XIV Legislatura - Dossier di documentazione
Autore: Servizio Studi - Dipartimento affari sociali
Titolo: Tutela giudiziaria dei disabili vittime di discriminazioni - A.C. 4129
Serie: Progetti di legge    Numero: 703
Data: 08/02/05
Abstract:    Scheda di sintesi per l'istruttoria legislativa; schede di lettura; disegno di legge; normativa nazionale e comunitaria; disposizioni della Nuova Costituzione europea in tema di disabilità.
Descrittori:
ASSISTENZA GIUDIZIARIA   EGUAGLIANZA
HANDICAPPATI     
Organi della Camera: XII-Affari sociali
Riferimenti:
AC n.4129/14     

Servizio studi

 

progetti di legge

Tutela giudiziaria dei disabili vittime di discriminazioni

A.C. 4129

 

n. 703

 


xiv legislatura

8 febbraio 2005

 

Camera dei deputati


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Alla redazione del presente dossier, coordinato dal Dipartimento Affari sociali, hanno collaborato, oltre all’Ufficio Rapporti con l’Unione europea, anche i Dipartimenti Giustizia, Lavoro, Affari esteri, Finanze, Ambiente, Trasporti e Cultura del Servizio Studi.

 

Dipartimento Affari sociali

 

SIWEB

 

I dossier del Servizio studi sono destinati alle esigenze di documentazione interna per l'attività degli organi parlamentari e dei parlamentari. La Camera dei deputati declina ogni responsabilità per la loro eventuale utilizzazione o riproduzione per fini non consentiti dalla legge.

 

File: AS0348

 


INDICE

Scheda di sintesi per l’istruttoria legislativa

Dati identificativi3

Struttura e oggetto  4

§      Contenuto  4

§      Relazioni allegate  4

Elementi per l’istruttoria legislativa  5

§      Necessità dell’intervento con legge  5

§      Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite  5

§      Rispetto degli altri princìpi costituzionali5

§      Compatibilità comunitaria  5

§      Incidenza sull’ordinamento giuridico  6

Schede di lettura

Quadro normativo generale  9

Analisi delle singole disposizioni11

§      Premessa  11

§      Art. 1 (Finalità ed ambito di applicazione)13

§      Art. 2 (Nozione di discriminazione)15

§      Art. 3 (Tutela giurisdizionale)17

§      Art. 4 (Legittimazione ad agire)21

Quadro generale delle misure di integrazione sociale dei soggetti portatori di handicap  23

§      Premessa  23

§      Le iniziative in campo internazionale e comunitario  25

§      1. La tutela dei disabili a livello internazionale  25

§      2. Strategie dell'Unione europea in materia di disabilità  26

§      Il quadro di riferimento normativo in Italia  35

§      Introduzione  35

§      1. La legislazione in campo assistenziale  36

§      2. L’assistenza sanitaria  41

§      3. Profili relativi all’istruzione  43

§      5. Le agevolazioni fiscali47

§      6. Formazione professionale e lavoro  49

§      7. Provvidenze di carattere previdenziale e assistenziale  53

§      8. Misure nel settore dei trasporti56

§      9. Disabili e mondo delle comunicazioni58

§      10. Accesso facilitato agli edifici62

§      11. Politica della casa e portatori di handicap  64

§      12. Altre misure di integrazione sociale  65

Disegno di legge

§      A.C. 4129, (Governo), Misure per la tutela giudiziaria dei disabili vittime di discriminazioni71

Normativa di riferimento

Normativa nazionale

§      Costituzione della Repubblica Italiana (artt. 3, 4, 24, 117)81

§      Codice Civile (art. 2729)84

§      L. 5 febbraio 1992, n. 104. Legge-quadro per l'assistenza, l'integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate  85

§      D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286. Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero (art. 44)114

§      D.Lgs. 9 luglio 2003, n. 215. Attuazione della direttiva 2000/43/CE per la parità di trattamento tra le persone indipendentemente dalla razza e dall'origine etnica  117

§      D.Lgs. 9 luglio 2003, n. 216. Attuazione della direttiva 2000/78/CE per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro  123

Normativa comunitaria

§      Dir. 2000/43/CE del 29 giugno 2000. Direttiva del Consiglio che attua il principio della parità di trattamento fra le persone indipendentemente dalla razza e dall'origine etnica  131

§      Dir. 2000/78/CE del 27 novembre 2000. Direttiva del Consiglio che stabilisce un quadro generale per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro  140

Disposizioni della nuova Costituzione europea in tema di disabilità

§      A.C. 5388, (Governo), Ratifica ed esecuzione del Trattato che adotta una Costituzione per l’Europa e alcuni atti connessi, con atto finale, protocolli e dichiarazioni, fatto a Roma il 29 ottobre 2004 (stralci)155

 

 


SIWEB

Scheda di sintesi
per l’istruttoria legislativa


Dati identificativi

Numero del progetto di legge

4129

Titolo

Misure per la tutela giudiziaria dei disabili vittime di discriminazioni

Iniziativa

Governativa

Settore d’intervento

Affari sociali; diritti e libertà fondamentali; diritto civile; lavoro

Iter al Senato

No

Numero di articoli

4

Date

 

§       presentazione

2 luglio 2003

§       annuncio

3 luglio 2003

§       assegnazione

17 luglio 2003

Commissione competente

XII (Affari sociali)

Sede

Referente

Pareri previsti

I (Affari costituzionali)

II (Giustizia)

XI (Lavoro)

XIV (Politiche dell’Unione europea)

 

 


Struttura e oggetto

Contenuto

Il provvedimento in esame è volto a rafforzare ulteriormente il processo di integrazione dei soggetti disabili nella vita politica, sociale ed economica.

Tale finalità è esplicitata nell’art. 1, che fa comunque salve le garanzie già previste dall’ordinamento a favore dei disabili che vogliono accedere al mondo del lavoro e per coloro che già prestano un attività lavorativa.

L’art. 2 definisce le fattispecie di discriminazione diretta (trattamento meno favorevole riservato ad un soggetto portatore di handicap) e di discriminazione indiretta (che fa riferimento a prassi, atti o comportamenti che mettono comunque il disabile in una situazione di svantaggio rispetto ad altre persone).

Gli artt. 3 e 4 introducono nuovi strumenti di tutela giurisdizionale prevedendo, da un lato, il ricorso contro atti e comportamenti discriminatori ai sensi dell’art. 44 del decreto legislativo n. 286/1998 [1](art. 3) e legittimando ad agire in giudizio, su delega dell’interessato, anche associazioni ed enti individuati con decreto del Ministro delle pari opportunità(art. 4).

 

(Per un analisi più dettagliata delle singole disposizioni del progetto di legge e della normativa da esse richiamata vedi la scheda di lettura al riguardo, infra).

Relazioni allegate

Al disegno di legge in esame non sono allegate le relazioni governative sugli effetti finanziari, sull’analisi tecnico normativa (ATN) e sull’analisi di impatto della legislazione (AIR).

 


Elementi per l’istruttoria legislativa

Necessità dell’intervento con legge

Il ricorso alla legge appare necessario in quanto volto a disciplinare ulteriormente le garanzie giurisdizionali previste dall’ordinamento per la difesa dei diritti dei soggetti portatori di handicap.

Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite

Il provvedimento in esame può essere ricondotto nell’ambito della materia “giurisdizione e norme processuali; ordinamento civile e penale; giustizia amministrativa” che l’art. 117, comma 2, lett. l) della Costituzione attribuisce alla competenza esclusiva dello Stato.

Rispetto degli altri princìpi costituzionali

La parità di trattamento è uno dei principi fondamentali della nostra Costituzione che, all’articolo 3, stabilisce la pari dignità sociale di tutti i cittadini e la loro uguaglianza, senza distinzioni basate sulla razza, oltre che sul sesso, sulla lingua, sulle opinioni politiche e sulle condizioni personali e sociali.

Compatibilità comunitaria

Le norme in esame si pongono nell’ambito dei principi affermati dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea,firmata a Nizza il 7 dicembre 2000 e solennemente riconosciuta (ed incorporata) nel Trattato che adotta una Costituzione europea, firmato a Roma il 29 ottobre 2004.  

 

Le disposizioni relative alla definizione di discriminazione ed alla forme di tutela giudiziale, derivano il loro impianto da due direttive comunitarie, già recepite nel nostro ordinamento:  direttiva 2000/78/CE (D.Lgs n. 216 del 2003) e direttiva 2000/43/CE (D.lgs n. 215 del 2003), relative alla parità di trattamento tra le persone, anche con riferimento ai luoghi di lavoro.

 

(Per un’analisi dettagliata delle disposizioni della nuova Costituzione europea e sulle iniziative assunte al livello comunitario nel campo della disabilità vedi il capitolo curato dall’Ufficio Rapporti con L’Unione Europea, all’interno della scheda di lettura “Quadro generale delle misure di integrazione sociale dei soggetti portatori di handicap”, infra).

Incidenza sull’ordinamento giuridico

Attribuzione di poteri normativi e amministrativi

L’art. 4 prevede un decreto del Ministro delle pari opportunità che individui gli enti ed associazioni abilitati ad intervenire in giudizio, su delega dell’interessato, a tutela dei suoi interessi.

Coordinamento con la normativa vigente

Per un raffronto con la disciplina di attuazione delle direttive europee in materia di parità di trattamento vedi la scheda di lettura sulle singole disposizione del disegno di legge in esame. 


Schede di lettura

 


Quadro normativo generale

 

La parità di trattamento è uno dei principi fondamentali della nostra Costituzione che, all’articolo 3, stabilisce la pari dignità sociale di tutti i cittadini e la loro uguaglianza, senza distinzioni basate sulla razza, oltre che sul sesso, sulla lingua, sulle opinioni politiche e sulle condizioni personali e sociali.

Anche se l’articolo 3 si riferisce espressamente ai cittadini, si ritiene che il principio di uguaglianza sia applicabile anche allo straniero, almeno quando si tratta del rispetto di diritti inviolabili dell’uomo, la cui tutela è riconosciuta dall’articolo 2 della Costituzione[2]. Del resto la legislazione ordinaria in materia ha per oggetto tutti gli individui a prescindere del possesso o meno della cittadinanza italiana.

 

Il principio della parità di trattamento è stato ribadito in ambito europeo con la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea,firmata a Nizza il 7 dicembre 2000 e solennemente riconosciuta (ed incorporata) nel Trattato che adotta una Costituzione europea, firmato a Roma il 29 ottobre 2004.

L’articolo 21 della Carta di Nizza vieta “qualsiasi forma di discriminazione fondata, in particolare, sul sesso, la razza, il colore della pelle o l'origine etnica o sociale, le caratteristiche genetiche, la lingua, la religione o le convinzioni personali, le opinioni politiche o di qualsiasi altra natura, l'appartenenza ad una minoranza nazionale, il patrimonio, la nascita, gli handicap, l'età o le tendenze sessuali”.

 

Il Trattato che istituisce la Comunità europea (TCE), come modificato dal Trattato di Nizza del 2001, all’articolo 13, conferisce poi al Consiglio europeo il compito di adottare gli opportuni provvedimenti per combattere le diverse forme di discriminazione.

 

(Sulle politiche comunitarie nel campo della disabilità vedi più diffusamente la scheda di lettura sul Quadro generale delle misure di integrazione sociale dei soggetti portatori di handicap, infra).

 

Proprio sulla base di tali disposizioni il Consiglio ha adottato nel 2000 due direttive, una relativa all’attuazione del principio di parità tra le persone in generale (la direttiva 2000/43/CE) e l'altra relativa all'accesso all'occupazione (si tratta della direttiva 2000/78/CE del 27 novembre 2000, che stabilisce un quadro generale per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro).

 

In attuazione della direttiva 2000/43/CE è stato emanato il decreto legislativo 9 luglio 2003, n. 215, che ha introdotto le misure necessarie per evitare disparità di trattamento tra persone indipendentemente da ragioni razziali e da origini etniche.

Dopo aver fornito la nozione di discriminazione, sia diretta che indiretta, e l’ambito applicativo del provvedimento, viene in particolare sancita la tutela giurisdizionale dei diritti lesi prevedendo il ricorso all’azione civile di cui all’art. 44 TU immigrazione (v. infra).

 

(Per una più approfondita lettura del provvedimento si rinvia al dossier del Servizio studi, collana Pareri al Governo, n. 180 del 18 aprile 2003).

 

In attuazione della direttiva 2000/78/CE è stato emanato il decreto legislativo 9 luglio 2003, n. 216, volta a garantire la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro,contro ogni forma di discriminazione legata a religione, convinzioni personali, handicap, età, orientamento sessuale (su tale aspetto vedi la scheda sull’art. 1  e, più analiticamente, il dossier del Servizio studi, collana Pareri al Governo, n. 176 del 15 aprile 2003).

 


Analisi delle singole disposizioni

Premessa

Il provvedimento in esame si propone di estendere la tutela giurisdizionale, già accordata ai disabili discriminati in ambito lavorativo (sia pubblico che privato) a seguito della entrata in vigore del D.Lgs 9 luglio 2003, n. 216, alle ulteriori situazioni in cui lo stesso disabile possa risultare oggetto di comportamenti comunque definibili come discriminatori in ragione della sua particolare condizione fisica.

 

Come già sottolineato, le disposizioni relative alla definizione di discriminazione ed alla forme di tutela giudiziale, derivano il loro impianto dalle citate norme attuative della direttiva 2000/78/CE (D.Lgs n. 216 del 2003) nonché da quelle, di pressochè identica formulazione, attuative della direttiva 2000/43/CE (D.lgs n. 215 del 2003), relativa alla parità di trattamento tra le persone indipendentemente dalla razza e dall'origine etnica.

 


Art. 1
(Finalità ed ambito di applicazione)

 

 


1. La presente legge promuove la piena attuazione del principio di parità di trattamento e delle pari opportunità nei confronti dei disabili, al fine di garantire agli stessi il pieno godimento dei loro diritti civili, politici, economici e sociali.

2. Restano salve, nei casi di discriminazioni in pregiudizio dei disabili relative all'accesso al lavoro e sul lavoro, le disposizioni legislative emanate in attuazione della direttiva 2000/78/CE del Consiglio, del 27 novembre 2000, che stabilisce un quadro generale per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro.


 

 

L’articolo 1 definisce l’oggetto del disegno di legge in esame, volto ad attuare le misure necessarie a garantire l’attuazione del principio di parità di trattamento e di pari opportunità nei confronti delle persone disabili, al fine di garantire loro il pieno godimento dei diritti civili, politici, economici e sociali.

A tal fine il ddl fa comunque salve le norme già approvate in attuazione della Direttiva 2000/78/CE in materia di occupazione e di condizioni di lavoro.

 

La Direttiva 2000/78/CE - che intende stabilire un quadro generale per la lotta alle discriminazioni basate sulla religione o le convinzioni personali, l’handicap, l’età o le tendenze sessuali, per quanto riguarda l’accesso al lavoro, alla formazione ed alla promozione professionali, nonché le condizioni di lavoro - è stata recepita nell’ordinamento nazionale con il Decreto legislativo 9 luglio 2003, n. 216, recante “Attuazione della direttiva 2000/78/CE per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro”.

Come già rilevato, In materia di parità di trattamento è stato emanato anche il Decreto legislativo 9 luglio 2003, n. 215, in attuazione della direttiva 2000/43/CE, volto a garantire la parità di trattamento tra le persone indipendentemente dalla razza e dall'origine etnica[3].

 

Il decreto legislativo n. 216/2003, di attuazione della direttiva 2000/78/CE, stabilisce un quadro generale per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro,contro ogni forma di discriminazione legata a religione, convinzioni personali, handicap, età, orientamento sessuale.

Per principio di parità di trattamento si intende l'assenza di qualsiasi discriminazione diretta o indiretta a causa della religione, delle convinzioni personali, degli handicap, dell'età o dell'orientamento sessuale. Tale principio comporta che non sia praticata alcuna discriminazione diretta o indiretta (art. 2).

In particolare si ha discriminazione:

·            quando una persona è trattata meno favorevolmente di quanto sia, sia stata o sarebbe trattata un'altra in una situazione analoga (discriminazione diretta);

·            quando una disposizione, un criterio, una prassi, un atto, un patto o un comportamento apparentemente neutri possono mettere le persone in una situazione di particolare svantaggio rispetto ad altre persone (discriminazione indiretta);

·            quando vengono perpetrate molestie o comportamenti indesiderati che hanno lo scopo o l'effetto di violare la dignità di una persona e di creare un clima intimidatorio, ostile, degradante, umiliante od offensivo (cd. mobbing).

Dopo aver stabilità l’ambito di applicazione del principio di parità di trattamento ed aver enucleato una serie di ipotesi che non costituiscono discriminazione (art. 3), il decreto legislativo disciplina la tutela giurisdizionale dei suddetti diritti, riconoscendo anche il ruolo delle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative ad agire in giudizio in nome e per conto di chi abbia subito discriminazioni  (artt. 4 e 5).

 

 

 


Art. 2
(Nozione di discriminazione)

 

 


1. Il principio di parità di trattamento comporta che non può essere praticata alcuna discriminazione in pregiudizio delle persone disabili.

2. Si ha discriminazione diretta quando, per motivi connessi alla disabilità, una persona è trattata meno favorevolmente di quanto sia, sia stata o sarebbe trattata una persona non disabile in situazione analoga.

3. Si ha discriminazione indiretta quando una disposizione, un criterio, una prassi, un atto, un patto o un comportamento apparentemente neutri mettono una persona disabile in una posizione di particolare svantaggio rispetto ad altre persone.

4. Sono, altresì, considerati come discriminazioni quei comportamenti indesiderati, posti in essere per motivi connessi alla disabilità, che violano la dignità e la libertà di un disabile, ovvero creano un clima di intimidazione nei suoi confronti.


 

 

L’articolo 2 fornisce la nozione di discriminazione enucleando i diversi comportamenti che costituiscono attività comunque discriminatoria.

 

Il comma 1 chiarisce che, in virtù del principio della parità di trattamento, non è praticabile alcuna discriminazione nei confronti di un disabile.

Sussiste, quindi, discriminazione diretta quando, per motivi connessi alla disabilità, una persona è trattata meno favorevolmente di quanto sia, sia stata o sarebbe trattata un non disabile in una situazione analoga (comma 2).

La discriminazione verso il disabile è, invece, indiretta quando una disposizione, un criterio, una prassi, un atto, un patto o un comportamento apparentemente neutri mettono tali persone in una posizione di particolare svantaggio rispetto ad altre (comma 3). La punibilità della discriminazione indiretta serve, evidentemente, a coprire una “zona grigia” rendendo in questo modo perseguibili anche comportamenti elusivi che, apparentemente neutri, risultano invece discriminatori.

Si osserva che, a differenza della discriminazione indiretta del disabile sul luogo di lavoro, per l’analoga discriminazione in ambiti diversi, tutelata dal provvedimento in esame, non si richiamano cause giustificative. L’art. 3, comma 6, del D.Lgs. n. 216/2003 non considera, infatti, atti di discriminazione quelle differenze di trattamento in ambito lavorativo che, pur essendo indirettamente discriminatorie, siano giustificate oggettivamente da finalità legittime perseguite attraverso mezzi appropriati e necessari.

Al comma 4 si chiarisce che sono considerate come discriminazioni le molestie ovvero quei comportamenti indesiderati, posti in essere in relazione alla condizione di disabilità, aventi lo scopo o l’effetto di violare la dignità e la libertà del disabile.

Manca, rispetto all’analogo testo dell’art. 2, comma 3, del D.Lgs n. 216, il riferimento alla creazione (intorno alla persona e per motivi connessi alla sua disabilità) di un “clima intimidatorio, ostile, degradante, umiliante e offensivo”, che si è, evidentemente ritenuto, specificamente riferibile al solo “mobbing” in ambiente lavorativo.

Si osserva, inoltre, come nell’articolo 2 in esame non sia prevista come forma autonoma di discriminazione “l’ordine di discriminare persone” a causa della loro disabilità, ipotesi invece contemplata come illecito civile se la fattispecie si verifica in ambito lavorativo (D.Lgs  n. 216/2003, art. 2, comma 4).

 


Art. 3
(Tutela giurisdizionale)

 

 


1. La tutela giurisdizionale avverso gli atti ed i comportamenti di cui all'articolo 2 della presente legge è attuata nelle forme previste dall'articolo 44 del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286.

2. Il ricorrente, al fine di dimostrare la sussistenza di un comportamento discriminatorio a proprio danno, può dedurre in giudizio elementi di fatto, in termini gravi, precisi e concordanti, che il giudice valuta nei limiti di cui all'articolo 2729, primo comma, del codice civile.

