XIV Legislatura - Dossier di documentazione
Autore: Servizio Studi - Dipartimento agricoltura
Altri Autori: Servizio Studi - Dipartimento agricoltura
Titolo: Tutela delle denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche dei vini - A.C. 5768
Serie: Progetti di legge    Numero: 766
Data: 30/05/05
Descrittori:
DENOMINAZIONE DI ORIGINE CONTROLLATA   VINO
Organi della Camera: XIII-Agricoltura
Riferimenti:
AC n.5768/14     

Camera dei deputati

 

progetti di legge

Tutela delle denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche dei vini

A.C. 5768

 

n. 766

 


xiv legislatura

30 maggio 2005

Camera dei deputati


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Dipartimento Agricoltura

 

SIWEB

 

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File: AG0252

 


INDICE

Scheda di sintesi per l’istruttoria legislativa

Dati identificativi3

Struttura e oggetto  4

§      Contenuto  4

§      Relazioni allegate  5

Elementi per l’istruttoria legislativa  7

§      Necessità dell’intervento con legge  7

§      Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite  7

§      Compatibilità comunitaria  8

§      Incidenza sull’ordinamento giuridico  12

§      Formulazione del testo  13

Disegno di legge

§      A.C. 5768 Tutela delle denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche dei vini17

Testo a fronte

Atti parlamentari

Camera dei deputati187

§      Risoluzione on. Collavini n. 8-00095: Per assicurare pari condizioni fra i produttori vitivinicoli nazionali e quelli dei paesi terzi (e nota relativa all’attuazione data alla risoluzione)187

§      Risoluzione on. Collavini n. 7-00623 Collavini sulla promozione dei vitigni Tocai Friulano  195

Senato della Repubblica  201

§      Interrogazione a risposta scritta n. 4-03127 Falcier ed altri201

§      Interrogazione a risposta scritta n. 4-00429 Dato Cinzia  203

Normativa nazionale

§      Costituzione (art. 117)209

§      Codice civile (art. 105)211

§      D.P.R. 24 maggio 1967, n. 506 Norme relative all'Albo dei vigneti e alla denuncia delle uve destinate alla produzione dei vini a denominazione di origine «controllata» o «controllata e garantita».213

§      L. 7 agosto 1990, n. 241 Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi (art. 14)219

§      D.Lgs. 4 dicembre 1992, n. 480 Attuazione della direttiva n. 89/104/CEE 21 dicembre 1988 del Consiglio, recante ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di marchi di impresa  221

§      L. 10 febbraio 1992, n. 164  Nuova disciplina delle denominazioni d'origine  225

§      D.M. 1 aprile 1992 Disciplina dei consigli interprofessionali per le denominazioni di origine geografiche e le indicazioni tipiche dei vini247

§      D.M. 22 aprile 1992 Elementi da includere facoltativamente nei disciplinari di produzione dei vini D.O.C.G. e D.O.C.251

§      D.M. 22 aprile 1992 Condizioni e modalità di utilizzazione dei nomi di comuni, di frazioni, di zone amministrativamente definite e di sottozone per i vini D.O.C.G. e D.O.C   253

§      D.P.R. 20 aprile 1994, n. 348 Regolamento recante disciplina del procedimento di riconoscimento di denominazione d'origine dei vini255

§      D.L. 23 settembre 1994, n. 547 Interventi urgenti a sostegno dell'economia (art. 3)259

§      D.M. 4 giugno 1997, n. 256 Regolamento recante norme sulle condizioni per consentire l'attività dei consorzi volontari di tutela e dei consigli interprofessionali delle denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche tipiche dei vini263

§      D.M. 16 giugno 1998, n. 280 Regolamento recante norme sull'organizzazione, sulle competenze e sul funzionamento della sezione amministrativa e, nel suo ambito, del servizio di segreteria del Comitato nazionale per la tutela e la valorizzazione delle denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche tipiche dei vini271

§      D.Lgs. 30 dicembre 1999, n. 507 Depenalizzazione dei reati minori e riforma del sistema sanzionatorio, ai sensi dell'articolo 1 della L. 25 giugno 1999, n. 205 (artt. 1 e 93)275

§      D.M. 26 luglio 2000 Termine e modalità per la dichiarazione delle superfici vitate  277

§      D.M. 27 marzo 2001 Modalità per l'aggiornamento dello schedario vitivinicolo nazionale e per la iscrizione delle superfici vitate negli albi dei vigneti DOCG e DOC e negli elenchi delle vigne IGT e norme aggiuntive  281

§      D.M. 29 maggio 2001 Controllo sulla produzione dei vini di qualità prodotti in regioni determinate (V.Q.P.R.D.).287

§      D.M. 21 marzo 2002  Approvazione dello schema di piano dei controlli, delle relative istruzioni e del prospetto tariffario ai fini dell'applicazione del decreto ministeriale 29 maggio 2001, recante il controllo sulla produzione dei vini di qualita' prodotti in regioni determinate (V.Q.P.R.D.)291

§      Acc. 25 luglio 2002 Accordo tra il Ministro delle politiche agricole e forestali, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano per la determinazione dei criteri, per l'istituzione e l'aggiornamento degli albi dei vigneti D.O. e degli elenchi delle vigne I.G.T., in attuazione dell'art. 5 del D.M. 27 marzo 2001, sulla base dell'accordo approvato dalla Conferenza dei presidenti nella seduta del 4 ottobre 2001.297

§      D.M. 25 luglio 2003 Disciplina degli esami chimico-fisici ed organolettici e dell'attività delle commissioni di degustazione dei vini D.O.C.G. e D.O.C   305

§      D.M. 31 luglio 2003 Modalità e requisiti per la delimitazione della zona di imbottigliamento nei disciplinari di produzione dei vini D.O.C. e D.O.C.G.327

§      D.M. 21 maggio 2004 Modifica del D.M. 31 luglio 2003 concernente l'istituzione e la tenuta dell'albo degli imbottigliatori dei vini DOCG, DOC e IGT.329

§      D.Lgs. 10 febbraio 2005, n. 30 Codice della proprietà industriale, a norma dell'articolo 15 della L. 12 dicembre 2002, n. 273 (artt. 231-236, 246)333

Normativa comunitaria

§      Dir. 89/104/CEE del 21 dicembre 1988 Prima direttiva del Consiglio sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di marchi d'impresa  339

§      Reg. (CE) n. 1493/1999 del 17 maggio 1999  Regolamento del Consiglio relativo all'organizzazione comune del mercato vitivinicolo.(artt. 42-58)351

§      Reg. (CE) 29-4-2002 n. 753/2002 Regolamento della Commissione che fissa talune modalità di applicazione del regolamento (CE) n. 1493/1999 del Consiglio per quanto riguarda la designazione, la denominazione, la presentazione e la protezione di taluni prodotti vitivinicoli.363

Giurisprudenza comunitaria

§      Sentenza della Corte 16 maggio 2000 - Causa C-388/95  397

§      Sentenza della Corte (Seconda Sezione) 3 marzo 2005 – Causa C-283/02  413

§      Sentenza della Corte (Seconda Sezione) 12 maggio 2005 – Causa C-347/03  431

Documentazione

§      B. Perez, E’ partito l’iter di riforma alla legge 164/92, in L’Informatore agrario, 4/2002  459

§      F. Piccoli, Si fa sempre più lunga la strada di riforma della 164/92, in L’informatore agrario, 26/2002  459

§      G. Caracciolo, La disciplina dei consorzi erga omnes alla luce del d.m. 29 maggio 2001: problematiche giuridiche e dubbi di legittimità, in Diritto e giurisprudenza agraria e dell’ambiente, 7-8/2003  459

§      Indicazioni dei vini lo scippo di Bruxelles, in L’Informatore agrario, 7/2004  459

§      G. Caracciolo, Evoluzione della disciplina comunitaria e nazionale in materia di etichettatura dei prodotti vinicoli, in Diritto e giurisprudenza agraria e dell’ambiente, 10/2004  459

§      G. Leachthaler, Albo degli imbottigliatori norma incomprensibile, in L’Informatore agrario, 12/2004  459

§      Ufficio Studi di Mediobanca, Indagine sul settore vinicolo - Marzo 2005  459

§      P. Caviglia, Ai vini a denominazione d’origine serve una riforma vera, in L’informatore agrario, 17/2004  459

§      P. Caviglia, La tutela della qualità nella filiera vitivinicola tra autocontrollo e controllo pubblico , Salone del vino 17 novembre 2003, Torino  459

§      Italia sconfitta sui nomi tradizionali dei vini, in L’Informatore agrario, 11/2005  459

§      Ismea,Filiera: vino, Aprile 2004 (stralci)459

 

 


Scheda di sintesi
per l’istruttoria legislativa



Dati identificativi

Numero del progetto di legge

5768

Titolo

Tutela delle denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche dei vini

Iniziativa

Governo

Settore d’intervento

Agricoltura

Iter al Senato

No

Numero di articoli

26

Date

 

§       presentazione o trasmissione alla Camera

7 aprile 2005

§       annuncio

20 aprile 2005

§       assegnazione

20 aprile 2005

Commissione competente

XIII Commissione (Agricoltura)

Sede

Referente

Pareri previsti

I Commissione (Affari costituzionali)

II Commissione (Giustizia)

V Commissione (Bilancio)

X Commissione (Attività produttive)

XIV Commissione (Politiche dell’Unione europea)

Questioni regionali

 


 

Struttura e oggetto

Contenuto

Il disegno di legge governativo AC 5768 è volto ad introdurre una nuova ed organica disciplina della tutela delle denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche dei vini, disponendo l’abrogazione della normativa attualmente vigente, recata dalla legge 10 febbraio 1992, n.164 e dai numerosi provvedimenti che ad essa hanno dato attuazione[1]. La finalità complessiva del provvedimento, in particolare, è quella di chiarire e semplificare le procedure a vantaggio dei produttori, all’interno di un quadro che salvaguardi in ogni caso l’efficacia dei controlli a tutela dei consumatori, nel rispetto delle attribuzioni regionali discendenti dalla riforma del Titolo V della Costituzione.

Il provvedimento si compone di 26 articoli, suddivisi in 9 Capi, nonché di due allegati (A e B).

Il Capo I (articoli 1-6) definisce la classificazione delle denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche tipiche. In particolare, viene disciplinato l’utilizzo delle denominazioni e delle indicazioni, individuate – secondo il principio della c.d.piramide della qualità - in DOCG, DOC e IGT, per le cui produzioni si esclude espressamente l’utilizzo di OGM; vengono definiti i criteri per la delimitazione delle zone di produzione (con la possibilità di individuare sottozone e di consentire la coesistenza di vini diversi in una medesima DO o IGT) e viene disciplinato l’utilizzo delle specificazioni e delle menzioni.

Il Capo II (articoli 7-9) regola il riconoscimento, la revoca e la decadenza delle DOCG, delle DOC e delle IGT, prevedendo limiti specifici per quanto attiene alla durata della permanenza nella categoria sottostante e della percentuale dei soggetti che ne devono rivendicare il riconoscimento sul totale dei produttori. Il provvedimento, in particolare, regola in modo puntuale la procedura di riconoscimento, dalla fase della domanda (della quale sono individuati in modo analitico i contenuti) fino all’emissione del decreto ministeriale di riconoscimento, con particolare attenzione alla elaborazione e ai contenuti dei disciplinari di produzione (per i quali si rinvia all’Allegato A).

Il Capo III (articoli 10-15) disciplina la certificazione e la rivendicazione dei vini DOCG, DOC e IGT. Per quanto concerne la certificazione, si prevede che questa venga effettuata, nel rispetto del piano dei controllo (approvato dal MIPAF) di cui ciascuna DO deve dotarsi, da soggetti in possesso di specifici requisiti (tra cui i consorzi) individuati dalle regioni, con possibilità di mettere a carico dei soggetti controllati i costi dell’attività di controllo. I vigneti  destinati a produrre DOCG, DOC e IGT devono essere dichiarati nello schedario delle superfici vitate, mentre i relativi terreni devono essere iscritti nell’apposito albo dei vigneti. Per quanto concerne la rivendicazione, si prevedono specifiche analisi chimico-fisiche e organolettiche, mentre specifiche norme sono dedicate alla riclassificazione dei vini, per la quale si prevede, in particolare, la possibilità per le regioni di modulare, su proposta dei consorzi volontari di tutela, i massimali delle rese in relazione al carattere climatico delle annate. Una apposita norma, infine, regola l’albo degli imbottigliatori.

Il Capo IV (articolo 16) disciplina composizione e funzioni del Comitato nazionale per la tutela e la valorizzazione delle DOCG, delle DOC e delle IGT, organo consultivo del Ministero delle politiche agricole e forestali ed espressione dell’interprofessione vitivinicola.

Il Capo V (articolo 17) disciplina i consorzi volontari di tutela. I consorzi, per la cui costituzione sono previsti requisiti minimi di rappresentatività, svolgono compiti di natura tecnica, amministrativa e, ferme restando le competenze di vigilanza del MIPAF, attività di controllo, con possibilità di porre a carico dei produttori, in proporzione ai quantitativi di prodotto, i costi della relativa attività.

Il Capo VI (articoli 18-20) disciplina la designazione, la presentazione e la protezione dei vini DOCG, DOC e IGT, con particolare riferimento ai recipienti e alla tappatura.

Il Capo VII (articolo 21) disciplina i concorsi enologici.

Il Capo VIII (articoli 22-25) disciplina il sistema sanzionatorio, prevedendo sanzioni amministrative la cui entità, rapportata generalmente ai quantitativi di prodotto in relazione ai quali si è commessa la violazione, è ridotta rispetto a quanto previsto dalla legislazione vigente.

Il Capo IX detta disposizioni transitorie e abrogative, prevedendo, in particolare, che l’effetto abrogativo della normativa secondaria adottata in attuazione della legge n.164 del 1992 venga rinviato al momento dell’adozione dei regolamenti di attuazione previsti dal provvedimento.

Relazioni allegate

Al disegno di legge sono allegate:

§      la relazione illustrativa;

§      la relazione tecnica

§      la scheda sull’analisi tecnico-normativa (ATN) e la scheda sull’analisi di impatto della regolamentazione (AIR)[2];

§      Il parere della Conferenza Stato-regioni del 3 marzo 2005.

Si fa presente che nella relazione illustrativa del disegno di legge si riportano le indicazioni contenute nel parere della Conferenza Stato-regioni, evidenziando che queste sono state interamente recepite nel testo approvato in via definitiva dal Consiglio dei Ministri poi trasmesso alla Camera.


 

Elementi per l’istruttoria legislativa

Necessità dell’intervento con legge

L’intervento con legge si rende necessario in quanto il provvedimento è volto a sostituire, abrogandola, la legge 10 febbraio 1992, n.164, che attualmente disciplina la materia.

Merita peraltro evidenziare che il provvedimento reca numerose disposizioni che riproducono, adattandoli alle modifiche in esso proposte, i contenuti di molti dei decreti ministeriali adottati in attuazione della legge n.164 del 1992, dando in questo modo luogo a una ampia rilegificazione della materia (ciò che appare in contrasto con le tendenze di semplificazione e delegificazione normativa affermatesi da alcuni anni nel nostro ordinamento).

Al riguardo si osserva che nella scheda sull’Analisi di impatto della regolamentazione (AIR) (punto d)) allegata al disegno di legge, si afferma che “La legge appare lo strumento tecnico-normativo più appropriato attese la complessità della materia e la necessità di assicurare la maggiore partecipazione delle forze sociali ed economiche alla formazione della legge. Si è inoltre ritenuto opportuno non optare per un disegno di legge delega, anche se la complessità e la tecnicità della materia avrebbero in alcuni casi suggerito tale scelta, in quanto proprio per la delicatezza della materia, per l'intreccio di competenze tra i diversi soggetti e per la necessità che nella legge si riconosca il più possibile l'intera filiera vitivinicola, appare consigliabile la disciplina attraverso legge ordinaria, rimandando a decreti ministeriali solamente gli aspetti più puntuali”.

Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite

Le disposizioni recate del provvedimento appaiono riconducibili a una pluralità di materie menzionate nell’art.117 Cost.

In linea generale, trattandosi di interventi aventi ad oggetto il settore agricolo, la potestà legislativa dovrebbe essere considerata di competenza esclusiva regionale, atteso che la materia agricoltura non risulta espressamente menzionata dall’art.117 Cost.

Considerate le finalità del provvedimento, rinvenibili nella garanzia di qualità dei prodotti, nonché la presenza di norme sul Comitato nazionale per la tutela e la valorizzazione delle DO e delle IGT, appare tuttavia possibile fare riferimento anche alle materie di competenza esclusiva stataletutela della concorrenza” (art.117, co.2, lett.e)), “enti pubblici nazionali” (art.117, co.2, lett.g)).

Più problematica appare, invece, la riconducibilità del provvedimento alla tutela delle “opere dell’ingegno” (materia di competenza esclusiva statale ai sensi dell’art.117, co.2, lett.r)), come pare desumersi dal richiamo contenuto all’articolo 1, comma 1 (oltre che, in più parti, nelle relazioni allegate al provvedimento), attesa la sostanziale estraneità della produzione vitivinicola di qualità e della protezione delle relative denominazioni alla disciplina sulla tutela della proprietà intellettuale.

Al riguardo merita tuttavia ricordare che la Corte Costituzionale ha affermato (sentenza 20 luglio 1995, n.333) che “Spetta allo Stato definire il procedimento per il riconoscimento della denominazione di origine dei vini, in quanto la relativa tutela deve essere disposta in modo unitario sul piano nazionale, anche in considerazione dei riflessi che essa ha sul commercio internazionale e con riguardo alla complessità degli interessi connessi alla produzione e distribuzione di vini pregiati”.

 

Considerate la finalità di informazione dei consumatori in ordine alla qualità di un prodotto alimentare, nonché i riflessi sul tessuto produttivo propri di un sistema di certificazione della qualità garantito per legge, è possibile infine fare riferimento anche alle materie di competenza concorrente Stato-regionialimentazione” e “sostegno all’innovazione per i settori produttivi” (art.117, co.3).

 

Merita ricordare, infine, che con la sentenza n.12/2004 la Corte Costituzionale ha affermato che la materia “agricoltura” (intesa quale attività “che ha a che fare con la produzione di vegetali ed animali destinati all'alimentazione”) ricade, in linea generale, nella sfera di competenza esclusiva regionale. La Corte ha inoltre precisato che a tale conclusione deve giungersi anche nel caso in cui si sia in presenza di disposizioni attuative di normative comunitarie, atteso che l’art.117, co.5, Cost., stabilisce che l’attuazione della normativa comunitaria spetta, nelle materie di loro competenza, alle Regioni e alle Province autonome. Quanto alle disposizioni contenenti sanzioni (Capo VIII del provvedimento in esame), la Corte ha infine ricordato che è orientamento saldo nella sua giurisprudenza che la competenza sanzionatoria amministrativa non è in grado di autonomizzarsi come materia in sé, ma accede alle materie sostanziali (cfr. sentenze n. 361 del 2003; n. 28 del 1996; n. 85 del 1996; n. 187 del 1996; n. 115 del 1995; n. 60 del 1993).

Compatibilità comunitaria

Esame del provvedimento in relazione alla normativa comunitaria

Il provvedimento non sembra presentare aspetti problematici in relazione alla compatibilità con la normativa comunitaria, recata essenzialmente dal Regolamento (CE) n. 1493 del 1999 (in particolare, dal Titolo V, Capo II, e dal Titolo VI) e dal Regolamento (CE) n.753 del 2002. Il provvedimento, infatti, reca disposizioni di coordinamento con la normativa comunitaria vigente all’articolo 3, comma 3 e, in particolare, all’articolo 18, ove si ricorda che le disposizioni dei sopra richiamati regolamenti devono intendersi come direttamente applicabili nell’ordinamento interno.

 

Il Regolamento CE del 17 maggio 1999, n. 1493 (“Relativo all'organizzazione comune del mercato vitivinicolo”) si pone l’obiettivo di mantenere un migliore equilibrio tra l'offerta e la domanda sul mercato comunitario, consentire ai produttori di trarre profitto dai mercati in espansione e di rendere il settore più competitivo a lungo termine. In particolare, il Titolo V regolamenta i trattamenti enologici, le designazioni e le denominazioni dei prodotti (artt. 42-53), mentre il Titolo VI disciplina il settore dei vini di qualità (artt. 54- 58).

Il Regolamento CE del 29 aprile 2002, n. 753 (“che fissa talune modalità di applicazione del Regolamento CE n.1493 del 199 del Consiglio per quanto riguarda la designazione, la denominazione, la presentazione e la protezione di taluni prodotti vitivinicoli”) ha dato attuazione al Regolamento n.1493 del 1999, introducendo norme specifiche in materia di etichettatura, imbottigliamento e documentazione amministrativa.

 

Si ricorda, inoltre, che la Corte di Giustizia (sentenza 3 marzo 2005[3]) ha respinto un ricorso presentato dall’Italia contro alcune disposizioni del Regolamento (CE) n.753 del 2002, al fine di impedire la “liberalizzazione”, a determinate condizioni, dell’uso internazionale di alcune menzioni tradizionali di vini (quali quelle di Brunello, amarone, morellino, vinsanto, recioto, gutturnio).

 

Documenti all’esame delle istituzioni europee

Strumenti finanziari del settore agricolo

Il 14 luglio 2004 la Commissione ha presentato, nell’ambito delle proposte legislative collegate alle nuove prospettive finanziarie 2007-2013[4], due proposte concernenti gli strumenti finanziari per la politica agricola comune[5]. Si tratta, in particolare, di:

·         una proposta di regolamento sul finanziamento della politica agricola comune (COM(2004)489).

La proposta, volta a fornire un quadro legislativo unico di finanziamento complessivo del settore agricolo, istituisce due fondi: un Fondo europeo agricolo di garanzia (FEAGA) e un Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR). La base giuridica dei due Fondi è costituita dall’art. 37 del Trattato CE, relativo alle disposizioni per l’agricoltura, e non più, come nella programmazione 2000-2006 per il Feoga – orientamento, dalle disposizioni in materia di  politica di coesione economica e sociale (artt. 158-162 del Trattato CE). Le risorse finanziarie disponibili per i due fondi nel periodo 2007-2013 sarebbero pari a circa 88.75 miliardi di euro (prezzi 2004).

La proposta verrà esaminata dal Parlamento europeo, nell’ambito della procedura di consultazione, il 26 maggio 2005. Il Consiglio ne ha iniziato la discussione il 28 febbraio 2005 e dovrebbe adottare una decisione definitiva presumibilmente il 20 giugno 2005.

·         una proposta di regolamento  (COM(2004)490) sul sostegno allo sviluppo rurale da parte del Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR).

La proposta è volta a riunire e organizzare nel Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR) tutti gli attuali interventi nel settore.

La proposta sarà esaminata dal Parlamento europeo, secondo la procedura di consultazione, nella sessione dell’8 giugno 2005. Il Consiglio, che ne ha discusso il 15 luglio e il 22 novembre 2004, il 28 febbraio, il 14 marzo 2005 e il 26 aprile 2005, dovrebbe arrivare ad una decisione conclusiva presumibilmente il 20 giugno 2005.

 

Si segnala, per altro, che i profili relativi al finanziamento della politica agricola comune sono oggetto di discussione nel più ampio contesto dei negoziati sulle nuove prospettive finanziarie. In particolare, la posizione su cui sembrano concordare gran parte delle delegazioni nazionali è nel senso di mantenere fermi, per la spesa relativa ai mercati e ai pagamenti diretti, i massimali annui di stanziamento già fissati dal Consiglio europeo di Bruxelles dell’ottobre 2002, pari alla cifra fissata per il 2006 (54.279 milioni di euro) maggiorata dell’1% annuo a partire dal 2007. D’altra parte, alcuni Stati membri, tra cui l’Italia, nonché la Commissione temporanea del Parlamento europeo sulle prospettive finanziarie, on. Böge, sostengono la necessità di valutare, fermi restando i massimali indicati, l’introduzione di un cofinanziamento nazionale per la spesa relativa ai mercati.

Il 7 giugno 2005 il Parlamento europeo esaminerà la proposta di risoluzione sulle prospettive finanziarie 2007-2013 già approvata dalla Commissione temporanea succitata.

Il 19 maggio 2005 la Presidenza lussemburghese ha presentato una versione aggiornata di uno schema negoziale in cui si prospettano possibili soluzioni di compromesso sul nuovo quadro finanziario, relativamente alla politica agricola. Lo schema negoziale conferma il rispetto dei massimali fissati dal Consiglio di Bruxelles e non prevede l’introduzione del cofinanziamento nazionale.

 

La protezione delle indicazioni geografiche nell’ambito dell’Organizzazione mondiale del commercio (OMC).

 

La questione della protezione delle indicazioni geografiche è uno dei punti qualificanti della proposta dell’Unione europea nei negoziati sul ciclo di Doha nell’ambito dell’Organizzazione mondiale del commercio (OMC).

Dopo il fallimento della Conferenza ministeriale di Cancun nell’autunno 2003 e la successiva ripresa dei negoziati, il 21 giugno 2004 il Consiglio agricoltura, auspicando il raggiungimento di un accordo entro il luglio seguente, ha evidenziato la necessità di riservare nel prosieguo dei negoziati una particolare attenzione alle questioni di carattere non commerciale, comprese quelle legate alla protezione da accordare alle indicazioni geografiche.

 

Il 1° agosto 2004 è stato raggiunto a Ginevra un accordo-quadro per il settore agricolo relativo a diversi elementi (come la questione degli aiuti agricoli, del sostegno alle esportazioni e dell’apertura dei mercati agricoli dei paesi in via di sviluppo) che non concerne tuttavia la questione delle indicazioni geografiche. Tale accordo costituisce la base per una positiva conclusione del ciclo di Doha in occasione della riunione ministeriale prevista a Hong Kong nel dicembre 2005.

 

Il 15 marzo 2005 è stato presentato il rapporto del gruppo speciale dell’OMC che ha esaminato il ricorso presentato da Stati Uniti e Australia contro il regolamento (CE) n. 2081/92  relativo alla protezione delle indicazioni geografiche e delle denominazioni d'origine dei prodotti agricoli ed alimentari[6]. Tale rapporto rigetta la maggioranza dei rilievi formulati da USA e Australia, in quanto la disposizione comunitaria, pur necessitando di alcuni adeguamenti relativi alle regole applicabili ai prodotti dei paesi terzi, è compatibile con le regole commerciali dell’OMC. Nel commentare la decisione, il commissario per il commercio Peter Mandelson ha precisato che questa “permetterà all’UE di assicurarsi il rafforzamento del riconoscimento delle indicazioni geografiche e la protezione dell’identità dei prodotti regionali e locali, riconoscimento che costituisce uno dei nostri obiettivi nel quadro del ciclo dei negoziati commerciali multilaterali di Doha”[7].

 

 Più recentemente, il 12 maggio 2005,  il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione sulla valutazione dei ciclo di negoziati di Doha nella quale chiede che i negoziati sulle indicazioni geografiche, che costituiscono un elemento importante per l’orientamento verso una produzione agricola di qualità e la sua valorizzazione, siano presi pienamente in considerazione nel quadro delle discussioni sull’accesso al mercato dei prodotti agricoli.

Incidenza sull’ordinamento giuridico

Attribuzione di poteri normativi

Il rinvio a decreti ministeriali di attuazione (alla entrata in vigore dei quali l’articolo 26, comma 1, rinvia l’abrogazione di quelli attualmente vigenti nelle rispettive materie) è previsto dalle seguenti norme del disegno di legge in esame:

§      articolo 5, comma 10 (DM del MIPAF, sentita la Conferenza Stato-regioni e il Comitato per la tutela delle DO e IGT: approvazione delle norme per la tutela e la valorizzazione dei vitigni autoctoni o di antica coltivazione);

§      articolo 7, comma 4 (DM del MIPAF: riconoscimento delle DO e IGT e delimitazione delle rispettive zone, nonché approvazione dei disciplinari di produzione);

§      articolo 9, comma 1 (DM del MIPAF, sentito il Comitato per la tutela delle DO e IGT e d’intesa con la Conferenza Stato-regioni: adozione delle eventuali modifiche dell’Allegato A sui contenuti dei disciplinari di produzione);

§      articolo 10, comma 2 (DM del MIPAF, sentito il Comitato per la tutela delle DO e IGT, da adottare entro 6 mesi: approvazione del piano dei controlli);

§      articolo 11, comma 3 (DM del MIPAF, d’intesa con la Conferenza Stato-regioni: determinazione dei criteri per l’istituzione e l’aggiornamento degli albi dei vigneti DO e degli elenchi delle vigne IGT);

§      articolo 13, comma 7 (DM del MIPAF, sentito il Comitato per la tutela delle DO e IGT e di concerto con la Conferenza Stato-regioni, entro 6 mesi: definizione delle deroghe al disciplinare di carattere temporaneo, legate all’andamento della campagna vendemmiale, che sono concedibili direttamente dalle regioni e dalle province autonome);

§      articolo 14, commi 4 e 5 (DM del MIPAF, d’intesa con la Conferenza Stato-regioni: definizione delle procedure e delle modalità per gli esami analitici e organolettici, del prelievo dei campioni e del funzionamento delle commissioni di degustazione, nonché dell’ammontare degli importi a carico dei soggetti che ne chiedono l’operato);

§      articolo 15, comma 2 (DM del MIPAF, di concerto con il Ministro delle politiche comunitarie, d’intesa con la Conferenza Stato-regioni: modalità di istituzione dell’albo degli imbottigliatori);

§      articolo 16, comma 9 (DM del MIPAF, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze: determinazione dei compensi del presidente e dei componenti del Comitato per la tutela delle DO e IGT);

§      articolo 19, comma 3 (DM del MIPAF, d’intesa con la Conferenza Stato-regioni: determinazione delle caratteristiche dei contrassegni speciali per i vini DOCG).

Coordinamento con la normativa vigente

Il coordinamento con la normativa vigente è efficacemente assicurato dalla abrogazione espressa di tutte le disposizioni che attualmente regolano la materia. 

Merita tuttavia evidenziare che in taluni casi il provvedimento si limita, in modo alquanto generico, a rinviare alla “normativa vigente”[8], che sembrerebbe più opportuno specificare.

Collegamento con lavori legislativi in corso

Si fa presente che presso la XIII Commissione (Agricoltura) della Camera è in fase conclusiva l’esame in sede referente di una serie di proposte di legge, di iniziativa parlamentare, sulla disciplina del settore vitivinicolo (testo unificato AA.CC. 31 e abb.).

Formulazione del testo

All’articolo 11, appare necessario uniformare le denominazioni di “schedario delle superfici vitate” (comma 1) e “schedario viticolo” (comma 2).

All’articolo 12, comma 2, appare più opportuno rinviare al comma 3 (e non già al comma 2) dell’articolo 10.

All’articolo 20, appare necessario un migliore coordinamento dei commi 1 e 2, in quanto trattasi di disposizioni di contenuto normativo sostanzialmente analogo.

All’articolo 24 non appaiono chiare le ragioni del richiamo dell’articolo 5, comma 9 (e non anche, ad esempio, dell’articolo 5, comma 8).

All’articolo 26, comma 4, appare necessario chiarire se per “disposizioni” si intendano anche i disciplinari di produzione.

 


Disegno di legge

 


 

CAMERA DEI DEPUTATI

 ¾¾¾¾¾¾¾¾

N.  5768

¾

 

DISEGNO DI LEGGE

 

 

presentato dal ministro delle politiche agricole e forestali

(ALEMANNO)

 

di concerto con il ministro per gli affari regionali

(LA LOGGIA)

 

con il ministro delle attività produttive

(MARZANO)

 

con il ministro per le politiche comunitarie

(BUTTIGLIONE)

 

e con il ministro dell'economia e delle finanze

(SINISCALCO)

 

 

         

Tutela delle denominazioni di origine

e delle indicazioni geografiche dei vini

                       

Presentata il 7 aprile 2005

                       

 

 

 


Onorevoli Deputati! - La legge 10 febbraio 1992, n. 164, ha costituito un efficace strumento di valorizzazione della produzione vitivinicola di qualità e tipica italiana, tant'è che, in oltre un decennio dalla sua entrata in vigore, si è andato sempre più affermando il ruolo delle denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche tipiche, sia in numero puro [oggi si contano complessivamente 337 denominazioni di origine controllata (DOC) e denominazioni di origine controllata e garantita (DOCG) e 118 indicazioni geografiche tipiche (IGT)] che in termini quantitativi e di valore, costituendo il settore vitivinicolo di qualità una delle principali voci dell'export nazionale e che contribuisce in maniera determinante all'affermazione del «made in Italy» all'estero.

      Tuttavia, nonostante gli elementi innovativi e positivi che la legge n. 164 del 1992 aveva introdotto rispetto alla previgente normativa risalente al 1963, in particolare prevedendo la possibilità di diversificare le produzioni vitivinicole facenti riferimento a un medesimo territorio vocato, nell'ambito della cosiddetta «piramide della qualità», da qualche anno sono intervenute a livello internazionale, comunitario e nazionale sia nuove situazioni di mercato che nuove normative che rendono indispensabili taluni adeguamenti alla stessa legge n. 164 del 1992.

      Il Ministero delle politiche agricole e forestali, dopo ampia consultazione della filiera produttiva e degli enti interessati alla gestione della disciplina delle denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche tipiche, in particolare le regioni e le province autonome, ha pertanto provveduto alla redazione del presente disegno di legge, il quale, in termini generali, a seguito di una completa rivisitazione della citata legge n. 164 del 1992, costituisce un testo in materia di «tutela delle denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche dei vini» coordinato con tutte le altre norme comunitarie e nazionali vigenti in materia e nel medesimo tempo risulta assai semplificato e chiaro per tutti gli adempimenti procedurali, in maniera da venire incontro alle esigenze dei produttori, salvaguardando tuttavia l'efficacia dei controlli e nel rispetto della normativa in materia di semplificazione del procedimento amministrativo.

      Il disegno di legge, come accennato, nasce dopo una consultazione molto approfondita sia con le parti sociali che con le regioni. Proprio in virtù della complessità della materia, che abbraccia competenze statali, quali i diritti di proprietà intellettuale, e competenze regionali, quali quelle più strettamente agricole, il Ministero delle politiche agricole e forestali ha proceduto a un'elaborazione congiunta in sede tecnica e politica, al fine di pervenire a un testo largamente condiviso con le regioni. Appare pertanto utile indicare la cronistoria del testo proposto, per constatare quanto sia stato ponderato in ogni suo aspetto:

          nell'ottobre 2003 il Sottosegretario delegato alla vitivinicoltura presenta il primo schema alla filiera e al Comitato nazionale vini;

          nel dicembre 2003 lo schema è presentato alle regioni: viene costituito, in seno alla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, di seguito denominata «Conferenza Stato-regioni», un apposito gruppo tecnico «Ministero-regioni» che, nel marzo 2004, produce una versione evoluta del testo;

          nel marzo 2004 si esprime il Comitato nazionale vini;

          il 14 maggio 2004, su indicazione del Ministro delle politiche agricole e forestali, viene convocata a Milano la filiera vitivinicola, alla presenza del Sottosegretario delegato alla vitivinicoltura, per esaminare il testo proposto dalle regioni;

          nel luglio 2004 il testo scaturito dal convegno di Milano viene sottoposto alla Conferenza Stato-regioni, la quale chiede che si prosegua il confronto avendo come base il testo tecnico «Ministero-regioni»;

          a fine luglio e il 14 settembre, con specifiche riunioni, il Ministero delle politiche agricole e forestali e le regioni riverificano il testo sulla base delle osservazioni della filiera;

          il 29 settembre 2004 vi è stata una ulteriore riunione tra la filiera e le regioni per una sempre maggiore convergenza sul testo;

          il 29 novembre 2004 viene organizzato dal Ministero delle politiche agricole e forestali, alla presenza del Ministro delle politiche agricole e forestali e del Sottosegretario delegato alla vitivinicoltura, un seminario conclusivo per l'esame del testo, presenti ai massimi livelli gli esponenti della filiera vitivinicola e le regioni. Il seminario viene preceduto, su indicazione del Ministro delle politiche agricole e forestali, da una riunione di coordinamento con le regioni, presieduta dal Sottosegretario delegato alla vitivinicoltura;

          nel seminario del 29 novembre vengono recepiti gli ultimi suggerimenti della filiera e delle regioni, anche per quanto riguarda gli aspetti della certificazione della produzione.

 

      A seguito dell'approvazione preliminare da parte del Consiglio dei ministri del 14 gennaio 2005, la Conferenza Stato-regioni del 3 marzo 2005 ha reso il parere ufficiale recepito nel testo sottoposto in via definitiva al Consiglio dei ministri.

      Oltre a una collocazione delle norme all'interno del testo ritenuta dalle regioni più organica, specie per quanto concerne il capo III, le integrazioni richieste dalle regioni hanno, in particolare, riguardato gli articoli di seguito elencati.

      Articolo 5: l'eliminazione dell'originario comma 8, in tema di classificazione ufficiale delle varietà di vite, con l'introduzione dell'attuale comma 10, con il quale si demanda a un decreto ministeriale la possibilità di adottare norme al fine di tutelare e di valorizzare le produzioni ottenute da vitigni autoctoni o di antica coltivazione, con riferimento all'uso del nome del vitigno e dei relativi sinonimi nella designazione e nella presentazione dei vini da essi ottenuti.

      Articolo 7: al comma 1, la dizione «zone caratteristiche» è divenuta «zone espressamente delimitate».

      Articolo 8: è stato introdotto il comma 3 che prevede che le superfici non rivendicate con alcuna denominazione di origine (DO) per tre anni consecutivi sono cancellate dai rispettivi albi.

      Articolo 9: le modifiche richieste dalle regioni sono di carattere lessicale e di migliore chiarimento del testo, specificando, tra l'altro, la documentazione da presentare in caso di richiesta di modifica dei disciplinari.

      Articolo 10: l'articolo reca princìpi generali peraltro desumibili anche nel testo precedente. Viene ora specificato che la certificazione è operata nel rispetto di un piano di controlli comune a livello nazionale, redatto dal Ministero delle politiche agricole e forestali di intesa con le regioni. La certificazione viene poi operata a livello di ogni singola DO - le IGT sono escluse, come ora, dalla certificazione in questione - dai soggetti individuati dalle regioni in possesso dei requisiti minimi stabiliti a livello nazionale di intesa con il Ministero delle politiche agricole e forestali.

      Articolo 12: l'articolo, oltre a specificare che ogni vino DO deve dotarsi di un piano dei controlli e che i costi del controllo sono a carico della filiera produttiva, reca norme già presenti nel testo approvato dal Consiglio dei ministri in via preliminare.

      Articolo 13: le modifiche introdotte in sede di Conferenza Stato-regioni riguardano le modalità di autorizzazione da parte regionale delle modifiche alle rese produttive in caso di annate climaticamente favorevoli, nonché delle riduzioni delle rese per una minore immissione di prodotto sul mercato. Viene altresì disciplinata la procedura, sempre di livello regionale, per le deroghe al disciplinare di carattere temporaneo legate all'andamento della campagna vendemmiale.

      Articolo 16: i membri del Comitato nazionale per la tutela e la valorizzazione delle DO e delle IGT dei vini designati dalle regioni passano da tre a sei: conseguentemente l'onere finanziario (comma 10), aumenta di 6.000 euro.

      Articolo 17: nel reintrodurre alcune attività svolte dai consorzi di tutela già presenti nell'attuale legge n. 164 del 1992, specificandone (comma 13) l'incidenza dei costi a carico di tutti i produttori e gli utilizzatori della denominazione, in proporzione ai quantitativi di prodotto, è stata inoltre prevista la possibilità, peraltro attualmente vigente, che i consorzi, se incaricati dalle regioni e se in possesso di specifici requisiti, possano svolgere l'attività di controllo di cui all'articolo 10.

      Articolo 26: nelle disposizioni transitorie è stato specificato che, con l'abrogazione del decreto del Ministro delle politiche agricole e forestali 29 maggio 2001, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 141 del 20 giugno 2001, sono fatti salvi gli incarichi attribuiti ai consorzi di tutela fino alla fine della sperimentazione secondo le disposizioni allo scopo adottate dal Ministero delle politiche agricole e forestali.

      Questa lunga cronistoria evidenzia, quindi, quanto il tema delle denominazioni di origine dei vini sia ritenuto strategico dal Ministero delle politiche agricole e forestali e la volontà di giungere, come si auspica sia stato, a una legge condivisa sia a livello istituzionale che di filiera.

      Si illustrano di seguito i singoli articoli del disegno di legge.

      Nell'articolo 1, come innovazione rispetto alla previgente normativa, al comma 1, vengono espressi, in estrema sintesi, sia le finalità della legge (tutela e valorizzazione delle produzioni enologiche), sia il concetto filosofico e giuridico delle stesse «denominazioni di origine» e «indicazioni geografiche tipiche», intese come «patrimonio economico, culturale e dell'ingegno nazionale (...) protette nell'ambito degli accordi internazionali concernenti i diritti di proprietà intellettuale».

 

      Ai successivi commi 2, 3 e 4 sono riprese, con alcune modifiche formali, le definizioni di «denominazione di origine» e di «indicazione geografica tipica» presenti nella legge n. 164 del 1992, e specificato l'ambito generale di applicazione della legge (vini e mosti) coerentemente al titolo della legge.

      L'articolo 2, comma 1, prevede che le denominazioni di origine e le indicazioni geografiche tipiche di cui all'articolo 1 sono utilizzate per designare vini appartenenti a una pluralità di produttori, fatte salve le situazioni giuridiche acquisite in base al previgente ordinamento.

      Al comma 2, per ribadire l'ambito di utilizzazione dei nomi geografici, che costituiscono le denominazioni di origine o le indicazioni geografiche tipiche, e le altre menzioni, ovvero la loro riserva di utilizzo ai vini e ai mosti, si vieta espressamente il loro impiego per designare prodotti similari o alternativi a quelli definiti all'articolo 1, e si stabilisce che non possono essere impiegati in modo tale da ingenerare, nei consumatori, confusione nella individuazione dei prodotti.

      Al comma 3, in particolare, è stabilito che qualsiasi altra bevanda a base di mosto o di vino, nonché i vini frizzanti gassificati e i vini spumanti gassificati non possono utilizzare le denominazioni di origine e le indicazioni geografiche tipiche nella loro designazione e presentazione, fatta eccezione, ai sensi della normativa vigente, per le bevande spiritose e l'aceto di vino.

      Il comma 4, in ossequio a quanto indicato dalla Conferenza Stato-regioni e dall'Associazione nazionale dei comuni italiani (ANCI), reca il divieto di utilizzare nelle DO organismi geneticamente modificati.

      Con l'articolo 3, comma 1, viene stabilita la classificazione gerarchica delle denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche tipiche:

          a) denominazioni di origine controllata e garantita (DOCG);

          b) denominazioni di origine controllata (DOC);

          c) indicazioni geografiche tipiche (IGT).

      Ai successivi commi 2, 3 e 4, come utile coordinamento con la normativa comunitaria in materia di designazione, presentazione e protezione dei prodotti in questione, vengono elencate tutte le menzioni specifiche tradizionali e i termini, anche in sigla, che possono essere utilizzati per i prodotti disciplinati dalla legge, quali: DOCG, DOC, IGT, VQPRD (vini di qualità prodotti in regioni determinate), VSQPRD (vini spumanti di qualità prodotti in regioni determinate), VLQPRD (vini liquorosi di qualità prodotti in regioni determinate), VFQPRD (vini frizzanti di qualità prodotti in regioni determinate).

      Viene poi sancito che le definizioni dell'Unione europea sono aggiuntive e non sostitutive delle menzioni italiane e, infine, per tenere conto del bilinguismo ufficiale nelle province di Aosta e di Bolzano, vengono indicate le menzioni specifiche tradizionali nelle rispettive lingue, francese e tedesco.

      Circa gli ambiti territoriali (articolo 4), al comma 1 vengono riprese dall'articolo 1 (commi 2 e 3) le definizioni di denominazioni di origine e di indicazioni geografiche tipiche per meglio specificarle in relazione all'ambito territoriale, intendendo con le stesse denominazioni «i nomi geografici e le qualificazioni geografiche delle corrispondenti zone di produzione, usati per designare i vini di cui all'articolo 1».

      Al comma 2 vengono stabilite le condizioni per la delimitazione dell'area territoriale di produzione e in particolare: la possibilità di delimitare, all'atto del riconoscimento, aree limitrofe, quando in esse esistano analoghe condizioni ambientali, gli stessi vitigni e siano praticate le medesime tecniche colturali; inoltre quando i vini prodotti in tali aree abbiano, da almeno un decennio, uguali caratteristiche chimico-fisiche e organolettiche.

      Al comma 3 è stabilito il principio che soltanto le denominazioni di origine possono prevedere al loro interno l'indicazione di zone espressamente delimitate, comunemente denominate sottozone e, dunque, vengono stabilite le relative condizioni tecniche normative di riconoscimento nell'ambito dei disciplinari di produzione.

      Al comma 4 sono stabilite le condizioni per la delimitazione delle aree di produzione dei vini IGT.

      Ai commi 5 e 6 sono stabilite le condizioni per l'utilizzo di nomi di aree amministrative definite e della menzione «vigna» o suoi sinonimi, seguita dal relativo toponimo o nome tradizionale, soltanto nella presentazione e nella designazione dei vini DOCG e DOC.

      Al comma 7 è stabilito che le zone caratteristiche delle DOC possono essere riconosciute come DOC autonome e possono essere promosse a DOCG separatamente o congiuntamente alla DOC principale.

      In materia di specificazioni e di menzioni (articolo 5) vengono definite con precisione talune menzioni tradizionali molto utilizzate per i vini in questione, quali «classico», «riserva», «superiore», «novello», «passito» o «vino passito», «vino passito liquoroso», e per le stesse sono stabilite la riserva per talune categorie di vini e le relative condizioni di utilizzazione. Il tutto conformemente alla normativa comunitaria e nazionale vigente in materia di designazione, presentazione e protezione dei vini.

      Secondo quanto indicato dalla Conferenza Stato-regioni e dall'ANCI, ai vini passiti liquorosi non può essere riconosciuta la DOCG e devono avere disciplinari separati dai vini passiti.

      Conformemente alla normativa comunitaria e nazionale vigente in materia di etichettatura dei vini, sono stabilite le condizioni per l'utilizzo in etichettatura di talune menzioni aggiuntive e dei nomi di vitigni e loro sinonimi. Per la rilevanza che assume l'indicazione del nome del vitigno nell'etichettatura dei vini DO e IGT, vengono stabilite precise disposizioni per la classificazione delle varietà di vite.

      Si prevede infine, secondo quanto indicato dall'ANCI e dalla Conferenza Stato-regioni (comma 10), che con decreto del Ministro delle politiche agricole e forestali, sentiti la Conferenza Stato-regioni e il Comitato di cui all'articolo 16, possono essere adottate norme al fine di tutelare e di valorizzare le produzioni ottenute da vitigni autoctoni o di antica coltivazione, con riferimento all'uso del nome del vitigno e dei relativi sinonimi nella designazione e nella presentazione dei vini da essi ottenuti.

      Circa la coesistenza di vini diversi nell'ambito di una o più DO o IGT (articolo 6) sono stabilite le condizioni affinchè sul medesimo territorio possono coesistere denominazioni di origine e indicazioni geografiche tipiche e, limitatamente ai vini DOCG e DOC, anche con lo stesso nome geografico. Al comma 3 è stabilito che i nomi geografici e le zone di cui all'articolo 4, comma 3, usati per designare vini DOCG o DOC non possono essere usati per designare vini IGT.

      Il capo II riguarda il riconoscimento delle denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche tipiche. Con l'articolo 7 vengono stabiliti i criteri particolareggiati per il riconoscimento delle DO e IGT.

      Al comma 1 sono stabilite le condizioni, assai restrittive dal punto di vista tecnico-produttivo e storico tradizionale, per il riconoscimento della «denominazione di origine controllata e garantita». Si prevede, in particolare, che tale riconoscimento è riservato ai vini già riconosciuti DOC e a zone espressamente delimitate o tipologie di una DOC da almeno dieci anni, che siano ritenuti di particolare pregio, per le caratteristiche qualitative intrinseche e per la rinomanza commerciale acquisita, e che siano stati rivendicati, nell'ultimo triennio, da almeno il 35 per cento dei soggetti iscritti all'albo di cui all'articolo 11 e che rappresentino almeno il 51 per cento della superficie totale iscritta all'albo.

      Al comma 2 sono stabilite le condizioni per il riconoscimento della «denominazione di origine controllata».

      Al comma 3 sono stabilite le condizioni per il riconoscimento della «indicazione geografica tipica».

      Al comma 4 è stabilito che il riconoscimento delle denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche tipiche e la delimitazione delle rispettive zone di produzione vengono effettuati contestualmente all'approvazione dei relativi disciplinari di produzione, con decreto del Ministero delle politiche agricole e forestali, secondo le procedure stabilite dalla legge.

      Al comma 5 è previsto che le DOCG e le DOC possono essere precedute o seguite da un nome geografico più ampio, anche di carattere storico, tradizionale o amministrativo, purchè espressamente previsto dal relativo disciplinare.

      Al comma 6 si prescrive che il riconoscimento di una DOCG deve prevedere una disciplina viticola ed enologica più restrittiva rispetto a quella della DOC di provenienza.

      Al comma 7 si prevede che il riconoscimento di una DOC deve prevedere una disciplina viticola ed enologica più restrittiva rispetto a quella delle IGT precedentemente rivendicate

      Al comma 8 si prevede che il decreto ministeriale di cui al comma 4 fissa la data di entrata in vigore delle norme contenute nel disciplinare di produzione e può, se necessario, prevedere disposizioni di carattere transitorio.

      L'articolo 8 disciplina la decadenza e la revoca delle denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche tipiche. Tale articolo (commi 1 e 2), in maniera più semplificata rispetto alla legge n. 164 del 1992, prevede l'istituto della revoca delle DO e IGT, in assenza di rivendicazioni per almeno cinque anni consecutivi, che avviene con decreto del Ministero delle politiche agricole e forestali, su comunicazione delle regioni interessate.

      Il comma 3 prevede che le superfici non rivendicate con alcuna DO per tre anni consecutivi sono cancellate dai rispettivi albi.

      Al comma 4 è inoltre stabilito che i vini perdono il diritto a utilizzare le denominazioni di origine e le indicazioni geografiche tipiche quando sono addizionati all'estero da altro vino, in qualsiasi misura e di qualsiasi provenienza, anche se tale pratica è ammessa dalla normativa del Paese nel quale si effettua o nel quale il prodotto ottenuto è imbottigliato.

      L'articolo 9 reca le procedure per il riconoscimento delle DO e IGT e disciplinari di produzione. Tale articolo, a superamento della specifica norma procedurale in materia (regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 348 del 1994) stabilisce una particolareggiata disciplina procedurale, coinvolgendo nella stessa direttamente le competenti regioni e province autonome.

      Al comma 1, come premessa alla disciplina procedurale, sono stabiliti gli elementi che devono contenere i disciplinari di produzione dei vini DO e IGT, che sono elencati nell'allegato A annesso alla legge. È altresì stabilito che con decreto del Ministero delle politiche agricole e forestali, su parere del Comitato di cui all'articolo 16, di intesa con la Conferenza Stato-regioni, possono essere apportate modificazioni al citato allegato A.

      Al comma 2 sono individuati i soggetti che possono presentare la domanda di riconoscimento di un vino DOC o IGT. Tali soggetti sono i consorzi volontari di tutela o, in loro assenza, le associazioni di categoria dei produttori interessati. Sono prescritti anche relativi requisiti di rappresentatività di detti soggetti nei riguardi del livello produttivo.

      Al comma 3 è specificata la documentazione da allegare alla domanda di riconoscimento di un vino DO.

      Al comma 4 sono stabilite le condizioni per il riconoscimento delle IGT ed è specificata la documentazione da allegare alla relativa domanda.

      Al comma 5 è prevista la contestuale presentazione, da parte dei soggetti interessati, alle regioni o province autonome territorialmente competenti e al Ministero delle politiche agricole e forestali, della domanda di riconoscimento.

      Nei successivi commi (da 6 a 12) viene dettagliato l'iter istruttorio della richiesta di riconoscimento, nonché di modifica dei disciplinari di produzione, da parte delle competenti regioni e del Ministero delle politiche agricole e forestali, fino al riconoscimento della DO o IGT e dell'approvazione del relativo disciplinare, ovvero della modifica del disciplinare, con relativo decreto ministeriale.

      Il capo III reca le norme in materia di certificazione e rivendicazione delle produzioni dei vini DO e IGT.

      L'articolo 10, come già illustrato in precedenza, reca i princìpi generali per la certificazione delle produzioni.

      Circa la denuncia delle superfici vitate atte alla produzione dei vini DOCG, DOC e IGT (articolo 11) in vista della legittima rivendicazione delle produzioni annuali di vini DO e IGT, è previsto che i relativi vigneti devono essere regolarmente dichiarati allo schedario delle superfici vitate ai sensi della normativa comunitaria e nazionale e inoltre iscritti negli specifici albi dei vigneti per vini DO o negli appositi elenchi delle vigne IGT tenuti dalle competenti regioni o province autonome.

      Al comma 3 è previsto che con decreto del Ministro delle politiche agricole e forestali, di intesa con la Conferenza Stato-regioni, sono determinati i criteri per l'istituzione e l'aggiornamento degli albi dei vigneti DO e degli elenchi delle vigne IGT di cui al comma 2 e che, fino alla data di entrata in vigore del predetto decreto, rimangono in vigore le disposizioni di cui al decreto del Ministro delle politiche agricole e forestali 27 marzo 2001, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 84 del 10 aprile 2001, e dell'accordo 25 luglio 2002 tra il Ministro delle politiche agricole e forestali, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 212 del 10 settembre 2002.

      Al comma 4 è previsto che le regioni e le province autonome possano disciplinare l'iscrizione delle superfici agli albi dei vini DO anche in funzione dell'andamento vendemmiale, mentre il comma 5 specifica che gli albi dei vigneti DO e gli elenchi delle vigne IGT sono pubblici.

      All'articolo 12 sono indicate le modalità di controllo delle produzioni ai fini della certificazione. Ogni vino DO deve dotarsi di un piano dei controlli e i costi del controllo sono a carico della filiera produttiva.

      Il comma 3 prevede che qualora un'azienda produca più di una DO, il controllo può essere operato da un solo organismo, mentre il comma 4 specifica che gli organismi stessi devono comunicare al Ministero delle politiche agricole e forestali e alle regioni o province autonome le risultanze dei controlli dell'anno precedente.

      Al comma 5 è individuata nel Ministero delle politiche agricole e forestali l'autorità nazionale preposta al coordinamento delle attività di certificazione, controllo e vigilanza relativamente all'applicazione delle norme in materia di denominazione di origine.

      Al comma 6 è previsto che il Ministero delle politiche agricole e forestali promuove accordi con le regioni, per coordinare l'azione amministrativa nazionale con quella di competenza delle regioni nel settore vitivinicolo al fine della semplificazione amministrativa e della garanzia per i consumatori.

      Al comma 7 è previsto che il Ministero delle politiche agricole e forestali promuove, ai sensi dell'articolo 14 della legge 7 agosto 1990, n. 241, specifiche conferenze di servizi con le pubbliche amministrazioni centrali e periferiche, con particolare riferimento all'azione dell'Ispettorato centrale repressione frodi, del Corpo della guardia di finanza, del Comando carabinieri politiche agricole, del Comando carabinieri per la sanità, del Corpo forestale dello Stato e dei competenti servizi delle regioni e province autonome, per evitare ogni forma di duplicazione dei controlli a livello aziendale.

      In merito alle modalità di rivendicazione delle produzioni (articolo 13) sono stabilite le modalità per la rivendicazione annuale delle produzioni delle uve per i vini DO e IGT, da parte del produttore contestualmente alla dichiarazione di produzione delle uve e della produzione vitivinicola generale. La rivendicazione delle uve in questione deve essere effettuata alla competente camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura.

      Successivamente (commi 2-6) sono previste particolari modalità di rivendicazione e di classificazione delle produzioni annuali di uve, nonché di riclassificazione dei vini, nel rispetto delle norme stabilite dai relativi disciplinari di produzione e della normativa generale in materia di prevenzione e repressione frodi.

      Come già illustrato, le modifiche introdotte in sede di Conferenza Stato-regioni riguardano le modalità di autorizzazione da parte regionale delle modifiche alle rese produttive in caso di annate climaticamente favorevoli, nonché delle riduzioni delle rese per una minore immissione di prodotto sul mercato, nonché la procedura per le deroghe al disciplinare di carattere temporaneo legate all'andamento della campagna vendemmiale.

      L'articolo 14 prevede che, ai fini della rivendicazione dei vini DO, i medesimi devono essere sottoposti ad analisi chimico - fisica e organolettica che certifichi la corrispondenza alle caratteristiche previste dai rispettivi disciplinari. La positiva certificazione è condizione per l'utilizzazione della denominazione. Per i vini DOCG l'esame organolettico deve essere effettuato partita per partita nella fase dell'imbottigliamento, fatta eccezione per i vini DOCG elaborati in bottiglia per i quali l'analisi chimico-fisica e l'esame organolettico sono effettuati all'epoca in cui le relative partite imbottigliate abbiano acquisito i requisiti previsti dai rispettivi disciplinari di produzione.

      Ai successivi commi, nel rispetto della normativa comunitaria vigente in materia, sono stabiliti i criteri e le procedure per l'espletamento degli esami analitici e organolettici.

      All'articolo 15, relativo all'albo degli imbottigliatori, si prevede che i vini DOCG, DOC e IGT possono essere imbottigliati soltanto dalle ditte iscritte in un apposito albo degli imbottigliatori, al fine di mettere a disposizione degli organi di controllo un valido strumento nella loro attività.

      Al comma 2 è stabilito che le modalità per l'istituzione e la tenuta dell'albo degli imbottigliatori di ciascun vino DOCG, DOC e IGT, nonché i requisiti per l'iscrizione delle relative ditte sono disciplinati con decreto del Ministro delle politiche agricole e forestali, di intesa con la Conferenza Stato-regioni.

      L'articolo 16 disciplina il Comitato nazionale per la tutela e la valorizzazione delle denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche tipiche dei vini. Al comma 1 è identificato il Comitato nazionale per la tutela e la valorizzazione delle denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche tipiche dei vini quale organo del Ministero delle politiche agricole e forestali ed espressione dell'interprofessione vitivinicola. Vengono poi stabilite le competenze del Comitato: consultiva e propositiva in materia di tutela e valorizzazione qualitativa e commerciale dei vini a DO e IGT.

      Al comma 2 è stabilita la composizione del Comitato di cui al comma 1. Esso è composto dal presidente, da vari esperti del settore e dai rappresentanti di enti e organizzazioni professionali e di categoria del settore e dei consumatori, nominati dal Ministro delle politiche agricole e forestali. È stabilito il periodo della carica del presidente e dei componenti del Comitato (cinque anni).

      Le funzioni del Comitato riguardano il parere secondo le modalità previste nella legge, nonché, su richiesta del Ministero delle politiche agricole e forestali, su ogni altra questione relativa al settore vitivinicolo; la collaborazione con i competenti organi statali e regionali all'osservanza della legge e dei disciplinari di produzione relativi ai prodotti con denominazione di origine o con indicazione geografica tipica; iniziative in materia di studi e divulgazione per una migliore produzione e per una più estesa divulgazione dei prodotti di cui alla legge.

      Al comma 6 è previsto che il Comitato può costituirsi, per conto e previa autorizzazione del Ministero delle politiche agricole e forestali, parte civile nei procedimenti penali aventi ad oggetto frodi sull'origine e sulla provenienza geografica dei vini di cui alla legge. Il Comitato può altresì intervenire nei giudizi civili, ai sensi dell'articolo 105, secondo comma, del codice di procedura civile, per far valere il proprio interesse alla tutela delle denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche tipiche.

      Al comma 7 è previsto che il Comitato è legittimato ad agire in giudizio, per conto e previa autorizzazione del Ministero delle politiche agricole e forestali, a tutela dei viticoltori interessati nei confronti di soggetti privati e pubblici che, con agenti inquinanti o altri fattori ovvero attraverso l'abusivo esercizio di servitù, rechino pregiudizio alle coltivazioni dei vigneti nonché alla qualità e all'immagine dei vini a denominazione di origine e ad indicazione geografica tipica.

      Al comma 8 è previsto che le funzioni di segreteria tecnica e amministrativa del Comitato sono assicurate da funzionari del Ministero delle politiche agricole e forestali nominati con decreto del Ministro.

      Al comma 9 è stabilito che con decreto del Ministro delle politiche agricole e forestali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sono determinati i compensi del presidente e dei componenti del Comitato.

      Al comma 10 è stabilito l'onere finanziario per l'attuazione del presente articolo, determinato in 66.000 euro a partire dall'anno 2005, e la relativa imputazione di bilancio.

      Circa i consorzi volontari di tutela (articolo 17) si prevede che per ciascuna denominazione di origine o indicazione geografica tipica può essere costituito un consorzio con funzioni di tutela, valorizzazione, promozione e cura generale degli interessi relativi alla DOCG, DOC o IGT. Esso può inoltre svolgere compiti consultivi e di proposta regolamentare nei confronti del Ministero delle politiche agricole e forestali, delle regioni e degli enti preposti all'attuazione della disciplina e alla gestione delle DOCG, DOC e IGT, nonché collaborare all'applicazione della legge.

      Sulla base di quanto indicato dalla Conferenza Stato-regioni, al comma 2 è stata prevista la possibilità, peraltro attualmente vigente, che i consorzi, se incaricati dalle regioni o dalle province autonome e se in possesso di specifici requisiti, possano svolgere l'attività di controllo di cui all'articolo 10.

      Al comma 3 sono previste le condizioni per concedere al consorzio l'autorizzazione a svolgere le funzioni di cui al comma 1, in particolare che il consorzio si sia dato uno statuto che preveda i requisiti elencati nell'allegato B annesso alla legge.

      Al comma 4 si consente la costituzione di un consorzio volontario per più denominazioni di origine o indicazioni geografiche tipiche nel caso in cui le zone di produzione dei vini interessati ricadano nello stesso ambito territoriale provinciale o regionale.

      Al comma 5 si consente eccezionalmente la costituzione di un consorzio per una sottozona compresa in una denominazione, purchè specificatamente disciplinata ai sensi della legge.

      Ai commi 6 e 7 sono stabiliti i criteri per il calcolo della rappresentatività del consorzio nei confronti della denominazione.

      Ai commi 8 e 9 sono stabilite le modalità procedurali per la concessione al consorzio dell'autorizzazione a svolgere le funzioni di cui al comma 1, fino all'autorizzazione ministeriale, specificando altresì funzioni, limiti di tempo e adempimenti connessi all'autorizzazione.

      Al comma 10 sono stabiliti, nell'ambito delle funzioni generali di cui al comma 1, i compiti dei consorzi autorizzati:

          lettera a): a livello tecnico, per assicurare corrispondenza tra gli adempimenti operativi cui sono tenuti i produttori e le norme dei disciplinari di produzione;

          lettera b): a livello amministrativo, per assicurare la tutela della denominazione o indicazione geografica dal plagio, dalla sleale concorrenza, dall'usurpazione e da altri illeciti, anche costituendosi parte civile;

          lettere c), d) ed e): collaborando, secondo quanto richiesto dalla Conferenza Stato-regioni, con le regioni e con gli altri enti preposti ad attività che spaziano dalla promozione delle denominazioni di origine all'espletamento delle attività connesse alla gestione e all'aggiornamento degli albi dei vigneti e degli elenchi delle vigne IGT.

      Al comma 11 viene stabilito che l'attività dei consorzi avviene senza pregiudizio per i poteri di vigilanza spettanti al Ministero delle politiche agricole e forestali e alle altre pubbliche amministrazioni in base all'ordinamento vigente.

      Al comma 12 è stabilito che i consorzi sono coordinati nell'espletamento della loro attività dal Ministero delle politiche agricole e forestali e devono osservare le direttive del Ministero stesso e che la verifica della sussistenza del requisito di rappresentatività dei consorzi è effettuata almeno con cadenza triennale dal Ministero delle politiche agricole e forestali.

      Il comma 13 specifica l'incidenza dei costi per le attività dei consorzi a carico di tutti i produttori e gli utilizzatori della denominazione, in proporzione ai quantitativi di prodotto.

      Il capo VI reca norme relative alle designazione, presentazione e protezione dei vini a denominazione di origine e ad indicazione geografica tipica (articolo 18), sui recipienti dei vini DO e sullo speciale contrassegno per le DOCG (articolo 19), sull'impiego delle denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche tipiche (articolo 20).

      Il capo VII norma i concorsi enologici, in continuità con quanto attualmente previsto dalla legge n. 164 del 1992.

      Gli articoli del capo VIII (articoli 22, 23, 24 e 25) costituiscono un'importante ricodificazione e coordinamento delle precedenti norme sanzionatorie previste dalla legge n. 164 del 1992 e dallo specifico decreto legislativo 10 agosto 2000, n. 260, recante disposizioni sanzionatorie in applicazione del regolamento (CE) n. 1493/1999, specie per quanto concerne le violazioni in materia di superfici vitate e di etichettatura. In particolare, per ogni specifica sanzione viene uniformato l'importo della sanzione previsto dalle diverse norme vigenti.

      Al capo IX sono infine previste le disposizioni transitorie e abrogative (articolo 26).

      L'allegato A annesso al disegno di legge, ai sensi dell'articolo 9, comma 1, indica gli elementi dei disciplinari di produzione per le DO e per le IGT.

      L'allegato B annesso al disegno di legge, ai sensi dell'articolo 17, comma 3, lettera b), specifica gli elementi obbligatori dello statuto dei consorzi volontari di tutela dei vini DO e IGT.


 



RELAZIONE TECNICA

 

(Articolo 11-ter, comma 2, della legge 5 agosto 1978, n. 468,

e successive modificazioni).

 

        Il disegno di legge sostituisce la legge 10 febbraio 1992, n. 164, in materia di tutela delle denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche dei vini.

        Come per la precedente legge del 1992, gli oneri che scaturiscono dal presente disegno di legge sono riferiti al funzionamento del Comitato nazionale vini, per il quale viene proposta una riduzione dei membri (da 40 a 32), e un adeguamento dei compensi dei componenti il Comitato, peraltro decisamente modesto tenuto conto della grande rilevanza del Comitato e dell'impegno richiesto ai suoi componenti.

        Per quanto riguarda l'articolo 9, commi 6 e 8, si evidenzia che già attualmente le regioni svolgono compiti istruttori in materia di riconoscimento delle denominazioni di origine in funzione del parere che la regione interessata rende in seno al Comitato nazionale vini, ai sensi dell'articolo 5, comma 2, del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 20 aprile 1994, n. 348, sul disciplinare di produzione, nonché sulle modifiche ad esso ai sensi dell'articolo 10, comma 4, lettera d), della legge n. 164 del 1992.

        Va inoltre sottolineato come da molti anni, in ossequio alle mutate competenze in campo agricolo derivanti dall'attuazione della legge 15 marzo 1997, n. 59, il ruolo regionale nell'istruttoria delle pratiche di riconoscimento delle denominazioni di origine è divenuto molto importante: la procedura prevista dall'articolo 9 codifica, pertanto, quanto già avviene.

        Lo stesso dicasi per la partecipazione di un funzionario del Ministero delle politiche agricole e forestali alle riunioni di pubblico accertamento. Si rappresenta, infatti, che l'articolo 2, comma 1, del regolamento di cui al decreto del Ministro per le politiche agricole 16 giugno 1998, n. 280, recante norme sull'organizzazione, sulle competenze e sul funzionamento della sezione amministrativa e, nel suo ambito, del servizio di segreteria del Comitato nazionale per la tutela e la valorizzazione delle denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche tipiche dei vini, prevede che alle pubbliche audizioni e riunioni tecniche partecipi «un rappresentante della sezione amministrativa, designato di volta in volta dal dirigente capo della sezione amministrativa, il quale oltre a far parte della commissione come componente, svolge anche funzioni di segretario verbalizzante, in quanto responsabile del procedimento. Alle pubbliche audizioni e riunioni tecniche partecipa, ove ne ravvisi l'opportunità, anche il dirigente capo della sezione amministrativa o un suo delegato».

        Si conferma, quindi, che le norme recate dall'articolo 9, commi 6 e 8, non recano nuovi o ulteriori oneri a carico del bilancio dello Stato o delle regioni.

        Articolo 10, comma 4: il monitoraggio del Piano dei controlli e l'attività di verifica dei consorzi di tutela sono già esercitati da tempo dal Ministero delle politiche agricole e forestali: già l'articolo 21, comma 7, della legge n. 164 del 1992 prevedeva la possibilità per il Ministero dell'agricoltura e delle foreste di affidare ai consorzi compiti di vigilanza e con decreto del Ministro delle politiche agricole e forestali 29 maggio 2001, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 141 del 20 giugno 2001, la materia era stata ulteriormente puntualizzata con la previsione di verifiche ministeriali. La norma non reca nuovi o ulteriori oneri a carico del bilancio dello Stato o delle regioni in quanto i costi derivanti dall'attività di controllo sono in ogni caso a carico dei soggetti partecipanti alla filiera così come previsto dall'articolo 4, comma 2, del citato decreto.

        Articolo 12, comma 5: l'identificazione del Ministero delle politiche agricole e forestali come autorità nazionale preposta al coordinamento delle attività di certificazione, controllo e vigilanza relativamente all'applicazione delle norme in materia di denominazione di origine non reca alcun onere per il bilancio dello Stato perché sancisce solamente quanto già è riconosciuto, anche in sede di giudizio, da molti anni.

        Articolo 12, comma 7: per quanto riguarda il richiamo alla conferenza di servizi, esso non comporta oneri in quanto rientra nelle ordinarie attività delle amministrazioni interessate. Al riguardo si fa presente che l'articolo 14 della legge n. 241 del 1990 prevede che «Qualora sia opportuno effettuare un esame contestuale di vari interessi pubblici coinvolti in un procedimento amministrativo, l'amministrazione procedente indìce di regola una conferenza di servizi». In sostanza, in un procedimento amministrativo la conferenza di servizi è la norma, non l'eccezione. Si tratta di un procedimento amministrativo svolto dal Ministero da oltre quaranta anni (ancora prima della legge n. 164 del 1992, il decreto del Presidente della Repubblica 12 luglio 1963, n. 930, prevedeva procedure di livello periferico simili per il riconoscimento delle DOC) e quindi i cui oneri sono da qualche decennio considerati nel bilancio annuale del Ministero delle politiche agricole e forestali stesso. Si conferma, pertanto, che la norma in questione non reca nuovi o ulteriori oneri a carico del bilancio dello Stato.

        Articolo 16: il presente disegno di legge, sulla base della precedente attività del Comitato previsto dalla legge n. 164 del 1992, propone di limitare allo stanziamento complessivo di 66.000 euro annui i compensi per i componenti del Comitato, stabilendo che con decreto del Ministro delle politiche agricole e forestali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, siano determinati i compensi del presidente e dei componenti del Comitato. Al relativo onere si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2005-2007, nell'ambito dell'unità previsionale di base di parte corrente «Fondo speciale» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2005, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero delle politiche agricole e forestali.

        Per quanto concerne la quantificazione dell'onere del Comitato nazionale vini essa è calcolata in 65.104 euro, arrotondati a 66.000 euro, sulla base dei seguenti parametri:

 

            compensi e oneri a carico dell'amministrazione per i membri del Comitato: 34.000 euro (3.000 euro per il presidente e 1.000 euro per i 31 componenti);

 

            spese di missione: 31.104 euro (162 euro per componente di rimborso spese per sei riunioni annue per tutti i 32 componenti. Va tenuto presente che è molto probabile che numerosi membri del Comitato in realtà beneficeranno in misura ridotta dei rimborsi spese perché operanti su Roma).

 

        L'articolo 17, commi 11 e 12, della legge n. 164 del 1992 ha posto le spese del Comitato a carico del bilancio del Ministero delle politiche agricole e forestali, prevedendo che per esse «si osservano, in quanto applicabili, le norme del decreto del Presidente della Repubblica 22 novembre 1965, n. 1675».

        Articolo 17, commi 3, 11 e 12: vale quanto già specificato per l'articolo 10, comma 4, ovvero si tratta di compiti già svolti da tempo dal Ministero delle politiche agricole e forestali.


ANALISI TECNICO-NORMATIVA

 

1. Aspetti tecnico-normativi in senso stretto.

 

A) Necessità dell'intervento normativo.

        La legge 10 febbraio 1992, n. 164, ha costituito un efficace strumento di valorizzazione della produzione vitivinicola di qualità e tipica italiana. Il nuovo contesto internazionale, che impone una sempre maggiore tutela delle denominazioni di origine contro l'agropirateria, e al tempo stesso una certificazione delle produzioni sempre più accurata, la necessità di rendere più certe ed evidenti le procedure di riconoscimento e il mutato assetto costituzionale nei rapporti tra Stato e regioni, rendono necessaria la revisione complessiva della materia.

        Le linee di riforma proposte sono le seguenti:

            la tutela e la valorizzazione delle produzioni vitivinicole a denominazione di origine e ad indicazione geografica tipica, da considerare patrimonio economico, culturale e dell'ingegno nazionale, come tali protette nell'ambito degli accordi internazionali concernenti i diritti di proprietà intellettuale. Si tratta dell'affermazione, nella legislazione nazionale, del principio che da anni l'Italia, in tutte le sedi internazionali, va coerentemente difendendo;

            procedure di riconoscimento delle denominazioni di origine con una partecipazione forte delle regioni al procedimento amministrativo di concessione delle DO nell'ambito di una competenza statale che riconosce la possibilità di esercitare il diritto di proprietà intellettuale, così come sancito, in termini di competenza, dall'articolo 117 della Costituzione;

            si rafforza il ruolo dei viticoltori nell'ottenimento delle denominazioni di origine, modificando i requisiti di rappresentatività dei proponenti la DO e all'interno del Comitato nazionale vini;

            gradualità nell'arrivo alla denominazione di origine: prima l'indicazione geografica tipica, poi, dopo un numero di anni, si ottiene la DOC, quindi, alla cima della piramide, la DOCG;

            stretta aderenza alla regolamentazione comunitaria in materia di menzioni ed etichettatura;

            si definiscono più precisamente i contenuti dei disciplinari di produzione. Tra l'altro si è previsto l'obbligo per le DO dell'indicazione in etichetta dell'anno di produzione;

            sono definiti il ruolo e i compiti dei consorzi di tutela, facendo di questi i veri promotori e «custodi» della denominazione, specificandone in modo univoco le regole di rappresentatività e innalzando il livello di rappresentatività stesso;

            semplificazione delle procedure amministrative per il riconoscimento, anche grazie all'alleggerimento dei compiti amministrativi oggi in capo al Comitato nazionale vini, che deve costituire sempre più il riferimento dell'interprofessione;

            revisione delle sanzioni della legge n. 164 del 1992, in molti punti anacronistiche e legate a un preciso periodo storico.

 

B) Analisi del quadro normativo e dell'incidenza delle norme proposte sulla legislazione vigente.

        Il quadro normativo sul quale il presente provvedimento incide è oggi caratterizzato dalla disciplina contenuta nella legge n. 164 del 1992 e dai numerosi decreti da essa discendenti.

 

C) Analisi della compatibilità con l'ordinamento comunitario.

        Il provvedimento legislativo ha tra le sue linee portanti la stretta osservanza con la normativa comunitaria in materia vitivinicola, a cominciare dal regolamento (CE) n. 1493/1999 e dai regolamenti attuativi della Commissione europea.

 

D) Analisi della compatibilità con le competenze costituzionali delle regioni ordinarie ed a statuto speciale.

        Il provvedimento, lungamente concertato in via preliminare sia in sede tecnica che politica con le regioni, non presenta aspetti di interferenza o di incompatibilità con le competenze costituzionali delle regioni.

 

2. Elementi di drafting e linguaggio normativo.

 

A) Individuazione delle nuove definizioni normative nel testo, della loro necessità, della coerenza con quelle già in uso.

        Non sono introdotte nuove definizioni normative nel testo.

 

B) Verifica della correttezza dei riferimenti normativi contenuti nel provvedimento, con particolare riguardo alle successive modificazioni ed integrazioni subite dai medesimi.

        I riferimenti operati sono corretti.

 

C) Ricorso alla tecnica della novella legislativa per introdurre modificazioni ed integrazioni a disposizioni vigenti.

        Non si è fatto ricorso alla tecnica della novella.

 

D) Individuazione di effetti abrogativi impliciti di disposizioni dell'atto normativo e loro traduzione in norme abrogative espresse del testo normativo.

        L'intervento normativo proposto giustifica l'abrogazione della legge n. 164 del 1992 e dei relativi decreti attuativi.

 

ANALISI DELL'IMPATTO DELLA REGOLAMENTAZIONE (AIR)

 

A) Ambito dell'intervento con particolare riguardo all'individuazione delle amministrazioni, dei soggetti destinatari e dei soggetti coinvolti.

        Il provvedimento ha per scopo la tutela e la valorizzazione delle produzioni vitivinicole a denominazione di origine e ad indicazione geografica tipica, da considerare patrimonio economico, culturale e dell'ingegno nazionale, come tali protette nell'ambito degli accordi internazionali concernenti i diritti di proprietà intellettuale. Si tratta dell'affermazione, nella legislazione nazionale, del principio che da anni l'Italia, in tutte le sedi internazionali, va coerentemente difendendo.

        L'intervento normativo è volto a:

            la tutela e la valorizzazione delle produzioni vitivinicole a denominazione di origine e ad indicazione geografica tipica;

            il perfezionamento, anche sotto il profilo delle mutate competenze Stato-regioni, delle procedure di riconoscimento delle denominazioni di origine;

            la più puntuale definizione della «piramide della qualità» dei vini italiani;

            la stretta aderenza alla regolamentazione comunitaria in materia di menzioni ed etichettatura;

            adeguare i disciplinari di produzione alle nuove esigenze dei consumatori in tema di sicurezza e qualità;

            definire il ruolo e i compiti dei consorzi volontari di tutela delle denominazioni di origine;

            semplificare le procedure amministrative per il riconoscimento, anche grazie all'alleggerimento dei compiti amministrativi oggi in capo al Comitato nazionale vini, che deve costituire sempre più il riferimento dell'interprofessione;

            revisionare il sistema sanzionatorio vigente previsto dalla legge n. 164 del 1992, in molti punti anacronistico e legato a un preciso periodo storico.

        Amministrazioni destinatarie del disegno di legge sono il Ministero delle politiche agricole e forestali, le regioni, le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, l'Agenzia per le erogazioni in agricoltura.

        L'articolato è compatibile con quanto previsto dall'articolo 117 della Costituzione, disciplinando diritti soggettivi, materie concorrenti relativamente ai rapporti delle regioni con l'Unione europea in campo agricolo.

        Soggetti destinatari del provvedimento sono le imprese operanti nella filiera vitivinicola.

 

B) Esigenze sociali, economiche e giuridiche prospettate dalle amministrazioni e dai destinatari ai fini di un intervento normativo.

        Il tema delle denominazioni di origine, con la difesa dei prodotti tipici italiani a livello mondiale, è diventato una battaglia strategica per la nostra agricoltura che, grazie anche al forte impegno del Governo tutto, ha visto l'Italia in questi ultimi anni vincenti sia in sede comunitaria - si pensi alla sentenza della Corte di giustizia delle Comunità europee che ha «sconfessato» il Parmesan - che in sede mondiale, attraverso l'inserimento nell'agenda dei lavori dell'Organizzazione mondiale del commercio del tema delle denominazioni di origine.

        L'intero sistema agroalimentare italiano, peraltro, si sta orientando verso un profilo di tipicità che lo caratterizzi e lo distingua dalle produzioni mondiali.

        Il settore vitivinicolo è la punta di diamante di questo processo. Anche se l'anno appena trascorso ha raffreddato parzialmente la crescita economica del comparto, complici il caro euro e la ritardata ripresa internazionale, il vigneto Italia è una tra le maggiori risorse economiche, culturali e sociale del Paese. Alcuni numeri: fatturato superiore agli 8 miliardi di euro e saldo attivo della bilancia dei pagamenti di circa 2,5 miliardi di euro sono stati raggiunti nonostante la drastica riduzione del numero di ettari (passati da circa 930.000 dei primi anni novanta agli attuali 700.000 circa), e della quantità prodotta: nel triennio 1991-1993 producevamo mediamente 64 milioni di ettolitri, nel triennio 2001-2003 ne abbiamo prodotti mediamente 47 milioni.

        Sono cresciuti i concorrenti internazionali e comunitari, ma è cresciuta la capacità italiana di stare sul mercato e di ricavare redditi da attività trainate dalle suggestioni del bere italiano: i 2,5 miliardi di euro di fatturato dell'enoturismo lo dimostrano chiaramente.

        È dunque necessario adeguare l'assetto normativo vigente sia alla nuova realtà «positiva» del settore, sia per indicare anche a livello europeo quale debba essere la strada da seguire nel campo delle denominazioni di origine.

 

C) Obiettivi generali e specifici, immediati e di medio/lungo periodo.

        Si è detto in precedenza degli obiettivi perseguiti dal provvedimento in esame: si aggiunge qui che, oltre a dare stabilità al procedimento amministrativo di riconoscimento delle denominazioni di origine, attualmente definito dalla normativa antecedente alle riforme costituzionali, mira a meglio specificare i ruoli dei diversi componenti della filiera vitivinicola nel procedimento stesso e rafforza i meccanismi di certificazione delle produzioni «dalla vigna alla bottiglia».

 

D) Strumento tecnico-normativo eventualmente più appropriato.

        La legge appare lo strumento tecnico-normativo più appropriato attese la complessità della materia e la necessità di assicurare la maggiore partecipazione delle forze sociali ed economiche alla formazione della legge.

        Si è inoltre ritenuto opportuno non optare per un disegno di legge delega, anche se la complessità e la tecnicità della materia avrebbero in alcuni casi suggerito tale scelta, in quanto proprio per la delicatezza della materia, per l'intreccio di competenze tra i diversi soggetti e per la necessità che nella legge si riconosca il più possibile l'intera filiera vitivinicola, appare consigliabile la disciplina attraverso legge ordinaria, rimandando a decreti ministeriali solamente gli aspetti più puntuali.


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

ALLEGATO

 

Parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano

 

 


 

 

 

 

 

 

 

 


 

 

 

 

 


DISEGNO DI LEGGE

Capo I

DISPOSIZIONI GENERALI - CLASSIFICAZIONE DELLE DENOMINAZIONI DI ORIGINE, DELLE INDICAZIONI GEOGRAFICHE TIPICHE E AMBITO DI APPLICAZIONE

 

Art. 1.

(Tutela delle denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche tipiche. Norme generali e definizioni).

      1. La presente legge ha la finalità di tutelare e valorizzare le produzioni enologiche a denominazione di origine e ad indicazione geografica, da considerare patrimonio economico, culturale e dell'ingegno nazionale, come tali protette nell'ambito degli accordi internazionali concernenti i diritti di proprietà intellettuale.

      2. Per denominazione di origine (DO) dei vini si intende il nome geografico di una zona viticola particolarmente vocata, utilizzato per designare un prodotto di qualità e rinomato, le cui caratteristiche sono connesse all'ambiente naturale, ai vitigni e ai fattori umani.

      3. Per indicazione geografica tipica (IGT) dei vini si intende il nome geografico di una zona, utilizzato per designare il prodotto che ne deriva. La zona di produzione di una IGT deve comprendere un territorio che presenti vocazione viticola e conferisca caratteristiche di tipicità al vino stesso, e per il quale sussista un interesse collettivo al riconoscimento.

      4. Le denominazioni di origine e le indicazioni geografiche tipiche sono riservate ai mosti e ai vini, alle condizioni previste dalla presente legge.

 

Art. 2.

(Utilizzazione delle denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche tipiche).

      1. Le denominazioni di origine e le indicazioni geografiche tipiche di cui all'articolo 1 sono utilizzate per designare vini appartenenti a una pluralità di produttori, fatte salve le situazioni giuridiche acquisite in base all'ordinamento vigente alla data di entrata in vigore della presente legge.

      2. Il nome geografico, che costituisce la denominazione di origine o l'indicazione geografica tipica, e le altre menzioni riservate non possono essere impiegati per designare prodotti similari o alternativi a quelli definiti all'articolo 1, né, comunque, essere impiegati in modo tale da ingenerare, nei consumatori, confusione nella individuazione dei prodotti.

      3. Qualsiasi altra bevanda a base di mosto o di vino, nonché i vini frizzanti gassificati ed i vini spumanti gassificati non possono utilizzare le denominazioni di origine e le indicazioni geografiche tipiche nella loro designazione e presentazione, fatta eccezione, ai sensi della normativa vigente, per le bevande spiritose e per l'aceto di vino.

      4. È fatto divieto di utilizzare organismi geneticamente modificati nelle produzioni di vini DO.

 

Art. 3.

(Classificazione delle denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche tipiche).

      1. Le denominazioni di origine (DO) e le indicazioni geografiche tipiche (IGT) di cui all'articolo 1, con riguardo ai prodotti di cui alla presente legge, sono classificate in:

          a) denominazioni di origine controllata e garantita (DOCG);

          b) denominazioni di origine controllata (DOC);

          c) indicazioni geografiche tipiche (IGT).

      2. I mosti ed i vini possono essere designati con le seguenti sigle: DOCG, DOC e IGT.

      3. Le DOCG e le DOC sono le menzioni specifiche tradizionali utilizzate dall'Italia per designare i VQPRD (vini di qualità prodotti in regioni determinate). Le definizioni dell'Unione europea sono aggiuntive e non sostitutive delle menzioni italiane. I vini possono altresì utilizzare le denominazioni seguenti:

          a) VSQPRD (vini spumanti di qualità prodotti in regioni determinate) come regolamentati dall'Unione europea;

          b) VLQPRD (vini liquorosi di qualità prodotti in regioni determinate);

          c) VFQPRD (vini frizzanti di qualità prodotti in regioni determinate).

      4. Le menzioni «Kontrollierte Ursprungsbezeichnung» e «Kontrollierte und garantierte Ursprungsbezeichnung» possono figurare rispettivamente sull'etichettatura dei vini DOC e DOCG prodotti nella provincia di Bolzano.

      5. La menzione «IGT» può essere sostituita dalla menzione «Vin de pays» per i vini prodotti in Valle d'Aosta, di bilinguismo francese, e dalla menzione «Landwein» per i vini prodotti in provincia di Bolzano, di bilinguismo tedesco.

 

Art. 4.

(Ambiti territoriali).

      1. Per denominazioni di origine e indicazioni geografiche tipiche si intendono i nomi geografici e le qualificazioni geografiche delle corrispondenti zone di produzione, usati per designare i vini di cui all'articolo 1.

      2. All'atto del riconoscimento della denominazione e della delimitazione dell'area viticola, le zone di produzione di cui al comma 1 possono comprendere, oltre al territorio indicato con la denominazione di origine, anche territori adiacenti o vicini,

 quando in essi esistano analoghe condizioni ambientali, gli stessi vitigni e siano praticate le medesime tecniche colturali ed i vini prodotti in tali aree abbiano, da almeno un decennio, uguali caratteristiche chimico-fisiche e organolettiche.

      3. Soltanto le denominazioni di origine possono prevedere al loro interno l'indicazione di zone espressamente delimitate, comunemente denominate sottozone, che devono avere: peculiarità ambientali o essere tradizionalmente note; essere designate con uno specifico nome geografico, storico-geografico o amministrativo, anche con rilevanza amministrativa; devono essere espressamente previste nel disciplinare di produzione e più rigidamente disciplinate.

      4. I nomi geografici che definiscono le indicazioni geografiche tipiche devono essere utilizzati per contraddistinguere i vini derivanti da dette zone di produzione che possono comprendere anche vini DOC e DOCG.

      5. La possibilità di utilizzare nomi corrispondenti a frazioni o comuni o zone amministrativamente definite, localizzati all'interno della zona di produzione dei vini DOCG e DOC, è consentita per tali produzioni, a condizione che sia espressamente prevista una lista positiva dei citati nomi geografici aggiuntivi nei disciplinari di produzione di cui trattasi.

      6. La menzione «vigna» o suoi sinonimi, seguita dal relativo toponimo o nome tradizionale, può essere utilizzata soltanto nella presentazione e nella designazione dei vini DOCG e DOC ottenuti dalla superficie vitata che corrisponde al toponimo o al nome tradizionale, definita nell'albo dei vigneti di cui all'articolo 11 e rivendicata nella denuncia annuale di produzione delle uve prevista all'articolo 13, a condizione che la vinificazione delle uve corrispondenti avvenga separatamente.

      7. Le zone espressamente delimitate delle DOC possono essere riconosciute come DOC autonome e possono essere promosse a DOCG separatamente o congiuntamente alla DOC principale.

 

Art. 5.

(Specificazioni e menzioni).

      1. La specificazione «classico» è riservata ai vini non spumanti della zona di origine più antica ai quali può essere attribuita una regolamentazione autonoma nell'ambito della stessa DOCG o DOC.

      2. Le DOCG e le DOC possono utilizzare la menzione «riserva» qualora gli stessi vini siano stati sottoposti a un periodo di invecchiamento , non inferiore a due anni per i vini rossi e ad un anno per i vini bianchi, ed eventuale affinamento, appositamente previsto dal disciplinare di produzione. Il disciplinare, oltre ad altre eventuali modalità, deve stabilire l'obbligo dell'indicazione dell'annata in etichetta e le regole del suo mantenimento in caso di tagli fra vini di annate diverse. Le DOCG e le DOC delle categorie dei vini spumanti e liquorosi possono utilizzare la menzione «riserva» alle condizioni previste dai rispettivi disciplinari di produzione, in conformità alla vigente normativa comunitaria.

      3. La menzione «superiore» è attribuita ai vini DOC e DOCG aventi caratteristiche qualitative più elevate derivanti da una regolamentazione più restrittiva che, nell'ambito del disciplinare di produzione, preveda rispetto alla tipologia non classificata con tale menzione le seguenti differenziazioni:

          a) una resa per ettaro delle uve inferiore di almeno il 10 per cento;

          b) un titolo alcolometrico minimo potenziale naturale delle uve superiore di almeno 0,5 o vol;

          c) un titolo alcolometrico minimo totale dei vini al consumo superiore di almeno 0,5 o vol.

      4. La menzione «superiore» non può essere abbinata alla menzione «novello».

      5. La menzione «novello» è attribuita alle categorie dei vini DOC e IGT tranquilli e frizzanti, prodotti conformemente alla normativa nazionale e comunitaria vigente.

      6. Le menzioni «passito» o «vino passito» e vino passito liquoroso sono attribuite alle categorie dei vini DO e IGT tranquilli o liquorosi, ottenuti dalla fermentazione di uve sottoposte ad appassimento naturale o in ambiente condizionato, alle condizioni previste dai disciplinari di produzione. La DOCG non è ammessa per i vini passiti liquorosi, per i quali deve essere previsto un disciplinare separato dai vini passiti.

      7. Le denominazioni di origine possono utilizzare in etichettatura nomi di vitigni o loro sinonimi, menzioni tradizionali, riferimenti a particolari tecniche di vinificazione e qualificazioni specifiche del prodotto. Le predette indicazioni aggiuntive devono essere previste dal disciplinare di produzione. I sinonimi che corrispondono a vitigni diversi iscritti al registro nazionale delle varietà di vite, tenuto presso il Ministero delle politiche agricole e forestali, sono ammessi solo previo parere favorevole del Comitato di cui all'articolo 16 e del Comitato permanente tecnico-agricolo istituito nell'ambito della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano.

      8. Le DO devono indicare in etichetta l'annata di produzione delle uve.

      9. Le IGT possono utilizzare in etichettatura il colore e il nome dei vitigni. Tali indicazioni devono essere previste dal disciplinare di produzione.

      10. Con decreto del Ministro delle politiche agricole e forestali, sentiti la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano e il Comitato di cui all'articolo 16, possono essere adottate norme al fine di tutelare e di valorizzare le produzioni ottenute da vitigni autoctoni o di antica coltivazione, con riferimento all'uso del nome del vitigno e dei relativi sinonimi nella designazione e nella presentazione dei vini da essi ottenuti.

 

Art. 6.

(Coesistenza di vini diversi nell'ambito di una o più DO o IGT).

      1. Nell'ambito di un medesimo territorio viticolo possono coesistere denominazioni di origine e indicazioni geografiche tipiche. È consentito che più DOCG o DOC facciano riferimento allo stesso nome geografico anche per contraddistinguere vini diversi, purchè le zone di produzione degli stessi comprendano il territorio definito con tale nome geografico.

      2. È consentito che, nell'ambito di una denominazione di origine, coesistano diversi vini DOCG o DOC, purchè i vini DOCG:

          a) siano prodotti in zone più ristrette o nell'intera area di una DOC individuata con il medesimo nome geografico; tali vini devono essere regolamentati da disciplinari di produzione più restrittivi e avere albi dei vigneti distinti;

          b) riguardino tipologie particolari derivanti da una specifica piattaforma ampelografica o metodologia di elaborazione.

      3. I nomi geografici e le zone di cui all'articolo 4, comma 3, usati per designare vini DOCG o DOC, non possono essere usati per designare vini IGT.

 

Capo II.

RICONOSCIMENTO DELLE DENOMINAZIONI DI ORIGINE E DELLE INDICAZIONI GEOGRAFICHE TIPICHE

 

Art. 7.

(Riconoscimento delle DO e delle IGT).

      1. Il riconoscimento della denominazione di origine controllata e garantita è riservato ai vini già riconosciuti a DOC ed a zone espressamente delimitate, o tipologie di una DOC da almeno dieci anni, che siano ritenuti di particolare pregio, per le caratteristiche qualitative intrinseche e per la rinomanza commerciale acquisita, e che siano stati rivendicati, nell'ultimo triennio, da almeno il 35 per cento dei soggetti iscritti all'albo di cui all'articolo 11 e che rappresentino almeno il 51 per cento della superficie totale iscritta all'albo. Nel caso di passaggio di tutta una denominazione da DOC a DOCG anche le sue zone caratteristiche o tipologie vengono riconosciute come DOCG, indipendentemente dalla data del loro riconoscimento.

      2. Il riconoscimento della denominazione di origine controllata è riservato ai vini provenienti da zone già riconosciute, anche con denominazione diversa, a IGT da almeno cinque anni, che siano stati rivendicati nell'ultimo biennio da almeno il 35 per cento dei viticoltori interessati e che rappresentino almeno il 20 per cento della produzione dell'area interessata. Il riconoscimento a vini non provenienti dalle predette zone è ammesso esclusivamente previo parere favorevole del Comitato di cui all'articolo 16 e del Comitato permanente tecnico-agricolo istituito nell'ambito della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano.

      3. L'indicazione geografica tipica è riservata ai vini che corrispondono alle condizioni e ai requisiti stabiliti nei relativi disciplinari di produzione secondo le modalità ed i requisiti stabiliti dalla presente legge.

      4. Il riconoscimento delle denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche tipiche e la delimitazione delle rispettive zone di produzione vengono effettuati contestualmente all'approvazione dei relativi disciplinari di produzione, con decreto del Ministero delle politiche agricole e forestali, secondo le procedure stabilite dalla presente legge.

      5. Le DOCG e le DOC possono essere precedute o seguite da un nome geografico più ampio, anche di carattere storico, tradizionale o amministrativo, purchè espressamente previsto dal relativo disciplinare.

      6. Il riconoscimento di una DOCG deve prevedere una disciplina viticola ed enologica più restrittiva rispetto a quella della DOC di provenienza.

      7. Il riconoscimento di una DOC deve prevedere una disciplina viticola ed enologica più restrittiva rispetto a quella delle IGT precedentemente rivendicate.

      8. Il decreto di cui al comma 4 fissa la data di entrata in vigore delle norme contenute nel disciplinare di produzione e può, se necessario, prevedere disposizioni di carattere transitorio.

 

Art. 8.

(Decadenza e revoca delle denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche tipiche).

      1. Le denominazioni di origine e le indicazioni geografiche tipiche decadono in assenza di rivendicazioni per almeno cinque anni consecutivi.

      2. Qualora ricorrano le condizioni di cui al comma 1, le regioni interessate sono tenute a darne comunicazione al Ministero delle politiche agricole e forestali, il quale provvede, con proprio decreto, alla revoca.

      3. Le superfici non rivendicate con alcuna denominazione di origine per tre anni consecutivi sono cancellate dai rispettivi albi.

      4. I vini perdono il diritto a utilizzare le denominazioni di origine e le indicazioni geografiche tipiche quando sono addizionati all'estero da altro vino, in qualsiasi misura e di qualsiasi provenienza, anche se tale pratica è ammessa dalla normativa del Paese nel quale si effettua o nel quale il prodotto ottenuto è imbottigliato.

 

Art. 9.

(Procedure per il riconoscimento delle DO e delle IGT e disciplinari di produzione).

      1. I disciplinari di produzione dei vini DO e IGT devono contenere gli elementi previsti dall'allegato A annesso alla presente legge. Con decreto del Ministero delle politiche agricole e forestali, su parere del Comitato di cui all'articolo 16, di intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, possono essere apportate modificazioni al citato allegato A.

      2. La domanda di riconoscimento di un vino DOC o IGT è presentata dai consorzi volontari di tutela di cui all'articolo 17 o, in assenza, dalle associazioni dei produttori interessati. Tali soggetti devono rappresentare almeno il 35 per cento dei viticoltori interessati e il 35 per cento della produzione interessata per le DO, e almeno il 20 per cento dei viticoltori interessati e il 35 per cento della produzione interessata per le IGT. La domanda di riconoscimento di un vino DOCG è proposta dai medesimi soggetti, purché rappresentino almeno il 51 per cento dei viticoltori iscritti all'albo ed almeno il 51 per cento della superficie totale iscritta all'albo. Per associazione si intende qualsiasi organizzazione, a prescindere dalla sua forma giuridica o dalla sua composizione, di produttori vitivinicoli della relativa zona.

      3. La domanda di riconoscimento di un vino DO deve essere corredata dalla seguente documentazione:

          a) il disciplinare di produzione di cui al comma 1;

          b) l'elenco sottoscritto direttamente da un numero minimo di viticoltori che rappresentino rispettivamente i requisiti di rappresentatività di cui al comma 2; in caso di consorzi riconosciuti l'elenco sottoscritto può essere sostituito dal verbale dell'assemblea degli associati che comprovi il requisito di rappresentatività di cui al citato comma 2;

          c) una perizia giurata comprovante:

              1) le caratteristiche ambientali della zona in questione con particolare riguardo alla giacitura, all'esposizione, all'altitudine e al clima;

              2) l'origine geologica e la composizione dei terreni;

              3) le caratteristiche agronomiche di coltivazione della vite sul territorio delimitato e in particolare: i vitigni, la densità di impianto, le forme di allevamento, i sistemi di potatura e di irrigazione;

              4) le rese per ettaro espresse in quantità di uve, di mosto di uve e di vino, tenendo conto delle rese ottenute nei cinque anni precedenti;

              5) il titolo alcolometrico volumico minimo naturale per ciascuna tipologia, tenendo conto in particolare dei titoli alcolometrici constatati nei dieci anni precedenti per il riconoscimento DO e nei cinque anni precedenti per il riconoscimento IGT;

              6) le caratteristiche fisico-chimiche e organolettiche del vino, nonché il titolo alcolometrico volumico minimo richiesto al consumo;

          d) la documentazione storica e socio-economica sull'importanza della viticoltura nella zona indicata;

          e) la cartografia della zona, con allegata una relazione illustrativa dei confini, in scala 1:25.000 o in scala 1:2.000, qualora la delimitazione lo richieda;

          f) il piano dei controlli.

      4. Per il riconoscimento delle IGT e per l'approvazione dei relativi disciplinari di produzione la procedura è analoga a quella prevista per le DOCG e per le DOC. La domanda di riconoscimento deve essere corredata da:

          a) il disciplinare di produzione di cui al comma 1;

          b) l'elenco sottoscritto da almeno il 20 per cento dei viticoltori della zona interessata e che sia espressione almeno del 35 per cento della produzione interessata;

          c) una relazione comprovante gli elementi previsti dal disciplinare di cui al comma 1;

          d) la cartografia della zona, con allegata una relazione illustrativa dei confini, in scala 1:25.000 o in scala 1:2.000, qualora la delimitazione lo richieda;

          e) una perizia giurata comprovante quanto previsto al comma 3, lettera c).

      5. I soggetti di cui al comma 2 devono presentare, contestualmente alle regioni o alle province autonome territorialmente competenti e al Ministero delle politiche agricole e forestali, la domanda di riconoscimento corredata dalla documentazione di cui ai commi 3 e 4.

      6. Le regioni e le province autonome entro centoventi giorni dalla data di ricezione della domanda di cui al comma 5, provvedono all'istruttoria tecnico-amministrativa della richiesta ed a trasmetterne l'esito al Ministero delle politiche agricole e forestali e al soggetto proponente.

      7. Il Ministero delle politiche agricole e forestali, entro centoventi giorni dalla data di ricezione della documentazione trasmessa ai sensi del comma 6 dalla regione o dalla provincia autonoma, acquisisce il parere del Comitato di cui all'articolo 16 e, tenuto conto dell'esito della riunione di pubblico accertamento di cui al comma 8, comunica al soggetto proponente e alla regione o provincia autonoma competente la proposta di disciplinare di produzione eventualmente modificata. La proposta di disciplinare è altresì pubblicata nella Gazzetta Ufficiale, al fine di consentire la presentazione di osservazioni al Ministero delle politiche agricole e forestali da parte dei soggetti interessati. Trascorsi sessanta giorni dalla data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale, il Ministero delle politiche agricole e forestali, esaminate le eventuali osservazioni pervenute, provvede alla emissione del decreto di riconoscimento della DO o della IGT.

      8. La riunione di pubblico accertamento è fissata dal Ministero delle politiche agricole e forestali, di intesa con le regioni e con le province autonome interessate, allo scopo di permettere di verificare la rispondenza della disciplina proposta agli usi leali e costanti previsti dalla normativa comunitaria e nazionale. Alla riunione di pubblico accertamento, aperta a tutti i soggetti economicamente interessati dei quali deve essere registrata la presenza e per i quali deve essere disponibile copia del disciplinare oggetto della discussione, partecipa almeno un funzionario in rappresentanza del Ministero delle politiche agricole e forestali e un rappresentante del Comitato di cui all'articolo 16.

      9. Qualora nel corso del procedimento sia necessaria una valutazione congiunta della domanda di riconoscimento o delle relative modifiche proposte, il Ministero delle politiche agricole e forestali, anche su richiesta delle regioni o delle province autonome interessate, convoca una conferenza di servizi ai sensi dell'articolo 14 della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni, alla quale può assistere il soggetto proponente il riconoscimento. In caso di esito negativo della conferenza, il procedimento è da ritenere concluso e contro tale provvedimento è ammesso il ricorso in sede giurisdizionale.

      10. Alle richieste di modifica dei disciplinari dei vini DO si applicano le procedure previste dal presente articolo per il riconoscimento dei disciplinari, con le seguenti ulteriori condizioni, ferma restando la possibilità per i soggetti proponenti di non produrre la documentazione già presentata in sede di riconoscimento della DO o della IGT, qualora relativa a condizioni non mutate:

          a) la variazione della composizione varietale deve essere espressamente programmata e prefissata nel disciplinare, con particolare riguardo al termine per il relativo adeguamento;

          b) per le DO per le quali è consentito l'imbottigliamento al di fuori della zona di produzione o di vinificazione delle uve, la zona di imbottigliamento può essere delimitata, a condizione che l'istanza sia rappresentativa di almeno il 66 per cento della produzione rivendicata dell'intera denominazione, calcolata sulla base delle rivendicazioni dell'ultimo biennio, nonché di almeno il 51 per cento della produzione imbottigliata complessivamente. Nelle more dell'operatività dell'albo degli imbottigliatori di cui all'articolo 15, la rappresentatività relativa alla produzione imbottigliata è definita dal Ministero delle politiche agricole e forestali sulla base dei dati delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura;

          c) in caso di modifiche del disciplinare di produzione di una DO che introducano la delimitazione della zona di imbottigliamento, le ditte imbottigliatrici interessate possono ottenere la deroga per continuare l'imbottigliamento nei propri stabilimenti situati al di fuori della zona delimitata per cinque anni, prorogabili, a condizione che presentino apposita istanza, allegando idonea documentazione atta a comprovare l'esercizio dell'imbottigliamento della specifica denominazione di origine per almeno due anni, anche non continuativi, negli otto anni precedenti la data di entrata in vigore del decreto di modifica del disciplinare di produzione, ovvero per almeno un anno per le denominazioni riconosciute da meno di tre anni;

          d) in caso di modifiche del disciplinare di produzione che comportino una variazione nel nome della denominazione, della zona di produzione o della limitazione alla zona di vinificazione, la domanda deve essere rappresentativa di almeno il 66 per cento dei soggetti iscritti all'albo ed il 66 per cento della produzione media rivendicata nell'ultimo triennio.

      11. Le richieste di modifica dei disciplinari dei vini IGT vanno presentate dai soggetti di cui al comma 2, allegando la seguente documentazione:

          a) il disciplinare di produzione di cui al comma 1;

          b) una perizia giurata relativa alle modifiche richieste;

          c) la comprova della rappresentatività di cui al comma 3, lettera b), la quale può avvenire con atto dichiarativo del legale rappresentante dell'organismo proponente, esonerando lo stesso dal presentare l'elenco dei sottoscrittori.

      12. Per le modifiche che comportano una variazione del nome della denominazione e della zona di produzione si applica quanto previsto al comma 10.

      13. Il decreto di cui all'articolo 7, comma 4, di riconoscimento delle DO e delle IGT fissa la data di entrata in vigore delle norme contenute nel disciplinare di produzione e può prevedere disposizioni di carattere transitorio.

 

Capo III.

CERTIFICAZIONE E RIVENDICAZIONE DELLE PRODUZIONI DEI VINI A DENOMINAZIONE DI ORIGINE E AD INDICAZIONE GEOGRAFICA TIPICA

 

Art. 10.

(Princìpi generali).

      1. La certificazione delle produzioni dei vini DO è attuata attraverso un sistema di controllo e di tracciabilità di tutte le fasi del processo produttivo a garanzia della qualità delle produzioni vinicole ed a tutela del consumatore.

      2. La certificazione delle produzioni dei vini DO è effettuata nel rispetto del piano dei controlli approvato con decreto del Ministro delle politiche agricole e forestali, da adottare entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, di intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sentito il Comitato di cui all'articolo 16.

      3. La certificazione di cui al comma 1 è effettuata per ciascuna DO dai soggetti individuati dalla regione o dalla provincia autonoma avente i requisiti minimi previsti dal piano di cui all'articolo 12, comma 1, previa consultazione con le organizzazioni della filiera vitivinicola a livello regionale o della provincia autonoma.

      4. Con cadenza biennale, sulla base delle azioni di monitoraggio e di verifica effettuate dal Ministero delle politiche agricole e forestali, di intesa con le regioni, si provvede all'eventuale adeguamento del piano dei controlli, secondo la procedura di cui al comma 1.

      5. Le produzioni vitivinicole possono essere rivendicate con la IGT a condizione che le superfici siano iscritte agli elenchi delle vigne di cui all'articolo 11, comma 2, e il vino sia oggetto della denuncia delle uve di cui all'articolo 13.

 

Art. 11.

(Albo dei vigneti DOCG e DOC ed elenco delle vigne IGT).

      1. I vigneti destinati a produrre vini DOCG, DOC e IGT devono essere regolarmente dichiarati allo schedario delle superfici vitate ai sensi della normativa comunitaria e nazionale.

      2. Nell'ambito dello schedario viticolo di cui al comma 1, per ciascun vino DO e IGT, i rispettivi terreni vitati devono essere iscritti nell'apposito albo dei vigneti per vini DO o nell'apposito elenco delle vigne IGT tenuti dalle competenti regioni o province autonome. Le regioni e le province autonome assicurano l'interscambio dei dati al fine di consentire la presentazione di un'unica domanda aziendale di iscrizione ai diversi albi o elenchi.

      3. Con decreto del Ministro delle politiche agricole e forestali, di intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sono determinati i criteri per l'istituzione e l'aggiornamento degli albi dei vigneti DO e degli elenchi delle vigne IGT di cui al comma 2. Fino alla data di entrata in vigore del predetto decreto rimangono in vigore le disposizioni di cui al decreto del Ministro delle politiche agricole e forestali 27 marzo 2001, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 84 del 10 aprile 2001, e dell'accordo in data 25 luglio 2002 tra il Ministro delle politiche agricole e forestali, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 212 del 10 settembre 2002.

      4. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano possono disciplinare l'iscrizione delle superfici agli albi dei vigneti DO per conseguire l'equilibrio di mercato.

      5. Gli albi dei vigneti DO e gli elenchi delle vigne IGT sono pubblici e i dati in essi contenuti sono messi a disposizione delle pubbliche amministrazioni e degli organismi di controllo competenti di cui all'articolo 10, comma 3.

 

Art. 12.

(Modalità di controllo delle produzioni ai fini della certificazione).

      1. Ogni vino DO deve dotarsi di un piano dei controlli, con relativo tariffario, redatto sulla base di quanto previsto all'articolo 10, comma 2, da presentare contestualmente all'istanza di riconoscimento della DO e per le DO esistenti, entro sei mesi dalla data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del decreto di cui al medesimo articolo 10, comma 2.

      2. I costi derivanti dall'attività di controllo sono posti a carico di tutti i soggetti appartenenti alla filiera, in proporzione ai quantitativi controllati e al grado di incidenza degli stessi rispetto alla filiera.

      3. Le attività di controllo da svolgere per più DO presso la medesima azienda sono eseguite da uno solo tra gli organismi individuati per le singole DO.

      4. Gli organismi individuati per l'attività di controllo, ai sensi dell'articolo 10, comma 3, sono tenuti a trasmettere al Ministero delle politiche agricole e forestali e alla regione o provincia autonoma competente, entro il 31 gennaio di ogni anno, i dati relativi ai controlli effettuati riferiti all'anno precedente.

      5. L'autorità nazionale preposta al coordinamento delle attività di certificazione, controllo e vigilanza relativamente all'applicazione delle norme in materia di DO è il Ministero delle politiche agricole e forestali.

      6. Il Ministero delle politiche agricole e forestali promuove accordi con le regioni, al fine di coordinare l'azione amministrativa nazionale con quella di competenza delle regioni nel settore vitivinicolo, al fine della semplificazione amministrativa e della garanzia per i consumatori.

      7. Il Ministero delle politiche agricole e forestali promuove, ai sensi dell'articolo 14 della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni, specifiche conferenze di servizi con le pubbliche amministrazioni centrali e periferiche, con particolare riferimento all'azione dell'Ispettorato centrale repressione frodi, del Corpo della guardia di finanza, del Comando carabinieri politiche agricole e del Comando carabinieri per la sanità, del Corpo forestale dello Stato e dei competenti servizi delle regioni e delle province autonome, per evitare ogni forma di duplicazione dei controlli a livello aziendale.

 

Art. 13.

(Modalità di rivendicazione

delle produzioni).

      1. La rivendicazione delle produzioni delle uve per i vini DO e IGT è effettuata annualmente a cura del produttore contestualmente alla dichiarazione di produzione delle uve e della produzione vitivinicola alla competente camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura.

      2. Qualora dalla medesima unità vitata vengano rivendicate contestualmente più produzioni DO o IGT, la resa massima di uva ad ettaro non può comunque superare il limite più restrittivo tra quelli stabiliti dai differenti disciplinari di produzione.

      3. È consentito per i mosti e per i vini ottenuti il passaggio dal livello di classificazione più elevato a quelli inferiori, ovvero da DOCG a DOC a IGT. La riclassificazione può essere richiesta dal detentore del prodotto e deve, per ciascuna partita, essere annotata obbligatoriamente nei registri ed essere preventivamente comunicata all'ufficio dell'Ispettorato centrale repressione frodi competente per territorio, ed alla competente camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura. È inoltre consentito il passaggio sia da una DOCG a un'altra DOCG, sia da una DOC a un'altra DOC, sia da una IGT a un'altra IGT, purché:

          a) le denominazioni di origine e le indicazioni geografiche insistano sulla medesima area viticola;

          b) il prodotto abbia i requisiti prescritti per la denominazione prescelta;

          c) la resa massima di produzione della denominazione prescelta sia uguale o superiore rispetto a quella di provenienza.

      4. Fermo restando quanto previsto al comma 3, il taglio tra due o più mosti o vini DOCG o DOC o IGT diversi comporta la perdita del diritto all'uso della denominazione di origine per il prodotto ottenuto, che può tuttavia essere classificato come vino IGT, qualora ne abbia le caratteristiche.

      5. L'esubero di produzione fino al 20 per cento della resa massima di uva per ettaro non può essere destinato alla produzione della relativa DO, mentre può essere destinato alla produzione di vini DOC o IGT a partire da un vino DOCG oppure di vini IGT a partire da un vino DOC, ove vengano rispettati le condizioni ed i requisiti dei relativi disciplinari di produzione, fermo restando il rispetto delle condizioni di cui al comma 2. Superata la percentuale del 20 per cento, tutta la produzione decade dal diritto alla rivendicazione della denominazione di origine. Le regioni, su proposta dei consorzi volontari di tutela di cui all'articolo 17, in annate climaticamente favorevoli possono annualmente aumentare fino ad un massimo del 20 per cento le rese massime di uva e di vino stabilite dal disciplinare. Tale esubero può essere destinato a riserva vendemmiale per fare fronte nell'annata successiva a carenze di produzione fino al limite massimo previsto dal disciplinare di produzione. Le regioni possono, in annate climaticamente sfavorevoli, ridurre le rese massime di uva consentite fino al limite reale dell'annata. Le regioni possono altresì ridurre la resa massima di vino classificabile come DO ed eventualmente la resa massima di uva per ettaro per conseguire l'equilibrio di mercato, su proposta dei consorzi volontari di tutela o, in loro assenza, delle organizzazioni professionali di categoria e stabilire la destinazione del prodotto oggetto di riduzione. Le regioni possono altresì consentire ai produttori di ottemperare alla riduzione di resa massima classificabile anche con quantitativi di vino della medesima denominazione e tipologia giacente in azienda, prodotti nelle due annate precedenti.

      6. È consentito che le uve derivanti da una stessa superficie vitata, ricadenti nell'ambito di un'azienda avente base ampelografica uguale o compatibile per diverse tipologie di uno stesso vino DO o per due o più vini DO, dei quali uno contraddistinto con una specifica relativa alla tipologia passito, vin santo, spumante, recioto amarone o altra tipologia similare, contraddistinta da uno specifico nome, possano essere destinate, all'atto della vendemmia, in parte alla produzione di vino DOC o DOCG delle predette tipologie, in parte alla produzione di vino DOC o DOCG diverso dalla predette tipologie, a condizione che:

          a) la superficie vitata risulti iscritta all'albo dei vigneti per le tipologie interessate;

          b) la somma delle quantità delle uve destinate alla produzione delle diverse tipologie non superi il limite più elevato di resa uve/ettaro, fissato dal disciplinare di produzione di uno dei vini interessati;

          c) siano rispettate nella produzione delle singole tipologie le relative rese uva/vino.

      7. Con decreto del Ministero delle politiche agricole e forestali, sentito il Comitato di cui all'articolo 16, di concerto con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le provincie autonome di Trento e di Bolzano, da adottare entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono disciplinate le deroghe al disciplinare di carattere temporaneo, legate all'andamento della campagna vendemmiale, che sono concedibili direttamente dalle regioni o dalle province autonome su richiesta dei soggetti di cui all'articolo 9, comma 2.

      8. Una volta espletate tutte le attività di controllo, l'organismo incaricato sulla base del piano dei controlli e delle disposizioni di cui al presente articolo, rilascia il parere di conformità alla ditta richiedente ai fini della certificazione delle produzioni, dandone comunicazione alla competente camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura.

 

Art. 14.

(Analisi chimico-fisica e organolettica).

      1. Ai fini della rivendicazione dei vini DO, i medesimi, nella fase di produzione e prima di procedere alla loro designazione e presentazione, devono essere sottoposti, nel rispetto dei pareri di conformità di cui all'articolo 13, comma 8, ad analisi chimico-fisica e organolettica che certifichi la corrispondenza alle caratteristiche previste dai rispettivi disciplinari. La positiva certificazione è condizione per l'utilizzazione della denominazione. Per i vini DOCG l'esame organolettico deve essere effettuato partita per partita nella fase dell'imbottigliamento, fatta eccezione per i vini DOCG elaborati in bottiglia per i quali l'analisi chimico-fisica e l'esame organolettico sono effettuati all'epoca in cui le relative partite imbottigliate abbiano acquisito i requisiti previsti dai rispettivi disciplinari di produzione.

      2. L'esame analitico deve riguardare almeno i valori degli elementi caratteristici del VQPRD in questione, indicati nel rispettivo disciplinare di produzione.

      3. L'esame organolettico riguarda il colore, la limpidezza, l'odore e il sapore, indicati dal rispettivo disciplinare di produzione.

      4. Per ciascun vino DO sono istituite presso le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura apposite commissioni di degustazione. Presso il Comitato di cui all'articolo 16 sono istituite commissioni di appello, rispettivamente per l'Italia settentrionale, per l'Italia centrale e per l'Italia meridionale e insulare, incaricate della revisione delle risultanze degli esami organolettici.

      5. Le procedure e le modalità per il compimento sistematico degli esami analitici e organolettici per ciascun VQPRD, le operazioni di prelievo dei campioni, nonchè il funzionamento delle commissioni di degustazione e di appello di cui al comma 4 sono stabiliti con decreto del Ministero delle politiche agricole e forestali, di intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano. I costi per il funzionamento delle commissioni di degustazione e di appello sono posti a carico dei soggetti che ne chiedono l'operato. Con decreti del Ministro delle politiche agricole e forestali, di intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sono stabiliti l'ammontare degli importi, nonché le modalità di pagamento.

 

Art. 15.

(Albo degli imbottigliatori).

      1. I vini DOCG, DOC e IGT possono essere imbottigliati soltanto dalle ditte iscritte in un apposito albo degli imbottigliatori.

      2. Le modalità per l'istituzione e la tenuta dell'albo degli imbottigliatori di ciascun vino DOCG, DOC e IGT, nonché i requisiti per l'iscrizione delle relative ditte sono disciplinati con decreto del Ministro delle politiche agricole e forestali, di concerto con il Ministro per le politiche comunitarie, di intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano. Dall'attuazione del presente comma non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

 

Capo IV.

COMITATO NAZIONALE PER LA TUTELA E LA VALORIZZAZIONE DELLE DENOMINAZIONI DI ORIGINE E DELLE INDICAZIONI GEOGRAFICHE TIPICHE DEI VINI

 

Art. 16.

(Comitato nazionale per la tutela e la valorizzazione delle denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche tipiche dei vini).

      1. Il Comitato nazionale per la tutela e la valorizzazione delle denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche tipiche dei vini, di seguito denominato «Comitato», è organo del Ministero delle politiche agricole e forestali ed espressione dell'interprofessione vitivinicola. Il Comitato ha competenza consultiva e propositiva in materia di tutela e di valorizzazione qualitativa e commerciale dei vini DO e IGT.

      2. Il Comitato è composto dal presidente e dai seguenti membri, nominati dal Ministro delle politiche agricole e forestali:

          a) due funzionari del Ministero delle politiche agricole e forestali;

          b) sei membri designati dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano;

          c) due membri particolarmente competenti in materia vitivinicola;

          d) un membro scelto fra tre designati dall'Unione italiana delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, in rappresentanza delle camere stesse;

          e) due membri scelti fra quattro designati dall'Associazione enotecnici italiani e dall'Ordine nazionale assaggiatori vino;

          f) un membro scelto fra tre designati dalla Federazione nazionale dei consorzi volontari di cui all'articolo 17, in rappresentanza dei consorzi stessi;

          g) otto membri scelti fra dodici designati dalle organizzazioni professionali degli agricoltori;

          h) due membri scelti fra quattro designati dalle unioni nazionali riconosciute dei produttori vitivinicoli;

          i) due membri in rappresentanza delle cantine sociali e delle cooperative agricole produttrici, scelti fra quattro designati dalle associazioni nazionali riconosciute di assistenza e di tutela del movimento cooperativo;

          l) un membro scelto fra tre designati dalle organizzazioni sindacali degli industriali vinicoli;

          m) un membro scelto fra tre designati dalle organizzazioni sindacali dei commercianti grossisti vinicoli;

          n) un membro scelto fra tre designati dalle organizzazioni sindacali degli esportatori vinicoli;

          o) un membro in rappresentanza delle associazioni vivaistiche;

          p) un membro scelto fra tre designati dalle associazioni nazionali dei consumatori.

      3. Qualora il Comitato tratti questioni attinenti a una denominazione di origine ovvero a una indicazione geografica tipica, partecipa alla riunione, con diritto di voto, un rappresentante della regione interessata.

      4. Il presidente ed i componenti di cui al comma 2 durano in carica cinque anni.

      5. Il Comitato:

          a) esprime il proprio parere secondo le modalità previste dalla presente legge, nonché, su richiesta del Ministero delle politiche agricole e forestali, su ogni altra questione relativa al settore vitivinicolo;

          b) collabora con i competenti organi statali e regionali all'osservanza della presente legge e dei disciplinari di produzione relativi ai prodotti con denominazione di origine o con indicazione geografica tipica;

          c) propone iniziative in materia di studi e divulgazione per una migliore produzione e per una più estesa divulgazione dei prodotti di cui alla presente legge.

      6. Il Comitato può costituirsi, per conto e previa autorizzazione del Ministero delle politiche agricole e forestali, parte civile nei procedimenti penali aventi ad oggetto frodi sull'origine e sulla provenienza geografica dei vini di cui alla presente legge. Il Comitato può altresì intervenire nei giudizi civili, ai sensi dell'articolo 105, secondo comma, del codice di procedura civile, per far valere il proprio interesse alla tutela delle denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche tipiche.

      7. Il Comitato è legittimato ad agire in giudizio, per conto e previa autorizzazione del Ministero delle politiche agricole e forestali, a tutela dei viticoltori interessati nei confronti di soggetti privati e pubblici che, con agenti inquinanti o altri fattori ovvero attraverso l'abusivo esercizio di servitù, recano pregiudizio alle coltivazioni dei vigneti, nonché alla qualità e all'immagine dei vini DO e IGT.

      8. Le funzioni di segreteria tecnica e amministrativa del Comitato sono assicurate da funzionari del Ministero delle politiche agricole e forestali, nominati con decreto del Ministro.

      9. Con decreto del Ministro delle politiche agricole e forestali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sono determinati i compensi del presidente e dei componenti del Comitato.

      10. All'onere derivante dall'attuazione del presente articolo, determinato in 66.000 euro a decorrere dall'anno 2005, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2005-2007, nell'ambito dell'unità previsionale di base di parte corrente «Fondo speciale» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2005, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero delle politiche agricole e forestali. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

 

Capo V.

CONSORZI VOLONTARI DI TUTELA DELLE DENOMINAZIONI DI ORIGINE E DELLE INDICAZIONI GEOGRAFICHE TIPICHE

 

Art. 17.

(Consorzi volontari di tutela).

      1. Per ciascuna denominazione di origine o indicazione geografica tipica può essere costituito un consorzio con funzioni di tutela, valorizzazione, promozione e cura generale degli interessi relativi alla DOCG, DOC o IGT. Esso può inoltre svolgere compiti consultivi e di proposta regolamentare nei confronti del Ministero delle politiche agricole e forestali, delle regioni e degli enti preposti all'attuazione della disciplina e alla gestione delle DOCG, DOC e IGT, nonché collaborare all'applicazione della presente legge.

      2. Il consorzio, qualora individuato dalla regione o dalla provincia autonoma ed in possesso dei requisiti previsti dal piano di cui all'articolo 10, comma 2, e individuato secondo le modalità di cui allo stesso articolo, svolge l'attività di controllo per la certificazione prevista dal medesimo articolo 10.

