XIV Legislatura - Dossier di documentazione | |||||
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Autore: | Servizio Studi - Dipartimento agricoltura | ||||
Titolo: | Revisione della legge sulla caccia - Normativa regionale (Prima parte) | ||||
Serie: | Documentazione e ricerche Numero: 105 Progressivo: 1 | ||||
Data: | 14/12/04 | ||||
Descrittori: |
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Servizio studi |
documentazione e ricerche |
Revisione della legge Normativa regionale |
n. 105/1 (parte prima) |
14 dicembre 2004 |
Camera dei deputati
Il presente dossier si articola in tre volumi:
- il primo contiene la nota introduttiva ed altra documentazione (105);
- il secondo riporta la normativa regionale e si divide in due volumi (105/1 parte prima e 105/1 seconda)
Dipartimento Agricoltura
SIWEB
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File: Ag0215A
INDICE
Parte prima
§ L.R. Abruzzo 28 gennaio 2004, n. 10 Normativa organica per l'esercizio dell'attività venatoria, la protezione della fauna selvatica omeoterma e la tutela dell'ambiente
§ L.R. Basilicata 9 gennaio 1995, n. 2 Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio
§ L.R. Calabria 17 maggio 1996, n. 9 Norme per la tutela e la gestione della fauna selvatica e l'organizzazione del territorio ai fini della disciplina programmata dell'esercizio venatorio
§ Deliberazione del consiglio regionale della Calabria 25 giugno 2003, n. 222 Piano faunistico venatorio regionale
§ L.R. Campania 10 aprile 1996, n. 8 Norme per la protezione della fauna selvatica e disciplina dell'attività venatoria in Campania
§ D.G.R. 9 settembre 2002, n. 4039 Riformulazione calendario venatorio annata 2002-2003 in esecuzione sentenza Tar n. 4022 del 4/9/02.
§ Delib.G.R. 26 luglio 2002, n. 3628 Approvazione calendario venatorio 2002-2003 (con allegati).
§ L.R. Emilia Romagna 15 febbraio 1994, n. 8 Disposizioni per la protezione della fauna selvatica e per l'esercizio dell'attività venatoria
§ L.R. 12 luglio 2002, n. 14 Norme per la definizione del calendario venatorio regionale.
§ L.R. 12 luglio 2002, n. 15 Disciplina dell'esercizio delle deroghe previste dalla direttiva 79/409/CEE. Modifiche alla L.R. 15 febbraio 1994, n. 8 "Disposizioni per la protezione della fauna selvatica e per l'esercizio dell'attività venatoria".
§ L.R. Friuli-Venezia Giulia 31 dicembre 1999, n. 30 Gestione ed esercizio dell'attività venatoria nella Regione Friuli-Venezia Giulia
§ L.R. 17 aprile 2003, n. 10 Disciplina del regime di deroga previsto dall'articolo 9 della direttiva n. 79/409/CEE concernente la conservazione degli uccelli selvatici e modifiche a disposizioni in materia di tutela della natura, di attività venatoria e di tassidermia.
§ L.R. Lazio 2 maggio 1995, n. 17 Norme per la tutela della fauna selvatica e la gestione programmata dell'esercizio venatorio
§ Delib.G.R. 7 novembre 2003, n. 1116 Legge regionale n. 17/1995, art. 35-bis. Prelievo in deroga della specie Storno (Sturnus Vulgaris). Art. 9 della direttiva n. 79/409/CEE e successive modifiche.
§ L.R. 1 luglio 1994, n. 29 Norme regionali per la protezione della fauna omeoterma e per il prelievo venatorio
§ L.R. 5 ottobre 2001, n. 34 Attuazione dell'articolo 9 della Direttiva comunitaria 79/409 del 2 aprile 1979 sulla conservazione degli uccelli Selvatici.
§ L.R. 13 agosto 2002, n. 31 Disposizioni per lo svolgimento della stagione venatoria 2002/2003. Modificazioni alla legge regionale 1° luglio 1994, n. 29 recante norme in materia di caccia e alla legge regionale 5 ottobre 2001, n. 34 (attuazione dell'articolo 9 della direttiva comunitaria 79/409 del 2 aprile 1979 sulla conservazione degli uccelli selvatici).
§ L.R. Lombardia 16 agosto 1993, n. 26 Norme per la protezione della fauna selvatica e per la tutela dell'equilibrio ambientale e disciplina dell'attività venatoria
§ L.R. 7 agosto 2002, n. 18 Applicazione del regime di deroga previsto dall'art. 9 della direttiva 79/409/CEE del consiglio, del 2 aprile 1979, concernente la conservazione degli uccelli selvatici.
§ L.R. 5 gennaio 1995, n. 7 Norme per la protezione della fauna selvatica e per la tutela dell'equilibrio ambientale e disciplina dell'attività venatoria
§ Delib.G.R. 13-7-2004 n. 808 L.R. n. 7/1995, art. 30 - Calendario venatorio 2004/2005.
§ L.R. Molise 10 agosto 1993, n. 19 Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio
PIEMONTE 525
§ L.R. 4 settembre 1996, n. 70 Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio 525
§ Delib.G.R. 10 giugno 2002, n. 38-6284 Art. 45, L.R. n. 70/1996. Approvazione del Calendario venatorio, per l'intero territorio regionale, valido per la stagione 2002/2003.571
PUGLIA 581
§ L.R. 13 agosto 1998, n. 27 Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma, per la tutela e la programmazione delle risorse faunistico-ambientali e per la regolamentazione dell'attività venatoria581
§ L.R. 25 agosto 2003, n. 16 Applicazione del regime di deroga ai sensi della legge 3 ottobre 2002, n. 221. 633
SARDEGNA 635
§ L.R. 29 luglio 1998, n. 23 Norme per la protezione della fauna selvatica e per l'esercizio della caccia in Sardegna 635
§ L.R. 13 febbraio 2004, n. 2 Norme in materia di protezione della fauna selvatica e di prelievo venatorio in Sardegna, in attuazione della legge 3 ottobre 2002, n. 221 685
§ Dec.Ass. 18 febbraio 2004, n. 3/V Prelievo in deroga ai sensi della L.R. 13 febbraio 2004, n. 2. 687
SICILIA 691
§ Dec.Ass. 14 giugno 1994 Calendario venatorio 1994-95. 691
§ L.R. 1 settembre 1997, n. 33 Norme per la protezione, la tutela e l'incremento della fauna selvatica e per la regolamentazione del prelievo venatorio. Disposizioni per il settore agricolo e forestale 699
TOSCANA 743
§ L.R. 12 gennaio 1994, n. 3 Recepimento della legge 11 febbraio 1992, n. 157 «Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio» 743
§ L.R. 26 luglio 2002, n. 31 Attuazione dell'articolo 9 della direttiva 79/409/CEE del Consiglio, del 2 aprile 1979, concernente la conservazione degli uccelli selvatici, per il periodo settembre 2002 - gennaio 2003 (2). 783
§ Delib.G.R. 27-8-2004 n. 811 L.R. n. 3/1994 articolo 37-bis - prelievo in deroga della specie storno.785
UMBRIA 787
§ L.R. Umbria 17 maggio 1994, n. 14 Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio. 787
VALLE D’AOSTA 817
§ L.R. 27 agosto 1994, n. 64 Norme per la tutela e la gestione della fauna selvatica e per la disciplina dell'attività venatoria. 817
§ Delib.G.R. 17 giugno 2002, n. 2202 Approvazione del calendario venatorio per la stagione 2002/2003.843
VENETO 869
§ L.R. Veneto 9 dicembre 1993, n. 50 Norme per la protezione della fauna selvatica e per il prelievo venatorio 869
§ L.R. 13 agosto 2004, n. 17 Disciplina del regime di deroga previsto dall'articolo 9 della direttiva 79/409/CEE del 2 aprile 1979 del Consiglio concernente la conservazione degli uccelli selvatici, in attuazione della legge 3 ottobre 2002, n. 221"Integrazioni alla legge, ll febbraio 1992, n.157,in materia di protezione alla fauna selvatica e di prelievo venatorio, in attuazione dell'articolo 9 della direttiva comunitaria 79/409/CEE". 899
PROVINCIA DI TRENTO 903
§ L.P. Trento 9 dicembre 1991, n. 24 Norme per la protezione della fauna selvatica e per l'esercizio della caccia 903
PROVINCIA DI BOLZANO 939
§ L.P. Bolzano 17 luglio 1987, n. 14 Norme per la protezione della selvaggina e per l'esercizio della caccia 939
§ D.P.G.P. 6 aprile 2000, n. 18 Regolamento relativo alle norme per la protezione della selvaggina e per l'esercizio della caccia. 985
L.R. Abruzzo 28 gennaio 2004, n. 10
Normativa organica per l'esercizio dell'attività
venatoria, la protezione della fauna selvatica omeoterma e la tutela
dell'ambiente
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(1) Pubblicata nel B.U. Abruzzo 11 febbraio 2004, n. 1 straordinario.
TITOLO I
Art. 1
Finalità.
1. La Regione Abruzzo nell'osservanza dei principi stabiliti dalla legge n. 157/1992, in attuazione delle direttive comunitarie e le convenzioni internazionali, disciplina la tutela della fauna selvatica ed il prelievo venatorio secondo metodi di razionale programmazione delle forme di utilizzazione del territorio e fruizione delle risorse naturali.
2. La regione conforma l'attività di programmazione e pianificazione faunistico-venatoria a criteri di salvaguardia dei valori naturali ed ambientali tenendo conto delle peculiari caratteristiche del proprio territorio, delle esigenze economiche e ricreative delle popolazioni che vi risiedono e delle consuetudini locali.
3. La regione e le province, tenuto conto dei motivi socio-economici alla base del degrado del territorio, in attuazione della legge n. 97/1994, art. 8, promuovono lo sviluppo di specifiche iniziative aventi carattere faunistico-venatorio che favoriscono il rilancio dell'economia agricola, con particolare riguardo alle zone montane.
4. Per raggiungere queste finalità, la regione detta norme per la gestione del patrimonio faunistico-ambientale e per la disciplina dell'attività venatoria perseguendo in particolare i seguenti obiettivi:
a. tendere a ridurre o eliminare i fattori di degrado o di disequilibrio ambientale;
b. attuare un piano programmato di salvaguardia dell'equilibrio ambientale-faunistico;
c. coinvolgere nella gestione del patrimonio faunistico-ambientale le forze agricole, socio economiche, ambientali, oltre ai cacciatori ed ai rappresentanti della pubblica amministrazione;
d. disciplinare l'attività venatoria nel rispetto della conservazione della fauna selvatica.
Art. 2
Funzioni amministrative.
1. Il Consiglio regionale esercita le funzioni amministrative di programmazione e di coordinamento ai fini della pianificazione faunistico-venatoria.
2. La Giunta regionale esercita le funzioni amministrative concernenti il controllo, i compiti d'indirizzo, di promozione, di divulgazione, di regolamentazione e coordinamento delle attività venatorie nonché il potere sostitutivo nei casi previsti dalla legge.
3. Le province esercitano le funzioni amministrative in materia di caccia e di protezione della fauna, ai sensi dell'art. 19, comma 1, lettera f) del D.Lgs. n. 267/2000, nel rispetto di quanto previsto dalla presente legge.
Art. 3
Consulta regionale.
1. Per assolvere le proprie funzioni la Giunta regionale si avvale dei pareri dell'Osservatorio Faunistico regionale (di seguito OFR) e della consulta regionale della caccia istituita presso la Giunta regionale quale organo tecnico-consultivo della Giunta regionale stessa.
2. La Consulta regionale è composta da:
a. il componente pro-tempore la Giunta preposto al settore caccia con funzioni di presidente, in caso di impedimento o assenza lo sostituisce il coordinatore del settore caccia;
b. gli assessori provinciali pro-tempore o consiglieri delegati alla caccia;
c. due rappresentanti delle organizzazioni professionali agricole maggiormente rappresentative a livello regionale ed operanti in regione;
d. tre rappresentanti per l'associazione venatoria, riconosciuta a livello nazionale ed operante in regione con il maggior di iscritti e due rappresentanti per ogni altra associazione venatoria riconosciuta a livello nazionale ed operante in regione;
e. un rappresentante degli enti parco nazionali e regionali da essi congiuntamente designato;
f. un rappresentante regionale della Federazione Italiana Discipline con Armi Sportive da Caccia (di seguito FIDASC);
g. un laureato in biologia o scienze naturali;
h. due rappresentanti delle associazioni naturalistiche e di protezione ambientale pres
enti nel consiglio nazionale per l'ambiente ed operanti in regione con il maggior numero di iscritti;
i. un veterinario esperto di fauna selvatica designato dall'Istituto Zooprofilattico Sperimentale per l'Abruzzo ed il Molise;
l. un rappresentante regionale dell'Ente Nazionale Cinofilia Italiana (di seguito ENCI).
3. I componenti di cui alle lettere c), d), e), f), h), i), sono designati dalle rispettive associazioni ed enti entro 15 giorni dalla richiesta.
4. Il componente di cui alla lettera g) è designato dal componente la Giunta preposto al settore caccia.
5. La consulta è costituita entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge con decreto del Presidente della Giunta regionale sulla base delle designazioni pervenute.
6. Le funzioni di segretario sono svolte da un dipendente della regione designato dal coordinatore del settore.
7. I componenti durano in carica 4 anni e comunque fino alla costituzione della nuova consulta. I componenti della Consulta regionale e provinciale nei cui confronti è stata disposta una sanzione di cui all'art. 30 della legge n. 157/1992 o all'art. 30 della legge n. 394/1991 sono revocati e comunque non possono far parte delle consulte stesse.
8. L'ente od organismo che ha provveduto alla designazione dei componenti alla consulta, potrà chiederne la sostituzione.
9. In caso di dimissioni, di sostituzione o di vacanza di posto, il componente nominato dura in carica sino alla scadenza del periodo di nomina del membro sostituito.
10. La consulta si riunisce su convocazione del presidente o su richiesta della maggioranza assoluta dei suoi componenti.
11. Ai lavori della consulta partecipano di diritto i funzionari ed i dirigenti dell'ufficio caccia.
12. La Giunta regionale corrisponde a ciascun componente la consulta, in quanto spettante, un gettone di presenza oltre al rimborso delle spese di viaggio ai sensi della normativa regionale vigente in materia.
13. La consulta regionale è validamente costituita con la partecipazione di almeno un terzo dei suoi membri.
14. Prima dello scioglimento della seduta, il segretario dà lettura del verbale per l'approvazione e lo sottoscrive unitamente al presidente.
Art. 4
Consulta provinciale.
1. Presso la Giunta provinciale è istituita la Consulta provinciale della caccia, quale organo tecnico-consultivo della Giunta provinciale stessa.
2. La Consulta provinciale è composta da:
a. l'assessore provinciale pro-tempore o consigliere preposto al settore caccia con funzioni di presidente, in caso di impedimento o assenza lo sostituisce il coordinatore del settore caccia;
b. due rappresentanti delle organizzazioni professionali agricole maggiormente rappresentative a livello regionale ed operanti in provincia;
c. tre rappresentanti per l'associazione venatoria, riconosciuta a livello nazionale ed operante in regione con il maggior numero di iscritti e due rappresentanti per ogni altra associazione venatoria riconosciuta a livello nazionale ed operante in regione;
d. un rappresentante, designato congiuntamente, degli enti parco nazionali e del parco regionale se presenti sul territorio provinciale;
e. un laureato in biologia o scienze naturali;
f. un rappresentante provinciale della FIDASC;
g. due rappresentanti delle associazioni naturalistiche e di protezione ambientale presenti nel Consiglio nazionale per l'ambiente ed operanti in regione con il maggior numero di iscritti;
h. un veterinario esperto di fauna selvatica designato dall'Istituto Zooprofilattico Sperimentale per l'Abruzzo ed il Molise;
i. un rappresentante provinciale dell'ENCI.
3. I componenti di cui alle lettere b), c), d), f), g), h), i) sono designati dalle rispettive associazioni ed enti entro 15 giorni dalla richiesta.
4. Il componente di cui alla lettera e) è designato dal Presidente della provincia.
5. La consulta è costituita entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge con deliberazione della Giunta provinciale sulla base delle designazioni pervenute.
6. Le funzioni di segretario sono svolte da un dipendente della provincia designato dal coordinatore del settore.
7. Per il funzionamento valgono le stesse norme stabilite per la consulta regionale di cui al precedente articolo.
8. La Giunta provinciale corrisponde a ciascun componente la Consulta, in quanto spettante, un gettone di presenza oltre al rimborso delle spese di viaggio ai sensi della normativa regionale vigente in materia.
Art. 5
Osservatorio faunistico regionale, cattura temporanea ed inanellamento.
1. Allo scopo di favorire lo studio della biologia della fauna selvatica presente sul territorio regionale e il rapporto con l'ambiente ed i comportamenti in relazione alle modificazioni del territorio, la regione istituisce un Osservatorio Faunistico regionale (di seguito indicato OFR);
2. La Giunta regionale su parere dell'OFR può autorizzare esclusivamente gli Istituti Scientifici delle Università e del Consiglio Nazionale delle Ricerche ed i Musei di storia naturale ad effettuare la cattura e l'utilizzazione a scopo di studio e di ricerca scientifica di mammiferi ed uccelli, nonché il prelievo di uova, nidi e piccoli nati.
3. La costituzione, il funzionamento e le attività dell'OFR sono disciplinati da apposito regolamento da emanare entro un anno dall'entrata in vigore della presente legge, prevedendo comunque la presenza di rappresentanti di comprovata esperienza delle tematiche faunistiche-venatorie.
4. L'attività di cattura temporanea per l'inanellamento degli uccelli a scopo scientifico è organizzata e coordinata dall'Istituto Nazionale per la Fauna Selvatica (di seguito INFS); tale attività funge da schema nazionale di inanellamento in seno all'EURING. L'attività d'inanellamento può essere svolta esclusivamente da titolari di specifico permesso rilasciato dall'INFS e di autorizzazione rilasciata dalla Giunta provinciale.
5. È fatto obbligo a chiunque abbatta o rinvenga uccelli inanellati di darne notizia all'INFS o al Sindaco nel Comune il cui territorio è avvenuto il fatto, il quale provvede ad informare il predetto Istituto.
Art. 6
Divieto di uccellagione e di cattura di mammiferi - allevamento amatoriale.
1. È vietata ogni forma di uccellagione e di cattura di uccelli e mammiferi selvatici nonché la distruzione ed il prelievo di uova, nidi e piccoli nati, salvo quanto previsto dal comma 4 dell'art. 5, e l'attività di cattura esercitata dalla provincia.
2. Per il soccorso, la detenzione temporanea e la successiva liberazione di fauna selvatica in difficoltà, le province, gli agenti di vigilanza, le associazioni, gli organismi e gli altri soggetti operanti in materia, si avvalgono del "centro recupero rapaci e selvatici", di cui alla L.R. n. 73/1988 e successive modificazioni ed integrazioni, fatta salva la possibilità per le aree protette di poter provvedere autonomamente. Inoltre la fauna selvatica rinvenuta morta dai soggetti sopra citati va conferita all'Istituto Zooprofilattico per l'Abruzzo ed il Molise.
3. La Giunta provinciale può autorizzare gli allevamenti di mammiferi ed uccelli appartenenti alla fauna autoctona a scopo ornamentale ed amatoriale. Il Presidente della Giunta regionale, sentito l'OFR, emana con proprio decreto l'elenco della fauna esotica per la quale può essere ammesso l'allevamento ed i requisiti minimi di benessere animale necessari per l'allevamento.
4. Le autorizzazioni di cui al comma 3 sono rilasciate a persone nominativamente indicate.
5. I titolari o responsabili di allevamenti di mammiferi od uccelli a scopo ornamentale od amatoriale devono presentare alla provincia competente per territorio, una denuncia contenente le generalità dei proprietari, il comune o la città in cui l'allevamento è situato, relazione sulle specie e quantità allevate al momento della denuncia.
6. I titolari degli impianti esistenti sono tenuti ad iscriversi nell'elenco degli allevatori di uccelli e fauna istituito presso ogni provincia. Tale elenco è riservato agli allevatori dilettanti.
Art. 7
Albo regionale degli allevamenti di fauna selvatica.
1. Al fine di un miglioramento qualitativo della fauna selvatica d'allevamento abruzzese e della valorizzazione e tutela del patrimonio genetico della stessa è istituito l'albo regionale degli allevamenti di fauna selvatica non amatoriali.
2. L'iscrizione all'albo di cui al presente articolo è condizione preferenziale per la stipula di convenzioni con la regione Abruzzo, le province e gli ATC abruzzesi riferite all'attività di produzione ai fini di ripopolamento e reintroduzione di specie selvatiche sul territorio regionale.
3. Il regolamento d'attuazione della presente legge disciplina le modalità e i requisiti per l'iscrizione, la permanenza e la cancellazione nell'albo nonché le disposizioni relative alla sorveglianza sugli allevamenti.
TITOLO II
Capo I - Pianificazione faunistico venatoria
Art. 8
Destinazione differenziata del territorio agro-silvo-pastorale.
1. Il territorio agro-silvo-pastorale regionale è soggetto a pianificazione faunistico-venatoria finalizzata, per quanto attiene alle specie carnivore, alla conservazione delle effettive capacità riproduttive delle loro popolazioni e, per le altre specie, al conseguimento delle densità ottimali ed alla loro conservazione, mediante la riqualificazione delle risorse ambientali e la regolamentazione del prelievo venatorio.
2. La regione e le province attuano la pianificazione di cui al comma 1 mediante la destinazione differenziata del territorio.
3. Il territorio agro-silvo-pastorale della regione è destinato, ai sensi della legge n. 157/1992, art. 10, per una quota massima del 30% a protezione della fauna selvatica. La regione promuove l'intesa con lo Stato, sentite le Associazioni di categoria e gli Enti locali interessati, per la verifica dei confini dei parchi nazionali presenti nel territorio regionale ed eventuali provvedimenti e per la contestuale costituzione delle aree contigue al fine del rispetto di detto limite. Sono fatte salve, nell'ipotesi di riperimetrazione, le aree ricomprese all'interno dei confini delle riserve naturali regionali, così come individuate nelle rispettive leggi istitutive.
4. Nei territori di protezione è vietato l'esercizio venatorio e sono previsti interventi atti ad agevolare la sosta della fauna selvatica, la riproduzione nonché a riequilibrare le specie selvatiche, anche mediante prelievo.
5. Il territorio agro-silvo-pastorale regionale è destinato per un massimo dell'8% ad ambiti privati di caccia ai sensi dell'art. 41, ivi comprendendo le zone di allenamento, di addestramento dei cani e per le gare cinofile.
6. Il restante territorio agro-silvo-pastorale regionale è destinato alla pianificazione faunistico venatoria nell'ambito della quale la regione promuove forme di gestione programmata della caccia secondo le modalità stabilite dagli articoli 26 e seguenti della presente legge.
7. Le percentuali di cui ai commi 3 e 5 sono riferite al territorio agro-silvo-pastorale regionale.
Art. 9
Indirizzi regionali per la pianificazione faunistico-venatoria.
1. Al fine di consentire alle Amministrazioni Provinciali la predisposizione dei piani faunistici territoriali omogenei, tenuto conto del documento orientativo dell'INFS e dei criteri elaborati dal Ministero delle politiche agricole e forestali, ai sensi dell'art. 10 della legge n. 157/1992, sentiti l'OFR e la Consulta regionale della caccia, la Giunta regionale fornisce alla provincia i criteri e gli indirizzi per l'elaborazione di detti piani.
2. Gli indirizzi ed i criteri contengono:
a) la localizzazione dei comprensori faunistici, in ciascuno dei quali è successivamente individuato, ai sensi dell'art. 27 un ambito territoriale di caccia;
b) l'individuazione delle specie di fauna selvatica di cui deve essere curata la tutela o la reimmissione e l'incremento naturale sino alla densità ottimale compatibile con le esigenze produttive ed economiche di ogni comprensorio faunistico;
c) i criteri di massima sulla destinazione ad uso faunistico-venatorio del territorio agro-silvo-pastorale provinciale, ai sensi dei successivi articoli ed il limite minimo di superficie comprendente anche le aree dei parchi regionali e nazionali da destinare alle zone di protezione in ciascun comprensorio faunistico;
d) criteri di massima per la determinazione ai sensi dell'art. 10, comma 8, lettera f) della legge n. 157/1992, del risarcimento in favore dei proprietari o conduttori dei fondi rustici per i danni arrecati dalla fauna selvatica;
e) i criteri di massima per la determinazione dei contributi previsti dall'art. 10, comma 8, lettera g) della legge n. 157/1992 a favore dei proprietari o conduttori dei fondi rustici per la valorizzazione faunistica del territorio nelle oasi di protezione e nelle zone di ripopolamento e cattura di cui alle lettere a) e b) dell'art. 10;
f) i criteri per l'individuazione del territorio da destinare alla istituzione delle aziende faunistico-venatorie, delle aziende agri-turistico-venatorie, dei centri privati di riproduzione della fauna allo stato naturale, delle zone per l'addestramento e le prove di qualificazione dei cani da caccia;
g) i criteri per la pianificazione e il coordinamento degli interventi tecnici di gestione faunistica in particolare di conservazione delle specie protette;
h) i criteri per l'immissione integrativa di specie tipiche della fauna selvatica in ciascun comprensorio faunistico.
Art. 10
Piani faunistico-venatori provinciali.
1. Entro 60 giorni dal ricevimento degli indirizzi di cui al comma 2 dell'art. 9, le province predispongono piani faunistico-venatori articolati per comprensori omogenei tra loro con specifico riferimento alle caratteristiche orografiche e faunistico-vegetazionali, comprensivi altresì delle superfici delle foreste demaniali ivi ricadenti, destinate ad essere utilizzate ai fini faunistico-venatori.
2. I piani provinciali di cui al comma 1 devono essere approvati dal Consiglio provinciale su proposta della Giunta provinciale sentita la consulta provinciale della caccia. La validità programmatoria di detti piani decorre dall'approvazione del piano faunistico venatorio regionale. Fino a tale data permangono in vigore i piani faunistico venatori provinciali precedenti.
3. I piani faunistico venatori corredati di relativa cartografia sulle scelte territoriali operate hanno durata quinquennale e devono prevedere:
a) le oasi di protezione destinate al rifugio, alla riproduzione ed alla sosta della fauna selvatica;
b) le zone di ripopolamento e cattura, destinate alla riproduzione della fauna selvatica allo stato naturale ed alla cattura della stessa per l'immissione sul territorio in tempi e condizioni utili all'ambientamento fino alla ricostituzione ed alla stabilizzazione della densità faunistica ottimale per il territorio;
c) i centri pubblici di riproduzione della fauna selvatica allo stato naturale ai fini della ricostituzione di popolazioni autoctone;
d) i centri privati di riproduzione della fauna selvatica allo stato naturale, organizzati in forma di azienda agricola singola, consortile o cooperativa, ove è vietato l'esercizio dell'attività venatoria ed è consentita la cattura degli animali allevati, appartenenti a specie cacciabili, da parte del titolare dell'impresa agricola, dei dipendenti e di persone nominativamente indicate;
e) le zone ed i periodi per l'addestramento, l'allenamento e le gare di cani su fauna selvatica naturale o di allevamento appartenente a specie cacciabili;
f) i criteri per la determinazione dei risarcimenti, in favore dei proprietari o conduttori di fondi rustici, per i danni arrecati dalla fauna selvatica alle produzioni agricole ed alle opere approntate sui terreni vincolati per gli scopi di cui alle lettere a), b) e c);
g) i criteri per la corresponsione degli incentivi in favore dei proprietari o conduttori dei fondi rustici, singoli o associati che si impegnino alla tutela ed al ripristino degli habitat naturali ed all'incremento della fauna selvatica nelle zone di cui alle lettere a) e b);
h) l'individuazione delle eventuali zone in cui sono collocabili gli appostamenti fissi;
i) l'individuazione del territorio agro-silvo-pastorale in cui è ammessa la caccia, comprese le zone contigue ai parchi nazionali e regionali.
4. Le zone di cui al comma 3 devono essere perimetrate con tabelle esenti da tasse regionali:
- quelle di cui alle lettere a), b) e c) a cura della provincia;
- quelle di cui alle lettere d) ed e) a cura dell'ente, associazione o privato, preposto alla gestione della singola zona.
5. Della deliberazione che determina il perimetro delle zone da vincolare come indicato al comma 3, lettere a), b) e c) deve essere data notizia ai proprietari o conduttori dei fondi interessati mediante affissione all'Albo pretorio dei comuni territorialmente interessati, nonché comunicazione alle organizzazioni professionali agricole maggiormente rappresentative a livello nazionale.
6. Qualora nei successivi 60 giorni sia presentata opposizione motivata, in carta semplice, dai proprietari o conduttori dei fondi costituenti almeno il 40% della superficie complessiva che si intende vincolare, la zona non può essere istituita.
7. Il consenso s'intende validamente prestato nel caso in cui non sia stata presentata formale opposizione nel termine di cui al comma 6.
8. Nelle zone non vincolate ai sensi del comma 3, lettere a), b) e c) per l'opposizione dei proprietari o conduttori di fondi interessati, resta, in ogni caso precluso l'esercizio dell'attività venatoria. Le province possono utilizzare le suddette aree ad altro uso nell'ambito della pianificazione faunistico-venatoria.
9. Le province in via eccezionale ed in vista di particolari necessità ambientali possono disporre la costituzione coattiva di oasi di protezione e di zone ripopolamento e cattura anche temporanee.
10. Nel caso di mancato adempimento delle province, la Giunta regionale esercita il potere sostitutivo di cui all'art. 2, nei modi previsti dalla legge.
11. Le tabelle di segnalazione di divieti o di regimi particolari di caccia devono essere visibili frontalmente da almeno 30 metri.
12. Le tabelle di segnalazione di cui al comma 11 devono essere mantenute in buono stato di conservazione e di leggibilità.
Art. 11
Piani di miglioramento ambientale e di immissione della fauna selvatica.
1. Le province, sulla base degli indirizzi di cui all'art. 9, predispongono piani di miglioramento ambientale tesi a favorire la sosta dell'avifauna migratoria, la riproduzione di fauna selvatica autoctona, nonché piani di immissione di fauna selvatica anche tramite cattura di selvatici presenti in soprannumero nei Parchi nazionali e regionali ed in altri ambiti faunistici in accordo con gli enti gestori, salvo accertamento delle compatibilità genetiche da parte dell'OFR e sentite le organizzazioni professionali agricole maggiormente rappresentative a livello nazionale, tramite le loro strutture periferiche regionali e le associazioni venatorie presenti nella Consulta provinciale della caccia.
2. L'attività di cattura e di ripopolamento è esercitata dall'ente di gestione, e tende alla immissione equilibrata sul territorio delle specie di fauna selvatica autoctona fino al raggiungimento delle densità faunistiche ottimali.
3. Le catture sono controllate dagli agenti venatori dipendenti dalle province e con la collaborazione delle guardie volontarie delle associazioni venatorie.
4. L'immissione di fauna selvatica sul territorio provinciale, esclusa quella di cui all'art. 18, comma 3, e all'art. 31, comma 2, lettera h), e sentita la consulta provinciale della caccia può essere effettuato esclusivamente dalla Giunta provinciale e dai comitati di gestione degli ambiti territoriali di caccia; su tutto il territorio regionale è vietato immettere, qualunque ne sia la motivazione, il cinghiale (Sus scrofa).
5. La Giunta provinciale, previo parere vincolante dell'ATC, può autorizzare, in vista di particolari esigenze, soggetti diversi da quelli indicati al precedente comma per l'immissione di fauna selvatica sul territorio.
6. Nei piani di miglioramento ambientale il 10% delle risorse viene utilizzato prioritariamente alla rinaturalizzazione delle sponde dei fiumi o al mantenimento delle biocenosi faunistico-vegetazionali originarie eventualmente ancora esistenti.
7. Ai fini della presente legge per cattura deve intendersi l'apprensione dell'animale vivo per il suo trasferimento in altra zona a fini di rilascio per ragioni di ripopolamento degli ATC o di altre zone vincolate.
Art. 12
Piano faunistico-venatorio regionale.
1. La regione, verificata la compatibilità dei piani faunistico-venatori provinciali con gli indirizzi di cui all'art. 9, li coordina nell'ambito del piano faunistico-venatorio regionale.
2. Il piano faunistico-venatorio regionale è approvato dal Consiglio regionale ed ha validità quinquennale. Può essere aggiornato anche prima della scadenza, qualora le situazioni faunistiche e ambientali, sulla base delle quali è stato elaborato subiscano sensibili variazioni, la regione può invitare le province ad aggiornare il proprio piano faunistico-venatorio, qualora la situazione ambientale e faunistica sia sensibilmente cambiata.
Art. 13
Verifica dei programmi faunistico-venatori provinciali.
1. Le province trasmettono alla Giunta regionale improrogabilmente entro il 15 aprile di ogni anno:
a) una relazione illustrativa sullo status delle popolazioni di animali selvatici omeotermi sulle gestioni svolte nelle zone di protezione, negli ambiti territoriali di caccia e nelle strutture territoriali d'iniziativa privata, comprendente i dati sugli abbattimenti e sulle catture, e sull'andamento della stagione venatoria conclusa il 31 gennaio;
b) la consistenza numerica dei cacciatori residenti, suddivisi per associazione venatoria di cui al comma 4 dell'art. 19;
c) relazione illustrativa delle immissioni di selvaggina effettuata.
Art. 14
Fondi chiusi: utilizzazione dei terreni agricoli ai fini della gestione programmata della caccia.
1. L'esercizio venatorio è vietato in forma vagante sui terreni in attualità di coltivazione, si considerano in attualità di coltivazione:
a) i terreni con coltivazioni erbacee da seme;
b) i frutteti specializzati;
c) i vigneti e gli uliveti specializzati fino alla data del raccolto;
d) i terreni coltivati a soia e a girasole, nonché a mais per la produzione di seme fino alla data del raccolto.
2. L'esercizio venatorio in forma vagante è inoltre vietato sui terreni in attualità di coltivazione individuati su richiesta delle organizzazioni professionali agricole maggiormente rappresentative a livello nazionale, tramite le loro strutture regionali, in relazione all'esigenza di protezione di altre colture specializzate da seme.
3. L'esercizio venatorio è vietato nei seguenti casi:
a. fondi rustici chiusi da un muro, da rete metallica o da altra effettiva chiusura, di altezza non inferiore a metri 1,20 fuori terra, tale da impedire l'accesso al fondo ai cani;
b. fondi rustici chiusi da corsi o da specchi d'acqua perenni, il cui letto abbia la profondità di almeno metri 1,50 e la larghezza di almeno metri 3.
I fondi chiusi devono essere notificati a cura del proprietario o del conduttore alla provincia precisando l'estensione del fondo ed allegando una planimetria catastale in scala 1:2000 con l'indicazione dei confini e del relativo certificato catastale. I proprietari o conduttori dei fondi di cui al presente articolo possono apporre, a loro carico, adeguate tabellazioni esenti da tasse regionali.
4. La superficie dei fondi di cui al comma 2 entra a far parte del territorio agro-silvo-pastorale destinato a protezione della fauna selvatica di cui al comma 3 dell'art. 8.
Capo II - Gli strumenti della pianificazione faunistico-venatoria
Art. 15
Oasi di protezione.
1. Le oasi di protezione di cui alla lettera a) del comma 3, dell'art. 10, sono destinate alla conservazione della fauna selvatica favorendo l'insediamento e l'irradiamento naturale delle specie stanziali e la sosta delle specie migratorie al fine di preservare il flusso delle correnti migratorie, privilegiando, altresì, il territorio a ridosso di aste e foci fluviali quale luogo d'istituzione. Nelle oasi di protezione è vietata ogni forma di esercizio venatorio.
2. Le oasi di protezione sono istituite dalle province sentito l'OFR, con le stesse modalità le oasi possono essere revocate qualora non sussistano più, per modificazioni oggettive, le condizioni idonee al conseguimento delle finalità specifiche.
3. La gestione delle oasi di protezione è esercitata dalle province che possono avvalersi della collaborazione delle associazioni venatorie, agricole e di protezione ambientale, stipulando con esse apposite convenzioni.
4. Ciascuna oasi deve essere adeguatamente tabellata a cura dell'ente gestore con la scritta "Oasi di protezione, divieti di caccia, art. 15 L.R. n. 10/2004".
5. La provincia, su richiesta dell'OFR, può autorizzare, nelle oasi di protezione, catture a scopo di studio e di ricerca scientifica e può altresì autorizzare sentito il predetto Istituto, le guardie venatorie dipendenti o quelle dell'ente gestore, alla cattura di determinate specie di fauna selvatica presenti in soprannumero o di reintroduzione secondo i criteri dettati dalla pianificazione faunistica.
Art. 16
Zone di ripopolamento e cattura.
1. Le zone di ripopolamento e cattura di cui alla lettera b), comma 3, dell'art. 10, sono destinate alla riproduzione della fauna selvatica allo stato di natura, al suo irradiamento nelle zone circostanti ed alla cattura della medesima per l'immissione sul territorio in tempi e condizioni utili al loro ambientamento, fino alla ricostituzione ed alla stabilizzazione della densità faunistica ottimale del territorio. Esse devono essere costituite in terreni idonei e non destinate a coltivazioni specializzate o suscettibili di particolare danneggiamento per la rilevante presenza faunistica, hanno durata quinquennale, salvo rinnovo.
2. Nelle zone di ripopolamento e cattura è vietata ogni forma di caccia.
3. Le zone di ripopolamento e cattura sono istituite dalle province e dalle stesse revocate qualora non sussistano più per modificazioni oggettive, le condizioni idonee al conseguimento delle finalità specifiche. Nell'atto di costituzione vengono di norma stabiliti anche i risarcimenti per danni alle produzioni agricole, nonché gli incentivi per la salvaguardia ed il miglioramento ambientale.
4. La gestione è, di norma, affidata alle province competenti, le quali a loro volta possono concederle in affidamento agli ATC territorialmente interessati, nonché alle Associazioni venatorie richiedenti, per le catture le province si avvalgono delle indicazioni dell'OFR.
5. Ciascuna zona di ripopolamento e cattura deve avere una superficie commisurata alle esigenze biologiche delle specie selvatiche principalmente interessate e deve essere adeguatamente tabellata a cura della provincia con la scritta "Zona di ripopolamento e cattura divieto di caccia ai sensi dell'art. 16 L.R. n. 10/2004"
6. Le catture devono essere compiute, previo censimento, in modo da garantire la continuità della riproduzione della fauna selvatica.
7. Nelle zone di ripopolamento e cattura, con l'esclusione del periodo riproduttivo, la provincia, sentita la consulta provinciale e l'ATC competente per territorio, può consentire lo svolgimento di prove di lavoro e gare cinofile con divieto di abbattimento della fauna selvatica, sempre che non si arrechi danno alle colture agricole.
Art. 17
Centri pubblici e privati di riproduzione di fauna selvatica.
1. I centri pubblici di riproduzione della fauna selvatica, di cui alla lettera c) del comma 3 dell'art. 10, sono istituiti di preferenza su terreni demaniali, dalle province che ne curano la gestione. Essi hanno per scopo la riproduzione di fauna selvatica allo stato naturale, ai fini della ricostituzione del patrimonio faunistico autoctono, da utilizzare esclusivamente per l'immissione sul proprio territorio e su quello regionale sulla base della disponibilità.
2. Le aree dei centri pubblici di riproduzione della fauna selvatica devono essere recintate in modo adeguato ad impedire la fuoriuscita della fauna selvatica ed opportunamente tabellate a cura dell'ente gestore con la scritta "divieto di caccia - art. 17 L.R. n. 10/2004"
3. I centri privati di produzione di fauna selvatica allo stato naturale di cui alla lettera d) del comma 3, dell'art. 10, organizzati in forma di azienda agricola singola, consortile o cooperativa, sono autorizzati dalle province. Detti centri sono contenuti entro i limiti del 3% del territorio agro-silvo-pastorale, con esclusione di qualsiasi utilizzazione venatoria, salva la possibilità di cattura degli animali allevati appartenenti alle specie cacciabili da parte del titolare dell'impresa agricola, dai dipendenti della stessa e da parte delle persone nominativamente indicate.
4. Le province provvedono all'emanazione di apposito disciplinare per la regolamentazione delle attività di produzione della selvaggina nei centri privati di cui al comma 3. Le province svolgono inoltre le funzioni di vigilanza e di controllo su detti centri ed allevamenti.
Art. 18
Zone per l'addestramento e l'allenamento dei cani per le gare cinofile - aree cinofile.
1. Le Giunte provinciali, sentite le Consulte provinciali della caccia, autorizzano le istituzioni delle zone di cui alla lettera e) del comma 3 dell'art. 10, destinate all'addestramento, all'allenamento dei cani delle razze da caccia ed aree cinofile per lo svolgimento delle gare cinofile e ne affidano la gestione alle associazioni venatorie e cinofile, sportive ovvero ad imprenditori agricoli singoli od associati.
2. Le zone destinate alla cinofilia, di cui al comma 1, sono di due tipi:
a) zona addestramento cani;
b) area cinofila.
3. Le zone di addestramento cani possono essere costituite su superfici continue di terreno nella disponibilità del gestore; esse devono essere di superficie non inferiore ad ettari 10 e non superiore ad ettari 200, delimitate da confini naturali o manufatti rilevanti. Tali zone consentono la possibilità di addestramento di cani da caccia, su selvaggina proveniente da allevamenti artificiali appositamente liberata, secondo la regolamentazione di cui al comma 6 ed in conformità alle disposizioni stabilite dalla legge n. 157/1992. Il loro perimetro deve essere adeguatamente tabellato con la scritta: "zona addestramento cani - art. 18 L.R. n. 10/2004"
4. Le aree cinofile sono destinate all'addestramento dei cani da caccia anche su selvaggina naturale, nonché alle gare cinofile ad ogni livello ed alla selezione della razza canina da caccia mediante prove su terreno, in dette aree è vietato l'uso delle armi fatta eccezione per quelle caricate a salve. Ogni area deve avere un'estensione minima di 300 ettari e preferibilmente possono avere destinazione differenziata per tipologia di razza canina. Si distinguono in aree cinofile permanenti ed aree cinofile temporanee.
5. L'estensione complessiva delle zone di cui alle lettere a) e b) del comma 2, fatte salve le aree cinofile temporanee istituite dall'ATC di cui al comma 11, non può superare complessivamente il 3% del territorio agro-silvo-pastorale della provincia.
6. La regione, sentite le province e la Consulta regionale sulla caccia, regolamenta le zone di cui al presente articolo.
7. Il gestore di un'area cinofila permanente, qualora diverso dall'ente provincia che ha provveduto all'istituzione, autorizza lo svolgimento delle gare e delle prove di lavoro cinofilo all'interno dell'area stessa, previa tempestiva comunicazione alla provincia competente.
8. La gestione delle aree cinofile permanenti di norma è esercitata dalle province, le quali a loro volta possono concederle in affidamento agli ATC territorialmente interessati, nonché alle Associazioni venatorie richiedenti, a gruppi cinofili riconosciuti a livello nazionale, alle strutture provinciali dell'ENCI, al comitato provinciale della FIDASC o ad Associazioni sportive a questa affiliate.
9. Nelle aree cinofile costituite dalle amministrazioni provinciali hanno diritto all'accesso, per l'addestramento e l'allenamento dei cani, i cacciatori iscritti ed ammessi agli ATC abruzzesi. Per le prove di lavoro e le gare cinofile, autorizzate ai sensi del comma 7, possono accedere tutti i cacciatori o cinofili ammessi dall'organizzatore.
10. Nelle aree cinofile il gestore dovrà garantire un'adeguata presenza di capi di selvaggina in rapporto all'estensione ed alla capacità faunistica delle zone interessate tramite ripopolamenti.
11. Gli ATC possono istituire Aree cinofile temporanee per l'addestramento, l'allenamento e le prove dei cani con divieto di sparo, ciascuna di estensione non inferiore ad ettari 300, nel periodo compreso dal giorno successivo alla chiusura della stagione venatoria al 30 giugno, salvo i periodi riproduttivi della singola specie, individuati dall'ATC, esse sono gestite direttamente dai Comitati di gestione degli ATC, in dette aree hanno diritto all'accesso gratuito i cacciatori iscritti ed ammessi nella stagione venatoria trascorsa, all'ATC interessato.
12. Gli ATC che hanno in gestione aree cinofile permanenti di cui al comma 4 possono creare al loro interno aree riservate in cui sviluppare l'allevamento e l'irradiamento spontaneo della selvaggina mediante adeguate strutture.
TITOLO III
Organizzazione del prelievo venatorio
Art. 19
Documenti per l'esercizio dell'attività venatoria.
1. L'esercizio della caccia può essere esercitato da chiunque abbia compiuto il diciottesimo anno di età e sia in possesso dei seguenti documenti:
a) licenza convalidata di porto di fucile per uso caccia;
b) polizza assicurativa per la responsabilità civile verso terzi derivante dall'uso delle armi o degli arnesi utili all'attività venatoria, con massimale di Euro 516.457,00 per ogni sinistro, di cui Euro 387.343,00 per ogni persona danneggiata e Euro 129.114,00 per danni ad animali ed a cose, nonché di polizza assicurativa per infortuni correlati all'esercizio dell'attività venatoria, con massimale di Euro 51.645,00 per morte od invalidità permanente. Detti massimali sono aggiornati, nel rispetto del nono comma dell'art. 12 della legge n. 157/1992, dalla Giunta regionale ogni 4 anni;
c) tesserino venatorio regionale che, predisposto dalla Giunta regionale, viene rilasciato dalla provincia di residenza. Detto tesserino venatorio deve contenere le specifiche norme inerenti il calendario venatorio regionale e deve essere restituito entro il 15 giugno, alla provincia che lo ha rilasciato;
d) tesserino di abbattimento, che viene rilasciato dall'ATC al quale si è iscritti o ammessi e dove il cacciatore deve annotare in modo indelebile il numero di capi di selvaggina stanziale, subito dopo l'abbattimento o cattura, il totale di selvaggina migratoria a fine giornata, dopo aver annotato il numero parziale di capi abbattuti al mattino, nonché ogni altra annotazione richiesta dall'ATC;
e) attestato di versamento della tassa regionale di concessione quale parte integrante, ai fini dell'esercizio venatorio, del tesserino regionale.
2. Il tesserino venatorio regionale viene rilasciato annualmente previa verifica della validità dei documenti di cui alle lettere a), b) e d) del comma 1 e della restituzione del tesserino venatorio precedentemente rilasciato. Sul tesserino di caccia, oltre alle modalità di esercizio venatorio, sono riportati i seguenti dati:
a) cognome e nome del titolare;
b) luogo e data di nascita;
c) indirizzo;
d) professione;
e) ambito territoriale di caccia al quale il titolare è iscritto e gli altri ambiti della regione ai quali è ammesso.
3. Le province inoltre, in sede di distribuzione del tesserino venatorio, sono tenute ad annotare sul talloncino del tesserino medesimo, la compagnia assicuratrice di cui alla lettera b) del comma 1 indicata dal cacciatore.
4. Le province comunicano al settore caccia della Giunta regionale entro e non oltre il 30 aprile di ogni anno, la consistenza numerica di ciascuna associazione venatoria.
5. Il numero del tesserino deve essere riportato sulla licenza di caccia a cura della provincia, la quale tiene un apposito schedario dei tesserini rilasciati da aggiornare annualmente, anche con le annotazioni relative alle infrazioni commesse ed alle sanzioni irrogate ai cacciatori, al fine dell'accertamento della recidività.
6. Il cacciatore deve annotare in modo indelebile, negli appositi spazi del tesserino di caccia, il giorno di caccia prescelto all'atto dell'inizio dell'attività venatoria nella propria o in altra regione, nonché ogni altra annotazione richiesta in sede di emanazione del calendario venatorio annuale.
Art. 20
Abilitazione venatoria.
1. L'abilitazione all'esercizio venatorio e' necessaria per il primo rilascio della licenza di porto di fucile per uso caccia e per il rinnovo in caso di revoca. L'abilitazione si consegue a seguito del superamento di esami pubblici dinanzi alla Commissione provinciale.
2. Il candidato consegue l'abilitazione se il giudizio della Commissione e' favorevole in tutte e cinque le materie d'esame di cui all'art. 24.
3. Il richiedente l'abilitazione all'esercizio venatorio, che abbia compiuto il 18° anno di età, deve presentare domanda all'Amministrazione provinciale nel cui territorio risiede, allegando i seguenti documenti in carta legale:
a) certificato di residenza;
b) certificato medico di idoneità fisica all'esercizio venatorio, rilasciato dalla USL competente;
c) il rilascio dell'abilitazione all'esercizio venatorio è subordinato alla presentazione all'Ufficio Caccia dell'Amministrazione provinciale, dell'attestato di versamento della tassa di concessione regionale di cui all'art. 3 della legge n. 281/1970 e successive modificazioni;
d) in caso di diniego della licenza - su domanda dell'interessato, in carta semplice, agli Uffici Finanziari della Regione - la tassa di concessione regionale viene rimborsata.
Art. 21
Licenza di porto di fucile per uso di caccia.
1. La licenza di porto di fucile per uso di caccia e' un atto rinnovato in conformità alle leggi di Pubblica Sicurezza.
2. Essa ha validità su tutto il territorio Nazionale ed ha la durata di sei anni e può essere rinnovata su domanda del titolare.
3. Nei dodici mesi successivi al rilascio della prima licenza, il cacciatore può praticare l'esercizio venatorio solo se accompagnato da altro cacciatore in possesso di licenza rilasciata da almeno tre anni e che non abbia commesso violazioni alle norme che regolano l'attività venatoria, comportanti la sospensione o la revoca della licenza stessa.
Art. 22
Commissione d'esame: composizione, nomina e modalità di funzionamento.
1. La Commissione d'esame ha sede presso l'Amministrazione provinciale ed è composta da:
a) un esperto in materia che la presiede, designato dal componente la Giunta regionale preposto al Settore Caccia;
b) da due esperti particolarmente qualificati, di cui un supplente, per ogni materia di esame prevista nell'art. 24, designati dalle associazioni venatorie riconosciute a livello nazionale ed operanti in provincia. La materia per le quali l'associazione esprime la designazione è individuata dal Presidente della provincia garantendo la presenza di due componenti effettivi per l'associazione venatoria maggiormente rappresentativa a livello provinciale. Qualora in provincia siano operanti più di quattro associazioni alle restanti meno rappresentative è garantito un componente supplente cadauna;
c) da due dipendenti dell'Amministrazione provinciale, di cui un supplente, designati dal Presidente della provincia, con le mansioni di segretario.
2. La Commissione d'esame è nominata, con propria deliberazione, dalla Giunta regionale, dura in carica 5 anni e viene convocata, di norma, due volte al mese dal Presidente.
3. Il Presidente della Commissione d'esame, in caso di impedimento, può delegare un componente della Commissione a sostituirlo.
4. La Commissione è regolarmente insediata con la presenza del Presidente, degli esperti e del Segretario. Essa può, altresì, funzionare con la presenza minima di tre esperti, del Presidente e del Segretario o loro sostituti. L'esame viene effettuato in forma collegiale.
5. In caso di dimissioni o di vacanza di posto, il componente nominato dura in carica fino alla scadenza del periodo di nomina del membro sostituito.
6. Il Presidente - alla scadenza del termine - può convocare la Commissione fino alla nomina di nuova Commissione d'esame.
Art. 23
Designazione e compiti della Amministrazione provinciale.
1. Il Presidente dell'Amministrazione provinciale provvede, entro 20 giorni dalla richiesta, a fornire agli Uffici competenti della Giunta regionale le individuazioni di propria competenza, e le designazioni effettuate dalle Associazioni venatorie riconosciute a livello nazionale, operanti nella provincia.
2. La provincia corrisponde a ciascun componente la Commissione per ogni effettiva partecipazione alle sedute, in quanto spettante, un gettone di presenza oltre al rimborso delle spese di viaggio ai sensi della normativa regionale vigente in materia.
Art. 24
Esami.
1. L'esame per il conseguimento all'abilitazione venatoria deve in particolare riguardare nozioni sulle seguenti materie:
a) legislazione venatoria;
b) zoologia applicata alla caccia con prove pratiche di riconoscimento delle specie cacciabili e nozioni di profilassi riferite agli ausiliari impiegati nell'esercizio dell'attività venatoria;
c) armi e munizioni da caccia e relativa legislazione;
d) tutela della natura e principi di salvaguardia della produzione agricola;
e) norme di pronto soccorso.
2. L'aspirante cacciatore deve dimostrare mediante esame effettuato in forma di colloquio, di conoscere le materie del programma.
3. Superata positivamente la prova teorica, il candidato viene sottoposto ad una prova pratica sulle armi, comprendente lo smontaggio, il montaggio, l'uso del fucile da caccia e le munizioni.
4. La Commissione valuta la preparazione del candidato con la valutazione di «idoneo» oppure di «non idoneo».
5. Il candidato valutato «non idoneo» può presentare domanda in carta semplice di riammissione all'esame, trascorsi due mesi dalla data dell'esame già sostenuto.
6. Il candidato giudicato «non idoneo» per due volte, trascorsi due mesi dalla data dell'ultimo esame, può ripresentare domanda producendo la documentazione prevista all'art. 20.
Art. 25
Mezzi per l'esercizio dell'attività venatoria.
1. L'attività venatoria è consentita:
a) con l'uso del fucile con canna ad anima liscia fino a due colpi, a ripetizione e semiautomatico, con caricatore contenente non più di due cartucce, di calibro non superiore al 12;
b) con fucile con canna ad anima rigata a caricamento singolo o multiplo, a ripetizione semplice manuale o a funzionamento semiautomatico di calibro non inferiore a mm 5,6 con bossolo a vuoto di altezza non inferiore a mm 40, con numero di colpi contenuti nel caricatore o serbatoio come individuato nel catalogo nazionale delle armi comuni da sparo;
c) con l'uso del fucile a due o tre canne (combinato), di cui una o due ad anima liscia di calibro non superiore al 12 ed una o due ad anima rigata di calibro non inferiore a mm 5,6;
d) con l'uso dell'arco;
e) con l'utilizzo del falco.
2. I falchi impiegati per l'esercizio dell'attività venatoria devono essere riprodotti in cattività in conformità alle leggi vigenti, alle convenzioni internazionali ed alle direttive comunitarie, l'addestramento e l'allenamento dei falchi in periodo di caccia chiusa possono avvenire negli ATC di appartenenza previo rilascio di permesso da parte della provincia.
3. Il titolare della licenza di porto di fucile per uso di caccia è autorizzato per l'esercizio venatorio, a portare, oltre alle armi consentite, gli utensili da punta e da taglio atti alle esigenze venatorie, ad usare fischi e richiami a bocca o manuali e ad impiegare sagome nella caccia ad appostamento, solo quest'ultime anche a funzionamento meccanico ed elettromeccanico.
4. I bossoli delle cartucce devono essere recuperati dal cacciatore e non lasciati sul luogo di caccia.
5. Sono vietate tutte le armi e i mezzi per l'esercizio venatorio non esplicitamente ammessi dal presente articolo.
TITOLO IV
Organizzazione degli ambiti territoriali per la gestione della fauna selvatica e per la programmazione dei prelievi venatori
Capo I - Ambiti territoriali di caccia - associazioni venatorie
Art. 26
Caccia programmata.
1. L'esercizio venatorio sul territorio agro-silvo-pastorale ricompreso nel piano faunistico-venatorio regionale è ammesso nella forma della caccia programmata.
2. L'attività venatoria nelle aree contigue ai Parchi nazionali e regionali, individuate ai sensi dell'art. 32, comma 2 della legge n. 394/1991, si svolge nella forma della caccia programmata riservata ai cacciatori residenti in regione aventi diritto all'accesso negli ambiti territoriali di caccia su cui insiste l'area contigua all'area naturale protetta.
3. Le province provvedono, d'intesa con gli organismi di gestione dell'area protetta, sentiti gli enti locali interessati e la Consulta provinciale, a stabilire piani e programmi differenziati di prelievo venatorio, nel rispetto delle norme attuative stabilite nel piano faunistico regionale e delle priorità di cui al sesto comma del successivo art. 28, nonché dell'indice di densità venatoria identico a quello stabilito per tutti gli ATC regionali.
4. Le foreste demaniali regionali, qualora presentino favorevoli condizioni, possono essere adibite, in ordine prioritario, all'istituzione di zone di ripopolamento e cattura, di aree cinofile, o destinate ai fini venatori.
5. L'utilizzazione a fini faunistici ed eventualmente venatori delle foreste demaniali regionali è stabilita dalla Giunta regionale, sentito l'OFR su richiesta della provincia territorialmente interessata.
6. L'eventuale utilizzazione ai fini venatori delle foreste demaniali regionali si svolge nella forma della caccia programmata riservata ai cacciatori residenti in regione, aventi diritto all'accesso negli ambiti territoriali di caccia su cui insiste l'area demaniale forestale.
7. Per quanto attiene i pareri di cui al terzo comma del presente articolo, trascorsi inutilmente sessanta giorni dalla richiesta s'intendono positivamente espressi; qualora l'intesa con gli Enti Parco interessati non si perfezioni nei centoventi giorni successivi all'entrata in vigore della presente legge per le aree contigue o di protezione esistenti, ovvero entro cento giorni dall'individuazione delle stesse, la Giunta regionale provvede, in via sostitutiva e provvisoria, ad ottemperare a quanto previsto dal terzo comma fino al raggiungimento dell'intesa.
Art. 27
Delimitazione dei confini ed istituzione degli ambiti territoriali di caccia.
1. Le province, sentita la Consulta provinciale della caccia, delimitano, in coincidenza di confini naturali o di manufatti rilevanti, e nel rispetto di quanto stabilito dall'art. 9, gli ambiti territoriali di caccia all'interno del territorio agro-silvo-pastorale.
2. La Giunta regionale, qualora riscontri il mancato adeguamento agli indirizzi regionali di cui all'art. 9, comunica le osservazioni formulate alla provincia interessata che deve recepire le stesse entro 30 giorni dalla loro comunicazione; trascorso inutilmente detto periodo la Giunta regionale si avvale del potere sostitutivo sancito dal comma 2 dell'art. 2.
3. In considerazione delle peculiari caratteristiche del territorio abruzzese, la delimitazione degli ambiti territoriali di caccia è compiuta con riferimento:
a) comprensori faunistici, che comprendono ambiti territoriali di caccia (di seguito ATC) di dimensioni sub-provinciali; con almeno due ambiti, di cui eventualmente uno interprovinciale, per ciascuna provincia e non più di 12 nella regione, possibilmente tra di loro omogenei e delimitati da confini naturali;
b) dalle esigenze specifiche di conservazione delle specie di mammiferi e di uccelli selvatici indicate dalla provincia con il piano faunistico-venatorio;
c) alla inclusione, con prelievo venatorio differenziato, ai sensi dell'art. 26, negli ambiti territoriali di caccia, anche interprovinciali, delle aree contigue ai Parchi nazionali e regionali.
4. La delimitazione di cui al comma 3 può essere modificata quando ne sia rilevata l'opportunità tecnica, oppure su richiesta dei comitati di gestione degli ATC, quando ne sia motivata da esigenze gestionali o da altre valide ragioni.
5. Nella delimitazione degli ambiti territoriali di caccia si tiene conto delle esigenze di conservare l'unità delle zone umide e di altre realtà ambientali, anche interprovinciali. Gli ATC comprendenti il territorio di più province sono istituiti con provvedimento concordato tra le amministrazioni provinciali competenti.
6. I confini degli ATC sono indicati con tabelle esenti da tasse.
7. Il tabellamento degli ATC è compiuto a cura dei comitati di gestione interessati sotto il controllo delle province.
Art. 28
Accesso e partecipazione dei cacciatori agli ATC.
1. La Giunta regionale, in base ai dati forniti dal Ministero delle Politiche Agricole e Forestali, indica alle province l'indice di densità venatoria per ogni ATC e il numero massimo entro cui devono essere contenute le ammissioni autorizzate a norma del comma 8. Nel rispetto di tali indici, le ammissioni dei cacciatori non residenti in Abruzzo sono consentite, con le priorità previste dal comma 6 ed in base a criteri di reciprocità, secondo quote determinate da intese interregionali promosse dalla Giunta regionale.
2. Le province a loro volta, effettuate le iscrizioni di cui ai commi 4 e 5 comunicano, entro il 31 marzo di ogni anno ai comitati di gestione, l'elenco dei cacciatori iscritti e il numero dei cacciatori che possono essere ulteriormente ammessi, in ogni ATC, derivato dall'applicazione dell'indice di densità venatoria indicato dalla Giunta regionale ai sensi del comma 1.
3. I comitati di gestione devono soddisfare le richieste di ammissione dei cacciatori, fino al limite della disponibilità fissata, con le prescrizioni di cui ai commi 1 e 6, dandone comunicazione ai richiedenti ammessi, per i cacciatori residenti fuori regione detta comunicazione vale come parte integrante del documento di cui all'art. 19, comma 1, lettera c).
4. Il cacciatore ha diritto all'accesso nell'ATC istituito nel corrispondente comprensorio in cui risiede, o in cui è nato o dove è stabilmente dimorante per motivi di pubblico servizio, previa rinuncia dell'ATC di residenza, ovvero nell'ATC all'interno del quale è localizzato l'appostamento fisso di cui è titolare. La provincia competente su specifica ed iniziale richiesta inoltrata dagli interessati improrogabilmente entro il 15 marzo di ogni anno, iscrive i cacciatori negli ATC di competenza. Nelle annate successive a quella della prima iscrizione e fermo restando il possesso dei requisiti necessari, il cacciatore conferma l'iscrizione all'ambito di competenza inoltrando alla provincia competente, contestualmente alla riconsegna del tesserino regionale che deve avvenire entro il termine improrogabile del 15 marzo di ogni anno, ricevuta dell'avvenuto versamento della quota di partecipazione all'ATC in cui è stato iscritto nella stagione precedente.
5. Il cacciatore che consegue la licenza di caccia nel corso della stagione venatoria, a domanda viene iscritto nel comprensorio di residenza anche in soprannumero.
6. I posti disponibili per le ammissioni, dopo le iscrizioni compiute dalle province con i criteri di cui ai commi 4 e 5, sono assegnati dai comitati di gestione degli ATC ai cacciatori richiedenti, secondo le seguenti priorità:
a) se residenti in provincia che non hanno rinunciato all'ATC di residenza;
b) se residenti in uno dei comuni degli ATC regionali adiacenti;
c) se residenti in un comune della regione;
d) se abbiano parenti od affini entro il 3° grado residenti all'interno dell'ATC;
e) se proprietari di fabbricati o agricoltori conduttori di fondo ricadente all'interno dell'ATC;
f) se residenti in altre regioni, secondo l'ordine di presentazione della domanda.
7. Fermo il criterio di priorità decrescente indicato dal precedente comma 6, a parità di condizioni è data precedenza a coloro nei cui confronti ricorrono più condizioni; al verificarsi di ulteriore parità viene data priorità nell'ordine:
a) chi rinuncia all'iscrizione all'ATC istituito nel comprensorio di residenza, la rinuncia comporta per la stagione venatoria nella quale è stata espressa, l'impossibilità per la provincia di iscrivere il rinunciatario all'ATC di residenza;
b) chi è già stato ammesso od iscritto in passato, con preferenza per il tempo meno remoto;
c) chi svolge l'attività lavorativa prevalente e continuativa nell'ATC.
8. Si considerano cacciatori iscritti quelli di cui ai commi 4 e 5 ed ammessi gli altri. L'attività venatoria nelle aree contigue ai Parchi nazionali o regionali e nelle foreste demaniali ricomprese nell'ATC, è consentita solamente ai cacciatori iscritti od ammessi residenti in regione, fatte salve le specifiche norme di disciplina dell'attività venatoria nell'area contigua stessa.
9. In ogni ATC il comitato di gestione può ammettere un numero di cacciatori superiore alla densità venatoria indicata dalla regione quando siano accertate modificazioni positive della popolazione faunistica o si sia manifestata l'esigenza di provvedere a specifici prelievi a tutela delle produzioni agricole. Il numero dei cacciatori iscritti e di quelli ammessi deve essere contenuto entro l'indice di densità massima fissato dalla Giunta regionale.
10. Il cacciatore che intende essere ammesso in un ATC regionale diverso da quello istituito nel comprensorio dove ha la residenza deve inoltrare entro il termine perentorio del 1 aprile di ogni anno, domanda in carta libera al comitato di gestione dell'ATC preferito. L'ammissione è subordinata al versamento della quota di partecipazione da effettuarsi entro 15 giorni dalla data di accettazione della domanda medesima.
11. Qualora dopo la data del 1° aprile in un ATC permanga disponibilità di posti per le ammissioni stagionali rispetto al numero massimo prefissato in applicazione dell'indice di densità venatoria il comitato di gestione competente accoglie le domande pervenute dai cacciatori residenti in regione oltre il termine di cui al comma 10 e provvede all'ammissione, secondo le priorità stabilite dalla presente legge, fino ad esaurimento dei posti disponibili, per i cacciatori residenti fuori regione esclusivamente in base agli accordi interregionali di cui al comma 1.
12. Qualora non si provvede formalmente a comunicare, prima dell'inizio della stagione venatoria, la propria rinuncia all'ammissione ottenuta, il Comitato di gestione, nella stagione successiva, deve denegare l'ammissione al cacciatore qualora quest'ultimo sia inadempiente.
13. Il Comitato di gestione dell'ATC accoglie le domande secondo le priorità di cui ai commi 6 e 7 del presente articolo e trasmette, improrogabilmente entro il 1° giugno, alle rispettive province di residenza l'elenco dei cacciatori ammessi. L'elenco, esposto al pubblico a cura della provincia, rappresenta l'atto formale d'avvenuta ammissione per gli interessati, senza ulteriore comunicazione personale; inoltre l'elenco può essere aggiornato, a cura del Comitato, secondo le ulteriori disponibilità di ammissione che si rendono necessarie.
14. Le province, previa verifica dell'avvenuto versamento della relativa quota d'iscrizione e/o d'ammissione stagionale e del possesso dei requisiti necessari, annotano nel tesserino regionale l'iscrizione degli ATC nei quali il cacciatore è autorizzato ad accedere in base all'iscrizione o all'ammissione stagionale.
15. Il Comitato di gestione, a seguito di specifica richiesta, comunica i motivi della mancata ammissione all'interessato che può proporre ricorso alla provincia entro trenta giorni dalla data di comunicazione. La provincia decide sul ricorso. In caso di accoglimento il cacciatore è ammesso all'ATC preferito. La provincia esercita i controlli ed adotta i provvedimenti sostitutivi in caso di irregolarità o di abuso nel riconoscimento del diritto di accesso.
16. I cacciatori iscritti ad un'ATC abruzzese, a partire dal 10 ottobre di ogni anno, hanno diritto alla fruizione di 10 giornate venatorie complessive durante l'intera stagione venatoria, di cui non più di 2 giornate venatorie in uno stesso ATC, nei restanti ATC della regione in cui non siano ammessi.
17. Nelle more delle specifiche intese di cui al comma 1 il Comitato di gestione dell'ATC può prevedere restrizioni o limitazioni di ammissioni di cacciatori provenienti da regioni che attraverso leggi regionali, regolamenti, calendario venatorio, disposizioni provinciali o statutarie fissino, anche di fatto, limitazioni di specie, tempi e forme di caccia singola o in squadra discriminanti per i cacciatori iscritti al proprio ATC.
18. Il cacciatore che richiede l'iscrizione nell'ATC individuato in un comprensorio faunistico-venatorio regionale nel quale è nato ma non residente, per ottenere quanto richiesto deve esibire alla provincia competente per l'iscrizione, ed inviarne copia all'ATC interessato, dichiarazione della provincia di residenza attestante che il cacciatore interessato, per l'intera stagione di caccia cui si riferisce la rinuncia, non è ammesso, per sua rinuncia, ad esercitare l'esercizio venatorio nell'ATC, anche di altre Regioni, in cui ha la residenza anagrafica.
19. La provincia esercita la funzione ispettiva sulla gestione degli ATC nonché quella sostitutiva.
20. In caso d'inerzia della provincia nell'esercizio delle funzioni di cui al comma 19 la regione esercita i poteri sostitutivi.
Art. 29
Associazioni venatorie e loro compiti.
1. Le associazioni venatorie sono libere.
2. Si considerano associazioni venatorie quelle riconosciute a livello nazionale ed indicate all'art. 34 della legge n. 157/1992.