3. Con il provvedimento che accoglie il ricorso il giudice, oltre a provvedere, se richiesto, al risarcimento del danno, anche non patrimoniale, ordina la cessazione del comportamento, della condotta o dell'atto discriminatorio, ove ancora sussistente, e adotta ogni altro provvedimento idoneo, secondo le circostanze, a rimuovere gli effetti della discriminazione, compresa l'adozione, entro il termine fissato nel provvedimento stesso, di un piano di rimozione delle discriminazioni accertate.

4. Il giudice può ordinare la pubblicazione della sentenza di cui al comma 3, a spese del convenuto, per una sola volta, su un quotidiano a tiratura nazionale.


 

 

L’articolo 3 del disegno di legge fornisce il quadro della tutela giurisdizionale avverso gli atti discriminatori nei confronti dei disabili.

Anch’esso si rifà sostanzialmente alle previsioni previste per la tutela in ambito di lavoro; detta tutela è, infatti, quella di natura civilistica prevista dall’art. 44 del Testo unico sull’immigrazione (D.Lgs n. 286/1998), cui la norma in esame fa espresso rinvio (comma 1). La finalità, come recita la relazione, appare quella di “garantire al disabile una tutela celere e spedita” che, in ogni caso, si affianca a quella ordinaria prevista dal codice di rito civile.

L'articolo 44 del D.Lgs n. 268/1998, in presenza del comportamento di un privato o della pubblica amministrazione produttivo di una discriminazione per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi, prevede la possibilità di agire in giudizio avanti al tribunale civile in composizione monocratica.

L’azione è attivabile mediante ricorso al tribunale in composizione monocratica, depositato anche personalmente, teso ad ottenere un provvedimento (ordinanza), (impugnabile entro 10 gg. davanti al tribunale collegiale) che, anche in via di urgenza, possa rimuovere gli effetti della discriminazione e risarcire il danno subito, anche se di natura non patrimoniale. Il giudice procede senza formalità come ritiene più opportuno agli atti istruttori che ritiene necessari.

In caso di accoglimento, i provvedimenti richiesti sono immediatamente esecutivi. Nei casi di urgenza, inoltre, il giudice provvede con decreto motivato, assunte, ove occorre, sommarie informazioni. In tal caso fissa, con lo stesso decreto, l'udienza di comparizione delle parti davanti a sé entro un termine non superiore a quindici giorni, assegnando all'istante un termine non superiore a otto giorni per la notificazione del ricorso e del decreto. Con la decisione sul ricorso iI giudice può condannare il convenuto al risarcimento del danno, anche di natura non patrimoniale.

Una sanzione penale è irrogata in caso di mancata esecuzione dei provvedimenti del giudice a norma dell’art. 388, primo comma, c.p. (reclusione fino a 3 anni o multa da 103 a 1.032 euro).

 E’ prevista, poi, la possibilità, per il ricorrente, al fine di dimostrare la sussistenza a proprio danno del comportamento discriminatorio in ragione della razza, del gruppo etnico o linguistico, della provenienza geografica, della confessione religiosa o della cittadinanza, di dedurre elementi di fatto anche a carattere statistico relativi alle assunzioni, ai regimi contributivi, all'assegnazione delle mansioni e qualifiche, ai trasferimenti, alla progressione in carriera e ai licenziamenti dell'azienda interessata. Il giudice valuta i fatti dedotti nei limiti di cui all'articolo 2729, primo comma, del codice civile. Se il comportamento discriminatorio ha carattere collettivo, anche se non siano direttamente individuabili i lavoratori discriminati, il ricorso può essere presentato dalle rappresentanze locali delle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative a livello nazionale. Nella sentenza che accerta la discriminazione, il tribunale ordina al datore di lavoro un piano di rimozione delle situazioni lesive

 

Nonostante il richiamo dell’art. 3, comma 1, della p.d.l. è dubbio se il rinvio all’art. 44 del T.U. sull’immigrazione riguardi tutto il suo contenuto ovvero, come sembra evincersi dal tenore letterale della norma (la tutela…è attuata nelle forme previste dall’art. 44….), si riferisca soltanto alle disposizioni di natura strettamente procedurale.

Sicuramente, il citato comma 1 richiama l’applicazione di almeno i primi sei commi dell’articolo 44, relativi alle modalità di proposizione della domanda volta a rimuovere le conseguenze della discriminazione, alle modalità processuali del giudizio e alle forme dell’eventuale impugnazione della decisione del giudice.

Del resto, le disposizioni successive dell’art. 3 sono in parte riproduttive di quanto già previsto dai commi seguenti dell’articolo 44 (quelli non strettamente attinenti alle forme, bensì relativi al regime probatorio e al contenuto della sentenza).

 

Al comma 2 dell’art. 3 in esame si introduce una disposizione processuale in base alla quale, a fini probatori (cd. prova presuntiva), il ricorrente può produrre in giudizio elementi di fatto “gravi, precisi e concordanti”; tali indizi, in forza del rinvio all’art. 2729, primo comma, del codice civile, saranno valutati liberamente dal giudice, alla stregua, cioè di presunzioni semplici. Il comma 2 riproduce, quindi, parte del comma 9 dell’art. 44 del T.U. sull’immigrazione.

Il giudice valuta tali elementi indizianti nei limiti di cui all’articolo 2729, primo comma, del codice civile, a norma del quale le presunzioni non stabilite dalla legge sono lasciate alla prudenza del giudice che non deve ammettere che presunzioni gravi, precise e concordanti.

Le presunzioni sono le conseguenze che la legge o il giudice trae da un fatto noto per risalire ad uno ignoto (art. 2727 c.c.). Le prime sono definite legali, mentre quelle tratte dal giudice allo stesso scopo sono definite semplici. Fatto noto agli effetti dell’art. 2727, in riferimento alle presunzioni semplici, è quello affermato pacificamente in causa o accertato dal giudice mediante valutazione critica delle prove o con riferimento alle nozioni di fatto che rientrano nella comune esperienza. Le presunzioni semplici sono inammissibili nei casi in cui la legge esclude la prova per testimoni.

 

Si ricorda che entrambe le citate direttive anti-discriminazione (2000/78/CE e 2000/43/CE) prevedevano esplicitamente che, di fronte alla presentazione al giudice di fatti “dai quali si può presumere” l’esistenza della violazione della parità di trattamento, spettasse al convenuto l’onere della prova sull’insussistenza della discriminazione. Tali disposizioni sull’inversione dell’onere della prova non sono state recepite nei decreti attuativi (D.Lgs n. 215 e n. 216/2003)

 

A norma del comma 3, il giudice che accoglie il ricorso provvede, se richiesto, al risarcimento del danno, anche non patrimoniale.

La disposizione riproduce quanto già previsto dal comma 7 dell’art. 44 TU immigrazione introducendo, peraltro, ai fini risarcitori, la necessità dell’iniziativa di parte, al contrario del citato comma 7 che la prevedeva discrezionalmente in capo al giudice.

Il giudice impartisce inoltre, con il provvedimento favorevole al disabile, le opportune disposizioni per la cessazione del comportamento, della condotta o dell’atto discriminatorio, ove ancora sussistente. Inoltre, al fine di impedire la ripetizione degli atti di discriminazione, il giudice ordina all’autore dell’illecito di adottare, entro il termine fissato nel provvedimento, un piano di rimozione delle discriminazioni accertate.

Tale norma, prevista anche nel D.Lgs 216/2003 (’art. 4, comma 5)  è contemplata dall’art. 44, comma 10, TU immigrazione, per le sole discriminazioni di carattere collettivo.

Quale ulteriore modalità di riparazione del danno, il giudice può ordinare la pubblicazione della sentenza per una sola volta su un quotidiano di tiratura nazionale, a spese del convenuto (comma 4).

L’art. 120 c.c. stabilisce che nei casi in cui la pubblicazione della decisione di merito può essere di contributo alla riparazione del danno subito, il giudice, su istanza di parte, può ordinarla a cura e spese del soccombente, mediante inserzione per estratto in uno o più giornali da lui designati.

 

Il dubbio sull’applicabilità in toto dell’articolo 44 TU immigrazione riguarda, in particolare, il comma 8, che prevede una sanzione penale [4] per chiunque eluda i provvedimenti del giudice. A parte i commi 9, 10 e 11 (sicuramente riferibili ai soli casi di discriminazione ”sul “lavoro”) rimane dubbia anche l’applicabilità del comma 12 dell’articolo 44, che dispone la predisposizione da parte degli enti locali, di centri di osservazione, informazione e assistenza legale per le vittime delle discriminazioni.

In definitiva, poiché il rinvio all’articolo 44 del Testo unico potrebbe ritenersi parziale, per evitare difficoltà ermeneutiche e di ricostruzione normativa, sarebbe preferibile o richiamare i commi dell’art. 44 applicabili ovvero riprodurre direttamente le disposizioni specifiche che si intende richiamare

 

 


Art. 4
(Legittimazione ad agire)

 

 


1. Sono altresì legittimati ad agire ai sensi dell'articolo 3 in forza di delega rilasciata per atto pubblico o per scrittura privata autenticata a pena di nullità, in nome e per conto del soggetto passivo della discriminazione, le associazioni e gli enti individuati con decreto del Ministro per le pari opportunità, di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, sulla base della finalità statutaria e della stabilità dell'organizzazione.

2. Le associazioni e gli enti di cui al comma 1 possono intervenire nei giudizi per danno subìto dai disabili e ricorrere in sede di giurisdizione amministrativa per l'annullamento di atti lesivi degli interessi delle persone disabili.

 


 

 

L’articolo 4 in esame disciplina la legittimazione ad agire riconosciuta alle associazioni e agli enti inseriti in un apposito elenco approvato con decreto del Ministro per le pari opportunità di concerto con quello del welfare. La norma costituisce integrazione della riconosciuta legittimità ad agire di tali organismi per le ipotesi di discriminazione collettiva di cui all’art. 44, comma 10, del TU immigrazione (anche qualora non siano individuabili in modo diretto e immediato le persone lese dalla discriminazione), che, in base ad una interpretazione letterale dell’art. 3, comma 1 della proposta di legge, risulterebbe applicabile.

 

L’articolo 4 in esame riguarda, invece, la legittimazione al ricorso in sede civile, in nome e per conto del disabile discriminato, da parte di enti e associazioni nei casi di discriminazione individuale; a tal fine, sarà necessario a pena di nullità, il rilascio di apposita delega per atto pubblico o scrittura privata autenticata (comma 1).

 

Verrebbero, in sostanza, a crearsi due livelli di intervento da parte delle richiamate organizzazioni, a seconda se la tutela abbia per oggetto una discriminazione ben individuata sia nel soggetto leso che nel soggetto a cui è riferibile la discriminazione stessa, o una discriminazione collettiva.

Nel primo caso, l’azione si attiverebbe a seguito di espressa volontà del soggetto discriminato; nel secondo caso le organizzazioni sarebbero legittimate ad agire direttamente non essendo identificabile precisamente un disabile leso dalla discriminazione-

 

Gli indicati organismi collettivi possono intervenire nel giudizio civile per danni subiti dalle persone discriminate ed, eventualmente, ricorrere al giudice amministrativo (TAR) per l’annullamento di atti lesivi degli interessi dei disabili (comma 2).

 


Quadro generale delle misure di integrazione sociale dei soggetti portatori di handicap

Premessa

In questa sezione del dossier è effettuata una ricognizione delle iniziative assunte a livello internazionale a favore dei disabili e dei principali provvedimenti adottati in Italia per favorire l’inclusione dei soggetti disabili nella vita sociale attraverso modalità diverse (interventi assistenziali e sanitari; forme di sostegno per l’inserimento scolastico; agevolazioni di natura fiscale; misure previdenziali; provvidenze di natura economica etc) indicando altresì i progetti di legge di maggior rilievo in corso d’esame da parte delle competenti Commissioni parlamentari.

 

 


Le iniziative in campo internazionale e comunitario

1. La tutela dei disabili a livello internazionale

La partecipazione piena e paritaria delle persone disabili alla vita della società rappresenta uno dei fondamentali obiettivi perseguiti dalla comunità internazionale. Tale impegno, volto a garantire a tutti gli individui uguali diritti senza alcuna discriminazione, è profondamente radicato nei principi dello Statuto delle Nazioni Unite, nella Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo del 1948 e in altri strumenti internazionali di tutela dei diritti umani. Con l’istituzione della giornata mondiale dei disabili (il 3 dicembre), l’anno dei disabili (1981) e il decennio dei disabili (1983-1992) l’ONU ha focalizzato l’attenzione della comunità internazionale sulla questione del riconoscimento dei diritti dei disabili, esortando i Governi degli Stati membri a coordinare i loro sforzi e ad attuare adeguate politiche a sostegno della disabilità.

Nel corso degli anni l’Assemblea Generale ha adottato alcune importanti risoluzioni come la “Dichiarazione sui diritti dei portatori di handicap” del 1975, il Programma di azione mondiale riguardante le persone disabili del 1982 e le Regole standard per le pari opportunità dei disabili del 1993. Pur non rappresentando uno strumento giuridicamente vincolante al pari di una Convenzione, quest’ultimo documento, adottato il 20 dicembre 1993, copre tutti gli aspetti inerenti la vita delle persone disabili. Le 22 regole sono raggruppate intorno a quattro temi principali: le condizioni di base per la piena partecipazione e l’accesso ai diritti fondamentali da parte dei disabili; le aree di intervento; le misure attuative; il meccanismo di monitoraggio. Nel primo gruppo di regole l’accento è posto sulla sensibilizzazione sociale nei confronti dei diritti e delle potenzialità dei disabili, sulla necessità di fornire un’adeguata assistenza medica e di favorire una riabilitazione compatibile con i vari livelli di disabilità. Nel 1994 è stato nominato dal Segretario Generale il primo Relatore speciale sulla disabilità con l’incarico di fornire assistenza nel monitoraggio relativo all’attuazione delle Regole standard.

Con la risoluzione 56/168 del 19 dicembre 2001, l’Assemblea generale dell’ONU, inoltre, ha istituito una Commissione ad hoc con il compito di redigere una Convenzione globale sulla protezione e la promozione dei diritti e della dignità delle persone disabili; la Convenzione, secondo quanto stabilito nella risoluzione citata, avrà un approccio olistico e si baserà sul lavoro svolto nei campi dello sviluppo sociale, dei diritti umani e della non discriminazione e terrà conto delle raccomandazioni della Commissione sui diritti umani e della Commissione per lo sviluppo sociale. I negoziati sulla bozza di Convenzione, preparata dal Gruppo di lavoro istituito dalla Commissione ad hoc, sono cominciati nel corso della terza sessione della Commissione stessa, svoltasi dal 24 maggio al 4 giugno 2004. La Commissione, riunita proprio in questi giorni (dal 24 gennaio al 4 febbraio), proseguirà nella revisione degli articoli provvisoriamente elaborati nel corso della prima stesura.

Esiste inoltre, dal 1981, un Fondo volontario attraverso il quale le Nazioni Unite sostengono finanziariamente le attività delle organizzazioni per persone disabili e, in particolare, la partecipazione delle ONG e di esperti provenienti dai Paesi meno sviluppati al processo di formazione della Convenzione e della sua successiva applicazione.

La formazione, l’integrazione nel mondo del lavoro e la salute delle persone disabili sono inoltre al centro di diversi programmi elaborati nell’ambito dell’UNESCO, dell’UNICEF, dell’OIL e dell’Organizzazione mondiale della sanità. Particolarmente significativa è anche l’attività svolta dalla Mine Clearance and Policy Unit del Dipartimento affari umanitari dell’ONU per liberare le zone di guerra dalle mine antiuomo responsabili dell’invalidità di centinaia di migliaia di persone.

2. Strategie dell'Unione europea in materia di disabilità

L’articolo 13 del Trattato che istituisce la Comunità europea (TCE)  costituisce attualmente la base giuridica per la promozione dell’uguaglianza dei diritti per i disabili nell’Unione: tale articolo – introdotto dal Trattato di Amsterdam (1997) – stabilisce il principio generale di non discriminazione, prevedendo che il Consiglio, deliberando all’unanimità su proposta della Commissione e previa consultazione del Parlamento europeo, può prendere i provvedimenti opportuni per combattere le discriminazioni fondate sul sesso, la razza o l’origine etnica, la religione  o le convinzioni personali, gli handicap, l’età o le tendenze sessuali. La dichiarazione n. 22 allegata al Trattato di Amsterdam afferma, inoltre, che, ai fini del riavvicinamento della legislazioni necessario per l’instaurazione del mercato interno, le istituzioni della Comunità tengono conto delle esigenze dei portatori di handicap.

La Carta dei diritti fondamentali, proclamata al Consiglio europeo di Nizza nel dicembre 2000,  tutela specificamente i diritti delle persone con disabilità agli articoli 21 e 26. La Carta è ora inserita nel Trattato che adotta una costituzione per l’Europa[5], il quale peraltro prevede, all’articolo 81 della parte II, il divieto di qualsiasi forma di discriminazione fondata, fra l’altro, sulla disabilità, mentre al successivo articolo 86 riconosce  il diritto delle persone con disabilità di beneficiare di misure intese a garantirne l’autonomia, l’inserimento sociale e professionale e la partecipazione alla vita della comunità.

 

L’azione europea in materia di disabilità si è articolata in primo luogo in misure, anche di carattere non legislativo, intese specificamente a promuovere le azioni a favore dei disabili, alcune delle quali volte a dare seguito all'impegno indicato nella dichiarazione n. 22[6].  In secondo luogo, misure in favore dei disabili sono state adottate nell’ambito di azioni o programmi di portata più generale.

Piano d’azione per le persone disabili

Facendo seguito all’Anno europeo delle persone con disabilità – proclamato nel 2003 - il 30 ottobre 2003 la Commissione europea ha presentato la comunicazione "Pari opportunità per le persone con disabilità: un Piano d'azione europeo" (COM(2003) 650)nella quale delinea iniziative dell'Unione europea proiettate verso il futuro e volte ad assicurare un'ulteriore inclusione delle persone con disabilità nel complesso dell'economia e della società dell'UE allargata. In particolare introduce un piano d'azione evolutivo su base pluriennale, nella prospettiva del 2010, con l'obiettivo di assicurare il mainstreaming delle questioni legate alla disabilità nelle pertinenti politiche comunitarie e sviluppare azioni concrete in ambiti cruciali per accrescere l'integrazione delle persone con disabilità.

La prima fase di attuazione del piano d'azione per la disabilità[7] – che ha una durata di due anni, dal 2004 al 2005 - si concentra sulla creazione delle condizioni necessarie per promuovere l'occupazione delle persone con disabilità, ed i risultati che ne deriveranno rafforzeranno e integreranno, nelle intenzioni della Commissione, la direttiva 2000/78/CE sulla parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro. Tale fase è caratterizzata da quattro azioni prioritarie concrete legate all'occupazione:

·         accesso all'occupazione e mantenimento nella stessa, compresa la lotta contro la discriminazione;

·         educazione permanente per sostenere e accrescere l'occupabilità, l'adattabilità, lo sviluppo personale e la cittadinanza attiva;

·         nuove tecnologie per emancipare le persone con disabilità e agevolare il loro accesso all'occupazione;

·         accessibilità all'ambiente edificato pubblico per migliorare la partecipazione sul posto di lavoro e l'integrazione nell'economia e nella società.

I passi successivi del piano d'azione saranno definiti e sostenuti da una relazione biennale che esaminerà la situazione complessiva delle persone con disabilità nell'Europa allargata e sulla cui base verranno identificate nuove priorità da affrontare nelle fasi successive. La Commissione intenderebbe pubblicare la prima relazione al riguardo il 3 dicembre 2005, in occasione della Giornata europea delle persone con disabilità.

Il Parlamento europeo ha adottato, il 20 aprile 2004, una risoluzione sulla comunicazione nella quale chiede alla Commissione di integrare la prospettiva di genere nelle successive fasi del suo piano d’azione; ritiene che il piano d’azione debba includere proposte legislative, in particolare una direttiva contro la discriminazione in base alla disabilità che consenta alle persone svantaggiate di godere della piena cittadinanza. A tale scopo il Parlamento invita a inserire nella nuova agenda per la politica sociali le basi di tale futura legislazione e pone altresì l’accento sul rispetto dei diritti umani e delle opportunità delle persone con disabilità, insistendo affinché gli Stati membri adottino leggi per proteggere i diritti delle donne disabili di fronte alla violenza e agli abusi sessuali. Il Parlamento europeo si compiace infine delle misure dirette a migliorare l’accessibilità delle nuove tecnologie dell’informazione e dell’ambiente edificato contenute nel piano d’azione promosso dalla Commissione.

