XIV Legislatura - Dossier di documentazione | |||
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Autore: | Servizio Studi - Dipartimento agricoltura | ||
Titolo: | Proteine vegetali - A.C. 4740 | ||
Serie: | Pareri al Governo Numero: 673 | ||
Data: | 10/11/04 | ||
Abstract: | Scheda di sintesi; scheda di lettura; proposta di legge; atti parlamentari; normativa di riferimento e documentazione. | ||
Descrittori: |
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Servizio studi |
progetti di legge |
Proteine vegetali A.C. 4740
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n. 673
|
10 novembre 2004 |
Camera dei deputati
Dipartimento Agricoltura
SIWEB
I dossier del Servizio studi sono destinati alle esigenze di documentazione interna per l'attività degli organi parlamentari e dei parlamentari. La Camera dei deputati declina ogni responsabilità per la loro eventuale utilizzazione o riproduzione per fini non consentiti dalla legge.
File: AG0218
INDICE
Scheda di sintesi per l’istruttoria legislativa
Elementi per l’istruttoria legislativa
§ Necessità dell’intervento con legge
§ Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite
§ A.C. 4740 (on. Preda ed altri), Disposizioni per favorire la produzione di proteine vegetali
§ Ordine del giorno Preda ed altri n. 9/4489/39, 17 dicembre 2003
§ Interrogazione Rava ed altri n. 5-01399, 7 novembre 2002 (iter concluso il 18 febbraio 2003)
Normativa nazionale
§ Costituzione della Repubblica (art. 117)
§ D.Lgs. 13 aprile 1999, n. 123 Attuazione della direttiva 95/69/CE che fissa le condizioni e le modalità per il riconoscimento e la registrazione di taluni stabilimenti ed intermediari operanti nel settore dell'alimentazione degli animali
§ D.Lgs. 29 ottobre 1999, n. 454 Riorganizzazione del settore della ricerca in agricoltura, a norma dell'articolo 11 della L. 15 marzo 1997, n. 59
§ L. 23 dicembre 1999, n. 499 Razionalizzazione degli interventi nei settori agricolo, agroalimentare, agroindustriale e forestale
§ D.L. 11 gennaio 2001, n. 1 Disposizioni urgenti per la distruzione del materiale specifico a rischio per encefalopatie spongiformi bovine e delle proteine animali ad alto rischio, nonché per l'ammasso pubblico temporaneo delle proteine animali a basso rischio. Ulteriori interventi urgenti per fronteggiare l'emergenza derivante dall'encefalopatia spongiforme bovina
Normativa comunitaria
§ Trattato 25-03-1957 Trattato che istituisce la Comunità europea dell'energia atomica (EURATOM). Trattato firmato a Roma il 25 marzo 1957 ed entrato in vigore il 1° gennaio 1958. Ratificato con legge 14 ottobre 1957, n. 1203 pubblicata nella G.U. 23 dicembre 1957, n. 317, S.O.(artt. 87-89)
§ Reg. (CE) n. 1251/1999 del 17 maggio 1999 Regolamento del Consiglio che istituisce un regime di sostegno a favore dei coltivatori di taluni seminativi
§ Reg. (CE) n. 1257/1999 del 17 maggio 1999 Regolamento del Consiglio sul sostegno allo sviluppo rurale da parte del Fondo europeo agricolo di orientamento e di garanzia (FEAOG) e che modifica ed abroga taluni regolamenti
§ Reg. (CE) n. 1786/2003 del 23 settembre 2003 Regolamento del Consiglio relativo all'organizzazione comune dei mercati nel settore dei foraggi essiccati.
§ Regolamento (CE) n. 1/2004 della Commissione del 23 dicembre 2003 relativo all'applicazione degli articoli 87 e 88 del trattato CE agli aiuti di Stato a favore delle piccole e medie imprese attive nel settore della produzione, trasformazione e commercializzazione dei prodotti agricoli
Documentazione
§ MipafProgramma interregionale proteine vegetali
§ Istituto Sperimentale per le colture industriali (di Bologna) Misure e interventi per aumentare l’autoapprovvigionamento di proteine vegetali, Marzo 2002
§ Istituto Sperimentale per le colture foraggere (di Lodi) Incremento della produzione di proteine vegetali per l’alimentazione zootecnica
§ Comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento Europeo Opzioni per promuovere la produzione di proteine vegetali nell’UE (16.3.2001)
§ Consiglio dell’Unione europea Memorandum su un piano proteine (5.12.2001)
§ Parere del Comitato economico e sociale sul tema Rilanciare un piano in materia di proteine vegetali a livello comunitario (16.1.2002)
§ Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Proposta di regolamento del consiglio relativo all’organizzazione comune dei mercati nel settore dei foraggi essiccati per le campagne di commercializzazione dal 2004/2005 al 2007/2008 (14.5.2003
§ Risoluzione del Parlamento europeo sulla comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo sulle opzioni per promuovere la produzione di proteine vegetali nell’UE (3.9.2002)
§ Relazione speciale della Corte dei conti, n. 12/2003 sulla sana gestione finanziaria dell’organizzazione comune dei mercati nel settore dei foraggi essiccati, corredata delle risposte della Commissione
Numero del progetto di legge |
4740 |
Titolo |
Disposizioni per favorire la produzione di proteine vegetali |
Iniziativa |
On. Preda ed altri |
Settore d’intervento |
Agricoltura |
Iter al Senato |
No |
Numero di articoli |
3 |
Date |
|
§ presentazione o trasmissione alla Camera |
24 febbraio 2004 |
§ annuncio |
25 febbraio 2004 |
§ assegnazione |
11 marzo 2004 |
Commissione competente |
XIII Agricoltura |
Sede |
Referente |
Pareri previsti |
I Affari costituzionali V Bilancio, tesoro e programmazione X Attività produttive, commercio e turismo XIV Politiche dell’Unione europea Questioni regionali |
La proposta di legge AC 4740 (on. Preda e altri), composta di 3 articoli, detta disposizioni volte a favorire la produzione di proteine vegetali, disponendo l’istituzione di due regimi di aiuto, per un onere complessivo di 30 milioni di euro annui per il triennio 2004-2006.
L’articolo 1 dispone l’istituzione di un regime di aiuti a favore delle imprese, delle cooperative, delle organizzazioni dei produttori e delle industrie di trasformazione alimentare operanti nel settore delle proteine vegetali derivanti da semi oleosi, piante proteiche e foraggi essiccati o disidratati.
L’articolo 2 dispone l’istituzione di un regime di aiuti a favore delle aziende agricole, di trasformazione e di commercializzazione operanti nel settore della essiccazione e della disidratazione dei foraggi verdi.
La definizione dei due regimi di aiuto è rimessa ad
altrettanti appositi programmi, predisposti dal Ministro
delle politiche agricole e forestali, d’intesa con
L’intervento con legge si rende necessario in quanto il provvedimento dispone l’utilizzo di risorse del bilancio statale attingendo ai Fondi speciali di parte corrente e in conto capitale per il triennio 2004-2006.
La disposizioni recate del provvedimento appaiono riconducibili a una pluralità di materie oggetto dell’art.117 Cost.
In linea generale, trattandosi di interventi aventi ad oggetto il settore agricolo (quanto meno in misura prevalente), la potestà legislativa dovrebbe essere considerata di esclusiva competenza regionale, atteso che la materia agricoltura non risulta espressamente menzionata dall’art.117 Cost.
Considerate le finalità generali del provvedimento, rinvenibili nel sostegno di un settore produttivo con ricadute sia di tipo ambientale che alimentare, appare tuttavia possibile fare riferimento anche alle materie “tutela dell’ambiente” e “dell’ecosistema” (che l’art.117, co.2, lett.s), rimette alla competenza esclusiva statale), nonché alle materie “tutela della salute”, “alimentazione” e “territorio” (che l’art.117, co.3, rimette alla potestà concorrente Stato-regioni).
La compatibilità delle misure previste dal provvedimento in relazione alla normativa comunitaria presenta aspetti problematici, in quanto per tali prodotti risultano operanti due organizzazioni comuni di mercato (OCM).
Per quanto concerne i seminativi (cereali, semi oleosi, piante proteiche), il regolamento 1251/1999 del Consiglio, del 17 maggio 1999, prevede un regime di sostegno imperniato sulla riduzione del 15% del prezzo di intervento e dell’aiuto per ettaro, nonché l’obbligo di ritiro dalla produzione del 10% del prodotto. Il regolamento instaura, poi, i pagamenti regionalizzati per ettaro.
Per quanto concerne i foraggi essiccati, il regolamento 1786/2003 del Consiglio, del 29 settembre 2003[1], prevede un regime di aiuto pari a 33 euro per tonnellata, entro un quantitativo massimo garantito complessivo di 4,9 milioni di tonnellate.
Dall’esistenza di un’organizzazione comune di mercato discende, in particolare, che trovano applicazione le norme sugli aiuti di Stato contenute nel Trattato (artt. 87, 88 e 89).
Resta tuttavia da valutare la possibilità di ricondurre gli aiuti previsti dal provvedimento in esame alla cosiddetta regola “de minimis”, nel qual caso troverebbe applicazione il regolamento n.1/2004 della Commissione, del 23 dicembre 2003, il quale esclude l’obbligo di previa comunicazione alla Commissione delle disposizioni nazionali che introducono aiuti non distorsivi della concorrenza (in quanto rispondenti a determinati criteri) a favore delle piccole e medie imprese attive nel settore della produzione, trasformazione e commercializzazione dei prodotti agricoli.
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea)
In materia di proteine vegetali si ricorda che la Commissione aveva presentato, il 16 marzo 2001, una comunicazione sulle opzioni per promuovere la produzione di proteine vegetali nell’UE. Il divieto di utilizzare, per l’alimentazione degli animali, le proteine animali rendeva necessaria la predisposizione di un “piano proteine” teso ad incrementare fortemente la produzione di proteine vegetali all’interno dell’Unione europea.
Il Consiglio aveva discusso la comunicazione il 19 dicembre 2001: nella seduta era stato presentato dalle delegazioni belga, spagnola, francese, italiana, austriaca e portoghese un “Memorandum su un piano proteine”. Al termine della riunione la Presidenza aveva preso atto della divergenza tra le conclusioni presentate dalla Commissione nella comunicazione (secondo le quali la soluzione migliore sotto il profilo economico era l’aumento delle importazioni di soia) e le opinioni di numerose delegazioni circa il basso tasso di autoapprovvigionamento comunitario in materia di proteine vegetali e la conseguente richiesta di stabilire un vero e proprio “piano proteine”.
Il Parlamento europeo aveva a sua volta esaminato la comunicazione della Commissione il 3 settembre 2002 ed aveva approvato una risoluzione con la quale, sottolineando la dipendenza quasi totale dell’UE dalle importazioni di proteine vegetali , raccomandava alla Commissione di incoraggiare lo sviluppo delle suddette produzioni attraverso una serie di misure tra cui l’inclusione nei programmi comunitari della coltivazione di varietà di legumi a granella o anche la coltivazione di piante proteiche, legumi a granella e oleaginose sulle superfici ritirate dalla produzione; tali interventi, secondo il Parlamento europeo, sarebbero stati positivi anche per quanto riguardava la riduzione dell’uso di pesticidi e la produzione di biocarburanti.
Sulle problematiche relative al sostegno allo sviluppo rurale la Commissione ha presentato, il 14 luglio 2004, nel quadro delle prospettive finanziarie dell’Unione europea per il periodo 2007-2013, due proposte specifiche per il settore agricolo. Si tratta di:
· una proposta di regolamento (COM(2004)489, procedura di consultazione) relativa al finanziamento della politica agricola comune, che istituisce il Fondo europeo agricolo di garanzia(FEAGA) e il Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASER);
· una proposta di regolamento (COM(2004)490, procedura di consultazione) relativa al sostegno allo sviluppo rurale da parte del Fondo europeo agricolo di sviluppo rurale (FEASER);
La base giuridica delle due proposte è costituita dall’art. 37 del Trattato CE e non più dalle disposizioni in materia di politica di coesione economica e sociale (artt. 158-162 del Trattato CE), sulle quali si fondava invece la disciplina del fondo strutturale per l’agricoltura (FEOGA), previsto nell’attuale programmazione 2000-2006.
I finanziamenti relativi al Fondo europeo agricolo di sviluppo rurale (FEASER) saranno organizzati seguendo quattro assi principali:
· il miglioramento della competitività dell’agricoltura e della silvicoltura;
· le misure relative all’ambiente e alla gestione del territorio agricolo (tra cui alcune misure per gli agricoltori delle zone di montagna);
· il miglioramento della qualità di vita e la diversificazione delle attività;
· l’asse LEADER, attorno al quale verranno attuati programmi relativi alle strategie di sviluppo locali dei gruppi di azione locale (GAL).
All’interno di ciascun asse, la proposta di regolamento sullo sviluppo rurale indica dettagliatamente le misure suscettibili di usufruire dei contributi del fondo.
Il Consiglio ha avviato una prima discussione sulle proposte di regolamento il 19 luglio 2004.
La Commissione auspica l’approvazione definitiva delle proposte relative agli strumenti finanziari per la politica agricola, nonché delle proposte relative alla politica di coesione, entro la fine del 2005, al fine di consentire agli Stati membri e alle regioni di avere il tempo sufficiente a preparare i nuovi programmi e la loro messa in opera entro l’inizio del 2007.
Si osserva che la clausola di copertura degli oneri andrebbe riferita al triennio 2005-2007.
QUADRO NORMATIVO
Per quanto riguarda la normativa comunitaria, si fa presente che i prodotti per i quali il provvedimento in esame prevede l’istituzione di due regimi di aiuto sono oggetto di disciplina nell’ambito di due organizzazioni comuni di mercato (OCM).
Per quanto concerne i seminativi (cereali, semi oleosi, piante proteiche), la normativa di riferimento è il regolamento 1251/1999 del Consiglio, del 17 maggio 1999, il quale, emanato nell’ambito di Agenda 2000, copre l’orizzonte temporale 2000-2006. Il regime di sostegno per il settore si regge su dei pagamenti per ettaro, annuali e differenziati su scala regionale.
Per ogni coltura viene fissato un
importo di base per tonnellata che, moltiplicato per la resa di produzione
della zona omogenea di appartenenza dell’azienda, determina l’ammontare
dell’aiuto ad ettaro. A regime, cioè a partire dalla campagna 2002/03, per
tutti i prodotti coperti dal regime l’importo di base sarà pari a 63 €/t. Solo
per le piante proteiche (pisello, fava, favetta, lupino dolce), per mantenere
la competitività con i cereali, è previsto, già a partire dalla campagna
2000/01, un premio supplementare di 9,5 €/t ad integrazione del pagamento di
base di 63 €/t. Rispetto al regime precedente, con la riforma di Agenda 2000 è
stata apportata una riduzione dell’aiuto del 7,6% (da 78,49 €/t a 72,5 €/t).
L’ammontare di base va moltiplicato per la resa di riferimento storica dei
cereali, che varia in base alla zona di produzione ed è comunque fissata dal
piano di regionalizzazione elaborato presso il Ministero delle Politiche
Agricole e Forestali (DD.MM. MiPAF 4.4.2000, 8.3.2001, 10.8.2001). Nel 2001,
con un aiuto di 72,5 €/t da moltiplicare per la “resa storica cereali”,
l’indennità compensativa è variata da un massimo di £. 1.170.901 ad un minimo
di £.
Per quanto concerne i foraggi essiccati, la normativa di riferimento è il regolamento 1786/2003 del Consiglio, del 29 settembre 2003, che prevede un regime di aiuto pari a 33 euro per tonnellata, entro un quantitativo massimo garantito complessivo di 4,9 milioni di tonnellate.
Per quanto attiene alla normativa nazionale, si segnala, innanzitutto, che l’articolo 2, comma 7, lett.c), della legge n.499/1999 ha previsto, nell’ambito del documento programmatico agroalimentare, l’attuazione di programmi interregionali in ambiti specifici, tra i quali figura un “Programma proteine vegetali”, al quale sono stati assegnati 8,779 milioni di euro nel 2002. Il Programma è tuttora in fase di attuazione a livello regionale[2].
Merita evidenziare, inoltre, che nel settore oggetto del provvedimento opera l’Istituto sperimentale per le colture foraggere di Lodi, quale struttura territoriale del Consiglio per la ricerca e la sperimentazione agraria.
Tra i compiti istituzionali dell’istituto rientrano lo svolgimento di studi e ricerche riguardanti il miglioramento delle foraggere coltivate in Italia, nonché la tecnica di coltivazione dei pascoli, dei prati-pascoli e degli erbai, secondo le esigenze poste dallo sviluppo della produzione zootecnica nel quadro dell’economia agricola nazionale.
Si ricorda che con il decreto legislativo 29 ottobre 1999, n.454, è stato disposto il riordino degli enti operanti nel settore della ricerca in agricoltura. Per effetto del riordino gli "Istituti di ricerca e sperimentazione agraria" (IRSA) sono stati trasformati in strutture territoriali operative dell'istituendo "Consiglio per la ricerca e sperimentazione agraria", ente nazionale di ricerca con competenza scientifica generale nel settore agricolo, agroindustriale, ittico e forestale. È stato rafforzato, inoltre, il principio della programmazione della ricerca, prevedendo che questa debba essere svolta secondo linee programmatiche: a tal fine, il Consiglio per la ricerca deve predisporre un piano triennale di attività con il quale vengono determinati gli obiettivi, le priorità e le risorse finanziarie ed umane a disposizione.
Per quanto interessa in questa sede, merita altresì evidenziare che il DL 11 gennaio 2001, n.1, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 marzo 2001, n.49, all’art.7-bis ha disposto l’assegnazione all’Istituto sperimentale per le colture foraggere di Lodi di un contributo straordinario di 2 miliardi di lire per assicurare lo sviluppo della ricerca scientifica e tecnologica relativa al sistema della produzione dei foraggi e delle materie prime di uso nell’alimentazione degli allevamenti animali ed al fine di incrementare le fonti di produzione di proteine vegetali impiegabili come materia prima nei mangimi zootecnici in alternativa alle farine proteiche di origine animale. Il contributo è finalizzato principalmente a rafforzare le attività che l’Istituto svolge per provvedere agli studi ed alle ricerche riguardanti il miglioramento delle foraggere coltivate in Italia, nonché la tecnica di coltivazione dei pascoli, dei prati e degli erbai anche secondo le esigenze poste dallo sviluppo della produzione zootecnica nel quadro della rinnovata politica agricola nazionale e comunitaria, rivolta a sistemi di produzione che rispettino l’ambiente, conservino le risorse naturali e le integrità aziendali e favoriscano la diffusione dei metodi dell’agricoltura biologica[3].
CAMERA DEI DEPUTATI
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N. 4740 _ |
PROPOSTA DI LEGGE
d'iniziativa dei deputati
PREDA, SEDIOLI, RAVA, ROSSIELLO, BORRELLI, FRANCI
Disposizioni per favorire la produzione di proteine vegetali
Presentata il 24 febbraio 2004
Onorevoli Colleghi! - La produzione di proteine vegetali in Italia ha un ruolo strategico per lo sviluppo di una agricoltura basata sulla qualità degli alimenti e sulla tutela dell'ambiente rurale; tale produzione deriva prevalentemente dalle farine di estrazione dei semi oleosi, dai foraggi essiccati o disidratati e dalla granella di piante proteiche (favino, pisello proteico).
La produzione di semi oleosi ha già subìto in Italia una contrazione del 50 per cento negli ultimi due anni, in conseguenza delle riforme introdotte da Agenda 2000, che aveva previsto l'allineamento dei pagamenti diretti a quelli dei cereali.
La recente riforma della Politica agricola comune (PAC) prevede la trasformazione di tutti i pagamenti diretti in un regime unico di pagamento e ciò genera una minore convenienza alla coltivazione dei semi oleosi e delle piante proteiche, che rischiano quindi una ulteriore riduzione della superficie investita.
La riforma del settore dei foraggi essiccati, prevista dal regolamento (CE) n. 1786/2003 del Consiglio, del 23 settembre 2003, comporta una riduzione dell'aiuto alla produzione di foraggi essiccati o disidratati; si tenga inoltre presente che i semi oleosi, le piante proteiche e i foraggi da destinare alla essiccazione o alla disidratazione rappresentano colture insostituibili nella rotazione delle zone non irrigue dell'Italia centro-meridionale e nella rotazione delle zone irrigue e non irrigue del nord Italia.
Il produttore agricolo rischia di non trovare alternative produttive nell'ambito delle colture da rinnovo e questa situazione può provocare gravi rischi di abbandono o di depauperamento dei terreni a causa della monocoltura di cereali, mentre la permanenza dei semi oleosi, delle piante proteiche e dei foraggi da destinare alla essiccazione o alla disidratazione ha una fondamentale finalità di mantenimento del reddito e di tutela ambientale, tramite lo sviluppo di rotazioni e il minore utilizzo di input chimici.
La strategia di approvvigionamento di proteine vegetali da parte del nostro Paese è attualmente basata sulle importazioni dal mercato mondiale di soia o della sua farina di estrazione, essendo tali produzioni deficitarie in Italia e questo presenta aspetti problematici soprattutto in riferimento agli organismi geneticamente modificati.
Uno degli obiettivi fondamentali della riforma della PAC è lo sviluppo di una agricoltura compatibile con la salvaguardia dell'ambiente.
È pertanto necessario incentivare soluzioni che permettano non solo di ridurre il deficit proteico del nostro Paese e dell'intera Unione europea, ma di aumentare le superfici coltivate migliorandone la capacità produttiva unitaria in termini di proteine, in coerenza con le linee guida dello sviluppo sostenibile, della tutela dell'ambiente e del territorio.
Con la presente proposta di legge si intendono supportare programmi di innovazione tecnologica, potenziamento strutturale, adeguamento degli impianti alle normative sanitarie comunitarie e di protezione dell'ambiente, di rafforzamento strutturale delle imprese, di ricerca e di sviluppo tesi al miglioramento qualitativo delle produzioni, nonché, ai sensi del regolamento (CE) n. 1257/1999 del Consiglio, del 17 maggio 1999, azioni tese al contenimento dei costi di produzione e all'incentivazione dell'utilizzo a fini energetici delle produzioni agricole, nei settori della essiccazione e della disidratazione dei foraggi verdi.
PROPOSTA DI LEGGE
Art. 1.
(Interventi per il rafforzamento e lo sviluppo delle imprese di produzione, trasformazione e commercializzazione nel settore delle proteine vegetali).
1. È istituito un regime di aiuti a favore delle imprese che operano nei settori della produzione di proteine vegetali, derivanti da semi oleosi, da piante proteiche e foraggi essiccati o disidratati, comprese le cooperative, le organizzazioni dei produttori e le industrie di trasformazione agroalimentare.
2. Il regime di aiuti di cui al comma 1 è definito, nei limiti delle autorizzazioni di spesa allo scopo recate da appositi provvedimenti legislativi, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, attraverso un programma predisposto dal Ministro delle politiche agricole e forestali, di intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano. Tale programma è diretto a favorire i settori della produzione di proteine vegetali e ad assicurare una partecipazione adeguata e duratura dei produttori agricoli ai vantaggi economici dell'iniziativa, anche attraverso contratti di filiera e accordi interprofessionali.
3. Il programma di cui al comma 2 è finalizzato:
a) all'innovazione tecnologica, al potenziamento strutturale e al miglioramento delle attività di trasformazione e di commercializzazione dei semi oleosi, delle piante proteiche e dei foraggi essiccati o disidratati, finalizzate all'ottenimento di proteine vegetali, anche attraverso l'acquisizione di impianti, di know how, di brevetti, di imprese e di reti commerciali;
b) all'adeguamento degli impianti alle normative comunitarie vigenti in materia sanitaria e di protezione dell'ambiente;
c) al rafforzamento strutturale delle imprese cooperative attraverso investimenti in conto capitale;
d) alla realizzazione, da parte di cooperative e di soggetti consortili e associativi, di progetti specifici che prevedono l'avviamento o l'estensione dell'attività di assistenza tecnico-economica, giuridica e commerciale di processi di certificazione della qualità;
e) alla realizzazione di attività di ricerca e sviluppo, svolte da imprese agroalimentari, per il miglioramento qualitativo delle produzioni nazionali. L'intensità dell'aiuto può prevedere fino al 100 per cento della copertura degli oneri sostenuti, calcolati al lordo, conformemente a quanto previsto dalla disciplina comunitaria per gli aiuti di Stato alla ricerca e allo sviluppo.
Art. 2.
(Disposizioni in materia di risparmio energetico e di contenimento dei costi).
1. Ai sensi del regolamento (CE) n. 1257/1999 del Consiglio, del 17 maggio 1999, è istituito un regime di aiuti a favore delle aziende agricole e di trasformazione e commercializzazione dei prodotti agricoli per favorire il contenimento dei costi di produzione energetici e l'incentivazione dell'utilizzo a fini energetici delle produzioni agricole, nei settori della essiccazione e della disidratazione dei foraggi verdi.
2. Il regime di aiuti di cui al comma 1 è definito entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge attraverso un programma predisposto dal Ministro delle politiche agricole e forestali, di intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano.
Art. 3.
(Copertura finanziaria).
1. All'onere derivante dall'attuazione dell'articolo 1, pari a 20 milioni di euro annui per il triennio 2004-2006, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2004-2006, nell'ambito dell'unità previsionale di base di conto capitale «Fondo speciale» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2004, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al medesimo Ministero.
2. All'onere derivante dall'attuazione dell' articolo 2, pari a 10 milioni di euro annui per il triennio 2004-2006, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2004-2006, nell'ambito dell'unità previsionale di base di parte corrente «Fondo speciale» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2004, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero delle politiche agricoli e forestali.
3. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.
Ordine del Giorno 9/4489/39
presentato da ALDO PREDA, mercoledì 17 dicembre 2003 nella seduta n. 403
La Camera,
premesso che:
la strategia di approvvigionamento di proteine vegetali da parte del nostro paese è attualmente basata sulle importazioni dal mercato mondiale di soia o della sua farina di estrazione, essendo tali produzioni deficitarie in Italia;
tale situazione presenta aspetti problematici soprattutto in riferimento agli organismi geneticamente modificati (OGM);
la forte dipendenza di proteine vegetali dai paesi terzi pone una serie di problemi anche legati alla sicurezza alimentare ed al rapporto con i consumatori;
è necessario incentivare soluzioni che permettano non solo di ridurre il deficit proteico del nostro paese e dell'intera Unione europea, ma dì aumentare le superficie coltivate, migliorandone la capacità produttiva unitaria in termini di proteine, in coerenza con le linee guida della sviluppo sostenibile e della tutela dell'ambiente e del territorio;
impegna il Governo:
a) a predisporre un piano che verifichi il fabbisogno di proteine vegetali, che valorizzi e recuperi ogni fonte di proteine vegetali, che incentivi le colture, che favorisca la ricerca;
b) ad adottare iniziative presso la Commissione europea perché siano riviste le quote di riferimento, basate sugli anni precedenti;
c) a considerare il problema delle proteine vegetali, essenziale per le linee di intervento su qualità e tracciabilità.
9/4489/39. Preda, Rava, Sedioli, Franci, Rossiello, Borrelli, Sandi.
XIV Legislatura
Resoconto stenografico dell’Assemblea
Allegato A
Seduta n. 527 del 13/10/2004
Trasmissione dal ministro delle politiche agricole e forestali.
Il ministro delle politiche agricole e forestali, con lettera dell'11 ottobre 2004, ha trasmesso una nota relativa all'attuazione data all'ordine del giorno in Assemblea PREDA ed altri n. 9/4489139, accolto come raccomandazione dal Governo nella seduta dell'Assemblea del 17 dicembre 2003, concernente misure relative alle proteine vegetali.
La suddetta nota è a disposizione degli onorevoli deputati presso il Servizio per il Controllo parlamentare ed è trasmessa alla XIII Commissione (Agricoltura), competente per materia.
Roma 11 ottobre 2004
GABINETTO DEL MINISTRO
UFFICIO LEGISLATIVO
Prot. N. 549
Alla Presidenza del Consiglio dei ministri Dipartimento per i Rapporti con il -Parlamento
Ufficio III
ROMA,
Ep.c. Al Servizio per il Controllo Parlamentare Camera dei Deputati
(rif. Nota AZC/8/70 del 21.09.2004) Palazzo San Macuto
ROMA
OGGETTO: Ordine del Giorno relativo al provvedimento n. 4489-Legge finanziaria 2004 - 9/4489/39 On.Preda.
Con riferimento all' Ordine del Giorno in oggetto, si partecipa, per la parte di competenza, che in data 26 novembre 2003, la Conferenza Stato-regioni ha approvato le proposte relative ai Programmi Interregionali.
Nell'ambito dei predetti programmi è compreso il Programma "Proteine vegetali", per la cui attuazione sono stati stanziati € 8.799.768, ripartiti tra Regioni e Province Autonome.
Inoltre, nell'ambito del Programma "Innovazione e ricerca" sono stati destinati € 1.400.000 per l'attuazione di azioni di innovazione e ricerca a supporto del programma proteine vegetali.
Il Programma "Proteine vegetali", in particolare, individua interventi volti ad incrementare la produzione di proteine vegetali in grado di soddisfare, almeno in parte, la domanda globale interna, nonché offrire al consumatore la scelta di prodotti alimentari ottenuti attraverso un percorso tracciato e certificato, che garantisca l'assenza di OGM.
A ciò si aggiunga che il Programma mira ad incrementare il livello di competitività dell'intera filiera foraggero-zootecnica, qualificandola in tutte le diverse fasi della produzione e della trasformazione.
IL CAPO DELL' UFFICIO LEGISLATIVO
CAMERA DEI DEPUTATI
ARRIVO 12 Ottobre 2004
Prot: 2004/0029586/GEN/CP
La Camera,
premesso che:
la strategia di approvvigionamento di proteine vegetali da parte del nostro paese è attualmente basata sulle importazioni dal mercato mondiale di soia o della sua farina di estrazione, essendo tali produzioni deficitarie in Italia;
tale situazione presenta aspetti problematici soprattutto in riferimento agli organismi geneticamente modificati (OGM);
la forte dipendenza di proteine vegetali dai paesi terzi pone una serie di problemi anche legati alla sicurezza alimentare ed al rapporto con i consumatori;
è necessario incentivare soluzioni che permettano non solo di ridurre il deficit proteico del nostro paese e dell'intera Unione europea, ma di aumentare le superficie coltivate, migliorandone la capacità produttiva unitaria in termini di proteine, in coerenza con le linee guida della sviluppo sostenibile e della tutela dell'ambiente e del territorio;
impegna il Governo:
a) a predisporre un piano che verifichi il fabbisogno di proteine vegetali, che valorizzi e recuperi ogni fonte di proteine vegetali, che incentivi le colture, che favorisca la ricerca;
b) ad adottare iniziative presso la Commissione europea perché siano riviste le quote di riferimento, basate sugli anni precedenti;
c) a considerare il problema delle proteine vegetali, essenziale per le linee dì intervento su qualità e tracciabilità.
9/4489/39. Preda, Rava, Sedioli, Franci, Rossiello, Borrelli, Sandi.
Accolto come raccomandazione del Governo il 17 dicembre 2003
Interrogazione a risposta in Commissione 5-01399
presentata da LINO RAVA giovedì 7 novembre 2002 nella seduta n.219
RAVA, ROSSIELLO, PREDA e SEDIOLI. - Al Ministro delle politiche agricole e forestali. - Per sapere - premesso che:
con il diffondersi della BSE ed il conseguente divieto di utilizzazione delle farine animali nell'alimentazione zootecnica si è resa indisponibile un'importante fonte di proteine indispensabile per la crescita animale;
il decreto-legge 11 gennaio 2001, n. 1, all'articolo 7-ter comma 6, prevede lo stanziamento di 2 miliardi di lire per uno studio finalizzato a promuovere la produzione di proteine vegetali che possono sostituire nell'alimentazione animale quelle provenienti dalle farine;
la legge finanziaria del 2002 all'articolo 66, invece ha destinato il finanziamento previsto dal decreto-legge 11 gennaio 2001, n. 1, alla emergenza della blue tongue -:
se ci sia un piano per la produzione di proteine vegetali, quali finanziamenti siano ad esso destinati ed in quale arco di tempo si intenda renderlo operativo;
a che punto sia l'attuazione della legge 18 giugno 2002, n. 118, in particolare per quanto riguarda il quantitativo di farine animali stoccate;
quale sia il costo comportato dalla legge medesima e, più in generale, quale sia il costo complessivo finora sostenuto per la raccolta, lo stoccaggio e la destinazione delle farine;
quale sia la potenzialità degli impianti utilizzati per distruggere le farine e a quanto ammonti la quantità di farine finora distrutte;
se non intenda provvedere alla stesura, concertata tra il Ministero per le risorse agricole e forestali ed il Ministero della salute, dello statuto riguardante le attività relative alle farine animali, indispensabile dato che dal 31 ottobre 2002 sono cessati i contributi previsti dalla legge richiamata.(5-01399)
XIII Commissione - Resoconto di martedì 18 febbraio 2003
INTERROGAZIONI
Martedì 18 febbraio 2003. - Presidenza del presidente Giacomo de GHISLANZONI CARDOLI. - Intervengono i sottosegretari di Stato per le politiche agricole e forestali Teresio Delfino, per la salute Antonio Guidi e per le politiche agricole e forestali Gianpaolo Dozzo.
(omissis)
5-01399 Rava: Sulle conseguenze del divieto di utilizzazione delle farine animali.
Il sottosegretario Gianpaolo DOZZO risponde all'interrogazione in titolo nei termini riportati in allegato (vedi allegato 4).
Aldo PREDA (DS-U), replicando, si dichiara parzialmente soddisfatto della risposta del rappresentante del Governo, riservandosi di effettuare un riscontro tra i dati testé forniti e quelli resi noti alla Commissione nella giornata odierna, in sede di audizione, dal commissario straordinario per l'emergenza BSE.
Segnala altresì l'esigenza di acquisire ulteriori elementi conoscitivi, eventualmente anche attraverso lo svolgimento di un'audizione, in ordine al piano per la produzione di proteine vegetali.
Giacomo de GHISLANZONI CARDOLI, presidente, dichiara concluso lo svolgimento delle interrogazioni all'ordine del giorno.
La seduta termina alle 15.45.
(omissis)
Interrogazione 5-01399 Rava: Sulle conseguenze del divieto di utilizzazione delle farine animali.
TESTO DELLA RISPOSTA
Per quanto riguarda la produzione di proteine vegetali l'Amministrazione, in ambito comunitario, si è fatta promotrice di proposte concrete volte ad incentivare la coltura di piante ad alto tenore proteico.
Tra le iniziative si ricorda, innanzi tutto, la lettera del Ministro Alemanno al Commissario Fischler (25 settembre 2001) nella quale tra le altre misure di sostegno dei semi oleosi propone questi ultimi, proprio per il loro elevato tasso proteico, come sostituti delle farine di carne nella preparazione degli alimenti per animali.
La Delegazione italiana, inoltre, insieme con quella belga, francese, austriaca, spagnola e portoghese ha presentato al Consiglio dell'Unione europea un memorandum su un «piano proteine»; su tale memorandum, però, le altre delegazioni si sono espresse sfavorevolmente.
Infine, nell'ambito dei programmi interregionali si segnala una proposta di piano concernente «Misure ed interventi per aumentare l'autoapprovvigionamento di proteine vegetali»;
In merito all'attuazione della legge n. 49 del 2001, e della legge n. 118 del 2002, si riporta di seguito quanto comunicato dall'Agea in data 6 febbraio 2003:
1) l'AGEA, in attuazione della legge 9 marzo 2001 n. 49, articolo 2, nell'anno 2001, ha complessivamente ritirato e stoccato in propri depositi tonn. 347.488 di farine a basso rischio. L'Agea ha sottoscritto appositi protocolli d'intesa con l'Enel e l'Endesa finalizzati a minimizzare gli oneri conseguenti allo smaltimento del predetto materiale. Alla data odierna, sono state smaltite circa tonn. 300 delle farine a basso rischio anzidette, mentre i restanti quantitativi sono tuttora stoccati nei depositi Agea.
2) La legge 18 giugno 2002 n. 118 prevede per l'anno 2002 il riconoscimento di contributi forfetari per tonnellata di materiale distrutto, contributi che sono a copertura di tutte le attività connesse (raccolta, trasporto, trasformazione, stoccaggio e distruzione); la pratica si attiva con la presentazione di una «denuncia di distruzione», che riporta la quantità di materiale che il richiedente prevede di avviare alla distruzione in un determinato periodo e si completa con la presentazione di una «richiesta di corresponsione del contributo» (domanda di liquidazione) corredata dalla documentazione attestante l'effettivo quantitativo distrutto.
3) Al 31 gennaio 2003, risultano pervenute «richieste di corresponsione contributo» concernenti i seguenti quantitativi effettivamente distrutti:
Tal quale e farine ad alto rischio e rischio specifico ton. 168.200;
Farine a basso rischio ton. 81.600.
4) È bene sottolineare che non è previsto alcun termine per la presentazione delle «richieste di corresponsione contributo» in argomento e, pertanto, queste continuano tuttora ad arrivare.
5) Raffronto tra le due leggi «BSE» - (al momento):
1) Legge n. 49 del 2001 (periodo di riferimento di produzione del materiale a basso ed alto rischio: dal 1 gennaio 2001 al 31 dicembre 2001):
1.a) Tal quale e farine ad alto rischio tonn. 194.000 e rischio specifico distrutto;
1.b) Farine a basso rischio acquistate tonn. 347.488 e ammassate.
2) Legge n. 118 del 2002 (periodi di riferimento di produzione del materiale a basso ed alto rischio: dai 1 gennaio 2002 al 31 ottobre 2002):
2.a) Tal quale e farine ad alto rischio tonn. 168.200 e rischio specifico distrutto;
2.b) Farine a basso rischio distrutte tonn. 81.600.
Costituzione della Repubblica (art. 117)
(omissis)
Articolo 117. La potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto della Costituzione, nonché dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali.
Lo Stato ha legislazione esclusiva nelle seguenti materie:
a) politica estera e rapporti internazionali dello Stato; rapporti dello Stato con l'Unione europea; diritto di asilo e condizione giuridica dei cittadini di Stati non appartenenti all'Unione europea;
b) immigrazione;
c) rapporti tra la Repubblica e le confessioni religiose;
d) difesa e Forze armate; sicurezza dello Stato; armi, munizioni ed esplosivi;
e) moneta, tutela del risparmio e mercati finanziari; tutela della concorrenza; sistema valutario; sistema tributario e contabile dello Stato; perequazione delle risorse finanziarie;
f) organi dello Stato e relative leggi elettorali; referendum statali; elezione del Parlamento europeo;
g) ordinamento e organizzazione amministrativa dello Stato e degli enti pubblici nazionali;
h) ordine pubblico e sicurezza, ad esclusione della polizia amministrativa locale;
i) cittadinanza, stato civile e anagrafi;
l) giurisdizione e norme processuali; ordinamento civile e penale; giustizia amministrativa;
m) determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale;
n) norme generali sull'istruzione;
o) previdenza sociale;
p) legislazione elettorale, organi di governo e funzioni fondamentali di Comuni, Province e Città metropolitane;
q) dogane, protezione dei confini nazionali e profilassi internazionale;
r) pesi, misure e determinazione del tempo; coordinamento informativo statistico e informatico dei dati dell'amministrazione statale, regionale e locale; opere dell'ingegno;
s) tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali.
Sono materie di legislazione concorrente quelle relative a: rapporti internazionali e con l'Unione europea delle Regioni; commercio con l'estero; tutela e sicurezza del lavoro; istruzione, salva l'autonomia delle istituzioni scolastiche e con esclusione della istruzione e della formazione professionale; professioni; ricerca scientifica e tecnologica e sostegno all'innovazione per i settori produttivi; tutela della salute; alimentazione; ordinamento sportivo; protezione civile; governo del territorio; porti e aeroporti civili; grandi reti di trasporto e di navigazione; ordinamento della comunicazione; produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia; previdenza complementare e integrativa; armonizzazione dei bilanci pubblici e coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario; valorizzazione dei beni culturali e ambientali e promozione e organizzazione di attività culturali; casse di risparmio, casse rurali, aziende di credito a carattere regionale; enti di credito fondiario e agrario a carattere regionale. Nelle materie di legislazione concorrente spetta alle Regioni la potestà legislativa, salvo che per la determinazione dei princìpi fondamentali, riservata alla legislazione dello Stato.
Spetta alle Regioni la potestà legislativa in riferimento ad ogni materia non espressamente riservata alla legislazione dello Stato.
Le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, nelle materie di loro competenza, partecipano alle decisioni dirette alla formazione degli atti normativi comunitari e provvedono all'attuazione e all'esecuzione degli accordi internazionali e degli atti dell'Unione europea, nel rispetto delle norme di procedura stabilite da legge dello Stato, che disciplina le modalità di esercizio del potere sostitutivo in caso di inadempienza.
La potestà regolamentare spetta allo Stato nelle materie di legislazione esclusiva, salva delega alle Regioni. La potestà regolamentare spetta alle Regioni in ogni altra materia. I Comuni, le Province e le Città metropolitane hanno potestà regolamentare in ordine alla disciplina dell'organizzazione e dello svolgimento delle funzioni loro attribuite.
Le leggi regionali rimuovono ogni ostacolo che impedisce la piena parità degli uomini e delle donne nella vita sociale, culturale ed economica e promuovono la parità di accesso tra donne e uomini alle cariche elettive.
La legge regionale ratifica le intese della Regione con altre Regioni per il migliore esercizio delle proprie funzioni, anche con individuazione di organi comuni.
Nelle materie di sua competenza la Regione può concludere accordi con Stati e intese con enti territoriali interni ad altro Stato, nei casi e con le forme disciplinati da leggi dello Stato (1).
(omissis)
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(1) Articolo così sostituito dall'art. 3, L.Cost. 18 ottobre 2001, n. 3. Per l'attuazione delle norme contenute nel presente articolo vedi la L. 5 giugno 2003, n. 131. Il testo precedentemente in vigore era il seguente: «117. La Regione emana per le seguenti materie norme legislative nei limiti dei principi fondamentali stabiliti dalle leggi dello Stato, sempreché le norme stesse non siano in contrasto con l'interesse nazionale e con quello di altre Regioni: ordinamento degli uffici e degli enti amministrativi dipendenti dalla Regione; circoscrizioni comunali; polizia locale urbana e rurale; fiere e mercati; beneficenza pubblica ed assistenza sanitaria ed ospedaliera; istruzione artigiana e professionale e assistenza scolastica; musei e biblioteche di enti locali; urbanistica; turismo ed industria alberghiera; tramvie e linee automobilistiche di interesse regionale; viabilità, acquedotti e lavori pubblici di interesse regionale; navigazione e porti lacuali; acque minerali e termali; cave e torbiere; caccia; pesca nelle acque interne; agricoltura e foreste; artigianato. Altre materie indicate da leggi costituzionali. Le leggi della Repubblica possono demandare alla Regione il potere di emanare norme per la loro attuazione».
D.Lgs.
13 aprile 1999, n. 123
Attuazione
della direttiva 95/69/CE che fissa le condizioni e le modalità per il
riconoscimento e la registrazione di taluni stabilimenti ed intermediari
operanti nel settore dell'alimentazione degli animali
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(1) Pubblicato nella Gazz. Uff. 7 maggio 1999, n. 105.
(1/a) Vedi, anche, gli articoli da 15 a 18, D.P.R. 2 novembre 2001, n. 433.
IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
Visti gli articoli 76 e 87 della Costituzione;
Vista la legge 24 aprile 1998, n. 128;
Vista la direttiva 95/69/CE del Consiglio, del 22 dicembre 1995, che fissa le condizioni e le modalità per il riconoscimento e la registrazione di taluni stabilimenti e intermediari operanti nel settore dell'alimentazione degli animali e che modifica le direttive 70/524/CEE, 74/63/CEE, 79/373/CEE e 82/471/CEE;
Visto l'allegato alla direttiva 98/51/CE che stabilisce un modello per il registro degli stabilimenti e degli intermediari riconosciuti e un modello per l'elenco degli stabilimenti e degli intermediari registrati ai sensi della direttiva 95/69/CE;
Sentita la conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano;
Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 9 aprile 1999;
Sulla proposta del Ministro per le politiche comunitarie e del Ministro della sanità, di concerto con i Ministri degli affari esteri, di grazia e giustizia, del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, del Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato, per le politiche agricole e per gli affari regionali;
Emana il seguente decreto legislativo:
1. Campo di applicazione e definizioni.
1. Il presente decreto fissa i requisiti e le modalità applicabili alle categorie di stabilimenti e di intermediari operanti nel settore dell'alimentazione degli animali ai fini dell'esercizio delle attività elencate, rispettivamente, negli articoli 2 e 7 nonché negli articoli 3 e 8.
2. Il presente decreto si applica fatte salve le disposizioni concernenti l'organizzazione dei controlli ufficiali nel settore dell'alimentazione degli animali.
3. Ai fini del presente decreto si intende per:
a) «immissione in commercio»: la detenzione o l'offerta a terzi ai fini della vendita nonché qualsiasi forma di trasferimento, a titolo gratuito o oneroso, degli additivi, delle premiscele preparate a partire da additivi, degli alimenti composti e dei prodotti di cui al capitolo I.1.a) dell'allegato I;
b) «stabilimento»: qualsiasi unità di produzione o di fabbricazione di additivi, di premiscele preparate a partire da additivi, di alimenti composti e dei prodotti di cui al capitolo I.1.a) dell'allegato I;
c) «intermediario»: qualsiasi persona diversa dal fabbricante o da colui che procede alla fabbricazione di alimenti composti esclusivamente per le necessità del bestiame che alleva, che detiene additivi, premiscele preparate a partire da additivi o i prodotti di cui al capitolo I.1.a) dell'allegato I, in una fase intermedia tra la produzione e l'impiego.
4. Oltre alle definizioni di cui al comma 3 si applicano, ove occorra, quelle previste dalla normativa relativa al settore dell'alimentazione degli animali.
2. Riconoscimento degli stabilimenti.
1. Chi intende esercitare una o più attività di cui al comma 2 deve ottenere, per ciascuna attività, il riconoscimento dello stabilimento.
2. Ai fini del riconoscimento di cui al comma 1 gli stabilimenti:
a) di fabbricazione, per l'immissione in commercio, degli additivi o dei prodotti di cui al capitolo I.1.a) dell'allegato I, devono essere in possesso dei requisiti minimi indicati nel capitolo I.1.b) dell'allegato I;
b) di fabbricazione, per l'immissione in commercio, di premiscele preparate a partire da additivi di cui al capitolo I.2.a) dell'allegato I, devono essere in possesso dei requisiti minimi indicati nel capitolo I.2.b) dell'allegato I;
c) di fabbricazione, per l'immissione in commercio, di alimenti composti contenenti premiscele con gli additivi di cui al capitolo I.3.a) dell'allegato I, devono essere in possesso dei requisiti minimi indicati nel capitolo I.3.b) dell'allegato I;
d) di fabbricazione, per l'immissione in commercio, di alimenti composti ottenuti dalle materie prime di cui all'articolo 3, comma 5, del decreto 11 maggio 1998, n. 241 (2) del Ministro della sanità, contenenti elevati tenori di sostanze o di prodotti indesiderabili di cui al decreto citato in misura superiore ai limiti massimi consentiti, devono essere in possesso dei requisiti minimi indicati nel capitolo I.4 dell'allegato I;
e) di fabbricazione, esclusivamente per le necessità del bestiame ivi allevato, di alimenti composti contenenti premiscele con gli additivi di cui al capitolo I.3 a) dell'allegato I, devono essere in possesso dei requisiti minimi indicati nel capitolo I.3 b) dell'allegato I, ad eccezione del punto 7;
f) di fabbricazione, esclusivamente per le necessità del bestiame ivi allevato, di alimenti composti con le materie prime di cui all'articolo 3, comma 5, del decreto 11 maggio 1998, n. 241 del Ministro della sanità, contenenti le sostanze o prodotti indesiderabili di cui al decreto citato in misura superiore ai limiti massimi consentiti, devono essere in possesso dei requisiti minimi indicati nel capitolo I.4 dell'allegato I, ad eccezione del punto 7.
3. Il riconoscimento di cui al comma 1 è revocato in caso di cessazione dell'attività o qualora lo stabilimento non possegga più i requisiti richiesti per l'esercizio di tale attività e le misure per ripristinarli non vengano adottate entro il termine stabilito dall'autorità competente.
4. Il riconoscimento di cui al comma 1 è modificato qualora venga dimostrato che lo stabilimento abbia la capacità di svolgere attività aggiuntive o sostitutive rispetto a quelle per le quali è stato ottenuto il riconoscimento.
5. Ogni variazione che riguardi modifiche da apportare al provvedimento di riconoscimento di cui al comma 1 deve essere comunicata, entro trenta giorni dalla intervenuta variazione, alla competente autorità che ha rilasciato tale provvedimento.
6. Chi produce additivi o premiscele deve avvalersi, al fine di ottenere il riconoscimento di cui al comma 1, di un dipendente che presti la sua opera in maniera continuativa, laureato, e iscritto al relativo albo, in farmacia o in scienze agrarie o in chimica o in chimica industriale o in scienze biologiche o in medicina veterinaria o in scienza delle produzioni animali o in scienza delle preparazioni alimentari.
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(2) Riportato al n. D/LXXII.
3. Riconoscimento degli intermediari.
1. Gli intermediari che immettono in commercio gli additivi e i prodotti di cui al capitolo I.1.a) dell'allegato I o le premiscele di additivi di cui al capitolo I.2.a) dell'allegato I devono essere riconosciuti.
2. Ai fini del riconoscimento di cui al comma 1, gli intermediari devono essere in possesso, secondo l'oggetto dell'attività, dei requisiti di cui al punto 7 del capitolo I.1.b) o al punto 7 del capitolo I.2.b) dell'allegato I.
3. Il riconoscimento di cui al comma 1 è revocato in caso di cessazione dell'attività o qualora l'intermediario non possegga più i requisiti richiesti per l'esercizio di tale attività e non li ripristini entro il termine stabilito dall'autorità competente.
4. Il riconoscimento di cui al comma 1 è modificato qualora l'intermediario dimostri di avere la capacità di dedicarsi ad attività aggiuntive o sostitutive rispetto a quelle per le quali ha ottenuto il riconoscimento.
5. Ogni variazione che riguardi modifiche da apportare al provvedimento di riconoscimento di cui al comma l deve essere comunicata, entro trenta giorni dalla intervenuta variazione, alla competente autorità che ha rilasciato tale provvedimento.
4. Procedura per il riconoscimento degli stabilimenti e degli intermediari.
1. La domanda per ottenere il riconoscimento degli stabilimenti di cui all'articolo 2, comma 2, lettera a), deve essere presentata al Ministero della sanità (2/a).
2. Il Ministero della sanità, entro sei mesi dal ricevimento della domanda di cui al comma 1, assegna un numero di riconoscimento, conformemente a quanto previsto al capitolo II dell'allegato II, dopo aver verificato, mediante sopralluogo, che gli stabilimenti di cui al comma 1 siano in possesso dei requisiti fissati dal presente decreto.
3. La domanda per ottenere il riconoscimento di cui all'articolo 2, comma 2, lettere b), c), d), e) ed f) e di cui all'articolo 3 deve essere presentata alla regione o alla provincia autonoma competente per territorio.
4. La regione o la provincia autonoma, entro sei mesi dal ricevimento della domanda di cui al comma 3, assegna un numero di riconoscimento, conformemente a quanto previsto al capitolo II dell'allegato II, dopo aver verificato, mediante sopralluogo, che gli stabilimenti e gli intermediari siano in possesso dei requisiti fissati dal presente decreto.
5. Per gli stabilimenti che alla data di entrata in vigore del presente decreto, esercitano in base alla normativa previgente l'attività di cui all'articolo 2, comma 2, lettera a), deve essere presentata domanda di riconoscimento ai sensi del comma 1, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto; tale attività può continuare finché non sia intervenuta decisione sulla domanda di riconoscimento (2/b).
6. Il Ministero della sanità, entro il 1° aprile 2001, assegna un numero di riconoscimento, conformemente a quanto previsto al capitolo II dell'allegato II, agli stabilimenti; di cui al comma 5, dopo aver verificato, mediante sopralluogo, che lo stabilimento sia in possesso dei requisiti fissati dal presente decreto.
7. Per gli stabilimenti che alla data di entrata in vigore del presente decreto esercitano in base alla normativa previgente le attività di cui all'articolo 2, comma 2, lettere b), c), d), e) ed f), deve essere presentata domanda di riconoscimento ai sensi del comma 3, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto; tali attività possono continuare finché non sia intervenuta decisione sulla domanda di riconoscimento.
8. Gli intermediari che alla data di entrata in vigore del presente decreto esercitano in base alla normativa previgente le attività di cui all'articolo 3, comma 1, devono presentare domanda di riconoscimento ai sensi del comma 3 entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto; tali attività possono continuare finché non sia intervenuta decisione sulla domanda di riconoscimento.
9. La regione o la provincia autonoma, entro il 1° aprile 2001, assegna un numero di riconoscimento, conformemente a quanto previsto al capitolo II dell'allegato II, agli stabilimenti e agli intermediari che hanno presentato la domanda di cui ai commi 7 e 8, dopo aver verificato, mediante sopralluogo, che gli stessi siano in possesso dei requisiti fissati dal presente decreto.
10. In deroga ai commi 4 e 9, nel caso di intermediari che esercitano esclusivamente un'attività di rivendita senza mai disporre del prodotto nei propri impianti, la regione o la provincia autonoma può disporre che non si proceda al sopralluogo per verificare il rispetto dei requisiti di cui al punto 7 del capitolo I.1.b) o al punto 7 del capitolo 1.2.b) dell'allegato I, purché tali intermediari presentino una dichiarazione attestante il possesso dei requisiti di cui al punto 6.2 dello stesso allegato I.
11. Il Ministero della sanità procede periodicamente alla verifica della uniformità delle procedure ispettive e dei criteri di valutazione adottati dagli organi degli enti territoriali ai fini del riconoscimento degli stabilimenti e degli intermediari di cui ai commi 3, 7 e 8.
12. Le spese per il riconoscimento degli stabilimenti di cui ai commi 1 e 5, nonché quelle per il riconoscimento degli stabilimenti e degli intermediari di cui ai commi 3, 7 e 8 sono a carico dei richiedenti sulla base del costo del servizio reso da calcolare secondo le voci di spesa indicate nell'allegato III, fermo restando che nella valutazione dei singoli casi si può ricorrere all'applicazione d'importi forfettari, purché congruamente motivati (3).
12-bis. Le regioni e province autonome redigono una relazione, nella quale precisano le tariffe riscosse ai sensi del comma 12 ed il metodo applicato per calcolarle sulla base delle voci di spesa indicate nell'allegato III, fermo restando che nella valutazione del singoli casi si può ricorrere all'applicazione d'importi forfettari, purché congruamente motivati. La predetta relazione è trasmessa al Ministero della sanità entro il 14 ottobre 2000 (3/a).
12-ter. Il Ministero della sanità, raccolti tutti i dati relativi alle tariffe riscosse ai sensi del comma 12 ed ai metodi applicati per il loro calcolo, li trasmette alla Commissione europea entro il 14 dicembre 2000 (3/b).
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(2/a) L'art. 3, D.Lgs. 21 maggio 2000, n. 172 (Gazz. Uff. 27 giugno 2000, n. 148) entrato in vigore il giorno della sua pubblicazione, ha disposto che le tariffe per il riconoscimento degli stabilimenti di cui all'articolo 4, commi 1 e 5, del presente decreto, e le relative modalità di versamento, sono fissate con decreto del Ministro della sanità, di concerto con il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, da adottare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore dello stesso decreto n. 172/2000.
(2/b) L'art. 3, D.Lgs. 21 maggio 2000, n. 172 (Gazz. Uff. 27 giugno 2000, n. 148) entrato in vigore il giorno della sua pubblicazione, ha disposto che le tariffe per il riconoscimento degli stabilimenti di cui all'articolo 4, commi 1 e 5, del presente decreto, e le relative modalità di versamento, sono fissate con decreto del Ministro della sanità, di concerto con il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, da adottare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore dello stesso decreto n. 172/2000.
(3) Comma così sostituito dall'art. 1, D.Lgs. 21 maggio 2000, n. 172 (Gazz. Uff. 27 giugno 2000, n. 148) entrato in vigore il giorno della sua pubblicazione.
(3/a) Comma aggiunto dall'art. 1, D.Lgs. 21 maggio 2000, n. 172 (Gazz. Uff. 27 giugno 2000, n. 148) entrato in vigore il giorno della sua pubblicazione.
(3/b) Comma aggiunto dall'art. 1, D.Lgs. 21 maggio 2000, n. 172 (Gazz. Uff. 27 giugno 2000, n. 148) entrato in vigore il giorno della sua pubblicazione.
5. Registro degli stabilimenti e degli intermediari riconosciuti.
1. Il Ministero della sanità iscrive in un registro, conforme al modello di cui al punto I.1, capitolo I, dell'allegato II, gli stabilimenti riconosciuti ai sensi dell'articolo 2, comma 2, lettera a).
2. Le regioni e le province autonome trasmettono al Ministero della sanità:
a) entro il 30 settembre 2001, copia del registro, conforme al modello di cui al punto I.1, capitolo I, dell'allegato II, dove sono indicati, per ciascuna attività, gli stabilimenti riconosciuti ai sensi dell'articolo 2, comma 2, lettere b), c), d), e), ed f) e gli intermediari riconosciuti ai sensi dell'articolo 3; successivamente, entro il 30 settembre di ogni anno, l'elenco delle modifiche apportate nel corso dell'anno al predetto registro;
b) ogni cinque anni, l'elenco aggiornato degli stabilimenti e degli intermediari riconosciuti;
b-bis) entro il 30 settembre di ogni anno l'elenco degli stabilimenti di cui all'articolo 2, comma 2, lettere b), c), d), e) ed f), e degli intermediari di cui all'articolo 3 sulle cui domande di riconoscimento le regioni e le province autonome non hanno ancora adottato provvedimenti (3/c).
3. I registri di cui ai commi 1 e 2 sono aggiornati in relazione ai provvedimenti di revoca o di modifica dei riconoscimenti.
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(3/c) Lettera aggiunta dall'art. 1, D.Lgs. 21 maggio 2000, n. 173 (Gazz. Uff. 27 giugno 2000, n. 148) entrato in vigore il giorno della sua pubblicazione.
6. Pubblicazione e comunicazioni.
1. Il Ministero della sanità cura la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana:
a) entro il 30 novembre 2001, degli elenchi nazionali degli stabilimenti e degli intermediari riconosciuti e, successivamente, entro il 30 novembre di ogni anno, degli elenchi delle modifiche apportate nel corso dell'anno;
b) ogni cinque anni, degli elenchi aggiornati degli stabilimenti e degli intermediari riconosciuti.
2. Entro il 31 dicembre di ogni anno il Ministero della sanità comunica alla Commissione europea gli elenchi di cui al comma 1, lettera a).
3. Entro il 31 dicembre di ogni anno il Ministero della sanità comunica agli altri Stati membri gli elenchi degli stabilimenti di cui all'articolo 2, comma 2, lettere a) e b), degli intermediari di cui all'articolo 3, nonché l'elenco dei corrispondenti stabilimenti ed intermediari di cui all'articolo 4, commi 5, 7 e 8, sulle cui domande di riconoscimento le autorità competenti non hanno ancora adottato provvedimenti (3/d).
4. Il Ministero della sanità comunica agli altri Stati membri, su loro richiesta, gli elenchi degli stabilimenti di cui all'articolo 2, comma 2, lettere c), d), e) ed f), nonché l'elenco dei corrispondenti stabilimenti di cui all'articolo 4, comma 7, sulle cui domande di riconoscimento le regioni e le province autonome non hanno ancora adottato provvedimenti (3/e).
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(3/d) Comma così sostituito dall'art. 2, D.Lgs. 21 maggio 2000, n. 173 (Gazz. Uff. 27 giugno 2000, n. 148) entrato in vigore il giorno della sua pubblicazione.
(3/e) Comma così sostituito dall'art. 2, D.Lgs. 21 maggio 2000, n. 173 (Gazz. Uff. 27 giugno 2000, n. 148) entrato in vigore il giorno della sua pubblicazione.
7. Registrazione degli stabilimenti.
1. Chi intende esercitare una o più attività di cui al comma 2 deve ottenere, per ciascuna attività, la registrazione dello stabilimento.
2. Ai fini della registrazione di cui al comma 1, gli stabilimenti:
a) di fabbricazione, per l'immissione in commercio, di additivi per i quali è stabilito un tenore massimo e non sono previsti al capitolo I.1.a) dell'allegato I devono essere in possesso dei requisiti minimi indicati nel capitolo II.c) dell'allegato I;
b) di fabbricazione, per l'immissione in commercio, di premiscele con gli additivi di cui al capitolo II.a) dell'allegato I devono essere in possesso dei requisiti minimi indicati nel capitolo II.c) dell'allegato I;
c) di fabbricazione, esclusivamente per l'immissione in commercio, di alimenti composti con premiscele di additivi di cui al capitolo II.b) dell'allegato I o con additivi di cui al capitolo II.a) dell'allegato I devono essere in possesso dei requisiti minimi indicati nel capitolo II.c) dell'allegato I;
d) di fabbricazione, esclusivamente per le necessità del bestiame ivi allevato, di alimenti composti con premiscele di additivi di cui al capitolo II.b) dell'allegato I o con additivi di cui al capitolo II.a) dell'allegato I devono essere in possesso dei requisiti minimi indicati nel capitolo II.c) dell'allegato I (3/f).
3. In deroga al comma 1, chi ha ottenuto il riconoscimento ai sensi dell'articolo 2, comma 1, per 1'esercizio delle attività di cui all'articolo 2, comma 2, lettere a), b), c) ed e), non deve chiedere la registrazione di cui al comma 1 per l'esercizio delle attività corrispondenti a quelle di cui al comma 2, lettere a), b), c) e d).
4. La registrazione di cui al comma 1 è revocata in caso di cessazione dell'attività o qualora lo stabilimento non soddisfi più i requisiti richiesti per l'esercizio di tale attività e le misure per ripristinarli non vengano adottate entro il termine stabilito dall'autorità competente.
5. La registrazione di cui al comma 1 è modificata qualora venga dimostrato che lo stabilimento abbia la capacità di svolgere attività aggiuntive o sostitutive rispetto a quelle per le quali è stata ottenuta la registrazione.
6. Ogni variazione che riguardi modifiche da apportare al provvedimento di registrazione deve essere comunicata, entro trenta giorni dalla intervenuta variazione, alla competente autorità che ha rilasciato tale provvedimento.
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(3/f) Il rilascio dei numeri di registrazione di stabilimenti di fabbricazione per autoconsumo di mangimi con addittivi, di cui alla presente lettera, è stato disposto con D.Dirett. 5 giugno 2002 (Gazz. Uff. 13 giugno 2002, n. 137).
8. Registrazione degli intermediari.
1. Gli intermediari che immettono in commercio gli additivi per i quali è stabilito un tenore massimo e non sono previsti al capitolo I.1.a) dell'allegato I e le premiscele contenenti gli additivi di cui al capitolo II.a) dell'allegato I devono essere registrati.
2. Ai fini della registrazione di cui al comma 1, gli intermediari devono essere in possesso dei requisiti indicati al punto 7 del capitolo II.c) dell'allegato I.
3. In deroga al comma 1, gli intermediari riconosciuti ai sensi dell'articolo 3 non devono chiedere la registrazione di cui al comma 1.
4. La registrazione di cui al comma 1 è revocata in caso di cessazione dell'attività o qualora l'intermediario non possegga più i requisiti richiesti per l'esercizio di tale attività e non li ripristini entro il termine stabilito dall'autorità competente.
5. La registrazione di cui al comma 1 è modificata qualora l'intermediario dimostri di avere la capacità di dedicarsi ad attività aggiuntive o sostitutive rispetto a quelle per le quali ha ottenuto la registrazione.
6. Ogni variazione che riguardi modifiche da apportare al provvedimento di registrazione deve essere comunicata, entro trenta giorni dalla intervenuta variazione, alla competente autorità che ha rilasciato il provvedimento.
9. Procedura per la registrazione degli stabilimenti e degli intermediari.
1. La domanda per ottenere la registrazione degli stabilimenti di cui all'articolo 7 e di intermediario di cui all'articolo 8 deve essere presentata alla regione o alla provincia autonoma competente per territorio; alla domanda deve essere allegata la documentazione dalla quale risulti la sussistenza dei requisiti di cui all'articolo 7, comma 2, per gli stabilimenti, e di cui all'articolo 8, comma 2, per gli intermediari.
2. Entro tre mesi dal ricevimento della documentazione di cui al comma 1, la regione o la provincia autonoma, previo controllo della documentazione stessa, assegna agli stabilimenti e agli intermediari un numero di registrazione che ne consenta l'identificazione, conformemente a quanto previsto al capitolo II dell'allegato II.
3. Per gli stabilimenti che alla data di entrata in vigore del presente decreto esercitano in base alla normativa previgente le attività di cui all'articolo 7, deve essere presentata, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto, domanda ai sensi del comma 1; tali attività possono continuare finché non sia intervenuta decisione sulla domanda; la regione o la provincia autonoma provvede in merito alla domanda entro sei mesi dalla data di presentazione della stessa.
4. Gli intermediari che alla data di entrata in vigore del presente decreto esercitano in base alla normativa previgente le attività di cui all'articolo 8, devono presentare, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto, domanda ai sensi del comma 1; tali attività possono continuare finché non sia intervenuta decisione sulla domanda; la regione o la provincia autonoma provvede in merito alla domanda entro sei mesi dalla data di presentazione della stessa.
5. Le regioni e le province autonome predispongono, entro due anni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, un piano per effettuare l'ispezione degli stabilimenti e degli intermediari di cui ai commi 1, 3 e 4 al fine di verificare che gli stessi siano in possesso dei requisiti previsti dal presente decreto.
6. Il Ministero della sanità procede periodicamente alla verifica della uniformità delle procedure ispettive e dei criteri di valutazione adottati dagli organi degli enti territoriali ai fini della registrazione degli stabilimenti e degli intermediari di cui ai commi 1, 3 e 4.
10. Elenco degli stabilimenti e degli intermediari registrati.
1. Le regioni e le province autonome iscrivono gli stabilimenti e gli intermediari registrati ai sensi degli articoli 7 e 8 in un elenco conforme al modello di cui al punto I.2, capitolo I, dell'allegato II.
2. L'elenco di cui al comma 1 è aggiornato in relazione ai provvedimenti di revoca o di modifica delle registrazioni.
11. Comunicazione dell'elenco degli stabilimenti e degli intermediari registrati.
1. Le regioni e le province autonome trasmettono al Ministero della sanità:
a) entro il 31 ottobre di ogni anno, copia dell'elenco degli stabilimenti e degli intermediari registrati di cui all'articolo 10, comma 1, e le modifiche intervenute nel corso dell'anno ai sensi dell'articolo 10, comma 2;
b) ogni cinque anni, copia dell'elenco aggiornato.
2. Il Ministero della sanità, entro il 31 dicembre di ogni anno cura la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana degli elenchi di cui al comma 1.
3. Entro il 31 dicembre di ogni anno il Ministero della sanità comunica alla Commissione europea l'elenco degli stabilimenti e degli intermediari registrati nel corso dell'anno nonché, ogni cinque anni, l'elenco aggiornato.
