nell'autorizzazione integrata;

c)              adeguamento delle previsioni di cui agli articoli 216 e 217 del testo unico delle leggi sanitarie, di cui al regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265, alla normativa nazionale e comunitaria in materia di autorizzazione integrata ambientale.

I tre criteri di delega sembrano essere stati recepiti dallo schema di decreto in questione.

Quanto al criterio sub a), si osserva infatti che il comma 2 dell’articolo 1 prevede che le disposizioni dello schema di decreto si applichino a tutti gli impianti, quindi anche a quelli nuovi, mentre l’articolo 10 dispone che l’autorizzazione venga nuovamente rilasciata in caso di modifiche sostanziali.

Il criterio sub b) è soddisfatto dal comma 14 dell’articolo 5, il quale richiama una serie di attività ricompresse nell’allegato II (e di relative procedure di autorizzazione).

Infine, l’articolo 5 comma 11 fa riferimento al coordinamento delle disposizioni del decreto con le norme richiamate al punto c).

 

 

Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite

Il provvedimento mira innanzitutto a un migliore controllo della qualità dell’ambiente e alla riduzione complessiva dell’emissione di sostanze inquinanti nell’acqua, nell’aria e nel suolo nell’esercizio di determinate attività industriali.

La previsione di un provvedimento autorizzatorio unico e di una autorità competente unica hanno infatti anche lo scopo di evitare che la riduzione di una parte degli effetti inquinanti (conseguente alla applicazione di norme settoriali) produca l’effetto di un aumento di altri effetti collaterali. Inoltre, norme specifiche (art. 8) consentono all’autorità unica di imporre - in determinate aree, in ragione di particolari condizioni locali – misure supplementari e più restrittive, valutabili proprio sulla base di una conoscenza unitaria di tutti i fattori inquinanti.

Il provvedimento sembra quindi rientrare nella materia “tutela dell’ambiente”, che è assegnata dalla lettera s) del comma 2 dell’articolo 117 della Costituzione alla competenza esclusiva dello Stato.

Alcune norme del provvedimento garantiscono peraltro il diritto d’accesso dei cittadini agli atti del procedimento amministrativo e sembrano rientrare pertanto nella materia “ordinamento e organizzazione amministrativa dello Stato e degli enti pubblici territoriali”, che è assegnata dalla lettera g) dell’articolo 117 alla competenza esclusiva dello Stato.

 

Rispetto degli altri princìpi costituzionali

L’autorità competente  a rilasciare l’autorizzazione integrata ambientale è identificata dalla lettera l) del comma 2 dell’articolo 2 dello schema di decreto con Il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio per tutti gli impianti di competenza statale  individuati dall’Allegato V. Per gli altri impianti, essa è identificata con l’autorità individuata dalla Regione o dalla Provincia autonoma.

Tale disposizione sembra rispettosa dell’articolo 118 della Costituzionee in particolare del principio di sussidiarietà, in base al quale le funzioni amministrative devono essere esercitate dall’autorità che è a più stretto contatto con gli interessi da disciplinare.

Compatibilità comunitaria

Lo schema di decreto non sembra presentare profili di incompatibilità con le norme comunitarie vigenti in materia di autorizzazione ambientale integrata.

Si osserva tuttavia che dal testo del decreto in esame mancano le disposizioni relative all’accesso alla giustizia da parte del pubblico interessato recate dall’articolo 15-bis della direttiva 96/61/CE, introdotte successivamente dalla direttiva 2003/35/CE, e per la quale, come già detto, il recepimento - previsto entro il 25 giugno 2005 (art. 6) - è disposto dal disegno di legge comunitaria 2004 attualmente all’esame del Parlamento.

Esame del provvedimento in relazione alla normativa comunitaria

Procedure di contenzioso in sede comunitaria
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea)

La Commissione ha inviato all’Italia, il 7 aprile 2004, un parere motivato (procedura 2004/2040) per non aver adottato la normativa necessaria all’applicazione della direttiva 1996/61/CE agli impianti nuovi, rispetto ai quali le disposizioni della direttiva (articolo 21, comma 1) devono essere applicate a partire dal 30 novembre 1999. La Commissione, in particolare, sottolinea che, per quanto riguarda gli impianti nuovi, sebbene il decreto legislativo 4 agosto 1999, n. 372 recepisca formalmente la direttiva 96/61/CE, esso non consegue il risultato di metterla in effettiva applicazione nell’ordinamento giuridico italiano.

 

La Commissione ha inviato all'Italia un parere motivato (procedura 2002/5394)[2] per essere venuta meno agli obblighi derivanti dalle direttive 85/337/CEE concernente la valutazione di impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati (direttiva VIA), 75/442/CEE relativa ai rifiuti; 2000/76/CE sull'incenerimento dei rifiuti e 96/61/CE sulla prevenzione e la riduzione integrate dell'inquinamento, in relazione alla terza linea dell'impianto di incenerimento rifiuti ASM Brescia e S.p.A.

In riferimento a quest’ultima procedura, la Commissione contesta all'Italia il non aver reso accessibile al pubblico, per un periodo adeguato di tempo, la domanda di autorizzazione all'esercizio della terza linea dell'inceneritore di Brescia, e il non aver messo a disposizione del pubblico la decisione e una copia dell'autorizzazione, in tal modo contravvenendo all'articolo 15, comma 1, della direttiva 96/61/CE.

Documenti all’esame delle istituzioni europee
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea)

Il 19 giugno 2003 la Commissione ha presentato la comunicazione "Sulla via della produzione sostenibile - Progressi nell'attuazione della direttiva 96/61/CE sulla prevenzione e la riduzione integrate dell'inquinamento" (COM(2003) 354), con la quale intende avviare un'ampia consultazione su scala europea per verificare la situazione attuale e gli sviluppi possibili nei settori della politica ambientale che trattano l'impatto delle grandi fondi industriali puntuali d'inquinamento sull'ambiente.

La Commissione ritiene, in particolare, che molti Stati membri debbano accelerare i progressi verso un elevato livello di protezione dell’ambiente nell’ambito della prevenzione e riduzione integrate dell’inquinamento, in vista della scadenza di ottobre 2007 per concludere l’attuazione della direttiva 96/61/CE. Nella comunicazione si osserva, inoltre, che la Comunità deve continuare ad impegnarsi, in ambito internazionale, per una transizione progressiva verso metodi di produzione sostenibili, affinché i paesi terzi possano godere dei vantaggi dello scambio d’informazioni sulle migliori tecniche disponibili.

 

Il Parlamento europeo ha adottato, il 10 febbraio 2004, una risoluzione sulla comunicazione, nella quale in particolare raccomanda che: l’Unione europea non estenda, per il momento, l’ambito delle disposizioni legislative in vigore in modo da lasciare tempo sufficiente alle autorità nazionali per acquisire dimestichezza con il quadro giuridico; la Commissione elabori un “documento d’orientamento” per precisare la nozione di “installazione” e di chiarire l’applicazione della direttiva alle stazioni di depurazione delle acque urbane; la Commissione definisca altresì orientamenti concreti al fine di fissare chiaramente le esigenze in materia di efficienza energetica e di riconsiderare i valori quota stabiliti nell’allegato I alla direttiva 96/61/CE per taluni settori come, ad esempio, la gestione dei rifiuti.

 

Nel febbraio 2004 la Commissione e l’Agenzia europea per l’ambiente hanno reso disponibile su internet il primo registro delle emissioni industriali nell’aria e nell’acqua, EPER[3]. Obiettivo del registro è quello di consentire ai cittadini di informarsi e di partecipare ai processi decisionali; di permettere ai gestori di impianti industriali, di valutarne le prestazioni; di fornire informazioni preziose ai ricercatori, agli esperti e alle compagnie di assicurazione.

Il 7 ottobre 2004 la Commissione ha presentato una proposta di regolamento sulla creazione di un registro europeo dei trasferimenti e dell’eliminazione degli inquinanti, e che modifica le direttive 91/689/CEE e 96/61/CE (COM(2004) 634).

Insieme alla proposta di regolamento, la Commissione ha presentato una proposta di decisione relativa alla conclusione, a nome della Comunità europea, del protocollo CEE-ONU sui registri di trasferimenti ed eliminazione di inquinanti (COM(2004) 635).

Tale protocollo prevede degli obblighi di più ampia portata, rispetto a quelli che previsti dal registro EPER, in particolare per quanto riguarda le sostanze da dichiarare e la partecipazione del pubblico: pertanto la proposta di regolamento prevede la creazione di un registro globale dell’eliminazione e dei trasferimenti di inquinanti PRTR ( Pollutant Release and Transfer Registers), che sostituirà, a partire dal 2007 – on line dal 2009 – il registro attualmente disponibile.

Le due proposte verranno esaminate secondo la procedura di consultazione.

 

Incidenza sull’ordinamento giuridico

Riflessi sulle autonomie e sulle altre potestà normative

Alcune norme prevedono la partecipazione della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano alla attività normativa attuativa della disciplina. Altre disposizioni prevedono la partecipazione delle autonomie locali e delle regioni ad attività amministrative (controlli, rilascio dell’autorizzazione, raccolta di dati, ecc.).

 

Il comma 1 dell’articolo 4 prevede che con più decreti dei Ministeri dell’ambiente e della tutela del territorio, per le attività produttive e della salute, sentita la Conferenza unificata, vengono individuate linee guida per  l’individuazione e l’utilizzo delle migliori tecniche disponibili.

L’articolo 4 comma 3,prevede che la determinazione di requisiti specifici per talune categorie di impianti avvenga con D.P.R., su proposta dei Ministro dell'ambiente e della tutela dei territorio, di concerto con i Ministri delle attività produttive e della sanità e d'intesa con la Conferenza unificata

L’articolo 6 prevede invece che con uno o più decreti dei Ministro dell'ambiente e della tutela dei territorio, di concerto con i Ministri delle attività produttive e della salute e d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, possono essere emanati indirizzi per garantire l'uniforme applicazione delle disposizioni del decreto legislativo da parte delle autorità competenti.

Analogamente, l’art. 13, comma 1, prevede il parere della Conferenza nella procedura di emanazione del decreto ministeriale con cui verrà aggiornato l’Allegato VI, relativo alle finalità dell’Osservatorio IPPC.

L’art. 14, comma 3, dispone che la partecipazione dell’Italia allo scambio di informazioni con la Commissione europea relativamente alle migliori tecniche disponibili sia organizzata dal Ministero dell’ambiente d’intesa con la Conferenza. Analogamente il comma 4 dello stesso articolo, in merito alla determinazione delle modalità di scambio di informazioni tra le autorità competenti.

Altre norme che prevedono l’intesa con la Conferenza sono rinvenibili ai commi 2, 3 e 6 dell’articolo 18.

 

Si osserva a tal proposito, che la Conferenza unificata ha proposto nel suo parere espresso in data 25 novembre 2004, un emendamento volto a far sì che la modifica, prevista dall’articolo 5 comma 14, dell’elenco delle autorizzazioni  citate dall’Allegato II, venga effettuata d’intesa con la Conferenza Unificata istituita ai sensi del decreto legislativo 25 agosto 1997, n.281.

 

Per quanto riguarda i rinvii a funzioni amministrative degli enti territoriali operati dalle norme in esame, si ricorda che l’articolo 7 comma 6 prevede che l’autorizzazione integrata ambientale deve contenere l’obbligo per i gestori di comunicare ai comuni interessati i dati relativi ai controlli delle emissioni richiesti dall’autorizzazione integrata ambientale.

L’art. 11, comma 2, prevede anche un obbligo di trasmissione delle informazioni ai comuni interessati da parte dei gestori degli impianti.

 

Attribuzione di poteri normativi

Il comma 1 dell’articolo 4 prevede che con più decreti dei Ministeri dell’ambiente e della tutela del territorio, per le attività produttive e della salute, sentita la Conferenza unificata, vengono individuate linee guida per  l’individuazione e l’utilizzo delle migliori tecniche disponibili. Con la stessa procedura si procede all’aggiornamento ed alla integrazione delle linee guida citate.

Il comma 3 dell’articolo 4 prevede che la determinazione di requisiti specifici per talune categorie di impianti avvenga con D.P.R., su proposta dei Ministro dell'ambiente e della tutela dei territorio, di concerto con i Ministri delle attività produttive e della sanità e d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano.

L’articolo 6 prevede che con uno o più decreti dei Ministro dell'ambiente e della tutela dei territorio, di concerto con i Ministri delle attività produttive e della salute e d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, possono essere emanati indirizzi per garantire l'uniforme applicazione delle disposizioni del decreto legislativo da parte delle autorità competenti.

Il comma 3 dell’articolo 18 prevede che con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela dei territorio, di concerto con il Ministro delle attività produttive e con il Ministro della salute, d'intesa con la Conferenza permanente per ì rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano possono essere introdotte modifiche all'Allegato V al presente decreto, anche per assicurare il coordinamento tra le procedure di rilascio dell'autorizzazione integrata ambientale e quelle in materia di valutazione d'impatto ambientale.

Il comma 6 dell’articolo 18 dispone che con decreto dei Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Miinistro dell'ambiente e della tutela dei territorio, di concerto con il Ministro delle attività produttive e con il Ministro della salute, d'intesa con la Conferenza Stato Regioni, sono disciplinate le modalità di autorizzazione nel caso in cui più impianti o parti di essi siano localizzati sullo stesso sito, gestiti dal medesimo gestore, e soggetti ad autorizzazione integrata ambientale da rilasciare da più di una autorità competente.

Il comma 7 dell’articolo 18 prevede che con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela dei territorio, previa comunicazione ai Ministri delle attività produttive, della salute e delle politiche agricole, si provvede al recepimento di direttive tecniche di modifica degli allegati I, III e IV e che ogni   qualvolta tali direttive tecniche prevedano poteri discrezionali per il proprio recepimento, il provvedimento è emanato, di concerto con i Ministri delle attività produttive, della salute e delle politiche agricole, a seconda dei rispettivi ambiti di competenza.

Coordinamento con la normativa vigente

Si segnala che l’ambito di applicazione della normativa in esame si sovrappone parzialmente a quello oggetto della normativa relativa al rilascio delle autorizzazioni per l’esercizio degli impianti di produzione di energia elettrica.

In particolare, per quel che riguarda l’autorizzazione per la costruzione e l’esercizio di nuovi impianti per la produzione di energia elettrica di potenza superiore a 300 MW termici di cui al comma 2 dell’articolo 1 del decreto legge 7 febbraio 2002, n. 7, convertito con modificazioni dalla legge 9 aprile 2002, n.55 e al comma 8 dell’articolo 1-sexies del decreto legge 29 agosto 2003, n. 290, il comma 3 dell’articolo 1 disponeessa sia rilasciata nel rispetto delle norme contenute nello  schema di decreto.

       Per quel che riguarda, invece, i procedimenti in corso relativi all’autorizzazione in questione, il comma 2 dell’articolo 17 dispone che “i  procedimenti di rilascio di autorizzazioni che ricomprendono autorizzazione integrata, in corso alla data di entrata in vigore del presente decreto, sono portati a termine dalla medesima autorità presso la quale sono stati avviati”.

Infine, per quel che riguarda le autorizzazioni già rilasciate riguardantigliimpianti suddetti, il comma 4 dell’ articolo 17 dispone che “le autorizzazioni già rilasciate alla data di entrata in vigore del presente decreto, previa valutazione degli aspetti sanitari e ambientali, sono fatte salve, salvo verifica da parte dell’autorità che ha rilasciato l’autorizzazione, della necessità di procedere al riesame del provvedimento, ai sensi dell’articolo 9 comma 4”.

 

Si ricorda che la legge recante “Delega al Governo per il riordino, il coordinamento e l' integrazione della legislazione in materia ambientale e misure di diretta applicazione”, approvata definitivamente dalla Camera dei deputati nella seduta  del 24 novembre 2004 e non ancora promulgata e pubblicata, prevede, quale criterio di delega all’articolo 1, comma 9 lettera f), l’estensione della procedura di IPPC ai nuovi impianti attraverso l’individuazione delle autorità competenti per il rilascio dell’autorizzazione unica e l’identificazione dei procedimenti autorizzativi assorbiti da detta autorizzazione.

L’attuazione di tale criterio di delega avverrebbe quindi attraverso l’emanazione del decreto legislativo in esame.

Si ricorda inoltre che il recepimentodella direttiva 2003/35/CE, che modifica la direttiva 1996/61/CE, è previsto dal disegno di legge comunitaria 2004, attualmente all’esame del Parlamento. La direttiva 2003/35/CE figura tra le direttive elencate nell’allegato B e per le quali l’articolo 1, comma 1, del ddl stesso ne prevede il recepimento, con decreto legislativo, entro 18 mesi dall’entrata in vigore della legge stessa.

Collegamento con lavori legislativi in corso

Non si segnalano lavori legislativi in corso in materia di autorizzazione ambientale integrata. Tuttavia, si ricorda che è all’esame dell’VIII Commissione della Camera il decreto legge n. 273 del 2004, già approvato dal Senato, relativo all’avvio di una procedura speciale di autorizzazione per gli impianti responsabili della emissione di “gas serra”. Il decreto legge ha la finalità di avviare nel nostro paese un sistema di scambio di emissioni, in attuazione della direttiva 2003/87/CE.

Impatto sui destinatari delle norme

La relazione illustrativa non reca dati relativi all’impatto sui destinatari diretti delle norme, cioè sui settori economici e produttivi rientranti nel campo di applicazione dello schema di decreto (una elencazione delle tipologie di impianto è recata dall’Allegato II dello schema).

Si segnala, tuttavia, che dall’inventario Nazionale delle Emissioni e loro Sorgenti (INES), che raccoglie informazioni su emissioni in aria ed acqua di specifici inquinanti provenienti dai principali settori produttivi e da stabilimenti generalmente di grossa capacità presenti sul territorio nazionale, emerge che le informazioni, riferite all’anno 2002, sono state fornite da 670 stabilimenti IPPC presenti sul territorio nazionale e raccolte sulla base dei criteri stabiliti dal D.M. 23 novembre 2001

Formulazione del testo

All’articolo 2, comma 1, lettera o) (definizione di migliori tecniche disponibili)nel testo dello schema in esame,il periodo “Nel determinare le migliori tecniche disponibili, occorre tenere conto in particolare degli elementi di cui all'allegato IV” , è stato spostato (rispetto al decreto n. 372) dall’ultimo periodo della lettera o), alinea,, al numero 3) della stessa lettera. Tuttavia, come segnalato nel parere reso dalla Conferenza Stato-Regioni, sembrerebbe opportuno ricollocare tale periodo nel punto originario in modo da riprodurre esattamente la disposizione prevista dal decreto n. 372, in linea anche con quanto previsto dalla direttiva 96/61/CE (art. 2, punto 11) e da rendere il testo meglio intellegibile.

 

All’articolo 5, comma 3, potrebbe essere chiarito – attraverso una esplicita norma di salvaguardia - che gli impianti esistenti e quelli nuovi già dotati di altre autorizzazioni  possono nelle more dell’esame della loro richiesta di autorizzazione integrata ambientale, continuare l’esercizio della loro attività. Il chiarimento eviterebbe ogni eventuale ambiguità in merito all’ambito normativo del comma 1 dell’articolo 16, che prevede una sanzione penale per chiunque eserciti “senza il possesso dell’autorizzazione integrata ambientale”.

 

All’articolo 5, comma 10, sembra opportuno eliminare il riferimento al Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio, dato che nel caso di impianti di competenza statale, l’autorità competente si identifica con lo stesso Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio.

 

All’articolo 5 comma 13, andrebbe valutata l’opportunità di specificare se la richiesta di documentazione da parte della pubblica amministrazione possa essere effettuata solamente una volta, al fine di evitare che il termine per la definizione del procedimento possa venire eccessivamente dilatato.

 

L’articolo 7 comma 5 prevede che nel caso in cui non siano state emanate le linee guida di cui all’articolo 4 comma 1, per gli impianti nuovi l’autorità competente rilasci comunque l’autorizzazione integrata ambientale tenendo conto di quanto previsto nell’Allegato IV dello schema di decreto.

Sembrerebbe opportuno estendere tale disposizione anche alle procedure relative agli impianti esistenti e a quelli nuovi già dotati di altre autorizzazioni di cui al comma 3 dell’articolo 5, onde evitare un vuoto normativo.

 

All’articolo 9 comma 1 sembra opportuno far decorrere la durata quienquiennale dell’AIA per gli impianti nuovi dalla “data di entrata in esercizio”  anziché dalla” data di rilascio dell’autorizzazione”, considerato che tra il rilascio dell’autorizzazione e l’entrata in esercizio intercorre spesso un notevole arco di tempo.

 

All’articolo 11,il comma 11 fa riferimento all’articolo 3 della legge 21 gennaio 1994, n. 61, che essendo di conversione del decreto legge 4 dicembre 1993, n. 496, è composta da un articolo unico. La disposizione in commento dovrebbe essere invece riferita all’articolo 03, comma 5, del decreto legge n. 496 relativo alle ARPA ed alla loro collaborazione con l’APAT.

 

All’articolo 12, in relazione alla formulazione dei commi 1 e 2, si osserva che il riferimento esplicito all’articolo 10, comma 2, del decreto n. 372, di cui il successivo articolo 19 del decreto in esame dispone l’abrogazione, potrebbe essere sostituito con il riferimento diretto al decreto ministeriale del 23 novembre 2001, con il quale è stata, per l’appunto data attuazione a tale articolo 10 ed i cui effetti, sono, peraltro, fatti salvi sempre dal successivo articolo 19 del decreto in esame.  Analogo rilievo può essere riferito all’articolo 14, comma 1.

 

 


Schede di lettura

 


La direttiva 96/61/CE

 

La direttiva 96/61 del 24 settembre 1996 del Consiglio sulla prevenzione e la riduzione integrate dell'inquinamento richiede che l'autorizzazione all'esercizio per determinati impianti industriali venga attuata secondo un approccio integrato. Questa direttiva ha adottato, infatti, un'impostazione orizzontale per la lotta contro l'inquinamento industriale, integrando i vari ambienti (aria, acqua, e suolo) ed applicando il principio della "opzione ambientale ottimale".

A tal fine la direttiva ha quindi sottoposto la gestione degli stabilimenti industriali che svolgono attività rientranti nell’allegato I (attività energetiche, produzione e trasformazione dei metalli, industria dei prodotti minerali, industria chimica, gestione dei rifiuti, allevamento di animali), siano essi esistenti siano essi nuovi o sostanzialmente modificati, alla concessione di un'autorizzazione, previa consultazione del pubblico ed eventualmente di un esame coordinato da parte delle varie autorità competenti.

In proposito si ricorda che tale direttiva è stata recentemente modificata dalla direttiva 2003/35/CE[4] (relativa alla partecipazione del pubblico nell'elaborazione di taluni piani e programmi in materia ambientale) che ha rinforzato ulteriormente i diritti del pubblico nel contesto delle procedure d’autorizzazione.

La direttiva 2003/35/CE modifica la direttiva 96/61/CE del Consiglio sulla prevenzione e la riduzione integrate dell'inquinamento, per renderla conforme alla Convenzione di Aarhus. Sono modificate alcune delle definizioni stabilite nell'articolo 2 e l'articolo 6, paragrafo 1, affinché sia obbligatoria una domanda di autorizzazione comprendente un riassunto delle alternative prese in esame dal richiedente. È modificato, altresì, l'articolo 15 sulle disposizioni relative alla partecipazione del pubblico, fra l'altro per imporre agli Stati membri di garantire che al pubblico interessato sia offerta tempestivamente l'opportunità di partecipare alla procedura decisoria relativa alle autorizzazioni. La direttiva aggiunge anche un nuovo allegato (V) che fornisce disposizioni dettagliate in materia di partecipazione del pubblico. Prevede l'obbligo per l'autorità competente di informare il pubblico sul testo della decisione e sui motivi e le considerazioni su cui è basata la decisione. La direttiva stabilisce (inserendo l’articolo 15-bis) che il pubblico interessato deve avere accesso a procedure giudiziarie celeri e non eccessivamente onerose per contestare la legittimità di qualsiasi atto o omissione soggetti alle disposizioni sulla partecipazione dei cittadini stabilite dalla convenzione di Aarhus. Sono inoltre modificate le disposizioni relative alle consultazioni transfrontaliere (art. 17). Gli Stati membri devono recepire le disposizioni della direttiva entro il 25 giugno 2005.

 

L'autorizzazione deve includere valori limite di emissione, basati sulle migliori tecniche disponibili, fissati per le sostanze inquinanti, in particolare quelle elencate nell'allegato III, che possono essere emesse dall'impianto interessato in quantità significativa, e consentire l’osservanza dei principi generali fissati dalla direttiva relativamente agli obblighi fondamentali del gestore proprietario degli stabilimenti in questione.

In tal modo si è voluto conseguire un elevato livello di protezione dell'ambiente, attraverso la valutazione comparata dei vari settori ambientali e il coordinamento delle procedure di autorizzazione evitando, così, che approcci distinti nel controllo delle emissioni nell'aria, nell'acqua o nel terreno favoriscano il trasferimento dell'inquinamento tra i vari settori ambientali, anziché proteggere l'ambiente nel suo complesso.

Il recepimento, negli ordinamento nazionali, delle disposizioni della direttiva era previsto entro i tre anni successivi alla sua entrata in vigore[5] - entro il 30 ottobre 1999 - ma per gli impianti esistenti essa accordava un periodo transitorio di otto anni (art. 5, par. 1).

Le principali fasi procedurali previste dalla direttiva IPPC sono:

§      la presentazione di una domanda di autorizzazione contenente la descrizione del progetto, le fonti di emissione, uno studio sugli effetti significativi di tali emissioni sull'ambiente, le tecnologie utilizzate, il monitoraggio;

§      l'accesso all'informazione e la partecipazione del pubblico alla procedura di autorizzazione;

§      l'adozione dei valori limite alle emissioni basati sulle migliori tecniche disponibili, senza l'obbligo di utilizzare una tecnica o una tecnologia specifica, ma tenendo conto delle caratteristiche tecniche del singolo impianto, della sua ubicazione geografica e delle condizioni locali dell'ambiente.

 

Si ricorda, infine, che in materia è anche intervenuta la direttiva 2003/87/CE[6] relativa allo scambio di quote di emissioni dei gas a effetto serra nella Comunità, che ha modificato la direttiva 96/61/CE al fine di chiarire la relazione tra il processo di autorizzazione imposto dalla direttiva e il sistema di scambio di quote di emissione.

 

Il decreto legislativo n. 372 del 1999[7]

La direttiva 96/61/CE è stata recepita nell’ordinamento italiano, seppur limitatamente ai soli impianti esistenti, con il decreto legislativo 4 agosto 1999, n. 372 che, nel disciplinare il contenuto dell’autorizzazione integrata, ha previsto – in linea con le disposizioni comunitarie - che questa includa tutte le misure necessarie per conseguire un livello elevato di protezione dell'ambiente nel suo complesso.

Si osserva, preliminarmente, che il decreto legislativo n. 372 del 1999 ha provveduto a recepire le disposizioni della direttiva 96/61 relativamente agli impianti esistenti,, nonostante la direttiva accordasse un periodo transitorio di otto anni dalla entrata in vigore delle direttiva (art. 5) proprio per l’adeguamento degli impianti esistenti. I nuovi impianti, per i quali  le disposizioni della direttiva avrebbero dovuto essere recepite entro il 30 ottobre 1999, restavano invece esclusi dalla disciplina recata dal decreto n. 372.

A questo proposito è utile ricordare quanto scritto nella relazione che accompagnava il provvedimento “E’ facile rilevare che le fasi principali della procedura IPPC (…) ripercorrono l’impostazione della procedura VIA per i nuovi impianti, tanto che come è stato già detto, nella direttiva 97/11/CE che modifica la direttiva 85/337/CEE sulla VIA è previsto che gli obblighi derivanti dal recepimento della direttiva IPPC nel caso di nuovi impianti o di modifiche sostanziali agli impianti esistenti, possano essere soddisfatti nell’ambito della procedura di VIA e, quindi, in un’unica procedura. Questa, appunto,è la strada sinora prescelta nel recepire nel nostro ordinamento la direttiva IPPC. Infatti, il decreto si applicherà solo agli impianti esistenti (art. 4), mentre gli impianti nuovi dovevano essere disciplinati dal disegno di legge 5100[8][all’esame del Parlamento nella XIII legislatura ormai conclusa], che prevede l’assorbimento dell’IPPC nella procedura di VIA”.

 

Al fine di conseguire un livello elevato di protezione dell'ambiente nel suo complesso, il decreto n. 372 prevede che devono essere soddisfatti requisiti quali: misure di prevenzione dell'inquinamento, prevenzione di inquinamenti significativi, disciplina dei rifiuti, ottimizzazione dell'uso di energia, prevenzione degli incidenti e ripristino ambientale del sito dopo la chiusura delle attività (art 3). Misure supplementari più rigorose vengono poi previste (art. 6) in caso di necessità di assicurare la qualità ambientale per impianti localizzati in determinate aree.

L'autorizzazione deve, inoltre, includere valori limite di emissione per le sostanze inquinanti che possono essere emesse dall'impianto in maniera significativa e che possono passare dall'acqua all'aria e al suolo. L'autorizzazione precisa anche i valori limite di emissione e immissione sonora, che non possono essere meno rigorosi di quelli fissati dalla vigente normativa nazionale o regionale.

Il contenuto dell'autorizzazione integrata ambientale (d’ora in poi AIA) può essere molto dettagliato e il decreto n. 372 del 1999 specifica espressamente (art. 5, comma 7) che esso può comprendere, se necessario, ulteriori specifiche prescrizioni, giudicate opportune dall'autorità competente.

I valori limite di emissione, i parametri e le misure tecniche equivalenti debbono basarsi sulle migliori tecniche disponibili[9], senza l'obbligo di utilizzare una tecnica o una tecnologia specifica.

Il decreto prevede l'obbligo di rinnovare le condizioni dell'AIA, confermandole o aggiornandole ogni 5 anni. In caso di inosservanza delle condizioni stabilite dall’autorizzazione è previsto un meccanismo articolato di sanzioni.

Il decreto legislativo prevede poi l'elaborazione di un inventario delle principali emissioni e delle loro fonti a cura dell'ANPA[10], sulla base dei dati relativi alle emissioni in aria, acqua e suolo dell'anno precedente, forniti dai gestori entro il 30 aprile di ogni anno (art. 10). I dati vengono trasmessi alla Commissione europea.

L'AIA dovrà includere le prescrizioni recanti le specifiche modalità richieste per la protezione integrata dell'ambiente, nonché la data, comunque non successiva al 30 ottobre 2007, entro la quale tali prescrizioni dovranno essere attuate. Una copia dell'autorizzazione integrata ambientale e di qualsiasi suo successivo aggiornamento viene messa a disposizione del pubblico.

Una volta ottenuta, l'autorizzazione integrata ambientale sostituisce - ad ogni effetto - ogni altro visto, nulla osta, parere o autorizzazione in materia ambientale, previsti - dalle disposizioni di legge e dalle relative norme di attuazione - per l'esercizio degli impianti esistenti di cui all'Allegato I.

Ai fini dell’attuazione del decreto n. 372, sono stati emanati alcuni provvedimenti, tra i quali, si segnala, innanzitutto il DM 23 novembre 2001, Dati, formato e modalità della comunicazione di cui all'art. 10 comma 1, del decreto legislativo 4 agosto 1999, n. 372, successivamente modificato dal DM 26 aprile 2002.

Successivamente il DPCM 24 dicembre 2002, recante “Approvazione del nuovo modello unico di dichiarazione ambientale per l'anno 2003” ha previsto che la trasmissione di tale nuovo modello “comporta l'adempimento dell'obbligo di trasmissione di cui all'art. 10, comma 1, del decreto legislativo 4 agosto 1999, n. 372”;

E’ stato poi emanato il DM ambiente 29 maggio 2003 recante “Approvazione del formulario per la comunicazione relativa all'applicazione del decreto legislativo n. 372/1999, recante attuazione della direttiva 96/61/CE relativa alla prevenzione e riduzione integrate dell'inquinamento” che prevede l’obbligo di comunicazione triennale al Ministero dell’ambiente, da parte degli enti locali, delle autorizzazioni integrate ambientali rilasciate.

Si ricorda, infine, che la procedura per la concessione dell'autorizzazione delineata dal decreto legislativo n. 372 del 1999 ha modalità non molto diverse, salvo l'adeguamento dei termini[11], da quanto prevede il regolamento sullo sportello unico contenuto nel DPR 20 ottobre 1998, n. 447, Regolamento recante norme di semplificazione dei procedimenti di autorizzazione per la realizzazione, l'ampliamento, la ristrutturazione e la riconversione di impianti produttivi, per l'esecuzione di opere interne ai fabbricati, nonché per la determinazione delle aree destinate agli insediamenti produttivi, a norma dell'articolo 20, comma 8, della legge 15 marzo 1997, n. 59. Sono pertanto regolate le forme di pubblicità, la conferenza di servizi, i termini per il rilascio dell'autorizzazione, i poteri sostitutivi in caso di inerzia dell'autorità competente e la data finale di chiusura del procedimento.

Si ricorda, altresì, che nel corso dell’iter parlamentare del decreto n. 372, il relatore, nella seduta del 22 giugno 1999, nell’ottica di un miglioramento del provvedimento, aveva auspicato un coordinamento della disciplina recata dallo schema di decreto con quella introdotta con l’istituzione dello sportello unico.

 

La delega per l’integrale recepimento della direttiva

L'art. 22 della legge 31 ottobre 2003, n. 306 (legge comunitaria 2003), ripropone la norma di delega già contenuta nell’art. 41 della legge 1° marzo 2002, n. 39 (legge comunitaria 2001), il cui termine era scaduto senza che vi fosse stata data attuazione.

La delega ha ad oggetto l’adozione, entro 12 mesi dalla data di entrata in vigore della legge comunitaria (quindi entro il 30 novembre 2004) di un decreto legislativo al fine di attuare integralmente la direttiva 96/61/CE relativa alla prevenzione e la riduzione integrate dell'inquinamento (IPPC), mediante modifiche da apportare al decreto legislativo 4 agosto 1999, n. 372 che – come si è appena detto - ha già operato il recepimento nell’ordinamento italiano della direttiva 96/61/CE, ma – come si è visto - limitatamente agli impianti già esistenti.

L’articolo 1, comma 3, della legge n. 306 del 2003 (recante la delega) dispone che qualora il termine previsto per il parere dei competenti organi parlamentari scada nei trenta giorni che precedono la scadenza dei termini previsti dalla delega stessa o successivamente, questi ultimi sono prorogati di novanta giorni.

Pertanto, dal momento che, ai sensi dell’articolo 143, comma 4, del Regolamento della Camera, i giorni assegnati alla Commissione di merito per l’espressione del parere sono 20, e che lo schema di decreto è stato assegnato il 22 novembre, il termine della delega viene ad essere prorogato di novanta giorni.

Si ricorda, infatti, che l’art. 21 della legge n. 128 del 1998 (legge comunitaria 1995-1997), nel dettare i criteri per l’attuazione della direttiva 96/61/CE, aveva operato una distinzione della disciplina sulla prevenzione dell’inquinamento tra impianti esistenti e impianti nuovi. Il recepimento della direttiva veniva quindi distinto in due provvedimenti:

-          con il decreto legislativo n. 372 del 1999 la direttiva è stata recepita limitatamente agli impianti esistenti;

-          per gli impianti nuovi, l’art. 21 della legge n. 128/1998, formulava una sorta di rinvio (peraltro di non agevole interpretazione) all’”applicazione della normativa interna emanata in attuazione delle direttive comunitarie in materia di valutazione di impatto ambientale”. In concreto, tutta la disciplina del decreto legislativo n. 372 non ha trovato finora alcuna applicazione per i nuovi impianti.

 

I criteri direttivi per il recepimento delle norme comunitarie vengono indicati alle lettere a) e b) dell’art. 22 e sono identici a quelli già contenuti nell’art. 41 della legge n. 39 del 2002. Essi consistono in:

-          estensione delle disposizioni di cui al D. Lgs. n. 372 del 1999 anche agli impianti industriali nuovi e a quelli sostanzialmente modificati;

-          assorbimento nell'autorizzazione integrata di autorizzazioni già previste dalla normativa vigente e loro indicazione esemplificativa.

 

La lettera c) del comma 1 dell’art. 22 della legge comunitaria 2003 dispone, infine, il coordinamento delle nuove norme con gli articoli 216 e 217 del R.D. 27 luglio 1934, n. 1265 recante “Approvazione del testo unico delle leggi sanitarie” – attraverso l’adeguamento delle citate norme.

Si ricorda, brevemente, che tali articoli attribuiscono al sindaco alcune competenze in materia di autorizzazione e controllo dell’attività di manifatture o fabbriche che producono vapori, gas o altre esalazioni insalubri o che possono riuscire in altro modo pericolose alla salute degli abitanti.

 

Altri provvedimenti nazionali in materia di IPPC

Nelle more dell’emanazione del decreto delegato previsto dalla legge comunitaria 2001 è intervenuto l’art. 77, commi 3, 4 e 5, della legge 27 dicembre 2002, n. 289 (legge finanziaria per il 2003).

In particolare il comma 3 ha provveduto ad estendere la procedura per il rilascio dell’AIA agli impianti nuovi rientranti nell’ambito di applicazione della normativa comunitaria, individuato dall’Allegato I della direttiva 96/61/CE, seppur limitatamente a quelli relativi alle attività industriali elencate dall’articolo 1, comma 1, del D.P.C.M. 10 agosto 1988, n. 377 recante Regolamentazione delle pronunce di compatibilità ambientale di cui all'art. 6 della legge 8 luglio 1986, n. 349 (impianti soggetti a VIA statale), ed ovviamente. Per tali impianti viene previsto dal comma 4 che l’AIA sia concessa con decreto del Ministro dell’ambiente, sentite le regioni interessate.

Il comma 4, ha inoltre introdotto una disciplina specifica per le modalità di AIA per i casi in cui più impianti o parti di essi siano localizzati sullo stesso sito, gestiti dal medesimo gestore e soggetti ad AIA che deve essere rilasciata da più di una autorità competente, demandandone il dettaglio all’emanazione di apposito D.P.C.M.

Il comma 5 ha poi demandato ad un successivo decreto interministeriale la determinazione degli oneri derivanti dalle attività di istruttoria e controllo relative alle procedure di AIA contemplate dai precedenti commi 3 e 4.

 

Successivamente è intervenuto l’articolo 9 del decreto legge n. 355 del 2003[12], che ha prorogato al 30 aprile 2005 il termine dei procedimenti relativi all’adeguamento degli impianti esistenti ai fini del rilascio dell’AIA, fissato al 30 ottobre 2004 dall’art. 4, comma 14, del D.Lgs. n. 372/1999.

 

Si ricorda, infine, che è appena stato approvato definitivamente dall’Assemblea della Camera in data 24 novembre 2004 il disegno di legge AC 1798-D “Delega al Governo per il riordino, il coordinamento e l'integrazione della legislazione in materia ambientale e misure di diretta applicazione" (cd. “delega ambientale”), approvato in via definitiva dalla Camera dei deputati il 24 novembre 2004 e non ancora promulgato o pubblicato nella Gazzetta Ufficiale, all’interno del quale - tra le materie per le quali il Governo è delegato ad emanare uno o più decreti legislativi di riordino, coordinamento e integrazione delle disposizioni legislative – vi sono proprio indicate le procedure per l’AIA.

 


ART. 1
(Oggetto e campo di applicazione)

Il comma 1 del presente decreto (sostanzialmente identico al corrispondente comma dell’art. 1 del decreto legislativo 4 agosto 1999, n. 372), prevede quale oggetto del decreto la prevenzione e la riduzione integrate dell'inquinamento proveniente non da tutte le attività, ma soltanto da quelle rientranti nel campo di applicazione, che viene delimitato alle attività indicate nell'allegato I.

Si tratta delle attività industriali di maggiore dimensione e rilievo dal punto di vista dell’impatto sull’ambiente, quali le attività energetiche, l’industria dei metalli, quella dei prodotti minerali, l’industria chimica, le attività di gestione dei rifiuti ecc. L’elenco delle attività incluse nell’allegato I è pressoché identico a quello contenuto nel corrispondente allegato al decreto n. 372. Sulle modifiche introdotte all’allegato I si rinvia più avanti (Commento all’Allegato I).

 

Il comma 2 specifica ulteriormente il campo di applicazione disponendo che il presente decreto disciplina il rilascio, il rinnovo e il riesame dell'autorizzazione integrata ambientale (AIA) degli impianti di cui all'allegato I, nonché le modalità di esercizio degli impianti medesimi ai fini dei rispetto dell’AIA.

Si fa notare che, rispetto al corrispondente comma dell’art. 1 del decreto n. 372 viene ovviamente eliminato il riferimento ai soli impianti esistenti, visto che l’obiettivo del presente decreto (così come disposto dalla delega) è proprio quello di estendere le vigenti disposizioni di recepimento della direttiva 96/61/CE agli impianti nuovi.

 

Rispetto al decreto n. 372, l’articolo in esame prevede tre ulteriori commi che, secondo quanto riportato nella relazione illustrativa, sono stati inseriti al fine di esplicitare “i rapporti tra l'autorizzazione integrata ambientale rilasciata ai sensi della norma di recepimento della direttiva 96/61/CE con altre autorizzazioni aventi valore di autorizzazione integrata ambientale, introdotte da alcune norme di settore successivamente all'emanazione del D.Lgs. 372/99, a causa dell'imperfetto recepimento della direttiva 96/61/CE (IPPC) operato da tale decreto. Tali chiarimenti sono necessari poiché le norme di settore in questione non specificano chiaramente che, per gli impianti IPPC, procedure e contenuti dell'autorizzazione devono comunque rispettare quanto previsto dalla direttiva 96161/CE”.

 

Il comma 3 ribadisce quanto già contenuto nelle norme di settore in materia di produzione di energia elettrica, cioè che per gli impianti di produzione di energia elettrica di potenza superiore a 300 MW, nuovi o sostanzialmente modificati, l’AIA è disciplinata dal presente decreto, dato che questo consente il compiuto recepimento della direttiva IPPC.

 

Si ricorda, infatti, che l’articolo 1, comma 1, del decreto legge 7 febbraio 2002, n. 7 (convertito con modifiche dalla legge 9 aprile 2002, n. 55) ha dichiarato opere di pubblica utilità ed assoggettato ad una autorizzazione unica, rilasciata dal Ministero delle attività produttive, la costruzione e l’esercizio degli impianti di energia elettrica di potenza superiore a 300 MW termici, gli interventi di modifica o ripotenziamento, nonché le opere connesse e le infrastrutture indispensabili all’esercizio degli stessi. La predetta autorizzazione sostituisce autorizzazioni, concessioni ed atti di assenso comunque denominati, previsti dalle norme vigenti, costituendo titolo a costruire ed a esercire l’impianto in conformità al progetto approvato. Il medesimo comma ha comunque disposto che il rilascio dell'unica autorizzazione non possa essere previsto oltre il 31 dicembre 2003.

Il successivo comma 2 ha previsto, inoltre, che “fino al recepimento della direttiva 96/61/CE del Consiglio, del 24 settembre 1996, tale autorizzazione comprende l'autorizzazione ambientale integrata e sostituisce, ad ogni effetto, le singole autorizzazioni ambientali di competenza delle Amministrazioni interessate e degli enti pubblici territoriali”[13].

Si ricorda, infine, che il comma 8 dell'articolo 1-sexies del decreto legge 29 agosto 2003, n. 239 (convertito, con modificazioni dalla legge 27 ottobre 2003, n. 290) ha ribadito la previsione, recata dall’art. 1 del D.L. n. 7/2002, di un’autorizzazione unica per la costruzione e l’esercizio di impianti di energia elettrica di potenza superiore ai 300MW, in modo da consentire di applicare le disposizioni recate dal D.L. medesimo anche oltre il termine del 31 dicembre 2003.

 

Nella relazione illustrativa al presente decreto si legge, inoltre, che restano ferme “per gli aspetti non inerenti l'autorizzazione integrata ambientale, l'autorizzazione unica prevista dall'articolo 1, comma 2, del decreto legge 7 febbraio 2002, n. 7, convertito con modifiche dalla legge 9 aprile 2002, n. 55, nonché dall'articolo 1-sexies, comma 8, del decreto legge 29 agosto 2003, n. 239, convertito con modifiche dalla legge 27 ottobre 2003, n. 290”.

Pertanto, per gli impianti di energia elettrica di potenza superiore a 300 MW, in seguito all’entrata in vigore del presente decreto, potrebbe delinearsi un doppio binario autorizzatorio: da un lato l’AIA e dall’altro l’autorizzazione unica. Quest’ultima continuerà, seppur svuotata di buona parte dei suoi contenuti (anche nel senso che tale autorizzazione unica dovrebbe seguire il rilascio dell’AIA per avere effetti pratici), a consentire l’accesso al mercato elettrico per gli impianti in oggetto.

Il disposto del comma in esame deve essere inoltre interpretato unitamente a quanto previsto dall’art. 5, comma 12, ultimo periodo, secondo cui l’AIA non può essere comunque rilasciata prima della conclusione del procedimento di VIA.

Ciò sembra comportare quindi, per gli impianti in questione, che l’autorizzazione unica non può essere rilasciata prima  dell’espletamento sia della VIA sia dell’IPPC (quindi in un termine che potrebbe raggiungere i 240 giorni[14]). Ciò potrebbe avere ripercussioni rilevanti sui tempi necessari per l’entrata nel mercato elettrico da parte dei nuovi concorrenti.

 

Nel medesimo comma viene altresì previsto che l’AIA dovrà essere rilasciata nel rigoroso rispetto del termine di cui all'articolo 5, comma 12.

 

Si osserva in proposito che tale precisazione non appare necessaria nel momento in cui si assoggetta l’AIA degli impianti di produzione di energia elettrica di potenza superiore a 300 MW alle disposizioni del presente decreto, poiché automaticamente i termini procedurali vengono dettati dall’applicazione del citato comma 12 dell’articolo 5.

 

Il comma 4 prevede che per gli impianti, nuovi ovvero sottoposti a modifiche sostanziali, che svolgono attività di smaltimento o di recupero di rifiuti, anche pericolosi, incluse nell'allegato I del presente decreto, il rilascio dell’AIA garantisce contestualmente l'osservanza di quanto previsto dall'art. 27, commi 5 e 6, del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22.

Nella relazione illustrativa si legge che tale disposizione “garantisce che l'autorizzazione integrata ambientale può ricomprendere anche alcuni aspetti non ambientali dell'autorizzazione di cui all'art. 27 del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22. In particolare, limitatamente alle attività di gestione dei rifiuti, l'autorizzazione integrata ambientale costituisce anche variante allo strumento urbanistico comunale e produce effetti ai fini della tutela paesaggistica.

 

Si ricorda, infatti, che il comma 5 dell’art. 27 del decreto n. 22/1997 (cd. Ronchi) prevede che l’autorizzazione alla realizzazione dell'impianto costituisce, ove occorra, variante allo strumento urbanistico comunale, e comporta la dichiarazione di pubblica utilità, urgenza ed indifferibilità dei lavori.

Il successivo comma 6 dispone che “Nel caso in cui il progetto approvato riguardi aree vincolate ai sensi della legge 29 giugno 1939, n. 1497, e del decreto-legge 27 giugno 1985, n. 312, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 agosto 1985, n. 431, si applicano le disposizioni di cui al comma 9 dell'articolo 82 del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616, come modificato dal decreto-legge 27 giugno 1985, n. 312, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 agosto 1985, n. 431.

Si ricorda, in proposito, che le citate aree vincolate sono ora disciplinate dal decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 recante “Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell'articolo 10 della L. 6 luglio 2002, n. 137”, in particolare dagli articoli 131 e seguenti facenti parte della Parte terza intitolata ai beni paesaggistici. In particolare l’art. 146 disciplina l’iter per l’approvazione dei progetti di opere che insistono su aree vincolate.

 

Il comma 5 riconduce, analogamente a quanto disposto dal comma 3, l’AIA degli impianti di produzione di energia elettrica alimentati da fonti rinnovabili, nuovi ovvero sottoposti a modifiche sostanziali, al rispetto della disciplina prevista dal presente decreto.

 

Si ricorda, in proposito, che l’art. 12 del decreto legislativo 29 dicembre 2003 n. 387 (recante “Attuazione della direttiva 2001/77/CE relativa alla promozione dell'energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell'elettricità”) ha adottato un criterio analogo a quello introdotto dal citato D.L. n. 7/2002 per le centrali convenzionali, prevedendo che la costruzione e l’esercizio degli impianti di produzione di energia elettrica alimentati da fonti rinnovabili sono soggetti ad una autorizzazione unica.


ART. 2
(Definizioni)

Le definizioni recate dall’articolo in esame rimangono nella maggior parte dei casi sostanzialmente invariate rispetto a quelle previste dal decreto n. 372.

Le definizioni introdotte o modificate dal presente articolo riguardano:

 

e) impianto nuovo: un impianto che non ricade nella definizione di impianto esistente.

Tale definizione, come ricorda la relazione illustrativa, è stata introdotta alla luce dello specifico contenuto della delega, volta a consentire il recepimento della direttiva 96/61/CE per gli impianti nuovi.

 

Si ricorda che la definizione di impianto esistente, rimasta invariata nella sostanza (le indicazioni temporali ancorate all’entrata in vigore del decreto n. 372 sono state sostituite dai corrispondenti riferimenti temporali precisi), riguarda “un impianto che, al 10 novembre 1999, aveva ottenuto tutte le autorizzazioni ambientali necessarie all'esercizio, o il provvedimento positivo di compatibilità ambientale, o per il quale a tale data erano state presentate richieste complete per tutte le autorizzazioni ambientali necessarie per il suo esercizio, a condizione che esso sia entrato in funzione entro il 10 novembre 2000.

i) autorità competente:

§      per gli impianti esistenti e nuovi di competenza statale indicati nell'allegato V al presente decreto è il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio;

§      per gli altri impianti è l'autorità individuata, tenendo conto dell'esigenza di definire un unico procedimento per il rilascio dell'autorizzazione integrata ambientale, dalla Regione o dalla Provincia autonoma.

Tale definizione, come ricorda la relazione illustrativa, è stata modificata rispetto a quella recata dal decreto n. 372[15], “alla luce dei chiarimenti normativi introdotti dalla legge 289/02, nonché del trasferimento in corso di alcune delle competenze Statali in materia di VIA alle regioni”.

 

Si ricorda, in proposito, che l’art. 77, comma 3, della legge n. 289 ha assoggettato ad AIA statale tutti gli impianti (sia esistenti sia di nuova realizzazione) relativi alle attività industriali elencate dall’articolo 1, comma 1, del D.P.C.M. 10 agosto 1988, n. 377[16] sulla valutazione di impatto ambientale (VIA) nazionale e rientranti nell’ambito di applicazione della normativa comunitaria, individuato dall’Allegato I della direttiva 96/61/CE.

Si ricorda, altresì, che l’art. 71 del decreto legislativo 31 marzo 1998 n. 112[17] indica le opere soggette a VIA di competenza statale, mentre stabilisce che, con “atto di indirizzo e di coordinamento da adottare entro otto mesi” saranno individuate le opere, interventi ed attività attualmente sottoposti a valutazione statale di impatto ambientale da trasferire alla competenza delle Regioni, subordinando tale trasferimento alla vigenza di una legge regionale in materia di VIA.

Le definizioni seguenti sono state modificate (è il caso della lettera n) relativa al concetto di modifica sostanziale) o introdotte (si vedano le lettere q) ed r) per allineare il quadro definitorio previsto dall’art. 3 della direttiva 96/61/CE alle modifiche introdotte dall’art. 4 della direttiva 2003/35[18]. Si ricorda che quest’ultima direttiva deve essere recepita nel nostro ordinamento entro il 25 giugno 2005, tuttavia il Governo ha ritenuto opportuno (come si legge nella relazione illustrativa) “adeguare fin d’ora il decreto, anche in considerazione della nota della DG Ambiente della Commissione Europea a ITALRAP del 10 dicembre 2003”.

n) modifica sostanziale: una modifica dell'impianto che, secondo un parere motivato dell'autorità competente, potrebbe avere effetti negativi e significativi per gli esseri umani o per l'ambiente. A tale parte della definizione, già prevista dal decreto n. 372, è stato aggiunto un periodo secondo cui, per ciascuna attività per la quale l'allegato I indica valori di soglia, è sostanziale una modifica che dia luogo ad un incremento del valore di una delle grandezze, oggetto della soglia, pari o superiore al valore della soglia stessa.

 

Si ricorda, in proposito, che l’art. 4 della direttiva 2003/35 ha aggiunto un periodo alla definizione prevista dall’art. 2 della direttiva 96/61/CE volto a definire come sostanziali le modifiche o gli ampliamenti dell'impianto che “di per sé sono conformi agli eventuali valori limite stabiliti nell'allegato I”.

 

Si fa notare che l’espressione recata dalla lettera n) in esame corrisponde, nella sostanza, allo stesso criterio previsto dalla direttiva.

 

Si osserva, con riferimento, alla lettera o), relativa alle migliori tecniche disponibili, che nel testo recato dal presente schema, rispetto al decreto n. 372, è stato spostato il periodo “Nel determinare le migliori tecniche disponibili, occorre tenere conto in particolare degli elementi di cui all'allegato IV”, tuttavia, come segnalato nel parere reso dalla Conferenza Stato-Regioni, al punto 2) dell’allegato B, sembrerebbe opportuno ricollocare tale periodo nel punto originario in modo da riprodurre esattamente la disposizione prevista dal decreto n. 372, in linea anche con quanto previsto dalla direttiva 96/61/CE (art. 2, punto 11).

 

q) pubblico: una o più persone fisiche o giuridiche nonché, ai sensi della legislazione o della prassi nazionale, le associazioni, le organizzazioni o i gruppi di tali persone;

 

r) pubblico interessato: il pubblico che subisce o può subire gli effetti dell'adozione di una decisione relativa al rilascio o all'aggiornamento di una autorizzazione o delle condizioni dì autorizzazione, o che ha un interesse rispetto a tale decisione  ai fini della presente definizione le organizzazioni non governative che promuovono la protezione dell'ambiente e che soddisfano i requisiti di diritto nazionale si considerano portatrici di un siffatto interesse.

 

Queste due ultime definizioni sono identiche a quelle recate dall’art. 4 della direttiva 2003/35/CE.


ART. 3
(Principi generali dell'autorizzazione integrata ambientale)

 

L'articolo 3, comma 1, che indica i principi generali che l’autorità competente, deve tenere in conto nel determinare le condizioni per l'AIA, è identico al corrispondente comma del decreto n. 372.

 


ART. 4
(Individuazione e utilizzo delle migliori tecniche disponibili)

 

L’articolo 4 riguarda gli aspetti che nel decreto n. 372 sono disciplinati nei commi successivi al primo dell’articolo 3.

 

Il comma 1 dell’articolo in esame prevede che, per gli impianti rientranti nelle attività di cui all'allegato I, l’AIA deve essere rilasciata tenendo conto:

§      delle considerazioni riportate nell'allegato IV;

§      delle informazioni diffuse ai sensi dell'articolo 14, comma 4;

§      e nel rispetto delle linee guida per l'individuazione e l'utilizzo delle migliori tecniche disponibili (d’ora in poi MTD[19]).

Rispetto al testo vigente del decreto n. 372 si fa notare che ai sensi dall’art. 5, comma 4, l’AIA deve essere rilasciata tenendo conto delle linee guida per l'individuazione e l'utilizzo delle MTD, che corrisponde all’ultimo dei tre punti sopra elencati. Gli altri due punti, invece, vengono inseriti dal comma in esame al fine di esplicitare che nel rilascio dell’AIA si tenga conto anche dei BREF comunitari e di altre considerazioni indicate nell’allegato IV.

L’Allegato IV, che riproduce fedelmente quanto previsto dal corrispondente allegato al decreto n. 372, elenca le considerazioni da tenere presenti nella determinazione delle MTD, tenuto conto dei costi e dei benefici che possono risultare da un'azione e del principio di precauzione e prevenzione.

 

Si osserva che nel medesimo allegato si rinvia erroneamente alla definizione di migliori tecniche disponibili contenuta nell'art. 2, comma 13, che tuttavia non esiste. Tale definizione è infatti prevista dall’art. 2, comma 1, lettera o).

Per quanto riguarda il richiamo alle informazioni diffuse ai sensi dell’art. 14, comma 4, si ricorda che tale riferimento è volto a richiamare i cd. BREF (dall’inglese BAT Reference documents), che costituiscono “il frutto principale dello scambio di informazioni”[20].

 

Si ricorda, infatti, che l’art. 14, comma 3, prevede che il Ministero dell'ambiente provveda ad assicurare la partecipazione dell'Italia allo scambio di informazioni organizzato dalla Commissione europea relativamente alle migliori tecniche disponibili e al loro sviluppo, nonché alle relative prescrizioni in materia di controllo, e a rendere accessibili i risultati di tale scambio. Il successivo comma 4 dispone poi che il medesimo Ministero garantisca la sistematica informazione del pubblico sullo stato di avanzamento dei lavori relativi allo scambio di informazioni di cui al comma precedente.

Ciò premesso occorre sottolineare che i criteri di riferimento che devono essere tenuti in considerazione quando si effettua la valutazione delle migliori tecniche disponibili sono molto generali e, per una più efficace applicazione, necessitano di ulteriori approfondimenti di carattere tecnico, economico e procedurale, nonché dello sviluppo di un approccio gerarchico, soprattutto per i casi più complessi. Per tale motivo, e per favorire lo scambio di informazioni, l'Unione Europea si è attrezzata per migliorare l'attuazione della direttiva IPPC creando un apposito ufficio, operante presso il centro comunitario di ricerca di Siviglia. Tale ufficio coordina una serie di gruppi tecnici, ai quali partecipano delegati italiani sotto il coordinamento del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio, che sono incaricati della redazione di documenti di riferimento per l'individuazione delle migliori tecniche, cosiddetti BREF, aventi l’obiettivo di fotografare quelle che, nell’ambito comunitario, sono oggi considerabili le tecnologie di riferimento e quali sono le prestazioni ambientali che esse sono in grado di garantire.

L’ufficio di Siviglia ha già predisposto numerosi BREF per alcune attività produttive o per processi orizzontali potenzialmente comuni a più attività[21]. Si tratta di documenti che non fissano norme giuridicamente vincolanti ma si limitano a fornire informazioni di riferimento e si presentano inevitabilmente molto tecnici, voluminosi e densi di informazioni, la cui lettura e comprensione appare ardua per i non addetti ai lavori.

Occorre notare, tuttavia, che il richiamo ai BREF è contenuto anche nel punto 12 dell’allegato IV.

Si ricorda, infatti che il punto 12 dell’allegato IV riguarda le “informazioni pubblicate dalla Commissione europea ai sensi dell'articolo 16, paragrafo 2, della direttiva 96/61/CE, o da organizzazioni internazionali” e che l’art. 16. par. 2, della citata direttiva prevede che “La Commissione organizza lo scambio di informazioni tra gli Stati membri e le industrie interessate sulle migliori tecniche disponibili, sulle relative prescrizioni in materia di controllo e i relativi sviluppi. La Commissione pubblica ogni tre anni i risultati degli scambi di informazioni.”

 

Relativamente all’emanazione ed all’aggiornamento delle linee guida citate, vengono confermate dal comma in esame le procedure previste dal comma 2 dell’art. 3 del decreto n. 372.

 

Il comma 2 conferma quanto disposto dall’art. 3, comma 2, del decreto n. 372 in merito alla previsione di un’apposita commissione (già istituita, senza oneri a carico del bilancio dello Stato) di supporto ai competenti Ministeri nella definizione delle linee guida.

 

Si ricorda, in proposito, che con il decreto del Ministro dell’ambiente, di concerto con i ministri delle attività produttive e della salute 19 novembre 2002 è stata istituita la commissione prevista dall'art. 3, comma 2, ultimo periodo, del decreto legislativo 4 agosto 1999, n. 372, con la funzione di fornire il supporto tecnico per la definizione delle linee guida relativa all'individuazione, all'utilizzazione e all'aggiornamento delle migliori tecniche disponibili di cui al medesimo articolo e ne sono stati disciplinati composizione, compiti e modalità operative. I membri sono stati nominati con successivo D.M. emanato in data 15 aprile 2003[22].

 

Il comma in esame, tuttavia, integra il disposto del citato art. 3, comma 2, prevedendo che tale commissione:

-      sia integrata da un esperto designato dal Ministro delle politiche agricole e forestali, limitatamente allo svolgimento dei compiti inerenti le attività di cui al punto 6.6 dell'allegato I;

Si ricorda che tale punto 6.6 (già presente nell’allegato I del decreto n. 372) riguarda gli impianti per l'allevamento intensivo di pollame o di suini con più di 40.000 posti pollame, 2.000 posti suini da produzione (di oltre 30 kg) oppure 750 posti scrofe.

-      assicuri il supporto ai Ministri competenti per l’emanazione delle linee guida, anche in ordine ai provvedimenti attuativi del presente decreto e allo scambio di informazioni di cui all'articolo 14, commi 3 e 4.

Si ricorda, nuovamente, che l’art. 14, comma 3, prevede che il Ministero dell'ambiente provveda ad assicurare la partecipazione dell'Italia allo scambio di informazioni organizzato dalla Commissione europea relativamente alle migliori tecniche disponibili e al loro sviluppo, nonché alle relative prescrizioni in materia di controllo, e a rendere accessibili i risultati di tale scambio. Il successivo comma 4 dispone poi che il medesimo Ministero garantisca la sistematica informazione del pubblico sullo stato di avanzamento dei lavori relativi allo scambio di informazioni di cui al comma precedente e che adotti modalità di scambio di informazioni tra le autorità competenti, ai fini di promuovere una più ampia conoscenza sulle migliori tecniche disponibili e sul loro sviluppo.

 

Il comma 3 prevede che la determinazione di requisiti specifici per talune categorie di impianti (già prevista dal corrispondente comma dell’art. 3 del decreto n. 372), avvenga non più “con atto di indirizzo e di coordinamento, adottato ai sensi dell'articolo 8 della legge 15 marzo 1997, n. 59”, ma con D.P.R., su proposta dei Ministro dell'ambiente e della tutela dei territorio, di concerto con i Ministri delle attività produttive e della sanità e d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano.

Ciò viene motivato nella relazione illustrativa “alla luce dell'evoluzione della disciplina in materia di rapporti tra Stato e Regioni”.

Si ricorda infatti che, ai sensi dell’articolo 8, comma 6, della legge n. 131 del 2003 (cd “legge La Loggia”, per l'adeguamento dell'ordinamento della Repubblica alla L.Cost. 18 ottobre 2001, n. 3), nelle materie di legislazione concorrente e residuale, non possono essere adottati gli atti di indirizzo e di coordinamento di cui all'articolo 8 della legge 15 marzo 1997, n. 59, e all'articolo 4 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112.

Il comma 4 reca una disposizione aggiuntiva rispetto al testo vigente del decreto n. 372 e finalizzata a chiarire (secondo quanto riportato nella relazione illustrativa) che per le discariche di rifiuti non sono necessarie linee guida specifiche per l'individuazione delle migliori tecniche disponibili.

Viene disposto, infatti, che per le discariche di rífiuti da autorizzare ai sensi del presente decreto, si considerano soddisfatti i requisiti tecnici di cui al presente decreto se sono soddisfatti i requisiti tecnici di cui al decreto legislativo 13 gennaio 2003; n. 36.

 

Tale disposizione appare speculare rispetto a quella prevista dall’art. 1, comma 2, del citato decreto legislativo 13 gennaio 2003; n. 36 recante “Attuazione della direttiva 1999/31/CE relativa alle discariche di rifiuti”, secondo cui “Si considerano soddisfatti i requisiti stabiliti dal decreto legislativo 4 agosto 1999, n. 372, qualora siano soddisfatti i requisiti del presente decreto”.

Si ricorda, inoltre che l’articolo 1, comma 1, dispone che “Per conseguire le finalità di cui all'articolo 2 del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, il presente decreto stabilisce requisiti operativi e tecnici per i rifiuti e le discariche, misure, procedure e orientamenti tesi a prevenire o a ridurre il più possibile le ripercussioni negative sull'ambiente, in particolare l'inquinamento delle acque superficiali, delle acque sotterranee, del suolo e dell'atmosfera, e sull'ambiente globale, compreso l'effetto serra, nonché i rischi per la salute umana risultanti dalle discariche di rifiuti, durante l'intero ciclo di vita della discarica”.


ART. 5
(Procedura ai fini del rilascio dell'Autorizzazione integrata ambientale)

 

Il comma 1 ripropone il contenuto del corrispondente comma dell’articolo 4 elencando le informazioni che devono essere contenute nella domanda per il rilascio dell’AIA.

Rispetto alla formulazione dell’art. 4, comma 1, del decreto n. 372 viene specificato che l’AIA riguarda non solo l’adeguamento degli impianti esistenti ma anche loro modifiche sostanziali, nonché l’esercizio di nuovi impianti. Ciò, ovviamente, alla luce dello specifico mandato della delega.

 

Si ricorda, infatti, che l’art. 22, comma 1, lettera a), della legge n. 306/2003 (comunitaria 2003) prevede che il Governo, nell’adottare un decreto legislativo per l'integrale attuazione della direttiva 96/61/CE, estenda le disposizioni del decreto n. 372 anche ai nuovi impianti e a quelli sostanzialmente modificati.

 

Un’altra differenza rispetto al testo recato dal decreto n. 372 sta nell’introduzione di una lettera aggiuntiva, che recepisce fedelmente l’ultimo punto dell’art. 6, par. 1, della direttiva 96/61/CE (inserito nel testo dall’art. 4 della direttiva 2003/35/CE), e che prevede che nella domanda siano indicate anche le “eventuali principali alternative prese in esame dal gestore, in forma sommaria”.

 

Si segnala che nel parere della Conferenza Stato-Regioni, al punto 3) dell’allegato B viene proposto di specificare che l’AIA viene rilasciata non solo al fine dell’esercizio ma anche della realizzazione degli impianti nuovi.

In proposito si fa notare che l’art. 4 della direttiva 96/61/CE prevede che “Gli Stati membri adottano le misure necessarie per garantire che nessun nuovo impianto funzioni senza autorizzazione”.

Il funzionamento dell’impianto sembra far riferimento tuttavia al solo esercizio dello stesso.

 

Il comma 2 riproduce il contenuto del corrispondente comma dell’art. 4 del decreto n. 372 integrandolo al fine di consentire al gestore di segnalare la riservatezza di alcune informazioni per ragioni di riservatezza industriale, commerciale o personale, di tutela della proprietà intellettuale, di pubblica sicurezza o di difesa nazionale.

In tal caso viene altresì previsto che il richiedente fornisca all'autorità competente anche una versione della domanda priva delle informazioni riservate, ai fini dell'accessibilità al pubblico.

Tale comma appare compatibile con le disposizioni recate dall’art. 15, par. 4, della direttiva 96/61/CE, secondo cui le disposizioni recate dai precedenti paragrafi 1, 2 e 3 (relative all’accesso all'informazione e partecipazione del pubblico alla procedura di autorizzazione) si applicano nel rispetto delle restrizioni previste dall'articolo 3, paragrafi 2 e 3 della direttiva 90/313/CEE.

 

In particolare si ricorda che il citato paragrafo 2 delll’art. 3 della citata direttiva 90/313/CE (concernente la libertà di accesso all'informazione in materia di ambiente) consente agli Stati membri di respingere richieste di informazioni riguardanti, tra l’altro, la difesa nazionale; la sicurezza pubblica; la riservatezza commerciale ed industriale, ivi compresa la proprietà intellettuale e la riservatezza dei dati e/o schedari personali.

Nel medesimo paragrafo, inoltre, si dispone che le informazioni in possesso delle autorità pubbliche formano oggetto di comunicazione parziale quando è possibile estrapolare le informazioni riservate di cui sopra.

 

Il comma 3 integra in modo sostanziale le disposizioni previste dal comma corrispondente dell’art. 4 del decreto n. 372, che incarica semplicemente l'autorità competente a stabilire, entro il 30 giugno 2002, il calendario delle scadenze per la presentazione delle domande e ne definisce le modalità di pubblicazione (che rimangono invariate nelle previsioni del comma in esame).

Si ricorda, in proposito, che tale calendario è stato predisposto – ma limitatamente ai soli impianti di produzione di energia elettrica di potenza superiore a 300 MW termici, con il D.M. ambiente 24 luglio 2002.

Le disposizioni recate dal comma in esame prevedono che l'autorità competente, con riferimento alle attività industriali di cui all'allegato I, stabilisca il calendario delle scadenze per la presentazione delle domande per il rilascio dell’AIA per i seguenti impianti:

-      impianti esistenti;

-      impianti nuovi già dotati di altre autorizzazioni ambientali alla data di entrata in vigore dei presente decreto.

 

Viene inoltre previsto che per gli impianti di competenza statale di cui all'allegato V del presente decreto il calendario sia stabilito sentiti i Ministeri delle attività produttive e della salute.

Per i medesimi impianti la presentazione della domanda è effettuata all'autorità competente con le procedure telematiche, il formato e le modalità stabiliti con il decreto di cui all'articolo 13, comma 3, del presente decreto.

 

Si ricorda che tale comma 3 prevede l’emanazione di un decreto del Ministro dell’ambiente per la definizione di questi ed altri aspetti.

 

Si osserva che nel medesimo comma talvolta si parla di impianti di competenza statale, talvolta invece di impianti di competenza statale specificando che si tratta di quelli indicati all’allegato V, per cui, al fine di evitare dubbi interpretativi, sarebbe preferibile adottare una terminologia costante.

Il comma 4 specifica che per le domande eventualmente presentate, sulla base di calendari già pubblicati alla data di entrata in vigore del presente decreto, il termine per il rilascio dell'AIA (stabilito dal comma 12 dell’articolo in esame) decorre dalla data di pubblicazione del pertinente decreto che fissa le linee guida per l’individuazione delle MTD.

Viene altresì concessa al gestore la facoltà di integrare la domanda già presentata, disponendo che, in tal caso, il termine per il rilascio dell'AIA (stabilito dal comma 12 dell’articolo in esame) decorre dalla data di presentazione dell'integrazione.

Dalla relazione illustrativa si desume che tale facoltà viene concessa per consentire al gestore di tener conto dei contenuti delle linee guida per l’individuazione delle MTD della cui pubblicazione si è in attesa.

 

Si ricorda, in proposito, che è in via di emanazione[23] uno schema di decreto ministeriale (riportato in allegato al presente dossier) recante “Emanazione linee guida per l’individuazione e l’utilizzazione delle migliori tecniche disponibili per le attività elencate nell’allegato I del decreto legislativo 4 agosto 1999, n. 372”.

Per quanto riguarda i calendari si ricorda che l’unico calendario pubblicato relativamente ad impianti di competenza statale riguarda i soli impianti di produzione di energia elettrica di potenza superiore a 300 MW termici (D.M. ambiente 24 luglio 2002). Tuttavia nel medesimo D.M. all’art. 1, comma 2, si provvede a prorogare tutti i termini di un certo numero di giorni (da 90 a 180, a seconda della potenza dell’impianto) successivi all’emanazione (con D.M.) delle linee guida per l'individuazione e l'utilizzazione delle migliori tecniche disponibili, previsto dall'art. 3, comma 2, del decreto legislativo n. 372 del 1999.

Si ricorda, inoltre, che anche alcune regioni[24] hanno provveduto a stabilire i calendari con le scadenze per la presentazione delle domande di autorizzazione per gli impianti esistenti. Tuttavia anche in questo contesto la mancanza delle linee guida sembra impedire il processo di valutazione delle domande.

 

Si fa notare che nel parere reso dalla Conferenza Stato-Regioni, al punto 4) dell’allegato B si propone la soppressione dell’intero comma in esame.

Tale soppressione, per quanto detto sopra, non dovrebbe avere effetti significativi sul piano applicativo, poiché alla data di entrata in vigore del presente decreto, gli impianti che hanno richiesto l’autorizzazione sulla base dell’unico calendario pubblicato hanno già una propria disciplina (recata dal DM 24 luglio 2002).

Sembrerebbe, invece, utile chiarire (anche nel corso dell’iter parlamentare del provvedimento) quali effetti discendono dalla mancata adozione delle linee guida sulle migliori tecniche disponibili.

 

Il comma 5 riproduce sostanzialmente il comma 4 dell’articolo 4 del decreto n. 372, che consente (indicando le modalità per farlo) di utilizzare informazioni già fornite secondo altra normativa[25], purché rispettino uno o più dei requisiti di cui al comma 1 del presente articolo, ai fini della presentazione della domanda.

Si fa notare che nel parere reso dalla Conferenza Stato-Regioni, al punto 5) dell’allegato B si propone di modificare il comma in esame nel senso di rendere facoltativa, anziché obbligatoria, l’indicazione nella domanda di alcuni dati relativi alle informazioni.

Il presente comma prevede infatti l’obbligo, a carico del gestore, di indicare la data ed il luogo della presentazione nonché il soggetto a cui è stata presentata la documentazione, e nel caso tale soggetto non sia una P.A. anche l’obbligo di allegare copia della documentazione stessa. L’emendamento proposto dalla Conferenza prevede, invece, semplicemente, che “tali informazioni possono essere incluse nella domanda o ad essa allegate”.

Si nota, tuttavia, che le disposizioni del comma in esame (nella formulazione proposta dal Governo) consentono al gestore l’utilizzo di informazioni già fornite secondo altra normativa in modo da facilitarlo nella redazione della domanda, ma allo stesso tempo pongono un onere che sembra tener conto delle esigenze di verifica da parte della p.a. della veridicità e congruità delle informazioni rese.

 

Il comma 6, identico al corrispondente comma dell’art. 4 del decreto n. 372, dispone che l'autorità competente provveda all’individuazione degli uffici presso i quali sono depositati i documenti e gli atti inerenti il procedimento, al fine della consultazione del pubblico.

 

Il comma 7 modifica il comma 5 dell’art. 4 del decreto n. 372, relativo all’avvio del procedimento e alla sua pubblicità, al fine di introdurre una scadenza per l'invio, da parte dell'autorità competente, della comunicazione di avvio del procedimento.

Viene previsto, infatti, che la comunicazione della data di avvio del procedimento (da effettuarsi ai sensi della legge 7 agosto 1990, n. 241), che deve contenere anche l’indicazione della sede degli uffici di cui al comma 6, venga effettuata dall'autorità competente nei seguenti termini:

-      entro trenta giorni dal ricevimento della domanda;

-      oppure, in caso di riesame ai sensi dell'articolo 9, comma 4, del presente decreto, contestualmente all'avvio del procedimento.

 

Nella relazione illustrativa si legge che “tale scadenza appare essenziale per garantire al pubblico la possibilità di formulare le osservazioni in tempo utile alla conclusione del procedimento entro i termini fissati”.

 

Con riferimento all’ultimo periodo del comma in esame (che riproduce il secondo periodo del comma 5 dell’art. 4 del decreto n. 372 in cui viene previsto che “entro il termine di quindici giorni dalla comunicazione il gestore provvede a sua cura e sue spese alla pubblicazione” di un annuncio volto a consentire al pubblico di conoscere l’avvenuto inizio della procedura di rilascio dell’AIA) si osserva che sembrerebbe opportuno (come sottolineato nel parere reso dalla Conferenza Stato-Regioni, specificare che il termine per la pubblicazione non decorre dalla comunicazione, bensì dalla data di ricevimento della stessa, onde evitare di far ricadere sul gestore le conseguenze di ritardi nella comunicazione a lui non imputabili.

 

Il comma 8, identico al comma 7 dell’art. 4 del decreto n. 372, prevede che entro trenta giorni dalla pubblicazione dell’annuncio contenente l’indicazione della localizzazione dell’impianto e di altri dati (di cui al precedente comma 7), i soggetti interessati possono presentare in forma scritta, all'autorità competente, osservazioni sulla domanda.

 

Il comma 9, aggiuntivo rispetto alle disposizioni recate dal decreto n. 372, prevede l’istituzione, presso il Ministero dell'ambiente, di una commissione istruttoria IPPC ai fini dello svolgimento delle attività istruttorie e di consulenza tecnica connesse al rilascio delle autorizzazioni di competenza statale.

Il comma in esame disciplina, con riferimento alla commissione indicata:

-            composizione: 27 esperti di elevata qualificazione, di cui uno con funzioni di presidente, nominati con D.M. ambiente (è altresì previsto che tale D.M. disciplini anche il funzionamento della commissione) e provenienti dalle amministrazioni pubbliche, dall'Agenzia per la protezione dell'ambiente e per i servizi tecnici (APAT), da università, istituti scientifici, enti di ricerca, soggetti pubblici e privati adeguatamente qualificati. La commissione è poi integrata da un esperto designato da ciascuna Regione, da un esperto designato da ciascuna Provincia e da un esperto designato da ciascun Comune territorialmente competenti al fine di garantire il necessario coinvolgimento degli enti territoriali, per le attività relative a ciascuna domanda di autorizzazione;

-            compiti: fornire all'autorità competente, anche effettuando i necessari sopralluoghi, in tempo utile per il rilascio dell'AIA, un parere istruttorio conclusivo e pareri intermedi debitamente motivati, nonché approfondimenti tecnici in merito a ciascuna domanda di autorizzazione;

-            finanziamento: gli oneri relativi al funzionamento della commissione vengono coperti mediante le entrate derivanti dalle tariffe a carico dei gestori previste dall'articolo 18, comma 2, del presente decreto.

Viene infine previsto che ai componenti della commissione spetta un compenso stabilito con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze.

 

Il comma 10 prevede alcune modifiche rispetto al corrispondente comma 8 dell'art. 4 del decreto n. 372 al fine di chiarire i due seguenti aspetti:

-      il carattere decisorio della conferenza dei servizi che l’autorità competente deve convocare ai fini del rilascio dell’AIA;

-      la non applicazione di parte della disciplina generale sulla conferenza dei servizi, in particolare i commi 4 e 5 dell'art. 14-ter della legge n. 241 del 1990.

Per quanto riguarda il carattere decisorio si fa notare che mentre nel testo vigente del decreto n. 372 si richiama il solo art. 14 della legge n. 241/1990 (che disciplina una conferenza di servizi di carattere consultivo), nel presente comma si richiama anche l’art. 14-ter che invece fa riferimento ad una conferenza di carattere decisorio.

 

Relativamente al secondo aspetto, si ricorda che l’art. 14-ter, comma 4, della legge 7 agosto 1990, n. 241[26] prevede che “Nei casi in cui sia richiesta la VIA, la conferenza di servizi si esprime dopo aver acquisito la valutazione medesima. Se la VIA non interviene nel termine previsto per l'adozione del relativo provvedimento, l'amministrazione competente si esprime in sede di conferenza di servizi, la quale si conclude nei trenta giorni successivi al termine predetto. Tuttavia, a richiesta della maggioranza dei soggetti partecipanti alla conferenza di servizi, il termine di trenta giorni di cui al precedente periodo è prorogato di altri trenta giorni nel caso che si appalesi la necessità di approfondimenti istruttori”.

Il successivo comma 5 dispone poi che “Nei procedimenti relativamente ai quali sia già intervenuta la decisione concernente la VIA le disposizioni di cui al comma 3 dell'articolo 14-quater, nonché quelle di cui agli articoli 16, comma 3, e 17, comma 2, si applicano alle sole amministrazioni preposte alla tutela della salute pubblica”.

 

Come si legge nella relazione illustrativa tale esclusione fa sì che per impianti ai quali sia già stata rilasciata la VIA, la decisione possa essere devoluta all'organo di Governo anche in caso di dissenso delle amministrazioni preposte alla tutela ambientale. Tale esclusione viene poi motivata sulla base del fatto che, in caso contrario, “anche in materia ambientale dovrebbe valere la regola della votazione a maggioranza che non pare appropriata”.

Vi si aggiunge, infine, che “Tale necessità discende dalla sostanziale differenza tra valutazioni di VIA e IPPC relativamente al livello di dettaglio delle analisi”.

 

Si fa notare, inoltre, che nel comma in esame viene inserito (rispetto al testo vigente del comma 8 dell'art. 4 del decreto n. 372) l’obbligo, per l’autorità competente, di invitare sempre e comunque alla conferenza di servizi, nel caso di impianti di competenza statale, i Ministeri dell'ambiente e della tutela del territorio, della salute e delle attività produttive.

 

Si osserva in proposito che sembra opportuno eliminare il riferimento al Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio, dato che nel caso di impianti di competenza statale, l’autorità competente si identifica con lo stesso Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio

 

Il comma 11 integra il disposto del comma precedente prevedendo che nell'ambito della conferenza dei servizi siano acquisite le prescrizioni del Sindaco di cui agli articoli 216 e 217 del regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265.

Viene altresì previsto che in presenza di circostanze intervenute successivamente al rilascio dell'autorizzazione di cui al presente decreto, il Sindaco, qualora lo ritenga necessario nell'interesse della salute pubblica, possa chiedere all'autorità competente di verificare la necessità di riesaminare l'autorizzazione rilasciata, ai sensi dell'articolo 9, comma 4.

Tale comma, come si legge peraltro nella relazione illustrativa, attua, almeno in parte[27], uno dei criteri della delega prevista dalla legge comunitaria 2003 (art. 22, comma 1, lettera c) e che prevede l’adeguamento delle previsioni di cui agli articoli 216 e 217 del testo unico delle leggi sanitarie alla normativa nazionale e comunitaria in materia di AIA.

 

Si ricorda, in proposito, che tale T.U. recato dal regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265, fatti, all’art. 216 prevede l’iscrizione in un apposito elenco delle manifatture o fabbriche che producono vapori, gas o altre esalazioni insalubri o che possono riuscire in altro modo pericolose alla salute degli abitanti, disponendo, altresì, che chiunque intende attivare una fabbrica o manifattura compresa nel citato elenco, deve - quindici giorni prima - darne avviso per iscritto al sindaco, il quale, quando lo ritenga necessario nell'interesse della salute pubblica, può vietarne l'attivazione o subordinarla a determinate cautele. È prevista, inoltre, per il contravventore, una sanzione amministrativa da 40.000 a 400.000 lire.