Anno europeo delle persone con disabilità

Il Consiglio occupazione del 1-2 dicembre 2003 ha adottato conclusioni sul seguito dell’anno europeo delle persone con disabilità nonché sulla promozione delle pari opportunità per le persone con disabilità. Nel sottolineare che le varie iniziative intraprese a livello dell’UE e degli Stati membri durante l’anno europeo dei disabili hanno impresso un nuovo slancio politico alla promozione dell’integrazione e della partecipazione delle persone con disabilità, il Consiglio, in particolare:

-       sottolinea la necessità di mantenere oltre il 2003 l’impulso dato dall’anno europeo delle persone con disabilità e di fondare i futuri impegni a livello europeo e nazionale sui risultati raggiunti grazie a tale iniziativa;

-       sottolinea l’importanza di relazioni periodiche della Commissione sulla situazione generale delle persone con disabilità nell’Unione europea allargata;

-       invita gli Stati membri e gli Stati aderenti a integrare in modo proattivo le questioni relative alla disabilità nelle pertinenti politiche e, in particolare, a tenere in debito conto tali questioni nell’elaborazione e nell’attuazione dei rispettivi piani d’azione nazionali per l’occupazione e l’inclusione sociale nel quadro del metodo di coordinamento aperto;

-       si rallegra dell’intenzione della Commissione di avviare, nel 2004, una consultazione pubblica sulla scorta di un Libro verde sulla futura strategia per combattere la discriminazione (v. oltre);

-       sottolinea l’importanza di prendere in debita considerazione le esigenze delle famiglie, specialmente delle famiglie in cui vi sono bambini con disabilità o adulti che richiedono un elevato livello di assistenza;

-       ribadisce l’impegno a garantire il dialogo e lo scambio d’informazioni e buone prassi a livello europeo, in particolare tramite il Gruppo UE ad alto livello sulla disabilità.

Strategia europea per l’occupazione

Uno degli aspetti fondamentali della strategia dell’UE  nei confronti della disabilità consiste nell’integrazione delle persone con disabilità mediante l’occupazione. In particolare la strategia europea per l’occupazione include un orientamento[8] che richiama l’attenzione sull’integrazione delle persone svantaggiate sul mercato del lavoro stabilendo che le politiche mireranno a ottenere entro il 2010 una significativa riduzione, in tutti gli Stati membri, del divario in materia di disoccupazione che riguarda le persone svantaggiate, secondo gli eventuali obiettivi e definizioni nazionali. Inoltre occorre ricordare che uno dei propositi della strategia di Lisbona[9] è d’innalzare i livelli d’occupazione delle categorie attualmente sottorappresentate nel mercato del lavoro e di ridurre significativamente il divario di disoccupazione delle categorie svantaggiate, tra le quali i disabili, entro il 2010.

Anche il processo d’inclusione sociale[10] prende in considerazione strategie volte a promuovere l’accesso da parte dei disabili all’occupazione, alla formazione, all’istruzione, alla società dell’informazione, all’assistenza sanitaria, all’alloggio, al trasporto e ad altri servizi.

Equal

Nell’ambito del Fondo sociale europeo, che finanzia la strategia europea per l’occupazione e il processo d’inclusione sociale, è finanziata anche l’iniziativa comunitaria EQUAL che mira, in particolare, a combattere tutte le forme di discriminazione e di disuguaglianza in relazione al mercato del lavoro.

La proposta di regolamento riguardante la revisione del Fondo sociale europeo (COM(2004)493), presentata dalla Commissione il 14 luglio 2004 nell’ambito di un pacchetto di proposte intese alla riforma della politica di coesione per il nuovo periodo di programmazione finanziaria 2007-2013, prevede che gli interventi del FSE si concentrino su settori chiave tra i quali il rafforzamento dell’inclusione sociale attraverso il sostegno, da una parte, all’integrazione nel lavoro di persone svantaggiate e, dall’altra, alla lotta contro la discriminazione.

Lotta contro le discriminazioni

La lotta contro la discriminazione sulla base della disabilità figura tra gli obiettivi del programma d’azione comunitario per combattere le discriminazioni (2001-2006), adottato con decisione 2000/750/CE, che consente alla Commissione di finanziare diverse attività quali la creazione di reti e di partenariati, conferenze, giornate nazionali d’informazione organizzate dagli Stati membri, perseguendo al tempo stesso il massimo coinvolgimento delle persone con disabilità e delle loro organizzazioni rappresentative. Il programma cofinanzia anche i costi di gestione di diverse ONG a livello europeo che rappresentano le persone con disabilità, come, ad esempio, il Forum europeo delle persone disabili.

Con il Libro verde “Uguaglianza  e non discriminazione nell’Unione europea allargata” (COM(2004) 379 presentato dalla Commissione il 28 maggio 2004), la Commissione ha avviato il 30 giugno 2004 una consultazione pubblica - che si è conclusa il 30 agosto 2004 -  volta a sondare le aspettative dei cittadini riguardo al futuro della politica sulla parità di trattamento e sulla non discriminazione in un’Unione europea allargata. Facendo seguito al processo di consultazione la Commissione ha preannunciato, nel suo programma legislativo e di lavoro per il 2005, la presentazione della nuova strategia per combattere la discriminazione.

Azioni a livello internazionale

L’Unione europea promuove e tutela i diritti umani dei disabili anche a livello internazionale: nel gennaio 2003 la Commissione ha presentato la comunicazione “Verso uno strumento delle Nazioni Unite giuridicamente vincolante per la promozione e la tutela dei diritti e della dignità delle persone con disabilità”(COM(2003)16)[11], volta a sostenere i lavori delle Nazioni Unite in vista di una convenzione che garantisca il pari ed effettivo godimento dei diritti umani e delle libertà da parte delle persone con disabilità attraverso la lotta contro la discriminazione fondata sulla disabilità, anche promuovendo la parità di trattamento e il rispetto dei bisogni delle persone con disabilità.

I disabili e la società dell’informazione

Nella comunicazione "Pari opportunità per le persone con disabilità: un Piano d'azione europeo" la Commissione sottolinea che gli sviluppi della tecnologia (soprattutto dell’informazione e della comunicazione) offrono grandi opportunità per consentire alle persone disabili di superare i limiti funzionali aumentando le loro prospettive di partecipazione alla società. La comunicazione, tra l’altro, fa espresso riferimento al tema dell’accessibilità come problema orizzontale, da affrontare nell’ambito di e-Europe (vedi infra), alla sensibilizzazione internazionale nel campo delle tecnologie di informazione e comunicazione (licenze, appalti, standard, ecc.), all’organizzazione di appositi seminari e incontri, alla promozione di un dialogo sempre più stretto con i produttori di tecnologie sussidiarie, all’incentivazione della ricerca nel campo delle tecnologie senza barriere.

Il Consiglio Occupazione, politica sociale, salute e consumatori del 2 dicembre 2003, nel prendere in esame la comunicazione, ha valutato positivamente il fatto che tra i quattro settori inseriti nel piano d’azione figura, tra l’altro, l’accesso alle nuove tecnologie e l’utilizzo delle medesime da parte dei soggetti disabili.

Il 20 aprile 2004 il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione nella quale ha accolto con favore l’inclusione nel piano d’azione di misure per migliorare l’accessibilità delle tecnologie dell’informazione.

 

Il 28 maggio 2002 è stato adottato il Piano d’azione e-Europe 2005 (COM(2002)263), che rappresenta la continuazione del piano e-Europe 2002 (COM(2000)330. Fra i vari obiettivi perseguiti dal piano figura l’offerta di servizi pubblici interattivi a partire da piattaforme tecnologiche diverse (e-Government). Al riguardo il piano d’azione sottolinea la necessità di risolvere le questioni relative all’accesso da parte delle persone con esigenze particolari, quali i disabili e gli anziani, ai servizi pubblici di base.

 

Il 17 maggio 2004 la Commissione ha presentato una comunicazione sull’aggiornamento del piano d’azione e-Europe 2005 (COM(2004)380) che contiene quindici nuove azioni destinate a completare le azioni esistenti e accelerare la realizzazione degli obiettivi.

Il Consiglio Trasporti, telecomunicazioni ed energia, nella sessione del 10 e 11 giugno 2004 ha accolto con favore l’aggiornamento del piano.

 

Il 26 settembre 2003 la Commissione ha presentato una comunicazione (COM(2003)567) sul ruolo dell’e-Government per il futuro dell’Europa.

Nella comunicazione si afferma che: le tecnologie dell’informazione e della comunicazione (TIC) possono aiutare le pubbliche amministrazioni a migliorare i servizi pubblici, ridurre i tempi di attesa, aumentare l’efficacia rispetto ai costi, nonché a favorire la produttività, la trasparenza e la responsabilità. Con particolare riguardo ai disabili, viene sottolineata la necessità di accrescere le conoscenze informatiche in modo da garantire il loro accesso ai servizi online garantendo pari possibilità a tutti i cittadini; gli eventuali ostacoli sono rappresentati dalla scarsa penetrazione diInternet in alcuni paesi, dalla limitata disponibilità di servizi e dalla difficoltà di accesso da parte delle persone disabili o con conoscenze insufficienti in informatica.

Il Consiglio Trasporti del 23 novembre 2003 ha preso atto della comunicazione, ha insistito sulla necessità di investire nella modernizzazione delle amministrazioni pubbliche e ha esortato la Commissione a identificare gli ostacoli giuridici, regolamentari e organizzativi allo sviluppo di un e-Government a livello europeo.

Il 18 febbraio 2004, su invito del Consiglio, la Commissione ha presentato una comunicazione sulla revisione intermedia del piano d’azione e-Europe 2005 (COM(2004)108), in cui, tra l’altro, in considerazione dell’ampliamento dell’UE; valuta positivamente i progressi raggiunti dagli Stati membri soprattutto nel campo dell’amministrazione elettronica.

Iniziative per gli studenti disabili

In linea con le conclusioni del Consiglio europeo di Lisbona, l'Unione europea intende promuovere l'utilizzo delle nuove tecnologie multimediali e di Internet per migliorare la qualità dell'apprendimento, agevolando l'accesso a risorse e servizi nonché gli scambi e la collaborazione a distanza. In questo contesto, particolare attenzione viene riservata alle differenze individuali nell'apprendimento e all'istruzione per esigenze specifiche: uno degli obiettivi perseguiti è pertanto quello di sfruttare il potenziale delle nuove tecnologie per rimediare a situazioni di handicap, di emarginazione, di difficoltà di accesso all'apprendimento o a disfunzioni dell'istruzione organizzata secondo i metodi tradizionali.

Con particolare riferimento all'utilizzo delle nuove tecnologie per rimediare alle difficoltà di accesso all'apprendimento, si segnala un programma pluriennale (2004-2006) per l'effettiva integrazione delle tecnologie dell'informazione e delle comunicazioni (TIC) nei sistemi di istruzione e formazione in Europa(programma eLearning), adottato con decisione 2318/2003, del 5 dicembre 2003.

Le azioni previste dal programma nell'ambito del campo di intervento "lotta contro il divario digitale" riguardano il contributo delle TIC in materia di apprendimento, in particolare per coloro che - a causa della loro ubicazione geografica, della loro situazione sociale o di esigenze particolari - non possono trarre beneficio dall'istruzione e dalla formazione tradizionali. Le azioni, pertanto, sono volte  all'individuazione e divulgazione di buone prassi nell'uso dell'eLearning per lottare contro il divario digitale, con particolare attenzione alle esigenze degli utenti disabili.

 

Con particolare riguardo all'accesso all'istruzione da parte dei disabili, si segnala inoltre la risoluzione del Consiglio del 5 maggio 2003 sulle pari opportunità per gli alunni e gli studenti disabili nel settore dell'istruzione e della formazione. Nella risoluzione il Consiglio invita gli Stati membri e la Commissione a proseguire gli sforzi volti a rendere l'apprendimento tutto l'arco della vita più accessibile ai disabili, con particolare attenzione all'uso delle nuove tecnologie multimediali e di Internet, e ad incoraggiare l'accessibilità di tutti i siti web pubblici riguardanti l'orientamento, l'istruzione e la formazione professionale alle persone con disabilità,  nel rispetto delle linee guida per l'accessibilità del web.

 


Il quadro di riferimento normativo in Italia

Introduzione

La raccolta di informazioni statistiche sulla disabilità e l’handicap rappresenta un presupposto fondamentale per una più corretta individuazione delle misure da adottare e delle risorse finanziarie e per monitorare con attenzione la corretta attuazione delle norme. Un contributo interessante, sotto questo profilo, è rappresentato dalla relazione sullo stato di attuazione delle politiche per l’handicap in Italia (presentata annualmente dal Governo alle Camere ai sensi della legge n. 104 del 1992), che fornisce un quadro esauriente sull’attività svolta dalle Amministrazioni statali e regionali [12].

Secondo dati forniti dall’ ISTAT [13], in Italia sono 2 milioni 800 mila circa (pari al 5% della popolazione) le persone affette da disabilità di vario genere (motoria, sensoriale o mentale) e diversa gravità; molto elevato è il numero degli anziani (2 milioni circa) e una percentuale molto elevata è rappresentata dalle donne (1.700.000 circa). Gran parte dei soggetti disabili vive presso le proprie famiglie.

Lo stesso Istituto nazionale di statistica sottolinea peraltro che i dati fino ad oggi disponibili in Italia – così come negli altri Paesi europei - non hanno ancora quel carattere di organicità e di completezza necessario, in quanto risentono di un limite di fondo: i dati sono solo parzialmente comparabili, in quanto si registra una disomogenità nelle modalità di raccolta e soprattutto nella definizione del concetto stesso di disabilità. Per questo sono state intraprese dall’ISTAT iniziative di coordinamento a livello internazionale, anche alla luce della nuova classificazione operata dall’ICF in materia di disabilità.

A livello nazionale, si ricorda che il Programma di Azione del Governo per le politiche dell’handicap 2000-2003 [14], prevede, tra gli altri obiettivi, la realizzazione di un Sistema integrato di fonti informative sull’handicap, volto a conoscere in modo più approfondito il mondo dell'handicap, e quindi individuare nuove indagini per quei settori o aspetti della tematica ancora scoperti o carenti di informazioni.

Il sistema si rivolge in primo luogo a tutti i soggetti responsabili in materia ai diversi livelli istituzionali, ma si prefigge anche l’obiettivo di garantire una migliore informazione ai disabili e alle loro associazioni ed organizzazioni che si impegnano nella promozione dei diritti e nell'erogazione di servizi. Uno dei prodotti principali del progetto è rappresentato dal sito www.handicapincifre.it[15] reso accessibile ai disabili stessi.

Il sito fornisce tra l’altro numerosi dati sulle diverse tipologie di handicap, anche se viene sottolineata la difficoltà di individuare con precisione il numero delle persone con disabilità, a causa dei problemi connessi alla rilevazione del fenomeno. E’ infatti ancora in corso di realizzazione un progetto mirato dell’ISTAT volto individuare con maggiore esattezza il numero di disabili in Italia, sulla base della certificazione dell'handicap  prevista dall'art. 4 della legge n. 104/92. In ogni ASL sono presenti le Commissioni che rilasciano le certificazioni finalizzate all’accertamento dell’invalidità e dello stato di handicap. Tuttavia per tali certificazioni non sono stati ancora adottati criteri di rilevazione né strumenti di registrazione uniformi; inoltre, esse non sono quasi mai riportate su supporto informatico né  è mai stata prevista una rilevazione statistica a livello nazionale.

1. La legislazione in campo assistenziale

1.1 Principi generali

Il riferimento normativo principale, nell'ordinamento italiano, è costituito dalla legge-quadro 5 febbraio 1992, n. 104, che ha formulato un sistema organico di principi e un piano generale di intervento, lasciando alle regioni il compito di individuare in dettaglio, nell'esercizio delle loro competenze, le priorità locali e le forme concrete di attuazione; spetta poi ai comuni e alle aziende sanitarie locali di provvedere, con un certo margine di autonomia, ai servizi, secondo le rispettive competenze.

La disciplina citata stabilisce innanzitutto le finalità ultime dell'azione pubblica: l'autonomia sostanziale del disabile, nel massimo grado possibile, e con ciò l'integrazione sociale e, in generale, il pieno sviluppo personale. Indi sancisce il diritto del disabile (anche ove non sia cittadino italiano) all'assistenza. L’onere finanziario grava, a seconda del tipo di prestazione, sullo Stato centrale (per gli assegni di invalidità), sul servizio sanitario nazionale ovvero in parte su questo e in parte sui comuni (fatte salve le ipotesi di compartecipazione dell’assistito alla spesa).

§      L’assistenza è innanzitutto sanitaria. Le prestazioni, erogate dal servizio sanitario nazionale, consistono in servizi (anche a domicilio, ove occorra) per la prevenzione, la cura e la riabilitazione o compensazione delle minorazioni (ivi compresi i disturbi neuropsichiatrici), e nella fornitura di ausili tecnici (quali protesi, etc.). L’assistenza comprende, poi, diverse prestazioni sociali in favore del disabile e della famiglia: sussidi economici e agevolazioni, assistenza psicologica e materiale (anche a domicilio).

§      Il legislatore ha inoltre previsto interventi sull'ambiente di vita del disabile: campagne di sensibilizzazione, abbattimento delle barriere architettoniche e tecnologiche, nonché strategie per l'integrazione del disabile nei contesti sociali corrispondenti alle diverse fasce di età (età scolare, età lavorativa e terza età)

 

La legge-quadro 8 novembre 2000, n. 328, ha concepito lo strumento del "progetto individuale": questo, predisposto dai comuni, d’intesa con il Servizio sanitario nazionale, su richiesta del disabile interessato, contiene un programma globale di assistenza personalizzata. Ciò al fine di razionalizzare l'intervento assistenziale, per sua natura composito: l'intento è di coordinare le azioni delle diverse istituzioni pubbliche coinvolte e di calibrarle sulla situazione specifica di ciascun disabile, considerata nel complesso (tenendo conto degli aspetti medicali, psicologici, economici, sociali).

 

Nel dare attuazione alle politiche avviate dalla legislazione dello Stato e, in alcuni casi, anche precorrendone l’evoluzione, le regioni hanno sviluppato i principi innovatori che quelle leggi ponevano:

-        integrare e coordinare in un progetto unitario di assistenza le diverse ‘prestazioni’ che soggetti e organismi distinti fornivano secondo valutazioni e priorità fra loro sconnesse;

-        connettere quel progetto unitario di assistenza alle specifiche condizioni di vita di ciascun assistito, garantendo la certezza e la continuità dell’assistenza;

-        assistere il disabile nella famiglia dovunque questo sia possibile, assistere la famiglia perché essa non rifiuti l’handicap, creare comunità, residenze, luoghi di accoglienza quando la famiglia non esiste o viene a mancare;

-        adattare a questi obiettivi l’amministrazione e l’azione regionale, integrandola con quelle dei comuni e delle province, che sono le più vicine agli assistiti e accogliendo in questo servizio l’apporto del privato sociale nelle sua diverse manifestazioni.

 

Generale è stata la tendenza a riscrivere, o almeno a riorganizzare l’intero corpus normativo sull’assistenza sociale e socio-sanitaria. Progressivamente, tutte le regioni hanno adottato la strumentazione programmatoria prevista già dalla legge n. 104/1992 (art. 39, co. 2, lett. a) e lett. l-bis) e in seguito adottata dalla legge quadro come forma prevalente di azione regionale (L. n. 328/2000, art. 3).

 

Un secondo obiettivo generale è stato quello di definire forme organizzative e modalità di azione che consentissero ai comuni, alle province e alle aziende sanitarie di costituire soggetti e strutture unitarie per la gestione associata delle funzioni. Per realizzare questo obiettivo talune regioni hanno anche definito ambiti territoriali nei quali l’assistenza – in via generale o per progetti - è esercitata in forma distrettuale.

La razionalizzazione delle strutture e degli interventi operata dalle regioni non è mirata soltanto ad innalzare la qualità e l’ampiezza dell’assistenza ma anche , e proprio per questo, a rendere possibili quei risultati a fronte della impossibilità di destinare all’assistenza risorse in grado di sostenere la continua espansione della domanda. Alle risorse provenienti dalle leggi specifiche e dal Fondo sociale (vedi infra, par. 2) le regioni - e per parte loro anche gli enti locali - hanno continuato ad aggiungere quelle che storicamente esse avevano consolidato a questo fine nei rispettivi bilanci. E tuttavia l’innalzamento degli obiettivi e della qualità dell’assistenza rende cronicamente insufficienti le risorse impiegate nel settore.

È da precisare, infine, che nel corso del tempo ha assunto sempre più rilievo l'attività delle numerose organizzazioni private operanti in Italia sia nel campo sanitario, sia nel campo assistenziale, e soprattutto di quelle non caratterizzate da uno scopo di lucro, rientranti nel c.d. “terzo settore”.

1.2.  Le risorse finanziarie

Nel corso degli ultimi anni sono state modificati più volte i meccanismi di finanziamento degli interventi a favore dei portatori di handicap, che trovano la loro principale copertura all’interno del Fondo nazionale per le politiche sociali.

Il Fondo per le politiche sociali

Sulla base del Piano nazionale per le politiche sociali 2001-2003[16], accanto alle somme destinate specificamente dalle leggi di settore per i soggetti disabili [17], si registravano ulteriori stanziamenti a favore dei disabili gravi, nella misura del 7% delle c.d. “risorse indistinte” (e cioè circa 720 mld di vecchie lire nel triennio 2001-2003).