      3. Fatto salvo quanto previsto al comma 2, l'autorizzazione a svolgere le funzioni di cui al comma 1 è concessa dal Ministero delle politiche agricole e forestali al consorzio che ne faccia specifica richiesta e che:

          a) sia rappresentativo di almeno il 35 per cento dei viticoltori e di almeno il 51 per cento della superficie iscritta all'albo dei vigneti DOCG o DOC o all'elenco delle vigne IGT, ovvero, nel caso di DO riguardanti esclusivamente vini spumanti o liquorosi, di almeno il 51 per cento della produzione;

          b) preveda nello statuto gli elementi di cui all'allegato B annesso alla presente legge;

          c) sia retto da uno statuto che consenta l'ammissione, senza discriminazione, di viticoltori, vinificatori e imbottigliatori autorizzati e che garantisca la loro rappresentanza nel consiglio di amministrazione, conformemente alle disposizioni citate all'articolo 18;

          d) disponga di strutture e di risorse adeguate ai compiti;

          e) non gestisca attività di tipo commerciale e marchi collettivi, né direttamente né indirettamente, concernenti i soli associati. Il consorzio, nel rispetto della direttiva 89/104/CEE del Consiglio, del 21 dicembre 1988, e del relativo decreto legislativo attuativo 4 dicembre 1992, n. 480, e successive modificazioni, può proporre come logo della denominazione il marchio consortile precedentemente in uso, ovvero un logo di nuova elaborazione, per essere recepito nel disciplinare di produzione.

      4. È consentita la costituzione di un consorzio volontario per più denominazioni di origine o indicazioni geografiche tipiche nel caso in cui le zone di produzione dei vini interessati ricadano nello stesso ambito territoriale provinciale o regionale.

      5. È consentita eccezionalmente la costituzione di un consorzio per una sottozona compresa in una denominazione, purchè specificatamente disciplinata ai sensi della presente legge.

      6. La rappresentatività di un consorzio nei confronti della denominazione di cui al comma 3, lettera a), si calcola verificando:

          a) sia il rapporto percentuale tra il numero dei viticoltori associati che hanno effettuato la denuncia delle uve, ai fini dell'utilizzo della denominazione, e il totale dei viticoltori conduttori di vigneti che hanno rivendicato la denominazione stessa;

          b) sia il rapporto percentuale tra la superficie vitata rappresentata dagli associati, regolarmente iscritta all'albo dei vigneti e oggetto di denuncia delle uve ai fini dell'utilizzo della denominazione, e il totale della superficie vitata iscritta all'albo dei vigneti e oggetto di rivendicazione delle uve.

      7. Per i consorzi che rappresentano esclusivamente denominazioni di vini spumanti o altri vini speciali la rappresentatività di cui al comma 3, lettera a), si calcola verificando il rapporto percentuale tra le quantità elaborate dagli associati e la produzione totale portante la denominazione.

      8. Al fine di ottenere l'autorizzazione a svolgere le funzioni di cui al comma 1, il consorzio presenta formale richiesta al Ministero delle politiche agricole e forestali, corredandola della seguente documentazione:

          a) atto costitutivo e statuto;

          b) elenco dei soci e composizione degli organi rappresentativi;

          c) relazione tecnico-amministrativa intesa a dimostrare la disponibilità di strutture, di organico di personale e le risorse adeguate ai compiti richiesti;

          d) certificazione concernente i requisiti di rappresentatività nei confronti della denominazione posseduti nel biennio precedente la presentazione della richiesta, calcolata con i criteri di cui al presente articolo, rilasciata dal competente ente. Nel caso di consorzio che opera per denominazioni insistenti su territori di più province, l'attestazione viene rilasciata dall'ente territoriale nel cui ambito ha sede legale il consorzio, sentiti gli altri enti interessati.

      9. Il Ministero delle politiche agricole e forestali concede al consorzio l'autorizzazione, specificando le funzioni e i limiti di tempo e di operatività dell'autorizzazione stessa. Il consorzio che ha ottenuto l'autorizzazione è tenuto a:

          a) trasmettere al Ministero delle politiche agricole e forestali entro il 31 gennaio di ciascun anno una dettagliata relazione sulle attività tecnico-amministrative svolte nell'anno precedente;

          b) comunicare al Ministero delle politiche agricole e forestali entro dieci giorni dall'evento ogni variazione della composizione degli organi rappresentativi, nonchè della composizione della base consortile per effetto di acquisizione di nuovi soci, sospensioni o espulsioni; se l'espulsione del socio è determinata da abusi nei confronti della denominazione o nel settore della produzione vitivinicola, nella comunicazione deve essere indicata esplicitamente la causa; analoga comunicazione deve essere effettuata all'ufficio dell'Ispettorato centrale repressione frodi competente per territorio;

          c) comunicare all'ufficio dell'Ispettorato centrale repressione frodi competente per territorio ogni notizia relativa ad abusi, a episodi di sleale concorrenza, di improprio uso della denominazione anche in sede di designazione e sui documenti ufficiali e sui registri, nonché ogni azione da chiunque effettuata che è di ostacolo al mantenimento o alla elevazione del livello qualitativo e dell'immagine della denominazione.

      10. Nell'ambito delle funzioni generali di cui al comma 1, i consorzi autorizzati hanno il compito di organizzare e coordinare le attività delle categorie interessate alla produzione e alla commercializzazione di ciascuna denominazione di origine o indicazione geografica tipica, di espletare attività di assistenza tecnica, di vigilanza, di proposta, di studio, di valutazione economico-congiunturale della denominazione, nonché ogni altra attività finalizzata alla tutela e alla valorizzazione della denominazione sotto il profilo tecnico e dell'immagine. In particolare l'attività dei consorzi autorizzati si svolge:

          a) a livello tecnico, per assicurare corrispondenza tra gli adempimenti operativi cui sono tenuti i produttori e le norme dei disciplinari di produzione;

          b) a livello amministrativo, per assicurare la tutela della denominazione o dell'indicazione geografica dal plagio, dalla sleale concorrenza, dall'usurpazione e da altri illeciti, anche costituendosi parte civile;

          c) collaborando con le regioni nei compiti loro assegnati nel settore della viticoltura a denominazione di origine o ad indicazione geografica tipica;

          d) attuando tutte le misure per promuovere e valorizzare le denominazioni di origine e le indicazioni geografiche tipiche sotto il profilo tecnico e dell'immagine;

          e) collaborando con gli enti preposti per contribuire all'espletamento delle attività connesse alla gestione e all'aggiornamento degli albi dei vigneti e degli elenchi delle vigne, delle denunce di produzione e del rilascio delle ricevute delle uve, del prelievo dei campioni da sottoporre alle commissioni camerali e ai relativi esami analitici, della distribuzione dei contrassegni di Stato nel caso dei vini DOCG e di quant'altro di competenza dei predetti organismi in materia di vini DO e IGT.

      11. Restano fatti salvi i poteri di vigilanza spettanti al Ministero delle politiche agricole e forestali e alle altre pubbliche amministrazioni in base all'ordinamento vigente.

      12. I consorzi sono coordinati nell'espletamento della loro attività dal Ministero delle politiche agricole e forestali e devono osservare le direttive del Ministero stesso. La verifica della sussistenza del requisito di rappresentatività dei consorzi è effettuata almeno con cadenza triennale dal Ministero delle politiche agricole e forestali. Ove venga a mancare il requisito di rappresentatività, le funzioni già attribuite ai sensi del comma 3 vengono sospese.

      13. I costi per le attività indicate alle lettere c), d) ed e) del comma 10 sono posti a carico di tutti i produttori e gli utilizzatori della denominazione, in proporzione ai quantitativi di prodotto, secondo criteri e modalità stabiliti con provvedimento delle regioni interessate per le attività indicate alla medesima lettera c), e del Ministero delle politiche agricole e forestali per le altre attività.

 

Capo VI.

DISPOSIZIONI SULLA DESIGNAZIONE, PRESENTAZIONE E PROTEZIONE DEI VINI A DENOMINAZIONE DI ORIGINE E AD INDICAZIONE GEOGRAFICA TIPICA

 

Art. 18.

(Designazione, presentazione e protezione dei vini DOCG, DOC e IGT).

      1. Per la designazione, presentazione e protezione delle denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche tipiche dei prodotti vitivinicoli sono direttamente applicabili le specifiche disposizioni stabilite dal regolamento (CE) n. 1493/1999 del Consiglio, del 17 maggio 1999, e dal regolamento (CE) n. 753/2002 della Commissione, del 29 aprile 2002, e successive modificazioni, nonché le disposizioni nazionali attuative della normativa comunitaria.

 

Art. 19.

(Recipienti dei vini DO e contrassegno speciale per i vini DOCG).

      1. Le disposizioni relative al colore, forma, tipologia, capacità, materiali e chiusure dei recipienti nei quali sono confezionati i vini DO sono stabilite dalla normativa vigente.

      2. La tappatura a fungo ancorato è riservata ai vini spumanti, fatte salve le deroghe, giustificate dalla tradizione e che comportino comunque una differenziazione del confezionamento fra i vini spumanti e frizzanti della stessa origine, nel rispetto della normativa vigente.

      3. I vini DOCG devono essere immessi al consumo in bottiglia o in altri recipienti di capacità non superiore a cinque litri, muniti, a cura delle ditte imbottigliatrici, di uno speciale contrassegno applicato in modo tale da impedire che il contenuto possa essere estratto senza l'inattivazione del contrassegno stesso. Esso è fornito di una serie e di un numero di identificazione. Con decreto del Ministero delle politiche agricole e forestali, di intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sono stabilite le caratteristiche, le diciture nonchè le modalità per la fabbricazione, l'uso, la distribuzione, il controllo e il costo dei contrassegni.

 

Art. 20.

(Impiego delle denominazioni geografiche).

      1. Dalla data di entrata in vigore dei decreti di riconoscimento, le denominazioni di origine e le indicazioni geografiche tipiche non possono essere usate se non in conformità a quanto stabilito nei decreti medesimi.

      2. A decorrere dalla stessa data di cui al comma 1 è vietato qualificare, direttamente o indirettamente, i prodotti che portano la denominazione di origine o l'indicazione geografica tipica in modo non espressamente consentito dai decreti di riconoscimento.

      3. Non si considera impiego di denominazione di origine, ai fini di cui alla presente legge, l'uso di nomi geografici inclusi in veritieri nomi propri, ragioni sociali ovvero in indirizzi di ditte, cantine, fattorie e simili. Nei casi in cui detti nomi contengono in tutto o in parte termini geografici riservati ai vini DOCG, DOC e IGT o possono creare confusione con essi, è fatto obbligo che i caratteri usati per indicarli non superino i tre millimetri di altezza per due di larghezza e in ogni caso non siano superiori a un quarto, sia in altezza che in larghezza, di quelli usati per la denominazione del prodotto e per l'indicazione della ditta o della ragione sociale del produttore, commerciante o imbottigliatore.

      4. Il riconoscimento di una denominazione di origine o di una indicazione geografica tipica esclude la possibilità di impiegare i nomi geografici utilizzati per designare marchi, fatte salve le eccezioni previste dalla normativa comunitaria, e comporta l'obbligo per i nomi propri aziendali di minimizzare i caratteri ai sensi di quanto previsto al comma 3.

      5. L'uso, effettuato con qualunque modalità, su etichette, recipienti, imballaggi, listini, documenti di vendita, di una indicazione di vitigno o geografica per i vini DOCG, DOC e IGT costituisce dichiarazione di conformità del vino alla indicazione e denominazione usate.

      6. Fatto salvo il disposto dell'articolo 2, comma 2, in caso di denominazione di origine o di indicazioni geografiche tipiche omonime, il riconoscimento può essere accordato a ciascuna di esse. Il Ministero delle politiche agricole e forestali ne determina le condizioni pratiche introducendo idonei elementi di differenziazione.

 

Capo VII.

CONCORSI ENOLOGICI E DISTINZIONI

 

Art. 21.

(Concorsi enologici).

      1. I vini di cui alla presente legge, che utilizzano nella propria designazione e presentazione nomi geografici nei termini e con le modalità ivi previsti, possono partecipare a concorsi enologici organizzati da enti definiti organismi ufficialmente autorizzati al rilascio di distinzioni dal Ministero delle politiche agricole e forestali.

      2. Le partite dei prodotti di cui al comma 1, opportunamente individuate e controllate, che hanno superato gli esami organolettici e che possiedono i requisiti previsti negli appositi regolamenti di concorso, possono fregiarsi di distinzioni nei limiti previsti dal quantitativo di vino accertato prima del concorso.

      3. La disciplina del riconoscimento degli organismi di cui al comma 1, della partecipazione al concorso, ivi compresa la composizione delle commissioni di degustazione, del regolamento di concorso, nonché del rilascio, gestione e controllo del corretto utilizzo delle distinzioni attribuite, è stabilita dalla normativa vigente.

 

Capo VIII.

SISTEMA SANZIONATORIO

 

Art. 22.

(Violazioni nell'uso delle denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche tipiche).

      1. Chiunque produce, vende, pone in vendita o comunque distribuisce per il consumo con menzioni geografiche che definiscono le indicazioni geografiche tipiche, vini che non rispettano i requisiti previsti nei rispettivi disciplinari di cui all'articolo 9, comma 1, è soggetto alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da 100 euro a 1.500 euro per ettolitro o frazioni di ettolitro di prodotto.

      2. Chiunque produce, vende, pone in vendita o comunque distribuisce per il consumo con denominazione di origine vini che non hanno i requisiti richiesti per l'uso di tale denominazione o che non sono stati sottoposti alla certificazione di cui all'articolo 13, è soggetto alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da 150 euro a 4.500 euro per ogni ettolitro o frazione di ettolitro di prodotto.

      3. Chiunque contraffà o altera i contrassegni speciali di cui all'articolo 19, comma 3, distribuisce per il consumo vini DOCG privi dei predetti contrassegni o introduce nel territorio dello Stato, o acquista, detiene o cede ad altri ovvero usa contrassegni alterati o contraffatti, è soggetto alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da 3.000 euro a 30.000 euro.

      4. Le disposizioni di cui ai commi 1 e 2 non si applicano al commerciante che vende, pone in vendita o comunque distribuisce per il consumo vini DOCG, DOC o IGT in confezioni originali, salvo che il commerciante abbia concorso nell'illecito.

      5. Chiunque usa le denominazioni di origine per vini che non hanno i requisiti richiesti per l'uso di tali denominazioni, premettendo le parole «tipo», «gusto», «uso», «sistema» e simili, o impiega maggiorativi, diminutivi o altre deformazioni delle denominazioni stesse o comunque fa uso di indicazioni, illustrazioni o segni suscettibili di trarre in inganno l'acquirente, è soggetto alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da 500 euro a 3.500 euro. La sanzione si applica anche quando le suddette parole o le denominazioni alterate sono poste sugli involucri, sugli imballaggi, sulle carte di commercio e in genere sui mezzi pubblicitari.

      6. Chiunque adotta denominazioni di origine ovvero indicazioni geografiche tipiche come ragione sociale o come «ditta», «cantina», o «fattoria», o loro indirizzi, è soggetto alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da 500 euro a 6.000 euro. La disposizione si applica dopo due anni dalla data di entrata in vigore del decreto di riconoscimento della DOCG, DOC o IGT adottata.

 

Art. 23.

(Omissioni di denunce e falsità).

      1. Chiunque omette di presentare la denuncia di cui all'articolo 11, commi 1 e 2, è soggetto alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da 100 euro a 500 euro per ogni ettaro o frazione di ettaro superiore a dieci are cui l'omessa denuncia si riferisce.

      2. Chiunque, essendo tenuto alle denunce di cui all'articolo 13, dichiara un quantitativo di uva o di vino maggiore di quello effettivamente prodotto è soggetto alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da 100 euro a 500 euro per ogni quintale denunciato in eccedenza.

 

 

Art. 24.

(Violazioni in materia di etichettatura).

      1. Chiunque viola le disposizioni di cui agli articoli 18, 19 e 20, relative alle modalità di designazione, presentazione e protezione dei prodotti vitivinicoli DOCG, DOC o IGT, nonché all'articolo 5, comma 9, è soggetto alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da 200 euro a 3.000 euro.

 

Art. 25.

(Sanzioni accessorie).

      1. La sanzione per le violazioni di cui agli articoli 22, 23 e 24 comporta la pubblicazione del provvedimento su due giornali tra i più diffusi nella regione, dei quali uno quotidiano e uno tecnico. Nei casi di particolare gravità e di recidiva specifica possono essere disposte la confisca del prodotto e la chiusura fino a dodici mesi dello stabilimento, cantina o magazzino di deposito.

 

Capo IX.

DISPOSIZIONI TRANSITORIE

E ABROGAZIONI

 

Art. 26.

(Disposizioni transitorie e abrogative).

      1. Fino alla data di entrata in vigore delle disposizioni contenute nei decreti ministeriali previsti dalla presente legge si osservano, in quanto applicabili, le disposizioni emanate ai sensi della legge 10 febbraio 1992, n. 164, e successive modificazioni.

      2. Ove non diversamente indicato, i decreti ministeriali previsti in attuazione della presente legge hanno natura non regolamentare.

      3. Le sanzioni di cui agli articoli 22, 23, 24 e 25 sono applicabili ai procedimenti in corso alla data di entrata in vigore della presente legge.

      4. Fino alla data di cui al comma 1 continuano ad applicarsi le disposizioni che, sul piano della generalità e con riguardo ai singoli prodotti, disciplinano la produzione, la designazione e la denominazione di vini di cui alla presente legge.

      5. Con l'abrogazione del decreto del Ministro delle politiche agricole e forestali 29 maggio 2001, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 141 del 20 giugno 2001, sono fatti salvi gli incarichi attribuiti ai consorzi di tutela fino alla fine della sperimentazione secondo le disposizioni allo scopo adottate dal Ministero delle politiche agricole e forestali.

      6. A decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge sono abrogate le seguenti disposizioni:

          a) legge 10 febbraio 1992, n. 164, e successive modificazioni, recante nuova disciplina delle denominazioni d'origine;

          b) regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 20 aprile 1994, n. 348, recante disciplina del procedimento di riconoscimento di denominazione d'origine dei vini;

          c) decreto del Ministro dell'agricoltura e delle foreste 1o aprile 1992, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 80 del 4 aprile 1992, recante disciplina dei consigli interprofessionali per le denominazioni di origine geografiche e per le indicazioni tipiche dei vini;

          d) decreto del Ministro dell'agricoltura e delle foreste 22 aprile 1992, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 100 del 30 aprile 1992, recante elementi da includere facoltativamente nei disciplinari di produzione dei vini DOCG e DOC;

          e) decreto del Ministro dell'agricoltura e delle foreste 22 aprile 1992, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 100 del 30 aprile 1992, recante condizioni e modalità di utilizzazione dei nomi di comuni, di frazioni, di zone amministrativamente definite e di sottozone per i vini DOCG e DOC;

          f) articolo 3, comma 10, del decreto-legge 23 settembre 1994, n. 547, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 novembre 1994, n. 644, recante disposizioni sul finanziamento delle commissioni di degustazione dei vini a denominazione di origine;

          g) regolamento di cui al decreto del Ministro per le politiche agricole 16 giugno 1998, n. 280, recante norme sull'organizzazione, sulle competenze e sul funzionamento della sezione amministrativa e, nel suo ambito, del servizio di segreteria del Comitato nazionale per la tutela e la valorizzazione delle denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche tipiche dei vini;

          h) regolamento di cui al decreto del Ministro delle risorse agricole, alimentari e forestali 4 giugno 1997, n. 256, recante norme sulle condizioni per consentire l'attività dei consorzi volontari di tutela e dei consigli interprofessionali delle denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche tipiche dei vini;

          i) decreto del Ministro delle politiche agricole e forestali 29 maggio 2001, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 141 del 20 giugno 2001, decreto direttoriale del Ministero delle politiche agricole e forestali 21 marzo 2002, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale, n. 84 del 10 aprile 2002, e decreto del Ministro delle politiche agricole e forestali 31 luglio 2003, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 193 del 21 agosto 2003, relativi ai controlli sulle produzioni a denominazione di origine e all'avvio della relativa sperimentazione.


ALLEGATO A

(articolo 9, comma 1)

ELEMENTI DEI DISCIPLINARI DI PRODUZIONE

Denominazioni di origine

            a) La denominazione dei vini e le eventuali zone caratteristiche o zone classiche, nonché le tipologie dei vini;

          b) la base ampelografica:

                i vitigni che compongono le varie tipologie;

                l'incidenza percentuale dei vari vitigni, principali e complementari, presenti in ambito aziendale;

            c) la zona di produzione delle uve:

                l'indicazione della provincia e dei comuni compresi totalmente o in parte nella delimitazione;

                la delimitazione dei confini;

                la delimitazione dei confini delle eventuali zone caratteristiche;

                la delimitazione dei confini dell'eventuale zona classica;

            d) le caratteristiche naturali dell'ambiente, quali il clima, il terreno, la giacitura, l'altitudine e l'esposizione;

            e) le norme per la viticoltura:

                la densità minima d'impianto e le forme di allevamento;

                l'eventuale irrigazione di soccorso;

                la resa massima di uva ad ettaro, sulla base dei risultati quantitativi e qualitativi del quinquennio precedente. I limiti di resa di uva ad ettaro possono essere differenziati per varietà, sottozone, comuni e frazioni. Il disciplinare può prevedere che, solo in annate climaticamente favorevoli, sia prevista una tolleranza non superiore al 20 per cento al detto limite di resa; tale esubero del 20 per cento di resa non può essere destinato alla produzione della relativa DO e può essere destinato alla produzione di altre DO o IGT, ove vengano rispettati le condizioni ed i requisiti dei relativi disciplinari di produzione, con particolare riguardo alla resa massima delle uve. Superata detta tolleranza tutta la produzione decade dal diritto alla rivendicazione della denominazione di origine. Le regioni possono annualmente autorizzare detta tolleranza, su proposta dei consorzi volontari di tutela o, in assenza degli stessi, delle organizzazioni di categoria. Le regioni sono inoltre tenute, in annate climaticamente sfavorevoli, a ridurre le rese massime di uva consentite sino al limite reale dell'annata. Le regioni possono altresì ridurre la resa massima di vino classificabile come DO per conseguire l'equilibrio di mercato, su proposta dei citati consorzi volontari di tutela o, in assenza, delle organizzazioni di categoria;

                il titolo alcolometrico volumico naturale minimo delle uve alla vendemmia per singola tipologia;

            f) le norme per la vinificazione:

                la zona di vinificazione;

                la zona di imbottigliamento;

                la resa dell'uva in vino delle varie tipologie;

                gli eventuali metodi di elaborazione delle varie tipologie;

                l'eventuale data di immissione al consumo;

                le eventuali limitazioni alla scelta vendemmiale e/o di cantina;

                le eventuali limitazioni a pratiche enologiche consentite dalla vigente normativa comunitaria e nazionale;

            g) le caratteristiche dei vini al consumo:

                limpidezza;

                colore;

                odore;

                sapore;

                titolo alcolometrico volumico totale minimo ed eventuale residuo zuccherino minimo o massimo;

                acidità totale minima;

                estratto non riduttore minimo;

            h) norme particolari per la designazione e la presentazione:

                eventuali menzioni facoltative;

                eventuali riferimenti a località;

                eventuali caratteri e posizioni in etichetta;

                eventuale tipo merceologico;

                la previsione dell'indicazione dell'annata in etichetta e le regole del suo mantenimento in caso di tagli fra vini di annate diverse, nonché dell'annata di sboccatura per gli spumanti;

            i) eventuali norme particolari rispetto a quelle generali vigenti per il confezionamento:

                volumi nominali;

                tipi di recipienti;

                sistemi di tappatura.

Indicazioni geografiche tipiche

            a) L'indicazione geografica e gli eventuali nomi di vitigni o menzioni aggiuntive;

            b) la delimitazione della zona di produzione delle uve ed eventualmente della loro vinificazione e imbottigliamento;

            c) l'elenco dei vitigni che concorrono alla formazione della piattaforma ampelografica;

            d) le tipologie enologiche, ivi comprese quelle relative al colore;

            e) la resa massima di uva per ettaro;

            f) la resa uva-vino;

            g) il titolo alcolometrico volumico naturale minimo naturale delle uve;

            h) il titolo alcolometrico volumico totale minimo al consumo del vino;

            i) le eventuali limitazioni a pratiche enologiche consentite dalla vigente normativa comunitaria e nazionale;

            l) i caratteri organolettici.


 

ALLEGATO B

[articolo 17, comma 3, lettera b)]

ELEMENTI OBBLIGATORI DELLO STATUTO DEI CONSORZI VOLONTARI DI TUTELA DEI VINI DO E IGT

            a) Il nome geografico della denominazione che il consorzio intende tutelare;

            b) le modalità per l'ammissione al consorzio, garantendo espressamente l'accesso a tutti i soggetti interessati alla denominazione, appartenenti alle categorie indicate all'articolo 16, comma 2, lettera b);

            c) gli obblighi degli associati, le modalità per la loro esclusione, nonchè le sanzioni per le eventuali inadempienze;

            d) l'obbligo di contribuzione a carico di ciascun associato, prevedendo:

                una quota fissa di accesso ai servizi del consorzio;

                una quota annuale in relazione alla quantità di prodotto ottenuto (uva denunziata e/o vino denunziato e/o vino imbottigliato) stabilita dal consiglio di amministrazione sulla base del bilancio preventivo approvato dall'assemblea;

            e) le funzioni degli organi consortili (assemblea, consiglio di amministrazione, presidente) e le norme riguardanti la nomina e il funzionamento degli organi medesimi;

            f) le modalità di voto in assemblea. In tale ambito deve essere assicurato a ciascun associato avente diritto (appartenente alle categorie dei viticoltori, vinificatori, imbottigliatori autorizzati) l'espressione di almeno un voto. I voti aggiuntivi sono rapportati alla quantità di prodotto ottenuto nella campagna vendemmiale immediatamente precedente la sessione assembleare (rispettivamente uva denunziata, vino denunziato, vino imbottigliato). Qualora l'associato svolga contemporaneamente due o tre attività produttive (viticoltura e/o vinificazione e/o imbottigliamento) i voti sono cumulativi delle attività svolte;

            g) le norme per la nomina del collegio sindacale ed i relativi compiti;

            h) le norme per l'eventuale scioglimento anticipato del consorzio;

            i) le norme per il componimento amichevole, nelle forme di arbitrato rituale, delle eventuali controversie fra consorzio e associati.

        Qualora il consorzio sia competente per più denominazioni, nello statuto deve essere previsto che in seno al consiglio di amministrazione sia assicurata una rappresentatività commisurata proporzionalmente al livello produttivo degli associati di ciascuna delle denominazioni interessate, per ognuna delle quali può anche essere nominato un apposito comitato nel cui ambito deve essere compreso almeno un componente del consiglio di amministrazione.

        Lo statuto del consorzio è soggetto alla preventiva approvazione del Ministero delle politiche agricole e forestali. Ogni successiva modifica deve, analogamente, essere preventivamente approvata.

 

 


Testo a fronte

(Nella prima colonna è riportato il disegno di legge presentato dal Governo A.C. 5768; nella seconda sono riportati la legge 164/1992 e gli atti normativi attuativi della stessa abrogati dal disegno di legge)

 


 

A.C. 5768

Legge n. 164/92

Capo I

 

DISPOSIZIONI GENERALI - CLASSIFICAZIONE DELLE DENOMINAZIONI DI ORIGINE, DELLE INDICAZIONI GEOGRAFICHE TIPICHE E AMBITO DI APPLICAZIONE

 

 

 

Art. 1.

Art. 1.

(Tutela delle denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche tipiche. Norme generali e definizioni).

Denominazione di origine e indicazione geografica tipica.

1. La presente legge ha la finalità di tutelare e valorizzare le produzioni enologiche a denominazione di origine e ad indicazione geografica, da considerare patrimonio economico, culturale e dell'ingegno nazionale, come tali protette nell'ambito degli accordi internazionali concernenti i diritti di proprietà intellettuale.

 

2. Per denominazione di origine (DO) dei vini si intende il nome geografico di una zona viticola particolarmente vocata, utilizzato per designare un prodotto di qualità e rinomato, le cui caratteristiche sono connesse all'ambiente naturale, ai vitigni e ai fattori umani.

1. Per denominazione di origine dei vini si intende il nome geografico di una zona viticola particolarmente vocata utilizzato per designare un prodotto di qualità e rinomato, le cui caratteristiche sono connesse all'ambiente naturale ed ai fattori umani.

3. Per indicazione geografica tipica (IGT) dei vini si intende il nome geografico di una zona, utilizzato per designare il prodotto che ne deriva. La zona di produzione di una IGT deve comprendere un territorio che presenti vocazione viticola e conferisca caratteristiche di tipicità al vino stesso, e per il quale sussista un interesse collettivo al riconoscimento.

2. Per indicazione geografica tipica dei vini si intende il nome geografico di una zona utilizzato per designare il prodotto che ne deriva.

4. Le denominazioni di origine e le indicazioni geografiche tipiche sono riservate ai mosti e ai vini, alle condizioni previste dalla presente legge.

3. Le denominazioni di origine e le indicazioni geografiche tipiche sono riservate ai mosti e ai vini, alle condizioni previste dalla presente legge.

 

 

Art. 2.

Art. 2.

(Utilizzazione delle denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche tipiche).

Utilizzazione delle denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche tipiche.

1. Le denominazioni di origine e le indicazioni geografiche tipiche di cui all'articolo 1 sono utilizzate per designare vini appartenenti a una pluralità di produttori, fatte salve le situazioni giuridiche acquisite in base all'ordinamento vigente alla data di entrata in vigore della presente legge.

1. Le denominazioni di origine e le loro sottozone, nonché le indicazioni geografiche tipiche di cui all'articolo 1 sono utilizzate per designare vini appartenenti ad una pluralità di produttori, fatte salve le situazioni giuridiche acquisite in base al previgente ordinamento. In casi eccezionali, tenuto conto delle specifiche particolarità ambientali di singole microzone, anche se ricadenti in un'unica proprietà, che diano un prodotto d'interesse nazionale altamente qualitativo anche ai fini della promozione dell'immagine del vino italiano all'estero, può riconoscersi ai vini il nome della sottozona ed un disciplinare di produzione autonomo con regolamentazione più restrittiva nell'ambito di una denominazione di origine o di una indicazione geografica tipica esistente o di una nuova di interesse diffuso. Nella designazione, il nome di detta sottozona può precedere o seguire quello della denominazione di origine o della indicazione geografica tipica. Per il riconoscimento della sottozona, il Comitato nazionale di cui all'articolo 17 delibera con la maggioranza dei tre quarti dei componenti.

2. Il nome geografico, che costituisce la denominazione di origine o l'indicazione geografica tipica, e le altre menzioni riservate non possono essere impiegati per designare prodotti similari o alternativi a quelli definiti all'articolo 1, né, comunque, essere impiegati in modo tale da ingenerare, nei consumatori, confusione nella individuazione dei prodotti.

2. Il nome geografico, che costituisce la denominazione di origine o l'indicazione geografica tipica, e le altre menzioni riservate non possono essere impiegati per designare prodotti similari o alternativi a quelli definiti al comma 1 nè, comunque, essere impiegati in modo tale da ingenerare, nei consumatori, confusione nella individuazione dei prodotti.

 

 

 

 

Segue art. 1

Denominazione di origine e indicazione geografica tipica.

3. Qualsiasi altra bevanda a base di mosto o di vino, nonché i vini frizzanti gassificati ed i vini spumanti gassificati non possono utilizzare le denominazioni di origine e le indicazioni geografiche tipiche nella loro designazione e presentazione, fatta eccezione, ai sensi della normativa vigente, per le bevande spiritose e per l'aceto di vino.

4. Le «bevande di fantasia a base di vino», le «bevande di fantasia provenienti dall'uva», i succhi non fermentati della vite, i prodotti vitivinicoli aromatizzati, nonché i vini frizzanti gassificati ed i vini spumanti gassificati non possono utilizzare denominazioni d'origine e indicazioni geografiche tipiche nella loro designazione e presentazione.

4. È fatto divieto di utilizzare organismi geneticamente modificati nelle produzioni di vini DO.

 

 

 

Art. 3.

Art. 3.

(Classificazione delle denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche tipiche).

 Classificazione delle denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche tipiche.

1. Le denominazioni di origine (DO) e le indicazioni geografiche tipiche (IGT) di cui all'articolo 1, con riguardo ai prodotti di cui alla presente legge, sono classificate in:

a) denominazioni di origine controllata e garantita (DOCG);

b) denominazioni di origine controllata (DOC);

c) indicazioni geografiche tipiche (IGT).

1. Le denominazioni di origine e le indicazioni geografiche tipiche di cui all'articolo 1, con riguardo ai prodotti di cui alla presente legge, si classificano in:

a) denominazioni di origine controllata e garantita (DOCG);

b) denominazioni di origine controllata (DOC);

c) indicazioni geografiche tipiche (IGT).

2. I mosti ed i vini possono essere designati con le seguenti sigle: DOCG, DOC e IGT.

2. I mosti ed i vini possono utilizzare le DOCG, le DOC e le IGT.

3. Le DOCG e le DOC sono le menzioni specifiche tradizionali utilizzate dall'Italia per designare i VQPRD (vini di qualità prodotti in regioni determinate). Le definizioni dell'Unione europea sono aggiuntive e non sostitutive delle menzioni italiane. I vini possono altresì utilizzare le denominazioni seguenti:

a) VSQPRD (vini spumanti di qualità prodotti in regioni determinate) come regolamentati dall'Unione europea;

b) VLQPRD (vini liquorosi di qualità prodotti in regioni determinate);

c) VFQPRD (vini frizzanti di qualità prodotti in regioni determinate).

3. Le DOCG e le DOC sono le menzioni specifiche tradizionali utilizzate dall'Italia per designare i VQPRD (vini di qualità prodotti in regioni determinate). I vini possono altresì utilizzare le denominazioni seguenti: VSQPRD (vini spumanti di qualità prodotti in regioni determinate) come regolamentati dalla Comunità economica europea (CEE); VLQPRD (vini liquorosi di qualità prodotti in regioni determinate); VFQPRD (vini frizzanti di qualità prodotti in regioni determinate). Le definizioni della CEE sono aggiuntive e non sostitutive delle menzioni italiane.

4. Le menzioni «Kontrollierte Ursprungsbezeichnung» e «Kontrollierte und garantierte Ursprungsbezeichnung» possono figurare rispettivamente sull'etichettatura dei vini DOC e DOCG prodotti nella provincia di Bolzano.

 

5. La menzione «IGT» può essere sostituita dalla menzione «Vin de pays» per i vini prodotti in Valle d'Aosta, di bilinguismo francese, e dalla menzione «Landwein» per i vini prodotti in provincia di Bolzano, di bilinguismo tedesco.

4. La menzione IGT può essere sostituita dalla menzione «Vin de pays» per i vini prodotti in Val d'Aosta, di bilinguismo francese, e dalla menzione «Landweine» per i vini prodotti in provincia di Bolzano, di bilinguismo tedesco.

 

 

Art. 4.

Art. 4.

(Ambiti territoriali).

Ambiti territoriali.

1. Per denominazioni di origine e indicazioni geografiche tipiche si intendono i nomi geografici e le qualificazioni geografiche delle corrispondenti zone di produzione, usati per designare i vini di cui all'articolo 1.

1. Per DOCG e DOC si intendono i nomi geografici e le qualificazioni geografiche delle corrispondenti zone di produzione, usati per designare i vini di cui all'articolo 1 le cui caratteristiche dipendono dalle condizioni naturali, correlate alla vocazione vitivinicola.

2. All'atto del riconoscimento della denominazione e della delimitazione dell'area viticola, le zone di produzione di cui al comma 1 possono comprendere, oltre al territorio indicato con la denominazione di origine, anche territori adiacenti o vicini, quando in essi esistano analoghe condizioni ambientali, gli stessi vitigni e siano praticate le medesime tecniche colturali ed i vini prodotti in tali aree abbiano, da almeno un decennio, uguali caratteristiche chimico-fisiche e organolettiche.

2. All'atto del riconoscimento della denominazione e della delimitazione dell'area viticola, le zone di produzione di cui al comma 1 possono comprendere, oltre al territorio indicato con la denominazione di origine, anche territori adiacenti o vicini, quando in essi esistano analoghe condizioni ambientali, gli stessi vitigni e siano praticate le medesime tecniche colturali, purché i vini prodotti e commercializzati da almeno un decennio abbiano uguali caratteristiche chimico-fisiche ed organolettiche.

 

 

3. Soltanto le denominazioni di origine possono prevedere al loro interno l'indicazione di zone espressamente delimitate, comunemente denominate sottozone, che devono avere: peculiarità ambientali o essere tradizionalmente note; essere designate con uno specifico nome geografico, storico-geografico o amministrativo, anche con rilevanza amministrativa; devono essere espressamente previste nel disciplinare di produzione e più rigidamente disciplinate.

3. Nell'ambito di una zona di produzione possono sussistere aree più ristrette, denominate sottozone, aventi specifiche caratteristiche ambientali o tradizionalmente note, designate con specifico nome geografico o storico-geografico, anche con rilevanza amministrativa, purché espressamente previste e più rigidamente disciplinate nel disciplinare di produzione e purché vengano associate alla relativa denominazione di origine.

 

Art. 7

Zona di produzione di vini ad indicazione geografica tipica e cambiamento di classificazione.

4. I nomi geografici che definiscono le indicazioni geografiche tipiche devono essere utilizzati per contraddistinguere i vini derivanti da dette zone di produzione che possono comprendere anche vini DOC e DOCG.

1. Le menzioni geografiche che definiscono le indicazioni geografiche tipiche devono essere utilizzate per contraddistinguere i vini aventi caratteristiche derivanti da zone di produzione, anche comprendenti le aree DOCG o DOC, normalmente di ampia dimensione viticola designate con il nome geografico relativo o comunque indicativo della zona in conformità della normativa italiana e della CEE sui vini IGT. La zona di produzione di un vino IGT deve comprendere un ampio territorio viticolo che presenti uniformità ambientale e conferisca caratteristiche omogenee al vino stesso, e per il quale sussista un interesse collettivo al riconoscimento del vino in esso prodotto.

2. Con decreti del Ministro dell'agricoltura e delle foreste possono essere stabilite norme transitorie e deroghe aventi carattere di eccezionalità, previo parere delle regioni interessate e del Comitato nazionale di cui all'articolo 17.

5. La possibilità di utilizzare nomi corrispondenti a frazioni o comuni o zone amministrativamente definite, localizzati all'interno della zona di produzione dei vini DOCG e DOC, è consentita per tali produzioni, a condizione che sia espressamente prevista una lista positiva dei citati nomi geografici aggiuntivi nei disciplinari di produzione di cui trattasi.

7. La possibilità di utilizzare nomi corrispondenti a frazioni o comuni o zone amministrativamente definite o sottozone, localizzati all'interno della zona di produzione dei vini DOCG o DOC, è consentita per le produzioni classificate nelle DOCG o DOC, a condizione che sia espressamente prevista una lista positiva nei disciplinari di produzione dei singoli vini di cui trattasi e deve avvenire nel rispetto delle condizioni e delle modalità stabilite con apposito decreto del Ministro dell'agricoltura e delle foreste.

 

D.M. 22 aprile 1992.

Condizioni e modalità di utilizzazione dei nomi di comuni, di frazioni, di zone amministrativamente definite e di sottozone per i vini D.O.C.G. e D.O.C.

1. Utilizzazione di menzioni geografiche aggiuntive.

1. Nella designazione e nella presentazione dei vini a denominazione di origine controllata e garantita (D.O.C.G.) e a denominazione di origine controllata (D.O.C.) è ammessa l'utilizzazione dei nomi di comuni, di frazioni, di zone amministrativamente definite o di sottozone da delimitare. I nomi geografici aggiuntivi non devono ripetere i nomi delle denominazioni di origine principali né creare confusione con esse o con altro nome geografico già attribuito ad un vino ad indicazione geografica tipica (I.G.T.).

2. La lista delle menzioni geografiche consentite ai sensi del comma 1, proposta dai consorzi volontari di tutela o dai consigli interprofessionali, rispettivamente previsti dagli articoli 19 e 20 della legge 10 febbraio 1992, n. 164, nonché dalle regioni e province autonome ovvero dagli interessati, è inserita nei disciplinari di produzione dei relativi vini D.O.C.G. e D.O.C.

2. Delimitazione delle sottozone.

1. Le sottozone non definite amministrativamente, da utilizzare quali menzioni geografiche aggiuntive ai sensi dell'art. 1, comma 1, del presente decreto, sono delimitate su carta topografica a scala 1:25.000 con il tracciato dei confini. I confini sono descritti in una dettagliata relazione da allegare alla carta topografica.

3. Condizioni per l'utilizzo delle menzioni geografiche aggiuntive.

1. Le menzioni geografiche aggiuntive di cui all'art. 1 del presente decreto possono essere utilizzate alle seguenti condizioni:

a) che vengono indicate all'atto della denuncia dei vigneti;

b) che siano oggetto di specifiche denunce annuali delle uve, le quali devono essere prese in carico separatamente negli appositi registri di cantina ai fini della vinificazione;

c) che il vino così designato sia interamente prodotto con le uve derivate dalla località geografica designata, senza possibilità di assemblaggio con vini appartenenti alla medesima denominazione;

d) che rispondano alle altre condizioni stabilite dalla normativa nazionale e comunitaria in materia di presentazione e di designazione.

2. Ove nello stesso territorio sussistano più denominazioni di origine per le quali i produttori possono esercitare rivendicazione opzionale o congiunta, è consentito l'utilizzo del nome geografico aggiuntivo per una soltanto tra le denominazioni stesse. Può essere consentito l'utilizzo del nome geografico aggiuntivo per più denominazioni di origine in casi eccezionali, quando risulti dimostrato il carattere tradizionale di tale utilizzo.

Segue art. 4

(Ambiti territoriali).

Art. 6

Coesistenza di vini diversi nell'ambito di una stessa denominazione di origine.

6. La menzione «vigna» o suoi sinonimi, seguita dal relativo toponimo o nome tradizionale, può essere utilizzata soltanto nella presentazione e nella designazione dei vini DOCG e DOC ottenuti dalla superficie vitata che corrisponde al toponimo o al nome tradizionale, definita nell'albo dei vigneti di cui all'articolo 11 e rivendicata nella denuncia annuale di produzione delle uve prevista all'articolo 13, a condizione che la vinificazione delle uve corrispondenti avvenga separatamente.

3. La menzione «vigna» seguita dal toponimo può essere utilizzata soltanto nella presentazione e designazione dei vini DOCG e DOC ottenuti dalla superficie vitata che corrisponde al toponimo, definita nell'albo dei vigneti di cui all'articolo 15 e rivendicata nella denuncia annuale di produzione delle uve prevista all'articolo 16, a condizione che la vinificazione delle uve corrispondenti avvenga separatamente.

 

Segue art. 4, co. 3 ultimo periodo

7. Le zone espressamente delimitate delle DOC possono essere riconosciute come DOC autonome e possono essere promosse a DOCG separatamente o congiuntamente alla DOC principale.

Le sottozone delle DOC possono essere promosse a DOCG separatamente o congiuntamente alla DOC principale.

 

 

Art. 5.

Art. 5.

(Specificazioni e menzioni).

Specificazioni e menzioni.

1. La specificazione «classico» è riservata ai vini non spumanti della zona di origine più antica ai quali può essere attribuita una regolamentazione autonoma nell'ambito della stessa DOCG o DOC.

1. La specificazione «classico» è riservata ai vini non spumanti della zona di origine più antica ai quali può essere attribuita una regolamentazione autonoma anche nell'ambito della stessa DOCG o DOC. Per il Chianti classico questa zona storica è quella delimitata con decreto interministeriale del 31 luglio 1932.

 

2. Le DOCG e le DOC possono utilizzare la menzione «riserva» qualora gli stessi vini siano stati sottoposti a un periodo di invecchiamento , non inferiore a due anni per i vini rossi e ad un anno per i vini bianchi, ed eventuale affinamento, appositamente previsto dal disciplinare di produzione. Il disciplinare, oltre ad altre eventuali modalità, deve stabilire l'obbligo dell'indicazione dell'annata in etichetta e le regole del suo mantenimento in caso di tagli fra vini di annate diverse. Le DOCG e le DOC delle categorie dei vini spumanti e liquorosi possono utilizzare la menzione «riserva» alle condizioni previste dai rispettivi disciplinari di produzione, in conformità alla vigente normativa comunitaria.

2. La menzione «riserva» è attribuita ai vini non spumanti che siano stati sottoposti ad un periodo di invecchiamento appositamente previsto dal disciplinare di produzione e, di norma, non inferiore a due anni. Il disciplinare, oltre ad altre eventuali modalità, deve stabilire l'obbligo dell'indicazione dell'annata in etichetta e le regole del suo mantenimento in caso di tagli fra vini di annate diverse.

3. La menzione «superiore» è attribuita ai vini DOC e DOCG aventi caratteristiche qualitative più elevate derivanti da una regolamentazione più restrittiva che, nell'ambito del disciplinare di produzione, preveda rispetto alla tipologia non classificata con tale menzione le seguenti differenziazioni:

a) una resa per ettaro delle uve inferiore di almeno il 10 per cento;

b) un titolo alcolometrico minimo potenziale naturale delle uve superiore di almeno 0,5 o vol;

c) un titolo alcolometrico minimo totale dei vini al consumo superiore di almeno 0,5 o vol.

 

4. La menzione «superiore» non può essere abbinata alla menzione «novello».

 

5. La menzione «novello» è attribuita alle categorie dei vini DOC e IGT tranquilli e frizzanti, prodotti conformemente alla normativa nazionale e comunitaria vigente.

3. La menzione «novello» è riservata ai vini rispondenti alle condizioni, alle caratteristiche ed ai requisiti previsti in materia dalla legislazione italiana e della CEE.

6. Le menzioni «passito» o «vino passito» e vino passito liquoroso sono attribuite alle categorie dei vini DO e IGT tranquilli o liquorosi, ottenuti dalla fermentazione di uve sottoposte ad appassimento naturale o in ambiente condizionato, alle condizioni previste dai disciplinari di produzione. La DOCG non è ammessa per i vini passiti liquorosi, per i quali deve essere previsto un disciplinare separato dai vini passiti.

 

 

Segue art. 4

Ambiti territoriali.

7. Le denominazioni di origine possono utilizzare in etichettatura nomi di vitigni o loro sinonimi, menzioni tradizionali, riferimenti a particolari tecniche di vinificazione e qualificazioni specifiche del prodotto. Le predette indicazioni aggiuntive devono essere previste dal disciplinare di produzione. I sinonimi che corrispondono a vitigni diversi iscritti al registro nazionale delle varietà di vite, tenuto presso il Ministero delle politiche agricole e forestali, sono ammessi solo previo parere favorevole del Comitato di cui all'articolo 16 e del Comitato permanente tecnico-agricolo istituito nell'ambito della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano.

4. Le denominazioni di origine possono essere seguite, dopo la dicitura DOCG o DOC, da nomi di vitigni, menzioni specifiche, riferimenti a particolari tecniche di vinificazione e qualificazioni specifiche del prodotto. Le predette menzioni aggiuntive devono essere previste dal disciplinare di produzione. Sull'uso dei nomi dei vitigni nella designazione e presentazione delle DOCG e delle DOC sono ammesse deroghe se giustificate da comprovati motivi storici ed economici e purché previste dal disciplinare. L'impiego del nome di vitigno per i vini IGT deve essere approvato con apposito decreto del Ministro dell'agricoltura e delle foreste sentito il Comitato nazionale di cui all'articolo 17, ed è abbinato solo ai nomi geografici di zone viticole di ampiezza rilevante.

8. Le DO devono indicare in etichetta l'annata di produzione delle uve.

 

9. Le IGT possono utilizzare in etichettatura il colore e il nome dei vitigni. Tali indicazioni devono essere previste dal disciplinare di produzione.

 

10. Con decreto del Ministro delle politiche agricole e forestali, sentiti la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano e il Comitato di cui all'articolo 16, possono essere adottate norme al fine di tutelare e di valorizzare le produzioni ottenute da vitigni autoctoni o di antica coltivazione, con riferimento all'uso del nome del vitigno e dei relativi sinonimi nella designazione e nella presentazione dei vini da essi ottenuti.

 

 

Segue art. 5

Specificazioni e menzioni.

 

4. Con decreti del Ministro dell'agricoltura e delle foreste, sentiti le regioni interessate ed il Comitato nazionale di cui all'articolo 17, possono essere modificati i requisiti e le condizioni attualmente previsti per l'utilizzazione delle menzioni aggiuntive, fatta eccezione per la specificazione «classico», ai fini dell'applicazione delle norme di recepimento della normativa della CEE o di particolari esigenze connesse all'evoluzione del settore.

 

 

Art. 6.

Segue art. 7

(Coesistenza di vini diversi nell'ambito di una o più DO o IGT).

Zona di produzione di vini ad indicazione geografica tipica e cambiamento di classificazione.

1. Nell'ambito di un medesimo territorio viticolo possono coesistere denominazioni di origine e indicazioni geografiche tipiche. È consentito che più DOCG o DOC facciano riferimento allo stesso nome geografico anche per contraddistinguere vini diversi, purché le zone di produzione degli stessi comprendano il territorio definito con tale nome geografico.

3. È consentita la coesistenza in una stessa area di produzione di più vini a denominazione di origine e ad indicazione geografica tipica, anche derivanti dagli stessi vigneti, a condizione che a cura dell'avente diritto venga operata annualmente, secondo le prescrizioni dei relativi disciplinari di produzione, la scelta vendemmiale riferita a ciascuna superficie iscritta separatamente ad ogni albo dei vigneti o ad ogni elenco delle vigne di cui all'articolo 15. Tale scelta può riguardare denominazioni di pari o inferiore livello, ricadenti nella stessa zona di produzione.

4. Nel caso sia stata operata la scelta vendemmiale ai sensi del comma 3, la resa massima di cui all'articolo 10, comma 1, lettera c), non può comunque superare il limite più restrittivo tra quelli stabiliti dai differenti disciplinari di produzione.

Segue art. 6

1. È consentito che più DOCG o DOC facciano riferimento allo stesso nome geografico anche per contraddistinguere vini diversi, purché le zone di produzione degli stessi comprendano il territorio definito con detto nome geografico.

2. È consentito che, nell'ambito di una denominazione di origine, coesistano diversi vini DOCG o DOC, purché i vini DOCG:

2. È consentito che, nell'ambito di una denominazione di origine coesistano vini diversi DOCG o DOC purché i vini DOCG:

a) siano prodotti in zone più ristrette o nell'intera area di una DOC individuata con il medesimo nome geografico; tali vini devono essere regolamentati da disciplinari di produzione più restrittivi e avere albi dei vigneti distinti;

a) siano prodotti in sottozone o nell'intera area di una DOC individuata con specifico nome geografico o siano prodotti con vitigni inclusi in distinto albo dei vigneti di cui all'articolo 15; le sottozone devono essere delimitate e regolamentate da disciplinari di produzione più restrittivi ed avere albi dei vigneti distinti;

b) riguardino tipologie particolari derivanti da una specifica piattaforma ampelografica o metodologia di elaborazione.

b) ovvero riguardino tipologie particolari derivanti da una specifica piattaforma ampelografica o metodologia di elaborazione;

 

c) ovvero riportino congiuntamente o disgiuntamente il nome della zona e della sottozona o del vitigno, a seconda della disciplina specifica.

 

Segue art. 7

Zona di produzione di vini ad indicazione geografica tipica e cambiamento di classificazione.

3. I nomi geografici e le zone di cui all'articolo 4, comma 3, usati per designare vini DOCG o DOC, non possono essere usati per designare vini IGT.

6. I nomi geografici o parte di essi e le sottozone usati per designare vini DOCG o DOC non possono comunque essere usati per designare vini IGT.

 

9. Con decreto del Ministro dell'agricoltura e delle foreste, su parere delle regioni interessate, sentito il Comitato nazionale di cui all'articolo 17, può essere autorizzato in via transitoria, per un periodo non superiore a cinque anni, l'uso di una IGT già riconosciuta collegata al nome di nuovi vitigni, per i quali sia stata superata la fase della sperimentazione e sia stata presentata la richiesta di riconoscimento a livello di vitigni raccomandati o autorizzati. Qualora detti vitigni siano stati autorizzati dalla CEE, l'uso della relativa IGT diviene definitivo.


 

Capo II.

 

RICONOSCIMENTO DELLE DENOMINAZIONI DI ORIGINE E DELLE INDICAZIONI GEOGRAFICHE TIPICHE

 

 

 

Art. 7.

Art. 8

(Riconoscimento delle DO e delle IGT).

Riconoscimento delle denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche tipiche. Approvazione dei disciplinari di produzione.

1. Il riconoscimento della denominazione di origine controllata e garantita è riservato ai vini già riconosciuti a DOC ed a zone espressamente delimitate, o tipologie di una DOC da almeno dieci anni, che siano ritenuti di particolare pregio, per le caratteristiche qualitative intrinseche e per la rinomanza commerciale acquisita, e che siano stati rivendicati, nell'ultimo triennio, da almeno il 35 per cento dei soggetti iscritti all'albo di cui all'articolo 11 e che rappresentino almeno il 51 per cento della superficie totale iscritta all'albo. Nel caso di passaggio di tutta una denominazione da DOC a DOCG anche le sue zone caratteristiche o tipologie vengono riconosciute come DOCG, indipendentemente dalla data del loro riconoscimento.

1. Le DOCG sono riservate ai vini già riconosciuti DOC da almeno cinque anni che siano ritenuti di particolare pregio, in relazione alle caratteristiche qualitative intrinseche, rispetto alla media di quelle degli analoghi vini così classificati, per effetto dell'incidenza di tradizionali fattori naturali, umani e storici e che abbiano acquisito rinomanza e valorizzazione commerciale a livello nazionale ed internazionale.

2. Il riconoscimento della denominazione di origine controllata è riservato ai vini provenienti da zone già riconosciute, anche con denominazione diversa, a IGT da almeno cinque anni, che siano stati rivendicati nell'ultimo biennio da almeno il 35 per cento dei viticoltori interessati e che rappresentino almeno il 20 per cento della produzione dell'area interessata. Il riconoscimento a vini non provenienti dalle predette zone è ammesso esclusivamente previo parere favorevole del Comitato di cui all'articolo 16 e del Comitato permanente tecnico-agricolo istituito nell'ambito della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano.

3. L'indicazione geografica tipica è riservata ai vini che corrispondono alle condizioni e ai requisiti stabiliti nei relativi disciplinari di produzione secondo le modalità ed i requisiti stabiliti dalla presente legge.

2. Le DOC e le IGT sono riservate alle produzioni di cui all'articolo 1 che corrispondano alle condizioni ed ai requisiti stabiliti, per ciascuna di esse, nei relativi disciplinari di produzione.

4. Il riconoscimento delle denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche tipiche e la delimitazione delle rispettive zone di produzione vengono effettuati contestualmente all'approvazione dei relativi disciplinari di produzione, con decreto del Ministero delle politiche agricole e forestali, secondo le procedure stabilite dalla presente legge.

3. Il riconoscimento delle denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche tipiche e la delimitazione delle rispettive zone di produzione vengono effettuati contestualmente all'approvazione dei relativi disciplinari di produzione, con decreto del Ministro dell'agricoltura e delle foreste previo conforme parere del Comitato nazionale di cui all'articolo 17, sentite le regioni interessate.

5. Le DOCG e le DOC possono essere precedute o seguite da un nome geografico più ampio, anche di carattere storico, tradizionale o amministrativo, purché espressamente previsto dal relativo disciplinare.

4. Le DOCG e le DOC possono essere precedute da un nome geografico più ampio, anche di carattere storico, tradizionale o amministrativo. I singoli vini conservano la loro identità e la possibilità di tale utilizzazione deve essere espressamente approvata con decreto del Ministro dell'agricoltura e delle foreste, su conforme parere della regione interessata, sentito il Comitato nazionale di cui all'articolo 17.

6. Il riconoscimento di una DOCG deve prevedere una disciplina viticola ed enologica più restrittiva rispetto a quella della DOC di provenienza.

5. Il riconoscimento di DOCG deve prevedere una disciplina viticola ed enologica di norma più restrittiva rispetto a quella della DOC e progressiva con il passaggio a sottozone od a comuni.

7. Il riconoscimento di una DOC deve prevedere una disciplina viticola ed enologica più restrittiva rispetto a quella delle IGT precedentemente rivendicate.

 

 

7. L'uso delle DOCG e delle DOC non è consentito per i vini ottenuti sia totalmente che parzialmente da vitigni che non siano stati classificati fra i raccomandati e gli autorizzati o che derivino da ibridi interspecifici tra la Vitis vinifera ed altre specie americane od asiatiche.

8. È altresì vietato su tutto il territorio italiano impiegare le uve da tavola per ottenere vini a denominazione di origine o a indicazione geografica tipica.

8. Il decreto di cui al comma 4 fissa la data di entrata in vigore delle norme contenute nel disciplinare di produzione e può, se necessario, prevedere disposizioni di carattere transitorio.

6. Il decreto ministeriale di cui al comma 3 fissa la data di entrata in vigore delle norme contenute nel disciplinare di produzione e può, se necessario, prevedere disposizioni di carattere transitorio.

 

 

Art. 8.

Art. 9

(Decadenza e revoca delle denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche tipiche).

Revoca del riconoscimento delle denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche tipiche.

1. Le denominazioni di origine e le indicazioni geografiche tipiche decadono in assenza di rivendicazioni per almeno cinque anni consecutivi.

 

1. Il riconoscimento delle denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche tipiche può essere revocato:

a) quando la DOCG, la DOC o la IGT non sia stata attivata entro il triennio successivo alla data di entrata in vigore delle norme contenute nel disciplinare di produzione;

b) quando per cinque anni consecutivi i produttori iscritti all'albo dei vigneti di cui all'articolo 15 non abbiano presentato denunce di produzione delle uve ai sensi dell'articolo 16 o nel complesso della zona vi sia stata una scarsa utilizzazione della denominazione, e, di norma, quando essa sia stata inferiore al 35 per cento della superficie iscritta all'albo per le DOCG ed inferiore al 15 per cento per le DOC; dal computo di dette percentuali sono esclusi i vigneti iscritti all'albo che da almeno tre anni consecutivi non siano stati oggetto di denuncia di produzione delle uve e che devono pertanto essere cancellati dall'albo dei vigneti;

c) quando per tre anni consecutivi non siano rispettati i disciplinari di produzione, in ordine ai parametri previsti, per più del 50 per cento dei vigneti iscritti agli albi dei vigneti o agli elenchi delle vigne di cui all'articolo 15; a tal fine, il Comitato nazionale di cui all'articolo 17 è autorizzato a promuovere i controlli da effettuarsi da parte degli uffici dell'Ispettorato repressione frodi e delle regioni competenti per territorio.

2. Qualora ricorrano le condizioni di cui al comma 1, le regioni interessate sono tenute a darne comunicazione al Ministero delle politiche agricole e forestali, il quale provvede, con proprio decreto, alla revoca.

2. La revoca di una denominazione di origine, quando si verifichino una o più delle condizioni di cui al comma 1, è disposta con decreto del Ministro dell'agricoltura e delle foreste previo parere della regione competente e del Comitato nazionale di cui all'articolo 17. Il Ministro dell'agricoltura e delle foreste stabilisce, con proprio decreto, le norme occorrenti per la salvaguardia delle situazioni da considerare conformi a provvedimenti ed atti pregressi.

3. Le superfici non rivendicate con alcuna denominazione di origine per tre anni consecutivi sono cancellate dai rispettivi albi.

 

 

3. I terreni vitati già iscritti all'albo dei vigneti per vini della denominazione di origine revocata, ove ne sussistano le condizioni, possono, su richiesta degli interessati, essere iscritti all'albo di altra denominazione di origine o nell'elenco delle vigne per vini di una indicazione geografica tipica.

4. I vini perdono il diritto a utilizzare le denominazioni di origine e le indicazioni geografiche tipiche quando sono addizionati all'estero da altro vino, in qualsiasi misura e di qualsiasi provenienza, anche se tale pratica è ammessa dalla normativa del Paese nel quale si effettua o nel quale il prodotto ottenuto è imbottigliato.

9. Le denominazioni di origine e le indicazioni geografiche tipiche decadono quando il relativo vino è addizionato all’estero da altro vino in qualsiasi misura e di qualsiasi provenienza, anche se tale pratica è ammessa dalla normativa del Paese nel quale si effettua o nel quale il prodotto ottenuto è imbottigliato.

 

4. In caso di produttori responsabili di frodi riguardanti l'origine del prodotto o di sofisticazioni vinicole o di impianti illegittimi, il giudice che accerta il fatto può disporre la sospensione da uno a tre anni o la revoca dell'uso delle denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche tipiche, con la conseguente cancellazione dagli albi dei vigneti o dagli elenchi delle vigne e dagli albi degli imbottigliatori di cui all'articolo 11. In casi di particolare gravità, il giudice può, d'ufficio o su istanza del Ministro dell'agricoltura e delle foreste, procedere in via cautelare alla sospensione a tempo determinato dell'uso delle denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche tipiche ed alla conseguente sospensione dell'iscrizione agli albi dei vigneti, agli elenchi delle vigne ed agli albi degli imbottigliatori.

 

 

Art. 9.

Art. 10

(Procedure per il riconoscimento delle DO e delle IGT e disciplinari di produzione).

Disciplinari di produzione.

1. I disciplinari di produzione dei vini DO e IGT devono contenere gli elementi previsti dall'allegato A annesso alla presente legge. Con decreto del Ministero delle politiche agricole e forestali, su parere del Comitato di cui all'articolo 16, di intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, possono essere apportate modificazioni al citato allegato A.

1. Nei disciplinari di produzione dei vini DOCG e DOC, proposti dai consorzi volontari autorizzati di cui all'articolo 19, comma 3, ovvero dagli interessati, ed approvati col decreto del Ministro della agricoltura e delle foreste di cui all'articolo 8, comma 3, devono essere stabiliti: cfr. allegato A del DDL

 

2. Con decreto del Ministro dell'agricoltura e delle foreste possono essere stabiliti ulteriori elementi da includere facoltativamente nei disciplinari.

D.M. 22 aprile 1992.

Elementi da includere facoltativamente nei disciplinari di produzione dei vini D.O.C.G. e D.O.C.

Articolo unico. - 1. Nei disciplinari di produzione dei vini D.O.C.G. e D.O.C. proposti dai consorzi volontari riconosciuti o dai consigli interprofessionali di cui agli articoli 19 e 20 della legge 10 febbraio 1992, n. 164, dalle regioni e province autonome o dagli interessati, può essere stabilita, in aggiunta ai requisiti prescritti dall'art. 10 della citata legge, la facoltà di utilizzare, in associazione alla denominazione di origine, nomi geografici o amministrativi o sottozone di territori ricadenti all'interno della zona di produzione, a condizione che:

a) non ripetano il nome della denominazione di origine principale;

b) siano espressamente indicati in elenco positivo nel disciplinare;

c) il territorio sia individuato nei suoi confini geografici o amministrativi;

d) il territorio abbia particolari caratteristiche storico-ambientali e rilevanza di carattere enologico;

e) la disciplina viticola ed enologica sia più restrittiva.

2. Qualora il territorio della sottozona non sia individuato o individuabile per delimitazione amministrativa, esso, anche in caso di nome amministrativo, è delimitato in conformità alla normativa comunitaria e nel rispetto degli usi leali e tradizionali, su cartografia 1:25.000.

3. Nei disciplinari di produzione di cui al comma 1 possono essere altresì stabiliti:

a) le modalità di elaborazione per i vini liquorosi; le eventuali indicazioni di pratiche enologiche, se diverse da quelle tradizionali, purché previste dalla legislazione vitivinicola vigente; l'eventuale possibilità, per un periodo di cinque anni dall'entrata in vigore della legge 10 febbraio 1992, n. 164, di effettuare la tradizionale pratica correttiva con mosti o vini provenienti dal di fuori della zona di produzione nei limiti e alle condizioni stabilite dalla normativa comunitaria;

b) la possibilità di adeguare la densità di piantagione, la forma di allevamento, la piattaforma ampelografica aziendale e di introdurre vitigni miglioratori, anche in tempi lunghi, ma programmati e prefissati nel disciplinare sino alla scadenza dei quali i produttori continuano ad usufruire della D.O.C. o della D.O.C.G.;

c) l'eventuale limite dei superi di resa uva-vino comunque ottenuti, da prendere in carico negli appositi registri ai fini della loro specifica destinazione, ferma restando la resa massima di vino per unità di superficie avente diritto alla denominazione;

d) le modalità, le condizioni e gli eventuali limiti territoriali, sia per quanto riguarda la vinificazione di uve fuori della zona di origine, sia per l'eventuale invecchiamento del vino, sia per quanto attiene alla elaborazione di vini liquorosi e spumanti, anche al di fuori della zona di origine delle uve;

e) le modalità, le condizioni e gli eventuali limiti territoriali, regionali o pluriregionali, per quanto riguarda l'affinamento in bottiglia, nonché le disposizioni circa il materiale, la forma e la capacità dei recipienti, la quale non può superare al consumo i cinque litri per i vini D.O.C.G. ed i sessanta litri per i vini D.O.C.;

f) l'uso di specificazioni aggiuntive previste dalla normativa comunitaria per i vini D.O.C.G. e D.O.C. e le eventuali menzioni specifiche storiche o tradizionali di uso collettivo riservato alla denominazione;

g) le modalità per scelta vendemmiale tra differenti denominazioni di origine per vini provenienti dallo stesso vigneto e nel rispetto degli articoli 7 e 10 della legge 10 febbraio 1992, n. 164;

h) gli usi locali, leali e costanti, e ogni aggiornamento tecnico viticolo ed enologico utile a conferire, mantenere e migliorare l'immagine e le caratteristiche qualitative che hanno accreditato o che si presume possano accreditare maggiormente le denominazioni sul mercato;

i) gli eventuali obblighi, limitazioni o divieti di utilizzo nell'etichettatura di menzioni facoltative previste dalla normativa comunitaria;

l) l'individuazione dell'immagine artistica, eventualmente compresa la base colorimetrica, del logo figurativo o logotipo specifico ed univoco da utilizzare in abbinamento inscindibile con la denominazione.

4. Il presente decreto è pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.

 

Art. 12.

 

Modalità e procedure per il riconoscimento delle DOCG, DOC e IGT.

 

1. Il Ministro dell'agricoltura e delle foreste, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano di cui all'articolo 12 della legge 23 agosto 1988, n. 400, stabilisce, con regolamento da emanare ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della stessa legge n. 400 del 1988, il contenuto delle domande e le procedure per il riconoscimento delle denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche tipiche e di approvazione o modifica dei relativi disciplinari di produzione, nonché le modalità ed i termini di presentazione.

2. Per l'espressione del parere sull'approvazione o la revoca delle denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche tipiche, ovvero sulla modifica dei disciplinari di produzione, è richiesta la maggioranza dei tre quarti dei presenti del Comitato nazionale di cui all'articolo 17.

 

 

D.P.R. 20 aprile 1994, n. 348.

Regolamento recante disciplina del procedimento di riconoscimento di denominazione d'origine dei vini.

1. Oggetto del regolamento.

1. Il presente regolamento disciplina il procedimento per il riconoscimento delle denominazioni di origine controllata e garantita, delle denominazioni di origine controllata e delle indicazioni geografiche tipiche dei vini.

 

 

Segue art. 9

(Procedure per il riconoscimento delle DO e delle IGT e disciplinari di produzione).

Segue DPR n. 348

2. La domanda di riconoscimento di un vino DOC o IGT è presentata dai consorzi volontari di tutela di cui all'articolo 17 o, in assenza, dalle associazioni dei produttori interessati. Tali soggetti devono rappresentare almeno il 35 per cento dei viticoltori interessati e il 35 per cento della produzione interessata per le DO, e almeno il 20 per cento dei viticoltori interessati e il 35 per cento della produzione interessata per le IGT. La domanda di riconoscimento di un vino DOCG è proposta dai medesimi soggetti, purché rappresentino almeno il 51 per cento dei viticoltori iscritti all'albo ed almeno il 51 per cento della superficie totale iscritta all'albo. Per associazione si intende qualsiasi organizzazione, a prescindere dalla sua forma giuridica o dalla sua composizione, di produttori vitivinicoli della relativa zona.

2. Presentazione della domanda per il riconoscimento.

1. La domanda di riconoscimento può essere presentata dai Consorzi volontari di tutela e dai Consigli interprofessionali rispettivamente previsti dagli articoli 19 e 20 della legge 10 febbraio 1992, n. 164, nonché dalle regioni o province autonome o da organizzazioni di categoria che rappresentino gli interessati.

2. La domanda deve essere rappresentativa di non meno del 20% della produzione di competenza dei vigneti della zona interessata.

3. Il riconoscimento della denominazione di origine controllata e garantita è subordinata alle condizioni che la domanda sia rappresentativa:

a) di tanti produttori di vino che rappresentino non meno del 50% della produzione complessiva, quando si tratti di denominazione di origine riguardante vini spumanti o liquorosi;

b) di non meno del 35% di viticoltori che rappresentino almeno il 20% della produzione complessiva di vigneti iscritti nell'albo dei vigneti, quando si tratti di vini diversi da quelli di cui alla lettera a).

4. I produttori ed i viticoltori di cui al comma 3, devono dichiarare di assoggettarsi alla particolare disciplina prevista per i vini a denominazione di origine controllata e garantita.

3. La domanda di riconoscimento di un vino DO deve essere corredata dalla seguente documentazione:

3 Documentazione prescritta per il riconoscimento.

 1. La domanda di riconoscimento deve essere corredata dalla seguente documentazione:

a) il disciplinare di produzione di cui al comma 1;

e) schema dei disciplinari di produzione della o delle tipologie di vino proposte nell'ambito della denominazione;

b) l'elenco sottoscritto direttamente da un numero minimo di viticoltori che rappresentino rispettivamente i requisiti di rappresentatività di cui al comma 2; in caso di consorzi riconosciuti l'elenco sottoscritto può essere sostituito dal verbale dell'assemblea degli associati che comprovi il requisito di rappresentatività di cui al citato comma 2;

f) elenco, sottoscritto dai produttori che intendono usufruire della denominazione di origine controllata e garantita o della denominazione dell'origine controllata, con l'indicazione dell'entità complessiva della produzione che essi rappresentano.

c) una perizia giurata comprovante:

1) le caratteristiche ambientali della zona in questione con particolare riguardo alla giacitura, all'esposizione, all'altitudine e al clima;

2) l'origine geologica e la composizione dei terreni;

3) le caratteristiche agronomiche di coltivazione della vite sul territorio delimitato e in particolare: i vitigni, la densità di impianto, le forme di allevamento, i sistemi di potatura e di irrigazione;

4) le rese per ettaro espresse in quantità di uve, di mosto di uve e di vino, tenendo conto delle rese ottenute nei cinque anni precedenti;

5) il titolo alcolometrico volumico minimo naturale per ciascuna tipologia, tenendo conto in particolare dei titoli alcolometrici constatati nei dieci anni precedenti per il riconoscimento DO e nei cinque anni precedenti per il riconoscimento IGT;

6) le caratteristiche fisico-chimiche e organolettiche del vino, nonché il titolo alcolometrico volumico minimo richiesto al consumo;

a) relazione comprovante, anche nel caso di territori aggiuntivi a quello indicato dal nome geografico, l'uso generalizzato della denominazione di origine, ovvero l'uso tradizionale del nome geografico o le condizioni socio-economiche che hanno determinato la richiesta della indicazione geografica tipica. La relazione deve essere corredata da adeguata documentazione storico-commerciale e deve illustrare, altresì, le caratteristiche tecniche dei vigneti con particolare riguardo ai vitigni, alla densità di piantagione, alle forme di allevamento, ai sistemi di potatura e di irrigazione, alle produzioni medie e massime di uva ad ettaro ed a ceppo; le condizioni ambientali con particolare riguardo alla giacitura e alla sua ripartizione, all'altitudine, alle esposizione ed al clima; le caratteristiche chimico-fisiche ed organolettiche del vino, nonché le ragioni che, a causa della similitudine dei vitigni, del terreno, del clima, della tecnica vinicola e delle caratteristiche dei vini abbiano indotto ad includere nella denominazione di origine o nella indicazione geografica tipica, territori vicini a quelli indicati;

d) la documentazione storica e socio-economica sull'importanza della viticoltura nella zona indicata;

 

 

b) ove sia richiesta la denominazione di origine controllata il provvedimento che abbia eventualmente riconosciuto l'indicazione geografica o l'indicazione geografica tipica del prodotto, con una relazione illustrativa dei risultati conseguiti sul piano tecnico-produttivo e commerciale nel precedente quinquennio;

 

c) ove sia richiesta la denominazione di origine controllata e garantita, il provvedimento di riconoscimento della denominazione di origine controllata del prodotto, con una relazione illustrativa dei risultati conseguiti in ordine all'uso di denominazione di origine controllata e della sussistenza dei requisiti di particolare pregio e di rinomanza nazionale ed internazionale del prodotto stesso;

e) la cartografia della zona, con allegata una relazione illustrativa dei confini, in scala 1:25.000 o in scala 1:2.000, qualora la delimitazione lo richieda;

d) cartografia in scala da 1:25.000 della zona di origine di produzione delle uve da cui si ottiene il vino, con allegata una relazione illustrativa di confini, dell'origine geologica e della composizione dei terreni nonché dei criteri di inclusione dei terreni medesimi nella zona di produzione ovvero dei criteri di esclusione degli stessi;

f) il piano dei controlli.

 

4. Per il riconoscimento delle IGT e per l'approvazione dei relativi disciplinari di produzione la procedura è analoga a quella prevista per le DOCG e per le DOC. La domanda di riconoscimento deve essere corredata da:

a) il disciplinare di produzione di cui al comma 1;

b) l'elenco sottoscritto da almeno il 20 per cento dei viticoltori della zona interessata e che sia espressione almeno del 35 per cento della produzione interessata;

c) una relazione comprovante gli elementi previsti dal disciplinare di cui al comma 1;

d) la cartografia della zona, con allegata una relazione illustrativa dei confini, in scala 1:25.000 o in scala 1:2.000, qualora la delimitazione lo richieda;

e) una perizia giurata comprovante quanto previsto al comma 3, lettera c).

 

5. I soggetti di cui al comma 2 devono presentare, contestualmente alle regioni o alle province autonome territorialmente competenti e al Ministero delle politiche agricole e forestali, la domanda di riconoscimento corredata dalla documentazione di cui ai commi 3 e 4.

Segue art. 2  DPR n. 348

5. I soggetti di cui al comma 1 debbono presentare domanda di riconoscimento al Comitato nazionale di cui all'articolo 17 della legge 10 febbraio 1992, n. 164, d'ora in avanti chiamato Comitato, presso il Ministero delle risorse agricole, alimentari e forestali.

6. Le regioni e le province autonome entro centoventi giorni dalla data di ricezione della domanda di cui al comma 5, provvedono all'istruttoria tecnico-amministrativa della richiesta ed a trasmetterne l'esito al Ministero delle politiche agricole e forestali e al soggetto proponente.

4. Procedure per il riconoscimento delle denominazioni d'origine e l'approvazione dei disciplinari di produzione.

1. La sezione amministrativa del Comitato, dopo aver notificato all'interessato, entro dieci giorni dal ricevimento della domanda, l'inizio del procedimento e il relativo responsabile, trasmette la domanda stessa alla sezione interprofessionale del Comitato che provvede, entro sessanta giorni, all'istruttoria.

7. Il Ministero delle politiche agricole e forestali, entro centoventi giorni dalla data di ricezione della documentazione trasmessa ai sensi del comma 6 dalla regione o dalla provincia autonoma, acquisisce il parere del Comitato di cui all'articolo 16 e, tenuto conto dell'esito della riunione di pubblico accertamento di cui al comma 8, comunica al soggetto proponente e alla regione o provincia autonoma competente la proposta di disciplinare di produzione eventualmente modificata. La proposta di disciplinare è altresì pubblicata nella Gazzetta Ufficiale, al fine di consentire la presentazione di osservazioni al Ministero delle politiche agricole e forestali da parte dei soggetti interessati. Trascorsi sessanta giorni dalla data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale, il Ministero delle politiche agricole e forestali, esaminate le eventuali osservazioni pervenute, provvede alla emissione del decreto di riconoscimento della DO o della IGT.

2. Verificata, nei termini di cui al comma precedente, la sussistenza dei requisiti soggettivi e la rispondenza dei disciplinari di produzione alle norme della legge 10 febbraio 1992, n. 164, il Comitato provvede all'approvazione del disciplinare e al riconoscimento con decreto del dirigente responsabile del procedimento.

 

8. La riunione di pubblico accertamento è fissata dal Ministero delle politiche agricole e forestali, di intesa con le regioni e con le province autonome interessate, allo scopo di permettere di verificare la rispondenza della disciplina proposta agli usi leali e costanti previsti dalla normativa comunitaria e nazionale. Alla riunione di pubblico accertamento, aperta a tutti i soggetti economicamente interessati dei quali deve essere registrata la presenza e per i quali deve essere disponibile copia del disciplinare oggetto della discussione, partecipa almeno un funzionario in rappresentanza del Ministero delle politiche agricole e forestali e un rappresentante del Comitato di cui all'articolo 16.

 

9. Qualora nel corso del procedimento sia necessaria una valutazione congiunta della domanda di riconoscimento o delle relative modifiche proposte, il Ministero delle politiche agricole e forestali, anche su richiesta delle regioni o delle province autonome interessate, convoca una conferenza di servizi ai sensi dell'articolo 14 della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni, alla quale può assistere il soggetto proponente il riconoscimento. In caso di esito negativo della conferenza, il procedimento è da ritenere concluso e contro tale provvedimento è ammesso il ricorso in sede giurisdizionale.

 

Segue art 9

(Procedure per il riconoscimento delle DO e delle IGT e disciplinari di produzione).

Segue art 10

Disciplinari di produzione.

10. Alle richieste di modifica dei disciplinari dei vini DO si applicano le procedure previste dal presente articolo per il riconoscimento dei disciplinari, con le seguenti ulteriori condizioni, ferma restando la possibilità per i soggetti proponenti di non produrre la documentazione già presentata in sede di riconoscimento della DO o della IGT, qualora relativa a condizioni non mutate:

a) la variazione della composizione varietale deve essere espressamente programmata e prefissata nel disciplinare, con particolare riguardo al termine per il relativo adeguamento;

6. Per la richiesta di modifiche ai disciplinari di produzione si osservano le disposizioni previste per il riconoscimento delle denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche tipiche.

 

 

D.M. 31 luglio 2003.

Modalità e requisiti per la delimitazione della zona di imbottigliamento nei disciplinari di produzione dei vini D.O.C. e D.O.C.G.

1. 1. Il presente decreto individua le modalità ed i requisiti che consentono la delimitazione della zona di imbottigliamento nei disciplinari di produzione dei vini a denominazione di origine controllata e garantita (D.O.C.G.) e a denominazione di origine controllata (D.O.C.), di seguito anche indicati in modo unitario con «denominazione di origine» o «D.O.», di cui alla previsione dell'art. 10, comma 1, lettera i) della legge n. 164 del 1992.

2. 1. I disciplinari di produzione delle denominazioni di origine dei vini per le quali saranno presentate o sono state presentate dai soggetti legittimati di cui alla legge 10 febbraio 1992, n. 164 e decreto del Presidente della Repubblica 20 aprile 1994, n. 348, istanze di riconoscimento e per le quali non è ancora intervenuto il provvedimento ministeriale di riconoscimento, possono prevedere che la zona di imbottigliamento sia coincidente con quelle di produzione delle uve o di vinificazione delle stesse, a condizione che detti soggetti dimostrino una rappresentatività percentuale della produzione dei vigneti interessati alla denominazione di origine per almeno il 66%.

 

3. 1. Per le D.O., per le quali alla data di entrata in vigore del presente decreto sia stato già emanato il provvedimento di riconoscimento, si osservano le seguenti disposizioni:

a) per le D.O. per le quali è già prevista la delimitazione della zona di imbottigliamento restano valide le disposizioni già vigenti: nell'applicazione di esse si fa riferimento alla prassi seguita sino alla data di entrata in vigore del presente decreto;

b) per le DO per le quali è consentito l'imbottigliamento al di fuori della zona di produzione o di vinificazione delle uve, la zona di imbottigliamento può essere delimitata, a condizione che l'istanza sia rappresentativa di almeno il 66 per cento della produzione rivendicata dell'intera denominazione, calcolata sulla base delle rivendicazioni dell'ultimo biennio, nonché di almeno il 51 per cento della produzione imbottigliata complessivamente. Nelle more dell'operatività dell'albo degli imbottigliatori di cui all'articolo 15, la rappresentatività relativa alla produzione imbottigliata è definita dal Ministero delle politiche agricole e forestali sulla base dei dati delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura;

b) per le D.O. per le quali è consentito imbottigliamento al di fuori della zona di produzione o di vinificazione delle uve, la zona di imbottigliamento può essere delimitata, a condizione che sia inoltrata al Comitato nazionale per la tutela e la valorizzazione dei vini D.O. e I.G.T. apposita istanza rappresentativa di almeno il 66% della produzione rivendicata dell'intera denominazione, calcolata sulla base delle rivendicazioni dell'ultimo biennio, nonché di almeno il 51% della produzione imbottigliata complessivamente. Nelle more dell'operatività dell'albo degli imbottigliatori di cui all'art. 11 della legge n. 164 del 1992, la rappresentatività relativa alla produzione imbottigliata è definita dal Ministero delle politiche agricole e forestali sulla base dei dati delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura.

c) in caso di modifiche del disciplinare di produzione di una DO che introducano la delimitazione della zona di imbottigliamento, le ditte imbottigliatrici interessate possono ottenere la deroga per continuare l'imbottigliamento nei propri stabilimenti situati al di fuori della zona delimitata per cinque anni, prorogabili, a condizione che presentino apposita istanza, allegando idonea documentazione atta a comprovare l'esercizio dell'imbottigliamento della specifica denominazione di origine per almeno due anni, anche non continuativi, negli otto anni precedenti la data di entrata in vigore del decreto di modifica del disciplinare di produzione, ovvero per almeno un anno per le denominazioni riconosciute da meno di tre anni;

4. 1. Nel caso che nel disciplinare di produzione si introduca la delimitazione della zona di imbottigliamento, le ditte imbottigliatrici interessate possono ottenere la deroga per continuare l'imbottigliamento nei propri stabilimenti situati al di fuori della zona delimitata di produzione o di vinificazione per un periodo di cinque anni prorogabile, a condizione che presentino apposita istanza al Comitato nazionale per la tutela e la valorizzazione delle D.O. e I.G.T. allegando idonea documentazione atta a comprovarne l'esercizio dell'imbottigliamento della specifica denominazione di origine per almeno due anni, anche non continuativi, negli otto anni precedenti la data di entrata in vigore del decreto di modifica del disciplinare di produzione, ovvero per almeno un anno per le denominazioni riconosciute da meno di tre anni.

d) in caso di modifiche del disciplinare di produzione che comportino una variazione nel nome della denominazione, della zona di produzione o della limitazione alla zona di vinificazione, la domanda deve essere rappresentativa di almeno il 66 per cento dei soggetti iscritti all'albo ed il 66 per cento della produzione media rivendicata nell'ultimo triennio.

 

 

Segue art 9

(Procedure per il riconoscimento delle DO e delle IGT e disciplinari di produzione).

Segue art 10

Disciplinari di produzione.

11. Le richieste di modifica dei disciplinari dei vini IGT vanno presentate dai soggetti di cui al comma 2, allegando la seguente documentazione:

a) il disciplinare di produzione di cui al comma 1;

3. I disciplinari possono essere modificati su documentata istanza degli organismi interessati, alla quale deve essere allegata la bozza di nuovo disciplinare, nonché su proposta della regione competente o del Comitato nazionale di cui all'articolo 17.

4. Le richieste di modifica devono essere corredate:

b) una perizia giurata relativa alle modifiche richieste;

a) da una perizia giurata redatta da esperti particolarmente competenti in materia o da un documentato parere della regione competente, qualora le richieste riguardino la zona di produzione, la resa di vino per ettaro, la base ampelografica, il titolo alcolometrico volumico minimo naturale delle uve, le forme di allevamento, le tecniche colturali ed enologiche. La perizia giurata o il parere tecnico della regione competente devono far riferimento a dati sperimentali di almeno cinque anni di ricerche ed attestare l'obiettività e la validità della richiesta;

 

b) da un'analisi chimico-fisica che attesti l'assenza di influenze negative su campioni di vini ottenuti nel rispetto delle modifiche richieste;

c) da un'analisi organolettica, corredata da apposita relazione della commissione di degustazione competente per territorio di cui all'articolo 13, comma 2, che attesti il miglioramento organolettico del prodotto ovvero la sussistenza dei requisiti richiesti allo stesso livello medio dei vini già prodotti, sempre su campioni di vini ottenuti nel rispetto delle modifiche richieste;

d) dal parere della regione interessata.

 

c) la comprova della rappresentatività di cui al comma 3, lettera b), la quale può avvenire con atto dichiarativo del legale rappresentante dell'organismo proponente, esonerando lo stesso dal presentare l'elenco dei sottoscrittori.

 

 

5. Il Comitato nazionale di cui all'articolo 17 ha facoltà di nominare commissioni, composte da membri del Comitato stesso e da esperti esterni, per effettuare le verifiche necessarie ai fini delle modifiche proposte.

12. Per le modifiche che comportano una variazione del nome della denominazione e della zona di produzione si applica quanto previsto al comma 10.

 

13. Il decreto di cui all'articolo 7, comma 4, di riconoscimento delle DO e delle IGT fissa la data di entrata in vigore delle norme contenute nel disciplinare di produzione e può prevedere disposizioni di carattere transitorio.

 

 

 

Capo III.

 

CERTIFICAZIONE E RIVENDICAZIONE DELLE PRODUZIONI DEI VINI A DENOMINAZIONE DI ORIGINE E AD INDICAZIONE GEOGRAFICA TIPICA

 

 

 

Art. 10.

 

(Princìpi generali).

 

1. La certificazione delle produzioni dei vini DO è attuata attraverso un sistema di controllo e di tracciabilità di tutte le fasi del processo produttivo a garanzia della qualità delle produzioni vinicole ed a tutela del consumatore.

 

2. La certificazione delle produzioni dei vini DO è effettuata nel rispetto del piano dei controlli approvato con decreto del Ministro delle politiche agricole e forestali, da adottare entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, di intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sentito il Comitato di cui all'articolo 16.

 

3. La certificazione di cui al comma 1 è effettuata per ciascuna DO dai soggetti individuati dalla regione o dalla provincia autonoma avente i requisiti minimi previsti dal piano di cui all'articolo 12, comma 1, previa consultazione con le organizzazioni della filiera vitivinicola a livello regionale o della provincia autonoma.

 

4. Con cadenza biennale, sulla base delle azioni di monitoraggio e di verifica effettuate dal Ministero delle politiche agricole e forestali, di intesa con le regioni, si provvede all'eventuale adeguamento del piano dei controlli, secondo la procedura di cui al comma 1.

 

5. Le produzioni vitivinicole possono essere rivendicate con la IGT a condizione che le superfici siano iscritte agli elenchi delle vigne di cui all'articolo 11, comma 2, e il vino sia oggetto della denuncia delle uve di cui all'articolo 13.

 

 

Art. 14.

 

Denuncia delle superfici vitate.

 

1. I conduttori di vigneti devono denunciare ai competenti uffici regionali, ai fini della costituzione del catasto dei vigneti DOCG, DOC e IGT, la superficie dei terreni vitati, con allegata planimetria dei vigneti in scala 1:25.000, destinati a produrre vini DOCG, DOC e IGT.

2. Il catasto dei vigneti di cui al comma 1 è parte integrante dell'anagrafe vitivinicola regionale istituita ai sensi dell'articolo 7 del decreto-legge 18 giugno 1986, n. 282, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 1986, n. 462.

3. Il Ministro dell'agricoltura e delle foreste stabilisce con proprio decreto le modalità per la denuncia di cui al comma 1.

4. Le regioni trasmettono al Ministero dell'agricoltura e delle foreste copia della denuncia delle superfici vitate e della relativa planimetria dei vigneti, gli aggiornamenti e le risultanze degli accertamenti.

 

 

Art. 11.

Art. 15.

(Albo dei vigneti DOCG e DOC ed elenco delle vigne IGT).

Albo dei vigneti ed elenco delle vigne.

1. I vigneti destinati a produrre vini DOCG, DOC e IGT devono essere regolarmente dichiarati allo schedario delle superfici vitate ai sensi della normativa comunitaria e nazionale.

 

2. Nell'ambito dello schedario viticolo di cui al comma 1, per ciascun vino DO e IGT, i rispettivi terreni vitati devono essere iscritti nell'apposito albo dei vigneti per vini DO o nell'apposito elenco delle vigne IGT tenuti dalle competenti regioni o province autonome. Le regioni e le province autonome assicurano l'interscambio dei dati al fine di consentire la presentazione di un'unica domanda aziendale di iscrizione ai diversi albi o elenchi.

1. Per ciascun vino a denominazione di origine, i rispettivi terreni vitati devono, su denuncia dei conduttori interessati, essere iscritti in un apposito albo dei vigneti per vini a denominazione di origine, contraddistinto dalla rispettiva denominazione di origine e dalla sottozona, se prevista dal disciplinare di produzione, dal vitigno o dalle altre tipologie disciplinate.

2. I terreni vitati destinati alla produzione di vini ad indicazione geografica tipica devono essere denunciati e iscritti negli speciali elenchi delle vigne per vini ad indicazione geografica tipica.

 

3. Con decreto del Ministro delle politiche agricole e forestali, di intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sono determinati i criteri per l'istituzione e l'aggiornamento degli albi dei vigneti DO e degli elenchi delle vigne IGT di cui al comma 2. Fino alla data di entrata in vigore del predetto decreto rimangono in vigore le disposizioni di cui al decreto del Ministro delle politiche agricole e forestali 27 marzo 2001, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 84 del 10 aprile 2001, e dell'accordo in data 25 luglio 2002 tra il Ministro delle politiche agricole e forestali, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 212 del 10 settembre 2002.

3. Con decreto del Ministro dell'agricoltura e delle foreste, di concerto con il Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato, è adottato, ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, il regolamento per la disciplina dell'iscrizione nell'albo dei vigneti e nell'elenco delle vigne, dell'aggiornamento degli stessi e della loro tenuta presso le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura.

In attuazione del comma 3 è stato adottato il D.P.R. 24 maggio 1967, n. 506. Norme relative all'Albo dei vigneti e alla denuncia delle uve destinate alla produzione dei vini a denominazione di origine «controllata» o «controllata e garantita”.

Per il ”Termine e le modalità per la dichiarazioni delle superfici vitate” va  fatto riferimento al DM 26/7/2000, mentre le “Modalità per l’aggiornamento dello schedario vitivinicolo nazionale e per l’iscrizione delle superfici vitate negli albi dei vigneti DOCG e DOC e negli elenchi delle vigne IGT e norme aggiuntive” sono recate dal DM 27/3/2001.

I primi due provvedimenti non sono abrogati dal ddl in esame.

4. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano possono disciplinare l'iscrizione delle superfici agli albi dei vigneti DO per conseguire l'equilibrio di mercato.

 

5. Gli albi dei vigneti DO e gli elenchi delle vigne IGT sono pubblici e i dati in essi contenuti sono messi a disposizione delle pubbliche amministrazioni e degli organismi di controllo competenti di cui all'articolo 10, comma 3.

 

 

 


 

Art. 12.

 

(Modalità di controllo delle produzioni ai fini della certificazione).

 

1. Ogni vino DO deve dotarsi di un piano dei controlli, con relativo tariffario, redatto sulla base di quanto previsto all'articolo 10, comma 2, da presentare contestualmente all'istanza di riconoscimento della DO e per le DO esistenti, entro sei mesi dalla data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del decreto di cui al medesimo articolo 10, comma 2.

2. I costi derivanti dall'attività di controllo sono posti a carico di tutti i soggetti appartenenti alla filiera, in proporzione ai quantitativi controllati e al grado di incidenza degli stessi rispetto alla filiera.

3. Le attività di controllo da svolgere per più DO presso la medesima azienda sono eseguite da uno solo tra gli organismi individuati per le singole DO.

4. Gli organismi individuati per l'attività di controllo, ai sensi dell'articolo 10, comma 3, sono tenuti a trasmettere al Ministero delle politiche agricole e forestali e alla regione o provincia autonoma competente, entro il 31 gennaio di ogni anno, i dati relativi ai controlli effettuati riferiti all'anno precedente.

5. L'autorità nazionale preposta al coordinamento delle attività di certificazione, controllo e vigilanza relativamente all'applicazione delle norme in materia di DO è il Ministero delle politiche agricole e forestali.

6. Il Ministero delle politiche agricole e forestali promuove accordi con le regioni, al fine di coordinare l'azione amministrativa nazionale con quella di competenza delle regioni nel settore vitivinicolo, al fine della semplificazione amministrativa e della garanzia per i consumatori.

7. Il Ministero delle politiche agricole e forestali promuove, ai sensi dell'articolo 14 della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni, specifiche conferenze di servizi con le pubbliche amministrazioni centrali e periferiche, con particolare riferimento all'azione dell'Ispettorato centrale repressione frodi, del Corpo della guardia di finanza, del Comando carabinieri politiche agricole e del Comando carabinieri per la sanità, del Corpo forestale dello Stato e dei competenti servizi delle regioni e delle province autonome, per evitare ogni forma di duplicazione dei controlli a livello aziendale.


D.M. 29 maggio 2001.

Controllo sulla produzione dei vini di qualità prodotti in regioni determinate (V.Q.P.R.D.).

1. Finalità.

1. Fatte salve le competenze dei diversi enti pubblici in materia di programmazione, gestione e controllo nel settore dei V.Q.P.R.D., il controllo su tutte le fasi di produzione dell'uva e della sua trasformazione in vino e della presentazione al consumo dei vini D.O.C. e D.O.C.G., anche al fine di garantire la tracciabilità, è effettuato dai consorzi di tutela riconosciuti, appositamente incaricati dal Ministero delle politiche agricole e forestali a svolgere tale attività.

2. Incarico ai consorzi.

1. I consorzi di tutela muniti dell'incarico di vigilanza, ai sensi dell'art. 19 della legge n. 164/1992, al fine di ottenere l'incarico anche per l'attività di controllo di cui all'art. 1, nei confronti di tutti i partecipanti alla filiera produttiva, presentano istanza al Ministero delle politiche agricole e forestali - Dipartimento della qualità dei prodotti agroalimentari e dei servizi - Direzione generale per la qualità dei prodotti agroalimentari e la tutela del consumatore, dimostrando di possedere una rappresentatività della produzione di competenza dei vigneti della zona delimitata, rivendicata a D.O.C. o a D.O.C.G., pari almeno al 66%, riferita all'anno precedente la presentazione della istanza medesima.

2. L'istanza di cui al comma 1 è corredata di un apposito piano di controlli e di relativo tariffario.

3. Verificata la sussistenza del requisito della rappresentatività di cui al comma 1 e l'adeguatezza del piano di controlli e del relativo tariffario di cui al comma 2, il Ministero, su conforme parere della/e regioni e provincia/e autonoma/e interessata/e, emette apposito decreto d'incarico (1).

(1) Con D.Dirett. 21 marzo 2002 (G.U. n. 84/2002) è stato approvato lo schema di piano dei controlli, delle relative istruzioni e del prospetto tariffario di cui al presente comma.

3. Requisiti di rappresentatività.

1. La verifica della sussistenza del requisito della rappresentatività di cui all'art. 2 del presente decreto è effettuata con cadenza triennale dal Ministero delle politiche agricole e forestali - Dipartimento della qualità dei prodotti agroalimentari e dei servizi - Direzione generale per la qualità dei prodotti agroalimentari e la tutela del consumatore.

2. Qualora tale requisito di rappresentatività non sia soddisfatto, si procede alla revoca dell'incarico affidato ai sensi dell'art. 2.

4. Effettuazione controlli.

1. I partecipanti alla filiera produttiva che intendono utilizzare una specifica menzione distintiva di qualità e tracciabilità sono sottoposti al controllo del consorzio di tutela appositamente incaricato ai sensi dell'art. 2.

2. I costi derivanti dall'attività di controllo sono posti a carico di tutti i soggetti appartenenti alla filiera, in proporzione ai quantitativi controllati.

3. Le tariffe relative ai costi sostenuti, poste a carico dei soggetti interessati secondo le modalità di cui al comma 2, sono determinate senza alcuna differenziazione, fra aderenti e non aderenti al consorzio appositamente incaricato.

4. Qualora entro sei mesi  dalla data di entrata in vigore del presente decreto nessun consorzio di tutela riconosciuto presenti domanda per ottenere l'incarico di controllo, le regioni e province autonome d'intesa con il Ministero delle politiche agricole e forestali attivano le procedure per individuare un organismo pubblico o privato cui affidare l'attività di controllo, con le modalità previste dall'art. 14 della legge 21 dicembre 1999, n. 526.

5. La procedura di cui al precedente comma si applica anche nel caso di provvedimento di revoca di cui all'art. 3 del presente decreto.

6. L'organismo autorizzato di cui al comma 4 cesserà dal suo incarico di controllo alla data di pubblicazione dell'eventuale provvedimento di autorizzazione al consorzio di tutela.

5. Vigilanza.

1. I consorzi di tutela incaricati o gli organismi pubblici o privati autorizzati all'attività di controllo sono tenuti a trasmettere al Ministero e alle regioni o province autonome competenti entro il 31 gennaio di ciascun anno tutti i dati relativi ai controlli effettuati riferiti all'anno precedente.

2. La vigilanza sui consorzi di tutela e sugli organismi pubblici o privati autorizzati all'attività di controllo è esercitata dal Ministero e dalle regioni o province autonome per le produzioni ricadenti nel territorio di propria competenza.

In applicazione del decreto sopra riportato è stato adottato il Decreto Direttoriale 21/3/2002, che è abrogato dal ddl in esame. Il D. Direttoriale è inserito fra i riferimenti normativi.

 

 

Art. 13.

Art. 16

(Modalità di rivendicazione delle produzioni).

Denuncia di produzione delle uve e denuncia generale della produzione vitivinicola.

1. La rivendicazione delle produzioni delle uve per i vini DO e IGT è effettuata annualmente a cura del produttore contestualmente alla dichiarazione di produzione delle uve e della produzione vitivinicola alla competente camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura.

 1. La rivendicazione delle denominazioni di origine e della indicazione geografica tipica è effettuata, da parte del conduttore del vigneto, in periodo di vendemmia, mediante la denuncia di produzione delle uve o la dichiarazione di produzione.

2. La denuncia delle uve destinate alla produzione di vino a denominazione d'origine o ad indicazione geografica tipica deve essere presentata, contestualmente alla denuncia generale della produzione vitivinicola, a cura dei conduttori interessati, al comune competente per territorio che trasmette le denunce stesse, entro i dieci giorni successivi alla scadenza del termine di presentazione, alle competenti camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura.

3. Le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, previa verifica documentale dell'esattezza dei dati contenuti nella denuncia di produzione delle uve, rilasciano, nel termine di trenta giorni, le relative ricevute al conduttore che ha presentato la denuncia. Per tale compito le predette camere di commercio possono avvalersi dei consorzi volontari di cui all'articolo 19 appositamente delegati o delle associazioni dei produttori legalmente riconosciute. Il contenuto, i limiti e le modalità della delega sono determinati dal Ministro dell'agricoltura e delle foreste con proprio decreto.

4. Contestualmente alle operazioni di cui al comma 3, le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura provvedono a comunicare alle regioni interessate e ad immettere nel sistema informativo nazionale del Ministero dell'agricoltura e delle foreste, ai fini dei controlli demandati al Comitato nazionale di cui all'articolo 17, i dati relativi alla denuncia di produzione delle uve presentata ed alla certificazione DOCG, DOC o IGT rilasciata.

2. Qualora dalla medesima unità vitata vengano rivendicate contestualmente più produzioni DO o IGT, la resa massima di uva ad ettaro non può comunque superare il limite più restrittivo tra quelli stabiliti dai differenti disciplinari di produzione.

 

 

 

Segue art. 13.

(Modalità di rivendicazione delle produzioni).

Segue art. 7

Zona di produzione di vini ad indicazione geografica tipica e cambiamento di classificazione.

3. È consentito per i mosti e per i vini ottenuti il passaggio dal livello di classificazione più elevato a quelli inferiori, ovvero da DOCG a DOC a IGT. La riclassificazione può essere richiesta dal detentore del prodotto e deve, per ciascuna partita, essere annotata obbligatoriamente nei registri ed essere preventivamente comunicata all'ufficio dell'Ispettorato centrale repressione frodi competente per territorio, ed alla competente camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura. È inoltre consentito il passaggio sia da una DOCG a un'altra DOCG, sia da una DOC a un'altra DOC, sia da una IGT a un'altra IGT, purché:

a) le denominazioni di origine e le indicazioni geografiche insistano sulla medesima area viticola;

b) il prodotto abbia i requisiti prescritti per la denominazione prescelta;

c) la resa massima di produzione della denominazione prescelta sia uguale o superiore rispetto a quella di provenienza.

5. È consentito successivamente per i mosti e per i vini ottenuti il passaggio dal livello di classificazione più elevato a quelli inferiori (da DOCG a DOC a IGT). È inoltre consentito il passaggio sia da DOCG ad altra DOCG, sia da DOC ad altra DOC, sia da una IGT ad altra IGT, purché le denominazioni di origine e le indicazioni geografiche, per le quali si effettua il passaggio orizzontale, si trovino nella medesima area viticola ed il prodotto abbia i requisiti prescritti per la denominazione prescelta e quest'ultima sia territorialmente più estesa rispetto a quella di provenienza. La riclassificazione può essere effettuata a cura del detentore, nel rispetto della regolamentazione dell'Unione europea, e deve, per ciascuna partita, essere comunicata all'ufficio dell'Ispettorato repressione frodi competente per territorio e alla camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura competente prima della relativa annotazione obbligatoria nei registri.

4. Fermo restando quanto previsto al comma 3, il taglio tra due o più mosti o vini DOCG o DOC o IGT diversi comporta la perdita del diritto all'uso della denominazione di origine per il prodotto ottenuto, che può tuttavia essere classificato come vino IGT, qualora ne abbia le caratteristiche.

8. Il taglio tra due o più mosti o vini DOCG, DOC o IGT diversi comporta la perdita del diritto all'uso della denominazione di origine per il prodotto ottenuto che può tuttavia essere classificato come vino IGT qualora ne abbia le caratteristiche.

Segue art. 13.

(Modalità di rivendicazione delle produzioni).

Segue art. 16

Denuncia di produzione delle uve e denuncia generale della produzione vitivinicola

5. L'esubero di produzione fino al 20 per cento della resa massima di uva per ettaro non può essere destinato alla produzione della relativa DO, mentre può essere destinato alla produzione di vini DOC o IGT a partire da un vino DOCG oppure di vini IGT a partire da un vino DOC, ove vengano rispettati le condizioni ed i requisiti dei relativi disciplinari di produzione, fermo restando il rispetto delle condizioni di cui al comma 2. Superata la percentuale del 20 per cento, tutta la produzione decade dal diritto alla rivendicazione della denominazione di origine. Le regioni, su proposta dei consorzi volontari di tutela di cui all'articolo 17, in annate climaticamente favorevoli possono annualmente aumentare fino ad un massimo del 20 per cento le rese massime di uva e di vino stabilite dal disciplinare. Tale esubero può essere destinato a riserva vendemmiale per fare fronte nell'annata successiva a carenze di produzione fino al limite massimo previsto dal disciplinare di produzione. Le regioni possono, in annate climaticamente sfavorevoli, ridurre le rese massime di uva consentite fino al limite reale dell'annata. Le regioni possono altresì ridurre la resa massima di vino classificabile come DO ed eventualmente la resa massima di uva per ettaro per conseguire l'equilibrio di mercato, su proposta dei consorzi volontari di tutela o, in loro assenza, delle organizzazioni professionali di categoria e stabilire la destinazione del prodotto oggetto di riduzione. Le regioni possono altresì consentire ai produttori di ottemperare alla riduzione di resa massima classificabile anche con quantitativi di vino della medesima denominazione e tipologia giacente in azienda, prodotti nelle due annate precedenti.

5. Al fine di assicurare la rispondenza tra i dati contenuti nella denuncia presentata dai conduttori e la effettiva produzione ottenuta, le regioni, sentite le categorie dei produttori, i consorzi volontari delegati di cui al comma 3 del presente articolo ed i consigli interprofessionali di cui all'articolo 20 e fatto salvo quanto disposto dall'articolo 10, devono annualmente:

a) determinare le rese medie unitarie indicative delle DOCG e delle DOC, nel rispetto delle gradazioni minime naturali delle uve e sulla base dell'andamento climatico e di altre eventuali condizioni di coltivazione;

b) determinare la produzione massima classificabile DOCG e DOC, anche in rapporto alle proposte delle categorie produttrici, dei consorzi volontari autorizzati di cui all'articolo 19, comma 3, e dei predetti consigli interprofessionali relative all'equilibrio da conseguire fra domanda ed offerta;

c) accertare, in collaborazione con i competenti uffici dell'Ispettorato repressione frodi, che la produzione totale di uva per ettaro dei vigneti destinati alle produzioni DOCG e DOC non superi il limite di tolleranza massimo del 20 per cento oltre la resa di vino ad ettaro massima prevista da ciascun disciplinare di produzione per essere destinata a DOCG e a DOC. Nelle annate eccezionalmente favorevoli le regioni possono aumentare le rese unitarie nella misura ed alle condizioni previste dall'articolo 10, comma 1, lettera c), nonché ridurre le stesse alla realtà produttiva nelle annate non favorevoli.

 

6. I competenti uffici dell'Ispettorato repressione frodi devono annualmente controllare il rispetto dei limiti massimi di resa e dei titoli alcolometrici volumici minimi naturali di ciascuna denominazione di origine e di ciascuna indicazione geografica tipica ed inviare una relazione documentata, con i risultati dei rilievi, al Ministero dell'agricoltura e delle foreste ed al Comitato nazionale di cui all'articolo 17, al termine del periodo vendemmiale di ogni anno.

7. I vini per i quali siano state presentate le denunce e le dichiarazioni di cui al comma 1 ai fini della loro denominazione di origine che, pur non avendo ancora acquisito tutte le caratteristiche per l'immissione al consumo, siano commercializzati all'esterno della zona di vinificazione decadono dal diritto alla denominazione.

6. È consentito che le uve derivanti da una stessa superficie vitata, ricadenti nell'ambito di un'azienda avente base ampelografica uguale o compatibile per diverse tipologie di uno stesso vino DO o per due o più vini DO, dei quali uno contraddistinto con una specifica relativa alla tipologia passito, vin santo, spumante, recioto amarone o altra tipologia similare, contraddistinta da uno specifico nome, possano essere destinate, all'atto della vendemmia, in parte alla produzione di vino DOC o DOCG delle predette tipologie, in parte alla produzione di vino DOC o DOCG diverso dalla predette tipologie, a condizione che:

a) la superficie vitata risulti iscritta all'albo dei vigneti per le tipologie interessate;

b) la somma delle quantità delle uve destinate alla produzione delle diverse tipologie non superi il limite più elevato di resa uve/ettaro, fissato dal disciplinare di produzione di uno dei vini interessati;

c) siano rispettate nella produzione delle singole tipologie le relative rese uva/vino.

8. Nelle zone in cui coesistono sullo stesso territorio diverse denominazioni di origine aventi compatibilità di piattaforma ampelografica e nelle quali può essere esercitata in vendemmia l'opzione di cui all'articolo 7, la denuncia di produzione delle uve deve avvenire conformemente a quanto stabilito annualmente dalle regioni e dai relativi disciplinari di produzione.

 

9. Con decreto del Ministro dell'agricoltura e delle foreste è adottato, ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, il regolamento per la disciplina dei termini e della modulistica concernente le denunce o le dichiarazioni di cui al comma 1, delle relative modalità di presentazione, degli adempimenti demandati ai conduttori dei terreni vitati interessati, nonché delle attività degli enti e degli organismi interessati per l'applicazione della disciplina sulle DOCG, DOC e IGT relativa alla denuncia ed al controllo della produzione.

7. Con decreto del Ministero delle politiche agricole e forestali, sentito il Comitato di cui all'articolo 16, di concerto con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, da adottare entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono disciplinate le deroghe al disciplinare di carattere temporaneo, legate all'andamento della campagna vendemmiale, che sono concedibili direttamente dalle regioni o dalle province autonome su richiesta dei soggetti di cui all'articolo 9, comma 2.

 

8. Una volta espletate tutte le attività di controllo, l'organismo incaricato sulla base del piano dei controlli e delle disposizioni di cui al presente articolo, rilascia il parere di conformità alla ditta richiedente ai fini della certificazione delle produzioni, dandone comunicazione alla competente camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura.

 

 

 

Art. 14.

Art. 13

(Analisi chimico-fisica e organolettica).

Analisi chimico-fisica ed esame organolettico.

1. Ai fini della rivendicazione dei vini DO, i medesimi, nella fase di produzione e prima di procedere alla loro designazione e presentazione, devono essere sottoposti, nel rispetto dei pareri di conformità di cui all'articolo 13, comma 8, ad analisi chimico-fisica e organolettica che certifichi la corrispondenza alle caratteristiche previste dai rispettivi disciplinari. La positiva certificazione è condizione per l'utilizzazione della denominazione. Per i vini DOCG l'esame organolettico deve essere effettuato partita per partita nella fase dell'imbottigliamento, fatta eccezione per i vini DOCG elaborati in bottiglia per i quali l'analisi chimico-fisica e l'esame organolettico sono effettuati all'epoca in cui le relative partite imbottigliate abbiano acquisito i requisiti previsti dai rispettivi disciplinari di produzione.

1. I vini prodotti nel rispetto delle norme previste per la designazione e presentazione delle DOCG e delle DOC e degli specifici disciplinari di produzione, nella fase della produzione, secondo le norme della CEE, ai fini dell'utilizzazione delle rispettive denominazioni di origine, devono essere sottoposti ad una preliminare analisi chimico-fisica e ad un esame organolettico. Per i vini DOCG, inoltre, l'esame organolettico deve essere ripetuto, partita per partita, nella fase dell'imbottigliamento. La certificazione positiva dell'analisi e dell'esame è condizione per l'utilizzazione della DOCG e della DOC.

2. L'esame analitico deve riguardare almeno i valori degli elementi caratteristici del VQPRD in questione, indicati nel rispettivo disciplinare di produzione.

 

3. L'esame organolettico riguarda il colore, la limpidezza, l'odore e il sapore, indicati dal rispettivo disciplinare di produzione.

 

4. Per ciascun vino DO sono istituite presso le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura apposite commissioni di degustazione. Presso il Comitato di cui all'articolo 16 sono istituite commissioni di appello, rispettivamente per l'Italia settentrionale, per l'Italia centrale e per l'Italia meridionale e insulare, incaricate della revisione delle risultanze degli esami organolettici.

2. L'analisi chimico-fisica di cui al comma 1 è effettuata, su richiesta degli interessati, dalla competente camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura; l'esame organolettico di cui allo stesso comma 1 è effettuato, su richiesta degli interessati da presentare alla suddetta camera di commercio, da apposite commissioni di degustazione istituite con decreto del Ministro dell'agricoltura e delle foreste presso ciascuna camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura detentrice degli albi dei vigneti ai sensi dell'articolo 15.

3. Le commissioni di cui al comma 2 devono essere composte da tecnici ed esperti degustatori in rappresentanza delle categorie professionali interessate alla produzione e commercializzazione dei vini, scelti nell'ambito di appositi elenchi tenuti dalle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura. Esse durano in carica per un periodo massimo di tre anni; i relativi componenti possono essere riconfermati.

4. Il Ministro dell'agricoltura e delle foreste istituisce con proprio decreto, presso il Comitato nazionale di cui all'articolo 17, commissioni di appello incaricate della revisione delle risultanze degli esami organolettici rispettivamente per l'Italia settentrionale, per l'Italia centrale e per l'Italia meridionale ed insulare.

 

5. I giudizi delle commissioni di appello sono definitivi.

5. Le procedure e le modalità per il compimento sistematico degli esami analitici e organolettici per ciascun VQPRD, le operazioni di prelievo dei campioni, nonchè il funzionamento delle commissioni di degustazione e di appello di cui al comma 4 sono stabiliti con decreto del Ministero delle politiche agricole e forestali, di intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano. I costi per il funzionamento delle commissioni di degustazione e di appello sono posti a carico dei soggetti che ne chiedono l'operato. Con decreti del Ministro delle politiche agricole e forestali, di intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sono stabiliti l'ammontare degli importi, nonché le modalità di pagamento.

6. Con decreto del Ministro dell'agricoltura e delle foreste, su parere conforme del Comitato nazionale di cui all'articolo 17, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano di cui all'articolo 12 della legge 23 agosto 1988, n. 400, è adottato, ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della stessa legge n. 400 del 1988, il regolamento per la disciplina delle operazioni di prelievo dei campioni e degli esami analitico-organolettici, nonché per il funzionamento delle commissioni di degustazione istituite presso le camere di commercio, industria, artigianato ed agricoltura e di quelle di appello, stabilendo anche i termini per l'effettuazione dei prelievi e degli esami.

7. Il Ministro dell'agricoltura e delle foreste, di concerto con il Ministro del commercio con l'estero, con apposito decreto, emana norme riguardanti i controlli cui devono essere sottoposti i vini italiani prima di essere esportati e quelli presenti sul mercato estero. Con lo stesso decreto sono stabilite le occorrenti misure per la protezione delle denominazioni di origine dalle imitazioni e dalle usurpazioni che possano verificarsi all'estero.

8. Fino all'istituzione delle commissioni previste dai commi 2 e 4 e all'emanazione del regolamento di cui al comma 6, continuano ad applicarsi le disposizioni vigenti in materia.

D.L. 23 settembre 1994, n. 547.

Interventi urgenti a sostegno dell'economia.

3. Disposizioni sul credito agevolato al commercio e sulle camere di commercio e per consorzi tra piccole e medie imprese per l'esportazione.

10. I soggetti ammessi a richiedere l'operato delle commissioni di degustazione dei vini a denominazione di origine, ai sensi del comma 2 dell'articolo 13 della legge 10 febbraio 1992, n. 164, sono tenuti al pagamento preventivo alla competente camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura, di una somma commisurata al quantitativo di prodotto sottoposto a certificazione. Con decreto del Ministro delle risorse agricole, alimentari e forestali sono stabiliti annualmente l'ammontare degli importi, nonché le modalità di pagamento.

Art. 15.

Art. 11.

(Albo degli imbottigliatori).

Albo degli imbottigliatori.

1. I vini DOCG, DOC e IGT possono essere imbottigliati soltanto dalle ditte iscritte in un apposito albo degli imbottigliatori.

 

2. Le modalità per l'istituzione e la tenuta dell'albo degli imbottigliatori di ciascun vino DOCG, DOC e IGT, nonché i requisiti per l'iscrizione delle relative ditte sono disciplinati con decreto del Ministro delle politiche agricole e forestali, di concerto con il Ministro per le politiche comunitarie, di intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano. Dall'attuazione del presente comma non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

1. Il Ministro dell'agricoltura e delle foreste, con proprio decreto, emana, ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, un regolamento per l'istituzione e la tenuta dell'albo degli imbottigliatori di ciascun vino DOCG, DOC e IGT.

L’attuazione al primo comma è stata disposta con il  DM 21/5/2004 di Modifica del D.M. 31 luglio 2003 concernente l'istituzione e la tenuta dell'albo degli imbottigliatori dei vini DOCG, DOC e IGT. Detto provvedimento, che non è abrogato dal ddl in esame, è inserito fra i riferimenti normativi.

 Capo IV.

 

COMITATO NAZIONALE PER LA TUTELA E LA VALORIZZAZIONE DELLE DENOMINAZIONI DI ORIGINE E DELLE INDICAZIONI GEOGRAFICHE TIPICHE DEI VINI

 

Art. 16.

Art. 17

(Comitato nazionale per la tutela e la valorizzazione delle denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche tipiche dei vini).

Comitato nazionale per la tutela e la valorizzazione delle denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche tipiche dei vini

1. Il Comitato nazionale per la tutela e la valorizzazione delle denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche tipiche dei vini, di seguito denominato «Comitato», è organo del Ministero delle politiche agricole e forestali ed espressione dell'interprofessione vitivinicola. Il Comitato ha competenza consultiva e propositiva in materia di tutela e di valorizzazione qualitativa e commerciale dei vini DO e IGT.

1. Entro 180 giorni dalla data di pubblicazione della presente legge nella Gazzetta Ufficiale il Comitato nazionale per la tutela delle denominazioni d'origine di cui all'articolo 17 del decreto del Presidente della Repubblica 12 luglio 1963, n. 930, è sostituito dal «Comitato nazionale per la tutela e la valorizzazione delle denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche tipiche dei vini», cui compete la tutela e la valorizzazione delle denominazioni d'origine e delle indicazioni geografiche tipiche dei vini italiani.

2. Il Comitato è organo del Ministero dell'agricoltura e delle foreste ed ha competenza consultiva, propositiva ed esecutiva su tutti i vini designati con nome geografico.

2. Il Comitato è composto dal presidente e dai seguenti membri, nominati dal Ministro delle politiche agricole e forestali:

3. Il Comitato è composto da una sezione interprofessionale, costituita dal Presidente e dai componenti di cui al comma 5, e da una sezione amministrativa, costituita da personale dipendente dal Ministero dell'agricoltura e delle foreste, che svolge anche i compiti di segreteria.

4. Il Presidente è nominato con decreto del Ministro dell'agricoltura e delle foreste.

5. Con decreto del Ministro dell'agricoltura e delle foreste sono nominati i componenti della sezione interprofessionale del Comitato secondo la seguente ripartizione:

a) due funzionari del Ministero delle politiche agricole e forestali;

a) due funzionari del Ministero dell'agricoltura e delle foreste;

 

b) un funzionario del Ministero dell'industria, del commercio e dell'artigianato;

c) un funzionario del Ministero del commercio con l'estero;

d) un funzionario dell'Istituto nazionale per il commercio estero;

b) sei membri designati dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano;

e) sei membri designati dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano di cui all'articolo 12 della legge 23 agosto 1988, n. 400, in rappresentanza delle regioni e delle province autonome;

c) due membri particolarmente competenti in materia vitivinicola;

g) un membro scelto fra tre designati dall'Accademia della vite e del vino;

h) due membri esperti particolarmente competenti in materia di viticoltura e di enologia;

d) un membro scelto fra tre designati dall'Unione italiana delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, in rappresentanza delle camere stesse;

f) un membro scelto fra tre designati dall'Unione nazionale delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, in rappresentanza delle camere stesse;

e) due membri scelti fra quattro designati dall'Associazione enotecnici italiani e dall'Ordine nazionale assaggiatori vino;

i) due membri scelti fra quattro designati dall'Associazione enotecnici italiani e dall'Ordine nazionale assaggiatori vino; 

f) un membro scelto fra tre designati dalla Federazione nazionale dei consorzi volontari di cui all'articolo 17, in rappresentanza dei consorzi stessi;

m) un membro scelto fra tre designati dalla Federazione nazionale dei consorzi volontari di cui all'articolo 19, in rappresentanza dei consorzi stessi;

 

l) un membro scelto fra tre designati dall'Unione nazionale delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, in rappresentanza dei consigli interprofessionali di cui all'articolo 20;

n) un membro scelto fra tre designati dai consigli interprofessionali di cui all'articolo 20;

g) otto membri scelti fra dodici designati dalle organizzazioni professionali degli agricoltori;

o) tre membri, di cui uno per l'Italia settentrionale, uno per l'Italia centrale e uno per l'Italia meridionale e insulare, scelti fra sei designati dalle organizzazioni sindacali degli agricoltori;

p) sei membri, di cui due per l'Italia settentrionale, due per l'Italia centrale e due per l'Italia meridionale e insulare, scelti fra dodici designati dalle organizzazioni professionali dei coltivatori diretti maggiormente rappresentative a livello nazionale;

h) due membri scelti fra quattro designati dalle unioni nazionali riconosciute dei produttori vitivinicoli;

q) tre membri scelti fra sei designati dalle unioni nazionali riconosciute dei produttori vitivinicoli;

i) due membri in rappresentanza delle cantine sociali e delle cooperative agricole produttrici, scelti fra quattro designati dalle associazioni nazionali riconosciute di assistenza e di tutela del movimento cooperativo;

r) due membri in rappresentanza delle cantine sociali e cooperative agricole produttrici, scelti fra quattro designati dalle associazioni nazionali riconosciute di assistenza e tutela del movimento cooperativo;

l) un membro scelto fra tre designati dalle organizzazioni sindacali degli industriali vinicoli;

s) un membro scelto fra tre designati dalle organizzazioni sindacali degli industriali vinicoli;

m) un membro scelto fra tre designati dalle organizzazioni sindacali dei commercianti grossisti vinicoli;

t) un membro scelto fra tre designati dalle organizzazioni sindacali dei commercianti grossisti vinicoli;

n) un membro scelto fra tre designati dalle organizzazioni sindacali degli esportatori vinicoli;

u) un membro scelto fra tre designati dalle organizzazioni sindacali degli esportatori vinicoli;

 

v) un membro particolarmente competente in materia di produzione di vini speciali, scelto fra quattro designati dalle competenti organizzazioni sindacali;

o) un membro in rappresentanza delle associazioni vivaistiche;

sola

p) un membro scelto fra tre designati dalle associazioni nazionali dei consumatori.

z) un membro scelto fra tre designati dall'Unione nazionale consumatori.

3. Qualora il Comitato tratti questioni attinenti a una denominazione di origine ovvero a una indicazione geografica tipica, partecipa alla riunione, con diritto di voto, un rappresentante della regione interessata.

6. [Qualora il Comitato tratti questioni attinenti ad una denominazione di origine ovvero ad una indicazione geografica tipica, partecipa alla riunione, senza diritto al voto, un rappresentante della regione interessata].

Segue DPR 348/94

5. Modifica e abrogazione di norme.

2. Qualora il comitato di cui all'articolo 17, comma 6, della legge 10 febbraio 1992, n. 164, tratti questioni attinenti ad una denominazione d'origine ovvero ad una indicazione geografica tipica, partecipa alla riunione, con diritto di voto, un rappresentante della regione interessata.

3. Sono abrogati, ai sensi dell'articolo 2, comma 8, della legge 24 dicembre 1993, n. 537, dall'entrata in vigore del presente regolamento, gli articoli 4 e 6 del decreto del Presidente della Repubblica 12 luglio 1963, n. 930, così come modificato dalla legge 11 maggio 1966, n. 302 e l'articolo 17, comma 6, della legge 10 febbraio 1992, n. 164.

 

Segue art. 16

(Comitato nazionale per la tutela e la valorizzazione delle denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche tipiche dei vini).

Segue art. 17

Comitato nazionale per la tutela e la valorizzazione delle denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche tipiche dei vin

4. Il presidente ed i componenti di cui al comma 2 durano in carica cinque anni.

7. Il Presidente ed i componenti di cui al comma 5 durano in carica cinque anni e possono essere riconfermati per non più di due volte.