Il successivo art. 217 dispone, inoltre, che “quando vapori, gas o altre esalazioni, scoli di acque, rifiuti solidi o liquidi provenienti da manifatture o fabbriche, possono riuscire di pericolo o di danno per la salute pubblica, il sindaco prescrive le norme da applicare per prevenire o impedire il danno e il pericolo e si assicura della loro esecuzione ed efficienza” e provveda d’ufficio nei casi di inadempimento.

 

Il comma 12 reca alcune modifiche rispetto al corrispondente comma 9 (primo periodo) dell'art. 4 del decreto n. 372 al fine di specificare che in caso di impianti sottoposti a procedura di valutazione di impatto ambientale (VIA), il termine ordinario di centocinquanta giorni dalla presentazione della domanda per il rilascio dell’AIA è sospeso fino alla conclusione della procedura di VIA.

Viene altresì specificato che l’AIA non può comunque essere rilasciata prima della conclusione del procedimento di VIA.

Nella relazione illustrativa si legge che tale specificazione risulta motivata “anche in considerazione della sentenza 7 gennaio 2004 (causa C-201/02)[28] della Corte di Giustizia della Comunità Europea”.

Nella medesima relazione viene inoltre sottolineato che, “al fine di garantire, nel caso di impianti nuovi o sostanzialmente modificati, l'acquisizione di informazioni e conclusioni derivanti dal l'applicazione della normativa in materia di VIA, è stato introdotto il comma 2 dell'articolo 7 del decreto in titolo” (vedi, più avanti, commento all’art. 7).

Invece, al fine di prevedere una procedura di modifica dell’Allegato V e di favorire il coordinamento fra le procedure di VIA e AIA, è stato introdotto il comma 3 dell’articolo 18 (al cui commento si rinvia).

 

Il comma in esame specifica, infine, che l’AIA per gli impianti di competenza statale di cui all'allegato V é rilasciata con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio.

 

Il comma 13 è stato modificato rispetto al corrispondente comma 9, secondo periodo, dell'art. 4 del decreto n. 372, al fine di chiarire che tutti i termini per la conclusione del procedimento sono sospesi in attesa delle integrazioni della documentazione richiesta dall’autorità competente al soggetto presentatore della domanda di autorizzazione.

Relativamente a questa precisazione si fa notare che mentre nel testo del decreto n. 372 si prevede che “i termini si intendono sospesi fino alla presentazione della documentazione integrativa”, nel comma in esame vengono indicati precisamente quali termini si intendono sospesi, ovvero:

-      il termine di cui al comma 12 (15 giorni dalla presentazione della domanda);

-      il termine previsto per la conclusione dei lavori della conferenza dei servizi di cui al comma 10 (30 + 30 giorni).

Un’ulteriore specificazione recata dal comma in esame rispetto al testo vigente del decreto n. 372 riguarda la precisazione che le integrazioni possono essere richieste anche al fine dì valutare l’applicabilità di specifiche misure alternative o aggiuntive.

 

Si ricorda, in proposito, che l’art. 5, comma 1, lettera i) del presente decreto prevede proprio che il gestore descriva nella domanda le eventuali principali alternative prese in esame.

 

Le novità previste dal comma 14 rispetto al corrispondente comma 10 dell’art. 4 del decreto n. 372 relativamente all’AIA sono sostanzialmente le due seguenti:

§         viene esplicitato che le autorizzazioni previste dalla normativa di recepimento della direttiva 2003/87/CE (che istituisce un sistema per lo scambio di quote di emissioni dei gas a effetto serra nella Comunità e che modifica la direttiva 96/61/CE) non sono ricomprese nell’AIA;

 

Si ricorda, in proposito, che il recepimento della citata direttiva 2003/87/CE è previsto dall’art. 14 del disegno di legge comunitaria per il 2004 (all’esame del Parlamento), e che tale direttiva compare anche fra quelle incluse nell’allegato B del medesimo ddl.

 

§         vengono stabilite, attraverso un rinvio all’allegato II, quali autorizzazioni ambientali sono sostituite dall’AIA. Viene anche previsto che eventuali modifiche all'elenco riportato nell'allegato II siano approvate con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela dei territorio, di concerto con i Ministri delle attività produttive e della salute.

Si fa notare, inoltre, che, in realtà, già l’art. 14 del decreto n. 372 prevedeva che “le disposizioni relative alle autorizzazioni previste dalla vigente normativa in materia di inquinamento atmosferico, idrico, acustico e del suolo anche in recepimento delle direttive elencate in allegato II, si applicano agli impianti esistenti sino a quando il gestore si sia adeguato alle condizioni fissate nell'autorizzazione integrata ambientale rilasciata ai sensi dell'articolo 4” anche se l’allegato II al decreto n. 372 non consentiva, in quanto elencava una lunga serie di direttive comunitarie, una facile individuazione delle autorizzazioni “sostituite”, cosa che invece è possibile a partire dall’allegato II del presente decreto, che indica chiaramente le “autorizzazioni sostituite” previste dalla normativa nazionale vigente, alla luce del mandato conferito dalla delega recata dall’art. 22 della comunitaria (lettera b).

Si ricorda che l’art. 7, comma 1, dello schema in esame (al cui com,mento si fa rinvio) ha introdotto un’ulteriore disposizione di raccordo con la normativa comunitaria sul sistema di scambio di quote di emissioni (direttiva 2003/87/CE).

Quanto alla procedura per modificare l’allegato II si fa notare che nel parere reso dalla Conferenza Stato-Regioni, al punto 7) dell’allegato B) viene proposto che l’emanazione del decreto interministeriale debba avvenire dopo aver sentito la Conferenza unificata.

 

Il comma 15 contiene un periodo aggiuntivo rispetto al corrispondente comma 12 dell’art. 4 del decreto n. 372 (secondo cui copia dell'AIA e di qualsiasi suo successivo aggiornamento, è messa a disposizione del pubblico, presso l'ufficio di cui al comma 6) che prevede che presso l’ufficio di cui al comma 6 siano inoltre rese disponibili informazioni relative alla partecipazione del pubblico al procedimento.

 

Il comma 16, che non trova corrispondenza nel decreto n. 372, ha carattere speculare rispetto alla disposizione contenuta nel comma 2 dell’articolo in esame la cui finalità è quella di consentire all'autorità competente di sottrarre all’accesso alcune informazioni:

§         le informazioni, in particolare quelle relative agli impianti militari di produzione di esplosivi di cui al punto 4.6 dell'allegato I al presente decreto, qualora ciò si renda necessario per l'esigenza di salvaguardare la sicurezza pubblica o la difesa nazionale;

Si fa notare che l’espressione “le informazioni” non sembra porre un vincolo all’autorità competente, la quale, al limite, potrebbe quindi segretare tutte le informazioni qualora ciò fosse necessario per salvaguardare la sicurezza pubblica o la difesa nazionale.

§         le informazioni non riguardanti le emissioni dell'impianto nell'ambiente, per ragioni di tutela della proprietà intellettuale o di riservatezza industriale, commerciale o personale.

 

Nella relazione illustrativa viene sottolineato che tale comma accoglie le indicazioni provenienti dalla DG Ambiente 17 della Commissione europea.

Si fa notare, inoltre, che tale comma appare conforme alle disposizioni recate dall’art. 15, par. 4, della direttiva 96/61/CE, secondo cui le disposizioni recate dai precedenti paragrafi 1, 2 e 3 (relative all’accesso all'informazione e partecipazione del pubblico alla procedura di autorizzazione) si applicano nel rispetto delle restrizioni previste dall'articolo 3, paragrafi 2 e 3 della direttiva 90/313/CEE.

 

In particolare si ricorda che il citato paragrafo 2 delll’art. 3 della citata direttiva 90/313/CE (concernente la libertà di accesso all'informazione in materia di ambiente) consente agli Stati membri di respingere richieste di informazioni riguardanti, tra l’altro, la difesa nazionale; la sicurezza pubblica; la riservatezza commerciale ed industriale, ivi compresa la proprietà intellettuale e la riservatezza dei dati e/o schedari personali.

 

Il comma 17, identico al comma 13 dell’art. 4 del decreto n. 372, dispone l’applicazione del potere sostitutivo previsto dall'art. 5 del d.lgs. n. 112 del 1998 qualora l'autorità competente non provveda a concludere il procedimento per il rilascio dell’AIA entro i termini previsti.

 

Si ricorda, in proposito, che l’art. 5 del decreto legislativo n. 112/1998 prevede al comma 1, con riferimento alle funzioni e ai compiti spettanti alle regioni e agli enti locali, che “in caso di accertata inattività che comporti inadempimento agli obblighi derivanti dall'appartenenza alla Unione europea o pericolo di grave pregiudizio agli interessi nazionali, il Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro competente per materia, assegna all'ente inadempiente un congruo termine per provvedere”. Viene inoltre previsto, al comma 2, che “Decorso inutilmente tale termine, il Consiglio dei Ministri, sentito il soggetto inadempiente, nomina un commissario che provvede in via sostitutiva”.

In casi di assoluta urgenza, non si applica invece la procedura indicata al comma 1 e il Consiglio dei Ministri può adottare il provvedimento di cui al comma 2, su proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri, di concerto con il Ministro competente. Il provvedimento in tal modo adottato ha immediata esecuzione ed è immediatamente comunicato rispettivamente alla Conferenza Stato-regioni e alla Conferenza Stato-Città e autonomie locali allargata ai rappresentanti delle comunità montane, che ne possono chiedere il riesame, nei termini e con gli effetti previsti dall'articolo 8, comma 3, della legge 15 marzo 1997, n. 59.

 

Il comma 18 riprende il contenuto della prima parte dell’art. 4, comma 11, del decreto n. 372 (secondo cui ogni AIA deve includere le modalità previste per la protezione dell'ambiente nel suo complesso) stabilendo, in aggiunta, che l’AIA includa altresì l'indicazione delle autorizzazioni sostituite.

Viene poi confermato quanto previsto dalla seconda parte del comma 11 dell’art. 4 del decreto n. 372 in merito al fatto che le prescrizioni stabilite dall’AIA concessa agli impianti esistenti debbono essere attuate entro il 30 ottobre 2007, specificando, in aggiunta, che qualora intervengano norme attuative di disposizioni comunitarie di settore a disporre date successive per l'attuazione delle prescrizioni, l'AIA dev’essere comunque rilasciata entro la data del 30 gennaio 2007.

Per quanto riguarda invece gli impianti nuovi già dotati di altre autorizzazioni all'esercizio alla data di entrata in vigore del presente decreto, viene disposto che l’AIA possa consentire le deroghe temporanee previste dal comma 5, dell'articolo 9, nei casi di rinnovo o riesame dell’autorizzazione.

 

Si osserva, in proposito, che sarebbe opportuno specificare, relativamente a tali impianti nuovi già dotati di altre autorizzazioni, che tali autorizzazioni siano ambientali, come evidenziato nel parere reso dalla Conferenza Stato-Regioni, al punto 8) dell’allegato B).

 

Il comma 19 prevede che tutti i procedimenti di cui al presente articolo e relativi agli impianti esistenti devono essere comunque conclusi in tempo utile per assicurare il rispetto del termine del 30 ottobre 2007.

Tale disposizione si discosta da quella corrispondente recata dall’art. 4, comma 14, del decreto n. 372 che fissava, quale termine per la conclusione di tutti i procedimenti al 30 ottobre 2004.

Si ricorda che tale termine è stato poi prorogato al 30 aprile 2005 dall'art. 9 del decreto legge 24 dicembre 2003, n. 355, come modificato dalla relativa legge di conversione. Tale proroga, lo si ricorda, si è resa necessaria per l’impossibilità di dare attuazione al decreto n. 372 di fronte ai ritardi nell’emanazione delle linee guida per la definizione delle MTD e dei calendari delle scadenze per la presentazione delle domande. Si ricorda, infatti, che la mancanza di tali linee guida di fatto impedisce la predisposizione e la valutazione delle domande per l’AIA.

Con il comma in esame viene quindi ulteriormente prorogato, seppur in modo implicito, il termine fissato dal citato art. 9 del D.L. n. 355/2003, di cui del resto viene prevista l’abrogazione da parte dell’articolo 19 del presente decreto.

Viene altresì previsto (riprendendo l’ultimo periodo del comma 1 dell’art. 9 del citato D.L. n. 355/2003) che le Autorità competenti definiscono o adeguano conseguentemente i propri calendari delle scadenze per la presentazione delle domande di AIA.

 

Il comma 20 consente la conclusione di accordi volontari tra le P.A. competenti ed i soggetti gestori di impianti caratterizzati da:

-      particolare e rilevante impatto ambientale;

-      complessità;

-      preminente interesse nazionale.

Tali accordi sono finalizzarti a garantire, in conformità con gli interessi fondamentali della collettività, l'armonizzazione tra lo sviluppo del sistema produttivo nazionale, le politiche del territorio e le strategie aziendali.

In tali casi viene previsto che l'autorità competente assicuri il necessario coordinamento tra l'attuazione dell'accordo e la procedura di rilascio dell’AIA e che i termini da rispettare siano:

§      i termini indicati dal comma 18;

§      il termine di 300 giorni dalla presentazione della domanda per il rilascio dell’AIA, anziché quello ordinario di 150 previsto dal comma 12 dell’articolo in esame.

 

Si fa notare la disposizione recata dal comma in esame non trova corrispondenti disposizioni nel decreto n. 372 e nemmeno in quelle della direttiva. La direttiva infatti si limita a porre degli obblighi a carico degli Stati membri di carattere generale: la direttiva non entra nel dettaglio dei procedimenti amministrativi, né relativamente ai termini per l’espletamento delle relative fasi né riguardo alla possibilità di concludere accordi volontari tra P.A. e gestori.

Tuttavia, considerando che tali accordi possono essere conclusi unicamente “nel rispetto delle disposizioni del presente decreto”, tale disposizione non sembra porsi in contrasto con la direttiva 96/61.

 


ART. 6
(Indirizzi per garantire l'uniforme applicazione sul territorio nazionale)

 

L’articolo in esame, aggiuntivo rispetto al decreto n. 372, prevede l’eventuale adozione di indirizzi per garantire l'uniforme applicazione delle disposizioni del presente decreto da parte delle autorità competenti, da emanarsi con uno o più decreti del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, di concerto con i Ministri delle attività produttive e della salute e d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano

Nella relazione illustrativa si legge che tale articolo “si rende necessario per l'adozione successiva di misure di coordinamento”.

 


ART. 7
(Condizioni dell’autorizzazione integrata ambientale)

 

Il comma 1, primo periodo, dell’articolo in esame riproduce fedelmente il contenuto dell’art. 5, comma 1, del decreto n. 372 sulle misure che devono essere incluse nell’AIA al fine di conseguire un livello elevato di protezione dell'ambiente nel suo complesso.

Il secondo periodo del comma in esame, invece, introduce una disposizione che consente di anticipare il recepimento di una delle modifiche introdotte nella direttiva 96/61/CE dall’art. 26 della direttiva 2003/87 sullo scambio delle quote di emissioni di gas a effetto serra.

 

Si ricorda infatti che il recepimento della direttiva 2003/87/CE è previsto dal ddl comunitaria 2004 attualmente (all’esame del Parlamento), mentre la VIII Commissione della Camera ha iniziato l’esame del decreto legge n. 273 del 2004, recante parziale attuazione della direttiva stessa.

 

Viene infatti previsto che l’AIA di attività regolamentate dalle norme di attuazione della direttiva 2003/87/CE contiene valori limite per le emissioni dirette di gas serra, di cui all'allegato l della direttiva 2003/87/CE, solo quando ciò risulti indispensabile per evitare un rilevante inquinamento locale.

 

Il comma 2, aggiuntivo rispetto alle disposizioni recate dal decreto n. 372, prevede che in caso di nuovo impianto o di modifica sostanziale, se sottoposti alla normativa in materia di VIA, le informazioni o conclusioni pertinenti risultanti dall'applicazione di tale normativa devono essere prese in considerazione per il rilascio dell'autorizzazione.

Tale norma appare consequenziale a quella recata dall’art. 5, comma 12, ultimo periodo, secondo cui l’AIA non può essere rilasciata prima della conclusione del procedimento di VIA.

 

I commi 3 e 4 riproducono fedelmente i corrispondenti commi 2 e 3 dell’art. 5 del decreto n. 372 in materia di valori limite di emissione fissati per le sostanze inquinanti, in particolare per quelle elencate nell’allegato III.

Relativamente all’allegato III si fa notare che esso è identico al corrispondente allegato al decreto n. 372.

 

Il comma 5 presenta diverso contenuto rispetto al corrispondente comma 4 dell'art. 5 del decreto n. 372. Viene infatti introdotta una disposizione (secondo periodo del comma) volta a specificare che, per gli impianti nuovi, l'autorità competente può rilasciare l’AIA anche in assenza di linee guida specifiche, tenendo conto delle previsioni dell’allegato IV e quindi anche dei BREF comunitari, previsti al punto 12 di tale allegato.

 

Si ricorda, infatti che il punto 12 dell’allegato IV riguarda le “informazioni pubblicate dalla Commissione europea ai sensi dell'articolo 16, paragrafo 2, della direttiva 96/61/CE, o da organizzazioni internazionali” e che l’art. 16. par. 2, della citata direttiva prevede che “La Commissione organizza lo scambio di informazioni tra gli Stati membri e le industrie interessate sulle migliori tecniche disponibili, sulle relative prescrizioni in materia di controllo e i relativi sviluppi. La Commissione pubblica ogni tre anni i risultati degli scambi di informazioni.”

 

Nella relazione illustrativa si legge che “tale specificazione si rende necessaria per consentire l'immediato avvio delle procedure di rilascio di AIA per impianti nuovi, come previsto dalla direttiva 96/61/CE”.

Tale disposizione, benché in contrasto con quanto previsto dal decreto n. 372 (l’art. 5, comma 4 prevede, infatti, che “L'autorità competente rilascia l'autorizzazione nel rispetto delle linee guida …”), non sembra violare la normativa comunitaria. Nella direttiva 96/61/CE infatti non si richiede l’emanazione di linee guida ma solo che l’autorizzazione sia basata sulle migliori tecniche disponibili. L’art. 3 prevede che gli Stati membri prendono le disposizioni necessarie perché le autorità competenti garantiscano (tra l’altro) che l'impianto sia gestito in modo che siano prese le opportune misure di prevenzione dell'inquinamento, applicando segnatamente le migliori tecniche disponibili, mentre l’art. 9, paragrafo 4, prevede che i valori limite di emissione, i parametri e le misure tecniche equivalenti indicate nell’autorizzazione si basano sulle migliori tecniche disponibili.

 

Il comma 6 ripropone, con alcune modifiche integrative, le disposizioni dell’art. 5, comma 5, del decreto n. 372, relativo agli opportuni requisiti di controllo delle emissioni che devono essere indicati dall’AIA e all’obbligo di comunicare all'autorità competente i dati necessari per verificarne la conformità alle condizioni di AIA.

Le integrazioni previste dal comma in esame riguardano:

§      la specificazione, relativa agli opportuni requisiti di controllo delle emissioni, che essi siano conformi a quanto disposto dalla vigente normativa in materia ambientale e rispettosi delle linee guida per l’individuazione delle MTD;

§      l'introduzione dell’obbligo di comunicazione dei dati relativi ai controlli delle emissioni richiesti dall'AIA all’autorità competente e ai comuni interessati;

In proposito nella relazione illustrativa si legge che “Tale obbligo si inquadra nel coordinamento di competenze sanitarie e ambientali oggetto specifico della delega” recata dall’art. 22 della legge comunitaria 2003, con particolare riferimento al criterio direttivo indicato alla lettera c).

§      la previsione che, per gli impianti di competenza statale, le comunicazioni di cui al presente comma sono trasmesse per il tramite dell'osservatorio di cui all'articolo 13 o, nelle more della sua attivazione, per il tramite dell'APAT.

 

Il comma 7, identico al corrispondente comma 6, primo periodo, dell’art. 5 del decreto n. 372, conferma che l’AIA deve contenere le misure relative alle fasi di avvio e di arresto dell'impianto, per le emissioni fuggitive, i malfunzionamenti, e per l'arresto definitivo dell'impianto.

 

Il comma 8 riprende il contenuto dell’ultimo periodo del comma 6 dell’art. 5 volto a disciplinare il rapporto tra l’attuazione della direttiva 96/82/CE (cd. direttiva Seveso, attuata in Italia con il legislativo del 17 agosto 1999, n. 334) e la normativa IPPC, con alcune modifiche finalizzate, secondo quanto dichiarato nella relazione illustrativa, a rendere più chiaro tale rapporto.

Il comma in esame provvede a confermare l’obbligo (già previsto dal decreto n. 372) di riportare nell’AIA le prescrizioni ai fini della sicurezza e della prevenzione dei rischi di incidenti rilevanti stabilite dalla autorità competente ai sensi della normativa di recepimento della direttiva Seveso, aggiungendo l’obbligo per tale autorità di trasmettere all’autorità competente per il rilascio dell’AIA i provvedimenti adottati, da cui risultano le prescrizioni di cui sopra.

Infine, il comma in esame (secondo periodo) introduce una disposizione volta a consentire il rilascio dell’AIA in caso di decorrenza del termine stabilito dall'articolo 5, comma 12 (150 giorni), senza che le suddette prescrizioni siano pervenute. In tal caso viene previsto che l'autorità competente rilasci l’AIA e provveda al suo successivo aggiornamento, una volta concluso il procedimento ai sensi del d.lgs. n. 334/1999.

 

Il comma 9 ripropone, integrandolo, il contenuto del corrispondente comma 7 dell’art. 5 del decreto n. 372.

Da un lato viene confermato che l’AIA può contenere altre condizioni specifiche ai fini del presente decreto, giudicate opportune dall'autorità competente, dall’altro viene aggiunta la precisazione che le modifiche necessarie per adeguare la funzionalità degli impianti alle prescrizioni dell'AIA non sono da considerare modifiche sostanziali dell’impianto, escludendo quindi l’applicazione delle disposizioni recate dall’art. 10.

 


ART. 8
(Migliori tecniche disponibili e norme di qualità ambientale)

 

L’articolo in esame riproduce nella sostanza l’articolo 6 del decreto n. 372 che consente all'autorità competente di prescrivere nell’AIA misure supplementari particolari più rigorose di quelle ottenibili con le migliori tecniche disponibili, al fine di assicurare nell’area dell’impianto il rispetto di norme particolari di qualità ambientale.

 

Si osserva che, in realtà, nel testo del comma in esame, benché sia chiaro il riferimento alle AIA, si parla solamente di “autorizzazioni integrate”, per cui appare opportuno specificare, onde evitare equivoci, l’aggettivo “ambientali”, come peraltro evidenziato nel suo parere dalla Conferenza Stato-Regioni.


Articolo 9
(Rinnovo e riesame)

 

L’articolo, relativo al rinnovo e al riesame dell’AIA, riproduce sostanzialmente il contenuto dell’articolo 7 del decreto n. 372, introducendo però norme agevolative speciali per i gestori che applicano i sistemi di gestione certificati ISO (comma 3).

 

Il comma 1 prevede infatti che la durata ordinaria dell’AIA sia paria cinque anni, analogamente a quanto disposto dall’analogo comma dell’art. 7 del decreto n. 372.

E’ quindi previsto il rinnovo delle condizioni dell'AIA, confermandole o aggiornandole, a partire dal 30 ottobre 2007 (ai sensi dell’art. 5, comma 18) per gli impianti esistenti e, a partire dalla data di rilascio dell'autorizzazione negli altri casi, vale a dire per quelli nuovi.

Si fa notare che l’attuale formulazione del comma 1 che prevede il primo rinnovo dell’AIA “a partire dalla data di rilascio dell’autorizzazione” potrebbe porre delle difficoltà applicative in quanto nella pratica occorrono circa 24/30 mesi per la realizzazione dell’impianto, ai quali spesso si aggiungono i ritardi nell’inizio dei lavori causati dall’eventuale contenzioso relativo ai provvedimenti autorizzativi rilasciati. Tutto ciò, potrebbe portare a situazioni paradossali per cui, solo dopo alcuni mesi di esercizio, l’impianto necessiterebbe di un rinnovo dell’AIA.

 

Potrebbe quindi essere opportuno fare decorrere la durata dell’AIA per gli impianti nuovi dalla data di entrata in esercizio dell’impianto

 

Immutata rispetto alla disciplina contenuto nell’analogo comma dell’art. 7 del decreto n. 372, è altresì la procedura da seguire prevista per il rinnovo che prevede che il gestore dell’impianto, sei mesi prima della scadenza, invii all'autorità competente la domanda di rinnovo e che questa ultima si esprima nei successivi centocinquanta giorni. Fino alla nuova pronuncia dell’autorità competente, il gestore continua l’attività sulla base della precedente autorizzazione.

 

Il comma 2 (identico al comma 1-bis dell’art. 7 del decreto n. 372) prevede una durata maggiore, pari a otto anni, per l’AIA nel caso in cui l’impianto abbia unaregistrazione EMAS (ai sensi del regolamento n. 761/2001/CE).

 

Si ricorda che l’estensione a otto anni della durata dell’AIA per gli impianti con registrazione EMAS era uno dei punti contenuti nel parere favorevole reso dalla VIII Commissione (Ambiente) sul decreto n. 372 nella seduta del 29 giugno 1999, ove si legge:

“d) il termine di cinque anni, previsto dall'articolo 7, comma 1, per il rinnovo dell'autorizzazione integrata ambientale sia esteso a sei anni; appare necessario altresì prevedere che, nel caso di impianti operanti all'interno di siti registrati secondo la cosiddetta «procedura EMAS», qualora l'adesione volontaria dell'impresa comprenda l'intero periodo intercorrente fra il rilascio ed il rinnovo ovvero tra il rinnovo stesso ed il successivo rinnovo della autorizzazione integrata ambientale, il predetto termine sia esteso da sei anni a otto anni.

 

Il nuovo comma 3 introduce un’ulteriore durata dell’AIA, pari a sei anni, per i gestori che applicano sistemi di gestione certificati ISO (norma UNI EN ISO 14001). Tale fattispecie, infatti, si colloca logicamente tra il caso di impianto privo di sistemi di gestione e impianto con sistema di gestione registrato EMAS.

Si ricorda che la norma UNI EN ISO 14001 fornisce le indicazioni basilari per giungere alla definizione di un sistema di gestione ambientale efficiente. La norma specifica, infatti, i requisiti di un sistema di gestione ambientale che consente a un'organizzazione di formulare una politica ambientale e stabilire degli obiettivi, tenendo conto degli aspetti legislativi e delle informazioni riguardanti gli impatti ambientali significativi.

 

Si ricorda, altresì, che nel corso dell’iter parlamentare del decreto n. 372, il relatore, nella seduta del 22 giugno 1999, aveva proposto semplificazioni amministrative, tra cui cita, “a titolo esemplificativo, il ricorso ad autocertificazioni, per esempio per gli impianti conformi alle norme tecniche ISO 14000”.

 

I commi 4 e 5, identici ai commi 2 e 3 dell’art. 7 del decreto n. 372, disciplinano i casi di riesame dell’AIA e di deroghe temporanee consentite nel rispetto di determinate condizioni.

Il comma 2 dell’art. 7 del decreto n. 372 prevede che il riesame è effettuato dall'autorità competente, anche su proposta delle amministrazioni competenti in materia ambientale, comunque quando:

a) l'inquinamento provocato dall'impianto è tale da rendere necessaria la revisione dei valori limite di emissione fissati nell'autorizzazione o l'inserimento in quest'ultima di nuovi valori limite;

b) le migliori tecniche disponibili hanno subìto modifiche sostanziali, che consentono una notevole riduzione delle emissioni senza imporre costi eccessivi;

c) la sicurezza di esercizio del processo o dell'attività richiede l'impiego di altre tecniche;

d) nuove disposizioni legislative comunitarie o nazionali lo esigono.

Il comma 3 dispone che in caso di rinnovo o di riesame dell'autorizzazione, l'autorità competente può consentire deroghe temporanee ai requisiti ivi fissati ai sensi del precedente art. 5, comma 3, se un piano di ammodernamento da essa approvato assicura il rispetto di detti requisiti entro un termine di sei mesi, e se il progetto determina una riduzione dell'inquinamento.

 


Articolo 10
(Modifica degli impianti o variazioni del gestore)

 

L’articolo introduce alcune modifiche di rilievo rispetto al corrispondente art. 8 del decreto n. 372, con la finalità di risolvere i problemi derivanti dalle modifiche apportate agli impianti una volta ottenuta l’AIA.

 

Si ricorda, infatti, che dal punto di vista definitorio, sia la direttiva n. 96/61/CE che il decreto n. 372, prevedono due tipologie di modifiche operando una distinzione tra “modifica dell’impianto” e “modifica sostanziale”.

Il decreto n. 372, all’art. 2, n. 10, conformante alla direttiva europea, definisce «modifica dell'impianto» una modifica delle sue caratteristiche o del suo funzionamento ovvero un suo potenziamento che possa produrre conseguenze sull'ambiente.

«Modifica sostanziale» è, ai sensi del successivo n. 11 dell’art. 2 una modifica dell'impianto che, secondo l'autorità competente, potrebbe avere effetti negativi e significativi per gli esseri umani o per l'ambiente.

La definizione di “modifica sostanziale” è stata ampliata dalla direttiva 2003/35/CE (che ha, tra l’altro, modificato la direttiva 96/61/CE) includendo, tra le modifiche sostanziali, anche “le modifiche o gli ampliamenti dell'impianto di per sé conformi agli eventuali valori limite stabiliti nell'allegato I”.

Tale nuova definizione è ora recepita dall’articolo 2, comma 1, lettera n), del decreto in esame, includendovi anche, per ciascuna attività per la quale l'allegato 1 indica valori di soglia, le modifiche che danno luogo ad un incremento del valore di una delle grandezze, oggetto della soglia, pari o superiore al valore della soglia stessa.

Rispetto alla precedente definizione di “modifica sostanziale”, quella recata dalla lettera n) dell’art. 2 del decreto in esame, specifica che l’autorità competente si deve pronunciare sulla natura o meno di modifica sostanziale con un parere motivato.

Si ricorda, inoltre, che la direttiva 96/61/Ce prevede due procedimenti diversi a seconda se la modifica sia o meno sostanziale: la “modifica dell’impianto” comporta l’aggiornamento dell’autorizzazione o delle relative condizioni, mentre la “modifica sostanziale” determina la necessità, per il gestore dell’impianto, di presentare una domanda per una nuova AIA, cui segue tutto l’iter procedimentale relativo.

Il decreto legislativo n. 372, invece, anche se aveva recepito le definizioni delle due tipologie di modifiche, aveva disciplinato, all’art. 8, solo la fattispecie relativa alle modifiche progettate dell'impianto, per le quali vige appunto un obbligo di comunicazione da parte del gestore dell’impianto all’autorità competente. A seguito di tale comunicazione, l’autorità competente provvede ad aggiornare l’AIA solo nel caso di esclusione dalla procedura di VIA.

 

Con il comma 1 del decreto in esame rimane immutato, rispetto alla precedente disciplina, l’obbligo di comunicazione da parte del gestore dell’impianto delle modifiche progettate. L’autorità competente provvede quindi ad aggiornare l’AIA nel caso lo ritenga necessario, venendo meno, rispetto alla precedente disciplina, il richiamo alla normativa sulla VIA.

Il comma 1 introduce quindi un obbligo di notifica da parte dell’autorità competente nei confronti del gestore dell’impianto - entro sessanta giorni dal ricevimento della comunicazione – nel caso in cui essa rilevi che le modifiche progettate abbiano un carattere sostanziale.Tale notifica si rende necessaria ai fini degli adempimenti introdotti, per l’appunto, dal successivo comma 2.

 

Nel parere reso dalla Conferenza Stato-Regioni, al punto 10) dell’allegato B, si suggerisce un’opportuna modica meramente formale tendente a sostituire le parole “numero 11” e “numero 12” con “lettera m” e “lettera n”, in quanto riferite ai punti elencati nel comma 1 dell’art. 2 elencati in ordine alfabetico e non numerico.

Sembrerebbe opportuno recepire anche l’ulteriore modifica proposta dalla Conferenza Stato-Regioni al punto 11) dell’allegato B, che prevede di aggiungere, alla fine del comma 1, la possibilità da parte del gestore di apportare le modifiche comunicate una volta che sia decorso il termine di sessanta giorni entro il quale l’autorità competente è tenuta a comunicare al gestore in merito alla natura sostanziale della modifica, modifica per la quale il successivo comma 2 prevede una nuova domanda di AIA.

Ciò consentirebbe di dare una certezza temporale al gestore per la realizzazione delle modifiche comunicate, in quanto il mancato ricevimento della notifica dell’autorità preposta entro il termine di sessanta giorni della comunicazione delle modifiche, equivarebbe al considerarle modifiche normali e non sostanziali.

 

Il nuovo comma 2 introduce quindi l’obbligo di una nuova domanda di AIA nel caso in cui le modifiche progettate, ad avviso dei gestore o a seguito della comunicazione di cui al comma 1, risultino sostanziali.

La nuova domanda di autorizzazione dovrà essere accompagnata da una  relazione contenente un aggiornamento delle informazioni previste dall'articolo 5, commi 1 e 2 e seguirà la procedura ordinaria prevista per il rilascio dell’AIA dai restanti commi dell’art. 5 del decreto in esame.

 

Nel parere reso dalla Conferenza Stato-Regioni, al punto 12) dell’allegato B, si suggerisce una riformulazione di carattere formale che tende a sostituire l’elenco dei commi relativi al comma 5 citati con un generale riferimento a “Si applica quanto previsto dall’art. 5 in quanto compatibile”. Sembrerebbe comunque opportuno, al fine di una migliore lettura del testo, premettere alla nuova formulazione proposta la parola “Alla domanda”.

 

Il comma 3 disciplina, analogamente al comma 2 dell’art. 8 del decreto n. 372, i casi di deroghe temporanee previsti dall’art. 9, comma 5, in caso di aggiornamenti dell’AIA o delle nuove autorizzazioni rilasciate per le modifiche sostanziali. Agli aggiornamenti dell’AIA ed delle nuove autorizzazioni per le modifiche sostanziali si applicano, altresì, le disposizioni relative alla pubblicità degli atti prevista dall’art. 5, comma 15, del decreto in esame.

 

Il comma 4 introduce la casistica relativa al cambio di titolarità dell’impianto, prevedendo che il vecchio gestore e il nuovo gestore ne diano comunicazione entro trenta giorni all'autorità competente, anche nelle forme dell'autocertificazione.


Articolo 11
(Rispetto delle condizioni dell’AIA)

 

L’articolo provvede al riordino della disciplina relativa alle misure di controllo e di vigilanza prevista dall’articolo 9 del decreto n. 372, introducendo una disciplina specifica per gli impianti di competenza statale, il cui accertamento del rispetto delle condizioni di autorizzazione spetta all'APAT.

 

Il comma 1, identico al corrispondente comma dell’art. 9 del decreto n. 372, prevede che il gestore dell’impianto, prima di dare attuazione a quanto previsto dall'AIA, ne dia comunicazione all’autorità competente.

 

Il comma 2 prevede, analogamente al comma 2 dell’art. 9 del decreto n. 372, l’obbligo del gestore di trasmettere all'autorità competente e ai comuni interessati i dati relativi ai controlli delle emissioni richiesti dall'AIA, ma non più entro tre mesi dalla comunicazione prevista dal comma 1, bensì dalla data stessa della comunicazione. Tali dati dovranno, inoltre, essere trasmessi con le modalità e la frequenza previsti nell’AIA. Identiche risultano, invece, essere le disposizioni relative alla pubblicità da dare a tali dati.

 

Il comma 3 specifica ulteriormente, rispetto al corrispondente comma dell’art. 9 del decreto n. 372, i compiti delle autorità preposte ai controlli programmati nell'ambito dell'AIA .

Per gli impianti di competenza statale l'accertamento dei rispetto delle condizioni di autorizzazione è attribuito all'APAT, mentre negli altri casi spetterà alle ARPA.

Il comma in esame dispone quindi che gli oneri di tali accertamenti siano a carico del gestore, mentre la precedente disciplina li riconduceva nell’ambito delle disponibilità finanziarie di bilancio delle ARPA.

Si rammenta che il successivo articolo 18, comma 2, del decreto in esame, prevede che venga emanato un decreto ministeriale in cui dovranno essere determinate le modalità, anche contabili, e le tariffe da applicare in relazione alle istruttorie e ai controlli previsti dal decreto.

 

Le finalità degli accertamenti (definiti verifiche periodiche nella precedente disciplina) sono, invece, pressoché identiche a quelle previste dai commi 2, secondo periodo, e 3 dell’articolo 9 del decreto n. 372, vale a dire:

a) il rispetto delle condizioni dell'AIA;

b) la regolarità dei controlli a carico del gestore, con particolare riferimento alla regolarità delle misure e dei dispositivi di prevenzione dell'inquinamento nonché al rispetto dei valori limite di emissione;

c) che il gestore abbia ottemperato ai propri obblighi di comunicazione e in particolare che abbia informato l'autorità competente regolarmente e , in caso di o gravi incidenti, tempestivamente dei risultati della sorveglianza delle emissioni del proprio impianto.

 

Il comma 4 introduce la possibilità, da parte dell'autorità competente, di disporre anche ispezioni straordinarie sugli impianti, i cui oneri sono, questa volta, a carico dell’autorità stessa.

La relazione al decreto in esame afferma che tale comma è stato introdotto al fine di adeguare il decreto alla Raccomandazione della Commissione Europea dei Parlamento Europeo e dei Consiglio dei 4 aprile 2001 che stabilisce i criteri minimi per le ispezioni ambientali negli Stati membri (2001/331/CE).

 

I commi 5 e 6, pressoché analoghi ai commi 4 e 5 dell’art. 9 del decreto n. 372, recano gli obblighi di collaborazione in capo al gestore nei confronti dell’autorità ispettiva nel corso degli accertamenti e delle ispezioni effettuate e gli obblighi di comunicazione dei risultati di tali controlli.

Rispetto alla normativa recata dal comma 5 dell’art. 9 del decreto n. 372 che prevede che gli esiti di tali controlli siano comunicati all’autorità competente, il comma 6 in esame prevede che essi vengano trasmessi anche, tramite l’istituendo Osservatorio IPPC o l’APAT, nelle more della sua attivazione, al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio, indicando le situazioni di mancato rispetto delle prescrizioni di cui al precedente comma 3 e proponendo le misure da adottare.

 

Nel parere reso dalla Conferenza Stato-Regioni, al punto 13) dell’allegato B, si propone una modica tendente a sopprimere la parte innovativa introdotta dal decreto in esame in merito all’obbligo di comunicazione dei controlli eseguiti al Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio.

 

Il comma 7 prevede che qualsiasi organo che svolge attività di vigilanza, controllo, ispezione e monitoraggio su impianti che svolgono attività di cui all'allegato I, e che abbia acquisito informazioni in materia ambientale rilevanti ai fini dell'applicazione dei decreto in esame, abbia un obbligo di comunicazione di tali informazioni, comprese le notizie di reato, verso l'autorità competente e l'istituendo Osservatorio IPPC o l’APAT, nelle more della sua attivazione.

 

Anche per tale comma, come per il precedente, la Conferenza Stato-Regioni, al punto 14) dell’allegato B, propone di sopprimere la parte relativa alla comunicazione delle informazioni relative all’attività di vigilanza all’Osservatorio IPPC o, nelle more della sua attivazione, all’APAT.

 

I commi 8 e 9 riproducono pressoché fedelmente il contenuto delle disposizioni recate dai commi 6 e 7 dell’art. 9 del decreto n. 372 relative alla pubblicità dei risultati del controllo delle emissioni in possesso dell'autorità competente ed ai provvedimenti posti in essere dall’autorità competentenel caso di inosservanza delle prescrizioni autorizzatorie o di esercizio in assenza di autorizzazione (tale ultima fattispecie non era prevista nel comma 6 dell’art. 9 del decreto n. 372).

 

Il nuovo comma 10 prevede, in caso di inosservanza delle prescrizioni autorizzatorie, che l’autorità competente, nel caso in cui si manifestino situazioni di pericolo o dì danno per la salute, ne dia comunicazione anche al sindaco ai fini dell’adozione delle eventuali misure previste dall'articolo 217 dei regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265, essendo quest’ultimo l'autorità istituzionalmente competente in materia di provvedimenti volti a rimuovere danni o pericoli per la salute pubblica derivanti dall’ esercizio di lavorazioni insalubri.

 

Il nuovo comma 11 dispone, infine, che l’APAT esegua i controlli sugli impianti di competenza statale, anche avvalendosi delle ARPA territorialmente competenti, nel rispetto di quanto disposto all'articolo 3, comma 5, della legge 21 gennaio 1994, n. 61.

 

Si osserva che il testo del comma 11 in esame fa riferimento all’articolo 3 della legge 21 gennaio 1994, n. 61, che essendo di conversione del decreto legge 4 dicembre 1993, n. 496, è composta da un articolo unico. La disposizione in commento dovrebbe essere invece riferita all’articolo 03, comma 5, del decreto legge n. 496 relativo alle ARPA ed alla loro collaborazione con l’APAT.


Articolo 12
(Inventario delle principali emissioni e loro fonti)

 

L'articolo riproduce sostanzialmente il contenuto dell’articolo 10 del decreto n. 372 relativo agli obblighi di trasmissione annuali da parte dei gestori degli impianti in esercizio dell’allegato 1 relativi ai dati sulle emissioni in aria, acqua e suolo dell'anno precedente, ai fini della costituzione dell'inventario delle principali emissioni e loro fonti.

 

Si ricorda che in relazione all’attuazione delle disposizioni contenute nell’articolo 10 del decreto n. 372, è stato emanato il DM 23 novembre 2001 con il quale sono stati definite le modalità delle comunicazioni previste dall’articolo stesso. In base al D.M. citato, il gestore di un complesso IPPC deve trasmettere all’APAT i dati identificativi del complesso e, in caso di superamento di valori soglia indicati nello stesso decreto ministeriale, anche i dati delle emissioni in aria e acqua.

Si noti, inoltre, che il concetto di “complesso IPPC” quale “struttura industriale o produttiva costituita da uno o più impianti nello stesso sito in cui lo stesso gestore svolge una o più delle attività elencate nell'allegato I del decreto legislativo n. 372 del 1999” compare, per la prima volta, nel citato decreto ministeriale non essendo, infatti, ricompreso tra le definizioni del decreto n. 372, ove invece, si fa riferimento più genericamente alla definizione di “impianto” quale “l'unità tecnica permanente in cui sono svolte una o più attività elencate nell'allegato I e qualsiasi altra attività accessoria, che siano tecnicamente connesse con le attività svolte nel luogo suddetto e possano influire sulle emissioni e sull'inquinamento”.

I dati relativi alle emissioni in aria e acqua devono altresì essere comunicati entro il 30 aprile di ogni anno qualora dette emissioni superino i valori soglia riportati negli allegati al DM 23 novembre 2001. Nel caso in cui nel complesso IPPC siano svolte attività rientranti in più categorie, il gestore dee indicare quale è l’attività principale.

Il D.M. 23 novembre 2001 è stato successivamente modificato dal D.M. 26 aprile 2002.

 

In relazione alla formulazione dei commi 1 e 2 si osserva che il riferimento esplicito all’articolo 10, comma 2, del decreto n. 372, di cui il successivo articolo 19 del decreto in esame dispone l’abrogazione, potrebbe essere sostituito con il riferimento diretto al decreto ministeriale del 23 novembre 2001, con il quale è stata, per l’appunto data attuazione a tale articolo 10 ed i cui effetti, sono, peraltro, fatti salvi sempre dal successivo articolo 19 del decreto in esame.

 

Nel parere reso dalla Conferenza Stato-Regioni, al punto 15) dell’allegato B, si suggerisce la previa consultazione della Conferenza Unificata nell’emanazione del decreto ministeriale di modifica del D.M. 23 novembre 2001.


Articolo 13
(Osservatorio)

 

L'articolo in esame istituisce un organo presso il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio non previsto nel precedente decreto n. 372.

 

Il comma 1, prevede l’istituzione di un osservatorio IPPC presso il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio, per il controllo dell’applicazione comunitaria, nazionale e regionale della direttiva 96/61/CE e del decreto in esame e a servizio delle autorità competenti, le cui finalità sono elencate nell’allegato VI al decreto in esame.

 

L’Allegato VI stabilisce, infatti, le finalità dell’Osservatorio IPPC tendenti a sviluppare e rendere operative, anche in via telematica, strumenti a supporto delle seguenti attività di competenza dei Ministero dell'ambiente e della tutela dei territorio, e che riguardano:

a) la resentazione, acquisizione, valutazione e partecipazione del pubblico relativamente alle domande di AIA di competenza statale;

b) la circolazione di documenti tra i soggetti deputati a partecipare alle conferenze di servizi di cui all’art. 5,  comma 10, a svolgere attività istruttoria e a svolgere attività di controllo relativamente alle AIA di competenza statale;.

c) lo scambio di informazione a livello nazionale di cui all'art. 14, comma 4;

d) gli adempimenti in materia di comunicazione previsti dall'art. 12, comma 3, dall'art. 14, commi 1 e 2 e dall'art. 15, commi 1 e 2;

e) aggiornare il quadro dello stato di attuazione nazionale e comunitario della disciplina in materia di prevenzione e riduzione integrata dell'inquinamento anche al fine di renderlo accessibile al pubblico.

 

Le modalità relative all’organizzazione e al funzionamento dell’Osservatorio dovranno essere stabilite con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela dei territorio, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra Stato, Regioni e Province autonome di Trento e di Bolzano. Con lo stesso decreto si provvede all'aggiornamento dell'allegato VI.

 

Nel parere reso dalla Conferenza Stato-Regioni, al punto 16) dell’allegato B, si propone di sostituire la previa consultazione della Conferenza Stato-Regioni con il raggiungimento invece, in tale sede, di un’intesa.

 

Si ricorda che l’istituzione di Osservatori ambientali è stata prevista dall’articolo 5 della legge 31 luglio 2002, n. 179 (cd “collegato ambientale”), ma finalizzati alla verifica dell'ottemperanza alle pronunce di compatibilità ambientale di cui alla legge n. 349 del 1986.

Lo stesso articolo prevedeva anche specifiche disposizioni per lo svolgimento delle attività previste dal decreto n. 372, autorizzando il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio alla stipula di apposite convenzioni con l’APAT, università, istituti scientifici, enti di ricerca e soggetti pubblici o privati opportunamente qualificati. Veniva stanziata, a tal fine (e per le altre finalità  indicate nello stesso articolo 5), una spesa complessiva pari a 4.900.000 euro annui a decorrere dall'anno 2002.

 

Ai fini della raccolta di dati da parte dell’Osservatorio IPPC, il comma 2 dispone che  le autorità competenti comunichino al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio, almeno ogni sei mesi, i dati relativi alle domande ricevute, le autorizzazione rilasciate e i successivi aggiornamenti.

 

Nel parere reso dalla Conferenza Stato-Regioni, al punto 17) dell’allegato B, si suggerisce di sostituire il termine previsto per la frequenza delle comunicazioni con una cadenza annuale.

Sembrerebbe opportuno recepire l’ulteriore modifica proposta dalla Conferenza Stato-Regioni al successivo punto 18) che prevede che tra i dati da comunicare al Ministero dell’Ambiente, ai fini della raccolta dei dati da parte dell’Osservatorio IPPC, venga compreso anche un rapporto che dia conto delle situazioni di mancato rispetto dell’AIA.

 

Andranno trasmessi all’Osservatorio IPPC, ai sensi del comma 3:

§         le domande relative agli impianti di competenza statale di cui all'art. 5, comma 3, terzo e quarto periodo;

§         i dati di cui al comma 2 del presente articolo;

§         i dati previsti dall’articolo 11, commi 7 e 8 dell'articolo 11.

§         nonché altri dati ritenuti utili per le finalità previste.

 

Tali dati andranno trasmessi dall’APAT al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio, secondo il formato e le modalità anche telematiche che dovranno essere stabiliti con successivo decreto dei Ministro dell'ambiente e della tutela dei territorio.

 

Nel parere reso dalla Conferenza Stato-Regioni, al punto 19) dell’allegato B, si propone che  l’emanazione del previsto decreto ministeriale avvenga d’intesa con la Conferenza Unificata istituita ai sensi del decreto legislativo n. 281 del 1997.

 

Il comma 4 dispone che per il funzionamento dell'Osservatorio IPPC si dovrà provvedere facendo ricorso alle risorse umane, strumentali e finanziarie già in dotazione dei Ministero dell'ambiente e della tutela dei territorio a legislazione vigente. L'attuazione dell’articolo in esame non comporta oneri aggiuntivi a carico dello Stato.

 

Nel parere reso dalla Conferenza Stato-Regioni, al punto 20) dell’allegato B, si suggerisce una modica meramente formale tendente a sopprimere un refuso testuale.

 


 

Articolo 14
(Scambio di informazioni)

 

L’articolo riproduce, con alcune modifiche, le disposizioni contenute nell’articolo 11 del decreto n. 372 relative allo scambio di informazioni sull’applicazione del decreto in esame ed introduce un nuovo comma 4.

 

Il contenuto del comma 1 relativo alle modalità di trasmissione da parte delle autorità competenti al Ministero dell'ambiente e della tutela dei territorio di una comunicazione sull’applicazione del decreto in esame sono pressoché identiche a quelle previste dall’analogo comma dell’articolo 11 del decreto n. 372. Le uniche differenze riguardano:

§         la trasmissione di tale comunicazione attraverso l’istituendo Osservatorio IPPC o, nelle more della sua attivazione all’APAT;

§         il ricorso al formulario emanato ai sensi dell’articolo 11, comma 1, del decreto n. 372.

 

In relazione al richiamo esplicito all’articolo 11, comma 1, del decreto n. 372, di cui il successivo articolo 19 del decreto in esame dispone l’abrogazione, si osserva che potrebbe essere sostituito con il riferimento diretto al decreto ministeriale del 21 novembre 2001, con il quale è stata, per l’appunto data attuazione a tale articolo 10 ed i cui effetti, sono, peraltro, fatti salvi sempre dal successivo articolo 19 del decreto in esame.

 

Il comma 2 riproduce il contenuto del comma 3 dell’articolo 11 del decreto n. 372 relativo all’obbligo di trasmissione, da parte del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio, alla Commissione europea di una relazione sull'attuazione della direttiva 96161/CE e sulla sua efficacia rispetto ad altri strumenti comunitari di protezione dell'ambiente, sulla base del questionario, stabilito con decisione della Commissione europea del 31 maggio 1999, n. 391, e successive modifiche, redatto a norma degli articoli 5 e 6 della direttiva 91/692/CEE. Ovviamente, rispetto al comma 3 dell’articolo 11 del decreto n. 372, cambia data cui fa riferimento la prima relazione che dovrà essere riferita al triennio compreso tra il 1 gennaio 2003 e il 1 gennaio 2006.

 

Il comma 3 reca un contenuto pressoché identico a quello previsto dal comma 4 dell’articolo 11 del decreto n. 372 relativo allo scambio di informazioni organizzato dalla Commissione europea relativamente alle MTD e al loro sviluppo, nonché alle relative prescrizioni in materia di controllo, e a rendere accessibili i risultati di tale scambio di informazioni.

Rispetto alla disciplina precedente, il comma in esame dettaglia le modalità di tale partecipazione, in particolare, si dovrà consentire il coinvolgimento delle autorità competenti in tutte le fasi ascendenti dello scambio di informazioni.

 

Il comma 4 introduce una nuova disposizione relativa all’obbligo, da parte del Ministero dell'ambiente e della tutela dei territorio, anche attraverso l'Osservatorio IPPC, di garantire una sistematica informazione dei pubblico sullo stato di avanzamento dei lavori relativi allo scambio di informazioni previste dal comma precedente.

Nella relazione illustrativa si legge che l’introduzione di tale comma è stata disposta anche al fine di allineare il decreto alle disposizioni vigenti in ambito comunitario per effetto della direttiva 2003/35/CE, che ha modificato l’articolo 15 della direttiva 96/61/CE relativamente all’accesso e alla partecipazione del pubblico alla procedura di autorizzazione.e

Il comma dispone, inoltre, che il Ministero adotti, d'intesa con la conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano, modalità di scambio di informazioni tra le autorità competenti, ai fini di promuovere una più ampia conoscenza sulle migliori tecniche disponibili e sul loro sviluppo.

 


Articolo 15
(Effetti transfrontalieri)

 

L’articolo riproduce esattamente il contenuto dell’articolo 12 del decreto n. 372, con il quale erano state recepite le disposizioni dell’articolo 17 della direttiva n. 96/71/CE, e fa riferimento agli obblighi di comunicazioni intercorrenti tra i diversi Stati dell’Unione europea nel caso in cui il funzionamento di un impianto possa avere effetti negativi e significativi sull'ambiente di un altro Stato.

 

Si osserva, al riguardo, che il testo dell’articolo in esame avrebbe potuto essere modificato per recepire anche le disposizioni contenute nei paragrafi 3 e 4 dell’articolo 17 della direttiva n. 96/61/CE, introdotte successivamente dalla direttiva n. 2003/35/CE.

Esse prevedono, al paragrafo 3, che l'autorità competente, al momento della decisione sulla domanda, debba prendere in considerazione i risultati delle consultazioni tra Stati e, al paragrafo 4, che l’autorità competente abbia un obbligo di informazione nei confronti di ogni Stato membro consultato sulla decisione adottata in merito alla domanda e di trasmissione delle informazioni relative al pubblico interessato.

Si ricorda, in merito al recepimento della direttiva 2003/35/CE previsto entro il 25 giugno 2005 (art. 6), che esso è disposto dal disegno di legge comunitaria 2004 attualmente all’esame del Parlamento (AC 5179-A) e che essa figura tra le direttive elencate nell’allegato B e per le quali l’articolo 1, comma 1, del ddl stesso ne prevede il recepimento, con decreto legislativo, entro 18 mesi dall’entrata in vigore della legge stessa.


 

Articolo 16
(Sanzioni)

 

Il testo dell’articolo in esame riproduce, con alcune modifiche, il contenuto previsto dall’articolo 13 del decreto n. 372 relativo alle sanzioni penali ed amministrative ed introduce tre nuovi commi (l’8, il 9 ed il 10).

I primi due commi recano un contenuto sostanzialmente identico - vengono unicamente adeguati gli importi delle sanzioni precedentemente espressi in lire rispetto all’euro - a quello previsto nel comma 1 dell’articolo 13 del decreto n. 372 relativo alle sanzioni amministrative pecuniarie e penali previste per chi esercita una delle attività di cui all'allegato 1 senza l’AIA o nel caso la stessa sia stata sospesa o revocata.

 

Contenuto pressoché analogo ai commi 2, 3, 4, 5 e 6 dell’articolo 13 del decreto n. 372 è previsto nei commi 3, 4, 5, 6 e 7 dell’articolo in esame in relazione alle sanzioni disposte in caso di inosservanza agli obblighi di comunicazione e di trasmissione di dati.

L’unica modifica riguarda il comma 6 (ex comma 5 dell’articolo 13 del decreto n. 372) che prevede una norma di maggior favore nei confronti del gestore che omette di presentare, nel termine stabilito dall'autorità competente, la documentazione integrativa prevista dall'articolo 5, comma 13, in esame. In base a tale modifica, il gestore può, infatti, non essere soggetto al pagamento della sanzione amministrativa pecuniaria prevista nel caso in cui riesca a dimostrare che non ha ottemperato all’obbligo di trasmissione per un giustificato e documentato motivo.

 

Il comma 8 introduce una nuova disposizione che attribuisce al Prefetto il potere di irrogare le sanzioni previste in relazione agli impianti di competenza statale e alle autorità competenti al rilascio dell’AIA, per gli impianti di competenza regionale.

Nella relazione illustrativa si legge che il comma è stato introdotto “al fine di chiarire che è compito del Prefetto, mancando uffici periferici dei Ministero, ricevere i rapporti dì accertamento per violazioni connesse alle AIA statali ed a irrogare le relative sanzioni amministrative pecunie, in linea con quanto previsto dalla legge 24 novembre 1981, n. 689. Per gli impianti di competenza regionale, tale potere è attribuito all'autorità competente al rilascio dell'AIA”.

 

Il successivo comma 9 reca la destinazione dei proventi delle sanzioni amministrative pecuniarie previste dall’articolo in esame e precisamente:

§         per gli impianti di competenza regionale, le somme sono versate all’entrata dei bilanci delle autorità competenti al rilascio dell’AIA;

§         per gli impianti di competenza statale, esse sono rassegnate, con decreto dei Ministro dell'economia e delle finanze, al bilancio del Ministero dell'ambiente e della tutela dei territorio.

 

Il comma 10 dispone, infine, che per gli impianti rientranti nel campo di applicazione del decreto in esame, dalla data di rilascio dell'AIA, non si applicano le sanzioni, previste da norme di settore e relative a fattispecie oggetto dei presente articolo.

 

 


Articolo 17
(Disposizioni transitorie)

 

Il comma 1 dell’articolo in esame riproduce esattamente il contenuto dell’unico comma dell’articolo 14 del decreto n. 372 relativo alle disposizioni transitorie ed introduce tre nuovi commi.

 

I nuovi commi 2, 3 e 4 prevedono rispettivamente che:

§         i procedimenti di rilascio di autorizzazioni che ricomprendono l’AIA, in corso alla data di entrata in vigore del decreto in esame, sono portati a termine dalla stessa autorità che ha avviato il procedimento stesso (comma 2);

§         per gli impianti esistenti, nelle more dell’approvazione delle linee guida per l'individuazione e l'utilizzazione delle MTD previste dall’articolo 4, comma 1, del decreto in esame, le autorizzazioni sono rilasciate nel rispetto delle linee guida di cui all'art. 3, comma 2, del decreto n. 372 (comma 3);

§         sono fatte salve le autorizzazioni già rilasciate alla data di entrata in vigore del decreto in esame, previa valutazione degli aspetti sanitari e ambientali, salvo verifica da parte dell’autorità che ha rilasciato l'AIA della necessità di procedere al riesame dell'autorizzazione, ai sensi dell’attuale articolo 9, comma 4 (comma 4).

Si ricorda che il comma 4 dell’articolo 9 del decreto in esame prevede il riesame dell’AIA al verificarsi di alcune circostanze quali:

a) l'inquinamento provocato dall'impianto è tale da rendere necessaria la revisione dei valori limite di emissione fissati nell'autorizzazione o l'inserimento in quest'ultima di nuovi valori limite;

b) le migliori tecniche disponibili hanno subìto modifiche sostanziali, che consentono una notevole riduzione delle emissioni senza imporre costi eccessivi;

c) la sicurezza di esercizio del processo o dell'attività richiede l'impiego di altre tecniche;

d) nuove disposizioni legislative comunitarie o nazionali lo esigono.

 

Nel parere reso dalla Conferenza Stato-Regioni, al punto 21) dell’allegato B, si suggerisce la sostituzione del comma 4 con il seguente:

“Fermo restando quanto disposto dall’art. 9, comma 1, sono fatte salve le autorizzazioni integrate ambientali già rilasciate, con facoltà dell’autorità che ha rilasciato l’autorizzazione di verificare la necessità di procedere all’eventuale riesame del provvedimento ai sensi dell’art. 9, comma 4. Sono altresì fatte salve le autorizzazioni uniche, che ricomprendono per legge tutte le autorizzazioni ambientali, rilasciate successivamente al 10 novembre 1999 fino all’entrata in vigore del presente decreto, salvo verifica da parte della stessa autorità che ha rilasciato l’autorizzazione ai fini dell’eventuale riesame del provvedimento ai sensi dell’art. 9, comma 4, e ferma restando la decorrenza ai fini del rinnovo dalla data di rilascio dell’autorizzazione unica”.

Il primo periodo dell’emendamento proposto sembrerebbe di contenuto analogo a quello del decreto in esame, tuttavia quando si fa riferimento ad autorizzazioni integrate ambientali anziché semplicemente di autorizzazioni già rilasciate, si vengono ad escludere, dalle autorizzazioni che vengono fatte salve, quelle per esempio relative ad impianti di produzione di energia elettrica con potenza superiore a 300 MW rilasciate prima dell’istituzione, da parte del D.L. n. 7/2002, dell’autorizzazione unica. Tali autorizzazioni rilasciate prima del 2002 dovrebbero quindi essere sottoposte a riesame, con ciò creando disparità di trattamento tra gli operatori del settore

Il secondo periodo fa salve anche le autorizzazioni uniche già rilasciate successivamente al 10 novembre 1999, con la possibilità del loro riesame ai sensi sempre dell’art. 9, comma 4.

Tale periodo sembra finalizzato al “salvataggio” delle autorizzazioni uniche rilasciate per la costruzione e l’esercizio di nuovi impianti per la produzione di energia elettrica di potenza superiore a 300 MW termici previste dal comma 2 dell’articolo 1 del decreto legge 7 febbraio 2002, n. 7.


Articolo 18
(Disposizioni finali)

 

L’articolo riproduce, con alcune modifiche, le disposizioni recate dall’articolo 15 del decreto n. 372, ed introduce sei nuovi commi.

 

Il contenuto del comma 1 reca il medesimo contenuto del comma 2 dell’articolo 15 del decreto n. 372, ponendo a carico del gestore dell’impianto tutte le spese necessarie per l’istruttoria della domanda dell’AIA e per i successivi controlli previsti dall'articolo 11, comma 3, del decreto in esame.

 

Il comma 2, primo periodo, analogamente a quanto previsto dal comma 3 dell’articolo 15 del decreto n. 372, dispone che un decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela dei territorio, di concerto con i Ministri per le attività produttive e dell'economia e delle finanze, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, da emanare entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto, disciplini le modalità, anche contabili, e le tariffe da applicare in relazione alle istruttorie e ai controlli previsti dal presente decreto.

Rispetto al comma 3 dell’articolo 15 del decreto n. 372, viene aggiunta la determinazione, da parte del citato decreto ministeriale, dei compensi spettanti ai membri della commissione istruttoria istruttoria IPPC di  cui all'articolo 5, comma 9.

Il secondo periodo del comma 2 in esame, “anche nell'ottica di razionalizzare il quadro normativo riportando tutta la disciplina IPPC in un unico provvedimento”, riporta quanto già disposto dal comma 5 dell'art. 77 della legge 289 del 2002 (finanziaria 2003), specificando che gli oneri per l'istruttoria e per i controlli siano quantificati in relazione alla complessità delle attività svolte dall'autorità competente, sulla base dei numero e della tipologia delle emissioni e delle componenti ambientali interessate, nonché della eventuale presenza di sistemi di gestione registrati o certificati e delle spese di funzionamento della commissione istruttoria IPPC. Tali oneri, posti a carico del gestore, sono utilizzati esclusivamente per le predette spese.

Si rammenta, che il comma in esame omette, invece, le disposizioni contenute nell’ultimo periodo del comma 5 dell’art. 77 della legge n. 289 che dispone che tali oneri siano versati all’entrata del bilancio dello Stato e successivamente rassegnati, con un decreto del ministro dell’economia e delle finanze, ad apposita u.p.b. dello stato di previsione del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio. Viene precisato, infine, che tale assegnazione dovrà essere esclusivamente finalizzata al riutilizzo di dette somme per le spese inerenti le attività di istruttoria e controllo previste dai commi 3 e 4 dell’articolo in esame.

 

Il comma 3, introdotto dal decreto in esame, dispone che possono essere introdotte modifiche all'Allegato V, anche per assicurare il coordinamento tra le procedure di rilascio dell’AIA e quelle in materia di VIA, con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela dei territorio, di concerto con i Ministri delle attività produttive e della salute, d'intesa con la Conferenza permanente per ì rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano.

 

I commi 4 e 5 sono stati introdotti, secondo la relazione illustrativa, al fine di disciplinare la condivisione delle informazioni, nonché di allineare il decreto con quanto riportato al punto II. 5 delle linee guida generali stabilite nello schema di decreto, in via di perfezionamento[29], recante “Emanazione linee guida per l’individuazione e l’utilizzazione delle migliori tecniche disponibili per le attività elencate nell’allegato I del decreto legislativo 4 agosto 1999, n. 372”.

La relazione illustrativa al decreto in esame rammenta che il punto II. 5 dello schema di decreto stabilisce che: Alla luce delle norme in materia di trasparenza amministrativa, la individuazione delle MTD contenuta nella domanda di AIA e le verifiche condotte in sede autorizzativa devono essere basate su informazioni messe in comune tra Autorità competente e Gestore. In particolare, l'Autorità competente formulerà le proprie indicazioni autorizzative, anche al fine di tenere conto di particolari specifiche esigenze ambientali locali, sulla base di conoscenze in possesso della pubbliCa amministrazione. relative al contesto ambientale, rese accessibili al Gestore, tenuto conto delle informazioni fornite dal Gestore stesso relative allo stato del sito (così come definito dalla vigente normativa ambientale) e agli effetti significativi sul contesto ambientale.

 

Ai sensi del comma 4 le amministrazioni statali, gli enti territoriali e locali, gli enti pubblici, ivi compresi le università e gli istituti di ricerca, le società per azioni a prevalente partecipazione pubblica, comunicano alle autorità competenti un elenco dei piani e un riepilogo dei dati storici e conoscitivi dei territorio e dell'ambiente in loro possesso utili ai fini delle istruttorie per il rilascio di AIA, segnalando quelli riservati, e rendono disponibili tali dati alle stesse autorità competenti in forma riproducibile e senza altri oneri oltre quelli di copia, anche attraverso le procedure e gli standard di cui all'articolo 6-quater del decreto legge 12 ottobre 2000, n. 279[30]

Si ricorda che l’articolo 6-quater del decreto legge n. 279 del 2000 prevede che i dati ambientali e territoriali di interesse per le politiche e le attività relative all'assetto del territorio e alla difesa del suolo, in possesso di ciascuna amministrazione pubblica nazionale, regionale e locale, sono acquisiti e resi disponibili a tutte le amministrazioni, a cura del Ministero dell'ambiente, senza oneri ed in forma riproducibile, secondo gli standard definiti nell'ambito del sistema cartografico di riferimento, realizzato previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano

Il comma dispone, inoltre, che i dati relativi agli impianti di competenza statale sono comunicati attraverso l'istituendo Osservatorio IPPC ovvero, nelle more della sua attivazione, per il tramite dell'APAT, nell'ambito dei compiti istituzionali ad essa demandati.

 

Il comma 5 prevede che l'autorità competente renda accessibili ai gestori i dati storici e conoscitivi del territorio e dell'ambiente in proprio possesso, di interesse ai fini dell'applicazione del decreto, ove non ritenuti riservati, ed in particolare quelli di cui al comma 3, anche attraverso le procedure e gli standard di cui all'articolo 6-quater del decreto legge n. 279 del 2000. A tal fine l'autorità competente può avvalersi dell'istituendo Osservatorio IPPC.

 

Si osserva, al riguardo, che il riferimento ai dati contenuti al comma 3 contenuto nel comma in esame appare un mero errore testuale in quanto il comma contente alcuni dati sembra essere il comma 4.

Nel parere reso dalla Conferenza Stato-Regioni, al punto 22) dell’allegato B, si propone opportunamente di sostituire il riferimento al comma 3 con il comma 4 in quanto il comma 3 dispone in merito all’emanazione di un decreto ministeriale necessario per la modifica dell’allegato V.

 

Il comma 6 riproduce il contenuto del comma 4 dell'art. 77 della legge 289 del 2002 introducendo una disciplina specifica per le modalità di AIA per i casi in cui più impianti o parti di essi siano:

-          localizzati sullo stesso sito;

-          gestiti dal medesimo gestore;

-          soggetti ad AIA che deve essere rilasciata da più di una autorità competente.

Il comma demanda quindi il dettaglio di tale disciplina all’emanazione di un D.P.C.M. su proposta del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio, di concerto con il Ministro delle attività produttive.

 

Il comma 7 demanda ad un successivo decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela dei territorio, previa comunicazione ai Ministri delle attività produttive, della salute e delle politiche agricole, il recepimento di direttive tecniche di modifica degli allegati I, III e IV.

Nel caso in cui tali direttive tecniche prevedano poteri discrezionali per il proprio recepimento, il provvedimento è emanato, di concerto con i Ministri delle attività produttive, della salute e delle politiche agricole, a seconda dei rispettivi ambiti di competenza.

Nel parere reso dalla Conferenza Stato-Regioni, al punto 23) dell’allegato B, si propone di specificare ulteriormente che le direttive tecniche di modifica degli allegati I, III e IV siano quelle emanate dalla Commissione europea.

 

Il comma 8 prevede che dall'attuazione del decreto in esame non derivano ulteriori oneri a carico della finanza pubblica.

 

 

 


Articolo 19
(Abrogazioni)

 

L’articolo in esame dispone l’abrogazione e la sostituzione del decreto n. 372 con il decreto in esame (comma 1).

 

Viene disposta, inoltre, l’abrogazione delle seguenti disposizioni:

§         la lettera d) dell'art. 18, comma 2, della legge 23 marzo 2001, n. 93.

La relazione allo schema di decreto precisa, infatti, che tale abrogazione si rende necessaria in quanto la facoltà di sostituire l'AIA con autocertificazione resa all'autorità competente da parte delle imprese che hanno ottenuto la certificazione EMAS, non risulta conforme all'art. 2, punto 9) della direttiva 96/61/CE che prevede il rilascio di una autorizzazione all'esercizio dell'impianto avente forma scritta (comma 2);

§         i commi 3, 4 e 5 dell'art. 77 della legge 27 dicembre 2002, n. 289. Tali disposizioni sono, infatti, riproposte nel testo del decreto in esame (comma 3);

§         l'art. 9, del decreto legge 24 dicembre 2003, n .355[31] in quanto sostituito dai commi 18 e 19 dell’articolo 5 del decreto in esame (comma 4).

 

Nel parere reso dalla Conferenza Stato-Regioni, al punto 24) dell’allegato B, si propone l’inserimento di un nuovo comma 4-bis relativo all’abrogazione dei commi 1 e 4 dell’articolo 10 del decreto legislativo 13 gennaio 2003, n. 36 in materia di discariche.

 

Si ricorda che l’articolo 10 del decreto n. 36 del 2003 relativo al contenuto dell'autorizzazione necessaria per la costruzione e la gestione di una discarica prevede, al comma 1, che l’autorizzazione rilasciata ai sensi del decreto costituisce autorizzazione integrata all'impianto ai sensi del decreto legislativo 4 agosto 1999, n. 372, e successive modificazioni.

Il comma 4 dispone in merito alla trasmissione, per fini statistici, delle informazioni contenute nelle domande di autorizzazione accolte, da parte dell'ente competente per territorio all'APAT, che provvede a metterle a disposizione degli enti interessati.

 

Si osserva che tale abrogazione, proposta dalla Conferenza, non sembrerebbe necessaria, in quanto lo schema di decreto non riguarda tutte le discariche, ma solo quelle di cui al punto 5.4. dell’Allegato I. Le disposizioni del decreto legislativo n.36 del 2003 sembrano quindi doversi applicare a tutte le discariche non contemplate dallo schema di decreto.

 

Il comma 5 fa salvi gli effetti dei seguenti decreti del Ministro dell'ambiente e della tutela dei territorio attuativi del decreto n. 372:

§         il D.M. 29 maggio 2003 recante “Approvazione del formulario per la comunicazione relativa all'applicazione del decreto legislativo n. 372/1999, recante attuazione della direttiva 96/61/CE relativa alla prevenzione e riduzione integrate dell'inquinamento” che prevede l’obbligo di comunicazione triennale al Ministero dell’ambiente, da parte degli enti locali, delle autorizzazioni integrate ambientali rilasciate.

 

Si osserva che nel testo del decreto in esame si fa erroneamente riferimento al Decreto Ministeriale del 9 maggio 2003;

 

§         il D.M. 19 novembre 2002 “Istituzione della commissione di cui all'art. 3, comma 2, ultimo periodo, del decreto legislativo n. 372 del 1999” con la funzione di fornire il supporto tecnico per la definizione delle linee guida relativa all'individuazione, all'utilizzazione e all'aggiornamento delle MTD;

§         il D.M. 23 novembre 2001 Dati, formato e modalità della comunicazione di cui all'art. 10 comma 1, del decreto legislativo 4 agosto 1999, n. 372”, successivamente modificato dal D.M. 26 aprile 2002.

 

Vengono fatte salve, altresì, le disposizioni del D.P.C.M. 24 dicembre 2002 recante “Approvazione del nuovo modello unico di dichiarazione ambientale per l'anno 2003”, che ha previsto che la trasmissione di tale nuovo modello comporta l'adempimento dell'obbligo di trasmissione di cui all'art. 10, comma 1, del decreto legislativo 4 agosto 1999, n. 372 e la sua successiva modifica disposta con il D.P.C.M. 24 febbraio 2003.

 

L’ultima parte dell’articolo in esame - che potrebbe costituire un comma a sé e, per la precisione il comma 6 – dispone in merito alla pubblicazione del decreto.

 

 

 

 

 


Allegato I
(Categorie di attività industriali di cui all'articolo 1)

 

L’allegato I al presente decreto si discosta dal corrispondente allegato al decreto n. 372 unicamente per le seguenti modifiche:

§      al punto 4.1 Impianti chimici per la fabbricazione di prodotti chimici organici di base sono state inserite le lettere i) gomme sintetiche e j) sostanze coloranti e pigmenti al fine, dichiarato nella relazione illustrativa, di recepire la rettifica della direttiva 96/61/CE, pubblicata sulla G.U.C.E. 30 maggio 2002 n. L 140;

§      il punto 6.2 Impianti per il pretrattamento.(operazioni di lavaggio, imbianchimento, mercerizzazione) o la tintura di fibre o di tessili la cui capacità di trattamento supera le 10 tonnellate al giorno è stato modificato rispetto al corrispondente punto del decreto n. 372, con l'inserimento della chiusura di parentesi dopo la parola mercerizzazione, in linea con la versione inglese del testo della direttiva IPPC, al fine, dichiarato nella relazione illustrativa, di evitare possibili fraintendimenti per il campo di applicazione della direttiva stessa, in attesa di una rettifica della traduzione italiana da richiedere alla Commissione Europea.

 

Si ricorda che con la circolare 13 luglio 2004 il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio (Circolare interpretativa in materia di prevenzione e riduzione integrate dell'inquinamento, di cui al decreto legislativo 4 agosto 1999, n. 372, con particolare riferimento all'allegato I) ha cercato di fare chiarezza in merito all'applicazione delle categorie e delle soglie riportate nell’allegato I al decreto n. 372.

 


Allegato II
(Elenco delle autorizzazioni ambientali già in atto, da considerare sostituite dalla autorizzazione integrata ambientale)

 

L’allegato II provvede ad elencare (attuando il criterio di delega recato dalla lettera b) dell’art. 22 della legge comunitaria 2003[32]) le seguenti autorizzazioni ambientali, già in atto, da considerare sostituite dall’AIA:

1)      autorizzazione alle emissioni in atmosfera, fermi restando i profili concernenti aspetti sanitari (D.P.R. 24 maggio 1988, n. 203);

2)      autorizzazione allo scarico (D. Lgs. 11 maggio 1999, n. 152);

3)      autorizzazione alla realizzazione o modifica di impianti di smaltimento o recupero dei rifiuti (D. Lgs. 5 febbraio 1997, n. 22, art. 27);

4)      autorizzazione all’esercizio delle operazioni di smaltimento o recupero dei rifiuti (D. Lgs. 5 febbraio 1997, n. 22, art. 28);

5)      autorizzazione allo smaltimento degli apparecchi contenenti PCB-PCT (D. Lgs. 22 maggio 1999, n. 209, art. 7);

6)      autorizzazione alla raccolta ed eliminazione oli usati (D. Lgs. 27 gennaio 1992, n. 95, art. 5);

7)      autorizzazione all'utilizzo dei fanghi derivanti dal processo di depurazione in agricoltura (D. Lgs. 1992, n. 99, art. 9). Riguardo a tale autorizzazione nell’allegato viene specificato che tale attività non è di per sé soggetta al presente decreto, ma può essere oggetto di autorizzazione integrata ambientale nei casi sia tecnicamente connessa ad una attività di cui all'allegato I.

 

Tale elenco appare diverso rispetto a quello recato dall’allegato II al decreto n. 372, ove vengono elencate le direttive il cui recepimento ha dato luogo, nella normativa nazionale, a disposizioni relative ad autorizzazioni in materia di inquinamento atmosferico, idrico, acustico e del suolo, che si applicano agli impianti esistenti sino a quando il gestore si sia adeguato alle condizioni fissate nell'AIA.

 

Nell’allegato in esame, inoltre, viene ricordato quanto disposto dall’art. 5, comma 14 e cioè che il presente allegato è modificato con decreto dei Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio di concerto con i Ministri delle attività produttive e della salute.

Quanto alla procedura per modificare l’allegato II si fa notare che nel parere reso dalla Conferenza Stato-Regioni, al punto 7) dell’allegato B) viene proposto che l’emanazione del decreto interministeriale debba avvenire dopo aver sentito la Conferenza unificata.

 

Si fa notare che nel parere reso dalla Conferenza Stato-Regioni, al punto 25) dell’allegato B, si propone l’inserimento nell’elenco delle autorizzazioni sostituite, della comunicazione ex art. 33 del D.Lgs. 5 febbraio 1997, n. 22 per gli impianti non ricadenti nella categoria 5 (Gestione dei rifiuti) dell’Allegato I al presente decreto.

 

Si ricorda che l’art. 33, comma 1, del decreto legislativo n. 22 del 1997 prevede che “A condizione che siano rispettate le norme tecniche e le prescrizioni specifiche adottate ai sensi dei commi 1, 2 e 3 dell'articolo 31, l'esercizio delle operazioni di recupero dei rifiuti possono essere intraprese decorsi novanta giorni dalla comunicazione di inizio di attività alla Provincia territorialmente competente”. Il successivo comma 3 dispone, altresì, che “La Provincia iscrive in un apposito registro le imprese che effettuano la comunicazione di inizio di attività ed entro il termine di cui al comma 1 verifica d'ufficio la sussistenza dei presupposti e dei requisiti richiesti” ed inoltre, ai sensi del comma 4, “Qualora la Provincia accerti il mancato rispetto delle norme tecniche e delle condizioni di cui al comma 1 dispone con provvedimento motivato il divieto di inizio ovvero di prosecuzione dell'attività, salvo che l'interessato non provveda a conformare alla normativa vigente dette attività ed i suoi effetti entro il termine prefissato dall'amministrazione”. Il successivo comma5 dispone poi che tale comunicazione “deve essere rinnovata ogni 5 anni e comunque in caso di modifica sostanziale delle operazioni di recupero”.

 

In proposito si fa notare che l’aggiunta proposta non esaurisce comunque il novero delle vigenti autorizzazioni che l’AIA può sostituire. Per quanto riguarda l’esaustività dell’elenco recato dall’allegato in esame, si fa infatti notare che l’art. 5, comma 14, dispone che nell’allegato II sono riportate le autorizzazioni che “in ogni caso” sono sostituite dall’AIA.

Tale espressione deve indurre a ritenere l’elencazione non esaustiva.


Allegato III
(Elenco indicativo delle principali sostanze inquinanti di cui è obbligatorio tener conto se pertinenti per stabilire i valori limite di emissione)

 

L’allegato in esame riproduce fedelmente il corrispondente allegato al decreto n. 372.

 


Allegato IV
(Considerazioni da tenere presenti in generale o in un caso particolare nella determinazione delle migliori tecniche disponibili, secondo quanto definito all'art. 2, comma 13, tenuto conto dei costi e dei benefici che possono risultare da un'azione e del principio di precauzione e prevenzione)

 

L’allegato in esame riproduce fedelmente il corrispondente allegato al decreto n. 372.

 


Allegato V
(Categorie di impianti relativi alle attività industriali di cui all'allegato I, soggetti ad autorizzazione integrata ambientale statale)

 

Nell'allegato in esame sono individuate le tipologie di impianti soggette ad AIA statale. Le competenze dello Stato sono esercitate in relazione ai seguenti impianti che presentano un rilevante impatto ambientale e a quelli ad essi connessi, localizzati in uno stesso sito e gestiti dal medesimo gestore:

1)      raffinerie di petrolio greggio (escluse le imprese che producono soltanto lubrificanti dal petrolio greggio), nonché impianti di gassificazione e dì liquefazione di almeno 500 tonnellate (Gg) al giorno di carbone o di scisti bituminosi;

Si ricorda che tale disposizione riproduce la lettera a) dell’art. 1 del DPCM 10 agosto 1988 n. 377 recante “Regolamentazione delle pronunce di compatibilità ambientale di cui all'art. 6 della legge 8 luglio 1986, n. 349, recante istituzione del Ministero dell'ambiente e norme in materia di danno ambientale”. L’art. 1 di tale DPCM individua le opere sottoposte a VIA statale.

2)      centrali termiche ed altri impianti dì combustione con potenza termica di almeno 300 MW;

Si ricorda che tale disposizione riproduce la prima parte della lettera b) dell’art. 1 del DPCM n. 377 del 1988.

3)      acciaierie integrate di prima fusione della ghisa e dell'acciaio;

Si ricorda che tale disposizione riproduce la lettera d) dell’art. 1 del DPCM n. 377 del 1988.

4)      impianti chimici con capacità produttiva complessiva annua per classe di prodotto, espressa in milioni di chilogrammi, superiore alle soglie indicate in una apposita tabella contenuta nell’allegato;

Si ricorda che tale disposizione trova una qualche corrispondenza con quanto previsto dalla lettera f) dell’art. 1 del DPCM n. 377 del 1988.