4. Il Ministero della sanità trasmette agli altri Stati membri, su loro richiesta, gli elenchi di cui al comma 1.
12. Procedura semplificata di riconoscimento.
1. Qualora la domanda di riconoscimento riguardi uno stabilimento di fabbricazione di un additivo per il quale sia già intervenuta autorizzazione alla fabbricazione per la medesima sostanza attiva dell'additivo in quanto medicinale veterinario ai sensi dell'articolo 7 del decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 119 (4), il Ministero della sanità verifica soltanto che siano soddisfatti i requisiti di cui ai punti 4, 5, 6.2 e 7 del capitolo I.1.b) dell'allegato I.
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(4) Riportato al n. A/CLXXIII.
13. Controlli.
1. Le autorità competenti, avvalendosi degli organismi di controllo e vigilanza individuati dalle norme attualmente in vigore, accertano, mediante adeguati controlli effettuati negli stabilimenti e presso gli intermediari da esse riconosciuti o registrati, che siano soddisfatti i requisiti stabiliti dal presente decreto.
14. Abrogazioni.
1. Sono abrogati:
a) gli articoli 6, 7 e 8 della legge 15 febbraio 1963, n. 281 (5), e successive modifiche;
b) i commi 1 e 8 dell'articolo 14 del decreto del Presidente della Repubblica 1° marzo 1992, n. 228 (6).
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(5) Riportata al n. D/II.
(6) Riportato al n. D/LVII.
15. Sanzioni.
1. Salvo che il fatto costituisca reato, chiunque, in violazione delle disposizioni di cui al presente decreto, esercita una o più attività di cui agli articoli 2 e 3 senza il prescritto riconoscimento, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da lire dieci milioni a lire sessanta milioni.
2. Salvo che il fatto costituisca reato, chiunque, in violazione delle disposizioni di cui al presente decreto, esercita una o più attività di cui agli articoli 7 e 8 senza la prescritta registrazione, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da lire cinque milioni a lire trenta milioni.
3. La violazione delle disposizioni di cui all'articolo 2, comma 5, e all'articolo 3, comma 5, è punita con la sanzione amministrativa pecuniaria da lire due milioni a lire dodici milioni.
4. La violazione delle disposizioni di cui all'articolo 7, comma 6, e all'articolo 8, comma 6, è punita con la sanzione amministrativa pecuniaria da lire un milione a lire sei milioni.
Allegato I
(previsto dagli articoli 1, 2, 3, 7, 8 e 12)
Requisiti minimi per gli stabilimenti e gli intermediari
Capitolo I - Requisiti minimi per gli stabilimenti e gli intermediari di cui agli articoli 2 e 3 (soggetti a riconoscimento)
CAPITOLO I.1.a)
Additivi e prodotti di cui alla direttiva 82/471/CEE e di cui all'articolo 2, comma 2, lettera a), e all'articolo 3, comma 1.
Additivi
Antibiotici:
tutti gli additivi del gruppo
Coccidiostatici e altre sostanze medicamentose:
tutti gli additivi del gruppo
Fattori di crescita:
tutti gli additivi del gruppo
Vitamine, provitamine e sostanze con effetto analogo chimicamente ben definite:
tutti gli additivi del gruppo
Oligoelementi:
tutti gli additivi del gruppo
Enzimi:
tutti gli additivi del gruppo
Microrganismi:
tutti gli additivi del gruppo
Carotenoidi e xantofille:
tutti gli additivi del gruppo
Sostanze con effetti antiossidanti:
soltanto quelle per le quali è stabilito un tenore massimo
Prodotti di cui alla direttiva 82/471/CEE.
Prodotti proteici ottenuti da microrganismi appartenenti a batteri, lieviti, alghe, funghi inferiori:
tutti i prodotti del gruppo (ad eccezione del sottogruppo 1.2.1)
Prodotti accessori della fabbricazione di amminoacidi mediante fermentazione:
tutti i prodotti del gruppo
Amminoacidi e loro sali:
tutti i prodotti del gruppo
Analoghi degli amminoacidi:
tutti i prodotti del gruppo
CAPITOLO I.1.b)
Requisiti minimi per gli stabilimenti di cui all'articolo 2, comma 2, lettera a), e gli intermediari di cui all'articolo 3, comma 1 («prodotti» di cui al capitolo I.1.a).
1. Impianti e apparecchiature
Gli impianti e apparecchiature di fabbricazione devono essere ubicati, progettati, costruiti e sottoposti a manutenzione in modo da essere idonei alle operazioni di fabbricazione dei prodotti in questione. Gli impianti e le apparecchiature devono essere strutturati, progettati ed utilizzati in modo da ridurre al minimo il rischio di errori e da consentire operazioni di pulizia e di manutenzione efficaci per evitare le contaminazioni anche quelle crociate - e, in generale, di compromettere la qualità dei «prodotti». Gli impianti e le apparecchiature destinati ad operazioni essenziali per la qualità dei «prodotti» devono essere oggetto di una verifica adeguata e periodica, conformemente alle procedure scritte prestabilite dal fabbricante per la produzione dei «prodotti».
2. Personale
Il fabbricante deve disporre di personale numericamente sufficiente e in possesso delle competenze e delle qualifiche prescritte per la fabbricazione dei «prodotti» in questione. Egli deve inoltre predisporre, per metterlo a disposizione delle competenti autorità incaricate del controllo, un organigramma in cui siano definite le qualifiche (diplomi, esperienza professionale) e le responsabilità del personale di inquadramento. Tutto il personale deve essere informato chiaramente e per iscritto dei suoi compiti, delle sue responsabilità e competenze, specialmente in caso di modifica, in modo da ottenere la qualità ricercata dei «prodotti» in questione.
3. Produzione
Il fabbricante deve accertarsi che le varie fasi della produzione siano svolte secondo procedure e istruzioni scritte prestabilite volte a definire, convalidare e assicurare la padronanza dei punti critici del processo di fabbricazione. Deve essere designata una persona qualificata e responsabile della produzione.
Devono essere adottate misure di carattere tecnico o organizzativo atte da evitare contaminazioni crociate ed errori. Devono essere disponibili mezzi sufficienti e idonei per effettuare i controlli durante la fabbricazione (6/a).
4. Controllo di qualità
Il fabbricante deve disporre di un laboratorio di controllo dotato di mezzi sufficienti in personale e apparecchiature per garantire e verificare, prima di permettere che i «prodotti» in questione siano messi in circolazione, che essi siano conformi alle specifiche definite dal fabbricante e alle disposizioni previste dalla direttiva 70/524/CEE e dalla direttiva 82/471/CEE. Deve essere designata una persona qualificata e responsabile del controllo di qualità.
Deve essere predisposto per iscritto ed attuato un piano relativo al controllo di qualità che preveda, in particolare, il controllo dei punti critici del processo di fabbricazione, i procedimenti e le frequenze di campionamento, i metodi di analisi e la loro frequenza, il rispetto delle specifiche e, in caso di non conformità alle medesime, il destino delle materie prime, delle sostanze attive, dei supporti e dei prodotti.
Campioni del principio attivo e di ciascun lotto di «prodotti» messo in circolazione o di ogni parte definita della produzione in caso di fabbricazione continua vengono prelevati in quantità sufficiente in base ad un procedimento prestabilito dal fabbricante e conservati per fini di «rintracciabilità». Questi campioni vengono sigillati ed etichettati in modo da essere facilmente identificati; essi vengono conservati in condizioni di magazzinaggio atte ad escludere qualsiasi variazione o alterazione anomala della composizione del campione. Essi devono essere tenuti a disposizione delle competenti autorità almeno fino alla data limite di garanzia del prodotto finito (6/b).
5. Magazzinaggio
Le materie prime, le sostanze attive, i supporti, i «prodotti» conformi e non conformi alle specifiche devono essere immagazzinati in recipienti appropriati, in luoghi progettati, adattati e sottoposti a manutenzione allo scopo di garantire buone condizioni di magazzinaggio e accessibili solo alle persone autorizzate dal fabbricante.
Essi devono essere conservati in modo da essere facilmente identificati senza possibile confusione o contaminazione crociata tra i diversi prodotti nonché con sostanze medicamentose. Gli additivi devono essere condizionati ed etichettati in conformità delle disposizioni previste dalla direttiva 70/524/CEE. I prodotti previsti dalla direttiva 82/471/CEE devono essere etichettati in conformità alle disposizioni del presente decreto.
6. Documentazione
6.1. Documenti relativi al processo di fabbricazione e ai controlli
Il fabbricante deve disporre di un sistema di documentazione inteso a definire e a garantire la padronanza dei punti critici del processo di fabbricazione nonché a predisporre ed attuare un piano di controllo della qualità, e deve conservare i risultati dei controlli. Tale documentazione deve essere conservata in modo da consentire di ripercorrere l'intero iter di fabbricazione di ciascun lotto di «prodotti» messi in circolazione e di individuare le responsabilità specifiche in caso di reclamo.
6.2. Registrazione
Affinché sia possibile ripercorrere l'intero iter della fabbricazione, il fabbricante deve registrare i seguenti dati:
a) per gli additivi:
- natura e quantità degli additivi prodotti, date rispettive di fabbricazione, se del caso, il numero di lotto o di parte definita della produzione in caso di fabbricazione continua, nonché
- nomi e indirizzi degli intermediari o dei fabbricanti cui sono stati consegnati gli additivi, indicando la natura e la quantità degli additivi consegnati e, se del caso, il numero di lotto di parte definita della produzione in caso di fabbricazione continua;
b) per i prodotti previsti dalla direttiva 82/471/CEE:
- natura dei «prodotti» e quantità prodotta, date rispettive di fabbricazione e, se del caso, numero di lotto o di parte definita della produzione in caso di fabbricazione continua, nonché
- nomi e indirizzi degli intermediari o utilizzatori (fabbricanti o allevatori) cui sono stati consegnati i prodotti, indicando la natura e la quantità dei prodotti consegnati e, del caso, numero di lotto di parte definita della produzione in caso di fabbricazione continua.
7. Intermediari di cui all'articolo 3, comma 1
Qualora il fabbricante consegni additivi ad una persona che non sia un fabbricante o consegni prodotti previsti dalla direttiva 82/471/CEE ad una persona che non sia un utilizzatore fabbricante o allevatore), questa persona e gli eventuali ulteriori intermediari che condizionino, imballino, immagazzinino, mettano in circolazione sono anch'essi soggetti, secondo l'attività svolta, agli obblighi di cui ai punti 4, 5, 6.2 e 8 e, in caso di condizionamento, agli obblighi di cui al punto 3.
8. Reclami e ritiro dei prodotti
Il fabbricante o qualsiasi intermediario che metta in circolazione un prodotto a proprio nome deve approntare un sistema di registrazione e di evasione dei reclami.
Analogamente, egli deve poter approntare, se necessario, un sistema che consenta di ritirare rapidamente i prodotti immessi nel circuito di distribuzione. Il fabbricante deve definire con procedure scritte il destino dei prodotti ritirati che, prima di essere eventualmente rimessi in circolazione, devono essere sottoposti, ai fini di una nuova valutazione, a controllo di qualità.
CAPITOLO I.2.a)
Additivi di cui all'articolo 2, comma 2, lettera b), e all'articolo 3, comma 1:
Antibiotici:
tutti gli additivi del gruppo
Coccidiostatici e altre sostanze medicamentose:
tutti gli additivi del gruppo
Fattori di crescita:
tutti gli additivi del gruppo
Vitamine, provitamine e sostanze con effetto analogo chimicamente ben definite:
A e D
Oligoelementi:
Cu e Se
CAPITOLO I.2.b)
Requisiti minimi per gli stabilimenti di cui all'articolo 2, comma 2, lettera b), e gli intermediari di cui all'articolo 3, comma 1 (premiscele di additivi elencati nel capitolo I.2.a)
1. Impianti e apparecchiature
Gli impianti e apparecchiature di fabbricazione devono essere situati, progettati, costruiti e sottoposti a manutenzione in modo da essere idonei alle operazioni di fabbricazione delle premiscele in questione. Gli impianti e le apparecchiature devono essere strutturati, progettati ed utilizzati in modo da ridurre il rischio di errori e da consentire operazioni di pulizia e di manutenzione efficaci per evitare le contaminazioni - anche quelle crociate - e in generale di compromettere la qualità dei «prodotti». Gli impianti e le attrezzature destinati ad operazioni essenziali per la qualità dei prodotti devono formare oggetto di verifica adeguata e periodica, conformemente alle procedure scritte prestabilite dal fabbricante.
Devono essere adottate misure preventive in modo da evitare, per quanto possibile, la presenza di organismi nocivi, con elaborazione - se necessario - di un piano di lotta.
2. Personale
Il fabbricante deve disporre di personale numericamente sufficiente e in possesso delle competenze e delle qualifiche prescritte per la fabbricazione delle premiscele in questione. Egli deve inoltre predisporre, per metterlo a disposizione delle competenti autorità incaricate del controllo, un organigramma in cui siano definite le qualifiche (diplomi, esperienza professionale) e le responsabilità del personale di inquadramento. Tutto il personale deve essere informato chiaramente e per iscritto dei suoi compiti, delle sue responsabilità e competenze, specialmente in caso di modifica, in modo da ottenere la qualità ricercata delle premiscele in questione.
3. Produzione
Il fabbricante deve accertarsi che le varie fasi della produzione siano svolte secondo procedure e istruzioni scritte, volte a definire, convalidare e assicurare la padronanza dei punti critici del processo di fabbricazione - per esempio, incorporazione dell'additivo nella premiscela, ordine cronologico della produzione, strumenti di misura e di pesata, miscelatore, resti di lavorazione - in modo da ottenere la qualità ricercata delle premiscele in questione, conformi alle disposizioni della direttiva 70/524/CEE. Deve essere designata una persona qualificata e responsabile della produzione.
Devono essere adottate misure di carattere tecnico e organizzativo al fine da evitare contaminazioni crociate ed errori (6/c).
4. Controllo di qualità
Deve essere designata una persona qualificata e responsabile del controllo di qualità.
Il fabbricante deve disporre di un laboratorio di controllo dotato di mezzi sufficienti in personale e apparecchiature per garantire e verificare che le premiscele in questione siano conformi alle specifiche definite dal fabbricante e per garantire e verificare in particolare la natura, il tenore, l'omogeneità e la stabilità degli additivi in questione nella premiscela, e il minimo livello possibile di contaminazione crociata.
Deve essere predisposto per iscritto ed attuato un piano relativo al controllo di qualità che preveda, in particolare, il controllo dei punti critici del processo di fabbricazione, i procedimenti e le frequenze di campionamento, i metodi di analisi e la loro frequenza, il rispetto delle specifiche e, in caso di non conformità alle medesime, il destino dei supporti, degli additivi e delle premiscele («prodotti»).
Campioni di ciascun lotto di premiscela messo in circolazione vengono prelevati in quantità sufficiente in base ad una procedura prestabilita dal fabbricante e conservati per fini di «rintracciabilità». Questi campioni vengono sigillati ed etichettati in modo da essere facilmente identificati; essi vengono conservati in condizioni di magazzinaggio atte ad escludere qualsiasi variazione o alterazione anomala della composizione del campione. Essi devono essere tenuti a disposizione delle competenti autorità fino alla data limite di garanzia della premiscela.
5. Magazzinaggio
I «prodotti» conformi e non conformi alle specifiche devono essere immagazzinati in recipienti appropriati o in luoghi progettati, adattati e sottoposti a manutenzione allo scopo di garantire buone condizioni di magazzinaggio e accessibili solo alle persone autorizzate dal fabbricante.
Devono essere adottate misure preventive in modo da evitare, per quanto possibile, la presenza di organismi nocivi, con elaborazione - se necessario - d'un piano di lotta.
I prodotti devono essere conservati in modo da essere facilmente identificati senza possibile confusione o contaminazione crociata tra i diversi prodotti sopramenzionati, nonché con sostanze medicamentose. Le premiscele devono essere condizionate ed etichettate in conformità delle disposizioni previste dalla direttiva 70/524/CEE.
6. Documentazione
6.1. Documenti relativi al processo di fabbricazione e ai controlli
Il fabbricante deve disporre di un sistema di documentazione inteso a definire e a garantire la padronanza dei punti critici del processo di fabbricazione e a predisporre ed attuare un piano di controllo della qualità, e deve conservare i risultati dei controlli. Tale documentazione deve essere conservata in modo da consentire di ripercorrere l'intero iter di fabbricazione di ciascun lotto di premiscele messo in circolazione e di individuare le responsabilità specifiche in caso di reclamo.
6.2. Registrazione delle premiscele
Affinché sia possibile ripercorrere l'iter della fabbricazione, il fabbricante deve registrare i seguenti dati:
- nome e indirizzo dei fabbricanti di additivi o degli intermediari, natura e quantità degli additivi utilizzati ed eventualmente numero di lotto o di parte definita della produzione in caso di fabbricazione;
- data di fabbricazione della premiscela, numero del lotto e, se del caso,- nome e indirizzo degli intermediari o dei fabbricanti di alimenti composti cui è consegnata la premiscela, data di consegna nonché natura e quantità della premiscela consegnata e, se del caso, numero di lotto.
7. Intermediari di cui all'articolo 3, comma 1
Qualora il fabbricante consegni premiscele ad una persona che non sia un fabbricante di alimenti composti, questa persona e gli eventuali ulteriori intermediari che condizionino, imballino, immagazzinino, mettano in circolazione sono anch'essi soggetti, secondo l'attività svolta, agli obblighi di cui ai punti 4, 5, 6.2 e 8 e, in caso di condizionamento, agli obblighi di cui al punto 3.
8. Reclami e ritiro dei prodotti
Il fabbricante o qualsiasi intermediario che metta in circolazione un prodotto a proprio nome deve approntare un sistema di registrazione e di evasione dei reclami.
Analogamente, egli deve poter approntare, se necessario, un sistema che consenta di poter ritirare rapidamente i prodotti immessi nel circuito di distribuzione. Il fabbricante deve definire con procedure scritte il destino dei prodotti ritirati che, prima di essere eventualmente rimessi in circolazione, devono essere sottoposti, ai fini di una nuova valutazione, a controllo di qualità.
CAPITOLO I.3.a)
Elenco degli additivi di cui all'articolo 2, comma 2, lettere c) ed e)
Antibiotici:
tutti gli additivi del gruppo
Coccidiostatici e altre sostanze medicamentose:
tutti gli additivi del gruppo
Fattori di crescita:
tutti gli additivi del gruppo
CAPITOLO I.3.b)
Requisiti minimi per gli stabilimenti di cui all'articolo 2, comma 2, lettere c) ed e) («alimenti composti che contengono premiscele di additivi enumerati nel capitolo I.3.a).
1. Impianti e apparecchiature
Gli impianti e le apparecchiature tecniche devono essere situati, progettati, costruiti e sottoposti a manutenzione in modo da essere idonei a operazioni di fabbricazione di alimenti composti contenenti premiscele. Gli impianti e le apparecchiature devono essere strutturati, progettati ed utilizzati in modo da ridurre il rischio di errori e da consentire operazioni di pulizia e di manutenzione efficaci al fine di evitare, per quanto possibile, contaminazioni, anche quelle crociate, e, in generale, di compromettere la qualità dei «prodotti». Gli impianti e le apparecchiature destinati ad operazioni essenziali per la qualità dei prodotti devono formare oggetto di una verifica appropriata e periodica, conformemente alle procedure scritte prestabilite dal fabbricante o eventualmente, in caso di fabbricazione per esclusivo bisogno del fabbricante, prestabilite da una persona esterna qualificata che agisca a richiesta e sotto la responsabilità del fabbricante. Devono essere adottate misure preventive in modo da evitare, per quanto possibile, la presenza di organismi nocivi, con elaborazione - se necessario - di un piano di lotta.
2. Personale
Il fabbricante deve disporre di personale numericamente sufficiente e in possesso delle competenze e delle qualifiche prescritte per la fabbricazione di alimenti composti contenenti premiscele. Deve essere realizzato - salvo che in caso di fabbricazione per esclusivo bisogno del fabbricante - e messo a disposizione delle competenti autorità incaricate del controllo, un organigramma in cui siano precisate le qualifiche (diplomi, esperienza professionale) e le responsabilità del personale di inquadramento. Tutto il personale deve essere informato chiaramente e per iscritto dei suoi compiti, delle sue responsabilità e competenze, specialmente in caso di modifica, in modo da ottenere la qualità ricercata degli alimenti composti contenenti premiscele.
3. Produzione
Deve essere designata una persona qualificata e responsabile della produzione, persona che, in caso di fabbricazione per esclusivo bisogno del fabbricante, può eventualmente essere esterna ma che agisce a richiesta e sotto la responsabilità del fabbricante.
Il fabbricante deve accertarsi che le varie fasi della produzione siano svolte secondo procedure e istruzioni scritte prestabilite volte a definire, convalidare e assicurare la padronanza dei punti critici del processo di produzione - per esempio, incorporazione della premiscela nell'alimento, ordine cronologico della produzione, strumenti di misura e di pesata, miscelatore, resti di lavorazione - in modo da ottenere la qualità ricercata degli alimenti composti conformi alle disposizioni della direttiva 79/373/CEE.
Devono essere adottate misure di carattere tecnico o organizzativo per evitare, possibilmente, contaminazioni crociate ed errori.
4. Controllo di qualità
Deve essere designata una persona qualificata e responsabile del controllo di qualità, persona che, in caso di fabbricazione per esclusivo bisogno del fabbricante, può eventualmente essere esterna ma che agisce a richiesta e sotto la responsabilità del fabbricante.
Il fabbricante deve disporre di un laboratorio di controllo dotato di mezzi sufficienti in personale e apparecchiature per garantire e verificare che gli alimenti composti contenenti premiscele siano conformi alle specifiche definite dal fabbricante e per garantire e verificare in particolare la natura, il tenore, l'omogeneità degli additivi in questione nell'alimento composto, e il minimo livello possibile di contaminazione crociata, nonché, in caso di alimenti destinati all'immissione in commercio, i tenori di componenti analitici di cui alla direttiva 79/373/CEE. È ammesso il ricorso ad un laboratorio esterno.
Deve essere predisposto per iscritto ed attuato un piano relativo al controllo della qualità che preveda, in particolare, il controllo dei punti critici del processo di fabbricazione, i procedimenti e le frequenze di campionamento, i metodi di analisi e la loro frequenza, il rispetto delle specifiche e, in caso di non conformità alle medesime, il destino delle materie prime, delle premiscele e degli alimenti composti («prodotti»).
Campioni di ciascun lotto di alimento composto o di ciascuna fase definita della produzione in caso di fabbricazione continua vengono prelevati in quantità sufficiente in base ad una procedura prestabilita dal fabbricante e vengono conservati per fini di «rintracciabilità» in caso di immissione in commercio, o in modo regolare in caso di fabbricazione per esclusivo bisogno del fabbricante. Questi campioni vengono sigillati ed etichettati in modo da essere facilmente identificati; essi vengono conservati in condizioni di magazzinaggio atte ad escludere qualsiasi variazione o alterazione anomala della composizione del campione. Essi devono essere tenuti a disposizione delle competenti autorità per un periodo adeguato.
5. Magazzinaggio
I «prodotti» conformi e non conformi alle specifiche devono essere immagazzinati in recipienti appropriati o in luoghi progettati, adattati e sottoposti a manutenzione allo scopo di garantire buone condizioni di magazzinaggio e accessibili solo alle persone autorizzate dal fabbricante.
Devono essere adottate misure preventive in modo da evitare, per quanto possibile, la presenza di organismi nocivi, con elaborazione - se necessario - di un piano di lotta.
I «prodotti» devono essere conservati in modo da essere facilmente identificati senza possibile confusione o contaminazione crociata tra i diversi prodotti, nonché con sostanze medicamentose o alimenti medicamentosi o con materie prime contenenti tenori elevati di sostanze e prodotti indesiderabili oppure con additivi. Gli alimenti composti destinati a essere messi in circolazione devono essere conformi alle disposizioni previste dalla direttiva 79/373/CEE.
6. Documentazione
6.1. Documenti relativi al processo di fabbricazione e ai controlli
Il fabbricante deve disporre di un sistema di documentazione inteso a definire e a garantire la padronanza dei punti critici del processo di fabbricazione e a predisporre ed attuare un piano di controllo della qualità, e deve conservare i risultati dei controlli. Tale documentazione deve essere conservata in modo da consentire di ripercorrere l'intero iter di fabbricazione di ciascun lotto e di individuare, in caso di immissione in commercio, le responsabilità specifiche in caso di reclamo.
6.2. Registrazione degli alimenti composti
Affinché sia possibile ripercorrere l'intero iter della fabbricazione, il fabbricante deve registrare i seguenti dati:
- nome e indirizzo dei fabbricanti della premiscela o degli intermediari, numero di lotto, se del caso;
- natura e quantità della premiscela utilizzata; natura e quantità degli alimenti fabbricati, con l'indicazione della data di fabbricazione.
7. Reclami e ritiro dei prodotti
Il fabbricante deve approntare un sistema di registrazione e di evasione dei reclami.
Analogamente, egli deve poter approntare, se necessario, un sistema che consenta di ritirare rapidamente i prodotti immessi nel circuito di distribuzione. Il fabbricante deve definire con procedure scritte il destino dei prodotti ritirati che, prima di essere eventualmente reimmessi in circolazione, devono essere sottoposti, ai fini di una nuova valutazione, a controllo di qualità.
CAPITOLO I.4
Requisiti minimi per gli stabilimenti di cui all'articolo 2, comma 2, lettere d) e f) (alimenti composti ottenuti da materie prime contenenti tenori elevati di sostanze e prodotti indesiderabili «materie prime in questione»).
1. Impianti e apparecchiature
Gli impianti e le apparecchiature di fabbricazione devono essere situati, progettati, costruiti e sottoposti a manutenzione in modo da essere idonei alle operazioni di fabbricazione di alimenti composti ottenuti dalle materie prime in questione. Gli impianti e le apparecchiature devono essere strutturati, progettati ed utilizzati in modo da ridurre il rischio di errore e da consentire operazioni di pulizia e di manutenzione efficaci al fine di evitare, per quanto possibile, contaminazioni - anche quelle crociate - e, in generale, di compromettere la qualità dei prodotti. Gli impianti e le apparecchiature destinati ad operazioni essenziali per la qualità dei prodotti devono formare oggetto di una verifica adeguata e periodica, conformemente alle procedure scritte prestabilite dal fabbricante o eventualmente, in caso di fabbricazione per esclusivo bisogno del fabbricante, prestabilite da una persona esterna qualificata che agisca a richiesta e sotto la responsabilità del fabbricante.
Devono essere adottate misure preventive in modo da evitare, per quanto possibile, la presenza di organismi nocivi, con elaborazione - se necessario - di un piano di lotta.
2. Personale
Il fabbricante deve disporre di personale in possesso delle competenze e delle qualifiche prescritte per la fabbricazione di alimenti composti a partire dalle «materie prime in questione». Se del caso, deve essere predisposto - salvo che in caso di fabbricazione per esclusivo bisogno del fabbricante - e messo a disposizione delle competenti autorità incaricate del controllo, un organigramma in cui siano definite le qualifiche (diplomi, esperienza professionale) e le responsabilità del personale di inquadramento. Tutto il personale deve essere informato chiaramente e per iscritto dei suoi compiti, delle sue responsabilità e competenze, specialmente in caso di modifica, in modo da ottenere la qualità ricercata degli alimenti composti ottenuti dalle «materie prime in questione».
3. Produzione
Deve essere designata una persona qualificata e responsabile della produzione, persona che, in caso di fabbricazione per esclusivo bisogno del fabbricante, può eventualmente essere esterna ma che agisce a richiesta e sotto la responsabilità del fabbricante.
Il fabbricante deve accertarsi che le varie fasi della produzione siano svolte secondo procedure e istruzioni scritte prestabilite volte a definire, convalidare e assicurare la padronanza dei punti critici del processo di fabbricazione - per esempio, incorporazione della «materia prima in questione» nell'alimento, ordine cronologico della produzione, strumenti di misura e di pesata, miscelatore, resti di lavorazione - in modo da ottenere la qualità ricercata degli alimenti composti conformi alle disposizioni della direttiva 79/373/CEE.
Devono essere adottate misure di carattere tecnico o organizzativo per evitare, possibilmente, contaminazioni crociate ed errori.
4. Controllo di qualità
Deve essere designata una persona qualificata e responsabile del controllo di qualità, persona che, in caso di fabbricazione per esclusivo bisogno del fabbricante, può eventualmente essere esterna ma che agisce a richiesta e sotto la responsabilità del fabbricante.
Il fabbricante deve disporre di un laboratorio di controllo dotato di mezzi sufficienti in personale e apparecchiature per garantire e verificare che gli alimenti composti in questione siano conformi alle specifiche definite dal fabbricante e per garantire e verificare in particolare la natura, il tenore, l'omogeneità delle sostanze e dei prodotti indesiderabili nell'alimento composto e il minimo livello possibile di contaminazione crociata, nonché il rispetto dei valori massimi di sostanze e prodotti indesiderabili stabiliti dalla direttiva 74/63/CEE e, in caso di alimenti destinati all'immissione in commercio, i tenori di componenti analitici di cui alla direttiva 79/373/CEE. È ammesso il ricorso ad un laboratorio esterno.
Deve essere predisposto per iscritto ed attuato un piano relativo al controllo della qualità che preveda, in particolare, il controllo dei punti critici del processo di fabbricazione, i procedimenti e le frequenze di campionamento, i metodi di analisi e la loro frequenza, il rispetto delle specifiche e, in caso di non conformità alle medesime, il destino delle materie prime, in particolare delle materie prime contenenti elevati tenori di sostanze e prodotti indesiderabili e gli alimenti composti.
Campioni di ciascun lotto di alimento composto o di ciascuna fase definita della produzione in caso di fabbricazione continua vengono prelevati in quantità sufficiente secondo una procedura prestabilita dal fabbricante e vengono conservati per fini di «rintracciabilità» in caso di immissione in commercio, o in modo regolare in caso di fabbricazione per esclusivo bisogno del fabbricante. Questi campioni vengono sigillati ed etichettati in modo da essere facilmente identificati; essi vengono conservati in condizioni di magazzinaggio atte ad escludere qualsiasi variazione o alterazione anomala della composizione del campione. Essi devono essere tenuti a disposizione delle competenti autorità per un periodo adeguato in funzione dell'utilizzazione di tali alimenti.
5. Magazzinaggio
Le materie prime, in particolare le materie prime contenenti elevati tenori di prodotti e sostanze indesiderabili, e gli alimenti composti conformi e non conformi alle specifiche, devono essere immagazzinati in recipienti appropriati o in luoghi progettati, adattati e sottoposti a manutenzione allo scopo di garantire buone condizioni di magazzinaggio.
Devono essere adottate misure preventive in modo da evitare, per quanto possibile, la presenza di organismi nocivi, con elaborazione - se necessario - di un piano di lotta.
I prodotti devono essere conservati in modo da poter essere facilmente identificati senza possibile confusione o contaminazione crociata tra i diversi prodotti sopra menzionati, nonché con sostanze medicamentose o alimenti medicamentosi oppure con additivi o premiscele di additivi. Gli alimenti composti destinati a essere messi in circolazione devono essere conformi alle disposizioni previste dalla direttiva 79/373/CEE.
6. Documentazione
6.1. Documenti relativi al processo di fabbricazione e ai controlli
Il fabbricante deve disporre di un sistema di documentazione inteso a definire e a garantire la padronanza dei punti critici del processo di fabbricazione e a predisporre ed attuare un piano di controllo della qualità, e deve in particolare conservare i risultati dei controlli. Tale documentazione deve essere conservata in modo da consentire di ripercorrere l'iter del processo di fabbricazione di ciascun lotto e di individuare, in caso di immissione in commercio, le responsabilità specifiche in caso di reclamo.
6.2. Registrazione degli alimenti composti
Affinché sia possibile ripercorrere l'intero iter della fabbricazione, il fabbricante deve registrare i seguenti dati:
- nome e indirizzo dei fornitori di materie prime contenenti tenori elevati di sostanze e prodotti indesiderabili, data di consegna;
- natura e quantità degli alimenti fabbricati, con l'indicazione della data di fabbricazione.
7. Reclami e ritiro dei prodotti
Il fabbricante deve approntare un sistema di registrazione e di evasione dei reclami.
Analogamente, egli deve poter approntare, se necessario, un sistema che consenta di ritirare rapidamente i prodotti immessi nel circuito di distribuzione. Il fabbricante deve definire con procedure scritte il destino dei prodotti ritirati che, prima di essere eventualmente rimessi in circolazione, devono essere sottoposti, ai fini di una nuova valutazione, a controllo di qualità.
Capitolo II - Requisiti minimi per gli stabilimenti e gli intermediari di cui agli articoli 7 e 8 (soggetti a registrazione)
CAPITOLO II.a)
Additivi di cui all'articolo 7, comma 2, lettere b), c) e d) e all'articolo 8, comma 1
Vitamine, provitamine e sostanze con effetto analogo chimicamente ben definite:
tutti gli additivi del gruppo ad eccezione delle vitamine A e D
Oligoelementi:
tutti gli additivi del gruppo ad eccezione di Cu e Se
Carotenoidi e xantofille:
tutti gli additivi del gruppo
Enzimi:
tutti gli additivi del gruppo
Microrganismi:
tutti gli additivi del gruppo
Sostanze con effetti antiossidanti:
soltanto quelle per le quali è stabilito un tenore massimo
CAPITOLO II.b)
Additivi di cui all'articolo 7, comma 2, lettere c) e d)
Vitamine, provitamine e sostanze con effetto analogo chimicamente ben definite:
tutti gli additivi del gruppo
Oligoelementi:
tutti gli additivi del gruppo
Carotenoidi e xantofille:
tutti gli additivi del gruppo
Enzimi:
tutti gli additivi del gruppo
Microrganismi:
tutti gli additivi del gruppo
Sostanze con effetti antiossidanti:
soltanto quelle per le quali è fissato un tenore massimo
CAPITOLO II.c)
Requisiti minimi che devono soddisfare gli stabilimenti e gli intermediari di cui all'articolo 7, comma 2, lettere a) e b), e all'articolo 8, comma 1, additivi per i quali è stabilito un tenore massimo e che non sono enumerati nel capitolo I.1.a); premiscele di additivi enumerati nel capitolo II.a); gli stabilimenti di cui all'articolo 7, comma 2, lettere c) e d), «alimenti composti che contengono premiscele di additivi enumerati nel capitolo II.b) oppure additivi enumerati nel capitolo II.a).
1. Impianti e apparecchiature
Gli impianti e le apparecchiature tecniche devono essere situati, progettati, costruiti e sottoposti a manutenzione in modo tale da essere idonei alle operazioni di fabbricazione degli additivi, delle premiscele di additivi, degli alimenti composti contenenti additivi o premiscele di additivi in questione («prodotti in questione»).
2. Personale
Il fabbricante deve disporre di personale numericamente sufficiente e in possesso delle competenze e delle qualifiche prescritte per la fabbricazione dei «prodotti in questione».
3. Produzione
Deve essere designata una persona qualificata e responsabile della produzione, persona che, in caso di fabbricazione per esclusivo bisogno del fabbricante, può eventualmente essere esterna ma che agisce a richiesta e sotto la responsabilità del fabbricante.
Il fabbricante deve accertarsi che le varie fasi della produzione siano svolte in modo da ottenere la qualità ricercata dei «prodotti in questione», conformi - secondo i casi - alle disposizioni della direttiva 70/524/CEE o della direttiva 79/373/CEE.
4. Controllo di qualità
Deve essere designata una persona qualificata e responsabile del controllo di qualità, persona che, in caso di fabbricazione per esclusivo bisogno del fabbricante, può eventualmente essere esterna, ma che agisce a richiesta e sotto la responsabilità del fabbricante.
Il fabbricante deve approntare ed attuare un piano di controllo di qualità per garantire e verificare che i «prodotti in questione» siano conformi alle specifiche definite dal fabbricante e, secondo i casi, alle disposizioni previste dalla direttiva 70/524/CEE e dalla direttiva 79/373/CEE.
Per fini di «rintracciabilità» vengono prelevati e conservati campioni, se del caso, per ciascun lotto o per ciascuna parte definita di produzione in caso di fabbricazione continua o in modo regolare in caso di fabbricazione per esclusivo bisogno del fabbricante. Tali campioni devono essere tenuti a disposizione delle autorità competenti per un periodo adeguato in funzione dell'utilizzazione di tali alimenti.
5. Magazzinaggio
Le materie prime, gli additivi, i supporti, le premiscele, gli alimenti composti devono essere immagazzinati in luoghi progettati, adattati e soggetti a manutenzione allo scopo di garantire buone condizioni di magazzinaggio.
I prodotti devono essere conservati in modo da poter essere facilmente identificati senza possibile confusione o contaminazione crociata tra i diversi prodotti sopra menzionati, nonché con sostanze medicamentose o alimenti medicamentosi. I prodotti destinati ad essere immessi sul mercato devono, se del caso, essere condizionati e etichettati in conformità delle disposizioni previste, secondo i casi, dalla direttiva 70/524/CEE e dalla direttiva 79/373/CEE.
6. Registrazione
Affinché sia possibile ripercorrere l'intero iter della fabbricazione, il fabbricante deve registrare i seguenti dati:
a) per gli additivi:
- natura e quantità degli additivi fabbricati, rispettive date di fabbricazione e, se del caso, numero di lotto o di parte definita della produzione in caso di fabbricazione continua, nonché
- nomi e indirizzi degli intermediari o utilizzatori (fabbricanti o allevatori) cui sono stati consegnati gli additivi, indicando la natura e la qualità degli additivi consegnati, e, se del caso, numero di lotto o di parte definita della produzione in caso di fabbricazione continua;
b) per le premiscele:
- nome e indirizzo dei fabbricanti di additivi o degli intermediari, natura e quantità degli additivi utilizzati e, se del caso, numeri di lotto o di parte definita della produzione in caso di fabbricazione continua,
- data di fabbricazione della premiscela, se del caso numero di lotto, nonché
- nome e indirizzo degli intermediari o dei fabbricanti cui la premiscela è stata consegnata, natura e quantità della premiscela consegnata, se del caso numero di lotto;
c) per gli alimenti composti contenenti premiscele di additivi:
- nome e indirizzo dei fabbricanti di premiscela o degli intermediari, se del caso numero di lotto, natura e quantità della premiscela utilizzata,
- nome e indirizzo dei fabbricanti di additivi o degli intermediari, natura e quantità di additivo utilizzato, numero di lotto o di parte definita della produzione in caso di fabbricazione continua,
- natura, quantità e data di fabbricazione degli alimenti fabbricati.
7. Intermediari di cui all'articolo 8, comma 1
Qualora un fabbricante consegni additivi ad una persona che non sia un fabbricante o un allevatore, oppure premiscele ad una persona che non sia un fabbricante, questa persona o gli eventuali ulteriori intermediari che condizionino, immagazzinino, mettano in circolazione sono anch'essi soggetti, secondo l'attività svolta, agli obblighi di cui ai punti 4, 5 e 6 e, in caso di condizionamento, agli obblighi di cui al punto 3.
------------------------
(6/a) Paragrafo così modificato dall'art. 1, D.M. 27 luglio 2000 (Gazz. Uff. 21 agosto 2000, n. 194), entrato in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione.
(6/b) Paragrafo così modificato dall'art. 1, D.M. 27 luglio 2000 (Gazz. Uff. 21 agosto 2000, n. 194), entrato in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione.
(6/c) Paragrafo così modificato dall'art. 1, D.M. 27 luglio 2000 (Gazz. Uff. 21 agosto 2000, n. 194), entrato in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione.
Allegato II
(previsto dagli articoli 4, 5, 9 e 10)
Capitolo I - I.1. Registro degli stabilimenti/intermediari riconosciuti
(Articolo 5, paragrafo 1, della direttiva 95/69/CE)
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Numero di riconoscimento |
Codice di attività [1] |
Nome o ragione sociale [2] |
Indirizzo [3] |
Note in relazione all'articolo 13 della direttiva 70/524/CEE [*] |
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[1] A - stabilimenti di cui all'articolo 2, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 95/69/CE. |
B - stabilimenti di cui all'articolo 2, paragrafo 2, lettera b), della direttiva 95/69/CE. C - stabilimenti di cui all'articolo 2, paragrafo 2, lettera c), della direttiva 95/69/CE. D - stabilimenti di cui all'articolo 2, paragrafo 2, lettera d), della direttiva 95/69/CE. E - stabilimenti di cui all'articolo 2, paragrafo 2, lettera e), della direttiva 95/69/CE. F - stabilimenti di cui all'articolo 2, paragrafo 2, lettera f), della direttiva 95/69/CE. I - stabilimenti di cui all'articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 95/69/CE. |
[2] Nome o ragione sociale dello stabilimento/intermediario e del rappresentante, ove del caso. |
[3] Indirizzo dello stabilimento/intermediario e del rappresentante, ove del caso. |
[*] [1] - «Fabbricanti di mangimi composti autorizzati ad utilizzare premiscele in una proporzione minima dello 0,05% in peso» di cui all'articolo 13, paragrafo 3, della direttiva 70/524/CEE. |
[2] - «Fabbricanti di mangimi composti autorizzati ad aggiungere direttamente antibiotici, coccidiostatici e altre sostanze medicamentose e fattori di crescita nei mangimi composti» di cui all'articolo 13, paragrafo 4, lettera b)della direttiva 70/524/CEE. |
[3] - «Fabbricanti di mangimi composti autorizzati ad aggiungere direttamente rame, selenio e vitamine A e D, nei mangimi composti» di cui all'articolo 13, paragrafo 4, lettera b) della direttiva 70/524/CEE. |
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I.2. Elenco degli stabilimenti/intermediari registrati
(Articolo 10, paragrafo 1, della direttiva 95/69/CE)
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Numero di riconoscimento |
Codice di attività [1] |
Nome o ragione sociale [2] |
Indirizzo [3] |
Note in relazione all'articolo 13 della direttiva 70/524/CEE [*] |
Osservazioni |
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[1] A - stabilimenti di cui all'articolo 7, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 95/69/CE. |
B - stabilimenti di cui all'articolo 7, paragrafo 2, lettera b), della direttiva 95/69/CE. C - stabilimenti di cui all'articolo 7, paragrafo 2, lettera c), della direttiva 95/69/CE. D - stabilimenti di cui all'articolo 7, paragrafo 2, lettera d), della direttiva 95/69/CE. I - stabilimenti di cui all'articolo 8, paragrafo 1, della direttiva 95/69/CE. |
[2] Nome o ragione sociale dello stabilimento/intermediario e del rappresentante, ove del caso. |
[3] Indirizzo dello stabilimento/intermediario e del rappresentante, ove del caso. |
[*] [1] - «Fabbricanti di mangimi composti autorizzati ad utilizzare premiscele in una proporzione minima dello 0,05% in peso» di cui all'articolo 13, paragrafo 3, della direttiva 70/524/CEE. |
[2] - «Fabbricanti di mangimi composti autorizzati ad aggiungere direttamente rame, selenio e vitamine A e D nei mangimi composti» di cui all'articolo 13, paragrafo 4, lettera b) della direttiva 70/524/CEE. |
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Capitolo II
Il numero di riconoscimento e il numero di registrazione di cui rispettivamente all'articolo 5, paragrafo 1 e all'articolo 10, paragrafo 1, della direttiva 95/69/CE devono essere strutturali secondo gli elementi qui di seguito indicati:
1. simbolo «», se lo stabilimento o intermediario è riconosciuto;
2. codice ISO dello Stato membro o del paese terzo in cui lo stabilimento o intemediario è installato;
3. numero di riferimento nazionale, con un massimo di otto caratteri alfanumerici.
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Allegato III (7)
Elenco completo delle voci di spesa da considerare nel calcolo delle tariffe di cui all'articolo 4, commi 12, 13 e 14.
Personale:
stipendi, inclusi eventuali indennità contributi pensione, malattia e infortuni del personale.
Costi amministrativi:
alloggio, inclusi affitto, riscaldamento, luce ed acqua, arredo, manutenzione, assicurazione, interessi, ammortamento;
spese generali, inclusi attrezzature d'ufficio, cancelleria, spese postali, stampa, telecomunicazioni, formazione, abbonamento e periodici;
spese di trasferta.
Spese tecniche:
spese tecniche connesse (ad es. spese di laboratorio di campionatura, ecc.);
spese per consulenze.
------------------------
(7) Allegato aggiunto dall'art. 2, D.Lgs. 21 maggio 2000, n. 172 (Gazz. Uff. 27 giugno 2000, n. 148) entrato in vigore il giorno della sua pubblicazione.
D.Lgs.
29 ottobre 1999, n. 454
Riorganizzazione
del settore della ricerca in agricoltura, a norma dell'articolo 11 della L. 15
marzo 1997, n. 59
------------------------
(1) Pubblicato nella Gazz. Uff. 3 dicembre 1999, n. 284.
(1/cost) La Corte costituzionale, con ordinanza 20 - 28 novembre 2002, n. 498 (Gazz. Uff. 4 dicembre 2002, n. 48, serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale del decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 454 sollevata, in riferimento agli artt. 70, 76, 95, 117, 118 e 119 della Costituzione.
IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
Visti gli articoli 76 e 87 della Costituzione;
Vista la legge 15 marzo 1997, n. 59, recante delega al Governo per il conferimento di funzioni e compiti alle regioni ed enti locali, per la riforma della pubblica amministrazione e per la semplificazione amministrativa e successive modificazioni ed integrazioni;
Visto il decreto legislativo 4 giugno 1997, n. 143, recante conferimento alle regioni delle funzioni amministrative in materia di agricoltura e pesca e riorganizzazione dell'amministrazione centrale;
Vista la legge 29 luglio 1999, n. 241;
Visto il decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, recante riforma dell'organizzazione del Governo;
Ritenuta la necessità di procedere al riordino del sistema della ricerca e sperimentazione in agricoltura;
Vista la preliminare deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 9 giugno 1999;
Sentite le organizzazioni sindacali rappresentative;
Acquisito il parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, ai sensi del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281;
Acquisito il parere della commissione parlamentare di cui all'articolo 5 della citata legge 15 marzo 1997, n. 59;
Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri adottata nella riunione del 27 ottobre 1999;
Sulla proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri e del Ministro delle politiche agricole e forestali, di concerto con il Ministro per la funzione pubblica, il Ministro per gli affari regionali e il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica;
Emana il seguente decreto legislativo:
TITOLO I
1. Istituzione del Consiglio per la ricerca e la sperimentazione in agricoltura.
1. È istituito il Consiglio per la ricerca e la sperimentazione in agricoltura, di seguito denominato Consiglio, ente nazionale di ricerca e sperimentazione con competenza scientifica generale nel settore agricolo, agroindustriale, ittico e forestale e con istituti distribuiti sul territorio.
2. Il Consiglio ha personalità giuridica di diritto pubblico ed è posto sotto la vigilanza del Ministero delle politiche agricole e forestali, di seguito denominato Ministero.
3. Il Consiglio è dotato di autonomia scientifica, statutaria, organizzativa, amministrativa e finanziaria.
4. Gli istituti scientifici e tecnologici e le relative sezioni operative, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 23 novembre 1967, n. 1318, e alla legge 6 giugno 1973, n. 306, e le altre istituzioni e strutture di ricerca incluse nell'allegato I al presente decreto, costituiscono, in prima attuazione, gli istituti del Consiglio, mantenendo la propria autonomia scientifica, amministrativa, contabile e finanziaria, nell'ambito delle disposizioni del presente decreto (1/a).
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(1/a) Vedi, anche, l'art. 4, comma 26, L. 24 dicembre 2003, n. 350.
2. Indirizzi e piano di attività.
1. Sulla base degli indirizzi definiti dal Ministro delle politiche agricole e forestali, di seguito denominato Ministro, sentiti i Ministri dell'industria, del commercio e dell'artigianato e dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica, la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, ed il Tavolo agroalimentare di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 1° febbraio 1999, e in coerenza con gli obiettivi del programma nazionale per la ricerca (PNR), di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 5 giugno 1998, n. 204, il Consiglio predispone un piano triennale di attività, aggiornabile annualmente, con cui determina obiettivi, priorità e risorse umane e finanziarie per l'intero periodo, tenuto conto anche dei programmi di ricerca dell'Unione europea e delle esigenze di ricerca e sperimentazione per lo sviluppo delle regioni. Il piano e gli aggiornamenti annuali sono approvati dal Ministro, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, entro sessanta giorni dalla loro ricezione, decorsi i quali, senza osservazioni, diventano esecutivi.
3. Finalità e attività.
1. Nei settori di cui all'articolo 1, comma 1, il Consiglio, attraverso i suoi istituti:
a) svolge, valorizza e promuove la ricerca scientifica e applicata e l'innovazione, anche attraverso attività di tipo sperimentale, nonché progetti e impianti pilota, anche al fine di promuovere uno sviluppo agricolo e rurale sostenibile e di utilizzare a scopi produttivi e di tutela le zone marginali e svantaggiate del territorio nazionale e i sistemi acquei;
b) individua processi produttivi e tecniche di gestione innovativi anche attraverso miglioramenti genetici ed applicazione e controllo delle biotecnologie;
c) fornisce consulenza ai Ministeri, alle regioni e province autonome, a loro richiesta, anche nel quadro di accordi di programma stipulati con gli stessi;
d) favorisce il processo di trasferimento dei risultati ottenuti alle imprese e collabora a tal fine con le regioni;
e) esegue ricerche a favore di imprese del settore agricolo, ittico e agroindustriale.
2. Le attività di cui al comma 1 sono svolte anche nel quadro della collaborazione scientifica e tecnologica con le università e loro strutture di ricerca, con gli istituti e laboratori del Consiglio nazionale delle ricerche (C.N.R.), con altri enti pubblici di ricerca e con le stazioni sperimentali per l'industria.
3. Il Consiglio collabora stabilmente, mediante convenzioni, con l'Istituto sperimentale italiano «Lazzaro Spallanzani» per la fisiopatologia della riproduzione e la fecondazione degli animali domestici, che svolge attività di rilevante interesse pubblico nel campo della ricerca sulla riproduzione e selezione animale.
4. Organi.
1. Sono organi del Consiglio:
a) il presidente;
b) il consiglio di amministrazione;
c) il consiglio dei dipartimenti (2);
d) il collegio dei revisori dei conti.
2. Il presidente ha la rappresentanza del Consiglio, ne sovrintende l'andamento, convoca e presiede il consiglio di amministrazione e il consiglio scientifico. Il presidente, scelto tra personalità di alta qualificazione scientifica e professionale, nei settori in cui opera l'ente, è nominato ai sensi dell'articolo 6, comma 2, del decreto legislativo 5 giugno 1998, n. 204.
3. Il consiglio di amministrazione ha compiti in materia amministrativa e finanziaria, di deliberazione dello statuto e dei regolamenti, dei bilanci, di riparto delle risorse finanziarie, di determinazione del fabbisogno di risorse umane e organizzative degli istituti e di verifica della compatibilità finanziaria dei piani e progetti di ricerca. È composto dal presidente e da sette esperti di alta qualificazione amministrativa, contabile o scientifica, nominati dal Ministro. Tre dei componenti sono designati dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano e uno dal Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. Il consiglio non può interferire sulle scelte di programmazione scientifica della ricerca. Alle sedute del consiglio partecipa, con funzioni consultive, il direttore generale di cui al comma 7 (3).
4. Il consiglio dei dipartimenti è l'organo di indirizzo e di coordinamento dell'attività scientifica del Consiglio ed elabora il piano triennale e gli aggiornamenti annuali di cui all'articolo 2. Il numero e la natura disciplinare dei dipartimenti e la composizione dell'organo sono determinati con lo statuto di cui all'articolo 7 (4).
5. Il collegio dei revisori dei conti svolge i compiti previsti dall'articolo 2403 del codice civile. Il collegio è composto da tre membri effettivi e due supplenti, nominati dal Ministro, di cui uno su designazione del Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica che assume le funzioni di presidente. I revisori devono essere iscritti nel registro di cui all'articolo 1 del decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 88, e successive modificazioni.
6. Il presidente e i componenti degli organi durano in carica quattro anni e sono rinnovabili una sola volta. I relativi compensi e quello del direttore generale sono determinati con decreto del Ministro, di concerto con il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica.
7. Il direttore generale è nominato dal presidente, su conforme parere del consiglio di amministrazione, tra esperti di elevata qualificazione professionale. Il rapporto di lavoro è regolato con contratto di diritto privato di durata massima quadriennale, rinnovabile una sola volta. Se dipendente pubblico, con esclusione dei professori e ricercatori universitari, è collocato nella posizione prevista dall'ordinamento di appartenenza o, in mancanza, si applica l'articolo 19, comma 6, ultimo periodo, del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, e successive modificazioni. Se ricercatore o professore universitario è collocato in aspettativa senza assegni. Il direttore generale è responsabile della gestione del Consiglio (5).
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(2) Lettera così sostituita dall'art. 14, L. 6 luglio 2002, n. 137.
(3) Comma così modificato dall'art. 14, L. 6 luglio 2002, n. 137.
(4) Comma così sostituito dall'art. 14, L. 6 luglio 2002, n. 137.
(5) Vedi, anche, l'art. 14, L. 6 luglio 2002, n. 137.
5. Direttori degli istituti.
1. Gli istituti del Consiglio sono diretti da un direttore nominato secondo le modalità previste nello statuto, con contratto di diritto privato di durata massima quadriennale, rinnovabile una sola volta.
2. Il direttore può stipulare convenzioni ed assumere impegni di spesa per conto dell'istituto diretto, nell'ambito delle risorse finanziarie assegnate dal consiglio di amministrazione. Tuttavia per gli impegni e le convenzioni che prevedono spese superiori a lire 300 milioni deve essere richiesta l'autorizzazione del consiglio di amministrazione. Tale misura è aggiornabile con le modalità indicate nello statuto.
3. Il direttore può stipulare convenzioni per realizzare collaborazioni con università e relativi dipartimenti e con enti pubblici di ricerca, anche al fine di affidare a queste strutture la guida scientifica di ricerche operate nell'istituto da lui diretto.
4. Il direttore predispone e trasmette al consiglio di amministrazione i conti annuali preventivi e consuntivi dell'istituto ed è responsabile dell'attività dell'istituto sia sul piano della ricerca e dei suoi risultati che su quello finanziario.
5. Il direttore, se dipendente pubblico, con esclusione dei professori e ricercatori universitari, è collocato nella posizione prevista dall'ordinamento di appartenenza o, in mancanza, si applica l'articolo 19, comma 6, ultimo periodo, del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, e successive modificazioni. Se professore o ricercatore universitario è collocato in aspettativa senza assegni.
6. Entrate.
1. Le entrate del Consiglio sono costituite da:
a) il contributo ordinario annuo a carico dello Stato, a valere su apposita unità previsionale di base dello stato di previsione del Ministero, per l'espletamento dei compiti previsti dal presente decreto e per le spese del personale;
b) il contributo per singoli progetti o interventi a carico del fondo integrativo speciale di cui all'articolo 1, comma 3, del decreto legislativo 5 giugno 1998, n. 204;
c) i compensi ottenuti da ciascun istituto per le attività di ricerca e di consulenza svolte a favore di soggetti pubblici e privati;
d) le assegnazioni di spesa finalizzate per progetti speciali da parte del Ministero o di altre amministrazioni pubbliche;
e) rendite del proprio patrimonio, fondi provenienti da lasciti, donazioni e contributi da parte di soggetti pubblici e privati;
f) i contributi alla ricerca provenienti dall'Unione europea;
g) i proventi di brevetti ottenuti a seguito dello svolgimento di ricerche realizzate dagli istituti;
h) ogni altra entrata.
2. Al fine di premiare la competitività degli istituti, il consiglio di amministrazione, in sede di riparto delle risorse finanziarie, provvede a riassegnare una congrua quota dei finanziamenti agli istituti che hanno concorso a procurarli.
3. Il patrimonio del Consiglio è costituito dal patrimonio degli istituti e strutture di cui all'allegato I. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto, ciascuno di essi provvede all'inventario dei beni e propone al Consiglio la dismissione di quelli che non sono funzionalmente necessari alla ricerca.
4. Il Consiglio subentra in tutti i diritti, oneri, beni, azioni e obbligazioni e comunque in tutti i rapporti giuridici attivi e passivi degli istituti di cui all'allegato I.
7. Statuto e regolamento.
1. Entro sei mesi dalla data del suo insediamento, il consiglio di amministrazione delibera lo statuto, il regolamento di amministrazione e contabilità ed il regolamento di organizzazione e funzionamento, con il quale è definita anche la dotazione organica del personale.
2. Lo statuto e i suddetti regolamenti sono trasmessi al Ministero, per l'approvazione di concerto con il Ministro per la funzione pubblica e il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano. Decorsi sessanta giorni senza osservazioni detti atti si considerano approvati (5/a).
3. In caso di mancata delibera, nel termine di cui al comma 1, dello statuto e dei regolamenti, il Ministro nomina un commissario con l'incarico di provvedere alla redazione degli atti mancanti.
4. Fino all'approvazione dello statuto e dei regolamenti, continuano ad applicarsi le disposizioni vigenti alla data di entrata in vigore del presente decreto.
5. Con lo statuto sono stabiliti i tempi e le modalità per la razionalizzazione della rete delle articolazioni territoriali mediante fusioni, trasformazioni, aggregazioni e soppressioni degli istituti, sezioni e delle altre strutture di cui all'allegato I, tenendo anche conto delle esigenze di equilibrata distribuzione degli stessi sul territorio e della loro specifica competenza scientifica, nonché delle necessità di potenziamento dei poli di eccellenza. Le deliberazioni al riguardo devono essere assunte previo parere del Consiglio scientifico, e sono approvate dal Ministero sentito il parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano e del Tavolo agro-alimentare.
6. Con uno o più decreti legislativi di cui all'articolo 11, comma 3, della legge 15 marzo 1997, n. 59, e successive modificazioni, nel rispetto dei princìpi generali indicati dall'articolo 14, comma 1, della legge stessa, può stabilirsi l'aggregazione al Consiglio di altri istituti pubblici operanti nel settore della ricerca in agricoltura, al fine di evitare duplicazioni e di aumentare l'efficacia del sistema.
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(5/a) In attuazione di quanto disposto dal presente comma vedi il D.M. 5 marzo 2004.
8. Disposizioni applicabili.
1. Al Consiglio sono estese le seguenti disposizioni del decreto legislativo 30 gennaio 1999, n. 19, intendendosi il CNR sostituito con il Consiglio e i suoi istituti ed il Ministero dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica sostituito con il Ministero delle politiche agricole e forestali:
a) articolo 2, comma 1, lettere c), e), g) ed h), in materia di funzioni;
b) articolo 3, in materia di strumenti;
c) articolo 5, in materia di comitato di valutazione;
d) articolo 6, comma 2, in materia di organici del personale;
e) articolo 7, comma 1, lettera a), n. 1), in materia di preventiva informativa del personale e lettera b), n. 2), in materia di strumentazione scientifica;
f) articolo 11, in materia di procedure di assunzione del personale e di disciplina del rapporto di lavoro;
g) articolo 12, in materia di mobilità temporanea del personale.
2. Al Consiglio si applica l'articolo 8, in materia di consorzi, del decreto legislativo concernente l'istituzione dell'Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia, norme su altri enti di competenza del Ministero dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica e sull'istituzione di consorzi.
3. Il Consiglio è inserito nella tabella A allegata alla legge 29 ottobre 1984, n. 720, e successive modificazioni ed integrazioni, e allo stesso si applica la normativa prevista dagli articoli 25 e 30 della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni.
9. Norme transitorie e finali.
1. Gli organi del Consiglio sono nominati entro quarantacinque giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto.
2. A decorrere dalla data di approvazione dello statuto dei regolamenti di cui all'articolo 7 sono soppressi tutti gli organismi preposti agli istituti inclusi nell'allegato I e cessano dall'incarico i direttori degli stessi.
3. A decorrere dalla data di cui al comma 2, il ruolo del personale degli istituti di ricerca e sperimentazione agraria del Ministero, di cui all'articolo 51 del decreto del Presidente della Repubblica n. 1318 del 1967, e successive modificazioni ed integrazioni, è soppresso e il personale è trasferito nel ruolo organico del Consiglio, mantenendo l'anzianità di servizio maturata e il profilo e livello acquisiti.
4. A decorrere dalla medesima data, i direttori di istituto e i direttori di sezione degli istituti e delle strutture di cui all'allegato I, in servizio alla data di entrata in vigore del presente decreto, sono inseriti nel ruolo di cui al comma 3, ed inquadrati, anche in soprannumero riassorbibile nel corrispondente livello del profilo professionale dei ricercatori del comparto della ricerca, mantenendo l'anzianità di servizio maturata e la retribuzione in godimento, se più favorevole.
5. Il personale assunto a tempo indeterminato dagli istituti di ricerca e sperimentazione agraria, in servizio alla data di entrata in vigore del presente decreto, è inquadrato nel ruolo di cui al comma 3, previa apposita verifica di professionalità, secondo modalità stabilite nel regolamento del personale. All'inquadramento nelle corrispondenti qualifiche e profili si provvede sulla base di un'apposita tabella di equiparazione predisposta dal Ministro, di concerto con il Ministro per la funzione pubblica e il Ministro del tesoro, dal bilancio e della programmazione economica. Nel medesimo ruolo e con le medesime modalità, è inquadrato il personale in servizio presso l'Istituto di sperimentazione per la pioppicoltura e presso le aziende annesse, iscritto nel ruolo unico transitorio di cui all'articolo 2, comma 2, del decreto-legge 21 giugno 1995, n. 240, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 1995, n. 337, e quello assunto a tempo indeterminato, dipendente dall'Istituto nazionale per l'apicoltura.
6. Il personale appartenente al ruolo del Ministero che presta servizio presso l'Ufficio centrale di ecologia agraria, il laboratorio di analisi entomologiche e il laboratorio centrale di idrobiologia o presso gli istituti di ricerca e sperimentazione agraria, compreso quello addetto al servizio controllo vivai, può, a domanda, da presentarsi entro tre mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto, essere inquadrato nel ruolo del Consiglio, di cui al comma 3, sulla base di apposita tabella di equiparazione, mantenendo l'anzianità di servizio maturata.
7. Per i primi tre anni, in tutte le assunzioni disposte dal Consiglio, il 50 per cento dei posti è riservato in favore del personale assunto a tempo determinato presso gli istituti di cui all'allegato I che ha prestato servizio per almeno due anni negli ultimi cinque anni alla data di entrata in vigore del presente decreto.
8. Il personale operaio in servizio presso gli istituti di cui all'allegato I con più di centocinquantuno giornate annue, in servizio da almeno cinque anni, è inquadrato nei ruoli del Consiglio previa apposita verifica di professionalità.
9. A decorrere dalla data di cui al comma 2, le risorse finanziarie stanziate nello stato di previsione del Ministero relative al trattamento economico del personale, nonché quelle relative alle attività istituzionali degli istituti e strutture indicati nell'allegato I sono trasferite al Consiglio. Si applica l'articolo 1, comma 43, della legge n. 549 del 1995.
10. Sono abrogati, il decreto del Presidente della Repubblica 23 novembre 1967, n. 1318, la legge 6 giugno 1973, n. 306, e gli articoli da 305 a 312 del decreto del Presidente della Repubblica 10 gennaio 1957, n. 3, ad eccezione degli articoli 310, primo, secondo e terzo comma e 311 nei confronti dei direttori di istituto in servizio da almeno dieci anni alla data di entrata in vigore del presente decreto, nonché ogni altra norma incompatibile con il presente decreto.
TITOLO II
10. Riordino dell'I.N.E.A.
1. L'Istituto nazionale di economia agraria (I.N.E.A.), con sede legale in Roma, di seguito denominato Istituto, di cui al regio decreto 10 maggio 1928, n. 1418, è ente di ricerca di diritto pubblico sottoposto alla vigilanza del Ministero.
2. L'Istituto è dotato di autonomia scientifica, statutaria, organizzativa, amministrativa e finanziaria.
3. L'Istituto fa parte del sistema statistico nazionale (SISTAN), ai sensi del decreto legislativo 6 settembre 1989, n. 322.
4. L'Istituto, nel rispetto degli obiettivi del programma nazionale per la ricerca (PNR), di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 5 giugno 1998, n. 204, svolge attività di ricerca socio-economica in campo agricolo, agro-industriale, forestale e della pesca, in ambito nazionale, comunitario ed internazionale, al fine di concorrere all'elaborazione delle linee di politica agricola, agro-industriale e forestale nazionali. L'Istituto presenta annualmente al Ministro un rapporto sullo stato dell'agricoltura.
5. L'Istituto inoltre realizza indagini ed analisi finalizzate all'impatto delle politiche agricole, agro-alimentari e del mondo rurale; svolge i compiti previsti dal decreto del Presidente della Repubblica 30 dicembre 1965, n. 1708, sulla rete di informazione contabile agricola (RICA); promuove, attraverso borse di studio da assegnare a centri di ricerca universitari, ad organismi scientifici e ad altri enti, d'intesa con il Ministero dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica, la formazione post-laurea di giovani nel campo della ricerca economica applicata al settore agricolo, agro-alimentare ed alle relative politiche; diffonde i risultati della propria attività. L'Istituto svolge funzioni di supporto all'applicazione delle politiche agro-alimentari, agro-industriali e di sviluppo rurale, nell'interesse delle regioni e delle province autonome, degli enti locali e delle altre pubbliche amministrazioni.
6. Per il raggiungimento delle sue finalità l'Istituto promuove attività di ricerca in collaborazione con le università e altre istituzioni scientifiche, nazionali, comunitarie e internazionali, anche istituendo borse di studio.
7. L'Istituto, in coerenza con gli obiettivi del programma nazionale della ricerca (PNR), di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 5 giugno 1998, n. 204, predispone un piano triennale di attività aggiornabile annualmente con cui determina obiettivi, priorità e risorse e lo trasmette per l'approvazione al Ministero, che provvede a sentire la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano. Decorsi sessanta giorni, senza osservazioni, il piano diventa esecutivo (6).
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(6) Vedi, anche, l'art. 14, L. 6 luglio 2002, n. 137.
11. Riordino dell'Istituto nazionale della nutrizione.
1. L'Istituto nazionale della nutrizione, di cui alla legge 6 marzo 1958, n. 199, è trasformato in Istituto nazionale di ricerca per gli alimenti e la nutrizione (INRAN), con sede in Roma, di seguito denominato Istituto. L'Istituto è ente di ricerca di diritto pubblico sottoposto alla vigilanza del Ministero.
2. L'Istituto è dotato di autonomia scientifica, statutaria, organizzativa, amministrativa e finanziaria.
3. L'Istituto subentra in tutti i diritti, gli oneri, il patrimonio, le azioni, le obbligazioni e comunque in tutti i rapporti giuridici attivi e passivi dell'Istituto nazionale della nutrizione.
4. L'istituto svolge attività di ricerca, informazione e promozione nel campo degli alimenti e della nutrizione, ai fini della tutela del consumatore e del miglioramento qualitativo delle produzioni agro-alimentari. In particolare, l'Istituto promuove e sviluppa attività di ricerca sulla qualità, nonché sulla sicurezza degli alimenti in collaborazione con l'Istituto superiore della sanità, finalizzate alla certificazione, etichettatura nutrizionale e valorizzazione delle specificità dei prodotti nazionali, nonché allo sviluppo delle applicazioni biotecnologiche nel settore agro-alimentare.
5. L'Istituto promuove inoltre l'educazione nutrizionale ed alimentare, anche mediante la preparazione e diffusione periodica di linee guida, di raccomandazioni nutrizionali e di tabelle di composizione degli alimenti.