5. Il Comitato:

8. Il Comitato:

a) esprime il proprio parere secondo le modalità previste dalla presente legge, nonché, su richiesta del Ministero delle politiche agricole e forestali, su ogni altra questione relativa al settore vitivinicolo;

a) esprime il proprio parere nelle materie di cui alla presente legge, formulando e proponendo al Ministero dell’agricoltura e delle foreste disciplinari di produzione dei vini a denominazione di origine e ad indicazione geografica tipica, proponendo strategie di intervento;

 

b) propone, anche d’ufficio, la modifica o la revoca delle denominazioni di origine o delle indicazioni geografiche tipiche riconosciute e dei loro disciplinari di produzione;

b) collabora con i competenti organi statali e regionali all’osservanza della presente legge e dei disciplinari di produzione relativi ai prodotti con denominazione di origine o con indicazione geografica tipica;

c) collabora con i competenti organi statali e regionali all’osservanza della presente legge e dei disciplinari di produzione relativi ai prodotti con denominazione di origine o con indicazione geografica tipica;

c) propone iniziative in materia di studi e divulgazione per una migliore produzione e per una più estesa divulgazione dei prodotti di cui alla presente legge.

d) promuove iniziative in materia di studi e propaganda per una migliore produzione e per una più estesa divulgazione dei prodotti di cui alla presente legge;

 

e) tiene rapporti con altri organismi esteri e nazionali operanti nel settore delle denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche tipiche;

f) interviene in Italia e all’estero a tutela delle denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche tipiche, nei modi previsti dalle leggi e dai trattati internazionali;

g) svolge ogni altro incarico ad esso affidato nelle materie di cui alla presente legge;

h) svolge controlli qualitativi e di classificazione di vini DOCG, DOC e IGT, avvalendosi delle commissioni di degustazione di cui all’articolo 13, comma 2;

i) promuove attività di controllo per una corretta produzione, trasformazione e commercializzazione dei vini a denominazione di origine e ad indicazione geografica tipica;

l) promuove e coordina, in collaborazione con le regioni, le indagini relative alla natura, alla composizione e alle rese dei vigneti, nonché alla composizione analitica dei vini a denominazione di origine e ad indicazione geografica tipica;

m) formula proposte sull’applicazione delle norme in materia di analisi chimico-fisiche e di esami organolettici dei vini italiani a denominazione di origine e ad indicazione geografica tipica.

6. Il Comitato può costituirsi, per conto e previa autorizzazione del Ministero delle politiche agricole e forestali, parte civile nei procedimenti penali aventi ad oggetto frodi sull’origine e sulla provenienza geografica dei vini di cui alla presente legge. Il Comitato può altresì intervenire nei giudizi civili, ai sensi dell’articolo 105, secondo comma, del codice di procedura civile, per far valere il proprio interesse alla tutela delle denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche tipiche.

9. Il Comitato può costituirsi, per conto e previa autorizzazione del Ministero dell’agricoltura e delle foreste, parte civile nei procedimenti penali aventi ad oggetto frodi sull’origine e provenienza geografica dei vini di cui alla presente legge. Il Comitato può altresì intervenire nei giudizi civili, ai sensi dell’articolo 105, secondo comma, del codice di procedura civile, per far valere il proprio interesse alla tutela delle denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche tipiche.

7. Il Comitato è legittimato ad agire in giudizio, per conto e previa autorizzazione del Ministero delle politiche agricole e forestali, a tutela dei viticoltori interessati nei confronti di soggetti privati e pubblici che, con agenti inquinanti o altri fattori ovvero attraverso l’abusivo esercizio di servitù, recano pregiudizio alle coltivazioni dei vigneti, nonché alla qualità e all’immagine dei vini DO e IGT.

10. Il Comitato è legittimato ad agire in giudizio, per conto e previa autorizzazione del Ministero dell’agricoltura e delle foreste, a tutela dei viticoltori interessati nei confronti di soggetti privati e pubblici che, con agenti inquinanti od altri fattori ovvero attraverso l’abusivo esercizio di servitù, rechino pregiudizio alle coltivazioni dei vigneti nonché alla qualità ed all’immagine dei vini a denominazione di origine e ad indicazione geografica tipica.

 

11. Le spese annuali per il funzionamento del Comitato e per l’adempimento dei suoi compiti istituzionali, sono poste a carico dell’apposito capitolo di spesa dello stato di previsione del Ministero dell’agricoltura e delle foreste.

12. Per il funzionamento del Comitato si osservano, in quanto applicabili, le norme del decreto del Presidente della Repubblica 22 novembre 1965, n. 1675.

Segue art. 16

Art. 18

(Comitato nazionale per la tutela e la valorizzazione delle denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche tipiche dei vini).

Sezione amministrativa e segreteria del Comitato nazionale.

8. Le funzioni di segreteria tecnica e amministrativa del Comitato sono assicurate da funzionari del Ministero delle politiche agricole e forestali, nominati con decreto del Ministro.

1. La sezione amministrativa del Comitato nazionale di cui all'articolo 17 è retta da un funzionario del Ministero dell'agricoltura e delle foreste e svolge le occorrenti attività amministrative e tecniche ed ogni altro incarico conferitogli dal Ministero dell'agricoltura e delle foreste e dallo stesso Comitato.

2. Con decreto del Ministro dell'agricoltura e delle foreste è adottato, ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, il regolamento per la composizione, l'organizzazione ed il funzionamento della segreteria del Comitato, tenuto conto di quanto stabilito dal decreto del Presidente della Repubblica 22 novembre 1965, n. 1675.

 

D.M. 16 giugno 1998, n. 280.

Regolamento recante norme sull'organizzazione, sulle competenze e sul funzionamento della sezione amministrativa e, nel suo ambito, del servizio di segreteria del Comitato nazionale per la tutela e la valorizzazione delle denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche tipiche dei vini.

1. Oggetto.

1. Il presente regolamento determina l'organizzazione, le competenze ed il funzionamento della sezione amministrativa e, nel suo ambito, del servizio di segreteria del Comitato nazionale per la tutela e la valorizzazione delle denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche tipiche dei vini, di cui all'articolo 17 della legge 10 febbraio 1992, n. 164.

2. Competenze della sezione amministrativa.

1. La sezione amministrativa, organo del Ministro per le politiche agricole, è una delle due sezioni in cui è articolato il Comitato nazionale per la tutela e la valorizzazione delle denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche tipiche dei vini, e svolge funzioni amministrative e tecniche connesse alla materia di cui alla legge 10 febbraio 1992, n. 164. In particolare:

a) riceve le istanze di riconoscimento, modifica, revoca dei disciplinari di produzione dei vini a denominazione di origine (D.O.) e ad indicazione geografica tipica (I.G.T.), al fine di acquisire idonei elementi conoscitivi;

b) esamina le istanze con la relativa documentazione, ne verifica la legittimità, la completezza e la regolarità e ne trasmette copia alla Sezione interprofessionale;

c) indìce pubbliche audizioni e riunioni tecniche alle quali partecipano rappresentanti degli enti istituzionali e delle categorie interessate di fronte ad una commissione costituita da due rappresentanti della sezione interprofessionale, individuati nell'ambito della commissione regionale interessata uno dei quali con funzione di presidente ed un rappresentante della sezione amministrativa, designato di volta in volta dal dirigente capo della sezione amministrativa, il quale oltre a far parte della commissione come componente, svolge anche funzioni di segretario verbalizzante, in quanto responsabile del procedimento. Alle pubbliche audizioni e riunioni tecniche partecipa, ove ne ravvisi l'opportunità, anche il dirigente capo della sezione amministrativa o un suo delegato;

d) convoca, in occasione delle riunioni della sezione interprofessionale del Comitato, i rappresentanti delle regioni interessate;

e) esamina le deliberazioni adottate dalla sezione interprofessionale e qualora riscontri un caso di manifesta inopportunità della deliberazione stessa, rivolge, su concorde avviso del direttore generale delle politiche agricole e agro-industriali nazionali, una motivata richiesta di riesame alla sezione interprofessionale. Nei casi in cui accerti un vizio di legittimità ha l'obbligo di esercitare tutte le azioni volte a rimuovere il vizio stesso;

f) effettua ricognizione periodiche delle D.O. e delle I.G.T. al fine di proporre le modifiche e le revoche previste dall'articolo 17, comma 8, lettera b) della legge 10 febbraio 1992, n. 164;

g) emana, a firma del dirigente capo della sezione amministrativa, il decreto di riconoscimento, di modifica o di revoca delle denominazioni di origine controllata e garantita, delle denominazioni di origine controllata e delle indicazioni geografiche tipiche dei vini e di approvazione, di modifica o di revoca dei relativi disciplinari di produzione;

h) promuove iniziative per una migliore conoscenza e divulgazione delle caratteristiche che contraddistinguono i prodotti a denominazione di origine e ad indicazione geografica tipica di cui alla legge 10 febbraio 1992, n. 164;

i) mantiene rapporti con organismi esteri e nazionali operanti nel settore delle D.O. e I.G.T.;

l) collabora con l'I.C.R.F. e con gli organismi regionali per la tutela dei vini a D.O. e I.G.T.;

m) provvede, con decreto del dirigente capo della sezione amministrativa, sentita la sezione interprofessionale del Comitato, al riconoscimento degli organismi ufficialmente autorizzati di cui all'articolo 27 della legge 10 febbraio 1992, n. 164;

n) predispone il decreto del Ministro di autorizzazione all'aumento del titolo alcolometrico volumico naturale dei prodotti della vendemmia, secondo il procedimento previsto dal decreto ministeriale 8 giugno 1995 e ne dà comunicazione alla sezione interprofessionale del Comitato;

o) autorizza, con provvedimento del dirigente capo della sezione amministrativa, sentita la sezione interprofessionale, le operazioni di vinificazione e di elaborazione delle uve, dei mosti e dei vini, nonché quelle di imbottigliamento, affinamento in bottiglia ed invecchiamento dei vini a D.O. fuori delle zone di produzione previste per dette operazioni dai corrispondenti disciplinari di produzione;

p) notifica agli interessati le decisioni sui ricorsi proposti avverso il giudizio di non idoneità della commissione di degustazione in sede di appello, di cui all'articolo 13 della legge 10 febbraio 1992, n. 164;

q) fornisce ogni idonea documentazione agli organi legittimati a richiederla, a sostegno delle deliberazioni della sezione inteprofessionale e dei conseguenti decreti dirigenziali, nei casi di ricorsi giurisdizionali e di ricorsi straordinari al Presidente della Repubblica avverso tali deliberazioni e decreti;

r) provvede sistematicamente alla divulgazione dei pareri forniti dalla sezione interprofessionale;

s) svolge ogni altro incarico conferitole nell'ambito delle materie di cui alla legge 10 febbraio 1992, n. 164.

3. Capo della sezione amministrativa e capo della segreteria.

1. Alla sezione amministrativa ed alla segreteria organizzata al suo interno, è preposto il capo della sezione amministrativa e della segreteria, con qualifica di dirigente.

2. Il predetto dirigente oltre ad essere responsabile di tutte le attribuzioni di cui all'articolo 2: assiste alle riunioni della sezione interprofessionale; segnala al direttore generale delle politiche agricole ed agro-industriali nazionali i nominativi dei funzionari da designare come segretario effettivo e segretario supplente in occasione delle riunioni della sezione interprofessionale; svolge ogni altro incarico conferitogli nell'ambito delle materie di cui alla legge n. 164 del 1992.

4. Segretario effettivo e segretario supplente.

1. Su proposta del dirigente - capo della sezione amministrativa, il direttore generale delle politiche agricole ed agro-industriali nazionali nomina due funzionari in servizio presso la sezione amministrativa del Comitato, incaricati di svolgere funzioni di segretario effettivo e segretario supplente di livello rispettivamente nono e non inferiore al settimo, con le seguenti funzioni:

a) verbalizzazione delle riunioni della sezione interprofessionale del Comitato, assicurando la legittimità delle deliberazioni;

b) predisposizione della documentazione necessaria in occasione delle riunioni di cui al punto a);

c) predisposizione della raccolta delle sintesi dei pareri forniti dalla sezione interprofessionale

9. Con decreto del Ministro delle politiche agricole e forestali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sono determinati i compensi del presidente e dei componenti del Comitato.

 

10. All'onere derivante dall'attuazione del presente articolo, determinato in 66.000 euro a decorrere dall'anno 2005, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2005-2007, nell'ambito dell'unità previsionale di base di parte corrente «Fondo speciale» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2005, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero delle politiche agricole e forestali. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

 

 

 

Capo V.

 

CONSORZI VOLONTARI DI TUTELA DELLE DENOMINAZIONI DI ORIGINE E DELLE INDICAZIONI GEOGRAFICHE TIPICHE

 

 

 

Art. 17.

Art. 19

(Consorzi volontari di tutela).

Consorzi volontari di tutela.

1. Per ciascuna denominazione di origine o indicazione geografica tipica può essere costituito un consorzio con funzioni di tutela, valorizzazione, promozione e cura generale degli interessi relativi alla DOCG, DOC o IGT. Esso può inoltre svolgere compiti consultivi e di proposta regolamentare nei confronti del Ministero delle politiche agricole e forestali, delle regioni e degli enti preposti all'attuazione della disciplina e alla gestione delle DOCG, DOC e IGT, nonché collaborare all'applicazione della presente legge.

1. Per ciascuna denominazione di origine o indicazione geografica tipica possono essere costituiti consorzi volontari di tutela con l'incarico della tutela, valorizzazione e cura generale degli interessi relativi alle DOCG, DOC e IG. Essi hanno inoltre compiti di proposta per la disciplina regolamentare delle rispettive DOCG, DOC e IGT nonché compiti consultivi nei riguardi della regione e della camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura, in materia di gestione degli albi dei vigneti e degli elenchi delle vigne, di denunce di produzione delle uve e dei vini, di distribuzione dei contrassegni di cui all'articolo 23 e di quant'altro di competenza delle regioni e dei predetti enti camerali, in materia di vini a denominazione d'origine e ad indicazione geografica tipica.

2. Il consorzio, qualora individuato dalla regione o dalla provincia autonoma ed in possesso dei requisiti previsti dal piano di cui all'articolo 10, comma 2, e individuato secondo le modalità di cui allo stesso articolo, svolge l'attività di controllo per la certificazione prevista dal medesimo articolo 10.

 

Segue art. 17

(Consorzi volontari di tutela).

Segue art. 19, co. 1

Consorzi volontari di tutela.

3. Fatto salvo quanto previsto al comma 2, l'autorizzazione a svolgere le funzioni di cui al comma 1 è concessa dal Ministero delle politiche agricole e forestali al consorzio che ne faccia specifica richiesta e che:

Il Ministro dell'agricoltura e delle foreste, sentito il Comitato nazionale di cui all'articolo 17, può, con proprio decreto, affidare l'incarico di collaborare, secondo modalità stabilite dallo stesso decreto, alla vigilanza sull'applicazione della presente legge nei confronti dei propri affiliati, ai consorzi volontari che:

a) sia rappresentativo di almeno il 35 per cento dei viticoltori e di almeno il 51 per cento della superficie iscritta all'albo dei vigneti DOCG o DOC o all'elenco delle vigne IGT, ovvero, nel caso di DO riguardanti esclusivamente vini spumanti o liquorosi, di almeno il 51 per cento della produzione;

a) siano rappresentativi di almeno il 40 per cento dei produttori e della superficie iscritta all'albo dei vigneti per vini di una DOCG o DOC o all'elenco delle vigne per vini di una IGT, ovvero, nel caso di DOC riguardanti esclusivamente vini spumanti o liquorosi, di almeno il 50 per cento della produzione;

b) preveda nello statuto gli elementi di cui all'allegato B annesso alla presente legge;

cfr l’art. 2 del D.M. 4 giugno 1997, n. 256.posto a fronte con l’allegato B del DDL

c) sia retto da uno statuto che consenta l'ammissione, senza discriminazione, di viticoltori, vinificatori e imbottigliatori autorizzati e che garantisca la loro rappresentanza nel consiglio di amministrazione, conformemente alle disposizioni citate all'articolo 18;

b) siano retti da statuti che consentano l'ammissione, senza discriminazione, di viticoltori, singoli o associati, vinificatori e imbottigliatori autorizzati e che garantiscano la loro rappresentanza nel consiglio di amministrazione;

d) disponga di strutture e di risorse adeguate ai compiti;

c) dispongano di strutture e risorse adeguate ai compiti;

e) non gestisca attività di tipo commerciale e marchi collettivi, né direttamente né indirettamente, concernenti i soli associati. Il consorzio, nel rispetto della direttiva 89/104/CEE del Consiglio, del 21 dicembre 1988, e del relativo decreto legislativo attuativo 4 dicembre 1992, n. 480, e successive modificazioni, può proporre come logo della denominazione il marchio consortile precedentemente in uso, ovvero un logo di nuova elaborazione, per essere recepito nel disciplinare di produzione.

d) non gestiscano nè direttamente nè indirettamente marchi collettivi o attività di tipo commerciale o promozionale concernenti i soli associati.

 

D.M. 4 giugno 1997, n. 256.

Regolamento recante norme sulle condizioni per consentire l'attività dei consorzi volontari di tutela e dei consigli interprofessionali delle denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche tipiche dei vini.

1. Disposizioni generali.

1. Per Consorzio volontario di tutela di una denominazione di origine o di una indicazione geografica tipica, successivamente denominato «Consorzio», si intende un organismo di carattere associativo senza scopo di lucro, avente per oggetto l'organizzazione delle funzioni indicate dalla legge n. 164 del 1992, la protezione, la corretta applicazione delle norme, nonché la valorizzazione della relativa denominazione di origine (D.O.) o indicazione geografica tipica (I.G.T.).

2. Fatte salve le differenziazioni relative alla diversa disciplina tecnico-viticola ed enologica delle due categorie di vini, in prosieguo la dicitura «denominazione di origine o indicazione geografica tipica» viene indicata unitariamente con il termine «denominazione».

3. Il Consorzio è costituito con atto pubblico in forma di associazione e retto da uno statuto che garantisca l'accesso a tutte le categorie professionali interessate alla denominazione in causa: viticoltori, vinificatori, imbottigliatori autorizzati.

Segue art. 17

(Consorzi volontari di tutela).

Segue art. 19

Consorzi volontari di tutela.

4. È consentita la costituzione di un consorzio volontario per più denominazioni di origine o indicazioni geografiche tipiche nel caso in cui le zone di produzione dei vini interessati ricadano nello stesso ambito territoriale provinciale o regionale.

2. È consentita la costituzione di consorzi volontari per più denominazioni di origine o indicazioni geografiche tipiche nel caso in cui le zone di produzione dei vini interessati siano in tutto o in parte coincidenti e riflettano la situazione di cui all'articolo 7.

Segue DM n. 256, art.1

4. Il Consorzio può esercitare le proprie funzioni anche per più denominazioni in tutto o in parte coincidenti o purché, in ambito territoriale, le relative zone di produzione siano sovrapposte o contigue.

5. È consentita eccezionalmente la costituzione di un consorzio per una sottozona compresa in una denominazione, purchè specificatamente disciplinata ai sensi della presente legge.

5. Eccezionalmente può essere riconosciuto un Consorzio per una sottozona compresa in una denominazione, purché specificatamente disciplinata ai sensi della legge n. 164 del 1992.

6. La rappresentatività di un consorzio nei confronti della denominazione di cui al comma 3, lettera a), si calcola verificando:

3. Rappresentatività nell'ambito della denominazione.

1. La rappresentatività di un consorzio nei confronti della denominazione, ai sensi dell'articolo 19, comma 1, lettera a), della legge n. 164 del 1992, si calcola verificando:

a) sia il rapporto percentuale tra il numero dei viticoltori associati che hanno effettuato la denuncia delle uve, ai fini dell'utilizzo della denominazione, e il totale dei viticoltori conduttori di vigneti che hanno rivendicato la denominazione stessa;

a) sia il rapporto percentuale tra il numero dei viticoltori associati che hanno effettuato la denuncia delle uve ai fini dell'utilizzo della denominazione ed il totale dei viticoltori conduttori di vigneti che hanno rivendicato la denominazione stessa;

b) sia il rapporto percentuale tra la superficie vitata rappresentata dagli associati, regolarmente iscritta all'albo dei vigneti e oggetto di denuncia delle uve ai fini dell'utilizzo della denominazione, e il totale della superficie vitata iscritta all'albo dei vigneti e oggetto di rivendicazione delle uve.

b) sia il rapporto percentuale tra la superficie vitata rappresentata dagli associati, regolarmente iscritta all'albo dei vigneti ed oggetto di denuncia delle uve ai fini dell'utilizzo della denominazione, ed il totale della superficie vitata iscritta all'albo dei vigneti ed oggetto di rivendicazione delle uve.

7. Per i consorzi che rappresentano esclusivamente denominazioni di vini spumanti o altri vini speciali la rappresentatività di cui al comma 3, lettera a), si calcola verificando il rapporto percentuale tra le quantità elaborate dagli associati e la produzione totale portante la denominazione.

2. Per i consorzi che rappresentano esclusivamente denominazioni di vini spumanti o altri vini speciali la rappresentatività di cui al comma 1 si calcola verificando il rapporto percentuale tra le quantità elaborate dagli associati e la produzione totale portante la denominazione.

 

3. Ai fini del rilascio delle autorizzazioni di cui all'articolo 19, comma 1 e 3 della legge n. 164 del 1992, i rapporti di rappresentatività nell'ambito della denominazione di cui ai precedenti comma 1 e 2 devono essere riferiti agli ultimi due anni precedenti le richieste di cui trattasi.

5. Qualora si costituiscano due consorzi per la stessa denominazione, l'eventuale autorizzazione allo svolgimento delle funzioni di cui all'articolo 21 della legge n. 164 del 1992  viene rilasciata esclusivamente al consorzio che esprime la maggiore rappresentatività, calcolata con i criteri di cui ai commi 1 e 2 del presente articolo.

6. I consorzi esistenti alla data di entrata in vigore del presente regolamento si intendono regolarmente costituiti qualora esprimano una rappresentatività di almeno il 20%, calcolata con i criteri di cui ai commi 1 e 2 del presente articolo. In tale caso, per i successivi due anni a decorrere dal predetto termine, non si procede alla nomina dei consigli interprofessionali di cui all'articolo 20 della legge n. 164 del 1992.

7. I consorzi di nuova costituzione ed i consorzi riferiti a nuove denominazioni, riconosciute con la procedura di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 348 del 1994, si intendono regolarmente costituiti qualora raggiungano il 20% di rappresentatività ed in tali casi, per i successivi due anni a decorrere dalla costituzione dei consorzi stessi, non si procede alla nomina dei consigli interprofessionali.

 

8. Al fine di ottenere l'autorizzazione a svolgere le funzioni di cui al comma 1, il consorzio presenta formale richiesta al Ministero delle politiche agricole e forestali, corredandola della seguente documentazione:

Segue DM  n. 256

4. Incarico di vigilanza nei confronti degli associati.

1. Il Consorzio che sia in possesso dei requisiti stabiliti all'articolo 19, comma 1, lettere a), b), c), d), della legge n. 164 del 1992  può chiedere di essere incaricato di collaborare alla vigilanza sull'applicazione della stessa legge n. 164 del 1992  nei confronti dei propri affiliati. A tal fine il Consorzio presenta formale richiesta al Ministero corredandola della seguente documentazione:

a) atto costitutivo e statuto;

a) atto costitutivo e statuto;

b) elenco dei soci e composizione degli organi rappresentativi;

b) elenco dei soci e composizione degli organi rappresentativi;

c) relazione tecnico-amministrativa intesa a dimostrare la disponibilità di strutture, di organico di personale e le risorse adeguate ai compiti richiesti;

c) relazione tecnico-amministrativa intesa a dimostrare la disponibilità di strutture, organico di personale e risorse adeguate ai compiti richiesti;

d) certificazione concernente i requisiti di rappresentatività nei confronti della denominazione posseduti nel biennio precedente la presentazione della richiesta, calcolata con i criteri di cui al presente articolo, rilasciata dal competente ente. Nel caso di consorzio che opera per denominazioni insistenti su territori di più province, l'attestazione viene rilasciata dall'ente territoriale nel cui ambito ha sede legale il consorzio, sentiti gli altri enti interessati.

d) attestazione della competente camera di commercio concernente i requisiti di rappresentatività nei confronti della denominazione. Nel caso di consorzi che operano per denominazioni insistenti su territori di più province, l'attestazione viene rilasciata dalla camera di commercio della provincia in cui ha sede legale il Consorzio, sentite le camere di commercio interessate.

 

2. Nel rispetto di quanto previsto dall'articolo 19, comma 1, lettera b), della legge n. 164 del 1992,, lo statuto del Consorzio deve prevedere una equa rappresentanza nel consiglio di amministrazione di tutte le categorie che partecipano al ciclo produttivo (viticoltori, vinificatori e imbottigliatori autorizzati). A tal fine, per l'elezione del consiglio di amministrazione, nella relativa assemblea, il voto di ciascun associato ha un valore ponderale proporzionale alla quantità di prodotto ottenuto (uva denunziata e/o vino denunziato e/o vino imbottigliato) e stabilito con i criteri di cui all'articolo 2, comma 1, lettera e) del presente regolamento.

3. Il Consorzio, ai sensi dell'articolo 19, comma 1, lettera d), della legge n. 164 del 1992, nel rispetto della direttiva CEE n. 89/104 del 21 dicembre 1988 e del decreto legislativo attuativo n. 480 del 4 dicembre 1992, non può gestire in modo diretto o indiretto alcun marchio collettivo che contenga il nome della denominazione e che sia riservato ai soli associati, ma può proporre come logo della denominazione il marchio consortile precedentemente in uso, ovvero un logo di nuova elaborazione, per essere recepito nel disciplinare di produzione ai sensi dell'articolo unico, comma 3, lettera l) del decreto ministeriale 22 aprile 1992.

Segue art. 17

(Consorzi volontari di tutela).

Segue art. 19

Consorzi volontari di tutela.

 

3. I consorzi volontari costituiti in conformità alle disposizioni della presente legge possono, su loro richiesta, essere autorizzati a svolgere le attività di cui all'articolo 21 con decreto del Ministro dell'agricoltura e delle foreste, sentito il Comitato nazionale di cui all'articolo 17.

4. L'autorizzazione di cui al comma 3 può essere revocata o sospesa qualora vengano meno, in tutto o in parte, le condizioni e i requisiti in base ai quali l'autorizzazione stessa è stata concessa.

 

Art. 21.

Attività dei consorzi volontari e dei consigli interprofessionali.

 

7. Con decreto del Ministro dell'agricoltura e delle foreste sono stabilite le condizioni per consentire ai consorzi volontari di ottenere l'incarico di collaborare nella vigilanza di cui all'articolo 19, comma 1, nonché le condizioni per consentire ai consorzi volontari ed ai consigli interprofessionali di svolgere le attività indicate nel presente articolo.

9. Il Ministero delle politiche agricole e forestali concede al consorzio l'autorizzazione, specificando le funzioni e i limiti di tempo e di operatività dell'autorizzazione stessa. Il consorzio che ha ottenuto l'autorizzazione è tenuto a:

Segue DM n. 256, art. 4

4. Il Ministero, sentito il Comitato nazionale, affida al Consorzio l'incarico di vigilanza specificando le funzioni e i limiti di tempo e di operatività dell'incarico stesso.

5. Il Consorzio che ha ottenuto l'incarico di vigilanza è tenuto a:

a) trasmettere al Ministero delle politiche agricole e forestali entro il 31 gennaio di ciascun anno una dettagliata relazione sulle attività tecnico-amministrative svolte nell'anno precedente;

a) trasmettere al Ministero entro il 31 gennaio di ciascun anno una dettagliata relazione sulle attività tecnico-amministrative svolte nell'anno precedente;

b) comunicare al Ministero delle politiche agricole e forestali entro dieci giorni dall'evento ogni variazione della composizione degli organi rappresentativi, nonchè della composizione della base consortile per effetto di acquisizione di nuovi soci, sospensioni o espulsioni; se l'espulsione del socio è determinata da abusi nei confronti della denominazione o nel settore della produzione vitivinicola, nella comunicazione deve essere indicata esplicitamente la causa; analoga comunicazione deve essere effettuata all'ufficio dell'Ispettorato centrale repressione frodi competente per territorio;

b) comunicare al Ministero entro dieci giorni dall'evento ogni variazione della composizione degli organi rappresentativi nonché della composizione della base consortile per effetto di acquisizione di nuovi soci, sospensioni o espulsioni; se l'espulsione del socio è determinata da abusi nei confronti della denominazione o nel settore della produzione vitivinicola, nella comunicazione deve essere indicata esplicitamente la causa; analoga comunicazione deve essere effettuata all'Ispettorato centrale repressione frodi competente per territorio;

c) comunicare all'ufficio dell'Ispettorato centrale repressione frodi competente per territorio ogni notizia relativa ad abusi, a episodi di sleale concorrenza, di improprio uso della denominazione anche in sede di designazione e sui documenti ufficiali e sui registri, nonché ogni azione da chiunque effettuata che è di ostacolo al mantenimento o alla elevazione del livello qualitativo e dell'immagine della denominazione.

c) comunicare all'Ispettorato centrale repressione frodi competente per territorio ogni iniziativa relativa ad abusi, ad episodi di sleale concorrenza, di improprio uso della denominazione anche in sede di designazione e sui documenti ufficiali e registri, nonché ad ogni azione da chiunque effettuata che sia di ostacolo al mantenimento o alla elevazione del livello qualitativo e dell'immagine della denominazione.

 

5. Autorizzazione a svolgere le funzioni di cui all'articolo 21 della legge n. 164 del 1992.

1. Il Consorzio avente i requisiti indicati nell'articolo 4 del presente regolamento può richiedere l'autorizzazione ad esercitare le funzioni di cui all'articolo 21 della legge n. 164 del 1992, ai sensi dell'articolo 19, comma 3, della stessa legge n. 164 del 1992.

2. Le procedure e la documentazione per la concessione dell'autorizzazione a svolgere le attività di cui all'articolo 21 della legge n. 164 del 1992 sono quelle indicate all'articolo 4 del presente regolamento. La relazione tecnico-amministrativa di cui all'articolo 4, comma 1, lettera c), in merito alla disponibilità di strutture, organico di personale e risorse adeguati ai compiti deve essere riferita alle specifiche funzioni richieste nell'ambito di quelle previste dall'articolo 21 della legge n. 164 del 1992 (.

3. Il Ministero, sentito il Comitato nazionale, autorizza il Consorzio a svolgere alcune o tutte le funzioni di cui all'articolo 21 della legge n. 164 del 1992  specificando i limiti di tempo e di operatività connessi all'autorizzazione di cui trattasi.

 

Art. 20

 

Consigli interprofessionali per le denominazioni di origine e le indicazioni geografiche tipiche.

 

1. Qualora per una DOCG, una DOC o una IGT non sia costituito un consorzio volontario di tutela ai sensi dell'articolo 19, presso ciascuna camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura, detentrice di uno o più albi dei vigneti ed elenchi delle vigne, è istituito, per ciascuna denominazione di origine o indicazione geografica tipica, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, il consiglio interprofessionale per la denominazione di origine o l'indicazione geografica tipica, nominato dalla giunta della predetta camera di commercio territorialmente competente. Esso è composto, per un terzo, da rappresentanti del settore viticolo e, per due terzi, da rappresentanti dei settori della trasformazione e del commercio, ivi compresi i viticoltori, i vinificatori e gli imbottigliatori, singoli o associati, in proporzione alla effettiva quota di prodotto rispettivamente trasformato e commercializzato. Nei casi di DOCG, DOC o IGT ricadenti in più province, devono istituirsi consigli interprovinciali, aventi sede nella provincia produttrice di maggiori quantitativi e composti da esponenti di tutte le province interessate.

2. Con decreto del Ministro dell'agricoltura e delle foreste sono stabilite le modalità di designazione dei rappresentanti di cui al comma 1, nonché quelle inerenti al funzionamento e all'autofinanziamento dell'attività dei consigli interprofessionali.

3. Il consiglio interprofessionale è istituzionalmente preposto alla tutela, alla valorizzazione ed alla cura in generale degli interessi relativi alla DOCG, DOC o IGT. Esso ha inoltre compiti di proposta per la disciplina regolamentare della rispettiva DOCG, DOC o IGT, nonché compiti consultivi nei riguardi della regione e della camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura, in materia di gestione degli albi dei vigneti e degli imbottigliatori, dell'elenco delle vigne, di controllo dei vigneti e delle denunce di produzione delle uve e dei vini, della distribuzione dei contrassegni di cui all'articolo 23, e di quant'altro di competenza delle regioni e dei predetti enti camerali in materia di vini a denominazione di origine e ad indicazione geografica tipica.

4. Il consiglio interprofessionale è sciolto e cessa dalle sue funzioni contestualmente alla costituzione del consorzio volontario di tutela per la medesima denominazione di origine o indicazione geografica tipica che abbia i requisiti richiesti all'articolo 19, comma 1.

5. È consentita la costituzione di un unico consiglio interprofessionale per più denominazioni di origine o indicazioni geografiche tipiche nel caso in cui le zone di produzione dei vini interessati siano in tutto o in parte coincidenti e riflettano la situazione di cui all'articolo 7.

In attuazione del comma 2 è stato adottato il D.M. 1 aprile 1992Disciplina dei consigli interprofessionali per le denominazioni di origine geografiche e le indicazioni tipiche dei vini, che viene abrogato dal ddl in esame. Il testo del decreto è inserito fra i riferimenti normativi.

Segue art. 17

(Consorzi volontari di tutela).

Art. 21

Attività dei consorzi volontari e dei consigli interprofessionali.

10. Nell’ambito delle funzioni generali di cui al comma 1, i consorzi autorizzati hanno il compito di organizzare e coordinare le attività delle categorie interessate alla produzione e alla commercializzazione di ciascuna denominazione di origine o indicazione geografica tipica, di espletare attività di assistenza tecnica, di vigilanza, di proposta, di studio, di valutazione economico-congiunturale della denominazione, nonché ogni altra attività finalizzata alla tutela e alla valorizzazione della denominazione sotto il profilo tecnico e dell’immagine. In particolare l’attività dei consorzi autorizzati si svolge:

1. I consorzi volontari autorizzati ai sensi dell’articolo 19, comma 3, e i consigli interprofessionali di cui all’articolo 20 hanno il compito di organizzare e coordinare le attività delle categorie interessate alla produzione ed alla commercializzazione di ciascuna denominazione di origine o indicazione geografica tipica, nell’ambito delle proprie specifiche competenze, ai fini della tutela e della valorizzazione delle denominazioni o indicazioni stesse.

2. L’attività dei consorzi e dei consigli di cui al comma 1, si svolge:

a) a livello tecnico, per assicurare corrispondenza tra gli adempimenti operativi cui sono tenuti i produttori e le norme dei disciplinari di produzione;

a) a livello tecnico, per assicurare corrispondenza tra gli adempimenti operativi cui sono tenuti i produttori e le norme dei disciplinari di produzione;

b) a livello amministrativo, per assicurare la tutela della denominazione o dell’indicazione geografica dal plagio, dalla sleale concorrenza, dall’usurpazione e da altri illeciti, anche costituendosi parte civile;

b) a livello amministrativo, per assicurare la tutela della denominazione o indicazione dal plagio, dalla sleale concorrenza, dall’usurpazione e da altri illeciti, anche costituendosi parte civile nei procedimenti penali di cui all’articolo 17, comma 9, d’intesa con le regioni.

c) collaborando con le regioni nei compiti loro assegnati nel settore della viticoltura a denominazione di origine o ad indicazione geografica tipica;

3. Ai consorzi ed ai consigli di cui al comma 1 è altresì conferito il compito:

a) di collaborare con le regioni nei compiti loro assegnati nel settore della viticoltura a denominazione di origine o ad indicazione geografica tipica;

d) attuando tutte le misure per promuovere e valorizzare le denominazioni di origine e le indicazioni geografiche tipiche sotto il profilo tecnico e dell’immagine;

b) di attuare tutte le misure per valorizzare le denominazioni di origine e le indicazioni geografiche tipiche, sotto il profilo tecnico e dell’immagine.

e) collaborando con gli enti preposti per contribuire all’espletamento delle attività connesse alla gestione e all’aggiornamento degli albi dei vigneti e degli elenchi delle vigne, delle denunce di produzione e del rilascio delle ricevute delle uve, del prelievo dei campioni da sottoporre alle commissioni camerali e ai relativi esami analitici, della distribuzione dei contrassegni di Stato nel caso dei vini DOCG e di quant’altro di competenza dei predetti organismi in materia di vini DO e IGT.

 

 

4. I funzionari dei consorzi e dei consigli di cui al comma 1 sono tenuti a dare comunicazione al Ministero dell’agricoltura e delle foreste di qualsiasi irregolarità riscontrata nell’esercizio delle loro funzioni di vigilanza sull’uso delle denominazioni e delle indicazioni per la cui tutela i rispettivi organismi sono costituiti. Restano in ogni caso salvi i poteri di vigilanza spettanti al Ministero dell’agricoltura e delle foreste ed alle altre pubbliche amministrazioni in base all’ordinamento vigente.

 

Segue DM n. 256

6. Funzioni previste dall'articolo 21 della legge n. 164 del 1992.

1. Le funzioni indicate nell'articolo 21 della legge n. 164 del 1992. comprendono, nell'abito di quanto previsto a titolo generale dalla legge medesima, l'espletamento di attività di assistenza tecnica, di vigilanza, di proposta, di studio e di valutazione economico-congiunturale della denominazione, nonché ogni altra attività finalizzata alla tutela e alla valorizzazione della denominazione, che devono essere svolte dal Consorzio o dal consiglio interprofessionale in collaborazione con la pubblica amministrazione.

2. Nell'esercizio delle predette funzioni il Consorzio non può in alcun modo e per nessun motivo applicare trattamenti differenziati nei confronti degli operatori non associati al Consorzio medesimo.

3. L'attività di vigilanza è diretta ad assicurare il pieno rispetto del disciplinare da parte dei viticoltori, dei vinificatori e degli imbottigliatori e la tutela delle denominazioni da ogni forma di illecito commesso da operatori appartenenti alle predette categorie o da terzi, con particolare riguardo agli illeciti previsti dagli articoli 28, 29 e 30 della legge n. 164 del 1992..

4. I consorzi o i consigli interprofessionali espletano le funzioni previste dall'articolo 21 della legge n. 164 del 1992. in coordinamento con il Comitato nazionale e sulla base delle direttive generali indicate dal Comitato stesso, allo scopo di assicurare uniformità e simultaneità operativa sul territorio nazionale.

5. La collaborazione tra i consorzi o i consigli interprofessionali con la pubblica amministrazione per l'espletamento di alcune attività previste dall'articolo 21 della legge n. 164 del 1992. si attua nei modi appresso specificati:

a) l'attività di vigilanza dei consorzi o dei consigli interprofessionali è effettuata secondo le direttive generali di cui al comma 4. Le irregolarità, le inosservanze e gli abusi riscontrati dai consorzi e dai consigli interprofessionali in tale attività di vigilanza devono essere immediatamente comunicati all'Ispettorato centrale repressione frodi competente per territorio;

b) per incarico della regione competente per territorio il Consorzio o il consiglio interprofessionale possono svolgere le funzioni demandate alle regioni dalla legge n. 164 del 1992.;

c) in collaborazione con la competente camera di commercio il Consorzio o il consiglio interprofessionale può contribuire all'espletamento delle attività connesse alla distribuzione dei contrassegni di Stato dei vini DOCG, al prelievo dei campioni da sottoporre agli esami analitici ed organolettici, all'aggiornamento degli albi ed al rilascio delle ricevute;

d) il consorzio che disponga di laboratorio abilitato dal Ministero ad effettuare le analisi chimico-fisiche previste dall'articolo 13 della legge n. 164 del 1992. per la propria denominazione può esercitare l'espletamento delle determinazioni analitiche in questione, per i campioni prelevati ai sensi del precedente paragrafo c) e previamente anonimizzati, dando comunicazione alla competente camera di commercio degli esiti riscontrati. Il Consorzio può altresì avvalersi di un laboratorio convenzionato, purché autorizzato dal Ministero. Più consorzi possono utilizzare il medesimo laboratorio cogestito.

6. I consorzi che effettuano attività di competenza degli organismi pubblici, nei termini specificati nei precedenti comma, possono richiedere agli stessi organismi il rimborso delle relative spese documentate, nelle forme e con le modalità stabilite in appositi protocolli di intesa. Analogamente, per la fornitura di servizi generali relativi all'utilizzo della denominazione, svolti dal Consorzio per delega della pubblica amministrazione, può essere stabilita una forma di rimborso spese ai consorzi stessi da parte degli utilizzatori della denominazione, in base alle quantità di prodotto rivendicato e con modalità approvate dall'amministrazione delegante.

7. Ai fini dell'espletamento delle attività propositive i consorzi ed i consigli interprofessionali sono autorizzati a prendere visione, presso le competenti amministrazioni delle denunce dei vigneti, delle denunce delle uve e delle risultanze degli esami sensoriali.

 

7. Disposizioni particolari.

1. I responsabili e i funzionari dei consigli interprofessionali e dei consorzi incaricati della vigilanza nei confronti dei propri affiliati o all'espletamento delle funzioni previste dall'articolo 21 del regolamento, assumono la qualifica di incaricati di pubblico servizio, ai sensi della normativa vigente.

2. L'Ispettorato centrale repressione frodi vigila sull'attività dei consigli interprofessionali e dei consorzi regolarmente costituiti o incaricati della vigilanza nei confronti dei propri affiliati o dell'espletamento delle funzioni previste dall'articolo 21 della legge n. 164 del 1992.. Lo stesso Ispettorato centrale repressione frodi in presenza di irregolarità riscontrate o di inosservanza degli obblighi previsti da disposizioni legislative, regolamentari e statutarie, o nel caso di insoddisfacente funzionamento dell'attività di controllo operata dagli organismi in questione, ovvero in caso di perdita dei requisiti necessari per cui gli organismi stessi sono stati autorizzati a svolgere le funzioni di cui trattasi, propone l'adozione del provvedimento di sospensione o revoca della relativa autorizzazione.

3. Più consorzi possono utilizzare le stesse strutture amministrative di cui all'articolo 19, comma 1, lettera c), della legge n. 164 del 1992. purché per ciascun consorzio sia garantita l'autonomia nell'ambito delle attività indicate negli articoli 16, 19 e 21 legge n. 164 del 1992. e la riservatezza delle relative decisioni.

Stesso criterio è da osservarsi in caso di utilizzazione di strutture esterne al consorzio ed operanti per più denominazioni ed in caso di partecipazione del Consorzio a organismi rappresentativi a base più ampia.

 

8. Termini di applicazione e disposizioni transitorie.

1. Entro due anni dalla entrata in vigore del presente regolamento i consorzi volontari di tutela delle denominazioni di origine incaricati dal Ministero ad espletare le funzioni di vigilanza, ai sensi del decreto ministeriale 13 marzo 1982, devono adeguare i propri statuti alle disposizioni del presente regolamento e presentarli al Ministero per l'approvazione.

 

2. Il presente regolamento sarà inviato alla Corte dei conti per la registrazione e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana ed entra in vigore sei mesi dopo la sua pubblicazione.

11. Restano fatti salvi i poteri di vigilanza spettanti al Ministero delle politiche agricole e forestali e alle altre pubbliche amministrazioni in base all'ordinamento vigente.

 

Segue art. 17

(Consorzi volontari di tutela).

Segue Art. 21

Attività dei consorzi volontari e dei consigli interprofessionali.

12. I consorzi sono coordinati nell'espletamento della loro attività dal Ministero delle politiche agricole e forestali e devono osservare le direttive del Ministero stesso. La verifica della sussistenza del requisito di rappresentatività dei consorzi è effettuata almeno con cadenza triennale dal Ministero delle politiche agricole e forestali. Ove venga a mancare il requisito di rappresentatività, le funzioni già attribuite ai sensi del comma 3 vengono sospese.

5. I consorzi ed i consigli di cui al comma 1 sono coordinati dal Comitato nazionale di cui all'articolo 17 e devono osservare le direttive del Comitato stesso.

Segue DM  n. 256, art. 3

4. La verifica della sussistenza del requisito di rappresentatività dei consorzi è effettuata almeno con cadenza triennale dal Comitato nazionale. Ove venga a mancare il requisito di rappresentatività, le funzioni già attribuite ai sensi dell'articolo 19, comma 1 e 3, della legge n. 164 del 1992  vengono sospese.

13. I costi per le attività indicate alle lettere c), d) ed e) del comma 10 sono posti a carico di tutti i produttori e gli utilizzatori della denominazione, in proporzione ai quantitativi di prodotto, secondo criteri e modalità stabiliti con provvedimento delle regioni interessate per le attività indicate alla medesima lettera c), e del Ministero delle politiche agricole e forestali per le altre attività.

 

 

Segue art. 21

 

6. Le modificazioni degli statuti dei consorzi volontari autorizzati sono sottoposte al preventivo esame del Comitato nazionale di cui all'articolo 17, per la successiva approvazione da parte del Ministero dell'agricoltura e delle foreste.

Capo VI.

 

DISPOSIZIONI SULLA DESIGNAZIONE, PRESENTAZIONE E PROTEZIONE DEI VINI A DENOMINAZIONE DI ORIGINE E AD INDICAZIONE GEOGRAFICA TIPICA

 

 

 

Art. 18.

Art. 22

(Designazione, presentazione e protezione dei vini DOCG, DOC e IGT).

Designazione e presentazione dei vini.

 

1. Per la designazione, presentazione e protezione delle denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche tipiche dei prodotti vitivinicoli sono direttamente applicabili le specifiche disposizioni stabilite dal regolamento (CE) n. 1493/1999 del Consiglio, del 17 maggio 1999, e dal regolamento (CE) n. 753/2002 della Commissione, del 29 aprile 2002, e successive modificazioni, nonché le disposizioni nazionali attuative della normativa comunitaria.

1. Il Ministro dell'agricoltura e delle foreste disciplina con proprio decreto, in conformità alla normativa della CEE, le modalità di designazione e presentazione per le etichette da apporre sulle bottiglie e sugli altri recipienti contenenti vino, di capacità non superiore a cinque litri.

 

 

Art. 19.

Art. 23

(Recipienti dei vini DO e contrassegno speciale per i vini DOCG).

Recipienti dei vini e contrassegno di Stato.

1. Le disposizioni relative al colore, forma, tipologia, capacità, materiali e chiusure dei recipienti nei quali sono confezionati i vini DO sono stabilite dalla normativa vigente.

1. Con decreto del Ministro dell'agricoltura e delle foreste sono stabiliti il colore, la forma, la tipologia, la capacità, i materiali e le chiusure dei recipienti nei quali sono confezionati i vini a denominazione di origine.

2. La tappatura a fungo ancorato è riservata ai vini spumanti, fatte salve le deroghe, giustificate dalla tradizione e che comportino comunque una differenziazione del confezionamento fra i vini spumanti e frizzanti della stessa origine, nel rispetto della normativa vigente.

2. La tappatura «a fungo» e a «gabbietta» è riservata ai vini spumanti, salvo deroghe giustificate dalla tradizione e che comportino comunque una differenziazione del confezionamento fra vini spumanti e frizzanti della stessa origine.

3. I vini DOCG devono essere immessi al consumo in bottiglia o in altri recipienti di capacità non superiore a cinque litri, muniti, a cura delle ditte imbottigliatrici, di uno speciale contrassegno applicato in modo tale da impedire che il contenuto possa essere estratto senza l'inattivazione del contrassegno stesso. Esso è fornito di una serie e di un numero di identificazione. Con decreto del Ministero delle politiche agricole e forestali, di intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sono stabilite le caratteristiche, le diciture nonchè le modalità per la fabbricazione, l'uso, la distribuzione, il controllo e il costo dei contrassegni.

3. I vini DOCG devono essere immessi al consumo in bottiglia o in altri recipienti di capacità non superiore a cinque litri, muniti, a cura delle ditte imbottigliatrici, di un contrassegno di Stato, applicato in modo tale da impedire che il contenuto possa essere estratto senza l'inattivazione del contrassegno stesso. Esso è fornito di una serie e di un numero di identificazione e deve unificarsi con il contrassegno IVA.

4. Con decreto del Ministro dell'agricoltura e delle foreste, di concerto con quello delle finanze, sono stabilite le caratteristiche, le diciture nonché le modalità per la fabbricazione, l'uso, la distribuzione ed il controllo dei contrassegni, il cui prezzo non può essere superiore al costo di produzione, maggiorato del 20 per cento. Il prezzo è fissato entro il 31 dicembre di ogni anno per l'anno successivo.

 

5. Il provento della vendita dei contrassegni affluisce all'entrata del bilancio dello Stato.

 

 

Art. 20.

Art. 24

(Impiego delle denominazioni geografiche).

Impiego delle denominazioni geografiche.

1. Dalla data di entrata in vigore dei decreti di riconoscimento, le denominazioni di origine e le indicazioni geografiche tipiche non possono essere usate se non in conformità a quanto stabilito nei decreti medesimi.

1. Dalla data di entrata in vigore dei decreti di riconoscimento, le denominazioni di origine e le indicazioni geografiche tipiche non possono essere usate se non in conformità a quanto stabilito nei decreti medesimi.

2. A decorrere dalla stessa data di cui al comma 1 è vietato qualificare, direttamente o indirettamente, i prodotti che portano la denominazione di origine o l'indicazione geografica tipica in modo non espressamente consentito dai decreti di riconoscimento.

2. A partire dalla stessa data di cui al comma 1 è vietato qualificare, direttamente o indirettamente, i prodotti che portano la denominazione di origine o l'indicazione geografica tipica in modo non espressamente consentito dai decreti di riconoscimento.

3. Non si considera impiego di denominazione di origine, ai fini di cui alla presente legge, l'uso di nomi geografici inclusi in veritieri nomi propri, ragioni sociali ovvero in indirizzi di ditte, cantine, fattorie e simili. Nei casi in cui detti nomi contengono in tutto o in parte termini geografici riservati ai vini DOCG, DOC e IGT o possono creare confusione con essi, è fatto obbligo che i caratteri usati per indicarli non superino i tre millimetri di altezza per due di larghezza e in ogni caso non siano superiori a un quarto, sia in altezza che in larghezza, di quelli usati per la denominazione del prodotto e per l'indicazione della ditta o della ragione sociale del produttore, commerciante o imbottigliatore.

3. Non si considera impiego di denominazione di origine, al fine della presente legge, l'uso di nomi geografici inclusi in veritieri nomi propri, ragioni sociali ovvero in indirizzi di ditte, cantine, fattorie e simili. Nei casi in cui detti nomi contengano in tutto o in parte termini geografici riservati ai vini DOCG, DOC e IGT o possano creare confusione con essi, è fatto obbligo che i caratteri usati per indicarli non superino i tre millimetri di altezza per due di larghezza ed in ogni caso non siano superiori ad un quarto, sia in altezza che in larghezza, di quelli usati per la denominazione del prodotto e per l'indicazione della ditta o ragione sociale del produttore, commerciante o imbottigliatore, con l'osservanza di quanto stabilito ai sensi dell'articolo 10.

4. Il riconoscimento di una denominazione di origine o di una indicazione geografica tipica esclude la possibilità di impiegare i nomi geografici utilizzati per designare marchi, fatte salve le eccezioni previste dalla normativa comunitaria, e comporta l'obbligo per i nomi propri aziendali di minimizzare i caratteri ai sensi di quanto previsto al comma 3.

4. Il riconoscimento di una denominazione di origine o di una indicazione geografica tipica esclude la possibilità di impiegare i nomi geografici utilizzati per designare marchi e comporta l'obbligo per i nomi propri aziendali di minimizzare i caratteri come previsto al comma 3. Per i marchi più antichi e rinomati e per nuove denominazioni di origine, il Ministro dell'agricoltura e delle foreste può, con proprio decreto, concedere una deroga sulla minimizzazione dei caratteri per un massimo di 10 anni.

 

5. Il riconoscimento di una denominazione di origine esclude la possibilità di impiegare la denominazione stessa come indicazione geografica tipica.

5. L'uso, effettuato con qualunque modalità, su etichette, recipienti, imballaggi, listini, documenti di vendita, di una indicazione di vitigno o geografica per i vini DOCG, DOC e IGT costituisce dichiarazione di conformità del vino alla indicazione e denominazione usate.

6. L'uso, effettuato con qualunque modalità, su etichette, recipienti, imballaggi, listini, documenti di vendita, di una indicazione di vitigno o geografica per i vini DOCG, DOC e IGT costituisce dichiarazione di conformità del vino alla indicazione e denominazione usata.

6. Fatto salvo il disposto dell'articolo 2, comma 2, in caso di denominazione di origine o di indicazioni geografiche tipiche omonime, il riconoscimento può essere accordato a ciascuna di esse. Il Ministero delle politiche agricole e forestali ne determina le condizioni pratiche introducendo idonei elementi di differenziazione.

4-bis. Salvo il disposto dell'art. 2, comma 2, in caso di denominazioni di origine, o di indicazioni geografiche omonime, il riconoscimento può essere accordato a ciascuna di esse. Il Ministero delle risorse agricole, alimentari e forestali determina le condizioni pratiche che, introducendo idonei elementi di differenziazione, siano atte a consentire che i produttori interessati ricevano un trattamento equo e che i consumatori non siano tratti in inganno.

 

7. Non sono considerati denominazioni di origine o indicazioni geografiche tipiche, ai soli fini dell'etichettatura, i nomi di persone, i nomi comuni ed i nomi esclusivamente catastali o toponomastici, qualora non contraddistinguano tradizionalmente i vini di una specifica zona di produzione, non siano espressamente riservati ad un vino DOCG, DOC o IGT e, comunque, non siano tali da ingenerare, nei consumatori, confusione nella individuazione dei prodotti.

8. I nomi di aziende viticole, singole o associate, coincidenti con il nome della rispettiva località, anche solo catastale, sono riconosciuti come indicazioni geografiche non tipiche ai sensi dell'articolo 4, paragrafo 1, del regolamento CEE n. 2392/89 del Consiglio del 24 luglio 1989, ai soli fini della facoltà di utilizzare le menzioni previste dall'articolo 2, paragrafo 3, lettere c), d), f) ed h), primo e terzo alinea, del citato regolamento CEE n. 2392/89. È comunque escluso, per queste indicazioni geografiche, l'impiego in etichetta dei nomi di vitigni.

 

Art. 25

Vini frizzanti.

 

1. I vini frizzanti gassificati diversi dai VQPRD definiti al punto 18 dell'allegato I del regolamento CEE n. 822/87 del Consiglio del 16 marzo 1987, non possono utilizzare nella loro designazione e presentazione nomi geografici o nomi di vitigni.

2. I vini frizzanti possono utilizzare nella loro designazione e presentazione nomi geografici, e nomi di vitigni solo se in abbinamento ad un nome geografico.

3. I nomi geografici utilizzati possono identificarsi con un nome geografico attribuito ad un vino IGT o ad un vino DOCG o DOC come unica tipologia o anche in presenza di altre tipologie nell'ambito della stessa denominazione.

4. Alle procedure per l'utilizzo o per il riconoscimento dei nomi geografici e di altre menzioni aggiuntive si applicano le stesse disposizioni previste per le DOCG, le DOC e le IGT.

5. Per i vini frizzanti che utilizzano un termine geografico la designazione deve essere completata da una delle menzioni: «IGT», «DOC», «DOCG» conformemente alla categoria di appartenenza e secondo le norme previste dalla presente legge in materia di presentazione e di designazione di tali vini.

 

Art. 26

Vini liquorosi.

 

1. Per la designazione e la presentazione dei vini liquorosi diversi da VQPRD possono essere utilizzati gli stessi nomi geografici autorizzati per i vini IGT o già riconosciuti DOCG o DOC qualora le suddette tipologie siano tradizionali ed espressamente previste e regolamentate nell'ambito delle rispettive denominazioni.

2. È altresì consentito regolamentare o riconoscere autonomamente le suddette tipologie come vini IGT o vini DOCG o DOC.

3. Fatte salve le eccezioni previste dalla normativa della CEE, è in ogni caso obbligatorio, in sede di designazione, specificare espressamente l'indicazione merceologica dei rispettivi prodotti.

 

 

Capo VII.

 

CONCORSI ENOLOGICI E DISTINZIONI

 

 

 

Art. 21.

Art. 27

(Concorsi enologici).

Concorsi enologici.

1. I vini di cui alla presente legge, che utilizzano nella propria designazione e presentazione nomi geografici nei termini e con le modalità ivi previsti, possono partecipare a concorsi enologici organizzati da enti definiti organismi ufficialmente autorizzati al rilascio di distinzioni dal Ministero delle politiche agricole e forestali.

1. I vini di cui alla presente legge, che utilizzano nella propria designazione e presentazione nomi geografici nei termini e con le modalità previsti, possono partecipare a concorsi enologici organizzati da enti definiti organismi ufficialmente autorizzati al rilascio di distinzioni dal Ministero dell'agricoltura e delle foreste, sentito il Comitato nazionale di cui all'articolo 17.

2. Le partite dei prodotti di cui al comma 1, opportunamente individuate e controllate, che hanno superato gli esami organolettici e che possiedono i requisiti previsti negli appositi regolamenti di concorso, possono fregiarsi di distinzioni nei limiti previsti dal quantitativo di vino accertato prima del concorso.

2. Le partite dei prodotti di cui al comma 1, opportunamente individuate e controllate, che abbiano superato gli esami organolettici e che possiedano i requisiti previsti negli appositi regolamenti di concorso, possono fregiarsi di distinzioni nei limiti previsti dal quantitativo di vino accertato prima del concorso.

3. La disciplina del riconoscimento degli organismi di cui al comma 1, della partecipazione al concorso, ivi compresa la composizione delle commissioni di degustazione, del regolamento di concorso, nonché del rilascio, gestione e controllo del corretto utilizzo delle distinzioni attribuite, è stabilita dalla normativa vigente.

3. Con decreto del Ministro dell'agricoltura e delle foreste, di concerto con il Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato, è adottato, ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, il regolamento per la disciplina del riconoscimento degli organismi di cui al comma 1, della partecipazione al concorso ivi compresa la composizione delle commissioni di degustazione, del regolamento di concorso, nonché del rilascio, gestione e controllo del corretto utilizzo delle distinzioni attribuite.

 

 

Capo VIII.

 

SISTEMA SANZIONATORIO

 

 

 

Art. 22.

Art. 28

(Violazioni nell'uso delle denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche tipiche).

Violazioni nell'uso delle denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche tipiche(1)

(1) Le violazioni previste come reato dalla presente legge sono state trasformate in illeciti amministrativi dall'art. 1, D.Lgs. 30 dicembre 1999, n. 507.

1. Chiunque produce, vende, pone in vendita o comunque distribuisce per il consumo con menzioni geografiche che definiscono le indicazioni geografiche tipiche, vini che non rispettano i requisiti previsti nei rispettivi disciplinari di cui all'articolo 9, comma 1, è soggetto alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da 100 euro a 1.500 euro per ettolitro o frazioni di ettolitro di prodotto.

1. Chiunque produce, vende, pone in vendita o comunque distribuisce per il consumo con menzioni geografiche che definiscono le indicazioni geografiche tipiche, vini che non hanno i requisiti richiesti dall'articolo 7 per l'uso di tali indicazioni, è punito con la reclusione fino a sei mesi o con la multa da lire un milione a lire sei milioni per ettolitro o frazioni di ettolitro di prodotto.

2. Chiunque produce, vende, pone in vendita o comunque distribuisce per il consumo con denominazione di origine vini che non hanno i requisiti richiesti per l'uso di tale denominazione o che non sono stati sottoposti alla certificazione di cui all'articolo 13, è soggetto alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da 150 euro a 4.500 euro per ogni ettolitro o frazione di ettolitro di prodotto.

2. Chiunque produce, vende, pone in vendita o comunque distribuisce per il consumo con denominazione d'origine vini che non hanno i requisiti richiesti per l'uso di tale denominazione, è punito con la reclusione fino ad un anno e con la multa da lire tre milioni a lire diciotto milioni per ogni ettolitro o frazione di ettolitro di prodotto.

3. Chiunque contraffà o altera i contrassegni speciali di cui all'articolo 19, comma 3, distribuisce per il consumo vini DOCG privi dei predetti contrassegni o introduce nel territorio dello Stato, o acquista, detiene o cede ad altri ovvero usa contrassegni alterati o contraffatti, è soggetto alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da 3.000 euro a 30.000 euro.

3. Chiunque contraffà o altera i contrassegni di cui all'articolo 23, comma 3, o introduce nel territorio dello Stato, o acquista, detiene o cede ad altri ovvero usa contrassegni alterati o contraffatti, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da lire un milione a lire trenta milioni.

4. Le disposizioni di cui ai commi 1 e 2 non si applicano al commerciante che vende, pone in vendita o comunque distribuisce per il consumo vini DOCG, DOC o IGT in confezioni originali, salvo che il commerciante abbia concorso nell'illecito.

4. Le disposizioni di cui ai commi 1 e 2 non si applicano al commerciante che vende, pone in vendita o comunque distribuisce per il consumo vini DOCG, DOC o IGT in confezioni originali, salvo che il commerciante non abbia concorso nel reato.

5. Chiunque usa le denominazioni di origine per vini che non hanno i requisiti richiesti per l'uso di tali denominazioni, premettendo le parole «tipo», «gusto», «uso», «sistema» e simili, o impiega maggiorativi, diminutivi o altre deformazioni delle denominazioni stesse o comunque fa uso di indicazioni, illustrazioni o segni suscettibili di trarre in inganno l'acquirente, è soggetto alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da 500 euro a 3.500 euro. La sanzione si applica anche quando le suddette parole o le denominazioni alterate sono poste sugli involucri, sugli imballaggi, sulle carte di commercio e in genere sui mezzi pubblicitari.

5. Chiunque usa le denominazioni di origine per vini che non hanno i requisiti richiesti per l'uso di tali denominazioni, premettendo le parole «tipo», «gusto», «uso», «sistema» e simili o impiega maggiorativi, diminutivi od altre deformazioni delle denominazioni stesse o comunque fa uso di indicazioni, illustrativi o segni suscettibili di trarre in inganno l'acquirente, è punito con l'arresto fino a due mesi e con l'ammenda da lire un milione a lire sei milioni. Le stesse pene si applicano anche quando le suddette parole o le denominazioni alterate sono poste sugli involucri, sugli imballaggi, sulle carte di commercio ed in genere sui mezzi pubblicitari.

6. Chiunque adotta denominazioni di origine ovvero indicazioni geografiche tipiche come ragione sociale o come «ditta», «cantina», o «fattoria», o loro indirizzi, è soggetto alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da 500 euro a 6.000 euro. La disposizione si applica dopo due anni dalla data di entrata in vigore del decreto di riconoscimento della DOCG, DOC o IGT adottata.

6. Chiunque adotta denominazioni di origine ovvero indicazioni geografiche tipiche come ragione sociale o come «ditta», «cantina», o «fattoria» o loro indirizzi è punito con l'ammenda da lire un milione a lire dodici milioni. La disposizione si applica dopo due anni dalla data di entrata in vigore del decreto di riconoscimento della DOCG, DOC o IGT adottata.

 

 

Art. 23.

Art. 29

(Omissioni di denunce e falsità).

Omissioni di denunce e falsità.

1. Chiunque omette di presentare la denuncia di cui all'articolo 11, commi 1 e 2, è soggetto alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da 100 euro a 500 euro per ogni ettaro o frazione di ettaro superiore a dieci are cui l'omessa denuncia si riferisce.

1. Chiunque omette di presentare la denuncia di cui all'articolo 15, commi 1 e 2, è punito con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da lire un milione a lire sei milioni per ogni ettaro o frazione di ettaro superiore a dieci are cui l'omessa denuncia si riferisce.

2. Chiunque, essendo tenuto alle denunce di cui all'articolo 13, dichiara un quantitativo di uva o di vino maggiore di quello effettivamente prodotto è soggetto alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da 100 euro a 500 euro per ogni quintale denunciato in eccedenza.

2. Chiunque, essendo tenuto alle denunce di cui all'articolo 16, commi 1 e 2, dichiari un quantitativo di uva o di vino maggiore di quello effettivamente prodotto è punito con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da lire un milione a lire sei milioni per ogni quintale denunciato in eccedenza.

 

 

Art. 24.

Art. 30

(Violazioni in materia di etichettatura).

Violazioni in materia di etichettatura.

1. Chiunque viola le disposizioni di cui agli articoli 18, 19 e 20, relative alle modalità di designazione, presentazione e protezione dei prodotti vitivinicoli DOCG, DOC o IGT, nonché all'articolo 5, comma 9, è soggetto alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da 200 euro a 3.000 euro.

1. Chiunque viola le disposizioni del decreto ministeriale di cui all'articolo 22, relative alle modalità di designazione e presentazione per le etichette da apporre sulle bottiglie o sugli altri recipienti di capacità non superiore a cinque litri contenenti vino DOCG, DOC o IGT, è punito con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da lire un milione a lire sei milioni.

 

 

Art. 25.

Art. 31

(Sanzioni accessorie).

Sanzioni accessorie.

1. La sanzione per le violazioni di cui agli articoli 22, 23 e 24 comporta la pubblicazione del provvedimento su due giornali tra i più diffusi nella regione, dei quali uno quotidiano e uno tecnico. Nei casi di particolare gravità e di recidiva specifica possono essere disposte la confisca del prodotto e la chiusura fino a dodici mesi dello stabilimento, cantina o magazzino di deposito.

1. La condanna per alcuna delle violazioni di cui agli articoli 28, 29 e 30 importa la pubblicazione del provvedimento su due giornali tra i più diffusi nella regione, dei quali uno quotidiano ed uno tecnico.

2. Nei casi di particolare gravità e di recidiva specifica possono essere disposte la confisca del prodotto e la chiusura fino a dodici mesi dello stabilimento, cantina o magazzino di deposito.


 

 

 

Capo IX.

 

DISPOSIZIONI TRANSITORIE E ABROGAZIONI

 

 

 

Art. 26.

Art. 32.

(Disposizioni transitorie e abrogative).

Disposizioni transitorie.

1. Fino alla data di entrata in vigore delle disposizioni contenute nei decreti ministeriali previsti dalla presente legge si osservano, in quanto applicabili, le disposizioni emanate ai sensi della legge 10 febbraio 1992, n. 164, e successive modificazioni.

1. Fino alla data di entrata in vigore delle disposizioni contenute nei regolamenti e nei decreti ministeriali previsti dalla presente legge si osservano, in quanto applicabili, le disposizioni di cui ai decreti del Presidente della Repubblica 12 luglio 1963, n. 930, e 24 maggio 1967, n. 506.

2. Ove non diversamente indicato, i decreti ministeriali previsti in attuazione della presente legge hanno natura non regolamentare.

 

3. Le sanzioni di cui agli articoli 22, 23, 24 e 25 sono applicabili ai procedimenti in corso alla data di entrata in vigore della presente legge.

 

4. Fino alla data di cui al comma 1 continuano ad applicarsi le disposizioni che, sul piano della generalità e con riguardo ai singoli prodotti, disciplinano la produzione, la designazione e la denominazione di vini di cui alla presente legge.

2. Continuano altresì ad applicarsi fino alla data di cui al comma 1 le disposizioni che, sul piano della generalità e con riguardo ai singoli prodotti, disciplinano la produzione, la designazione e la commercializzazione di vini di cui alla presente legge.

 

3. Trascorsi tre anni dalla data di entrata in vigore della presente legge, è vietato attribuire una indicazione geografica ai vini da tavola non riconosciuti ad indicazione geografica tipica.

4. Entro tre anni dalla data di entrata in vigore della presente legge, il Comitato nazionale di cui all'articolo 17 procede d'ufficio alla verifica di tutti i disciplinari di produzione dei vini DOCG e DOC adottati alla data di entrata in vigore della presente legge, proponendo, se del caso, le relative modifiche del disciplinare o le revoche delle denominazioni e pubblicando le proposte nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana. Le procedure e le modalità della verifica sono disciplinate con decreto del Ministro dell'agricoltura e delle foreste, previo parere del Comitato nazionale di cui all'articolo 17.

5. Con l'abrogazione del decreto del Ministro delle politiche agricole e forestali 29 maggio 2001, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 141 del 20 giugno 2001, sono fatti salvi gli incarichi attribuiti ai consorzi di tutela fino alla fine della sperimentazione secondo le disposizioni allo scopo adottate dal Ministero delle politiche agricole e forestali.

 

6. A decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge sono abrogate le seguenti disposizioni:

 

a) legge 10 febbraio 1992, n. 164, e successive modificazioni, recante nuova disciplina delle denominazioni d'origine;

 

b) regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 20 aprile 1994, n. 348, recante disciplina del procedimento di riconoscimento di denominazione d'origine dei vini;

 

c) decreto del Ministro dell'agricoltura e delle foreste 1o aprile 1992, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 80 del 4 aprile 1992, recante disciplina dei consigli interprofessionali per le denominazioni di origine geografiche e per le indicazioni tipiche dei vini;

 

d) decreto del Ministro dell'agricoltura e delle foreste 22 aprile 1992, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 100 del 30 aprile 1992, recante elementi da includere facoltativamente nei disciplinari di produzione dei vini DOCG e DOC;

 

e) decreto del Ministro dell'agricoltura e delle foreste 22 aprile 1992, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 100 del 30 aprile 1992, recante condizioni e modalità di utilizzazione dei nomi di comuni, di frazioni, di zone amministrativamente definite e di sottozone per i vini DOCG e DOC;

 

f) articolo 3, comma 10, del decreto-legge 23 settembre 1994, n. 547, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 novembre 1994, n. 644, recante disposizioni sul finanziamento delle commissioni di degustazione dei vini a denominazione di origine;

 

g) regolamento di cui al decreto del Ministro per le politiche agricole 16 giugno 1998, n. 280, recante norme sull'organizzazione, sulle competenze e sul funzionamento della sezione amministrativa e, nel suo ambito, del servizio di segreteria del Comitato nazionale per la tutela e la valorizzazione delle denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche tipiche dei vini;

 

h) regolamento di cui al decreto del Ministro delle risorse agricole, alimentari e forestali 4 giugno 1997, n. 256, recante norme sulle condizioni per consentire l'attività dei consorzi volontari di tutela e dei consigli interprofessionali delle denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche tipiche dei vini;

 

i) decreto del Ministro delle politiche agricole e forestali 29 maggio 2001, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 141 del 20 giugno 2001, decreto direttoriale del Ministero delle politiche agricole e forestali 21 marzo 2002, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale, n. 84 del 10 aprile 2002, e decreto del Ministro delle politiche agricole e forestali 31 luglio 2003, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 193 del 21 agosto 2003, relativi ai controlli sulle produzioni a denominazione di origine e all'avvio della relativa sperimentazione.

 


 


ALLEGATO A

(articolo 9, comma 1

Art. 10.

ELEMENTI DEI DISCIPLINARI DI PRODUZIONE

Disciplinari di produzione.

Denominazioni di origine

[1. Nei disciplinari di produzione dei vini DOCG e DOC, proposti dai consorzi volontari autorizzati di cui all'articolo 19, comma 3, ovvero dagli interessati, ed approvati col decreto del Ministro della agricoltura e delle foreste di cui all'articolo 8, comma 3, devono essere stabiliti:]

a) La denominazione dei vini e le eventuali zone caratteristiche o zone classiche, nonché le tipologie dei vini;

a) la denominazione di origine;

b) la base ampelografica:

i vitigni che compongono le varie tipologie;

l'incidenza percentuale dei vari vitigni, principali e complementari, presenti in ambito aziendale;

 

c) la zona di produzione delle uve:

l'indicazione della provincia e dei comuni compresi totalmente o in parte nella delimitazione;

la delimitazione dei confini;

la delimitazione dei confini delle eventuali zone caratteristiche;

la delimitazione dei confini dell'eventuale zona classica;

b) la delimitazione della zona di produzione delle uve; sono esclusi i territori non vocati alla qualità; tali esclusioni sono verificate da una Commissione composta da membri del Comitato nazionale di cui all'articolo 17, coadiuvata dagli organismi tecnici e, ove esistenti, dai comitati vitivinicoli delle regioni competenti;

d) le caratteristiche naturali dell'ambiente, quali il clima, il terreno, la giacitura, l'altitudine e l'esposizione;

e) le norme per la viticoltura:

la densità minima d'impianto e le forme di allevamento;

l'eventuale irrigazione di soccorso;

f) le condizioni di produzione ed in particolare le caratteristiche naturali dell'ambiente, quali il clima, il terreno, la giacitura, l'altitudine, l'esposizione, nonché la composizione ampelografica dei vigneti destinati alla produzione delle uve nell'ambito dei vitigni raccomandati e autorizzati, la densità di impianto, le forme di allevamento, i sistemi di potatura, il divieto di pratiche di forzatura;  

segue lett. e)

la resa massima di uva ad ettaro, sulla base dei risultati quantitativi e qualitativi del quinquennio precedente. I limiti di resa di uva ad ettaro possono essere differenziati per varietà, sottozone, comuni e frazioni. Il disciplinare può prevedere che, solo in annate climaticamente favorevoli, sia prevista una tolleranza non superiore al 20 per cento al detto limite di resa; tale esubero del 20 per cento di resa non può essere destinato alla produzione della relativa DO e può essere destinato alla produzione di altre DO o IGT, ove vengano rispettati le condizioni ed i requisiti dei relativi disciplinari di produzione, con particolare riguardo alla resa massima delle uve. Superata detta tolleranza tutta la produzione decade dal diritto alla rivendicazione della denominazione di origine. Le regioni possono annualmente autorizzare detta tolleranza, su proposta dei consorzi volontari di tutela o, in assenza degli stessi, delle organizzazioni di categoria. Le regioni sono inoltre tenute, in annate climaticamente sfavorevoli, a ridurre le rese massime di uva consentite sino al limite reale dell'annata. Le regioni possono altresì ridurre la resa massima di vino classificabile come DO per conseguire l'equilibrio di mercato, su proposta dei citati consorzi volontari di tutela o, in assenza, delle organizzazioni di categoria;

 

c) la resa massima di uva e di vino ad ettaro, sulla base dei risultati quantitativi e qualitativi del quinquennio precedente, di una documentata perizia giurata di tre esperti viticoli di chiara fama o di un documentato parere tecnico della regione competente; i limiti di resa di uva e di vino ad ettaro possono essere differenziati per varietà, sottozone, comuni e frazioni. La tolleranza massima di detti limiti di resa non può superare il 20 per cento, oltre il quale tutta la produzione decade dalla denominazione più elevata e può rientrare, ove ne sussistano le condizioni, in quella sottostante oppure in una IGT corrispondente, su rivendicazione espressa dal produttore ai sensi dell'articolo 16, comma 1. Tale esubero della resa del 20 per cento non può essere commercializzato come vino DOCG o DOC. Le regioni, su proposta dei consorzi volontari di cui all'articolo 19, delegati ai sensi dell'articolo 16, comma 3, e dei consigli interprofessionali di cui all'articolo 20 e sulla base di controlli effettuati dal competente ufficio dell'Ispettorato repressione frodi sulla compatibilità tra titolo alcolometrico volumico minimo naturale e produzione unitaria di uva, possono annualmente aumentare sino ad un massimo del 20 per cento le rese massime di uva e di vino stabilite dal disciplinare, ma solo in annate climaticamente favorevoli. Nelle annate sfavorevoli, le regioni devono ridurre le rese massime consentite sino al limite reale dell'annata, sempre sulla base di dati oggettivi forniti dai competenti uffici dell'Ispettorato repressione frodi. Sulla proposta dei predetti consorzi volontari delegati e consigli interprofessionali, la regione può annualmente ridurre la resa ad ettaro di vino classificabile come vino DOCG o DOC, per conseguire l'equilibrio di mercato. Per i nuovi impianti relativi alla produzione di vini DOCG è obbligatorio prevedere la densità minima di ceppi per ettaro;

segue lett. e)

il titolo alcolometrico volumico naturale minimo delle uve alla vendemmia per singola tipologia;

 

d) il titolo alcolometrico volumico minimo naturale potenziale delle uve alla vendemmia, sulla base dei risultati del precedente decennio, distinto per vitigno, sottozona, comune e frazione, avuto riguardo alle norme previste dalla CEE per le zone viticole comunitarie per quanto attiene i VQPRD (DOCG-DOC) ed i vini da tavola (IGT); nell'ambito di uno stesso territorio, detto titolo naturale deve essere progressivamente più elevato per i vini IGT, DOC e DOCG; nel rispetto dei regolamenti della CEE, le regioni possono annualmente consentire un titolo alcolometrico volumico minimo naturale inferiore di mezzo grado a quello stabilito dal disciplinare;

f) le norme per la vinificazione:

la zona di vinificazione;

la zona di imbottigliamento;

la resa dell'uva in vino delle varie tipologie;

gli eventuali metodi di elaborazione delle varie tipologie;

l'eventuale data di immissione al consumo;

le eventuali limitazioni alla scelta vendemmiale e/o di cantina;

le eventuali limitazioni a pratiche enologiche consentite dalla vigente normativa comunitaria e nazionale;

 

 

 

Cfr. precedente lett c)

 

g) le caratteristiche dei vini al consumo:

limpidezza;

colore;

odore;

sapore;

titolo alcolometrico volumico totale minimo ed eventuale residuo zuccherino minimo o massimo;

acidità totale minima;

estratto non riduttore minimo;

e) le caratteristiche fisico-chimiche ed organolettiche del vino, nonché il titolo alcolometrico volumico minimo richiesto al consumo;

h) norme particolari per la designazione e la presentazione:

eventuali menzioni facoltative;

eventuali riferimenti a località;

eventuali caratteri e posizioni in etichetta;

eventuale tipo merceologico;

la previsione dell'indicazione dell'annata in etichetta e le regole del suo mantenimento in caso di tagli fra vini di annate diverse, nonché dell'annata di sboccatura per gli spumanti;

 

i) eventuali norme particolari rispetto a quelle generali vigenti per il confezionamento:

volumi nominali;

tipi di recipienti;

sistemi di tappatura.

 

 

g) le modalità dell'esame chimico-organolettico prescritto dalla CEE per tutti i VQPRD e quelle del successivo esame organolettico, partita per partita, nella fase dell'imbottigliamento;

h) l'eventuale periodo minimo di invecchiamento in recipienti di legno e di affinamento in bottiglia;

i) l'eventuale imbottigliamento in zone delimitate.

Segue allegato A

Segue art. 10

Indicazioni geografiche tipiche

7. Nei disciplinari di produzione dei vini IGT, approvati col decreto del Ministro dell'agricoltura e delle foreste di cui all'articolo 8, comma 3, sono stabiliti:

a) L'indicazione geografica e gli eventuali nomi di vitigni o menzioni aggiuntive;

a) l'indicazione geografica e gli eventuali nomi di vitigni o menzioni aggiuntive;

b) la delimitazione della zona di produzione delle uve ed eventualmente della loro vinificazione e imbottigliamento;

b) la delimitazione della zona di produzione delle uve;

c) l'elenco dei vitigni che concorrono alla formazione della piattaforma ampelografica;

c) i vitigni che concorrono alla formazione della piattaforma ampelografica;

d) le tipologie enologiche, ivi comprese quelle relative al colore;

d) le tipologie enologiche, ivi comprese quelle relative al colore;

e) la resa massima di uva per ettaro;

e) la resa massima di uva per ettaro;

f) la resa uva-vino;

h) la resa uva-vino;

g) il titolo alcolometrico volumico naturale minimo naturale delle uve;

f) il titolo alcolometrico volumico minimo naturale delle uve;

h) il titolo alcolometrico volumico totale minimo al consumo del vino;

g) la gradazione alcolometrica minima al consumo del vino;

i) le eventuali limitazioni a pratiche enologiche consentite dalla vigente normativa comunitaria e nazionale;

i) le eventuali pratiche correttive autorizzate.

l) i caratteri organolettici.

 

 

 


 

ALLEGATO B

[articolo 17, comma 3, lettera b)]

 

D.M. 4 giugno 1997, n. 256.

Regolamento recante norme sulle condizioni per consentire l'attività dei consorzi volontari di tutela e dei consigli interprofessionali delle denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche tipiche dei vini.

 

ELEMENTI OBBLIGATORI DELLO STATUTO DEI CONSORZI VOLONTARI DI TUTELA DEI VINI DO E IGT

Art. 2.

Statuto.

1. Lo statuto consortile contiene i seguenti elementi:

a) Il nome geografico della denominazione che il consorzio intende tutelare;

a) il nome geografico della denominazione che il Consorzio intende tutelare

b) le modalità per l'ammissione al consorzio, garantendo espressamente l'accesso a tutti i soggetti interessati alla denominazione, appartenenti alle categorie indicate all'articolo 16, comma 2, lettera b);

b) le modalità per l'ammissione al Consorzio, garantendo espressamente l'accesso a tutti i soggetti interessati alla denominazione, appartenenti alle categorie indicate all'articolo 1, comma 3, del presente regolamento;

c) gli obblighi degli associati, le modalità per la loro esclusione, nonché le sanzioni per le eventuali inadempienze;

c) gli obblighi degli associati, le modalità per la loro esclusione, nonché le sanzioni per le eventuali inadempienze;

d) l'obbligo di contribuzione a carico di ciascun associato, prevedendo:

una quota fissa di accesso ai servizi del consorzio;

una quota annuale in relazione alla quantità di prodotto ottenuto (uva denunziata e/o vino denunziato e/o vino imbottigliato) stabilita dal consiglio di amministrazione sulla base del bilancio preventivo approvato dall'assemblea;

h) l'obbligo di contribuzione a carico di ciascun associato, prevedendo:

1) una quota fissa di accesso ai servizi del Consorzio;

2) una quota annuale proporzionale alla quantità di prodotto ottenuto (uva denunziata e/o vino denunziato e/o vino imbottigliato) stabilita dal consiglio di amministrazione sulla base del bilancio preventivo approvato dall'assemblea;

e) le funzioni degli organi consortili (assemblea, consiglio di amministrazione, presidente) e le norme riguardanti la nomina e il funzionamento degli organi medesimi;

d) le funzioni degli organi consortili (assemblea, consiglio di amministrazione, presidente) e le norme riguardanti la nomina ed il funzionamento degli organi medesimi;

f) le modalità di voto in assemblea. In tale ambito deve essere assicurato a ciascun associato avente diritto (appartenente alle categorie dei viticoltori, vinificatori, imbottigliatori autorizzati) l'espressione di almeno un voto. I voti aggiuntivi sono rapportati alla quantità di prodotto ottenuto nella campagna vendemmiale immediatamente precedente la sessione assembleare (rispettivamente uva denunziata, vino denunziato, vino imbottigliato). Qualora l'associato svolga contemporaneamente due o tre attività produttive (viticoltura e/o vinificazione e/o imbottigliamento) i voti sono cumulativi delle attività svolte;

e) le modalità di voto in assemblea. In tale ambito deve essere assicurato a ciascun associato avente diritto (appartenente alle categorie dei viticoltori, vinificatori, imbottigliatori autorizzati) l'espressione di un voto con valore ponderale rapportato alla quantità di prodotto ottenuto nella campagna vendemmiale immediatamente precedente la sessione assembleare (rispettivamente uva denunziata, vino denunziato, vino imbottigliato). Qualora l'associato svolga contemporaneamente due o tre attività produttive (viticoltura e/o vinificazione e/o imbottigliamento) il voto è cumulativo delle attività svolte;

g) le norme per la nomina del collegio sindacale ed i relativi compiti;

f) le norme per la nomina del collegio sindacale ed i relativi compiti;

h) le norme per l'eventuale scioglimento anticipato del consorzio;

g) le norme per l'eventuale scioglimento anticipato del Consorzio;

i) le norme per il componimento amichevole, nelle forme di arbitrato rituale, delle eventuali controversie fra consorzio e associati.

i) le norme per il componimento amichevole, nelle forme di arbitrato rituale, delle eventuali controversie fra consorzio ed associati.

Qualora il consorzio sia competente per più denominazioni, nello statuto deve essere previsto che in seno al consiglio di amministrazione sia assicurata una rappresentatività commisurata proporzionalmente al livello produttivo degli associati di ciascuna delle denominazioni interessate, per ognuna delle quali può anche essere nominato un apposito comitato nel cui ambito deve essere compreso almeno un componente del consiglio di amministrazione.

2. Il consorzio che è competente per più denominazioni assicura in seno al consiglio di amministrazione una rappresentatività commisurata proporzionalmente al livello produttivo degli associati di ciascuna delle denominazioni interessate, per ognuna delle quali può anche essere nominato un apposito comitato nel cui ambito deve essere compreso almeno un componente del consiglio di amministrazione.

Lo statuto del consorzio è soggetto alla preventiva approvazione del Ministero delle politiche agricole e forestali. Ogni successiva modifica deve, analogamente, essere preventivamente approvata.

3. Lo statuto del consorzio è soggetto alla preventiva approvazione del Ministero delle risorse agricole, alimentari e forestali, di seguito denominato «Ministero», previo parere del Comitato nazionale per la tutela e valorizzazione delle denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche tipiche dei vini, di seguito denominato «Comitato nazionale». Ogni successiva modifica deve, analogamente, essere preventivamente approvata.

 


Atti parlamentari

 



 

Risoluzione in Commissione 7-00623
presentata da MANLIO COLLAVINI lunedì 16 maggio 2005 nella seduta n.626



La XIII Commissione,


premesso che:


dopo il 31 marzo 2007 non sarà più possibile utilizzare la denominazione «Tocai» per i vini italiani, come stabilito dalla Corte europea di Giustizia del Lussemburgo, secondo la quale «le regole in materia di omonimia degli accordi internazionali esaminati impongono che, di fronte all'indicazione geografica ungherese "Tokaj", la denominazione della varietà di vite italiana "Tocai Friulano" non possa continuare ad essere utilizzata per la designazione e la presentazione di determinati vini italiani»;


la causa ha avuto origine dall'accordo per la tutela reciproca delle denominazioni dei vini siglato nel 1993 tra la Comunità Europea e l'Ungheria. La Regione Friuli Venezia Giulia e l'Ente regionale Sviluppo Artigianato avevano chiesto l'annullamento della legge italiana che dava attuazione al divieto europeo;


la produzione di Tocai Friulano, in Regione Friuli Venezia Giulia, interessa 2.069 aziende che coltivano una superficie complessiva di 2.184 ettari per una produzione di 224.077 quintali di uva, che, trasformati, corrispondono a 156.800 ettolitri di vino,

impegna il Governo

ad attivarsi affinché siano reperite in sede comunitaria enazionale le risorse economiche necessarie per finanziare una campagna nazionale e sui principali mercati di esportazione volta a promuovere il nuovo nome, da definire, del vitigno Tocai.


(7-00623) «Collavini».


XIV LEGISLATURA

Allegato B
Seduta n. 626 del 16/5/2005

 

 

ATTI DI INDIRIZZO

Risoluzione in Commissione:

 

La XIII Commissione,

 

premesso che:

 

dopo il 31 marzo 2007 non sarà più possibile utilizzare la denominazione «Tocai» per i vini italiani, come stabilito dalla Corte europea di Giustizia del Lussemburgo, secondo la quale «le regole in materia di omonimia degli accordi internazionali esaminati impongono che, di fronte all'indicazione geografica ungherese "Tokaj", la denominazione della varietà di vite italiana "Tocai Friulano" non possa continuare ad essere utilizzata per la designazione e la presentazione di determinati vini italiani»;

la causa ha avuto origine dall'accordo per la tutela reciproca delle denominazioni dei vini siglato nel 1993 tra la Comunità Europea e l'Ungheria. La Regione Friuli Venezia Giulia e l'Ente regionale Sviluppo Artigianato avevano chiesto l'annullamento della legge italiana che dava attuazione al divieto europeo;

la produzione di Tocai Friulano, in Regione Friuli Venezia Giulia, interessa 2.069 aziende che coltivano una superficie complessiva di 2.184 ettari per una produzione di 224.077 quintali di uva, che, trasformati, corrispondono a 156.800 ettolitri di vino,

impegna il Governo

ad attivarsi affinché siano reperite in sede comunitaria enazionale le risorse economiche necessarie per finanziare una campagna nazionale e sui principali mercati di esportazione volta a promuovere il nuovo nome, da definire, del vitigno Tocai.

(7-00623) «Collavini».


CAMERA DEI DEPUTATI - XIV LEGISLATURA
Resoconto della XIII Commissione permanente
(Agricoltura)

 

XIII Commissione - Resoconto di martedì 24 maggio 2005

 

RISOLUZIONI

Martedì 24 maggio 2005. - Presidenza del presidente Giacomo de GHISLANZONI CARDOLI. - Interviene il sottosegretario di Stato per le politiche agricole e forestali Teresio Delfino.

 

La seduta comincia alle 14.20.

 

7-00623 Collavini: sulla promozione dei vitigni «Tocai Friulano».

(Discussione e conclusione - Approvazione di un nuovo testo).

 

Giacomo de GHISLANZONI CARDOLI, presidente, chiede all'onorevole Collavini di illustrare la risoluzione da lui presentata.

 

Manlio COLLAVINI (FI) sottolinea come il divieto di utilizzare la denominazione Tocai per i vini italiani, recentemente stabilito dalla Corte di Giustizia europea, ponga in grave difficoltà un comparto produttivo rilevante sia per l'entità della produzione, sia per il numero delle aziende coinvolte. Ribadisce nei termini utilizzati nella risoluzione l'esigenza di un intervento del Governo che garantisca un'ampia diffusione della nuova denominazione che assumerà il vitigno Tocai.

 

Aldo PREDA (DS-U) riconosce la rilevanza del problema sollevato dalla risoluzione in esame e condivide l'esigenza di interventi efficaci per sostenere i produttori del vitigno Tocai. Dichiara pertanto, anche a nome dell'onorevole Sedioli, di sottoscrivere la risoluzione.

 

Luigino VASCON (LNFP) apprezza l'ampio consenso che si registra sui contenuti della risoluzione in esame. Evidenzia che si tratta di un problema di rilevanza non regionale, ma nazionale. Nel segnalare la priorità che storicamente spetta ai vitigni italiani, lamenta la scarsa attenzione che le istituzioni dell'Unione europea prestano alle produzioni locali e al loro radicamento nel territorio. Ribadisce che la produzione del vitigno Tocai è caratterizzata, nell'ambito del settore vitivinicolo italiano, da un'estensione e da una varietà rilevanti. Richiede infine di sottoscrivere la risoluzione.

Claudio FRANCI (Misto-Com.it), nel condividere i contenuti e gli obiettivi della risoluzione, richiede di sottoscriverla.

 

Luca MARCORA (MARGH-U) evidenzia come le decisioni della Corte di Giustizia europea si mettano a repentaglio la sopravvivenza di numerose aziende vitivinicole. Risulta pertanto assolutamente necessario individuare in modo tempestivo una nuova denominazione ed assicurarne un'adeguata diffusione, in modo da difendere efficacemente il patrimonio enologico del nostro Paese. Richiede pertanto di sottoscrivere la risoluzione.

 

Stefano LOSURDO (AN) dichiara di sottoscrivere, a nome del proprio gruppo, la risoluzione in titolo.

 

Il sottosegretario Teresio DELFINO, dopo aver fornito i chiarimenti riportati in allegato (vedi allegato 3), dichiara l'assenso del Governo sulla risoluzione, proponendo di riformularne il dispositivo in modo da inserire, dopo le parole «impegna il Governo» , le seguenti: «a promuovere ogni utile iniziativa in via bilaterale con l'Ungheria e in sede comunitaria per ricercare un'intesa che consenta una soluzione adeguata per i produttori italiani del vitigno Tocai».

 

Manlio COLLAVINI (FI) non ha problemi nell'accettare la riformulazione della sua risoluzione, nei termini proposti dal rappresentante del Governo.

La Commissione approva quindi la risoluzione, nel nuovo testo riformulato secondo la proposta del Governo, che assume il numero 8-00122 (vedi allegato 4).

(omissis)

ALLEGATO 3

 

7-00623 Collavini: sulla promozione dei vitigni «Tocai Friulano».

 

DOCUMENTAZIONE DEPOSITATA DAL SOTTOSEGRETARIO DELFINO

 

Ricordiamo brevemente che il Tocai è una varietà di vite tradizionalmente coltivata nella Regione Friuli-Venezia Giulia. Nel 1993, la Comunità europea e la Repubblica d'Ungheria hanno concluso un Accordo commerciale sulla tutela ed il controllo reciproci delle denominazioni dei vini. Per tutelare l'indicazione geografica ungherese «Tokaj», l'Accordo ha vietato l'utilizzo del termine «Tocai» per la designazione dei vini italiani alla fine di un periodo transitorio con scadenza 31 marzo 2007.

Indipendentemente dall'esito della sentenza della Corte di Giustizia del 12 maggio u.s., nonché dall'esito che avrà il ricorso del Governo italiano al Tribunale europeo di primo grado avverso il regolamento della Commissione n. 1429/2004, il Ministero delle Politiche Agricole, di concerto con il Ministero Affari Esteri, è impegnato in sede diplomatica a ricercare una intesa bilaterale con l'Ungheria, che in vista della scadenza del 31 marzo 2007 consenta di giungere ad una soluzione soddisfacente per i nostri produttori.
Nel contempo, dal punto di vista tecnico-amministrativo, l'Amministrazione è impegnata a sostenere in qualsiasi sede, sia nazionale che comunitaria, tutte le possibili soluzioni, tra cui quella di trovare un idoneo sinonimo per il vitigno «Tocai Friulano».

Al riguardo, si evidenzia che il 19 maggio u.s., presso la sede dell'Assessorato regionale all'agricoltura del Friuli-Venezia Giulia in Udine si è tenuto un incontro con le Organizzazioni di categoria ed i produttori vitivinicoli interessati.

Si assicura, altresì, che, qualora la definitiva soluzione al problema risultasse quella dell'uso di un nuovo sinonimo di vitigno, il MiPAF sosterrà le opportune azioni promozionali volte all'affermazione sui principali mercati nazionali ed internazionali del vino designato con tale sinonimo, sia in prima persona, nei limiti imposti dai relativi capitoli di bilancio destinati ad attività di valorizzazione e promozione dei prodotti viti vinicoli di qualità, sia in collaborazione con altri Enti preposti alla promozione in ambito nazionale ed internazionale (Ministero Attività Produttive - I.C.E., Ministero Affari Esteri, Regione, ecc.).

 

 

ALLEGATO 4

 

7-00623 Collavini: sulla promozione dei vitigni «Tocai Friulano».

 

RISOLUZIONE APPROVATA DALLA COMMISSIONE

 

La XIII Commissione,

premesso che:

dopo il 31 marzo 2007 non sarà più possibile utilizzare la denominazione «Tocai» per i vini italiani, come stabilito dalla Corte europea di Giustizia del Lussemburgo, secondo la quale «le regole in materia di omonimia degli accordi internazionali esaminati impongono che, di fronte all'indicazione geografica ungherese «Tokaj», la denominazione della varietà di vite italiana «Tocai Friulano» non possa continuare ad essere utilizzata per la designazione e la presentazione di determinati vini italiani»;

la causa ha avuto origine dall'accordo per la tutela reciproca delle denominazioni dei vini siglato nel 1993 tra la Comunità Europea e l'Ungheria. La Regione Friuli Venezia Giulia e l'Ente regionale Sviluppo Artigianato avevano chiesto l'annullamento della legge italiana che dava attuazione al divieto europeo;

la produzione di Tocai Friulano, in Regione Friuli Venezia Giulia, interessa 2.069 aziende che coltivano una superficie complessiva di 2.184 ettari per una produzione di 224.077 quintali di uva, che, trasformati, corrispondono a 156.800 ettolitri di vino,

impegna il Governo

a promuovere ogni utile iniziativa in via bilaterale con l'Ungheria e in sede comunitaria per ricercare un'intesa che consenta una soluzione adeguata per i produttori italiani del vitigno Tocai;

ad attivarsi affinché siano reperite in sede comunitaria e nazionale le risorse economiche necessarie per finanziare una campagna nazionale e sui principali mercati di esportazione volta a promuovere il nuovo nome, da definire, del vitigno Tocai

(8-00122)
«Collavini, Preda, Sedioli, Vascon, Franci, Marcora, Losurdo».


Interrogazione a risposta scritta n. 4-03127 Falcier ed altri

Pubblicato il 10 ottobre 2002
Seduta n. 255

FALCIER, ARCHIUTTI, CARRARA, DE RIGO, FAVARO, MAINARDI, PASINATO, SAMBIN, TREDESE. –

Al Ministro delle politiche agricole e forestali. -

Premesso che:

la produzione veneta di vini di qualità merita senz'altro ogni possibile attenzione e controllo al fine di tutelarne l'origine;

il decreto ministeriale 29/05/2001 comporta, a parere del mondo agricolo, il rischio di conflitti di competenza e diversità di interpretazione, nonché nuovi oneri economici per i produttori di vini Doc e Docg;

desta perplessità la trasformazione dei Consorzi prevista dalla legge n.164/1992 da organismi di produzione a organismi di controllo;

le esigenze dei produttori e dei consumatori sarebbero tutelate con l'introduzione di un sistema di "rintracciabilità" che segna il prodotto dalla produzione al consumo;

tale sistema potrebbe avere facile applicazione con l'integrazione delle informazioni già previste nei registri di cantina e nei documenti commerciali,

gli interroganti chiedono di sapere se, anche alla luce delle considerazioni sopra esposte, non si ritenga:

di sospendere l'efficacia del decreto ministeriale 29/05/2001 ed emanare un nuovo provvedimento che disponga un diverso sistema di controlli da parte dei Consorzi di tutela, da effettuarsi durante l'intera fase produttiva dei vini Doc e Docg;

di attribuire alle Regioni la competenza al controllo di tutte le fasi di produzione dei vini Doc e Docg e alle C.C.I.A.A. la competenza relativamente agli esami di cui all'articolo 13 della legge n.164/92;

di prevedere che le Regioni possano avvalersi, per l'esercizio delle loro competenze, della collaborazione convenzionata dei Consorzi volontari di tutela;

di definire, con ogni possibile dettaglio, le linee guida del piano di rintracciabilità da emanarsi dalla competente direzione del Ministero.


INTERROGAZIONE A RISPOSTA SCRITTA 4/03127 SENATO

RISPOSTA ATTO

Atto Senato

 

Risposta scritta pubblicata nel fascicolo n. 076
all'Interrogazione 4-03127 presentata da FALCIER

Risposta. - In premessa preme sottolineare che il decreto 29 maggio 2001 non comporta alcun rischio di conflitto di competenza nei confronti dei compiti che verrebbero ad assumere i Consorzi di tutela; tale rischio, infatti, non sussistper le motivazioni riportate nelle premesse del decreto medesimo, laddove la Corte di Giustizia dell'Unione europea,con la sentenza del 16 maggio 2000, ha sancito per i vini VQPRD la validità di un sistema di controllo che coinvolgadirettamentei soggetti del processo produttivo (quale risulta essere il Consejo Regulador del VQPRD Rioja coinvolto nella relativa causa).

Inoltre, il decreto è stato fortemente voluto dall'intera filiera legata direttamente ai VQPRD mentre, attualmente, è contrastato soltanto da una frangia delle categorie vitivinicole.

Si fa presente, altresì, che il sistema di controllo di filiera proposto nell'interrogazione riprende il sistema posto in essere conil decreto ministeriale del 29 maggio 2001 e con il decreto ministeriale applicativo del 21 marzo 2002,con quali vengono coinvolti in prima persona, per l'approvazione dei piani di controllo, le regioni competenti per territorio, nonché altri Enti pubblici (ad esempio Camere di Commercio), a livello di Organismi di controllo, qualora per talune DOC o DOCG non esistano Consorzi di tutela in grado di assicurarei requisiti prescritti dalla normativa in questione. Infine si sottolinea che il decreto ministeriale del 29 maggio 2001 è stato adottato con il parere favorevole della Conferenza permanente per i rapporti fra lo Stato e le Regioni.

Il Ministro delle politiche agricole e forestali Alemanno

 

 


Interrogazione a risposta scritta n. 4-00429 Dato Cinzia
 
Pubblicato il 19 settembre 2001
Seduta n. 39

DATO. - Al Ministro delle politiche agricole e forestali. -

 

Premesso che:

con decreto dirigenziale 18.5.1998, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 2.6.1998, il Ministero delle politiche agricole e forestali approvava il disciplinare di produzione dei vini a denominazione di origine controllata «Molise» o «del Molise»;

con il medesimo provvedimento l’Amministrazione autorizzava, per un periodo non eccedente i dieci anni, e comunque non oltre la vendemmia dell’anno 2007, l’uso del nome del vitigno Montepulciano, in abbinamento alla denominazione di origine controllata «Molise»;

a seguito del ricorso di primo grado il Consorzio del Vino Nobile di Montepulciano ha impugnato il predetto decreto, nella parte in cui ha disposto l’autorizzazione temporanea all’uso del nome del vitigno «Montepulciano» nella nuova DOC «Molise-Montepulciano»;

il Consiglio di Stato con sentenza n. 7341, confermando l’esito del ricorso, vietava l’utilizzo della denominazione Molise Montepulciano DOC;

non risulta provata la possibilità che l’uso della denominazione del vitigno «Montepulciano», in abbinamento all’indicazione della regione, possa sortire un effetto recettivo ai danni dei consumatori, come dimostrato dalla presenza sul mercato del vino «Montepulciano d’Abruzzo»;

la legge n.164/1992 all’articolo 4, comma 4, sull’uso dei nomi dei vitigni nella designazione e presentazione della DOGC e DOC, stabilisce che sono ammesse deroghe se giustificate da comprovati motivi storici ed economici e purché previste e disciplinate, e nel caso di specie erano ricorrenti i casi di deroga al principio generale relativo alla prevalenza della denominazione della zona geografica di provenienza con riguardo a comprovati motivi storici ed economici;

la produzione vinicola nella regione Molise rappresenta un settore importantissimo e sostanziale all’interno del comparto agricolo e nell’economia complessiva regionale ed è strategica e fondamentale per la promozione, la qualificazione e l’affermazione dell’immagine del Molise;

la viticultura costituisce una risorsa fondamentale dell’economia molisana, non volendo considerare il notevole indotto che essa genera in tutti i settori dell’economia locale;

le aziende vinicole della regione Molise, già duramente provate dalle avversità atmosferiche, a seguito di tale sentenza, subiranno un danno diretto stimato intorno ai 15 miliardi, ed è incalcolabile il danno all’immagine che deriverà a seguito della cancellazione del marchio DOC,

si chiede di sapere:

se il Ministro interrogato non ritenga opportuno adottare provvedimenti in via d’urgenza per tutelare nelle sedi opportune le ragioni dei viticoltori molisani e del vino Montepulciano DOC;

se non ritenga altresì opportuno riequilibrare, nell’immediato e nel tempo, i bilanci delle aziende vinicole irrimediabilmente compromessi dalla mancanza di attenzione e considerazione.


INTERROGAZIONE A RISPOSTA SCRITTA 4/00429 SENATO

RISPOSTA ATTO

Atto Senato

 

Risposta scritta pubblicata nei fascicolo n, 010

all'Interrogazione 4-00429 presentata da DATO

Risposta. - In merito all'interrogazione in oggetto occorre ricordare che l'articolo 14 del regolamento CEE n. 2392/89 stabilisce che l'indicazione sull'etichettatura del nome di una varietà di vite per designare un VQPRD può essere fatta unicamente se, fra l'altro, il nome di tale varietà non generi confusione con il nome di una regione determinata o di una unità geografica utilizzata per la denominazione di un altro VQPRD o di vino importato.

L'articolo 1, comma 1, della legge n. 164 del 1992, recante nuova disciplina delle denominazioni di origine dei vini, a sua volta definisce la denominazione di origine come «nome geografico di una zona viticola particolarmente vocata, utilizzato per designare un prodotto di qualità e rinomato, le cui caratteristiche sono connesse all'ambiente naturale ed ai fattori umani».

L'articolo 4, comma 1, della stessa legge precisa che per DOCG e DOC si intendono «i nomi geografici e le qualificazioni geografiche delle corrispondenti zone di produzione», mentre l'articolo 4, comma 4, precisa che «le denominazioni di origine possono essere seguite, dopo la dicitura DOCG o DOC, da nomi di vitigni, e menzioni specifiche, riferimenti a particolari tecniche di vinificazione e qualificazioni specifiche del prodotto». L'articolo 6, comma 1, infine, consente che «più DOCG o DOC facciano riferimento allo stesso nome geografico anche per contraddistinguere vini diversi, purché le zone di produzione degli stessi comprendano il territorio definito con detto nome geografico».

Da tutto ciò si evince come sia norme comunitarie che nazionali impongano precisi adempimenti circa la possibilità di indicare il nome di una varietà di vite in etichetta.

Tuttavia, tali principi possono essere derogati ma solo di fronte a diritti quesiti, di comprovato valore storico-commerciale che legittimano l'esistenza di quelle denominazioni, così com'è avvenuto per il «Montepulciano d' Abruzzo», il cui riconoscimento è avvenuto nel 1968, ben prima dell'entrata in vigore della regolamentazione comunitaria in materia di VQPRD e di designazione e presentazione nonché della legge nazionale sulle denominazioni d'origine.

La fattispecie «Montepulciano d'Abruzzo» non è quindi analoga a quella della tipologia «Molise Montepulciano», essendosi, in tale caso, in presenza di una nuova DOC, per la quale non esistono motivi di tradizionalità che possano giustificare l'esistenza della predetta tipologia.

D'altra parte, non va sottaciuto che l'abbinamento del nome del vitigno «Montepulciano» alla DOC «Molise» (articolo 14 del Regolamento CEE n. 2392/89) può generare certamente confusione ed opinioni erronee nel consumatore in ordine all'origine e provenienza geografica del prodotto.

Infatti, il nome del vitigno «Montepulciano» potrebbe svolgere, soprattutto all'estero, il massimo elemento di richiamodel vino là dove è invece l'indicazione geografica che deve costituire elemento prioritario rispetto al nome del vitigno, senza ingenerare confusione.

Questo non è il caso della DOC «Montepulciano d'Abruzzo», in quanto risulta chiaro che la specificazione geografica «d'Abruzzo» è riferita al nome della varietà di vite «Montepulciano», esistendo, quindi, chiari elementi di differenziazione rispetto a quasiasi altra denominazione che preveda, nella propria designazione, la specificazione « Montepulciano», ad esempio DOC «Rosso di Montepulciano» o DOCG «Vino Nobile di Montepulciano», differenziazioni tali da evitare confusione nello spirito del consumatore.

In quest'ottica il Ministero ha sempre sostenuto e sostiene con la massima attenzione in tutte le sedi, sia comunitarie che extracomunitarie, l'esigenza di tutelare in primo luogo il «nome geografico» delle proprie denominazioni ed ha, altresì, sostenuto l'esigenza di «depauperare», per quanto possibile, i nomi delle varietà di viti dai nomi geografici in essi contenuti, facendo riferimento ai sinonimi in sede di designazione e presentazione, fatti salvi i casi particolari ed i diritti precostituiti, nel rispetto degli accordi internazionali.

L'amministrazione, comunque, a salvaguardia delle ragioni dei produttori molisani ha recentemente emanato un provvedimento di deroga che consente, ai produttori stessi, per i prodotti provenienti dalla campagna vendemmiale 2001-2002, l'utilizzo nella designazione e presentazione della DOC «Molise» del vitigno «Montepulciano», nonché, sempre con lo stesso decreto, ha inteso fornire una disciplina valida al di là del contingente che possa dare certezze agli investimenti ed alle iniziative commerciali dei produttori molisani; tale disciplina prevede, già a partire dalla campagna vendemmiale 2002-2003, due nuove tipologie: «Molise» Rosso o Rosso «del Molise» anche nella tipologia riserva, in sostituzione delle tipologie «Molise Montepulciano» e «Molise Montepulciano» riserva.

Il Ministro delle politiche agricole e forestali Alemanno

 

 


Normativa nazionale

 


Costituzione (art. 117)

(omissis)

117. La potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto della Costituzione, nonché dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali.

Lo Stato ha legislazione esclusiva nelle seguenti materie:

a) politica estera e rapporti internazionali dello Stato; rapporti dello Stato con l'Unione europea; diritto di asilo e condizione giuridica dei cittadini di Stati non appartenenti all'Unione europea;

b) immigrazione;

c) rapporti tra la Repubblica e le confessioni religiose;

d) difesa e Forze armate; sicurezza dello Stato; armi, munizioni ed esplosivi;

e) moneta, tutela del risparmio e mercati finanziari; tutela della concorrenza; sistema valutario; sistema tributario e contabile dello Stato; perequazione delle risorse finanziarie;

f) organi dello Stato e relative leggi elettorali; referendum statali; elezione del Parlamento europeo;

g) ordinamento e organizzazione amministrativa dello Stato e degli enti pubblici nazionali;

h) ordine pubblico e sicurezza, ad esclusione della polizia amministrativa locale;

i) cittadinanza, stato civile e anagrafi;

l) giurisdizione e norme processuali; ordinamento civile e penale; giustizia amministrativa;

m) determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale;

n) norme generali sull'istruzione;

o) previdenza sociale;

p) legislazione elettorale, organi di governo e funzioni fondamentali di Comuni, Province e Città metropolitane;

q) dogane, protezione dei confini nazionali e profilassi internazionale;

r) pesi, misure e determinazione del tempo; coordinamento informativo statistico e informatico dei dati dell'amministrazione statale, regionale e locale; opere dell'ingegno;

s) tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali.

Sono materie di legislazione concorrente quelle relative a: rapporti internazionali e con l'Unione europea delle Regioni; commercio con l'estero; tutela e sicurezza del lavoro; istruzione, salva l'autonomia delle istituzioni scolastiche e con esclusione della istruzione e della formazione professionale; professioni; ricerca scientifica e tecnologica e sostegno all'innovazione per i settori produttivi; tutela della salute; alimentazione; ordinamento sportivo; protezione civile; governo del territorio; porti e aeroporti civili; grandi reti di trasporto e di navigazione; ordinamento della comunicazione; produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia; previdenza complementare e integrativa; armonizzazione dei bilanci pubblici e coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario; valorizzazione dei beni culturali e ambientali e promozione e organizzazione di attività culturali; casse di risparmio, casse rurali, aziende di credito a carattere regionale; enti di credito fondiario e agrario a carattere regionale. Nelle materie di legislazione concorrente spetta alle Regioni la potestà legislativa, salvo che per la determinazione dei princìpi fondamentali, riservata alla legislazione dello Stato.

Spetta alle Regioni la potestà legislativa in riferimento ad ogni materia non espressamente riservata alla legislazione dello Stato.

Le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, nelle materie di loro competenza, partecipano alle decisioni dirette alla formazione degli atti normativi comunitari e provvedono all'attuazione e all'esecuzione degli accordi internazionali e degli atti dell'Unione europea, nel rispetto delle norme di procedura stabilite da legge dello Stato, che disciplina le modalità di esercizio del potere sostitutivo in caso di inadempienza.

La potestà regolamentare spetta allo Stato nelle materie di legislazione esclusiva, salva delega alle Regioni. La potestà regolamentare spetta alle Regioni in ogni altra materia. I Comuni, le Province e le Città metropolitane hanno potestà regolamentare in ordine alla disciplina dell'organizzazione e dello svolgimento delle funzioni loro attribuite.

Le leggi regionali rimuovono ogni ostacolo che impedisce la piena parità degli uomini e delle donne nella vita sociale, culturale ed economica e promuovono la parità di accesso tra donne e uomini alle cariche elettive.

La legge regionale ratifica le intese della Regione con altre Regioni per il migliore esercizio delle proprie funzioni, anche con individuazione di organi comuni.

Nelle materie di sua competenza la Regione può concludere accordi con Stati e intese con enti territoriali interni ad altro Stato, nei casi e con le forme disciplinati da leggi dello Stato (1).

 

------------------------

(1) Articolo così sostituito dall'art. 3, L.Cost. 18 ottobre 2001, n. 3. Per l'attuazione delle norme contenute nel presente articolo vedi la L. 5 giugno 2003, n. 131. Il testo precedentemente in vigore era il seguente: «117. La Regione emana per le seguenti materie norme legislative nei limiti dei principi fondamentali stabiliti dalle leggi dello Stato, sempreché le norme stesse non siano in contrasto con l'interesse nazionale e con quello di altre Regioni: ordinamento degli uffici e degli enti amministrativi dipendenti dalla Regione; circoscrizioni comunali; polizia locale urbana e rurale; fiere e mercati; beneficenza pubblica ed assistenza sanitaria ed ospedaliera; istruzione artigiana e professionale e assistenza scolastica; musei e biblioteche di enti locali; urbanistica; turismo ed industria alberghiera; tramvie e linee automobilistiche di interesse regionale; viabilità, acquedotti e lavori pubblici di interesse regionale; navigazione e porti lacuali; acque minerali e termali; cave e torbiere; caccia; pesca nelle acque interne; agricoltura e foreste; artigianato. Altre materie indicate da leggi costituzionali. Le leggi della Repubblica possono demandare alla Regione il potere di emanare norme per la loro attuazione».

(omissis)


Codice civile (art. 105)

(omissis)

105. Intervento volontario.

Ciascuno può intervenire in un processo tra altre persone per far valere, in confronto di tutte le parti o di alcune di esse, un diritto relativo all'oggetto o dipendente dal titolo dedotto nel processo medesimo [c.c. 704, 974, 1015, 1113; c.p.c. 111].

Può altresì intervenire per sostenere le ragioni di alcuna delle parti, quando vi ha un proprio interesse [c.p.c. 100, 246, 344] (1) (2).

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(1) Vedi il terzo comma dell'art. 25, L. 24 dicembre 1969, n. 990; la L. 10 giugno 1978, n. 295; l'art. 9 della L. 26 gennaio 1980, n. 13; la L. 22 ottobre 1986, n. 742 e l'art. 6, L. 13 aprile 1988, n. 117, sulla responsabilità civile dei magistrati. La Corte costituzionale, con sentenza 16-30 dicembre 1997, n. 455 (Gazz. Uff. 7 gennaio 1998, n. 1 - Prima serie speciale), ha dichiarato non fondata la questione di legittimità del presente comma, in riferimento agli artt. 3 e 24 Cost.

(2) Per la definizione dei procedimenti in materia di diritto societario e di intermediazione finanziaria, nonché in materia bancaria e creditizia vedi l'art. 14, D.Lgs. 17 gennaio 2003, n. 5, in vigore dal 1° gennaio 2004.

(omissis)

 


D.P.R. 24 maggio 1967, n. 506
Norme relative all'Albo dei vigneti e alla denuncia delle uve destinate alla produzione dei vini a denominazione di origine «controllata» o «controllata e garantita».

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(1) Pubblicato nella Gazz. Uff. 7 luglio 1967, n. 168.

 

 

                                                                                     Artt.

Capo I   - Disposizioni sull'albo dei vigneti . . .            1 -  7

Capo II  - Disposizioni sulla denuncia delle uve. .       8 - 17

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Capo I - Disposizioni sull'albo dei vigneti

1. Per ciascun vino a denominazione di origine «controllata» o «controllata e garantita», i rispettivi terreni vitati, su denuncia dei conduttori interessati, debbono essere iscritti, a termini dell'art. 10 del decreto del Presidente della Repubblica 12 luglio 1963, n. 930 (2), in un apposito albo, denominato «Albo dei vigneti del vino ...» seguito dalla rispettiva denominazione di origine.

Tale Albo è istituito dalla Camera di commercio, industria, artigianato ed agricoltura nella cui circoscrizione territoriale rientra la zona di produzione del relativo vino a denominazione di origine «controllata» o «controllata e garantita». Qualora detta zona ricada nella circoscrizione territoriale di due o più Camere di commercio, ciascuna di esse provvede alla istituzione dell'Albo per la parte di propria competenza.

L'Albo dei vigneti è pubblico e, come tale, può essere consultato da chiunque ne abbia interesse. Copia dell'Albo viene depositata, a cura della Camera di commercio, presso i Comuni i cui territori rientrano in tutto o in parte nella zona di produzione del relativo vino a denominazione di origine «controllata» o «controllata e garantita».

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(2) Riportato al n. B/V.

 

2. La denuncia dei terreni vitati, da iscrivere nell'Albo dei vigneti, deve essere redatta, a cura dei conduttori interessati, in conformità del modulo A annesso al presente decreto e vistato dal Ministro per l'agricoltura e le foreste.

La denuncia di cui sopra deve essere presentata al Comune nella cui circoscrizione territoriale rientrano i terreni vitati da iscrivere nell'Albo.

Nel caso di aziende viticole, i cui vigneti ricadono nel territorio di due o più Comuni, la denuncia deve essere presentata al Comune in cui si trova il centro aziendale, a condizione che detto Comune sia compreso nella zona delimitata per la produzione delle uve. In mancanza di detto centro, la denuncia deve essere presentata al Comune nel cui territorio rientra la maggior parte della superficie dei vigneti da iscrivere nell'Albo.

La denuncia al Comune va presentata entro sei mesi dalla data di pubblicazione del decreto presidenziale di riconoscimento della denominazione di origine «controllata» o «controllata e garantita» del vino, salvo che nel suddetto decreto non sia stato transitoriamente stabilito un termine diverso.

3. Il Comune, all'atto della presentazione della denuncia da redigere in quattro esemplari - dopo accertato che la medesima risulta compilata in ogni parte - restituisce al conduttore un esemplare della medesima, debitamente integrata dagli estremi nello spazio all'uopo riservato.

Gli altri tre esemplari della denuncia devono essere trasmessi, a cura del Comune, al competente Ispettorato provinciale dell'agricoltura entro dieci giorni dalla data di scadenza del termine di presentazione di cui al precedente art. 2.

 

4. Entro trenta giorni dalla data di ricezione della denuncia, l'Ispettorato provinciale dell'agricoltura, eseguiti gli opportuni accertamenti, trattiene presso di sé un esemplare della denuncia e trasmette alla locale Camera di commercio, industria, artigianato ed agricoltura gli altri due esemplari della medesima, corredandola - a termine dell'art. 10 del decreto del Presidente della Repubblica 12 luglio 1963, n. 930 (2) - di una dichiarazione attestante che i terreni vitati da iscrivere nell'Albo rispondono ai requisiti prescritti nel disciplinare di produzione del rispettivo vino a denominazione di origine «controllata» o «controllata e garantita».

Qualora esistano i Consorzi volontari di cui all'art. 21 del decreto del Presidente della Repubblica 12 luglio 1963, n. 930, l'Ispettorato provinciale dell'agricoltura potrà avvalersi della loro collaborazione per gli accertamenti di cui sopra.

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(2) Riportato al n. B/V.

 

5. La Camera di commercio, industria, artigianato ed agricoltura raggruppa per Comune le denuncie ad essa pervenute e provvede ad istituire l'Albo dei vigneti iscrivendo, sotto il nome del conduttore denunciante, i terreni vitati destinati alla produzione del rispettivo vino a denominazione di origine.

Nell'Albo, oltre al cognome, nome ed indirizzo del conduttore, debbono essere riportate, in particolare, le seguenti indicazioni:

a) data di iscrizione nell'Albo e rispettivo numero di matricola;

b) località (comune, frazione, contrada) nella quale ricadono i terreni vitati ammessi dall'Ispettorato provinciale dell'agricoltura;

c) entità della superficie dei terreni vitati, distinta per tipo di coltura (promiscua o specializzata), con a fianco la quantità massima di uva e corrispondente quantitativo di vino avente diritto alla ricevuta di cui all'art. 11 del decreto del Presidente della Repubblica 12 luglio 1963, n. 930 (3) in base alle condizioni previste nel rispettivo disciplinare di produzione;

d) annotazioni delle denuncie di variazioni di cui agli artt. 6 e 7 del presente decreto.

La Camera di commercio, dopo le operazioni di iscrizione nell'Albo, restituisce al conduttore un esemplare della denuncia, annotando, negli spazi all'uopo riservati, le indicazioni di cui alle lettere a) e c) del comma precedente.

Avverso le risultanze della denuncia di cui sopra il conduttore, entro 30 giorni dalla data di ricezione della denuncia medesima, può ricorrere al Ministero dell'agricoltura e delle foreste.

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(3) Riportato al n. B/V.

 

6. Le variazioni di consistenza dei terreni vitati già iscritti nell'Albo dei vigneti, nonché tutte le modificazioni dei sistemi di coltivazione apportate agli stessi devono essere denunciate, a cura dei conduttori interessati, alla Camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura per il tramite del Comune, nel termine di 60 giorni.

Le denuncie di cui sopra devono essere corredate da una dichiarazione dell'Ispettorato provinciale dell'agricoltura attestante che le variazioni o modifiche apportate rispondono o comunque non sono in contrasto con le disposizioni contenute nel disciplinare di produzione del rispettivo vino a denominazione di origine.

Le variazioni nella conduzione dei terreni vitati già iscritti nell'Albo, devono essere denunciate, da parte del conduttore subentrante, entro 60 giorni con lettera raccomandata alla Camera di commercio.

 

7. L'impianto dei vigneti, sia nuovi sia in sostituzione di quelli già iscritti nell'Albo, deve essere denunciato entro sei mesi dalla data dell'impianto stesso, secondo le modalità e formalità previste nei precedenti artt. 2, 3 e 4.

 

Capo II - Disposizioni sulla denuncia delle uve

8. La denuncia delle uve, prevista dall'art. 11 del decreto del Presidente della Repubblica 12 luglio 1963, n. 930 (3), deve essere redatta, a cura dei conduttori interessati, in conformità del modulo B annesso al presente decreto e vistato dal Ministro per l'agricoltura e le foreste. Essa va presentata in tre esemplari allo stesso Comune presso il quale il conduttore ha denunciato i rispettivi terreni vitati già iscritti nell'Albo, non appena ultimate le operazioni di vendemmia nella propria azienda e comunque non oltre il decimo giorno dalla fine del periodo vendemmiale determinato annualmente con decreto del prefetto, a termini del primo comma dell'art. 36 del decreto del Presidente della Repubblica 12 febbraio 1965, n. 162 (4).

Il Comune, all'atto della presentazione della denuncia di cui sopra, restituisce al conduttore un esemplare della denuncia debitamente vidimata; trattiene presso di sé un altro esemplare per l'inoltro al locale ufficio imposte di consumo, dopo la scadenza del termine del periodo vendemmiale di cui sopra e trasmette subito il terzo esemplare della denuncia delle uve alla Camera di commercio, industria, artigianato ed agricoltura, ai fini del rilascio al conduttore della ricevuta delle uve prevista dall'art. 11 del decreto del Presidente della Repubblica 12 luglio 1963, n. 930 (3).

È in facoltà del conduttore denunciante richiedere al Comune la vidimazione di ulteriori esemplari della denuncia delle uve da esso presentata, predisposti a cura del conduttore medesimo. In tal caso il Comune appone su detti esemplari la dizione «duplicato».

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(3) Riportato al n. B/V.

(4) Riportato al n. A/II.

(3) Riportato al n. B/V.

 

9. Il Comune, all'atto della presentazione della denuncia delle uve, e la Camera di commercio, industria, artigianato ed agricoltura, all'atto del rilascio al conduttore della relativa ricevuta delle uve, sono tenuti ad accertare che il conduttore denunziante risulti iscritto nell'Albo dei vigneti del rispettivo vino a denominazione di origine e che il quantitativo di uva da esso denunciato non sia superiore a quello massimo consentito dal disciplinare di produzione, calcolato, moltiplicando il numero di ettari per le rispettive rese massime di uva per ettaro previste dal disciplinare medesimo.

 

10. La Camera di commercio, industria, artigianato ed agricoltura, effettuati i controlli di cui al precedente art. 9, rilascia ai conduttori, tramite il Comune, la ricevuta prevista dall'articolo 11 del decreto del Presidente della Repubblica 12 luglio 1963, n. 930 (3), conservandone copia da allegare alle denuncie di produzione delle uve dei rispettivi conduttori.

In caso di riparto delle uve tra il conduttore ed altri aventi diritto nell'ambito aziendale (compartecipanti, mezzadri, coloni, ecc.), oppure nel caso che il conduttore abbia ceduto o intenda cedere a terzi l'uva denunciata, la Camera di commercio, su richiesta del conduttore, provvede a frazionare la ricevuta di cui al comma precedente in due o più ricevute, secondo le indicazioni all'uopo precisate dal conduttore medesimo nei quadri e relativi questionari della denuncia delle uve (Mod. B).

La ricevuta, o, in Caso di frazionamento, le ricevute, devono essere redatte in conformità dei moduli C e D annessi al presente decreto e vistati dal Ministro per l'agricoltura e le foreste (il modulo C per il conduttore o aventi diritto e il modulo D per gli acquirenti).