5)      impianti funzionalmente connessi a uno degli impianti di cui ai punti precedenti, localizzati nel medesimo sito e gestiti dal medesimo gestore, che non svolgono attività di cui all'allegato I;

6)      altri impianti rientranti nelle categorie di cui all'allegato I localizzati interamente in mare o in un sito che si estende in più regioni.

 

Nella relazione illustrativa si evidenzia che il punto 6 “è stato inserito per il caso di impianti il cui impatto investe più regioni (art. 71, comma 1, lettera a), del D. Lgs. n. 112/98), per il caso di impianti le cui competenze in materia di VIA sono esercitate dallo Stato (art 71, comma 1, del D. Lgs. n. 112/98) e per i casi segnalati alla Direzione per la salvaguardia ambientale dì impianti IPPC posti su piattaforme off-shore in acque internazionali e sottoposti a giurisdizione dello Stato italiano. Per tali impianti, sembra debba riconoscersi una competenza amministrativa statale atteso che le competenza in materia di VIA sono esercitate dallo Stato”.

Si fa notare che tuttavia nel parere reso dalla Conferenza Stato-Regioni, al punto 26) dell’allegato B, si propone di escludere dall’allegato V gli impianti localizzati in un sito che si estende in più regioni.


Allegato VI
(Finalità dell'osservatorio IPPC di cui all'articolo 13 del presente decreto)

 

Si rinvia al commento dell’articolo 13.

 

 


Schema di D.Lgs. n. 431


Schema di decreto legislativo recante recepimento della direttiva 96/61/CE, relativa alla prevenzione e riduzione integrate dell’inquinamento.

 


Normativa nazionale


Cost. 27 dicembre 1947 (1).
Costituzione della Repubblica italiana. (artt. 76 e 87)

 

 

 

------------------------

(1) La Costituzione fu approvata dall'Assemblea Costituente il 22 dicembre 1947, promulgata dal Capo provvisorio dello Stato il 27 dicembre 1947, pubblicata nella Gazz. Uff. 27 dicembre 1947, n. 298, ediz. straord., ed entrò in vigore il 1 gennaio 1948. Vedi XVIII disp. trans. fin., comma primo.

 

(omissis)

 

76. L'esercizio della funzione legislativa non può essere delegato (73) al Governo se non con determinazione di principi e criteri direttivi e soltanto per tempo limitato e per oggetti definiti.

 

 

------------------------

(73) Vedi art. 72, comma quarto.

 

(omissis)

 

87. Il Presidente della Repubblica è il capo dello Stato e rappresenta l'unità nazionale.

 

Può inviare messaggi alle Camere (90).

Indice le elezioni delle nuove Camere e ne fissa la prima riunione (91).

Autorizza la presentazione alle Camere dei disegni di legge di iniziativa del Governo (92).

Promulga le leggi (93) ed emana i decreti aventi valore di legge (94) e i regolamenti.

Indice il referendum popolare nei casi previsti dalla Costituzione (95).

Nomina, nei casi indicati dalla legge, i funzionari dello Stato.

Accredita e riceve i rappresentanti diplomatici, ratifica i trattati internazionali, previa, quando occorra, l'autorizzazione delle Camere (96).

Ha il comando delle Forze armate, presiede il Consiglio supremo di difesa costituito secondo la legge, dichiara lo stato di guerra deliberato dalle Camere (97).

Presiede il Consiglio superiore della magistratura (98).

Può concedere grazia e commutare le pene.

Conferisce le onorificenze della Repubblica (98/a).

(omissis)

 

 

------------------------

(90) Vedi anche art. 74, comma primo.

(91) Vedi art. 61, comma primo.

(92) Vedi art. 71, comma primo.

(93) Vedi artt. 73, 74 e 138, comma secondo.

(94) Vedi artt. 76 e 77.

(95) Vedi artt. 75 e 138, comma secondo.

(96) Vedi art. 80.

(97) Vedi art. 78.

(98) Vedi art. 104, comma secondo.

(98/a) Con D.P.R. 9 ottobre 2000 (Gazz. Uff. 14 ottobre 2000, n. 241) è stato approvato il modello dello stendardo del Presidente della Repubblica.


R.D. 27-07-1934 n. 1265
Approvazione del testo unico delle leggi sanitarie (artt. 216 e 217)

 

 

(omissis)

Capo III - Delle lavorazioni insalubri (192).

 

216. Le manifatture o fabbriche che producono vapori, gas o altre esalazioni insalubri o che possono riuscire in altro modo pericolose alla salute degli abitanti sono indicate in un elenco diviso in due classi.

La prima classe comprende quelle che debbono essere isolate nelle campagne e tenute lontane dalle abitazioni; la seconda quelle che esigono speciali cautele per la incolumità del vicinato.

Questo elenco, compilato dal consiglio superiore di sanità, è approvato dal Ministro per l'interno, sentito il Ministro per le corporazioni, e serve di norma per l'esecuzione delle presenti disposizioni (193).

Le stesse norme stabilite per la formazione dell'elenco sono seguite per iscrivervi ogni altra fabbrica o manifattura che posteriormente sia riconosciuta insalubre.

Una industria o manifattura la quale sia inscritta nella prima classe, può essere permessa nell'abitato, quante volte l'industriale che l'esercita provi che, per l'introduzione di nuovi metodi o speciali cautele, il suo esercizio non reca nocumento alla salute del vicinato.

Chiunque intende attivare una fabbrica o manifattura compresa nel sopra indicato elenco, deve quindici giorni prima darne avviso per iscritto al podestà, il quale, quando lo ritenga necessario nell'interesse della salute pubblica, può vietarne l'attivazione o subordinarla a determinate cautele (194).

Il contravventore è punito con la sanzione amministrativa da lire 40.000 a lire 400.000 (194/a).

 

 

------------------------

(192) Cfr. gli artt. 93-94, R.D. 3 febbraio 1901, n. 45, riportato al n. B/I. Vedi, anche, gli artt. 64 e 65, R.D. 18 giugno 1931, n. 773, riportato alla voce Sicurezza pubblica.

(193) Vedi il D.M. 12 luglio 1912, riportato al n. D/I.

(194) Vedi anche gli artt. 101-105, R.D. 3 febbraio 1901, n. 45, riportato al n. B/I.

(194/a) La sanzione originaria dell'ammenda è stata sostituita, da ultimo, con la sanzione amministrativa dall'art. 32, L. 24 novembre 1981, n. 689, riportata alla voce Ordinamento giudiziario. L'importo della sanzione è stato così elevato dall'art. 3, L. 12 luglio 1961, n. 603, riportata alla voce Sanzioni pecuniarie in materia penale (Aumento delle), nonché dall'art. 114, primo comma, della citata L. 24 novembre 1981, n. 689, in relazione all'art. 113, primo comma, della stessa legge.

 

(omissis)

 

217. Quando vapori, gas o altre esalazioni, scoli di acque, rifiuti solidi o liquidi provenienti da manifatture o fabbriche, possono riuscire di pericolo o di danno per la salute pubblica, il podestà prescrive le norme da applicare per prevenire o impedire il danno e il pericolo e si assicura della loro esecuzione ed efficienza.

Nel caso di inadempimento il podestà può provvedere di ufficio nei modi e termini stabiliti nel testo unico della legge comunale e provinciale (195).

(omissis)

 

 

------------------------

(195) Vedi l'art. 153, R.D. 4 febbraio 1915, n. 148, riportato alla voce Comuni e province.


D.L. 04-12-1993 n. 496
Disposizioni urgenti sulla riorganizzazione dei controlli ambientali e istituzione della Agenzia nazionale per la protezione dell'ambiente. (art. 3)

 

 

----------------------------------------

Pubblicato nella Gazz. Uff. 4 dicembre 1993, n. 285 e convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, L. 21 gennaio 1994, n. 61 (Gazz. Uff. 27 gennaio 1994, n. 21). Il comma 2 dello stesso art. 1 ha, inoltre, disposto che restano validi gli atti ed i provvedimenti adottati e sono fatti salvi gli effetti prodottisi ed i rapporti giuridici sorti sulla base dei decreti-legge 4 agosto 1993, n. 274, e 2 ottobre 1993, n. 395, non convertiti in legge.

 

Il PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

 

Visti gli articoli 77 e 87 della Costituzione;

Considerato che, in esito al referendum popolare, sono state abrogate le disposizioni che affidavano alle unità sanitarie locali i controlli in materia ambientale;

Ritenuta la straordinaria necessità ed urgenza di emanare disposizioni per evitare soluzione di continuità in materia di controlli ambientali;

Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 3 dicembre 1993;

Sulla proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri e del Ministro dell'ambiente, di concerto con i Ministri del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, della sanità, per la funzione pubblica e per il coordinamento delle politiche comunitarie e gli affari regionali;

 

Emana il seguente decreto-legge:

 

(omissis)

 

03. Agenzie regionali e delle province autonome.

 

1. Per lo svolgimento delle attività di interesse regionale di cui all'articolo 01 e delle ulteriori attività tecniche di prevenzione, di vigilanza e di controllo ambientale, eventualmente individuate dalle regioni e dalle province autonome di Trento e di Bolzano, le medesime regioni e province autonome con proprie leggi, entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, istituiscono rispettivamente Agenzie regionali e provinciali, attribuendo ad esse o alle loro articolazioni territoriali le funzioni, il personale, i beni mobili e immobili, le attrezzature e la dotazione finanziaria dei presìdi multizonali di prevenzione, nonché il personale, l'attrezzatura e la dotazione finanziaria dei servizi delle unità sanitarie locali adibiti alle attività di cui all'articolo 01. Le Agenzie regionali e provinciali hanno autonomia tecnico-giuridica, amministrativa, contabile e sono poste sotto la vigilanza della presidenza della giunta provinciale o regionale.

2. Le Agenzie sono istituite senza oneri aggiuntivi per le regioni, utilizzando, oltre al personale di cui al comma 1, personale già in organico presso di esse o presso enti finanziati con risorse regionali. Corrispondentemente sono ridotti gli organici regionali, i relativi oneri e i trasferimenti destinati agli enti finanziati con risorse regionali da cui provenga il personale dell'Agenzia. Deve essere condotta una ricognizione, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, che sulla base di parametri quali la densità di popolazione, la densità di sorgenti inquinanti, la presenza di recettori particolarmente sensibili, la densità di attività produttive ed agricole, permetta di definire gli obiettivi del controllo ambientale per l'area di competenza delle Agenzie regionali e di strutturare su di essi la dotazione organica, strumentale, finanziaria delle Agenzie regionali e delle loro articolazioni.

3. Al fine di assicurare efficacia e indirizzi omogenei all'attività di prevenzione, di vigilanza e di controllo ambientali, nonché di coordinamento con l'attività di prevenzione sanitaria, le Agenzie sono organizzate in settori tecnici corrispondenti alle principali aree di intervento e articolate in dipartimenti provinciali o subprovinciali e in servizi territoriali.

4. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, con le leggi di cui al comma l, provvedono a definire l'organizzazione nonché la dotazione tecnica e di personale e le risorse finanziarie delle Agenzie, con l'osservanza, per quanto riguarda l'aspetto sanitario, delle disposizioni contenute nell'articolo 7 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 (6), e successive modificazioni, per le parti non in contrasto con il decreto del Presidente della Repubblica 5 giugno 1993, n. 177. Esse stabiliscono le modalità di consulenza e di supporto all'azione delle province, dei comuni e delle comunità montane, dei dipartimenti e dei servizi territoriali dell'Agenzia e fissano le modalità di integrazione e di coordinamento che evitino sovrapposizioni di funzioni e di attività con i servizi delle unità sanitarie locali.

5. Le agenzie di cui al presente articolo collaborano con l'Agenzia nazionale per la protezione dell'ambiente di cui all'articolo 1, cui prestano, su richiesta, supporto tecnico in attuazione delle convenzioni di cui al comma 3 del medesimo articolo 1. In attesa dell'attuazione delle disposizioni di cui all'articolo 45, comma 3, del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29 (7), al personale delle Agenzie di cui al presente articolo è confermato il trattamento giuridico ed economico in godimento.

6. Le agenzie regionali per lo svolgimento delle proprie attività istituzionali si avvalgono delle sezioni regionali dell'Albo di cui all'articolo 10 del decreto-legge 31 agosto 1987, n. 361 (8), convertito, con modificazioni, dalla legge 29 ottobre 1987, n. 441. I rapporti fra le Agenzie e le sezioni regionali del predetto Albo sono regolati dall'accordo di programma di cui al comma 6 dell'articolo 1 del presente decreto (9).

 

(omissis)

 

------------------------

(6) Riportato alla voce Sanità pubblica.

(7) Riportato alla voce Impiegati civili dello Stato.

(8) Riportato alla voce Rifiuti solidi urbani.

(9) Articolo premesso all'art. 1, dalla legge di conversione 21 gennaio 1994, n. 61.

 

 


L. 8 luglio 1986, n. 349 (1).
Istituzione del Ministero dell'ambiente e norme in materia di danno ambientale (1/circ). (art. 6)

 

 

 

------------------------

(1) Pubblicata nella Gazz. Uff. 15 luglio 1986, n. 162, S.O.

(1/circ) Con riferimento al presente provvedimento sono state emanate le seguenti istruzioni:

- Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio: Circ. 25 novembre 2002;

- Ministero dell'ambiente: Circ. 7 ottobre 1996, n. GAB/96/15208; Circ. 8 ottobre 1996, n. GAB/96/15326; Circ. 7 ottobre 1996, n. GAB/96/15208; Circ. 8 ottobre 1996, n. GAB/96/15326;

- Ministero della pubblica istruzione: Circ. 17 dicembre 1996, n. 752;

- Ministero delle finanze: Circ. 24 luglio 1996, n. 190/E;

- Ministero per i beni culturali e ambientali: Circ. 29 novembre 1996, n. 142.

 

(omissis)

 

6. 1. Entro sei mesi dall'entrata in vigore della presente legge il Governo presenta al Parlamento il disegno di legge relativo all'attuazione delle direttive comunitarie in materia di impatto ambientale.

2. In attesa dell'attuazione legislativa delle direttive comunitarie in materia di impatto ambientale, le norme tecniche e le categorie di opere in grado di produrre rilevanti modificazioni dell'ambiente ed alle quali si applicano le disposizioni di cui ai successivi commi 3, 4 e 5, sono individuate con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, adottata su proposta del Ministro dell'ambiente, sentito il Comitato scientifico di cui al successivo articolo 11, conformemente alla direttiva n. 85/337 del 27 giugno 1985 del Consiglio delle Comunità europee (13/b).

3. I progetti delle opere di cui al precedente comma 2 sono comunicati, prima della loro approvazione, al Ministro dell'ambiente, al Ministro per i beni culturali e ambientali e alla regione territorialmente interessata, ai fini della valutazione dell'impatto sull'ambiente. La comunicazione contiene l'indicazione della localizzazione dell'intervento, la specificazione dei rifiuti liquidi e solidi, delle emissioni ed immissioni inquinanti nell'atmosfera e delle emissioni sonore prodotte dall'opera, la descrizione dei dispositivi di eliminazione o recupero dei danni all'ambiente ed i piani di prevenzione dei danni all'ambiente e di monitoraggio ambientale. L'annuncio dell'avvenuta comunicazione deve essere pubblicato, a cura del committente, sul quotidiano più diffuso nella regione territorialmente interessata, nonché su un quotidiano a diffusione nazionale.

4. Il Ministro dell'ambiente, sentita la regione interessata, di concerto con il Ministro per i beni culturali e ambientali, si pronuncia sulla compatibilità ambientale nei successivi novanta giorni (13/c), decorsi i quali la procedura di approvazione del progetto riprende il suo corso, salvo proroga deliberata dal Consiglio dei ministri in casi di particolare rilevanza. Per le opere incidenti su aree sottoposte a vincolo di tutela culturale o paesaggistica il Ministro dell'ambiente provvede di concerto con il Ministro per i beni culturali e ambientali.

5. Ove il Ministro competente alla realizzazione dell'opera non ritenga di uniformarsi alla valutazione del Ministero dell'ambiente, la questione è rimessa al Consiglio dei ministri.

6. Qualora, nell'esecuzione delle opere di cui al comma 3, il Ministro dell'ambiente ravvisi comportamenti contrastanti con il parere sulla compatibilità ambientale espresso ai sensi del comma 4, o comunque tali da compromettere fondamentali esigenze di equilibrio ecologico e ambientale, ordina la sospensione dei lavori e rimette la questione al Consiglio dei ministri.

7. Restano ferme le attribuzioni del Ministro per i beni culturali e ambientali nelle materie di sua competenza.

8. Il Ministro per i beni culturali e ambientali nel caso previsto dall'articolo 1-bis, comma 2, del decreto-legge 27 giugno 1985, n. 312 (14), convertito, con modificazioni, nella legge 8 agosto 1985, n. 431, esercita i poteri di cui agli articoli 4 e 82 del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616 (14/a), di concerto con il Ministro dell'ambiente.

9. Qualsiasi cittadino, in conformità delle leggi vigenti, può presentare, in forma scritta, al Ministero dell'ambiente, al Ministero per i beni culturali e ambientali e alla regione interessata istanze, osservazioni o pareri sull'opera soggetta a valutazione di impatto ambientale, nel termine di trenta giorni (14/b) dall'annuncio della comunicazione del progetto.

 

 

------------------------

(13/b) Vedi il D.P.C.M. 10 agosto 1988, n. 377, riportato al n. VI.

(13/c) Termine prorogato al 30 giugno 1998 dall'art. 1, D.P.R. 7 agosto 1997, per la valutazione di impatto ambientale relativa al progetto delle opere mobili di bocche di porto della laguna di Venezia.

(14) Riportato alla voce Bellezze naturali.

(14/a) Riportato alla voce Regioni.

(14/b) Termine prorogato al 31 dicembre 1997 dall'art. 1, D.P.R. 7 agosto 1997, per la valutazione di impatto ambientale relativa al progetto delle opere mobili di bocche di porto della laguna di Venezia.

(omissis)

 


L. 23 agosto 1988, n. 400 (1).
Disciplina dell'attività di Governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri (1/a) (1/circ). (art. 17)

 

 

 

------------------------

(1) Pubblicata nella Gazz. Uff. 12 settembre 1988, n. 214, S.O.

(1/a) Vedi, anche, il D.Lgs. 30 luglio 1999, n. 303.

(1/circ) Con riferimento al presente provvedimento sono state emanate le seguenti circolari:

- I.N.P.S. (Istituto nazionale previdenza sociale): Circ. 23 gennaio 1997, n. 13; Circ. 6 aprile 1998, n. 76;

- Ministero dei trasporti e della navigazione: Circ. 18 novembre 1996, n. 7;

- Ministero del lavoro e della previdenza sociale: Circ. 21 novembre 1996, n. 5/27319/70/OR;

- Ministero del tesoro: Circ. 6 agosto 1998, n. 70;

- Ministero delle finanze: Circ. 9 maggio 1996, n. 111/E; Circ. 13 agosto 1996, n. 199/E; Circ. 16 settembre 1996, n. 225/E; Circ. 31 dicembre 1996, n. 307/E; Circ. 28 maggio 1998, n. 134/E; Circ. 4 giugno 1998, n. 141/E; Circ. 26 giugno 1998, n. 168/E; Circ. 27 agosto 1998, n. 209/E;

- Ministero per i beni culturali e ambientali: Circ. 4 ottobre 1996, n. 117;

- Ministero della pubblica istruzione: Circ. 3 aprile 1996, n. 135; Circ. 3 aprile 1996, n. 133; Circ. 17 aprile 1996, n. 147; Circ. 3 ottobre 1996, n. 627; Circ. 17 ottobre 1996, n. 654; Circ. 16 dicembre 1996, n. 750; Circ. 19 febbraio 1998, n. 60;

- Presidenza del Consiglio dei Ministri: Circ. 27 marzo 1997, n. 62; Circ. 3 giugno 1997, n. 117; Circ. 18 giugno 1997, n. 116; Circ. 5 gennaio 1998, n. DIE/ARE/1/51; Circ. 30 gennaio 1998, n. DIE/ARE/1/452; Circ. 16 febbraio 1998, n. DIE/ARE/1/687; Circ. 5 marzo 1998, n. DIE/ARE/1/994; Circ. 5 marzo 1998, n. DIE/ARE/1/995; Circ. 12 marzo 1998, n. AGP/2/584/SF.49.2/CH; Circ. 19 marzo 1998, n. DIE/ARE/1/12.03; Circ. 14 maggio 1998, n. DIE/ARE/1/1942; Circ. 24 agosto 1998, n. DIE/ARE/1/3124; Circ. 25 settembre 1998, n. DIE/ARE/1/3484; Circ. 17 giugno 1998, n. AGP/1/2/2154/98/AR2.1; Circ. 5 maggio 1988, n. AGP/1/2/1531/98/AR.2.1; Circ. 2 maggio 2001, n. 1/1.1.26/10888/9.92;

- Presidenza del Consiglio dei Ministri: Dipartimento per gli affari giuridici e legislativi: Circ. 17 febbraio 1999, n. DAGL041290/10.3.1;

- Presidenza del Consiglio dei Ministri: Dipartimento per la funzione pubblica e gli affari regionali: Circ. 27 novembre 1995, n. 22/95; Circ. 16 maggio 1996, n. 30692; Circ. 12 dicembre 1996, n. 610.

 

(omissis)

 

17. Regolamenti.

 

1. Con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, sentito il parere del Consiglio di Stato che deve pronunziarsi entro novanta giorni dalla richiesta, possono essere emanati regolamenti per disciplinare:

a) l'esecuzione delle leggi e dei decreti legislativi, nonché dei regolamenti comunitari (7/a);

b) l'attuazione e l'integrazione delle leggi e dei decreti legislativi recanti norme di principio, esclusi quelli relativi a materie riservate alla competenza regionale;

c) le materie in cui manchi la disciplina da parte di leggi o di atti aventi forza di legge, sempre che non si tratti di materie comunque riservate alla legge;

d) l'organizzazione ed il funzionamento delle amministrazioni pubbliche secondo le disposizioni dettate dalla legge;

e) [l'organizzazione del lavoro ed i rapporti di lavoro dei pubblici dipendenti in base agli accordi sindacali] (7/b).

2. Con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, sentito il Consiglio di Stato, sono emanati i regolamenti per la disciplina delle materie, non coperte da riserva assoluta di legge prevista dalla Costituzione, per le quali le leggi della Repubblica, autorizzando l'esercizio della potestà regolamentare del Governo, determinano le norme generali regolatrici della materia e dispongono l'abrogazione delle norme vigenti, con effetto dall'entrata in vigore delle norme regolamentari.

3. Con decreto ministeriale possono essere adottati regolamenti nelle materie di competenza del ministro o di autorità sottordinate al ministro, quando la legge espressamente conferisca tale potere. Tali regolamenti, per materie di competenza di più ministri, possono essere adottati con decreti interministeriali, ferma restando la necessità di apposita autorizzazione da parte della legge. I regolamenti ministeriali ed interministeriali non possono dettare norme contrarie a quelle dei regolamenti emanati dal Governo. Essi debbono essere comunicati al Presidente del Consiglio dei ministri prima della loro emanazione.

4. I regolamenti di cui al comma 1 ed i regolamenti ministeriali ed interministeriali, che devono recare la denominazione di «regolamento», sono adottati previo parere del Consiglio di Stato, sottoposti al visto ed alla registrazione della Corte dei conti e pubblicati nella Gazzetta Ufficiale.

4-bis. L'organizzazione e la disciplina degli uffici dei Ministeri sono determinate, con regolamenti emanati ai sensi del comma 2, su proposta del Ministro competente d'intesa con il Presidente del Consiglio dei ministri e con il Ministro del tesoro, nel rispetto dei princìpi posti dal decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, e successive modificazioni, con i contenuti e con l'osservanza dei criteri che seguono:

a) riordino degli uffici di diretta collaborazione con i Ministri ed i Sottosegretari di Stato, stabilendo che tali uffici hanno esclusive competenze di supporto dell'organo di direzione politica e di raccordo tra questo e l'amministrazione;

b) individuazione degli uffici di livello dirigenziale generale, centrali e periferici, mediante diversificazione tra strutture con funzioni finali e con funzioni strumentali e loro organizzazione per funzioni omogenee e secondo criteri di flessibilità eliminando le duplicazioni funzionali;

c) previsione di strumenti di verifica periodica dell'organizzazione e dei risultati;

d) indicazione e revisione periodica della consistenza delle piante organiche;

e) previsione di decreti ministeriali di natura non regolamentare per la definizione dei compiti delle unità dirigenziali nell'ambito degli uffici dirigenziali generali (7/c).

 

 

------------------------

(7/a) Lettera così modificata dall'art. 11, L. 5 febbraio 1999, n. 25, riportata alla voce Comunità europee.

(7/b) Lettera abrogata dall'art. 74, D.Lgs. 3 febbraio 1993, n. 29, e dall'art. 72, D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165.

(7/c) Comma aggiunto dall'art. 13, L. 15 marzo 1997, n. 59, riportata al n. LXXXVII.

 

(omissis)

 

 


D.P.C.M. 10 agosto 1988, n. 377 (1).
Regolamentazione delle pronunce di compatibilità ambientale di cui all'art. 6 della legge 8 luglio 1986, n. 349, recante istituzione del Ministero dell'ambiente e norme in materia di danno ambientale (2) (1/circ). (art. 1)

 

 

 

------------------------

(1) Pubblicato nella Gazz. Uff. 31 agosto 1988, n. 204.

(2) Vedi, anche, la Dir.P.C.M. 4 agosto 1999.

(1/circ) Con riferimento al presente provvedimento sono state emanate le seguenti circolari:

- Ministero dell'ambiente: Circ. 7 ottobre 1996, n. GAB/96/15208;

- Ministero dell'ambiente: Circ. 8 ottobre 1996, n. GAB/96/15326.

 

 

1. Categorie di opere.

 

1. Sono sottoposti alla procedura di valutazione di cui all'art. 6 della legge 8 luglio 1986, n. 349, i progetti delle opere rientranti nelle seguenti categorie (2/a):

a) raffinerie di petrolio greggio (escluse le imprese che producono soltanto lubrificanti dal petrolio greggio), nonché impianti di gassificazione e di liquefazione di almeno 500 t al giorno di carbone o di scisti bituminosi;

b) centrali termiche ed altri impianti di combustione con potenza termica di almeno 300 MW, nonché centrali nucleari e altri reattori nucleari (esclusi gli impianti di ricerca per la produzione e la lavorazione delle materie fissili e fertili, la cui potenza massima non supera 1 KW di durata permanente termica);

c) impianti destinati esclusivamente allo stoccaggio definitivo o all'eliminazione definitiva dei residui radioattivi;

d) acciaierie integrate di prima fusione della ghisa e dell'acciaio;

e) impianti per l'estrazione di amianto, nonché per il trattamento e la trasformazione dell'amianto e dei prodotti contenenti amianto: per i prodotti di amianto-cemento, una produzione annua di oltre 20.000 t di prodotti finiti; per le guarnizioni da attrito, una produzione annua di oltre 50 t di prodotti finiti e, per gli altri impieghi dell'amianto, un'utilizzazione annua di oltre 200 t;

f) impianti chimici integrati, ossia impianti per la produzione su scala industriale, mediante processi di trasformazione chimica di sostanze, in cui si trovano affiancate varie unità produttive funzionalmente connesse tra di loro: per la fabbricazione di prodotti chimici organici di base; per la fabbricazione di prodotti chimici inorganici di base; per la fabbricazione di fertilizzanti a base di fosforo, azoto, potassio (fertilizzanti semplici o composti); per la fabbricazione di prodotti di base fitosanitari e di biocidi; per la fabbricazione di prodotti farmaceutici di base mediante procedimento chimico o biologico; per la fabbricazione di esplosivi (3);

g) tronchi ferroviari per il traffico a grande distanza nonché aeroporti con piste di atterraggio superiori a 1.500 m di lunghezza; autostrade e strade riservate alla circolazione automobilistica o tratti di esse, accessibili solo attraverso svincoli o intersezioni controllate e sulle quali sono vietati tra l'altro l'arresto e la sosta di autoveicoli; strade extraurbane, o tratti di esse, a quattro o più corsie o raddrizzamento e/o allargamento di strade esistenti a due corsie al massimo per renderle a quattro o più corsie (3);

h) porti commerciali marittimi, nonché vie navigabili e porti per la navigazione interna accessibili a battelli con stazza superiore a 1350 t;

i) impianti di eliminazione dei rifiuti tossici e nocivi mediante incenerimento, trattamento chimico o stoccaggio a terra;

l) impianti destinati a trattenere, regolare o accumulare le acque in modo durevole, di altezza superiore a 15 m o che determinano un volume d'invaso superiore ad 1.000.000 mc, nonché impianti destinati a trattenere, regolare o accumulare le acque a fini energetici in modo durevole, di altezza superiore a 10 m o che determinano un volume d'invaso superiore a 100.000 mc (3);

m) elettrodotti aerei esterni per il trasporto di energia elettrica con tensione nominale di esercizio superiore a 150 kV e con tracciato di lunghezza superiore a 15 km (3/a);

n) oleodotti e gasdotti di lunghezza superiore a 40 km e diametro superiore o uguale a 800 mm, esclusi quelli disciplinati dal decreto del Presidente della Repubblica 18 aprile 1994, n. 526 (3/b);

o) stoccaggio di prodotti chimici, petrolchimici con capacità complessiva superiore a 80.000 mc; stoccaggio superficiale di gas naturali con una capacità complessiva superiore a 80.000 mc; stoccaggio di prodotti di gas di petrolio liquefatto con capacità complessiva superiore a 40.000 mc; stoccaggio di prodotti petroliferi liquidi di capacità complessiva superiore a 80.000 mc (3/b);

p) impianti termoelettrici con potenza elettrica complessiva superiore a 50 MW con esclusione di quelli con potenza termica fino a 300 MW di cui agli accordi di programma previsti dall'art. 22, comma 11, del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22 (3/b);

q) impianti per la produzione dell'energia idroelettrica con potenza di concessione superiore a 30 MW incluse le dighe ed invasi direttamente asserviti (3/b);

r) stoccaggio di prodotti combustibili solidi con capacità complessiva superiore a 150.000 t (3/b);

s) impianti di gassificazione e liquefazione (3/b);

t) impianti destinati: al ritrattamento di combustibili nucleari irradiati; alla produzione o all'arricchimento di combustibili nucleari; al trattamento di combustibile nucleare irradiato o residui altamente radioattivi; esclusivamente allo stoccaggio (previsto per più di dieci anni) di combustibile nucleare irradiato o residui radioattivi in un sito diverso da quello di produzione o l'arricchimento di combustibili nucleari irradiati, per la raccolta e il trattamento di residui radioattivi (3/b);

u) attività minerarie per la ricerca, la coltivazione ed il trattamento minerallurgico delle sostanze minerali di miniera ai sensi dell'art. 2, comma 2, del regio decreto 29 luglio 1927, n. 1443, e successive modifiche, ivi comprese le pertinenziali discariche di residui derivanti dalle medesime attività ed alle relative lavorazioni, i cui lavori interessino direttamente aree di superficie complessiva superiore a 20 ettari (3/b).

2. La medesima procedura si applica anche agli interventi su opere già esistenti, non rientranti nelle categorie del comma 1, qualora da tali interventi derivi un'opera che rientra nelle categorie stesse; si applica altresì agli interventi su opere già esistenti rientranti nelle categorie del comma 1 qualora da tali interventi derivi un'opera con caratteristiche sostanzialmente diverse dalla precedente, con esclusione, comunque, dei ripristini e delle terze corsie autostradali aggiuntive che siano richieste da esigenze relative alla sicurezza del traffico o al mantenimento del livello di esercizio.

3. Il comma 2 non si applica ad eventuali interventi di risanamento ambientale di centrali termoelettriche esistenti, anche accompagnati da interventi di ripotenziamento, da cui derivi un miglioramento dello stato di qualità dell'ambiente connesso alla riduzione delle emissioni.

4. Per agevolare l'applicazione dei commi 2 e 3 il Ministro dell'ambiente convoca apposite riunioni di coordinamento con il Ministero per i beni culturali e ambientali e con le amministrazioni interessate all'esecuzione delle opere di cui al presente articolo, ai fini di individuare anticipatamente, sulla base dei programmi delle amministrazioni interessate, i casi di esclusione dalla procedura ai sensi dei citati commi.

5. Le disposizioni del presente articolo non si applicano alle opere destinate alla difesa nazionale.

5-bis. Con successivo provvedimento sono individuate le caratteristiche tecniche delle opere e degli impianti di cui al comma 1, cui non si applica la procedura prevista dall'art. 6 della legge 8 luglio 1986, n. 349, in quanto hanno esclusivamente o essenzialmente lo scopo di sviluppare e provare nuovi metodi o prodotti, salvo che se ne preveda l'utilizzazione per più di un anno (3/c).

 

(omissis)

 

------------------------

(2/a) Vedi, anche, l'art. 77, comma 3, L. 27 dicembre 2002, n. 289.

(3) Lettera così sostituita dall'art. 1, D.P.R. 11 febbraio 1998, riportato al n. LXVI.

(3/a) Lettera aggiunta dall'art. 2, D.P.R. 27 aprile 1992 (Gazz. Uff. 22 agosto 1992, n. 197), entrato in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione. L'art. 5 dello stesso decreto ha, inoltre, così disposto:

«Art. 5. 1. La disciplina di cui al presente decreto non si applica agli impianti per i quali alla data di entrata in vigore del presente decreto sia stata conclusa la procedura di cui all'art. 81 del D.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, ancorché in attesa del definitivo decreto di autorizzazione da parte del Ministro dei lavori pubblici».

(3/b) Lettera aggiunta dall'art. 1, D.P.R. 11 febbraio 1998, riportato al n. LXVI.

(3/c) Comma aggiunto dall'art. 1, D.P.R. 11 febbraio 1998, riportato al n. LXVI.


D.P.R. 24 maggio 1988, n. 203 (1).
Attuazione delle direttive CEE numeri 80/779, 82/884, 84/360 e 85/203 concernenti norme in materia di qualità dell'aria, relativamente a specifici agenti inquinanti, e di inquinamento prodotto dagli impianti industriali, ai sensi dell'art. 15 della L. 16 aprile 1987, n. 183 (2).

 

 

 

------------------------

(1) Pubblicato nella Gazz. Uff. 16 giugno 1988, n. 140, S.O.

(2) Vedi, anche, l'atto di indirizzo e coordinamento disposto con D.P.C.M. 21 luglio 1989, il D.P.R. 9 maggio 1994, n. 608 con le relative tabelle annesse e il D.L. 29 agosto 2003, n. 239.

 

IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

 

Visti gli articoli 76 e 87 della Costituzione;

Vista la legge 16 aprile 1987, n. 183, concernente il coordinamento delle politiche comunitarie riguardanti l'appartenenza dell'Italia alle Comunità europee e l'adeguamento dell'ordinamento interno agli atti normativi comunitari;

Viste le direttive CEE numeri 80/779, 82/884, 84/360 e 85/203 concernenti norme in materia di qualità dell'aria, relativamente a specifici agenti inquinanti, e di inquinamento prodotto dagli impianti industriali, tutte indicate nell'elenco C allegato alla legge 16 aprile 1987, n. 183;

Considerato che in data 6 maggio 1988, ai termini dell'art. 15 della citata legge 16 aprile 1987, n. 183, che delega il Governo ad emanare norme attuative delle direttive indicate nel predetto elenco C è stato inviato lo schema del presente provvedimento ai Presidenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica per gli adempimenti ivi previsti;

Acquisito il parere delle competenti commissioni della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica;

Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 20 maggio 1988;

Sulla proposta del Ministro per il coordinamento delle politiche comunitarie, di concerto con i Ministri degli affari esteri, di grazia e giustizia, del tesoro, dell'industria, del commercio e dell'artigianato, della sanità, dell'ambiente e per gli affari regionali ed i problemi istituzionali;

 

Emana il seguente decreto:

 

1. 1. Il presente decreto detta norme per la tutela della qualità dell'aria ai fini della protezione della salute e dell'ambiente su tutto il territorio nazionale.

2. Sono sottoposti alla disciplina del presente decreto:

a) tutti gli impianti che possono dar luogo ad emissione nell'atmosfera;

b) le caratteristiche merceologiche dei combustibili ed il loro impiego;

c) i valori limite ed i valori guida per gli inquinanti dell'aria nell'ambiente esterno ed i relativi metodi di campionamento, analisi e valutazione;

d) i limiti delle emissioni inquinanti ed i relativi metodi di campionamento, analisi e valutazione.

 

 

2. Ai fini del presente decreto si intende per:

 

1. Inquinamento atmosferico: ogni modificazione della normale composizione o stato fisico dell'aria atmosferica, dovuta alla presenza nella stessa di uno o più sostanze in quantità e con caratteristiche tali da alterare le normali condizioni ambientali e di salubrità dell'aria; da costituire pericolo ovvero pregiudizio diretto o indiretto per la salute dell'uomo; da compromettere le attività ricreative e gli altri usi legittimi dell'ambiente; alterare le risorse biologiche e gli ecosistemi ed i beni materiali pubblici e privati.

2. Valori limite di qualità dell'aria: limiti massimi di accettabilità delle concentrazioni e limiti massimi di esposizione relativi ad inquinanti nell'ambiente esterno.

3. Valori guida di qualità dell'aria: limiti delle concentrazioni e limiti di esposizione relativi ad inquinamenti nell'ambiente esterno destinati:

a) alla prevenzione a lungo termine in materia di salute e protezione dell'ambiente;

b) a costituire parametri di riferimento per l'istituzione di zone specifiche di protezione ambientale per le quali è necessaria una particolare tutela della qualità dell'aria.

4. Emissione: qualsiasi sostanza solida, liquida o gassosa introdotta nell'atmosfera, proveniente da un impianto, che possa produrre inquinamento atmosferico.

5. Linee guida per il contenimento delle emissioni: criteri in linea con l'evoluzione tecnica messi a punto relativamente a settori industriali contenenti indicazioni su:

a) cicli tecnologici;

b) migliore tecnologia disponibile relativamente ai sistemi del contenimento delle emissioni;

c) fattori di emissione con e senza l'applicazione della migliore tecnologia disponibile per il contenimento delle emissioni.

Sulla base dei predetti criteri sono individuati i valori minimi e massimi di emissione.

6. Fattore di emissione: la quantità di sostanza inquinante emessa riferita al processo produttivo considerato nella sua globalità e nelle sue fasi tecnologiche; si esprime in termine di massa inquinante emessa, rapportata alla massa di prodotto o materia prima impiegata, o comunque ad altri parametri idonei a rappresentare il settore produttivo in esame.

7. Migliore tecnologia disponibile: sistema tecnologico adeguatamente verificato e sperimentato che consente il contenimento e/o la riduzione delle emissioni a livelli accettabili per la protezione della salute e dell'ambiente, sempreché l'applicazione di tali misure non comporti costi eccessivi.

8. Valore limite di emissione: la concentrazione e/o la massa di sostanze inquinanti nella emissione degli impianti in un dato intervallo di tempo che non devono essere superate.

9. Impianto: lo stabilimento o altro impianto fisso che serva per usi industriali o di pubblica utilità e possa provocare inquinamento atmosferico, ad esclusione di quelli destinati alla difesa nazionale.

10. Impianto esistente: un impianto che sia in funzione, costruito ovvero autorizzato prima della data di entrata in vigore del presente decreto.

3. 1. Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell'ambiente, di concerto con i Ministri della sanità e dell'industria, del commercio e dell'artigianato, sono fissati ed aggiornati i valori limite ed i valori guida di qualità dell'aria, validi su tutto il territorio nazionale (3).

2. Con decreto del Ministro dell'ambiente, di concerto con i Ministri della sanità e dell'industria, del commercio e dell'artigianato, sentita la conferenza dei presidenti delle giunte regionali, sono fissati ed aggiornati:

a) le linee guida per il contenimento delle emissioni, nonché i valori minimi e massimi di emissione;

b) i metodi di campionamento, analisi e valutazione degli inquinanti e dei combustibili;

c) i criteri per l'utilizzazione delle migliori tecnologie disponibili;

d) i criteri temporali per l'adeguamento progressivo degli impianti esistenti alla normativa del presente decreto (4).

3. Fino alle date che saranno indicate nei decreti di cui ai commi 1 e 2, si applicano le disposizioni del presente decreto e del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri in data 28 marzo 1983, pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 145 del 28 maggio 1983.

4. Il Ministro dell'ambiente, di concerto con il Ministro della sanità, provvede:

a) a predisporre, entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, i criteri per l'elaborazione dei piani regionali per il risanamento e la tutela della qualità dell'aria, tenuto conto delle esperienze regionali già acquisite (3);

b) a redigere il piano nazionale di tutela della qualità dell'aria sulla base dei piani regionali, previa verifica della loro compatibilità (3);

c) ad individuare, sentite le regioni interessate, zone a carattere interregionale nelle quali, per la presenza di un maggior inquinamento atmosferico o per le loro caratteristiche paesaggistiche ambientali, sono stabiliti valori limite delle emissioni o valori limite di qualità dell'aria più restrittivi;

d) a predisporre i criteri per la raccolta dei dati inerenti la qualità dell'aria, da effettuare con i sistemi di rilevamento regionali, nonché una relazione annuale sullo stato della qualità dell'aria formulata sulla base delle relazioni e dei dati forniti dalle regioni (3);

e) a predisporre i criteri per l'inventario nazionale delle fonti di emissione e al suo periodico aggiornamento sulla base dei dati forniti dalle regioni.

 

 

------------------------

(3) L'art. 13, D.Lgs. 4 agosto 1999, n. 351, ha abrogato l'art. 3, commi 1 e 4, lettere a), b) e d), limitatamente alla predisposizione dei criteri per la raccolta dei dati inerenti la qualità dell'aria.

(4) Vedi, anche, l'art. 6, D.L. 30 giugno 1989, n. 245, riportato alla voce Termini di prescrizione e decadenza (Sospensione di). In attuazione di quanto disposto dal presente comma vedi il D.M. 25 febbraio 2000, n. 124 e il D.M. 16 gennaio 2004, n. 44.

 

 

4. 1. Fatte salve le competenze dello Stato, la tutela dell'ambiente dall'inquinamento atmosferico spetta alle regioni, che la esercitano nell'ambito dei principi contenuti nel presente decreto e delle altre leggi dello Stato. In particolare è di competenza delle regioni:

a) la formulazione dei piani di rilevamento, prevenzione, conservazione e risanamento del proprio territorio, nel rispetto dei valori limite di qualità dell'aria;

b) la fissazione di valori limite di qualità dell'aria, compresi tra i valori limite e i valori guida ove determinati dallo Stato, nell'ambito dei piani di conservazione per zone specifiche nelle quali ritengono necessario limitare o prevenire un aumento dell'inquinamento dell'aria derivante da sviluppi urbani o industriali;

c) la fissazione dei valori di qualità dell'aria coincidenti o compresi nei valori guida, ovvero ad essi inferiori, nell'ambito dei piani di protezione ambientale per zone determinate, nelle quali è necessario assicurare una speciale protezione dell'ambiente;

d) la fissazione dei valori delle emissioni di impianti, sulla base della migliore tecnologia disponibile e tenendo conto delle linee guida fissate dallo Stato e dei relativi valori di emissione. In assenza di determinazioni regionali, non deve comunque essere superato il più elevato dei valori di emissione definiti nelle linee guida, fatti salvi i poteri sostitutivi degli organi statali;

e) la fissazione per zone particolarmente inquinate o per specifiche esigenze di tutela ambientale, nell'ambito dei piani di cui al punto a), di valori limite delle emissioni più restrittivi dei valori minimi di emissione definiti nelle linee guida, nonché per talune categorie di impianti la determinazione di particolari condizioni di costruzione o di esercizio;

f) l'indirizzo ed il coordinamento dei sistemi di controllo e di rilevazione degli inquinanti atmosferici e l'organizzazione dell'inventario regionale delle emissioni;

g) la predisposizione di relazioni annuali sulla qualità dell'aria da trasmettere ai Ministeri dell'ambiente e della sanità, per i fini indicati all'art. 3, comma 4, lettera d).

5. 1. È di competenza delle province la redazione e tenuta dell'inventario provinciale delle emissioni atmosferiche, redatto sulla base dei criteri individuati dalle autorità statali competenti ed attuato secondo le indicazioni organizzative della regione.

6. 1. In attesa di una riforma organica delle competenze per il rilascio delle autorizzazioni da parte dello Stato, delle regioni e degli enti locali, e fatte salve le attuali competenze in materia, per la costruzione di un nuovo impianto deve essere presentata domanda di autorizzazione alla regione o alla provincia autonoma competente, corredata dal progetto nel quale sono comunque indicati il ciclo produttivo, le tecnologie adottate per prevenire l'inquinamento, la quantità e la qualità delle emissioni, nonché il termine per la messa a regime degli impianti (4/a).

2. Copia della domanda di cui al comma 1 deve essere trasmessa al Ministro dell'ambiente, nonché allegata alla domanda di concessione edilizia rivolta al sindaco.

 

------------------------

(4/a) In deroga a quanto disposto dal presente comma vedi il comma 12 dell'art. 52, L. 28 dicembre 2001, n. 448.

 

 

7. 1. Ai fini del rilascio dell'autorizzazione la regione accerta:

a) che siano previste tutte le misure appropriate di prevenzione dell'inquinamento atmosferico;

b) che l'impianto progettato non comporti emissioni superiori ai limiti consentiti.

2. La regione si pronuncia sulla domanda, sentito il comune o i comuni ove è localizzato l'impianto, entro sessanta giorni dalla presentazione della domanda stessa, ovvero, nel caso in cui ritenga di invitare il richiedente ad apportare modifiche al progetto, entro trenta giorni dalla presentazione di dette modifiche; decorsi inutilmente tali termini, l'interessato, entro i successivi sessanta giorni, ha facoltà di richiedere al Ministro dell'ambiente di provvedere sulla domanda, notificando tale istanza alla regione. Il Ministro dell'ambiente, di concerto con i Ministri della sanità e dell'industria, del commercio e dell'artigianato, provvede entro i successivi trenta giorni.

3. L'autorizzazione stabilisce, in ogni caso, la quantità e la qualità delle emissioni misurate secondo le metodologie prescritte, nonché il termine per la messa a regime degli impianti.

4. Il sindaco è tenuto ad esprimere il parere entro quarantacinque giorni dalla richiesta della regione.

5. La regione, contestualmente al rilascio del provvedimento autorizzatorio, comunica alle autorità competenti e all'impresa la periodicità e la tipologia dei controlli comunque necessari.

8. 1. L'impresa, almeno quindici giorni prima di dare inizio alla messa in esercizio degli impianti, ne dà comunicazione alla regione e al sindaco del comune o dei comuni interessati.

2. Entro quindici giorni dalla data fissata per la messa a regime degli impianti, l'impresa comunica alla regione e ai comuni interessati i dati relativi alle emissioni effettuate da tale data per un periodo continuativo di dieci giorni.

3. Entro centoventi giorni dalla data indicata per la messa a regime dell'impianto, la regione deve accertare la regolarità delle misure e dei dispositivi di prevenzione dell'inquinamento, nonché il rispetto dei valori limite. Ove accerti che le emissioni superino i limiti indicati nell'autorizzazione, prescrive le misure necessarie per riportare le emissioni, entro un termine prefissato, nei limiti prescritti.

9. 1. L'autorità competente per il controllo è autorizzata ad effettuare all'interno degli impianti tutte le ispezioni che ritenga necessarie per l'accertamento delle condizioni che danno luogo alla formazione delle emissioni.

10. 1. In caso di inosservanza delle prescrizioni autorizzatorie, l'autorità regionale competente procede secondo la gravità delle infrazioni:

a) alla diffida, assegnando un termine entro il quale devono essere eliminate le irregolarità;

b) alla diffida e contestuale sospensione della attività autorizzata per un tempo determinato, ove si manifestino situazioni di pericolo per la salute e/o per l'ambiente;

c) alla revoca dell'autorizzazione e alla chiusura dell'impianto, in caso di mancato adeguamento alle prescrizioni imposte con la diffida e in caso di reiterate violazioni che determinino situazioni di pericolo e di danno per la salute e/o per l'ambiente.

11. 1. Le prescrizioni dell'autorizzazione possono essere modificate in seguito all'evoluzione della migliore tecnologia disponibile, nonché alla evoluzione della situazione ambientale.

12. 1. Per gli impianti esistenti deve essere presentata domanda di autorizzazione alla regione o alla provincia autonoma competente entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto, corredata da una relazione tecnica contenente la descrizione del ciclo produttivo, le tecnologie adottate per prevenire l'inquinamento, la quantità e la qualità delle emissioni, nonché un progetto di adeguamento delle emissioni redatto sulla base dei parametri indicati nell'art. 13, comma 1 (5).

 

 

------------------------

(5) Per la proroga di 30 giorni del termine, vedi l'art. 6, D.L. 30 giugno 1989, n. 245, riportato alla voce Termini di prescrizione e decadenza (Sospensione di).

 

 

13. 1. La regione, tenuto conto, oltre che dello stato dell'ambiente atmosferico e dei piani di risanamento, anche delle caratteristiche tecniche degli impianti, del tasso di utilizzazione e della durata della vita residua degli impianti, della qualità e quantità delle sostanze inquinanti contenute nelle emissioni, degli oneri economici derivanti dall'applicazione della migliore tecnologia disponibile, autorizza in via provvisoria la continuazione delle emissioni stabilendo le prescrizioni sui tempi e modi di adeguamento.

2. L'autorità competente provvede sulla domanda nel termine di centoventi giorni dalla data di ricevimento della medesima.

3. Decorso inutilmente il termine di cui al comma 2, salve le responsabilità delle autorità competenti, l'impresa è comunque tenuta a realizzare il progetto di adeguamento nei termini e nei modi indicati nella domanda e a rispettare il più elevato dei valori di emissione definito nelle linee guida di cui all'art. 3, comma 2, ovvero i valori limite fissati dalle regioni (6).

4. L'autorizzazione definitiva è concessa previo accertamento dell'osservanza delle prescrizioni contenute nell'autorizzazione provvisoria, ovvero nell'ipotesi di cui al comma 3, salve le prescrizioni integrative, previo accertamento della realizzazione del progetto di adeguamento delle emissioni presentato dall'impresa a corredo della domanda di autorizzazione.

5. Sino alla data del rilascio dell'autorizzazione definitiva devono essere adottate tutte le misure necessarie ad evitare un peggioramento, anche temporaneo, delle emissioni.

 

 

------------------------

(6) Per la proroga di 30 giorni del termine, vedi l'art. 6, D.L. 30 giugno 1989, n. 245, riportato alla voce Termini di prescrizione e decadenza (Sospensione di).

 

 

14. 1. Le disposizioni di cui agli articoli 9, 10 e 11 si applicano anche agli impianti esistenti.

2. L'autorità competente esercita i poteri di cui all'art. 10, anche nei casi di inosservanza degli obblighi di cui all'art. 13, comma 3.

15. 1. Sono sottoposte a preventiva autorizzazione:

a) la modifica sostanziale dell'impianto che comporti variazioni qualitative e/o quantitative delle emissioni inquinanti;

b) il trasferimento dell'impianto in altra località (6/a).

 

 

------------------------

(6/a) In deroga a quanto disposto dal presente comma vedi il comma 12 dell'art. 52, L. 28 dicembre 2001, n. 448.

 

 

16. 1. Entro tre mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto sono stabiliti, ai sensi dell'art. 2, comma 2, della legge 8 luglio 1986, n. 349, le caratteristiche dei combustibili destinati ad essere utilizzati negli impianti in relazione alle finalità e ai contenuti del presente decreto.

17. 1. L'art. 6 non si applica alle centrali termoelettriche e alle raffinerie di olii minerali.

2. Le autorizzazioni di competenza del Ministro della industria, del commercio e dell'artigianato, previste dalle disposizioni vigenti per la costruzione e l'esercizio degli impianti di cui al comma 1, sono rilasciate previo parere favorevole dei Ministri dell'ambiente e della sanità, sentita la regione interessata. Dopo l'approvazione del piano energetico nazionale, per le centrali di nuova installazione saranno applicate, anche in deroga alle disposizioni del presente decreto, le procedure definite nell'ambito del piano medesimo (7).

3. Il parere di cui al comma 2 è comunicato alla regione e al sindaco del comune interessato.

4. Le misure previste dall'art. 8, comma 3, secondo periodo, e dell'art. 10 sono adottate, a seguito di rapporto della regione, dal Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato, in conformità alla proposta del Ministro dell'ambiente, di concerto con il Ministro della sanità.

5. Con la procedura prevista dal comma 4 sono adottati i provvedimenti previsti dall'art. 13, commi 1, 2 e 4 (8).

 

 

------------------------

(7) Vedi, anche, l'art. 14, D.P.R. 18 aprile 1994, n. 420, riportato alla voce Oli minerali e carburanti.

(8) Vedi, anche, il D.P.R. 11 febbraio 1998, n. 53, riportato alla voce Ente nazionale per l'energia elettrica (E.N.E.L.).

 

 

18. 1. Le domande di autorizzazione ed i provvedimenti delle competenti autorità sono messi a disposizione del pubblico, ai sensi dell'art. 14, comma 3, della legge 8 luglio 1986, n. 349.

19. 1. L'approvazione dei progetti di impianti industriali e le autorizzazioni all'esercizio degli impianti stessi, previsti dal decreto del Presidente della Repubblica 15 aprile 1971, n. 322, sono sostituite dalle autorizzazioni stabilite dal presente decreto.

20. 1. La tabella A dell'allegato I al decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri in data 28 marzo 1983, è modificata, per quanto riguarda il biossido di zolfo ed il biossido di azoto, dalla tabella di cui all'allegato I, che si applica su tutto il territorio nazionale (9).

 

 

------------------------

(9) Per l'abrogazione degli artt. 20, 21, 22 e 23, vedi l'art. 13, D.Lgs. 4 agosto 1999, n. 351 e l'art. 40, D.M. 2 aprile 2002, n. 60.

 

 

21. 1. Per i fini indicati nel presente decreto, sono fissati i valori guida di qualità dell'aria per il biossido di zolfo, le particelle sospese ed il biossido di azoto riportati nell'allegato II (9).

 

 

------------------------

(9) Per l'abrogazione degli artt. 20, 21, 22 e 23, vedi l'art. 13, D.Lgs. 4 agosto 1999, n. 351 e l'art. 40, D.M. 2 aprile 2002, n. 60.

 

 

22. 1. I metodi di prelievo ed analisi degli inquinanti dell'aria contenuti nell'allegato II al decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri in data 28 marzo 1983, relativi alla determinazione delle concentrazioni del biossido di zolfo, appendice 3, e del biossido di azoto, appendice 4, sono, rispettivamente, sostituiti dai metodi riportati nelle appendici 3 e 4 dell'allegato III.

2. Ai metodi di prelievo ed analisi degli inquinanti dell'aria contenuti nell'allegato II al decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri in data 28 marzo 1983, è aggiunta l'appendice 12 concernente il metodo per la determinazione dell'indice di fumo nero riportato nell'allegato III.

3. I metodi di prelievo ed analisi degli inquinanti dell'aria contenuti nell'allegato II al decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri in data 28 marzo 1983, relativi alla determinazione del materiale particellare in sospensione nell'aria, appendice 2, ed alla determinazione del piombo, appendice 5, sono modificati ed integrati dall'allegato IV (9).

 

 

------------------------

(9) Per l'abrogazione degli artt. 20, 21, 22 e 23, vedi l'art. 13, D.Lgs. 4 agosto 1999, n. 351 e l'art. 40, D.M. 2 aprile 2002, n. 60.

 

 

23. 1. Ai fini di verificare la corrispondenza di dati rilevati con il metodo gravimetrico e con il metodo dei fumi neri per la determinazione delle concentrazioni di particelle sospese nell'aria, le regioni devono effettuare, in una serie di stazioni rappresentative, misurazioni parallele con i due metodi e trasmettere i risultati, ogni sei mesi, ai Ministeri dell'ambiente e della sanità (9).

 

 

------------------------

(9) Per l'abrogazione degli artt. 20, 21, 22 e 23, vedi l'art. 13, D.Lgs. 4 agosto 1999, n. 351 e l'art. 40, D.M. 2 aprile 2002, n. 60.

 

 

24. 1. Chi inizia la costruzione di un nuovo impianto senza l'autorizzazione, ovvero ne continua l'esercizio con autorizzazione sospesa, rifiutata, revocata, ovvero dopo l'ordine di chiusura dell'impianto, è punito con la pena dell'arresto da due mesi a due anni e dell'ammenda da lire cinquecentomila a lire due milioni (10).

2. Chi attiva l'esercizio di un nuovo impianto senza averne dato, nel termine prescritto, comunicazione preventiva alle autorità competenti è punito con l'arresto sino ad un anno o con l'ammenda sino a due milioni.

3. Chi omette di comunicare alla regione, nel termine con riferimento al periodo prescritto, i dati relativi alle emissioni, effettuate a partire dalla data di messa a regime degli impianti, è punito con l'arresto sino a sei mesi o con l'ammenda sino a due milioni.

4. Chi, nell'esercizio di un nuovo impianto, non osserva le prescrizioni dell'autorizzazione o quelle imposte dalla autorità competente nell'ambito dei poteri ad essa spettanti, è punito con l'arresto sino ad un anno o con l'ammenda sino a lire due milioni.

5. Alla pena prevista dal comma 4 soggiace chi nell'esercizio di un nuovo impianto non rispetta i valori limite di emissione stabiliti direttamente dalla normativa statale e regionale.

6. Nei casi previsti dai commi 4 e 5 si applica sempre la pena dell'arresto sino ad un anno se il superamento dei valori limite di emissione determina il superamento dei valori limite di qualità dell'aria (10/a).

 

 

------------------------

(10) Con sentenza 19 giugno-15 luglio 1997, n. 234 (Gazz. Uff. 23 luglio 1997, n. 30 - Serie speciale), la Corte costituzionale ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 24, comma 1, nella parte in cui stabilisce, per le violazioni ivi previste e punite, «la pena dell'arresto da due mesi a due anni e dell'ammenda da lire cinquecentomila a lire due milioni» anziché «la pena dell'arresto da due mesi a due anni o dell'ammenda da lire cinquecentomila a lire due milioni». Con la stessa sentenza, la Corte ha anche dichiarato, ai sensi dell'art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87, l'illegittimità costituzionale dell'art. 25, comma 5, nella parte in cui stabilisce, per le violazioni ivi previste e punite, «la pena dell'arresto da due mesi a due anni e dell'ammenda da lire cinquecentomila a lire due milioni» anziché «la pena dell'arresto da due mesi a due anni o dell'ammenda da lire cinquecentomila a lire due milioni».

(10/a) In deroga a quanto disposto dal presente comma vedi il comma 12 dell'art. 52, L. 28 dicembre 2001, n. 448.

 

 

25. 1. Chi, esercitando un impianto esistente, non presenta alle autorità competenti, ai sensi dell'art. 12, la domanda di autorizzazione nel termine prescritto, è punito con l'arresto fino a due anni o con l'ammenda da lire cinquecentomila a lire due milioni.

2. Chi, nel caso previsto dal comma 1, non osserva le prescrizioni dell'autorizzazione o quelle imposte dalla autorità competente nell'àmbito dei poteri ad essa spettanti, ovvero non realizza il progetto di adeguamento delle emissioni nei tempi e nei modi indicati nella domanda di autorizzazione, è punito con l'arresto sino ad un anno o con l'ammenda sino a lire due milioni.

3. Alla pena prevista dal comma 2 soggiace chi nell'esercizio di un impianto esistente non rispetta i valori di emissione stabiliti direttamente dalla normativa statale o regionale.

4. Nei casi previsti dai commi 2 e 3 si applica sempre la pena dell'arresto sino ad un anno se il superamento dei valori limite di emissione determina il superamento dei valori limite di qualità dell'aria.

5. È sottoposto alla pena dell'arresto da due mesi a due anni e dell'ammenda da lire cinquecentomila a due milioni chi continua l'esercizio dell'impianto esistente con autorizzazione sospesa, rifiutata, revocata, ovvero dopo l'ordine di chiusura dell'impianto (10).

6. Chi esegue la modifica o il trasferimento dell'impianto senza l'autorizzazione prescritta dall'art. 13 è punito, nel primo caso, con l'arresto sino a sei mesi o con l'ammenda sino a lire due milioni, e, nel secondo, con l'arresto sino a due anni o con l'ammenda da lire cinquecentomila a lire due milioni (11).

7. Chi contravviene all'obbligo previsto nel comma 5 dell'art. 13 è punito con la pena dell'arresto sino ad un anno o dell'ammenda sino a lire due milioni.

 

 

------------------------

(10) Con sentenza 19 giugno-15 luglio 1997, n. 234 (Gazz. Uff. 23 luglio 1997, n. 30 - Serie speciale), la Corte costituzionale ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 24, comma 1, nella parte in cui stabilisce, per le violazioni ivi previste e punite, «la pena dell'arresto da due mesi a due anni e dell'ammenda da lire cinquecentomila a lire due milioni» anziché «la pena dell'arresto da due mesi a due anni o dell'ammenda da lire cinquecentomila a lire due milioni». Con la stessa sentenza, la Corte ha anche dichiarato, ai sensi dell'art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87, l'illegittimità costituzionale dell'art. 25, comma 5, nella parte in cui stabilisce, per le violazioni ivi previste e punite, «la pena dell'arresto da due mesi a due anni e dell'ammenda da lire cinquecentomila a lire due milioni» anziché «la pena dell'arresto da due mesi a due anni o dell'ammenda da lire cinquecentomila a lire due milioni».

(11) La Corte costituzionale, con sentenza 13-22 aprile 1992, n. 185 (Gazz. Uff. 29 aprile 1992, n. 18 - Serie speciale), ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 25, sesto comma, relativamente a specifici agenti inquinanti, e all'inquinamento prodotto dagli impianti industriali, ai sensi dell'art. 15 della legge 16 aprile 1987, numero 183, nella parte in cui fa riferimento alla «autorizzazione prescritta dall'art. 13» anziché alla «autorizzazione prescritta dall'art. 15».

 

 

26. 1. I titolari degli impianti che non utilizzano i combustibili conformi alle prescrizioni che saranno adottate ai sensi dell'art. 16 sono puniti con l'arresto sino a due anni o con l'ammenda da lire cinquecentomila a lire due milioni.

 

 


Allegato I (12)

 

VALORI LIMITE DI QUALITÀ DELL'ARIA

Inquinante

Valori limite

Periodo di riferimento

Biossido di zolfo SO2

Mediana delle concentrazioni medie di 24 ore nell'arco di un anno: 80 µg/m3

1° aprile-31 marzo

Idem

98° percentile delle concentrazioni medie di 24 ore rilevate nell'arco di 1 anno: 250 µg/m3 [*]

1° aprile-31 marzo

Idem

Mediana delle concentrazioni medie di 24 ore rilevate durante l'inverno: 130 µg/m3

1° ottobre-31 marzo

Biossido di azoto NO2

98° percentile delle concentrazioni medie di 1 ora rilevate durante l'anno: 200 µg/m3 [*]

1° gennaio - 31 dicembre

 

 

 

 

 

__________

[*] Si devono prendere tutte le misure atte ad evitare il superamento di questo valore per più di tre giorni consecutivi; inoltre si deve cercare di prevenire e ridurre detti superamenti. 

 

NOTA 1

 

Per il riconoscimento della validità del calcolo del 98° percentile, è necessario che il 75° dei valori possibili sia disponibile ed uniformemente ripartito, se possibile, sull'intero anno considerato per il luogo di misurazione preso in esame.

 

Se, per certi luoghi, i valori misurati non fossero disponibili per un periodo superiore a 10 giorni, lo si dovrà precisare nell'indicare il percentile calcolato. Il calcolo del 98° percentile in base ai valori rilevati durante l'anno va eseguito a partire dai valori effettivamente misurati.

 

I valori misurati vengono arrotondati al µg/m3 più vicino. Tutti i valori sono riportati in un elenco compilato in ordine crescente per ogni luogo:

 

 

X1  X2  X3......KK  X......XN-1  XN

 

 

Il 98° percentile è il valore dell'elemento di ordine K per quale K viene calcolato mediante la seguente formula:

 

K = (q × N)

 

dove q è uguale a 0,98 per il 98° percentile e a 0,50 per il 50° percentile, N essendo il numero dei valori effettivamente misurati.

Il valore di (q × N) viene arrotondato al numero intero più vicino.

Qualora gli strumenti di misura non permettano ancora di fornire valori discreti ma forniscano solo classi di valori superiori a 1 × 30 µg/m3 si utilizzerà per il calcolo del percentile una interpolazione, a condizione che la formula di interpolazione sia accettata dalla Commissione delle C.E. e che le classi di valori non siano superiori a 10 × 30 µg/m3.

Questa deroga temporanea è valida solo per gli strumenti attualmente installati, per una durata non superiore alla durata di vita delle attrezzature in questione, ed è in ogni caso limitata al 31 marzo 1995.

 

NOTA 2

1. La misurazione delle concentrazioni di biossido di azoto nell'ambiente ha lo scopo di valutare nel modo più caratteristico possibile il rilascio individuale per quanto concerne l'esposizione al di là del valore limite; i punti di misurazione dovrebbero pertanto essere scelti, possibilmente, tra i luoghi in cui tale rischio può essere il più elevato.

A tal fine vanno presi in considerazione due casi distinti:

1.1. Le aree prevalentemente soggette all'inquinamento dovuto agli autoveicoli e quindi limitate alle vicinanze di strade con intensa circolazione;

1.2. Le aree più estese in cui gli scarichi provenienti da fonti fisse costituiscono a loro volta in maniera sostanziale all'inquinamento.

2. Nel caso 1.1, i punti di misurazione dovrebbero venire scelti:

in modo da coprire gli esempi dei principali tipi di aree prevalentemente influenzate dall'inquinamento dovuto agli autoveicoli, soprattutto le strade anguste, con intensa circolazione e i principali incroci;

in modo da essere, per quanto possibile, quelli in cui le concentrazioni in biossido di azoto, quali sono specificate al punto 1, sono considerate tra le più elevate.

3. Nel fissare il numero di stazioni da installare per quanto riguarda le aree determinate al punto 12 si deve tenere conto:

dell'estensione dell'area inquinata;

dell'eterogeneità della distribuzione dell'inquinamento nello spazio.

La scelta dei luoghi non dovrebbe escludere le strade anguste con intensa circolazione e i principali incroci quali sono definiti al punto 2, qualora vi sia un rischio di superamento del valore limite dovuto ad un inquinamento sostanziale proveniente da fonti fisse di combustione.

4. La lettura finale degli strumenti deve rendere possibile il calcolo della media oraria.

 

 

------------------------

(12) Per l'abrogazione dell'allegato I vedi l'art. 13, D.Lgs. 4 agosto 1999, n. 351 e l'art. 40, D.M. 2 aprile 2002, n. 60.

 

 


Allegato II (13)

 

 

VALORI GUIDA DI QUALITÀ DELL'ARIA

Inquinante

Valore guida

Periodo di riferimento

Biossido di zolfo SO2

Media aritmetica delle concentrazioni medie di 24 ore rilevate nell'arco di 1 anno: 40 µg/m3

1° aprile/31 marzo

Idem

Valore medio delle 24 ore: da 100 a 150 µg/m3

dalle 00 alle 24 di ciascun giorno

Biossido di azoto NO2

50° percentile delle concentrazioni medie di 1 ora rilevate durante l'anno: 50 µg/m3

1° aprile/31 dicembre

Idem

98° percentile delle concentrazioni medie di 1 ora rilevate durante l'anno: 135 µg/m3

1° gennaio/31 dicembre

Particelle sospese (misurate con il metodo dei fumi neri)

Media aritmetica delle concentrazioni medie di 24 ore rilevate nell'arco di 1 anno: da 40 a 60 µg fumo nero equivalente/m3

1° aprile/31 marzo

Idem

Valore medio delle 24 ore: da l00 a 150 µg fumo nero equivalente/m3

dalle 00 alle 24 di ciascun giorno

 

 

Anche per i valori guida valgono le note 1 e 2 dell'allegato I.

 

 

------------------------

(13) Per l'abrogazione dell'allegato II vedi l'art. 13, D.Lgs. 4 agosto 1999, n. 351 e l'art. 40, D.M. 2 aprile 2002, n. 60.

 


Allegato III (14)

 

 

Metodi di prelievo e di analisi degli inquinanti dell'aria

 

 

------------------------

(14) Sostituisce le appendici 3 e 4 ed aggiunge l'appendice 12 all'allegato II al D.P.C.M. 28 marzo 1983 (Gazz. Uff. 28 maggio 1983, n. 145, S.O.). Per l'abrogazione del presente allegato III vedi l'art. 13, D.Lgs. 4 agosto 1999, n. 351 e l'art. 40, D.M. 2 aprile 2002, n. 60.

 

 


Allegato IV (15)

 

 

Modifiche ed integrazioni ai metodi di prelievo e di analisi degli inquinanti dell'aria riportati nelle appendici 2 e 5 del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 28 marzo 1983

 

A. Determinazione del piombo

 

1. Filtro.

Il filtro deve avere un'efficacia di raccolta non inferiore al 99% per tutte le particelle di diametro aerodinamico medio di 0,3 µm alla velocità nominale usata nel campionamento.

 

2. Efficienza del campionatore.

L'efficienza del campionatore è determinata dal rapporto tra la concentrazione in massa di particelle nell'aria raccolta dal filtro e la concentrazione nell'atmosfera. L'efficienza di un campionatore non dev'essere inferiore ai valori indicati nella seguente tabella e deve essere indipendente alla direzione del vento.

Efficienze minime accettabili (%) per un campionatore:

 

 

Velocità del vento

Dimensioni delle particelle

(diametro aerodinamico)

 

5 µm

10 µm

2ms - 1

95

65

4ms - 1

95

60

6ms - 1

85

40

 

 

3. Flusso di aspirazione del campionamento.

 

Il flusso di aspirazione del campionamento dev'essere mantenuto costante per tutto il periodo di campionamento entro i limiti di 5% del valore nominale.

 

4. Ubicazione.

 

Le stazioni di campionamento (o campionatori) devono essere collocate, per quanto possibile, in modo tale da essere rappresentative delle zone in cui vanno effettuate le misurazioni.

 

5. Funzionamento.

 

Il campionamento deve essere ininterrotto, anche se sono consentite pause quotidiane o settimanali di pochi minuti per permettere il cambio dei filtri. Un valore medio annuo calcolato è valido soltanto se saranno stati effettuati campionamenti per un minimo di quindici giorni lavorativi in ciascun mese, nella misura del possibile ripartiti in maniera equa sul periodo esaminato. Il valore annuo è calcolato dividendo la somma dei valori giornalieri validi per il numero dei giorni durante i quali sono stati ottenuti valori validi.

 

6. Metodo di analisi di riferimento.

 

Il metodo di analisi di riferimento è la spettrometria per assorbimento atomico in cui l'errore analitico della determinazione del piombo nelle particelle raccolte sia inferiore ad un valore equivalente di una concentrazione atmosferica di 0,1 µg m3 di piombo (5% del valore limite di 2 µg m3). Questo errore analitico dovrebbe essere mantenuto nell'ambito della gamma specificata da una frequenza di calibrazione appropriata.

 

B. Determinazione del materiale particellare in sospensione nell'aria

 

Metodo di campionamento.

 

1. Le particelle in sospensione vengono raccolte su un filtro a membrana o in fibra di vetro.

2. L'apparecchiatura di campionamento consta di:

un filtro,

un supporto di filtrazione,

una pompa,

un contatore volumetrico.

3. L'apparecchiatura di campionamento non comprende alcun sistema di frazionamento delle particelle.

4. La durata del campionamento è di 24 ore.

5. Il filtro deve essere protetto dalla sedimentazione diretta delle particelle e dall'influsso diretto delle condizioni atmosferiche.

6. L'efficienza dei filtri deve essere superiore al 99% per le particelle aventi un diametro aerodinamico di 0,3 m.

7. La velocità dell'aria alla superficie del filtro deve essere compresa fra 33 e 55 cm/sec. La diminuzione della velocità nel periodo di campionamento non deve essere superiore al 5% se si utilizzano filtri in fibra di vetro e al 25% se si utilizzano filtri a membrana.

8. Il numero di campionamenti durante l'anno è di almeno 100, ripartiti uniformemente durante

tale periodo.

 

Metodo di analisi.

 

a. L'analisi è fatta per pesata.

b.1. I filtri a membrana devono essere condizionati, prima e dopo il campionamento, mantenendoli per almeno due ore a una temperatura costante compresa fra 90 e 100 °C e mettendoli poi per altre due ore in un essicatore, prima di procedere alla pesata.

b.2. I filtri di fibra di vetro devono essere condizionati, prima e dopo il campionamento, mantenendoli per 24 ore in un'atmosfera controllata a una temperatura di 20 °C, con un'umidità relativa del 50%, prima di procedere alla pesata.

 

 

------------------------

(15) Per l'abrogazione dell'allegato IV vedi l'art. 13, D.Lgs. 4 agosto 1999, n. 351 e l'art. 40, D.M. 2 aprile 2002, n. 60.


L. 7 agosto 1990, n. 241 (1).
Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi (1/circ). (artt. 7, 8, 14, 14-bis, 14-ter, 14-quater)

 

 

 

------------------------

(1) Pubblicata nella Gazz. Uff. 18 agosto 1990, n. 192.

(1/circ) Con riferimento al presente provvedimento sono state emanate le seguenti istruzioni:

- A.I.P.A. (Autorità informatica pubblica amministrazione): Circ. 7 maggio 2001, n. AIPA/CR/28;

- Comando generale della Guardia di Finanza: Circ. 8 ottobre 2001, n. 263000/090;

- I.N.P.D.A.P. (Istituto nazionale previdenza dipendenti amministrazione pubblica): Circ. 14 maggio 1996, n. 28; Circ. 14 marzo 1997, n. 17; Informativa 12 febbraio 2000, n. 12; Informativa 4 febbraio 2002, n. 13; Informativa 23 aprile 2002, n. 44;

- I.N.P.S. (Istituto nazionale previdenza sociale): Circ. 17 gennaio 1996, n. 15; Circ. 11 luglio 1996, n. 142; Circ. 15 ottobre 1996, n. 199; Circ. 24 giugno 1998, n. 135; Circ. 1 agosto 2000, n. 141;

- ISTAT (Istituto nazionale di statistica): Circ. 19 giugno 1996, n. 30;

- Ministero degli affari esteri: Circ. 10 settembre 1997, n. 02391; Circ. 3 ottobre 1997, n. 9;

- Ministero dei lavori pubblici: Circ. 13 marzo 1996, n. 1333; Circ. 3 marzo 1997, n. 1246; Circ. 29 maggio 1997, n. 2407;

- Ministero dei trasporti e della navigazione: Circ. 8 ottobre 1996, n. 131/96; Circ. 14 gennaio 1997, n. 305/DG4/4; Circ. 14 febbraio 1997, n. 11MP0170; Circ. 28 novembre 1997, n. 112438; Circ. 12 dicembre 1997, n. 18245; Circ. 12 maggio 1998, n. 43/98; Circ. 31 maggio 2000, n. B23/2000/MOT;

- Ministero dei trasporti: Circ. 10 novembre 1997, n. 119/44;

- Ministero del commercio con l'estero: Circ. 24 dicembre 1997, n. 320388; Circ. 27 maggio 1998, n. 509289;

- Ministero del lavoro e della previdenza sociale: Circ. 9 aprile 1998, n. 49/98; Circ. 17 giugno 1998, n. 85/98;

- Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica: Circ. 24 giugno 1998, n. 57; Circ. 20 ottobre 1999, n. 46; Circ. 20 marzo 2000, n. 14;

- Ministero del tesoro: Circ. 21 marzo 1997, n. 42; Circ. 18 aprile 1997, n. 141343; Circ. 20 gennaio 1998, n. 106022;

- Ministero dell'economia e delle finanze: Circ. 2 agosto 2001, n. 75/E;

- Ministero dell'interno: Circ. 15 gennaio 1997, n. 2; Circ. 9 marzo 1999, n. 24; Circ. 22 marzo 1999, n. 34; Circ. 13 aprile 1999, n. 300/A/42387/124/77; Circ. 4 maggio 1999, n. 49; Circ. 30 giugno 1999, n. 2/99; Circ. 6 luglio 1999, n. 4/99; Circ. 6 giugno 2000, n. 63; Lett.Circ. 11 gennaio 2001, n. P48/4101;

- Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca: Circ. 24 dicembre 2001, n. 176;

- Ministero della difesa: Circ. 12 giugno 1997, n. LEV.-C-56/U.D.G.;

- Ministero della pubblica istruzione: Circ. 9 gennaio 1996, n. 9; Circ. 9 gennaio 1996, n. 6; Circ. 16 gennaio 1996, n. 19; Circ. 29 febbraio 1996, n. 93; Circ. 4 marzo 1996, n. 100; Circ. 3 aprile 1996, n. 135; Circ. 3 aprile 1996, n. 133; Circ. 19 aprile 1996, n. 155; Circ. 11 giugno 1996, n. 225; Circ. 1 agosto 1996, n. 447; Circ. 30 dicembre 1996, n. 782; Circ. 27 maggio 1997, n. 328; Circ. 28 maggio 1997, n. 331; Circ. 10 luglio 1997, n. 429; Circ. 1 agosto 1997, n. 476; Circ. 6 agosto 1997, n. 487; Circ. 31 ottobre 1997, n. 675; Circ. 10 febbraio 1998, n. 48; Circ. 10 febbraio 1998, n. 1416; Circ. 27 febbraio 1998, n. 78; Circ. 2 aprile 1998, n. 175; Circ. 13 maggio 1998, n. 225; Circ. 29 maggio 1998, n. 252; Circ. 8 giugno 1998, n. 264; Circ. 11 giugno 1998, n. 601229; Circ. 21 luglio 1998, n. 317; Circ. 24 settembre 1998, n. 395; Nota 15 febbraio 2000, n. 1787; Nota 8 marzo 2000, n. 2855;

- Ministero delle finanze: Circ. 11 aprile 1996, n. 90/S; Circ. 9 maggio 1996, n. 111/E; Circ. 17 maggio 1996, n. 131/D; Circ. 8 gennaio 1997, n. 4/D; Circ. 11 marzo 1997, n. 73/D; Circ. 25 marzo 1997, n. 90/D; Circ. 4 aprile 1997, n. 95/S; Circ. 8 maggio 1997, n. 132/S; Circ. 9 giugno 1997, n. 157/E; Circ. 8 luglio 1997, n. 195/E; Circ. 25 luglio 1997, n. 211/T; Circ. 15 ottobre 1997, n. 265/P; Circ. 31 ottobre 1997, n. 284/E; Circ. 30 dicembre 1997, n. 333/E; Circ. 12 marzo 1998, n. 84/E; Circ. 16 marzo 1998, n. 86/D; Circ. 27 ottobre 1998, n. 244/S; Circ. 23 febbraio 1999, n. 49/E; Circ. 14 maggio 1999, n. 107/S;

- Ministero delle politiche agricole e forestali: Circ. 28 giugno 2000, n. 4;

- Ministero delle poste e delle telecomunicazioni: Circ. 9 settembre 1996, n. GM98727/4205DL/CR;

- Ministero di grazia e giustizia: Circ. 10 marzo 1997;

- Ministero marina mercantile: Circ. 13 novembre 1996, n. 113345;

- Ministero per i beni culturali e ambientali: Circ. 15 luglio 1996, n. 21; Circ. 1 ottobre 1996, n. 109; Circ. 16 ottobre 1996, n. 121; Circ. 29 novembre 1996, n. 142; Circ. 5 marzo 1997, n. 81; Circ. 25 agosto 1997, n. 15; Circ. 8 marzo 1999, n. 55/99; Circ. 24 dicembre 1999, n. 198/99; Circ. 5 marzo 2001, n. 27; Circ. 8 luglio 2002, n. 84/2002;

- Presidenza del Consiglio dei Ministri: Circ. 30 luglio 1996, n. 1188/TC/PG; Circ. 5 gennaio 1998, n. DIE/ARE/1/51;

- Presidenza del Consiglio dei Ministri: Dipartimento per la funzione pubblica e gli affari regionali: Circ. 23 gennaio 1996, n. 41; Circ. 25 gennaio 1996, n. 38; Circ. 25 gennaio 1996, n. 840; Circ. 29 gennaio 1996, n. 838; Circ. 31 gennaio 1996, n. 96; Circ. 6 febbraio 1996, n. 860; Circ. 6 febbraio 1996, n. 72; Circ. 12 febbraio 1996, n. 87; Circ. 19 febbraio 1996, n. 103; Circ. 13 marzo 1996, n. 160; Circ. 19 marzo 1996 n. 176; Circ. 20 marzo 1996 n. 676; Circ. 22 marzo 1996 n. 183; Circ. 17 aprile 1996, n. 236; Circ. 19 aprile 1996, n. 249; Circ. 23 aprile 1996, n. 252; Circ. 30 aprile 1996, n. 256; Circ. 2 maggio 1996, n. 30052; Circ. 15 maggio 1996, n. 93; Circ. 29 maggio 1996, n. 311; Circ. 2 giugno 1996, n. 316; Circ. 3 luglio 1996, n. 296; Circ. 3 luglio 1996, n. 309; Circ. 5 luglio 1996, n. 299; Circ. 5 luglio 1996, n. 306; Circ. 11 luglio 1996, n. 451; Circ. 16 luglio 1996, n. 656; Circ. 18 luglio 1996, n. 280; Circ. 3 ottobre 1996, n. 298; Circ. 14 novembre 1996, n. 676; Circ. 21 novembre 1996, n. 1138; Circ. 11 dicembre 1996, n. 843; Circ. 11 dicembre 1996, n. 1153; Circ. 12 dicembre 1996, n. 610; Circ. 12 dicembre 1996, n. 1216; Circ. 16 dicembre 1996, n. 1234; Circ. 29 maggio 1998, n. 5/98;

- Ufficio Italiano Cambi: Circ. 9 febbraio 1998, n. 440.