 

L'articolo 46 della legge n. 289/2002 prevede la tendenziale soppressione dei vincoli di destinazione posti dalle singole norme di settore, restando ferma la necessità di assicurare prioritariamente le risorse per il rispetto dei diritti soggettivi. La ripartizione annuale delle medesime è effettuata dal Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, d’intesa con la Conferenza unificata Stato-regioni-province autonome-città ed autonomie locali (commi 1 e 2). Con decreto del Presidente del Consiglio, su proposta del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze e d’intesa con la Conferenza unificata Stato-regioni-province autonome-città ed autonomie locali sono definiti i livelli essenziali delle prestazioni, da garantire su tutto il territorio nazionale.

 

Le modalità di riparto delle risorse del Fondo relative all’anno 2003 sono state oggetto di un serrato confronto tra Governo e Regioni. Il decreto sul quale è stata raggiunta un’intesa in sede di Conferenza Stato Regioni del 15 aprile scorso prevede la destinazione all’INPS di uno stanziamento di 45 milioni di euro circa per le agevolazioni ai genitori con handicap grave previste dalla legge n. 104 del 1992; gli altri interventi a favore dei disabili saranno dalle finanziati dalle Regioni attraverso le risorse messe a disposizione dal Fondo, che per il 2003 risultano pari a 700 milioni di euro circa [18].

 

In sede di legge finanziaria per il 2004 (legge n. 350 del 2003, art. 3, commi 116 e 117) è stata modificata la destinazione di una parte delle risorse aggiuntive del Fondo nazionale delle politiche sociali stanziate per il 2004 dal decreto-legge n. 269 del 2003. Alcune delle nuove finalizzazioni sono rivolte anche a rafforzare gli interventi a favore dei soggetti portatori di handicap, e in particolare:

a)      politiche a favore della famiglia e, in particolare, degli anziani e disabili: 70 milioni di euro;

b)      abbattimento barriere architettoniche[19]: 20 milioni di euro;

c)      integrazione scolastica dei soggetti portatori di handicap: 40 milioni di euro.

Con il Decreto interministeriale (Ministero del lavoro e delle politiche sociali e Ministero dell’economia e delle finanze) 1° luglio 2004, è stata definita la ripartizione, per settori di intervento e aree territoriali,  delle risorse finanziarie affluenti al Fondo nazionale per le politiche sociali per l’anno 2004.

Di recente, è intervenuta la sentenza n. 423 del 2004 della Corte Costituzionale, che ha dichiarato tra l’altro l’illegittimità costituzionale delle disposizioni sopra citate della legge finanziaria per il 2004.

In particolare, la Corte ha affermato che non sia coerente con il nuovo titolo V della Costituzione la destinazione vincolata di risorse del Fondo per finalità, come quella di interventi a favore dei soggetti con handicap, rientranti nel campo dell’assistenza sociale, materia riservata alla competenza delle regioni. Spetta pertanto alle regioni medesime (e non allo Stato) decidere in merito all’utilizzo delle risorse statali complessivamente destinate dallo Stato per finalità di ordine sociale.

La discussione su un nuovo Fondo per le persone non autosufficienti

La XII Commissione e l’Assemblea della Camera dei deputati hanno discusso a lungo il testo di alcune proposte di legge di iniziativa parlamentare [20], che istituisce un nuovo Fondo per incrementare le forme di protezione sociale dei soggetti non autosufficienti, in aggiunta in particolare alle prestazioni di tipo sanitario già riconosciute a carico del SSN. Con la dizione di “non autosufficienti” si intendono tutte le persone che, per una minorazione singola o plurima, sono incapaci di svolgere autonomamente le funzioni essenziali nell’ambito della vita quotidiana e pertanto necessitano di un’assistenza permanente.

1.3. I profili inerenti l’accertamento della invalidità

Su questa materia è intervenuto il decreto-legge n. 269/2003[21] che, nell’ambito di una complessiva revisione della procedura sui ricorsi sui provvedimenti di concessione dei benefici economici per i soggetti disabili (nonché sulla composizione delle commissioni mediche di verifica e commissione medica superiore) ha  disposto l’esenzione dei disabili gravi dalle visite mediche successive a quella di accertamento.

Scopo del provvedimento è di evitare i fortissimi disagi che il ripetersi delle visite determina per le persone affette da patologie irreversibili di elevata gravità e per le loro famiglie. In precedenza, solo i soggetti affetti da sindrome di Down erano esclusi da tutte le visite mediche successive a quella di accertamento [22].

1.4. Provvedimenti in corso d’esame

Presso la Commissione igiene e sanità del Senato è in corso di esame la proposta di legge (S. n. 3) di iniziativa popolare  “Norme a tutela dei disabili intellettivi, delle persone con sindrome di Down o altra disabilità genetica o portatrici di altro handicap e a sostegno del volontariato”, che affronta, insieme ad una nuova disciplina delle modalità di accertamento, la complessiva problematica dell’inserimento sociale dei disabili intellettivi.

Tra i provvedimenti in corso di esame presso la XII commissione della Camera si segnalano:

§        A.C. 3673 e abb, che prevede l’attribuzione all’Istituto per la ricerca, la formazione e la riabilitazione (I.RI.FO.R) per non vedenti di un contributo annuo; il contributo deve essere impiegato per attività di riabilitazione dei minorati della vista, assicurando la priorità a coloro che hanno anche altre minorazioni (fisiche, sensoriali o mentali) oltre quelle della vista;

§        A.C. 5121, che individua cinque associazioni storiche rappresentative dei disabili: Associazione nazionale mutilati e invalidi civili (ANMIC); Associazione nazionale mutilati ed invalidi del lavoro (ANMIL); Ente nazionale sordomuti (ENS); Unione italiana dei ciechi (UIC); Unione nazionale mutilati per servizio (UNMS) cui sono attribuiti competenze e contributi di cui alla legge n. 152 del 2001 sugli istituti di patronato;

§        A.C 598, cheprevede un contributo straordinario annuo di 2,5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2005, 2006 e 2007 all’Unione italiana dei ciechi, per la realizzazione di un Centro polifunzionale di alta specializzazione per l’integrazione sociale dei ciechi pluriminorati.

2. L’assistenza sanitaria

Il D.P.C.M. 29 novembre 2001, Definizione dei livelli essenziali di assistenza, raggruppa le prestazioni essenziali in tre macroaree di assistenza sanitaria (collettiva in ambiente di vita e di lavoro; distrettuale; ospedaliera).

Per gli invalidi, l’assistenza essenziale prestata in ciascuna macroarea ha caratteri specifici e comprende, tra l’altro, tutte le prestazioni sanitarie già previste dai relativi ordinamenti anteriormente alla legge n. 833/1978 (ai sensi della legge stessa, art. 57).

Le principali prestazioni (sanitarie e sociosanitarie) assicurate ai disabili sono le seguenti:

§         fornitura di protesi, ortesi ed ausili tecnici;

§         soggiorno per cure in centri esteri di alta specializzazione;

§         attività sanitaria e sociosanitaria nell’ambito di programmi riabilitativi a favore di disabili fisici, psichici e sensoriali. In particolare:

1.      prestazioni ambulatoriali, riabilitative e socioriabilitative in regime residenziale, semiresidenziale e a domicilio. (Va precisato che le prestazioni di questo tipo erogate a disabili gravi in regime residenziale e semiresidenziale gravano per il 30% a carico dell’utente o del Comune; per il 60%, invece, quelle erogate a disabili privi di sostegno familiare);

2.      assistenza protesica;

3.      rimborso delle spese di cura e soggiorno per i programmi riabilitativi all’estero in centri di elevata specializzazione [23];

4.      prestazioni diagnostiche e terapeutiche a minori affetti da disturbi comportamentali od a patologie di interesse neuropsichiatrico;

 

Non rientra tra i livelli essenziali di assistenza delle persone handicappate né la certificazione di idoneità sanitaria per la pratica sportiva agonistica (prevista dal D.M. 4 marzo 1993), né quella per il rilascio di porto d’armi (richiesta dalla legge n, 104/1992, art. 23).

 

Molti riferimenti alla situazione del disabile sono contenuti in atti di indirizzo a livello nazionale e regionale. Il Piano sanitario nazionale 2003-2005, recentemente pubblicato[24], analizza con attenzione le problematiche relative alla prevenzione e alla riabilitazione.

Per quanto riguarda il primo aspetto, sono posti in risalto i principali fattori di rischio, che includono gli incidenti stradali, gli infortuni domestici, gli infortuni nell’ambiente di lavoro e i diversi fattori di inquinamento ambientale. Essenziale risulta, in particolare, la puntuale applicazione della normativa per la sicurezza nei luoghi di lavoro e lo sviluppo di campagne informative finalizzate alla prevenzione.

Con riferimento all’attività di riabilitazione, il Piano sottolinea la necessità di un approccio integrato degli interventi, mediante un approccio multidisciplinare e la definizione di progetti riabilitativi personalizzati.

Si ricorda che sono in corso di svolgimento i lavori di una commissione ministeriale per le politiche sanitarie in materia di disabilità [25] che sta affrontando, tra le altre, le seguenti tematiche:

-       revisione dei criteri di accertamento delle disabilità;

-       revisione e aggiornamento delle linee guida sulla disabilità;

-       utilizzo delle nuove tecnologie per favorire l’inserimento sociale.

 

3. Profili relativi all’istruzione

Le statistiche del ministero dell’istruzione università e ricerca, aggiornate all’anno scolastico 2003/2004[26], indicano la seguente percentuale degli alunni con handicap sul totale della popolazione scolastica:

 

scuola dell’infanzia

1,14%

scuola primaria

2,34%

scuola secondaria di I grado

2,91%

scuola secondaria di II grado

1,27%

 

L’integrazione si realizza attualmente in tutti i gradi dell’istruzione scolastica all’interno delle classi ordinarie, secondo i princìpi stabiliti dalla legge quadro sull’handicap (legge 5 febbraio 1992, n. 104)[27].

Strumenti principali di tale integrazione, oltre alla fornitura degli ausili tecnici indispensabili all’alunno, sono: l’adozione di un progetto educativo individualizzato, calibrato sulle potenzialità individuali; il supporto degli insegnanti di sostegno[28] che affiancano i docenti curriculari e sono forniti di particolare specializzazione; la limitazione del numero complessivo di alunni nelle classi con portatori di handicap[29].

Sotto un profilo più generale, occorre comunque ricordare che l'attribuzione della personalità giuridica e dell'autonomia didattica, di ricerca, organizzativa e finanziaria alle singole istituzioni scolastiche, disposta con l’art. 21 della legge n. L. 15 marzo 1997, n.59[30],e realizzata dai successivi provvedimenti di attuazione, comporta tra l’altro l’adozione di modelli organizzativi flessibili e di percorsi didattici individualizzati; tra le delle finalità di  questi ultimi è menzionata l’integrazione degli alunni con handicap (DPR 275/1999)[31].

Apposite norme (attuative delle disposizioni recate dalla legge quadro sull’handicap) disciplinano in particolare la valutazione del rendimento e le prove di esame degli studenti con handicap; queste ultime, quando ricadono nell’ambito dell’istruzione obbligatoria (finora comprendente la scuola elementare, la scuola secondaria di primo grado ed il primo anno della scuola secondaria di secondo grado) sono diversificate, rispetto a quelle della classe d’appartenenza, in considerazione delle potenzialità individuali e del progetto educativo seguito per gli esami da sostenere. Nel percorso scolastico successivo (istituti secondari di secondo grado) è prevista invece la predisposizione di “prove equipollenti”  a quelle sostenute dalla generalità degli studenti, in ragione dell’identico valore legale dei titoli di studio conseguiti (art. 318 del Testo unico dell’istruzione, D.Lgs.297/1994).

Con riferimento alla riforma del sistema dell’istruzione scolastica e professionale ad opera della legge 28 marzo 2003, n. 53[32] e dei successivi provvedimenti di attuazione, si ricorda, inoltre, che le disposizioni finora emanate e gli schemi di d.lgs. trasmessi alle Camere per il parere recano esplicito riferimento all’integrazione dei disabili e confermano in linea di massima la disciplina particolare in materia di valutazione e prove d’esame.

Nella legge 53/2003 (cosiddetta legge Moratti), che  ha ridefinito i percorsi scolastici[33], il diritto dovere all’istruzione, le modalità di valutazione degli alunni, la formazione iniziale dei docenti ed introdotto l’alternanza scuola lavoro, tra i criteri direttivi degli emanandi decreti di attuazione (art.2) è inclusa l’adozione di misure di integrazione delle persone con handicap .

Il D.Lgs. n.59/2004[34], recante disciplina della scuola dell'infanzia e del primo ciclo dell'istruzione (comprendente la scuola primaria e secondaria di I grado), indica tra le finalità della scuola primaria (art. 5) la valorizzazione delle “diversità individuali, ivi comprese quelle derivanti dalle disabilità” e fa proprie, più in generale, le prescrizioni della legge quadro sull’handicap (art. 19).

La Circolare ministeriale 3 dicembre 2004 n. 85, recante indicazioni per la valutazione e la certificazione delle competenze nella scuola primaria e nella scuola secondaria di I grado, specifica (punto d)) che per la valutazione degli alunni disabili continuano ad applicarsi le norme previste dall'articolo 318 del D.Lgs. 297/1994 - Testo Unico dell’istruzione.

Lo schema di decreto legislativo concernente la definizione delle norme generali sul diritto-dovere all'istruzione e alla formazione (a norma dell'articolo 2, comma 1, lettera c), della legge 53/2003), in corso di emanazione dopo l’espressione del parere parlamentare, dopo aver precisato (art. 1) che l’obbligo scolastico e l’obbligo formativo[35] sono ridefiniti per una durata minima di12 anni - o almeno fino al conseguimento di una qualifica entro il 18mo anno di età - e che il diritto  si realizza nelle  istituzioni del primo e del secondo ciclo del sistema educativo di istruzione e formazione o nell’apprendistato, specifica che la Repubblica individua interventi adeguati per l’integrazione delle persone con handicap nel sistema educativo e formativo.

Lo schema di D. Lgs. recante definizione delle norme generali relative all’alternanza scuola-lavoro da realizzare nel secondo ciclo dell’istruzione (ai sensi dell’art. 4 della legge  53/2003), all’esame delle Camere per il parere, prescrive (art. 4, comma 5) l’individuazione di percorsi lavorativi dimensionati per i disabili e fa riferimento (art. 6, comma 3) alle modalità particolari per la valutazione e la certificazione delle competenze acquisite previste dalla citata legge 104.

 

Con riguardo all’istruzione universitaria, la legge 28 gennaio 1999, n. 17[36], in adesione ai principi della legge quadro sull’handicap, ha prescritto agli atenei, nei limiti delle risorse di bilancio, la fornitura di adeguati sussidi tecnici e didattici e l’istituzione di servizi di tutorato specializzato. Le università inoltre sono tenute ad affidare ad un docente, delegato dal rettore, funzioni di coordinamento, monitoraggio e supporto di tutte le iniziative concernenti l'integrazione nell'ambito dell'ateneo[37].

In relazione al valore legale del titolo di studio, analogamente a quanto avviene finora  nell’istruzione secondaria di secondo grado, è prevista per l’università la predisposizione  di prove equipollenti (art. 16, commi 4 e 5, legge 104/1992), concordate con il docente della materia su proposta del servizio di tutorato specializzato.

Con riguardo ai profili finanziari, si ricorda che all’inserimento scolastico degli alunni con handicap (con particolare riguardo a quelli con handicap sensoriale o ospedalizzati) sono destinati annualmente 10,99 milioni di euro[38], attualmente confluiti nel “Fondo per l’arricchimento e l’ampliamento dell’offerta formativa e per gli interventi perequativi”, istituitonello stato di previsione del ministero della pubblica istruzione dalla legge n. 440/1997[39].

L’art. 1, comma 14, della legge 62/2000[40] (recante norme sulle scuole paritarie) ha autorizzato, a decorrere dall'anno 2000, la spesa di lire 7 miliardi per assicurare gli interventi di sostegno previsti dalla legge quadro sull’handicap nelle istituzioni scolastiche che accolgono alunni con disabilità.

Si ricorda, infine, che la legge finanziaria per il 2004 (legge n. 350 del 2003, art. 3, commi 116 e 117) ha destinato all’integrazione scolastica dei soggetti portatori di handicap 40 milioni di euro, costituenti una partedelle risorse aggiuntive attribuite al Fondo nazionale delle politiche sociali per il 2004 dal decreto-legge n. 269 del 2003 (art. 21 comma 6). Per gli interventi in questione si fa rinvio  ad accordi adottati d’intesa tra i Ministero dell’istruzione e Regioni .

La disposizione sopra citata è stata tuttavia dichiarata illegittima dalla Corte Costituzionale con sentenza n. 423 del 2004 (dicembre 2004), in quanto non è compatibile con il nuovo titolo V della Costituzione il vincolo di destinazione del Fondo per finalità rientranti nelle competenze regionali concernenti i "servizi sociali" e l'"istruzione".

Tra le iniziative più recenti per migliorare l’integrazione scolastica degli studenti con handicap va ricordata, infine, la realizzazione da parte dell'I.N.D.I.R.E.[41] (istituto preposto allo sviluppo delle ricerche in campo educativo) di un apposito portale informativo, denominato “Handitecno[42], sulle iniziative e gli ausili informatici più avanzati per la didattica  e l’apprendimento. Un’area tematica dedicata all’handicap  è stata recentemente realizzata anche  nel sito internet del ministero dell’istruzione università  e ricerca: vi si dà conto della normativa inerente la materia, delle iniziative nazionali e comunitarie nonché dell’attività dell’Osservatorio permanente sull’handicap che ha  compiti consultivi e propositivi in materia di monitoraggio e sperimentazione dei processi di integrazione scolastica (DM 26 aprile 2002).

 

 

5. Le agevolazioni fiscali

La normativa fiscale vigente prevede diverse disposizioni agevolative a favore dei soggetti portatori di handicap, sia sotto il profilo della imposizione sulle persone fisiche che con riferimento alle imposte indirette relative a particolari tipologie di beni e di prestazioni.

Si ricordano, in particolare, le seguenti agevolazioni:

1)      maggiori deduzioni IRE (ex IRPEF)per carichi di famiglia a favore dei soggetti con figli portatori di handicap.

 

Il comma 349 della legge n. 311/2004 (legge finanziaria per il 2005) ha disposto una rimodulazione delle aliquote dell'imposta sul reddito (IRE) a decorrere dal 1° gennaio 2005, nonché la trasformazione degli oneri per carichi di famiglia da detrazioni (in percentuale sull’imposta da pagare) in deduzioni (dal reddito complessivo imponibile). In particolare è prevista la deduzione di 3.700 euro per ogni figlio portatore di handicap (a fronte di una deduzione ordinaria di 2.900 euro).

Il comma 349, inserendo un nuovo comma 4-bis all'articolo 12 del TUIR, ha introdotto una nuova forma di deduzione in relazione alle spese documentate sostenute dal contribuente per gli addetti alla propria assistenza personale (c.d. badante), nell'ipotesi di non autosufficienza nel compimento degli atti della vita quotidiana. La deduzione spetta sino ad un massimo di 1.820 euro.

Qualora, invece, il contribuente non volesse utilizzare, nel 2005, il nuovo sistema di deduzioni, bensì usufruire, ai sensi della c.d. clausola di salvaguardia previsto dal successivo comma 352 della legge finanziaria 2005) del regime fiscale già vigente per i periodi di imposta precedenti (aliquote fiscali inferiori e regime di detrazioni – anziché di deduzioni - degli oneri di famiglia), l’articolo 2 della legge n. 448/2001 (legge finanziaria per il 2002) ha elevato a 774,69 euro la detrazione fiscale spettante per ciascun figlio portatore di handicap a prescindere dall’ammontare del reddito complessivo;

2)      deducibilità dal reddito complessivo dell’intero importo delle spese mediche generiche e di assistenza specifica sostenute in favore dei disabili;

3)      detrazione IRE (ex IRPEF) del 19%, senza l’applicazione della franchigia pari a 129,11 euro, per alcune specifiche tipologie di spesa.

In proposito si ricordano le spese sostenute per il trasporto in ambulanza, per l’acquisto di poltrone per inabili e minorati, per l’acquisto di arti artificiali per la deambulazione, per la costruzione di rampe per l’eliminazione di barriere esterne ed interne alle abitazioni, per le spese di trasformazione dell’ascensore per adattarlo al contenimento della carrozzella, per le spese di acquisto di autoveicoli e specifici mezzi di locomozione. Per i soggetti sordomuti è prevista la detrazione del 19% delle spese sostenute per i servizi di interpretariato.