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(3) Riportato al n. B/V.

 

11. I conduttori e gli aventi diritto (compartecipanti, mezzadri, coloni, ecc.) che conferiscono le uve alle Cantine sociali o agli Enopoli, devono trasferire ai predetti organismi - previa annotazione nello spazio all'uopo riservato - le ricevute ad essi rilasciate dalla Camera di commercio, industria, artigianato ed agricoltura.

Le cantine sociali e gli Enopoli devono conservare le ricevute di cui al comma precedente ai fini della denuncia di produzione del rispettivo vino a denominazione di origine.

 

12. I conduttori o gli aventi diritto che, avendo effettuato la vinificazione in proprio, vendono, con unico atto di cessione, tutto il mosto o il vino ottenuto dalle quote di uva di propria pertinenza, devono trasferire all'acquirente, previa annotazione nello spazio all'uopo riservato, le rispettive ricevute delle uve, effettuando le debite registrazioni nella scheda di produzione prescritta dall'art. 35 del decreto del Presidente della Repubblica 12 febbraio 1965, n. 162 (5), con le modalità e formalità di cui al decreto ministeriale 23 settembre 1965 (6).

Qualora, invece, la vendita del mosto o del vino di cui al comma precedente venga effettuata frazionatamente, la Camera di commercio, industria, artigianato ed agricoltura competente per territorio, su richiesta del conduttore o degli aventi diritto, provvede a frazionare la ricevuta di produzione delle uve - ad essi rilasciata a termini del precedente art. 10 - in più ricevute, a taglio fisso, corrispondenti nel complesso al quantitativo di mosto o vino previsto nella ricevuta di produzione delle uve.

Tali ricevute, riunite in libretto, intestato al conduttore o all'avente diritto, devono essere redatte in conformità del modulo E annesso al presente decreto e vistato dal Ministro per l'agricoltura e per le foreste.

La Camera di commercio, all'atto del rilascio delle ricevute frazionate, ritira dagli interessati la ricevuta di produzione delle uve di cui si richiede il frazionamento, annotando su di essa gli estremi delle ricevute frazionate.

Il conduttore o gli aventi diritto per ogni singola cessione di mosto o vino, devono trasferire all'acquirente, previa annotazione nello spazio all'uopo riservato, le relative ricevute frazionate, effettuando anche le debite registrazioni nella scheda di produzione, come previsto nel primo comma del presente articolo.

Nelle ricevute i conduttori o gli aventi diritto devono dichiarare, nel caso in cui il disciplinare lo consenta, se il mosto o il vino oggetto della vendita, abbia o meno usufruito della correzione di cui al successivo art. 13.

Le ricevute trasferite devono essere allegate, a cura dell'acquirente, nell'apposito registro di magazzino di carico e scarico prescritto dall'art. 13 del decreto del Presidente della Repubblica 12 luglio 1963, n. 930 (7).

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(5) Riportato al n. A/II.

(6) Riportato al n. A/VIII.

(7) Riportato al n. B/V.

 

13. La correzione dei mosti e vini a denominazione di origine «controllata» o «controllata e garantita» - nei limiti e con le modalità previsti dai rispettivi disciplinari di produzione - con uve, mosti e vini provenienti anche da zone diverse da quella delimitata dai disciplinari medesimi, può essere effettuata dai viticoltori produttori di vino singoli o associati, nonché dai vinificatori delle uve e, se non effettuata da essi, dal primo acquirente del mosto o del vino.

 

14. Ai sensi e per gli effetti di cui all'art. 11, quarto comma, del decreto del Presidente della Repubblica 12 luglio 1963, n. 930, i conduttori o gli aventi diritto che abbiano vinificato in proprio le quote di uva di propria spettanza, devono indicare, all'atto della denuncia annuale di produzione e delle giacenze di mosto e vino, distintamente dagli altri prodotti vinicoli, il quantitativo di vino a denominazione di origine «controllata» o «controllata e garantita», specificando per ciascuno di detti vini, la corrispondente denominazione di origine e gli estremi della ricevuta di produzione delle uve rilasciata dalla Camera di commercio, industria, artigianato ed agricoltura.

All'atto della denuncia annuale del mosto o del vino ottenuto dalle uve denunciate, i conduttori o gli aventi diritto devono dichiarare altresì, nei casi in cui la correzione sia consentita dal disciplinare, se abbiano o meno usufruito di detta correzione, indicando, in caso affermativo, la quantità di uva, mosto o vino acquistato da terzi, nonché la percentuale della correzione, espressa in vino.

 

15. La stampa dei moduli delle denuncie delle ricevute conformi agli annessi moduli A, B, C, D ed E del presente decreto e la loro distribuzione ai Comuni interessati vengono effettuate a cura della Camera di commercio, industria, artigianato ed agricoltura competente per territorio.

 

16. Le iscrizioni dei terreni vitati nell'Albo dei vigneti e i relativi attestati, nonché la ricevuta o, in caso di frazionamento, le ricevute di cui all'art. 11 del decreto del Presidente della Repubblica 12 luglio 1963, n. 930 (7), da rilasciare dalla Camera di commercio, industria, artigianato ed agricoltura, in carta libera, sono assoggettati al pagamento dei diritti di segreteria previsti dalle norme vigenti per le certificazioni camerali.

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(7) Riportato al n. B/V.

17. Le violazioni alle disposizioni contenute nel presente decreto sono punite a termini degli artt. 33 e 34 del decreto del Presidente della Repubblica 12 luglio 1963, n. 930 (7).

(Si omettono i modelli)

 

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(7) Riportato al n. B/V.


L. 7 agosto 1990, n. 241
Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi (art. 14)

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(1) Pubblicata nella Gazz. Uff. 18 agosto 1990, n. 192.

(omissis)

Capo IV - Semplificazione dell'azione amministrativa

14. Conferenza di servizi (31).

1. Qualora sia opportuno effettuare un esame contestuale di vari interessi pubblici coinvolti in un procedimento amministrativo, l'amministrazione procedente indìce di regola una conferenza di servizi.

2. La conferenza di servizi è sempre indetta quando l'amministrazione procedente deve acquisire intese, concerti, nulla osta o assensi comunque denominati di altre amministrazioni pubbliche e non li ottenga, entro trenta giorni dalla ricezione, da parte dell'amministrazione competente, della relativa richiesta. La conferenza può essere altresì indetta quando nello stesso termine è intervenuto il dissenso di una o più amministrazioni interpellate.

3. La conferenza di servizi può essere convocata anche per l'esame contestuale di interessi coinvolti in più procedimenti amministrativi connessi, riguardanti medesimi attività o risultati. In tal caso, la conferenza è indetta dall'amministrazione o, previa informale intesa, da una delle amministrazioni che curano l'interesse pubblico prevalente. L'indizione della conferenza può essere richiesta da qualsiasi altra amministrazione coinvolta.

4. Quando l'attività del privato sia subordinata ad atti di consenso, comunque denominati, di competenza di più amministrazioni pubbliche, la conferenza di servizi è convocata, anche su richiesta dell'interessato, dall'amministrazione competente per l'adozione del provvedimento finale (32).

5. In caso di affidamento di concessione di lavori pubblici la conferenza di servizi è convocata dal concedente ovvero, con il consenso di quest'ultimo, dal concessionario entro quindici giorni fatto salvo quanto previsto dalle leggi regionali in materia di valutazione di impatto ambientale (VIA). Quando la conferenza è convocata ad istanza del concessionario spetta in ogni caso al concedente il diritto di voto.

5-bis. Previo accordo tra le amministrazioni coinvolte, la conferenza di servizi è convocata e svolta avvalendosi degli strumenti informatici disponibili, secondo i tempi e le modalità stabiliti dalle medesime amministrazioni (33).

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(31) Rubrica aggiunta dall'art. 21, L. 11 febbraio 2005, n. 15.

(32) Vedi, anche, l'art. 2, O.P.C.M. 12 marzo 2003, n. 3268.

(33) Articolo prima modificato dall'art. 2, L. 24 dicembre 1993, n. 537, dall'art. 3-bis, D.L. 12 maggio 1995, n. 163, dall'art. 17, L. 15 maggio 1997, n. 127, nel testo integrato dall'art. 2, L. 16 giugno 1998, n. 191, poi sostituito dall'art. 9, L. 24 novembre 2000, n. 340 ed infine così modificato dall'art. 8, L. 11 febbraio 2005, n. 15.

(omissis)


D.Lgs. 4 dicembre 1992, n. 480
Attuazione della direttiva n. 89/104/CEE 21 dicembre 1988 del Consiglio, recante ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di marchi di impresa

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(1) Pubblicato nella Gazz. Uff. 16 dicembre 1992, n. 295, S.O.

      (2) Il presente decreto è stato abrogato dall'art. 246, D.Lgs. 10 febbraio 2005, n. 30. Vedi, anche, gli articoli 231 e seguenti dello stesso decreto.

 

IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

Visti gli articoli 76 e 87 della Costituzione;

Visto l'art. 62 della legge 19 febbraio 1992, n. 142, recante delega al Governo per l'attuazione della direttiva n. 89/104/CEE Consiglio del 21 dicembre 1988, in materia di ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di marchi di impresa;

Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 24 novembre 1992;

Sulla proposta dei Ministri per il coordinamento delle politiche comunitarie e dell'industria, del commercio e dell'artigianato, di concerto con i Ministri degli affari esteri, di grazia e giustizia e del tesoro;

Emana il seguente decreto legislativo:

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Capo I - Modifiche al regio decreto 21 giugno 1942, n. 929 (3),e successive modificazioni

1-71. [ (4)] (2).

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(3) Riportato al n. A/I.

(4) Le modifiche contenute negli articoli da 1 a 71 sono state inserite nel testo del R.D. 21 giugno 1942, n. 929, riportato al n. A/I.

(2) Il presente decreto è stato abrogato dall'art. 246, D.Lgs. 10 febbraio 2005, n. 30. Vedi, anche, gli articoli 231 e seguenti dello stesso decreto.

 

Capo II - Modifiche al decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1972, n. 540 (5), e successive modificazioni

72-78. [ (6)] (2).

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(5) Riportato alla voce Brevetti per invenzioni industriali.

(6) Le modifiche contenute negli articoli da 72 a 78 sono state inserite nel testo del D.P.R. 30 giugno 1972, n. 540, riportato alla voce Brevetti per invenzioni industriali.

(2) Il presente decreto è stato abrogato dall'art. 246, D.Lgs. 10 febbraio 2005, n. 30. Vedi, anche, gli articoli 231 e seguenti dello stesso decreto.

 

Capo III - Modifiche al decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 641 (7), e successive modificazioni

79-80. [ (8)] (2).

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(7) Riportato alla voce Concessioni governative (Tasse sulle).

(8) Le modifiche contenute negli articoli 79 e 80 sono state inserite nel testo del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 641, riportato alla voce Concessioni governative (Tasse sulle).

(2) Il presente decreto è stato abrogato dall'art. 246, D.Lgs. 10 febbraio 2005, n. 30. Vedi, anche, gli articoli 231 e seguenti dello stesso decreto.

 

Capo IV - Modifiche al codice civile

81-83. [ (9)] (2).

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(9) Le modifiche sono state inserite nel testo del Codice civile.

(2) Il presente decreto è stato abrogato dall'art. 246, D.Lgs. 10 febbraio 2005, n. 30. Vedi, anche, gli articoli 231 e seguenti dello stesso decreto.

 

Capo V - Modifiche a leggi in materia di proprietà industriale

84. [ (10)] (2).

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(10) Sostituisce l'art. 70, R.D. 29 giugno 1939, n. 1127, riportato alla voce Brevetti per invenzioni industriali.

(2) Il presente decreto è stato abrogato dall'art. 246, D.Lgs. 10 febbraio 2005, n. 30. Vedi, anche, gli articoli 231 e seguenti dello stesso decreto.

 

85. [ (11)] (2).

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(11) Sostituisce l'art. 97, R.D. 29 giugno 1939, n. 1127, riportato alla voce Brevetti per invenzioni industriali.

(2) Il presente decreto è stato abrogato dall'art. 246, D.Lgs. 10 febbraio 2005, n. 30. Vedi, anche, gli articoli 231 e seguenti dello stesso decreto.

 

86. [1. Ogniqualvolta nelle leggi compare l'espressione: «Ufficio centrale dei brevetti per invenzioni, modelli e marchi», oppure «Ufficio centrale brevetti» oppure «Ufficio centrale dei brevetti» oppure «Ufficio centrale», essa deve essere sostituita dalla seguente: «Ufficio italiano brevetti e marchi»] (2).

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(2) Il presente decreto è stato abrogato dall'art. 246, D.Lgs. 10 febbraio 2005, n. 30. Vedi, anche, gli articoli 231 e seguenti dello stesso decreto.

 

Capo VI - Disposizioni transitorie e finali

87. [1. Le domande di brevetto per marchio e le domande di trascrizione depositate prima della data di entrata in vigore del presente decreto sono trattate secondo le disposizioni in esso contenute. Tuttavia, per quanto riguarda la regolarità formale, sono soggette alle norme preesistenti] (2).

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(2) Il presente decreto è stato abto dall'art. 246, D.Lgs. 10 febbraio 2005, n. 30. Vedi, anche, gli articoli 231 e seguenti dello stesso decreto.

 

88. [1. Il diritto di far uso esclusivo di un marchio concesso prima della data di entrata in vigore del presente decreto e che goda di rinomanza non consente al titolare di opporsi all'ulteriore uso nel commercio di un segno identico o simile al marchio per prodotti o servizi non affini a quelli per cui esso è stato registrato] (2).

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(2) Il presente decreto è stato abrogato dall'art. 246, D.Lgs. 10 febbraio 2005, n. 30. Vedi, anche, gli articoli 231 e seguenti dello stesso decreto.

 

 

89. [1. I marchi d'impresa concessi prima della data di entrata in vigore del presente decreto sono soggetti, in quanto alle cause di nullità, alle norme di legge anteriori.

2. Non può essere dichiarata la nullità del marchio se, anteriormente alla proposizione della domanda principale o riconvenzionale di nullità, il segno, a seguito dell'uso che ne sia stato fatto, abbia acquistato carattere distintivo.

3. Non può essere dichiarata la nullità del marchio se il marchio anteriore sia scaduto da oltre due anni, ovvero tre se si tratta di marchio collettivo, o possa considerarsi decaduto per non uso anteriormente alla proposizione della domanda principale o riconvenzionale di nullità.

4. Ai fini dell'applicazione dell'art. 48 del regio decreto 21 giugno 1942, n. 929 (3), come sostituito dal presente decreto, il termine di cinque anni decorre dalla data di entrata in vigore dello stesso] (2).

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(3) Riportato al n. A/I.

(2) Il presente decreto è stato abrogato dall'art. 246, D.Lgs. 10 febbraio 2005, n. 30. Vedi, anche, gli articoli 231 e seguenti dello stesso decreto.

 

90. [1. Le norme del presente decreto che disciplinano il trasferimento e la licenza del marchio si applicano anche ai marchi già concessi ma non ai contratti conclusi prima della data di entrata in vigore del presente decreto] (2).

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(2) Il presente decreto è stato abrogato dall'art. 246, D.Lgs. 10 febbraio 2005, n. 30. Vedi, anche, gli articoli 231 e seguenti dello stesso decreto.

 

91. [1. Le norme del presente decreto che disciplinano la decadenza per non uso si applicano ai marchi già concessi alla data di entrata in vigore del presente decreto, purché non ancora decaduti a tale data] (2).

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(2) Il presente decreto è stato abrogato dall'art. 246, D.Lgs. 10 febbraio 2005, n. 30. Vedi, anche, gli articoli 231 e seguenti dello stesso decreto.

 

92. [1. Le norme del presente decreto che disciplinano la decadenza del marchio per uso ingannevole dello stesso si applicano ai marchi già concessi alla data di entrata in vigore del presente decreto, in relazione ad un uso ingannevole posto in essere dopo la sua entrata in vigore] (2).

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(2) Il presente decreto è stato abrogato dall'art. 246, D.Lgs. 10 febbraio 2005, n. 30. Vedi, anche, gli articoli 231 e seguenti dello stesso decreto.

 

93. [1. I marchi già concessi o rinnovati, per i quali è decorso il primo decennio di durata alla data di entrata in vigore del presente decreto, sono rinnovati automaticamente per un decennio decorrente dalla scadenza del primo, salvo il pagamento della tassa di rinnovazione, se dovuta.

2. Sono altresì automaticamente rinnovati per un decennio i marchi il cui primo decennio di durata scade nell'anno successivo alla data di entrata in vigore del presente decreto, salvo il pagamento della tassa di rinnovazione, se dovuta] (2).

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(2) Il presente decreto è stato abrogato dall'art. 246, D.Lgs. 10 febbraio 2005, n. 30. Vedi, anche, gli articoli 231 e seguenti dello stesso decreto.

 

94. [1. Con apposito regolamento da emanarsi entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto, il Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato, di concerto con il Ministro di grazia e giustizia, adotta le disposizioni occorrenti per estendere la disciplina di cui al decreto del Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato in data 3 aprile 1981, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 150 del 3 giugno 1981, concernente l'albo dei mandatari abilitati anche alla registrazione dei marchi d'impresa. Fino alla formazione di tale albo, il mandato può essere conferito a chiunque] (2).

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(2) Il presente decreto è stato abrogato dall'art. 246, D.Lgs. 10 febbraio 2005, n. 30. Vedi, anche, gli articoli 231 e seguenti dello stesso decreto.

 

95. [1. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto, si provvede, con decreto del Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato, alle modifiche da apportare ai decreti del medesimo Ministro in data 25 settembre 1972 (12) e 22 febbraio 1973 (12), rispettivamente pubblicati nella Gazzetta Ufficiale n. 260 del 4 ottobre 1972 e n. 69 del 15 marzo 1973, nonché al regolamento 19 luglio 1989, n. 320, relativi alla procedura di registrazione dei marchi, e ad ogni altro decreto ministeriale relativo alla proprietà industriale, al fine di renderli compatibili con le disposizioni del presente decreto] (2).

 

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(12) Riportato alla voce Brevetti per invenzioni industriali.

(12) Riportato alla voce Brevetti per invenzioni industriali.

(2) Il presente decreto è stato abrogato dall'art. 246, D.Lgs. 10 febbraio 2005, n. 30. Vedi, anche, gli articoli 231 e seguenti dello stesso decreto.


L. 10 febbraio 1992, n. 164
Nuova disciplina delle denominazioni d'origine

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(1) Pubblicata nella Gazz. Uff. 26 febbraio 1992, n. 47, S.O.

(1/a) Vedi, anche, l'art. 14, D.Lgs. 30 aprile 1998, n. 173, riportato alla voce Sviluppo dell'agricoltura. Le violazioni previste come reato dalla presente legge sono state trasformate in illeciti amministrativi dall'art. 1, D.Lgs. 30 dicembre 1999, n. 507, in attuazione della delega contenuta nella L. 25 giugno 1999, n. 205. Vedi, anche, l'art. 93 del suddetto decreto, nel quale sono indicate le autorità competenti ad applicare le sanzioni amministrative per le violazioni depenalizzate.

 

Capo I - Norme generali - Classificazione delle denominazioni di origine, delle indicazioni geografiche tipiche e ambito di applicazione

 

1. Denominazione di origine e indicazione geografica tipica.

1. Per denominazione di origine dei vini si intende il nome geografico di una zona viticola particolarmente vocata utilizzato per designare un prodotto di qualità e rinomato, le cui caratteristiche sono connesse all'ambiente naturale ed ai fattori umani.

2. Per indicazione geografica tipica dei vini si intende il nome geografico di una zona utilizzato per designare il prodotto che ne deriva.

3. Le denominazioni di origine e le indicazioni geografiche tipiche sono riservate ai mosti e ai vini, alle condizioni previste dalla presente legge.

4. Le «bevande di fantasia a base di vino», le «bevande di fantasia provenienti dall'uva», i succhi non fermentati della vite, i prodotti vitivinicoli aromatizzati, nonché i vini frizzanti gassificati ed i vini spumanti gassificati non possono utilizzare denominazioni d'origine e indicazioni geografiche tipiche nella loro designazione e presentazione.

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2. Utilizzazione delle denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche tipiche.

1. Le denominazioni di origine e le loro sottozone, nonché le indicazioni geografiche tipiche di cui all'articolo 1 sono utilizzate per designare vini appartenenti ad una pluralità di produttori, fatte salve le situazioni giuridiche acquisite in base al previgente ordinamento. In casi eccezionali, tenuto conto delle specifiche particolarità ambientali di singole microzone, anche se ricadenti in un'unica proprietà, che diano un prodotto d'interesse nazionale altamente qualitativo anche ai fini della promozione dell'immagine del vino italiano all'estero, può riconoscersi ai vini il nome della sottozona ed un disciplinare di produzione autonomo con regolamentazione più restrittiva nell'ambito di una denominazione di origine o di una indicazione geografica tipica esistente o di una nuova di interesse diffuso. Nella designazione, il nome di detta sottozona può precedere o seguire quello della denominazione di origine o della indicazione geografica tipica. Per il riconoscimento della sottozona, il Comitato nazionale di cui all'articolo 17 delibera con la maggioranza dei tre quarti dei componenti.

2. Il nome geografico, che costituisce la denominazione di origine o l'indicazione geografica tipica, e le altre menzioni riservate non possono essere impiegati per designare prodotti similari o alternativi a quelli definiti al comma 1 nè, comunque, essere impiegati in modo tale da ingenerare, nei consumatori, confusione nella individuazione dei prodotti.

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3. Classificazione delle denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche tipiche.

1. Le denominazioni di origine e le indicazioni geografiche tipiche di cui all'articolo 1, con riguardo ai prodotti di cui alla presente legge, si classificano in:

a) denominazioni di origine controllata e garantita (DOCG);

b) denominazioni di origine controllata (DOC);

c) indicazioni geografiche tipiche (IGT).

2. I mosti ed i vini possono utilizzare le DOCG, le DOC e le IGT.

3. Le DOCG e le DOC sono le menzioni specifiche tradizionali utilizzate dall'Italia per designare i VQPRD (vini di qualità prodotti in regioni determinate). I vini possono altresì utilizzare le denominazioni seguenti: VSQPRD (vini spumanti di qualità prodotti in regioni determinate) come regolamentati dalla Comunità economica europea (CEE); VLQPRD (vini liquorosi di qualità prodotti in regioni determinate); VFQPRD (vini frizzanti di qualità prodotti in regioni determinate). Le definizioni della CEE sono aggiuntive e non sostitutive delle menzioni italiane.

4. La menzione IGT può essere sostituita dalla menzione «Vin de pays» per i vini prodotti in Val d'Aosta, di bilinguismo francese, e dalla menzione «Landweine» per i vini prodotti in provincia di Bolzano, di bilinguismo tedesco.

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4. Ambiti territoriali.

1. Per DOCG e DOC si intendono i nomi geografici e le qualificazioni geografiche delle corrispondenti zone di produzione, usati per designare i vini di cui all'articolo 1 le cui caratteristiche dipendono dalle condizioni naturali, correlate alla vocazione vitivinicola.

2. All'atto del riconoscimento della denominazione e della delimitazione dell'area viticola, le zone di produzione di cui al comma 1 possono comprendere, oltre al territorio indicato con la denominazione di origine, anche territori adiacenti o vicini, quando in essi esistano analoghe condizioni ambientali, gli stessi vitigni e siano praticate le medesime tecniche colturali, purché i vini prodotti e commercializzati da almeno un decennio abbiano uguali caratteristiche chimico-fisiche ed organolettiche.

3. Nell'ambito di una zona di produzione possono sussistere aree più ristrette, denominate sottozone, aventi specifiche caratteristiche ambientali o tradizionalmente note, designate con specifico nome geografico o storico-geografico, anche con rilevanza amministrativa, purché espressamente previste e più rigidamente disciplinate nel disciplinare di produzione e purché vengano associate alla relativa denominazione di origine. Le sottozone delle DOC possono essere promosse a DOCG separatamente o congiuntamente alla DOC principale.

4. Le denominazioni di origine possono essere seguite, dopo la dicitura DOCG o DOC, da nomi di vitigni, menzioni specifiche, riferimenti a particolari tecniche di vinificazione e qualificazioni specifiche del prodotto. Le predette menzioni aggiuntive devono essere previste dal disciplinare di produzione. Sull'uso dei nomi dei vitigni nella designazione e presentazione delle DOCG e delle DOC sono ammesse deroghe se giustificate da comprovati motivi storici ed economici e purché previste dal disciplinare. L'impiego del nome di vitigno per i vini IGT deve essere approvato con apposito decreto del Ministro dell'agricoltura e delle foreste sentito il Comitato nazionale di cui all'articolo 17, ed è abbinato solo ai nomi geografici di zone viticole di ampiezza rilevante.

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5. Specificazioni e menzioni.

1. La specificazione «classico» è riservata ai vini non spumanti della zona di origine più antica ai quali può essere attribuita una regolamentazione autonoma anche nell'ambito della stessa DOCG o DOC. Per il Chianti classico questa zona storica è quella delimitata con decreto interministeriale del 31 luglio 1932.

2. La menzione «riserva» è attribuita ai vini non spumanti che siano stati sottoposti ad un periodo di invecchiamento appositamente previsto dal disciplinare di produzione e, di norma, non inferiore a due anni. Il disciplinare, oltre ad altre eventuali modalità, deve stabilire l'obbligo dell'indicazione dell'annata in etichetta e le regole del suo mantenimento in caso di tagli fra vini di annate diverse.

3. La menzione «novello» è riservata ai vini rispondenti alle condizioni, alle caratteristiche ed ai requisiti previsti in materia dalla legislazione italiana e della CEE.

4. Con decreti del Ministro dell'agricoltura e delle foreste, sentiti le regioni interessate ed il Comitato nazionale di cui all'articolo 17, possono essere modificati i requisiti e le condizioni attualmente previsti per l'utilizzazione delle menzioni aggiuntive, fatta eccezione per la specificazione «classico», ai fini dell'applicazione delle norme di recepimento della normativa della CEE o di particolari esigenze connesse all'evoluzione del settore.

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6. Coesistenza di vini diversi nell'ambito di una stessa denominazione di origine.

1. È consentito che più DOCG o DOC facciano riferimento allo stesso nome geografico anche per contraddistinguere vini diversi, purché le zone di produzione degli stessi comprendano il territorio definito con detto nome geografico.

2. È consentito che, nell'ambito di una denominazione di origine coesistano vini diversi DOCG o DOC purché i vini DOCG:

a) siano prodotti in sottozone o nell'intera area di una DOC individuata con specifico nome geografico o siano prodotti con vitigni inclusi in distinto albo dei vigneti di cui all'articolo 15; le sottozone devono essere delimitate e regolamentate da disciplinari di produzione più restrittivi ed avere albi dei vigneti distinti;

b) ovvero riguardino tipologie particolari derivanti da una specifica piattaforma ampelografica o metodologia di elaborazione;

c) ovvero riportino congiuntamente o disgiuntamente il nome della zona e della sottozona o del vitigno, a seconda della disciplina specifica.

3. La menzione «vigna» seguita dal toponimo può essere utilizzata soltanto nella presentazione e designazione dei vini DOCG e DOC ottenuti dalla superficie vitata che corrisponde al toponimo, definita nell'albo dei vigneti di cui all'articolo 15 e rivendicata nella denuncia annuale di produzione delle uve prevista all'articolo 16, a condizione che la vinificazione delle uve corrispondenti avvenga separatamente.

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7. Zona di produzione di vini ad indicazione geografica tipica e cambiamento di classificazione.

1. Le menzioni geografiche che definiscono le indicazioni geografiche tipiche devono essere utilizzate per contraddistinguere i vini aventi caratteristiche derivanti da zone di produzione, anche comprendenti le aree DOCG o DOC, normalmente di ampia dimensione viticola designate con il nome geografico relativo o comunque indicativo della zona in conformità della normativa italiana e della CEE sui vini IGT. La zona di produzione di un vino IGT deve comprendere un ampio territorio viticolo che presenti uniformità ambientale e conferisca caratteristiche omogenee al vino stesso, e per il quale sussista un interesse collettivo al riconoscimento del vino in esso prodotto.

2. Con decreti del Ministro dell'agricoltura e delle foreste possono essere stabilite norme transitorie e deroghe aventi carattere di eccezionalità, previo parere delle regioni interessate e del Comitato nazionale di cui all'articolo 17.

3. È consentita la coesistenza in una stessa area di produzione di più vini a denominazione di origine e ad indicazione geografica tipica, anche derivanti dagli stessi vigneti, a condizione che a cura dell'avente diritto venga operata annualmente, secondo le prescrizioni dei relativi disciplinari di produzione, la scelta vendemmiale riferita a ciascuna superficie iscritta separatamente ad ogni albo dei vigneti o ad ogni elenco delle vigne di cui all'articolo 15. Tale scelta può riguardare denominazioni di pari o inferiore livello, ricadenti nella stezza zona di produzione.

4. Nel caso sia stata operata la scelta vendemmiale ai sensi del comma 3, la resa massima di cui all'articolo 10, comma 1, lettera c), non può comunque superare il limite più restrittivo tra quelli stabiliti dai differenti disciplinari di produzione.

5. È consentito successivamente per i mosti e per i vini ottenuti il passaggio dal livello di classificazione più elevato a quelli inferiori (da DOCG a DOC a IGT). È inoltre consentito il passaggio sia da DOCG ad altra DOCG, sia da DOC ad altra DOC, sia da una IGT ad altra IGT, purché le denominazioni di origine e le indicazioni geografiche, per le quali si effettua il passaggio orizzontale, si trovino nella medesima area viticola ed il prodotto abbia i requisiti prescritti per la denominazione prescelta e quest'ultima sia territorialmente più estesa rispetto a quella di provenienza. La riclassificazione può essere effettuata a cura del detentore, nel rispetto della regolamentazione dell'Unione europea, e deve, per ciascuna partita, essere comunicata all'ufficio dell'Ispettorato repressione frodi competente per territorio e alla camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura competente prima della relativa annotazione obbligatoria nei registri (1/b).

6. I nomi geografici o parte di essi e le sottozone usati per designare vini DOCG o DOC non possono comunque essere usati per designare vini IGT.

7. La possibilità di utilizzare nomi corrispondenti a frazioni o comuni o zone amministrativamente definite o sottozone, localizzati all'interno della zona di produzione dei vini DOCG o DOC, è consentita per le produzioni classificate nelle DOCG o DOC, a condizione che sia espressamente prevista una lista positiva nei disciplinari di produzione dei singoli vini di cui trattasi e deve avvenire nel rispetto delle condizioni e delle modalità stabilite con apposito decreto del Ministro dell'agricoltura e delle foreste.

8. Il taglio tra due o più mosti o vini DOCG, DOC o IGT diversi comporta la perdita del diritto all'uso della denominazione di origine per il prodotto ottenuto che può tuttavia essere classificato come vino IGT qualora ne abbia le caratteristiche.

9. Con decreto del Ministro dell'agricoltura e delle foreste, su parere delle regioni interessate, sentito il Comitato nazionale di cui all'articolo 17, può essere autorizzato in via transitoria, per un periodo non superiore a cinque anni, l'uso di una IGT già riconosciuta collegata al nome di nuovi vitigni, per i quali sia stata superata la fase della sperimentazione e sia stata presentata la richiesta di riconoscimento a livello di vitigni raccomandati o autorizzati. Qualora detti vitigni siano stati autorizzati dalla CEE, l'uso della relativa IGT diviene definitivo.

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(1/b) Comma prima sostituito dall'art. 1, L. 16 giugno 1998, n. 193 (Gazz. Uff. 23 giugno 1998, n. 144) e poi così modificato dall'art. 11, L. 27 marzo 2001, n. 122.

 

Capo II - Riconoscimento e modalità di gestione dei riferimenti geografici

8. Riconoscimento delle denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche tipiche. Approvazione dei disciplinari di produzione.

1. Le DOCG sono riservate ai vini già riconosciuti DOC da almeno cinque anni che siano ritenuti di particolare pregio, in relazione alle caratteristiche qualitative intrinseche, rispetto alla media di quelle degli analoghi vini così classificati, per effetto dell'incidenza di tradizionali fattori naturali, umani e storici e che abbiano acquisito rinomanza e valorizzazione commerciale a livello nazionale ed internazionale.

2. Le DOC e le IGT sono riservate alle produzioni di cui all'articolo 1 che corrispondano alle condizioni ed ai requisiti stabiliti, per ciascuna di esse, nei relativi disciplinari di produzione.

3. Il riconoscimento delle denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche tipiche e la delimitazione delle rispettive zone di produzione vengono effettuati contestualmente all'approvazione dei relativi disciplinari di produzione, con decreto del Ministro dell'agricoltura e delle foreste previo conforme parere del Comitato nazionale di cui all'articolo 17, sentite le regioni interessate.

4. Le DOCG e le DOC possono essere precedute da un nome geografico più ampio, anche di carattere storico, tradizionale o amministrativo. I singoli vini conservano la loro identità e la possibilità di tale utilizzazione deve essere espressamente approvata con decreto del Ministro dell'agricoltura e delle foreste, su conforme parere della regione interessata, sentito il Comitato nazionale di cui all'articolo 17.

5. Il riconoscimento di DOCG deve prevedere una disciplina viticola ed enologica di norma più restrittiva rispetto a quella della DOC e progressiva con il passaggio a sottozone od a comuni.

6. Il decreto ministeriale di cui al comma 3 fissa la data di entrata in vigore delle norme contenute nel disciplinare di produzione e può, se necessario, prevedere disposizioni di carattere transitorio.

7. L'uso delle DOCG e delle DOC non è consentito per i vini ottenuti sia totalmente che parzialmente da vitigni che non siano stati classificati fra i raccomandati e gli autorizzati o che derivino da ibridi interspecifici tra la Vitis vinifera ed altre specie americane od asiatiche.

8. È altresì vietato su tutto il territorio italiano impiegare le uve da tavola per ottenere vini a denominazione di origine o a indicazione geografica tipica.

9. Le denominazioni di origine e le indicazioni geografiche tipiche decadono quando il relativo vino è addizionato all'estero da altro vino in qualsiasi misura e di qualsiasi provenienza, anche se tale pratica è ammessa dalla normativa del Paese nel quale si effettua o nel quale il prodotto ottenuto è imbottigliato.

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9. Revoca del riconoscimento delle denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche tipiche.

1. Il riconoscimento delle denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche tipiche può essere revocato:

a) quando la DOCG, la DOC o la IGT non sia stata attivata entro il triennio successivo alla data di entrata in vigore delle norme contenute nel disciplinare di produzione;

b) quando per cinque anni consecutivi i produttori iscritti all'albo dei vigneti di cui all'articolo 15 non abbiano presentato denunce di produzione delle uve ai sensi dell'articolo 16 o nel complesso della zona vi sia stata una scarsa utilizzazione della denominazione, e, di norma, quando essa sia stata inferiore al 35 per cento della superficie iscritta all'albo per le DOCG ed inferiore al 15 per cento per le DOC; dal computo di dette percentuali sono esclusi i vigneti iscritti all'albo che da almeno tre anni consecutivi non siano stati oggetto di denuncia di produzione delle uve e che devono pertanto essere cancellati dall'albo dei vigneti;

c) quando per tre anni consecutivi non siano rispettati i disciplinari di produzione, in ordine ai parametri previsti, per più del 50 per cento dei vigneti iscritti agli albi dei vigneti o agli elenchi delle vigne di cui all'articolo 15; a tal fine, il Comitato nazionale di cui all'articolo 17 è autorizzato a promuovere i controlli da effettuarsi da parte degli uffici dell'Ispettorato repressione frodi e delle regioni competenti per territorio.

2. La revoca di una denominazione di origine, quando si verifichino una o più delle condizioni di cui al comma 1, è disposta con decreto del Ministro dell'agricoltura e delle foreste previo parere della regione competente e del Comitato nazionale di cui all'articolo 17. Il Ministro dell'agricoltura e delle foreste stabilisce, con proprio decreto, le norme occorrenti per la salvaguardia delle situazioni da considerare conformi a provvedimenti ed atti pregressi.

3. I terreni vitati già iscritti all'albo dei vigneti per vini della denominazione di origine revocata, ove ne sussistano le condizioni, possono, su richiesta degli interessati, essere iscritti all'albo di altra denominazione di origine o nell'elenco delle vigne per vini di una indicazione geografica tipica.

4. In caso di produttori responsabili di frodi riguardanti l'origine del prodotto o di sofisticazioni vinicole o di impianti illegittimi, il giudice che accerta il fatto può disporre la sospensione da uno a tre anni o la revoca dell'uso delle denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche tipiche, con la conseguente cancellazione dagli albi dei vigneti o dagli elenchi delle vigne e dagli albi degli imbottigliatori di cui all'articolo 11. In casi di particolare gravità, il giudice può, d'ufficio o su istanza del Ministro dell'agricoltura e delle foreste, procedere in via cautelare alla sospensione a tempo determinato dell'uso delle denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche tipiche ed alla conseguente sospensione dell'iscrizione agli albi dei vigneti, agli elenchi delle vigne ed agli albi degli imbottigliatori.

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10. Disciplinari di produzione.

1. Nei disciplinari di produzione dei vini DOCG e DOC, proposti dai consorzi volontari autorizzati di cui all'articolo 19, comma 3, ovvero dagli interessati, ed approvati col decreto del Ministro della agricoltura e delle foreste di cui all'articolo 8, comma 3, devono essere stabiliti:

a) la denominazione di origine;

b) la delimitazione della zona di produzione delle uve; sono esclusi i territori non vocati alla qualità; tali esclusioni sono verificate da una Commissione composta da membri del Comitato nazionale di cui all'articolo 17, coadiuvata dagli organismi tecnici e, ove esistenti, dai comitati vitivinicoli delle regioni competenti;

c) la resa massima di uva e di vino ad ettaro, sulla base dei risultati quantitativi e qualitativi del quinquennio precedente, di una documentata perizia giurata di tre esperti viticoli di chiara fama o di un documentato parere tecnico della regione competente; i limiti di resa di uva e di vino ad ettaro possono essere differenziati per varietà, sottozone, comuni e frazioni. La tolleranza massima di detti limiti di resa non può superare il 20 per cento, oltre il quale tutta la produzione decade dalla denominazione più elevata e può rientrare, ove ne sussistano le condizioni, in quella sottostante oppure in una IGT corrispondente, su rivendicazione espressa dal produttore ai sensi dell'articolo 16, comma 1. Tale esubero della resa del 20 per cento non può essere commercializzato come vino DOCG o DOC. Le regioni, su proposta dei consorzi volontari di cui all'articolo 19, delegati ai sensi dell'articolo 16, comma 3, e dei consigli interprofessionali di cui all'articolo 20 e sulla base di controlli effettuati dal competente ufficio dell'Ispettorato repressione frodi sulla compatibilità tra titolo alcolometrico volumico minimo naturale e produzione unitaria di uva, possono annualmente aumentare sino ad un massimo del 20 per cento le rese massime di uva e di vino stabilite dal disciplinare, ma solo in annate climaticamente favorevoli. Nelle annate sfavorevoli, le regioni devono ridurre le rese massime consentite sino al limite reale dell'annata, sempre sulla base di dati oggettivi forniti dai competenti uffici dell'Ispettorato repressione frodi. Sulla proposta dei predetti consorzi volontari delegati e consigli interprofessionali, la regione può annualmente ridurre la resa ad ettaro di vino classificabile come vino DOCG o DOC, per conseguire l'equilibrio di mercato. Per i nuovi impianti relativi alla produzione di vini DOCG è obbligatorio prevedere la densità minima di ceppi per ettaro;

d) il titolo alcolometrico volumico minimo naturale potenziale delle uve alla vendemmia, sulla base dei risultati del precedente decennio, distinto per vitigno, sottozona, comune e frazione, avuto riguardo alle norme previste dalla CEE per le zone viticole comunitarie per quanto attiene i VQPRD (DOCG-DOC) ed i vini da tavola (IGT); nell'ambito di uno stesso territorio, detto titolo naturale deve essere progressivamente più elevato per i vini IGT, DOC e DOCG; nel rispetto dei regolamenti della CEE, le regioni possono annualmente consentire un titolo alcolometrico volumico minimo naturale inferiore di mezzo grado a quello stabilito dal disciplinare;

e) le caratteristiche fisico-chimiche ed organolettiche del vino, nonché il titolo alcolometrico volumico minimo richiesto al consumo;

f) le condizioni di produzione ed in particolare le caratteristiche naturali dell'ambiente, quali il clima, il terreno, la giacitura, l'altitudine, l'esposizione, nonché la composizione ampelografica dei vigneti destinati alla produzione delle uve nell'ambito dei vitigni raccomandati e autorizzati, la densità di impianto, le forme di allevamento, i sistemi di potatura, il divieto di pratiche di forzatura;

g) le modalità dell'esame chimico-organolettico prescritto dalla CEE per tutti i VQPRD e quelle del successivo esame organolettico, partita per partita, nella fase dell'imbottigliamento;

h) l'eventuale periodo minimo di invecchiamento in recipienti di legno e di affinamento in bottiglia;

i) l'eventuale imbottigliamento in zone delimitate (1/c).

2. Con decreto del Ministro dell'agricoltura e delle foreste possono essere stabiliti ulteriori elementi da includere facoltativamente nei disciplinari.

3. I disciplinari possono essere modificati su documentata istanza degli organismi interessati, alla quale deve essere allegata la bozza di nuovo disciplinare, nonché su proposta della regione competente o del Comitato nazionale di cui all'articolo 17.

4. Le richieste di modifica devono essere corredate:

a) da una perizia giurata redatta da esperti particolarmente competenti in materia o da un documentato parere della regione competente, qualora le richieste riguardino la zona di produzione, la resa di vino per ettaro, la base ampelografica, il titolo alcolometrico volumico minimo naturale delle uve, le forme di allevamento, le tecniche colturali ed enologiche. La perizia giurata o il parere tecnico della regione competente devono far riferimento a dati sperimentali di almeno cinque anni di ricerche ed attestare l'obiettività e la validità della richiesta;

b) da un'analisi chimico-fisica che attesti l'assenza di influenze negative su campioni di vini ottenuti nel rispetto delle modifiche richieste;

c) da un'analisi organolettica, corredata da apposita relazione della commissione di degustazione competente per territorio di cui all'articolo 13, comma 2, che attesti il miglioramento organolettico del prodotto ovvero la sussistenza dei requisiti richiesti allo stesso livello medio dei vini già prodotti, sempre su campioni di vini ottenuti nel rispetto delle modifiche richieste;

d) dal parere della regione interessata.

5. Il Comitato nazionale di cui all'articolo 17 ha facoltà di nominare commissioni, composte da membri del Comitato stesso e da esperti esterni, per effettuare le verifiche necessarie ai fini delle modifiche proposte.

6. Per la richiesta di modifiche ai disciplinari di produzione si osservano le disposizioni previste per il riconoscimento delle denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche tipiche.

7. Nei disciplinari di produzione dei vini IGT, approvati col decreto del Ministro dell'agricoltura e delle foreste di cui all'articolo 8, comma 3, sono stabiliti:

a) l'indicazione geografica e gli eventuali nomi di vitigni o menzioni aggiuntive;

b) la delimitazione della zona di produzione delle uve;

c) i vitigni che concorrono alla formazione della piattaforma ampelografica;

d) le tipologie enologiche, ivi comprese quelle relative al colore;

e) la resa massima di uva per ettaro;

f) il titolo alcolometrico volumico minimo naturale delle uve;

g) la gradazione alcolometrica minima al consumo del vino;

h) la resa uva-vino;

i) le eventuali pratiche correttive autorizzate (1/cost).

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(1/c) In attuazione di quanto disposto dal presente comma vedi il D.M. 31 luglio 2003.

(1/cost) La Corte costituzionale, con ordinanza 16-30 dicembre 1997, n. 456 (Gazz. Uff. 7 gennaio 1998, n. 1, Serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale degli artt. 10 e 28, sollevata in riferimento agli artt. 3, 25 e 27, secondo comma, della Costituzione. Successivamente la stessa Corte, chiamata a pronunciarsi sulla stessa questione senza addurre nuovi profili o argomentazioni, con ordinanza 1° giugno-3 luglio 1998, n. 243 (Gazz. Uff. 8 luglio 1998, n. 27, Serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale.

 

11. Albo degli imbottigliatori.

1. Il Ministro dell'agricoltura e delle foreste, con proprio decreto, emana, ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400 (2), un regolamento per l'istituzione e la tenuta dell'albo degli imbottigliatori di ciascun vino DOCG, DOC e IGT (2/a).

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(2) Riportata alla voce Ministeri: provvedimenti generali.

(2/a) In attuazione di quanto disposto dal presente articolo vedi il D.M. 21 maggio 2004.

 

12. Modalità e procedure per il riconoscimento delle DOCG, DOC e IGT.

1. Il Ministro dell'agricoltura e delle foreste, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano di cui all'articolo 12 della legge 23 agosto 1988, n. 400 (2), stabilisce, con regolamento da emanare ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della stessa legge n. 400 del 1988, il contenuto delle domande e le procedure per il riconoscimento delle denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche tipiche e di approvazione o modifica dei relativi disciplinari di produzione, nonché le modalità ed i termini di presentazione.

2. Per l'espressione del parere sull'approvazione o la revoca delle denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche tipiche, ovvero sulla modifica dei disciplinari di produzione, è richiesta la maggioranza dei tre quarti dei presenti del Comitato nazionale di cui all'articolo 17.

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(2) Riportata alla voce Ministeri: provvedimenti generali.

 

Capo III - Analisi chimico-fisica ed esame organolettico

13. Analisi chimico-fisica ed esame organolettico.

1. I vini prodotti nel rispetto delle norme previste per la designazione e presentazione delle DOCG e delle DOC e degli specifici disciplinari di produzione, nella fase della produzione, secondo le norme della CEE, ai fini dell'utilizzazione delle rispettive denominazioni di origine, devono essere sottoposti ad una preliminare analisi chimico-fisica e ad un esame organolettico. Per i vini DOCG, inoltre, l'esame organolettico deve essere ripetuto, partita per partita, nella fase dell'imbottigliamento. La certificazione positiva dell'analisi e dell'esame è condizione per l'utilizzazione della DOCG e della DOC.

2. L'analisi chimico-fisica di cui al comma 1 è effettuata, su richiesta degli interessati, dalla competente camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura; l'esame organolettico di cui allo stesso comma 1 è effettuato, su richiesta degli interessati da presentare alla suddetta camera di commercio, da apposite commissioni di degustazione istituite con decreto del Ministro dell'agricoltura e delle foreste presso ciascuna camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura detentrice degli albi dei vigneti ai sensi dell'articolo 15.

3. Le commissioni di cui al comma 2 devono essere composte da tecnici ed esperti degustatori in rappresentanza delle categorie professionali interessate alla produzione e commercializzazione dei vini, scelti nell'ambito di appositi elenchi tenuti dalle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura. Esse durano in carica per un periodo massimo di tre anni; i relativi componenti possono essere riconfermati.

4. Il Ministro dell'agricoltura e delle foreste istituisce con proprio decreto, presso il Comitato nazionale di cui all'articolo 17, commissioni di appello incaricate della revisione delle risultanze degli esami organolettici rispettivamente per l'Italia settentrionale, per l'Italia centrale e per l'Italia meridionale ed insulare.

5. I giudizi delle commissioni di appello sono definitivi.

6. Con decreto del Ministro dell'agricoltura e delle foreste, su parere conforme del Comitato nazionale di cui all'articolo 17, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano di cui all'articolo 12 della legge 23 agosto 1988, n. 400 (2/b), è adottato, ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della stessa legge n. 400 del 1988, il regolamento per la disciplina delle operazioni di prelievo dei campioni e degli esami analitico-organolettici, nonché per il funzionamento delle commissioni di degustazione istituite presso le camere di commercio, industria, artigianato ed agricoltura e di quelle di appello, stabilendo anche i termini per l'effettuazione dei prelievi e degli esami.

7. Il Ministro dell'agricoltura e delle foreste, di concerto con il Ministro del commercio con l'estero, con apposito decreto, emana norme riguardanti i controlli cui devono essere sottoposti i vini italiani prima di essere esportati e quelli presenti sul mercato estero. Con lo stesso decreto sono stabilite le occorrenti misure per la protezione delle denominazioni di origine dalle imitazioni e dalle usurpazioni che possano verificarsi all'estero (2/c).

8. Fino all'istituzione delle commissioni previste dai commi 2 e 4 e all'emanazione del regolamento di cui al comma 6, continuano ad applicarsi le disposizioni vigenti in materia.

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(2/b) Riportata alla voce Ministeri: provvedimenti generali.

(2/c) Con D.M. 25 luglio 2003 si è provveduto alla disciplina degli esami chimico-fisici ed organolettici e dell'attività delle commissioni di degustazione dei vini D.O.C.G. e D.O.C. ai sensi di quanto disposto dal presente comma.

 

Capo IV - Rilevazione e gestione delle superfici abilitate e denunce di produzione

14. Denuncia delle superfici vitate.

1. I conduttori di vigneti devono denunciare ai competenti uffici regionali, ai fini della costituzione del catasto dei vigneti DOCG, DOC e IGT, la superficie dei terreni vitati, con allegata planimetria dei vigneti in scala 1:25.000, destinati a produrre vini DOCG, DOC e IGT.

2. Il catasto dei vigneti di cui al comma 1 è parte integrante dell'anagrafe vitivinicola regionale istituita ai sensi dell'articolo 7 del decreto-legge 18 giugno 1986, n. 282 (3), convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 1986, n. 462.

3. Il Ministro dell'agricoltura e delle foreste stabilisce con proprio decreto le modalità per la denuncia di cui al comma 1.

4. Le regioni trasmettono al Ministero dell'agricoltura e delle foreste copia della denuncia delle superfici vitate e della relativa planimetria dei vigneti, gli aggiornamenti e le risultanze degli accertamenti.

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(3) Riportato alla voce Alimenti, bevande, oggetti di uso domestico e sostanze agrarie (Igiene e repressione delle frodi in materia di).

 

15. Albo dei vigneti ed elenco delle vigne.

1. Per ciascun vino a denominazione di origine, i rispettivi terreni vitati devono, su denuncia dei conduttori interessati, essere iscritti in un apposito albo dei vigneti per vini a denominazione di origine, contraddistinto dalla rispettiva denominazione di origine e dalla sottozona, se prevista dal disciplinare di produzione, dal vitigno o dalle altre tipologie disciplinate.

2. I terreni vitati destinati alla produzione di vini ad indicazione geografica tipica devono essere denunciati e iscritti negli speciali elenchi delle vigne per vini ad indicazione geografica tipica.

3. Con decreto del Ministro dell'agricoltura e delle foreste, di concerto con il Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato, è adottato, ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400 (3/a), il regolamento per la disciplina dell'iscrizione nell'albo dei vigneti e nell'elenco delle vigne, dell'aggiornamento degli stessi e della loro tenuta presso le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura.

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(3/a) Riportata alla voce Ministeri: provvedimenti generali.

 

Capo V - Rivendicazione delle denominazioni di origine e della indicazione geografica tipica

16. Denuncia di produzione delle uve e denuncia generale della produzione vitivinicola.

1. La rivendicazione delle denominazioni di origine e della indicazione geografica tipica è effettuata, da parte del conduttore del vigneto, in periodo di vendemmia, mediante la denuncia di produzione delle uve o la dichiarazione di produzione.

2. La denuncia delle uve destinate alla produzione di vino a denominazione d'origine o ad indicazione geografica tipica deve essere presentata, contestualmente alla denuncia generale della produzione vitivinicola, a cura dei conduttori interessati, al comune competente per territorio che trasmette le denunce stesse, entro i dieci giorni successivi alla scadenza del termine di presentazione, alle competenti camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura.

3. Le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, previa verifica documentale dell'esattezza dei dati contenuti nella denuncia di produzione delle uve, rilasciano, nel termine di trenta giorni, le relative ricevute al conduttore che ha presentato la denuncia. Per tale compito le predette camere di commercio possono avvalersi dei consorzi volontari di cui all'articolo 19 appositamente delegati o delle associazioni dei produttori legalmente riconosciute. Il contenuto, i limiti e le modalità della delega sono determinati dal Ministro dell'agricoltura e delle foreste con proprio decreto.

4. Contestualmente alle operazioni di cui al comma 3, le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura provvedono a comunicare alle regioni interessate e ad immettere nel sistema informativo nazionale del Ministero dell'agricoltura e delle foreste, ai fini dei controlli demandati al Comitato nazionale di cui all'articolo 17, i dati relativi alla denuncia di produzione delle uve presentata ed alla certificazione DOCG, DOC o IGT rilasciata.

5. Al fine di assicurare la rispondenza tra i dati contenuti nella denuncia presentata dai conduttori e la effettiva produzione ottenuta, le regioni, sentite le categorie dei produttori, i consorzi volontari delegati di cui al comma 3 del presente articolo ed i consigli interprofessionali di cui all'articolo 20 e fatto salvo quanto disposto dall'articolo 10, devono annualmente:

a) determinare le rese medie unitarie indicative delle DOCG e delle DOC, nel rispetto delle gradazioni minime naturali delle uve e sulla base dell'andamento climatico e di altre eventuali condizioni di coltivazione;

b) determinare la produzione massima classificabile DOCG e DOC, anche in rapporto alle proposte delle categorie produttrici, dei consorzi volontari autorizzati di cui all'articolo 19, comma 3, e dei predetti consigli interprofessionali relative all'equilibrio da conseguire fra domanda ed offerta;

c) accertare, in collaborazione con i competenti uffici dell'Ispettorato repressione frodi, che la produzione totale di uva per ettaro dei vigneti destinati alle produzioni DOCG e DOC non superi il limite di tolleranza massimo del 20 per cento oltre la resa di vino ad ettaro massima prevista da ciascun disciplinare di produzione per essere destinata a DOCG e a DOC. Nelle annate eccezionalmente favorevoli le regioni possono aumentare le rese unitarie nella misura ed alle condizioni previste dall'articolo 10, comma 1, lettera c), nonché ridurre le stesse alla realtà produttiva nelle annate non favorevoli.

6. I competenti uffici dell'Ispettorato repressione frodi devono annualmente controllare il rispetto dei limiti massimi di resa e dei titoli alcolometrici volumici minimi naturali di ciascuna denominazione di origine e di ciascuna indicazione geografica tipica ed inviare una relazione documentata, con i risultati dei rilievi, al Ministero dell'agricoltura e delle foreste ed al Comitato nazionale di cui all'articolo 17, al termine del periodo vendemmiale di ogni anno.

7. I vini per i quali siano state presentate le denunce e le dichiarazioni di cui al comma 1 ai fini della loro denominazione di origine che, pur non avendo ancora acquisito tutte le caratteristiche per l'immissione al consumo, siano commercializzati all'esterno della zona di vinificazione decadono dal diritto alla denominazione.

8. Nelle zone in cui coesistono sullo stesso territorio diverse denominazioni di origine aventi compatibilità di piattaforma ampelografica e nelle quali può essere esercitata in vendemmia l'opzione di cui all'articolo 7, la denuncia di produzione delle uve deve avvenire conformemente a quanto stabilito annualmente dalle regioni e dai relativi disciplinari di produzione.

9. Con decreto del Ministro dell'agricoltura e delle foreste è adottato, ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400 (3/a), il regolamento per la disciplina dei termini e della modulistica concernente le denunce o le dichiarazioni di cui al comma 1, delle relative modalità di presentazione, degli adempimenti demandati ai conduttori dei terreni vitati interessati, nonché delle attività degli enti e degli organismi interessati per l'applicazione della disciplina sulle DOCG, DOC e IGT relativa alla denuncia ed al controllo della produzione.

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(3/a) Riportata alla voce Ministeri: provvedimenti generali.

 

Capo VI - Istituzione del Comitato nazionale per la tutela e la valorizzazione delle denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche tipiche dei vini

17. Comitato nazionale per la tutela e la valorizzazione delle denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche tipiche dei vini.

1. Entro 180 giorni dalla data di pubblicazione della presente legge nella Gazzetta Ufficiale il Comitato nazionale per la tutela delle denominazioni d'origine di cui all'articolo 17 del decreto del Presidente della Repubblica 12 luglio 1963, n. 930 (4), è sostituito dal «Comitato nazionale per la tutela e la valorizzazione delle denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche tipiche dei vini», cui compete la tutela e la valorizzazione delle denominazioni d'origine e delle indicazioni geografiche tipiche dei vini italiani.

2. Il Comitato è organo del Ministero dell'agricoltura e delle foreste ed ha competenza consultiva, propositiva ed esecutiva su tutti i vini designati con nome geografico.

3. Il Comitato è composto da una sezione interprofessionale, costituita dal Presidente e dai componenti di cui al comma 5, e da una sezione amministrativa, costituita da personale dipendente dal Ministero dell'agricoltura e delle foreste, che svolge anche i compiti di segreteria.

4. Il Presidente è nominato con decreto del Ministro dell'agricoltura e delle foreste.

5. Con decreto del Ministro dell'agricoltura e delle foreste sono nominati i componenti della sezione interprofessionale del Comitato secondo la seguente ripartizione:

a) due funzionari del Ministero dell'agricoltura e delle foreste;

b) un funzionario del Ministero dell'industria, del commercio e dell'artigianato;

c) un funzionario del Ministero del commercio con l'estero;

d) un funzionario dell'Istituto nazionale per il commercio estero;

e) sei membri designati dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano di cui all'articolo 12 della legge 23 agosto 1988, n. 400 (4/a), in rappresentanza delle regioni e delle province autonome (4/b);

f) un membro scelto fra tre designati dall'Unione nazionale delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, in rappresentanza delle camere stesse;

g) un membro scelto fra tre designati dall'Accademia della vite e del vino;

h) due membri esperti particolarmente competenti in materia di viticoltura e di enologia;

i) due membri scelti fra quattro designati dall'Associazione enotecnici italiani e dall'Ordine nazionale assaggiatori vino;

l) un membro scelto fra tre designati dall'Unione nazionale delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, in rappresentanza dei consigli interprofessionali di cui all'articolo 20;

m) un membro scelto fra tre designati dalla Federazione nazionale dei consorzi volontari di cui all'articolo 19, in rappresentanza dei consorzi stessi;

n) un membro scelto fra tre designati dai consigli interprofessionali di cui all'articolo 20;

o) tre membri, di cui uno per l'Italia settentrionale, uno per l'Italia centrale e uno per l'Italia meridionale e insulare, scelti fra sei designati dalle organizzazioni sindacali degli agricoltori;

p) sei membri, di cui due per l'Italia settentrionale, due per l'Italia centrale e due per l'Italia meridionale e insulare, scelti fra dodici designati dalle organizzazioni professionali dei coltivatori diretti maggiormente rappresentative a livello nazionale;

q) tre membri scelti fra sei designati dalle unioni nazionali riconosciute dei produttori vitivinicoli;

r) due membri in rappresentanza delle cantine sociali e cooperative agricole produttrici, scelti fra quattro designati dalle associazioni nazionali riconosciute di assistenza e tutela del movimento cooperativo;

s) un membro scelto fra tre designati dalle organizzazioni sindacali degli industriali vinicoli;

t) un membro scelto fra tre designati dalle organizzazioni sindacali dei commercianti grossisti vinicoli;

u) un membro scelto fra tre designati dalle organizzazioni sindacali degli esportatori vinicoli;

v) un membro particolarmente competente in materia di produzione di vini speciali, scelto fra quattro designati dalle competenti organizzazioni sindacali;

z) un membro scelto fra tre designati dall'Unione nazionale consumatori.

6. [Qualora il Comitato tratti questioni attinenti ad una denominazione di origine ovvero ad una indicazione geografica tipica, partecipa alla riunione, senza diritto al voto, un rappresentante della regione interessata] (4/c).

7. Il Presidente ed i componenti di cui al comma 5 durano in carica cinque anni e possono essere riconfermati per non più di due volte.

8. Il Comitato:

a) esprime il proprio parere nelle materie di cui alla presente legge, formulando e proponendo al Ministero dell'agricoltura e delle foreste disciplinari di produzione dei vini a denominazione di origine e ad indicazione geografica tipica, proponendo strategie di intervento;

b) propone, anche d'ufficio, la modifica o la revoca delle denominazioni di origine o delle indicazioni geografiche tipiche riconosciute e dei loro disciplinari di produzione;

c) collabora con i competenti organi statali e regionali all'osservanza della presente legge e dei disciplinari di produzione relativi ai prodotti con denominazione di origine o con indicazione geografica tipica;

d) promuove iniziative in materia di studi e propaganda per una migliore produzione e per una più estesa divulgazione dei prodotti di cui alla presente legge;

e) tiene rapporti con altri organismi esteri e nazionali operanti nel settore delle denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche tipiche;

f) interviene in Italia e all'estero a tutela delle denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche tipiche, nei modi previsti dalle leggi e dai trattati internazionali;

g) svolge ogni altro incarico ad esso affidato nelle materie di cui alla presente legge;

h) svolge controlli qualitativi e di classificazione di vini DOCG, DOC e IGT, avvalendosi delle commissioni di degustazione di cui all'articolo 13, comma 2;

i) promuove attività di controllo per una corretta produzione, trasformazione e commercializzazione dei vini a denominazione di origine e ad indicazione geografica tipica;

l) promuove e coordina, in collaborazione con le regioni, le indagini relative alla natura, alla composizione e alle rese dei vigneti, nonché alla composizione analitica dei vini a denominazione di origine e ad indicazione geografica tipica;

m) formula proposte sull'applicazione delle norme in materia di analisi chimico-fisiche e di esami organolettici dei vini italiani a denominazione di origine e ad indicazione geografica tipica.

9. Il Comitato può costituirsi, per conto e previa autorizzazione del Ministero dell'agricoltura e delle foreste, parte civile nei procedimenti penali aventi ad oggetto frodi sull'origine e provenienza geografica dei vini di cui alla presente legge. Il Comitato può altresì intervenire nei giudizi civili, ai sensi dell'articolo 105, secondo comma, del codice di procedura civile, per far valere il proprio interesse alla tutela delle denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche tipiche.

10. Il Comitato è legittimato ad agire in giudizio, per conto e previa autorizzazione del Ministero dell'agricoltura e delle foreste, a tutela dei viticoltori interessati nei confronti di soggetti privati e pubblici che, con agenti inquinanti od altri fattori ovvero attraverso l'abusivo esercizio di servitù, rechino pregiudizio alle coltivazioni dei vigneti nonché alla qualità ed all'immagine dei vini a denominazione di origine e ad indicazione geografica tipica.

11. Le spese annuali per il funzionamento del Comitato e per l'adempimento dei suoi compiti istituzionali, sono poste a carico dell'apposito capitolo di spesa dello stato di previsione del Ministero dell'agricoltura e delle foreste.

12. Per il funzionamento del Comitato si osservano, in quanto applicabili, le norme del decreto del Presidente della Repubblica 22 novembre 1965, n. 1675 (4/d).

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(4) Riportato al n. B/V.

(4/a) Riportata alla voce Ministeri: provvedimenti generali.

(4/b) Lettera così sostituita dall'art. 5, D.P.R. 20 aprile 1994, n. 348, riportato al n. B/XXVII.

(4/c) Comma abrogato dall'art. 5, D.P.R. 20 aprile 1994, n. 348, riportato al n. B/XXVII.

(4/d) Riportato al n. B/VI.

 

18. Sezione amministrativa e segreteria del Comitato nazionale.

1. La sezione amministrativa del Comitato nazionale di cui all'articolo 17 è retta da un funzionario del Ministero dell'agricoltura e delle foreste e svolge le occorrenti attività amministrative e tecniche ed ogni altro incarico conferitogli dal Ministero dell'agricoltura e delle foreste e dallo stesso Comitato.

2. Con decreto del Ministro dell'agricoltura e delle foreste è adottato, ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400 (4/e), il regolamento per la composizione, l'organizzazione ed il funzionamento della segreteria del Comitato, tenuto conto di quanto stabilito dal decreto del Presidente della Repubblica 22 novembre 1965, n. 1675 (4/d) (4/f).

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(4/e) Riportata alla voce Ministeri: provvedimenti generali.

(4/d) Riportato al n. B/VI.

(4/f) Il regolamento di cui al presente comma è stato approvato con D.M. 16 giugno 1998, n. 280, riportato al n. B/XXXIV.

 

Capo VIII - Consorzi volontari di tutela e consigli interprofessionali per le denominazioni di origine e le indicazioni geografiche tipiche

19. Consorzi volontari di tutela.

1. Per ciascuna denominazione di origine o indicazione geografica tipica possono essere costituiti consorzi volontari di tutela con l'incarico della tutela, valorizzazione e cura generale degli interessi relativi alle DOCG, DOC e IGT (5). Essi hanno inoltre compiti di proposta per la disciplina regolamentare delle rispettive DOCG, DOC e IGT nonché compiti consultivi nei riguardi della regione e della camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura, in materia di gestione degli albi dei vigneti e degli elenchi delle vigne, di denunce di produzione delle uve e dei vini, di distribuzione dei contrassegni di cui all'articolo 23 e di quant'altro di competenza delle regioni e dei predetti enti camerali, in materia di vini a denominazione d'origine e ad indicazione geografica tipica. Il Ministro dell'agricoltura e delle foreste, sentito il Comitato nazionale di cui all'articolo 17, può, con proprio decreto, affidare l'incarico di collaborare, secondo modalità stabilite dallo stesso decreto, alla vigilanza sull'applicazione della presente legge nei confronti dei propri affiliati, ai consorzi volontari che:

a) siano rappresentativi di almeno il 40 per cento dei produttori e della superficie iscritta all'albo dei vigneti per vini di una DOCG o DOC o all'elenco delle vigne per vini di una IGT, ovvero, nel caso di DOC riguardanti esclusivamente vini spumanti o liquorosi, di almeno il 50 per cento della produzione;

b) siano retti da statuti che consentano l'ammissione, senza discriminazione, di viticoltori, singoli o associati, vinificatori e imbottigliatori autorizzati e che garantiscano la loro rappresentanza nel consiglio di amministrazione;

c) dispongano di strutture e risorse adeguate ai compiti;

d) non gestiscano nè direttamente nè indirettamente marchi collettivi o attività di tipo commerciale o promozionale concernenti i soli associati.

2. È consentita la costituzione di consorzi volontari per più denominazioni di origine o indicazioni geografiche tipiche nel caso in cui le zone di produzione dei vini interessati siano in tutto o in parte coincidenti e riflettano la situazione di cui all'articolo 7.

3. I consorzi volontari costituiti in conformità alle disposizioni della presente legge possono, su loro richiesta, essere autorizzati a svolgere le attività di cui all'articolo 21 con decreto del Ministro dell'agricoltura e delle foreste, sentito il Comitato nazionale di cui all'articolo 17.

4. L'autorizzazione di cui al comma 3 può essere revocata o sospesa qualora vengano meno, in tutto o in parte, le condizioni e i requisiti in base ai quali l'autorizzazione stessa è stata concessa.

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(5) Ai sensi di quanto disposto nel presente comma, con D.Dirett 5 luglio 2000 (Gazz. Uff. 21 luglio 2000, n. 169) è stato approvato lo statuto del «Consorzio tutela Moscato di Scanzo» e conferito l'incarico allo svolgimento delle funzioni di tutela, di valorizzazione e di cura generale degli interessi connessi alla sottozona del vino a denominazioni di origine controllata «Valcalepio - Moscato di Scanzo Passito», e con D.Dirett. 6 luglio 2000 (Gazz. Uff. 21 luglio 2000, n. 169) è stato approvato lo statuto del «Consorzio per la tutela e valorizzazione dei vini D.O.C. Caluso, Carema e Canavese» e conferito l'incarico allo svolgimento delle funzioni di tutela, di valorizzazione e di cura generale degli interessi connessi alle relative denominazioni di origine.

 

20. Consigli interprofessionali per le denominazioni di origine e le indicazioni geografiche tipiche.

1. Qualora per una DOCG, una DOC o una IGT non sia costituito un consorzio volontario di tutela ai sensi dell'articolo 19, presso ciascuna camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura, detentrice di uno o più albi dei vigneti ed elenchi delle vigne, è istituito, per ciascuna denominazione di origine o indicazione geografica tipica, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, il consiglio interprofessionale per la denominazione di origine o l'indicazione geografica tipica, nominato dalla giunta della predetta camera di commercio territorialmente competente. Esso è composto, per un terzo, da rappresentanti del settore viticolo e, per due terzi, da rappresentanti dei settori della trasformazione e del commercio, ivi compresi i viticoltori, i vinificatori e gli imbottigliatori, singoli o associati, in proporzione alla effettiva quota di prodotto rispettivamente trasformato e commercializzato. Nei casi di DOCG, DOC o IGT ricadenti in più province, devono istituirsi consigli interprovinciali, aventi sede nella provincia produttrice di maggiori quantitativi e composti da esponenti di tutte le province interessate.

2. Con decreto del Ministro dell'agricoltura e delle foreste sono stabilite le modalità di designazione dei rappresentanti di cui al comma 1, nonché quelle inerenti al funzionamento e all'autofinanziamento dell'attività dei consigli interprofessionali.

3. Il consiglio interprofessionale è istituzionalmente preposto alla tutela, alla valorizzazione ed alla cura in generale degli interessi relativi alla DOCG, DOC o IGT. Esso ha inoltre compiti di proposta per la disciplina regolamentare della rispettiva DOCG, DOC o IGT, nonché compiti consultivi nei riguardi della regione e della camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura, in materia di gestione degli albi dei vigneti e degli imbottigliatori, dell'elenco delle vigne, di controllo dei vigneti e delle denunce di produzione delle uve e dei vini, della distribuzione dei contrassegni di cui all'articolo 23, e di quant'altro di competenza delle regioni e dei predetti enti camerali in materia di vini a denominazione di origine e ad indicazione geografica tipica.

4. Il consiglio interprofessionale è sciolto e cessa dalle sue funzioni contestualmente alla costituzione del consorzio volontario di tutela per la medesima denominazione di origine o indicazione geografica tipica che abbia i requisiti richiesti all'articolo 19, comma 1.

5. È consentita la costituzione di un unico consiglio interprofessionale per più denominazioni di origine o indicazioni geografiche tipiche nel caso in cui le zone di produzione dei vini interessati siano in tutto o in parte coincidenti e riflettano la situazione di cui all'articolo 7.

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21. Attività dei consorzi volontari e dei consigli interprofessionali.

1. I consorzi volontari autorizzati ai sensi dell'articolo 19, comma 3, e i consigli interprofessionali di cui all'articolo 20 hanno il compito di organizzare e coordinare le attività delle categorie interessate alla produzione ed alla commercializzazione di ciascuna denominazione di origine o indicazione geografica tipica, nell'ambito delle proprie specifiche competenze, ai fini della tutela e della valorizzazione delle denominazioni o indicazioni stesse.

2. L'attività dei consorzi e dei consigli di cui al comma 1, si svolge:

a) a livello tecnico, per assicurare corrispondenza tra gli adempimenti operativi cui sono tenuti i produttori e le norme dei disciplinari di produzione;

b) a livello amministrativo, per assicurare la tutela della denominazione o indicazione dal plagio, dalla sleale concorrenza, dall'usurpazione e da altri illeciti, anche costituendosi parte civile nei procedimenti penali di cui all'articolo 17, comma 9, d'intesa con le regioni.

3. Ai consorzi ed ai consigli di cui al comma 1 è altresì conferito il compito:

a) di collaborare con le regioni nei compiti loro assegnati nel settore della viticoltura a denominazione di origine o ad indicazione geografica tipica;

b) di attuare tutte le misure per valorizzare le denominazioni di origine e le indicazioni geografiche tipiche, sotto il profilo tecnico e dell'immagine.

4. I funzionari dei consorzi e dei consigli di cui al comma 1 sono tenuti a dare comunicazione al Ministero dell'agricoltura e delle foreste di qualsiasi irregolarità riscontrata nell'esercizio delle loro funzioni di vigilanza sull'uso delle denominazioni e delle indicazioni per la cui tutela i rispettivi organismi sono costituiti. Restano in ogni caso salvi i poteri di vigilanza spettanti al Ministero dell'agricoltura e delle foreste ed alle altre pubbliche amministrazioni in base all'ordinamento vigente.

5. I consorzi ed i consigli di cui al comma 1 sono coordinati dal Comitato nazionale di cui all'articolo 17 e devono osservare le direttive del Comitato stesso.

6. Le modificazioni degli statuti dei consorzi volontari autorizzati sono sottoposte al preventivo esame del Comitato nazionale di cui all'articolo 17, per la successiva approvazione da parte del Ministero dell'agricoltura e delle foreste.

7. Con decreto del Ministro dell'agricoltura e delle foreste sono stabilite le condizioni per consentire ai consorzi volontari di ottenere l'incarico di collaborare nella vigilanza di cui all'articolo 19, comma 1, nonché le condizioni per consentire ai consorzi volontari ed ai consigli interprofessionali di svolgere le attività indicate nel presente articolo (5/a).

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(5/a) Vedi il regolamento approvato con D.M. 4 giugno 1997, n. 256, riportato al n. B/XXXII.

 

Capo VIII - Disposizioni sulla designazione e presentazione dei vini

22. Designazione e presentazione dei vini.

1. Il Ministro dell'agricoltura e delle foreste disciplina con proprio decreto, in conformità alla normativa della CEE, le modalità di designazione e presentazione per le etichette da apporre sulle bottiglie e sugli altri recipienti contenenti vino, di capacità non superiore a cinque litri.

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23. Recipienti dei vini e contrassegno di Stato.

1. Con decreto del Ministro dell'agricoltura e delle foreste sono stabiliti il colore, la forma, la tipologia, la capacità, i materiali e le chiusure dei recipienti nei quali sono confezionati i vini a denominazione di origine.

2. La tappatura «a fungo» e a «gabbietta» è riservata ai vini spumanti, salvo deroghe giustificate dalla tradizione e che comportino comunque una differenziazione del confezionamento fra vini spumanti e frizzanti della stessa origine.

3. I vini DOCG devono essere immessi al consumo in bottiglia o in altri recipienti di capacità non superiore a cinque litri, muniti, a cura delle ditte imbottigliatrici, di un contrassegno di Stato, applicato in modo tale da impedire che il contenuto possa essere estratto senza l'inattivazione del contrassegno stesso. Esso è fornito di una serie e di un numero di identificazione e deve unificarsi con il contrassegno IVA.

4. Con decreto del Ministro dell'agricoltura e delle foreste, di concerto con quello delle finanze, sono stabilite le caratteristiche, le diciture nonché le modalità per la fabbricazione, l'uso, la distribuzione ed il controllo dei contrassegni, il cui prezzo non può essere superiore al costo di produzione, maggiorato del 20 per cento. Il prezzo è fissato entro il 31 dicembre di ogni anno per l'anno successivo.

5. Il provento della vendita dei contrassegni affluisce all'entrata del bilancio dello Stato.

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24. Impiego delle denominazioni geografiche.

1. Dalla data di entrata in vigore dei decreti di riconoscimento, le denominazioni di origine e le indicazioni geografiche tipiche non possono essere usate se non in conformità a quanto stabilito nei decreti medesimi.

2. A partire dalla stessa data di cui al comma 1 è vietato qualificare, direttamente o indirettamente, i prodotti che portano la denominazione di origine o l'indicazione geografica tipica in modo non espressamente consentito dai decreti di riconoscimento.

3. Non si considera impiego di denominazione di origine, al fine della presente legge, l'uso di nomi geografici inclusi in veritieri nomi propri, ragioni sociali ovvero in indirizzi di ditte, cantine, fattorie e simili. Nei casi in cui detti nomi contengano in tutto o in parte termini geografici riservati ai vini DOCG, DOC e IGT o possano creare confusione con essi, è fatto obbligo che i caratteri usati per indicarli non superino i tre millimetri di altezza per due di larghezza ed in ogni caso non siano superiori ad un quarto, sia in altezza che in larghezza, di quelli usati per la denominazione del prodotto e per l'indicazione della ditta o ragione sociale del produttore, commerciante o imbottigliatore, con l'osservanza di quanto stabilito ai sensi dell'articolo 10.

4. Il riconoscimento di una denominazione di origine o di una indicazione geografica tipica esclude la possibilità di impiegare i nomi geografici utilizzati per designare marchi e comporta l'obbligo per i nomi propri aziendali di minimizzare i caratteri come previsto al comma 3. Per i marchi più antichi e rinomati e per nuove denominazioni di origine, il Ministro dell'agricoltura e delle foreste può, con proprio decreto, concedere una deroga sulla minimizzazione dei caratteri per un massimo di 10 anni.

4-bis. Salvo il disposto dell'art. 2, comma 2, in caso di denominazioni di origine, o di indicazioni geografiche omonime, il riconoscimento può essere accordato a ciascuna di esse. Il Ministero delle risorse agricole, alimentari e forestali determina le condizioni pratiche che, introducendo idonei elementi di differenziazione, siano atte a consentire che i produttori interessati ricevano un trattamento equo e che i consumatori non siano tratti in inganno (5/b).

5. Il riconoscimento di una denominazione di origine esclude la possibilità di impiegare la denominazione stessa come indicazione geografica tipica.

6. L'uso, effettuato con qualunque modalità, su etichette, recipienti, imballaggi, listini, documenti di vendita, di una indicazione di vitigno o geografica per i vini DOCG, DOC e IGT costituisce dichiarazione di conformità del vino alla indicazione e denominazione usata.

7. Non sono considerati denominazioni di origine o indicazioni geografiche tipiche, ai soli fini dell'etichettatura, i nomi di persone, i nomi comuni ed i nomi esclusivamente catastali o toponomastici, qualora non contraddistinguano tradizionalmente i vini di una specifica zona di produzione, non siano espressamente riservati ad un vino DOCG, DOC o IGT e, comunque, non siano tali da ingenerare, nei consumatori, confusione nella individuazione dei prodotti.

8. I nomi di aziende viticole, singole o associate, coincidenti con il nome della rispettiva località, anche solo catastale, sono riconosciuti come indicazioni geografiche non tipiche ai sensi dell'articolo 4, paragrafo 1, del regolamento CEE n. 2392/89 del Consiglio del 24 luglio 1989, ai soli fini della facoltà di utilizzare le menzioni previste dall'articolo 2, paragrafo 3, lettere c), d), f) ed h), primo e terzo alinea, del citato regolamento CEE n. 2392/89. È comunque escluso, per queste indicazioni geografiche, l'impiego in etichetta dei nomi di vitigni.

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(5/b) Comma aggiunto dall'art. 10, D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 198, riportato alla voce Brevetti per invenzioni industriali.

 

25. Vini frizzanti.

1. I vini frizzanti gassificati diversi dai VQPRD definiti al punto 18 dell'allegato I del regolamento CEE n. 822/87 del Consiglio del 16 marzo 1987, non possono utilizzare nella loro designazione e presentazione nomi geografici o nomi di vitigni.

2. I vini frizzanti possono utilizzare nella loro designazione e presentazione nomi geografici, e nomi di vitigni solo se in abbinamento ad un nome geografico.

3. I nomi geografici utilizzati possono identificarsi con un nome geografico attribuito ad un vino IGT o ad un vino DOCG o DOC come unica tipologia o anche in presenza di altre tipologie nell'ambito della stessa denominazione.

4. Alle procedure per l'utilizzo o per il riconoscimento dei nomi geografici e di altre menzioni aggiuntive si applicano le stesse disposizioni previste per le DOCG, le DOC e le IGT.

5. Per i vini frizzanti che utilizzano un termine geografico la designazione deve essere completata da una delle menzioni: «IGT», «DOC», «DOCG» conformemente alla categoria di appartenenza e secondo le norme previste dalla presente legge in materia di presentazione e di designazione di tali vini.

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26. Vini liquorosi.

1. Per la designazione e la presentazione dei vini liquorosi diversi da VQPRD possono essere utilizzati gli stessi nomi geografici autorizzati per i vini IGT o già riconosciuti DOCG o DOC qualora le suddette tipologie siano tradizionali ed espressamente previste e regolamentate nell'ambito delle rispettive denominazioni.

2. È altresì consentito regolamentare o riconoscere autonomamente le suddette tipologie come vini IGT o vini DOCG o DOC.

3. Fatte salve le eccezioni previste dalla normativa della CEE, è in ogni caso obbligatorio, in sede di designazione, specificare espressamente l'indicazione merceologica dei rispettivi prodotti.

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Capo IX - Concorsi enologici e distinzioni

27. Concorsi enologici.

1. I vini di cui alla presente legge, che utilizzano nella propria designazione e presentazione nomi geografici nei termini e con le modalità previsti, possono partecipare a concorsi enologici organizzati da enti definiti organismi ufficialmente autorizzati al rilascio di distinzioni dal Ministero dell'agricoltura e delle foreste, sentito il Comitato nazionale di cui all'articolo 17.

2. Le partite dei prodotti di cui al comma 1, opportunamente individuate e controllate, che abbiano superato gli esami organolettici e che possiedano i requisiti previsti negli appositi regolamenti di concorso, possono fregiarsi di distinzioni nei limiti previsti dal quantitativo di vino accertato prima del concorso.

3. Con decreto del Ministro dell'agricoltura e delle foreste, di concerto con il Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato, è adottato, ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400 (6), il regolamento per la disciplina del riconoscimento degli organismi di cui al comma 1, della partecipazione al concorso ivi compresa la composizione delle commissioni di degustazione, del regolamento di concorso, nonché del rilascio, gestione e controllo del corretto utilizzo delle distinzioni attribuite.

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(6) Riportata alla voce Ministeri: provvedimenti generali.

 

Capo X - Sistema sanzionatorio

28. Violazioni nell'uso delle denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche tipiche.

1. Chiunque produce, vende, pone in vendita o comunque distribuisce per il consumo con menzioni geografiche che definiscono le indicazioni geografiche tipiche, vini che non hanno i requisiti richiesti dall'articolo 7 per l'uso di tali indicazioni, è punito con la reclusione fino a sei mesi o con la multa da lire un milione a lire sei milioni per ettolitro o frazioni di ettolitro di prodotto (6/a).

2. Chiunque produce, vende, pone in vendita o comunque distribuisce per il consumo con denominazione d'origine vini che non hanno i requisiti richiesti per l'uso di tale denominazione, è punito con la reclusione fino ad un anno e con la multa da lire tre milioni a lire diciotto milioni per ogni ettolitro o frazione di ettolitro di prodotto (6/a).

3. Chiunque contraffà o altera i contrassegni di cui all'articolo 23, comma 3, o introduce nel territorio dello Stato, o acquista, detiene o cede ad altri ovvero usa contrassegni alterati o contraffatti, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da lire un milione a lire trenta milioni (6/a).

4. Le disposizioni di cui ai commi 1 e 2 non si applicano al commerciante che vende, pone in vendita o comunque distribuisce per il consumo vini DOCG, DOC o IGT in confezioni originali, salvo che il commerciante non abbia concorso nel reato.

5. Chiunque usa le denominazioni di origine per vini che non hanno i requisiti richiesti per l'uso di tali denominazioni, premettendo le parole «tipo», «gusto», «uso», «sistema» e simili o impiega maggiorativi, diminutivi od altre deformazioni delle denominazioni stesse o comunque fa uso di indicazioni, illustrativi o segni suscettibili di trarre in inganno l'acquirente, è punito con l'arresto fino a due mesi e con l'ammenda da lire un milione a lire sei milioni (6/a). Le stesse pene si applicano anche quando le suddette parole o le denominazioni alterate sono poste sugli involucri, sugli imballaggi, sulle carte di commercio ed in genere sui mezzi pubblicitari.

6. Chiunque adotta denominazioni di origine ovvero indicazioni geografiche tipiche come ragione sociale o come «ditta», «cantina», o «fattoria» o loro indirizzi è punito con l'ammenda da lire un milione a lire dodici milioni. La disposizione si applica dopo due anni dalla data di entrata in vigore del decreto di riconoscimento della DOCG, DOC o IGT adottata (6/a) (1/cost).

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(6/a) Le violazioni previste come reato dalla presente legge sono state trasformate in illeciti amministrativi dall'art. 1, D.Lgs. 30 dicembre 1999, n. 507, in attuazione della delega contenuta nella L. 25 giugno 1999, n. 205. Vedi, anche, l'art. 93 del suddetto decreto, nel quale sono indicate le autorità competenti ad applicare le sanzioni amministrative per le violazioni depenalizzate.

(6/a) Le violazioni previste come reato dalla presente legge sono state trasformate in illeciti amministrativi dall'art. 1, D.Lgs. 30 dicembre 1999, n. 507, in attuazione della delega contenuta nella L. 25 giugno 1999, n. 205. Vedi, anche, l'art. 93 del suddetto decreto, nel quale sono indicate le autorità competenti ad applicare le sanzioni amministrative per le violazioni depenalizzate.

(6/a) Le violazioni previste come reato dalla presente legge sono state trasformate in illeciti amministrativi dall'art. 1, D.Lgs. 30 dicembre 1999, n. 507, in attuazione della delega contenuta nella L. 25 giugno 1999, n. 205. Vedi, anche, l'art. 93 del suddetto decreto, nel quale sono indicate le autorità competenti ad applicare le sanzioni amministrative per le violazioni depenalizzate.

(6/a) Le violazioni previste come reato dalla presente legge sono state trasformate in illeciti amministrativi dall'art. 1, D.Lgs. 30 dicembre 1999, n. 507, in attuazione della delega contenuta nella L. 25 giugno 1999, n. 205. Vedi, anche, l'art. 93 del suddetto decreto, nel quale sono indicate le autorità competenti ad applicare le sanzioni amministrative per le violazioni depenalizzate.

(6/a) Le violazioni previste come reato dalla presente legge sono state trasformate in illeciti amministrativi dall'art. 1, D.Lgs. 30 dicembre 1999, n. 507, in attuazione della delega contenuta nella L. 25 giugno 1999, n. 205. Vedi, anche, l'art. 93 del suddetto decreto, nel quale sono indicate le autorità competenti ad applicare le sanzioni amministrative per le violazioni depenalizzate.

(1/cost) La Corte costituzionale, con ordinanza 16-30 dicembre 1997, n. 456 (Gazz. Uff. 7 gennaio 1998, n. 1, Serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale degli artt. 10 e 28, sollevata in riferimento agli artt. 3, 25 e 27, secondo comma, della Costituzione. Successivamente la stessa Corte, chiamata a pronunciarsi sulla stessa questione senza addurre nuovi profili o argomentazioni, con ordinanza 1° giugno-3 luglio 1998, n. 243 (Gazz. Uff. 8 luglio 1998, n. 27, Serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale.

 

29. Omissioni di denunce e falsità.

1. Chiunque omette di presentare la denuncia di cui all'articolo 15, commi 1 e 2, è punito con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da lire un milione a lire sei milioni per ogni ettaro o frazione di ettaro superiore a dieci are cui l'omessa denuncia si riferisce.

2. Chiunque, essendo tenuto alle denunce di cui all'articolo 16, commi 1 e 2, dichiari un quantitativo di uva o di vino maggiore di quello effettivamente prodotto è punito con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da lire un milione a lire sei milioni per ogni quintale denunciato in eccedenza.

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30. Violazioni in materia di etichettatura.

1. Chiunque viola le disposizioni del decreto ministeriale di cui all'articolo 22, relative alle modalità di designazione e presentazione per le etichette da apporre sulle bottiglie o sugli altri recipienti di capacità non superiore a cinque litri contenenti vino DOCG, DOC o IGT, è punito con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da lire un milione a lire sei milioni.

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31. Sanzioni accessorie.

1. La condanna per alcuna delle violazioni di cui agli articoli 28, 29 e 30 importa la pubblicazione del provvedimento su due giornali tra i più diffusi nella regione, dei quali uno quotidiano ed uno tecnico.

2. Nei casi di particolare gravità e di recidiva specifica possono essere disposte la confisca del prodotto e la chiusura fino a dodici mesi dello stabilimento, cantina o magazzino di deposito (6/b).

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(6/b) Le violazioni previste come reato dalla presente legge sono state trasformate in illeciti amministrativi dall'art. 1, D.Lgs. 30 dicembre 1999, n. 507, in attuazione della delega contenuta nella L. 25 giugno 1999, n. 205. Vedi, anche, l'art. 93 del suddetto decreto, nel quale sono indicate le autorità competenti ad applicare le sanzioni amministrative per le violazioni depenalizzate.

 

Capo XI - Disposizioni transitorie

32. Disposizioni transitorie.

1. Fino alla data di entrata in vigore delle disposizioni contenute nei regolamenti e nei decreti ministeriali previsti dalla presente legge si osservano, in quanto applicabili, le disposizioni di cui ai decreti del Presidente della Repubblica 12 luglio 1963, n. 930 (7), e 24 maggio 1967, n. 506 (8).

2. Continuano altresì ad applicarsi fino alla data di cui al comma 1 le disposizioni che, sul piano della generalità e con riguardo ai singoli prodotti, disciplinano la produzione, la designazione e la commercializzazione di vini di cui alla presente legge.

3. Trascorsi tre anni dalla data di entrata in vigore della presente legge, è vietato attribuire una indicazione geografica ai vini da tavola non riconosciuti ad indicazione geografica tipica.

4. Entro tre anni dalla data di entrata in vigore della presente legge, il Comitato nazionale di cui all'articolo 17 procede d'ufficio alla verifica di tutti i disciplinari di produzione dei vini DOCG e DOC adottati alla data di entrata in vigore della presente legge, proponendo, se del caso, le relative modifiche del disciplinare o le revoche delle denominazioni e pubblicando le proposte nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana. Le procedure e le modalità della verifica sono disciplinate con decreto del Ministro dell'agricoltura e delle foreste, previo parere del Comitato nazionale di cui all'articolo 17.

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(7) Riportato al n. B/V.

(8) Riportato al n. B/VIII.


D.M. 1 aprile 1992
Disciplina dei consigli interprofessionali per le denominazioni di origine geografiche e le indicazioni tipiche dei vini

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(1) Pubblicato nella Gazz. Uff. 4 aprile 1992, n. 80.

(2) Si ritiene opportuno riportare anche la premessa del presente decreto.

 

IL MINISTRO DELL'AGRICOLTURA E DELLE FORESTE

Visto l'art. 20, comma 2, della legge 10 febbraio 1992, n. 164;

Ritenuta la necessità di stabilire le modalità di designazione dei rappresentanti dei settori viticolo, della trasformazione e del commercio, da nominare componenti i consigli interprofessionali per le denominazioni di origine e le indicazioni geografiche tipiche, nonché le modalità inerenti al funzionamento e all'autofinanziamento dell'attività dei consigli medesimi;

Visto il proprio precedente decreto in data 26 marzo 1992, che occorre modificare sopprimendo, nell'art. 2, comma 4, la lettera a), sostanzialmente ripetitiva della indicazione di categoria già figurante nel comma 3;

Decreta:

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1. Composizione e durata.

1. I consigli interprofessionali per le denominazioni di origine e le indicazioni geografiche tipiche dei vini, istituiti dall'art. 20 della legge 10 febbraio 1992, n. 164 (3), presso le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, denominate agli effetti del presente decreto camere di commercio, detentrici di uno o più albi dei vigneti ed elenchi delle vigne, sono composti:

a) da un minimo di sei ad un massimo di dodici componenti, nel caso che il consiglio interprofessionale sia provinciale;

b) da un minimo di nove ad un massimo di diciotto componenti nel caso che il consiglio interprofessionale sia interprovinciale. In tale caso, ogni singola provincia è rappresentata nel consiglio in proporzione alle dimensioni, per ciascuna di esse, dei tre settori della viticoltura, della trasformazione e del commercio, così come individuati nel successivo art. 2 del presente decreto.

2. Il Ministro dell'agricoltura e delle foreste può nominare un proprio rappresentante che partecipa, senza diritto di voto, alle riunioni del consiglio.

3. I consigli interprofessionali durano in carica tre anni.

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(3) Riportata al n. B/XX.

 

2. Rappresentanza professionale.

1. I consigli interprofessionali sono rappresentativi, per un terzo, del settore viticolo e, per due terzi, dei settori della trasformazione e del commercio in proporzione alla effettiva quota di prodotto rispettivamente trasformato e commercializzato.

2. Nel settore viticolo sono da comprendere i produttori di uve i cui terreni vitati sono iscritti agli albi dei vigneti o agli elenchi delle vigne delle rispettive D.O.C.G., D.O.C. e I.G.T.

3. Nel settore della trasformazione sono da comprendere, sempre che commercializzino il prodotto confezionato o imbottigliato:

a) i viticoltori che trasformano le proprie uve prodotte in terreni vitati iscritti ai relativi albi dei vigneti o elenchi delle vigne;

b) le cantine sociali che trasformano le uve conferite dai soci, sempre con la caratteristica di essere state prodotte in terreni vitati iscritti ai relativi albi dei vigneti o elenchi delle vigne;

c) coloro che trasformano o elaborano uve, mosti e vini acquistati da terzi, anch'essi riconducibili a terreni vitati iscritti ai relativi albi dei vigneti o elenchi delle vigne.

4. Nel settore del commercio sono da comprendere coloro che acquistano vini I.G.T. ovvero vini che siano o che abbiano le caratteristiche per divenire, a seguito di invecchiamento, vini D.O.C.G. o D.O.C. e li commercializzano, previo confezionamento o imbottigliamento.

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3. Designazioni.

1. Le designazioni alle camere di commercio dei rappresentanti di cui all'art. 2, quali componenti i consigli interprofessionali, spettano:

a) per il settore viticolo, alle organizzazioni sindacali degli agricoltori ed alle organizzazioni professionali dei coltivatori diretti maggiormente rappresentative a livello locale, nonché, nell'ipotesi che sia stato costituito, al consorzio volontario di tutela dello stesso vino D.O.C.G., D.O.C. o I.G.T. che non abbia l'affidamento del Ministro dell'agricoltura e delle foreste di cui all'art. 19 della legge 10 febbraio 1992, n. 164 (3);

b) per il settore della trasformazione, alle associazioni degli industriali maggiormente rappresentative a livello locale ed alle associazioni professionali riconosciute di assistenza e tutela del movimento cooperativo;

c) per il settore del commercio, alle associazioni dei commercianti maggiormente rappresentative a livello locale.

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(3) Riportata al n. B/XX.

 

4. Il presidente.

1. Il presidente del consiglio interprofessionale è eletto dal consiglio stesso, a maggioranza assoluta dei propri componenti, nella sua prima riunione.

2. Il presidente ha la rappresentanza legale del consiglio e dura in carica sino al rinnovo del consiglio stesso.

3. Nelle deliberazioni del consiglio, in caso di parità di voti, prevale il voto del presidente.

4. Il consiglio interprofessionale può altresì nominare un vice presidente, che sostituisca il presidente in caso di impedimento.

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5. Il collegio dei sindaci.

1. Il collegio dei sindaci è composto da tre membri e dura in carica sino al rinnovo del consiglio interprofessionale.

2. La nomina dei componenti il collegio dei sindaci è deliberata dalla giunta esecutiva della camera di commercio. A tale fine, il consiglio interprofessionale designa sei nominativi di persone scelte tra gli iscritti nell'albo professionale dei dottori commercialisti o in quello dei ragionieri e dei periti commerciali, fra i quali la camera di commercio sceglie due componenti effettivi e due supplenti. Il terzo componente effettivo, cui spetta la presidenza del collegio, è scelto direttamente dalla giunta esecutiva della camera di commercio tra gli iscritti nel ruolo dei revisori ufficiali dei conti.

3. Alla eventuale sostituzione integrativa del collegio dei sindaci con un sindaco supplente provvede la camera di commercio.

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6. Servizi di segreteria e contributo alle spese di gestione.

1. La camera di commercio presso la quale è istituito il consiglio interprofessionale assicura i servizi di segreteria per il funzionamento del consiglio stesso.

2. Il consiglio interprofessionale delibera, entro il 30 novembre di ciascun anno per l'anno successivo, la partecipazione alle spese occorrenti per il proprio funzionamento, determinando la quota di tale partecipazione da porre a carico del produttore del vino in proporzione al quantitativo per il quale ha rivendicato o dichiarato la denominazione di origine o l'indicazione geografica tipica.

3. La deliberazione di cui al comma 2 è trasmessa per conoscenza al Ministero dell'agricoltura e delle foreste ed alla giunta esecutiva della camera di commercio che l'approva entro il termine di quindici giorni dal suo ricevimento. Trascorso tale termine senza che la giunta esecutiva abbia deciso, la deliberazione si intende approvata.

4. La quota di partecipazione di cui al comma 2 è versata alla camera di commercio, secondo le modalità dalla stessa stabilite, dal produttore del vino contestualmente alla dichiarazione di produzione per quanto riguarda le I.G.T. ed all'atto del rilascio della certificazione di cui al comma 1 dell'art. 13 della legge 10 febbraio 1992, n. 164, per le D.O.C.G. e le D.O.C., per la quantità alla quale la certificazione fa riferimento.

5. La camera di commercio accredita al consiglio interprofessionale le somme riscosse ai sensi del comma 4.

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7. Bilancio annuale.

1. Il consiglio interprofessionale si avvale per la tenuta della contabilità dei servizi di segreteria di cui all'art. 6, comma 1.

2. I servizi di segreteria predispongono, entro la fine di febbraio di ciascun anno, uno schema di bilancio che, corredato della relazione illustrativa, è trasmesso al collegio dei sindaci.

3. Il collegio dei sindaci, entro quindici giorni dalla ricezione dello schema di bilancio, si riunisce per esaminarlo e lo trasmette al consiglio interprofessionale accompagnato da una propria relazione.

4. Il collegio interprofessionale approva il bilancio entro il 15 aprile successivo e lo trasmette, corredato della relazione illustrativa e di quella del collegio dei sindaci, alla camera di commercio. La giunta esecutiva di quest'ultima può formulare rilievi o osservazioni entro il termine di quindici giorni dal ricevimento del bilancio. In mancanza, il bilancio è reso esecutivo.

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8. Coordinamento e direttive del comitato nazionale per la tutela delle denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche tipiche dei vini.

1. Al fine di consentire l'espletamento dell'attività di coordinamento e di direttiva di cui al comma 5 dell'art. 21 della legge 10 febbraio 1992, n. 164, da parte del comitato nazionale per la tutela delle denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche tipiche dei vini, i consigli interprofessionali sono tenuti a trasmettere, al comitato nazionale stesso, copia delle deliberazioni assunte e del bilancio entro trenta giorni dalla loro approvazione.

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9. Pubblicazione ed efficacia.

1. Il presente decreto, che sostituisce il decreto in data 26 marzo 1992, che, non pubblicato nella Gazzetta Ufficiale, non ha prodotto effetti, è pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana ed ha effetto dal giorno successivo a quello di tale pubblicazione.


D.M. 22 aprile 1992
Elementi da includere facoltativamente nei disciplinari di produzione dei vini D.O.C.G. e D.O.C.

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(1) Pubblicato nella Gazz. Uff. 30 aprile 1992, n. 100.

(2) Si ritiene opportuno riportare anche la premessa del presente decreto.

 

IL MINISTRO DELL'AGRICOLTURA E DELLE FORESTE

Vista la legge 10 febbraio 1992, n. 164, concernente: «Nuova disciplina delle denominazioni d'origine dei vini»;

Ritenuto, ai sensi dell'art. 10, comma 2, della stessa legge, di stabilire gli elementi da includere facoltativamente nei disciplinari di produzione dei vini a denominazione di origine controllata e garantita (D.O.C.G.) e a denominazione di origine controllata (D.O.C.);

Decreta:

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Articolo unico. - 1. Nei disciplinari di produzione dei vini D.O.C.G. e D.O.C. proposti dai consorzi volontari riconosciuti o dai consigli interprofessionali di cui agli articoli 19 e 20 della legge 10 febbraio 1992, n. 164 (3), dalle regioni e province autonome o dagli interessati, può essere stabilita, in aggiunta ai requisiti prescritti dall'art. 10 della citata legge, la facoltà di utilizzare, in associazione alla denominazione di origine, nomi geografici o amministrativi o sottozone di territori ricadenti all'interno della zona di produzione, a condizione che:

a) non ripetano il nome della denominazione di origine principale;

b) siano espressamente indicati in elenco positivo nel disciplinare;

c) il territorio sia individuato nei suoi confini geografici o amministrativi;

d) il territorio abbia particolari caratteristiche storico-ambientali e rilevanza di carattere enologico;

e) la disciplina viticola ed enologica sia più restrittiva.

2. Qualora il territorio della sottozona non sia individuato o individuabile per delimitazione amministrativa, esso, anche in caso di nome amministrativo, è delimitato in conformità alla normativa comunitaria e nel rispetto degli usi leali e tradizionali, su cartografia 1:25.000.

3. Nei disciplinari di produzione di cui al comma 1 possono essere altresì stabiliti:

a) le modalità di elaborazione per i vini liquorosi; le eventuali indicazioni di pratiche enologiche, se diverse da quelle tradizionali, purché previste dalla legislazione vitivinicola vigente; l'eventuale possibilità, per un periodo di cinque anni dall'entrata in vigore della legge 10 febbraio 1992, n. 164 (3), di effettuare la tradizionale pratica correttiva con mosti o vini provenienti dal di fuori della zona di produzione nei limiti e alle condizioni stabilite dalla normativa comunitaria;

b) la possibilità di adeguare la densità di piantagione, la forma di allevamento, la piattaforma ampelografica aziendale e di introdurre vitigni miglioratori, anche in tempi lunghi, ma programmati e prefissati nel disciplinare sino alla scadenza dei quali i produttori continuano ad usufruire della D.O.C. o della D.O.C.G.;

c) l'eventuale limite dei superi di resa uva-vino comunque ottenuti, da prendere in carico negli appositi registri ai fini della loro specifica destinazione, ferma restando la resa massima di vino per unità di superficie avente diritto alla denominazione;

d) le modalità, le condizioni e gli eventuali limiti territoriali, sia per quanto riguarda la vinificazione di uve fuori della zona di origine, sia per l'eventuale invecchiamento del vino, sia per quanto attiene alla elaborazione di vini liquorosi e spumanti, anche al di fuori della zona di origine delle uve;

e) le modalità, le condizioni e gli eventuali limiti territoriali, regionali o pluriregionali, per quanto riguarda l'affinamento in bottiglia, nonché le disposizioni circa il materiale, la forma e la capacità dei recipienti, la quale non può superare al consumo i cinque litri per i vini D.O.C.G. ed i sessanta litri per i vini D.O.C.;

f) l'uso di specificazioni aggiuntive previste dalla normativa comunitaria per i vini D.O.C.G. e D.O.C. e le eventuali menzioni specifiche storiche o tradizionali di uso collettivo riservato alla denominazione;

g) le modalità per scelta vendemmiale tra differenti denominazioni di origine per vini provenienti dallo stesso vigneto e nel rispetto degli articoli 7 e 10 della legge 10 febbraio 1992, n. 164 (3);

h) gli usi locali, leali e costanti, e ogni aggiornamento tecnico viticolo ed enologico utile a conferire, mantenere e migliorare l'immagine e le caratteristiche qualitative che hanno accreditato o che si presume possano accreditare maggiormente le denominazioni sul mercato;

i) gli eventuali obblighi, limitazioni o divieti di utilizzo nell'etichettatura di menzioni facoltative previste dalla normativa comunitaria;

l) l'individuazione dell'immagine artistica, eventualmente compresa la base colorimetrica, del logo figurativo o logotipo specifico ed univoco da utilizzare in abbinamento inscindibile con la denominazione.

4. Il presente decreto è pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.

 

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(3) Riportata al n. B/XX.


D.M. 22 aprile 1992
Condizioni e modalità di utilizzazione dei nomi di comuni, di frazioni, di zone amministrativamente definite e di sottozone per i vini D.O.C.G. e D.O.C

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(1) Pubblicato nella Gazz. Uff. 30 aprile 1992, n. 100.

(2) Si ritiene opportuno riportare anche la premessa del presente decreto.

 

IL MINISTRO DELL'AGRICOLTURA E DELLE FORESTE

Vista la legge 10 febbraio 1992, n. 164, concernente «Nuova disciplina delle denominazioni d'origine dei vini»;

Ritenuto che, ai sensi dell'art. 7, comma 7, della stessa legge devono essere stabilite le condizioni e le modalità di utilizzazione dei nomi di comuni, di frazioni, di zone amministrativamente definite e di sottozone per i vini a denominazione di origine controllata e garantita (D.O.C.G.) e a denominazione di origine controllata (D.O.C.),

Decreta:

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1. Utilizzazione di menzioni geografiche aggiuntive.

1. Nella designazione e nella presentazione dei vini a denominazione di origine controllata e garantita (D.O.C.G.) e a denominazione di origine controllata (D.O.C.) è ammessa l'utilizzazione dei nomi di comuni, di frazioni, di zone amministrativamente definite o di sottozone da delimitare. I nomi geografici aggiuntivi non devono ripetere i nomi delle denominazioni di origine principali nè creare confusione con esse o con altro nome geografico già attribuito ad un vino ad indicazione geografica tipica (I.G.T.).

2. La lista delle menzioni geografiche consentite ai sensi del comma 1, proposta dai consorzi volontari di tutela o dai consigli interprofessionali, rispettivamente previsti dagli articoli 19 e 20 della legge 10 febbraio 1992, n. 164 (3), nonché dalle regioni e province autonome ovvero dagli interessati, è inserita nei disciplinari di produzione dei relativi vini D.O.C.G. e D.O.C.

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(3) Riportata al n. B/XX.

 

2. Delimitazione delle sottozone.

1. Le sottozone non definite amministrativamente, da utilizzare quali menzioni geografiche aggiuntive ai sensi dell'art. 1, comma 1, del presente decreto, sono delimitate su carta topografica a scala 1:25.000 con il tracciato dei confini. I confini sono descritti in una dettagliata relazione da allegare alla carta topografica.

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3. Condizioni per l'utilizzo delle menzioni geografiche aggiuntive.

1. Le menzioni geografiche aggiuntive di cui all'art. 1 del presente decreto possono essere utilizzate alle seguenti condizioni:

a) che vengono indicate all'atto della denuncia dei vigneti;

b) che siano oggetto di specifiche denunce annuali delle uve, le quali devono essere prese in carico separatamente negli appositi registri di cantina ai fini della vinificazione;

c) che il vino così designato sia interamente prodotto con le uve derivate dalla località geografica designata, senza possibilità di assemblaggio con vini appartenenti alla medesima denominazione;

d) che rispondano alle altre condizioni stabilite dalla normativa nazionale e comunitaria in materia di presentazione e di designazione.

2. Ove nello stesso territorio sussistano più denominazioni di origine per le quali i produttori possono esercitare rivendicazione opzionale o congiunta, è consentito l'utilizzo del nome geografico aggiuntivo per una soltanto tra le denominazioni stesse. Può essere consentito l'utilizzo del nome geografico aggiuntivo per più denominazioni di origine in casi eccezionali, quando risulti dimostrato il carattere tradizionale di tale utilizzo.

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4. Pubblicazione.

1. Il presente decreto è pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.

 

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D.P.R. 20 aprile 1994, n. 348
Regolamento recante disciplina del procedimento di riconoscimento di denominazione d'origine dei vini

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(1) Pubblicato nella Gazz. Uff. 8 giugno 1994, n. 132, S.O.

(2) Si ritiene opportuno riportare anche la premessa del presente decreto.

 

IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

Visto l'articolo 87, comma quinto, della Costituzione;

Visto l'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400;

Vista la legge 24 dicembre 1993, n. 537, ed in particolare l'articolo 2, commi 7, 8 e 9;

Vista la legge 10 febbraio 1992, n. 164;

Vista la preliminare deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione dell'11 febbraio 1994;

Acquisito il parere delle competenti commissioni del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati;

Udito il parere del Consiglio di Stato, espresso nell'adunanza generale del 31 marzo 1994;

Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 12 aprile 1994;

Sulla proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri e del Ministro per la funzione pubblica, di concerto con il Ministro delle risorse agricole, alimentari e forestali;

Emana il seguente regolamento:

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1. Oggetto del regolamento.

1. Il presente regolamento disciplina il procedimento per il riconoscimento delle denominazioni di origine controllata e garantita, delle denominazioni di origine controllata e delle indicazioni geografiche tipiche dei vini.

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2. Presentazione della domanda per il riconoscimento.

1. La domanda di riconoscimento può essere presentata dai Consorzi volontari di tutela e dai Consigli interprofessionali rispettivamente previsti dagli articoli 19 e 20 della legge 10 febbraio 1992, n. 164 (3), nonché dalle regioni o province autonome o da organizzazioni di categoria che rappresentino gli interessati.

2. La domanda deve essere rappresentativa di non meno del 20% della produzione di competenza dei vigneti della zona interessata.

3. Il riconoscimento della denominazione di origine controllata e garantita è subordinata alle condizioni che la domanda sia rappresentativa:

a) di tanti produttori di vino che rappresentino non meno del 50% della produzione complessiva, quando si tratti di denominazione di origine riguardante vini spumanti o liquorosi;

b) di non meno del 35% di viticoltori che rappresentino almeno il 20% della produzione complessiva di vigneti iscritti nell'albo dei vigneti, quando si tratti di vini diversi da quelli di cui alla lettera a).

4. I produttori ed i viticoltori di cui al comma 3, devono dichiarare di assoggettarsi alla particolare disciplina prevista per i vini a denominazione di origine controllata e garantita.

5. I soggetti di cui al comma 1 debbono presentare domanda di riconoscimento al Comitato nazionale di cui all'articolo 17 della legge 10 febbraio 1992, n. 164 (3), d'ora in avanti chiamato Comitato, presso il Ministero delle risorse agricole, alimentari e forestali.

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(3) Riportata al n. B/XX.

(3) Riportata al n. B/XX.

 

3. Documentazione prescritta per il riconoscimento.

1. La domanda di riconoscimento deve essere corredata dalla seguente documentazione:

a) relazione comprovante, anche nel caso di territori aggiuntivi a quello indicato dal nome geografico, l'uso generalizzato della denominazione di origine, ovvero l'uso tradizionale del nome geografico o le condizioni socio-economiche che hanno determinato la richiesta della indicazione geografica tipica. La relazione deve essere corredata da adeguata documentazione storico-commerciale e deve illustrare, altresì, le caratteristiche tecniche dei vigneti con particolare riguardo ai vitigni, alla densità di piantagione, alle forme di allevamento, ai sistemi di potatura e di irrigazione, alle produzioni medie e massime di uva ad ettaro ed a ceppo; le condizioni ambientali con particolare riguardo alla giacitura e alla sua ripartizione, all'altitudine, alle esposizione ed al clima; le caratteristiche chimico-fisiche ed organolettiche del vino, nonché le ragioni che, a causa della similitudine dei vitigni, del terreno, del clima, della tecnica vinicola e delle caratteristiche dei vini abbiano indotto ad includere nella denominazione di origine o nella indicazione geografica tipica, territori vicini a quelli indicati;

b) ove sia richiesta la denominazione di origine controllata il provvedimento che abbia eventualmente riconosciuto l'indicazione geografica o l'indicazione geografica tipica del prodotto, con una relazione illustrativa dei risultati conseguiti sul piano tecnico-produttivo e commerciale nel precedente quinquennio;

c) ove sia richiesta la denominazione di origine controllata e garantita, il provvedimento di riconoscimento della denominazione di origine controllata del prodotto, con una relazione illustrativa dei risultati conseguiti in ordine all'uso di denominazione di origine controllata e della sussistenza dei requisiti di particolare pregio e di rinomanza nazionale ed internazionale del prodotto stesso;

d) cartografia in scala da 1:25.000 della zona di origine di produzione delle uve da cui si ottiene il vino, con allegata una relazione illustrativa di confini, dell'origine geologica e della composizione dei terreni nonché dei criteri di inclusione dei terreni medesimi nella zona di produzione ovvero dei criteri di esclusione degli stessi;

e) schema dei disciplinari di produzione della o delle tipologie di vino proposte nell'ambito della denominazione;

f) elenco, sottoscritto dai produttori che intendono usufruire della denominazione di origine controllata e garantita o della denominazione dell'origine controllata, con l'indicazione dell'entità complessiva della produzione che essi rappresentano.

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4. Procedure per il riconoscimento delle denominazioni d'origine e l'approvazione dei disciplinari di produzione.

1. La sezione amministrativa del Comitato, dopo aver notificato all'interessato, entro dieci giorni dal ricevimento della domanda, l'inizio del procedimento e il relativo responsabile, trasmette la domanda stessa alla sezione interprofessionale del Comitato che provvede, entro sessanta giorni, all'istruttoria.

2. Verificata, nei termini di cui al comma precedente, la sussistenza dei requisiti soggettivi e la rispondenza dei disciplinari di produzione alle norme della legge 10 febbraio 1992, n. 164 (4), il Comitato provvede all'approvazione del disciplinare e al riconoscimento con decreto del dirigente responsabile del procedimento.

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(4) Riportata al n. B/XX.

 

5. Modifica e abrogazione di norme.

1. (5).

2. Qualora il comitato di cui all'articolo 17, comma 6, della legge 10 febbraio 1992, n. 164 (4), tratti questioni attinenti ad una denominazione d'origine ovvero ad una indicazione geografica tipica, partecipa alla riunione, con diritto di voto, un rappresentante della regione interessata.

3. Sono abrogati, ai sensi dell'articolo 2, comma 8, della legge 24 dicembre 1993, n. 537 (6), dall'entrata in vigore del presente regolamento, gli articoli 4 e 6 del decreto del Presidente della Repubblica 12 luglio 1963, n. 930 (7), così come modificato dalla legge 11 maggio 1966, n. 302 e l'articolo 17, comma 6, della legge 10 febbraio 1992, n. 164 (4).

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(5) Sostituisce la lettera e) del comma quarto dell'art. 17, L. 10 febbraio 1992, n. 164, riportata al n. B/XX.

(4) Riportata al n. B/XX.

(6) Riportata alla voce Amministrazione del patrimonio e contabilità generale dello Stato.

(7) Riportato al n. B/V.

(4) Riportata al n. B/XX.

 

6. Entrata in vigore del regolamento.

1. Il presente regolamento entra in vigore centottanta giorni dopo la sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

 

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D.L. 23 settembre 1994, n. 547
Interventi urgenti a sostegno dell'economia (art. 3)

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(1) Pubblicato nella Gazz. Uff. 24 settembre 1994, n. 224 e convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, L. 22 novembre 1994, n. 644 (Gazz. Uff. 23 novembre 1994, n. 274). Il comma 2 dello stesso art. 1 ha, inoltre, disposto che restano validi gli atti ed i provvedimenti adottati e sono fatti salvi gli effetti prodottisi ed i rapporti giuridici sorti sulla base dei decreti-legge 13 gennaio 1994, n. 22, 18 marzo 1994, n. 184, 25 maggio 1994, n. 312, e 25 luglio 1994, n. 463, non convertiti in legge.

(1/circ) Con riferimento al presente provvedimento sono state emanate le seguenti circolari:

-

Ministero del lavoro e della previdenza sociale: Circ. 7 marzo 1996, n. 32;

- Ministero delle finanze: Circ. 1 aprile 1996, n. 85/E; Circ. 9 settembre 1997, n. 249/E.

 

(omissis)

 

3. Disposizioni sul credito agevolato al commercio e sulle camere di commercio e per consorzi tra piccole e medie imprese per l'esportazione.

1. Per le operazioni di credito agevolato al commercio di cui alla L. 10 ottobre 1975, n. 517 (35), e successive modificazioni ed integrazioni, già approvate dal comitato di gestione di cui all'articolo 6 della predetta legge alla data del 30 giugno 1993, il termine previsto dall'articolo 9 del D.L. 1° ottobre 1982, n. 697 (36), convertito, con modificazioni, dalla legge 29 novembre 1982, n. 887, per l'emanazione del decreto di concessione delle agevolazioni, è differito di due anni. Per dette operazioni continuano ad applicarsi le disposizioni di cui all'articolo 3, comma 2, del D.L. 26 gennaio 1987, n. 9 (37), convertito, con modificazioni, dalla L. 27 marzo 1987, n. 121.

2. A valere sulle disponibilità del fondo di cui alla legge 10 ottobre 1975, n. 517 (35), il Ministero dell'industria, del commercio e dell'artigianato è autorizzato a riconoscere agli istituti di credito autorizzati, in relazione ai contributi concessi, un interesse semplice pari al tasso di riferimento applicato all'operazione di finanziamento per il periodo dal 1° gennaio 1993, ovvero dalla data di ammissione alle agevolazioni se successiva, fino alla data di emanazione del decreto di concessione del contributo stesso (37/a).

3. Il comitato di gestione della citata legge n. 517 del 1975 (35) provvede entro il 30 giugno 1994 ad approvare le domande di ammissione al credito agevolato al commercio già presentate, entro i termini, al Ministero dell'industria, del commercio e dell'artigianato, nei limiti delle disponibilità del fondo di cui alla legge 10 ottobre 1975, n. 517 (35), secondo l'ordine cronologico di presentazione delle domande e la ripartizione dei fondi per àmbito regionale. Alle operazioni approvate ai sensi del presente comma non si applicano le disposizioni di cui all'articolo 3, comma 2, del decreto-legge 26 gennaio 1987, n. 9 (37), convertito, con modificazioni, dalla legge 27 marzo 1987, n. 121.

4. Il Ministero dell'industria, del commercio e dell'artigianato provvede all'emanazione dei decreti di concessione dei contributi per le operazioni di cui ai commi 2 e 3 secondo l'ordine cronologico di approvazione da parte del comitato di gestione, con priorità per le operazioni che comportano anche l'erogazione di contributi in conto capitale.

5. A decorrere dal 1° luglio 1994 il comitato di gestione della legge n. 517 del 1975 (35) è soppresso. Dalla stessa data le competenze attribuite dalle vigenti disposizioni al predetto comitato di gestione sono attribuite al Ministero dell'industria, del commercio e dell'artigianato.

6. Per l'anno 1994, a valere sulla spesa autorizzata dall'articolo 1, comma 3, del decreto-legge 19 aprile 1993, n. 113 (38), convertito, con modificazioni, dalla legge 18 giugno 1993, n. 191, è attribuita alle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura delle province costituite ai sensi della legge 8 giugno 1990, n. 142 (39), nonché alle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura scorporanti con un numero di imprese iscritte al registro delle ditte, a seguito della separazione, inferiore a 40 mila, la somma complessiva di lire sei miliardi a titolo di contributo perequativo, con conseguente riduzione proporzionale del contributo spettante alle altre camere beneficiarie. La predetta somma è ripartita dal Ministero dell'industria, del commercio e dell'artigianato tra le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura interessate in misura inversamente proporzionale al numero delle ditte e delle unità locali tenute al pagamento del diritto annuale per il 1994, operanti nelle rispettive circoscrizioni territoriali.

7. Nella regione Trentino-Alto Adige la pubblicazione del Bollettino ufficiale delle società per azioni ed a responsabilità limitata è effettuata separatamente nelle province autonome di Trento e Bolzano a cura delle rispettive camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura.

8. L'inquadramento definitivo nelle qualifiche funzionali del personale delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, ai sensi dell'articolo 108 del regolamento-tipo per il personale delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, approvato con decreto del Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato, di concerto con il Ministro del tesoro, in data 12 luglio 1982, avrà luogo, con decorrenza 16 ottobre 1984, sulla base delle corrispondenze stabilite, per gli impiegati civili dello Stato, dalla commissione di cui all'articolo 10 della legge 11 luglio 1980, n. 312 (40).

9. Ai sensi dell'articolo 1 della legge 7 febbraio 1951, n. 72 (41), l'indennità integrativa speciale si intende inclusa nei fondi di previdenza a capitalizzazione, con esclusione della rivalutazione di cui al medesimo articolo 1, a decorrere dal 16 marzo 1970, per gli importi di cui all'articolo 2 della legge 26 luglio 1965, n. 965 (42), e successive modifiche, ed a decorrere dal 1° gennaio 1972, per gli importi effettivamente percepiti dagli interessati.

10. I soggetti ammessi a richiedere l'operato delle commissioni di degustazione dei vini a denominazione di origine, ai sensi del comma 2 dell'articolo 13 della legge 10 febbraio 1992, n. 164 (43), sono tenuti al pagamento preventivo alla competente camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura, di una somma commisurata al quantitativo di prodotto sottoposto a certificazione. Con decreto del Ministro delle risorse agricole, alimentari e forestali sono stabiliti annualmente l'ammontare degli importi, nonché le modalità di pagamento (43/a).

11. È autorizzata la spesa di lire 30.000 milioni per ciascuno degli anni 1994-1996 per la concessione dei contributi ai consorzi all'esportazione di cui alla legge 21 febbraio 1989, n. 83 (44). Al relativo onere si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 1994-1996, al capitolo 6856 dello stato di previsione del Ministero del tesoro per l'anno 1994, utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero del commercio con l'estero.

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(35) Riportata alla voce Commercio di vendita al pubblico.

(36) Riportato alla voce Valore aggiunto (Imposta sul).

(37) Riportato alla voce Commercio di vendita al pubblico.

(35) Riportata alla voce Commercio di vendita al pubblico.

(37/a) Vedi, anche, l'art. 54, comma 7, L. 23 dicembre 1999, n. 488.

(35) Riportata alla voce Commercio di vendita al pubblico.

(35) Riportata alla voce Commercio di vendita al pubblico.

(37) Riportato alla voce Commercio di vendita al pubblico.

(35) Riportata alla voce Commercio di vendita al pubblico.

(38) Riportato alla voce Camere di commercio, industria, artigianato ed agricoltura.

(39) Riportata alla voce Comuni e province.

(40) Riportata alla voce Impiegati civili dello Stato.

(41) Riportata alla voce Camere di commercio, industria, artigianato ed agricoltura.

(42) Riportata alla voce Pensioni civili, militari e di guerra: istituti di previdenza amministrati dal ministero del tesoro.

(43) Riportata alla voce Vini e aceti.

(43/a) Gli importi e le modalità di pagamento di cui al presente comma sono stati fissati, da ultimo, con D.M. 9 ottobre 1997 (Gazz. Uff. 17 dicembre 1997, n. 293), con D.M. 5 ottobre 1998 (Gazz. Uff. 19 dicembre 1998, n. 296), con D.M. 27 ottobre 1999 (Gazz. Uff. 4 gennaio 2000, n. 2), con D.M. 21 dicembre 2000 (Gazz. Uff. 9 gennaio 2001, n. 6), con D.M. 3 dicembre 2001 (Gazz. Uff. 1° febbraio 2002, n. 27), con D.M. 13 dicembre 2002 (Gazz. Uff. 30 dicembre 2002, n. 304), con D.M. 23 dicembre 2003 (Gazz. Uff. 8 gennaio 2004, n. 5) e con D.M. 6 dicembre 2004 (Gazz. Uff. 24 dicembre 2004, n. 301).

(44) Riportata alla voce Artigianato, medie e piccole industrie.

(omissis)

 


D.M. 4 giugno 1997, n. 256
Regolamento recante norme sulle condizioni per consentire l'attività dei consorzi volontari di tutela e dei consigli interprofessionali delle denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche tipiche dei vini

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(1) Pubblicato nella Gazz. Uff. 5 agosto 1997, n. 181.

 

IL MINISTRO DELLE RISORSE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Vista la legge 10 febbraio 1992, n. 164, recante nuova disciplina delle denominazioni d'origine dei vini, ed in particolare l'articolo 21, comma 7, in base al quale devono essere stabilite con decreto del Ministro dell'agricoltura e delle foreste le condizioni per consentire ai consorzi volontari di ottenere l'incarico di collaborare nella vigilanza di cui all'articolo 19, comma 1, della citata legge n. 164 del 1992, nonché le condizioni per consentire ai consorzi volontari ed ai consigli interprofessionali di svolgere le attività di cui all'articolo 21 della medesima legge;

Acquisito sullo schema di decreto in questione il parere favorevole del Comitato nazionale per la tutela e valorizzazione delle denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche tipiche dei vini - sezione interprofessionale - espresso nella riunione del 19 marzo 1996;

Vista la legge 4 dicembre 1993, n. 491, recante norme per il coordinamento delle competenze regionali e statali in materia agricola e forestale e l'istituzione del Ministero delle risorse agricole, alimentari e forestali;

Vista la legge 23 agosto 1988, n. 400, relativa alla «Disciplina dell'attività di Governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri» ed in particolare l'articolo 17, terzo comma;

Udito il parere del Consiglio di Stato espresso nell'adunanza generale del 17 aprile 1997;

Visto il parere del Ministero di grazia e giustizia espresso con nota n. 3887-44/18-9 in data 27 maggio 1997 su specifica richiesta del Consiglio di Stato;

Vista la comunicazione alla Presidenza del Consiglio dei Ministri in data 4 giugno 1997, n. 61625;

Adotta il seguente regolamento:

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1. Disposizioni generali.