3. Ai fini della presente legge sono considerate associazioni venatorie gli organi regionali delle associazioni di cui al comma 2 purché abbiano una stabile organizzazione a livello regionale e provinciale con adeguati organi periferici.
4. Le associazioni venatorie, oltre ai compiti loro affidati dalla legge n. 157/1992, provvedono a:
a) organizzare i cacciatori e tutelare i loro interessi;
b) promuovere e diffondere tra i cacciatori, una conoscenza venatoria consapevole delle esigenze di difesa della fauna e dell'ambiente;
c) collaborare nel campo tecnico-organizzativo della caccia con la regione, le province e gli ATC;
d) divulgare tra i cacciatori la conoscenza delle leggi che regolano l'esercizio venatorio, con particolare riguardo al corretto uso delle armi ed al comportamento in territorio di caccia;
e) curare l'aggiornamento professionale delle guardie venatorie volontarie in collaborazione con le province;
f) promuovere corsi di preparazione agli esami per il conseguimento del certificato di abilitazione per l'esercizio dell'attività venatoria;
g) promuovere e diffondere tra i cacciatori, in collaborazione con la Protezione Civile e gli altri organismi competenti, le varie forme di volontariato, come la salvaguardia dei boschi, la prevenzione degli incendi, nonché altre analoghe attività.
5. Per l'assolvimento dei compiti di cui al comma 4, lettere a), b), c), d), e) ed f), le province provvedono all'assegnazione dei fondi a favore delle associazioni venatorie riconosciute ed operanti in provincia sulla base di un regolamento autonomo di cui al comma 7.
6. L'associazione venatoria provinciale di cui al comma 5, d'intesa con la rispettiva associazione venatoria regionale, determina la quota, non inferiore al 3% del finanziamento percepito, da assegnare agli organismi regionali delle associazioni venatorie regionali riconosciute a livello nazionale ed operanti in regione per l'espletamento dei compiti di indirizzo e di coordinamento delle attività nonché degli altri compiti istituzionali.
7. Il regolamento provinciale per l'assegnazione dei finanziamenti in favore delle strutture Provinciali delle associazioni venatorie riconosciute a livello nazionale ed operanti in provincia, ripartisce il fondo assegnato secondo i seguenti criteri:
a. una quota fissa di Euro 500 in favore delle associazioni venatorie riconosciute a livello nazionale ed operanti in provincia con adeguate strutture periferiche, comunque da rendicontare;
b. una quota fissa addizionale di Euro 2000 per i soggetti beneficiari del contributo di cui alla lettera a) che siano rappresentativi di almeno un quindicesimo dei cacciatori residenti in provincia;
c. il restante importo in proporzione al numero degli associati.
Per consentire alle associazioni venatorie riconosciute l'espletamento dei compiti istituzionali e di pubblico interesse, previsti dalla normativa vigente la sovvenzione della quota di cui alla lettera a) può essere corrisposta in acconto.
8. Per l'ottenimento dei contributi di cui al comma 5, ciascuna struttura o sezione provinciale delle Associazioni venatorie, inoltra domanda, entro il 31 marzo, alla provincia competente per territorio con allegata relazione illustrativa dei compiti assolti nell'anno precedente con riferimento 1° gennaio - 31 dicembre, e copia del conto consuntivo e relativo verbale di approvazione del bilancio, dando comunicazione della compagnia assicuratrice con la quale è convenzionata.
9. Per la sovvenzione di cui al comma 5, le province, in sede di regolamentazione di cui al comma 7 disciplinano altresì le modalità ed i criteri per l'applicazione della normativa contenuta nella L.R. n. 22/1986, in ordine alla presentazione, da parte dei soggetti beneficiari, della certificazione di regolarità contabile.
10. La provincia, verificata la regolarità della documentazione presentata, trasmette al competente settore della Giunta regionale la certificazione del numero degli associati di ciascuna delle associazioni venatorie, riferita all'ultima stagione venatoria.
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Art. 30
Statuto degli ATC - Denominazione.
1. La regione adotta uno statuto tipo degli ATC. L'assemblea dei cacciatori iscritti e ammessi stagionalmente ai sensi dell'art. 28, su proposta del comitato di gestione e sulla base dello statuto tipo approvato dal Consiglio regionale, adotta lo statuto entro sei mesi dalla costituzione dell'ATC
2. Lo statuto disciplina:
a) l'ammissione, la sospensione, l'espulsione dei cacciatori;
b) le modalità per l'elezione ed il funzionamento dell'assemblea dei cacciatori;
c) la durata in carica non superiore ad anni 5, del comitato di gestione, del Presidente e del collegio dei revisori dei conti;
d) le modalità di funzionamento degli organi degli ATC, le relative competenze, nonché le procedure per la revoca e la sostituzione dei componenti;
e) i criteri e le modalità della partecipazione dei cacciatori alla gestione dell'ambito territoriale di caccia;
f) gli obblighi dei cacciatori iscritti e/o ammessi;
g) le sanzioni da irrogare a carico dei cacciatori iscritti e/o ammessi per l'inosservanza degli obblighi di partecipazione e di gestione.
3. Lo statuto è inviato, per l'approvazione, dai comitati di gestione alla Giunta regionale che può richiedere modificazioni o integrazioni nei trenta giorni successivi. Lo statuto diviene esecutivo dopo l'approvazione della Giunta regionale.
4. Lo statuto può essere modificato con le modalità di cui ai commi precedenti.
5. L'ATC ha sede presso uno dei comuni ricadenti nell'ambito stesso in grado di ospitarlo. In presenza di disponibilità di più comuni, il comitato di gestione delibera la scelta della sede. Nell'eventualità di mancanza di disponibilità da parte dei comuni, il comitato di gestione organizza e determina la sede in forma autonoma.
6. La provincia provvede ad assegnare all'ATC una denominazione convenzionale per facilitarne l'identificazione.
Art. 31
Funzioni e compiti dei comitati di gestione degli ATC.
1. I comitati di gestione degli ATC sono strutture associative di natura privata che perseguono, nell'interesse pubblico, i fini della programmazione delle attività faunistico-venatorie della legge n. 157/1992 così come definite dalla presente legge e soggetti legittimati all'impugnazione dei provvedimenti amministrativi illegittimi che incidano sull'esercizio dell'attività venatoria e le attività di cui al presente articolo.
2. I Comitati di gestione:
a) promuovono ed organizzano le attività di ricognizione delle risorse ambientali e della consistenza faunistica, disciplinano le modalità di prelievo nel rispetto del calendario venatorio;
b) decidono sull'ammissione, sospensione, ed espulsione dei cacciatori;
c) deliberano sulle quote di partecipazione dei cacciatori iscritti ed ammessi, nel rispetto del limite massimo fissato dalla Conferenza di cui all'art. 35, e riducendola del 50% per i cacciatori iscritti ultrasettantenni;
d) programmano gli interventi annuali per il miglioramento degli habitat;
e) svolgono compiti di gestione faunistica;
f) possono istituire aree di rispetto con vincolo all'esercizio venatorio di tipo parziale oppure generale per una durata sufficiente a consentire un efficace insediamento di popolazioni di fauna selvatica;
g) possono autorizzare dandone immediata comunicazione alla provincia, sul proprio territorio, lo svolgimento di prove di lavoro e gare cinofile, che, qualora comportanti l'abbattimento del selvatico, sono autorizzate solo se svolte con l'utilizzo di capi selvatici appositamente liberati dal comitato organizzatore e riguardanti specie selvatiche soggette a prelievo venatorio;
h) svolgono le attività e assumono le iniziative necessarie a dare attuazione ai compiti assegnati dalla provincia.
3. I comitati di gestione devono provvedere all'attribuzione degli incentivi economici ai proprietari ed ai conduttori dei fondi rustici per:
a) la ricostituzione di una presenza faunistica ottimale per il territorio;
b) le coltivazioni per l'alimentazione naturale dei mammiferi e degli uccelli soprattutto nei terreni dismessi da interventi agricoli ai sensi del regolamento (CEE) n. 1094/88 del Consiglio del 25 aprile 1988, e successive modificazioni;
c) il ripristino di zone umide e di fossati;
d) la differenziazione delle colture;
e) la coltivazione di siepi, cespugli ed alberi adatti alla riproduzione della fauna selvatica;
f) la tutela dei nidi e dei nuovi nati di fauna selvatica, nonché dei riproduttori;
g) la collaborazione operativa ai fini del tabellamento, della difesa preventiva delle coltivazioni passibili di danneggiamento, della pasturazione invernale degli animali in difficoltà, della manutenzione degli apprestamenti di ambientamento della fauna selvatica.
4. I comitati di gestione provvedono, altresì, all'erogazione di contributi in favore di proprietari o conduttori di fondi agricoli per interventi, previamente concordati, ai fini della prevenzione delle azioni di danno.
5. Per esigenze faunistiche e particolari situazioni ambientali, il comitato di gestione può anticipare la chiusura dell'esercizio venatorio a specie di mammiferi ed uccelli stanziali cacciabili; detta modifica deve essere immediatamente comunicata alla provincia. La modifica diviene operante se la provincia nei cinque giorni successivi non ne contesta le opportunità tecniche. La decisione della provincia è definitiva e viene immediatamente comunicata ai comitati di gestione aventi sede nel territorio provinciale.
6. Le attività di gestione faunistica degli ATC vengono programmate per il periodo 1° gennaio - 31 dicembre. Il programma annuale degli interventi è trasmesso alla provincia corredato del rendiconto tecnico sull'andamento della gestione faunistico venatoria dell'annata precedente.
7. Le province esercitano l'attività di vigilanza sui comitati di gestione, nonché il coordinamento tecnico degli interventi che hanno diretta incidenza sulla fauna selvatica anche con periodiche riunioni dei presidenti e/o dei responsabili tecnici dei programmi faunistici degli ATC.
8. La provincia favorisce l'espletamento dei compiti e funzioni dei comitati di gestione mettendo a loro disposizione le proprie strutture e la consulenza del personale addetto al settore caccia. I comitati di gestione, per l'espletamento delle loro funzioni, nei limiti delle disponibilità finanziarie, possono dotarsi di un'organizzazione e di un coordinamento tecnico corrispondenti alle esigenze tecniche dell'ATC.
9. I cacciatori, residenti in regione, iscritti od ammessi agli ATC, partecipano alla gestione faunistica e corrispondono, in eguale misura, la quota di partecipazione, a copertura delle spese di gestione. A compenso delle prestazioni richieste al cacciatore, il comitato di gestione dell'ATC può prevedere un'adeguata riduzione della quota di partecipazione o altre forme di riconoscimento. I titolari di un appostamento fisso situato nell'ATC, che non svolgono altra forma di caccia all'interno dell'ATC interessato corrispondono una quota di partecipazione pari alla metà.
Art. 32
Composizione e funzionamento dei comitati di gestione degli ATC.
1. Sono organi dell'ATC:
a) l'assemblea dei cacciatori;
b) il comitato di gestione;
c) il Presidente;
d) il collegio dei revisori dei conti.
2. L'assemblea dei cacciatori iscritti aventi l'accesso all'ATC è composta da un numero massimo di 100 delegati dei cacciatori designati dalle rispettive associazioni venatorie che ne informano i comitati di gestione per l'adozione degli adempimenti di competenza. L'assemblea deve essere sentita per:
a) adozione del bilancio di previsione annuale;
b) approvazione conto consuntivo;
c) determinazione quote di partecipazione dei cacciatori iscritti ed ammessi;
3. Il comitato di gestione è composto da:
a) sei rappresentanti delle associazioni venatorie riconosciute ed operanti in provincia con adeguate strutture periferiche;
b) sei rappresentanti delle organizzazioni professionali agricole;
c) quattro rappresentanti delle associazioni di protezione ambientale;
d) quattro esperti designati rispettivamente dalla provincia e dai comuni territorialmente interessati.
I membri di cui alla lettera a) devono essere designati, in base al principio della rappresentatività a livello provinciale, tra i soci delle associazioni riconosciute a livello nazionale che abbiano un numero di iscritti pari ad almeno un quindicesimo dei cacciatori residenti nella provincia in cui ricade l'ambito. Quelli di cui alle lettere b) e c) devono essere designati in base al principio della rappresentatività a livello provinciale.
4. L'Amministrazione provinciale provvede alla richiesta delle designazioni agli enti interessati ed alle associazioni sopra citate per la nomina del comitato di gestione che viene insediato con atto del Presidente della provincia entro 30 giorni dalla designazione dei soggetti interessati.
5. Non possono essere designati quali rappresentanti del Comitato di gestione coloro che hanno commesso negli ultimi cinque anni infrazioni per le quali è stata disposta la sospensione della licenza di caccia.
6. Il comitato di gestione così costituito dura in carica 5 anni ed elegge nel proprio seno il Presidente tra i rappresentanti di cui al comma 3, lettera a), ed il vicepresidente tra i rappresentanti di cui alla lettera b) del comma citato.
7. Il comitato di gestione dell'ATC, al quale sia affidata la gestione di zone di ripopolamento e cattura o di centri pubblici di riproduzione della fauna selvatica, adotta i relativi provvedimenti necessari e ne cura l'attuazione.
8. Il comitato di gestione può individuare e delimitare, per periodi determinati, zone di rispetto venatorio (Z.R.V.) nelle quali l'esercizio della caccia è vietato. In dette aree l'organismo di gestione può creare strutture per l'allevamento di selvaggina allo stato naturale ed il suo irradiamento. Le catture possono essere previste esclusivamente a scopo di ripopolamento.
9. Il Presidente dell'Amministrazione provinciale, con proprio atto nomina il collegio dei revisori dei conti. Esso è composto da 2 membri di cui uno designato dalla provincia e uno designato dalla Giunta regionale tra i dipendenti regionali esperti in materia giuridico-amministrativa e contabile. Il componente designato dalla provincia deve essere iscritto all'albo ufficiale dei revisori ed assume la funzione di Presidente del collegio. Il collegio dei revisori dura in carica 5 anni e continua ad esercitare le funzioni di cui all'art. 12 della L.R. n. 4/1992, sino all'insediamento del nuovo collegio.
10. In presenza di gravi irregolarità o inadempienze riscontrate dai revisori dei conti, il Presidente della provincia provvede allo scioglimento del comitato di gestione e alla nomina di un commissario straordinario per la durata massima di 6 mesi.
Art. 33
Gestione finanziaria degli ATC.
1. Il comitato di gestione ha facoltà di spesa nei limiti delle disponibilità finanziarie che gli derivano dalle entrate delle quote di partecipazione, da quelle rimesse dalla provincia nel quadro del riparto dei contributi regionali e di altre entrate previste dalla legge.
2. Le quote di partecipazione vengono introitate dal comitato di gestione.
3. La gestione del bilancio deve perseguire le finalità indicate nel piano faunistico-venatorio provinciale ed essere improntata alla regola del pareggio economico.
4. La gestione contabile degli ATC è controllata dal collegio dei revisori dei conti. Compensi e rimborsi spese dovuti ai revisori sono a carico dell'ATC e dell'Amministrazione provinciale competente con la medesima quota. Ai componenti il collegio dei revisori compete il 50% dell'indennità, per la stessa carica, stabilita dall'art. 11 della L.R. n. 91/1994.
Art. 34
Partecipazione dei cacciatori alla gestione dell'ATC.
1. Le modalità di partecipazione dei cacciatori alla gestione dell'ATC, al quale sono iscritti e/o ammessi, sono fissate con il programma annuale degli interventi approvato dal comitato di gestione.
2. L'addestramento dei cani nel rispetto delle norme relative, è consentito al cacciatore negli ATC cui ha accesso, con le modalità e nei tempi consentiti.
3. Il cacciatore ammesso conserva l'accesso all'ATC sino alla deliberazione da parte del comitato di gestione delle ammissioni relative alla stagione venatoria successiva.
Art. 35
Conferenza permanente degli Ambiti Territoriali di Caccia.
1. Al fine di ottimizzare ed armonizzare l'attività programmatoria della gestione faunistico-venatoria ed ambientale degli ATC sul territorio regionale è costituita presso il settore caccia della Giunta regionale la Conferenza Permanente degli Ambiti Territoriali di Caccia.
2. La Conferenza di cui al comma 1 è convocata e presieduta dal componente la Giunta preposto al settore caccia, con cadenza almeno semestrale ed è costituita dai presidenti degli ATC abruzzesi o loro delegati e prevede altresì la partecipazione delle province.
3. La conferenza relaziona sull'attività gestionale degli ATC, sullo stato di applicazione, per quanto di competenza, della presente legge e sulle linee di indirizzo di gestione faunistico-venatoria riferite agli interventi di conservazione e ripristino ambientale nonché al miglioramento qualitativo ed all'incremento del patrimonio faunistico, inoltre stabilisce l'entità massima della quota di partecipazione che può essere richiesta dai Comitati di gestione degli ambiti territoriali di caccia ai cacciatori iscritti e/o ammessi.
4. L'attività di segretario è svolta dal Responsabile del Servizio Caccia della Giunta regionale o suo delegato.
Art. 36
Doveri del cacciatore.
1. Negli ATC il cacciatore ha, tra l'altro, il dovere di:
a) collaborare alla gestione faunistica partecipando alle attività programmate di cui all'art. 26;
b) corrispondere la quota di partecipazione nei tempi stabiliti;
c) rispettare le limitazioni dell'esercizio venatorio indicate nel calendario venatorio annuale e le ulteriori limitazioni predisposte dal comitato di gestione;
annotare sugli appositi tesserini le giornate di esercizio, la località, le specie ed il numero di capi abbattuti secondo la vigente normativa.
Art. 37
Divieti negli ATC.
1. Oltre a quanto previsto dalle vigenti leggi sulla caccia, negli ATC è fatto divieto:
a) di detenere selvaggina abbattuta a chiunque non sia legittimato ad esercitare l'attività venatoria nell'ambito;
b) di esercitare la caccia in un ATC diverso da quello assegnato;
c) di detenere il tesserino regionale di caccia contraffatto o comunque manomesso;
d) di ottenere il titolo di accesso all'ATC mediante false dichiarazioni, ovvero tacendo l'esistenza di ragioni ostative;
e) di presentare attestati di prestazione non regolari.
2. Fatte salve le sanzioni previste dalla legge penale, le violazioni dei divieti di cui alla lettera d) o alla lettera e) del precedente comma, comporta la mancata ammissione per la stagione venatoria successiva all'ATC interessato e l'espulsione dell'ATC nella stagione corrente.
Capo II - Forme di caccia
Art. 38
Esercizio della caccia.
1. Fatto salvo l'esercizio venatorio con l'arco ed il falco, l'attività venatoria può essere praticata nel territorio regionale nelle seguenti forme:
a) da appostamento fisso;
b) nell'insieme delle altre forme consentite dalla presente legge negli ambiti territoriali di caccia programmata.
2. Ogni cacciatore che ne abbia fatto richiesta, nei modi e nei tempi stabiliti, può accedere ad altri ambiti, anche in una diversa regione, previo consenso dei relativi organi di gestione.
Art. 39
Esercizio venatorio da appostamento fisso.
1. Sono considerati fissi gli appostamenti costruiti in muratura o altra solida materia con preparazione di sito destinati all'esercizio venatorio per almeno una stagione di caccia.
2. Per gli appostamenti all'avifauna selvatica acquatica, collocati in terra ferma, gli impianti devono avere una stabile occupazione di sito definita.
3. L'autorizzazione per la caccia da appostamento fisso è rilasciata dalla provincia ed ha validità di 4 anni.
4. La domanda deve essere corredata con planimetria a scala 1:25000 indicante l'ubicazione dell'appostamento ed inoltre è subordinata al consenso scritto del proprietario o del conduttore del terreno, lago o stagno privato e fatte salve le eventuali ulteriori autorizzazioni di legge.
5. Non sono considerati fissi gli appostamenti per l'esercizio venatorio agli ungulati e colombacci.
6. Ogni appostamento fisso è soggetto al versamento della tassa di concessione regionale.
7. Non è consentito costruire nuovi appostamenti fissi di caccia a distanza inferiore a 500 metri dai confini delle oasi di protezione e delle zone di ripopolamento e cattura, e a 200 metri da altro appostamento fisso preesistente.
8. È consentito al titolare ed alle persone autorizzate il vagare o il soffermarsi in attitudine di caccia, entro il raggio di 150 m dall'appostamento fisso, per il recupero della selvaggina ferita anche con l'uso del cane da riporto.
9. È vietata la caccia in forma vagante e da appostamento temporaneo ad una distanza inferiore a metri 150 dagli appostamenti fissi segnalati con apposite tabelle a cura del titolare, durante l'effettivo esercizio di essi, salvo il consenso del titolare.
10. Oltre il titolare, possono accedere all'appostamento fisso soltanto sei persone autorizzate dal titolare medesimo.
11. Le province possono rilasciare un numero di autorizzazioni per la caccia da appostamento fisso nei siti individuati d'intesa con gli ATC ed indicati nel piano faunistico venatorio provinciale. Le autorizzazioni sono rilasciate prioritariamente:
a) agli ultrasessantenni;
b) al proprietario o al conduttore del fondo su cui si intende costruire l'appostamento fisso di caccia;
c) ai parenti non oltre il secondo grado del titolare della precedente autorizzazione;
d) agli inabili ed ai portatori di handicap fisici;
e) a coloro che, per caso fortuito o per forza maggiore, siano costretti a trovare altro sito per l'appostamento fisso di cui erano titolari o a coloro che, per sopravvenuto impedimento fisico, non siano più in condizioni di esercitare la caccia in forma vagante.
12. Per motivate ragioni, le province possono consentire al titolare di impiantare l'appostamento fisso di caccia in una zona diversa da quella in cui era stato precedentemente autorizzato.
13. Le zone degli appostamenti fissi, ai fini dell'art. 10, comma 3, lettera f), si intendono identificate con il rilascio dell'autorizzazione.
14. Gli appostamenti costituiti da attrezzature smontabili o da ripari di fortuna, che non comportino modificazioni del sito e siano destinati all'esercizio venatorio per non più di una giornata di caccia, sono considerati temporanei. Al termine della giornata il cacciatore deve rimuovere il materiale usato per la costruzione dell'appostamento.
15. La preparazione dell'appostamento temporaneo non può essere effettuata mediante taglio di piante da frutto a meno che non si tratti di residui della potatura, né con l'impiego di piante appartenenti alla flora spontanea protetta.
16. Il titolare dell'autorizzazione dell'appostamento fisso, previo accordo con il proprietario o conduttore del fondo, provvede di norma, durante il corso dell'anno, al mantenimento delle caratteristiche naturali dell'ambiente circostante, per la tutela della fauna selvatica e della flora, in relazione allo svolgimento dell'esercizio venatorio.
17. È vietato l'uso di richiami vivi che non siano identificati mediante anello inamovibile numerato.
Art. 40
Detenzione ed uso dei richiami vivi per la caccia da appostamento.
1. La regione, su parere dell'OFR, emana norme regolamentari per disciplinare l'allevamento, la vendita e la detenzione di uccelli allevati appartenenti alle specie cacciabili, nonché il loro uso in funzione di richiami per la caccia da appostamento.
2. Ad ogni cacciatore, che eserciti l'attività venatoria da appostamento fisso in via esclusiva, sono consentiti la detenzione e l'uso di richiami di cattura in un numero massimo di 10 unità per ogni specie fino ad un massimo complessivo di 40 unità. Ad ogni cacciatore che esercita l'attività venatoria da appostamento temporaneo con i richiami vivi di cattura è consentita la detenzione e l'uso di un numero massimo complessivo di 10 unità.
3. È vietata la vendita di uccelli di cattura utilizzabili come richiami vivi per l'attività venatoria d'appostamento.
4. La sostituzione di un richiamo di cattura può avvenire dietro consegna alla provincia del richiamo morto da sostituire, ovvero previa presentazione del certificato del servizio veterinario della A.S.L. competente e del relativo anellino ovvero per altri comprovati motivi.
5. Alle province spettano i compiti di vigilanza e di controllo sull'osservanza delle disposizioni del presente articolo.
6. Cessando l'attività il cacciatore può cedere i richiami vivi ad altro cacciatore, previa comunicazione alla provincia.
Capo III - Strutture private per la caccia e la produzione della selvaggina
Art. 41
Aziende faunistico-venatorie ed agri-turistico-venatorie.
1. Le province, su richiesta degli interessati e sentito il parere dell'OFR e della Consulta provinciale della caccia, entro il limite massimo dell'8% del proprio territorio agro-silvo-pastorale, possono:
a) autorizzare l'istituzione, nel limite massimo del 3% del territorio agro-silvo-pastorale, di aziende faunistico-venatorie, senza fine di lucro, soggette a tassa di concessione regionale, con particolare riferimento alla tipica fauna appenninica e a quella acquatica; dette concessioni devono essere corredate di programmi di conservazione e di ripristino ambientale al fine di garantire l'obiettivo naturalistico. In particolare le aziende faunistiche-venatorie devono perseguire la conservazione, la protezione e il miglioramento ambientale; la tutela delle caratteristiche naturali, orografiche, geomorfologiche, idriche e vegetazionali tipiche della zona; nonché la tutela delle specie faunistiche, stabilmente e temporaneamente presenti nelle aree prescelte. In tali aziende la caccia è consentita nelle giornate indicate nel calendario venatorio secondo i piani di assestamento e di abbattimento. In ogni caso nelle aziende faunistico-venatorie non è consentito immettere o liberare fauna selvatica posteriormente alla data del 31 agosto;
b) autorizzare l'istituzione nel limite massimo del 5% del territorio agro-silvo-pastorale di aziende agri-turistico-venatorie, ai fini di impresa agricola, soggette a tassa di concessione regionale, nelle quali sono consentiti l'immissione e l'abbattimento per tutta la stagione venatoria di fauna selvatica di allevamento.
2. Le aziende faunistico-venatorie ed agri-turistico-venatorie devono:
a) essere situate nei territori di scarso rilievo faunistico e comunque con l'esclusione delle aree contigue ai parchi nazionali e regionali e delle zone comunque confinanti con i parchi stessi;
b) coincidere con i territori di una o più aziende agricole ricadenti in aree ad agricoltura svantaggiata, ovvero dismesse da interventi agricoli ai sensi del regolamento 1094/88/CEE, e successive modificazioni.
3. Le aziende agrituristico-venatorie nelle zone umide e vallive possono essere autorizzate solo se comprendono bacini artificiali di superficie non inferiore ai 10 ettari e utilizzino per l'attività venatoria fauna acquatica di allevamento, nel rispetto delle convenzioni internazionali.
4. La domanda di concessione per l'istituzione di aziende agrituristico-venatorie è presentata dai proprietari o conduttori dei fondi rustici interessati alla costituzione.
5. La regione, al fine di assicurare una pluralità di utilizzazione del territorio ai fini faunistici e venatori, emana, con proprio regolamento, norme per l'istituzione di nuove aziende, nonché direttive vincolanti la densità venatoria, l'estensione, la gestione faunistico-venatoria, la collocazione, le modalità di vigilanza venatoria, la sospensione e la revoca dell'autorizzazione per tutte le aziende agrituristico-venatorie e faunistico-venatorie presenti nel territorio regionale.
6. L'autorizzazione delle aziende faunistico-venatorie e agrituristico-venatorie ha la durata di cinque anni. Alla scadenza può essere rinnovata su parere vincolante della consulta provinciale della caccia.
7. L'esercizio dell'attività venatoria nelle aziende di cui al comma 1 è consentito nel rispetto delle norme della presente legge.
8. Nell'ambito di aziende faunistico-venatorie ed agrituristico-venatorie possono essere istituite, a margine delle stesse, zone di addestramento cani, per un estensione massima di 50 ettari, adeguatamente tabellata con le modalità di cui al terzo comma dell'art. 18.
9. Le aziende faunistico-venatorie ed agrituristico-venatorie devono realizzare un inquadramento produttivo dell'attività venatoria, incentivando la gestione locale con una partecipazione attiva nella conduzione anche con formule consortili, associative, cooperativistiche, in regime di affittanza o concessione, un modello di gestione venatoria esigente la conservazione dell'ambiente naturale, attraverso il perseguimento degli obiettivi generali sanciti dalla legge n. 157/1992.
Art. 42
Allevamenti - Tassidermia.
1. La regione, su proposta delle province, con apposito regolamento, in sintonia con i disciplinari provinciali relativi ai centri privati di riproduzione della fauna selvatica di cui all'art. 17, disciplina gli allevamenti di fauna selvatica condotti sia sotto forma amatoriale e dilettantistica di cui all'art. 7 che professionale di cui al presente articolo.
2. Gli allevatori che intendono produrre fauna selvatica sotto forma di impresa, inclusi i titolari dei centri privati di riproduzione di fauna selvatica allo stato naturale, devono richiedere formale autorizzazione all'Amministrazione provinciale competente per territorio, fatte salve tutte le disposizioni statali e regionali prescritte per l'esercizio dell'attività. Se l'allevatore è titolare dell'impresa agricola è tenuto a dare semplice comunicazione delle specie di fauna selvatica allevate all'Amministrazione provinciale.
3. La provincia, ai fini dell'esercizio dell'allevamento a scopo di ripopolamento, organizzato in forma di azienda agricola singola, consortile o cooperativa, anche per il recupero di potenzialità produttive in aree montane o svantaggiate, può consentire al titolare e ad altre persone dal medesimo autorizzate, nel rispetto delle norme di cui alla presente legge, la cattura di mammiferi ed uccelli in stato di cattività.
4. Il regolamento di cui al comma 1 deve prevedere gli allevamenti di cani da caccia nel rispetto delle competenze dell'Ente Nazionale per la Cinofilia Italiana (E.N.C.I).
5. Le province esercitano le funzioni amministrative inerenti l'autorizzazione dell'attività di tassidermia ed imbalsamazione.
6. Oltre quanto disposto dall'art. 21 della legge n. 157/1992, l'attività di tassidermia a favore di privati è riservata alle spoglie di animali appartenenti alle specie di cui all'art. 18 della citata legge n. 157/1992.
7. La regione, sulla base di apposito regolamento, disciplina l'attività di tassidermia ed imbalsamazione e la detenzione o il possesso di preparazioni tassidermiche e trofei.
TITOLO V
Specie cacciabili e calendario venatorio
Art. 43
Specie cacciabili e periodi di attività venatoria - calendario venatorio.
1. Ai fini dell'esercizio venatorio è consentito abbattere esemplari di fauna selvatica appartenenti alle specie e per i periodi indicati dalla legge n. 157/1992, art. 18, comma 1 e successive modifiche ed integrazioni.
2. La Giunta regionale può modificare in presenza di adeguati piani faunistico-venatori, previo parere dell'OFR, i termini di cui al comma 1 dell'art. 18 della legge n. 157/1992 per determinate specie di fauna selvatica in relazione alle diverse situazioni ambientali provinciali, i termini devono essere comunque contenuti tra il 1° settembre ed il 31 gennaio, da considerarsi arco temporale massimo con riferimento alle singole specie.
3. La Giunta regionale, sentita la Consulta regionale della caccia e previo parere dell'OFR, pubblica entro e non oltre il 15 giugno, il calendario e le norme regolamentari per l'intera stagione venatoria nel rispetto di quanto stabilito dalla vigente normativa.
4. Nel calendario venatorio devono essere indicate in particolare:
a) le specie cacciabili ed i periodi di caccia;
b) le giornate di caccia;
c) il carniere giornaliero e stagionale;
d) l'ora legale d'inizio e di termine della giornata di caccia;
e) i periodi e le modalità per l'addestramento dei cani da caccia.
5. Il numero delle giornate di caccia settimanale non può essere superiore a tre, con la possibilità di libera scelta del cacciatore, ad esclusione dei giorni di martedì e venerdì nei quali l'esercizio dell'attività venatoria è sospeso.
6. La Giunta regionale, per il periodo compreso fra il 1° ottobre ed il 30 novembre, può regolamentare per i cacciatori iscritti ad un ATC regionale e previo parere dell'OFR e della Consulta regionale della caccia, l'esercizio venatorio alla fauna selvatica migratoria consentendo eventualmente il prelievo per cinque giornate alla settimana.
7. Le giornate di caccia fruite in altre regioni debbono essere registrate nel tesserino e sono computate come giornate fruite nel territorio dell'Abruzzo.
8. Non è consentita la posta alla beccaccia né la caccia da appostamento sotto qualsiasi forma, al beccaccino.
9. L'addestramento e l'allenamento dei cani da caccia sono consentiti trenta giorni prima dell'apertura della caccia secondo le disposizioni del calendario venatorio, nei terreni liberi da colture in atto o incolti, salvo che per le zone diversamente regolamentate dall'art. 18.
10. Le province hanno facoltà di vietare il prelievo venatorio per periodi limitati di tempo in quelle aree dove, per ragioni turistiche, si abbiano concentrazioni di persone che rendano pericoloso l'esercizio della caccia per la pubblica incolumità.
11. I divieti di cui al precedente comma sono segnalati con tabelle recanti la scritta: "divieto di caccia-zona turistica - art. 43 L.R. n. 10/2004"
12. Le province rendono noto, nell'atto di recepire il calendario venatorio regionale, le zone dove l'attività venatoria è consentita in forma programmata, quelle riservate alla gestione venatoria privata e le zone dove l'esercizio venatorio non è consentito.
Art. 44
Controllo della fauna selvatica.
1. La Giunta regionale, anche fuori dal calendario venatorio, può restringere il periodo di caccia o vietare l'esercizio venatorio sia per talune forme di caccia sia in determinate località, alle specie di fauna selvatica di cui all'art. 18, comma 1 della legge n. 157/1992, per importanti e motivate ragioni connesse alla consistenza faunistica o per sopravvenute particolari condizioni ambientali, stagionali o climatiche o per malattia od altre calamità.
2. Le province, per la migliore gestione del patrimonio zootecnico, per la tutela del suolo, per motivi sanitari, per la selezione biologica, per la tutela del patrimonio storico-artistico e delle produzioni zoo-agro-forestali ed ittiche, provvedono al controllo delle specie di fauna selvatica anche nelle zone vietate alla caccia. La Giunta provinciale può autorizzare piani d'abbattimento d'intesa con gli ATC. Tale controllo, nelle zone vietate alla caccia, è esercitato selettivamente sentito l'OFR. I piani devono essere attuati dalle guardie venatorie dipendenti dalle province e dalle guardie venatorie volontarie. I soggetti attuatori possono avvalersi dei proprietari o conduttori dei fondi sui quali si attuano i piani medesimi, purché muniti della licenza per l'esercizio venatorio, nonché delle guardie forestali, delle guardie comunali munite di licenza per l'esercizio venatorio e dei cacciatori iscritti o ammessi agli ATC interessati nominativamente segnalati dai comitati di gestione.
3. Nel caso che il controllo della fauna selvatica sia effettuato nei parchi naturali regionali per ricomporre l'equilibrio ecologico, lo stesso deve essere attuato in conformità del regolamento del parco, sotto la diretta responsabilità e sorveglianza dell'ente gestore. Detto controllo è effettuato dal personale dipendente del Parco o da persone espressamente autorizzati dall'ente stesso, scelte tra le persone iscritte agli ATC ricadenti nei comprensori interessati e nominativamente segnalati dai comitati di gestione.
4. Il controllo della fauna selvatica per motivi sanitari o per la tutela del patrimonio storico-artistico all'interno dei centri urbani può essere autorizzato dalla provincia su conforme parere della A.S.L.
5. La provincia per comprovate ragioni di protezione dei fondi coltivati e degli allevamenti, può autorizzare, su proposta:
a) degli ATC territorialmente interessati;
b) delle organizzazioni professionali agricole maggiormente rappresentative a livello nazionale tramite le loro strutture Provinciali;
c) delle comunità montane territorialmente interessate;
d) dei comuni territorialmente interessati piani di abbattimento di specie selvatiche e delle forme inselvatichite di specie domestiche, nel rispetto delle disposizioni della legge n. 241/1991.
6) I piani di cui al presente articolo sono attuati:
a) dalle guardie venatorie dipendenti dalle province;
b) dai proprietari o conduttori dei fondi interessati purché muniti di licenza di caccia;
c) dai cacciatori iscritti negli ATC interessati nominativamente segnalati dal comitato di gestione;
d) dalle guardie venatorie volontarie.
Art. 45
Importazione di fauna selvatica dall'estero.
1. Le specie selvatiche autoctone utilizzabili a scopo di ripopolamento venatorio e di miglioramento genetico devono provenire, preferibilmente, da catture effettuate in aree protette, centri di produzione di fauna selvatica allo stato naturale o da allevamenti nazionali di selvaggina. Qualora si dovesse rendere necessaria l'immissione di fauna selvatica proveniente dall'estero, per gli scopi di cui sopra, l'immissione è consentita previo parere dell'OFR.
2. Al fine di prevenire la diffusione di malattie infettive e di garantire l'idoneità della fauna selvatica destinata al ripopolamento, i capi provenienti da allevamenti nazionali o introdotti dall'estero, prima dell'immissione, devono essere sottoposti al controllo sanitario a cura del servizio veterinario della ASL competente.
3. I permessi d'importazione sono rilasciati dal Ministero delle risorse agricole, alimentari e forestali, su parere dell'INFS, nel rispetto delle convenzioni internazionali, a norma dell'art. 20, comma 3 della legge n. 157/1992.
TITOLO VI
Revoca istituti faunistici privati - tassa regionale - promozione - risarcimento danni
Art. 46
Revoca degli istituti faunistici privati.
1. Le autorizzazioni dei centri privati di riproduzione di fauna selvatica, di aziende faunistico-venatorie, di aziende agri-turistico-venatorie sono soggette a revoca.
2. L'autorizzazione di centro privato di riproduzione di fauna selvatica è revocata qualora il titolare contravvenga alle norme di cui all'art. 17 della presente legge, nonché alle disposizioni impartite dalle province con proprio disciplinare.
3. La provincia prima di procedere alla revoca dell'autorizzazione, può assegnare all'interessato un termine di trenta giorni per la presentazione di eventuali deduzioni.
4. L'autorizzazione di azienda faunistico-venatoria o di azienda agri-turistico-venatoria è revocata dalla provincia quando non siano state rispettate le disposizioni di legge o quelle del provvedimento di autorizzazione. In luogo del provvedimento di revoca dell'autorizzazione, la provincia, avuto riguardo delle circostanze del fatto, può sospendere per un periodo, fino a due mesi, l'attività venatoria.
5. Trascorsi trenta giorni dal provvedimento di revoca, la provincia può, qualora non sia stato interposto ricorso giurisdizionale, prelevare dall'azienda faunistico-venatoria od agri-turistico-venatoria, a scopo di ripopolamento, la fauna selvatica catturabile.
6. Il Prelievo di fauna selvatica può essere effettuato anche in caso di rinuncia alla autorizzazione.
Art. 47
Tassa di concessione regionale.
1. Le risorse finanziarie per il perseguimento dei fini previsti dalla presente legge e dalla legge n. 157/1992, sono assicurate dalle seguenti tasse di concessione regionale relative a:
a) abilitazione all'esercizio venatorio con fucile ad un colpo, con falchi e con l'arco Euro 38;
b) abilitazione all'esercizio venatorio;
c) licenza di appostamento fisso da caccia;
d) concessione di azienda faunistico-venatoria;
e) concessione di azienda agri-turistico-venatoria.
2. Le tasse di concessione regionale di cui al comma 1 sono fissate come segue:
f) abilitazione all'esercizio venatorio con fucile a due colpi Euro 52
g) abilitazione all'esercizio venatorio con fucile a più di due colpi Euro 66
h) licenza di appostamento fisso da caccia Euro 55
i) concessione di azienda faunistico-venatoria Euro 3
j) concessione di azienda agri-turistico-venatoria Euro 3
Detti importi sono riferiti sia alla tassa di rilascio che alla tassa annuale, in riferimento alle tasse di cui alle lettere e) ed f); gli importi sono riferiti ad ogni ettaro o frazione.
3. La tassa per l'abilitazione venatoria non è dovuta qualora durante l'anno il cacciatore non eserciti l'attività venatoria o la eserciti esclusivamente all'estero.
4. Il versamento della tassa annuale di concessione regionale deve essere effettuato in occasione del pagamento della tassa di rinnovo della concessione governativa per la licenza di porto d'armi per uso di caccia ed ha validità di un anno dalla data di rilascio della concessione governativa.
5. La tassa di concessione regionale per il rinnovo del certificato di abilitazione all'esercizio venatorio è considerata documento unico a sé stante ed ha durata di un anno. Per difformi situazioni di scadenza eventualmente riscontrabili fra la data di versamento della tassa regionale e quella governativa, la validità del versamento della tassa regionale è procrastinata fino alla scadenza della tassa di concessione governativa.
6. Le tasse di concessione regionale vanno corrisposte a mezzo dell'apposito conto corrente postale.
Art. 48
Attività promozionale provinciale.
1. Le province provvedono periodicamente alla pubblicazione o all'acquisto di un opuscolo a stampa per consentire agli aspiranti cacciatori un'adeguata e specifica preparazione venatoria.
2. Le province provvedono, altresì, alla pubblicazione o all'acquisto di opuscoli tecnico-venatori per il miglioramento delle tecniche di ambientamento della fauna autoctona, l'approfondimento delle conoscenze della fauna selvatica, nonché per l'omogeneizzazione dell'attività di vigilanza in collaborazione con gli organismi delle forze dell'ordine, degli Enti Locali e degli altri organismi del settore.
3. Le province promuovono inoltre la collaborazione attiva della scuola, delle organizzazioni sociali, delle associazioni culturali, di quelle naturalistiche e di quelle venatorie, per diffondere la conoscenza del patrimonio faunistico ed i modi della sua tutela anche mediante acquisto di pubblicazioni, di materiale audiovisivo e didattico, in materia faunistica, cinofila, ed ambientale.
4. Gli opuscoli di cui al comma 1 sono rilasciati gratuitamente ai candidati, al momento della presentazione della domanda di esame per il conseguimento dell'abilitazione venatoria; il rimanente materiale viene distribuito gratuitamente ai soggetti ed altri organismi interessati.
5. Per le attività previste è destinato un finanziamento regionale nella percentuale determinata dall'art. 55.
Art. 49
Contributi ai proprietari e conduttori dei fondi. Risarcimento dei danni provocati dalla fauna selvatica.
1. Una quota del fondo regionale annuale di cui all'art. 56, per una percentuale così come determinata dall'art. 55, è destinata per il finanziamento o il concorso nel finanziamento di progetti di valorizzazione del territorio predisposti dalla provincia o dal Comitato di gestione, che contemplino tra l'altro:
a) la realizzazione di strutture per l'allevamento di fauna selvatica nonché di riproduttori per il periodo autunnale;
b) l'acquisto e la manutenzione degli apprestamenti di ambientamento della fauna selvatica;
c) l'adozione di forme di lotta biologica e di lotta integrata;
d) il ricorso a tecniche colturali ed a tecnologie innovative non pregiudizievoli per l'ambiente;
e) la valorizzazione agrituristica di percorsi per la visita degli ambienti naturali e la conoscenza scientifica e culturale della fauna selvatica ospite;
f) la manutenzione e la pulizia dei boschi al fine di prevenire gli incendi.
2. Le province ai sensi della L.R. n. 10/2003 provvedono al risarcimento dei danni arrecati alle colture agricole ed alla zootecnia dalla fauna selvatica sul territorio regionale soggetto a programmazione faunistica e venatoria ricompreso negli ambiti territoriali di caccia.
3. Per far fronte ai danni arrecati alle produzioni agricole dalla fauna selvatica e nell'esercizio dell'attività venatoria è destinata una quota del fondo di cui all'art. 56 per una percentuale così come determinata dall'art. 55 ad integrazione delle risorse finanziare di cui alla L.R. n. 10/2003.
4. I fondi assegnati alle province con l'art. 55 per le finalità di cui al comma 1 del presente articolo sono ripartiti dalle province in favore degli ATC sulla base di programmi e progetti presentati dai relativi comitati di gestione ed in proporzione all'estensione territoriale.
5. I danni arrecati dalle specie selvatiche possono essere risarciti anche mediante polizze assicurative stipulate dalle province.
6. Una quota del fondo annuale regionale di cui all'art. 56 per una percentuale cosi come determinata dall'art. 55 è destinata alle province per il risarcimento dei danni provocati dalla fauna selvatica, alle colture agricole presenti negli istituti provinciali di produzione e protezione.
7. Il risarcimento dei danni provocati nei centri privati di produzione della selvaggina, nelle aziende faunistico-venatorie, nelle aziende agri-turistico-venatorie e nelle zone per l'addestramento cani e gare cinofile previste al comma 4 dell'art. 18, fa carico ai rispettivi concessionari.
8. Il Comitato di gestione per il territorio dell'ATC e la provincia negli istituti provinciali di protezione e produzione faunistica, provvedono, nei limiti delle disponibilità di bilancio, alla liquidazione ed all'erogazione di contributi per l'acquisizione e la predisposizione di mezzi e metodi, previamente concordati, da parte dei proprietari e/o conduttori dei fondi agricoli ai fini della prevenzione dei danni alle colture da parte della fauna selvatica.
TITOLO VII
Divieti - trasgressioni - vigilanza - sanzioni
Art. 50
Altri divieti.
1. Oltre quanto previsto dall'art. 21 comma 1 della legge n. 157/1992, è vietato:
a) cacciare l'avifauna selvatica migratoria ad una distanza minore di 1000 metri dai valichi montani interessati dalle rotte di migrazione su indicazione dell'INFS;
b) addestrare i cani nei fondi chiusi e nei terreni in attualità di coltivazione;
c) disturbare la fauna selvatica negli ambiti protetti e nelle aziende faunistico-venatorie con metodi e mezzi non giustificati o comunque tali da allontanarla o impedirne la sosta o la riproduzione;
d) cacciare quando il territorio è coperto tutto o per la maggior parte da neve. È comunque consentita la caccia a palmipedi e trampolieri lungo i corsi d'acqua, laghi, stagni, marcite e acquitrini, purché non ghiacciati, entro un massimo di 100 metri dalle rive dei laghi, degli argini o in assenza di questi dalla linea dell'alveo invaso dalle piene annuali;
e) effettuare immissioni di selvaggina senza la preventiva autorizzazione della Giunta provinciale di cui al precedente art. 11, comma 5;
f) usare armi da sparo munite di silenziatore;
g) sparare da distanza corrispondente a meno di una volta e mezzo la gittata massima in caso di uso di munizioni a palla unica in fucili a canna liscia, in direzione di fabbricati, macchine agricole e strade.
Art. 51
Vigilanza venatoria.
1. La vigilanza sull'applicazione della presente legge è affidata alle province. Gli agenti dipendenti della provincia rivestono la qualifica di agente di polizia giudiziaria e di pubblica sicurezza in conformità a quanto disposto dalla lettera a), comma 1, dell'art. 27, della legge n. 157/1992. Essi possono portare durante il servizio e per i compiti d'istituto le armi da caccia di cui all'art. 20, nonché armi con proiettili a narcotico. Le armi di cui sopra sono portate e detenute in conformità al regolamento di cui al comma 5, dell'art. 5, della legge n. 65/1986.
2. Ferme restando le altre disposizioni della legge n. 65/1986, gli agenti dipendenti dalle province, ai quali sono conferite a norma di legge le funzioni di agente di polizia giudiziaria e di pubblica sicurezza per lo svolgimento di attività di vigilanza venatoria, esercitano tale attribuzione nell'ambito territoriale dell'ente d'appartenenza e nei luoghi nei quali sono comandati a prestare servizio, portando senza licenza le armi di cui sono dotati.
3. Gli agenti dipendenti dalla provincia redigono verbali di contestazione delle violazioni e degli illeciti amministrativi previsti dalla legge n. 157/1992 e gli altri atti indicati dall'art. 53 anche fuori dall'orario di servizio.
4. Concorrono alla vigilanza le guardie volontarie delle associazioni venatorie nazionali, agricole e di protezione ambientale, riconosciute a livello nazionale, alle quali sia riconosciuta la qualifica di guardia giurata ai sensi del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, approvato con R.D. 18 giugno 1931, n. 773.
5. La vigilanza di cui al comma 1 è altresì affidata agli ufficiali, sottufficiali e guardie del Corpo Forestale dello Stato, alle guardie addette ai parchi naturali nazionali e regionali, agli ufficiali ed agenti di polizia giudiziaria, alle guardie giurate comunali, forestali e campestri, alle guardie private giurate riconosciute ai sensi del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, il cui utilizzo è previsto altresì per le aziende faunistico-venatorie ed agri-turistico-venatorie, e alle guardie ecologiche e zoofile riconosciute. Le guardie private e giurate svolgeranno il proprio servizio, in divisa, o con distintivo e decreto prefettizio ed in conformità a quanto stabilito dal R.D. n. 773/1931, e del testo unico sulle leggi di pubblica sicurezza.
6. Il riconoscimento della qualifica di guardia venatoria volontaria, concessa a norma del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, è subordinato alla frequenza di corsi di qualificazione organizzati dalle province con la collaborazione delle associazioni venatorie ed al superamento del relativo esame dinanzi la commissione di cui al comma 13 e seguenti.
7. Gli agenti dipendenti dalle province e le guardie volontarie operano, di norma, nell'ambito della circoscrizione territoriale di competenza.
8. A tutti i soggetti a cui è affidata la vigilanza venatoria ai sensi del presente articolo è vietata la caccia durante l'esercizio delle loro funzioni.
9. Agli agenti di vigilanza di cui ai commi 1 e 5, con compiti di vigilanza, è altresì vietato l'esercizio venatorio nell'ambito del territorio in cui prestano effettivo servizio, salvo deroghe concesse dalla Giunta provinciale.
10. I corsi di preparazione e di aggiornamento delle guardie per lo svolgimento delle funzioni di vigilanza sull'esercizio venatorio, sulla tutela dell'ambiente, e della fauna selvatica e sulla salvaguardia delle produzioni agricole sono organizzati annualmente dalle province con la collaborazione delle associazioni venatorie, nel rispetto delle norme contenute nella L.R. n. 63/1979 e successive modifiche ed integrazioni.
11. Le province coordinano l'attività di vigilanza delle guardie volontarie delle associazioni agricole, venatorie e di protezione ambientale.
12. Una quota del fondo regionale annuale di cui all'art. 56, per una percentuale così come determinata dall'art. 55, è destinata alle province per fronteggiare le spese della vigilanza venatoria.
13. È istituita presso ciascuna provincia, con decreto del Presidente della Giunta provinciale, una commissione d'esame per il rilascio dell'attestato di idoneità necessario per il conseguimento della qualifica di guardia venatoria volontaria.
14. commissione d'esame è composta da:
a) il Presidente, designato dal Presidente della Giunta provinciale;
b) due rappresentanti delle associazioni venatorie riconosciute ed operanti in provincia maggiormente rappresentative;
c) due rappresentanti delle associazioni naturalistiche ed ambientalistiche, riconosciute ed operanti in provincia, maggiormente rappresentative;
d) due rappresentanti delle organizzazioni professionali agricole maggiormente rappresentative della provincia.
15. L'attività di segretario è svolta da un dipendente della provincia.
16. La commissione si riunisce con cadenza almeno trimestrale.
17. Per le attività di funzionamento, i criteri di nomina, nonché per le materie di esami, in quanto compatibili, valgono le disposizioni di cui agli articoli:
- lettera b) del comma 1 dell'art. 22 nel rispetto dei limiti di composizione di cui ai commi 14 e 15 del presente articolo;
- commi 2 e 3 dell'art. 23;
- art. 24.
Art. 52
Poteri e compiti degli addetti alla vigilanza venatoria.
1. I soggetti preposti alla vigilanza venatoria ai sensi dell'art. 51 possono chiedere a qualsiasi persona trovata in possesso di armi o di arnesi atti alla caccia, in esercizio o in attitudine di caccia, la esibizione della licenza di porto di fucile per uso di caccia, del tesserino di cui al comma 2 dell'art. 19, del contrassegno della polizza di assicurazione, nonché della fauna selvatica abbattuta o catturata e possono inoltre segnalare alle competenti autorità la violazione delle norme in materia ambientale.
2. Nei casi previsti dall'art. 30 della legge n. 157/1992 gli ufficiali ed agenti che esercitano funzioni di polizia giudiziaria procedono al sequestro delle armi, della fauna selvatica e dei mezzi di caccia, con l'esclusione del cane e dei richiami vivi autorizzati. In caso di condanna per le ipotesi di cui alle lettere a), b), c), d) ed e), comma 1, dell'art. 30 le armi ed i suddetti mezzi sono in ogni caso confiscati. Le armi sequestrate ed i mezzi di caccia vanno consegnate al Comando o all'Ufficio cui appartiene il pubblico ufficiale che ha eseguito il sequestro e negli uffici stessi custoditi.
3. Quando è sequestrata fauna selvatica, viva o morta, gli ufficiali o agenti la consegnano alla provincia competente, la quale, nel caso di fauna viva, provvede a liberarla in località adatta ovvero, qualora non risulti liberabile, a consegnarla al Centro Recupero Rapaci e Selvatici per la sua riabilitazione e cura e alla successiva reintroduzione nel suo ambiente naturale; in caso di fauna viva sequestrata in campagna, e che risulti liberabile, la liberazione è effettuata sul posto dagli agenti accertatori. Nel caso di fauna morta, la provincia provvede alla sua vendita tenendo la somma ricavata a disposizione della persona cui è contestata ove si accerti successivamente che l'illecito non sussista; nell'ipotesi di illecito riconosciuto, l'importo relativo deve essere versato su un conto corrente intestato alla provincia.
4. Della consegna o della liberazione di cui al comma 3, gli ufficiali o agenti danno atto in apposito verbale nel quale sono descritte le specie e le condizioni degli esemplari sequestrati, e quant'altro possa avere rilievo ai fini penali.
5. Gli organi di vigilanza che non esercitano funzioni di polizia giudiziaria, i quali accertino, anche a seguito di denuncia, violazione delle disposizioni sull'attività venatoria, redigono verbali conformi alla legislazione vigente nei quali devono essere specificate tutte le circostanze del fatto e le eventuali osservazioni del contravventore, e li trasmettono all'autorità giudiziaria nei casi previsti dall'art. 30 della legge n. 157/1992 e nei casi previsti dall'art. 31 della stessa legge alla provincia.
Art. 53
Sanzioni amministrative.
1. La violazione di norme che prevedono la irrogazione della sanzione amministrativa è accertata mediante processo verbale.
2. Il contenzioso venatorio è affidato alla provincia competente per territorio. Ad essa vanno inoltrati i procedimenti verbali di contestazione elevati dagli agenti addetti alla vigilanza.
3. I proventi delle sanzioni amministrative sono devoluti all'ente cui è affidato il contenzioso venatorio a parziale recupero delle spese sostenute per il predetto servizio.
4. Salvo che il fatto non costituisca un reato previsto dall'art. 30 della legge n. 157/1992 o non sia altrimenti sanzionato dall'art. 31 della stessa legge, si applicano le seguenti sanzioni amministrative:
a) da Euro 5 a Euro 50 per la mancata riconsegna del tesserino venatorio regionale entro i termini stabiliti;
b) da Euro 300 ad Euro 600 per il mancato controllo sanitario della fauna selvatica liberata da parte di chi effettua il ripopolamento;
c) da Euro 100 ad Euro 200 per l'addestramento di cani al di fuori delle aree e dei periodi consentiti;
d) da Euro 100 ad Euro 700 per il mancato rispetto delle limitazioni all'attività venatoria stabilite dall'ATC;
e) da Euro 100 ad Euro 700 per la violazione della regolamentazione di cui al comma 6 dell'art. 43;
f) da Euro 10 ad Euro 45 con riferimento ad ogni singolo capo per la violazione delle norme regionali legislative e regolamentari sull'allevamento della fauna selvatica;
g) da Euro 100 ad Euro 300 per l'esercizio dell'attività venatoria in orari non consentiti, se l'infrazione è riscontrata nella fascia oraria ricompresa tra la seconda ora successiva al tramonto e la terza ora antecedente il sorgere del sole gli importi minimi e massimi sono innalzati rispettivamente a Euro 1.000 e Euro 3.000;
h) da Euro 100 a Euro 400 per omessa annotazione della giornata di caccia fruita in un ATC in cui si è iscritti od ammessi, sul tesserino venatorio regionale di cui all'art. 19;
i) da Euro 200 a Euro 800 per omessa annotazione della giornata di caccia fruita in un ATC in cui si esercita l'attività venatoria ai sensi del comma 16 dell'art. 28, sul tesserino venatorio regionale di cui all'art. 19;
j) da Euro 300 ad Euro 900 per chi esercita l'attività venatoria in un numero di giornate superiore alle tre settimanali, fatto salvo quanto disposto dal comma 6 dell'art. 43;
k) da Euro 500 a Euro 2.000 per chi esercita l'attività venatoria, in un ambito territoriale di caccia al quale non è iscritto o ammesso, fuori dai tempi e dai periodi di cui al comma 16 dell'art. 28 o dell'apposita regolamentazione di cui al comma 6 dell'art. 43;
l) da Euro 50 ad Euro 200 per chi, esercitando l'attività venatoria in un ATC in cui si è iscritti, ammessi o ai sensi di quanto disposto dal comma 17 dell'art. 28 e fatto salvo quanto disposto dalla regolamentazione di cui al comma 8 dell'art. 43, sconfina in un ATC adiacente al quale non è ammesso;
m) da Euro 200 ad Euro 1.200 per chi abbatte durante la stagione venatoria esemplari di fauna selvatica stanziale, fuori dai periodi fissati nel calendario di cui all'art. 43;
n) da Euro 50 ad Euro 150 per chi abbatte durante la stagione venatoria esemplari di fauna selvatica migratoria fuori dai periodi fissati nel calendario di cui all'art. 43;
o) da Euro 200 ad Euro 500 per ogni capo di fauna selvatica abbattuta, qualora si superino i quantitativi stabiliti dal calendario venatorio;
p) da Euro 100 ad Euro 200 per cani vaganti in aree, periodi ed orari non consentiti o senza il dovuto controllo e sorveglianza del possessore;
q) da Euro 150 ad Euro 400 per chi abusa o usa impropriamente la tabellazione dei terreni;
r) da Euro 25 a Euro 250 per ogni altra violazione delle disposizioni della presente legge e del Calendario Venatorio non espressamente sanzionata dalle predette norme. Per lo stesso fatto si applicano altresì le sanzioni accessorie previste dall'art. 32 della legge n. 157/1992.
Art. 54
Rapporto sull'attività di vigilanza.
1. Nell'esercizio delle funzioni amministrative di cui all'art. 2, la Giunta regionale entro il mese di maggio di ciascun anno trasmette al Ministro delle politiche agricole e forestali un rapporto informativo nel quale, sulla base di dettagliate relazioni fornite entro il mese di marzo di ciascun anno dalle province, è riportato lo stato dei servizi preposti alla vigilanza, il numero degli accertamenti effettuati in relazione alle singole fattispecie di illecito e un prospetto riepilogativo delle sanzioni amministrative e delle misure accessorie applicate. A tal fine il Questore di ciascuna provincia, ai sensi dell'art. 33 della legge n. 157/1992 comunica alla Giunta regionale - Servizio Caccia, entro il mese di aprile di ciascun anno, i dati numerici inerenti alle misure accessorie applicate nell'anno precedente.
TITOLO VIII
Disposizioni finanziarie - transitorie - finali - di coordinamento
Art. 55
Finanziamenti regionali.
1. A decorrere dall'anno finanziario successivo a quello di entrata in vigore della presente legge nello stato di previsione della spesa corrente del bilancio regionale sono previsti i seguenti finanziamenti:
a) un finanziamento in favore della Giunta regionale per le spese dovute alla stampa del calendario venatorio annuale, dei tesserini regionali di caccia e per eventuali incarichi di studio in materia faunistico-venatoria;
b) un finanziamento in favore delle amministrazioni provinciali per le iniziative promozionali di cui all'art. 48;
c) un finanziamento in favore delle amministrazioni provinciali per i contributi alle associazioni venatorie di cui al comma 5 dell'art. 29;
d) un finanziamento in favore delle amministrazioni provinciali per l'espletamento delle ulteriori funzioni amministrative previste dalla presente legge.
2. La regione determina annualmente, con legge di approvazione del bilancio, le risorse complessivamente destinate agli interventi di cui al comma 1 in misura:
a) importo non inferiore al totale dei proventi delle tasse di concessione regionale;
b) una quota non inferiore al 47% dell'importo di cui al punto a) di finanziamento proprio a titolo di miglioramento faunistico-ambientale;
c) una quota pari al 3% dell'importo di cui alla lettera a) di finanziamento proprio a titolo di contributo per la tutela della consistenza e la difesa del patrimonio boschivo e forestale regionale.
3. La Giunta regionale provvede annualmente alla ripartizione del fondo iscritto in bilancio per l'importo relativo alle lettere a) e b) del comma 2 con le seguenti modalità e misure:
a) 2% per il finanziamento di cui alla lettera a), comma 1;
b) 2% per il finanziamento di cui alla lettera b), comma 1;
c) 10% per il finanziamento di cui alla lettera c), comma 1;
d) 86% per il finanziamento di cui alla lettera d), comma 1, ripartito come segue:
- provincia di L'Aquila 27,5%;
- provincia di Chieti 27,5%;
- provincia di Teramo 22,5%;
- provincia di Pescara 22,5%.
4. La Giunta regionale provvede annualmente all'assegnazione dell'importo iscritto in bilancio relativo alla lettera c) del comma 2, attraverso il finanziamento, per l'attività di cui alla lettera g) del comma 4 dell'art. 29, degli organismi regionali o provinciali delle associazioni di cui all'articolo citato che siano iscritti all'albo regionale delle associazioni di volontariato di protezione civile di cui all'art. 8 della L.R. n. 58/1989 per l'acquisto, la manutenzione e il mantenimento di materiali, mezzi e attrezzature per l'attività di prevenzione e spegnimento degli incendi boschivi, di difesa del suolo e di vigilanza delle acque interne. I soggetti aventi diritto al finanziamento, inoltrano istanza al settore caccia presso la Giunta regionale entro il 1 marzo di ogni anno, la regione provvede entro 30 giorni all'erogazione; entro il 31 dicembre i soggetti beneficiari sono tenuti alla rendicontazione della somma erogata e trovano applicazione, in quanto compatibili le disposizioni di cui alla L.R. n. 22/1986 relativa alla certificazione di regolarità contabile.
5. La provincia utilizza lo stanziamento annuale di cui alla lettera d) del comma 1, nella seguente misura:
a) 10% per la realizzazione dei piani faunistici provinciali e di miglioramento ambientale e faunistico di cui agli articoli 10 ed 11 e per i compensi di cui al comma 4 dell'art. 33;
b) 6% per i contributi di cui al comma 1 dell'art. 49;
c) 5% per il risarcimento danni di cui al comma 2 dell'art. 49;
d) 15% per il risarcimento danni di cui al comma 6 dell'art. 49;
e) 60% agli ATC di cui agli articoli 26 e seguenti;
f) 4% per il funzionamento della commissione di cui al comma 13 dell'art. 51.
6. Le Amministrazioni provinciali utilizzano le assegnazioni disposte dalla Giunta regionale con l'osservanza delle destinazioni programmate. Eventuali economie di bilancio possono essere destinate alla immissione di selvaggina o alla integrazione dei finanziamenti carenti di cui al comma 5.
7. Le Amministrazioni provinciali presentano annualmente entro il 30 giugno, insieme alle proposte programmatiche, la relazione sull'attività svolta e sulla utilizzazione fatta delle assegnazioni ricevute nell'anno precedente con l'indicazione dei relativi provvedimenti di bilancio.
Art. 56
Disposizioni finanziarie.
1. Nello stato di previsione dell'entrata, lo stanziamento del Cap. 11621 concernente "tasse di concessione regionale per l'esercizio dell'attività venatoria" comprende gli introiti determinati dalle tasse di cui all'art. 47.
2. Nello stato di previsione della spesa lo stanziamento del Cap. 142332 denominato "fondo per la tutela e l'incremento della fauna e la disciplina della caccia" è determinato in parte dal correlato capitolo di cui al comma 1 ed in parte dalle annuali leggi di bilancio.
3. Alle spese di funzionamento della Consulta regionale della caccia, si provvede, ai sensi della L.R. n. 15/1988 con lo stanziamento annuale iscritto al Cap. 11425 dello stato di previsione della spesa.
Art. 57
Norme di coordinamento.
1. In applicazione delle funzioni di indirizzo e coordinamento di cui all'art. 2, il piano faunistico-venatorio regionale di cui all'art. 12 ed i piani faunistico-venatori provinciali di cui all'art. 10, promuovono la concentrazione delle zone di ripopolamento e cattura e dei centri pubblici di riproduzione della fauna selvatica all'interno delle aree regionali protette. Così da far coincidere il più alto livello di salvaguardia dei valori naturalistici, storici e culturali e di consentire l'attività venatoria su territori finitimi precedentemente vincolati alle predette destinazioni.
2. La regione, d'intesa con la provincia e l'ente gestore delle aree sottoposte a vincoli di tutela, provvede a verificare la congruenza delle fasce di rispetto delle aree naturali regionali protette, entro un anno dall'entrata in vigore della presente legge.
3. Alla lettera g) del secondo comma dell'art. 8 della L.R. n. 38/1996 "Legge-quadro sulle aree protette della regione Abruzzo per l'Appennino Parco d'Europa" e successive modifiche e integrazioni, sono aggiunte le seguenti parole: "fatto salvo il trasporto di armi da sparo, anche per uso venatorio, scariche ed in custodia, a bordo di veicoli che percorrano strade comunali, provinciali o statali che attraversano le aree protette regionali".
4. La Giunta regionale promuove intese con gli Enti Parco presenti in regione finalizzate all'individuazione all'interno di dette aree protette, qualora compatibili, degli istituti di cui agli articoli 16 e 18. Tali intese, anche in deroga agli articoli 10, 16 e 18 individuano:
a) le aree interessate;
b) la disciplina dell'attività;
c) il soggetto a cui è demandata la gestione.
5. Le intese di cui al comma 6 sono recepite dalla regione con deliberazione del Consiglio regionale modifica ed integrazione del piano faunistico-venatorio regionale di cui all'art. 12 e sono altresì oggetto di apposito e specifico regolamento di attuazione.
Art. 58
Esercizio venatorio da parte dei cittadini dell'unione europea e dei paesi extraeuropei.
1. L'esercizio dell'attività venatoria in Abruzzo è altresì consentito ai cittadini comunitari e dei paesi extraeuropei, maggiori di anni 18, che siano in possesso dei seguenti requisiti:
a) siano abilitati, nell'ambito dell'ordinamento normativo dello stato di residenza, all'esercizio dell'attività venatoria e muniti dei documenti relativi;
b) siano muniti di polizza assicurativa di cui alla lettera b) dell'art. 19.
Se intenzionati all'esercizio dell'attività venatoria con armi proprie siano altresì dotati di titolo idoneo d'importazione temporanea di armi come disposto dall'art. 15 della legge n. 110/1975 o da accordi internazionali o se cittadini comunitari, della carta europea delle armi comuni da sparo di cui al D.Lgs. n. 527/1992 in attuazione della direttiva 91/477/CEE.
2. Ai soggetti di cui al comma 1, verificati i requisiti, le amministrazioni provinciali rilasciano un apposito tesserino, sostitutivo del tesserino di cui alla lettera c) dell'art. 19, denominato "tesserino di caccia per i cacciatori comunitari e dei paesi extraeuropei" con il testo redatto oltre che in italiano, in inglese, francese, spagnolo e tedesco; detto tesserino va riconsegnato all'Amministrazione provinciale che ha provveduto al rilascio alla fine del periodo di permanenza in regione e comunque entro e non oltre il 15 marzo di ogni anno.
3. Ai soggetti di cui al comma 1 in possesso dell'apposito tesserino di cui al comma 2 gli ATC rilasciano permessi giornalieri od anche settimanali di caccia.
4. I cacciatori comunitari e dei paesi extraeuropei sono tenuti ad essere accompagnati da un cacciatore iscritto o ammesso all'ATC nel quale praticano l'attività venatoria e ad esibire agli addetti alla vigilanza i documenti di cui ai commi 1 e 2, ed i permessi di cui al comma 3 con relativa ricevuta della quota versata all'ATC.
Art. 59
Esercizio delle deroghe previste dall'art. 9 della direttiva 79/409/CEE.