6. Per il raggiungimento delle sue finalità l'Istituto promuove attività di ricerca in collaborazione con le università e altre istituzioni scientifiche, nazionali, comunitarie e internazionali, anche istituendo borse di studio.
7. L'istituto, in coerenza con gli obiettivi del programma nazionale della ricerca (PNR), di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 5 giugno 1998, n. 204, predispone un piano triennale di attività aggiornabile annualmente con cui determina obiettivi, priorità e risorse e lo trasmette per l'approvazione al Ministero, che provvede a sentire la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano. Decorsi sessanta giorni, senza osservazioni, il piano diventa esecutivo (7).
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(7) Vedi, anche, l'art. 14, L. 6 luglio 2002, n. 137.
12. Riordino dell'ENSE.
1. L'Ente nazionale delle sementi elette (ENSE), di cui all'articolo 23 della legge 25 novembre 1971, n. 1096, e al decreto del Presidente della Repubblica 1° aprile 1978, n. 247, di seguito denominato Ente, con sede in Milano, è ente di diritto pubblico, sottoposto alla vigilanza del Ministero.
2. L'Ente ha autonomia scientifica, statutaria, organizzativa, amministrativa e finanziaria.
3. L'Ente, avvalendosi di sezioni o laboratori periferici, svolge i compiti derivanti dall'applicazione delle norme che disciplinano la produzione e la commercializzazione dei prodotti sementieri ed in particolare quelli di:
a) certificazione ufficiale dei prodotti sementieri, anche in conformità delle normative regolanti le certificazioni;
b) analisi e controlli qualitativi delle piantine di ortaggi e dei relativi materiali di moltiplicazione, su richiesta dei servizi fitosanitari regionali ai sensi dell'articolo 4 del decreto del Presidente della Repubblica 21 dicembre 1996, n. 698;
c) esami tecnici per il riconoscimento varietale e brevettuale delle novità vegetali di specie agrarie e ortive, prove di controllo, anche previste dalle norme comunitarie e per l'iscrizione nel registro nazionale delle varietà vegetali;
d) studi e ricerche di nuove varietà e messa a punto di nuove metodologie per la valutazione tecnologica e varietale delle sementi (8).
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(8) Vedi, anche, l'art. 14, L. 6 luglio 2002, n. 137.
13. Riordino del Centro di specializzazione e ricerche economiche-agrarie per il Mezzogiorno.
1. Il Centro di specializzazione e ricerche economico-agrarie per il Mezzogiorno, di cui alla legge 4 giugno 1984, n. 194, è trasformato in Centro per la formazione in economia e politica dello sviluppo rurale, di seguito denominato Centro, con sede in Portici (Napoli). Il Centro è ente di diritto pubblico sottoposto alla vigilanza del Ministero.
2. Il Centro svolge attività di formazione specialistica nell'economia e politica dell'agricoltura. L'attività è diretta in particolare alla formazione tecnica superiore, di cui all'articolo 69 della legge 17 maggio 1999, n. 144; alla qualificazione e all'aggiornamento, a richiesta, dei dirigenti delle amministrazioni pubbliche e dei loro rappresentanti negli organismi e nelle istituzioni nazionali e internazionali; alla formazione post-laurea, anche attraverso la collaborazione a dottorati di ricerca universitari, italiani e internazionali.
3. Il Centro può partecipare a progetti di ricerca con altre istituzioni italiane ed internazionali, al fine di assicurare il livello delle attività formative e il necessario aggiornamento del personale scientifico e tecnico.
4. Ai sensi del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, e successive modificazioni ed integrazioni, viene definito il comparto di appartenenza del personale del Centro (9).
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(9) Vedi, anche, l'art. 14, L. 6 luglio 2002, n. 137.
14. Organi dell'I.N.E.A., dell'INRAN, dell'ENSE e del Centro di Portici.
1. Sono organi degli enti di cui agli articoli 10, 11, 12 e 13:
a) il presidente;
b) il consiglio di amministrazione;
b-bis) il consiglio scientifico (10);
c) il collegio dei revisori dei conti.
2. Il presidente ha la rappresentanza legale dell'ente, sovrintende al suo funzionamento e vigila sulla esecuzione delle deliberazioni del consiglio di amministrazione. Il presidente, scelto tra personalità di alta qualificazione scientifica nelle discipline oggetto delle attività di ricerca degli enti, è nominato ai sensi dell'articolo 6, comma 2, del decreto legislativo 5 giugno 1998, n. 204 (11).
3. Il consiglio di amministrazione esercita tutte le competenze per l'amministrazione dell'ente che non sono espressamente riservate ad altri organi. Esso, per gli istituti di cui agli articoli 10 e 11, è composto dal presidente e da quattro membri, nominati con decreto del Ministro, di cui due designati dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano. Del consiglio di amministrazione dell'ENSE fanno parte, oltre al presidente ed i quattro membri nominati con le procedure suindicate, anche un rappresentante della categoria dei costitutori, un rappresentante per ciascuna delle due associazioni maggiormente rappresentative della categoria dei sementieri e un rappresentante della categoria dei moltiplicatori. Del consiglio di amministrazione del Centro fanno parte, oltre al presidente, quattro membri nominati con decreto del Ministro, di cui uno designato dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, uno designato dalla Società italiana degli economisti agrari e uno designato dall'Università degli studi «Federico II» di Napoli. Il consiglio di amministrazione può delegare ad uno o più componenti funzioni specifiche. Alle sedute del consiglio di amministrazione partecipa, con funzioni consultive, il direttore generale dell'ente, di cui al comma 6 (12).
3-bis. Il consiglio scientifico è l'organo di indirizzo, di coordinamento e di controllo delle attività di ricerca degli istituti ed è costituito dal presidente e da due membri nominati dal Ministro, di cui uno designato dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano (13).
4. Il collegio dei revisori dei conti esplica il controllo sull'attività dell'ente ai sensi della normativa vigente. È composto da tre membri effettivi e due supplenti nominati con decreto del Ministro. Il presidente e un membro supplente sono designati dal Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica. I revisori devono essere iscritti nel registro di cui all'articolo 1 del decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 88, e successive modificazioni.
5. I componenti degli organi dell'ente durano in carica quattro anni e sono rinnovabili una sola volta. I relativi compensi e quelli del direttore generale sono determinati con decreto del Ministro, di concerto con il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica.
6. Il direttore generale è nominato da consiglio di amministrazione su proposta del presidente tra esperti di elevata qualificazione professionale in campo scientifico, amministrativo o aziendale. Il rapporto di lavoro è regolato con contratto di diritto privato di durata massima quadriennale, rinnovabile una sola volta. Se dipendente pubblico, con esclusione dei professori e ricercatori universitari, è collocato nella posizione prevista dall'ordinamento di appartenenza o, in mancanza, si applica l'articolo 19, comma 6, ultimo periodo, del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, e successive modificazioni. Se ricercatore o professore universitario è collocato in aspettativa senza assegni. Il direttore generale è responsabile della gestione dell'ente.
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(10) Lettera aggiunta dall'art. 14, L. 6 luglio 2002, n. 137.
(11) Comma così modificato dall'art. 14, L. 6 luglio 2002, n. 137.
(12) Comma così modificato dall'art. 14, L. 6 luglio 2002, n. 137.
(13) Comma aggiunto dall'art. 14, L. 6 luglio 2002, n. 137.
15. Entrate.
1. Le entrate degli enti di cui agli articoli 10, 11, 12 e 13 sono costituite:
a) da un contributo ordinario annuo a carico dello Stato a valere su apposita unità previsionale di base dello stato di previsione del Ministero, per l'espletamento dei compiti previsti nel presente decreto;
b) da contributi per singoli progetti o interventi a carico del fondo integrativo speciale di cui all'articolo 1, comma 3, del decreto legislativo 5 giugno 1998, n. 204;
c) da contributi di enti pubblici o privati;
d) dai proventi derivanti da contratti di ricerca stipulati con istituzioni pubbliche o private, nazionali o internazionali;
e) da proventi derivanti da prestazioni a pagamento per conto di soggetti o enti pubblici e privati per lo svolgimento di studi e ricerche o per altre attività svolte nell'ambito dei propri compiti istituzionali;
f) dalle eventuali rendite del proprio patrimonio;
g) da ogni altra entrata.
16. Statuto e regolamenti.
1. Entro sei mesi dalla data del suo insediamento, il consiglio di amministrazione degli enti di cui agli articoli 10, 11, 12 e 13, delibera lo statuto, il regolamento di amministrazione e contabilità ed il regolamento di organizzazione e funzionamento, con il quale è definita anche la dotazione organica del personale.
2. Lo statuto e i suddetti regolamenti sono trasmessi al Ministero, per l'approvazione di concerto con il Ministro per la funzione pubblica e il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano. Decorsi sessanta giorni senza osservazioni detti atti si considerano approvati (13/a).
3. La dotazione organica del personale è deliberata dal consiglio di amministrazione e approvata con decreto del Ministro, di concerto con il Ministro per la funzione pubblica e il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica.
4. In caso di mancata delibera, nel termine di cui al comma 1, dello statuto e dei regolamenti, il Ministro nomina un commissario con l'incarico di provvedere alla redazione degli atti mancanti.
5. Fino all'approvazione dello statuto e dei regolamenti, continuano ad applicarsi le disposizioni vigenti alla data di entrata in vigore del presente decreto.
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(13/a) Lo statuto dell'Istituto nazionale di ricerca per gli alimenti e la nutrizione-I.N.R.A.N. di Roma è stato approvato con D.M. 21 maggio 2004.
17. Norme finali e transitorie.
1. Gli enti di cui agli articoli 10, 11, 12 e 13 possono stipulare, per lo svolgimento delle proprie attività, convenzioni con enti pubblici e privati e contratti professionali con esperti del settore.
2. Agli enti predetti si applicano le disposizioni indicate nell'articolo 8, intendendosi il CNR sostituito con ciascun ente e il Ministero dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica con il Ministero delle politiche agricole e forestali.
3. Fino all'insediamento degli organi previsti dal presente decreto, restano in carica e continuano ad esercitare le funzioni loro attribuite, gli organi previsti dal previgente ordinamento.
4. La nomina dei componenti dei suddetti organi deve avvenire entro quarantacinque giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto.
Allegato I (14)
Gli istituti, con le relative sezioni, cui si applica il presente decreto, sono i seguenti:
Istituto sperimentale agronomico;
Istituto sperimentale per studio e difesa del suolo;
Istituto sperimentale per la nutrizione delle piante;
Istituto sperimentale per la zoologia agraria;
Istituto sperimentale per la patologia vegetale;
Istituto sperimentale per la meccanizzazione agricola;
Istituto sperimentale per la valorizzazione tecnologica dei prodotti agricoli;
Ufficio centrale di ecologia agraria;
Laboratorio centrale di idrobiologia;
Gabinetto di analisi entomologiche;
Istituto nazionale per l'apicoltura;
Istituto sperimentale per la cerealicoltura;
Istituto sperimentale per le colture industriali;
Istituto sperimentale per la floricoltura;
Istituto sperimentale per l'orticoltura;
Istituto sperimentale per il tabacco;
Istituto sperimentale per l'agrumicoltura;
Istituto sperimentale per l'olivicoltura;
Istituto sperimentale per l'elaiotecnica;
Istituto sperimentale per la viticoltura;
Istituto sperimentale per l'enologia;
Istituto sperimentale per la frutticoltura;
Istituto sperimentale per l'assestamento forestale;
Istituto sperimentale per la selvicoltura;
Istituto di sperimentazione per la pioppicoltura;
Istituto sperimentale per le colture foraggere;
Istituto sperimentale per la zootecnia;
Istituto sperimentale lattiero-caseario.
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(14) Vedi, anche, l'art. 25 dello statuto approvato con D.M. 5 marzo 2004.
L.
23 dicembre 1999, n. 499
Razionalizzazione
degli interventi nei settori agricolo, agroalimentare, agroindustriale e forestale.
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(1) Pubblicata nella Gazz. Uff. 30 dicembre 1999, n. 305.
(omissis)
2. Dotazioni finanziarie e procedure di programmazione.
1. Per le finalità di cui all'articolo 1, per il quadriennio 1999-2002, sono destinate le risorse finanziarie recate specificamente dalla presente legge, nonché i fondi che le regioni iscrivono autonomamente nei propri bilanci, quelli erogati dal Fondo di rotazione di cui all'articolo 5 della legge 16 aprile 1987, n. 183, per l'attuazione dei regolamenti comunitari a fini strutturali, quelli recati annualmente dalla legge finanziaria e destinati alle competenze regionali nei settori agricolo, agroalimentare, agroindustriale e forestale, quelli di competenza statale destinati in particolare ai settori dell'irrigazione, dell'agroindustria e del riordino fondiario, per l'attuazione di programmi di interventi in settori specifici, e quelli previsti dal Fondo per lo sviluppo della meccanizzazione in agricoltura di cui all'articolo 12 della legge 27 ottobre 1966, n. 910 (1/cost).
2. I fondi specificamente recati dalla presente legge, per le finalità di cui all'articolo 1, per il periodo 1999-2002, ammontano a lire 499,3 miliardi per l'anno 1999, a lire 99,1 miliardi per l'anno 2000 e a lire 101,1 miliardi per ciascuno degli anni 2001 e 2002 (1/a).
3. Per l'anno 1999, i fondi stanziati dalla presente legge sono destinati quanto a lire 250 miliardi al finanziamento dei regimi di aiuto previsti dal decreto legislativo 30 aprile 1998, n. 173, e quanto a lire 249,3 miliardi alle altre iniziative contemplate dall'articolo 1, comma 3, della legge 2 dicembre 1998, n. 423, con le procedure dallo stesso previste.
4. Per i fondi stanziati a decorrere dall'anno 2000, entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, il Ministro delle politiche agricole e forestali, in coerenza con i vincoli posti dagli accordi internazionali e dalla politica agricola dell'Unione europea e con le indicazioni del Documento di programmazione economico-finanziaria e sulla base della Piattaforma programmatica di politica agricola nazionale, definisce le linee di indirizzo e coordinamento per gli interventi da realizzare nei settori agricolo, agroindustriale, agroalimentare e forestale, nonché le indicazioni per l'omogenea redazione dei programmi regionali di intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano. Sono fatte salve le attribuzioni del Ministero del commercio con l'estero e dell'Istituto nazionale per il commercio estero in materia di attività promozionale all'estero di rilievo nazionale e di internazionalizzazione delle imprese (1/cost).
5. Le somme di cui ai commi 1 e 2 sono destinate a finanziare gli interventi previsti dal Documento programmatico agricolo, agroalimentare, agroindustriale e forestale nazionale, di seguito denominato «Documento programmatico agroalimentare», che il Ministro delle politiche agricole e forestali, sentite le organizzazioni professionali agricole, nonché le organizzazioni cooperative, le organizzazioni sindacali degli operatori agricoli, le associazioni dei produttori e dei consumatori e le organizzazioni agroindustriali di settore, e sentita, altresì, la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, presenta, entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, previa espressione del parere da parte delle competenti Commissioni parlamentari, al Comitato interministeriale per la programmazione economica (CIPE), ai fini della verifica della coerenza con la programmazione generale e della relativa approvazione. L'approvazione del Documento programmatico agroalimentare da parte del CIPE comporta la contestuale attribuzione dei fondi di cui al comma 2 (1/cost).
6. Il Documento programmatico agroalimentare, di durata triennale, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano e previa espressione del parere da parte delle competenti Commissioni parlamentari, può essere adeguato ogni anno, entro sessanta giorni dall'approvazione del Documento di programmazione economico-finanziaria, tenendo conto delle evoluzioni intervenute nelle normative comunitarie di settore; analogamente si potrà procedere alla revisione dell'attribuzione dei fondi di cui al comma 2 (1/cost).
7. Il Documento programmatico agroalimentare è costituito:
a) dai programmi agricoli, agroalimentari, agroindustriali e forestali, nonché di sviluppo rurale predisposti da ogni singola regione e provincia autonoma, di seguito denominati «programmi agricoli regionali»;
b) dai programmi di formazione professionale, volti ad agevolare l'inserimento di giovani nel settore primario, realizzati dalle regioni e dalle province autonome di intesa con istituti di istruzione secondaria, professionale e facoltà universitarie ad indirizzo agricolo-forestale e agroindustriale delle università degli studi, e dagli interventi a favore della imprenditorialità giovanile;
c) dai programmi interregionali o dalle azioni comuni riguardanti l'insieme delle regioni e delle province autonome, da realizzare in forma cofinanziata;
d) dalle attività realizzate dal Ministero delle politiche agricole e forestali ai sensi del decreto legislativo 4 giugno 1997, n. 143;
e) dagli interventi pubblici e dalle azioni di sostegno previsti dal decreto legislativo 30 aprile 1998, n. 173, e dalle misure di razionalizzazione del settore;
f) dai programmi di interventi predisposti dalla società Sviluppo Italia e da altre strutture operanti a livello nazionale nel settore agricolo, agroalimentare, agroindustriale e forestale (1/cost).
8. Per il primo anno di attuazione i programmi agricoli regionali potranno essere sostituiti dai documenti di programmazione agricola, agroalimentare, agroindustriale e forestale, nonché di sviluppo rurale cui la programmazione regionale fa riferimento.
9. In mancanza della presentazione di uno o più programmi agricoli regionali o di uno o più documenti di cui al comma 8, alla loro predisposizione si provvede ai sensi dell'articolo 5 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112 (1/cost).
10. I regimi di aiuto contenuti nel Documento programmatico agroalimentare, entro quindici giorni dalla approvazione di quest'ultimo sono notificati alla Commissione delle Comunità europee, e costituiscono il riferimento in ordine a quanto stabilito dagli articoli 87 e 88 del Trattato che istituisce la Comunità europea, come modificato dal Trattato di Amsterdam di cui alla legge 16 giugno 1998, n. 209. Analogamente si provvede per la notifica di eventuali modifiche (1/cost).
1. Il Ministro delle politiche agricole e forestali, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, presenta annualmente al CIPE ed al Parlamento un rapporto sullo stato di attuazione degli interventi previsti dalla presente legge e sullo stato dell'agricoltura italiana.
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(1/cost) La Corte costituzionale, con sentenza 23 maggio-4 giugno 2003, n. 186 (Gazz. Uff. 11 giugno 2003, n. 23, 1ª Serie speciale), ha dichiarato non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 2, commi 1, 4, 5, 6 e 7, proposte dalla Provincia autonoma di Trento, in riferimento agli articoli 8, numeri 21 e 29; 9, numero 8; 16; da 69 a 85 del D.P.R. 31 agosto 1972, n. 670, agli articoli 2, 3 e 4 del decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 266 e ai princìpi costituzionali in materia di funzione di indirizzo e coordinamento, con il ricorso indicato in epigrafe;
ha inoltre dichiarato inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 2, commi 9 e 10, proposte dalla Provincia autonoma di Trento, in riferimento all'articolo 4 del decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 266.
(1/a) Per l'incremento dello stanziamento previsto dal presente comma vedi l'art. 15, L. 27 marzo 2001, n. 122.
(1/cost) La Corte costituzionale, con sentenza 23 maggio-4 giugno 2003, n. 186 (Gazz. Uff. 11 giugno 2003, n. 23, 1ª Serie speciale), ha dichiarato non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 2, commi 1, 4, 5, 6 e 7, proposte dalla Provincia autonoma di Trento, in riferimento agli articoli 8, numeri 21 e 29; 9, numero 8; 16; da 69 a 85 del D.P.R. 31 agosto 1972, n. 670, agli articoli 2, 3 e 4 del decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 266 e ai princìpi costituzionali in materia di funzione di indirizzo e coordinamento, con il ricorso indicato in epigrafe;
ha inoltre dichiarato inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 2, commi 9 e 10, proposte dalla Provincia autonoma di Trento, in riferimento all'articolo 4 del decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 266.
D.L.
11 gennaio 2001, n. 1
Disposizioni
urgenti per la distruzione del materiale specifico a rischio per encefalopatie
spongiformi bovine e delle proteine animali ad alto rischio, nonché per
l'ammasso pubblico temporaneo delle proteine animali a basso rischio. Ulteriori
interventi urgenti per fronteggiare l'emergenza derivante dall'encefalopatia
spongiforme bovina
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(1) Pubblicato nella Gazz. Uff. 11 gennaio 2001, n. 8 e convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, L. 9 marzo 2001, n. 49 (Gazz. Uff. 12 marzo 2001, n. 59), entrata in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione. Il comma 2 dello stesso articolo 1 ha abrogato il D.L. 14 febbraio 2001, n. 8 ed ha disposto che restano validi gli atti ed i provvedimenti adottati e sono fatti salvi gli effetti prodottisi ed i rapporti giuridici sorti sulla base del medesimo decreto-legge n. 8 del 2001.
(2) Titolo così modificato dalla legge di conversione 9 marzo 2001, n. 49.
(1/circ) Con riferimento al presente provvedimento è stata emanata la seguente circolare:
- Ministero della sanità: Circ. 25 gennaio 2001.
(omissis)
7-bis. Fondo per l'emergenza BSE.
1. Al fine di assicurare la realizzazione di interventi urgenti diretti a fronteggiare l'emergenza nel settore zootecnico causata dall'encefalopatia spongiforme bovina (BSE), è istituito un Fondo, denominato: «Fondo per l'emergenza BSE», con dotazione pari a lire 300 miliardi per l'anno 2001, da iscrivere in apposita unità previsionale di base dello stato di previsione del Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica.
2. Le disponibilità del Fondo sono destinate al finanziamento di:
a) interventi a carico dello Stato, anche riferiti al peso delle carcasse, per la macellazione, il trasporto e lo smaltimento di bovini di età superiore a trenta mesi, abbattuti ai sensi del regolamento (CE) n. 2777/2000 della Commissione, del 18 dicembre 2000;
b) interventi per assicurare, in conformità all'articolo 87, comma 2, lettera b), del Trattato istitutivo della Comunità europea, l'agibilità degli impianti di allevamento compromessa dall'imprevista permanenza dei capi in azienda e per evitare l'interruzione dell'attività agricola ed i conseguenti danni economici e sociali. A tale fine nei limiti della dotazione del Fondo, viene erogato, a titolo di compensazione, un indennizzo fino al 30 giugno 2001 da corrispondere previa attestazione della macellazione, avvenuta a decorrere dal 12 gennaio 2001, del bovino detenuto in azienda per almeno cinque mesi, fino a lire 150.000 per i bovini di età compresa fra i 6 e i 12 mesi, a lire 300.000 per i bovini di età compresa fra i 12 e i 18 mesi, a lire 450.000 per i bovini di età compresa fra i 18 e i 24 mesi e a lire 550.000 per i bovini di età compresa fra i 24 ed i 30 mesi (11/a);
c) indennità per il riavviamento di aziende zootecniche nelle quali si sia verificato l'abbattimento di capi bovini a seguito della rilevazione positiva di presenza di BSE nell'azienda medesima. L'indennità è concessa entro il limite di lire 1 milione per ogni bovino riacquistato, sino al limite massimo di lire 500 milioni per ogni azienda;
d) contributi e spese per la distruzione di materiali specifici a rischio, ivi inclusa la colonna vertebrale di bovini di età superiore a 12 mesi, di materiale ad alto e basso rischio e di prodotti derivati;
e) un indennizzo, fino a lire 240.000 a capo, corrisposto per i bovini morti in azienda da avviare agli impianti di pretrattamento e successiva distruzione, a copertura dei costi di raccolta e trasporto.
3. In sede di prima applicazione, il Fondo è, in via provvisoria, e con riferimento alle lettere di cui al comma 2, così ripartito: a) lire 50 miliardi; b) lire 51 miliardi; c) lire 1 miliardo; d) lire 48 miliardi; e) lire 5 miliardi. Con successive determinazioni, adottate dal commissario straordinario del Governo per il coordinamento dell'emergenza conseguente alla encefalopatia spongiforme bovina, d'intesa con i Ministri del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, delle politiche agricole e forestali e della sanità, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, si provvede alle ulteriori ripartizioni, sulla base delle effettive esigenze, tra i vari interventi di cui al presente articolo (11/b).
4. L'Agenzia è incaricata della erogazione dei finanziamenti, secondo le modalità stabilite dal presente articolo, sia in sede di prima applicazione, sia successivamente, in conformità alle determinazioni adottate dal commissario straordinario del Governo. A tale fine, il Fondo è versato, nel rispetto delle norme sulla tesoreria unica, al bilancio dell'Agenzia stessa ed erogato secondo le norme stabilite dal regolamento di amministrazione e contabilità di quest'ultima.
5. L'Agenzia provvede alla rendicontazione delle spese secondo le indicazioni fornite dal Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, di concerto con il Ministero della sanità e con il Ministero delle politiche agricole e forestali.
6. L'Agenzia, nei limiti della dotazione del Fondo, provvede all'incenerimento o al coincenerimento delle proteine animali trasformate destinate all'ammasso pubblico di cui all'articolo 2 predisponendo a tale scopo uno specifico programma operativo. I titolari degli impianti di incenerimento sono obbligati ad accettare le proteine animali trasformate e ottenute da materiali a basso rischio, così come definiti dall'articolo 5 del decreto legislativo 14 dicembre 1992, n. 508, ivi incluse quelle oggetto dell'ammasso pubblico di cui all'articolo 2, comma 1, del presente decreto. Tale obbligo non sussiste qualora gli impianti siano dichiarati tecnicamente inidonei dalle regioni o province autonome. L'obbligo di accettazione sussiste altresì per i titolari degli impianti per la produzione di leganti idraulici a ciclo completo. L'Agenzia può disporre che i materiali conferiti o da conferire all'ammasso siano immediatamente inceneriti o coinceneriti. Qualora non si provveda direttamente, l'Agenzia corrisponde, nei limiti della dotazione del Fondo, uno specifico rimborso forfettario ai soggetti che assicurano la distruzione dei prodotti conferiti o da conferire.
7. Alla dotazione del Fondo, determinata in lire 300 miliardi per l'anno 2001, si provvede:
a) quanto a lire 170 miliardi mediante utilizzo per pari importo dell'autorizzazione di spesa recata per l'anno 2000 dall'articolo 3, comma 1, della legge 23 dicembre 1999, n. 499, come integrata dall'articolo 52, comma 10, della legge 23 dicembre 2000, n. 388. Detto importo viene versato all'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnato all'apposita unità previsionale di base dello stato di previsione del Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica;
b) quanto a lire 130 miliardi mediante riduzione dell'autorizzazione di spesa recata dall'articolo 50, comma 1, lettera c), della legge 23 dicembre 1998, n. 448, come definita nella tabella D della legge 23 dicembre 2000, n. 388.
8. Il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio (12).
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(11/a) Lettera così modificata dal comma 7 dell'art. 1, D.L. 19 aprile 2002, n. 68. Vedi, anche, l'art. 66, comma 1, L. 28 dicembre 2001, n. 448 e l'art. 1, D.L. 25 gennaio 2002, n. 4 non convertito in legge.
(11/b) Alla ripartizione del fondo di cui al presente comma si è provveduto con Det. 7 novembre 2001 (Gazz. Uff. 3 gennaio 2002, n. 2).
(12) Articolo aggiunto dalla legge di conversione 9 marzo 2001, n. 49.
Trattato
25-03-1957
Trattato che istituisce la Comunità
europea dell'energia atomica (EURATOM). Trattato firmato a Roma il 25 marzo
1957 ed entrato in vigore il 1° gennaio 1958. Ratificato con legge 14 ottobre
1957, n. 1203 pubblicata nella G.U. 23 dicembre 1957, n. 317, S.O.(artt. 87-89)
(omissis)
87. Gli Stati membri, persone o imprese hanno, sulle materie fissili speciali di cui siano venuti regolarmente in possesso, il più ampio diritto di utilizzazione e di consumo, fatti salvi gli obblighi loro derivanti dalle disposizioni del presente Trattato, specie per quanto riguarda il controllo di sicurezza, il diritto di opzione riconosciuto all'Agenzia e la protezione sanitaria.
88. Un conto speciale, detto conto finanziario delle materie fissili speciali, è tenuto a cura dell'Agenzia, a nome della Comunità.
89. 1. Nel conto finanziario delle materie fissili speciali:
a) è portato a credito della Comunità e a debito dello Stato membro, della persona o dell'impresa beneficiari, il controvalore delle materie fissili speciali lasciate o messe a disposizione di tale Stato, persona o impresa;
b) è portato a debito della Comunità e a credito dello Stato membro, della persona o dell'impresa fornitrice, il controvalore delle materie fissili speciali prodotte o importate da tale Stato, persona o impresa, e che diventano proprietà della Comunità. Si effettua una scritturazione analoga quando uno Stato membro, una persona o una impresa restituisce materialmente alla Comunità delle materie fissili speciali in precedenza lasciate o messe a disposizione di tale Stato, persona o impresa.
2. Le oscillazioni di valore dei quantitativi di materie fissili speciali sono tradotte in termini contabili in modo che non possano determinare per la Comunità né perdite né benefici. I rischi sono a carico o a vantaggio dei detentori.
3. I saldi risultati dalle operazioni suddette sono immediatamente esigibili a richiesta del creditore.
4. Ai fini dell'applicazione del presente Capo, l'Agenzia è considerata alla stregua di un'impresa in ordine alle operazioni fatte per suo proprio conto.
Reg. (CE) n. 1251/1999 del 17 maggio 1999
Regolamento del Consiglio che istituisce un regime di
sostegno a favore dei coltivatori di taluni seminativi
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(1) Pubblicato nella G.U.C.E. 26 giugno 1999, n. L 160. Entrato in vigore il 3 luglio 1999.
(2) Vedi, per le modalità di applicazione del presente regolamento, il regolamento (CE) n. 2316/1999 ed il regolamento (CE) n. 2461/1999.
(3) Il presente regolamento è stato abrogato dall'articolo 153 del regolamento (CE) n. 1782/2003, con decorrenza indicata nello stesso articolo.
[Il Consiglio dell'Unione europea,
visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare gli articoli 36 e 37,
vista la proposta della Commissione (4),
visto il parere del Parlamento europeo (5),
visto il parere del Comitato economico e sociale (6),
visto il parere del Comitato delle regioni (7),
visto il parere della Corte dei conti (8),
(1) considerando che la politica agraria comune si prefigge di conseguire gli obiettivi enunciati dall'articolo 33 del trattato, tenendo conto della situazione del mercato;
(2) considerando che per conseguire un migliore equilibrio del mercato, un nuovo sistema di aiuti è stato introdotto con il regolamento (CEE) n. 1765/92 del Consiglio, del 30 giugno 1992, che istituisce un regime di sostegno a favore dei coltivatori di taluni seminativi;
(3) considerando che la riforma della politica agricola comune del 1992 è stata seguita da un considerevole miglioramento degli equilibri di mercato;
(4) considerando che il ritiro di seminativi dalla produzione nell'ambito del regime di sostegno a favore dei coltivatori di taluni seminativi, introdotto nel 1992 parallelamente ad una riduzione del prezzo d'intervento, ha contribuito a mantenere sotto controllo la produzione, mentre la maggiore competitività dei prezzi ha permesso di smerciare considerevoli quantitativi supplementari di prodotti sul mercato interno, in particolare per l'alimentazione del bestiame;
(5) considerando che appare opportuno continuare ad offrire un sostegno basato sul regime introdotto nel 1992, tenendo tuttavia conto dell'evoluzione del mercato e dell'esperienza acquisita con l'applicazione del regime stesso;
(6) considerando che a determinate condizioni gli Stati membri possono rendere ammissibili i foraggi insilati ai pagamenti per superficie nel quadro di detto regime;
(7) considerando che la riforma del regime di sostegno deve tener conto degli obblighi internazionali della Comunità;
(8) considerando che il mezzo migliore per conseguire l'equilibrio del mercato consiste nel ravvicinare i prezzi comunitari dei cereali ai prezzi del mercato mondiale e nel prevedere pagamenti per superficie non riguardanti una determinata coltura;
(9) considerando che i pagamenti per superficie dovrebbero essere riconsiderati se le condizioni del mercato risulteranno diverse da quelle attualmente ipotizzate;
(10) considerando che la qualifica di superficie ammissibile dovrebbe essere attribuita soltanto alle superfici a seminativo o che hanno fruito di un regime di aiuti con fondi pubblici perché messe a riposo;
(11) considerando che, per tutelare l'equilibrio del mercato, qualora la somma delle superfici per le quali è chiesto un pagamento nel quadro del regime risulti superiore alla superficie di base, la superficie ammissibile per azienda dev'essere ridotta;
(12) considerando che gli Stati membri possono stabilire una o più superfici di base nazionali; che si ritiene opportuno che gli Stati membri che scelgono questa opzione possano suddividere ciascuna superficie di base nazionale in sottosuperfici di base; che, qualora una superficie di base nazionale venga superata, lo Stato membro in questione dovrebbe poter concentrare la totalità o parte delle misure necessarie sulle sottosuperfici di base per le quali è stato rilevato un superamento;
(13) considerando che i pagamenti per superficie dovrebbero rispecchiare le specifiche caratteristiche strutturali che influenzano le rese; che dovrebbe spettare agli Stati membri elaborare un piano di regionalizzazione fondato su criteri obiettivi; che nei piani di regionalizzazione andrebbe definita una resa cerealicola media uniforme; che detti piani dovrebbero attenersi alle rese medie registrate nelle singole regioni in un periodo determinato, tenendo conto di eventuali diversità strutturali tra regioni di produzione; che è opportuno istituire una procedura apposita per l'esame dei piani in questione a livello comunitario;
(14) considerando che può essere ammessa una differenziazione delle rese tra superfici irrigate e non irrigate, purché si provveda a definire una superficie di base distinta per le colture irrigue, senza che risulti maggiorata la superficie di base totale;
(15) considerando che il granoturco ha una resa diversa che lo differenzia da altri cereali e che può quindi giustificare un trattamento distinto;
(16) considerando che il pagamento per superficie va calcolato moltiplicando un importo di base per tonnellata per la "resa cerealicola media" determinata riguardo alla regione di cui trattasi; che, qualora siano fissate rese diverse per il granturco ed altri cereali, dovrebbero essere stabilite superfici di base distinte per il granturco;
(17) considerando che è opportuno stabilire un importo di base unico per i seminativi; che l'importo di base per tonnellata andrebbe aumentato tenendo conto della riduzione graduale del prezzo d'intervento per i cereali; che occorre introdurre un aiuto specifico per le colture proteiche, in modo da salvaguardarne la competitività rispetto ai cereali;
(18) considerando che, nel caso di una riduzione finale del prezzo d'intervento, importo di base deve essere aumentato applicando lo stesso tasso di compensazione utilizzato nelle campagne di commercializzazione 2000/2001 e 2001/2002;
(19) considerando che è opportuno istituire un regime speciale per il frumento duro in modo da assicurare una produzione sufficiente per l'approvvigionamento delle industrie utilizzatrici, mantenendo nel contempo il controllo degli oneri di bilancio; che tale obiettivo dovrebbe essere raggiunto prevedendo la concessione di un supplemento limitata, per ogni Stato membro interessato, ad una superficie massima di frumento duro; che l'eventuale superamento di tali superfici dovrebbe condurre all'adeguamento delle domande presentate;
(20) considerando inoltre che, in taluni Stati membri, esiste una produzione di frumento duro ben consolidata in regioni situate al di fuori delle zone tradizionali; che è auspicabile salvaguardare un certo livello di produzione in tali regioni mediante la concessione di un aiuto specifico;
(21) considerando che, per poter fruire dei pagamenti per superfici, i coltivatori dovrebbero ritirare dalla produzione una percentuale prestabilita dei propri seminativi; che i terreni ritirati dalla produzione dovrebbero ricevere una destinazione tale da rispettare determinati criteri minimi di difesa dell'ambiente; che detti terreni dovrebbero poter essere anche utilizzati per produzioni non alimentari, sempreché si possano applicare efficaci sistemi di controllo;
(22) considerando che nell'attuale situazione del mercato è opportuno ridurre al 10% per il periodo 2000-2006 il tasso di ritiro obbligatorio di seminativi dalla produzione; che questa percentuale andrebbe riesaminata per tener conto dell'andamento della produzione e dei mercati;
(23) considerando che l'obbligo del ritiro dalla produzione dovrebbe essere accompagnato da una compensazione appropriata; che tale compensazione dovrebbe essere equivalente ai pagamenti per superficie relativi ai cereali;
(24) considerando che nessun obbligo di ritiro dovrebbe essere imposto ai piccoli produttori le cui domande di pagamento per superficie si situano al di sotto di un determinato livello; che occorre stabilire tale livello;
(25) considerando che, per il ritiro volontario, può essere concesso ai produttori il pagamento relativo al ritiro dalla produzione per terreni addizionalmente ritirati; che il limite massimo di superficie dovrebbe essere stabilito dagli Stati membri;
(26) considerando che i pagamenti per superficie dovrebbero essere corrisposti, per una data superficie, con frequenza annuale; che dovrebbero essere ammesse a fruire dei pagamenti le superfici non coltivate immediatamente prima dell'entrata in vigore del regime istituito dal regolamento (CEE) n. 1765/92; che, per tener conto di particolari situazioni nelle quali tale disposizione risulta inutilmente restrittiva, è opportuno ammettere talune deroghe, la cui gestione va affidata agli Stati membri;
(27) considerando che occorre stabilire alcune condizioni per la richiesta dei pagamenti per superficie e precisare quando dovrebbero essere versati ai produttori;
(28) considerando che le date per l'esecuzione dei pagamenti andrebbero stabilite in modo che le vendite dei prodotti coltivati sui seminativi siano uniformemente distribuite durante la campagna di commercializzazione;
(29) considerando che le date di semina andrebbero adeguate alle condizioni naturali delle diverse zone di produzione;
(30) considerando che è necessario prevedere norme transitorie al fine di abolire i pagamenti specifici per i semi oleosi a decorrere dalla campagna di commercializzazione 2002/2003; che alcune disposizioni in vigore nel settore devono essere mantenute tenuto conto degli obblighi internazionali della Comunità;
(31) considerando che, conformemente agli articoli 1 e 2 del regolamento (CE) n. 1258/1999 del Consiglio, del 17 maggio 1999, relativo al finanziamento della politica agricola comune, la Comunità deve finanziare le spese sostenute dagli Stati membri per effetto degli obblighi derivanti dall'applicazione del presente regolamento;
(32) considerando che occorre prevedere misure transitorie, autorizzando la Commissione ad adottarne, se necessario, di supplementari;
(33) considerando che gli adeguamenti al regime di sostegno per i seminativi dovrebbero venire introdotti a partire dalla campagna di commercializzazione 2000/2001;
(34) considerando che, tenuto conto degli adeguamenti qui previsti per il vigente regime di sostegno e delle modifiche precedentemente introdotte, appare opportuno, per esigenze di chiarezza, sostituire il regolamento (CEE) n. 1765/92 con un nuovo regolamento,
ha adottato il presente regolamento:] (9)
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(4) Pubblicata nella G.U.C.E. 4 giugno 1998, n. C 170.
(5) Parere espresso il 6 maggio 1999.
(6) Pubblicato nella G.U.C.E. 14 settembre 1998, n. C 284.
(7) Pubblicato nella G.U.C.E. 6 aprile 1999, n. C 93.
(8) Pubblicato nella G.U.C.E. 22 dicembre 1998, n. C 401.
(9) Abrogata dall'articolo 153 del regolamento (CE) n. 1782/2003, con decorrenza indicata nello stesso articolo.
Articolo 1
[1. Il presente regolamento istituisce un regime di pagamenti per superficie a favore dei coltivatori di seminativi.
2. Ai fini del presente regolamento:
- la campagna di commercializzazione va dal 1° luglio al 30 giugno dell'anno successivo;
- per "seminativi" s'intendono quelli i cui prodotti sono elencati nell'allegato I.
3. Gli Stati membri in cui il granturco non è un seminativo tradizionale possono rendere i foraggi insilati ammissibili ai pagamenti per superficie per i seminativi alle stesse condizioni applicabili ai seminativi] (10).
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(10) Abrogato dall'articolo 153 del regolamento (CE) n. 1782/2003, con decorrenza indicata nello stesso articolo.
Capitolo I
Articolo 2
[1. I coltivatori comunitari di seminativi possono chiedere un pagamento per superficie in base alle condizioni stabilite nel presente regolamento (11).
2. Il pagamento per superficie è fissato per ettaro ed è differenziato su scala regionale.
Il pagamento per superficie è concesso per la superficie a seminativo o ritirata dalla produzione conformemente all'articolo 6 e che non è superiore ad una superficie di base regionale. Quest'ultima corrisponde al numero medio di ettari che, in una regione, risultano a seminativo o, se del caso, messi a riposo conformemente a un regime sovvenzionato con fondi pubblici negli anni 1989, 1990 e 1991. Ai sensi della presente disposizione, per regione s'intende uno Stato membro o una sua regione, a scelta dello Stato membro interessato (12).
3. I coltivatori che chiedono il pagamento per superficie hanno l'obbligo di ritirare dalla produzione parte della superficie della loro azienda e ricevono una compensazione per tale obbligo (13).
4. Qualora la somma delle superfici per le quali è chiesto un pagamento nel quadro del regime per i seminativi, compresa la superficie messa a riposo a norma di detto regime, risulti superiore alla superficie di base, la superficie ammissibile per singolo agricoltore viene ridotta proporzionalmente per tutti i pagamenti concessi in forza del presente regolamento nella regione interessata durante la stessa campagna di commercializzazione.
Le superfici che non formano oggetto di una domanda di pagamento ai sensi del presente regolamento, ma che servono a giustificare una domanda di aiuto ai sensi del regolamento (CE) n. 1254/1999 del Consiglio, del 17 maggio 1999, relativo all'organizzazione comune dei mercati nel settore delle carni bovine, sono prese in considerazione ai fini del calcolo delle superfici per le quali è chiesto un pagamento (14).
5. Se uno Stato membro rende i foraggi insilati ammissibili ai pagamenti per superficie per i seminativi, deve essere definita una superficie di base distinta. Se in una determinata campagna di commercializzazione la superficie di base per i seminativi o i foraggi insilati non è raggiunta, il saldo di ettari è assegnato per la stessa campagna alla superficie di base corrispondente.
6. Qualora uno Stato membro abbia scelto di stabilire una o più superfici di base nazionali, esso può suddividere ciascuna di esse in sottosuperfici di base, conformemente ai criteri obiettivi che lo Stato membro deve definire.
Per l'applicazione del presente paragrafo, le superfici di base "Secano" e "Regadío" sono considerate come superfici di base nazionali.
In caso di superamento di una superficie di base nazionale lo Stato membro può concentrare, secondo criteri obiettivi, la totalità o parte delle misure di cui al paragrafo 4 sulle sottosuperfici di base per le quali è stato constatato il superamento.
Gli Stati membri che decidano di avvalersi delle possibilità di cui al presente paragrafo devono notificare alla Commissione e ai coltivatori, entro il 15 settembre, la scelta effettuata nonché le relative modalità d'applicazione] (15).
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(11) Per una deroga al presente paragrafo vedi l'allegato del regolamento (CE) n. 1/2002, così come disposto dal suo articolo 1.
(12) Per una deroga al presente paragrafo vedi l'allegato del regolamento (CE) n. 1/2002, così come disposto dal suo articolo 1.
(13) Per una deroga al presente paragrafo vedi l'allegato del regolamento (CE) n. 1/2002, così come disposto dal suo articolo 1.
(14) Per una deroga al presente paragrafo vedi l'allegato del regolamento (CE) n. 1/2002, così come disposto dal suo articolo 1.
(15) Abrogato dall'articolo 153 del regolamento (CE) n. 1782/2003, con decorrenza indicata nello stesso articolo.
Articolo 3
[1. Al fine di stabilire le rese medie per il calcolo del pagamento per superficie, ogni Stato membro elabora un piano di regionalizzazione esponendo i criteri pertinenti e obiettivi per la delimitazione delle varie regioni di produzione, in modo da pervenire alla definizione di zone omogenee distinte.
In tal contesto, gli Stati membri tengono conto, nella stesura dei piani di regionalizzazione, di situazioni specifiche. Essi possono, in particolare, differenziare le rese medie in funzione di eventuali diversità strutturali tra regioni di produzione.
2. Gli Stati membri possono inoltre, nei loro piani di regionalizzazione, applicare un valore di resa per il granturco diverso da quello degli altri cereali.
a) Qualora la resa per il granturco sia superiore a quella degli altri cereali, deve essere determinata separatamente per il granturco una superficie di base ai sensi dell'articolo 2, paragrafo 2 che copre una o più regioni di produzione "granturco", a scelta dello Stato membro.
Gli Stati membri possono inoltre, nelle regioni in causa, determinare superfici di base separate per i seminativi diversi dal granturco. In tal caso, se nel corso di una campagna non è raggiunta la superficie di base "granturco", il saldo di ettari è assegnato nuovamente per la stessa campagna alle superfici di base corrispondente dei seminativi diversi dal granturco.
b) Qualora la resa del granturco sia pari o inferiore a quella degli altri cereali, può ugualmente essere determinata separatamente una superficie di base per il granturco, conformemente alla lettera a). In tal caso e se lo Stato membro sceglie di stabilire una superficie di base "altri seminativi diversi dal granturco":
- se nel caso di una campagna non è raggiunta la superficie di base "granturco", il saldo di ettari può essere assegnato nuovamente per la stessa campagna alla superficie di base corrispondenti agli altri seminativi;
- se nel corso di una campagna non è raggiunta la superficie di base "altri seminativi diversi dal granturco", il saldo di ettari può essere assegnato nuovamente per la stessa campagna alla superficie di base "granturco" interessata.
In caso di superamento di queste superfici di base, si applica l'articolo 2, paragrafo 4.
3. Nei loro piani di regionalizzazione gli Stati membri possono prevedere rese diverse per i terreni irrigati e quelli non irrigati. In tal caso, gli Stati membri determinano una superficie di base distinta per le superfici investite a colture irrigue.
La superficie di base irrigata corrisponde alla superficie media dei seminativi irrigati tra il 1989 e il 1991 in vista del raccolto, comprese le maggiorazioni introdotte a norma dell'articolo 3, paragrafo 1, quarto comma, ultima frase del regolamento (CEE) n. 1765/92. Tuttavia, la superficie di base irrigata del Portogallo è aumentata fino a 60.000 ha per le superfici nelle quali è stato stabilito che gli investimenti per l'irrigazione sono iniziati dopo il 1° agosto 1992. Tale aumento può essere totalmente o parzialmente aggiunto alla superficie di base irrigata mais come previsto all'articolo 3, paragrafo 2.
La determinazione della superficie di base irrigata non deve comportare un aumento della superficie di base totale dello Stato membro di cui trattasi. In caso di superamento della superficie di base irrigata, si applica l'articolo 2, paragrafo 4.
Qualora la superficie di base irrigata non venga raggiunta durante una determinata campagna di commercializzazione, gli ettari rimanenti vengono riattribuiti per la stessa campagna alla corrispondente superficie di base non irrigata.
4. Nel piano di regionalizzazione dev'essere in ogni caso rispettata la resa media dello Stato membro in questione, definita per il periodo e secondo i criteri di cui al paragrafo 5.
5. Per ogni regione di produzione, lo Stato membro fornisce dati particolareggiati sulle superfici e sulle rese dei seminativi in tale regione durante il quinquennio 1986/1987-1990/1991. Per ogni regione si procede al calcolo separato della resa cerealicola media, escludendo le due campagne del suddetto quinquennio in cui si sono registrate rispettivamente la resa più elevata e la resa più bassa.
Tuttavia, tale obbligo può essere adempiuto:
- nel caso dei cereali prodotti in Portogallo, fornendo i dati comunicati nel quadro dell'applicazione del regolamento (CEE) n. 3653/90 del Consiglio, dell'11 dicembre 1990, recante disposizioni transitorie relative all'organizzazione comune del mercato dei cereali e del riso in Portogallo,
- nel caso dei cinque nuovi Länder tedeschi, fornendo la resa media degli altri Länder tedeschi,
- nel caso dell'Italia e della Spagna, fissando la resa di riferimento a 3, 9 tonnellate/ettaro e 2, 9 tonnellate/ettaro rispettivamente.
Se uno Stato membro decide:
- di applicare al granoturco un trattamento diverso da quello riservato agli altri cereali, la resa media dei cereali, che non viene modificata, deve essere ripartita tra il granoturco e gli altri cereali,
- di applicare ai terreni irrigati un trattamento diverso da quello riservato ai terreni non irrigati, la resa media corrispondente, che non viene modificata, dev'essere ripartita tra le due categorie in questione.
6. Gli Stati membri presentano i rispettivi piani di regionalizzazione alla Commissione entro il 1° agosto 1999, corredati di tutte le informazioni necessarie. Per l'adempimento di questo obbligo possono richiamarsi al proprio piano di regionalizzazione presentato alla Commissione a norma del regolamento (CEE) n. 1765/92.
La Commissione esamina i piani di regionalizzazione presentati dagli Stati membri, verificando che ogni piano sia fondato su criteri appropriati e obiettivi e corrisponda ai dati storici disponibili. La Commissione può opporsi a piani incompatibili con i criteri summenzionati, in particolare per quanto concerne la resa media dello Stato membro interessato. In tal caso i piani sono adattati dallo Stato membro interessato, previa consultazione della Commissione.
A richiesta della Commissione o su iniziativa dello Stato membro interessato, il piano di regionalizzazione può essere riesaminato dallo Stato membro secondo la procedura prevista nel presente articolo.
7. Qualora uno Stato membro scelga, conformemente al paragrafo 1, di stabilire regioni di produzione secondo una delimitazione diversa da quella delle superfici di base regionali, esso trasmette alla Commissione un prospetto riepilogativo di tutte le domande di pagamento presentate e delle pertinenti rese. Se tali dati evidenziano che in uno Stato membro la resa media indicata nel piano di regionalizzazione applicato nel 1993 o nel caso dell'Austria, della Finlandia e della Svezia, la resa media indicata nel piano applicato nel 1995 o, nel caso dell'Italia e della Spagna, la resa fissata nell'articolo 3, paragrafo 5, è superata, tutti i pagamenti che devono essere corrisposti in tale Stato membro per la campagna successiva sono ridotti proporzionalmente all'entità del superamento constatato. Tuttavia questa disposizione non si applica qualora la quantità, espressa in tonnellate di cereali, per la quale sono state presentate domande non superi quella calcolata moltiplicando il totale delle superfici di base dello Stato membro per la suddetta resa media.
Gli Stati membri possono optare per una constatazione dell'eventuale superamento della resa media a livello di ciascuna superficie di base. In tal caso le disposizioni di cui al presente paragrafo si applicano ai pagamenti da corrispondere in ciascuna delle superfici di base interessate (16)] (17).
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(16) Per una deroga al presente paragrafo vedi l'allegato del regolamento (CE) n. 1/2002, così come disposto dal suo articolo 1.
(17) Abrogato dall'articolo 153 del regolamento (CE) n. 1782/2003, con decorrenza indicata nello stesso articolo.
Articolo 4
[1. Fatto salvo l'articolo 10, il pagamento per superficie è calcolato moltiplicando l'importo di base per tonnellata per la resa media cerealicola determinata nel piano di regionalizzazione per la regione di cui trattasi.
2. Il calcolo di cui al paragrafo 1 è eseguito in base alla resa media cerealicola. Tuttavia, qualora il granturco sia trattato separatamente, per esso viene utilizzata la resa relativa al "granturco", mentre per i cereali, i semi oleosi e i semi di lino, nonché per il lino e per la canapa destinati alla produzione di fibre, viene utilizzata la resa relativa ai "cereali diversi dal granturco" (18).
3. L'importo di base è fissato come segue:
per le colture proteiche:
- 63,00 EUR/t a partire dalla campagna di commercializzazione 2004/2005 (19);
per i cereali, i foraggi insilati e le superfici ritirate dalla produzione:
- 58,67 EUR/t per la campagna di commercializzazione 2000/2001,
- 63,00 EUR/t a partire dalla campagna di commercializzazione 2001/2002;
per i semi di lino, il lino e la canapa destinati alla produzione di fibre (20):
- 88,26 EUR/t per la campagna di commercializzazione 2000/2001,
- 75,63 EUR/t per la campagna di commercializzazione 2001/2002,
- 63,00 EUR/t a partire dalla campagna di commercializzazione 2002/2003;
per i semi oleosi:
- 63,00 EUR/t a partire dalla campagna di commercializzazione 2002/2003.
L'importo di 63 EUR/t può essere aumentato a partire dalla campagna di commercializzazione 2002/2003 tenuto conto di una riduzione finale del prezzo di intervento per i cereali prevista dall'articolo 3, paragrafo 4 del regolamento (CEE) n. 1766/92.
L'aumento dei pagamenti per superficie sarà proporzionale in modo identico alla riduzione del prezzo di intervento applicabile nelle campagne di commercializzazione 2000/2001 e 2001/2002.
4. In Finlandia e in Svezia a nord del 62° parallelo e in zone adiacenti sottoposte a condizioni climatiche analoghe che rendono l'attività agricola particolarmente difficile, ai cereali, ai semi oleosi, ai semi di lino, al lino e alla canapa destinati alla produzione di fibre viene applicato un importo supplementare di 24 EUR/t (21) del pagamento per superficie, moltiplicato per la resa utilizzata per i pagamenti per superficie (22)] (23).
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(18) Paragrafo così sostituito dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1672/2000, a partire dalla campagna 2001/2002.
(19) Trattino così sostituito dall'articolo 149 del regolamento (CE) n. 1782/2003, con decorrenza indicata nel suo articolo 156.
(20) Le parole "per i semi di lino" sono state così sostituite dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1672/2000, a partire dalla campagna 2001/2002.
(21) Importo così sostituito dall'articolo 149 del regolamento (CE) n. 1782/2003, con decorrenza indicata nel suo articolo 156.
(22) Paragrafo così sostituito dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1672/2000, a partire dalla campagna 2001/2002.
Per una deroga al presente paragrafo vedi l'allegato del regolamento (CE) n. 1/2002, così come disposto dal suo articolo 1.
(23) Abrogato dall'articolo 153 del regolamento (CE) n. 1782/2003, con decorrenza indicata nello stesso articolo.
Articolo 5 (24)
[Un supplemento di 313 EUR/ha del pagamento per superficie per la campagna di commercializzazione 2004/2005 è corrisposto per la superficie investita a frumento duro nelle zone di produzione tradizionali elencate nell'allegato II, entro il limite fissato nell'allegato III (25).
Qualora la somma delle superfici per le quali è chiesto un supplemento del pagamento per superficie superi, nel corso di una campagna di commercializzazione, il limite di cui sopra, la superficie per coltivatore relativamente alla quale può essere corrisposto il supplemento è ridotta proporzionalmente.
Tuttavia, fermo restando il limite per Stato membro fissato all'allegato III, gli Stati membri possono ripartire le superfici indicate nel medesimo allegato tra le zone di produzione definite all'allegato II o, se del caso, tra le regioni di produzione di cui all'articolo 3, secondo l'entità della produzione di frumento duro nel corso del periodo 1993-1997. In tale ipotesi, se la somma delle superfici di una regione per le quali è chiesto un supplemento del pagamento per superficie supera, nel corso di una campagna di commercializzazione, il limite regionale corrispondente, la superficie per coltivatore della regione di produzione per la quale può essere corrisposto il supplemento è ridotta proporzionalmente. Tale riduzione è effettuata dopo che, all'interno di uno Stato membro, le superfici di regioni che non hanno raggiunto il loro limite regionale sono state distribuite alle regioni che hanno superato detto limite.
Un aiuto specifico di 93 EUR/ha per la campagna di commercializzazione 2004/2005 è concesso, limitatamente al numero di ettari indicato nell'allegato IV, nelle regioni diverse da quelle di cui all'allegato II nelle quali la produzione di frumento duro è ben consolidata (26)] (27)).
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(24) Per una deroga al presente articolo vedi l'allegato del regolamento (CE) n. 1/2002, così come disposto dal suo articolo 1.
(25) Comma così sostituito dall'articolo 149 del regolamento (CE) n. 1782/2003, con decorrenza indicata nel suo articolo 156.
(26) Comma così sostituito dall'articolo 149 del regolamento (CE) n. 1782/2003, con decorrenza indicata nel suo articolo 156.
(27) Abrogato dall'articolo 153 del regolamento (CE) n. 1782/2003, con decorrenza indicata nello stesso articolo.
Articolo 5 bis (28)
[1. Per il lino e la canapa destinati alla produzione di fibre, il pagamento per superficie è subordinato, a seconda dei casi, alla conclusione di uno dei contratti o al deposito dell'impegno di cui all'articolo 2, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 1673/2000.
Per la canapa destinata alla produzione di fibre, il pagamento per superficie è altresì subordinato all'utilizzazione di varietà aventi tenore in tetraidrocannabinolo non superiore allo 0,2%.
2. Gli Stati membri istituiscono un sistema di controllo del tenore in tetraidrocannabinolo su almeno il 30% delle superfici di canapa destinata alla produzione di fibre per le quali vengono presentate domande di pagamento. Tuttavia, qualora lo Stato membro abbia istituito un sistema di autorizzazione preliminare per detta coltura, la percentuale minima è del 20%] (29).
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(28) Per una deroga al presente articolo vedi l'allegato del regolamento (CE) n. 1/2002, così come disposto dal suo articolo 1.
(29) Articolo inserito dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1672/2000, a partire dalla campagna 2001/2002 ed abrogato dall'articolo 153 del regolamento (CE) n. 1782/2003, con decorrenza indicata nello stesso articolo.
Articolo 6
[1. Per ciascun coltivatore che chieda pagamenti per superficie, l'obbligo di ritiro dalla produzione è stabilito in proporzione della superficie a seminativo per la quale è presentata la richiesta, e che viene lasciata a riposo a norma del presente regolamento.
Il tasso base per l'obbligo di ritiro dalla produzione è fissato al 10% a partire dalla campagna di commercializzazione 2000/2001 fino alla campagna di commercializzazione 2006/2007 (30).
2. Gli Stati membri applicano adeguate misure di tutela ambientale che tengano conto della specifica situazione dei terreni ritirati dalla produzione.
3. I terreni ritirati dalla produzione possono essere utilizzati:
- per ottenere materiali per la fabbricazione, nella Comunità, di prodotti non destinati in primo luogo al consumo umano o animale, a condizione che vengano applicati efficaci sistemi di controllo,
- per la coltura di leguminose foraggere praticata in un'azienda agricola, per la totalità della produzione, secondo le esigenze previste dal regolamento (CEE) n. 2092/91 (31).
Gli Stati membri sono autorizzati a corrispondere gli aiuti nazionali per coprire fino al 50% dei costi associati all'introduzione di colture pluriennali per la produzione di biomassa su terreni ritirati dalla produzione.
Se la quantità di sottoprodotti destinati al consumo umano o animale che si prevede di ottenere dalla coltivazione di semi oleosi su superfici ritirate dalla produzione, a norma del primo comma, rischia, in base ai quantitativi stimati nel quadro dei contratti conclusi con i produttori, di superare il limite di 1 milione di tonnellate annue, espresse in equivalente farina di soia, per rispettare tale limite occorre ridurre il quantitativo stimato di sottoprodotti destinati al consumo umano o animale che può essere prodotto in base a ciascun contratto (32).
4. Qualora siano stabilite rese diverse per i terreni irrigati e quelli non irrigati, si applica il pagamento relativo al ritiro dalla produzione per i terreni non irrigati. In Portogallo, il pagamento tiene conto dell'aiuto concesso a norma del regolamento (CEE) n. 3653/90.
5. Il pagamento relativo al ritiro dalla produzione può essere concesso ai coltivatori che per i terreni ritirati volontariamente in eccesso rispetto al loro obbligo. Gli Stati membri consentono agli agricoltori di ritirare dalla produzione fino ad almeno il 10% della superficie a seminativo per la quale è presentata una domanda di pagamento e che viene lasciata a riposo, a norma del presente regolamento. Gli Stati membri possono fissare percentuali maggiori tenendo conto delle situazioni particolari e garantendo una sufficiente presenza nelle aree agricole.
6. Il pagamento relativo al ritiro dalla produzione può essere concesso su base pluriennale per un periodo massimo di cinque anni.
7. Non sono soggetti all'obbligo di ritiro dalla produzione i coltivatori che presentano una domanda di pagamento per una superficie che non supera la superficie che sarebbe necessaria per produrre 92 tonnellate di cereali, calcolata in base alla resa determinata per la loro regione. A questi produttori si applicano i paragrafi 5 e 6.
8. Fatto salvo l'articolo 7:
- le superfici messe a riposo a norma degli articoli 22-24 del regolamento (CE) n. 1257/1999 del Consiglio, del 17 maggio 1999, sul sostegno allo sviluppo rurale da parte del Fondo europeo agricolo di orientamento e di garanzia (FEAOG) e che modifica ed abroga taluni regolamenti, che non sono adibite ad uso agricolo né utilizzate a scopo di lucro diverso da quelli consentiti per le altre terre messe a riposo a norma del presente regolamento o
- le superfici rimboscate in base alle norme sul rimboscamento [articolo 31 del regolamento (CE) n. 1257/1999],
in seguito ad una domanda fatta successivamente al 28 giugno 1995, possono essere contabilizzate come superfici messe a riposo a titolo dell'obbligo di ritiro di cui al paragrafo 1, fino ad un qualsiasi limite massimo per azienda, che può essere stabilito dallo Stato membro interessato. Tale limite massimo è fissato esclusivamente nella misura necessaria per evitare di concentrare un importo eccessivo del bilancio disponibile per il regime in questione su un numero limitato di aziende agricole.
Tuttavia, per tali superfici, il pagamento per superficie di cui all'articolo 4 non viene concesso ed il sostegno concesso in base all'articolo 24, paragrafo 1, o all'articolo 31, paragrafo 1, secondo trattino del regolamento (CE) n. 1257/1999 è limitato ad un importo pari al massimo al pagamento per superficie per il ritiro dalla produzione stabilito nell'articolo 4, paragrafo 3.
Gli Stati membri possono decidere di non applicare ad un nuovo richiedente il regime previsto dal secondo comma in regioni esposte ad un rischio permanente di superamento significativo della superficie regionale di base] (33).
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(30) Vedi, per una deroga al presente comma, l'articolo 1 del regolamento (CE) n. 2322/2003, per la campagna di commercializzazione 2004/2005.
(31) Comma così sostituito dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1038/2001, a decorrere dalla campagna 2001/02.
(32) Comma aggiunto dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 2704/1999.
(33) Abrogato dall'articolo 153 del regolamento (CE) n. 1782/2003, con decorrenza indicata nello stesso articolo.
Articolo 7
[Le domande di pagamenti non possono essere presentate per terreni destinati, al 31 dicembre 1991, al pascolo permanente, a colture permanenti o a colture forestali o ad usi non agricoli. Tuttavia, le domande di pagamenti per superfici destinate alla coltura del lino o della canapa destinati alla produzione di fibre e eventualmente alla relativa messa a riposo obbligatoria possono essere presentate per i terreni che hanno beneficiato di un aiuto concesso nell'ambito del regolamento (CEE) n. 1308/70 del Consiglio, del 29 giugno 1970, relativo all'organizzazione comune dei mercati nel settore del lino e della canapa, durante almeno una delle campagne da 1998/99 a 2000/2001 (34).
In presenza di particolari circostanze e a condizioni da determinare, gli Stati membri possono derogare a tali disposizioni, segnatamente per quanto riguarda le superfici incluse in un programma di ristrutturazione o le superfici di seminativi investiti a colture poliennali che sono generalmente in rotazione con le colture di cui all'allegato I. In questo caso gli Stati membri prendono le opportune misure per evitare un sostanziale aumento della superficie agricola totale ammissibile. Dette misure possono prevedere, in particolare, la possibilità di dichiarare inammissibili superfici precedentemente considerate ammissibili al posto di altre superfici, diventate nel frattempo ammissibili.
Gli Stati membri possono parimenti derogare al primo comma in presenza di particolari circostanze connesse con l'una o l'altra forma d'intervento pubblico, qualora questo intervento induca l'agricoltore a coltivare terreni precedentemente considerati inammissibili per proseguire la sua attività agricola normale e l'intervento in questione disponga che le terre inizialmente ammissibili non lo siano più, in modo che la quantità totale di terreni ammissibili non sia aumentata in modo significativo.
Inoltre, per alcuni casi non contemplati dai due commi precedenti, gli Stati membri possono derogare al primo comma se, in un piano sottoposto alla Commissione, dimostrano che l'estensione globale dei terreni ammissibili resta immutata] (35).
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(34) Comma così sostituito dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1672/200, a partire dalla campagna 2001/2002.
(35) Abrogato dall'articolo 153 del regolamento (CE) n. 1782/2003, con decorrenza indicata nello stesso articolo.
Articolo 8
[1. I pagamenti vengono effettuati tra il 16 novembre e il 31 gennaio che seguono il raccolto. Tuttavia, qualora si applichi l'articolo 6, paragrafo 3, i pagamenti per superficie per terreni ritirati vengono pagati tra il 16 novembre ed il 31 marzo (36).
2. Per poter beneficiare di un pagamento per superficie, un produttore deve aver effettuato le semine entro e non oltre il 31 maggio che precede il relativo raccolto ed introdotto una domanda entro e non oltre il 15 maggio (37).
3. Gli Stati membri adottano le misure necessarie per rammentare ai richiedenti la necessità di rispettare la normativa ambientale] (38).
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(36) Per una deroga al presente paragrafo vedi l'allegato del regolamento (CE) n. 1/2002, così come disposto dal suo articolo 1, l'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1519/2002, con decorrenza indicata al suo articolo 2 e l'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1577/2003.
(37) Per una deroga al presente paragrafo vedi l'allegato del regolamento (CE) n. 1/2002, così come disposto dal suo articolo 1.
(38) Abrogato dall'articolo 153 del regolamento (CE) n. 1782/2003, con decorrenza indicata nello stesso articolo.
Articolo 9
[Le modalità d'applicazione del presente capitolo sono adottate secondo la procedura di cui all'articolo 23 del regolamento (CEE) n. 1766/92 del Consiglio, del 30 giugno 1992, relativo all'organizzazione comune dei mercati nel settore dei cereali, in particolare per quanto riguarda:
- le modalità di delimitazione e di gestione delle superfici di base;
- le modalità di elaborazione dei piani di regionalizzazione della produzione;
- le modalità relative ai foraggi insilati;
- le modalità di concessione del pagamento per superficie;
- le modalità concernenti la superficie minima ammissibile al pagamento; esse tengono conto in particolare delle esigenze di controllo e dell'obiettivo perseguito in materia di efficacia del regime in questione;
- le modalità di determinazione, per il frumento duro, dei criteri di ammissibilità al beneficio del supplemento del pagamento per superficie di cui all'articolo 5, nonché dei criteri di ammissibilità per l'aiuto specifico di cui al medesimo articolo, e in particolare la determinazione delle regioni da prendere in considerazione;
- per il lino e la canapa destinati alla produzione di fibre, le modalità relative ai contratti e all'impegno di cui all'articolo 5 bis, paragrafo 1 (39);
- per la canapa destinata alla produzione di fibre, le misure di controllo specifiche e i metodi da utilizzare per la determinazione quantitativa del tetraidrocannabinolo (40);
- le modalità concernenti il ritiro di seminativi dalla produzione, in particolare quelle relative all'articolo 6, paragrafo 3; tali condizioni definiscono le leguminose foraggere che possono essere coltivate sui terreni ritirati dalla produzione e, in riferimento al primo comma, primo trattino di detto paragrafo, possono prevedere la coltivazione di prodotti senza diritto al pagamento (41);
- le modalità concernenti le condizioni per l'applicazione dell'articolo 7; tali condizioni definiscono le circostanze in cui possono essere ammesse deroghe alle disposizioni di detto articolo e l'obbligo degli Stati membri di sottoporre alla Commissione, per approvazione, le misure progettate;
- le modalità di esecuzione del memorandum d'intesa sui semi oleaginosi, tra la Comunità economica europea e gli Stati Uniti d'America, nel quadro del GATT, approvato con decisione 93/355/CEE.