1. Per Consorzio volontario di tutela di una denominazione di origine o di una indicazione geografica tipica, successivamente denominato «Consorzio», si intende un organismo di carattere associativo senza scopo di lucro, avente per oggetto l'organizzazione delle funzioni indicate dalla legge n. 164 del 1992 (2), la protezione, la corretta applicazione delle norme, nonché la valorizzazione della relativa denominazione di origine (D.O.) o indicazione geografica tipica (I.G.T.).

2. Fatte salve le differenziazioni relative alla diversa disciplina tecnico-viticola ed enologica delle due categorie di vini, in prosieguo la dicitura «denominazione di origine o indicazione geografica tipica» viene indicata unitariamente con il termine «denominazione».

3. Il Consorzio è costituito con atto pubblico in forma di associazione e retto da uno statuto che garantisca l'accesso a tutte le categorie professionali interessate alla denominazione in causa: viticoltori, vinificatori, imbottigliatori autorizzati.

4. Il Consorzio può esercitare le proprie funzioni anche per più denominazioni in tutto o in parte coincidenti o purché, in ambito territoriale, le relative zone di produzione siano sovrapposte o contigue.

5. Eccezionalmente può essere riconosciuto un Consorzio per una sottozona compresa in una denominazione, purché specificatamente disciplinata ai sensi della legge n. 164 del 1992 (2).

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(2) Riportata al n. B/XX.

(2) Riportata al n. B/XX.

 

2. Statuto.

1. Lo statuto consortile contiene i seguenti elementi:

a) il nome geografico della denominazione che il Consorzio intende tutelare;

b) le modalità per l'ammissione al Consorzio, garantendo espressamente l'accesso a tutti i soggetti interessati alla denominazione, appartenenti alle categorie indicate all'articolo 1, comma 3, del presente regolamento;

c) gli obblighi degli associati, le modalità per la loro esclusione, nonché le sanzioni per le eventuali inadempienze;

d) le funzioni degli organi consortili (assemblea, consiglio di amministrazione, presidente) e le norme riguardanti la nomina ed il funzionamento degli organi medesimi;

e) le modalità di voto in assemblea. In tale ambito deve essere assicurato a ciascun associato avente diritto (appartenente alle categorie dei viticoltori, vinificatori, imbottigliatori autorizzati) l'espressione di un voto con valore ponderale rapportato alla quantità di prodotto ottenuto nella campagna vendemmiale immediatamente precedente la sessione assembleare (rispettivamente uva denunziata, vino denunziato, vino imbottigliato). Qualora l'associato svolga contemporaneamente due o tre attività produttive (viticoltura e/o vinificazione e/o imbottigliamento) il voto è cumulativo delle attività svolte;

f) le norme per la nomina del collegio sindacale ed i relativi compiti;

g) le norme per l'eventuale scioglimento anticipato del Consorzio;

h) l'obbligo di contribuzione a carico di ciascun associato, prevedendo:

1) una quota fissa di accesso ai servizi del Consorzio;

2) una quota annuale proporzionale alla quantità di prodotto ottenuto (uva denunziata e/o vino denunziato e/o vino imbottigliato) stabilita dal consiglio di amministrazione sulla base del bilancio preventivo approvato dall'assemblea;

i) le norme per il componimento amichevole, nelle forme di arbitrato rituale, delle eventuali controversie fra consorzio ed associati.

2. Il consorzio che è competente per più denominazioni assicura in seno al consiglio di amministrazione una rappresentatività commisurata proporzionalmente al livello produttivo degli associati di ciascuna delle denominazioni interessate, per ognuna delle quali può anche essere nominato un apposito comitato nel cui ambito deve essere compreso almeno un componente del consiglio di amministrazione.

3. Lo statuto del consorzio è soggetto alla preventiva approvazione del Ministero delle risorse agricole, alimentari e forestali, di seguito denominato «Ministero», previo parere del Comitato nazionale per la tutela e valorizzazione delle denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche tipiche dei vini, di seguito denominato «Comitato nazionale». Ogni successiva modifica deve, analogamente, essere preventivamente approvata (2/a).

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(2/a) Con D.Dirett. 5 luglio 2000 (Gazz. Uff. 21 luglio 2000, n. 169) è stato approvato lo statuto del «Consorzio tutela Moscato di Scanzio»; con D.Dirett. 6 luglio 2000 (Gazz. Uff. 21 luglio 2000, n. 169) è stato approvato lo statuto del «Consorzio per la tutela e valorizzazione dei vini D.O.C. Caluso, Carema e Canavese».

 

3. Rappresentatività nell'ambito della denominazione.

1. La rappresentatività di un consorzio nei confronti della denominazione, ai sensi dell'articolo 19, comma 1, lettera a), della legge n. 164 del 1992 (3), si calcola verificando:

a) sia il rapporto percentuale tra il numero dei viticoltori associati che hanno effettuato la denuncia delle uve ai fini dell'utilizzo della denominazione ed il totale dei viticoltori conduttori di vigneti che hanno rivendicato la denominazione stessa;

b) sia il rapporto percentuale tra la superficie vitata rappresentata dagli associati, regolarmente iscritta all'albo dei vigneti ed oggetto di denuncia delle uve ai fini dell'utilizzo della denominazione, ed il totale della superficie vitata iscritta all'albo dei vigneti ed oggetto di rivendicazione delle uve.

2. Per i consorzi che rappresentano esclusivamente denominazioni di vini spumanti o altri vini speciali la rappresentatività di cui al comma 1 si calcola verificando il rapporto percentuale tra le quantità elaborate dagli associati e la produzione totale portante la denominazione.

3. Ai fini del rilascio delle autorizzazioni di cui all'articolo 19, comma 1 e 3 della legge n. 164 del 1992 (3), i rapporti di rappresentatività nell'ambito della denominazione di cui ai precedenti comma 1 e 2 devono essere riferiti agli ultimi due anni precedenti le richieste di cui trattasi.

4. La verifica della sussistenza del requisito di rappresentatività dei consorzi è effettuata almeno con cadenza triennale dal Comitato nazionale. Ove venga a mancare il requisito di rappresentatività, le funzioni già attribuite ai sensi dell'articolo 19, comma 1 e 3, della legge n. 164 del 1992 (3) vengono sospese.

5. Qualora si costituiscano due consorzi per la stessa denominazione, l'eventuale autorizzazione allo svolgimento delle funzioni di cui all'articolo 21 della legge n. 164 del 1992 (3) viene rilasciata esclusivamente al consorzio che esprime la maggiore rappresentatività, calcolata con i criteri di cui ai commi 1 e 2 del presente articolo.

6. I consorzi esistenti alla data di entrata in vigore del presente regolamento si intendono regolarmente costituiti qualora esprimano una rappresentatività di almeno il 20%, calcolata con i criteri di cui ai commi 1 e 2 del presente articolo. In tale caso, per i successivi due anni a decorrere dal predetto termine, non si procede alla nomina dei consigli interprofessionali di cui all'articolo 20 della legge n. 164 del 1992 (3).

7. I consorzi di nuova costituzione ed i consorzi riferiti a nuove denominazioni, riconosciute con la procedura di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 348 del 1994 (4), si intendono regolarmente costituiti qualora raggiungano il 20% di rappresentatività ed in tali casi, per i successivi due anni a decorrere dalla costituzione dei consorzi stessi, non si procede alla nomina dei consigli interprofessionali.

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(3) Riportata al n. B/XX.

(3) Riportata al n. B/XX.

(3) Riportata al n. B/XX.

(3) Riportata al n. B/XX.

(3) Riportata al n. B/XX.

(4) Riportato al n. B/XXVII.

 

4. Incarico di vigilanza nei confronti degli associati.

1. Il Consorzio che sia in possesso dei requisiti stabiliti all'articolo 19, comma 1, lettere a), b), c), d), della legge n. 164 del 1992 (3) può chiedere di essere incaricato di collaborare alla vigilanza sull'applicazione della stessa legge n. 164 del 1992 (3) nei confronti dei propri affiliati. A tal fine il Consorzio presenta formale richiesta al Ministero corredandola della seguente documentazione:

a) atto costitutivo e statuto;

b) elenco dei soci e composizione degli organi rappresentativi;

c) relazione tecnico-amministrativa intesa a dimostrare la disponibilità di strutture, organico di personale e risorse adeguate ai compiti richiesti;

d) attestazione della competente camera di commercio concernente i requisiti di rappresentatività nei confronti della denominazione. Nel caso di consorzi che operano per denominazioni insistenti su territori di più province, l'attestazione viene rilasciata dalla camera di commercio della provincia in cui ha sede legale il Consorzio, sentite le camere di commercio interessate.

2. Nel rispetto di quanto previsto dall'articolo 19, comma 1, lettera b), della legge n. 164 del 1992 (3), lo statuto del Consorzio deve prevedere una equa rappresentanza nel consiglio di amministrazione di tutte le categorie che partecipano al ciclo produttivo (viticoltori, vinificatori e imbottigliatori autorizzati). A tal fine, per l'elezione del consiglio di amministrazione, nella relativa assemblea, il voto di ciascun associato ha un valore ponderale proporzionale alla quantità di prodotto ottenuto (uva denunziata e/o vino denunziato e/o vino imbottigliato) e stabilito con i criteri di cui all'articolo 2, comma 1, lettera e) del presente regolamento.

3. Il Consorzio, ai sensi dell'articolo 19, comma 1, lettera d), della legge n. 164 del 1992 (5), nel rispetto della direttiva CEE n. 89/104 del 21 dicembre 1988 e del decreto legislativo attuativo n. 480 del 4 dicembre 1992 (6), non può gestire in modo diretto o indiretto alcun marchio collettivo che contenga il nome della denominazione e che sia riservato ai soli associati, ma può proporre come logo della denominazione il marchio consortile precedentemente in uso, ovvero un logo di nuova elaborazione, per essere recepito nel disciplinare di produzione ai sensi dell'articolo unico, comma 3, lettera l) del decreto ministeriale 22 aprile 1992 (7).

4. Il Ministero, sentito il Comitato nazionale, affida al Consorzio l'incarico di vigilanza specificando le funzioni e i limiti di tempo e di operatività dell'incarico stesso.

5. Il Consorzio che ha ottenuto l'incarico di vigilanza è tenuto a:

a) trasmettere al Ministero entro il 31 gennaio di ciascun anno una dettagliata relazione sulle attività tecnico-amministrative svolte nell'anno precedente;

b) comunicare al Ministero entro dieci giorni dall'evento ogni variazione della composizione degli organi rappresentativi nonché della composizione della base consortile per effetto di acquisizione di nuovi soci, sospensioni o espulsioni; se l'espulsione del socio è determinata da abusi nei confronti della denominazione o nel settore della produzione vitivinicola, nella comunicazione deve essere indicata esplicitamente la causa; analoga comunicazione deve essere effettuata all'Ispettorato centrale repressione frodi competente per territorio;

c) comunicare all'Ispettorato centrale repressione frodi competente per territorio ogni iniziativa relativa ad abusi, ad episodi di sleale concorrenza, di improprio uso della denominazione anche in sede di designazione e sui documenti ufficiali e registri, nonché ad ogni azione da chiunque effettuata che sia di ostacolo al mantenimento o alla elevazione del livello qualitativo e dell'immagine della denominazione.

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(3) Riportata al n. B/XX.

(3) Riportata al n. B/XX.

(3) Riportata al n. B/XX.

(5) Riportata al n. B/XX.

(6) Riportato alla voce Brevetti per marchi d'impresa.

(7) Riportato al n. B/XXIII.

 

5. Autorizzazione a svolgere le funzioni di cui all'articolo 21 della legge n. 164 del 1992.

1. Il Consorzio avente i requisiti indicati nell'articolo 4 del presente regolamento può richiedere l'autorizzazione ad esercitare le funzioni di cui all'articolo 21 della legge n. 164 del 1992 (5), ai sensi dell'articolo 19, comma 3, della stessa legge n. 164 del 1992 (5).

2. Le procedure e la documentazione per la concessione dell'autorizzazione a svolgere le attività di cui all'articolo 21 della legge n. 164 del 1992 (5) sono quelle indicate all'articolo 4 del presente regolamento. La relazione tecnico-amministrativa di cui all'articolo 4, comma 1, lettera c), in merito alla disponibilità di strutture, organico di personale e risorse adeguati ai compiti deve essere riferita alle specifiche funzioni richieste nell'ambito di quelle previste dall'articolo 21 della legge n. 164 del 1992 (5).

3. Il Ministero, sentito il Comitato nazionale, autorizza il Consorzio a svolgere alcune o tutte le funzioni di cui all'articolo 21 della legge n. 164 del 1992 (5) specificando i limiti di tempo e di operatività connessi all'autorizzazione di cui trattasi.

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(5) Riportata al n. B/XX.

(5) Riportata al n. B/XX.

(5) Riportata al n. B/XX.

(5) Riportata al n. B/XX.

(5) Riportata al n. B/XX.

 

6. Funzioni previste dall'articolo 21 della legge n. 164 del 1992.

1. Le funzioni indicate nell'articolo 21 della legge n. 164 del 1992 (5) comprendono, nell'abito di quanto previsto a titolo generale dalla legge medesima, l'espletamento di attività di assistenza tecnica, di vigilanza, di proposta, di studio e di valutazione economico-congiunturale della denominazione, nonché ogni altra attività finalizzata alla tutela e alla valorizzazione della denominazione, che devono essere svolte dal Consorzio o dal consiglio interprofessionale in collaborazione con la pubblica amministrazione.

2. Nell'esercizio delle predette funzioni il Consorzio non può in alcun modo e per nessun motivo applicare trattamenti differenziati nei confronti degli operatori non associati al Consorzio medesimo.

3. L'attività di vigilanza è diretta ad assicurare il pieno rispetto del disciplinare da parte dei viticoltori, dei vinificatori e degli imbottigliatori e la tutela delle denominazioni da ogni forma di illecito commesso da operatori appartenenti alle predette categorie o da terzi, con particolare riguardo agli illeciti previsti dagli articoli 28, 29 e 30 della legge n. 164 del 1992 (5).

4. I consorzi o i consigli interprofessionali espletano le funzioni previste dall'articolo 21 della legge n. 164 del 1992 (5) in coordinamento con il Comitato nazionale e sulla base delle direttive generali indicate dal Comitato stesso, allo scopo di assicurare uniformità e simultaneità operativa sul territorio nazionale.

5. La collaborazione tra i consorzi o i consigli interprofessionali con la pubblica amministrazione per l'espletamento di alcune attività previste dall'articolo 21 della legge n. 164 del 1992 (5) si attua nei modi appresso specificati:

a) l'attività di vigilanza dei consorzi o dei consigli interprofessionali è effettuata secondo le direttive generali di cui al comma 4. Le irregolarità, le inosservanze e gli abusi riscontrati dai consorzi e dai consigli interprofessionali in tale attività di vigilanza devono essere immediatamente comunicati all'Ispettorato centrale repressione frodi competente per territorio;

b) per incarico della regione competente per territorio il Consorzio o il consiglio interprofessionale possono svolgere le funzioni demandate alle regioni dalla legge n. 164 del 1992 (5);

c) in collaborazione con la competente camera di commercio il Consorzio o il consiglio interprofessionale può contribuire all'espletamento delle attività connesse alla distribuzione dei contrassegni di Stato dei vini DOCG, al prelievo dei campioni da sottoporre agli esami analitici ed organolettici, all'aggiornamento degli albi ed al rilascio delle ricevute;

d) il consorzio che disponga di laboratorio abilitato dal Ministero ad effettuare le analisi chimico-fisiche previste dall'articolo 13 della legge n. 164 del 1992 (8) per la propria denominazione può esercitare l'espletamento delle determinazioni analitiche in questione, per i campioni prelevati ai sensi del precedente paragrafo c) e previamente anonimizzati, dando comunicazione alla competente camera di commercio degli esiti riscontrati. Il Consorzio può altresì avvalersi di un laboratorio convenzionato, purché autorizzato dal Ministero. Più consorzi possono utilizzare il medesimo laboratorio cogestito.

6. I consorzi che effettuano attività di competenza degli organismi pubblici, nei termini specificati nei precedenti comma, possono richiedere agli stessi organismi il rimborso delle relative spese documentate, nelle forme e con le modalità stabilite in appositi protocolli di intesa. Analogamente, per la fornitura di servizi generali relativi all'utilizzo della denominazione, svolti dal Consorzio per delega della pubblica amministrazione, può essere stabilita una forma di rimborso spese ai consorzi stessi da parte degli utilizzatori della denominazione, in base alle quantità di prodotto rivendicato e con modalità approvate dall'amministrazione delegante.

7. Ai fini dell'espletamento delle attività propositive i consorzi ed i consigli interprofessionali sono autorizzati a prendere visione, presso le competenti amministrazioni delle denunce dei vigneti, delle denunce delle uve e delle risultanze degli esami sensoriali.

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(5) Riportata al n. B/XX.

(5) Riportata al n. B/XX.

(5) Riportata al n. B/XX.

(5) Riportata al n. B/XX.

(5) Riportata al n. B/XX.

(8) Riportata al n. B/XX.

 

7. Disposizioni particolari.

1. I responsabili e i funzionari dei consigli interprofessionali e dei consorzi incaricati della vigilanza nei confronti dei propri affiliati o all'espletamento delle funzioni previste dall'articolo 21 del regolamento, assumono la qualifica di incaricati di pubblico servizio, ai sensi della normativa vigente.

2. L'Ispettorato centrale repressione frodi vigila sull'attività dei consigli interprofessionali e dei consorzi regolarmente costituiti o incaricati della vigilanza nei confronti dei propri affiliati o dell'espletamento delle funzioni previste dall'articolo 21 della legge n. 164 del 1992 (8). Lo stesso Ispettorato centrale repressione frodi in presenza di irregolarità riscontrate o di inosservanza degli obblighi previsti da disposizioni legislative, regolamentari e statutarie, o nel caso di insoddisfacente funzionamento dell'attività di controllo operata dagli organismi in questione, ovvero in caso di perdita dei requisiti necessari per cui gli organismi stessi sono stati autorizzati a svolgere le funzioni di cui trattasi, propone l'adozione del provvedimento di sospensione o revoca della relativa autorizzazione.

3. Più consorzi possono utilizzare le stesse strutture amministrative di cui all'articolo 19, comma 1, lettera c), della legge n. 164 del 1992 (8) purché per ciascun consorzio sia garantita l'autonomia nell'ambito delle attività indicate negli articoli 16, 19 e 21 della legge n. 164 del 1992 (8) e la riservatezza delle relative decisioni.

Stesso criterio è da osservarsi in caso di utilizzazione di strutture esterne al consorzio ed operanti per più denominazioni ed in caso di partecipazione del Consorzio a organismi rappresentativi a base più ampia.

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(8) Riportata al n. B/XX.

(8) Riportata al n. B/XX.

(8) Riportata al n. B/XX.

 

8. Termini di applicazione e disposizioni transitorie.

1. Entro due anni dalla entrata in vigore del presente regolamento i consorzi volontari di tutela delle denominazioni di origine incaricati dal Ministero ad espletare le funzioni di vigilanza, ai sensi del decreto ministeriale 13 marzo 1982, devono adeguare i propri statuti alle disposizioni del presente regolamento e presentarli al Ministero per l'approvazione.

2. Il presente regolamento sarà inviato alla Corte dei conti per la registrazione e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana ed entra in vigore sei mesi dopo la sua pubblicazione.

 

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D.M. 16 giugno 1998, n. 280
Regolamento recante norme sull'organizzazione, sulle competenze e sul funzionamento della sezione amministrativa e, nel suo ambito, del servizio di segreteria del Comitato nazionale per la tutela e la valorizzazione delle denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche tipiche dei vini

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(1) Pubblicato nella Gazz. Uff. 13 agosto 1998, n. 188.

 

IL MINISTRO PER LE POLITICHE AGRICOLE

Vista la legge 10 febbraio 1992, n. 164, recante disposizioni sulla «Nuova disciplina delle denominazioni di origine dei vini»;

Visto il decreto del Presidente della Repubblica 20 aprile 1994, n. 348 con il quale è stato emanato il «Regolamento recante disciplina del procedimento di riconoscimento di denominazione d'origine dei vini»;

Visto il decreto legislativo 4 giugno 1997, n. 143 con il quale è stato istituito il Ministero per le politiche agricole;

Visto l'articolo 17, comma 3 della legge 23 agosto 1988, n. 400;

Ritenuta l'opportunità di adottare, ai sensi del combinato disposto dell'articolo 17, comma 3 e dell'articolo 18, comma 2, della legge 10 febbraio 1992, n. 164 il regolamento per l'organizzazione ed il funzionamento della sezione amministrativa e della segreteria del Comitato nazionale per la tutela e la valorizzazione delle denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche tipiche dei vini;

Udito il parere del Consiglio di Stato espresso nell'adunanza della sezione consultiva per gli atti normativi del 23 marzo 1998;

Vista la comunicazione al Presidente del Consiglio dei Ministri a norma del citato articolo 17 della legge 23 agosto 1998, n. 400, effettuata con nota n. 940 C.V. del 5 maggio 1998;

Adotta il seguente regolamento:

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1. Oggetto.

1. Il presente regolamento determina l'organizzazione, le competenze ed il funzionamento della sezione amministrativa e, nel suo ambito, del servizio di segreteria del Comitato nazionale per la tutela e la valorizzazione delle denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche tipiche dei vini, di cui all'articolo 17 della legge 10 febbraio 1992, n. 164 (2).

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(2) Riportata al n. B/XX.

 

2. Competenze della sezione amministrativa.

1. La sezione amministrativa, organo del Ministro per le politiche agricole, è una delle due sezioni in cui è articolato il Comitato nazionale per la tutela e la valorizzazione delle denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche tipiche dei vini, e svolge funzioni amministrative e tecniche connesse alla materia di cui alla legge 10 febbraio 1992, n. 164 (2). In particolare:

a) riceve le istanze di riconoscimento, modifica, revoca dei disciplinari di produzione dei vini a denominazione di origine (D.O.) e ad indicazione geografica tipica (I.G.T.), al fine di acquisire idonei elementi conoscitivi;

b) esamina le istanze con la relativa documentazione, ne verifica la legittimità, la completezza e la regolarità e ne trasmette copia alla Sezione interprofessionale;

c) indìce pubbliche audizioni e riunioni tecniche alle quali partecipano rappresentanti degli enti istituzionali e delle categorie interessate di fronte ad una commissione costituita da due rappresentanti della sezione interprofessionale, individuati nell'ambito della commissione regionale interessata uno dei quali con funzione di presidente ed un rappresentante della sezione amministrativa, designato di volta in volta dal dirigente capo della sezione amministrativa, il quale oltre a far parte della commissione come componente, svolge anche funzioni di segretario verbalizzante, in quanto responsabile del procedimento. Alle pubbliche audizioni e riunioni tecniche partecipa, ove ne ravvisi l'opportunità, anche il dirigente capo della sezione amministrativa o un suo delegato;

d) convoca, in occasione delle riunioni della sezione interprofessionale del Comitato, i rappresentanti delle regioni interessate;

e) esamina le deliberazioni adottate dalla sezione interprofessionale e qualora riscontri un caso di manifesta inopportunità della deliberazione stessa, rivolge, su concorde avviso del direttore generale delle politiche agricole e agro-industriali nazionali, una motivata richiesta di riesame alla sezione interprofessionale. Nei casi in cui accerti un vizio di legittimità ha l'obbligo di esercitare tutte le azioni volte a rimuovere il vizio stesso;

f) effettua ricognizione periodiche delle D.O. e delle I.G.T. al fine di proporre le modifiche e le revoche previste dall'articolo 17, comma 8, lettera b) della legge n. 164 del 1992 (2);

g) emana, a firma del dirigente capo della sezione amministrativa, il decreto di riconoscimento, di modifica o di revoca delle denominazioni di origine controllata e garantita, delle denominazioni di origine controllata e delle indicazioni geografiche tipiche dei vini e di approvazione, di modifica o di revoca dei relativi disciplinari di produzione;

h) promuove iniziative per una migliore conoscenza e divulgazione delle caratteristiche che contraddistinguono i prodotti a denominazione di origine e ad indicazione geografica tipica di cui alla legge n. 164 del 1992 (2);

i) mantiene rapporti con organismi esteri e nazionali operanti nel settore delle D.O. e I.G.T.;

l) collabora con l'I.C.R.F. e con gli organismi regionali per la tutela dei vini a D.O. e I.G.T.;

m) provvede, con decreto del dirigente capo della sezione amministrativa, sentita la sezione interprofessionale del Comitato, al riconoscimento degli organismi ufficialmente autorizzati di cui all'articolo 27 della legge n. 164 del 1992 (3);

n) predispone il decreto del Ministro di autorizzazione all'aumento del titolo alcolometrico volumico naturale dei prodotti della vendemmia, secondo il procedimento previsto dal decreto ministeriale 8 giugno 1995 e ne dà comunicazione alla sezione interprofessionale del Comitato;

o) autorizza, con provvedimento del dirigente capo della sezione amministrativa, sentita la sezione interprofessionale, le operazioni di vinificazione e di elaborazione delle uve, dei mosti e dei vini, nonché quelle di imbottigliamento, affinamento in bottiglia ed invecchiamento dei vini a D.O. fuori delle zone di produzione previste per dette operazioni dai corrispondenti disciplinari di produzione;

p) notifica agli interessati le decisioni sui ricorsi proposti avverso il giudizio di non idoneità della commissione di degustazione in sede di appello, di cui all'articolo 13 della legge n. 164 del 1992 (3);

q) fornisce ogni idonea documentazione agli organi legittimati a richiederla, a sostegno delle deliberazioni della sezione inteprofessionale e dei conseguenti decreti dirigenziali, nei casi di ricorsi giurisdizionali e di ricorsi straordinari al Presidente della Repubblica avverso tali deliberazioni e decreti;

r) provvede sistematicamente alla divulgazione dei pareri forniti dalla sezione interprofessionale;

s) svolge ogni altro incarico conferitole nell'ambito delle materie di cui alla legge n. 164 del 1992 (3).

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(2) Riportata al n. B/XX.

(2) Riportata al n. B/XX.

(2) Riportata al n. B/XX.

(3) Riportata al n. B/XX.

(3) Riportata al n. B/XX.

(3) Riportata al n. B/XX.

 

3. Capo della sezione amministrativa e capo della segreteria.

1. Alla sezione amministrativa ed alla segreteria organizzata al suo interno, è preposto il capo della sezione amministrativa e della segreteria, con qualifica di dirigente.

2. Il predetto dirigente oltre ad essere responsabile di tutte le attribuzioni di cui all'articolo 2: assiste alle riunioni della sezione interprofessionale; segnala al direttore generale delle politiche agricole ed agro-industriali nazionali i nominativi dei funzionari da designare come segretario effettivo e segretario supplente in occasione delle riunioni della sezione interprofessionale; svolge ogni altro incarico conferitogli nell'ambito delle materie di cui alla legge n. 164 del 1992 (3).

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(3) Riportata al n. B/XX.

 

4. Segretario effettivo e segretario supplente.

1. Su proposta del dirigente - capo della sezione amministrativa, il direttore generale delle politiche agricole ed agro-industriali nazionali nomina due funzionari in servizio presso la sezione amministrativa del Comitato, incaricati di svolgere funzioni di segretario effettivo e segretario supplente di livello rispettivamente nono e non inferiore al settimo, con le seguenti funzioni:

a) verbalizzazione delle riunioni della sezione interprofessionale del Comitato, assicurando la legittimità delle deliberazioni;

b) predisposizione della documentazione necessaria in occasione delle riunioni di cui al punto a);

c) predisposizione della raccolta delle sintesi dei pareri forniti dalla sezione interprofessionale.

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D.Lgs. 30 dicembre 1999, n. 507
Depenalizzazione dei reati minori e riforma del sistema sanzionatorio, ai sensi dell'articolo 1 della L. 25 giugno 1999, n. 205 (artt. 1 e 93)

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(1) Pubblicato nella Gazz. Uff. 31 dicembre 1999, n. 306, S.O.

 

TITOLO I

Riforma del sistema sanzionatorio in materia di alimenti

Capo I - Trasformazione dei reati in illeciti amministrativi

1. Depenalizzazione.

1. Sono trasformate in illeciti amministrativi, soggetti alle sanzioni stabilite dagli articoli 2 e 3, le violazioni previste come reato dalle leggi comprese nell'elenco allegato al presente decreto legislativo e da ogni altra disposizione in materia di produzione, commercio e igiene degli alimenti e delle bevande, nonché di tutela della denominazione di origine dei medesimi, fatta eccezione per i reati previsti dal codice penale e dagli articoli 5, 6 e 12 della legge 30 aprile 1962, n. 283, e successive modificazioni ed integrazioni.

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(omissis)

 

93. Autorità competenti.

1. Le autorità competenti ad applicare le sanzioni amministrative per le violazioni depenalizzate a norma del presente capo sono le seguenti:

a) Ministero dell'interno: articoli 15, 23 e 24 del regio decreto 14 luglio 1898, n. 404; articolo 1 della legge 30 giugno 1912, n. 740; articolo 13 del decreto-legge luogotenenziale 18 gennaio 1917, n. 148; articolo 4 della legge 19 aprile 1925, n. 475; articolo 20 del regio decreto 3 marzo 1934, n. 383; articolo 5 della legge 20 febbraio 1958, n. 75; articolo 15 della legge 21 aprile 1962, n. 161; articoli 54 e 55 del decreto del Presidente della Repubblica 20 marzo 1967, n. 223; articolo 11 della legge 2 febbraio 1973, n. 7; articolo 5 della legge 25 febbraio 1987, n. 67;

b) Ministero del lavoro: articolo 24 della legge 26 aprile 1934, n. 653; articolo 3 della legge 22 giugno 1939, n. 1239; articolo 6 della legge 27 maggio 1949, n. 260; articoli 23 e 29 della legge 19 gennaio 1955, n. 25; articolo 14 della legge 14 febbraio 1958, n. 138; articolo 4 della legge 29 novembre 1961, n. 1325;

c) Ministero della sanità: articolo 201 del regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265; articoli 6 e 15 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 541;

d) Ministero del commercio con l'estero: articolo 11 del regio decreto-legge 14 novembre 1926, n. 1923, convertito dalla legge 7 luglio 1927, n. 1495;

e) Ministero delle finanze: articolo 36 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 640;

f) Ministero dei beni culturali: articolo 9 della legge 17 maggio 1952, n. 619;

g) Ministero dell'industria, del commercio e dell'artigianato: articoli 19 e 20 del regio decreto-legge 9 luglio 1926, n. 1331, convertito, con modificazioni, dalla legge 16 giugno 1927, n. 1132; articolo 116 del regio decreto-legge 19 ottobre 1938, n. 1933, convertito, con modificazioni, dalla legge 5 giugno 1939, n. 973;

h) enti ed istituti gestori delle forme di previdenza e assistenza obbligatorie: articoli 115 e 116 del regio decreto-legge 4 ottobre 1935, n. 1827, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 aprile 1936, n. 1155; articolo 32 della legge 10 giugno 1940, n. 653; articolo 23 della legge 4 aprile 1952, n. 218; articolo 82 del decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 1955, n. 797; articolo 26 della legge 9 gennaio 1963, n. 9; articolo 40 del decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1968, n. 488; articolo 14 della legge 29 ottobre 1971, n. 889 (62/a);

i) regioni: articolo 142 del regio decreto 8 maggio 1904, n. 368; articoli 54 e 55 del regio decreto 11 luglio 1913, n. 959; articolo 12 della legge 21 marzo 1958, n. 326;

l) sindaco: articolo 221 del regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265.

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(62/a) Lettera così rettificata con avviso pubblicato nella Gazz. Uff. 28 gennaio 2000, n. 22.

 

(omissis)


D.M. 26 luglio 2000
Termine e modalità per la dichiarazione delle superfici vitate

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(1) Pubblicato nella Gazz. Uff. 20 settembre 2000, n. 220.

(1/circ) Con riferimento al presente provvedimento è stata emanata la seguente istruzione:

- A.G.E.A. (Agenzia per le erogazioni in agricoltura): Circ. 5 marzo 2001, n. 11.

 

IL MINISTRO DELLE POLITICHE AGRICOLE E FORESTALI

Visto il regolamento (CEE) n. 822/87 del Consiglio, del 16 marzo 1987, e successive modifiche, relativo all'organizzazione comune del mercato vitivinicolo;

Visto il regolamento (CE) n. 1493/99 del Consiglio, del 17 maggio 1999, relativo alla nuova organizzazione comune del mercato vitivinicolo ed, in particolare, l'art. 16 relativo alla istituzione dell'inventario viticolo;

Visto il regolamento (CE) n. 1294/96 della Commissione, del 4 luglio 1996, e successive modifiche, relativo alle dichiarazioni di raccolta, di produzione e di giacenza di prodotti del settore vitivinicolo;

Visto il regolamento (CEE) n. 2392/86 del Consiglio, del 24 luglio 1986, e successive modifiche, relativo all'istituzione dello schedario viticolo comunitario;

Visto il regolamento (CEE) n. 649/87 della Commissione, del 3 marzo 1987, e successive modifiche, relativo alle modalità di applicazione per l'istituzione dello schedario viticolo comunitario;

Vista la legge 10 febbraio 1992, n. 164, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana - serie generale - n. 39 del 12 febbraio 1992, concernente la «Nuova disciplina delle denominazioni di origine dei vini»;

Vista la legge 29 dicembre 1990, n. 428, pubblicata nel supplemento ordinario alla Gazzetta ufficiale - serie generale - n. 10, che contiene disposizioni per l'adempimento di obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia alle Comunità europee, in particolare l'art. 4;

Visto il proprio decreto del 10 febbraio 1987, con il quale l'A.I.M.A. è stata incaricata di realizzare e gestire lo schedario viticolo di cui al citato regolamento n. 2392/86;

Visto il proprio decreto del 23 marzo 1999, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana n. 100 del 30 aprile 1999, concernente l'adozione della modulistica per l'aggiornamento dello schedario viticolo nazionale, la gestione del potenziale viticolo, la verifica delle superfici vitate indicate nelle dichiarazioni vitivinicole annuali e l'iscrizione delle superfici vitate nell'albo dei vigneti DOCG, DOC e nell'elenco delle vigne IGT, la tenuta e l'aggiornamento degli stessi;

Vista la deliberazione dell'Azienda di Stato per gli interventi nel mercato agricolo (A.I.M.A.) n. 607 del 30 aprile 1999, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale - serie generale - n. 117 del 21 maggio 1999, concernente l'adozione del nuovo modello di dichiarazione delle superfici vitate, al fine dell'aggiornamento dello schedario viticolo comunitario di cui ai regolamenti (CEE) n. 2392/86 e n. 649/87 e successive modificazioni, onde procedere ad una verifica sistematica delle superfici di origine delle uve e dei prodotti a monte del vino indicate nelle dichiarazioni vitivinicole annuali e delle aziende interessate agli aiuti previsti dal regolamento (CEE) n. 822/87;

Visto il proprio D.M. 29 ottobre 1999, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana - serie generale - n. 8 del 12 gennaio 2000, con il quale l'A.I.M.A. in liquidazione cura la realizzazione e la gestione dell'inventario del potenziale viticolo previsto dal citato regolamento (CE) n. 1493/99;

Considerato che la conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano ha espresso parere favorevole, nella seduta dell'11 novembre 1999, sull'accordo tra il Ministero delle politiche agricole e forestali, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano e l'A.I.M.A. in liquidazione sui criteri di organizzazione delle attività per la costituzione dell'inventario del potenziale produttivo del settore viticolo, prevedendo altresì la stipula di convenzioni tra l'A.I.M.A. in liquidazione e le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano al fine di definire il rispetto dei tempi e le modalità di esecuzione delle operazioni per la costituzione dell'inventario;

Ritenuta la necessità di individuare i soggetti obbligati alla presentazione delle dichiarazioni delle superfici vitate di cui al citato accordo, in conformità alla definizione della superficie stessa contenuta nel presente decreto sulla base dei criteri forniti dalla Commissione europea, fissando la data entro la quale la dichiarazione deve essere presentata, anche al fine di consentire ai produttori attraverso la presentazione della dichiarazione di poter beneficiare con tempestività degli aiuti comunitari previsti dalla normativa comunitaria predetta;

Ritenuta la necessità di disporre l'obbligo della presentazione della dichiarazione di cui trattasi, al fine di consentire un adeguato ed efficace sistema di controllo sia per le misure strutturali che per gli aiuti di mercato;

Visto il parere favorevole della conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano espresso nella seduta del 6 luglio 2000;

Decreta:

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1. 1. Le persone fisiche o giuridiche che coltivano vigneti sono obbligate a presentare, entro il 31 marzo 2001, la dichiarazione delle superfici vitate (2).

2. La dichiarazione delle superfici vitate è presentata all'A.I.M.A. su modulistica predisposta e messa a disposizione dalla stessa azienda. Copia della dichiarazione è inviata contemporaneamente alle regioni o alle province autonome competenti per territorio. Tale dichiarazione può essere presentata anche in base a modulistiche e procedure stabilite dalle regioni e dalle province autonome ed approvate dalle convenzioni con l'A.I.M.A. medesima precedentemente all'emanazione del presente decreto.

3. L'A.I.M.A. provvede all'emanazione delle modalità necessarie per dare applicazione al presente decreto.

4. La presentazione della dichiarazione di cui al comma uno costituisce il presupposto per l'accesso alle misure di mercato e strutturali previste dalla normativa comunitaria di cui ai regolamenti (CEE) n. 822/87 e (CE) n. 1493/99. I dati desunti dalle dichiarazioni delle superfici vitate costituiscono l'elemento da utilizzare per ogni adempimento previsto dalla normativa comunitaria, nazionale e regionale, relativa al settore vitivinicolo ivi compresi i relativi aiuti.

5. Le modalità per l'aggiornamento dello schedario vitivinicolo e per l'iscrizione delle superfici vitate negli albi dei vigneti DOCG e DOC e negli elenchi delle vigne IGT sono definiti con successivo provvedimento ministeriale, d'intesa con la conferenza Stato-regioni (3).

6. Per «superficie vitata» si intende quella all'interno del sesto di impianto (da filare a filare e da vite a vite) aumentata, nelle fasce laterali e nelle testate, della superficie realmente esistente al servizio del vigneto ed in particolare:

a) superficie vitata ricadente su una intera particella catastale: in questo caso la superficie vitata da considerarsi è l'intera superficie catastale della particella;

b) superficie vitata ricadente solo su una parte della particella catastale: in questo caso la superficie vitata da considerarsi è quella all'interno del sesto d'impianto (da filare a filare e da vite a vite) aumentata, nelle fasce laterali e nelle testate, in misura del 50% del sesto d'impianto ovvero fino ad un massimo di tre metri per le aree di servizio, ivi comprese le capezzagne, qualora effettivamente esistenti;

c) superficie vitata di filari singoli: in questo caso la superficie vitata da considerarsi, per quanto attiene le fasce laterali, sarà fino ad un massimo di metri 1,5 per lato e di tre metri sulle testate per le aree di servizio, ivi comprese le capezzagne, qualora effettivamente esistenti.

Il presente decreto entrerà in vigore il giorno successivo alla sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.

 

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(2) Il termine di cui al presente comma è stato prorogato al 31 luglio 2001, fatte salve le dichiarazioni relative alle superfici vitate oggetto di ristrutturazione e riconversione nella campagna 2000/2001, per le quali il termine è prorogato al 30 aprile 2001, dall'art. 3, D.M. 27 marzo 2001. Successivamente il termine per la presentazione della dichiarazione delle superfici vitate è stato ulteriormente prorogato al 31 ottobre 2001 dall'art. 1, D.M. 27 luglio 2001 (Gazz. Uff. 31 luglio 2001, n. 176), entrato in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione, e al 31 dicembre 2001 dall'art. 1, D.M. 28 novembre 2001.

(3) In attuazione di quanto disposto dal presente comma, vedi il D.M. 27 marzo 2001.


D.M. 27 marzo 2001
Modalità per l'aggiornamento dello schedario vitivinicolo nazionale e per la iscrizione delle superfici vitate negli albi dei vigneti DOCG e DOC e negli elenchi delle vigne IGT e norme aggiuntive

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(1) Pubblicato nella Gazz. Uff. 10 aprile 2001, n. 84.

 

IL MINISTRO DELLE POLITICHE AGRICOLE E FORESTALI

Visto il regolamento (CEE) n. 2392/86 del Consiglio, del 24 luglio 1986, e successive modifiche, relativo all'istituzione dello schedario viticolo comunitario;

Visto il regolamento (CEE) n. 649/87 della Commissione, del 3 marzo 1987, e successive modifiche, relativo alle modalità di applicazione per l'istituzione dello schedario viticolo comunitario;

Visto il regolamento (CE) n. 1294/96 della Commissione, del 4 luglio 1996, e successive modifiche, relativo alle dichiarazioni di raccolta, di produzione e di giacenza di prodotti del settore vitivinicolo;

Visto il regolamento (CE) n. 1493/99 del Consiglio, del 17 maggio 1999, relativo alla nuova organizzazione comune del mercato vitivinicolo e, in particolare, l'art. 16 concernente la istituzione dell'inventario viticolo;

Visto il regolamento (CE) n. 1227/00 della Commissione, del 31 maggio 2000, che stabilisce modalità di applicazione del citato regolamento (CE) n.1493/99, e, in particolare, l'art. 19 concernente l'inventario viticolo;

Visto il regolamento (CE) n. 2729/00 della Commissione, del 14 dicembre 2000, recante modalità di applicazione per i controlli nel settore vitivinicolo, in particolare l'art. 5 concernente il controllo del potenziale viticolo;

Vista la legge 29 dicembre 1990, n. 428, pubblicata nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana n. 10 del 12 gennaio 1991, che contiene disposizioni per l'adempimento di obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia alle Comunità europee, in particolare l'art. 4;

Vista la legge 10 febbraio 1992, n. 164, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana n. 39 del 12 febbraio 1992, concernente la «Nuova disciplina delle denominazioni di origine dei vini»;

Visto il decreto legislativo 10 agosto 2000, n. 260, recante disposizioni sanzionatorie in applicazione del regolamento (CE) n.1493/99, relativo all'organizzazione comune di mercato vitivinicolo;

Visto il proprio decreto del 10 febbraio 1987, con il quale l'A.I.M.A. è stata incaricata di realizzare e gestire lo schedario viticolo di cui al citato regolamento (CEE) n. 2392/86;

Visto il proprio decreto del 23 marzo 1999, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana n. 100 del 30 aprile 1999, concernente l'adozione della modulistica per l'aggiornamento dello schedario viticolo nazionale, la gestione del potenziale viticolo, la verifica delle superfici vitate indicate nelle dichiarazioni vitivinicole annuali e l'iscrizione delle superfici vitate nell'albo dei vigneti DOCG, DOC e nell'elenco delle vigne IGT, la tenuta e l'aggiornamento degli stessi;

Visto il proprio decreto 26 luglio 2000, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana n. 220 del 20 settembre 2000, concernente termine e modalità per la dichiarazione delle superfici vitate;

Ritenuta la necessità di dare attuazione alle disposizioni di cui al predetto decreto 26 luglio 2000, al fine di consentire ai produttori di completare in modo coordinato gli adempimenti di propria competenza per la definizione dell'inventario nazionale concernente in base alla predetta normativa comunitaria sia i vini da tavola sia i vqprd, anche per accedere alle misure previste dalla organizzazione comune di settore;

Ritenuta inoltre la necessità, attesa la recente emanazione delle norme nazionali di settore, di definire i termini per la presentazione della dichiarazione delle superfici vitate, compatibilmente con le vigenti disposizioni comunitarie di settore;

Visto il parere della Conferenza permanente per i rapporti fra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano in data 22 marzo 2001;

Decreta:

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1. Finalità.

1. Il presente decreto stabilisce le modalità per l'aggiornamento dello schedario vitivinicolo nazionale e per la iscrizione delle superfici vitate negli albi dei vigneti DOCG e DOC e negli elenchi delle vigne IGT e norme aggiuntive, ai fini dell'utilizzo dei relativi dati anche per l'aggiornamento dell'inventario del potenziale viticolo nazionale, ai sensi dell'art. 19 del regolamento (CE) 1227/00.

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2. Definizioni.

1. Ai fini dell'applicazione del presente decreto, si intende per:

a) «AGEA», l'agenzia per l'erogazioni in agricoltura, subentrata all'A.I.M.A., azienda per gli interventi nei mercati agricoli, indicata nel citato decreto ministeriale 26 luglio 2000;

b) «Ministero», il Ministero delle politiche agricole e forestali;

c) «regione» e «ufficio regionale», rispettivamente la regione o la provincia autonoma e l'ufficio regionale o della provincia autonoma;

d) «DOCG», «DOC», «DO» e «IGT», rispettivamente denominazione di origine controllata e garantita, denominazione di origine controllata, denominazione di origine e indicazione geografica tipica;

e) «superficie vitata» quanto definito dall'art. 1, comma 6, del citato decreto ministeriale 26 luglio 2000;

f) «dichiarazione», la dichiarazione delle superfici vitate, di cui al citato decreto ministeriale 26 luglio 2000;

g) «camere di commercio», le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura.

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3. Dichiarazioni.

1. La dichiarazione delle superfici vitate, di cui all'art. 1 del decreto ministeriale 26 luglio 2000, e le relative dichiarazioni di aggiornamento sono finalizzate a:

a) tenuta e aggiornamento dello schedario viticolo, di cui ai regolamenti (CEE) n. 2392/86 e n. 649/87 e successive modificazioni;

b) tenuta e aggiornamento dell'inventanto del potenziale produttivo, di cui ai regolamenti (CE) n. 1493/99 e n. 1227/00 e successive modificazioni;

c) aggiornamento delle superfici relative ad iscrizioni di vigneti presso gli Albi delle DO, effettuate precedentemente alla data di presentazione della dichiarazione;

d) iscrizione delle superfici vitate, aventi i prescritti requisiti, nei relativi Albi delle DO, qualora il conduttore intenda richiederla contemporaneamente alla presentazione della dichiarazione;

e) iscrizione delle superfici vitate, aventi i prescritti requisiti, negli elenchi delle vigne per le I.G.T., qualora il conduttore intenda richiederla contemporaneamente alla presentazione della dichiarazione;

f) tenuta e aggiornamento del sistema informativo grafico utilizzato per il controllo del potenziale viticolo, di cui all'art. 5 del regolamento (CE) n. 2729/00.

2. La superficie vitata indicata nella dichiarazione rappresenta la superficie, assunta a base della determinazione delle misure e degli aiuti per il settore vitivinicolo, di cui al comma 6, dell'art. 1, del citato decreto, a decorrere dalla campagna vitivinicola successiva alla data di scadenza prevista per la presentazione della dichiarazione, fatte salve le superfici vitate oggetto di ristrutturazione e riconversione nella campagna 2000/2001, alle quali si applicano senza dilazioni le disposizioni del comma 4, del citato art. 1.

3. La data di scadenza per la presentazione della dichiarazione, prevista al comma 1, art. 1, del decreto ministeriale 26 luglio 2000, è prorogata al 31 luglio 2001, fatte salve le dichiarazioni relative alle superfici vitate oggetto di ristrutturazione e riconversione nella campagna 2000/2001, per le quali tale proroga è fissata al 30 aprile 2001 (2).

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(2) Il termine per la presentazione della dichiarazione delle superfici vitate è stato ulteriormente prorogato al 31 ottobre 2001 dall'art. 1, D.M. 27 luglio 2001 (Gazz. Uff. 31 luglio 2001, n. 176), entrato in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione, e al 31 dicembre 2001 dall'art. 1, D.M. 28 novembre 2001.

 

4. Aggiornamento informazioni sul potenziale vitivinicolo.

1. Fermo restando quanto previsto dalle disposizioni vigenti in materia di violazioni del potenziale vitivinicolo, ai sensi del decreto legislativo 10 agosto 2000, n. 260, art. 2, comma 3, la dichiarazione di cui all'art. 3 concerne, per ciascuna azienda, la superficie vitata al 1° settembre 1998 nonché le variazioni intervenute al 1° settembre 1999 e al 1° settembre 2000.

2. A decorrere dai due mesi successivi alla data di presentazione della dichiarazione della superficie vitata, di cui all'art. 3, l'AGEA consegna lo schedario vitivinicolo nazionale in conformità alle dichiarazioni aggiornate al 1° settembre 2000.

3. A seguito della avvenuta consegna dello schedario, di cui al comma 2, le regioni assicurano l'aggiornamento dello schedario vitivinicolo nazionale, secondo modalità idonee a garantirne la regolare prosecuzione di funzionamento e tenuto conto delle apposite disposizioni emanate dall'AGEA per quanto concerne le informazioni prescritte dalla normativa comunitaria, entro il 31 marzo successivo ad ogni campagna vitivinicola, fermo restando il rispetto dei termini fissati dal regolamento (CE) n. 1227/00. Tuttavia, per le variazioni intervenute fra il 1° settembre 2000 e la data di consegna dello schedario medesimo, la comunicazione di aggiornamento è presentata entro il 31 marzo 2002.

4. Qualora vi sia discordanza fra i dati e relativa superficie dichiarati dal conduttore dei vigneti e quelli risultanti negli archivi dell'AGEA, la regione procede alla definizione delle dichiarazioni interessate attraverso un accertamento sulla reale consistenza del vigneto, successivo alla presentazione delle dichiarazioni medesime. Il medesimo procedimento si applica anche alle variazioni successivamente intervenute.

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5. Gestione degli albi dei vigneti DO e degli elenchi di vigne IGT.

1. Le regioni istituiscono ed aggiornano agli albi dei vigneti a DO e gli elenchi delle vigne a IGT, secondo modalità definite dalle stesse sulla base di criteri, adottati con apposito accordo in sede di Conferenza Stato-regioni, ai sensi dell'art. 4 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, nel rispetto dei seguenti requisiti:

a) l'albo dei vigneti a DO è distinto per ogni denominazione, sottozona, indicazione geografica aggiuntiva, vitigno, tipologia o specificazione che siano riferiti ad una specifica caratterizzazione tecnico-produttiva. Per ciascun conduttore lo stesso albo riporta i dati identificativi dell'azienda, la data di iscrizione, i riferimenti catastali dei terreni vitati, i codici delle unità vitate iscritte e le relative superfici, l'eventuale menzione «vigna» seguita dal relativo toponimo nonché il riferimento ad eventuali altre iscrizioni agli albi dei vigneti a DO ed agli elenchi delle vigne a IGT;

b) per la compilazione degli elenchi delle vigne a IGT si applicano gli stessi criteri di cui alla lettera a), fatte salve le differenziazioni relative alle indicazioni aggiuntive previste dalla legge n. 164 del 1992 per le suddette categorie di vini (3).

2. Le regioni e le camere di commercio definiscono tempi e modalità per il passaggio delle competenze in relazione agli adempimenti di cui al comma 1, dandone comunicazione al Ministero entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto.

3. L'albo dei vigneti e l'elenco delle vigne sono pubblici e, come tali, possono essere consultati da chiunque ne abbia comprovato interesse.

4. Per le richieste di nuova iscrizione o di variazione di superfici vitate negli albi dei vigneti a DO o negli elenchi delle vigne a IGT, le regioni, effettuati i prescritti controlli, provvedono alla relativa iscrizione o variazione anche provvisoria, entro sei mesi dalla presentazione della richiesta, dandone comunicazione agli interessati.

5. Nei casi di mancata iscrizione o di iscrizione parziale, ovvero di cancellazione di iscrizione provvisoria a seguito di esito negativo dell'accertamento tecnico, le regioni ne danno motivata comunicazione ai produttori interessati che possono inoltrare ricorso nei termini e con le modalità stabilite da ciascuna regione.

6. Le regioni, in attuazione dell'art. 9, comma 1, lettera b), della legge n. 164 del 1992, provvedono periodicamente ad effettuare la revisione degli albi a DO e degli elenchi a IGT sulla base dei dati dichiarati e previ opportuni controlli; stabiliscono altresì i criteri di definizione di eventuali contenziosi.

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(3) Vedi, anche, l'Acc. 22 novembre 2001 e l'Acc. 25 luglio 2002.

 

6. Controlli.

1. In attuazione dell'art. 5, del regolamento (CE) n. 2729/2000, ai fini del rispetto delle disposizioni relative al potenziale produttivo, si utilizza lo schedario viticolo ovvero, qualora lo stesso non risultasse aggiornato, la base grafica di riferimento predisposta dall'AGEA, che ne cura la consegna alla regione competente, dandone comunicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana, nei tempi compatibili con un corretto svolgimento delle attività di controllo interessate.

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7. Disposizioni transitorie.

1. Per quanto concerne i controlli sulle superfici vitate, si applicano le disposizioni vigenti precedentemente alla data di entrata in vigore del presente decreto.

 

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D.M. 29 maggio 2001
Controllo sulla produzione dei vini di qualità prodotti in regioni determinate (V.Q.P.R.D.).

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(1) Pubblicato nella Gazz. Uff. 20 giugno 2001, n. 141.

 

IL MINISTRO DELLE POLITICHE

AGRICOLE E FORESTALI

Visto il regolamento (CE) n. 1493/1999 del Consiglio del 17 maggio 1999 relativo all'organizzazione comune del mercato vitivinicolo;

Vista la legge 10 febbraio 1992, n. 164, recante nuova disciplina delle denominazioni d'origine dei vini e, in particolare gli articoli 19 e 21 concernenti i consorzi volontari di tutela che demandano particolari funzioni di vigilanza nei confronti degli associati e funzioni di tutela generali sulle denominazioni interessate;

Visto il decreto 4 giugno 1997, n. 256 del Ministero delle politiche agricole e forestali, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana del 5 agosto 1997, n. 181, recante norme sulle condizioni per consentire l'attività dei consorzi volontari di tutela e dei consigli interprofessionali delle denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche tipiche dei vini;

Vista la legge 21 dicembre 1999, n. 526, recante disposizioni per l'adempimento di obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia alle Comunità europee - legge comunitaria 1999;

Ritenuta la necessità di prevedere una sistematicità ed un rafforzamento del sistema di controllo e di tracciabilità in tutte le fasi processo produttivo per i V.Q.P.R.D., a garanzia della loro qualità ed a tutela del consumatore;

Tenuto conto della sentenza della Corte di giustizia del 16 maggio 2000 che, nel pronunciarsi sull'obbligo dell'imbottigliamento in zona del V.Q.P.R.D. «Rioja», ha sancito per tale categoria di vini l'opportunità di un sistema di controllo che coinvolga direttamente i soggetti del processo produttivo;

Ritenuto, pertanto, di affidare ai consorzi di tutela, già incaricati alla vigilanza ai sensi dell'art. 19 della legge n. 164/1992, funzioni di controllo nei confronti di tutti i produttori, prevedendo una percentuale di rappresentatività maggiore di quella prevista dal citato decreto n. 256/1997, in considerazione della particolare attività loro demandata;

Visto il parere favorevole della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano espresso in data 24 maggio 2001;

Decreta:

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1. Finalità.

1. Fatte salve le competenze dei diversi enti pubblici in materia di programmazione, gestione e controllo nel settore dei V.Q.P.R.D., il controllo su tutte le fasi di produzione dell'uva e della sua trasformazione in vino e della presentazione al consumo dei vini D.O.C. e D.O.C.G., anche al fine di garantire la tracciabilità, è effettuato dai consorzi di tutela riconosciuti, appositamente incaricati dal Ministero delle politiche agricole e forestali a svolgere tale attività.

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2. Incarico ai consorzi.

1. I consorzi di tutela muniti dell'incarico di vigilanza, ai sensi dell'art. 19 della legge n. 164/1992, al fine di ottenere l'incarico anche per l'attività di controllo di cui all'art. 1, nei confronti di tuffi i partecipanti alla filiera produttiva, presentano istanza al Ministero delle politiche agricole e forestali - Dipartimento della qualità dei prodotti agroalimentari e dei servizi - Direzione generale per la qualità dei prodotti agroalimentari e la tutela del consumatore, dimostrando di possedere una rappresentatività della produzione di competenza dei vigneti della zona delimitata, rivendicata a D.O.C. o a D.O.C.G., pari almeno al 66%, riferita all'anno precedente la presentazione della istanza medesima.

2. L'istanza di cui al comma 1 è corredata di un apposito piano di controlli e di relativo tariffario.

3. Verificata la sussistenza del requisito della rappresentatività di cui al comma 1 e l'adeguatezza del piano di controlli e del relativo tariffario di cui al comma 2, il Ministero, su conforme parere della/e regioni e provincia/e autonoma/e interessata/e, emette apposito decreto d'incarico (2).

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(2) Con D.Dirett. 21 marzo 2002 (Gazz. Uff. 10 aprile 2002, n. 84) è stato approvato lo schema di piano dei controlli, delle relative istruzioni e del prospetto tariffario di cui al presente comma.

 

3. Requisiti di rappresentatività.

1. La verifica della sussistenza del requisito della rappresentatività di cui all'art. 2 del presente decreto è effettuata con cadenza triennale dal Ministero delle politiche agricole e forestali - Dipartimento della qualità dei prodotti agroalimentari e dei servizi - Direzione generale per la qualità dei prodotti agroalimentari e la tutela del consumatore.

2. Qualora tale requisito di rappresentatività non sia soddisfatto, si procede alla revoca dell'incarico affidato ai sensi dell'art. 2.

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4. Effettuazione controlli.

1. I partecipanti alla filiera produttiva che intendono utilizzare una specifica menzione distintiva di qualità e tracciabilità sono sottoposti al controllo del consorzio di tutela appositamente incaricato ai sensi dell'art. 2.

2. I costi derivanti dall'attività di controllo sono posti a carico di tutti i soggetti appartenenti alla filiera, in proporzione ai quantitativi controllati.

3. Le tariffe relative ai costi sostenuti, poste a carico dei soggetti interessati secondo le modalità di cui al comma 2, sono determinate senza alcuna differenziazione, fra aderenti e non aderenti al consorzio appositamente incaricato.

4. Qualora entro sei mesi (3) dalla data di entrata in vigore del presente decreto nessun consorzio di tutela riconosciuto presenti domanda per ottenere l'incarico di controllo, le regioni e province autonome d'intesa con il Ministero delle politiche agricole e forestali attivano le procedure per individuare un organismo pubblico o privato cui affidare l'attività di controllo, con le modalità previste dall'art. 14 della legge 21 dicembre 1999, n. 526.

5. La procedura di cui al precedente comma si applica anche nel caso di provvedimento di revoca di cui all'art. 3 del presente decreto.

6. L'organismo autorizzato di cui al comma 4 cesserà dal suo incarico di controllo alla data di pubblicazione dell'eventuale provvedimento di autorizzazione al consorzio di tutela.

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(3) Termine prorogato prima di un anno dal D.M. 27 dicembre 2001 (Gazz. Uff. 3 gennaio 2002, n. 2), poi di ulteriori 6 mesi dal D.M. 9 agosto 2002 (Gazz. Uff. 28 agosto 2002, n. 201), ed infine temporaneamente sospeso dall'art. 1, D.M. 31 luglio 2003. Successivamente l'articolo unico, D.Dirett. 7 aprile 2004 (Gazz. Uff. 20 aprile 2004, n. 92) ha così disposto: «Articolo unico - 1. L'entrata in vigore della disposizione di cui all'art. 2, comma 2, lettera d) dei decreti ministeriali di conferimento dell'incarico ai consorzi di tutela dei vini a D.O.C. a svolgere le funzioni di controllo previste dal decreto ministeriale 29 maggio 2001, concernente l'obbligo di riportare sui recipienti di capacità inferiore a 60 litri la dicitura obbligatoria attestante l'avvenuto controllo di cui trattasi, è prorogata al 1° ottobre 2004.».

 

5. Vigilanza.

1. I consorzi di tutela incaricati o gli organismi pubblici o privati autorizzati all'attività di controllo sono tenuti a trasmettere al Ministero e alle regioni o province autonome competenti entro il 31 gennaio di ciascun anno tutti i dati relativi ai controlli effettuati riferiti all'anno precedente.

2. La vigilanza sui consorzi di tutela e sugli organismi pubblici o privati autorizzati all'attività di controllo è esercitata dal Ministero e dalle regioni o province autonome per le produzioni ricadenti nel territorio di propria competenza.


D.M. 21 marzo 2002
Approvazione dello schema di piano dei controlli, delle relative istruzioni e del prospetto tariffario ai fini dell'applicazione del decreto ministeriale 29 maggio 2001, recante il controllo sulla produzione dei vini di qualita' prodotti in regioni determinate (V.Q.P.R.D.)

 

 IL DIRETTORE GENERALE

per la qualita' dei prodotti agroalimentari e la tutela del  consumatore

 

 Visto il regolamento (CE) n. 1493/1999 del Consiglio del 17 maggio 1999 relativo all'organizzazione comune del mercato vitivinicolo;

 Vista la legge 10 febbraio 1992, n. 164, recante nuova disciplina delle denominazioni d'origine dei vini e, in particolare gli articoli 19 e 21 concernenti i consorzi volontari di tutela che demandano particolari funzioni di vigilanza nei confronti degli associati e funzioni di tutela generali sulle denominazioni interessate;

 Visto il proprio decreto 4 giugno 1997, n. 256, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana del 5 agosto 1997, n.

181, recante norme sulle condizioni per consentire l'attivita dei consorzi volontari di tutela e dei consigli interprofessionali delle denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche tipiche dei vini;

 Visto il proprio decreto 29 maggio 2001 concernente il controllo sulla produzione dei vini di qualita' prodotti in regioni determinate (V.Q.P.R.D.), pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 141 del 20 giugno 2001;

 Visto il proprio decreto 27 dicembre 2001, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 2 del 3 gennaio 2002, concernente la proroga del termine previsto dall'art. 4, comma 4, del citato decreto ministeriale 29 maggio 2001;

 Considerato che, ai sensi dell'art. 2, comma 3, del citato decreto ministeriale 29 maggio 2001, la concessione dell'incarico all'attivita' di controllo per la specifica D.O. al relativo consorzio, o all'organismo pubblico o privato individuato ai sensi dell'art. 4, com-ma 4, del predetto decreto ministeriale 29 maggio 2001, e' subordinata alla verifica da parte del Ministero, previo parere della competente regione o provincia autonoma, dell'adeguatezza del piano dei controlli e del relativo tariffario;

 Ritenuta la necessita' di fissare modalita' uniformi per l'esercizio dell'attivita' di controllo sul territorio nazionale ed in particolare di individuare uno schema di piano di controlli specifico per i V.Q.P.R.D. cui i consorzi richiedenti l'incarico a svolgere l'attivita' di controllo, o gli altri organismi individuati come sopra specificato, devono conformarsi, nonche' di approvare un prospetto tariffario che prevede dei limiti entro i quali i citati consorzi od organismi devono fissare le loro tariffe;

 Sentito il parere delle regioni e province autonome nella specifica riunione del 21 gennaio 2002;

 

 Decreta:

 

 Art. 1.

 1. E' approvato lo schema di piano dei controlli relativo alla produzione dei V.Q.P.R.D. e le relative istruzioni di cui all'allegato 1, che costituisce parte integrante del presente decreto.

 2. E' approvato il prospetto tariffario di cui all'allegato 2, che costituisce parte integrante del presente decreto.

 

 Art. 2.

 1. Al fine di ottenere l'incarico all'attivita' di controllo sulla produzione dello specifico V.Q.P.R.D. il relativo consorzio richiedente, o l'organismo individuato ai sensi dell'art. 4, comma 4, del decreto ministeriale 29 maggio 2001, oltre al possesso dei requisiti ed alla presentazione della richiesta nei termini previsti dal predetto decreto ministeriale 29 maggio 2001, deve presentare al Ministero delle politiche agricole e forestali il piano dei controlli compilato conformemente allo schema riportato all'allegato 1 del presente decreto, nonche' il tariffario nel rispetto dei limiti di importi fissati all'allegato 2.

 2. Il consorzio richiedente l'incarico, o l'organismo individuato ai sensi dell'art. 4. comma 4, del decreto ministeriale 29 maggio 2001, devono altresi' comunicare al Ministero i nominativi degli ispettori addetti ai controlli e la composizione del comitato di certificazione.

 3. Ai fini dell'emissione del decreto d'incarico sono effettuate le verifiche di cui al comma 3 dell'art. 2 del decreto ministeriale 29 maggio 2001.

 Il presente decreto sara' pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.

 Roma, 21 marzo 2002

 Il direttore generale: Ambrosio

 

 

 ALLEGATO 1

 

(omissis)

 

 

ISTRUZIONI PER LA REDAZIONE DEL PIANO DEI CONTROLLI DEI VINI A  DENOMINAZIONE DI ORIGINE

 

Introduzione.

 Il presente documento riporta le istruzioni per la redazione del piano di controllo (d'ora in avanti piano) secondo le modalita' descritte dallo schema di controllo per i vini a D.O. (d'ora in avanti schema).

 Il piano deve essere predisposto seguendo la struttura ed i contenuti dello schema. Ogni qual volta un controllo previsto per una determinata fase o requisito non risulta inserito nel piano occorre specificarne le ragioni e riportare comunque nel piano la riga interessata.

 Seguire la struttura dello schema significa personalizzare il piano con i soggetti, le fasi, i requisiti e l'autocontrollo tipici della filiera controllata, salvaguardando i contenuti comunque descritti in esso.

 Le istruzioni sono suddivise, per semplicita' descrittiva, in tanti paragrafi quante sono le colonne individuate nello schema.

 Per tutte le attivita' si fa riferimento alla normativa vigente che disciplina i V.Q.P.R.D., in particolare alle seguenti norme:

 decreto del Presidente della Repubblica n. 162 de1 12 febbraio 1965 (in particolare, l'art. 20: poteri dei prefetti);

 legge n. 164 del 10 febbraio 1992;

 decreto n. 256 del 4 giugno 1997;

 decreto del 29 maggio 2001;

 decreto di approvazione del disciplinare di produzione.

 Il piano dovra' prevedere due tipologie di attivita', strettamente collegate e conseguenti:

 a) attivita' di conoscenza della denominazione, basata sulle seguenti azioni obbligatorie: acquisizione dei dati relativi alla documentazione obbligatoria per gli utilizzatori della Docg/Doc, ivi compresi quelli necessari per la conoscenza dei movimenti interni alla denominazione.

 Tali dati consentiranno di conoscere in ogni momento la situazione reale della denominazione: vigneto, produzione di uva, giacenze, prodotto imbottigliato. Questa conoscenza permettera' di attuare il controllo di rispondenza quantitativa tra produzione e commercializzazione di ogni singola azienda e dell'intera denominazione. Su questi dati si baseranno inoltre le attivita' relative alle verifiche di conformita';

 b) attivita' di verifica di conformita' delle azioni degli utilizzatori della Docg/Doc alle disposizioni dei disciplinari di produzione, esplicate attraverso:

 verifica della rispondenza quantitativa delle denunce di produzione, delle richieste di certificazione di idoneita' (con parere di conformita' obbligatorio), delle partite imbottigliate;

 verifiche ispettive di processo presso le aziende agricole produttrici di uva, presso le aziende di trasformazione delle uve, presso le aziende di imbottigliamento e confezionamento. Tali verifiche sono effettuate annualmente su un campione significativo pari ad un minimo del 25% della produzione rivendicata, con l'eccezione della verifica ispettiva relativa alla resa di uva massima ad ettaro, del 15% (*).

 Le modalita' di controllo sono attuate come segue: ogni anno verranno controllate aziende che rappresentano almeno il 20% produzione complessiva rivendicata nell'anno precedente.

 (*) La riduzione al 10% della percentuale della produzione rivendicata da controllare ogni anno nel caso delle verifiche relative alla resa di uva massima ad ettaro, e' motivata dal breve periodo in cui tale verifica risulta oggettivamente eseguibile in vigneto.

 Il controllo della resa potenziale e' infatti possibile solamente dalla fine del mese di giugno alla vendemmia.

 Sopralluoghi relativi al 20% della produzione (+5%) comporterebbero per le denominazioni medio/grandi l'utilizzo di un numero elevatissimo di ispettori con costi e modalita' organizzative difficilmente sostenibili.

 Resta inteso che il limite del 10% e' da ritenersi minimo, non escludendo, pertanto, la possibilita' di percentuali piu' elevate.

 A partire dal secondo anno, verranno sorteggiate un numero di aziende gia' sottoposte a ispezione da riproporre a verifica che rappresentino almeno il 5% della produzione complessiva.

 Il controllo del 15% sulla resa massima di uva ad ettaro e' effettuato sempre a campione.

 

 Elementi del piano dei controlli.

 

1. Soggetti.

 Devono essere individuati i soggetti effettivamente presenti nella filiera del vino a D.O. controllato, partendo dalla produzione primaria fino al soggetto produttore del prodotto finito certificato e pronto per la commercializzazione.

 Nel piano andranno riportati solo i soggetti - e quindi le relative righe - effettivamente presenti nella filiera.

2. Fase di processo.

 Per ciascun soggetto precedentemente identificato occorre definire le fasi di processo "controllate" che devono essere adattate alla specifica realta', prevedendo quelle effettivamente svolte dagli operatori.

3. Requisito.

 Per ciascuna fase di processo precedentemente identificata devono essere "esplicitati" i requisiti minimi che ciascun soggetto deve possedere per poter partecipare al circuito della produzione tutelata.

 Tali requisiti sono quelli previsti dal disciplinare di produzione in ogni fase del processo produttivo.

4. Acquisizione documentazione.

 Si intende la documentazione relativa al soggetto e alla fase di processo necessaria per verificare i requisiti e svolgere l'attivita' di controllo.

5. Attivita' di controllo.

 Per ciascun requisito individuato occorre definire le attivita' di controllo per le verifiche di conformita'.

6. Tipo ed entita' del controllo.

 Nello schema si riportano la tipologia del controllo e l'entita' minima di esso.

 La tipologia del controllo e' stata sinteticamente raggruppata in tre possibili categorie:

 un controllo di tipo documentale (indicata nello schema con la lettera D);

 un controllo di tipo ispettivo esercitato presso il soggetto (indicato con la lettera I), esso puo' comprendere anche un controllo a campione della documentazione aziendale;

 un controllo di tipo analitico sul prodotto (indicato con la lettera A).

7. Entita' del controllo per anno.

 Per entita' del controllo per anno (in %) s'intende la percentuale della produzione rivendicata dalle aziende controllate sul totale della denominazione, con le modalita' indicate al punto 1, lettera b); ovviamente le percentuali indicate sono quelle minime, in quanto l'organismo di controllo puo' effettuare controlli anche su percentuali piu' elevate.

8. Comunicazione del parere di conformita'.

 E' la trasmissione dei pareri di conformita' derivanti dalle attivita' di controllo documentale, indispensabili per l'utilizzo della D.O. nelle varie fasi del processo.

 In particolare le CCIAA non potranno rilasciare le ricevute frazionate per la produzione delle uve a D.O. ne' avviare le procedure di prelievo campioni per la certificazione di idoneita' alla D.O. delle partite di vino senza il parere positivo di conformita' del consorzio. Allo stesso modo le aziende imbottigliatrici non potranno procedere all'imbottigliamento senza il parere positivo di conformita' (e il ricevimento dei contrassegni identificativi per le D.O.).

9. Documentazione comunicata al MIPAF.

 In questa colonna sono riportati i documenti che, prodotti dall'organismo in seguito all'attivita' di controllo, devono essere comunicati al MIPAF secondo le modalita' previste dal decreto ministeriale 29 maggio 2001.

10. Non conformita'.

 E' l'elencazione delle non conformita' possibili per ciascun requisito individuato. Lo schema prevede alcune ipotesi minime ed altre da esplicitare evidenziate con la dicitura "di vario tipo".

Ogni eventuale modifica "riduttiva" va opportunamente giustificata.

11. Gravita' della non conformita'.

 Per ogni non conformita' identificata specificare se lieve o grave. Per non conformita' lieve s'intende la irregolarita' che non ingenera presupposti di non conformita' per la materia e per il prodotto, risolvibile con azioni correttive. Per non conformita' grave si intendono le irregolarita' che ingenerano presupposti di non conformita' per la materia prima e per il prodotto ed irregolarita'

gia' considerate lievi, ma non risolte con azioni correttive. Nello schema viene riportata l'indicazione "grave" quale conseguenza del non soddisfacimento del requisito. Ogni eventuale modifica "riduttiva" va opportunamente giustificata.

12. Trattamento della non conformita'.

 Di fatto, si intende la comunicazione entro quindici giorni agli organi competenti (regione, CCIAA, ICRF, a seconda del caso) della non conformita' riscontrata nelle attivita' di controllo.

13. Azione correttiva.

 Per azione correttiva s'intende l'insieme delle azioni intraprese al fine di eliminare le cause di non conformita' esistenti o

potenziali. Nella colonna devono quindi essere specificati (quando la casella e' evidenziata con la dicitura "di vario tipo") gli interventi da adottare, che a titolo esemplificativo ma non esaustivo di seguito si riportano:

 a) intensificazione temporanea delle verifiche ispettive;

 b) intensificazione temporanea dei controlli analitici;

 c) intensificazione temporanea dei controlli documentali;

 d) informazioni tecniche e legislative.

 Inoltre, l'organismo deve provvedere ad elaborare ed adottare specifiche procedure per la gestione dei casi di reiterazione della medesima non conformita'.

 

 Allegato 2

 

 PROSPETTO TARIFFARIO

 

1. Modalita' e tempi dei pagamenti.

 Il pagamento sara' effettuato direttamente al consorzio o all'organismo incaricato da parte degli utilizzatori della denominazione: produttori di uve, vinificatori, imbottigliatori, per ognuna delle funzioni svolte.

 La fatturazione potra' avere cadenza trimestrale, quadrimestrale, semestrale o annuale con scelta del consorzio proponente approvata dall'assemblea dei soci, o dell'organismo incaricato e sara' effettuata per i produttori d'uva sui quantitativi rivendicati a D.O., per i vinificatori sui quantitativi di prodotto per i quali viene richiesta la certificazione di idoneita' per la Docg/Doc e per gli imbottigliatori sui quantitativi di prodotto imbottigliato.

 Gli utilizzatori della denominazione dovranno aver assolto ai propri obblighi nei confronti del consorzio o dell'organismo incaricato per la sua attivita' di controllo, al fine di poter ottenere rispettivamente il rilascio delle ricevute frazionate (viticoltori), delle certificazioni di idoneita' (trasformatori) e del parere di conformita' (imbottigliatori).

2. Gli importi.

 Le tariffe per ognuna delle funzioni svolte dovranno essere comprese tra i seguenti valori:

 

 

Minimo

Massimo

Viticoltori

euro 0,21 x q/uva

euro 1,55 x q/uva

Vinificatori

euro 0,30 x hl/vino

euro 2,20 x hl/vino

Imbottigliatori

euro 0,30 x hl/vino

euro 2,20 x hl/vino

 

Tuttavia, in caso di piccoli livelli produttivi, per ognuna delle predette funzioni svolte, e' previsto a carico dei soggetti interessati il pagamento di una franchigia di euro 25.

 Le tariffe verranno aggiornate, ove se ne ravvisi la necessita', con decreto del Ministro delle politiche agricole e forestali, previo conforme parere delle competenti regioni.

 

 


 

Acc. 25 luglio 2002
Accordo tra il Ministro delle politiche agricole e forestali, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano per la determinazione dei criteri, per l'istituzione e l'aggiornamento degli albi dei vigneti D.O. e degli elenchi delle vigne I.G.T., in attuazione dell'art. 5 del D.M. 27 marzo 2001, sulla base dell'accordo approvato dalla Conferenza dei presidenti nella seduta del 4 ottobre 2001.

 

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(1) Pubblicato nella Gazz. Uff. 10 settembre 2002, n. 212.

 

LA CONFERENZA PERMANENTE PER I RAPPORTI

TRA LO STATO, LE REGIONI E LE PROVINCE

AUTONOME DI TRENTO E BOLZANO

 

Visto il D.M. 27 marzo 2001 del Ministro delle politiche agricole e forestali che stabilisce le modalità per l'aggiornamento dello schedario vitivinicolo nazionale e per l'iscrizione delle superfici vitate nell'albo dei vigneti DOCG e DOC negli elenchi delle vigne IGT e norme aggiuntive e, ai fini dell'utilizzo dei relativi dati anche per l'aggiornamento dell'inventario del potenziale viticolo nazionale, ai sensi dell'art. 19 del Regolamento n. 1227/00/CE, relativo all'organizzazione comune del mercato vitivinicolo, in particolare in ordine al potenziale produttivo;

Vista la legge 10 febbraio 1992, n. 164, recante «Nuova disciplina delle denominazioni di origine dei vini», che agli articoli 14 e 15 detta disposizioni per la denuncia delle superfici «vitate» e la costituzione degli albi dei vigneti DOCG, DOC e degli elenchi delle vigne IGT, ed all'art. 16 detta disposizioni sulla denuncia di produzione delle uve e della produzione generale vitivinicola;

Visto il decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, che all'art. 4 prevede che Governo, regioni e province autonome possano concludere in sede di questa Conferenza accordi al fine di coordinare l'esercizio delle rispettive competenze e svolgere attività di interesse comune;

Visto lo schema di accordo del Ministro delle politiche agricole e forestali, trasmesso il 19 giugno 2002, sui criteri per l'istituzione e l'aggiornamento degli albi dei vigneti DOC e DOCG e degli elenchi delle vigne IGT, sulla base dell'accordo approvato dalla Conferenza dei presidenti delle regioni nella seduta del 4 ottobre 2001;

Considerati gli esiti dell'incontro tecnico del 16 luglio 2002, nel corso del quale i rappresentanti delle regioni, pur esprimendo avviso favorevole, hanno avanzato alcune richieste formali di modifiche in merito al provvedimento in esame, peraltro, accettate dal rappresentante del Ministero proponente;

Tenuto conto che nel corso della seduta del 18 luglio 2002 del comitato tecnico di coordinamento in materia di agricoltura gli assessori regionali hanno confermato l'avviso favorevole con le modifiche concordate in sede tecnica;

Vista la nuova stesura dello schema di accordo, trasmessa dal Ministero delle politiche agricole e forestali con nota del 23 luglio 2002 alla segreteria di questa Conferenza;

Acquisito in corso di seduta l'assenso del Governo e dei presidenti delle regioni e delle province autonome;

Sancisce il seguente accordo, nei termini sottoindicati, tra il Ministero delle politiche agricole e forestali, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano.

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Criteri generali:

1. Nomenclatura - A meno che non si richiedano specifiche distinzioni, la dicitura «Albo dei vigneti DO e elenco delle vigne IGT» verrà di seguito indicata con il termine «Albo» e la dicitura «DO e IGT» con il termine «DO».

2. DO interregionali - In tale caso le rispettive regioni e province autonome, di seguito indicate con il termine unitario «Regioni», concordano preliminarmente univoci criteri e modalità procedurali su tutti gli aspetti tecnico-amministrativi relativi all'aggiornamento ed alla gestione degli albi DO, ivi comprese le modalità procedurali per la definizione degli eventuali contenziosi.

3. Revisione generale degli albi DOCG E DOC (decreto ministeriale 27 marzo 2001, art. 3, paragrafo 1, lettera c) - Il termine ultimo per l'aggiornamento di tutti gli albi dei vigneti DO, sulla base delle risultanze della dichiarazione delle superfici vitate di cui al decreto ministeriale 26 luglio 2000 e successivi decreti ministeriali di proroga e degli specifici accertamenti tecnici regionali, è fissato al 30 giugno 2004. Fino a che non sarà compiuta tale revisione i relativi vigneti, di cui alla predetta dichiarazione, sono da intendersi iscritti provvisoriamente nei «nuovi» albi istituiti presso le regioni.

4. Richieste di iscrizione agli albi DOC e DOCG e agli elenchi delle vigne IGT effettuate congiuntamente alla dichiarazione delle superfici vitate (decreto ministeriale 27 marzo 2001, art. 3, paragrafo 1, lettere d), e)). Per l'effettuazione degli specifici accertamenti tecnici regionali, ai fini dell'iscrizione agli albi ed agli elenchi, il termine è fissato 30 settembre 2003. Fino a che non sarà effettuata tale verifica, i relativi vigneti sono da intendersi iscritti provvisoriamente nei «nuovi» albi DO ed elenchi IGT istituiti presso le regioni.

5. Età produttiva dei vigneti DO e relativi accertamenti - Qualora non sia stabilito nei decreti di approvazione dei disciplinari di produzione delle specifiche DO, le regioni possono stabilire l'anno di entrata in produzione del vigneto a decorrere dalla data di impianto o di sovrainnesto, le rese unitarie nei primi anni produttivi ed eventualmente l'età massima produttiva con le rese degli ultimi anni. Al riguardo le regioni prevedono gli opportuni controlli, anche in qualsiasi fase del ciclo produttivo dei vigneti, atti a verificare la persistenza dei requisiti che ne hanno giustificato l'iscrizione all'albo.

6. Le regioni e province autonome che hanno realizzato la dichiarazione delle superfici vitate con una procedura autonoma, nel definire le modalità per procedere alla revisione generale degli albi e per le nuove iscrizioni, nonché in tutti gli altri casi contemplati nel presente accordo ove si fa riferimento alla dichiarazione delle superfici vitate, terranno conto dei dati risultanti dalle relative dichiarazioni a dai successivi aggiornamenti viste le procedure già poste in essere.

Criteri e procedure integrativi alla normativa nazionale e comunitaria vigente in materia.

1. Istituzione albi - Articolazione degli albi:

a) ogni conduttore è identificato nell'albo con un proprio codice valido per tutte le possibili iscrizioni (codice fiscale, che si identifica con il CUAA); eventualmente la regione può prevedere un codice identificativo aggiuntivo;

b) ogni DO e tutte le relative tipologie sono identificate nell'albo con apposito codice, che viene attribuito con il decreto di approvazione del disciplinare; per tutte le DO già esistenti i relativi codici saranno resi noti con uno specifico decreto ministeriale;

c) ciascuna unità vitata ai fini della successiva rivendicazione della produzione DO deve risultare iscritta nel/i rispettivo/i albo/i;

d) al fine di consentire l'opzione vendemmiale tra varie DO o IGT coesistenti sulle stesse aree vitate (ai sensi dell'art. 7, comma 3, della legge n. 164 del 1992), in modo da rivendicare le produzioni DO/IGT nei limiti di resa previsti dai rispettivi disciplinari di produzione e, dunque, senza incorrere nell'abbattimento di resa previsto dal comma 4 dell'art. 7 della citata legge, i conduttori interessati devono iscrivere preliminarmente i rispettivi «vigneti» distintamente in ogni albo/elenco per i quali intenderanno, eventualmente, effettuare la scelta in questione;

e) il programma informatico di gestione dell'albo deve consentire, in tempo reale, di:

verificare la situazione aziendale, con riferimento alla superficie totale vitata, iscritta globalmente all'albo per tutte le DO, e alla superficie vitata di ogni singola DO e tipologia, nonché la precisa identificazione catastale di ogni singola superficie vitata con riscontro allo schedario viticolo;

verificare la situazione generale dell'albo, con particolare riferimento alla superficie vitata della intera DO e delle relative sottozone e delle tipologie distinte nell'albo medesimo;

qualora singole unità vitate siano iscritte a due o più albi di DO in tutto o in parte coesistenti sullo stesso territorio, il programma informatico in questione deve assicurare, sia in àmbito generale della denominazione che a livello aziendale, il collegamento con tutti gli albi, e deve altresì evitare il moltiplicarsi delle superfici vitate iscritte, con particolare riguardo ai connessi adempimenti tecnico-produttivi, dichiarativi e statistici;

f) il programma informatico di gestione dell'albo deve consentire di affiancare per ogni DO e per ciascuna tipologia i dati relativi alle produzioni annuali rivendicate.

2. Presentazione domande e modulistica - Le domande di iscrizione o variazioni di iscrizione delle unità vitate allo specifico albo o agli specifici albi sono presentate dai conduttori agli uffici indicati dalle regioni competenti per territorio utilizzando la modulistica, messa a disposizione dai medesimi uffici, contenente almeno gli elementi indicati nello schema riportato in allegato (allegato 1).

3. Termini presentazione domande - Al fine di consentire la rivendicazione delle produzioni DO le domande dovranno essere presentate:

entro il 30 aprile, in caso di nuova iscrizione o di variazioni che comportino modificazioni tecnico-produttive (es.: sovrainnesto, ecc.);

in caso di variazioni di intestazione delle posizioni dell'albo (variazioni anagrafiche e ragione sociale), tali variazioni devono essere comunicate entro trenta giorni dal verificarsi dell'evento.

Le regioni possono eventualmente stabilire altri termini che devono essere resi noti mediante pubblicazione sui relativi bollettini ufficiali. In particolare ciascuna regione stabilirà il termine entro cui trasmettere alle competenti camere di commercio i dati aggiornati degli albi al fine di consentire la certificazione delle relative produzioni DO.

4. Controlli tecnico-viticoli - Per le richieste di nuova iscrizione o per variazioni che comportano modificazioni tecnico-produttive, i controlli regionali devono accertare la rispondenza degli impianti viticoli alle prescrizioni stabilite negli specifici disciplinari di produzione.

5. Iscrizioni provvisorie - Fatto salvo quanto previsto al punto 3 dei criteri generali, eventuali iscrizioni provvisorie agli albi sono consentite per una sola campagna vendemmiale.

Disposizioni transitorie.

1. Nelle more dell'entrata in vigore e dell'attuazione delle disposizioni del presente accordo le regioni, ove sia necessario tenendo conto di quanto disposto al punto 2 dei criteri generali, adottano le misure transitorie, da rendere note con le modalità ritenute più opportune, per consentire l'iscrizione/aggiornamento all'albo e la gestione dello stesso albo, tenendo in ogni caso conto dei dati e degli elementi della dichiarazione delle superfici vitate (modello B1), eventualmente integrando la modulistica di cui alla normativa finora vigente (decreto del Presidente della Repubblica n. 506 del 1967, legge n. 164 del 1992, circolare n. 5 del 1996) con gli elementi del modello B1.

2. Entro sei mesi dalla pubblicazione del presente accordo le regioni e le camere di commercio comunicano al Ministero le misure adottate per il trasferimento delle competenze in relazione alle disposizioni di cui all'art. 5, comma l e 2, del decreto ministeriale 27 marzo 2001 e le regioni comunicano al Ministero le misure transitorie adottate di cui al precedente punto 1.

Termini di applicazione.

Il presente accordo è applicabile a partire dal giorno della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.

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Allegato 1

Schema di modulistica per la presentazione delle domande di iscrizione o variazione di iscrizione delle unità vitate agli albi (punto 2 dei criteri e procedure integrativi alla normativa nazionale e comunitaria vigente in materia del presente Accordo).

1. Si riportano di seguito le informazioni comuni che devono essere presenti nella modulistica adottata da ciascuna regione o provincia autonoma, da utilizzare per la rilevazione delle informazioni relative alle superfici vitate, allo scopo:

di aggiornare lo schedario viticolo nazionale (dichiarazioni superfici vitate);

di effettuare le iscrizioni e gli aggiornamenti all'albo dei vigneti a DO;

di effettuare le iscrizioni e gli aggiornamenti dell'elenco delle vigne IGT.

2. La modulistica si compone di tre parti i cui i dati obbligatori sono:

a) dati identificativi del dichiarante (quadro A);

b) informazioni relative alle unità vitate (quadro B), va compilato un quadro per ogni comune oggetto della denuncia;

c) iscrizione/variazione delle unità vitate agli albi o elenchi, con identificazione dei vigneti e delle vigne (quadro C).

3. Le domande di iscrizione/variazione hanno àmbito provinciale.

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Istruzioni per la predisposizione

e la compilazione dei quadri

Quadro A.

Deve contenere le stesse informazioni necessarie ad identificare il richiedente nell'àmbito dello schedario viticolo nazionale.

Quadro B (relativo alle sole unità vitate interessate all'iscrizione all'albo DO/elenco IGT).

Unità vitata (UV) - (Elemento di base della dichiarazione delle superfici vitate - schedario viticolo). È definita come una superficie continua coltivata a vite che ricade su una sola particella catastale e che è omogenea per le seguenti caratteristiche: tipo di possesso (titolo di conduzione), destinazione produttiva, irrigazione, tipo coltura, forma di allevamento, sesto di impianto, vitigno (è tuttavia consentita la presenza di vitigni complementari, purché gli stessi non superino il 15% del totale), anno di impianto, ecc. Qualora una singola UV sia composta da più varietà di viti, come sopra specificato, è fatto obbligo di riportare la percentuale dei ceppi relativi ad ogni tipologia varietale ai fini dell'iscrizione all'albo.

Superficie vitata - Per il calcolo della superficie dell'unità vitata si deve fare riferimento alle disposizioni del decreto ministeriale 26 luglio 2000.

Vitigno - Si deve fare riferimento al codice della varietà di vite previsto dal catalogo nazionale delle varietà di vite.

Quadro C.

Vigneto - Il vigneto è l'unità di base iscrivibile ad un albo/elenco compatibile con le condizioni previste dal relativo disciplinare di produzione.

Il vigneto può essere costituito da una unità vitata (U.V.) o da un insieme di Unità vitate.

È possibile qualificare il vigneto con un toponimo di «vigna» purché risulti costituito da una U.V. o da un insieme di U.V. contigue.

Una U.V. può essere associata ad uno ed un solo vigneto.

Iscrizioni all'albo/elenco.

Ad un albo/elenco possono essere iscritti più vigneti.

Un vigneto può essere iscritto a uno o a più albi/elenchi, purché siano sempre rispettate le condizioni prescritte dai relativi disciplinari di produzione.

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Quadro B

Informazioni relative alle superfici vitate - Devono essere obbligatoriamente «scaricabili» nel Sistema AGEA, la raccolta delle informazioni deve risultare però flessibile e adattata alle realtà e specificità regionali.

Per ogni figlio di mappa e particella si indicano le n tipologie varietali con la percentuale di superficie occupata

Quadro C

(deve essere compilato un quadro per ciascuna DO o IGT)

 

D.O. di base [1]  

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

cod. DO 

cod. albo 

descrizione 

 

prog. U.V. 

tipo operazione [2] 

superficie da iscrivere 

raggruppamento iscrizioni (vigneti) 

Toponimo Vigna [3] 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Iscrizione/variazione in albi/elenchi  

 

 

 

altra/e sottozone, tipologie, DO - IGT 

 

 

 

cod. DO 

cod. albo 

descrizione 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Note: 

 

 

 

[1] Trattasi della D.O. il cui disciplinare di produzione prevede le condizioni più restrittive. 

 

 

 

[2] Iscrizione, variazione, cancellazione 

 

 

 

[3] elenco toponimi: 

 

 

 

a. 

 

 

 

 

 

b. 

 

 

 

 

 

c. 

 

 

 

 

 

d. 

 

 

 

 

 


D.M. 25 luglio 2003
Disciplina degli esami chimico-fisici ed organolettici e dell'attività delle commissioni di degustazione dei vini D.O.C.G. e D.O.C

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(1) Pubblicato nella Gazz. Uff. 10 settembre 2003, n. 210.

 

IL MINISTRO DELLE POLITICHE

AGRICOLE E FORESTALI

Vista la legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 recante modifiche al titolo V della parte II della Costituzione;

Visto il regolamento (CE) n. 1493/1999 del 17 maggio 1999 del Consiglio relativo all'organizzazione comune del mercato vitivinicolo, in particolare l'art. 55, paragrafo 1, lettera g), e l'allegato VI, lettera J), che disciplinano gli esami analitici e organolettici dei vini di qualità prodotti in regioni determinate (V.Q.P.R.D.);

Visto il regolamento (CE) n. 1607/2000 del 24 luglio 2000 della Commissione relativo all'organizzazione comune del mercato vitivinicolo, relativo ai vini di qualità prodotti in regioni determinate, in particolare il titolo III concernente regole relative agli esami analitici e organolettici;

Vista la legge 29 dicembre 1990, n. 428, pubblicata nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana n. 10 del 12 gennaio 1991, concernente disposizioni per l'adempimento di obblighi derivanti dalla appartenenza dell'Italia alle Comunità europee;

Vista la legge 10 febbraio 1992, n. 164, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana n. 39 del 12 febbraio 1992, concernente «Nuova disciplina delle denominazioni d'origine dei vini»;

Visto il decreto legislativo 26 maggio 1997, n. 156, pubblicato nel supplemento ordinario n. 118 alla Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana n. 136 del 13 giugno 1997, recante l'attuazione della direttiva 93/99/CEE concernente misure supplementari in merito al controllo ufficiale dei prodotti alimentari;

Visto il decreto del Presidente della Repubblica 26 marzo 1980, n. 327, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana n. 193 del 16 luglio 1980, recante il regolamento di esecuzione della legge 30 aprile 1962, n. 283, e successive modificazioni, in materia di disciplina igienica della produzione e della vendita delle sostanze alimentari e delle bevande;

Visto il proprio D.M. 8 novembre 1982, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana n. 332 del 2 dicembre 1982, concernente il prelievo dei campioni per l'esame organolettico dei vini a denominazione di origine controllata e a denominazione di origine controllata e garantita;

Visto il proprio D.M. 29 maggio 2001, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana n. 141 del 20 giugno 2001, concernente il controllo sulla produzione dei vini di qualità prodotti in regioni determinate (V.Q.P.R.D.);

Ritenuta la necessità di adottare le disposizioni per la disciplina delle operazioni di prelievo dei campioni e degli esami analitico-organolettici, nonché per il funzionamento delle commissioni di degustazione istituite presso le camere di commercio, industria, artigianato ed agricoltura e di quelle di appello e degli esami cui debbono essere sottoposti i vini in questione, commissioni già operanti sulla base della circolare 26 novembre 1993, n. 28 con la quale, nelle more dell'emanazione di apposite norme, sono state individuate le procedure per gli esami chimico-fisici e organolettici dei vini D.O.C.G. e D.O.C. e l'attività delle commissioni di degustazione, successivamente integrate con la circolare 9 giugno 1994, n. 13 e la circolare 6 marzo 1995, n. 2;

Visto il parere favorevole del Comitato nazionale per la tutela e la valorizzazione delle denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche tipiche dei vini, espresso nella riunione del 27 febbraio 2002;

Visto il parere favorevole della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le provincie autonome di Trento e Bolzano espresso nella seduta del 22 maggio 2003;

Decreta:

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1. Campo di applicazione.

1. Le partite di vino a denominazione di origine controllata e garantita (D.O.C.G.) e a denominazione di origine controllata (D.O.C.) utilizzano la denominazione di origine controllata e garantita o controllata solo se sottoposte, a cura del detentore, prima della loro immissione al consumo, ad analisi chimico-fisica e ad esame organolettico, rispondono ai requisiti previsti dalla vigente normativa nazionale e comunitaria in materia, con particolare riferimento a quelli dei rispettivi disciplinari di produzione.

2. Le partite di vini D.O.C.G. sono imbottigliate entro novanta giorni dalla data di certificazione dell'esame organolettico; trascorso tale termine, in assenza di imbottigliamento, le medesime partite, ai sensi dell'art. 13, comma 1, della legge n. 164 del 1992, sono sottoposte ad un nuovo esame organolettico.

3. Per i vini D.O.C.G. elaborati in bottiglia l'analisi chimico-fisica e l'esame organolettico sono effettuati all'epoca in cui le relative partite imbottigliate abbiano acquisito i requisiti previsti dai rispettivi disciplinari di produzione.

4. La camera di commercio, industria, artigianato ed agricoltura, di seguito denominata camera di commercio, competente, ai sensi dell'art. 13, comma 2, della legge n. 164 del 1992, ad effettuare l'esame chimico-fisico e sede della commissione di degustazione della specifica D.O.C.G. o D.O.C., è quella nel cui àmbito territoriale provinciale ricade la superficie vitata, iscritta all'apposito albo dei vigneti, dalla quale deriva la partita di vino oggetto dei predetti esame chimico-fisico ed esame organolettico. Qualora la partita di vino derivi da vigneti ricadenti nel territorio di due o più, province, la camera di commercio competente è quella della provincia in cui è ubicato lo stabilimento enologico. Qualora lo stabilimento enologico ricada al di fuori della zona di produzione delle uve, conformemente alle specifiche deroghe previste dai relativi disciplinari di produzione, la camera di commercio competente è quella della provincia in cui ricade la maggiore superficie vitata da cui provengono le relative uve.

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2. Definizione di partita di vino.

1. Ai fini dell'effettuazione degli esami chimico-fisici ed organolettici, per partita di vino si intende una massa omogenea di prodotto con la stessa denominazione proveniente da un unico processo di omogeneizzazione della massa stessa e contenuta:

in un unico o più recipienti, fino ad un massimo di cinque;

in piccoli recipienti (botti con capacità massima di 10 ettolitri, damigiane o altri) e in bottiglie, senza limiti numerici,

collocati nello stesso stabilimento.

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3. Presentazione richiesta prelievo campione e collocazione relativa partita.

1. Il detentore di vino che intende ottenere la certificazione di una partita a D.O.C.G. o a D.O.C., presenta apposita richiesta alla competente camera di commercio, affinché sia prelevato il campione da sottoporre agli accertamenti di cui all'art. 1, utilizzando il modello conforme all'allegato 1 del presente decreto.

2. Le partite di vino, dalle quali sono stati prelevati i campioni, non possono essere rimosse dal luogo e dai recipienti ove si trovano al momento del prelievo, nel periodo compreso tra il prelievo stesso e la ultimazione dell'esame organolettico, fatta eccezione per eventuali, cause di forza maggiore, relative alle operazioni di cantina o che non consentono il rispetto dei tempi di certificazione stabiliti nel presente decreto.

3. Nei casi di forza maggiore di cui al comma 2, i relativi travasi o spostamenti sono preventivamente comunicati alla competente camera di commercio ed annotati nei registri di cantina. Qualora lo spostamento della partita in questione avviene dal luogo di detenzione originario in altra collocazione, anche al di fuori della zona di vinificazione, nel relativo documento di accompagnamento vitivinicolo, previsto dalla vigente normativa nazionale e comunitaria, è annotato che trattasi di partita di vino atto a diventare V.Q.P.R.D. Lo spostamento della partita medesima al di fuori della zona di vinificazione è comunque subordinato alle disposizioni dei singoli disciplinari di produzione e l'operazione è a totale rischio del detentore, in quanto in caso di rivedibilità la partita diventerebbe automaticamente «non idonea».

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4. Analisi chimico-fisiche.

1. Prima dell'esame organolettico, i campioni prelevati sono sottoposti all'esame chimico-fisico presso i laboratori all'uopo autorizzati dal Ministero delle politiche agricole e forestali, denominato Ministero.

2. Sono ammessi all'esame organolettico i campioni idonei dal punto di vista chimico-fisico.

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5. Esame organolettico - Commissioni di degustazione.

1. L'esame organolettico è effettuato da commissioni di degustazione operanti presso le competenti camere di commercio, le quali rilasciano la relativa certificazione per le partite idonee alla D.O.C.G. o alla D.O.C., su modello conforme all'allegato 2.

2. Per ciascuna D.O.C.G. o D.O.C. il Ministero, sentite le camere di commercio competenti per territorio, stabilisce il numero delle commissioni di degustazione, in relazione all'entità dei campioni da sottoporre all'esame, e per ognuna di esse nomina, per un periodo massimo di tre anni, il presidente ed il relativo supplente secondo le modalità di cui al successivo art. 6.

3. Qualora i campioni da esaminare di una o più D.O.C.G. o D.O.C. siano in numero esiguo, il Ministero nomina presso la competente camera di commercio un unica commissione di degustazione per due o più vini D.O.C.G. o D.O.C.

4. Qualora il livello delle produzioni dei vini D.O.C.G. o D.O.C. esistenti sia esiguo e si verifichi una carenza degli iscritti agli elenchi dei tecnici e degli esperti degustatori di cui al successivo art. 7, tali da non consentire l'istituzione della relativa commissione di degustazione, il Ministero, in deroga al disposto di cui all'art. 1, comma 4, affida l'espletamento degli esami analitici ed organolettici ad altra commissione di degustazione, istituita per i vini D.O.C.G. o D.O.C. di altra provincia.

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6. Composizione delle commissioni di degustazione.

1. Su proposta delle camere di commercio, su conforme parere delle amministrazioni regionali competenti per territorio da esprimersi entro trenta giorni dalla richiesta, sentiti i consorzi volontari di tutela incaricati di collaborare alla vigilanza ai sensi dell'art. 19, comma 1, della legge n. 164 del 1992 o i consorzi volontari autorizzati ai sensi dell'art. 19, comma 3, della citata legge n. 164 del 1992, le categorie interessate dei produttori singoli, dei produttori associati, degli industriali, dei commercianti e di altri operatori del settore, il Ministero nomina per ogni commissione di degustazione, di cui all'art. 5, comma 2, un presidente ed un vicepresidente scelti tra tecnici degustatori.

2. Il segretario e il/i segretario/i supplente/i di ciascuna commissione di degustazione sono nominati con determinazione del presidente della giunta della competente camera di commercio e individuati tra il personale dipendente della stessa camera di commercio.

3. Il presidente costituisce, per ciascuna seduta di degustazione, una commissione di tecnici ed esperti degustatori composta da quattro membri, oltre il presidente, di cui almeno due tecnici degustatori. Soltanto con deroga del Ministero è consentita una diversa rappresentanza tra tecnici ed esperti degustatori, qualora esistono effettive carenze di iscrizione agli elenchi dei tecnici degustatori.

4. La scelta dei componenti è effettuata in modo tale da garantire la partecipazione a turno degli iscritti negli elenchi di cui all'art. 7.

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7. Criteri per la formazione degli elenchi dei tecnici degustatori e degli esperti.

1. Presso le camere di commercio interessate alla produzione dei vini D.O.C.G. e D.O.C., sono istituiti l'«Elenco dei tecnici degustatori» e l'«Elenco degli esperti degustatori». Gli iscritti a tali elenchi possono esercitare la propria attività per tutti i vini della provincia.

2. Fatte salve le pregresse iscrizioni di tecnici degustatori agli elenchi istituiti ai sensi della preesistente normativa presso le competenti camere di commercio, a decorrere dall'entrata in vigore del presente decreto per l'iscrizione nell'elenco dei tecnici degustatori sono richiesti i seguenti requisiti:

a) possesso di uno dei titoli di studio appresso indicati:

diploma di perito agrario specializzato in viticoltura ed enologia od enotecnico;

diploma di enologo;

diploma di laurea in scienze agrarie con specializzazione nel settore enologico;

diploma di laurea in scienze delle preparazioni alimentari con specializzazione nel settore enologico;

titoli equipollenti conseguiti all'estero;

b) esercizio documentato, nei due anni precedenti la data di presentazione della domanda di iscrizione, dell'attività di degustatore, in forma continuativa, per i vini D.O.C.G. o D.O.C.

3. Gli interessati all'iscrizione nell'elenco dei tecnici degustatori presentano apposita domanda alla competente camera di commercio. Nel caso di presentazione di domande ad altre camere di commercio, per ognuna di esse è fatto esplicito richiamo alle altre. L'iscrizione è disposta con provvedimento della camera di commercio.

4. Nella domanda i richiedenti dichiarano:

a) il cognome e il nome, il luogo e la data di nascita, la residenza;

b) i titoli di studio di cui alla lettera a) del comma 2 del presente articolo, con l'esatta indicazione della data e dell'istituto o della università presso cui gli stessi sono stati conseguiti.

5. La rispondenza al requisito di cui al comma 2, lettera b), è dimostrata allegando alla domanda idonea documentazione dalla quale risulti l'effettivo svolgimento dell'attività per il periodo minimo prescritto.

6. Per l'iscrizione nell'elenco degli esperti degustatori sono richiesti i seguenti requisiti:

a) partecipazione a corsi organizzati da associazioni nazionali ufficialmente riconosciute operanti nel settore della degustazione dei vini e superamento di esami sostenuti a conclusione dei corsi stessi;

b) esercizio della attività di degustazione per almeno un biennio antecedentemente alla data di presentazione della domanda.

7. Per l'iscrizione nell'elenco degli esperti degustatori, si osservano le disposizioni di cui al comma 3.

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8. Presidente della commissione di degustazione.

1. Il presidente della commissione assicura il rispetto delle procedure tecniche di degustazione, predisponendo, con l'ausilio del segretario, il piano di attività della commissione e curandone l'attuazione.

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9. Funzioni del segretario.

1. Il segretario della commissione di degustazione:

a) convoca la commissione e, in apertura di seduta, verifica il numero legale;

b) cura la presa in carico dei campioni mediante la loro registrazione cronologica su apposito registro di carico, nonché la conservazione dei campioni stessi;

c) predispone la preparazione dei campioni, assicurando le misure necessarie a garantire l'anonimato degli stessi;

d) cura la conservazione dei campioni giudicati «non idonei» o «rivedibili», per il termine stabilito dalla commissione, non inferiore comunque a sei mesi, per eventuali controlli o contestazioni;

e) assiste alle riunioni della commissione di degustazione, ne redige i relativi verbali su apposito registro, comunica le risultanze agli interessati e trasmette annualmente al Ministero una relazione sull'attività svolta.

2. La tenuta dei registri e dei documenti, di cui al comma 1, può essere effettuata con mezzi informatici, adottando gli opportuni accorgimenti atti a garantire la sicurezza e la riservatezza dei dati.

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10. Termini del procedimento dell'analisi chimico-fisica e dell'esame organolettico.

1. Il procedimento relativo all'esame chimico-fisico del campione si conclude, con il rilascio della certificazione di idoneità chimico-fisica, entro cinque giorni lavorativi a decorrere dalla data di presa in carico del campione stesso da parte del laboratorio autorizzato.

2. L'intero procedimento dell'esame chimico-fisico ed organolettico del campione si conclude, con la certificazione della relativa partita; dalla data di ricevimento della richiesta di prelievo:

a) entro dodici giorni lavorativi per i vini novelli;

b) entro venti giorni lavorativi per tutti gli altri vini.

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11. Prelievo dei campioni.

1. Il prelievo dei campioni è effettuato da personale incaricato dalle camere di commercio, autorizzato ai sensi del decreto ministeriale 8 novembre 1982.

2. L'effettuazione dei prelievi è programmata con la necessaria frequenza dalle camere di commercio.

3. La richiesta di prelievo, anche a mezzo fax o per via informatica, compilata sul modulo di cui all'art. 3, è presentata alla camera di commercio competente per territorio, anche tramite il consorzio di tutela o il consiglio interprofessionale.

4. La richiesta di prelievo del campione è effettuata dal detentore della partita, non prima che la stessa abbia raggiunto le caratteristiche minime al consumo previste dal relativo disciplinare di produzione per ciascuna tipologia regolamentata.

5. Nel caso dei vini «novelli» e di altre tipologie di vini D.O.C.G. o D.O.C. che, nel rispetto della normativa vigente e per ragioni commerciali, sono immessi al consumo entro un breve lasso di tempo a partire dalla vendemmia la richiesta di prelievo è presentata antecedentemente alla denuncia di produzione delle uve, dichiarando mediante autocertificazione che sono stati rispettati gli adempimenti tecnico-amministrativi previsti dalla normativa vigente in materia. Le camere di commercio, una volta in possesso della necessaria documentazione, provvedono ad effettuare gli opportuni controlli.

6. Il campionamento di ciascuna partita è effettuato dal personale incaricato di cui al comma 1, e nel rispetto delle condizioni di cui ai successivi commi.

7. Nel caso in cui la partita sia costituita da più recipienti, per i quali venga dichiarata dal detentore la uniformità qualitativa, ai fini del campionamento, è effettuato un coacervo in proporzione al quantitativo dei singoli recipienti.

8. Qualora la partita sia contenuta in piccoli recipienti o sia costituita da prodotto imbottigliato il campionamento è effettuato a sondaggio sull'intera partita. Nel caso dei vini spumanti elaborati in bottiglia, il prelievo è effettuato precedentemente all'operazione di sboccatura della relativa partita, mediante il prelievo degli esemplari di campione all'uopo sboccati.

9. Qualora trattasi di campione di vino spumante o di vino frizzante prodotto in recipiente chiuso (autoclave), il prelievo può essere effettuato, anche nella fase di elaborazione, prima dell'imbottigliamento direttamente dall'autoclave, adottando apparecchiature atte a far sì che l'operazione avvenga senza perdita di pressione.

10. Per l'espletamento delle operazioni di prelievo, il prelevatore incaricato ha diritto di accedere nei locali dove sono conservate le partite di vino; inoltre, prende visione della documentazione atta ad accertare la provenienza del prodotto, la tipologia, la sua rispondenza quantitativa, nonché l'ubicazione delle partite del vino oggetto di prelievo.

11. Qualora il prelevatore, nell'espletamento dei propri compiti, rilevi una situazione di difformità da quella risultante dagli atti documentali, ne fa rapporto alla relativa commissione di degustazione per gli adempimenti di competenza e all'ufficio periferico competente per territorio dell'Ispettorato centrale repressione frodi.

12. Il prelevatore accerta il quantitativo del vino oggetto di campionamento e preleva il campione in sei esemplari, al fine di assicurare la corrispondenza del campione alla massa del prodotto oggetto di esame.

13. Gli esemplari del campione, di cui al comma 1, sono così utilizzati:

a) uno è affidato al detentore della partita;

b) uno è destinato all'esame chimico-fisico;

c) uno è destinato all'esame organolettico;

d) uno è conservato per l'eventuale esame da parte della commissione di appello;

e) due sono tenuti di riserva presso la stessa camera di commercio per almeno sei mesi, uno di essi può essere utilizzato per un eventuale ulteriore esame chimico-fisico.

14. Per il prelievo del campione ai fini della ripetizione dell'esame organolettico per i vini D.O.C.G. il campione stesso è prelevato in quattro esemplari, non dovendosi effettuare l'esame chimico-fisico e l'eventuale ulteriore esame dello stesso.

15. La capacità dei recipienti per i singoli esemplari del campione, in deroga alle misure previste dall'art. 6 del decreto del Presidente della Repubblica 26 marzo 1980, n. 327, è compresa tra 0,375 e 1 litro; gli stessi recipienti sono chiusi ermeticamente. Per i recipienti già confezionati dal produttore-imbottigliatore si procede al prelevamento delle confezioni esistenti per numero di pezzi e volume corrispondenti.

16. Sulla chiusura di ogni recipiente è apposto un sigillo cartaceo recante la dizione: «vino D.O.C. o D.O.C.G. - campione di controllo esente da documento di accompagnamento ai sensi della vigente normativa», completato da un'ala staccabile nella quale figurano il numero e la data del verbale di prelievo, il quantitativo della partita e le firme del prelevatore e dell'incaricato dell'azienda che assiste al prelievo.

17. Al momento del prelievo è redatto, in triplice copia, un verbale secondo il modello di cui all'allegato 3, dal quale devono risultare i seguenti elementi:

a) numero del verbale;

b) data e ora del prelevamento;

c) nominativo del prelevatore;

d) denominazione dell'azienda e relativo indirizzo;

e) nominativo del titolare dell'azienda o di un suo fiduciario, specificatamente delegato, incaricato di presenziare al prelevamento;

f) modalità di prelevamento, specificando eventuali coacervi;

g) descrizione delle partite di vino: quantitativo, provenienza del relativo prodotto, tipologia, recipienti;

h) dichiarazione attestante che tutti i campioni asportati e quello lasciato in custodia sono stati sigillati con l'apposizione sulle apposite ali staccabili delle firme del prelevatore e del responsabile dell'azienda;

i) indicazione relativa al numero d'ordine del prelievo della stessa partita, indicando «primo prelievo» o «prelievo per la ripetizione dell'esame organolettico di partita D.O.C.G.» o «prelievo per partita già giudicata non idonea all'esame chimico-fisico» o «prelievo per partita già giudicata rivedibile all'esame organolettico».

18. I verbali sono sottoscritti dal prelevatore e dall'incaricato dell'azienda.

19. Delle tre copie del verbale, una copia è consegnata all'azienda, una copia rimane al prelevatore e la restante copia è consegnata al segretario della commissione, unitamente ai campioni, presso la competente camera di commercio.

20. La consegna dei campioni e dei relativi verbali al segretario della commissione è effettuata entro il primo giorno lavorativo successivo al prelievo.

21. I campioni sono presi in carico e conservati a cura del segretario della commissione.

22. Il segretario della commissione invia un esemplare del campione ad un laboratorio autorizzato dal Ministero per gli esami di cui all'art. 12, comma 1.

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12. Procedimento dell'esame chimico-fisico.

1. L'esame chimico-fisico dei campioni prelevati è effettuato presso i laboratori autorizzati dal Ministero, ai sensi dell'art. 72, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 1493/1999 e dell'art. 5 del decreto legislativo 26 maggio 1997, n. 156.

2. L'analisi accerta la rispondenza del campione ai parametri chimico-fisici prescritti dai rispettivi disciplinari di produzione.

3. L'esito negativo dell'analisi preclude il successivo esame organolettico e comporta che la partita sia dichiarata non idonea. In tal caso, il segretario della commissione di degustazione, entro tre giorni dalla data di ricevimento dell'analisi, ne informa l'azienda interessata, anche a mezzo fax, telex o telegramma.

4. Entro cinque giorni dalla ricezione della comunicazione dell'esito negativo di cui al precedente comma 3, l'azienda interessata può richiedere alla competente commissione di degustazione per la relativa partita un eventuale nuovo prelievo, ai fini della ripetizione dell'esame chimico-fisico, soltanto alle seguenti condizioni:

che la partita possa essere ancora oggetto di pratiche e trattamenti enologici ammessi dalla normativa nazionale e comunitaria vigente in materia di V.Q.P.R.D.;

che l'Ispettorato centrale repressione frodi competente per territorio sia preavvisato della richiesta del nuovo prelievo, al fine di accertare se sia possibile effettuare sulla partita in questione le predette pratiche e trattamenti enologici e, in caso positivo, dia il proprio assenso alla competente commissione di degustazione per attivare la procedura del nuovo prelievo. In caso di esito negativo del citato accertamento risulta confermato l'esito negativo e le relative prescrizioni di cui al comma 3.

5. Fatto salvo quanto disposto al precedente comma 4, eventuali ricorsi contro l'esito dell'esame chimico-fisico devono essere presentati entro cinque giorni dal ricevimento della comunicazione. Trascorso tale termine in assenza di ricorso, il segretario comunica la non idoneità del prodotto all'azienda interessata e all'ufficio periferico dell'Ispettorato centrale repressione frodi competente e si provvede d'ufficio al declassamento.

6. In caso di presentazione del ricorso, l'ulteriore analisi è effettuata su un esemplare di campione di cui all'art. 11, comma 13, lettera e), presso un laboratorio autorizzato, diverso da quello che ha effettuato la prima analisi. In caso di conferma dell'esito negativo, entro i termini e con le modalità di cui al precedente comma 3, il segretario della commissione di degustazione ne dà comunicazione all'azienda interessata e all'ufficio periferico dell'Ispettorato centrale repressione frodi competente per territorio.

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13. Procedimento dell'esame organolettico.

1. La degustazione ha luogo dopo il rilascio, da parte dei laboratori di analisi dei relativi certificati di analisi, i quali rimangono a disposizione della commissione di degustazione, che ne prenderà visione dopo l'effettuazione dell'esame organolettico.

2. La degustazione ha luogo su campioni resi anonimi dal segretario della commissione.

3. Le commissioni sono validamente costituite con la presenza del presidente e di quattro componenti. In caso di impedimento del presidente, questi è sostituito dal vicepresidente. In caso di impedimento di uno o più componenti, gli stessi sono sostituiti da altri componenti scelti con i criteri di cui all'art. 6, comma 3. Il giudizio è espresso a maggioranza. Nel caso in cui sia impossibile sostituire un componente assente, la commissione può funzionare con quattro componenti compreso il presidente. In tale fattispecie, in caso di parità di voti, prevale il voto del presidente.

4. Nel corso di una riunione non possono essere assoggettati ad esame più di 20 campioni. La stessa commissione può effettuare, nell'arco di una giornata, non più di due riunioni, previo congruo intervallo tra le stesse.

5. Per ogni campione degustato è compilata apposita scheda individuale di valutazione, secondo il modello di cui all'allegato 4 al presente decreto.

6. Dalla scheda risulta:

a) la data della riunione della commissione;

b) il giudizio, espresso, che può essere di «idoneità», di «rivedibilità», o di «non idoneità»;

c) la succinta motivazione del giudizio in caso di «rivedibilità» o di «non idoneità»;

d) la firma del presidente, del componente e del segretario della commissione.

È infine compilata una scheda riepilogativa degli elementi rilevati nelle singole schede, da firmare da parte del presidente e del segretario della commissione.

7. Nel caso di giudizio di «idoneità» la competente camera di commercio rilascia la relativa certificazione positiva.

8. Nei casi di giudizio di «rivedibilità» e di «non idoneità», la comunicazione all'interessato è effettuata dalla camera di commercio, anche a mezzo di fax, telex o telegramma, entro cinque giorni dall'emanazione del giudizio e contiene le motivazioni tecniche del giudizio.

9. Nel caso in cui il campione risulti «non idoneo», la comunicazione è altresì inviata, nello, stesso termine di cui al comma 8, all'ufficio periferico dell'Ispettorato centrale repressione frodi competente per territorio ed alla struttura di controllo di cui al decreto ministeriale 29 maggio 2001.

10. Qualora il campione risulti «rivedibile», l'interessato può richiedere, previa effettuazione delle pratiche enologiche ammesse una nuova campionatura per il definitivo giudizio entro il termine massimo di sessanta giorni dalla comunicazione. In tal caso deve essere ripetuta anche l'analisi chimico-fisica. Per il prelievo dei nuovi campioni, per l'espletamento dell'analisi chimico-fisica e dell'esame organolettico valgono gli stessi termini e condizioni previsti per la prima campionatura. In caso di nuovo giudizio di «rivedibilità», il medesimo è da considerare di «non idoneità».

11. Trascorso il termine stabilito dal comma 10, il prodotto per il quale non sia stata richiesta nuova campionatura è da considerare «non idoneo» e il segretario effettua entro cinque giorni la relativa comunicazione alla ditta interessata e all'ufficio periferico dell'Ispettorato centrale repressione frodi competente per territorio.

12. Qualora il campione sia giudicato «non idoneo», l'interessato può presentare ricorso alla competente commissione di appello di cui al successivo art. 14, entro trenta giorni dal ricevimento della comunicazione. Le spese di spedizione per gli esami di appello sono a carico del richiedente.

13. Nel caso di mancato ricorso o di conferma del giudizio di «non idoneità» da parte della commissione di appello, l'interessato è tenuto a provvedere al declassamento della relativa partita di vino secondo quanto disposto dalla legge.

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14. Procedimento di appello.

1. Il ricorso avverso il giudizio di «non idoneità» pronunciato dalle commissioni di degustazione è proposto dall'interessato alle competenti commissioni di appello per i vini D.O.C.G. e D.O.C. dell'Italia settentrionale, centrale e meridionale, istituite presso il Comitato nazionale per la tutela e valorizzazione delle denominazioni di origine dei vini.

2. Il ricorso è depositato presso la commissione di degustazione che ha espresso il giudizio di «non idoneità».

3. La commissione di degustazione, entro sette giorni dal deposito del ricorso, lo trasmette, a spese dell'interessato, alla commissione di appello unitamente ad un campione del vino, giudicato «non idoneo», all'uopo accantonato e custodito presso la suddetta commissione di degustazione, trasmettendo altresì la relativa documentazione di «non idoneità» e il certificato di analisi chimico-fisica. Le procedure inerenti il giudizio della commissione di appello debbono espletarsi entro il termine massimo di sessanta giorni a far data dalla presa in carico del campione.

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15. Composizione e durata delle commissioni di appello.

1. Ciascuna commissione è composta da un presidente, da quattro membri e da un segretario, nonché dai rispettivi supplenti, nominati dal Ministero, sentita la Conferenza permanente per i rapporti fra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano, secondo i criteri di cui al comma 2, e dura in carica tre anni.

2. Il presidente e il relativo supplente sono scelti dal Ministero tra esperti di chiara fama nel settore vitivinicolo; un membro effettivo ed il relativo supplente sono designati dalla Federazione nazionale dei consorzi volontari di tutela dei vini a denominazione di origine; due membri effettivi ed i relativi supplenti sono designati dall'Unione nazionale delle camere di commercio; un membro effettivo ed il relativo supplente sono designati Comitato nazionale per la tutela e la valorizzazione delle denominazione di origine dei vini; il segretario e due supplenti sono designati tra i funzionari del Ministero.

3. I membri designati non possono contemporaneamente essere membri delle commissioni di degustazione di primo grado competenti per il territorio della relativa commissione di appello.

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16. Funzioni del presidente e del segretario delle commissioni di appello.

1. Salvo quanto stabilito negli articoli 17 e 18, il presidente ed il segretario delle commissioni di appello esercitano le funzioni rispettivamente previste per il presidente e per il segretario delle commissioni di degustazione dagli articoli 7 e 8.

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17. Compiti e funzionamento delle commissioni di appello.

1. La commissione di appello giudica con la presenza di almeno quattro componenti, compreso il presidente.

2. Per ogni campione degustato, il presidente e i componenti della commissione di appello redigono una scheda individuale, secondo il modello approvato dal Ministero e riportato nell'allegato 4, sottoscritta dal presidente e dal segretario. Dalla scheda di degustazione individuale deve risultare, in particolare, per ogni campione degustato, il giudizio di «idoneità» o di «non idoneità»; in tale ultimo caso risulta la succinta motivazione del giudizio. È infine compilata una scheda riepilogativa degli elementi rilevati nelle singole schede, da sottoscrivere, da parte del presidente e del segretario della commissione. Il giudizio definitivo della commissione di appello è espresso a maggioranza. In caso di parità prevale il voto del presidente.

3. L'esito del giudizio definitivo della commissione di appello è comunicato, entro tre giorni a mezzo di lettera raccomandata, alla ditta interessata, alla commissione di degustazione di primo grado e all'ufficio periferico dell'Ispettorato centrale repressione frodi competente per territorio.

4. Nel caso di conferma del giudizio di «non idoneità», l'interessato provvede al declassamento del vino secondo quanto disposto dalla legge.

5. Il Ministero, qualora lo ritenga opportuno, anche su segnalazione del Comitato nazionale per la tutela e la valorizzazione del vini D.O. e I.G.T., può affidare alle commissioni di appello ogni altro incarico in materia di esame sensoriale.

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18. Competenze dei segretari delle commissioni di appello.

1. I segretari delle commissioni di appello sono incaricati del disbrigo degli affari di natura tecnico-amministrativa inerenti al funzionamento delle commissioni stesse e all'attuazione degli esami organolettici di appello.

2. In particolare, i segretari provvedono:

a) a prendere in carico, separatamente per le commissioni di appello dell'Italia settentrionale, centrale e meridionale, i ricorsi ed i relativi campioni, previo controllo della loro integrità, ed a curarne il buono stato di conservazione fino alla effettuazione degli esami organolettici;

b) a comunicare, al presidente ed ai componenti della commissione di appello interessata, entro cinque giorni dalla data di ricevimento dei ricorsi e dei campioni, l'avvenuta presa in carico degli stessi;

c) ad assicurare la disponibilità e la funzionalità della sala di degustazione e delle attrezzature occorrenti per la degustazione;

d) ad assicurare gli adempimenti tecnici necessari per la effettuazione degli esami organolettici, con particolare riguardo alla anonimizzazione dei campioni ed alla presentazione del prodotto nelle condizioni ottimali;

e) a prendere in carico una copia dei verbali delle riunioni delle commissioni di appello redatti a cura dei segretari delle commissioni stesse.