1. Nel corso della stagione venatoria i prelievi in deroga di cui all'art. 9, comma 1, lettera a) della direttiva n. 79/409/CEE concernente la conservazione degli uccelli selvatici, da attuarsi nell'ambito di applicazione delle disposizioni contenute nella legge n. 157/1992: Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio e successive modifiche ed integrazioni, nonché dell'art. 9 delle legge n. 86/1989: Norme generali sulla partecipazione dell'Italia al processo normativo comunitario e sulle procedure di esecuzione degli obblighi comunitari e successive modificazioni e dell'art. 9 della convenzione di Berna del 19 settembre 1979, resa esecutiva con legge n. 503/1981: Ratifica ed esecuzione della convenzione relativa alla conservazione della vita selvatica e dell'ambiente naturale in Europa, vengono attuati nella regione Abruzzo secondo le disposizioni del presente articolo.
2. In considerazione dell'accertata necessità di prevenire gravi e permanenti danni alle colture agricole e della comprovata impraticabilità di altre soluzioni soddisfacenti è autorizzato durante l'esercizio venatorio, in attuazione dell'art. 9, comma 1, lettera a) della direttiva n. 79/409/CEE e con le modalità ed i limiti fissati dal presente articolo, il prelievo in deroga di soggetti appartenenti alle specie storno (Sturnus vulgaris), passero (Passer italiae).
3. Il prelievo può essere realizzato da appostamento fisso, temporaneo o in forma vagante da parte dei cacciatori iscritti agli ambiti territoriali di caccia dell'Abruzzo.
4. Per l'esercizio dell'attività di prelievo è consentito l'utilizzo dei mezzi di cui all'art. 25 della presente legge.
5. L'arco temporale in cui è consentito il prelievo delle specie di cui al comma 2 è il periodo 1° ottobre - 31 gennaio nel rispetto di un limite massimo giornaliero di soggetti prelevabili di 15 capi ed un limite massimo stagionale di 150 capi. Ulteriori modalità di prelievo sono disciplinate dal calendario venatorio regionale.
6. Gli abbattimenti dovranno essere annotati sul tesserino d'abbattimento di cui all'art. 19 lettera d) secondo le vigenti disposizioni. Entro il 1° aprile di ogni anno i tesserini dovranno essere restituiti agli ATC competenti, i quali provvederanno entro i successivi sessanta giorni ad inviare alla regione Abruzzo e all'Osservatorio Faunistico regionale i dati riassuntivi relativi a tutti gli abbattimenti effettuati ai sensi del comma 2, al fine degli opportuni controlli e valutazioni.
7. La vigilanza è delegata alle province.
8. L'OFR è individuato quale autorità abilitata a dichiarare che le condizioni previste dall'art. 9, comma 2, della direttiva n. 79/409/CEE sono realizzate.
9. La Giunta regionale entro il 15 giugno di ogni anno richiede all'OFR il parere sull'applicazione del prelievo in deroga disciplinato dal presente articolo per la successiva stagione venatoria. Su richiesta di detto Osservatorio motivata da condizioni di rischio per le specie, la Giunta regionale può sospendere o limitare gli abbattimenti autorizzati dal presente articolo, quando vi siano accertate riduzioni delle popolazioni oggetto del prelievo in deroga di cui al comma 2.
10. È obbligatoria la pubblicazione del provvedimento sospensivo o limitativo del prelievo di cui al comma 10 sul calendario venatorio regionale.
11. La Giunta regionale promuove attività di monitoraggio, ricerca e divulgazione aventi per oggetto le specie di cui al comma 2.
12. Entro il 30 giugno di ogni anno, la Giunta regionale trasmette al Presidente del Consiglio dei Ministri, ovvero al Ministro degli Affari regionali ove nominato, al Ministro dell'Ambiente e della Tutela del Territorio, al Ministro delle Politiche Agricole e Forestali, al Ministro per le Politiche Comunitarie nonché all'INFS, una relazione sull'attuazione delle deroghe di cui al presente articolo; detta relazione è altresì trasmessa alle competenti Commissioni Parlamentari".
13. Nel rispetto dell'interesse preminente della tutela del patrimonio faunistico, per esigenze di tutela dei fondi agricoli, dell'allevamento del bestiame, della flora e della fauna, la Giunta regionale in attuazione alle deroghe di cui all'art. 9 della direttiva n. 79/409/CEE nel rispetto delle procedure di cui all'art. 19-bis della legge n. 157/1992 può disciplinare il prelievo venatorio alle specie di cui alla direttiva n. 79/409/CEE ricomprese nell'elenco delle specie cacciabili di cui all'art. 18 della legge n. 157/1992 al di fuori dei termini fissati dal comma 2 dell'art. 43 della presente legge e comunque ricompresi nel periodo dal 15 agosto al 28 febbraio.
Art. 60
Disposizioni transitorie e finali.
1. Sono abrogate le seguenti leggi della Regione Abruzzo:
b) L.R. 31 maggio 1994, n. 30;
c) L.R. 4 aprile 1995, n. 33;
d) L.R. 7 settembre 1995, n. 124;
e) L.R. 7 agosto 1996, n. 65;
f) L.R. 20 agosto 1997, n. 93;
g) L.R. 12 novembre 1997, n. 131;
h) L.R. 12 giugno 1998, n. 54;
i) L.R. 16 settembre 1998, n. 79;
j) L.R. 31 luglio 2001, n. 32;
e ogni altra norma regionale in contrasto con la presente legge.
2. Per ogni attività venatoria che verrà disciplinata da appositi regolamenti regionali richiamati dalla presente legge, fino alla loro emanazione, continuano ad applicarsi le disposizioni vigenti.
3. Nelle more dell'istituzione e dell'effettiva operatività dell'OFR di cui all'art. 5, le richieste di parere all'ente citato previste dalla presente legge devono essere inviate all'INFS.
4. Le commissioni d'esame per l'abilitazione all'esercizio venatorio attualmente insediate decadono, all'entrata in vigore della presente legge, entro i 30 giorni successivi, la Giunta regionale provvede a nominare con propria deliberazione le commissioni esaminatrici conformemente alla presente legge.
5. Le commissioni d'esame di cui al comma 13 dell'art. 51, attualmente in carica, decadono all'entrata in vigore della presente legge, entro i 30 giorni successivi le province provvedono agli adempimenti di competenza per la nomina delle nuove commissioni conformemente alla presente legge.
6. Nelle more della regolamentazione ed effettiva operatività dell'Albo di cui all'art. 7 continuano ad applicarsi le disposizioni antecedenti l'entrata in vigore della presente legge.
7. Gli ATC, per quanto di loro competenza, conformano i rispettivi statuti entro 180 giorni dall'entrata in vigore della presente legge.
8. La regione emana, entro 120 giorni dall'entrata in vigore della presente legge, il regolamento d'attuazione.
Art. 61
Urgenza.
1. La presente legge è dichiarata urgente ed entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nel Bollettino Ufficiale della Regione.
L.R.
Basilicata 9 gennaio 1995, n. 2
Norme per la protezione della fauna selvatica
omeoterma e per il prelievo venatorio
------------------------
(1) Pubblicata nel B.U. Basilicata 12 gennaio 1995, n. 4.
(2) Per il regolamento attuativo degli Istituti faunistico-venatori previsti dalla presente legge vedi la Delib.C.R. 12 maggio 1997, n. 589 e Delib.G.R. 20 aprile 2000, n. 957.
TITOLO I
Disposizioni generali
Art. 1
Finalità.
1. La Regione Basilicata, nel rispetto dei principi stabiliti dalla legge 11 febbraio 1992, n. 157 e delle convenzioni internazionali, disciplina con la presente legge la gestione del territorio regionale ai fini faunistici, l'esercizio dell'attività venatoria, la tutela di tutte le specie appartenenti alla fauna selvatica.
2. Le disposizioni della presente legge attuano, altresì, i principi concernenti la conservazione degli uccelli selvatici di cui al quarto comma dell'art. 1 della legge 11 febbraio 1992, n. 157.
3. Il patrimonio faunistico ha carattere di risorsa limitata. Pertanto le funzioni connesse alla sua tutela ed alla regolamentazione del prelievo venatorio seguono il metodo della programmazione e sono attivate mediante appositi piani, che devono essere compatibili con altre iniziative inerenti la gestione del territorio e la salvaguardia ambientale.
Art. 2
Funzioni amministrative.
1. La Regione esercita le funzioni amministrative di programmazione e di coordinamento ai fini della pianificazione faunistica-venatoria e svolge compiti di indirizzo, di controllo e sostitutivi nei casi previsti dalla presente legge e dal proprio statuto.
2. Le Province esercitano le funzioni amministrative previste dalla legge 8 giugno 1990, n. 142, dalla legge n. 157/1992 e dalla presente legge regionale.
3. La Regione e le province, nell'espletamento delle rispettive funzioni in materia, si avvalgono dell'Istituto nazionale per la fauna selvatica (I.N.F.S.), nonché del supporto scientifico della Università di Basilicata e di altri istituti scientifici specializzati nella ricerca.
Art. 3
Indirizzi programmatici.
1. Tutto il territorio agro-silvo-pastorale della Regione è soggetto a pianificazione faunistico-venatoria finalizzata, per quanto attiene alle specie carnivore, alla conservazione delle effettive capacità riproduttive e al contenimento naturale di altre specie e, per quanto riguarda le altre specie, al conseguimento della densità ottimale e alla sua conservazione mediante la riqualificazione delle risorse ambientali e la regolamentazione del prelievo venatorio.
2. La Regione e le Province cooperano al fine della realizzazione della pianificazione faunistico-venatoria.
3. La Giunta regionale, sentita la Commissione Consiliare competente nel rispetto delle disposizioni della presente legge, sulla base del piano regionale di sviluppo, tenuto conto degli orientamenti alla programmazione di cui all'art. 10 della legge n. 157/1992, emana gli indirizzi regionali di programmazione faunistico-venatoria.
4. Gli indirizzi regionali dispongono in ordine ai criteri di redazione dei piani faunistico-venatori provinciali in modo da garantirne la omogeneità. Gli indirizzi concernono inoltre:
a) l'istituzione delle oasi di protezione, nonché la individuazione delle zone di protezione lungo le rotte di migrazione dell'avifauna sulla base delle indicazioni dell'INFS;
b) la istituzione di zone di ripopolamento e cattura, con riferimento anche ai parametri gestionali delle stesse;
c) la istituzione di centri pubblici di riproduzione della fauna selvatica allo stato naturale;
d) la costituzione di centri privati di riproduzione di fauna selvatica allo stato naturale, aziende faunistico-venatorie e aziende agri-turistico-venatorie, con riferimento alle modalità di costituzione e gestione, nonché i criteri relativi alle tipologie territoriali ove prioritariamente possono trovare idonea collocazione;
e) i criteri per la individuazione delle zone per l'addestramento e allenamento dei cani, nonché i criteri relativi alla loro gestione e le tipologie territoriali ove prioritariamente possono trovare idonea collocazione;
f) i criteri per la determinazione dei comprensori omogenei di cui all'art. 10, comma 7 della legge n. 157/1992, nonché i criteri di ammissibilità e di accoglimento delle richieste di esclusione dei fondi rustici dalla gestione programmata della caccia.
5. Le zone di cui al precedente comma, lettere a), b) e c), fanno parte del territorio specificamente destinato alla protezione della fauna selvatica, ai sensi dell'art. 10, comma 3 e 4 della legge n. 157/1992, la cui estensione è fissata nella quota del 30% della superficie agro-silvo-pastorale di ciascuna provincia. In detta percentuale sono compresi i territori ove, anche per effetto di altre disposizioni, sia vietata l'attività venatoria.
Art. 4
Piano faunistico-venatorio regionale.
1. La Regione, ai sensi e per gli effetti di cui all'art. 10, comma 10 della legge n. 157/1992, attua la pianificazione faunistico-venatoria mediante il coordinamento dei piani faunistico-venatori delle province, sulla base degli indirizzi di cui al precedente art. 3.
2. A tal fine, la Giunta regionale, qualora riscontri la mancata corrispondenza dei piani faunistico-venatori provinciali ai criteri dettati negli indirizzi, invita la Provincia interessata ad adeguarsi entro il termine di 30 gg., scaduto il quale provvede direttamente all'adeguamento.
3. Il piano faunistico-venatorio regionale è approvato dal Consiglio regionale su proposta della Giunta e dura 5 anni. Prima della scadenza del terzo anno, le Province possono presentare alla Regione ipotesi di modifica dei propri piani faunistico-venatori, utili a migliorare i contenuti del piano regionale.
4. La Regione, nel piano di cui al presente articolo:
a) assicura la destinazione di una quota del 30% del territorio agro-silvo-pastorale di ciascuna provincia a protezione della fauna selvatica;
b) garantisce che il territorio agro-silvo-pastorale di ciascuna provincia destinato ad aziende faunistico-venatorie, ad aziende agri-turistiche-venatorie ed a centri pubblici e privati di riproduzione della fauna selvatica allo stato naturale non superi globalmente la percentuale del 15%;
c) organizza, sentite le province interessate, le organizzazioni professionali agricole maggiormente rappresentative a livello regionale, le associazioni venatorie maggiormente rappresentative a livello regionale, il territorio agro-silvo-pastorale destinato alla caccia programmata in ambiti territoriali di caccia (A.T.C.);
d) garantisce l'omogeneità dei criteri per la determinazione del risarcimento, nonché per la corresponsione degli incentivi a favore dei proprietari o conduttori dei fondi rustici singoli e associati;
e) individua la destinazione delle aree su cui non sia stato possibile istituire oasi, zone di ripopolamento e cattura ai sensi della presente legge.
5. Qualora si presenti la necessità di individuare ambiti territoriali interessanti due o più Province contigue, anche appartenenti a Regioni confinanti, ai sensi dell'art. 14, comma 2, della legge n. 157/1992, il Consiglio regionale vi provvede previa intesa con gli Enti interessati.
Art. 5
Piani faunistico-venatori provinciali.
1. Ai fini della realizzazione della pianificazione faunistico-venatoria regionale ed in coerenza con gli indirizzi emanati dalla Regione, le province, sentiti i comuni e le comunità montane ai sensi della legge regionale 31 agosto 1993, n. 47, predispongono i propri piani faunistico-venatori e li trasmettono alla Regione per il dovuto coordinamento.
2. I piani provinciali in coerenza con gli indirizzi emanati dalla Regione, sono articolati per comprensori omogenei e prevedono:
a) le oasi di protezione destinate al rifugio, alla riproduzione ed alla sosta della fauna selvatica e le zone di protezione lungo le rotte migratorie dell'avifauna;
b) le zone di ripopolamento e cattura;
c) i centri pubblici e privati di riproduzione della fauna selvatica allo stato naturale;
d) le zone ed i periodi per l'addestramento, l'allenamento e le gare dei cani;
e) la individuazione e la localizzazione delle aree protette in cui sia comunque vietata l'attività venatoria anche per effetto di altre leggi o disposizioni;
f) i criteri per la determinazione del risarcimento in favore dei proprietari o conduttori dei fondi rustici per i danni arrecati dalla fauna selvatica alle produzioni agricole e alle opere approntate su fondi ricompresi nelle oasi di protezione, nelle zone di ripopolamento e nei centri pubblici di riproduzione;
g) i criteri per la corresponsione degli incentivi in favore dei proprietari o conduttori dei fondi rustici, singoli o associati, che si impegnino alla tutela ed al ripristino degli habitat naturali ed all'incremento della fauna selvatica.
3. I piani provinciali contengono inoltre proposte di delimitazione degli ambiti territoriali di caccia ricadenti nel territorio di competenza, nonché la identificazione delle zone in cui sono collocabili gli appostamenti fissi.
4. Le province trasmettono alla Regione i rispettivi Piani entro 60 giorni dalla emanazione degli indirizzi regionali. Qualora non vi adempiano, la Giunta regionale assegna un ulteriore termine di 30 giorni, decorso inutilmente il quale, provvede in via sostitutiva nell'ambito del piano regionale, di cui all'art. 4.
5. Per la predisposizione dei piani di cui al presente articolo, le province si avvalgono del Comitato tecnico faunistico venatorio provinciale.
Art. 6
Strumenti di programmazione.
1. Ai fini del finanziamento regionale, le province, entro il 30 aprile di ogni anno presentano il programma annuale di gestione provinciale.
2. La Giunta regionale approva i programmi annuali presentati dalle province e assegna contestualmente i relativi finanziamenti secondo i criteri di cui all'art. 37. La Giunta regionale rinvia alle province i programmi annuali quando vi sia contrasto con le scelte definite dal piano faunistico-venatorio regionale, concedendo 30 giorni di tempo per il loro adeguamento.
3. Le province presentano, unitamente al programma annuale di gestione, una relazione tecnico-economica sull'attività svolta nell'anno precedente, comprensiva dei dati sullo stato del territorio nei diversi comprensori omogenei, sulla frequenza dei cacciatori, sul numero delle infrazioni accertate e su ogni altro utile elemento.
4. Ai fini di una più efficace cooperazione, nonché per favorire la gestione integrata della pianificazione faunistico-venatoria regionale, le province e la Regione possono promuovere apposite conferenze di programmazione nei termini e con le modalità della legge regionale 31 agosto 1993, n. 47.
5. Per una valutazione complessiva sulla attuazione della presente legge, la Giunta regionale, dandone comunicazione al Consiglio, organizza annualmente una conferenza con le organizzazioni professionali agricole, le associazioni ambientaliste e venatorie.
Art. 7
Attività regionali di promozione e di ricerca.
1. La Regione provvede alla riorganizzazione dell'Ufficio n. 36 "Foreste, ecologia, caccia e pesca" per adeguarlo ai compiti previsti dalla presente legge.
2. Per favorire la conoscenza delle specie della fauna selvatica e la diffusione dei principi di razionale e corretta gestione delle stesse, la Giunta regionale promuove la collaborazione attiva delle organizzazioni professionali agricole, delle associazioni venatorie e di protezione ambientale, delle scuole.
3. La Giunta regionale istituisce corsi di preparazione ed aggiornamento per dipendenti degli enti pubblici che abbiano per compito la tutela della fauna; a tali corsi è ammesso qualsiasi cittadino che ne faccia richiesta.
4. In sede di riorganizzazione dell'Ufficio di cui al primo comma, la Giunta regionale provvede, altresì, alla costituzione di un osservatorio degli habitat naturali e delle popolazioni faunistiche, con il compito di promuovere le ricerche per la raccolta e l'elaborazione dei dati relativi alla fauna selvatica, secondo le indicazioni e le direttive fornite dall'Istituto nazionale per la fauna selvatica.
5. L'osservatorio svolge la propria attività di ricerca anche in collaborazione con l'INFS, con l'Università di Basilicata e con altri Istituti scientifici interessati alla gestione e conservazione del patrimonio faunistico.
6. L'osservatorio ha come compiti prioritari:
a) monitorare negli anni la struttura e la dinamica delle popolazioni di fauna selvatica;
b) determinare gli indici di abbondanza delle specie;
c) elaborare i dati del prelievo venatorio e pianificarlo in vista della conservazione delle risorse;
d) valutare e verificare l'attuazione dei piani di recupero e miglioramento ambientale, per la ricostituzione degli habitat naturali e per la conservazione di specie in emergenza faunistica.
7. All'osservatorio è assegnato personale regionale provvisto di competenze specifiche e di professionalità riconosciuta attraverso titoli ed esperienza acquisita.
8. I dati raccolti ed elaborati dall'osservatorio sono utilizzati ai fini della predisposizione del calendario venatorio, di programmi di prelievo e di controllo, nonché delle attività di conservazione della fauna selvatica e dei suoi ambienti.
Art. 8
Comitato tecnico faunistico-venatorio provinciale.
1. Il Comitato tecnico faunistico-venatorio provinciale è costituito, per ciascuna provincia, con deliberazione della Giunta provinciale ed è composto:
a) dall'Assessore provinciale alla caccia o da un suo delegato, che lo presiede;
b) da tre rappresentanti delle organizzazioni professionali agricole maggiormente rappresentative a livello nazionale ed organizzate a livello provinciale o regionale;
c) da un rappresentante per ciascuna delle associazioni venatorie nazionali organizzate a livello provinciale o regionale;
d) da tre rappresentanti delle associazioni di protezione ambientale organizzate a livello provinciale o regionale e riconosciute in ambito nazionale;
e) da un rappresentante dell'Ente nazionale per la cinofilia italiana (E.N.C.I.);
f) dal coordinatore provinciale del Corpo Forestale dello Stato;
g) da due rappresentanti dei comuni della Provincia designati dall'ANCI.
2. Il Comitato è costituito entro tre mesi dalla entrata in vigore della presente legge sulla base delle designazioni delle organizzazioni ed associazioni di cui al precedente comma. Svolge le funzioni di segretario un funzionario del settore caccia della Provincia.
3. I nominativi di cui al comma 1 devono pervenire alla Provincia entro 15 giorni dalla richiesta, trascorsi i quali la Provincia provvede alle nomine, tenuto conto delle designazioni eventualmente pervenute. Il Comitato è validamente costituito qualora sia stata nominata la maggioranza dei componenti aventi titolo.
4. Sono conferiti al Comitato compiti tecnico consultivi per tutto quanto concerne l'applicazione della presente legge.
5. I componenti durano in carica fino al rinnovo del Consiglio provinciale.
Art. 9
Tassidermia e imbalsamazione.
1. L'esercizio dell'attività di tassidermia e imbalsamazione di seguito chiamata imbalsamazione, è subordinato al possesso di iscrizione all'Albo delle imprese artigiane e di autorizzazione rilasciata dal Presidente della Provincia competente per territorio.
2. I dipendenti di enti ed istituzioni pubbliche, quali i Musei di storia naturale e gli Istituti universitari, sono esonerati dal possesso dei documenti di cui al comma precedente, purché esercitino l'attività di imbalsamazione per conto esclusivo degli enti e ne facciano comunque segnalazione alla Provincia.
3. L'imbalsamazione è consentita esclusivamente per esemplari appartenenti:
a) alla fauna selvatica cacciabile nel territorio regionale o nazionale, purché posseduta nel rispetto delle norme vigenti;
b) alla fauna esotica, purché l'abbattimento, l'importazione o, comunque, il possesso siano avvenuti in conformità alla legislazione vigente in materia e non si tratti di specie protetta nel paese di origine o dagli accordi internazionali;
c) alla fauna domestica;
d) alla fauna proveniente da allevamento e della quale sia consentito l'abbattimento.
4. La Provincia può autorizzare la imbalsamazione di ogni specie di animale rinvenuto morto per cause naturali o accidentali.
5. L'imbalsamazione deve annotare giornalmente, su apposito registro vidimato dalla Provincia, i dati relativi agli animali consegnatigli per la preparazione, le generalità di chi ha consegnato l'animale e le circostanze in cui ne è venuto in possesso. L'imbalsamatore deve negare la propria opera a chi rifiuti o non sia in grado di fornire notizie sulla provenienza degli esemplari e deve immediatamente segnalare il caso alla Provincia.
6. L'imbalsamatore deve, altresì, rifiutare la propria opera e segnalare alla Provincia le richieste di preparazione riferita a specie protette o comunque non cacciabili, o le richieste che, pur riferite a specie cacciabili siano avanzate in periodi diversi da quelli stabiliti nel calendario venatorio per la caccia delle specie in questione. La Provincia disporrà in tali casi, provvedendo eventualmente alla conservazione ed all'uso didattico-scientifico, ai sensi dell'art. 4 della legge 7 febbraio 1992, n. 150.
7. L'imbalsamatore deve apporre, su tutti gli esemplari preparati e consegnati al committente, un contrassegno con il numero di riferimento del registro, gli estremi dell'autorizzazione e la data di preparazione.
8. L'imbalsamatore deve consentire in ogni momento agli incaricati della Provincia l'ispezione dei locali adibiti all'esercizio dell'attività.
9. L'inadempienza agli obblighi del presente articolo comporta la sospensione, da tre a sei mesi, dell'autorizzazione all'esercizio dell'attività di imbalsamazione, oltre alle sanzioni previste per chi detiene illecitamente esemplari di specie protette o per chi cattura esemplari cacciabili al di fuori dei periodi fissati nel calendario venatorio. Se le inadempienze riguardano le disposizioni del comma 6, il Presidente della Provincia revoca l'autorizzazione (3).
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(3) Comma così corretto con avviso di errata corrige pubblicato nel B.U. 16 febbraio 1995, n. 12.
Art. 10
Soccorso di fauna selvatica in difficoltà.
1. Chiunque rinvenga fauna selvatica in difficoltà è tenuto a darne immediata comunicazione alla Provincia o al Comune nel cui territorio è avvenuto il rinvenimento ed eventualmente a consegnarla ai medesimi.
TITOLO II
Istituti di tutela della fauna e dell'ambiente
Art. 11
Miglioramenti ambientali.
1. Le province promuovono la realizzazione di progetti di miglioramento ambientale in vista della valorizzazione del territorio e del ripristino degli equilibri naturali, per favorire la sosta dell'avifauna selvatica migratoria, e l'incremento di fauna selvatica autoctona ed il controllo delle specie di fauna selvatica anche nelle zone vietate dalla caccia. Il controllo, esercitato selettivamente, viene praticato, di norma, mediante l'utilizzo di metodi ecologici su parere dell'INFS, ai sensi dell'art. 19 - comma 2 - della legge n. 157/1992 e dell'art. 11 - comma quarto - della legge 6 dicembre 1991, n. 394 nel caso di cattura nell'ambito territoriale di parchi.
2. A tali progetti potranno concorrere i proprietari o conduttori dei fondi, previa assegnazione di contributi in conto capitale, mediante:
a) la creazione di strutture per l'allevamento della fauna selvatica nonché dei riproduttori nel periodo autunnale;
b) la realizzazione e manutenzione di strutture di ambientamento della fauna selvatica;
c) coltivazioni programmate per l'alimentazione naturale dei mammiferi e degli uccelli;
d) l'utilizzazione programmata secondo piani di assestamento delle aree boschive la loro pulizia e manutenzione al fine di prevenire incendi;
e) la valorizzazione agrituristica di percorsi per l'accesso alla natura e alla conoscenza scientifica e culturale della fauna ospite;
f) l'adozione di forme di lotta integrata o guidata, nonché il ricorso a tecniche colturali innovative non pregiudizievoli per l'ambiente.
3. Le province prevedono i progetti di miglioramento ambientale, indicandone tempi e modalità, nei rispettivi programmi annuali di gestione. Per quanto riguarda gli interventi da effettuarsi nel territorio compreso negli A.T.C., i tempi e le modalità vengono concordati con i comitati direttivi degli stessi.
Art. 12
Oasi di protezione.
1. Le oasi di protezione destinate al rifugio, alla riproduzione ed alla sosta della fauna selvatica sono istituite dalla Provincia, in attuazione del piano faunistico-venatorio regionale di cui all'art. 4.
2. Nelle oasi di protezione si effettuano interventi idonei alla conservazione della fauna selvatica, favorendo l'insediamento e l'irradiamento naturale delle specie stanziali e la sosta delle specie migratorie.
3. Le province gestiscono le oasi di protezione. Per la gestione possono avvalersi del concorso di associazioni agricole, ambientalistiche e venatorie. La priorità per la realizzazione degli interventi è affidata ai proprietari o conduttori i cui terreni ricadono nell'oasi.
4. Nelle oasi di protezione l'attività venatoria è vietata, così come ogni forma di disturbo o di nocumento della selvaggina.
5. Le oasi sono segnalate con tabelle conformi alle prescrizioni dell'art. 22 della presente legge e recanti la scritta "Oasi di protezione - Divieto di caccia". La segnaletica di cui sopra è integrata con la indicazione delle attività vietate o limitate ed è posta sulle principali vie o punti di accesso all'oasi.
6. La Provincia determina il perimetro delle oasi con apposita deliberazione, da notificare ai proprietari o conduttori dei fondi mediante affissione all'albo pretorio dei comuni territorialmente interessati.
7. Qualora nei successivi 60 giorni sia presentata motivata opposizione, in carta semplice, da parte dei proprietari o conduttori di almeno il 40% della superficie da vincolare, l'oasi non può essere istituita. Nelle relative aree la Provincia provvede ai sensi delle indicazioni di cui al precedente art. 4, comma 4, lettera e).
8. Eccezionalmente, qualora ricorrano particolari necessità ambientali, la Regione può coattivamente istituire oasi di protezione, sentiti i comuni o le comunità montane interessati.
Art. 13
Zone di protezione.
1. Le province, in attuazione degli indirizzi programmatici regionali, istituiscono zone di protezione lungo le rotte migratorie dell'avi-fauna segnalate dall'INFS.
2. Le zone di protezione sono finalizzate agli interventi di sistemazione, mantenimento e ripristino degli ecosistemi interni e limitrofi a tali zone.
3. Le province gestiscono le zone di protezione direttamente o avvalendosi della collaborazione di associazioni agricole, ambientaliste e venatorie.
4. Le zone di protezione sono delimitate da tabelle conformi alle prescrizioni dell'art. 22 della presente legge, recanti la scritta "Zona di protezione - Divieto di caccia".
5. Le province trasmettono annualmente alla Giunta regionale una relazione sugli interventi svolti in dipendenza del presente articolo, anche ai fini degli adempimenti imposti alla Regione ai sensi dei commi 6 e 7 dell'art. 1 della L. n. 157/1992.
6. La Giunta regionale, ove la Provincia non adempia a quanto disposto dal comma 1 del presente articolo, previa assegnazione di un termine di gg. 30 per l'adempimento, provvede direttamente.
Art. 14
Zone di ripopolamento e cattura.
1. Le zone di ripopolamento e cattura, istituite con le modalità di cui ai commi 6, 7, del precedente art. 12, sono destinate alla riproduzione della fauna selvatica allo stato naturale ed alla cattura della stessa per l'immissione sul territorio, in tempi e condizioni utili all'ambientamento, fino alla ricostituzione ed alla stabilizzazione della densità faunistica ottimale per il territorio.
2. La Provincia gestisce le zone di ripopolamento e cattura costituendo per ciascuna zona una commissione composta pariteticamente da rappresentanti dei proprietari o conduttori dei fondi ricompresi nella zona e da rappresentanti dei cacciatori designati dal comitato di gestione dell'A.T.C. in cui essa ricade.
3. La Commissione di cui al precedente comma trasmette annualmente alla Provincia una relazione tecnico-economica sulla gestione. La Provincia verifica la rispondenza fra le attività svolte, i fondi erogati e le direttive da essa impartite.
4. Ciascuna zona di ripopolamento e cattura deve avere una superficie commisurata alle esigenze biologiche delle specie principalmente interessate e deve essere adeguatamente tabellata dall'ente gestore con segnalazioni conformi all'art. 22, recanti la scritta "Zona di ripopolamento e cattura - Divieto di caccia".
Art. 15
Centri pubblici e privati di riproduzione della fauna selvatica.
1. I centri pubblici di riproduzione della fauna selvatica allo stato naturale sono finalizzati alla ricostituzione di fauna autoctona, da utilizzare esclusivamente per le azioni di ripopolamento del territorio regionale.
2. I centri pubblici sono istituiti, preferibilmente su terreni demaniali, dalle province che ne curano anche la gestione, per la quale possono avvalersi della collaborazione delle comunità montane, dei comuni singoli o associati, nonché degli organi di gestione degli ambiti territoriali di caccia, se ricadenti nei rispettivi territori.
3. La delimitazione e la segnalazione dei centri pubblici viene effettuata a cura dell'Ente gestore con le modalità di cui al precedente art. 12.
4. Le province, sulla base delle previsioni del piano faunistico-venatorio regionale, autorizzano gli imprenditori agricoli singoli o associati, che ne facciano richiesta, a costituire centri privati di riproduzione della fauna selvatica allo stato naturale. La superficie complessiva dei centri privati non può superare l'1% della superficie agro-silvo-pastorale della Provincia.
5. Il provvedimento di autorizzazione determina il quantitativo minimo per specie che il centro privato è tenuto a produrre annualmente ed ogni altra prescrizione per il funzionamento. Le province esercitano la relativa attività di controllo e vigilanza.
6. Nei centri privati è vietato l'esercizio dell'attività venatoria. I centri sono delimitati da tabelle, a cura dei concessionari conformi alle prescrizioni dell'art. 22 e recanti la scritta "Centro privato di riproduzione della fauna selvatica allo stato naturale - Divieto di caccia".
7. Nessuna indennità è dovuta al concessionario per i danni eventualmente arrecati da specie selvatiche alle colture del Centro privato o a quelle limitrofe in suo possesso.
8. Le province ai fini di ripopolamento, hanno diritto di prelazione sull'acquisto di selvaggina prodotta nei Centri privati. A tale scopo entro il mese di novembre di ciascun anno comunicano ai Centri privati il proprio fabbisogno di fauna selvatica.
9. Nei centri privati, il prelievo, tramite cattura, degli animali appartenenti alle specie in indirizzo produttivo, è consentito ai fini di impresa agricola, al titolare dell'impresa, ai dipendenti nonché alle persone nominativamente indicate nel provvedimento di autorizzazione.
Art. 16
Aziende agri-turistico-venatorie.
1. Su richiesta dei soggetti interessati e sentito il parere dell'I.N.F.S., la Provincia può autorizzare, regolamentandola, l'istituzione di aziende agri-turistico-venatorie ai fini di impresa agricola.
2. L'attività venatoria è connessa alle attività agricole di coltivazione del fondo, di selvicoltura e di allevamento del bestiame, la cui principalità caratterizza l'esercizio dell'agriturismo.
3. Le aziende agri-turistico-venatorie sono finalizzate alla valorizzazione delle aree agricole svantaggiate, attraverso la organizzazione dell'attività venatoria. Esse devono preferibilmente essere situate in territori di scarso rilievo faunistico e coincidere con il territorio di una o più aziende agricole ricadenti in aree montane ovvero dismesse da interventi agricoli ai sensi del Reg. (CEE) n. 1094/1988 e successive modificazioni. Non può essere autorizzata l'istituzione nelle zone umide e vallive.
4. La superficie minima per il rilascio dell'autorizzazione è di 200 ha. Deve altresì essere soddisfatta la condizione che fra le aziende agri-turistico-venatorie, e fra esse ed altri istituti faunistico-venatori già costituiti, intercorra una distanza di almeno 500 metri.
5. Nelle aziende agri-turistico-venatorie l'allenamento e l'addestramento dei cani da caccia senza sparo possono essere praticati per tutto l'anno; ai fini dell'addestramento il concessionario può fissare il tempo massimo giornaliero del cacciatore in azienda, nonché stabilire i giorni di attività per singole specie di selvaggina con riguardo al rapporto cacciatore-territorio e sulla base dei seguenti criteri:
a) addestramento su quaglie: un cacciatore per ogni ettaro;
b) addestramento su fagiano, starna, pernice rossa: un cacciatore per ogni tre ettari;
c) addestramento su cinghiali, in recinto, un cacciatore ogni dieci ettari.
6. Nelle aziende agri-turistico-venatorie è consentita, nel rispetto delle norme della presente legge e secondo il calendario venatorio regionale, l'immissione e la caccia di fauna selvatica di allevamento.
7. La Provincia disciplina le procedure per la presentazione della domanda e le prescrizioni per la autorizzazione, subordinandola, in particolare:
a) alla presentazione di un programma di ripristino ambientale e di un piano economico e di gestione;
b) all'obbligo del concessionario di realizzare all'interno della azienda un'oasi di protezione corrispondente ad almeno 1/5 dell'intera estensione;
c) all'obbligo del concessionario di segnalare con conformi tabelle la delimitazione dell'azienda;
d) all'obbligo del concessionario di accertare che tutte le attività consentite nella azienda siano svolte nel rispetto della legge.
8. Il concessionario determinerà il prezzo, il cacciatore è tenuto per ciascun capo abbattuto o, con riguardo all'orario di percorrenza, per l'addestramento dei cani senza abbattimento.
9. La vigilanza venatoria nelle aziende agri-turistico-venatorie è affidata alle guardie a disposizione dell'azienda medesima, sempre che tali agenti di vigilanza siano compresi tra quelli individuati dall'art. 27 della legge n. 157/1992 come soggetti preposti alla vigilanza venatoria.
Art. 17
Aziende faunistico-venatorie.
1. Su richiesta dei soggetti interessati, singoli o consorziati, e sentito il parere dell'INFS, la Provincia può autorizzare,regolamentandola, l'istituzione di aziende faunistico-venatorie - senza fini di lucro.
2. Le aziende faunistico-venatorie sono finalizzate, nel rispetto degli obiettivi del piano faunistico-venatorio regionale, al mantenimento, all'organizzazione ed al miglioramento degli ambienti naturali, ai fini dell'incremento della fauna selvatica e dell'irradiamento nel territorio circostante, con particolare attenzione alla fauna appenninica, alla reintroduzione della grossa fauna europea e a quella acquatica.
3. L'autorizzazione può essere concessa per un periodo fino a 5 anni ed è rinnovabile.
4. La Provincia disciplina le modalità di presentazione della domanda, prescrivendo in particolare che la stessa sia corredata da:
a) cartografia della zona che si intende costituire in azienda faunistico-venatoria, con gli estremi catastali dei fondi interessati ed i relativi atti comprovanti la proprietà o il possesso;
b) progetto di impianto e di funzionamento dell'azienda sotto il profilo tecnico ed economico;
c) programma pluriennale di conservazione e ripristino ambientale;
d) nel caso di richiesta inoltrata da un consorzio, assenso sottoscritto da tutti i proprietari, possessori, conduttori consorziati.
5. La superficie minima per la costituzione di aziende faunistico-venatorie è di 400 ha. Deve altresì essere soddisfatta la condizione che fra le aziende faunistico-venatorie, e fra esse ed altri istituti faunistico-venatori già costituiti, intercorra una distanza di almeno 500 metri.
6. Nelle aziende faunistico-venatorie è consentita la caccia nel rispetto della presente legge e del calendario venatorio regionale; non è consentito immettere o liberare fauna selvatica posteriormente alla data del 31 agosto.
7. La delimitazione delle aziende è segnalata a cura del concessionario, con tabelle conformi all'art. 22, recanti la scritta "Azienda faunistico-venatoria - Caccia consentita ai soli autorizzati".
8. La vigilanza venatoria nelle aziende faunistico-venatoria è affidata alle guardie a disposizione dell'azienda medesima, sempre che tali agenti di vigilanza siano compresi tra quelli individuati dall'art. 27 della legge n. 157/1992 come soggetti preposti alla vigilanza venatoria.
Art. 18
Aree contigue ad aree naturali protette.
1. L'esercizio venatorio nelle aree contigue ad aree naturali protette, individuate dalla Regione ai sensi della legge 6 dicembre 1991, n. 394, si svolge nella forma della caccia controllata riservata ai cacciatori aventi diritto all'accesso negli ambiti territoriali di caccia su cui insiste l'area contigua all'area naturale protetta.
2. Le province, d'intesa con gli organi di gestione dell'area protetta, sentiti gli enti locali interessati, stabiliscono piani e programmi di prelievo.
3. Nelle aree contigue, individuate ai sensi del comma 1 del presente articolo, la gestione dei piani e programmi di prelievo è affidata al comitato direttivo dell'A.T.C. in cui ricadono le aree interessate, d'intesa con l'organismo di gestione dell'area protetta.
Art. 19
Tutela della fauna e divieto di uccellagione.
1. Fanno parte della fauna selvatica, oggetto di tutela della presente legge, i mammiferi e gli uccelli dei quali esistono popolazioni viventi in stato di naturale libertà nel territorio regionale.
2. Sono particolarmente protette le specie di fauna selvatica elencate all'art. 2 comma I, lettere a), b) e c) della legge n. 157/1992, comunque presenti sul territorio regionale, nonché le specie autoctone minacciate in estinzione riportate annualmente nel calendario venatorio.
3. La tutela della fauna selvatica, a norma dell'art. 2 della legge n. 157/1992, non comprende le talpe, i ratti, i topi propriamente detti e le arvicole.
4. È vietata in tutto il territorio regionale ogni forma di uccellagione e di cattura di uccelli e mammiferi selvatici, nonché il prelievo di uova, di nidi e piccoli nati.
5. Chiunque rinvenga uova, covate e piccoli nati e agisca per preservarli è tenuto a darne immediata comunicazione alla Provincia od al Comune territorialmente competenti che provvederanno a disporre in merito.
Art. 20
Cattura temporanea e inanellamento.
1. La Giunta regionale, su parere dell'INFS, può autorizzare esclusivamente gli Istituti Scientifici delle Università del C.N.R. e i Musei di storia naturale ad effettuare, a scopo di studio e ricerca scientifica, la cattura e l'utilizzazione di mammiferi ed uccelli, nonché il prelievo di uova, nidi e piccoli nati.
2. L'attività di cattura temporanea per l'inanellamento degli uccelli a scopo scientifico può essere svolta esclusivamente previa specifica autorizzazione, rilasciata dalla Giunta regionale su parere dell'INFS, da titolari che abbiano partecipato a specifici corsi di istruzione dello stesso INFS e che abbiano superato il relativo esame finale.
3. La cattura di uccelli a fini di richiamo può essere svolta esclusivamente in impianti di cui siano titolari le province, la cui gestione è affidata a personale qualificato e ritenuto idoneo dall'INFS, limitatamente alla specie: storno, passero, allodola, cesena, tordo sassello, tordo bottaccio, merlo, passera mattugia, pavoncella e colombaccio. Gli esemplari appartenenti ad altre specie eventualmente catturati devono essere immediatamente liberati.
Art. 21
Zone per l'allenamento, l'addestramento e le gare dei cani da caccia.
1. Le province regolamentano la costituzione, su terreni incolti o a coltura svantaggiata, di zone destinate all'addestramento, all'allenamento dei cani da caccia ed allo svolgimento delle gare cinofile e ne affidano la gestione, mediante autorizzazione, prioritariamente alle associazioni venatorie e cinofile, riconosciute a livello nazionale, ovvero ad imprenditori agricoli singoli o associati. Le zone di addestramento autorizzate ad imprenditori agricoli titolari di aziende agri-turistico- venatorie devono ricadere all'interno delle aziende stesse.
2. Le province adottano il regolamento per la costituzione e la gestione delle zone, tenuto conto degli indirizzi programmatici regionali, di cui all'art. 3.
3. Il provvedimento autorizzativo è condizionato al consenso dei proprietari o conduttori dei fondi interessati. Il medesimo provvedimento fissa i tempi e modalità di esercizio, nonché le misure di salvaguardia della fauna selvatica.
4. L'accesso alle zone di addestramento cani è consentito ai soli soggetti espressamente autorizzati.
5. Fatto salvo quanto stabilito dal comma 1 del presente articolo, le province su richiesta delle associazioni venatorie e cinofile e dei comitati direttivi degli ambiti territoriali di caccia, possono autorizzare, indicandone il periodo, lo svolgimento di gare e prove cinofile per cani da caccia, da svolgersi in base ai regolamenti dell'ENCI e delle singole associazioni venatorie nazionali nelle zone di ripopolamento e cattura, negli ambiti territoriali di caccia e, previo assenso dei concessionari, nelle aziende faunistico-venatorie.
6. L'addestramento, l'allevamento e le gare di cani possono svolgersi anche su fauna selvatica naturale. Qualora sia previsto l'abbattimento, può essere utilizzata a questo fine esclusivamente fauna selvatica di allevamento, appartenente alle seguenti specie: quaglia, fagiano, starna, pernice rossa, germano reale, lepre e cinghiale.
7. I soggetti cui spetta la gestione delle zone sono tenuti a segnalarle con tabelle conformi all'art. 19 e recanti la scritta "Zona di addestramento cani».
8. L'irregolare gestione o le violazioni del provvedimento autorizzativo comportano la decadenza dell'autorizzazione.
Art. 22
Tabelle di segnalazione.
1. Le tabelle di segnalazione prescritte dalla presente legge, devono avere le dimensioni di cm. 20 per cm. 30. Le tabelle recano scritte nere su fondo bianco e sono collocate, lungo il perimetro dei territori interessati, su pali tinteggiati di bianco.
2. Le tabelle sono poste ad un'altezza da 2 a 4 metri e a distanza di metri 100 circa l'una dall'altra e, in ogni caso, in modo che siano visibili da ogni punto di accesso e da ciascuna di esse siano visibili le due contigue.
3. Le tabelle devono in ogni caso essere visibili frontalmente da una distanza di almeno 30 metri. Quando si tratta di specchi d'acqua le tabelle possono essere collocate anche su galleggianti emergenti almeno 1 metro dal pelo dell'acqua.
4. Le tabelle di segnalazione devono essere mantenute in buono stato di conservazione e leggibilità.
5. Le tabelle attualmente in uso, che non rispondano ai criteri del presente articolo, possono essere utilizzate fino alla loro consumazione e non oltre un quinquennio dall'entrata in vigore della presente legge. Per quelle eventualmente collocate sugli alberi è vietato l'uso di chiodi.
TITOLO III
Esercizio del prelievo venatorio
Art. 23
Ambiti territoriali di caccia.
1. In attuazione del piano faunistico-venatorio regionale ed ai sensi dell'art. 14, comma 1, della legge n. 157/1992, ciascuna Provincia ripartisce il territorio agro-silvo-pastorale destinato alla caccia in ambiti territoriali di caccia (A.T.C.), tenendo conto che il numero e la dimensione dei predetti ambiti devono essere tali da garantire l'autosufficienza faunistica e da conservare l'integrità delle zone umide e degli altri territori soggetti a tutela ambientale ai sensi della presente legge.
2. Gli ambiti territoriali di caccia di norma hanno dimensione sub-provinciale, sono omogenei e delimitati da confini naturali, con una estensione minima di 80.000 ettari e massima di 100.000 ettari (4).
3. I confini degli ambiti sono indicati, a cura dei rispettivi comitati di gestione, con tabelle esenti da tasse.
4. La prima perimetrazione degli A.T.C. di carattere sperimentale, può essere modificata entro un anno dalla approvazione del primo piano faunistico-venatorio regionale su richiesta motivata dei relativi comitati di gestione; la perimetrazione è ordinariamente soggetta a revisione con la successiva approvazione dei piani faunistico-venatori quinquennali.
5. La gestione degli ambiti territoriali di caccia è affidata ad appositi comitati direttivi disciplinati dalla presente legge e dal regolamento di attuazione.
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(4) Comma così sostituito dall'art. 1, L.R. 11 marzo 1997, n. 14.
Art. 24
Iscrizione all'Ambito.
1. Ogni cacciatore residente e con domicilio nella Regione ha diritto di iscriversi ad un àmbito territoriale di caccia, previa domanda al Comitato Direttivo dell'A.T.C. in cui risiede ed ha il proprio domicilio nel periodo 1° febbraio - 28 febbraio di ogni anno, versando la quota massima, di cui al successivo articolo 26, comma 6 della L.R. 9 gennaio 1995, n. 2 (5).
1-bis. I cacciatori di cui al precedente comma, in regola con il versamento suddetto, hanno diritto di accesso venatorio annuale in tutti gli A.T.C. compresi nella Regione, previa comunicazione ai Comitati Direttivi. Le ammissioni che devono comunque rientrare nel rapporto territorio-cacciatori previsto per legge, saranno disciplinate nel regolamento regionale (6).
1-ter. I posti resisi disponibili dopo le succitate iscrizioni sono assegnati dal Comitato Direttivo di ogni singolo A.T.C., entro i limiti dell'indice di densità venatoria prescritto, ai cacciatori richiedenti di altre regioni secondo le seguenti priorità:
a) nativi in Basilicata non più residenti nonché cacciatori non nativi in Basilicata, proprietari o possessori esclusivi o conduttori a titolo oneroso di fondi inclusi nell'àmbito territoriale di caccia dell'estensione non inferiore a 10 ettari;
b) cacciatori provenienti da altre regioni;
c) cacciatori provenienti da altri Stati Europei (7).
1-quater. I cacciatori non residenti, né domiciliati nella Regione, di cui al precedente comma 3, possono presentare domanda al Comitato Direttivo di un àmbito territoriale prescelto nel periodo 1° febbraio - 28 febbraio di ogni anno (8).
1-quinquies. I Comitati Direttivi entro il 30 aprile di ogni anno rendono pubbliche le graduatorie degli aventi diritto in aderenza agli indici di densità venatoria prescritti (9).
2. È facoltà dei Comitati direttivi ammettere nei rispettivi territori di competenza, un numero di cacciatori superiore a quanto fissato dal regolamento regionale di attuazione, purché si dia atto degli avvenuti accertamenti di cui all'art. 14, comma 8 della legge n. 157/1992.
3. È fatta salva la possibilità di accedere, facendone richiesta, in altri ambiti territoriali di caccia, anche da parte di cacciatori provenienti da altre regioni, previo consenso dei relativi Comitati direttivi. Il Comitato direttivo dell'ambito può, altresì, prevedere permessi giornalieri d'ospite a cacciatori iscritti in altri ambiti.
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(5) Gli attuali commi dal 1 ad 1-quinquies così sostituiscono il precedente comma 1 (come modificato dall'art. 2, L.R. 11 marzo 1997, n. 14) per effetto dell'art. 1, L.R. 7 maggio 2003, n. 14. Il testo del comma sostituito era il seguente: «1. Ogni cacciatore ha diritto ad iscriversi ad un proprio ambito territoriale di caccia, previa domanda da presentare al Comitato direttivo dell'A.T.C. competente per territorio nel periodo 1° gennaio - 28 febbraio di ogni anno e versando la quota di cui al successivo art. 26. In presenza di più A.T.C. nella stessa Provincia deve essere consentito al cacciatore residente in un ambito, il diritto di accesso a quello contiguo, previo versamento di una quota non superiore al 15% del contributo annuo.
Il Comitato direttivo entro il successivo mese di marzo rende pubblica la graduatoria degli iscritti in aderenza agli indici di densità venatoria prescritti e tenendo conto delle seguenti priorità:
a) essere residente nel territorio dell'ambito;
b) essere proprietari, possessori o conduttori di fondi inclusi nell'ambito;
c) essere residenti nei comuni compresi in aree naturali protette;
d) essere residenti in ambiti limitrofi;
e) essere residenti nella Provincia ove ricade l'ambito;
f) essere residenti nella Regione;
g) cacciatori provenienti da altre regioni.».
(6) Gli attuali commi dal 1 ad 1-quinquies così sostituiscono il precedente comma 1 (come modificato dall'art. 2, L.R. 11 marzo 1997, n. 14) per effetto dell'art. 1, L.R. 7 maggio 2003, n. 14. Il testo del comma sostituito era il seguente: «1. Ogni cacciatore ha diritto ad iscriversi ad un proprio ambito territoriale di caccia, previa domanda da presentare al Comitato direttivo dell'A.T.C. competente per territorio nel periodo 1° gennaio - 28 febbraio di ogni anno e versando la quota di cui al successivo art. 26. In presenza di più A.T.C. nella stessa Provincia deve essere consentito al cacciatore residente in un ambito, il diritto di accesso a quello contiguo, previo versamento di una quota non superiore al 15% del contributo annuo.
Il Comitato direttivo entro il successivo mese di marzo rende pubblica la graduatoria degli iscritti in aderenza agli indici di densità venatoria prescritti e tenendo conto delle seguenti priorità:
a) essere residente nel territorio dell'ambito;
b) essere proprietari, possessori o conduttori di fondi inclusi nell'ambito;
c) essere residenti nei comuni compresi in aree naturali protette;
d) essere residenti in ambiti limitrofi;
e) essere residenti nella Provincia ove ricade l'ambito;
f) essere residenti nella Regione;
g) cacciatori provenienti da altre regioni.».
(7) Gli attuali commi dal 1 ad 1-quinquies così sostituiscono il precedente comma 1 (come modificato dall'art. 2, L.R. 11 marzo 1997, n. 14) per effetto dell'art. 1, L.R. 7 maggio 2003, n. 14. Il testo del comma sostituito era il seguente: «1. Ogni cacciatore ha diritto ad iscriversi ad un proprio ambito territoriale di caccia, previa domanda da presentare al Comitato direttivo dell'A.T.C. competente per territorio nel periodo 1° gennaio - 28 febbraio di ogni anno e versando la quota di cui al successivo art. 26. In presenza di più A.T.C. nella stessa Provincia deve essere consentito al cacciatore residente in un ambito, il diritto di accesso a quello contiguo, previo versamento di una quota non superiore al 15% del contributo annuo.
Il Comitato direttivo entro il successivo mese di marzo rende pubblica la graduatoria degli iscritti in aderenza agli indici di densità venatoria prescritti e tenendo conto delle seguenti priorità:
a) essere residente nel territorio dell'ambito;
b) essere proprietari, possessori o conduttori di fondi inclusi nell'ambito;
c) essere residenti nei comuni compresi in aree naturali protette;
d) essere residenti in ambiti limitrofi;
e) essere residenti nella Provincia ove ricade l'ambito;
f) essere residenti nella Regione;
g) cacciatori provenienti da altre regioni.».
(8) Gli attuali commi dal 1 ad 1-quinquies così sostituiscono il precedente comma 1 (come modificato dall'art. 2, L.R. 11 marzo 1997, n. 14) per effetto dell'art. 1, L.R. 7 maggio 2003, n. 14. Il testo del comma sostituito era il seguente: «1. Ogni cacciatore ha diritto ad iscriversi ad un proprio ambito territoriale di caccia, previa domanda da presentare al Comitato direttivo dell'A.T.C. competente per territorio nel periodo 1° gennaio - 28 febbraio di ogni anno e versando la quota di cui al successivo art. 26. In presenza di più A.T.C. nella stessa Provincia deve essere consentito al cacciatore residente in un ambito, il diritto di accesso a quello contiguo, previo versamento di una quota non superiore al 15% del contributo annuo.
Il Comitato direttivo entro il successivo mese di marzo rende pubblica la graduatoria degli iscritti in aderenza agli indici di densità venatoria prescritti e tenendo conto delle seguenti priorità:
a) essere residente nel territorio dell'ambito;
b) essere proprietari, possessori o conduttori di fondi inclusi nell'ambito;
c) essere residenti nei comuni compresi in aree naturali protette;
d) essere residenti in ambiti limitrofi;
e) essere residenti nella Provincia ove ricade l'ambito;
f) essere residenti nella Regione;
g) cacciatori provenienti da altre regioni.».
(9) Gli attuali commi dal 1 ad 1-quinquies così sostituiscono il precedente comma 1 (come modificato dall'art. 2, L.R. 11 marzo 1997, n. 14) per effetto dell'art. 1, L.R. 7 maggio 2003, n. 14. Il testo del comma sostituito era il seguente: «1. Ogni cacciatore ha diritto ad iscriversi ad un proprio ambito territoriale di caccia, previa domanda da presentare al Comitato direttivo dell'A.T.C. competente per territorio nel periodo 1° gennaio - 28 febbraio di ogni anno e versando la quota di cui al successivo art. 26. In presenza di più A.T.C. nella stessa Provincia deve essere consentito al cacciatore residente in un ambito, il diritto di accesso a quello contiguo, previo versamento di una quota non superiore al 15% del contributo annuo.
Il Comitato direttivo entro il successivo mese di marzo rende pubblica la graduatoria degli iscritti in aderenza agli indici di densità venatoria prescritti e tenendo conto delle seguenti priorità:
a) essere residente nel territorio dell'ambito;
b) essere proprietari, possessori o conduttori di fondi inclusi nell'ambito;
c) essere residenti nei comuni compresi in aree naturali protette;
d) essere residenti in ambiti limitrofi;
e) essere residenti nella Provincia ove ricade l'ambito;
f) essere residenti nella Regione;
g) cacciatori provenienti da altre regioni.».
Art. 25
Comitato direttivo dell'ambito territoriale di caccia.
1. Il Comitato direttivo dell'ambito territoriale di caccia è nominato con deliberazione della Provincia competente per territorio ed è così composto:
a) per il 60% in misura paritaria, dai rappresentanti locali delle organizzazioni professionali agricole maggiormente rappresentative a livello nazionale e delle associazioni venatorie nazionali riconosciute, ove presenti in forma organizzata sul territorio;
b) per il 20%, da rappresentanti di associazioni di protezione ambientale riconosciute a livello nazionale;
c) per il 20%, da rappresentanti degli enti locali compresi nell'ambito, avuto riguardo alla maggiore superficie agro-silvo-pastorale degli stessi.
2. Le modalità di prima costituzione del Comitato direttivo, la durata in carica dei suoi componenti nonché le norme per la loro prima elezione ed i successivi rinnovi sono dettati con apposito regolamento regionale. I Comitati di gestione dell'A.T.C., di cui all'art. 4, comma 5 della presente legge, sono nominati con deliberazione regionale, previa intesa con gli enti interessati.
3. Il regolamento regionale di cui al comma precedente determina, in aderenza con quanto previsto dall'art. 14, comma 3 della legge n. 157/1992, l'indice di densità venatoria minima regionale da applicarsi ad ogni ambito territoriale di caccia.
4. Il regolamento regionale disciplina il diritto di accesso all'ambito territoriale di caccia e determina anche i criteri di ammissione dei cacciatori non residenti né domiciliati (10) (11).
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(10) Comma così modificato dall'art. 2, L.R. 7 maggio 2003, n. 14. Vedi, anche, l'art. 6, comma 1, della stessa legge.
(11) Vedi, anche, la Delib.G.R. 27 gennaio 2004, n. 151.
Art. 26
Compiti del Comitato direttivo.
1. Il Comitato direttivo, nel quadro della pianificazione faunistico-venatoria, promuove ed organizza le attività di ricognizione delle risorse ambientali e della consistenza faunistica, programma gli interventi per il miglioramento degli habitat, provvede alla attribuzione di incentivi economici ai proprietari o conduttori dei fondi rustici per:
a) la ricostituzione di una presenza faunistica ottimale per il territorio;
b) le coltivazioni per l'alimentazione naturale dei mammiferi e degli uccelli soprattutto nei terreni dismessi da interventi agricoli ai sensi del Reg. (CEE) n. 1094/1988 e successive modificazioni;
c) il ripristino di zone umide e di fossati;
d) la differenziazione delle colture;
e) la coltivazione di siepi, cespugli, adatti alla riproduzione della fauna selvatica;
f) la tutela dei nidi e dei nuovi nati di fauna selvatica, nonché dei produttori;
g) la collaborazione operativa ai fini del tabellamento, nonché della difesa preventiva delle coltivazioni passibili di danneggiamento, della pasturazione invernale degli animali in difficoltà, della manutenzione degli apprestamenti di ambientamento della fauna selvatica.
2. Entro il 31 marzo di ogni anno il Comitato Direttivo trasmette il programma delle attività da svolgere alla Provincia, la quale provvede a verificarne la compatibilità con la pianificazione faunistico venatoria entro il successivo 30 aprile, o in ogni caso prima dell'inizio della stagione venatoria. Nell'àmbito della programmazione il Comitato Direttivo stabilirà per i cacciatori fuori Regione ammessi, di cui all'articolo 24, commi 1-ter e 1-quater, della presente legge esclusivamente accessi articolati di ospitalità venatoria mensile, settimanale, giornaliera, previo versamento di un contributo, fissato nel regolamento regionale (12).
3. Nel rispetto del regolamento regionale di attuazione e su domanda dei cacciatori, il Comitato direttivo delibera in ordine all'accesso all'ambito di competenza.
4. Il Comitato direttivo provvede alla erogazione di contributi per il risarcimento di danni arrecati alle produzioni agricole dalla fauna selvatica ed all'esercizio dell'attività venatoria, nonché alla erogazione di contributi per interventi, previamente concordati tra i soggetti interessati, ai fini della prevenzione dei danni medesimi.
5. Per il raggiungimento delle finalità di cui al presente articolo il Comitato direttivo, entro i limiti fissati dal calendario venatorio regionale, può limitare le specie cacciabili, regolare l'orario, il numero delle giornate di caccia e il carniere. Può, altresì proporre la istituzione e la regolamentazione anche temporanea di zone di rispetto venatorio, nelle quali possono essere compiute catture di fauna selvatica delle specie cacciabili a scopo di ripopolamento.
6. Per il funzionamento e le spese di gestione di ogni ambito territoriale di caccia, il Comitato Direttivo organizza forme di collaborazione dei cacciatori iscritti dandone comunicazione alla Provincia competente.
I cacciatori aventi diritto all'accesso all'A.T.C. sono tenuti al versamento, sul conto corrente intestato al Comitato stesso, di un contributo annuo determinato nel regolamento regionale di cui al precedente art. 25.
I proventi del contributo sono destinati esclusivamente a finalità faunistico-venatorie (13).
7. Il Comitato direttivo può provvedere ad una adeguata riduzione del contributo annuo, di cui al comma 6, al fine di compensare eventuali prestazioni richieste al cacciatore per la partecipazione alle attività gestionali dell'A.T.C.
8. In relazione alle attività di propria competenza, ciascun Comitato direttivo predispone progetti finalizzati al raggiungimento degli obiettivi del programma annuale di gestione provinciale. La Provincia provvede a finanziare i predetti progetti, ai sensi dell'art. 37 della presente legge.
9. La Provincia controlla la rispondenza fra le attività svolte da ciascun A.T.C., le direttive impartite ed i fondi erogati e dispone gli opportuni atti a tutela dell'interesse dell'Amministrazione.
10. La gestione economica finanziaria dell'A.T.C. deve essere condotta in modo da assicurare il pareggio del bilancio. Il servizio di cassa per i fondi rivenienti all'A.T.C. è affidato ad un Istituto di Credito presente sul territorio dell'ambito.
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(12) Comma così sostituito dall'art. 3, L.R. 7 maggio 2003, n. 14. Il testo originario era così formulato: «2. Entro il 31 marzo di ogni anno il Comitato direttivo trasmette il programma delle attività da svolgere alla Provincia, la quale provvede a verificarne la compatibilità con la pianificazione faunistico-venatoria entro il successivo 30 aprile, o in ogni caso prima dell'inizio della stagione venatoria.».
(13) Comma così sostituito dall'art. 3, L.R. 11 marzo 1997, n. 14.
Art. 27
Allevamenti di fauna selvatica.
1. Gli allevamenti previsti dall'art. 17, comma 1, della legge n. 157/1992 sono distinti in tre categorie:
a) per la produzione di animali selvatici destinati al ripopolamento e/o reintroduzione, con esclusione del cinghiale;
b) per la produzione di animali selvatici per soli fini alimentari;
c) per la produzione di animali per fini amatoriali e ornamentali.
2. Gli allevamenti sono soggetti ad autorizzazione rilasciata dalla Provincia entro 60 giorni dalla richiesta dell'interessato.
3. Il titolare di un'impresa agricola può esercitare gli allevamenti di cui al presente articolo, dandone semplice comunicazione alla competente Provincia, secondo le disposizioni emanate dalla medesima.
4. Il titolare dell'allevamento è obbligato a tenere apposito registro riportante i dati essenziali sull'andamento dell'allevamento, nonché è tenuto alla predisposizione di recinzioni o di altre strutture idonee ad evitare la fuoriuscita degli animali. Dovrà altresì segnalare la superficie interessata con conformi tabelle recanti la scritta "Allevamento di fauna selvatica".
5. Negli allevamenti di fauna selvatica la caccia è vietata. L'esercizio di tale attività comporta la revoca della autorizzazione.
6. Ogni animale allevato deve essere munito di contrassegno predisposto dal titolare dell'allevamento ed approvato dalla Provincia.
7. Nelle manifestazioni fieristiche, nelle mostre ornitologiche e negli esercizi commerciali specializzati possono essere esposti e venduti esclusivamente esemplari muniti di contrassegno.
8. Gli allevamenti a scopo alimentare sono sottoposti a controllo dell'autorità sanitaria secondo le vigenti disposizioni in materia alimentare.
Art. 28
Controllo della fauna selvatica.
1. Le province, per la migliore gestione del patrimonio zootecnico, per la tutela del suolo, per motivi sanitari, per la selezione biologica, per la tutela di particolari specie selvatiche e delle produzioni zoo-agro-forestali ed ittiche, provvedono al controllo della specie di fauna selvatica anche nelle zone vietate alla caccia. Tale controllo, esercitato selettivamente, viene praticato di norma mediante l'utilizzo di metodi ecologici su parere dell'Istituto nazionale della fauna selvatica. Qualora l'Istituto verifichi l'inefficacia dei predetti metodi, le province possono autorizzare piani di abbattimento.
2. I piani di abbattimento di cui al comma 1 devono essere attuati dalle guardie venatorie dipendenti dalle province. Queste potranno, altresì, avvalersi dei proprietari o conduttori dei fondi sui quali si effettua l'abbattimento, delle guardie forestali e comunali, nonché degli addetti alla vigilanza di cui al successivo art. 45, purché i soggetti in questione siano in possesso di licenza di caccia.
3. Qualora il controllo debba essere effettuato esclusivamente per motivi sanitari o per la tutela del patrimonio storico-artistico all'interno dei centri urbani, vi provvede il Comune interessato, d'intesa con la Provincia, su conforme parere dell'Ufficio sanitario competente.
Art. 29
Abilitazione all'esercizio venatorio.
1. In applicazione dell'art. 22 della legge n. 157/1992, la licenza di porto di fucile per uso caccia è rilasciata, secondo le leggi di pubblica sicurezza, a coloro che hanno conseguito l'abilitazione all'esercizio venatorio dinanzi ad apposita Commissione insediata presso ciascuna Provincia.
2. La Commissione rimane in carica fino al rinnovo del Consiglio provinciale che l'ha nominata ed è composta da un dirigente provinciale, che la presiede, e da altri cinque esperti nelle materie d'esame di cui al successivo sesto comma, di cui almeno uno laureato in scienze agrarie o forestali ed uno laureato in scienze biologiche o in scienze naturali esperto in vertebrati omeotermi.
3. Le funzioni di segretario della Commissione sono svolte da un dipendente della Provincia di livello non inferiore al sesto.
4. La Provincia nomina, per ciascuno degli esperti della Commissione, un membro supplente con uguali requisiti. che sostituisce il membro effettivo in caso di assenza.
5. Le spese per il funzionamento della Commissione sono a carico della Provincia.
6. L'esame di abilitazione all'esercizio venatorio deve riguardare le seguenti materie:
a) legislazione venatoria;
b) zoologia applicata alla caccia con prove pratiche di riconoscimento delle specie cacciabili;
c) armi e munizioni da caccia e relativa legislazione;
d) tutela della natura e principi di salvaguardia delle colture agricole;
e) norme di pronto soccorso.
7. L'abilitazione è concessa se il giudizio è favorevole in tutte le materie di cui al comma precedente. Gli esami si svolgono mediante una prova scritta a quiz ed una orale.
8. L'abilitazione all'esercizio venatorio è necessaria, oltre che per il primo rilascio della licenza, anche per il rinnovo della stessa in caso di revoca.
9. Nei dodici mesi successivi al rilascio della prima licenza il cacciatore può praticare l'attività venatoria solo se accompagnato da altro cacciatore in possesso di licenza da almeno tre anni e che non abbia commesso violazioni alle norme della presente legge comportanti la sospensione o la revoca della licenza.
10. Per sostenere l'esame di abilitazione, il candidato deve presentare domanda in carta legale al Presidente della Provincia di residenza, allegando il certificato medico di idoneità fisica all'esercizio venatorio rilasciato in conformità alle vigenti disposizioni di legge ed il certificato di residenza.
11. Le norme di cui al presente articolo si applicano anche per l'esercizio della caccia mediante l'uso dell'arco e del falco.
Art. 30
Calendario venatorio e specie cacciabili.
1. Il calendario venatorio è approvato dalla Giunta regionale, sentiti l'INFS e le province, ed è pubblicato entro il 15 giugno di ogni anno.
2. Il calendario venatorio regionale reca disposizioni relative ai tempi, ai giorni, alle specie, al numero dei capi da abbattere, ai luoghi e modo di caccia, alla durata della giornata venatoria, ai periodi di addestramento cani.
3. La stagione venatoria ha inizio la terza domenica di settembre e termina il 31 gennaio. La Giunta regionale, sentiti l'INFS e le province può modificare i termini della caccia per determinate specie, in relazione alle situazioni ambientali e alle tradizioni locali delle diverse realtà territoriali, i termini devono comunque essere mantenuti fra il 1° settembre ed il 31 gennaio dell'anno successivo. La modifica è condizionata alla preventiva predisposizione di adeguati piani faunistico-venatori.
4. La Giunta regionale, annualmente, disciplina l'esercizio delle deroghe di cui al successivo art. 5 della presente legge nel calendario venatorio regionale.
5. Sulla base di piani di abbattimento selettivi approvati dalla Regione, la caccia di selezione agli ugulati può essere autorizzata a far tempo dal 1° agosto nel rispetto dell'arco temporale di cui al comma 1 dell'articolo 18 della legge n. 157/1992; per i predatori secondo le direttive delle Amministrazioni provinciali sentito l'INFS.
6. Sono oggetto di caccia le specie, di cui all'articolo 18 della legge n. 157/1992 e successive modifiche riportate nell'allegato "A".