Secondo la medesima procedura la Commissione può:
- subordinare la concessione dei pagamenti all'utilizzazione di:
i) determinate sementi;
ii) sementi certificate nel caso del frumento duro, nonché nel caso del lino e della canapa destinati alla produzione di fibre;
iii) talune varietà nel caso dei semi oleosi, del frumento duro, dei semi di lino, nonché del lino e della canapa destinati alla produzione di fibre,
- oppure prevedere la possibilità per gli Stati membri di subordinare a tali condizioni la concessione di pagamenti (42);
- consentire che, in determinate zone, vengano modificate le date di cui all'articolo 8, paragrafo 2, se condizioni climatiche eccezionali rendono inapplicabili le date normalmente stabilite;
- consentire agli Stati membri, subordinatamente alla situazione di bilancio, che, in deroga all'articolo 8, paragrafo 1, venga autorizzata in alcune regioni l'esecuzione di pagamenti anteriormente al 16 novembre, fino a concorrenza del 50% dei pagamenti per superficie, e l'esecuzione del pagamento per il ritiro di seminativi dalla produzione negli anni durante i quali eccezionali condizioni climatiche hanno comportato una riduzione delle rese tale da causare gravi difficoltà finanziarie ai coltivatori] (43).
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(39) Trattino inserito dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1672/200, a partire dalla campagna 2001/2002.
(40) Trattino inserito dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1672/200, a partire dalla campagna 2001/2002.
(41) Trattino così sostituito dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1038/2001, a decorrere dalla campagna 2001/02.
(42) Il testo del primo trattino è stato così sostituito dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1672/2000, a partire dalla campagna 2001/2002.
(43) Abrogato dall'articolo 153 del regolamento (CE) n. 1782/2003, con decorrenza indicata nello stesso articolo.
Capitolo II
Articolo 10
[1. Per le campagne di commercializzazione 2000/2001 e 2001/2002 i pagamenti per superficie di semi oleosi sono calcolati moltiplicando i seguenti importi per la resa cerealicola media determinata nel piano di regionalizzazione della regione in causa:
- 81,74 EUR/t per la campagna di commercializzazione 2000/2001;
- 72,37 EUR/t per la campagna di commercializzazione 2001/2002.
Tuttavia gli Stati membri hanno la possibilità di continuare a fissare i pagamenti per i semi oleosi in base alla resa regionale storica dei semi oleosi stessi. In tal caso la resa è moltiplicata per 1,95.
2. Per le campagne 2000/2001 e 2001/2002 viene istituita una superficie massima garantita (SMG) per i pagamenti per superficie di semi oleosi di 5.482.000 ettari, ridotta della percentuale di ritiro obbligatorio dei seminativi fissata per quella campagna, oppure ridotta di un'aliquota del 10% se la suddetta percentuale è inferiore al 10%. Qualora, dopo l'applicazione dell'articolo 2, il limite della SMG venga superato, la Commissione riduce gli importi di cui al paragrafo 1 conformemente al disposto dei paragrafi 3 e 4.
3. Qualora la superficie di oleaginose già accertata in possesso dei requisiti per beneficiare dei pagamenti per superficie riguardanti i semi oleosi oltrepassi in una qualsiasi campagna le SMG, la Commissione provvede per quella campagna a ridurre dell'1%, per ogni unità percentuale di cui la SMG in causa risulti superata, il corrispondente importo di base. Se la SMG è superata di una percentuale superiore a un determinato limite, si applicano disposizioni speciali. Se questo limite non è oltrepassato, la riduzione dell'importo è uniforme in tutti gli Stati membri; in caso, viceversa, di superamento di detto limite, si applicano adeguate riduzioni supplementari negli Stati membri che abbiano oltrepassato le superfici nazionali di riferimento di cui all'allegato V, ridotte della percentuale specificata al paragrafo 4. Tuttavia, per quanto concerne la Germania, l'adeguata riduzione supplementare può essere differenziata su richiesta di detto Stato, in tutto o in parte, in base alla superficie di base regionale; in caso di ricorso a tale facoltà, la Germania comunica senza indugio alla Commissione gli elementi considerati ai fini del calcolo delle riduzioni da applicare.
La Commissione stabilisce, secondo la procedura di cui all'articolo 23 del regolamento (CEE) n. 1766/92, l'entità e la ripartizione delle adeguate riduzioni da applicare e provvede, in particolare, a che la riduzione media ponderata per la Comunità nel suo complesso sia pari alla percentuale di cui la SMG risulta superata.
4. Il limite di cui al paragrafo 3 dovrebbe essere dello 0%.
5. Qualora il pagamento per superficie di semi oleosi venga diminuito secondo il disposto dei paragrafi 3 e 4, la Commissione provvede, per la campagna successiva, a ridurre della stessa percentuale i corrispondenti importi di base, salvo che durante la campagna in questione non si verifichi alcun superamento della SMG, nel qual caso la Commissione può decidere di non applicare detta riduzione.
6. Se la SMG per la Comunità è superata nella campagna di commercializzazione 2000/2001, la Commissione riduce il pertinente importo di base per la campagna di commercializzazione 2000/2001 della percentuale di riduzione degli importi regionali di riferimento applicata per la campagna di commercializzazione 1999/2000.
7. Le disposizioni del presente articolo non ostano a che gli Stati membri, nei quali la superficie di riferimento fissata all'allegato V rischi di essere superata in maniera sensibile nella campagna successiva, possano limitare la superficie per la quale un singolo produttore può ricevere i pagamenti per superficie di oleaginose di cui al presente articolo. Tale limite è calcolato in percentuale della superficie ammissibile al pagamento per superficie previsto dal presente regolamento, dello Stato membro o di una superficie di base regionale ed applicato alla superficie ammissibile del produttore. Il suddetto limite può essere diversificato secondo le superfici di base regionali o le sottosuperfici di base sulla scorta di criteri obiettivi. Gli Stati membri rendono noto tale limite non oltre il 1° agosto della campagna di commercializzazione precedente quella per la quale è chiesto il pagamento per superficie o a una data anteriore nel caso di uno Stato membro o di regioni comprese in uno Stato membro in cui le semine per la campagna di commercializzazione in questione siano effettuate anteriormente al 1° agosto.
8. La riduzione derivante dal superamento della SMG, applicata a norma delle disposizioni del presente articolo, non può portare ad un importo inferiore a:
- 58,67 EUR/t per la campagna di commercializzazione 2000/2001,
- 63,00 EUR/t per la campagna di commercializzazione 2001/2002.
9. I produttori di semi di girasole per la pasticceria, seminati a scopo di raccolta, sono esclusi dal sostegno previsto dal presente articolo.
10. Entro due anni dall'applicazione del presente articolo, la Commissione presenterà una relazione al Consiglio sullo sviluppo del mercato dei semi oleosi, corredata, se del caso, di opportune proposte qualora il potenziale produttivo dovesse deteriorarsi gravemente] (44).
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(44) Abrogato dall'articolo 153 del regolamento (CE) n. 1782/2003, con decorrenza indicata nello stesso articolo.
Articolo 11
[Gli importi dei pagamenti per superficie e del pagamento per il ritiro di seminativi dalla produzione, nonché la percentuale della superficie da ritirare dalla produzione, stabiliti dal presente regolamento, possono essere modificati in considerazione dell'andamento della produzione, della produttività e dei mercati, secondo la procedura di cui all'articolo 37, paragrafo 2 del trattato] (45).
------------------------
(45) Abrogato dall'articolo 153 del regolamento (CE) n. 1782/2003, con decorrenza indicata nello stesso articolo.
Articolo 12
[Qualora misure specifiche fossero necessarie per agevolare la transizione dal regime vigente a quello definito dal presente regolamento, esse sono adottate secondo la procedura di cui all'articolo 23 del regolamento (CEE) n. 1766/92] (46).
Articolo 13
[Le misure definite nel presente regolamento devono essere considerate un intervento volto a stabilizzare i mercati agricoli secondo quanto disposto dall'articolo 1, paragrafo 2, lettera b) del regolamento (CE) n. 1258/1999] (47).
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(47) Abrogato dall'articolo 153 del regolamento (CE) n. 1782/2003, con decorrenza indicata nello stesso articolo.
Articolo 14
[Il regolamento (CEE) n. 1765/92 e il regolamento (CE) n. 1872/94 sono abrogati] (48).
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(48) Abrogato dall'articolo 153 del regolamento (CE) n. 1782/2003, con decorrenza indicata nello stesso articolo.
Articolo 15
[1. Il presente regolamento entra in vigore il settimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale delle Comunità europee.
2. Il presente regolamento si applica a decorrere dalla campagna di commercializzazione 2000/2001.
3. Il regolamento (CEE) n. 1765/92 e il regolamento (CE) n. 1872/94 restano d'applicazione in riferimento alle campagne di commercializzazione 1998/1999 e 1999/2000] (49).
Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.
Fatto a Bruxelles, addì 17 maggio 1999.
Per il Consiglio
il Presidente
K. -H. Funke
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(49) Abrogato dall'articolo 153 del regolamento (CE) n. 1782/2003, con decorrenza indicata nello stesso articolo.
Allegato I (50)
Definizione dei prodotti
|
|
Codice NC |
Designazione delle merci |
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|
I. CEREALI |
|
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|
1001 10 00 |
Frumento (grano) duro |
1001 90 |
Altro frumento (grano) e frumento segalato, diversi dal frumento (grano) duro |
1002 00 00 |
Segala |
1003 00 |
Orzo |
1004 00 00 |
Avena |
1005 |
Granturco |
1007 00 |
Sorgo da granella |
1008 |
Grano saraceno, miglio e scagliola; altri cereali |
0709 90 60 |
Granturco dolce |
|
|
II. SEMI OLEOSI |
|
|
|
1201 00 |
Fave di soia |
ex 1205 00 |
Semi di ravizzone o di colza |
ex 1206 00 10 |
Semi di girasole |
|
|
III. PROTEICHE |
|
|
|
0713 10 |
Piselli |
0713 50 |
Fave e favette |
ex 1209 29 50 |
Lupini dolci |
|
|
IV. LINO (51) |
|
|
|
ex 1204 00 |
Semi di lino |
|
(Linum usitatissimum L.) |
|
|
ex 5301 10 00 |
Lino greggio o macerato, destinato alla produzione di fibre |
|
(Linum usitatissimum L.) |
|
|
V. CANAPA (52) |
|
|
|
ex 5302 10 00 |
Canapa, greggia o macerata, destinata alla produzione di fibre |
|
(Cannabis sativa L.) |
|
|
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(50) Abrogato dall'articolo 153 del regolamento (CE) n. 1782/2003, con decorrenza indicata nello stesso articolo.
(51) Il punto IV è stato così sostituito dal punto IV e dal punto V in base all'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1672/2000, a partire dalla campagna 2001/2002.
(52) Il punto IV è stato così sostituito dal punto IV e dal punto V in base all'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1672/2000, a partire dalla campagna 2001/2002.
Allegato II (53)
Zone di produzione tradizionali di frumento duro
GRECIA
Nomi delle regioni seguenti
Grecia centrale
Peloponneso
Isole Ionie
Tessaglia
Macedonia
Isole dell'Egeo
Tracia
SPAGNA
Province
Almería
Badajoz
Burgos
Cádiz
Córdoba
Granada
Huelva
Jaén
Málaga
Navarra
Salamanca
Sevilla
Toledo
Zamora
Zaragoza
AUSTRIA
Pannonia
FRANCIA
Regioni
Midi-Pyrénées
Provence-Alpes-Côte d'Azur
Languedoc-Roussillon
Dipartimenti [*]
Ardèche
Drôme
ITALIA
Regioni
Abruzzo
Basilicata
Calabria
Campania
Lazio
Marche
Molise
Umbria
Puglia
Sardegna
Sicilia
Toscana
PORTOGALLO
Distretti
Santarém
Lisboa
Setúbal
Portalegre
Évora
Beja
Faro
__________
[*] Ciascuno di tali dipartimenti può essere collegato ad una delle regioni precedenti.
------------------------
(53) Abrogato dall'articolo 153 del regolamento (CE) n. 1782/2003, con decorrenza indicata nello stesso articolo.
Allegato III (54)
Superfici massime garantite che beneficiano del supplemento del pagamento per superficie per il frumento duro
|
(in ha) |
Grecia |
617.000 |
Spagna |
594.000 |
Francia |
208.000 |
Italia |
1.646.000 |
Austria |
7.000 |
Portogallo |
118.000 |
------------------------
(54) Abrogato dall'articolo 153 del regolamento (CE) n. 1782/2003, con decorrenza indicata nello stesso articolo.
Allegato IV (55)
Superfici massime garantite che beneficiano dell'aiuto specifico per il frumento duro
|
(in ha) |
Germania |
10.000 |
Spagna |
4.000 |
Francia |
50.000 |
Italia |
4.000 |
Regno Unito |
5.000 |
------------------------
(55) Abrogato dall'articolo 153 del regolamento (CE) n. 1782/2003, con decorrenza indicata nello stesso articolo.
Allegato V (56)
Superfici nazionali di riferimento
(in migliaia di ettari) |
|
|
Paese |
Per le campagne di commercializzazione |
|
2000/2001 e 2001/2002 |
|
|
|
|
|
Belgio |
6 |
|
Danimarca |
236 |
|
Germania |
929 |
|
Grecia |
26 |
|
Spagna |
1.168 |
|
Francia |
1.730 |
|
Irlanda |
5 |
|
Italia |
542 |
|
Lussemburgo |
2 |
|
Paesi Bassi |
7 |
|
Austria |
147 |
|
Portogallo |
93 |
|
Finlandia |
70 |
|
Svezia |
137 |
|
Regno Unito |
385 |
|
|
|
|
------------------------
(56) Abrogato dall'articolo 153 del regolamento (CE) n. 1782/2003, con decorrenza indicata nello stesso articolo.
Reg.
(CE) n. 1257/1999 del 17 maggio 1999
Regolamento del Consiglio sul sostegno
allo sviluppo rurale da parte del Fondo europeo agricolo di orientamento e di
garanzia (FEAOG) e che modifica ed abroga taluni regolamenti
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(1) Pubblicato nella G.U.C.E. 26 giugno 1999, n. L 160. Entrato in vigore il 3 luglio 1999.
(2) Vedi, per le disposizioni di applicazione del presente regolamento, il regolamento (CE) n. 1750/1999, il regolamento (CE) n. 445/2002, il regolamento (CE) n. 27/2004, il regolamento (CE) n. 141/2004 e il regolamento (CE) n. 817/2004. Per le norme intese a facilitare la transizione tra il sostegno a titolo del regolamento (CE) n. 1268/1999 e gli aiuti previsti dal presente regolamento e il regolamento (CE) n. 1260/1999 per la Repubblica ceca, l'Estonia, la Lettonia, la Lituania, l'Ungheria, la Polonia, la Slovenia e la Slovacchia si rimanda al regolamento (CE) n. 447/2004.
(3) Il presente regolamento è stato modificato dall'atto di adesione del 2003, a decorrere dal 1° maggio 2004. Per una modifica successiva alla data di entrata in vigore di tale atto, vedi l'articolo 1 del regolamento (CE) n. 567/2004.
Il Consiglio dell'Unione europea,
visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare gli articoli 36 e 37,
vista la proposta della Commissione (4),
visto il parere del Parlamento europeo (5),
visto il parere del Comitato economico e sociale (6),
visto il parere del Comitato delle regioni (7),
visto il parere della Corte dei conti (8),
(1) considerando che una politica comune dello sviluppo rurale dovrebbe accompagnare e integrare altri strumenti della politica agricola comune e contribuire in tal modo al conseguimento degli obiettivi di tale politica, enunciati nell'articolo 33, paragrafo 1, del trattato;
(2) considerando che, a norma dell'articolo 33, paragrafo 2, lettera a), del trattato, nell'elaborazione della politica agricola comune e dei metodi speciali che questa può implicare, si dovrà considerare il carattere particolare dell'attività agricola che deriva dalla struttura sociale dell'agricoltura e dalle disparità strutturali e naturali fra le diverse regioni agricole;
(3) considerando che, a norma dell'articolo 159 del trattato, l'attuazione delle politiche comunitarie deve tener conto degli obiettivi della coesione economica e sociale stabiliti dagli articoli 158 e 160 e concorrere alla loro realizzazione; che le misure destinate allo sviluppo rurale dovrebbero pertanto contribuire a tale politica nelle regioni in ritardo di sviluppo (obiettivo n. 1) e nelle regioni con difficoltà strutturali (obiettivo n. 2), definite dal regolamento (CE) n. 1260/1999 del Consiglio, del 21 giugno 1999, recante disposizioni generali sui Fondi strutturali;
(4) considerando che fin dal 1972 nella politica agricola comune sono state introdotte misure intese a sostenere il miglioramento delle strutture agrarie; che da quasi due decenni si cerca di inserire la politica delle strutture agrarie nel più ampio contesto socioeconomico delle zone rurali; che la riforma del 1992 ha dato particolare rilievo alla dimensione ambientale dell'agricoltura in quanto principale utilizzatrice della terra;
(5) considerando che la politica rurale è attualmente condotta attraverso una serie di strumenti complessi;
(6) considerando che nei prossimi anni l'agricoltura dovrà adeguarsi a nuove realtà ed ad ulteriori cambiamenti per quanto riguarda l'evoluzione del mercato, la politica che lo disciplina e le norme commerciali, le esigenze e le preferenze del consumatore e il prossimo allargamento della Comunità; che tali cambiamenti influenzeranno non soltanto i mercati agricoli, ma anche l'economia locale delle zone rurali in generale; che una politica dello sviluppo rurale dovrebbe essere finalizzata a ricostituire e a rafforzare la competitività delle zone rurali, contribuendo in tal modo a mantenere e a creare posti di lavoro in queste zone;
(7) considerando che tale evoluzione dovrebbe essere incoraggiata e sostenuta mediante una riorganizzazione ed una semplificazione degli attuali strumenti dello sviluppo rurale;
(8) considerando che tale riorganizzazione dovrebbe tener conto dell'esperienza acquisita nell'applicazione degli strumenti già esistenti e basarsi pertanto su tali strumenti, che sono quelli utilizzati nell'ambito degli attuali obiettivi prioritari, volti a promuovere lo sviluppo rurale accelerando l'adattamento delle strutture agrarie nel quadro della riforma della politica agricola comune, nonché ad agevolare lo sviluppo e l'adeguamento delle zone rurali [obiettivi n. 5a e n. 5b)], come previsto dal regolamento (CEE) n. 2052/88 del Consiglio, del 24 giugno 1988, relativo alle missioni dei Fondi a finalità strutturali, alla loro efficacia e al coordinamento dei loro interventi e di quelli della Banca europea per gli investimenti e degli altri strumenti finanziari esistenti e dal regolamento (CEE) n. 4256/88 del Consiglio, del 19 dicembre 1988, recante le disposizioni d'applicazione del regolamento (CEE) n. 2052/88 per quanto riguarda il FEAOG, sezione orientamento, nonché da quelli introdotti quali misure di accompagnamento della riforma della politica agricola comune del 1992 dal regolamento (CEE) n. 2078/92 del Consiglio, del 30 giugno 1992, relativo a metodi di produzione agricola compatibili con le esigenze di protezione dell'ambiente e con la cura dello spazio naturale, dal regolamento (CEE) n. 2079/92 del Consiglio, del 30 giugno 1992, che istituisce un regime comunitario di aiuti al prepensionamento in agricoltura, e dal regolamento (CEE) n. 2080/92 del Consiglio, del 30 giugno 1992, che istituisce un regime comunitario di aiuti alle misure forestali nel settore agricolo;
(9) considerando che le linee generali della politica riformata dello sviluppo rurale dovrebbero applicarsi a tutte le zone rurali della Comunità;
(10) considerando che le tre misure di accompagnamento introdotte dalla riforma della politica agricola comune del 1992 (politica agroambientale, prepensionamento e imboschimento) dovrebbero essere completate dal regime di aiuto per le zone svantaggiate e per le zone soggette a vincoli ambientali;
(11) considerando che altre misure per lo sviluppo rurale dovrebbero essere inserite in programmi di sviluppo integrato per le regioni dell'obiettivo n. 1 e possono far parte di programmi per le regioni dell'obiettivo n. 2;
(12) considerando che nelle zone rurali le misure per lo sviluppo rurale dovrebbero accompagnare e completare le politiche di mercato;
(13) considerando che il sostegno del FEAOG allo sviluppo rurale dovrebbe essere basato su un unico quadro giuridico che definisca le misure ammissibili al sostegno, i loro obiettivi e i criteri per l'ammissione;
(14) considerando che, data la varietà delle zone rurali della Comunità, la politica di sviluppo rurale dovrebbe attenersi al principio della sussidiarietà; che essa dovrebbe pertanto essere il più decentrata possibile e imperniata sulla partecipazione e su un approccio dal basso verso l'alto; che i criteri per poter beneficiare del sostegno allo sviluppo rurale non dovrebbero quindi oltrepassare la misura necessaria a raggiungere gli obiettivi della politica di sviluppo rurale;
(15) considerando che, per garantire la coerenza con altri strumenti della politica agricola comune e con altre politiche comunitarie, occorre comunque definire a livello comunitario i criteri fondamentali in base ai quali è possibile ottenere il sostegno; che, in particolare, è opportuno evitare che le misure per lo sviluppo rurale provochino distorsioni ingiustificate della concorrenza;
(16) considerando che, al fine di assicurare la flessibilità e di semplificare la normativa, il Consiglio dovrebbe conferire alla Commissione tutte le necessarie competenze di attuazione, a norma dell'articolo 202, terzo trattino, del trattato;
(17) considerando che nella Comunità la struttura del settore agricolo è caratterizzata da un vasto numero di aziende alle quali mancano le condizioni strutturali atte a garantire redditi e condizioni di vita equi agli agricoltori e alle loro famiglie;
(18) considerando che gli aiuti comunitari agli investimenti hanno per oggetto l'ammodernamento delle aziende agricole e il miglioramento della loro redditività;
(19) considerando che è opportuno semplificare le condizioni comunitarie per beneficiare di aiuti agli investimenti, quali stabilite dal regolamento (CE) n. 950/97 del Consiglio, del 20 maggio 1997, relativo al miglioramento dell'efficienza delle strutture agricole;
(20) considerando che la concessione di vantaggi particolari ai giovani agricoltori può agevolare non soltanto il loro insediamento, ma anche l'adattamento della struttura della loro azienda dopo il loro primo insediamento;
(21) considerando che l'evoluzione e la specializzazione dell'agricoltura richiedono un livello adeguato di formazione generale, tecnica ed economica per le persone che esercitano attività agricole e forestali, in particolare nel caso di nuovi orientamenti della gestione, della produzione e della commercializzazione;
(22) considerando che occorre intensificare le iniziative di formazione e informazione degli agricoltori riguardo ai metodi di produzione agricola compatibili con l'ambiente;
(23) considerando che è opportuno incentivare la cessazione anticipata dell'attività agricola, al fine di migliorare la redditività delle aziende agricole, tenendo conto dell'esperienza acquisita nell'attuazione del regolamento (CEE) n. 2079/92;
(24) considerando che il sostegno alle zone svantaggiate dovrebbe contribuire ad un uso continuato delle superfici agricole, alla cura dello spazio naturale, al mantenimento e alla promozione di sistemi di produzione agricola sostenibili;
(25) considerando che è opportuno classificare le zone svantaggiate in base a criteri comuni;
(26) considerando che non è necessario procedere a livello comunitario ad un'ulteriore classificazione delle zone svantaggiate;
(27) considerando che occorrerebbe stabilire condizioni relative alla possibilità di beneficiare di indennità compensative, allo scopo di garantire l'efficacia di tale regime di sostegno e il raggiungimento dei suoi obiettivi;
(28) considerando che per le limitazioni sugli usi agricoli in zone soggette a vincoli ambientali potrebbe rivelarsi necessario concedere un sostegno agli agricoltori al fine di risolvere i loro problemi specifici derivanti da tali limitazioni;
(29) considerando che nei prossimi anni gli strumenti agroambientali dovrebbero assumere un ruolo fondamentale nel promuovere lo sviluppo sostenibile delle zone rurali e nel soddisfare la crescente domanda della società di servizi nel settore ambientale;
(30) considerando che è opportuno proseguire il sostegno agroambientale attualmente previsto dal regolamento (CEE) n. 2078/92 per misure ambientali mirate, tenendo conto dell'esperienza acquisita nell'applicazione di tale regime quale descritta dettagliatamente nella relazione presentata dalla Commissione a norma dell'articolo 10, paragrafo 2, del regolamento (CEE) n. 2078/92;
(31) considerando che il regime di aiuti agroambientali dovrebbe continuare a incoraggiare gli agricoltori ad operare nell'interesse dell'intera società, introducendo o mantenendo metodi di produzione compatibili con le crescenti esigenze di tutela e miglioramento dell'ambiente, delle risorse naturali, del suolo e della diversità genetica, nonché con la necessità di salvaguardare lo spazio naturale e il paesaggio;
(32) considerando che occorrerebbe incentivare i miglioramenti nei settori della trasformazione e della commercializzazione dei prodotti agricoli sostenendo gli investimenti in tali settori;
(33) considerando che tale sostegno può basarsi in larga misura sulle condizioni attualmente stabilite dal regolamento (CE) n. 951/97 del Consiglio, del 20 maggio 1997, relativo al miglioramento delle condizioni di trasformazione e di commercializzazione dei prodotti agricoli;
(34) considerando che è necessario garantire la redditività di tali investimenti e la partecipazione degli agricoltori ai vantaggi economici dell'azione;
(35) considerando che il settore forestale costituisce parte integrante dello sviluppo rurale e che pertanto il regime di sostegno allo sviluppo rurale dovrebbe comprendere misure forestali; che il sostegno a questo settore deve evitare di tradursi in una distorsione di concorrenza ed essere ininfluente rispetto al mercato;
(36) considerando che le misure forestali dovrebbero essere conformi agli impegni assunti a livello internazionale dalla Comunità e dagli Stati membri e basarsi sui piani forestali degli Stati membri; che tali misure dovrebbero tener conto anche dei problemi specifici relativi al cambiamento climatico;
(37) considerando che le misure forestali dovrebbero essere basate su quelle di cui ai regimi esistenti stabiliti dal regolamento (CEE) n. 1610/89 del Consiglio, del 29 maggio 1989, recante norme d'applicazione del regolamento (CEE) n. 4256/88 per quanto riguarda l'azione di sviluppo e la valorizzazione delle foreste nelle zone rurali della Comunità, e dal regolamento (CEE) n. 867/90 del Consiglio, del 29 marzo 1990, relativo al miglioramento delle condizioni di trasformazione e di commercializzazione dei prodotti della silvicoltura;
(38) considerando che l'imboschimento delle superfici agricole riveste particolare importanza sia per l'utilizzazione del suolo e per la difesa dell'ambiente, sia come contributo al potenziamento di talune risorse silvicole; che occorrerebbe pertanto mantenere il sostegno all'imboschimento attualmente previsto dal regolamento (CEE) n. 2080/92, tenendo conto dell'esperienza acquisita nell'applicazione di tale regime quale descritta dettagliatamente nella relazione presentata dalla Commissione a norma dell'articolo 8, paragrafo 3, di detto regolamento;
(39) considerando che occorrerebbe accordare pagamenti per attività volte a mantenere e migliorare la stabilità ecologica delle foreste in talune zone;
(40) considerando che occorrerebbe sostenere altre misure legate alle attività di coltivazione e alla loro riconversione; che l'elenco di tali misure dovrebbe essere stabilito in base all'esperienza acquista e tenendo conto dell'esigenza che lo sviluppo rurale si basi in parte su attività e servizi extra agricoli, in modo da invertire la tendenza al declino socioeconomico e allo spopolamento della campagna; che occorrerebbe sostenere misure volte ad eliminare le ineguaglianze e a promuovere la parità di opportunità fra uomini e donne;
(41) considerando che i consumatori richiedono in misura sempre maggiore prodotti agricoli e derrate alimentari ottenuti con metodi biologici; che questo fenomeno sta quindi creando un mercato nuovo per i prodotti agricoli; che l'agricoltura biologica migliora la sostenibilità delle attività agricole e contribuisce pertanto ai fini generali del presente regolamento; che le misure di sostegno specifiche allo sviluppo rurale possono contribuire alla produzione ed alla commercializzazione di prodotti agricoli ottenuti con metodi biologici;
(42) considerando che le misure di sviluppo rurale ammissibili al sostegno comunitario dovrebbero essere conformi alla normativa comunitaria e coerenti con le altre politiche comunitarie e con gli altri strumenti della politica agricola comune;
(43) considerando che nell'ambito del presente regolamento dovrebbero essere escluse dal sostegno comunitario alcune misure che possono beneficiare di altri strumenti della politica agricola comune, in particolare quelle che rientrano nell'ambito dei regimi di sostegno delle organizzazioni comuni di mercato, con le eccezioni giustificate da criteri oggettivi;
(44) considerando che, tenuto conto degli aiuti ad associazioni di produttori e alle loro unioni già esistenti nell'ambito di diverse organizzazioni comuni di mercato, non risulta più necessario fornire un sostegno specifico a gruppi di produttori nel quadro dello sviluppo rurale; che, pertanto, il regime di aiuti previsto dal regolamento (CE) n. 952/97 del Consiglio, del 20 maggio 1997, concernente le associazioni di produttori e le relative unioni, non dovrebbe essere proseguito;
(45) considerando che il finanziamento del sostegno comunitario alle misure di accompagnamento e ad altre misure di sviluppo rurale nelle zone non comprese nell'obiettivo n. 1 dovrebbe essere fornito dalla sezione garanzia del FEAOG; che le norme finanziarie fondamentali stabilite dal regolamento (CE) n. 1260/1999, sono state modificate a tal fine;
(46) considerando che il finanziamento del sostegno comunitario alle misure di sviluppo rurale nelle zone comprese nell'obiettivo n. 1 dovrebbe continuare ad essere fornito dalla sezione orientamento del FEAOG, fatta eccezione per le tre attuali misure di accompagnamento e per il sostegno alle zone svantaggiate e alle zone soggette a vincoli ambientali;
(47) considerando che, per quanto riguarda il sostegno alle misure di sviluppo rurale contemplate dalla programmazione degli obiettivi n. 1 e n. 2, si applicherebbe il regolamento (CE) n. 1260/1999, in particolare relativamente alla programmazione integrata di tali misure; che le norme in materia di finanziamento dovrebbero tuttavia tener conto del finanziamento erogato dalla sezione garanzia per le suddette misure nelle regioni dell'obiettivo 2;
(48) considerando che le misure di sviluppo rurale non contemplate dalla programmazione dell'obiettivo n. 1 o dell'obiettivo n. 2 dovrebbero essere oggetto della programmazione relativa allo sviluppo rurale, secondo norme specifiche; che i tassi di assistenza per tali misure dovrebbero essere differenziati in base ai principi generali previsti dall'articolo 29, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 1260/1999, tenendo sufficientemente conto delle esigenze di coesione economica e sociale; che, di conseguenza, i tassi di assistenza relativi, rispettivamente, alle zone contemplate dall'obiettivo n. 1 e dall'obiettivo n. 2 e alle altre zone dovrebbero essere, in linea di massima, differenziati; che i tassi stabiliti dal presente regolamento costituiscono i massimali dell'assistenza comunitaria;
(49) considerando che, in aggiunta ai programmi di sviluppo rurale, la Commissione dovrebbe poter predisporre di propria iniziativa studi sullo sviluppo rurale, a prescindere dall'iniziativa per lo sviluppo rurale di cui agli articoli 19 e 20 del regolamento (CE) n. 1260/1999;
(50) considerando che occorrerebbe stabilire norme adeguate per il controllo e la valutazione del sostegno allo sviluppo rurale, utilizzando come riferimento indicatori ben definiti da concordare e fissare prima della realizzazione del programma;
(51) considerando che le misure di sviluppo rurale dovrebbero poter beneficiare del sostegno degli Stati membri senza alcun cofinanziamento comunitario; che, dato il notevole impatto economico di tali aiuti e al fine di garantirne la coerenza con le misure ammissibili al sostegno comunitario, nonché per semplificare le procedure, occorrerebbe stabilire norme specifiche relative agli aiuti di Stato;
(52) considerando che dovrebbe essere possibile adottare norme transitorie per agevolare la transizione dagli attuali regimi di sostegno al nuovo regime di sostegno dello sviluppo rurale;
(53) considerando che il nuovo regime di sostegno contenuto del presente regolamento sostituisce i regimi di sostegno esistenti, che pertanto dovrebbero essere abrogati; che, di conseguenza, la deroga prevista nei regimi attuali per le regioni ultraperiferiche e per le isole Egee dovrà anch'essa essere abrogata; che all'atto della programmazione delle misure per lo sviluppo rurale, saranno stabilite nuove norme che garantiranno la necessaria flessibilità, adattamenti e deroghe al fine di tenere conto delle esigenze specifiche di tali regioni,
ha adottato il presente regolamento:
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(4) Pubblicata nella G.U.C.E. 4 giugno 1998, n. C 170.
(5) Parere espresso il 6 maggio 1999.
(6) Pubblicato nella G.U.C.E. 28 dicembre 1998, n. C 407.
(7) Pubblicato nella G.U.C.E. 6 aprile 1999, n. C 93.
(8) Pubblicato nella G.U.C.E. 22 dicembre 1998, n. C 401.
TITOLO I
Ambito di applicazione e obiettivi
Articolo 1
1. Il presente regolamento definisce il quadro del sostegno comunitario per uno sviluppo rurale sostenibile.
2. Le misure per lo sviluppo rurale accompagnano e integrano altri strumenti della politica agricola comune e contribuiscono in tal modo al conseguimento degli obiettivi previsti dall'articolo 33 del trattato.
3. Le misure di sviluppo rurale:
- sono inserite nelle misure volte a promuovere lo sviluppo e l'adeguamento strutturale delle regioni in ritardo di sviluppo (obiettivo n. 1) e
- accompagnano le misure di sostegno alla riconversione socioeconomica delle zone con difficoltà strutturali (obiettivo n. 2) nelle regioni interessate, tenendo conto dei fini specifici del sostegno comunitario nell'ambito di tali obiettivi, quali previsti dagli articoli 158 e 160 del trattato e dal regolamento (CE) n. 1260/1999, e alle condizioni stabilite dal presente regolamento.
Articolo 2
Il sostegno allo sviluppo rurale, legato alle attività agricole e alla loro riconversione, può riguardare:
- il miglioramento delle strutture nelle aziende agricole e delle strutture di trasformazione di commercializzazione dei prodotti agricoli,
- la riconversione e il riorientamento del potenziale di produzione agricola, l'introduzione di nuove tecnologie e il miglioramento della qualità dei prodotti,
- l'incentivazione della produzione non alimentare,
- uno sviluppo forestale sostenibile,
- la diversificazione delle attività al fine di sviluppare attività complementari o alternative,
- il mantenimento e il consolidamento di un tessuto sociale vitale nelle zone rurali,
- lo sviluppo di attività economiche e il mantenimento e la creazione di posti di lavoro, allo scopo di garantire un migliore sfruttamento del potenziale esistente,
- il miglioramento delle condizioni di lavoro e di vita,
- il mantenimento e la promozione di sistemi di coltivazione a bassi consumi intermedi,
- la tutela e la promozione di un alto valore naturale e di un'agricoltura sostenibile che rispetti le esigenze ambientali,
- l'abolizione delle ineguaglianze e la promozione della parità di opportunità fra uomini e donne, in particolare mediante il sostegno a progetti concepiti e realizzati da donne.
Articolo 3
È concesso un sostegno a favore delle misure di sviluppo rurale definite al titolo II e alle condizioni ivi previste.
TITOLO II
Misure di sviluppo rurale
Capo I
Investimenti nelle aziende agricole
Articolo 4
Il sostegno agli investimenti nelle aziende agricole contribuisce al miglioramento dei redditi agricoli, nonché delle condizioni di vita, di lavoro e di produzione.
Tali investimenti sono finalizzati ad uno o più dei seguenti obiettivi:
- ridurre i costi di produzione,
- migliorare e riconvertire la produzione,
- migliorare la qualità,
- tutelare e migliorare l'ambiente naturale, le condizioni di igiene e il benessere degli animali,
- promuovere la diversificazione delle attività nell'azienda.
Articolo 5
1. (9) Il sostegno agli investimenti viene concesso ad aziende agricole
- che dimostrino redditività,
- che rispettino requisiti minimi in materia di ambiente, igiene e benessere degli animali, e
- il cui imprenditore possieda conoscenze e competenze professionali adeguate.
2. Le condizioni per il sostegno agli investimenti di cui al primo comma devono essere soddisfatte all'atto dell'adozione della decisione individuale relativa alla concessione dell'aiuto (10).
3. Tuttavia, se gli investimenti sono realizzati allo scopo di conformarsi alle nuove norme minime in materia di ambiente, igiene o benessere degli animali, il sostegno può essere concesso a questo fine. In tali casi gli agricoltori possono beneficiare di una proroga per conformarsi alle norme minime ove un tale periodo sia necessario per risolvere i problemi specifici inerenti all'osservanza delle stesse. L'agricoltore ottempera alle pertinenti norme entro la fine del periodo di investimento (11).
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(9) Il presente testo è divenuto paragrafo 1, in base all'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1783/2003.
(10) Paragrafo aggiunto dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1783/2003.
(11) Paragrafo aggiunto dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1783/2003.
Articolo 6
Non vengono sostenuti investimenti il cui obiettivo è un aumento della produzione aziendale di prodotti che non trovano sbocchi normali sui mercati.
Articolo 7 (12)
Gli Stati membri fissano i limiti degli investimenti totali che possono beneficiare degli aiuti.
Il valore totale degli aiuti, espresso in percentuale del volume d'investimento che può fruire degli aiuti, è limitato al 40% al massimo e, riguardo alle zone svantaggiate, al 50% al massimo (13).
Qualora gli investimenti siano effettuati da giovani agricoltori, come menzionato al capo II, tali percentuali possono raggiungere al massimo il 50% e il 60% nelle zone svantaggiate durante un periodo non superiore a cinque anni dall'insediamento. I requisiti relativi all'età, di cui al primo trattino dell'articolo 8, paragrafo 1, devono essere soddisfatti all'atto dell'insediamento (14).
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(12) Per una deroga al presente articolo, a decorrere dal 1° gennaio 2000, si rimanda all'articolo 21 del regolamento (CE) n. 1452/2001, all'articolo 33 del regolamento (CE) n. 1453/2001, all'articolo 19 del regolamento (CE) n. 1454/2001 e all'articolo 13 del regolamento (CEE) n. 2019/93 così come sostituito dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 442/2002, a decorrere dal 1° aprile 2002.
(13) Comma così sostituito dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1783/2003.
(14) Comma aggiunto dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1783/2003.
Capo II
Insediamento dei giovani agricoltori
Articolo 8
1. Gli aiuti per facilitare il primo insediamento dei giovani agricoltori sono concessi alle seguenti condizioni:
- l'agricoltore non ha ancora compiuto 40 anni,
- l'agricoltore possiede conoscenze e competenze professionali adeguate,
- l'agricoltore si insedia in un'azienda agricola per la prima volta,
- per quanto riguarda l'azienda:
i) dimostra redditività e
ii) rispetta requisiti minimi in materia di ambiente, igiene e benessere degli animali,
e
- l'agricoltore si insedia in qualità di capo dell'azienda.
Possono essere applicate condizioni specifiche nel caso in cui il giovane agricoltore non si insedi nell'azienda come unico capo di essa. Tali condizioni devono essere equivalenti a quelle richieste per l'insediamento del suddetto giovane agricoltore come unico capo dell'azienda.
2. L'aiuto al primo insediamento può comprendere:
a) un premio unico il cui importo massimo ammissibile figura nell'allegato;
b) un abbuono d'interessi per i prestiti contratti a copertura delle spese derivanti dal primo insediamento; l'importo equivalente al valore capitalizzato di tale abbuono non può essere superiore al valore del premio unico.
Ai giovani agricoltori che si stiano avvalendo di servizi di consulenza agricola correlati al primo insediamento della loro attività può essere accordato per un periodo di tre anni dal primo insediamento un sostegno maggiore dell'importo massimo di cui alla lettera a) ma non superiore a 30.000 EUR (15).
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(15) Paragrafo così sostituito dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1783/2003.
Capo III
Formazione
Articolo 9
Il sostegno alla formazione professionale contribuisce al miglioramento delle conoscenze e delle competenze professionali degli agricoltori e di altre persone coinvolte in attività agricole e forestali e nella loro riconversione.
La formazione è finalizzata in particolare:
- a preparare gli agricoltori e le altre persone partecipanti ad attività agricole al riorientamento qualitativo della produzione, all'applicazione di metodi di produzione compatibili con la conservazione e il miglioramento del paesaggio, con la tutela dell'ambiente, con l'igiene e con il benessere degli animali, nonché a impartire loro la formazione necessaria per gestire un'azienda agricola economicamente redditizia e (16);
- a preparare gli imprenditori forestali e le altre persone coinvolte in attività forestali all'applicazione di pratiche di gestione forestale allo scopo di migliorare le funzioni economiche, ecologiche o sociali delle foreste.
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(16) Trattino così sostituito dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1783/2003.
Capo IV
Prepensionamento
Articolo 10
1. Gli aiuti al prepensionamento contribuiscono a conseguire i seguenti obiettivi:
- procurare un reddito agli imprenditori agricoli anziani che decidono di cessare l'attività agricola,
- far subentrare a questi imprenditori anziani agricoltori in grado di migliorare, se necessario, la redditività delle aziende rimaste in esercizio,
- riorientare superfici agricole verso usi extra agricoli, ove non sia possibile destinarle alla produzione agricola in condizioni soddisfacenti dal punto di vista della redditività.
2. Il sostegno al prepensionamento può comprendere misure destinate a procurare un reddito ai salariati agricoli.
Articolo 11
1. Il cedente:
- cessa definitivamente ogni attività agricola a fini commerciali; può però continuare a svolgere attività agricole non commerciali e a conservare la disponibilità degli edifici in cui continuerà ad abitare,
- ha almeno 55 anni, senza aver raggiunto l'età normale di pensionamento, al momento della cessazione, e
- ha esercitato l'attività agricola nei dieci anni che precedono la cessazione.
2. Il rilevatario agricolo:
- subentra al cedente come capo dell'azienda agricola o rileva la totalità o una parte dei terreni resi disponibili; la redditività dell'azienda del rilevatario dev'essere aumentata entro un periodo e a condizioni da definire, in particolare in termini di conoscenze e competenze professionali del rilevatario, di superficie, di volume di lavoro o di reddito, a seconda delle regioni e dei tipi di produzione,
- possiede conoscenze e competenze professionali adeguate, e
- s'impegna ad esercitare l'attività agricola nell'azienda per almeno cinque anni.
3. Il lavoratore agricolo:
- cessa definitivamente ogni attività agricola,
- ha almeno 55 anni, senza aver raggiunto l'età normale di pensionamento,
- ha dedicato all'agricoltura, nei cinque anni che precedono la cessazione, almeno la metà del proprio tempo di lavoro, quale collaboratore familiare o salariato agricolo,
- ha lavorato nell'azienda del cedente almeno l'equivalente di due anni a tempo pieno nei quattro anni che precedono il prepensionamento del cedente stesso,
- è iscritto a un regime di previdenza sociale.
4. Rilevatario non agricolo può essere qualsiasi persona fisica o giuridica che rileva terreni resi disponibili per destinarli ad usi extra agricoli, come la silvicoltura o la creazione di riserve ecologiche, in maniera compatibile con la tutela o il miglioramento della qualità dell'ambiente e dello spazio naturale.
5. Le condizioni stabilite dal presente articolo si applicano per tutto il periodo durante il quale il cedente fruisce di un aiuto al prepensionamento.
Articolo 12
1. I massimali presi in considerazione per gli aiuti comunitari sono fissati nell'allegato.
2. La durata dell'aiuto al prepensionamento non dev'essere superiore ad un massimo di 15 anni per il cedente e di 10 anni per il salariato agricolo. Essa non deve oltrepassare il settantacinquesimo compleanno del cedente e non deve eccedere la normale età di pensionamento del lavoratore.
Qualora, nel caso di un cedente, lo Stato membro corrisponda una normale pensione, l'aiuto al prepensionamento è versato in via complementare, tenuto conto dell'importo della pensione nazionale.
Capo V
Zone svantaggiate e zone soggette a vincoli ambientali
Articolo 13
L'aiuto alle zone svantaggiate e a quelle soggette a vincoli ambientali contribuisce a conseguire i seguenti obiettivi:
a) Compensazione per le zone sottoposte a svantaggi naturali
- garantire un uso continuato delle superfici agricole e favorire in tal modo il mantenimento di una comunità rurale vitale,
- conservare lo spazio naturale,
- mantenere e promuovere sistemi di produzione agricola sostenibili, che tengono particolare conto dei requisiti in materia d'ambiente.
b) Compensazione per zone sottoposte a vincoli ambientali
- garantire il rispetto dei requisiti in materia di ambiente e assicurare l'uso delle superfici agricole nelle zone sottoposte a vincoli ambientali.
Articolo 14
1. Gli agricoltori delle zone svantaggiate possono ricevere indennità compensative.
2. Le indennità compensative sono accordate per ettaro di terreni agricoli ad agricoltori:
- che coltivano una superficie minima di terreno da definire,
- che si impegnano a proseguire un'attività agricola in una zona svantaggiata per almeno un quinquennio a decorrere dal primo pagamento dell'indennità compensativa, e
- che utilizzano, secondo le buone pratiche agricole consuete, pratiche compatibili con la necessità di salvaguardare l'ambiente e di conservare lo spazio naturale, in particolare applicando sistemi di produzione agricola sostenibili.
3. Qualora la presenza di residui di sostanze vietate ai sensi della direttiva 96/22/CE o di residui di sostanze autorizzate ai sensi di tale direttiva ma utilizzate illecitamente, sia riscontrata, ai sensi delle pertinenti disposizioni della direttiva 96/23/CE, in un animale appartenente all'allevamento bovino di un produttore, o qualora una sostanza o un prodotto non autorizzati, o una sostanza o un prodotto autorizzati ai sensi della direttiva 96/22/CE, ma detenuti illecitamente, siano rinvenuti nell'azienda di tale produttore sotto qualsiasi forma, quest'ultimo è escluso dal beneficio delle indennità compensative per l'anno civile dell'accertamento.
In caso di recidiva il periodo di esclusione può, secondo la gravità dell'infrazione, essere prolungato fino a cinque anni a decorrere dall'anno di accertamento dell'infrazione.
In caso di ostruzionismo da parte del proprietario o del detentore degli animali durante l'esecuzione delle ispezioni e dei prelievi necessari in applicazione dei piani nazionali di sorveglianza dei residui, nonché durante lo svolgimento delle operazioni di indagine e di controllo effettuate ai sensi della direttiva 96/23/CE, si applicano le sanzioni di cui al primo comma.
Articolo 15
1. Le indennità compensative sono fissate a un livello:
- sufficiente per contribuire efficacemente a compensare gli svantaggi esistenti e
- tale da evitare compensazioni eccessive.
2. Le indennità compensative sono debitamente diversificate in funzione:
- della situazione e degli obiettivi di sviluppo propri di ciascuna regione,
- della gravità degli svantaggi naturali permanenti che pregiudicano le attività agricole,
- degli specifici problemi ambientali da risolvere, se del caso,
- del tipo di produzione e, se del caso della struttura economica dell'azienda.
3. Le indennità compensative sono fissate a un livello compreso tra gli importi minimi e gli importi massimi che figurano nell'allegato.
Possono essere concesse indennità compensative superiori all'importo massimo purché l'importo medio di tutte le indennità compensative concesse al livello di programmazione in questione non superi tale massimale. Ai fini del calcolo dell'importo medio, gli Stati membri possono presentare una combinazione di vari programmi regionali. Tuttavia, in casi debitamente motivati da circostanze oggettive, l'importo medio può essere aumentato all'importo medio massimo indicato nell'allegato (17).
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(17) Comma così sostituito dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1783/2003.
Articolo 16
1. Gli agricoltori possono usufruire di un aiuto sotto forma di pagamenti volti a compensare i costi e le perdite di reddito originati, nelle zone sottoposte a vincolo ambientale, dall'attuazione di limitazioni risultanti dall'applicazione delle direttive 79/409/CEE e 92/43/CEE, se e per quanto detti pagamenti siano necessari per risolvere i problemi specifici derivanti dall'applicazione delle citate direttive (18).
2. L'importo dei pagamenti deve essere fissato in modo da evitare compensazioni eccessive, specie per i pagamenti destinati a zone svantaggiate.
3. L'importo massimo che può fruire del sostegno comunitario è stabilito nell'allegato. In casi debitamente motivati tale importo può essere aumentato per tenere conto di problemi specifici.
Un sostegno superiore a tale importo massimo può essere accordato per un periodo non superiore a cinque anni dalla data in cui assume valore vincolante, conformemente alla legislazione comunitaria, la disposizione che impone nuove restrizioni. Tale sostegno è concesso annualmente in misura decrescente e non supera l'importo figurante nell'allegato (19).
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(18) Paragrafo così sostituito dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1783/2003.
(19) Paragrafo così sostituito dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1783/2003.
Articolo 17
Le zone svantaggiate comprendono
- zone di montagna (articolo 18),
- altre zone svantaggiate (articolo 19) e
- zone nelle quali ricorrono svantaggi specifici (articolo 20).
Articolo 18
1. Le zone di montagna sono quelle caratterizzate da una notevole limitazione delle possibilità di utilizzazione delle terre e da un notevole aumento del costo del lavoro, dovuti:
- all'esistenza di condizioni climatiche molto difficili a causa dell'altitudine, che si traducono in un periodo vegetativo nettamente abbreviato,
- in zone di altitudine inferiore, all'esistenza nella maggior parte del territorio di forti pendii che rendono impossibile la meccanizzazione o richiedono l'impiego di materiale speciale assai oneroso, ovvero
- a una combinazione dei due fattori, quando lo svantaggio derivante da ciascuno di questi fattori presi separatamente è meno accentuato, ma la loro combinazione comporta uno svantaggio equivalente.
2. Le zone situate a nord del 62 a parallelo e talune zone adiacenti sono assimilate alle zone di montagna.
Articolo 19
Le zone svantaggiate minacciate di spopolamento e nelle quali è necessario conservare l'ambiente naturale sono composte di territori agricoli omogenei sotto il profilo delle condizioni naturali di produzione e per esse devono ricorrere tutte le seguenti caratteristiche:
- esistenza di terre poco produttive, poco idonee alla coltivazione, le cui scarse potenzialità non possono essere migliorate senza costi eccessivi e che si prestano soprattutto all'allevamento estensivo,
- a causa della scarsa produttività dell'ambiente naturale, ottenimento di risultati notevolmente inferiori alla media quanto ai principali indici che caratterizzano la situazione economica dell'agricoltura,
- scarsa densità, o tendenza alla regressione demografica, di una popolazione dipendente in modo preponderante dall'attività agricola e la cui contrazione accelerata comprometterebbe la vitalità e il popolamento della zona medesima.
Articolo 20
1. (20) Possono essere assimilate alle zone svantaggiate altre zone nelle quali ricorrono svantaggi specifici, e nelle quali l'attività agricola dovrebbe essere continuata, se del caso e a talune condizioni particolari, per assicurare la conservazione o il miglioramento dell'ambiente naturale, la conservazione dello spazio naturale e il mantenimento del potenziale turistico o per motivi di protezione costiera.
2. È possibile che le zone di cui al presente paragrafo non superino il 10% della zona dello Stato membro interessato (21).
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(20) Il presente testo è divenuto paragrafo 1, in base all'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1783/2003.
(21) Paragrafo aggiunto dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1783/2003.
Articolo 21
[La superficie dell'insieme delle zone di cui agli articoli 16 e 20 non può superare il 10% della superficie complessiva dello Stato membro interessato.] (22).
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(22) Soppresso dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1783/2003.
Capo V bis (23)
Rispetto delle norme
Articolo 21 bis (24)
Il sostegno inteso ad aiutare gli agricoltori a conformarsi alle norme rigorose basate sulla legislazione comunitaria in materia di ambiente, sanità pubblica, salute delle piante e degli animali, benessere degli animali e sicurezza sul lavoro contribuisce al conseguimento dei seguenti obiettivi:
a) una più rapida applicazione delle rigorose norme comunitarie da parte degli Stati membri;
b) il rispetto delle norme da parte degli agricoltori;
c) l'utilizzo dei servizi di consulenza aziendale da parte degli agricoltori, secondo quanto previsto dal regolamento (CE) n. 1782/2003 del Consiglio del 29 settembre 2003 che stabilisce norme comuni relative ai regimi di sostegno diretto nell'ambito della politica agricola comune e ai regimi di sostegno a favore dei coltivatori di taluni seminativi al fine di valutare i risultati delle aziende e individuare i miglioramenti necessari in termini di criteri di gestione obbligatori definiti nel regolamento citato.
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(23) Il presente Capo (articoli 21 bis, 21 ter, 21 quater, 21 quinquies) è stato inserito dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1783/2003.
(24) Articolo inserito dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1783/2003.
Articolo 21 ter (25)
1. Un sostegno temporaneo finalizzato alla copertura parziale dei costi sostenuti e delle perdite di reddito può essere concesso agli agricoltori, che devono applicare le norme rigorose basate sulla normativa comunitaria e di recente introdotte nella legislazione nazionale.
Per quanto riguarda gli Stati membri che applicano l'articolo 16, non sarà accordato sostegno agli agricoltori a titolo del presente capo affinché questi applichino norme basate sulla legislazione comunitaria di cui all'articolo 16.
2. Il sostegno può essere concesso per un periodo non superiore a cinque anni a decorrere dalla data alla quale la norma diventa obbligatoria secondo la normativa comunitaria.
Per poter essere ammissibile all'aiuto, la norma dovrebbe imporre nuovi obblighi o limitazioni alla pratica agricola, che incidano sensibilmente sulle spese ordinarie di gestione aziendale e riguardino un numero significativo di agricoltori.
Per quanto riguarda le direttive la cui data limite di recepimento è stata superata e che non sono ancora state correttamente recepite dallo Stato membro, il sostegno può essere erogato per un periodo non superiore a cinque anni a decorrere dal 28 ottobre 2003 (26).
3. L'aiuto non è in nessun caso erogato qualora la mancata applicazione delle norme sia dovuta al mancato rispetto, da parte dell'agricoltore richiedente, di norme già trasposte nella normativa nazionale.
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(25) Articolo inserito dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1783/2003.
(26) Comma rettificato dalla rettifica pubblicata nella G.U.U.E. 31 marzo 2004, n. L 94.
Articolo 21 quater (27)
1. L'aiuto è erogato annualmente, in rate uguali, su base forfetaria e decrescente. Gli Stati membri modulano il livello del pagamento in funzione degli obblighi derivanti dall'applicazione della norma. Il pagamento è inoltre fissato ad un livello tale da prevenire compensazioni eccessive. I costi relativi agli investimenti non sono presi in considerazione nel calcolo dell'importo annuo del sostegno.
2. Il massimale annuo ammissibile di sostegno per azienda figura nell'allegato.
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(27) Articolo inserito dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1783/2003.
Articolo 21 quinquies (28)
1. Il sostegno può essere erogato agli agricoltori per aiutarli a sostenere i costi dei servizi di consulenza aziendale che individuano e, ove necessario, propongono miglioramenti per quanto riguarda il rispetto delle norme obbligatorie in materia di ambiente, sanità pubblica, salute delle piante e degli animali e benessere degli animali.
2. I servizi di consulenza aziendale che possono fruire di un aiuto sono conformi a quanto disposto al capitolo III, titolo II, del regolamento (CE) n. 1782/2003 e alle disposizioni adottate per la sua attuazione.
3. L'importo totale dell'aiuto riservato per l'utilizzo dei servizi di consulenza di cui al paragrafo 1 è limitato al 80% del costo ammissibile, senza che venga superato il massimale indicato nell'allegato.
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(28) Articolo inserito dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1783/2003.
Capo VI (29)
Agroambiente e benessere degli animali
Articolo 22 (30)
Il sostegno a metodi di produzione agricola finalizzati alla protezione dell'ambiente e alla conservazione dello spazio naturale (misure agroambientali) contribuisce alla realizzazione degli obiettivi delle politiche comunitarie in materia di agricoltura, ambiente e benessere degli animali da allevamento.
Tale sostegno è inteso a promuovere:
a) forme di conduzione dei terreni agricoli compatibili con la tutela e con il miglioramento dell'ambiente, del paesaggio e delle sue caratteristiche, delle risorse naturali, del suolo e della diversità genetica,
b) l'estensivizzazione, favorevole all'ambiente, della produzione agricola e la gestione dei sistemi di pascolo a scarsa intensità,
c) la tutela di ambienti agricoli ad alto valore naturale esposti a rischi,
d) la salvaguardia del paesaggio e delle caratteristiche tradizionali dei terreni agricoli,
e) il ricorso alla pianificazione ambientale nell'ambito della produzione agricola,
f) il miglioramento del benessere degli animali.
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(29) Il presente Capo (articoli 22, 23, 24) è stato così sostituito dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1783/2003.
(30) Articolo così sostituito dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1783/2003.
Articolo 23 (31)
1. Gli agricoltori ricevono un aiuto in compenso di impegni della durata minima di cinque anni a favore dell'agroambiente o del benessere degli animali. Ove necessario, può essere fissato un periodo più lungo per particolari tipi di impegni, a causa degli effetti di questi ultimi sull'ambiente o sul benessere degli animali.
2. Gli impegni a favore dell'agroambiente e del benessere degli animali oltrepassano l'applicazione delle normali buone pratiche agricole, comprese le buone pratiche inerenti al settore zootecnico.
Essi procurano servizi non forniti da altre misure di sostegno, quali il sostegno dei mercati o le indennità compensative.
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(31) Articolo così sostituito dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1783/2003.
Articolo 24 (32)
1. Il sostegno agli impegni a favore dell'agroambiente o del benessere degli animali viene concesso annualmente ed è calcolato in base ai seguenti criteri:
a) il mancato guadagno,
b) i costi aggiuntivi derivanti dall'impegno assunto e c) la necessità di fornire un incentivo.
I costi relativi agli investimenti non sono presi in considerazione nel calcolo dell'importo annuo dell'aiuto. I costi degli investimenti non rimunerativi necessari all'adempimento di un impegno possono essere presi in considerazione nel calcolo dell'importo annuo dell'aiuto.
2. Gli importi annui massimi che possono beneficiare del sostegno comunitario figurano nell'allegato. Ove l'aiuto sia calcolato per superficie, tali importi sono basati sulla superficie dell'azienda a cui si applicano gli impegni agroambientali.
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(32) Articolo così sostituito dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1783/2003.
Per una deroga all'ex articolo, paragrafo 2, a decorrere dal 1° gennaio 2000, si rimanda all'articolo 33 del regolamento (CE) n. 1453/2001.
Capo VI bis (33)
Qualità alimentare
Articolo 24 bis (34)
Il sostegno ai metodi di produzione agricola intesi a migliorare la qualità dei prodotti agricoli e a promuoverli contribuisce alla realizzazione dei seguenti obiettivi:
a) assicurare i consumatori della qualità del prodotto o del processo produttivo impiegato mediante la partecipazione degli agricoltori ai sistemi qualità di cui all'articolo 24 ter;
b) conseguire un valore aggiunto per i prodotti agricoli di base e potenziare gli sbocchi di mercato;
c) informare i consumatori circa la disponibilità e le specifiche di tali prodotti.
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(33) Il presente Capo (articoli 24 bis, 24 ter, 24 quater, 24 quinquies) è stato aggiunto dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1783/2003.
(34) Articolo aggiunto dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1783/2003.
Articolo 24 ter (35)
1. Il sostegno è erogato agli agricoltori che partecipano volontariamente ai sistemi qualità comunitari o nazionali che impongono requisiti produttivi specifici per quanto riguarda i prodotti agricoli compresi nell'allegato I del trattato, esclusi i prodotti della pesca, e sono conformi al disposto del paragrafo 2 o 3.
Esso interessa unicamente i prodotti destinati al consumo umano.
2. I sistemi qualità della Comunità ai sensi dei seguenti regolamenti e disposizioni sono ammissibili al sostegno:
a) Regolamento (CEE) n. 2081/92 del Consiglio del 14 luglio 1992 relativo alla protezione delle indicazioni geografiche e delle denominazioni d'origine dei prodotti agricoli ed alimentari;
b) Regolamento (CEE) n. 2082/92 del Consiglio del 14 luglio 1992 relativo alle attestazioni di specificità dei prodotti agricoli ed alimentari;
c) Regolamento (CEE) n. 2092/91 del Consiglio del 24 giugno 1991 relativo al metodo di produzione biologico di prodotti agricoli è alla indicazione di tale metodo sui prodotti agricoli e sulle derrate alimentari;
d) Titolo VI concernente i vini di qualità prodotti in regioni determinate del regolamento (CE) n. 1493/1999 del Consiglio del 17 maggio 1999 relativo all'organizzazione comune del mercato vinicolo.
3. Per essere ammissibili al sostegno, i sistemi qualità riconosciuti dagli Stati membri devono essere conformi ai requisiti di cui alle lettere da a) a e):
a) la specificità del prodotto finale ottenuto nell'ambito di tali sistemi è riconducibile agli obblighi precisi relativi ai metodi di produzione che garantiscono:
i) caratteristiche specifiche, compresi i processi di produzione, oppure
ii) una qualità del prodotto finale significativamente superiore alle norme commerciali correnti in termini di sanità pubblica, salute delle piante e degli animali, benessere degli animali o tutela ambientale;
b) i sistemi prevedono specifiche di produzione vincolanti, il rispetto delle quali è verificato da un organismo di controllo indipendente;
c) i sistemi sono aperti a tutti i produttori;
d) i sistemi sono trasparenti e assicurano una tracciabilità completa dei prodotti;
e) i sistemi rispondono agli sbocchi di mercato attuali o prevedibili.
4. Non sono ammissibili al sostegno i sistemi il cui unico scopo è fornire un controllo più severo del rispetto delle norme obbligatorie nell'ambito della normativa comunitaria o nazionale.
------------------------
(35) Articolo aggiunto dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1783/2003.
Articolo 24 quater (36)
1. Il sostegno è erogato sotto forma di un incentivo annuale di importo non superiore al massimale per azienda indicato nell'allegato. L'importo del pagamento è definito sulla base dei costi fissi derivanti dalla partecipazione ai sistemi che fruiscono di finanziamenti ed è fissato ad un livello tale da prevenire compensazioni eccessive.
2. La durata di tale sostegno non supera i cinque anni.
------------------------
(36) Articolo aggiunto dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1783/2003.
Articolo 24 quinquies (37)
1. Il sostegno è erogato ai gruppi di produttori per le attività di informazione dei consumatori e di promozione dei prodotti agricoli e alimentari compresi nei sistemi qualità comunitari o nazionali di cui all'articolo 24 ter e scelti per il sostegno dallo Stato membro nell'ambito della misura prevista agli articoli 24 bis, 24 ter e 24 quater.
2. Il sostegno comprende attività di informazione, di promozione e pubblicitarie.
3. Il valore totale del sostegno è limitato al 70% dei costi ammissibili dell'azione.
------------------------
(37) Articolo aggiunto dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1783/2003.
Capo VII
Miglioramento delle condizioni di trasformazione e di commercializzazione dei prodotti agricoli
Articolo 25
1. Il sostegno agli investimenti favorisce il miglioramento e la razionalizzazione delle condizioni di trasformazione e di commercializzazione dei prodotti agricoli, contribuendo in tal modo ad aumentare la competitività e il valore aggiunto di tali prodotti.
2. Tale sostegno è finalizzato ad un o più dei seguenti obiettivi:
- orientare la produzione in base all'andamento prevedibile dei mercati o favorire la creazione di nuovi sbocchi per la produzione agricola,
- migliorare o razionalizzare i circuiti di commercializzazione o i processi di trasformazione,
- migliorare la presentazione e il confezionamento dei prodotti o contribuire ad un migliore impiego o ad una eliminazione dei sottoprodotti o dei rifiuti,
- sviluppare e applicare nuove tecnologie (38),
- favorire investimenti innovativi,
- migliorare e controllare la qualità,
- migliorare e controllare le condizioni sanitarie,
- proteggere l'ambiente.
------------------------
(38) Trattino così sostituito dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1783/2003.
Articolo 26
1. Il sostegno viene accordato alle persone cui incombe l'onere finanziario degli investimenti nell'ambito di imprese
- che dimostrino redditività e
- che rispettino requisiti minimi in materia di ambiente, di igiene e di benessere degli animali.
Tuttavia, se gli investimenti sono realizzati allo scopo di conformarsi alle nuove norme minime in materia di ambiente, igiene o benessere degli animali, il sostegno può essere concesso a questo fine. In tali casi le piccole unità di trasformazione possono beneficiare di una proroga per conformarsi alle norme minime ove un tale periodo sia necessario per risolvere i problemi specifici inerenti all'osservanza delle stesse. Le piccole unità di trasformazione si conformano alle norme pertinenti entro il termine del periodo di investimento (39).
2. Gli investimenti devono concorrere al miglioramento della situazione dei settori di produzione agricola di base interessati. Essi devono garantire una partecipazione adeguata dei produttori di tali prodotti di base ai vantaggi economici che da essi derivano.
3. Dev'essere offerta una sufficiente garanzia che si possano trovare sbocchi normali sui mercati per i prodotti interessati.
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(39) Comma aggiunto dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1783/2003.
Articolo 27
1. Gli investimenti si applicano alla trasformazione e alla commercializzazione dei prodotti di cui all'allegato I del trattato, esclusi i prodotti della pesca.
2. Gli investimenti devono essere conformi a criteri di scelta che stabiliscano le priorità ed indichino quali tipi di investimento non siano ammissibili al sostegno.
Articolo 28
1. Sono esclusi dal sostegno gli investimenti:
- a livello di commercio al dettaglio,
- per la commercializzazione o la trasformazione di prodotti provenienti da paesi terzi.
2. Il valore totale del sostegno, espresso in percentuale del volume di investimento che può fornire degli aiuti, è, limitato:
a) al 50%, per quanto riguarda le regioni dell'obiettivo n. 1,
b) al 40%, nelle altre regioni (40).
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(40) Per una deroga al presente paragrafo, a decorrere dal 1° gennaio 2000, si rimanda all'articolo 21 del regolamento (CE) n. 1452/2001, all'articolo 33 del regolamento (CE) n. 1453/2001, all'articolo 19 del regolamento (CE) n. 1454/2001 e all'articolo 13 del regolamento (CEE) n. 2019/93 così come sostituito dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 442/2002, a decorrere dal 1° aprile 2002.
Capo VIII
Silvicoltura
Articolo 29
1. Il sostegno al settore forestale contribuisce al mantenimento e allo sviluppo delle funzioni economiche, ecologiche e sociali delle foreste nelle zone rurali.
2. Tale sostegno è finalizzato, in particolare, ad uno o più dei seguenti obiettivi:
- una gestione e uno sviluppo sostenibili della silvicoltura,
- il mantenimento e la valorizzazione delle risorse della silvicoltura,
- l'estensione delle superfici boschive.