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19. Registri e verbali delle commissioni di appello.

1. Il registro di presa in carico dei ricorsi e dei campioni ed il registro dei verbali delle sedute di degustazione delle commissioni di appello sono vidimati dal capo della sezione amministrativa del Comitato nazionale per la tutela e valorizzazione delle denominazioni di origine dei vini e le relative pagine sono progressivamente numerate.

2. Il verbale della seduta di degustazione, oltre a contenere la data della riunione e l'individuazione dei partecipanti, riporta il giudizio conclusivo espresso per ciascun campione degustato e, in caso di «non idoneità», il relativo motivo, nonché il numero attribuito a tale campione in fase di anonimizzazione.

3. L'abbinamento del campione degustato con il detentore del vino al quale il campione stesso si riferisce è effettuato dal segretario della commissione al termine della seduta di degustazione, trascrivendo nel registro di presa in carico i risultati della degustazione medesima. Tale trascrizione è sottoscritta dal segretario stesso e dal presidente.

------------------------

 

20. Misure atte ad assicurare la rispondenza tra la certificazione di idoneità e le partite.

1. Al fine di assicurare la rispondenza tra i certificati di idoneità alla D.O.C.G. o alla D.O.C. e le relative partite di vino, nonché l'espletamento dei controlli prescritti, i detentori, per ciascuna partita certificata o porzione della stessa partita:

a) conservano agli atti i certificati di idoneità per cinque anni;

b) annotano nel registro di carico e scarico e nel registro di imbottigliamento gli estremi del certificato di idoneità;

c) in caso di vini D.O.C.G., nel registro di imbottigliamento, o nel registro di partita per i vini spumanti, negli appositi conto di carico dei contrassegni di Stato ritirati e conto di scarico dei contrassegni utilizzati, indicano i riferimenti al numero ed alla serie dei contrassegni stessi.

Il presente decreto sarà inviato all'organo di controllo per la registrazione e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.


Allegato 1

 

 

 

ALLA CAMERA DI COMMERCIO

 

INDUSTRIA ARTIGIANATO E AGRICOLATURA

 

DI

 

 

Segreteria Commissioni di degustazione

 

OGGETTO: Richiesta prelievo campioni ai fini dell’esame chimico-fisico ed organolettico delle D.O.C. o D.O.C.G.

 

Il sottoscritto

 

 a nome dell’azienda

 

 

con sede in

 

via

 

 

CAP

 

Tel.

 

C.F.

¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨

 

recapito postale

 

 

 

al fine di procedure alla commercializzazione e/o all’imbottigliamento della partita D.O.C./D.O.C.G.

 

 

denominazione

 

 

 

 

eventuale sottodenominazione e/o menzione aggiuntiva

 

 

 

per complessivi hl

 

 

annata

 

 

 

CHIEDE

 

l’esame chimico-fisico ed organolettico e comunica, ai fini del prelievo, che il vino trovasi giacente presso il deposito

 

dell’azienda stessa posto in:

 

 

DICHIARA

 

 

che tale partita viene sottoposta per la prima volta all’esame

 

 

che tale partita è stata RIVEDIBILE per hl

 

in data

 

prot

 

 

 

che tale partita è costituita da:

 

 

 

vaso vinario unico così contrassegnato:

n

 

hl

 

 

 

partita di bottiglie o piccoli recipienti:

n

 

hl

 

 

 

media vasi vinari così contrassegnati:

n

 

hl

 

n

 

hl

 

n

 

hl

 

n

 

hl

 

n

 

hl

 

 

Totale hl

 

 

 

 

trattasi di vino derivato da uve provenienti dai propri vigneti, iscritti all’Albo dei vigneti.

 

 

trattasi di vino derivato da uve conferite dai produttori associati, provenienti da vigneti iscritti all’Albo dei vigneti,

 

identificati con i relativi codici fiscali nell’elenco allegato.

 

 

trattasi di vino proveniente da uve acquistate dall’azienda/e

 

, iscritta/e

 

all’Albo dei vigneti, ed identificata/e con il/i seguente/i codice fiscale

 

 

 

trattasi di vino acquistato dall’azienda/e

 

C.F.

 

,

 

proveniente dai vigneti iscritti all’Albo dei vigneti, il/i cui conduttore/i è/sono identificato/i nell’elenco allegato con il/i relativo/i codice fiscale.

 

DATA

 

 

FIRMA

 

 

 


Allegato 2

 

CAMERA DI COMMERCIO INDUSTRIA ARTIGIANATO E AGRICOLTURA

 

DI

 

 

 

ATTESTATO

 

 

 

Visto il verbale della Commissione di degustazione, in data

 

si comunica

 

a

 

il giudizio di

 

IDONEITÀ

 

per il campione prelevato il

 

con verbale n.

 

 

 

da una partita di vino D.O.C./D.O.C.G. (*)

 

 

(* cancellare la voce non interessata)

 

eventuale sottodenominazione e/o menzione aggiuntiva

 

 

 

 

 

costituita da n.

 

bottiglie o piccoli recipienti per corrispondenti

hl

 

 

 

costituita da n.

 

vaso/i vinari

 

 

contrassegnato/i da:

n

per corrispondenti

hl

 

 

n

 

hl

 

 

n

 

hl

 

 

n

 

hl

 

 

n

 

hl

 

 

 

Totale hl

 

 

DATA

 

 

diritti

 

 

di

 

IL SEGRETARIO GENERALE

 

segreteria

 

 

 

 

Nel caso di partita di vino a D.O.C.G., l’ufficio camerale competente o il Consorzio di tutela o il Consiglio

interprofessionale di appartenenza, provvederanno al rilascio dei contrassegni di stato corrispondenti al quantitativo di

vino giudicato IDONEO, previo pagamento del costo delle stesse e dietro presentazione del presente certificato.

Si ricorda, inoltre, che il periodo utile per il ritiro e la relativa utilizzazione dei contrassegni destinati alla partita di vino

sopra indicata è di MESI:

 

e pertanto la relativa data di scadenza è:

 

.

 

 


Allegato 3

 

CAMERA DI COMMERCIO INDUSTRIA ARTIGIANATO E AGRICOLTURA

SEGRETERIA COMMISSIONI DI DEGUSTAZIONE DEI VINI D.O.C. E D.O.C.G.

 

DI

 

 

 

VERBALE PRELIEVO

 

 

 

L’anno

 

 il giorno

 

 del mese di

 

 alle ore

 

 

Il sottoscritto/a

 

 

 

Incaricato del prelievo dei campioni di vino a D.O.C. ed a D.O.C. da sottoporre alla prova di degustazione si è recato

 

presso i depositi dell’Azienda

 

C.F.

 

 

ubicati in

 

 

 

e ha prelevato n° 1 campione a:

 

 

denominazione

 

sottodenominazione e/o menzione aggiuntiva

 

 

D.O.C.G.

 

 

 

 

 

 

D.O.C.

 

 

 

 

Relativo alla partita costituita dai recipienti appresso indicati:

 

 

 

UNICO, corrispondente al vaso vinario

n

 

di hl

 

oppure

 

 

 

corrispondente alla partita di bottiglie o piccoli

n

 

hl

 

 

recipienti

 

 

 

MEDIO, dai seguenti vasi vinari contraddistinti da:

n

 

hl

 

 

n

 

hl

 

 

n

 

hl

 

 

n

 

hl

 

 

n

 

hl

 

 

Totale hl

 

DELL’ANNATA

 

 

 

Il prelievo è stato effettuato nelle forme di rito per n° 6 bottiglie della stessa forma e dimensione, alla presenza del

Sig.

 

 

 

nella sua qualità di

 

dell’azienda suddetta, che controfirma il presente verbale e che garantisce, sotto la propria responsabilità, che il campione

di vino in questione è effettivamente appartenente alla partita sopra citata.

Dei 6 recipienti opportunamente sigillati e muniti di apposita fascetta, firmata dal sottoscritto e controfirmata dal

rappresentante dell’Azienda, n. 1 viene rilasciato all’azienda stessa, gli altri cinque vengono ritirati ai fini degli esami

chimico-fisici ed organolettici.

Il presente verbale è stato redatto in 3 copie, delle quali una viene rilasciata all’azienda.

Eventuali dichiarazioni a verbale:

 

 

 

 

p. L’AZIENDA

 

IL VERBALIZZANTE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

p. L’AZIENDA

Campione di controllo di vino a D.O.C. o a D.O.C.G.

 

 

 

 

 

esente da bolla di accompagnamento ai sensi del punto

 

 

IL PRELEVATORE

8 art. 4, D.P.R. 6 ottobre 1978, n. 627

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

p. L’AZIENDA

Campione di controllo il vino a D.O.C. o a D.O.C.G.

 

 

 

 

 

esente da bolla di accompagnamento ai sensi del punto

 

 

IL PRELEVATORE

8 art. 4, D.P.R. 6 ottobre 1978, n. 627

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


Allegato 4

 

SCHEDA DI VALUTAZIONE -ESAME ORGANOLETTICO DEI VINI DOCGE DOC

 

CAMERA DI COMMERCIO INDUSTRIA ARTIGIANATO E AGRICOLTURA DI

 

 

 

 

VINO DOCG o DOC

 

RICONOSCIUTO CON DPR O DM DEL

 

 

 

 

 

 

 

SOTTOZONA

VITIGNO/I

ANNATA

MENZIONE/I – ELABORAZIONI

 

 

 

 

 

 

 

 

 

ESAME

GIUDIZIO

DIFETTI

NATURA

OSSERVAZIONI E CAUSE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

alterazione limpidezza

 

 

biologica

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

ALLA VISTA

[I]

[R]

 

 

alterazione tonalità

 

 

chimico-fisica

 

 

 

 

per

 

 

 

 

 

 

 

 

 

[N]

 

 

eccesso di colore

 

 

accidentale

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

carenza di colore

 

 

congenita

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

difetto in CO2

 

 

 

 

 

 

(solo spumanti o frizzanti)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

evidenza di anomalia

 

 

biologica

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

ALL’OLFATTO

[I]

[R]

 

 

evidenza di squilibrio

 

 

chimico-fisica

 

 

 

 

per

 

 

 

 

 

 

 

 

 

[N]

 

 

carenza di caratteri specifici

 

 

accidentale

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

carenza d’intensità

 

 

congenita

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

evanescenza

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

evidenza di anomalie

 

 

biologica

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

AL GUSTO

[I]

[R]

 

 

evidenza di squilibrio

 

 

chimico-fisica

 

 

 

 

per

 

 

 

 

 

 

 

 

 

[N]

 

 

carenza di caratteri specifici

 

 

accidentale

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

carenza d’intensità

 

 

congenita

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

carenza di persistenza

 

 

 

 

 

 

 

 

 

GIUDIZIO

 

IDONEO

 

RIVEDIBILE

 

NON IDONEO

 

 

Osservazioni e consigli

 

 

 

 

Campione n°

 

 

Data

 

La commissione

 

 

 

 

il presidente

 

 

 

 

 

 

 

il commissario

 

 

 

 

 


D.M. 31 luglio 2003
Modalità e requisiti per la delimitazione della zona di imbottigliamento nei disciplinari di produzione dei vini D.O.C. e D.O.C.G.

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(1) Pubblicato nella Gazz. Uff. 21 agosto 2003, n. 193.

 

IL MINISTRO DELLE POLITICHE

AGRICOLE E FORESTALI

Visto il regolamento (CE) n. 1493/1999 del 17 maggio 1999 del Consiglio relativo all'organizzazione comune del mercato vitivinicolo, in particolare l'art. 57, par. 2, che consente agli Stati membri produttori di stabilire condizioni di produzione, di elaborazione e di commercializzazione complementari o più severe per i vini di qualità prodotti in regioni determinate ottenuti nel loro territorio;

Vista la legge 10 febbraio 1992, n. 164, concernente «Nuova disciplina delle denominazioni d'origine dei vini», in particolare l'art. 10, comma 1, lettera i), che consente la facoltà di prevedere nei disciplinari di produzione dei vini D.O.C. e D.O.C.G. l'imbottigliamento in zone delimitate;

Visto il decreto del Presidente della Repubblica 20 aprile 1994, n. 348, recante il regolamento sulla disciplina del procedimento di riconoscimento delle denominazioni di origine dei vini;

Considerato che l'imbottigliamento dei vini D.O.C. e D.O.C.G. costituisce un'operazione rilevante al fine della valorizzazione degli stessi vini ottenuti nelle corrispondenti aree di produzione e di vinificazione delle uve, contribuendo alla ridistribuzione del reddito nell'area vocata interessata;

Considerato che, nel rispetto dell'art. 19, comma 1, lettera a) della citata legge n. 164 del 1992, i produttori viticoli rappresentano la categoria che all'interno della filiera assume un peso fondamentale, in quanto è essenzialmente la loro attività che conferisce al prodotto le caratteristiche peculiari che consentono l'ottenimento della denominazione di origine;

Considerata la rilevanza che assume la fase di imbottigliamento nell'assicurare vantaggi economici a tutti i componenti della filiera della denominazione d'origine;

Considerato che appare opportuno disciplinare le modalità di attuazione di cui all'art. 10, comma 1, lettera i) della citata legge n. 164 del 1992;

Ritenuto di assicurare la certezza del diritto per le situazioni giuridiche antecedenti l'emanazione del presente decreto, prevedendo le opportune misure di adeguamento delle disposizioni contenute nei vigenti disciplinari dei vini a denominazione di origine;

Visto il parere del Comitato nazionale per la tutela e la valorizzazione delle denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche tipiche dei vini;

Visto il parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano espresso nella seduta del 24 luglio 2003;

Decreta:

------------------------

 

1. 1. Il presente decreto individua le modalità ed i requisiti che consentono la delimitazione della zona di imbottigliamento nei disciplinari di produzione dei vini a denominazione di origine controllata e garantita (D.O.C.G.) e a denominazione di origine controllata (D.O.C.), di seguito anche indicati in modo unitario con «denominazione di origine» o «D.O.», di cui alla previsione dell'art. 10, comma 1, lettera i) della legge n. 164 del 1992.

------------------------

 

2. 1. I disciplinari di produzione delle denominazioni di origine dei vini per le quali saranno presentate o sono state presentate dai soggetti legittimati di cui alla legge 10 febbraio 1992, n. 164 e decreto del Presidente della Repubblica 20 aprile 1994, n. 348, istanze di riconoscimento e per le quali non è ancora intervenuto il provvedimento ministeriale di riconoscimento, possono prevedere che la zona di imbottigliamento sia coincidente con quelle di produzione delle uve o di vinificazione delle stesse, a condizione che detti soggetti dimostrino una rappresentatività percentuale della produzione dei vigneti interessati alla denominazione di origine per almeno il 66%.

------------------------

 

3. 1. Per le D.O., per le quali alla data di entrata in vigore del presente decreto sia stato già emanato il provvedimento di riconoscimento, si osservano le seguenti disposizioni:

a) per le D.O. per le quali è già prevista la delimitazione della zona di imbottigliamento restano valide le disposizioni già vigenti: nell'applicazione di esse si fa riferimento alla prassi seguita sino alla data di entrata in vigore del presente decreto;

b) per le D.O. per le quali è consentito imbottigliamento al di fuori della zona di produzione o di vinificazione delle uve, la zona di imbottigliamento può essere delimitata, a condizione che sia inoltrata al Comitato nazionale per la tutela e la valorizzazione dei vini D.O. e I.G.T. apposita istanza rappresentativa di almeno il 66% della produzione rivendicata dell'intera denominazione, calcolata sulla base delle rivendicazioni dell'ultimo biennio, nonché di almeno il 51% della produzione imbottigliata complessivamente. Nelle more dell'operatività dell'albo degli imbottigliatori di cui all'art. 11 della legge n. 164 del 1992, la rappresentatività relativa alla produzione imbottigliata è definita dal Ministero delle politiche agricole e forestali sulla base dei dati delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura.

------------------------

 

4. 1. Nel caso che nel disciplinare di produzione si introduca la delimitazione della zona di imbottigliamento, le ditte imbottigliatrici interessate possono ottenere la deroga per continuare l'imbottigliamento nei propri stabilimenti situati al di fuori della zona delimitata di produzione o di vinificazione per un periodo di cinque anni prorogabile, a condizione che presentino apposita istanza al Comitato nazionale per la tutela e la valorizzazione delle D.O. e I.G.T. allegando idonea documentazione atta a comprovarne l'esercizio dell'imbottigliamento della specifica denominazione di origine per almeno due anni, anche non continuativi, negli otto anni precedenti la data di entrata in vigore del decreto di modifica del disciplinare di produzione, ovvero per almeno un anno per le denominazioni riconosciute da meno di tre anni.

 

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D.M. 21 maggio 2004
Modifica del D.M. 31 luglio 2003 concernente l'istituzione e la tenuta dell'albo degli imbottigliatori dei vini DOCG, DOC e IGT.

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(1) Pubblicato nella Gazz. Uff. 31 maggio 2004, n. 126.

 

IL MINISTRO DELLE POLITICHE

AGRICOLE E FORESTALI

Visto il regolamento (CE) n. 1493/1999 del 17 maggio 1999 del Consiglio relativo all'organizzazione comune del mercato vitivinicolo;

Vista la legge 10 febbraio 1992, n. 164 concernente «Nuova disciplina delle denominazioni d'origine dei vini» ed in particolare l'art. 11, comma 1, che prevede l'emanazione di disposizioni regolamentari per l'istituzione e la tenuta dell'albo degli imbottigliatori dei vini DOCG, DOC e ICT;

Visto il decreto legislativo 26 maggio 1998, n. 155 concernente l'attuazione della direttiva 93/43/CEE e della direttiva 96/3/CE concernenti l'igiene dei prodotti alimentari;

Visto il decreto legislativo 31 marzo 1993, n. 114 recante la riforma della disciplina relativa al settore del commercio, a norma dell'art. 4, comma 4, della legge 15 marzo 1997, n. 59;

Visto l'art. 2 del regolamento (CE) n. 884/01 del 24 aprile 2001 della Commissione, che stabilisce modalità di applicazione relative ai documenti che scortano il trasporto dei prodotti vitivinicoli e alla tenuta dei registri nel settore vitivinicolo;

Visto il proprio D.M. 31 luglio 2003, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 193 del 21 agosto 2003, con il quale in conformità alla predetta normativa sono state adottate le disposizioni per l'istituzione e la tenuta dell'albo degli imbottigliatori dei vini DOCG, DOC e IGT;

Considerata la necessità di apportare talune modifiche al citato D.M. 31 luglio 2003, in vista del termine del 5 marzo 2004 previsto per la sua entrata in vigore, al fine di semplificare taluni adempimenti operativi posti a carico degli enti responsabili, della tenuta dell'albo degli imbottigliatori e delle ditte imbottigliatrici dei vini di cui trattasi;

Visto il parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano espresso nella seduta del 29 aprile 2004;

Decreta:

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1. Campo di applicazione.

1. Il presente decreto stabilisce le norme per la istituzione e la tenuta dell'albo degli imbottigliatori, di seguito denominato «Albo», dei vini a denominazione di origine controllata e garantita (DOCG), a denominazione di origine controllata (DOC) e ad indicazione geografica tipica ( IGT ), di seguito indicate anche con la dicitura «denominazione di origine» o con la sigla «DO».

2. Ai sensi del presente decreto si intende:

a) per «imbottigliamento»: il condizionamento del prodotto, per fini commerciali, in recipienti di contenuto non superiore a 60 litri;

b) per «imbottigliatore»: la persona fisica o giuridica, o l'associazione di tali persone, che procede o fa procedere per conto proprio all'imbottigliamento.

------------------------

 

2. Istituzione albo.

1. È istituito l'albo di cui all'art. 1, distinto per sezioni relative a ciascuna DO, presso le camere di commercio, industria, artigianato ed agricoltura. Ciascuna camera di commercio è responsabile dell'inserimento e dell'aggiornamento nel SIAN, di cui al decreto legislativo n. 173 del 1998, dei dati relativi agli stabilimenti di imbottigliamento che ricadono nel proprio àmbito territoriale.

2. L'albo, per ciascuna impresa imbottigliatrice, contiene i seguenti elementi:

a) numero e data di iscrizione;

b) ragione sociale e sede legale;

c) ubicazione dello stabilimento;

d) riferimento alle DO interessate all'imbottigliamento.

3. L'iscrizione all'albo costituisce il presupposto necessario per procedere all'imbottigliamento delle partite di vino della relativa DO ai fini della successiva commercializzazione.

------------------------

 

3. Iscrizione all'albo.

1. Ai fini dell'iscrizione all'albo, l'impresa imbottigliatrice deve presentare apposita domanda alla camera di commercio della provincia presso la quale ha sede lo stabilimento di imbottigliamento, utilizzando la modulistica conforme a quella riportata all'allegato 1 del presente decreto.

2. Le imprese imbottigliatrici il cui stabilimento è ubicato all'estero inoltrano l'istanza di iscrizione all'albo alla Camera di commercio di Roma - Via De' Burrò, 147 - 00186 Roma.

3. Nella richiesta di iscrizione all'albo l'impresa imbottigliatrice dichiara, producendo la relativa documentazione, anche con autocertificazione ai sensi della vigente normativa:

a) le generalità del soggetto che presenta l'istanza;

b) il numero di iscrizione nel registro delle imprese e nel Repertorio economico e amministrativo (REA) della competente camera di commercio;

c) l'ubicazione dello stabilimento di imbottigliamento;

d) le DOCG, DOC e IGT per le quali si intende effettuare l'imbottigliamento;

e) che a carico del legale rappresentante non sussistono i motivi di impedimento all'esercizio dell'attività commerciale di cui al comma 2 dell'art. 5 del decreto legislativo n. 114 del 1998;

f) la conformità dello stabilimento alle disposizioni di cui al decreto legislativo n. 155 del 1997 e relative norme integrative ed applicative, recante attuazione della direttiva 93/43/CEE e della direttiva 96/3/CE concernenti l'igiene dei prodotti alimentari. Qualora l'imbottigliamento sia effettuato per proprio conto presso stabilimenti di imprese imbottigliatrici terze o utilizzando attrezzature mobili, noleggiate o messe a disposizione da parte di terzi, l'impresa imbottigliatrice dovrà dichiarare nella domanda tale intenzione e come successivo adempimento dovrà farsi rilasciare rispettivamente dalla impresa imbottigliatrice terza copia del certificato di iscrizione all'albo, da mettere a disposizione degli organismi di cui all'art. 4, comma 1, del presente decreto, o farsi rilasciare dalla ditta fornitrice delle citate attrezzature mobili apposita attestazione, da conservare in allegato al registro di imbottigliamento, dalla quale risulti la conformità delle stesse attrezzature alle disposizioni di cui al predetto decreto legislativo n. 155 del 1997 e relative norme integrative ed attuative;

g) posizione ICRF, ovvero codice che identifica l'imbottigliatore nel sistema informativo dell'Ispettorato centrale repressione frodi.

4. Fatte salve le misure più restrittive stabilite dai disciplinari di produzione delle specifiche DO in materia di delimitazione della zona di imbottigliamento, le imprese imbottigliatrici con stabilimento ubicato all'estero per l'iscrizione all'albo devono fornire la documentazione di cui al comma 3, secondo la normativa vigente in materia nei rispettivi Paesi.

5. Il provvedimento d'iscrizione nell'albo è adottato dal dirigente della competente camera di commercio.

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4. Gestione dell'albo e adempimenti delle imprese imbottigliatrici.

1. L'impresa imbottigliatrice è soggetta all'obbligo di allegare al registro di imbottigliamento, o mettere a disposizione degli organismi preposti alla vigilanza ed al controllo nel settore vitivinicolo, il certificato di iscrizione all'albo.

2. Entro il termine previsto dalla normativa comunitaria e nazionale per la dichiarazione annuale delle giacenze delle produzioni vitivinicole l'impresa imbottigliatrice comunica alla competente camera di commercio, anche per via informatica, i quantitativi della produzione imbottigliata della/e relativa/e DO nell'anno precedente e i Paesi di destinazione.

3. Le variazioni delle posizioni di iscrizione all'albo dovranno essere richieste entro trenta giorni dal verificarsi dell'evento che determina la variazione stessa con le modalità di cui all'art. 3.

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5. Cancellazione dall'albo.

1. La perdita di uno dei requisiti di cui all'art. 3, comma 3, lettera e), f), nonché l'assoggettamento a sanzioni, a seguito di provvedimento definitivo, nei casi previsti dall'art. 9, comma 4, dall'art. 28, comma 3, e dall'art. 31, comma 2, della legge n. 164 del 1992, comportano la cancellazione dall'albo, disposta dal dirigente di cui al all'art. 3, comma 5.

2. Gli effetti di cui al precedente comma 1 non pregiudicano la possibilità di nuova iscrizione all'albo per i soggetti che abbiano beneficiato del provvedimento di riabilitazione di cui agli articoli 178 e 179 c.p.

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6. Pubblicità albo.

1. L'albo è pubblico; gli elementi costitutivi di cui all'art. 2, comma 2, sono messi a disposizione di chiunque ne abbia interesse.

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7. Disposizioni particolari e transitorie.

1. È abrogato il D.M. 31 luglio 2003 richiamato nelle premesse.

2. Il presente decreto entra in vigore il giorno successivo alla sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana e, in via di prima applicazione, il termine ultimo per l'iscrizione all'albo da parte delle imprese imbottigliatrici interessate scadrà il 30 settembre 2004 (2).

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(2) Il termine di cui al presente comma è stato prorogato al 31 dicembre 2004 dall'articolo unico, D.M. 30 settembre 2004 (Gazz. Uff. 18 ottobre 2004, n. 245).

 

(Si omettono gli allegati)


D.Lgs. 10 febbraio 2005, n. 30
Codice della proprietà industriale, a norma dell'articolo 15 della L. 12 dicembre 2002, n. 273 (artt. 231-236, 246)

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(1) Pubblicato nella Gazz. Uff. 4 marzo 2005, n. 52, S.O.

 

(omissis)

Capo VIII - Disposizioni transitorie e finali

Sezione I - Marchi

 

231. Domande anteriori.

1. Le domande di registrazione di marchio e le domande di trascrizione depositate prima della data di entrata in vigore del decreto legislativo 4 dicembre 1992, n. 480, sono trattate secondo le disposizioni in esso contenute. Tuttavia, per quanto riguarda la regolarità formale, sono soggette alle norme preesistenti.

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232. Limiti al diritto esclusivo sul marchio rinomato.

1. Il diritto di fare uso esclusivo di un marchio registrato prima della data di entrata in vigore del decreto legislativo 4 dicembre 1992, n. 480, e che goda di rinomanza, non consente al titolare di opporsi all'ulteriore uso nel commercio di un segno identico o simile al marchio per prodotti o servizi non affini a quelli per cui esso è stato registrato.

233. Nullità.

1. I marchi di impresa registrati prima della data di entrata in vigore del decreto legislativo 4 dicembre 1992, n. 480, sono soggetti, in quanto alle cause di nullità, alle norme di legge anteriori.

2. Non può essere dichiarata la nullità del marchio se anteriormente alla proposizione della domanda principale o riconvenzionale di nullità, il segno, a seguito dell'uso che ne sia stato fatto, abbia acquistato carattere distintivo.

3. Non può essere dichiarata la nullità del marchio se il marchio anteriore sia scaduto da oltre due anni ovvero tre se si tratta di marchio collettivo o possa considerarsi decaduto per non uso anteriormente alla proposizione della domanda principale o riconvenzionale di nullità.

4. Ai fini dell'applicazione dell'articolo 48 del regio decreto 21 giugno 1942, n. 929, come sostituito dal decreto legislativo 4 dicembre 1992, n. 480, il termine di cinque anni decorre dalla data di entrata in vigore dello stesso.

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234. Trasferimento e licenza del marchio.

1. Le norme del decreto legislativo 4 dicembre 1992, n. 480, che disciplinano il trasferimento e la licenza del marchio si applicano anche ai marchi già concessi, ma non ai contratti conclusi prima della data di entrata in vigore del decreto legislativo 4 dicembre 1992, n. 480.

 

235. Decadenza per non uso.

1. Le norme del decreto legislativo 4 dicembre 1992, n. 480, che disciplinano la decadenza per non uso si applicano ai marchi già concessi alla data di entrata in vigore dello stesso decreto legislativo, purché non ancora decaduti a tale data.

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236. Decadenza per uso ingannevole.

1. Le norme del decreto legislativo 4 dicembre 1992, n. 480, che disciplinano la decadenza del marchio per uso ingannevole dello stesso si applicano ai marchi già concessi alla data di entrata in vigore del medesimo decreto legislativo, in relazione ad un uso ingannevole posto in essere dopo la sua entrata in vigore.

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Sezione VII - Abrogazioni

 

246. Disposizioni abrogative.

1. Sono abrogate le seguenti disposizioni:

a) il regio decreto 29 giugno 1939, n. 1127;

b) il regio decreto 5 febbraio 1940, n. 244;

c) il regio decreto 25 agosto 1940, n. 1411;

d) il regio decreto 31 ottobre 1941, n. 1354;

e) il regio decreto 21 giugno 1942, n. 929;

f) il decreto del Presidente della Repubblica 8 maggio 1948, n. 795;

g) l'articolo 34 del decreto del Presidente della Repubblica 10 gennaio 1957, n. 3;

h) il decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1972, n. 540;

i) il decreto ministeriale 22 febbraio 1973 del Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana n. 69 del 15 marzo 1973;

l) il decreto del Presidente della Repubblica 12 agosto 1975, n. 974, fatto salvo l'articolo 18;

m) il decreto ministeriale 22 ottobre 1976 del Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana n. 15 del 18 febbraio 1977;

n) il decreto del Presidente della Repubblica 8 gennaio 1979, n. 32;

o) il decreto del Presidente della Repubblica 22 giugno 1979, n. 338;

p) la legge 3 maggio 1985, n. 194;

q) la legge 14 ottobre 1985, n. 620;

r) il decreto ministeriale 26 febbraio 1986 del Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana n. 104 del 7 maggio 1986;

s) la legge 14 febbraio 1987, n. 60;

t) la legge 21 febbraio 1989, n. 70;

u) il decreto ministeriale 19 luglio 1989, n. 320 del Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana n. 220 del 20 settembre 1989;

v) il decreto ministeriale 11 gennaio 1991, n. 122 del Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana n. 85 dell'11 aprile 1991;

z) la legge 19 ottobre 1991, n. 349; il decreto legislativo 4 dicembre 1992, n. 480; la legge 26 luglio 1993, n. 302;

aa) il decreto del Presidente della Repubblica 1° dicembre 1993, n. 595;

bb) il decreto del Presidente della Repubblica 18 aprile 1994, n. 360;

cc) il decreto del Presidente della Repubblica 18 aprile 1994, n. 391;

dd) la legge 21 dicembre 1984, n. 890;

ee) il decreto ministeriale 30 maggio 1995, n. 342 del Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana n. 192 del 18 agosto 1995;

ff) il decreto legislativo 19 marzo 1996, n. 198; il decreto legislativo 3 novembre 1998, n. 455; il decreto legislativo 8 ottobre 1999, n. 447;

gg) il decreto legislativo 2 febbraio 2001, n. 95;

hh) il decreto legislativo 12 aprile 2001, n. 164;

ii) l'articolo 7 della legge 18 ottobre 2001, n. 383;

ll) il decreto legislativo 2 febbraio 2002, n. 26;

mm) i commi 8, 8-bis, 8-ter ed 8-quater dell'articolo 3 della legge 15 giugno 2002, n. 112, di conversione, con modificazioni, del decreto-legge 15 aprile 2002, n. 63;

nn) il decreto ministeriale 17 ottobre 2002 del Ministro delle attività produttive, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 253 del 28 ottobre 2002;

oo) l'articolo 17 della legge 12 dicembre 2002, n. 273;

pp) i commi 72, 73, 79, 80 e 81 dell'articolo 4 della legge 24 dicembre 2003, n. 350.

 

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Normativa comunitaria

 


Dir. 89/104/CEE del 21 dicembre 1988
Prima direttiva del Consiglio
sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di marchi d'impresa

 

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(1) Pubblicata nella G.U.C.E. 11 febbraio 1989, n. 40. Entrata in vigore il 27 dicembre 1988.

(2) Termine di recepimento: 29 dicembre 1991. Direttiva recepita con D.Lgs. 4 dicembre 1992, n. 480.

 

Il Consiglio delle Comunità europee,

visto il trattato che istituisce la Comunità economica europea, in particolare l'articolo 100A,

vista la proposta della Commissione,

in cooperazione con il Parlamento europeo,

visto il parere del Comitato economico e sociale,

considerando che le legislazioni che si applicano attualmente ai marchi d'impresa negli Stati membri presentano disparità che possono ostacolare la libera circolazione dei prodotti e la libera prestazione dei servizi, nonché falsare le condizioni di concorrenza nel Mercato Comune; che nella prospettiva dell'instaurazione e del funzionamento del mercato interno è dunque necessario ravvicinare le legislazioni degli Stati membri;

considerando che occorre non disconoscere le soluzioni ed i vantaggi che il regime del marchio d'impresa comunitario può offrire alle imprese desiderose di acquisire marchi di impresa;

considerando che non appare attualmente necessario procedere ad un ravvicinamento completo delle legislazioni degli Stati membri in tema di marchi di impresa e che è sufficiente limitare il ravvicinamento alle disposizioni nazionali che hanno un'incidenza più diretta sui funzionamento del mercato interno;

considerando che la presente direttiva non priva gli Stati membri del diritto di continuare a tutelare i marchi di impresa acquisiti in seguito all'uso e che essa disciplina detti marchi solo per ciò che attiene ai loro rapporti con i marchi d'impresa acquisiti in seguito a registrazione;

considerando che gli Stati membri mantengono inoltre la piena libertà di fissare le disposizioni procedurali relative alla registrazione, alla decadenza o alla nullità dei marchi di impresa acquisiti in seguito a registrazione; che spetta loro, ad esempio, stabilire la forma delle procedure di registrazione e di nullità, decidere se debbano essere fatti valere diritti anteriori nella procedura di registrazione o nella procedura di nullità ovvero in entrambe, o ancora, qualora possano essere fatti valere diritti anteriori nella procedura di registrazione, prevedere una procedura di opposizione o un esame d'ufficio, ovvero entrambi; che gli Stati membri mantengono la facoltà di determinare gli effetti della decadenza o della nullità dei marchi di impresa;

considerando che la presente direttiva non esclude che siano applicate ai marchi di impresa norme del diritto degli Stati membri diverse dalle norme del diritto dei marchi di impresa, come le disposizioni sulla concorrenza sleale, la responsabilità civile o la tutela dei consumatori;

considerando che la realizzazione degli obiettivi perseguiti presuppone che l'acquisizione e la conservazione del diritto sul marchio di impresa registrato siano in linea di massima subordinate, in tutti gli Stati membri, alle stesse condizioni; che a tale scopo occorre un elenco semplificativo di segni suscettibili di costituire un marchio di impresa, i quali consentano di contraddistinguere i prodotti o i servizi di un'impresa da quelli di altre imprese; che gli impedimenti alla registrazione o i motivi di nullità inerenti al marchio di impresa stesso, ad esempio l'assenza di carattere distintivo,

ovvero ai conflitti tra il marchio di impresa e i diritti anteriori devono essere enumerati esaurientemente, anche se alcuni di essi sono enumerati a titolo facoltativo per gli Stati membri che potranno quindi mantenerli o introdurli nelle rispettive legislazioni; che gli Stati membri potranno mantenere o introdurre nelle rispettive legislazioni impedimenti alla registrazione o motivi di nullità connessi a condizioni di acquisizione o di conservazione del diritto sul marchio di impresa, per le quali non esistono disposizioni di armonizzazione relative, per esempio, alla legittimazione ad essere titolare del marchio di impresa, al rinnovo del marchio, al regime fiscale o alla mancata osservanza delle norme procedurali;

considerando che, per ridurre il numero totale dei marchi di impresa registrati e tutelati nella Comunità e di conseguenza il numero dei conflitti che possono insorgere a riguardo, occorre prescrivere che i marchi di impresa registrati vengano effettivamente usati a pena di decadenza; che occorre prevedere che la nullità di un marchio di impresa non possa essere dichiarata a causa dell'esistenza di un marchio di impresa anteriore non usato, pur lasciando agli Stati membri la facoltà di applicare il medesimo principio per quanto riguarda la registrazione di un marchio di impresa o prevedere che un marchio di impresa non possa essere invocato fondatamente in una procedura per contraffazione se si è stabilita, dietro eccezione, la dichiarabilità della decadenza del marchio di impresa; che per tutti questi casi spetta agli Stati membri fissare le norme procedurali applicabili;

considerando che è fondamentale, per agevolare la libera circolazione dei prodotti e la libera prestazione dei servizi, procurare che i marchi di impresa registrati abbiano ormai negli ordinamenti giuridici di tutti gli Stati membri, la medesima tutela: che ciò non priva tuttavia gli Stati membri della facoltà di tutelare maggiormente i marchi di impresa che abbiano acquisito una notorietà;

considerando che la tutela che è accordata dal marchio di impresa registrato e che mira in particolare a garantire la funzione d'origine del marchio di impresa, è assoluta in caso di identità tra il marchio di impresa e il segno e tra i prodotti o servizi; che la tutela è accordata anche in caso di somiglianza tra il marchio di impresa e il segno e tra i prodotti o servizi; che è indispensabile interpretare la nozione di somiglianza in relazione al rischio di confusione; che il rischio di confusione, la cui valutazione dipende da numerosi fattori, e segnatamente dalla notorietà del marchio di impresa sul mercato, dall'associazione che può essere fatta tra il marchio di impresa e il segno usato o registrato, dal grado di somiglianza tra il marchio di impresa e il segno e tra i prodotti o servizi designati, costituisce la condizione specifica della tutela; che le norme procedurali nazionali che non sono pregiudicate dalla presente direttiva disciplinano i mezzi grazie a cui può essere constatato il rischio di confusione, e in particolare l'onere della prova;

considerando che occorre, per ragioni di sicurezza giuridica, e senza ledere ingiustamente gli interessi del titolare di un marchio di impresa anteriore, prevedere che questi non possa più richiedere la nullità ovvero opporsi all'uso di un marchio di impresa posteriore al proprio, qualora ne abbia coscientemente tollerato l'uso per un lungo periodo, tranne nel caso in cui il marchio di impresa posteriore sia stato domandato in malafede;

considerando che tutti gli Stati membri della Comunità sono parti contraenti della Convenzione di Parigi per la protezione della proprietà industriale; che è necessario che le disposizioni della presente direttiva siano in perfetta armonia con quelle della Convenzione di Parigi; che la presente direttiva non pregiudica gli obblighi degli Stati membri derivanti da detta Convenzione; che, ove necessario, è applicabile l'articolo 234, secondo comma del trattato,

ha adottato la presente direttiva:

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Articolo 1

Campo di applicazione

La presente direttiva si applica ai marchi di impresa di prodotti o di servizi individuali, collettivi, di garanzia o certificazione che hanno formato oggetto di una registrazione o di una domanda di registrazione in uno Stato membro o presso l'ufficio dei marchi del Benelux o che sono oggetto di una registrazione internazionale che produce effetti in uno Stato membro.

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Articolo 2

Segni suscettibili di costituire un marchio di impresa

Possono costituire marchi di impresa tutti i segni che possono essere riprodotti graficamente, in particolare le parole, compresi i nomi di persone, i disegni, le lettere, le cifre, la forma del prodotto o il suo confezionamento, a condizione che tali segni siano adatti a distinguere i prodotti o i servizi di un'impresa da quelli di altre imprese.

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Articolo 3

Impedimenti alla registrazione o motivi di nullità

l. Sono esclusi dalla registrazione, o, se registrati, possono essere dichiarati nulli:

a) i segni che non possono costituire un marchio di impresa;

b) i marchi d'impresa privi di carattere distintivo;

c) i marchi di impresa composti esclusivamente da segni o indicazioni che in commercio possono servire a designare la specie, la qualità, la quantità, la destinazione, il valore, la provenienza geografica ovvero l'epoca di fabbricazione del prodotto o della prestazione del servizio, o altre caratteristiche del prodotto o servizio;

d) di marchi di impresa composti esclusivamente da segni o indicazioni che siano divenuti di uso comune nel linguaggio corrente o negli usi leali e costanti del commercio;

e) i segni costituiti esclusivamente:

- dalla forma imposta dalla natura stessa del prodotto;

- dalla forma del prodotto necessaria per ottenere un risultato tecnico;

- dalla forma che da un valore sostanziale al prodotto;

f) i marchi di impresa contrari all'ordine pubblico o al buon costume;

g) i marchi di impresa che sono di natura tale da ingannare il pubblico, per esempio circa la natura, la qualità o la provenienza geografica del prodotto o del servizio;

h) i marchi di impresa che, in mancanza di autorizzazione delle autorità competenti, devono essere esclusi dalla registrazione o invalidati a norma dell'articolo 6 ter della Convenzione di Parigi perla protezione della proprietà industriale, in appresso denominata "Convenzione di Parigi".

2. Ogni Stato membro può prevedere che un marchio di impresa sia escluso dalla registrazione o, se registrato, possa essere dichiarato nullo se e nella misura in cui:

a) l'uso di tale marchio di impresa possa essere vietato ai sensi di norme giuridiche diverse dalle norme in materia di diritto di marchio di impresa dello Stato membro interessato o della Comunità;

b) il marchio di impresa contenga un segno di alto valore simbolico, e in particolare un simbolo religioso;

c) il marchio di impresa contenga simboli, emblemi e stemmi, che siano diversi da quelli di cui all'articolo 6 ter della Convenzione di Parigi e che rivestano un interesse pubblico, a meno che l'autorità competente non ne abbia autorizzato la registrazione conformemente alla legislazione dello Stato membro in questione;

d) il richiedente abbia fatto in malafede la domanda di registrazione del marchio di impresa.

3. Un marchio di impresa non è escluso dalla registrazione o, se registrato, non può essere dichiarato nullo ai sensi del paragrafo 1, lettere b), c) o d), se prima della domanda di registrazione o a seguito dell'uso che ne è stato fatto esso ha acquisito un carattere distintivo. Gli Stati membri possono inoltre disporre che la presente disposizione sia anche applicabile quando il carattere distintivo è stato acquisito dopo la domanda di registrazione o dopo la registrazione stessa.

4. In deroga ai paragrafi 1, 2 e 3, uno Stato membro può prevedere che i motivi di esclusione dalla registrazione o di dichiarazione di nullità di un marchio di impresa applicabili in tale stato anteriormente alla data di entrata in vigore delle disposizioni necessarie per conformarsi alla presente direttiva si applichino ai marchi di impresa la cui domanda di registrazione sia anteriore a tale data.

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Articolo 4

Altri impedimenti alla registrazione o motivi di nullità relativi ai conflitti con diritti anteriori

l. Un marchio di impresa è escluso dalla registrazione o, se registrato, può essere dichiarato nullo:

a) se il marchio di impresa è identico a un marchio di impresa anteriore e se i prodotti o servizi per cui il marchio di impresa è stato richiesto o è stato registrato sono identici a quelli per cui il marchio di impresa anteriore è tutelato;

b) se l'identità o la somiglianza di detto marchio di impresa col marchio di impresa anteriore e l'identità o somiglianza dei prodotti o servizi contraddistinti dai due marchi di impresa può dar adito a un rischio di confusione per il pubblico comportante anche un rischio di associazione tra il marchio di impresa ed il marchio di impresa anteriore.

2. Per "marchi di impresa anteriori" ai sensi del paragrafo 1 si intendono:

a) i marchi di impresa la cui data di domanda di registrazione sia anteriore alla data di domanda del marchio di impresa, tenuto conto, ove occorra, del diritto di priorità invocato per i medesimi e che appartengano alle categorie seguenti:

I) i marchi comunitari;

II) i marchi di impresa registrati nello Stato membro o per quanto riguarda il Belgio, il Lussemburgo ed i Paesi Bassi presso l'ufficio dei marchi del Benelux;

III) i marchi di impresa che sono oggetto di una registrazione internazionale con effetto nello Stato membro;

b) i marchi di impresa comunitari che, conformemente al regolamento sul marchio comunitario, rivendicano validamente l'anteriorità rispetto ad un marchio di impresa di cui ai punti I), II) e III), anche se quest'ultimo sia oggetto di una rinuncia o si sia estinto;

c) le domande di marchi di impresa di cui alle lettere a) e b), sotto riserva di registrazione degli stessi;

d) i marchi di impresa che, alla data di presentazione della domanda di registrazione di marchio, o, se del caso, alla data della priorità invocata a sostegno della domanda di marchio, sono "notoriamente conosciuti" nello Stato membro ai sensi dell'articolo 6 bis della Convenzione di Parigi.

3. Un marchio di impresa è altresì escluso dalla registrazione o, se registrato, può essere dichiarato nullo se esso è identico o simile ad un marchio di impresa comunitario anteriore ai sensi del paragrafo 2 e se è stato destinato ad essere registrato o è stato registrato per prodotti o servizi i quali non sono simili a quelli per cui è registrato il marchio di impresa comunitario anteriore quando il marchio di impresa comunitario anteriore gode di notorietà nella Comunità e l'uso del marchio di impresa successivo senza giusto motivo trarrebbe indebitamente vantaggio dal carattere distintivo o dalla notorietà del marchio di impresa comunitario anteriore o recherebbe pregiudizio agli stessi.

4. Ciascuno Stato membro può inoltre disporre che un marchio di impresa sia escluso dalla registrazione o, se registrato, possa essere dichiarato nullo se e nella misura in cui:

a) il marchio di impresa sia identico o simile ad un marchio di impresa nazionale anteriore ai sensi del paragrafo 2 e qualora esso sia destinato ad essere registrato o sia stato registrato per prodotti o servizi i quali non siano simili a quelli per cui è registrato il marchio di impresa anteriore, quando il marchio di impresa anteriore gode di notorietà nello Stato membro in questione e l'uso del marchio di impresa successivo senza giusto motivo trarrebbe indebitamente vantaggio dal carattere distintivo o dalla notorietà del marchio di impresa anteriore o recherebbe pregiudizio agli stessi;

b) siano stati acquisiti diritti ad un marchio di impresa non registrato o ad un altro segno utilizzato in commercio prima della data di presentazione della domanda di registrazione del marchio di impresa successivo o, se del caso, della data di anteriorità invocata a sostegno della data di domanda di registrazione del marchio di impresa successivo e qualora questo marchio di impresa non registrato o questo altro segno dia al proprio titolare il diritto di vietare l'uso di un marchio di impresa successivo;

c) sia possibile vietare l'uso del marchio di impresa in base ad un diritto anteriore diverso dai diritti di cui al paragrafo 2 ed alla lettera b) del presente paragrafo, in particolare in base a:

I) un diritto al nome;

II) un diritto all'immagine;

III) un diritto d'autore;

IV) un diritto di proprietà industriale:

d) il marchio di impresa sia identico o simile ad un marchio collettivo anteriore che ha conferito un diritto scaduto al massimo tre anni prima della domanda di registrazione;

e) il marchio di impresa sia identico o simile ad un marchio di garanzia o di certificazione anteriore che ha conferito un diritto scaduto al momento della domanda di registrazione da un numero di anni stabilito dallo Stato membro;

f) il marchio di impresa sia identico o simile ad un marchio di impresa anteriore che è stato registrato per prodotti o servizi identici o simili e che ha conferito un diritto scaduto per mancato rinnovo al massimo due anni prima della domanda di registrazione, a meno che il titolare del marchio di impresa anteriore abbia espresso il proprio accordo sulla registrazione del marchio di impresa successivo o non abbia usato il proprio marchio di impresa;

g) il marchio di impresa si presti ad essere confuso con un marchio di impresa che è usato in altri Stati al momento della presentazione della domanda e che continua ad esservi usato, purché il richiedente abbia domandato in malafede la registrazione del marchio di impresa.

5. Gli Stati membri possono permettere che, in determinate circostanze, non si debba necessariamente escludere dalla registrazione un marchio di impresa o, se registrato, esso non debba necessariamente essere dichiarato nullo se il titolare del marchio di impresa anteriore o di un diritto anteriore consente alla registrazione del marchio di impresa posteriore.

6. In deroga ai paragrafi da 1 a 5, uno Stato può prevedere che gli impedimenti alla registrazione o i motivi di nullità, applicabili in tale Stato anteriormente alla data di entrata in vigore delle disposizioni necessarie per conformarsi alla presente direttiva, siano applicabili ai marchi di impresa depositati anteriormente a tale data.

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Articolo 5

Diritti conferiti dal marchio di impresa

1.Il marchio di impresa registrato conferisce al titolare un diritto esclusivo. Il titolare ha il diritto di vietare ai terzi, salvo proprio consenso, di usare nel commercio:

a) un segno identico al marchio di impresa per prodotti o servizi identici a quelli per cui esso è stato registrato;

b) un segno che, a motivo dell'identità o della somiglianza di detto segno col marchio di impresa e dell'identità o somiglianza dei prodotti o servizi contraddistinti dal marchio di impresa e dal segno, possa dare adito a un rischio di confusione per il pubblico, comportante anche un rischio di associazione tra il segno e il marchio di impresa.

2. Uno Stato membro può inoltre prevedere che il titolare abbia il diritto di vietare ai terzi, salvo proprio consenso, di usare nel commercio un segno identico o simile al marchio di impresa per i prodotti o servizi che non sono simili a quelli per cui esso è stato registrato, se il marchio di impresa gode di notorietà nello Stato membro e se l'uso immotivato del segno consente di trarre indebitamente vantaggio dal carattere distintivo o dalla notorietà del marchio di impresa o reca pregiudizio agli stessi.

3. Si può in particolare vietare, se le condizioni menzionate al paragrafo 1 e 2 sono soddisfatte:

a) di apporre il segno sui prodotti o sul loro condizionamento;

b) di offrire i prodotti, di immetterli in commercio o di detenerli a tali fini, oppure di offrire o fornire servizi contraddistinti dal segno;

c) di importare o esportare prodotti contraddistinti dal segno;

d) di utilizzare il segno nella corrispondenza commerciale e nella pubblicità.

4. Se, anteriormente alla data di entrata in vigore delle disposizioni necessarie per conformarsi alla presente direttiva, la normativa di detto Stato membro non permette di vietare l'uso di un segno secondo le condizioni di cui al paragrafo 1, lettera b) ed al paragrafo 2, il diritto conferito dal marchio di impresa non è opponibile all'ulteriore uso del segno.

5. I paragrafi da 1 a 4 non pregiudicano le disposizioni applicabili in uno Stato membro per la tutela contro l'uso di un segno fatto a fini diversi da quello di contraddistinguere i prodotti o servizi, quando l'uso di tale segno senza giusto motivo consente di trarre indebitamente vantaggio dal carattere distintivo o della notorietà del marchio di impresa o reca pregiudizio agli stessi.

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Articolo 6

Limitazione degli effetti del marchio di impresa

1.Il diritto conferito dal marchio di impresa non permette al titolare dello stesso di vietare ai terzi l'uso nel commercio:

a) del loro nome e indirizzo;

b) di indicazioni relative alla specie, alla qualità, alla quantità, alla destinazione, al valore, alla provenienza geografica, all'epoca di fabbricazione del prodotto o di prestazione del servizio o ad altre caratteristiche del prodotto o del servizio;

c) del marchio di impresa se esso è necessario per contraddistinguere la destinazione di un prodotto o servizio, in particolare come accessori o pezzi di ricambio, purché l'uso sia conforme agli usi consueti di lealtà in campo industriale e commerciale.

2. Il diritto conferito dal marchio di impresa non permette al titolare dello stesso di vietare ai terzi l'uso nel commercio di un diritto anteriore di portata locale, se tale diritto è riconosciuto dalle leggi dello Stato membro interessato e nel limite del territorio in cui esso è riconosciuto.

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Articolo 7

Esaurimento del diritto conferito dal marchio di impresa

1.Il diritto conferito dal marchio di impresa non permette al titolare dello stesso di vietare l'uso del marchio di impresa per prodotti immessi in commercio nella Comunità con detto marchio dal titolare stesso o con il suo consenso.

2. Il paragrafo 1 non si applica quando sussistono motivi legittimi perché il titolare si opponga all'ulteriore commercializzazione dei prodotti, in particolare quando lo stato dei prodotti è modificato o alterato dopo la loro immissione in commercio.

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Articolo 8

Licenza

1. Il marchio di impresa può essere oggetto di licenza per la totalità o parte dei prodotti o dei servizi per i quali è stato registrato e per la totalità o parte del territorio di uno Stato membro. Le licenze possono essere esclusive o non esclusive.

2. Il titolare di un marchio di impresa può far valere i diritti conferiti da tale marchio contro un licenziatario che trasgredisca una disposizione del contratto di licenza per quanto riguarda la sua durata, la forma disciplinata dalla registrazione nella quale si può usare il marchio di impresa, la natura dei prodotti o servizi per i quali la licenza è rilasciata, il territorio in cui il marchio di impresa può essere apposto, o la qualità dei prodotti fabbricati o dei servizi forniti dal licenziatario.

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Articolo 9

Preclusione per tolleranza

1. Il titolare di un marchio di impresa anteriore di cui all'articolo 4, paragrafo 2, il quale abbia, durante cinque anni consecutivi, tollerato l'uso in uno Stato membro di un marchio di impresa posteriore registrato in detto Stato membro, del quale era a conoscenza, non può domandare la dichiarazione di nullità del marchio di impresa posteriore né opporsi all'uso dello stesso sulla base del proprio marchio di impresa anteriore per i prodotti o servizi per i quali è stato utilizzato il marchio di impresa posteriore, salvo il caso in cui il marchio di impresa posteriore sia stato domandato in malafede.

2. Qualsiasi Stato membro può prevedere che il paragrafo 1 sia applicabile al titolare di un marchio di impresa anteriore di cui all'articolo 4, paragrafo 4, lettera a) o di un altro diritto anteriore di cui all'articolo 4, paragrafo 4, lettere b) o c).

3. Nei casi di cui al paragrafo 1 o 2, il titolare di un marchio di impresa registrato posteriormente non può opporsi all'uso del diritto anteriore, benché detto diritto non possa essere fatto valere contro il marchio di impresa posteriore.

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Articolo 10

Uso del marchio di impresa

1. Se, entro cinque anni dalla data in cui si è chiusa la procedura di registrazione, il marchio di impresa non ha formato oggetto da parte del titolare di un uso effettivo nello Stato membro interessato per i prodotti o servizi per i quali è stato registrato, o se tale uso è stato sospeso per un periodo ininterrotto di cinque anni, il marchio di impresa è sottoposto alle sanzioni previste nella presente direttiva, salvo motivo legittimo per il mancato uso.

2. Ai sensi del paragrafo 1 sono inoltre considerate come uso:

a) l'uso del marchio di impresa in una forma che si differenzia per taluni elementi che non alterano il carattere distintivo del marchio di impresa nella forma in cui esso è stato registrato;

b) l'apposizione del marchio di impresa sui prodotti o sul loro condizionamento nello Stato membro interessato solo ai fini dell'esportazione.

3. Si considera come uso del marchio di impresa da parte del titolare l'uso del marchio di impresa col consenso del titolare o l'uso del marchio di impresa da parte di una qualsiasi persona abilitata ad utilizzare un marchio collettivo o un marchio di garanzia o certificazione.

4. Per i marchi di impresa registrati anteriormente alla data di messa in applicazione della presente direttiva nello Stato membro interessato:

a) se una disposizione in vigore anteriormente a detta data prevede sanzioni per il mancato uso di un marchio di impresa durante un periodo ininterrotto, si considera che la decorrenza del periodo di cinque anni di cui al paragrafo 1 sia iniziata contemporaneamente ad un periodo di mancato uso già in corso a detta data;

b) se anteriormente a detta data non è in vigore alcuna disposizione relativa all'uso del marchio di impresa, si considera che i periodi di cinque anni di cui al paragrafo 1 decorrano, al più presto, da detta data.

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Articolo 11

Sanzioni per il mancato uso di un marchio di impresa, nelle procedure giudiziarie o amministrative

1. La nullità di un marchio di impresa non può essere dichiarata a motivo dell'esistenza di un marchio di impresa anteriore in conflitto, il quale non soddisfi le condizioni di utilizzazione di cui all'articolo 10, paragrafi 1, 2, e 3 o, eventualmente, paragrafo 4.

2. Uno Stato membro può prevedere che un marchio di impresa non possa essere escluso dalla registrazione a causa dell'esistenza di un marchio di impresa anteriore in conflitto, il quale non soddisfi le condizioni di uso di cui all'articolo 10, paragrafi 1, 2 e 3 o, eventualmente, paragrafo 4 (3).

3. Senza pregiudizio dell'applicazione dell'articolo 12, in caso di domanda riconvenzionale che abbia per oggetto la decadenza, uno Stato membro può prevedere che un marchio di impresa non possa essere invocato fondatamente in una procedura per contraffazione, se si è stabilita, dietro eccezione, la dichiarabilità, della decadenza del marchio di impresa in virtù dell'articolo 12, paragrafo 1.

4. Se il marchio di impresa anteriore è stato usato soltanto per una parte dei prodotti o dei servizi per i quali è stato registrato, si considera, ai fini dell'applicazione dei paragrafi 1, 2 e 3 come registrato soltanto per la suddetta parte di prodotti o servizi.

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(3) Testo modificato con rettifica pubblicata in G.U.C.E. 19 luglio 1989, n. 207.

 

Articolo 12

Motivi di decadenza

1.Il marchio di impresa è suscettibile di decadenza se entro un periodo ininterrotto di cinque anni esso non ha formato oggetto di uso effettivo nello Stato membro interessato per i prodotti o servizi per i quali è stato registrato e non sussistono motivi legittimi per il suo mancato uso; tuttavia nessuno può affermare che un marchio di impresa sia decaduto qualora, tra la scadenza di detto periodo e la presentazione della domanda di decadenza, sia iniziato o reiniziato l'uso effettivo del marchio di impresa; tuttavia se si effettuano preparativi per l'inizio o il reinizio dell'uso del marchio di impresa solo dopo che il titolare abbia saputo che dovrebbe essere presentata una domanda di decadenza, non vengono presi in considerazione l'inizio o il reinizio dell'uso del marchio di impresa entro un termine di tre mesi prima della presentazione della domanda di decadenza, il quale decorre al massimo a partire dalla scadenza del periodo ininterrotto di cinque anni di mancato uso.

2. Il marchio di impresa è suscettibile inoltre di decadenza quando esso dopo la data di registrazione:

a) è divenuto, per il fatto dell'attività o inattività del suo titolare, la generica denominazione commerciale di un prodotto o servizio per il quale è registrato;

b) è idoneo a indurre in inganno il pubblico, in particolare circa la natura, qualità o provenienza geografica dei suddetti prodotti o servizi, a causa dell'uso che ne viene fatto dal titolare del marchio di impresa o con il suo consenso per i prodotti o servizi per i quali è registrato.

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Articolo 13

Impedimenti alla registrazione e motivi di decadenza o di nullità soltanto per una parte dei prodotti o servizi

Se un impedimento alla registrazione o motivi di decadenza o di nullità di un marchio di impresa sussistono soltanto per una parte dei prodotti o servizi per i quali il marchio di impresa è richiesto o registrato, l'impedimento alla registrazione, la decadenza o la nullità riguardano solo i prodotti o servizi di cui trattasi.

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Articolo 14

Constatazione a posteriori della nullità o della decadenza di un marchio di impresa

Quando per un marchio comunitario si invoca l'anzianità di un marchio anteriore che sia stato oggetto di rinuncia o di estinzione, si può constatare a posteriori la nullità o la decadenza di detto marchio.

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Articolo 15

Disposizioni particolari concernenti i marchi collettivi, i marchi di garanzia e i marchi di certificazione

1. Fatto salvo l'articolo 4, gli Stati membri la cui legislazione autorizza la registrazione di marchi collettivi o di marchi di garanzia o di certificazione possono prevedere che detti marchi siano esclusi dalla registrazione, che si dichiari la loro decadenza o che si dichiari la loro nullità per motivi diversi da quelli di cui agli articoli 3 e 12, nella misura in cui la funzione di detti marchi lo richieda.

2. In deroga all'articolo 3, paragrafo 1, lettera c) gli Stati membri possono stabilire che i segni o indicazioni che, in commercio, possono servire per designare la provenienza geografica dei prodotti o dei servizi possano costituire marchi collettivi, oppure marchi di garanzia o di certificazione. Un marchio siffatto non autorizza il titolare a vietare ai terzi l'uso, in commercio, di detti segni o indicazioni, purché li usi conformemente agli usi consueti di lealtà in campo industriale o commerciale; in particolare un siffatto marchio non può essere fatto valere nei confronti di un terzo abilitato ad usare una denominazione geografica.

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Articolo 16

Disposizioni nazionali da prendere in virtù della presente direttiva

1. Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva al più tardi il 31 dicembre 1992 (4). Essi ne informano immediatamente la Commissione.

2. Il Consiglio deliberando a maggioranza qualificata su proposta della Commissione può prorogare la data di cui al paragrafo 1 fino al 31 dicembre 1992 al massimo.

3. Gli Stati membri comunicano alla Commissione le disposizioni essenziali di diritto interno da essi adottate nel settore disciplinato dalla presente direttiva.

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(4) Termine così prorogato dall'articolo 1 della decisione 92/10/CEE.

 

 

Articolo 17

Destinatari

Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva.

Fatto a Bruxelles, addì 21 dicembre 1988.

Per il Consiglio

il presidente

V. Papandreou

 

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Reg. (CE) n. 1493/1999 del 17 maggio 1999
Regolamento del Consiglio relativo all'organizzazione comune del mercato vitivinicolo.(artt. 42-58)

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(1) Pubblicato nella G.U.C.E. 14 luglio 1999, n. L 179. Entrato in vigore il 21 luglio 1999.

(2) Per le modalità di applicazione del presente regolamento, vedi il regolamento (CE) n. 1227/2000, il regolamento (CE) n. 1607/2000 ed il regolamento (CE) n. 883/2001, a decorrere dal 1° febbraio 2001. Vedi inoltre per le misure transitorie in attesa delle misure definitive per l'applicazione del presente regolamento il regolamento (CE) n. 1608/2000. Per ulteriori modalità di applicazione il regolamento (CE) n. 1622/2000, il regolamento (CE) n. 1623/2000, il regolamento (CE) n. 1282/2001, a decorrere dal 19 luglio 2001 e il regolamento (CE) n. 753/2002 con decorrenza indicata al suo articolo 49.

Vedi anche per la ripartizione finanziaria per Stato membro, ai fini della ristrutturazione e della riconversione dei vigneti nel quadro del presente regolamento, per la campagna 2000/2001, l'allegato della decisione 2000/503/CE e l'allegato della decisione 2001/636/CE; per la campagna 2001/2002 l'allegato della decisione 2001/666/CE; per la rimanenza della campagna 2001/2002 l'allegato della decisione 2002/655/CE; per la campagna 2002/2003, l'allegato della decisione 2002/666/CE e l'allegato della decisione 2003/638/CE; per la campagna 2003/2004, l'allegato della decisione 2003/628/CE e l'allegato della decisione 2004/688/CE; per la campagna 2004/2005, l'allegato della decisione 2004/687/CE.

(omissis)

TITOLO V

Pratiche e trattamenti enologici, designazione, denominazione, presentazione e protezione

Capo I

Pratiche e trattamenti enologici

Articolo 42

1. Sono stabiliti pratiche e trattamenti enologici comunitari autorizzati per l'elaborazione dei prodotti disciplinati dal presente regolamento, esclusi i succhi di uve e i succhi di uve concentrati nonché i mosti di uve e i mosti di uve concentrati destinati alla preparazione dei succhi di uve.

2. Le pratiche e i trattamenti enologici autorizzati possono essere impiegati soltanto per consentire una buona vinificazione, una buona conservazione o un buon invecchiamento dei prodotti.

3. Le pratiche e i trattamenti enologici autorizzati escludono l'aggiunta di acqua, a meno che non sia richiesta da esigenze tecniche particolari, e l'aggiunta di alcole, tranne per il mosto di uve fresche mutizzato con alcole, il vino liquoroso, il vino spumante, il vino alcolizzato e, in condizioni da stabilire, il vino frizzante.

4. Per quanto riguarda le pratiche e i trattamenti enologici, gli Stati membri possono imporre condizioni più severe per garantire la conservazione delle caratteristiche essenziali dei v.q.p.r.d., dei vini da tavola designati mediante un'indicazione geografica prodotti nel loro territorio, dei vini spumanti e dei vini liquorosi. Essi comunicano tali condizioni alla Commissione, che ne informa gli altri Stati membri.

5. Salvo deroga, soltanto uve appartenenti alle varietà che figurano come varietà di uve da vino nella classificazione compilata a norma dell'articolo 19, nonché i prodotti che ne derivano, possono essere utilizzati nella Comunità per l'elaborazione di quanto segue:

a) mosto di uve mutizzato con alcole,

b) mosto di uve concentrato,

c) mosto di uve concentrato rettificato,

d) vino atto a diventare vino da tavola,

e) vino da tavola,

f) v.q.p.r.d.,

g) vino liquoroso,

h) mosto di uve parzialmente fermentato, ottenuto con uve parzialmente appassite,

i) vino di uve stramature.

6. Il taglio di un vino atto a diventare vino da tavola bianco o di un vino da tavola bianco con un vino atto a diventare vino da tavola rosso o con un vino da tavola rosso non può produrre vino da tavola.

Questa disposizione non osta tuttavia, in taluni casi da determinare, al taglio di cui al primo comma, purché il prodotto ottenuto abbia le caratteristiche di un vino da tavola rosso.

In deroga al primo comma, detto taglio è ammesso fino al 31 luglio 2005, nelle zone in cui tale pratica era tradizionale, secondo modalità da determinarsi.

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Articolo 43

1. Le pratiche e i trattamenti enologici autorizzati sono stabiliti negli allegati IV e V.

2. In particolare:

- le pratiche e i trattamenti enologici autorizzati riguardanti l'arricchimento, l'acidificazione, la disacidificazione e la dolcificazione, nonché le norme relative al tenore di anidride solforosa e al tenore massimo di acidità volatile figurano nell'allegato V, sezioni da A a G;

- le pratiche e i trattamenti enologici autorizzati nonché le norme relative alla produzione di vino spumante e di vino spumante di qualità figurano nell'allegato V, sezioni H e I;

- le pratiche e i trattamenti enologici autorizzati nonché le norme relative alla produzione di vini liquorosi figurano nell'allegato V, sezione J.

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Articolo 44

1. Per quanto riguarda i prodotti dei codici NC 2204 10, 2204 21 e 2204 29, solo i vini liquorosi, i vini spumanti, i vini spumanti gassificati, i vini frizzanti, i vini frizzanti gassificati, i v.q.p.r.d., i vini da tavola, i vini di uve stramature e, eventualmente, in deroga all'articolo 45, i vini legalmente importati possono essere offerti o consegnati per il consumo umano diretto all'interno della Comunità (47).

2. Ad eccezione dei vini in bottiglia per i quali può essere provato che l'imbottigliamento è anteriore al 1° settembre 1971, il vino diverso da un v.q.p.r.d. proveniente dalla varietà di viti di cui all'articolo 42, paragrafo 5, ma non rispondente alle definizioni di cui ai punti da 12 a 18 dell'allegato I, può essere utilizzato soltanto per il consumo familiare del singolo viticoltore per la produzione di aceto di vino o per la distillazione.

3. Durante le annate caratterizzate da condizioni climatiche sfavorevoli, può essere deciso che i prodotti delle zone viticole A e B non aventi il titolo alcolometrico volumico naturale minimo fissato per la zona viticola in oggetto possano essere utilizzati nella Comunità per la produzione di vini spumanti o di vini spumanti gassificati, purché tali vini raggiungano un titolo alcolometrico volumico effettivo non inferiore a 8,5% vol, oppure per la produzione di vini frizzanti gassificati. In tal caso, l'arricchimento è effettuato entro i limiti di cui all'allegato V, sezione D, punto 5.

4. Salvo disposizioni più restrittive applicate dagli Stati membri per l'elaborazione nel loro territorio di prodotti non compresi nei codici NC 2204 10, 2204 21 e 2204 29, il mosto di uve fresche mutizzato con alcole può essere impiegato soltanto per l'elaborazione di tali prodotti.

5. Il succo di uve e il succo di uve concentrato originari della Comunità non possono formare oggetto di vinificazione o essere aggiunti al vino. La destinazione di tali prodotti è sottoposta a controllo. È vietato mettere in fermentazione alcolica questi prodotti nel territorio della Comunità.

6. Le disposizioni dei paragrafi 4 e 5 non si applicano ai prodotti destinati all'elaborazione nel Regno Unito, Irlanda e in Polonia (48) di prodotti del codice NC 2206 00 per i quali può essere ammesso dagli Stati membri l'uso di una denominazione composta recante il termine "vino" ai sensi dell'allegato VII, sezione C, paragrafo 2.

7. I vini atti a diventare vini da tavola che non raggiungono il titolo alcolometrico volumico effettivo minimo dei vini da tavola possono essere immessi sul mercato soltanto per l'elaborazione di vini spumanti o se sono destinati agli acetifici, alle distillerie o ad altri usi industriali. L'arricchimento di tali vini e il taglio degli stessi con un vino da tavola onde portarne il titolo alcolometrico volumico effettivo al livello prescritto per un vino da tavola possono aver luogo soltanto negli impianti del vinificatore o per conto di quest'ultimo.

8. Le fecce di vino e le vinacce non possono essere impiegate per ottenere vino o bevande destinate al consumo umano diretto, salvo alcole, acquavite o vinello.

9. Il vinello, sempreché lo Stato membro interessato ne autorizzi la fabbricazione, può essere utilizzato soltanto per la distillazione o per il consumo familiare del singolo viticoltore.

10. Il vino alcolizzato può essere utilizzato soltanto per la distillazione.

11. Il mosto di uve parzialmente fermentato, ottenuto con uve parzialmente appassite, può essere messo in circolazione soltanto per l'elaborazione di vini liquorosi, unicamente nelle regioni viticole dove tale uso era tradizionale alla data del 1° gennaio 1985, e dei vini di uve stramature.

12. Le uve fresche, il mosto di uve, il mosto di uve parzialmente fermentato, il mosto di uve concentrato, il mosto di uve concentrato rettificato, il mosto di uve mutizzato con alcole, il succo di uve e il succo di uve concentrato originari di paesi terzi non possono essere vinificati o addizionati al vino nel territorio della Comunità.

13. I prodotti di cui al paragrafo 12 non possono essere sottoposti a fermentazione alcolica nel territorio della Comunità. La presente disposizione non si applica ai prodotti destinati alla produzione nel Regno Unito, Irlanda e in Polonia (49) dei prodotti del codice NC 2206 00 per i quali, ai sensi dell'allegato VII, sezione C, paragrafo 2, gli Stati membri possono autorizzare l'utilizzazione di una denominazione composta recante il termine "vino".

14. Il taglio di un vino originario di un paese terzo con un vino della Comunità e il taglio, nel territorio geografico della Comunità, di vini originari di paesi terzi sono vietati.

15. Il Consiglio può prevedere deroghe al paragrafo 12, al paragrafo 13, prima frase, e al paragrafo 14, in conformità degli obblighi internazionali della Comunità.

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(47) Paragrafo così sostituito dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 2585/2001.

(48) Termine aggiunto dall'allegato II dell'atto di adesione 16 aprile 2003.

(49) Termine aggiunto dall'allegato II dell'atto di adesione 16 aprile 2003.

Articolo 45

1. Fatte salve eventuali deroghe, i seguenti prodotti non possono essere offerti o avviati al consumo umano diretto:

a) i prodotti dei codici NC 2204 10, 2204 21, 2204 29 e 2204 30 10, importati o no, che siano stati sottoposti a pratiche enologiche non ammesse dalla normativa comunitaria oppure, ove ciò sia consentito, dalle normative nazionali;

b) i prodotti di cui all'articolo 1, paragrafo 2, lettere a), b) e c), che non siano di qualità sana, leale o mercantile;

c) i prodotti di cui all'articolo 1, paragrafo 2, che non rispondano alle definizioni contenute nell'allegato I (50).

2. Le deroghe di cui al paragrafo 1 per i prodotti d'importazione sono adottate secondo la procedura di cui all'articolo 133 del trattato.

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(50) Per una deroga al presente paragrafo si veda l'articolo 1 del reg. (CE) n. 1037/2001 e l'articolo 1 del reg. (CE) n. 527/2003.

 

Articolo 46

1. Le modalità di applicazione del presente capo e degli allegati IV e V sono adottate secondo la procedura di cui all'articolo 75.

Esse riguardano in particolare quanto segue:

a) per la sezione A dell'allegato V, le misure transitorie relative ai vini prodotti anteriormente al 1° settembre 1986 e le modificazioni degli elenchi di vini di cui al punto 2;

b) per gli allegati IV e V, i limiti e talune condizioni di utilizzazione delle pratiche e dei trattamenti enologici di cui ai suddetti allegati, ad eccezione dei limiti e delle condizioni stabilite negli allegati dianzi citati:

c) le decisioni, le eccezioni, le deroghe, le condizioni e gli elenchi di cui al presente capo e all'allegato V;

d) l'applicazione delle sezioni da C a G dell'allegato V ai prodotti raccolti nelle regioni comunitarie non comprese nelle zone viticole elencate nell'allegato III;

e) per la sezione J dell'allegato V, gli elenchi di cui al punto 2, lettera b), e al punto 6, le deroghe di cui al punto 4, lettera b), e le modalità di dichiarazione e di registrazione di cui al punto 6.

2. Secondo la procedura di cui all'articolo 75 sono adottate le seguenti modalità:

a) le regole che disciplinano la comparazione tra pratiche e trattamenti enologici determinati utilizzati nei paesi terzi e quelli di cui all'articolo 43, paragrafo 1, e all'allegato IV;

b) le disposizioni che disciplinano la miscelazione e il taglio dei mosti e dei vini;

c) i requisiti di purezza e identità delle sostanze impiegate nelle pratiche enologiche;

d) le disposizioni amministrative concernenti le pratiche e i trattamenti enologici autorizzati, le quali possono prevedere che talune pratiche e taluni trattamenti enologici siano eseguiti unicamente sotto la responsabilità di persone riconosciute dallo Stato membro e dotate di conoscenze sufficienti a garantire la qualità, l'igiene e la salubrità del prodotto;

e) le condizioni di detenzione e di circolazione, le destinazioni dei prodotti di cui all'articolo 45 o gli elenchi di prodotti esentati dai requisiti previsti in detto articolo, nonché la determinazione dei criteri atti ad evitare un eccessivo rigore in casi individuali, le condizioni alle quali gli Stati membri possono autorizzare la detenzione e la circolazione nonché le destinazioni dei prodotti non conformi alle disposizioni del presente regolamento, diverse da quelle di cui all'articolo 45, paragrafo 1, o a quelle adottate in applicazione del presente regolamento;

f) le regole generali per l'utilizzazione in via sperimentale di pratiche e trattamenti enologici non autorizzati altrove.

3. I metodi d'analisi per individuare la composizione dei prodotti disciplinati dal presente regolamento e le regole per stabilire se tali prodotti sono stati sottoposti a trattamenti in violazione delle pratiche enologiche autorizzate sono adottate secondo la procedura di cui all'articolo 75.

Secondo la stessa procedura sono adottati, se necessario, i limiti espressi in cifre degli elementi che caratterizzano l'applicazione di determinate pratiche enologiche e le tabelle per il confronto dei dati analitici.

Tuttavia, qualora non siano previsti metodi di analisi comunitari o regole di cui al primo comma per individuare e quantificare le sostanze ricercate nel prodotto in questione, i metodi di analisi da utilizzare sono i seguenti:

a) i metodi di analisi riconosciuti dall'assemblea generale dell'Ufficio internazionale della vigna e del vino (OIV) e pubblicati a cura di questo, oppure

b) qualora tra i metodi di analisi di cui alla lettera a) non figuri un metodo appropriato, un metodo di analisi conforme alle norme raccomandate dall'Organizzazione internazionale per la standardizzazione (ISO), oppure

c) in mancanza di uno dei metodi di cui alle lettere a) e b) e in funzione della sua esattezza, della sua ripetibilità e della sua riproducibilità:

i) un metodo di analisi ammesso dallo Stato membro interessato o

ii) se necessario, qualsiasi altro metodo di analisi appropriato.

Sono considerati equivalenti ai metodi di analisi comunitari di cui al primo comma i metodi di analisi automatizzati impiegati in luogo di un metodo di analisi comunitario, a condizione che sia stato stabilito, secondo la procedura di cui all'articolo 75, che i risultati ottenuti sono almeno uguali ai risultati ottenuti con il corrispondente metodo comunitario per quanto concerne l'esattezza, la ripetibilità e la riproducibilità.

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Capo II

Designazione, denominazione, presentazione e protezione di taluni prodotti

Articolo 47

1. Le disposizioni sulla designazione, la denominazione e la presentazione di taluni prodotti disciplinati dal presente regolamento e sulla protezione di talune indicazioni, menzioni e termini sono definite nel presente capo e negli allegati VII e VIII. Tali disposizioni tengono conto, in particolare, dei seguenti obiettivi:

a) tutela dei legittimi interessi dei consumatori,

b) tutela dei legittimi interessi dei produttori,

c) buon funzionamento del mercato interno,

d) sviluppo dei prodotti di qualità.

2. Le disposizioni di cui al paragrafo 1 riguardano in particolare quanto segue:

a) l'obbligo di utilizzare alcune menzioni;

b) l'autorizzazione ad utilizzare altre menzioni a determinate condizioni;

c) l'autorizzazione ad utilizzare altre menzioni, ivi comprese informazioni che possono risultare utili per i consumatori;

d) modalità di protezione e di controllo per alcune menzioni;

e) la disciplina dell'utilizzazione di indicazioni geografiche e di menzioni tradizionali;

f) la disciplina dell'etichettatura dei prodotti importati o, se consentito ai sensi del presente regolamento, elaborati da tali prodotti, al fine di garantire che i consumatori siano informati sulla natura del prodotto in questione e che lo stesso non sia etichettato come prodotto comunitario o come prodotto di uno Stato membro.

3. Le norme di cui al paragrafo 1 si applicano alla designazione dei prodotti ivi indicati:

a) sull'etichettatura,

b) nei registri, nei documenti di accompagnamento e negli altri documenti prescritti dalle disposizioni comunitarie, in seguito denominati "documenti ufficiali", eccettuati i documenti doganali,

c) nei documenti commerciali, in particolare nelle fatture e nelle bollette di consegna, e

d) nella pubblicità qualora il presente regolamento contenga disposizioni particolari al riguardo.

4. Le norme di cui al paragrafo 1 sono applicabili per la presentazione dei prodotti ivi indicati per quanto riguarda:

a) il recipiente, compreso il dispositivo di chiusura;

b) l'etichettatura;

c) l'imballaggio.

5. Le norme di cui al paragrafo 1 si applicano ai prodotti detenuti per la vendita ed a quelli già immessi sul mercato.

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Articolo 48

La designazione e la presentazione dei prodotti di cui al presente regolamento, nonché qualsiasi forma di pubblicità relativa ai detti prodotti, non devono essere erronee e tali da creare confusione o indurre in errore le persone alle quali sono rivolte, in particolare per quanto riguarda:

- le informazioni di cui all'articolo 47; tale disposizione si applica anche qualora tali informazioni siano utilizzate in una traduzione, si riferiscano alla provenienza effettiva del prodotto o siano corredate di menzioni quali "genere", "tipo", "metodo", "imitazione", "marchio" o simili;

- le caratteristiche dei prodotti quali, in particolare, la natura, la composizione, il titolo alcolometrico volumico, il colore, l'origine o la provenienza, la qualità, la varietà di vite, l'anno del raccolto o il volume nominale dei recipienti;

- l'identità e la qualità delle persone fisiche o giuridiche o di un'associazione di persone che partecipano o hanno partecipato all'elaborazione o alla commercializzazione del prodotto, in particolare dell'imbottigliatore.

 

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Articolo 49

1. I prodotti la cui designazione o la cui presentazione non è conforme alle disposizioni del presente regolamento o alle modalità adottate ai fini dell'attuazione dello stesso, non possono essere detenuti per la vendita o immessi sul mercato nella Comunità, né essere esportati.

Tuttavia, nel caso di prodotti destinati all'esportazione, deroghe alle disposizioni del presente regolamento:

- possono essere autorizzate dagli Stati membri qualora la normativa del paese terzo d'importazione lo richieda;

- possono essere previste nelle modalità di applicazione nei casi non contemplati nel primo trattino.

2. Lo Stato membro sul territorio del quale si trova il prodotto la cui designazione o presentazione non è conforme alle disposizioni di cui al paragrafo 1 adotta le misure necessarie per comminare sanzioni in caso di infrazioni, in base alla gravità delle stesse.

Lo Stato membro può tuttavia concedere un'autorizzazione a detenere il prodotto in oggetto per la vendita a immettere sul mercato nella Comunità o a esportare il prodotto, purché la designazione o la presentazione di tale prodotto sia resa conforme alle disposizioni di cui al paragrafo 1.

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Articolo 50

1. Gli Stati membri adottano tutte le misure necessarie per consentire agli interessati di impedire, secondo le condizioni previste dagli articoli 23 e 24 dell'accordo sugli aspetti dei diritti di proprietà intellettuale riguardanti il commercio, l'utilizzazione nella Comunità di un'indicazione geografica volta ad identificare i prodotti di cui all'articolo 1, paragrafo 2, lettera b), per prodotti che non sono originari del luogo designato dall'indicazione geografica in questione, anche qualora la vera origine dei prodotti sia indicata oppure l'indicazione geografica sia utilizzata in una traduzione o sia corredata di menzioni quali "genere", "tipo", "stile", "imitazione" o simili.

2. Ai fini del presente articolo, per "indicazione geografica" si intende l'indicazione che serve a identificare un prodotto come originario del territorio di un paese terzo membro dell'Organizzazione mondiale del commercio, oppure di una regione o di una località di questo territorio, qualora una determinata qualità, rinomanza o altra caratteristica del prodotto possa essere attribuita essenzialmente a tale origine geografica.

3. I paragrafi 1 e 2 si applicano in deroga ad altre disposizioni contenute nella legislazione comunitaria che stabiliscono le norme per la denominazione e la presentazione dei prodotti disciplinati dal presente regolamento.

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Articolo 51

1. Ai fini dell'applicazione del presente titolo, per "nome di un'unità geografica più piccola dello Stato membro" s'intende il nome di:

- una località o un'unità raggruppante delle località,

- un comune o una frazione,

- una sottoregione viticola o una parte di sottoregione viticola,

- una regione diversa da una regione determinata.

2. L'utilizzazione di un'indicazione geografica per designare vini da tavola ottenuti da un taglio di vini ricavati da uve raccolte in aree di produzione diverse è ammessa se l'85% almeno del vino da tavola risultante dal taglio proviene dall'area viticola di cui porta il nome.

Tuttavia, l'utilizzazione, per designare vini da tavola bianchi, di un'indicazione geografica relativa ad un'area di produzione situata all'interno della zona viticola A o della zona viticola B è ammessa soltanto se i prodotti che compongono il taglio sono ottenuti nella zona viticola in causa o se il vino in questione è ricavato dal taglio tra vini da tavola delle zona viticola A e vini da tavola della zona viticola B.

3. Gli Stati membri possono subordinare l'utilizzazione di un'indicazione geografica per designare un vino da tavola alla condizione, in particolare, che sia ottenuto integralmente da determinati vitigni espressamente designati e provenga esclusivamente dal territorio precisamente delimitato di cui porta il nome.

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Articolo 52

1. Se uno Stato membro attribuisce il nome di una regione determinata ad un v.q.p.r.d. nonché, se del caso, ad un vino destinato ad essere trasformato nel v.q.p.r.d. in questione, questo nome non può essere utilizzato per la designazione di prodotti del settore vitivinicolo che non provengono da questa regione e/o ai quali questo nome non è stato attribuito in conformità alle normative comunitaria e nazionale in vigore. Lo stesso dicasi se uno Stato membro ha attribuito il nome di un comune, di una frazione o di una località unicamente ad un v.q.p.r.d. nonché, eventualmente, ad un vino destinato ad essere trasformato in tale v.q.p.r.d.

Fatte salve le disposizioni comunitarie riguardanti specificamente taluni tipi di v.q.p.r.d., gli Stati membri possono consentire, secondo condizioni di produzione da essi fissate, che il nome di una regione determinata sia connesso con una precisazione relativa alle modalità di preparazione o al tipo di prodotto, ovvero con il nome di una varietà di vigne od un suo sinonimo.

In deroga al primo comma, il Consiglio, deliberando a maggioranza qualificata su proposta della Commissione, può decidere, fino al 31 agosto 2001, di autorizzare che taluni nomi geografici tradizionalmente utilizzati per designare un vino da tavola e diventati il nome di una regione determinata, possano continuare ad essere utilizzati anche per la designazione dei vini da tavola per tre campagne viticole al massimo.

2. Possono essere utilizzati per la designazione, la presentazione e la pubblicità di una bevanda diversa da un vino o da un mosto di uve i nomi e le menzioni seguenti:

- il nome di una varietà di vigna,

- una menzione specifica tradizionale di cui all'allegato VII, sezione A, punto 2, lettera c), secondo trattino, quarto doppio trattino, o all'allegato VIII, sezione D, punto 2, lettera c), secondo trattino,

oppure

- una menzione tradizionale complementare di cui all'allegato VII, sezione B, punto 1, lettera b), quinto trattino, purché sia attribuita da uno Stato membro per la designazione di un vino ai sensi delle disposizioni comunitarie,

soltanto a condizione che sia escluso qualsiasi rischio di confusione sulla natura, l'origine o la provenienza e la composizione di tale bevanda.

3. L'utilizzazione di un nome o di una menzione di cui al punto 2 o di uno dei termini "Hock", "Claret", "Liebfrauenmilch" e "Liebfraumilch", anche se corredati di menzioni quali "genere", "tipo", "modo", "imitazione" o simili, è vietato per la designazione e la presentazione:

- di una merce del codice NC 2206, a meno che la merce in questione provenga effettivamente dal luogo così designato;

- di una merce commercializzata con chiare istruzioni al fine di ottenerne presso il consumatore una bevanda che imiti il vino; tuttavia, può essere utilizzato il nome di una varietà di vite se la merce in questione proviene effettivamente da tale varietà, a meno che tale nome dia luogo a confusioni con il nome di una regione determinata o di un'unità geografica usato per la designazione di un v.q.p.r.d.

4. Possono essere utilizzati per la designazione, la presentazione e la pubblicità di una bevanda diversa da un vino o da un mosto di uve i nomi:

- di una regione determinata,

- di un'unità geografica più piccola della regione determinata, purché questo nome sia attribuito da uno Stato membro per la designazione di un vino ai sensi delle disposizioni comunitarie,

solo a condizione che:

a) per i prodotti dei codici NC 2009, 2202, 2205, 2206, 2207, 2208 e 2209 nonché per i prodotti ottenuti da una materia prima vinicola i nomi e le menzioni dianzi citate siano riconosciuti nello Stato membro di origine del prodotto e che questo riconoscimento sia compatibile con il diritto comunitario;

b) per le bevande diverse da quelle di cui alla lettera a), sia escluso qualsiasi rischio di confusione circa la natura, l'origine o la provenienza e la composizione di queste bevande.

Tuttavia, anche se il riconoscimento di cui alla lettera a) non ha avuto luogo, questi nomi possono continuare ad essere utilizzati fino al 31 dicembre 2000, fatta salva l'osservanza della lettera b).

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Articolo 53

1. Le modalità di applicazione del presente capo e degli allegati VII e VIII sono adottate secondo la procedura di cui all'articolo 75. Tali modalità disciplinano in particolare le deroghe, le condizioni e le autorizzazioni previste nei suddetti allegati.

2. Le disposizioni seguenti sono adottate secondo la procedura di cui all'articolo 75:

a) le indicazioni, i contrassegni e gli altri marchi di cui alla parte introduttiva dell'allegato VII o alla sezione A, punto 2, dell'allegato VIII;

b) l'elenco delle menzioni specifiche tradizionali di cui al quarto doppio trattino del secondo trattino della sezione A, punto 2, lettera c), dell'allegato VII o di cui al secondo trattino della sezione D, punto 2, lettera c), dell'allegato VIII;

c) le condizioni alle quali le indicazioni geografiche di cui alla sezione A, punto 2, dell'allegato VII sono utilizzate;

d) le indicazioni di cui all'allegato VII, sezione A, punto 4;

e) le condizioni alle quali le indicazioni di cui alla sezione B, punto 1, dell'allegato VII, sono utilizzate ed il quadro di impiego delle indicazioni di cui alla sezione B, punto 3, dell'allegato VII;

f) le indicazioni di cui all'allegato VII, sezione B, punto 2, e le condizioni alle quali sono utilizzate;

g) la misura in cui e le condizioni alle quali le disposizioni dell'allegato VII si applicano ai prodotti disciplinati dal presente regolamento, ma non contemplati nella sezione A, punto 1, dell'allegato VII o nell'allegato VIII, in particolare il mosto di uve, il mosto di uve parzialmente fermentato, il mosto di uve concentrato, il vino nuovo ancora in fermentazione ed il vino di uve parzialmente appassite, prodotti nella Comunità;

h) le condizioni alle quali i prodotti sono imballati e trasportati in recipienti e la loro utilizzazione e marcatura, ivi comprese quelle per quanto riguarda i recipienti per la preparazione ed il deposito dei vini spumanti;

i) se del caso, l'attribuzione dei nomi di unità geografiche di cui all'allegato VIII, sezione E, punto 1, secondo trattino;

j) le indicazioni obbligatorie e facoltative che devono figurare nei registri, nei documenti ufficiali e nei documenti commerciali;

k) le modalità di cui all'allegato VIII, sezione G, punto 2, e, rispettivamente, sezione G, punto 5,

l) le modalità e le disposizioni derogatorie di cui all'allegato VIII, sezione I, punto 6.

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TITOLO VI

Vini di qualità prodotti in regioni determinate

Articolo 54

1. Per vini di qualità prodotti in regione determinate ("v.q.p.r.d.") si intendono i vini conformi alle disposizioni del presente titolo e alle disposizioni comunitarie e nazionali adottate in materia.

2. I v.q.p.r.d. comprendono le seguenti categorie:

a) i vini liquorosi di qualità prodotti in regioni determinate ("v.l.q.p.r.d."), rispondenti alla definizione di vino liquoroso;

b) i vini spumanti di qualità prodotti in regioni determinate ("v.s.q.p.r.d."), rispondenti alla definizione di vino spumante, compresi i v.s.q.p.r.d. del tipo aromatico;

c) i vini frizzanti di qualità prodotti in regioni determinate ("v.f.q.p.r.d."), rispondenti alla definizione di vino frizzante;

d) i v.q.p.r.d. diversi da quelli menzionati nelle lettere a), b) e c).

3. I prodotti atti a diventare v.q.p.r.d. sono i seguenti:

a) uve fresche,

b) mosti di uve,

c) mosti di uve parzialmente fermentati,

d) vini nuovi ancora in fermentazione,

e) vino.

4. Gli Stati membri trasmettono alla Commissione l'elenco dei v.q.p.r.d. da essi riconosciuti, fornendo per ciascuno informazioni sulle norme nazionali che ne disciplinano la produzione e l'elaborazione.

5. La Commissione pubblica l'elenco nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee, serie C.

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Articolo 55

1. Oltre alle norme nazionali eventualmente adottate in forza dell'articolo 57, paragrafo 1, e tenute presenti le condizioni tradizionali di produzione, che non pregiudichino la politica di qualità e il corretto funzionamento del mercato interno, le disposizioni che disciplinano la produzione dei v.q.p.r.d. sono basate sugli elementi seguenti:

a) delimitazione della zona di produzione,

b) tipo di vitigno,

c) pratiche colturali,

d) metodi di vinificazione,

e) titolo alcolometrico volumico naturale minimo,

f) resa per ettaro,

g) analisi e valutazione delle caratteristiche organolettiche.

2. Le disposizioni di cui al paragrafo 1 figurano nell'allegato VI, sezioni da A a J.

3. Le disposizioni dell'allegato VI, sezione K, si applicano soltanto ai v.s.q.p.r.d. Le disposizioni dell'allegato VI, sezione L, si applicano soltanto ai v.l.q.p.r.d.

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Articolo 56

1. Gli Stati membri decidono le regole in base alle quali, nella fase di produzione:

a) un produttore può:

i) non chiedere la classificazione come v.q.p.r.d. di un prodotto che nella sua dichiarazione di raccolto o di produzione figura come un prodotto atto a diventare v.q.p.r.d.;

ii) declassare un v.q.p.r.d. in particolare a vino da tavola;

b) l'organismo competente che lo Stato membro deve designare può declassare un v.q.p.r.d.

2. Il declassamento di un v.q.p.r.d. nella fase di commercializzazione viene eseguito dai seguenti organismi:

a) dall'organismo competente dello Stato membro nel cui territorio si trova il vino:

i) se il vino è originario di tale Stato membro, oppure

ii) nel caso di piccoli quantitativi da stabilire;

b) dall'organismo competente dello Stato membro di origine del vino nei casi non contemplati dalla lettera a).

3. Il declassamento di cui al paragrafo 2 viene deciso in particolare quando l'organismo competente ha accertato quanto segue:

a) nel corso del magazzinaggio o del trasporto il vino ha subito un cambiamento che ha provocato un deterioramento o un'alterazione delle caratteristiche del v.q.p.r.d. in questione;

b) il vino è stato sottoposto a trattamenti vietati o non è designato a norma di legge come v.q.p.r.d.

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Articolo 57

1. Oltre agli elementi di cui all'articolo 55 e tenuto conto degli usi leali e costanti, gli Stati membri produttori possono definire tutte le condizioni di produzione e le caratteristiche complementari alle quali devono rispondere i v.q.p.r.d.

2. In aggiunta alle altre disposizioni del presente regolamento e tenuto conto degli usi leali e costanti gli Stati membri produttori possono definire tutti le caratteristiche o le condizioni di produzione, di elaborazione e di commercializzazione complementari o più severe per i v.q.p.r.d. prodotti nel loro territorio.

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Articolo 58

Le modalità d'applicazione del presente titolo e dell'allegato VI sono adottate secondo la procedura di cui all'articolo 75.

Esse riguardano in particolare:

a) le decisioni, le eccezioni, le deroghe e gli elenchi menzionati nel presente titolo e nell'allegato VI;

b) la delimitazione delle zone situate nelle immediate vicinanze di una regione determinata, tenendo conto in particolare della situazione geografica e delle strutture amministrative;

c) la destinazione dei v.q.p.r.d. declassati e le condizioni cui tale destinazione è subordinata;

d) le disposizioni opportune sull'applicazione sistematica e generalizzata delle analisi organolettiche, sulla destinazione dei vini non conformi ai requisiti delle analisi e sulle condizioni a cui tale destinazione è subordinata;

e) la determinazione dei piccoli quantitativi di cui all'articolo 56, paragrafo 2, lettera a), punto ii).

(omissis)


Reg. (CE) 29-4-2002 n. 753/2002
Regolamento della Commissione che fissa talune modalità di applicazione del regolamento (CE) n. 1493/1999 del Consiglio per quanto riguarda la designazione, la denominazione, la presentazione e la protezione di taluni prodotti vitivinicoli.

Pubblicato nella G.U.C.E. 4 maggio 2002, n. L 118. Entrata in vigore: 11 maggio 2002.

 

La Commissione delle Comunità europee,

visto il trattato che istituisce la Comunità europea,

visto il regolamento (CE) n. 1493/1999 del Consiglio, del 17 maggio 1999, relativo all'organizzazione comune del mercato vitivinicolo, modificato da ultimo dal regolamento (CE) n. 2585/2001, in particolare gli articoli 53 e 80,

considerando quanto segue:

(1) Il capo II del titolo V e gli allegati VII e VIII del regolamento (CE) n. 1493/1999 stabiliscono disposizioni sulla designazione, la denominazione e la presentazione di taluni prodotti oggetto di tale regolamento ("prodotti vitivinicoli"), nonché sulla protezione di talune indicazioni, menzioni e termini. Occorre stabilire le modalità di applicazione di dette disposizioni ed abrogare la normativa vigente in materia, ovvero il regolamento (CEE) n. 3201/90 della Commissione, del 16 ottobre 1990 recante modalità di applicazione per la designazione e la presentazione dei vini e dei mosti di uve, modificato da ultimo dal regolamento (CE) n. 885/2001, il regolamento (CEE) n. 3901/91 della Commissione, del 18 dicembre 1991, recante modalità di applicazione per la designazione e la presentazione dei vini speciali, il regolamento (CE) n. 554/95 della Commissione, del 13 marzo 1995, recante modalità di applicazione per la designazione e la presentazione dei vini spumanti e dei vini spumanti gassificati, modificato dal regolamento (CE) n. 1915/96 e il regolamento (CE) n. 881/98 della Commissione, del 24 aprile 1998, recante modalità di applicazione relative alla protezione delle diciture tradizionali complementari utilizzate per alcuni tipi di vini di qualità prodotti in regioni determinate (v.q.p.r.d.), modificato da ultimo dal regolamento (CE) n. 1608/2000.

(2) Talune disposizioni relative all'etichettatura dei prodotti alimentari sono fissate dalla direttiva 75/106/CEE del Consiglio, del 19 dicembre 1974, per il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative al precondizionamento in volume di alcuni liquidi in imballaggi preconfezionati, modificata da ultimo dalla direttiva 89/676/CEE, dalla direttiva 89/396/CEE del Consiglio, del 14 giugno 1989, relativa alle diciture o marche che consentono di identificare la partita alla quale appartiene una derrata alimentare, modificata da ultimo dalla direttiva 92/11/CEE e dalla direttiva 2000/13/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 marzo 2000, relativa al ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri concernenti l'etichettatura e la presentazione dei prodotti alimentari, nonché la relativa pubblicità, modificata dalla direttiva 2001/101/CE della Commissione. Tali disposizioni si applicano anche ai prodotti vitivinicoli, salvo esplicita esclusione operata da dette direttive.

(3) Il presente regolamento deve tener conto dell'esperienza acquisita nell'applicazione della normativa vigente in materia di prodotti vitivinicoli nonché delle disposizioni stabilite nelle direttive di cui sopra. In particolare, occorre semplificare quanto più possibile tali disposizioni e renderle più leggibili armonizzando le norme relative ai diversi gruppi di prodotti pur rispettando la diversità dei prodotti stessi.

(4) Il presente regolamento deve salvaguardare gli obiettivi della tutela degli interessi legittimi dei consumatori e dei produttori, del buon funzionamento del mercato interno e dello sviluppo dei prodotti di qualità di cui all'articolo 47, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 1493/1999. Esso deve inoltre rispettare le esigenze dell'articolo 77 di detto regolamento affinché sia debitamente tenuto conto al tempo stesso degli obiettivi di cui agli articoli 33 e 131 del trattato nonché degli obblighi derivanti dagli accordi internazionali conclusi conformemente all'articolo 300, paragrafo 2, del trattato.

(5) È opportuno definire il concetto di "etichettatura" al fine di limitarlo agli aspetti della presentazione dei prodotti vitivinicoli che riguardano soltanto la natura, la qualità o l'origine dei prodotti stessi.

(6) Nell'interesse dei consumatori, è opportuno raggruppare talune informazioni obbligatorie nel medesimo campo visivo sul recipiente, fissare limiti di tolleranza per l'indicazione del titolo alcolometrico effettivo e prendere in considerazione le specificità dei prodotti.

(7) Le norme vigenti in materia di utilizzazione dei codici sull'etichettatura sono utili e devono quindi essere mantenute.

(8) Alcuni prodotti vitivinicoli non sono necessariamente destinati al consumo umano diretto. Gli Stati membri devono quindi essere autorizzati ad esonerare tali prodotti dall'applicazione delle norme in materia di etichettatura a condizione che siano predisposti appropriati meccanismi di controllo. La stessa disposizione deve essere prevista per alcuni vini di qualità prodotti in regioni determinate (v.q.p.r.d.) invecchiati in bottiglia.

(9) I prodotti vitivinicoli che sono esportati devono talvolta soddisfare norme in materia di etichettatura nei paesi terzi o fornire ai consumatori di tali paesi terzi talune informazioni utili. Occorre pertanto fare in modo che gli Stati membri possano autorizzare l'impiego di altre lingue per talune diciture sulle etichette.

(10) Il regolamento (CE) n. 1493/1999 ha armonizzato l'etichettatura per tutti i prodotti vitivinicoli in base al modello già stabilito per i vini spumanti autorizzando l'impiego di termini diversi da quelli espressamente disciplinati dalla normativa comunitaria, a condizione che siano esatti. Occorre pertanto armonizzare nello stesso modo le disposizioni di applicazione di detto regolamento in base al modello definito per i vini spumanti, facendo in modo di evitare qualsiasi rischio di confusione fra questi altri termini e quelli disciplinati e affinché il ricorso a siffatti termini sia subordinato all'obbligo, da parte degli operatori, di provarne l'esattezza in caso di dubbio.

(11) Ai fini della sicurezza giuridica, è utile mantenere le definizioni vigenti di "imbottigliatore" e "imbottigliamento" e introdurre una definizione dell'"importatore".

(12) L'utilizzazione di capsule fabbricate a base di piombo per coprire i dispositivi di chiusura dei recipienti nei quali sono conservati i prodotti disciplinati dal regolamento (CE) n. 1493/1999 deve essere vietata per evitare anzitutto qualsiasi rischio di contaminazione, in particolare tramite contatto accidentale con tali prodotti e, in secondo luogo, qualsiasi rischio di inquinamento ambientale imputabile ai residui che contengono piombo e che provengono dalle capsule in parola.

(13) L'utilizzazione di taluni tipi di bottiglie per taluni prodotti costituisce una prassi consolidata nella Comunità e nei paesi terzi. Tali bottiglie possono evocare, nella mente dei consumatori, talune caratteristiche o un'origine precisa dei prodotti in quanto sono utilizzate da molto tempo. Tali bottiglie devono pertanto essere riservate ai vini di cui trattasi.

(14) Nell'intento di poter risalire all'origine dei prodotti e di controllare i prodotti vitivinicoli, occorre prevedere la ripetizione di taluni elementi dell'etichettatura nei registri e sui documenti di accompagnamento di cui al regolamento (CE) n. 884/2001 della Commissione, del 24 aprile 2001, che stabilisce modalità di applicazione relative ai documenti che scortano il trasporto dei prodotti vitivinicoli e alla tenuta dei registri nel settore vitivinicolo.

(15) Il regolamento (CE) n. 1493/1999 prevede poi la necessità di fissare condizioni per l'impiego di taluni termini. Per taluni di questi termini sono necessarie norme comunitarie intese a garantire il corretto funzionamento del mercato interno. Tale norme devono, in generale, fondarsi sulle disposizioni vigenti. Per altri termini occorre che ogni Stato membro definisca le norme - compatibili con il diritto comunitario - applicabili ai vini prodotti nel proprio territorio per impostare una politica quanto più vicina possibile al produttore. Deve tuttavia essere garantita la trasparenza di siffatte norme.

(16) In particolare, per quanto riguarda l'indicazione obbligatoria del nome o della ragione sociale dell'imbottigliatore o dello speditore e l'indicazione facoltativa del nome, indirizzo e qualifica della persona o delle persone che hanno partecipato alla commercializzazione, allo scopo di garantire il corretto funzionamento del mercato interno e di evitare che il consumatore sia tratto in errore, è opportuno rendere obbligatorie indicazioni da cui risulti l'attività di queste persone mediante termini quali "viticoltore", "raccolto da", "commerciante", "distribuito da", "importatore", "importato da" o altri termini analoghi.

(17) Le indicazioni concernenti il metodo di produzione biologico delle uve sono disciplinate esclusivamente dal regolamento (CEE) n. 2092/91 del Consiglio, del 24 giugno 1991, relativo al metodo di produzione biologico di prodotti agricoli e alla indicazione di tale metodo sui prodotti agricoli e sulle derrate alimentari, modificato da ultimo dal regolamento (CE) n. 473/2002 della Commissione, che ne autorizza l'uso per tutti i prodotti vitivinicoli. Tali indicazioni non rientrano quindi nelle disposizioni del presente regolamento che riguardano le indicazioni relative al modo di ottenimento o al metodo di elaborazione.

(18) L'impiego e la regolamentazione di talune menzioni (diverse dalle denominazioni d'origine) che servono a descrivere prodotti vitivinicoli di qualità costituiscono una prassi consolidata nella Comunità. Tali espressioni tradizionali possono evocare, nella mente dei consumatori, un metodo di produzione o di invecchiamento o una qualità, un colore o un tipo di vino o ancora un evento legato alla storia del vino. Per garantire un'equa concorrenza e per evitare che i consumatori siano indotti in errore, occorre definire un quadro comune per la registrazione e la protezione di siffatte espressioni tradizionali.

(19) Per una questione di semplicità e di chiarezza, è opportuno cercare di armonizzare quanto più possibile l'etichettatura dei vini liquorosi e dei vini frizzanti tenendo conto della diversità dei prodotti e fondandosi sul metodo definito dal regolamento (CE) n. 1493/1999 per i vini tranquilli. Il metodo da seguire per l'etichettatura di altri prodotti vitivinicoli deve essere armonizzato nello stesso modo, benché la specificità dei prodotti e dei relativi mercati richieda una differenziazione più marcata, in particolare per quanto concerne le informazioni obbligatorie.

(20) Le regole applicabili in materia di etichettatura dei prodotti vitivinicoli originari di paesi terzi e presenti sul mercato comunitario devono anch'esse essere armonizzate per quanto possibile conformemente al metodo definito per i prodotti vitivinicoli comunitari onde evitare qualsiasi confusione per i consumatori e qualsiasi forma di concorrenza sleale per i produttori. Occorre tuttavia tener conto delle diverse condizioni di produzione e tradizioni vinicole nonché delle legislazioni dei paesi terzi.

(21) Le disposizioni del presente regolamento devono fare salve le regole specifiche che potrebbero essere negoziate nell'ambito degli accordi con i paesi terzi conclusi secondo la procedura prevista all'articolo 133 del trattato.

(22) Norme specifiche e dettagliate sono già definite all'allegato VIII del regolamento (CE) n. 1493/1999 per quanto concerne l'etichettatura dei vini spumanti. Occorre tuttavia determinare talune modalità di applicazione ulteriori.

(23) Le norme applicabili ai vini frizzanti gassificati devono per quanto possibile corrispondere alle norme definite dal regolamento (CE) n. 1493/1999 per i vini spumanti gassificati, tenuto conto della diversità dei prodotti.

(24) L'articolo 80 del regolamento (CE) n. 1493/1999 prevede l'adozione di misure che consentono di agevolare la transizione tra la normativa vitivinicola precedente e detto regolamento. Onde evitare un onere eccessivo per gli operatori, occorre adottare una serie di disposizioni per consentire la commercializzazione continua dei prodotti etichettati conformemente alle norme vigenti nel settore nonché il ricorso transitorio a etichette stampate conformemente a tali norme vigenti.

(25) L'articolo 81 del regolamento (CE) n. 1493/1999 abroga la normativa vigente del Consiglio nel settore vitivinicolo, inclusa quella che tratta gli aspetti disciplinati dal presente regolamento. Nell'intento di agevolare la transizione e la continuità delle disposizioni applicabili fino alla messa a punto e all'adozione di misure di applicazione, il regolamento (CE) n. 1608/2000, modificato da ultimo dal regolamento (CE) n. 699/2002 ha previsto che talune disposizioni del Consiglio, abrogate dall'articolo 81, resterebbero in vigore durante un breve periodo transitorio. Le modifiche apportate alla normativa vigente dal presente regolamento richiederanno l'adozione da parte degli Stati membri di tutta una serie di misure di applicazione. Per poter disporre di un lasso di tempo ragionevole affinché queste misure siano adottate e perché gli operatori possano adattarsi alle nuove norme, occorre prevedere che talune disposizioni del Consiglio applicabili al settore e abrogate dall'articolo 81 del regolamento (CE) n. 1493/1999 rimangano in vigore durante un breve periodo transitorio supplementare. Occorre pertanto abrogare il regolamento (CE) n. 1608/2000.

(26) Le misure previste dal presente regolamento si applicano soltanto ai prodotti di cui all'articolo 1, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 1493/1999, fatte salve le disposizioni di detto regolamento che si applicano ad altri prodotti, in particolare l'articolo 52, paragrafi 2, 3 e 4, l'allegato VII, punto C e l'allegato VIII, punto I. 3.

(27) Il comitato di gestione per i vini non ha emesso alcun parere entro il termine stabilito dal suo presidente,

ha adottato il presente regolamento:

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TITOLO I

Norme comuni

Articolo 1

Oggetto.

Il presente regolamento stabilisce modalità di applicazione delle disposizioni di cui al capo II del titolo V nonché degli allegati VII e VIII del regolamento (CE) n. 1493/1999, relative alla designazione, alla denominazione alla presentazione e alla protezione di taluni prodotti vitivinicoli.

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Articolo 2

Precisazioni concernenti l'etichettatura.

Non fanno parte dell'etichettatura, quale definita nella parte introduttiva dell'allegato VII nonché nell'allegato VIII, sezione A.2, del regolamento (CE) n. 1493/1999, le indicazioni, i contrassegni e altri marchi:

a) previsti dalle disposizioni degli Stati membri nel quadro di applicazione della direttiva 94/62/CE del Parlamento europeo e del Consiglio;

b) relativi al fabbricante o al volume del recipiente, apposti direttamente in maniera indelebile sul recipiente;

c) utilizzati ai fini del controllo dell'imbottigliamento; a questo riguardo gli Stati membri possono stabilire o riconoscere un sistema di indicazione della data d'imbottigliamento per i vini e i mosti di uve imbottigliati nel loro territorio;

d) utilizzati per identificare il prodotto con un codice numerico e/o un simbolo leggibile da una macchina;

e) previsti dalle disposizioni degli Stati membri relative al controllo quantitativo e qualitativo dei prodotti sottoposti ad un esame sistematico e ufficiale;

f) relativi al prezzo del prodotto in questione;

g) previsti dalle disposizioni fiscali degli Stati membri;

h) diversi da quelli contemplati alle lettere da a) a g), che non riguardano la caratterizzazione del prodotto di cui trattasi e che non sono disciplinati da alcuna disposizione del regolamento (CE) n. 1493/1999 o del presente regolamento.

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Articolo 3

Presentazione delle indicazioni obbligatorie.

1. Le indicazioni obbligatorie di cui all'allegato VII, sezione A, del regolamento (CE) n. 1493/1999 sono raggruppate sul recipiente nello stesso campo visivo e presentate in caratteri chiari, leggibili, indelebili e sufficientemente grandi, in modo che risaltino bene sul fondo su cui sono stampate e che siano nettamente distinguibili dall'insieme delle altre indicazioni scritte e dei disegni.

Le indicazioni obbligatorie relative all'importatore, al numero della partita, nonché agli ingredienti di cui all'articolo 6, paragrafo 3 bis, della direttiva 2000/13/CE, possono tuttavia figurare al di fuori del campo visivo in cui si trovano le altre indicazioni obbligatorie (2).

2. Il titolo alcolometrico volumico effettivo di cui all'allegato VII, sezione A.1, terzo trattino, e all'allegato VIII, sezione B.1, lettera d), del regolamento (CE) n. 1493/1999, è indicato mediante unità o mezze unità di percentuale del volume. Fatte salve le tolleranze previste dal metodo di analisi di riferimento utilizzato, il titolo alcolometrico indicato non può essere né superiore né inferiore di più di 0,5% vol al titolo determinato dall'analisi. Tuttavia, per quanto concerne i v.q.p.r.d. immagazzinati in bottiglie per oltre tre anni, i vini spumanti, i vini spumanti gassificati, i vini frizzanti, i vini frizzanti gassificati e i vini liquorosi, fatte salve le tolleranze previste dal metodo di analisi di riferimento utilizzato, il titolo alcolometrico indicato non può essere né superiore né inferiore di oltre 0,8% vol. al titolo determinato dall'analisi. Il valore del titolo alcolometrico effettivo è seguito dal simbolo "%vol." e può essere preceduto dai termini "titolo alcolometrico effettivo" o "alcole effettivo" o dall'abbreviazione "alc".

Il titolo alcolometrico volumico effettivo è indicato sull'etichettatura in caratteri dell'altezza minima di 5 millimetri se il volume nominale è superiore a 100 centilitri, di 3 millimetri se è pari o inferiore a 100 centilitri e superiore a 20 centilitri e di 2 millimetri se è pari o inferiore a 20 centilitri.

3. Se uno o più degli ingredienti elencati nell'allegato III bis della direttiva 2000/13/CE sono presenti in uno dei prodotti di cui all'articolo 1, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 1493/1999, detti ingredienti debbono figurare sull'etichettatura, preceduti dalla parola "contiene". Nel caso dei solfiti è possibile utilizzare i termini seguenti: "solfiti", "anidride solforosa" oppure "biossido di zolfo" (3).

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(2) Comma inizialmente rettificato dalla rettifica pubblicata nella G.U.U.E. 23 ottobre 2003, n. L 272 e successivamente così sostituito dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1991/2004.

(3) Paragrafo aggiunto dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1991/2004.

 

Articolo 4

Utilizzazione di codici sull'etichettatura.

1. I codici di cui all'allegato VII, sezione E, del regolamento (CE) n. 1493/1999 sono stabiliti dallo Stato membro sul cui territorio ha sede l'imbottigliatore, lo speditore o l'importatore, mentre i codici di cui all'allegato VIII, sezione D.4 e D.5, dello stesso regolamento sono stabiliti dallo Stato membro sul cui territorio ha sede l'elaboratore o il venditore.

2. Il riferimento ad uno Stato membro in un codice di cui al paragrafo 1 è indicato mediante un'abbreviazione postale che precede gli altri elementi del codice.

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Articolo 5

Deroghe.

1. Per i vini prodotti sul loro territorio gli Stati membri possono derogare all'applicazione delle disposizioni relative all'obbligo di etichettatura di cui all'allegato VII, sezione G. 1 del regolamento (CE) n. 1493/1999 per quanto riguarda:

a) i prodotti trasportati fra due o più impianti di una stessa azienda situata nella medesima unità amministrativa o nelle unità amministrative limitrofe; le unità amministrative in questione non possono essere più grandi delle regioni corrispondenti al livello III della nomenclatura delle unità territoriali statistiche (NUTS III), ad eccezione delle isole, per le quali l'unità amministrativa è quella corrispondente al livello II della nomenclatura delle unità territoriali statistiche (NUTS II);

b) i quantitativi di mosti di uve e di vini inferiori a 30 litri per partita e non destinati alla vendita;

c) i quantitativi di mosti di uve e di vini destinati al consumo familiare del produttore e dei suoi dipendenti.

Inoltre, per taluni v.q.p.r.d. e v.s.q.p.r.d. di cui all'articolo 29 del presente regolamento invecchiati in bottiglia per un lungo periodo di tempo prima della vendita, lo Stato membro interessato può concedere deroghe specifiche purché abbia stabilito condizioni di controllo e di circolazione per tali prodotti.

Gli Stati membri comunicano alla Commissione le condizioni di controllo e di circolazione stabilite (4).

2. In deroga all'allegato VII, sezione D.1, del regolamento (CE) n. 1493/1999, gli Stati membri possono ammettere che le indicazioni figuranti sull'etichettatura, in particolare le indicazioni obbligatorie, siano ripetute in lingue diverse da quelle ufficiali della Comunità qualora i prodotti in questione siano destinati all'esportazione e la legislazione del paese terzo in questione lo prescriva.

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(4) Il testo del secondo comma è stato così sostituito dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 316/2004.

 

Articolo 6

Norme comuni a tutte le menzioni figuranti sull'etichettatura

1. In applicazione dell'allegato VII, sezione B.3, del regolamento (CE) n. 1493/1999, l'etichettatura dei prodotti di cui trattasi può essere completata con altre indicazioni a condizione che queste ultime non siano tali da creare un rischio di confusione nello spirito delle persone a cui sono destinate tali informazioni, segnatamente per quanto concerne le indicazioni obbligatorie di cui alla sezione A.1, del citato allegato e le indicazioni facoltative di cui alla sezione B.1, dello stesso allegato.

2. Per quanto concerne i prodotti di cui all'allegato VII, sezione B.3, del regolamento (CE) n. 1493/1999, gli organismi di cui all'articolo 72, paragrafo 1, di detto regolamento possono esigere dagli imbottigliatori, dagli speditori o dagli importatori, nel rispetto delle norme generali di procedura adottate da ciascuno Stato membro, la prova dell'esattezza delle menzioni utilizzate per la designazione e concernenti la natura, l'identità, la qualità, la composizione, l'origine o la provenienza del prodotto in questione o dei prodotti utilizzati durante l'elaborazione dello stesso.

Quando tale richiesta proviene dall'organismo competente dello Stato membro nel quale è stabilito l'imbottigliatore, lo speditore o l'importatore, la prova è richiesta direttamente a questi da detto organismo.

Quando tale richiesta proviene dall'organismo competente di un altro Stato membro, questo fornisce all'organismo competente del paese di stabilimento dell'imbottigliatore, dello speditore o dell'importatore, nell'ambito della loro diretta collaborazione, tutti gli elementi utili che consentano a quest'ultimo organismo di esigere la prova di cui trattasi; l'organismo richiedente è informato del seguito riservato alla propria richiesta.

Qualora gli organismi competenti constatino che tale prova non è stata fornita, le menzioni in questione sono considerate come non conformi al regolamento (CE) n. 1493/1999 o al presente regolamento.

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Articolo 7

Definizione dell'"imbottigliatore", dell'"imbottigliamento" e dell'"importatore"

Ai fini dell'applicazione del presente regolamento, s'intende per:

a) "imbottigliatore", la persona fisica o giuridica, o l'associazione di tali persone, che effettua o fa effettuare per conto proprio l'imbottigliamento;

b) "imbottigliamento", il riempimento, a fini commerciali, con il prodotto interessato di recipienti aventi una capienza uguale o inferiore a 60 litri;

c) "importatore", la persona fisica o giuridica, o l'associazione di tali persone, stabilita nella Comunità che si assume la responsabilità dell'immissione in libera pratica delle merci non comunitarie ai sensi dell'articolo 4, paragrafo 8, del regolamento (CEE) n 2913/92 del Consiglio.

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Articolo 8

Divieto di utilizzare una capsula o una lamina contenenti piombo.

Il dispositivo di chiusura dei prodotti di cui all'articolo 1, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 1493/1999 non può essere rivestito con una capsula o una lamina contenenti piombo.

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Articolo 9

Impiego di taluni tipi di bottiglie.

1. Le condizioni di utilizzo di alcuni tipi di bottiglie sono stabilite nell'allegato I.

2. Affinché un tipo di bottiglia possa figurare nell'elenco dell'allegato I, deve essere conforme alle seguenti condizioni:

a) è utilizzato lealmente e tradizionalmente da venticinque anni nelle regioni o nelle zone di produzione determinate della Comunità;

b) tale utilizzazione ricorda talune caratteristiche o una determinata origine del vino;

c) il tipo di bottiglia in causa non è utilizzato per altri vini sul mercato comunitario.

3. Gli Stati membri comunicano alla Commissione:

a) gli elementi atti a giustificare il riconoscimento dei tipi di bottiglie;

b) le caratteristiche dei tipi di bottiglie che soddisfano le condizioni di cui al paragrafo 2 nonché i vini a cui sono riservate.

[4. In deroga ai paragrafi 1, 2 e 3, taluni tipi di bottiglie che figurano all'allegato I possono essere utilizzati per presentare vini originari di paesi terzi purché:

a) tali paesi abbiano presentato una richiesta motivata alla Commissione, e

b) siano soddisfatte condizioni ritenute equivalenti a quelle elencate nei paragrafi 2 e 3.

Per ogni tipo di bottiglia sono indicati nell'allegato I i paesi terzi interessati, nonché le norme concernenti le relative condizioni di utilizzazione.] (5).

[5. Alcuni tipi di bottiglie tradizionali utilizzate nei paesi terzi e non menzionate nell'allegato I possono beneficiare, a condizione di reciprocità, della protezione prevista dal presente articolo, ai fini della loro commercializzazione nella Comunità.

La disposizione di cui al primo comma viene attuata tramite accordi conclusi con i paesi terzi interessati secondo la procedura di cui all'articolo 133 del trattato.] (6).

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(5) Soppresso dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 316/2004.

(6) Soppresso dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 316/2004.

 

Articolo 10

Registri, documenti di accompagnamento ecc.

1. Per i prodotti indicati all'allegato VII, sezione A.1, del regolamento (CE) n. 1493/1999, ad eccezione dei vini frizzanti e dei vini frizzanti gassificati, la designazione nei registri tenuti dagli operatori di cui all'articolo 11 del regolamento (CE) n. 884/2001, nei registri, nei documenti di accompagnamento e negli altri documenti prescritti dalle disposizioni comunitarie e, qualora non esista un documento di accompagnamento, nei documenti commerciali comprende, oltre alle indicazioni previste dal regolamento (CE) n. 884/2001, le indicazioni facoltative di cui all'allegato VII, sezione B. 1 e 2, del regolamento (CE) n. 1493/1999, a condizione che queste figurino, o che si preveda di farle figurare, sull'etichettatura.

2. Per i prodotti indicati all'allegato VIII, sezione A.1, del regolamento (CE) n. 493/1999, ad eccezione dei vini frizzanti e dei vini frizzanti gassificati, la designazione nei registri tenuti dagli elaboratori, nei registri, nei documenti di accompagnamento e negli altri documenti prescritti dalle disposizioni comunitarie e, qualora non esista un documento di accompagnamento, nei documenti commerciali comprende, oltre alle indicazioni previste dal regolamento (CE) n. 884/2001:

- per quanto riguarda i prodotti di cui all'allegato VIII, sezione A.1, del regolamento (CE) n. 1493/1999, la menzione che precisa la denominazione di vendita e la menzione relativa al tipo di prodotto di cui all'allegato VII, sezione B.1, lettere a) e c), del regolamento (CE) n. 1493/1999 e, per quanto riguarda i vini frizzanti e i vini frizzanti gassificati, la menzione che precisa la denominazione di vendita di cui all'allegato VII, sezione A, punto 2, del regolamento (CE) n. 1493/1999,

- per quanto riguarda i prodotti di cui all'allegato VIII, sezione A.1, del regolamento (CE) n. 1493/1999, le indicazioni facoltative di cui all'allegato VIII, sezione E, di detto regolamento e, per quanto riguarda i vini frizzanti e i vini frizzanti gassificati, le indicazioni facoltative di cui all'allegato VII, sezione B.1 e 2, del regolamento (CE) n. 1493/1999, a condizione che queste figurino, o che si preveda di farle figurare, sull'etichettatura.

3. Per i prodotti del titolo II, la designazione nei registri tenuti dagli operatori di cui all'articolo 11 del regolamento (CE) n. 884/2001, nei registri, nei documenti di accompagnamento e negli altri documenti prescritti dalle disposizioni comunitarie e, qualora non esista un documento di accompagnamento, nei documenti commerciali comprende, oltre alle indicazioni previste dal regolamento (CE) n. 884/2001, le indicazioni facoltative di cui all'articolo 13, paragrafo 1, e all'articolo 14, paragrafi 1 e 3, del presente regolamento, a condizione che queste figurino, o che si preveda di farle figurare, sull'etichettatura.

4. La designazione nei registri tenuti da persone diverse dai produttori o dagli elaboratori comprende almeno, secondo i casi, le indicazioni di cui al paragrafo 1, 2 o 3. Le indicazioni facoltative di cui al paragrafo 1 o, secondo i casi, 2 e 3, possono essere sostituite nei registri dal numero del documento di accompagnamento o degli altri documenti prescritti dalle norme comunitarie e dalla data del relativo rilascio.

5. I recipienti per il magazzinaggio dei prodotti di cui ai paragrafi 1, 2 e 3 sono identificati e viene indicato il loro volume nominale.