7. Il numero delle giornate di caccia settimanali è limitato a tre, Mercoledì, Sabato e Domenica o diversamente 3 giornate a scelta nella settimana, con esclusione del lunedì, martedì e venerdì di intesa con le Amministrazioni provinciali. Fermo restando il silenzio venatorio nei giorni di martedì e venerdì, la Giunta regionale, sentito l'INFS e tenuto conto delle consuetudini locali, può regolamentare diversamente le giornate di caccia per l'esercizio venatorio da appostamento alla fauna selvatica migratoria nei periodi intercorrenti fra il 1° ottobre ed il 30 novembre, ai sensi dell'articolo 18, comma 6 della L. n. 157/1992.
8. La caccia alla selvaggina è consentita da un'ora prima del sorgere del sole fino al tramonto ovvero per l'orario di caccia si farà riferimento a quello rilevato annualmente dall'Ufficio meteorologico dell'aeroporto di Bari.
9. Il Presidente della Giunta regionale può vietare o ridurre per periodi prestabiliti la caccia a determinate specie di fauna selvatica di cui all'allegato A), per importanti e motivate ragioni connesse alla consistenza faunistica o per sopravvenute particolari condizioni ambientali, stagionali o climatiche o per malattie o altre calamità.
10. I Sindaci dei comuni, di concerto con le Amministrazioni provinciali, hanno facoltà di vietare la caccia, per periodi limitati di tempo, in aree dove, per ragioni turistiche o altre motivazioni, si abbiano concentrazioni di persone che rendono pericoloso l'esercizio della caccia per la pubblica incolumità (14).
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(14) Il presente articolo, già corretto con avviso di errata corrige pubblicato nel B.U. 16 febbraio 1995, n. 12 e modificato dall'art. 4, L.R. 11 marzo 1997, n. 14, è stato poi così sostituito dall'art. 4, L.R. 7 maggio 2003, n. 14. Il testo precedente era così formulato: «Art. 30. Calendario venatorio e specie cacciabili. 1. Il calendario venatorio è approvato dalla Giunta regionale, sentiti l'INFS e le province, ed è pubblicato entro il 15 giugno di ogni anno.
2. Il calendario venatorio regionale reca disposizioni relative ai tempi, ai giorni, alle specie, al numero dei capi da abbattere, ai luoghi e modo di caccia, alla durata della giornata venatoria, ai periodi di addestramento dei cani.
3. La stagione venatoria ha inizio la terza domenica di settembre e termina il 31 gennaio. La Giunta regionale, sentiti l'INFS e le province può modificare i termini della caccia per determinate specie, in relazione alle situazioni ambientali e alle tradizioni locali delle diverse realtà territoriali; i termini devono comunque essere mantenuti fra il 1° settembre ed il 31 gennaio dell'anno successivo. La modifica è condizionata alla preventiva predisposizione di adeguati piani faunistico-venatori.
4. Sono oggetto di caccia le specie, di cui all'art. 18 della legge n. 157/1992, e successive variazioni, riportate nell'allegato "A" alla presente legge.
5. Il numero delle giornate di caccia settimanali è limitato a tre e precisamente alle seguenti: Mercoledì, Sabato e Domenica.
6. La caccia alla selvaggina è consentita da un'ora prima del sorgere del sole fino al tramonto.
7. Il Presidente della Giunta regionale può vietare o ridurre per periodi prestabiliti la caccia a determinate specie di fauna selvatica di cui all'allegato A), per importanti e motivate ragioni connesse alla consistenza faunistica o per sopravvenute particolari condizioni ambientali, stagionali o climatiche o per malattie o altre calamità.
8. I sindaci dei comuni hanno facoltà di vietare la caccia, per periodi limitati di tempo, in aree dove, per ragioni turistiche o altre motivazioni, si abbiano concentrazioni di persone che rendano pericoloso l'esercizio della caccia per la pubblica incolumità.».
Art. 30-bis
Esercizio delle deroghe previste dall'art. 9 della Direttiva n. 79/409/CEE.
1. La Regione disciplina l'esercizio delle deroghe previste dalla Direttiva n. 79/409/CEE Consiglio del 2 aprile 1979, conformandosi alle prescrizioni dell'art. 9, ai princìpi e alle finalità degli articoli 1 e 2 della stessa direttiva ed alle disposizioni della presente legge.
2. Le deroghe, in assenza di altre soluzioni soddisfacenti, possono essere disposte solo per le finalità indicate dall'articolo 9, paragrafo 1, della Direttiva n. 79/409/CEE che devono menzionare le specie prelevabili che ne formano oggetto, i mezzi, gli impianti e i metodi di prelievo autorizzato, le circostanze di tempo e di luogo del prelievo, il numero dei capi giornalmente e complessivamente prelevabili nel periodo. I soggetti abilitati al prelievo in deroga vengono definiti dalla Regione, di intesa con gli Àmbiti territoriali di caccia (A.T.C.)
3. Le deroghe di cui al comma 1 sono applicate per periodi determinati, sentito l'INFS, o gli istituti riconosciuti a livello regionale, e non possono avere comunque ad oggetto specie la cui consistenza numerica sia in grave diminuzione.
4. Per quanto non espressamente previsto nel presente articolo si fa riferimento a quanto contemplato nell'art. 19-bis L. n. 221/2002 (15).
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(15) Articolo aggiunto dall'art. 5, L.R. 7 maggio 2003, n. 14.
Art. 31
Modalità dell'esercizio venatorio.
1. L'attività venatoria può essere esercitata da chi abbia compiuto il diciottesimo anno di età, sia munito di licenza di porto di fucile per uso caccia e di assicurazione per la responsabilità civile verso terzi nel rispetto dei massimali previsti all'ottavo comma dell'art. 12 della legge n. 157/1992, nonché di polizza assicurativa per infortuni correlati all'esercizio dell'attività venatoria.
2. Costituisce esercizio di caccia ogni atto diretto alla uccisione o alla cattura di fauna selvatica. È considerato, altresì, esercizio di caccia il vagare e il soffermarsi, con i mezzi destinati a tale scopo, in attitudine di ricerca o di attesa della fauna selvatica.
3. Nel territorio regionale, fatto salvo l'esercizio venatorio con l'arco o con il falco, l'esercizio venatorio stesso può essere praticato, con i mezzi di cui all'art. 13 della legge n. 157/1992, in via esclusiva in una delle seguenti forme:
a) vagante;
b) da appostamento fisso;
c) nell'insieme delle altre forme consentite dalla legge e praticate nel rimanente territorio destinato alla caccia programmata.
4. L'opzione sulla forma di caccia prescelta in via esclusiva ha la durata di un anno e si intende rinnovata se entro il 1° novembre il cacciatore non fa pervenire alla Provincia richiesta di modifica, che produce comunque effetti dalla successiva stagione venatoria.
Art. 32
Esercizio venatorio da appostamento.
1. Sono appostamenti fissi quelli destinati all'esercizio venatorio nella forma esclusiva da caccia di cui alla lettera b), comma 5, dell'articolo 12 della legge n. 157/1992.
2. Le province rilasciano le autorizzazioni annuali a titolo individuale per la caccia da appostamento fisso alla consegna del tesserino; la richiesta, da presentarsi entro il 30 aprile, deve essere corredata da una planimetria su scala 1:10.000 indicante l'ubicazione dell'appostamento, dal consenso scritto del proprietario o del conduttore del fondo.
3. Ferma restando l'esclusività della forma di caccia, il recupero della selvaggina ferita è consentito anche con l'ausilio del cane nel raggio di 200 metri dall'appostamento.
4. L'accesso all'appostamento fisso con armi e con l'uso di richiami vivi è consentito unicamente a chi abbia esercitato l'opzione per questa specifica forma di caccia. Oltre al titolare e con il suo consenso, possono cacciare nell'appostamento fisso non più di due persone che abbiano scelto tale tipo di caccia.
5. Il titolare dell'appostamento fisso, previo accordo con il proprietario o conduttore del fondo, provvede durante l'anno, nel raggio almeno di cento metri dall'impianto, a mantenere le caratteristiche naturali dell'ambiente circostante, al fine della tutela della fauna selvatica e della flora.
6. Le province rilasciano le autorizzazioni in numero non superiore a quelle rilasciate nella stagione 1989/1990 a coloro che ne erano in possesso nella medesima stagione. Ove si verifichi una disponibilità le autorizzazioni possono essere rilasciate di preferenza a cacciatori ultrasessantenni e secondo le priorità di cui al precedente art. 24.
7. Ad ogni cacciatore che eserciti l'attività venatoria da appostamento fisso è consentito utilizzare richiami vivi di cattura nel numero massimo di dieci unità per ogni specie, fino ad un massimo complessivo di quaranta; per i cacciatori che esercitano la caccia da appostamento temporaneo è consentito l'uso di richiami vivi di cattura nel numero massimo di dieci unità.
8. Sono temporanei gli appostamenti che non comportino modificazioni del sito e siano destinati all'esercizio venatorio per non più di una giornata di caccia al termine della quale il cacciatore deve rimuovere il materiale usato per la costruzione dell'appostamento. Gli appostamenti temporanei non possono distare meno di duecento metri da altro appostamento, nonché dalle oasi di protezione, dalle zone di ripopolamento e cattura, dei parchi e riserve naturali.
9. La Regione, entro 60 giorni dalla entrata in vigore della presente legge, disciplina con apposito regolamento la costruzione e la utilizzazione a fini venatori degli appostamenti, nonché l'allevamento, la vendita, la detenzione e l'uso dei richiami per la caccia da appostamento.
Art. 33
Tesserino.
1. Per l'esercizio dell'attività venatoria è necessario possedere apposito tesserino annuale predisposto dalla Giunta regionale e rilasciato dalla Provincia di residenza, previa riconsegna di quello dell'anno precedente, salvi i casi del primo anno di caccia e di smarrimento del documento denunciato all'autorità competente.
2. Il tesserino è personale e riporta l'indicazione delle generalità del cacciatore, della forma di caccia prescelta in esclusiva e dell'ambito territoriale di caccia assegnato. Con il tesserino il cacciatore riceve copia del calendario venatorio regionale.
3. I cacciatori residenti in altre regioni possono praticare la caccia in Basilicata, previa annotazione sul tesserino personale, da parte della Provincia di residenza, delle indicazioni di cui al comma 2, e dovranno consegnare copia del proprio tesserino alla Provincia in cui intendono praticare la caccia.
4. Il numero del tesserino annuale deve essere riportato sulla licenza a cura della Provincia, che tiene apposito schedario dei tesserini rilasciati da aggiornare annualmente.
5. Il cacciatore deve annotare in modo indelebile, negli appositi spazi del tesserino personale, il giorno di caccia prescelto nella propria o nelle altre regioni all'atto dell'inizio dell'esercizio venatorio, nonché il numero di capi di selvaggina stanziale e migratoria non appena abbattuti.
6. Il rilascio del tesserino è subordinato all'avvenuto versamento delle tasse prescritte.
7. Il tesserino va restituito, entro il 31 marzo successivo alla chiusura della caccia, alla Provincia rilasciante, la quale provvede a raccogliere in serie storiche i dati sui prelievi venatori e li invia alla Regione per la costituzione di una banca dati sul prelievo venatorio regionale.
8. In caso di smarrimento, deterioramento o distruzione del tesserino, il titolare può ottenere il duplicato, previa esibizione della copia della denunzia fatta alla autorità di pubblica sicurezza e della ricevuta di versamento della tassa per l'esercizio dell'attività venatoria.
TITOLO IV
Disposizioni finanziarie
Art. 34
Risarcimento dei danni e fondo di tutela delle produzioni agricole.
1. Per far fronte ai danni non altrimenti risarcibili arrecati alla produzione agricola e alle opere approntate sui terreni coltivati e a pascolo della fauna selvatica, in particolare da quella protetta, e nell'esercizio dell'attività venatoria, è costituito, con il successivo art. 37, un fondo regionale destinato alla prevenzione ed ai risarcimenti.
2. Il fondo è ripartito fra le province in proporzione alla rispettiva superficie agro-silvo-pastorale.
3. Ai fini della gestione del fondo ciascuna Provincia costituisce un comitato presieduto dall'Assessore provinciale delegato alla materia e composto da tre rappresentanti delle Organizzazioni professionali agricole maggiormente rappresentative a livello nazionale e da tre rappresentanti alle associazioni venatorie riconosciute a livello nazionale, maggiormente rappresentative nella Regione.
4. Fa carico direttamente alle province, nell'ambito dello stanziamento loro assegnato, il risarcimento dei danni provocati dalla selvaggina alle coltivazioni agricole nelle oasi di protezione, nelle zone di ripopolamento e cattura, nei centri pubblici di produzione di selvaggina. Il risarcimento dei danni provocati negli ambiti territoriali di caccia è disposto dai comitati direttivi, d'intesa con le Province.
5. Il risarcimento dei danni provocati nei centri privati di produzione di selvaggina, nelle aziende faunistico-venatorie nelle aziende agri-turistiche-venatorie e nelle zone per l'addestramento e per le gare cinofile fa carico ai rispettivi concessionari.
6. Il proprietario o il conduttore del fondo è tenuto a denunciare tempestivamente i danni alla Provincia competente per territorio, che procede, entro 30 giorni, alle relative verifiche anche mediante sopralluoghi ed ispezioni e trasmette le relative perizie ai comitati direttivi degli A.T.C. i quali provvedono alla liquidazione nei successivi 180 giorni.
7. La Giunta regionale e le province, per il raggiungimento delle finalità di cui al presente articolo, possono stipulare apposite convenzioni con compagnie assicurative. Le convenzioni possono comprendere anche coperture assicurative per danni provocati dalla fauna selvatica alle persone.
Art. 35
Utilizzazione dei territori agricoli ai fini della gestione programmata della caccia.
1. Allo scopo di gestire il contributo dovuto ai proprietari o conduttori di terreni ai sensi dell'art. 15, comma 1 della legge n. 157/1992, la Giunta regionale ripartisce annualmente fra le province, sulla base della superficie agro-silvo-pastorale, le somme di cui al successivo art. 37.
2. La gestione del fondo è affidata alle Province, che la esercitano attraverso i comitati di gestione dell'A.T.C. e determinano l'importo del contributo in relazione alla estensione dei terreni, alle condizioni agronomiche, alla adozione di metodi di produzione agricola compatibili con le esigenze di protezione ambientale e con la cura dello spazio naturale ai sensi delle vigenti norme comunitarie.
3. Il proprietario o il conduttore che a norma dell'art. 15, comma 3 della legge n. 157/1992 intende vietare la caccia nel proprio fondo deve presentare richiesta motivata al Presidente della Provincia entro 30 giorni dalla pubblicazione del piano faunistico-venatorio regionale. La richiesta è esaminata entro i successivi 60 giorni ed è accolta se non ostacolata la pianificazione faunistico-venatoria.
4. Il divieto è reso noto mediante l'apposizione di tabelle, esenti da tasse, a cura del proprietario o conduttore del fondo, le quali delimitano in maniera chiara e visibile il perimetro dell'area interessata. Nei fondi di cui al precedente comma 3 è vietato a chiunque, compreso il proprietario o conduttore, esercitare l'attività venatoria fino al venir meno delle ragioni del divieto.
5. L'esercizio venatorio è altresì vietato a chiunque nei fondi rustici chiusi da muro o da rete metallica o da altra effettiva chiusura, di altezza non inferiore a metri 1,20, o da corsi o specchi d'acqua perenni il cui letto abbia profondità di almeno metri 1,50 e larghezza di almeno metri 3. I fondi chiusi esistenti alla data di entrata in vigore della presente legge e quelli di nuova costituzione devono essere notificati al Comune e alla Provincia nel cui territorio essi ricadono. I proprietari o conduttori dei fondi, di cui al presente comma, provvedono ad apporre a proprio carico, adeguate tabellazioni esenti da tasse.
6. La superficie dei fondi sottratti alla gestione della caccia, di cui ai precedenti commi 3 e 5, entra a far parte della quota di territorio agro-silvo-pastorale destinato alla protezione della fauna selvatica.
7. L'esercizio venatorio è comunque vietato in forma vagante sui terreni in attualità di coltivazione, come definiti dall'art. 15, comma 7, della legge n. 157/1992 o individuati dalla Giunta regionale con apposita deliberazione da emanare entro 60 giorni dall'entrata in vigore della presente legge, sentite le organizzazioni professionali agricole maggiormente rappresentative a livello nazionale e presenti sul territorio regionale.
Art. 36
Tasse di concessione regionale (16).
1. La Regione, per conseguire i mezzi finanziari necessari a realizzare i fini della presente legge, istituisce la tassa di concessione regionale per il rilascio e rinnovo dell'abilitazione all'esercizio venatorio, fissata per il 1994 in misura pari al 50% della tassa erariale di cui al numero 26, sottonumero 1) della tariffa annessa al decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 641 e successive modificazioni.
2. La tassa di cui al primo comma è soggetta a rinnovo annuale e non è dovuta qualora non si eserciti l'attività venatoria durante l'anno o la si eserciti esclusivamente all'estero.
3. La medesima tassa deve essere rimborsata nel caso di diniego della licenza di porto d'armi per uso di caccia o nel caso di rinuncia all'assegnazione dell'ambito territoriale di caccia.
4. Il versamento della tassa di concessione regionale deve essere effettuato, a decorrere dal 1994, su apposito conto corrente postale, intestato alla Tesoreria della Regione Basilicata, in occasione del pagamento della tassa di rilascio o rinnovo della concessione governativa per la licenza di porto d'armi per uso di caccia ed ha la validità di un anno dalla data di rilascio della concessione governativa.
5. Il pagamento della tassa per gli anni successivi deve essere effettuato non prima di quindici giorni dalla scadenza annuale.
6. La ricevuta di versamento deve essere allegata al tesserino regionale per l'esercizio venatorio.
7. Per le difformi situazioni di scadenza eventualmente riscontrabili fra la data di versamento della tassa regionale e quella governativa, la validità del versamento della tassa regionale è procrastinata sino alla scadenza della tassa di concessione governativa.
8. Gli appostamenti fissi, i centri privati di riproduzione della fauna selvatica allo stato naturale, le aziende faunistico-venatorie sono soggetti a tassa di rilascio, per il primo anno, ed a tassa annuale di concessione regionale, per gli anni successivi, da versare secondo le modalità e nella misura previste alle corrispondenti voci della tariffa annessa al D.Lgs. 22 giugno 1991, n. 230 e successive modifiche.
9. Le aziende agri-turistico-venatorie sono soggette alle stesse tasse regionali previste per le aziende faunistico-venatorie.
10. Le tasse annuali di cui ai precedenti commi 8 e 9 debbono essere versate entro il 31 gennaio dell'anno cui si riferiscono, su conto corrente postale intestato alla Tesoreria della Regione Basilicata.
11. Per le aziende faunistico-venatorie e le aziende agri-turistico-venatorie, per ogni 100 lire di tassa è dovuta una soprattassa di lire 100, che dovrà essere versata contestualmente alla tassa.
12. Le tasse di concessione previste per le aziende faunistico-venatorie e le aziende agri-turistico-venatorie sono ridotte alla misura di un ottavo per i territori montani o per quelli classificati tali ai sensi della legge 25 luglio 1952, n. 991 e successive modifiche ed integrazioni.
13. Gli appostamenti fissi di caccia debbono essere autorizzati ogni anno prima dell'uso, previo pagamento della tassa per essi prevista. Sono appostamenti fissi di caccia quelli che presentano le caratteristiche previste dalle vigenti norme in materia.
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(16) Vedi, anche, l'art. 12, comma 1, 3 e 5, L.R. 7 agosto 2003, n. 28.
Art. 37
Utilizzazione dei mezzi finanziari.
[1. Per il raggiungimento delle finalità della presente legge e in particolare per incentivare interventi di tutela e ripristino ambientale, la Giunta regionale ripartisce annualmente le somme complessivamente affluite al bilancio dell'esercizio precedente per le tasse di concessione regionale relative alla caccia, come segue:
a) nella misura del 20% a favore delle province, quale fondo di tutela delle produzioni agricole, ai sensi dell'art. 24 nonché per la realizzazione degli interventi di cui all'art. 35;
b) nella misura del 5% a favore delle province, per l'esercizio delle funzioni attribuite, per la copertura di spese per consulenze ed assistenza tecnica, tenuto conto delle rispettive superfici agro-silvo-pastorali e del numero dei cacciatori iscritti negli A.T.C. di ciascuna provincia;
c) nella misura del 60% a favore delle province per i piani faunistico-venatori provinciali, per i piani di miglioramento ambientale, per l'acquisto di fauna selvatica a scopo di ripopolamento, per l'attività di vigilanza e controllo dei centri di riproduzione privati, nonché delle aziende faunistico-venatorie e delle aziende agri-turistiche venatorie;
d) per l'8% a disposizione della Giunta regionale per interventi regionali in campo venatorio e di connessa tutela ambientale, nonché per attività regionali di ricerca sulla caccia e di formazione previste dalla presente legge;
e) nella misura del 7% per contributi alle Associazioni venatorie riconosciute in ambito nazionale e organizzate a livello regionale, in ragione della rispettiva consistenza associativa, finalizzati allo svolgimento di attività promozionali e di educazione ambientale nell'ambito della pratica venatoria, nonché di ogni altra iniziativa tesa alla efficace osservanza della presente legge.
2. La ripartizione di cui alla lettera c) è rapportata alla superficie agro-silvo-pastorale di ciascuna provincia ed è, altresì, ripartita sulla base dei progetti di intervento previsti nei rispettivi programmi annuali riguardanti la gestione degli istituti faunistici e faunistico-venatori pubblici e degli A.T.C.
3. Sugli interventi di cui al precedente articolo la Giunta regionale relaziona annualmente al Consiglio regionale] (17).
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(17) Articolo abrogato dall'art. 12, comma 8, L.R. 7 agosto 2003, n. 28. Il successivo comma 9 del medesimo articolo stabilisce che per effetto dell'abrogazione del presente articolo, tutti i riferimenti allo stesso sono sostituiti con di riferimenti al suddetto art. 12.
Art. 38
Norma finanziaria.
[Agli oneri di cui alla presente legge si farà fronte con le disponibilità finanziarie dei capitoli 2391, 2392 e 2393, esistenti al momento dell'approvazione della presente legge, che andranno a costituire la dotazione finanziaria dei capitoli di cui al comma successivo secondo le percentuali indicate dall'art. 37.
Nello stato di previsione della spesa del bilancio per l'esercizio finanziario 1994 sono introdotte le seguenti variazioni:
Cap. 2350 (così modificato) - Fondo per il finanziamento dell'attività venatoria da destinare alle province ai sensi dell'art. 37 - primo comma - lettera a), b), c).
Cap. 2355 (di nuova istituzione) - Contributi alle Associazioni venatorie ai sensi dell'art. 37 - primo comma - lett. e).
Cap. 2360 (di nuova istituzione) - Interventi regionali in campo venatorio e di tutela ambientale, nonché per attività di ricerca sulla caccia (art. 37 - primo comma - lettera a)] (18).
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(18) Il presente articolo cessa la sua efficacia per effetto dell'art. 12, comma 10, L.R. 7 agosto 2003, n. 28.
TITOLO V
Divieti - sanzioni - vigilanza
Art. 39
Divieti.
1. A norma dell'art. 21 della legge n. 157/92 è vietato a chiunque:
a) l'esercizio venatorio nei giardini, nei parchi pubblici e privati, nei parchi storici e archeologici e nei terreni adibiti ad attività sportive;
b) l'esercizio venatorio nei parchi nazionali, nei parchi naturali regionali e nelle riserve naturali conformemente alla legislazione in materia di parchi e riserve naturali. Nei parchi regionali costituiti anteriormente alla data di entrata in vigore della legge 6 dicembre 1991, n. 394, la Regione adegua la propria legislazione al disposto dell'art. 22, comma 6 della predetta legge entro il 1° gennaio 1995, provvedendo nel frattempo alla eventuale riperimetrazione dei parchi naturali regionali anche ai fini dell'applicazione dell'art. 32 comma 3 della legge medesima;
c) l'esercizio venatorio nelle oasi di protezione e nelle zone di ripopolamento e cattura, nei centri di riproduzione di fauna selvatica, nelle foreste demaniali ad eccezione di quelle che, secondo le disposizioni regionali, sentito il parere dell'I.N.F.S. non presentino condizioni favorevoli alla riproduzione ed alla sosta della fauna selvatica;
d) l'esercizio venatorio dove vi siano opere di difesa dello Stato e dove il divieto sia richiesto a giudizio insindacabile dell'autorità militare o dove esistano beni monumentali, purché dette zone siano delimitate da tabelle esenti da tasse indicanti il divieto;
e) l'esercizio venatorio nelle aie e nelle corti o altre pertinenze di fabbricazione rurali, nelle zone comprese nel raggio di 100 metri da immobili, fabbricati e stabili adibiti ad abitazione o a posto di lavoro ed a distanza inferiore a 50 metri da vie di comunicazione ferroviaria e da strade carrozzabili, eccettuate le strade poderali ed interpoderali;
f) sparare da distanza inferiore a 150 metri, con uso di fucile da caccia con canna ad anima liscia, o da distanze corrispondenti a meno di una volta e mezza la gittata massima in caso di uso di altre armi, in direzione di immobili, fabbricati e stabili adibiti ad abitazione o a posto di lavoro, di vie di comunicazione ferroviaria e di strade carrozzabili eccettuate quelle poderali ed interpoderali, di funivie, filovie ed altri impianti di trasporto a sospensione, di stabbi, stazzi, recinti ed altre aree destinate al ricovero ed all'alimentazione del bestiame nel periodo di utilizzazione agro-silvo-pastorale;
g) il trasporto, all'interno dei centri abitati e delle altre zone ove è vietata l'attività venatoria, ovvero a bordo di veicoli di qualunque genere e comunque nei giorni non consentiti per l'esercizio venatorio, di armi da sparo per uso venatorio che non siano scariche e in custodia; il trasporto delle armi, in custodia e scariche, è consentito esclusivamente nel periodo di caccia chiusa per le manifestazioni di tiro a volo e per le manifestazioni di caccia con selvaggina di allevamento;
h) cacciare a rastrello in più di tre persone ovvero utilizzare a scopo venatorio scafandri o tute impermeabili da sommozzatore negli specchi o corsi d'acqua;
i) cacciare sparando da veicoli a motore o da aeromobili o da natanti;
l) cacciare a distanza inferiore a 100 metri da macchine operatrici agricole in funzione;
m) cacciare qualsiasi specie di fauna selvatica quando i terreni siano in tutto o nella maggior parte coperti di neve;
n) cacciare negli stagni, nelle paludi e negli specchi d'acqua artificiali in tutto o nella maggior parte coperti da ghiaccio e su terreni allagati da piene di fiumi;
o) prendere o detenere uova, nidi e piccoli di mammiferi ed uccelli appartenenti alla fauna selvatica, salvo che nei casi previsti dall'art. 20, comma 1, ovvero al fine di sottrarli a sicura distruzione o morte, purché tale eventualità sia segnalata nelle ventiquattro ore successive alla Provincia competente;
p) usare richiami vivi al di fuori dei casi previsti dalla presente legge;
q) usare richiami vivi non provenienti da allevamento nella caccia agli acquatici;
r) usare a fini di richiamo uccelli vivi accecati o mutilati ovvero legati per le ali e richiami acustici a funzionamento meccanico, elettromagnetico o elettromeccanico, con o senza amplificazione del suono;
s) cacciare negli specchi d'acqua ove si esercita l'industria della pesca o dell'acqua-coltura, nonché nei canali delle valli da pesca, quando il possessore le circondi con tabelle, esenti da tasse, indicanti il divieto di caccia;
t) commerciare fauna selvatica morta, non proveniente da allevamenti, per sagre e manifestazioni a carattere gastronomico;
u) usare munizione spezzata nella caccia agli ungulati, usare esche o bocconi avvelenati, vischio o altre sostanze adesive, trappole, reti, tagliole, lacci, archetti o congegni similari, fare impiego di civette, usare armi da sparo munite di silenziatore o impostate con scatto provocato dalla preda, fare impiego di balestre;
v) vendere a privati e detenere da parte di questi reti da uccellagione;
z) produrre, vendere e detenere trappole per la fauna selvatica;
aa) il commercio di esemplari vivi di specie di avifauna selvatica nazionale non provenienti da allevamenti;
bb) rimuovere, danneggiare o comunque rendere inidonee al loro fine le tabelle legittimamente apposte, ai sensi della legislazione nazionale e regionale, a specifici ambiti territoriali;
cc) detenere, acquistare e vendere esemplari di fauna selvatica, ad eccezione dei capi utilizzati come richiami, nel rispetto delle modalità previste dalla presente legge, e della fauna selvatica lecitamente abbattuta e detenuta anche in conformità con le norme sulla tassidermia;
dd) abbattere piccoli di cinghiale che presentano le striature sul corpo, addestrare cani in zone e periodi non consentiti, arrecare turbativa al cacciatore, cacciare la selvaggina stanziale dagli appostamenti fissi, favorire la fuoriuscita della selvaggina da zone vincolate;
ee) l'esercizio venatorio in giornate non consentite o in numero superiore a tre settimanali;
ff) l'uso dei segugi dal 1° al 31 gennaio, tranne che per le battute di caccia al cinghiale e alla volpe regolarmente autorizzate; cacciare nelle zone addestramento cani, nonché abbattere o catturare specie cacciabili appartenenti alla fauna selvatica in numero superiore a quello stabilito dal calendario venatorio (19);
gg) ogni altra azione o attività espressamente vietata dall'art. 21 della legge n. 157/1992.
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(19) Lettera così integrata dall'art. 5, L.R. 11 marzo 1997, n. 14.
Art. 40
Sanzioni penali. Sospensione, revoca e divieto della licenza del porto d'armi per uso caccia. Chiusura e sospensione dell'esercizio.
1. Le sanzioni penali concernenti le violazioni della presente legge sono disposte dall'art. 30 della legge n. 157/1992.
2. Gli ufficiali ed agenti che esercitano funzioni di polizia giudiziaria procedono all'accertamento degli illeciti di cui al comma 1 nonché al sequestro penale nei casi e nei modi stabiliti dalla normativa vigente.
3. I provvedimenti, nonché le relative procedure e modalità di adozione, concernenti la sospensione, revoca e divieto di rilascio della licenza di porto d'armi da caccia, nonché quelli relativi alla chiusura o sospensione dell'esercizio commerciale, sono disposti a norma dell'art. 32 della legge n. 157/1992.
Art. 41
Sanzioni amministrative.
1. Salvo quanto disposto dall'art. 40, per le violazioni delle disposizioni della presente legge si applicano le seguenti sanzioni amministrative:
a) sanzione amministrativa da L. 400.000 a L. 2.400.000 per chi esercita la caccia in forma diversa da quella prescelta;
b) sanzione amministrativa da L. 200.000 a L. 1.200.000 per chi esercita la caccia senza avere stipulato la polizza di assicurazione; in caso di recidiva la sanzione è da L. 400.000 a L. 2.400.000;
c) sanzione amministrativa da L. 300.000, a L. 1.800.000 per chi esercita la caccia senza aver effettuato il versamento delle tasse di concessione governativa e/o regionali; in caso di recidiva la sanzione è da L. 500.000 a L. 3.000.000 (20);
d) sanzione amministrativa da L. 300.000 a L. 1.800.000 per chi esercita senza autorizzazione la caccia all'interno delle aziende faunistico-venatorie, nei centri pubblici o privati di riproduzione e negli ambiti territoriali di caccia; in caso di recidiva la sanzione è da L. 500.000 a L. 3.000.000; in caso di ulteriore violazione la sanzione è da L. 700.000 a L. 4.200.000. Le sanzioni previste dalla presente lettera sono ridotte di un terzo se il fatto è commesso mediante sconfinamento in un ambito territoriale di caccia vicino a quello autorizzato;
e) sanzione amministrativa da L. 200.000 a L. 1.200.000 per chi esercita la caccia in zone di divieto non diversamente sanzionate; in caso di recidiva la sanzione è da L. 500.000 a L. 3.000.000;
f) sanzione amministrativa da L. 200.000 a L. 1.200.000 per chi esercita al caccia in fondo chiuso ovvero in caso di violazione delle disposizioni per la protezione delle coltivazioni agricole e allevamenti; in caso di recidiva la sanzione è da L. 500.000 a L. 3.000.000;
g) sanzione amministrativa da L. 200.000 a L. 1.200.000 per chi esercita la caccia per quantitativi, modalità, periodi e specie in difformità dalle disposizioni regionali, ovvero in violazione degli orari consentiti, o abbatte, cattura o detiene fringillidi, appartenenti a specie vietate alla caccia. in caso di recidiva la sanzione è da L. 400.000 a L. 2.400.000;
h) sanzione amministrativa da L. 300.000, a L. 1.800.000 per chi si avvale di richiami non autorizzati; se la violazione è nuovamente commessa, la sanzione è da L. 500.000 a L. 3.000.000;
i) sanzione amministrativa da L. 500.000 a L. 900.000 per chi non esegue le prescritte annotazioni sul tesserino regionale;
l) sanzione amministrativa da L. 150.000 a L. 900.000 per ciascun capo, per chi importa fauna selvatica senza l'autorizzazione; alla violazione consegue la revoca di eventuali autorizzazioni rilasciate per altre introduzioni;
m) sanzione amministrativa da L. 50.000 a L. 300.000 per chi, pur essendo munito, non esibisce, se legittimamente richiesto, la licenza, la polizza di assicurazione o il tesserino regionale; la sanzione è applicata nel minimo se l'interessato esibisce il documento entro cinque giorni;
n) sanzione amministrativa da L. 300.000 a L. 1.800.000 ai proprietari di fondi che non ottemperano alle disposizioni in materia di tabellazione di cui al precedente art. 22 e la sanzione amministrativa di L. 30.000 per ogni tabella apposta abusivamente;
o) sanzione amministrativa da L. 50.000 a L. 300.000 per chi immette selvaggina in periodi e con modalità tali da arrecare danni alle colture agricole; nel caso in cui i soggetti immessi appartengano alla specie cinghiale la sanzione amministrativa è da L. 500.000 a L. 3.000.000 per ciascun capo immesso. Qualora l'inflazione sia nuovamente commessa la sanzione è raddoppiata;
p) sanzione amministrativa da L. 100.000 a L. 600.000 per chi viola le disposizioni della presente legge o del calendario venatorio non espressamente richiamate dal presente articolo.
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(20) Lettera così corretta con avviso di errata corrige pubblicato nel B.U. 16 febbraio 1995, n. 12.
Art. 42
Irrogazione delle sanzioni amministrative.
1. Le sanzioni amministrative di cui all'art. 41 sono irrogate dal Presidente della Provincia, nel cui territorio è stata commessa l'infrazione ed i relativi proventi sono incamerati dalla stessa con destinazione vincolata all'attività venatoria.
2. Il Presidente della Provincia provvede, altresì, alla richiesta di risarcimento del danno arrecato alla fauna, nei casi previsti dall'art. 43, ed alla sospensione del tesserino per particolari infrazioni o violazioni eventualmente indicate nel calendario venatorio regionale.
3. Ai fini dell'aumento delle sanzioni pecuniarie in caso di recidiva, le infrazioni amministrative si intendono nuovamente commesse se compiute entro 5 anni dalla precedente infrazione.
4. Le infrazioni sono annotate sul tesserino del trasgressore, a cura del Comune di residenza dello stesso, a seguito di segnalazione da parte della Provincia.
5. Qualora il trasgressore non si presenti, senza valido motivo, al Comune nel termine comunicato per la annotazione, il Comune trasmette gli atti all'autorità giudiziaria competente per la violazione dell'art. 650 c.p.
Art. 43
Ripristino fauna danneggiata e risarcimento.
1. I responsabili di danneggiamento provocato a specie selvatiche da scarichi inquinati industriali o urbani, dall'uso di insetticidi, pesticidi, diserbanti o altre sostanze nocive in violazione delle leggi vigenti, sono tenuti, oltre al pagamento delle sanzioni previste dalle norme vigenti, alla immissione di fauna selvatica per ricostituire il patrimonio faunistico. La quantità, le specie di fauna selvatica, i modi e tempi di immissione sono determinati dalla Provincia.
2. Chiunque, in particolare, abbatte illecitamente specie cacciabili oggetto di ripopolamento, oltre alle sanzioni previste dalle norme vigenti, è tenuto al pagamento, a titolo di risarcimento, di una somma di denaro, pari al doppio del costo sostenuto, dall'Ente che ha effettuato il ripopolamento, per l'acquisto delle stesse. I proventi del risarcimento devono essere impiegati per il ripopolamento successivo.
3. Gli agenti che hanno accertato le violazioni, di cui al presente articolo, trasmettono copia dei relativi verbali alla Provincia per i provvedimenti di competenza.
Art. 44
Cani e gatti vaganti.
1. I cani e i gatti trovati a vagare nelle campagne fuori dalla sfera di controllo del possessore, possono essere catturati dagli agenti di vigilanza, di cui all'art. 45 della presente legge.
2. Per la disciplina della cattura e custodia e ricovero di cani e gatti vaganti, si applicano le disposizioni della legge regionale 25 gennaio 1993, n. 6.
3. I cani da guardia delle abitazioni e del bestiame non devono essere lasciati incustoditi nelle campagne a più di 100 metri dalla abitazione o dal bestiame medesimo. I relativi proprietari sono comunque obbligati, con idonee misure, ad evitare che i cani arrechino disturbo o danno alla selvaggina.
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Art. 45
Vigilanza venatoria.
1. La vigilanza sulla applicazione della presente legge è affidata alle province. All'espletamento dei relativi compiti, come previsti dagli artt. 27 e 28 della legge n. 157/1992, provvedono:
a) gli agenti appartenenti ai servizi di polizia provinciale;
b) le guardie, i sottufficiali e gli ufficiali del Corpo Forestale dello Stato;
c) le guardie addette alla vigilanza dei parchi regionali e nazionali;
d) gli agenti e gli ufficiali di polizia giudiziaria;
e) le guardie giurate e le guardie forestali e campestri dei comuni e delle comunità montane;
f) le guardie volontarie appartenenti alle associazioni venatorie, agricole e di protezione ambientale alle quali è riconosciuta la qualifica di guardia giurata;
g) le guardie private riconosciute ai sensi del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza;
h) le guardie ecologiche e zoofile previste da leggi regionali.
2. I soggetti di cui al comma 1 non possono esercitare la caccia durante l'espletamento delle loro funzioni nonché, fatta eccezione per le guardie volontarie della lettera f), nell'ambito del territorio in cui svolgono prevalentemente il servizio di vigilanza venatoria.
3. Alle guardie volontarie, di cui alla lettera f) è vietato, durante lo svolgimento del servizio, l'impiego dei mezzi di caccia ordinariamente consentiti, fatta eccezione per gli interventi di cui all'art. 28.
4. Le provincie coordinano l'attività delle guardie volontarie delle associazioni venatorie, agricole e di protezione ambientale.
5. Gli addetti ai compiti di vigilanza trasmettono i verbali relativi alle infrazioni amministrative alla Provincia competente, nonché alla competente autorità giudiziaria, ai sensi dell'art. 24 della legge 24 novembre 1981, n. 689, ove sia accertato un illecito penale in connessione o contestualmente alla violazione amministrativa.
6. L'attestato di idoneità previsto dall'art. 27, comma 4, della legge n. 157/1992 è rilasciato dalla Provincia, previo superamento di un esame di abilitazione.
7. L'esame, concernente le materie di cui al precedente art. 29, nonché nozioni di diritto amministrativo e penale, è svolto davanti ad apposita commissione istituita in ciascuna provincia e composta da:
a) un esperto designato dalla Giunta regionale con funzioni di presidente;
b) un esperto designato dalla Provincia;
c) tre esperti designati rispettivamente dalle strutture provinciali delle associazioni venatorie, agricole, di protezione ambientale.
8. Con l'atto di nomina dei membri effettivi, sono nominati anche i supplenti ed il segretario. Le spese per il funzionamento della commissione fanno carico alla Provincia.
9. Per la preparazione all'esame di idoneità le provincie possono promuovere corsi appositi. Possono, altresì, promuovere corsi di aggiornamento per gli agenti di vigilanza, sulle materie di cui al precedente comma 7.
10. I soggetti che, alla entrata in vigore della presente legge, siano in possesso della qualifica di guardia venatoria volontaria, non sono obbligati alla abilitazione prevista dal presente articolo. Entro un anno dalla entrata in vigore della presente legge, essi devono partecipare, con frequenza obbligatoria per almeno 2/3 dei giorni previsti, ad un corso di aggiornamento promosso dalla Provincia.
TITOLO VI
Disposizioni transitorie e finali
Art. 46
Norme transitorie e finali.
1. In sede di prima applicazione della presente legge, la Regione con apposita disposizione regolamenterà transitoriamente l'esercizio venatorio sull'intero territorio regionale, di concerto con le Province e non oltre la chiusura della stagione venatoria 1996/1997 (21).
2. Entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, la Giunta regionale, emana gli indirizzi per la redazione dei piani faunistico-venatori provinciali.
3. Per le attività la cui disciplina è demandata ad appositi regolamenti, fino alla loro emanazione continuano ad applicarsi le disposizioni vigenti, in quanto compatibili con la presente legge, e non in contrasto con la legge n. 157/1992.
4. Le aziende faunistico-venatorie esistenti, sul territorio regionale (ex riserve di caccia), su richiesta del concessionario, entro 90 giorni dalla pubblicazione della presente legge, chiedono la trasformazione in aziende agri-turistico-venatorie. Trascorso tale termine saranno sciolte con decreto del Presidente della Giunta
5. Le distanze di cui agli art. 16 e 17 non si applicano nel caso che le aziende faunistico-venatorie, già costituite all'entrata in vigore della presente legge, si dividano in più autorizzazioni.
6. Per tutto quanto non previsto dalla presente legge valgono le disposizioni di cui alla legge 11 febbraio 1991, n. 157.
7. È abrogata la legge regionale 6 novembre 1979, n. 39.
8. Per la stagione venatoria 1994/1995, in attesa dell'approvazione dei regolamenti, restano in attività le autogestite esistenti.
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(21) Comma così modificato dall'art. 1, L.R. 22 luglio 1996, n. 33.
Art. 47
Dichiarazione d'urgenza.
1. La presente legge è dichiarata urgente ai sensi dell'art. 127 della Costituzione e dell'art. 127 dello Statuto ed entra in vigore il giorno successivo alla sua pubblicazione sul Bollettino Ufficiale della Regione.
2. È fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e farla osservare come legge della Regione Basilicata.
Allegato "A"
(articolo 30)
Specie e periodi previsti dall'art. 18, comma 1, della legge n. 157/1992.
a) specie cacciabili della terza domenica di settembre al 31 dicembre: quaglia (Coturnix coturnix); tortora (Streptopeia turtur); merlo (Turdus merula); passero (Passer italiae); passera mattugia (Passer montanus); passera oltremontana (Passer domesticus); allodola (Alauda arvensis); colino della Virginia (Colinas virginianus); starna (Perdix perdix); pernice rossa (Alectoris rufa); pernice sarda (Aleotoris barbara); lepre comune (Lepus europaeus); lepre sarda (Lepus capensis); coniglio selvatico (Oryctolagus cuniculus); minilepre (Silvilagus floridamus);
b) specie cacciabili dalla terza domenica di settembre al 31 gennaio: storno (Sturnus vulgaris); cesena (Turdus pilaris); tordo bottaccio (Turdus philomelos); tordo sassello (Turdus iliacus); fagiano (Phasianus colchicus); germano reale (Anas platyrhynchos); folaga (Fulica atra); gallinella d'acqua (Gallinula chloropus); alzavola (Anas crecca); canapiglia (Anas strepera); porciglione (Rallus aquaticus); fischione (Anas penepole); codone (Anas acuta); marzaiola (Anas querquedula); mestolone (Anas clypeata); moriglione (Aythya ferina); moretta (Aythya fuligula); beccaccino (Gallinago gallinago); colombaccio (Columba palumbus); frullino (Lymnocryptes minimus); combattente (Philomachus pugnax); beccaccia (Scolopax rusticola); taccola (Corvus monedula); corvo (Corvus frugilegus); cornacchia nera (Corvus corone); pavoncella (Vanellus vanellus); pittima reale (Limosa limosa); cornacchia grigia (Corvus corone cornix); ghiandaia (Garrulus glandarius); gazza (Pica pica); volpe (Vulpes vulpes);
c) specie cacciabili dal 1° ottobre al 30 novembre: pernice bianca (Lagopus mutus); fagiano di monte (Tetrao tetrix); francolino di monte (Bonasa bonasia); coturnice (Alestoris graeca); camoscio alpino (Rupicapra rupicapra); capriolo (Capreolus capreolus); cervo (Cervus elaphus); daino (Dama dama); muflone (Ovis musimon), con esclusione della popolazione sarda; lepre bianca (Lepus timidus);
d) specie cacciabili dal 1° ottobre al 31 dicembre o dal 1° novembre al 31 dicembre: cinghiale (Sus scrofa).
L.R.
Calabria 17 maggio 1996, n. 9
Norme per la tutela e la gestione della fauna
selvatica e l'organizzazione del territorio ai fini della disciplina
programmata dell'esercizio venatorio
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(1) Pubblicata nel B.U. Calabria 22 maggio 1996, n. 52.
TITOLO I
Disposizioni generali
Art. 1
Finalità.
1. La Regione Calabria, nell'osservanza dei principi e delle norme stabilite dalla legge 11 febbraio 1992, n. 157 di recepimento delle direttive 79/409/CEE del Consiglio del 2 aprile 1979, 85/411/CEE della Commissione del 25 luglio 1985 e 91/244/CEE della Commissione del 6 marzo 1991 della Convenzione di Parigi del 18 ottobre 1950 resa esecutiva con legge 24 novembre 1978, n. 812, della Convenzione di Berna del 19 settembre 1979 resa esecutiva con legge 5 agosto 1981, n. 503, disciplina l'attività venatoria e tutela la fauna selvatica secondo metodi di razionale programmazione delle forme di utilizzazione del territorio e di uso delle risorse naturali, al fine della ricostituzione di più stabili equilibri negli ecosistemi; per le finalità di cui al presente comma, promuove ed attua studi ed indagini sull'ambiente e sulla fauna selvatica ed adotta le opportune iniziative atte allo sviluppo delle conoscenze ecologiche e biologiche del settore.
2. La Regione, tenuto conto dei motivi tecnico - economici che sono alla base del degrado degli ambienti naturali, promuove altresì lo sviluppo di specifiche iniziative anche aventi carattere faunistico-venatorio, allo scopo di consentire il graduale sviluppo della economia agricola e di mantenere, adeguandone la popolazione, tutte le specie dei mammiferi ed uccelli viventi allo stato selvatico negli habitat naturali.
3. Ai fini di realizzare azioni di salvaguardia e di ricostituzione del patrimonio faunistico regionale, la Giunta regionale promuove studi e ricerche, anche sperimentali, sulla biologia della fauna selvatica e sui rapporti tra le specie naturali esistenti sul territorio, sul miglioramento delle tecniche di allevamento e di ambientamento delle specie autoctone, sulle tecniche di produzione agroforestale che realizzino condizioni ambientali più favorevoli alla vita delle stesse specie, sulle tecniche di ripristino di condizioni idonee alla fauna selvatica attraverso il recupero e la sistemazione di aree territoriali modificate dall'azione antropica.
4. Per favorire le conoscenze delle specie di fauna selvatica e la diffusione di principi di razionale e corretta tutela e gestione di esse, la Giunta regionale promuove la collaborazione attiva delle scuole, delle organizzazioni sociali, delle associazioni venatorie, agricole e di protezione ambientale.
Art. 2
Funzioni amministrative.
1. La Regione esercita le funzioni amministrative di programmazione e di coordinamento dei piani faunistico - venatori delle province e svolge i compiti di orientamento, di controllo e sostitutivi nei casi previsti dalla presente legge e dal proprio Statuto.
2. Le province esercitano le funzioni amministrative in materia di caccia e di protezione della fauna selvatica ai sensi dell'articolo 14 della legge 8 giugno 1990, n. 142 e nel rispetto di quanto previsto dalla presente legge.
3. Per l'assolvimento delle proprie funzioni concernenti l'applicazione della presente legge, la Giunta regionale si avvale, quale organo tecnico consultivo, di una Consulta Faunistica - Venatoria Regionale (C.F.V.R.) composta da:
a) assessore regionale incaricato in materia di Caccia e Pesca o un suo delegato che la presiede;
b) assessori provinciali Caccia e Pesca o loro delegati;
c) tre rappresentanti delle organizzazioni professionali agricole maggiormente rappresentative a livello nazionale;
d) un rappresentante per ogni associazione venatoria nazionale riconosciuta operante nella Regione, designato dalla rispettiva associazione regionale;
e) tre rappresentanti delle associazioni di protezione ambientale presenti nel Consiglio nazionale per l'ambiente;
f) un rappresentante dei dottori agronomi e forestali indicato dalla federazione regionale degli ordini provinciali della Calabria;
g) un rappresentante dell'Ente Nazionale Cinofilia Italiana;
h) il Dirigente dell'Ufficio caccia della Regione con le funzioni di segretario;
i) un rappresentante dei dottori veterinari nominato dalla Federazione regionale degli ordini della Calabria tra i singoli rappresentanti indicati da ogni rispettivo ordine provinciale, esperto in problemi faunistici;
l) un rappresentante del Corpo Forestale dello Stato nominato su indicazione del Coordinamento regionale.
Ai componenti della Consulta viene corrisposta, per ogni giornata di seduta, una indennità di Lire 100.000, oltre il rimborso spese di viaggio se dovute.
4. La Consulta faunistico - venatoria è costituita entro quattro mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge con decreto del Presidente della Giunta regionale, su proposta dell'Assessore incaricato in materia di Caccia e Pesca e dura in carica tutto il periodo della legislatura: i suoi componenti possono essere riconfermati. Le designazioni devono pervenire all'Assessore proponente entro sessanta giorni dalla richiesta, trascorsi i quali lo stesso provvederà a formulare le proposte alla Giunta purché risultino designati o nominati almeno la metà dei componenti.
5. La Consulta esprime parere in ordine ai provvedimenti regionali in materia faunistica - venatoria e può formulare alla Giunta regionale proposte e suggerimenti di iniziative per la corretta gestione faunistico - venatoria del territorio. L'attività della C.F.V.R. sarà disciplinata da apposito Regolamento da emanarsi entro quattro mesi dell'entrata in vigore della presente legge. Il segretario redige processo verbale delle adunanze, ne cura la conservazione ed adempie ad ogni compito affidatogli dal Presidente.
6. La Regione e le Province possono avvalersi, a supporto delle attività proprie o delegate in materia, oltre che dell'Istituto nazionale per la fauna selvatica, della collaborazione di enti e di istituti pubblici e privati specializzati nella ricerca.
7. Ogni Provincia, nell'esercizio delle proprie funzioni, si avvale pure della consulenza della Commissione faunistica provinciale nominata dal Presidente dell'amministrazione provinciale e composta:
a) dall'Assessore provinciale alla Caccia e pesca, o un suo delegato, che la presiede;
b) due rappresentanti delle organizzazioni professionali agricole più rappresentative a livello provinciale;
c) un rappresentante per ogni associazione venatoria nazionale riconosciuta operante nella provincia;
d) due rappresentanti delle associazioni di protezione ambientale maggiormente rappresentative e operanti a livello provinciale;
e) un rappresentante dell'Ente nazionale per la cinofilia italiana (E.N.C.I.);
f) il dirigente della struttura competente;
g) un dipendente, designato dalla competente struttura dell'Amministrazione, con funzioni di segretario.
8. La Commissione faunistico provinciale dura in carica per tutto il periodo della durata del Consiglio provinciale ed è costituita entro quattro mesi dall'entrata in vigore della presente legge.
9. La Consulta Faunistica Venatoria Regionale (C.F.V.R.) e la Commissione Faunistica Provinciale si riuniscono su convocazione dei rispettivi presidenti o loro delegati o quando ne facciano richiesta motivata almeno un terzo dei componenti e sono validamente costituite con la partecipazione di almeno la metà più uno dei componenti medesimi. I componenti decadono in caso di assenza ingiustificata a tre riunioni consecutive.
10. La Consulta Faunistica Venatoria Regionale e la Commissione Faunistica Provinciale al termine della durata sono ricostituite nell'osservanza dei termini di cui alla legge regionale 4 agosto 1995, n. 39.
10-bis. La Regione, a tutela degli interessi dei destinatari della presente legge e per monitorarne lo stato di attuazione, su proposta dell'Assessore all'Agricoltura, Forestazione, Caccia e Pesca e per la durata della legislatura, nomina, tra professionisti di chiara competenza, in possesso di laurea, con esperienza specifica nel settore venatorio almeno decennale, il Garante sull'esercizio venatorio (2).
10-ter. La Giunta regionale definisce con apposito disciplinare, predisposto dall'Assessorato all'Agricoltura, Forestazione, Caccia e Pesca, le modalità operative e competenze funzionali del Garante al quale sono, altresì, corrisposte le indennità di funzione ed il rimborso spese e trasferta nella misura del 50 per cento di quella prevista per i Consiglieri regionali imputando la relativa spesa tra quelle di cui all'art. 22, comma 2, secondo capoverso (3).
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(2) Comma aggiunto dall'art. 9-bis, comma 2, L.R. 2 maggio 2001, n. 7.
(3) Comma aggiunto dall'art. 9-bis, comma 2, L.R. 2 maggio 2001, n. 7.
Art. 3
Tutela, uccellagione e catture.
1. Fanno parte della fauna selvatica oggetto della tutela della presente legge i mammiferi e gli uccelli dei quali esistono popolazioni viventi, stabilmente o temporaneamente, in stato di naturale libertà nel territorio regionale.
2. Sono particolarmente protette, anche sotto il profilo sanzionatorio, le specie di fauna selvatica elencate all'articolo 2, comma 1, lettere a), b) e c) della legge 11 febbraio 1992, n. 157.
3. Le norme della presente legge non si applicano alle talpe, ai ratti, ai topi propriamente detti, alle arvicole.
4. È vietata in tutto il territorio regionale ogni forma di uccellagione e di cattura di uccelli, di mammiferi e selvatici, nonché il prelievo di uova, nidi e piccoli nati; è vietata altresì la cattura di uccelli con mezzi e per fini diversi da quelli previsti dalla presente legge.
5. La Giunta regionale, su parere dell'I.N.F.S., può autorizzare esclusivamente gli istituti scientifici delle università e del Consiglio nazionale delle ricerche e i musei di storia naturale ad effettuare, - a scopo di studio e ricerca scientifica, la cattura per l'inanellamento e l'utilizzazione di mammiferi ed uccelli nonché il prelievo di uova nidi e piccoli nati.
6. La Giunta regionale, può autorizzare le Province a svolgere l'attività di cattura per la cessione dei richiami vivi consentiti. Le provincie provvedono, entro sei mesi dall'entrata in vigore della presente legge, a fare apporre appositi anelli numerati ai soggetti appartenenti alla specie di cui all'articolo 4 della legge sopra richiamata in possesso dei cacciatori. Gli adempimenti previsti dal presente comma, vanno espletati secondo quanto espressamente previsto dall'articolo 4 della legge n. 157 del 1992.
7. È fatto obbligo a chiunque abbatte o rinviene uccelli inanellati di darne notizia alla Regione e all'I.N.F.S. o al Comune nel cui territorio è avvenuto il fatto, il quale provvede ad informare il predetto Istituto e la Regione stessa.
8. Chiunque rinviene fauna selvatica in difficoltà deve darne immediata comunicazione alla provincia o al comune o anche al Corpo Forestale dello Stato, nel cui territorio il rinvenimento è avvenuto, che dovranno provvedere al ritiro e, ove necessario, al ricovero presso centri di recupero o servizio veterinario per le opportune cure. La Regione o le province possono stipulare apposite convenzioni con centri idonei alle cure e al recupero della fauna selvatica, operanti sul territorio regionale, anche al fine di realizzare gli scopi di cui alla presente norma.
9. Quando sia ancora possibile evitare la sicura distruzione di nidi, con uova o piccoli nati, deve essere data comunicazione entro le prime 24 ore utili, alla provincia o al Comune o anche al Corpo Forestale dello Stato.
10. La sostituzione di un richiamo di cattura deceduto può avvenire soltanto dietro presentazione, all'Ufficio competente della Provincia, di certificazione veterinaria e del relativo anello di riconoscimento.
Art. 4
Tassidermia.
1. L'attività di tassidermia ed imbalsamazione e la detenzione o il possesso di preparazioni tassidermiche e trofei sono disciplinate dalla Regione sulla base di un apposito regolamento da emanarsi nel termine di cui all'articolo 24, comma 5, della presente legge.
2. I tassidermisti autorizzati devono segnalare alla Provincia le richieste di impagliare o imbalsamare spoglie di specie protette o comunque non cacciabili, ovvero le richieste relative a spoglie di specie cacciabili avanzate in periodi diversi da quelli previsti nel calendario venatorio per la caccia alle singole specie.
3. L'inadempienza alle disposizioni di cui al comma 2, comporta la revoca dell'autorizzazione a svolgere l'attività di tassidermista, oltre alle sanzioni previste per chi detiene illecitamente esemplari di specie protette o per chi cattura esemplari cacciabili al di fuori dei periodi fissati nel calendario venatorio.
TITOLO II
Pianificazione faunistica - venatoria e miglioramento ambientale regionale
Art. 5
Piano faunistico-venatorio.
1. Il territorio agro-silvo-pastorale regionale è soggetto a pianificazione faunistico-venatoria finalizzata, per quanto attiene alle specie carnivore, alla conservazione delle effettive capacità riproduttive delle loro popolazioni e, per le altre specie, al conseguimento delle densità ottimali ed alla loro conservazione, mediante la riqualificazione delle risorse ambientali e la regolamentazione del prelievo venatorio.
2. La Giunta regionale attua la pianificazione di cui al comma 1 mediante il coordinamento dei piani faunistici-venatori provinciali sulla base di criteri di cui l'I.N.F.S. garantisce l'omogeneità e la congruità e nel rispetto delle seguenti indicazioni:
a) destinare una quota massima del 26 per cento del territorio agro-silvo-pastorale della Regione a protezione della fauna selvatica, comprendendo in essa tutte le aree ove sia comunque vietata l'attività venatoria anche per effetto di altre leggi o disposizioni (4);
b) destinare una quota massima del 15 per cento del territorio agro-silvo-pastorale provinciale ad ambiti privati di caccia, ivi compresi i centri privati di produzione della fauna selvatica allo stato naturale, le zone di addestramento e allenamento dei cani e per le zone per gare cinofile;
c) promuovere sul rimanente territorio agro-silvo-pastorale forme di gestione programmata della caccia;
d) determinare criteri per la individuazione dei territori da destinare alla costituzione di aziende faunistico-venatorie, di aziende agro-turistico venatorie e di centri privati di produzione della fauna selvatica allo stato naturale.
3. Il piano faunistico-venatorio regionale è predisposto dalla Giunta regionale mediante il coordinamento dei piani faunistici-venatori provinciali. Il piano faunistico-venatorio regionale è approvato dal Consiglio regionale su proposta della Giunta regionale, sentita la Consulta Faunistica Venatoria Regionale.
4. Il piano faunistico-venatorio regionale ha durata quinquennale e può essere aggiornato anche prima della scadenza su richiesta di una o più province se le situazioni ambientali e faunistiche sulla base delle quali è stato elaborato subiscano sensibili variazioni.
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(4) Lettera così modificata dall'art. 47, comma 5, L.R. 14 luglio 2003, n. 10.
Art. 6
Disposizioni per l'attuazione dei piani faunistico-venatori provinciali.
1. Ai fini della pianificazione generale del territorio agro-silvo-pastorale, le Province, sentite le associazioni venatorie riconosciute e quelle agricole maggiormente rappresentative operanti nella provincia, predispongono i piani faunistico-venatori, entro tre mesi dall'entrata in vigore della presente legge. La Regione, qualora le Province non approvino i piani faunistico-venatori nel termine previsto, vi provvede in via sostitutiva, previa diffida ad adempiere entro sessanta giorni dalla scadenza del termine.
2. I piani faunistico-venatori approvati dal Consiglio provinciale su proposta della Giunta provinciale, in attuazione degli indirizzi di cui all'articolo 5, devono prevedere:
a) le oasi di protezione, destinate a rifugio, alla riproduzione ed alla sosta della fauna selvatica;
b) le zone di ripopolamento e cattura, destinate alla riproduzione della fauna selvatica allo stato naturale ed alla cattura della stessa per l'immissione sul territorio;
c) i centri pubblici di produzione di fauna selvatica allo stato naturale, ai fini di ricostruzione delle popolazioni autoctone;
d) i centri privati di produzione di fauna selvatica allo stato naturale, organizzati in forma di azienda agricola singola, consortile o cooperativa, ove è consentito il prelievo di animali allevati appartenenti a specie cacciabili da parte del titolare dell'impresa agricola, di dipendenti nella stessa e di persone nominativamente indicate;
e) le zone ed i periodi per l'addestramento, l'allenamento e le gare di cani anche su fauna selvatica naturale o con l'abbattimento di fauna di allevamento appartenente a specie cacciabili la cui gestione può essere affidata ad associazioni venatorie e cinofile ovvero ad imprenditori agricoli singoli od associati;
f) i criteri per la determinazione e l'erogazione del risarcimento, in favore dei proprietari o conduttori dei fondi rustici, per i danni arrecati dalla fauna selvatica alle produzioni agricole ed alle opere approntate su terreni vincolati per gli scopi di cui alle lettere a), b) e c);
g) i criteri per la corresponsione degli incentivi in favore dei proprietari o conduttori dei fondi rustici singoli o associati, che si impegnino alla tutela ed al ripristino degli habitat naturali ed all'incremento della fauna selvatica;
h) l'identificazione delle zone in cui sono collocabili gli appostamenti fissi.
3. Il piano faunistico-venatorio è corredato da:
- idonea cartografia del territorio provinciale in scala 1/25000 con specifico riferimento alle caratteristiche territoriali e alla localizzazione delle strutture indicate al punto due che precede.
4. Le Province inoltre predispongono:
a) i piani di miglioramento ambientale tesi a favorire la riproduzione naturale di fauna selvatica e relativi regolamenti;
b) i piani di immissione di fauna selvatica e relativi criteri per la programmazione e l'attuazione dei ripopolamenti;
c) l'individuazione delle aree idonee per l'istituzione di aziende faunistico-venatorie ed agro-turistico-venatorie;
d) la carta delle potenzialità e vocazioni faunistiche con la mappa della distribuzione e dello status delle specie di interesse gestionale;
e) le norme per la regolamentazione della caccia per i non residenti nelle province interessate.
5. Il piano faunistico ha durata quinquennale e può essere motivatamente rivisto nel corso della sua vigenza.
6. Le province, una volta approvato il piano faunistico-venatorio regionale, deliberano la perimetrazione delle zone in esso indicate, degli ambiti territoriali di caccia e delle altre zone ove non è consentita l'attività venatoria comprese nel territorio provinciale. Le tabelle di segnalazione di divieti o di regimi particolari di caccia non sono soggette a tasse regionali e devono essere visibili, frontalmente, ad una distanza di cinquanta metri e da ciascuna di esse devono scorgersi le due contigue.
7. La tabellazione è effettuata dalla provincia competente per quanto riguarda i luoghi di cui alle lettere a, b, c dell'articolo 10, comma 8 della legge n. 157 del 1992 e, per quanto concerne i siti restanti, a cura dei soggetti preposti alla loro gestione. L'esercizio venatorio negli ambiti territoriali di caccia è consentito appena effettuata la perimetrazione delle zone di cui al comma che precede.
Art. 7
Osservatori faunistici.
1. Allo scopo di favorire lo studio della biologia della fauna selvatica presente sul territorio regionale e controllarne i rapporti con l'ambiente ed i comportamenti in relazione alle modificazioni del territorio, la Giunta regionale, avvalendosi della consulenza ed assistenza dell'I.N.F.S. e della collaborazione di altri enti e istituti pubblici e privati specializzati nella ricerca, istituisce l'osservatorio faunistico regionale e gli osservatori faunistici provinciali, questi ultimi affidati amministrativamente alle amministrazioni provinciali.
2. L'osservatorio regionale viene istituito con provvedimento della Giunta regionale nel quadro del potenziamento delle strutture tecniche dirette a qualificare l'intervento regionale in materia di caccia, ed in particolare per predisporre lo studio della biologia delle singole specie animali nei loro rapporti con l'ambiente ed ai fini dell'emanazione di provvedimenti inerenti il controllo della fauna. L'osservatorio opererà di concerto con le province per le comuni finalità istituzionali. I settori di osservazione sono i seguenti:
a) censimento delle popolazioni animali stabilmente residenti sul territorio o di passaggio migratorio;
b) studi sulla loro distribuzione e sul loro ambientamento;
c) ecologia: studio sui rapporti tra specie animali ed ambiente; proposte per la salvaguardia di zone di notevole interesse faunistico ed ambientale; studi degli effetti di anticrittogamici e diserbanti in agricoltura nei confronti della fauna selvatica;
d) etologia: studio del comportamento delle varie specie animali nell'ambiente in cui vivono;
e) studi particolareggiati: malattie, tradizioni, usi e costumi in campo faunistico, studi sulle patologie della fauna selvatica e loro eventuale relazione con gli animali domestici o di allevamento.
3. L'osservatorio regionale della fauna selvatica, che ha sede presso gli uffici della Giunta regionale, si avvarrà del personale dipendente della Regione Calabria, o da assumersi per le qualifiche tecniche non previste dal regolamento organico della Regione, previa fissazione dell'organico e con i criteri stabiliti dalla legge regionale sul personale dipendente della Regione. Oltre che del personale interno, la Regione può avvalersi, in regime convenzionale, dell'opera del personale docente e tecnico di Università o di altri Enti, e di professionisti privati di chiara competenza.
4. Nell'ambito di ciascuna provincia e con sede presso gli uffici dell'amministrazione provinciale, dovrà funzionare, per fini scientifici previsti dal presente articolo, una sezione provinciale dell'osservatorio della Regione.
5. L'attività e la pianta organica dell'osservatorio faunistico regionale e degli osservatori faunistici provinciali sarà disciplinata da apposito regolamento da emanarsi entro sei mesi dall'entrata in vigore della presente legge.
6. Nell'ambito di ogni singolo osservatorio faunistico, viene istituita una stazione ornitologica, una stazione di inanellamento e dei punti di osservazione dell'avifauna selvatica aventi lo scopo di:
a) sviluppare le attività scientifiche e di ricerca;
b) predisporre lo studio della biologia degli uccelli;
c) effettuare ricerche qualificative e quantitative delle popolazioni nidificanti, migratrici e svernanti.
7. Ai sensi dell'articolo 7, comma 2 della legge n. 157 del 1992, è istituita presso la Regione Calabria, Uffici della Giunta regionale, l'unità operativa tecnica consultiva decentrata dell'Istituto Nazionale per la Fauna Selvatica. La suddetta unità operativa assolverà ai compiti di cui all'articolo 7 della legge n. 157 del 1992, nel contesto territoriale previsto dal deliberato della Conferenza Stato - Regioni. Il funzionamento tecnico, consultivo, amministrativo e finanziario della suddetta unità sarà regolato da apposita convenzione stipulata fra la Regione Calabria e l'Istituto Nazionale per la Fauna Selvatica.
Art. 8
Aziende faunistico-venatorie e agro-turistico-venatorie.
1. La Giunta regionale, su richiesta degli interessati e sentito il parere della Provincia e dell'I.N.F.S., entro i limiti del territorio provinciale agro-silvo-pastorale del 15 per cento può:
a) autorizzare l'istituzione di aziende faunistico-venatorie, senza fini di lucro, soggette a tassa di concessione regionale per prevalenti finalità naturalistiche e faunistiche con particolare riferimento alla tipica fauna appenninica ed a quella acquatica; dette concessioni devono essere corredate di programmi di conservazione e di ripristino ambientale.
In tali aziende la caccia è consentita nelle giornate indicate nel calendario venatorio secondo i piani di assestamento e di abbattimento. In ogni caso in dette aziende non è consentito immettere o liberare fauna selvatica posteriormente alla data del 31 agosto;
b) autorizzare l'istituzione di aziende agro-turistico-venatorie, ai fini di impresa agricola, soggette a tassa regionale, nelle quali sono consentiti l'immissione e l'abbattimento per tutta la stagione venatoria di fauna selvatica e di allevamento.