3. Il sostegno di cui agli articoli 30 e 32 è accordato soltanto riguardo alle foreste e alle superfici boschive che siano proprietà di privati o di loro associazioni ovvero di comuni o di loro associazioni. Questa limitazione non si applica alle misure previste all'articolo 30, paragrafo 1, secondo trattino, per quanto riguarda gli investimenti in foreste destinati ad accrescerne in misura significativa il valore ecologico e sociale e alle misure previste all'articolo 30, paragrafo 1, sesto trattino (41).
4. Tale sostegno contribuisce al rispetto degli impegni assunti dalla Comunità e dagli Stati membri a livello internazionale. Esso si basa sui programmi forestali nazionali o regionali o su strumenti equivalenti che devono tener conto degli impegni assunti in sede di conferenze ministeriali sulla protezione delle foreste in Europa.
5. Le misure proposte in virtù del presente capo per le superfici boschive classificate come ad alto o medio rischio di incendio nel quadro dell'azione comunitaria per la protezione delle foreste contro gli incendi devono essere conformi ai piani di protezione delle foreste stabiliti dagli Stati membri per tali superfici (42).
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(41) Paragrafo così sostituito dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1783/2003.
La limitazione di cui all'ex paragrafo 3 non si applica alle foreste e alle superfici boschive situate nel territorio delle Azzorre e di Madera, in base a quanto stabilito dall'articolo 33 del regolamento (CE) n. 1453/2001.
(42) Paragrafo così sostituito dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1783/2003.
Articolo 30
1. Gli aiuti al settore forestale riguardano una o più delle seguenti misure:
- l'imboschimento di superfici che non rientrano nell'ambito dell'articolo 31 a condizione che le specie impiantate siano adatte alle condizioni locali e compatibili con l'ambiente,
- investimenti in foreste destinati ad accrescerne in misura significativa il valore economico, ecologico o sociale,
- investimenti diretti a migliorare e a razionalizzare il raccolto, la trasformazione e la commercializzazione dei prodotti della silvicoltura; gli investimenti legati all'uso del legname come materia prima devono essere limitati alle operazioni precedenti la trasformazione industriale,
- la promozione di nuovi sbocchi per l'uso e la commercializzazione dei prodotti della silvicoltura,
- lo stabilimento di associazioni di imprenditori costituite al fine di aiutare i loro membri a realizzare una gestione più sostenibile ed efficiente delle foreste,
- la ricostituzione del potenziale produttivo silvicolo danneggiato da disastri naturali e da incendi e l'introduzione di adeguate azioni preventive (43).
2. Le norme indicate nei capitoli I e VII ad eccezione dell'articolo 7, secondo comma, si applicano, in quanto compatibili, a sostegno degli investimenti (44).
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(43) Trattino così sostituito dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1783/2003.
(44) Paragrafo così rettificato dalla rettifica pubblicata nella G.U.C.E. 1° dicembre 2000, n. L 302.
Articolo 31
1. Viene accordato un sostegno per l'imboschimento delle superfici agricole purché esso sia adeguato alle condizioni locali e compatibili con l'ambiente.
Tale sostegno può comprendere, oltre alle spese di sistemazione:
- un premio annuale per ettaro imboschito, destinato a coprire per un periodo non superiore a cinque anni i costi di manutenzione,
- un premio annuale per ettaro, volto a compensare le perdite di reddito provocate dall'imboschimento per un periodo non superiore a 20 anni, destinato ad agricoltori o ad associazioni di agricoltori che hanno coltivato le terre prima dell'imboschimento, o a qualsiasi altra persona giuridica di diritto privato (45).
2. Ove il sostegno è concesso per l'imboschimento di superfici agricole di proprietà delle autorità pubbliche, esso copre unicamente le spese di sistemazione. Se il terreno imboschito è preso in locazione da una persona giuridica di diritto privato, può essere accordato il premio annuale di cui al paragrafo 1, secondo comma (46).
3. Il sostegno per l'imboschimento delle superfici agricole non viene accordato:
- ad agricoltori che beneficiano del sostegno al prepensionamento,
- per l'impianto di abeti natalizi.
In caso di imboschimento con specie a rapido accrescimento coltivate a breve durata, l'aiuto per i costi di imboschimento è concesso unicamente per le spese di sistemazione (47).
4. Gli importi massimi del premio annuale volto a compensare le perdite di reddito che possono beneficiare del sostegno comunitario figurano nell'allegato.
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(45) Comma così sostituito dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1783/2003.
(46) Paragrafo così sostituito dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1783/2003.
(47) Comma così sostituito dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1783/2003.
Articolo 32
1. Allo scopo di:
- mantenere e migliorare la stabilità ecologica delle foreste in zone la cui funzione protettiva ed ecologica sia di interesse pubblico e qualora le spese connesse con le misure di prevenzione o ripristino di tali foreste superino il prodotto dell'azienda,
- mantenere fasce tagliafuoco mediante misure agricole,
sono versati pagamenti ai beneficiari per misure prese a tale effetto, purché siano garantiti in maniera sostenibile i valori di protezione ed ecologici delle foreste e le misure da porre in essere siano state stabilite in un contratto nel quale sia precisata la dotazione finanziaria.
2. I pagamenti sono fissati a un livello compreso tra gli importi minimi e gli importi massimi che figurano nell'allegato in base ai costi reali delle misure attuate, fissati preventivamente su base contrattuale.
Capo IX
Promozione dell'adeguamento e dello sviluppo delle zone rurali
Articolo 33
Viene accordato un sostegno a misure, legate alle attività agricole e alla loro riconversione nonché ad attività rurali, che non rientrano nell'ambito di applicazione di altre misure di cui al presente titolo.
Tali misure riguardano:
- le opere di miglioramento fondiario,
- la ricomposizione fondiaria,
- l'avviamento di sistemi di consulenza aziendale, di cui al Capo III del Titolo II del regolamento (CE) n. 1782/2003 e di servizi di sostituzione e di assistenza alla gestione delle aziende agricole (48),
- la commercializzazione di prodotti agricoli di qualità, compresa la realizzazione di sistemi qualità, di cui all'articolo 24 ter, paragrafi 2 e 3 (49),
- i servizi essenziali per l'economia e la popolazione rurale,
- il rinnovamento e il miglioramento dei villaggi e la protezione e la tutela del patrimonio rurale,
- la diversificazione delle attività del settore agricolo e delle attività affini allo scopo di sviluppare attività plurime o fonti alternative di reddito,
- la gestione delle risorse idriche in agricoltura,
- lo sviluppo e il miglioramento delle infrastrutture rurali connesse allo sviluppo dell'agricoltura,
- l'incentivazione di attività turistiche e artigianali,
- la tutela dell'ambiente in relazione all'agricoltura, alla silvicoltura, alla conservazione delle risorse naturali nonché al benessere degli animali,
- la ricostituzione del potenziale agricolo danneggiato da disastri naturali e l'introduzione di adeguati strumenti di prevenzione,
- l'ingegneria finanziaria,
- la gestione di strategie integrate di sviluppo rurale da parte dei partenariati locali (50).
La misura di cui all'ultimo trattino del paragrafo 2 non si applica nella Repubblica ceca, in Estonia, a Cipro, in Lettonia, Lituania, Ungheria, a Malta, in Polonia, Slovenia e Slovacchia (51).
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(48) Trattino così sostituito dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1783/2003.
(49) Trattino così sostituito dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1783/2003.
(50) Trattino aggiunto dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1783/2003.
(51) Comma aggiunto dall'articolo 3 del regolamento (CE) n. 583/2004, con decorrenza indicata al suo articolo 4.
Capo X
Modalità di applicazione
Articolo 34
Dettagliate modalità di applicazione del presente titolo sono adottate secondo la procedura di cui all'articolo 50, paragrafo 2 del regolamento (CE) n. 1260/1999.
Tali modalità possono riguardare, in particolare,
- le condizioni per il sostegno agli investimenti per le aziende agricole (articoli 4-7) , comprese le limitazioni richieste in applicazione dell'articolo 6,
- il periodo e le condizioni per il miglioramento della redditività di un'azienda agricola e le condizioni per l'uso dei terreni resi disponibili in caso di prepensionamento (articolo 11, paragrafo 2),
- le condizioni per la concessione e il calcolo delle indennità compensative nelle zone svantaggiate, compresi i casi di uso in comune di terreni agricoli (articoli 14 e 15) e dei pagamenti compensativi nelle regioni soggette a vincoli ambientali (articolo 16),
- le condizioni che disciplinano l'assunzione di impegni agroambientali (articoli 23 e 24),
- i criteri di selezione per gli investimenti destinati a migliorare le condizioni di trasformazione e di commercializzazione dei prodotti agricoli (articolo 27, paragrafo 2),
- le condizioni relative alle misure forestali (capitolo VIII),
- le condizioni relative alle misure concernenti il rispetto delle norme (Capo V bis) (52),
- le condizioni relative alle misure concernenti la qualità alimentare (Capo VI bis) (53).
In base alla stessa procedura, la Commissione può derogare all'articolo 28, paragrafo 1, nelle regioni ultraperiferiche, purché i prodotti trasformati siano destinati al mercato della regione in questione.
------------------------
(52) Trattino aggiunto dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1783/2003.
(53) Trattino aggiunto dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1783/2003.
TITOLO III
Principi generali, disposizioni amministrative e finanziarie
Capo I
Principi generali
Sezione I
Sostegno del FEAOG
Articolo 35
1. Il sostegno comunitario al prepensionamento (articoli 10, 11 e 12), alle zone svantaggiate e alle zone soggette a vincoli ambientali (articoli 13-21), al rispetto delle norme (articoli 21 bis-21 quinquies), alle misure agroambientali e al benessere degli animali (articoli 22, 23 e 24), alla qualità alimentare (articoli 24 bis-24 quinquies) e all'imboschimento (articolo 31) è finanziato dal FEAOG, sezione garanzia, in tutta la Comunità (54).
2. Il sostegno comunitario ad altre misure di sviluppo rurale è finanziato dal FEAOG,
- sezione orientamento, nelle zone dell'obiettivo n. 1,
- sezione garanzia, nelle zone non comprese nell'obiettivo n. 1.
3. Il sostegno alle misure di cui all'articolo 33, sesto, settimo e nono trattino, è finanziato dal FEAOG nelle zone contemplate dagli obiettivi n. 1 e n. 2 e nelle zone in transizione, a condizione che tale finanziamento non sia effettuato dal Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR).
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(54) Paragrafo così sostituito dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1783/2003.
Articolo 36
1. Per quanto riguarda il sostegno alle misure di sviluppo rurale di cui all'articolo 35, paragrafo 2:
- nelle zone dell'obiettivo n. 1, si applica il regolamento (CE) n. 1260/1999, integrato dalle norme specifiche del presente regolamento,
- nelle zone dell'obiettivo n. 2, si applica il regolamento (CE) n. 1260/1999, integrato dalle norme specifiche del presente regolamento e salvo disposizioni contrarie del presente regolamento.
2. Per quanto riguarda il sostegno alle misure di sviluppo rurale finanziate dal FEAOG, sezione garanzia, si applicano le norme specifiche previste dal regolamento (CE) n. 1258/1999 (55) e le disposizioni adottate ai sensi di tale regolamento, salvo disposizioni contrarie del presente regolamento.
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(55) Testo così rettificato dalla rettifica pubblicata nella G.U.C.E. 1° dicembre 2000, n. L 302.
Sezione II
Compatibilità e coerenza
Articolo 37
1. Il sostegno allo sviluppo rurale è concesso soltanto per misure conformi alla normativa comunitaria.
2. Tali misure devono essere coerenti con le altre politiche comunitarie e con le misure applicate nell'ambito di tali politiche.
In particolare, le misure che rientrano nell'ambito di applicazione del presente regolamento non possono beneficiare di un sostegno nell'ambito di altri regimi di sostegno comunitari, se esse sono incompatibili con le condizioni specifiche previste dal presente regolamento (56).
3. Dev'essere inoltre garantita la coerenza con le misure attuate nell'ambito di altri strumenti della politica agricola comune e, in particolare, tra le misure di sostegno rurale, da un lato, e le misure realizzate nell'ambito delle organizzazioni comuni di mercato e quelle relative alla qualità dei prodotti agricoli e alle condizioni sanitarie, dall'altro, nonché la coerenza tra le varie misure di sostegno allo sviluppo rurale.
Di conseguenza, non viene concesso alcun sostegno ai sensi del presente regolamento per:
- misure che rientrano nel campo di applicazione di regimi di sostegno nell'ambito delle organizzazioni comuni di mercato con le eccezioni, motivate da criteri oggettivi, che possono essere definite in applicazione dell'articolo 50,
- misure volte a sostenere progetti di ricerca o misure ammissibili al finanziamento comunitario a titolo della decisione 90/424/CEE del Consiglio del 26 giugno 1990 relativa a talune spese nel settore veterinario (57).
4. Gli Stati membri possono stabilire condizioni ulteriori o più restrittive per la concessione del sostegno comunitario allo sviluppo rurale, purché tali condizioni siano coerenti con gli obiettivi e con i requisiti previsti dal presente regolamento.
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(56) Comma così rettificato dalla rettifica pubblicata nella G.U.C.E. 3 marzo 2001, n. L 63.
(57) Trattino così sostituito dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1783/2003.
Articolo 38
1. La stessa misura non può beneficiare di pagamenti contemporaneamente ai sensi del presente regolamento e nell'ambito di altri regimi di sostegno comunitari.
2. È possibile combinare il sostegno a diverse misure ai sensi del presente regolamento, soltanto se sono coerenti e compatibili fra loro. Se del caso, il livello del sostegno viene adeguato.
Articolo 39
1. Gli Stati membri adottano tutti i provvedimenti necessari per garantire la compatibilità e la coerenza tra le misure di sviluppo rurale ai sensi delle disposizioni di cui al presente capitolo.
2. I piani di sviluppo rurale presentati dagli Stati membri devono comprendere una valutazione della compatibilità della coerenza delle misure di sostegno previste e un'indicazione dei provvedimenti adottati per garantire compatibilità e coerenza.
3. Le misure di sostegno sono, ove necessario, riesaminate successivamente per garantire compatibilità e coerenza.
Capo II
Programmazione
Articolo 40
1. Le misure di sviluppo rurale finanziate dalla sezione orientamento del FEAOG rientrano nella programmazione per le regioni dell'obiettivo n. 1 ai sensi del regolamento (CE) n. 1260/1999.
2. Le misure di sviluppo rurale diverse da quelle previste dall'articolo 35, paragrafo 1, possono rientrare nella programmazione per le regioni dell'obiettivo n. 2 ai sensi del regolamento (CE) n. 1260/1999.
3. Le altre misure di sviluppo rurale che non rientrano nella programmazione a norma dei paragrafi 1 e 2, sono soggette alla programmazione dello sviluppo rurale, a norma degli articoli 41-44.
4. Per quanto riguarda misure adeguate per lo sviluppo rurale, gli Stati membri possono sottomettere all'approvazione anche disposizioni di ordine generale che rientrano nella programmazione a norma dei paragrafi 1-3 se nella misura in cui ciò sia appropriato al mantenimento di requisiti uniformi.
Articolo 41
1. I piani di sviluppo rurale sono redatti al livello geografico ritenuto più opportuno. Essi sono elaborati dalle autorità competenti designate dallo Stato membro e presentati dallo Stato membro alla Commissione, previa consultazione delle autorità e delle organizzazioni competenti, all'adeguato livello territoriale.
2. Le misure di sostegno allo sviluppo rurale da applicare in una determinata zona sono comprese, ove possibile, in un unico piano. Qualora sia necessario redigere diversi piani, viene indicata la relazione tra le misure previste da tali piani e viene garantita la loro compatibilità e coerenza.
Articolo 42
I piani di sviluppo rurale si estendono su un periodo di sette anni a decorrere dal 1° gennaio 2000.
Articolo 43
1. I piani di sviluppo rurale comprendono:
- una descrizione quantificata della situazione attuale, che indichi le disparità, le carenze e il potenziale di sviluppo, le risorse finanziarie impiegate e i principali risultati delle azioni intraprese nel precedente periodo di programmazione, in base ai risultati delle valutazioni disponibili,
- una descrizione della strategia proposta, i suoi obiettivi quantificati, i progetti di sviluppo rurale selezionati e la zona geografica interessata,
- una valutazione, che indichi gli effetti previsti dal punto di vista economico, ambientale e sociale, compreso l'impatto sull'occupazione,
- una tabella finanziaria generale indicativa, che rechi una sintesi delle risorse finanziarie nazionali e comunitarie impiegate e corrispondenti a ognuno degli obiettivi prioritari di sviluppo rurale previsti dal piano e, allorché il piano riguardi zone rurali dell'obiettivo 2, individui gli importi indicativi per le misure in materia di sviluppo rurale di cui all'articolo 33 in queste zone,
- una descrizione delle misure previste ai fini dell'attuazione dei piani e, in particolare, dei regimi di aiuto, comprendente gli elementi necessari per valutare le norme relative alla concorrenza,
- se del caso, dati relativi ad eventuali studi, progetti dimostrativi, azioni di formazione o di assistenza tecnica necessari per la preparazione, la realizzazione o l'adeguamento delle misure previste,
- l'indicazione delle autorità competenti e degli organismi responsabili,
- provvedimenti che garantiscano l'attuazione efficace e corretta dei piani, compresi il controllo e la valutazione, una definizione degli indicatori quantificati per la valutazione, delle disposizioni relative al controllo e alle sanzioni, nonché di pubblicità adeguata,
- i risultati delle consultazioni e l'indicazione delle autorità e organismi associati, nonché le parti economiche e sociali ai livelli appropriati.
2. Nei loro piani gli Stati membri:
- predispongono misure agroambientali sul loro territorio e secondo le loro specifiche esigenze,
- garantiscono il necessario equilibrio tra le varie misure di sostegno.
Articolo 44
1. I piani di sviluppo rurale sono presentati entro sei mesi a decorrere dall'entrata in vigore del presente regolamento.
2. La Commissione esamina i piani presentati per valutarne la conformità al presente regolamento. In base a tali piani, la Commissione approva i documenti di programmazione per lo sviluppo rurale secondo la procedura di cui all'articolo 50 del regolamento (CE) n. 1260/1999 entro sei mesi dalla presentazione dei piani stessi.
Capo III
Misure complementari e iniziative comunitarie
Articolo 45
1. A norma dell'articolo 21, paragrafo 2 del regolamento (CE) n. 1260/1999 la Commissione può, secondo la procedura di cui all'articolo 51, paragrafo 2 di detto regolamento, ampliare l'ambito di applicazione dell'assistenza fornita dalla sezione orientamento del FEAOG oltre i limiti previsti dall'articolo 35, paragrafo 2 del presente regolamento e il finanziamento di misure ammissibili ai sensi dei seguenti regolamenti (CE) n. 1783/1999, (CE) n. 1784/1999 (58), e (CE) n. 1263/1999 per l'attuazione di tutte le misure nell'ambito dell'iniziativa comunitaria di sviluppo rurale.
2. La sezione garanzia del FEAOG può, su iniziativa della Commissione, finanziare studi legati alla programmazione dello sviluppo rurale.
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(58) Testo così rettificato dalla rettifica pubblicata nella G.U.C.E. 1° dicembre 2000, n. L 302.
Capo IV
Disposizioni finanziarie
Articolo 46
1. Il sostegno comunitario per lo sviluppo rurale da parte della sezione garanzia del FEAOG è soggetto a una programmazione e a una contabilità finanziaria su base annua. La programmazione finanziaria rientra nell'ambito della programmazione dello sviluppo rurale (articolo 40, paragrafo 3) e della programmazione relativa all'obiettivo n. 2.
2. La Commissione assegna agli Stati membri stanziamenti iniziali su base annua e secondo criteri obiettivi, che tengano conto delle situazioni e delle esigenze particolari, nonché delle azioni impegnative da intraprendere, specialmente per quanto riguarda l'ambiente, l'occupazione e la conservazione del paesaggio.
3. Gli stanziamenti iniziali sono modificati in base a spese effettive e a previsioni di spesa rivedute, presentate dagli Stati membri tenendo conto degli obiettivi dei programmi e dei fondi disponibili e, di norma, coerentemente con l'intensità degli aiuti a favore delle zone rurali contemplate dall'obiettivo n. 2.
Articolo 47
1. Le disposizioni finanziarie di cui all'articolo 31 e all'articolo 32 (tranne il quinto comma del paragrafo 1) e agli articoli 34, 38 e 39 del regolamento (CE) n. 1260/1999 non si applicano al sostegno per le misure di sviluppo rurale relative all'obiettivo n. 2.
La Commissione adotta i provvedimenti necessari per garantire un'attuazione efficace e coerente di tali misure, alle quali si applicano almeno i criteri stabiliti nelle disposizioni di cui al primo comma, compreso il principio di un'unica autorità responsabile della gestione.
2. Per le misure contemplate dalla programmazione dello sviluppo rurale, la Comunità partecipa al finanziamento in base ai principi di cui agli articoli 29 e 30 del regolamento (CE) n. 1260/1999.
Al riguardo:
- la partecipazione finanziaria della Comunità ammonta al massimo al 50% del costo totale ammissibile e, in linea di massima, almeno al 25% della spesa pubblica ammissibile nelle zone non contemplate dagli obiettivi n. 1 e n. 2;
- per gli investimenti generatori di entrate si applicano i tassi di cui all'articolo 29, paragrafo 4, lettera a), punti ii) e iii), e lettera b), punti ii) e iii) del regolamento (CE) n. 1260/1999. Le aziende agricole e quelle silvicole nonché le imprese di trasformazione e commercializzazione dei prodotti agricoli e forestali sono considerate al riguardo come imprese a norma dell'articolo 29, paragrafo 4, lettera b) , punto iii;
- nell'ambito della programmazione la partecipazione finanziaria della Comunità alle misure previste agli articoli 22, 23 e24 del presente regolamento non è superiore all'85% nelle zone dell'obiettivo n. 1 e al 60% nelle altre (59).
A tali pagamenti si applica il disposto dell'articolo 32, paragrafo 1, quinto comma, del regolamento (CE) n. 1260/1999.
3. L'assistenza finanziaria da parte della sezione garanzia del FEAOG può assumere la forma di pagamenti anticipati per la realizzazione del programma e di pagamenti in funzione delle spese sostenute.
------------------------
(59) Trattino così sostituito dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1783/2003.
Per una deroga all'ex trattino, a decorrere dal 1° gennaio 2000, si rimanda all'articolo 21 del regolamento (CE) n. 1452/2001, all'articolo 33 del regolamento (CE) n. 1453/2001 e all'articolo 19 del regolamento (CE) n. 1454/2001.
Capo V
Controllo e valutazione
Articolo 48
1. La Commissione e gli Stati membri garantiscono un controllo efficace dell'attuazione della programmazione dello sviluppo rurale.
2. Tale controllo è svolto mediante procedure stabilite congiuntamente.
Il controllo si basa su specifici indicatori fisici e finanziari convenuti e definiti in precedenza.
Gli Stati membri presentano alla Commissione relazioni annuali sull'evoluzione dei progetti.
3. Se del caso, vengono istituiti comitati di controllo.
Articolo 49
1. La valutazione delle misure contemplate dalla programmazione dello sviluppo rurale viene effettuata in base ai principi di cui agli articoli da 40 a 43 del regolamento (CE) n. 1260/1999.
2. Il FEAOG garanzia, nel quadro delle risorse finanziare destinate ai programmi, può partecipare al finanziamento di valutazioni sullo sviluppo rurale effettuate negli Stati membri. Su iniziativa della Commissione il FEAOG garanzia può anche finanziarie valutazioni su scala comunitaria.
Capo VI
Modalità di applicazione
Articolo 50
Dettagliate modalità di applicazione del presente titolo sono adottate secondo la procedura di cui all'articolo 50, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 1260/1999.
Tali modalità possono definire, in particolare, le informazioni relative
- alla presentazione di piani di sviluppo rurale (articoli da 41 a 44),
- alla revisione dei documenti di programmazione relativi allo sviluppo rurale,
- alla programmazione finanziaria, in particolare al fine di garantire la disciplina di bilancio (articolo 46) e la partecipazione al finanziamento (articolo 47, paragrafo 2),
- al controllo e alla valutazione (articoli 48 e 49),
- alla garanzia della coerenza tra le misure di sviluppo rurale e le misure di sostegno nell'ambito delle organizzazioni di mercato (articolo 37).
TITOLO IV
Aiuti di Stato
Articolo 51
1. Salvo disposizione contraria prevista dal presente titolo, agli aiuti concessi dagli Stati membri per misure di sostegno allo sviluppo rurale si applicano gli articoli da 87 e 89 del trattato.
Tuttavia, gli articoli da 87 e 89 del trattato non si applicano ai contributi finanziari accordati dagli Stati membri per misure che beneficiano del sostegno comunitario ai sensi dell'articolo 36 del trattato e secondo le disposizioni del presente regolamento.
2. Sono vietati gli aiuti agli investimenti nelle aziende agricole che superano le percentuali di cui all'articolo 7.
Tale divieto non è applicabile agli aiuti destinati
- ad investimenti realizzati principalmente nell'interesse pubblico in relazione alla conservazione dei paesaggi tradizionali modellati da attività agricole e forestali o al trasferimento di fabbricati aziendali;
- ad investimenti in materia di tutela e miglioramento dell'ambiente;
- ad investimenti intesi a migliorare le condizioni di igiene e di benessere degli animali.
3. Sono vietati gli aiuti di Stato concessi agli agricoltori per compensare gli svantaggi naturali nelle regioni svantaggiate, se non soddisfano le condizioni di cui agli articoli 14 e 15.
4. Sono vietati gli aiuti di Stato a favore degli agricoltori in compenso di impegni agroambientali che non soddisfano le condizioni di cui agli articoli 22, 23 e 24. Possono tuttavia essere accordati aiuti supplementari che superino gli importi fissati a norma dell'articolo 24, paragrafo 2, purché siano giustificati a norma del paragrafo 1 di detto articolo. In casi eccezionali debitamente motivati, si può derogare alla durata minima di tali impegni conformemente all'articolo 23, paragrafo 1.
5. Sono vietati gli aiuti di Stato a favore degli agricoltori che si adeguano alle norme rigorose basate sulla normativa comunitaria in materia di ambiente, sanità pubblica, salute delle piante e degli animali, benessere degli animali e sicurezza sul lavoro, se questi non soddisfano le condizioni di cui agli articoli 21 bis, 21 ter e 21 quater. Possono tuttavia essere accordati aiuti supplementari che superino gli importi massimi fissati conformemente all'articolo 21 quater per aiutare gli agricoltori a conformarsi alla normativa nazionale allorché questa superi i requisiti comunitari.
In assenza di normativa comunitaria, sono vietati gli aiuti di Stato a favore degli agricoltori che si adeguano alle norme rigorose basate sulla normativa nazionale in materia di ambiente, sanità pubblica, salute delle piante e degli animali, benessere degli animali e sicurezza sul lavoro, se questi non soddisfano le pertinenti condizioni di cui agli articoli 21 bis, 21 ter e 21 quater. Possono tuttavia essere accordati aiuti supplementari che superino gli importi massimi fissati conformemente all'articolo 21 quater, purché siano giustificati a norma del paragrafo 1 di detto articolo (60).
------------------------
(60) Paragrafo aggiunto dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1783/2003.
Articolo 52
A norma dell'articolo 36 del trattato, gli aiuti di Stato destinati a fornire finanziamenti supplementari a favore di misure di sviluppo rurale che beneficiano del sostegno comunitario sono notificati dagli Stati membri e approvati dalla Commissione secondo le disposizioni previste dal presente regolamento, nell'ambito della programmazione di cui all'articolo 40. Agli aiuti così notificati non si applica la prima frase dell'articolo 88, paragrafo 3, del trattato.
TITOLO V
Disposizioni transitorie e finali
Articolo 53
1. Qualora siano necessarie misure specifiche per agevolare la transizione dal sistema attualmente in vigore a quello stabilito dal presente regolamento, tali misure sono adottate dalla Commissione secondo le procedure di cui all'articolo 50, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 1260/1999.
2. Tali misure sono adottate, in particolare, per inserire nell'ambito del sostegno allo sviluppo rurale previsto dal presente regolamento azioni di sostegno comunitarie già esistenti, approvate dalla Commissione per un periodo che termina dopo il 1° gennaio 2000 o senza limiti di tempo.
Articolo 54
1. Il testo dell'articolo 17 del regolamento (CEE) n. 1696/71 del Consiglio, del 26 luglio 1971, relativo all'organizzazione comune dei mercati nel settore del luppolo, è sostituito dal testo seguente: (61).
2. Il testo dell'articolo 6 del regolamento (CEE) n. 404/93 del Consiglio, del 13 febbraio 1993, relativo all'organizzazione comune dei mercati nel settore della banana, è sostituito dal testo seguente: (62).
3. Il regolamento (CE) n. 2200/96 del Consiglio, del 28 ottobre 1996, relativo all'organizzazione comune dei mercati nel settore degli ortofrutticoli, è modificato come segue:
a) Il testo dell'articolo 15, paragrafo 6 è sostituito dal testo seguente: (63).
b) Il testo dell'articolo 52 è sostituito dal testo seguente: (64).
------------------------
(61) Il testo omesso è riportato in modifica al regolamento (CEE) n. 1696/71.
(62) Il testo omesso è riportato in modifica al regolamento (CEE) n. 404/93.
(63) Il testo omesso è riportato in modifica al regolamento (CE) n. 2200/96.
(64) Il testo omesso è riportato in modifica al regolamento (CE) n. 2200/96 ed è stato rettificato dalla rettifica pubblicata nella G.U.C.E. 1° dicembre 2000, n. L 302.
Articolo 55
1. Sono abrogati i seguenti regolamenti:
- regolamento (CEE) n. 4256/88,
- regolamenti (CE) n. 950/97, (CE) n. 951/97, (CE) n. 952/97 e (CEE) n. 867/90,
- regolamenti (CEE) n. 2078/92, (CEE) n. 2079/92 e (CEE) n. 2080/92,
- regolamento (CEE) n. 1610/89.
2. Sono abrogate le seguenti disposizioni:
- articolo 21 del regolamento (CEE) n. 3763/91,
- articolo 32 del regolamento (CEE) n. 1600/92,
- articolo 27 del regolamento (CEE) n. 1601/92,
- articolo 13 del regolamento (CEE) n. 2019/93.
3. I regolamenti e le disposizioni abrogate rispettivamente ai sensi dei paragrafi 1 e 2 rimangono applicabili alle azioni approvate dalla Commissione ai sensi dei regolamenti interessati anteriormente al 1° gennaio 2000.
4. Le direttive del Consiglio e della Commissione relative all'adozione di elenchi di zone svantaggiate, o alla modifica di tali elenchi a norma dell'articolo 21, paragrafi 2 e 3, del regolamento (CE) n. 950/97, rimangono in vigore, tranne se ulteriormente modificate nell'ambito dei programmi.
Articolo 56
Il presente regolamento entra in vigore il settimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale delle Comunità europee.
Esso si applica, per quanto riguarda il sostegno comunitario, a decorrere dal 1° gennaio 2000.
Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.
Fatto a Bruxelles, addì 17 maggio 1999.
Per il Consiglio
il Presidente
K. -H. Funke
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Allegato (65)
Tabella degli importi
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Articolo |
Oggetto |
EURO |
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8, par. 2 |
Aiuti all'insediamento |
25.000 |
|
12, par. 1 |
Prepensionamento |
15.000 [*] |
per cedente e all'anno |
|
|
150.000 |
importo totale per cedente |
|
|
3 500 |
per lavoratore e all'anno |
|
|
35.000 |
importo globale per lavoratore |
15, par. 3 |
Indennità compensativa minima |
25 [**] |
per ettaro di terreni agricoli |
|
Indennità compensativa massima |
200 |
per ettaro di terreni agricoli |
|
Indennità compensativa massima media |
250 |
per ettaro di terreni agricoli |
16 |
Pagamento massimo |
200 |
per ettaro |
|
Pagamento massimo iniziale |
500 |
per ettaro |
21 quater |
Pagamento massimo |
10.000 |
per azienda |
21 quinquies |
Servizi di consulenza aziendale |
1.500 |
per consulenza |
24, par. 2 |
Colture annuali |
600 |
per ettaro |
|
Colture perenni specializzate |
900 |
per ettaro |
|
Altri usi dei terreni |
450 |
per ettaro |
|
Razze locali minacciate di abbandono |
200 [***] |
per unità di bestiame |
|
Benessere degli animali |
500 |
per unità di bestiame |
24 quater |
Pagamento massimo |
3.000 |
Per azienda |
31, par. 4 |
Premio annuale massimo per compensare le perdite di reddito provocate dall'imboschimento |
|
|
|
- per gli agricoltori o le loro associazioni |
725 |
per ettaro |
|
- per ogni altra persona giuridica di diritto privato |
185 |
per ettaro |
32, par. 2 |
Pagamento minimo |
40 |
per ettaro |
|
Pagamento massimo |
120 |
per ettaro |
|
[*] In base all'importo totale per cedente i pagamenti annuali massimi possono essere aumentati sino al doppio, tenendo conto della struttura economica delle aziende nei territori e dell'obiettivo dell'accelerazione dell'adattamento delle strutture agricole. |
[**] Questo importo può essere ridotto per tenere conto della situazione geografica particolare o della struttura economica delle aziende in taluni territori e per evitare compensazioni eccessive a norma dell'articolo 15, paragrafo 1, secondo trattino. |
[***] Questo importo può essere aumentato in casi eccezionali per tener conto delle esigenze specifiche di alcune razze, che dovrebbero essere motivate nei piani di sviluppo rurale. |
|
------------------------
(65) Allegato così sostituito dall'allegato del regolamento (CE) n. 1783/2003
Reg. (CE) n. 1786/2003 del 23 settembre 2003
Regolamento del Consiglio relativo all'organizzazione
comune dei mercati nel settore dei foraggi essiccati.
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(1) Pubblicato nella G.U.U.E. 21 ottobre 2003, n. L 270. Entrato in vigore il 28 ottobre 2003.
Il Consiglio dell'Unione europea,
visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 36 e l'articolo 37, paragrafo 2, terzo comma,
vista la proposta della Commissione,
visto il parere del Parlamento europeo (2),
visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (3),
visto il parere del Comitato delle regioni (4),
considerando quanto segue:
(1) Il regolamento (CE) n. 603/95 del Consiglio, del 21 febbraio 1995, relativo all'organizzazione comune dei mercati nel settore dei foraggi essiccati, ha istituito un'organizzazione comune dei mercati in tale settore che prevede la concessione di due aliquote di aiuto forfettarie, rispettivamente per i foraggi disidratati e per i foraggi essiccati al sole.
(2) Il regolamento (CE) n. 603/95 è stato più volte modificato in modo sostanziale. A causa di ulteriori modifiche, è opportuno, per motivi di chiarezza, abrogare e sostituire tale regolamento.
(3) La maggior parte della produzione di foraggi realizzata nell'ambito del regime istituito dal regolamento (CE) n. 603/95 comporta l'utilizzo di carburante fossile per la disidratazione e, in taluni Stati membri, il ricorso all'irrigazione. Il regime in questione dovrebbe essere modificato per motivi ecologici.
(4) Il regolamento (CE) n. 1782/2003 del Consiglio, del 29 settembre 2003 che stabilisce norme comuni relative ai regimi di sostegno diretto nell'ambito della politica agricola comune e istituisce regimi di sostegno a favore degli agricoltori.
(5) Sulla base di questi elementi, occorrerebbe ridurre le due aliquote di aiuto fissate dal regolamento (CE) n. 603/95 ad un'unica aliquota applicabile sia ai foraggi disidratati sia ai foraggi essiccati al sole.
(6) Poiché negli Stati meridionali la produzione inizia in aprile, la campagna di commercializzazione per i foraggi essiccati ammessi a beneficiare dell'aiuto dovrebbe andare dal 1° aprile al 31 marzo.
(7) Per garantire la neutralità di bilancio per i foraggi essiccati è opportuno subordinare la produzione comunitaria ad un massimale. A tal fine occorrerebbe fissare un quantitativo massimo garantito applicabile sia ai foraggi disidratati sia a quelli essiccati al sole.
(8) Tale quantitativo dovrebbe essere ripartito tra gli Stati membri sulla base dei quantitativi storici riconosciuti ai fini del regolamento (CE) n. 603/95.
(9) Per garantire il rispetto del quantitativo massimo garantito e disincentivare una produzione eccedentaria nella Comunità, l'aiuto dovrebbe essere ridotto in caso di superamento del quantitativo suddetto. La riduzione dovrebbe essere applicata in ogni Stato membro che superi i rispettivi quantitativi nazionali garantiti proporzionalmente all'eccedenza registrata.
(10) L'ammontare definitivo dell'aiuto non può essere corrisposto fino a quando non sia stato accertato se il quantitativo massimo garantito è stato superato. Sarebbe quindi opportuno versare un anticipo all'uscita dei foraggi dall'impresa di trasformazione.
(11) Occorrerebbe fissare requisiti minimi di qualità per i foraggi ammissibili all'aiuto.
(12) Per favorire l'approvvigionamento regolare di foraggi freschi ai trasformatori occorrerebbe in taluni casi subordinare la concessione dell'aiuto alla conclusione di un contratto tra produttore e impresa di trasformazione.
(13) Per rendere più trasparente la catena di produzione ed agevolare i controlli essenziali, occorrerebbe rendere obbligatori taluni elementi dei contratti.
(14) Per poter beneficiare dell'aiuto i trasformatori dovrebbero pertanto tenere una contabilità di magazzino contenente i dati necessari per accertare il diritto all'aiuto e fornire qualsiasi altro documento giustificativo necessario.
(15) In assenza di un contratto tra produttore e impresa di trasformazione, è opportuno che quest'ultima fornisca altri elementi che consentano di accertare il diritto all'aiuto.
(16) Nel caso di un contratto speciale di lavorazione dei foraggi forniti dal produttore occorrerebbe garantire che l'aiuto venga trasferito al produttore stesso.
(17) La concessione di aiuti nazionali ostacolerebbe il corretto funzionamento del mercato unico nel settore dei foraggi essiccati. Ai prodotti disciplinati da tale organizzazione comune di mercato si dovrebbero pertanto applicare le disposizioni del Trattato in materia di aiuti di Stato.
(18) Per motivi di semplificazione, la Commissione dovrebbe essere assistita dal comitato di gestione dei cereali.
(19) Le misure necessarie per l'attuazione del presente regolamento sono adottate secondo la decisione 1999/468/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, recante modalità per l'esercizio delle competenze di esecuzione conferite alla Commissione.
(20) In circostanze eccezionali il mercato interno e i dazi doganali potrebbero rivelarsi inadeguati. In tali casi, per evitare che il mercato comunitario resti privo di difese contro le turbative che rischiano di scaturirne, occorrerebbe consentire alla Comunità di adottare rapidamente le misure necessarie. Tali misure dovrebbero essere conformi agli obblighi internazionali della Comunità.
(21) Per tener conto della possibile evoluzione della produzione di foraggi essiccati, la Commissione dovrebbe presentare al Consiglio, sulla base di una valutazione dell'organizzazione comune del mercato dei foraggi essiccati, una relazione sul settore riguardante in particolare lo sviluppo delle superfici di foraggi leguminosi e altri foraggi verdi, la produzione di foraggi essiccati ed i risparmi di combustibile fossile realizzati. La relazione dovrebbe essere corredata, se necessario, di proposte appropriate.
(22) È opportuno che le spese sostenute dagli Stati membri per rispettare gli obblighi derivanti dall'applicazione del presente regolamento siano finanziate dalla Comunità secondo quanto stabilito dal regolamento (CE) n. 1258/1999 del Consiglio, del 17 maggio 1999, relativo al finanziamento della politica agricola comune.
(23) A motivo dell'applicazione del regime di pagamento unico dal 1° gennaio 2005, il presente regime dovrebbe applicarsi dal 1° aprile 2005,
ha adottato il presente regolamento:
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(2) Parere espresso il 5 giugno 2003.
(3) Pubblicato nella G.U.U.E. 3 settembre 2003, n. C 208.
(4) Parere espresso il 2 luglio 2003.
Capo I
Disposizioni introduttive
Articolo 1
È istituita un'organizzazione comune dei mercati nel settore dei foraggi essiccati che disciplina i seguenti prodotti:
|
Codice NC |
Designazione delle merci |
a) |
ex 1214 10 00 |
Farina ed agglomerati in forma di pellets, di erba medica essiccata artificialmente con il calore |
|
|
Farina ed agglomerati in forma di pellets, di erba medica altrimenti essiccata e macinata ex 1214 90 91 e ex 1214 90 99 |
|
|
Erba medica, lupinella, trifoglio, lupino, vecce e altri simili prodotti da foraggio disidratati mediante essiccamento artificiale con il calore, esclusi il fieno e i cavoli da foraggio nonché i prodotti contenenti fieno |
|
|
Erba medica, lupinella, trifoglio, lupino, vecce, meliloto, tartufi di prato e ginestrino, altrimenti essiccati e macinati |
|
|
|
b) |
ex 2309 90 99 |
Concentrati di proteine ottenuti da succo di erba medica e di erba |
|
|
Prodotti disidratati ottenuti esclusivamente da residui solidi e da succhi risultanti dalla preparazione dei concentrati di proteine sopramenzionati (5) |
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(5) Lettera rettificata dalla rettifica pubblicata nella G.U.U.E. 31 marzo 2004, n. L 94.
Articolo 2
La campagna di commercializzazione per i prodotti di cui all'articolo 1 ha inizio il 1° aprile e termina il 31 marzo dell'anno successivo.
Articolo 3
Il presente regolamento si applica fatte salve le misure previste dal regolamento (CE) n. 1782/2003.
Capo II
Aiuti
Articolo 4
1. È concesso un aiuto per i prodotti di cui all'articolo 1.
2. Fatto salvo l'articolo 6, l'aiuto è fissato a 33 EUR/t.
Articolo 5
1. È fissato un quantitativo massimo garantito (QMG) per singola campagna di commercializzazione di 4.855.900 t di foraggi disidratati e/o essiccati al sole per il quale può essere concesso l'aiuto di cui all'articolo 4, paragrafo 2.
2. Il quantitativo massimo garantito di cui al paragrafo 1 è suddiviso tra gli Stati membri come segue:
Quantitativo nazionale garantito in tonnellate
|
|
|
Unione economica belgo-lussemburghese (UEBL) |
8.000 |
|
Repubblica ceca |
27.942 |
|
Danimarca |
334.000 |
|
Germania |
421.000 |
|
Grecia |
37.500 |
|
Spagna |
1.325.000 |
|
Francia |
1.605.000 |
|
Irlanda |
5.000 |
|
Italia |
685.000 |
|
Lituania |
650 |
|
Ungheria |
49.593 |
|
Paesi Bassi |
285.000 |
|
Austria |
4.400 |
|
Polonia |
13.538 |
|
Portogallo |
30.000 |
|
Slovacchia |
13.100 |
|
Finlandia |
3.000 |
|
Svezia |
11.000 |
|
Regno Unito |
102.000 (6) |
|
|
|
|
------------------------
(6) Paragrafo così sostituito dall'articolo 2 del regolamento (CE) n. 583/2004, con decorrenza indicata al suo articolo 4.
Articolo 6
Qualora in una campagna di commercializzazione la quantità di foraggi essiccati per la quale viene chiesto l'aiuto secondo quanto disposto all'articolo 4, paragrafo 2, superi il quantitativo massimo garantito di cui all'articolo 5, paragrafo 1, l'aiuto per la campagna in questione negli Stati membri la cui produzione supera il quantitativo nazionale garantito è ridotto di una percentuale proporzionale all'eccedenza.
La riduzione è applicata, secondo la procedura di cui all'articolo 18, paragrafo 2, ad un livello tale da garantire che la spesa di bilancio espressa in euro non superi quella che si sarebbe dovuto sostenere se il quantitativo massimo garantito non fosse stato superato.
Articolo 7
1. Le imprese di trasformazione che presentano domanda di aiuto in virtù del presente regolamento hanno diritto al pagamento anticipato di un importo di 19,80 EUR/t o di 26,40 EUR/t se hanno costituito una cauzione di 6,60 EUR/t.
Gli Stati membri effettuano i controlli necessari per verificare il diritto all'aiuto. A verifica avvenuta, essi procedono al versamento dell'anticipo.
Tuttavia, l'anticipo può essere versato prima che ne venga riconosciuto il diritto, a condizione che il trasformatore costituisca una cauzione di importo pari all'anticipo stesso, maggiorata del 10%. Tale cauzione è costituita anche a garanzia di quanto stabilito al primo comma. Essa è diminuita al livello specificato al primo comma non appena sia stato accertato il diritto all'aiuto e viene interamente svincolata al versamento del saldo dell'aiuto.
2. Nessun anticipo può essere versato prima che i foraggi essiccati abbiano lasciato l'impresa di trasformazione.
3. In caso di versamento di un anticipo, viene pagato un conguaglio pari alla differenza tra l'importo dell'anticipo stesso e l'ammontare totale dell'aiuto dovuto all'impresa di trasformazione, fatta salva l'applicazione dell'articolo 6.
4. Se l'ammontare dell'anticipo supera l'importo totale dovuto all'impresa di trasformazione in applicazione dell'articolo 6, il trasformatore rimborsa all'autorità competente dello Stato membro, su richiesta, la quota eccedente.
Articolo 8
Entro il 31 maggio di ogni anno gli Stati membri comunicano alla Commissione i quantitativi di foraggi essiccati che, nella campagna precedente, risultavano ammissibili all'aiuto secondo quanto disposto all'articolo 4, paragrafo 2.
Articolo 9
L'aiuto di cui all'articolo 4, paragrafo 2, è concesso, su domanda della parte interessata, per i foraggi essiccati usciti dall'impianto di trasformazione e rispondenti ai seguenti requisiti:
a) hanno un tenore massimo di umidità variabile tra l'11 e il 14% in funzione del modo di presentazione del prodotto;
b) hanno un tenore minimo di proteine grezze totali rispetto alla materia grezza non inferiore:
i) al 15% per i prodotti di cui all'articolo 1, lettera a) e lettera b), secondo trattino,
ii) al 45% per i prodotti di cui all'articolo 1, lettera b), primo trattino;
c) sono di qualità mercantile, sana e leale.
Ulteriori requisiti, segnatamente per quanto riguarda il tenore di carotene e di fibre, possono essere fissati secondo la procedura di cui all'articolo 18, paragrafo 2.
Articolo 10
L'aiuto di cui all'articolo 4, paragrafo 2, è concesso esclusivamente alle imprese che trasformano i prodotti elencati all'articolo 1 che soddisfino le seguenti condizioni:
a) tengano una contabilità di magazzino contenente almeno l'indicazione:
i) dei quantitativi trasformati di foraggi freschi e, se del caso, di foraggi essiccati al sole; tuttavia, se la situazione particolare dell'impresa lo richiede, i quantitativi possono essere stimati sulla base delle superfici seminate;
ii) dei quantitativi di foraggi essiccati prodotti, nonché dei quantitativi e della qualità di detti foraggi usciti dal trasformatore;
b) forniscano tutti gli altri documenti giustificativi necessari per controllare il diritto all'aiuto;
c) rientrino in almeno una delle categorie seguenti:
i) trasformatori che hanno stipulato contratti con produttori di foraggi da essiccare;
ii) imprese che hanno lavorato la propria produzione ovvero, in caso di associazioni, quella dei loro soci;
iii) imprese che siano approvvigionate da persone fisiche o giuridiche presentanti garanzie da stabilirsi e che abbiano concluso contratti con produttori di foraggi da essiccare; tali acquirenti devono essere riconosciuti in base a condizioni stabilite secondo la procedura di cui all'articolo 18, paragrafo 2, dalla competente autorità dello Stato membro in cui i foraggi sono stati raccolti.
Articolo 11
Le imprese che lavorano la propria produzione o quella dei loro soci presentano annualmente agli organismi competenti dei rispettivi Stati membri, entro una data da stabilirsi, una dichiarazione indicante le superfici il cui raccolto di foraggio è destinato alla lavorazione.
Articolo 12
1. I contratti di cui all'articolo 10, lettera c), devono specificare, oltre al prezzo da pagare al produttore per i foraggi freschi o, se del caso, per i foraggi essiccati al sole, almeno gli elementi seguenti:
a) la superficie il cui raccolto deve essere consegnato al trasformatore,
b) le modalità di consegna e di pagamento.
2. Se un contratto di cui all'articolo 10, lettera c), punto i), è un contratto speciale di lavorazione di foraggi consegnati da un produttore, esso precisa almeno la superficie il cui raccolto deve essere consegnato e contiene una clausola che obblighi l'impresa di trasformazione a versare al produttore l'aiuto di cui all'articolo 4 ottenuto per il quantitativo trasformato in applicazione del contratto.
Articolo 13
1. Gli Stati membri istituiscono sistemi di ispezione volti a verificare, per ogni impresa di trasformazione:
a) l'osservanza delle condizioni definite agli articoli da 1 a 12;
b) la corrispondenza tra il quantitativo per il quale è richiesto l'aiuto e il quantitativo di foraggi essiccati conformi ai requisiti minimi di qualità uscito dall'impianto di trasformazione.
2. All'uscita dall'impianto di trasformazione i foraggi essiccati vengono pesati e sottoposti ad un prelievo di campioni.
3. Gli Stati membri comunicano alla Commissione, prima di adottarle, le disposizioni che intendono emanare ai fini dell'applicazione del paragrafo 1.
Capo III
Scambi con i paesi terzi
Articolo 14
Salvo disposizione contraria del presente regolamento, ai prodotti di cui all'articolo 1 si applicano le aliquote dei dazi della tariffa doganale comune.
Articolo 15
1. Per la classificazione tariffaria dei prodotti di cui all'articolo 1 si applicano le norme generali relative all'interpretazione della nomenclatura combinata, nonché le relative modalità di attuazione. La nomenclatura tariffaria risultante dall'applicazione del presente regolamento è inserita nella tariffa doganale comune.
2. Salvo disposizione contraria prevista dal presente regolamento o adottata in virtù di una delle sue disposizioni, negli scambi con i paesi terzi sono vietate:
a) la riscossione di qualsiasi tassa avente effetto equivalente a un dazio doganale;
b) l'applicazione di restrizioni quantitative o di misure di effetto equivalente.
Articolo 16
1. Qualora, per effetto delle importazioni o delle esportazioni, il mercato comunitario di uno o più prodotti di cui all'articolo 1 subisca o rischi di subire gravi perturbazioni, tali da compromettere il conseguimento degli obiettivi enunciati all'articolo 33 del trattato, possono essere applicate misure adeguate negli scambi con i paesi che non fanno parte dell'OMC, fintantoché sussista la suddetta perturbazione o minaccia di perturbazione.
2. Ove si verifichi la situazione descritta al paragrafo 1, la Commissione, su richiesta di uno Stato membro o di propria iniziativa, decide l'adozione delle misure necessarie, che vengono comunicate agli Stati membri e sono immediatamente applicabili. Ove tali misure siano state richieste da uno Stato membro, la Commissione decide al riguardo entro tre giorni lavorativi dalla data di ricezione della domanda.
3. Ogni Stato membro può deferire al Consiglio le misure decise dalla Commissione entro tre giorni lavorativi dalla data della sua comunicazione. Il Consiglio si riunisce senza indugio e, deliberando a maggioranza qualificata, può modificare o annullare la misura in causa entro un mese dalla data in cui questa gli è stata deferita.
4. Il presente articolo si applica tenendo conto degli obblighi che scaturiscono dagli accordi conclusi a norma dell'articolo 300, paragrafo 2 del trattato.
Capo IV
Disposizioni generali
Articolo 17
Salva disposizione contraria del presente regolamento, gli articoli 87, 88 e 89 del trattato sono applicabili alla produzione e al commercio dei prodotti di cui all'articolo 1 del presente regolamento.
Articolo 18
1. La Commissione è assistita dal comitato di gestione dei cereali istituito dall'articolo 25 del regolamento (CE) n. 1784/2003 del Consiglio, del 29 settembre 2003, relativo all'organizzazione comune dei mercati nel settore dei cereali, in seguito denominato «comitato».
2. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applicano gli articoli 4 e 7 della decisione 1999/468/CE.
Il periodo di cui all'articolo 4, paragrafo 3 della decisione 1999/468/CE è fissato ad un mese.
3. Il comitato adotta il proprio regolamento interno.
Articolo 19
Il comitato può prendere in esame qualsiasi questione sollevata dal presidente, su iniziativa di quest'ultimo o su richiesta del rappresentante di uno Stato membro.
Articolo 20
Le modalità d'applicazione del presente regolamento sono adottate secondo la procedura di cui all'articolo 18, paragrafo 2, in particolare per quanto riguarda:
a) la concessione dell'aiuto di cui all'articolo 4 e dell'anticipo di cui all'articolo 7;
b) la verifica e l'accertamento del diritto all'aiuto, compresi i necessari controlli, per i quali può essere fatto ricorso a taluni elementi del sistema integrato;
c) lo svincolo delle cauzioni di cui all'articolo 7, paragrafo 1,
d) i criteri per la determinazione delle norme di qualità di cui all'articolo 9;
e) i requisiti cui devono rispondere le imprese di cui all'articolo 10, lettera c), punto ii), e all'articolo 11;
f) il controllo da effettuare in applicazione dell'articolo 13, paragrafo 2;
g) i criteri da rispettare per la conclusione dei contratti di cui all'articolo 10 e le indicazioni che essi devono contenere, oltre ai criteri di cui all'articolo 12;
h) l'applicazione del quantitativo massimo garantito (QMG) di cui all'articolo 5, paragrafo 1.
Articolo 21
Possono essere adottate misure transitorie secondo la procedura di cui all'articolo 18, paragrafo 2.
Articolo 22
Gli Stati membri comunicano alla Commissione le misure adottate per l'applicazione del presente regolamento.
Articolo 23
Anteriormente al 30 settembre 2008 la Commissione presenterà, al Consiglio, sulla base di una valutazione dell'organizzazione comune del mercato dei foraggi essiccati, una relazione sul settore riguardante in particolare lo sviluppo delle superfici di foraggi leguminosi e altri foraggi verdi, la produzione di foraggi essiccati ed i risparmi di combustibile fossile realizzati. La relazione sarà corredata, se necessario, di proposte appropriate.
Articolo 24
Il regolamento (CE) n. 1258/1999 e le disposizioni adottate per la sua attuazione si applicano alle spese sostenute dagli Stati membri nell'adempimento degli obblighi loro incombenti in virtù del presente regolamento.
Articolo 25
Il regolamento (CE) n. 603/95 è abrogato.
I riferimenti al regolamento abrogato s'intendono fatti al presente regolamento e vanno letti secondo la tavola di concordanza che figura nell'allegato.
Articolo 26
Il presente regolamento entra in vigore il settimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.
Esso si applica a decorrere dal 1° aprile 2005.
Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.
Fatto a Bruxelles, addì del 23 settembre 2003
Per il Consiglio
Il Presidente
G. Alemanno
Allegato
Tavola di concordanza
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Regolamento (CE) n. 603/95 |
Presente regolamento |
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Articolo 1 |
Articolo 1 |
Articolo 2 |
Articolo 2 |
- |
Articolo 3 |
Articolo 3 |
Articolo 4 |
Articolo 4 |
Articolo 5 |
Articolo 5 |
Articolo 6 |
Articolo 6 |
Articolo 7 |
Articolo 7 |
Articolo 8 |
Articolo 8 |
Articolo 9 |
Articolo 9 |
Articolo 10 |
Articolo 10 |
Articolo 11 |
Articolo 11 |
Articolo 12 |
Articolo 12 |
Articolo 13 |
Articolo 13 |
Articolo 14 |
Articolo 14 |
Articolo 15 |
Articolo 15 |
Articolo 16 |
Articolo 16 |
Articolo 17 |
Articolo 17, paragrafi da 1 a 4 |
Articolo 18 |
Articolo 17, paragrafo 5 |
Articolo 19 |
Articolo 18, lettera a) |
Articolo 20 |
Articolo 18, lettera b) |
Articolo 21 |
Articolo 19 |
Articolo 22 |
Articolo 20 |
Articolo 24 |
Articolo 21 |
Articolo 25 |
Regolamento (CE) n. 1/2004 della Commissione
del 23 dicembre 2003 relativo all'applicazione degli
articoli 87 e 88 del trattato CE agli aiuti di Stato a favore delle piccole e
medie imprese attive nel settore della produzione, trasformazione e
commercializzazione dei prodotti agricoli
LA COMMISSIONE DELLE COMUNITÀ EUROPEE,
visto il trattato che istituisce la Comunità europea,
visto il regolamento (CE) n. 994/98 del Consiglio, del 7 maggio 1998, sull'applicazione degli articoli 92 e 93 del trattato che istituisce la Comunità europea a determinate categorie di aiuti di Stato orizzontali(1), in particolare l'articolo 1, paragrafo 1, lettera a), punto i),
dopo aver pubblicato il progetto del presente regolamento(2),
sentito il comitato consultivo in materia di aiuti di Stato,
considerando quanto segue:
(1) Il regolamento (CE) n. 994/98 autorizza la Commissione a dichiarare, a norma dell'articolo 87 del trattato che, a determinate condizioni, gli aiuti alle piccole e medie imprese sono compatibili con il mercato comune e non sono soggetti all'obbligo di notifica di cui all'articolo 88, paragrafo 3, del trattato.
(2) Il regolamento (CE) n. 70/2001 della Commissione, del 12 gennaio 2001, relativo all'applicazione degli articoli 87 e 88 del trattato CE agli aiuti di Stato a favore delle piccole e medie imprese(3) non si applica alle attività connesse con la produzione, trasformazione e commercializzazione dei prodotti di cui all'allegato I del trattato.
(3) La Commissione ha applicato gli articoli 87 e 88 del trattato alle piccole e medie imprese attive nella produzione, trasformazione e commercializzazione dei prodotti agricoli in numerose decisioni e ha inoltre riaffermato la propria politica, recentemente negli orientamenti comunitari per gli aiuti di Stato nel settore agricolo(4) (di seguito "orientamenti agricoli"). Alla luce della considerevole esperienza acquisita dalla Commissione nell'applicazione dei suddetti articoli del trattato alle piccole e medie imprese attive nella produzione, trasformazione e commercializzazione dei prodotti agricoli, è opportuno, al fine di garantire un controllo efficace e di semplificare le formalità amministrative, senza indebolire il controllo della Commissione, che quest'ultima eserciti i poteri conferitile dal regolamento (CE) n. 994/98 anche nei confronti delle piccole e medie imprese attive nella produzione, trasformazione e commercializzazione dei prodotti agricoli, nella misura in cui l'articolo 89 del trattato sia stato dichiarato applicabile a tali prodotti. Date le caratteristiche specifiche del settore agricolo è giustificata l'adozione di un regolamento specifico per le piccole e medie imprese attive in tale settore.
(4) Il presente regolamento si applica fatta salva la possibilità degli Stati membri di notificare gli aiuti alle piccole e medie imprese attive nella produzione, trasformazione e commercializzazione dei prodotti agricoli. Tali notifiche saranno analizzate dalla Commissione alla luce del presente regolamento e sulla base degli orientamenti agricoli. Le notifiche pendenti alla data di entrata in vigore del presente regolamento devono essere valutate in primis alla luce dello stesso e, se le sue condizioni non sono rispettate, sulla base degli orientamenti agricoli. È opportuno definire disposizioni transitorie per quanto riguarda gli aiuti concessi prima dell'entrata in vigore del presente regolamento e non notificati in violazione dell'obbligo di cui all'articolo 88, paragrafo 3, del trattato.
(5) Nei prossimi anni l'agricoltura dovrà adeguarsi a nuove realtà e a ulteriori cambiamenti per quanto riguarda l'evoluzione del mercato, la politica che lo disciplina e le norme commerciali, le esigenze e le preferenze del consumatore e l'allargamento della Comunità. Tali cambiamenti influenzeranno non soltanto i mercati agricoli, ma anche l'economia locale delle zone rurali in generale. Una politica dello sviluppo rurale dovrebbe essere finalizzata a ricostituire e a rafforzare la competitività delle zone rurali, contribuendo in tal modo a mantenere e a creare posti di lavoro in queste zone.
(6) Le piccole e medie imprese svolgono un ruolo determinante nella creazione di posti di lavoro e, più in generale, quale fattore di stabilità sociale e di dinamismo economico. Il loro sviluppo può tuttavia essere limitato dalle imperfezioni del mercato. Esse hanno spesso difficoltà di accesso al capitale ed al credito, a causa della diffidenza di taluni mercati finanziari ad assumere rischi e delle garanzie limitate che possono offrire. La limitatezza delle loro risorse può anche ridurne la possibilità di accesso all'informazione, in particolare per quanto riguarda le nuove tecnologie e i mercati potenziali. Alla luce di tali considerazioni, l'obiettivo degli aiuti esentati ai sensi del presente regolamento deve essere quello di facilitare lo sviluppo delle attività economiche delle piccole e medie imprese, a condizione che tali aiuti non alterino le condizioni degli scambi in misura contraria all'interesse comune. La tendenza dovrebbe essere incoraggiata e sostenuta mediante una semplificazione delle norme esistenti relativamente alle piccole e medie imprese.
(7) La produzione, trasformazione e commercializzazione dei prodotti agricoli nella Comunità è largamente appannaggio delle piccole e medie imprese.
(8) Il regolamento (CE) n. 1257/1999 del Consiglio, del 17 maggio 1999, sul sostegno allo sviluppo rurale da parte del Fondo europeo agricolo di orientamento e di garanzia (FEAOG) e che modifica ed abroga taluni regolamenti(5) ha già introdotto norme specifiche sugli aiuti di Stato per talune misure di sviluppo rurale finanziate dagli Stati membri senza alcun contributo comunitario.
(9) Il presente regolamento deve esentare gli aiuti che soddisfano tutte le condizioni in esso stabilite, nonché i regimi di aiuti, a condizione che ogni singolo aiuto erogabile nell'ambito di tale regime rispetti tutte le condizioni di cui al presente regolamento. Per garantire un controllo efficace e semplificare le formalità amministrative, senza indebolire la sorveglianza esercitata dalla Commissione, i regimi di aiuto ed i singoli aiuti accordati al di fuori di un regime devono contenere un riferimento esplicito al presente regolamento.
(10) Gli aiuti erogati per coprire i costi per la pubblicità, secondo la definizione degli orientamenti comunitari per gli aiuti di Stato a favore della pubblicità dei prodotti di cui all'allegato I del trattato CE e di taluni prodotti non compresi nell'allegato I(6), devono essere esclusi dal campo di applicazione del presente regolamento e devono continuare ad essere esaminati alla luce dei citati orientamenti.
(11) Tenuto conto della necessità di contemperare opportunamente l'esigenza di ridurre al minimo le distorsioni di concorrenza nel settore che beneficia dell'aiuto e la realizzazione degli obiettivi del presente regolamento, esso non deve esentare aiuti singoli superiori a un determinato importo massimo, siano essi accordati o meno nel quadro di un regime di aiuto esentato dal presente regolamento.
(12) Il presente regolamento non dovrebbe esentare gli aiuti all'esportazione, né gli aiuti condizionati all'impiego di prodotti nazionali piuttosto che importati. Tali aiuti possono risultare incompatibili con gli obblighi internazionali assunti dalla Comunità nell'ambito degli accordi dell'OMC sulle sovvenzioni e sulle misure compensative e sull'agricoltura. Non costituiscono, di regola, aiuti all'esportazione gli aiuti inerenti ai costi di partecipazione a fiere commerciali né quelli per studi di consulenza necessari per il lancio di un nuovo prodotto o di un prodotto già esistente su un nuovo mercato.
(13) Al fine di eliminare le differenze suscettibili di provocare distorsioni della concorrenza e per facilitare il coordinamento tra le differenti iniziative comunitarie e nazionali in materia di piccole e medie imprese, nonché per motivi di trasparenza amministrativa e di certezza del diritto, la definizione di "Piccole e medie imprese" utilizzata nel presente regolamento deve essere quella di cui al regolamento (CE) n. 70/2001.
(14) Conformemente alla prassi consolidata della Commissione e per garantire che l'aiuto sia proporzionato e limitato all'importo necessario, i massimali devono, di norma, essere espressi in termini di intensità d'aiuto in relazione a un insieme di costi ammissibili, piuttosto che in termini di importi massimi.
(15) Per determinare se un aiuto sia o meno compatibile con il mercato comune ai sensi del presente regolamento, è necessario prendere in considerazione l'intensità dell'aiuto e, pertanto, l'importo dell'aiuto espresso in equivalente sovvenzione. Il calcolo del l'equivalente sovvenzione degli aiuti erogabili in più quote e degli aiuti concessi sotto forma di prestito agevolato richiede l'applicazione dei tassi d'interesse praticati sul mercato al momento in cui la sovvenzione è concessa. Per un'applicazione uniforme, trasparente e semplificata delle norme in materia di aiuti di Stato, è opportuno considerare che i tassi di mercato applicabili ai fini del presente regolamento sono i tassi di riferimento, a condizione che, nel caso dei prestiti agevolati, questi siano assistiti dalle normali garanzie e non comportino rischi eccessivi. I tassi di riferimento devono essere quelli fissati periodicamente dalla Commissione in base a criteri oggettivi e pubblicati nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea e su Internet.
(16) Conformemente alla prassi consolidata della Commissione per la valutazione degli aiuti di Stato nel settore agricolo, non è necessario istituire una distinzione tra piccole imprese e medie imprese. Per taluni tipi di aiuto è opportuno fissare gli importi massimi dell'aiuto che può essere erogato a un beneficiario.
(17) I massimali di aiuto devono essere fissati, alla luce dell'esperienza acquisita dalla Commissione, a un livello che contemperi opportunamente l'esigenza di minimizzare le distorsioni di concorrenza nel settore beneficiario dell'aiuto e l'obiettivo di favorire lo sviluppo delle attività economiche delle piccole e medie imprese nel settore agricolo. Per ragioni di coerenza con le misure di sostegno finanziate dalla Comunità, i massimali devono essere armonizzati con quelli fissati negli orientamenti agricoli e nel regolamento (CE) n. 1257/1999.
(18) È opportuno definire ulteriori condizioni che devono essere soddisfatte dai regimi di aiuto o dagli aiuti singoli esentati dal presente regolamento. Le società beneficiarie di aiuti agli investimenti devono conformarsi ai criteri di redditività e requisiti minimi, di cui gli articoli 5 e 26, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 1257/1999. Si terrà conto di eventuali restrizioni alla produzione o di limitazioni del sostegno comunitario nel quadro delle organizzazioni comuni di mercato. Ai sensi dell'articolo 87, paragrafo 3, lettera c), del trattato, gli aiuti non devono, di norma, avere come unico effetto la riduzione, in maniera continuativa o periodica, dei costi di funzionamento che l'impresa deve normalmente sostenere e devono essere proporzionati agli svantaggi da superare per conseguire i benefici socioeconomici auspicati nell'interesse comunitario. Gli aiuti di Stato unilaterali intesi meramente a migliorare la situazione finanziaria dei produttori senza contribuire in alcun modo allo sviluppo del settore e, in particolare, gli aiuti concessi esclusivamente sulla base del prezzo, della quantità, dell'unità di produzione o dell'unità dei mezzi di produzione sono considerati aiuti al funzionamento, incompatibili con il mercato comune. Tali aiuti possono inoltre interferire con i meccanismi delle organizzazioni comuni di mercato. È pertanto opportuno limitare il campo di applicazione del presente regolamento a taluni tipi di aiuto.