Questi recipienti recano inoltre le indicazioni apposite previste dagli Stati membri che consentono all'organismo incaricato dei controlli di identificare il loro contenuto mediante i registri o i documenti che li sostituiscono.

Tuttavia, la marcatura dei recipienti di volume inferiore o uguale a 600 litri riempiti dello stesso prodotto e immagazzinati nella stessa partita può essere sostituita dalla marcatura dell'intera partita, a condizione che quest'ultima sia chiaramente separata dalle altre partite.

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TITOLO II

Norme applicabili ai mosti di uve, ai mosti di uve parzialmente fermentati, ai mosti di uve concentrati, ai vini nuovi ancora in fermentazione e ai vini ottenuti da uve stramature

Articolo 11

Disposizioni generali.

1. Qualora i prodotti di cui all'articolo 53, paragrafo 2, lettera g), del regolamento (CE) n. 1493/1999 come pure gli stessi prodotti elaborati nei paesi terzi (di seguito "prodotti del titolo II") siano etichettati, le etichette sono conformi alle disposizioni degli articoli 12, 13 e 14.

2. Le disposizioni dell'articolo 3, paragrafi 1 e 3, si applicano con le dovute distinzioni alle menzioni obbligatorie di cui all'articolo 12 (7).

3. Le disposizioni dell'allegato VII, sezione E, del regolamento (CE) n. 1493/1999 e l'articolo 4 del presente regolamento si applicano per analogia ai prodotti del titolo II.

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(7) Paragrafo così sostituito dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1991/2004.

Articolo 12

Indicazioni obbligatorie.

1. Le etichette dei prodotti del titolo II recano la menzione della denominazione di vendita del prodotto mediante:

a) la menzione delle definizioni contenute nel regolamento (CE) n. 1493/1999 che descrive il prodotto di cui trattasi nella maniera più precisa,

oppure

b) menzioni diverse da quelle definite dalle disposizioni comunitarie e la cui utilizzazione è disciplinata nello Stato membro o è conforme alle norme applicabili ai produttori di vino del paese terzo di cui trattasi, comprese quelle stabilite da organizzazioni professionali rappresentative, purché questi comunichino tali menzioni alla Commissione, che provvede con tutti i mezzi appropriati alla pubblicità di tali misure (8).

2. Le etichette dei prodotti del titolo II recano la menzione del volume nominale del prodotto.

3. Le etichette dei prodotti del titolo II recano la menzione:

a) del nome o della ragione sociale dell'imbottigliatore, nonché del comune e dello Stato membro in cui l'imbottigliatore ha la propria sede principale, per i recipienti di volume nominale inferiore o uguale a 60 litri;

b) del nome o della ragione sociale dello speditore, nonché del comune e dello Stato membro in cui lo speditore ha la propria sede principale, per gli altri recipienti;

c) dell'importatore o, qualora l'imbottigliamento abbia avuto luogo nella Comunità, dell'imbottigliatore, per i prodotti importati.

Per quanto concerne le indicazioni di cui alle lettere a), b) e c), ai prodotti elaborati nella Comunità si applicano per analogia le disposizioni dell'articolo 15, mentre ai prodotti elaborati nei paesi terzi si applicano per analogia le disposizioni dell'articolo 34, paragrafo 1, lettera a).

4. Nel caso di mosto di uve e mosto di uve concentrato, l'etichetta reca la menzione della densità.

Nel caso di mosto di uve parzialmente fermentato e vino nuovo ancora in fermentazione, l'etichetta reca la menzione del titolo alcolometrico volumico effettivo e quello totale o uno dei due.

Quando è indicato il titolo alcolometrico volumico totale, segnatamente per il mosto di uve parzialmente fermentato, esso non può essere superiore né inferiore di oltre 0,5% al titolo determinato dall'analisi.

La cifra corrispondente al titolo alcolometrico totale è seguita dal simbolo "% vol." e preceduta dai termini "titolo alcolometrico totale" o "alcole totale". Tale cifra è indicata sull'etichettatura in caratteri della stessa altezza minima di quella prevista per l'indicazione del titolo alcolometrico effettivo.

Nel caso di vini ottenuti da uve stramature, l'etichetta reca la menzione del titolo alcolometrico volumico effettivo. Quest'ultimo viene indicato per unità o mezze unità di percentuale del volume. Il titolo alcolometrico indicato non può essere né superiore né inferiore di oltre 0,5% al titolo determinato dall'analisi. La cifra corrispondente al titolo alcolometrico effettivo è seguita dal simbolo "%vol." e può essere preceduta dai termini "titolo alcolometrico effettivo" o "alcole effettivo" o dall'abbreviazione "alc".

Il titolo alcolometrico volumico effettivo è indicato sull'etichettatura in caratteri dell'altezza minima di 5 millimetri se il volume nominale è superiore a 100 centilitri, di 3 millimetri se è pari o inferiore a 100 centilitri e superiore a 20 centilitri e di 2 millimetri se è pari o inferiore a 20 centilitri.

5. Nel caso di spedizione verso un altro Stato membro dei prodotti del titolo II elaborati nella Comunità o nel caso di esportazione, sull'etichetta figura:

a) per quanto riguarda il mosto di uve ottenuto da uve raccolte ed elaborate sul territorio di uno stesso Stato membro: il nome dello Stato membro in questione;

b) per quanto riguarda i vini di cui al presente articolo ottenuti da uve raccolte e vinificate sul territorio di uno stesso Stato membro: il nome dello Stato membro in questione.

6. Nel caso di prodotti del titolo II elaborati nei paesi terzi, l'etichetta reca la menzione del nome del paese terzo in questione.

7. Per quanto riguarda i prodotti del titolo II risultanti da un taglio di prodotti originari di vari Stati membri, l'etichetta reca la menzione "miscela ottenuta da prodotti di vari paesi della Comunità europea".

Qualora si tratti di mosti di uve che non sono stati elaborati nello Stato membro in cui sono state raccolte le uve, l'etichetta reca la menzione "mosti ottenuti a... da uve raccolte in...".

Qualora si tratti di vini che non sono stati vinificati nello Stato membro in cui sono state raccolte le uve, l'etichetta reca la menzione "vino ottenuto a ... da uve raccolte in ...".

8. Le etichette dei prodotti del titolo II recano la menzione del numero della partita, conformemente alla direttiva 89/396/CEE.

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(8) Lettera così sostituita dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 316/2004.

 

Articolo 13

Indicazioni facoltative.

1. L'etichettatura dei prodotti del titolo II può essere completata dalle seguenti indicazioni:

a) il nome, l'indirizzo e la qualifica della o delle persone che hanno partecipato alla commercializzazione; l'articolo 15 si applica per analogia ai prodotti considerati;

b) il tipo del prodotto, secondo le modalità previste dallo Stato membro produttore;

c) un colore particolare, secondo le modalità previste dallo Stato membro produttore; l'articolo 17 si applica per analogia ai prodotti considerati.

2. L'etichettatura dei prodotti del titolo II può essere completata da altre indicazioni facoltative. Le disposizioni dell'articolo 6 si applicano per analogia a questi prodotti.

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Articolo 14

Disposizioni relative all'etichettatura con indicazione geografica.

1. I mosti di uve parzialmente fermentati destinati al consumo umano diretto o i vini ottenuti da uve stramature elaborati nella Comunità possono essere designati con un'indicazione geografica. In tal caso la denominazione di vendita di cui all'articolo 12, paragrafo 1, è costituita:

a) dalla menzione "mosti di uve parzialmente fermentati" o, se del caso, dalla menzione "vini ottenuti da uve stramature";

b) dal nome dell'unità geografica;

c) da una menzione tradizionale specifica. Se tale menzione figura nella denominazione di vendita del prodotto, non vi è obbligo di ripeterla.

Gli Stati membri stabiliscono le menzioni tradizionali specifiche di cui al primo comma, lettera c) per i mosti di uve parzialmente fermentati destinati al consumo umano diretto o per i vini ottenuti da uve stramature prodotte sul loro territorio.

L'articolo 51 del regolamento (CE) n. 1493/1999 e l'articolo 28 del presente regolamento come pure le disposizioni del regolamento (CE) n. 1493/1999 e quelle del presente regolamento concernenti i nomi dei vini da tavola con indicazione geografica si applicano per analogia ai mosti di uve parzialmente fermentati destinati al consumo umano diretto con indicazione geografica e ai vini ottenuti da uve stramature con indicazione geografica.

2. Gli Stati membri comunicano alla Commissione le misure adottate in applicazione del paragrafo 1. La Commissione provvede, con tutti i mezzi appropriati, alla pubblicità di tali misure.

3. L'etichettatura dei mosti di uve parzialmente fermentati destinati al consumo umano diretto con indicazione geografica e dei vini ottenuti da uve stramature con indicazione geografica elaborati nella Comunità può essere completata dalle indicazioni seguenti:

a) l'anno di raccolta; le disposizioni degli articoli 18 e 20 si applicano per analogia;

b) il nome di una o più varietà di vite; le disposizioni degli articoli 19 e 20 si applicano per analogia;

c) un riconoscimento, una medaglia o un concorso; le disposizioni dell'articolo 21 si applicano per analogia;

d) indicazioni relative al modo di ottenimento o al metodo di elaborazione del prodotto; le disposizioni dell'articolo 22 si applicano per analogia;

e) menzioni tradizionali complementari; le disposizioni degli articoli 23 e 24 si applicano per analogia;

f) il nome dell'azienda; le disposizioni dell'articolo 25 si applicano per analogia;

g) una menzione indicante l'imbottigliamento nell'azienda viticola da parte di un'associazione di aziende viticole in una impresa situata nella regione di produzione; le disposizioni dell'articolo 26 si applicano per analogia.

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TITOLO III

Norme applicabili ai vini da tavola, ai vini da tavola con indicazione geografica e ai v.q.p.r.d.

Articolo 15

Indicazioni relative al nome, indirizzo e qualifica della o delle persone che hanno partecipato alla commercializzazione.

1. Le indicazioni obbligatorie di cui all'allegato VII, sezione A.3.a), primo trattino del regolamento (CE) n. 1493/1999 e le indicazioni facoltative di cui all'allegato VII sezione B.1.a) primo trattino, del regolamento (CE) n. 1493/1999 sono accompagnate da indicazioni da cui risulti l'attività dell'imbottigliatore, o dello speditore o delle persone partecipanti alla commercializzazione mediante termini quali "viticoltore", "raccolto da", "commerciante", "distribuito da", "importatore", "importato da" o mediante termini analoghi.

In particolare, l'indicazione dell'imbottigliatore è completata dai termini "imbottigliatore" o "imbottigliato da".

Tuttavia, nel caso di imbottigliamento per conto terzi, l'indicazione dell'imbottigliatore è completata dai termini "imbottigliato per conto di" o, nel caso in cui è indicato anche il nome, l'indirizzo e la qualifica della persona che ha effettuato l'imbottigliamento per conto terzi, dai termini "imbottigliato per conto di ... da ...".

Nel caso del riempimento di altri recipienti diversi dalle bottiglie, si applica il disposto del secondo e del terzo comma. Tuttavia, i termini "condizionatore" o "condizionato" sostituiscono rispettivamente i termini "imbottigliatore" o "imbottigliato" (9).

L'utilizzazione di una delle indicazioni di cui al secondo, al terzo e al quarto comma non è però obbligatoria se si fa ricorso ad una delle menzioni di cui agli articoli 26 e 33.

Le disposizioni del presente paragrafo si applicano fatto salvo il disposto del paragrafo 2.

Se l'imbottigliamento o la spedizione si effettuano in un comune diverso da quello dell'imbottigliatore o dello speditore o da un comune circostante, le indicazioni di cui al presente paragrafo sono accompagnate da una menzione del comune in cui ha luogo l'operazione e, se viene effettuata in un altro Stato membro, dall'indicazione di quest'ultimo.

2. Le indicazioni di cui al paragrafo 1, primo comma, possono includere termini che si riferiscono a un'azienda agricola solo a condizione che il prodotto in questione provenga esclusivamente dalle uve raccolte nei vigneti che fanno parte dell'azienda viticola o di quella della persona qualificata sulla base di uno dei termini anzidetti e purché la vinificazione sia stata effettuata nell'azienda stessa.

Per l'applicazione del primo comma non si tiene conto dell'aggiunta di mosto di uve concentrato o di mosto di uve concentrato rettificato inteso a far aumentare il titolo alcolometrico naturale del prodotto in questione.

Gli Stati membri stabiliscono queste indicazioni per i vini prodotti sul loro territorio e ne definiscono il quadro di utilizzazione e le relative condizioni.

Gli Stati membri comunicano alla Commissione le misure adottate in applicazione del terzo comma. La Commissione provvede, con tutti i mezzi appropriati, alla pubblicità di tali misure.

3. Le indicazioni facoltative di cui al paragrafo 1, primo comma, possono essere utilizzate solo a condizione che la persona o le persone interessate abbiano dato il loro accordo.

Tuttavia, nel caso in cui le disposizioni di uno Stato membro rendono obbligatoria l'indicazione del nome, indirizzo e qualifica della persona che ha effettuato l'imbottigliamento per conto terzi, le disposizioni del primo comma non si applicano per quanto concerne tale indicazione.

4. L'indicazione dello Stato membro dell'imbottigliatore o dello speditore è utilizzata sull'etichettatura in caratteri dello stesso tipo e della medesima dimensione dell'indicazione del nome, indirizzo e qualifica o ragione sociale delle persone interessate. L'indicazione dello Stato membro viene apposta:

a) per esteso dopo l'indicazione del comune o della frazione del comune;

b) oppure mediante l'abbreviazione postale, eventualmente accompagnata dal codice postale del comune in questione.

5. Quando si tratta di un vino da tavola, il comune in cui la persona o le persone di cui al paragrafo 1, primo comma, hanno la loro sede principale è indicato sull'etichettatura in caratteri di dimensioni non superiori alla metà di quelle dei caratteri che indicano la menzione "vino da tavola".

Quando si tratta di un vino da tavola con indicazione geografica, il comune in cui la persona o le persone di cui al paragrafo 1, primo comma, hanno la loro sede principale è indicato sull'etichettatura in caratteri di dimensioni non superiori alla metà di quelle dei caratteri dell'indicazione geografica.

Quando si tratta di un v.q.p.r.d., il comune in cui la persona o le persone di cui al paragrafo 1, primo comma, hanno la loro sede principale è indicato sull'etichettatura in caratteri di dimensioni non superiori alla metà di quelle dei caratteri che indicano la regione determinata.

Le disposizioni del presente paragrafo non si applicano quando il comune è indicato mediante un codice di cui all'allegato VII, sezione E, del regolamento (CE) n. 1493/1999.

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(9) Comma così rettificato dalla rettifica pubblicata nella G.U.U.E. 9 marzo 2005, n. L 62 e dalla rettifica pubblicata nella G.U.U.E. 30 aprile 2005, n. L 110.

 

Articolo 16

Indicazione del tipo del prodotto.

1. In applicazione dell'allegato VII, sezione B, punto 1, lettera a), secondo trattino del regolamento (CE) n. 1493/1999, sull'etichettatura dei vini da tavola, dei vini da tavola designati da un'indicazione geografica e dei v.q.p.r.d (ad eccezione dei v.l.q.p.r.d e dei v.f.q.p.r.d. a cui si applica l'articolo 39, paragrafo 1, lettera b), possono figurare i seguenti termini (10):

a) "secco", a condizione che il vino di cui trattasi abbia un tenore di zucchero residuo non superiore a:

i) 4 g/l, oppure

ii) 9 g/l quando il tenore di acidità totale, espresso in g/l di acido tartarico, non è inferiore di più di 2 g/l al tenore di zucchero residuo;

b) "abboccato", a condizione che il vino di cui trattasi abbia un tenore di zucchero residuo superiore a quelli di cui alla lettera a), ma non superiore a:

i) 12 g/l, oppure

ii) 18 g/l quando il tenore minimo di acidità totale è fissato dagli Stati membri conformemente al paragrafo 2;

c) "amabile", a condizione che il vino di cui trattasi abbia un tenore di zucchero residuo superiore a quelli di cui alla lettera b), ma non superiore a 45 g/l;

d) "dolce", a condizione che il vino di cui trattasi abbia un tenore di zucchero residuo non inferiore a 45 g/l.

2. Gli Stati membri, per quanto riguarda l'utilizzazione:

a) dei termini di cui al paragrafo 1, lettere a) e b), possono prescrivere come criterio analitico complementare il tenore minimo di acidità totale per alcuni vini ottenuti sul loro territorio;

b) dei termini di cui al paragrafo 1, lettera d), nel caso di alcuni v.q.p.r.d. ottenuti sul loro territorio, possono prescrivere un tenore minimo di zucchero residuo non inferiore a 35 g/l.

3. Gli Stati membri comunicano alla Commissione le misure adottate in applicazione del paragrafo 2. La Commissione provvede, con tutti i mezzi appropriati, alla pubblicità di tali misure.

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(10) Si riporta soltanto il termine in lingua italiana. Paragrafo modificato dall'articolo 4 del regolamento (CE) n. 908/2004 nei termini in lingua dei nuovi Stati membri.

 

Articolo 17

Indicazioni relative al colore.

Quando gli Stati membri, in applicazione dell'allegato VII, sezione B. 1. a), terzo trattino, del regolamento (CE) n. 1493/1999, stabiliscono per i vini prodotti sul loro territorio le indicazioni relative ad un colore particolare dei vini da tavola, dei vini da tavola designati da un'indicazione geografica e dei v.q.p.r.d., ne definiscono l'ambito e le condizioni di utilizzazione e comunicano alla Commissione le misure in questione. La Commissione provvede, con tutti i mezzi appropriati, alla pubblicità di tali misure.

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TITOLO IV

Norme applicabili ai vini da tavola con indicazione geografica e ai v.q.p.r.d.

Capo I

Norme comuni

Articolo 18 (11)

Indicazione dell'anno di raccolta.

L'anno di raccolta di cui all'allegato VII, sezione B.1.b), primo trattino, del regolamento (CE) n. 1493/1999 può figurare sull'etichettatura di un vino da tavola con indicazione geografica o di un v.q.p.r.d. quando almeno l'85% delle uve utilizzate per l'elaborazione del vino di cui trattasi, previa deduzione del quantitativo dei prodotti eventualmente utilizzati per lo zuccheraggio, è stato raccolto nell'anno in questione.

Per i vini ottenuti tradizionalmente da uve raccolte in inverno si indica l'anno di inizio della campagna in corso anziché l'anno di raccolta.

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(11) Per una deroga al presente articolo, vedi l'articolo 2 del regolamento (CE) n. 709/2004.

 

Articolo 19

Indicazione delle varietà di viti.

1. I nomi delle varietà di vite utilizzate per l'elaborazione di un vino da tavola con indicazione geografica o di un v.q.p.r.d., o i relativi sinonimi, possono figurare sull'etichetta dei vini in questione a condizione che:

a) le varietà in questione, nonché eventualmente i loro sinonimi, figurino nella classificazione delle varietà stabilita dagli Stati membri in applicazione dell'articolo 19 del regolamento (CE) n. 1493/1999 (12);

b) tali varietà siano previste dagli Stati membri, conformemente all'allegato VI, sezione B.1, del regolamento (CE) n. 1493/1999 e dell'articolo 28, secondo comma, del presente regolamento per i vini in questione;

c) il nome della varietà o uno dei suoi sinonimi non comprenda un'indicazione geografica utilizzata per designare un v.q.p.r.d. o un vino da tavola o un vino importato che figuri negli elenchi degli accordi conclusi tra i paesi terzi e la Comunità, e se è accompagnato da un altro termine geografico, figuri sull'etichetta senza questo termine geografico;

d) nel caso di ricorso alla denominazione di una sola varietà di vite o al relativo sinonimo, almeno l'85% del vino sia ottenuto da tale varietà, previa deduzione del quantitativo dei prodotti eventualmente utilizzati per lo zuccheraggio; tale varietà deve essere determinante per il carattere del vino di cui trattasi; tuttavia, se il prodotto in causa è ottenuto esclusivamente dalla varietà suddetta, compreso il quantitativo dei prodotti eventualmente utilizzati per lo zuccheraggio, ad eccezione dei mosti concentrati rettificati, si può indicare che il prodotto è ottenuto esclusivamente da tale varietà;

e) quando sono utilizzati i nomi di due o tre varietà di viti o i relativi sinonimi, il prodotto in questione sia ottenuto al 100% dalle varietà menzionate, previa deduzione del quantitativo dei prodotti eventualmente utilizzati per lo zuccheraggio; in questo caso le varietà devono essere riportate in ordine decrescente di proporzione e in caratteri delle stesse dimensioni;

f) quando sono utilizzati i nomi di più di tre varietà di viti o i relativi sinonimi, i nomi delle varietà o i loro sinonimi siano indicati fuori del campo visivo in cui figurano le indicazioni obbligatorie di cui all'articolo 3, paragrafo 1; essi devono inoltre avere caratteri di dimensioni non superiori a 3 mm.

2. In deroga al paragrafo 1, lettera c):

a) il nome di una varietà di vite, o un suo sinonimo, che comprenda un'indicazione geografica può figurare sull'etichetta di un vino designato con tale indicazione geografica;

b) i nomi delle varietà e i relativi sinonimi elencati nell'allegato II possono essere utilizzati secondo le condizioni nazionali e comunitarie in applicazione alla data dell'entrata in vigore del presente regolamento.

3. Gli Stati membri comunicano alla Commissione, anteriormente al 1° ottobre 2002, le misure di cui al paragrafo 2, lettera b). La Commissione provvede, con tutti i mezzi appropriati, alla pubblicità di tali misure.

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(12) Per una deroga alla presente lettera, vedi l'articolo 2 del regolamento (CE) n. 709/2004.

 

Articolo 20

Precisazioni relative alla norma dell'85%.

L'articolo 18 e l'articolo 19, paragrafo 1, lettera d) possono essere applicati contemporaneamente solo se almeno l'85%, previa deduzione del quantitativo dei prodotti eventualmente utilizzati per lo zuccheraggio, dei vini interessati dalle presenti disposizioni e ottenuti dalla miscela proviene dalla varietà di vite e dall'anno di raccolta indicati nella designazione di questo vino.

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Articolo 21

Riconoscimenti e medaglie.

In applicazione dell'allegato VII, sezione B.1, lettera b), terzo trattino, del regolamento (CE) n. 1493/1999, un riconoscimento o una medaglia possono figurare sull'etichettatura dei vini da tavola con indicazione geografica o dei v.q.p.r.d., purché siano stati attribuiti al lotto dei vini premiati di cui trattasi nell'ambito di concorsi autorizzati dagli Stati membri o da paesi terzi al termine di una procedura oggettiva esente da discriminazioni. Gli Stati membri e i paesi terzi comunicano alla Commissione l'elenco dei concorsi autorizzati. La Commissione provvede, con tutti i mezzi appropriati, alla pubblicità di tali elenchi.

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Articolo 22

Indicazioni relative al modo in cui è stato ottenuto il prodotto o al metodo di elaborazione dello stesso.

1. Quando gli Stati membri, in applicazione dell'allegato VII, sezione B.1, lettera b), quarto trattino, del regolamento (CE) n. 1493/1999, stabiliscono per i vini prodotti sul loro territorio le indicazioni relative al modo in cui sono stati ottenuti i vini da tavola con indicazione geografica e i v.q.p.r.d. o ai metodi di elaborazione degli stessi, ne definiscono l'ambito e le condizioni di utilizzazione.

Le indicazioni non comprendono riferimenti al metodo di produzione biologico delle uve, che sono disciplinate dal regolamento (CEE) n. 2092/91.

2. Gli Stati membri comunicano alla Commissione le misure adottate in applicazione del paragrafo 1. La Commissione provvede, con ogni mezzo appropriato, alla pubblicità di tali misure.

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Articolo 23

Definizione di "menzioni tradizionali complementari".

Ai fini dell'applicazione dell'allegato VII, sezione B.1, lettera b), quinto trattino, del regolamento (CE) n. 1493/1999, l'espressione "menzione tradizionale complementare" si utilizza tradizionalmente per indicare i vini di cui al presente titolo negli Stati membri produttori; essa si riferisce in particolare ad un metodo di produzione, di elaborazione o di invecchiamento oppure alla qualità, al colore o al tipo di luogo o ad un evento connesso alla storia del vino e che è definito nella legislazione degli Stati membri produttori allo scopo di designare i vini in questione prodotti nel loro territorio.

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Articolo 24

Protezione delle menzioni tradizionali.

1. Ai fini dell'applicazione del presente articolo, per "menzioni tradizionali" si intendono le menzioni tradizionali complementari di cui all'articolo 23, i termini di cui all'articolo 28 e le menzioni specifiche tradizionali di cui all'articolo 14, paragrafo 1, primo comma, lettera c), all'articolo 29 e all'articolo 38, paragrafo 3.

2. Le menzioni tradizionali che figurano nell'allegato III sono riservate ai vini ai quali esse si riferiscono e sono tutelate:

a) contro qualsiasi usurpazione, imitazione o evocazione, anche se la menzione protetta è accompagnata da espressioni quali "genere", "tipo", "metodo", "imitazione", "marchio" o altre menzioni analoghe;

b) contro qualsiasi altra indicazione abusiva, falsa o ingannevole relativa alla natura o alle qualità essenziali del vino usata sulla confezione o sull'imballaggio, nella pubblicità o sui documenti relativi al prodotto di cui trattasi;

c) contro qualsiasi altra prassi che possa indurre in errore il pubblico e in particolare che lasci supporre che il vino fruisca della menzione tradizionale protetta.

3. Per la designazione di un vino non possono essere utilizzati sull'etichettatura marchi contenenti le menzioni tradizionali riportate nell'allegato III se il vino in questione non ha diritto a tale designazione.

Tuttavia, il primo comma non si applica ai marchi legittimamente registrati in buona fede nella Comunità o per i quali i diritti sono stati legittimamente acquisiti nella Comunità mediante un uso in buona fede prima della data di pubblicazione del presente regolamento (o, nel caso in cui si tratti di una menzione tradizionale aggiunta all'allegato III dopo l'entrata in vigore del presente regolamento, prima della data di tale aggiunta) ed effettivamente e legittimamente utilizzati in buona fede sin dalla loro registrazione o acquisizione. Il presente comma si applica unicamente nel territorio dello Stato membro in cui il marchio di cui trattasi è stato registrato o in cui sono stati acquisiti i diritti mediante tale uso.

Il presente paragrafo si applica fatte salve le disposizioni dell'allegato VII, sezione F e dell'allegato VIII, sezione H del regolamento (CE) n. 1493/1999.

4. Se una menzione tradizionale che figura nell'allegato III del presente regolamento rientra anche in una delle categorie di indicazioni di cui all'allegato VII sezione A e sezione B.1 e 2, del regolamento (CE) n. 1493/1999, si applicano a questa menzione tradizionale le disposizioni del presente articolo anziché le altre disposizioni del titolo IV o del titolo V.

La protezione di una menzione tradizionale si applica esclusivamente in relazione alla lingua o alle lingue in cui essa figura nell'allegato III.

Ogni menzione tradizionale che figura all'allegato III è legata ad una categoria di vini o a più categorie di vino. Tali categorie sono le seguenti:

a) i vini liquorosi di qualità prodotti in regioni determinate e i vini liquorosi con indicazione geografica; in tal caso la tutela della menzione tradizionale si applica soltanto alla designazione dei vini liquorosi;

b) i vini spumanti di qualità prodotti in regioni determinate (inclusi i v.s.p.q.r.d di tipo aromatico); in tal caso la tutela della menzione tradizionale si applica soltanto alla designazione dei vini spumanti e dei vini spumanti gassificati;

c) i vini frizzanti di qualità prodotti in regioni determinate e i vini frizzanti con indicazione geografica; in tal caso la tutela della menzione tradizionale si applica soltanto alla designazione dei vini frizzanti e dei vini frizzanti gassificati;

d) i vini di qualità prodotti in regioni determinate diversi da quelli menzionati nelle lettere a), b) e c) e i vini da tavola designati con un'indicazione geografica; in tal caso la protezione della menzione tradizionale si applica soltanto alla designazione dei vini diversi dai vini liquorosi, dai vini spumanti, dai vini spumanti gassificati, dai vini frizzanti e dai vini frizzanti gassificati;

e) i mosti di uve parzialmente fermentati destinati al consumo umano diretto designati con un'indicazione geografica; in tal caso la tutela della menzione tradizionale si applica soltanto alla designazione dei mosti di uve parzialmente fermentati;

f) i vini ottenuti da uve stramature designati con un'indicazione geografica; in tal caso la tutela della menzione tradizionale si applica soltanto alla designazione dei vini ottenuti da uve stramature.

5. Per poter figurare nell'allegato III, una menzione tradizionale deve essere conforme alle condizioni seguenti (13):

a) essere specifiche di per se e precisamente definite nella legislazione dello Stato membro;

b) essere sufficientemente distintive e/o godere di una solida reputazione nell'ambito del mercato comunitario;

c) essere state utilizzate tradizionalmente per almeno 10 anni nello Stato membro in questione;

d) essere associate a uno o, eventualmente, a più vini o categorie di vini comunitari.

Una menzione tradizionale è considerata tradizionale nella lingua ufficiale di uno Stato membro se è stata utilizzata in quella lingua ufficiale e in una determinata regione frontaliera dello o degli Stati membri confinanti per designare vini elaborati nelle stesse condizioni, purché tale menzione soddisfi i requisiti di cui alle lettere da a) a d) in uno di detti Stati membri ed entrambi gli Stati membri interessati decidano di comune accordo di definire, utilizzare e proteggere la menzione in questione (14).

[6. Per poter figurare nell'allegato III, sezione B, le menzioni tradizionali devono rispettare le condizioni indicate al paragrafo 5, essere associate a un vino recante un'indicazione geografica e servire a identificare questo vino come originario di detta regione o località del territorio comunitario qualora la reputazione, una qualità o un'altra caratteristica determinata del vino, espressa dalla menzione tradizionale in causa, possa essere attribuita essenzialmente a tale origine geografica.] (15).

7. Gli Stati membri comunicano alla Commissione:

a) gli elementi atti a giustificare il riconoscimento delle menzioni tradizionali;

b) le menzioni tradizionali dei vini ammesse nelle rispettive legislazioni nazionali che soddisfano le condizioni sopra esposte, nonché i vini ai quali dette menzioni sono riservate;

c) se del caso, le menzioni tradizionali che cessano di essere protette nel loro paese d'origine.

[8. In deroga ai paragrafi da 1 a 7, alcune menzioni tradizionali di cui all'allegato III, sezione A, possono essere utilizzate nell'etichettatura di vini recanti un'indicazione geografica e originari di paesi terzi nella lingua del paese terzo d'origine, o in un'altra lingua qualora l'impiego di tale lingua sia tradizionale per le indicazioni di cui trattasi, a condizione che:

a) tali paesi abbiano presentato una domanda motivata alla Commissione e abbiano trasmesso i testi legislativi relativi alle suddette menzioni;

b) siano soddisfatte le condizioni di cui ai paragrafi 5 e 9;

c) le disposizioni stabilite dai paesi terzi non siano tali da indurre in errore il consumatore sulla menzione in causa.

I paesi terzi interessati sono elencati, per ciascuna menzione tradizionale, nell'allegato III, sezione A.] (16).

9. In applicazione dell'allegato VII, sezione D.1, sesto comma, del regolamento (CE) n. 1493/1999 e del paragrafo 8 del presente articolo, l'utilizzazione di una lingua diversa dalla lingua ufficiale del paese è considerata tradizionale per quanto concerne una menzione tradizionale se l'utilizzazione di tale lingua è prevista dalla legislazione del paese e se tale lingua è utilizzata per questa menzione tradizionale in modo costante da almeno venticinque anni.

10. Le disposizioni del presente articolo si applicano fatti salvi gli articoli 28 e 29.

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(13) Frase introduttiva così sostituita dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 316/2004.

(14) Comma aggiunto dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1429/2004.

(15) Soppresso dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 316/2004.

(16) Soppresso dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 316/2004.

 

Articolo 25

Nome dell'azienda.

1. Il nome dell'azienda può essere utilizzato, in applicazione dell'allegato VII, sezione B.1.b), sesto trattino, del regolamento (CE) n. 1493/1999, soltanto a condizione che tale azienda abbia partecipato al circuito commerciale, fatto salvo il suo accordo.

Qualora l'azienda suddetta corrisponda all'azienda viticola dove è stato ottenuto il vino, il nome dell'azienda può essere utilizzato solo se il vino proviene esclusivamente da uve raccolte nei vigneti che fanno parte della medesima azienda e la vinificazione è stata effettuata nell'azienda stessa.

Gli Stati membri stabiliscono le condizioni di utilizzazione di tali nomi per i vini prodotti sul loro territorio.

2. Gli Stati membri comunicano alla Commissione le misure adottate in applicazione del paragrafo 1. La Commissione provvede, con tutti i mezzi appropriati, alla pubblicità di tali misure.

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Articolo 26

Indicazioni relative all'imbottigliamento.

1. In applicazione dell'allegato VII, sezione B.1.b), settimo trattino, del regolamento (CE) n. 1493/1999, gli Stati membri stabiliscono per i vini prodotti sul loro territorio le menzioni relative all'imbottigliamento dei vini da tavola con indicazione geografica o dei v.q.p.r.d.:

a) nell'azienda viticola, o

b) da parte di un'associazione di aziende viticole, o c) in una impresa situata nella regione di produzione o, per quanto riguarda i v.q.p.r.d. di cui all'allegato VI, sezione D.3 del regolamento (CE) n. 1493/1999, nelle sue immediate vicinanze.

Gli Stati membri definiscono l'ambito e le condizioni di utilizzazione di queste indicazioni.

2. Gli Stati membri comunicano alla Commissione le misure adottate in applicazione del paragrafo 1. La Commissione provvede, con tutti i mezzi appropriati, alla pubblicità di tali misure.

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Articolo 27

Disposizioni supplementari degli Stati membri produttori.

Le norme del presente titolo relative ad alcune indicazioni facoltative si applicano ferma restando la possibilità, prevista all'allegato VII, sezione B.4, del regolamento (CE) n. 1493/1999, per gli Stati membri produttori, di rendere tali indicazioni obbligatorie, di proibirle o di limitarne l'utilizzazione per i vini ottenuti sul loro territorio, come stabilito. Limitando l'uso di queste indicazioni facoltative, gli Stati membri produttori possono introdurre condizioni più rigorose di quelle previste nel presente titolo.

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Capo II

Norme specifiche per i vini da tavola con indicazione geografica

Articolo 28

Utilizzazione delle indicazioni geografiche.

Per i vini da tavola designati come (17):

- "Landwein", per i vini da tavola originari della Germania, dell'Austria e, per l'Italia, della provincia di Bolzano,

- "vin de pays", per i vini da tavola originari della Francia, del Lussemburgo e, per l'Italia, della regione Val d'Aosta,

- "indicazione geografica tipica", per i vini da tavola originari dell'Italia,

ogni Stato membro produttore comunica alla Commissione, conformemente all'allegato VII, sezione A.2.b), terzo trattino, del regolamento (CE) n. 1493/1999:

a) l'elenco dei nomi delle unità geografiche più piccole dello Stato membro di cui all'articolo 51, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 1493/1999 che possono essere utilizzati, nonché le disposizioni che disciplinano l'utilizzo delle menzioni e dei nomi succitati;

b) le modifiche successivamente apportate all'elenco e alle disposizioni di cui alla lettera a).

Le norme nazionali di utilizzazione delle menzioni di cui al primo comma devono prevedere che dette menzioni siano usate congiuntamente ad un'indicazione geografica determinata più piccola dello Stato membro e riservata ai vini da tavola rispondenti a precise condizioni di produzione, in particolare per quanto riguarda le varietà di vite, il titolo alcolometrico volumico naturale minimo e una valutazione o un'indicazione delle caratteristiche organolettiche.

Le norme di utilizzazione di cui al secondo comma possono tuttavia consentire che la menzione "~" (appellation traditionnelle), quando accompagna la menzione "~" ("retsina"), non debba obbligatoriamente essere usata insieme ad un'indicazione geografica determinata (18).

Gli Stati membri produttori possono adottare norme più restrittive sull'utilizzazione di tali menzioni per i vini prodotti sul loro territorio.

La Commissione provvede alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee, serie C, dei nomi delle unità geografiche comunicati in virtù del primo comma.

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(17) Si omettono i trattini che non riguardano l'Italia. Il presente comma è stato modificato nella parte di testo che non riguarda l'Italia dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1429/2004.

(18) Comma così sostituito dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 316/2004.

Capo III

Norme specifiche applicabili ai v.q.p.r.d.

Articolo 29

Menzioni specifiche tradizionali.

1. Fatte salve le menzioni complementari ammesse dalle legislazioni nazionali e a condizione che le disposizioni comunitarie e nazionali concernenti i vini di cui trattasi siano rispettate, le menzioni specifiche tradizionali di cui all'allegato VII, sezione A.2.c), quarto subtrattino, del regolamento (CE) n. 1493/1999 sono le seguenti (19):

f) per l'Italia:

- "Denominazione di origine controllata", "Denominazione di origine controllata e garantita", "vino dolce naturale", "DOC", "DOCG.".

La menzione "Kontrollierte Ursprungsbezeichnung" può figurare sull'etichettatura dei DOC prodotti nella provincia di Bolzano e la menzione "Kontrollierte und garantierte Ursprungsbezeichnung" per i DOCG prodotti nella provincia di Bolzano (20);

2. Le menzioni specifiche tradizionali di cui all'allegato VIII, sezione D.2.c), secondo trattino, del regolamento (CE) n. 1493/1999 che devono essere utilizzate come denominazioni di vendita di un v.s.q.p.r.d. sono le seguenti (21):

e) per l'Italia:

- "Denominazione di origine controllata", "Denominazione di origine controllata e garantita", "DOC" e "DOCG";

la menzione "Kontrollierte Ursprungsbezeichnung" può figurare sull'etichettatura dei DOC prodotti nella provincia di Bolzano, come pure la menzione "Kontrollierte und garantierte Ursprungsbezeichnung", per i DOCG prodotti nella provincia suddetta (22);

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(19) Si riporta soltanto la parte di testo relativa all'Italia.

(20) Il presente paragrafo, nella parte di testo in lingua straniera, è stato modificato dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 316/2004 e dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1429/2004.

(21) Si riporta soltanto la parte di testo relativa all'Italia.

(22) Il presente paragrafo, nella parte di testo in lingua straniera, è stato modificato dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 316/2004.

 

Articolo 30

Deroghe all'obbligo di indicare la menzione specifica tradizionale.

In deroga all'allegato VII, sezione A.2.c), secondo trattino, del regolamento (CE) n. 1493/1999, possono essere commercializzati con la sola indicazione del nome della regione determinata di provenienza i vini che fruiscono, conformemente alle disposizioni comunitarie e nazionali applicabili, di uno dei nomi delle regioni determinate seguenti (23):

d) per l'Italia:

- "Asti",

- "Marsala",

- "Franciacorta";

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(23) Si riporta soltanto la parte di testo relativa all'Italia. Il presente paragrafo, nella parte di testo in lingua straniera, è stato modificato dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1429/2004.

 

Articolo 31

L'unità geografica più piccola della regione determinata.

1. Ai fini della designazione di un v.q.p.r.d. sull'etichettatura, conformemente all'allegato VII, sezione B.1.c), primo trattino, del regolamento (CE) n. 1493/1999, con il nome di una "unità geografica più piccola della regione determinata" si intende:

a) una località o un'unità che raggruppa delle località;

b) un comune o una frazione;

c) una sottoregione viticola o una parte di sottoregione viticola.

2. Gli Stati membri produttori possono concedere a dei v.q.p.r.d. il nome di un'unità geografica più piccola della regione determinata di cui trattasi purché:

a) tale unità geografica sia ben delimitata;

b) tutte le uve con le quali sono stati ottenuti tali vini provengano da detta unità.

3. Nel caso in cui un v.q.p.r.d. sia ottenuto con prodotti provenienti da uve raccolte in diverse unità geografiche di cui al paragrafo 1, situate all'interno della stessa regione determinata, quale indicazione complementare al nome della regione determinata è ammesso esclusivamente il nome dell'unità geografica più ampia nella quale sono comprese tutte le superfici viticole interessate.

Tuttavia, fatto salvo l'articolo 20, gli Stati membri produttori possono autorizzare per la designazione di un v.q.p.r.d. l'utilizzazione:

a) del nome di un'unità geografica di cui al paragrafo 1, se il vino è stato oggetto di dolcificazione con un prodotto ottenuto nella medesima regione determinata, diverso dal mosto concentrato rettificato;

b) del nome di un'unità geografica di cui al paragrafo 1, se il vino proviene da una miscela di uve, di mosti di uve, di vini nuovi ancora in fermentazione o, fino al 31 agosto 2005, di vini originari dell'unità geografica il cui nome è previsto per la designazione con un prodotto ottenuto nella stessa regione determinata ma al di fuori di tale unità, purché il v.q.p.r.d. di cui trattasi sia ottenuto per almeno l'85 % da uve raccolte nell'unità geografica di cui reca il nome e a condizione che, per quanto riguarda la deroga che scade il 31 agosto 2005, una tale disposizione sia stata prevista dallo Stato membro produttore interessato anteriormente al 1° settembre 1995 (24);

c) del nome di un'unità geografica di cui al paragrafo 1 accompagnato dal nome di un comune o di una frazione oppure dal nome di uno dei comuni nel territorio dei quali si trova la suddetta unità geografica, a condizione che:

i) una disposizione di questo tipo sia stata tradizionale, in uso e prevista nelle disposizioni dello Stato membro in questione anteriormente al 1° settembre 1976

e

ii) un nome di comune o frazione oppure uno dei nomi di comuni menzionati in un elenco da adottare sia utilizzato in modo rappresentativo per tutti i comuni nel cui territorio si trova tale unità geografica.

Gli Stati membri produttori redigono l'elenco dei tipi di unità geografiche e dei nomi delle regioni determinate alle quali appartengono tali unità geografiche, indicati nella deroga applicabile fino al 31 agosto 2005 di cui alla lettera b). Tale elenco è comunicato alla Commissione (25).

Gli Stati membri produttori stabiliscono l'elenco dei nomi di comuni di cui alla lettera c), ii) e lo comunicano alla Commissione.

La Commissione provvede, con tutti i mezzi appropriati, alla pubblicità di tali elenchi.

4. Il nome di una regione determinata e il nome di un'unità geografica di cui al paragrafo 1 non possono essere attribuiti a:

- un vino risultante da una miscela di un v.s.q.p.r.d. con un prodotto ottenuto fuori della regione determinata in questione,

- un v.s.q.p.r.d. che è stato oggetto di dolcificazione con un prodotto ottenuto al di fuori della regione determinata in questione.

Il disposto del primo comma non si applica ai vini che figurano nell'elenco da stabilire ai sensi dell'allegato VI, sezione D.2, del regolamento (CE) n. 1493/1999.

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(24) Lettera così modificata dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 316/2004.

(25) Comma così modificato dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 316/2004.

 

Articolo 32

L'unità geografica più grande della regione determinata.

Quando gli Stati membri, in applicazione dell'allegato VII, sezione B.1, lettera c), secondo trattino, del regolamento (CE) n. 1493/1999, stabiliscono per i vini prodotti sul loro territorio l'elenco delle unità geografiche più grandi della regione determinata, ne definiscono l'ambito e le condizioni di utilizzazione e comunicano alla Commissione le misure adottate. La Commissione provvede, con tutti i mezzi appropriati, alla pubblicità di tali misure.

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Articolo 33

L'imbottigliamento nella regione determinata.

1. Gli Stati membri, in applicazione dell'allegato VII, sezione B.1.c), terzo trattino, del regolamento (CE) n. 1493/1999, stabiliscono per i vini prodotti sul loro territorio la menzione indicante l'imbottigliamento nella regione determinata. Essi ne definiscono l'ambito e le condizioni di utilizzazione.

2. Gli Stati membri comunicano alla Commissione le misure adottate in applicazione del paragrafo 1. La Commissione provvede, con tutti i mezzi appropriati, alla pubblicità di tali misure.

3. Le menzioni di cui al paragrafo 1 possono essere indicate soltanto se l'imbottigliamento si effettua nella regione determinata in questione o negli stabilimenti situati nelle immediate vicinanze di tale regione ai sensi dell'articolo 2 del regolamento (CE) n. 1607/2000 della Commissione.

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TITOLO V

Norme applicabili ai vini importati

Articolo 34

Norme comuni.

1. In applicazione dell'allegato VII, sezione B.2, del regolamento (CE) n. 1493/1999, l'etichettatura dei vini originari dei paesi terzi, esclusi i vini spumanti e i vini spumanti gassificati nonché i prodotti del titolo II elaborati nei paesi terzi, può essere completata dalle indicazioni seguenti:

a) il nome, l'indirizzo e la qualifica della o delle persone che hanno partecipato alla commercializzazione, purché le condizioni d'impiego siano conformi alle norme applicabili ai produttori di vino del paese terzo di cui trattasi, comprese quelle stabilite da organizzazioni professionali rappresentative (26);

b) il tipo del prodotto; le disposizioni di cui all'articolo 16 si applicano per analogia;

c) un colore particolare, purché le condizioni d'impiego siano conformi alle norme applicabili ai produttori di vino del paese terzo di cui trattasi, comprese quelle stabilite da organizzazioni professionali rappresentative (27).

Per quanto riguarda i vini liquorosi, i vini frizzanti e i vini frizzanti gassificati nonché i prodotti del titolo II elaborati nei paesi terzi, l'indicazione di cui al primo comma, lettera b), è utilizzata purché le condizioni d'impiego siano conformi alle norme applicabili ai produttori di vino del paese terzo di cui trattasi, comprese quelle stabilite da organizzazioni professionali rappresentative (28).

2. Per quanto concerne le indicazioni di cui al paragrafo 1, primo comma, lettera a) e le indicazioni relative all'importatore o, quando l'imbottigliamento è stato effettuato nella Comunità, all'imbottigliatore, di cui all'allegato VII, sezione A, punto 3, lettera b), le disposizioni dell'articolo 15, paragrafo 1, paragrafo 2, primo e secondo comma, paragrafo 3, primo comma, e paragrafo 4, si applicano per analogia.

Quando si tratta di un vino di un paese terzo senza indicazione geografica, il comune in cui la persona o le persone di cui al primo comma hanno la loro sede principale è indicato sull'etichettatura in caratteri di dimensioni non superiori alla metà di quelle dei caratteri che indicano il termine "vino" seguito dal nome del paese terzo.

Quando si tratta di un vino di un paese terzo designato con un'indicazione geografica, il comune in cui la persona o le persone di cui al primo comma hanno la loro sede principale è indicato sull'etichettatura in caratteri di dimensioni non superiori alla metà di quelle dei caratteri dell'indicazione geografica.

Il secondo e terzo comma non si applicano nel caso in cui il comune o la frazione sono indicati mediante un codice di cui all'allegato VII, sezione E, del regolamento (CE) n. 1493/1999.

3. In deroga all'articolo 9, paragrafi da 1 a 3, per la presentazione di vini originari dei paesi terzi possono essere utilizzati determinati tipi di bottiglie figuranti nell'allegato I, a condizione che:

a) tali paesi abbiano presentato una domanda motivata alla Commissione; e

b) siano soddisfatte condizioni considerate equivalenti a quelle previste all'articolo 9, paragrafi 2 e 3.

Per ciascun tipo di bottiglia, insieme alle regole relative alle condizioni di impiego, nell'allegato I sono indicati i paesi terzi interessati.

Alcuni tipi di bottiglie tradizionali utilizzate nei paesi terzi e non figuranti nell'allegato I possono beneficiare, ai fini della commercializzazione all'interno della Comunità, e in condizioni di reciprocità, della protezione prevista dal presente articolo per tale tipo di bottiglia.

L'attuazione del disposto del primo comma avviene nell'ambito di accordi conclusi con i paesi terzi interessati secondo la procedura di cui all'articolo 133 del trattato (29).

4. Le disposizioni dell'articolo 37, paragrafo 1, si applicano mutatis mutandis ai mosti di uve parzialmente fermentati destinati al consumo umano diretto con indicazione geografica e ai vini ottenuti da uve stramature con indicazione geografica (30).

5. Si applicano mutatis mutandis le disposizioni di cui agli articoli 2, 3, 4, 6, 7, lettera c), articoli 8, 12 e 14, paragrafo 1, lettere da a) a c) (31).

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(26) Lettera così sostituita dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 316/2004.

(27) Lettera così sostituita dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 316/2004.

(28) Comma così sostituito dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 316/2004.

(29) Paragrafo aggiunto dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 316/2004.

(30) Paragrafo aggiunto dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 316/2004.

(31) Paragrafo aggiunto dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 316/2004.

 

Articolo 35

Indicazione dei nomi dei paesi terzi.

L'indicazione del nome del paese d'origine di cui all'allegato VII, sezione A.2.d), del regolamento (CE) n. 1493/1999 è completata:

a) per i vini ottenuti da una miscela di prodotti originari di più paesi terzi effettuata in un paese terzo, dalla menzione "miscela di vini di diversi paesi non appartenenti alla Comunità europea" o "miscela di vini di ..." completata dai nomi dei paesi terzi di cui trattasi;

b) per i vini vinificati in un paese terzo con uve raccolte in un altro paese terzo, dalla menzione "vino ottenuto in ... da uve raccolte in ...", completata dei nomi dei paesi terzi di cui trattasi.

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Articolo 36

Vini importati con indicazione geografica.

1. Il nome di un'indicazione geografica riportata nell'allegato VII, sezione A.2.d), del regolamento (CE) n. 1493/1999 può figurare sull'etichettatura di un vino importato, compreso un vino ottenuto da uve stramature o un mosto di uve parzialmente fermentato destinato al consumo umano diretto di un paese terzo che è membro dell'Organizzazione mondiale del commercio, a condizione che essa serva a identificare un vino come vino originario del territorio di un paese terzo o di una regione o località di detto paese terzo, qualora la reputazione, una qualità o un'altra caratteristica determinata del vino possa essere attribuita essenzialmente a tale origine geografica.

Tuttavia, per quanto riguarda le indicazioni che servono eccezionalmente a identificare un vino come vino interamente originario di un paese terzo, quelle riportate nell'allegato IV del presente regolamento possono figurare sull'etichettatura di un vino importato.

2. Quando il prodotto di cui al paragrafo 1 proviene da un paese terzo che non è membro dell'Organizzazione mondiale del commercio, oltre alla condizione di cui allo stesso paragrafo devono essere soddisfatte anche le seguenti condizioni:

a) l'indicazione geografica in causa designa una zona di produzione viticola ben delimitata e meno estesa rispetto al territorio viticolo del paese terzo di cui trattasi;

b) tutte le uve con le quali è stato ottenuto il prodotto provengono da tale unità geografica;

c) le uve che forniscono vini aventi caratteristiche qualitative tipiche sono raccolte in tale unità geografica; e d) l'indicazione è utilizzata sul mercato interno del paese terzo di cui trattasi per la designazione dei vini ed è contemplata a tal fine dalla legislazione del paese.

Il paese terzo in causa trasmette alla Commissione tale legislazione; se le condizioni di cui sopra sono soddisfatte, il nome del paese terzo è inserito nell'elenco che figura all'allegato V del presente regolamento.

3. Le indicazioni geografiche di cui ai paragrafi 1 e 2 non possono dar adito a confusione con le indicazioni geografiche utilizzate per designare un v.q.p.r.d., un vino da tavola o un altro vino importato che figura negli elenchi degli accordi conclusi fra i paesi terzi e la Comunità.

Tuttavia, alcune indicazioni geografiche dei paesi terzi di cui al primo comma, omonime di indicazioni geografiche utilizzate per designare un v.q.p.r.d., un vino da tavola o un vino importato, possono essere utilizzate in condizioni pratiche che consentano di differenziarle tra loro, tenuta presente la necessità di garantire un equo trattamento dei produttori interessati e di non indurre in errore i consumatori.

[Analogamente, alcune menzioni dei paesi terzi che servono a identificare un vino come vino originario di una regione o località del proprio territorio, qualora la reputazione, una qualità o un'altra caratteristica determinata del vino, espressa dalla menzione suddetta, possa essere attribuita essenzialmente a tale origine geografica e che sono omonime delle menzioni tradizionali che figurano nell'allegato III, parte B possono essere utilizzate in condizioni pratiche che consentano di differenziarle tra loro, tenuta presente la necessità di garantire un equo trattamento dei produttori interessati e di non indurre in errore i consumatori.] (32).

Tali indicazioni e menzioni, come pure le condizioni pratiche, sono indicate nell'allegato VI.

4. Le indicazioni geografiche di cui ai paragrafi 1, 2 e 3 non possono essere utilizzate se, quantunque letteralmente esatte per quanto concerne il territorio, la regione o la località di cui sono originari i prodotti, inducano a torto i consumatori a ritenere che i prodotti siano originari di un altro territorio (33).

5. Sull'etichettatura di un vino importato può essere utilizzata un'indicazione geografica di un paese terzo contemplata dai paragrafi 1 e 2 anche se tale vino è ottenuto soltanto per l'85% da uve raccolte nella zona di produzione di cui reca il nome (34).

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(32) Il testo del terzo comma è stato soppresso dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 316/2004.

(33) Paragrafo così sostituito dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 316/2004.

(34) Paragrafo così sostituito dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 316/2004.

 

Articolo 37

Altre indicazioni che possono figurare sull'etichettatura dei vini con indicazione geografica importati.

1. In applicazione dell'allegato VII, sezione B.2, del regolamento (CE) n. 1493/1999, l'etichettatura dei vini originari dei paesi terzi (esclusi i vini spumanti, i vini spumanti gassificati e i vini frizzanti gassificati, ma compresi i vini ottenuti da uve stramature) e dei mosti di uve parzialmente fermentati destinati al consumo umano diretto, elaborati nei paesi terzi che recano il nome di un'indicazione geografica conformemente all'articolo 36, può essere completata dalle indicazioni seguenti (35):

a) l'anno della vendemmia; tale menzione è utilizzata purché le condizioni d'impiego siano conformi alle norme applicabili ai produttori di vino del paese terzo di cui trattasi, comprese quelle stabilite da organizzazioni professionali rappresentative, nonché quando almeno l'85% delle uve utilizzate per l'elaborazione del vino di cui trattasi, previa deduzione del quantitativo dei prodotti utilizzati per l'eventuale zuccheraggio, è stato vendemmiato nel corso dell'anno in questione.

Per i vini tradizionalmente ottenuti da uve vendemmiate in inverno è indicato l'anno di inizio della campagna in corso anziché l'anno della vendemmia (36);

b) il nome di una o più varietà di vite; le varietà in questione sono utilizzate purché:

i) le condizioni d'impiego siano conformi alle norme applicabili ai produttori di vino del paese terzo di cui trattasi, comprese quelle stabilite da organizzazioni professionali rappresentative (37);

ii) i nomi e i sinonimi delle varietà siano conformi all'articolo 20, paragrafo 3, lettere a), b) e c), del regolamento (CE) n. 1227/2000 della Commissione; e

iii) siano soddisfatte le condizioni di cui all'articolo 19, paragrafo 1, lettere c), d), e) ed f), del presente regolamento; si applicano per analogia le disposizioni dell'articolo 19, paragrafo 2;

c) un riconoscimento, una medaglia o un concorso; le disposizioni di cui all'articolo 21 si applicano per analogia;

d) indicazioni relative a come è stato ottenuto il prodotto o al metodo di elaborazione dello stesso, purché le condizioni d'impiego siano conformi alle norme applicabili ai produttori di vino del paese terzo di cui trattasi, comprese quelle stabilite da organizzazioni professionali rappresentative (38);

e) per quanto riguarda i vini dei paesi terzi e i mosti di uve parzialmente fermentati destinati al consumo umano diretto dei paesi terzi, menzioni tradizionali complementari:

i) diverse da quelle figuranti nell'allegato III, conformemente alle norme applicabili ai produttori di vino del paese terzo di cui trattasi, comprese quelle stabilite da organizzazioni professionali rappresentative e

ii) figuranti nell'allegato III, purché le condizioni d'impiego siano conformi alle norme applicabili ai produttori di vino del paese terzo di cui trattasi, comprese quelle stabilite da organizzazioni professionali rappresentative, e a condizione che:

- tali paesi abbiano presentato alla Commissione una domanda motivata e trasmesso gli elementi che permettono di giustificare il riconoscimento delle menzioni tradizionali,

- le menzioni siano specifiche di per sé,

- le menzioni siano sufficientemente distintive e/o godano di una solida reputazione all'interno del paese terzo,

- le menzioni siano state utilizzate tradizionalmente per almeno dieci anni nel paese terzo,

- le menzioni siano associate a uno o, eventualmente, a più categorie di vini del paese terzo,

- le prescrizioni stabilite dal paese terzo non siano di natura tale da indurre i consumatori in errore circa la menzione di cui trattasi.

Inoltre, alcune menzioni tradizionali figuranti nell'allegato III possono essere utilizzate nell'etichettatura dei vini che recano un'indicazione geografica e sono originari dei paesi terzi nella lingua del paese terzo di origine oppure in un'altra lingua, se l'utilizzazione di una lingua diversa dalla lingua ufficiale del paese è considerata tradizionale per quanto concerne una menzione tradizionale, se l'utilizzazione di tale lingua è prevista dalla legislazione del paese e se tale lingua è utilizzata per questa menzione tradizionale ininterrottamente da almeno venticinque anni.

Si applica, mutatis mutandis, il disposto dell'articolo 23 e dell'articolo 24, paragrafi 2, 3, 4, secondo comma, e paragrafo 6, lettera c).

Per ciascuna menzione tradizionale di cui al punto ii), i paesi terzi interessati sono indicati nell'allegato III (39);

f) il nome dell'azienda, purché le condizioni d'impiego siano conformi alle norme applicabili ai produttori di vino del paese terzo di cui trattasi, comprese quelle stabilite da organizzazioni professionali rappresentative; si applicano mutatis mutandis le disposizioni di cui all'articolo 25, paragrafo 1 (40);

g) purché le condizioni d'impiego siano conformi alle norme applicabili ai produttori di vino del paese terzo di cui trattasi, comprese quelle stabilite da organizzazioni professionali rappresentative, una menzione indicante l'imbottigliamento (41):

i) nell'azienda viticola, da parte di un'associazione di aziende agricole, o in un'impresa situata nella regione di produzione; oppure

ii) nella regione di produzione, a condizione che l'imbottigliamento sia stato effettuato nella regione di produzione di cui trattasi o negli stabilimenti situati nelle immediate vicinanze di tale regione.

2. Le menzioni indicate al paragrafo 1, lettere a) e b), possono essere utilizzate contemporaneamente solo se almeno l'85% dei prodotti interessati dalle presenti disposizioni e ottenuti dalla miscela, previa deduzione dei quantitativi dei prodotti utilizzati per l'eventuale zuccheraggio, proviene dalla varietà di vite e dall'anno di raccolta indicati nella designazione di questo prodotto.

[3. In deroga al paragrafo 1, lettera b), i vini importati dagli Stati Uniti d'America possono fregiarsi del nome di una varietà anche se il vino di cui trattasi è ottenuto soltanto per il 75% da uve provenienti dalla varietà di cui reca il nome, a condizione che detta varietà sia determinante per il carattere del vino stesso.

Questa deroga è valida tuttavia soltanto sino all'entrata in vigore dell'accordo scaturito dai negoziati con gli Stati Uniti d'America volti alla conclusione di un accordo sul commercio del vino concernente, in particolare, le pratiche enologiche e la protezione delle indicazioni geografiche, e comunque non oltre il 31 dicembre 2003.] (42).

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(35) Frase introduttiva così sostituita dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 316/2004.

(36) Il testo della lettera a) è stato così sostituito dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 316/2004.

(37) Punto così sostituito dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 316/2004.

(38) Lettera così sostituita dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 316/2004.

(39) Lettera così sostituita dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 316/2004.

(40) Lettera così sostituita dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 316/2004.

(41) Frase introduttiva così sostituita dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 316/2004.

(42) Soppresso dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 316/2004.

 

Articolo 37 bis (43)

Le organizzazioni di produttori o le associazioni di organizzazioni di produttori che abbiano adottato le stesse norme e operino in una stessa zona vitivinicola sono considerate rappresentative se raggruppano almeno due terzi dei produttori della regione determinata nella quale operano e coprono almeno due terzi della produzione di tale regione.

I paesi terzi interessati comunicano preventivamente alla Commissione le norme di cui all'articolo 12, paragrafo 1, all'articolo 34, paragrafo 1, e all'articolo 37, paragrafo 1. I paesi terzi trasmettono inoltre un elenco delle organizzazioni professionali rappresentative con indicazione dei relativi membri, sul modello figurante nell'allegato IX.

La Commissione provvede con tutti i mezzi appropriati alla pubblicità di tali misure.

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(43) Articolo inserito dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 316/2004.

 

Articolo 37 ter (44)

Vini liquorosi, vini frizzanti, vini frizzanti gassificati, vini spumanti.

1. In applicazione dell'allegato VII, sezione A.4, del regolamento (CE) n. 1493/1999, oltre alle indicazioni obbligatorie di cui alla sezione A. 1 dello stesso allegato, l'etichettatura dei vini liquorosi, dei vini frizzanti e dei vini frizzanti gassificati menziona l'importatore o, qualora l'imbottigliamento abbia avuto luogo nella Comunità, l'imbottigliatore.

Per quanto concerne le indicazioni di cui al primo comma, le disposizioni di cui all'articolo 34, paragrafo 1, lettera a), si applicano mutatis mutandis ai prodotti elaborati nei paesi terzi.

Si applicano mutatis mutandis le disposizioni di cui all'articolo 38, paragrafo 2.

2. In deroga all'allegato VII, sezione C.3, del regolamento (CE) n. 1493/1999, i vini provenienti dai paesi terzi possono recare le menzioni "vino liquoroso", "vino frizzante" e "vino frizzante gassificato" se tali prodotti rispettano le condizioni di cui, rispettivamente, all'allegato XI, lettere d), g) e h), del regolamento (CE) n. 883/2001 della Commissione.

3. I vini spumanti originari di un paese terzo, elencati nell'allegato VIII, sezione E. 1, terzo trattino, del regolamento (CE) n. 1493/1999, figurano nell'elenco di cui all'allegato VIII del presente regolamento.

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(44) Articolo inserito dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 316/2004.

TITOLO VI

Norme applicabili ai vini liquorosi, ai vini frizzanti e ai vini frizzanti gassificati

Articolo 38

Indicazioni obbligatorie.

1. In applicazione dell'allegato VII, sezione A.4, del regolamento (CE) n. 1493/1999, oltre alle indicazioni obbligatorie di cui alla sezione A. 1 dello stesso allegato, l'etichettatura dei vini liquorosi, dei vini frizzanti e dei vini frizzanti gassificati riporta il nome o la ragione sociale, il comune e lo Stato membro dell'imbottigliatore o, per i recipienti di volume nominale superiore a 60 litri, dello speditore; nel caso dei vini frizzanti, il nome dell'imbottigliatore può essere sostituito da quello dell'elaboratore.

Per quanto concerne le indicazioni di cui al primo comma, le disposizioni di cui all'articolo 15 si applicano mutatis mutandis ai prodotti elaborati nella Comunità (45).

2. La menzione "vino frizzante gassificato" di cui all'allegato VII, sezione A.2.g), del regolamento (CE) n. 1493/1999 figura sull'etichetta recante le menzioni obbligatorie imposte da tale allegato. Essa è completata, in caratteri dello stesso tipo e delle stesse dimensioni, dai termini "ottenuti mediante aggiunta di anidride carbonica" nella misura in cui dalla lingua utilizzata per tale indicazione non risulti che è stata aggiunta anidride carbonica.

Tali indicazioni vanno apposte sulla stessa riga su cui figura la denominazione di vendita o sulla riga immediatamente sottostante.

3. In applicazione dell'allegato VII, sezione A.4, del regolamento (CE) n. 1493/1999, i vini liquorosi e i vini frizzanti prodotti nella Comunità possono essere designati con un'indicazione geografica. In tal caso, la denominazione di vendita è costituita:

a) dalla menzione "vino liquoroso" o dalla menzione "vino frizzante";

b) dal nome dell'unità geografica;

c) da una menzione tradizionale specifica. Se tale menzione riporta già la denominazione di vendita del prodotto, non è obbligatorio ripeterla.

Gli Stati membri stabiliscono le menzioni tradizionali specifiche per i vini prodotti sul loro territorio.

L'articolo 51 del regolamento (CE) n. 1493/1999 e l'articolo 28 del presente regolamento nonché le disposizioni del regolamento (CE) n. 1493/1999 e quelle del presente regolamento concernenti la protezione dei nomi dei vini da tavola con indicazione geografica si applicano per analogia ai vini liquorosi con indicazione geografica e ai vini frizzanti con indicazione geografica.

4. Gli Stati membri comunicano alla Commissione le misure adottate in applicazione del paragrafo 3. La Commissione provvede, con tutti i mezzi appropriati, alla pubblicità di tali misure.

5. Le disposizioni del presente articolo non si applicano ai v.l.q.p.r.d. e ai v.f.q.p.r.d. ai quali si applica il titolo III.

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(45) Paragrafo così sostituito dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 316/2004.

 

Articolo 39

Indicazioni facoltative.

1. In applicazione dell'allegato VII, sezione B.2, del regolamento (CE) n. 1493/1999, l'etichettatura dei vini liquorosi, dei vini frizzanti e dei vini frizzanti gassificati originari della Comunità può essere completata dalle indicazioni seguenti:

a) il nome, l'indirizzo e la qualifica della o delle persone che hanno partecipato alla commercializzazione; le disposizioni di cui all'articolo 15 del presente regolamento si applicano per analogia;

b) il tipo di prodotto, secondo le modalità previste dallo Stato membro produttore;

c) un colore particolare, secondo le modalità previste dallo Stato membro produttore; le disposizioni di cui all'articolo 17 si applicano per analogia.

2. In applicazione dell'allegato VII, sezione B.2, del regolamento (CE) n. 1493/1999, l'etichettatura dei vini liquorosi con indicazione geografica e dei vini frizzanti con indicazione geografica originari della Comunità può essere completata dalle indicazioni seguenti:

a) l'anno di raccolta; le disposizioni di cui agli articoli 18 e 20 del presente regolamento si applicano per analogia;

b) il nome di una o più varietà di vite; le disposizioni di cui agli articoli 19 e 20 si applicano per analogia;

c) un riconoscimento, una medaglia o un concorso; le disposizioni di cui all'articolo 21 si applicano per analogia;

d) indicazioni relative al modo di ottenimento o al metodo di elaborazione del prodotto; le disposizioni dell'articolo 22 si applicano per analogia;

e) menzioni tradizionali complementari; le disposizioni di cui agli articoli 23 e 24 si applicano per analogia;

f) il nome di un'azienda; le disposizioni di cui all'articolo 25 si applicano per analogia;

g) una menzione indicante l'imbottigliamento nell'azienda viticola, o da parte di un'associazione di aziende agricole, o in un'azienda situata nella regione di produzione; si applicano per analogia le disposizioni di cui all'articolo 26.

3. Le disposizioni del paragrafo 1, esclusa la lettera b), e del paragrafo 2 non si applicano ai v.l.q.p.r.d. e ai v.f.q.p.r.d. ai quali si applica il titolo IV.

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Articolo 40

Condizioni d'impiego delle menzioni "vino liquoroso", "vino frizzante" e "vino frizzante gassificato" nei vini provenienti da paesi terzi

[In deroga all'allegato VII, sezione C.3, del regolamento (CE) n. 1493/1999, i vini provenienti dai paesi terzi possono fregiarsi delle menzioni "vino liquoroso", "vino frizzante" e "vino frizzante gassificato" qualora i prodotti rispettino le condizioni indicate, rispettivamente, all'allegato XI, lettere d), g) e h), del regolamento (CE) n. 883/2001 della Commissione.] (46).

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(46) Soppresso dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 316/2004.

TITOLO VII

Norme applicabili ai vini spumanti e ai vini spumanti gassificati

Articolo 41

Norme concernenti i vini spumanti gassificati.

La menzione "vini spumanti gassificati" di cui all'allegato VIII, sezione D.2.f), del regolamento (CE) n. 1493/1999 è indicata sull'etichetta recante le indicazioni obbligatorie stabilite dall'allegato suddetto. Essa è completata, in caratteri dello stesso tipo e delle stesse dimensioni, dai termini "ottenuti mediante aggiunta di anidride carbonica", nella misura in cui dalla lingua utilizzata per questa indicazione non risulti che è stata aggiunta anidride carbonica.

Tali indicazioni vanno apposte sulla stessa riga su cui figura la denominazione di vendita o sulla riga immediatamente sottostante.

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Articolo 42

Definizione del "venditore".

1. Si considera come venditore di cui all'allegato VIII, sezione B.2, secondo trattino, del regolamento (CE) n. 1493/1999 qualsiasi persona fisica o giuridica non compresa nella definizione dell'elaboratore che detiene a nome proprio vini spumanti o vini spumanti gassificati da immettere in circolazione per il consumo. Sono considerate alla stessa stregua le associazioni delle persone fisiche o giuridiche suddette.

2. Le disposizioni dell'articolo 15, paragrafo 1, primo comma, si applicano per analogia alle indicazioni di cui all'allegato VIII, sezione B.2, del regolamento (CE) n. 1493/1999.

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Giurisprudenza comunitaria

 


 

Sentenza della Corte
16 maggio 2000 - Causa C-388/95

«Art. 34 del Trattato CE (divenuto, in seguito a modifica, art. 29 CE) - Regolamento (CEE) n. 823/87 - Vini di qualità prodotti in una regione determinata - Denominazioni di origine - Obbligo di imbottigliamento nella regione di produzione - Giustificazione - Conseguenze di una precedente pronuncia pregiudiziale - Art. 5 del Trattato CE (divenuto art. 10 CE)»

Nella causa C-388/95,

Regno del Belgio, rappresentato dal signor J. Devadder, consigliere generale presso il servizio giuridico del Ministero degli Affari esteri, del Commercio estero e dellaCooperazione allo sviluppo, in qualità di agente, con domicilio eletto in Lussemburgo presso la sede dell'ambasciata del Belgio, 4, rue des Girondins,

ricorrente,

sostenuto da

Regno di Danimarca, rappresentato dal signor P. Biering, capodivisione presso il Ministero degli Affari esteri, in qualità di agente, con domicilio eletto in Lussemburgo presso la sede dell'ambasciata di Danimarca, 4, boulevard Royal,

Regno dei Paesi Bassi, rappresentato dai signori M. Fierstra e J. van den Oosterkamp, consiglieri giuridici aggiunti presso il Ministero degli Affari esteri, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo presso la sede dell'ambasciata dei Paesi Bassi, 5, rue C.M. Spoo,

Repubblica finlandese, rappresentata dal signor H. Rotkirch, ambasciatore, capo del servizio «Affari giuridici» presso il Ministero degli Affari esteri, dalla signora T. Pynnä e dal signor K. Castrén, rispettivamente consigliere giuridico e assistente presso il medesimo ministero, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo presso la sede dell'ambasciata di Finlandia, 2, rue Heinrich Heine,

Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord, rappresentato dalla signora S. Ridley, del Treasury Solicitor's Department, in qualità di agente, assistita dalla signora E. Sharpston, barrister, con domicilio eletto in Lussemburgo presso l'ambasciata del Regno Unito, 14, boulevard Roosevelt,

intervenienti,

contro

Regno di Spagna, rappresentato dalla signora R. Silva de Lapuerta, abogado del Estado, in qualità di agente, con domicilio eletto in Lussemburgo presso la sede dell'ambasciata di Spagna, 4-6, boulevard E. Servais,

convenuto,

sostenuto da

Repubblica italiana, rappresentata dal professor U. Leanza, capo del servizio del contenzioso diplomatico del Ministero degli Affari esteri, in qualità di agente, assistito dal signor I. M. Braguglia, avvocato dello Stato, con domicilio eletto in Lussemburgo presso la sede dell'ambasciata d'Italia, 5, rue Marie-Adélaïde,

Repubblica portoghese, rappresentata dai signori L. Fernandes, direttore del servizio giuridico della direzione generale «Comunità europee» del Ministero degli Affari esteri, Â. Cortesão Seiça Neves, giurista presso il medesimo servizio, e L. Bigotte Chorão, consigliere presso il centro di studi giuridici della presidenza del Consiglio dei ministri, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo presso la sede dell'ambasciata del Portogallo, 33, allée Scheffer,

Commissione delle Comunità europee, rappresentata dai signori J. L. Iglesias Buhigues e H. van Lier, consiglieri giuridici, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo presso il signor C. Gómez de la Cruz, membro del servizio giuridico, Centre Wagner, Kirchberg,

intervenienti,

avente ad oggetto il ricorso diretto a far dichiarare che il Regno di Spagna, mantenendo in vigore il Real Decreto 157/1988, por el que se establece la normativa a que deben ajustarse las denominaciones de origen y las denominaciones de origen calificadas de vinos y sus respectivos Reglamentos (regio decreto n. 157/88, recante la normativa alla quale devono adeguarsi le denominazioni di origine, le denominazioni di origine qualificata e i loro regolamenti rispettivi, BOE n. 47 del 24 febbraio 1988, pag. 5864), e in particolare il suo art. 19, n. 1, lett. b), è venuto meno agli obblighi ad esso incombenti in forza dell'art. 34 del Trattato CE (divenuto, in seguito a modifica, art. 29 CE), come interpretato dalla Corte nella sentenza 9 giugno 1992, causa C-47/90, Delhaize et Le Lion (Racc. pag. I-3669), ed in forza dell'art. 5 del Trattato CE (divenuto art. 10 CE),

LA CORTE,

composta dai signori G. C. Rodríguez Iglesias, presidente, J. C. Moitinho de Almeida, D. A. O. Edward, L. Sevón e R. Schintgen, presidenti di sezione, C. Gulmann (relatore), J.-P. Puissochet, G. Hirsch, P. Jann, H. Ragnemalm e M. Wathelet, giudici,

avvocato generale: A. Saggio

cancelliere: signora D. Louterman-Hubeau, amministratore principale

vista la relazione d'udienza,

sentite le difese orali svolte dalle parti all'udienza del 21 ottobre 1998, nella quale il Regno del Belgio è stato rappresentato dal signor J. Devadder, il Regno di Spagna dalla signora R. Silva de Lapuerta, il Regno di Danimarca dal signor J. Molde, capodivisione presso il Ministero degli Affari esteri, in qualità di agente, la Repubblica italiana dal signor I. M. Braguglia, il Regno dei Paesi Bassi dal signor M. Fierstra, la Repubblica portoghese dai signori L. Fernandes e L. Bigotte Chorão, la Repubblica finlandese dalla signora T. Pynnä, il Regno Unito dalla signora E. Sharpston, assistita dal signor P. Goodband, perito, e la Commissione dai signori J. L. Iglesias Buhigues e H. van Lier, assistiti dal signor A. Bertrand, professore all'Università di Bordeaux II,

sentite le conclusioni dell'avvocato generale, presentate all'udienza del 25 marzo 1999,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1.

Con atto introduttivo depositato nella cancelleria della Corte il 13 dicembre 1995, il Regno del Belgio ha proposto, ai sensi dell'art. 170 del Trattato CE (divenuto art. 227 CE), un ricorso diretto a far dichiarare che il Regno di Spagna, mantenendo in vigore il Real Decreto 157/1988, por el que se establece la normativa a que deben ajustarse las denominaciones de origen y las denominaciones de origen calificadas de vinos y sus respectivos Reglamentos (regio decreto n. 157/88, recante la normativa alle quali devono adeguarsi le denominazioni di origine, le denominazioni di origine qualificata e loro regolamenti rispettivi, BOE n. 47 del 24 febbraio 1988, pag. 5864; in prosieguo: il «decreto n. 157/88»), e in particolare il suo art. 19, n. 1, lett. b), è venuto meno agli obblighi ad esso incombenti in forza dell'art. 34 del Trattato CE (divenuto, in seguito a modifica, art. 29 CE), come interpretato dalla Corte nella sentenza 9 giugno 1992, causa C-47/90, Delhaize et Le Lion (Racc. pag. I-3669; in prosieguo: la «sentenza Delhaize»), ed in forza dell'art. 5 del Trattato CE (divenuto art. 10 CE).

Il contesto giuridico nazionale

2.

La Ley 25/1970, Estatuto de la Viña, del Vino y los Alcoholes (legge spagnola n. 25/1970, recante lo statuto della vigna, del vino e degli alcolici; in prosieguo: la «legge n. 25/70»), e il decreto n. 157/88 stabiliscono le condizioni alle quali un vino può ricevere una «denominación de origen» (denominazione di origine) o, se sono soddisfatte talune condizioni supplementari, una «denominación de origen calificada» (denominazione di origine qualificata).

3.

In forza degli artt. 84 e 85 della legge n. 25/70, il ministro dell'Agricoltura, su domanda dei viticoltori e dei produttori di vini oppure d'ufficio, può istituire una «denominación de origen». In tal caso viene creato un «Consejo Regulador de la denominación de origen» (comitato di tutela della denominazione di origine). Ai sensi degli artt. 87 e seguenti della legge n. 25/70, il «Consejo Regulador», composto in gran parte da rappresentanti del settore vitivinicolo, è competente a stabilire, salva l'approvazione del ministro dell'Agricoltura, le norme sui vini recanti la «denominación de origen» e ha inoltre il compito di orientare, sorvegliare e controllare la produzione, l'elaborazione e la qualità di tali vini, di promuovere il prestigio della denominazione sul mercato nazionale e sui mercati esteri e di perseguire qualunque uso illegittimo di quest'ultima.

4.

L'art. 86 della legge n. 25/70 autorizza il ministro dell'Agricoltura a concedere, su domanda di un «Consejo Regulador» e se sono soddisfatte talune condizioni, il qualificativo «calificada» a vini che già godono di una «denominación de origen».

5.

Tali condizioni sono enunciate agli artt. 17-21 del decreto n. 157/88. L'art. 19, n. 1, lett. b), di tale decreto subordina l'attribuzione del qualificativo «calificada», tra l'altro, all'obbligo di imbottigliamento nelle cantine di origine, vale a dire nelle cantine situateall'interno della regione di produzione; tale condizione è stata dichiarata applicabile ai vini destinati all'esportazione solo allo scadere di un periodo di cinque anni a decorrere dalla pubblicazione del decreto n. 157/88, avvenuta il 24 febbraio 1988. L'art. 19, n. 1, lett. c), del decreto dispone inoltre che il «Consejo Regulador» istituisce, nei limiti delle sue competenze, una procedura di controllo del quantitativo e della qualità dei prodotti tutelati, dal momento della produzione sino a quello dell'immissione in commercio.

6.

In forza degli artt. 84 e seguenti della legge n. 25/70, a taluni vini prodotti nella regione della Rioja è stata attribuita una «denominación de origen». In tale occasione è stato istituito un «Consejo Regulador de la denominación de origen Rioja» (comitato di tutela della denominazione di origine Rioja; in prosieguo: il «comitato di tutela del Rioja»).

7.

Con decreto del ministro dell'Agricoltura, della Pesca e dell'Alimentazione 3 aprile 1991 (BOE n. 85 del 9 aprile 1991, pag. 10675), alla «denominación de origen» Rioja è stato attribuito il qualificativo «calificada».

8.

Il detto decreto ha inoltre approvato il regolamento relativo a tale denominazione e al comitato di tutela del Rioja (in prosieguo: il «regolamento Rioja»), che è allegato al medesimo.

9.

L'art. 39 del regolamento Rioja dispone che:

- il comitato di tutela del Rioja è costituito da 22 rappresentanti del settore vitivinicolo, da un rappresentante di ciascuna delle tre Comunità autonome sul cui territorio si estende la zona di produzione nonché da un rappresentante del Ministero dell'Agricoltura; tuttavia i quattro rappresentanti delle autorità pubbliche non godono del diritto di voto;

- il comitato è presieduto da un presidente nominato dal ministro dell'Agricoltura su proposta di una maggioranza qualificata dei suoi membri.

10.

L'art. 32 del regolamento Rioja recita:

«1. L'imbottigliamento del vino tutelato dalla denominación de origen calificada Rioja dovrà essere effettuato esclusivamente nelle cantine iscritte autorizzate dal comitato di tutela, non potendo altrimenti il vino essere contrassegnato dalla denominazione.

2. I vini tutelati dalla denominación de origen calificada Rioja possono circolare ed essere spediti unicamente dalle cantine iscritte, in bottiglie specifiche che non ne compromettano la qualità o il prestigio e che siano state approvate dal comitato di tutela. Le bottiglie devono essere di vetro e di capienze autorizzate dalla Comunità economica europea ad eccezione di quelle da un litro».

11.

Sulla base del decreto n. 157/88 il comitato di tutela del Rioja ha emanato i provvedimenti volti ad estendere gradualmente al vino destinato all'esportazione l'obbligo di imbottigliamento nella regione di produzione. Tali provvedimenti consistevano nel concedere a ciascuna impresa esportatrice di vino sfuso contingenti annui di esportazione decrescenti fissati per paese di destinazione.

Il contesto giuridico comunitario

12.

L'articolo 5 del Trattato dispone:

«Gli Stati membri adottano tutte le misure di carattere generale e particolare atte ad assicurare l'esecuzione degli obblighi derivanti dal presente Trattato ovvero determinati dagli atti delle istituzioni della Comunità. Essi facilitano quest'ultima nell'adempimento dei propri compiti.

Essi si astengono da qualsiasi misura che rischi di compromettere la realizzazione degli scopi del presente Trattato».

13.

In forza dell'art. 34, n. 1, del Trattato, sono vietate fra gli Stati membri le restrizioni quantitative all'esportazione e qualsiasi misura di effetto equivalente. L'art. 36 del Trattato CE (divenuto, in seguito a modifica, art. 30 CE) dispone che l'art. 34 lascia impregiudicati i divieti o restrizioni all'importazione, all'esportazione e al transito giustificati, tra l'altro, da motivi di tutela della proprietà industriale e commerciale.

Le disposizioni di diritto comunitario derivato applicabili alla data di proposizione del ricorso

14.

Il regolamento (CEE) del Consiglio 16 marzo 1987, n. 823, che stabilisce disposizioni particolari per i vini di qualità prodotti in regioni determinate (GU L 84, pag. 59), come modificato da ultimo dall'Atto relativo alle condizioni di adesione della Repubblica d'Austria, della Repubblica di Finlandia e del Regno di Svezia e agli adattamenti dei Trattati sui quali si fonda l'Unione europea (GU 1994, C 241, pag. 21, e GU 1995, L 1, pag. 1; in prosieguo: il «regolamento n. 823/87»), stabilisce un quadro normativo comunitario che disciplina la produzione e il controllo dei vini di qualità prodotti in regioni determinate (in prosieguo: i «v.q.p.r.d.»). Il quarto 'considerando di tale regolamento sottolinea che esso si inserisce nell'ambito dello sviluppo di una politica di qualità nel settore agricolo e in particolare nel settore vinicolo.

15.

In forza dell'art. 15 del regolamento n. 823/87, solo i vini disciplinati da tale regolamento o da altri regolamenti specifici o di applicazione e che rispondono alle condizioni fissate dalle normative nazionali possono recare una delle menzioni comunitarie stabilite dal regolamento n. 823/87, come la menzione «v.q.p.r.d.», o una menzione specifica tradizionalmente usata negli Stati membri produttori per designare taluni vini, come, nel caso della Spagna, la menzione «denominación de origen» o quella «denominación de origen calificada».

16.

L'art. 18, primo comma, del regolamento n. 823/87 dispone:

«Gli Stati membri produttori possono definire, tenuto conto degli usi leali e costanti:

- (...)

- oltre alle altre disposizioni previste dal presente regolamento, tutte le caratteristiche e condizioni di produzione, di elaborazione e di circolazione complementari o più rigorose per i v.q.p.r.d. elaborati nel loro territorio».

17.

Il ventiduesimo 'considerando del regolamento n. 823/87 precisa che quest'ultima disposizione è diretta a conservare il carattere qualitativo particolare dei v.q.p.r.d.

18.

L'art. 15 bis del regolamento n. 823/87 prevede una procedura di declassamento di un v.q.p.r.d. se il vino ha subito durante l'immagazzinamento o il trasporto un'alterazione che abbia attenuato o modificato le sue caratteristiche o nel caso in cui esso sia stato oggetto di manipolazioni non consentite o non sia legittimamente designato come v.q.p.r.d.

19.

Il settore vitivinicolo è inoltre disciplinato, in particolare, dai seguenti regolamenti:

- il regolamento (CEE) del Consiglio 19 giugno 1989, n. 2048, che fissa le norme generali relative ai controlli nel settore vitivinicolo (GU L 202, pag. 32);

- il regolamento (CEE) della Commissione 26 luglio 1993, n. 2238, relativo ai documenti che scortano il trasporto dei prodotti e alla tenuta dei registri nel settore vitivinicolo (GU L 200, pag. 10), che ha abrogato e sostituito il regolamento (CEE) della Commissione 10 aprile 1989, n. 986, relativo ai documenti che scortano il trasporto dei prodotti e alla tenuta dei registri nel settore vitivinicolo (GU L 106, pag. 1);

- il regolamento (CEE) del Consiglio 24 luglio 1989, n. 2392, che stabilisce le norme generali per la designazione e la presentazione dei vini e dei mosti di uve (GU L 232, pag. 13), come modificato da ultimo dall'Atto relativo alle condizioni di adesione della Repubblica d'Austria, della Repubblica di Finlandia e del Regno di Svezia (in prosieguo: il «regolamento n. 2392/89»);

- il regolamento (CEE) della Commissione 16 ottobre 1990, n. 3201, recante modalità di applicazione per la designazione e la presentazione dei vini e dei mosti di uve (GU L 309, pag. 1), come modificato da ultimo dal regolamento (CE) della Commissione 8 novembre 1995, n. 2603 (GU L 267, pag. 16).

La sentenza Delhaize

20.

Nella sentenza Delhaize la Corte, interpellata dal Tribunal de commerce di Bruxelles in merito alla compatibilità con l'art. 34 del Trattato di una normativa nazionale come quella contenuta nel decreto n. 157/88 e nel regolamento Rioja, adottato in applicazione di tale decreto, ha dichiarato che una normativa nazionale relativa ai vini a denominazione di origine che limiti il quantitativo di vino che può essere esportato sfuso e che autorizzi invece la vendita di vino sfuso all'interno della regione di produzione costituisce una misura di effetto equivalente ad una restrizione quantitativa all'esportazione, vietata dall'art. 34 del Trattato.

21.

La Corte ha anzitutto rilevato (punti 12-14 della sentenza) che una normativa nazionale che, da una parte, limita il quantitativo di vino che può essere esportato sfuso verso altri Stati membri e che, d'altra parte, non sottopone a nessuna restrizione quantitativa le vendite di vino sfuso tra le imprese situate all'interno della regione di produzione ha l'effetto di restringere specificamente le correnti di esportazione del vino sfuso e di procurare pertanto un vantaggio particolare alle imprese d'imbottigliamento ubicate nella regione di produzione.

22.

Quanto all'argomento del governo spagnolo secondo cui il subordinare l'attribuzione di una «denominación de origen calificada» all'obbligo di imbottigliare il vino nella regione di produzione rientrava nell'ambito della tutela della proprietà industriale e commerciale ai sensi dell'art. 36 del Trattato, la Corte ha ricordato (punto 16) che, allo stato attuale del diritto comunitario, spetta ad ogni Stato membro definire, nell'ambito delimitato dal regolamento n. 823/87, le condizioni cui è soggetto l'uso del nome di una zona geografica del suo territorio in quanto denominazione di origine atta a designare un vino proveniente da detta zona. Essa ha tuttavia sottolineato che, qualora dette condizioni costituiscano misure di cui all'art. 34 del Trattato, esse sono giustificate da esigenze inerenti alla tutela della proprietà industriale e commerciale, ai sensi dell'art. 36 del Trattato, solo se sono necessarie per garantire che la denominazione di origine risponda al suo specifico scopo.

23.

La Corte ha rilevato (punti 17 e 18) che lo scopo specifico della denominazione di origine è quello di garantire che il prodotto cui è attribuita provenga da una zona geografica determinata e possieda talune caratteristiche particolari e che, di conseguenza, un obbligo come quello in parola sarebbe giustificato da esigenze volte a garantire che la denominazione di origine risponda al suo scopo specifico solo qualora l'imbottigliamento nella regione di produzione imprimesse al vino originario di detta regione caratteristiche particolari atte ad individuarlo, ovvero qualora l'imbottigliamento nella regione di produzione fosse indispensabile alla conservazione delle caratteristiche specifiche acquisite dal vino. La Corte ha poi rilevato (punto 19) che non era stato dimostrato che l'imbottigliamento del vino di cui trattavasi nella regione di produzione fosse un'operazione che gli conferiva caratteristiche particolari ovvero un'operazione indispensabile alla conservazione delle caratteristiche specifiche da esso acquisite.

24.

Quanto all'argomento del governo spagnolo secondo cui era necessario procedere all'imbottigliamento del vino nella regione di produzione in quanto i poteri di controlloattribuiti al comitato di tutela del Rioja erano limitati alla detta regione, la Corte lo ha disatteso per il motivo che il regolamento n. 986/89 aveva istituito un sistema di controllo volto alla tutela dell'autenticità del vino nel corso del trasporto (punto 21).

25.

La Corte ha poi rilevato (punti 22 e 23) che l'argomento del governo spagnolo secondo cui la normativa in parola rientrava nell'ambito di una politica volta a promuovere la qualità del vino non poteva essere accolto come giustificazione, giacché non era stato provato che l'ubicazione delle attività d'imbottigliamento fosse di per sé atta ad incidere sulla qualità del vino.

26.

Infine, essa ha statuito (punti 25 e 26) che, sebbene l'art. 18 del regolamento n. 823/87 consenta agli Stati membri produttori, tenendo conto degli usi leali e costanti, di definire condizioni di circolazione complementari o più rigorose di quelle imposte dal regolamento n. 823/87, tale articolo non può essere interpretato nel senso che autorizza gli Stati membri a imporre condizioni contrastanti con le norme del Trattato relative alla circolazione delle merci.

La presente controversia

27.

Nel 1994 il governo belga ha richiamato l'attenzione della Commissione sul fatto che la normativa spagnola oggetto della sentenza Delhaize era ancora in vigore malgrado l'interpretazione dell'art. 34 del Trattato data dalla Corte in tale sentenza, e le ha chiesto di attivarsi. Il 14 novembre 1994 il membro competente della Commissione ha risposto che quest'ultima giudicava «inopportuno insistere nei procedimenti per infrazione».

28.

L'8 marzo 1995 il governo belga ha inviato alla Commissione una lettera nella quale esprimeva la sua intenzione di avviare, ai sensi dell'art. 170 del Trattato, un procedimento per inadempimento contro il Regno di Spagna deducendo la violazione dell'art. 34 del Trattato.

29.

Il 12 aprile 1995 la Commissione ha comunicato tale lettera al Regno di Spagna, il quale ha presentato le sue osservazioni scritte il 5 maggio 1995.

30.

Il 31 maggio 1995 i due Stati membri hanno presentato in contraddittorio le loro osservazioni orali dinanzi alla Commissione, a norma dell'art. 170 del Trattato. Poiché la Commissione non ha emesso alcun parere motivato, il Regno del Belgio ha proposto il ricorso per inadempimento in oggetto.

31.

Con ordinanze del presidente della Corte 21 giugno 1996, il Regno di Danimarca, il Regno dei Paesi Bassi, la Repubblica di Finlandia e il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord sono stati autorizzati a intervenire a sostegno delle conclusioni del Regno del Belgio, mentre la Repubblica italiana, la Repubblica portoghese e la Commissione sono state autorizzate a intervenire a sostegno delle conclusioni del Regno di Spagna.

Nel merito

32.

Il governo belga e i governi danese, olandese, finlandese e del Regno Unito, che intervengono a suo sostegno, fanno valere che, non avendo modificato il decreto n. 157/88 per conformarsi alla sentenza Delhaize, il Regno di Spagna ha violato gli obblighi che ad esso incombono in forza dell'art. 5 del Trattato.

33.

Nel controricorso il governo spagnolo sostiene che nella sentenza Delhaize la Corte non si è pronunciata sulla conformità delle disposizioni spagnole al diritto comunitario. Afferma che nel diritto di quasi tutti gli Stati membri produttori di vino esistono disposizioni analoghe a quelle esaminate dalla Corte. A suo parere, la vigente normativa spagnola è conforme all'interpretazione dell'art. 34 del Trattato data dalla Corte nella sentenza Delhaize e rispetta pienamente la normativa comunitaria.

34.

Di conseguenza, in presenza di un ricorso per inadempimento, occorre esaminare i motivi così dedotti onde verificare se il Regno di Spagna sia effettivamente venuto meno agli obblighi che ad esso incombono in forza dell'art. 34 del Trattato.

35.

Per quanto riguarda quest'ultima disposizione, si deve appurare nell'ordine, sulla base dei motivi e degli argomenti addotti dalle parti, se, nelle circostanze del caso di specie, il subordinare l'uso della denominazione di origine all'obbligo di imbottigliare il vino nella regione di produzione (in prosieguo: la «condizione controversa») costituisca una restrizione alla libera circolazione delle merci e, eventualmente, se essa sia autorizzata dalla normativa comunitaria in materia di v.q.p.r.d. oppure se sia giustificata da uno scopo di interesse generale tale da prevalere sulle esigenze della libera circolazione delle merci.

Sull'esistenza di una restrizione alla libera circolazione delle merci

36.

Il governo belga e i governi intervenuti a suo sostegno fanno valere che la condizione controversa si risolve in una limitazione quantitativa delle esportazioni di vino Rioja sfuso ai sensi dell'art. 34 del Trattato, come la Corte avrebbe già dichiarato nella sentenza Delhaize.

37.

Il governo spagnolo, sostenuto dai governi italiano e portoghese, afferma che la normativa spagnola in oggetto non limita affatto la quantità di vino prodotto nella regione della Rioja che può essere esportato sfuso. Essa avrebbe l'unico scopo e l'unico effetto di vietare qualsiasi uso indebito e incontrollato della «denominación de origen calificada» Rioja. Il governo spagnolo sottolinea che la vendita di vino sfuso all'interno della regione non è, in generale, consentita in quanto qualsiasi spedizione di vino all'interno della regione deve essere previamente autorizzata dal comitato di tutela del Rioja ed essere destinata esclusivamente alle imprese di imbottigliamento autorizzate dal detto comitato di tutela. Infatti, nella regione esisterebbero imprese che non sono autorizzate e che hanno scelto di dedicarsi alla commercializzazione di vini ivi prodotti, ma non tutelati dalla «denominación de origen calificada». Pertanto, nel caso di specie, la normativa spagnola non rientrerebbe nell'ipotesi trattata dalla Cortenella sentenza Delhaize. Tale ipotesi sarebbe stata costituita da una normativa nazionale applicabile a vini a denominazione di origine che limita il quantitativo di vino che può essere esportato sfuso e che autorizza invece la vendita di vino sfuso all'interno della regione di produzione.

38.

Va ricordato che la condizione controversa comporta che il vino prodotto nella regione e rispondente alle altre condizioni cui è subordinato l'uso della «denominación de origen calificada» Rioja non può più essere imbottigliato al di fuori della regione, pena la perdita di tale denominazione.

39.

E' vero che, in una certa misura, il trasporto alla rinfusa del vino che può fregiarsi della detta denominazione è limitato anche all'interno stesso della regione di produzione e che questo può essere un elemento da prendere in considerazione nell'ambito dell'esame della giustificazione della condizione controversa. Tuttavia, tale circostanza non può essere invocata per negare gli effetti restrittivi della detta condizione.

40.

Infatti, la condizione controversa comporta in ogni caso che un vino trasportato sfuso all'interno della regione conserva il diritto alla «denominación de origen calificada» se viene imbottigliato in cantine autorizzate.

41.

Trattasi dunque di una misura nazionale che ha l'effetto di restringere specificamente le correnti di esportazione per quanto riguarda il vino cui può essere attribuita la «denominación de origen calificada» e di determinare così una differenza di trattamento tra il commercio interno di uno Stato membro e il suo commercio di esportazione, ai sensi dell'art. 34 del Trattato.

42.

Pertanto, la normativa spagnola in oggetto costituisce una misura di effetto equivalente a restrizioni quantitative all'esportazione ai sensi dell'art. 34 del Trattato.

Sulla portata dell'art. 18 del regolamento n. 823/87

43.

Il governo spagnolo, sostenuto dai governi italiano e portoghese, ricorda che la normativa comunitaria in materia di v.q.p.r.d. non ha carattere esaustivo e consente agli Stati membri di emanare norme nazionali più rigorose. A tal riguardo cita l'art. 18 del regolamento n. 823/87, il quale autorizza gli Stati membri produttori a definire condizioni di produzione e di circolazione complementari o più rigorose all'interno del loro territorio. L'uso, in tale disposizione, del termine «circolazione» sarebbe particolarmente significativo in quanto la condizione controversa farebbe innegabilmente parte delle disposizioni relative alla circolazione dei v.q.p.r.d.

44.

Il governo belga sottolinea che nella sentenza Delhaize la Corte ha già disatteso l'argomento fondato sull'art. 18 del regolamento n. 823/87. Sostiene peraltro che la condizione controversa è in contrasto con gli usi leali e tradizionali in materia di imbottigliamento negli Stati membri importatori di vino.

45.

Occorre ricordare che nella sentenza Delhaize la Corte ha affermato (punto 26) che l'art. 18 del regolamento n. 823/87 non può essere interpretato nel senso che autorizza gli Stati membri a imporre condizioni contrastanti con le norme del Trattato relative alla circolazione delle merci. Pertanto, tale disposizione non può di per sé legittimare la condizione controversa.

46.

Per contro, e contrariamente a quanto sostenuto dal governo belga, di per sé la detta disposizione non vieta un obbligo di imbottigliamento nella regione di produzione solo perché autorizza prescrizioni nazionali complementari «tenuto conto degli usi leali e costanti». Infatti, la locuzione «tenuto conto di» non ha il senso, più restrittivo, di un'espressione che enunci una condizione positiva, come «purché esista», o negativa, come «senza pregiudicare». In una situazione come quella del caso di specie, che alla data dell'adozione del decreto n. 157/88 era caratterizzata dalla coesistenza, non contestata dalle parti, dell'uso di imbottigliare nella regione di produzione e dell'uso di esportare di vino sfuso, la formulazione dell'art. 18 del regolamento n. 823/87 implica semplicemente una presa in considerazione dei detti usi. Quest'ultima può dar luogo ad una ponderazione degli interessi in questione, in esito alla quale può esser data preferenza, in considerazione di determinati obiettivi, ad un uso piuttosto che all'altro.

Sulla giustificazione della condizione controversa

47.

Tanto i governi spagnolo, italiano e portoghese quanto la Commissione ritengono che l'imbottigliamento faccia parte integrante del procedimento di produzione del vino. Esso costituirebbe una fase dell'elaborazione del prodotto, sicché solo il vino imbottigliato in una determinata regione potrebbe effettivamente essere considerato originario di tale regione.

48.

Ne discenderebbe che un vino imbottigliato al di fuori della regione della Rioja che recasse la «denominación de origen calificada» Rioja violerebbe il diritto esclusivo di usare tale denominazione, il quale spetta alla collettività dei produttori della regione il cui vino soddisfi le condizioni per fruire della denominazione, compresa quella dell'imbottigliamento nella regione. Pertanto, gli effetti restrittivi della condizione controversa sarebbero giustificati da motivi di tutela della proprietà industriale e commerciale di cui all'art. 36 del Trattato. Infatti, la condizione sarebbe necessaria per garantire che la «denominación de origen calificada» risponda al suo specifico scopo, che è in particolare quello di garantire l'origine del prodotto.

49.

Ai fini della soluzione della presente controversia occorre non tanto stabilire se si debba considerare come una fase del procedimento d'elaborazione di un vino che può fruire di una «denominación de origen calificada» il suo imbottigliamento nella regione di produzione, quanto piuttosto valutare i motivi per cui, secondo il governo spagnolo, tale operazione dev'essere effettuata nella regione di produzione. Infatti, la condizione controversa può essere considerata conforme al Trattato malgrado i suoi effetti restrittivi sulla libera circolazione delle merci solo ove detti motivi siano di per sé idonei a giustificarla.

50.

Per quanto riguarda tali motivi, il governo spagnolo sottolinea la specificità del prodotto e la necessità di tutelare la fama connessa alla «denominación de origen calificada» Rioja preservando, mediante la condizione controversa, le caratteristiche particolari, la qualità e la garanzia di origine del vino Rioja. La condizione controversa sarebbe pertanto giustificata dall'esigenza di tutelare la proprietà industriale e commerciale di cui all'art. 36 del Trattato.

51.

E' vero che, come ricordato dal governo belga e dai governi intervenuti a suo sostegno, nella sentenza Delhaize la Corte ha dichiarato che non era dimostrato che l'imbottigliamento nella regione di produzione fosse un'operazione indispensabile per la conservazione delle caratteristiche specifiche del vino (punto 19) o per la garanzia dell'origine del prodotto (punto 21) né che l'ubicazione delle attività d'imbottigliamento fosse di per sé atta ad incidere sulla qualità del vino (punto 23).

52.

Nel presente procedimento, tuttavia, tanto i governi spagnolo, italiano e portoghese quanto la Commissione hanno presentato elementi nuovi destinati a dimostrare che i motivi su cui è basata la condizione controversa sono idonei a giustificarla. Si deve procedere ad un esame della causa alla luce di tali elementi.

53.

La normativa comunitaria manifesta una tendenza generale alla valorizzazione della qualità dei prodotti nell'ambito della politica agricola comune, al fine di promuoverne la reputazione grazie, in particolare, all'uso di denominazioni di origine oggetto di una tutela particolare. Come è stato ricordato ai punti 14 e 17 della presente sentenza, tale tendenza generale si è concretata nel settore dei vini di qualità. Essa si è manifestata anche riguardo ad altri prodotti agricoli, per i quali il Consiglio ha adottato il regolamento (CEE) 14 luglio 1992, n. 2081, relativo alla protezione delle indicazioni geografiche e delle denominazioni d'origine dei prodotti agricoli ed alimentari (GU L 208, pag. 1). A tal riguardo, l'ottavo 'considerando di detto regolamento precisa che quest'ultimo si applica nel rispetto della legislazione vigente relativa ai vini e alle bevande spiritose «la quale mira a stabilire un grado di protezione più elevato».

54.

Le denominazioni di origine rientrano nel campo dei diritti di proprietà industriale e commerciale. La normativa pertinente tutela i beneficiari contro l'uso illegittimo delle dette denominazioni da parte di terzi che intendano profittare della reputazione da esse acquisita. Tali denominazioni sono dirette a garantire che il prodotto cui sono attribuite provenga da una zona geografica determinata e possieda talune caratteristiche particolari (sentenza Delhaize, punto 17).

55.

Esse possono godere di una grande reputazione presso i consumatori e costituire per i produttori che soddisfano le condizioni per usarle un mezzo essenziale per costituirsi una clientela (v., nello stesso senso, a proposito delle indicazioni di provenienza, sentenza 10 novembre 1992, causa C-3/91, Exportur, Racc. pag. I-5529, punto 28).

56.

La reputazione delle denominazioni di origine dipende dall'immagine di cui queste godono presso i consumatori. A sua volta tale immagine dipende, essenzialmente, dallecaratteristiche particolari e, in generale, dalla qualità del prodotto. E' quest'ultima, in definitiva, che costituisce il fondamento della reputazione del prodotto.

57.

Occorre osservare che un vino di qualità è un prodotto caratterizzato da una notevole specificità, il che, nel caso del vino Rioja, non è comunque contestato. Le sue qualità e caratteristiche particolari, che risultano dalla combinazione di fattori naturali e umani, sono commesse alla zona geografica d'origine e, per essere conservate, richiedono vigilanza e sforzi.

58.

La normativa sulla «denominación de origen calificada» Rioja è diretta a garantire la conservazione di tali qualità e caratteristiche. Assicurando agli operatori del settore vitivinicolo della regione della Rioja, a richiesta dei quali è stata assegnata la denominazione di origine, il controllo anche dell'imbottigliamento, essa ha lo scopo di salvaguardare meglio la qualità del prodotto e, di conseguenza, la reputazione della denominazione, di cui i detti operatori assumono ormai, pienamente e collettivamente, la responsabilità.

59.

Pertanto, la condizione controversa, malgrado i suoi effetti restrittivi sugli scambi, deve essere considerata conforme al diritto comunitario se è dimostrato che costituisce un mezzo necessario e proporzionato idoneo a preservare la notevole reputazione di cui gode incontestabilmente la «denominación de origen calificada» Rioja.

60.

Al riguardo, il governo spagnolo, sostenuto dai governi italiano e portoghese e dalla Commissione, fa valere che senza la condizione controversa la reputazione della «denominación de origen calificada» Rioja potrebbe effettivamente essere compromessa. Infatti, il trasporto e l'imbottigliamento al di fuori della regione di produzione metterebbero in pericolo la qualità del vino. La condizione controversa contribuirebbe in modo decisivo alla salvaguardia delle caratteristiche particolari e della qualità del prodotto in quanto si risolverebbe nell'affidare l'applicazione e il controllo del rispetto di tutte le regole riguardanti il trasporto e l'imbottigliamento ai produttori e al comitato di tutela del Rioja, vale a dire a coloro che posseggono le cognizioni e il know-how necessari e che hanno un interesse fondamentale al mantenimento della reputazione acquisita.

61.

Nella presente causa è pacifico che l'imbottigliamento del vino costituisce un'operazione importante la quale, se non viene effettuata nel rispetto di condizioni rigorose, può nuocere gravemente alla qualità del prodotto. Infatti, l'operazione dell'imbottigliare non si riduce al mero riempimento di recipienti vuoti, ma comporta di norma, prima del travaso, una serie di complessi interventi enologici (filtraggio, chiarificazione, trattamento a freddo, ecc.) che, se non sono eseguiti in conformità delle regole dell'arte, possono compromettere la qualità e modificare le caratteristiche del vino.

62.

E' altrettanto pacifico che il trasporto alla rinfusa del vino, se non viene effettuato in condizioni ottimali, può nuocere gravemente alla qualità di quest'ultimo. Infatti, se le condizioni di trasporto non sono perfette, il vino sarà esposto ad un fenomeno diossidoriduzione che sarà tanto più sensibile quanto maggiore è la distanza percorsa e che potrà nuocere alla qualità del prodotto. Esso sarà inoltre soggetto al rischio di sbalzi di temperatura.

63.

Il governo belga e i governi intervenuti a suo favore affermano che tali rischi esistono sia che il vino venga trasportato e imbottigliato nella regione di produzione sia che venga trasportato e imbottigliato al di fuori di questa. A loro avviso, il trasporto alla rinfusa del vino e il suo imbottigliamento al di fuori della regione possono essere realizzati in condizioni che consentono di salvaguardarne la qualità e la reputazione. In ogni caso, la vigente normativa comunitaria conterrebbe norme sufficienti in materia di controllo della qualità e dell'autenticità dei vini, in particolare di quelli cui è attribuita una «denominación de origen calificada».

64.

Sulla base degli elementi presentati alla Corte nella presente causa si deve riconoscere che, in condizioni ottimali, le caratteristiche e la qualità del prodotto possono essere effettivamente conservate quando il vino sia stato trasportato sfuso e sia stato imbottigliato al di fuori della regione di produzione.

65.

Tuttavia, le dette condizioni ottimali saranno più sicuramente soddisfatte se le operazioni di imbottigliamento vengono effettuate da imprese stabilite nella regione dei beneficiari della denominazione e operanti sotto il diretto controllo di questi, giacché tali imprese dispongono di un'esperienza specifica e, soprattutto, di una conoscenza approfondita delle caratteristiche specifiche del vino in questione, delle quali occorre evitare lo snaturamento o la scomparsa al momento della messa in bottiglia.

66.

Quanto al trasporto alla rinfusa del vino, se è vero che un fenomeno di ossidoriduzione può prodursi anche in occasione di un trasporto alla rinfusa all'interno della regione di produzione benché la distanza percorsa sia di regola più breve, occorre rilevare che, in tale ipotesi, il ripristino delle caratteristiche iniziali del prodotto sarà affidato a imprese che offrono a tale scopo tutte le garanzie in termini di know-how e, anche qui, di conoscenza ottimale del vino.

67.

Inoltre, come sottolinea lo stesso avvocato generale nei paragrafi 28-31 delle sue conclusioni, i controlli effettuati al di fuori della regione di produzione in conformità della normativa comunitaria garantiscono la qualità e l'autenticità del vino meno dei controlli effettuati nella regione nel rispetto della procedura di controllo di cui al punto 5 della presente sentenza.

68.

A tal riguardo, occorre osservare che nell'ambito del regolamento n. 2048/89 i controlli della qualità e dell'autenticità del vino non sono obbligatoriamente sistematici in tutti gli Stati membri. Infatti, l'art. 3, n. 2, di tale regolamento dispone che i controlli «sono eseguiti sistematicamente o per sondaggio».

69.

Quanto al regolamento n. 2238/93, esso, come rileva la Commissione, istituisce un controllo essenzialmente documentario delle quantità trasportate e, pertanto, nongarantisce né l'origine o lo stato originario del vino trasportato alla rinfusa né la preservazione della sua qualità durante il trasporto.

70.

Per quanto riguarda il regolamento n. 2392/89, il suo art. 42 prevede che l'organismo competente di uno Stato membro possa invitare l'organismo competente di un altro Stato membro a esigere dall'imbottigliatore la prova dell'esattezza delle menzioni utilizzate per la designazione o la presentazione del prodotto concernenti la natura, l'identità, la qualità, la composizione, l'origine o la provenienza dello stesso. Tuttavia, tale meccanismo, che si inserisce nell'ambito di una collaborazione diretta, non riveste un carattere sistematico in quanto, in ipotesi, presuppone la domanda dell'organismo competente interessato.

71.

Al contrario, la normativa spagnola di cui trattasi prescrive che i vini che possono recare una «denominación de origen calificada» siano sottoposti, partita per partita, ad esami organolettici e analitici (art. 20, n. 4, del decreto n. 157/88 e, per il vino Rioja, art. 15 del regolamento Rioja).

72.

Inoltre, secondo il regolamento Rioja:

- ogni spedizione alla rinfusa di vino Rioja all'interno della regione deve essere previamente autorizzata dal comitato di tutela del Rioja (art. 31);

- l'imbottigliamento può essere effettuato solo da imprese d'imbottigliamento autorizzate dal comitato di tutela del Rioja (art. 32);

- gli impianti di tali imprese devono essere nettamente separati da quelli in cui sono prodotti e immagazzinati vini che non danno diritto all'uso della «denominación de origen calificada» (art. 24).

73.

Risulta pertanto che, per i vini Rioja trasportati e imbottigliati nella regione di produzione, i controlli sono approfonditi e sistematici, che la responsabilità di tali controlli spetta alla collettività degli stessi produttori, i quali hanno un interesse fondamentale alla conservazione della reputazione acquisita, e che solo le partite sottoposte ai detti controlli possono recare la «denominación de origen calificada».

74.

Da tali constatazioni si desume che il rischio per la qualità del prodotto infine offerto al consumo è maggiore quando il vino è stato trasportato e imbottigliato al di fuori della regione di produzione che non nel caso in cui esso sia stato trasportato e imbottigliato all'interno della detta regione.

75.

Pertanto, occorre riconoscere che la condizione controversa, la quale è diretta a preservare la notevole reputazione del vino Rioja potenziando il controllo delle sue caratteristiche particolari e della sua qualità, è giustificata come misura di tutela della «denominación de origen calificada» di cui gode la collettività dei produttori interessati e che per essi riveste un'importanza decisiva.

76.

Si deve infine riconoscere che la misura è necessaria per raggiungere l'obiettivo perseguito, nel senso che non esistono misure alternative meno restrittive idonee a conseguirlo.

77.

A tal riguardo, la «denominación de origen calificada» non sarebbe tutelata in modo analogo se si facesse obbligo agli operatori stabiliti al di fuori della regione di produzione di informare i consumatori, mediante un'adeguata etichettatura, del fatto che l'imbottigliamento è avvenuto al di fuori di tale regione. Infatti, la degradazione della qualità di un vino imbottigliato al di fuori della regione di produzione, dovuta al realizzarsi dei rischi connessi al trasporto alla rinfusa e/o alla conseguente operazione di imbottigliamento, potrebbe nuocere alla reputazione di tutti i vini smerciati con la «denominación de origen calificada» Rioja, compresi quelli imbottigliati nella regione di produzione sotto il controllo della collettività beneficiaria della denominazione. Più in generale, la semplice coesistenza di due procedimenti d'imbottigliamento diversi, all'interno o all'esterno della regione di produzione, con o senza il controllo sistematico da parte di tale collettività, potrebbe ridurre la fiducia di cui la denominazione gode presso i consumatori convinti che tutte le fasi della produzione di un v.q.p.r.d. rinomato debbano essere effettuate sotto il controllo e la responsabilità della collettività interessata.

78.

Pertanto, occorre concludere che la condizione controversa non contrasta con l'art. 34 del Trattato. Di conseguenza, il ricorso deve essere respinto.

Sulle spese

79.

A norma dell'art. 69, n. 3, del regolamento di procedura, la Corte può decidere per motivi eccezionali che ciascuna parte sopporti le proprie spese. Tale disposizione va applicata nella presente causa.

80.

Le parti intervenute sopporteranno le proprie spese ai sensi dell'art. 69, n. 4, del regolamento di procedura.

Per questi motivi,

LA CORTE

dichiara e statuisce:

1) Il ricorso è respinto.

2) Il Regno del Belgio e il Regno di Spagna sopporteranno le proprie spese.

3) Il Regno di Danimarca, la Repubblica italiana, il Regno dei Paesi Bassi, la Repubblica portoghese, la Repubblica di Finlandia, il Regno Unito di GranBretagna e Irlanda del Nord e la Commissione delle Comunità europee sopporteranno le proprie spese.

Rodríguez Iglesias

Moitinho de Almeida

Edward

Sevón

Schintgen

Gulmann

Puissochet

Hirsch

Jann

Ragnemalm

Wathelet

 

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 16 maggio 2000.

Il cancelliere

Il presidente

R. Grass

G. C. Rodríguez Iglesias


Sentenza della Corte (Seconda Sezione)
3 marzo 2005 – Causa C-283/02

 

«Ricorso di annullamento – Prodotti vitivinicoli – Regolamento (CE) n. 753/2002 – Designazione, denominazione, presentazione e protezione dei prodotti – Protezione delle menzioni tradizionali complementari – Erronea classificazione delle menzioni tradizionali – Lingue utilizzabili per l'etichettatura – Principio della parità di trattamento»

 

Nella causa C-283/02,

avente ad oggetto un ricorso di annullamento proposto, ai sensi dell'art. 230 CE, il 25 luglio 2002,

 

Repubblica italiana, rappresentata dal sig. I.M. Braguglia, in qualità di agente, assistito dal sig. M. Fiorilli, avvocato dello Stato, con domicilio eletto in Lussemburgo,

ricorrente,

contro

Commissione delle Comunità europee, rappresentata dalla sig.ra A. Alves Vieira nonché dai sigg. V. Di Bucci e M. Nolin, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo,

convenuta,

 

LA CORTE (Seconda Sezione),

 

composta dal sig. C.W.A. Timmermans, presidente di sezione, dai sigg. C. Gulmann (relatore), R. Schintgen, P. Kūris e G. Arestis, giudici,

avvocato generale: sig. D. Ruiz-Jarabo Colomer

cancelliere: sig.ra M. Múgica Arzamendi, amministratore principale

vista la fase scritta del procedimento e a seguito dell'udienza del 9 settembre 2004,

vista la decisione, adottata dopo aver sentito l'avvocato generale, di giudicare la causa senza conclusioni,

ha pronunciato la seguente

 

Sentenza

 

1

Con il ricorso in oggetto la Repubblica italiana chiede l’annullamento dell’art. 24 nonché dell’allegato III, parti A e B, del regolamento (CE) della Commissione 29 aprile 2002, n. 753, che fissa talune modalità di applicazione del regolamento (CE) del Consiglio n. 1493/1999 per quanto riguarda la designazione, la denominazione, la presentazione e la protezione di taluni prodotti vitivinicoli (GU L 118, pag. 1; in prosieguo: il «regolamento impugnato»), nei limiti delle censure da essa svolte.

Contesto normativo

Il regolamento (CE) n. 1493/1999

2

Il regolamento (CE) del Consiglio 17 maggio 1999, n. 1493, relativo all’organizzazione comune del mercato vitivinicolo (GU L 179, pag. 1; in prosieguo: il «regolamento di base»), agli artt. 47-53, ricompresi nel titolo V, capo II, nonché agli allegati VII e VIII, istituisce una nuova regolamentazione in materia di designazione, denominazione, presentazione e protezione di taluni prodotti.

3

L’art. 47, nn. 1 e 2, del regolamento di base così dispone:

«1.    Le disposizioni sulla designazione, la denominazione e la presentazione di taluni prodotti disciplinati dal presente regolamento e sulla protezione di talune indicazioni, menzioni e termini sono definite nel presente capo e negli allegati VII e VIII. Tali disposizioni tengono conto, in particolare, dei seguenti obiettivi:

a)

tutela dei legittimi interessi dei consumatori;

b)

tutela dei legittimi interessi dei produttori;

c)

buon funzionamento del mercato interno;

d)

sviluppo dei prodotti di qualità.

2.      Le disposizioni di cui al paragrafo 1 riguardano in particolare quanto segue:

(…)

e)

la disciplina dell’utilizzazione di indicazioni geografiche e di menzioni tradizionali;

(…)».

4

L’art. 48, primo trattino, del regolamento di base prevede quanto segue:

«La designazione e la presentazione dei prodotti di cui al presente regolamento, nonché qualsiasi forma di pubblicità relativa ai detti prodotti, non devono essere erronee e tali da creare confusione o indurre in errore le persone alle quali sono rivolte, in particolare per quanto riguarda:

le informazioni di cui all’articolo 47; (…)».

 

5

Ai sensi dell’art. 53 del regolamento di base:

«1.    Le modalità di applicazione del presente capo e degli allegati VII e VIII sono adottate secondo la procedura di cui all’articolo 75. Tali modalità disciplinano in particolare le deroghe, le condizioni e le autorizzazioni previste nei suddetti allegati.

2.      Le disposizioni seguenti sono adottate secondo la procedura di cui all’articolo 75:

(…)

e)

le condizioni alle quali le indicazioni di cui alla sezione B, punto 1, dell’allegato VII sono utilizzate ed il quadro di impiego delle indicazioni di cui alla sezione B, punto 3, dell’allegato VII;

(…)».

6

L’allegato VII, sezione B, del regolamento di base, intitolato «Indicazioni facoltative», al punto 1 dispone quanto segue:

«1.

L’etichettatura dei prodotti ottenuti nella Comunità può essere completata dalle seguenti indicazioni, in base a condizioni da determinarsi:

(…)

b)

per i vini da tavola con indicazione geografica e per i v.q.p.r.d. [vini di qualità prodotti in regioni determinate]:

(…)

menzioni tradizionali complementari secondo le modalità previste dallo Stato membro produttore,

 

(…)».

 

7

L’allegato VII, sezione D, del regolamento di base, intitolato «Lingue utilizzabili per l’etichettatura», ha il seguente tenore:

«1.

Le indicazioni sull’etichettatura sono redatte in una o più lingue ufficiali della Comunità per consentire al consumatore finale di comprendere facilmente ciascuna delle indicazioni.

Tuttavia, l’indicazione:

(…)

(…) delle menzioni tradizionali complementari,

(…)

[è redatta] unicamente in una delle lingue ufficiali dello Stato membro sul cui territorio il prodotto è stato elaborato.

Per i prodotti originari della Grecia le indicazioni di cui al secondo comma possono essere ripetute in una o più lingue ufficiali della Comunità.

(…)

Inoltre, gli Stati membri produttori possono consentire, per i loro prodotti, che le indicazioni di cui al secondo comma siano redatte in un’altra lingua se essa è quella utilizzata tradizionalmente per tali indicazioni.

2.

Possono essere decise ulteriori deroghe al punto 1».

 

8

L’allegato VII, sezione F, del regolamento di base, intitolato «Marchi», così dispone:

«1.

(…)

(…) l’etichettatura utilizzata per la designazione di un vino da tavola, di un vino liquoroso, di un vino frizzante, di un vino frizzante gassificato, di un v.q.p.r.d. o di un vino importato non può contenere marchi che riportano parole o parti di parole, segni o illustrazioni che:

(…)

b)

nel caso di vini da tavola con un’indicazione geografica, v.q.p.r.d. o vini importati contengano informazioni false, soprattutto per quanto riguarda l’origine geografica, la varietà di vite, l’anno di raccolta o una menziona relativa ad una qualità superiore;

(…)».

 

Il regolamento impugnato

9

Il regolamento impugnato è stato adottato in forza del regolamento di base, in particolare dei suoi artt. 53 e 80.

10

L’art. 23 del regolamento impugnato dispone quanto segue:

«Ai fini dell’applicazione dell’allegato VII, sezione B.1, lettera b), quinto trattino, [del regolamento di base], l’espressione “menzione tradizionale complementare” si utilizza tradizionalmente per indicare i vini di cui al presente titolo negli Stati membri produttori; essa si riferisce in particolare ad un metodo di produzione, di elaborazione o di invecchiamento oppure alla qualità, al colore o al tipo di luogo o ad un evento connesso alla storia del vino e che è definito nella legislazione degli Stati membri produttori allo scopo di designare i vini in questione prodotti nel loro territorio».

11

L’art. 24 del regolamento impugnato fa parte del titolo IV di quest’ultimo, che riguarda le norme applicabili ai vini da tavola con indicazione geografica e ai v.q.p.r.d.

12

Il detto art. 24, intitolato «Protezione delle menzioni tradizionali», così dispone:

«1.    Ai fini dell’applicazione del presente articolo, per “menzioni tradizionali” si intendono le menzioni tradizionali complementari di cui all’articolo 23, i termini di cui all’articolo 28 e le menzioni specifiche tradizionali di cui all’articolo 14, paragrafo 1, primo comma, lettera c), all’articolo 29 e all’articolo 38, paragrafo 3.

2.      Le menzioni tradizionali che figurano nell’allegato III sono riservate ai vini ai quali esse si riferiscono e sono tutelate:

a)

contro qualsiasi usurpazione, imitazione o evocazione, anche se la menzione protetta è accompagnata da espressioni quali “genere”, “tipo”, “metodo”, “imitazione”, “marchio” o altre menzioni analoghe;

b)

contro qualsiasi altra indicazione abusiva, falsa o ingannevole relativa alla natura o alle qualità essenziali del vino usata sulla confezione o sull’imballaggio, nella pubblicità o sui documenti relativi al prodotto di cui trattasi;

c)

contro qualsiasi altra prassi che possa indurre in errore il pubblico e in particolare che lasci supporre che il vino fruisca della menzione tradizionale protetta.

3.      Per la designazione di un vino non possono essere utilizzati sull’etichettatura marchi contenenti le menzioni tradizionali riportate nell’allegato III se il vino in questione non ha diritto a tale designazione.

Tuttavia, il primo comma non si applica ai marchi legittimamente registrati in buona fede nella Comunità o per i quali i diritti sono stati legittimamente acquisiti nella Comunità mediante un uso in buona fede prima della data di pubblicazione del presente regolamento (…) ed effettivamente e legittimamente utilizzati in buona fede sin dalla loro registrazione o acquisizione. Il presente comma si applica unicamente nel territorio dello Stato membro in cui il marchio di cui trattasi è stato registrato o in cui sono stati acquisiti i diritti mediante tale uso.

Il presente paragrafo si applica fatte salve le disposizioni dell’allegato VII, sezione F (…) del regolamento [di base].