2. Le aziende agro-turistico-venatorie devono:
a) essere preferibilmente situate nei territori di scarso rilievo faunistico;
b) coincidere preferibilmente con il territorio di una o più aziende agricole ricadenti in aree di agricoltura svantaggiata, ovvero dismesse da interventi agricoli ai sensi del regolamento n. 1094/88/CEE e successive modificazioni.
3. Le aziende agro-turistico-venatorie nelle zone umide e vallive possono essere autorizzate solo se comprendono bacini artificiali ed utilizzano per l'attività venatoria fauna acquatica di allevamento, nel rispetto delle convenzioni internazionali.
4. La domanda di concessione per la istituzione di aziende agro-turistico-venatorie è presentata dai proprietari o conduttori dei fondi rustici interessati alla costituzione.
5. La Giunta regionale disciplina le procedure e le prescrizioni per la gestione delle aziende di cui al presente articolo.
6. L'esercizio dell'attività venatoria nelle aziende di cui al comma 1 è consentito nel rispetto delle norme della presente legge, con la esclusione dell'opzione per la forma di caccia in via esclusiva di cui all'articolo 10 comma 6.
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Art. 9
Allevamenti pubblici e privati per scopo ripopolamento, alimentare, amatoriale, ornamentale. Zone addestramento cani e gare cinofile.
1. La Giunta regionale, sentito il parere formulato dall'I.N.F.S., disciplina l'allevamento di fauna selvatica a scopo alimentare, di ripopolamento, ornamentale ed amatoriale con proprio regolamento da emanare entro tre mesi dall'entrata in vigore della presente legge.
2. Nel caso in cui l'allevamento di cui al comma 1 sia esercitato dal titolare di un'impresa agricola, questi è tenuto a dare semplice comunicazione alla Provincia dello svolgimento dell'attività con la segnalazione delle specie di fauna selvatica allevate, nel rispetto delle norme regionali.
3. La Giunta regionale, ai fini dell'esercizio dell'allevamento a scopo di ripopolamento organizzato in forma di azienda agricola singola, consortile o cooperativa, può consentire al titolare, e ad altre persone dal medesimo autorizzate, nel rispetto delle norme della presente legge, il prelievo di animali allevati appartenenti a specie cacciabili con i mezzi di cui all'articolo 11.
4. Le Province allo scopo di promuovere l'educazione cinofila e venatoria dei cacciatori, il recupero dei territori marginali e l'alleggerimento della pressione sul territorio di caccia, autorizzano la costituzione di apposite zone per l'addestramento e l'allenamento dei cani e per le gare e prove cinofile affidate alle associazioni venatorie nazionali, alle associazioni agricole, imprenditori agricoli singoli o associati, associazioni cinofile operanti nella provincia.
5. Le zone di addestramento, allenamento e gare dei cani di caccia con abbattimento di selvaggina di allevamento appartenente alle specie cacciabili, dovranno essere istituite in località distanti più di 150 metri dai centri abitati e vie importanti di comunicazione e 500 metri dalle strutture di cui alle lettere a, b, c, d, e, h, del precedente articolo 6 e dalle aree protette di cui alla legge n. 394 del 1991;
a) dette zone devono essere tabellate opportunamente a cura del concessionario e non potranno essere di superficie superiore a 20 ettari né inferiore a 3;
b) in ciascuna provincia ad ogni associazione venatoria e cinofila non potrà essere data in concessione più di una delle zone, di cui alla lettera che precede, aumentata di altra unità per ogni 1500 tesserati;
c) l'esercizio dell'attività, su esclusiva selvaggina di allevamento appartenente alle specie cacciabili, è consentito secondo modalità e tempi disciplinati con apposito provvedimento della Giunta regionale da adottare entro quattro mesi dall'entrata in vigore della presente legge;
d) la concessione è rilasciata dal Presidente della Giunta provinciale e alla richiesta deve essere allegata una planimetria del terreno e l'assenso dei relativi proprietari;
e) alle zone qui specificate deve essere consentito il libero accesso a tutti i richiedenti a parità di diritti e obblighi e potrà essere richiesto il pagamento dell'ingresso giornaliero.
6. Le zone di addestramento, allenamento, gare e prove cinofile, senza abbattimento di selvaggina, non sono soggette all'osservanza delle distanze di cui al comma precedente, devono avere una superficie non inferiore a 80 ettari e vengono date in concessione dal Presidente dell'Amministrazione provinciale in ragione di una per ogni associazione abilitata a richiederla ai sensi del superiore comma cinque. Nel decreto di concessione devono essere indicate le specie ed il numero dei capi di selvaggina che periodicamente dovranno essere immessi nella struttura a cura del concessionario. Apposito personale dovrà assicurare l'incolumità della selvaggina durante l'addestramento e le gare dei cani.
7. Le zone di addestramento cani già esistenti possono continuare l'attività previa istanza da presentare all'Amministrazione provinciale competente entro quattro mesi dall'entrata in vigore della presente legge.
8. L'irregolare gestione e le violazioni del provvedimento di autorizzazione comportano la decadenza dell'autorizzazione stessa.
TITOLO III
Disciplina ed esercizio dell'attività venatoria
Art. 10
Esercizio dell'attività venatoria.
1. L'attività venatoria si svolge in base ad una concessione che lo Stato rilascia ai cittadini che la richiedono e che posseggano i requisiti previsti dalla legge 11 febbraio 1992, n. 157 e dalla presente legge.
2. Costituisce esercizio venatorio ogni atto diretto all'abbattimento o alla cattura di fauna selvatica secondo le modalità, nei tempi e con l'impiego dei mezzi a ciò destinati secondo le norme della presente legge; è considerato altresì esercizio venatorio il vagare o il soffermarsi con i mezzi destinati a tale scopo o in attitudine di ricerca della fauna o in attesa della medesima per abbatterla o catturarla. Ogni altro modo di abbattimento è vietato, salvo che non avvenga per caso fortuito o per forza maggiore. Non costituisce esercizio venatorio il prelievo di fauna selvatica ai fini di impresa agricola di cui all'articolo 9, comma 3.
3. L'attività venatoria può essere esercitata da chi abbia compiuto il diciottesimo anno di età, sia munito di licenza di porto di fucile per uso caccia e di assicurazione per la responsabilità civile verso terzi ed infortuni nel rispetto dei minimi previsti dall'articolo 12, comma 8, della legge n. 157 del 1992. Nei dodici mesi successivi al primo rilascio della licenza il cacciatore può praticare l'esercizio venatorio solo se accompagnato da cacciatore in possesso di licenza da almeno tre anni e che non abbia commesso violazione comportanti la sospensione o la revoca della licenza ai sensi dell'articolo 32 della legge 11 febbraio 1992, n. 157.
4. Ai fini dell'esercizio dell'attività venatoria è, inoltre, necessario il possesso di un apposito tesserino regionale, distribuito dall'Amministrazione Provinciale e rilasciato gratuitamente dal Comune di residenza ove sono indicate le specifiche norme inerenti il calendario regionale, nonché la forma di caccia prescelta in via esclusiva e gli ambiti di caccia ove è consentita l'attività venatoria. Prima di iniziare l'attività venatoria nel posto prescelto, vanno effettuate a cura dell'utente, le annotazioni prescritte sul tesserino regionale.
Per l'esercizio della caccia in regione diversa da quella di residenza, è necessario, a cura di quest'ultima, che siano apposte sul predetto tesserino le indicazioni sopra menzionate. Il tesserino regionale viene rilasciato ai richiedenti previa consegna di fotocopia della ricevuta di versamento della tassa di concessione regionale di cui all'articolo 18 della presente legge e dell'esibizione della licenza di porto di fucile in corso di validità.
5. I tesserini regionali previsti per l'esercizio dell'attività venatoria vanno restituiti entro la fine di febbraio al Comune che li ha rilasciati, che a sua volta, entro i successivi 15 giorni, li consegnerà alla provincia, allo scopo di consentire la raccolta dei dati relativi all'annata venatoria di riferimento.
6. Fatto salvo l'esercizio venatorio con l'arco e con il falco, l'esercizio venatorio stesso può essere praticato in via esclusiva in una delle seguenti forme:
a) da appostamento fisso (con uso di richiami vivi);
b) nell'insieme delle altre forme di attività venatoria, consentite dalla presente legge.
7. Entro un anno dall'entrata in vigore della presente legge i cacciatori comunicano alla provincia di residenza la forma di caccia prescelta in via esclusiva, da valere per almeno un biennio, a decorrere dalla stagione venatoria immediatamente successiva alla scadenza del termine per la comunicazione e da intendersi rinnovata per uguale periodo se il cacciatore non fa pervenire alla provincia richiesta di modifica almeno quattro mesi prima della scadenza del periodo di validità della scelta.
Il cacciatore che consegue l'abilitazione venatoria dopo la scadenza del termine suddetto, deve far pervenire la richiesta di opzione entro sessanta giorni dal conseguimento dell'abilitazione.
8. Possono esercitare l'attività venatoria sul territorio regionale anche i cittadini con residenza estera purché muniti di porto di fucile per uso caccia compatibile con le leggi dello Stato italiano e purché, per il periodo di permanenza in Calabria, si dotino dei seguenti documenti:
- polizza assicurativa di cui al comma 3;
- tesserino venatorio di cui al comma 4, rilasciato dalla Regione;
- versamento della tassa regionale di cui all'articolo 18 della presente legge.
9. La domanda per il rilascio del tesserino venatorio va inoltrata alla Regione Calabria con la contestuale indicazione della scelta della forma di esercizio venatorio, di cui al comma 6, e della scelta dell'A.T.C. nel quale si intende esercitare l'attività venatoria.
Art. 11
Mezzi di caccia consentiti.
1. L'attività venatoria è consentita con l'uso dei seguenti mezzi:
a) fucile con canna ad anima liscia fino a due colpi;
b) fucile a ripetizione e semiautomatico con un colpo in canna e caricatore contenente non più di due cartucce;
c) fucile a canna ad anima rigata a caricamento singolo o a ripetizione semiautomatica;
d) fucile combinato a due o tre canne di cui una o due ad anima liscia oppure una o due ad anima rigata;
e) arco.
I fucili ad anima liscia devono essere di calibro non superiore al 12; quelli ad anima rigata di calibro non inferiore a millimetri 5.6 con bossolo a vuoto di altezza non inferiore a millimetri 40.
2. I bossoli delle cartucce devono essere recuperati dal cacciatore prima di lasciare il luogo di caccia.
3. Il titolare della licenza di porto di fucile per uso di caccia è autorizzato, per l'esercizio venatorio, a portare, oltre alle armi consentite, gli utensili da punta e da taglio atti alle esigenze venatorie, a servirsi dell'ausilio dei cani, ad usare fischi e richiami a bocca o manuali e ad impiegare stampe nella caccia da appostamento.
4. L'uso dei falchi come mezzo di caccia è consentito esclusivamente con soggetti provenienti da allevamenti nazionali od esteri oppure legalmente importati da quei paesi ove la cattura e l'esportazione sono permesse, ma strettamente controllate, nell'osservanza della Convenzione di Washington (legge 19 dicembre 1975, n. 874) e successive modificazioni.
5. I possessori di uccelli appartenenti al genere Falco da utilizzare per attività venatoria debbono farne notifica alla Regione, tramite l'Amministrazione Provinciale competente per territorio, entro sei mesi dall'entrata in vigore della presente legge; all'atto della denuncia il possessore dovrà esibire la documentazione che dimostra la provenienza degli esemplari detenuti; nei casi di smarrimento di un falco va fatta immediata denuncia al Corpo Forestale dello Stato, registrando la specie ed il numero dell'anello di identificazione dell'animale smarrito, e trattenendo, il falconiere, copia della denuncia; tale documentazione dovrà essere conservata dal possessore del falco. Trascorso il periodo di moratoria suddetto, i falchi saranno considerati detenuti illegalmente e sequestrati.
6. È vietato l'uso dei richiami vivi che non siano identificabili mediante anello inamovibile secondo quanto stabilito nell'articolo 3 della presente legge.
7. È consentito l'uso di richiami vivi appartenenti alle seguenti specie: allodola, cesena, tordo bottaccio, tordo sassello, storno, merlo, passero, passera mattugia, pavoncello e colombaccio.
8. Ad ogni cacciatore che eserciti l'attività venatoria di appostamento fisso in via esclusiva è consentita la detenzione di richiami di cattura in un numero massimo di dieci unità per ogni specie, fino ad un massimo complessivo di quaranta unità. Per i cacciatori che esercitano l'attività venatoria da appostamento temporaneo con i richiami vivi, il patrimonio di cui sopra non può superare il numero massimo complessivo di dieci unità.
9. Sono vietate tutte le armi e i mezzi per l'esercizio venatorio non esplicitamente ammessi dal presente articolo.
Art. 12
Appostamenti fissi e temporanei - Aree contigue.
1. Sono considerati fissi gli appostamenti di caccia costruiti con qualsiasi materiale appositamente predisposto al bisogno e destinati all'esercizio venatorio almeno per un'intera stagione di caccia.
2. Non sono considerati fissi, ai fini della opzione della forma di caccia in via esclusiva gli appostamenti che non comportino mutamento del suolo o delle piante che abbiano durata di una sola giornata di caccia e quelli per l'esercizio venatorio agli ungulati ed ai colombacci. Al termine della giornata di caccia il cacciatore deve rimuovere il materiale usato per la costruzione dell'appostamento.
3. L'accesso all'appostamento fisso con armi proprie e con l'uso di richiami vivi è consentito unicamente a coloro che abbiano esercitato l'opzione per la specifica forma di caccia; oltre al titolare possono accedere all'impianto stabile dell'appostamento fisso non più di due cacciatori autorizzati dal titolare medesimo.
4. L'autorizzazione per la caccia da appostamento fisso è rilasciata dalla provincia, con validità quinquennale, previa domanda corredata di planimetria, a scala 1:10.000, del territorio dove è ubicato l'appostamento. È subordinata al possesso da parte del richiedente del consenso scritto con firma autenticata, del proprietario o conduttore del terreno, lago o stagno.
5. Le province non possono rilasciare un numero di autorizzazioni, per la caccia di appostamento fisso, superiore a quello della stagione venatoria 1989/90. Ove si verifichi capienza le autorizzazioni sono rilasciate nell'ordine:
a) agli ultrasessantenni;
b) agli inabili e ai portatori di handicap fisici;
c) a coloro che per sopravvenuto impedimento fisico non siano più in grado di esercitare la caccia vagante.
6. È vietata la caccia alle persone non autorizzate nel raggio di 200 metri dal capanno principale dell'appostamento fisso regolarmente tabellato. È inoltre vietato costruire nuovi appostamenti fissi di caccia a distanza inferiore a metri 300 da altro preesistente e dai confini delle zone di addestramento cani.
7. La collocazione dell'appostamento deve avvenire in modo tale da non comportare, per effetto di sparo, danneggiamento di piante o altre colture.
8. L'attività venatoria nelle aree contigue a parchi naturali e regionali si effettua in base al criterio della caccia controllata riservata ai cacciatori aventi diritto all'accesso negli ambiti territoriali di caccia comprendenti l'area contigua.
9. I confini delle aree contigue sono determinati dalla Regione interessata d'intesa con gli organi di gestione del parco. Per i territori ricadenti nelle aree contigue la gestione dei piani e dei programmi di prelievo è affidata al Comitato di Gestione dell'A.T.C. competente, d'intesa con l'ente di gestione del parco.
Art. 13 Ambiti territoriali di caccia e organismi di gestione.
1. La Regione, sentiti i rappresentanti delle organizzazioni professionali agricole maggiormente rappresentative a livello nazionale, delle associazioni venatorie nazionali riconosciute e delle associazioni ambientaliste maggiormente rappresentative operanti nella Regione, delle province interessate, ripartisce il territorio agro-silvo-pastorale destinato alla caccia programmata, ai sensi dell'articolo 5, comma 2, lettera c, in undici ambiti territoriali di caccia, di dimensione sub-provinciale e/o interprovinciali, possibilmente omogenei e delimitati da confini naturali, determinati e individuabili, comunque indicati con tabelle collocate nei punti di discontinuità dei confini naturali e nelle aree di accesso.
2. La ripartizione iniziale, a carattere sperimentale, può essere modificata dalla Regione per motivate ragioni entro due anni dall'entrata in vigore della presente legge e, successivamente, è soggetta a eventuale revisione quinquennale.
3. La Regione approva e pubblica il regolamento di attuazione del piano faunistico venatorio regionale che, tra l'altro, deve precedere le modalità di istituzione e lo statuto degli organi di gestione degli A.T.C., la loro durata in carica, nonché le norme relative alla loro prima elezione ed ai successivi rinnovi. Il Piano faunistico venatorio e il regolamento di attuazione possono essere modificati o revisionati dalla Regione con periodicità quinquennale.
4. L'ambito territoriale di caccia, A.T.C., è struttura associativa, senza fini di lucro, formata secondo i criteri della legge n. 157 del 1992, che persegue scopi di programmazione dell'attività venatoria e di gestione della fauna selvatica su una porzione sub-provinciale di territorio agro-silvo-pastorale.
5. Sono organi dell'ambito:
1) il Presidente;
2) il comitato di gestione;
3) l'assemblea dei soci;
4) il Collegio dei revisori dei conti.
L'assemblea dei soci provvede all'approvazione dello Statuto tipo dell'A.T.C. previsto nel regolamento di attuazione del piano faunistico venatorio regionale. Gli organi direttivi degli ambiti territoriali sub-provinciali per la gestione programmata della caccia sono i comitati di gestione.
6. I comitati di gestione sono nominati dal Presidente della Provincia su designazione degli enti locali e delle organizzazioni e delle associazioni venatorie e di protezione ambientale legalmente riconosciute.
Essi sono costituiti da:
- due rappresentanti della provincia esperti in materia di caccia;
- due rappresentanti dei Comuni compresi nell'ambito territoriale a gestione programmata della caccia;
- sei rappresentanti delle organizzazioni professionali agricole maggiormente rappresentative a livello nazionale legalmente riconosciute;
- sei rappresentanti delle associazioni venatorie nazionali riconosciute presenti in forma organizzata sul territorio;
- quattro rappresentanti scelti tra le associazioni di protezione ambientale presenti nel Consiglio nazionale per l'ambiente.
I comitati di gestione hanno compiti di gestione faunistica e di organizzazione dell'attività venatoria nel territorio di competenza. Programmano gli interventi per migliorare l'habitat e le attività di ricognizione delle risorse ambientali e della consistenza faunistica.
a) I comitati di gestione provvedono ad indagini ed azioni inerenti le presenze faunistiche e i prelievi venatori, la tutela della fauna selvatica, l'incremento delle popolazioni animali selvatiche, la difesa delle colture;
b) per il raggiungimento dei fini programmati ciascun comitato di gestione predispone, nell'ambito delle attività di propria competenza, progetti finalizzati il cui finanziamento, previa verifica dell'ammissibilità, è effettuato dalla provincia con i fondi di cui all'articolo 22, comma 2, lettera a);
c) i comitati di gestione provvedono altresì all'attribuzione degli incentivi economici ai proprietari e conduttori dei fondi per le attività specificate alle lettere a, b, c, del comma 11 dell'articolo 14 della legge n. 157 del 1992 più volte citata;
d) per l'espletamento delle proprie funzioni i comitati di gestione possono dotarsi di organizzazione tecnico - amministrativa corrispondente alle esigenze dell'A.T.C.;
e) gli organi direttivi degli A.T.C. possono, con motivata delibera, ammettere nei territori di competenza un numero di cacciatori superiore a quello stabilito dal regolamento di attuazione purché sussistano le condizioni di cui al comma 8 dell'articolo 14 della legge n. 157 del 1992. La Regione con successiva legge determina i criteri di priorità di cui all'articolo 14 della suddetta legge n. 157 del 1992.
7. Ogni cacciatore residente ha diritto all'accesso in un A.T.C. compreso nella Regione, previa domanda all'amministrazione provinciale competente su modulo predisposto dalla Regione e può avere accesso ad altri ambiti della Regione ovvero ad ambito anche in una Regione diversa, previo consenso dei relativi organi di gestione e sulla base della normativa regionale vigente.
8. La Giunta regionale, in sede di emanazione del calendario venatorio annuale, prevede la possibilità di autorizzare i cacciatori residenti in Calabria ad effettuare gratuitamente, nell'arco della stagione venatoria, da dieci a venti giornate di caccia alla sola selvaggina migratoria, negli altri A.T.C. della Regione determinandone le quote di interscambio.
9. La Regione, qualora le province non approvino i piani faunistico - venatori nel termine previsto, vi provvede in via sostitutiva previa diffida ad adempiere entro 30 giorni dalla scadenza del termine.
10. Ai fini della partecipazione alla gestione programmata della caccia l'iscrizione ad ogni ambito territoriale di caccia, fatto salvo quanto già predisposto nel precedente comma sette, è subordinata al versamento annuale di una quota, determinabile dagli stessi comitati di gestione degli A.T.C., in misura non superiore al 30 per cento della tassa di concessione regionale per fucile a due colpi. La suddetta quota è destinata dai comitati di gestione esclusivamente a finalità faunistico-venatorie nonché per lo sviluppo delle attività agricole compatibili con l'ambiente sotto l'aspetto faunistico-venatorio.
11. La Regione, per realizzare una equilibrata distribuzione dei cacciatori sul territorio nazionale, sentiti i competenti organi di gestione degli A.T.C., promuove scambi interregionali e determina il numero dei cacciatori non residenti ammissibili sul proprio territorio e ne disciplina l'accesso. Ferme restando le indicazioni statali concernenti l'indice di densità venatoria minima, la Giunta regionale determina annualmente e sulla base di dati censuari, l'indice di densità venatoria massima nei territori a gestione programmata della caccia. Tale indice deriva dal rapporto fra il numero dei cacciatori ed il territorio agro-silvo-pastorale regionale.
Art. 14
Calendario venatorio.
1. La Regione, sentito l'I.N.F.S. e la C.F.V.R., pubblica, entro e non oltre il 15 giugno, il calendario venatorio regionale relativo all'intera annata venatoria.
2. La Regione, in relazione alle specie di cui all'articolo 18, comma 1, della legge n. 157 del 1992 e non comprese nell'allegato II della direttiva CEE 79/409, attua altresì la disposizione contenuta nell'articolo 1, comma 4, della legge n. 157 del 1992.
3. Nel calendario venatorio regionale devono essere indicate in particolare:
a) le specie cacciabili appartenenti a quelle indicate all'articolo 18 della legge 11 febbraio 1992, n. 157, punti a), b), c) e d);
b) i periodi di caccia alle singole specie da contenersi tra la terza domenica di settembre ed il 31 gennaio; la Giunta regionale, anche su richiesta delle Province, può modificare, in presenza di adeguati piani faunistico - venatori, previo parere dell'I.N.F.S., i termini di cui al comma 1 dell'articolo 18 legge n. 157 del 1992, per determinate specie di fauna selvatica, in relazione alle situazioni ambientali delle diverse realtà provinciali, nel rispetto dell'arco temporale massimo previsto dal comma 1, dell'articolo 18 già richiamato. La stessa disciplina si applica anche per la caccia di selezione agli ungulati sulla base dei piani di abbattimento selettivi approvati dalla Regione tenuto conto della consistenza censita delle diverse popolazioni presenti in ciascun ambito territoriale di caccia o azienda faunistico - venatoria; la caccia di selezione agli ungulati può essere autorizzata a far tempo dal primo agosto nel rispetto dell'arco temporale di cui al soprarichiamato comma 1 dell'articolo 18 legge n. 157 del 1992;
c) le giornate di caccia, il cui numero non può essere superiore a tre per ogni settimana, che la Regione può consentire di scegliere al cacciatore ad esclusione del martedì e venerdì nei quali la caccia non può essere esercitata;
d) il carniere massimo giornaliero consentito per ogni cacciatore e l'orario di inizio e fine della giornata di caccia;
e) le modalità di impiego dei cani a scopo venatorio anche in relazione alle specie;
f) riferimenti relativi ai divieti ed alle sanzioni.
4. La Giunta regionale, nel periodo compreso tra il 1° ottobre e il 30 novembre, può consentire la caccia alla selvaggina migratoria da appostamento fino a cinque giorni alla settimana, sentito l'Istituto Nazionale per la fauna selvatica, fermo restando comunque il silenzio venatorio dei giorni di martedì e venerdì.
5. Le Province e le Associazioni venatorie e protezionistiche legalmente riconosciute, entro e non oltre il 30 marzo di ciascun anno, inviano alla Giunta regionale le loro proposte per la formulazione del calendario venatorio.
6. Nel periodo 1/31 gennaio il Presidente della Provincia può autorizzare, stabilendone i modi, d'intesa con gli organi direttivi degli A.T.C. interessati, l'uso dei cani da cerca e da seguito per la caccia alla volpe nei territori liberi alla caccia e non interessati da eventuali immissioni faunistiche a scopo di ripopolamento.
7. Le Province per la migliore gestione del patrimonio zootecnico, per la tutela del suolo, per motivi sanitari, per la selezione biologica, per la tutela del patrimonio storico - artistico, per la tutela delle produzioni zoo - agro - forestali ed ittiche, provvedono al controllo delle specie di fauna selvatica. Tale controllo, esercitato selettivamente, viene praticato di norma mediante l'utilizzo di metodi ecologici su parere dell'I.N.F.S. Qualora l'I.N.F.S. verifichi l'inefficacia dei predetti metodi, le province possono autorizzare piani di abbattimento. Tali piani devono essere attuati dalle guardie dipendenti dalle province stesse. Queste ultime possono avvalersi dei proprietari o conduttori dei fondi sui quali si attuano i piani medesimi, purché muniti di licenza per l'esercizio venatorio, delle guardie forestali e delle guardie comunali munite di licenza per l'esercizio venatorio. Nelle aree protette di controllo delle specie di fauna selvatica deve essere svolto in conformità al regolamento dell'area protetta e sotto la diretta responsabilità e sorveglianza dell'organismo di gestione dell'area di cui si tratta.
Art. 15
Divieti.
1. Sono integralmente confermati i divieti contenuti nell'articolo 21, comma 1, della legge 11 febbraio 1992, n. 157. È altresì vietato:
- cacciare sul territorio ricoperto per almeno due terzi da neve;
- esercitare la caccia a palmipedi e trampolieri negli stagni, nelle paludi e specchi d'acqua ghiacciati;
- cacciare su terreni allagati da piene di fiume;
- usare tagliole, trappole di vario genere, lacci o altri simili arnesi;
- cacciare da appostamento, sotto qualsiasi forma, la beccaccia ed il beccaccino.
2. Nel territorio della Regione Calabria, dal 1° marzo al 31 ottobre è vietato bruciare sui campi le stoppie delle colture graminacee e leguminose, di prati e di erbe palustri ed infestanti, anche negli incolti, nonché gli arbusti e le erbe lungo le strade comunali, provinciali e statali, lungo autostrade e le ferrovie. Il divieto non sussiste per la distruzione di erbe infestanti, rovi, materiali risultanti dalla potatura e simili, riuniti in cumuli e direttamente controllati fino a quando il fuoco sia completamente spento.
3. Per tutte le specie di Anfibi e di Rettili, comprese le tartarughe marine, è vietata:
a) la cattura, l'uccisione e il ferimento, salvo che avvengano per caso fortuito o per forza maggiore;
b) la distruzione, la raccolta e la detenzione di uova.
Deroghe ai divieti di cui sopra possono essere consentiti dalla Regione ad allevamenti, per scopo alimentare, di esemplari appartenenti alla specie «Rana esculenta»; inoltre la Regione può consentire la raccolta e la detenzione, per scopi scientifici, didattici o di conservazione, formalmente documentati, ad università, enti di ricerca o musei di storia naturale.
Art. 16
Immissione di selvaggina.
1. È vietato introdurre nel territorio della Regione Calabria fauna selvatica viva proveniente dall'estero senza la preventiva autorizzazione del Ministero delle Risorse Agricole, Alimentari e Forestali su parere dell'I.N.F.S.
2. L'introduzione di selvaggina dall'estero resta comunque regolamentata dall'articolo 20 della legge 11 febbraio 1992, n. 157.
3. La Regione, oltre al prelievo della selvaggina dalle strutture di allevamento pubbliche previste nella presente legge e l'immissione sul terreno libero e nelle apposite strutture per l'attività venatoria, può bandire gare di appalto per la fornitura della stessa selvaggina, la quale sarà affidata all'Ufficio provinciale competente per la distribuzione sul territorio.
4. Le province, nel rispetto del piano faunistico venatorio provinciale, approvano ogni anno un programma di immissione, produzione e cattura di specie autoctone nelle zone di ripopolamento e nei centri pubblici di riproduzione.
5. Le immissioni e catture di specie selvatiche non possono essere compiute se non previa autorizzazione della provincia e delle relative operazioni deve essere redatto apposito verbale corredato dalla debita certificazione veterinaria.
6. La selvaggina da immettere deve comunque essere preventivamente sottoposta, a cura di chi effettua il ripopolamento, ai controlli veterinari che certifichino che gli animali siano in normale stato fisico, esenti da malattie e non siano portatori di germi patogeni. Le forme di controllo veterinario sono concordate dalla provincia con l'Unità sanitaria competente per territorio. Le immissioni di fauna selvatica devono essere effettuate secondo tempi e modalità idonei a consentirne la sopravvivenza e la riproduzione a evitare danni alle produzioni agricole e alle opere approntate sui terreni coltivati.
TITOLO IV
Condizioni per l'esercizio venatorio e vigilanza
Art. 17
Commissioni di esami e materie per l'abilitazione venatoria.
1. La Giunta regionale, su proposta dell'Assessore incaricato in materia di caccia e pesca, nomina in ciascun capoluogo di provincia una commissione per il conseguimento dell'abilitazione all'esercizio venatorio composta da:
- un dipendente regionale che la presiede, designato dall'Assessore regionale incaricato in materia di Caccia e Pesca;
- cinque membri effettivi e cinque supplenti esperti nelle materie specificate al successivo punto 9, di cui facciano rispettivamente parte almeno un laureato in scienze biologiche o in scienze naturali esperto in vertebrati omeotermi;
- un dipendente della provincia, con funzioni di segretario, designato dall'Amministrazione Provinciale.
2. La commissione per l'abilitazione all'esercizio venatorio ha sede presso gli Uffici dell'Amministrazione Provinciale.
3. Non possono far parte delle commissioni di cui sopra coloro che hanno subito sanzioni penali in materia di caccia.
4. La Commissione ha la durata in carica della legislatura e la sua ricostituzione è disciplinata dalle disposizioni della legge regionale 4 agosto 1995, n. 39.
5. In caso di dimissioni o comunque di vacanza di posto, il componente nominato dalla Giunta regionale con proprio atto deliberativo, su proposta dell'Assessore alla caccia, dura in carica sino alla scadenza regolare della Commissione.
6. Ai componenti della commissione di esame per l'abilitazione all'esercizio venatorio viene corrisposto per ogni giornata di seduta un gettone di presenza di € 103,00, fermo restando il punto 8 dell'articolo 5 della legge regionale n. 27/1999 (5).
7. Gli oneri per il funzionamento della Commissione sono a totale carico della Regione.
8. Il Presidente in caso di temporaneo impedimento può delegare un componente della stessa Commissione a sostituirlo.
9. Gli esami riguardano nozioni sulle seguenti materie:
a) legislazione venatoria: nozioni di legislazione venatoria nazionale e regionale, calendario venatorio; specie oggetto di caccia e specie protette; mezzi consentiti e vietati per la caccia, agenti di vigilanza; sanzioni;
b) zoologia applicata alla caccia con prove pratiche di riconoscimento delle specie cacciabili, fauna migratoria e stanziale, fauna locale e non locale; cenni su mammiferi e uccelli, ripopolamento; zone protette di produzione e di caccia; territori interdetti alle attività venatorie, riconoscimento di mammiferi e uccelli cacciabili e non cacciabili; uso, addestramento e riconoscimento cani;
c) armi e munizioni da caccia e loro uso. Norme su detenzione e uso armi comuni da caccia; conoscenza delle armi da caccia e delle relative munizioni; fucili, carabine e arco; manutenzione armi da caccia e loro maneggio; custodia e trasporto delle armi;
d) tutela della natura e principi di salvaguardia della produzione agricola. Concetti di tutela dell'ambiente e sua conservazione; nozioni su inquinamento ambientale; prevenzione e lotta incendi boschivi; nozioni su fondi chiusi e terreni con colture in atto;
e) pronto soccorso: tecniche di emergenza per ferite da taglio o arma da fuoco; lussazioni e fratture; morsi di vipera e punture di insetti, trasporto infortunato.
10. Gli esami sulle suddette materie si svolgono mediante una prova scritta su quiz predisposti dall'Assessorato regionale Agricoltura, Foreste, Caccia e Pesca ed una prova orale. La prova scritta consiste nella compilazione di un questionario di 20 domande sulle materie con a fianco di ciascuna tre risposte di cui una sola esatta. Viene ammesso alla prova orale il candidato che risponde esattamente ad almeno sedici quesiti. La prova orale è superata qualora il candidato riporti un giudizio favorevole in ognuna delle materie d'esame. In caso di idoneità il Presidente della Commissione rilascia il relativo attestato facendone annotazione nel verbale delle operazioni d'esame. Coloro i quali non siano stati giudicati idonei possono sostenere una nuova prova di esame dopo non meno di due mesi dall'esame sostenuto.
11. La Regione e le province, su espressa delega della Regione, organizzano corsi di preparazione per il conseguimento dell'abilitazione all'esercizio venatorio e anche corsi di qualifica e di aggiornamento per le Guardie Volontarie.
12. Alla domanda per sostenere la prova d'esame, da presentarsi alla Provincia ove risiede il candidato, debbono essere allegati un certificato di residenza ed un certificato medico di idoneità fisica all'esercizio venatorio rilasciato in conformità alle disposizioni di legge vigenti.
13. Le norme di cui al presente articolo si applicano anche per l'esercizio della caccia mediante l'uso dell'arco e del falco.
14. Con l'entrata in vigore della presente legge vengono nominate le nuove commissioni e cessano le funzioni di quelle già operanti.
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(5) Il presente comma, già modificato dall'art. 5, comma 8, L.R. 13 settembre 1999, n. 27, è stato poi così sostituito dall'art. 18, comma 5, L.R. 8 luglio 2002, n. 24. Il testo precedente era così formulato: «6. Ai componenti della Commissione di esame per l'abilitazione all'esercizio venatorio viene corrisposto per ogni giornata di seduta un gettone di presenza di lire 70.000, oltre al rimborso delle spese documentate per viaggio, vitto e alloggio, limitatamente ai componenti non residenti nel comune sede di esami.».
Art. 18
Tasse annuali di concessione regionale.
1. La Regione per conseguire i mezzi finanziari necessari per realizzare i fini previsti dalla presente legge e dalla legge 11 febbraio 1992, n. 157, istituisce una tassa di concessione regionale, ai sensi dell'articolo 3 della legge 16 maggio 1970, n. 281 e successive modificazioni, per il rilascio dell'abilitazione all'esercizio venatorio.
2. Sono, inoltre, soggetti a tasse annuali di concessione regionale gli appostamenti fissi, i centri privati di produzione della selvaggina allo stato naturale, le aziende faunistiche - venatorie e le aziende agri - turistico - venatorie, nella misura e con le modalità di cui all'apposita legge finanziaria regionale in materia di tasse e concessioni.
3. Nel caso di diniego della licenza di porto di fucile per uso di caccia la tassa regionale deve essere rimborsata. La tassa di concessione regionale viene rimborsata anche al cacciatore che rinuncia all'assegnazione dell'ambito territoriale di caccia.
4. La tassa di rinnovo non è dovuta qualora non si eserciti la caccia durante l'anno o eserciti l'attività venatoria esclusivamente all'estero.
5. I proventi della tassa di cui al comma 1 sono in parte utilizzati per il finanziamento o il concorso nel finanziamento di progetti di valorizzazione del territorio presentati da singoli proprietari o conduttori dei fondi, che, nell'ambito della programmazione, contemplino, tra l'altro, la realizzazione di strutture per l'allevamento di fauna selvatica nonché dei riproduttori nel periodo autunnale, la manutenzione degli apprestamenti di ambientamento della fauna selvatica; l'adozione delle forme di lotta biologica e di lotta integrata; il ricorso a tecniche colturali ed a tecnologie innovative non pregiudizievoli per l'ambiente, la valorizzazione agro - turistica di percorsi per la visita degli ambienti naturali e la conoscenza scientifica e culturale della fauna selvatica ospite; la manutenzione e pulizia dei boschi anche al fine di prevenire incendi.
Art. 19
Vigilanza venatoria: poteri e compiti.
1. La vigilanza sull'applicazione della presente legge è affidata alle Province che curano altresì il coordinamento degli agenti di vigilanza di cui all'articolo 27 della legge quadro n. 157 del 1992. Gli agenti di vigilanza delle Province, ferme restando le competenze tecniche per la conservazione e gestione della fauna selvatica, rivestono qualifica di agente di polizia giudiziaria e di pubblica sicurezza ai sensi delle disposizioni legislative vigenti. Essi possono portare durante il servizio e per i compiti di istituto le armi da caccia di cui all'articolo 11 nonché armi con proiettili a narcotico. Le armi di cui sopra sono portate e detenute in conformità al regolamento di cui all'articolo 5, comma 5, della legge 7 marzo 1986, n. 65.
2. Il riconoscimento della qualifica di guardia venatoria volontaria di cui al successivo comma 4 è subordinato alla frequenza di corsi di qualificazione, organizzati dalla Regione, anche in collaborazione con le associazioni venatorie riconosciute, agricole e di protezione ambientale, ai sensi dell'articolo 27 della legge n. 157 del 1992, ed al conseguimento di un attestato di idoneità previo esame da parte di una commissione nominata dalla Giunta regionale, con proprio atto deliberativo, proposto e predisposto dall'Assessorato alla caccia.
3. A tutti gli agenti aventi titolo di vigilanza è vietata la caccia durante l'esercizio delle loro funzioni.
4. Ai cittadini in possesso della qualifica di guardia venatoria volontaria alla data di entrata in vigore della presente legge non è richiesto l'attestato di idoneità di cui al comma 2. È fatto obbligo a tutte le guardie venatorie di partecipare ai corsi di aggiornamento organizzati dalla Regione.
5. I soggetti predisposti alla vigilanza venatoria possono chiedere a qualsiasi persona trovata in possesso di armi o arnesi atti alla caccia, in esercizio o attitudine di caccia, la esibizione della licenza di porto di fucile per uso di caccia, del tesserino venatorio, delle ricevute di versamento della tassa di concessione governativa e della tassa venatoria regionale, del contrassegno della polizza di assicurazione nonché della fauna selvatica abbattuta e catturata.
6. Nel caso di sanzioni penali previste dall'articolo 30 della legge n. 157 del 1992 gli ufficiali e gli agenti che esercitano funzioni di polizia giudiziaria procedono al sequestro delle armi, della fauna selvatica e dei mezzi di caccia, con esclusione del cane e dei richiami vivi autorizzati. In caso di condanna per le ipotesi di cui al medesimo articolo 30, comma 1, lettere a), b), c), d) ed e), le armi ed i suddetti mezzi sono in ogni caso confiscati.
7. Quando è sequestrata fauna selvatica, viva o morta, gli ufficiali o agenti la consegnano alla Provincia competente, la quale, nel caso di fauna viva, provvede a liberarla in località adatta ovvero, qualora non risulti liberabile, a consegnarla ad un organismo in grado di provvedere alla sua riabilitazione e cura ed alla successiva reintroduzione nel suo ambiente naturale; in caso di fauna viva sequestrata in campagna, e che risulti liberabile, la liberazione è effettuata sul posto dagli agenti accertatori. Nel caso di fauna morta, la Provincia provvede alla sua vendita tenendo la somma ricavata a disposizione della persona cui è contestata l'infrazione ove si accerti successivamente che l'illecito non sussiste; nell'ipotesi di illecito riconosciuto, l'importo relativo deve essere versato su un conto corrente intestato alla Provincia. Della consegna o della liberazione, gli ufficiali o agenti danno atto in apposito verbale nel quale sono descritte le specie e le condizioni degli esemplari sequestrati, e quant'altro possa avere rilievo ai fini penali.
8. Gli organi di vigilanza che non esercitino funzioni di polizia giudiziaria, i quali accertino, anche a seguito di denuncia, violazioni delle disposizioni dell'attività venatoria, redigono verbali, conformi alla legislazione vigente, nei quali devono essere specificate tutte le circostanze del fatto e le eventuali osservazioni del contravventore, e li trasmettono all'ente da cui dipendono ed alla Provincia competente ai sensi delle disposizioni vigenti.
9. Gli agenti venatori dipendenti degli enti locali che abbiano prestato servizio sostitutivo ai sensi della legge 15 dicembre 1972, n. 772, e successive modifiche ed integrazioni, non sono ammessi all'esercizio di funzioni di pubblica sicurezza, fatto salvo il divieto di cui all'articolo 9 della medesima legge.
10. Nell'esercizio delle funzioni amministrative di cui all'articolo 2 la Giunta regionale entro il mese di maggio di ciascun anno trasmette al Ministro delle Risorse Agricole Alimentari e Forestali un rapporto informativo nel quale, sulla base di dettagliate relazioni fornite dalle Province, è riportato lo stato dei servizi preposti alla vigilanza, il numero degli accertamenti effettuati in relazione alle singole fattispecie di illecito e un prospetto riepilogativo delle sanzioni amministrative e delle misure accessorie applicate. A tal fine il questore di ciascuna provincia comunica alla Giunta regionale entro il mese di aprile di ciascun anno, i dati numerici inerenti alle misure accessorie applicate nell'anno precedente.
11. Fermo restando quanto previsto dall'articolo 34 della legge n. 157 del 1992 le associazioni venatorie, istituite per atto pubblico, aventi una stabile organizzazione a carattere regionale, ordinamento democratico, finalità ricreative, formative e tecnico venatorie possono chiedere di essere riconosciute dalla Regione purché dimostrino di avere un numero di iscritti non inferiore ad un quindicesimo del totale dei cacciatori della Regione, calcolato dagli uffici dell'assessorato regionale alla caccia e riferito al 31 dicembre dell'anno precedente quello in cui avviene la presentazione della domanda di riconoscimento. Il riconoscimento è concesso con decreto del Presidente della Giunta regionale e può essere revocato qualora vengano meno i requisiti posseduti.
TITOLO V
Procedimenti sanzionari
Art. 20
Sanzioni.
1. Ferme restando le sanzioni di cui agli articoli 30 e 31 della legge n. 157 del 1992, per gli abusi e per l'uso improprio della tabellazione dei terreni si applica la sanzione amministrativa da lire 100.000 a lire 1.000.000.
2. L'abbandono dei bossoli delle cartucce sul luogo di caccia comporta una sanzione amministrativa da un minimo di lire 25.000 ad un massimo di lire 100.000.
3. Chiunque violi le disposizioni in materia di Rettili ed Anfibi, di cui all'articolo 15, comma 3, della presente legge, è soggetto ad una sanzione amministrativa da un minimo di lire 100.000 ad un massimo di 500.000 ed alla confisca degli animali.
4. Per le violazioni ai divieti non espressamente sanzionati dalla presente legge e dalla legge n. 157 del 1992 si applica una sanzione da lire 50.000 (cinquantamila) a lire 500.000 (cinquecentomila).
Art. 21
Sospensione, revoca, esclusione licenza.
1. Nei confronti di chi riporta sentenza di condanna definitiva o decreto penale di condanna divenuto esecutivo per una delle violazioni di cui all'articolo 30, comma 1, legge n. 157 del 1992, e nei confronti di chi incorre nelle violazioni di cui all'articolo 31, comma 1 della stessa legge, l'autorità amministrativa competente dispone i provvedimenti previsti dall'articolo 32, comma 1, della legge n. 157 del 1992, da applicarsi con le modalità contenute nello stesso articolo.
TITOLO VI
Disposizioni finanziarie, transitorie e finali
Art. 22
Utilizzazione dei proventi regionali.
1. A decorrere dall'anno finanziario successivo a quello di entrata in vigore della presente legge, le entrate derivanti dal gettito delle tasse sulle concessioni regionali per l'esercizio venatorio, per appostamenti fissi, per aziende turistico - venatorie, per centri privati di produzione di selvaggina e le somme riscosse quale provento delle sanzioni amministrative, sono utilizzate dalla Regione per realizzare i fini della presente legge e delle altre leggi regionali in materia faunistico - venatoria.
2. La Regione determina annualmente, con legge di approvazione del bilancio ed in misura non inferiore ai proventi delle tasse di concessione regionale e delle sanzioni amministrative previste nella presente legge, le risorse complessivamente destinate agli interventi seguenti:
a) nella misura del 50 per cento a favore delle Province per la realizzazione dei piani faunistici-venatori di cui all'articolo 6, dei piani di miglioramento ambientale, e per l'eventuale acquisto di fauna selvatica a scopo di ripopolamento;
b) nella misura del 10 per cento a favore delle Province per il finanziamento dei fondi per risarcimento danni alle produzioni agricole, per l'organizzazione di corsi di preparazione al conseguimento dell'abilitazione venatoria e per l'esercizio delle funzioni delegate;
c) nella misura dell'8 per cento a favore delle Province per le attività tecniche specifiche della caccia previste dai precedenti articoli 3 e 7;
d) nella misura del 2 per cento a favore dei comuni per le funzioni delegate;
e) nella misura dell'8 per cento da destinare a contributi regionali per l'utilizzo dei fondi chiusi e dei terreni agricoli inclusi nel piano faunistico venatorio;
f) alle associazioni venatorie nazionali riconosciute operanti con strutture organizzate sul territorio regionale, quale concorso per la collaborazione alle operazioni di ripopolamento, di vigilanza, di prevenzione incendi, di educazione venatoria - ambientale, nella misura del 10 per cento di cui il 30 per cento da ripartire in egual misura tra le associazioni stesse ed il rimanente 70 per cento in proporzione alla loro documentata consistenza associativa.
Il restante 12 per cento nella disponibilità della Giunta regionale per iniziative di interesse regionale a favore della fauna e dell'ambiente, di propaganda, di acquisto pubblicazioni e materiali di educazione venatoria e ambientale, di organizzazione convegni e manifestazioni, per l'espletamento delle stesse funzioni attribuite nonché eventuali contributi ad enti e associazioni operanti nel settore.
Gli importi non utilizzati nell'anno di riferimento vengono riscritti a bilancio per l'anno successivo e ripartiti secondo le quote di cui al presente articolo.
3. Le Amministrazioni provinciali presentano annualmente entro il 30 giugno, insieme alle proposte programmatiche, la relazione sull'attività svolta e sulla utilizzazione fatta dalle assegnazioni ricevute nell'anno precedente con l'indicazione dei relativi provvedimenti di bilancio, nonché il rendiconto delle spese effettuate nell'anno precedente nell'esercizio delle funzioni ad esse delegate in materia faunistico - venatoria.
4. Le Amministrazioni provinciali utilizzano le assegnazioni disposte dalla Regione, con l'osservanza delle destinazioni programmate.
Art. 23
Disposizioni finanziarie.
1. Nello stato di previsione dell'entrata del bilancio regionale è previsto un apposito capitolo per i proventi delle tasse di concessione regionale per il rilascio dell'abilitazione all'esercizio venatorio, degli appostamenti fissi di caccia, delle aziende faunistico-venatorie e dei centri privati di produzione di selvaggina, delle sanzioni amministrative in materia di caccia.
2. Per ciascun anno finanziario, con la legge di approvazione del bilancio vengono iscritti stanziamenti in misura non inferiore ai proventi di cui al primo comma, introitati nell'anno precedente.
3. All'onere derivante dalla presente legge si fa fronte con i proventi di cui al primo comma del presente articolo e comunque entro i limiti delle somme effettivamente accertate nell'esercizio di competenza.
Art. 24
Norme transitorie.
1. Le aziende faunistico-venatorie già autorizzate dalla Regione, fino alla naturale scadenza della concessione, sono regolate dalle norme previste nel relativo decreto di concessione purché non in contrasto con la presente legge.
2. Su richiesta del concessionario, la Giunta regionale, sentite le Province, può trasformare le aziende faunistiche di cui al comma 1 in aziende agri - turistico - venatorie esclusivamente ai fini di impresa agricola secondo quanto stabilito nel piano faunistico.
3. Coloro che, alla data di entrata in vigore della legge 11 febbraio 1992, n. 157, posseggano richiami vivi appartenenti a specie non consentite ovvero, se appartenenti a specie consentite, ne detengano un numero superiore a quello stabilito dalla presente legge, sono tenuti a farne denuncia alla Provincia, ai fini di legittimarne la detenzione.
4. Al termine dell'annata venatoria 1996/1997 la Giunta regionale trasmette al Ministero delle risorse agricole ed alimentari una relazione sull'attuazione della legge 11 febbraio 1992, n. 157.
5. La Regione, entro otto mesi dall'entrata in vigore della presente legge emana le norme di attuazione della legge statale concernenti in particolare le procedure per l'estinzione e gestione delle aziende faunistico-venatorie e agri - turistico - venatorie; le modalità di costituzione e funzionamento degli ambiti territoriali di caccia.
6. La Regione nelle more dell'approvazione del piano faunistico venatorio regionale ed entro il termine di sessanta giorni dall'entrata in vigore della presente legge: delibera la ripartizione del territorio regionale agro-silvo-pastorale destinato alla caccia programmata in undici ambiti territoriali di caccia, subprovinciali, in conformità al comma 1 dell'articolo 13 della presente legge; adotta in via provvisoria, fino al coordinamento dei piani faunistici provinciali, e comunque per la durata non superiore ad un anno, un piano faunistico venatorio regionale nel quale sono individuati i punti di cui all'articolo 6 della presente legge; determina, pure in via provvisoria, in millecinquecento il numero dei cacciatori non residenti ammissibili nella Regione Calabria.
7. È abrogata la legge regionale 11 luglio 1986, n. 27 ed ogni altra disposizione regionale in contrasto con la presente legge.
8. Per quanto non espressamente disciplinato dalla presente legge regionale valgono le disposizioni di cui alla legge 11 febbraio 1992, n. 157.
Art. 25
Dichiarazione di urgenza.
1. La presente legge è dichiarata urgente ed entra in vigore il giorno successivo alla sua pubblicazione nel Bollettino Ufficiale della Regione.
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Deliberazione
del consiglio regionale della Calabria 25 giugno 2003, n. 222
Piano faunistico venatorio regionale
Deliberazione n. 222
(Estratto del processo verbale)
OGGETTO: Piano Faunistico Venatorio Regionale.
Presidente: Luigi Fedele
Consigliere Segretario: Antonio Borrello
Segretario Generale: Giuseppe Cannizzaro
Consigliere assegnati 43
Consiglieri presenti 23, assenti 20
OMISSIS
Il Presidentedopo la relazione dei Consiglieri Fortugno e Pezzimenti e gli interventi dei Consiglieri Tommasi, Tripodi Mi- chelangelo, Fava, Tripodi Pasquale, ancora Tripodi Pasquale, Tommasi e Tripodi Michelangelo e Sarra, pone in votazione il seguente schema di deliberazione:
«IL CONSIGLIO REGIONALE
PREMESSO che la Giunta regionale con propria delibera n. 922 del 31/10/2001 ha proposto l’approvazione del Piano Fau- nistico Venatorio Regionale.
VISTA la Legge 11 febbraio 1992 n. 157 concernente le norme per la protezione della fauna selvatica e del prelievo ve- natorio.
VISTA la Legge regionale del 17 maggio 1996, n. 9, recante: «Norme per la tutela e la gestione della fauna selvatica e l’orga- nizzazione del territorio ai fini della disciplina programmata del- l’esercizio venatorio».
VISTO l’art. 38, comma 1 dello Statuto della Regione.
DELIBERA
- di approvare l’allegato Piano Faunistico Venatorio regio- nale con gli emendamenti introdotti;
- di demandare al Presidente della Giunta regionale l’ema- nazione dei regolamenti del Piano Faunistico regionale come appresso indicati:
- attuazione degli ambiti territoriali di caccia e statuto tipo degli organi di gestione;
- istituzione e gestione delle aziende faunistico-venatorie ed agro-turistico-venatorie;
- costituzione e gestione dei centri pubblici e privati per la produzione della fauna selvatica, l’allevamento, la detenzione, ed il recupero della fauna selvatico, la detenzione e l’alleva- mento a scopo amatoriale e ornamentale di forma ornitica selva- tica non oggetto di caccia;
- funzionamento della Consulta Faunistico-Venatoria Regionale;
- funzionamento della Commissione di esami per l’abili- tazione all’esercizio venatorio
- di revocare il precedente Piano Faunistico Regionale di cui alla propria deliberazione n. 133 del 10 luglio 1996» e, de- ciso l’esito - presenti e votanti 23, a favore 20, contrari 3 - ne proclama il risultato: «Il Consiglio approva»
(omissis)
Il Presidente f.to: Fedele
Il Consigliere Segretario f.to: Borrello
Il Segretario Generale f.to: Cannizzaro
E` conforme all’originale.
Allegato alla deliberazione n. 222 del 25 giugno 2003
PIANO FAUNISTICO VENATORIO REGIONALE
PRESENTAZIONE
In attuazione dell’art. 10 della Legge 11 febbraio 1992 n. 157, avente per oggetto «Norme per la protezione della fauna selva- tica omeoterma e per il prelievo venatorio», e dell’art. 5 della Legge regionale 17/5/1996 n. 9, l’Assessorato all’Agricoltura Foreste Caccia e Pesca ha definito il Piano Faunistico Venato- rio regionale, attraverso il coordinamento dei Piani Faunistici Venatori Provinciali approvati dai rispettivi Consigli provin- ciali.
I Piani Faunistici Venatori Provinciali attentamente vagliati dall’Assessorato regionale alla Caccia, sono stati recepiti nelle parti non in contrasto con le direttive contenute nel Piano Fauni- stico Venatorio regionale di indirizzo generale, pubblicato sul B.U.R. del 19/9/1996, nella Legge 157/92 e nella L.R. 9/96.
Nel Piano regionale sono contenuti i principi d’intervento, gli obiettivi, la metodologia, i destinatari ed i regolamenti di com- petenza regionale previsti dalla Legge 157/92 e dalla L.R. 9/96.
INTRODUZIONE
I Piani Faunistici Venatori provinciali sono stati finalizzati a dare risposte non solo al mondo venatorio ed ambientalista, ma anche a quello degli operatori agricoli e turistici che, nell’ambito dei vari settori economici, puntano ancora alla realizzazione di redditi soddisfacenti e/o di soluzioni alternative alla crisi delle loro imprese che si trovano in uno stato di marginalità econo- mica e produttiva nonché a coloro che sono sottoccupati, disoc- cupati o in attesa di prima occupazione.
Il comparto Caccia-Ambiente ha notevoli potenzialità e le particolari condizioni geografiche e pedoclimatiche della Cala- bria possono essere meglio utilizzate con interventi specifici e mirati, mediante il coinvolgimento, nelle attività produttive e nei servizi di categoria, di produttori, agricoltori, cacciatori, am- bientalisti, giovani ed anziani.
Le Province hanno individuato le potenzialità ambientali dei territori montani, collinari e delle pianure sui quali sono dislo- cati gli ambiti territoriali di caccia (A.T.C.).
L’analisi contenuta nei P.F.V.P. individua, sia in modo quali- tativo che quantitativo, anche attraverso adeguata cartografia, la situazione territoriale delle singole Province con particolare ri- ferimento:
a) alle coltivazioni agrarie più rappresentative esistenti;
b) ai boschi (essenze arboree, arbustive e del sottobosco);
c) alle specie di fauna presente, autoctona o di passo, sver- nante od estivante;
d) all’individuazione degli habitat e delle specie protette e non protette sul territorio.
Con i P.F.V.P. è stata aggiornata la situazione territoriale in funzione delle superfici urbanizzate delle aree a vincolo ambien- tale e delle aree a gestione privata della caccia, al fine di deter- minare la superficie agro-silvo-pastorale per ogni A.T.C.
L’analisi è stata estesa alle realtà socio-economiche quali la popolazione residente, le componenti venatorie e quelle fauni- stiche.
In particolare le componenti venatorie (cacciatori residenti) sono state attentamente analizzate per determinare la densità ve- natoria in rapporto al territorio disponibile.
Il numero complessivo dei cacciatori calabresi, rispetto alla superficie agro-silvo-pastorale disponibile, rientra nei limiti della densità venatoria limite.
Nei P.F.V.P. sono state individuate le specie selvatiche di inte- resse naturalistico e venatorio, presenti nel territorio in forma permanente o transitoria. Particolare interesse è stato rivolto al recupero ed al potenziamento faunistico della Lepre comune e della Coturnice (alectoris graeca graeca) data la loro peculiarità nella tradizione venatoria calabrese.
L’iniziativa privata nel settore produttivo della fauna selva- tica, sino a qualche anno fa assente quale attività aziendale, ha ora presenze di un certo rilievo anche se ancora insufficienti a far fronte ai bisogni di interesse venatorio.
Le immissioni di selvatici allevati provenienti da realtà di- verse e non scrupolosamente controllate, a lungo andare, pos- sono determinare situazioni controproducenti perché, se non ba- sati sulla conoscenza della reale entità e qualità della selvaggina presente nel territorio, possono provocare conflittualità tra le specie per mancanza di equilibrio tra quelle predatrici e quelle predate, tra fauna e vegetazione; inoltre, se non vi sono condi- zioni abitative favorevoli allo sviluppo, la fauna, vivendo in con- dizioni precarie, diminuisce di numero.
Le Province hanno previsto di raggiungere gradatamente l’obiettivo di ripopolamenti naturali di esemplari derivanti da riproduttori controllati ed allevati in strutture presenti sul terri- torio calabrese con tecniche tali da garantire caratteristiche bio- fisiche idonee all’ambientamento in campo aperto ed alla suc- cessiva reintroduzione in natura.
Nella gestione faunistica le Province, attraverso i P.F.V.P., hanno tenuto presente il fenomeno, non trascurabile sul piano finanziario, dei danni che la fauna selvatica provoca alle colture agrarie ed agli allevamenti zootecnici determinando attraverso indirizzi generali e norme, le modalità di riconoscimento del ri- sarcimento.
L’analisi svolta nei P.F.V.P. sulla vigilanza venatoria indica una forte carenza di personale riferita alla rilevanza dei problemi faunistici e venatori e delle strutture organizzative di cui pos- sono disporre attualmente le Province; strutture che è necessario adeguare al fine di ottenere l’indispensabile apporto degli agenti di vigilanza alla realizzazione degli obiettivi produttivi e di tu- tela del patrimonio faunistico ambientale.
COORDINAMENTO DEI PIANI FAUNISTICI VENATORI PROVINCIALI
Pur nel rispetto degli orientamenti generali delle singole Pro- vince contenuti nei rispettivi piani faunistici, l’Assessorato re- gionale alla Caccia ha individuato, non recependole, alcune delle scelte in contrasto con le direttive contenute nel Piano Fauni- stico Venatorio regionale di indirizzo generale, pubblicato sul B.U.R. del 19/9/1996, nella Legge 157/92 e nella L.R. 9/96.
Provincia di Cosenza
Il P.F.V.P. si intende approvato con le seguenti prescrizioni:
a) abrogazione del punto 2.1. Aree meritevoli di tutela, in quanto è stata già superata la percentuale del 24% di territorio destinato a strutture di protezione (L.R. n. 9/96, art. 5, lettera a); al riguardo si precisa che l’istituzione di zone di ripopolamento e cattura e centri pubblici di allevamento della fauna selvatica possono essere realizzati solo all’interno delle aree già protette, mentre è sospesa l’istituzione di fondi chiusi, di oasi di prote- zione e di ogni altra struttura di protezione, dove sia comunque vietata la caccia, sino all’eventuale riperimetrazione delle aree già protette;
b) abrogazione del Capitolo 4 - Individuazione e delimita- zione degli ambiti territoriali di caccia, in quanto in contrasto con la ripartizione del territorio provinciale avvenuta con deli- bera di C.r. n. 133 del 30/7/1996, pubblicata sul B.U.R. del 19/ 9/1996, che ha riconfermato quanto previsto dalla L.R. n. 9/96, art. 13, comma 1; si rileva, altresì, che il contenuto del Capitolo 4 è in contrasto anche con quanto riportato all’art. 1 del regola- mento di attuazione degli ambiti proposto nello stesso piano.
Provincia di Crotone
Il P.F.V.P. si intende approvato con le seguenti osservazioni:
a) gli incentivi previsti nella Parte IV - Sez. A Piani di mi- glioramento ambientale e criteri per il ripristino degli habitat, devono essere contenuti nei limiti stabiliti dai parametri CEE e dal Ministero delle Politiche Agricole;
b) per quanto attiene ai metodi di ripopolamento, alle catture, alla mobilità ed alla residenza venatoria, fare riferimento a quanto stabilito nel presente piano.
Provincia di Catanzaro
Il P.F.V.P. si intende approvato con le seguenti osservazioni:
a) si approva la modifica ai confini degli ambiti attraverso lo spostamento dei comuni di Borgia e San Floro dell’A.T.C. CZ1 all’A.T.C. CZ2;
b) gli incentivi previsti nel Regolamento per la correspon- sione degli incentivi per miglioramenti ambientali e del risarci- mento dei danni provocati dalla fauna selvatica oggetto di pre- lievo venatorio, devono essere contenuti nei limiti stabiliti dai parametri CEE e dal Ministero delle Politiche Agricole.
Provincia di Vibo Valentia
Il P.F.V.P. si intende approvato con le seguenti osservazioni:
a) per quanto attiene ai metodi di ripopolamento ed alle cat- ture, fare riferimento a quanto stabilito nel presente piano.
Provincia di Reggio Calabria
Il P.F.V.P. si intende approvato con le seguenti osservazioni:
a) considerato che è stata superata la percentuale del 24% di territorio destinato a strutture di protezione (L.R. n. 9/96, art. 5, lettera a), si precisa che l’istituzione di zone di ripopolamento e cattura e centri pubblici di allevamento della fauna selvatica possono essere realizzati solo all’interno delle aree già protette, mentre è sospesa l’istituzione di fondi chiusi, di oasi di prote- zione e di ogni altra struttura di protezione, dove sia comunque vietata la caccia, sino all’eventuale riperimetrazione delle aree già protette;
b) si prende atto dell’indice di densità venatoria superiore ai limiti massimi consentiti dal piano faunistico regionale in quanto la deroga, nel caso specifico, è prevista dal regolamento di attuazione (art. 4 comma 4), anche in considerazione del fatto che la Legge 157 stabilisce che ogni cacciatore «ha diritto all’ac- cesso in un ambito territoriale di caccia»; l’indice così proposto non determina comunque, rapporti di squilibrio nell’intera Re-gione.
I Comitati di Gestione eventualmente nominati dalle Province dopo l’approvazione del P.F.V.R. provvisorio decadranno con l’approvazione del presente Piano Faunistico di Coordina- mento; le stesse Province dovranno provvedere ad una nuova nomina dei componenti con le procedure già adottate in prece-denza.
NORME GENERALI
Delimitazione del territorio
Nell’attuazione dei Piani Faunistici Venatori Provinciali, le Province, nel proporre e/o istituire strutture di protezione e ve- natorie, debbono, comunque, verificare il rispetto delle percen- tuali di seguito riportate:
— quota non superiore al 26% del territorio A.S.P. destinato alla protezione della Fauna;
— quota non superiore al 15% del territorio A.S.P. destinato ad ambiti privati di caccia;
— quota non superiore al 59% del territorio A.S.P. destinato agli ambiti territoriali di caccia.
La situazione attuale nelle cinque Province è la seguente:
A) Aree protette
Provincia A.T.C. S.A.S.P. in ettari Aree protette in ettari % Catanzaro CZ1 155.223 29.053 18,72
CZ2 62.075 6.292 10,14
Cosenza* CS1 250.653 109.253 43,59
CS2 217.420 30.824 14,18
CS3 186.364 28.514 15,30
CrotoneKR1 56.105 11.259 20,07
KR2 63.072 14.139 22,42
Reggio
Calabria* RC1 191.654 56.730 29,60
RC2 115.054 37.463 32,56
Vibo Valentia* VV1 51.285 5.139 9,52
VV2 54.380 18.265 33,59
Totali 1.403.285 356.931 5,44 *
dati aggiornati
Nel computo totale della superficie protetta occorre tenere conto di aree di proprietà di Enti locali e di privati gestite dalle Aziende regionali e dai Consorzi di Bonifica e diffuse sul terri- torio regionale per un totale di circa 135.821 ettari così ripartiti: A.FO.R. Cosenza 59.000, Catanzaro 24.000, Reggio Calabria 7.300, Vibo Valentia 6.400, Crotone 4.100; Consorzi di Boni- fica: Catanzaro e Crotone 12.000, Reggio Calabria 16.773, Co- senza 6.248.
I valichi montani di cui all’art. 21, comma 3, della Legge n. 157/92 ricadono in aree già oggetto di tutela (Parchi del Pol- lino, Aspromonte e Sila) ove vige il divieto di attività venatoria. La situazione definitiva è, pertanto la seguente:
S.A.S.P. (in ettari) Sup. protetta % di protezione 1.403.285 492.752 35,11
B) Strutture a gestione privata
Provincia A.T.C. S.A.S.P. in ettari Sup. a gestione % aree private
privata in ettari
Catanzaro CZ1 155.223 86 0,06
CZ2 62.075 160 0,26
Cosenza CS1 250.653 773 0,31
CS2 217.420 988 0,45
CS3 186.364 3.611 1,94
Crotone KR1 56.105 1.511 2,69
KR2 63.072 2.619 4,15
Reggio Calabria RC1 191.654 100 0,05
RC2 115.054 0 0,00
Vibo Valentia VV1 51.285 1.220 2,38
VV2 54.380 0 0,00
Totali 1.403.285 11.068 0,79
C)Ambiti territoriali di caccia
Provincia A.T.C. S.A.S.P. in ettari Sup. A.T.C. in ettari %
Catanzaro CZ1 155.223 126.084 81,23 CZ2 62.075 55.623 89,61
Cosenza* CS1 250.653 146.443 58,42 CS2 217.420 186.769 85,90 CS3 186.364 149.118 80,01
Crotone KR1 56.105 43.335 77,24 KR2 63.072 46.314 73,43
Reggio Calabria* RC1 191.654 134.923 70,40 RC2 15.054 77.590 67,44
Vibo Valentia* VV1 51.285 34.926 68,10 VV2 54.380 36.115 66,41
a detrarre** - 135.821
Totali 1.403.285 901.419 64,24
* dati aggiornati
** aree di proprietà di Enti locali e di privati gestite dalle Aziende Regionali (vedi punto A). I dati relativi alle estensioni delle S.A.S.P., delle aree protette, delle strutture a gestione privata e degli ambiti territoriali di caccia sono state estrapolate dai piani faunistici provinciali; in particolare i dati delle Province di Cosenza, Vibo Valentia e Reggio Calabria sono stati aggiornati con le fasce di rispetto stradali e ferroviarie che in base alla sentenza di Corte Costitu- zionale n. 448 del 30/12/1997 sono considerate aree a divieto di caccia (come sancito dall’art. 21, comma 1, lett. e, della Legge 157/92). Le superfici riportate nei piani faunistici provinciali risultano compatibili con quelle censite nel Piano Faunistico Venatorio regionale di indirizzo generale, pubblicato sul B.U.R. del 19/9/ 1996, nella Legge 157/92 e nella L.R. 9/96.
L’istituzione di nuove strutture è vincolata alla verifica delle percentuali limite imposte dalla legge regionale; qualora dette percentuali dovessero essere disponibili solo per alcune Pro- vince, la percentuale interessata dovrà essere verificata anche a livello regionale; il mancato rispetto dei citati limiti a livello regionale comporta, comunque, l’impossibilità di istituire nuove strutture, siano esse di protezione, venatorie o a struttura privata, anche in quelle Province con disponibilità di territorio. Per l’istituzione di nuove strutture di protezione e/o di gestione privata della caccia diventa vincolante il parere dell’Ufficio regionale caccia che verifica i limiti delle già citate percentuali su tutto il territorio regionale. L’eventuale mancanza di disponibilità territoriale presuppone la riperimetrazione delle strutture già esistenti, da attuarsi con il contributo degli enti e/o dei privati interessati alla loro gestione.