 

(omissis)

 

Capo III - Partecipazione al procedimento amministrativo

 

 

7. 1. Ove non sussistano ragioni di impedimento derivanti da particolari esigenze di celerità del procedimento, l'avvio del procedimento stesso è comunicato, con le modalità previste dall'articolo 8, ai soggetti nei confronti dei quali il provvedimento finale è destinato a produrre effetti diretti ed a quelli che per legge debbono intervenirvi. Ove parimenti non sussistano le ragioni di impedimento predette, qualora da un provvedimento possa derivare un pregiudizio a soggetti individuati o facilmente individuabili, diversi dai suoi diretti destinatari, l'amministrazione è tenuta a fornire loro, con le stesse modalità, notizia dell'inizio del procedimento (1/c).

 

2. Nelle ipotesi di cui al comma 1 resta salva la facoltà dell'amministrazione di adottare, anche prima della effettuazione delle comunicazioni di cui al medesimo comma 1, provvedimenti cautelari.

 

 

------------------------

(1/c) Ai sensi dell'art. 15, comma 5, L. 1° agosto 2002, n. 166, per i lavori di manutenzione ordinaria e straordinaria sulla rete stradale di importo non superiore a 200.000 euro, quanto disposto dal presente articolo si intende adempiuto mediante pubblicazione per estratto dell'avvio del procedimento su un quotidiano a diffusione locale.

 

 

8. 1. L'amministrazione provvede a dare notizia dell'avvio del procedimento mediante comunicazione personale.

2. Nella comunicazione debbono essere indicati:

a) l'amministrazione competente;

b) l'oggetto del procedimento promosso;

c) l'ufficio e la persona responsabile del procedimento;

d) l'ufficio in cui si può prendere visione degli atti.

3. Qualora per il numero dei destinatari la comunicazione personale non sia possibile o risulti particolarmente gravosa, l'amministrazione provvede a rendere noti gli elementi di cui al comma 2 mediante forme di pubblicità idonee di volta in volta stabilite dall'amministrazione medesima.

4. L'omissione di taluna delle comunicazioni prescritte può essere fatta valere solo dal soggetto nel cui interesse la comunicazione è prevista.

 

(omissis)

 

Capo IV - Semplificazione dell'azione amministrativa

 

14. 1. Qualora sia opportuno effettuare un esame contestuale di vari interessi pubblici coinvolti in un procedimento amministrativo, l'amministrazione procedente indìce di regola una conferenza di servizi.

2. La conferenza di servizi è sempre indetta quando l'amministrazione procedente deve acquisire intese, concerti, nulla osta o assensi comunque denominati di altre amministrazioni pubbliche e non li ottenga, entro quindici giorni dall'inizio del procedimento, avendoli formalmente richiesti.

3. La conferenza di servizi può essere convocata anche per l'esame contestuale di interessi coinvolti in più procedimenti amministrativi connessi, riguardanti medesimi attività o risultati. In tal caso, la conferenza è indetta dall'amministrazione o, previa informale intesa, da una delle amministrazioni che curano l'interesse pubblico prevalente. Per i lavori pubblici si continua ad applicare l'articolo 7 della legge 11 febbraio 1994, n. 109, e successive modificazioni. L'indizione della conferenza può essere richiesta da qualsiasi altra amministrazione coinvolta.

4. Quando l'attività del privato sia subordinata ad atti di consenso, comunque denominati, di competenza di più amministrazioni pubbliche, la conferenza di servizi è convocata, anche su richiesta dell'interessato, dall'amministrazione competente per l'adozione del provvedimento finale (2/b).

5. In caso di affidamento di concessione di lavori pubblici la conferenza di servizi è convocata dal concedente entro quindici giorni fatto salvo quanto previsto dalle leggi regionali in materia di valutazione di impatto ambientale (VIA) (3).

 

 

------------------------

(2/b) Vedi, anche, l'art. 2, O.P.C.M. 12 marzo 2003, n. 3268.

(3) Articolo prima modificato dall'art. 2, L. 24 dicembre 1993, n. 537, dall'art. 3-bis, D.L. 12 maggio 1995, n. 163, dall'art. 17, L. 15 maggio 1997, n. 127, nel testo integrato dall'art. 2, L. 16 giugno 1998, n. 191 e poi così sostituito dall'art. 9, L. 24 novembre 2000, n. 340.

 

 

14-bis. 1. La conferenza di servizi può essere convocata per progetti di particolare complessità, su motivata e documentata richiesta dell'interessato, prima della presentazione di una istanza o di un progetto definitivi, al fine di verificare quali siano le condizioni per ottenere, alla loro presentazione, i necessari atti di consenso. In tale caso la conferenza si pronuncia entro trenta giorni dalla data della richiesta e i relativi costi sono a carico del richiedente.

2. Nelle procedure di realizzazione di opere pubbliche e di interesse pubblico, la conferenza di servizi si esprime sul progetto preliminare al fine di indicare quali siano le condizioni per ottenere, sul progetto definitivo, le intese, i pareri, le concessioni, le autorizzazioni, le licenze, i nulla osta e gli assensi, comunque denominati, richiesti dalla normativa vigente. In tale sede, le amministrazioni preposte alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, del patrimonio storico-artistico o alla tutela della salute, si pronunciano, per quanto riguarda l'interesse da ciascuna tutelato, sulle soluzioni progettuali prescelte. Qualora non emergano, sulla base della documentazione disponibile, elementi comunque preclusivi della realizzazione del progetto, le suddette amministrazioni indicano, entro quarantacinque giorni, le condizioni e gli elementi necessari per ottenere, in sede di presentazione del progetto definitivo, gli atti di consenso.

3. Nel caso in cui sia richiesta VIA, la conferenza di servizi si esprime entro trenta giorni dalla conclusione della fase preliminare di definizione dei contenuti dello studio d'impatto ambientale, secondo quanto previsto in materia di VIA. Ove tale conclusione non intervenga entro novanta giorni dalla richiesta di cui al comma 1, la conferenza di servizi si esprime comunque entro i successivi trenta giorni. Nell'àmbito di tale conferenza, l'autorità competente alla VIA si esprime sulle condizioni per la elaborazione del progetto e dello studio di impatto ambientale. In tale fase, che costituisce parte integrante della procedura di VIA, la suddetta autorità esamina le principali alternative, compresa l'alternativa zero, e, sulla base della documentazione disponibile, verifica l'esistenza di eventuali elementi di incompatibilità, anche con riferimento alla localizzazione prevista dal progetto e, qualora tali elementi non sussistano, indica nell'àmbito della conferenza di servizi le condizioni per ottenere, in sede di presentazione del progetto definitivo, i necessari atti di consenso.

4. Nei casi di cui ai commi 1, 2 e 3, la conferenza di servizi si esprime allo stato degli atti a sua disposizione e le indicazioni fornite in tale sede possono essere motivatamente modificate o integrate solo in presenza di significativi elementi emersi nelle fasi successive del procedimento, anche a seguito delle osservazioni dei privati sul progetto definitivo.

5. Nel caso di cui al comma 2, il responsabile unico del procedimento trasmette alle amministrazioni interessate il progetto definitivo, redatto sulla base delle condizioni indicate dalle stesse amministrazioni in sede di conferenza di servizi sul progetto preliminare, e convoca la conferenza tra il trentesimo e il sessantesimo giorno successivi alla trasmissione. In caso di affidamento mediante appalto concorso o concessione di lavori pubblici, l'amministrazione aggiudicatrice convoca la conferenza di servizi sulla base del solo progetto preliminare, secondo quanto previsto dalla legge 11 febbraio 1994, n. 109, e successive modificazioni (4).

 

 

------------------------

(4) Articolo aggiunto dall'art. 17, L. 15 maggio 1997, n. 127, riportata al n. XC e poi così sostituito dall'art. 10, L. 24 novembre 2000, n. 340.

 

 

14-ter. 1. La conferenza di servizi assume le determinazioni relative all'organizzazione dei propri lavori a maggioranza dei presenti.

2. La convocazione della prima riunione della conferenza di servizi deve pervenire alle amministrazioni interessate, anche per via telematica o informatica, almeno dieci giorni prima della relativa data. Entro i successivi cinque giorni, le amministrazioni convocate possono richiedere, qualora impossibilitate a partecipare, l'effettuazione della riunione in una diversa data; in tale caso, l'amministrazione procedente concorda una nuova data, comunque entro i dieci giorni successivi alla prima.

3. Nella prima riunione della conferenza di servizi, o comunque in quella immediatamente successiva alla trasmissione dell'istanza o del progetto definitivo ai sensi dell'articolo 14-bis, le amministrazioni che vi partecipano determinano il termine per l'adozione della decisione conclusiva. I lavori della conferenza non possono superare i novanta giorni, salvo quanto previsto dal comma 4. Decorsi inutilmente tali termini, l'amministrazione procedente provvede ai sensi dei commi 2 e seguenti dell'articolo 14-quater.

4. Nei casi in cui sia richiesta la VIA, la conferenza di servizi si esprime dopo aver acquisito la valutazione medesima. Se la VIA non interviene nel termine previsto per l'adozione del relativo provvedimento, l'amministrazione competente si esprime in sede di conferenza di servizi, la quale si conclude nei trenta giorni successivi al termine predetto. Tuttavia, a richiesta della maggioranza dei soggetti partecipanti alla conferenza di servizi, il termine di trenta giorni di cui al precedente periodo è prorogato di altri trenta giorni nel caso che si appalesi la necessità di approfondimenti istruttori.

5. Nei procedimenti relativamente ai quali sia già intervenuta la decisione concernente la VIA le disposizioni di cui al comma 3 dell'articolo 14-quater, nonché quelle di cui agli articoli 16, comma 3, e 17, comma 2, si applicano alle sole amministrazioni preposte alla tutela della salute pubblica.

6. Ogni amministrazione convocata partecipa alla conferenza di servizi attraverso un unico rappresentante legittimato, dall'organo competente, ad esprimere in modo vincolante la volontà dell'amministrazione su tutte le decisioni di competenza della stessa.

7. Si considera acquisito l'assenso dell'amministrazione il cui rappresentante non abbia espresso definitivamente la volontà dell'amministrazione rappresentata e non abbia notificato all'amministrazione procedente, entro il termine di trenta giorni dalla data di ricezione della determinazione di conclusione del procedimento, il proprio motivato dissenso, ovvero nello stesso termine non abbia impugnato la determinazione conclusiva della conferenza di servizi.

8. In sede di conferenza di servizi possono essere richiesti, per una sola volta, ai proponenti dell'istanza o ai progettisti chiarimenti o ulteriore documentazione. Se questi ultimi non sono forniti in detta sede, entro i successivi trenta giorni, si procede all'esame del provvedimento.

9. Il provvedimento finale conforme alla determinazione conclusiva favorevole della conferenza di servizi sostituisce, a tutti gli effetti, ogni autorizzazione, concessione, nulla osta o atto di assenso comunque denominato di competenza delle amministrazioni partecipanti, o comunque invitate a partecipare, alla predetta conferenza.

10. Il provvedimento finale concernente opere sottoposte a VIA è pubblicato, a cura del proponente, unitamente all'estratto della predetta VIA, nella Gazzetta Ufficiale o nel Bollettino regionale in caso di VIA regionale e in un quotidiano a diffusione nazionale. Dalla data della pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale decorrono i termini per eventuali impugnazioni in sede giurisdizionale da parte dei soggetti interessati (4/a).

 

 

------------------------

(4/a) Articolo aggiunto dall'art. 17, L. 15 maggio 1997, n. 127, riportata al n. XC e poi così sostituito dall'art. 11, L. 24 novembre 2000, n. 340.

 

 

14-quater. 1. Il dissenso di uno o più rappresentanti delle amministrazioni, regolarmente convocate alla conferenza di servizi, a pena di inammissibilità, deve essere manifestato nella conferenza di servizi, deve essere congruamente motivato, non può riferirsi a questioni connesse che non costituiscono oggetto della conferenza medesima e deve recare le specifiche indicazioni delle modifiche progettuali necessarie ai fini dell'assenso.

2. Se una o più amministrazioni hanno espresso nell'àmbito della conferenza il proprio dissenso sulla proposta dell'amministrazione procedente, quest'ultima, entro i termini perentori indicati dall'articolo 14-ter, comma 3, assume comunque la determinazione di conclusione del procedimento sulla base della maggioranza delle posizioni espresse in sede di conferenza di servizi. La determinazione è immediatamente esecutiva.

3. Qualora il motivato dissenso sia espresso da un'amministrazione preposta alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, del patrimonio storico-artistico o alla tutela della salute, la decisione è rimessa al Consiglio dei ministri, ove l'amministrazione dissenziente o quella procedente sia un'amministrazione statale, ovvero ai competenti organi collegiali esecutivi degli enti territoriali, nelle altre ipotesi. Il Consiglio dei ministri o gli organi collegiali esecutivi degli enti territoriali deliberano entro trenta giorni, salvo che il Presidente del Consiglio dei ministri o il presidente della giunta regionale o il presidente della provincia o il sindaco, valutata la complessità dell'istruttoria, decidano di prorogare tale termine per un ulteriore periodo non superiore a sessanta giorni (5).

4. Quando il dissenso è espresso da una regione, le determinazioni di competenza del Consiglio dei ministri previste al comma 3 sono adottate con l'intervento del presidente della giunta regionale interessata, al quale è inviata a tal fine la comunicazione di invito a partecipare alla riunione, per essere ascoltato, senza diritto di voto.

5. Nell'ipotesi in cui l'opera sia sottoposta a VIA e in caso di provvedimento negativo trova applicazione l'articolo 5, comma 2, lettera c-bis), della legge 23 agosto 1988, n. 400, introdotta dall'articolo 12, comma 2, del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 303 (5/a).

 

(omissis)

 

------------------------

(5) Vedi, anche, le linee guida di cui al Provv. 2 gennaio 2003.

(5/a) Articolo aggiunto dall'art. 17, L. 15 maggio 1997, n. 127, riportata al n. XC e poi così sostituito dall'art. 12, L. 24 novembre 2000, n. 340.

 


D.Lgs. 27 gennaio 1992, n. 95 (1).
Attuazione delle direttive 75/439/CEE e 87/101/CEE relative alla eliminazione degli olii usati (2) (1/circ). (Art. 5)

 

 

 

------------------------

(1) Pubblicato nella Gazz. Uff. 15 febbraio 1992, n. 38, S.O.

(2) Si ritiene opportuno riportare anche la premessa del presente decreto.

(1/circ) Con riferimento al presente provvedimento è stata emanata la seguente circolare:

- Ministero delle finanze: Circ. 1 marzo 1996, n. 51/D.

 

 

(omissis)

 

5. Autorizzazioni.

 

1. L'autorità regionale competente e le province autonome di Trento e di Bolzano entro novanta giorni dall'inoltro della domanda attestante il possesso dei requisiti previsti dalle norme tecniche di cui all'art. 4 e dalle altre disposizioni di legge in materia di tutela dell'ambiente e della salute dall'inquinamento atmosferico, idrico e del suolo, rilasciano le autorizzazioni all'esercizio delle attività di raccolta e di eliminazione degli oli usati che non siano attribuite ad altre autorità dal presente decreto. Il rilascio delle autorizzazioni all'esercizio delle attività di eliminazione di oli usati è subordinato a preventivo esame tecnico degli impianti, da eseguirsi a spese del richiedente.

2. Ove l'autorità regionale accerti l'idoneità di un impianto di rigenerazione degli oli usati o del procedimento adottato a distruggere policlorodifenili e policlorotrifenili e loro miscele in concentrazione superiore a 25 parti per milione, ovvero a ridurne la concentrazione negli oli di base prodotti al di sotto del riferito limite, autorizza l'impresa a rigenerare gli oli usati contaminati da dette sostanze anche ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 10 settembre 1982, n. 915 (5), dettando le specifiche tecniche e specificando i quantitativi massimi trattabili annualmente.

3. La costruzione e la gestione degli stabilimenti per la rigenerazione di oli usati disciplinata dalla legge 9 gennaio 1991, n. 9, e dalle altre disposizioni in materia di impianti di oli minerali.

4. L'autorizzazione all'esercizio dell'attività di raccolta, di trasporto e di stoccaggio degli oli usati al Consorzio obbligatorio degli oli usati, di cui all'art. 11, può essere rilasciata dal Ministro dell'ambiente di concerto con i Ministri dell'industria, del commercio e dell'artigianato, e della sanità ove, trascorsi sessanta giorni dalla richiesta, la regione competente non provveda o provveda negativamente.

 

 

(omissis)

 

------------------------

(5) Riportato alla voce Rifiuti solidi urbani.

 

 


D.Lgs. 27 gennaio 1992, n. 99 (1).
Attuazione della direttiva 86/278/CEE concernente la protezione dell'ambiente, in particolare del suolo, nell'utilizzazione dei fanghi di depurazione in agricoltura (2) (1/circ). (art. 9)

 

 

 

 

------------------------

(1) Pubblicato nella Gazz. Uff. 15 febbraio 1992, n. 38, S.O.

(2) Si ritiene opportuno riportare anche la premessa del presente decreto.

(1/circ) Con riferimento al presente provvedimento è stata emanata la seguente circolare:

- Ministero dell'ambiente: Circ. 4 agosto 1998, n. GAB/DEC/812/98.

 

(omissis)

 

9. Autorizzazione all'utilizzazione dei fanghi in agricoltura.

 

1. Chi intende utilizzare in attività agricole proprie o di terzi, i fanghi di cui all'art. 2 deve:

 

a) ottenere un'autorizzazione dalla Regione;

b) notificare, con almeno 10 giorni di anticipo, alla regione, alla provincia ed al comune di competenza, l'inizio delle operazioni di utilizzazione dei fanghi.

2. Ai fini di ottenere l'autorizzazione di cui al comma 1, punto a), il richiedente deve indicare:

a) la tipologia di fanghi da utilizzare;

b) le colture destinate all'impiego dei fanghi;

c) le caratteristiche e l'ubicazione dell'impianto di stoccaggio dei fanghi;

d) le caratteristiche dei mezzi impiegati per la distribuzione dei fanghi.

L'autorizzazione ha una durata massima di cinque anni.

3. La notifica di cui al comma 1, punto b), deve contenere:

a) gli estremi dell'impianto di provenienza dei fanghi;

b) i dati analitici dei fanghi per i parametri indicati all'allegato I B;

c) l'identificazione, sui mappali catastali e la superficie dei terreni sui quali si intende applicare i fanghi;

d) i dati analitici dei terreni, per i parametri indicati all'allegato II A;

e) le colture in atto e quelle previste;

f) le date previste per l'utilizzazione dei fanghi;

g) il consenso allo spandimento da parte di chi ha il diritto di esercitare attività agricola sui terreni sui quali si intende utilizzare fanghi;

h) il titolo di disponibilità dei terreni ovvero la dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà.

(omissis)

 


D.Lgs. 5 febbraio 1997, n. 22 (1).
Attuazione delle direttive 91/156/CEE sui rifiuti, 91/689/CEE sui rifiuti pericolosi e 94/62/CE sugli imballaggi e sui rifiuti di imballaggio (1/circ). (artt. 27, 28 e 55-bis)

 

 

 

------------------------

(1) Pubblicato nella Gazz. Uff. 15 febbraio 1997, n. 38, S.O.

(1/circ) Con riferimento al presente provvedimento sono state emanate le seguenti istruzioni:

- Ministero dei trasporti e della navigazione: Circ. 22 dicembre 1997, n. 138/97;

- Ministero dell'ambiente: Circ. 4 agosto 1998, n. GAB/DEC/812/98; Circ. 5 maggio 1999, n. 3402/V/MIN; Circ. 14 dicembre 1999, n. 4204/V; Circ. 28 luglio 2000, n. UL/2000/10103;

- Ministero dell'economia e delle finanze: Ris. 11 giugno 2002, n. 180/E;

- Ministero delle finanze: Circ. 7 maggio 1998, n. 119/E; Circ. 11 maggio 1998, n. 122/E; Circ. 26 giugno 1998, n. 168/E; Circ. 17 febbraio 2000, n. 25/E; Nota 31 marzo 2000, n. 190.

 

(omissis)

 

Capo IV - Autorizzazioni e iscrizioni

 

27. Approvazione del progetto e autorizzazione alla realizzazione degli impianti di smaltimento e di recupero dei rifiuti.

 

1. I soggetti che intendono realizzare nuovi impianti di smaltimento o di recupero di rifiuti, anche pericolosi, devono presentare apposita domanda alla regione competente per territorio, allegando il progetto definitivo dell'impianto e la documentazione tecnica prevista per la realizzazione del progetto stesso dalle disposizioni vigenti in materia urbanistica, di tutela ambientale, di salute e di sicurezza sul lavoro, e di igiene pubblica. Ove l'impianto debba essere sottoposto alla procedura di valutazione di impatto ambientale statale ai sensi della normativa vigente, alla domanda è altresì allegata la comunicazione del progetto all'autorità competente ai predetti fini ed il termine di cui al comma 3 resta sospeso fino all'acquisizione della pronuncia sulla compatibilità ambientale ai sensi dell'articolo 6, comma 4, della legge 8 luglio 1986, n. 349 (56), e successive modifiche ed integrazioni.

2. Entro trenta giorni dal ricevimento della domanda di cui al comma 1, la regione nomina un responsabile del procedimento e convoca una apposita conferenza cui partecipano i responsabili degli uffici regionali competenti, e i rappresentanti degli enti locali interessati. Alla conferenza è invitato a partecipare anche il richiedente l'autorizzazione o un suo rappresentante al fine di acquisire informazioni e chiarimenti.

3. Entro novanta giorni dalla sua convocazione, la conferenza:

a) procede alla valutazione dei progetti;

b) acquisisce e valuta tutti gli elementi relativi alla compatibilità del progetto con le esigenze ambientali e territoriali;

c) acquisisce, ove previsto dalla normativa vigente, la valutazione di compatibilità ambientale;

d) trasmette le proprie conclusioni con i relativi atti alla giunta regionale.

4. Per l'istruttoria tecnica della domanda la regione può avvalersi degli organismi individuati ai sensi del decreto-legge 4 dicembre 1993, n. 496 (57), convertito, con modificazioni, dalla legge 21 gennaio 1994, n. 61.

5. Entro trenta giorni dal ricevimento delle conclusioni della conferenza, e sulla base delle risultanze della stessa, la Giunta regionale approva il progetto e autorizza la realizzazione dell'impianto. L'approvazione sostituisce ad ogni effetto visti, pareri, autorizzazioni e concessioni di organi regionali, provinciali e comunali. L'approvazione stessa costituisce, ove occorra, variante allo strumento urbanistico comunale, e comporta la dichiarazione di pubblica utilità, urgenza ed indifferibilità dei lavori (57/a).

6. Nel caso in cui il progetto approvato riguardi aree vincolate ai sensi della legge 29 giugno 1939, n. 1497 (58), e del decreto-legge 27 giugno 1985, n. 312 (59), convertito, con modificazioni, dalla legge 8 agosto 1985, n. 431, si applicano le disposizioni di cui al comma 9 dell'articolo 82 del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616, come modificato dal decreto-legge 27 giugno 1985, n. 312 (59), convertito, con modificazioni, dalla legge 8 agosto 1985, n. 431.

7. Le regioni emanano le norme necessarie per disciplinare l'intervento sostitutivo in caso di mancato rispetto del termine complessivo di cui ai commi 2, 3 e 5.

8. Le procedure di cui al presente articolo si applicano anche per la realizzazione di varianti sostanziali in corso di esercizio, che comportano modifiche a seguito delle quali gli impianti non sono più conformi all'autorizzazione rilasciata.

9. Contestualmente alla domanda di cui al comma 1 può essere presentata domanda di autorizzazione all'esercizio delle operazioni di smaltimento e di recupero di cui all'articolo 28. In tal caso la regione autorizza le operazioni di smaltimento e di recupero contestualmente all'adozione del provvedimento che autorizza la realizzazione dell'impianto (60).

 

 

------------------------

(56) Riportata alla voce Ministero dell'ambiente.

(57) Riportato alla voce Ministero dell'ambiente.

(57/a) L'art. 3, O.M. 22 dicembre 2000, n. 3100 (Gazz. Uff. 4 gennaio 2001, n. 3), modificato dall'O.M. 12 marzo 2001, n. 3111 (Gazz. Uff. 17 marzo 2001, n. 64), ha disposto che, limitatamente alla regione Campania, il rilascio delle autorizzazioni alla costruzione degli impianti di cui al presente comma sia sospeso sino all'aggiornamento del piano o all'adozione di stralci dello stesso.

(58) Riportata alla voce Bellezze naturali.

(59) Riportato alla voce Bellezze naturali.

(60) In deroga a quanto disposto nel presente articolo, vedi l'art. 1, O.M. 13 novembre 2000.

 

 

28. Autorizzazione all'esercizio delle operazioni di smaltimento e recupero.

 

1. L'esercizio delle operazioni di smaltimento e di recupero dei rifiuti è autorizzato dalla regione competente per territorio entro novanta giorni dalla presentazione della relativa istanza da parte dell'interessato. L'autorizzazione individua le condizioni e le prescrizioni necessarie per garantire l'attuazione dei princìpi di cui all'articolo 2, ed in particolare:

a) i tipi ed i quantitativi di rifiuti da smaltire o da recuperare;

b) i requisiti tecnici, con particolare riferimento alla compatibilità del sito, alle attrezzature utilizzate, ai tipi ed ai quantitativi massimi di rifiuti ed alla conformità dell'impianto al progetto approvato;

c) le precauzioni da prendere in materia di sicurezza ed igiene ambientale;

d) il luogo di smaltimento;

e) il metodo di trattamento e di recupero;

f) i limiti di emissione in atmosfera, che per i processi di trattamento termico dei rifiuti, anche accompagnati da recupero energetico, non possono essere meno restrittivi di quelli fissati per gli impianti di incenerimento dalle direttive comunitarie 89/369/CEE del Consiglio dell'8 giugno 1989, 89/429/CEE del Consiglio del 21 giugno 1989, 94/67/CE del Consiglio del 16 dicembre 1994, e successive modifiche ed integrazioni;

g) le prescrizioni per le operazioni di messa in sicurezza, chiusura dell'impianto e ripristino del sito;

h) le garanzie finanziarie;

i) l'idoneità del soggetto richiedente (60/a).

2. [I rifiuti pericolosi possono essere smaltiti in discarica solo se preventivamente catalogati ed identificati secondo le modalità fissate dal Ministro dell'ambiente, di concerto con il Ministro della sanità, entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto (60/b)] (60/c).

3. L'autorizzazione di cui al comma 1 è concessa per un periodo di cinque anni ed è rinnovabile. A tale fine, entro centottanta giorni dalla scadenza dell'autorizzazione, deve essere presentata apposita domanda alla regione che decide prima della scadenza dell'autorizzazione stessa (60/d).

4. Quando a seguito di controlli successivi all'avviamento degli impianti questi non risultino conformi all'autorizzazione di cui all'articolo 27, ovvero non siano soddisfatte le condizioni e le prescrizioni contenute nell'atto di autorizzazione all'esercizio delle operazioni di cui al comma 1, quest'ultima è sospesa, previa diffida, per un periodo massimo di dodici mesi. Decorso tale termine senza che il titolare abbia provveduto a rendere quest'ultimo conforme all'autorizzazione, l'autorizzazione stessa è revocata.

5. Fatti salvi l'obbligo della tenuta dei registri di carico e scarico da parte dei soggetti di cui all'articolo 12, ed il divieto di miscelazione, le disposizioni del presente articolo non si applicano al deposito temporaneo effettuato nel rispetto delle condizioni stabilite dall'articolo 6, comma 1, lettera m) (61).

6. Il controllo e l'autorizzazione delle operazioni di carico, scarico, trasbordo, deposito e maneggio di rifiuti in aree portuali sono disciplinati dalle specifiche disposizioni di cui alla legge 28 gennaio 1994, n. 84 (62). L'autorizzazione delle operazioni di imbarco e di sbarco non può essere rilasciata se il richiedente non dimostra di avere ottemperato agli adempimenti di cui all'articolo 16, nel caso di trasporto transfrontaliero di rifiuti (63).

7. Gli impianti mobili di smaltimento o di recupero, ad esclusione della sola riduzione volumetrica, sono autorizzati, in via definitiva dalla regione ove l'interessato ha la sede legale o la società straniera proprietaria dell'impianto ha la sede di rappresentanza. Per lo svolgimento delle singole campagne di attività sul territorio nazionale l'interessato, almeno sessanta giorni prima dell'installazione dell'impianto, deve comunicare alla regione nel cui territorio si trova il sito prescelto le specifiche dettagliate relative alla campagna di attività, allegando l'autorizzazione di cui al comma 1 e l'iscrizione all'Albo nazionale delle imprese di gestione dei rifiuti, nonché l'ulteriore documentazione richiesta. La regione può adottare prescrizioni integrative oppure può vietare l'attività con provvedimento motivato qualora lo svolgimento della stessa nello specifico sito non sia compatibile con la tutela dell'ambiente o della salute pubblica (63/a) (63/b).

 

 

------------------------

(60/a) L'art. 3, O.M. 22 dicembre 2000, n. 3100 (Gazz. Uff. 4 gennaio 2001, n. 3), modificato dall'O.M. 12 marzo 2001, n. 3111 (Gazz. Uff. 17 marzo 2001, n. 64), ha disposto che, limitatamente alla regione Campania, il rilascio delle autorizzazioni all'esercizio dell'attività di cui al presente comma sia sospeso sino all'aggiornamento del piano o all'adozione di stralci dello stesso.

(60/b) Per le modalità di cui al presente comma vedi il regolamento approvato con D.M. 11 marzo 1998, n. 141, riportato al n. XXVI.

(60/c) Comma abrogato dall'art. 17, D.Lgs. 13 gennaio 2003, n. 36.

(60/d) In deroga a quanto previsto dal presente comma vedi l'art. 10, comma 5, D.Lgs. 13 gennaio 2003, n. 36.

(61) Comma così sostituito dall'art. 4, D.Lgs. 8 novembre 1997, n. 389 (Gazz. Uff. 8 novembre 1997, n. 261).

(62) Riportata alla voce Marina mercantile.

(63) Comma così modificato dall'art. 4, D.Lgs. 8 novembre 1997, n. 389 (Gazz. Uff. 8 novembre 1997, n. 261).

(63/a) In deroga a quanto disposto nel presente articolo, vedi l'art. 1, O.M. 13 novembre 2000.

(63/b) Vedi, anche, la Dir.Min. 9 aprile 2002.

 

(omissis)

 

55-bis. Proventi delle sanzioni amministrative pecuniarie.

 

1. I proventi delle sanzioni amministrative pecuniarie per le violazioni del presente decreto sono devoluti alle province e sono destinati all'esercizio delle funzioni di controllo in materia ambientale, fatti salvi i proventi delle sanzioni amministrative pecuniarie di cui all'articolo 50, comma 1, che sono devoluti ai comuni (118).

 

(omissis)

 

------------------------

(118) Articolo aggiunto dall'art. 7, D.Lgs. 8 novembre 1997, n. 389 (Gazz. Uff. 8 novembre 1997, n. 261).

 

 


D.Lgs. 28 agosto 1997, n. 281 (1).
Definizione ed ampliamento delle attribuzioni della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano ed unificazione, per le materie ed i compiti di interesse comune delle regioni, delle province e dei comuni, con la Conferenza Stato-città ed autonomie locali (1/circ). (artt. 8 e 9)

 

 

 

------------------------

(1) Pubblicato nella Gazz. Uff. 30 agosto 1997, n. 202.

(1/circ) Con riferimento al presente provvedimento sono state emanate le seguenti circolari:

- Ministero delle finanze: Circ. 4 giugno 1998, n. 141/E;

- Ministero per la pubblica istruzione: Circ. 19 febbraio 1998, n. 60.

 

(omissis)

 

Capo III - Conferenza unificata

 

8. Conferenza Stato-città ed autonomie locali e Conferenza unificata.

 

1. La Conferenza Stato-città ed autonomie locali è unificata per le materie ed i compiti di interesse comune delle regioni, delle province, dei comuni e delle comunità montane, con la Conferenza Stato-regioni (2/cost).

2. La Conferenza Stato-città ed autonomie locali è presieduta dal Presidente del Consiglio dei Ministri o, per sua delega, dal Ministro dell'interno o dal Ministro per gli affari regionali; ne fanno parte altresì il Ministro del tesoro e del bilancio e della programmazione economica, il Ministro delle finanze, il Ministro dei lavori pubblici, il Ministro della sanità, il presidente dell'Associazione nazionale dei comuni d'Italia - ANCI, il presidente dell'Unione province d'Italia - UPI ed il presidente dell'Unione nazionale comuni, comunità ed enti montani - UNCEM. Ne fanno parte inoltre quattordici sindaci designati dall'ANCI e sei presidenti di provincia designati dall'UPI. Dei quattordici sindaci designati dall'ANCI cinque rappresentano le città individuate dall'articolo 17 della legge 8 giugno 1990, n. 142 (7). Alle riunioni possono essere invitati altri membri del Governo, nonché rappresentanti di amministrazioni statali, locali o di enti pubblici.

3. La Conferenza Stato-città ed autonomie locali è convocata almeno ogni tre mesi, e comunque in tutti i casi il presidente ne ravvisi la necessità o qualora ne faccia richiesta il presidente dell'ANCI, dell'UPI o dell'UNCEM (7/a).

4. La Conferenza unificata di cui al comma 1 è convocata dal Presidente del Consiglio dei Ministri. Le sedute sono presiedute dal Presidente del Consiglio dei Ministri o, su sua delega, dal Ministro per gli affari regionali o, se tale incarico non è conferito, dal Ministro dell'interno (2/cost).

 

 

------------------------

(2/cost) La Corte costituzionale con sentenza 10-14 dicembre 1998, n. 408 (Gazz. Uff. 16 dicembre 1998, n. 50, Serie speciale), ha dichiarato non fondate, nei sensi di cui in motivazione, le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 2, comma 1, prima parte, sollevate dalla Regione Siciliana, in riferimento agli artt. 14, 15, 17 e 20 dello Statuto siciliano ed agli artt. 3, 5, 92, 95, 114, 115, 117, 118 e 119 della Costituzione, e dalla Regione Puglia, in riferimento agli artt. 5, 76, 115, 117, 118 e 119 della Costituzione;

ha dichiarato inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 8, commi 2 e 3, e dell'art. 9, commi 5, 6 e 7, sollevata in riferimento all'art. 76 della Costituzione;

ha dichiarato non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 1, dell'art. 8, commi 1 e 4, e dell'art. 9, sollevate dalla Regione Siciliana, in riferimento agli artt. 14, 15, 17 e 20 dello Statuto siciliano e agli artt. 3, 5, 92, 95, 114, 115, 117, 118 e 119 della Costituzione, e dalla Regione Puglia, in riferimento agli artt. 5, 115, 117, 118 e 119 della Costituzione;

ha dichiarato non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 2, commi 5 e 6, sollevata dalla Regione Puglia, in riferimento agli artt. 5, 115, 117, 118 e 119 della Costituzione;

ha dichiarato non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 3, sollevata dalla Regione Puglia, in riferimento agli artt. 5, 115, 117, 118 e 119 della Costituzione.

(7) Riportata alla voce Comuni e province.

(7/a) Vedi, anche, l'art. 28, L. 8 marzo 2000, n. 53.

(2/cost) La Corte costituzionale con sentenza 10-14 dicembre 1998, n. 408 (Gazz. Uff. 16 dicembre 1998, n. 50, Serie speciale), ha dichiarato non fondate, nei sensi di cui in motivazione, le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 2, comma 1, prima parte, sollevate dalla Regione Siciliana, in riferimento agli artt. 14, 15, 17 e 20 dello Statuto siciliano ed agli artt. 3, 5, 92, 95, 114, 115, 117, 118 e 119 della Costituzione, e dalla Regione Puglia, in riferimento agli artt. 5, 76, 115, 117, 118 e 119 della Costituzione;

ha dichiarato inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 8, commi 2 e 3, e dell'art. 9, commi 5, 6 e 7, sollevata in riferimento all'art. 76 della Costituzione;

ha dichiarato non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 1, dell'art. 8, commi 1 e 4, e dell'art. 9, sollevate dalla Regione Siciliana, in riferimento agli artt. 14, 15, 17 e 20 dello Statuto siciliano e agli artt. 3, 5, 92, 95, 114, 115, 117, 118 e 119 della Costituzione, e dalla Regione Puglia, in riferimento agli artt. 5, 115, 117, 118 e 119 della Costituzione;

ha dichiarato non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 2, commi 5 e 6, sollevata dalla Regione Puglia, in riferimento agli artt. 5, 115, 117, 118 e 119 della Costituzione;

ha dichiarato non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 3, sollevata dalla Regione Puglia, in riferimento agli artt. 5, 115, 117, 118 e 119 della Costituzione.

 

 

9. Funzioni.

 

1. La Conferenza unificata assume deliberazioni, promuove e sancisce intese ed accordi, esprime pareri, designa rappresentanti in relazione alle materie ed ai compiti di interesse comune alle regioni, alle province, ai comuni e alle comunità montane.

2. La Conferenza unificata è comunque competente in tutti i casi in cui regioni, province, comuni e comunità montane ovvero la Conferenza Stato-regioni e la Conferenza Stato-città ed autonomie locali debbano esprimersi su un medesimo oggetto. In particolare la Conferenza unificata:

a) esprime parere:

1) sul disegno di legge finanziaria e sui disegni di legge collegati;

2) sul documento di programmazione economica e finanziaria;

3) sugli schemi di decreto legislativo adottati in base all'articolo 1 della legge 15 marzo 1997, n. 59 (6);

b) promuove e sancisce intese tra Governo, regioni, province, comuni e comunità montane. Nel caso di mancata intesa o di urgenza si applicano le disposizioni di cui all'articolo 3, commi 3 e 4;

c) promuove e sancisce accordi tra Governo, regioni, province, comuni e comunità montane, al fine di coordinare l'esercizio delle rispettive competenze e svolgere in collaborazione attività di interesse comune;

d) acquisisce le designazioni dei rappresentanti delle autonomie locali indicati, rispettivamente, dai presidenti delle regioni e province autonome di Trento e di Bolzano, dall'ANCI, dall'UPI e dall'UNCEM nei casi previsti dalla legge;

e) assicura lo scambio di dati e informazioni tra Governo, regioni, province, comuni e comunità montane nei casi di sua competenza, anche attraverso l'approvazione di protocolli di intesa tra le amministrazioni centrali e locali secondo le modalità di cui all'articolo 6;

f) è consultata sulle linee generali delle politiche del personale pubblico e sui processi di riorganizzazione e mobilità del personale connessi al conferimento di funzioni e compiti alle regioni ed agli enti locali;

g) esprime gli indirizzi per l'attività dell'Agenzia per i servizi sanitari regionali.

3. Il Presidente del Consiglio dei Ministri può sottoporre alla Conferenza unificata, anche su richiesta delle autonomie regionali e locali, ogni altro oggetto di preminente interesse comune delle regioni, delle province, dei comuni e delle comunità montane.

4. Ferma restando la necessità dell'assenso del Governo per l'adozione delle deliberazioni di competenza della Conferenza unificata, l'assenso delle regioni, delle province, dei comuni e delle comunità montane è assunto con il consenso distinto dei membri dei due gruppi delle autonomie che compongono, rispettivamente, la Conferenza Stato-regioni e la Conferenza Stato-città ed autonomie locali. L'assenso è espresso di regola all'unanimità dei membri dei due predetti gruppi. Ove questa non sia raggiunta l'assenso è espresso dalla maggioranza dei rappresentanti di ciascuno dei due gruppi.

5. La Conferenza Stato-città ed autonomie locali ha compiti di:

a) coordinamento nei rapporti tra lo Stato e le autonomie locali;

b) studio, informazione e confronto nelle problematiche connesse agli indirizzi di politica generale che possono incidere sulle funzioni proprie o delegate di province e comuni e comunità montane (2/cost).

6. La Conferenza Stato-città ed autonomie locali, in particolare, è sede di discussione ed esame:

a) dei problemi relativi all'ordinamento ed al funzionamento degli enti locali, compresi gli aspetti relativi alle politiche finanziarie e di bilancio, alle risorse umane e strumentali, nonché delle iniziative legislative e degli atti generali di governo a ciò attinenti;

b) dei problemi relativi alle attività di gestione ed erogazione dei servizi pubblici;

c) di ogni altro problema connesso con gli scopi di cui al presente comma che venga sottoposto, anche su richiesta del Presidente dell'ANCI, dell'UPI e dell'UNCEM, al parere della Conferenza dal Presidente del Consiglio dei Ministri o dal Presidente delegato (2/cost).

7. La Conferenza Stato-città ed autonomie locali ha inoltre il compito di favorire:

a) l'informazione e le iniziative per il miglioramento dell'efficienza dei servizi pubblici locali;

b) la promozione di accordi o contratti di programma ai sensi dell'articolo 12 della legge 23 dicembre 1992, n. 498 (8);

c) le attività relative alla organizzazione di manifestazioni che coinvolgono più comuni o province da celebrare in ambito nazionale (2/cost).

 

 

------------------------

(6) Riportata alla voce Ministeri: provvedimenti generali.

(2/cost) La Corte costituzionale con sentenza 10-14 dicembre 1998, n. 408 (Gazz. Uff. 16 dicembre 1998, n. 50, Serie speciale), ha dichiarato non fondate, nei sensi di cui in motivazione, le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 2, comma 1, prima parte, sollevate dalla Regione Siciliana, in riferimento agli artt. 14, 15, 17 e 20 dello Statuto siciliano ed agli artt. 3, 5, 92, 95, 114, 115, 117, 118 e 119 della Costituzione, e dalla Regione Puglia, in riferimento agli artt. 5, 76, 115, 117, 118 e 119 della Costituzione;

ha dichiarato inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 8, commi 2 e 3, e dell'art. 9, commi 5, 6 e 7, sollevata in riferimento all'art. 76 della Costituzione;

ha dichiarato non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 1, dell'art. 8, commi 1 e 4, e dell'art. 9, sollevate dalla Regione Siciliana, in riferimento agli artt. 14, 15, 17 e 20 dello Statuto siciliano e agli artt. 3, 5, 92, 95, 114, 115, 117, 118 e 119 della Costituzione, e dalla Regione Puglia, in riferimento agli artt. 5, 115, 117, 118 e 119 della Costituzione;

ha dichiarato non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 2, commi 5 e 6, sollevata dalla Regione Puglia, in riferimento agli artt. 5, 115, 117, 118 e 119 della Costituzione;

ha dichiarato non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 3, sollevata dalla Regione Puglia, in riferimento agli artt. 5, 115, 117, 118 e 119 della Costituzione.

(2/cost) La Corte costituzionale con sentenza 10-14 dicembre 1998, n. 408 (Gazz. Uff. 16 dicembre 1998, n. 50, Serie speciale), ha dichiarato non fondate, nei sensi di cui in motivazione, le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 2, comma 1, prima parte, sollevate dalla Regione Siciliana, in riferimento agli artt. 14, 15, 17 e 20 dello Statuto siciliano ed agli artt. 3, 5, 92, 95, 114, 115, 117, 118 e 119 della Costituzione, e dalla Regione Puglia, in riferimento agli artt. 5, 76, 115, 117, 118 e 119 della Costituzione;

ha dichiarato inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 8, commi 2 e 3, e dell'art. 9, commi 5, 6 e 7, sollevata in riferimento all'art. 76 della Costituzione;

ha dichiarato non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 1, dell'art. 8, commi 1 e 4, e dell'art. 9, sollevate dalla Regione Siciliana, in riferimento agli artt. 14, 15, 17 e 20 dello Statuto siciliano e agli artt. 3, 5, 92, 95, 114, 115, 117, 118 e 119 della Costituzione, e dalla Regione Puglia, in riferimento agli artt. 5, 115, 117, 118 e 119 della Costituzione;

ha dichiarato non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 2, commi 5 e 6, sollevata dalla Regione Puglia, in riferimento agli artt. 5, 115, 117, 118 e 119 della Costituzione;

ha dichiarato non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 3, sollevata dalla Regione Puglia, in riferimento agli artt. 5, 115, 117, 118 e 119 della Costituzione.

(8) Riportata alla voce Amministrazione del patrimonio e contabilità generale dello Stato.

(2/cost) La Corte costituzionale con sentenza 10-14 dicembre 1998, n. 408 (Gazz. Uff. 16 dicembre 1998, n. 50, Serie speciale), ha dichiarato non fondate, nei sensi di cui in motivazione, le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 2, comma 1, prima parte, sollevate dalla Regione Siciliana, in riferimento agli artt. 14, 15, 17 e 20 dello Statuto siciliano ed agli artt. 3, 5, 92, 95, 114, 115, 117, 118 e 119 della Costituzione, e dalla Regione Puglia, in riferimento agli artt. 5, 76, 115, 117, 118 e 119 della Costituzione;

ha dichiarato inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 8, commi 2 e 3, e dell'art. 9, commi 5, 6 e 7, sollevata in riferimento all'art. 76 della Costituzione;

ha dichiarato non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 1, dell'art. 8, commi 1 e 4, e dell'art. 9, sollevate dalla Regione Siciliana, in riferimento agli artt. 14, 15, 17 e 20 dello Statuto siciliano e agli artt. 3, 5, 92, 95, 114, 115, 117, 118 e 119 della Costituzione, e dalla Regione Puglia, in riferimento agli artt. 5, 115, 117, 118 e 119 della Costituzione;

ha dichiarato non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 2, commi 5 e 6, sollevata dalla Regione Puglia, in riferimento agli artt. 5, 115, 117, 118 e 119 della Costituzione;

ha dichiarato non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 3, sollevata dalla Regione Puglia, in riferimento agli artt. 5, 115, 117, 118 e 119 della Costituzione.

(omissis)

 

 


D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 112 (1).
Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo I della L. 15 marzo 1997, n. 59 (2) (1/circ). (art. 71)

 

 

 

------------------------

(1) Pubblicato nella Gazz. Uff. 21 aprile 1998, n. 92, S.O. Nel presente decreto sono state riportate le correzioni indicate nell'avviso pubblicato nella Gazz. Uff. 21 maggio 1998, n. 116.

(2) Riportata alla voce Ministeri: provvedimenti generali.

(1/circ) Con riferimento al presente provvedimento sono state emanate le seguenti istruzioni:

- I.N.P.D.A.P. (Istituto nazionale previdenza dipendenti amministrazione pubblica): Informativa 2 maggio 2002, n. 12;

- I.N.P.S. (Istituto nazionale previdenza sociale): Circ. 20 agosto 1998, n. 192; Circ. 23 ottobre 1998, n. 223; Circ. 22 aprile 1999, n. 94; Circ. 20 novembre 1998, n. 239; Circ. 11 dicembre 1998, n. 250; Circ. 28 dicembre 2000, n. 221;

- Ministero dei trasporti e della navigazione: Circ. 2 febbraio 2001, n. 1/2001/ALBO; Lett.Circ. 8 marzo 2001, n. 62/Segr/D.T.T;

- Ministero dell'industria, del commercio e dell'artigianato: Ris. 19 maggio 1999, n. 530390; Ris. 2 novembre 1999, n. 530859; Ris. 8 novembre 1999, n. 530809; Ris. 15 novembre 1999, n. 530907; Ris. 3 dicembre 1999, n. 530923; Circ. 14 dicembre 1999, n. 3474/C; Ris. 22 dicembre 1999, n. 530866

- Ministero dell'interno: Circ. 10 ottobre 1998, n. 4/1998; Circ. 23 febbraio 2000, n. 24; Circ. 15 luglio 1999, n. 80; Circ. 14 ottobre 1999, n. 18/99; Circ. 7 dicembre 2000, n. 16/2000; Circ. 13 giugno 2001, n. 48; Circ. 20 luglio 2001, n. M/29138/5; Circ. 24 luglio 2001, n. 58; Circ. 5 luglio 2002, n. 37/I; Circ. 5 luglio 2002, n. 37/II;

- Ministero della pubblica istruzione: Circ. 22 giugno 1998, n. 2630; Circ. 7 agosto 1998, n. 353; Circ. 12 aprile 1999, n. 37424/BL; Circ. 7 agosto 2000, n. 197;

- Ministero delle attività produttive: Circ. 11 gennaio 2002, n. 910003; Circ. 8 maggio 2002, n. 207834; Circ. 6 marzo 2003, n. 3558/C; Ris. 9 ottobre 2003, n. 557962;

- Ministero delle infrastrutture dei trasporti: Circ. 10 dicembre 2001, n. 124; Circ. 18 marzo 2002, n. 1741.

 

(omissis)

 

71. Valutazione di impatto ambientale.

 

1. In materia di valutazione di impatto ambientale (VIA) sono di competenza dello Stato:

a) le opere ed impianti il cui impatto ambientale investe più regioni;

b) le opere e infrastrutture di rilievo internazionale e nazionale;

c) gli impianti industriali di particolare e rilevante impatto;

d) le opere la cui autorizzazione è di competenza dello Stato.

2. Con atto di indirizzo e coordinamento da adottare entro otto mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo, sono individuate le specifiche categorie di opere, interventi e attività attualmente sottoposti a valutazione statale di impatto ambientale da trasferire alla competenza delle regioni.

3. Il trasferimento delle competenze attualmente in capo allo Stato è subordinato, per ciascuna regione, alla vigenza della legge regionale della VIA, che provvede alla individuazione dell'autorità competente nell'ambito del sistema delle regioni e delle autonomie locali, ferma restando la distinzione tra autorità competente e soggetto proponente.

(omissis)

 


D.Lgs. 11 maggio 1999, n. 152 (1).
Disposizioni sulla tutela delle acque dall'inquinamento e recepimento della direttiva 91/271/CEE concernente il trattamento delle acque reflue urbane e della direttiva 91/676/CEE relativa alla protezione delle acque dall'inquinamento provocato dai nitrati provenienti da fonti agricole (2) (1/circ). (artt. 27-34 e 57)

 

 

 

------------------------

(1) Pubblicato nella Gazz. Uff. 29 maggio 1999, n. 124, S.O.

(2) Nel presente decreto sono state riportate le rettifiche di cui all'avviso pubblicato nella Gazz. Uff. 22 luglio 1999, n. 170.

(1/circ) Con riferimento al presente provvedimento sono state emanate le seguenti circolari:

- Ministero dei lavori pubblici: Circ. 1 dicembre 1999, n. 12999;

- Ministero delle finanze: Circ. 5 ottobre 2000, n. 177/E.

 

 

Capo III - Tutela qualitativa della risorsa: disciplina degli scarichi

 

27. Reti fognarie.

 

1. Gli agglomerati devono essere provvisti di reti fognarie per le acque reflue urbane:

a) entro il 31 dicembre 2000 per quelli con un numero di abitanti equivalenti superiore a 15.000;

b) entro il 31 dicembre 2005 per quelli con un numero di abitanti equivalenti compreso tra 2.000 e 15.000.

2. Per le acque reflue urbane che si immettono in acque recipienti considerate «aree sensibili» gli agglomerati con oltre 10.000 abitanti equivalenti devono essere provvisti di rete fognaria.

3. La progettazione, la costruzione e la manutenzione delle reti fognarie si effettuano adottando le tecniche migliori che non comportino costi eccessivi, tenendo conto in particolare:

a) del volume e delle caratteristiche delle acque reflue urbane;

b) della prevenzione di eventuali fuoriuscite;

c) della limitazione dell'inquinamento delle acque recipienti, dovuto a tracimazioni causate da piogge violente.

4. Per gli insediamenti, installazioni o edifici isolati che scaricano acque reflue domestiche le regioni identificano sistemi individuali o altri sistemi pubblici o privati adeguati secondo i criteri di cui alla delibera indicata al comma 7 dell'articolo 62, che raggiungano lo stesso livello di protezione ambientale, indicando i tempi di adeguamento (35) (35/cost).

 

 

------------------------

(35) Comma così sostituito dall'art. 9, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 258.

(35/cost) La Corte costituzionale, con sentenza 3-18 dicembre 2001, n. 412 (Gazz. Uff. 27 dicembre 2001, Ediz. Str.), ha dichiarato non fondate le questioni di legittimità costituzionale degli artt. 27, comma 4; 28; 31, comma 4; 56, comma 1; 56, comma 1-bis; 59, commi 4, 4-bis, 5, 6, 6-bis, 6-ter, 6-quater, 10, 11-bis, 11-ter sollevate in riferimento all'art. 8, numeri 5, 6, 14, 16, 17, 18, 19, 21, e 24, all'art. 9, numeri 9 e 10, agli art. 14 e 16 dello statuto speciale per il Trentino-Alto Adige, nonché alle relative norme di attuazione; artt. 5 e 8 del D.P.R. 22 marzo 1974, n. 381; art. 15, comma 2, del D.P.R. 19 novembre 1987, n. 526; artt. 2 e 4 del decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 266; alla direttiva comunitaria 91/271/CEE; all'art. 17 della legge 24 aprile 1998, n. 128 e agli artt. 3 e 97 della Costituzione, con il ricorso della Provincia autonoma di Trento.

 

 

28. Criteri generali della disciplina degli scarichi.

 

1. Tutti gli scarichi sono disciplinati in funzione del rispetto degli obiettivi di qualità dei corpi idrici e devono comunque rispettare i valori limite di emissione previsti nell'allegato 5.

2. Ai fini di cui al comma 1, le regioni, nell'esercizio della loro autonomia, tenendo conto dei carichi massimi ammissibili, delle migliori tecniche disponibili, definiscono i valori-limite di emissione, diversi da quelli di cui all'allegato 5, sia in concentrazione massima ammissibile sia in quantità massima per unità di tempo in ordine ad ogni sostanza inquinante e per gruppi o famiglie di sostanze affini. Le regioni non possono stabilire valori limite meno restrittivi di quelli fissati nell'allegato 5:

a) nella tabella 1 relativamente allo scarico di acque reflue urbane in corpi idrici superficiali;

b) nella tabella 2 relativamente allo scarico di acque reflue urbane in corpi idrici superficiali ricadenti in aree sensibili;

c) nella tabella 3/A per i cicli produttivi ivi indicati;

d) nelle tabelle 3 e 4, per quelle sostanze indicate nella tabella 5 del medesimo allegato (34/cost).

3. Gli scarichi devono essere resi accessibili per il campionamento da parte dell'autorità competente per il controllo nel punto assunto per la misurazione. La misurazione degli scarichi, salvo quanto previsto al comma 3 dell'articolo 34, si intende effettuata subito a monte del punto di immissione in tutte le acque superficiali e sotterranee, interne e marine, nonché in fognature, sul suolo e nel sottosuolo.

4. L'autorità competente per il controllo è autorizzata ad effettuare tutte le ispezioni che ritenga necessarie per l'accertamento delle condizioni che danno luogo alla formazione degli scarichi. Essa può richiedere che scarichi parziali contenenti le sostanze di cui ai numeri 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10, 12, 15, 16, 17 e 18 della tabella 5 dell'allegato 5, subiscano un trattamento particolare prima della loro confluenza nello scarico generale.

5. I valori limite di emissione non possono in alcun caso essere conseguiti mediante diluizione con acque prelevate esclusivamente allo scopo. Non è comunque consentito diluire con acque di raffreddamento, di lavaggio o prelevate esclusivamente allo scopo gli scarichi parziali di cui al comma 4, prima del trattamento degli scarichi parziali stessi per adeguarli ai limiti previsti dal presente decreto. L'autorità competente, in sede di autorizzazione può prescrivere che lo scarico delle acque di raffreddamento, di lavaggio, ovvero impiegate per la produzione di energia, sia separato dallo scarico terminale di ciascun stabilimento.

6. Qualora le acque prelevate da un corpo idrico superficiale presentino parametri con valori superiori ai valori-limite di emissione, la disciplina dello scarico è fissata in base alla natura delle alterazioni e agli obiettivi di qualità del corpo idrico ricettore, fermo restando che le acque devono essere restituite con caratteristiche qualitative non peggiori di quelle prelevate e senza maggiorazioni di portata allo stesso corpo idrico dal quale sono state prelevate.

7. Salvo quanto previsto dall'articolo 38, al fini della disciplina degli scarichi e delle autorizzazioni, sono assimilate alle acque reflue domestiche le acque reflue:

a) provenienti da imprese dedite esclusivamente alla coltivazione del fondo o alla silvicoltura;

b) provenienti da imprese dedite ad allevamento di bestiame che dispongono di almeno un ettaro di terreno agricolo funzionalmente connesso con le attività di allevamento e di coltivazione del fondo, per ogni 340 chilogrammi di azoto presente negli effluenti di allevamento prodotti in un anno da computare secondo le modalità di calcolo stabilite alla tabella 6 dell'allegato 5. Per gli allevamenti esistenti il nuovo criterio di assimilabilità si applica a partire dal 13 giugno 2002;

c) provenienti da imprese dedite alle attività di cui alle lettere a) e b) che esercitano anche attività di trasformazione o di valorizzazione della produzione agricola, inserita con carattere di normalità e complementarietà funzionale nel ciclo produttivo aziendale e con materia prima lavorata proveniente per almeno due terzi esclusivamente dall'attività di coltivazione dei fondi di cui si abbia a qualunque titolo la disponibilità;

d) provenienti da impianti di acquacoltura e di piscicoltura che diano luogo a scarico e si caratterizzino per una densità di allevamento pari o inferiore a 1 Kg per metro quadrato di specchio di acqua o in cui venga utilizzata una portata d'acqua pari o inferiore a 50 litri al minuto secondo;

e) aventi caratteristiche qualitative equivalenti a quelle domestiche e indicate dalla normativa regionale.

8. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto, e successivamente ogni due anni, le regioni trasmettono all'Agenzia nazionale per la protezione dell'ambiente le informazioni relative alla funzionalità dei depuratori, nonché allo smaltimento dei relativi fanghi, secondo le modalità indicate nel decreto di cui all'articolo 3, comma 7.

9. Al fine di assicurare la più ampia divulgazione delle informazioni sullo stato dell'ambiente le regioni pubblicano ogni due anni una relazione sulle attività di smaltimento delle acque reflue urbane nelle aree di loro competenza, secondo le modalità indicate nel decreto di cui all'articolo 3, comma 7.

10. Le autorità competenti possono promuovere e stipulare accordi e contratti di programma con i soggetti economici interessati, al fine di favorire il risparmio idrico, il riutilizzo delle acque di scarico ed il recupero come materia prima dei fanghi di depurazione, con la possibilità di ricorrere a strumenti economici, di stabilire agevolazioni in materia di adempimenti amministrativi e di fissare, per le sostanze ritenute utili, limiti agli scarichi in deroga alla disciplina generale, nel rispetto comunque delle norme comunitarie e delle misure necessarie al conseguimento degli obiettivi di qualità (36) (35/cost).

 

 

------------------------

(34/cost) La Corte costituzionale, con sentenza 3-18 dicembre 2001, n. 412 (Gazz. Uff. 27 dicembre 2001, Ediz. Str.), ha dichiarato inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 28, comma 2, dell'art. 56, comma 1, dell'art. 59, comma 6, del paragrafo 1.1 e tabelle 3, 3/A e 5 dell'Allegato 5 sollevate in riferimento all'art. 8, numeri 5, 6, 14, 16, 17, 18, 19, 21 e 24, all'art. 9, numeri 9 e 10; all'art. 14 all'art. 16 dello statuto speciale del Trentino-Alto Adige; alle relative norme di attuazione, artt. 5 e 8 del D.P.R. 22 marzo 1974, n. 381; all'art. 15, comma 2, del D.P.R. 19 novembre 1987, n. 526; alla direttiva CEE n. 91/271; alla legge 24 aprile 1998, n. 128, e all'art. 97 della Costituzione, con ricorso della Provincia autonoma di Trento.

Ha dichiarato, inoltre non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 56, comma 3, sollevata in riferimento all'art. 8, numeri 16, 17 e 19, dello statuto speciale del Trentino-Alto Adige, all'art. 15, comma 2, del D.P.R. 19 novembre 1987, n. 526, con ricorso della Provincia autonoma di Trento.

(36) Articolo così sostituito dall'art. 9, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 258.

(35/cost) La Corte costituzionale, con sentenza 3-18 dicembre 2001, n. 412 (Gazz. Uff. 27 dicembre 2001, Ediz. Str.), ha dichiarato non fondate le questioni di legittimità costituzionale degli artt. 27, comma 4; 28; 31, comma 4; 56, comma 1; 56, comma 1-bis; 59, commi 4, 4-bis, 5, 6, 6-bis, 6-ter, 6-quater, 10, 11-bis, 11-ter sollevate in riferimento all'art. 8, numeri 5, 6, 14, 16, 17, 18, 19, 21, e 24, all'art. 9, numeri 9 e 10, agli art. 14 e 16 dello statuto speciale per il Trentino-Alto Adige, nonché alle relative norme di attuazione; artt. 5 e 8 del D.P.R. 22 marzo 1974, n. 381; art. 15, comma 2, del D.P.R. 19 novembre 1987, n. 526; artt. 2 e 4 del decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 266; alla direttiva comunitaria 91/271/CEE; all'art. 17 della legge 24 aprile 1998, n. 128 e agli artt. 3 e 97 della Costituzione, con il ricorso della Provincia autonoma di Trento.

 

 

29. Scarichi sul suolo.

 

1. È vietato lo scarico sul suolo o negli strati superficiali del sottosuolo fatta eccezione:

a) per i casi previsti dall'articolo 27, comma 4;

b) per gli scaricatori di piena a servizio delle reti fognarie;

c) per gli scarichi di acque reflue urbane e industriali per i quali sia accertata l'impossibilità tecnica o l'eccessiva onerosità a fronte dei benefìci ambientali conseguibili, a recapitare in corpi idrici superficiali, purché gli stessi siano conformi ai criteri ed ai valori-limite di emissione fissati a tal fine dalle regioni ai sensi dell'articolo 28, comma 2. Sino all'emanazione di nuove norme regionali si applicano i valori limite di emissione della tabella 4 dell'allegato 5;

d) per gli scarichi di acque provenienti dalla lavorazione di rocce naturali nonché dagli impianti di lavaggio delle sostanze minerali, purché i relativi fanghi siano costituiti esclusivamente da acqua e inerti naturali e non comportino danneggiamento delle falde acquifere o instabilità dei suoli;

e) Per gli scarichi di acque meteoriche convogliate in reti fognarie separate (37).

2. Al di fuori delle ipotesi previste al comma 1, gli scarichi sul suolo esistenti alla data di entrata in vigore del presente decreto devono, entro il 31 dicembre 2003, essere convogliati in corpi idrici superficiali, in reti fognarie ovvero destinati al riutilizzo in conformità alle prescrizioni fissate con il decreto di cui all'articolo 6, comma 1, della legge 5 gennaio 1994, n. 36, così come sostituito dall'articolo 26, comma 2. In caso di mancata ottemperanza agli obblighi indicati, l'autorizzazione allo scarico si considera a tutti gli effetti revocata (38).

3. Gli scarichi di cui alla lettera c) del comma l, esistenti alla data di entrata in vigore del presente decreto, devono conformarsi ai limiti della tabella 4 dell'allegato 5 entro tre anni dalla data di entrata in vigore del presente decreto. Sino a tale data devono essere rispettati i limiti fissati dalle normative regionali vigenti o, in mancanza di questi, i limiti della tabella 3 dell'allegato 5. Resta comunque fermo il divieto di scarico sul suolo delle sostanze indicate al punto 2.1 dell'allegato 5 (39).

 

 

------------------------

(37) Lettera aggiunta dall'art. 10, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 258.

(38) Comma prima sostituito dall'art. 10, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 258 e successivamente così modificato dall'art. 25, L. 31 luglio 2002, n. 179.

(39) Comma così sostituito dall'art. 10, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 258.

 

 

30. Scarichi nel sottosuolo e nelle acque sotterranee.

 

1. È vietato lo scarico diretto nelle acque sotterranee e nel sottosuolo.

2. In deroga a quanto previsto al comma 1 l'autorità competente, dopo indagine preventiva, può autorizzare gli scarichi nella stessa falda delle acque utilizzate per scopi geotermici, delle acque di infiltrazione di miniere o cave o delle acque pompate nel corso di determinati lavori di ingegneria civile, ivi comprese quelle degli impianti di scambio termico.

3. In deroga a quanto previsto dal comma 1, il Ministero dell'ambiente per i giacimenti a mare e le regioni per i giacimenti a terra possono altresì autorizzare lo scarico di acque risultanti dall'estrazione di idrocarburi nelle unità geologiche profonde da cui gli stessi idrocarburi sono stati estratti ovvero in unità dotate delle stesse caratteristiche, che contengano o abbiano contenuto idrocarburi, indicando le modalità dello scarico. Lo scarico non deve contenere altre acque di scarico o altre sostanze pericolose diverse, per qualità e quantità, da quelle derivanti dalla separazione degli idrocarburi. Le relative autorizzazioni sono rilasciate con la prescrizione delle precauzioni tecniche necessarie a garantire che le acque di scarico non possano raggiungere altri sistemi idrici o nuocere ad altri ecosistemi.

4. Per le perforazioni in mare con le quali è svolta attività di prospezione, ricerca e coltivazione di giacimenti di idrocarburi liquidi o gassosi, lo scarico delle acque diretto in mare avviene secondo le modalità previste dal decreto 28 luglio 1994 del Ministro dell'ambiente, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 190 del 16 agosto 1994, e successive modifiche, purché la concentrazione di oli minerali sia inferiore a 40 mg/l. Lo scarico diretto a mare è progressivamente sostituito dalla iniezione o reiniezione in unità geologiche profonde, non appena disponibili pozzi non più produttivi, e deve avvenire comunque nel rispetto di quanto previsto ai commi 2 e 3 (40).

5. Lo scarico diretto in mare delle acque di cui al comma 4, è autorizzato previa presentazione di un piano di monitoraggio volto a verificare l'assenza di pericoli per le acque e per gli ecosistemi acquatici.

6. Al di fuori delle ipotesi previste dai commi 2, 3, 4 e 5, gli scarichi nel sottosuolo e nelle acque sotterranee, esistenti e debitamente autorizzati alla data di entrata in vigore del presente decreto, devono essere convogliati in corpi idrici superficiali ovvero destinati, ove possibile, al riciclo, al riutilizzo o all'utilizzazione agronomica entro tre anni dalla data di entrata in vigore del presente decreto. In caso di mancata ottemperanza agli obblighi indicati, l'autorizzazione allo scarico è a tutti gli effetti revocata.

 

 

------------------------

(40) Comma così sostituito dall'art. 11, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 258.

 

 

31. Scarichi in acque superficiali.

 

1. Gli scarichi di acque reflue industriali in acque superficiali devono rispettare i valori-limite di emissione fissati ai sensi dell'articolo 28, commi 1 e 2, in funzione del perseguimento degli obiettivi di qualità.

2. Gli scarichi di acque reflue urbane che confluiscono nelle reti fognarie, provenienti da agglomerati con meno di 2.000 abitanti equivalenti e recapitanti in acque dolci ed in acque di transizione e gli scarichi provenienti da agglomerati con meno di 10.000 abitanti equivalenti, recapitanti in acque marino-costiere, sono sottoposti ad un trattamento appropriato, in conformità con le indicazioni dell'allegato 5, entro il 31 dicembre 2005.

3. Le acque reflue urbane devono essere sottoposte, prima dello scarico, ad un trattamento secondario o ad un trattamento equivalente in conformità con le indicazioni dell'allegato 5 e secondo le seguenti cadenze temporali;

a) entro il 31 dicembre 2000 per gli scarichi provenienti da agglomerati con oltre 15.000 abitanti equivalenti;

b) entro il 31 dicembre 2005 per gli scarichi provenienti da agglomerati con un numero di abitanti equivalenti compreso tra 10.000 e 15.000;

c) entro il 31 dicembre 2005 per gli scarichi in acque dolci ed in acque di transizione, provenienti da agglomerati con un numero di abitanti equivalenti compreso tra 2.000 e 10.000.

4. Gli scarichi previsti al comma 3 devono rispettare, altresì, i valori-limite di emissione fissati ai sensi dell'articolo 28, commi 1 e 2 (41) (35/cost).

5. Le regioni dettano specifica disciplina per gli scarichi di reti fognarie provenienti da agglomerati a forte fluttuazione stagionale degli abitanti, tenuto conto di quanto disposto ai commi 2 e 3 e fermo restando il conseguimento degli obiettivi di qualità.

6. Gli scarichi di acque reflue urbane in acque situate in zone d'alta montagna, al di sopra dei 1500 metri sul livello del mare, dove a causa delle basse temperature è difficile effettuare un trattamento biologico efficace, possono essere sottoposti ad un trattamento meno spinto di quello previsto al comma 3, purché studi dettagliati comprovino che essi non avranno ripercussioni negative sull'ambiente.

 

 

------------------------

(41) Comma così sostituito dall'art. 12, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 258.

(35/cost) La Corte costituzionale, con sentenza 3-18 dicembre 2001, n. 412 (Gazz. Uff. 27 dicembre 2001, Ediz. Str.), ha dichiarato non fondate le questioni di legittimità costituzionale degli artt. 27, comma 4; 28; 31, comma 4; 56, comma 1; 56, comma 1-bis; 59, commi 4, 4-bis, 5, 6, 6-bis, 6-ter, 6-quater, 10, 11-bis, 11-ter sollevate in riferimento all'art. 8, numeri 5, 6, 14, 16, 17, 18, 19, 21, e 24, all'art. 9, numeri 9 e 10, agli art. 14 e 16 dello statuto speciale per il Trentino-Alto Adige, nonché alle relative norme di attuazione; artt. 5 e 8 del D.P.R. 22 marzo 1974, n. 381; art. 15, comma 2, del D.P.R. 19 novembre 1987, n. 526; artt. 2 e 4 del decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 266; alla direttiva comunitaria 91/271/CEE; all'art. 17 della legge 24 aprile 1998, n. 128 e agli artt. 3 e 97 della Costituzione, con il ricorso della Provincia autonoma di Trento.

 

 

32. Scarichi di acque reflue urbane in corpi idrici ricadenti in aree sensibili.

 

1. Ferme restando le disposizioni dell'articolo 28, commi 1 e 2, le acque reflue urbane provenienti da agglomerati con oltre 10.000 abitanti equivalenti, che scaricano in acque recipienti individuate quali aree sensibili, devono essere sottoposte ad un trattamento più spinto di quello previsto dall'articolo 31, comma 3, secondo i requisiti specifici indicati nell'allegato 5.

2. Le disposizioni di cui al comma 1 non si applicano nelle aree sensibili in cui può essere dimostrato che la percentuale minima di riduzione del carico complessivo in ingresso a tutti gli impianti di trattamento delle acque reflue urbane è pari almeno al 75% per il fosforo totale ovvero per almeno il 75% per l'azoto totale.

3. Le regioni individuano tra gli scarichi provenienti dagli impianti di trattamento delle acque reflue urbane situati all'interno dei bacini drenanti afferenti alle aree sensibili, quelli che, contribuendo all'inquinamento di tali aree, sono da assoggettare al trattamento di cui ai commi 1 e 2 in funzione del raggiungimento dell'obiettivo di qualità dei corpi idrici ricettori.

 

 

33. Scarichi in reti fognarie.

 

1. Ferma restando l'inderogabilità dei valori-limite di emissione di cui alla tabella 3/A e, limitatamente ai parametri di cui alla nota 2 della tabella 5 dell'allegato 5, alla tabella 3 gli scarichi di acque reflue industriali che recapitano in reti fognarie sono sottoposti alle norme tecniche, alle prescrizioni regolamentari ed ai valori-limite adottati dal gestore del servizio idrico integrato e approvati dall'amministrazione pubblica responsabile in base alle caratteristiche dell'impianto ed in modo che sia assicurato il rispetto della disciplina degli scarichi di acque reflue urbane definita ai sensi dell'articolo 28, commi 1 e 2.

2. Gli scarichi di acque reflue domestiche che recapitano in reti fognarie sono sempre ammessi purché osservino i regolamenti emanati dal gestore del servizio idrico integrato.

3. Non è ammesso lo smaltimento dei rifiuti, anche se triturati, in fognatura, ad eccezione di quelli organici provenienti dagli scarti dell'alimentazione umana, misti ad acque domestiche, trattati mediante apparecchi dissipatori di rifiuti alimentari che ne riducano la massa in particelle sottili, previa verifica tecnica degli impianti e delle reti da parte dell'ente gestore (41/a) (42).

 

 

------------------------

(41/a) Comma così modificato dall'art. 25, L. 31 luglio 2002, n. 179.

(42) Articolo così sostituito dall'art. 13, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 258.

 

 

34. Scarichi di sostanze pericolose.

 

1. Le disposizioni relative agli scarichi di sostanze pericolose si applicano agli stabilimenti nei quali si svolgono attività che comportano la produzione, la trasformazione o l'utilizzazione delle sostanze di cui alle tabelle 3/A e 5 dell'allegato 5 e nei cui scarichi sia accertata la presenza di tali sostanze in quantità o concentrazioni superiori ai limiti di rilevabilità delle metodiche di rilevamento in essere all'entrata in vigore del presente decreto o degli aggiornamenti messi a punto ai sensi del punto 4 dell'allegato 5.

2. Tenendo conto della tossicità, della persistenza e della bioaccumulazione della sostanza considerata nell'ambiente in cui è effettuato lo scarico, l'autorità competente in sede di rilascio dell'autorizzazione può fissare, in particolari situazioni di accertato pericolo per l'ambiente anche per la coopresenza di altri scarichi di sostanze pericolose, valori-limite di emissione più restrittivi di quelli fissati ai sensi dell'articolo 28, commi 1 e 2.

3. Per le sostanze di cui alla tabella 3/A dell'allegato 5, derivanti dai cicli produttivi indicati nella medesima tabella, le autorizzazioni stabiliscono altresì la quantità massima della sostanza espressa in unità di peso per unità di elemento caratteristico dell'attività inquinante e cioè per materia prima o per unità di prodotto, in conformità con quanto indicato nella stessa tabella.

4. Per le acque reflue industriali contenenti le sostanze della tabella 5 dell'allegato 5, il punto di misurazione dello scarico si intende fissato subito dopo l'uscita dallo stabilimento o dall'impianto di trattamento che serve lo stabilimento medesimo. L'autorità competente può richiedere che gli scarichi parziali contenenti le sostanze della tabella 5 dell'allegato 5 siano tenuti separati dallo scarico generale e disciplinati come rifiuti, ai sensi del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, e successive modifiche e integrazioni. Qualora, nel caso di cui all'articolo 45, comma 2, secondo periodo, l'impianto di trattamento di acque reflue industriali che tratta le sostanze pericolose di cui alla tabella 5 dell'allegato 5, riceva scarichi provenienti da altri stabilimenti o scarichi di acque reflue urbane, contenenti sostanze diverse non utili ad una modifica o riduzione delle sostanze pericolose, in sede di autorizzazione l'autorità competente dovrà ridurre opportunamente i valori limite di emissione indicati nella tabella 3 dell'allegato 5 per ciascuna delle predette sostanze pericolose indicate in tabella 5, tenendo conto della diluizione operata dalla miscelazione dei diversi scarichi.

5. L'autorità che rilascia l'autorizzazione per le sostanze di cui alla tabella 3/A dell'allegato 5 derivanti dai cicli produttivi indicati nella stessa tabella, redige un elenco delle autorizzazioni rilasciate, degli scarichi e dei controlli effettuati, ai fini del successivo inoltro alla Commissione europea (43).

 

 

------------------------

(43) Articolo così sostituito dall'art. 14, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 258.

 

(omissis)

 

57. Proventi delle sanzioni amministrative pecuniarie.

 

1. Le somme derivanti dai proventi delle sanzioni amministrative previste dal presente decreto, sono versate all'entrata del bilancio regionale per essere riassegnate ai capitoli di spesa destinati alle opere di risanamento e di riduzione dell'inquinamento dei corpi idrici. Le regioni provvedono alla ripartizione delle somme riscosse fra gli interventi di prevenzione e di risanamento.

(omissis)

 


D.Lgs. 22 maggio 1999, n. 209 (1).
Attuazione della direttiva 96/59/CE relativa allo smaltimento dei policlorodifenili e dei policlorotrifenili. (art. 7)

 

 

 

------------------------

(1) Pubblicato nella Gazz. Uff. 30 giugno 1999, n. 151.

 

(omissis)

 

7. Modalità di decontaminazione e smaltimento.

 

1. I detentori, in conformità a quanto previsto nei programmi di cui all'articolo 4, devono consegnare i PCB usati, i PCB e gli apparecchi contenenti PCB ad imprese autorizzate ad effettuare le operazioni di decontaminazione o di smaltimento ai sensi degli articoli 27 e 28 del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, e successive modificazioni ed integrazioni.

2. Il detentore, prima della consegna dei PCB, dei PCB usati e degli apparecchi contenenti PCB ad un'impresa autorizzata, garantisce che siano osservate le condizioni di massima sicurezza, ed in particolare che siano prese tutte le misure necessarie per evitare rischi di incendio. In ogni caso i PCB, i PCB usati e gli apparecchi contenenti PCB devono essere tenuti isolati da qualsiasi prodotto infiammabile.

3. Le imprese che effettuano la decontaminazione o lo smaltimento di PCB, di apparecchi contenenti PCB e di PCB usati sono soggette all'obbligo del registro di carico e scarico di cui all'articolo 12 del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, e successive modificazioni ed integrazioni. La consegna di PCB, di apparecchi contenenti PCB e di PCB usati alle imprese che effettuano la decontaminazione o lo smaltimento deve risultare dal formulario di trasporto di cui all'articolo 15 del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, e successive modificazioni ed integrazioni. In particolare, dal registro e dal formulario devono risultare le quantità, l'origine, la natura e la concentrazione di PCB e di PCB usati. Il registro di carico e scarico può essere consultato dalle autorità locali e dal pubblico.

4. I trasformatori contenenti più dello 0,05% in peso di PCB devono essere decontaminati alle seguenti condizioni:

a) la decontaminazione deve ridurre il tenore di PCB ad un valore inferiore allo 0,05% in peso e, possibilmente, non superiore allo 0,005% in peso;

b) il fluido sostitutivo non contenente PCB deve comportare rischi nettamente inferiori, anche sotto l'aspetto dell'incendio e dell'esplosione;

c) la sostituzione del fluido non deve compromettere il successivo smaltimento dei PCB.

5. Per la decontaminazione dei trasformatori i cui fluidi contengono tra lo 0,05% e lo 0,005% in peso di PCB devono essere rispettate solo le condizioni di cui alle lettere b) e c) del comma 4.

6. Le norme tecniche per garantire il rispetto delle condizioni di cui ai commi 4 e 5 sono adottate dal Ministro dell'ambiente, di concerto con il Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato, con il decreto di cui all'articolo 5, comma 4.

7. Lo smaltimento dei PCB e dei PCB usati deve essere effettuato mediante incenerimento, nel rispetto delle disposizioni della direttiva 94/67/CE del Consiglio dell'Unione europea del 16 dicembre 1994, che disciplina l'incenerimento dei rifiuti pericolosi. Possono essere autorizzati dalle regioni e dalle province autonome altri metodi di smaltimento dei PCB usati ovvero degli apparecchi contenenti PCB previo parere dell'ANPA in ordine alla rispondenza dei metodi stessi alle norme di sicurezza in materia ambientale e ai requisiti tecnici relativi alle migliori tecniche disponibili.

8. I condensatori e gli apparecchi contenenti PCB non soggetti ad inventario ai sensi dell'articolo 3, che costituiscono parte di un'altra apparecchiatura, sono rimossi e raccolti separatamente quando l'apparecchio non è più utilizzato, è riciclato o sottoposto a smaltimento.

(omissis)


D.Lgs. 30 luglio 1999, n. 300 (1).
Riforma dell'organizzazione del Governo, a norma dell'articolo 11 della L. 15 marzo 1997, n. 59 (1/circ). (art. 38)

 

 

 

------------------------

(1) Pubblicato nella Gazz. Uff. 30 agosto 1999, n. 203, S.O.

(1/circ) Con riferimento al presente provvedimento sono state emanate le seguenti istruzioni:

- I.N.P.D.A.P. (Istituto nazionale previdenza dipendenti amministrazione pubblica): Informativa 28 febbraio 2002, n. 9;

- Ministero del lavoro e delle politiche sociali: Circ. 25 marzo 2002, n. 16/2002;

- Ministero dell'economia e delle finanze: Circ. 24 dicembre 2001, n. 63/D; Circ. 24 gennaio 2002, 3/D; Nota 26 novembre 2002, n. 18521;

- Ministero dell'interno: Circ. 18 luglio 2001, n. M/3110; Circ. 20 novembre 2002, n. M/3101;

- Ministero della pubblica istruzione: Circ. 18 ottobre 2000, n. 232; Nota 18 ottobre 2000, n. 1775;

- Ministero delle finanze: Circ. 15 febbraio 2001, n. 13/D; Circ. 9 maggio 2001, n. 20/D.

 

(omissis)

 

38. Agenzia per la protezione dell'ambiente e per i servizi tecnici.

 

1. È istituita l'agenzia per la protezione dell'ambiente e per i servizi tecnici nelle forme disciplinate dagli articoli 8 e 9.

2. L'agenzia svolge i compiti e le attività tecnico-scientifiche di interesse nazionale per la protezione dell'ambiente, per la tutela delle risorse idriche e della difesa del suolo, ivi compresi l'individuazione e delimitazione dei bacini idrografici nazionali e interregionali.