(19) Il presente regolamento esenterà gli aiuti concessi alle piccole e medie imprese indipendentemente dalla loro ubicazione. Gli investimenti e la creazione di posti di lavoro possono contribuire allo sviluppo economico delle zone svantaggiate e delle regioni dell'obiettivo 1 della Comunità. Le piccole e medie imprese situate in tali regioni sono penalizzate sia dagli svantaggi strutturali inerenti alla loro ubicazione che dalle difficoltà inerenti alle loro dimensioni. È di conseguenza opportuno stabilire a favore delle piccole e medie imprese situate nelle regioni svantaggiate e nelle regioni dell'obiettivo 1 massimali più elevati.
(20) A causa dei rischi di distorsioni della concorrenza derivanti da aiuti agli investimenti mirati a specifici settori e allo scopo di garantire agli agricoltori la libertà di decidere in quali prodotti investire, gli aiuti agli investimenti esentati in virtù del presente regolamento non dovrebbero essere limitati a specifici prodotti agricoli. Ciò non dovrebbe tuttavia impedire agli Stati membri di escludere taluni prodotti agricoli dagli aiuti o dai regimi in questione, in particolare quando non possano essere individuati normali sbocchi di mercato. Inoltre, taluni tipi di investimenti dovrebbero di per sé essere esclusi dal presente regolamento. Gli aiuti agli investimenti mirati a determinati settori possono essere giustificati e pertanto andrebbero esentati laddove gli aiuti si limitano a coprire i costi relativi all'attuazione di norme specifiche relative alla tutela e al miglioramento dell'ambiente o al miglioramento delle condizioni di igiene e benessere degli animali. Gli investimenti per la trasformazione e la commercializzazione dei prodotti agricoli realizzati al livello di azienda agricola, che non comportino un aumento della capacità e i cui costi ammissibili totali siano inferiori ai massimali fissati conformemente all'articolo 7 del regolamento (CE) n. 1257/1999, devono essere esaminati conformemente alle norme che disciplinano gli investimenti nella produzione di prodotti agricoli. Gli investimenti per la trasformazione e la commercializzazione dei prodotti agricoli realizzati al livello di azienda agricola, che comportino un aumento della capacità e/o i cui costi ammissibili totali siano superiori ai massimali fissati conformemente all'articolo 7 del regolamento (CE) n. 1257/1999, devono essere esaminati conformemente alle norme che disciplinano gli investimenti nella trasformazione e commercializzazione di prodotti agricoli.
(21) Se gli aiuti sono concessi per realizzare l'adeguamento a norme di recente introduzione a livello comunitario, gli Stati membri non devono poter prolungare il periodo di adeguamento per gli agricoltori ritardando l'attuazione di tali norme. Pertanto, deve essere indicata chiaramente la data a partire dalla quale la nuova legislazione non possa più essere considerata tale.
(22) Agli agricoltori sono spesso offerti servizi a tassi agevolati da parte di società che non possono essere liberamente scelte dagli stessi agricoltori. Per evitare che gli aiuti siano concessi ai fornitori di servizi, anziché agli agricoltori, e per garantire che gli agricoltori possano ottenere i migliori servizi a prezzi competitivi, di norma è necessario accertarsi che detti fornitori di servizi siano scelti e remunerati conformemente ai principi di mercato. Tuttavia, nel caso di taluni servizi, in particolare i controlli, e data la natura del servizio o della base giuridica per la prestazione dello stesso, è possibile che esista un unico fornitore.
(23) Alcuni regolamenti del Consiglio nel settore dell'agricoltura prevedono autorizzazioni specifiche per il versamento di aiuti da parte degli Stati membri, spesso in combinazione con o in aggiunta al finanziamento comunitario. Tuttavia, tali disposizioni non prevedono in genere una deroga all'obbligo di notifica ai sensi dell'articolo 88 del trattato, laddove tali aiuti soddisfino le condizioni di cui all'articolo 87, paragrafo 1 dello stesso trattato. Poiché le condizioni per la concessione di tali aiuti sono chiaramente specificate nei regolamenti in questione, e/o sussiste l'obbligo di comunicare tali misure alla Commissione ai sensi delle disposizioni specifiche degli stessi regolamenti, non è necessaria un'ulteriore e separata notificazione ai sensi dell'articolo 88, paragrafo 3, del trattato per consentire alla Commissione di valutare tali misure. Per ragioni di certezza del diritto, un riferimento a tali disposizioni deve essere inserito nel presente regolamento e, pertanto, una notifica delle misure in questione ai sensi dell'articolo 88 del trattato non deve essere necessaria, purché sia possibile comprovare in anticipo che l'aiuto è concesso esclusivamente alle piccole e medie imprese.
(24) Per garantire che l'aiuto sia necessario e costituisca un incentivo allo sviluppo di determinate attività, il presente regolamento non deve esentare gli aiuti a favore di attività che il beneficiario avvierebbe comunque alle normali condizioni di mercato. Non puo essere concesso alcun aiuto retroattivamente in relazione ad attività che sono già state avviate dal beneficiario.
(25) L'esenzione di cui al presente regolamento non deve essere applicata agli aiuti cumulati con altri aiuti di Stato, inclusi quelli concessi da amministrazioni nazionali, regionali o locali, con il sostegno pubblico concesso nel quadro del regolamento (CE) n. 1257/1999 o con misure di sostegno comunitarie, relativamente agli stessi costi ammissibili, quando l'importo degli aiuti cumulati superi i massimali fissati dal presente regolamento.
(26) Per garantire la trasparenza e un controllo efficace, ai sensi dell'articolo 3 del regolamento (CE) n. 994/98, è opportuno prescrivere agli Stati membri di comunicare alla Commissione, mediante un formulario tipo, informazioni sintetiche ai fini della pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea ogni volta che, in applicazione del presente regolamento, viene data esecuzione a regimi di aiuti o sono concessi aiuti individuali al di fuori di un regime. È opportuno, per i medesimi motivi, stabilire norme relative ai registri che gli Stati membri devono tenere in relazione agli aiuti esentati in virtù del presente regolamento. Ai fini della relazione annuale che ogni Stato membro ha l'obbligo di presentare alla Commissione, è opportuno che questa stabilisca quali specifiche informazioni devono esserle comunicate. Tenuto conto della diffusa disponibilità della tecnologia necessaria, le informazioni sintetiche e la relazione annuale devono essere trasmesse in formato elettronico.
(27) Il mancato adempimento da parte degli Stati membri dell'obbligo di trasmettere le relazioni di cui al presente regolamento è suscettibile di impedire alla Commissione di effettuare la sua opera di monitoraggio ai sensi dell'articolo 88, paragrafo 1, del trattato e, in particolare, di verificare se l'effetto economico cumulato degli aiuti esentati ai sensi del presente regolamento sia tale da alterare le condizioni degli scambi in misura contraria al comune interesse. La necessità di valutare l'effetto cumulativo degli aiuti di Stato è maggiore laddove uno stesso beneficiario può ricevere aiuti da fonti differenti, come avviene con sempre maggiore frequenza nel settore agricolo. È pertanto di estrema importanza che gli Stati membri trasmettano sollecitamente le informazioni pertinenti prima di attuare misure di aiuto ai sensi del presente regolamento.
(28) Alla luce dell'esperienza acquisita in materia dalla Commissione e, in particolare, della frequenza con la quale è in genere necessaria una revisione della politica in materia di aiuti di Stato, è opportuno limitare il periodo di applicazione del presente regolamento. Nel caso in cui il presente regolamento giungesse a scadenza senza essere stato prorogato, i regimi di aiuti già esentati in virtù dello stesso devono continuare ad essere esentati per un periodo di sei mesi,
HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:
CAPITOLO 1 CAMPO DI APPLICAZIONE, DEFINIZIONI E CONDIZIONI
Articolo 1
Campo di applicazione
1. Il presente regolamento si applica agli aiuti concessi alle piccole e medie imprese attive nel settore della produzione, trasformazione e commercializzazione dei prodotti agricoli.
2. Sono esclusi dal campo di applicazione del presente regolamento:
a) agli aiuti erogati per coprire i costi per la pubblicità, secondo la definizione degli orientamenti comunitari per gli aiuti di Stato a favore della pubblicità dei prodotti di cui all'allegato I del trattato CE e di taluni prodotti non compresi nell'allegato I;
b) agli aiuti alla trasformazione dei prodotti agricoli di cui all'allegato I in prodotti non compresi nello stesso.
3. Il presente regolamento non si applica agli aiuti per investimenti individuali con spese ammissibili superiori a 12,5 milioni di EUR, né agli aiuti di importo effettivo superiore a 6 milioni di EUR. Tali aiuti devono essere specificamente notificati alla Commissione conformemente all'articolo 88, paragrafo 3, del trattato.
4. Fatto salvo l'articolo 16, lettera a), il presente regolamento non si applica:
a) agli aiuti a favore di attività connesse all'esportazione, vale a dire aiuti direttamente connessi ai quantitativi esportati, alla costituzione e al funzionamento di una rete di distribuzione o ad altre spese correnti connesse all'attività di esportazione;
b) agli aiuti condizionati all'impiego di prodotti nazionali piuttosto che importati.
Articolo 2
Definizioni
Ai fini del presente regolamento si intende per:
1) "aiuti": qualsiasi misura che risponda a tutti i criteri stabiliti all'articolo 87, paragrafo 1, del trattato;
2) "prodotti agricoli":
a) i prodotti elencati nell'allegato I del trattato, con l'eccezione dei prodotti della pesca e dell'acquacoltura, che rientrano nel campo di applicazione del regolamento (CE) n. 104/2000(7);
b) i prodotti di cui ai codici NC 4502, 4503 e 4504 (sugheri);
c) i prodotti di imitazione o di sostituzione del latte e dei prodotti lattiero-caseari, di cui all'articolo 3, paragrafo 2, del regolamento (CEE) n. 1898/87(8);
3) "trasformazione di un prodotto agricolo": il trattamento di un prodotto agricolo, dove il prodotto ottenuto rimane comunque un prodotto agricolo;
4) "piccola o media impresa" ("PMI"): un'impresa quale definita all'allegato I del regolamento (CE) n. 70/2001;
5) "intensità lorda dell'aiuto": l'importo dell'aiuto espresso in percentuale dei costi ammissibili del progetto. Tutti i valori utilizzati sono al lordo di qualsiasi imposta diretta. Quando un aiuto è concesso in forma diversa da una sovvenzione diretta in denaro, l'importo dell'aiuto è l'equivalente-sovvenzione. Gli aiuti erogabili in più quote sono attualizzati al loro valore al momento della concessione. Il tasso di interesse da applicare ai fini dell'attualizzazione e del calcolo dell'importo dell'aiuto nel caso di prestiti agevolati è il tasso di riferimento applicabile al momento della concessione;
6) "prodotti di qualità": i prodotti conformi ai criteri di cui all'articolo 24 ter, paragrafi 2 o 3 del regolamento (CE) n. 1783/2003 del Consiglio, che modifica il regolamento (CE) n. 1257/1999 sul sostegno allo sviluppo rurale da parte del Fondo europeo agricolo di orientamento e di garanzia (FEAOG)(9);
7) "avverse condizioni atmosferiche assimilabili alle calamità naturali": condizioni atmosferiche quali gelo, grandine, ghiaccio, pioggia o siccità che distruggano il 20 % della normale produzione nelle zone svantaggiate e il 30 % in altre zone;
8) "zone svantaggiate": zone definite dagli Stati membri sulla base dell'articolo 17 del regolamento (CE) n. 1257/1999;
9) "regioni dell'obiettivo 1": le regioni di cui all'articolo 3 del regolamento (CE) n. 1260/1999(10);
10) "nuovi requisiti minimi in materia di ambiente, igiene e benessere degli animali":
a) nel caso di normative che non prevedono un periodo transitorio, requisiti che devono essere resi obbligatori per gli operatori non più di due anni prima dell'effettivo avviamento dell'investimento; oppure
b) nel caso di normative che prevedono un periodo transitorio, requisiti che devono essere resi obbligatori per gli operatori dopo l'effettivo avviamento dell'investimento;
11) "giovani agricoltori": produttori di prodotti agricoli secondo la definizione di cui all'articolo 8 del regolamento (CE) n. 1257/1999;
12) "associazione di produttori": un gruppo costituito allo scopo di consentire ai soci di adattare di concerto, nell'ambito degli obiettivi delle organizzazioni comuni del mercato, la loro produzione alle esigenze di mercato, in particolare concentrando l'offerta;
13) "unioni di produttori": associazioni di produttori riconosciute che perseguono i medesimi obiettivi su scala più ampia.
14) "costi dei test BSE e TSE", tutti i costi, compresi quelli per i kit di analisi, il prelievo, il trasporto, l'analisi, la conservazione e la distruzione dei campioni necessari per i test eseguiti conformemente all'allegato X, capitolo C, del regolamento (CE) n. 999/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 maggio 2001, recante disposizioni per la prevenzione, il controllo e l'eradicazione di alcune encefalopatie spongiformi trasmissibili(11).
Articolo 3
Condizioni per l'esenzione
1. Gli aiuti individuali, accordati al di fuori di un regime di aiuti, che rispettino tutte le condizioni di cui al presente regolamento, sono compatibili con il mercato comune ai sensi dell'articolo 87, paragrafo 3, lettera c), del trattato e sono esentati dall'obbligo di notifica di cui all'articolo 88, paragrafo 3, del trattato, purché sia stata inviata la sintesi delle informazioni di cui all'articolo 19, paragrafo 1, ed essi contengano un riferimento esplicito al presente regolamento, citandone il titolo e gli estremi di pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.
2. I regimi di aiuto che rispettino tutte le condizioni di cui al presente regolamento sono compatibili con il mercato comune ai sensi dell'articolo 87, paragrafo 3, lettera c), del trattato e sono esentati dall'obbligo di notifica di cui all'articolo 88, paragrafo 3, del trattato, purché:
a) qualsiasi aiuto, accordabile nell'ambito di un regime, rispetti tutte le condizioni di cui al presente regolamento;
b) il regime di aiuti contenga un riferimento esplicito al presente regolamento, citandone il titolo e gli estremi di pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea;
c) sia stata inviata la sintesi delle informazioni di cui all'articolo 19, paragrafo 1.
3. Gli aiuti concessi in base a un regime di cui al paragrafo 2 sono compatibili con il mercato comune ai sensi dell'articolo 87, paragrafo 3, lettera c), del trattato e sono esentati dall'obbligo di notifica di cui all'articolo 88, paragrafo 3, del trattato, purché rispettino direttamente tutte le condizioni di cui al presente regolamento.
CAPITOLO 2 CATEGORIE DI AIUTI
Articolo 4
Investimenti nelle aziende agricole
1. Un aiuto all'investimento in aziende agricole, all'interno della Comunità, per la produzione, trasformazione e commercializzazione dei prodotti agricoli, è compatibile con il mercato comune ai sensi dell'articolo 87, paragrafo 3, lettera c), del trattato e non è soggetto all'obbligo di notifica di cui all'articolo 88, paragrafo 3, del trattato, quando soddisfa le condizioni di cui ai paragrafi da 2 a 10.
2. L'intensità lorda dell'aiuto non deve superare:
a) il 50 % dei costi ammissibili nelle zone svantaggiate;
b) il 40 % dei costi ammissibili nelle altre zone.
Nel caso degli investimenti effettuati da giovani agricoltori entro cinque anni dall'insediamento, tali percentuali possono raggiungere al massimo il 50 % e il 60 % nelle zone svantaggiate.
Qualora gli investimenti comportino costi aggiuntivi attribuibili alla tutela e al miglioramento dell'ambiente o al miglioramento delle condizioni di igiene e benessere degli animali, i massimali del 50 % e 40 % di cui alle lettere a) e b) del primo comma, possono essere aumentati, rispettivamente, di 25 e di 20 punti percentuali. La maggiorazione può essere concessa unicamente per investimenti intesi a superare i requisiti comunitari minimi in vigore e per investimenti effettuati per conformarsi con i nuovi requisiti comunitari minimi. La maggiorazione deve tuttavia essere limitata ai costi aggiuntivi ammissibili necessari e non si applica agli investimenti che comportano un aumento della capacità produttiva.
3. L'investimento deve perseguire almeno uno dei seguenti obiettivi:
a) riduzione dei costi di produzione;
b) miglioramento e riconversione della produzione;
c) miglioramento della qualità;
d) tutela e miglioramento dell'ambiente naturale, delle condizioni di igiene e del benessere degli animali;
e) promozione della diversificazione delle attività agricole.
4. Le spese ammissibili comprendono:
a) la costruzione, l'acquisizione o il miglioramento di beni immobili;
b) l'acquisto o il leasing con patto di acquisto di nuove macchine e attrezzature, compresi i programmi informatici, fino a un massimo del loro valore di mercato; gli altri costi connessi al contratto di leasing (tasse, interessi, costi di rifinanziamento interessi, spese generali, oneri assicurativi, ecc.) non constituiscono spese ammissibili;
c) le spese generali, come onorari di architetti, ingegneri e consulenti, studi di fattibilità, acquisizione di brevetti o licenze, fino ad un massimo del 12 % dei costi di cui alle lettere a) e b).
In deroga alla lettera b) del primo comma, l'acquisto di attrezzature di seconda mano può essere considerato spesa ammissibile in casi debitamente giustificati, quando siano rispettate le seguenti condizioni:
a) il venditore dell'attrezzatura presenta una dichiarazione in cui conferma l'esatta origine della stessa e che tale attrezzatura non è mai stata oggetto di finanziamenti nazionali o comunitari;
b) l'acquisto dell'attrezzatura rappresenta un vantaggio particolare per il programma o progetto o è reso necessario da circostanze eccezionali (ad esempio, l'attrezzatura nuova non è disponibile in tempo utile e ciò potrebbe pregiudicare la corretta esecuzione del progetto);
c) riduzione dei costi previsti e, quindi, dell'importo degli aiuti, rispetto all'acquisto della stessa attrezzatura nuova, mantenendo al contempo un buon rapporto costi-benefici;
d) l'attrezzatura di seconda mano acquistata deve possedere le caratteristiche tecniche e/o tecnologiche necessarie per soddisfare i requisiti del progetto.
5. Gli aiuti possono essere concessi solo ad aziende agricole economicamente redditizie che rispondono ai criteri di cui all'articolo 5 del regolamento (CE) n. 1257/1999.
Aiuti possono essere concessi per consentire al beneficiario di soddisfare nuovi requisiti minimi in materia di ambiente, igiene o benessere degli animali.
Una valutazione della conformità con i criteri di cui all'articolo 5 del regolamento (CE) n. 1257/1999 deve essere effettuata a livello dell'impresa da un organismo pubblico o da una terza parte indipendente dal beneficiario, e qualificata a effettuare una tale valutazione. Le norme che istituiscono il regime di aiuto, o la decisione di concedere un aiuto individuale al di fuori detto regime, devono specificare le modalità con cui deve essere effettuata la valutazione.
6. Devono essere disponibili prove sufficienti che esisteranno in futuro normali sbocchi di mercato per i prodotti in questione. Si deve pertanto procedere a una valutazione, al livello opportuno determinato dagli Stati membri, incentrata sui prodotti di cui trattasi, sui tipi di investimenti e sulla capacità esistente e prevista. Una valutazione della presenza di normali sbocchi di mercato deve essere effettuata da un organismo pubblico o da una terza parte indipendente dal beneficiario degli aiuti e qualificata a effettuare una tale valutazione. Le norme che istituiscono il regime di aiuto devono specificare le modalità con cui deve essere effettuata la valutazione. La valutazione deve basarsi su dati recenti e deve essere messa a disposizione di tutti.
7. Gli aiuti non possono essere concessi contravvenendo ai divieti o alle restrizioni stabiliti nei regolamenti del Consiglio che istituiscono organizzazioni comuni di mercato, anche laddove tali divieti o restrizioni interessino solo il sostegno comunitario.
8. Gli aiuti non devono essere limitati a prodotti agricoli specifici, a meno che non siano destinati a coprire i costi per l'attuazione di norme specifiche relative alla tutela e al miglioramento dell'ambiente o al miglioramento delle condizioni di igiene e benessere degli animali. Gli aiuti non possono essere concessi nei seguenti casi:
a) investimenti aventi come effetto un aumento della capacità di produzione, laddove tale aumento di capacità in una azienda risulta superiore al 20 %, da misurarsi in unità di bestiame per la produzione animale e in superficie coltivata per la produzione vegetale;
b) all'acquisto di diritti di produzione, animali, terreni diversi da quelli destinati all'edilizia, piante o impianto delle stesse;
c) meri investimenti di sostituzione.
9. Le spese ammissibili non devono complessivamente superare i limiti degli investimenti totali fissati dagli Stati membri a norma dell'articolo 7 del regolamento (CE) n. 1257/1999. I regimi di aiuto devono indicare tale limite.
10. Gli aiuti non possono essere concessi nei seguenti casi:
a) fabbricazione e la commercializzazione di prodotti di imitazione o di sostituzione del latte o dei prodotti lattiero-caseari;
b) attività di trasformazione e commercializzazione nel settore dello zucchero.
Articolo 5
Conservazione di paesaggi e fabbricati tradizionali
1. Un aiuto per la conservazione di paesaggi e fabbricati tradizionali è compatibile con il mercato comune ai sensi dell'articolo 87, paragrafo 3, lettera c), del trattato e non è soggetto all'obbligo di notifica di cui all'articolo 88, paragrafo 3, del trattato, quando soddisfa le condizioni di cui ai paragrafi 2 e 3.
2. Per quanto riguarda investimenti o lavori intesi alla conservazione di elementi non produttivi del patrimonio situati in aziende agricole, quali elementi di interesse archeologico o storico, possono essere concessi aiuti fino al 100 % delle spese effettivamente sostenute. Tali spese comprendono un compenso ragionevole del lavoro svolto dall'agricoltore stesso o dai suoi collaboratori con un massimale di 10000 EUR per anno.
3. Possono essere concessi aiuti fino al 60 %, o al 75 % nelle zone svantaggiate, dei costi effettivamente sostenuti per investimenti o lavori intesi alla conservazione di elementi del patrimonio facenti parte dei fattori produttivi dell'azienda, come ad esempio fabbricati agricoli, purché l'investimento non comporti un aumento della capacità produttiva dell'azienda.
Qualora si riscontri un aumento della capacità produttiva, si applicano i tassi di aiuto indicati all'articolo 4, paragrafo 2, alle spese ammissibili sostenute per effettuare i lavori con normali materiali contemporanei. Aiuti supplementari possono essere autorizzati, a un tasso massimo del 100 %, a copertura delle spese aggiuntive dovute all'utilizzo di materiali tradizionali necessari per preservare le caratteristiche architettoniche dell'edificio.
Articolo 6
Trasferimento di fabbricati agricoli nell'interesse pubblico
1. Gli aiuti concessi per il trasferimento di fabbricati agricoli sono compatibili con il mercato comune ai sensi dell'articolo 87, paragrafo 3, lettera c), del trattato e sono esentati dall'obbligo di notifica di cui all'articolo 88, paragrafo 3, del trattato, se ciò rientra nell'interesse pubblico ed è conforme alle condizioni di cui ai paragrafi 2, 3 e 4.
L'interesse pubblico addotto per giustificare la concessione di aiuti ai sensi del presente articolo deve essere specificato nelle pertinenti disposizioni degli Stati membri.
2. Possono essere concessi aiuti fino al 100 % delle spese effettivamente sostenute laddove il trasferimento consiste semplicemente nello smantellamento, nello spostamento e nella ricostruzione delle strutture esistenti.
3. Laddove il trasferimento nell'interesse pubblico comporta vantaggi per l'agricoltore, che potrà fruire di strutture più moderne, il contributo di quest'ultimo sarà equivalente almeno al 60 %, o al 50 % nelle zone svantaggiate, dell'aumento di valore delle strutture interessate successivamente al trasferimento. Se il beneficiario è un giovane agricoltore, il contributo di cui sopra deve essere almeno del 55 % (45 % nelle zone svantaggiate).
4. Se il trasferimento nell'interesse pubblico determina un aumento della capacità produttiva, il contributo del beneficiario deve essere almeno pari al 60 %, o al 50 % nelle zone svantaggiate, della spesa relativa a tale aumento. Se il beneficiario è un giovane agricoltore, il contributo di cui sopra deve essere almeno del 55 % (45 % nelle zone svantaggiate).
Articolo 7
Investimenti nel settore della trasformazione e commercializzazione
1. Un aiuto all'investimento nel settore della trasformazione e commercializzazione dei prodotti agricoli è compatibile con il mercato comune ai sensi dell'articolo 87, paragrafo 3, lettera c), del trattato e non è soggetto all'obbligo di notifica di cui all'articolo 88, paragrafo 3, del trattato, quando soddisfa le condizioni di cui ai paragrafi da 2 a 7.
2. L'intensità lorda dell'aiuto non deve superare:
a) il 50 % dei costi ammissibili nelle regioni dell'obiettivo 1;
b) il 40 % dei costi ammissibili nelle altre regioni.
3. Le spese ammissibili comprendono:
a) la costruzione, l'acquisizione o il miglioramento di beni immobili;
b) l'acquisto o il leasing con patto di acquisto di nuove macchine e attrezzature, compresi i programmi informatici, fino a un massimo del loro valore di mercato; gli altri costi connessi al contratto di leasing (tasse, interessi, costi di rifinanziamento interessi, spese generali, oneri assicurativi, ecc.) non costituiscono una spesa ammissibile;
c) le spese generali, come onorari di architetti, ingegneri e consulenti, studi di fattibilità, acquisizione di brevetti o licenze, fino ad un massimo del 12 % dei costi di cui alle lettere a) e b).
In deroga alla lettera b) del primo comma, l'acquisto di attrezzature di seconda mano può essere considerato spesa ammissibile in casi debitamente giustificati, quando siano rispettate le seguenti condizioni:
a) il venditore dell'attrezzatura presenta una dichiarazione in cui conferma l'esatta origine della stessa e che tale attrezzatura non è mai stata oggetto di finanziamenti nazionali o comunitari;
b) l'acquisto dell'attrezzatura rappresenta un vantaggio particolare per il programma o progetto o è reso necessario da circostanze eccezionali (ad esempio, l'attrezzatura nuova non è disponibile in tempo utile e ciò potrebbe pregiudicare la corretta esecuzione del progetto);
c) riduzione dei costi previsti e, quindi, dell'importo degli aiuti, in relazione ai costi necessari per acquistare la stessa attrezzatura nuova, mantenendo al contempo un buon rapporto costi-benefici;
d) l'attrezzatura di seconda mano acquistata deve possedere le caratteristiche tecniche e/o tecnologiche necessarie per soddisfare i requisiti del progetto.
4. Gli aiuti possono essere concessi solo ad aziende che possano dimostrare di rispondere ai criteri dell'articolo 26, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 1257/1999.
Aiuti possono essere concessi per consentire al beneficiario di soddisfare nuovi requisiti minimi in materia di ambiente, igiene o benessere degli animali.
Una valutazione della conformità con i criteri di cui all'articolo 26, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 1257/1999 deve essere effettuata a livello dell'impresa da un organismo pubblico o da una terza parte indipendente dal beneficiario e qualificata a effettuare una tale valutazione. Le norme che istituiscono il regime di aiuto devono specificare le modalità con cui deve essere effettuata la valutazione.
5. Devono essere disponibili prove sufficienti che esisteranno in futuro normali sbocchi di mercato per i prodotti in questione. Si deve pertanto procedere a una valutazione, al livello opportuno determinato dagli Stati membri, incentrata sui prodotti di cui trattasi, sui tipi di investimenti e sulla capacità esistente e prevista. Una valutazione della presenza di normali sbocchi di mercato deve essere effettuata da un organismo pubblico o da una terza parte indipendente dal beneficiario degli aiuti e qualificata a effettuare una tale valutazione. Le norme che istituiscono il regime di aiuto devono specificare le modalità con cui deve essere effettuata la valutazione. La valutazione deve basarsi su dati recenti e deve essere messa a disposizione di tutti.
6. Gli aiuti non possono essere concessi contravvenendo ai divieti o alle restrizioni stabiliti nei regolamenti del Consiglio che istituiscono organizzazioni comuni di mercato, anche laddove tali divieti o restrizioni interessino solo il sostegno comunitario.
7. Gli aiuti non devono essere limitati a specifici prodotti agricoli e non possono comunque essere concessi nei seguenti casi:
a) fabbricazione e la commercializzazione di prodotti di imitazione o di sostituzione del latte o dei prodotti lattiero-caseari;
b) attività di trasformazione e commercializzazione nel settore dello zucchero.
Articolo 8
Aiuti all'insediamento di giovani agricoltori
Un aiuto all'insediamento di giovani agricoltori è compatibile con il mercato comune ai sensi dell'articolo 87, paragrafo 3, lettera c), del trattato e non è soggetto all'obbligo di notifica di cui all'articolo 88, paragrafo 3, del trattato, purché soddisfi le seguenti condizioni:
a) siano rispettati i criteri di cui agli articoli 7 e 8 del regolamento (CE) n. 1257/1999;
b) cumulativamente, gli aiuti concessi ai sensi delle citate disposizioni del regolamento (CE) n. 1257/1999 e sotto forma di aiuti di Stato non superino i massimali fissati all'articolo 8, paragrafo 2, del regolamento citato.
Articolo 9
Aiuti al prepensionamento
Un aiuto al prepensionamento degli agricoltori è compatibile con il mercato comune ai sensi dell'articolo 87, paragrafo 3, lettera c), del trattato e non è soggetto all'obbligo di notifica di cui all'articolo 88, paragrafo 3, del trattato, purché soddisfi le seguenti condizioni:
a) siano rispettati i criteri di cui agli articoli 10, 11 e 12 del regolamento (CE) n. 1257/1999;
b) la cessazione delle attività agricole a fini commerciali sia permanente e definitiva.
Articolo 10
Aiuti alle associazioni di produttori
1. Gli aiuti all'avviamento per la costituzione di associazioni o unioni di produttori sono compatibili con il mercato comune ai sensi dell'articolo 87, paragrafo 3, lettera c), del trattato e non sono soggetti all'obbligo di notifica di cui all'articolo 88, paragrafo 3, del trattato, quando soddisfano le condizioni di cui ai paragrafi da 2 a 9.
2. Possono beneficiare degli aiuti di cui al paragrafo 1, purché possano fruire di assistenza a norma della legislazione dello Stato membro interessato:
a) associazioni o unioni di produttori attive nella produzione di prodotti agricoli; e/o
b) associazioni di produttori responsabili per la supervisione dell'uso delle denominazioni di origine o dei marchi di qualità conformemente alla legislazione comunitaria.
Il regolamento interno sulle associazioni o unioni di produttori deve prevedere l'obbligo dei soci di commercializzare la produzione secondo le norme di conferimento e di immissione sul mercato stabilite dall'associazione o dall'unione.
Tali norme possono consentire la commercializzazione diretta da parte del produttore di una quota della produzione. Inoltre, i produttori che aderiscono all'associazione o all'unione devono rimanerne membri per un minimo di tre anni e fornire un preavviso di almeno dodici mesi prima di recedere. L'associazione deve inoltre dotarsi di norme comuni di produzione, in particolare per quanto riguarda la qualità dei prodotti o l'utilizzazione di pratiche biologiche, di norme di immissione sul mercato e di norme di informazione sulla produzione, in particolare informazione in materia di raccolto e disponibilità. Tuttavia, i produttori restano responsabili della gestione delle proprie aziende. Gli accordi conclusi nel quadro delle associazioni o delle unioni di produttori devono essere del tutto conformi alle pertinenti disposizioni della normativa in materia di concorrenza, in particolare agli articoli 81 e 82 del trattato.
3. Si possono considerare come spese ammissibili il canone d'affitto di locali idonei, l'acquisto di attrezzatura per ufficio, compreso il materiale informatico (hardware e software), le spese amministrative per il personale, le spese generali e gli oneri legali e amministrativi. In caso di acquisto dei locali, le spese ammissibili sono limitate ai canoni d'affitto dei locali a prezzi di mercato.
4. L'aiuto deve essere temporaneo e decrescente e non può superare il 100 % dei costi ammissibili sostenuti nel primo anno; esso deve essere ridotto di almeno 20 punti percentuali per ciascun anno di esercizio, in modo che al quinto anno sia limitato al 20 % dei costi ammissibili effettivamente sostenuti in quell'anno.
5. Non possono essere concessi aiuti né in relazione a spese sostenute dopo il quinto anno, né dopo sette anni dal riconoscimento dell'associazione di produttori. Ciò non pregiudica la possibilità di concedere aiuti in relazione a spese ammissibili limitate a e risultanti da un aumento da un anno all'altro del fatturato del beneficiario pari almeno al 30 %, laddove ciò è dovuto all'adesione di nuovi membri e/o al trattamento di nuovi prodotti.
6. Non possono essere concessi aiuti a organizzazioni di produttori come imprese o cooperative, il cui obiettivo sia la gestione di una o più aziende agricole e che quindi siano di fatto singoli produttori.
7. Non possono essere concessi aiuti ad altre associazioni agricole che svolgono funzioni a livello produttivo, quali servizi di mutuo sostegno, di sostituzione e di gestione nelle aziende dei soci, senza essere coinvolte nell'adeguamento dell'offerta alle esigenze del mercato.
8. L'importo totale degli aiuti che possono essere accordati a un'associazione o unione di produttori ai sensi del presente articolo non può superare 100000 EUR.
9. Non possono essere concessi aiuti ad associazioni o unioni di produttori i cui obiettivi siano incompatibili con un regolamento del Consiglio che istituisce un'organizzazione comune del mercato.
Articolo 11
Aiuti per il pagamento di premi assicurativi
1. Un aiuto al pagamento di premi assicurativi per le imprese attive nella produzione primaria di prodotti agricoli è compatibile con il mercato comune ai sensi dell'articolo 87, paragrafo 3, lettera c), del trattato e non è soggetto all'obbligo di notifica di cui all'articolo 88, paragrafo 3, del trattato, quando soddisfa le condizioni di cui ai paragrafi 2, 3 e 4.
2. L'intensità lorda dell'aiuto non deve superare:
a) l'80 % del costo dei premi assicurativi laddove la polizza specifici che essa copre solo le perdite dovute alle avverse condizioni atmosferiche assimilabili alle calamità naturali;
b) il 50 % del costo dei premi assicurativi laddove la polizza copra, oltre alle perdite dovute alle cause di cui alla lettera a):
i) altre perdite causate da avverse condizioni atmosferiche; e/o
ii) perdite dovute a epizoozie o fitopatie.
Le perdite dovute alle avverse condizioni atmosferiche assimilabili alle calamità naturali sono determinate sulla base del confronto tra la produzione lorda della coltura di cui trattasi nell'anno in questione e la produzione annuale lorda in un anno normale. Quest'ultima va calcolata prendendo come riferimento la produzione lorda media nelle tre campagne precedenti, escludendo gli anni in cui è stato pagato un ad indennizzo per avverse condizioni atmosferiche. Nel caso di danni ai mezzi di produzione i cui effetti si protraggano per più anni, per il primo raccolto dopo il verificarsi dell'evento la perdita reale rispetto a un anno normale, determinata secondo i criteri esposti nel presente comma, deve essere superiore al 10 %, mentre la perdita reale moltiplicata per il numero di anni in cui vi è perdita di produzione deve superare il 20 % nelle zone svantaggiate e il 30 % nelle altre zone.
3. Possono essere concessi aiuti unicamente per i costi dei premi assicurativi che prevedano la copertura delle perdite dovute alle avverse condizioni atmosferiche assimilabili a calamità naturali.
4. Gli aiuti non devono ostacolare il funzionamento del mercato interno dei servizi assicurativi. L'aiuto non deve essere limitato alla copertura offerta da un'unica compagnia o gruppo assicurativo, né essere subordinato alla stipula di un contratto assicurativo con un'impresa stabilita nello Stato membro in questione.
Articolo 12
Aiuti per la ricomposizione fondiaria
1. Un aiuto alle imprese attive nella produzione di prodotti agricoli è compatibile con il mercato comune ai sensi dell'articolo 87, paragrafo 3, lettera c), del trattato e non è soggetto all'obbligo di notifica di cui all'articolo 88, paragrafo 3, del trattato, quando è concesso a copertura dei costi legali e amministrativi della ricomposizione fondiaria, compresi quelli per la realizzazione delle indagini, fino al 100 % delle spese effettivamente sostenute.
2. Il paragrafo 1 non si applica agli aiuti agli investimenti, compresi gli aiuti per l'acquisto di terreni.
Articolo 13
Aiuti intesi a promuovere la produzione e la commercializzazione di prodotti agricoli di qualità
1. Un aiuto per incoraggiare la produzione e la commercializzazione di prodotti agricoli di qualità è compatibile con il mercato comune ai sensi dell'articolo 87, paragrafo 3, lettera c), del trattato e non è soggetto all'obbligo di notifica di cui all'articolo 88, paragrafo 3, del trattato, quando è concesso a copertura dei costi di cui al paragrafo 2 e soddisfa le condizioni di cui ai paragrafi da 3 a 7.
2. Possono essere concessi aiuti a sostegno delle attività sottoelencate, nella misura in cui esse contribuiscano allo sviluppo di prodotti agricoli di qualità:
a) fino al 100 % dei costi per ricerche di mercato, ideazione e progettazione del prodotto, inclusi gli aiuti concessi per la preparazione delle domande di riconoscimento delle denominazioni di origine o delle attestazioni di specificità conformemente alla normativa comunitaria pertinente;
b) fino al 100 % dei costi di introduzione di norme di assicurazione della qualità, quali le norme delle serie ISO 9000 o 14000, di sistemi di analisi dei rischi e dei punti critici di controllo (HACCP), di sistemi di tracciabilità, di sistemi per garantire il rispetto dell'autenticità e delle norme di commercializzazione o di sistemi di audit ambientale;
c) fino al 100 % dei costi di formazione del personale chiamato ad applicare i regimi e i sistemi di cui alla lettera b);
d) fino al 100 % dei costi dei contributi richiesti dagli organismi di certificazione riconosciuti per la certificazione iniziale dell'assicurazione di qualità e di sistemi analoghi;
e) fino al 100 % dei costi delle misure obbligatorie di controllo adottate in virtù della normativa comunitaria o nazionale da o per conto delle autorità competenti, tranne ove la legislazione comunitaria stabilisca che tali costi devono gravare sulle imprese;
f) aiuti temporanei e decrescenti per far fronte ai costi dei controlli nei sei anni successivi all'istituzione dei sistemi di controllo a garanzia dell'autenticità delle denominazioni di origine o delle attestazioni di specificità nel quadro dei regolamenti del Consiglio (CEE) n. 2081/92(12) e (CEE) n. 2082/92(13); la riduzione dell'importo degli aiuti deve essere pari ad almeno 10 punti percentuali per anno;
g) fino al 100 % delle spese effettivamente sostenute per il controllo dei metodi di produzione biologici condotti ai sensi del regolamento (CE) 2092/91(14).
3. Gli aiuti possono essere concessi unicamente per controlli effettuati da o per conto terzi, quali le autorità competenti o enti che agiscono in loro nome, o organismi indipendenti responsabili per il controllo e la supervisione dell'uso delle denominazioni di origine e dei marchi biologici e di qualità, purché tali denominazioni e tali marchi siano conformi alla legislazione comunitaria.
4. Non possono essere concessi aiuti a copertura dei costi dei controlli effettuati dal produttore stesso o nei casi in cui la normativa comunitaria preveda che i costi dei controlli siano a carico dei produttori, senza specificare l'effettivo ammontare degli oneri.
5. L'importo globale degli aiuti concessi ai sensi del paragrafo 2 non può superare 100000 EUR per beneficiario per un periodo di tre anni. Ai fini del calcolo dell'importo dell'aiuto, si considera beneficiario la persona che fruisce dei servizi elencati in tale paragrafo.
6. Gli aiuti devono essere accessibili a tutti i soggetti ammissibili della zona interessata sulla base di criteri oggettivamente definiti. Qualora i servizi elencati al paragrafo 2 siano prestati da associazioni di produttori o da altre organizzazioni agricole di mutuo sostegno, l'appartenenza a tali associazioni o organizzazioni non costituirà una condizione per avere accesso al servizio. Gli eventuali contributi dei non-membri ai costi amministrativi dell'associazione o organizzazione di cui trattasi devono essere limitati ai costi proporzionali della prestazione del servizio.
7. Qualora il beneficiario dei servizi elencati al paragrafo 2 non possa scegliere liberamente il prestatore degli stessi, e a meno che non esista un solo possibile prestatore in virtù della natura o della base giuridica per la fornitura dei servizi in questione, tale prestatore deve essere scelto e remunerato in base a principi di mercato, in modo non discriminatorio, laddove necessario ricorrendo a gare di appalto conformi alla normativa comunitaria, e in ogni caso utilizzando forme di pubblicità tali da permettere al mercato dei servizi di aprirsi alla concorrenza e da consentire di verificare l'imparzialità delle norme sugli appalti.
Articolo 14
Prestazioni di assistenza tecnica nel settore agricolo
1. Un aiuto è compatibile con il mercato comune ai sensi dell'articolo 87, paragrafo 3, lettera c), del trattato e non è soggetto all'obbligo di notifica di cui all'articolo 88, paragrafo 3, del trattato, quando è concesso a copertura dei costi ammissibili delle attività di assistenza tecnica di cui al paragrafo 2 e soddisfa le condizioni di cui ai paragrafi da 3, 4 e 5.
2. Possono essere concessi aiuti a copertura dei i seguenti costi ammissibili:
a) istruzione generale e formazione degli agricoltori e dei loro collaboratori:
i) spese inerenti all'organizzazione del programma di formazione;
ii) le spese di viaggio e di soggiorno dei partecipanti;
iii) i costi della fornitura di servizi di sostituzione durante l'assenza dell'agricoltore o del suo collaboratore;
b) per quanto riguarda i servizi aziendali ausiliari, le spese effettive inerenti alla sostituzione dell'agricoltore, di un suo partner o di un suo collaboratore, in caso di malattia o nei periodi di ferie;
c) per quanto riguarda i servizi di consulenza, i costi dei servizi che non rivestono carattere continuativo o periodico, né sono connessi con le normali spese di funzionamento dell'impresa, come la consulenza fiscale ordinaria, i servizi regolari di consulenza legale e le spese di pubblicità;
d) per quanto riguarda l'organizzazione e la partecipazione a concorsi, mostre e fiere:
i) le spese di iscrizione;
ii) le spese di viaggio;
iii) le spese per le pubblicazioni;
iv) l'affitto degli stand.
3. L'importo globale degli aiuti concessi ai sensi del paragrafo 2 non può superare 100000 EUR per beneficiario per un periodo di tre anni, o il 50 % dei costi ammissibili (tra le due possibilità viene concesso l'aiuto di entità superiore). Ai fini del calcolo dell'importo dell'aiuto, si considera beneficiario la persona che fruisce dell'assistenza tecnica.
4. Gli aiuti devono essere accessibili a tutti i soggetti ammissibili della zona interessata sulla base di criteri oggettivamente definiti. Qualora l'assistenza tecnica sia fornita da associazioni o organizzazioni di produttori o da altre organizzazioni agricole di mutuo sostegno, l'appartenenza a tali associazioni o organizzazioni non costituirà una condizione per avere accesso al servizio. Gli eventuali contributi dei non-membri ai costi amministrativi dell'associazione o organizzazione di cui trattasi devono essere limitati ai costi della prestazione del servizio.
5. Qualora il beneficiario dei servizi non possa scegliere liberamente il fornitore dell'assistenza tecnica, quest'ultimo deve essere scelto e remunerato in base a principi di mercato, in modo non discriminatorio, laddove necessario ricorrendo a gare di appalto conformi alla normativa comunitaria, e in ogni caso utilizzando forme di pubblicità tali da permettere al mercato dei servizi di aprirsi alla concorrenza e da consentire di verificare l'imparzialità delle norme sugli appalti.
Articolo 15
Sostegno al settore zootecnico
Sono compatibili con il mercato comune ai sensi dell'articolo 87, paragrafo 3, lettera c), del trattato e sono esentati dall'obbligo di notifica di cui all'articolo 88, paragrafo 3, del trattato, i seguenti aiuti alle imprese che operano nel settore zootecnico:
a) aiuti fino al 100 % a copertura dei costi amministrativi direttamente connessi con l'adozione e la tenuta dei libri genealogici;
b) aiuti fino al 70 % per test di determinazione della qualità genetica o della resa del bestiame, effettuati da o per conto terzi; non sono esentati gli aiuti a copertura dei costi dei controlli effettuati dal proprietario del bestiame né gli aiuti a copertura dei costi dei controlli di routine sulla qualità del latte;
c) aiuti fino al 40 % dei costi ammissibili di cui all'articolo 4 per investimenti in centri per la riproduzione animale e per l'introduzione a livello di azienda di metodi o tecniche innovative in materia di riproduzione animale; non sono esentati gli aiuti a copertura dei costi per introdurre o effettuare l'inseminazione artificiale;
d) aiuti fino al 100 % a copertura dei costi per i test TSE.
Tuttavia, l'intervento totale pubblico, diretto e indiretto, compresi i contributi comunitari, relativo ai test BSE obbligatori sui bovini macellati per il consumo umano non può superare i 40 EUR per test. L'importo si riferisce ai costi totali dell'analisi, ossia il kit di analisi, il prelievo, il trasporto, l'analisi, la conservazione e la distruzione del campione. L'obbligatorietà del test può fondarsi sulla legislazione nazionale o sulla normativa comunitaria.
Il contributo statale alle spese relative ai test TSE va versato all'operatore presso cui devono essere prelevati i campioni per i test. Tuttavia, per agevolare la gestione di siffatti aiuti di Stato, l'aiuto può essere versato in alternativa ai laboratori, purché l'importo dell'aiuto di Stato sia trasferito integralmente all'operatore. Comunque, l'aiuto di Stato percepito direttamente o indirettamente dall'operatore presso cui sono stati prelevati i campioni per i test deve trovare riscontro nei prezzi proporzionalmente inferiori addebitati dall'operatore in questione.
Articolo 16
Aiuti stabiliti in taluni regolamenti del Consiglio
Sono compatibili con il mercato comune ai sensi dell'articolo 87, paragrafo 3, lettera c), del trattato e sono esentati dall'obbligo di notifica di cui all'articolo 88, paragrafo 3, del trattato, gli aiuti alle piccole e medie imprese che soddisfano le condizioni seguenti:
a) contributi degli Stati membri che soddisfino le condizioni di cui al regolamento (CE) n. 2702/1999 del Consiglio, del 14 dicembre 1999, relativo ad azioni di informazione e di promozione dei prodotti agricoli nei paesi terzi(15), in particolare l'articolo 9, paragrafo 3;
b) contributi degli Stati membri che soddisfino le condizioni di cui al regolamento (CE) n. 2826/2000 del Consiglio, del 19 dicembre 2000, relativo ad azioni d'informazione e di promozione dei prodotti agricoli sul mercato interno(16), in particolare l'articolo 9, paragrafi 2, 3 e 4;
c) aiuti concessi dagli Stati membri che rispettino tutte le condizioni di cui al regolamento (CE) n. 999/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 maggio 2001, recante disposizioni per la prevenzione, il controllo e l'eradicazione di alcune encefalopatie spongiformi trasmissibili(17), in particolare l'articolo 13, paragrafo 4;
d) aiuti concessi dagli Stati membri che rispettino tutte le condizioni di cui al regolamento (CE) n. 1255/1999 del Consiglio, del 17 maggio 1999, relativo all'organizzazione comune dei mercati nel settore del latte e dei prodotti lattiero-caseari(18), in particolare l'articolo 14, paragrafo 2;
e) aiuti concessi dagli Stati membri che rispettino tutte le condizioni di cui al regolamento (CE) n. 1254/1999 del Consiglio, del 17 maggio 1999, relativo all'organizzazione comune dei mercati nel settore delle carni bovine(19), in particolare l'articolo 6, paragrafo 5, e l'articolo 14;
f) aiuti concessi agli Stati membri conformemente agli articoli 3 e 4 del regolamento (CE) n. 2777/2000 della Commissione, del 18 dicembre 2000, che istituisce misure eccezionali di sostegno del mercato delle carni bovine(20);
g) aiuti concessi agli Stati membri conformemente all'articolo 6, paragrafo 3, secondo comma, del regolamento (CE) n. 1251/1999 del Consiglio, del 17 maggio 1999, che istituisce un regime di sostegno a favore dei coltivatori di taluni seminativi(21);
h) aiuti concessi agli Stati membri conformemente all'articolo 15, paragrafo 6, del regolamento (CE) n. 2200/96 del Consiglio, del 28 ottobre 1996, relativo all'organizzazione comune dei mercati nel settore degli ortofrutticoli(22).
CAPITOLO 3 DISPOSIZIONI COMUNI E FINALI
Articolo 17
Fasi preliminari alla concessione degli aiuti
1. Per beneficiare dell'esenzione prevista dal presente regolamento, gli aiuti che rientrano in un regime di aiuto possono essere accordati solo per attività intraprese o servizi ricevuti dopo l'istituzione e la pubblicazione del regime di aiuto conformemente al presente regolamento.
Se il regime di aiuto stabilisce un diritto automatico a fruire dell'aiuto, senza che siano necessari ulteriori interventi a livello amministrativo, tale aiuto può tuttavia essere accordato solo dopo l'istituzione e la pubblicazione del regime di aiuto conformemente al presente regolamento.
Se il regime di aiuto prevede la presentazione di una domanda all'autorità competente, l'aiuto può essere accordato solo dopo che siano state soddisfatte le seguenti condizioni:
a) il regime di aiuto è stato istituito e pubblicato conformemente al presente regolamento;
b) è stata correttamente presentata una domanda di aiuto alle autorità competenti interessate;
c) la domanda è stata accettata dalle autorità competenti interessate con modalità tali da obbligare tali autorità ad accordare l'aiuto, indicando chiaramente l'importo da erogare o le modalità di calcolo dello stesso; l'accettazione da parte delle autorità competenti è possibile solo se il bilancio disponibile per l'aiuto o regime di aiuto non è esaurito.
2. Per beneficiare dell'esenzione prevista dal presente regolamento, gli aiuti individuali che non rientrano in un regime di aiuto possono essere accordati solo per attività intraprese o servizi ricevuti dopo che siano stati soddisfatti i criteri di cui al paragrafo 1, terzo comma, lettere b) e c).
Articolo 18
Cumulo
1. I massimali d'aiuto di cui agli articoli da 4 a 15 si applicano indipendentemente dal fatto che il sostegno al progetto o all'attività sia finanziato interamente con fondi nazionali o sia cofinanziato dalla Comunità.
2. Gli aiuti esentati in virtù del presente regolamento non possono essere cumulati con altri aiuti di Stato ai sensi dell'articolo 87, paragrafo 1, del trattato, né con i contributi finanziari forniti dagli Stati membri o dalla Comunità di cui all'articolo 51, paragrafo 1, secondo comma, del regolamento (CE) n. 1257/1999 del Consiglio, in relazione agli stessi costi ammissibili, quando tale cumulo darebbe luogo a un'intensità d'aiuto superiore al livello fissato dal presente regolamento.
3. Quando uno Stato membro concede a un'impresa uno degli aiuti di cui agli articoli 8, 10, 13 o 14 del presente regolamento, esso deve informare tale impresa che l'aiuto in questione è concesso in virtù di uno degli articoli citati. Lo Stato membro deve acquisire dall'impresa informazioni dettagliate su altri aiuti analoghi da essa percepiti. Per quanto riguarda gli aiuti di cui agli articoli 13 e 14, devono essere fornite informazioni sugli aiuti analoghi ricevuti nel corso dei tre anni precedenti.
Lo Stato membro può concedere nuovi aiuti solo dopo aver verificato che ciò non comporti un innalzamento dell'importo totale degli aiuti concessi per il periodo in questione in virtù di uno degli articoli sopracitati al di sopra del massimale specificato nello stesso articolo.
Articolo 19
Trasparenza e controllo
1. Almeno 10 giorni lavorativi prima dell'entrata in vigore di un regime di aiuti esentati in virtù del presente regolamento, o della concessione di aiuti individuali, parimenti esentati, al di fuori di un tale regime, gli Stati membri trasmettono alla Commissione, ai fini della pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea, una sintesi delle informazioni relative a tali regimi di aiuti o aiuti individuali, secondo il modello di cui all'allegato I, in formato elettronico. Entro cinque giorni lavorativi dalla data di ricevimento della sintesi, la Commissione conferma, mediante ricevuta contrassegnata da un numero di identificazione, l'avvenuto ricevimento della sintesi e pubblica quest'ultima su internet.
2. Gli Stati membri conservano registri dettagliati dei regimi di aiuto esentati in virtù del presente regolamento, degli aiuti individuali concessi in applicazione di tali regimi e degli aiuti individuali esentati in virtù del presente regolamento e concessi al di fuori dei regimi di aiuto esistenti. Tali registri devono contenere tutte le informazioni necessarie per valutare se le condizioni di esenzione previste dal presente regolamento sono soddisfatte, e in particolare le informazioni che giustificano la qualifica di PMI attribuita all'impresa. Gli Stati membri devono conservare le registrazioni relative agli aiuti individuali per un periodo di dieci anni, a decorrere dalla data in cui l'aiuto è stato concesso, nonché quelle relative ai regimi di aiuti per un periodo di dieci anni, a decorrere dalla data in cui è stato concesso l'ultimo aiuto individuale a norma del regime in questione. Su richiesta scritta della Commissione, gli Stati membri interessati le trasmettono, entro venti giorni lavorativi, oppure entro un termine più lungo fissato nella richiesta stessa, tutte le informazioni che la Commissione ritiene necessarie per accertare se le condizioni del presente regolamento siano state rispettate.
3. Laddove uno Stato membro abbia istituito un registro centralizzato degli aiuti concessi distintamente in virtù rispettivamente degli articoli 8, 10, 13 o 14, contenente informazioni complete su tutti gli aiuti in questione concessi da una qualsiasi autorità dello Stato membro, le disposizioni di cui all'articolo 18, paragrafo 3, primo comma, non si applicano più dal momento in cui il registro copre un periodo di tre anni.
4. Gli Stati membri presentano una relazione sull'applicazione del presente regolamento per ogni anno civile completo o periodo di anno civile nel quale il presente regolamento è applicabile, secondo il modello di cui all'allegato II del presente regolamento, in formato elettronico. Detta relazione può essere inserita nella relazione annuale che gli Stati membri sono tenuti a presentare ai sensi dell'articolo 21, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 659/1999(23) e deve essere presentata entro il 30 giugno dell'anno successivo all'anno civile cui si riferisce la relazione.
5. A decorrere dall'entrata in vigore di un regime di aiuti o dalla concessione di un aiuto individuale al di fuori di un regime di aiuto esentato in virtù del presente regolamento, gli Stati membri pubblicano su Internet il testo integrale di detto regime di aiuti oppure i criteri e le condizioni alle quali è concesso l'aiuto individuale. Gli indirizzi dei siti Internet devono essere comunicati alla Commissione unitamente al sommario delle informazioni relative agli aiuti richiesti ai sensi conformemente al paragrafo 1. Tale sommario deve essere inoltre figurare nella relazione annuale da presentarsi ai sensi del paragrafo 4.
Articolo 20
Entrata in vigore e applicabilità
1. Il presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.
Esso si applica sino al 31 dicembre 2006.
2. Le notifiche pendenti alla data di entrata in vigore del presente regolamento devono essere valutate sulla base delle disposizioni del regolamento stesso. In caso di non conformità con le disposizioni del presente regolamento, la Commissione esaminerà dette notifiche alla luce degli orientamenti comunitari per gli aiuti di Stato nel settore agricolo.
Gli aiuti individuali e i regimi di aiuto cui viene data attuazione prima dell'entrata in vigore del presente regolamento, nonché gli aiuti concessi nell'ambito di tali regimi in assenza di un'autorizzazione della Commissione e in violazione dell'obbligo di notifica di cui all'articolo 88, paragrafo 3, del trattato, sono considerati compatibili con il mercato comune ai sensi dell'articolo 87, paragrafo 3, lettera c), del trattato, e sono esentati qualora soddisfino le condizioni di cui all'articolo 3 del presente regolamento, con l'eccezione delle prescrizioni di cui al paragrafo 1 e al paragrafo 2, lettere b) e c), di detto articolo i quali prevedono che sia fatto un riferimento esplicito al presente regolamento e che, prima di concedere l'aiuto, sia stata inviata la sintesi di cui all'articolo 9, paragrafo 1. Gli aiuti che non soddisfano tali condizioni sono valutati dalla Commissione sulla base delle discipline, degli orientamenti e delle comunicazioni applicabili.
3. I regimi esentati in virtù del presente regolamento continuano a beneficiare dell'esenzione durante un periodo transitorio di sei mesi a decorrere dalla data di cui al paragrafo 1, secondo comma.
Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.
Fatto a Bruxelles, il 23 dicembre 2003.
Per la Commissione
Franz Fischler
Membro della Commissione
___________________
(1) GU L 142 del 14.5.1998, pag. 1.
(2) GU C 194 del 15.8.2003, pag. 2.
(3) GU L 10 del 13.1.2001, pag. 33.
(4) GU C 28 dell'1.2.2000, pag. 2. (Versione rivista GU C 232 del 12.8.2000, pag. 19).
(5) GU L 160 del 26.6.1999, pag. 80.
(6) GU C 252 del 12.9.2001, pag. 5.
(7) GU L 17 del 21.1.2000, pag. 22.
(8) GU L 182 del 3.7.1987, pag. 36.
(9) GU L 270 del 21.10.2003, pag. 70.
(10) GU L 161 del 26.6.1999, pag. 1.
(11) GU L 147 del 31.5.2001, pag. 1.
(12) GU L 208 del 24.7.1992, pag. 1.
(13) GU L 208 del 24.7.1992, pag. 9.
(14) GU L 198 del 22.7.1991, pag. 1.
(15) GU L 327 del 21.12.1999, pag. 7.
(16) GU L 328 del 23.12.2000, pag. 2.
(17) GU L 147 del 31.5.2001, pag. 1.
(18) GU L 160 del 26.6.1999, pag. 48.
(19) GU L 160 del 26.6.1999, pag. 21.
(20) GU L 321 del 19.12.2000, pag. 47.
(21) GU L 160 del 26.6.1999, pag. 1.
(22) GU L 297 del 21.11.1996, pag. 1.
(23) GU L 83 del 27.3.1999, pag. 1.
(Si omettono gli allegati)
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PROGRAMMA INTERREGIONALE PROTEINE VEGETALI
CONSIDERAZIONI DI SCENARIO
Lo sviluppo dì colture proteiche e oggi dettato dalla esigenza, da un lato di salvaguardare le richieste di una equilibrata alimentazione umana e di attenzione ai contenuti nutrizionali degli alimenti anche attraverso il recupero della gastronomia tradizionale e dall'altro di rispondere alla necessità di sostituire le farine,animali nella alimentazione zootecnica.
La diffusione della BSE e la conseguente messa. al bando delle farine animali unitamente alla preoccupazione connessa alla diffusione di organismi geneticamente modificati-(OGM) e alla richiesta di, chiarezza e di informazione sul tema posto dai consumatori, accresce l'interesse per Ie proteine vegetali prodotte a livello nazionale, rispetto ad altre fonti proteiche.
A fronte di una domanda diprodotti proteici vegetali di origine.. nazionale sempre più sostenuta si assiste, invece ad una regressione di queste coltivazioni e alla riduzione dell'offerta interna sostituita con quella di importazione, ciò è imputabile essenzialmente ad alcune modificazioni nel sostegno delle colture proteolaginose adottate nelle passate campagne produttive. Il settore delle oleaginose che nell'ultimo decennio copriva, mediamente a livello nazionale una superficie di oltre 500.00. ettari, ha subito una drastica riduzione nel 2002, anno in cui lariforma di Agenda 2000 e entrata a regime: secondo le rilevazioni Istat e i dati AGEA, le superfici ad oleaginose sono scese sotto i 300.000 ettari. Le oleaginose hanno un ruolo fonsamentale e strategico per mantenere ed incrementare un'agricoltura a basso impatto ambientale, specialmente nelle aree votate a seminatîvi, senza zootecnia non sono inoltre secondari i vantaggi legati all'ottenimento di, proteine vegetali in grado di garantire maggiore sicurezza della catena alimentare nei confronti del consumatore e di rispondere alle esigenze manifeste di produzioni no OGM.
A livello comunitario, l'autosufficienza di proteine vegetaliè appena del 34%. La necessità di sostituire le farine, animali senza ricorrere a maggiori importazioni richiederebbe una superficie aggiuntiva a proteaginose di 2 milioni di ha.
In questa situazione, alcune leguminose da -foraggio e da granella possono fornire un contributo,essenziale all'affermarsi di una agricoltura sostenibile ed ecocompatibile: laloro coltivazione è in grado di valorizzare risorse naturali presenti nell'ambiente, per esempio l'azoto atmosferico avvalendosi dell'azione dei rizobi simbionti. Poiché la gestione della risorsa azoto rappresenta una delle linee guida dell'agricoltura sostenibile, si comprende
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AGROALIMENTARI E DEI SERVIZI
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come gli input di azoto attraverso la fissazione biologica rendano le pratiche agricole più economiche e meno inquinanti; l'azoto organico del terreno, infatti, riduce i fenomeni di volatilizzazione e di lisciviazione.
L’inserimento delle leguminose negli avvicendamenti colturali contribuisce quindi a mantenere la fertilità del terreno senza. il ricorso a fertilizzanti di sintesi, a recuperare l'equilibrio microbiologico che è alla base della fertilità biologica del -suolo dei “terreni stanchi”, sottoposti per lungo tempo alla pratica della monosuccessione, a migliorare, più in generale, la sostenibilità, agronomica degli ordinamenti colturali e ridurre l'impatto ambientale dell'attività agricola. Tale scelta colturale,inoltre, trova grossa motivazione nel fatto che il prodotto ottenuto (foraggio e granella) rappresenta una.- materia prima di assoluta necessità per l’alimentazione deglianimali.
Il rilancio di queste colture è legato alla ottimizzazione delle relative filiere in tutte le fasi della produzione in campo della materia prima,alla suatrasformazione in derivati proteici, al loro impiego nella formulazione dei mangimi e nell'alimentazione zootecnica, alla loro competitività in termini di reddito.
Si comprende, pertanto, come lo sviluppo di queste colture dipenda, per un verso dagli incentivi agli operatori agricoli, per l’altro dal ricorso ad interventi genetici ed agronomici idonei a promuovere una maggiore produzione areica. I primi sono legati a scelte di politica agricola comunitaria che dovrebbero sostenere tali colture per rendere più conveniente la loro scelta e attrarre l’interesse dei coltivatori. I secondi sono legati ad azioni di ricerca e sperimentazione che devono mettere a punto ordinamenti colturali e agrotecniche efficienti, sviluppare cultivar più produttive, con rese stabili, caratteristiche qualitative migliori, con riferimento ai processi di trasformazione industriale cui devono essere eventualmente sottoposte e alle esigenze nutrizionali delle diverse categorie animali cui sono destinati e adatte a tecniche di coltivazione a basso imput.
Lo sviluppo delle colture proteiche deve quindi essere affrontato sia dal lato quantitativo che qualitativo.
Diventa, pertanto, indispensabile ed urgente la definizione di linee strategiche idonee a promuovere lo sviluppo quali – quantitativo di colture proteiche.
La prima opportunità di sviluppo delle coltivazioni proteiche è da individuarsi nella immediata applicazione della nuova Pac, che prevede uno specifico aiuto per tale finalità. E’ pertanto opportuno e necessario disporsi ad un programma poliennale nazionale che individui le linee operative per l’applicazione di tale regime di aiuto, motivando l’impianto della proposta non solo sulla necessità di uno sviluppo qualiquantitativo delle produzioni
DIPARTIMENTO DELLA QUALITA DEI
PRODOTTI AGROALIMENTARI E DEI SERVIZI
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Ma soprattutto quello dello sviluppo delle coltivazioni proteiche legate alle produzioni di qualità regolamentata ed al tema degli OGM.
FINALITA’ DEL PROGRAMMA INTERREGIONALE
Il Programma interregionale individua interventi che portano ad incrementare la produzione di proteine vegetali al fine di soddisfare, almeno in parte, la domanda globale interna, nonché offrire al consumatore la scelta di prodotti alimentari ottenuti attraverso un percorso tracciato e certificato che garantisca l’assenza di Ogm, per i quali si sta consolidando una crescente domanda di mercato.
Ulteriore scopo è quello di incrementare il livello di competitività dell’intera filiera foraggero-zootecnica, qualificandola in tutte le diverse fasi della produzione e della trasformazione.
Le linee di intervento tese a promuovere la produzione di proteine vegetali, si collocano nello scenario definito dalle nuove politiche di sviluppo del comparto agricolo. Fino a ieri la competitività dell’agricoltura appariva essenzialmente legata alla capacità di migliorare continuamente le tecnologie produttive e l’organizzazione delle imprese con l’obiettivo di produrre di più e a costi più bassi, oggi, anche se questa capacità continua a essere elemento fondamentale di competizione, per vincere le sfide del futuro, il sistema agroalimentare deve essere capace di produrre e di mettere sul mercato prodotti che si differenzino qualitativamente e che garantiscano la loro provenienza.
Una filiera produttiva che voglia basare il proprio vantaggio competitivo sulla produzione e sulla valorizzazione della qualità deve obbligatoriamente fondarsi su un patto interprofessionale, coinvolgendo il maggior numero possibile di soggetti, che fissi regole, direttive condivise e ponga le basi per contratti economici equi e finalizzati al raggiungimento degli obiettivi comuni.
Alla luce di queste considerazioni, è indispensabile individuare obiettivi prioritari tesi ad incrementare l’autoapprovvigionamento delle proteine vegetali di qualità attraverso anche la riorganizzazione del settore.
Per fare ciò occorre:
- investire in ricerca per l’innovazione di processo e di prodotto;
- disciplinare le regole e le tecniche sottese all’ottenimento di prodotti di qualità;
- certificare processi produttivi che garantiscano il rispetto delle norme di sicurezza e tracciabilità dei prodotti, con particolare riguardo al NO OGM;
- fornire assistenza tecnica alle varie fasi della filiera;
- promuovere la formazione e l’aggiornamento permanente di tutte le figure professionali impegnate, con priorità all’inserimento dei giovani neoimprenditori;
DIPARTIMENTO
DELLA QUALITA DEI PRODOTTI AGROALIMENTARI E DEI SERVIZI
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Rurale
- promuovere la più capillare e corretta informazione.
I presupposti per un buon funzionamento del sistema stanno nella capacità di:
- raccogliere, interpretare e selezionare la domanda di ricerca;
- indirizzarla alle sedi di ricerca in grado di fornire le risposte tecniche migliori;
- restituire alle imprese i risultati della ricerca in modo efficiente e tempestivo;
- subordinare gli interventi alla definizione di precisi patti interprofessionali che definiscano e garantiscano gli impegni a carico del sistema produttivo.
OBIETTIVI ED INTERVENTI
Si schematizzano di seguito gli obiettivi principali da perseguire e gli interventi da realizzare con l’attuazione del piano:
Obiettivi
- garantire il consumatore sulla rispondenza dei prodotti alimentari (prodotti proteici di origine animale o vegetale) con particolare riguardo agli organismi NO OGM o da essi derivati, valorizzando le produzione di qualità.
- Sviluppare e valorizzare le produzioni di proteine vegetali di qualità.
- Aumentare il valore aggiunto della produzione zootecnica nazionale, valorizzando la competitività della filiera foraggero-zootecnica.
- Sostenere le produzioni proteiche di origine vegetale destinate all’alimentazione umana, ivi compresi i prodotti funzionali.