INDICE DI DENSITA VENATORIA
Si definisce indice di densità venatoria territoriale (I.D.V.T.) il rapporto fra il numero di cacciatori e la superficie agrosilvopastorale disponibile, derivata dalla differenza tra l’intero territorio di riferimento e le superfici urbanizzate ricadenti sullo stesso territorio. Si definisce indice di densità venatoria effettiva (I.D.V.E.) il rapporto fra il numero di cacciatori e la superficie agro-silvo- pastorale destinata a gestione programmata della caccia derivata dalla differenza tra la superficie agro-silvo-pastorale disponibile e le superfici a gestione privata ed a strutture di protezione. Il numero dei cacciatori censito dalle province nei rispettivi Piani Faunistici è il seguente:
Provincia A.T.C. Numero Cacciatori Numero Cacciatori
Residenti ammessi
Catanzaro CZ1 2.700 186 CZ2 950 100
Cosenza CS1 3.272 170
CS2 3.521 170
CS3 4.172 170
Crotone KR1 843 112
KR2 728 112
Reggio Calabria RC1 14.703 120
RC2 4.096 60
Vibo Valentia VV1 1.151 150
VV2 1.257 150
Totale 37.393 1.500
L’indice di densità venatoria massima per ogni ambito territo- riale di caccia è fissato in 1:19 (un cacciatore ogni 19 ettari di superficie agro-silvo-pastorale effettiva); la Giunta regionale pe- riodicamente provvede all’eventuale adeguamento del rapporto. La situazione per ogni singola Provincia è la seguente:
Provincia A.T.C. Densità ven. Densità ven. D.V.E. D.V.T.
Limite ettari imposta ettari X ettari x
Per cacciatore dalle province cacciatore cacciatore
ettari X cacciatore
Catanzaro CZ1 19 30 43,70 53,78 CZ2 19 30 52,97 59,12
Cosenza CS1 19 19 42,55 72,82 CS2 19 9 50,60 58,91 CS3 19 19 34,34 42,92
Crotone KR1 19 30 45,38 58,75 KR2 19 30 55,14 75,09
Reggio Cal. RC1 19 19 9,10 12,93 RC2 19 9 18,67 27,68
Vibo Val. VV1 19 19 26,85 39,42 VV2 19 19 25,67 38,65
Si confermano gli indici di densità venatoria indicati dalle sin- gole Provincie nei rispettivi piani faunistici in quanto contenuti nel predetto limite; fa eccezione la Provincia di Reggio Calabria per la quale valgono le norme in deroga stabilite nel regolamento di attuazione (art. 4. comma 4) allegato al presente piano.
Allo stato attuale, l’istituto della mobilità che coinvolge gli ambiti della Provincia di Reggio, può attuarsi solo attraverso le quote di interscambio tra Provincie e/o Regioni. La situazione a livello regionale è la seguente:
Territorio disponibile per l’attività venatoria (A.T.C.) Ettari 887.240
Numero Cacciatori residenti 37.393
Numero cacciatori non residenti ammessi 1.500
Densità venatoria effettiva Ettari x cacciatore 22,81
La densità venatoria regionale rispetta il limite imposto di 19 ettari per ogni cacciatore.
APPLICAZIONE DELL’ART. 22, COMMA 1, LETT. F, DELLA L.R. N. 9/96 Le Amministrazioni Provinciali possono avvalersi della col- laborazione delle Associazioni venatorie nazionali riconosciute operanti con strutture organizzate sul territorio regionale per le operazioni di ripopolamento, vigilanza, prevenzione incendi ed educazione venatoria-ambientale. La collaborazione con le Associazioni Venatorie, se realiz- zata, deve essere regolamentata da norme emanate dalle Pro- vince ed eventualmente sancita da apposite convenzioni. E` fatto obbligo alle Amministrazioni Provinciali trasmettere, annualmente, all’Ufficio regionale caccia e pesca l’attestazione dell’avvenuta collaborazione, per le operazioni su indicate, prestata da ogni singola Associazione, ai fini dell’erogazione del contributo regionale previsto dall’art. 22, comma 1, lett. F della L.R. n. 9/96.
SELVAGGINA DA RIPOPOLAMENTO
Le specie ammesse ad attività di ripopolamento sul territorio della Regione Calabria destinato alla gestione programmata della caccia, sono: Coturnice, Fagiano, Starna, Lepre, Cinghiale, Capriolo.
Coturnice: è ammesso l’utilizzo di animali allevati o di cat- tura appartenenti alla specie Aleectoris graeca graeca, presente in Italia in tre sottospecie.
Starna: è ammesso l’utilizzo di animali allevati o di cattura appartenenti alla specie Perdix Perdix.
Fagiano: è ammesso l’utilizzo di animali allevati o di cattura appartenenti alla specie Phanianus colchicus e relative sottos- pecie.
Lepre: è ammesso l’utilizzo per immissioni a scopo venatorio di animali appartenenti alla specie Lepus europaeus. Questa Re- gione, così come sostenuto dall’I.N.F.S., ha accertato in alcune zone del proprio territorio la presenza di popolazioni di lepre italica (lepus corsicanus); in dette aree, al fine di tutelare la specie autoctona, sarà vietato immettere specie appartenenti alla lepre europea. Non è necessario ad oggi provvedere ad altre mi- sure di conservazione in quanto il maggior numero di presenze della suddetta specie italica è stata riscontrata in aree già soggette a tutela.
Capriolo: le immissioni dovranno riguardare capi esclusiva- mente appartenenti alla varietà italica Capreolus capreolus ita- licus.
Cinghiale: è ammesso l’utilizzo di animali allevati o di cat- tura appartenenti alla varietà Sus scrofa, presente in Italia in tre sottospecie. Le immissioni dovranno essere limitate o addirit- tura vietate in quelle aree della Regione dove maggiori si riscon- trano i danni provocati dalla specie.
Nelle aziende agro-turistico-venatorie, nelle zone di addestra- mento cani e nei centri privati di allevamento (con l’esclusione delle sole aziende faunistico-venatorie) è ammessa anche l’im- missione delle seguenti specie: Germano Reale (Anas Pla- tyrhynchos), Daino (Dama dama), Quaglia, (Coturnix japonica), Cervo (Cervus elaphus).
Le specie indicate sono quelle che, in relazione agli habitat naturali esistenti nel territorio regionale ed a quelli creati nelle zone a gestione privata, hanno la maggior probabilità di ambien- tamento e sopravvivenza.
METODOLOGIE DI RIPOPOLAMENTO
L’esperienza di questi anni ha dimostrato che le immissioni di piccoli quantitativi di selvaggina in tutti i Comuni della Regione non è sufficiente a garantire una elevata sopravvivenza degli animali provenienti da allevamento. Le cause sono molteplici:
— gli animali provengono nella maggior parte dei casi da allevamenti dove è l’uomo a provvedere da solo alla loro sopravvivenza;
— appena in stato di libertà l’animale deve provvedere da solo alla ricerca di cibo, pratica per lui completamente sconosciuta;
— nei primi giorni di libertà gli animali sono facilmente pre- dabili anche perché in allevamento non conoscono i potenziali predatori e quindi si lasciano avvicinare più facilmente;
— il cambio di alimentazione comporta la comparsa di pato- logie molto spesso con conseguenze letali.
Pertanto è necessario individuare altre metodologie che pos- sano facilitare l’attecchimento degli animali sul territorio. La tecnica di ripopolamento sinora utilizzata prevede la semplice messa in libertà di animali provenienti da allevamento; i risultati ottenuti con questa metodologia sono stati solo occasio- nalmente sufficienti per lepre e fagiano, mentre per il cinghiale possono definirsi interessanti, essendosi la specie insediata stabilmente in molte aree della Regione; per le altre specie i risultati sono stati scarsi o nulli. Considerati i buoni risultati ottenuti per il Cinghiale, si potrà continuare a gestire le reintroduzioni con il sistema sinora praticato che potrà altresì applicarsi per le immissioni del Capriolo e del Muflone. Per quanto riguarda le specie Coturnice, Starna, Fagiano e Lepre, si propongono alla valutazione delle Amministrazioni Provinciali, oltre a quelle tradizionali, nuove metodologie di im- missione attraverso il rispetto delle seguenti indicazioni:
— identificazione di habitat idonei alla vita libera dei selva- tici anche, eventualmente, in territorio protetto;
— localizzazione di punti di immissione in aree non frequen- temente disturbate;
— installazione e utilizzo di strutture mobili (recinzioni e vo- liere) di adeguate dimensioni;
— periodo di ambientamento variabile tra i 5 e 30 gg in fun- zione della stagione di ambientamento e del comportamento so- ciale degli individui;
— dopo il rilascio, mantenere le attrezzature destinate all’ali- mentazione dei capi fino a loro necessità. La metodologia che prevede l’uso di strutture mobili per l’am- bientamento e l’alimentazione, può essere utilizzata in maniera «combinata» con il sistema tradizionale. Valgono per tutte le metodologie i seguenti indirizzi generali:
— utilizzare per le reintroduzioni possibilmente giovani del- l’anno;
— garantire la purezza della specie;
— individuare allevamenti all’interno dei quali gli animali possano fruire di idonee aree di pre-ambientamento;
— introdurre consistenti quantità di animali in vaste aree;
— individuare habitat idonei;
— intervenire con miglioramenti ambientali;
— tenere bene in considerazione l’incompatibilità tra specie (es. il Fagiano con le altre specie di Galliformi);
— privilegiare, alle stesse condizioni economiche e qualita- tive, gli allevamenti presenti sul territorio regionale. La metodologia alternativa al ripopolamento tradizionale mira alla riduzione delle cause di mortalità determinate dal brusco passaggio «allevamento-terreno libero»; è necessario, al- tresì, procedere al controllo del numero di predatori con le mo- dalità da prevedere in appositi regolamenti provinciali.
CONTROLLO DELLE SPECIE POTENZIALMENTE DANNOSE
Ai sensi dell’art. 14, comma 7, della L.R. n. 9/96, le Province devono provvedere al controllo delle specie di fauna selvatica.
Il controllo selettivo viene praticato di norma con metodi eco- logici su parere dell’I.N.F.S.; la dimostrata inefficacia dei metodi ecologici può indurre le Province a promuovere ed attuare, attraverso propri regolamenti, piani di abbattimento selettivi. Le specie ammesse a controllo selettivo sono tutte quelle considerate cacciabili ai sensi della Legge 157/92, art. 18, con particolare riferimento a: Volpe, Gazza, Cornacchia grigia, Ghiandaia e Cinghiale.
Per il controllo selettivo del cinghiale, eccezionalmente, è ammessa la presenza di cacciatori all’interno delle aree protette ovviamente sotto la stretta vigilanza ed il controllo di guardie faunistico-venatorie.
Ad ogni cacciatore è consentito l’abbattimento, per ogni accesso, di un solo capo della suddetta specie.
Prima della stesura dei piani di abbattimento le Province ed i Comitati di Gestione sono obbligati ad organizzare operazioni di censimento per stabilire la consistenza delle specie soggette a controllo.
ATTIVITA VENATORIA IN DEROGA
La Regione, ai sensi dell’art. 9 della direttiva 79/409/CEE e degli articoli 18, 19 e 19 bis della Legge 157/92 e della Legge 221/2002, può modificare i termini di inizio dell’attività vena- toria per determinate specie, a condizione che vengano predi- sposti adeguati Piani Faunistici. In fase di coordinamento dei Piani Faunistici-Venatori Pro- vinciali, si evidenzia la possibilità che tale deroga possa essere, applicata esclusivamente per le sottoelencate specie, secondo le indicazioni del calendario venatorio regionale annuale:
— Colombaccio, Quaglia e Tortora: dal 1° settembre di ogni anno;
— Gazza, Ghiandaia, Cornacchia Grigia, Volpe: dal 1° set- tembre di ogni anno al 28 febbraio successivo, e dal 1° marzo al 31 agosto di ogni anno solo in presenza di piani di abbattimento selettivi e di regolamento attuativo che, ogni provincia, dovrà provvedere a redigere.
La Regione, al fine di ridurre i gravi danni causati alle colture agricole dalle specie «passero e storno», e per consentire il pre- lievo di piccole quantità della specie fringuello, ritenuto che non vi siano altre soluzioni soddisfacenti, ai sensi dell’art. 9 comma 1 lettera a e c. della Dir. 79/409/CEE e successive modifiche, ne consente il prelievo in deroga secondo le modalità, tempi e luoghi appresso indicati:
— è consentito esclusivamente ai cacciatori residenti in Ca- labria, per un massimo di 20 capi giornalieri complessivamente ripartiti per specie e quantità secondo la tabella allegata alla pre- sente, e con l’uso di fucile con canna ad anima liscia fino a due colpi, o a ripetizione semi automatica, con caricatore contenente non più di due cartucce di calibro non superiore a 12;
— il prelievo è consentito, ad esclusione del territorio sotto- posto a divieto di caccia, per la specie storno dal 10 ottobre di ogni anno al 31 gennaio successivo; per la specie passero dal 10 ottobre di ogni anno al 31 dicembre successivo e per la specie fringuello dal 10 ottobre di ogni anno al 15 dicembre successivo, per tutte le altre specie consentite, l’attività venatoria si chiude il 31 gennaio.
RIPARTIZIONE DELLA SPECIE E QUANTITA PRELEVABILI
Specie N. capi per giornata venatoria N. capi per annata venatoria
Storno 20 100
Passero 10 60
Fringuello 5 40
Dall’1 febbraio al 30 aprile, è consentita la caccia alla Volpe, alla Gazza, alla Ghiandaia, alla Cornacchia Grigia.
La vigilanza sull’applicazione della presente è affidata agli agenti e alle guardie di cui all’art. 19 della Legge regionale n. 9/96.
Nel periodo compreso tra il 1° settembre e la 3a domenica di settembre la situazione ripartita per Province, è la seguente:
Provincia Presenze Presenze Presenze Presenze Presenze Presenze
Colombaccio quaglia tortora storno passero fringuello
Catanzaro discreta buona buona/discreta buona bassa media
Cosenza buona buona media buona media buona
Crotone media buona buona media media bassa
Reggio
Calabria buona buona media buona buona buona
Vibo
Valentia bassa bassa media bassa media media
La deroga potrà, altresì, applicarsi, in caso di provata esigenza, anche per la caccia di selezione agli ungulati, a far tempo dal 1° agosto e nel rispetto dell’arco temporale massimo consentito dalla Legge 157/92. A far data dall’entrata in vigore della presente legge, sono vietati incentivi in denaro o sotto altra forma, per l’abbattimento di animali di qualsiasi genere e specie. Entro il 15 giugno di ogni anno la Regione deve sentire il parere scientifico del INFS o altro istituto faunistico riconosciuto a livello regionale. In presenza di comprovate situazioni di pericolo, la Regione, con apposito provvedimento, sentito il parere obbligatorio del- l’INFS, deve sospendere il prelievo in deroga per le specie interessate.
ISTITUZIONE GARANTE DELLA FAUNA La Giunta regionale, su proposta dell’Assessore all’Agricoltura, nomina tra esperti di specifica competenza nel settore faunistico, il Garante della fauna. La Giunta regionale definisce, altresì, con apposito disciplinare predisposto dall’Assessorato all’Agricoltura, le modalità operative e funzionali del Garante.
STRUTTURE PER LA GESTIONE PRIVATA DELLA CACCIA Lo studio dei piani faunistici provinciali ha messo in evidenza la disponibilità di territorio per la realizzazione di strutture per la gestione privata della caccia previste dalla Legge 157/92; aziende faunistico-venatorie, agro-turistico-venatorie, zone di addestramento cani e centri privati di produzione di fauna selva- tica. In particolare, in attesa della costituzione delle Z.A.C., le Pro- vince, possono autorizzare gare cinofile su terreno libero ed in periodo di sospensione dell’attività venatoria osservando le seguenti prescrizioni: — disponibilità del terreno da parte del proprietario o conduttore del fondo; — assenza di colture in atto, fatto salvo l’assenso del proprietario o conduttore; — aree non soggette ad immissione di selvaggina; — divieto di abbattimento del selvatico.
NORMA FINALE Ai fini della rappresentatività e della funzione consultiva di cui ai regolamenti relativi al piano faunistico di competenza della Giunta regionale oltre alle Associazioni venatorie nazionali riconosciute hanno titolo anche quelle regionali già riconosciute e presenti in forma organizzata sul territorio, con il criterio della maggiore consistenza associativa. Per tutto quanto non previsto nel presente provvedimento, valgono le disposizioni vigenti in materia, salvo quelle incompatibili. La Giunta regionale nell’attivazione di accordi interregionali sulla mobilità determina le forme e le modalità di caccia tenuto conto delle condizioni di reciprocità. Il presente Piano Faunistico Venatorio regionale entra in vi- gore il giorno successivo alla sua pubblicazione nel Bollettino Ufficiale della Regione. 22-7-2003
Supplemento straordinario n. 4 al B. U. dellaRegione Calabria - Parti I e II - n. 13 del 16 luglio 2003 16321
L.R.
Campania 10 aprile 1996, n. 8
Norme per la protezione della fauna selvatica e
disciplina dell'attività venatoria in Campania
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(1) Pubblicata nel B.U. Campania 19 aprile 1996, n. 22.
Art. 1
Finalità.
1. La Regione Campania, nell'ambito dei principi di cui all'art. 5 dello Statuto regionale e conformemente a quanto disciplinato, in via generale, dalla legge 11 febbraio 1992, n. 157, e dalla legge regionale 1° settembre 1993, n. 33, tutela le specie faunistiche viventi anche temporaneamente sul territorio regionale e, al fine di regolamentare l'attività venatoria, adotta la presente legge.
2. Le norme dettate dalle convenzioni internazionali e dalle direttive comunitarie in materia di tutela del patrimonio faunistico, informano, altresì, l'azione amministrativa della Regione e degli Enti delegati.
Art. 2
Patrimonio faunistico regionale e tutela.
1. La fauna selvatica è patrimonio indisponibile dello Stato ed è tutelata nell'interesse della comunità regionale, nazionale ed internazionale.
2. Fanno parte del patrimonio faunistico regionale i mammiferi e gli uccelli temporaneamente o stabilmente dimoranti in stato di naturale libertà in Campania.
3. L'esercizio dell'attività venatoria è consentito purché non contrasti con l'esigenza di conservazione della fauna selvatica e non arrechi danno effettivo alle produzioni agricole.
4. Le direttive 79/409/C.E.E. del Consiglio del 2 aprile 1979, 85/411/C.E.E. della Commissione del 25 luglio 1985 e 91/244/C.E.E. della Commissione del 6 marzo 1991, con i relativi allegati, concernenti la conservazione degli uccelli selvatici, sono integralmente recepite ed attuate nei modi e nei termini previsti dalla legge 11 febbraio 1992, n. 157, la quale costituisce inoltre attuazione della Convenzione di Parigi del 18 ottobre 1950, resa esecutiva con legge 24 novembre 1978, n. 812, e della Convenzione di Berna del 19 settembre 1979, resa esecutiva con legge 5 agosto 1981, n. 503.
5. La Regione, in attuazione delle citate direttive 79/409/C.E.E., 85/411/C.E.E. e 91/244/C.E.E., provvede ad istituire lungo le rotte di migrazione dell'avifauna segnalate dall'Istituto nazionale per la fauna selvatica, zone di protezione finalizzate al mantenimento degli habitat, alla tutela del transito migratorio ed al ripristino dei biotopi eventualmente danneggiati.
6. Sono particolarmente protette, anche sotto il profilo sanzionatorio, le specie di fauna selvatica comunque presenti nel territorio regionale elencate dalla legge 11 febbraio 1992, n. 157, art. 2 e quelle indicate dagli atti della C.E.E., o convenzioni internazionali, come minacciate di estinzione.
7. Per le specie di cui al precedente comma, ancorché non presenti attualmente nel territorio della Regione Campania, è vietata comunque la detenzione sotto qualsiasi forma.
8. Sono escluse dalla tutela le talpe, i ratti, le arvicole e i topi propriamente detti.
Art. 3
Divieto di uccellagione.
1. È vietata in tutto il territorio regionale ogni forma di uccellagione e di cattura di uccelli e di mammiferi selvatici, nonché il prelievo di uova, nidi e piccoli nati.
2. Sono fatte salve le forme di cattura previste e regolamentate dalla presente legge.
Art. 4
Cattura temporanea e inanellamento.
1. È vietata su tutto il territorio regionale qualsiasi cattura di fauna selvatica per la vendita a fini di richiamo.
2. La Giunta regionale, su parere dell'Istituto nazionale della fauna selvatica - I.N.F.S. -, può autorizzare, con decreto del Presidente, esclusivamente Istituti Scientifici delle Università e del Consiglio nazionale delle ricerche e i musei di storia naturale ad effettuare, a scopo di studio e ricerca scientifica, la cattura e l'utilizzazione di mammiferi ed uccelli, nonché il prelievo di uova, nidi e piccoli nati.
3. L'attività di cattura temporanea per inanellamento può essere svolta esclusivamente da titolari di specifica autorizzazione, rilasciata dalla Regione con decreto del Presidente della Giunta acquisizione del parere dell'I.N.F.S. che sarà espresso dopo superamento, da parte del richiedente, di esame, a termine di apposito corso organizzato dallo stesso Istituto, al quale il richiedente è tenuto a partecipare.
4. È fatto obbligo a chiunque abbatte, cattura o rinviene uccelli inanellati di darne notizia all'I.N.F.S. o all'Amministrazione provinciale nel cui territorio si verifica il fatto che provvederà ad informare l'I.N.F.S.
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Art. 5
Centri di recupero della fauna selvatica.
1. La Giunta regionale, sentito l'Istituto nazionale per la fauna selvatica, autorizza l'istituzione di Centri di recupero della fauna selvatica ai sensi dell'articolo 4, comma 6, della legge 11 febbraio 1992, n. 157, aventi le finalità di soccorrere, riabilitare e reintrodurre esemplari di fauna selvatica feriti. Tali autorizzazioni possono essere concesse ai dipartimenti scientifici delle Università, alle Associazioni venatorie e a quelle di protezione ambientale riconosciute dal Ministero dell'ambiente e operanti in Campania.
2. I requisiti tecnici e scientifici necessari per l'istituzione di un Centro di recupero della fauna selvatica, sono:
a) una struttura medico-veterinaria in grado di far fronte anche a difficili patologie e diretta da un medico veterinario;
b) voliere di misura adeguata per la riabilitazione degli animali costruite con particolari materiali in grado di evitare la vista dell'uomo;
c) disponibilità di personale qualificato con esperienza almeno biennale nel recupero di fauna selvatica, certificata da altri centri autorizzati già operanti.
3. La Giunta regionale autorizza l'istituzione dei centri di cui al comma 1 del presente articolo, previo accertamento dei suddetti requisiti, e con propria delibera stabilisce l'assegnazione di eventuali contributi da versarsi annualmente all'inizio della stagione venatoria.
4. I Centri di recupero della fauna selvatica faranno pervenire annualmente alla Giunta regionale e all'Amministrazione provinciale, nel cui territorio ricade il centro, dettagliate relazioni sulle attività svolte.
5. Le relazioni dovranno essere portate a conoscenza dei comitati provinciali e regionali della caccia. La mancata presentazione di dette relazioni comporta la revoca dell'autorizzazione. Per la liberazione degli animali recuperati è necessario il marcaggio operato da personale tecnico autorizzato dall'I.N.F.S..
Art. 6
Esercizio venatorio da appostamento fisso.
1. Sono considerati fissi gli appostamenti di caccia costruiti con adeguati materiali, con preparazione di sito, destinati all'esercizio venatorio almeno per un'intera stagione di caccia e/o ogni altro appostamento realizzato con strutture fisse o mobili che comportino preparazione di sito o modifica delle condizioni del luogo.
2. Sono anche considerati appostamenti fissi di caccia le tine, le zattere e le imbarcazioni stabilmente e saldamente ancorate nelle paludi e negli stagni o sui margini di specchi di acqua naturali o artificiali e quelli ubicati al largo dei laghi e dei fiumi, destinati all'esercizio venatorio agli acquatici.
3. Gli appostamenti fissi di caccia non possono avere più di un impianto stabile e non più di due postazioni di osservazione o di sparo.
4. Per gli appostamenti all'avifauna selvatica acquatica, collocati in terra ferma, gli impianti devono avere una stabile occupazione di sito ed apprestamenti idonei a consentire il costante allagamento del suolo pena la revoca dell'autorizzazione.
5. L'autorizzazione per l'impianto di appostamento fisso è rilasciata dalla Provincia, ha validità minima per 5 anni, salvo revoca, deve essere corredata da planimetria in scala 1:2000 indicante l'ubicazione dell'appostamento ed è inoltre subordinata al possesso, da parte del richiedente, del consenso scritto del proprietario e del conduttore del terreno, lago o stagno privato qualora trattasi di diversa persona.
6. La Provincia autorizza la costituzione e il mantenimento degli appostamenti fissi anche con uso di richiami vivi di allevamento che richiedono l'opzione per la forma di caccia in via esclusiva e la cui ubicazione non deve comunque ostacolare l'attuazione del piano faunistico-venatorio.
7. Ai fini dell'attuazione di quanto previsto al 3° comma dell'art. 5 della legge 11 febbraio 1992, n. 157, il numero degli appostamenti autorizzati non potrà essere superiore a un appostamento per ogni 3000 ha di superficie provinciale utile alla caccia e non potranno essere ubicati a meno di 1.000 metri dalla battigia del mare né avere superficie inferiore a 10.000 mq.
8. Ogni appostamento fisso è soggetto al versamento annuale della tassa di concessione regionale prevista dalle tabelle annesse al decreto legislativo 23 giugno 1991, n. 230 e successive modificazioni ed integrazioni.
9. Non è consentito costruire appostamenti fissi di caccia a distanza inferiore a 400 metri dai confini di parchi e riserve naturali, dalle oasi di protezione e dalle zone di ripopolamento e cattura. La distanza fra appostamenti non deve essere inferiore a 500 metri.
10. Ferma restando l'esclusività della forma di caccia ai sensi e per gli effetti del disposto di cui al comma 5 dell'art. 12 della legge 11 febbraio 1992, n. 157 è consentito al titolare ed alle persone autorizzate il vagare o il soffermarsi in attitudine di caccia, entro il raggio di 200 metri dall'appostamento fisso per il recupero della selvaggina ferita anche con l'uso del cane da riporto.
11. È vietata la caccia in forma vagante ad una distanza minore di metri 100 dagli appostamenti fissi segnalati con apposite tabelle a cura del titolare, durante l'effettivo esercizio di essi, salvo il consenso del titolare.
12. L'accesso all'appostamento fisso con armi proprie e con l'uso di richiami è consentito unicamente a coloro che abbiano esercitato l'opzione per la specifica forma di caccia. Oltre al titolare, possono accedere all'appostamento fisso le persone autorizzate dal titolare medesimo.
13. Le Province, nel limite di cui al comma 7, possono rilasciare autorizzazioni dando priorità alle domande di ultrasessantenni, di inabili, di portatori di handicap fisici e di coloro che per sopravvenuto impedimento fisico non siano più in condizioni di esercitare la caccia in forma vagante.
14. Per motivate ragioni le Province possono consentire al titolare di impiantare l'appostamento fisso di caccia in una zona diversa da quella in cui era stato in precedenza autorizzato.
15. Gli appostamenti che non comportino modificazione del sito e siano destinati all'esercizio venatorio per non più di una giornata di caccia sono considerati temporanei. Al termine della giornata il cacciatore deve rimuovere il materiale usato per la costruzione dell'appostamento.
16. La preparazione dell'appostamento temporaneo non può essere effettuata mediante taglio di piante, né con impiego di parti di piante appartenenti alla flora spontanea protetta.
17. Il titolare dell'autorizzazione dell'appostamento fisso di caccia, previo accordo con il proprietario o conduttore del fondo, provvede di norma, durante il corso dell'anno, al mantenimento delle caratteristiche naturali dell'ambiente circostante, per la tutela della fauna selvatica e della flora, almeno nel raggio di 100 metri dal centro dell'impianto.
18. È vietato l'uso di richiami vivi che non siano identificati mediante anello inamovibile numerato ed apposto sul tarso di ogni singolo esemplare.
Art. 7
Allevamento, detenzione e uso dei richiami per la caccia da appostamento.
1. La Giunta regionale con apposito provvedimento disciplina l'allevamento, la vendita e la detenzione di uccelli allevati appartenenti alle specie cacciabili, nonché il loro uso in funzione di richiami per la caccia da appostamento temporaneo.
2. La Giunta regionale disciplina con apposito provvedimento la costituzione e la gestione del patrimonio di richiami vivi da appostamento temporaneo di cattura dell'annata, appartenenti alle seguenti specie: allodola, cesena, tordo bottaccio, tordo sassello, storno, merlo, passero, passera mattugia, pavoncella e colombaccio. Ad ogni cacciatore che eserciti l'attività venatoria da appostamento fisso in via esclusiva, è consentita la detenzione di richiami in un numero massimo di dieci unità per ogni specie, fino ad un massimo complessivo di quaranta unità. Per i cacciatori che esercitano l'attività venatoria da appostamento temporaneo con i richiami vivi, il numero massimo complessivo di richiami non può superare le dieci unità.
3. Su tutta la Regione Campania è vietata la vendita di uccelli di cattura.
4. La sostituzione di un richiamo di cattura può avvenire dietro consegna alla Provincia del richiamo morto da sostituire, ovvero previa presentazione di certificato del servizio veterinario della A.S.L. competente e del relativo anellino ovvero per altri comprovati motivi da stabilirsi con norme regionali.
5. Alle Province spettano compiti di vigilanza e di controllo sull'osservanza delle disposizioni del presente articolo.
Art. 8
Tassidermia.
1. È a tutti vietata la detenzione, il commercio, la detenzione a tal fine e la preparazione di uccelli o mammiferi, trattati con procedimento tassidermico o con analoghi procedimenti, appartenenti alla specie non cacciabili ai sensi della legge 11 febbraio 1992, n. 157, delle direttive C.E.E. e convenzioni internazionali in materia di caccia ed ogni altra disposizione emanata dalla Regione Campania.
2. I possessori a qualsiasi titolo di fauna selvatica protetta imbalsamata o di fauna appartenente alle specie di cui al successivo articolo 16, entro tre mesi dall'entrata in vigore della presente legge debbono presentare alle Amministrazioni provinciali un elenco contenente il numero di esemplari posseduti, la specie a cui appartengono e la presunta epoca di cattura e imbalsamazione. Sono esenti da tale obbligo gli Istituti universitari e i musei naturalistici.
3. Le Amministrazioni provinciali a mezzo di proprio personale procederanno alla apposizione di proprie targhette inamovibili ed inalterabili su ciascun esemplare denunciato contenente il numero di matricola ad esso assegnato.
4. Le Amministrazioni provinciali debbono istituire un registro dei soggetti imbalsamati appartenenti alla fauna selvatica protetta ed un registro per le specie di cui al successivo articolo 16, in cui siano indicate le generalità del possessore, le specie dichiarate, il numero di matricola assegnato, la data presunta di cattura e la data di apposizione del contrassegno. Le Amministrazioni provinciali possono richiedere rimborso delle spese sostenute per l'apposizione dei contrassegni.
5. I possessori di selvaggina abbattuta, appartenente alle specie di cui al successivo art. 16, che intendano preparare tali animali con trattamento tassidermico, entro due giorni dall'uccisione dell'esemplare, devono richiedere l'autorizzazione all'Amministrazione provinciale competente per territorio. Tale autorizzazione può essere concessa soltanto nel periodo intercorrente tra la data di apertura e quella di chiusura della stagione venatoria di cui al successivo art. 16.
6. La mancata osservanza delle norme di cui al presente articolo comporta le sanzioni di cui al successivo art. 32 - comma 1) - lett. c) nonché l'impossibilità di richiedere ulteriori autorizzazioni. Sono fatte salve le sanzioni penali di cui all'art. 30, comma 2 della legge 11 febbraio 1992, n. 157.
7. Le autorizzazioni all'esercizio dell'attività di tassidermista saranno rilasciate dal Presidente dell'Amministrazione provinciale, a persone nominativamente indicate, che abbiano superato apposito esame colloquio con la commissione di esami di cui all'art. 35 della presente legge. La prova dovrà riguardare il riconoscimento delle specie animali oggetto della tutela della presente legge. L'autorizzazione di cui al presente comma non esime da altri obblighi previsti da altre leggi per l'esercizio dell'attività in argomento.
Art. 9
Funzioni amministrative.
1. Le funzioni amministrative in materia di caccia, salvo quelle espressamente riservate dalla presente legge e dalla legge 11 febbraio 1992, n. 157, alla Regione, sono delegate alle Amministrazioni provinciali che le esercitano in conformità alle norme statali vigenti ed alla presente legge.
2. La Regione e le Province, per l'espletamento delle funzioni di propria competenza si avvalgono dei pareri del Comitato tecnico faunistico venatorio regionale e del Comitato tecnico faunistico venatorio provinciale della caccia, organi tecnici consultivi, da istituirsi entro sei mesi dall'approvazione della presente legge, e così costituiti:
a) Comitato tecnico faunistico venatorio regionale (C.T.F.V.R.).
1) dall'Assessore regionale alla caccia o suo delegato che la presiede;
2) dal dirigente del Settore regionale foreste, caccia e pesca;
3) dai Presidenti, o loro delegati, delle Amministrazioni provinciali della Campania;
4) da un rappresentante per ciascuna associazione venatoria riconosciuta a livello nazionale;
5) da tre rappresentanti delle organizzazioni sindacali e professionali agricole maggiormente rappresentative a livello nazionale ed operanti in Campania;
6) da un rappresentante per ciascun ente od associazione di protezione presente nel Comitato tecnico faunistico venatorio nazionale (C.T.F.V.N.) ed operanti in Campania;
7) da un rappresentante della Delegazione regionale dell'Ente nazionale per la cinofilia italiana (E.N.C.I.);
8) da un funzionario regionale del Servizio caccia e pesca con funzioni anche di segretario, designato dall'assessore regionale competente;
b) Comitato tecnico faunistico venatorio provinciale (C.T.F.V.P.)
1) dal Presidente dell'Amministrazione provinciale, o da un suo delegato, che la presiede;
2) dal dirigente dell'Ufficio provinciale caccia e pesca;
3) da un rappresentante per ciascuna associazione venatorio riconosciuta a livello nazionale ed operante in provincia;
4) da un rappresentante per ciascun Ente od associazione di protezione presente nel C.T.F.V.N. ed operante a livello provinciale;
5) da tre rappresentanti delle organizzazioni sindacali e professionali agricole maggiormente rappresentative in campo nazionale ed operanti a livello provinciale;
6) da un rappresentante della Delegazione provinciale dell'Ente nazionale per la Cinofilia Italiana (E.N.C.I.);
7) da un funzionario regionale del Settore foreste, caccia e pesca designato dall'assessore regionale competente;
8) da un funzionario regionale del Settore tecnico amministrativo provinciale dell'agricoltura designato dall'assessore al ramo;
9) da un dipendente dell'Amministrazione provinciale del Settore competente con funzione anche di segretario.
3. I componenti dei Comitati durano in carica 5 anni e sono riconfermabili.
4. La Regione e le Province, nell'espletamento delle funzioni legislative ed amministrative, possono avvalersi della collaborazione dell'Istituto nazionale della fauna selvatica, dei dipartimenti scientifici delle Università, di altri enti ed istituti pubblici specializzati nonché delle Associazioni venatorie e di protezione ambientale riconosciute a livello nazionale.
5. Il Comitato regionale sarà convocato almeno ogni sei mesi ed ogni qualvolta lo richiede la maggioranza dei componenti o il Presidente.
6. Il Comitato provinciale viene convocato almeno ogni tre mesi e qualora lo richieda la maggioranza dei componenti o il Presidente.
7. La Giunta regionale esercita i poteri di iniziativa e di vigilanza in ordine all'esercizio dei poteri delegati.
8. In caso di accertata inerzia od inosservanza delle direttive impartite la Giunta regionale può sostituirsi all'Ente delegato nel compimento degli atti o revocare provvedimenti adottati.
9. Ai componenti i Comitati tecnici di cui al presente articolo compete una indennità pari a quella prevista all'art. 35 - comma 9 - della presente legge. La Giunta regionale, annualmente, utilizzando parte dei fondi di cui al successivo art. 40 - lettera d), provvederà al pagamento delle indennità di propria competenza e fornirà alle Province i mezzi per il funzionamento di comitati e commissioni a carattere provinciale.
Art. 10
Pianificazione faunistico venatoria. Strumenti di attuazione (2).
1. Gli obiettivi di cui al precedente art. 1 saranno perseguiti mediante:
a) la destinazione di una quota di territorio agro-silvo-pastorale regionale, compresa tra il 20 ed il 30%, a protezione della fauna selvatica. In detta percentuale sono compresi i territori ove sia comunque vietata l'attività venatoria anche per effetto di altre leggi o disposizioni. Si intende per protezione il divieto di abbattimento e cattura a fini venatori accompagnata da provvedimenti atti ad agevolare la sosta della fauna, la riproduzione e la cura della prole;
b) la destinazione di una quota massima del 15% del territorio agro-silvo-pastorale regionale all'istituzione di strutture per la gestione privata della caccia;
c) la destinazione della rimanente parte del territorio agro-silvo-pastorale regionale, ivi comprese le aree contigue dei parchi nazionali e regionali, a forme di gestione programmata della caccia previste dall'art. 36 e seguenti della presente legge.
2. La quota del 15% di territorio da destinare a gestione privata va sottratta alla gestione programmata man mano che vengono autorizzate ed istituite strutture private di gestione dell'attività.
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(2) Vedi la Delib.C.R. 15 novembre 1999, n. 47/23 e la Delib.G.R. 6 agosto 1999, n. 58.
Art. 11
Piano faunistico (3).
1. Le Province, previo parere dei Comitati tecnici di cui all'art. 9, entro sei mesi dall'entrata in vigore della presente legge, predispongono, articolandoli per ambiti omogenei, piani faunistico-venatori tenendo conto di quanto previsto dall'art. 10.
2. I piani comprendono indicazioni e perimetrazioni di massima dove potranno essere istituite:
a) oasi di protezione, destinate al rifugio, alla sosta ed alla riproduzione della fauna selvatica;
b) zone di ripopolamento e cattura, destinate alla riproduzione della fauna selvatica allo stato naturale, alla cattura della stessa per l'immissione sul territorio in tempi e condizioni utili all'ambientamento e fino alla ricostituzione ed alla stabilizzazione della densità faunistica ottimale per il territorio;
c) centri pubblici di produzione della fauna selvatica allo stato naturale o intensivo;
d) centri privati di produzione di selvaggina anche allo stato naturale, organizzati in forma di azienda agricola, singola, consortile o cooperativa, ove è vietato l'esercizio dell'attività venatoria;
e) zone e relativi periodi per l'addestramento, l'allenamento e le gare dei cani su fauna selvatica naturale senza l'abbattimento del selvatico;
f) zone e periodi per l'addestramento, l'allenamento e le gare di cani con l'abbattimento esclusivo di fauna di allevamento appartenente a specie cacciabili;
g) zone in cui sono collocabili gli appostamenti fissi;
h) valichi montani interessati dalle rotte di migrazione;
i) il piano dovrà inoltre prevedere i criteri per la determinazione del risarcimento in favore dei conduttori di fondi rustici per i danni arrecati dalla fauna selvatica alle produzioni agricole e le forme di collaborazione ed incentivazione per la migliore gestione delle strutture di cui ai punti a), b) e c) del presente articolo ai fini del ripristino degli habitat naturali ed all'incremento della fauna;
l) i piani di ripopolamento di fauna selvatica anche tramite la cattura di soggetti, geneticamente compatibili, presenti in soprannumero in altri ambiti faunistici.
3. La Giunta regionale, sulla base anche dei criteri forniti dai Ministeri competenti ai sensi del comma 11, art. 10 della legge 11 febbraio 1992, n. 157, attua il coordinamento dei piani faunistici provinciali nonché, in caso di inadempienza, esercita i poteri sostitutivi di cui al comma 10 dello stesso art. 10 della legge 11 febbraio 1992, n. 157, e, sentito il C.T.F.V.R. di cui al precedente art. 9, propone al Consiglio regionale il Piano faunistico regionale.
4. La Giunta regionale, con proprio atto, determina i criteri per la costituzione di aziende faunistico-venatorie, di aziende agri-turistico-venatorie, di centri pubblici e privati di produzione della fauna selvatica allo stato naturale (4).
5. Il piano faunistico-venatorio regionale viene approvato dal Consiglio regionale previo parere della Commissione Consiliare competente ed ha validità decennale.
6. Con le stesse modalità vengono approvate varianti, integrazioni e modifiche al piano decennale.
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(3) Vedi la Delib.C.R. 15 novembre 1999, n. 47/23 e la Delib.G.R. 6 agosto 1999, n. 58.
(4) Vedi, al riguardo, la Delib.G.R. 23 maggio 2003, n. 1933, resa esecutiva con D.P.G.R. 22 settembre 2003, n. 625.
Art. 12
Oasi di protezione e zone di ripopolamento e cattura.
1. Le oasi di protezione sono istituite dalla Provincia sentito il C.T.F.V.P.
2. Le oasi di protezione sono finalizzate ad assicurare la sopravvivenza di specie faunistiche in diminuzione, a consentire la sosta e la riproduzione della fauna selvatica, con particolare riferimento alla fauna migratoria, a garantire l'integrità ambientale dei territori di particolare valore naturalistico anche al fine di preservare il flusso delle correnti migratorie.
3. Le zone di ripopolamento e cattura, istituite con le modalità di cui al punto 1) per la durata minima di cinque anni, sono destinate a consentire la riproduzione della fauna selvatica allo stato naturale ed alla cattura della stessa per l'immissione nei terreni liberi o nelle strutture di nuova istituzione.
4. La deliberazione che determina i confini delle strutture deve essere notificata ai proprietari ed ai conduttori dei fondi interessati mediante affissione all'albo pretorio dei comuni territorialmente interessati. Avverso tale deliberazione i proprietari o i conduttori dei fondi, entro 60 giorni dalla notifica, possono produrre opposizione motivata, in carta semplice ed esente da oneri fiscali. Qualora le opposizioni riguardino almeno il 40% del territorio da vincolare la struttura non può essere istituita. Nelle zone non vincolate a seguito delle opposizioni dei proprietari resta vietata ogni attività venatoria e le Province possono destinare le predette zone ad altro uso nell'ambito della pianificazione faunistico-venatoria.
5. La gestione delle oasi può essere affidata dalla Provincia, mediante convenzioni, ad associazioni ambientaliste presenti nel C.T.F.V.P.; la gestione delle zone di ripopolamento e cattura può essere affidata dalla Provincia ad una o più associazioni venatorie presenti nel C.T.F.V.P. Le Province possono richiedere altresì consulenze specialistiche ai Dipartimenti di zoologia delle Università. Le convenzioni saranno stipulate con modalità stabilite dalla Giunta regionale e saranno operative ad acquisizione del parere favorevole del competente Settore regionale.
6. Il territorio adibito a protezione della fauna selvatica di cui al 3° comma dell'art. 10 della legge 11 febbraio 1992, n. 157 deve essere delimitato preferibilmente da confini naturali o strade e tabellato perimetralmente. Le tabelle debbono essere visibili contiguamente.
7. Le strutture anzidette possono essere revocate dalla Giunta regionale, sentito il C.T.F.V.R., qualora vengano meno i motivi che ne determinarono l'istituzione.
8. Qualora ricorrano eccezionali e particolari necessità ambientali e faunistiche, anche al fine di raggiungere la percentuale di territorio da destinare a protezione ai sensi del precedente art. 10, la Regione, sentito il C.T.F.V.R., con delibera della Giunta regionale può istituire coattivamente zone di ripopolamento e cattura.
9. Nelle zone di ripopolamento e cattura l'associazione che stipula la convenzione per la gestione può, sentito il C.T.F.V.R., autorizzare gare cinofile con divieto assoluto di abbattimento di fauna di qualsiasi tipo e a condizione che non si arrechi danno alle produzioni agricole.
Art. 13
Centri pubblici di produzione della selvaggina.
1. I centri Pubblici di produzione della selvaggina hanno lo scopo di produrre selvaggina sia allo stato naturale che in cattività e sono istituiti prevalentemente su terreni di proprietà di enti pubblici. Tali centri possono essere regionali, provinciali e comprensoriali.
a) La Regione può istituire centri pubblici di produzione della selvaggina allo stato naturale utilizzando proprietà demaniali regionali o comunali o anche proprietà private che abbiano i requisiti necessari previo assenso del proprietario. Hanno lo scopo di produrre selvaggina allo stato naturale, con particolare riferimento agli ungulati, in forma-estensiva e possono attrezzarsi anche per la produzione intensiva di altre specie di piccola mole. La gestione dei medesimi è affidata al Settore tecnico amministrativo provinciale delle foreste competente, di intesa con il Settore foreste caccia e pesca. I relativi programmi di intervento, vengono approvati e finanziati dalla Giunta regionale sentito il Comitato tecnico regionale;
b) Le Amministrazioni provinciali possono istituire "Centri Pubblici provinciali di produzione della selvaggina allo stato naturale" utilizzando proprietà demaniali provinciali o comunali concessi in uso dall'ente proprietario. I centri provinciali hanno gli stessi scopi di quelli regionali, sono gestiti direttamente dalle Province che attuano i programmi di gestione sentito il proprio Comitato tecnico faunistico venatorio provinciale.
c) I Comuni singoli o associati possono richiedere la istituzione di "Centri Pubblici comprensoriali di produzione della selvaggina allo stato naturale". Detti centri hanno le stesse finalità dei centri regionali e provinciali. Il programma di gestione, redatto annualmente, deve essere preventivamente approvato dall'Amministrazione provinciale competente per territorio.
2. L'istituzione dei Centri pubblici di produzione della Selvaggina allo stato naturale è demandata alla Regione Campania che vi provvede con delibera della Giunta regionale.
3. Il prodotto dei Centri pubblici di produzione della selvaggina allo stato naturale è destinato di norma ai ripopolamenti invernali. L'eventuale eccedenza di produzione ed i capi ottenuti in produzione intensiva possono essere venduti ad enti o privati, a prezzo di mercato, per l'utilizzo nelle aziende faunistiche o nelle aziende agri-turistico-venatorie di cui al successivo art. 23, per scopo alimentare o per la caccia di selezione a pagamento da disciplinare con apposito provvedimento.
Art. 14
Allevamenti privati.
1. Gli allevamenti privati di specie cacciabili possono essere a scopo di ripopolamento, alimentare, amatoriale, ornamentale o per la cessione quali richiami vivi per la caccia da appostamento. Inoltre possono essere allo stato naturale o di tipo intensivo:
a) Centri privati di produzione della selvaggina allo stato naturale a scopo di ripopolamento o alimentare. La Giunta regionale, con decreto del Presidente, sentito il Comitato tecnico faunistico venatorio regionale può autorizzare l'istituzione di centri privati di produzione della selvaggina allo stato naturale con esclusione nell'impianto di qualsiasi attività venatoria. Nel caso in cui l'allevamento sia gestito da impresa agricola singola, consortile o cooperativa, con una superficie minima di 150 ettari in zone riconosciute svantaggiate ai fini dell'agricoltura, con il decreto di concessione, è possibile consentire al titolare ed a persone dallo stesso incaricate, nel rispetto delle norme della presente legge e della legge 11 febbraio 1992, n. 157, il prelievo di mammiferi ed uccelli in stato di cattività con i mezzi di cui al successivo articolo 20. La concessione è subordinata al pagamento di una tassa di concessione regionale annuale di L. 539.000 ed alla osservanza di un apposito disciplinare contenente le modalità di esercizio dell'attività che sarà emanato, con il decreto di concessione, dal Presidente della Giunta regionale. La selvaggina prodotta potrà essere venduta previa autorizzazione del Presidente dell'Amministrazione provinciale che può esercitare il diritto di prelazione al prezzo corrente di mercato. L'inosservanza del disciplinare comporta l'immediata revoca della concessione;
b) Centri privati di produzione della selvaggina a scopo ripopolamento di tipo intensivo. I centri sono autorizzati con decreto del Presidente della Giunta regionale, assentito il Comitato tecnico faunistico venatorio regionale, previa approvazione del progetto di impianto da parte dell'I.N.F.S. I centri sono soggetti ad una tassa di concessione regionale annuale di L. 539.000.= Il mancato pagamento comporta la revoca della concessione;
c) I Centri privati di allevamento a scopo alimentare, amatoriale o ornamentale sono a carattere familiare o industriale:
1) Allevamenti di ungulati, conigli selvatici, lepri, galliformi e anatidi a scopo alimentare, a carattere familiare. Fanno parte di questa categoria gli allevamenti che presentano le seguenti caratteristiche:
- cinghiali per un numero complessivo non superiore a 5 capi. Per il conteggio del numero dei capi non vengono considerati i soggetti nati nell'anno;
- conigli selvatici non più di 70 capi, non vengono considerati i soggetti di età inferiore a 60 gg.;
- fagiani non più di 50 capi;
- lepri non più di 10 capi non considerando nel numero i soggetti fino a tre mesi;
- quaglie non più di 100 capi;
- germano reale non più di 25 capi.
L'autorizzazione viene rilasciata dall'assessore regionale competente a persona nominativamente indicata;
2) Allevamenti a scopo alimentare e amatoriale che rivestono carattere industriale. Rientrano nella suddetta categoria gli allevamenti che prevedono un numero di capi superiore a quello massimo previsto per gli allevamenti di cui al precedente punto 1. L'autorizzazione viene rilasciata dalla Giunta regionale previa presentazione da parte dell'interessato, al Settore foreste caccia e pesca, di istanza corredata della seguente documentazione:
- titolo di possesso del fondo da utilizzare per l'allevamento con allegato estratto di mappa;
- dettagliata relazione tecnico-economica;
- grafici delle strutture dell'allevamento da realizzare vistati dall'Ufficio sanitario competente per Comune e relativo computo metrico estimativo;
- licenza edilizia ove le strutture da realizzare lo richiedano. L'autorizzazione di cui al presente punto è soggetta a tassa di concessione regionale di importo pari alla tassa di cui al comma 1 lett. b) del presente articolo.
3) Allevamenti a scopo ornamentale o amatoriale di fauna autoctona od esotica:
A) La Giunta regionale, con atto deliberativo, autorizza gli allevamenti di mammiferi ed uccelli appartenenti alla fauna autoctona od esotica a scopo ornamentale ed amatoriale;
B) I permessi ed autorizzazioni di cui al punto precedente vengono rilasciati a persone nominativamente indicate;
C) Le attività amatoriali di ornicultura e relative alla nidificazione ed all'allevamento in cattività, nonché alla creazione di ibridi, possono essere svolte esclusivamente con i soggetti appartenenti alle famiglie dei fringillidi, dei passeridi, degli emberizidi e dei fasianidi;
D) Le autorizzazioni di cui al punto C) sono rilasciate dal Presidente dell'Amministrazione provinciale competente;
E) I soggetti ottenuti dagli allevamenti debbono essere muniti di anelli inamovibili riportanti l'anno di nascita, il numero progressivo del soggetto e la matricola dell'allevatore;
F) L'allevatore è tenuto, altresì, a denunciare alla Provincia, entro il mese di dicembre di ogni anno, i soggetti nati nel proprio allevamento nel corso dell'anno indicando i dati riportati sui singoli anelli dei soggetti; è inoltre tenuto a compilare un registro personale dove devono essere indicati tutti i soggetti presenti nell'allevamento. Eventuali nuovi acquisti o scambi devono essere denunciati entro tre giorni all'Amministrazione provinciale;
G) In occasione della prima denuncia gli allevatori sono tenuti ad indicare i numeri degli anelli apposti ai soggetti in loro possesso alla data dell'entrata in vigore della presente legge;
H) Le Amministrazioni provinciali istituiranno un registro contenente i dati di ogni allevatore autorizzato;
I) Le Amministrazioni provinciali autorizzeranno le manifestazioni ornitologiche nelle quali potranno essere esposti esclusivamente soggetti compresi nelle denunce di cui ai commi precedenti.
4) La mancata osservanza delle norme di cui alla presente lett. C) comporta le sanzioni stabilite dal successivo articolo 32 comma 1 lett c) e l'immediata revoca dell'autorizzazione.
2. Ai titolari dei centri di cui alle lettere A) e B) possono essere concessi contributi fino al 30% della spesa, elevabile al 50% nei territori montani o ad agricoltura svantaggiata, per l'acquisto di riproduttori, attrezzature e per la realizzazione dell'impianto. All'approvazione dei progetti ed alla concessione del contributo provvede la Giunta regionale con proprie deliberazioni. Alla liquidazione del contributo ed al pagamento si provvede con Decreto del Presidente della Giunta regionale previo accertamento di regolare esecuzione degli stati di avanzamento e dello stato finale effettuato da personale del Settore foreste caccia e pesca regionale, ai sensi della legge regionale 31 ottobre 1978, n. 51.
Art. 15
Zone di addestramento cani e campi di gare.
1. Le Province, su richiesta delle Associazioni venatorie e cinofili ovvero di imprenditori agricoli singoli o associati, istituiscono, su terreni incolti o ad agricoltura svantaggiata, zone destinate all'addestramento, l'allenamento dei cani da caccia ed allo svolgimento delle gare e prove cinofili.
2. Le zone di addestramento cani già esistenti possono continuare l'attività, previa istanza da presentare all'Amministrazione provinciale competente per territorio entro e non oltre quattro mesi dall'entrata in vigore della presente legge.
3. Le Province, su richiesta delle categorie di cui al punto 1., istituiscono zone per l'addestramento, l'allenamento e le gare dei cani da caccia in cui è consentito l'abbattimento di fauna selvatica di allevamento. La concessione o revoca viene effettuata dalla Giunta provinciale.
4. Le zone di addestramento cani di cui al punto 1. non potranno avere una superficie inferiore a 100 ettari e potranno anche essere confinanti con le oasi di protezione naturale o con le zone di ripopolamento e cattura o con i parchi e riserve naturali:
a) La concessione viene rilasciata dal Presidente dell'Amministrazione provinciale e potrà essere richiesta preferibilmente dalle Associazioni venatorie e cinofili a livello provinciale ed in misura non superiore ad una unità per associazione o gruppo cinofilo affiliato all'Ente nazionale dei cinofili Italiani;
b) alla domanda di concessione dovrà essere allegata una planimetria dei terreni e l'assenso dei proprietari;
c) alle zone, di cui al comma 1 del presente articolo, dovrà essere consentito il libero accesso a tutti i richiedenti a parità di diritti e di obblighi e potrà essere richiesto il pagamento di un biglietto di ingresso giornaliero;
d) Nelle predette zone l'addestramento e le gare dei cani sono vietati dal 1° maggio al 31 luglio;
e) Le gare e l'addestramento dei cani dovranno essere effettuate sotto la sorveglianza di apposito personale, a cura dell'associazione od ente gestore, che assicurerà l'incolumità della selvaggina;
f) nel decreto di concessione dovranno essere indicate le specie ed il numero dei capi di selvaggina che periodicamente dovranno essere immessi nella struttura a cura del concessionario.
5. Le zone per addestramento cani con abbattimento di selvaggina di allevamento appartenente alle specie cacciabili di cui al punto 3, dovranno essere istituite in località distanti almeno 150 metri dai centri abitati e da importanti vie di comunicazione e 500 metri dalle strutture faunistiche di cui alle lettere a), b), c), d), e), g), ed h) del precedente articolo 11 e dalle aree protette di cui alla legge 6 dicembre 1991, n. 394:
a) tali zone dovranno essere appositamente tabellate con vistose indicazioni a cura del concessionario e non potranno avere una superficie superiore a 15 ettari né inferiore a 3 ettari;
b) in ciascuna Provincia il numero delle zone di cui al comma precedente, è di una per ogni Associazione venatoria e cinofila aumentato di una unità per ogni duemila tesserati;
c) l'esercizio dell'attività su esclusiva selvaggina di allevamento appartenente alle specie cacciabili è consentito nei modi e tempi disciplinati con apposito provvedimento della Giunta regionale da adottare entro sei mesi dall'entrata in vigore della presente legge (5);
d) la concessione viene rilasciata dal Presidente della Giunta provinciale. Alla richiesta dovrà essere allegata una planimetria del terreno e l'assenso dei proprietari dei terreni oggetto della concessione;
e) la mancata osservanza delle disposizioni contenute nel presente articolo comporta la revoca immediata della concessione.
6. Le Province possono autorizzare nei territori previsti dalla presente legge, le rappresentanze provinciali dell'Ente nazionale per la cinofilia italiana ad effettuare prove attitudinali sui selvatici di allevamento previo assenso dei proprietari e conduttori dei fondi territorialmente interessati.
7. Le Province possono altresì autorizzare le Associazioni venatorie e cinofili ad istituire zone per l'addestramento e l'allenamento dei cani da seguita, purché recintati con rete metallica di maglia non superiore a cm. 4x4 e di altezza non inferiore a m. 1,5 (6).
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(5) Vedi, al riguardo, la Delib.G.R. 23 maggio 2003, n. 1932, resa esecutiva con D.P.G.R. 22 settembre 2003, n. 627.
(6) Vedi, anche, la Delib.G.R. 23 maggio 2003, n. 1932, resa esecutiva con D.P.G.R. 22 settembre 2003, n. 627.
Art. 16
Specie cacciabili e periodi di attività venatoria.
1. Ai fini dell'esercizio venatorio è consentito abbattere esemplari di fauna selvatica appartenenti alle seguenti specie e per i periodi sottoindicati:
a) specie cacciabili dal 1° settembre al 31 dicembre: quaglia (Coturnix coturnix), tortora (Streptopeia turtur), merlo (Turdus merula), allodola (Alauda arvensis), starna (Perdix perdix), pernice rossa (Alectoris rufa), coniglio selvatico (Oryctolagus cuniculus), lepre comune (Lepus europaeus), fagiano (Phasianus colchicus) (7);
b) specie cacciabili dalla terza domenica di settembre al 28 febbraio: storno (Sturnus vulgaris), cesena (Turdus pilaris), tordo bottaccio (Turdus philomelos), tordo sassello (Turdus iliacus), germano reale (Anas platyrhynchos), folaga (Fulica atra), gallinella d'acqua (Gallinula chloropus), alzavola (Anas crecca), canapiglia (Anas stepera), porciglione (Rallus aquaticus), fischione (Anas penepole), codone (Anas acuta), marzaiola (Anas querquedula), mestolone (Anas clypeata), moriglione (Aythya ferina), moretta (Aythya fuligula), beccaccino (Gallinago gallinago), colombaccio (Columba palumbus), frullino (Lymnocryptes minimus), beccaccia (Scolopax rusticola), taccola (Corvus monedula), pavoncella (Vanellus vanellus), cornacchia grigia (Corvus corone cornix), corvo (Corvus frugilegus), cornacchia nera (Corvus corone), ghiandaia (Garrulus glandarius), gazza (Pica pica) e volpe (Vulpes vulpes) (8);
c) specie cacciabili dal 1° ottobre al 30 novembre: coturnice (Alectoris gaeca), capriolo (Capreolus capreolus), cervo (Cervus elaphus), daino (Dama dama) (9);
d) specie cacciabili dal 1° ottobre al 31 dicembre oppure dal 1° novembre al 31 gennaio: cinghiale (Sus scrofa).
2. La Giunta regionale, con l'emanazione del calendario venatorio di cui al successivo art. 24 può prevedere l'esclusione di alcune specie qualora se ne ravvisi la necessità ai sensi del successivo art. 17.
3. I termini di cui al comma 1) sono modificati in sede di emanazione del calendario venatorio per determinate specie in relazione alle situazioni ambientali delle diverse realtà territoriali. La Giunta regionale autorizza le modifiche sentito l'I.N.F.S. I termini restano comunque compresi tra il 1° settembre ed il 28 febbraio nel rispetto dell'arco temporale massimo indicato al comma 1. L'autorizzazione regionale è condizionata alla preventiva predisposizione dei piani faunistici venatori (10).
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(7) Lettera così modificata dall'art. 49, comma 1, lettere a), b) ed e), L.R. 26 luglio 2002, n. 15.
(8) Lettera così modificata dall'art. 49, comma 1, lettere c) ed f), L.R. 26 luglio 2002, n. 15. Successivamente la Corte costituzionale, con sentenza 2-15 ottobre 2003, n. 311 (Gazz. Uff. 22 ottobre 2003, n. 42, prima serie speciale), ha dichiarato l'illegittimità costituzionale della suddetta lettera f), la quale ha sostituito l'originario termine del 31 gennaio con quello del 28 febbraio (qui indicato); in conseguenza di detta sentenza è ripristinato il termine originario e la modifica apportata dalla indicata lettera f) risulta priva di efficacia.
(9) Lettera così modificata dall'art. 49, comma 1, lettera d), L.R. 26 luglio 2002, n. 15.
(10) Comma così modificato dall'art. 49, comma 1, lettera g), L.R. 26 luglio 2002, n. 15.
Art. 17
Controllo della fauna selvatica.
1. La Giunta regionale, per ragioni connesse alla consistenza faunistica o per sopravvenute particolari condizioni ambientali, stagionali o climatiche o per malattie o altre calamità, può vietare o ridurre, per periodi prestabiliti, la caccia a determinate specie di fauna selvatica di cui all'art. 16.
2. La Giunta regionale, per la migliore gestione del patrimonio zootecnico, per la tutela del suolo, per motivi sanitari, per la selezione biologica, per la tutela del patrimonio storico-artistico, per la tutela delle produzioni zoo-agro-forestali ed ittiche, dispone il controllo delle specie di fauna selvatica anche nelle zone vietate alla caccia di cui al precedente art. 11 lett. a), b) e c). Tale controllo, esercitato selettivamente, viene praticato di norma mediante l'utilizzo di metodi ecologici su parere dell'I.N.F.S.. Qualora l'Istituto verifichi l'inefficacia dei predetti metodi, la Giunta regionale può autorizzare piani di abbattimento. Tali piani devono essere attuati dalle guardie venatorie dipendenti dalle Province. Queste ultime possono avvalersi dei proprietari o conduttori dei fondi sui quali si attuano i piani medesimi o di altre persone, purché tutti muniti di licenza per l'esercizio venatorio, nonché delle guardie forestali, delle guardie comunali e delle guardie venatorie volontarie delle Associazioni, tutti muniti di licenza per l'esercizio venatorio.
3. Nel caso che il controllo della fauna selvatica sia effettuato nei parchi naturali regionali e nelle riserve naturali regionali per ricomporre squilibri ecologici, lo stesso deve essere attuato dal personale dipendente del parco, munito di licenza per l'esercizio venatorio ed in mancanza od insufficienza con le modalità di cui al comma precedente d'intesa con l'Ente gestore della struttura nel rispetto dei principi di cui agli artt. 11 - 4° comma - e 22 - 6° comma della legge 6 dicembre 1991, n. 394.
4. La Giunta regionale, per comprovate ragioni di protezione dei fondi coltivati e degli allevamenti da forme inselvatichite di specie domestiche, può autorizzare, su proposta delle organizzazioni professionali agricole maggiormente rappresentative a livello nazionale tramite le loro strutture regionali, piani di abbattimento attuati dalle guardie venatorie dipendenti dalle Province con la collaborazione dei proprietari o conduttori dei fondi su cui si attuano i piani medesimi se questi ultimi sono muniti di licenza per l'esercizio venatorio.
Art. 18
Introduzione di fauna selvatica dall'estero.
1. È vietato introdurre nel territorio della Regione Campania fauna selvatica viva proveniente dall'estero senza la preventiva autorizzazione del Ministero delle risorse agricole, alimentari e forestali rilasciata previo parere dell'I.N.F.S.
2. L'introduzione di selvaggina dall'estero è comunque regolamentata dall'art. 20 della legge 11 febbraio 1992, n. 157.
Art. 19
Esercizio dell'attività venatoria.
1. L'esercizio dell'attività venatoria è consentito, purché non contrasti con l'esigenza di conservazione della fauna selvatica e non arrechi danno effettivo alle produzioni agricole.
2. Costituisce esercizio venatorio ogni atto diretto all'abbattimento o alla cattura di fauna selvatica mediante l'impiego dei mezzi di cui al successivo articolo 20.
3. È considerato, altresì, esercizio venatorio il vagare o il soffermarsi con i mezzi destinati a tale scopo o in attitudine di ricerca della fauna selvatica o di attesa della medesima per abbatterla.
4. Ogni altro modo di abbattimento è vietato, salvo che non avvenga per caso fortuito o per forza maggiore.
5. La fauna selvatica abbattuta durante l'esercizio venatorio, nel rispetto delle disposizioni della presente legge, appartiene a colui che l'ha cacciata.
6. L'attività venatoria può essere esercitata da chi abbia compiuto il diciottesimo anno di età e sia munito della licenza di porto di fucile per uso di caccia, di polizza assicurativa per la responsabilità civile verso terzi derivante dall'uso delle armi o degli arnesi utili all'attività venatoria, con massimale di lire un miliardo per ogni sinistro, di cui lire 750 milioni per ogni persona danneggiata e lire 250 milioni per danni ad animali ed a cose, nonché di polizza assicurativa per infortuni correlata all'esercizio dell'attività venatoria, con massimale di lire 100 milioni per morte o invalidità permanente.
7. In caso di sinistro colui che ha subito il danno può procedere ad azione diretta nei confronti della compagnia di assicurazione presso la quale colui che ha causato il danno ha contratto la relativa polizza.
8. Ai fini dell'esercizio dell'attività venatoria è altresì necessario il possesso di un apposito tesserino predisposto dalla Regione Campania e distribuito gratuitamente dai Comuni ai richiedenti iscritti nella propria anagrafe, previa consegna della ricevuta di versamento della tassa di concessione regionale di cui all'art. 38 della presente legge da effettuare su appositi modelli predisposti dalla Regione. La tassa è dovuta anche dai residenti nei Parchi nazionali e regionali.
9. Nei Comuni capoluogo di Provincia il tesserino sarà distribuito dalle Amministrazioni provinciali a mezzo dei propri uffici.
10. Il tesserino dovrà contenere le generalità complete del titolare, il numero della licenza di caccia, le norme inerenti il calendario regionale e gli ambiti territoriali di caccia ove è consentita l'attività venatoria.
11. Per l'esercizio dell'attività venatoria in regioni diverse da quella di residenza è necessario che, a cura di quest'ultima, vengano apposte sul predetto tesserino le indicazioni sopramenzionate.
Art. 20
Mezzi per l'esercizio dell'attività venatoria.
1. L'attività venatoria è consentita con l'uso del fucile con canna ad anima liscia fino a due colpi, a ripetizione e semiautomatico, limitato con apposito accorgimento tecnico fisso a contenere nel serbatoio non più di due cartucce, di calibro non superiore al 12, nonché con fucile con canna ad anima rigata a caricamento singolo manuale o a ripetizione semiautomatica di calibro non inferiore a millimetri 5,6 con bossolo a vuoto di altezza non inferiore a millimetri 40.
2. È consentito, altresì, l'uso del fucile a due o tre canne (combinato), di cui una o due ad anima liscia di calibro non superiore al 12 ed una o due ad anima rigata di calibro non inferiore a millimetri 5,6, nonché l'uso dell'arco e del falco.
3. I bossoli delle cartucce devono essere recuperati dal cacciatore e non lasciati sul luogo di caccia.
4. Sono vietati tutte le armi e tutti i mezzi per l'esercizio venatorio non esplicitamente ammessi dal presente articolo.
5. Il titolare della licenza di porto di fucile anche per uso di caccia è autorizzato, per l'esercizio venatorio, a portare, oltre alle armi consentite, gli utensili da punta e da taglio atti alle esigenze venatorie.
6. La Giunta regionale con propria deliberazione provvederà ad emanare le norme di regolamentazione per la detenzione l'uso e l'addestramento dei falchi quali mezzi di caccia.
Art. 21
Fondi chiusi.
1. L'esercizio venatorio è vietato a chiunque nei fondi chiusi da muro o da rete metallica o da altra effettiva chiusura, di altezza non inferiore a metri 1,20, o da corsi o specchi d'acqua il cui letto abbia la profondità di almeno metri 1,50 e la larghezza di almeno 3 metri.
2. I fondi chiusi esistenti alla data di entrata in vigore della presente legge e quelli che si intenderà successivamente istituire devono essere notificati alle componenti Amministrazioni provinciali.
3. I proprietari o conduttori dei fondi di cui ai commi precedenti provvederanno ad apporre a loro carico adeguate tabellazioni, esenti da tasse, secondo le modalità della legge.
4. La superficie dei fondi di cui ai commi precedenti entra a far parte della quota dal 20 al 30 per cento a protezione della fauna selvatica ai sensi del precedente articolo 10, comma 1, lettera a).