4)      applicazione dell’aliquota IVA ridotta, pari al 4%, sull’acquisto dei mezzi necessari alla deambulazione e al sollevamento dei disabili, delle autovetture adattate” (fino a 2000 c.c. se a benzina, sino a 2800 c.c. se diesel), nonché dei sussidi tecnici e informatici diretti a facilitare l’autosufficienza e l’integrazione dei soggetti portatori di handicap;

5)      esenzione dal pagamento del bollo auto e dell’imposta di trascrizione sui passaggi di proprietà dei mezzi di locomozione (fino a 2000 c.c. se a benzina, sino a 2800 c.c. se diesel) adibiti al trasporto dei disabili. L’esenzione dall’imposta di trascrizione non si applica, tuttavia, nei confronti dei soggetti non vedenti e sordomuti;

6)      con specifico riferimento ai non vedenti, è prevista la detrazione d’imposta pari al 19% del costo di acquisto del cane guida (calcolata su un importo massimo di 18.076 euro entro il quale devono rientrare anche le spese per l’acquisto di autoveicoli), nonché una detrazione forfettaria di importo pari a 516,46 euro per il mantenimento del cane guida. E’ inoltre prevista una aliquota IVA agevolata al 4% per l’acquisto di particolari prodotti editoriali destinati ai non vedenti e agli ipovedenti;

7)      in alternativa alla detrazione di cui al punto 3), sulle spese relative alla eliminazione delle barriere architettoniche riguardanti gli ascensori e i montacarichi, è concessa la detrazione fiscale per ristrutturazioni nella misura pari al 36% dell’ammontare delle medesime spese;

8)      aumento della franchigia di esenzione sui contratti di donazione;

Al riguardo, si ricorda che la legge n. 383/01 (Tremonti-bis) ha disposto la soppressione dell’imposta sulle successioni e sulle donazioni. Tuttavia, relativamente alle donazioni effettuate in favore di soggetti con i quali non si ha un grado di parentela entro il quarto grado, i contratti sono soggetti alle imposte sui trasferimenti ordinariamente applicabili per le operazioni a titolo oneroso, per la quota spettante a ciascun beneficiario superiore all'importo di 180.760 euro (350 milioni di lire). Nel caso di donazioni in favore di soggetti portatori di handicap, la predetta franchigia è elevata a 516.457 euro (1 miliardo di lire).

Appare, infine, opportuno ricordare, inoltre, che l’articolo 3 della legge n. 80 del 2003, recante la delega al Governo per la riforma del sistema fiscale in Italia, individua tra i principi e criteri direttivi su cui dovrà basarsi la nuova imposta sul reddito delle persone fisiche, la progressiva trasformazione delle detrazioni in deduzioni e l’articolazione delle deduzioni sulla base di alcuni valori e criteri. Tra i valori in questione, viene indicata, in primo luogo, la famiglia, con particolare riferimento alla presenza di soggetti portatori di handicap.

6. Formazione professionale e lavoro

Impiego di persone handicappate. La legge 12/3/1999, n. 68[43] impone a tutti i datori di lavoro pubblici e privati, con più di 14 dipendenti, di avere alle proprie dipendenze una certa percentuale di persone disabili e precisamente:

·           il 7%, se i dipendenti sono più di 50,

·           2 lavoratori, se i dipendenti sono compresi tra 36 e 50,

·           1 lavoratore, se i dipendenti sono compresi tra 15 e 35.

Per garantire il rispetto della normativa a tutela del lavoro dei portatori di handicap è previsto che le imprese che partecipano a bandi per appalti pubblici o che intrattengono rapporti convenzionali o di concessione con pubbliche amministrazioni devono presentare preventivamente alle stesse la dichiarazione del legale rappresentante che attesti il rispetto delle norme che disciplinano il collocamento obbligatorio, nonché apposita certificazione rilasciata dagli uffici competenti dalla quale risulti l’ottemperanza alle norme stesse (art. 17 della legge n. 68 del 1999; art. 8 del D.P.R. 333 del 2000).

La stessa Legge 68 del 1999 prevede la costituzione di appositi servizi per l'inserimento lavorativo dei disabili che si occupano, tra l'altro, del collocamento mirato, ovvero di "quella serie di strumenti tecnici e di supporto che permettono di valutare adeguatamente le persone con disabilità nelle loro capacità lavorative e di inserirle nel posto adatto, attraverso analisi di posti di lavoro, forme di sostegno, azioni positive e soluzioni dei problemi connessi con gli ambienti, gli strumenti e le relazioni interpersonali sui luoghi quotidiani di lavoro e di relazione"[44].

Si ricorda, infine, che l’articolo 18, comma 3, della più volte citata L. 68 del 1999 ha previsto un periodo transitorio ai fini dell’inserimento al lavoro dei disabili. Originariamente stabilito in 24 mesi dal 24 marzo 1999, tale periodo è stato da ultimo prorogato al 31 dicembre 2004 dall’articolo 23-quinquies del D.L. 24 dicembre 2003, n. 355, convertito dalla legge 27 febbraio 2004, n. 47, recante la proroga di termini previsti da disposizioni legislative.

Un altro strumento per favorire l'impiego delle persone handicappate è rappresentato dalle cooperative sociali di cui alla Legge 8/11/1991, n. 381. Tali cooperative sono finalizzate all'inserimento lavorativo delle persone svantaggiate (tra le quali rientrano gli invalidi fisici, psichici e sensoriali) e godono di agevolazioni nell'esercizio della loro attività.

Si consideri inoltre il decreto legislativo 9 luglio 2003, n. 216, recante l’attuazione della direttiva 2000/78/CE per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro, con il quale è statostabilito un quadro generale per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro. In particolare, il provvedimento richiamato è volto a stabilire un quadro generale per la lotta alle discriminazioni (sia dirette sia indirette) fondate sulla religione o le convinzioni personali, gli handicap, l’età o le tendenze sessuali, per quanto concerne l’occupazione e le condizioni di lavoro al fine di rendere effettivo negli Stati membri il principio della parità di trattamento. A tale scopo, dopo aver fornito una precisa definizione di discriminazione diretta e indiretta (cd. “mobbing”), viene delimitato il campo di applicazione, prevedendo tra l’altro l’accesso a idonee procedure giurisdizionali al fine di tutelare i diritti e porre rimedio alle discriminazioni.

Incentivi pubblici. La citata Legge n. 68/1999 prevede la possibilità che vengano stipulate, tra il datore di lavoro e i servizi per l'impiego, convenzioni aventi ad oggetto la determinazione di un programma mirante al conseguimento degli obiettivi occupazionali della legge stessa. Tali convenzioni possono prevedere, tra l'altro, la concessione di sgravi contributivi per l'assunzione di soggetti disabili (anche da parte di datori di lavoro non soggetti all'obbligo di assunzione) in proporzione alla riduzione della capacità lavorativa degli stessi [45].

Impieghi appositamente creati per la persona handicappata. Non esistono impieghi creati appositamente per le persone handicappate. Esistono però disposizioni (richiamate dalla citata Legge n. 68/1999) che favoriscono l'assunzione di non vedenti [46] per determinati impieghi: centralinisti telefonici; massaggiatori e massofisioterapisti; terapisti della riabilitazione; insegnanti.

Cumulo tra prestazioni economiche per le persone handicappate e reddito da lavoro. Le prestazioni economiche in favore degli invalidi civili sono soggette a limiti di reddito differenziati per categoria e per entità delle minorazioni. Ai fini del raggiungimento dei suddetti limiti di reddito sono computati anche i redditi da lavoro. A titolo di esempio si segnala che per l'anno 2005 il limite di reddito per avere diritto alla pensione spettante ai ciechi civili assoluti, ai ciechi civili parziali, ai mutilati ed invalidi civili totali e ai sordomuti ammonta a 13.739,69 euro annui (Decreto del Ministro dell'interno del 20/11/2004).

Accesso delle persone handicappate alla formazione professionale. Ai sensi dell'art. 38, co. 3, della Costituzione "Gli invalidi ed i minorati hanno diritto all'educazione e all'avviamento professionale". Spetta alle regioni disciplinare con proprie leggi la qualificazione professionale degli invalidi e dei disabili, nonché gli interventi necessari ad assicurare loro il diritto alla formazione professionale (Legge 21/12/1978, n. 845). La formazione professionale delle persone handicappate deve tenere conto delle loro capacità ed esigenze e può avvenire mediante inserimento in classi comuni o in corsi specifici o anche in corsi prelavorativi (Legge 5/2/1992, n. 104).

Permessi per l’assistenza a portatori di handicap. L’articolo 33 della legge 104 del 1992, modificato dal decreto legislativo n. 151 del 2001, riconosce ai lavoratori con handicap e ai loro familiari il diritto di assentarsi dal lavoro. Ai fini dell’applicabilità di tale tutela occorre che il soggetto interessato abbia minorazione fisica, psichica o sensoriale stabilizzata o progressiva con le caratteristiche della gravità. L’accertamento dello stato di gravità della minorazione deve essere effettuato dalle ASL.

In particolare il lavoratore con handicap può usufruire di due ore di permesso giornaliero retribuito o, in alternativa, di di tre giorni mensili, anche continuativi o frazionati. Inoltre ha diritto a scegliere, ove possibile, la sede di lavoro più vicina al proprio domicilio e non può essere trasferito in altra sede, senza il suo consenso.

I genitori di minore portatore di handicap possono usufruire, fino a tre anni del figlio, in alternativa:

-          del prolungamento dell’astensione facoltativa;

-          del permesso retribuito di due ore giornaliere.

Dai tre ai diciotto anni del figlio possono invece usufruire di tre giorni mensili di permesso retribuito.

 

Congedo straordinario per mutilati ed invalidi civili. I lavoratori mutilati e invalidi civili ai quali sia stata riconosciuta una riduzione dell’attitudine lavorativa superiore al 50% possono usufruire ogni anno di un congedo straordinario non superiore a trenta giorni per le cure connesse alla loro infermità.

 

Congedi retribuiti. L’articolo 3, comma 106, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, modificando il comma 5 dell’articolo 42 del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, elimina il riferimento al periodo temporale di almeno cinque anni ai fini dell’accertamento della situazione di gravità dell’handicap di una persona per la quale i genitori o i fratelli o le sorelle conviventi chiedano di poter usufruire dei permessi e dei congedi previsti dalla normativa vigente.

 

Ricongiunzioni familiari. L’articolo 3, comma 105, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, interviene quindi nella materia del sostegno alla maternità e alla paternità, prevedendo che il genitore di figli la cui età non sia superiore a tre anni, qualora lo richieda espressamente, possa essere assegnato (per un periodo non superiore a tre anni), subordinatamente all’esistenza di determinati requisiti, ad una sede di servizio ubicata nella stessa provincia o regione dove l’altro genitore esercita la propria attività lavorativa. Destinatari della disposizione sono i soli dipendenti della P.A. di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, recante norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche.

 

 

Si rileva infine che l’art. 2 del D.L. 249 del 2004, convertito con modificazioni dalla Legge 291 del 2004, ha stanziato 200.000 euro per il finanziamento di un progetto informativo a cura del ministero del lavoro per l'integrazione dei soggetti portatori di handicap, ai sensi della L. 5 febbraio 1992, n. 104.

 

7. Provvidenze di carattere previdenziale e assistenziale

Previdenza di base

L’ordinamento vigente opera una distinzione tra trattamenti assistenziali (invalidi civili), che prescindono da una prestazione lavorativa e sono erogati dal Ministero dell’interno, da quelli previdenziali, che presuppongono l'esistenza di un rapporto di lavoro e vengono erogati dai vari enti previdenziali. Viene poi in considerazione il diverso grado di menomazione che può dar luogo ad un trattamento di inabilità quando l'incapacità di prestare lavoro è totale o di invalidità quando la stessa è solamente parziale.

I trattamenti erogati dagli enti previdenziali sono:

§         pensione ordinaria di inabilità (L. 12/6/1984, n. 222, art. 2):  è erogata, a fronte di totale inabilità lavorativa, in favore di soggetti che abbiano un'anzianità di iscrizione al regime assicurativo di almeno cinque anni e tre anni di contribuzione nel quinquennio precedente la domanda; reversibile;

§         assegno ordinario di invalidità (L. 12/6/1984, n. 222, art. 1): è erogata in caso di riduzione della capacità lavorativa superiore al 67%, in favore di soggetti con i requisiti assicurativi e contributivi sopra illustrati; non reversibile;

§         pensione privilegiata di inabilità (L. 12/6/1984, n. 222, art. 6): è erogata, a fronte di totale inabilità lavorativa derivante da causa di servizio in favore di dipendenti del settore pubblico e privato, indipendentemente dal possesso di requisiti assicurativi e contributivi minimi; reversibile;

§         assegno privilegiato di invalidità (L. 12/6/1984, n. 222, art. 6): è erogata in caso di riduzione della capacità lavorativa superiore al 67%, in favore di lavoratori privati, indipendentemente dal possesso di requisiti assicurativi e contributivi minimi; non reversibile.

I trattamenti erogati dal Ministero dell’interno (sotto forma di pensioni oppure assegni) competono sino al compimento del sessantacinquesimo anno di età, dopodiché si trasformano automaticamente in assegno sociale, mentre l'assegno ordinario o privilegiato di invalidità viene sostituito, al compimento dell'età pensionabile, qualora sussistano i relativi requisiti, dalla pensione di vecchiaia.

Altre prestazioni di natura assistenziale

Alle persone che si trovino nell’impossibilità di deambulare o di compiere gli atti quotidiani della vita, è prevista l’erogazione di un’indennità di accompagnamento ovvero - in alternativa per i titolari di rendita INAIL con grado di inabilità al 100% - un assegno mensile per l’assistenza personale e continuativa. E’ prevista un’indennità di comunicazione per i sordomuti [47] e un’indennità speciale per i c.d. ventesimisti (cioè con residuo visivo non superiore ad un ventesimo) [48].

Ai sensi della legge n. 289 del 2002 (art. 40, comma 4), l’indennità di accompagnamento e l’indennità speciale sono ridotte di 93 euro mensili nel periodo nel quale i beneficiari delle suddette indennità usufruiscono del servizio di accompagnamento disciplinato dal medesimo articolo 40.

Per i soli dipendenti del settore pubblico è prevista l’erogazione di un equo indennizzo (D.P.R. 10/1/1957, n. 3), ovvero di un’indennità una tantum erogata dall'ente previdenziale per coloro che subiscono, per causa di servizio, una menomazione non comportante la totale inabilità.

Si ricorda che la legge n. 137 del 2002 prevede all’art. 6 il riordino degli emolumenti di natura assistenziale previsti dalla legislazione vigente. A tal fine il Governo è delegato ad emanare uno o più decreti legislativi entro 36 mesi dall’entrata in vigore della medesima legge[49].

Il testo della disposizione non esplicita i principi e criteri direttivi, limitandosi a rinviare alle “procedure e ai principi e criteri direttivi” di cui all’art. 24 della legge 8 novembre 2000, n.328 (legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali).

Quest’ultima disposizione prevedeva già una delega al Governo per il riordino degli emolumenti derivanti da invalidità civile, cecità e sordomutismo, attraverso l’emanazione di un (singolo) decreto legislativo “nel rispetto del principio della separazione tra spesa assistenziale e spesa previdenziale, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica”. La delega non è stata peraltro esercitata entro il termine di sei mesi disposto dalla norma.

In base al comma 1 dell’art. 24 della legge 328/2000 (lettere a-h), il decreto legislativo deve conformarsi ai seguenti principi e criteri:

 

lettera a riclassificazione delle indennità e degli assegni, e dei relativi importi – senza riduzione dei trattamenti né oneri aggiuntivi rispetto a quelli determinati dall’andamento tendenziale di essi – prevedendo le seguenti forme di sostegno economico:

a) 1.Reddito minimo per la disabilità totale: a questo trattamento devono afferire le pensioni integranti la mancata produzione di reddito derivante da minorazione. Il reddito minimo deve essere cumulabile, in caso di grave disabilità, con l’indennità per l’autonomia di disabili gravi o pluriminorati (per la quale cfr. infra);

a) 2.Reddito minimo per la disabilità parziale: a questo trattamento devono afferire le indennità e gli assegni concessi al fine di favorire:

-       percorsi formativi;

-       accesso ai contratti di formazione e lavoro;

-       accesso a borse di lavoro (da revocare nel momento dell’inserimento definitivo).

a) 3.Indennità per favorire la vita autonoma e la comunicazione e per consentire assistenza e sorveglianza continue: a questo trattamento devono afferire gli emolumenti concessi a soggetti con gravi limitazioni dell’autonomia (disabilità grave, totale non autosufficienza, non deambulazione), al fine di favorirne l’integrazione sociale.

L’indennità deve essere prevista in due forme alternative:

a) 3.1 per i disabili gravi o pluriminorati: indennità per l’autonomia, concessa al solo titolo della minorazione [50];

a) 3.2 per gli ultrasessantacinquenni totalmente dipendenti: indennità di cura e di assistenza [51].

lettera b Cumulo del reddito minimo per disabilità parziale con il reddito minimo di inserimento

lettera c Requisiti (psico-fisici e reddituali) per la concessione delle due forme anzidette di reddito minimo, individuando[52] “criteri unificati di valutazione della situazione economica” di coloro che richiedono determinate “prestazioni o servizi sociali o assistenziali non destinati alla generalità dei soggetti o comunque collegati nella misura o nel costo a determinate situazioni economiche”.

lettere d, e, f Definizione regime transitorio, con estensione della nuova disciplina alle domande pendenti e alle indennità già percepite e in atto, salvando i diritti acquisiti di coloro che già fruiscono di assegni o indennità.

lettera g Emolumenti anche a soggetti (disabili o anziani) ospitati in strutture residenziali (“in termini di pari opportunità con i soggetti non ricoverati”) e prevedere che siano in parte utilizzati come compartecipazione alla spesa per l’assistenza fornita e in parte restino a diretta disposizione del beneficiario (per una quota pari alla metà del reddito minimo di inserimento);

lettera h Revisione e snellimento procedure per l’accertamento dell’invalidità civile e per la concessione delle prestazioni spettanti, unificando le competenze, “anche prevedendo l’istituzione di uno sportello unico”.

              Revisione criteri e requisiti che danno titolo alle prestazioni descritte, tenendo conto:

-            dell’articolo 4 della legge 104/1992 [53], che individua i soggetti preposti agli accertamenti (le aziende sanitarie locali mediante le apposite commissioni mediche integrate da un operatore sociale e da un esperto nei casi da esaminare, in servizio presso le unità sanitarie locali);

-            del decreto legislativo 157/1997 [54], che provvede a potenziare le attività di controllo sulle prestazioni previdenziali ed assistenziali di invalidità e inabilità;

-            della “Classificazione internazionale di disturbi, disabilità e handicap[55] adottata dall’Organizzazione mondiale della sanità;

   Nuove modalità di verifica dei requisiti nei richiedenti.

8. Misure nel settore dei trasporti

Per quanto concerne il trasporto tramite mezzi pubblici si evidenziano i seguenti aspetti:

Accessibilità (L. 104/1992). In via generale la normativa prevede che ci sia una sostanziale accessibilità ai servizi di trasporto sui mezzi di trasporto pubblico.

Riserva di posti (D.P.R. 503/1996). È prevista una riserva di tre posti a sedere in prossimità della porta di uscita sui mezzi di trasporto tranviario, filoviario, metropolitano, a favore di persone con limitate capacità motorie deambulanti. È inoltre prevista una riserva di posti a sedere sui treni, una riserva di alloggi sulle navi, una superficie in prossimità dell’accesso adatta all’ancoraggio delle sedie a ruote nei servizi di navigazione interna, la dotazione di sedie a ruote all’interno del mezzo aereo.

Autobus (D.M. 2 ottobre 1987 e D.M. 18 luglio 1991). Sono previste norme specifiche che facilitano il trasporto dei disabili sia attraverso autobus e minibus destinati loro in via esclusiva si attraverso alcuni meccanismi da installare sugli autobus destinati al trasporto sia contemporaneo che esclusivo di passeggeri con ridotta capacità motoria (installazione di pedane elevatrici, accesso all’uscita da parte delle sedie a ruote, modalità di stazionamento della sedia a ruote, …)

Taxi: (legge 21/1992). Si prevede in via generale che i servizi di taxi e di noleggio con conducente siano accessibili a tutti i soggetti portatori di handicap, demandando ai comuni le norme che stabiliscano specifiche condizioni trasporto per tali soggetti, nonché il numero e il tipo di veicoli già esistenti da attrezzare anche al trasporto di soggetti portatori di handicap di particolare gravità

Treno (D.P.R. 503/1996). Oltre alle norme che prevedono la dotazione di passerelle, rampe mobili o altri idonei mezzi di elevazione al fine di facilitare l'accesso alle stesse ed ai treni alle persone con difficoltà di deambulazione nelle principali stazioni ferroviarie, la normativa prevede che sia attrezzato un adeguato numero di carrozze da porre in composizione di alcuni treni in circolazione su linee principali per consentire la sistemazione del disabile su sedia a ruote all'interno delle carrozze ferroviarie. È consentito inoltre anche il trasporto gratuito della sedia a ruote se di tipo pieghevole; se di altro tipo è consentito solo su alcuni treni.