3. All'agenzia sono trasferite le attribuzioni dell'agenzia nazionale per la protezione dell'ambiente, quelle dei servizi tecnici nazionali istituiti presso la presidenza del consiglio dei ministri, ad eccezione di quelle del servizio sismico nazionale (21/a).

4. Lo statuto dell'Agenzia, emanato ai sensi dell'articolo 8, comma 4, prevede l'istituzione di un consiglio federale rappresentativo delle agenzie regionali per la protezione dell'ambiente, con funzioni consultive nei confronti del direttore generale e del comitato direttivo. Lo statuto prevede altresì che il comitato direttivo sia composto di quattro membri, di cui due designati dal Ministero dell'ambiente e due designati dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano. Lo statuto disciplina inoltre le funzioni e le competenze degli organismi sopra indicati e la loro durata, nell'àmbito delle finalità indicate dagli articoli 03, comma 5, e 1, comma 1, lettera b), del decreto-legge 4 dicembre 1993, n. 496, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 gennaio 1994, n. 61 (21/b).

5. Sono soppressi l'agenzia nazionale per la protezione dell'ambiente, i servizi tecnici nazionali istituiti presso la presidenza del consiglio dei ministri. Il relativo personale e le relative risorse sono assegnate all'agenzia.

 

(omissis)

 

------------------------

(21/a) Il presente comma era stato modificato dall'art. 1, D.L. 7 settembre 2001, n. 343. La modifica è stata soppressa dalla relativa legge di conversione.

(21/b) Comma così sostituito dall'art. 2, L. 23 marzo 2001, n. 93. Lo statuto dell'Agenzia per la protezione dell'ambiente e per i servizi tecnici è stato approvato con D.P.R. 8 agosto 2002, n. 207.


D.Lgs. 4 agosto 1999, n. 372 (1).
Attuazione della direttiva 96/61/CE relativa alla prevenzione e riduzione integrate dell'inquinamento (1/circ).

 

 

 

------------------------

(1) Pubblicato nella Gazz. Uff. 26 ottobre 1999, n. 252.

(1/circ) Con riferimento al presente provvedimento sono state emanate le seguenti istruzioni:

- Ministero dell'interno: Nota 12 novembre 2001, n. NS7526/4192sott.1;

- Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio: Circ. 13 luglio 2004.

 

IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

 

Visti gli articoli 76 e 87 della Costituzione;

Vista la direttiva 96/61/CE del 24 settembre 1996 sulla prevenzione e riduzione integrate dell'inquinamento;

Vista la legge 24 aprile 1998, n. 128, ed in particolare gli articoli, 1 comma 3, 2 e 21, nonché l'allegato B, recante la delega al Governo per l'attuazione della direttiva 96/61/CE;

Considerato che l'articolo 21 della legge 24 aprile 1998, n. 128, prevede la delega per il recepimento della direttiva 96/61/CE con esclusione della disciplina relativa al rilascio dell'autorizzazione per la realizzazione dei nuovi impianti la cui regolamentazione è demandata alla normativa emanata in recepimento della direttiva 85/337/CEE come modificata dalla direttiva 97/11/CE;

Vista la legge 15 marzo 1997, n. 59, recante «Delega al Governo per il conferimento di funzioni e compiti alle regioni ed enti locali, per la riforma della pubblica amministrazione e per la semplificazione amministrativa»;

Visto il decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, sul conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed enti locali, in attuazione del capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59;

Vista la legge 8 luglio 1986, n. 349, recante «Istituzione del Ministero dell'ambiente e norme in materia di danno ambientale»;

Visto il decreto del Presidente della Repubblica 24 maggio 1988, n. 203, di attuazione delle direttive CEE numeri 80/779, 82/884, 84/360 e 85/203 concernente norme in materia di qualità dell'aria relativamente a specifici agenti inquinanti, e di inquinamento prodotto dagli impianti industriali e suoi decreti attuativi;

Visto il decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, recante «Attuazione delle direttive 91/156/CEE sui rifiuti, 91/689/CEE sui rifiuti pericolosi e 94/62/CE sugli imballaggi e sui rifiuti di imballaggio» e suoi decreti attuativi;

Visto il decreto legislativo 11 maggio 1999, n. 152, recante «Disposizioni sulla tutela delle acque dall'inquinamento e recepimento della direttiva 91/271/CEE, concernente il trattamento delle acque reflue urbane e della direttiva 91/676/CEE relativa alla protezione delle acque dall'inquinamento provocato dai nitrati provenienti da fonti agricole»;

Vista la legge 23 agosto 1988, n. 400;

Vista la legge 21 gennaio 1994, n. 61, recante «Disposizioni urgenti sulla riorganizzazione dei controlli ambientali e istituzione dell'Agenzia nazionale per la protezione dell'ambiente (ANPA)»;

Visto il decreto del Presidente della Repubblica 8 giugno 1997, n. 335, riguardante il regolamento concernente la disciplina delle modalità di organizzazione dell'Agenzia nazionale per la protezione dell'ambiente in strutture operative;

Visto il decreto legislativo 24 febbraio 1997, n. 39, sull'attuazione della direttiva 90/313/CEE concernente la libertà di accesso alle informazioni in materia ambientale;

Vista la legge 26 ottobre 1995, n. 447, recante «Legge quadro sull'inquinamento acustico»;

Vista la legge 25 gennaio 1994, n. 70, recante «Norme per la semplificazione degli adempimenti in materia ambientale, sanitaria e di sicurezza pubblica, nonché per l'attuazione del sistema di ecogestione e di audit ambientale»;

Vista la direttiva 91/692/CEE concernente la standardizzazione e razionalizzazione delle relazioni relative all'attuazione di talune direttive concernenti l'ambiente;

Vista la preliminare deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 21 maggio 1999;

Sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e la province autonome;

Acquisito il parere delle competenti commissioni della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica;

Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 29 luglio 1999;

Sulla proposta del Ministro per le politiche comunitarie e del Ministro dell'ambiente, di concerto con i Ministri degli affari esteri, di grazia e giustizia, del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, dell'industria, del commercio e dell'artigianato, della sanità, delle politiche agricole e del Ministero per gli affari regionali;

 

Emana il seguente decreto legislativo:

 

1. Finalità.

 

1. Il presente decreto disciplina la prevenzione e la riduzione integrate dell'inquinamento proveniente dalle attività di cui all'allegato I; esso prevede misure intese ad evitare oppure, qualora non sia possibile, ridurre le emissioni delle suddette attività nell'aria, nell'acqua e nel suolo, comprese le misure relative ai rifiuti e per conseguire un livello elevato di protezione dell'ambiente nel suo complesso.

2. Il presente decreto disciplina il rilascio, il rinnovo e il riesame dell'autorizzazione integrata ambientale degli impianti esistenti, nonché le modalità di esercizio degli impianti medesimi.

 

 

2. Definizioni.

 

Ai fini del presente decreto si intende per:

1) «sostanze», gli elementi chimici e loro composti, escluse le sostanze radioattive di cui al decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 230, e gli organismi geneticamente modificati di cui al decreto legislativo del 3 marzo 1993, n. 91 e al decreto legislativo del 3 marzo 1993, n. 92;

2) «inquinamento», l'introduzione diretta o indiretta, a seguito di attività umana, di sostanze, vibrazioni, calore o rumore nell'aria, nell'acqua o nel suolo, che potrebbero nuocere alla salute umana o alla qualità dell'ambiente, causare il deterioramento di beni materiali, oppure danni o perturbazioni a valori ricreativi dell'ambiente o ad altri suoi legittimi usi;

3) «impianto», l'unità tecnica permanente in cui sono svolte una o più attività elencate nell'allegato I e qualsiasi altra attività accessoria, che siano tecnicamente connesse con le attività svolte nel luogo suddetto e possano influire sulle emissioni e sull'inquinamento;

4) «impianto esistente», un impianto in esercizio, ovvero un impianto che, ai sensi della legislazione vigente anteriormente alla data di entrata in vigore del presente decreto, abbia ottenuto tutte le autorizzazioni ambientali necessarie per il suo esercizio o il provvedimento positivo di compatibilità ambientale. È considerato altresì esistente l'impianto per il quale, alla data di entrata in vigore del presente decreto, siano state presentate richieste complete delle predette autorizzazioni, a condizione che esso entri in funzione entro un anno dalla data di entrata in vigore del presente decreto;

5) «emissione», lo scarico diretto o indiretto, da fonti puntiformi o diffuse dell'impianto, di sostanze, vibrazioni, calore o rumore nell'aria, nell'acqua ovvero nel suolo;

6) «valori limite di emissione», la massa espressa in rapporto a determinati parametri specifici, la concentrazione ovvero il livello di un'emissione che non possono essere superati in uno o più periodi di tempo. I valori limite di emissione possono essere fissati anche per determinati gruppi, famiglie o categorie di sostanze, segnatamente quelle di cui all'allegato III. I valori limite di emissione delle sostanze si applicano di norma nel punto di fuoriuscita delle emissioni dall'impianto; nella loro determinazione non devono essere considerate eventuali diluizioni. L'effetto di un impianto di depurazione è preso in considerazione nella determinazione dei valori limite di emissione dell'impianto, a condizione di garantire un livello equivalente di protezione dell'ambiente nel suo insieme e di non portare a carichi inquinanti maggiori nell'ambiente fatto salvo il rispetto delle disposizioni del decreto legislativo 11 maggio 1999, n. 152, e sue successive modificazioni;

7) «norma di qualità ambientale», la serie di requisiti, inclusi gli obiettivi di qualità, che devono sussistere in un dato momento in un determinato ambiente o in una specifica parte di esso, come stabilito nella normativa vigente in materia ambientale;

8) «autorità competente», la medesima autorità statale competente al rilascio del provvedimento di valutazione dell'impatto ambientale ai sensi della vigente normativa o l'autorità individuata dalla regione, tenuto conto dell'esigenza di definire un unico procedimento per il rilascio dell'autorizzazione integrata ambientale;

9) «autorizzazione integrata ambientale», il provvedimento che autorizza l'esercizio di un impianto o di parte di esso a determinate condizioni che devono garantire che l'impianto sia conforme ai requisiti del presente decreto. Un'autorizzazione integrata ambientale può valere per uno o più impianti o parti di essi, che siano localizzati sullo stesso sito e gestiti dal medesimo gestore;

10) «modifica dell'impianto», una modifica delle sue caratteristiche o del suo funzionamento ovvero un suo potenziamento che possa produrre conseguenze sull'ambiente;

11) «modifica sostanziale» una modifica dell'impianto che, secondo l'autorità competente, potrebbe avere effetti negativi e significativi per gli esseri umani o per l'ambiente;

12) «migliori tecniche disponibili», la più efficiente e avanzata fase di sviluppo di attività e relativi metodi di esercizio indicanti l'idoneità pratica di determinate tecniche a costituire, in linea di massima, la base dei valori limite di emissione intesi ad evitare oppure, ove ciò si riveli impossibile, a ridurre in modo generale le emissioni e l'impatto sull'ambiente nel suo complesso. Nel determinare le migliori tecniche disponibili, occorre tenere conto in particolare degli elementi di cui all'allegato IV. In particolare si intende per:

a) «tecniche», sia le tecniche impiegate sia le modalità di progettazione, costruzione, manutenzione, esercizio e chiusura dell'impianto;

b) «disponibili», le tecniche sviluppate su una scala che ne consenta l'applicazione in condizioni economicamente e tecnicamente valide nell'ambito del pertinente comparto industriale, prendendo in considerazione i costi e i vantaggi, indipendentemente dal fatto che siano o meno applicate o prodotte in ambito nazionale, purché il gestore possa avervi accesso a condizioni ragionevoli;

c) «migliori», le tecniche più efficaci per ottenere un elevato livello di protezione dell'ambiente nel suo complesso;

13) «gestore», qualsiasi persona fisica o giuridica che detiene o gestisce l'impianto.

 

 

3. Princìpi generali dell'autorizzazione integrata ambientale.

 

1. L'autorità competente, nel determinare le condizioni per l'autorizzazione integrata ambientale, fermo restando il rispetto delle norme di qualità ambientale, tiene conto dei seguenti princìpi generali:

a) devono essere prese le opportune misure di prevenzione dell'inquinamento, applicando in particolare le migliori tecniche disponibili;

b) non si devono verificare fenomeni di inquinamento significativi;

c) deve essere evitata la produzione di rifiuti, a norma del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, e successive modificazioni e integrazioni; in caso contrario i rifiuti sono recuperati o, ciò sia tecnicamente ed economicamente impossibile, sono eliminati evitandone e riducendone l'impatto sull'ambiente, a norma del medesimo decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22;

d) l'energia deve essere utilizzata in modo efficace;

e) devono essere prese le misure necessarie per prevenire gli incidenti e limitarne le conseguenze;

f) deve essere evitato qualsiasi rischio di inquinamento al momento della cessazione definitiva delle attività ed il sito stesso ripristinato ai sensi della normativa vigente in materia di bonifiche e ripristino ambientale.

2. Con decreto dei Ministri dell'ambiente, dell'industria, del commercio e dell'artigianato e della sanità, sentita la conferenza unificata istituita ai sensi del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, sono emanate le linee guida per l'individuazione e l'utilizzazione delle migliori tecniche disponibili, per le attività elencate nell'allegato I. Con la stessa procedura si provvede al loro successivo aggiornamento anche sulla base dello scambio di informazioni di cui all'articolo 11, comma 4. Con decreto dei Ministri dell'ambiente, dell'industria, del commercio e dell'artigianato e della sanità, è istituita, senza oneri a carico del bilancio dello Stato, al fine di fornire il supporto tecnico per la definizione delle linee guida, una commissione composta da esperti della materia, alla quale partecipano, anche a titolo consultivo, i rappresentanti di interessi industriali ed ambientali (2).

3. Con atto di indirizzo e di coordinamento, adottato ai sensi dell'articolo 8 della legge 15 marzo 1997, n. 59, possono essere determinati dei requisiti per talune categorie di impianti, che tengano luogo dei corrispondenti requisiti fissati per ogni singola autorizzazione, purché siano garantiti un approccio integrato ed una elevata protezione equivalente dell'ambiente nel suo complesso.

 

 

------------------------

(2) La commissione di cui al presente comma è stata istituita con D.M. 19 novembre 2002.

 

 

4. Adeguamento del funzionamento degli impianti esistenti.

 

1. Ai fini dell'adeguamento del funzionamento degli impianti esistenti alle disposizioni del presente decreto, si provvede al rilascio dell'autorizzazione integrata ambientale di cui al successivo articolo 5. Fatto salvo quanto disposto dal successivo comma 4 e ferme restando le informazioni richieste dalla normativa concernente aria, acqua, suolo e rumore, la domanda deve comunque descrivere:

a) l'impianto, il tipo e la portata delle sue attività;

b) le materie prive e ausiliarie, le sostanze e l'energia usate o prodotte dall'impianto;

c) le fonti di emissione dell'impianto;

d) lo stato del sito di ubicazione dell'impianto;

e) il tipo e l'entità delle emissioni dell'impianto in ogni settore ambientale, nonché un'identificazione degli effetti significativi delle emissioni sull'ambiente;

f) la tecnologia utilizzata e le altre tecniche in uso per prevenire le emissioni dall'impianto oppure per ridurle;

g) le misure di prevenzione e di recupero dei rifiuti prodotti dall'impianto;

h) le misure previste per controllare le emissioni nell'ambiente;

i) le altre misure previste per ottemperare ai princìpi di cui all'articolo 3.

2. La domanda di autorizzazione integrata ambientale deve contenere anche una sintesi non tecnica dei dati di cui alle lettere del comma precedente.

3. Entro il 30 giugno 2002 l'autorità competente stabilisce il calendario delle scadenze per la presentazione delle domande. Tale calendario è pubblicato sull'organo ufficiale regionale o, nel caso di impianti che ricadono nell'ambito della competenza dello Stato, nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana (3).

4. Qualora le informazioni e le descrizioni fornite secondo un rapporto di sicurezza, elaborato conformemente alle norme previste sui rischi di incidente rilevante connessi a determinate attività industriali, o secondo la norma ISO 14001, ovvero i dati prodotti per i siti registrati ai sensi del regolamento 1839/93/CEE, nonché altre informazioni fornite secondo qualunque altra normativa, rispettino uno o più dei requisiti di cui al comma 1 del presente articolo, possono essere utilizzate ai fini della presentazione della domanda. Il richiedente fa riferimento a tale documentazione, indicando la data e il luogo della presentazione, ed il soggetto a cui ha prodotto tale documentazione.

5. L'autorità competente comunica al gestore la data di avvio del procedimento ai sensi della legge 7 agosto 1990, n. 241. Entro il termine di quindici giorni dalla comunicazione il gestore provvede a sua cura e sue spese alla pubblicazione su un quotidiano a diffusione provinciale o regionale, ovvero a diffusione nazionale nel caso di progetti che ricadono nell'ambito della competenza dello Stato, di un annuncio contenente l'indicazione della localizzazione dell'impianto e del nominativo del gestore nonché il luogo individuato ai sensi del comma 6 ove è possibile prendere visione degli atti e trasmettere le osservazioni. Tali forme di pubblicità tengono luogo delle comunicazioni di cui agli articoli 7 e 8 della legge 7 agosto 1990, n. 241.

6. L'autorità competente individua gli uffici presso i quali sono depositati i documenti e gli atti inerenti il procedimento, al fine della consultazione del pubblico.

7. Entro trenta giorni dalla pubblicazione di cui al comma 5, i soggetti interessati possono presentare in forma scritta, all'autorità competente, osservazioni sulla domanda.

8. L'autorità competente, ai fini del rilascio dell'autorizzazione integrata ambientale, convoca apposita conferenza dei servizi, ai sensi dell'articolo 14 della legge 7 agosto 1990, n. 241, come da ultimo modificata dall'articolo 17 della legge 15 maggio 1997, n. 127, alla quale invita le amministrazioni competenti in materia di autorizzazioni ambientali per l'esercizio degli impianti.

9. Acquisite le determinazioni delle predette amministrazioni e considerate le osservazioni di cui al comma 7, l'autorità competente rilascia, entro centocinquanta giorni dalla presentazione della domanda, un'autorizzazione contenente le condizioni che garantiscono la conformità dell'impianto ai requisiti previsti nel presente decreto. L'autorità competente può chiedere integrazione alla documentazione, indicando il termine massimo non inferiore a trenta giorni per la presentazione della documentazione integrativa; in tal caso, i termini si intendono sospesi fino alla presentazione della documentazione integrativa.

10. L'autorizzazione integrata ambientale, rilasciata ai sensi del presente decreto, sostituisce ad ogni effetto ogni altro visto, nulla osta, parere o autorizzazione in materia ambientale, previsti dalle disposizioni di legge e dalle relative norme di attuazione, fatta salva la normativa emanata in attuazione della direttiva n. 96/82/CE.

11. Ogni autorizzazione integrata ambientale concessa deve includere le modalità previste per la protezione dell'ambiente nel suo complesso di cui al presente decreto, secondo quanto indicato al successivo articolo 5, nonché la data, comunque non successiva al 30 ottobre 2007, entro la quale tali prescrizioni debbono essere attuate.

12. Copia dell'autorizzazione integrata ambientale e di qualsiasi suo successivo aggiornamento deve essere messa a disposizione del pubblico, presso l'ufficio di cui al comma 6.

13. Ove l'autorità competente non provveda al rilascio dell'autorizzazione integrata ambientale entro i termini previsti dal comma 9, si applica il potere sostitutivo di cui all'articolo 5 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112.

14. Tutti i procedimenti devono essere comunque conclusi entro il 30 ottobre 2004 (3/a).

 

 

------------------------

(3) Con D.M. 24 luglio 2002 (Gazz. Uff. 30 settembre 2002, n. 229) sono stati stabiliti i termini per la presentazione delle domande di cui al presente comma.

(3/a) Termine prorogato al 30 aprile 2005 dall'art. 9, D.L. 24 dicembre 2003, n. 355, come modificato dalla relativa legge di conversione.

 

 

5. Condizioni dell'autorizzazione integrata ambientale.

 

1. L'autorizzazione integrata ambientale rilasciata ai sensi del presente decreto deve includere tutte le misure necessarie per soddisfare i requisiti di cui agli articoli 3 e 6 al fine di conseguire un livello elevato di protezione dell'ambiente nel suo complesso.

2. L'autorizzazione integrata ambientale deve includere valori limite di emissione fissati per le sostanze inquinanti, in particolare quelle elencate nell'allegato III, che possono essere emesse dall'impianto interessato in quantità significativa, in considerazione della loro natura, e delle loro potenzialità di trasferimento dell'inquinamento da un elemento ambientale all'altro (acqua, aria e suolo), nonché i valori limite di emissione e immissione sonora ai sensi della vigente normativa in materia di inquinamento acustico. I valori limite di emissione fissati nelle autorizzazioni integrate non possono comunque essere meno rigorosi di quelli fissati dalla vigente normativa nazionale o regionale. Se necessario, l'autorizzazione integrata ambientale contiene ulteriori disposizioni che garantiscono la protezione del suolo e delle acque sotterranee, le opportune disposizioni per la gestione dei rifiuti prodotti dall'impianto e per la riduzione dell'inquinamento acustico. Se del caso, i valori limite di emissione possono essere integrati o sostituiti con parametri o misure tecniche equivalenti. Per gli impianti di cui al punto 6.6 dell'allegato I, i valori limite di emissione tengono conto delle modalità pratiche adatte a tali categorie di impianti nonché dei costi e dei benefìci.

3. Fatto salvo l'articolo 6, i valori limite di emissione, i parametri e le misure tecniche equivalenti di cui al comma 2 si basano sulle migliori tecniche disponibili, senza l'obbligo di utilizzare una tecnica o una tecnologia specifica, tenendo conto delle caratteristiche tecniche dell'impianto in questione, della sua ubicazione geografica e delle condizioni locali dell'ambiente. In tutti i casi, le condizioni di autorizzazione prevedono disposizioni per ridurre al minimo l'inquinamento a grande distanza o attraverso le frontiere e garantiscono un elevato livello di protezione dell'ambiente nel suo insieme.

4. L'autorità competente rilascia l'autorizzazione nel rispetto delle linee guida di cui all'articolo 3, comma 2, e del decreto di cui al comma 3 dello stesso articolo.

5. L'autorizzazione integrata ambientale contiene gli opportuni requisiti di controllo delle emissioni, che specificano la metodologia e la frequenza di misurazione, nonché la relativa procedura di valutazione, in conformità a quanto disposto dalla vigente normativa in materia ambientale, nonché l'obbligo di comunicare all'autorità competente i dati necessari per verificarne la conformità alle condizioni di autorizzazione ambientale integrata. Per gli impianti di cui al punto 6.6 dell'allegato 1, le misure di cui al presente comma possono tenere conto dei costi e benefìci.

6. L'autorizzazione integrata ambientale contiene le misure relative alle condizioni diverse da quelle di normale esercizio, in particolare per le fasi di avvio e di arresto dell'impianto, per le emissioni fuggitive, per i malfunzionamenti, e per l'arresto definitivo dell'impianto. Le disposizioni di cui al successivo articolo 8 non si applicano alle modifiche necessarie per adeguare la funzionalità degli impianti alle prescrizioni dell'autorizzazione integrata ambientale. Per gli impianti assoggettati alla direttiva n. 96/82 CE, le prescrizioni ai fini della sicurezza e della prevenzione dei rischi di incidenti rilevanti stabilite dalla autorità competente ai sensi della normativa di recepimento di detta direttiva, sono riportate nell'autorizzazione integrata ambientale.

7. L'autorizzazione integrata ambientale può contenere altre condizioni specifiche ai fini del presente decreto, giudicate opportune dall'autorità competente.

 

 

6. Migliori tecniche disponibili e norme di qualità ambientale.

 

1. Se, a seguito di una valutazione dell'autorità competente, che tenga conto di tutte le emissioni coinvolte, risultasse necessario applicare ad impianti, localizzati in una determinata area, misure più rigorose di quelle ottenibili con le migliori tecniche disponibili, al fine di assicurare in tale area il rispetto delle norme di qualità ambientale, l'autorità competente può prescrivere nelle autorizzazioni integrate misure supplementari particolari più rigorose, fatte salve le altre misure che possono essere adottate per rispettare le norme di qualità ambientale.

 

 

7. Rinnovo e riesame.

 

1. L'autorità competente, a partire dalla data fissata in attuazione dell'articolo 4, comma 11, rinnova ogni cinque anni le condizioni dell'autorizzazione integrata ambientale confermandole o aggiornandole. A tal fine, sei mesi prima della scadenza, il gestore invia all'autorità competente una domanda di rinnovo, corredata da una relazione contenente un aggiornamento delle informazioni di cui all'articolo 4, comma 1. Alla domanda si applica quanto previsto dall'articolo 4, comma 4. L'autorità competente si esprime nei successivi 150 giorni con la procedura prevista dall'articolo 4, comma 8. Fino alla pronuncia dell'autorità competente, il gestore continua l'attività sulla base della precedente autorizzazione ambientale integrata.

1-bis. Nel caso di un impianto che, all'atto del rilascio dell'autorizzazione di cui all'articolo 4, risulti registrato ai sensi del regolamento 1836/93/CE, il rinnovo di cui al comma 1 è effettuato ogni 8 anni. Se la registrazione ai sensi del predetto regolamento è successiva all'autorizzazione di cui all'articolo 4, il rinnovo di detta autorizzazione è effettuato ogni otto anni a partire dal primo successivo rinnovo.

2. Il riesame è effettuato dall'autorità competente, anche su proposta delle amministrazioni competenti in materia ambientale, comunque quando:

a) l'inquinamento provocato dall'impianto è tale da rendere necessaria la revisione dei valori limite di emissione fissati nell'autorizzazione o l'inserimento in quest'ultima di nuovi valori limite;

b) le migliori tecniche disponibili hanno subìto modifiche sostanziali, che consentono una notevole riduzione delle emissioni senza imporre costi eccessivi;

c) la sicurezza di esercizio del processo o dell'attività richiede l'impiego di altre tecniche;

d) nuove disposizioni legislative comunitarie o nazionali lo esigono.

3. In caso di rinnovo o di riesame dell'autorizzazione, l'autorità competente può consentire deroghe temporanee ai requisiti ivi fissati ai sensi dell'articolo 5, comma 3, se un piano di ammodernamento da essa approvato assicura il rispetto di detti requisiti entro un termine di sei mesi, e se il progetto determina una riduzione dell'inquinamento.

 

 

8. Modifica degli impianti da parte dei gestori.

 

1. Il gestore comunica all'autorità competente le modifiche progettate dell'impianto, come definite dall'articolo 2, comma 1, numero 10. L'autorità competente, in caso di esclusione dalla procedura di valutazione d'impatto ambientale, ove lo ritenga necessario, aggiorna l'autorizzazione integrata ambientale o le relative condizioni.

2. Alle autorizzazioni rilasciate ai sensi del comma 1 si applica il disposto dell'articolo 7, comma 3.

 

 

9. Rispetto delle condizioni dell'autorizzazione integrata ambientale.

 

1. Il gestore, prima di dare attuazione a quanto previsto dall'autorizzazione integrata ambientale, ne dà comunicazione all'autorità competente.

2. Entro tre mesi dalla comunicazione di cui al comma 1 il gestore trasmette all'autorità competente e ai comuni interessati, i dati relativi ai controlli delle emissioni richiesti dall'autorizzazione integrata ambientale. L'autorità competente provvede a mettere tali dati a disposizione del pubblico tramite gli uffici individuati ai sensi dell'articolo 4, comma 6. L'autorità competente accerta, anche tramite le agenzie regionali e provinciali per la protezione dell'ambiente, la regolarità delle misure e dei dispositivi di prevenzione dell'inquinamento nonché il rispetto dei valori limite di emissione.

3. Le agenzie regionali e provinciali per la protezione dell'ambiente e, ove non istituite, gli organismi di controllo individuati dall'autorità competente, effettuano, nell'ambito delle disponibilità finanziarie del proprio bilancio, ispezioni periodiche sugli impianti autorizzati ai sensi del presente decreto al fine di verificare che:

a) il gestore rispetti, nel suo impianto, le condizioni dell'autorizzazione integrata ambientale;

b) il gestore abbia informato regolarmente l'autorità competente dei risultati della sorveglianza delle emissioni del proprio impianto e tempestivamente in caso di inconvenienti o incidenti che incidano in modo significativo sull'ambiente.

4. In caso di ispezione, il gestore deve fornire all'autorità ispettiva tutta l'assistenza necessaria per lo svolgimento di qualsiasi ispezione relativa all'impianto, per prelevare campioni e raccogliere qualsiasi informazione necessaria allo svolgimento dei loro compiti, ai fini del presente decreto.

5. Gli esiti delle ispezioni debbono essere comunicati all'autorità competente, indicando le situazioni di non rispetto delle prescrizioni di cui al comma 5, lettere a) e b).

6. I risultati del controllo delle emissioni, richiesti dalle condizioni dell'autorizzazione integrata ambientale e in possesso dell'autorità competente, devono essere messi a disposizione del pubblico, tramite l'ufficio individuato all'articolo 4, comma 6, nel rispetto di quanto previsto dal decreto legislativo 24 febbraio 1997, n. 39.

7. In caso di inosservanza delle prescrizioni autorizzatorie, l'autorità competente procede secondo la gravità delle infrazioni:

a) alla diffida, assegnando un termine entro il quale devono essere eliminate le irregolarità;

b) alla diffida e contestuale sospensione della attività autorizzata per un tempo determinato, ove si manifestino situazioni di pericolo per la salute ovvero per l'ambiente;

c) alla revoca dell'autorizzazione integrata ambientale e alla chiusura dell'impianto, in caso di mancato adeguamento alle prescrizioni imposte con la diffida e in caso di reiterate violazioni che determinino situazioni di pericolo e di danno per la salute ovvero per l'ambiente.

 

 

10. Inventario delle principali emissioni e loro fonti.

 

1. I gestori degli impianti in esercizio di cui all'allegato I trasmettono all'autorità competente e al Ministero dell'ambiente per il tramite dell'Agenzia nazionale per la protezione dell'ambiente, entro il 30 aprile di ogni anno i dati caratteristici relativi alle emissioni in aria, acqua e suolo, dell'anno precedente. La prima comunicazione si effettua entro il 30 aprile dell'anno successivo alla pubblicazione del decreto di cui al comma 2.

2. Entro un anno dalla data di entrata in vigore del presente decreto, con decreto del Ministro dell'ambiente, sono stabiliti i dati e il formato della comunicazione di cui al comma 1, conformemente a quanto stabilito dalla Commissione europea (4).

3. L'Agenzia nazionale per la protezione dell'ambiente elabora i dati di cui al comma 1 e li trasmette al Ministero dell'ambiente anche per l'invio alla Commissione europea.

4. Il Ministero dell'ambiente e l'ANPA, assicurano, nel rispetto del decreto legislativo 24 febbraio 1997, n. 39, l'accesso del pubblico ai dati di cui al comma 1 e alle successive elaborazioni.

5. Le procedure di comunicazione e di trasmissione dei dati di cui al comma 1 sono stabilite anche al fine di una successiva integrazione delle stesse al Modello unico di dichiarazione ambientale di cui alla legge 25 gennaio 1994, n. 70.

 

 

------------------------

(4) In attuazione di quanto disposto dal presente comma vedi il D.M. 23 novembre 2001.

 

 

11. Scambio di informazioni.

 

1. Le autorità competenti trasmettono al Ministero dell'ambiente ogni tre anni, entro il 30 aprile, una comunicazione relativa all'applicazione del presente decreto, ed in particolare ai valori limite di emissione applicati agli impianti di cui all'allegato I e alle migliori tecniche disponibili su cui detti valori si basano, sulla base di un apposito formulario, stabilito con decreto del Ministro dell'ambiente, conforme a quanto stabilito dalla Commissione europea. La prima comunicazione deve pervenire entro tredici mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto (5).

2. Il Ministero dell'ambiente provvede all'invio delle informazioni di cui al comma 1 alla Commissione europea, ogni tre anni e per la prima volta entro un termine di diciotto mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto. Per le comunicazioni successive, tali informazioni sono integrate secondo le procedure previste al comma 3 del presente articolo.

3. Il Ministero dell'ambiente è tenuto a predisporre ed inviare alla Commissione europea una relazione sull'attuazione della direttiva n. 96/61/CE e sulla sua efficacia rispetto ad altri strumenti comunitari di protezione dell'ambiente, sulla base di un questionario redatto a norma degli articoli 5 e 6 della direttiva n. 91/692/CEE. La prima relazione si riferisce al triennio compreso tra il 1° gennaio 2000 e il 1° gennaio 2003.

4. Il Ministero dell'ambiente, di intesa con il Ministero dell'industria, del commercio e dell'artigianato, con il Ministero della sanità e con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano, anche avvalendosi della commissione di cui all'articolo 3, comma 2, provvede ad assicurare la partecipazione dell'Italia allo scambio di informazioni organizzato dalla Commissione europea relativamente alle migliori tecniche disponibili e al loro sviluppo, nonché alle relative prescrizioni in materia di controllo, e a rendere accessibili i risultati di tale scambio di informazioni.

 

 

------------------------

(5) Per l'approvazione del formulario di cui al presente comma vedi il D.M. 29 maggio 2003.

 

 

12. Effetti transfrontalieri.

 

1. Nel caso in cui il funzionamento di un impianto possa avere effetti negativi e significativi sull'ambiente di un altro Stato dell'Unione europea, il Ministero dell'ambiente, d'intesa con il Ministero degli affari esteri, comunica a tale Stato membro i dati forniti ai sensi degli articoli 4 e 8, nel momento stesso in cui sono messi a disposizione del pubblico. Comunque tali dati devono essere forniti ad uno Stato dell'Unione europea che ne faccia richiesta, qualora ritenga di poter subire effetti negativi e significativi sull'ambiente nel proprio territorio. Nel caso in cui l'impianto non ricada nell'ambito delle competenze statali, l'autorità competente, qualora constati che il funzionamento di un impianto possa avere effetti negativi e significativi sull'ambiente di un altro Stato dell'Unione europea, informa il Ministero dell'ambiente che provvede ai predetti adempimenti.

2. Il Ministero dell'ambiente provvede, d'intesa con il Ministero degli affari esteri, nel quadro dei rapporti bilaterali fra Stati, affinché nei casi di cui al comma 1 le domande siano accessibili anche ai cittadini dello Stato eventualmente interessato per un periodo di tempo adeguato che consenta una presa di posizione prima della decisione dell'autorità competente.

 

 

13. Sanzioni.

 

1. Chiunque esercita una delle attività di cui all'allegato I senza essere in possesso dell'autorizzazione integrata ambientale o dopo che la stessa sia stata sospesa o revocata è punito con la pena dell'arresto fino ad un anno o con l'ammenda da L. 5.000.000 a L. 50.000.000. Si applica la sola pena dell'ammenda da L. 10.000.000 a L. 50.000.000 nei confronti di colui che pur essendo in possesso dell'autorizzazione integrata ambientale non ne osserva le prescrizioni o quelle imposte dall'autorità competente.

2. Chiunque esercita una delle attività di cui all'allegato I dopo l'ordine di chiusura dell'impianto è punito con la pena dell'arresto da sei mesi a due anni o con l'ammenda da L. 10.000.000 a L. 100.000.000.

3. È punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da L. 10.000.000 a L. 100.000.000 il gestore che omette di trasmettere all'autorità competente e al sindaco del comune o dei comuni interessati la comunicazione prevista dall'articolo 9, comma 1.

4. È punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da L. 5.000.000 a L. 20.000.000 il gestore che omette di comunicare all'autorità competente e ai comuni interessati i dati relativi alle misurazioni delle emissioni di cui all'articolo 9, comma 2.

5. È punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da L. 10.000.000 a L. 50.000.000 il gestore che omette di presentare, nel termine stabilito dall'autorità competente la documentazione integrativa prevista dall'articolo 4, comma 9.

6. Alle sanzioni amministrative pecuniarie previste dal presente decreto non si applica il pagamento in misura ridotta di cui all'articolo 16 della legge 24 novembre 1981, n. 689.

 

 

14. Disposizioni transitorie.

 

1. Le disposizioni relative alle autorizzazioni previste dalla vigente normativa in materia di inquinamento atmosferico, idrico, acustico e del suolo anche in recepimento delle direttive elencate in allegato II, si applicano agli impianti esistenti sino a quando il gestore si sia adeguato alle condizioni fissate nell'autorizzazione integrata ambientale rilasciata ai sensi dell'articolo 4.

 

 

15. Disposizioni finali.

 

1. Agli impianti di cui all'allegato I non ricompresi nella definizione di cui all'articolo 2, numero 4), per quanto non disciplinato nella normativa emanata in attuazione della direttiva comunitaria in materia di valutazione dell'impatto ambientale, si applicano le norme del presente decreto.

2. Le spese occorrenti per effettuare i rilievi, gli accertamenti ed i sopralluoghi necessari per l'istruttoria delle domande di autorizzazione integrata ambientale e per i successivi controlli previsti dal presente decreto, sono a carico del gestore.

3. Con decreto del Ministro dell'ambiente, di concerto con il Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato e con il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano, entro un anno dalla data di entrata in vigore del presente decreto, sono disciplinate le modalità, anche contabili, e le tariffe da applicare in relazione alle istruttorie e ai controlli previsti dal presente decreto.

 

 


Allegato I

 

Categorie di attività industriali di cui all'art. 1

 

1. Gli impianti o le parti di impianti utilizzati per la ricerca, lo sviluppo e la sperimentazione di nuovi prodotti e processi non rientrano nel presente decreto.

 

2. I valori limite riportati in appresso si riferiscono in genere alle capacità di produzione o alla resa. Qualora uno stesso gestore ponga in essere varie attività elencate alla medesima voce in uno stesso impianto o in una stessa località, si sommano le capacità di tali attività.

1. Attività energetiche.

1.1. Impianti di combustione con una potenza termica di combustione di oltre 50 MW [1].

1.2. Raffinerie di petrolio e di gas.

1.3. Cokerie.

1.4. Impianti di gassificazione e liquefazione del carbone.

2. Produzione e trasformazione dei metalli.

2.1. Impianti di arrostimento o sinterizzazione di minerali metallici compresi i minerali solforati.

2.2. Impianti di produzione di ghisa o acciaio (fusione primaria o secondaria), compresa la relativa colata continua di capacità superiore a 2,5 tonnellate all'ora.

2.3. Impianti destinati alla trasformazione di metalli ferrosi mediante:

a) laminazione a caldo con una capacità superiore a 20 tonnellate di acciaio grezzo all'ora;

b) forgiatura con magli la cui energia di impatto supera 50 kilojoule per maglio e allorché la potenza calorifica è superiore a 20 MW;

c) applicazione di strati protettivi di metallo fuso con una capacità di trattamento superiore a 2 tonnellate di acciaio grezzo all'ora.

2.4. Fonderie di metalli ferrosi con una capacità di produzione superiore a 20 tonnellate al giorno.

2.5. Impianti:

a) destinati a ricavare metalli grezzi non ferrosi da minerali, nonché concentrati o materie prime secondarie attraverso procedimenti metallurgici, chimici o elettrolitici;

b) di fusione e lega di metalli non ferrosi, compresi i prodotti di recupero (affinazione, formatura in fonderia), con una capacità di fusione superiore a 4 tonnellate al giorno per il piombo e il cadmio o a 20 tonnellate al giorno per tutti gli altri metalli.

2.6. Impianti per il trattamento di superficie di metalli e materie plastiche mediante processi elettrolitici o chimici qualora le vasche destinate al trattamento utilizzate abbiano un volume superiore a 30 m3.

 

3. Industria dei prodotti minerali.

3.1. Impianti destinati alla produzione di clinker (cemento) in forni rotativi la cui capacità di produzione supera 500 tonnellate al giorno oppure di calce viva in forni rotativi la cui capacità di produzione supera 50 tonnellate al giorno, o in altri tipi di forni aventi una capacità di produzione di oltre 50 tonnellate al giorno.

3.2. Impianti destinati alla produzione di amianto e alla fabbricazione di prodotti dell'amianto.

3.3. Impianti per la fabbricazione del vetro compresi quelli destinati alla produzione di fibre di vetro, con capacità di fusione di oltre 20 tonnellate al giorno.

3.4. Impianti per la fusione di sostanze minerali compresi quelli destinati alla produzione di fibre minerali, con una capacità di fusione di oltre 20 tonnellate al giorno.

3.5. Impianti per la fabbricazione di prodotti ceramici mediante cottura, in particolare tegole, mattoni, mattoni refrattari, piastrelle, gres, porcellane, con una capacità di produzione di oltre 75 tonnellate al giorno e/o con una capacità di forno superiore a 4 m3 e con una densità di colata per forno superiore a 300 kg/m3.

 

4. Industria chimica.

Nell'ambito delle categorie di attività della sezione 4 si intende per produzione la produzione su scala industriale mediante trasformazione chimica delle sostanze o dei gruppi di sostanze di cui ai punti da 4.1 a 4.6.

4.1. Impianti chimici per la fabbricazione di prodotti chimici organici di base come:

a) idrocarburi semplici (lineari o anulari, saturi o insaturi, alifatici o aromatici);

b) idrocarburi ossigenati, segnatamente alcoli, aldeidi, chetoni, acidi carbossilici, esteri, acetati, eteri, perossidi, resine, epossidi;

c) idrocarburi solforati;

d) idrocarburi azotati, segnatamente ammine, amidi, composti nitrosi, nitrati o nitrici, nitrili, cianati, isocianati;

e) idrocarburi fosforosi;

f) idrocarburi alogenati;

g) composti organometallici;

h) materie plastiche di base (polimeri, fibre sintetiche, fibre a base di cellulosa);

i) sostanze coloranti e pigmenti;

k) tensioattivi e agenti di superficie.

 

 

__________

[1] I requisiti di cui alla direttiva n. 88/609/CEE per gli impianti esistenti rimangono in vigore fino al 31 dicembre 2003.

 

4.2. Impianti chimici per la fabbricazione di prodotti chimici inorganici di base, quali:

a) gas, quali ammoniaca; cloro o cloruro di idrogeno, fluoro o fluoruro di idrogeno, ossidi di carbonio, composti di zolfo, ossidi di azoto, idrogeno, biossido di zolfo, bicloruro di carbonile;

b) acidi, quali acido cromico, acido fluoridrico, acido fosforico, acido nitrico, acido cloridrico, acido solforico, oleum e acidi solforati;

c) basi, quali idrossido d'ammonio, idrossido di potassio, idrossido di sodio;

d) sali, quali cloruro d'ammonio, clorato di potassio, carbonato di potassio, carbonato di sodio, perborato, nitrato d'argento;

e) metalloidi, ossidi metallici o altri composti inorganici, quali carburo di calcio, silicio, carburo di silicio.

4.3. Impianti chimici per la fabbricazione di fertilizzanti a base di fosforo, azoto o potassio (fertilizzanti semplici o composti).

4.4. Impianti chimici per la fabbricazione di prodotti di base fitosanitari e di biocidi.

4.5. Impianti che utilizzano un procedimento chimico o biologico per la fabbricazione di prodotti farmaceutici di base.

4.6. Impianti chimici per la fabbricazione di esplosivi.

 

5. Gestione dei rifiuti

Salvi l'art. 11 della direttiva n. 75/442/CEE e l'art. 3 della direttiva n. 91/689/CEE Consiglio, del 12 dicembre 1991, relativa ai rifiuti pericolosi [1].

5.1. Impianti per l'eliminazione o il ricupero di rifiuti pericolosi, della lista di cui all'art. 1, paragrafo 4, della direttiva n. 91/689/CEE quali definiti negli allegati II A e II B (operazioni R 1, R 5, R 6, R 8 e R 9) della direttiva n. 75/442/CEE e nella direttiva n. 75/439/CEE Consiglio, del 16 giugno 1975, concernente l'eliminazione degli oli usati [2], con capacità di oltre 10 tonnellate al giorno.

5.2. Impianti di incenerimento dei rifiuti urbani quali definiti nella direttiva n. 89/369/CEE Consiglio, dell'8 giugno 1989, concernente la prevenzione dell'inquinamento atmosferico provocato dai nuovi impianti di incenerimento dei rifiuti urbani [3], e nella direttiva n. 89/429/CEE Consiglio, del 21 giugno 1989, concernente la riduzione dell'inquinamento atmosferico provocato dagli impianti di incenerimento dei rifiuti urbani [4], con una capacità superiore a 3 tonnellate all'ora.

5.3. Impianti per l'eliminazione dei rifiuti non pericolosi quali definiti nell'allegato II A della direttiva n. 75/442/CEE ai punti D 8, D 9 con capacità superiore a 50 tonnellate al giorno (6).

5.4. Discariche che ricevono più di 10 tonnellate al giorno o con una capacità totale di oltre 25.000 tonnellate, ad esclusione delle discariche per i rifiuti inerti.

 

6. Altre attività.

6.1. Impianti industriali destinati alla fabbricazione:

a) di pasta per carta a partire dal legno o da altre materie fibrose;

b) di carta e cartoni con capacità di produzione superiore a 20 tonnellate al giorno;

6.2. Impianti per il pretrattamento (operazioni di lavaggio, imbianchimento, mercerizzazione o la tintura di fibre o di tessili la cui capacità di trattamento supera le 10 tonnellate al giorno.

6.3. Impianti per la concia delle pelli qualora la capacità di trattamento superi le 12 tonnellate al giorno di prodotto finito.

6.4. a) Macelli aventi una capacità di produzione di carcasse di oltre 50 tonnellate al giorno;

b) Trattamento e trasformazione destinati alla fabbricazione di prodotti alimentari a partire da:

materie prime animali (diverse dal latte) con una capacità di produzione di prodotti finiti di oltre 75 tonnellate al giorno;

 

__________

[1] Gazzetta Ufficiale n. L 377 del 31 dicembre 1991, pag. 20. Direttiva modificata dalla direttiva n. 94/31/CE (Gazzetta Ufficiale n. L 168 del 2 luglio 1994, pag. 28).

[2] Gazzetta Ufficiale n. L 194 del 25 luglio 1975, pag. 23. Direttiva modificata da ultimo dalla direttiva n. 91/692/CEE (Gazzetta Ufficiale n. L 377 del 31 dicembre 1991, pag. 48).

[3] Gazzetta Ufficiale n. L 163 del 14 giugno 1989, pag. 32.

[4] Gazzetta Ufficiale n. L 203 del 15 luglio 1989, pag. 50.

 

 

materie prime vegetali con una capacità di produzione di prodotti finiti di oltre 300 tonnellate al giorno (valore medio su base trimestrale);

c) Trattamento e trasformazione del latte, con un quantitativo di latte ricevuto di oltre 200 tonnellate al giorno (valore medio su base annua).

6.5. Impianti per l'eliminazione o il ricupero di carcasse e di residui di animali con una capacità di trattamento di oltre 10 tonnellate al giorno.

6.6. Impianti per l'allevamento intensivo di pollame o di suini con più di:

a) 40.000 posti pollame;

b) 2.000 posti suini da produzione (di oltre 30 kg), o

c) 750 posti scrofe.

6.7. Impianti per il trattamento di superficie di materie, oggetti o prodotti utilizzando solventi organici, in particolare per apprettare, stampare, spalmare, sgrassare, impermeabilizzare, incollare, verniciare, pulire o impregnare, con una capacità di consumo di solvente superiore a 150 kg all'ora o a 200 tonnellate all'anno.

6.8. Impianti per la fabbricazione di carbonio (carbone duro) o grafite per uso elettrico mediante combustione o grafitizzazione.

 

 

------------------------

(6) Punto così modificato dall'art. 16, L. 31 ottobre 2003, n. 306 - Legge comunitaria 2003.

 


Allegato II

 

Elenco delle direttive di cui all'art. 14

 

1. Direttiva n. 87/217/CEE concernente la prevenzione e la riduzione dell'inquinamento dell'ambiente causato dall'amianto.

2. Direttiva n. 82/176/CEE concernente i valori limite e gli obiettivi di qualità per gli scarichi di mercurio del settore dell'elettrolisi dei cloruri alcalini.

3. Direttiva n. 83/513/CEE concernente i valori limite e gli obiettivi di qualità per gli scarichi di cadmio.

4. Direttiva n. 84/156/CEE concernente i valori limite e gli obiettivi di qualità per gli scarichi di mercurio provenienti da settori diversi da quello dell'elettrolisi dei cloruri alcalini.

5. Direttiva n. 84/491/CEE concernente i valori limite e gli obiettivi di qualità per gli scarichi di esaclorocicloesano.

6. Direttiva n. 86/280/CEE concernente i valori limite e gli obiettivi di qualità per gli scarichi di talune sostanze pericolose che figurano nell'elenco I dell'allegato della direttiva n. 76/464/CEE successivamente modificata dalle direttive numeri 88/347/CEE e 90/415/CEE che modificano l'allegato II della direttiva numero 86/280/ CEE.

7. Direttiva n. 89/369/CEE concernente la prevenzione dell'inquinamento atmosferico provocato da nuovi impianti di incenerimento dei rifiuti urbani.

8. Direttiva n. 89/429/CEE concernente la riduzione dell'inquinamento atmosferico provocato dagli impianti esistenti di incenerimento dei rifiuti urbani.

9. Direttiva n. 94/67/CE sull'incenerimento di rifiuti pericolosi.

10. Direttiva n. 92/112/CEE che fissa le modalità di armonizzazione dei programmi per la riduzione, al fine dell'eliminazione, dell'inquinamento provocato dai rifiuti dell'industria del biossido di carbonio.

11. Direttiva n. 88/609/CEE concernente la limitazione delle emissioni nell'atmosfera di taluni inquinanti originari dei grandi impianti di combustione, modificata da ultimo dalla direttiva n. 94/66/CE.

12. Direttiva n. 76/464/CEE concernente l'inquinamento provocato da certe sostanze pericolose scaricate nell'ambiente idrico della Comunità.

13. Direttiva n. 75/442/CEE relativa ai rifiuti, modificata dalla direttiva n. 91/156/CEE.

14. Direttiva n. 75/439/CEE concernente l'eliminazione degli oli usati.

15. Direttiva n. 91/689/CEE relativa ai rifiuti pericolosi.

 

 


Allegato III

 

Elenco indicativo delle principali sostanze inquinanti di cui è obbligatorio tener conto se pertinenti per stabilire i valori limite di emissione

Aria

1. Ossidi di zolfo e altri composti dello zolfo.

2. Ossidi di azoto e altri composti dell'azoto.

3. Monossido di carbonio.

4. Composti organici volatili

5. Metalli e relativi composti.

6. Polveri.

7. Amianto (particelle in sospensione e fibre).

8. Cloro e suoi composti.

9. Fluoro e suoi composti.

10. Arsenico e suoi composti.

11. Cianuri.

12. Sostanze e preparati di cui sono comprovate proprietà cancerogene, mutagene o tali da poter influire sulla riproduzione quando sono immessi nell'atmosfera.

13. Poli-cloro-dibenzo-diossina (PCDD) e poli-cloro-dibenzo-furani (PCDF).

 

Acqua

1. Composti organoalogenati e sostanze che possono dar loro origine nell'ambiente idrico.

2. Composti organofosforici.

3. Composti organici dello stagno.

4. Sostanze e preparati di cui sono comprovate proprietà cancerogene, mutagene o tali da poter influire sulla riproduzione in ambiente idrico o con il concorso dello stesso.

5. Idrocarburi persistenti e sostanze organiche tossiche persistenti e bioaccumulabili.

6. Cianuri.

7. Metalli e loro composti.

8. Arsenico e suoi composti.

9. Biocidi e prodotti fitofarmaceutici.

10. Materie in sospensione.

11. Sostanze che contribuiscono all'eutrofizzazione (nitrati e fosfati, in particolare).

12. Sostanze che esercitano un'influenza sfavorevole sul bilancio di ossigeno (misurabili con parametri quali DBO, DCO).

 

 


Allegato IV

 

Considerazioni da tenere presenti in generale o in un caso particolare nella determinazione delle migliori tecniche disponibili, secondo quanto definito all'art. 2, numero 12, tenuto conto dei costi e dei benefici che possono risultare da un'azione e del principio di precauzione e prevenzione

1. Impiego di tecniche a scarsa produzione di rifiuti.

2. Impiego di sostanze meno pericolose.

3. Sviluppo di tecniche per il ricupero e il riciclo delle sostanze emesse e usate nel processo, e, ove opportuno, dei rifiuti.

4. Processi, sistemi o metodi operativi comparabili, sperimentati con successo su scala industriale.

5. Progressi in campo tecnico e evoluzione delle conoscenze in campo scientifico.

6. Natura, effetti e volume delle emissioni in questione.

7. Date di messa in funzione degli impianti nuovi o esistenti;

8. Tempo necessario per utilizzare una migliore tecnica disponibile.

9. Consumo e natura delle materie prime ivi compresa l'acqua usata nel processo e efficienza energetica.

10. Necessità di prevenire o di ridurre al minimo l'impatto globale sull'ambiente delle emissioni e dei rischi.

11. Necessità di prevenire gli incidenti e di ridurne le conseguenze per l'ambiente;

12. Informazioni pubblicate dalla Commissione ai sensi dell'art. 16, paragrafo 2, o da organizzazioni internazionali.


D.L. 12 ottobre 2000, n. 279 (1).
Interventi urgenti per le aree a rischio idrogeologico molto elevato e in materia di protezione civile, nonché a favore di zone colpite da calamità naturali (2). (art. 6-quater)

 

 

 

------------------------

(1) Pubblicato nella Gazz. Uff. 12 ottobre 2000, n. 239 e convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, L. 11 dicembre 2000, n. 365 (Gazz. Uff. 11 dicembre 2000, n. 288), entrata in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione. L'art. 2 della stessa legge, abrogato dall'art. 2-sexies, D.L. 27 dicembre 2000, n. 392, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione, così disponeva:

«Art. 2. [1. Nelle regioni danneggiate dalle calamità idrogeologiche di cui al decreto-legge 12 ottobre 2000, n. 279, convertito, con modificazioni, dalla presente legge, a decorrere dalla data di entrata in vigore della medesima legge, chiunque voglia operare tagli di bosco, anche ceduo, in zone con vincolo idrogeologico ai sensi delle normative vigenti, deve inoltrare richiesta al sindaco del comune su cui insiste l'area sottoposta a taglio.

2. Il sindaco, dopo aver acquisito il parere della competente commissione del comune, dell'Autorità di bacino, del Corpo forestale dello Stato competente per territorio, della sovrintendenza competente in materia di beni ambientali, nonché della regione, rilascia nulla osta allo svolgimento dei tagli, indicando le prescrizioni di taglio]». La Corte costituzionale, con sentenza 21 novembre-9 dicembre 2002, n. 524 (Gazz. Uff. 11 dicembre 2002, n. 49 - Prima serie speciale), ha dichiarato, tra l'altro, l'illegittimità del comma 2 del suddetto art. 2.

(2) Titolo così sostituito dalla legge di conversione 11 dicembre 2000, n. 365.

 

(omissis)

 

6-quater. Disponibilità di dati ambientali e territoriali.

 

1. I dati ambientali e territoriali di interesse per le politiche e le attività relative all'assetto del territorio e alla difesa del suolo, in possesso di ciascuna amministrazione pubblica nazionale, regionale e locale, sono acquisiti e resi disponibili a tutte le amministrazioni, a cura del Ministero dell'ambiente, senza oneri ed in forma riproducibile, secondo gli standard definiti nell'àmbito del sistema cartografico di riferimento, realizzato previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano (33).

 

(omissis)

 

------------------------

(33) Articolo aggiunto dalla legge di conversione 11 dicembre 2000, n. 365.


L. 23 marzo 2001, n. 93 (1).
Disposizioni in campo ambientale. (art. 18)

 

 

 

------------------------

(1) Pubblicata nella Gazz. Uff. 4 aprile 2001, n. 79.

 

(omissis)

 

18. Semplificazione delle procedure amministrative per le imprese che hanno ottenuto la registrazione al sistema comunitario di ecogestione e audit EMAS.

 

1. Nel rispetto delle normative comunitarie, in sede di espletamento delle procedure previste dalle norme di cui al comma 2 per il rinnovo delle autorizzazioni all'esercizio di un impianto, ovvero per la reiscrizione all'Albo di cui alla norma prevista al comma 2, lettera b), le imprese che risultino registrate ai sensi del regolamento (CEE) n. 1836/93 del Consiglio, del 29 giugno 1993, e successive modificazioni, possono sostituire tali autorizzazioni o il nuovo certificato di iscrizione al suddetto Albo con autocertificazione resa alle autorità competenti, ai sensi della legge 4 gennaio 1968, n. 15, e successive modificazioni.

2. Le procedure di cui al comma 1 sono quelle previste dalle seguenti norme:

a) decreto del Presidente della Repubblica 24 maggio 1988, n. 203, recante attuazione delle direttive CEE numeri 80/779, 82/884, 84/360 e 85/203, concernenti norme in materia di qualità dell'aria, relativamente a specifici agenti inquinanti, e di inquinamento prodotto dagli impianti industriali, ai sensi dell'articolo 15 della legge 16 aprile 1987, n. 183;

b) decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, recante attuazione delle direttive 91/156/CEE sui rifiuti, 91/689/CEE sui rifiuti pericolosi e 94/62/CE sugli imballaggi e sui rifiuti di imballaggio, e successive modificazioni;

c) decreto legislativo 11 maggio 1999, n. 152, recante disposizioni sulla tutela delle acque dall'inquinamento e recepimento della direttiva 91/271/CEE concernente il trattamento delle acque reflue urbane e della direttiva 91/676/CEE relativa alla protezione delle acque dall'inquinamento provocato dai nitrati provenienti da fonti agricole;

d) decreto legislativo 4 agosto 1999, n. 372, di attuazione della direttiva 96/61/CE relativa alla prevenzione e riduzione integrate dell'inquinamento.

3. L'autocertificazione di cui al comma 1 deve essere accompagnata da una copia conforme del certificato di registrazione ottenuto ai sensi del regolamento (CEE) n. 1836/93 del Consiglio, del 29 giugno 1993, e successive modificazioni, nonché da una denuncia di prosecuzione delle attività, attestante la conformità dell'impresa, dei mezzi e degli impianti alle prescrizioni legislative e regolamentari, con allegata una certificazione dell'esperimento di prove a ciò destinate, ove previste.

4. L'autocertificazione e i relativi documenti accompagnatori di cui al comma 3 sostituiscono a tutti gli effetti l'autorizzazione alla prosecuzione, ovvero all'esercizio delle attività previste dalle norme di cui al comma 2, e ad esse si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni di cui al decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1992, n. 300, e successive modificazioni. Si applicano, altresì, le disposizioni di cui all'articolo 21 della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni.

5. L'autocertificazione e i relativi documenti accompagnatori mantengono l'efficacia di cui al comma 4 fino ad un periodo massimo di centottanta giorni successivi alla data di decadenza, a qualsiasi titolo avvenuta, della validità della registrazione ottenuta ai sensi del regolamento (CEE) n. 1836/93 del Consiglio, del 29 giugno 1993, e successive modificazioni.

6. Salva l'applicazione delle sanzioni specifiche e salvo che il fatto costituisca più grave reato, in caso di accertata difformità rispetto a quanto previsto dalle norme di cui al comma 2, si applica l'articolo 483 del codice penale nei confronti di chiunque abbia sottoscritto la documentazione di cui ai commi 1 e 4.

(omissis)

 


D.M. 23 novembre 2001 (1).
Dati, formato e modalità della comunicazione di cui all'art. 10, comma 1, del D.Lgs. 4 agosto 1999, n. 372.


D.L. 7 febbraio 2002, n. 7 (1).
Misure urgenti per garantire la sicurezza del sistema elettrico nazionale (1/cost). (art. 1, co. 2)

 

 

 

------------------------

(1) Pubblicato nella Gazz. Uff. 9 febbraio 2002, n. 34, e convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, L. 9 aprile 2002, n. 55 (Gazz. Uff. 10 aprile 2002, n. 84), entrata in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione.

(1/cost) La Corte costituzionale, con sentenza 18 dicembre 2003-13 gennaio 2004, n. 6 (Gazz. Uff. 21 gennaio 2004, n. 3, 1ª Serie speciale), ha dichiarato non fondate le questioni di legittimità costituzionale sollevate dalla Regione Umbria avverso il decreto-legge 7 febbraio 2002, n. 7 e avverso il decreto-legge n. 7 del 2002, così come convertito dalla legge 9 aprile 2002, n. 55, per violazione degli artt. 77, secondo comma, 120, secondo comma, 117, primo comma, secondo comma lettera m), e terzo comma, 118, primo e secondo comma, Cost.;

ha inoltre dichiarato non fondate le questioni di legittimità costituzionale sollevate dalle Regioni Basilicata e Toscana avverso il decreto-legge n. 7 del 2002, così come convertito dalla legge 9 aprile 2002, n. 55, per violazione degli articoli 117, terzo comma e 118 della Costituzione;

ha inoltre dichiarato non fondate le questioni di legittimità costituzionale sollevate dalla Regione Umbria avverso l'art. 1, commi 1, 2, 3 e 5 del predetto decreto-legge 7 febbraio 2002, n. 7, nonché dello stesso decreto-legge n. 7 del 2002, così come convertito dalla legge 9 aprile 2002, n. 55, per violazione degli artt. 117, primo comma e terzo comma, 118, primo e secondo comma, Cost.;

ha infine dichiarato non fondate le questioni di legittimità costituzionale sollevate dalla Regione Umbria avverso l'art. 1, commi 2, 3, 4 e 5 del predetto decreto-legge 7 febbraio 2002, n. 7, nonché dello stesso decreto-legge n. 7 del 2002, così come convertito dalla legge 9 aprile 2002, n. 55, per violazione dell'art. 97, primo comma, Cost.

 

 

1. Misure urgenti per garantire la sicurezza del sistema elettrico nazionale.

(omissis)

2. L'autorizzazione di cui al comma 1 è rilasciata a seguito di un procedimento unico, al quale partecipano le Amministrazioni statali e locali interessate, svolto nel rispetto dei princìpi di semplificazione e con le modalità di cui alla legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni, d'intesa con la regione interessata. Ai soli fini del rilascio della valutazione di impatto ambientale (VIA), alle opere di cui al presente articolo si applicano le disposizioni di cui alla legge 8 luglio 1986, n. 349, e al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 10 agosto 1988, n. 377, e successive modificazioni. Fino al recepimento della direttiva 96/61/CE del Consiglio, del 24 settembre 1996, tale autorizzazione comprende l'autorizzazione ambientale integrata e sostituisce, ad ogni effetto, le singole autorizzazioni ambientali di competenza delle Amministrazioni interessate e degli enti pubblici territoriali. L'esito positivo della VIA costituisce parte integrante e condizione necessaria del procedimento autorizzatorio. L'istruttoria si conclude una volta acquisita la VIA in ogni caso entro il termine di centottanta giorni dalla data di presentazione della richiesta, comprensiva del progetto preliminare e dello studio di impatto ambientale (3).

 

 

----------------------------

(3) Comma così modificato dalla legge di conversione 9 aprile 2002, n. 55. Vedi, anche, l'art. 3, D.L. 18 febbraio 2003, n. 25, come modificato dalla relativa legge di conversione.

(omissis)


D.M. 24 luglio 2002 (1).
Determinazione dei termini per la presentazione delle domande di autorizzazione integrata ambientale, per gli impianti di competenza statale, ai sensi del D.Lgs. n. 372 del 1999 (2).

 

 

 

------------------------

(1) Pubblicato nella Gazz. Uff. 30 settembre 2002, n. 229.

(2) Il presente provvedimento è anche citato, per coordinamento, in nota al comma 3 dell'art. 4, D.Lgs. 4 agosto 1999, n. 372.

 

 

IL MINISTRO DELL'AMBIENTE

E DELLA TUTELA DEL TERRITORIO

 

Vista la direttiva 96/61/CE del 24 settembre 1996 sulla prevenzione e riduzione integrate dell'inquinamento;

Visto il decreto legislativo 4 agosto 1999, n. 372, recante attuazione della direttiva 96/61/CE relativa alla prevenzione e riduzione integrate dell'inquinamento;

Visto in particolare, l'art. 4, comma 3, del decreto legislativo 4 agosto 1999, n. 372, ai sensi del quale l'autorità competente stabilisce il calendario delle scadenze per la presentazione delle domande di autorizzazione integrata ambientale degli impianti esistenti;

Visto il combinato disposto dell'art. 3, comma 2, e dell'art. 5, comma 4, del decreto legislativo 4 agosto 1999, n. 372, secondo cui l'autorizzazione integrata ambientale è rilasciata nel rispetto delle linee guida concernenti l'individuazione e l'utilizzazione delle migliori tecniche disponibili e del decreto di emanazione di tali linee guida;

Visto il decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, recante «Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed enti locali, in attuazione del Capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59», ed, in particolare, l'art. 29, comma 2, lettera g), e l'art. 71;

 

Emana il seguente decreto:

 

1. Impianti di produzione di energia elettrica di potenza superiore a 300 MW termici.

 

1. Ai fini del rilascio dell'autorizzazione integrata ambientale, i gestori degli impianti esistenti, di cui all'art. 2, punti 3 e 4, del decreto legislativo 4 agosto 1999, n. 372, limitatamente agli impianti di produzione di energia elettrica individuati dall'art. 29, comma 2, lettera g), del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, presentano apposita domanda entro i seguenti termini:

a) tra il 30 aprile 2003 ed il 30 giugno 2003, per gli impianti con potenza termica superiore a 2.999 MW termici;

b) tra il 1° luglio 2003 ed il 31 agosto 2003, per gli impianti con potenza termica compresa tra 1.500 e 2.999 MW termici;

c) tra il 1° settembre 2003 ed il 31 ottobre 2003, per gli impianti con potenza termica compresa tra 800 e 1.499 MW termici

d) tra il 1° novembre 2003 ed il 31 dicembre 2003, per gli impianti con potenza termica compresa tra 300 e 799 MW termici.

2. Nel caso in cui il decreto di emanazione delle linee guida per l'individuazione e l'utilizzazione delle migliori tecniche disponibili, previsto dall'art. 3, comma 2, del decreto legislativo n. 372 del 1999, non sia pubblicato almeno novanta giorni prima delle scadenze stabilite nel comma precedente, i gestori presentano la domanda di autorizzazione integrata ambientale entro:

90 giorni dalla pubblicazione di tale decreto per gli impianti di cui al comma 1, lettera a);

120 giorni dalla pubblicazione di tale decreto per gli impianti di cui al comma 1, lettera b);

150 giorni dalla pubblicazione di tale decreto per gli impianti di cui al comma 1, lettera c);

180 giorni dalla pubblicazione di tale decreto per gli impianti di cui al comma 1, lettera d);

3. Le domande di autorizzazione integrata ambientale previste dal presente articolo devono essere trasmesse alla Direzione per la valutazione di impatto ambientale del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio.


L. 31 luglio 2002, n. 179 (1).
Disposizioni in materia ambientale (1/circ). (art. 5)

 

 

 

------------------------

(1) Pubblicata nella Gazz. Uff. 13 agosto 2002, n. 189.

(1/circ) Con riferimento al presente provvedimento è stata emanata la seguente istruzione:

- I.N.P.S. (Istituto nazionale previdenza sociale): Msg. 12 febbraio 2003, n. 44.

 

(omissis)

 

5. Provvedimenti per l'ottimizzazione delle procedure e degli strumenti per la valutazione e riduzione degli impatti sull'ambiente.

 

1. Al fine di una più efficiente applicazione delle norme comunitarie in materia di valutazione dell'impatto ambientale, di prevenzione e riduzione integrata dell'inquinamento, di valutazione del rischio ambientale dei prodotti chimici e degli organismi geneticamente modificati, nonché per lo sviluppo dei sistemi di certificazione ambientale, è autorizzata la spesa complessiva di 4.900.000 euro annui a decorrere dall'anno 2002 per:

a) l'istituzione degli Osservatori ambientali, finalizzati alla verifica dell'ottemperanza alle pronunce di compatibilità ambientale di cui alla legge 8 luglio 1986, n. 349, e successive modificazioni, nonché al monitoraggio dei problemi ambientali nelle fasi di realizzazione e primo esercizio di talune opere di particolare rilevanza tra quelle sottoposte a valutazione di impatto ambientale ai sensi del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 10 agosto 1988, n. 377, e successive modificazioni. Le modalità di organizzazione e funzionamento degli Osservatori ambientali sono stabilite con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze. Per il funzionamento degli Osservatori è stabilita la spesa nell'àmbito dell'autorizzazione di cui al presente comma e nel limite massimo di 2.065.000 euro a decorrere dall'anno 2002;

b) lo svolgimento delle attività previste dal decreto legislativo 4 agosto 1999, n. 372, recante attuazione della direttiva 96/61/CE del Consiglio, del 24 settembre 1996, relativa alla prevenzione e riduzione integrate dell'inquinamento;

c) le attività di studio, ricerca e sperimentazione relative alla valutazione ambientale di piani e di programmi suscettibili di impatto sull'ambiente, nonché alla promozione e allo sviluppo di sistemi di gestione ambientale e di qualificazione ecologica dei prodotti, nell'àmbito del sistema EMAS-Ecolabel;

d) le attività di competenza del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio relative alla valutazione del rischio ambientale di microrganismi e di organismi geneticamente modificati, di cui ai D.Lgs. 12 aprile 2001, n. 206, e D.Lgs. 3 marzo 1993, n. 92, alla valutazione di biocidi e di prodotti fitosanitari, di cui ai D.Lgs. 25 febbraio 2000, n. 174, e D.Lgs. 17 marzo 1995, n. 194, e alla valutazione di sostanze chimiche pericolose, di cui al decreto legislativo 3 febbraio 1997, n. 52.

2. Per lo svolgimento delle attività di cui alle lettere b), c) e d) del comma 1, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio è autorizzato alla stipula di apposite convenzioni, nei limiti dell'autorizzazione di cui al comma 1, con l'Agenzia per la protezione dell'ambiente e per i servizi tecnici (APAT), con università, istituti scientifici, enti di ricerca e soggetti pubblici o privati opportunamente qualificati.

(omissis)


D.M. 19 novembre 2002 (1).
Istituzione della commissione di cui all'art. 3, comma 2, ultimo periodo, del decreto legislativo n. 372 del 1999.

 

 

 

------------------------

(1) Pubblicato nella Gazz. Uff. 27 dicembre 2002, n. 302.

 

IL MINISTRO DELL'AMBIENTE

E DELLA TUTELA DEL TERRITORIO

di concerto con

IL MINISTRO DELLE ATTIVITÀ PRODUTTIVE

e

IL MINISTRO DELLA SALUTE

 

Vista la direttiva 96/61/CE, sulla prevenzione e riduzione integrate dell'inquinamento;

Visto il decreto legislativo 4 agosto 1999, n. 372, con il quale è stata recepita la direttiva 96/61/CE, relativa alla prevenzione ed alla riduzione integrate dell'inquinamento, limitatamente agli impianti esistenti;

Visti in particolare l'art. 3, comma 2, e l'art. 11, comma 4, del decreto legislativo 4 agosto 1999, n. 372;

Visto il decreto del Presidente della Repubblica 27 marzo 2001, n. 178;

 

Decreta:

 

1. Istituzione della commissione.

 

1. È istituita, senza oneri a carico del bilancio dello Stato, la commissione prevista dall'art. 3, comma 2, ultimo periodo, del decreto legislativo 4 agosto 1999, n. 372, con la funzione di fornire il supporto tecnico per la definizione delle linee guida relativa all'individuazione, all'utilizzazione e all'aggiornamento delle migliori tecniche disponibili di cui al medesimo articolo.

2. Entro un anno dall'entrata in vigore del presente decreto, la commissione fornisce gli elementi necessari alla definizione delle linee guida di cui al comma 1 ai Ministeri competenti per l'emanazione del decreto di cui all'art. 3, comma 2, primo periodo, del decreto legislativo n. 372 del 1999.

 

 

2. Composizione della commissione.

 

1. La commissione è nominata dal Ministro dell'ambiente, ed è composta da:

a) tre membri designati dal Ministro dell'ambiente tra cui viene scelto il presidente;

b) tre membri designati dal Ministro delle attività produttive, tra cui viene scelto il vice presidente con funzioni vicarie;

c) tre membri designati dal Ministro della salute.

 

 

3. Compito della commissione.

 

1. La commissione ha il compito di:

a) fornire relazioni tecniche contenenti gli elementi necessari alla predisposizione delle linee guida previste all'art. 3, comma 2, del decreto legislativo n. 372 del 1999;

b) fornire il supporto tecnico per la partecipazione dell'Italia allo scambio di informazioni di cui all'art. 11, comma 4, del decreto legislativo n. 372 del 1999.

2. La commissione, per l'esercizio delle proprie funzioni, può istituire ed avvalersi di gruppi tecnici ristretti, nominandone i componenti tra soggetti appartenenti agli enti di ricerca pubblici e privati, alle università ed alle associazioni di categoria e tra esperti di settore, anche appartenenti alle pubbliche amministrazioni.

 

 

4. Modalità operative della commissione.

 

1. La commissione è convocata dal presidente con un preavviso di almeno cinque giorni lavorativi. Le riunioni della commissione sono efficaci nel caso in cui siano presenti la metà più uno dei membri di cui all'art. 2. La commissione si esprime a maggioranza dei presenti aventi diritto di voto. In caso di parità, prevale il voto del presidente.

2. La commissione adotta, nella prima riunione, il proprio regolamento interno.

 

 

5. Entrata in vigore.

 

1. Il presente decreto entra in vigore il giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.

 

 


L. 27 dicembre 2002, n. 289 (1).
Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2003) (1/circ). (art. 77, co. 3, 4 e 5)

 

 

 

------------------------

(1) Pubblicata nella Gazz. Uff. 31 dicembre 2002, n. 305, S.O.

(1/circ) Con riferimento al presente provvedimento sono state emanate le seguenti istruzioni:

- Cassa depositi e prestiti: Circ. 25 febbraio 2003, n. 1250;

- E.N.P.A.L.S., Ente nazionale di previdenza e assistenza per i lavoratori dello spettacolo: Circ. 3 febbraio 2003, n. 4; Circ. 14 febbraio 2003, n. 9;

- I.N.A.I.L. (Istituto nazionale assicurazione infortuni sul lavoro): Nota 19 marzo 2003; Nota 27 marzo 2003; Nota 10 aprile 2003; Nota 6 maggio 2003;

- I.N.P.D.A.P. (Istituto nazionale previdenza dipendenti amministrazione pubblica): Informativa 23 gennaio 2003, n. 4; Informativa 13 febbraio 2003, n. 8; Informativa 14 febbraio 2003, n. 10; Informativa 25 febbraio 2003, n. 11;

- I.N.P.S. (Istituto nazionale previdenza sociale): Msg. 31 dicembre 2002, n. 110; Msg. 13 gennaio 2003, n. 40; Circ. 17 gennaio 2003, n. 6; Circ. 17 gennaio 2003, n. 7; Msg. 21 gennaio 2003, n. 18; Circ. 22 gennaio 2003, n. 10; Msg. 22 gennaio 2003, n. 2; Msg. 22 gennaio 2003, n. 41; Circ. 27 gennaio 2003, n. 16; Circ. 27 gennaio 2003, n. 18; Msg. 30 gennaio 2003, n. 9; Msg. 30 gennaio 2003, n. 11; Circ. 10 febbraio 2003, n. 30; Msg. 11 febbraio 2003; Circ. 26 febbraio 2003, n. 42; Circ. 26 febbraio 2003, n. 44; Msg. 6 marzo 2003, n. 8; Msg. 6 marzo 2003, n. 76; Msg. 10 marzo 2003, n. 30; Msg. 20 marzo 2003, n. 37; Msg. 21 marzo 2003, n. 10; Msg. 25 marzo 2003, n. 256; Circ. 27 marzo 2003, n. 64; Msg. 9 aprile 2003, n. 284; Circ. 24 aprile 2003, n. 83; Circ. 16 maggio 2003, n. 88; Circ. 11 agosto 2003, n. 142; Msg. 27 novembre 2003, n. 391; Circ. 9 aprile 2004, n. 63; Msg. 21 giugno 2004, n. 19566; Circ. 2 agosto 2004, n. 119;

- Ministero del lavoro e delle politiche sociali: Nota 21 marzo 2003, n. 659;

- Ministero dell'economia e delle finanze: Ris. 3 gennaio 2003, n. 2/E; Ris. 8 gennaio 2003, n. 3/E; Circ. 15 gennaio 2003, n. 1/E; Circ. 15 gennaio 2003, n. 3/E; Circ. 20 gennaio 2003, n. 4/E; Circ. 24 gennaio 2003, n. 2/D; Ris. 31 gennaio 2003, n. 21/E; Circ. 4 febbraio 2003, n. 7; Circ. 11 febbraio 2003 , n. 1/DPF; Circ. 12 febbraio 2003, n. 1/COA/DG/2003; Ris. 12 febbraio 2003, n. 32/E; Circ. 13 febbraio 2003, n. 11/E; Ris. 27 febbraio 2003, n. 41/E; Ris. 27 febbraio 2003, n. 42/E; Ris. 27 febbraio 2003, n. 43/E; Ris. 27 febbraio 2003, n. 45/E; Ris. 27 febbraio 2003, n. 46/E; Ris. 27 febbraio 2003, n. 47/E; Ris. 27 febbraio 2003, n. 49/E; Ris. 27 febbraio 2003, n. 51/E; Ris. 28 febbraio 2003, n. 52/E; Circ. 4 marzo 2003, n. 10/D; Ris. 13 marzo 2003, n. 62/E; Circ. 21 marzo 2003, n. 17/E; Circ. 27 marzo 2003, n. 19/E; Nota 27 marzo 2003, n. 2198/DPF; Ris. 4 aprile 2003, n. 85/E; Circ. 22 aprile 2003, n. 21/E; Ris. 23 aprile 2003, n. 92/E; Ris. 23 aprile 2003, n. 96/E; Circ. 28 aprile 2003, n. 22/E; Circ. 29 aprile 2003, n. 23/E; Circ. 30 aprile 2003, n. 24/E; Circ. 6 maggio 2003, n. 26/E; Ris. 8 maggio 2003, n. 100/E; Ris. 8 maggio 2003, n. 101/E; Ris. 9 maggio 2003, n. 103/E; Ris. 9 maggio 2003, n. 104/E; Ris. 9 maggio 2003, n. 105/E; Circ. 12 maggio 2003, n. 28/E; Circ. 26 maggio 2003, n. 30/E; Ris. 25 luglio 2003, n. 158/E; Circ. 1 agosto 2003, n. 45/E; Nota 6 novembre 2003, n. 179856; Circ. 27 novembre 2003, n. 51; Ris. 18 dicembre 2003, n. 225/E; Circ. 22 dicembre 2003, n. 57; Ris. 23 dicembre 2003, n. 229/E; Nota 15 marzo 2004, n. 1277/III/03; Nota 1 aprile 2004; Circ. 9 aprile 2004, n. 16/E; Ris. 23 aprile 2004, n. 63/E; Ris. 13 maggio 2004, n. 72/E; Circ. 10 giugno 2004, n. 23/E; Circ. 30 giugno 2004, n. 29; Circ. 23 luglio 2004, n. 33/E; Ris. 30 luglio 2004, n. 97/E; Ris. 30 luglio 2004, n. 103/E;

- Ministero dell'interno: Circ. 18 febbraio 2003, n. F.L.2/2003; Circ. 28 aprile 2003, n. 1/2003; Circ. 4 marzo 2003, n. F.L.5/2003; Circ. 28 aprile 2003, n. 1/2003; Ris. 7 luglio 2003, n. 557/B.12161.1008;

- Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca: Nota 16 aprile 2003, n. 276; Nota 19 maggio 2003, n. 353;

- Ministero della giustizia: Circ. 28 gennaio 2003;

- Presidenza del Consiglio dei Ministri: Circ. 4 marzo 2004, n. 1/04.

 

(omissis)

 

77. Interventi ambientali.

 

(omissis)

 

3. Sono soggetti ad autorizzazione integrata ambientale statale tutti gli impianti esistenti, nonché quelli di nuova realizzazione, relativi alle attività industriali di cui all'articolo 1, comma 1, del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 10 agosto 1988, n. 377, rientranti nelle categorie elencate nell'allegato I della direttiva 96/61/CE del Consiglio, del 24 settembre 1996.

 

4. Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, di concerto con il Ministro delle attività produttive, sono disciplinate le modalità di autorizzazione nel caso in cui più impianti o parti di essi siano localizzati sullo stesso sito, gestiti dal medesimo gestore, e soggetti ad autorizzazione integrata ambientale da rilasciare da più di una autorità competente. L'autorizzazione di cui al comma 3 è rilasciata con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, sentite le regioni interessate.

 

5. Gli oneri per l'istruttoria e per i controlli di cui ai commi 3 e 4 sono determinati con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, di concerto con il Ministro delle attività produttive e con il Ministro dell'economia e delle finanze, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano e sono quantificati in relazione alla complessità delle attività svolte dall'autorità competente, sulla base del numero dei punti di emissione, della tipologia delle emissioni e delle componenti ambientali interessate. Tali oneri sono posti a carico del gestore e versati all'entrata del bilancio dello Stato, per essere riassegnati, con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, ad apposita unità previsionale di base dello stato di previsione del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio, per essere riutilizzati esclusivamente per le predette spese.

 

(omissis)

 


D.Lgs. 13 gennaio 2003, n. 36 (1).
Attuazione della direttiva 1999/31/CE relativa alle discariche di rifiuti (1/circ).

 

 

 

------------------------

(1) Pubblicato nella Gazz. Uff. 12 marzo 2003, n. 59, S.O.

(1/circ) Con riferimento al presente provvedimento è stata emanata la seguente istruzione:

- Presidenza del Consiglio dei Ministri: Lett.Circ. 10 settembre 2003, n. 1.