Art. 22
Divieto di caccia nei terreni in attualità di coltivazione.
1. È vietato a chiunque l'esercizio venatorio in forma vagante e l'addestramento dei cani sui terreni in attualità di coltivazione, quali: i giardini, i vivai, le colture floreali, gli orti, i terreni con coltivazioni erbacee da seme, le colture cerealicole ed in particolare quelle a soia, a riso e a mais per la produzione di seme fino alla data del raccolto, le colture foraggere, le colture industriali, le sarchiate, dal momento della semina o del trapianto alla raccolta del prodotto, i prati artificiali e naturali nel periodo immediatamente precedente la falciatura, i terreni oggetto di rimboschimenti, i frutteti, i vigneti e gli uliveti specializzati fino alla data del raccolto, privi di colture intercalari.
2. L'esercizio venatorio in forma vagante è inoltre vietato sui terreni in attualità di coltivazione individuati dalla Regione Campania, sentite le organizzazioni professionali agricole maggiormente rappresentative a livello nazionale, tramite le loro strutture regionali, in relazione all'esigenza di protezione di altre colture specializzate o intensive.
3. I proprietari o conduttori dei terreni in attualità di coltivazione possono delimitare con apposite tabelle, esenti da tasse, secondo le modalità previste dalla legge, gli appezzamenti che intendono vietare alla caccia. Le tabelle saranno fornite gratuitamente dall'Amministrazione provinciale su richiesta, in carta legale, contenente gli estremi catastali e la coltura in atto sui terreni delimitati e i proprietari o conduttori dei terreni hanno l'obbligo della rimozione delle stesse dopo il raccolto.
4. La delimitazione va comunicata preventivamente all'Amministrazione provinciale competente per territorio.
Art. 23
Aziende faunistico-venatorie e aziende agri-turistico-venatorie
1. La Giunta regionale della Campania, su richiesta degli interessati e sentito l'Istituto nazionale per la fauna selvatica, autorizza con decreto del Presidente o dell'Assessore delegato, entro i termini del 12 per cento del proprio territorio agro-silvo-pastorale, l'istituzione di:
a) aziende faunistico-venatorie;
b) aziende agri-turistico-venatorie.
2. Le aziende faunistico-venatorie non hanno fini di lucro e sono soggette a tassa di concessione regionale. Queste hanno prevalenti finalità naturalistiche e faunistiche con particolare riferimento alla tipica fauna appenninica, alla grossa fauna europea e a quella acquatica; dette concessioni devono essere corredate da programmi di conservazione e di ripristino ambientale al fine di garantire l'obiettivo naturalistico e faunistico. In tali aziende la caccia è consentita nelle giornate indicate dal calendario venatorio secondo i piani di assestamento e di abbattimento. In ogni caso, nelle aziende faunistico-venatorie non è consentito immettere o liberare fauna selvatica posteriormente alla data del 31 agosto.
3. Le aziende agri-turistico-venatorie sono costituite ai fini di impresa agricola e sono soggette a tassa di concessione regionale. In tali aziende sono consentiti l'immissione e l'abbattimento per tutta la stagione venatoria di fauna selvatica di allevamento senza limitazione di capi.
4. Le aziende agri-turistico-venatorie devono:
a) essere situate nei territori di scarso rilievo faunistico;
b) coincidere preferibilmente con il territorio di una o più aziende agricole ricadenti in aree di agricoltura svantaggiata, ovvero dismesse da interventi agricoli ai sensi del citato regolamento C.E.E. n. 1094/88.
5. Le aziende agri-turistico-venatorie nelle zone umide e vallive possono essere autorizzate solo se comprendono bacini artificiali e fauna acquatica di allevamento, nel rispetto delle convenzioni internazionali.
6. L'esercizio dell'attività venatoria nelle aziende di cui al comma 1 del presente articolo è consentito nel rispetto delle norme della presente legge.
7. La vigilanza all'interno di tali aziende è affidata, oltre alle guardie previste dall'organismo di gestione, agli organi di cui al successivo art. 28.
8. La mancata osservanza delle norme di cui al presente articolo, comporta la revoca della concessione e le sanzioni stabilite dall'articolo 32, lettera d) fatti salvi gli altri divieti e sanzioni previste dalla presente legge.
9. La Giunta regionale, con propria deliberazione, stabilisce i criteri per il proseguimento dell'attività o la trasformazione delle aziende faunistiche esistenti nonché l'istituzione di nuove aziende faunistico-venatorie e di aziende agri-turistico-venatorie sempre nel rispetto del limite del 12% del territorio agro-silvo-pastorale regionale (11).
10. Le tasse di concessione regionale dovute dai concessionari delle Aziende di cui al presente articolo sono previste per le aziende faunistiche dal Decreto Legislativo 22 giugno 1991 n. 230 e successive modificazioni ed integrazioni.
11. La restante superficie del 3% di cui all'art. 10 lett. b) viene destinato alla istituzione di strutture previste dall'art. 11 lettere d), e) e f).
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(11) Vedi, al riguardo, la Delib.G.R. 23 maggio 2003, n. 1933, resa esecutiva con D.P.G.R. 22 settembre 2003, n. 625.
Art. 24
Calendario venatorio regionale.
1. La Giunta regionale, sentito l'I.N.F.S. ed il C.T.F.V.R. di cui al precedente art. 9 entro e non oltre il 15 giugno pubblica il calendario regionale ed il regolamento relativo all'intera annata venatoria, per i periodi e per le specie previste dall'articolo 16, con la indicazione del numero massimo dei capi da abbattere per ciascuna giornata di caccia (12).
2. Il numero delle giornate di caccia settimanali non può essere superiore a tre. La Giunta regionale può consentire la libera scelta del cacciatore con esclusione del martedì e del venerdì, nei quali giorni l'esercizio della caccia è in ogni caso sospeso. La caccia è consentita da un'ora prima del sorgere del sole fino al tramonto. La Giunta regionale, nell'emanazione del calendario venatorio, definisce l'ora legale dell'inizio e della fine della caccia.
3. Non è consentita la posta alla beccaccia né la caccia da appostamento, sotto qualsiasi forma, al beccaccino.
4. L'addestramento dei cani da ferma e da seguita è consentito, nei territori ove non sussista il divieto di caccia e non vi siano colture in atto, per 45 giorni nei due mesi precedenti il mese di apertura della caccia ad esclusione del martedì e venerdì.
5. La Giunta regionale, fermo restando il silenzio venatorio nei giorni di martedì e venerdì, sentito l'I.N.F.S., e tenuto conto delle consuetudini locali, può, in deroga a quanto stabilito al comma 2, regolamentare diversamente l'esercizio venatorio alla fauna selvatica migratoria nei periodi intercorrenti tra il 1° ottobre ed il 30 novembre.
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(12) Con Delib.G.R. 14 giugno 2000, n. 3480 è stato approvato il calendario venatorio per l'anno 2000/2001 e con Delib.G.R. 28 giugno 2001, n. 3043 è stato approvato lo stesso calendario per l'anno 2001-2002.
Art. 25
Divieti.
1. Oltre quanto previsto agli artt. 3 e 21 della legge 11 febbraio 1992, n. 157, è sempre vietato:
a) usare fonti luminose per la ricerca di fauna selvatica durante le ore notturne:
b) causare volontariamente la fuoriuscita di selvaggina da ambiti protetti;
c) l'addestramento e allevamento dei cani in periodi non previsti dal calendario venatorio o in zone non comprese da quelle previste da disposizioni delle Amministrazioni provinciali;
d) introdurre cani da caccia nelle oasi di protezione;
e) la caccia a distanza inferiore a 1000 metri da valichi montani o praticare la caccia vagante a meno di 150 metri di distanza da zone di ripopolamento e cattura, oasi di protezione, centri pubblici o privati di produzione della selvaggina allo stato naturale, campi di addestramento cani;
f) la bruciatura delle stoppie delle colture graminacee e leguminose, nonché prati, erbe palustri ed infestanti, anche nei terreni incolti, in tutto il territorio regionale dal 1° giugno al 20 settembre. Deroghe al periodo di divieto possono essere adottate dal Presidente della Provincia su motivata richiesta del Sindaco del Comune interessato. In caso di infrazione la responsabilità è del conduttore del fondo;
g) abbandonare e lasciare incustoditi i cani di qualsiasi razza. I cani trovati a vagare sul territorio utile alla caccia in tempo di divieto o sui terreni comunque vincolati a fini faunistici e venatori, devono essere catturati e, se non è possibile la cattura, allontanati;
h) usare, anche senza manifesta attitudine alla caccia, i richiami di cui all'art. 21, comma 1, lett. r) della legge 11 febbraio 1992, n. 157;
i) detenere e commerciare esemplari di mammiferi ed uccelli vivi o morti presi con mezzi non consentiti dalla presente legge;
l) cacciare nelle zone colpite in tutto o in parte da incendio per dodici mesi successivi all'incendio;
m) cacciare sulle spiagge, terre emerse, opere frangiflutti e altri manufatti fissi atti a limitare i flutti marini.
Art. 26
Risarcimento danni alle produzioni agricole.
1. Per far fronte ai danni non altrimenti risarcibili causati alle produzioni agricole dalla fauna selvatica, in particolare da quella protetta, e dall'attività venatoria è costituito un fondo regionale che annualmente la Giunta ripartirà tra le Amministrazioni provinciali in misura corrispondente alla percentuale di territorio agro-silvo-pastorale di ciascuna.
2. Alla costituzione del fondo di cui al comma 1) provvederà la Regione con la legge di approvazione del bilancio con l'istituzione di un apposito capitolo. Lo stanziamento sarà formato per il 50% con proventi della tassa di concessione regionale di cui all'art. 38 della presente legge e per il 50% da fondi propri della Regione.
3. In ciascuna Provincia viene costituito dalla Giunta provinciale un Comitato composto dall'assessore provinciale delegato alla materia che lo presiede, tre rappresentanti delle organizzazioni agricole maggiormente rappresentative a livello provinciale designati dalle organizzazioni di appartenenza; da un funzionario regionale del Settore tecnico amministrativo provinciale dell'agricoltura della provincia competente e da un funzionario del Settore foreste, caccia e pesca designati dall'assessore regionale delegato al ramo; da un dipendente dell'Ufficio caccia dell'Amministrazione provinciale, con funzione di segretario, designato dall'assessore provinciale delegato alla materia.
4. Il proprietario o il conduttore del fondo è tenuto a denunciare il danno, entro cinque giorni dall'evento, all'Ufficio caccia della Provincia il quale entro i successivi trenta giorni procederà agli accertamenti del caso anche mediante verifiche ed ispezioni sopralluogo. La denunzia del danno deve essere corredata di idonea documentazione che certifichi anche l'importo del danno subito.
5. Entro novanta giorni dal ricevimento della denunzia, previo esame della pratica da parte del Comitato di cui al comma 3), la Provincia comunica al danneggiato l'importo del danno accertato.
6. A fine esercizio finanziario e non oltre il mese di marzo dell'anno successivo a quello cui si riferisce, la Provincia provvederà al risarcimento del danno accertato nella misura del 100% dell'ammontare, o, compatibilmente con la disponibilità dei fondi stanziati dalla Regione, in percentuale inferiore in proporzione all'ammontare complessivo dei danni denunziati nell'anno.
7. I danni arrecati dalle specie selvatiche possono essere risarciti anche mediante polizze assicurative stipulate dalle Province o dagli organi di gestione degli Ambiti territoriali di caccia - A.T.C. - di cui all'art. 36.
8. Il risarcimento dei danni provocati nelle strutture faunistiche a gestione privata fanno carico ai rispettivi concessionari. Il risarcimento dei danni provocati negli A.T.C. sono accertati e risarciti dagli organi - di gestione degli stessi. La Provincia, obbligatoriamente informata per conoscenza, può disporre accertamenti a mezzo dei propri uffici tecnici.
Art. 27
Associazioni Venatorie.
1. Le Associazioni venatorie sono libere.
2. Le Associazioni venatorie sono quelle previste dall'art. 34 della legge 11 febbraio 1992, n. 157.
3. Le Associazioni venatorie riconosciute, oltre ai compiti loro affidati dalla legislazione nazionale vigente provvedono:
a) ad organizzare i cacciatori e a tutelare i loro interessi;
b) a promuovere e diffondere tra i cacciatori una conoscenza venatoria consapevole delle esigenze di difesa della fauna e degli ambienti naturali, anche a mezzo di adeguate iniziative ed interventi;
c) a collaborare nel campo tecnico organizzativo della caccia, con gli organi dello Stato e delle Regioni e con gli Enti da esse delegati, ai sensi del precedente articolo 9;
d) ad assistere gli organizzati con provvidenze tecniche;
e) a divulgare tra i cacciatori la conoscenza delle leggi che regolano l'esercizio venatorio, con particolare riguardo al corretto uso delle armi e al comportamento in territorio di caccia;
f) a proporre alle autorità di pubblica sicurezza il riconoscimento delle guardie volontarie venatorie;
g) a curare l'aggiornamento professionale delle predette guardie;
h) ad emanare sanzioni disciplinari nei confronti di loro iscritti che si sono resi responsabili di violazioni della presente legge.
4. La Regione e le Amministrazioni provinciali possono affidare, a mezzo di apposite convenzioni, alle Associazioni venatorie ed alle Associazioni protezionistiche riconosciute, i compiti di vigilanza in strutture faunistiche od in ambiti territoriali ben definiti.
5. Alla stipula delle convenzioni dovranno essere invitati tutti gli Enti o Associazioni di cui al comma precedente e gli incarichi saranno attribuiti a condizioni paritetiche purché sia garantita l'efficienza e la capacità.
Art. 28
Vigilanza venatoria.
1. La vigilanza sull'applicazione delle leggi venatorie è delegata alle Province che vi provvedono:
a) a mezzo dei propri agenti. A tali agenti è riconosciuta, ai sensi della legislazione vigente, la qualifica di agenti di polizia giudiziaria e di pubblica sicurezza. Detti agenti possono portare durante il servizio e per i compiti di istituto le armi da caccia di cui all'articolo 20, nonché armi con proiettile a narcotico. Le armi di cui sopra sono portate e detenute in conformità al regolamento di cui all'articolo 5, comma 5, della legge 7 marzo 1986, n. 65. Gli agenti di vigilanza dipendenti dalla Regione Campania svolgono le stesse mansioni e rivestono le stesse qualifiche degli agenti dipendenti dagli Enti delegati;
b) delle guardie volontarie delle Associazioni venatorie, agricole e di protezione ambientale nazionali presenti nel Comitato tecnico faunistico venatorio nazionale alle quali sia riconosciuta la qualifica di guardia giurata ai sensi del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, approvato con regio-decreto 18 giugno 1931, n. 773 alle quali è consentito portare durante il servizio le armi da caccia di cui all'art. 20 con munizione intera nonché utensili da punta e taglio atti alle esigenze di servizio.
2. La vigilanza di cui al comma 1 è, altresì, affidata agli ufficiali e guardie del Corpo forestale dello Stato, alle guardie addette a parchi nazionali e regionali, agli ufficiali ed agenti di polizia giudiziaria, alle guardie giurate comunali forestali e campestri ed alle guardie private riconosciute ai sensi del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza; è affidata altresì, alle guardie ecologiche e zoofile riconosciute da leggi regionali.
3. Gli agenti svolgono le proprie funzioni, di norma, nell'ambito della circoscrizione territoriale di competenza.
4. La qualifica di guardia volontaria può essere concessa, a norma del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, a cittadini in possesso di un attestato di idoneità rilasciato dalla Regione previo superamento di apposito esame. La Commissione regionale esaminatrice deve garantire la presenza tra loro paritaria di rappresentanti di Associazioni venatorie, agricole ed ambientaliste. Con provvedimento della Giunta regionale verrà disciplinato lo svolgimento e le materie degli esami.
5. Agli agenti di cui ai commi 1 e 2 con compiti di vigilanza è vietato l'esercizio venatorio nell'ambito del territorio in cui esercitano le funzioni. Alle guardie venatorie volontarie è vietato praticare la caccia durante l'esercizio delle loro funzioni.
6. La Regione Campania e le Amministrazioni provinciali organizzano corsi di formazione e di aggiornamento per le guardie venatorie volontarie. I corsi possono anche essere organizzati dalle Associazioni di cui al comma 1, lettera b), sotto il controllo della Regione.
7. Le Amministrazioni provinciali coordinano l'attività delle guardie volontarie delle Associazioni agricole, venatorie ed ambientaliste fornendo ogni tipo di assistenza e consulenza.
8. La Giunta regionale, può concedere ad Enti ed Associazioni venatorie, ad Enti ed Associazioni protezionistiche contributi fino al 50% della spesa per corsi di aggiornamento dei propri agenti di vigilanza.
9. La Commissione regionale di cui al precedente comma 4 è costituita da:
a) l'assessore regionale alla caccia, o suo delegato, che la presiede;
b) un esperto in discipline naturalistiche designato dal Dipartimento di zoologia dell'Università Federico II di Napoli;
c) un esperto in materie giuridiche designato dal Presidente della Giunta regionale;
d) da 2 dipendenti regionali con qualifica non inferiore a funzionario dell'Area G.C. sviluppo attività Settore Primario, di cui uno del Servizio caccia e pesca, designati dall'Assessore competente;
e) un componente in rappresentanza delle Associazioni venatorie designato dal C.T.F.V.R.;
f) un rappresentante delle organizzazioni professionali agricole designato dal C.T.F.V.R;
g) un rappresentante delle Associazioni protezionistiche designato dal C.T.F.V.R.;
h) un dipendente regionale - con funzione di segretario - designato dall'assessore regionale competente per la caccia.
10. La Commissione regionale, di cui al comma precedente è istituita con decreto del Presidente della Giunta regionale previa acquisizione delle designazioni come innanzi indicato.
11. La Commissione dura in carica tre anni ed i componenti possono essere riconfermati.
12. La Commissione si riunisce presso l'Assessorato all'Agricoltura ogni qualvolta vi siano almeno dodici richieste di esame. La domanda di partecipazione all'esame va inoltrata dall'Associazione cui l'aspirante agente appartiene al Settore regionale foreste caccia e pesca.
13. I cittadini in possesso, a norma del testo unico della legge di pubblica sicurezza, della qualifica di guardia venatoria volontaria, alla data di entrata in vigore della presente legge, non necessitano dell'attestato di idoneità di cui al precedente comma 4.
Art. 29
Poteri e compiti degli addetti alla vigilanza venatoria.
1. I soggetti preposti alla vigilanza venatoria ai sensi dell'articolo 28 possono chiedere a qualsiasi persona trovata in possesso di armi o arnesi atti alla caccia, in esercizio o attitudine di caccia, la esibizione della licenza di porto di fucile per uso di caccia, del tesserino di cui all'art. 16, del contrassegno della polizza di assicurazione nonché della fauna selvatica abbattuta o catturata.
2. Nei casi previsti dall'art. 30 della legge 11 febbraio 1992, n. 157, gli ufficiali ed agenti che esercitano funzioni di polizia giudiziaria procedono al sequestro delle armi, della fauna selvatica e dei mezzi di caccia, con esclusione del cane e dei richiami vivi autorizzati. In caso di condanna per le ipotesi di cui al medesimo art. 30, comma 1, lettere a), b), c), d), ed e), le armi e i suddetti mezzi sono in ogni caso confiscati. In tutti i casi previsti dagli articoli 31 e 32 della legge 11 febbraio 1992, n. 157, gli agenti di vigilanza redigono verbale e ne rilasciano copia al contravventore immediatamente. Ove ciò non sia possibile ne notificano copia al contravventore entro novanta giorni.
3. Quando è sequestrata fauna selvatica, viva o morta, gli ufficiali o agenti la consegnano all'Amministrazione provinciale competente la quale, nel caso di fauna viva provvede a liberarla in località adatta, ovvero qualora non risulti liberabile, la consegnano ad un Centro di recupero per la fauna selvatica che provvederà alla sua riabilitazione e cura ed alla successiva reintroduzione del suo ambiente naturale; in caso di fauna viva sequestrata in campagna e che risulti liberabile, la liberazione è effettuata sul posto dagli agenti accertatori. Nel caso di fauna morta l'Amministrazione provinciale provvede alla sua vendita tenendo la somma ricavata a disposizione della persona cui è contestata l'infrazione ove si accerti successivamente che l'illecito non sussiste; se, al contrario l'illecito sussiste, l'importo relativo deve essere versato su un conto corrente intestato a ciascuna Provincia.
4. Della consegna o della liberazione di cui al comma 3, gli ufficiali o agenti danno atto in apposito verbale nel quale sono descritte le specie e le condizioni degli esemplari sequestrati, e quant'altro possa avere rilievo ai fini penali.
5. Gli organi di vigilanza che esercitano funzioni di polizia giudiziaria, i quali accertino, anche a seguito di denunce, violazioni delle disposizioni sull'attività venatoria, redigono verbali conformi alla legislazione vigente, nei quali devono essere specificate tutte le circostanze del fatto e le eventuali osservazioni del contravventore, e li trasmettono all'ente da cui dipendono ed all'autorità competente ai sensi delle disposizioni vigenti. Gli agenti di vigilanza venatoria che non esercitano funzioni di polizia giudiziaria, qualora accertino infrazioni che prevedano il sequestro delle armi e dei mezzi di caccia e di uccellagione, danno immediata comunicazione anche alla Autorità di Pubblica Sicurezza interessata che provvederà al sequestro delle armi e dei mezzi di caccia, a norma dell'articolo 28 della legge 11 febbraio 1992, n. 157, e darà comunicazione dell'avvenuto sequestro all'Amministrazione provinciale.
6. Gli agenti venatori volontari di cui all'art. 28, comma 1, lett. b) esercitano le funzioni proprie della categoria quando sono comandati in servizio di vigilanza dagli Enti od Associazioni di cui fanno parte od in virtù di convenzioni stipulate con le Province.
7. Gli agenti venatori dipendenti dagli Enti delegati che abbiano prestato servizio sostitutivo ai sensi della legge 15 dicembre 1972, n. 772 e successive modificazioni ed integrazioni, non sono ammessi all'esercizio di funzioni di pubblica sicurezza, fatto salvo il divieto di cui all'art. 9 della stessa legge.
8. Gli agenti di vigilanza venatoria che esercitano funzioni di polizia giudiziaria, nei casi previsti dal successivo articolo 32 provvedono al sequestro della fauna selvatica e procedono così come previsto dai commi 3 e 4 del presente articolo.
9. Gli agenti di polizia giudiziaria, a norma della legislazione statale vigente, nei casi in cui è previsto il sequestro delle armi e dei mezzi di caccia e di uccellagione, provvederanno a conservare nei propri uffici il materiale sequestrato.
10. Tutti i verbali redatti dagli agenti che esplicano servizio di vigilanza venatoria debbono immediatamente essere trasmessi all'ente da cui dipendono gli agenti, all'Autorità competente ai sensi delle disposizioni vigenti, e all'Amministrazione provinciale.
11. Le Amministrazioni provinciali provvederanno a comunicare le infrazioni commesse dai cacciatori non residenti sul proprio territorio alle Amministrazioni di residenza del contravventore.
12. Le Amministrazioni provinciali dovranno impiantare un apposito schedario dei trasgressori della presente legge contenente tutte le indicazioni necessarie ad individuare il tipo di infrazione commessa, la sanzione amministrativa adottata e l'iter del procedimento amministrativo. Tale schedario potrà essere visionato anche dagli agenti che hanno proceduto alla verbalizzazione dei trasgressori.
13. Tutti gli agenti preposti alla vigilanza sull'applicazione della presente legge cureranno la tutela degli ambienti naturali al fine di salvaguardare gli habitat della fauna e l'equilibrio ecologico. Detti agenti, qualora accertino fatti che determinano deturpazione o degradazione ambientale, sono tenuti a redigere regolare verbale da inoltrarsi alle autorità competenti.
Art. 30
Agenti dipendenti degli enti locali.
1. Fermo restando le altre disposizioni della legge 7 marzo 1986, n. 65, gli agenti dipendenti degli Enti locali, cui sono conferite a norma di legge le funzioni di agente di polizia giudiziaria e di agente di pubblica sicurezza per lo svolgimento dell'attività di vigilanza venatoria, esercitano tali attribuzioni nell'ambito territoriale dell'ente di appartenenza e nei luoghi nei quali sono comandati a prestare servizio e portano senza licenza le armi di cui sono dotati nei luoghi predetti ed in quelli attraversati per raggiungerli e per farvi ritorno.
2. Gli stessi agenti possono redigere i verbali di contestazione delle violazioni e degli illeciti amministrativi previsti dalla presente legge, e gli altri atti indicati agli artt. 28 e 29 anche fuori dall'orario di servizio.
Art. 31
Sanzioni penali.
1. Per le violazioni delle disposizioni della presente legge e della legge 11 febbraio 1992, n. 157 si applicano le sanzioni penali previste dall'art. 30 della stessa legge 11 febbraio 1992, n. 157.
Art. 32
Sanzioni amministrative.
1. Oltre le sanzioni previste dall'art. 31 della legge 11 febbraio 1992, n. 157, per le violazioni alla presente legge regionale si applicano le seguenti ulteriori sanzioni amministrative:
a) sanzione amministrativa da lire 300.000= a lire 1.800.000= per chi esercita la caccia senza essere munito del tesserino regionale prescritto dalla presente legge;
b) sanzione amministrativa da lire 150.000= a lire 900.000= per chi costruisce appostamenti fissi di caccia in violazione dell'articolo 6. L'appostamento deve essere rimosso entro 2 giorni. Scaduto tale termine, gli agenti verbalizzanti procederanno al ripristino dei luoghi. Le spese del ripristino saranno a carico del contravventore in solido con il proprietario del terreno ove è posto l'appostamento;
c) sanzione amministrativa da lire 150.000= a lire 900.000= e revoca dell'autorizzazione per chi viola le disposizioni di cui ai precedenti articoli 8 e 14, comma c) se il fatto non costituisce reato;
d) sanzione amministrativa da lire 200.000= a lire 1.200.000= per chi viola le disposizioni di cui all'art. 21 della legge 11 febbraio 1992, n. 157 lettere e), f, g), v), z);
e) sanzione amministrativa di lire 50.000= per ciascun capo abbattuto in violazione dell'art. 21 della legge 11 febbraio 1992, n. 157 se non diversamente sanzionato;
f) sanzione amministrativa da lire 50.000= a lire 300.000= per chi viola le disposizioni di cui all'art. 13 - comma 3 - della legge 11 febbraio 1992, n. 157;
g) sanzione amministrativa da lire 50.000= a lire 300.000= per chi viola le disposizioni della presente legge e della legge 11 febbraio 1992, n. 157 non espressamente richiamate dal presente articolo.
2. Per le violazioni al presente articolo, gli ufficiali ed agenti che esercitano funzioni di polizia giudiziaria, procedono in ogni caso al sequestro della fauna selvatica.
3. Per le violazioni alle lettere u), v) e z) dell'art. 21 della legge 11 febbraio 1992, n. 157, gli agenti di vigilanza procedono al sequestro delle trappole, delle reti e di tutto il materiale utilizzato per l'uccellagione.
4. In tutti i casi di cui all'articolo 22 comma 1, ed all'articolo 30 della legge 11 febbraio 1992, n. 157, lettere a), b), g), si procede al ritiro ed alla sospensione dell'apposito tesserino regionale di cui all'articolo 19 commi 8, 9, 10 e 11, fino al termine dell'annata venatoria.
5. Gli agenti verbalizzanti procedono all'immediato ritiro del tesserino regionale nei casi previsti dal precedente comma e lo consegnano all'Amministrazione provinciale competente per territorio.
6. Resta salva l'applicazione delle norme di legge e di regolamento per la disciplina delle armi e in materia fiscale e doganale.
7. Nei casi previsti dal presente articolo non si applicano gli articoli 624, 625, e 626 del codice penale.
8. Per quanto non altrimenti previsto dalla presente legge, si applicano le disposizioni della legge 24 novembre 1981, n. 689, e successive modificazioni.
9. I proventi delle sanzioni spettano alle Amministrazioni provinciali le quali utilizzeranno tali somme per lo svolgimento delle funzioni delegate in materia di caccia e per concessione di contributi agli agenti delle Associazioni venatorie riconosciute.
Art. 33
Sospensione, revoca e divieto di rilascio della licenza di porto di fucile per uso di caccia. Chiusura o sospensione dell'esercizio commerciale.
1. Oltre alle sanzioni penali previste dall'articolo 31 nei confronti di chi riporta sentenza di condanna definitiva o decreto penale di condanna divenuto esecutivo per una delle violazioni di cui al comma 1 dello stesso articolo, l'autorità amministrativa dispone:
a) la sospensione della licenza di porto di fucile per uso di caccia, per un periodo da uno a tre anni, nei casi previsti dal predetto articolo 31 comma 1, lettere a), b), d) ed i), nonché, relativamente ai fatti previsti dallo stesso comma, lettere f), g) e h), limitatamente alle ipotesi di recidiva di cui all'articolo 99, secondo comma, n. 1, del codice penale;
b) la revoca della licenza di porto di fucile per uso di caccia ed il divieto di rilascio per un periodo di dieci anni, nei casi previsti dal predetto art. 31, comma 1, lettere c), e), ed m), nonché, relativamente ai fatti previsti dallo stesso comma, lettere d) ed i) limitatamente alle ipotesi di recidiva di cui all'articolo 99, secondo comma, n. 1 del codice penale;
c) l'esecuzione definitiva della concessione della licenza di porto di fucile per uso di caccia, nei casi previsti dal predetto articolo 31 comma 1, lettere a), b), c), e) ed m), limitatamente alle ipotesi di recidiva di cui all'articolo 99, secondo comma, n. 1, del codice penale;
d) la chiusura dell'esercizio commerciale o la sospensione del relativo provvedimento autorizzativo per un periodo di un mese, nel caso previsto dal predetto articolo 31 comma 1, lettera l); nelle ipotesi di recidiva di cui all'articolo 99, secondo comma, n. 1 del codice penale, la chiusura o la sospensione è disposta per un periodo da due a quattro mesi.
2. I provvedimenti indicati nel comma 1 sono adottati dal questore della provincia del luogo di residenza del contravventore, a seguito della comunicazione del competente ufficio giudiziario, quando è effettuata l'oblazione ovvero quando diviene definitivo il provvedimento di condanna.
3. Se l'oblazione non è ammessa, o non è effettuata nei sessanta giorni successivi all'accertamento, l'organo accertatore dà notizia delle contestazioni effettuate a norma dell'articolo 31 comma 1, lettere a), b), c), d), e) ed i), della legge 11 febbraio 1992, n. 157, al questore, il quale può disporre la sospensione cautelare ed il ritiro temporaneo della licenza a norma delle leggi di pubblica sicurezza.
4. Oltre alle sanzioni amministrative previste dall'articolo 32, si applica il provvedimento di sospensione per un anno della licenza di porto di fucile per uso di caccia nei casi indicati dallo stesso articolo 32, comma 1, lettera a), nonché, laddove la violazione sia nuovamente commessa, nei casi indicati alle lettere b), c) e f) del medesimo comma. Se la violazione di cui alla citata lettera a) è nuovamente commessa, la sospensione è disposta per un periodo di due anni.
5. Il provvedimento di sospensione della licenza di porto di fucile per uso di caccia di cui al comma 4 è adottato dal questore della provincia del luogo di residenza di chi ha commesso l'infrazione, previa comunicazione, da parte dell'Amministrazione provinciale competente, che è stato effettuato il pagamento in misura ridotta della sanzione pecuniaria o che non è stata proposta opposizione avverso l'ordinanza-ingiunzione ovvero che è stato definito il relativo giudizio.
6. L'organo accertatore da notizia delle contestazioni effettuate a norma del precedente comma 4 al questore, il quale può valutare il fatto ai fini della sospensione e del ritiro temporaneo della licenza ai sensi delle leggi di pubblica sicurezza.
Art. 34
Oblazione e definizione amministrativa delle sanzioni.
1. Alle infrazioni amministrative previste dall'articolo 32 della presente legge, si applicano le disposizioni della legge 24 novembre 1981, n. 689. Alla definizione in via amministrativa delle infrazioni provvede direttamente l'Amministrazione provinciale competente per territorio. Per la definizione di infrazioni per le quali sono stati prodotti scritti difensivi la Provincia si avvale di un'apposita Commissione nominata dal Presidente dell'Amministrazione provinciale e così costituita:
a) l'Assessore provinciale alla caccia che la presiede;
b) un rappresentante delle Associazioni venatorie, un rappresentante delle organizzazioni professionali agricole ed un rappresentante delle Associazioni protezionistiche designati dal C.T.F.V. provinciale della caccia, scelti annualmente ed alternativamente tra i componenti di cui alla lettera b) dell'articolo 4;
c) il responsabile del Servizio caccia dell'Amministrazione provinciale;
d) un dipendente regionale dell'Area generale di coordinamento sviluppo attività settore primario designato dall'assessore competente;
e) un dipendente dell'Amministrazione provinciale con funzioni di segretario.
2. Fino all'insediamento della nuova Commissione continua ad operare la Commissione nominata ai sensi della legge regionale 3 dicembre 1980, n. 74.
3. L'indiziato della trasgressione ed il verbalizzante possono richiedere alla Commissione di essere ascoltati, così come la Commissione può invitare i verbalizzanti a fornire chiarimenti orali sui fatti trascritti nel verbale e negli scritti difensivi. Copia di tali scritti dovranno tempestivamente essere rimessi all'Ente cui appartiene il verbalizzante unitamente all'avviso della fissazione della seduta per la discussione dell'infrazione. Se, entro un anno dalla loro presentazione, gli scritti difensivi non sono esaminati dall'apposita commissione suddetta, s'intendono tacitamente respinti. Si provvede a norma dell'ultimo comma del presente articolo.
4. La Commissione in caso di fondatezza del processo verbale applica la sanzione discrezionalmente nei limiti fissati dalla legge, indica i motivi che giustificano l'uso del potere discrezionale tenendo conto della gravità e della tenuità dell'infrazione desunta:
a) dalla natura, dalla specie, dai mezzi, dal tempo, dal luogo e dalla modalità dell'azione;
b) dall'entità del danno economico effettivamente cagionato;
c) dal grado di colpa e dall'intensità del dolo;
d) da eventuali precedenti infrazioni in materia di legislazione venatoria.
5. La Commissione applica la sanzione tra il minimo ed il 50 per cento del massimo quando concorrono più circostanze attenuanti, ovvero quando queste siano ritenute prevalenti in concorso con circostanze aggravanti.
6. Quando concorrano solo circostanze aggravanti o queste siano ritenute prevalenti in concorso con circostanze attenuanti, la Commissione applica una sanzione non inferiore al 50 per cento del massimo.
7. Quando concorrano circostanze aggravanti e circostanze attenuanti ritenute equivalenti la Commissione applica la sanzione che avrebbe applicato in assenza delle dette circostanze.
8. In caso di evidente infondatezza dell'accertamento la Commissione, sentiti gli agenti verbalizzanti, propone al Presidente della Provincia l'ordinanza di archiviazione del processo verbale.
9. La Commissione propone al Presidente dell'Amministrazione provinciale di ordinare al contravventore il pagamento della sanzione amministrativa stabilita.
10. Alla definizione dei verbali per i quali i verbalizzanti non si sono avvalsi della facoltà del versamento liberatorio in misura ridotta ad un terzo del massimo della sanzione entro 60 giorni dalla notifica dell'infrazione e che non hanno prodotto all'Amministrazione provinciale scritti difensivi entro il termine di 30 giorni, il Presidente dell'Amministrazione provinciale ingiunge il pagamento di una somma compresa tra il massimo ed il 50 per cento della sanzione amministrativa.
Art. 35
Licenza di porto di fucile per uso di caccia e abilitazione all'esercizio venatorio.
1. La licenza di porto di fucile per uso di caccia è rilasciata in conformità alle leggi di pubblica sicurezza.
2. Il primo rilascio avviene dopo che il richiedente ha conseguito l'abilitazione all'esercizio venatorio a seguito di esami pubblici dinanzi ad apposita Commissione nominata dalla Giunta regionale in ciascun capoluogo di provincia.
3. La Commissione di cui al comma 2 è composta da esperti qualificati in ciascuna delle materie indicate al comma 4, di cui almeno un laureato in scienze biologiche o in scienze naturali esperto in vertebrati omeotermi.
4. La Giunta regionale stabilisce le modalità per lo svolgimento degli esami, che devono in particolare riguardare nozioni nelle seguenti materie:
a) legislazione venatoria;
b) zoologia applicata alla caccia con prove pratiche di riconoscimento delle specie cacciabili, mediante utilizzo di esemplari preparati e di supporti audiovisi;
c) armi e munizioni da caccia e relativa legislazione;
d) tutela della natura e principi di salvaguardia della produzione agricola;
e) norme di pronto soccorso.
5. L'attestato di abilitazione è concesso, se il giudizio è favorevole in tutti e cinque gli esami elencati al precedente comma 4, dal Presidente dell'Amministrazione provinciale.
6. Le Commissioni di esame per il rilascio dell'attestato di abilitazione all'esercizio venatorio sono istituite dalla Giunta regionale su proposta dell'Assessore regionale competente ed hanno sede presso ogni Amministrazione provinciale. Sono composte da:
a) un dipendente regionale con qualifica almeno di funzionario, con funzione di presidente, designato dall'assessore regionale al ramo e scelto nell'ambito del personale dell'Area generale di coordinamento competente;
b) da sette componenti effettivi e cinque supplenti, esperti nelle materie di cui al punto 4, designati dall'assessore regionale competente per la caccia. Per acquisire i nominativi da designare l'Assessore richiede la segnalazione di terne di esperti per ogni singola materia alle Associazioni presenti nel C.T.F.V. regionale che in ogni caso debbono essere sentite. L'esperto in zoologia applicata alla caccia dovrà essere laureato in biologia o scienze naturali e l'esperto in pronto soccorso laureato in medicina;
c) dal responsabile del Settore caccia dell'Amministrazione provinciale con funzioni di segretario.
7. I componenti delle Commissioni durano in carica cinque anni e possono essere riconfermati. In caso di dimissioni o, comunque, di vacanza di posto il sostituto, nominato con decreto dell'assessore regionale alla caccia, dura in carica fino alla scadenza del periodo di nomina del membro sostituito.
8. Il rinnovo delle Commissioni con le modalità indicate nei commi precedenti è disciplinato dalla legge 15 luglio 1994, n. 444.
9. Ai membri della Commissione spetta un compenso per ogni giornata di esame pari a cinque ore di lavoro straordinario del dipendente regionale con qualifica di funzionario con maggiore anzianità di servizio oltre le spese di viaggio per i non residenti nel capoluogo di provincia.
10. La Commissione è validamente insediata dal Presidente o da un suo delegato e da almeno cinque componenti. Il Presidente, per particolari motivi connessi al numero delle domande giacenti, può convocare la Commissione in sezioni distinte utilizzando a tale scopo i membri supplenti. In questo caso il Presidente della sezione aggiunta sarà il componente effettivo più anziano mentre il segretario sarà un dipendente dell'Ufficio caccia della Provincia nominato dal Presidente dell'Amministrazione stessa con proprio decreto.
11. Per ciascuna seduta il numero dei candidati non può essere inferiore a 20 né superiore a 30. La Commissione e l'eventuale sezione aggiunta non possono tenere più di due sedute di esami per settimana.
12. La Giunta regionale, per particolari e documentate esigenze, a richiesta del Presidente dell'Amministrazione provinciale, può concedere deroghe alle limitazioni di cui al punto 11).
Art. 36
Gestione programmata della caccia.
1. La Giunta regionale, su parere della Commissione consiliare competente e sentito il C.T.F.V.R, ripartisce il territorio destinato alla caccia programmata di cui all'art. 10 - lettera c) - in ambiti territoriali di caccia (A.T.C.), di superficie non inferiori a 65.000 ha., anche ricadenti in più Province e/o articolati in sub comprensori, possibilmente omogenei e delimitati da confini naturali (13).
2. Ogni cacciatore, previa domanda all'Amministrazione provinciale competente, da inoltrarsi entro il 30 novembre di ciascun anno, ha diritto all'accesso in un ambito territoriale di caccia e può avere accesso ad altri ambiti anche fuori regione previo consenso dei relativi organi di gestione. I cacciatori residenti nelle aree interessate dai Parchi nazionali e regionali hanno priorità d'iscrizione negli A.T.C. comprendenti le aree contigue a detti Parchi. La Giunta regionale, sulla base delle indicazioni del Ministero delle risorse agricole, alimentari e forestali, applica l'indice di densità venatoria minima per ogni ambito di caccia in rapporto all'estensione territoriale.
3. Entro due mesi dalla comunicazione dell'indice di densità da parte del Ministero competente le Amministrazioni provinciali adottano i piani faunistici predisposti, per ogni singolo A.T.C., dagli organi di gestione e li trasmettono alla Regione. La Giunta regionale, con propria deliberazione, approva i piani predisposti dettando le eventuali norme di variazione.
4. I Comitati di gestione degli ambiti territoriali sono costituiti con provvedimento della Giunta provinciale e sono così composti:
a) da tre rappresentanti delle Organizzazioni professionali agricole maggiormente rappresentative a livello nazionale ed organizzate nella provincia;
b) da tre rappresentanti delle Associazioni venatorie, riconosciute a livello nazionale ed organizzate nella Provincia e con il maggior numero di iscritti desunti dai tabulati in copia autentica consegnati alle Amministrazioni provinciali entro il 28 febbraio di ciascun anno;
c) da due rappresentanti delle Associazioni ambientali, presenti nel Comitato tecnico faunistico venatorio nazionale e maggiormente operanti nella Provincia;
d) dal Sindaco, o suo delegato, del Comune territorialmente più esteso tra quelli ricadenti nell'A.T.C.;
e) da un rappresentante dell'Amministrazione provinciale competente per territorio designato dal Presidente dell'Amministrazione provinciale;
f) da un funzionario regionale dell'A.G.C. competente, in rappresentanza dell'Amministrazione regionale, designato dall'assessore regionale all'agricoltura.
5. Svolge le funzioni di segretario un dipendente dell'Ufficio caccia dell'Amministrazione provinciale competente per territorio.
6. Le designazioni di nomina o di revoca avvengono ad iniziativa delle rispettive strutture provinciali. Qualora le designazioni non dovessero pervenire all'Amministrazione provinciale entro il termine di 30 giorni dalla data della richiesta la Provincia provvederà d'ufficio.
7. Gli organi di gestione, così costituiti, eleggono il Presidente ed il Collegio dei revisori dei Conti, in numero non inferiore a tre, nel rispetto delle norme vigenti.
8. Gli organi di gestione degli A.T.C. hanno sede presso le competenti Amministrazioni provinciali e sono convocati dai rispettivi Presidenti. Possono essere convocati anche su richiesta scritta e motivata di almeno un terzo dei componenti. I componenti durano in carica cinque anni e possono essere riconfermati. Le Province assicurano anche il supporto tecnico ed amministrativo.
9. La Giunta regionale, in caso di comprovata inefficienza o inerzia, degli organi di gestione degli A.T.C., nomina un Commissario che, coadiuvato dall'Ufficio caccia dell'Amministrazione provinciale, sostituisce l'organo inadempiente, acquisisce nuove designazioni e propone alla Giunta provinciale la nomina di un nuovo organismo di gestione restando in carica fino al suo insediamento.
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(13) Vedi, al riguardo, la Delib.G.R. 22 agosto 2003, n. 2554, resa esecutiva con D.P.G.R. 22 settembre 2003, n. 626.
Art. 37
Compiti dei Comitati di gestione.
1. Il Comitato di gestione, entro quattro mesi dal suo insediamento, approva un proprio piano programmatico nel quale devono essere comunque previsti:
a) piani poliennali di utilizzazione del territorio interessato per ciascuna stagione venatoria con i programmi delle immissioni e degli abbattimenti di fauna selvatica;
b) l'istituzione e le modalità organizzative di centri di allevamenti, da gestire in forma di azienda agricola, della fauna selvatica stanziale, muniti di adeguate strutture venatorie per l'adattamento in libertà;
c) le condizioni perché venga garantita una sufficiente consistenza di base di fauna selvatica durante tutto l'anno solare.
2. Il comitato di gestione promuove ed organizza le attività di ricognizione delle risorse ambientali e della consistenza faunistica, programma gli interventi per il miglioramento degli habitat, provvede all'attribuzione degli incentivi economici ai proprietari ed ai conduttori dei fondi rustici per:
a) la ricostituzione di una presenza faunistica ottimale del territorio anche mediante lanci di selvaggina da ripopolamento;
b) le coltivazioni per l'alimentazione naturale dei mammiferi e degli uccelli soprattutto nei terreni dismessi da interventi agricoli, ai sensi del regolamento C.E.E. n. 1094/88 del Consiglio del 25 aprile 1988 e successive modificazioni ed integrazioni;
c) il ripristino di zone umide e di fossati;
d) la differenziazione e rotazione delle colture;
e) la ricostituzione di siepi, cespugli ed alberi adatti alla riproduzione ed alla nidificazione della fauna selvatica;
f) la tutela dei nidi e dei nuovi nati;
g) la collaborazione operativa ai fini del tabellamento, della difesa preventiva delle coltivazioni passibili di danneggiamento, della pasturazione invernale degli animali in difficoltà, della manutenzione degli apprestamenti di ambientamento della fauna selvatica.
3. Il comitato di gestione degli A.T.C. provvede, altresì, ad individuare ed accertare i danni causati alle colture agricole dalla fauna selvatica e dall'esercizio dell'attività venatoria da segnalare all'Amministrazione provinciale ai fini della erogazione di contributi per il risarcimento del danno nonché per gli interventi, preventivamente concordati, atti ad evitare i danni predetti. Per la verifica dei danni il Comitato può richiedere specifici accertamenti agli Uffici agricoli e forestali della Regione, della Provincia e delle Comunità montane presenti sul territorio.
4. Entro il 31 dicembre dell'anno precedente a quello cui si riferisce viene approvato dal Comitato il bilancio preventivo dell'A.T.C. ed inviato per le opportune verifiche alla Provincia corredato dalla relazione del Collegio dei revisori dei conti.
5. Ogni A.T.C. ha facoltà di spesa nei limiti di disponibilità di bilancio.
6. Ogni A.T.C. deve trasmettere per l'approvazione alla Provincia, entro il 31 marzo di ogni anno, il rendiconto tecnico finanziario relativo all'esercizio precedente, corredato dalla relazione del Collegio dei revisori dei conti.
7. I cacciatori residenti in Campania possono effettuare giornate di caccia, secondo il principio della reciprocità, in A.T.C. confinanti. Il numero di tali giornate non può essere superiore a 20.
8. I Comitati di cui innanzi, per particolari compiti che richiedono competenze specialistiche, possono avvalersi, mediante apposite convenzioni, della collaborazione dei Dipartimenti di zoologia, di agraria e di scienze naturali delle Università.
Art. 38
Funzione delle Province nella gestione degli A.T.C.
1. Ai fini del coordinamento della gestione programmata della caccia, le Province:
a) regolamentano il prelievo venatorio, nel rispetto della forma e dei tempi di caccia previsti dalla legge, in rapporto alla consistenza delle popolazioni di specie stanziali accertata tramite censimenti effettuati di intesa con i comitati di gestione;
b) indicano il numero dei capi di fauna selvatica stanziale, distinte per specie, prelevabile durante la stagione venatoria;
c) determinano il numero, minimo e massimo, dei cacciatori ammissibili in ogni ambito territoriale, in modo che risulti un rapporto cacciatore e territorio utile alla caccia non inferiore alla media regionale ricavato sulla base dei tesserini rilasciati l'anno precedente in conformità all'indice di cui al comma 2 del precedente art. 36;
d) fissano le quote di partecipazione economica da parte dei cacciatori a favore dei Comitati di gestione in misura base non superiore all'importo della tassa di concessione regionale in vigore per fucile a due colpi ridotta del quaranta per cento per i cacciatori residenti in Campania.
2. Le suddette quote vanno versate su apposito conto corrente presso l'Amministrazione provinciale competente e da quest'ultima accreditate ai singoli A.T.C. su apposito conto presso lo stesso tesoriere dell'Amministrazione provinciale sul quale il Presidente dell'A.T.C. disporrà pagamenti dovuti per le finalità istituzionali degli A.T.C.
NORME FINANZIARIE
Art. 39
Tassa di concessione regionale.
1. Alla Regione Campania, per conseguire i mezzi finanziari necessari per realizzare i fini previsti dalla presente legge, per poter esercitare la caccia è dovuta una tassa di concessione regionale istituita ai sensi dell'art. 3 della legge 16 maggio 1970, n. 281 e prevista dall'art. 23 della legge 11 febbraio 1992, n. 157.
2. La tassa regionale di cui al comma 1 è soggetta al rinnovo annuale ed è pari a quelle fissate dalla tariffa annessa al decreto legislativo 22 giugno 1991, n. 230 e successive modificazioni ed integrazioni.
3. Nel caso di diniego della licenza di porto di fucile per uso di caccia la tassa regionale deve essere rimborsata. La tassa di concessione regionale viene rimborsata anche al cacciatore che rinunci all'assegnazione dell'ambito territoriale di caccia. La tassa di rinnovo non è dovuta qualora non si eserciti la caccia durante l'anno.
4. I proventi della tassa di cui al comma 1 sono utilizzati anche per il finanziamento o il concorso nel finanziamento di progetti di valorizzazione del territorio presentati anche da singoli proprietari o conduttori di fondi, che, nell'ambito della programmazione regionale, contemplino, tra l'altro, la creazione di strutture per l'allevamento di fauna selvatica, la manutenzione degli apprestamenti di ambientamento della fauna selvatica, l'adozione di forme di lotta integrata e di lotta guidata, il ricorso a tecniche colturali e tecnologiche innovative non pregiudizievoli per l'ambiente, la valorizzazione agri-turistica di percorsi per l'accesso alla natura e alla conoscenza scientifica e culturale della fauna ospite, la manutenzione e pulizia dei boschi anche al fine di prevenire incendi, il recupero e la riabilitazione di fauna protetta.
5. I centri privati di riproduzione della fauna selvatica allo stato naturale ed intensivo, le aziende faunistico-venatorie e le aziende agri-turistico-venatorie sono soggetti a tasse regionali.
Art. 40
Utilizzazione dei proventi.
1. Tutte le entrate di cui alla presente legge vengono utilizzate per gli scopi che la stessa si prefigge.
2. La Regione Campania, con la legge di approvazione del bilancio regionale, per ciascun anno finanziario, provvede ad iscrivere stanziamenti in specifici capitoli di previsione della spesa:
a) "Spese per la ricostituzione del patrimonio faunistico" comprendente spese di impianto e di gestione dei centri pubblici di produzione della selvaggina, spese per ripopolamenti, contributi ai centri privati di produzione di selvaggina allo stato naturale o intensivo, contributi ai centri di recupero della fauna selvatica, spese per le attività di cui alle lettere a) e b) del comma 1) dell'art. 37 della presente legge;
b) "Fondo per il risarcimento dei danni causati da specie protette o in via di estinzione, da fauna selvatica in strutture faunistiche protette" costituito con le modalità di cui all'art. 26 comma 2) - della presente legge;
c) "Fondo da ripartire tra le Province per funzioni delegate" contributi a proprietari o conduttori per l'utilizzo di terreni agricoli, contributi spese per corsi di aggiornamento di agenti di vigilanza e guardie giurate volontarie, contributi per miglioramenti ambientali;
d) "Spese per compiti propri della Regione e per tutte le altre spese comunque riguardanti la materia venatoria ivi comprese le spese di funzionamento di tutte le commissioni e i comitati previsti dalla presente legge".
3. I singoli stanziamenti annuali dei capitoli vengono stabiliti, nel rispetto delle norme della presente legge, con la legge di approvazione del bilancio.
Art. 41
Disposizioni transitorie e finali.
1. Al termine dell'annata venatoria 1996/97 la Giunta regionale trasmette ai Ministeri competenti una relazione sullo stato di attuazione della legge 11 febbraio 1992, n. 157.
2. Nelle more dell'applicazione della presente legge resta in vigore l'ordinamento precedente per quanto non contrasta con norme tassative della legge 11 febbraio 1992, n. 157.
3. Per tutto quanto non previsto nella presente legge si applicano le norme contenute nella legge 11 febbraio 1992, n. 157.
4. Sono abrogate le leggi regionali 11 novembre 1977, n. 61, 27 ottobre 1978, n. 48, 3 dicembre 1980, n. 74 e successive modifiche ed integrazioni ed ogni altra norma in contrasto con la presente legge regionale, fatta salva la istituzione delle zone di ripopolamento e cattura e delle oasi di protezione naturali vigenti ai sensi della legge regionale 3 dicembre 1980, n. 74, fino a quando non vengano sostituite da nuove analoghe strutture della medesima estensione.
5. Nelle more dell'elaborazione ed approvazione dei piani faunistici provinciali e di quello regionale di coordinamento degli stessi di cui all'art. 11 della presente legge, il Consiglio regionale, su proposta della Giunta regionale, sentita la Commissione consiliare competente, adotta un piano stralcio regionale provvisorio che avrà efficacia fino all'approvazione di quello definitivo.
6. Le concessioni di aziende faunistico-venatorie disciplinate dalla legge regionale 3 dicembre 1980, n. 74 restano in vigore fino all'attuazione delle disposizioni di cui alla presente legge a condizione che siano in regola con il pagamento delle tasse di concessione annuali e degli altri obblighi previsti nei rispettivi decreti di concessione.
D.G.R. 9 settembre 2002, n. 4039
Riformulazione
calendario venatorio annata 2002-2003 in esecuzione sentenza Tar n. 4022 del
4/9/02.
(B.U. 23 settembre 2002, n. 44).
(omissis)
PREMESSO che la Legge Regionale 8/96 prevede all'art. 24 che la Giunta Regionale entro il 15 giugno di ciascun anno emani il calendario relativo alla intera annata venatoria per i periodi e r er le specie previste dall'art 16 della stessa legge con la indicazione del numero possibile dei capi d,3 abbattere per ciascuna giornata di caccia;
- che con delibera di Giunta Regionale n. 3628 del 26.7.2002 è stato approvato il calendario venatorio di cui innanzi e reso noto mediante pubblicazione sul BURC n 39 del 12.8.2002;
- che avverso tale calendario è stato proposto ricorso al TAR Campania dal WWF nazionale e che il TAR Campania, con decisione 4022 del 4.9.2002 ha accolto il ricorso e sospeso l'efficacia de calendario venatorio in quanto la Regione Campania non avrebbe analiticamente argomentato le ragioni per le quali ha disatteso il parere sfavorevole dell'Istituto Nazionale della Fauna Selvatica relativamente all'apertura anticipata di alcuna specie faunistiche;
VISTO che il Consiglio Regionale ha approvato la Legge Regionale n. 15 che all'art. 9 modifica i periodi di caccia stabiliti dall'ari 16.della Legge Regionale n. 8J96. per alcune specie del a fauna presenti in Campania;
RILEVATO che la Regione Campania si è dotata di tutti gli strumenti di pianificazione e regolamentari previsti dalla Legge 157/92 e che gli stessi sono tuttora vigenti ed adeguati;
RILEVATO che l'INFS, di fatto, ha espresso parete sfavorevole per le specie stanziali (starna, lepre e fagiano) e per la quaglia per la presunta diminuita consistenza della popolazione. Mentre ha espresso parere favorevole per le rimanenti specie (merlo, tortora, colombaccio e ghiandaia);
RILEVATO ancora che le ragioni per le quali l'INFS ha espresso parere contrario sono da attribuirsi alla valutazione della consistenza delle popolazioni delle singole specie e l'Istituto stesso individuava come norma cautelare per contenerne il prelievo solo la riduzione delle giornate di caccia tralasciando di considerare che il solo aspetto temporale non avrebbe affatto tutelato la specie in quanto avrebbe comunque consentito la possibilità di abbattere fino a 45 capi di ogni specie per l'intera stagione venatoria (1 capo per giornata e per specie); la Regione viceversa, facendo proprie le preoccupazioni dell'INIFS, aveva ritenuto meglio perseguibile lo stesso obbiettivo mediante la riduzione del numero massimo prelevabile limitando a tre il numero di capi abbattibili per tali specie di selvaggina nell'intera stagione venatoria contro i possibili 45 capi della proposta inviata all'INFS per l'espressione del parere;
RILEVATO viceversa che per la specie quaglia, l'INFS, pur riconoscendo le analogie e similitudini fenologiche con la specie tortora tali da non consentire un razionale prelievo non corso cella normale stagione venatoria", ha ritenuto tuttavia che per tale specie fosse sconsigliabile la preapertura in quanto da anni in forte regresso";
RITENUTO che tale affermazione da parte dell'INFS sia determinata più da motivazioni di carattere cautelare che da indagini territoriali recenti in quanto non risulta che negli ultimi venti anni l'INFS abbia svolto nel territorio di competenza della Regione Campania alcuna indagine faunistica;
RILEVATO viceversa che le amministrazioni provinciali della Regione Campania ove tali specie trova il suo habitat, a seguito di specifiche richieste della Regione, hanno riferito di essere in possesso di notizie ed indagini di tutt'altro avviso e che tale specie, per una serie articolata di ragioni, prevalentemente determinate dal particolare andamento stagionale e climatico, ritardo nella raccolta di cereali e di foraggi; da innovazioni legislative (legge 353/2000) che hanno imposto più severe sanzioni per chi viola la normativa sulla bruciatura delle stoppie; da particolari riconoscimenti e premi disposti d i Comitati di Gestione degli ATC per quegli agricoltori che tutelano la riproduzione della fauna, hanno fatto sì che la consistenza della specie in argomento venisse stimata considerevolmente superiore a quella registrata negli anni precedenti;
CONSIDERATO che tali argomentazioni probabilmente non sono state bene esplicitate nella precedente deliberazione e che per tale motivo non siano state ritenute sufficienti dal TAR Campania; Giunta Regionale della Campania
RITENUTO infine che per dare certezza, agli oltre 50.000 praticanti tale attività sia comunque opportuno emanare il calendario venatorio per il 2002/2003 accogliendo la richiesta dE I TAR di revisione del documento e consentire quindi l'apertura della stagione venatoria anche in considerazione che tutte le altre Regioni confinanti con la Campania consentono l'esercizio venatorio alle stesse specie in contestazione ed in alcuni casi anche oltre i termini indicati nel calendario venatorio de, la Campania;
Propone e la Giunta, in conformità, a voto unanime
DELIBERA
- La premessa è parte integrante e sostanziale del presente provvedimento;
- Il calendario venatorio allegato alla delibera della Giunta Regionale n. 3628 del 26 luglio 2002, per le motivazioni esposte in premessa viene così modificato:
- Il disposto indicato al primo capoverso, lettera a), viene sostituito dal seguente:
- "a)- dall'11 settembre al 15 settembre 2002 sono cacciabili: colombaccio, ghiandaia, merlo, quaglia e tortora;"
- rimane invariato quanto contenuto nella restante parte del calendario;
- di incaricare le amministrazioni provinciali di informare le associazioni di categoria della modifica apportata anche a mezzo degli organi di informazione;
- di trasmettere al Settore Foreste, Caccia e Pesta ed al B.U.R.C. per quanto di competenza.
Delib.G.R.
26 luglio 2002, n. 3628
Approvazione
calendario venatorio 2002-2003 (con allegati).
------------------------
(1) Pubblicata nel B.U. Campania 12 agosto 2002, n. 39.
(omissis)
PREMESSO CHE:
- la legge regionale 10 aprile 1996, n. 8 prevede all'art. 24 l'obbligo per la Regione della emanazione del calendario venatorio entro il 15 giugno di ogni anno;
- il Comitato Tecnico Faunistico Venatorio regionale di cui all'art. 9 della L.R. n. 8/1996, sulla base di una proposta di calendario venatorio predisposta dal Settore Foreste, Caccia e Pesca, è stata sentita nelle sedute convocate e tenutesi nei giorni 24 maggio, 10 giugno, 8 e 19 luglio 2002 ed ha espresso a maggioranza il proprio parere favorevole;
- parimenti, sulla proposta di calendario è stato richiesto il prescritto parere all'Istituto della Fauna Selvatica di cui all'art. 7 della legge n. 157/1992 il quale, con nota n. 4966/T - A11 del 19 giugno 2002, ha espresso il parere che si allega;
CONSIDERATO che per la necessità di uniformare le modalità di espletare l'attività venatoria in Campania con le regioni confinanti che non consentono l'accesso ai cacciatori campani in caso di calendario venatorio diverso dal loro;
CHE tale diversa, regolamentazione comporterebbe una concentrazione eccessiva di praticanti in occasione delle aperture differenziate;
RITENUTO comunque di accogliere nella sostanza i rilievi mossi dall'I.N.F.S. alla prima bozza proposta adeguandola con le seguenti limitazioni di abbattimento:
- escludendo dalle specie cacciabili in preapertura la specie allodola;
- riducendo ad un solo capo il prelievo di lepre, starna e fagiano maschio tra il 1° ed il 15 settembre;
- riduzione del carniere giornaliero ad un solo capo per giornata alla selvaggina stanziale e un numero massimo di tre capi di lepre e starna per l'intera annata;
- riduzione del carniere giornaliero alla migratoria a dieci capi anziché venti con ulteriore limitazione per singole specie;
- la riduzione ad un mese per l'addestramento dei cani.
RITENUTO altresì che occorre, con la massima urgenza, divulgare il contenuto del calendario venatorio come pure è necessario procedere alla stampa di un adeguato numero dell'"allegato al tesserino" di cui alla legge n. 8/1996 e alla legge n. 157/1992 da distribuire ai cacciatori prima dell'apertura della caccia ad integrazione del tesserino regionale annuale;
PROPONE e la Giunta, in conformità, a voti unanimi
Delibera
Per le motivazioni espresse nelle premesse che si intendono qui riportate
- di approvare l'allegato "Calendario venatorio 2002/2003" così come modificato, aderendo nella sostanza alle osservazioni dell'Istituto Nazionale della Fauna Selvatica, che forma parte integrante e sostanziale del presente provvedimento;
- di provvedere con successivo atto monocratico del Settore competente alla divulgazione delle norme adottando le procedure più celeri;
- di pubblicare sul primo numero utile del Bollettino Ufficiale della Regione il calendario venatorio;
- di inviare copia del presente atto al Settore Foreste, Caccia e Pesca ed al Bollettino Ufficiale della Regione Campania per quanto di rispettiva competenza.
Allegato
CALENDARIO VENATORIO PER L'ANNATA 2002/2003
L'esercizio venatorio per l'annata 2002/2003 potrà praticarsi alle specie e nei luoghi appresso specificati in regime di caccia controllata dal 1° settembre 2002 al 30 gennaio 2003 nei seguenti periodi:
a) dal 1° settembre al 15 settembre 2002 sono cacciabili: colombaccio, ghiandaia; merlo quaglia, tortora ed un solo capo per specie in tutto il periodo per: starna e lepre comune e fagiano maschio;
b) dal 15 settembre al 15 dicembre sono cacciabili: merlo, quaglia, tortora, allodola, coniglio selvatico, starna e lepre comune (con le limitazioni indicate al paragrafo "CARNIERE GIORNALIERO");
c) Specie cacciabili dal 15 settembre 2002 al 15 gennaio 2003: ghiandaia, colombaccio e fagiano (con le limitazioni indicate al paragrafo "CARNIERE GIORNALIERO");
d) Specie cacciabili dal 15 settembre 2002 al 30 gennaio 2003: volpe, germano reale, folaga, gallinella d'acqua, alzavola, canapiglia, mestolone, moriglione, beccaccia, cesena, tordo bottaccio, tordo sassello, porciglione, fischione, codone, marzaiola, moretta, pavoncella, beccaccino, frullino, cornacchia grigia e gazza (con le limitazioni indicate al paragrafo "CARNIERE GIORNALIERO");
e) Specie cacciabile dal 2 ottobre al 30 dicembre 2002: cinghiale (con le limitazioni indicate al paragrafo "CARNIERE GIORNALIERO");
CARNIERE GIORNALIERO
FAUNA STANZIALE: (cinghiale, lepre, starna, fagiano, coniglio selvatico): un capo per giornata di caccia con l'ulteriore limitazione di tre capi per l'intera stagione venatoria per le specie lepre e starna;
FAUNA MIGRATORIA: 10 capi per giornata con le seguenti ulteriori limitazioni: cinque colombacci, cinque tortore, tre quaglie e tre beccacce con l'ulteriore limitazione, per queste ultime due specie, di venti capi per l'intera stagione venatoria
GIORNATE DI CACCIA
Le giornate di caccia sono tre per settimana a scelta del cacciatore ad eccezione del martedì e venerdì, giorni di silenzio venatorio.
RECIPROCITÀ DELLE DISPOSIZIONI LIMITATIVE DELL'ATTIVITÀ VENATORIA
I cacciatori non residenti in Campania che richiedono di praticare la caccia in Regione Campania, sono soggetti alle stesse limitazioni previste, nei calendari venatori della Regione di appartenenza, per i cacciatori non residenti.
SPECIE PROTETTE TEMPORANEAMENTE
La caccia è vietata per l'intera annata venatoria alle seguenti specie a causa della diminuita consistenza faunistica, per le avverse condizioni ambientali ed in considerazione che tali divieti costituiscono una scelta di politica venatoria e tutela ambientale prevalente e consolidata nella Regione Campania:
combattente, coturnice, pernice rossa, cervo, daino, capriolo, muflone, peppola e fringuello.
ORARIO DI CACCIA
La caccia può praticarsi da un'ora prima del sorgere del sole al tramonto e precisamente:
mese |
di |
settembre |
dal |
1° |
al |
14 |
dalle |
ore |
4.52 |
alle |
ore |
18.49 |
" |
" |
" |
" |
15 |
al |
30 |
" |
" |
5.10 |
" |
" |
18.20 |
" |
" |
ottobre |
" |
01 |
al |
14 |
" |
" |
5.30 |
" |
" |
17.52 |
" |
" |
" |
" |
15 |
al |
31 |
" |
" |
5.50 |
" |
" |
17.26 |
" |
" |
novembre |
" |
01 |
al |
14 |
" |
" |
6.12 |
" |
" |
17.02 |
" |
" |
" |
" |
15 |
al |
30 |
" |
" |
6.33 |
" |
" |
16.46 |
" |
" |
dicembre |
" |
01 |
al |
14 |
" |
" |
6.51 |
" |
" |
16.39 |
" |
" |
" |
" |
15 |
al |
31 |
" |
" |
7.02 |
" |
" |
16.43 |
" |
" |
gennaio |
" |
01 |
al |
14 |
" |
" |
7.05 |
" |
" |
16.55 |
" |
" |
" |
" |
15 |
al |
31 |
" |
" |
6.56 |
" |
" |
17.14 |
(ai sensi del 2° comma dell'art. 24 della L.R. 10 aprile 1996, n. 8)
All'orario su indicato, si dovrà applicare l'ora legale nel periodo di vigenza.
USO ED ADDESTRAMENTO CANI
L'addestramento e l'allenamento dei cani da ferma è consentito dal 28 luglio al 29 agosto 2002 e per cani da seguita dal 28 luglio al 29 agosto 2002 nelle sole zone individuate dalle Amministrazioni provinciali in cui non è vietata la caccia e non vi sono colture in atto. L'addestramento dei cani è vietato nei giorni di martedì e venerdì.
L'uso del cane da seguita è consentito dal 15 settembre al 30 dicembre 2002.
Successivamente a tale data i cani da seguita potranno essere utilizzati esclusivamente per la caccia alla volpe in battute autorizzate dalle Amministrazioni provinciali nei giorni di mercoledì e domenica.
CACCIA AL CINGHIALE
La caccia al cinghiale può essere praticata esclusivamente nei giorni di giovedì e domenica. Le Amministrazioni provinciali possono regolamentare la caccia al cinghiale consentendone la pratica mediante battute autorizzate in determinate località e modalità rese note entro il 31 agosto a mezzo di apposito manifesto.
ZONE DI CACCIA VIETATA
L'esercizio venatorio è sempre vietato nelle bandite demaniali, nei parchi e riserve naturali, nelle zone di ripopolamento e cattura e nelle oasi di protezione naturale così come previste dal "Piano regionale Faunistico" di cui agli artt. 10 e 11 della L.R. n. 8/1996, approvato dal Consiglio regionale con Delib.C.R. 15 novembre 1999, n. 47/23 e pubblicato sul numero speciale del Bollettino Ufficiale della Regione 23 maggio 2000.