Aerei (Circolare 337373 del 1994 e D.P.R. 503/1996). I viaggi in aereo sono regolati da specifiche disposizioni delle compagnie aeree, che garantiscono forme di assistenza sia a terra che durante il volo .

Agevolazioni sono previste anche per quanto concerne il trasporto effettuato con mezzi privati relativamente ai seguenti aspetti:

Circolazione e sosta (D.Lgs. 285/1992 e D.P.R. 503/1996). La normativa prevede il rilascio di un contrassegno alle persone con capacità di deambulazione sensibilmente ridotta che permetta loro la circolazione e la sosta in zone vietate, riservate o interdette temporaneamente al traffico; posti riservati nelle aree di parcheggio; posti gratuiti nei parcheggi con custodia; la sosta in parcheggi riservati.

Patente di guida (D.Lgs. 285/1992). Le persone con disabilità fisiche e motorie possono circolare con mezzi privati dopo il conseguimento della patente speciale delle categorie A, B, C e D, ottenuta dopo una visita di idoneità effettuata da una commissione medica locale e avente validità pari - in via generale – a 5 anni anche se è possibile che sia indicata una validità inferiore in relazione a specifiche patologie invalidanti.

Adattamenti per gli automezzi (L. 104/1992; L. 449/1997). La normativa prevede la possibilità di ottenere dei contributi da parte delle ASL nella misura del 20% della spesa complessiva per le spese sostenute in relazione alla modifica degli strumenti di guida. Sono previste inoltre agevolazioni di natura fiscale relative all’acquisto di mezzi di trasporto per soggetti portatori di handicap.

Dispositivi di segnalazione di emergenza (D. Lgs. 285/1992 e D.M. 18 luglio 1997, n. 295). La normativa prevede che i mezzi di trasporto destinati alla guida o al trasporto di persone disabili possano essere dotati di un dispositivo di emergenza destinato a segnalare a distanza una situazione di emergenza di un veicolo condotto da invalidi.

Il codice della strada obbliga inoltre i conducenti di veicoli a fermarsi  qualora una persona invalida con ridotte capacità motorie o su carrozzella, o munita di bastone bianco, o accompagnata da cane guida, o munita di bastone bianco-rosso in caso di persona sordo-cieca, o comunque altrimenti riconoscibile, attraversi la carreggiata o si accinga ad attraversarla.

9. Disabili e mondo delle comunicazioni

L'accesso delle persone con disabilità agli strumenti informatici e telematici è disciplinato dalla legge 4/2004 che ne promuove l'uso come fattore di superamento di forme di disabilità e di esclusione. Scopo precipuo è quindi garantire anche ai cittadini disabili il diritto di accesso alle risorse informatiche e ai servizi telematici, e conseguentemente a più ampie opportunità di conoscenza, istruzione, lavoro, informazione ed intrattenimento.

Le direttrici nelle quali si muove la legge sono due.

-      per quanto riguarda i privati, vengono disposti strumenti incentivanti (in particolare, è possibile richiedere la verifica dell’accessibilità del proprio sito web e il conseguente rilascio di un marchio che la attesti) e la rispondenza a criteri di accessibilità degli strumenti informatici è resa necessaria per la concessione di contributi pubblici per l’acquisto di beni e servizi informatici destinati all’utilizzo da parte di lavoratori disabili o del pubblico;

-      per la pubblica amministrazione e per altri soggetti pubblici sono invece previsti obblighi precisi, cui sono collegate delle sanzioni: i nuovi contratti stipulati dalla P.A. per la realizzazione di siti internet e per l’acquisto di beni e per la fornitura di servizi informatici dovranno essere considerati nulli, qualora non rispettino i requisiti di accessibilità, mentre la mancata osservanza delle disposizioni della legge da parte di un pubblico amministratore comporterà responsabilità sia dirigenziale sia disciplinare.

Nello specifico della scuola, è particolarmente importante l’articolo 5, che si propone di assicurare l’accessibilità e la fruibilità degli strumenti didattici e formativi: si pensi ad esempio ai testi scolastici per gli allievi disabili, con particolare riferimento a non vedenti o ipovedenti.

Al Dipartimento per l’innovazione e le tecnologie della Presidenza del Consiglio dei Ministri vengono assegnati compiti amministrativi in materia, pere i quali può avvalersi del CNIPA; tra questi si ricordano:

§         il monitoraggio dell'attuazione della legge;

§         la vigilanza sul rispetto delle relative disposizioni da parte delle amministrazioni statali; la promozione, di concerto con il Ministero del lavoro e delle Politiche sociali, di progetti, iniziative e programmi finalizzati al miglioramento e alla diffusione delle  tecnologie assistive e per l’accessibilità;

§          la promozione con altre amministrazioni dell'erogazione di finanziamenti  finalizzati alla diffusione tra i disabili delle tecnologie assistive e degli strumenti informatici dotati di configurazioni particolari;

§         la promozione e il sostegno di progetti di ricerca nel campo dell'innovazione tecnologica per la vita indipendente e le pari opportunità dei disabili;

§         la promozione, di concerto con i ministeri dell'istruzione, dell’università e della ricerca e per i beni e le attività culturali, di iniziative per  favorire l’accessibilità alle opere multimediali.

La legge fissa regole generali, rinviando la concreta attuazione di determinati contenuti ad un regolamento di attuazione e ad un decreto ministeriale che dovrà stabilire le metodologie tecniche per la verifica dell’accessibilità dei siti Internet. Entrambi i provvedimenti dovranno osservare le linee guida indicate nelle comunicazioni, nelle raccomandazioni e nelle direttive sull'accessibilità dell'Unione europea, nonché nelle normative internazionalmente riconosciute e tenendo conto degli indirizzi forniti dagli organismi pubblici e privati, anche internazionali, operanti nel settore.

In data 19 novembre 2004 è stato presentato alle Camere uno schema di regolamento volto a definire:

§         i criteri e i principi operativi ed organizzativi generali per l’accessibilità agli strumenti informatici da parte dei soggetti disabili;

§         le modalità con cui alcuni soggetti possono richiedere alla Presidenza del Consiglio la valutazione di accessibilità del proprio sito Internet o del materiale informatico prodotto, i costi a loro carico, il logo che identifica il possesso del requisito di accessibilità e le modalità di verifica del requisito stesso;

§         i controlli esercitabili sui soggetti pubblici e privati che hanno reso nota l’accessibilità dei propri siti e delle applicazioni informatiche.

Sullo schema di regolamento la IX Commissione trasporti, poste e telecomunicazioni della Camera dei deputati ha espresso parere favorevole con osservazioni, in data 14 dicembre 2004.

 

Si ricorda altresì che con decreto interministeriale 25 luglio 2003 e' stata istituita presso la Presidenza del Consiglio la commissione  interministeriale per l'impiego delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione per le categorie deboli o svantaggiate.

 

Da un punto di vista più generale va ricordato inoltre che la legge 112/2004 (cosiddetta “legge Gasparri”), reca un complesso di principi destinati ad informare il sistema radiotelevisivo nazionale, regionale e locale, tra i quali figurano principi a garanzia degli utenti; nell’ambito di tali principi, che la disciplina del sistema radiotelevisivo è tenuta a garantire, è espressamente stabilito che deve essere favorita la ricezione da parte dei cittadini con disabilità sensoriali dei programmi radiotelevisivi, prevedendo a tale fine l’adozione di idonee misure, sentite le associazioni di categoria (art. 4, comma 2). Si possono poi richiamare altri principi (art. 4, comma 1), che possono avere un’incidenza indiretta, quali quelli che prevedono:

a)    l’accesso dell’utente, secondo criteri di non discriminazione, ad un’ampia varietà di informazioni e di contenuti di altra natura, favorendo a tale fine la fruizione e lo sviluppo, in condizioni di pluralismo e di libertà di concorrenza, delle opportunità offerte dall’evoluzione tecnologica da parte dei soggetti che svolgono o intendono svolgere attività nel sistema delle comunicazioni;

b)   a trasmissione di programmi che rispettino i diritti fondamentali della persona;

c)    la diffusione di trasmissioni pubblicitarie e di televendite leali ed oneste, che rispettino la dignità della persona, non evochino discriminazioni di razza, sesso e nazionalità, non offendano convinzioni religiose o ideali, non inducano a comportamenti pregiudizievoli per la salute, la sicurezza e l’ambiente, non possano arrecare pregiudizio morale o fisico a minorenni;

Sia pure con previsione di carattere generale, si afferma poi che il trattamento dei dati personali delle persone fisiche e degli enti nel settore radiotelevisivo è effettuato nel rispetto dei diritti, delle libertà fondamentali, nonché della dignità umana, con particolare riferimento alla riservatezza e all’identità personale, in conformità alla legislazione vigente in materia (art. 4, comma 3).

Si fa presente da ultimo che, nell’ambito del decreto legislativo 1° agosto 2003, n. 259recante “codice delle comunicazioni elettroniche” - volto a recepire il pacchetto di direttive comunitarie sulle “comunicazioni elettroniche”[56] - sul quale è stato espresso il parere delle competenti commissioni parlamentari, sono presenti svariate disposizioni che riguardano la tutela degli utenti disabili, prevedendo in particolare l’adozione di misure specifiche a tutela e a vantaggio di tali utenti da parte dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni.

 

Più specificamente:

§       L’art. 1, comma 1, recante le definizionidei termini rilevanti nel provvedimento, alla lett. hh) definisce il servizio telefonico accessibile al pubblico, prevedendo tra l’altro l’inclusione di servizi quali la fornitura di apposite risorse per i consumatori disabili o con esigenze sociali particolari

§       L’art. 5, comma 2, (lett. d)), prevede che le regioni e gli enti locali dettino disposizioni, tra l’altro, in materia di definizione di iniziative volte a fornire un sostegno alle persone anziane, ai disabili, ai consumatori di cui siano accertati un reddito modesto o particolari esigenze sociali ed a quelli che vivono in zone rurali o geograficamente isolate.

§      L’articolo 13, che prevede obiettivi e principi dell’attività di regolamentazione, stabilisce che il Ministero e l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, nell’ambito delle rispettive competenze, promuovono la concorrenza nella fornitura delle reti e dei servizi di comunicazione elettronica, nonché delle risorse e servizi correlati, assicurando tra l’altro che gli utenti, compresi i disabili, ne traggano il massimo beneficio sul piano della scelta, del prezzo e della qualità, nonché prendendo in considerazione le esigenze di gruppi sociali specifici, in particolare degli utenti disabili;

§       L’articolo 56, che riguarda i telefoni pubblici a pagamento, prevede che, nel rispetto delle disposizioni emanate in materia dall’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, le imprese mettono a disposizione telefoni pubblici a pagamento per soddisfare le esigenze ragionevoli degli utenti finali in termini di copertura geografica, numero di apparecchi e loro accessibilità per gli utenti disabili, nonché di qualità del servizio.Il Ministero vigila sull’applicazione delle disposizioni del presente comma.

§      L’articolo 57 riguarda specificamente misure speciali destinate agli utenti disabili, stabilendo che l’Autorità (v. supra) adotta, ove opportuno, misure specifiche per garantire che gli utenti finali disabili fruiscano di un accesso, ad un prezzo accessibile, ai servizi telefonici accessibili al pubblico, compresi i servizi di emergenza ed i servizi relativi agli elenchi, che sia equivalente a quello degli altri utenti finali. Inoltre, l’Autorità può adottare misure specifiche per far sì che gli utenti finali disabili possano scegliere tra le imprese ed i fornitori dei servizi che siano a disposizione della maggior parte degli utenti finali.

§       L’articolo 61, che interviene in materia di qualità del servizio fornito dalle imprese designate, prevede che l’Autorità possa specificare, previa definizione di parametri idonei, norme supplementari di qualità del servizio per valutare l’efficienza delle imprese “designate” nella fornitura dei servizi agli utenti finali disabili e ai consumatori disabili.

§       L’articolo 83, riguardante la consultazione dei soggetti interessati, prevede che il Ministero e l’Autorità, nell’ambito delle rispettive competenze, tengono conto, attraverso meccanismi di consultazione, del parere degli utenti finali e dei consumatori, inclusi, in particolare, gli utenti disabili[57].

§       Ulteriori disposizioni contenute in allegato allo schema di d.lgs. riservano un’attenzione particolare all’adempimento di obblighi di servizio universale e all’applicazione formule tariffarie speciali per i consumatori a basso reddito o con esigenze sociali particolari.

10. Accesso facilitato agli edifici

Con la legge 9 gennaio 1989 n. 13, e il relativo regolamento di attuazione approvato con D.M. 14 giugno 1989, n. 236, sono state estese al comparto privato le disposizioni – precedentemente previste solo per le opere pubbliche – tese a favorire il superamento e l'eliminazione delle barriere architettoniche. La legge pone quattro condizioni che devono essere rispettate nella progettazione degli edifici:

ü        Accorgimenti tecnici idonei all’installazione di meccanismi per l’accesso ai piani superiori;

ü        Idonei accessi alle parti comuni e alle singole unità immobiliari;

ü        Almeno un accesso in piano (rampe prive di gradini o idonei mezzi di sollevamento);

ü        Installazione di ascensori raggiungibili mediante rampe prive di gradini.

La legge 13 del 1989 ha quindi introdotto la possibilità di richiedere contributi per l'eliminazione di barriere architettoniche negli edifici privati, istituendo, a tal fine, presso il Ministero dei lavori pubblici (ora Ministero delle infrastrutture e dei trasporti) il Fondo speciale per l’eliminazione e il superamento delle barriere architettoniche negli edifici privati, da ripartire annualmente tre le regioni.

Il meccanismo di ripartizione del fondo prevedeva un censimento operato dai sindaci sulla base delle richieste degli interessati e una determinazione del fabbisogno complessivo da parte delle regioni.

Tuttavia, il Fondo non è stato rifinanziato dopo il 2000. Infatti l’ultimo stanziamento risale all’articolo 1, comma 4, della legge 2 ottobre 1997, n. 345, ed ammontava a 20 miliardi di lire per ciascuno degli anni del triennio 1998-2000.

Con il DPR 24 luglio 1996, n. 503 è stato invece adottato il nuovo regolamento recante norme per l’eliminazione delle barriere architettoniche negli edifici, spazi e servizi pubblici. Tale regolamento rappresenta un aggiornamento della precedente normativa tecnica riguardante gli edifici pubblici che risaliva al D.P.R. 27 aprile 1978, n. 384.

Si ricorda, inoltre, che il corpo fondamentale della normativa relativa al superamento e sull’eliminazione delle barriere architettoniche negli edifici privati, negli edifici pubblici e negli edifici privati aperti al pubblico è stato trasposto nel nuovo T.U. sull’edilizia approvato con il D.P.R. n. 380 del 6 giugno 2001[58], entrato in vigore il 30 giugno 2003[59], che lo raccoglie in un apposito Capo della Parte II. Per le prescrizioni tecniche relative all’accessibilità, all’adattabilità e alla visitabilità degli edifici sarà necessaria l’emanazione di un successivo decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti (comma 2, art. 77 del T.U.).

Il Capo III della Parte II del T.U. reca, infatti, le disposizioni finalizzate al superamento e all’eliminazione delle barriere architettoniche nei casi previsti dalla precedente normativa: negli edifici privati, pubblici, e privati aperti al pubblico (artt. da 77 a 82).

Le disposizioni sono suddivise in due sezioni:

ü        la prima è dedicata all’eliminazione delle barriere architettoniche negli edifici privati e comprende gli artt. da 77 a 81;

ü        la seconda all’eliminazione delle barriere architettoniche negli edifici pubblici e privati aperti al pubblico e comprende solamente l’art. 82.

ü        Ulteriori disposizioni sono, infine, contenute nell’art. 137, comma 2, in relazione alle norme che rimangono in vigore.

Come già ricordato supra, al paragrafo 6, l’art. 1, co.1, della legge 27 dicembre 1997, n. 449 (finanziaria 1998) che ha disposto una detrazione[60] dall’imposta lorda sul reddito delle persone fisiche (IRPEF) per una serie di interventi di recupero del patrimonio edilizio privato, tra cui è contemplata anche l’eliminazione delle barriere architettoniche, aventi ad oggetto ascensori e montacarichi. Successivamente la legge 23 dicembre 2000, n. 388 (finanziaria 2001), ha ampliato, a favore dei disabili, la tipologia di opere che dà diritto a tale detrazione, includendovi anche quelle effettuate per la realizzazione di strumenti che, attraverso la comunicazione, la robotica e ogni altro mezzo tecnologico, siano adatti a favorire la mobilità interna ed esterna delle persone portatrici di handicap qualora questo sia stato riconosciuto grave, ai sensi dell’art. 3, comma 3, della legge n. 104.

Si ricorda anche la recente Direttiva Presidente Consiglio Ministri del 28 febbraio 2003 che ha indetto la "Giornata nazionale per l'abbattimento delle barriere architettoniche", da tenersi la prima domenica di ottobre di ogni anno. In tale giornata le amministrazioni pubbliche, anche in coordinamento con le associazioni e gli organismi operanti nel settore, assumono iniziative volte a informare e sensibilizzare i cittadini sui temi legati all'esistenza delle barriere architettoniche, sostengono azioni concrete per favorire l'integrazione delle persone in situazione di disabilità, degli anziani e di quanti comunque limitati nella mobilità.

Infine, si segnala che la VIII Commissione della Camera dei deputati sta esaminando, in sede referente, la proposta di legge AC 2926 Disposizioni per l’abbattimento delle barriere architettoniche (On. Fiori) che reca un insieme di disposizioni volte ad assicurare criteri di progettazione di edifici e spazi pubblici e privati tali da garantire l’accesso ad un’utenza universale. La proposta reca inoltre disposizioni per l’istituzione di un Fondo nazionale per l’abbattimento delle barriere architettoniche, alimentato con i proventi di una apposita lotteria nazionale. L’esame della proposta di legge, iniziato l’11 dicembre 2003, è stato proseguito nella seduta del 21 gennaio 2004.

11. Politica della casa e portatori di handicap

Accesso all'edilizia residenziale pubblica. Le funzioni amministrative concernenti l'assegnazione degli alloggi di edilizia residenziale pubblica sono attribuite ai comuni. Per l'assegnazione degli alloggi è prevista la pubblicazione di un bando di concorso che indica le condizioni che danno diritto all'accesso all'alloggio e al fine di diversificare le varie situazioni di fabbisogno e per stabilire un ordine nella graduatoria sono stati fissati dei punteggi (delibera CIPE 19.11.1981 e D.P.R. n. 1035 del 1972, articoli 4-7) da attribuirsi in relazione a condizioni oggettive e soggettive riferite al concorrente e al suo nucleo familiare. Tra le condizioni soggettive che danno diritto al punteggio è prevista quella relativa alla presenza di handicappati nel nucleo familiare, ovvero di coloro che hanno la capacità lavorativa ridotta di più di due terzi.

Regime degli sfratti. Condizioni agevolative sono poi previste per i portatori di handicap colpiti da provvedimento di sfratto.

Con l'articolo 80 della legge 23 dicembre 2000, n. 388 si prevede che i comuni ad alta tensione abitativa (articolo 6 della legge 9 dicembre 1998, n. 431), possano destinare fino al 10 per cento delle somme ad essi attribuite sul “Fondo nazionale per il sostegno all'accesso alle abitazioni in locazione” all’affitto di immobili per inquilini assoggettati a procedure esecutive di sfratto, purché tali soggetti abbiano nel nucleo familiare persone ultrasessantacinquenni, o handicappati gravi, e non dispongano di altra abitazione o di redditi sufficienti per poter accedere alla locazione di una nuova casa. Al medesimo fine gli stessi comuni possono utilizzare immobili del proprio patrimonio, ovvero destinare ulteriori risorse proprie ad integrazione del suddetto Fondo. Contestualmente, l’art. 80 ha disposto la sospensione degli sfratti per le suddette categorie disagiate, successivamente prorogata dai decreti legge n. 247 del 2001, n. 450 del 2001 e – da ultimo, fino al 30 giugno 2003 – dal decreto legge 20 giugno 2002, n. 122, convertito con modificazioni dalla legge 1 agosto 2002, n. 185. 

Con la legge 25 febbraio 2000, n. 32, sono state stanziate nuove risorse al fine, tra l’altro, di finanziare un programma sperimentale di edilizia residenziale pubblica di interesse nazionale per l’incremento dell'offerta di alloggi da locare a canone concertato, a favore delle categorie sociali più deboli, tra queste i portatori di handicap.