 

 

IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

 

Visti gli articoli 76 e 87 della Costituzione;

Vista la legge 1° marzo 2002, n. 39, recante disposizioni per l'adempimento di obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia alle Comunità europee, ed in particolare l'articolo 42;

Vista la direttiva 1999/31/CE del 26 aprile 1999 del Consiglio, relativa alle discariche di rifiuti;

Visto il decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, recante norme per l'attuazione delle direttive 91/156/CEE sui rifiuti, 91/689/CEE sui rifiuti pericolosi e 94/62/CE sugli imballaggi e sui rifiuti di imballaggio, e successive modificazioni;

Vista la preliminare deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 6 giugno 2002;

Acquisito il parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano nella seduta del 25 luglio 2002;

Acquisiti i pareri delle competenti Commissioni della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica;

Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri adottata, nella riunione dell'11 dicembre 2002;

Sulla proposta dei Ministri per le politiche comunitarie e dell'ambiente e della tutela del territorio, di concerto con i Ministri degli affari esteri, della giustizia, dell'economia e delle finanze, delle attività produttive e della salute;

 

Emana il seguente decreto legislativo:

 

 

1. Finalità.

 

1. Per conseguire le finalità di cui all'articolo 2 del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, il presente decreto stabilisce requisiti operativi e tecnici per i rifiuti e le discariche, misure, procedure e orientamenti tesi a prevenire o a ridurre il più possibile le ripercussioni negative sull'ambiente, in particolare l'inquinamento delle acque superficiali, delle acque sotterranee, del suolo e dell'atmosfera, e sull'ambiente globale, compreso l'effetto serra, nonché i rischi per la salute umana risultanti dalle discariche di rifiuti, durante l'intero ciclo di vita della discarica.

2. Si considerano soddisfatti i requisiti stabiliti dal decreto legislativo 4 agosto 1999, n. 372, qualora siano soddisfatti i requisiti del presente decreto.

 

 

2. Definizioni.

 

1. Ai fini del presente decreto si intende per:

a) «rifiuti»: le sostanze od oggetti di cui all'articolo 6, comma 1, lettera a), del decreto legislativo n. 22 del 1997, e successive modificazioni;

b) «rifiuti urbani»: i rifiuti di cui all'articolo 7, comma 2, del decreto legislativo n. 22 del 1997, e successive modificazioni;

c) «rifiuti pericolosi»: i rifiuti di cui all'articolo 7, comma 4, del decreto legislativo n. 22 del 1997, e successive modificazioni;

d) «rifiuti non pericolosi»: i rifiuti che per provenienza o per le loro caratteristiche non rientrano tra i rifiuti contemplati dalla lettera c);

e) «rifiuti inerti»: i rifiuti solidi che non subiscono alcuna trasformazione fisica, chimica o biologica significativa; i rifiuti inerti non si dissolvono, non bruciano né sono soggetti ad altre reazioni fisiche o chimiche, non sono biodegradabili e, in caso di contatto con altre materie, non comportano effetti nocivi tali da provocare inquinamento ambientale o danno alla salute umana. La tendenza a dar luogo a percolati e la percentuale inquinante globale dei rifiuti, nonché l'ecotossicità dei percolati devono essere trascurabili e, in particolare, non danneggiare la qualità delle acque, superficiali e sotterranee;

f) «deposito sotterraneo»: un impianto per il deposito permanente di rifiuti situato in una cavità geologica profonda, senza coinvolgimento di falde o acquiferi, quale una miniera di potassio o di sale;

g) «discarica»: area adibita a smaltimento dei rifiuti mediante operazioni di deposito sul suolo o nel suolo, compresa la zona interna al luogo di produzione dei rifiuti adibita allo smaltimento dei medesimi da parte del produttore degli stessi, nonché qualsiasi area ove i rifiuti sono sottoposti a deposito temporaneo per più di un anno. Sono esclusi da tale definizione gli impianti in cui i rifiuti sono scaricati al fine di essere preparati per il successivo trasporto in un impianto di recupero, trattamento o smaltimento, e lo stoccaggio di rifiuti in attesa di recupero o trattamento per un periodo inferiore a tre anni come norma generale, o lo stoccaggio di rifiuti in attesa di smaltimento per un periodo inferiore a un anno;

h) «trattamento»: i processi fisici, termici, chimici o biologici, incluse le operazioni di cernita, che modificano le caratteristiche dei rifiuti, allo scopo di ridurne il volume o la natura pericolosa, di facilitarne il trasporto, di agevolare il recupero o di favorirne lo smaltimento in condizioni di sicurezza;

i) «rifiuti biodegradabili»: qualsiasi rifiuto che per natura subisce processi di decomposizione aerobica o anaerobica, quali, ad esempio, rifiuti di alimenti, rifiuti dei giardini, rifiuti di carta e di cartone;

l) «gas di discarica»: tutti i gas generati dai rifiuti in discarica;

m) «percolato»: liquido che si origina prevalentemente dall'infiltrazione di acqua nella massa dei rifiuti o dalla decomposizione degli stessi;

n) «eluato»: liquido ottenuto in laboratorio adottando le metodiche analitiche previste dal decreto di cui all'articolo 7, comma 5;

o) «gestore» il soggetto responsabile di una qualsiasi delle fasi di gestione di una discarica, che vanno dalla realizzazione e gestione della discarica fino al termine della gestione post-operativa compresa; tale soggetto può variare dalla fase di preparazione a quella di gestione successiva alla chiusura della discarica;

p) «detentore»: il produttore dei rifiuti o il soggetto che ne è in possesso;

q) «richiedente»: il soggetto che presenta richiesta di autorizzazione per una discarica;

r) «rifiuti liquidi»: qualsiasi rifiuto sotto forma liquida, comprese le acque reflue non convogliate in reti fognarie ed esclusi i fanghi;

s) «autorità territoriale competente»: l'autorità responsabile dell'esecuzione degli obblighi previsti dal presente decreto;

t) «centro abitato»: insieme di edifici delimitato lungo le vie d'accesso dagli appositi segnali di inizio e fine. Per insieme di edifici si intende un raggruppamento continuo, ancorché intervallato da strade, piazze, giardini o simili, costituito da non meno di venticinque fabbricati e da aree di uso pubblico con accessi veicolari o pedonali sulla strada.

 

 

3. Àmbito d'applicazione.

 

1. Le disposizioni del presente decreto si applicano a tutte le discariche, come definite dall'articolo 2, comma 1, lettera g).

2. Il presente decreto non si applica:

a) alle operazioni di spandimento sul suolo di fanghi, compresi i fanghi di depurazione delle acque reflue domestiche ed i fanghi risultanti dalle operazioni di dragaggio, e di materie analoghe a fini fertilizzanti o ammendanti;

b) all'impiego di rifiuti inerti idonei in lavori di accrescimento o ricostruzione e riempimento o a fini di costruzione nelle discariche;

c) al deposito di fanghi di dragaggio non pericolosi presso corsi d'acqua minori da cui sono stati dragati e al deposito di fanghi non pericolosi nelle acque superficiali, compreso il letto e il sottosuolo corrispondente;

d) al deposito di terra non inquinata ai sensi del D.M. 25 ottobre 1999, n. 471 del Ministro dell'ambiente, o di rifiuti inerti non pericolosi derivanti dalla prospezione ed estrazione, dal trattamento e dallo stoccaggio di minerali, nonché dall'esercizio di cave.

3. Fermo restando che i rifiuti devono essere depositati in modo tale da impedire qualsiasi inquinamento ambientale o danni alla salute umana, al deposito di rifiuti non pericolosi, diversi dai rifiuti inerti, ricavati dalla prospezione ed estrazione, dal trattamento e dallo stoccaggio di minerali, nonché dall'esercizio delle cave, possono non applicarsi le disposizioni di cui all'allegato 1 punti 2.3 e 2.4.

 

 

4. Classificazione delle discariche.

 

1. Ciascuna discarica è classificata in una delle seguenti categorie:

a) discarica per rifiuti inerti;

b) discarica per rifiuti non pericolosi;

c) discarica per rifiuti pericolosi.

 

 

5. Obiettivi di riduzione del conferimento di rifiuti in discarica.

 

1. Entro un anno dalla data di entrata in vigore del presente decreto, ciascuna regione elabora ed approva un apposito programma per la riduzione dei rifiuti biodegradabili da collocare in discarica ad integrazione del piano regionale di gestione dei rifiuti di cui all'articolo 22 del decreto legislativo n. 22 del 1997, allo scopo di raggiungere, a livello di Àmbito Territoriale Ottimale, oppure, ove questo non sia stato istituito, a livello provinciale i seguenti obiettivi:

a) entro cinque anni dalla data di entrata in vigore del presente decreto i rifiuti urbani biodegradabili devono essere inferiori a 173 kg/anno per abitante;

b) entro otto anni dalla data di entrata in vigore del presente decreto i rifiuti urbani biodegradabili devono essere inferiori a 115 kg/anno per abitante;

c) entro quindici anni dalla data di entrata in vigore del presente decreto i rifiuti urbani biodegradabili devono essere inferiori a 81 kg/anno per abitante.

2. Il programma di cui al comma 1 prevede il trattamento dei rifiuti e, in particolare, il riciclaggio, il trattamento aerobico o anaerobico, il recupero di materiali o energia.

3. Le regioni soggette a fluttuazioni stagionali del numero degli abitanti superiori al 10% devono calcolare la popolazione cui riferire gli obiettivi di cui sopra sulla base delle effettive presenze all'interno del territorio.

4. I programmi e i relativi stati annuali di attuazione sono trasmessi al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio, che provvede a darne comunicazione alla Commissione Europea.

 

 

6. Rifiuti non ammessi in discarica.

 

1. Non sono ammessi in discarica i seguenti rifiuti:

a) rifiuti allo stato liquido;

b) rifiuti classificati come Esplosivi (H1), Comburenti (H2) e Infiammabili (H3-A e H3-B), ai sensi dell'allegato I al decreto legislativo n. 22 del 1997;

c) rifiuti che contengono una o più sostanze corrosive classificate come R35 in concentrazione totale  1%;

d) rifiuti che contengono una o più sostanze corrosive classificate come R34 in concentrazione totale >5%;

e) rifiuti sanitari pericolosi a rischio infettivo - Categoria di rischio H9 ai sensi dell'allegato al decreto legislativo n. 22 del 1997 ed ai sensi del D.M. 26 giugno 2000, n. 219 del Ministro dell'ambiente;

f) rifiuti che rientrano nella categoria 14 dell'allegato G1 al decreto legislativo n. 22 del 1997;

g) rifiuti della produzione di princìpi attivi per biocidi, come definiti ai sensi del decreto legislativo 25 febbraio 2000, n. 174, e per prodotti fitosanitari come definiti dal decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 194;

h) materiale specifico a rischio di cui al D.M. 29 settembre 2000 del Ministro della sanità, e successive modificazioni, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 263 del 10 novembre 2000, e materiali ad alto rischio disciplinati dal decreto legislativo 14 dicembre 1992, n. 508, comprese le proteine animali e i grassi fusi da essi derivati;

i) rifiuti che contengono o sono contaminati da PCB come definiti dal decreto legislativo 22 maggio 1999, n. 209; in quantità superiore a 50 ppm;

l) rifiuti che contengono o sono contaminati da diossine e furani in quantità superiore a 10 ppb;

m) rifiuti che contengono fluidi refrigeranti costituiti da CFC e HCFC, o rifiuti contaminati da CFC e HCFC in quantità superiore al 0,5% in peso riferito al materiale di supporto;

n) rifiuti che contengono sostanze chimiche non identificate o nuove provenienti da attività di ricerca, di sviluppo o di insegnamento, i cui effetti sull'uomo e sull'ambiente non siano noti;

o) pneumatici interi fuori uso a partire dal 16 luglio 2003, esclusi i pneumatici usati come materiale di ingegneria ed i pneumatici fuori uso triturati a partire da tre anni da tale data, esclusi in entrambi i casi quelli per biciclette e quelli con un diametro esterno superiore a 1400 mm;

p) rifiuti con PCI (Potere calorifico inferiore) > 13. 000 kJ/kg a partire dal 1/1/2007.

2. È vietato diluire o miscelare rifiuti al solo fine di renderli conformi ai criteri di ammissibilità di cui all'articolo 7.

 

 

7. Rifiuti ammessi in discarica.

 

1. I rifiuti possono essere collocati in discarica solo dopo trattamento. Tale disposizione non si applica:

a) ai rifiuti inerti il cui trattamento non sia tecnicamente fattibile;

b) ai rifiuti il cui trattamento non contribuisce al raggiungimento delle finalità di cui all'articolo 1, riducendo la quantità dei rifiuti o i rischi per la salute umana e l'ambiente, e non risulta indispensabile ai fini del rispetto dei limiti fissati dalla normativa vigente.

2. Nelle discariche per rifiuti inerti possono essere ammessi esclusivamente i rifiuti inerti che soddisfano i criteri della normativa vigente.

3. Nelle discariche per i rifiuti non pericolosi possono essere ammessi i seguenti rifiuti:

a) rifiuti urbani;

b) rifiuti non pericolosi di qualsiasi altra origine che soddisfano i criteri di ammissione dei rifiuti previsti dalla normativa vigente;

c) rifiuti pericolosi stabili e non reattivi che soddisfano i criteri di ammissione previsti dal decreto di cui al comma 5.

4. Nelle discariche per rifiuti pericolosi possono essere ammessi solo rifiuti pericolosi che soddisfano i criteri fissati dalla normativa vigente.

5. I criteri di ammissione in discarica sono definiti con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, di concerto con i Ministri delle attività produttive e della salute, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome (2).

 

 

------------------------

(2) In attuazione di quanto disposto dal presente comma vedi il D.M. 13 marzo 2003.

 

 

8. Domanda di autorizzazione.

 

1. La domanda di autorizzazione per la costruzione e l'esercizio di una discarica è presentata ai sensi degli articoli 27 e 28 del decreto legislativo n. 22 del 1997, e successive modificazioni, completa di tutte le informazioni richieste dagli articoli medesimi e deve altresì contenere almeno i seguenti dati e informazioni:

a) l'identità del richiedente e del gestore, se sono diversi;

b) la descrizione dei tipi e dei quantitativi totali dei rifiuti da depositare, indicando il Codice dell'Elenco Europeo dei Rifiuti;

c) l'indicazione della capacità totale della discarica, espressa in termini di volume utile per il conferimento dei rifiuti, tenuto conto dell'assestamento dei rifiuti e della perdita di massa dovuta alla trasformazione in biogas;

d) la descrizione del sito, ivi comprese le caratteristiche idrogeologiche, geologiche e geotecniche, corredata da un rilevamento geologico di dettaglio e da una dettagliata indagine stratigrafica eseguita con prelievo di campioni e relative prove di laboratorio con riferimento al D.M. 11 marzo 1988 del Ministro dei lavori pubblici, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 127 del 1° giugno 1988;

e) i metodi previsti per la prevenzione e la riduzione dell'inquinamento, con particolare riferimento alle misure per prevenire l'infiltrazione di acqua all'interno e alla conseguente formazione di percolato, anche in riferimento alla lettera c);

f) la descrizione delle caratteristiche costruttive e di funzionamento dei sistemi, degli impianti e dei mezzi tecnici prescelti;

g) il piano di gestione operativa della discarica, redatto secondo i criteri stabiliti dall'allegato 2, nel quale devono essere individuati i criteri e le misure tecniche adottate per la gestione della discarica e le modalità di chiusura della stessa;

h) il piano di gestione post-operativa della discarica, redatto secondo i criteri stabiliti dall'allegato 2, nel quale sono definiti i programmi di sorveglianza e controllo successivi alla chiusura;

i) il piano di sorveglianza e controllo, nel quale devono essere indicate tutte le misure necessarie per prevenire rischi d'incidenti causati dal funzionamento della discarica e per limitarne le conseguenze, sia in fase operativa che post-operativa, con particolare riferimento alle precauzioni adottate a tutela delle acque dall'inquinamento provocato da infiltrazioni di percolato nel terreno e alle altre misure di prevenzione e protezione contro qualsiasi danno all'ambiente; i parametri da monitorare, la frequenza dei monitoraggi e la verifica delle attività di studio del sito da parte del richiedente sono indicati nella tabella 2, dell'allegato 2;

l) il piano di ripristino ambientale del sito a chiusura della discarica, redatto secondo i criteri stabiliti dall'allegato 2, nel quale devono essere previste le modalità e gli obiettivi di recupero e sistemazione della discarica in relazione alla destinazione d'uso prevista dell'area stessa;

m) il piano finanziario che preveda che tutti i costi derivanti dalla realizzazione dell'impianto e dall'esercizio della discarica, i costi connessi alla costituzione della garanzia finanziaria di cui all'articolo 14, i costi stimati di chiusura, nonché quelli di gestione post-operativa per un periodo di almeno trenta anni, siano coperti dal prezzo applicato dal gestore per lo smaltimento, tenuto conto della riduzione del rischio ambientale e dei costi di post-chiusura derivanti dalla adozione di procedure di registrazione ai sensi del regolamento n. 761/2001/CE del 19 marzo 2001, del Parlamento Europeo e del Consiglio;

n) le informazioni relative alla valutazione di impatto ambientale, qualora la domanda di autorizzazione riguardi un'opera o un'attività sottoposta a tale procedura;

o) le indicazioni relative alle garanzie finanziarie del richiedente o a qualsiasi altra garanzia equivalente, ai sensi dell'articolo 14.

 

 

9. Condizioni per il rilascio dell'autorizzazione delle discariche.

 

1. Ai fini del rilascio dell'autorizzazione alla costruzione e all'esercizio di una discarica devono essere soddisfatte le seguenti condizioni:

a) il progetto di discarica soddisfi tutte le prescrizioni dettate dal presente decreto e dagli allegati 1 e 2;

b) la gestione operativa della discarica sia affidata a persone fisiche tecnicamente competenti; in particolare, il personale addetto deve avere una adeguata formazione professionale e tecnica;

c) il piano di sorveglianza e controllo di cui all'articolo 8, comma 1, lettera i), contenga le misure necessarie per prevenire gli incidenti e limitarne le conseguenze;

d) il richiedente abbia prestato le garanzie finanziarie o altre equivalenti, ai sensi dell'articolo 14;

e) il progetto di discarica sia coerente con le previsioni ed i contenuti del piano regionale di gestione dei rifiuti di cui all'articolo 22 del decreto legislativo n. 22 del 1997, e successive modificazioni, ove esistente;

f) il progetto di discarica preveda i ripristino ambientale dopo la chiusura;

g) il richiedente si impegni ad eseguire preliminarmente all'avviamento dell'impianto una campagna di monitoraggio delle acque sotterranee conformemente a quanto previsto all'allegato 2.

2. Prima dell'inizio delle operazioni di smaltimento di una nuova discarica, l'autorità territorialmente competente verifica che la discarica soddisfi le condizioni e le prescrizioni alle quali è subordinato il rilascio dell'autorizzazione medesima. L'esito dell'ispezione non comporta in alcun modo una minore responsabilità per il gestore relativamente alle condizioni stabilite dall'autorizzazione.

3. L'esito positivo dell'ispezione costituisce condizione di efficacia dell'autorizzazione all'esercizio.

4. Le spese relative all'istruttoria finalizzata al rilascio ed al rinnovo dell'autorizzazione, nonché ai successivi controlli sono poste a carico dei richiedenti in relazione al costo effettivo del servizio, secondo tariffe e modalità da stabilirsi con disposizioni regionali.

 

 

10. Contenuto dell'autorizzazione.

 

1. L'autorizzazione rilasciata ai sensi del presente decreto costituisce autorizzazione integrata all'impianto ai sensi del decreto legislativo 4 agosto 1999, n. 372, e successive modificazioni.

2. Ove non previsto dagli articoli 27 e 28 del decreto legislativo n. 22 del 1997, il provvedimento di autorizzazione alla costruzione e gestione di una discarica indica almeno:

a) l'ubicazione della discarica, nonché la delimitazione dell'area interessata;

b) la categoria della discarica;

c) la capacità totale della discarica, espressa in termini di volume utile per il conferimento dei rifiuti;

d) l'elenco e il quantitativo totale dei tipi di rifiuti che possono essere smaltiti nella discarica, individuati con lo specifico Codice dell'Elenco Europeo dei Rifiuti e la descrizione della tipologia;

e) l'esplicita approvazione del progetto definitivo dell'impianto e dei piani di cui all'articolo 8, comma 1, lettere g), h), i) e l);

f) le prescrizioni tecniche riguardanti la costruzione degli impianti e i mezzi tecnici utilizzati;

g) le prescrizioni per le operazioni di collocamento in discarica e per le procedure di sorveglianza e controllo, incluse eventuali determinazioni analitiche sui rifiuti conferiti;

h) le prescrizioni provvisorie per le operazioni di chiusura e di gestione successiva alla chiusura;

i) la durata della gestione post-operativa e le modalità di chiusura al termine della gestione operativa;

l) l'obbligo per il gestore di presentare, almeno una volta all'anno, alla Regione una relazione in merito ai tipi ed ai quantitativi di rifiuti smaltiti, ai risultati del programma di sorveglianza ed ai controlli effettuati relativi sia alla fase operativa che alla fase post-operativa;

m) l'obbligo del gestore di eseguire il piano di ripristino ambientale alla chiusura anche di singoli lotti della discarica, con le modalità previste nell'allegato 2;

n) le indicazioni relative alle garanzie finanziarie di cui all'articolo 14, sulla base di quanto previsto dall'articolo 8, comma 1, lettera m);

o) le procedure di ammissione dei rifiuti in discarica.

3. L'autorizzazione all'esercizio della discarica è rilasciata solo dopo l'accettazione da parte della Regione delle garanzie finanziarie di cui all'articolo 14. Qualora la Regione rilasci l'autorizzazione all'esercizio per singoli lotti, fermo restando che la garanzia finanziaria relativa alla post-chiusura finale deve coprire la capacità totale della discarica come definita al comma 1, lettera c), la garanzia finanziaria per l'attivazione e la gestione della discarica è prestata per i singoli lotti autorizzati.

4. Ai sensi dell'articolo 2, comma 1, lettera b), del D.M. 4 agosto 1998, n. 372 del Ministro dell'ambiente, le informazioni contenute nelle domande di autorizzazione accolte sono trasmesse, a fini statistici, dall'ente competente per territorio all'Agenzia per la protezione dell'ambiente e del territorio (APAT) che provvede a metterle a disposizione degli enti interessati.

5. In deroga a quanto previsto dall'articolo 28, comma 3, del decreto legislativo n. 22 del 1997, nel caso in cui un impianto risulti registrato ai sensi del regolamento n. 761/01/CE, il rinnovo dell'autorizzazione è effettuato ogni 8 anni.

6. La Regione assicura che l'autorizzazione rilasciata ai sensi del presente decreto sia comprensiva anche delle autorizzazioni relative alle emissioni in atmosfera, scarichi idrici e prelievo delle acque.

 

 

11. Procedure di ammissione.

 

1. Per la collocazione dei rifiuti il detentore deve fornire precise indicazioni sulla composizione, sulla capacità di produrre percolato, sul comportamento a lungo termine e sulle caratteristiche generali dei rifiuti da collocare in discarica.

2. In previsione o in occasione del conferimento dei rifiuti ed ai fini dell'ammissione degli stessi in discarica, il detentore deve presentare la documentazione attestante che il rifiuto è conforme ai criteri di ammissibilità previsti dal decreto di cui all'articolo 7, comma 5, per la specifica categoria di discarica. I suddetti certificati possono essere presentati in occasione del primo di una serie determinata di conferimenti a condizione che il tipo e le caratteristiche del rifiuto rimangano invariati anche per tali ulteriori conferimenti e, comunque, almeno una volta l'anno, e devono essere conservati dal gestore.

3. Ai fini dell'ammissione in discarica dei rifiuti il gestore dell'impianto deve:

a) controllare la documentazione relativa ai rifiuti, compreso, se previsto, il formulario di identificazione di cui all'articolo 15 del decreto legislativo n. 22 del 1997 e, se previsti, i documenti di cui al regolamento n. 259/93/CEE del 1° febbraio 1993, del Consiglio, relativo alla sorveglianza e al controllo delle spedizioni di rifiuti all'interno della Comunità europea;

b) verificare la conformità delle caratteristiche dei rifiuti indicate nel formulario di identificazione, di cui allegato B al D.M. 1° aprile 1998, n. 145 del Ministro dell'ambiente, ai criteri di ammissibilità previsti dal presente decreto;

c) effettuare l'ispezione visiva di ogni carico di rifiuti conferiti in discarica prima e dopo lo scarico e verificare la conformità del rifiuto alle caratteristiche indicate nel formulario di identificazione di cui al citato D.M. n. 145 del 1998 del Ministro dell'ambiente;

d) annotare nel registro di carico e scarico dei rifiuti tutte le tipologie e le informazioni relative alle caratteristiche e ai quantitativi dei rifiuti depositati, con l'indicazione dell'origine e della data di consegna da parte del detentore, secondo le modalità previste dall'articolo 12, comma 1, lettera d), e comma 2, del decreto legislativo n. 22 del 1997. Nel caso di deposito di rifiuti pericolosi, il registro deve contenere apposita documentazione o mappatura atta ad individuare, con riferimento alla provenienza ed alla allocazione, il settore della discarica dove è smaltito il rifiuto pericoloso;

e) sottoscrivere le copie del formulario di identificazione dei rifiuti trasportati;

f) effettuare le verifiche analitiche della conformità del rifiuto conferito ai criteri di ammissibilità, come indicato all'articolo 10, comma 1, lettera g), con cadenza stabilita dall'autorità territorialmente competente e, comunque, con frequenza non superiore ad un anno. I campioni prelevati devono essere opportunamente conservati presso l'impianto a disposizione dell'autorità territorialmente competente per un periodo non inferiore a due mesi;

g) comunicare alla regione ed alla provincia territorialmente competenti la eventuale mancata ammissione dei rifiuti in discarica, ferma l'applicazione delle disposizioni del citato regolamento n. 259/93/CEE riguardante le spedizioni transfrontaliere di rifiuti.

 

 

12. Procedura di chiusura.

 

1. La procedura di chiusura della discarica o di una parte di essa è avviata:

a) nei casi, alle condizioni e nei termini stabiliti dall'autorizzazione;

b) nei casi in cui il gestore richiede ed ottiene apposita autorizzazione della regione competente per territorio;

c) sulla base di specifico provvedimento conseguente a gravi motivi, tali da provocare danni all'ambiente e alla salute, ad iniziativa dell'Ente competente per territorio.

2. La procedura di chiusura della discarica può essere attuata solo dopo la verifica della conformità della morfologia della discarica e, in particolare, della capacità di allontanamento delle acque meteoriche, a quella prevista nel progetto di cui all'articolo 9, comma 1, lettera a), tenuto conto di quanto indicato all'articolo 8, comma 1, lettere c) ed e).

3. La discarica, o una parte della stessa, è considerata definitivamente chiusa solo dopo che l'ente territoriale competente al rilascio dell'autorizzazione, di cui all'articolo 10, ha eseguito un'ispezione finale sul sito, ha valutato tutte le relazioni presentate dal gestore ai sensi dell'articolo 10, comma 1, lettera l), e comunicato a quest'ultimo l'approvazione della chiusura. L'esito dell'ispezione non comporta, in alcun caso, una minore responsabilità per il gestore relativamente alle condizioni stabilite dall'autorizzazione. Anche dopo la chiusura definitiva della discarica, il gestore è responsabile della manutenzione, della sorveglianza e del controllo nella fase di gestione post-operativa per tutto il tempo durante il quale la discarica può comportare rischi per l'ambiente.

 

 

13. Gestione operativa e post-operativa.

 

1. Nella gestione e dopo la chiusura della discarica devono essere rispettati i tempi, le modalità, i criteri e le prescrizioni stabiliti dall'autorizzazione e dai piani di gestione operativa, post-operativa e di ripristino ambientale di cui all'articolo 8, comma 1, lettere g), h) e l), nonché le norme in materia di gestione dei rifiuti, di scarichi idrici e tutela delle acque, di emissioni in atmosfera, di rumore, di igiene e salubrità degli ambienti di lavoro, di sicurezza, e prevenzione incendi; deve, inoltre, essere assicurata la manutenzione ordinaria e straordinaria di tutte le opere funzionali ed impiantistiche della discarica.

2. La manutenzione, la sorveglianza e i controlli della discarica devono essere assicurati anche nella fase della gestione successiva alla chiusura, fino a che l'ente territoriale competente accerti che la discarica non comporta rischi per la salute e l'ambiente. In particolare, devono essere garantiti i controlli e le analisi del biogas, del percolato e delle acque di falda che possano essere interessate.

3. I rifiuti pericolosi devono essere depositati in appositi settori, celle o trincee della discarica, individuati con apposita segnaletica dalla quale devono risultare i tipi e le caratteristiche di pericolo dei rifiuti smaltiti in ciascuno dei citati settori, celle o trincee.

4. Il gestore della discarica è responsabile della corretta attuazione delle disposizioni di cui ai commi 1, 2 e 3.

5. Al fine di dimostrare la conformità della discarica alle condizioni dell'autorizzazione e di fornire tutte le conoscenze sul comportamento o dei rifiuti nelle discariche, il gestore deve presentare all'ente territoriale competente, secondo le modalità fissate dall'autorizzazione, la relazione di c all'articolo 10, comma 1, lettera l), completa di tutte le informazioni sui risultati della gestione della discarica e dei programmi di controllo e sorveglianza, nonché dei dati e delle informazioni relativi ai controlli effettuati. In particolare, la relazione deve contenere almeno i seguenti elementi:

a) quantità e tipologia dei rifiuti smaltiti e loro andamento stagionale;

b) prezzi di conferimento;

c) andamento dei flussi e del volume di percolato e le relative procedure di trattamento e smaltimento;

d) quantità di biogas prodotto ed estratto e relative procedure di trattamento e smaltimento;

e) volume occupato e capacità residua nominale della discarica;

f) i risultati dei controlli effettuati sui rifiuti conferiti ai fini della loro ammissibilità in discarica, nonché sulle matrici ambientali.

6. Il gestore deve, inoltre, notificare all'autorità competente anche eventuali significativi effetti negativi sull'ambiente riscontrati a seguito delle procedure di sorveglianza e controllo e deve conformarsi alla decisione dell'autorità competente sulla natura delle misure correttive e sui termini di attuazione delle medesime.

 

 

14. Garanzie finanziarie.

 

1. La garanzia per l'attivazione e la gestione operativa della discarica, comprese le procedure di chiusura, assicura l'adempimento delle prescrizioni contenute nell'autorizzazione e deve essere prestata per una somma commisurata alla capacità autorizzata della discarica ed alla classificazione della stessa ai sensi dell'articolo 4. In caso di autorizzazione per lotti della discarica, come previsto dall'articolo 10, comma 3, la garanzia può essere prestata per lotti.

2. La garanzia per la gestione successiva alla chiusura della discarica assicura che le procedure di cui all'articolo 13 siano eseguite ed è commisurata al costo complessivo della gestione post-operativa. In caso di autorizzazione della discarica per lotti la garanzia per la post-chiusura può essere prestata per lotti.

3. Fermo restando che le garanzie di cui ai commi 1 e 2, nel loro complesso, devono essere trattenute per tutto il tempo necessario alle operazioni di gestione operativa e di gestione successiva alla chiusura della discarica e salvo che l'autorità competente non preveda un termine maggiore qualora ritenga che sussistano rischi per l'ambiente:

a) la garanzia di cui al comma 1 è trattenuta per almeno due anni dalla data della comunicazione di cui all'articolo 12, comma 3;

b) la garanzia di cui al comma 2 è trattenuta per almeno trenta anni dalla data della comunicazione di cui all'articolo 12, comma 3.

4. Le garanzie di cui ai commi 1 e 2 sono costituite ai sensi dell'articolo 1 della legge 10 giugno 1982, n. 348, e devono essere prestate in misura tale da garantire la realizzazione degli obiettivi indicati nei citati commi.

5. Nel caso di impianti di discarica la cui coltivazione ha raggiunto, alla data di entrata in vigore del presente decreto, l'80% della capacità autorizzata, il massimale da garantire secondo i parametri previsti è ridotto nella misura del 40%.

6. Le Regioni possono prevedere, per gli impianti realizzati e gestiti secondo le modalità previste dal presente decreto, che la garanzia finanziaria di cui al comma 2 non si applichi alle discariche per rifiuti inerti.

7. Gli oneri afferenti alle garanzie previste dal presente articolo, allorquando le regioni e gli enti di cui all'articolo 2 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, gestiscono direttamente la discarica, sono coperti dalla tariffa con le modalità di cui all'articolo 15.

 

 

15. Costi dello smaltimento dei rifiuti nelle discariche.

 

1. Il prezzo corrispettivo per lo smaltimento in discarica deve coprire i costi di realizzazione e di esercizio dell'impianto, i costi sostenuti per la prestazione della garanzia finanziaria ed i costi stimati di chiusura, nonché i costi di gestione successiva alla chiusura per un periodo pari a quello indicato dall'art. 10 comma 1, lettera i).

 

 

16. Sanzioni.

 

1. Chiunque viola i divieti di cui all'articolo 7, commi 1, 2 e 3, è punito con la sanzione prevista dall'articolo 51, comma 3, del decreto legislativo n. 22 del 1997. La stessa sanzione si applica a chiunque viola le procedure di ammissione dei rifiuti in discarica di cui all'articolo 11.

2. Chiunque, in violazione del divieto di cui all'articolo 7, comma 4, diluisce o miscela i rifiuti, al solo fine di renderli conformi ai criteri di ammissibilità di cui all'articolo 5, è punito con la sanzione di cui all'articolo 51, comma 5, del decreto legislativo n. 22 del 1997.

 

 

17. Disposizioni transitorie e finali.

 

1. Le discariche già autorizzate alla data di entrata in vigore del presente decreto possono continuare a ricevere, fino al 16 luglio 2005, i rifiuti per cui sono state autorizzate.

2. Fino al 16 luglio 2005 è consentito lo smaltimento nelle nuove discariche, in osservanza delle condizioni e dei limiti di accettabilità previsti dalla Delib. 27 luglio 1984 del Comitato interministeriale, pubblicata nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 253 del 13 settembre 1984, di cui all'articolo 6 decreto del Presidente della Repubblica 8 agosto 1994, e successive modificazioni, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 251 del 26 ottobre 1994, nonché dalle deliberazioni regionali connesse, relativamente:

a) nelle discariche per rifiuti inerti, ai rifiuti precedentemente avviati a discariche di II categoria, tipo A;

b) nelle discariche per rifiuti non pericolosi, ai rifiuti precedentemente avviati alle discariche di prima categoria e di II categoria, tipo B;

c) nelle discariche per rifiuti pericolosi, ai rifiuti precedentemente avviati alle discariche di II categoria tipo C e terza categoria.

3. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto il titolare dell'autorizzazione di cui al comma 1 o, su sua delega, il gestore della discarica, presenta all'autorità competente un piano di adeguamento della discarica alle previsioni di cui al presente decreto, incluse le garanzie finanziarie di cui all'articolo 14.

4. Con motivato provvedimento l'autorità competente approva il piano di cui al comma 3, autorizzando la prosecuzione dell'esercizio della discarica e fissando i lavori di adeguamento, le modalità di esecuzione e il termine finale per l'ultimazione degli stessi, che non può in ogni caso essere successivo al 16 luglio 2009. Nel provvedimento l'autorità competente prevede anche l'inquadramento della discarica in una delle categorie di cui all'articolo 4. Le garanzie finanziarie prestate a favore dell'autorità competente concorrono alla prestazione della garanzia finanziaria.

5. In caso di mancata approvazione del piano di cui al comma 3, l'autorità competente prescrive modalità e tempi di chiusura della discarica, conformemente all'articolo 12, comma 1, lettera c).

6. Sono abrogati:

a) il paragrafo 4.2 e le parti attinenti allo stoccaggio definitivo dei paragrafi 5 e 6 della citata Delib. 27 luglio 1984 del Comitato interministeriale; ai fini di cui al comma 2, restano validi fino al 16 luglio 2005 i valori limite e le condizioni di ammissibilità previsti dalla deliberazione;

b) il decreto ministeriale 11 marzo 1998, n. 141 del Ministro dell'ambiente;

c) l'articolo 5, commi 6 e 6-bis, e l'articolo 28, comma 2, del decreto legislativo n. 22 del 1997, e successive modificazioni;

d) l'articolo 6 del decreto del Presidente della Repubblica 8 agosto 1994.

7. Le Regioni adeguano la loro normativa alla presente disciplina.

 


Allegato 1

(articolo 3, comma 3)

(articolo 9, comma 1)

Criteri costruttivi e gestionali degli impianti di discarica

 

1. IMPIANTI DI DISCARICA PER RIFIUTI INERTI

 

1.1 UBICAZIONE

 

Di norma i siti idonei alla realizzazione di un impianto di discarica per rifiuti inerti non devono ricadere in:

- aree individuate ai sensi dell'articolo 17, comma 3, lettera m), della legge 18 maggio 1989, n. 183;

- aree individuate dagli articoli 2 e 3 del decreto del Presidente della Repubblica 8 settembre 1997, n. 357;

- aree collocate nelle zone di rispetto di cui all'articolo 21, comma 1, del decreto legislativo 11 maggio 1999, n. 152;

- territori sottoposti a tutela ai sensi dell'articolo 146 del decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 490.

Le discariche non devono essere normalmente localizzate:

- in corrispondenza di doline, inghiottitoi o altre forme di carsismo superficiale;

- in aree dove i processi geologici superficiali quali l'erosione accelerata, le frane, l'instabilità dei pendii, le migrazioni degli alvei fluviali potrebbero compromettere l'integrità della discarica;

- in aree esondabili, instabili e alluvionabili; deve, al riguardo, essere presa come riferimento la piena con tempo di ritorno minimo pari a 50 anni. Le Regioni definiscono eventuali modifiche al valore da adottare per il tempo di ritorno sopra riportato in accordo con l'Autorità di bacino laddove costituita;

- aree naturali protette sottoposte a misure di salvaguardia ai sensi dell'articolo 6, comma 3, della legge 6 dicembre 1991, n. 394.

Le Regioni possono, con provvedimento motivato, autorizzare la realizzazione delle discariche per inerti nei siti di cui al comma precedente.

La discarica può essere autorizzata solo se le caratteristiche del luogo, per quanto riguarda le condizioni di cui sopra, o le misure correttive da adottare, indichino che la discarica non costituisca un grave rischio ecologico.

Per ciascun sito di ubicazione devono essere valutate le condizioni locali di accettabilità dell'impianto in relazione ai seguenti parametri:

- distanza dai centri abitati;

- fascia di rispetto da strade, autostrade, gasdotti, oleodotti, elettrodotti, cimiteri, ferrovie, beni militari.

Nell'individuazione dei siti di ubicazione sono da privilegiare le aree degradate da risanare e/o da ripristinare sotto il profilo paesaggistico.

 

1.2 PROTEZIONE DEL TERRENO E DELLE ACQUE

 

1.2.1 Criteri generali

L'ubicazione e le caratteristiche costruttive di una discarica devono soddisfare le condizioni necessarie per impedire l'inquinamento del terreno, delle acque freatiche e delle acque superficiali.

Deve essere assicurata un'efficiente raccolta del percolato, ove ciò sia ritenuto necessario dall'ente territoriale competente.

La protezione del suolo, delle acque freatiche e delle acque superficiali deve essere realizzata mediante la combinazione di una barriera geologica e di un eventuale rivestimento della parte inferiore durante la fase di esercizio e mediante l'aggiunta a chiusura della discarica di una copertura della parte superiore durante la fase post-operativa.

Qualora la barriera geologica non presenti le caratteristiche di seguito specificate, la protezione del suolo, delle acque sotterranee e delle acque superficiali deve essere realizzata attraverso il completamento della stessa con un sistema barriera di confinamento.

 

1.2.2 Barriera geologica

La barriera geologica è determinata da condizioni geologiche e idrogeologiche al di sotto e in prossimità di una discarica tali da assicurare una capacità di attenuazione sufficiente per evitare rischi per il suolo e le acque superficiali e sotterranee. Il substrato della base e dei lati della discarica consiste in una formazione geologica naturale che risponda a requisiti di permeabilità e spessore almeno equivalente a quello risultante dai seguenti criteri.

- conducibilità idraulica k  1 x 10-7 m/s;

- spessore  1 m.

Le caratteristiche di permeabilità della barriera geologica naturale devono essere accertate mediante apposita indagine in sito.

La barriera geologica, qualora non soddisfi naturalmente le condizioni di cui sopra, può essere completata artificialmente attraverso un sistema barriera di confinamento opportunamente realizzato che fornisca una protezione equivalente.

Il piano di imposta di una eventuale barriera di confinamento deve essere posto al di sopra del tetto dell'acquifero confinato o della quota di massima escursione della falda, nel caso di acquifero non confinato, con un franco di almeno 1,5 metri.

La barriera messa in opera artificialmente deve avere uno spessore non inferiore a 0,5 metri.

 

1.2.3 Copertura superficiale finale

La copertura superficiale finale della discarica deve rispondere ai seguenti criteri:

- isolamento dei rifiuti dall'ambiente esterno;

- minimizzazione delle infiltrazioni d'acqua;

- riduzione al minimo della necessità di manutenzione;

- minimizzazione dei fenomeni di erosione;- resistenza agli assestamenti ed a fenomeni di subsidenza localizzata.

La copertura deve essere realizzata mediante una struttura multistrato costituita, dall'alto verso il basso, almeno dai seguenti strati:

1) strato superficiale di copertura con spessore 1 m che favorisca lo sviluppo delle specie vegetali di copertura ai fini del piano di ripristino ambientale e fornisca una protezione adeguata contro l'erosione e consenta di proteggere le barriere sottostanti dalle escursioni termiche;

2) strato drenante con spessore  0.5 m in grado di impedire la formazione di un battente idraulico sopra le barriere di cui ai successivi punti 3) e 4);

3) strato minerale superiore compattato di spessore  0.5 m e di bassa conducibilità idraulica;

4) strato di regolarizzazione per la corretta messa in opera degli elementi superiori e costituito da materiale drenante.

 

1.3 CONTROLLO DELLE ACQUE

In relazione alle condizioni meteorologiche devono essere prese misure adeguate per:

- limitare la quantità di acqua di origine meteorica che penetra nel corpo della discarica;

- impedire che le acque superficiali e sotterranee entrino nel corpo della discarica.

Deve essere inoltre previsto, ove ritenuto necessario dall'autorità competente, un sistema di raccolta delle acque di percolazione. La gestione di detto sistema deve minimizzare il battente idraulico di percolato sul fondo della discarica al minimo compatibile con i sistemi di sollevamento e di estrazione. Il percolato raccolto deve essere avviato ad idoneo impianto di trattamento al fine di garantirne lo scarico nel rispetto dei limiti previsti dalla normativa vigente in materia.

 

1.4 STABILITÀ

 

Nella fase di caratterizzazione del sito è necessario accertarsi mediante specifiche indagini e prove geotecniche che il substrato geologico, in considerazione della morfologia della discarica e dei carichi previsti, nonché delle condizioni operative, non vada soggetto a cedimenti tali da danneggiare i sistemi di protezione della discarica.

Deve essere, altresì, verificata in corso d'opera la stabilità del fronte dei rifiuti scaricati e la stabilità dell'insieme terreno di fondazione-discarica, con particolare riferimento alla stabilità dei pendii e delle coperture, anche ai sensi del D.M. 11 marzo 1988 del Ministro dei lavori pubblici, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 127 del 1° giugno 1988.

Per gli impianti che ricadono in comuni soggetti a rischio sismico, così come elencati nei D.M. 5 marzo 1984 del Ministro dei lavori pubblici, pubblicati nella Gazzetta Ufficiale n. 91 del 31 marzo 1984, le analisi di stabilità devono essere condotte in condizioni dinamiche, introducendo le variabili di accelerazione indotta dall'evento sismico di più alta intensità prevedibile, ed adeguando le eventuali strutture in muratura da realizzare alle disposizioni previste dal D.M. 16 gennaio 1996 del Ministro dei lavori pubblici, pubblicato nella Gazzetta ufficiale n. 29 del 5 febbraio 1996.

 

1.5 DISTURBI E RISCHI

 

Devono essere previsti sistemi e/o misure atte a ridurre al minimo i disturbi ed i rischi provenienti dalla discarica e causati da:

- emissione di odori e polvere;

- materiali trasportati dal vento;

- uccelli parassiti ed insetti;

- rumore e traffico;

- incendi.

 

1.6 BARRIERE

 

La discarica deve essere dotata di recinzione per impedire il libero accesso al sito. Deve essere prevista una barriera perimetrale arborea autoctona al fine di minimizzare gli impatti visivi e olfattivi.

I cancelli devono restare chiusi fuori dell'orario di esercizio. Il sistema di controllo e di accesso agli impianti deve prevedere un programma di misure volte ad impedire lo scarico illegale.

 

1.7 DOTAZIONE DI ATTREZZATURE E PERSONALE

 

Gli impianti di discarica devono essere dotati, direttamente o tramite apposita convenzione, di laboratori che operano in regime di qualità secondo le norme ISO 9000 e successive modificazioni per le specifiche determinazioni previste per la gestione dell'impianto.

 

1.8 MODALITÀ E CRITERI DI DEPOSITO

 

I rifiuti che possono dar luogo a dispersione di polveri o ad emanazioni moleste devono essere al più presto ricoperti con strati di materiali adeguati; devono essere inoltre previsti specifici sistemi di contenimento e/o di modalità di conduzione della discarica atti ad impedire la dispersione stessa.

Lo scarico dei rifiuti deve essere effettuato in modo da garantire la stabilità della massa di rifiuti e delle strutture collegate.

L'accumulo dei rifiuti deve essere attuato in maniera tale da evitare fenomeni di instabilità.

Impianti per rifiuti non pericolosi e per rifiuti pericolosi

 

2.1 UBICAZIONE

 

Di norma gli impianti di discarica per rifiuti pericolosi e non pericolosi non devono ricadere in:

- aree individuate ai sensi dell'articolo 17, comma 3, lettera m), della legge 18 maggio 1989, n. 183;

- aree individuate dagli articoli 2 e 3 del decreto del Presidente della Repubblica 8 settembre 1997, n. 357;- aree collocate nelle zone di rispetto di cui all'articolo 21, comma 1, del decreto legislativo 11 maggio 1999, n. 152;

- territori sottoposti a tutela ai sensi del decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 490;

- aree naturali protette sottoposte a misure di salvaguardia ai sensi dell'articolo 6, comma 3, della legge 6 dicembre 1991, n. 394;

- aree collocate nelle zone di rispetto di cui all'articolo 21, comma 1, del decreto legislativo 11 maggio 1999, n. 152.

Gli impianti non vanno ubicati di norma:

- in aree interessate da fenomeni quali faglie attive, aree a rischio sismico di 1ª categoria così come classificate dalla legge 2 febbraio 1974, n. 64, e provvedimenti attuativi, e aree interessate da attività vulcanica, ivi compresi i campi solfatarici, che per frequenza ed intensità potrebbero pregiudicare l'isolamento dei rifiuti;

- in corrispondenza di doline, inghiottitoi o altre forme di carsismo superficiale;

- in aree dove i processi geologici superficiali quali l'erosione accelerata, le frane, l'instabilità dei pendii, le migrazioni degli alvei fluviali potrebbero compromettere l'integrità della discarica e delle opere ad essa connesse;

- in aree soggette ad attività di tipo idrotermale;

- in aree esondabili, instabili e alluvionabili; deve, al riguardo, essere presa come riferimento la piena con tempo di ritorno minimo pari a 200 anni. Le Regioni definiscono eventuali modifiche al valore da adottare per il tempo di ritorno in accordo con l'Autorità di bacino laddove costituita.

Con provvedimento motivato le regioni possono autorizzare la realizzazione di discariche per rifiuti non pericolosi nei siti sopradescritti.

La discarica può essere autorizzata solo se le caratteristiche del luogo, per quanto riguarda le condizioni di cui sopra, o le misure correttive da adottare, indichino che la discarica non costituisca un grave rischio ecologico.

Per ciascun sito di ubicazione devono essere valutate le condizioni locali di accettabilità dell'impianto in relazione a:

- distanza dai centri abitati;

- collocazione in aree a rischio sismico di 2^ categoria così come classificate dalla legge 2 febbraio 1974, n. 64, e provvedimenti attuativi, per gli impianti di discarica per rifiuti pericolosi sulla base dei criteri di progettazione degli impianti stessi;

- collocazione in zone di produzione di prodotti agricoli ed alimentari definiti ad indicazione geografica o a denominazione di origine protetta ai sensi del regolamento n. 2081/92/CEE e in aree agricole in cui si ottengono prodotti con tecniche dell'agricoltura biologica ai sensi del regolamento n. 2092/91/CEE;

- presenza di rilevanti beni storici, artistici, archeologici.

Per le discariche di rifiuti pericolosi e non pericolosi che accettano rifiuti contenenti amianto, deve essere oggetto di specifico studio, al fine di evitare qualsiasi possibile trasporto aereo delle fibre, la distanza dai centri abitati in relazione alla direttrice dei venti dominanti. Tale direttrice è stabilita sulla base di dati statistici significativi dell'intero arco dell'anno e relativi ad un periodo non inferiore a 5 anni.

 

2.2. PROTEZIONE DELLE MATRICI AMBIENTALI

 

Al fine di garantire l'isolamento del corpo dei rifiuti delle matrici ambientali, la discarica deve soddisfare i seguenti requisiti tecnici:

- sistema di regimazione e convogliamento delle acque superficiali;

- impermeabilizzazione del fondo e delle sponde della discarica;

- impianto di raccolta e di gestione del percolato;

- impianto di captazione e gestione del gas di discarica (solo per discariche dove sono smaltiti rifiuti biodegradabili);

- sistema di copertura superficiale finale della discarica.

Deve essere garantito il controllo dell'efficienza e dell'integrità dei presidi ambientali (sistemi di impermeabilizzazione, di raccolta del percolato, di captazione gas, etc.), e il mantenimento di opportune pendenze per garantire il ruscellamento delle acque superficiali.

 

2.3. CONTROLLO DELLE ACQUE E GESTIONE DEL PERCOLATO

 

Devono essere adottate tecniche di coltivazione e gestionali atte a minimizzare l'infiltrazione dell'acqua meteorica nella massa dei rifiuti.

Per quanto consentito dalla tecnologia, tali acque meteoriche devono essere allontanate dal perimetro dell'impianto per gravità, anche a mezzo di idonee canalizzazioni dimensionate sulla base delle piogge più intense con tempo di ritorno di 10 anni.

Il percolato e le acque di discarica devono essere captati, raccolti e smaltiti per tutto il tempo di vita della discarica, secondo quanto stabilito nell'autorizzazione, e comunque per un tempo non inferiore a 30 anni dalla data di chiusura definitiva dell'impianto.

Il sistema di raccolta del percolato deve essere progettato e gestito in modo da:

- minimizzare il battente idraulico di percolato sul fondo della discarica al minimo compatibile con i sistemi di sollevamento e di estrazione;

- prevenire intasamenti ed occlusioni per tutto il periodo di funzionamento previsto;- resistere all'attacco chimico dell'ambiente della discarica;

- sopportare i carichi previsti.

Il percolato e le acque raccolte devono essere trattate in impianto tecnicamente idoneo di trattamento al fine di garantirne lo scarico nel rispetto dei limiti previsti dalla normativa vigente in materia. La concentrazione del percolato può essere autorizzata solo nel caso in cui contribuisca all'abbassamento del relativo battente idraulico; il concentrato può rimanere confinato all'interno della discarica.

 

2.4 PROTEZIONE DEL TERRENO E DELLE ACQUE

 

2.4.1. Criteri generali

L'ubicazione e la progettazione di una discarica devono soddisfare le condizioni necessarie per impedire l'inquinamento del terreno, delle acque sotterranee o delle acque superficiali e per assicurare un'efficiente raccolta del percolato.

La protezione del suolo, delle acque sotterranee e di superficie deve essere realizzata, durante la fase operativa, mediante la combinazione della barriera geologica, del rivestimento impermeabile del fondo e delle sponde della discarica e del sistema di drenaggio del percolato, e durante la fase post-operativa anche mediante copertura della parte superiore.

 

2.4.2. Barriera geologica

Il substrato della base e dei fianchi della discarica deve consistere in una formazione geologica naturale che risponda a requisiti di permeabilità e spessore almeno equivalente a quello risultante dai seguenti criteri:

- discarica per rifiuti non pericolosi: k  1 x 10-9 m/s e s  1 m;

- discarica per rifiuti pericolosi: k  1 x 10-9 m/s e s  5 m;

La continuità e le caratteristiche di permeabilità della barriera geologica su tutta l'area interessata dalla discarica devono essere opportunamente accertate mediante indagini e perforazione geognostiche.

La barriera geologica, qualora non soddisfi naturalmente le condizioni di cui sopra, può essere completata artificialmente attraverso un sistema barriera di confinamento opportunamente realizzato che fornisca una protezione equivalente.

Per tutti gli impianti deve essere prevista l'impermeabilizzazione del fondo e delle pareti con un rivestimento di materiale artificiale posto al di sopra della barriera geologica, su uno strato di materiale minerale compattato. Tale rivestimento deve avere caratteristiche idonee a resistere alle sollecitazioni chimiche e meccaniche presenti nella discarica.

Il piano di imposta dello strato inferiore della barriera di confinamento deve essere posto al di sopra del tetto dell'acquifero confinato con un franco di almeno 1,5 m, nel caso di acquifero non confinato, al di sopra della quota di massima escursione della falda con un franco di almeno 2 m.

Le caratteristiche del sistema barriera di sconfinamento artificiale sono garantite normalmente dall'accoppiamento di materiale minerale compattato (caratterizzato da uno spessore di almeno 100 cm con una conducibilità idraulica k  10-7 cm/s, depositato preferibilmente in strati uniformi compattati dello spessore massimo di 20 cm) con una geomembrana.

L'utilizzo della sola geomembrana non costituisce in nessun caso un sistema di impermeabilizzazione idoneo; la stessa deve essere posta a diretto contatto con lo strato minerale compattato, senza interposizione di materiale drenante.

Particolari soluzioni progettuali nella realizzazione del sistema barriera di confinamento delle sponde, che garantiscano comunque una protezione equivalente, potranno eccezionalmente essere adottate e realizzate anche con spessori inferiori a 0,5 m, a condizione che vengano approvate dall'Ente territoriale competente; in tal caso dovranno essere previste specifiche analisi di stabilità del sistema barriera di confinamento.

Lo strato di materiale artificiale e/o il sistema barriera di confinamento deve essere inoltre adeguatamente protetto dagli agenti atmosferici e da pericoli di danneggiamento in fase di realizzazione e di esercizio della discarica.

Sul fondo della discarica, al di sopra del rivestimento impermeabile, deve essere previsto uno strato di materiale drenante con spessore  0,5 m.

Il fondo della discarica, tenuto conto degli assestamenti previsti, deve conservare un'adeguata pendenza tale da favorire il deflusso del percolato ai sistemi di raccolta.

 

2.4.3. Copertura superficiale finale

La copertura superficiale finale della discarica deve rispondere ai seguenti criteri:

- isolamento dei rifiuti dall'ambiente esterno;

- minimizzazione delle infiltrazioni d'acqua;

- riduzione al minimo della necessità di manutenzione;

- minimizzazione dei fenomeni di erosione;

- resistenza agli assestamenti ed ai fenomeni di subsidenza localizzata;

La copertura deve essere realizzata mediante una struttura multistrato costituita, dall'alto verso il basso, almeno dai seguenti strati:

1. strato superficiale di copertura con spessore  1 m che favorisca lo sviluppo delle specie vegetali di copertura ai fini del piano di ripristino ambientale e fornisca una protezione adeguata contro l'erosione e di proteggere le barriere sottostanti dalle escursioni termiche;

2. strato drenante protetto da eventuali intasamenti con spessore  0,5 m in grado di impedire la formazione di un battente idraulico sopra le barriere di cui ai successivi punti 3) e 4);

3. strato minerale compattato dello spessore  0,5 m e di conducibilità idraulica  10-8 m/s o di caratteristiche equivalenti, integrato da un rivestimento impermeabile superficiale per gli impianti di discarica di rifiuti pericolosi;

4. strato di drenaggio del gas di rottura capillare, protetto da eventuali intasamenti, con spessore  0,5 m;

5. strato di regolarizzazione con la funzione di permettere la corretta messa in opera degli strati sovrastanti.

Poiché la degradazione dei rifiuti biodegradabili, incluse le componenti cellulosiche, comporta la trasformazione in biogas di circa un terzo della massa dei rifiuti, la valutazione degli assestamenti dovrà tenere conto di tali variazioni, soprattutto in funzione alla morfologia della copertura finale.

La copertura superficiale finale come sopra descritta deve garantire l'isolamento della discarica anche tenendo conto degli assestamenti previsti ed a tal fine non deve essere direttamente collegata al sistema barriera di confinamento.

La copertura superficiale finale della discarica nella fase di post esercizio può essere preceduta da una copertura provvisoria, la cui struttura può essere più semplice di quella sopra indicata, finalizzata ad isolare la massa di rifiuti in corso di assestamento.

Detta copertura provvisoria deve essere oggetto di continua manutenzione al fine di consentire il regolare deflusso delle acque superficiali e di minimizzare l'infiltrazione nella discarica.

La copertura superficiale finale deve essere realizzata in modo da consentire un carico compatibile con destinazione d'uso prevista.

 

2.5. CONTROLLO DEI GAS

 

Le discariche che accettano rifiuti biodegradabili devono essere dotati di impianti per l'estrazione dei gas che garantiscano la massima efficienza di captazione e il conseguente utilizzo energetico.

La gestione del biogas deve essere condotta in modo tale da ridurre al minimo il rischio per l'ambiente e per la salute umana; l'obiettivo è quello di non far percepire la presenza della discarica al di fuori di una ristretta fascia di rispetto.

Poiché il naturale assestamento della massa dei rifiuti depositati può danneggiare il sistema di estrazione del biogas, è indispensabile un piano di mantenimento dello stesso, che preveda anche l'eventuale sostituzione dei sistemi di captazione deformati in modo irreparabile.

È inoltre indispensabile mantenere al minimo il livello del percolato all'interno dei pozzi di captazione del biogas, per consentirne la continua funzionalità, anche con sistemi di estrazione del percolato eventualmente formatosi; tali sistemi devono essere compatibili con la natura di gas esplosivo, e rimanere efficienti anche nella post-operativa.

Il sistema di estrazione del biogas deve essere dotato di sistemi per l'eliminazione della condensa; l'acqua di condensa può essere eccezionalmente reimmessa nel corpo della discarica.

Il gas deve essere di norma utilizzato per la produzione di energia, anche a seguito di un eventuale trattamento, senza che questo pregiudichi le condizioni di sicurezza per la salute dell'uomo e per l'ambiente.

Nel caso di impraticabilità del recupero energetico la termodistruzione del gas di discarica deve avvenire in idonea camera di combustione a temperatura T>850°, concentrazione di ossigeno  3% in volume e tempo di ritenzione  0,3 s.

Il sistema di estrazione e trattamento del gas deve essere mantenuto in esercizio per tutto il tempo in cui nella discarica è presente la formazione del gas e comunque per il periodo necessario, come indicato all'articolo 13, comma 2.

 

2.6. DISTURBI E RISCHI

 

Il gestore degli impianti di discarica per rifiuti non pericolosi e pericolosi deve adottare misure idonee a ridurre al minimo i disturbi ed i rischi provenienti dalla discarica e causati da:

- emissione di odori, essenzialmente dovuti al gas di discarica;

- produzione di polveri;

- materiali trasportati dal vento;

- rumore e traffico;

- uccelli, parassiti ed insetti;

- formazione di aerosol;

- incendi.

 

2.7. STABILITÀ

 

Nella fase di caratterizzazione del sito è necessario accertarsi a mezzo di specifiche indagini e prove geotecniche che il substrato geologico, in considerazione della morfologia della discarica e dei carichi previsti nonché delle condizioni operative, non vada soggetto a cedimenti tali da danneggiare i sistemi di protezione ambientale della discarica.

Inoltre deve essere verificata in corso d'opera la stabilità del fronte dei rifiuti scaricati, come al successivo punto 2.10, e la stabilità dell'insieme terreno di fondazione-discarica con particolare riferimento alla stabilità dei pendii ai sensi del D.M. 11 marzo 1988 del Ministro dei lavori pubblici, pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 127 del 1° giugno 1988, tenendo conto dei normali assestamenti dovuti alla degradazione dei rifiuti.

 

2.8. PROTEZIONE FISICA DEGLI IMPIANTI

 

La discarica deve essere dotata di recinzione per impedire il libero accesso al sito di persone ed animali.

Il sistema di controllo e di accesso agli impianti deve prevedere un programma di misure volte ad impedire lo scarico illegale. Il sito di discarica deve essere individuato a mezzo di idonea segnaletica.

La copertura giornaliera della discarica, di cui al punto 2.10, deve contribuire al controllo di volatili e piccoli animali.

 

2.9. DOTAZIONE DI ATTREZZATURE E PERSONALE

 

Gli impianti di discarica di rifiuti non pericolosi e pericolosi devono essere dotati, direttamente o tramite apposita convenzione, di laboratori idonei per le specifiche determinazioni previste per la gestione dell'impianto.

La gestione della discarica deve essere affidata a persona competente a gestire il sito ai sensi dell'articolo 9, comma 1, lettera b), e deve essere assicurata la formazione professionale e tecnica del personale addetto all'impianto anche in relazione ai rischi da esposizione agli agenti specifici in funzione del tipo di rifiuti smaltiti.

In ogni caso il personale dovrà utilizzare idonei dispositivi di protezione individuale (DPI) in funzione del rischio valutato.

Il personale al quale vengono affidati gli interventi di emergenza deve essere preliminarmente istruito ed informato sulle tecniche di intervento di emergenza ed aver partecipato ad uno specifico programma di addestramento all'uso dei dispositivi di protezione individuale (DPI).

 

2.10. MODALITÀ E CRITERI DI COLTIVAZIONE

 

È vietato lo scarico di rifiuti polverulenti o finemente suddivisi soggetti a dispersione eolica, in assenza di specifici sistemi di contenimento e/o di modalità di conduzione della discarica atti ad impedire tale dispersione.

Lo scarico dei rifiuti deve essere effettuato in modo da garantire la stabilità della massa di rifiuti e delle strutture collegate.

I rifiuti vanno deposti in strati compattati e sistemati in modo da evitare, lungo il fronte di avanzamento, pendenze superiori al 30%.

La coltivazione deve procedere per strati sovrapposti e compattati, di limitata ampiezza, in modo da favorire il recupero immediato e progressivo dell'area della discarica.

L'accumulo dei rifiuti deve essere attuato con criteri di elevata compattazione, onde limitare successivi fenomeni di instabilità.

Occorre limitare la superficie dei rifiuti esposta all'azione degli agenti atmosferici, e mantenere, per quanto consentito dalla tecnologia e dalla morfologia dell'impianto, pendenze tali da garantire il naturale deflusso delle acque meteoriche al di fuori dell'area destinata al conferimento dei rifiuti.

I rifiuti che possono dar luogo a dispersione di polveri o ad emanazioni moleste e nocive devono essere al più presto ricoperti con strati di materiali adeguati; è richiesta una copertura giornaliera dei rifiuti con uno strato di materiale protettivo di idoneo spessore e caratteristiche. La copertura giornaliera può essere effettuata anche con sistemi sintetici che limitino la dispersione eolica, l'accesso dei volatili e l'emissione di odori.

Qualora le tecniche precedentemente esposte si rilevassero insufficienti ai fini del controllo di insetti, larve, roditori ed altri animali, è posto l'obbligo di effettuare adeguate operazioni di disinfestazioni e derattizzazione.

Lo stoccaggio di rifiuti tra loro incompatibili deve avvenire in distinte aree della discarica, tra loro opportunamente separate e distanziate.

 

3. CARATTERISTICHE DEGLI IMPIANTI DI DEPOSITO SOTTERRANEO DEI RIFIUTI

 

Il deposito sotterraneo dei rifiuti può essere realizzato per lo smaltimento delle seguenti tipologie di rifiuti:

- rifiuti inerti;

- rifiuti non pericolosi;

- rifiuti pericolosi.

 

3.1. Protezione delle matrici ambientali

3.1.1. Criteri generali

Lo smaltimento definitivo dei rifiuti in depositi sotterranei deve garantire l'isolamento dei rifiuti dalla biosfera. I rifiuti, la barriera geologica e le cavità, e in particolare le strutture artificiali, costituiscono un sistema che come tutti gli altri aspetti tecnici deve rispettare i requisiti prescritti.

Deve essere dimostrata la sicurezza durante la fase di esercizio e a lungo termine nei confronti delle matrici ambientali.

 

3.1.2. Barriera geologica e stabilità

 

Deve essere effettuata un indagine di dettaglio della struttura geologica di un sito, con ricerche ed analisi della tipologia delle rocce, dei suoli e della topografia. L'esame geologico serve per accertare che il sito è adatto alla creazione di un deposito sotterraneo. Devono essere inseriti la collocazione, la frequenza e la struttura delle irregolarità o delle fratture degli strati geologici circostanti e l'impatto potenziale dell'attività sismica su tali strutture.

La stabilità delle cavità deve essere accertata con adeguate ricerche e modelli predittivi. La valutazione deve tenere conto anche dei rifiuti depositati. I processi vanno analizzati e documentati in maniera sistematica.

È necessario accertare che:a) durante e dopo la formazione delle cavità, né nella cavità stessa né sulla superficie del suolo sono prevedibili deformazioni di rilievo che possano danneggiare la funzionalità del deposito sotterraneo o consentire un contatto con la biosfera;

b) la capacità di carico della cavità è sufficiente a prevenirne il crollo durante l'utilizzo;

c) il materiale depositato deve avere la stabilità necessaria ad assicurarne la compatibilità con le proprietà geomeccaniche della roccia ospitante;

È indispensabile un'indagine approfondita della composizione delle rocce e delle acque sotterranee per valutare la situazione attuale delle acque sotterranee e la loro evoluzione potenziale nel tempo, la natura e l'abbondanza dei minerali presenti nella frattura, nonché una descrizione mineralogica quantitativa della roccia ospitante. Va valutata anche l'incidenza della variabilità sul sistema geochimica.

Per quanto riguarda i princìpi di sicurezza per le miniere di salgemma, la roccia che circonda i rifiuti deve rivestire un duplice ruolo:

a) roccia ospitante in cui sono incapsulati i rifiuti;

b) strati soprastanti e sottostanti di rocce impermeabili (ad esempio di anidride), che costituiscono una barriera geologica che impedisce alle acque sotterranee di penetrare nella discarica e, che impedisce ai liquidi e ai gas di filtrare all'esterno dell'area di smaltimento. Nei punti in cui tale barriera geologica è attraversata da pozzi e perforazioni è necessario provvedere a sigillarli durante le operazioni per prevenire la penetrazione di acqua e poi chiuderli ermeticamente dopo la cessazione delle attività del deposito sotterraneo. Se l'estrazione dei minerali continua oltre il periodo di attività della discarica, dopo la cessazione delle attività di questa è indispensabile sigillare l'area di smaltimento con una diga impermeabile all'acqua, progettata calcolando la pressione idraulica operativa a tale profondità, in maniera che l'acqua che potrebbe filtrare nella miniera ancora in funzione non possa comunque penetrare nell'area di smaltimento.

Nelle miniere di salgemma il sale è considerato una barriera di contenimento totale. I rifiuti entrano quindi in contatto con la biosfera solo nel caso si verifichi un incidente o per effetto di un evento geologico a lungo termine come il movimento terrestre o l'erosione (per esempio nel caso di un aumento del livello del mare). Non esistono probabilità molto elevate che i rifiuti subiscano alterazioni nelle condizioni previste per lo stoccaggio, ma occorre tenere conto delle conseguenze di possibili eventi sfavorevoli.

Per stoccaggio in profondità nella roccia dura si intende lo stoccaggio sotterraneo a una profondità di parecchie centinaia di metri; la roccia dura può essere costituita da diverse rocce magmatiche come il granito o il gneiss, ma anche da rocce sedimentarie come il calcare o l'arenaria. A tale scopo ci si può servire di una miniera non più sfruttata per le attività estrattive o di un impianto di stoccaggio nuovo.

Nel caso di stoccaggio nella roccia dura non è possibile il contenimento totale e quindi è necessario costruire una struttura di deposito sotterraneo atta a far sì che l'attenuazione naturale degli strati circostanti riduca gli effetti degli agenti inquinanti impedendo così effetti negativi irreversibili nei confronti dell'ambiente. Sarà quindi la capacità dell'ambiente circostante di attenuare e degradare gli agenti inquinanti a determinare l'accettabilità di una fuga da una struttura di questo tipo.

Le prestazioni del sistema di stoccaggio sotterraneo vanno valutate in maniera globale, tenendo conto del funzionamento coerente delle diverse componenti del sistema. Nel caso di stoccaggio sotterraneo nella roccia dura il deposito deve essere situato al di sotto della falda acquifera per prevenire il deterioramento delle acque sotterranee. Lo stoccaggio nella roccia dura deve rispettare tale requisito, impedendo che qualunque fuga di sostanze pericolose dal deposito raggiunga la biosfera - e in particolare gli strati superiori della falda acquifera a contatto con essa - in quantità o concentrazioni tali da provocare effetti nocivi. È necessario quindi valutare l'afflusso delle acque verso e nella biosfera e l'impatto della variabilità sul sistema idrogeologico.

Il deterioramento a lungo termine dei rifiuti, dell'imballaggio e delle strutture artificiali può portare alla formazione di gas nel deposito sotterraneo nella roccia dura. Occorre quindi tenere conto di tale fattore nel progettare le strutture per lo stoccaggio sotterraneo di questo tipo.

 

3.1.3. Valutazione idrogeologica

 

Deve essere condotta un'indagine approfondita delle caratteristiche idrauliche per valutare la configurazione dello scorrimento delle acque sotterranee negli strati circostanti, sulla base delle informazioni sulla conduttività idraulica della massa rocciosa, delle fratture e dei gradienti idraulici.

 

3.1.4. Valutazione dell'impatto sulla biosfera

 

È indispensabile un'indagine sulla biosfera che potrebbe essere toccata dal deposito sotterraneo. Vanno svolti anche studi di base per determinare il livello delle sostanze coinvolte nell'ambiente naturale locale.

 

3.1.5. Valutazione della fase operativa

Per quanto riguarda la fase operativa, l'analisi deve accertare:

a) la stabilità delle cavità;

b) che non esistono rischi inaccettabili che si crei un contatto tra i rifiuti e la biosfera;

c) che non esistono rischi inaccettabili per l'esercizio dell'impianto.

L'accertamento della sicurezza operativa dell'impianto deve comprendere un'analisi sistematica del suo esercizio, sulla base di dati specifici relativi all'inventario dei rifiuti, alla gestione dell'impianto e al programma di attività. Va dimostrato che tra i rifiuti e la roccia non rischiano di crearsi reazioni chimiche o fisiche tali da danneggiare la robustezza e la tenuta della roccia e da mettere a rischio il deposito stesso. Per questo motivo oltre ai rifiuti non ammissibili ai termini dell'articolo 6 e del decreto di cui all'articolo 7, comma 5, non è consentito il conferimento di rifiuti potenzialmente soggetti alla combustione spontanea nelle condizioni di stoccaggio previste (temperatura, umidità), prodotti gassosi, rifiuti volatili, rifiuti provenienti dalla raccolta sotto forma di miscellanea non identificata.

Vanno individuati gli eventi particolari che potrebbero portare a una via di contatto tra i rifiuti e la biosfera durante la fase operativa. I diversi tipi di rischi operativi potenziali devono essere riassunti in categorie specifiche e ne devono essere valutati i possibili effetti, accertando che non esistono rischi di una rottura del contenimento dell'operazione e prevedendo misure di emergenza.

 

 


Allegato 2

 

(articolo 8, comma 1)

(articolo 9, comma 1)

 

Piani di gestione operativa, di ripristino ambientale, di gestione post-operativa, di sorveglianza e controllo, finanziario

 

1. Princìpi generali

 

Il presente allegato stabilisce le modalità di gestione e le procedure comuni di sorveglianza e controllo durante la fase operativa e post-operativa di una discarica, al fine di prevenire qualsiasi effetto negativo sull'ambiente ed individuare le adeguate misure correttive.

Disciplina inoltre gli adempimenti a carico del gestore relativi alle procedure di chiusura di una discarica e individua gli adempimenti durante la fase post-operativa e per il ripristino ambientale del sito medesimo.

Definisce inoltre le modalità per individuare il prezzo corrispettivo minimo per lo smaltimento in discarica previsto dall'articolo 15.

I piani di gestione operativa, di ripristino ambientale, di gestione post-operativa e di sorveglianza e controllo sono lo strumento con il quale l'autorità responsabile per il rilascio dell'autorizzazione verifica che:

- le operazioni condotte siano conformi all'autorizzazione;

- la discarica non comporti nel tempo effetti negativi sull'ambiente;

- il sito sia sottoposto ad adeguati interventi di ripristino ambientale al termine delle attività.

I piani di gestione operativa, di ripristino ambientale, di gestione post-operativa e di sorveglianza e controllo, che rappresentano uno dei contenuti essenziali dell'autorizzazione e devono essere approvati dall'Autorità procedente, definiscono compiutamente le fasi di gestione operativa, di ripristino ambientale e di gestione post-operativa della discarica affinché:

- i rifiuti siano ammessi allo smaltimento in conformità ai criteri stabiliti per ciascuna categoria di discarica;

- i processi di stabilizzazione all'interno della discarica avvengano regolarmente;

- i sistemi di protezione ambientale siano operativi ed efficaci;

- le condizioni di autorizzazione della discarica siano rispettate;

- il monitoraggio delle matrici ambientali e delle emissioni sia condotto periodicamente con l'obiettivo di determinare l'andamento dei parametri significativi e di accertare l'eventuale superamento di soglie limite di accettabilità;

- il sito sia sottoposto ad interventi di ripristino ambientale.

Alle scadenze indicate nell'autorizzazione, e comunque con periodicità almeno annuale, il gestore provvede ad inviare all'autorità di controllo i risultati complessivi dell'attività della discarica con riferimento ai seguenti dati:

- quantità e caratteristiche (codice di identificazione) dei rifiuti smaltiti;

- volumi dei materiali eventualmente utilizzati per la copertura giornaliera e finale delle celle;

- volume finale disponibile;

- produzione di percolato (m3/anno) e sistemi utilizzati per il trattamento/smaltimento;

- quantità di gas prodotto ed estratto (Nm3/anno) ed eventuale recupero d'energia (kWh/anno);

- risultati analitici del monitoraggio delle matrici ambientali e delle emissioni.

 

2. PIANO DI GESTIONE OPERATIVA

 

Il piano di gestione operativa individua le modalità e le procedure necessarie a garantire che le attività operative della discarica siano condotte in conformità con i princìpi, le modalità e le prescrizioni del presente decreto e dell'autorizzazione.

 

2.1. Elementi del piano

 

Il piano riporta la descrizione di:

- modalità di conferimento dei rifiuti all'impianto, della tipologia degli automezzi impiegati, dei sistemi utilizzati per assicurare il contenimento delle emissioni originate dalla dispersione eolica e delle perdite di percolato nel corso del conferimento;

- procedure di accettazione dei rifiuti conferiti (controllo del formulario di identificazione, ispezione visiva dei rifiuti, eventuali prelievi di campioni e relative modalità di campionamento ed analisi);

- modalità e criteri di deposito in singole celle;

- criteri di riempimento e chiusura delle celle con l'indicazione delle misure da adottare per la riduzione della produzione di percolato;

- procedura di chiusura;

- piano di intervento per condizioni straordinarie quali:

- allagamenti;

- incendi;

- esplosioni;

- raggiungimento dei livelli di guardia di indicatori di contaminazione;

- dispersioni accidentali di rifiuti nell'ambiente;

 

3. PIANO DI RIPRISTINO AMBIENTALE

 

Il piano di ripristino ambientale individua gli interventi che il gestore deve effettuare per il recupero e la sistemazione dell'area della discarica a chiusura della stessa.

Il piano di ripristino ambientale deve prevedere la destinazione d'uso dell'area tenendo conto:

- dei fenomeni di assestamento della massa dei rifiuti;

- dell'eventuale formazione di percolato e di biogas;

- del monitoraggio da eseguire sulle matrici ambientali e sulle emissioni fino alla conclusione della fase post-operativa;

- della necessità di favorire il naturale deflusso delle acque meteoriche dell'area stessa.

 

3.1. Elementi del piano

 

Costituiscono contenuti essenziali del piano di ripristino ambientale;

- il quadro di riferimento dell'area e delle zone limitrofe su morfologia, geomorfologia, geologia, idrogeologia, clima, uso del suolo, idrologia superficiale, boschi, aspetti di vegetazione, di gestione agricola e faunistici;

- le analisi del paesaggio e della qualità dell'ambiente;

- gli obiettivi e vincoli della sistemazione ambientale prescelta;

- la destinazione d'uso dell'area;

- i tempi e le modalità di esecuzione del recupero e della sistemazione ambientale;

- la documentazione cartografica ed eventuali analisi.

Nel caso in cui il piano di ripristino preveda la ricostituzione di una copertura vegetale, l'intervento deve essere eseguito secondo le seguenti procedure:

- la ricostituzione dello strato edafico (minimo di 30 cm di spessore) deve avvenire primariamente con l'utilizzo di suolo accantonato precedentemente o, in assenza, con terra vegetale dalle caratteristiche chimico-fisiche controllate e plausibilmente analoghe a quelle del sito d'intervento; per il miglioramento della fertilità deve essere utilizzato in via preferenziale compost di qualità come ammendante;

- sullo strato edafico si deve procedere nella realizzazione di un inerbimento anche temporaneo, con specie erbacee annuali e perenni pioniere allo scopo di una rapida stabilizzazione della massa movimentata e per favorire processi di rivitalizzazione (ricolonizzazione microbiologica) del suolo;

- nella piantumazione per la ricostruzione della copertura vegetale si deve procedere in maniera progressiva e, a seconda della destinazione finale d'uso (ecologico-forestale, ricreativo a verde pubblico, agricolo ma comunque non per destinazione di produzioni alimentari, umane o zootecniche), utilizzando prioritariamente specie arboree ed arbustive appartenenti a quelle autoctone o tipiche dell'area da ricostituire ed adatte alle caratteristiche fisico-chimiche del suolo;

- durante la piantumazione e successivamente all'intervento di ripristino devono essere utilizzate le migliori tecniche di coltivazione per garantire l'attecchimento della vegetazione; in particolare è necessario garantire la manutenzione e, qualora ricorra la necessità, si devono adottare sistemi di irrigazione fissa o mobile che assicurino le più favorevoli condizioni per lo sviluppo della copertura vegetale.

 

4. PIANO DI GESTIONE IN FASE POST-OPERATIVA

 

Il piano di gestione post-operativa individua tempi, modalità e condizioni della fase di gestione post-operative della discarica e le attività che devono essere poste in essere durante tale fase, con particolare riferimento alle attività di manutenzione delle opere e dei presìdi, in modo da garantire che anche in tale fase la discarica mantenga i requisiti di sicurezza ambientale previsti.

 

4.1. Elementi del piano

 

Il piano deve riportare la descrizione delle manutenzioni da effettuare da parte del gestore finalizzate a garantire che anche in questa fase il processo evolutivo della discarica - nei suoi vari aspetti _ prosegua sotto controllo in modo da condurre in sicurezza la discarica alla fase ultima, in cui si può considerare praticamente inesistente l'impatto dell'impianto sull'ambiente.

Dovranno pertanto essere individuate in particolare le operazioni relative a:

- manutenzione per mantenere in buona efficienza;

- recinzione e cancelli di accesso;

- rete di raccolta e smaltimento acque meteoriche;

- viabilità interna ed esterna;

- sistema di drenaggio del percolato;

- rete di captazione, adduzione, riutilizzo e combustione del biogas;

- sistema di impermeabilizzazione sommitale;

- copertura vegetale, procedendo ad innaffiature, periodici sfalci, sostituzione delle essenze morte;

- pozzi e relativa attrezzatura di campionamento delle acque sotterranee;

- modalità e frequenza di asportazione del percolato, garantendo comunque il mantenimento dello stesso al livello minimo possibile.

 

5. PIANO DI SORVEGLIANZA E CONTROLLO

 

Il piano di sorveglianza e controllo di cui alla lettera i) dell'articolo 8, comma 1, deve essere costituito da un documento unitario comprendente le fasi di realizzazione, gestione e post-chiusura, relativo a tutti i fattori ambientali da controllare, i parametri ed i sistemi unificati di prelevamento, trasporto e misura dei campioni, le frequenze di misura ed i sistemi di restituzione dei dati. Il piano è finalizzato a garantire che:

a) tutte le sezioni impiantistiche assolvano alle funzioni per le quali sono progettate in tutte le condizioni operative previste;

b) vengano adottati tutti gli accorgimenti per ridurre i rischi per l'ambiente ed i disagi per la popolazione;

c) venga assicurato un tempestivo intervento in caso di imprevisti;

d) venga garantito l'addestramento costante del personale impiegato nella gestione;

e) venga garantito l'accesso ai principali dati di funzionamento nonché ai risultati delle campagne di monitoraggio.

Il controllo e la sorveglianza devono essere condotti avvalendosi di personale qualificato ed indipendente con riguardo ai parametri ed alle periodicità riportati come esemplificativi nelle tabelle 1 e 2 del presente allegato su:

- acque sotterranee;

- percolato;

- acque di drenaggio superficiale;

- gas di discarica;

- qualità dell'aria;

- parametri meteoclimatici;

- stato del corpo della discarica.

I prelievi e le analisi devono essere effettuati da laboratori competenti, preferibilmente indipendenti, secondo le metodiche ufficiali.