Interventi
- Messa a punto di disciplinari di produzione e per la certificazione della produzione non Ogm;
- Messa a punto di sistemi di tracciabilità per ricostruire il percorso del prodotto*;
- Promozione di filiere non OGM, con particolare riguardo ai prodotti tipici e certificati.
- Attività di ricerca e sperimentazione finalizzata al miglioramento genetico, all’ottimizzazione di tecniche agronomiche e alle scelte varietali*;
- Attività di divulgazione, assistenza tecnica e informazione*;
- Incentivi alle aziende per l’adozione di tecniche produttive che migliorino la qualità della materia prima nell’ambito di accordi di filiera.
- Incentivi alle aziende per l’adozione di tecniche di avvicendamento culturale con tecniche ecocompatibili con l’introduzione di colture miglioratrici quali foraggiere, leguminose e oleoaginose.
DIPARTIMENTO DELLA QUALITA DEI
PRODOTTI AGROALIMENTARI E DEI SERVIZI
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Rurale
- Promozione accordi interprofessionali, con particolare riguardo a filiere di produzioni tipiche non OGM;
- Incentivi per investimenti aziendali o interaziendali per l’adozione di tecniche produttive che migliorino la qualità del foraggio;
- Promozione di sperimentazioni con approccio interdisciplinare, tese a supportare le scelte varietali, le tecniche colturali, la conservazione, la trasformazione, la valutazione nutrizionale degli alimenti per il bestiame, le metodologie analitiche e i modelli operativi per il controllo della filiera e la rintracciabilità del prodotto*;
- Ricerca e sperimentazione per innovazioni di processo e di prodotto e recupero di prodotti derivati tradizionali.
Nota: *mezzi da reperire da altri programmi interregionali
TABELLA 1 - Quadro finanziario complessivo relativo ai Programmi interregionali III fase (€)
Regioni/Enti di ricerca |
Sementiero |
Proteine vegetali |
Agricoltura e qualità |
Servizi di sviluppo |
Monitoraggio sistemi irrigui |
Totale |
Innovazione e ricerca * |
VALLE D'AOSTA |
81.723 |
69.465 |
92.569 |
36.790 |
90.118 |
370.666 |
- |
PIEMONTE |
694.688 |
590.485 |
786.886 |
312.737 + |
653.927 |
3.038.723 |
700.000 |
LIGURIA |
171.125 |
145.456 |
193.836 |
77.038 |
17.516 |
604.971 |
1.000.000 |
LOMBARDIA |
833.862 |
708783 |
944.531 |
375.390 |
539.446 |
3.402.012 |
250.000 |
BOLZANO |
180.616 |
153.524 |
204.588 |
81.310 |
52.129 |
672.167 |
- |
TRENTO |
142.446 |
121.079 |
161.351 |
64.127 |
376.758 |
865.761 |
|
FRIULI V.G. |
230.453 |
195.885 |
261.039. |
103.746 |
92.530 |
883.653 |
1.047.414 |
VENETO |
793.637 |
674.592 |
898.967 |
357.282 |
911.809 |
3.666.288 |
- |
EMILIA R. |
820.345 |
697.294 |
929.220 |
369.305 |
604.929 |
3.421.094 |
2.250.000 |
|
|
|
|
|
|
|
|
TOSCANA |
503.986 |
428.388 |
570.873 |
226.886 |
184.817 |
1.914.949 |
700.000 |
UMBRIA |
242.734 |
206.324 |
274.949 |
109.275 |
40.975 |
874.256 |
500.000 |
MARCHE |
358.769 |
304.954 |
406.384 |
161.512 |
78.313 |
1.309.933 |
750.000 |
LAZIO |
577.798 |
491.128 |
654.182 |
260.195 |
269.149 |
2.252.671 |
- |
|
|
|
|
|
|
|
|
ABRUZZO |
368.995 |
313.646 |
417.967 |
166.115 |
32.904 |
1.299.628 |
- |
MOLISE |
173.337 |
147.337 |
196.342 |
78.034 |
24.678 |
619.728 |
- |
CAMPANIA |
674.664 |
573.465 |
764.204 |
303.722 |
- |
2.316.055 |
- |
PUGLIA |
1.027.874 |
873.693 |
1.164.292 |
462.731 |
- |
3.528.590 |
1.200.000 |
BASIL.ICATA |
326.093 |
277.179 |
369.371 |
146.801 |
- |
1.119.445 |
- |
CAL.ABRIA |
509.656 |
433.208 |
577.297 |
229.438 |
- |
1.749.599 |
- |
SICILIA |
1.069.930 |
909.441 |
1.211.929 |
481.664 |
- |
3.672.965 |
700.000 |
SARDEGNA |
546.404 |
464.444 |
618.922 |
245.982 |
- |
1.875.751 |
- |
|
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INEA |
- |
- |
- |
350.000 |
800.000 |
1.150.000 |
- |
ISMEA |
- |
- |
300.000 |
- |
- |
300.000 |
- |
TOTALE |
10.329.138 |
8.779.768 |
12.000.000 |
5.000.000 |
4.800.000 I |
40.908.906 |
9.097.414 |
* Per il programma innovazione e ricerca le risorse sono assegnate alle regioni individuate come capo fila per i singoli progetti.
Istituto Sperimentale per le Colture Industriali
Bologna
Piano Nazionale
“Misure e interventi per aumentare l’autoapprovvigionamento di proteine vegetali”
Marzo 2002
Sommario
1. Stato dell’arte del comparto
2. Superfici e produzione
3. La PAC nel settore delle leguminose e delle oleoproteaginose
- OCM dei foraggi essiccati
- OCM dei seminativi (piante proteiche e piante da olio)
4. Il deficit proteico comunitario
5. Come incentivare le leguminose e le oleoproteaginose
6. Strategie di sviluppo della filiera foraggero-zootecnica
7. Azioni di ricerca e sperimentazione
7.1Ricerche in progetti finanziati dall’UE
7.2Ricerche da promuovere in Italia
8. Le fonti di materia prima della filiera
8.1Erba medica
8.2Leguminose da granella
8.3Oleoproteaginose
8.4Fonti non convenzionali
9. Architettura del Piano
9.1Azioni “verticali”
9.2Azioni “orizzontali”
9.3Coordinamento degli interventi
10. Risultati attesi
1. Stato dell’arte del comparto
Gli scenari agricoli nell’Unione Europea e nel nostro Paese sono cambiati e gli elementi di base della nuova politica agricola comunitaria (PAC) poggiano sul riorientamento verso colture (alimentari e non) adatte al ridotto input di materie prime non rinnovabili, inserite in ordinamenti colturali il più possibile conservativi della fertilità del suolo e compatibili con la tutela della sicurezza ambientale. In questo contesto, alcune leguminose da foraggio e da granella possono fornire un contributo essenziale all’affermarsi di una agricoltura sostenibile ed ecocompatibile: la loro coltivazione è in grado di valorizzare risorse naturali presenti nell’ambiente, per esempio l’azoto atmosferico avvalendosi dell’azione dei rizobi simbionti. Poiché la gestione della risorsa azoto rappresenta una delle linee guida dell’agricoltura sostenibile, si comprende come gli input di azoto attraverso la fissazione biologica rendano le pratiche agricole più economiche e meno inquinanti (l’azoto organico del terreno riduce i fenomeni di volatilizzazione e di lisciviazione).
L’inserimento delle leguminose negli avvicendamenti colturali contribuisce quindi a mantenere la fertilità del terreno (senza il ricorso a fertilizzanti di sintesi), a recuperare l’equilibrio microbiologico (base della fertilità biologica del suolo) dei terreni “stanchi”, sottoposti per lungo tempo alla pratica della monosuccessione, a migliorare, più in generale, la sostenibilità agronomica degli ordinamenti colturali e ridurre l'impatto ambientale dell'attività agricola. Tale scelta colturale, inoltre, trova grossa motivazione nel fatto che il prodotto ottenuto (foraggio e granella) rappresenta una materia prima di assoluta necessità per l’alimentazione degli animali.
La diffusione della sindrome da encefalopatia spongiforme bovina (BSE) e la conseguente messa al bando delle farine animali rendono urgenti gli interventi idonei a promuovere l’autoapprovvigionamento di proteine vegetali. In tale ottica appare strategico il ruolo delle leguminose da foraggio e da granella quali fonti di proteine vegetali utilizzabili come materia prima nell'alimentazione zootecnica in alternativa, appunto, alle farine proteiche di origine animale. A tal fine, possono giocare un ruolo importante anche le oleoproteaginose (colza, girasole e soia) poiché producono farine disoleate ricche di proteine (dalla trasformazione dei semi di colza e girasole si ottiene circa il 58% di farine), nonché fonti proteiche non tradizionali (per esempio, il gelso).
A livello comunitario, l’autosufficienza di proteine vegetali è appena del 34%. La necessità di sostituire le farine animali senza ricorrere a maggiori importazioni richiederebbe una superficie aggiuntiva a proteaginose di 2 milioni di ha. Inoltre, le preoccupazioni connesse alla diffusione di organismi geneticamente modificati (OGM) accrescono l’interesse per le proteine vegetali prodotte nel nostro Paese rispetto ad altre fonti proteiche, in prevalenza di importazione, prodotte da specie per le quali il principio di precauzione sugli OGM può comportare limitazioni d’uso.
Il rilancio di queste colture è legato alla ottimizzazione delle relative filiere in tutte le fasi: dalla produzione in campo della materia prima, alla sua trasformazione in derivati proteici, al loro impiego nella formulazione dei mangimi e nell’alimentazione zootecnica, alla loro competitività in termini di reddito. In pratica, l’agricoltore deve essere incentivato ad orientarsi verso queste colture e le industrie che producono mangimi devono trovare conveniente utilizzare la granella prodotta “in loco”, anziché quella di importazione.
Si comprende, pertanto, come lo sviluppo di queste colture dipenda, per un verso dagli incentivi agli operatori agricoli, per l’altro dal ricorso a interventi genetici e agronomici idonei a promuovere una maggiore produzione areica. I primi sono legati a scelte di politica agricola comunitaria che dovrebbero sostenere tali colture per rendere più conveniente la loro scelta e attrarre l’interesse dei coltivatori. I secondi sono legati ad azioni di ricerca e sperimentazione che devono mettere a punto ordinamenti colturali e agrotecniche efficienti, sviluppare cultivar più produttive, con rese stabili, caratteristiche qualitative migliori (con riferimento ai processi di trasformazione industriale cui devono essere eventualmente sottoposte e alle categorie animali cui sono destinate) e adatte a tecniche di coltivazione a basso input.
Di seguito si riportano i dati statistici dei settori considerati (foraggi disidratati, leguminose da granella, oleoproteaginose), il quadro della Politica Agricola Comune inerenti tali settori e gli interventi che, rispettivamente, a livello politico e tecnico-scientifico, devono concorrere al rilancio di queste colture nel nostro Paese.
2.Superfici e Produzioni
Foraggi disidratati
La produzione comunitaria di foraggi disidratati nel 1999/2000 è stata pari a 4.599.000 tonnellate, stabile rispetto alla campagna precedente. Di questa produzione, il 38% è spagnola, il 28% francese e il 15% italiana (tab.1).
In Italia si stima che nel 2001 le coltivazioni foraggere temporanee abbiano occupato una superficie di 2.187.451 ettari. Di questi, 1 milione di ettari è stato occupato da erbai e 1.187 milioni da prati avvicendati. La produzione è stata pari a 10.411 milioni di unità foraggere, di cui 5.831 milioni provenienti dagli erbai e 4.579 milioni dai prati avvicendati. Le foraggere permanenti hanno interessato 4,2 milioni di ettari, di cui 3.3 milioni da pascoli e 900 mila da prati, che hanno prodotto in complesso 3.462 milioni di unità foraggere.
Legumi secchi
Nel 1999 la produzione comunitaria di legumi secchi ha raggiunto i 4.7 milioni di tonnellate (–16.4% rispetto al 1998) (tab.2). La superficie investita è stata pari a 1.2 milioni di ettari, anch’essa in riduzione rispetto all’anno precedente (–18.8%). Tranne poche eccezioni, tutti i paesi comunitari hanno fatto registrare forti contrazioni della superficie investita e delle rese. La Francia è il principale produttore comunitario, responsabile di oltre la metà della produzione (52%) e del 41% della superficie investita; anch’essa nel 1999 è stata interessata da risultati negativi sul fronte degli investimenti e delle rese. L’Italia è un produttore marginale sul fronte comunitario, contando per il 2% della produzione e per il 5% della superficie investita.
In termini di singoli prodotti, i piselli foraggeri rappresentano l’85% della produzione comunitaria di legumi secchi e il 77% della superficie. La restante parte è interessata quasi esclusivamente dalla produzione di fagioli, fave e favette destinate all’alimentazione animale.
Per quel che riguarda più specificatamente l’Italia, nel 2001 la superficie investita a legumi secchi si stima pari a 68 mila ettari (–0.6% rispetto al 2000), di cui il 69% a fava da granella, il 16% a fagiolo e la restante parte suddivisa in pisello, cece e lenticchia. La produzione di legumi secchi supera 1 milione di quintali (–1.5% rispetto al 2000), di cui il 62% a fava da granella e il 18% a fagiolo.
Semi oleosi
Nel 2001 la produzione comunitaria di semi di soia, di colza e di girasole ha raggiunto 13.3 milioni di tonnellate, in lieve riduzione rispetto all’anno precedente (-1.5%), pari a circa il 6% della produzione mondiale (tab.3). I semi di colza rappresentano il 67% della produzione comunitaria complessiva, seguiti dai semi di girasole (24%) e dai semi di soia (9%). La superficie comunitaria a semi oleosi ha invece presentato un andamento crescente rispetto al 2000 (+2.4%), attestandosi su 5.4 milioni di ettari, di cui il 56% a semi di colza e il 37% a girasole. Rispetto al 2000 si registra una contrazione della produzione di colza (-1.6%) e di girasole (-4.2%), da imputare nel primo caso all’effetto combinato di una riduzione della superficie investita e delle rese, nel secondo ad una decisa riduzione delle rese a fronte di un aumento degli investimenti; la soia fa registrare un aumento del prodotto del 7.3%, grazie all’aumento delle superfici che ha più che bilanciato il calo delle rese.
L’UE (23.5%) è il 2° produttore mondiale di semi di colza, dopo la Cina (33%) e prima del Canada (13.4%); è il 1° produttore, invece, di semi di girasole con una quota del 14.8%, seguita dall’Argentina (14.5%) e dalla Russia (14%). La produzione di semi di soia non ha rilevanza nel contesto mondiale (non raggiungendo l’1%) dove invece gli USA fanno la parte da leone con una quota del 44%. Tuttavia, l’area comunitaria assume un certo peso in termini di scambi, in quanto è sede di una importante attività di trasformazione del prodotto grezzo. Nel 1999 l’UE ha importato il 31% di semi di colza, il 40% di semi di soia e il 78% dei semi di girasole e ne ha esportato, rispettivamente, circa il 37%, il 4% ed il 16%.
I tre semi oleosi considerati rappresentano l’1.3% della produzione agricola italiana, valutata a prezzi di base. Nel 2001 le ultime stime dell’ISTAT indicano una superficie investita pari a 478.700 ettari (-5.4% rispetto al 2000), di cui la metà è stata dedicata ai semi di soia, il 44% a semi di girasole, mentre la colza ha occupato circa il 6% (tab.4). La produzione complessiva ha raggiunto i 13.5 milioni di tonnellate, facendo registrare una contrazione del 6% rispetto al 2000. Contrariamente a quanto avvenuto nell’anno precedente, tutti e tre i semi oleosi considerati hanno determinato questo risultato, facendo registrare riduzioni negli investimenti pari a –17% per i semi di colza, –3% per il girasole e –5.5% per la soia, accompagnate per i primi due prodotti anche da contrazioni delle rese per ettaro. In complesso, nel 2001 si stima una produzione di 8.934.355 quintali di semi di soia (–3.5%), 4.263.963 quintali di semi di girasole (–9.5%) e 343.222 quintali di semi di colza (–21.8%). Il Veneto rappresenta il principale produttore di semi di soia (40%), l’Umbria di semi di girasole (24%), mentre la produzione di colza è più diffusa sul territorio nazionale, in particolare nel Centro-Nord.
L’Italia, pur essendo il paese principale produttore comunitario di semi di soia, nel 2000 ha fatto registrare un saldo commerciale negativo di oltre 300 miliardi di lire, in crescita rispetto al 1999. I principali fornitori sono l’Argentina (46%), in netto recupero rispetto all’anno precedente, la Francia (14%) e il Brasile (7%).
Tabella 1 - UE-15 – Produzione di foraggio disidratato (escluse le patate) ('000 tonnellate) |
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1997/98 |
1998/99 |
1999/2000 |
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UE-15 |
4.283 |
4.610 |
4.599 |
Germania |
308 |
321 |
334 |
Francia |
1.264 |
1.346 |
1.304 |
Regno Unito |
84 |
81 |
70 |
Belgio-Lussemburgo |
4 |
3 |
2 |
Irlanda |
6 |
5 |
5 |
Italia |
561 |
638 |
674 |
Olanda |
210 |
223 |
194 |
Austria |
2 |
2 |
2 |
Danimarca |
225 |
266 |
186 |
Finlandia |
1 |
1 |
0 |
Svezia |
5 |
7 |
6 |
Grecia |
38 |
46 |
52 |
Portogallo |
4 |
3 |
1 |
Spagna |
1.571 |
1.668 |
1.769 |
Fonte: Commissione europea |
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3. La Politica Agricola Comunitaria nel settore delle leguminose (foraggere e da granella) e delle oleoproteaginose
Organizzazione Comune del Mercato dei foraggi essiccati
L’OCM nel settore dei foraggi essiccati è stata istituita con l’esplicito scopo di incrementare la produzione interna di proteine per l’alimentazione animale. I regolamenti di base sono il reg. (CEE) 1117/78, che ha introdotto il regime, e il reg. (CEE) 1417/78 che ha introdotto uno specifico regime di aiuti. A partire dalla campagna 1995/96 il principale riferimento normativo per questo settore è il reg. (CE) 603/95, mentre i regolamenti (CE) 785/95 e 620/96 contengono le modalità di applicazione del regime.
Il campo di applicazione riguarda:
· farina ed agglomerati, in forma di pellets, di erba medica essiccata artificialmente;
· farina ed agglomerati, in forma di pellets, di erba medica altrimenti essiccata e macinata;
· erba medica, lupinella, trifoglio, lupino, veccia ed altri simili prodotti da foraggio essiccati artificialmente;
· erba medica, lupinella, trifoglio, lupino, veccia, meliloto e ginestrino altrimenti essiccati e macinati;
· concentrati di proteine ottenuti da succo di erba medica;
· prodotti disidratati provenienti da residui solidi e da succhi risultanti dalla preparazione di proteine concentrate.
L’OCM prevede un aiuto alla produzione corrisposto all’impresa di trasformazione, distinguendo i foraggi disidratati artificialmente da quelli essiccati al sole. Per i primi l’aiuto per tonnellata è più elevato per tener conto dei maggiori costi derivanti dal processo di essiccazione. A partire dal 1995/96 l’aiuto è fissato a 68,83 €/t per i foraggi disidratati e a 38,4 €/t per i foraggi essiccati al sole. L’ammontare massimo di aiuto che è possibile corrispondere è soggetto a quantitativi massimi garantiti (QMG) fissati a livello comunitario, pari a 4.412.400 tonnellate per i foraggi disidratati e a 443.500 tonnellate per i foraggi essiccati al sole. Tali QMG sono ripartiti poi in quantitativi nazionali garantiti (QNG) per Stato membro (cfr. tabella 5). Se nel corso di una campagna si supera il QMG comunitario, fino al 5% di esubero l’aiuto viene decurtato in tutti gli Stati membri, oltre tale percentuale a subire la riduzione supplementare dell’aiuto saranno gli Stati membri in cui il proprio QNG è stato superato di oltre il 5%.
Nella campagna 2000/01 a causa del superamento del QMG l’aiuto per i foraggi disidratati è stato ridotto a 64,23 €/t per l’Italia, a 63,15 €/t per la Spagna e a 63,94 per la Grecia. Negli altri Stati membri l’aiuto è stato fissato a 65,55 €/t (reg. (CE) 1414/2001).
L’aiuto è concesso alle imprese di trasformazione per i prodotti che presentano un tenore di umidità compreso tra 11 e 14% ed un contenuto proteico non inferiore al 45% per i concentrati di proteine ed al 15% per gli altri prodotti disidratati. Gli Stati membri dispongono i controlli e gli accertamenti analitici sulle imprese di trasformazione per verificare il rispetto della normativa comunitaria in materia. In Italia, i controlli sono coordinati dal Ministero delle Politiche Agricole e Forestali (DD.MM. MiPAF 4.4.2000 e 19.3.2001).
Organizzazione Comune del Mercato dei seminativi
Piante proteiche
Del settore dei seminativi, oltre ai cereali (escluso il riso), fanno parte le piante proteiche, i semi oleosi e i semi di lino non da fibre. La normativa di riferimento fa capo al regolamento (CE) 1251/1999, emanato nell’ambito di Agenda 2000 che copre l’orizzonte temporale 2000-2006. Il regime di sostegno per il settore si regge su dei pagamenti per ettaro, annuali e differenziati su scala regionale. Per ogni coltura viene fissato un importo di base per tonnellata che, moltiplicato per la resa di produzione della zona omogenea di appartenenza dell’azienda, determina l’ammontare dell’aiuto ad ettaro. A regime, cioè a partire dalla campagna 2002/03, per tutti i prodotti coperti dal regime l’importo di base sarà pari a 63 €/t. Solo per le piante proteiche (pisello, fava, favetta, lupino dolce), per mantenere la competitività con i cereali, è previsto, già a partire dalla campagna 2000/01, un premio supplementare di 9,5 €/t ad integrazione del pagamento di base di 63 €/t. Rispetto al regime precedente, con la riforma di Agenda 2000 è stata apportata una riduzione dell’aiuto del 7,6% (da 78,49 €/t a 72,5 €/t). L’ammontare di base va moltiplicato per la resa di riferimento storica dei cereali, che varia in base alla zona di produzione ed è comunque fissata dal piano di regionalizzazione elaborato presso il Ministero delle Politiche Agricole e Forestali (DD.MM. MiPAF 4.4.2000, 8.3.2001, 10.8.2001).
Nel 2001, con un aiuto di 72,5 €/t da moltiplicare per la “resa storica cereali”, l’indennità compensativa è variata da un massimo di £. 1.170.901 ad un minimo di £. 150.912, a seconda della zonizzazione regionale.
Piante da olio (oleaginose)
Nel marzo 1999, nell’ambito di Agenda 2000, sono state apportate modifiche di rilievo al regime di aiuto per le oleaginose (soia, girasole, colza, ravizzone e lino non da fibre) con l’intento di allineare le indennità a favore dei semi oleosi con quelle dei cereali. Per i primi due anni (campagna 2000/01 e 2001/02) è previsto il funzionamento di un regime transitorio, con la sua definitiva messa a regime a partire dalla campagna 2002/03.
Il sistema di sostegno si basa, così come per gli altri seminativi, su un importo di base che moltiplicato per la resa della zona omogenea di appartenenza dell’azienda determina l’ammontare dell’aiuto per ettaro. L’importo di base, pari nella campagna 1999/2000 a 94,24 €/t, è stato fissato a 81,74 €/t nella campagna 2000/01, a 72,37 €/t nella campagna 20001/02, per raggiungere l’importo fissato per i cereali, cioè 63 €/t, a partire dalla campagna 2002/03. Oltre alla riduzione dei pagamenti diretti, la riforma ne modifica il metodo di calcolo. A regime, infatti, l’aiuto per le oleaginose sarà calcolato moltiplicando l’importo di base per tonnellata (63 €/t) per la resa cerealicola media della zona di produzione in cui ricade l’azienda (resa “altri cereali” nel caso in cui la regione adotti rese separate per il mais). Tuttavia, nelle due campagne transitorie (2000/01 e 2001/02) gli Stati membri hanno potuto scegliere di continuare a regionalizzare gli aiuti per i semi oleosi applicando ai nuovi importi la “resa derivata dei semi oleosi” ottenuta, a sua volta, dalla resa storica dei semi oleosi nelle diverse zone d’Italia moltiplicata per 1,95. Nel 2001, con un importo di base di 72,37 €/t, l’aiuto ad ettaro per i semi oleosi è variato da un massimo di £ 1.366.246 ad un minimo di £ 150.637, a seconda della regionalizzazione operata dal MiPAF.
La complessità del sistema di aiuto nasce dal tentativo di evitare che la repentina abolizione del regime specifico di cui hanno sempre goduto i semi oleosi provocasse perdite consistenti per il settore. L’obiettivo finale della decisione di uniformare gli aiuti, cioè di fissare un pagamento unico, non differenziato, per cereali e semi oleosi (oltre che per semi di lino non tessile e il set aside) è di permettere un maggiore riorientamento al mercato della produzione agricola e un maggiore disaccoppiamento della produzione dagli aiuti. Infatti, con un premio unico le decisioni del produttore non dipenderanno più dall’ammontare degli aiuti che egli può ricevere a seconda di come ripartisce la superficie aziendale tra le diverse colture, ma saranno maggiormente influenzate dalle condizioni della domanda e risponderanno più rapidamente alle sollecitazioni del mercato. Il premio unico, inoltre, garantisce una maggiore semplificazione del regime. Una importante implicazione del nuovo regime per i semi oleosi è che a partire dal 2002/03 dovrebbe decadere l’accordo di Blair House siglato tra USA e UE a margine dell’accordo GATT del 1994. In base a tale accordo gli USA accettarono il regime comunitario di un aiuto ad ettaro specifico (e ben maggiore) per le oleaginose a condizione che esso fosse sottoposto ad un meccanismo di stabilizzazione delle superfici. Tale meccanismo ha preso la forma di una Superficie Massima Garantita (SMG), pari a 5.482.000 milioni di ettari, ulteriormente suddivisa in superfici di base nazionali, a cui si applica il tasso di messa a riposo utilizzato per i seminativi, ma mai inferiore al 10%. Inoltre, nell’Accordo si specifica che l’area messa a riposo può essere utilizzata per la coltivazione di semi oleosi i cui sottoprodotti non siano destinati in via principale al consumo umano o animale e che tale produzione non deve superare in un anno l’equivalente di 1 milione di tonnellate in farina di soia. Il fatto che dal 2002/03 i produttori di semi oleosi per lasuperficie messa a coltura riceveranno lo stesso premio pagato ai cerealicoltori (63 euro/t) dovrebbe permettere di liberarsi dai vincoli di Blair House e quindi dai limiti produttivi imposti dalla SMG.
In un contesto di riduzione degli aiuti, con la riforma a regime, produrre oleaginose, considerando i nostri costi di produzione, diventa quasi eroico, poiché stime recenti indicano, con la riduzione del premio, un abbattimento del reddito tra il 5 ed il 43%.
4. Il deficit proteico comunitario
Il bando temporaneo delle farine di carne dall’alimentazione animale accentua la esigenza di promuovere la produzione di proteine vegetali in Italia e in Europa (oggi l’UE produce circa 1/3 del proprio fabbisogno (cfr. tabella 6).
Fino ai provvedimenti di sospensione nell’UE si consumavano 55 mln di t di farine di carne, espresse in panelli di soia equivalenti, di questi il 65% era di importazione. La sostituzione delle proteine animali comporterà un aumento delle importazioni di circa 5 mln di t di semi di soia o prodotti equivalenti. Per produrre questa quantità in Europa sarebbe necessario estendere la coltivazione della soia a 2 mln di ettari e questa prospettiva non sembra realizzabile per tre motivi:
· l’attuale regolamentazione comunitaria non incentiva la produzione interna di oleaginose; anzi, con l’applicazione di Agenda 2000 la riduzione degli aiuti unita ai maggiori costi colturali dei produttori UE porterà nel medio termine ad un severo ridimensionamento delle colture oleaginose. Il deficit delle proteine vegetali in tale contesto aumenterà fino al totale fabbisogno.
· l’accordo di Blair House UE-USA limita la produzione interna a quella ottenibile sulla superficie massima garantita. Solo dal 2002 sarà forse possibile superare tale limite.
· i rapporti di geopolitica con gli USA, in base ai quali l’UE ha assegnato agli americani la produzione di proteine vegetali.
Nel quadro degli accordi di Berlino, tra i Capi di Stato e di Governo dei Paesi membri UE, è stata stabilita una clausola “rendez-vous” per una revisione intermedia (2003) della PAC con l’obiettivo di adeguare la stessa nel settore delle proteine vegetali. Oggi vi sono quindi tutti i presupposti per preparare e lanciare un piano comunitario per la produzione di proteine vegetali e impostare una adeguata politica di settore, adottando provvedimenti nuovi e più allettanti per i produttori agricoli dell’UE ed anche dei Paesi PECO candidati all’ingresso.
La Commissione stessa in una recente valutazione prospettiva del luglio 2001 prevede un calo della produzione comunitaria delle superfici seminate a semi oleosi. Tale produzione passerà da 13.3 milioni di tonnellate nel 1999/2000 a 11 milioni nel 2002/2003 e rimarrà nettamente al disotto del livello del 1999, anche nel 2008/2009. Inoltre, secondo stime di un altro studio recente effettuato dal Parlamento europeo, basato sul modello econometrico CAPA, la superficie continuerebbe a diminuire per attestarsi a 4 milioni di ettari, qualora l’aiuto comunitario fosse ridotto al livello dei seminativi, ossia 63 euro. Lo studio conferma inoltre un calo della produzione di più di 2 milioni di tonnellate tra il 1999 e il 2000.
Risulta pertanto che correlativamente alla riduzione dell’aiuto, l’interesse che tali colture possono suscitare si è significativamente ridotto e lo sarà ancora di più in futuro. I diversi meccanismi di limitazione delle superfici risultano per questa ragione inoperanti, che si tratti di stabilizzatori nazionali o comunitari.
Poiché si è nettamente al disotto della superficie massima garantita (SMG) comunitaria di 5.482.000 ettari, si può considerare che il potenziale produttivo comunitario, come riconosciuto dai nostri partner commerciali nei negoziati internazionali, sia ben lungi dall’essere raggiunto.
Si dovrebbe arrivare alla scadenza del 2003 con un nuovo piano comunitario per la produzione di proteine vegetali, già negoziato e passato ai pareri dei vari Organi consultivi e deliberanti, da sottoporre ad approvazione definitiva.
5. Come incentivare le leguminose (foraggere e da granella) e le oleoproteaginose
Erba medica
Come si evince dal quadro normativo illustrato, nel settore dei foraggi gli aiuti sono concessi solo alle imprese trasformatrici che per vedersi riconosciuto il premio sono soggette a molteplici obblighi tra i quali la sottoscrizione con i produttori di contratti di coltivazione ed acquisto. Solo recentemente, due provvedimenti comunitari, regg. (CE) 1038/2001 e 1157/2001, autorizzano, a partire dalla campagna agraria 2001/02, la coltivazione di alcune leguminose foraggere (tra queste, l’erba medica), sui terreni oggetto di ritiro dalla produzione secondo le prescrizioni del reg. (CE) 2092/91 sull’agricoltura biologica. Per favorire una maggiore estensione di tale coltivazione si dovrebbe prevedere di poter applicare i due regolamenti sopra richiamati a tutti i produttori e non solo a quelli che operano in regime di agricoltura biologica.
Questa importantissima opzione è stata anche sollecitata dal Comitato Economico e Sociale (CES) che, su richiesta del Consiglio dell’UE, ha espresso specifico parere (2001/C 193/11) su una proposta di modifica del reg. (CE) 1251/1999 avanzata dalla Commissione UE circa l’autorizzazione alla coltivazione di leguminose foraggere su terreni a set-aside in regime di agricoltura biologica:
“4.3. – Nella misura in cui occorre incoraggiare i produttori agricoli ad adottare delle buone pratiche di gestione dei terreni, il Comitato ritiene che il ricorso a rotazioni di colture che prevedano delle produzioni migliorative (leguminose e piante proteiche) consentirebbe di raggiungere un duplice obiettivo:
- aumentare la produzione di proteine vegetali di qualità;
- incoraggiare l’adozione di buone pratiche agronomiche.”
“4.4. - Il Comitato chiede che la modifica del reg. (CE) 1251/1999 riguardante il regime di sostegno a favore dei coltivatori di taluni seminativi non si limiti solo alla produzione biologica, affinché tutti i produttori agricoli possano sviluppare delle pratiche rispettose dell’ambiente”
Ottenere l’estensione ai terreni coltivati a set aside in regime convenzionale delle coltivazioni di erba medica, con relativo premio ad ettaro, sarebbe l’inizio di un gran rilancio per tale specie foraggera.
Altri interventi potrebbero riguardare:
- nell'ambito di una politica che riconosca il ruolo delle foraggere leguminose prative da vicenda nella gestione sostenibile del territorio agricolo e nella tutela dell'ambiente prevedere un sostegno specifico alla medica, estesa anche ai coltivatori che destinano la produzione alla disidratazione;
- l'inserimento di incentivi per la coltivazione della medica nell'ambito dei piani regionali di sviluppo rurale;
- l'eventuale estensione dei QNG per i foraggi disidratati a fronte della situazione di emergenza che si è creata col bando delle farine vegetali.
Pisello e fava da granella secca
Il mantenimento dell’aiuto addizionale per le piante proteiche previsto anche in Agenda 2000 avrà un impulso positivo in gran parte del territorio nazionale; in particolare, nelle aree di pianura del Centro-Nord Italia, in comprensori tra l’altro già ad alta vocazionalità per la produzione dipisello da granella secca. Il quadro economico delle due specie, essendo agganciato, nell’ambito dei COPL, a quello delle rese storiche del frumento a livello zonale, sembra molto interessante per le aree di pianura del Nord-Italia. Il favino e le favette, invece, per la loro rusticità sembrano più adatte al Sud-Italia, dove possono contribuire anche alla rivalutazione di estese aree collinari e/o interne. Con particolare riferimento agli ambienti dell’Italia centro-meridionale appare opportuno valutare le potenzialità della coltivazione su larga scala del lupino, anche alla luce dei nuovi materiali vegetali oggi disponibili, soprattutto nell’ambito del lupino azzurro (Lupinus angustifolius), che potrebbe costituire una opzione al favino in particolari situazioni. La crescente richiesta da parte dei consumatori di carni biologiche provenienti da allevamenti zootecnici condotti secondo precisi disciplinari tecnici, anche alla luce delle più recenti vicissitudini a livello europeo (BSE, diossina negli avicoli belgi), potrà ulteriormente favorire l’espansione di alcune piante leguminose. In tale nuovo contesto l’alimentazione del bestiame assume importanza strategica in quanto secondo la normativa, regolamento (CE) n.1804/1999 (in vigore in Italia secondo le modalità di attuazione contenute nel DD.MM. MiPAF 4.8.2000 e 29.3.2001), è previsto, seppur con deroghe fino al 2002, l’utilizzo di foraggi e mangimi di provenienza aziendale o extraziendale, da inserire nella razione alimentare, ottenuti con le metodologie dell’agricoltura biologica.
In questa nuova filosofia produttiva alcune leguminose da granella si possono candidare a svolgere un ruolo di primaria importanza nell’alimentazione zootecnica, anche nella considerazione che dal parere del CES prima citato si evince che:
“4.4. - Il Comitato propone di estendere la proposta di modifica al reg. (CE) 1251/1999 riguardante il regime di sostegno a favore dei coltivatori di taluni seminativi anche alle leguminose da granella ed alle piante proteiche non comprese negli accordi di Blair House”.
Se tale proposta divenisse operativa si aprirebbero nuovi spazi alla coltivazione di pisello e fave da granella secca.
Tabella 5 - Quantitativi nazionali garantiti di foraggi essiccati per Stato membro
PRODOTTO AGRICOLO |
Stato membro (t 1000) |
|||||||||||||
B/L |
D |
G |
GR |
SP |
F |
IRL |
I |
NL |
A |
P |
FIN |
SV |
RU |
|
Foraggi Disidratati |
8 |
334 |
421 |
32 |
1224 |
1455 |
5 |
523 |
285 |
- |
5 |
- |
- |
102 |
Foraggi Essiccati al sole |
/ |
/ |
/ |
5,5 |
101 |
150 |
/ |
162 |
/ |
- |
25 |
- |
- |
/ |
Tabella 6 – Bilancio proteico UE nella campagna 1999/2000 (in milioni di tonnellate).
FONTI PROTEICHE |
PRODUZIONE |
ESPORTAZIONE |
IMPORTAZIONE |
CONSUMO |
Piante proteaginose · soia · piante proteiche |
7,8 1,2 4,7 |
0,7 0,7 / |
34,3 26,3 0,7 |
41,2 26,8 5,4 |
Proteine vegetali |
17,7 |
1,1 |
35,1 |
51,7 |
Proteine animali |
3,2 |
0,7 |
0,7 |
3,2 |
Totale |
20,9 |
1,8 |
35,8 |
54,9 |
(Fonte: Informazioni statistiche ed economiche. Commissione UE)
Oleoproteaginose
Nonostante la multifunzionalità di questo gruppo di piante, le prospettive di coltivazione sono limitate e le superfici investite tendono a calare. Come già ribadito, l’allineamento ai cereali prevista dalla nuova Politica Agricola Comunitaria modifica il regime di aiuti e penalizza la loro coltivazione.
Ad un loro rilancio devono concorrere diverse misure, prima di tutte politiche, comprendenti interventi:
i) a livello internazionale. La revisione degli accordi firmati nel 1994, nell’ambito dei negoziati dell’Uruguay round del GATT, allo scopo:
- di aumentare la superficie massima garantita pari a 4.933.800 ettari, al netto del 10% del set aside, di semi oleosi a destinazione alimentare;
- di eliminare il limite previsto per i semi oleosi a destinazione non alimentare di 1 milione di t in equivalenti soia, pari ad appena 900.000 ettari circa. L’incremento della produzione non food porterebbe ad aumentare l’utilizzazione del biodiesel derivante da olio di colza e girasole e ad ottenere una maggiore disponibilità di farine vegetali.
ii) a livello europeo. Il Consiglio e la Commissione UE dovranno procedere alla modifica della regolamentazione prevista da Agenda 2000 per i semi oleosi attraverso:
- il mantenimento dell’aiuto per i semi oleosi onde garantirne la competitività, eventualmente consentendo l’applicazione della resa derivata (resa cereali x 1,95) per calcolare gli aiuti compensativi nel piano di regionalizzazione fino al 2006, oppure prevedendo un aiuto supplementare;
- la coesistenza di due regimi che permettano al produttore agricolo di scegliere di aderire al regime dell’aiuto specifico, con i limiti ad esso connessi, oppure al regime dell’aiuto unico per i seminativi, senza vincoli sugli investimenti;
- l’applicazione di una politica delle risorse rinnovabili che preveda un aiuto speciale legato al miglioramento ambientale e che consenta di recuperare in parte il differenziale con le produzioni a destinazione alimentare (promozione dell’utilizzazione non alimentare dei semi oleosi).
iii) a livello nazionale. Si dovrà procedere:
- alla modifica del piano di regionalizzazione dei seminativi per la campagna 2002/03 attraverso l’unificazione della resa mais con gli altri cereali, almeno nelle regioni del Nord Italia, onde favorire la produzione dei semi di soia e di altre oleoproteaginose;
- all’inserimento di incentivi per la coltivazione dei semi di girasole e colza nell’ambito dei piani regionali di sviluppo rurale;
- alla promozione di accordi interprofessionali anche per quanto riguarda la produzione di girasole e colza a destinazione non food.
6. Strategie di sviluppo della filiera foraggero-zootecnica
Le linee di intervento intese a promuovere la produzione di farine vegetali proteiche, si collocano nello scenario definito dalle nuove politiche di sviluppo del comparto agricolo. Fino a ieri la competitività dell’agricoltura appariva essenzialmente legata alla capacità di migliorare continuamente le tecnologie produttive e l’organizzazione delle imprese con l’obiettivo di produrre di più ed a costi più bassi; oggi, anche se questa capacità continua ad essere elemento fondamentale di competizione, per vincere le sfide del futuro, il sistema agro-alimentare deve essere capace di produrre ed immettere sul mercato prodotti e servizi che, per la loro migliore qualità o per le loro caratteristiche differenti, siano, per chi li acquista, di valore superiore.
Una filiera foraggero-zootecnica che voglia basare il proprio vantaggio competitivo sulla produzione e sulla valorizzazione della qualità deve obbligatoriamente fondarsi su un patto interprofessionale, coinvolgente il maggior numero possibile di soggetti, che fissi regole comuni, direttive condivise e ponga le basi per contratti economici equi e finalizzati al raggiungimento degli obiettivi comuni.
Alla luce di queste considerazioni, per poter garantire l’autoapprovvigionamento delle farine vegetali proteiche a costi sostenibili è indispensabile, innanzitutto, che il relativo comparto agricolo proceda al proprio potenziamento strutturale ed organizzativo.
Per fare ciò occorre:
- investire in ricerca per l’innovazione di processo e di prodotto;
- coinvolgere i servizi di sviluppo territoriali (regionali, provinciali, comunali), i quali devono contribuire alla determinazione delle regole e delle tecniche per l’ottenimento della qualità dei prodotti e della garanzia dei processi produttivi; garantire assistenza tecnica alle varie fasi della filiera; promuovere la formazione e l’aggiornamento permanente di tutte le figure professionali impegnate, con priorità all’inserimento dei giovani neo-imprenditori; promuovere la più capillare e corretta informazione.
Il buon funzionamento del sistema risiede nella capacità di:
-raccogliere, interpretare e selezionare la domanda di ricerca;
-indirizzarla alle sedi di ricerca in grado di fornire le risposte tecniche migliori;
-restituire alle imprese i risultati della ricerca in modo efficiente e tempestivo.
La condivisione degli obiettivi strategici dell’attività di ricerca e sperimentazione e la precisa definizione delle distinte responsabilità del privato (proposta, concorso finanziario) e del pubblico (programmazione, finanziamento dei progetti) crea le condizioni per un incontro su basi progettuali suscettibile di migliorare la trasparenza, l’efficienza e l’efficacia del sistema integrato.
7. Azioni di ricerca
Il forte ridimensionamento della foraggicoltura prativa (la coltura dell’erba medica è calata di oltre il 40%) che si è verificato negli ultimi 25-30 anni è contestuale all’affermarsi dei processi di semplificazione e intensificazione degli ordinamenti colturali (monosuccessione cerealicola) e dei connessi sistemi zootecnici. Anche la progressiva decadenza delle leguminose da granella, dal secondo dopoguerra fino ad oggi, è stata conseguente a diversi fattori: i) il tenore di vita più alto ha favorito il consumo di proteine animali, ritenute più nobili; ii) lo sviluppo della meccanizzazione agricola ha ridotto il bestiame da lavoro (bovino ed equino), grande utilizzatore della granella di alcune leguminose; iii) le scarsissime risorse di cui ha fruito il comparto, che hanno impedito lo sviluppo di innovazioni nel settore varietale, agrotecnico e nella difesa delle piante (con accumulo di notevole ritardo rispetto ai nuovi scenari agricoli caratterizzati da intensificazione colturale e meccanizzazione spinta delle agrotecniche).
Gli interventi da porre in essere per ridare competitività a tali colture devono mirare a superare lo stato di arretratezza in cui queste si trovano ed a promuovere un radicale rinnovamento del panorama varietale, delle agrotecniche e delle tecnologie di impiego della granella.
Bisogna aumentare soprattutto la competitività e la redditività delle colture. In tale ottica, a breve-medio termine potrebbe giocare un ruolo importante la ricerca di misure più vantaggiose di politica agricola comunitaria, miranti cioè ad elevare il premio alle produzioni per attrarre maggiormente l’interesse dei coltivatori.
A lungo termine, però, le misure protettive non sono sufficienti a fare guadagnare a queste colture spazi rilevanti negli attuali ordinamenti colturali; è necessario promuovere programmi di ricerca e sperimentazione che rimuovano i punti di debolezza del comparto attraverso: i) lo sviluppo di varietà più produttive, con resa stabile nelle varie annate e situazioni colturali; ii)la identificazione di itinerari di coltivazione più rispondenti alle esigenze del rinnovato panorama varietale; iii) lo studio delle più idonee tecniche agronomiche, in funzione del clima, delle caratteristiche chimico-fisico-idrologiche dei suoli, dei sistemi produttivi; iv) lo sviluppo della meccanizzazione per abbassare i costi colturali; v) lo studio di nuove formulazioni mangimistiche; vi) la messa a sistema e ottimizzazione di tutti i segmenti della filiera (da quella della produzione di materia prima in campo a quella del consumo dei prodotti zootecnici derivati).
Riguardo alle oleoproteaginose, infine, la valorizzazione dei co-prodotti (le farine), la possibilità di praticare tali colture sui terreni ritirati dalle coltivazioni e la promozione di misure politiche intese a sostenerne la coltivazione (per l’impatto positivo sull’ambiente, poiché fonti di biocarburanti) rappresentano altrettante opportunità per il rilancio di tali colture.
7.1 Ricerche in Progetti finanziati dall'Unione Europea
1) Nel 1st FWP (anni 1985/87), Progetto “Search or adaptation of rapid screening methods for Antinutritional Factors (AF) in animal feeding of protein producing plants” (acronimo: AGRIRES 3C) avente il principale target di sviluppare metodi biologici e NIRS per Glucosinolati in Rapeseed, Saponine in Medica, Alcaloidi in Lupino, Vicina e Convicina in Fava. Contraente INRA con numerosi centri specialistici.
2) Nel 3rd FWP (anni 1992/96), Demonstration Project AIR, “Agricultural refining of Bitter Lupins into derivates with high added value”. 10 contraenti (Industrie ed Università di vari Paesi).
3) Nel 4th FWP (anni 1996/98), Progetto “New technologies for improved nutritional andfunctional value of Pea protein” (acronimo: NUTRIPEA) avente il principale obiettivo di sviluppare prodotti a base di proteine del pisello con alta disponibilità di minerali, privi di fattori antinutrizionali e antifisiologici, da valutare per caratteristiche sensoriali e funzionali come additivi alimentari per l'uomo e in alimenti speciali per l'infanzia.
4) Nel 5th FWP (anni 2000/2001), Progetto “Chickpea as a potential source of high quality protein for food formulas”, con l’obiettivo di sviluppare nuovi integratori proteici per uso alimentare umano, in sostituzione della soia.
5) Nel 5th FWP (anni 2000-2002), Progetto “Exploitation of the inique genetic variabilità of peas in the production of food and non-food ingredients” (acronimo: LINK), con l’obiettivo di valorizzare la variabilità genetica in pisello per la produzione di alimenti funzionali per l’uomo e gli animali.
7.2 Ricerche da promuovere in Italia
Il Piano propone di valorizzare leguminose foraggere e da granella, oleoproteaginose, nonché specie non convenzionali (gelso, Medicago arborea, lupino, fagiolo) e di promuovere sistemi produttivi sostenibili. In particolare, prevede azioni di ricerca diversificate, ma strettamente orientate e coerenti all’obiettivo finale comune, che è quello di aumentare l’approvvigionamento delle farine vegetali proteiche. In particolare, le azioni ri ricerca sono tese a:
- Valorizzare la biodiversità genetica presente in Italia
- Sviluppare una gamma di varietà innovative in grado di soddisfare esigenze mirate per ciascun impiego
- Sviluppare itinerari colturali a ridotto impatto ambientale
- Elevare ulteriormente il valore zootecnico delle proteine vegetali
- Realizzare strumenti di valutazione della maggiore qualità ottenuta
I temi “verticali” della ricerca tesi a produrre innovazioni di prodotto e di processo, ai quali va riservata la maggiore attenzione organizzativa e finanziaria perché rappresentano gli strumenti con i quali penetrare i mercati e risultare competitivi, sono naturalmente adagiati su un tessuto di problematiche “orizzontali” che interessano le imprese, gli enti territoriali e la loro capacità di valorizzare e sostenere i processi di qualità nuova che li investono in prima istanza.
8. Le fonti di materia prima della filiera
8.1 Erba medica
E’ la foraggera che produce la maggiore quantità di proteine per ettaro, con caratteristiche nutrizionali particolarmente idonee all’alimentazione dei ruminanti e di altri animali da allevamento; essa alimenta l’importante settore agro-industriale della disidratazione e svolge un ruolo fondamentale nello sviluppo di sistemi colturali sostenibili.
La coltura dell'erba medica occupa oggi una superficie di circa 800.000 ha. Il connesso settore agro-industriale della disidratazione vede coinvolte circa 50 imprese nazionali, e l’Italia, con circa 600.000 t di erba medica disidratata per anno, è il terzo produttore europeo dopo Spagna e Francia. Le principali tipologie di prodotto sono: i pellets di farine disidratate, altamente proteici e ricchi di beta carotene, destinati all’industria mangimistica per diverse categorie di animali; i balloni di erba medica disidratata a fibra lunga ricchi di proteine e fibra, ideali per le bovine da latte, e tipologie simili destinate all’utilizzo come alimento diretto. Possono essere prodotti anche concentrati proteici col 50% di proteine sul secco, pochissima fibra (2-3%) ed elevato contenuto in xantofilla. Al presente, le diverse tipologie di erba medica disidratata vengono incorporate nelle razioni alimentari delle varie categorie animali in percentuali che variano dal 2-5% per le ovaiole, al 20-40% per i conigli ed al 10-30% nei bovini da latte e da carne (Fig. 1).
La rivalutazione dell’erba medica nell’alimentazione animale, il sostegno alle industrie di disidratazione e la promozione di sistemi produttivi sostenibili o biologici richiedono diversificate azioni di ricerca per risolvere punti critici che condizionano la competitività di questa foraggera.
8.2 Leguminose da granella
Sono considerati principalmente il pisello proteico ed il favino, poichè: i) sono complementari rispetto alle aree in cui possono essere coltivate (al Nord il primo, al Centro-sud il secondo); ii) hanno maggiori tradizioni colturali e sono più frequentemente impiegati nel razionamento degli animali di allevamento; iii) hanno fruito di un buon lavoro di miglioramento genetico che ha portato alla costituzione di cultivar già disponibili e risorse genetiche utili per futuri programmi di breeding.
Il pisello è la leguminosa da granella con maggiori potenzialità produttive e stabilità di resa; produce proteine di elevato valore nutrizionale sia per i monogastrici che per i poligastrici; è di consolidato uso nella mangimistica (il nostro Paese ne importa oltre il 95%); ha un ampio areale di adattamento; l'insilamento della pianta intera appare praticabile più che nel favino. Inoltre, l’inserimento del pisello asemina autunnale negli ordinamenti colturali dei sistemi foraggero-zootecnici e cerealicoli intensivi del Nord Italia è importante perché: a) può consentire di ottenere una produzione proteica di alto valore biologico (peraltro, negli ambienti in cui sono concentrati gli allevamenti) che complementa le produzioni estive, quali quella di mais,e garantisce maggiori possibilità di avvicendamento; b) può ridurre significativamente l’impatto ambientale della monosuccessione di cereali (per esempio, loiessa-mais trinciato), che, a lungo andare, non risulta sostenibile in termini agronomici ed ambientali.
Il favino è specie atta a valorizzare ambienti pedo-climatici con potenzialità agronomichemeno favorevoli rispetto al pisello, ma utilizzabile con le stesse finalità negli ordinamenti colturali. Esso èuna coltura di antica tradizione negli ambienti Centro-meridionali italiani che potrebbe, con lo sviluppo di nuove tipologie varietali (tipi ad accrescimento determinato, varietà ibride, varietà autogame obbligate), ridurre i noti limiti di instabilità delle rese.
Tra le altre leguminose da granella, il lupino merita un'attenzione particolare perché: a) ha una composizione chimica prossima a quella della soia (con un contenuto proteico intorno al 40%); b) l'inventario varietale si è notevolmente ampliato negli ultimi anni; c) è in corso un incremento del suo impiego nelle razioni zootecniche in sostituzione della soia; d) può rappresentare un'alternativa al favino in particolari situazioni ambientali. Anche il fagiolo, attraverso le cultivar prive di lectine, ultimamente selezionate, rappresenta una fonte di proteine proteiche adatte all’alimentazione del bestiame.
In generale, nelle leguminose da granella, una migliore comprensione della fisiologia della produzione permette di identificare i punti critici su cui agire per migliorare la produzione di granella (anche in aree marginali), la stabilità delle rese e la qualità della granella. Inoltre, una più precisa descrizione degli stadi fenologici durante il ciclo colturale e la identificazione degli stadi di maggiore sensibilità agli stress abiotici, possono permettere sia una migliore tecnica colturale per sfuggire questi stress, sia una definizione dell’ideotipo da realizzare nelle nuove costituzioni varietali.
8.3 Oleoproteaginose
Comprendono specie con semi che contengono olio dai quali, dopo disoleazione, si ottengono farine proteiche. A seconda della specie e, nel proprio ambito, della cultivar, l’olio estratto può essere idoneo ad usi alimentari (per l’uomo e gli animali) oppure ad usi industriali (produzione di biodiesel per autotrazione e riscaldamento, di fluidi per la lubrificazione nella motoristica e in impianti industriali). Anche la qualità delle farine disoleate (contenuto in proteine, composizione in aminoacidi, fattori antinutrizionali) dipende dal genotipo, dalle tecniche colturali e dai processi industriali adottati nell’estrazione dell’olio.
Nei possibili impieghi industriali, gli oli vegetali concorrono a sostituire in parte o in toto gli oli minerali, con numerosi vantaggi: i) rinnovabilità delle materie prime; ii) maggiore biodegradabilità e ridotta ecotossicità; iii) ottime caratteristiche di “fire resistent” e ridotti rischi di incendio per lavorazioni eseguite ad alta temperatura; iv) minore inquinamento dell’ambiente per le ridotte emissioni di zolfo, composti aromatici e CO2. Tuttavia, per promuovere l’impiego degli oli vegetali occorrono misure che ne aumentino la competitività rispetto agli analoghi prodotti di origine fossile. Ciò può essere ottenuto mediante defiscalizzazione dei biocarburanti, incentivi per la protezione dell’ambiente, valorizzazione dei co-prodotti (panelli e farina di estrazione).
L’attuale necessità di farine vegetali rende strategico il ruolo di queste colture, poichè le produzioni ottenute possono alimentare sia la filiera energetica (gli oli) che quella delle proteine vegetali (le farine disoleate).
Al momento, le principali oleoproteaginose del nostro Paese (colza, girasole e soia) presentano un diverso assetto colturale. Il colza evidenzia una progressiva riduzione delle rese areiche, passate da ben 2.1 t/ha della campagna 1994-95 ad appena 0.4 t/ha della campagna 1999-00. Al contrario, le superfici sono sensibilmente aumentate, attestandosi intorno a 100 mila ha.
Il girasole interessa una superficie di poco più di 200 mila Ha e la sua coltivazione si è gradualmente spostata dal Nord al Centro-Sud, cioè verso zone dove spesso il fattore limitante le produzioni è rappresentato dalla scarsa disponibilità idrica. In tali regioni, pur con fortune alterne, essendo il livello produttivo pesantemente condizionato dagli andamenti meteorologici, il girasole riscuote interesse da parte degli agricoltori, da tempo alla ricerca di una coltura da poter inserire negli avvicendamenti, soprattutto per ovviare agli inconvenienti legati al troppo frequente ripetersi dei cereali vernini.
La soia, infine, rappresenta la oleoproteaginosa più strategica e la sua coltivazione coinvolge aspetti politici (visti in precedenza), prima ancora che aspetti tecnici. Questi ultimi sono legati al fatto che la soia è di origine americana ed è stata importata ed adattata in Europa.
Negli ultimi tre anni la coltura ha interessato una superficie di circa 240 mila ha con una resa media di granella di circa 36 q/ha.
8.4 Fonti non convenzionali
Il gelso
Un ruolo importante potrebbe avere il gelso poiché fornisce elevate produzioni di biomassa, è appetibile e presenta un buon valore nutritivo per ruminanti e monogastrici. In termini generali, la coltivazione del gelso per la produzione di foraggio destinato alla nutrizione degli animali d’allevamento differisce da quella per scopi sericoli: la frequenza dei raccolti e la densità di piantagione devono essere intensificate per aumentare la produzione di biomassa totale; il mantenimento della fertilità del suolo diventa fondamentale, poiché con la biomassa sono asportati grossi quantitativi di nutrienti; la raccolta manuale, comunemente praticata per il baco da seta, non è adatta per l’alimentazione dei ruminanti (si impone necessariamente la meccanizzazione dell’operazione), mentre può essere adeguata per allevamenti di scala ridotta o per animali di piccola taglia (conigli, lumache, etc.). Sono proposte ricerche intese a valutare la possibilità di un’alimentazione diretta sul gelso da parte degli animali.
Medicago arborea
Altra fonte di approvvigionamento di proteine vegetali potrebbe essere rappresentata dagli arbusti foraggeri, tra i quali gli studi condotti sinora hanno dimostrato la superiorità della Medicago arborea. Questa leguminosa è in grado di ben adattarsi alle escursioni termiche tipiche delle aree collinari interne e alla carenza di acqua nel terreno, che si verifica durante l’estate, caratteristiche che giustificano la presenza della Medicago nel sistema foraggero meridionale, sia come “scorta in piedi” di materiale vegetale verde, che come protezione contro l’erosione del suolo in aree collinari. Esperienze precedenti hanno individuato due possibili strategie di gestione degli arbusti: a seconda dell’epoca e dell’intensità di taglio si può stimolare la produzione di materiale verde o quella di fiori e baccelli. Entrambe le produzioni si prestano alla disidratazione per ottenere farine vegetali a diverso contenuto proteico. Su questa leguminosa potranno essere approfonditi vari aspetti relativi alle tecniche di allevamento, alla raccolta e alla trasformazione.
9. Architettura del Piano
Il Piano proposto si articola in Azioni ed Aree tematiche (Fig.2)
9.1 Azioni “verticali”
Ogni Area tematica è organizzata in termini di obiettivi:
Area 1 – Leguminose foraggere
i) Valutazione varietale e valorizzazione delle risorse genetiche autoctone per l'ottimizzazione dell'impiego dei materiali genetici per i diversi obiettivi di produzione e trasformazione agro-industriale
· Identificazione e raccomandazione delle varietà commerciali più indicate, per caratteristiche quanti-qualitative e di adattamento, agli specifici obiettivi di produzione (foraggi aziendali, prodotti disidratati) e areali di coltivazione; validazione dei risultati su scala reale (cantieri di disidratazione);
· identificazione di risorse genetiche per la costituzione di varietà diversificate per caratteristiche di adattamento e qualità della produzione;
· studio degli effetti di interazione genotipo ´ ambiente per l'ottimizzazione della raccomandazione varietale e per la definizione di opportuni obiettivi di adattamento per i programmi nazionali di miglioramento genetico.
ii) Sviluppo di modelli varietali innovativi e perfezionamento delle varietà sintetiche per valorizzare le potenzialità quanti-qualitative della specie
· Modello varietale semi-ibrido (a 4 e 8 costituenti): a) confronto, in condizioni controllate, tra 'semi-ibridi' a 4 e 8 costituenti e le varietà sintetiche ottenute a partire dagli stessi parentali; b) messa a punto del piano operativo per la produzione di semi-ibridi su scala reale; c) verifica del rapporto costi/benefici (incremento della produttività vs costo del seme).
· Varietà sintetiche per la trasformazione industriale: individuazione del modello più idoneo in termini di numero e diversità genetica dei costituenti, livello di inbreeding degli stessi ed evoluzione nelle generazioni di moltiplicazione.
iii) Diversificazione e modificazione del modello di pianta (morfologia e fisiologia) in funzione della destinazione d'uso
· Aumento della produttività proteica (proteine/ha) mediante il miglioramento del rapporto foglie/steli ottenibile con: a) tolleranza al taglio anticipato (5% fioritura); b) modificazione della morfologia dello stelo verso un aumento del numero degli internodi e una diminuzione della loro lunghezza; c) separazione tra tasso di crescita e ritmo di sviluppo per ottenere materiali ad elevata velocità di produzione di biomassa ed evoluzione lenta verso la fase riproduttiva (tardivi);
· ricerca e caratterizzazione molecolare di geni coinvolti nel processo di senescenza fogliare;
· costituzione di varietà di erba medica adatte al pascolamento: i) selezionando per la presenza di caratteristiche morfo-fisiologiche capaci di conferire tolleranza al pascolamento (corona profonda; radici "creeping"; abito rizomatoso); ii) mediante selezione diretta con intense pressioni di pascolamento a partire da popolazioni sufficientemente ampie di varietà/ecotipi con morfologia 'convenzionale' adatti agli ambienti di utilizzazione.
iv) Miglioramento della qualità delle proteine di erba medica e dell'efficienza del loro utilizzo nel metabolismo animale
· Attivazione di geni endogeni per la sintesi di tannini condensati, finalizzata a migliorare l'efficienza di utilizzazione delle proteine e prevenirne la degradazione e la relativa dispersione di prodotti ammoniacali nell'ambiente;
· messa a punto di biotecnologie innovative con interventi a livello dei cloroplasti per l'aumento del contenuto in amminoacidi solforati nelle proteine di erba medica e loro accumulo nei plastidi.
v) Valorizzazione dell'uso dei marcatori molecolari per il sostegno alle azioni di miglioramento genetico e di monitoraggio della biodiversità
· Stima del livello di eterozigosi e della diversità genetica dei parentali (con marcatori RFLP e SSR) per la costituzione di varietà semi-ibride;
· messa a punto di marcatori molecolari (AFLP, RFLP, SSR) per la selezione assistita di caratteri che conferiscono tolleranza al pascolamento, con particolare riferimento al carattere "radici creeping";
· ricerca di marcatori molecolari collegati alla velocità e/o alle modalità del processo di senescenza fogliare.
vi) Definizione e utilizzo di metodi analitici rapidi per la valutazione di caratteristiche qualitative della produzione di erba medica e dei suoi derivati dell'industria di disidratazione
· Messa a punto di curve di calibrazione per la stima di caratteristiche qualitative nelle diverse fasi di trasformazione industriale del prodotto mediante la spettroscopia nel vicino infrarosso (NIRS);
· valutazione mediante metodica NIRS dei principali parametri qualitativo/nutrizionali per la razionalizzazione dell'utilizzazione zootecnica e a sostegno dell'attività di breeding e raccomandazione varietale;
· indagini sui principali fattori antrinutrizionali in erba medica (saponine, isoflavoni estrogenici, ecc.).
vii) Definizione degli itinerari tecnici per l’introduzione dell’erba medica nei sistemi colturali intensivi, ai fini dell’incremento della produzione di proteine/ha, del miglioramento dell’efficienza produttiva ed economica aziendale e della riduzione dell’impatto ambientale e del possibile inserimento della coltura nei sistemi di agricoltura biologica
· Valutazione di ordinamenti colturali con e senza erba medica in ambienti a zootecnia intensiva, con riferimento anche all'impatto sulla fertilità agronomica del suolo e sulla gestione dei reflui zootecnici;
· definizione di itinerari tecnici per l'impiego dell'erba medica in sistemi agricoli biologici e valutazione della sostenibilità economica in rapporto ai sistemi agricoli convenzionali.
viii) Ottimizzazione della pratica irrigua nella coltivazione dell’erba medica nel Sud Italia, con particolare riferimento alla riduzione dei volumi e all’uso di acque non convenzionali
· Valutazione di nuovi modelli di gestione degli interventi irrigui, al fine di limitare la pratica nel periodo estivo, in cui più critiche sono le disponibilità idriche;
· screening di materiali genetici dotati di elevato adattamento alle condizioni caldo-aride del meridione ed alla salinità;
· valutazione delle possibilità di gestione irrigua con acque saline e reflue.
ix) Definizione dei livelli e delle forme di impiego delle proteine di erba medica in sostituzione di altre fonti proteiche nell'alimentazione dei ruminanti e di altre categorie zootecniche
· Risposta produttiva e fisiologica delle lattifere alla implementazione della medica nella dieta nei sistemi di riferimento "Grana Padano" e "Parmigiano-Reggiano";
· limiti d'impiego e risposta produttiva e fisiologica alla implementazione di proteine di medica nella dieta di altre categorie zootecniche.
Area 2 - Leguminose da granella
i) Valutazione di varietà
Per le specie di interesse, si eseguirà uno screening delle varietà già costituite, allo scopo di individuare i tipi più adatti agli ambienti di coltivazione, agli ordinamenti colturali ed alle destinazioni d’uso. Sono disponibili, soprattutto in pisello, tipi variamente caratterizzati riguardo ad habitus vegetativo e portamento della pianta, struttura dell’apparato fogliare (convenzionale, semileafless, leafless), attività assimilatrice della canopy, componenti della produzione (ramificazioni fruttifere, baccelli/pianta, semi/baccello, peso unitario del seme), sistema riproduttivo (autogamo, parziale allogamo, etc.), tipologia di granella (peso, colore del tegumento), shattering dei baccelli, resistenza all’allettamento, alle fitopatie, alle basse temperature e adattamento alle semine autunnali.
I rilievi riguarderanno caratterimorfologici, fenologici, produttivie nutrizionali della granella (contenuto di proteine, di fattori antinutrizionali, di tocoferoli, valore energetico, contenuto relativo di fosforo in forma di acido fitico, etc.), nonché le caratteristiche delle farine derivate.
I risultati saranno interpretati in rapporto al collocamento del ciclo della coltura, alla durata del ciclo biologico, alla ripartizione dei fotosintati tra i vari organi della pianta e tra biomassa e granella, alla risposta della pianta alle condizioni di stress.
ii) Screening dei ceppi di rizobio più efficienti
Saranno valutati diversi aplotipi di rizobio su un set diversificato di varietàdi pisello, favinoe lupino. L’inoculazione dei rizobi avverrà mediante la batterizzazione dei semi con torba imbibita di sospensione batterica a concentrazione nota. In fase di piena fioritura verrà monitorata l’attività nodulante mediante rilievi del numero di noduli, della sostanza secca dei noduli e delle radici. Prima della semina e dopo la raccolta sarà determinato il contenuto di azoto nel suolo. Sarà valutato l’impatto dell’inoculazione dei rizobi sull’attività enzimatica e microbiologica del suolo attraverso misure di respirazione microbica e attività enzimatiche.
iii) Sviluppo di nuove varietà
La valutazione di varietà e di altro germoplasma permette anche di identificare genotipi con particolari caratteristiche utili (adattabilità a vincoli ambientali, resistenza a malattie, efficienza fotosintetica,etc) che ne potranno suggerire l’impiego come parentali in programmi di breeding. La risposta dei genotipi alle situazioni reali di pieno campo durante gli screening permetterà di definire l’ideotipo di pianta adatto alle varie aree colturali. Sarà possibile così impostare programmi di miglioramento genetico che, probabilmente, non si concluderanno nei tempi previsti dal presente Piano, ma che, avviati, possano avanzare attingendo da altre risorse che si renderanno disponibili. Nella scelta dei parentali ci si orienterà verso specie autoctone, che altrimenti andrebbero incontro ad erosione genetica, e risorse genetiche possibilmente fornite di resistenza a stress abiotici (termici, idrici, anossia), stress biotici (funghi, virus, batteri, insetti, etc.), idonee ad utilizzare in modo efficiente le risorse ambientali disponibili. Nei programmi di miglioramento genetico un ruolo importante avrà la selezione assistita (selezione convenzionale integrata dall’uso di marcatori molecolari associati a caratteri utili), poichè permette: i) una migliore conoscenza della struttura genetica delle popolazioni parentali e, di conseguenza, una scelta più corretta delle metodologie di breeding, ii) la stima della diversità genetica e del livello di eterozigosi durante l’avanzamento del programma di selezione, iii) la distinguibilità delle varietà costituite.
iv) Identificazione di itinerari colturali a ridotto impatto ambientale per l'introduzione delle piante proteiche negli ordinamenti colturali foraggero-zootecnici e cerealicoli intensivi
a) Definizione dell’agrotecnica ottimale in funzione: i) della tipologia di avvicendamento (pisello-mais, pisello-soia, etc.); ii) della destinazione d’uso della produzione (farina, pellets, estrusi, insilati, etc.). Identificazione in ambiti territoriali ed agronomici contrastanti delle varietà adatte alla semina autunnale, con riguardo alle rese, ai modelli di ordinamento colturale ed alle tipologie di impiego della granella.
b) Confronto tra ordinamenti colturali che includono la leguminosa proteica e ordinamenti colturali convenzionali per: indicatori agronomico-ambientali (fertilità residua, apporto di azoto, etc.), indicatori tecnici (punti critici tecnico-gestionali della doppia coltura alternativa a quella convenzionale: pisello-mais; pisello-soia, etc.), indicatori economici (produzione e competitività dell’ordinamento alternativo).
v) Caratteristiche nutrizionali della granella di pisello, favino e lupino
-Verifica delle caratteristiche nutrizionali della granella di pisello, favino e lupino allo scopo di definire le potenzialità ed i limiti d’impiego per le diverse categorie zootecniche; screening per la presenza di fattori antinutrizionali;
-Messa a punto di metodologie analitiche rapide per la determinazione dei principali costituenti della sostanza secca (proteine grezze, ceneri, fibra e frazioni fibrose, etc.); costruzione di curve di calibrazione NIRS; stima della digeribilità in vitro.
vi) Definizione delle potenzialità di insilamento del pisello proteico e del favino a maturazione cerosa, anche in funzione di una maggiore flessibilità dell'avvicendamento colturale
- Indagini sulle caratteristiche nutritive dell'insilato e sulla efficienza della sua utilizzazione nel metabolismo animale;
- definizione degli itinerari tecnici e delle modalità di conservazione ottimali.