Particolari provvidenze per i portatori di handicap sono state previste con D.M. 4 agosto 1999. Si prevede che allo scopo di tutelare i conduttori di beni ad uso abitativo da dismettere, ove versino in condizioni di disagio economico e sociale ovvero in presenza, nel nucleo familiare del conduttore medesimo, di soggetto portatore di handicap, qualora interessati all'acquisto dell'alloggio da essi occupato, venga disposta la garanzia di una dilazione dell'anticipo del prezzo di vendita, che non pregiudichi, comunque, il valore attualizzato.

In caso di mancato esercizio del diritto di prelazione all'acquisto, alle medesime categorie di conduttori, in alternativa al rinnovo del contratto, deve essere assicurata la sostituzione dell'alloggio locato con altro, adeguato alle esigenze del nucleo familiare, con determinazione del canone in base alla normativa applicabile al precedente contratto di locazione.

Sanatoria edilizia per immobili adibiti a sedi di comunità terapeutiche per tossicodipendenti e disabili. La sanatoria è stata disposta dall’articolo 149, comma 93, della legge n. 388 del 2000. Il comma 94 dello stesso articolo ha inoltre concesso un contributo da erogare per gli anni 2002 e 2003 ai comuni sedi delle comunità terapeutiche interessate alla sanatoria per le minori entrate derivanti dalla sanatoria. Il DM 28 dicembre 2001 ha dato attuazione a questa ultima disposizione.

12. Altre misure di integrazione sociale

L’amministratore di sostegno

Con la legge 9 gennaio 2004, n. 6, di modifica di alcune disposizioni del codice civile, è stata introdotta nell’ordinamento l’istituto dell’amministrazione di sostegno, che va ad affiancarsi a quelli dell’interdizione e dell’inabilitazione.

In sostanza, le ragioni che hanno condotto all’introduzione della nuova disciplina sono ispirate dalla considerazione che vi sono tutta una serie di situazioni in cui, per effetto di un’infermità o di una menomazione fisica o psichica, anche temporanea, il soggetto può essere incapace di provvedere ai propri interessi senza versare in stato di infermità mentale.

In tal caso, il legislatore ha ritenuto opportuno prevedere un soggetto istituzionale che intervenga, non nella totalità degli atti che la persona assistita è chiamata a compiere (interdizione) e nemmeno in un ambito di categoria predefinito (inabilitazione), ma solamente in quegli atti per i quali la situazione concreta suggerisce una presenza vicariante. Anziani o disabili, ma anche alcolisti, tossicodipendenti, carcerati, malati terminali, ciechi potranno ottenere che il giudice tutelare - anche in previsione della propria eventuale futura incapacità - nomini una persona, che abbia cura della propria persona e del proprio patrimonio. La nomina dovrà avvenire a seguito dell’accertamento di specifici requisiti, con definizione dell’area di attività dell’amministratore di sostegno, con procedura semplificata, e con carattere di ordinaria gratuità.     

Attività sportiva

Per quanto riguarda lo sport, la pratica di un’attività a livello agonistico è subordinata al possesso di requisiti indicati dal Ministro della Sanità (decreto ministeriale 4 marzo 1993) in attuazione alle prescrizioni della legge quadro sull’handicap.

La citata legge quadro dispone inoltre che gli enti locali ed il Comitato Olimpico Nazionale Italiano provvedano ad eliminare barriere architettoniche ed ostacoli alla fruibilità delle strutture sportive.

Per la promozione della pratica sportiva delle persone disabili, è stato previsto dalla legge finanziaria 2001 (legge 388/2000, art.145, co.16) un finanziamento straordinario di 500 milioni a favore della Federazione Italiana Sport Disabili[61], che fruisce già di un contributo  annuale del C.O.N.I. per la diffusione dell’attività sportiva e per l’organizzazione di gare nazionali ed internazionali.

Nel corso della attuale legislatura è stata poi approvata la L. 28 novembre 2001, n. 424[62],  che ha autorizzato un contributo straordinario di 5 miliardi, a valere sul bilancio per l’anno 2002, a favore del Comitato organizzatore dei Giochi mondiali silenziosi , integrando le risorse già stanziate,  per la medesima finalità, dalla legge n.39/2001[63].

Si ricorda infine il provvedimento per la promozione della pratica sportiva da parte delle persone disabili (legge n. 189/2003), che assegna  un contributo straordinario di 500 milioni di euro per ciascuno degli anni 2003, 2004 e 2005 allaFederazione italiana sport disabili (FISD), per lo sviluppo della pratica sportiva di base  ed agonistica; rimette ad un successivo DPCM la disciplina delle attività della Federazione quale Comitato italiano paraolimpico, preposto alla promozione dell’attività sportiva e delle competizioni tra atleti con handicap; impegna il CONI  ad incentivare la pratica sportiva dei disabili ed a riconoscere agli atleti partecipanti alle Paraolimpiadi [64] premi analoghi a quelli erogati agli sportivi olimpici.

Ulteriori misure di assistenza

Nella legge finanziaria per il 2003 (legge n. 289 del 2002) sono state approvate le seguenti disposizioni:

-            art. 39, comma 6: sono stanziati 5 milioni di euro per il 2003 in favore dell'Associazione nazionale famiglie di fanciulli e adulti subnormali (ANFFAS), al fine della prosecuzione degli interventi di carattere sociale ed assistenziale da essa svolti;

-            art. 40: si prevede l’utilizzo degli obiettori di coscienza e dei volontari del servizio civile nazionale come accompagnatori dei ciechi civili;

-            art. 46, comma 6: si dispone un finanziamento alla Federazione dei maestri del lavoro d’Italia, che, tra l’altro, facilita l’inserimento dei giovani nella collaborazione volontaristica con gli enti preposti all’assistenza ai portatori di handicap.

 

 


Disegno di legge

 


 

N. 4129

¾

CAMERA DEI DEPUTATI

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DISEGNO DI LEGGE

 

presentato dal ministro per le pari opportunità

(PRESTIGIACOMO)

e dal ministro del lavoro e delle politiche sociali

(MARONI)

di concerto con il ministro della giustizia

(CASTELLI)

¾

 

Misure per la tutela giudiziaria dei disabili vittime di discriminazioni

 

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Presentata il 2 luglio 2003

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 Onorevoli Deputati! - Sebbene si possa affermare che la tutela delle persone disabili sia nel nostro Paese estremamente avanzata, anche a seguito dell'entrata in vigore della legge 5 febbraio 1992, n. 104, i dati statistici ancora oggi dimostrano come questa componente particolarmente svantaggiata della popolazione rimanga troppo spesso fuori dal circuito della vita pubblica, sia sociale che politica ed economica, a causa della persistenza di barriere sia materiali che immateriali.

        Ciò ancora si verifica nonostante la rimozione degli ostacoli che impediscono ai disabili una piena partecipazione alla vita politica, economica e sociale del Paese costituisca uno degli obiettivi fondamentali dell'ordinamento e un preciso dovere della Repubblica alla luce dell'articolo 3 della Costituzione.

        Inoltre, l'articolo 13 del Trattato CE prevede che le istituzioni comunitarie adottino i provvedimenti opportuni per combattere tutte le discriminazioni, che siano fondate sul sesso, la razza o l'origine etnica, la religione o le convinzioni personali, gli handicap, l'età o le tendenze sessuali.

        In attuazione di questo precetto, che costituisce ormai una pietra angolare del diritto comunitario, l'Unione europea si è fatta promotrice di una serie di interventi, sia a carattere normativo, quali le direttive comunitarie, sia a carattere amministrativo quali le azioni comuni ed i programmi di azione comunitari, con cui sono stati compiuti dei significativi passi in avanti.

        E' noto, infatti, come siano state di recente emanate alcune importanti direttive, che sanciscono l'uguaglianza di trattamento fra tutti i cittadini indipendentemente dagli elementi di diversità indicati dal succitato articolo 13 del Trattato CE.

        Si ricordano, in proposito, la direttiva 2000/43/CE del Consiglio, del 29 giugno 2000, che attua il principio della parità di trattamento fra le persone indipendentemente dalla razza e dall'origine etnica, e la direttiva 2000/78/CE del Consiglio, del 27 novembre 2000, che stabilisce un quadro generale per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro, entrambe in avanzata fase di recepimento da parte del nostro Paese.

        Tuttavia, l'intervento del legislatore è talvolta parcellizzato e frammentato nell'ambito dei diversi settori dell'ordinamento, il che pone l'esigenza di una disciplina che, facendo salve le varie normative settoriali di garanzia, affronti il problema della tutela delle persone disabili in una prospettiva generale.

        E' necessario, quindi, introdurre strumenti giuridici idonei a garantire l'effettività della parità di trattamento e a promuovere pari opportunità per le persone disabili, qualora si trovino a subire a causa della loro disabilità discriminazioni anche in ambiti di vita diversi da quella lavorativa. Ciò anche in considerazione del fatto che l'imminente recepimento della direttiva 2000/78/CE, pur accordando alla persona disabile una particolare tutela in sede giurisdizionale con la possibilità di avvalersi della azione civile contro la discriminazione prevista all'articolo 44 del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, ne limita l'esperibilità solo ai comportamenti discriminatori posti in essere nei luoghi di lavoro.

        Il presente disegno di legge si propone, quindi, di estendere la particolare tutela giurisdizionale, già accordata ai disabili vittime di discriminazioni nel contesto lavorativo, a tutte quelle situazioni in cui il disabile risulti destinatario di trattamenti discriminatori al di fuori del rapporto di lavoro. Il che consente, da un lato, di fornire un'efficace risposta alla forte aspettativa rappresentata da numerose categorie di disabili e, d'altro lato, di soddisfare un'esigenza di completezza del sistema, al fine di garantire alle persone disabili una piena parità di trattamento in ogni settore della vita.

        In questa prospettiva, l'articolo 1 enuncia espressamente l'impegno cui le istituzioni devono assolvere per garantire, anche nei confronti dei disabili, il rispetto effettivo del principio di parità di trattamento e la promozione delle pari opportunità, ponendo, così, in ossequio alla Costituzione, un ulteriore tassello nel percorso di civiltà giuridica che può condurre il nostro ordinamento verso uno stadio di democrazia molto avanzato.

        L'articolo 2 descrive la condotta discriminatoria, fissando la nozione di discriminazione sia diretta che indiretta, facendo a tal fine tesoro della più recente esperienza normativa comunitaria, con riferimento alla direttiva 2000/43/CE, relativa alla parità di trattamento fra le persone indipendentemente dalla razza e dall'origine etnica ed alla direttiva 2000/78/CE, relativa alla parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro. In relazione alla discriminazione indiretta, è da sottolineare che l'obiettivo del legislatore è soprattutto quello di combattere anche quei comportamenti che, pur se si presentano in apparenza neutri, si traducono in una discriminazione dei disabili nei confronti di altre categorie di soggetti, a causa della loro particolare condizione fisica.

        In conformità alla citata normativa europea, rientrano nel concetto di discriminazione anche quei comportamenti indesiderati che violano la dignità e la libertà di un disabile, ovvero creano nei confronti dello stesso un clima di intimidazione ostile e degradante.

        Gli articoli 3 e 4, infine, delineano il quadro della tutela giurisdizionale con la relativa legittimazione ad agire.

        Accanto agli strumenti ordinari processuali, viene prevista la possibilità di attivare la procedura giurisdizionale di cui all'articolo 44 del predetto testo unico n. 286 del 1998 ai casi di discriminazioni connessi alla disabilità, al fine di garantire al disabile una tutela celere e spedita. In proposito, si può sottolineare che la tutela del disabile che intenda contrastare il comportamento discriminatorio appare ulteriormente rafforzata dalla disposizione secondo la quale il provvedimento del giudice, in caso di accoglimento del ricorso, oltre a disporre in ordine al risarcimento del danno anche non patrimoniale, può ordinare ogni provvedimento idoneo a rimuovere gli effetti del comportamento discriminatorio. A ciò si può aggiungere che l'articolo 3, comma 2, accorda, ad ulteriore garanzia dell'effettività dell'azione e coerentemente con quanto già previsto nei settori di attuazione delle direttive comunitarie, il beneficio della cosiddetta "prova presuntiva".

        Infine, appare di particolare rilievo la previsione contenuta nell'articolo 4, che estende la legittimazione ad agire in giudizio, nei casi di discriminazione, ad associazioni ed enti costituiti a tutela dei disabili. Una tale estensione della legittimazione ad agire è prevista sia su delega del disabile, sia nell'ipotesi in cui i suddetti organismi abbiano interesse ad intervenire nei giudizi per danni subiti dal disabile, o ritengano di ricorrere in sede di giurisdizione amministrativa per l'annullamento di atti illegittimi. E' necessario, inoltre, sottolineare che le menzionate associazioni sono individuate con decreto del Ministro per le pari opportunità, di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali in base alla finalità statutaria - la quale deve presentare, perciò, coerenza con l'attività volta alla tutela dei disabili - e alla stabilità dell'organizzazione. Ciò al fine di creare un filtro ed evitare eventuali rischi di abuso, selezionando gli enti che sono effettivamente portatori degli interessi dei disabili.


 


disegno di legge

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Art. 1.

(Finalità ed ambito di applicazione).

 

        1. La presente legge promuove la piena attuazione del principio di parità di trattamento e delle pari opportunità nei confronti dei disabili, al fine di garantire agli stessi il pieno godimento dei loro diritti civili, politici, economici e sociali.

        2. Restano salve, nei casi di discriminazioni in pregiudizio dei disabili relative all'accesso al lavoro e sul lavoro, le disposizioni legislative emanate in attuazione della direttiva 2000/78/CE del Consiglio, del 27 novembre 2000, che stabilisce un quadro generale per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro.

 

Art. 2.

(Nozione di discriminazione).

 

        1. Il principio di parità di trattamento comporta che non può essere praticata alcuna discriminazione in pregiudizio delle persone disabili.

        2. Si ha discriminazione diretta quando, per motivi connessi alla disabilità, una persona è trattata meno favorevolmente di quanto sia, sia stata o sarebbe trattata una persona non disabile in situazione analoga.

        3. Si ha discriminazione indiretta quando una disposizione, un criterio, una prassi, un atto, un patto o un comportamento apparentemente neutri mettono una persona disabile in una posizione di particolare svantaggio rispetto ad altre persone.

        4. Sono, altresì, considerati come discriminazioni quei comportamenti indesiderati, posti in essere per motivi connessi alla disabilità, che violano la dignità e la libertà di un disabile, ovvero creano un clima di intimidazione nei suoi confronti.

 

Art. 3.

(Tutela giurisdizionale).

 

        1. La tutela giurisdizionale avverso gli atti ed i comportamenti di cui all'articolo 2 della presente legge è attuata nelle forme previste dall'articolo 44 del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286.

        2. Il ricorrente, al fine di dimostrare la sussistenza di un comportamento discriminatorio a proprio danno, può dedurre in giudizio elementi di fatto, in termini gravi, precisi e concordanti, che il giudice valuta nei limiti di cui all'articolo 2729, primo comma, del codice civile.

        3. Con il provvedimento che accoglie il ricorso il giudice, oltre a provvedere, se richiesto, al risarcimento del danno, anche non patrimoniale, ordina la cessazione del comportamento, della condotta o dell'atto discriminatorio, ove ancora sussistente, e adotta ogni altro provvedimento idoneo, secondo le circostanze, a rimuovere gli effetti della discriminazione, compresa l'adozione, entro il termine fissato nel provvedimento stesso, di un piano di rimozione delle discriminazioni accertate.

        4. Il giudice può ordinare la pubblicazione della sentenza di cui al comma 3, a spese del convenuto, per una sola volta, su un quotidiano a tiratura nazionale.

 

Art. 4.

(Legittimazione ad agire).

 

        1. Sono altresì legittimati ad agire ai sensi dell'articolo 3 in forza di delega rilasciata per atto pubblico o per scrittura privata autenticata a pena di nullità, in nome e per conto del soggetto passivo della discriminazione, le associazioni e gli enti individuati con decreto del Ministro per le pari opportunità, di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, sulla base della finalità statutaria e della stabilità dell'organizzazione.

        2. Le associazioni e gli enti di cui al comma 1 possono intervenire nei giudizi per danno subìto dai disabili e ricorrere in sede di giurisdizione amministrativa per l'annullamento di atti lesivi degli interessi delle persone disabili.

 

 


SIWEB

Disposizioni della nuova Costituzione europea in tema di disabilità

 


 

N. 5388

¾

CAMERA DEI DEPUTATI

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DISEGNO DI LEGGE

 

presentato dal presidente del consiglio dei ministri

(BERLUSCONI)

e dal ministro degli affari esteri

(FRATTINI)

¾

 

Ratifica ed esecuzione del Trattato che adotta una Costituzione per l’Europa e alcuni atti connessi, con atto finale, protocolli e dichiarazioni, fatto a Roma il 29 ottobre 2004

 

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Presentata il 29 ottobre 2004

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TRATTATO CHE ADOTTA UNA COSTITUZIONE PER L'EUROPA

 

 


PARTE I

 

TITOLO I

DEFINIZIONE E OBIETTIVI DELL'UNIONE

(omissis)

ARTICOLO I-2

Valori dell'Unione

 

L'Unione si fonda sui valori del rispetto della dignità umana, della libertà, della democrazia, dell'uguaglianza, dello Stato di diritto e del rispetto dei diritti umani, compresi i diritti delle persone appartenenti a una minoranza. Questi valori sono comuni agli Stati membri in una società caratterizzata dal pluralismo, dalla non discriminazione, dalla tolleranza, dalla giustizia, dalla solidarietà e dalla parità tra donne e uomini.

 

 

ARTICOLO I-3

Obiettivi dell'Unione

 

1. L'Unione si prefigge di promuovere la pace, i suoi valori e il benessere dei suoi popoli.

2. L'Unione offre ai suoi cittadini uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia senza frontiere interne e un mercato interno nel quale la concorrenza è libera e non è falsata.

3. L'Unione si adopera per lo sviluppo sostenibile dell'Europa, basato su una crescita economica equilibrata e sulla stabilità dei prezzi, su un'economia sociale di mercato fortemente competitiva, che mira alla piena occupazione e al progresso sociale, e su un elevato livello di tutela e di miglioramento della qualità dell'ambiente. Essa promuove il progresso scientifico e tecnologico.

L'Unione combatte l'esclusione sociale e le discriminazioni e promuove la giustizia e la protezione sociali, la parità tra donne e uomini, la solidarietà tra le generazioni e la tutela dei diritti del minore.

(omissis)

 


 

TITOLO IV

ISTITUZIONI E ORGANI DELL'UNIONE

 

CAPO I

QUADRO ISTITUZIONALE

(omissis)

ARTICOLO I-21

Il Consiglio europeo

 

1. Il Consiglio europeo dà all'Unione gli impulsi necessari al suo sviluppo e ne definisce gli orientamenti e le priorità politiche generali. Non esercita funzioni legislative.

2. Il Consiglio europeo è composto dai capi di Stato o di governo degli Stati membri, dal suo presidente e dal presidente della Commissione. Il ministro degli affari esteri dell'Unione partecipa ai lavori.

3. Il Consiglio europeo si riunisce ogni trimestre su convocazione del presidente. Se l'ordine del giorno lo richiede, ciascun membro del Consiglio europeo può decidere di farsi assistere da un ministro e il presidente della Commissione da un membro della Commissione. Se la situazione lo richiede, il presidente convoca una riunione straordinaria del Consiglio europeo.

4. Il Consiglio europeo si pronuncia per consenso, salvo nei casi in cui la Costituzione disponga diversamente.

(omissis)

ARTICOLO I-26

La Commissione europea

 

1. La Commissione promuove l'interesse generale dell'Unione e adotta le iniziative appropriate a tal fine. Vigila sull'applicazione della Costituzione e delle misure adottate dalle istituzioni in virtù della Costituzione. Vigila sull'applicazione del diritto dell'Unione sotto il controllo della Corte di giustizia dell'Unione europea. Dà esecuzione al bilancio e gestisce i programmi. Esercita funzioni di coordinamento, di esecuzione e di gestione, alle condizioni stabilite dalla Costituzione. Assicura la rappresentanza esterna dell'Unione, fatta eccezione per la politica estera e di sicurezza comune e per gli altri casi previsti dalla Costituzione. Avvia il processo di programmazione annuale e pluriennale dell'Unione per giungere ad accordi interistituzionali.

2. Un atto legislativo dell'Unione può essere adottato solo su proposta della Commissione, salvo che la Costituzione non disponga diversamente. Gli altri atti sono adottati su proposta della Commissione se la Costituzione lo prevede.

3. Il mandato della Commissione è di cinque anni.

4. I membri della Commissione sono scelti in base alla loro competenza generale e al loro impegno europeo e tra personalità che offrono tutte le garanzie di indipendenza.

5. La prima Commissione nominata in applicazione della Costituzione è composta da un cittadino di ciascuno Stato membro, compreso il presidente e il ministro degli affari esteri dell'Unione, che è uno dei vicepresidenti.