 

5.1. Acque sotterranee

 

Obiettivo del monitoraggio è quello di rilevare tempestivamente eventuali situazioni di inquinamento delle acque sotterranee sicuramente riconducibili alla discarica, al fine di adottare le necessarie misure correttive.

Devono essere individuati punti di monitoraggio rappresentativi e significativi, anche in relazione all'estensione della discarica, in modo tale che siano presenti almeno un pozzo a monte (a distanza sufficiente dal sito per escludere influenze dirette) e due a valle, tenuto conto della direzione di falda.

Nei punti di monitoraggio individuati deve essere rilevato il livello di falda. È opportuno installare una sonda per il rilevamento in continuo del livello della falda in caso di modesta soggiacenza della falda.

Il piano di monitoraggio deve comprendere almeno i parametri fondamentali, contrassegnati con l'asterisco, riportati nella tabella 1 del presente allegato; per un monitoraggio significativo è importante effettuare tutti i rilevamenti analitici di cui alla citata tabella 1, in particolare in presenza di valore anomali dei parametri fondamentali e comunque almeno una volta l'anno.

I livelli di controllo devono essere determinati in base alle variazioni locali della qualità delle acque freatiche.

In particolare, in funzione della soggiacenza della falda, delle formazioni idrogeologiche specifiche del sito e della qualità delle acque sotterranee dovrà essere individuato il livello di guardia per i vari inquinanti da sottoporre ad analisi.

In caso di raggiungimento del livello di guardia è necessario adottare il piano d'intervento prestabilito, così come individuato nell'autorizzazione; è necessario altresì ripetere al più presto il campionamento per verificare la significatività i dati.

 

5.2. Acque meteoriche di ruscellamento

 

In situazioni di particolare vulnerabilità ambientale il piano provvederà ad individuare i parametri e la frequenza di analisi relativi alle acque di drenaggio superficiale.

 

5.3. Percolato

In presenza di percolato e acqua superficiale, i campioni devono essere prelevati in punti rappresentativi. Il campionamento e la misurazione (volume e composizione) del percolato devono essere eseguiti separatamente in ciascun punto in cui il percolato fuoriesce dall'area. Il controllo delle acque superficiali deve essere fatto in almeno due punti, di cui uno a monte e uno a valle della discarica.

Il controllo del percolato e dell'acqua superficiale, in caso di contatto fra le due matrici, deve essere effettuato prelevando un campione rappresentativo della composizione media.

Deve essere misurata la quantità di percolato prodotto e smaltito, da correlare con i parametri meteoclimatici per eseguire un bilancio idrico del percolato.

I parametri da misurare e le sostanze da analizzare variano a seconda della composizione dei rifiuti depositati in discarica, vanno indicati nel provvedimento di autorizzazione di cui all'articolo 10 del presente decreto, e devono tenere conto dei criteri di ammissibilità di cui al decreto previsto dall'articolo 7, comma 5.

 

5.4. Emissioni gassose e qualità dell'aria

 

Per le discariche dove sono smaltiti rifiuti biodegradabili e rifiuti contenenti sostanze che possono sviluppare gas o vapori deve esser previsto un monitoraggio delle emissioni gassose, convogliate e diffuse, della discarica stessa, in grado di individuare anche eventuali fughe di gas esterne al corpo della discarica stessa.

A tal proposito il Piano deve definire livelli di guardia relativamente alla presenza del gas di discarica all'esterno della discarica, anche nel suolo e nel sottosuolo, nonché contenere un piano d'intervento da realizzare ed attivare in caso di superamento degli stessi.

I parametri di monitoraggio sul gas di discarica devono comprendere almeno CH4, CO2, O2, con regolarità mensile, altri parametri quali: H2, H2S, polveri totali, NH3, mercaptani e composti volatili in relazione alla composizione dei rifiuti. Si deve provvedere, inoltre, a caratterizzare quantitativamente il gas di discarica.

La frequenza di tali misure deve essere quella indicata dalla tabella 2, salvo una diversa prescrizione dell'Autorità di controllo.

L'autorità di controllo stabilirà anche eventuali misure per l'identificazione di migrazioni del gas nel suolo e nel sottosuolo.

La valutazione dell'impatto provocato dalle emissioni diffuse della discarica deve essere effettuata con modalità e periodicità da definirsi in sede di autorizzazione. Il numero e l'ubicazione dei siti di prelievo dipendono dalla topografia dell'area da monitorare. Di norma è opportuno prevedere almeno due punti di prelievo lungo la direttrice principale del vento dominante nel momento del campionamento, a monte e a valle della discarica.

 

5.5. Discariche adibite allo smaltimento di rifiuti di amianto o contenenti amianto.

 

Per le discariche dove sono smaltiti rifiuti di amianto o contenenti amianto, il parametro utilizzato per il monitoraggio e controllo è la concentrazione di fibre nell'aria. La frequenza delle misure viene fissata all'interno del piano di sorveglianza e controllo.

Per la valutazione dei risultati si deve far riferimento ai criteri cautelativi di monitoraggio indicati nel decreto del Ministro della sanità in data 6 settembre 1994, pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 288 del 1994. Per questo tipo di monitoraggio si adotteranno tecniche analitiche di MOCF.

 

5.6. Parametri meteoclimatici

 

La discarica deve essere dotata di una centralina per la rilevazione dei dati meteoclimatici.

La tipologia delle misure meteoclimatiche è quella indicata dalla tabella 2, salvo una diversa prescrizione dell'autorità di controllo, che potrà anche imporre per casi particolari la rilevazione in continuo, definendo altresì la modalità, la tipologia di misure, nonché la modalità della loro trasmissione.

 

5.7. Morfologia della discarica

La morfologia della discarica, la volumetrica occupata dai rifiuti e quella ancora disponibile per il deposito di rifiuti devono essere oggetto di rilevazioni topografiche almeno semestrali.

Tali misure devono anche tenere conto della riduzione di volume dovuta all'assestamento dei rifiuti e alla loro trasformazione in biogas.

In fase di gestione post-operativa devono essere valutati gli assestamenti e la necessità di conseguenti ripristini della superficie, secondo la periodicità minima prevista in tabella 2.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Tabella 1 - Analisi delle acque sotterranee

 

 

Parametri

* = Parametri fondamentali

pH

 

* temperatura

 

* Conducibilità elettrica

 

* Ossidabilità Kübel

 

BOD5

 

TOC

 

Ca, Na, K

 

* Cloruri

 

* Solfati

 

Fluoruri

 

IPA

 

* Metalli: Fe, Mn, As, Cu, Cd, Cr totale, Cr Vi, Hg, Ni, Pb, Mg, Zn

 

Cianuri

 

* Azoto ammoniacale, nitroso e nitrico

 

Composti organoalogenati (compreso cloruro di vinile)

 

Fenoli

 

Pesticidi fosforati e totali

 

Solventi organici aromatici

 

Solventi organici azotati

 

Solventi clorurati

 

 

 

 


 

Tabella 2 - Parametri da misurare e frequenza minima delle misure [*]

 

 

 

Parametro

Frequenza Misure gestione operativa

 Frequenza Misure gestione post- operativa

Percolato

Volume

Mensile

Semestrale

 

Composizione

Trimestrale

 Semestrale

 

 

 

 

Acque superficiali di drenaggio

Composizione

Trimestrale

 Semestrale

 

 

 

 

Qualità dell'aria

Immissioni gassose potenziali e pressione atmosferica

Mensile

Semestrale

 

 

 

 

Gas di discarica

Composizione

Mensile

Semestrale

 

 

 

 

Acque sotterranee

Livello di falda

Mensile

 Semestrale

 

Composizione

Trimestrale

 Semestrale

 

 

 

 

Dati meteoclimatici

Precipitazioni

Giornaliera

Giornaliera, sommati ai valori mensili

 

Temperatura (min. max, 14 h CET)

Giornaliera

Media mensile

 

Direzione e velocità del vento

Giornaliera

non richiesta

 

Evaporazione

Giornaliera

Giornaliera, sommati ai valori mensili

 

Umidità atmosferica (14 h CET)

Giornaliera

Media mensile

 

 

 

 

Topografia dell'area

Struttura e composizione della discarica

Annualmente

 

 

Comportamento d'assestamento del corpo della discarica

Semestrale

Semestrale per i primi 3 anni quindi annuale

 

 

 

[*] Almeno annuale per tutti i parametri della tabella 1.

 

 

6. PIANO FINANZIARIO

 

La garanzia che il prezzo minimo di cui al punto 1 copra realmente tutti i costi, inclusi quelli relativi alla fase di post-chiusura, è assicurata dalla presentazione di un piano economico finanziario che deve tenere conto dei seguenti fattori:

1. il costo industriale predisposto in funzione di:

- costi relativi a spese di investimento per la costruzione dell'impianto, compresi oneri finanziari e costi per la realizzazione di opere di mitigazione ambientale;

- spese per gestione operativa, comprese spese relative al personale ed ai mezzi d'opera utilizzati;

- spese generali e tecniche;

- spese previste per la ricomposizione ambientale e la gestione del periodo successivo alla chiusura;

2. gli oneri fiscali previsti dalla normativa vigente.

Con frequenza annuale potrà essere presentata all'ente competente una relazione di aggiornamento del prezzo di conferimento da applicare a seguito delle eventuali variazioni intervenute a seguito di:

a) variazioni riscontrate a consuntivo, o previste per l'anno successivo, nei costi di gestione e di costruzione;

b) nuove prescrizioni imposte da normative o disposizioni vigenti;

c) nuove perizie di variante.

 

 

7. ADEMPIMENTI A CARICO DELL'AUTORITÀ COMPETENTE PER IL RILASCIO DELL'AUTORIZZAZIONE

 

7. 1 L'autorità competente provvede ad approvare i piani di gestione operativa, di ripristino ambientale, di gestione post-operativa, di sorveglianza e controllo, nonché il piano finanziario di cui all'articolo 8, predisposti secondo quanto previsto dall'allegato 2.

 

In particolare l'approvazione del piano di sorveglianza e controllo, che deve prevedere l'assenso degli Enti addetti al controllo, comporta anche l'individuazione dei parametri da analizzare da parte del soggetto gestore per le varie matrici ambientali, la loro periodicità e le modalità di prelievo, trasporto ed analisi dei campioni, in modo che tutti i soggetti coinvolti adottino procedure uniformi ed omogenee.

7.2 Ai fini del rilascio dell'autorizzazione l'autorità competente deve provvedere a condurre l'istruttoria tecnica dei progetti presentati dai soggetti titolari degli interventi e verificare che siano state condotte le attività preliminari di seguito specificate:

- individuazione delle acque sotterranee, comprese le eventuali emergenze delle stesse, che possono essere interessate dalle attività della discarica;

- Ubicazione dei punti d'acqua esistenti (pozzi, sorgenti), usi in atto delle risorse idriche, andamento del flusso idrico sotterraneo, determinazione dei principali parametri idrogeologici, definizione dell'escursione stagionale del livello piezometrico, valutazione della qualità delle acque sotterranee, a seguito di specifiche misurazioni. A tal proposito, i punti di misura devono essere quotati (in m s.l.m.) con precisione almeno centimetrica e si deve fissare almeno un punto di misurazione nella zona d'afflusso delle acque sotterranee e almeno due punti di misurazione nella zona di deflusso, tenendo conto della necessità di individuare con tempestività l'immissione accidentale di percolato. Questo numero può essere aumentato ai fini di un'indagine idrogeologica specifica e tenuto conto della necessità di individuare con tempestività l'emissione accidentale di percolato nelle acque sotterranee;

- Conduzione di una campagna di monitoraggio almeno annuale delle acque sotterranee interessate, al fine di stabilire i valori di riferimento per eseguire i futuri controlli. Il campionamento deve essere effettuato almeno nei tre punti di cui al comma precedente.

 


D.M. 29 maggio 2003 (1).
Approvazione del formulario per la comunicazione relativa all'applicazione del decreto legislativo n. 372 del 1999, recante attuazione della direttiva 96/61/CE relativa alla prevenzione e riduzione integrate dell'inquinamento.

 

 

 

------------------------

(1) Pubblicato nella Gazz. Uff. 1° ottobre 2003, n. 228.

 

IL MINISTRO DELL'AMBIENTE

E DELLA TUTELA DEL TERRITORIO

 

Vista la direttiva 96/61/CE del 24 settembre 1996 del Consiglio dell'Unione europea, sulla prevenzione e riduzione integrate dell'inquinamento, in particolare l'art. 16, punti 1 e 3;

Vista la direttiva 91/692/CEE del 23 dicembre 1991 del Consiglio dell'Unione europea, per la standardizzazione e la razionalizzazione delle relazioni relative all'attuazione di talune direttive concernenti l'ambiente;

Vista la decisione europea 1999/391/CE del 31 maggio 1999 della Commissione europea concernente il questionario sull'attuazione della citata direttiva 96/61/CE, sulla prevenzione e riduzione integrate dell'inquinamento;

Visto il decreto legislativo 4 agosto 1999, n. 372, di recepimento della citata direttiva 96/61/CE relativa alla prevenzione e riduzione integrate dell'inquinamento;

Visto, in particolare, l'art. 11, comma 1, del citato decreto legislativo n. 372 del 1999;

Visto il decreto-legge 7 febbraio 2002, n. 7, convertito con modifiche dalla legge 9 aprile 2002, n. 55, recante: «Misure urgenti per garantire la sicurezza del sistema elettrico nazionale»;

Visto l'art. 18 della legge 23 marzo 2001, n. 93, recante «disposizioni in campo ambientale»;

Visto il decreto legislativo 13 gennaio 2003, n. 36, di recepimento della direttiva 1999/31/CE;

Vista la guida pratica approvata il 31 gennaio 2003 dall'IPPC Expert Group costituito nell'àmbito della Commissione europea;

 

Decreta:

 

1. 1. È approvato il formulario di cui all'allegato 1 relativo alla comunicazione prevista dall'art. 16, punto 3, della direttiva 96/61/CE del Consiglio dell'Unione europea sullo stato di attuazione della direttiva stessa ed in particolare alla comunicazione prevista dall'art. 16, punto 1, della direttiva 96/61/CE dei valori limite di emissione applicati agli impianti di cui all'allegato 1 della direttiva 96/61/CE e delle migliori tecniche disponibili su cui detti valori si basano.

2. Sono destinatarie del formulario, di cui all'allegato 1, le autorità competenti al rilascio di autorizzazione integrata ambientale, ai sensi del decreto legislativo 4 agosto 1999, n. 372, nonché di qualunque altra autorizzazione con valore di autorizzazione integrata ambientale.

3. La comunicazione di cui al comma 1, deve essere trasmessa dalle autorità competenti al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio ogni tre anni, entro il 30 aprile. La prima comunicazione deve pervenire entro sessanta giorni dalla data di pubblicazione del presente decreto e deve riferirsi al periodo compreso tra il 1° gennaio 2000 e il 1° gennaio 2003.

4. Per gli adempimenti previsti dal presente decreto, nonché per quelli previsti dall'art. 11, comma 3, del decreto legislativo n. 372 del 1999, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio si avvale della collaborazione dell'Agenzia per la protezione dell'ambiente ed per i servizi tecnici (APAT).

 

2. 1. Limitatamente alla prima comunicazione effettuata ai sensi del comma 3 dell'art. 1, le autorità di cui all'art. 1, comma 2 sono tenute a trasmettere le informazioni di cui ai punti 2, 3, 4, 5 e 6 dell'allegato formulario anche con riferimento alle singole autorizzazioni ambientali da ricomprendere nelle autorizzazioni integrate ambientali di competenza.

2. Le autorità competenti, ai sensi delle norme vigenti nel periodo compreso tra il 1° gennaio 2000 e il 1° gennaio 2003, al rilascio di autorizzazioni ambientali da ricomprendere nell'autorizzazione integrata ambientale rendono disponibili alle autorità competenti di cui all'art. 1, comma 2, i dati necessari all'adempimento di cui al comma 1.

 

 


Allegato 1

 

 

Formulario per la comunicazione relativa all'applicazione del decreto legislativo n. 372 del 1999 «attuazione della direttiva 96/61/CE relativa alla prevenzione e riduzione integrate dell'inquinamento»

 

1. Copertura degli impianti

1.1 Per ciascuna delle sei sezioni dell'allegato 1 della direttiva 96/61/CE, quanti impianti rientrano nelle categorie indicate qui di seguito?

Tutti gli impianti esistenti ai sensi dell'art. 2, punto 4), in funzione al termine del periodo contemplato dalla relazione.

Gli impianti esistenti per i quali è stata notificata una modifica sostanziale all'autorità competente e per i quali è stata concessa una autorizzazione durante il periodo contemplato dalla relazione.

Gli impianti nuovi (compresi quelli non ancora in funzione) per i quali è stata concessa un'autorizzazione durante il periodo contemplato dalla relazione.

 

2. Condizioni dell'autorizzazione

2.1 Opportunità e adeguatezza delle condizioni di autorizzazione.

2.1.1 Quali sono le disposizioni legislative regionali, le procedure e i criteri per la fissazione dei valori limite di emissione e le altre condizioni dell'autorizzazione al fine di garantire un elevato livello di protezione dell'ambiente nel suo complesso?

2.2 Dati rappresentativi disponibili.

2.2.1 Fornire i dati rappresentativi disponibili sui valori limite fissati per ogni specifica categoria di attività in conformità all'allegato 1 della direttiva 96/61/CE e, se opportuno, le migliori tecniche disponibili in base alle quali sono ricavati detti valori. Descrivere in che maniera questi dati sono stati scelti e raccolti.

I dati sono forniti in conformità con la specifica «guida pratica» definita in sede di Commissione europea e resa disponibile presso il sito internet www.minambiente.it nonché presso il sito internet www.sinanet.anpa.it

2.2.2 Quali tipi di condizioni di autorizzazione, oltre ai valori limite di emissione, sono state stabilite? Fornire in particolare esempi di:

parametri e misure tecniche equivalenti che integrano i valori limite di emissione stabiliti nell'autorizzazione;

parametri e misure tecniche equivalenti che sostituiscono i valori limite di emissione;

condizioni concernenti la protezione del suolo e delle acque sotterranee, la gestione dei rifiuti, i requisiti di monitoraggio delle emissioni e le misure relative alle condizioni diverse da quelle di normale esercizio.

 

3. Norme di qualità ambientale

 

3.1 Vi sono stati casi in cui l'uso delle migliori tecniche disponibili si è rilevato insufficiente a rispettare una norma di qualità ambientale stabilita dalla legislazione comunitaria o definita in applicazione di questa? In caso affermativo, quali misure supplementari sono state prese?

 

4. Modifiche degli impianti

4.1 Quali sono le disposizioni legislative regionali, le procedure e le pratiche concernenti le modifiche apportate agli impianti dai gestori?

4.2 Come le autorità competenti determinano se una modifica dell'impianto può avere conseguenze per l'ambiente o effetti negativi significativi per l'ambiente o per gli esseri umani (art. 2, punto 10 della direttiva 96/61/CE)?

 

5. Riesame e aggiornamento delle condizioni di autorizzazione

5.1 Quali sono le procedure e le pratiche concernenti il riesame e l'aggiornamento delle condizioni di autorizzazione da parte dell'autorità competente?

5.2 In quale modo le autorità competenti decidono se i criteri di cui all'art. 13, comma 2, della direttiva 96/61/CE sono soddisfatti?

 

6. Rispetto delle condizioni di autorizzazione

6.1 Descrivere in termini generali le disposizioni legislative regionali, le procedure e le pratiche per garantire il rispetto dei requisiti di autorizzazione.

6.2 Quali disposizioni legislative regionali, procedure e pratiche garantiscono che i gestori informino regolarmente le autorità dei risultati del monitoraggio delle emissioni e tempestivamente di ogni inconveniente o incidente rilevante per l'ambiente?

6.3 Quali sono le procedure e le pratiche concernenti le regolari ispezioni sul sito da parte delle autorità competenti? Se non sono effettuate ispezioni regolari sul sito, come verificano le autorità competenti l'informazione fornita dal gestore?

6.4 Quali sanzioni o altre misure sono previste in caso di non conformità alle condizioni di autorizzazione? Sono state applicate sanzioni o altre misure durante il periodo contemplato dalla relazione?

 

7. Informazione e partecipazione del pubblico

7.1 Come è messa a disposizione del pubblico l'informazione sulle domande, sulle decisioni e i risultati del monitoraggio delle emissioni.


D.L. 29 agosto 2003, n. 239 (1).
Disposizioni urgenti per la sicurezza e lo sviluppo del sistema elettrico nazionale e per il recupero di potenza di energia elettrica (2). (art. 1-sexies, co. 8)

 

 

 

------------------------

(1) Pubblicato nella Gazz. Uff. 29 agosto 2003, n. 200 e convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, L. 27 ottobre 2003, n. 290.

(2) Titolo così modificato dalla legge di conversione 27 ottobre 2003, n. 290.

 

(omissis)

 

1-sexies. Semplificazione dei procedimenti di autorizzazione per le reti nazionali di trasporto dell'energia e per gli impianti di energia elettrica di potenza superiore a 300 MW termici.

 

(omissis)

 

8. Per la costruzione e l'esercizio di impianti di energia elettrica di potenza superiore a 300 MW termici si applicano le disposizioni del decreto-legge 7 febbraio 2002, n. 7, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 aprile 2002, n. 55.

(omissis)

 


L. 31 ottobre 2003, n. 306 (1).
Disposizioni per l'adempimento di obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia alle Comunità europee. Legge comunitaria 2003. (art. 22)

 

 

 

------------------------

(1) Pubblicata nella Gazz. Uff. 15 novembre 2003, n. 266, S.O.

 

 

22. Delega al Governo per l'integrale attuazione della direttiva 96/61/CE sulla prevenzione e la riduzione integrate dell'inquinamento.

 

1. Il Governo è delegato ad adottare, entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, un decreto legislativo per l'integrale attuazione della direttiva 96/61/CE sulla prevenzione e la riduzione integrate dell'inquinamento, mediante modifiche al decreto legislativo 4 agosto 1999, n. 372, in base ai seguenti princìpi e criteri direttivi:

a) estensione delle disposizioni del citato decreto legislativo n. 372 del 1999, limitate agli impianti industriali esistenti, anche ai nuovi impianti e a quelli sostanzialmente modificati, anche tenendo conto di quanto previsto dall'articolo 77, comma 3, della legge 27 dicembre 2002, n. 289;

b) indicazione esemplificativa delle autorizzazioni già in atto, da considerare assorbite nell'autorizzazione integrata;

c) adeguamento delle previsioni di cui agli articoli 216 e 217 del testo unico delle leggi sanitarie, di cui al regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265, alla normativa nazionale e comunitaria in materia di autorizzazione integrata ambientale.

(omissis)


D.L. 24 dicembre 2003, n. 355 (1).
Proroga di termini previsti da disposizioni legislative (1/circ). (art. 9)

 

 

 

------------------------

(1) Pubblicato nella Gazz. Uff. 29 dicembre 2003, n. 300 e convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, L. 27 febbraio 2004, n. 47 (Gazz. Uff. 27 febbraio 2004, n. 48), entrata in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione.

(1/circ) Con riferimento al presente provvedimento sono state emanate le seguenti istruzioni:

- I.N.A.I.L. (Istituto nazionale assicurazione infortuni sul lavoro): Nota 23 marzo 2004;

- I.N.P.D.A.P. (Istituto nazionale previdenza dipendenti amministrazione pubblica): Nota 17 marzo 2004, n. 8;

- I.N.P.S. (Istituto nazionale previdenza sociale): Msg. 14 gennaio 2004, n. 135;

- Ministero dell'economia e delle finanze: Nota 29 dicembre 2003, n. 6213/V/AGT; Circ. 4 agosto 2004, n. 35/E.

 

(omissis)

 

9. Rilascio dell'autorizzazione integrata ambientale.

 

1. Il termine di cui all'articolo 4, comma 14, del decreto legislativo 4 agosto 1999, n. 372, è prorogato al 30 aprile 2005. Le Autorità competenti definiscono o adeguano conseguentemente i propri calendari delle scadenze per la presentazione delle domande di autorizzazione integrata ambientale, da rilasciarsi nel rispetto di quanto previsto dall'articolo 5, comma 4, del medesimo decreto legislativo n. 372 del 1999 (8).

(omissis)

 

 

------------------------

(8) Comma così modificato dalla legge di conversione 27 febbraio 2004, n. 47.

 


D.Lgs. 29 dicembre 2003, n. 387 (1).
Attuazione della direttiva 2001/77/CE relativa alla promozione dell'energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell'elettricità. (art. 12)

 

 

 

------------------------

(1) Pubblicato nella Gazz. Uff. 31 gennaio 2004, n. 25, S.O.

 

(omissis)

 

12. Razionalizzazione e semplificazione delle procedure autorizzative.

 

1. Le opere per la realizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili, nonché le opere connesse e le infrastrutture indispensabili alla costruzione e all'esercizio degli stessi impianti, autorizzate ai sensi del comma 3, sono di pubblica utilità ed indifferibili ed urgenti.

2. Restano ferme le procedure di competenza del Mistero dell'interno vigenti per le attività soggette ai controlli di prevenzione incendi.

3. La costruzione e l'esercizio degli impianti di produzione di energia elettrica alimentati da fonti rinnovabili, gli interventi di modifica, potenziamento, rifacimento totale o parziale e riattivazione, come definiti dalla normativa vigente, nonché le opere connesse e le infrastrutture indispensabili alla costruzione e all'esercizio degli impianti stessi, sono soggetti ad una autorizzazione unica, rilasciata dalla regione o altro soggetto istituzionale delegato dalla regione, nel rispetto delle normative vigenti in materia di tutela dell'ambiente, di tutela del paesaggio e del patrimonio storico-artistico. A tal fine la Conferenza dei servizi è convocata dalla regione entro trenta giorni dal ricevimento della domanda di autorizzazione. Resta fermo il pagamento del diritto annuale di cui all'articolo 63, commi 3 e 4, del testo unico delle disposizioni legislative concernenti le imposte sulla produzione e sui consumi e relative sanzioni penali e amministrative, di cui al decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504, e successive modificazioni.

4. L'autorizzazione di cui al comma 3 è rilasciata a seguito di un procedimento unico, al quale partecipano tutte le Amministrazioni interessate, svolto nel rispetto dei princìpi di semplificazione e con le modalità stabilite dalla legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni e integrazioni. Il rilascio dell'autorizzazione costituisce titolo a costruire ed esercire l'impianto in conformità al progetto approvato e deve contenere, in ogni caso, l'obbligo alla rimessa in pristino dello stato dei luoghi a carico del soggetto esercente a seguito della dismissione dell'impianto. Il termine massimo per la conclusione del procedimento di cui al presente comma non può comunque essere superiore a centottanta giorni.

5. All'installazione degli impianti di fonte rinnovabile di cui all'articolo 2, comma 2, lettere b) e c) per i quali non è previsto il rilascio di alcuna autorizzazione, non si applicano le procedure di cui ai commi 3 e 4.

6. L'autorizzazione non può essere subordinata né prevedere misure di compensazione a favore delle regioni e delle province.

7. Gli impianti di produzione di energia elettrica, di cui all'articolo 2, comma 1, lettere b) e c), possono essere ubicati anche in zone classificate agricole dai vigenti piani urbanistici. Nell'ubicazione si dovrà tenere conto delle disposizioni in materia di sostegno nel settore agricolo, con particolare riferimento alla valorizzazione delle tradizioni agroalimentari locali, alla tutela della biodiversità, così come del patrimonio culturale e del paesaggio rurale di cui alla legge 5 marzo 2001, n. 57, articoli 7 e 8, nonché del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 228, articolo 14.

8. Gli impianti di produzione di energia elettrica di potenza complessiva non superiore a 3 MW termici, sempre che ubicati all'interno di impianti di smaltimento rifiuti, alimentati da gas di discarica, gas residuati dai processi di depurazione e biogas, nel rispetto delle norme tecniche e prescrizioni specifiche adottate ai sensi dei commi 1, 2 e 3 dell'articolo 31 del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, sono, ai sensi e per gli effetti dell'articolo 2, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 24 maggio 1988, n. 203, attività ad inquinamento atmosferico poco significativo ed il loro esercizio non richiede autorizzazione. È conseguentemente aggiornato l'elenco delle attività ad inquinamento atmosferico poco significativo di cui all'allegato I al decreto del Presidente della Repubblica 25 luglio 1991.

9. Le disposizioni di cui ai precedenti commi si applicano anche in assenza della ripartizione di cui all'articolo 10, commi 1 e 2, nonché di quanto disposto al comma 10.

10. In Conferenza unificata, su proposta del Ministro delle attività produttive, di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del Ministro per i beni e le attività culturali, si approvano le linee guida per lo svolgimento del procedimento di cui al comma 3. Tali linee guida sono volte, in particolare, ad assicurare un corretto inserimento degli impianti, con specifico riguardo agli impianti eolici, nel paesaggio. In attuazione di tali linee guida, le regioni possono procedere alla indicazione di aree e siti non idonei alla installazione di specifiche tipologie di impianti.

(omissis)

 


MINISTERO DELL'AMBIENTE E DELLA TUTELA DEL TERRITORIO

 

CIRCOLARE 13 Luglio 2004 - Circolare interpretativa in materia di prevenzione e riduzione integrate dell'inquinamento, di cui al decreto legislativo 4 agosto 1999, n. 372, con particolare riferimento all'allegato I. (pubblicata nella Gazzetta Ufficiale italiana n. 167 del 19 luglio 2004)

Alle Autorità Competenti al rilascio di autorizzazione integrata ambientale

Alla luce dei chiarimenti forniti dalla D.G. ambiente della Commissione europea, attraverso pareri relativi alle più frequenti domande (FAQ) inerenti l'applicazione della direttiva 96/61/CE, e degli approfondimenti svolti congiuntamente alle amministrazioni Regionali presso tavoli tecnici coordinati dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, si ritiene di dover fornire alcuni elementi di interpretazione dell'allegato I al decreto legislativo n. 372 del 4 agosto 1999, anche in riscontro a quesiti pervenuti in merito dalle autorità competenti al rilascio di autorizzazione integrata ambientale.

 

Definizione del concetto di capacità produttiva.

In generale le soglie che determinano il campo di applicazione del decreto legislativo n. 372 del 4 agosto 1999 sono espresse in termini di capacità produttiva.

Solo nei casi in cui l'impatto sull'ambiente di una categoria di attività non possa essere, ancorché grossolanamente, stimato in base alla capacità produttiva, a causa della variabilità dei processi impiegati nella categoria di attività stessa, o nei casi in cui la discontinuità stagionale sia intrinseca alla produzione, non sono fornite soglie (ad es. impianti chimici) o sono individuate soglie relative a livelli produttivi medi, piuttosto che a reali capacità produttive (ad es. alimenti vegetali e latte).

La direttiva 96/61/CE e il decreto legislativo n. 372 del 4 agosto 1999, peraltro, non specificano la definizione di capacità produttiva.

A riguardo, per capacità produttiva si deve intendere la capacità relazionabile al massimo inquinamento potenziale dell'impianto.

In tutti i casi in cui l'attività e' caratterizzata da discontinuità nella produzione o nei processi, da sequenzialità dei processi, da più linee produttive di diversa capacità non utilizzate continuativamente in contemporaneità e da pluralità di prodotti, si considerino valide le assunzioni seguenti:

per il periodo di utilizzo: si assuma in generale che gli impianti possano essere eserciti continuativamente per 24 ore al giorno. Pertanto, la capacità produttiva sarà calcolata moltiplicando la potenzialità di progetto oraria per 24 ore. Tale definizione generale non si applica nei casi in cui gli impianti non possano per limiti tecnologici essere condotti in tal modo, o nei casi in cui sia definito un limite legale alla capacità potenziale dell'impianto e:

l'operatore dimostri che l'impianto non supera mai i limiti fissati, provvedendo a monitorare e trasmettere i dati relativi all'autorità competente (almeno una volta l'anno);

l'autorità competente effettui verifiche periodiche del non superamento dei limiti;

per il carattere di discontinuità dei processi: si considera il ciclo cui corrisponde la maggiore produzione su base giornaliera tenuto conto congiuntamente della produzione per ciclo e del tempo per ciclo;

per la pluralità di linee: si considera la contemporaneità di utilizzo di tutte le linee e le apparecchiature installate, posto che non sussistano vincoli tecnologici che impediscano la conduzione dell'impianto in tal modo;

per la capacità specifica: si considera il funzionamento dell'apparecchiatura ovvero della linea ai dati di targa;

per la pluralità di prodotti: si considera la lavorazione del prodotto che determina il maggior contributo al raggiungimento della soglia, ferme restando le assunzioni di cui alle voci precedenti;

per la sequenzialità: per le produzioni che prevedano solo fasi in serie si considera il dato di potenzialità in uscita dell'ultimo stadio del processo.

 

Definizione del concetto di «attività connessa».

La direttiva 96/61/CE e il decreto legislativo n. 372 del 4 agosto 1999 non specificano la definizione di attività accessoria tecnicamente connessa.

A riguardo, con particolare riferimento all'art. 2, comma 3, del decreto n. 372/1999 per attività accessoria, tecnicamente connessa ad una attività principale rientrante in una delle categorie di cui all'allegato I del decreto legislativo n. 372/1999, si intende una attività:

a) svolta dallo stesso gestore;

b) svolta nello stesso sito dell'attività principale o in un sito contiguo e direttamente connesso al sito dell'attività principale per mezzo di infrastrutture tecnologiche funzionali alla conduzione dell'attività principale;

c) le cui modalità di svolgimento hanno qualche implicazione tecnica con le modalità di svolgimento dell'attività principale.

 

Definizione di sito.

La direttiva 96/61/CE e il decreto legislativo n. 372 del 4 agosto 1999 non specificano la definizione di sito di ubicazione dell'impianto.

A riguardo, si faccia riferimento alla normativa ambientale vigente, in particolare alla definizione indicata all'art. 2, punto t) del regolamento (CE) del Parlamento europeo e del Consiglio n. 761/2001 del 19 marzo 2001 sull'adesione volontaria delle organizzazioni a un sistema comunitario di ecogestione e audit (EMAS), che definisce sito: «tutto il terreno, in una zona geografica precisa, sotto il controllo gestionale di un'organizzazione che comprende attività, prodotti e servizi. Esso include qualsiasi infrastruttura, impianto e materiali».

 

Definizione di impianti di combustione.

La direttiva 96/61/CE e il decreto legislativo n. 372 del 4 agosto 1999 non specificano la definizione di impianti di combustione.

A riguardo, con particolare riferimento al punto 1.1 dell'allegato I al decreto n. 372/1999, per la definizione di impianti di combustione si faccia riferimento alla definizione indicata all'art. 2, comma 1, del decreto ministeriale 8 maggio 1989: «qualsiasi dispositivo tecnico in cui sono ossidati combustibili al fine di utilizzare il calore così prodotto».

 

Definizione di impianti di arrostimento.

La direttiva 96/61/CE e il decreto legislativo n. 372 del 4 agosto 1999 non specificano la definizione di impianti di arrostimento.

A riguardo, con particolare riferimento al punto 2.1 dell'allegato I al decreto 372/99, si intenda per arrostimento il processo di torrefazione del minerale metallico in presenza di aria, che implichi una modifica chimica del minerale metallico stesso.

 

Definizione della «capacità di colata continua» per impianti di produzione di ghisa e acciaio.

La direttiva 96/61/CE e il decreto legislativo n. 372 del 4 agosto 1999, con particolare riferimento al punto 2.2 dell'allegato I, non specificano se la soglia alla capacità di colata continua di 2,5 tonnellate all'ora, sia da intendersi istantanea o mediata.

A riguardo, si faccia riferimento ai valori di targa dell'impianto di produzione di ghisa ovvero acciaio e, pertanto, si considerino mediate eventuali discontinuità di produzione non intrinseche al processo produttivo.

Calcolo del volume delle vasche di trattamento mediante processi elettrolitici o chimici.

La direttiva 96/61/CE e il decreto legislativo n. 372 del 4 agosto 1999, con particolare riferimento al punto 2.6 dell'allegato I, non forniscono indicazioni specifiche in merito all'individuazione di quali vasche siano da intendere di trattamento «di superficie di metalli e materie plastiche mediante processi elettrolitici o chimici».

A riguardo, si faccia riferimento al volume totale delle vasche usate per le fasi di processo che riguardano alterazioni della superficie come risultato di un processo elettrolitico o chimico. Sono pertanto da escludersi vasche per lavaggio, ultrasuoni, granigliatura, water blasting.

Impianti chimici per la fabbricazione di prodotti chimici di base.

La direttiva 96/61/CE e il decreto legislativo n. 372 del 4 agosto 1999, con particolare riferimento al punto 4 dell'allegato I, non specificano la definizione di prodotto di base.

A riguardo, si intenda per prodotto chimico di base un prodotto che possa essere impiegato in ulteriori processi destinati alla fabbricazione di altri prodotti, intermedi o finali.

Non e', pertanto, compresa la fabbricazione di manufatti mediante reazione chimica, ove i processi di reazione chimica e di realizzazione del manufatto non siano separabili, come nel caso di prodotti in poliuretano espanso termoindurente.

Si precisa, inoltre, che gli elenchi di classi di prodotti chimici riportati ai punti 4.1 e 4.2 dell'allegato I al decreto n. 372/1999 devono considerarsi esaustivi.

 

Definizione della «densità di colata per forno».

La direttiva 96/61/CE e il decreto legislativo n. 372 del 4 agosto 1999, con particolare riferimento al punto 3.5 dell'allegato I, contengono le parole «densità di colata per forno» - che risultano di ambigua interpretazione. Va chiarito che per «densità di colata per forno» per impianti per la fabbricazione di prodotti ceramici, si intende «densità di carica del forno».

Attività di decontaminazione di apparecchi contenenti PCB.

La direttiva 96/61/CE e il decreto legislativo n. 372 del 4 agosto 1999, con particolare riferimento al punto 5.1 dell'allegato I, non specificano chiaramente se e come l'attività di decontaminazione di apparecchi contenenti PCB ricada nel campo di applicazione dell'IPPC.

A riguardo, l'attività di decontaminazione di apparecchi contenenti PCB si considera compresa tra le attività menzionate al punto 5.1 dell'allegato I, se la quantità di apparecchi trattati eccede la soglia prevista di 10 tonnellate al giorno.

 

Definizione della capacità di incenerimento per impianti di incenerimento o coincenerimento di rifiuti.

La direttiva 96/61/CE e il decreto legislativo n. 372 del 4 agosto 1999, con particolare riferimento ai punti 5.1 e 5.3 dell'allegato I, non specificano la definizione di capacità di incenerimento.

A riguardo, si faccia riferimento alla capacità nominale di progetto come definita all'art. 2, comma 1, lettera g) del decreto ministeriale n. 124/2000 e all'art. 2, comma 1, lettera b del decreto ministeriale n. 503/1997: «la somma delle capacità di incenerimento dei forni che compongono l'impianto, quali previste dal costruttore e confermate dal gestore, espressa in quantità di rifiuti che può essere incenerita in un'ora, riferita al potere calorifico medio dei rifiuti stessi».

 

Definizione di «capacità produttiva» per gli impianti per il pretrattamento (operazioni di lavaggio, imbianchimento, mercerizzazione o la tintura di fibre o di tessili).

La direttiva 96/61/CE e il decreto legislativo n. 372 del 4 agosto 1999, con particolare riferimento al punto 6.2 dell'allegato I, forniscono il limite di 10 tonnellate/giorno per «gli impianti per il pretrattamento (operazioni di lavaggio, imbianchimento, mercerizzazione o la tintura di fibre o di tessili).

Il settore della nobilitazione tessile e' caratterizzato, per la tipologia di mercato al quale fa riferimento, da richieste estremamente diversificate, stagionali e variabili anche in intervalli di tempo ristretti. A riguardo si intenda il limite di 10 tonnellate/giorno come:

riferito all'effettivo quantitativo di merce sottoposta al ciclo di nobilitazione in uscita dal sito produttivo;

calcolato sui giorni effettivamente lavorati in un anno, considerando la quantità media prodotta su di una base temporale di tre anni.

Per i comparti che si basano sulla quantificazione dei metri/anno di produzione, la quantificazione dei kg prodotti dovrà prendere in considerazione il peso unitario medio della merce trattata (grammatura del tessuto, espressa in gr/mt lineare).

 

Definizione di «prodotto finito».

La direttiva 96/61/CE e il decreto legislativo n. 372 del 4 agosto 1999 non specificano la definizione di prodotto finito.

A riguardo, con particolare riferimento al punto 6.3 dell'allegato I al decreto n. 372/1999, si intende per prodotto finito il cuoio idoneo per preparare i beni di consumo, anche se non tinto o rivestito.

 

Definizione della capacità di produzione di prodotti finiti per la fabbricazione di prodotti alimentari.

La direttiva 96/61/CE e il decreto legislativo n. 372 del 4 agosto 1999 non fornisce indicazioni specifiche sulla soglia di capacità produttiva relativamente al caso della fabbricazione di prodotti alimentari a base vegetale con quantità anche piccole di componente di origine animale.

A riguardo, si faccia prevalere la soglia inferiore e pertanto, con particolare riferimento al punto 6.4 b dell'allegato I al decreto n. 372/1999, si faccia riferimento alla soglia di 75 tonnellate al giorno.

Produzione di cartone ondulato per imballaggi.

La direttiva 96/61/CE e il decreto legislativo n. 372 del 4 agosto 1999, con particolare riferimento al punto 6.1 b non specificano se l'attività di fabbricazione di carta e cartone ricopra anche la produzione di cartone ondulato per imballaggi.

A riguardo, l'attività di produzione di cartone ondulato per imballaggi non si considera inclusa nel punto 6.1 dell'allegato I al decreto n. 372/1999, in quanto tale attività consiste nella lavorazione di carta o cartone prodotti altrove e non nella fabbricazione del prodotto.

 

Roma, 13 luglio 2004

 

Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio MATTEOLI

 


Normativa comunitaria


Dir. 96/61/CE del 24 settembre 1996 (1).
Direttiva del Consiglio sulla prevenzione e la riduzione integrate dell'inquinamento (2) (3). (come modificata dalle direttive 2003/35 e 2003/87 e rettificata dalla rettifica pubblicata nella GUCE 30.05.2002 n. L 140)

 

 

 

------------------------

(1) Pubblicata nella G.U.C.E. 10 ottobre 1996, n. L 257. Entrata in vigore 30 ottobre 1996.

(2) Termine di recepimento: vedi articolo 21 della presente direttiva. Direttiva recepita con L. 24 aprile 1998, n. 128 (legge comunitaria 1995-1997), con D.Lgs. 4 agosto 1999, n. 372, con L. 1° marzo 2002, n. 39 (legge comunitaria 2001) e con L. 31 ottobre 2003, n. 306 (legge comunitaria 2003).

(3) Vedi il questionario allegato alla decisione 1999/391/CE sull'attuazione della presente direttiva. Vedi anche, in merito all'attuazione del Registro europeo delle emissioni inquinanti (EPER), la decisione 2000/479/CE.

 

Il Consiglio dell'Unione europea,

visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 130 S, paragrafo 1,

vista la proposta della Commissione,

visto il parere del Comitato economico e sociale,

deliberando in conformità della procedura di cui all'articolo 189 C del trattato,

1. considerando che gli obiettivi e i principi della politica ambientale comunitaria, quali definiti nell'articolo 130 R del trattato mirano in particolare a prevenire, ridurre e, per quanto possibile, eliminare l'inquinamento intervenendo innanzitutto alla fonte nonché garantendo una gestione accorta delle risorse naturali, nel rispetto del principio "chi inquina paga" e del principio della prevenzione;

2. considerando che il quinto programma d'azione ambiente, la cui impostazione generale è stata approvata dal Consiglio e dai Rappresentanti dei governi degli Stati membri riuniti in seno al Consiglio nella risoluzione del 1° febbraio 1993, assegna priorità alla riduzione integrata dell'inquinamento quale elemento importante della tendenza verso un equilibrio più sostenibile tra attività umane e sviluppo socioeconomico, da un lato, e risorse e capacità rigenerativa della natura dall'altro;

3. considerando che l'attuazione di un approccio integrato per ridurre l'inquinamento richiede un'azione a livello comunitario per modificare e completare l'attuale normativa comunitaria in materia di prevenzione e riduzione dell'inquinamento dovuto a impianti industriali;

4. considerando che la direttiva 84/360/CEE del Consiglio, del 28 giugno 1984, concernente la lotta contro l'inquinamento atmosferico provocato dagli impianti industriali, ha introdotto una disciplina generale che impone un'autorizzazione prima dell'entrata in funzione o di modifiche sostanziali di un impianto industriale che possano provocare l'inquinamento dell'aria;

5. considerando che la direttiva 76/464/CEE del Consiglio, del 4 maggio 1976, concernente l'inquinamento provocato da certe sostanze pericolose scaricate nell'ambiente idrico della Comunità, ha introdotto un obbligo di autorizzazione per lo scarico di dette sostanze;

6. considerando che, nonostante l'esistenza di normative comunitarie sulla lotta contro l'inquinamento atmosferico e la prevenzione o la riduzione al minimo dello scarico di sostanze pericolose nell'acqua, non esiste finora un'analoga normativa comunitaria per prevenire o ridurre al minimo le emissioni nel terreno;

7. considerando che approcci distinti nel controllo delle emissioni nell'aria, nell'acqua o nel terreno possono incoraggiare il trasferimento dell'inquinamento tra i vari settori ambientali anziché proteggere l'ambiente nel suo complesso;

8. considerando che lo scopo di un approccio integrato della riduzione dell'inquinamento è la prevenzione delle emissioni nell'aria, nell'acqua e nel terreno, tenendo conto della gestione dei rifiuti ogniqualvolta possibile e, altrimenti, la loro riduzione al minimo per raggiungere un elevato livello di protezione dell'ambiente nel suo complesso;

9. considerando che la presente direttiva stabilisce un quadro generale per la prevenzione e la riduzione integrate dell'inquinamento; che essa prevede le misure necessarie per assicurare l'attuazione della prevenzione e della riduzione integrate dell'inquinamento al fine di raggiungere un elevato livello di protezione dell'ambiente nel suo complesso; che l'applicazione del principio dello sviluppo sostenibile è rafforzato da un approccio integrato della riduzione dell'inquinamento;

10. considerando che le disposizioni della presente direttiva si applicano fatte salve le disposizioni della direttiva 85/337/CEE del Consiglio, del 27 giugno 1985, concernente la valutazione dell'impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati; che, qualora informazioni o conclusioni ottenute in seguito all'applicazione di quest'ultima direttiva debbano essere prese in considerazione per concedere un'autorizzazione, la presente direttiva non pregiudica l'applicazione della direttiva summenzionata;

11. considerando che gli Stati membri devono prendere le disposizioni necessarie per garantire che l'esercente osservi i principi generali di alcuni obblighi fondamentali; che a tal fine basta che le autorità competenti tengano conto di tali principi generali quando definiscono le condizioni di autorizzazione;

12. considerando che le disposizioni adottate a norma della presente direttiva devono essere applicate agli impianti esistenti allo scadere di un termine stabilito per alcune di dette disposizioni ovvero a decorrere dalla data di applicazione della presente direttiva;

13. considerando che, per affrontare i problemi dell'inquinamento nel modo più diretto ed efficace, l'esercente dovrebbe tener conto della dimensione ambientale; che ciò deve essere comunicato all'autorità competente affinché possa verificare, prima del rilascio di un'autorizzazione, che si sono previste tutte le misure appropriate di prevenzione o di riduzione dell'inquinamento; che procedure di applicazione diverse hanno dato origine a livelli diversi di protezione ambientale e di consapevolezza da parte del pubblico; che le domande di autorizzazione in base alla direttiva dovrebbero, pertanto, contenere un minimo di dati;

14. considerando che un efficace coordinamento della procedura e delle condizioni di autorizzazione tra le autorità competenti consentirà di raggiungere il massimo livello possibile di protezione dell'ambiente nel suo complesso;

15. considerando che la o le autorità competenti devono rilasciare o modificare un'autorizzazione soltanto se sono state previste misure globali di protezione ambientale relative all'aria, all'acqua ed al terreno;

16. considerando che l'autorizzazione comprende tutte le misure necessarie per soddisfare le condizioni di autorizzazione al fine di raggiungere in tal modo un elevato livello di protezione dell'ambiente nel suo complesso e che, salva la procedura di autorizzazione, tali misure possono anche essere oggetto di prescrizioni vincolanti generali;

17. considerando che valori limite di emissione, parametri o misure tecniche equivalenti devono basarsi sulle migliori tecniche disponibili, senza imporre l'uso di una tecnica o di una tecnologia specifica, tenendo presente le caratteristiche tecniche dell'impianto in questione, la sua posizione geografica e le condizioni ambientali locali; che comunque le condizioni di autorizzazione prevedono disposizioni volte a ridurre al minimo l'inquinamento ad ampio raggio o transfrontaliero e garantiscono un elevato livello di tutela dell'ambiente nel suo complesso;

18. considerando che spetta agli Stati membri determinare come si potrà tener conto, all'occorrenza, delle caratteristiche tecniche dell'impianto in questione, della sua posizione geografica e delle condizioni ambientali locali;

19. considerando che qualora una norma di qualità ambientale richieda requisiti più severi di quelli che si possono soddisfare grazie alle migliori tecniche disponibili, nell'autorizzazione sono previste condizioni supplementari senza pregiudicare altre eventuali disposizioni prese in osservanza delle norme di qualità ambientale;

20. considerando che le migliori tecniche disponibili evolvono col tempo, soprattutto in funzione del progresso tecnico, e che quindi le autorità competenti devono seguire od essere aggiornate su tali progressi;

21. considerando che una modifica apportata ad un impianto può essere fonte di inquinamento; che è pertanto necessario notificare tutte le modifiche che potrebbero avere ripercussioni sull'ambiente o all'autorità competente; che le modifiche sostanziali dell'impianto devono essere assoggettate ad una procedura di autorizzazione preventiva da parte dell'autorità competente in conformità della presente direttiva;

22. considerando che le condizioni dell'autorizzazione devono essere periodicamente riesaminate e, se necessario, aggiornate; che in talune circostanze esse saranno comunque riesaminate;

23. considerando che, per informare il pubblico sul funzionamento degli impianti e sui possibili effetti per l'ambiente, e garantire la trasparenza delle procedure di autorizzazione in tutta la Comunità, il pubblico deve avere liberamente accesso, prima di qualsiasi decisione, alle informazioni relative alle domande di autorizzazione di nuovi impianti o di modifiche sostanziali alle autorizzazioni stesse ed ai relativi aggiornamenti e dati di controllo;

24. considerando che un inventario delle principali emissioni e fonti responsabili può essere considerato uno strumento importante dato che consente un raffronto delle attività inquinanti nella Comunità; che tale inventario sarà compilato dalla Commissione assistita da un comitato di regolamentazione;

25. considerando che lo sviluppo e lo scambio di informazioni a livello comunitario sulle migliori tecniche disponibili contribuiranno a correggere il diverso grado di consapevolezza tecnologica esistente nella Comunità nonché a diffondere in tutto il mondo i valori limite stabiliti e le tecniche applicate nella Comunità ed aiuteranno infine gli Stati membri ad attuare in modo efficiente la presente direttiva;

26. considerando che si dovranno redigere, a scadenze regolari, relazioni sull'attuazione e l'efficacia della presente direttiva;

27. considerando che la presente direttiva riguarda gli impianti aventi un grande potenziale di inquinamento a livello locale e di conseguenza a livello trasfrontaliero; che si procede a consultazioni transfrontaliere quando le domande di autorizzazione riguardano nuovi impianti o modifiche sostanziali agli impianti che possono avere un impatto ambientale negativo e rilevante; che le domande relative a tali proposte o modifiche sostanziali saranno accessibili al pubblico dello Stato membro che può essere coinvolto;

28. considerando che a livello comunitario può manifestarsi l'esigenza di intervenire per fissare valori limite di emissione per talune categorie di impianti e di sostanze inquinanti considerate nella presente direttiva; che il Consiglio definirà tali valori limite di emissione secondo le disposizioni del trattato;

29. considerando che le disposizioni della presente direttiva lasciano impregiudicate le disposizioni comunitarie in materia di salute e di sicurezza sul luogo di lavoro,

ha adottato la presente direttiva:

 

 

Articolo 1

Finalità e campo di applicazione

 

La presente direttiva ha per oggetto la prevenzione e la riduzione integrate dell'inquinamento proveniente dalle attività di cui all'allegato I. Essa prevede misure intese a evitare oppure, qualora non sia possibile, ridurre le emissioni delle suddette attività nell'aria, nell'acqua e nel terreno, comprese le misure relative ai rifiuti, per conseguire un livello elevato di protezione dell'ambiente nel suo complesso, lasciando impregiudicate le disposizioni della direttiva 85/337/CEE concernente la valutazione dell'impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati nonché altri requisiti comunitari.

 

 

Articolo 2

Definizioni

 

Ai fini della presente direttiva si intende per:

1) "sostanze", gli elementi chimici e loro composti, escluse le sostanze radioattive ai sensi della direttiva 80/836/Euratom e gli organismi geneticamente modificati ai sensi della direttiva 90/219/CEE e della direttiva 90/220/CEE;

2) "inquinamento", l'introduzione diretta o indiretta, a seguito di attività umana, di sostanze, vibrazioni calore o rumore nell'aria, nell'acqua o nel terreno, che potrebbero nuocere alla salute umana o alla qualità dell'ambiente, causare il deterioramento di beni materiali, oppure danni o perturbazioni a valori ricreativi dell'ambiente o ad altri suoi legittimi usi;

3) "impianto", l'unità tecnica permanente in cui sono svolte una o più attività elencate nell'allegato I e qualsiasi altra attività accessoria, che sono tecnicamente connesse con le attività svolte nel luogo suddetto e possono influire sulle emissioni e sull'inquinamento;

4) "impianto esistente": un impianto in funzione, o, nell'ambito della legislazione vigente anteriormente alla data di messa in applicazione della presente direttiva, un impianto autorizzato o che abbia costituito oggetto, a parere dell'autorità competente, di una richiesta di autorizzazione completa, a condizione che esso entri in funzione al massimo entro un anno dalla data di messa in applicazione della presente direttiva;

5) "emissione", lo scarico diretto o indiretto, da fonti puntiformi o diffuse dell'impianto, di sostanze vibrazioni, calore o rumore nell'aria, nell'acqua ovvero nel terreno;

6) "valori limite di emissione", la massa espressa in rapporto a determinati parametri specifici, la concentrazione e/o il livello di un'emissione che non possono essere superati in uno o più periodi di tempo. I valori limite di emissione possono essere fissati anche per determinati gruppi, famiglie o categorie di sostanze, segnatamente quelle di cui all'allegato III.

I valori limite di emissione delle sostanze si applicano di norma nel punto di fuoriuscita delle emissioni dall'impianto, ad esclusione di un'eventuale diluizione nella loro determinazione. Per quanto concerne gli scarichi indiretti nell'acqua, l'effetto di una stazione di depurazione può essere preso in considerazione nella determinazione dei valori limite di emissione dell'impianto, a condizione di garantire un livello equivalente di protezione dell'ambiente nel suo insieme e di non portare a carichi inquinanti maggiori nell'ambiente fatte salve le disposizioni della direttiva 76/464/CEE e delle direttive adottate per la sua applicazione;

7) "norma di qualità ambientale", la serie di requisiti che devono sussistere in un dato momento in un determinato ambiente o in una specifica parte di esso, come stabilito nella legislazione comunitaria;

8) "autorità competente", la o le autorità o gli organismi che sono incaricati, a norma delle disposizioni legislative degli Stati membri, dell'adempimento dei compiti derivanti dalla presente direttiva;

9) "autorizzazione", la parte o la totalità di una o più decisioni scritte, che autorizzano l'esercizio di un impianto o di parte di esso a determinate condizioni che devono garantire che l'impianto sia conforme ai requisiti della presente direttiva. Un'autorizzazione può valere per uno o più impianti o parti di essi, che siano localizzati sullo stesso sito e gestiti dal medesimo gestore;

10) a) "modifica dell'impianto", una modifica delle sue caratteristiche o del suo funzionamento ovvero un suo potenziamento che possa produrre conseguenze sull'ambiente;

b) "modifica sostanziale", una modifica dell'impianto che, secondo l'autorità competente, potrebbe avere effetti negativi e significativi per gli esseri umani o l'ambiente. Ai fini della presente definizione, le modifiche o gli ampliamenti dell'impianto sono ritenuti sostanziali se le modifiche o gli ampliamenti di per sé sono conformi agli eventuali valori limite stabiliti nell'allegato I (4);

11) "migliori tecniche disponibili", la più efficiente e avanzata fase di sviluppo di attività e relativi metodi di esercizio indicanti l'idoneità pratica di determinate tecniche a costituire, in linea di massima, la base dei valori limite di emissione intesi ad evitare oppure, ove ciò si riveli impossibile, a ridurre in modo generale le emissioni e l'impatto sull'ambiente nel suo complesso. Per:

- "tecniche", si intende sia le tecniche impiegate sia le modalità di progettazione, costruzione, manutenzione, esercizio e chiusura dell'impianto;

- "disponibili", qualifica le tecniche sviluppate su una scala che ne consenta l'applicazione in condizioni economicamente e tecnicamente valide nell'ambito del pertinente comparto industriale, prendendo in considerazione i costi e i vantaggi, indipendentemente dal fatto che siano o meno applicate o prodotte nello Stato membro di cui si tratta, purché il gestore possa avervi accesso a condizioni ragionevoli;

- "migliori", qualifica le tecniche più efficaci per ottenere un elevato livello di protezione dell'ambiente nel suo complesso.

Nel determinare le migliori tecniche disponibili, occorre tener conto in particolare degli elementi di cui all'allegato IV;

12) "gestore", qualsiasi persona fisica o giuridica che detiene o gestisce l'impianto oppure, se previsto dalla legislazione nazionale, dispone di un potere economico determinante sull'esercizio tecnico del medesimo.

13) "pubblico", una o più persone fisiche o giuridiche nonché, ai sensi della legislazione o prassi nazionale, le associazioni, le organizzazioni o i gruppi di tali persone (5);

14) "pubblico interessato", il pubblico che subisce o può subire gli effetti dell'adozione di una decisione relativa al rilascio o all'aggiornamento di una autorizzazione o delle condizioni di autorizzazione, o che ha un interesse rispetto a tale decisione; ai fini della presente definizione le organizzazioni non governative che promuovono la protezione dell'ambiente e che soddisfano i requisiti di diritto nazionale si considerano portatrici di un siffatto interesse (6).

 

 

------------------------

(4) Frase aggiunta dall'articolo 4 della direttiva 2003/35/CE.

(5) Paragrafo aggiunto dall'articolo 4 della direttiva 2003/35/CE.

(6) Paragrafo aggiunto dall'articolo 4 della direttiva 2003/35/CE.

 

 

Articolo 3

Principi generali degli obblighi fondamentali del gestore

 

Gli Stati membri prendono le disposizioni necessarie perché le autorità competenti garantiscano che l'impianto sia gestito in modo:

a) che siano prese le opportune misure di prevenzione dell'inquinamento, applicando segnatamente le migliori tecniche disponibili;

b) che non si verifichino fenomeni di inquinamento significativi;

c) che sia evitata la produzione di rifiuti, a norma della direttiva 75/442/CEE del Consiglio, del 15 luglio 1975, relativa ai rifiuti, in caso contrario, questi sono ricuperati o, ove ciò sia tecnicamente ed economicamente impossibile, sono eliminati evitandone e riducendone l'impatto sull'ambiente;

d) che l'energia sia utilizzata in modo efficace;

e) che siano prese le misure necessarie per prevenire gli incidenti e limitarne le conseguenze;

f) che si provveda affinché sia evitato qualsiasi rischio di inquinamento al momento della cessazione definitiva delle attività ed il sito stesso sia ripristinato in modo soddisfacente.

L'osservanza del presente articolo è sufficientemente soddisfatta se gli Stati membri fanno in modo che le competenti autorità tengano conto dei principi generali definiti nel presente articolo quando determinano le condizioni dell'autorizzazione.

 

 

Articolo 4

Autorizzazione di nuovi impianti

 

Gli Stati membri adottano le misure necessarie per garantire che nessun nuovo impianto funzioni senza autorizzazione come previsto dalla presente direttiva, fatte salve le eccezioni previste nella direttiva 88/609/CEE del Consiglio, del 24 novembre 1988, concernente la limitazione delle emissioni nell'atmosfera di taluni inquinanti originari dai grandi impianti di combustione.

 

 

Articolo 5

Condizioni di autorizzazione degli impianti esistenti

 

1. Gli Stati membri adottano le misure necessarie affinché le autorità competenti vigilino, mediante autorizzazioni rilasciate a norma degli articoli 6 e 8, ovvero, in modo opportuno, mediante il riesame e, se del caso, l'aggiornamento delle condizioni, che entro un massimo di otto anni successivi alla messa in applicazione della presente direttiva gli impianti esistenti funzionino secondo i requisiti di cui agli articoli 3, 7, 9, 10 e 13, all'articolo 14, primo e secondo trattino, nonché all'articolo 15, paragrafo 2, fatte salve altre disposizioni comunitarie specifiche.

2. Gli Stati membri adottano le misure necessarie per applicare le disposizioni degli articoli 1, 2, 11, 12, 14, terzo trattino, dell'articolo 15, paragrafi 1, 3 e 4, degli articoli 16, 17 e 18, paragrafo 2, agli impianti esistenti a decorrere dalla messa in applicazione della presente direttiva.

 

 

Articolo 6

Domanda di autorizzazione

 

1. Gli Stati membri prendono le disposizioni necessarie affinché una domanda di autorizzazione presentata all'autorità competente contenga la descrizione:

- dell'impianto, del tipo e della portata delle sue attività;

- delle materie prime e secondarie, delle sostanze e dell'energia usate o prodotte dall'impianto;

- delle fonti di emissione dell'impianto;

- dello stato del sito di ubicazione dell'impianto;

- del tipo e dell'entità delle prevedibili emissioni dell'impianto in ogni settore ambientale nonché un'identificazione degli effetti significativi delle emissioni sull'ambiente;

- della tecnologia prevista e delle altre tecniche per prevenire le emissioni dall'impianto oppure, qualora ciò non fosse possibile, per ridurle;

- ove necessario, delle misure di prevenzione e di recupero dei rifiuti prodotti dall'impianto;

- delle altre misure previste per ottemperare agli obblighi fondamentali del gestore di cui all'articolo 3;

- delle misure previste per controllare le emissioni nell'ambiente. Detta domanda di autorizzazione deve contenere anche una sintesi non tecnica dei dati di cui ai trattini precedenti.

- delle eventuali principali alternative prese in esame dal richiedente in forma sommaria (7).

2. Se i dati forniti secondo i requisiti previsti dalla direttiva 85/337/CEE oppure un rapporto di sicurezza elaborato secondo la direttiva 82/501/CEE del Consiglio, del 24 giugno 1982, sui rischi di incidenti rilevanti connessi con determinate attività industriali, o altre informazioni fornite secondo qualunque altra normativa rispettano uno dei requisiti di cui al presente articolo, tali informazioni possono essere incluse nella domanda di autorizzazione o essere ad essa allegate.

 

 

------------------------

(7) Trattino aggiunto dall'articolo 4 della direttiva 2003/35/CE.

 

 

Articolo 7

Approccio integrato del rilascio dell'autorizzazione

 

Gli Stati membri adottano le misure necessarie per il pieno coordinamento della procedura e delle condizioni di autorizzazione quando sono coinvolte più autorità competenti al fine di garantire un approccio integrato effettivo di tutte le autorità competenti per questa procedura.

 

 

Articolo 8

Decisioni

 

Fatti salvi altri requisiti prescritti da disposizioni nazionali o comunitarie, l'autorità competente rilascia un'autorizzazione contenente condizioni che garantiscano la conformità dell'impianto ai requisiti previsti dalla presente direttiva oppure nega l'autorizzazione in caso di non conformità.

Ogni autorizzazione concessa o modificata deve includere le modalità previste per la protezione di aria, acqua e terreno di cui alla presente direttiva.

 

 

Articolo 9

Condizioni dell'autorizzazione

 

1. Gli Stati membri si accertano che l'autorizzazione includa tutte le misure necessarie per soddisfare le relative condizioni di cui agli articoli 3 e 10 al fine di conseguire un livello elevato di protezione dell'ambiente nel suo complesso attraverso una protezione degli elementi ambientali aria, acqua e terreno.

2. In caso di nuovo impianto o di modifica sostanziale cui si applica l'articolo 4 della direttiva 85/337/CEE, le informazioni o conclusioni pertinenti risultanti dall'applicazione degli articoli 5, 6 e 7 di tale direttiva devono essere prese in considerazione per il rilascio dell'autorizzazione.

3. L'autorizzazione deve includere valori limite di emissione fissati per le sostanze inquinanti, in particolare quelle elencate nell'allegato III, che possono essere emesse dall'impianto interessato in quantità significativa, in considerazione della loro natura, e delle loro potenzialità di trasferimento dell'inquinamento da un elemento ambientale all'altro (acqua, aria e terreno). Se necessario, l'autorizzazione contiene disposizioni che garantiscono la protezione del terreno e delle acque sotterranee e le opportune disposizioni per la gestione dei rifiuti prodotti dall'impianto. Se del caso, i valori limite di emissione possono essere integrati o sostituiti con altri parametri o misure tecniche equivalenti. Per gli impianti di cui al punto 6.6 dell'allegato I, i valori limite di emissione fissati in conformità delle disposizioni del presente paragrafo tengono conto delle modalità pratiche adatte a tali categorie di impianti.

Quando le emissioni di un gas a effetto serra provenienti da un impianto sono indicate nell'allegato I della direttiva 2003/87/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 ottobre 2003, che istituisce un sistema per lo scambio delle quote di emissioni di gas a effetto serra nella Comunità e che modifica la direttiva 96/61/CE del Consiglio in relazione a un'attività esercitata in tale impianto, l'autorizzazione contiene valori limite per le emissioni dirette di questo gas solo quando ciò risulti indispensabile per evitare un rilevante inquinamento locale (8).

Per le attività elencate nell'allegato I della direttiva 2003/87/CE gli Stati membri possono decidere di non imporre alcun requisito di efficienza energetica con riguardo alle unità di combustione o altre unità che emettono biossido di carbonio sul sito (9).

Se necessario, le autorità competenti modificano l'autorizzazione nel modo opportuno (10).

I tre commi precedenti non si applicano agli impianti che sono temporaneamente esclusi dal sistema per lo scambio di quote di emissioni di gas a effetto serra nella Comunità ai sensi dell'articolo 27 della direttiva 2003/87/CE (11).

4. Fatto salvo l'articolo 10, i valori limite di emissione, i parametri e le misure tecniche equivalenti di cui al paragrafo 3 si basano sulle migliori tecniche disponibili, senza l'obbligo di utilizzare una tecnica o una tecnologia specifica, tenendo conto delle caratteristiche tecniche dell'impianto in questione, della sua ubicazione geografica e delle condizioni locali dell'ambiente. In tutti i casi, le condizioni di autorizzazione prevedono disposizioni per ridurre al minimo l'inquinamento a grande distanza o attraverso le frontiere e garantiscono un elevato livello di protezione dell'ambiente nel suo insieme.

5. L'autorizzazione contiene gli opportuni requisiti di controllo degli scarichi, che specificano la metodologia e la frequenza di misurazione, nonché la relativa procedura di valutazione e l'obbligo di comunicare all'autorità competente i dati necessari per verificarne la conformità alle condizioni di autorizzazione.

Per gli impianti di cui al punto 6.6 dell'allegato I, le misure di cui al presente paragrafo possono tener conto dei costi e benefici.

6. L'autorizzazione contiene le misure relative alle condizioni di esercizio diverse dalle condizioni di esercizio normali. Qualora sussistano rischi per l'ambiente, sono altresì tenuti nella debita considerazione l'avvio, le perdite, le disfunzioni, gli arresti temporanei e l'arresto definitivo dell'impianto.

L'autorizzazione può parimenti contenere deroghe temporanee ai requisiti di cui al paragrafo 4, se un piano di ammodernamento approvato dall'autorità competente assicura il rispetto di detti requisiti entro un termine di sei mesi, e se il progetto determina una riduzione dell'inquinamento.

7. L'autorizzazione può contenere altre condizioni specifiche ai fini della presente direttiva, giudicate opportune dallo Stato membro o dall'autorità competente.

8. Fatto salvo l'obbligo di espletare una procedura di autorizzazione secondo le disposizioni della presente direttiva, gli Stati membri possono stabilire determinati requisiti per talune categorie di impianti sotto forma di disposizioni generali vincolanti anziché sotto forma di condizioni per ogni singola autorizzazione, purché siano garantiti un approccio integrato e un'elevata protezione equivalente dell'ambiente nel complesso.

 

 

------------------------

(8) Comma aggiunto dall'articolo 26 della direttiva 2003/87/CE.

(9) Comma aggiunto dall'articolo 26 della direttiva 2003/87/CE.

(10) Comma aggiunto dall'articolo 26 della direttiva 2003/87/CE.

(11) Comma aggiunto dall'articolo 26 della direttiva 2003/87/CE.

 

 

Articolo 10

Migliori tecniche disponibili e norme di qualità ambientale

 

Qualora una norma di qualità ambientale richieda condizioni più rigorose di quelle ottenibili con le migliori tecniche disponibili, l'autorizzazione prescrive misure supplementari particolari, fatte salve le altre misure che possono essere adottate per rispettare le norme di qualità ambientale.

 

 

Articolo 11

Sviluppi delle migliori tecniche disponibili

 

Gli Stati membri garantiscono che l'autorità competente si tenga informata o sia informata sugli sviluppi delle migliori tecniche disponibili.

 

 

Articolo 12

Modifica degli impianti da parte dei gestori

 

1. Gli Stati membri adottano gli opportuni provvedimenti affinché il gestore comunichi all'autorità competente le modifiche progettate dell'impianto di cui all'articolo 2, punto 10, lettera a). Ove necessario, l'autorità competente aggiorna l'autorizzazione o le relative condizioni.

2. Gli Stati membri provvedono affinché nessuna modifica sostanziale riguardante la gestione dell'impianto, ai sensi dell'articolo 2, punto 10, lettera b), progettata dal gestore, sia effettuata senza un'autorizzazione rilasciata conformemente alla presente direttiva. La domanda di autorizzazione e la decisione dell'autorità competente debbono riferirsi alle parti dell'impianto e agli aspetti di cui all'articolo 6 che possono essere oggetto della modifica. Si applicano mutatis mutandis le pertinenti disposizioni degli articoli 3, da 6 a 10 e dell'articolo 15, paragrafi 1, 2 e 4.

 

 

 

Articolo 13

Verifica e aggiornamento delle condizioni di autorizzazione da parte dell'autorità competente

 

1. Gli Stati membri adottano le misure necessarie affinché le autorità competenti riesaminino periodicamente e aggiornino, se necessario, le condizioni dell'autorizzazione.

2. Il riesame è effettuato comunque quando:

- l'inquinamento provocato dall'impianto è tale da rendere necessaria la revisione dei valori limite d'emissione esistenti nell'autorizzazione o l'inserimento in quest'ultima di nuovi valori limite;

- le migliori tecniche disponibili hanno subito modifiche sostanziali che consentono una notevole riduzione delle emissioni senza imporre costi eccessivi;

- la sicurezza di esercizio del processo o dell'attività richiede l'impiego di altre tecniche;

- nuove disposizioni legislative comunitarie o dello Stato membro lo esigono.

 

 

Articolo 14

Rispetto delle condizioni dell'autorizzazione

 

Gli Stati membri adottano le misure necessarie affinché:

- il gestore rispetti, nel suo impianto, le condizioni dell'autorizzazione;

- il gestore informi regolarmente l'autorità competente dei risultati della sorveglianza dei rifiuti del proprio impianto e tempestivamente in caso di inconvenienti o incidenti che incidano in modo significativo sull'ambiente;

- i gestori degli impianti forniscano ai rappresentanti dell'autorità competente tutta l'assistenza necessaria per lo svolgimento di qualsiasi ispezione relativa all'impianto, per prelevare campioni e raccogliere qualsiasi informazione necessaria allo svolgimento dei loro compiti, ai fini della presente direttiva.

 

 

Articolo 15

Accesso all'informazione e partecipazione del pubblico alla procedura di autorizzazione

 

1. Gli Stati membri provvedono affinché al pubblico interessato vengano offerte tempestive ed effettive opportunità di partecipazione alla procedura relativa:

- al rilascio di un'autorizzazione per nuovi impianti,

- al rilascio di un'autorizzazione per modifiche sostanziali nel funzionamento dell'impianto,

- all'aggiornamento di una autorizzazione o delle condizioni di autorizzazione relative a un impianto a norma dell'articolo 13, paragrafo 2, primo trattino.

Ai fini di tale partecipazione si applica la procedura stabilita nell'allegato V (12).

2. I risultati del controllo degli scarichi, richiesti dalle condizioni dell'autorizzazione di cui all'articolo 9 e in possesso dell'autorità competente devono altresì essere messi a disposizione del pubblico.

3. La Commissione pubblica ogni tre anni un inventario delle principali emissioni e loro fonti, in base agli elementi comunicati dagli Stati membri. La Commissione stabilisce il formato e i dati caratteristici necessari alla trasmissione delle informazioni secondo la procedura di cui all'articolo 19.

La Commissione può, secondo la stessa procedura, proporre le misure necessarie intese ad assicurare l'intercomparabilità e la complementarità dei dati relativi alle emissioni contemplate nell'inventario di cui al primo comma con quelli di altri registri e fonti di dati sulle emissioni.

4. Le disposizioni dei paragrafi 1, 2 e 3 si applicano nel rispetto delle restrizioni previste dall'articolo 3, paragrafi 2 e 3 della direttiva 90/313/CEE.

5. Non appena una decisione sia stata adottata, l'autorità competente informa il pubblico in base ad adeguate procedure e rende disponibili allo stesso le seguenti informazioni:

a) il contenuto della decisione, compresa una copia dell'autorizzazione nonché delle eventuali condizioni e degli eventuali successivi aggiornamenti;

b) tenuto conto delle preoccupazioni e dei pareri del pubblico interessato, i motivi e le considerazioni su cui è basata la decisione, incluse informazioni relative al processo di partecipazione del pubblico (13).

 

 

------------------------

(12) Paragrafo così sostituito dall'articolo 4 della direttiva 2003/35/CE.

(13) Paragrafo aggiunto dall'articolo 4 della direttiva 2003/35/CE.

 

 

Articolo 15 bis (14)

Accesso alla giustizia.

 

Gli Stati membri provvedono, nel quadro del proprio ordinamento giuridico nazionale, affinché i membri del pubblico interessato:

a) che vantino un interesse sufficiente o, in alternativa;

b) che facciano valere la violazione di un diritto, nei casi in cui il diritto processuale amministrativo di uno Stato membro esiga tale presupposto,

abbiano accesso a una procedura di ricorso dinanzi ad un organo giurisdizionale o ad un altro organo indipendente ed imparziale istituito dalla legge, per contestare la legittimità sostanziale o procedurale di decisioni, atti od omissioni soggetti alle disposizioni sulla partecipazione del pubblico stabilite dalla presente direttiva.

Gli Stati membri stabiliscono in quale fase possono essere contestati le decisioni, gli atti o le omissioni.

Gli Stati membri determinano ciò che costituisce interesse sufficiente e violazione di un diritto, compatibilmente con l'obiettivo di offrire al pubblico interessato un ampio accesso alla giustizia. A tal fine, l'interesse di qualsiasi organizzazione non governativa ai sensi dell'articolo 2, paragrafo 14 è considerato sufficiente ai fini della lettera a) del presente articolo. Si considera inoltre che tali organizzazioni siano titolari di diritti suscettibili di essere lesi ai fini della lettera b) del presente articolo.

Le disposizioni del presente articolo non escludono la possibilità di avviare procedure di ricorso preliminare dinanzi all'autorità amministrativa e non incidono sul requisito dell'esaurimento delle procedure di ricorso amministrativo quale presupposto dell'esperimento di procedure di ricorso giurisdizionale ove siffatto requisito sia prescritto dal diritto nazionale.

Tale procedura è giusta, equa, tempestiva e non eccessivamente onerosa.

Per rendere più efficaci le disposizioni del presente articolo, gli Stati membri provvedono a mettere a disposizione del pubblico informazioni pratiche sull'accesso alle procedure di ricorso amministrativo e giurisdizionale.

 

 

------------------------

(14) Articolo inserito dall'articolo 4 della direttiva 2003/35/CE.

 

 

Articolo 16

Scambio di informazioni

 

1. Ai fini di uno scambio di informazioni, gli Stati membri adottano le misure necessarie per informare ogni tre anni la Commissione, per la prima volta entro un termine di diciotto mesi dalla data di messa in applicazione delle presente direttiva, i dati rappresentativi sui valori limite disponibili secondo le categorie di attività elencate nell'allegato I e, se del caso, le migliori tecniche disponibili dalle quali essi sono stati ricavati, in conformità segnatamente dell'articolo 9. Per le comunicazioni successive, tali informazioni sono integrate secondo le procedure previste al paragrafo 3 del presente articolo.

2. La Commissione organizza lo scambio di informazioni tra gli Stati membri e le industrie interessate sulle migliori tecniche disponibili, sulle relative prescrizioni in materia di controllo e i relativi sviluppi. La Commissione pubblica ogni tre anni i risultati degli scambi di informazioni.

3. Le relazioni sull'applicazione della presente direttiva e sulla sua efficacia rispetto ad altri strumenti comunitari di protezione dell'ambiente sono redatte a norma degli articoli 5 e 6 della direttiva 91/692/CEE. La prima relazione comprenderà il triennio successivo alla data di messa in applicazione di cui all'articolo 21 della presente direttiva. La Commissione presenta detta relazione al Consiglio, corredata se del caso di proposte.

4. Gli Stati membri istituiscono o designano la o le autorità incaricate dello scambio di informazioni di cui ai paragrafi 1, 2 e 3, e ne informano la Commissione.

 

 

Articolo 17

Effetti transfrontalieri

 

1. Qualora uno Stato membro constati che il funzionamento di un impianto può avere effetti negativi significativi sull'ambiente di un altro Stato membro, oppure qualora uno Stato membro che potrebbe subire tali effetti significativi presenti domanda in tal senso, lo Stato membro in cui è stata richiesta l'autorizzazione ai sensi dell'articolo 4 o dell'articolo 12, paragrafo 2, comunica all'altro Stato membro le eventuali informazioni che devono essere fornite o rese disponibili ai sensi dell'allegato V nel momento stesso in cui le mette a disposizione dei propri cittadini. Tali informazioni servono da base per le consultazioni necessarie nel quadro dei rapporti bilaterali tra i due Stati membri, secondo il principio della reciprocità e della parità di trattamento (15).

2. Gli Stati membri provvedono, nel quadro dei loro rapporti bilaterali, affinché nei casi di cui al paragrafo 1 le domande siano accessibili anche ai cittadini dello Stato membro eventualmente interessato per un periodo di tempo adeguato che consenta una presa di posizione prima della decisione dell'autorità competente.

3. Le risultanze delle consultazioni condotte ai sensi dei paragrafi 1 e 2 devono essere prese in considerazione dall'autorità competente al momento della decisione sulla domanda (16).

4. L'autorità competente informa ogni Stato membro consultato ai sensi del paragrafo 1 della decisione adottata in merito alla domanda e gli trasmette le informazioni di cui all'articolo 15, paragrafo 5. Tale Stato membro adotta le misure necessarie affinché le suddette informazioni siano rese disponibili in modo appropriato al pubblico interessato nel proprio territorio (17).

 

 

------------------------

(15) Paragrafo così sostituito dall'articolo 4 della direttiva 2003/35/CE.

(16) Paragrafo aggiunto dall'articolo 4 della direttiva 2003/35/CE.

(17) Paragrafo aggiunto dall'articolo 4 della direttiva 2003/35/CE.

 

 

Articolo 18

Valori limite comunitari di emissione

 

1. Su proposta della Commissione il Consiglio stabilisce, secondo le procedure previste dal trattato, valori limite di emissione per:

- le categorie di impianti di cui all'allegato I, fatta eccezione per le discariche di cui ai paragrafi 5.1 e 5.4 di tale allegato e

- le sostanze inquinanti di cui all'allegato III per le quali sia stata riscontrata la necessità di un'azione comunitaria in base, segnatamente, allo scambio di informazioni di cui all'articolo 16.

2. In mancanza di valori limite comunitari di emissione definiti in applicazione della presente direttiva, i pertinenti valori limite di emissione minimi quali fissati nelle direttive di cui all'allegato II e alle altre regolamentazioni comunitarie, si applicano ai sensi della presente direttiva agli impianti di cui all'allegato I.

Fatte salve le prescrizioni della presente direttiva, le prescrizioni tecniche applicabili alle discariche di cui ai paragrafi 5.1 e 5.4 dell'allegato I sono fissate dal Consiglio, su proposta della Commissione, nel rispetto delle procedure stabilite dal trattato.

 

 

Articolo 19 (18)

Procedura del Comitato.

 

1. La Commissione è assistita da un Comitato.

2. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente articolo, si applicano gli articoli 5 e 7 della decisione 1999/468/CE, tenendo conto delle disposizioni dell'articolo 8 della stessa.

Il periodo di cui all'articolo 5, paragrafo 6, della decisione 1999/468/CE è fissato a tre mesi.

3. Il Comitato adotta il proprio regolamento interno.

 

 

------------------------

(18) Articolo così sostituito dall'allegato III del regolamento (CE) n. 1882/2003.