4.      Se una menzione tradizionale che figura nell’allegato III del presente regolamento rientra anche in una delle categorie di indicazioni di cui all’allegato VII, sezione A e sezione B.1 e 2, del regolamento [di base], si applicano a questa menzione tradizionale le disposizioni del presente articolo anziché le altre disposizioni del titolo IV o del titolo V.

La protezione di una menzione tradizionale si applica esclusivamente in relazione alla lingua o alle lingue in cui essa figura nell’allegato III.

Ogni menzione tradizionale che figura all’allegato III è legata ad una categoria di vini o a più categorie di vino. Tali categorie sono le seguenti:

a)

i vini liquorosi di qualità prodotti in regioni determinate e i vini liquorosi con indicazione geografica; in tal caso la tutela della menzione tradizionale si applica soltanto alla designazione dei vini liquorosi;

b)

i vini spumanti di qualità prodotti in regioni determinate (…); in tal caso la tutela della menzione tradizionale si applica soltanto alla designazione dei vini spumanti e dei vini spumanti gassificati;

c)

i vini frizzanti di qualità prodotti in regioni determinate e i vini frizzanti con indicazione geografica; in tal caso la tutela della menzione tradizionale si applica soltanto alla designazione dei vini frizzanti e dei vini frizzanti gassificati;

d)

i vini di qualità prodotti in regioni determinate diversi da quelli menzionati nelle lettere a), b) e c) e i vini da tavola designati con un’indicazione geografica; in tal caso la protezione della menzione tradizionale si applica soltanto alla designazione dei vini diversi dai vini liquorosi, dai vini spumanti, dai vini spumanti gassificati, dai vini frizzanti e dai vini frizzanti gassificati;

(…)

5.      Per poter figurare nell’allegato III, sezione A, una menzione tradizionale deve essere conforme alle seguenti condizioni:

a)

essere specific[a] di per sé e precisamente definit[a] nella legislazione dello Stato membro;

b)

essere sufficientemente distintiv[a] e/o godere di una solida reputazione nell’ambito del mercato comunitario;

c)

essere stat[a] utilizzat[a] tradizionalmente per almeno 10 anni nello Stato membro in questione;

d)

essere associat[a] a uno o, eventualmente, a più vini o categorie di vini comunitari.

6.      Per poter figurare nell’allegato III, sezione B, le menzioni tradizionali devono rispettare le condizioni indicate al paragrafo 5, essere associate a un vino recante un’indicazione geografica e servire a identificare questo vino come originario di detta regione o località del territorio comunitario qualora la reputazione, una qualità o un’altra caratteristica determinata del vino, espressa dalla menzione tradizionale in causa, possa essere attribuita essenzialmente a tale origine geografica.

7.      Gli Stati membri comunicano alla Commissione:

a)

gli elementi atti a giustificare il riconoscimento delle menzioni tradizionali;

b)

le menzioni tradizionali dei vini ammesse nelle rispettive legislazioni nazionali che soddisfano le condizioni sopra esposte, nonché i vini ai quali dette menzioni sono riservate;

c)

se del caso, le menzioni tradizionali che cessano di essere protette nel loro paese d’origine.

8.      In deroga ai paragrafi da 1 a 7, alcune menzioni tradizionali di cui all’ allegato III, sezione A, possono essere utilizzate nell’etichettatura di vini recanti un’indicazione geografica e originari di paesi terzi nella lingua del paese terzo d’origine, o in un’altra lingua qualora l’impiego di tale lingua sia tradizionale per le indicazioni di cui trattasi, a condizione che:

a)

tali paesi abbiano presentato una domanda motivata alla Commissione e abbiano trasmesso i testi legislativi relativi alle suddette menzioni;

b)

siano soddisfatte le condizioni di cui ai paragrafi 5 e 9;

c)

le disposizioni stabilite dai paesi terzi non siano tali da indurre in errore il consumatore sulla menzione in causa.

I paesi terzi interessati sono elencati, per ciascuna menzione tradizionale, nell’allegato III, sezione A.

9.      In applicazione dell’allegato VII, sezione D.1, sesto comma, del regolamento [di base] e del paragrafo 8 del presente articolo, l’utilizzazione di una lingua diversa dalla lingua ufficiale del paese è considerata tradizionale per quanto concerne una menzione tradizionale se l’utilizzazione di tale lingua è prevista dalla legislazione del paese e se tale lingua è utilizzata per questa menzione tradizionale in modo costante da almeno venticinque anni.

(…)».

13

L’allegato III del regolamento impugnato contiene un elenco delle menzioni tradizionali di cui all’art. 24. Nella parte A di tale allegato è inserita tra l’altro, per l’Italia, la menzione tradizionale complementare «Rubino», che riguarda, segnatamente, il vino DOC Marsala nelle categorie dei v.q.p.r.d. e dei vini liquorosi di qualità prodotti in regioni determinate (in prosieguo: i «v.l.q.p.r.d.»). L’italiano è la lingua indicata per tale menzione.

14

Nello stesso allegato III, parte B, è inserita tra l’altro, per la Grecia, la menzione tradizionale complementare «Vinsanto» per i vini di denominazione d’origine Santorini nelle categorie dei v.l.q.p.r.d. e dei v.q.p.r.d.; la lingua indicata è il greco. In una nota a piè di pagina si dice che «[l]a menzione “vinsanto” è protetta in caratteri latini». Inoltre, nella stessa parte, è inserita, per il Portogallo, la menzione tradizionale complementare «Ruby» per il vino DO Porto nella categoria dei v.l.q.p.r.d.; la lingua indicata è l’inglese.

Oggetto del ricorso e conclusioni delle parti

15

Per contestare la legittimità del regolamento impugnato e domandare l’annullamento dell’art. 24 nonché dell’allegato III, parti A e B, di quest’ultimo, la Repubblica italiana deduce i seguenti quattro motivi:

in primo luogo, l’art. 24, n. 4, del detto regolamento è illegittimo in quanto limita la protezione delle menzioni tradizionali alla categoria o alle categorie di vini per le quali esse sono state riconosciute;

in secondo luogo, sedici delle menzioni tradizionali proposte dalla Repubblica italiana sono state a torto inserite nella parte A anziché nella parte B dell’allegato III allo stesso regolamento;

in terzo luogo, a torto l’allegato III, parte B, del regolamento impugnato ha concesso alla Repubblica ellenica la protezione della menzione tradizionale complementare «Vinsanto», scritta in caratteri latini, per i vini con denominazione d’origine Santorini;

in quarto luogo, la detta parte B è illegittima laddove riserva l’utilizzazione della menziona tradizionale complementare «Ruby» alla denominazione portoghese Porto, negando al contempo l’utilizzazione di tale menzione per il vino italiano DOC Marsala.

 

16

La Repubblica italiana conclude chiedendo alla Corte di annullare l’art. 24 nonché l’allegato III, parti A e B, del regolamento impugnato, nei limiti di cui alle censure svolte.

17

La Commissione conclude chiedendo il rigetto del ricorso della Repubblica italiana in quanto infondato nonché la condanna di quest’ultima alle spese.

Sul ricorso

Sul primo motivo, vertente sulla legittimità dell’art. 24, n. 4, del regolamento impugnato

Argomenti delle parti

18

Con il primo dei motivi dedotti la Repubblica italiana contesta la competenza della Commissione ad adottare l’art. 24, n. 4, del regolamento impugnato. A suo parere, l’art. 53 del regolamento di base attribuisce alla Commissione una competenza normativa limitata che tale istituzione può esercitare soltanto tenendo conto dell’esperienza acquisita nell’applicazione della legislazione esistente in materia di prodotti vitivinicoli nonché rispettando gli obiettivi di tutela dei legittimi interessi dei consumatori e dei produttori, di buon funzionamento del mercato interno e di sviluppo delle produzioni di qualità fissati dall’art. 47, n. 1, di quest’ultimo regolamento. Orbene, il governo italiano ritiene che, nella fattispecie, il regolamento impugnato non prenda in considerazione l’esperienza acquisita applicando la legislazione esistente e non tuteli gli interessi dei consumatori e dei produttori.

19

In primo luogo, il governo italiano sostiene che, adottando l’art. 24, n. 4, del regolamento impugnato, secondo il quale ogni menzione tradizionale che figura nell’allegato III è legata a una o più categorie di vino, la Commissione ha determinato un affievolimento del livello di protezione delle menzioni tradizionali rispetto al sistema posto in essere dalla normativa precedente, vale a dire dal regolamento (CEE) del Consiglio 16 marzo 1987, n. 823, che stabilisce disposizioni particolari per i vini di qualità prodotti in regioni determinate (GU L 84, pag. 59), dal regolamento (CEE) del Consiglio 24 luglio 1989, n. 2392, che stabilisce le norme generali per la designazione e la presentazione dei vini e dei mosti di uve (GU L 232, pag. 13), nonché dal regolamento (CEE) della Commissione 16 ottobre 1990, n. 3201, recante modalità di applicazione per la designazione e la presentazione dei vini e dei mosti di uve (GU L 309, pag. 1).

20

Secondo il detto governo, la normativa menzionata al punto precedente permetteva, mediante l’iscrizione delle menzioni tradizionali negli elenchi di cui al regolamento n. 3201/90, di estendere al territorio comunitario la protezione accordata alle menzioni tradizionali alle condizioni previste dalla normativa nazionale, in quanto legate alla disciplina di protezione delle specifiche denominazioni di origine o delle indicazioni geografiche, indipendentemente dall’appartenenza alla categoria di prodotti.

21

L’art. 24, n. 4, del regolamento impugnato, ricollegando la protezione a una categoria o a più categorie di vino, limiterebbe la stessa protezione a detta categoria o a dette categorie. Di conseguenza, potrebbe verificarsi che la stessa menzione tradizionale sia utilizzata da tutte le altre categorie che non sono elencate nell’allegato III di tale regolamento, a margine della menzione tradizionale, sotto la rubrica «[c]ategoria/e di prodotti».

22

Per quanto riguarda, in secondo luogo, l’obiettivo del regolamento di base, il governo italiano sostiene che tale regolamento non mira a limitare la protezione accordata alle produzioni di qualità. In sostanza, il governo ricorrente afferma che l’art. 24, n. 4, del regolamento impugnato viola i principi sanciti dal Consiglio dell’Unione europea nel regolamento di base, in particolare all’allegato VII, sezione B, punto 1, lett. b), quinto trattino, e sezione F, punto 1, secondo comma, lett. b), di quest’ultimo.

23

In tal senso, per quanto riguarda anzitutto i principi direttivi indicati all’allegato VII, sezione B, punto 1, lett. b), quinto trattino, del regolamento di base, disposizione in forza della quale le condizioni da determinarsi con il regolamento impugnato, per quanto riguarda le menzioni tradizionali, dovrebbero conformarsi al rispetto delle «modalità previste dallo Stato membro produttore», il governo italiano sottolinea che, secondo la normativa nazionale, la protezione delle menzioni tradizionali non era in nessun caso limitata a una categoria specifica.

24

Il detto governo fa poi riferimento all’allegato VII sezione F, punto 1, secondo comma, lett. b), del regolamento di base che, per tutte le categorie di prodotti aventi un’indicazione geografica o una denominazione di origine, vieta che i marchi contengano «informazioni false, soprattutto per quanto riguarda (…) una menzione relativa ad una qualità superiore», che si configuri come menzione tradizionale. Ne risulta, a parere del governo ricorrente, che la protezione assoluta riservata dal regolamento di base alle menzioni tradizionali nell’ambito dei marchi diventa arbitrariamente relativa in base all’art. 24, n. 4, del regolamento impugnato, che attribuisce la protezione soltanto nei confronti di una o più categorie di prodotti indicate nell’allegato III di quest’ultimo. Il n. 4 del citato art. 24, essendo così in contrasto con l’allegato VII, sezione F, punto 1, secondo comma, lett. b), del regolamento di base, si porrebbe altresì in contrasto con il n. 3 dello stesso art. 24 del regolamento impugnato, il cui ultimo comma dispone che «il presente paragrafo si applica fatte salve le disposizioni dell’allegato VII, sezione F (…)».

25

La Commissione, pur sottolineando come sia inesatto affermare che, prima dell’entrata in vigore del regolamento impugnato, le menzioni tradizionali fossero tutelate in relazione a qualsiasi categoria di vino, sostiene che, nella disciplina previgente a tale regolamento, le menzioni tradizionali complementari erano autorizzate, ma non direttamente tutelate in ambito comunitario.

26

A parere della Commissione, l’art. 24, n. 4, del regolamento impugnato adatta la tutela accordata in funzione delle effettive esigenze. La Commissione, nell’esercizio delle proprie competenze di esecuzione, ha ritenuto che sarebbe stato superfluo proteggere le menzioni relative ai vini tranquilli nei confronti, ad esempio, dei vini spumanti.

27

La Commissione sostiene inoltre che il rinvio alle «modalità previste dallo Stato membro produttore», operato dall’allegato VII, sezione B, punto 1, lett. b), del regolamento di base, riguarda solo le modalità d’uso di ciascuna menzione tradizionale riconosciuta dal diritto comunitario e non invece il contenuto e la portata della tutela delle menzioni tradizionali in generale.

28

Per quanto riguarda poi l’uso di marchi contenenti informazioni false, vietato per tutte le categorie di vini dall’allegato VII, sezione F, punto 1, secondo comma, lett. b), del regolamento di base, la Commissione afferma che l’art. 24, n. 4, del regolamento impugnato non affievolisce in alcun modo la portata di tale divieto allorché determina l’ambito di tutela delle menzioni tradizionali.

Giudizio della Corte

29

Con il primo dei motivi dedotti la Repubblica italiana contesta la legittimità dell’art. 24, n. 4, del regolamento impugnato, in quanto tale disposizione prevede, al suo terzo comma, che ogni menzione tradizionale che figura all’allegato III di tale regolamento sia legata ad una o più categorie di vino.

30

In generale, essa afferma che tale disposizione, limitando la tutela delle menzioni tradizionali complementari alla categoria o alle categorie di vini in cui sono state iscritte, affievolisce, in contrasto con il regolamento di base, la protezione di tali menzioni prevista dalla normativa comunitaria anteriore al regolamento impugnato.

31

Essa afferma inoltre che, adottando il detto art. 24, n. 4, la Commissione ha violato due concrete disposizioni del regolamento di base, vale a dire l’allegato VII, sezione B, punto 1, lett. b), e sezione F, punto 1, secondo comma, lett. b), di quest’ultimo.

32

Questo motivo deve essere disatteso.

33

Occorre rilevare anzitutto che, se è vero che l’art. 24, n. 4, del regolamento impugnato dispone che ogni menzione tradizionale che figura nell’allegato III è legata ad una o più categorie di vino, la protezione accordata alle menzioni iscritte è determinata più precisamente da altre disposizioni del regolamento di base e del regolamento impugnato.

34

Giova in particolare ricordare che:

conformemente all’art. 24, n. 2, del regolamento impugnato, le menzioni tradizionali iscritte nell’allegato III di quest’ultimo sono riservate ai vini cui si riferiscono e sono tutelate, ad esempio, contro qualsiasi imitazione e qualunque altra pratica che possa indurre il pubblico in errore, e

ai sensi del n. 3 dello stesso art. 24, per la designazione di un vino non possono essere utilizzati nell’etichettatura marchi contenenti le menzioni tradizionali riportate nel detto allegato III, se il vino in questione non ha diritto a tale menzione tradizionale.

 

35

Occorre poi rilevare che, nella presente causa, non è necessario verificare se, come sostiene il governo italiano, l’art. 24, n. 4, del regolamento impugnato affievolisca la protezione accordata alle menzioni tradizionali rispetto a quella di cui esse godevano in forza della normativa anteriore a tale regolamento.

36

Infatti, anche ammettendo che la detta disposizione abbia avuto un effetto del genere, cosa che la Commissione contesta vigorosamente, il governo italiano non ha affatto dimostrato che tale riduzione della protezione accordata alle menzioni tradizionali sia in contrasto con il regolamento di base.

37

Peraltro, poiché, con il primo motivo da essa dedotto, la Repubblica italiana intende contestare la portata della protezione delle menzioni tradizionali complementari criticando l’efficacia della stessa, occorre ricordare che la Commissione dispone di un ampio potere discrezionale in situazioni analoghe a quelle della fattispecie, che implicano la necessità di valutare tanto un mercato complesso quanto la natura o la portata dei provvedimenti da adottare e che, nel controllare l’esercizio di tale competenza, il giudice deve limitarsi ad esaminare se esso non sia viziato da errore manifesto o da sviamento di potere o se l’autorità di cui trattasi non abbia manifestamente superato i limiti del suo potere discrezionale (v. in tal senso, in particolare, sentenze 25 ottobre 2001, causa C-120/99, Italia/Consiglio, Racc. pag. I-7997, punto 44, e 9 settembre 2004, causa C-304/01, Spagna/Commissione, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 23).

38

Nella fattispecie, il governo italiano non ha dimostrato che la Commissione sia incorsa in un errore o in uno sviamento del genere nell’esercizio della sua competenza o, inoltre, che abbia manifestamente superato i limiti del suo potere discrezionale.

39

Per quanto riguarda l’argomento del governo italiano vertente sull’allegato VII, sezione B, punto 1, lett. b), del regolamento di base, è sufficiente constatare che tale disposizione non ha la portata che il governo ricorrente le attribuisce.

40

Prevedendo che l’etichettatura dei vini da tavola con indicazione geografica e dei v.q.p.r.d. possa essere completata da menzioni tradizionali complementari «secondo le modalità previste dallo Stato membro produttore», la detta disposizione non sarebbe affatto volta a obbligare la Commissione a far rispettare a livello comunitario la protezione precedentemente accordata alle menzioni tradizionali a livello nazionale.

41

Infine, per quanto riguarda l’asserita contraddizione tra l’allegato VII, sezione F, punto 1, secondo comma, lett. b), del regolamento di base e l’art. 24, n. 4, del regolamento impugnato, è sufficiente rilevare che esso non sussiste.

42

Non è stato infatti versato agli atti di causa alcun elemento idoneo a dimostrare che la protezione delle menzioni tradizionali istituita dall’allegato VII, sezione F, punto 1, del regolamento di base risulterebbe compromessa dall’attuazione dell’art. 24, n. 4, terzo comma, del regolamento impugnato.

43

Risulta da quanto precede che il primo motivo dedotto dalla Repubblica italiana a sostegno del suo ricorso deve essere respinto.

Sul secondo motivo, vertente sull’iscrizione di sedici menzioni tradizionali nell’allegato III, parte A, del regolamento impugnato

44

Con il secondo dei motivi dedotti la Repubblica italiana sostiene che a torto la Commissione ha iscritto sedici menzioni tradizionali italiane nella parte A dell’allegato III del regolamento impugnato, anziché nella parte B di quest’ultimo. Sotto questo profilo, si contesta alla Commissione di aver proceduto all’iscrizione delle menzioni tradizionali nella detta parte A seguendo criteri arbitrari. Ad avviso dalle autorità italiane, le sedici menzioni di cui trattasi soddisfacevano le condizioni indicate nella proposta di regolamento per poter rientrare nella parte B.

45

Il governo italiano afferma, in proposito, che il rifiuto di iscrivere le sedici menzioni tradizionali di cui trattasi nella detta parte B determina un grave danno economico e di immagine per gli interessati, poiché esiste una differenza sostanziale tra il grado di protezione attribuito dall’art. 24 del regolamento impugnato alle menzioni tradizionali rientranti nella parte B rispetto a quella di cui si giovano le menzioni rientranti nella parte A. Infatti, mentre le menzioni tradizionali rientranti in quest’ultima potrebbero essere cedute a paesi terzi, a condizioni equivalenti previste nello stesso art. 24, le menzioni tradizionali di cui alla parte B non potrebbero mai essere cedute a paesi terzi, a meno che non si ravvisino comprovati e preesistenti casi di omonimia sanciti dalle norme dei relativi paesi.

46

Secondo la Commissione, non occorre esaminare tale censura in quanto la distinzione tra parte A e parte B dell’allegato III del regolamento non ha prodotto alcun effetto giuridico, non essendo stato autorizzato l’uso di alcuna menzione per vini di paesi terzi in forza dell’art. 24, n. 8, del detto regolamento. Essa aggiunge che, con il suo regolamento (CE) 20 febbraio 2004, n. 316, recante modifica del regolamento n. 753/2002 (GU L 55, pag. 16), ha abrogato tale disposizione e abolito la distinzione tra le parti A e B del detto allegato III, cosicché le menzioni iscritte nell’una o nell’altra parte si sono fuse.

47

Occorre rilevare in proposito che l’informazione fornita dalla Commissione secondo la quale non è stata concessa a paesi terzi alcuna autorizzazione ai sensi dell’art. 24, n. 8, del regolamento impugnato non è stata contestata dalla Repubblica italiana. Per tale ragione occorre constatare che l’iscrizione delle sedici menzioni tradizionali nell’allegato III, parte A, di tale regolamento non ha prodotto alcun effetto giuridico. Inoltre, con l’abrogazione della detta norma e la fusione delle due parti dell’allegato III, il danno dedotto dal governo italiano, derivante dall’iscrizione delle sedici menzioni tradizionali nella parte A dell’allegato, non può più prodursi.

48

Ciò considerato, si deve dichiarare che il secondo motivo dedotto dalla Repubblica italiana a sostegno del suo ricorso è privo di oggetto e, pertanto, non vi è luogo a statuire in proposito.

Sul terzo motivo, vertente sulla menzione «Vinsanto»

49

Con tale motivo, che si articola in due parti, la Repubblica italiana contesta alla Commissione il fatto di aver inserito, con riferimento alla Grecia, nell’allegato III, parte B, del regolamento impugnato la menzione «Vinsanto» in caratteri latini per quanto riguarda i v.q.p.r.d. e i v.l.q.p.r.d. con denominazione di origine Santorini. Con la prima parte di questo motivo essa sostiene che la Commissione ha applicato erroneamente i criteri che consentono di riconoscere la denominazione Vinsanto come menzione tradizionale. Con la seconda parte del detto motivo si contesta alla Commissione di essere incorsa in un eccesso di potere applicando disposizioni relative all’uso delle lingue per l’etichettatura dettate all’allegato VII, sezione D, punto 1, del regolamento di base, e di aver proceduto ad un’interpretazione illegittima di tali disposizioni.

Sulla prima parte del terzo motivo

–    Argomenti delle parti

50

La Repubblica italiana nega, in sostanza, che la Commissione abbia applicato correttamente i criteri che consentono di riconoscere la denominazione Vinsanto come menzione tradizionale.

51

Essa sostiene che la Repubblica ellenica, sul fondamento della normativa vigente fino all’adozione del regolamento impugnato, non poteva utilizzare il termine «Vinsanto» per i v.q.p.r.d., giacché tale menzione tradizionale non era stata inserita nell’elenco previsto dall’art. 14, n. 3, del regolamento n. 3201/90. Il detto Stato membro non sarebbe pertanto stato in grado di dimostrare un uso tradizionale nel proprio territorio per almeno dieci anni ai sensi dell’art. 24, n. 5, del regolamento impugnato. Inoltre, la Commissione non avrebbe prodotto la legislazione greca attestante tale tradizione.

52

Quest’ultima replica anzitutto che, nell’adottare l’elenco di cui all’allegato III del regolamento impugnato, non era giuridicamente tenuta ad osservare i criteri che essa stessa aveva contestualmente stabilito all’art. 24, nn. 5 e 6, di tale regolamento, che si applicano alle domande presentate successivamente all’entrata in vigore di quest’ultimo.

53

Per quanto riguarda la menzione «Vinsanto», la Commissione si sarebbe fondata, per iscriverla nel detto allegato, sulla normativa ellenica vigente.

54

Peraltro, in certi casi, talune menzioni tradizionali, tra le quali anche menzioni italiane, sono state inserite nell’allegato III del regolamento impugnato anche se non rientravano nell’elenco previsto dall’art. 14, n. 3, del regolamento n. 3201/90.

55

La Commissione aggiunge che, contrariamente a quanto sembra sostenere il governo italiano, se è vero che l’art. 24, n. 5, del regolamento impugnato richiede, per un verso, che le menzioni tradizionali siano precisamente definite nella legislazione di uno Stato membro e, per altro verso, che esse siano state utilizzate tradizionalmente per almeno dieci anni nello Stato membro in questione, esso non impone però che la normativa nazionale pertinente sia rimasta in vigore per dieci anni.

–    Giudizio della Corte

56

Senza che occorra accertare se la Commissione fosse tenuta, allorché ha adottato l’allegato III del regolamento impugnato, a conformarsi ai criteri da essa definiti in proposito all’art. 24 di quest’ultimo, occorre rilevare che la Repubblica italiana non ha dimostrato che l’iscrizione della menzione tradizionale «Vinsanto» sia in contrasto con i criteri enunciati ai nn. 5 e 6 della disposizione in oggetto.

57

Per quanto riguarda, infatti, il requisito posto dall’art. 24, n. 5, lett. a), del regolamento impugnato, secondo il quale una menzione tradizionale deve essere precisamente definita nella legislazione nello Stato membro di cui trattasi, è pacifico che tale requisito era soddisfatto nella fattispecie, atteso che la menzione «Vinsanto» risulta dalle decisioni del Ministro greco dell’agricoltura nn. 235308 e 235309 del 7 febbraio 2002, che modificano la normativa sulle denominazioni di origine e regolamentano l’uso delle menzioni tradizionali (FEK B’ 179/19.2.2002, pagg. 2225 e 2226).

58

Il detto art. 24, n. 5, peraltro, non implica affatto che la normativa nazionale di cui trattasi debba essere stata in vigore per dieci anni. Tale disposizione, infatti, si limita, alla lett. c), ad imporre che la menzione sia stata utilizzata tradizionalmente per almeno dieci anni, requisito che, stando alle informazioni fornite dalla Commissione, nel caso della menzione «Vinsanto» risultava soddisfatto.

59

Inoltre, nulla nelle disposizioni di cui trattasi prescrive che la menzione tradizionale sia stata inserita in un elenco come quello cui fa riferimento l’art. 14, n. 3, del regolamento n. 3201/90.

60

Alla luce delle suesposte considerazioni, la prima parte del terzo motivo non può essere accolta.

Sulla seconda parte del terzo motivo

– Argomenti delle parti

61

La Repubblica italiana afferma che la Commissione, inserendo nell’allegato III, parte B, del regolamento impugnato, con riferimento ai vini greci aventi denominazione di origine Santorini, la menzione tradizionale «Vinsanto» scritta unicamente in caratteri latini, ha violato l’allegato VII, sezione D, punto 1, del regolamento di base, relativo alle lingue utilizzabili per le menzioni tradizionali.

62

In proposito essa rinvia al secondo comma del detto punto 1, secondo il quale le lingue utilizzabili per le menzioni tradizionali sono unicamente le lingue ufficiali dello Stato membro sul cui territorio il prodotto è stato elaborato, e al terzo comma dello stesso punto, in forza del quale, per i prodotti originari della Grecia, le indicazioni di cui trattasi possono essere soltanto «ripetute» in una o più lingue ufficiali della Comunità.

63

La Repubblica italiana afferma che la protezione della menzione tradizionale «Vinsanto» esclusivamente in caratteri latini per la Grecia equivale ad accordare tale protezione nella sola lingua italiana. A suo parere, il detto allegato VII nonché l’art. 24 e l’allegato III del regolamento impugnato disciplinano soltanto l’uso della «lingua» e non quello dei «caratteri». Essa ritiene che la Commissione abbia fatto rinvio ai «caratteri latini» al solo scopo di non fare riferimento alla lingua latina o alla lingua italiana, poiché l’indicazione della sola lingua italiana sarebbe stata in contrasto con il regolamento di base che prevede la «ripetizione» della menzione tradizionale tradotta in un’altra lingua ufficiale della Comunità.

64

Secondo il governo italiano non sarebbe nemmeno possibile ricondurre i «caratteri latini» alle disposizioni di cui all’allegato VII, sezione D, punto 1, sesto comma, del regolamento di base, secondo il quale le menzioni tradizionali possono essere redatte «in un’altra lingua se essa è quella utilizzata tradizionalmente per tali indicazioni», dato che la menzione tradizionale «Vinsanto» non è protetta in un’altra lingua, ad esempio la lingua latina, bensì in lingua italiana, che fa parte delle lingue ufficiali della Comunità il cui utilizzo è disciplinato dal citato allegato VII, sezione D, punto 1.

65

Infine, secondo detto governo, non è stata fornita la prova dell’uso delle indicazioni cui fa riferimento l’allegato VII, sezione D, punto 1, secondo comma, del regolamento di base per almeno 25 anni, conformemente all’art. 24, n. 9, del regolamento impugnato, per quanto riguarda l’uso di una lingua diversa dalla lingua ufficiale di uno Stato membro e considerata come tradizionale con riferimento a una menzione tradizionale.

66

La Commissione, con riferimento alla menzione «Vinsanto», sostiene che la deroga al principio dell’uso della lingua dello Stato membro produttore è giustificata alla luce della regola sancita all’allegato VII, sezione D, punto 1, sesto comma, del regolamento di base.

–    Giudizio della Corte

67

Occorre ricordare che l’allegato VII, sezione D, punto 1, sesto comma, del regolamento di base, che, secondo la Commissione, le ha permesso di inserire nell’allegato III del regolamento impugnato la menzione «Vinsanto» in caratteri latini, dispone che «gli Stati membri produttori possono consentire, per i loro prodotti, che le indicazioni di cui al secondo comma siano redatte in un’altra lingua se essa è quella utilizzata tradizionalmente per tali indicazioni».

68

In proposito occorre rilevare che, in tale disposizione, l’espressione «un’altra lingua» non fa riferimento a lingue determinate.

69

Orbene, perché la menzione «Vinsanto» in caratteri latini sia conforme alle prescrizioni dell’allegato VII, sezione D, punto 1, sesto comma, del regolamento di base in un caso in cui la lingua utilizzata non sia quella dello Stato membro produttore, è necessario che l’uso di tale lingua sia tradizionale per l’indicazione della menzione di cui trattasi.

70

In proposito l’art. 24, n. 9, del regolamento impugnato dispone che l’utilizzazione di una lingua diversa dalla lingua ufficiale del paese è considerata tradizionale se l’utilizzazione di tale lingua è prevista dalla legislazione del paese e se tale lingua è utilizzata per questa menzione tradizionale in modo costante da almeno 25 anni.

71

Da un lato, la Repubblica italiana non contesta che la Commissione abbia riconosciuto la menzione tradizionale complementare «Vinsanto» in caratteri latini per conformarsi alla normativa nazionale pertinente. D’altro lato, tenuto conto della documentazione trasmessa alla Commissione dalla Repubblica ellenica, non si deve ritenere che la Commissione sia incorsa in un errore nell’ammettere che la menzione «Vinsanto» in caratteri latini sia stata utilizzata in modo costante da almeno 25 anni.

72

Questa seconda parte del terzo motivo dedotto dalla Repubblica italiana a sostegno del suo ricorso va quindi respinta in quanto infondata, cosicché l’intero motivo deve essere disatteso.

Sul quarto motivo, vertente sulla menzione tradizionale «Ruby»

Argomenti delle parti

73

Con il quarto dei motivi dedotti la Repubblica italiana sostiene che l’allegato III, parte B, del regolamento impugnato viola il principio di parità di trattamento in quanto tratta in maniera diversa due categorie di prodotti simili, concedendo l’utilizzazione della menzione «Ruby» alla denominazione di origine portoghese DO Porto, negandola invece alla denominazione italiana DOC Marsala, nonostante la dimostrata legittimità dell’uso di tale menzione da parte dei produttori di Marsala.

74

A suo parere, ammettendo che il diritto di utilizzare in via esclusiva la menzione tradizionale «Ruby» sia riservato ai produttori di Porto, la protezione per categoria dei prodotti implica che tale esclusione opera soltanto nei confronti del Marsala – che, come il Porto, è un v.l.q.p.r.d. – e non nei confronti delle categorie di vini che non siano v.l.q.p.r.d.

75

Il governo italiano contesta inoltre l’argomento della Commissione secondo il quale la Repubblica italiana avrebbe dovuto impugnare le pertinenti disposizioni del regolamento (CE) della Commissione 24 aprile 1998, n. 881, recante modalità di applicazione relative alla protezione delle diciture tradizionali complementari utilizzate per alcuni tipi di v.q.p.r.d. (GU L 124, pag. 122), che già aveva riservato al Porto l’utilizzazione della menzione «Ruby», escludendola invece per il Marsala.

76

La Commissione afferma che la situazione dei produttori di Marsala non è paragonabile a quella dei produttori di Porto e che, comunque, la differenza di trattamento è oggettivamente giustificata.

77

Essa rileva in primo luogo che, mentre nel caso del Porto «Ruby» designa un particolare tipo di vino rosso, per il Marsala, la dicitura «Rubino» segnala soltanto che si tratta di vino rosso e non bianco. In secondo luogo, mentre nel caso del Porto la menzione tradizionale esiste solo in lingua inglese, e mentre quel particolare tipo di Porto rosso che va sotto il nome di «Ruby» può essere adeguatamente designato solo con questa espressione, i vini Marsala rossi possono essere designati senza ambiguità con la menzione «Rubino», che difatti figura nell’allegato III, parte A, del regolamento impugnato.

Giudizio della Corte

78

Occorre rilevare preliminarmente che il regolamento impugnato, riservando alla denominazione di origine DO Porto l’uso della menzione «Ruby», non fa che confermare la scelta effettuata nel regolamento n. 881/98. In quest’ultimo, infatti, la menzione «Ruby» era stata riservata, in Portogallo, alla denominazione DO Porto, mentre, per l’Italia, per quanto riguarda la denominazione DOC Marsala era stata accolta la menzione «Rubino».

79

In proposito, occorre ricordare che il principio generale della parità di trattamento, che è uno dei principi fondamentali del diritto comunitario, richiede che situazioni paragonabili non siano trattate in maniera diversa e che situazioni diverse non siano trattate in maniera uguale, salvo obiettiva necessità (v., in particolare, sentenza Spagna/Commissione, cit., punto 31).

80

Orbene, giustamente la Commissione sostiene che, nel presente contesto, molti sono i motivi per non ritenere la situazione dei vini di DO Porto paragonabile a quella dei vini DOC Marsala.

81

La menzione «Ruby», infatti, non indica soltanto che si tratta di un vino rosso, come avviene nel caso della menzione «Rubino» utilizzata per il Marsala, bensì designa un determinato tipo di Porto rosso, dotato di caratteristiche specifiche rispetto agli altri Porto rossi. Inoltre, mentre nel caso del Porto la menzione tradizionale esiste soltanto in inglese, risulta dalla legge italiana 28 novembre 1984, n. 851, recante nuova disciplina del vino Marsala (GURI n. 347 del 19 dicembre 1984, pag. 10579), che qualunque tipo di Marsala può recare la menzione «Rubino».

82

Pertanto, siccome tratta in modo diverso situazioni diverse, il rifiuto di consentire l’uso della menzione complementare «Ruby» per il Marsala non contravviene al principio della parità di trattamento.

83

Il quarto motivo dedotto dalla Repubblica italiana a sostegno del suo ricorso deve essere pertanto respinto.

84

Atteso che tutti i motivi dedotti dalla Repubblica italiana vanno disattesi, il ricorso deve essere integralmente respinto.

 

Sulle spese

85

Ai sensi dell’art. 69, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché la Commissione ha chiesto la condanna della Repubblica italiana, quest’ultima, rimasta soccombente, deve essere condannata alle spese.

 

 

 

Per questi motivi, la Corte (Seconda Sezione) dichiara e statuisce:

1)

Il ricorso è respinto.

2)

La Repubblica italiana è condannata alle spese.

 

Firme


Sentenza della Corte (Seconda Sezione)
12 maggio 2005 – Causa C-347/03

«Relazioni esterne – Accordo CE-Ungheria sulla tutela e il controllo reciproci delle denominazioni dei vini – Tutela nella Comunità di una denominazione di vini provenienti dall’Ungheria – Indicazione geografica “Tokaj” – Scambio di lettere – Possibilità di utilizzare il termine “Tocai” nella menzione “Tocai friulano” o “Tocai italico” per la designazione e la presentazione di taluni vini italiani, in particolare dei vini di qualità prodotti in una regione determinata (“v.q.p.r.d.”), durante un periodo transitorio che scade il 31 marzo 2007 – Esclusione di tale possibilità dopo il periodo transitorio – Validità – Fondamento giuridico – Art. 133 CE – Principi di diritto internazionale relativi ai trattati – Artt. 22-24 dell’accordo ADPIC (TRIPs) – Tutela dei diritti fondamentali – Diritto di proprietà»

Nel procedimento C-347/03,

avente ad oggetto una domanda di pronuncia pregiudiziale ai sensi dell’art. 234 CE, proposta alla Corte dal Tribunale amministrativo regionale per il Lazio con ordinanza 9 giugno 2003, pervenuta in cancelleria il 7 agosto 2003, nella causa dinanzi ad esso pendente tra

Regione Autonoma Friuli-Venezia Giulia e Agenzia regionale per lo sviluppo rurale (ERSA)

e

Ministero delle Politiche Agricole e Forestali,

in presenza di:

Regione Veneto,

LA CORTE (Seconda Sezione),

composta dal sig. C.W.A. Timmermans (relatore), presidente di sezione, dalla sig.ra R. Silva de Lapuerta, dai sigg. R. Schintgen, G. Arestis e J. Klučka, giudici,

avocato generale: sig. F.G. Jacobs

cancelliere: sig.ra L. Hewlett, amministratore principale,

vista la fase scritta del procedimento e in seguito alla trattazione orale del 14 ottobre 2004,

viste le osservazioni scritte presentate:

–       per la Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia e l’Agenzia regionale per lo sviluppo rurale (ERSA), dagli avv.ti E. Bevilacqua e F. Capelli;

–       per il governo italiano, dal sig. I.M. Braguglia, in qualità di agente, assistito dal sig. M. Fiorilli, avvocato dello Stato;

–       per il governo ungherese, dalla sig.ra J. Fazekas e dal sig. M. Ficsor, in qualità di agenti;

–       per il Consiglio dell’Unione europea, dai sigg. F. Ruggeri Laderchi e F. Florindo Gijón, in qualità di agenti;

–       per la Commissione delle Comunità europee, dalla sig.ra E. Righini e dal sig. F. Dintilhac, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 16 dicembre 2004,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1       La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sulla validità e sull’interpretazione della decisione del Consiglio 23 novembre 1993, 93/724/CE, concernente la conclusione di un accordo tra la Comunità europea e la Repubblica d’Ungheria sulla tutela e il controllo reciproci delle denominazioni dei vini (GU L 337, pag. 93; in prosieguo: l’«accordo CE-Ungheria sui vini»), e del regolamento (CE) della Commissione 29 aprile 2002, n. 753, che fissa talune modalità di applicazione del regolamento (CE) n. 1493/1999 del Consiglio per quanto riguarda la designazione, la denominazione, la presentazione e la protezione di taluni prodotti vitivinicoli (GU L 118, pag. 1).

2       Tale domanda è stata presentata nell’ambito della controversia tra, da un lato, la Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia e l’Agenzia regionale per lo sviluppo rurale (ERSA) (in prosieguo, congiuntamente: «la Regione e l’ERSA») e, dall’altro, il Ministero delle Politiche Agricole e Forestali.

3       La controversia ha ad oggetto una domanda di annullamento del decreto ministeriale 26 settembre 2002, concernente condizioni nazionali per l’utilizzo, in deroga al disposto dell’art. 19, n. 1, lett. c), del regolamento (CE) n. 753/2002, dei nomi di varietà di vite e dei loro sinonimi comprendenti un’indicazione geografica, elencati nell’allegato II del citato regolamento, che possono figurare nell’etichettatura dei VQPRD [vini di qualità prodotti in una regione determinata] e vini IGT [indicazioni geografiche tipiche] italiani (GURI 21 ottobre 2002, n. 247, pag. 3; in prosieguo: il «decreto 26 settembre 2002»), nella parte in cui esclude l’utilizzo del termine «Tocai» nella menzione «Tocai friulano» o nel suo sinonimo «Tocai italico» per la designazione e la presentazione di taluni vini italiani, in particolare dei vini di qualità prodotti in una regione determinata (in prosieguo: i «v.q.p.r.d.»), alla fine di un periodo transitorio che scade il 31 marzo 2007.

 Contesto normativo

 Diritto internazionale

 La convenzione di Vienna sul diritto dei Trattati

4       L’art. 48, n. 1, della convenzione di Vienna sul diritto dei Trattati del 23 maggio 1969 dispone quanto segue:

«Uno Stato può invocare un errore in un trattato come vizio del suo consenso a vincolarsi a quel trattato se l’errore riguarda un fatto o una situazione che quello Stato supponeva esistente al momento in cui il trattato è stato concluso e che costituiva una base essenziale del consenso di quello Stato a vincolarsi al trattato».

5       Ai sensi dell’art. 59 della stessa convenzione:

«1.      Si ritiene che un trattato abbia avuto termine qualora tutte le parti del trattato abbiano concluso successivamente un trattato sullo stesso argomento e:

a)      se risulta dal trattato successivo o è in altro modo accertato che era intenzione delle parti di regolare la materia in questione con tale trattato; o

b)      se le disposizioni del trattato successivo sono incompatibili con quelle del trattato precedente in modo tale che non sia possibile applicare due trattati contemporaneamente.

(…)».

 La Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali

6       L’art. 1 del protocollo addizionale n. 1 alla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, sottoscritta a Roma il 4 novembre 1950 (in prosieguo: la «CEDU»), così recita:

«Ogni persona fisica o giuridica ha diritto al rispetto dei suoi beni. Nessuno può essere privato della sua proprietà se non per causa di utilità pubblica e nelle condizioni previste dalla legge e dai principi generali del diritto internazionale.

Le disposizioni precedenti non portano pregiudizio al diritto degli Stati di mettere in vigore le leggi da essi ritenute necessarie per disciplinare l’uso dei beni in modo conforme all’interesse generale o per assicurare il pagamento delle imposte o di altri contributi o delle ammende».

 Il diritto derivato dall’accordo che istituisce l’Organizzazione mondiale del commercio

7       L’accordo sugli aspetti dei diritti di proprietà intellettuale attinenti al commercio (in prosieguo: l’«accordo ADPIC», in lingua inglese «TRIPs»), che figura all’allegato 1 C dell’accordo che istituisce l’Organizzazione mondiale del commercio (in prosieguo: l’«accordo OMC»), è stato approvato a nome della Comunità europea, per le materie di sua competenza, con decisione del Consiglio 22 dicembre 1994, 94/800/CE (GU L 336, pag. 1).

8       L’art. 1, n. 2, dell’accordo ADPIC, intitolato «Natura e ambito degli obblighi», dispone quanto segue:

«Ai fini del presente accordo, l’espressione “proprietà intellettuale” comprende tutte le categorie di proprietà intellettuale di cui alla parte II, sezioni da 1 a 7».

9       Gli artt. 22-24 dell’accordo ADPIC figurano nella parte II dello stesso accordo, dedicata alle «Norme relative all’esistenza, all’ambito e all’esercizio dei diritti di proprietà intellettuale», nella sezione 3 di tale titolo, relativa alle «Indicazioni geografiche».

10     Ai sensi dell’art. 22 di tale accordo, intitolato «Protezione delle indicazioni geografiche»:

«1.      Ai fini del presente accordo, per indicazioni geografiche si intendono le indicazioni che identificano un prodotto come originario del territorio di un membro, o di una regione o località di detto territorio, quando una determinata qualità, la notorietà o altre caratteristiche del prodotto siano essenzialmente attribuibili alla sua origine geografica.

(…)».

11     L’art. 23 dell’accordo ADPIC, intitolato «Protezione aggiuntiva delle indicazioni geografiche per i vini e gli alcolici», così recita:

«1.      Ciascun membro prevede i mezzi legali atti a consentire alle parti interessate di impedire l’uso di un’indicazione geografica che identifichi dei vini per vini non originari del luogo indicato dall’indicazione geografica in questione, o di un’indicazione geografica che identifichi degli alcolici per alcolici non originari del luogo indicato dall’indicazione geografica in questione (…).

(…)

3.      Nel caso di indicazioni geografiche omonime relative a vini, la protezione viene accordata a ciascuna indicazione (…). Ciascun membro determina le condizioni pratiche alle quali le indicazioni omonime in questione saranno distinte l’una dall’altra, tenendo conto della necessità di fare in modo che i produttori interessati ricevano un trattamento equo e che i consumatori non siano tratti in inganno.

(…)».

12     L’art. 24 dello stesso accordo, intitolato «Negoziati internazionali. Eccezioni», dispone quanto segue:

«1.      I membri convengono di avviare negoziati al fine di aumentare la protezione di singole indicazioni geografiche ai sensi dell’articolo 23. (…)

(…)

3.      Nell’attuare la presente sezione, un membro non può diminuire la protezione delle indicazioni geografiche vigente nel suo ambito immediatamente prima della data di entrata in vigore dell’accordo OMC.

4.      Nessuna disposizione della presente sezione obbliga un membro ad impedire l’uso continuato e simile di una particolare indicazione geografica di un altro membro che identifichi vini o alcolici, in relazione a prodotti o servizi, da parte di suoi cittadini o di residenti nel suo territorio che abbiano utilizzato tale indicazione geografica in modo continuato per gli stessi prodotti o servizi o per prodotti o servizi ad essi affini nel territorio di detto membro (a) per almeno 10 anni prima del 15 aprile 1994 o (b) in buona fede prima di tale data.

(…)

6.      (…) La presente sezione non obbliga in alcun modo un membro ad applicarne le disposizioni in relazione ad un’indicazione geografica di qualsiasi altro membro per vini per i quali la pertinente indicazione sia identica alla denominazione comune di una varietà d’uva esistente nel territorio di detto membro alla data di entrata in vigore dell’accordo OMC.

(…)».

 L’accordo di associazione CE-Ungheria

13     L’accordo europeo che istituisce un’associazione tra le Comunità europee e i loro Stati membri, da una parte, e la Repubblica d’Ungheria, dall’altra, concluso ed approvato a nome della Comunità con decisione del Consiglio e della Commissione 13 dicembre 1993, 93/742/Euratom, CECA, CE (GU L 347, pag. 1; in prosieguo: l’«accordo di associazione CE-Ungheria»), è stato firmato il 16 dicembre 1991 a Bruxelles e, conformemente al suo art. 123, secondo comma, è entrato in vigore il 1° febbraio 1994.

14     In attesa dell’entrata in vigore dell’accordo di associazione CEUngheria, l’accordo interinale tra la Comunità economica europea e la Comunità europea del carbone e dell’acciaio, da un lato, e la Repubblica d’Ungheria, dall’altro, sul commercio e sulle questioni connesse, è stato concluso ed approvato a nome della Comunità con decisione del Consiglio 25 febbraio 1992, 92/230/CEE (GU L 116, pag. 1; in prosieguo: l’«accordo interinale CEUngheria»). Tale accordo è stato sottoscritto il 16 dicembre 1991 a Bruxelles ed è entrato in vigore il 25 febbraio 1992.

 L’accordo CE-Ungheria sui vini

15     L’accordo CE-Ungheria sui vini, sottoscritto a Bruxelles il 29 novembre 1993, è stato concluso ed approvato a nome della Comunità con decisione 93/724 ed è entrato in vigore il 1° aprile 1994.

16     Il primo «visto» della decisione 93/724 così recita:

«visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l’articolo [133]».

17     Il primo e il terzo ‘considerando’ della detta decisione sono del seguente tenore:

«considerando che la conclusione dell’accordo negoziato tra la Comunità europea e la Repubblica d’Ungheria sulla tutela e il controllo reciproci delle denominazioni dei vini consentirà di combattere più efficacemente la concorrenza sleale nell’esercizio del commercio, di tutelare meglio il consumatore e di promuovere gli scambi di vino tra le due parti contraenti; che è pertanto opportuno approvare l’accordo suddetto;

(…)

considerando che, trattandosi di un accordo le cui disposizioni sono direttamente connesse alle misure disciplinate dalla politica commerciale [e] agricola comune, [in particolare dalla normativa comunitaria del settore vitivinicolo,] è necessario attuare tale accordo sul piano comunitario».

18     Ai sensi dell’art. 1 della stessa decisione:

«Sono approvati a nome della Comunità l’accordo tra la Comunità europea e la Repubblica d’Ungheria sulla tutela e il controllo reciproci delle denominazioni dei vini e il protocollo, gli scambi di lettere e le dichiarazioni ad esso allegati.

Il testo degli atti di cui al primo comma è accluso alla presente decisione».

19     Il primo «visto» dell’accordo CE-Ungheria sui vini enuncia quanto segue:

«visto l’accordo europeo che istituisce un’associazione tra le Comunità europee e i loro Stati membri, da una parte, e la Repubblica d’Ungheria, dall’altra, firmato a Bruxelles il 16 dicembre 1991».

20     L’art. 1 dell’accordo CE-Ungheria sui vini così recita:

«Le parti contraenti convengono, sulla base della reciprocità, di tutelare e di controllare le denominazioni di vini originari della Comunità e dell’Ungheria alle condizioni stabilite nel presente accordo».

21     L’art. 2, n. 2, dello stesso accordo stabilisce quanto segue:

«Ai fini dell’applicazione del presente accordo e fatte salve disposizioni contrarie si intende per:

(…)

–      “indicazione geografica”, un’indicazione, inclusa la “denominazione d’origine”, che è riconosciuta dalle disposizioni legislative e regolamentari di una delle parti contraenti per la descrizione e la presentazione di un vino originario del territorio della parte contraente di cui trattasi o di una regione o località di tale territorio in cui una determinata qualità, la rinomanza o altre caratteristiche del vino sono sostanzialmente attribuibili alla sua origine geografica;

(...)».

22     Ai sensi dell’art. 4 del detto accordo:

«1. Sono protetti i seguenti nomi:

a)      per quanto concerne i vini originari della Comunità:

(…)

–       le indicazioni geografiche e le espressioni tradizionali di cui all’allegato (...).

b)      per quanto concerne i vini originari dell’Ungheria:

(…)

–       le indicazioni geografiche e le espressioni tradizionali di cui all’allegato, quali figurano nella legislazione ungherese sul vino (…).

(…).

3.      Nella Comunità, le denominazioni ungheresi protette:

–       sono riservate esclusivamente ai vini originari dell’Ungheria a cui si applicano, e

–       possono essere utilizzate esclusivamente alle condizioni stabilite dalle disposizioni legislative e regolamentari vigenti in Ungheria.

(…)

5.      In caso di indicazioni geografiche omonime o identiche:

a)      se due indicazioni protette in virtù del presente accordo sono omonime o identiche, la tutela sarà accordata a entrambe le indicazioni a condizione che:

–       la denominazione geografica in questione sia stata utilizzata tradizionalmente e costantemente per descrivere e presentare un vino prodotto nella zona geografica a cui si fa riferimento;

–       il vino non sia presentato ai consumatori in modo ingannevole come se fosse originario del territorio dell’altra parte contraente;

(…)

In tali casi, le parti contraenti stabiliscono le modalità per differenziare le indicazioni omonime di cui trattasi tenendo conto della necessità di garantire un equo trattamento ai produttori interessati e di non indurre in errore i consumatori».

23     Nella parte B («Vini originari della Repubblica d’Ungheria»), sub I («Indicazioni geografiche»), punto 3.4 («Regione di produzione determinata TokajHegyalija»), dell’allegato dell’accordo CE-Ungheria sui vini, intitolato «Lista dei nomi protetti per i vini menzionati all’articolo 4», figura, in particolare, la denominazione «Tokaj». La parte A («Per quanto riguarda la Comunità europea») dell’allegato non comprende le menzioni «Tocai friulano» o «Tocai italico».

24     Lo scambio di lettere concernente l’articolo 4 dell’accordo tra la Comunità europea e la Repubblica d’Ungheria sulla tutela e il controllo reciproci delle denominazioni dei vini (GU L 337, pag. 169; in prosieguo: lo «scambio di lettere sul Tocai»), che costituisce uno degli atti di cui all’art. 1, primo comma, della decisione 93/724, è a sua volta entrato in vigore il 1° aprile 1994.

25     Dopo aver fatto riferimento all’art. 4, n. 3, dell’accordo CE-Ungheria sui vini, i firmatari delle dette lettere confermano che:

«1)      Per un periodo transitorio di tredici anni a decorrere dall’entrata in vigore del suddetto accordo, l’applicazione del medesimo non osta alla lecita utilizzazione del termine “Tocai” per la designazione e la presentazione di taluni v.q.p.r.d. italiani alle condizioni che seguono.

Fatte salve le disposizioni comunitarie particolari ed eventualmente nazionali più restrittive, detto vino deve essere

–       ottenuto dalla varietà di vite “Tocai friulano”;

–       prodotto a partire da uve raccolte interamente nelle regioni italiane Veneto o Friuli;

–       designato e presentato unicamente con il nome della varietà “Tocai friulano” o con il suo sinonimo “Tocai italico”; tali termini devono figurare insieme, senza alcuna menzione intermediaria e in caratteri dello stesso tipo e delle stesse dimensioni su una sola riga nonché separatamente dal nome dell’unità geografica da cui proviene il vino; inoltre, la dimensione dei caratteri utilizzati per tali termini non può superare quella dei caratteri che indicano il nome della suddetta unità geografica;

–       commercializzato al di fuori del territorio dell’Ungheria.

(…)

4)      Fatte salve le disposizioni di cui al punto 3, la possibilità di utilizzare la denominazione “Tocai”, conformemente alle condizioni di cui al punto 1, scade al termine del periodo transitorio di cui allo stesso punto.

(…)».

26     Secondo la Dichiarazione congiunta concernente l’articolo 4, paragrafo 5, dell’accordo [CE-Ungheria sui vini] (GU 1993, L 337, pag. 171; in prosieguo: la «Dichiarazione congiunta sull’omonimia»), che costituisce a sua volta uno degli atti di cui all’art. 1, primo comma, della decisione 93/724:

«Per quanto riguarda l’articolo 4, paragrafo 5, lettera a), le parti contraenti rilevano che al momento dei negoziati esse non erano al corrente di casi specifici ai quali le disposizioni di detto articolo potessero essere applicabili.

(…)».

 La normativa comunitaria relativa all’organizzazione comune del mercato vitivinicolo (in prosieguo: l’«OCM vitivinicola»)

 L’OCM vitivinicola in vigore al momento della conclusione dell’accordo CEUngheria sui vini

27     Ai sensi dell’art. 63 del regolamento (CEE) del Consiglio 16 marzo 1987, n. 822, relativo all’organizzazione comune del mercato vitivinicolo (GU L 84, pag. 1):

«1.      I vini importati destinati al consumo umano diretto e designati con un’indicazione geografica possono beneficiare, ai fini della commercializzazione nella Comunità e nell’ambito di una reciprocità d’impegni, del controllo e della protezione previsti per i v.q.p.r.d. dall’articolo [15 del regolamento n. 823/87].

2.      La disposizione di cui al paragrafo 1 sarà attuata tramite accordi che verranno negoziati e conclusi con i paesi terzi interessati secondo la procedura prevista dall’articolo [133 CE].

3.      Le modalità di applicazione del presente articolo sono stabilite secondo la procedura prevista all’articolo 83».

28     Ai sensi dell’art. 1, n. 3, del regolamento (CEE) del Consiglio 16 marzo 1987, n. 823, che stabilisce disposizioni particolari per i vini di qualità prodotti in regioni determinate (GU L 84, pag. 59), come modificato dal regolamento (CEE) del Consiglio 19 giugno 1989, n. 2043 (GU L 202, pag. 1; in prosieguo: il «regolamento n. 823/87»):

«Gli Stati membri trasmettono alla Commissione l’elenco dei v.q.p.r.d. da essi riconosciuti, indicando per ciascuno di questi v.q.p.r.d. il riferimento alle disposizioni nazionali che disciplinano la loro produzione ed elaborazione.

La Commissione provvede alla pubblicazione di detto elenco nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee, serie C».

29     L’art. 4, n. 1, del regolamento n. 823/87 dispone quanto segue:

«Ogni Stato membro compila un elenco delle varietà di vite atte alla produzione di ciascuno dei v.q.p.r.d. prodotti sul suo territorio, varietà (…) che devono appartenere alle categorie raccomandate o autorizzate di cui all’articolo 13 del regolamento (CEE) n. 822/87».

30     Secondo l’art. 15, n. 4, del regolamento n. 823/87:

«(…)

Fatte salve le disposizioni comunitarie relative in particolare a certi tipi di v.q.p.r.d., gli Stati membri possono ammettere (…) che il nome di una regione determinata sia completato da una precisazione concernente il metodo di elaborazione o il tipo di prodotto, o dal nome di una varietà di vite o da un suo sinonimo.

(…)».

31     La denominazione «Tocai friulano» figura al titolo I dell’allegato del regolamento (CEE) della Commissione 16 dicembre 1981, n. 3800, che stabilisce la classificazione delle varietà di viti (GU L 381, pag. 1), in particolare nella parte V del primo sottotitolo, in quanto varietà di vite raccomandata o autorizzata in alcune province italiane.

32     L’art. 14, n. 1, del regolamento (CEE) del Consiglio 24 luglio 1989, n. 2392, che stabilisce le norme generali per la designazione e la presentazione dei vini e dei mosti di uve (GU L 232, pag. 13), così dispone:

«L’indicazione sull’etichettatura del nome di una varietà di vite di cui all’articolo 11, paragrafo 2, lettera n) per designare un v.q.p.r.d. può essere fatta unicamente se:

a)      tale varietà figura nell’elenco stabilito dagli Stati membri ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 1 del regolamento (CEE) n. 823/87 per designare i vitigni atti alla produzione di ciascuno dei v.q.p.r.d. prodotti nel loro territorio;

b)      la varietà è indicata con il nome che figura:

–       nella classe delle varietà raccomandate o autorizzate della classificazione delle varietà di vite per l’unità amministrativa interessata,

–       se del caso, in un elenco di sinonimi, da adottare; detto elenco può prevedere che un determinato sinonimo possa essere impiegato soltanto per designare un v.q.p.r.d. prodotto nelle zone di produzione in cui l’impiego del sinonimo stesso è tradizionale ed in uso;

(...).

e)      il nome di tale varietà non può essere confuso con il nome di una regione determinata o di un’unità geografica utilizzato per la designazione di un altro v.q.p.r.d. o di un vino importato».

33     L’art. 26, n. 1, dello stesso regolamento prevede quanto segue:

«Per i vini importati destinati al consumo umano diretto, designati da un’indicazione geografica ed inclusi in un elenco da adottare, la designazione sull’etichettatura contiene l’indicazione:

a)      del nome di un’unità geografica situata nel paese terzo interessato, secondo le condizioni di cui all’articolo 29;

(...)

Possono essere inclusi in questo elenco soltanto i vini importati per i quali è riconosciuta l’equivalenza delle condizioni di produzione di ciascun vino a quelle di un v.q.p.r.d. o di un vino da tavola con indicazione geografica».

34     L’art. 11 del regolamento (CEE) della Commissione 16 ottobre 1990, n. 3201, recante modalità di applicazione per la designazione e la presentazione dei vini e dei mosti di uve (GU L 309, pag. 1), così dispone:

«L’elenco delle indicazioni geografiche dei vini importati menzionato all’articolo 26, paragrafo 1, del regolamento (CEE) n. 2392/89 figura nell’allegato II.

I nomi iscritti in tale elenco sono indicati in modo da distinguerli chiaramente da altre indicazioni figuranti sull’etichetta del vino importato in causa, in particolare rispetto alle indicazioni geografiche di cui all’articolo 26, paragrafo 2, lettera b), del regolamento (CEE) n. 2392/89».

35     I vini ungheresi denominati «Tokaj» o «Tokaji» compaiono al titolo 11, punto 5, dell’allegato II del regolamento n. 3201/90, intitolato «Elenco (...) dei vini importati designati con un’indicazione geografica».

36     Ai sensi dell’art. 12, n. 1, di detto regolamento:

«L’elenco dei sinonimi dei nomi di varietà di viti che possono essere utilizzati per la designazione dei vini da tavola e dei v.q.p.r.d. in applicazione dell’articolo 5, paragrafo 1, lettera b), e dell’articolo 14, paragrafo 1, lettera b), del regolamento (CEE) n. 2392/89 figura nell’allegato III».

37     Al punto 5 del detto allegato III, intitolato «Elenco (...) dei sinonimi dei nomi di varietà di viti che possono essere utilizzati per la designazione dei vini da tavola e dei v.q.p.r.d.», compaiono la varietà «Tocai friulano» e il suo sinonimo «Tocai italico».

 L’OCM vitivinicola in vigore all’epoca della controversia nella causa principale

38     Il regolamento (CE) del Consiglio 17 maggio 1999, n. 1493, relativo all’organizzazione comune del mercato vitivinicolo (GU L 179, pag. 1), è divenuto applicabile a partire dal 1° agosto 2000.

39     L’art. 19, n. 1, di tale regolamento così dispone:

«Gli Stati membri compilano una classificazione delle varietà di viti per la produzione di vino. (…)».

40     Le disposizioni sulla designazione, la denominazione e la presentazione di taluni prodotti vitivinicoli e sulla protezione di talune indicazioni, menzioni e termini si trovano agli artt. 47-53 e negli allegati VII e VIII del detto regolamento.

41     L’art. 50 del regolamento n. 1493/1999 prevede quanto segue:

«1.      Gli Stati membri adottano tutte le misure necessarie per consentire agli interessati di impedire, secondo le condizioni previste dagli articoli 23 e 24 dell’accordo [ADPIC], l’utilizzazione nella Comunità di un’indicazione geografica volta ad identificare i prodotti di cui all’articolo 1, paragrafo 2, lettera b), per prodotti che non sono originari del luogo designato dall’indicazione geografica in questione (…).

2.      Ai fini del presente articolo, per “indicazione geografica” si intende l’indicazione che serve a identificare un prodotto come originario del territorio di un paese terzo membro dell’Organizzazione mondiale del commercio, oppure di una regione o di una località di questo territorio, qualora una determinata qualità, rinomanza o altra caratteristica del prodotto possa essere attribuita essenzialmente a tale origine geografica.

(…)».

42     Ai sensi dell’art. 52, n. 1, dello stesso regolamento:

«Se uno Stato membro attribuisce il nome di una regione determinata ad un v.q.p.r.d. nonché, se del caso, ad un vino destinato ad essere trasformato nel v.q.p.r.d. in questione, questo nome non può essere utilizzato per la designazione di prodotti del settore vitivinicolo che non provengono da questa regione e/o ai quali questo nome non è stato attribuito in conformità alle normative comunitaria e nazionale in vigore.

(…).

Fatte salve le disposizioni comunitarie riguardanti specificamente taluni tipi di v.q.p.r.d., gli Stati membri possono consentire, secondo condizioni di produzione da essi fissate, che il nome di una regione determinata sia connesso con una precisazione relativa alle modalità di preparazione o al tipo di prodotto, ovvero con il nome di una varietà di [vite] od un suo sinonimo.

(…)».

43     Dall’allegato VII, parte A, punti 1 e 2, del regolamento n. 1493/1999 deriva che l’etichettatura dei v.q.p.r.d. e dei vini originari dei paesi terzi comporta alcune menzioni obbligatorie, tra cui la denominazione di vendita, che per i v.q.p.r.d. è costituita in particolare dal nome della regione determinata e per i vini importati dalla parola «vino», completata obbligatoriamente dal nome del paese d’origine e, quando sono designati mediante un’indicazione geografica, dal nome dell’unità geografica in questione.

44     Lo stesso allegato B, punti 1 e 4, prevede:

«1.      L’etichettatura dei prodotti ottenuti nella Comunità può essere completata dalle seguenti indicazioni, in base a condizioni da determinarsi:

(…)

b)      per i vini da tavola con indicazione geografica e per i v.q.p.r.d.:

(…)

–       il nome di una o più varietà di vite,

(…)

4.      Gli Stati membri produttori possono rendere obbligatorie talune indicazioni di cui ai punti 1 e 2, proibirle o limitarne l’utilizzazione, per i vini ottenuti nel loro territorio».

45     L’art. 54, n. 4, del regolamento n. 1493/1999 così dispone:

«Gli Stati membri trasmettono alla Commissione l’elenco dei v.q.p.r.d. da essi riconosciuti, fornendo per ciascuno informazioni sulle norme nazionali che ne disciplinano la produzione e l’elaborazione».

46     Il regolamento n. 1493/1999 è stato attuato dal regolamento n. 753/2002.

47     L’art. 19 del regolamento n. 753/2002, intitolato «Indicazione delle varietà di viti», prevede quanto segue:

«1.      I nomi delle varietà di vite utilizzate per l’elaborazione di un vino da tavola con indicazione geografica o di un v.q.p.r.d., o i relativi sinonimi, possono figurare sull’etichetta dei vini in questione a condizione che:

(…)

c)      il nome della varietà o uno dei suoi sinonimi non comprenda un’indicazione geografica utilizzata per designare un v.q.p.r.d. o un vino da tavola o un vino importato che figuri negli elenchi degli accordi conclusi tra i paesi terzi e la Comunità, e, se è accompagnato da un altro termine geografico, figuri sull’etichetta senza questo termine geografico;

(…)

2.      In deroga al paragrafo 1, lettera c):

a)      il nome di una varietà di vite, o un suo sinonimo, che comprenda un’indicazione geografica può figurare sull’etichetta di un vino designato con tale indicazione geografica;

b)      i nomi delle varietà e i relativi sinonimi elencati nell’allegato II possono essere utilizzati secondo le condizioni nazionali e comunitarie in applicazione alla data dell’entrata in vigore del presente regolamento.

3.      Gli Stati membri comunicano alla Commissione, anteriormente al 1° ottobre 2002, le misure di cui al paragrafo 2, lettera b). La Commissione provvede, con tutti i mezzi appropriati, alla pubblicità di tali misure».

48     All’allegato II di tale regolamento, intitolato «Nomi delle varietà di viti o dei loro sinonimi comprendenti un’indicazione geografica che possono figurare sull’etichettatura dei vini conformemente all’articolo 19, paragrafo 2», figura in particolare, per l’Italia, la menzione «Tocai Friulano, Tocai Italico». Secondo una nota a fondo pagina relativa a tale menzione: «Il nome “Tocai friulano” e il sinonimo “Tocai italico” possono essere utilizzati durante un periodo transitorio, fino al 31 marzo 2007».

49     Su questo punto, l’allegato non ha subito modifiche a seguito dell’intervento del regolamento (CE) della Commissione 9 agosto 2004, n. 1429, recante modifica del regolamento (CE) n. 753/2002 (GU L 263, pag. 11).

 La normativa italiana

50     L’art. 1, primo comma, del decreto 26 settembre 2002 così dispone:

«Le condizioni nazionali per l’utilizzo, in deroga al disposto dell’art. 19, par. 1, lettera c), del regolamento (CE) n. 753/2002, dei nomi di varietà di vite o dei loro sinonimi comprendenti un’indicazione geografica che possono figurare nell’etichettatura dei VQPRD e dei vini ad indicazione geografica tipica italiani sono riportate nell’allegato 1, che costituisce parte integrante del presente decreto, dove sono elencati i nomi di varietà di vite o sinonimi riguardanti l’Italia che figurano nell’allegato II del citato regolamento (CE) n. 753/2002».

51     Nell’allegato I del decreto 26 settembre 2002, alla rubrica «Nomi delle varietà di vite o dei loro sinonimi», figura, in particolare, la menzione «Tocai friulano o Tocai Italico», alla quale corrisponde, alla rubrica «Ambito della deroga (territorio amministrativo e/o specifici VQPRD e/o IGT)», la seguente frase:

«Per alcuni VQPRD delle regioni Friuli-Venezia Giulia e Veneto per un periodo transitorio, fino al 31 marzo 2007, secondo l’accordo tra l’[Unione europea] e la Repubblica d’Ungheria».

Fatti della causa principale e questioni pregiudiziali

52     Nell’ordinanza di rinvio, il giudice a quo rileva che la Regione e l’ERSA criticano l’ingiustizia insita nel fatto che, sulle 106 denominazioni di vini alle quali si applica la deroga prevista dall’art. 19, n. 1, lett. c), del regolamento n. 753/2002, solo quelle previste per il Tocai friulano o Tocai italico e per la denominazione francese Tokay Pinot gris sono limitate nel tempo.

53     Lo stesso giudice fa poi riferimento all’argomentazione della Regione e dell’ERSA diretta a dimostrare l’importanza delle origini storiche della denominazione Tocai friulano.

54     Si tratterebbe di un vitigno autoctono della zona del Collio goriziano (FriuliVenezia Giulia) che vi sarebbe coltivato sin da tempi remoti. Esso servirebbe per la produzione di un vino bianco secco, inadatto ad essere conservato.

55     Il giudice del rinvio rileva che, alla luce di tali argomentazioni, la Regione e l’ERSA avanzano i seguenti motivi:

–       eccesso di potere per motivazione carente e contraddittorietà, dato che le autorità italiane avrebbero richiesto alla Commissione una deroga senza limiti temporali, ma avrebbero poi approvato il decreto 26 settembre 2002 col limite temporale da esso previsto;

–       eccesso di potere per ingiustizia manifesta e violazione del principio di pari dignità dei cittadini comunitari, poiché la discriminazione operata nei confronti dei produttori italiani apparirebbe del tutto ingiustificata;

–       illegittimità derivante indirettamente da quella dell’accordo CE-Ungheria sui vini, poiché l’atto che fungerebbe da presupposto della illegittima limitazione, vale a dire il detto accordo, come approvato con la decisione 93/724, sarebbe anch’esso illegittimo in quanto:

–       i due prodotti omonimi sarebbero completamente diversi, essendo il vino d’Ungheria un vino dolce;

–       entrambe le comunità userebbero da tempo immemorabile la stessa denominazione;

–       sarebbe legittimo superare l’omonimia con l’aggiunta del nome della regione o del vitigno, e ciò anche in base all’accordo CE-Ungheria sui vini e a quello di Madrid del 1891;

–       considerato che la Repubblica d’Ungheria entrerà a far parte della Comunità europea, l’accordo CE-Ungheria sui vini, per mantenere validità, dovrebbe essere conforme ai principi di cui all’accordo OMC, in particolare agli artt. 22-24 dell’accordo ADPIC, che disciplinano le indicazioni geografiche ingannevoli;

–       l’accordo CE-Ungheria sui vini sarebbe in contrasto con i principi del diritto internazionale, dato che la limitazione temporale dell’uso di tale denominazione risulterebbe da uno scambio di lettere (lo scambio di lettere sul Tocai) e non dal testo del detto accordo, violerebbe il principio sulle norme consuetudinarie internazionali e sarebbe fondato su una falsa rappresentazione della realtà per quanto riguarda l’omonimia in questione;

–       violazione dell’art. 1 del Protocollo addizionale alla CEDU, nonché dell’art. 17 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, proclamata a Nizza il 7 dicembre 2000 (GU 2000, C 364, pag. 1; in prosieguo: la «Carta dei diritti fondamentali»), in quanto da tali disposizioni risulterebbe che la proprietà intellettuale è protetta, che i beni non possono essere espropriati se non per causa di pubblica utilità, che devono essere rispettati i principi di proporzionalità e di giusto indennizzo e che la compressione del diritto di proprietà deve essere comunque operata da una norma di legge.

56     Il giudice del rinvio osserva inoltre che con il decreto 26 settembre 2002 le autorità italiane si sono limitate a trasporre il disposto del regolamento n. 753/2002 e del suo allegato II, che prevedono la limitazione temporale dell’utilizzo della denominazione «Tocai friulano», e hanno semplicemente precisato che tale limitazione deriva da un accordo tra la Comunità e la Repubblica d’Ungheria.

57     Risulta quindi evidente, secondo il detto giudice, che il danno lamentato nel ricorso principale, ovverosia l’impossibilità di utilizzare la denominazione Tocai friulano o Tocai italico dopo il 31 marzo 2007, deriva direttamente da due fonti normative comunitarie: la decisione 93/724 e il regolamento n. 753/2002.

58     Il Tribunale amministrativo regionale del Lazio, ritenendo che la risposta a determinate questioni di diritto comunitario fosse indispensabile per la risoluzione della controversia nella causa principale, ha pertanto deciso di sospendere il giudizio e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Se l’Accordo europeo istituente un’Associazione tra la Comunità europea, gli Stati membri e la Repubblica d’Ungheria, stipulato il 16 dicembre 1991 e pubblicato in [GU] L 347 del 31.12.1993, possa costituire una base giuridica legittima, valida e sufficiente per conferire alla Comunità europea il potere di adottare l’Accordo comunitario sulla tutela delle denominazioni dei vini concluso il 29 novembre 1993 [GU L 337 del 31.12.1993] tra la Comunità europea e la Repubblica d’Ungheria; e ciò anche con riferimento a quanto previsto all’art. 65, part. 1, alla dichiarazione comune n. 13 e all’Allegato XIII (punti 3, 4 e 5) dell’Accordo europeo del 1991 circa l’eventuale riserva di sovranità e competenza dei singoli Stati in materia di denominazioni geografiche nazionali riferite ai propri prodotti agroalimentari, compresi i prodotti vitivinicoli, escludendo qualsiasi trasferimento di sovranità e competenza in tale materia alla Comunità europea.

2)      Se l’Accordo comunitario sulla tutela delle denominazioni dei vini, concluso il 29 novembre 1993 tra la Comunità europea e la Repubblica d’Ungheria (GU 1993, L 337), disciplinando la tutela delle denominazioni geografiche rientranti nella materia della proprietà industriale e commerciale, anche alla luce di quanto affermato nel Parere […] 1/94 della Corte di giustizia delle Comunità europee, in ordine alla competenza esclusiva della CE, debba essere dichiarato invalido ed inefficace per l’ordinamento comunitario, considerato che non risulta ratificato l’Accordo medesimo da parte dei singoli Stati membri della Comunità europea.

3)      Nel caso in cui si dovesse considerare legittimo ed applicabile nel suo complesso l’Accordo comunitario del 1993 [GU 1993, L 337], se il divieto di utilizzare in Italia dopo il 2007 la denominazione “Tocai”, che si ricava dalle lettere scambiate fra le parti a conclusione dell’Accordo medesimo (e ad esso allegate) debba ritenersi invalido ed inefficace perché in contrasto con la disciplina delle denominazioni omonime stabilit[a] dallo stesso Accordo del 1993 (cfr. art. 4, par. 5, e Protocollo allegato all’Accordo).

4)      Se la Seconda Dichiarazione Comune allegata all’Accordo del 1993 [GU 1993, L 337], da cui si deduce che le parti contraenti non erano al corrente, al momento dei negoziati, dell’esistenza di denominazioni omonime relative ai vini europei ed ungheresi, debba essere considerata una  rappresentazione sicuramente errata della realtà (visto che le denominazioni italiane ed ungheresi riferite ai vini “Tocai” esistevano e convivevano da secoli, erano state ufficialmente riconosciute nel 1948 in un Accordo tra l’Italia e l’Ungheria ed erano entrate da ultimo nella normativa comunitaria) così da costituire una causa di nullità della parte dell’Accordo del 1993 da cui deriva il divieto di utilizzare in Italia la denominazione Tocai, sulla base dell’art. 48 della Convenzione di Vienna sul diritto dei Trattati.

5)      Se alla luce dell’art. 59 della Convenzione di Vienna sul diritto dei Trattati, l’Accordo TRIP’S sugli aspetti dei diritti di proprietà intellettuale attinenti al commercio [GU L 336 del 21 novembre 1994], concluso nel quadro dell’Organizzazione Mondiale del Commercio (OMC-WTO) ed entrato in vigore il 1° gennaio 1996 e quindi successivamente all’entrata in vigore dell’Accordo comunitario del 1993 [GU 1994, L 337], debba essere interpretato nel senso che le sue disposizioni, riferite alla disciplina delle denominazioni omonime dei vini, si applicano al posto di quelle dell’Accordo comunitario del 1993 in caso di incompatibilità tra le medesime considerata l’identità delle parti firmatarie dei due accordi.

6)      Se gli artt. 22-24 della Sezione Terza dell’Allegato C del Trattato istitutivo dell’OMC (WTO) contenente l’Accordo TRIP’S [GU 1994, L 336], entrato in vigore il 1° gennaio 1996, in presenza di due denominazioni omonime riferite ai vini, prodotti in due diversi Paesi aderenti all’Accordo TRIP’S (tanto se l’omonimia riguarda due denominazioni geografiche usate in entrambi i Paesi aderenti all’Accordo quanto se riguarda una denominazione geografica di un Paese aderente e l’omonima denominazione riferita ad un vitigno tradizionalmente coltivato nell’altro Paese aderente), debbano essere interpretati nel senso che entrambe le denominazioni possono continuare ad essere utilizzate in futuro purché siano state usate in passato dai rispettivi produttori o in buona fede o per almeno dieci anni prima del 15 aprile 1994 [art. 24, n. 4] e ciascuna denominazione indichi chiaramente il Paese o la regione o la zona da cui proviene il vino tutelato in modo da non ingannare i consumatori.

7)      Se il diritto di proprietà di cui all’art. 1 del Protocollo n. 1 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo (Convenzione di Roma del 1950), e ripreso dall’art. 17 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea proclamata a Nizza il 7 [dicembre] 2000, concerna anche la proprietà intellettuale relativamente alle denominazioni di origine dei vini ed il suo sfruttamento, e conseguentemente se la sua tutela osti all’applicazione di quanto previsto nello scambio di lettere, allegato all’Accordo tra la Comunità europea e la Repubblica d’Ungheria sulla tutela ed il controllo reciproci delle denominazioni dei vini [GU L 337 del 31.12.1994], ma non ricompreso nello stesso, in base al quale i viticoltori friulani non potranno utilizzare la denominazione «Tocai Friulano», in considerazione anche della totale assenza di ogni forma di indennizzo a favore dei viticoltori friulani espropriati, della mancanza di un interesse generale pubblico che giustifichi l’espropriazione, del mancato rispetto del principio di proporzionalità.

8)      Nel caso in cui venga stabilita l’illegittimità delle norme comunitarie dell’Accordo sulla tutela delle denominazioni dei vini, concluso il 29 novembre 1993 tra la Comunità europea e la Repubblica d’Ungheria [GU 1993, L 337] e/o dell’allegato scambio di lettere nella misura evidenziata nei precedenti quesiti, se le disposizioni del regolamento CE n. 753/2002 in base alle quali viene eliminato l’utilizzo della denominazione “Tocai Friulano” dopo la data del 31 marzo 2007 [art. 19, n. 2] debbano essere considerate invalide e comunque inefficaci».

59     Con domanda 11 marzo 2005, pervenuta nella cancelleria della Corte il 15 marzo seguente, la Regione e l’ERSA hanno chiesto alla Corte di consentire a tutte le parti coinvolte nella presente causa di presentare osservazioni su taluni fatti nuovi ivi esposti prima che la Corte pronunci la sua sentenza. Tali fatti nuovi riguarderebbero l’imminente conclusione, ad opera della Comunità, di nuovi accordi con l’Australia e gli Stati Uniti che, ai sensi dell’art. 24, n. 6, dell’accordo ADPIC, permetterebbero ai produttori di quei paesi di continuare ad utilizzare la denominazione «Tokay» sui loro mercati nazionali nonché su mercati terzi.

60     A questo proposito, occorre ricordare che la Corte può, d’ufficio o su proposta dell’avvocato generale, o anche su domanda delle parti, ordinare la riapertura della fase orale, ai sensi dell’art. 61 del suo regolamento di procedura, se ritiene necessari ulteriori chiarimenti o se la causa deve essere decisa sulla base di un argomento che non è stato dibattuto dalle parti (v., in particolare, sentenza 18 giugno 2002, causa C-299/99, Philips, Racc. pag. I-5475, punto 20).

61     La Corte considera che nel caso di specie non occorre disporre la riapertura della fase orale, chiusa il 16 dicembre 2004, giacché dispone di tutti gli elementi che le sono necessari per rispondere alle questioni proposte nella causa principale.

62     Si deve pertanto respingere la domanda della Regione e dell’ERSA.

Sulle questioni pregiudiziali

 Sulla prima questione

63     Con la prima questione, il giudice del rinvio chiede in sostanza se l’accordo di associazione CE-Ungheria costituisse un fondamento giuridico appropriato per l’adozione della decisione 93/724, mediante la quale la Comunità ha concluso l’accordo CE-Ungheria sui vini.

64     Tale questione si fonda sulla premessa secondo cui il fondamento giuridico che attribuisce alla Comunità il potere di concludere l’accordo CE-Ungheria sui vini è costituito dall’accordo di associazione CEUngheria. Tale premessa sembra trarre la sua origine dal riferimento, contenuto nel primo «visto» dell’accordo CEUngheria sui vini, all’accordo di associazione CE-Ungheria.

65     Orbene, come rilevato giustamente dal Consiglio e dalla Commissione, tale premessa non può essere accolta.

66     Infatti, il riferimento all’accordo di associazione CE-Ungheria ha lo scopo di situare l’accordo CE-Ungheria sui vini nel suo contesto politico e non deve essere inteso come se indicasse le disposizioni di diritto comunitario sul cui fondamento la Comunità ha concluso l’accordo stesso.

67     Il fondamento giuridico che attribuisce alla Comunità il potere di concludere l’accordo CE-Ungheria sui vini è invece menzionato nel primo «visto» della decisione 93/724, mediante la quale quell’accordo è stato concluso e approvato a nome della Comunità.

68     Risulta infatti chiaramente dal detto «visto» che il fondamento giuridico è costituito dall’art. 133 CE, che attribuisce alla Comunità competenza in materia di politica commerciale comune.

69     Il problema di stabilire se il fondamento giuridico prescelto dal Consiglio sia appropriato è al centro della seconda questione pregiudiziale, cosicché sarà analizzato nell’ambito di questa.

70     Stante quanto sopra, la prima questione deve essere risolta dichiarando che l’accordo di associazione CE-Ungheria non costituisce il fondamento giuridico della decisione 93/724, mediante la quale è stato concluso l’accordo CE-Ungheria sui vini.

 Sulla seconda questione

71     Con la seconda questione, il giudice del rinvio chiede in sostanza se l’art. 133 CE, che conferisce alla Comunità una competenza esclusiva in materia di politica commerciale comune, costituisca un fondamento giuridico appropriato per la conclusione dell’accordo CEUngheria sui vini da parte della sola Comunità, tenuto conto del fatto che tale accordo conterrebbe la disciplina della tutela delle denominazioni geografiche rientranti nella materia della proprietà industriale e commerciale.

72     Secondo una giurisprudenza costante della Corte, la scelta del fondamento normativo di un atto comunitario deve basarsi su elementi oggettivi suscettibili di sindacato giurisdizionale, tra i quali figurano, in particolare, lo scopo e il contenuto dell’atto (v., in particolare, sentenza 19 settembre 2002, causa C-336/00, Huber, Racc. pag. I-7699, punto 30).

73     Dal primo «visto» della decisione 93/724 risulta che il Consiglio ha prescelto specificatamente l’art. 133 CE come fondamento giuridico per la conclusione dell’accordo CE-Ungheria sui vini.

74     Dal terzo ‘considerando’ di tale decisione risulta inoltre che, poiché le disposizioni dell’accordo erano direttamente connesse alle misure disciplinate dalla politica commerciale e agricola comune, in particolare dalla normativa comunitaria del settore vitivinicolo, il Consiglio ha ritenuto necessario attuare tale accordo sul piano comunitario.

75     Secondo la giurisprudenza della Corte, un atto comunitario rientra nella competenza esclusiva in materia di politica commerciale comune prevista dall’art. 133 CE solo se verte specificamente sugli scambi internazionali in quanto sia sostanzialmente destinato a promuovere, facilitare o disciplinare gli scambi commerciali ed abbia effetti diretti ed immediati sul commercio o gli scambi dei prodotti interessati (v. parere 1/94 del 15 novembre 1994, Racc. pag. I-5267, punto 57; parere 2/00 del 6 dicembre 2001, Racc. pag. I-9713, punto 40, e sentenza 12 dicembre 2002, causa C-281/01, Commissione/Consiglio, Racc. pag. I-12049, punti 40 e 41).

76     Nel caso di specie si pone più specificamente il problema di stabilire se l’accordo CE-Ungheria sui vini rientri nella competenza esclusiva della Comunità in materia di politica commerciale comune ovvero, come sostenuto dalla Regione e dall’ERSA nonché dal governo italiano, nell’ambito della tutela dei diritti di proprietà intellettuale, materia in cui la Comunità e gli Stati membri hanno una competenza ripartita.

77     A questo proposito occorre ricordare il contesto regolamentare comunitario pertinente ratione temporis, vale a dire l’OCM vitivinicola in vigore al momento della conclusione dell’accordo CE-Ungheria sui vini.

78     L’art. 63 del regolamento n. 822/87 stabilisce, infatti, che i vini importati destinati al consumo umano diretto e designati con un’indicazione geografica possano beneficiare, ai fini della commercializzazione nella Comunità e nell’ambito di una reciprocità d’impegni, del controllo e della protezione previsti per i v.q.p.r.d. e che tale disposizione sarà attuata tramite accordi che verranno negoziati e conclusi con i paesi terzi interessati secondo la procedura prevista dall’art. 133 CE.

79     È manifesto che l’accordo CE-Ungheria sui vini costituisce un accordo contemplato dall’art. 63 del regolamento n. 822/87.

80     Simili accordi hanno lo scopo principale di promuovere gli scambi commerciali tra le parti contraenti favorendo su una base di reciprocità la commercializzazione di vini originari dei paesi terzi interessati, in quanto viene assicurata a tali vini la stessa protezione di quella prevista per i v.q.p.r.d. di origine comunitaria, e la commercializzazione nei paesi terzi di vini originari della Comunità.

81     Questi accordi garantiscono in particolare la reciproca tutela di determinate indicazioni geografiche menzionate nell’etichetta utilizzata per la commercializzazione dei vini in questione sui mercati della Comunità e del paese terzo interessato. Si tratta quindi di uno strumento che influisce direttamente sul commercio dei vini (v., in questo senso, sentenza Commissione/Consiglio, cit., punto 40).

82     Alla luce di questi elementi, si deve concludere che simili accordi rispondono ai criteri che, secondo la giurisprudenza ricordata al punto 75 della presente sentenza, devono essere soddisfatti perché un atto comunitario possa rientrare nella competenza esclusiva in materia di politica commerciale comune prevista dall’art. 133 CE.

83     Ne consegue che la seconda questione deve essere risolta dichiarando che l’art. 133 CE, di cui al preambolo della decisione 93/724, costituisce un fondamento giuridico appropriato per la conclusione dell’accordo CE-Ungheria sui vini ad opera della sola Comunità.

 Sulla terza questione

84     Con la terza questione, il giudice del rinvio chiede in sostanza se, nel caso in cui si dovesse considerare legittimo ed applicabile nel suo complesso l’accordo CE-Ungheria sui vini, il divieto di utilizzare in Italia la denominazione «Tocai» dopo il 31 marzo 2007, che risulta dallo scambio di lettere sul Tocai, sia nullo e inapplicabile, in quanto in contrasto con la disciplina delle denominazioni omonime stabilita dall’art. 4, n. 5, di detto accordo.

85     Tale questione deve essere intesa alla luce dell’argomento della Regione e dell’ERSA secondo cui vi sarebbe contraddizione tra la disciplina delle denominazioni omonime di cui all’art. 4, n. 5, dell’accordo CEUngheria sui vini e il divieto, derivante dallo scambio di lettere sul Tocai, di utilizzare il termine «Tocai» nella menzione «Tocai friulano» o «Tocai italico» per la designazione e la presentazione di taluni v.q.p.r.d. italiani alla fine di un periodo transitorio con scadenza 31 marzo 2007.

86     La contraddizione risiederebbe nel fatto che, nello scambio di lettere sul Tocai, sarebbe stata attribuita la priorità alla denominazione ungherese «Tokaj» a danno dell’omonima denominazione italiana «Tocai», laddove la disciplina delle denominazioni omonime prevista dall’art. 4, n. 5, dell’accordo CE-Ungheria, accordo principale al quale un atto allegato, come lo scambio di lettere sul Tocai, non potrebbe derogare, sarebbe fondata su una regola che garantisce la coesistenza di tutte le denominazioni a condizione che non si prestino a confusione.

87     A questo proposito, si deve rilevare che un simile conflitto può insorgere solo qualora le denominazioni considerate omonime ai sensi dell’art. 4, n. 5, dell’accordo CE-Ungheria costituiscano ciascuna un’indicazione geografica protetta in virtù del detto accordo.

88     Dall’art. 4, n. 1, lett. a), di tale accordo risulta che, per quanto riguarda i vini originari della Comunità, le indicazioni geografiche protette in virtù dello stesso accordo sono elencate nel suo allegato, nella parte A, intitolata «Per quanto riguarda la Comunità europea».

89     Orbene, contrariamente alla denominazione ungherese «Tokaj», che figura nella parte B del detto allegato, in cui sono citate le indicazioni geografiche relative ai vini originari della Repubblica d’Ungheria protetti in virtù dell’art. 4, n. 1, lett. b), dell’accordo CE-Ungheria sui vini, le menzioni «Tocai friulano» e «Tocai italico» non figurano nella parte A dello stesso allegato dedicata ai vini originari della Comunità.

90     Inoltre, queste ultime denominazioni non possono comunque essere qualificate come indicazioni geografiche nel senso dell’accordo CEUngheria sui vini.

91     Infatti, a termini dell’art. 2, n. 2, di detto accordo, costituisce una «indicazione geografica» «un’indicazione, inclusa la “denominazione d’origine”, che è riconosciuta dalle disposizioni legislative e regolamentari di una delle parti contraenti per la descrizione e la presentazione di un vino originario del territorio della parte contraente di cui trattasi o di una regione o località di tale territorio in cui una determinata qualità, la rinomanza o altre caratteristiche del vino sono sostanzialmente attribuibili alla sua origine geografica».

92     Per quanto riguarda la normativa rilevante in vigore nella Comunità all’epoca in cui è stato concluso l’accordo CE-Ungheria sui vini, le denominazioni «Tocai friulano» e «Tocai italico» non costituivano un’indicazione geografica, bensì il nome di un vitigno o di una varietà di vite riconosciuta in Italia come idonea alla produzione di taluni v.q.p.r.d. prodotti nel territorio di questo Stato membro.

93     È infatti pacifico che l’espressione «Tocai friulano» figurava al titolo I dell’allegato del regolamento n. 3800/81 come varietà di vite raccomandata, o persino autorizzata, in determinate province italiane, nonché al punto 5 dell’allegato III del regolamento n. 3201/90 come sinonimo della varietà di vite «Tocai italico» che poteva essere utilizzato per la designazione di taluni v.q.p.r.d. italiani.

94     Al contrario, i vini ungheresi denominati «Tokaj» o «Tokaji» figuravano all’allegato II, titolo 11, punto 5, del regolamento n. 3201/90, intitolato «Elenco (…) dei vini importati designati con un’indicazione geografica».

95     La Regione, l’ERSA e il governo italiano sostengono che, in conformità della normativa comunitaria, era ed è tuttora stabilito che, in Italia, per la designazione e la presentazione di taluni v.q.p.r.d. italiani, le indicazioni geografiche interessate quali «Collio goriziano», «Collio», «Isonzo del Friuli» e «Isonzo» siano combinate, se determinate condizioni specificate nei disciplinari di produzione sono rispettate, con la menzione della varietà di vite «Tocai friulano» o del suo sinonimo «Tocai italico» da cui i vini provengono.

96     Tuttavia, non vi è alcun elemento prodotto dinanzi alla Corte da cui risulti che la scelta così operata dal detto Stato membro di ammettere una simile combinazione abbia avuto la conseguenza che il testo risultante da quella combinazione costituisca un’indicazione geografica cosicché i termini «Tocai friulano» e «Tocai italico» che ne fanno parte non designerebbero più una varietà di vite bensì un’indicazione geografica.

97     Al contrario, risulta dalla citazione dei termini «Tocai friulano» e «Tocai italico» nell’allegato II del regolamento n. 753/2002 che, anche nella normativa comunitaria vigente all’epoca della controversia nella causa principale, quelle menzioni corrispondevano ancora a una varietà di vite che, in virtù dell’art. 19, n. 2, lett. b), e n. 3, dello stesso regolamento, poteva essere utilizzata nelle etichette dei v.q.p.r.d. italiani interessati. Non si tratta, quindi, di un nome di varietà di vite o di uno dei suoi sinonimi comprendenti un’indicazione geografica ai sensi dell’art. 19, n. 2, lett. a), di detto regolamento.

98     Stante quanto sopra, la terza questione deve essere risolta dichiarando che il divieto di utilizzare la denominazione «Tocai» in Italia dopo il 31 marzo 2007, quale risulta dalla scambio di lettere sul Tocai, non è in contrasto con la disciplina delle denominazioni omonime prevista dall’art. 4, n. 5, dell’accordo CE-Ungheria sui vini.

 Sulla quarta questione

99     Mediante la quarta questione il giudice del rinvio chiede in sostanza se la dichiarazione congiunta sull’omonimia, nella parte in cui enuncia, al primo comma, che, per quanto riguarda l’art. 4, n. 5, lett. a), dell’accordo CE-Ungheria sui vini, le parti contraenti hanno rilevato che al momento dei negoziati esse non erano al corrente di casi specifici ai quali le disposizioni in questione potessero essere applicabili, costituisca una rappresentazione sicuramente errata della realtà che comporta, sulla base dell’art. 48 della convenzione di Vienna sul diritto dei Trattati, la nullità della parte dell’accordo da cui deriva il divieto di utilizzare in Italia la denominazione «Tocai» dopo il 31 marzo 2007.

100   Tale questione deve essere intesa con riferimento all’argomento della Regione e dell’ERSA secondo cui, alla luce di una serie di elementi, il dubbio in ordine all’erroneità della dichiarazione congiunta sull’omonimia non sembra ammissibile giacché la Comunità e la Repubblica d’Ungheria non potevano ignorare l’esistenza di un’omonimia tra le denominazioni «Tocai» per un vino secco italiano e «Tokaj» per un vino da dessert ungherese.

101   Ora, come risulta dai punti 88-97 della presente sentenza, la denominazione italiana «Tocai friulano» e il suo sinonimo «Tocai italico» non costituiscono un’indicazione geografica protetta ai sensi dell’accordo CE-Ungheria sui vini, cosicché le disposizioni dell’art. 4, n. 5, lett. a), del citato accordo in materia di omonimia non sono applicabili ai fini della risoluzione del caso di un’eventuale omonimia o identità tra quella denominazione e la denominazione ungherese «Tokaj», che, come rilevato al punto 89 della presente sentenza, costituisce un’indicazione geografica protetta in virtù dello stesso accordo.

102   Conseguentemente, la quarta questione deve essere risolta dichiarando che la dichiarazione congiunta sull’omonimia, nella parte in cui enuncia, al primo comma, che, per quanto riguarda l’art. 4, n. 5, lett. a), dell’accordo CE-Ungheria sui vini, le parti contraenti hanno rilevato che al momento dei negoziati esse non erano al corrente di casi specifici ai quali le disposizioni in questione potessero essere applicabili, non costituisce una rappresentazione manifestamente errata della realtà.

 Sulla sesta questione

103   Mediante la sesta questione, che deve essere esaminata prima della quinta, il giudice del rinvio chiede in sostanza se gli artt. 22-24 dell’accordo ADPIC debbano essere interpretati nel senso che, nel caso di omonimia tra denominazioni geografiche o tra un’indicazione geografica e una denominazione che riprende il nome di un vitigno, ciascuna denominazione possa continuare ad essere utilizzata in futuro purché sia stata usata in passato dai rispettivi produttori o in buona fede o per almeno dieci anni prima del 15 aprile 1994 e indichi chiaramente il paese, la regione o la zona di origine del vino tutelato in modo da non indurre in errore i consumatori.

104   La Regione, l’ERSA e il governo italiano sostengono che gli artt. 22-24 dell’accordo ADPIC impongono alla Comunità, in quanto membro dell’OMC, di tutelare ciascuna delle indicazioni geografiche omonime, anche in caso di omonimia tra un’indicazione geografica e il nome di un vitigno, e che, di conseguenza, quegli articoli impediscono che si privi di protezione la denominazione «Tocai friulano».

105   Tale argomento non può essere accolto, stante il tenore letterale stesso delle disposizioni pertinenti dei detti articoli dell’accordo ADPIC.

106   In primo luogo, l’art. 23, n. 3, dell’accordo ADPIC stabilisce in particolare che, nel caso di indicazioni geografiche omonime relative a vini, la protezione viene accordata a ciascuna indicazione e che ciascun membro dell’OMC determina le condizioni pratiche alle quali le indicazioni omonime in questione saranno distinte l’una dall’altra, tenendo conto della necessità di fare in modo che i produttori interessati ricevano un trattamento equo e che i consumatori non siano tratti in inganno.

107   In virtù dell’art. 22, n. 1, dell’accordo ADPIC, per «indicazioni geografiche» si intendono le indicazioni che servono a identificare un prodotto come originario del territorio di un membro dell’OMC, o di una regione o località di detto territorio, quando una determinata qualità, la notorietà o altre caratteristiche del prodotto siano essenzialmente attribuibili alla sua origine geografica.

108   Ebbene, come già rilevato ai punti 88-97 della presente sentenza, a differenza della denominazione ungherese «Tokaj», le denominazioni italiane «Tocai friulano» e «Tocai italico» corrispondono al nome di una varietà di vite o di un vitigno, ma non costituiscono un’indicazione geografica nel senso dell’accordo CE-Ungheria sui vini. Poiché la nozione di indicazione geografica come definita in quest’ultimo accordo è sostanzialmente identica a quella adottata dall’art. 22, n. 1, dell’accordo ADPIC, la stessa constatazione vale nell’ambito dell’accordo ADPIC.

109   Pertanto, l’art. 23, n. 3, dell’accordo ADPIC non è applicabile nella causa principale poiché essa non verte su un’omonimia tra due indicazioni geografiche.

110   In secondo luogo, l’art. 24, n. 4, dell’accordo ADPIC stabilisce che nessuna disposizione della sezione 3 dello stesso obbliga un membro dell’OMC ad impedire l’uso continuato e simile di una particolare indicazione geografica di un altro membro che identifichi vini o alcolici, in relazione a prodotti o servizi, da parte di suoi cittadini o di residenti nel suo territorio che abbiano utilizzato tale indicazione geografica in modo continuato per gli stessi prodotti o servizi o per prodotti o servizi ad essi affini nel territorio di detto membro per almeno 10 anni prima del 15 aprile 1994 o in buona fede prima di tale data.

111   Da questa disposizione discende chiaramente che, benché la Comunità non sia tenuta a vietare l’uso continuato e simile di un’indicazione geografica particolare di un altro membro dell’OMC che identifichi vini o alcolici da parte di un cittadino di uno Stato membro o di una persona residente nel territorio di uno Stato membro ai sensi dell’art. 24, n. 4, dell’accordo ADPIC, tale norma non osta a tale divieto.

112   In altri termini, il citato art. 24, n. 4, dev’essere interpretato nel senso che istituisce, alle condizioni da esso fissate, la facoltà e non l’obbligo di accordare una protezione ad ogni denominazione omonima.

113   In terzo luogo, l’art. 24, n. 6, dell’accordo ADPIC consente in particolare alla Comunità di applicare, in quanto membro dell’OMC, le disposizioni del detto accordo in relazione a un’indicazione geografica di qualsiasi altro membro dell’OMC per vini per i quali la pertinente indicazione sia identica alla denominazione comune di una varietà d’uva esistente nel territorio di uno Stato membro alla data di entrata in vigore dell’accordo OMC.

114   Anche questa disposizione prevede, quindi, la facoltà e non l’obbligo per la Comunità di accordare una protezione a una varietà d’uva o di vite comunitarie, in particolare se questa è omonima di un’indicazione geografica relativa a un vino originario di un paese terzo.

115   Conseguentemente, la sesta questione deve essere risolta dichiarando che gli artt. 22-24 dell’accordo ADPIC devono essere interpretati nel senso che, in un caso quale quello della causa principale, relativo ad un’omonimia tra un’indicazione geografica di un paese terzo e una denominazione che riprende il nome di un vitigno utilizzato per la designazione e la presentazione di determinati vini comunitari che ne derivano, tali disposizioni non esigono che quella denominazione possa continuare ad essere utilizzata in futuro nonostante la doppia circostanza che essa sia stata utilizzata in passato dai rispettivi produttori o in buona fede o per almeno dieci anni prima del 15 aprile 1994 e che indichi chiaramente il paese o la regione o la zona di origine del vino protetto in modo da non indurre in errore i consumatori.

116   Alla luce di questa risposta non è più necessario rispondere alla quinta questione, in quanto quest’ultima è stata proposta per il caso in cui l’accordo CE-Ungheria sui vini, avendo l’effetto di escludere l’utilizzo del termine «Tocai» per la designazione e la presentazione di taluni v.q.p.r.d. italiani alla fine di un periodo transitorio con scadenza 31 marzo 2007, risultasse incompatibile con le disposizioni degli artt. 2224 dell’accordo ADPIC giacché questi ultimi imporrebbero, in caso di omonimia, che ciascuna delle denominazioni possa continuare ad essere utilizzata in futuro.

117   Discende infatti dalla risposta fornita alla sesta questione che tale ipotesi non si verifica nella causa principale, la quale verte su un caso di omonimia tra un’indicazione geografica di un paese terzo e la denominazione che riprende il nome di un vitigno utilizzato per la designazione e la presentazione di taluni vini comunitari.

 Sulla settima questione

118   Mediante la settima questione il giudice del rinvio chiede in sostanza se il diritto di proprietà di cui all’art. 1 del protocollo addizionale n. 1 della CEDU e ripreso dall’art. 17 della Carta dei diritti fondamentali concerna anche la proprietà intellettuale relativamente alle denominazioni di origine dei vini ed il suo sfruttamento, e conseguentemente se la sua tutela osti a che gli operatori interessati della Regione autonoma FriuliVenezia Giulia siano privati della possibilità di utilizzare il termine «Tocai» nella menzione «Tocai friulano» o «Tocai italico» per la designazione e la presentazione di taluni v.q.p.r.d. alla fine di un periodo transitorio con scadenza 31 marzo 2007, come risulta dallo scambio di lettere sul Tocai che è allegato all’accordo CE-Ungheria sui vini ma non figura in tale accordo, in considerazione anche dell’assenza di ogni forma di indennizzo a favore dei viticoltori friulani espropriati, della mancanza di un interesse generale pubblico che giustifichi l’espropriazione e del mancato rispetto del principio di proporzionalità.

119   Secondo una giurisprudenza costante, il diritto di proprietà fa parte dei principi generali del diritto comunitario. Tale principio, tuttavia, non si configura come una prerogativa assoluta, ma deve essere preso in considerazione in relazione alla sua funzione nella società. Conseguentemente, possono essere apportate restrizioni all’esercizio del diritto di proprietà, a condizione che rispondano effettivamente ad obiettivi di interesse generale perseguiti dalla Comunità e non costituiscano, rispetto allo scopo perseguito, un intervento sproporzionato e inaccettabile, tale da ledere la sostanza stessa dei diritti garantiti (v., in questo senso, in particolare, sentenze 13 dicembre 1994, causa C306/93, SMW Winzersekt, Racc. pag. I-5555, punto 22, e 15 luglio 2004, cause riunite C-37/02 e C-38/02, Di Lenardo e Dilexport, non ancora pubblicata in Raccolta, punto 82 e giurisprudenza ivi citata).

120   Al fine di determinare la portata del diritto fondamentale di proprietà, principio generale del diritto comunitario, occorre tener conto in particolare dell’art. 1 del protocollo addizionale n. 1 della CEDU, che sancisce tale diritto.

121   Si deve pertanto verificare se il divieto di utilizzare il termine «Tocai» per la designazione e la presentazione di taluni v.q.p.r.d. italiani a partire dal 1° aprile 2007, quale risulta dallo scambio di lettere sul Tocai, costituisca un intervento sproporzionato e inaccettabile che lede la sostanza stessa del diritto fondamentale di proprietà degli operatori economici coinvolti.

122   Tale divieto, dal momento che non esclude qualsiasi modalità ragionevole di commercializzazione dei vini italiani interessati, non costituisce una privazione della proprietà ai sensi del primo comma dell’art. 1 del protocollo addizionale n. 1 della CEDU.

123   Pertanto, il mancato indennizzo dei viticoltori friulani espropriati, rilevato dal giudice del rinvio, non costituisce di per sé una circostanza che attesti l’incompatibilità tra la misura di divieto controversa nella causa principale e il diritto di proprietà.

124   Inoltre, senza che sia necessario stabilire se la detta misura costituisca, in quanto misura di regolamentazione dell’uso dei beni, un’ingerenza nel diritto al rispetto dei beni che potrebbe rientrare nell’ambito del secondo comma dell’art. 1 del protocollo addizionale n. 1 della CEDU e, conseguentemente, comportare una restrizione del fondamentale diritto di proprietà, occorre necessariamente constatare che una restrizione a tale diritto, ammesso che essa sussista, può essere giustificata.

125   Dalla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo risulta che una misura di regolamentazione dell’uso dei beni, perché sia giustificata, deve rispettare il principio di legalità e perseguire uno scopo legittimo con mezzi ad esso ragionevolmente proporzionati (v., in particolare, CEDU, sentenza 21 maggio 2002, Jokela c. Finlande, Recueil des arrêts et décisions 2002-IV, § 48).

126   Per quanto riguarda, in primo luogo, la legittimità della misura di divieto controversa nella causa principale, è pacifico che lo scambio di lettere sul Tocai, allegato all’accordo CE-Ungheria sui vini, prevede espressamente tale divieto e che, mediante la decisione 93/724, quell’atto è stato approvato a nome della Comunità. Si tratta quindi di una misura prevista da una disposizione normativa adottata, come rilevato ai punti 77-81 della presente sentenza, nell’ambito dell’OCM vitivinicola in vigore al momento della conclusione del detto accordo.

127   Per quanto riguarda, poi, lo scopo di interesse generale perseguito dalla misura controversa nella causa principale, è già stato rilevato ai punti 80 e 81 della presente sentenza che l’accordo CE-Ungheria sui vini, di cui quella misura fa parte, è volto all’attuazione di una politica, nell’ambito dell’OCM vitivinicola, che ha lo scopo principale di promuovere gli scambi commerciali tra le parti contraenti favorendo su una base di reciprocità, da un lato, la commercializzazione di vini originari dei paesi terzi che sono designati o presentati grazie ad un’indicazione geografica, in quanto si garantisce a tali vini la stessa protezione prevista per i v.q.p.r.d. di origine comunitaria e, dall’altro, la commercializzazione in questi stessi paesi terzi di vini originari della Comunità.

128   Discende in particolare dal terzo e dal quinto ‘considerando’ del regolamento n. 2392/89 che la normativa comunitaria in materia di designazione e presentazione dei vini ha l’obiettivo di conciliare la necessità di fornire al consumatore finale un’informazione esatta e precisa sui prodotti interessati con quella di proteggere i produttori sul loro territorio contro le distorsioni della concorrenza.

129   L’obiettivo che persegue in tale modo la misura controversa nella causa principale costituisce uno scopo legittimo di interesse generale (v. sentenza SMW Winzersekt, cit., punto 25).

130   Infine, si deve verificare se la detta misura sia proporzionata allo scopo di interesse generale perseguito.

131   In una causa relativa ad una misura comunitaria adottata nell’ambito dell’OCM vitivinicola che vietava, alla scadenza di un periodo transitorio di cinque anni, l’utilizzo della menzione «méthode champenoise» per i vini che non avevano diritto alla denominazione di origine controllata «champagne», la Corte ha ricordato che, secondo una giurisprudenza costante, in materia di politica agricola comune il legislatore comunitario dispone di un ampio potere discrezionale, che corrisponde alle responsabilità politiche che gli artt. 34 CE e 37 CE gli attribuiscono e che solamente il carattere manifestamente inidoneo di un provvedimento adottato in tale ambito, in relazione allo scopo che l’istituzione competente intende perseguire, può inficiare la legittimità del provvedimento medesimo (v. sentenza SMW Winzersekt, cit., punto 21).

132   Sotto questo profilo occorre rilevare che, alla fine del periodo transitorio, i v.q.p.r.d. italiani in questione potranno continuare a essere prodotti a partire dalla varietà di vite «Tocai friulano» e a essere commercializzati con le loro rispettive denominazioni geografiche benché senza l’aggiunta del nome della varietà di vite da cui provengono.

133   Nel caso di specie, il carattere proporzionato della misura controversa nella causa principale non può essere contestato perché, da un lato, nello scambio di lettere sul Tocai è stato previsto un periodo transitorio di tredici anni e, dall’altro, come rilevato dalla Commissione all’udienza, sono disponibili menzioni alternative per sostituire la denominazione «Tocai friulano» e il suo sinonimo «Tocai italico», vale a dire, in particolare, «Trebbianello» e «Sauvignonasse».

134   Pertanto, la settima questione dev’essere risolta dichiarando che il diritto di proprietà non osta al divieto imposto agli operatori interessati della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia di utilizzare il termine «Tocai» nella menzione «Tocai friulano» o «Tocai italico» per la designazione e la presentazione di taluni v.q.p.r.d. italiani alla fine di un periodo transitorio con scadenza 31 marzo 2007, risultante dallo scambio di lettere sul Tocai che è allegato all’accordo CE-Ungheria sui vini ma non figura nell’accordo stesso.

 Sull’ottava questione

135   Mediante l’ottava questione il giudice del rinvio chiede se, nel caso in cui venga stabilita l’illegittimità, nella misura evidenziata nelle precedenti questioni, dell’accordo CE-Ungheria sui vini e/o dello scambio di lettere sul Tocai, le disposizioni dell’art. 19, n. 2, del regolamento n. 753/2002, in base alle quali viene eliminato l’utilizzo della denominazione «Tocai friulano» dopo il 31 marzo 2007, siano invalide o comunque inefficaci.

136   Poiché tale questione è proposta solo per l’ipotesi che l’esame delle prime sette questioni pregiudiziali riveli l’illegittimità, nella misura indicata nelle questioni stesse, dell’accordo CE-Ungheria sui vini e/o dello scambio di lettere sul Tocai e poiché dalle risposte fornite a dette questioni nella presente sentenza si deduce che quell’ipotesi non si verifica, non occorre rispondervi.

137   Si deve ricordare, inoltre, che in linea di principio spetta al solo giudice del rinvio delimitare la portata delle questioni pregiudiziali che ritiene di dover sottoporre alla Corte.

138   Ne consegue, come rilevato a giusto titolo dalla Commissione in udienza, che alcune questioni, sollevate in particolare in udienza dalla Regione e dall’ERSA nonché dal governo italiano in relazione all’ottava questione pregiudiziale, vale a dire se la validità dell’accordo CEUngheria sui vini sia viziata a causa di una presunta violazione del dovere di motivazione, o addirittura dei principi di proporzionalità e di parità di trattamento ai sensi dell’art. 34, n. 2, CE, non possono essere esaminate dalla Corte giacché esse esorbitano chiaramente dalla portata dell’ottava questione come formulata dal giudice del rinvio.

 Sulle spese

139   Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice del rinvio, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute per presentare osservazioni alla Corte, salvo quelle delle dette parti, non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Seconda Sezione) dichiara:

1)      L’accordo europeo che istituisce un’associazione tra le Comunità europee e i loro Stati membri, da una parte, e la Repubblica d’Ungheria, dall’altra, non costituisce il fondamento giuridico della decisione del Consiglio 23 novembre 1993, 93/724/CE, concernente la conclusione di un accordo tra la Comunità europea e la Repubblica d’Ungheria sulla tutela e il controllo reciproci delle denominazioni dei vini.

2)      L’art. 133 CE, di cui al preambolo della decisione 93/724, costituisce un fondamento giuridico appropriato per la conclusione, ad opera della sola Comunità, dell’accordo tra la Comunità europea e la Repubblica d’Ungheria sulla tutela e il controllo reciproci delle denominazioni dei vini.

3)      Il divieto di utilizzare in Italia la denominazione «Tocai» dopo il 31 marzo 2007, risultante dallo scambio di lettere concernente l’art. 4 dell’accordo tra la Comunità europea e la Repubblica d’Ungheria sulla tutela e il controllo reciproci delle denominazioni dei vini, non è in contrasto con la disciplina delle denominazioni omonime stabilita dall’art. 4, n. 5, dell’accordo medesimo.

4)      La dichiarazione congiunta concernente l’art. 4, n. 5, dell’accordo tra la Comunità europea e la Repubblica d’Ungheria sulla tutela e il controllo reciproci delle denominazioni dei vini, nella parte in cui enuncia, al primo comma, che, per quanto riguarda l’art. 4, n. 5, lett. a), dell’accordo medesimo, le parti contraenti hanno rilevato che al momento dei negoziati esse non erano al corrente dei casi specifici ai quali le disposizioni in questione potessero essere applicabili, non costituisce una rappresentazione manifestamente errata della realtà.

5)      Gli artt. 22-24 dell’accordo sugli aspetti dei diritti di proprietà intellettuale attinenti al commercio, che figura all’allegato I C dell’accordo che istituisce l’Organizzazione mondiale del commercio, approvato a nome della Comunità europea, per le materie di sua competenza, con decisione del Consiglio 22 dicembre 1994, 94/800/CE, devono essere interpretati nel senso che, in un caso quale quello della causa principale, relativo ad un’omonimia tra un’indicazione geografica di un paese terzo e la denominazione che riprende il nome di un vitigno utilizzato per la designazione e la presentazione di determinati vini comunitari che ne derivano, tali disposizioni non esigono che quella denominazione possa continuare ad essere utilizzata in futuro nonostante la doppia circostanza che essa sia stata utilizzata in passato dai rispettivi produttori o in buona fede o per almeno dieci anni prima del 15 aprile 1994 e che indichi chiaramente il paese, la regione o la zona di origine del vino protetto in modo da non indurre in errore i consumatori.

6)      Il diritto di proprietà non osta al divieto imposto agli operatori interessati della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia di utilizzare il termine «Tocai» nella menzione «Tocai friulano» o «Tocai italico» per la designazione e la presentazione di taluni vini italiani di qualità prodotti in una regione determinata alla fine di un periodo transitorio con scadenza 31 marzo 2007, risultante dallo scambio di lettere concernente l’art. 4 dell’accordo tra la Comunità europea e la Repubblica d’Ungheria sulla tutela e il controllo reciproci delle denominazioni dei vini che è allegato a tale accordo ma non figura nell’accordo stesso.

Firme


Comunicazione sulla GU

 

Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio - Sezione Seconda ter - con ordinanza 9 giugno 2003, nella causa dinanzi ad esso pendente fra Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia nonché Agenzia Regionale per lo Sviluppo Rurale (ERSA) e Ministero per le Politiche Agricole e Forestali nonché nei confronti della Regione Veneto.

(Cause C-347/03)

Con ordinanza 9 giugno 2003 pervenuta nella Cancelleria della Corte di Giustizia delle Comunità Europee il 7 agosto 2003, nella causa Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia nonché Agenzia Regionale per lo Sviluppo Rurale (ERSA) e Ministero per le Politiche Agricole e Forestali nonché nei confronti della Regione Veneto, il Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio ha sottoposto alla Corte di giustizia delle Comunità europee le seguenti questioni pregiudiziali:

1."Se l'Accordo europeo istituente un'Associazione tra la Comunità Europea, gli Stati membri e la Repubblica d'Ungheria, stipulato il 16 dicembre 1991 e pubblicato in GUCE L. 347 del 31.12.1993, possa costituire una base giuridica legittima, valida e sufficiente per conferire alla Comunità europea il potere di adottare l'Accordo comunitario sulla tutela delle denominazioni dei vini concluso il 29 novembre 19931 (GUCE L. 337 del 31.12.1993) tra la Comunità europea e la Repubblica d'Ungheria; e ciò anche con riferimento a quanto previsto all'art. 65, part. 1, alla dichiarazione comune n. 13 e all'Allegato XIII (punti 3,4 e 5) dell'Accordo europeo del 1991 circa l'eventuale riserva di sovranità e competenza dei singoli Stati in materia di denominazioni geografiche nazionali riferite ai propri prodotti agroalimentari, compresi i prodotti vitivinicoli, escludendo qualsiasi trasferimento di sovranità e competenza in tale materia alla Comunità Europea".

2."Se l'Accordo comunitario sulla tutela delle denominazioni dei vini, concluso il 29 novembre 1993 tra la Comunità europea e la Repubblica d'Ungheria (GUCE L. 337/1993), disciplinando la tutela delle denominazioni geografiche rientranti nella materia della proprietà industriale e commerciale, anche alla luce di quanto affermato nel Parere n. 1/94 della Corte di giustizia della Comunità europea, in ordine alla competenza esclusiva della CE, debba essere dichiarato invalido ed inefficace per l'ordinamento comunitario, considerato che non risulta ratificato l'Accordo medesimo da parte dei singoli Stati membri della Comunità europea".

3.Nel caso in cui si dovesse considerare legittimo ed applicabile nel suo complesso l'Accordo comunitario del 1993 (GUCE L. 337/93), se il divieto di utilizzare in Italia dopo il 2007 la denominazione "Tocai", che si ricava dalle lettere scambiate fra le parti a conclusione dell'Accordo medesimo (e ad esso allegate) debba ritenersi invalido ed inefficace perché in contrasto con la disciplina delle denominazioni omonime

 

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stabilito dallo stesso Accordo del 1993 (cfr. art. 4, par. 5 e Protocollo allegato all'Accordo).

4."Se la Seconda Dichiarazione Comune allegata all'Accordo del 1993 (GUCE L. 337/1993), da cui si deduce che le parti contraenti non erano al corrente, al momento dei negoziati, dell'esistenza di denominazioni omonime relative ai vini europei ed ungheresi debba essere considerata una rappresentazione sicuramente errata della realtà (visto che le denominazioni italiane ed ungheresi riferite ai vini "Tocai" esistevano e convivevano da secoli, erano state ufficialmente riconosciute nel 1948 in un Accordo tra l'Italia e l'Ungheria ed erano entrate da ultimo nella normativa comunitaria) così da costituire una causa di nullità della parte dell'Accordo del 1993 da cui deriva il divieto di utilizzare in Italia la denominazione Tocai, sulla base dell'art. 48 della Convenzione di Vienna sul diritto dei Trattati".

5."Se alla luce dell'art. 59 della Convenzione di Vienna sul diritto dei Trattati, l'Accordo TRIP'S sugli aspetti dei diritti di proprietà intellettuale attinenti al commercio (GUCE L. 336 del 21 novembre 1994) concluso nel quadro dell'Organizzazione Mondiale del Commercio (OMC-WTO) ed entrato in vigore il 1( gennaio 1996 e quindi successivamente all'entrata in vigore dell'Accordo comunitario del 1993 (GUCE L. 337/1994), debba essere interpretato nel senso che le sue disposizioni, riferite alla disciplina delle denominazioni omonime dei vini, si applicano al posto di quelle dell'Accordo comunitario del 1993 in caso di incompatibilità tra le medesime considerata l'identità delle parti finanziarie dei due accordi.

6."Se gli artt. 22 - 24 della Sezione Terza dell'Allegato C del Trattato istitutivo dell'OMC (WTO) contenente l'Accordo TRIP'S (GUCE L. 336/1994), entrato in vigore il 1( gennaio 1996, in presenza di due denominazioni omonime riferite ai vini, prodotti in due diversi Paesi aderenti all'Accordo TRIP'S (tanto se l'omonimia riguarda due denominazioni geografiche usate in entrambi i Paesi aderenti all'Accordo quanto se riguarda una denominazione geografica di un Paese aderente e l'omonima denominazione riferita ad un vitigno tradizionalmente coltivato nell'altro Paese aderente) debbano essere interpretati nel senso che entrambe le denominazioni possono continuare ad essere utilizzate in futuro purché siano state usate in passato dai rispettivi produttori o in buona fede o per almeno 10 anni prima del 15 aprile 1994 (art. 24 parag. 4) e ciascuna denominazione indichi chiaramente il Paese o la regione o la zona da cui proviene il vino tutelato in modo da non ingannare i consumatori".

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7."Se il diritto di proprietà di cui all'art. 1 del Protocollo n. 1 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo (Convenzione di Roma del 1950), e ripreso dall'art. 17 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea proclamata a Nizza il 7 ottobre 2000, concerna anche la proprietà intellettuale relativamente alle denominazioni di origine dei vini ed il suo sfruttamento, e conseguentemente se la sua tutela osti all'applicazione di quanto previsto nello scambio di lettere, allegato all'Accordo tra la Comunità europea e la Repubblica di Ungheria sulla tutela ed il controllo reciproci delle denominazioni dei vini (GUCE L. 337 del 31.12.1994), ma non ricompreso nello stesso, in base al quale i viticoltori friulani non potranno utilizzare la denominazione "Tocai Friulano", in considerazione anche della totale assenza di ogni forma di indennizzo a favore dei viticoltori friulani espropriati, della mancanza di un interesse generale pubblico che giustifichi l'espropriazione, del mancato rispetto del principio di proporzionalità".

8."Nel caso in cui venga stabilita l'illegittimità delle norme comunitarie dell'Accordo sulla tutela delle denominazioni dei vini, concluso il 29 novembre 1993 tra la Comunità europea e la Repubblica d'Ungheria (Cuce L. 337/1993) e/o dell'allegato scambio di lettere nella misura evidenziata nei precedenti quesiti, se le disposizioni del regolamento CE n. 753/20022 in base alle quali viene eliminato, l'utilizzo della denominazione "Tocai Friulano" dopo la data del 31 marzo 2007 (art. 19 II comma) debbano essere considerate invalide e comunque inefficaci".

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1 - Leggasi 23 novembre 1993

2 - GU L 118, DEL 4.05.2002, PAG. 1

 

 


Documentazione

 


 

 



[1]     Il puntuale raffronto tra il testo del disegno di legge in esame e la normativa (primaria e secondaria) di cui è prevista l’abrogazione è svolto nel testo a fronte contenuto nell’apposita sezione del presente dossier.

[2]     Dir.P.C.M. 27 marzo 2000 “Analisi tecnico-normativa e analisi dell'impatto e della regolamentazione” (Pubblicata nella Gazz. Uff. 23 maggio 2000, n. 118). L’art.2, concernente l’ATN, prevede che l'ATN verifica l'incidenza della normativa proposta sull'ordinamento giuridico vigente, dà conto della sua conformità alla Costituzione e alla disciplina comunitaria nonché dei profili attinenti al rispetto delle competenze delle regioni e delle autonomie locali e ai precedenti interventi di delegificazione. L'ATN, inoltre, dà conto della correttezza delle definizioni e dei riferimenti normativi contenuti nel testo della normativa proposta, nonché delle tecniche di modificazione e abrogazione delle disposizioni vigenti, riportando eventuali soluzioni alternative prese in considerazione ed escluse. L'analisi è condotta anche alla luce della giurisprudenza esistente e di eventuali progetti di modifica della stessa materia già in corso di esame. L’art.3 prevede che l'AIR è uno strumento per stabilire la necessità di un intervento di regolamentazione e per scegliere quello più efficace. L'AIR consiste nella valutazione dell'impatto della regolamentazione sull'organizzazione delle amministrazioni pubbliche e nella valutazione dell'impatto della regolamentazione sui cittadini e sulle imprese. L'AIR contiene la descrizione degli obiettivi del provvedimento di regolamentazione la cui eventuale adozione è in discussione e delle opzioni alternative, nonché la valutazione dei benefìci e dei costi derivanti dalla misura regolatoria.

[3]     La sentenza è allegata al presente dossier.

[4]    Si veda il dossier RUE n. 31 “Prospettive finanziarie 2007-2013” del 1° aprile 2005 del 6 maggio 2005.

[5]    Si veda il dossier RUE n. 87 “La riforma degli strumenti finanziari per l’agricoltura e la pesca” del 17 dicembre 2004.

[6]    Tale regolamento non si applica ai vini e alle bevande spiritose che ricadono sotto una normativa particolare.

[7]    Comunicato stampa IP/05/298.

[8]     Ad esempio all’articolo 2, comma 3, all’articolo 5, comma 2, all’articolo 19, commi 1 e 2 e all’articolo 21, comma 3.