Area 3 – Oleoproteaginose
Colza
i) La pianta di colza
Nella pianta, i parametri agronomici più importanti riguardano: i) la resistenza al freddo, che condiziona l’epoca di semina e la precocità delle colture (il colza da olio potrà inserirsi nelle successioni del Nord Italia solo se vi è la certezza di poter effettuare un secondo raccolto, cosa strettamente legata all’anticipo della semina ed alla precocità di maturazione); ii) la biologia fiorale, che condiziona l’epoca e la contemporaneità di fioritura, la cascola dei fiori, la formazione e la resistenza alla deiscenza delle silique.
ii) L’olio di colza
Nell’olio, gli standard richiesti dipendono dall’uso che se ne deve fare: nelle colture food, occorrono cultivar prive di acido erucico e di glucosinolati (varietà “doppio zero”); per gli impieghi no-food si devono utilizzare, invece, cultivar con elevati livelli di acido erucico che, come è noto, conferisce agli oli maggiore scorrevolezza e fluidità (caratteristiche positive negli impieghi per la produzione di biodiesel e di lubrificanti).
iii) Le farine di estrazione
Nelle farine di estrazione, il valore nutritivo è condizionato dai glucosinolati (che devono essere assenti), dai fattori antinutrizionali (che devono essere disattivati mediante trattamenti termici), dal contenuto in proteine (che deve essere il più alto possibile) e dal valore biologico di queste ultime (limitato dallo scarso contenuto in lisina).
iv) Le agrotecniche
Le agrotecniche mirano alla messa a punto delle tecniche di coltivazioni più soddisfacenti a conseguire buone rese areiche e implicano: i) identificazione delle cultivar o ibridi più adatti agli areali colturali del Nord e del Centro sud; ii) studio della fenologia della pianta in rapporto all’ambiente (l’epoca di semina va individuata in base alle condizioni climatiche della zona di coltivazione in modo da ottenere uno sviluppo sufficiente della pianta prima dell’inverno, almeno allo stadio di 4 foglie vere); iii) ottimizzazione delle tecniche di preparazione del terreno (il colza presenta seme di dimensioni minute e richiede un letto di semina ben affinato), di diserbo (identificazione di prodotti registrati per l’Italia), di concimazioni (entità e tempi di distribuzione) e di raccolta (può essere effettuata mediante un solo passaggio con mietitrebbiatrice, oppure due passaggi: falcia-andanatura e successiva trebbiatura).
Girasole
i) Rese
Rendere costanti le rese negli anni e negli ambienti, nonché aumentarne il livello;
ii) Ibridi
Sviluppare ibridi adatti alle nostre specifiche condizioni pedo-climatiche mediante interventi di miglioramento genetico finalizzati ad aumentare l’indice di raccolta e di assimilazione, a innalzare la produzione in seme, olio e proteine, a migliorare la forma, dimensione e posizione della calatide sul fusto, ad elevare la resistenza a siccità, malattie (Peronospora, Ruggine, Alternaria) e insetti, ad adattare ad alti investimenti l’architettura della pianta e dell’apparato foto-sintetizzante, a migliorare la contemporaneità di fioritura, a ridurre la taglia per evitare l’allettamento;
iii) Agrotecniche
Ottimizzare le agrotecniche mediante confronti varietali estesi a più ambienti per valutare quali, fra i nuovi ibridi posti in commercio, abbiano caratteristiche più adatte alle varie aree pedo-climatiche;
iv) Areale
Inserire la pianta in areali colturali marginali (alta collina appenninica) non adatte a sistemi colturali più intensivi;
v) Olio
Migliorare la qualità dell’olio per usi alimentari e industriali
Soia
i) Selezione di varietà
Gli interventi di ricerca devono selezionare varietà adatte alle condizioni dei differenti areali geografici del nostro Paese attraverso mirati programmi di miglioramento genetico. Questi si propongono: i) di modificare l’habitus di sviluppo delle piante in relazione alla maggiore intercettazione dell’energia luminosa, alla disposizione dei baccelli sulla pianta ed alla resistenza all’allettamento (i caratteri maggiormente implicati sono forma, dimensioni e disposizione delle foglie, numero e lunghezza delle ramificazioni, altezza di inserzione del primo baccello, habitus vegetativo determinato e capacità di sostentamento); ii) di migliorare le rese e la qualità della granella (mediante selezione di genotipi forniti di resistenza alle condizioni di competizione, di fioritura più abbondante, di maggiori capacità di allegagione, di maggior numero di semi per baccello e di più alto peso di mille semi); iii) di modificare la lunghezza delle varie fasi fenologiche della pianta in relazione all’epoca di semina e di raccolta (maggiore rapidità di emergenza, riduzione dell’intervallo emergenza-fioritura, concentrazione della fase di fioritura senza influire negativamente sul numero di fiori prodotti, allungamento della fase di riempimento dei semi, raccorciamento della fase di maturazione); iv) di migliorare la qualità del seme (fattori antinutrizionali, qualità e quantità delle proteine).
ii) Agrotecniche
La ottimizzazione delle agrotecniche, infine, supporta i programmi di miglioramento genetico, poiché permette alle nuove varietà costituite di esprimere in pieno le loro potenzialità produttive. Essa viene conseguita mediante: i) opportuno inserimento della soia negli avvicendamenti praticati nelle varie aree colturali; ii) razionale scelta della varietà da coltivare; iii) ottimizzazione dei tempi e dei volumi di adacquamento in relazione alle fasi fenologiche della pianta; iv) ottimizzazione del rapporto fra ceppo simbiotico, genotipo e concimazione azotata.
Area 4 – Altre fonti
Gelso
i) Valutazione varietale e valorizzazione delle risorse genetiche autoctone per l’ottimizzazione del loro impiego
· Identificazione delle cultivar più indicate sulla base delle indicazioni già disponibili inerenti le produzioni quanti-qualitative.
· Individuazione delle vie metaboliche di sintesi dei composti aromatici che determinano l’appetibilità di foglie e germogli.
· Analisi ed individuazione di marcatori molecolari funzionali per la loro associazione con il livello di proteine totali e di contenuto di aminoacidi liberi nei diversi genotipi.
· Studio molecolare della risposta del gelso a stress idrici-salini, allo stress da clorosi ferrica, allo stress da anossia ed a stress biotici.
ii) Miglioramento genetico del gelso per l’ottenimento di nuove varietà
iii) Utilizzazione di metodi analitici rapidi per la valutazione di caratteristiche qualitative
della produzione di foglia di gelso, trinciati, farine.
iv) Analisi chimica dei composti aromatici e dei metaboliti secondari con implicazioni
nell’alimentazione animale
· Analisi chimiche di laboratorio per determinare le sostanze implicate come attrattivi nell’alimentazione animale e individuare i metaboliti secondari con importanti ruoli nutrizionali
v) Sistemi colturali per l’impianto e conduzione dei gelseti
· Studio della densità e sesto d’impianto: su diverse accessioni e ripetute in prove parcellari in più luoghi rappresentativi dei diversi ambienti pedo-climatici italiani.
· Potatura d’allevamento e di produzione: forme a ceppaia bassa (prato-gelso) in grado di essere sfalciata o trinciata periodicamente con opportuni mezzi meccanici o pascolata direttamente in campo dal bestiame e forma a filari, in cui la raccolta meccanica preveda la separazione foglie-rami.
· Consociazione: eventuali studi di consociazione con leguminose, in differenti sesti d’impianto
· Irrigazione: diversi livelli irrigui in dipendenza dall’ambiente, dal genotipo e della forma d’allevamento. Valutazione dell’ipotesi di utilizzazione di acque saline o reflue (su genotipi tolleranti o resistenti)
· Concimazione: sulla base di studi di ecofisiologia e delle asportazioni di biomassa effettuati per diverso genotipo nelle diverse forme d’impianto
· Lotta alle malerbe: con tecniche differenziate a seconda dell’ambiente e del sesto d’impianto utilizzato
vi) Meccanizzazione delle operazioni colturali e della raccolta, trinciatura, essiccazione
vii) Prove zootecniche
Area 5- Attitudini all’alimentazione zootecnica
i) Definizione dell’attitudine delle fonti di proteine vegetali considerate per l’alimentazione animale
Le indagini zootecniche condotte sulle farine vegetali proteiche considerate nella filiera (leguminose, oleoproteaginose, gelso, etc) serviranno a conoscere o ad approfondire le caratteristiche chimiche e nutrizionale delle varie materie prime ed a verificarne i limiti di impiego nell’alimentazione dei monogastrici e dei ruminanti allevati per la produzione di latte e di carne.
In particolare, gli obiettivi di tali azioni sono sostanzialmente due:
Il primo obiettivo sarà realizzato sottoponendo gli alimenti proposti ad una serie di analisi chimiche e di rilievi per determinarne la digeribilità, il valore nutritivo, il contenuto di amminoacidi, il valore biologico, e la presenza di fattori antinutrizionali. Il secondo obiettivo prenderà in considerazioni le specie animali, le razze e le produzioni zootecniche per le quali si può ragionevolmente ipotizzare l’uso delle proteine vegetali oggetto di studio. Gli effetti delle farine vegetali sulla qualità delle produzioni zootecniche (colore, consistenza della carne e attitudine alla stagionatura) sono ritenuti molto importanti.
ii) Screening di cv. di pisello proteico per l’impiego zootecnico
Sulle cultivar disponibili saranno effettuate le determinazioni analitiche idonee a definirne la composizione chimica, il valore nutritivo e la qualità delle proteine: a) analisi tipo-Weende (proteina grezza, fibra grezza, estratto etereo, ceneri); b) analisi Van Soest (fibra al detergente neutro NDF, fibra al detergente acido ADF, lignina ADL); c) composizione acidica della frazione lipidica; d) digeribilità in vitro della sostanza secca, organica e della frazione proteica secondo la metodica di Tilley e Terry e digeribilità enzimatica per i monogastrici; e) stima dell’energia lorda, digeribile, metabolizzabile e netta (valore nutritivo); f) profilo aminoacidico della frazione proteica.
Considerando i risultati analitici ottenuti saranno scelte le varietà considerate migliori.
ii) prova di degradabilità ruminale in vivo
Su congrui quantitativi di seme delle cultivar scelte verranno effettuate due prove di degradabilità ruminale in vivo delle proteine e della sostanza secca non proteica utilizzando bovine e bufale da latte adulte e fistolate secondo la metodica del nylon bag proposta dalla Commissione ASPA.
I dati di degradabilità oraria verranno elaborati mediante due modelli matematici: Ørskov e McDonald, per l’ottenimento della degradabilità teorica; Gompertz, per l’ottenimento del tempo di massima velocità di degradazione.
iii) prove di alimentazione
Con la cultivar risultata migliore saranno alimentate poligastrici (bufale) e monogastrici (suini). Le prove prevedono la sostituzione, nella dieta, della farina di estrazione di soia con farina di pisello e la valutazione dell’effetto sulla quanti-qualità del latte (nelle bufale) e sull’accrescimento (nei suini).
-valutazione qualità dei prodotti zootecnici ottenuti
Per il latte saranno valutati: pH, protidi totali, grasso ed i parametri tromboelastografici; per le carni, saranno considerati i principali aspetti relativi alla qualità delle carni fresche (pH, colore, potere di ritenzione, assetto enzimatico, suscettibilità all’ossidazione), dei grassi di deposito (umidità, composizione acidica, suscettibilità all’ossidazione) e del prosciutto quale principale prodotto stagionato.
9.2 Azioni “orizzontali”
La condivisione e la concertazione con i soggetti economici, oltre che con tutti i livelli amministrativi coinvolti, rappresentano gli elementi strategici per il raggiungimento degli obiettivi, generali (azioni “orizzontale”) e di settore (azioni “verticali”), indicati dal piano. Condivisi gli obiettivi, si tratta infatti di definire le iniziative da mettere in campo, in modo coordinato, da parte dei vari soggetti, sia pubblici (Ministero, Regioni e Province), sia privati.
Il raggiungimento degli obiettivi generali è condizionato da tre fondamentali tipologie di intervento:
i) I supporti. L’insieme di quegli strumenti che consentono di agevolare la realizzazione delle attività dirette all’applicazione di specifiche tecniche produttive o all’introduzione di innovazioni e/o verificare l’efficacia e la ricaduta rispetto agli obiettivi previsti.
ii) La divulgazione. Rivolta agli operatori, siano essi produttori, siano i tecnici impegnati nei servizi come strumento fondamentale per diffondere la conoscenza;
iii) L’assistenza tecnica, ovvero l’insieme delle attività, finalizzate a supportare il titolare delle attività nelle scelte tecniche, economiche e gestionali strategiche per il raggiungimento degli obiettivi previsti
Ogni area tematica è organizzata in termini di obiettivi
Area 1-Valorizzazione delle nuove materie prime dalle imprese mangimistiche
i) Nella formulazione dei mangimi
Per ottenere il massimo risultato produttivo è di fondamentale importanza valutare le caratteristiche dei formulati derivati dalle nuove farine vegetali proteiche considerate in questo piano. Come è noto, la valutazione di un mangime tiene conto dei seguenti parametri: composizione (contenuto di proteine, grassi, glucidi, vitamine e sali minerali), digeribilità, valore biologico delle proteine, appetibilità, conservabilità, effetti sullo stato di salute dell’animale, effetti sulla produzione. Ciò risulta tanto più importante, qualora si consideri che l’odore, il sapore, l’aspetto, la consistenza dei prodotti zootecnici sono spesso influenzati dai mangimi forniti all’animale.L’Organo che presidia la qualità dei mangimi è l’Ispettorato Centrale Repressioni Frodi che effettua controlli e prelievi per analisi nei luoghi di produzione e di commercializzazione dei mangimi e presso gli allevatori che li utilizzano.
ii) Nella etichettatura dei mangimi
L’impiego di nuove fonti di materia prima può modificare le formule alimentari e la composizione che deve essere riportata nelle etichette apposte sulle confezioni dei mangimi. Potrebbero altresì cambiare le indicazioni da fornire all’allevatore, in particolare:
- se l’alimento è adatto alla specie o alla categoria di animale cui è destinato;
- se è sufficiente al fabbisogno dell’animale o necessita di essere addizionato di altri prodotti, magari ottenuti in azienda;
- quali sono gli ingredienti che lo compongono, i titoli analitici dei principi alimentari contenuti e l’eventuale integrazione di additivi;
- per quanto tempo l’alimento manterrà inalterata le sue proprietà nutrizionali;
- le dosi e le modalità di impiego, per una esatta destinazione del mangime ed una utilizzazione adeguata;
- altre eventuali avvertenze, legate alla presenza di additivi o di presidi veterinari.
iii) Nel confezionamentodei mangimi
E’ da valutare, infine, se le nuove materie prime utilizzate non alterino le tipologie di confezionamento usualmente utilizzate dalle imprese che producono mangimi: i) imballaggi (sacchi, casse, barattoli o simili), con chiusura ermetica o sigillati; ii) alla rinfusa (mangimi semplici e mangimi composti non medicati, pellettati o consegnati direttamente agli allevatori dallo stabilimento di produzione); iii) carri silos, formati da una o più celle ermeticamente chiuse con sigillo fissante un cartellino con le denominazioni, le dichiarazioni e le indicazioni prescritte per il mangime contenuto.
Area 2-Miglioramento dei sistemi di stoccaggio e stabilizzazione dei foraggi
i) Studio e messa a punto di sistemi innovativi di stabilizzazione dei foraggi (in particolare, dei foraggi non convenzionali e perciò poco indagati) compatibili con la filiera zootecnica;
ii) Individuazione di tecnologie sicure di condizionamento fisico in grado di inibire lo sviluppo di organismi e composti indesiderati (micotossine) durante lo stoccaggio e di preservare il contenuto proteico e nutrizionale fino all’assunzione da parte dell’animale;
iii) Interventi sulla forma dei prodotti in modo da facilitare l’handling e il trasporto.
Area 3-Definizione dell’attitudine per alimentazione umana degli alimenti derivati dalla filiera agro-zootecnia e dei relativi prodotti trasformati
i) Definizione della sicurezza d’uso e igiene della nuova filiera per l’alimentazione umana
Controllo del passaggio di fattori antinutrizionali lungo la filiera, della digeribilità e del valore biologico degli alimenti derivati direttamente dalla zootecnia (latte e carne);
ii) Studio e definizione dell’attitudine tecnologica dei prodotti zootecnici derivati alla trasformazione in prodotti alimentari (caseificazione, fermentazione, insacco)
Prove di produzione alimentare con prodotti derivati e verifica dell’attitudine alla trasformazione. Verifica della sicurezza d’uso e della qualità nutrizionale.
iii) Studio e definizione dell’attitudine sensoriale alla trasformazione.
Individuazione di eventuali correlazioni tra zootecnia a base di proteine vegetali non convenzionali e modificazioni di profili sensoriali percepibili. Prove di produzione e analisi comparativa dei profili sensoriali.
iv) Definizione di eventuali variazioni rispetto alla filiera convenzionale e individuazioni di elementi di valore aggiunto.
Area 4-Alimentazione ed effetti sul benessere degli animali, sui prodotti zootecnici e sull’ambiente
i) Miglioramento delle condizioni di benessere degli animali
Si sottolinea il rilevante contributo che il miglioramento delle condizioni di benessere degli animali può fornire al contenimento dei costi di produzione ed all’incremento della qualità delle produzioni zootecniche.
ii)Alimentazione zootecnica e prodotti tipici
L’impiego delle farine vegetali proteiche non convenzionali può condizionare gli standard dei prodotti tipici. Come è noto, le produzioni tradizionali locali, legate al territorio, presentano elevato interesse poiché sono in grado di evitare o contenere gli effetti della competizione internazionale, garantendo la possibilità di produrre anche in condizioni di oggettivo svantaggio ambientale.
In generale, per la qualificazione dei prodotti tipici, assumono un particolare rilievo i seguenti aspetti:
a) l’idoneità della materia prima,
b) la compatibilità delle innovazioni tecnologiche via via introdotte lungo tutta la filiera con il mantenimento della tipicità;
c) la possibilità di estendere al settore agroindustriale dei prodotti tipici le procedure di produzione in assicurazione di qualità.
Le ricerche dovranno quindi essere orientate a conseguire, anche utilizzando fonti proteiche non convenzionali, quei margini di efficienza tecnico economica che consentano ai prodotti tipici di essere allettanti, per il consumatore, nei confronti di quelli di massa o di imitazione.
iii) Promozione di una migliore qualità ambientale
La coesistenza di una zootecnia intensiva con un territorio a grande densità antropica presenta numerosi problemi, destinati in assenza di opportuni correttivi, ad aggravarsi notevolmente ed a mettere in discussione l’esistenza stessa di un settore produttivo di insostituibile valore economico.
Le ricerche afferenti a questo settore dovranno quindi svilupparsi su tre direttive principali, ovvero:
- messa a punto di tecniche produttive, economicamente compatibili, in grado di promuovere la riduzione del concorso all’inquinamento ambientale, nelle sue varie forme, della zootecnia e dell’industria ad essa collegata;
- riesame ed approfondimento degli effetti delle componenti ambientali sul processo produttivo, lungo tutta la filiera;
- contributo al ripristino delle condizioni di naturalità, vivibilità ed apprezzabilità dell’ambiente.
Area 5-Definizione di sistemi rapidi per la determinazione di contaminanti e di marker specifici
i) Studio e messa a punto di kit diagnostici rapidi per la determinazione della presenza di micotossine (es. aflatossine, ocratossine), contaminanti (fitofarmaci, Pb, Cd, Ni) e transgeni.
I kit dovranno essere di facile impiego ed essere utilizzabili su granella, su farine disidratate e su alimenti trasformati derivati (es.formaggi, insaccati).
ii) Studio di sistemi di rilevazione innovativi a base di tecnologie fisiche, chimiche e biologiche avanzate
iii) Messa a punto di test rapidi da potersi utilizzare per le analisi identificative di cultivar.
iv) Definizione di descrittori o marker specifici
Realizzazione di sistemi di determinazione di tali marker da poter essere utilizzati sia in campo sia in industria, con particolare riferimento alla granella.
Area 6- Percorso documentato dei prodotti dal campo alla tavola
i) Messa a punto di sistemi di tracciabilità e di gestione collaborativa della nuova filiera
Nelle produzioni zootecniche, ancora più che in altre filiere, riveste importanza il concetto di tracciabilità. E’ necessario mettere a punto un sistema di “Tracking” dei prodotti lungo la filiera allo scopo di garantire la tutela della qualità in tutti i segmenti della catena, dalla produzione in campo della materia prima al consumatore finale dei prodotti zootecnici. Esso è basato su descrittori di specificità identificabili nel prodotto fresco e in quello trasformato, associabili a caratteristiche genetiche, fisiologiche, chimiche e chimico-fisiche delle matrici vegetali monitorate. La tracciabilità è presupposto della rintracciabilità, sorta di carta d’identità che accompagna il prodotto.
Tutti la vogliono, molti la cercano. La “parola magica” è rintracciabilità: ovvero, come spiega il regolamento comunitario 178/2002 sulla sicurezza alimentare, “la possibilità di ricostruire e seguire il percorso di un alimento, di un mangime, di un animale destinato alla produzione alimentare o di una sostanza destinata o atta a entrare a far parte di un alimento o di un mangime attraverso tutte le fasi di produzione, della trasformazione e distribuzione”. Si tratta di una nozione che non ha una base scientifica, ma indica una gestione intelligente di dati provenienti dai vari segmenti della filiera. In questo modo ogni momento del processo produttivo può essere verificato: le schede aziendali infatti determinano la provenienza delle materie prime, i metodi di trasformazione, di trasporto e di stoccaggio, la provenienza degli animali allevati, il luogo dell’allevamento e le sue modalità, la composizione del piatto alimentare degli animali, il luogo della trasformazione e le sue metodiche.
La rintracciabilità oggi è fatta di isole, non esiste una mappa generale: c’è l’isola dei prodotti di origine protetta, l’isola delle produzioni biologiche, l’isola delle carni e di altri prodotti ancora. Manca una legge realmente applicativa che possa valere come punto di riferimento per tutto il mondo dell’agroalimentare. Sono noti una trentina di protocolli di rintracciabilità per la carne bovina reperibili sul mercato: tra gli altri, il sistema basato sul codice a barre della marca auricolare, che segue l’animale dalla nascita sino al momento in cui diventa bistecca; il sistema “mangimi puliti”, finalizzato all’autocertificazione dei protagonisti della filiera alimentare zootecnica aderenti alla iniziativa; il sistema “traceback” che utilizza i profili del DNA per tracciare la carne sino alla individuazione dell’animale di origine.A questo punto è lecito chiedersi: l’incerto consumatore sarà disposto a pagare di più per la tracciabilità? Improbabile, poichè la sicurezza dovrebbe già essere implicita in un alimento.
Area 7- Ecosostenibilità, trasferibilità industriale ed economicità della nuova filiera delle proteine vegetali
i) Valutazione dell’ecosostenibilità della nuova filiera dal campo al consumatore finale.
Individuazione delle variazioni rispetto alla filiera convenzionale e definizione dei maggiori o minori impatti.
ii) Valutazione della possibilità di trasferimento a livello agricolo e industriale della nuova filiera sperimentale messa a punto
Identificazione dei punti critici, delle difficoltà agricole e industriali e proposta di effetti mitiganti.
iii) Valutazione della economicità della nuova filiera
Analisi economica dei benefici diretti, associati alla maggiore disponibilità di fonti autoctone di proteine vegetali, e dei benefici indiretti, rappresentati dalla promozione di sistemi agricoli ecocompatibili ed a ridotto impatto sull’ambiente.
Area 8-Definizione di sistemi integrati di gestione della filiera
i) Flussi fisici e informativi
La promozione del comparto agricolo quale fornitore di proteine vegetali per la zootecnia deve prevedere un approccio sistemico di interoperabilità con gli attori della filiera attraverso una gestione integrata dei flussi fisici ed informativi. Le tecnologie di monitoraggio delle produzioni dal campo all’utilizzatore, attraverso devices wireless quali ad esempio visori satellitari, telecamereposte in campo, kit analitici rapidi permettono di massimizzare l’efficienza del sistema permettendo l’impiego di metodiche di forecasting per quanto riguarda la disponibilità della materia prima nel tempo e nello spazio, con efficienze maggiori nelle fasi di raccolta e distribuzione sul territorio.
ii) Integrazione dei soggetti della filiera
La implementqazione degli attori della filiera su una piattaforma collaborativa genera efficienze distribuite ed un riequilibrio dei ruoli tra gli attori in grado di garantire una maggiore stabilità dei mercati anche attraverso una maggiore garanzia di qualità delle produzioni, a tutto vantaggio della filiera stessa.
9.3 Coordinamento degli interventi
Il presente Piano nazionale, in ragione dell’elevata complessità multidisciplinare dovuta ai diversi partecipanti attivi lungo tutta la filiera, necessita di un coordinamento particolarmente accurato, allo scopo di assicurare un efficiente ed efficace perseguimento degli obiettivi politici, scientifici e tecnologici. Limitatamente al settore della ricerca e della sperimentazione, al coordinamento tecnico scientifico del progetto potrà collaborare Tecnoalimenti, Società di Ricerca per il settore agroalimentare, che affiancherà i partecipanti al Piano nazionale nell’elaborazione delle seguenti attività di sostegno alla ricerca:
1. Programmazione delle attività di ricerca: l’attività prevede la definizione per ogni attività dell’input necessario e dell’output prodotto allo scopo di permettere un efficace avvicendamento delle attività concatenate senza problemi di interfaccia. Verranno elaborate ed aggiornate durante tutto il progetto le Schede di Attività che permetteranno di prevedere eventuali problemi di interfaccia tra le attività e tra i partner.
2. Organizzazione operativa delle attività di ricerca: l’attività prevede contatti e incontri generali o parziali tra i gruppi di ricerca con lo scopo di organizzare l’operatività concreta delle fasi di ricerca e la tempistica per gestire al meglio i passaggi di campioni e di informazioni e i punti di interfaccia.
3. Monitoraggio e Valutazione del raggiungimento degli obiettivi scientifici e tecnologici:l’attività prevede di monitorare l’avanzamento dei risultati emergenti dal progetto e di valutare l’attinenza di tali risultati con gli obiettivi del progetto. Ogni partecipante comunicherà al coordinatore, sotto forma di relazione a mezzo e-mail o su supporto magnetico, un rapporto riguardante l’andamento della propria attività. I rapporti così raccolti verranno integrati in una relazione di sintesi delle attività del gruppo di lavoro nel periodo di riferimento e sarà quindi distribuito ai partecipanti. Il confronto con le previsioni iniziali potrà permettere di controllare lo sviluppo del progetto ed una eventuale ridefinizione dei compiti a breve termine delle strutture coinvolte per evitare ritardi nello svolgimento della ricerca.
4. Assicurazione di Qualità delle attività di progetto: L’attività consiste nella elaborazione di un Master Plan di progetto, grazie alle informazioni raccolte con le Schede di Attività, e nella rappresentazione del progetto secondo visuali GANTT e PERT. Tale strumento operativo fungerà da supporto per il coordinamento scientifico e tecnologico in quanto permetterà in qualsiasi momento di tenere sotto controllo ogni attività di progetto.
5. Technology Implementation Plan: Tecnoalimenti registrerà i risultati scientifici e tecnologici emergenti dal progetto, classificherà tali risultati secondo la loro natura in divulgabili e brevettabili. I risultati verranno trattati diversamente in funzione dell’interesse diretto deipartecipanti allo sfruttamento. In assenza di interesse industriale, i risultati, dopo accordo con gli inventori, potranno essere trasferiti ad altri settori industriali per applicazioni più mirate.
6. Gestione dei flussi di informazione tra i partecipanti: l’attività prevede di organizzare una piattaforma dove i partecipanti possano agevolmente reperire le informazioni sulle attività scientifiche e tecnologiche in corso presso altri partner di ricerca allo scopo di confrontare i loro dati con quelli degli altri partner. Si devono prevedere meeting generali periodici in cui tutti i partecipanti saranno invitati al fine di esporre l’andamento del proprio lavoro ed i risultati conseguiti, gli eventuali problemi incontrati e le soluzioni adottate. Gli incontri consentiranno uno scambio diretto di informazioni tra i partner ed una verifica dell’omogeneità delle attività. Potranno essere organizzati meeting ristretti a pochi partner in caso di problematiche o decisioni legate solo a specifici aspetti e tematiche della ricerca
Tecnoalimenti S.C.p.A. si avvarrà inoltre di un Comitato di Progetto, composto da un rappresentante delle principali strutture partecipanti, che avrà il compito di effettuare la gestione del progetto, gestire i rapporti tra partner, definire le regole per la diffusione dei risultati di ricerca, affrontare eventuale aspetti legali di progetto, gestire lo sfruttamento industriale dei risultati, in accordo con le disposizioni ministeriali.
10. Risultati attesi
- Incremento delle fonti di proteine vegetali impiegabili come materie prime in alternativa alle farine animali; minore dipendenza dall’estero per le fonti proteiche e per l’approvvigionamento di sementi di varietà migliorate.
- Maggiore sicurezza della catena alimentare nei confronti dei consumatori, maggiore sostenibilità del sistema agro-alimentare, maggiore biodiversità delle colture agricole e differenziazione della produzione Mediterranea.
- Aumento di competitività della coltura di erba medica attraverso il miglioramento quanti-qualitativo delle produzioni realizzato con azioni di miglioramento genetico, opportune scelte varietali e ottimizzazione delle agrotecniche.
- Aumento di competitività dell'industria di trasformazione, attraverso una migliore standardizzazione e controllo di qualità delle produzioni, migliori caratteristiche e minor costo della materia prima; aumento di competitività dell'industria sementiera nazionale.
- Recupero del ruolo delle leguminose da granella negli avvicendamenti colturali e conseguente incremento della capacità produttiva dei relativi sistemi colturali, che si mantiene nel tempo (maggiore sostenibilità). L’allargamento delle rotazioni permette vantaggi agronomici, gestionali e maggiore diversità degli ecosistemi agricoli, in alcuni casi appiattiti dalla pratica della monosuccessione. In altri casi può assumere connotazioni di recupero ambientale e migliore utilizzazione delle risorse disponibili nel territorio.
- Ottimizzazione delle combinazioni genotipo di leguminose/ceppo di rizobio, con possibilità di valorizzare le risorse naturali (l’azoto dell’aria) a vantaggio della pianta e delle colture in successione. Innovazioni nell’agrotecnica delle leguminose investigate basate sulla batterizzazione controllata.
- Impiego di tecniche agronomiche non convenzionali, quali la riduzione delle lavorazioni del terreno e degli input azotati, per la possibilità che le leguminose da granella offrono di conseguire buoni risultati con tecniche di coltivazione di tipo conservativo (minima lavorazione e semina diretta).
- Difesa delle produzioni zootecniche nazionali e aumento del loro valore aggiunto connesso all'utilizzazione di fonti proteiche di qualità, alla sicurezza alimentare, al benessere animale e all'utilizzo di sistemi di allevamento eco-compatibili.
- Realizzazione di una filiera tipo e definizione di un sistema di gestione collaborativa della filiera con coinvolgimento dei principali attori della filiera partecipanti al progetto.
INCREMENTO DELLA PRODUZIONE DI PROTEINE VEGETALI
PER L’ALIMENTAZIONE ZOOTECNICA
PROGRAMMA DEGLI INTERVENTI E DELLE INIZIATIVE DI RICERCA
DA SVILUPPARE A VALERE SUL CONTRIBUTO STRAORDINARIO DISPOSTO
A FAVORE DELL’ISTITUTO SPERIMENTALE PER LE COLTURE FORAGGERE
DI LODI DAL D.L. 11.1.2001 N° 1, CONVERTITO CON MODIFICAZIONI IN
LEGGE 9.3.2001 N°49.
PREMESSA
Il Decreto-legge 11 gennaio 2001 n. 1, convertito con modificazioni in legge 9 marzo 2001, n. 49, recante, tra l’altro, disposizioni urgenti per fronteggiare l’emergenza derivante dall’encefalopatia spongiforme bovina (BSE), all’art. 7-Ter dispone l’assegnazione all’Istituto Sperimentale per le Colture Foraggere di Lodi di un contributo straordinario di L. 2.000.000.000 per assicurare lo sviluppo della ricerca scientifica e tecnologica relativa al sistema della produzione dei foraggi e delle materie prime di uso nell’alimentazione degli allevamenti animali ed al fine di incrementare le fonti di produzione di proteine vegetali impiegabili come materia prima nei mangimi zootecnici in alternativa alle farine proteiche di origine animale.
Secondo lo stesso strumento legislativo il contributo è finalizzato principalmente a rafforzare le attività che l’Istituto svolge per provvedere agli studi ed alle ricerche riguardanti il miglioramento delle foraggere coltivate in Italia, nonché la tecnica di coltivazione dei pascoli, dei prati e degli erbai anche secondo le esigenze poste dallo sviluppo della produzione zootecnica nel quadro della rinnovata politica agricola nazionale e comunitaria, rivolta a sistemi di produzione che rispettino l’ambiente, conservino le risorse naturali e le integrità aziendali e favoriscano la diffusione dei metodi dell’agricoltura biologica.
LE ATTIVITA’ IN ATTO NELL’ISTITUTO
L’attività condotta dall’Istituto in questi ambiti disciplinari, anche nel contesto di ampie collaborazioni nazionali e internazionali, è già significativa. Tale attività, ai diversi livelli di ricerca di base, di sviluppo e applicata, concilia gli obiettivi tradizionali incentrati sulla funzione produttiva delle piante foraggere, strettamente finalizzata cioè all’alimentazione zootecnica, con gli obiettivi emergenti relativi agli impieghi polifunzionali e extraproduttivi, in coerenza alle nuove esigenze di conservazione e valorizzazione delle risorse ambientali e territoriali e alla riduzione dell’impatto ambientale dell’attività agricola.
Nella programmazione ordinaria vengono sviluppate, nei diversi ambiti agronomici e socio-economici in cui sono dislocate le articolazioni territoriali dell’Istituto, ricerche che riguardano: il miglioramento genetico e la costituzione varietale a sostegno dei nuovi obiettivi di diversificazione; la conservazione della biodiversità; l’impiego mirato delle biotecnologie innovative; la valorizzazione delle interazioni tra piante e microorganismi utili; lo studio comparato dei sistemi colturali e la messa a punto di ordinamenti colturali a minore impatto ambientale, soprattutto nelle aree a zootecnia intensiva; la gestione del territorio; le strutture prative e i relativi itinerari gestionali; la conservazione dei foraggi; il miglioramento del valore nutritivo dei foraggi e lo studio del metabolismo delle sostanze antinutrizionali; la fisiologia dello stress; la genetica e l’agrotecnica della produzione sementiera per favorire la diffusione delle novità vegetali. L’Istituto, con 45 varietà iscritte al Registro Nazionale, è uno dei principali costitutori pubblici di varietà migliorate in Europa.
Nell’ambito della attività straordinaria l’Istituto coordina e svolge, in concorso con altre istituzioni, significativi programmi nazionali di ricerca.
Col Progetto Finalizzato (P.F.) “Foraggicoltura Prativa” è stata prodotta innovazione nei settori connessi alla produzione di foraggi prativi per l’alimentazione dei ruminanti; alla funzionalità dei sistemi pascoli italiani nei diversi contesti territoriali, anche a sostegno delle produzioni tipiche; al miglioramento genetico in risposta ai nuovi obiettivi di diversificazione varietale; alla gestione dei reflui zootecnici.
Il P.F. “Gestione delle risorse prato-pascolive alpine” è un progetto di territorio in cui l’Istituto sviluppa ricerche finalizzate a migliorare la funzionalità dei sistemi foraggeri alpini per aumentarne l’efficienza e la stabilità e per ridurre il costo sociale della conservazione del territorio alpino; contribuire alla conservazione delle risorse prato-pascolive per finalità produttive e per gli aspetti della biodiversità, del paesaggio e della fruibilità turistico-ricreativa; procedere alla caratterizzazione vegetazionale e qualitativa delle risorse per l’individuazione di corretti criteri gestionali e di elementi di tipicità atti alla valorizzazione e certificazione delle produzione d’alpe.
Il P.F. “Inerbimenti e Tappeti Erbosi” è un altro programma nazionale di ricerca, che sviluppa un ampio ventaglio di indagini e applicazioni sul ruolo degli inerbimenti e dei tappeti erbosi nei sistemi agricoli, nei processi di recupero e valorizzazione ambientali e per finalità ricreative, estetiche e sportive. Si tratta di un progetto in cui il collegamento agricoltura-ambiente costituisce un riferimento significativo, sia perché fa propri gli obiettivi di sostenibilità e mette in primo piano la conservazione delle risorse ambientali e territoriali che l’agricoltura utilizza, sia perché valorizza il ruolo dell’agricoltura nella produzione di processi, servizi e beni alternativi finalizzati alla salvaguardia dell’ambiente, alla valorizzazione del territorio, all’elevazione della qualità della vita.
L’Istituto collabora a diversi altri Progetti nazionali (A.M.A., Risorse genetiche, Collezione di microorganismi di interesse agrario, ANFIT) che hanno riferimenti con gli obiettivi recati dalla L. 49, e svolge significative attività collaterali alla ricerca e di servizio.
INQUADRAMENTO E OBIETTIVI GENERALI DELL’INTERVENTO
Nell’ultimo quarto di secolo si è assistito nel nostro paese ad un forte ridimensionamento della foraggicoltura prativa (la coltura dell’erba medica è calata di oltre il 40%) contestuale all’affermarsi dei processi di semplificazione e intensificazione degli ordinamenti colturali e dei connessi sistemi zootecnici. L’affermarsi dei sistemi intensivi caratterizzati dalla monosuccessione cerealicola ha generato conseguenze negative sotto il versante della conservazione delle risorse ambientali e territoriali che l’agricoltura utilizza e ha disatteso in gran parte gli obiettivi di qualità e salubrità dei prodotti e dei processi, ponendo tra l’altro problemi di sicurezza ambientale che oggi sono tragicamente all’attenzione di tutti.
Le politiche di intervento comunitarie hanno favorito i cereali piuttosto che le coltivazioni foraggere e le colture proteiche in senso stretto e hanno sostanzialmente consolidato, con riferimento alle aree a forte concentrazione zootecnica, la pratica della monosuccessione di cereali, mais in particolare. La promozione delle colture foraggere utilizzabili direttamente nell’alimentazione animale, dei foraggi freschi e disidratati ad alto contenuto proteico e delle colture proteaginose per la produzione di farine vegetali alternative alle farine animali richiede, a sostegno, una opportuna revisione delle politiche di intervento.
Una recente comunicazione della Commissione U.E. al Consiglio dal titolo “Opzioni per promuovere la produzione di proteine vegetali nella U.E. [COM (2001) 148 definitivo/2] appare sconcertante per le conclusioni che contiene. Nella sostanza tutte le opzioni indicate relativamente al sostegno ai semi oleosi, alle colture proteaginose, ai foraggi disidratati, all’introduzione delle foraggere ad alto contenuto proteico nelle superfici a set-aside, vengono considerate non convenienti perché il costo dell’intervento sarebbe superiore a quello dell’approvvigionamento di panelli di soia sul mercato internazionale.
Queste conclusioni hanno un taglio strettamente contabile e riduttivistico perché non tengono conto di diversi fattori:
- il ruolo che svolgono queste colture in termini di sostenibilità agronomica, gestione del territorio e riduzione dell’impatto ambientale dell’attività agricola;
- la possibilità che una stretta applicazione del principio di precauzione sugli OGM produca forme di moratoria all’importazione di soia, considerato che la maggior parte della produzione nei paesi esportatori è ormai transgenica;
- il pericolo di dover fare affidamento sul mercato internazionale per materie prime strategiche per gli allevamenti e sostitutive di circa 2 milioni di tonnellate di farine animali;
- il conseguente ridimensionamento del ruolo dell’agricoltura, che non è solo quello strettamente produttivistico, ma anche sociale e di servizio all’ambiente.
Relativamente alle farine di soia il tasso di autosufficienza a livello comunitario è appena del 6%. E’ stato stimato che per supplire alla indisponibilità di farine animali, senza ricorrere a maggiori importazioni, l’Europa dovrebbe investire una superficie aggiuntiva di 2 milioni di ha a proteaginose.
Gli obiettivi degli interventi di ricerca contenuti nel presente programma sono coerenti a quelli recati dall’Art. 7 Ter della Legge 9/3/2001 n° 49 e sono finalizzati a:
- Produrre innovazione scientifica e tecnologica sui sistemi di produzione e conservazione dei foraggi e delle materie prime di uso nell’alimentazione zootecnica.
- Promuovere lo sviluppo innovativo dei prato-pascoli e pascoli a sostegno di sistemi foraggero-zootecnici che riducano l’integrazione di concentrati proteici e che favoriscano il pascolamento, anche a supporto delle filiere di produzione zootecnica di alta qualità, basate sull’allevamento estensivo e/o biologico, coniugando obiettivi produttivi e obiettivi di conservazione dell’ambiente, tutela del territorio rurale e benessere animale.
- Superare alcuni punti critici che limitano il sistema di produzione di materie prime per l’ottenimento di fieni e foraggi disidratati e altri prodotti proteici dell’industria della disidratazione, con particolare riferimento all’erba medica per l’alimentazione dei ruminanti.
- Consentire l’introduzione delle colture proteiche a semina autunnale negli ordinamenti colturali, con la finalità di: implementare la produzione di proteine vegetali sostitutive di quelle animali; valorizzare colture che per la collocazione nell’avvicendamento non entrano in competizione agronomica con la soia; attenuare l’impatto ambientale degli ordinamenti colturali foraggero-zootecnici cerealicoli, soprattutto nelle aree a zootecnia intensiva.
- Acquisire conoscenze metodologiche, anche nel settore delle biotecnologie, e produrre materiali vegetali strumentali al miglioramento delle produzioni quanti-qualitative di proteine con particolare riferimento all’erba medica.
- Verificare le caratteristiche nutrizionali delle fonti di proteine vegetali alternative alle farine animali e alla soia, per definire le ottimali condizioni d’uso e i limiti d’impiego per le diverse categorie zootecniche.
- Mettere a punto ordinamenti colturali a minore impatto ambientale e itinerari tecnici per i sistemi di agricoltura biologica che includano le foraggere ad alto contenuto proteico.
GLI INTERVENTI OPERATIVI PROPOSTI
Il quadro ampio di obiettivi e risultati attesi recati dall’art. 7 – Ter della Legge 49, non può essere efficacemente perseguito con un programma di ricerca basato sulle sole risorse finanziarie messe a disposizione dalla citata legge né sulle sole capacità operative dell’Istituto. Richiede invece la predisposizione di un Programma Integrato, che tenga conto dei necessari collegamenti interdisciplinari e che coinvolga competenze disponibili anche presso altre istituzioni di ricerca.
In questo senso l’Istituto ha elaborato un programma di ricerca più complessivo che si articola su due principali strumenti operativi che si complementano tra di loro e con l’attività ordinaria: la presente proposta di ricerca, e il programma Pro-medica, già presentato all’amministrazione.
Per la sua articolazione multidisciplinare, le diverse competenze e istituzioni coinvolte e il collegamento operativo con l’industria della disidratazione, il programma Pro-medica può essere sviluppato solo nella forma proposta di Progetto Finalizzato, per il quale l’Amministrazione potrà provvedere con finanziamento a parte.
Il programma di ricerca Pro-medica si concentra in via prioritaria sull’erba medica perché è la leguminosa che produce la maggior quantità di proteine per ettaro, con caratteristiche nutrizionali particolarmente idonee all’alimentazione dei ruminanti e di altri animali in produzione zootecnica, perché alimenta l’importante settore agro-industriale della disidratazione e perché si pone come elemento fondamentale per lo sviluppo di sistemi agricoli sostenibili.
Il progetto si propone di fornire gli strumenti conoscitivi, metodologici e tecnici finalizzati alla valorizzazione dell’erba medica: 1) per la produzione di proteine vegetali destinate prevalentemente all’alimentazione animale (farine proteiche, pellets, foraggi disidratati); 2) per la produzione di foraggi aziendali di qualità e per l’utilizzazione diretta da parte degli animali; 3) per la promozione di sistemi agricoli ecocompatibili; 4) per l’aumento di competitività e di efficienza del settore agro-industriale nazionale della disidratazione dei foraggi.
Le linee di ricerca includono: 1) La valutazione varietale e la valorizzazione delle risorse genetiche autoctone per i diversi obiettivi di produzione e trasformazione agroindustriale. 2) Lo sviluppo di modelli varietali innovativi per valorizzare le potenzialità quali-quantitative della specie. 3) L’uso dei marcatori molecolari per il sostegno alle azioni di miglioramento genetico e di monitoraggio della biodiversità. 4) Il miglioramento della qualità delle proteine e dell’efficienza del loro utilizzo nel metabolismo animale. 5) La definizione e l’utilizzo di metodi analitici rapidi per la valutazione di caratteristiche qualitative della produzione di erba medica e dei suoi derivati dell’industria di disidratazione. 6) La definizione dei livelli potenziali di implementazione e delle forme di impiego delle proteine di erba medica in sostituzione di altre fonti proteiche nell’alimentazione dei ruminanti.
Il presente programma di ricerca da sviluppare con il finanziamento disposto dalla legge 49 si articola in 4 diversi interventi operativi, per la cui definizione ci si è basati anche su criteri di complementarietà con altre iniziative di ricerca condotte dall’Istituto e con il progetto Pro-Medica. Il programma si svilupperà nell’arco temporale di un triennio a decorrere dalla sua attivazione operativa.
Intervento operativo 1: Colture proteiche
La sostituzione delle farine di origine animale nelle diete alimentari di tutte le specie zootecniche e la necessità di diminuire la dipendenza dall’estero per i concentrati proteici di origine vegetale, con particolare riferimento alle farine di soia, impone una rapida rivalutazione delle colture proteiche quali il favino, il lupino e il pisello. Tra l'altro, il pisello e il favino beneficiano di un regime di integrazione al reddito previsto dal Regolamento CEE 1251/99.
Le maggiori potenzialità di sviluppo fanno riferimento al pisello proteico perché è la leguminosa da granella di maggior produzione e stabilità produttiva; produce proteine di elevato valore nutrizionale sia per i monogastrici che per i poligastrici; è di consolidato uso nella mangimistica (il nostro Paese importa oltre il 95% delle materie prime); ha un ampio areale di adattamento; l’insilamento della pianta intera appare praticabile. Inoltre, l’inserimento del pisello, con semina autunnale, negli ordinamenti colturali dei sistemi foraggero-zootecnici e cerealicoli intensivi del nord Italia può essere importante perché: a) può consentire di ottenere una produzione proteica di elevato valore biologico (peraltro negli ambienti in cui sono concentrati gli allevamenti) che complementa le produzioni estive quali quella di mais e garantisce possibilità maggiori di avvicendamento; b) può ridurre significativamente l’impatto ambientale della monosuccessione della doppia coltura loiessa-mais trinciato, che a lungo andare risulta non sostenibile in termini agronomici e ambientali.
Lupino e favino, sono specie atte a valorizzare ambienti pedo-climatici meno favorevoli rispetto al pisello, ma utilizzabili con le stesse finalità negli ordinamenti colturali. Il favino è una coltura di antica tradizione negli ambienti centro-meridionali italiani che potrebbe, con lo sviluppo di nuove tipologie varietali (tipi ad accrescimento determinato; varietà ibride; varietà autogame obbligate), ridurre i noti limiti di instabilità delle rese. Il lupino è la coltura proteica la cui composizione chimica è più prossima a quella della soia e manifesta, pertanto, un ovvio interesse anche in virtù del recente ampliamento dell'inventario varietale (comprendente anche tipi ad accrescimento determinato). Sia per il favino che per il lupino, un basso contenuto in sostanze antinutrizionali è un prerequisito per l'utilizzazione nell'alimentazione zootecnica. L’adattamento alla semina autunnale è invece un prerequisito agronomico importante per tutte le specie in parola.
L’intervento operativo si propone di fornire gli strumenti conoscitivi, metodologici e tecnici finalizzati all’introduzione delle colture proteaginose negli ordinamenti colturali in funzione dell’approvvigionamento proteico per l’alimentazione animale e delle esigenze di sostenibilità agronomica e ambientale degli stessi ordinamenti.
Azioni di ricerca
1.1. Valutazione di varietà di pisello proteico, favino e lupino in funzione dell’ambiente di coltivazione, dell’ordinamento colturale e della destinazione d’uso.
-Pisello proteico: identificare, in ambiti territoriali e agronomici contrastanti (Lodi e Foggia), le varietà adatte alla semina autunnale più indicate per caratteristiche generali di adattamento, modelli di ordinamento colturale, tipologie di utilizzazione (granella, insilato) e produzione quanti-qualitativa. Determinazione dell'epoca di semina ottimale nei due areali.
-Lupino e favino: valutazione dell'adattamento in semina autunnale e della produzione quanti-qualitativa di recenti costituzioni di Lupinus angustifolius, L. albus, L. luteus, Vicia faba minor e Vicia faba equina, finalizzata alla identificazione delle specie e delle varietà adatte in ciascuno degli ambiti territoriali e agronomici contrastanti (Lodi, Foggia e Cagliari).
1.2. Verifica dei parametri tecnici, agronomico-ambientali ed economici finalizzati all’inserimento del pisello proteico negli ordinamenti colturali dei sistemi foraggero-zootecnici e cerealicoli intensivi.
-confronto tra ordinamenti colturali che includono la proteaginosa e ordinamenti colturali comunemente praticati per: indicatori agronomico-ambientali (fertilità residua, apporto azotato, etc); indicatori tecnici (punti critici tecnico-gestionali della doppia coltura alternativa a quella convenzionale: pisello-mais; pisello-soia, etc.); indicatori economici (produzione e competitività dell’ordinamento alternativo);
-definizione dell’agrotecnica ottimale in funzione: i) della tipologia della doppia coltura (pisello-mais, pisello-soia, etc); ii) della destinazione d’uso della produzione (granella, insilato).
1.3. Definizione delle potenzialità di insilamento del pisello proteico e del favino a maturazione cerosa, anche in fuzione di una maggiore flessibilità dell’ordinamento colturale.
- studio degli elementi che condizionano il successo dell’insilamento del pisello e del favino sotto l’aspetto quantitativo e qualitativo;
- definizione degli itinerari tecnici e delle modalità di conservazione ottimali.
1.4. Caratterizzazione nutrizionale della granella di pisello, favino e lupino in relazione alle destinazioni d’uso.
- definizione del valore nutritivo della granella di pisello, favino e lupino per l’alimentazione zootecnica;
- valutazione delle potenzialità e limiti d’uso nell’alimentazione di mono e poligastrici, anche in relazione alla presenza e al tenore in fattori antinutrizionali.
Intervento operativo 2: Prato-pascoli
La progressiva intensificazione dell'agricoltura e della zootecnia hanno marginalizzato i sistemi agricoli italiani localizzati nelle aree pedemontane e di alta collina con conseguenze negative rilevanti dal punto di vista socio-economico e della tutela e difesa del territorio. Per il recupero di tali aree non esistono di fatto ipotesi di gestione agricola economicamente alternative all’allevamento estensivo. Può essere offerta a queste aree una nuova opportunità di sviluppo basata su una produzione zootecnica di alta qualità fondata su sistemi estensivi e/o biologici, in cui possono essere valorizzate importanti filiere produttive quali quelle della linea vacca-vitello di razze da carne di qualità. L'interesse di un tale orientamento, in grado di valorizzare anche il ruolo poli-funzionale dell'agricoltura, è testimoniato da una serie di misure comunitarie, in particolare, le misure agro-ambientali contenute nel regolamento per lo sviluppo rurale 1804/99.
L'adozione di itinerari tecnici ottimali e diversificati in funzione della variabilità dei nostri areali pedemontani e di alta collina è una condizione basilare per la sostenibilità anche economica dei sistemi zootecnici estensivi. In particolare, poiché tali sistemi sono basati sul pascolamento, come per altro espressamente prescritto per i sistemi di allevamento biologico dal citato regolamento U.E., sembra importante individuare le specie e le varietà di colture da foraggio che meglio si prestano ad un tipo di utilizzazione diversificato e quelle che presentano la distribuzione di produzione più coerente alle esigenze animali nel particolare ambiente. Sulla base di accordi in corso le azioni di ricerca proposte si potranno collegare con programmi interregionali come quelli prospettati nell’Italia Centrale tra 6 Regioni (Abruzzo, Molise, Lazio, Umbria, Marche e Toscana), per la promozione della zootecnia a bassa densità.
Negli ambienti tipicamente mediterranei il miglioramento dei pascoli, su cui si basa l’importante settore produttivo ovino, va sostenuto con l’introduzione di specie altamente “specialistiche” per l’adattamento alle particolari condizioni climatiche, quali le leguminose annuali autoriseminanti. Diventa importante in questo senso valutare il comportamento produttivo e adattativo di nuove costituzioni sviluppate dall’Istituto a partire da germoplasma autoctono ai fini di una loro diffusione commerciale, in sostituzione di varietà estere non sempre adatte alle condizioni mediterranee del nostro paese.
Azioni di ricerca
2.1. Identificazione di specie leguminose foraggere per l'ottimizzazione della produzione quanti-qualitativa di prato-pascoli per areali diversificati.
- Definire, per ciascuno degli areali contrastanti (Appennino settentrionale, centrale e meridionale) e in condizioni di pascolamento, la specie o il miscuglio di specie più adatti nell'ambito delle seguenti opzioni: erba medica (Medicago sativa), lupinella (Onobrychis viciaefolia), sulla (Hedysarum coronarium) e trifoglio ambiguo (Trifolium ambiguum) in consociazione o meno con una graminacea Phleum pratense e Festuca arundinacea.
- Individuare, con particolare approfondimento per erba medica, le tipologie varietali che massimizzano la produzione di biomassa e la resistenza al pascolamento, anche per il successivo sviluppo di varietà specializzate per questo tipo di utilizzazione.
- Collaborare ad azioni di divulgazione e sviluppo con le Agenzie Agricole Regionali provvedendo anche ad amplificazioni delle attività sperimentali sul territorio.
2.2. Valutazione di nuove costituzioni di trifoglio sotterraneo tratte dal germoplasma locale per il miglioramento dei pascoli mediterranei.
- Identificare in ambienti diversificati dell’Italia meridionale e insulare i materiali superiori per caratteristiche produttive e adattative, con particolare riferimento alla capacità di autorigenerazione del pascolo.
- Moltiplicare le costituzioni migliori per la loro diffusione su scala agronomica.
Intervento operativo 3: Sistemi sostenibili e agricoltura biologica
L’introduzione di una leguminosa prativa nella rotazione svolge un ruolo fondamentale di sostenibilità agronomica e ambientale oltre a quello di approvvigionamento di alimenti ad alto contenuto proteico. La scelta dell’una o dell’altra specie è legata all’ambiente pedoclimatico e alla potenzialità produttiva richiesta dal particolare sistema foraggero-zootecnico. Negli ambienti del centro e nord Italia l’erba medica è la specie più idonea e appare indispensabile per l’ottenimento di sistemi colturali equilibrati, sia per l’azienda che la utilizza direttamente (zootecnia da latte), sia per quella che, senza bestiame, ne riceve i vantaggi agronomici senza rinunciare alla economicità, destinandola all’affienamento o eventualmente alla disidratazione. Le conoscenze sull’inserimento dell’erba medica negli ordinamenti colturali, che si caratterizzano per le problematiche agroambientali tipiche degli allevamenti intensivi (produzione e relativa gestione dei reflui, inquinamento da nitrati, ecc.) sono piuttosto limitate - con particolare riferimento all’area “grana padano”- mentre sarebbero indispensabili anche per la messa in attuazione delle diverse normative relative alla gestione del territorio e al contenimento dell’impatto ambientale. L’erba medica può d’altronde avere un ruolo cruciale nei sistemi aziendali biologici. Anche in questo caso non si dispone di informazioni sufficienti sulla gestione della specie quanto inserita in un appropriato sistema biologico e sulle potenzialità e limiti di tale inserimento. Il controllo della flora infestante è in questo caso uno dei punti critici.
Azioni di ricerca
3.1. Introduzione della leguminosa prativa nei sistemi agricoli intensivi ai fini della riduzione dell’impatto ambientale e nei sistemi di agricoltura biologica.
- Valutazione comparativa di ordinamenti colturali con e senza erba medica e a diversa modulazione degli input agronomici (compreso il sistema biologico) in ambienti a zootecnia intensiva, con particolare riferimento all’impatto su fertilità agronomica del suolo e gestione dei reflui zootecnici.
- A latere, studio degli itinerari tecnici per il controllo delle infestanti in erba medica quando inserita in un sistema biologico.
Intervento operativo 4: Miglioramento della produzione proteica in erba medica.
Il miglioramento della produzione proteica in erba medica, con particolare riferimento alle varietà destinate alla disidratazione, può essere conseguito attraverso interventi che riguardano la struttura prativa e/o interventi che riguardano la morfo-fisiologia della pianta.
Per quanto riguarda la struttura prativa il miglioramento della velocità di insediamento della specie e il controllo dei fenomeni di competizione tra piante appaiono dei fattori chiave. Uno strumento individuato per realizzare tali obiettivi è l’aumento delle dimensioni del seme che migliora l’energia germinativa, consente di praticare semine di precisione, di ridurre la dose di seme e di ottenere strutture prative fisiologicamente più omogenee e produttive già in fase giovanile. L’aumento della dimensione del seme può essere ottenuto soltanto attraverso la via biotecnologica, operando sui geni che controllano il periodo di attività delle cellule meristematiche e sui relativi promotori.
Per quanto riguarda la morfologia della pianta i fattori principali nel determinare la quantità di proteine/ha prodotte sono il rapporto foglie/steli e l’età delle foglie. Infatti, le foglie costituiscono il comparto della pianta a più elevato valore alimentare (30% di protidi grezzi).
Il rapporto foglie/steli segue un’evoluzione legata all’accrescimento e allo sviluppo della pianta: raggiunge valori intorno all’unità allo stadio di bottone verde per poi decrescere fino alla fioritura a causa di processi di scenescenza e caduta delle foglie basali. Sono state individuate diverse vie per il miglioramento di questo rapporto: a) la procedura del taglio anticipato che richiede l’uso di varietà resistenti; b) la ricerca di modelli varietali in grado di assicurare livelli di omogeneità fisiologica elevati; c) la selezione di individui con elevato tasso di accrescimento e tasso di sviluppo lento, cioè tardivi nella fase riproduttiva; d) la modifica della morfologia dello stelo verso un aumento del numero degli internodi, e quindi delle foglie; e) il controllo e rallentamento dei processi di senescenza a carico delle foglie basali della pianta.
Azioni di ricerca
4.1 . Modifica della fisiologia e morfologia della pianta erba medica per il miglioramento della produzione proteica in funzione della disidratazione.
- Selezione per la resistenza al taglio anticipato per migliorare il rapporto foglie/steli;
- sganciamento tra velocità di produzione della biomassa e velocità di sviluppo, per ottenere individui vigorosi, tardivi, con persistenza delle foglie verdi alla base degli steli;
- selezione di piante con steli alti e internodi raccorciati. Queste caratteristiche sono perseguite utilizzando la variabilità morfologica derivata da materiali ottenuti da ibridazione somatica Medicago sativa x M. falcata incrociati con M. sativa e già disponibili presso l’Istituto.
4.2. Azioni biotecnologiche per l’aumento della dimensione del seme e il controllo dei processi di senescenza fogliari.
- verifica delle possibilità e dei limiti di inserimento in erba medica di geni che controllano l’attività meristematica (es. “Aintegumenta”) uniti a promotori embrione specifici o endosperma specifici;
- ricerca e caratterizzazione molecolare di geni coinvolti nel processo di senescenza fogliare;
- ricerca di marcatori molecolari collegati alla velocità e/o alle modalità del processo di senescenza, anche in vista della possibilità di selezione assistita.
Nel quadro di queste azioni di ricerca un obiettivo collaterale è quello di formare nuovo personale nelle principali tecniche e procedure biotecnologiche applicate ad erba medica.
RISULTATI REALIZZABILI
I risultati realizzabili alla fine del triennio con riferimento ai due principali ordini di obiettivi recati dall’art. 7 – Ter della legge 49 sono i seguenti:
A) Incremento delle fonti di proteine vegetali impiegabili come materie prime in alternativa alle farine animali.
- Identificazione delle specie e varietà di leguminose proteiche che massimizzano le rese negli specifici ambiti territoriali, colturali e zootecnici;
- Definizione della competitività economica, agronomica e ambientale delle colture proteaginose e degli ordinamenti colturali che le contengono, anche per la proposta di eventuali misure di sostegno;
- Messa a punto degli itinerari tecnici che ottimizzano le rese e il ruolo ambientale della coltura e dell’ordinamento colturale;
- Definizione della capacità delle fonti proteiche alternative di surrogare le farine animali e degli eventuali limiti d’uso per le diverse categorie animali;
- Sviluppo delle tecniche di insilamento del favino e del pisello proteico;
- Ottenimento di materiali intermedi per lo sviluppo di varietà di erba medica ad alta produzione proteica per l’industria della disidratazione;
a livello scientifico questi risultati si coniugheranno con l’acquisizione di conoscenze e metodologie per l’impiego sostenibile delle biotecnologie a supporto degli obiettivi di miglioramento quanti-qualitativo della produzione proteica;
B) Sviluppo del sistema di produzione dei foraggi e delle materie prime di uso nell’alimentazione animale, a sostegno di modelli foraggero-zootecnici estensivi e di metodi di agricoltura biologica.
- Preliminare individuazione, per il successivo perfezionamento, delle tipologie di prato-pascolo funzionali ai sistemi di allevamento dati e alle destinazioni d’uso;
- Individuazione di varietà di leguminose prative resistenti al pascolamento;
- Rilascio per la moltiplicazione/distribuzione commerciale di varietà superiori di trifoglio sotterraneo;
- Definizione di itinerari tecnici per l’introduzione dell’erba medica nei sistemi biologici;
- Acquisizione di conoscenze sugli effetti dell’erba medica e delle colture proteiche sulla fertilità agronomica e sulla riduzione dell’impatto ambientale nei sistemi convenzionali e biologici;
- Sviluppo di un sistema di collegamento operativo con Agenzie agricole regionali per azioni di divulgazione e sviluppo.
COORDINAMENTO, TRASFERIMENTO DEI RISULTATI E VALORIZZAZIONE DELL’INNOVAZIONE MATURA
Sulla scorta dei risultati via via ottenuti nel corso del Programma di ricerca, saranno prontamente attivate iniziative di divulgazione e sviluppo-valorizzazione delle innovazioni mature, con l’obiettivo di procedere non semplicemente a una divulgazione generica dei risultati che presentano valenza applicativa, quanto di fornire ai potenziali utenti “pacchetti operativi” di processo, sostitutivi o integrativi di pratiche e itinerari tecnici in uso.
Verrà messo a punto un sistema di collegamento operativo con Agenzie di sviluppo e divulgazione nazionali e regionali, e con Associazioni di categoria del settore agricolo: agricoltori, allevatori, industriali della trasformazione e della mangimistica, e sementieri. Con le Agenzie regionali di sviluppo verranno avviate iniziative di sperimentazione dimostrativa sul territorio per la valorizzazione, anche “in fieri”, dei processi e dei risultati della ricerca.
Una prima iniziativa di trasferimento riguarda l’attivazione di un sito WEB attraverso cui rendere disponibili in tempo reale, e continuamente aggiornati, i risultati della ricerca e le relative elaborazioni applicative di processo e, più in particolare, le novità nel settore dell’approvvigionamento e dell’impiego di proteine vegetali in sostituzione delle farine animali, anche in relazione all’evoluzione delle normative Comunitarie in materia.
Saranno inoltre predisposte e pubblicate, a cadenza periodica, schede tecniche divulgative di facile consultazione, destinate a diverse tipologie di utenza (tecnici esecutivi e imprenditori; funzionari pubblici, etc.) anche in collegamento con analoghe pubblicazioni correntemente stampate e distribuite dai Servizi alla divulgazione delle Agenzie Agricole Regionali. Tali schede potranno anche essere pubblicizzate e diffuse attraverso la stampa agricola a maggior tiratura nazionale (L’Informatore Agrario, Terra e Vita, ecc.).
Ogni anno verranno organizzati Field Day presso le sedi dell’Istituto – Lodi, Foggia e Cagliari – ed eventualmente presso altre località in cui si conducono le prove previste dai diversi interventi operativi, per una immediata pubblicizzazione e diffusione delle indicazioni ricavabili dalla sperimentazione in atto.
Un Convegno/Workshop finale sarà l’occasione per la presentazione dei risultati acquisiti durante l’intero corso del Progetto, soprattutto in relazione alla loro trasferibilità alla realtà operativa.
Con iniziative di questo tipo possono essere valorizzate le ricadute dei risultati della ricerca, ma anche promosse nuove iniziative, soprattutto in collegamento con le Amministrazioni centrali, regionali ed altri Enti territoriali, per diffondere innovazioni e soluzioni tecnico-gestionali come prodotti maturi per la realtà agricola nazionale.
Il Responsabile amministrativo Il Direttore dell'Istituto
dell'Istituto e Coordinatore del Progetto
(Milena Rosi) Speciale
(Dr. Efisio Piano)
[1] In merito a detto Reg. 1786/2003 va rammentato che le sue disposizioni si applicano a decorrere dall’1/4/05.
[2] Il testo del “Programma Proteine vegetali”, con il relativo quadro finanziario, è allegato al presente dossier.
[3] Per informazioni più esaustive sull’attività dell’Istituto sperimentale per le colture foraggere di Lodi, anche con riferimento all’attività svolta in relazione al contributo straordinario disposto dall’art.7-bis del DL n.1/2001, si rinvia alla documentazione trasmessa dall’Istituto medesimo allegata al presente dossier.