6. A decorrere dal termine del mandato della Commissione di cui al paragrafo 5, la Commissione è composta da un numero di membri, compreso il presidente e il ministro degli affari esteri dell'Unione, corrispondente ai due terzi del numero degli Stati membri, a meno che il Consiglio europeo, deliberando all'unanimità, non decida di modificare tale numero.

I membri della Commissione sono scelti tra i cittadini degli Stati membri in base ad un sistema di rotazione paritaria tra gli Stati membri. Tale sistema è stabilito da una decisione europea adottata all'unanimità dal Consiglio europeo secondo i principi seguenti:

a) gli Stati membri sono trattati su un piano di assoluta parità per quanto concerne la determinazione dell'avvicendamento e del periodo di permanenza dei loro cittadini in seno alla Commissione; pertanto lo scarto tra il numero totale dei mandati detenuti da cittadini di due Stati membri non può mai essere superiore a uno;

b) fatta salva la lettera a), ciascuna delle Commissioni successive è costituita in modo da riflettere in maniera soddisfacente la molteplicità demografica e geografica degli Stati membri.

7. La Commissione esercita le sue responsabilità in piena indipendenza. Fatto salvo l'articolo I-28, paragrafo 2, i membri della Commissione non sollecitano né accettano istruzioni da alcun governo, istituzione, organo o organismo. Essi si astengono da ogni atto incompatibile con le loro funzioni o con l'esecuzione dei loro compiti.

8. La Commissione è responsabile collettivamente dinanzi al Parlamento europeo. Il Parlamento europeo può votare una mozione di censura della Commissione secondo le modalità di cui all'articolo III-340. Se tale mozione è adottata, i membri della Commissione si dimettono collettivamente dalle loro funzioni e il ministro degli affari esteri dell'Unione si dimette dalle funzioni che esercita in seno alla Commissione.

(omissis)

 


 

PARTE II

CARTA DEI DIRITTI FONDAMENTALI DELL'UNIONE

(omissis)

 

TITOLO III

UGUAGLIANZA

(omissis)

ARTICOLO II-81

Non discriminazione

 

1. È vietata qualsiasi forma di discriminazione fondata, in particolare, sul sesso, la razza, il colore della pelle o l'origine etnica o sociale, le caratteristiche genetiche, la lingua, la religione o le convinzioni personali, le opinioni politiche o di qualsiasi altra natura, l'appartenenza ad una minoranza nazionale, il patrimonio, la nascita, la disabilità, l'età o l'orientamento sessuale.

2. Nell'ambito d’applicazione della Costituzione e fatte salve disposizioni specifiche in essa contenute, è vietata qualsiasi discriminazione in base alla nazionalità.

(omissis)

ARTICOLO II-86

Inserimento delle persone con disabilità

 

L'Unione riconosce e rispetta il diritto delle persone con disabilità di beneficiare di misure intese a garantirne l'autonomia, l'inserimento sociale e professionale e la partecipazione alla vita della comunità.

(omissis)

 


 

PARTE III

LE POLITICHE E IL FUNZIONAMENTO DELL'UNIONE

(omissis)

TITOLO II

NON DISCRIMINAZIONE E CITTADINANZA

(omissis)

ARTICOLO III-124

 

1. Fatte salve le altre disposizioni della Costituzione e nell'ambito delle competenze da essa attribuite all'Unione, una legge o legge quadro europea del Consiglio può stabilire le misure necessarie per combattere le discriminazioni fondate sul sesso, la razza o l'origine etnica, la religione o le convinzioni personali, la disabilità, l'età o l'orientamento sessuale. Il Consiglio delibera all'unanimità previa approvazione del Parlamento europeo.

2. In deroga al paragrafo 1, la legge o legge quadro europea può stabilire i principi di base delle misure di incentivazione dell'Unione e definire tali misure per sostenere le azioni degli Stati membri volte a contribuire alla realizzazione degli obiettivi di cui al paragrafo 1, ad esclusione di qualsiasi armonizzazione delle loro disposizioni legislative e regolamentari.

 

 

 



[1]    Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero.

[2]     Corte costituzionale, sentenza 15 novembre 1967, n. 120.

[3]    I Decreti legislativi n. 215 e n. 216 del 2003 sono stati emanati in attuazione della delega di cui al combinato disposto dell’articolo 1 e dell’allegato B della legge 1° marzo 2002 n. 39 (legge comunitaria 2001).

[4]     Ai sensi dell'articolo 388, primo comma, del codice penale (Mancata esecuzione dolosa di un provvedimento del giudice).

[5]    Il Trattato che istituisce una Costituzione per l’Europa è stato firmato a Roma il 29 ottobre 2004 ed è attualmente sottoposto alle procedure di ratifica da parte dei 25 Stati membri secondo le rispettive norme costituzionali. Il Trattato entrerà in vigore dopo che tutti gli strumenti di ratifica saranno stati depositati.

[6]    In particolare si ricordano:

§       una comunicazione del 4 febbraio 2000 dal titolo "Strategia dell'occupazione nella società dell'informazione" che sostiene la strategia europea per l'occupazione e l'iniziativa eEurope ed esamina la promozione dell'occupabilità dei disabili raccomandando alle imprese della società dell'informazione di adottare misure volte a garantire l'applicazione, a partire dal 2000, di norme relative ad attrezzature conviviali;

§       una comunicazione del 2 maggio 2000 dal titolo "Verso un'Europa senza ostacoli per i disabili"  che prevede, tra i suoi settori di intervento, mettere la società dell'informazione al servizio di tutti , per fare in modo che i progressi delle tecnologie dell'informazione e delle comunicazioni possano contribuire all'inserimento dei disabili nella società. La Commissione ricorda, a tal riguardo, l'importanza dell'iniziativa eEurope, nell'ambito della quale le esigenze dei disabili  sono specificamente considerate (v. oltre).

[7]    Il piano d’azione è stato definito nella prospettiva temporale del 2010. La Commissione intende procedere a una prima valutazione dei suoi risultati intermedi nell’anno che segue le sue prime due edizioni, vale a dire nel 2008.

[8]    Gli orientamenti per le politiche degli Stati membri a favore dell’occupazione sono stati stabiliti con decisione 2003/578/CE del 22 luglio 2003 e riconfermati per il 2004. Sulla base di tali orientamenti gli Stati membri predispongono i piani d’azione nazionali per l’occupazione, nell’ambito del metodo di coordinamento aperto.

[9]    Al Consiglio europeo di Lisbona, del marzo 2000, l’Unione europea ha delineato una strategia globale decennale, volta a conseguire una crescita economica  lungo termine, la piena occupazione, la coesione sociale e uno sviluppo sostenibile. Tale strategia si fonda, in particolare, sulla strategia europea per l’occupazione e sul processo di inclusione sociale dell’UE.

[10]   Il Consiglio europeo di Copenhagen del dicembre 2002 ha approvato gli obiettivi comuni riveduti per il processo d’inclusione sociale dell’UE, sulla cui base gli Stati membri presentano con cadenza biennale i piani nazionali per l’inclusione sociale, nell’ambito del metodo di coordinamento aperto.

[11]   Il 31 gennaio 2003 la Commissione ha presentato una raccomandazione per ottenere dal Consiglio un mandato di negoziazione (SEC(2003)116).

[12]   L’ultima relazione è quella relativa al 2003 ed è stata presentata il 15 aprile 2004.

[13]    Audizione del sottosegretario al Ministero per il Lavoro e delle politiche sociali alla XII Commissione della Camera in data 11 febbraio 2003.

[14]    Approvato in data 28 febbraio 2000.

[15]   Il sito fa parte del “Sistema informativo di informazione statistica sulla disabilità” promosso dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali e realizzato dall’ISTAT in applicazione dell’articolo 41-bis della legge n. 162/1998.

[16]   Cfr. Decreto del presidente della repubblica 3 maggio 2001.

[17]    Cfr. leggi nn. 104/1992, 162/1998, 284/1997, 388/2000.

[18]   Non risulta invece definito fino ad oggi il regolamento sui livelli essenziali di assistenza.

[19]   Ex legge n. 13 del 1989.

[20]    A.C. 2166 e abb.

[21]   Convertito con modificazioni dalla legge 24 novembre 2003, n. 326.

[22]   Cfr. art. 94, comma 3, della legge finanziaria per il 2003 (legge n. 289/2002).

[23]    Vedi D.P.C.M. 1.12.2002. Sulle modalità applicative di tale atto di indirizzo vedi l’Accordo in sede di Conferenza Stato Regioni in data 6 febbraio 2003.

[24]    Decreto del Presidente della Repubblica 23 maggio 2003 in Supp. Ord. alla G.U. n. 139 del 18 giugno 2003.

[25]    Cfr. D.M. 17.1.2002.

[26]   MIUR La scuola statale: sintesi dei dati 2004. Un rapporto specifico sull’integrazione degli alunni con handicap è stato pubblicato dal MIUR nel febbraio 2003 (L’handicap e l’integrazione della scuola, dati riferiti all’anno scolastico 2001-2002).

[27]   Per la parte relativa all’istruzione scolastica le disposizioni recate dalla legge sono confluite in numerosi articoli del Testo unico dell’istruzione (D.Lgs. 16 aprile 1994, n.297).

[28]   L’art. 40, comma 3, della L. n. 449/1997 (Misure per la stabilizzazione della finanza pubblica)  hadefinito  i parametri di determinazione delle dotazioni organiche degli insegnanti di sostegno prevedendo un rapporto di un docente ogni 138 alunni iscritti negli istituti della provincia. In attuazione di tale disposizione il D.M. 24 luglio 1998 (recante disciplina della formazione delle classi e determinazione degli organici del personale della scuola) ha previsto (art. 44) che “in presenza di handicap particolarmente gravi, il Provveditore agli studi – ora dirigente dell’ufficio scolastico regionale - può assumere personale con rapporto di lavoro a tempo determinato anche in deroga al rapporto numerico prefissato. Giova ricordare che la legge finanziaria per il 2003 (legge 289/2002), nell’ambito delle misure volte alla razionalizzazione della rete scolastica (art. 35, co.7), rimette al dirigente dell’ufficio scolastico regionale l'attivazione di posti di sostegno in deroga  e ridefinisce la procedura per l’accertamento del handicap. Al riguardo si dispone che la verifica sia effettuata dalle ASL sulla base di accertamenti collegiali (anziché dallo specialista della patologia denunciata ovvero allo psicologo esperto dell'età evolutiva in servizio presso le ASL o in regime di convenzione con essa)  e si rinvia, per la determinazione delle modalità e  dei criteri,  ad apposito DPCM da adottarsi su proposta dei Ministri dell'istruzione, dell'università e della ricerca e della salute,  d'intesa con la Conferenza unificata Stato-Regioni-Città ed autonomie locali, e previo parere delle competenti Commissioni parlamentari. Tale provvedimento non è stato tuttavia adottato.

[29]   L’art.10 del  DM 24 luglio 1998  prevede che le classi con alunni in situazione di handicap possono essere costituite con meno di 25 iscritti (meno di 20 nel caso di alunni in situazione di disagio e difficoltà di apprendimento particolarmente gravi).

[30]    Legge 15 marzo 1997, n. 59, “Delega al Governo per il conferimento di funzioni e compiti alle regioni ed enti locali, per la riforma della Pubblica Amministrazione e per la semplificazione amministrativa” (così detta “Bassanini 1”).

[31]   DPR 8 marzo 1999, n.275, Regolamento recante norme in materia di autonomia delle istituzioni scolastiche, ai sensi dell'art. 21 della L. 15 marzo 1997, n. 59.

[32]   Delega al Governo per  la definizione delle norme generali sull’istruzione e dei livelli essenziali delle prestazioni in materia di istruzione e formazione professionale

[33]   Questi ultimi si articolano nella scuola dell’infanzia, in un primo ciclo che comprende la scuola primaria e la scuola secondaria di primo grado, e in un secondo ciclo che comprende il sistema dei licei ed il sistema dell’istruzione e della formazione professionale.

[34]   D. Lgs.19 febbraio 2004 n. 59 Definizione delle norme generali relative alla scuola dell'infanzia e al primo ciclo dell'istruzione, a norma dell'articolo 1 della L. 28 marzo 2003, n. 53.

[35]   L’articolo 68 della L. 17 maggio 1999, n. 144 (Misure in materia di investimenti, delega al Governo per il riordino degli incentivi all'occupazione e della normativa che disciplina l'INAIL, nonché disposizioni per il riordino degli enti previdenziali ) ha previsto l'obbligo di frequenza di attività formative fino al compimento del diciottesimo anno di età. Tale obbligo può essere assolto  nel sistema di istruzione scolastica; nel sistema della formazione professionale di competenza regionale;  nell'esercizio dell'apprendistato. Con DPR 12 luglio 2000, n. 257, è stato poi disciplinato l’assolvimento dell’obbligo nel sistema dell’istruzione e della formazione professionale.

[36]   Integrazione e modifica della L. 5 febbraio 1992, n. 104, legge-quadro per l'assistenza, l'integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate

[37]   Art. 16 della legge 104/1992, come modificato dalla legge 17/1999.

[38]    Cosi dispone la legge 22 marzo 2000, n. 69 (Interventi finanziari per il potenziamento e la qualificazione dell’offerta di integrazione scolastica degli alunni con handicap).

[39]    Legge 18 dicembre 1997, n. 440. Il fondo, il cui importo è quantificato in tabella C della legge finanziaria é  ripartito annualmente con apposita direttiva ministeriale; lo stanziamento per l’esercizio  2005  ammonta a 185,9 milioni di euro.

[40]   Legge 10 Marzo 2000 n. 62 Norme per la parità scolastica e disposizioni sul diritto allo studio e all'istruzione.

[41]    L’Istituto nazionale di documentazione per l'innovazione e la ricerca educativa è un  ente di diritto pubblico posto sotto la vigilanza del Ministero dell’istruzione università e ricerca.

[42]   http://www.bdp.it/handitecno/

[43]    Il Ministro del lavoro e delle politiche sociali ha presentato al Parlamento, il 28 giugno 2002, la prima relazione sullo stato di attuazione della legge n. 68/1999, cui sono allegate le relazioni predisposte dalle singole regioni.

[44]    Il regolamento di esecuzione della legge n. 68/1999, approvato con DPR 10 ottobre 2000, n. 333, ha previsto all’articolo 11, comma 2, che fino all’entrata in vigore di una disciplina organica del diritto al lavoro dei soggetti considerati svantaggiati, e comunque in via transitoria per un periodo di trentasei mesi dalla data di entrata in vigore del regolamento medesimo, i datori di lavoro pubblici e privati possano computare nelle quote obbligatorie di riserva per i soggetti disabili tutti i lavoratori già occupati in base alla previgente normativa in materia di collocamento obbligatorio. Tale termine è ulteriormente pororogato fino al 31 dicembre 2003 dall’articolo 2 del decreto-legge 25 ottobre 2002, n. 236, convertito, con modificazioni, dalla Legge 284 del 2002.

[45]    Il 22 febbraio 2001 è stato raggiunto, in sede di Conferenza unificata, un accordo tra il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, le regioni, le province autonome di Trento e Bolzano, i comuni, le comunità montane, per la definizione di linee programmatiche per la stipula delle convenzioni, di cui all'art. 12 della L. 12 marzo 1999, n. 68, che riguarda specificamente le cooperative sociali. La relazione citata alla nota 2 (pag. 173) constata però “la pressoché inesistente applicazione delle convenzioni con le cooperative sociali di cui all’art. 12”.

[46]    Sono considerati non vedenti i ciechi assoluti e coloro che hanno un residuo visivo non superiore ad un decimo ad entrambi gli occhi.

[47]    Per l’anno 2005 l’importo dell’indennità è pari a 223,38 euro mensili (INPS, Messaggio n. 41682 del 22/12/2004).

[48]    Per l’anno 2005 l’importo dell’indennità speciale è pari a 161,30 euro mensili (INPS, Messaggio n. 41682 del 22/12/2004).

[49]   Il termine è stato differito da 18 a 36 mesi dal comma 6 dell’articolo 2 della Legge 27 luglio 2004, n. 186.

[50]    Come si è detto, questa indennità deve essere cumulabile, in caso di grave disabilità, con il reddito minimo per la disabilità totale.

[51]    Questa indennità deve essere cumulabile con il reddito minimo di inserimento (intesa come misura generale di contrasto alla povertà) istituito in via sperimentale dal D.Lgs. 18 giugno 1998, n. 237. L’articolo 23 della legge 328/2000 dispone che con un successivo provvedimento legislativo, tenuto conto della sperimentazione, l'istituto del reddito minimo di inserimento venga esteso, e che a esso siano ricondotti anche gli altri interventi di sostegno del reddito.

[52]    Secondo quanto previsto da una disposizione espressamente richiamata nell’art. 24, comma 1, lett. c) della legge 328/2000, vale a dire dall’articolo 1, comma 1 del d.lgs. 109/1998, Definizioni di criteri unificati di valutazione della situazione economica dei soggetti che richiedono prestazioni sociali agevolate, a norma dell'articolo 59, comma 51, della L. 27 dicembre 1997, n. 449. La disposizione del d.lgs. citato si riferisce alle “prestazioni o servizi sociali e assistenziali, con esclusione della integrazione al minimo, della maggiorazione sociale delle pensioni, dell'assegno e della pensione sociale e di ogni altra prestazione previdenziale, nonché della pensione e assegno di invalidità civile e delle indennità di accompagnamento e assimilate”.

[53]    L. 5 febbraio 1992, n. 104, Legge-quadro per l'assistenza, l'integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate.

[54]    D.Lgs. 30 aprile 1997, n. 157, Attuazione della delega conferita dall'articolo 3, comma 3, lettera d), della L. 8 agosto 1995, n. 335, in materia di potenziamento delle attività di controllo sulle prestazioni previdenziali ed assistenziali di invalidità e inabilità.

[55]    International Classification of Impairments, Disabilities and Handicaps (ICIDH).

[56]    Si tratta delle direttive 2002/19/CE (direttiva accesso), 2002/20/CE (direttiva autorizzazioni), 2002/21/CE (direttiva quadro), 2002/22/CE (direttiva servizio universale), cui si aggiungono la direttiva 2002/77/CE, relativa alla concorrenza nei mercati delle reti e dei servizi di comunicazione elettronica, e la decisione 676/2002/CE (decisione spettro radio). Il D.Lgs. è stato  adottato sulla base della delega contenuta nell’art. 41 della legge n. 166 del 2002 (cd. “collegato infrastrutture e trasporti”).

[57]    Nonché delle aziende manifatturiere e delle imprese che forniscono reti o servizi di comunicazione elettronica nelle questioni attinenti ai diritti degli utenti finali e dei consumatori in materia di servizi di comunicazione elettronica accessibili al pubblico, in particolare quando hanno un impatto significativo sul mercato.

[58]   Come modificato dalla legge 448 del 28 dicembre 2001 (legge finanziaria 2002) e dalla legge n. 166 del 1° agosto 2002 e infine dal D.Lgs. n. 301 del 27 dicembre 2002.

[59]Ad eccezione della parte IIa, capo V, che raccoglie la normativa sulla sicurezza degli impianti, la cui entrata in vigore è stata prorogata al 1 gennaio 2004 dal decreto legge n. 147 del 2003, convertito con modificazioni dalla legge 1 agosto 2003, n. 200.

[60]    Nella sua versione originaria, la disposizione agevolativa prevedeve una detrazione pari al 41%. L’articolo 6, comma 15, della legge n. 488 del 1999 ha ridotto l’originaria detrazione d’imposta al 36%. A seguito delle successive proroghe del provvedimento, oggi la detrazione dall’IRPEF, è relativa a spese per interventi per un importo massimo di 48.000 euro e realizzati entro il 30 settembre 2003 (art. 2, co. 5, della legge n. 289 del 2002).

[61]    La Federazione Italiana Sport Disabili, nata nel 1990, è attualmente membro effettivo del CONI; la Federazione , che conta 15 mila tesserati, ha la finalità di promuovere la pratica sportiva tra i disabili sia con riguardo all’attività agonistica  e paraolimpica che a quella finalizzata alla riabilitazione.

[62]    Rifinanziamento della legge 1° marzo 2001, n. 39, per lo svolgimento dei XIX Giochi mondiali silenziosi.

[63]    La legge n.39/2001 ha attribuito al Comitato organizzatore locale dei Giochi mondiali silenziosi un contributo complessivo di 6 miliardi, suddiviso in due stanziamenti di 3 miliardi per ciascuno degli anni 2001 e 2002. In virtù  della successiva legge n.424/2001 il contributo per il 2002 ammonta a 8 miliardi. I Giochi mondiali silenziosi si sono svolti a Roma dal 22 luglio al 1 agosto 2001e vi hanno partecipato circa 5.000 atleti, in rappresentanza di ottanta Paesi.

[64]    Le Paraolimpiadi, riservate ad atleti con disabilità motorie, sensoriali o mentali, si sono svolte per la prima volta a Roma dopo le Olimpiadi del 1960 e successivamente sono state organizzate regolarmente ogni quattro anni.