 

 

 

Articolo 20

Disposizioni transitorie

 

1. Fatte salve le eccezioni previste dalla direttiva 88/609/CEE, le disposizioni della direttiva 84/360/CEE e le disposizioni degli articoli 3 e 5, dell'articolo 6, paragrafo 3 e dell'articolo 7, paragrafo 2 della direttiva 76/464/CEE, nonché le pertinenti disposizioni relative alle autorizzazioni delle direttive elencate di cui all'allegato II si applicano agli impianti esistenti interessati dalle attività di cui all'allegato I sino a quando le autorità competenti non abbiano adottato le misure necessarie di cui all'articolo 5 della presente direttiva.

2. Le pertinenti disposizioni relative alle autorizzazioni delle direttive di cui al paragrafo 1 cessano di applicarsi ai nuovi impianti interessati dalle attività di cui all'allegato I e alla data di messa in applicazione della presente direttiva.

3. La direttiva 84/360/CEE è abrogata undici anni dopo l'entrata in vigore della presente direttiva.

Non appena sono prese nei confronti di un impianto le misure previste agli articoli 4, 5 o 12, la deroga di cui all'articolo 6, paragrafo 3 della direttiva 76/464/CEE cessa di applicarsi agli impianti contemplati dalla presente direttiva.

Il Consiglio, su proposta della Commissione, modifica, ove necessario, le pertinenti disposizioni delle direttive di cui all'allegato II per adeguarle alle prescrizioni della presente direttiva entro la data di abrogazione della direttiva 84/360/CEE di cui al primo comma.

 

 

Articolo 21

Messa in applicazione

 

1. Gli Stati membri adottano le disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro tre anni dalla sua entrata in vigore. Essi ne informano immediatamente la Commissione (19).

Quando gli Stati membri adottano tali disposizioni, queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di un siffatto riferimento all'atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità del riferimento sono decise dagli Stati membri.

2. Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni essenziali di diritto interno adottate nel settore disciplinato dalla presente direttiva.

 

 

------------------------

(19) Comma così rettificato dalla rettifica pubblicata nella G.U.C.E. 30 maggio 2002, n. L 140.

 

 

Articolo 22

 

La presente direttiva entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla sua pubblicazione.

 

 

Articolo 23

 

Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva.

 

Fatto a Bruxelles, addì 24 settembre 1996.

Per il Consiglio

il presidente

E. Fitzgerald

 

 


Allegato I

 

Categorie di attività industriali di cui all'articolo 1

 

1. Gli impianti o le parti di impianti utilizzati per la ricerca, lo sviluppo e la sperimentazione di nuovi prodotti e processi non rientrano nella presente direttiva.

2. I valori limite riportati in appresso si riferiscono in genere alle capacità di produzione o alla resa. Qualora uno stesso gestore ponga in essere varie attività elencate alla medesima voce in uno stesso impianto o in una stessa località, si sommano le capacità di tali attività.

 

1. Attività energetiche

1.1. Impianti di combustione con una potenza calorifica di combustione di oltre 50 MW [1]

 

 

__________

[1] I requisiti di cui alla direttiva 88/609/CEE per gli impianti esistenti rimangono in vigore fino al 31 dicembre 2003.

 

 

1.2. Raffinerie di petrolio e di gas

1.3. Cokerie

1.4. Impianti di gassificazione e liquefazione del carbone

 

2. Produzione e trasformazione dei metalli

 

2.1. Impianti di arrostimento o sinterizzazione di minerali metallici compresi i minerali solforati

2.2. Impianti di produzione di ghisa o acciaio (fusione primaria o secondaria), compresa la relativa colata continua di capacità superiore a 2,5 tonnellate all'ora

2.3. Impianti destinati alla trasformazione di metalli ferrosi mediante:

a) laminazione a caldo con una capacità superiore a 20 tonnellate di acciaio grezzo all'ora;

b) forgiatura con magli la cui energia di impatto supera 50 chilojoule per maglio e allorché la potenza calorifica è superiore a 20 MW;

c) applicazione di strati protettivi di metallo fuso con una capacità di trattamento superiore a 2 tonnellate di acciaio grezzo all'ora

2.4. Fonderie di metalli ferrosi con una capacità di produzione superiore a 20 tonnellate al giorno

2.5. Impianti:

a) destinati a ricavare metalli grezzi non ferrosi da minerali, nonché concentrati o materie prime secondarie attraverso procedimenti metallurgici, chimici o elettrolitici;

b) di fusione e lega di metalli non ferrosi, compresi i prodotti di recupero (affinazione, formatura in fonderia), con una capacità di fusione superiore a 4 tonnellate al giorno per il piombo e il cadmio o a 20 tonnellate al giorno per tutti gli altri metalli

2.6. Impianti per il trattamento di superficie di metalli e materie plastiche mediante processi elettrolitici o chimici qualora le vasche destinate al trattamento utilizzate abbiano un volume superiore a 30 m3

 

3. Industria dei prodotti minerali

3.1. Impianti destinati alla produzione di clinker (cemento) in forni rotativi la cui capacità di produzione supera 500 tonnellate al giorno oppure di calce viva in forni rotativi la cui capacità di produzione supera 50 tonnellate al giorno, o in altri tipi di forni aventi una capacità di produzione di oltre 50 tonnellate al giorno

3.2. Impianti destinati alla produzione di amianto e alla fabbricazione di prodotti dell'amianto

3.3. Impianti per la fabbricazione del vetro compresi quelli destinati alla produzione di fibre di vetro, con capacità di fusione di oltre 20 tonnellate al giorno

3.4. Impianti per la fusione di sostanze minerali compresi quelli destinati alla produzione di fibre minerali, con una capacità di fusione di oltre 20 tonnellate al giorno

3.5. Impianti per la fabbricazione di prodotti ceramici mediante cottura, in particolare tegole, mattoni, mattoni refrattari, piastrelle, gres, porcellane, con una capacità di produzione di oltre 75 tonnellate al giorno e/o con una capacità di forno superiore a 4m3 e con una densità di colata per giorno superiore a 300 kg/m3 .(20).

 

4. Industria chimica

Nell'ambito delle categorie di attività della sezione 4 si intende per produzione la produzione su scala industriale mediante trasformazione chimica delle sostanze o dei gruppi di sostanze di cui ai punti da 4.1 a 4.6.

4.1. Impianti chimici per la fabbricazione di prodotti chimici organici di base come:

a) idrocarburi semplici (lineari o anulari, saturi o insaturi, alifatici o aromatici);

b) idrocarburi ossigenati, segnatamente alcoli, aldeidi, chetoni, acidi carbossilici, esteri, acetati, eteri, perossidi, resine, epossidi;

c) idrocarburi solforati;

d) idrocarburi azotati, segnatamente amine, amidi, composti nitrosi, nitrati o nitrici, nitrili, cianati, isocianati;

e) idrocarburi fosforosi;

f) idrocarburi alogenati;

g) composti organometallici;

h) materie plastiche di base (polimeri, fibre sintetiche, fibre a base di cellulosa);

i) gomme sintetiche (21);

j) sostanze coloranti e pigmenti (22);

k) tensioattivi e agenti di superficie

4.2. Impianti chimici per la fabbricazione di prodotti chimici inorganici di base, quali:

a) gas, quali ammoniaca, cloro o cloruro di idrogeno, fluoro e fluoruro di idrogeno, ossidi di carbonio, composti di zolfo, ossidi di azoto, idrogeno, biossido di zolfo, bicloruro di carbonile;

b) acidi, quali acido cromico, acido fluoridrico, acido fosforico, acido nitrico, acido cloridrico, acido solforico, oleum e acidi solforati;

c) basi, quali idrossido d'ammonio, idrossido di potassio, idrossido di sodio;

d) sali, quali cloruro d'ammonio, clorato di potassio, carbonato di potassio, carbonato di sodio, perborato, nitrato d'argento;

e) metalloidi, ossidi metallici o altri composti inorganici, quali carburo di calcio, silicio, carburo di silicio

4.3. Impianti chimici per la fabbricazione di fertilizzanti a base di fosforo, azoto o potassio (fertilizzanti semplici o composti)

4.4. Impianti chimici per la fabbricazione di prodotti di base fitosanitari e di biocidi

4.5. Impianti che utilizzano un procedimento chimico o biologico per la fabbricazione di prodotti farmaceutici di base

4.6. Impianti chimici per la fabbricazione di esplosivi

 

5. Gestione dei rifiuti

 

Salvi l'articolo 11 della direttiva 75/442/CEE e l'articolo 3 della direttiva 91/689/CEE del Consiglio, del 12 dicembre 1991, relativa ai rifiuti pericolosi

5.1. Impianti per l'eliminazione o il ricupero di rifiuti pericolosi, della lista di cui all'articolo 1, paragrafo 4 della direttiva 91/689/CEE quali definiti negli allegati II A e II B (operazioni R 1, R 5, R 6, R 8 e R 9) della direttiva 75/442/CEE e nella direttiva 75/439/CEE del Consiglio, del 16 giugno 1975, concernente l'eliminazione degli oli usati, con capacità di oltre 10 tonnellate al giorno

5.2. Impianti di incenerimento dei rifiuti urbani quali definiti nella direttiva 89/369/CEE del Consiglio, dell'8 giugno 1989, concernente la prevenzione dell'inquinamento atmosferico provocato dai nuovi impianti di incenerimento dei rifiuti urbani, e nella direttiva 89/429/CEE del Consiglio, del 21 giugno 1989, concernente la riduzione dell'inquinamento atmosferico provocato dagli impianti di incenerimento dei rifiuti urbani, con una capacità superiore a 3 tonnellate all'ora

5.3. Impianti per l'eliminazione dei rifiuti non pericolosi quali definiti nell'allegato II A della direttiva 75/442/CEE ai punti D 8, D 9 con capacità superiore a 50 tonnellate al giorno (23)

5.4. Discariche che ricevono più di 10 tonnellate al giorno o con una capacità totale di oltre 25.000 tonnellate, ad esclusione delle discariche per i rifiuti inerti

 

6. Altre attività

6.1. Impianti industriali destinati alla fabbricazione:

a) di pasta per carta a partire dal legno o da altre materie fibrose;

b) di carta e cartoni con capacità di produzione superiore a 20 tonnellate al giorno

6.2. Impianti per il pretrattamento (operazioni di lavaggio, imbianchimento, mercerizzazione) o la tintura di fibre o di tessili la cui capacità di trattamento supera le 10 tonnellate al giorno

6.3. Impianti per la concia delle pelli qualora la capacità di trattamento superi le 12 tonnellate al giorno di prodotto finito

6.4. a) Macelli aventi una capacità di produzione di carcasse di oltre 50 tonnellate al giorno

b) Trattamento e trasformazione destinati alla fabbricazione di prodotti alimentari a partire da:

- materie prime annuali (diverse dal latte) con una capacità di produzione di prodotti finiti di oltre 75 tonnellate al giorno;

- materie prime vegetali con una capacità di produzione di prodotti finiti di oltre 300 tonnellate al giorno (valore medio su base trimestrale);

c) Trattamento e trasformazione del latte, con un quantitativo di latte ricevuto di oltre 200 tonnellate al giorno (valore medio su base annua)

6.5. Impianti per l'eliminazione o il ricupero di carcasse e di residui di animali con una capacità di trattamento di oltre 10 tonnellate al giorno

6.6. Impianti per l'allevamento intensivo di pollame o di suini con più di:

a) 40.000 posti pollame;

b) 2.000 posti suini da produzione (di oltre 30 kg); o

c) 750 posti scrofe

6.7. Impianti per il trattamento di superficie di materie, oggetti o prodotti utilizzando solventi organici, in particolare per apprettare, stampare, spalmare, sgrassare, impermeabilizzare, incollare, verniciare, pulire o impregnare, con una capacità di consumo di solvente superiore a 150 kg all'ora o a 200 tonnellate all'anno

6.8. Impianti per la fabbricazione di carbonio (carbone duro) o grafite per uso elettrico mediante combustione o grafitizzazione

 

 

------------------------

(20) Punto dapprima rettificato con rettifica pubblicata nella G.U.C.E. 26 novembre 1996, n. L 302, e poi così internamente sostituito dalla rettifica pubblicata nella G.U.C.E. 6 febbraio 1997, n. L 36.

(21) Lettera così rettificata dalla rettifica pubblicata nella G.U.C.E. 30 maggio 2002, n. L 140.

(22) Lettera inserita dalla rettifica pubblicata nella G.U.C.E. 30 maggio 2002, n. L 140.

(23) Punto così rettificato dalla rettifica pubblicata nella G.U.C.E. 10 dicembre 2002, n. L 333.

 

 


Allegato II

 

Elenco delle direttive di cui all'articolo 18, paragrafo 2 e all'articolo 20

 

1. Direttiva 87/217/CEE concernente la prevenzione e la riduzione dell'inquinamento dell'ambiente causato dall'amianto

2. Direttiva 82/176/CEE concernente i valori limite e gli obiettivi di qualità per gli scarichi di mercurio del settore dell'elettrolisi dei cloruri alcalini

3. Direttiva 83/513/CEE concernente i valori limite e gli obiettivi di qualità per gli scarichi di cadmio

4. Direttiva 84/156/CEE concernente i valori limite e gli obiettivi di qualità per gli scarichi di mercurio provenienti da settori diversi da quello dell'elettrolisi dei cloruri alcalini

5. Direttiva 84/491/CEE concernente i valori limite e gli obiettivi di qualità per gli scarichi di esaclorocicloesano

6. Direttiva 86/280/CEE concernente i valori limite e gli obiettivi di qualità per gli scarichi di talune sostanze pericolose che figurano nell'elenco I dell'allegato della direttiva 76/464/CEE successivamente modificata dalle direttive 88/347/CEE e 90/415/CEE che modificano l'allegato II della direttiva 86/280/CEE

7. Direttiva 89/369/CEE concernente la prevenzione dell'inquinamento atmosferico provocato da nuovi impianti di incenerimento dei rifiuti urbani

Direttiva 89/429/CEE concernente la riduzione dell'inquinamento atmosferico provocato dagli impianti esistenti di incenerimento dei rifiuti urbani

9. Direttiva 94/67/CE sull'incenerimento di rifiuti pericolosi

10. Direttiva 92/112/CEE che fissa le modalità di armonizzazione dei programmi per la riduzione, al fine dell'eliminazione, dell'inquinamento provocato dai rifiuti dell'industria del biossido di carbonio

11. Direttiva 88/609/CEE concernente la limitazione delle emissioni nell'atmosfera di taluni inquinanti originari dei grandi impianti di combustione, modificata da ultimo dalla direttiva 94/66/CE

12. Direttiva 76/464/CEE concernente l'inquinamento provocato da certe sostanze pericolose scaricate nell'ambiente idrico della Comunità

13. Direttiva 75/442/CEE relativa ai rifiuti, modificata dalla direttiva 91/156/CEE

14. Direttiva 75/439/CEE concernente l'eliminazione degli oli usati

15. Direttiva 91/689/CEE relativa ai rifiuti pericolosi.

 


Allegato III

 

Elenco indicativo delle principali sostanze inquinanti di cui è obbligatorio tener conto se pertinenti per stabilire i valori limite di emissione

 

Aria

1. Ossidi di zolfo e altri composti dello zolfo

2. Ossidi di azoto e altri composti dell'azoto

3. Monossido di carbonio

4. Composti organici volatili

5. Metalli e relativi composti

6. Polveri

7. Amianto (particelle in sospensione e fibre)

8. Cloro e suoi composti

9. Fluoro e suoi composti

10. Arsenico e suoi composti

11. Cianuri

12. Sostanze e preparati di cui sono comprovate proprietà cancerogene, mutagene o tali da poter influire sulla riproduzione quando sono immessi nell'atmosfera

13. Poli-cloro-dibenzo-diossina (PCDD) e poli-cloro-dibenzo-furani (PCDF).

 

Acqua

1. Composti organoalogenati e sostanze che possono dar loro origine nell'ambiente idrico

2. Composti organofosforici

3. Composti organici dello stagno

4. Sostanze e preparati di cui sono comprovate proprietà cancerogene, mutagene o tali da poter influire sulla riproduzione in ambiente idrico o con il concorso dello stesso

5. Idrocarburi persistenti e sostanze organiche tossiche persistenti e bioaccumulabili

6. Cianuri

7. Metalli e loro composti

8. Arsenico e suoi composti

9. Biocidi e prodotti fitofarmaceutici

10. Materie in sospensione

11. Sostanze che contribuiscono all'eutrofizzazione (nitrati e fosfati, in particolare)

12. Sostanze che esercitano un'influenza sfavorevole sul bilancio di ossigeno (misurabili con parametri quali DBO, DCO).

 

 


Allegato IV

 

Considerazioni da tener presenti in generale o in un caso particolare nella determinazione delle migliori tecniche disponibili, secondo quanto definito all'articolo 2, punto 11, tenuto conto dei costi e dei benefici che possono risultare da un'azione e del principio di precauzione e prevenzione

1. Impiego di tecniche a scarsa produzione di rifiuti

2. Impiego di sostanze meno pericolose

3. Sviluppo di tecniche per il ricupero e il riciclo delle sostanze emesse e usate nel processo, e, ove opportuno, dei rifiuti

4. Processi, sistemi o metodi operativi comparabili, sperimentati con successo su scala industriale

5. Progressi in campo tecnico e evoluzione delle conoscenze in campo scientifico

6. Natura, effetti e volume delle emissioni in questione

7. Date di messa in funzione degli impianti nuovi o esistenti

8. Tempo necessario per utilizzare una migliore tecnica disponibile

9. Consumo e natura delle materie prime ivi compresa l'acqua usata nel processo e efficienza energetica

10. Necessità di prevenire o di ridurre al minimo l'impatto globale sull'ambiente delle emissioni e dei rischi

11. Necessità di prevenire gli incidenti e di ridurne le conseguenze per l'ambiente

12. Informazioni pubblicate dalla Commissione ai sensi dell'articolo 16, paragrafo 2 o da organizzazioni internazionali.

 


Allegato V (24)

 

Partecipazione del pubblico alle decisioni

 

1. Il pubblico è informato (attraverso pubblici avvisi oppure in altra forma adeguata quali mezzi di comunicazione elettronici, se disponibili) in una fase precoce della procedura di adozione di una decisione o, al più tardi, non appena sia ragionevolmente possibile fornire le informazioni, sui seguenti aspetti:

a) la domanda di autorizzazione o, secondo il caso, la proposta di aggiornamento di un'autorizzazione o delle condizioni di autorizzazione ai sensi dell'articolo 15, paragrafo 1, compresa la descrizione degli elementi di cui all'articolo 6, paragrafo 1;

b) eventualmente, il fatto che la decisione sia soggetta ad una procedura di valutazione dell'impatto ambientale nazionale o transfrontaliera o alle consultazioni tra Stati membri ai sensi dell'articolo 17;

c) informazioni sulle autorità competenti responsabili dell'adozione della decisione, quelle da cui possono essere ottenute informazioni in oggetto, quelle cui possono essere presentati osservazioni o quesiti, nonché indicazioni sui termini per la trasmissione di osservazioni o quesiti;

d) la natura delle possibili decisioni o l'eventuale progetto di decisione;

e) le eventuali informazioni riguardanti una proposta di aggiornamento di un'autorizzazione o delle condizioni di autorizzazione;

f) l'indicazione dei tempi e dei luoghi in cui possono essere ottenute le informazioni e le modalità alle quali esse sono rese disponibili;

g) le modalità precise della partecipazione e della consultazione del pubblico ai sensi del paragrafo 5.

2. Gli Stati membri provvedono affinché, entro scadenze ragionevoli, il pubblico interessato abbia accesso:

a) conformemente alla legislazione nazionale, ai principali rapporti e consulenze pervenuti alla o alle autorità competenti nel momento in cui il pubblico interessato è informato conformemente al paragrafo 1;

b) conformemente alle disposizioni della direttiva 2003/4/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 28 gennaio 2003, sull'accesso del pubblico all'informazione ambientale, alle informazioni diverse da quelle previste al paragrafo 1 che sono pertinenti ai fini della decisione di cui all'articolo 8 e che sono disponibili soltanto dopo che il pubblico interessato è stato informato conformemente al paragrafo 1.

3. Il pubblico interessato ha il diritto di presentare osservazioni e di esprimere pareri all'autorità competente prima che sia adottata una decisione.

4. Le risultanze delle consultazioni condotte ai sensi del presente allegato devono essere prese adeguatamente in considerazione al momento della decisione.

5. Gli Stati membri stabiliscono le modalità precise di informazione del pubblico (ad esempio mediante affissione entro una certa area o mediante pubblicazione nei giornali locali) e di consultazione del pubblico interessato (ad esempio per iscritto o tramite indagine pubblica). Vengono fissate scadenze adeguate per le varie fasi, che concedano un tempo sufficiente per informare il pubblico nonché per consentire al pubblico interessato di prepararsi e di partecipare efficacemente al processo decisionale in materia ambientale ai sensi delle disposizioni del presente allegato.

 

 

------------------------

(24) Allegato aggiunto dall'allegato II della direttiva 2003/35/CE.


Racc. 2001/331/CE del 4 aprile 2001 (1).
Raccomandazione del Parlamento europeo e del Consiglio che stabilisce i criteri minimi per le ispezioni ambientali negli Stati membri (2).

 

 

 

------------------------

(1) Pubblicata nella G.U.C.E. 27 aprile 2001, n. L 118.

(2) Raccomandazione recepita con L. 3 febbraio 2003, n. 14 (legge comunitaria 2002).

 

 

Il Parlamento europeo e il Consiglio dell'Unione europea,

visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 175, paragrafo 1,

vista la proposta della Commissione,

visto il parere del Comitato economico e sociale (3),

visto il parere del Comitato delle regioni (4),

deliberando secondo la procedura di cui all'articolo 251 del trattato (5) e alla luce del progetto comune approvato dal comitato di conciliazione l'8 gennaio 2001,

considerando quanto segue:

(1) La risoluzione del Consiglio e dei rappresentanti dei governi degli Stati membri, riuniti in sede di Consiglio il 1° febbraio 1993, riguardante un programma comunitario di politica e di azione a favore dell'ambiente e di uno sviluppo sostenibile (6) e la decisione n. 2179/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, relativa alla revisione di tale programma, hanno posto in evidenza l'importanza di attuare la normativa comunitaria in materia di ambiente attraverso il concetto di condivisione delle responsabilità.

(2) La comunicazione della Commissione al Consiglio dell'Unione europea e al Parlamento europeo sull'attuazione della normativa comunitaria in materia di ambiente, del 5 novembre 1996, in particolare il paragrafo 29, ha proposto l'istituzione di linee guida a livello comunitario per facilitare gli Stati membri nell'esecuzione dei compiti ispettivi, riducendo le ampie disparità attualmente esistenti in materia tra gli Stati membri.

(3) Con la risoluzione del 7 ottobre 1997 sulla formulazione, l'attuazione e il rispetto del diritto comunitario dell'ambiente (7) il Consiglio ha chiesto alla Commissione di sottoporre all'ulteriore esame del Consiglio, basandosi in particolare sui lavori della Rete europea per l'attuazione e il controllo del rispetto del diritto dell'ambiente (Implementation and Enforcement of Environmental Law - "IMPEL"), criteri minimi e/o linee guida per i compiti di ispezione svolti a livello nazionale e per le possibili modalità di controllo della loro esecuzione pratica da parte degli Stati membri, al fine di assicurare l'uniformità dell'applicazione pratica e del rispetto della normativa ambientale. La proposta della Commissione ha tenuto conto di un documento adottato dalla Rete IMPEL nel novembre 1997, intitolato "Criteri minimi per le ispezioni".

(4) La risoluzione del Parlamento europeo, del 14 maggio 1997, concernente una comunicazione della Commissione ha chiesto l'elaborazione di normative comunitarie in materia di ispezioni ambientali e il Comitato economico e sociale e il Comitato delle regioni hanno dato parere favorevole riguardo alla comunicazione della Commissione e hanno sottolineato l'importanza delle ispezioni ambientali.

(5) Vari sistemi e prassi di ispezione già esistenti negli Stati membri non dovrebbero essere sostituiti da un sistema di ispezione a livello comunitario, come stabilito nella risoluzione del Consiglio del 7 ottobre 1997 e gli Stati membri dovrebbero mantenere la responsabilità dei compiti di ispezione ambientale.

(6) L'Agenzia europea per l'ambiente può offrire una consulenza agli Stati membri in merito alla progettazione, alla creazione e all'ampliamento dei loro sistemi di controllo delle misure ambientali e può offrire un'assistenza alla Commissione e agli Stati membri per quanto attiene ai controlli delle misure ambientali mediante il sostegno alle attività di relazione, al fine di coordinare tali attività.

(7) L'esistenza di un sistema di ispezioni e il loro svolgimento costituiscono un deterrente alle violazioni ambientali poiché consentono alle autorità di individuare le infrazioni e di far rispettare la normativa ambientale mediante sanzioni o altri mezzi. Pertanto le ispezioni costituiscono un anello indispensabile della catena regolamentare ed uno strumento efficiente per contribuire ad un'attuazione più coerente e al rispetto della normativa ambientale in tutta la Comunità ed evitare distorsioni della concorrenza.

(8) Attualmente vi è una grande disparità nei sistemi e nei meccanismi di ispezione tra gli Stati membri in termini non solo di capacità di assolvere ai compiti ispettivi ma anche per quanto riguarda la portata e l'oggetto di tali compiti e perfino la loro stessa esistenza in alcuni Stati membri. Tale situazione non può essere ritenuta soddisfacente ai fini dell'attuazione, dell'applicazione pratica e del rispetto effettivi e più coerenti della normativa comunitaria in materia di protezione ambientale.

(9) È pertanto necessario fornire, in questa fase, linee guida sotto forma di criteri minimi da applicare come base comune nell'espletamento delle ispezioni ambientali negli Stati membri.

(10) La normativa ambientale comunitaria fa obbligo agli Stati membri di applicare i requisiti relativi a taluni emissioni, scarichi o attività. I criteri minimi relativi all'organizzazione e alla realizzazione delle ispezioni devono essere rispettati negli Stati membri, in un primo tempo, per tutti gli impianti industriali e altre imprese e strutture, le cui emissioni d'aria e/o scarichi d'acqua e/o attività di smaltimento o ricupero di rifiuti sono soggette al rilascio di autorizzazioni, permessi o licenze a norma del diritto comunitario.

(11) Le ispezioni dovrebbero svolgersi tenendo conto della ripartizione delle responsabilità negli Stati membri tra servizi addetti all'autorizzazione e servizi responsabili dell'ispezione.

(12) Per rendere questo sistema di ispezione efficiente, gli Stati membri dovrebbero assicurare che le attività ispettive in campo ambientale siano pianificate in precedenza.

(13) Le visite in sito costituiscono un elemento importante delle attività di ispezione in campo ambientale.

(14) I dati e la documentazione forniti dai gestori industriali registrati nell'ambito del sistema comunitario di ecogestione e audit possono costituire un'utile fonte di informazione nell'ambito delle ispezioni ambientali.

(15) Per trarre conclusioni dalle visite in sito si devono redigere relazioni periodiche.

(16) Le relazioni sulle attività ispettive e l'accesso del pubblico a tali informazioni sono importanti per assicurare, attraverso la trasparenza, la partecipazione dei cittadini, delle organizzazioni non governative e di altri soggetti interessati all'attuazione della normativa ambientale comunitaria. L'accesso a tali informazioni deve essere conforme alle disposizioni della direttiva 90/313/CEE del Consiglio, del 7 giugno 1990, concernente la libertà di accesso all'informazione in materia di ambiente.

(17) Gli Stati membri dovrebbero prestarsi reciprocamente assistenza sul piano amministrativo nell'attuare la presente raccomandazione. L'istituzione, da parte degli Stati membri in collaborazione con l'IMPEL, di relazioni e di sistemi di consulenza in materia di ispezioni e procedure ispettive contribuirebbero a promuovere le migliori pratiche nella Comunità.

(18) Gli Stati membri dovrebbero riferire al Consiglio e alla Commissione circa la loro esperienza in merito all'applicazione della presente raccomandazione e la Commissione terrà regolarmente informato il Parlamento europeo.

(19) La Commissione dovrebbe esaminare l'applicazione e l'efficacia della presente raccomandazione e riferire in materia al Parlamento europeo e al Consiglio al più presto possibile una volta ricevute le relazioni degli Stati membri.

(20) Si dovrebbero promuovere ulteriori lavori da parte dell'IMPEL e degli Stati membri, in cooperazione con la Commissione, in materia di migliori pratiche circa le qualifiche e la formazione degli ispettori ambientali.

(21) Secondo i principi di sussidiarietà e proporzionalità di cui all'articolo 5 del trattato, e date le differenze tra i sistemi e di meccanismi di ispezione degli Stati membri, gli obiettivi dell'azione proposta possono essere realizzati meglio da indirizzi stabiliti a livello comunitario.

(22) Sulla scorta dell'esperienza acquisita nell'applicazione della presente raccomandazione e tenuto conto dell'ulteriore lavoro dell'IMPEL nonché dei risultati dei sistemi previsti dalla presente raccomandazione, la Commissione dovrebbe adeguare, una volta ricevute le relazioni degli Stati membri, la portata e il contenuto dei criteri minimi e presentare altre proposte tra cui, se necessario, anche una proposta di direttiva,

raccomandano:

 

 

------------------------

(3) Pubblicato nella G.U.C.E. 16 giugno 1999, n. C 169.

(4) Pubblicato nella G.U.C.E. 23 dicembre 1999, n. C 374.

(5) Parere del Parlamento europeo del 16 settembre 1999 (G.U.C.E. 25 febbraio 2000, n. C 54), posizione comune del Consiglio del 30 marzo 2000 (G.U.C.E. 16 maggio 2000, n. C 137) e decisione del Parlamento europeo del 6 luglio 2000. Decisione del Parlamento europeo del 1° febbraio 2001 e decisione del Consiglio del 26 febbraio 2001.

(6) Pubblicata nella G.U.C.E. 17 maggio 1993, n. C 138.

(7) Pubblicata nella G.U.C.E. 22 ottobre 1997, n. C 321.

 

 

I - Finalità

 

Gli Stati membri dovrebbero effettuare le ispezioni ambientali rispettando i criteri minimi da applicare all'organizzazione, alla realizzazione, al seguito dato e alla pubblicazione dei risultati di tali attività, rafforzando in tal modo la conformità con la normativa ambientale comunitaria e contribuendo ad assicurare che essa venga attuata e rispettata con maggiore coerenza in tutti gli Stati membri.

 

 

II - Ambito di applicazione e definizioni

 

1. a) La presente raccomandazione si applica alle ispezioni ambientali di tutti gli impianti industriali e di altre imprese e strutture le cui emissioni atmosferiche e/o i cui scarichi in ambiente idrico e/o le cui attività di smaltimento o riciclaggio dei rifiuti sono soggetti ad autorizzazione, a permesso o a licenza ai sensi del diritto comunitario, fatte salve le disposizioni specifiche in materia di ispezioni previste dalla vigente normativa comunitaria.

b) Ai fini della presente raccomandazione tutti gli impianti e le altre imprese e strutture di cui alla lettera a) sono "impianti controllati".

2. Ai fini della presente raccomandazione le attività di "ispezione ambientale" comprendono, ove necessario:

a) il controllo e la promozione della conformità degli impianti controllati alle prescrizioni ambientali pertinenti stabilite dalla normativa comunitaria quale recepita nella normativa nazionale o applicata nell'ordinamento giuridico nazionale (in seguito denominati "prescrizioni del diritto comunitario");

b) il monitoraggio dell'impatto degli impianti controllati sull'ambiente per determinare la necessità di un'ispezione complementare o i un controllo in materia di applicazione (incluso il rilascio, la modifica o la revoca delle autorizzazioni, dei permessi o delle licenze) al fine di garantire la conformità alle prescrizioni del diritto comunitario;

c) le attività necessarie ai fini di quanto precede, tra cui:

- visite in sito,

- controllo del rispetto degli standard di qualità ambientale,

- esame delle dichiarazioni e delle relazioni di audit ambientale,

- esame e verifica delle attività di monitoraggio effettuate direttamente dai gestori degli impianti controllati o per loro conto,

- valutazione delle attività ed operazioni effettuate presso gli impianti controllati,

- controllo dello stabilimento e delle pertinenti attrezzature (compresa l'idoneità della manutenzione) e dell'adeguatezza della gestione ambientale nel sito,

- controllo dei pertinenti registri tenuti dai gestori degli impianti controllati.

3. Le ispezioni ambientali, comprese le visite in sito, possono essere:

a) attività ordinarie, ovvero effettuate come parte di un programma di ispezioni, oppure

b) attività straordinarie, ovvero effettuate a seguito di reclami, in occasione del rilascio, del rinnovo o della modifica di un'autorizzazione, di un permesso o i una licenza o nell'ambito di indagini relative ad incidenti gravi, inconvenienti e inadempienze.

4. a) Le ispezioni ambientali possono essere effettuate dalle pubbliche autorità a livello nazionale, regionale o locale, istituite o designate dagli Stati membri e competenti per le materie oggetto della presente raccomandazione.

b) Gli organismi di cui alla lettera a) possono, ai sensi della rispettiva legislazione nazionale, delegare i compiti previsti dalla presente raccomandazione, sotto la loro autorità e supervisione, a qualsiasi soggetto dotato di personalità giuridica ai sensi del diritto pubblico o privato, purché esso non abbia alcun interesse privato nel risultato delle ispezioni che effettua.

c) Gli organismi di cui alle lettere a) e b) sono definiti "autorità ispettive".

5. Ai fini della presente raccomandazione il "gestore di un impianto controllato" è qualsiasi privato cittadino o soggetto dotato di personalità giuridica che gestisce o controlla l'impianto controllato o, ove ciò sia previsto dalla legislazione nazionale, al quale è stato concesso per delega il potere decisionale economico sul funzionamento tecnico dell'impianto controllato.

 

 

III - Organizzazione ed esecuzione delle ispezioni ambientali

 

1. Gli Stati membri dovrebbero assicurare che lo scopo delle ispezioni ambientali sia conseguire un elevato livello di protezione ambientale e a tal fine dovrebbero adottare le misure necessarie a garantire che le ispezioni ambientali degli impianti controllati siano organizzate ed eseguite in conformità dei punti da IV a VIII della presente raccomandazione.

2. Gli Stati membri si prestano reciprocamente assistenza sul piano amministrativo per attuare le linee guida della presente raccomandazione scambiandosi le informazioni pertinenti e, ove opportuno, i funzionari ispettivi.

3. Al fine di impedire pratiche transfrontaliere illecite in materia ambientale gli Stati membri dovrebbero promuovere, in collaborazione con la rete IMPEL, il coordinamento delle ispezioni con riguardo agli impianti e alle attività che possano avere rilevante impatto transfrontaliero.

4. Al fine di promuovere le migliori pratiche in tutta la Comunità, gli Stati membri, in collaborazione con la rete IMPEL, possono prendere in considerazione l'istituzione di un sistema in base al quale essi riferiscono e offrono consulenza in merito agli ispettorati e alle procedure d'ispezione applicate nei rispettivi paesi, tenendo debitamente conto dei sistemi e contesti diversi nei quali operano, e riferiscono agli Stati membri interessati circa le loro conclusioni.

 

 

IV - Piani relativi alle ispezioni ambientali

 

1. Gli Stati membri dovrebbero assicurare la pianificazione anticipata delle attività di ispezione ambientale, tenendo a disposizione in ogni momento uno o più piani di ispezione ambientale che coprano tutto il territorio dello Stato membro e gli impianti controllati ivi ubicati. Tali piani dovrebbero essere accessibili al pubblico, conformemente alla direttiva 90/313/CEE.

2. I piani possono essere stabiliti a livello nazionale, regionale o locale, ma gli Stati membri dovrebbero assicurare che essi si applichino a tutte le ispezioni ambientali degli impianti controllati presenti sul loro territorio e che le autorità di cui al punto II, paragrafo 4, siano designate per realizzare tali ispezioni.

3. I piani delle ispezioni ambientali dovrebbero essere redatti in base a quanto segue:

a) le prescrizioni del diritto comunitario da rispettare;

b) un registro degli impianti controllati all'interno dell'area del piano;

c) una valutazione generale dei principali problemi ambientali dell'area del piano ed una valutazione generale dell'osservanza delle prescrizioni del diritto comunitario da parte degli impianti controllati;

d) eventuali dati sulle precedenti attività ispettive e dati da queste derivati.

4. I piani delle ispezioni ambientali dovrebbero:

a) essere adeguati ai compiti ispettivi svolti dalle autorità competenti e tenere conto degli impianti controllati interessati e dei rischi e degli impatti ambientali provocati dalle emissioni e dagli scarichi da essi provenienti;

b) tenere conto delle informazioni pertinenti disponibili in relazione a siti specifici o tipi di impianti controllati, come le relazioni redatte dai gestori degli impianti controllati per le autorità, i dati relativi al controllo interno, le informazioni di audit e dichiarazioni ambientali, in particolare quelle prodotte dagli impianti controllati registrati in conformità del sistema comunitario di ecogestione e audit (EMAS), i risultati delle ispezioni precedenti e le relazioni sul controllo della qualità ambientale.

5. I piani di ispezione ambientale dovrebbero come minimo:

a) definire l'area geografica d'applicazione, che può comprendere in tutto o in parte il territorio di uno Stato membro;

b) coprire un determinato periodo di tempo, ad esempio un anno;

c) prevedere disposizioni specifiche di revisione;

d) indicare i siti specifici o i tipi di impianti controllati interessati;

e) prevedere programmi di ispezioni ambientali ordinarie, tenuto conto dei rischi ambientali; detti programmi dovrebbero comprendere, ove opportuno, la frequenza delle visite in sito per i vari tipi di impianti controllati specificati;

f) prevedere e definire le procedure per le ispezioni ambientali straordinarie da attuare in caso di reclami, incidenti gravi, inconvenienti e inadempienze e ai fini del rilascio di permessi;

g) prevedere il coordinamento fra le diverse autorità ispettive, ove necessario.

 

 

V - Visite in sito

 

1. Gli Stati membri dovrebbero garantire che in tutte le visite in sito siano rispettati i criteri seguenti:

a) congrua verifica della conformità alle prescrizioni del diritto comunitario applicabili all'ispezione in questione;

b) scambio di informazioni sulle rispettive attività e, per quanto possibile, coordinamento delle visite in sito e delle altre attività di ispezione ambientale nel caso di visite in sito eseguite da più di un'autorità ispettiva;

c) descrizione dei risultati delle visite in sito nelle relazioni redatte in conformità del punto VI e, se necessario, scambio di queste informazioni tra le autorità competenti per le ispezioni e l'osservanza delle norme nonché altre autorità a livello nazionale, regionale e locale;

d) regolare diritto d'accesso ai siti e alle informazioni, ai fini delle ispezioni ambientali, per gli ispettori e per l'altro personale addetto alle visite in sito.

2. Gli Stati membri dovrebbero assicurare che le visite in sito siano effettuate periodicamente dalle autorità ispettive nel quadro delle loro ispezioni ambientali ordinarie e che in tali visite siano applicati i seguenti criteri aggiuntivi:

a) va esaminata la gamma completa dei pertinenti impatti ambientali, secondo le prescrizioni del diritto comunitario applicabili, dei programmi di ispezione ambientale e dell'organizzazione interna degli organismi ispettivi;

b) le visite in sito dovrebbero promuovere e approfondire le conoscenze e la comprensione da parte dei gestori delle pertinenti prescrizioni del diritto comunitario, dei punti vulnerabili dell'ambiente e dell'impatto ambientale delle loro attività;

c) devono essere presi in considerazione i rischi e gli impatti per l'ambiente dell'impianto controllato al fine di valutare l'efficacia degli attuali requisiti per l'autorizzazione, il permesso o la licenza e stabilire se sia necessario migliorarli o modificarli.

3. Gli Stati membri dovrebbero inoltre garantire la realizzazione di visite in sito straordinarie nelle seguenti circostanze:

a) indagini da parte delle pertinenti autorità ispettive in caso di reclami ambientali di notevole importanza, non appena esse ne siano venute a conoscenza;

b) indagini relative a gravi incidenti ambientali, inconvenienti o inadempienze, non appena le pertinenti autorità ispettive ne siano venute a conoscenza;

c) ove opportuno, per stabilire se, e a quali condizioni, rilasciare per la prima volta un'autorizzazione, un permesso o una licenza per un processo o attività presso un impianto controllato o il sito proposto a tale scopo oppure per accertare la conformità ai requisiti per l'autorizzazione, il permesso o la licenza dopo il rilascio e prima dell'avvio dell'attività;

d) ove opportuno, prima del nuovo rilascio, rinnovo o modifica di un'autorizzazione, di un permesso o di una licenza.

 

 

VI - Relazioni e conclusioni a seguito delle visite in sito

 

1. Gli Stati membri dovrebbero garantire che le autorità ispettive elaborino o conservino in archivi di dati e in modo identificabile dopo ogni visita in sito i dati relativi alle ispezioni e le conclusioni raggiunte sull'osservanza delle prescrizioni del diritto comunitario, una valutazione al riguardo e una conclusione sulla necessità di ulteriori azioni, come ad esempio procedure di controllo dell'applicazione, comprese sanzioni, il nuovo rilascio o la modifica di un'autorizzazione, di un permesso o i una licenza o ulteriori attività di ispezione, comprese ulteriori visite in sito. Le relazioni dovrebbero essere messe a punto il più presto possibile.

2. Gli Stati membri dovrebbero garantire che le relazioni sulle visite in sito siano correttamente registrate per iscritto e conservate in una base di dati facilmente accessibile. Le relazioni complete o, ove ciò non fosse possibile, le loro conclusioni, sono comunicate al gestore dell'impianto controllato in questione e messe a disposizione del pubblico conformemente alla direttiva 90/313/CEE. Le relazioni dovrebbero essere messe a disposizione del pubblico entro due mesi dallo svolgimento dell'ispezione.

 

 

VII - Indagini in caso di incidenti gravi, inconvenienti e inadempienze

 

Gli Stati membri dovrebbero assicurare che le indagini in caso di incidenti gravi, inconvenienti e inadempienze della legislazione comunitaria, di cui le autorità vengono a conoscenza mediante reclamo o altro mezzo, siano effettuate dalla pertinente autorità in modo da:

a) chiarire le cause dell'evento e il suo impatto sull'ambiente nonché, ove opportuno, la responsabilità, anche civile, dell'evento e delle sue conseguenze inviando le conclusioni all'autorità responsabile dell'applicazione, se diversa da quella preposta all'ispezione;

b) ridurre e, ove possibile, porre rimedio agli impatti ambientali dell'evento determinando le azioni appropriate che il gestore (i gestori) e le autorità devono intraprendere;

c) determinare le azioni da intraprendere per evitare ulteriori incidenti, inconvenienti e inadempienze;

d) se necessario, adottare misure di applicazione o sanzioni;

e) accertarsi che il gestore prenda adeguate misure per dare seguito all'ispezione.

 

 

VIII - Relazione a livello generale sulle attività ispettive in campo ambientale

 

1. Gli Stati membri dovrebbero riferire alla Commissione sull'esperienza acquisita nell'applicazione della presente raccomandazione entro due anni a decorrere dalla data di pubblicazione nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee, utilizzando, per quanto possibile, i dati resi disponibili dalle autorità ispettive regionali e locali.

2. Tali relazioni dovrebbero essere messe a disposizione del pubblico e comprendere in particolare quanto segue:

a) dati sul personale e sulle altre risorse di cui dispongono le autorità ispettive;

b) dettagli sul ruolo e l'operato delle autorità ispettive per l'elaborazione e l'attuazione dei pertinenti piani di ispezione;

c) dati schematici sulle ispezioni ambientali effettuate, compreso il numero di visite in sito effettuate, la percentuale di impianti controllati ispezionati (per tipo) e una stima del tempo necessario per ispezionare tutti gli impianti controllati del tipo in questione;

d) i dati sintetici sul grado di conformità degli impianti controllati alle prescrizioni del diritto comunitario, quale risulta dalle ispezioni eseguite;

e) un quadro riassuntivo, con dati quantitativi, delle azioni intraprese a seguito di seri reclami, incidenti, inconvenienti e inadempienze;

f) una valutazione del successo o del fallimento dei piani di ispezione in relazione all'attività dell'organismo ispettivo, con eventuali raccomandazioni per i piani futuri.

 

 

IX - Valutazione ed evoluzione della raccomandazione

 

1. La Commissione dovrebbe valutare il funzionamento e l'efficacia della presente raccomandazione al più presto dopo aver ricevuto le relazioni dagli Stati membri di cui al punto VIII, allo scopo di adeguare la portata dei criteri minimi alla luce dell'esperienza acquisita con la loro applicazione e tenendo conto di ogni ulteriore contributo delle parti interessate, incluse la rete IMPEL e l'Agenzia europea per l'ambiente. La Commissione dovrebbe quindi presentare al Parlamento europeo e al Consiglio una relazione corredata, se opportuno, di una proposta di direttiva. Il Parlamento europeo e il Consiglio esamineranno senza indugio tale proposta.

2. La Commissione è invitata a elaborare al più presto, in collaborazione con la rete IMPEL e altre parti interessate, criteri minimi in materia di qualificazione degli ispettori ambientali autorizzati a effettuare le ispezioni per conto delle autorità ispettive oppure sotto la loro autorità o supervisione.

3. Gli Stati membri dovrebbero definire quanto prima, in collaborazione con la rete IMPEL, la Commissione ed altre parti interessate, programmi di formazione, al fine di soddisfare la domanda di ispettori ambientali qualificati.

 

 

X - Attuazione

 

Gli Stati membri dovrebbero informare la Commissione in merito all'attuazione della presente raccomandazione comunicando contemporaneamente i particolari relativi ai meccanismi di ispezione ambientale già esistenti o previsti non oltre dodici mesi dalla sua pubblicazione nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee.

 

Fatto a Lussemburgo, il 4 aprile 2001.

Per il Parlamento europeo

La Presidente

N. Fontaine

Per il Consiglio

Il Presidente

B. Rosengren

 


Allegati


N. 1798-D

¾

CAMERA DEI DEPUTATI

¾¾¾¾¾¾¾¾

DISEGNO DI LEGGE

 

APPROVATO DALLA CAMERA DEI DEPUTATI

il 2 ottobre 2002 (v. stampato Senato n. 1753)

MODIFICATO DAL SENATO DELLA REPUBBLICA

il 14 maggio 2003 (v. stampato Camera n. 1798-B)

NUOVAMENTE MODIFICATO DALLA CAMERA DEI DEPUTATI

il 15 ottobre 2003 (v. stampato Senato n. 1753-B)

NUOVAMENTE MODIFICATO DAL SENATO DELLA REPUBBLICA

il 14 ottobre 2004

presentato dal ministro dell'ambiente e della tutela del territorio

(MATTEOLI)

di concerto con il ministro delle attività produttive

(MARZANO)

con il ministro delle infrastrutture e dei trasporti

(LUNARDI)

con il ministro delle politiche agricole e forestali

(ALEMANNO)

con il ministro dell'economia e delle finanze

(TREMONTI)

con il ministro della giustizia

(CASTELLI)

con il ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca

(MORATTI)

con il ministro per la funzione pubblica

(FRATTINI)

con il ministro per gli affari regionali

(LA LOGGIA)

con il ministro per le politiche comunitarie

(BUTTIGLIONE)

e con il ministro per l'innovazione e le tecnologie

(STANCA)

¾

 

Delega al Governo per il riordino, il coordinamento e l'integrazione della legislazione in materia ambientale e misure di diretta applicazione

 

¾¾¾¾¾¾¾¾

Trasmesso dal Presidente del Senato della Repubblica

il 16 ottobre 2004

¾¾¾¾¾¾¾¾

 


 


disegno di legge

¾¾¾

TESTO

approvato dalla Camera dei deputati

il 15 ottobre 2003

Art. 1.

(Delega al Governo per il riordino, il coordinamento e l'integrazione della legislazione in materia ambientale e misure di diretta applicazione).

 

1. Il Governo è delegato ad adottare, entro diciotto mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, uno o più decreti legislativi di riordino, coordinamento e integrazione delle disposizioni legislative nei seguenti settori e materie, anche mediante la redazione di testi unici:

a) gestione dei rifiuti e bonifica dei siti contaminati;

           b) tutela delle acque dall'inquinamento e gestione delle risorse idriche;

           c) difesa del suolo e lotta alla desertificazione;

           d) gestione delle aree protette, conservazione e utilizzo sostenibile degli esemplari di specie protette di flora e di fauna;

           e) tutela risarcitoria contro i danni all'ambiente;

           f) procedure per la valutazione di impatto ambientale (VIA), per la valutazione ambientale strategica (VAS) e per l'autorizzazione ambientale integrata (IPPC);

           g) tutela dell'aria e riduzione delle emissioni in atmosfera.

(omissis)

9. I decreti legislativi di cui al comma 1 devono essere informati agli obiettivi di massima economicità e razionalità, anche utilizzando tecniche di raccolta, gestione ed elaborazione elettronica di dati e, se necessario, mediante ricorso ad interventi sostitutivi, sulla base dei seguenti princìpi e criteri specifici:

(omissis)

f) garantire il pieno recepimento delle direttive 85/337/CEE del Consiglio, del 27 giugno 1985, e 97/11/CE del Consiglio, del 3 marzo 1997, in materia di VIA e della direttiva 2001/42/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 giugno 2001, in materia di VAS e, fatto salvo quanto previsto dall'articolo 1, comma 2, della legge 21 dicembre 2001, n.443, semplificare, anche mediante l'emanazione di regolamenti, ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n.400, le procedure di VIA che dovranno tenere conto del rapporto costi-benefici del progetto dal punto di vista ambientale, economico e sociale; anticipare le procedure di VIA alla prima presentazione del progetto dell'intervento da valutare; introdurre un sistema di controlli idoneo ad accertare l'effettivo rispetto delle prescrizioni impartite in sede di valutazione; garantire il completamento delle procedure in tempi certi; introdurre meccanismi di coordinamento tra la procedura di VIA e quella di VAS e promuovere l'utilizzo della VAS nella stesura dei piani e dei programmi statali, regionali e sovracomunali; prevedere l'estensione della procedura di IPPC ai nuovi impianti, individuando le autorità competenti per il rilascio dell'autorizzazione unica e identificando i provvedimenti autorizzatori assorbiti da detta autorizzazione; adottare misure di coordinamento tra le procedure di VIA e quelle di IPPC nel caso di impianti sottoposti ad entrambe le procedure, al fine di evitare duplicazioni e sovrapposizioni; accorpare in un unico provvedimento di autorizzazione le diverse autorizzazioni ambientali, nel caso di impianti non rientranti nel campo di applicazione della direttiva 96/61/CE del Consiglio, del 24 settembre 1996, ma sottoposti a più di un'autorizzazione ambientale settoriale;

(omissis)

 

disegno di legge

¾¾¾

TESTO

approvato dalla Camera dei deputati

il 15 ottobre 2003

Art. 1.

 

 

 

 

 

 

1. Identico

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

9. Identico.

 


 

Emanazione di linee guida per l'individuazione e l'utilizzazione delle migliori tecniche disponibili, per le attività elencate nell'allegato I del decreto legislativo 4 agosto 1999, n. 372

 

IL MINISTRO DELL’AMBIENTE E DELLA TUTELA DEL TERRITORIO

DI CONCERTO CON

IL MINISTRO DELLE ATTIVITÀ PRODUTTIVE

E

IL MINISTRO DELLA SALUTE

 

 

VISTO  il decreto legislativo 4 agosto 1999, n. 372 recante “Attuazione della direttiva 96/61/CE relativa  alla prevenzione  e riduzione integrate dell'inquinamento” e in particolare l’articolo 3, comma 2, che prevede l’emanazione di linee guida per l'individuazione e l'utilizzazione delle migliori tecniche disponibili, e l’articolo 5, comma 4, che prevede che l'autorita' competente rilascia l'autorizzazione nel rispetto delle linee guida di cui all'articolo  3, comma 2;

ACQUISITI gli elaborati tecnici riportati in allegato al presente decreto, predisposti dalla commissione istituita con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio del 19 novembre 2002 (pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana n. 302 del 27 dicembre 2002) ai sensi dell’art. 3, comma 2 del d.lgs. 372/99;

SENTITA la Conferenza unificata istituita ai sensi del  decreto legislativo 25 agosto 1997, n. 281 nella seduta del 14 ottobre 2004;

D E C R E T A

 

Art.1

(Emanazione delle linee guida per l'individuazione e l'utilizzazione delle migliori tecniche disponibili)

 

1.       Ai sensi dell’articolo 3, comma 2 del decreto legislativo 4 agosto 1999, n. 372, sono emanate linee guida recanti i criteri per l'individuazione e l'utilizzazione delle migliori tecniche disponibili, per le attività rientranti nelle categorie descritte ai punti 1.3, 2.1, 2.2, 2.3, 2.4, 2.5 e 6.1 nell'allegato I del decreto legislativo 4 agosto 1999, n.372, relativamente ad impianti esistenti.

Tali linee guida, che costituiscono parte integrante del presente decreto, sono riportate in allegato.

 

2.      Ulteriori aggiornamenti delle linee guida allegate formeranno oggetto di successivi decreti ai sensi dell’articolo 3, comma 2 del decreto legislativo 4 agosto 1999, n. 372.

 

 

Art.2

(Entrata in vigore)

 

1. Il presente decreto entra in vigore il giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana.

 

Il presente decreto sarà trasmesso agli organi di controllo per la registrazione e pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana.

 

 

Roma,

 

 

Il Ministro dell’ambiente
e della tutela del territorio

(Altero Matteoli)


Il Ministro delle attività produttive

(Antonio Marzano)

 

Il Ministro della salute

(Girolamo Sirchia)

 


ALLEGATO 1

 

Linee Guida generali per la individuazione ed utilizzazione delle migliori tecniche disponibili, per le attività esistenti di cui all'allegato I del D.Lgs. 372/99

 

I.         Premessa

 

L’art. 3 comma 2 del D.Lgs. 372/99 recante “Attuazione della direttiva 96/61/CE relativa alla prevenzione e riduzione integrate dell’inquinamento” prevede l’emanazione di Linee Guida volte alla “individuazione ed utilizzazione delle migliori tecniche disponibili per le attività elencate nell’Allegato 1” dello stesso decreto. Ciò al duplice scopo di agevolare l’attività delle Amministrazioni competenti al rilascio della “autorizzazione integrata ambientale” (AIA) e di pervenire ad un quadro autorizzatorio nazionale, regionale e provinciale efficace ai fini del conseguimento di un livello elevato  di protezione dell'ambiente nel suo complesso, che risulti compatibile con la situazione del tessuto industriale esistente nel nostro Paese e, al tempo stesso, che contribuisca a delineare un contesto per quanto possibile omogeneo e coordinato, tale da evitare o comunque minimizzare disomogeneità nel livello di protezione dell’ambiente e distorsioni della concorrenzialità del sistema produttivo.

In relazione a quanto precede, le presenti Linee Guida generali intendono individuare i criteri generali essenziali che esplicitino e concretizzino i principi informatori della direttiva 96/61/CE come recepiti dal D.Lgs 372/99 e dunque consentano di definire un insieme di riferimenti di primo livello omogenei e condivisi dalle Amministrazioni e dagli Operatori.

La redazione delle presenti Linee Guida generali è stata condotta contestualmente alla predisposizione di Linee Guida specifiche di settore.

Pertanto, con riferimento a quanto disposto dall’art. 5, comma 4 del D.Lgs. 372/99, il rispetto delle presenti Linee Guida generali deve essere garantito tenendo conto dei contenuti delle corrispondenti Linee Guida specifiche.

 

II.        Principi

 

Di seguito vengono richiamati i principi di più rilevante interesse al fine della individuazione e dell’utilizzazione delle migliori tecniche disponibili.

 

1.       Principio dell’approccio integrato – L’applicazione di tale principio, introdotto dalla direttiva 96/61/CE quale mezzo per conseguire la riduzione integrata dell’inquinamento nelle varie componenti ambientali, costituisce di per sé una pratica efficace di prevenzione e controllo delle emissioni. In particolare, tenere conto dei cosiddetti effetti incrociati (cross-media effects) costituisce un passaggio essenziale per prevenire e tenere sotto controllo in maniera coordinata le diverse forme di  inquinamento.

A tal fine il Gestore, nel compilare la domanda, e l’Autorità competente, nel compiere la valutazione tecnica in sede istruttoria, devono in ogni caso tenere conto:

a)       della capacità produttiva potenziale dell’impianto. A tal proposito si precisa che per le attività che sono accompagnate da valori di soglia anche la determinazione dell’appartenenza dell’impianto alle categorie comprese nell’allegato I del D.Lgs. 372/99 deve di norma far riferimento alla predetta capacità produttiva potenziale;

b)       delle singole fasi di ciascuna attività svolta nell’impianto produttivo e delle relative interconnessioni funzionali e, per ciascuna fase, degli impatti sulle diverse matrici ambientali e dei consumi di materie prime e di risorse;

c)       degli interventi proposti al fine di adeguare gli impianti alle migliori tecniche disponibili;

d)       delle valutazioni poste a fondamento della scelta degli interventi suddetti e la coerenza delle stesse con i principi dell’approccio integrato, anche attraverso la quantificazione dei benefici ottenibili in termini di riduzione delle emissioni e di utilizzo delle risorse;

e)       degli approfondimenti svolti sulle diverse tipologie di impianti attraverso confronti specifici avutisi anche eventualmente con le organizzazioni di categoria;

f)         del quadro ambientale con riferimento alle specifiche sensibilità del sito relativamente a ciascuna matrice;

g)       della presenza sul sito di altre realtà operative e infrastrutturali che possono influenzare le scelte tecnologiche e gestionali, in modo tale che le soluzioni proposte garantiscano la massima tutela dell’ambiente nel suo complesso;

h)            dei provvedimenti ambientali previsti dalle vigenti disposizioni di legge e sostituiti dall’autorizzazione integrata ambientale evidenziati nell’istanza del richiedente e opportunamente verificati.

 

2.       Rispetto delle norme di qualità ambientale – L’AIA deve, in ogni caso, garantire il rispetto delle norme di qualità ambientale vigenti, così come definite nell’art. 2, punto 7 , del D.Lgs. 372/99.

Pertanto nello stabilire le condizioni dell’autorizzazione devono comunque essere rispettati, quali requisiti minimi, i valori limite di emissione fissati dalla vigente normativa nazionale e regionale, integrandoli o sostituendoli, se del caso, con parametri o misure tecniche equivalenti.

Ai sensi dell'articolo 6 del D.Lgs. 372/99, qualora lo stato del sito di ubicazione dell’impianto lo renda necessario, l’Autorità competente nel fissare il limiti di emissione specifici per l’impianto può imporre l’adozione di misure più rigorose di quelle ottenibili con l’applicazione delle MTD al fine di salvaguardare in tale area il rispetto di specifiche norme di qualità ambientale

 

3.       Principi generali di cui all’art. 3, comma 1 del D.Lgs. 372/99 -  Il comma 1, dell’articolo 3, del decreto legislativo 372/99, coerentemente con la Direttiva 96/61/CE, individua i seguenti principi generali di cui tenere conto nel  determinare  le  condizioni  per l'autorizzazione  integrata ambientale:

a)     devono essere prese le opportune misure di prevenzione dell'inquinamento, applicando in particolare  le migliori  tecniche disponibili;

b)         non si devono verificare fenomeni di inquinamento significativi;

c)         deve essere evitata la produzione di rifiuti, a norma del decreto legislativo  5   febbraio 1997, n. 22, e successive modificazioni  e  integrazioni;  in  caso contrario  i  rifiuti  sono recuperati o, qualora cio' sia  tecnicamente ed economicamente impossibile, sono eliminati evitandone e riducendone l'impatto sull'ambiente, a norma del medesimo decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22;

d)         l'energia deve essere utilizzata in modo efficace;

e)         devono essere  prese  le misure necessarie  per prevenire  gli incidenti e limitarne le conseguenze;

f)           deve essere evitato qualsiasi rischio di inquinamento al momento della  cessazione  definitiva delle attività ed il sito stesso ripristinato ai sensi della normativa vigente in materia di bonifiche e ripristino ambientale.

4.       Le migliori tecniche disponibili - Le condizioni per il rilascio dell’AIA (valori limite di emissione, livelli/indici prestazionali ambientali,…) sono determinate, generalmente, sulla base delle prestazioni delle migliori tecniche disponibili (MTD) individuate per lo specifico impianto dal singolo Gestore. Tali tecniche sono quelle ambientalmente più efficaci tra quelle economicamente applicabili nelle specifiche condizioni (di settore produttivo, impiantistiche, gestionali, geografiche ed ambientali).Le MTD devono inoltre essere compatibili con gli strumenti di pianificazione e programmazione  del territorio vigenti.

Ai sensi degli artt 2 e 5 del D.Lgs. 372/99, il Gestore, per l'individuazione delle migliori tecniche disponibili, e l’Autorità competente al rilascio dell’autorizzazione integrata ambientale, per la valutazione tecnica della documentazione pervenuta con l’istanza, devono tenere  contoinnanzitutto dell'allegato IV al D.Lgs. 372/99, nel rispetto delle Linee Guida specifiche.

Per specifiche esigenze, come previsto al capo III delle presenti Linee Guida, il Gestore può riferirsi ad altre tecniche ed in particolare ai BRef già adottati dalla Commissione Europea, ai BRef proposti per l’adozione dalla Direzione Generale per l’Ambiente della suddetta Commissione e ai Final Draft licenziati dall’European IPPC Bureau di Siviglia. In subordine possono essere considerati i Draft in discussione presso il TWG incaricato dall’European IPPC Bureau (almeno quelli giunti al secondo livello). I suddetti documenti sono scaricabili dal sito ufficiale dell’European IPPC Bureau di Siviglia all’indirizzo internet: eippcb.jrc.es

Il ministero dell’ambiente e della tutela del territorio provvede a garantire la sistematica informazione sui BRef e sui relativi Draft.

Il ministero adotta inoltre, d’intesa con le Regioni e le Provincie autonome di Trento e di Bolzano, modalità di scambio di informazioni tra le Autorità competenti, ai fini di una più ampia conoscenza sulle migliori tecniche disponibili e sul loro sviluppo

 

5.       Condivisione delle informazioni – Alla luce delle norme in materia di trasparenza amministrativa,  la individuazione delle MTD contenuta nella domanda di AIA e le verifiche condotte in sede autorizzativa devono essere basate su informazioni messe in comune tra Autorità competente e Gestore.

In particolare, l’Autorità competente formulerà le proprie indicazioni autorizzative, anche al fine di tenere conto di particolari specifiche esigenze ambientali locali, sulla base di conoscenze in possesso della pubblica amministrazione, relative al contesto ambientale, rese accessibili al Gestore, tenuto conto delle informazioni fornite dal Gestore stesso relative allo stato del sito (così come definito dalla vigente normativa ambientale) e agli effetti significativi sul contesto ambientale.

 

6.       Sostenibilità dell’applicazione delle Migliori Tecniche disponibili - La corretta applicazione delle disposizioni della direttiva 96/61/CE non deve penalizzare il tessuto produttivo. In linea generale essa deve essere diretta ad ottenere da ciascun impianto le migliori prestazioni ambientali, senza con ciò compromettere insostenibilmente, anche dal punto di vista economico, i livelli produttivi del settore.

Nella valutazione delle varie tecniche, al fine di individuare le MTD, si deve tenere in considerazione la sostenibilità delle stesse, sia da un punto di vista tecnico che economico.

 

7.        Il concetto di livello elevato di protezione dell'ambiente nel suo complesso - Obiettivo della direttiva 96/61/CE è quello di conseguire un livello elevato di protezione dell'ambiente nel suo complesso. La scelta delle tecniche e la determinazione dei relativi valori di riferimento a garanzia delle prestazioni ambientali deve pertanto essere coerente con tale obiettivo. Assume quindi particolare rilevanza la definizione del concetto di elevata protezione ambientale.

A tal riguardo il riferimento minimoè rappresentato dalla normativa ambientale vigente.

Un ulteriore riferimento è costituito dalla normativa che, alla luce delle decisioni assunte e pubblicatenelle competenti sedi comunitarie e internazionali, risulta essere di prossimo recepimento.

 

8.       Il principio di precauzione e prevenzione  - In considerazione del principio dell’approccio integrato di cui al punto 1, le prestazioni ambientali dovranno essere conseguite preferibilmente attraverso l’adozione di tecniche di processo piuttosto che attraverso l’adozione di tecniche di depurazione.

 

III . Criteri per l’individuazione e l’utilizzazione delle migliori tecniche disponibili

 

III. 1 - Criteri generali

 

La scelta delle migliori tecniche è compiuta dal Gestore proponente conformemente alle considerazioni generali di cui all’allegato IV del D.Lgs 372/99 e tenendo conto sia dell’analisi dei costi e dei benefici risultanti dall’applicazione delle MTD scelte sia del principio di precauzione e di prevenzione.

Il Gestore nella scelta delle MTD deve, per quanto possibile, osservare il contenuto delle Linee Guida specifiche emanate per i diversi settori di interesse.

In particolare si deve ritenere che le tecniche indicate quali possibili migliori tecniche disponibili nelle Linee Guida specifiche di settore abbiano superato il test di fattibilità economica con riferimento alla situazione media del settore stesso e pertanto esse, ove tecnologicamente applicabili, possano essere introdotte in condizioni economicamente sostenibili.

Il Gestore individua le migliori tecniche disponibili (MTD) attraverso la valutazione in forma sommaria, su base volontaria e nel rispetto della normativa vigente, delle principali alternative indicate nelle Linee Guida specifiche, ovvero individuando le tecniche tecnologicamente applicabili all'impianto che garantiscano, alla luce dell’allegato IV del D.Lgs 372/99, adeguate prestazioni ambientali nello specifico contesto territoriale.

Ove si possa configurare un dubbio inerente l’applicazione del principio di precauzione e prevenzione, e in particolare nel caso in cui il Gestore ritenga di non adottare tecniche di processo, scegliendo piuttosto di adottare tecniche di depurazione di elevata prestazione, dovrà fornire dettagliate valutazioni tecnico-economiche che giustifichino tale scelta.

 

III.2 Caso in cui il Gestore proponga tecniche diverse da quelle individuate nelle linee guida di settore

 

Nel caso in cui il Gestore ritenga opportuno valutare, tra le principali alternative, altre tecniche, diverse da quelle individuate nelle Linee Guida di settore, può proporre l’adozione di tecniche innovative disponibili che assicurino il raggiungimento di prestazioni ambientali pari o superiori a quelle raggiungibili con le tecniche indicate nelle Linee Guida specifiche di settore.            
Il Gestore, in tale caso, producendo idonea documentazione, deve giustificare la propria scelta nel rispetto del principio di precauzione e prevenzione, tenendo conto dei costi e dei benefici che possono risultare dall’azione. Nel caso l’Autorità competente verifichi l’efficacia ambientale delle altre tecniche proposte dal Gestore, ne dà comunicazione alla Commissione di cui all’art. 3, comma 2 del D.Lgs. 372/99 al fine di procedere ad un eventuale aggiornamento delle Linee Guida di settore.

Il Gestore, fermi restando i criteri di cui all’allegato IV alla D.Lgs. 372/99, può altresì proporre tecniche, diverse da quelle individuate nelle Linee Guida di settore o nei documenti pubblicati dalla Commissione europea ai sensi dell’articolo 16, paragrafo 2 della direttiva 96/61/CE, in presenza di fattori oggettivamente riscontrabili che evidenziano che la vita residua dell’impianto è in ogni caso di durata minore della durata dell’autorizzazione integrata ambientale. In tale caso il Gestore deve presentare un progetto specifico per la chiusura dell’impianto e il ripristino del sito. La conseguente autorizzazione integrata ambientale definisce i tempi e le modalità della cessazione definitiva delle attività e del ripristino del sito, secondo quanto previsto dall’art. 3, comma 1, lettera f) del D.Lgs. 372/99.

 

III.3 Caso in cui l’Autorità competente intenda prescrivere specifiche prestazioni ambientali

 

In generale le prestazioni ambientali prescritte dall’Autorità competente si basano sulle  MTD,  senza introdurre l'obbligo di utilizzare una tecnica o una tecnologia  specifica.

Peraltro, quando nell’area di localizzazione del impianto industriale siano presenti condizioni di criticità ambientale statuite dal complesso della normativa vigente, l'Autorità competente, può richiedere il raggiungimento di specifiche prestazioni ambientali realizzabili con tecniche, compatibili con i criteri generali delle presenti Linee Guida, diverse da quelle individuate dal Gestore quali MTD, collaborando con il Gestore per individuare eventuali percorsi alternativi in grado di raggiungere gli obiettivi ambientali.

 

III.4 Verifica della corretta individuazione delle migliori tecniche disponibili

 

Sulla base delle considerazioni fin qui riportate, è assicurata la coerenza tra l’individuazione delle MTD e le finalità del D.Lgs. 372/99 in presenza delle seguenti condizioni:

 

a)         è garantito il rispetto della normativa nazionale e locale vigente nel contesto territoriale in cui è situato l’impianto;

b)         sono individuate per lo specifico impianto con le modalità di cui ai punti III.1, III.2 e III.3, nel rispetto di tutti i principi richiamati al punto II , le MTD in grado di:

-          conseguire gli obiettivi della direttiva 96/61/CE richiamati al punto II.8,

-          garantire la coerenza con il contesto ambientale di riferimento,

-          essere in linea con gli obblighi nazionali, comunitari e internazionali di carattere ambientale,

-          essere applicabili all’impianto cui sono dirette,

-          essere sostenibili sotto il profilo economico;

c)         le modalità di gestione dell’impianto proposte dal Gestore sono tali da garantire che i fenomeni di inquinamentonon risultino significativi nel contesto in cui l’impianto è inserito;

d)         è sufficientemente documentata l’azione svolta dal Gestore per assicurare l’uso efficiente dell’energia nell’impianto in esame;

e)         il ciclo produttivo in esame previene e riduce la produzione dei rifiuti; in caso contrario è massimizzato il riuso, il riciclo e il recupero, incluso quello energetico, degli scarti di lavorazione;

f)           il Gestore degli impianti adotta misure idonee ad evitare rischi di inquinamento al momento della cessazione delle attività e a garantire il ripristino ambientale dei siti eventualmente inquinati;

g)         si fa riferimento alle grandezze fisiche e ai livelli di precisione delle misure più idonei a rappresentare i risultati raggiungibili con l’applicazione delle tecniche proposte;

h)         sono specificati, in coerenza a quanto disposto dalla vigente normativa in materia ambientale, gli opportuni requisiti di controllo delle emissioni che individuano la metodologia, la frequenza di misurazione e la relativa procedura di valutazione, tenendo conto dei criteri contenuti nelle Linee Guida specifiche in materia di monitoraggio e quelle specifiche di settore, giustificando con analisi in termini di costi e di benefici eventuali diverse scelte;

i)           sono previste misure relative alle condizioni diverse da quelle di normale esercizio, in particolare per le fasi di avvio e di arresto dell’impianto, per le emissioni fuggitive occasionali, per i malfunzionamenti e per l’arresto definitivo dell’impianto

 

III.5 Rilascio dell’Autorizzazione Integrata Ambientale

 

Sulla base dei criteri di cui sopra, l’autorizzazione integrata ambientale dà formalmente atto:

a)       delle caratteristiche della situazione ambientale in cui l’impianto è collocato descritta dal proponente (quadro ambientale).

b)        delle criticità emerse nel corso della previgente attività;

c)       del quadro emissivo pregresso;

d)       delle soluzioni impiantistiche e gestionali individuate dal proponente intese a contenere l’inquinamento sulle diverse matrici ambientali (quadro progettuale).

e)       dei requisiti necessari per il controllo integrato dell’inquinamento; in particolare devono essere dettagliati la metodologia e le frequenze di misurazione, nonché le procedure per la relativa valutazione. Possono essere previste modalità di misura e controllo differenziate per verificare che sia garantito il rispetto dei limiti nomativi esistenti, l’adeguamento alle MTD indicate nell’autorizzazione ed il rispetto delle altre eventuali prescrizioni impartite.

L'Autorità competente inoltre stabilisce le tempistiche dell’autocontrollo da parte del Gestore indicando le modalità con cui i dati relativi al controllo in possesso del Gestore devono essere resi accessibili all’Autorità competente.

 

L’Autorità competente rilascia l’autorizzazione motivando le eventuali ulteriori prescrizioni che dovessero rendersi necessarie avuto riguardo al quadro ambientale e alla situazione impiantistica proposta, ovvero, sulla base delle suddette motivazioni, nega il rilascio dell’autorizzazione richiedendo ulteriori integrazioni.

L’Autorità competente provvede al rilascio dell’autorizzazione integrata ambientale che concerne l'impianto nel suo complesso ai sensi del combinato disposto dell’art. 2, comma 1, numeri 3 e 9 del D.Lgs. 372/99.


Presidenza del Consiglio dei Ministri – Conferenza unificata dell’11 novembre 2004 – Parere, ai sensi dell’art. 3, comma 2, del decreto legislativo 4 agosto 1999, n. 372, sullo schema di decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio, di concerto con i Ministri delle attività produttive e della salute, recante emanazione di linee guida per l’individuazione e l’utilizzazione delle migliori tecniche disponibili, per le attività elencate nell’allegato I del decreto legislativo 4 agosto 1999, n. 372.

 



[1] L’espressione inglese che definisce questa procedura è “integrated pollution prevention and control”, il cui acronimo è IPPC.

[2] La lettera di messa in mora è stata inviata all’Italia il 19 dicembre 2003.

[3] Tale registro è stato istituito a seguito della decisione 2000/479/CE del 17 luglio 2000. 

[4] Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 maggio 2003, che prevede la partecipazione del pubblico nell'elaborazione di taluni piani e programmi in materia ambientale e modifica le direttive del Consiglio 85/337/CEE e 96/61/CE relativamente alla partecipazione del pubblico e all'accesso alla giustizia.

[5] La direttiva, pubblicata sulla GUCE del 10 ottobre 1996, n. 257G, è entrata in vigore il 30 ottobre 1996.

[6] Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 ottobre 2003, che istituisce un sistema per lo scambio di quote di emissioni dei gas a effetto serra nella Comunità e che modifica la direttiva 96/61/CE del Consiglio. Si ricorda che è all’esame del Parlamento il ddl di conversione del decreto legge n. 273 del 2004 che – in via di urgenza – disciplina le modalità di presentazione delle domande di autorizzazione all’emissione di “gas serra”, al fine di avviare il sistema europeo di scambio di emissioni di cui alla direttiva 2003/87/CE (AC 5467).

[7]     Il decreto, composto di 15 articoli e 4 allegati, disciplina il rilascio, il rinnovo e il riesame dell'autorizzazione integrata ambientale degli impianti esistenti, nonché le modalità di esercizio degli impianti medesimi. In armonia con la normativa comunitaria, il decreto legislativo n. 372 del 1999 riporta (Allegato I) l'elenco delle attività a cui si riferisce la nuova procedura autorizzatoria: attività energetiche; industria dei prodotti minerali; industria chimica; gestione dei rifiuti; impianti industriali destinati alla fabbricazione di carta, al trattamento di fibre, alla concia di pelli; attività di macellazione, di fabbricazione di prodotti alimentari e di trattamento e trasformazione del latte; impianti per il trattamento di superfici mediante utilizzazione di solventi organici; impianti per la fabbricazione di carbonio o grafite. Restano invece esclusi gli impianti utilizzati per la ricerca, lo sviluppo e la sperimentazione di nuovi prodotti e processi industriali.

[8] Nel corso della XIII legislatura non si è concluso l’iter legislativo dell’A.C. 5100 “Disciplina della valutazione dell’impatto ambientale” per approvare una legge organica che attuasse al direttiva comunitaria in materia di VIA.

[9]     Si ricorda, in proposito, il DM ambiente 19 novembre 2002 con cui è stata istituita la Commissione prevista dall'art. 3, comma 2, ultimo periodo, del decreto legislativo n. 372 del 1999, con il compito di fornire il supporto tecnico per la definizione delle linee guida relative all'individuazione, all'utilizzazione e all'aggiornamento delle migliori tecniche disponibili. Si ricorda, in proposito, che è in corso di perfezionamento uno schema di decreto ministeriale (riportato in allegato al presente dossier) recante “Emanazione linee guida per l’individuazione e l’utilizzazione delle migliori tecniche disponibili per le attività elencate nell’allegato I del decreto legislativo 4 agosto 1999, n. 372” approvato in data 11 novembre 2004 in sede di Conferenza Stato-Regioni.

[10] Tale inventario, noto con l’acronimo di INES (Inventario Nazionale delle Emissioni e loro Sorgenti), contiene informazioni su emissioni in aria ed acqua di specifici inquinanti provenienti dai principali settori produttivi e da stabilimenti generalmente di grossa capacità presenti sul territorio nazionale. Le informazioni, riferite all’anno 2002, sono state fornite da 670 stabilimenti IPPC presenti sul territorio nazionale e raccolte sulla base dei criteri stabiliti dal D.M. 23 novembre 2001. Per ulteriori approfondimenti è possibile consultare il sito internet http://www.eper.sinanet.apat.it/.

[11]    Si ricorda il DM ambiente e tutela del territorio 24 luglio 2002 recante “Determinazione dei termini per la presentazione delle domande di autorizzazione integrata ambientale, per gli impianti di competenza statale, ai sensi del decreto legislativo n. 372/1999”. Recentemente è stato altresì emanato il decreto legge del 12 novembre 2004, n. 273, recante “Disposizioni urgenti per l'applicazione della direttiva 2003/87/CE in materia di scambio di quote di emissione dei gas ad effetto serra nella Comunità europea", in corso di conversione.

[12] Convertito con modificazioni dall'art. 1 della legge 27 febbraio 2004, n. 47.

[13] Si ricorda che per gli impianti di produzione di energia elettrica di potenza superiore a 300 MW termici il D.M. ambiente 24 luglio 2002 ha provveduto all’indicazione dei termini per la presentazione delle domande di autorizzazione integrata ambientale.

[14] Si ricorda, infatti, che ai termini per la valutazione di impatto ambientale, 90 giorni (che costituiscono peraltro un termine ordinatorio e non perentorio) si aggiungeranno gli ulteriori 150 giorni indicati all’art. 5, comma 12, del provvedimento in esame.

[15] L’«autorità competente», ai sensi del decreto n. 372, è “la medesima autorità statale competente al rilascio del provvedimento di valutazione dell'impatto ambientale ai sensi della vigente normativa o l'autorità individuata dalla regione, tenuto conto dell'esigenza di definire un unico procedimento per il rilascio dell'autorizzazione integrata ambientale”.

[16] Recante Regolamentazione delle pronunce di compatibilità ambientale di cui all'art. 6 della legge 8 luglio 1986, n. 349.

[17] Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo I della L. 15 marzo 1997, n. 59.

[18] Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che prevede la partecipazione del pubblico nell'elaborazione di taluni piani e programmi in materia ambientale e modifica le direttive del Consiglio 85/337/CEE e 96/61/CE relativamente alla partecipazione del pubblico e all'accesso alla giustizia.

[19] In ambito comunitario tali tecniche sono indicate con l’acronimo BAT, dall’inglese “Best Available Techniques”.

[20] Cfr. Progressi nell'attuazione della direttiva 96/61/CE del Consiglio sulla prevenzione e la riduzione integrate dell'inquinamento, COM(2003) 354 def., Bruxelles, 19 giugno 2003.

[21] L’elenco dei BREF pubblicati è disponibile nel sito internet dell’ufficio di Siviglia all’indirizzo http://eippcb.jrc.es/pages/FActivities.htm.

[22] Per ulteriori notizie sull’attività della commissione è possibile consultare il relativo sito internet, in particolare all’indirizzo http://www.atlanteitaliano.it/bat/linee_guida.asp sono disponibili le bozze di linee guida elaborate dalla commissione per i diversi settori di attività.

[23] Approvato dalla Conferenza Stato-Regioni l’11 novembre 2004.

[24] E’ il caso, ad esempio, dell’Emilia Romagna (delibera della Giunta regionale n. 1240 del 15 luglio 2002), della Toscana (delibera della Giunta regionale n. 841 del 5 agosto 2002) e delle Marche (delibera della Giunta regionale n. 1480 del 2 agosto 2002).

[25] Si tratta delle informazioni e delle descrizioni fornite secondo un rapporto di sicurezza, elaborato conformemente alle norme previste sui rischi di incidente rilevante connessi a determinate attività industriali, o secondo la norma UNI EN ISO 14001 (norma che fornisce le indicazioni basilari per giungere alla definizione di un sistema di gestione ambientale efficiente), ovvero i dati prodotti per i siti registrati ai sensi del regolamento n. 76112001/CE (EMAS), nonché altre informazioni fornite secondo qualunque altra normativa.

[26] Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi.

[27] Nella relazione illustrativa si legge che, sempre al fine dell’attuazione del citato criterio di delega, “all'articolo 11, comma 10 si è introdotto l'obbligo all'autorità competente di comunicare al Sindaco inosservanze che manifestino situazioni di pericolo o di danno per la saluta pubblica al fine di consentire l'assunzione delle necessarie misure da parte della autorità sanitaria. Conseguentemente all'articolo 11, comma 9, sono stati eliminati i riferimenti all'assunzione di misure da parte dell'autorità competente al rilascio di AIA per problemi sanitari”.

[28] Consultabile all’indirizzo http://www.europa.eu.int/celex/htm/celex_it.htm.

[29] Approvato dalla Conferenza Stato Regioni l’11 novembre 2004.

[30] Convertito, con modificazioni, dalla legge 11 dicembre 2000, n. 365.

[31] Convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2004, n. 47.

[32] Si ricorda, in proposito, che l’esigenza di indicare le autorizzazioni ambientali, già in atto, da considerare sostituite dall’AIA era stata già espressa nel parere fornito in data 29 giugno 1999 dall’VIII Commissione della Camera sullo schema di decreto poi divenuto il d.lgs. n. 372/1999.