L'Esercizio venatorio resta comunque sempre vietato in tutto IL TERRITORIO ADIBITO A PROTEZIONE DELLA FAUNA SELVATICA AI SENSI DEL 3° COMMA DELL'ART. 10 DELLA LEGGE 11 FEBBRAIO 1992, N. 157 NONCHÈ DELL'ART. 10 1° COMMA - LETTERA a) DELLA LEGGE REGIONALE 10 APRILE 1996, N. 8 CHE DOVRÀ ESSERE TABELLATO PERIMETRALMENTE COME DISPOSTO DAL COMMA 6 DELL'ART. 12 DELLA STESSA LEGGE REGIONALE 10 APRILE 1996, N. 8.
È inoltre vietato l'esercizio venatorio nei soprassuoli delle zone boscate interessate da incendi boschivi ai sensi della legge 21 novembre 2000, n. 353, art. 10 comma 1. In caso di trasgressione si applica una sanzione amministrativa non inferiore a £. 400.000 e non superiore a £. 800.000 (comma 3).
ALTRI DIVIETI E PRESCRIZIONI
È sempre vietato cacciare qualsiasi esemplare della fauna stanziale e migratoria che non sia compreso tra quelli espressamente indicati nel presente calendario.
È sempre vietato l'uso di fucili a ripetizione o semiautomatici che non abbiano adottato appositi dispositivi fissi per la utilizzazione di non più di due colpi nel caricatore.
TESSERINO REGIONALE
Per l'esercizio venatorio è obbligatorio l'uso del tesserino regionale rilasciato gratuitamente dal Comune di residenza o dall'Amministrazione provinciale nei capoluoghi di provincia.
Il tesserino non potrà essere rilasciato a chi non avrà restituito quello relativo all'annata precedente. Al personale incaricato del rilascio deve essere consegnata ricevuta del versamento della tassa di concessione regionale o fotocopia. della stessa ed esibita la licenza di caccia valida.
Anche i cacciatori residenti nei parchi sono tenuti al pagamento della tassa regionale ai sensi della L.R. 10 aprile 1996, n. 8, art. 19, comma 8.
Il cacciatore deve restituire il tesserino all'Ente che lo ha rilasciato il quale consegnerà quale ricevuta il tagliando appositamente previsto sul tesserino medesimo.
L'Ente preposto non rilascerà il tesserino dell'annata successiva se non previa esibizione della ricevuta della restituzione del tesserino dell'annata precedente.
Entro il 28 febbraio 2003 i comuni restituiscono alle Amministrazioni provinciali le cedole, elencate nominativamente, relative ai tesserini rilasciati per l'annata venatoria conclusasi con allegata la ricevuta, o fotocopia, del versamento della tassa regionale consegnata dal cacciatore al momento del rilascio del tesserino.
DIVIETO DI BRUCIATURA DELLE STOPPIE
Salvo facoltà di deroghe previste nelle specifiche normative, su tutto il territorio regionale, a decorrere dal 20 giugno e fino al 30 settembre, è vietata la bruciatura delle stoppie a norma del combinato disposto dell'art. 59 della legge di P.S. e del D.P.G.R. 14 giugno 2002, n. 485.
I trasgressori saranno puniti, ai sensi del R.D. 30 dicembre 1923, n. 3267, le cui restrizioni riguardano particolarmente i terreni sottoposti a vincolo idrogeologico o per gli altri scopi previsti dall'art. 17 del medesimo R.D. n. 3267/1923.
Per il restante territorio non sottoposto a vincolo idrogeologico l'infrazione al divieto di bruciature delle stoppie dal 1° giugno al 20 settembre di cui all'art. 25 comma 1 lettera f) della L.R. 10 aprile 1996, n. 8 va punita con la sanzione amministrativa prevista all'art. 32, comma 1, lettera g) della stessa L.R. n. 8/1996:
Si richiama l'attenzione sul disposto di cui all'art. 11 della L. n. 353/2000 che inserisce nel codice penale il seguente dispositivo: "Art. 423-bis - (incendio boschivo) - Chiunque cagioni un incendio su boschi, selve o foreste ovvero su vivai forestali destinati al rimboschimento, propri o altrui, è punito con la reclusione da quattro a dieci anni".
Inoltre incorre nel pagamento di una sanzione amministrativa da 1032,00 a 10329,14 Euro; se è proprietario del bosco, sul suo terreno scatta il vincolo di non mutamento di destinazione per 15 anni; non potrà ricevere contributi pubblici per 5 anni per recuperare o rimboschire il terreno percorso dal fuoco; ove, inoltre, volesse alienare il bene, è fatto obbligo al notaio di riportare nel rogito di compravendita la situazione del bosco rispetto agli incendi.
I bossoli delle cartucce devono essere recuperati dal cacciatore e non lasciati sul luogo di caccia (art. 13 - comma 3 - legge n. 157/1992.)
I trasgressori sono soggetti alla sanzione amministrativa prevista all'art. 32 comma 1 lettera f) della L.R. n. 8/1996.
Per tutto quanto non previsto nel presente calendario valgono le disposizioni contenute nella L.R. 10 aprile 1996, n. 8 e nella legge quadro sulla caccia 11 febbraio 1992, n. 157.
CACCIA PROGRAMMATA
Si ricorda infine che ogni cacciatore, per poter esercitare la caccia in Campania, dovrà acquisire la residenza venatoria in almeno un A.T.C. della Regione con le modalità previste agli art. 8 e seguenti del regolamento di gestione relativo agli Àmbiti territoriali di caccia costituente le normative di attuazione del Piano Faunistico Venatorio della Regione Campania pubblicato sul numero speciale del Bollettino Ufficiale della Regione 23 maggio 2000.
Tale acquisizione sarà dimostrata mediante l'apposizione di specifica vidimazione, effettuata dall'amministrazione competente alla gestione dell'A.T.C., sul tesserino rilasciato dal comune o dall'Amministrazione provinciale di residenza.
È consentita, altresì, la dimostrazione dell'acquisizione della residenza venatoria anche mediante altra documentazione formale, rilasciata dall'amministrazione competente, accompagnata dalla ricevuta di versamento della tassa dovuta.
(L'esercizio dell'attività venatoria negli A.T.C. della Campania senza l'acquisizione della residenza venatoria viene sanzionato così come previsto all'art. 31 - comma 1, lettera d) della legge n. 157/1992.)
Per le giornate di caccia in regime di reciprocità di cui all'art. 37, comma 7, della L.R. n. 8/1996, limitatamente agli A.T.C. confinanti con quello di residenza venatoria, si applicano le disposizioni di cui all'art. 8, commi 3 e 4, del regolamento di gestione relativo agli Àmbiti territoriali di caccia pubblicato sul numero speciale del Bollettino Ufficiale della Regione 23 maggio 2000 nelle "Normative di attuazione" del Piano Faunistico Venatorio della Regione Campania così come modificato con D.P.G.R. 1° settembre 2000, n. 7661.
ISTITUTO NAZIONALE PER LA FAUNA SELVATICA "ALESSANDRO GHIGI"
Ozzano Emilia,
OGGETTO: Calendario venatorio per la stagione 2002/2003.
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Alla Regione Campania |
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Area Generale di Coordinamento |
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Sviluppo Attività Settore Primario |
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Settore Foreste, Caccia e Pesca |
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Isola A/6 - Centro Direzionale |
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80143 NAPOLI NA |
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fax: 081/796.77.52 |
In riferimento alla richiesta di parere relativo all'argomento in oggetto, inoltrata da codesta Amministrazione con nota prot. n. 5/4792 del 12 giugno 2002, si comunica quanto segue.
La possibilità data alle Regioni dal 2° comma dell'art. 18 della legge n. 157/1992 di modificare i periodi di caccia stabiliti dal comma 1° del medesimo articolo è condizionata, oltre che alla predisposizione di adeguati piani faunistico-venatori, alla presenza di peculiari "situazioni ambientali" del territorio.
Per quanto riguarda il primo punto, non si riscontrano indicazioni in grado di supportare un'apertura anticipata della caccia né nel Piano regionale faunistico, né nella Carta regionale faunistica.
Per quanto riguarda il secondo punto, si osserva che non sussistono scostamenti di rilievo nelle condizioni ambientali in grado di influenzare i ritmi biologici per le specie stanziali citate (fagiano, starna e lepre comune), tali da rendere tecnicamente sostenibile un'anticipazione della stagione di caccia.
Nel caso del coniglio selvatico sia la mancanza di informazioni precise sulla fenologia riproduttiva in Campania, sia lo status di questa specie caratterizzata da una distribuzione estremamente localizzata, sconsigliano decisamente l'anticipazione del periodo di caccia.
Nel caso del fagiano si deve considerare che l'incidenza delle covate di sostituzione risulta oggi elevata (per motivi legati alle moderne lavorazioni agricole, all'incremento dei Corvidi e all'allevamento artificiale degli esemplari utilizzati nei ripopolamenti ecc.) ed il successo riproduttivo risulta per conseguenza modesto. Ne deriva che oggi un'apertura della caccia all'inizio di settembre determina l'abbattimento di una quota proporzionalmente più consistente di soggetti ancora fisicamente immaturi. Essi sono anche più vulnerabili sotto il profilo comportamentale nei confronti dei predatori e dello stesso esercizio venatorio, che risulta così particolarmente impattante fin dalle primissime giornate di caccia. Per questa specie la scelta tecnicamente più corretta dovrebbe prevedere, al contrario, un'apertura posticipata della caccia ai primi giorni d'ottobre.
Lo stato di conservazione della starna in Campania è tale per cui non si ritiene sussistano popolazioni vitali, almeno in aree aperte alla caccia; le presenze attualmente osservabili sono, infatti, di norma il frutto di immissioni più o meno recenti. Un così alto grado di alterazione della condizione di una specie cacciabile dovrebbe stimolare ad assumere misure finalizzate al recupero della specie, evitando comunque l'anticipazione del prelievo, che implica lo stesso tipo di conseguenze deleterie già evidenziate per il fagiano, ma ancora più accentuate a causa della stagione riproduttiva più tardiva della specie.
Nel caso della lepre comune l'ipotesi di un'apertura anticipata non risulta compatibile né con lo stato di conservazione della specie (decisamente precario), né con le caratteristiche biologico-riproduttive della stessa. A tale proposito si ricorda come la stagione dei parti della lepre comune termini nella prima decade di ottobre (ad esempio tra il 15 e il 30 settembre circa il 30 percento delle femmine fertili risulta gravida o in allattamento). Inoltre, occorre considerare un ulteriore periodo di tre settimane in cui i leprotti sono dipendenti dalla madre, per cui un'apertura biologicamente corretta della caccia a questa specie dovrebbe essere posticipata a metà ottobre:
Per quanto riguarda le specie ornitiche migratrici, questo Istituto è del parere che un'anticipazione della data di apertura della caccia non possa prescindere da prudenti valutazioni sullo stato di conservazione delle rispettive popolazioni nidificanti e sulla fenologia delle specie stesse. Di fatto occorre che la consistenza delle popolazioni potenzialmente prelevabili (data dalla frazione nidificante e dai migratori in transito) siano localmente compatibili con la pressione venatoria potenziale. Si deve, peraltro, considerare che, tra le specie indicate, solo la tortora (Streptopelia turtur turtur) e la quaglia mostrano caratteristiche biologiche e fenologiche tali da non consentire un razionale prelievo nel corso della normale stagione venatoria. Tra queste ultime, a parere di questo Istituto, l'unica specie che attualmente presenta una condizione locale in grado di sopportare un moderato prelievo è la tortora (Streptopelia turtur turtur). L'eventuale prelievo dovrebbe essere ammesso solo da appostamento, per un massimo di 3-4 mezze giornate di caccia. La quaglia, che pure mostra caratteristiche fenologiche simili, è da anni in forte regresso; inoltre questa specie dovrebbe essere cacciata col cane, pratica da sconsigliarsi per ragioni connesse al disturbo arrecabile alla restante fauna non oggetto di caccia. Lo stato di conservazione della ghiandaia, del merlo e del colombaccio in Campania appare discreto e potenzialmente compatibile con un limitato prelievo anticipato (secondo le modalità già indicate per la tortora).
Per contro l'allodola presenta uno stato di conservazione generale sfavorevole ed è una specie considerata "vulnerabile" a causa delle trasformazioni che hanno subìto gli ambienti agricoli e per, l'impatto delle moderne tecniche di coltivazione. Le popolazioni italiane non fanno eccezione a tale proposito, per cui questo Istituto non ritiene di poter avallare l'apertura anticipata della caccia a questa specie.
Per quanto sopra esposto, questo Istituto esprime parere sfavorevole all'adozione del provvedimento in oggetto a norma dell'art. 18, comma 4, della legge n. 157/1992.
Per un'analisi delle disposizioni contenute all'interno del calendario venatorio regionale, al di là degli obblighi di legge, si ritiene opportuno evidenziare anche quanto segue, al fine di stimolare forme di gestione faunistico-venatoria più idonee sotto il profilo tecnico.
Anticipazione della chiusura - La condizione delle popolazioni di fagiano nella Regione non è tale da sopportare un esercizio venatorio protratto fino a gennaio. Si ritiene pertanto che per queste specie sia opportuno prevedere una chiusura anticipata della stagione di caccia a fine novembre, lasciando la facoltà alle Amministrazioni provinciali e agli Àmbiti territoriali di caccia di stabilire dei periodi di caccia ancora più limitati in relazione a particolari condizioni locali. Un'eccezione a questi termini potrebbe essere prevista solo per le aziende venatorie.
Per la caccia alla beccaccia sarebbe consigliabile prevedere un'anticipazione della chiusura a dicembre in relazione allo stato di vulnerabilità generale della specie che si accentua nella fase di svernamento e al declino generalizzato cui stanno andando incontro le popolazioni presenti in Europa.
Gestione della starna - Considerato lo stato sfavorevole di conservazione della starna in Regione, si è del parere che questo Galliforme in Campania non possa essere gestito correttamente attraverso le forme di caccia previste dalla normativa nazionale per la generalità delle specie. In questo caso (e ad eccezione delle aziende agrituristico-venatorie), anziché stabilire semplici limitazioni di carniere, occorre subordinare un eventuale prelievo ad una effettiva programmazione del prelievo in base a censimenti volti a stabilire se esistono popolazioni stabili e, in caso affermativo, alla definizione del numero di capi prelevabili localmente.
Gestione della lepre - Come già anticipato con lettera prot. n. 3463/T - D2 del 27.5.1999, il ritrovamento di popolazioni residue di Lepre italica (Lepus corsicanus) in tutto l'areale storico della specie (Italia centro - meridionale), ivi compresa la Campania, richiede, l'adozione di una serie di misure per la salvaguardia ed il recupero di questa specie endemica minacciata, di rilevante, valore biogeografico e per la biodiversità della fauna italiana. Innanzitutto occorre definire al più presto la sua effettiva distribuzione nella Regione, sia attraverso sopralluoghi da realizzarsi soprattutto nelle aree interdette alla caccia, sia identificando le lepri abbattute durante l'esercizio venatorio. A tale proposito si consideri che con l'accertamento del livello specifico per la lepre italica, essa risulta formalmente protetta, in quanto non inserita tra le specie cacciabili di cui alla legge n. 157/1992, art. 18, comma 1. Considerata, tuttavia, la difficoltà di distinguere le due specie (che spesso vivono in simpatia a causa dei ripopolamenti effettuati con la lepre comune) durante lo svolgimento dell'attività di caccia, occorre che anche nel calendario venatorio siano previste particolari misure gestionali rivolte più in generale alla migliore conservazione delle lepri e quindi anche della lepre comune. In particolare, per gli A.T.C. territorialmente interessati dalla presenza della lepre italica, sarebbe opportuno:
1) accertare l'esatta distribuzione della lepre italica sul territorio;
2) allocare opportunamente le aree protette (ad es. le ZRC) al fine di favorire il consolidamento delle popolazioni locali e facilitare la loro diffusione sul territorio;
3) preferire la forma di ripopolamento naturale del territorio aperto alla caccia (tramite dispersione o irradiamento) a quella artificiale (cattura e traslocazione);
4) fissare la stagione di caccia alla lepre comune in un arco temporale compreso tra il 15 ottobre e il 30 novembre;
5) introdurre la programmazione del prelievo in base ai princìpi della sostenibilità nella gestione della lepre comune, basato su censimenti o stime d'abbondanza e analisi dei carnieri.
A tale riguardo questo Istituto resta a disposizione per fornire ogni possibile ulteriore ragguaglio o supporto tecnico-scientifico, sia a livello regionale che periferico.
Addestramento cani - L'inizio dell'attività di addestramento cani al 21 luglio appare certamente prematuro, considerati i periodi di riproduzione di varie specie potenzialmente vulnerabili. Dopo tale data, ad esempio, si colloca la natalità di circa il 20% delle lepri giovani abbattute normalmente nel corso della stagione venatoria. Nel caso del fagiano, a causa del già citato fenomeno delle covate di sostituzione, a fine luglio si constata la presenza di una percentuale relativamente elevata di fagianotti di meno di 60 giorni d'età, particolarmente vulnerabili sia rispetto agli ausiliari in addestramento, sia rispetto ai rischi elevati di incremento della predazione naturale a seguito della rottura e dispersione delle brigate. Si ritiene, quindi, che una soluzione di compromesso accettabile sia quella di posticipare a fine agosto - primi di settembre l'epoca di addestramento degli ausiliari.
Forme di caccia - La caccia vagante, soprattutto se con l'ausilio del cane, dovrebbe terminare non oltre il mese di dicembre. Possono essere previste eccezioni per le aziende faunistico-venatorie, per le aziende agri - turistico - venatorie e per la caccia al cinghiale ed alla volpe in squadre autorizzate. Il protrarsi della caccia vagante su tutto il territorio nel mese di gennaio può essere infatti all'origine di effetti negativi riconducibili ai seguenti aspetti principali:
a) eccessivo disturbo, conseguente sia alla ricerca diretta del selvatico sul territorio (molto maggiore rispetto alla caccia d'attesa), sia al maggior numero di praticanti che verrebbero coinvolti. A tale proposito occorre considerare che il mantenimento di una innaturale condizione di allarme e quindi di stress negli animali selvatici è all'origine di conseguenze negative su status e dinamica delle popolazioni, anche in maniera indipendente dall'entità del prelievo. Infatti una protratta condizione di stress induce gli animali a spendere maggiori energie per spostarsi e fuggire, contemporaneamente tende a diminuire in modo sensibile il tempo che essi possono dedicare ad alimentarsi. Questi fattori influiscono in maniera negativa sul bilancio energetico e sulla condizione immunitaria di ciascun individuo e possono quindi aumentare indirettamente la mortalità complessiva anche a carico di specie che non sono direttamente oggetto di caccia. Tale fenomeno risulta aggravato quando il disturbo avviene nel periodo invernale in cui sono più efficaci i fattori della selezione naturale e quando i selvatici sono ancora immaturi. In questo contesto la possibilità di avvalersi dell'ausilio dei cani, ivi compresi quelli da seguito, non può che aggravare ulteriormente i rischi appena descritti;
b) interferenza con le attività di ripopolamento invernale con selvaggina stanziale nella delicata fase di ambientamento, a cui si assommano i rischi esposti al punto a);
c) maggiore prelievo dovuto sia al maggior numero di praticanti sia all'aggiunta del prelievo con ricerca attiva rispetto a quello d'attesa;
d) difficoltà di controllo degli atti di bracconaggio, anche a carico delle specie stanziati ripopolate,
Mentre si resta disponibili per eventuali ulteriori chiarimenti, si porgono distinti saluti.
L.R.
Emilia Romagna 15 febbraio 1994, n. 8
Disposizioni
per la protezione della fauna selvatica e per l'esercizio dell'attività
venatoria
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(1) Pubblicata nel B.U. Emilia-Romagna 18 febbraio 1994, n. 15.
(2) Per le norme integrative alla presente legge vedi la L.R. 25 agosto 1997, n. 30. Con Delib.G.R. 11 luglio 2000, n. 1161 sono state approvate le modalità di accesso agli Ambiti territoriali di caccia (A.T.C.), ai sensi della presente legge.
TITOLO I
Gestione faunistico-venatoria del territorio
Art. 1
Finalità.
1. La Regione, con la presente legge, disciplina la gestione, la protezione e il raggiungimento ed il mantenimento dell'equilibrio faunistico ed ecologico in tutto il territorio regionale e ne regolamenta il prelievo venatorio programmato (3). In particolare la Regione ha cura di creare le condizioni per salvaguardare le specie tutelate ai sensi del comma 1 dell'art. 2 della legge 11 febbraio 1992, n. 157.
2. A tal fine la Regione, con il concorso delle Province:
a) promuove il mantenimento e la riqualificazione degli habitat naturali e seminaturali delle specie autoctone di fauna selvatica viventi sul territorio dell'Emilia-Romagna individuate con la Carta regionale delle vocazioni faunistiche;
b) disciplina l'istituzione e la gestione delle zone di protezione della fauna selvatica che non ricadono in ambiti protetti per effetto di altre leggi;
c) coordina la programmazione delle attività di gestione della fauna selvatica e disciplina il controllo dei prelievi negli ambiti territoriali in cui è consentito l'esercizio venatorio;
d) favorisce l'eliminazione o la riduzione dei fattori di squilibrio o di degrado ambientale nei territori agricoli e forestali, nelle aree urbane, nelle acque interne e negli alvei dei corsi d'acqua;
e) disciplina l'istituzione e la gestione degli ambiti territoriali di caccia e delle strutture territoriali di iniziativa privata per consentire una coesistenza equilibrata e conforme al dettato della legge 11 febbraio 1992, n. 157 (4).
3. Nelle disposizioni che seguono, la legge 11 febbraio 1992, n. 157, recante «Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio» sarà indicata con la denominazione «legge statale».
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(3) Periodo così modificato dall'art. 1, comma 1, lettere a) e b), L.R. 16 febbraio 2000, n. 6, a decorrere dal 1° aprile 2000.
(4) Lettera aggiunta dall'art. 1, comma 1, lettera c), L.R. 16 febbraio 2000, n. 6, a decorrere dal 1° aprile 2000.
Capo I - Pianificazione faunistico-venatoria regionale
Art. 2
Attività di ricerca e promozione della conoscenza della fauna e degli habitat.
1. La Regione svolge funzioni di indirizzo e coordinamento nei confronti degli enti locali e degli organismi da essi costituiti e promuove attività di sensibilizzazione avvalendosi della collaborazione e dell'impegno volontario delle organizzazioni professionali agricole, delle associazioni venatorie e delle associazioni di protezione ambientale.
2. La Regione, in collaborazione con gli istituti scientifici e con le autorità scolastiche, promuove iniziative finalizzate a diffondere la conoscenza del patrimonio faunistico e dei metodi per la sua tutela e gestione.
3. L'attività di censimento delle popolazioni di fauna selvatica stanziale e di valutazione delle fluttuazioni numeriche delle popolazioni di avifauna migratoria ai fini del prelievo venatorio è coordinata, secondo metodi e direttive dell'Istituto nazionale per la fauna selvatica (I.N.F.S.), dalla Regione e dalle Province, in collaborazione con i Comitati di gestione degli ambiti territoriali di caccia e con i titolari delle aziende faunistico-venatorie.
4. La Regione promuove, in collaborazione con i competenti Servizi delle Province, la raccolta e l'elaborazione dei dati relativi alla fauna selvatica anche ai fini della programmazione dei prelievi. Esprime, altresì, pareri e suggerimenti per la gestione faunistica ed il miglioramento o il ripristino degli habitat naturali e seminaturali e degli agroecosistemi. A tal fine istituisce nell'ambito del Servizio competente un Osservatorio degli habitat naturali e seminaturali e delle popolazioni faunistiche.
5. L'Osservatorio esplica la sua attività di ricerca per la gestione del patrimonio faunistico, anche in collaborazione con l'I.N.F.S., con dipartimenti universitari nazionali ed esteri, con altri enti di ricerca e consulenza nazionali e regionali, e con i Servizi faunistici di altre Regioni.
Art. 3
Strumenti di pianificazione e programmazione faunistico-venatoria.
1. Sono strumenti della pianificazione e programmazione faunistico- venatoria:
a) la Carta regionale delle vocazioni faunistiche del territorio;
b) gli indirizzi regionali per la pianificazione faunistico-venatoria provinciale;
c) il piano finanziario regionale annuale per la realizzazione degli interventi faunistico-venatori;
d) i piani faunistico-venatori provinciali e i relativi programmi annuali degli interventi;
e) i piani, i programmi ed i regolamenti di gestione faunistica delle aree protette di cui alla L.R. n. 11/1988 (5).
2. L'insieme degli atti di cui al comma 1 costituisce il piano faunistico-venatorio regionale (6).
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(5) Lettera aggiunta dall'art. 2, comma 1, L.R. 16 febbraio 2000, n. 6, a decorrere dal 1° aprile 2000.
(6) Comma così modificato dall'art. 2, comma 2, L.R. 16 febbraio 2000, n. 6, a decorrere dal 1° aprile 2000.
Art. 4
Carta regionale delle vocazioni faunistiche.
1. Il Consiglio regionale, su proposta della Giunta e sentito l'I.N.F.S., approva la Carta regionale delle vocazioni faunistiche del territorio e provvede al suo periodico aggiornamento.
2. La Carta regionale delle vocazioni faunistiche del territorio è articolata in zone altitudinali e, per ognuna di esse, indica la relativa vocazione faunistica e le specie tipiche ivi presenti.
Art. 5
Indirizzi regionali per la pianificazione faunistico-venatoria (7).
1. II Consiglio regionale, su proposta della Giunta e sulla base dei criteri della programmazione faunistico - venatoria di cui al comma 11 dell'art. 10 della legge statale e con riferimento ai contenuti della Carte regionale delle vocazioni faunistiche e alle situazioni ambientali e socio-economiche della regione, approva gli indirizzi per la elaborazione dei piani faunistico-venatori provinciali. Con il medesimo provvedimento il Consiglio regionale definisce i criteri per l'individuazione della superficie agro-silvo-pastorale di ciascuna provincia e della superficie agro-silvo-pastorale sulla base della quale calcolare gli indici di densità venatoria di cui all'art. 8 (8).
1-bis. [Con il medesimo provvedimento il Consiglio regionale individua per ogni Provincia, la superficie agro-silvo-pastorale sulla base della quale calcolare gli indici di densità venatoria di cui all'art. 8] (9).
2. Gli indirizzi di cui al comma 1 hanno durata quinquennale e sono elaborati con riferimento al programma regionale di sviluppo e al piano territoriale regionale. Essi riguardano in particolare:
a) la individuazione dei comprensori faunistici omogenei, anche di dimensione interprovinciale;
b) l'individuazione delle specie di fauna selvatica, di cui all'art. 18 della legge statale, di cui deve essere curato l'incremento naturale o la reimmissione sino alla densità ottimale compatibile con le situazioni produttive di ogni comprensorio faunistico omogeneo, e i criteri per la pianificazione e il coordinamento degli interventi tecnici di gestione faunistica;
c) i criteri per la pianificazione e il coordinamento delle attività gestionali di miglioramento ambientale e degli interventi tecnici di gestione faunistica tesi a favorire la tutela e l'incremento naturale della fauna selvatica di cui al comma 1 dell'art. 2 della legge statale;
d) i criteri di massima sulla destinazione ad uso faunistico-venatorio del territorio agro-silvo-pastorale regionale ai sensi dei capi III, IV e V ed il limite minimo di superficie, comprendente anche le aree dei parchi regionali e nazionali, da destinare alle zone di protezione;
e) i criteri di massima per la determinazione dei contributi previsti dalla lett. g) del comma 8 dell'art. 10 della legge statale a favore dei proprietari o conduttori dei fondi rustici per la valorizzazione faunistica del territorio nelle zone di protezione;
f) i criteri per la individuazione dei territori da destinare alla istituzione delle aziende faunistico-venatorie, delle aziende agri-turistico-venatorie, dei centri privati di riproduzione della fauna allo stato naturale, delle zone per l'addestramento e le prove di qualificazione dei cani da caccia;
g) i criteri per la formazione tecnica e l'aggiornamento degli addetti alla vigilanza e alle attività gestionali nelle zone di protezione e negli ambiti territoriali per la caccia programmata;
h) i criteri per la immissione integrativa di specie di fauna selvatica di interesse venatorio in ciascun comprensorio faunistico omogeneo.
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(7) Vedi, anche, la Delib.C.R. 29 febbraio 2000, n. 1411.
(8) I commi 1 e 1-bis sostituiscono l'originario comma 1 per effetto dell'art. 3, L.R. 16 febbraio 2000, n. 6, a decorrere dal 1° aprile 2000. Successivamente il presente comma è stato così sostituito dall'art. 5, comma 4, L.R. 12 luglio 2002, n. 15. Il testo precedente del comma 1 era il seguente: «1. Il Consiglio regionale, su proposta della Giunta e sulla base dei criteri della programmazione faunistico - venatoria di cui al comma 11 dell'art. 10 della legge statale e con riferimento ai contenuti della carta regionale delle vocazioni faunistiche e alle situazioni ambientali e socio-economiche della Regione, approva gli indirizzi per la elaborazione dei piani faunistico-venatori provinciali, corredati dalla individuazione della superficie agro-silvo-pastorale derivante dai dati I.S.T.A.T.».
(9) I commi 1 e 1-bis così sostituiscono l'originario comma 1 per effetto dell'art. 3, L.R. 16 febbraio 2000, n. 6, a decorrere dal 1° aprile 2000. Successivamente il presente comma è stato soppresso dall'art. 5, comma 5, L.R. 12 luglio 2002, n. 15 Il testo dell'originario comma 1 era il seguente: «1. Il Consiglio regionale, sulla base dei criteri della programmazione faunistico-venatoria di cui al comma 11 dell'art. 10 della legge statale, se e in quanto emanati, e con riferimento alle indicazioni contenute nella Carta regionale delle vocazioni faunistiche e alle situazioni ambientali e socio-economiche della regione, approva gli indirizzi per la elaborazione dei piani faunistico-venatori provinciali su proposta della Giunta regionale, sentite le organizzazioni professionali agricole, le associazioni venatorie e le associazioni di protezione ambientale riconosciute.».
Art. 6
Piano finanziario regionale annuale per la realizzazione degli interventi faunistico-venatori (10).
1. La Giunta regionale approva il piano finanziario per la realizzazione degli interventi faunistico-venatori.
2. Il piano finanziario, con riferimento alla superficie agro-silvo-pastorale, alla superficie delle zone di protezione già costituite, al numero dei cacciatori con residenza venatoria e alle catture tecniche compiute nel quinquennio precedente, stabilisce:
a) le risorse da assegnare ad ogni Provincia per la realizzazione degli interventi programmati di cui ai commi 7 e 8 dell'art. 10 della legge statale ed al comma 4 dell'art. 23 della stessa legge;
b) le risorse da assegnare ad ogni Provincia per la prevenzione e il risarcimento dei danni arrecati dalla fauna selvatica nelle zone di protezione;
c) le risorse da assegnare ad ogni Provincia per far fronte ai danni non altrimenti risarcibili perché prodotti da specie non cacciabili o da sconosciuti nel corso dell'attività venatoria.
3. Il piano finanziario stabilisce inoltre:
a) le risorse da assegnare ad ogni Provincia per la concessione dei contributi ai proprietari o conduttori di fondi rustici di cui al comma 1 dell'art. 15 della legge statale;
b) le risorse necessarie ai finanziamenti straordinari per interventi di miglioramento ambientale di interesse interprovinciale;
c) le risorse necessarie al finanziamento delle attività di censimento, ricerca, informazione e formazione di interesse regionale esercitate direttamente o affidate ad enti ed associazioni (11).
4. La Giunta regionale redige entro il 30 aprile di ogni anno una relazione sullo stato di attuazione della pianificazione faunistico-venatoria e sulle attività di vigilanza e la presenta al Consiglio regionale, corredata da eventuali proposte di modifica ed integrazioni del piano finanziario.
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(10) Vedi, anche, la Delib.G.R. 1° marzo 2004, n. 344.
(11) Lettera così modificata dall'art. 4, L.R. 16 febbraio 2000, n. 6, a decorrere dal 1° aprile 2000.
Art. 7
Piani faunistico-venatori provinciali .
1. Le Province, sentite le Comunità montane, entro centoventi giorni dalla adozione degli indirizzi di cui al comma 1 dell'art. 5 approvano i propri piani faunistico venatori. Le Provincie garantiscono la partecipazione delle organizzazioni professionali agricole, delle associazioni venatorie, degli enti di gestione dei parchi operanti nell'ambito provinciale, delle associazioni di protezione ambientale e dell'Ente nazionale per la protezione degli animali (E.N.P.A.) alla formazione dei piani faunistico-venatori provinciali.
2. I piani faunistico-venatori provinciali hanno durata quinquennale, sono articolati per comprensori faunistici omogenei ed hanno i contenuti indicati dal comma 8 dell'art. 10 della legge statale e dagli indirizzi regionali di pianificazione faunistico-venatoria.
3. I piani faunistico - venatori provinciali sono approvati previo parere della Regione di conformità alle indicazioni contenute negli atti di cui alle lettere a) e b) del comma 1 dell'art. 3. Il parere va espresso entro e non oltre sessanta giorni. Nelle more dell'espressione del parere il termine di cui al comma 1 è sospeso (12).
4. Il piano faunistico-venatorio provinciale approvato è pubblicizzato a cura della Provincia per le finalità di cui al comma 3 dell'art. 15 della legge statale e depositato nelle segreterie della Provincia e dei Comuni territorialmente interessati per la libera consultazione. Dell'approvazione è dato avviso nel Bollettino Ufficiale della Regione.
5. Qualora le Province non approvino i piani faunistico-venatori nel termine previsto, vi provvede, previa diffida, la Giunta regionale in via sostitutiva.
6. Con le procedure di cui al presente articolo e nei termini ivi indicati le Province provvedono alle variazioni dei propri piani faunistico-venatori.
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(12) Comma così sostituito dall'art. 5, L.R. 16 febbraio 2000, n. 6, a decorrere dal 1° aprile 2000. Il testo originario era così formulato: «3. I piani faunistico-venatori provinciali sono approvati su conforme parere della Giunta regionale che si esprime sulla loro conformità alle indicazioni contenute negli atti del piano faunistico-venatorio regionale. Nelle more dell'espressione del parere il termine di cui al comma 1 è sospeso. Il parere va espresso entro e non oltre sessanta giorni.».
Art. 8
Densità venatoria (13).
1. Per ogni ambito territoriale di caccia la Giunta regionale, sentito il parere delle Province e dell'I.N.F.S., che devono esprimersi entro trenta giorni, determina:
a) l'indice di densità venatoria programmata;
b) l'indice massimo delle presenze compatibili per la caccia nei terreni umidi e nelle località interessate al passo delle principali specie migratorie (14);
c) l'indice massimo delle presenze extraregionali.
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(13) Con Delib.G.R. 13 febbraio 2001, n. 143 sono stati individuati gli indici di densità venatoria per la stagione venatoria 2001/2002. Vedi, anche, la Delib.G.R. 9 febbraio 2004, n. 184.
(14) Lettera così modificata dall'art. 6, L.R. 16 febbraio 2000, n. 6, a decorrere dal 1° aprile 2000.
Art. 9
Programmi faunistico-venatori annuali.
1. All'attuazione dei piani faunistico-venatori provinciali si provvede con programmi annuali degli interventi.
2. Entro il 31 dicembre di ogni anno le province, in conformità con il piano faunistico-venatorio provinciale, approvano e trasmettono alla Regione il programma annuale degli interventi faunistico-venatori per l'esercizio successivo con l'indicazione delle relative previsioni di spesa.
3. La Regione, entro sessanta giorni dalla entrata in vigore della legge regionale di approvazione del bilancio di previsione, provvede al finanziamento dei programmi provinciali annuali (15).
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(15) Articolo così sostituito dall'art. 7, L.R. 16 febbraio 2000, n. 6, a decorrere dal 1° aprile 2000. Il testo originario era così formulato: «Art. 9. Programmi faunistico-venatori annuali. 1. All'attuazione dei piani faunistico-venatori provinciali si provvede con programmi annuali degli interventi.
2. Entro il 31 ottobre di ogni anno la Provincia, in conformità con il piano faunistico-venatorio provinciale, approva e trasmette alla Regione il programma annuale degli interventi faunistico-venatori per l'esercizio successivo, con l'indicazione delle relative previsioni di spesa.
3. Il programma annuale degli interventi faunistico-venatori è corredato da una relazione illustrativa sulle attività di gestione svolte. Tale relazione comprende, in particolare, i dati sulle catture di fauna per finalità tecniche e sull'andamento della stagione venatoria, nonché i risultati di indagini e censimenti.
4. Entro il 31 gennaio di ogni anno la Giunta regionale, in conformità agli indirizzi del piano faunistico-venatorio regionale, provvede al finanziamento dei programmi provinciali annuali.».
Art. 10
Consultazione sugli atti della Regione e delle Province.
1. La Regione consulta tutte le associazioni professionali agricole, le associazioni venatorie, le associazioni di protezione ambientale regionali riconosciute e l'Ente nazionale cinofili italiani (E.N.C.I.) ed acquisisce il parere dell'I.N.F.S. su tutti i principali atti di programmazione. Per la elaborazione delle norme, delle direttive e dei programmi faunistico-venatori la Regione, ove necessario, si avvale di gruppi di lavoro tecnico-scientifico finalizzati.
2. La Provincia, per l'espletamento delle proprie funzioni, provvede ad istituire una Commissione consultiva, espressione di tutte le associazioni professionali agricole, le associazioni venatorie, le associazioni di protezione ambientale riconosciute ed operanti sul territorio e dell'E.N.C.I..
Capo II - Miglioramento degli habitat naturali e salvaguardia delle attività agro-silvo-pastorali
Art. 11
Ripristino e creazione dei biotopi.
1. La Regione e le province, attraverso gli strumenti di programmazione di cui all'art. 3, nel rispetto della normativa comunitaria in materia agricola ed ambientale, promuovono il ripristino e la creazione dei biotopi al fine di realizzare habitat idonei a garantire la sopravvivenza e la riproduzione delle specie tutelate ai sensi del comma 1 dell'art. 2 della legge statale, con particolare riferimento alla Direttiva 79/409/CEE sulla conservazione degli uccelli selvatici e alla Direttiva 92/43/CEE relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali, della flora e della fauna selvatica (16).
2. Gli enti che operano nel settore ambientale ed agricolo, nel predisporre gli strumenti di pianificazione o gestione del territorio di propria competenza, tengono conto dell'esigenza di provvedere al ripristino o alla creazione di biotopi, in particolare nelle pertinenze idrauliche dei fiumi e dei canali.
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(16) Comma così sostituito dall'art. 8, L.R. 16 febbraio 2000, n. 6, a decorrere dal 1° aprile 2000. Il testo originario così disponeva: «1. La Regione e le Province, attraverso gli strumenti di programmazione di cui all'art. 3, in armonia con la normativa comunitaria in materia agricola e ambientale, promuovono il ripristino o la creazione dei biotopi al fine di realizzare ambienti idonei a garantire la sopravvivenza e la riproduzione delle specie tutelate ai sensi del comma 1 dell'art. 2 della legge statale, nonché delle specie incluse nell'allegato I della Direttiva 79/409/CEE, sulla conservazione degli uccelli selvatici, e successive modifiche. Tali interventi di ripristino e creazione dei biotopi riguardano, in particolare, le zone umide ed i boschi di pianura.».
Art. 12
Valorizzazione ambientale e faunistica dei fondi rustici.
1. La Provincia, in funzione degli obiettivi del piano faunistico-venatorio e nel quadro degli orientamenti della politica agricola comunitaria (P.A.C) con particolare riferimento ai programmi zonali agro-ambientali ed ai programmi forestali previsti rispettivamente al Reg. CEE 2078/92 e al Reg. CEE 2080/92, promuove l'impegno dei proprietari e dei conduttori dei fondi rustici alla creazione e gestione degli habitat, alla tutela e ripristino degli habitat naturali, alla salvaguardia e incremento della fauna selvatica.
2. La Provincia, sulla base del piano finanziario regionale e dei programmi annuali e di intervento, concorre a finanziare, in particolare a norma del comma 4 dell'art. 23 e del comma 1 dell'art. 15 della legge statale:
a) salvaguardia e recupero degli ambienti idonei al rifugio della fauna selvatica (mantenimento delle aree boscate); creazione e mantenimento di siepi ed alberatura; restauro e mantenimento dei maceri, dei laghetti collinari e delle fonti di abbeveramento della fauna);
b) coltivazioni a perdere per l'alimentazione delle specie selvatiche di interesse gestionale; esecuzione delle operazioni di sfalcio dei foraggi e di controllo della vegetazione erbacea spontanea con tempi e modalità che consentano la riproduzione della fauna;
c) collaborazioni operative: tabellamenti, difesa preventiva e catture di selvaggina negli ambiti protetti, salvaguardia dei nidi e dei nuovi nati, protezione dei riproduttori nel periodo invernale;
d) impianto e manutenzione degli apprestamenti di ambientamento della fauna selvatica;
e) adozione di metodi di produzione agricola compatibili con le esigenze di protezione ambientale e con la salvaguardia dell'ambiente naturale;
f) progetti specifici per la reintroduzione di specie di avifauna di importanza comunitaria secondo le Direttive 79/409/CEE e e 92/43/CEE (17).
3. La Provincia può definire intese con le organizzazioni professionali agricole e con gli ambiti territoriali di caccia (A.T.C.) per riconoscere ai proprietari o conduttori dei fondi rustici, compresi nelle zone di protezione destinate all'incremento di specie di interesse naturalistico o venatorio, che collaborano alla gestione della fauna, compensi forfettari per i capi catturati o censiti.
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(17) Lettera così modificata dall'art. 9, L.R. 16 febbraio 2000, n. 6, a decorrere dal 1° aprile 2000.
Art. 13
Utilizzazione dei fondi rustici ai fini della gestione programmata della caccia.
1. La Regione determina i criteri per la concessione dei contributi previsti dal comma 1 dell'art. 15 della legge statale, con riferimento prioritario agli interventi di valorizzazione ambientale di cui all'art. 12, di conservazione delle specie di fauna selvatica e di tutela dei fondi rustici sottoposti a particolare pressione «faunistico-venatoria» causata dalla presenza e dal prelievo venatorio di ungulati, ed avendo riguardo all'esterno dei fondi rustici ed agli indirizzi colturali ivi praticati (18).
2. La Giunta regionale determina annualmente la quota parte degli introiti risultanti dalle tasse di concessione regionale per l'abilitazione all'esercizio venatorio destinati a finanziare gli interventi previsti dal comma 1 dell'art. 15 della legge statale e provvede a ripartirli tra le Province.
3. Le Province possono erogare direttamente i contributi agli aventi diritto, oppure possono istituire appositi fondi provinciali la cui gestione è affidata, tramite convenzione, alle organizzazioni professionali agricole riconosciute e presenti sul territorio.
4. Il proprietario o conduttore di fondo rustico che intenda finalizzare il proprio contributo alla valorizzazione ambientale di cui al comma 1 demanda, tramite delega, all'organo di gestione del fondo di cui al comma 3 la realizzazione di appositi progetti di carattere agro-faunistico ambientale.
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(18) Comma così sostituito dall'art. 10, L.R. 16 febbraio 2000, n. 6, a decorrere dal 1° aprile 2000. Il testo originario era il seguente: «1. La Giunta regionale determina i criteri per la concessione dei contributi previsti dal comma 1 dell'art. 15 della legge statale con riferimento prioritario agli interventi di valorizzazione ambientale di cui all'art. 12 e di conservazione delle specie di fauna selvatica ed avendo riguardo all'estensione dei fondi rustici ed agli indirizzi colturali ivi praticati.».
Art. 14
Tutela delle attività agricole.
1. La Provincia, d'intesa con le organizzazioni professionali agricole e sentiti i Comitati direttivi degli A.T.C., individua le tipologie di colture e di allevamento bisognose di protezione ai sensi del comma 7 dell'art. 15 della legge statale e le conseguenti zone di divieto dell'esercizio venatorio in forma vagante nei terreni a coltivazione intensiva o specializzata. In detti terreni può effettuarsi esclusivamente l'esercizio venatorio da appostamento, previo consenso del proprietario o del conduttore (19).
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(19) Comma così modificato dall'art. 11, L.R. 16 febbraio 2000, n. 6, a decorrere dal 1° aprile 2000.
Art. 15
Fondi agricoli sottratti all'attività venatoria.
1. Il proprietario o conduttore che a norma del comma 3 dell'art. 15 della legge statale intenda vietare la caccia nel proprio fondo rustico deve presentare richiesta motivata alla Provincia entro trenta giorni dalla pubblicazione del piano faunistico provinciale oppure, in caso di sopravvenute e comprovate esigenze, entro il 31 dicembre di ogni anno successivo.
2. La Provincia, entro i successivi sessanta giorni, con provvedimento motivato si pronuncia sulla richiesta e la accoglie se non ostacola il piano faunistico-venatorio provinciale e nei casi di esigenza di salvaguardia di colture agricole specializzate, nonché di produzioni agricole condotte con sistemi sperimentali o a fine di ricerca scientifica ovvero di attività di rilevante interesse economico, sociale o ambientale.
3. In presenza di attività di rilevante interesse ambientale la domanda deve essere corredata dal piano di ripristino o mantenimento ambientale finalizzato all'incremento o alla protezione delle specie incluse nell'allegato I della Direttiva 79/409/CEE, sulla conservazione degli uccelli selvatici, e successive modificazioni.
Art. 16
Controllo delle specie di fauna selvatica.
1. La Provincia ai sensi dell'art. 19 della legge statale provvede al controllo delle specie di fauna selvatica anche nelle zone vietate alla caccia, eccettuati i parchi e le riserve naturali.
2. Nei parchi e nelle riserve naturali i prelievi e gli abbattimenti devono avvenire in conformità al regolamento del parco sotto la diretta responsabilità e sorveglianza dell'ente parco, sentito l'I.N.F.S., ed essere attuati dal personale del parco o da persone all'uopo espressamente autorizzate dall'ente parco stesso, come previsto dal comma 6 dell'art. 22 della legge 6 dicembre 1991, n. 394, e dal comma 2 dell'art. 7 della L.R. 2 aprile 1988, n. 11, come sostituito dall'art. 5 della L.R. 12 novembre 1992, n. 40.
3. Nella restante parte del territorio i prelievi e gli abbattimenti devono avvenire sotto la diretta responsabilità della Provincia ed essere attuati dai soggetti indicati dal comma 2 dell'art. 19 della legge statale o da operatori all'uopo espressamente autorizzati dalla Provincia, selezionati attraverso appositi corsi di preparazione alla gestione faunistica, direttamente coordinati dal personale di vigilanza della Provincia. Il controllo sulla fauna selvatica viene praticato di norma mediante l'utilizzo di metodi ecologici.
4. Qualora l'I.N.F.S. verifichi l'inefficacia dei predetti metodi, la Provincia può attivare piani di controllo. A tal fine individua le specie oggetto dei controlli e determina il numero massimo dei prelievi tecnici consentiti nonché le modalità di autorizzazione ed effettuazione degli stessi, attuative delle disposizioni del comma 2 dell'art. 19 della legge statale.
5. Agli addetti cui è affidato lo svolgimento delle operazioni di controllo è consentito, nell'eventualità di dover ricorrere ad abbattimenti, l'uso delle armi in dotazione con le munizioni indicate nell'autorizzazione.
6. Per finalità di ricerca scientifica, la Provincia o l'ente di gestione del parco, per i territori di competenza, sentito il parere dell'I.N.F.S., possono autorizzare gli enti di cui al comma 1 dell'art. 4 della legge statale ad effettuare catture di esemplari di specie selvatiche.
6-bis. La Provincia rilascia, su parere dell'I.N.F.S., specifica autorizzazione per l'attività di cattura temporanea ed inanellamento di uccelli a scopo scientifico di cui al comma 2 dell'art. 4 della legge statale (20).
6-ter. Per la specie Nutria «Myocastor Coypus» le province predispongono piani di controllo finalizzati alla sua eradicazione, avvalendosi di operatori autorizzati (21).
7. Delle operazioni compiute o autorizzate la Provincia informa la Regione, a norma del comma 3 dell'art. 9.
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(20) Comma aggiunto dall'art. 12, L.R. 16 febbraio 2000, n. 6, a decorrere dal 1° aprile 2000.
(21) Comma aggiunto dall'art. 12, L.R. 16 febbraio 2000, n. 6, a decorrere dal 1° aprile 2000.
Art. 16-bis
Destinazione della fauna selvatica catturata o abbattuta.
1. La scelta della destinazione degli animali catturati o abbattuti nell'ambito del controllo delle specie di fauna selvatica di cui al comma 2 dell'art. 19 della legge statale spetta alla Provincia (22).
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(22) Articolo aggiunto dall'art. 13, L.R. 16 febbraio 2000, n. 6, a decorrere dal 1° aprile 2000.
Art. 17
Danni alle attività agricole.
1. Gli oneri relativi ai contributi per i danni arrecati alle produzioni agricole e alle opere approntate sui terreni coltivati ed a pascolo dalle specie di fauna selvatica cacciabile o da sconosciuti nel corso dell'attività venatoria sono a carico:
a) degli ambiti territoriali di caccia qualora si siano verificati nei fondi ivi ricompresi;
b) dei titolari dei centri privati della fauna allo stato naturale di cui all'art. 41 e delle aziende venatorie di cui all'art. 43, qualora si siano prodotti, ad opera delle specie cacciabili ammesse nei rispettivi piani produttivi o di gestione, nei fondi inclusi nelle rispettive strutture;
c) dei proprietari o conduttori dei fondi rustici di cui ai commi 3 e 8 dell'art. 15 della legge statale, nonché dei titolari delle altre strutture territoriali private di cui al capo V, qualora si siano verificati nei rispettivi fondi;
d) delle province, qualora siano provocati nelle zone di protezione di cui all'art. 19 e nei parchi e nelle riserve naturali regionali, comprese quelle aree contigue ai parchi dove non è consentito l'esercizio venatorio.
2. Le province concedono contributi per gli interventi di prevenzione e per l'indennizzo dei danni:
a) provocati da specie cacciabili ai sensi del comma 1 lettera d);
b) provocati nell'intero territorio agro-silvo-pastorale da specie protette, dal piccione di città (Columba livia, forma domestica) o da specie il cui prelievo venatorio sia vietato, anche temporaneamente, per ragioni di pubblico interesse.
3. I contributi sono concessi entro i limiti di disponibilità delle risorse previste dall'art. 18, comma 1 (23).
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(23) Articolo così sostituito dall'art. 14, L.R. 16 febbraio 2000, n. 6, a decorrere dal 1° aprile 2000 (vedi, anche, l'art. 1, L.R. 20 settembre 2002, n. 23.) Il testo originario era così formulato: «Art. 17. Danni alle attività agricole. 1. Gli oneri per il contributo al risarcimento dei danni arrecati alle produzioni agricole e alle opere approntate su terreni coltivati ed a pascolo dalle specie di fauna selvatica sono a carico:
a) delle Province, qualora siano provocati nelle zone di protezione, anche se in gestione convenzionata;
b) degli ambiti territoriali di caccia qualora si siano verificati nei fondi ivi compresi;
c) dei titolari delle strutture territoriali private di cui al Capo V, qualora si siano prodotti nei fondi inclusi nelle rispettive strutture;
d) dei proprietari o conduttori dei fondi rustici di cui ai commi 3 e 8 dell'art. 15 della legge statale, qualora si siano verificati nei rispettivi fondi;
e) dei titolari delle zone per l'addestramento e per le prove cinofile di cui all'art. 45, qualora siano provocati nei fondi ricompresi in tali zone.
2. Le disposizioni di cui al comma 1 si applicano anche alle spese per gli interventi di prevenzione dei danni alle produzioni agricole e alle opere approntate su terreni coltivati ed a pascolo.».
Art. 18
Fondo per i danni (24).
1. Gli oneri per la concessione dei contributi di cui alle lettere a) e b) del comma 2 dell'art. 17 gravano sul fondo regionale istituito ai sensi del comma 1 dell'art. 26 della legge statale. La loro entità è determinata con legge regionale di approvazione del bilancio di previsione.
2. La quota delle risorse previste dal comma 1, da destinare ai contributi per la prevenzione dei danni a carico delle province ai sensi dell'art. 17, viene assegnata e ripartita fra le province in proporzione alla rispettiva superficie agro-silvo-pastorale, alla superficie degli àmbiti protetti e con riferimento alle attività agricole ivi esercitate. La quota di dette risorse da destinare ai contributi per l'indennizzo dei danni a carico delle province ai sensi dell'art. 17, viene assegnata e ripartita alle province sulla base dei danni accertati, entro i limiti di disponibilità di cui al comma 3 dell'art. 17 e secondo i criteri stabiliti dalla Giunta regionale (25).
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(24) Con Delib.G.R. 19 dicembre 2000, n. 2338 e con Delib.G.R. 20 ottobre 2003, n. 2015 sono state emanate le direttive vincolanti relative alle modalità di funzionamento del fondo, di cui al presente articolo.
(25) Il presente articolo, già sostituito dall'art. 15, L.R. 16 febbraio 2000, n. 6 a decorrere dal 1° aprile 2000, è stato poi nuovamente così sostituito dall'art. 5, comma 2, L.R. 12 luglio 2002, n. 15. Il testo precedente era il seguente: «Art. 18. Fondo per i danni. 1. Gli oneri per la concessione dei contributi di cui alla lettera a) del comma 2 dell'art. 17, con riferimento alle zone di protezione di cui all'art. 19, gravano sul fondo regionale istituito ai sensi del comma 1 dell'art. 26 della legge statale. Gli oneri per la concessione dei contributi di cui alla lettera b) del comma 2 dell'art. 17 e alla lettera d) del comma 1 del medesimo articolo, con riferimento ai parchi, alle riserve naturali e alle aree contigue dove non è consentito l'esercizio venatorio, ivi compresi gli interventi di prevenzione, gravano sull'apposito capitolo di spesa del bilancio regionale previsto dall'art. 64; la loro entità è determinata con legge regionale, di approvazione del bilancio di previsione.
2. Delle risorse previste dal comma 1, una quota viene preventivamente ripartita fra le province in proporzione alla rispettiva superficie agro-silvo-pastorale, alla superficie degli ambiti protetti e con riferimento alle attività agricole ivi esercitate, mentre la restante quota viene ripartita a conguaglio delle spese per i contributi per l'indennizzo dei danni di cui all'art. 17, comma 2, lettere a) e b).».
Per l'anno 2002, ai sensi dell'art. 1, L.R. 20 settembre 2002, n. 23, continua ad applicarsi il presente articolo nel testo vigente prima dell'entrata in vigore della suddetta L.R. n. 15/2002 (soprariportato).
Capo III - Zone di protezione della fauna
Art. 19
Zone di protezione della fauna selvatica.
1. Le oasi di protezione sono destinate alla conservazione degli habitat naturali, al rifugio, alla sosta ed alla produzione di specie selvatiche con particolare riferimento a quelle protette. Esse sono preferibilmente costituite lungo le rotte di migrazione della avifauna, nei terreni demaniali, secondo le esigenze di tutela individuate con il piano faunistico-venatorio provinciale (26).
2. Le zone di ripopolamento e cattura (Z.R.C) sono destinate a:
a) incrementare la riproduzione naturale delle specie selvatiche autoctone;
b) favorire la sosta e la riproduzione delle specie migratorie;
c) determinare, mediante l'irradiamento naturale, il ripopolamento dei territori contigui;
d) consentire la cattura delle specie cacciabili per immissioni integrative negli A.T.C. o il reinsediamento in altre zone di protezione.
3. I centri pubblici per la riproduzione di specie autoctone di fauna selvatica, con finalità di ricerca, sperimentazione e ripopolamento, sono insediati in aree delimitate naturalmente e destinati a produrre esemplari a scopo di ripopolamento o studio, preservandone il processo fisiologico e la naturale selvatichezza.
4. L'estensione di ogni zona di protezione deve esser rapportata al ciclo biologico della specie di preminente interesse gestionale. L'estensione delle zone di protezione è rapportata alle esigenze di attuazione del piano faunistico-venatorio provinciale, entro i limiti complessivi di superficie indicati ai sensi della lett. d) del comma 2 dell'art. 5 della presente legge e del comma 3 dell'art. 10 del la legge statale. Nella percentuale di territorio destinato alla protezione della fauna sono comprese anche le zone di rifugio, i fondi sottratti alla caccia a norma dei commi 4 e 8 dell'art. 15 della legge statale ed i territori ove sia comunque vietata l'attività venatoria anche per effetto di altre leggi o disposizioni.
5. Il provvedimento amministrativo che determina il perimetro delle zone di protezione viene notificato ai proprietari o conduttori dei fondi mediante deposito presso la sede dei comuni territorialmente interessati, nonché mediante affissione di apposito manifesto nei comuni e nelle frazioni o borgate interessati, su cui deve essere chiaramente specificata, a cura dei comuni, la data di deposito. È altresì trasmesso alle organizzazioni professionali agricole provinciali e locali (27).
6. Avverso il provvedimento i proprietari o conduttori interessati possono proporre opposizione motivata, con le modalità, indicate al comma 14 dell'art. 10 della legge statale, alla Provincia, entro settanta giorni dalla data di deposito di cui al comma 5. Decorso tale termine, ove non sia stata presentata opposizione motivata dai proprietari o conduttori dei fondi costituenti almeno il quaranta per cento della superficie complessiva che si intende vincolare, la Provincia provvede alla istituzione della zona di protezione. La Provincia può destinare le zone non vincolate per l'opposizione dei proprietari o conduttori dei fondi ad altro uso nell'ambito della pianificazione faunistico-venatoria del territorio (28).
7. La Provincia provvede alla gestione delle zone di protezione della fauna di cui ai commi 1, 2 e 3 mediante:
a) la tutela o il recupero degli habitat delle specie di interesse gestionale;
b) la vigilanza e l'assistenza tecnica;
c) la protezione delle colture agricole ed il contributo per gli eventuali danni (29);
d) gli interventi di promozione della conservazione o dell'incremento delle specie programmate;
e) la disciplina per l'accesso all'oasi.
[Le oasi costituite all'interno dei parchi sono gestite dai rispettivi enti parco] (30).
8. La Provincia in vista di particolari ed eccezionali necessità faunistiche scientificamente accertate, previo parere dell'I.N.F.S., può disporre coattivamente, in deroga alle procedure previste dal presente articolo, l'istituzione, la modifica o la revoca di zone di protezione anche oltre i limiti di superficie previsti dalla legge statale.
9. Il vincolo di destinazione delle zone di protezione non può essere revocato se non al termine della stagione venatoria e previo recupero della fauna selvatica presente mediante la cattura ovvero l'allontanamento con mezzi ecologici (31).
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(26) Comma così modificato dall'art. 16, comma 1, lettera a), L.R. 16 febbraio 2000, n. 6, a decorrere dal 1° aprile 2000.
(27) Comma così sostituito dall'art. 1, comma 1, L.R. 4 maggio 2001, n. 13. Il testo originario era così formulato: «5. Il provvedimento amministrativo che determina il perimetro delle zone di protezione viene notificato ai proprietari o conduttori dei fondi mediante deposito presso la sede dei Comuni territorialmente interessati, pubblicazione per estratto nel Foglio degli annunzi legali della Provincia nonché mediante affissione di apposito manifesto nei Comuni e nelle frazioni o borgate interessati. È altresì trasmesso alle organizzazioni professionali agricole provinciali e locali.».
(28) Comma così sostituito dall'art. 1, comma 2, L.R. 4 maggio 2001, n. 13. Il testo originario era il seguente: «6. Avverso il provvedimento i proprietari o conduttori interessati possono proporre opposizione motivata, con le modalità indicate al comma 14 dell'art. 10 della legge statale, alla Provincia, entro sessanta giorni dalla pubblicazione del provvedimento sul Foglio degli annunzi legali della Provincia. Decorso tale termine, ove non sia stata presentata opposizione motivata dai proprietari o conduttori dei fondi costituenti almeno il quaranta per cento della superficie complessiva che si intende vincolare, la Provincia provvede alla istituzione della zona di protezione. La Provincia può destinare le zone non vincolate per l'opposizione dei proprietari o conduttori dei fondi ad altro uso nell'ambito della pianificazione faunistico-venatoria del territorio.».
(29) Lettera così modificata dall'art. 16, comma 1, lettera b), L.R. 16 febbraio 2000, n. 6, a decorrere dal 1° aprile 2000.
(30) Periodo abrogato dall'art. 16, comma 1, lettera c), L.R. 16 febbraio 2000, n. 6, a decorrere dal 1° aprile 2000.
(31) Comma così modificato dall'art. 49, comma 1, L.R. 16 febbraio 2000, n. 6, a decorrere dal 1° aprile 2000.
Art. 20
Gestione faunistica nei parchi e nelle riserve naturali.
1. Nei parchi e nelle riserve naturali l'attività venatoria è vietata ad eccezione delle aree contigue di cui all'art. 32 della legge 6 dicembre 1991, n. 394, e della L.R. 2 aprile 1988, n. 11, come modificata dalla L.R. 12 novembre 1992, n. 40, concernente la disciplina dei parchi regionali e delle riserve naturali.
2. Nei parchi e nelle riserve naturali sono consentiti solo eventuali prelievi faunistici ed abbattimenti selettivi necessari per ricomporre squilibri ecologici.
3. Al fine di assicurare la necessaria unitarietà della politica faunistica del territorio regionale, i prelievi, gli abbattimenti e le immissioni di fauna selvatica all'interno dei parchi devono avvenire nel rispetto della Carta regionale delle vocazioni faunistiche ed in raccordo con la pianificazione faunistica del territorio.
Art. 21
Gestione faunistico-venatoria nelle aree contigue ai parchi.
1. Nelle aree contigue ai parchi l'accesso dei cacciatori è consentito in base al criterio della programmazione delle presenze, nel rispetto dei limiti particolari stabiliti con apposito regolamento proposto dall'ente di gestione del parco e approvato dalla Provincia.
2. I piani, i programmi e le misure di disciplina della caccia relative alle aree contigue oggetto del regolamento sono definiti dalle Province territorialmente interessate d'intesa con l'ente di gestione del parco.
3. L'ente competente alla gestione, ai sensi della lett. f) del comma 1 dell'art. 16 della legge 6 dicembre 1991, n. 394, può prevedere entrate derivanti dai servizi resi per consentire lo svolgimento dell'attività venatoria.
Art. 22
Zone di rifugio.
1. La Provincia, anche su proposta degli A.T.C., può istituire zone di rifugio dove, per la durata della stagione venatoria, è vietato l'esercizio della caccia. L'istituzione delle zone di rifugio avviene quando ricorra una delle seguenti condizioni:
a) istituzione o rinnovo in corso di una zona di protezione nel limite di superficie prestabilito o impossibilità di realizzarla per opposizione motivata dei proprietari o conduttori;
b) sia necessario provvedere, con urgenza, alla tutela di presenze faunistiche di rilievo.
2. Alla istituzione delle zone di rifugio la Provincia provvede in deroga alle procedure di cui ai commi 5 e 6 dell'art. 19. Il provvedimento istitutivo indica il perimetro e l'estensione del territorio e stabilisce le forme con cui si promuove la collaborazione dei proprietari o conduttori dei fondi e le modalità straordinarie di tutela della fauna selvatica e delle attività agricole (32).
3. Il provvedimento adottato viene reso noto mediante affissione di apposito manifesto presso i Comuni e le frazioni o borgate interessati.
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(32) Comma così modificato dall'art. 49, comma 1, L.R. 16 febbraio 2000, n. 6, a decorrere dal 1° aprile 2000.
Art. 22-bis
Aree di rispetto all'interno degli ambiti territoriali di caccia.
1. Al solo fine di garantire una particolare tutela a popolazioni di fauna selvatica, gli organismi direttivi degli A.T.C. possono istituire mediante i programmi annuali di cui all'art. 33, comma 1, aree di rispetto. In tali aree, tabellate a cura dell'A.T.C., l'esercizio venatorio può essere vietato ad una o a più specie o stabilito secondo modalità più restrittive rispetto al restante territorio dell'A.T.C., per una durata sufficiente a consentire un'efficace tutela e comunque per almeno una stagione venatoria. La superficie di tali aree di rispetto non può superare complessivamente il dieci per cento della superficie.
2. In tali aree i danni di cui all'art. 17 sono a carico degli ambiti territoriali di caccia, ad esclusione di quelli provocati dalle specie protette (33).
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(33) Articolo aggiunto dall'art. 17, L.R. 16 febbraio 2000, n. 6, a decorrere dal 1° aprile 2000.
Art. 23
Gestione delle zone di protezione.
1. La Provincia provvede alla gestione delle zone di protezione previste dalla legge statale anche a mezzo di Commissioni tecniche da essa istituite ovvero affidandola agli A.T.C. o alle associazioni di protezione ambientale, tramite apposite convenzioni.
2. Per la realizzazione degli interventi di gestione delle zone di protezione la Provincia attua le relative previsioni di spesa.
3. Non possono far parte delle Commissioni di gestione di cui al comma 1 coloro che siano incorsi, nei precedenti cinque anni, nelle sanzioni di cui all'art. 30 e alle lettere a), d), e), f) e g) del comma 1 dell'art. 31 della legge statale.
Art. 24
Tabelle di segnalazione delle zone protette.
1. I confini delle zone di protezione della fauna di cui al presente Capo sono delimitati con tabelle esenti da tasse, di colore giallo, recanti la specificazione in carattere nero dell'ambito di protezione, poste a una distanza di non più di duecento metri l'una dall'altra. Le tabelle possono essere collocate anche all'interno della zona, ovunque se ne ravvisi l'opportunità.
2. Quando si tratti di terreni vallivi, laghi o specchi d'acqua, le tabelle possono essere collocate su galleggianti ancorati al fondo e devono emergere almeno cinquanta centimetri dal livello dell'acqua (34).
3. Quando il confine coincide con un corso d'acqua, l'apposizione delle tabelle deve essere attuata in modo tale da consentire alla fauna selvatica di abbeverarsi rimanendo nell'area protetta.
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(34) Comma così modificato dall'art. 18, L.R. 16 febbraio 2000, n. 6, a decorrere dal 1° aprile 2000.
Art. 25
Utilizzazione del demanio regionale a fini faunistici.
1. L'utilizzazione a fini faunistici ed eventualmente venatori dei terreni del demanio regionale è stabilita dalla Giunta regionale, sentito l'I.N.F.S., su richiesta della Provincia territorialmente interessata.
Art. 26
Controllo sanitario della fauna selvatica.
1. La fauna selvatica, comunque liberata, deve essere preventivamente assoggettata, a cura di chi effettua il ripopolamento, ai controlli veterinari che certifichino che gli animali sono esenti da malattie contagiose o non siano portatori di germi patogeni (35).
2. Prima delle catture di fauna selvatica stanziale da destinare al ripopolamento, la Provincia concorda con le Unità sanitarie locali territorialmente competenti forme di controllo veterinario atte a consentire la valutazione della situazione sanitaria delle zoocenosi nelle zone protette (36).
3. [Chiunque rinvenga capi di specie selvatiche morti o in stato fisico anormale, è tenuto a consegnarli al competente Servizio veterinario dell'Unità sanitaria locale che, per i necessari accertamenti, può avvalersi delle sezioni locali degli Istituti zooprofilattici o di istituti universitari oppure dell'I.N.F.S.] (37).
4. Copia dei referti viene trasmessa alla Provincia.
5. In caso di epizoozia, la Provincia, sentito il Servizio veterinario delle Unità sanitarie locali interessate, dispone gli interventi tecnici necessari alla salvaguardia del patrimonio faunistico.
6. La Provincia comunica immediatamente ai competenti Servizi regionali ed all'I.N.F.S. le situazioni rilevate ed i provvedimenti adottati.
6-bis. La Regione emana specifiche direttive in ordine al soccorso, alla detenzione temporanea ed alla successiva liberazione di fauna selvatica in difficoltà, nonché al funzionamento degli appositi centri per il recupero degli animali selvatici. Tali direttive disciplinano inoltre le modalità di consegna e/o segnalazione di capi di specie selvatiche rinvenuti morti, feriti o debilitati, nonché di carcasse di ungulati ancora dotate di palchi o corna, o di soli palchi o corna (38) (39).
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(35) Comma così modificato dall'art. 49, comma 1, L.R. 16 febbraio 2000, n. 6, a decorrere dal 1° aprile 2000.
(36) Comma così modificato dall'art. 19, comma 1, lettera a), L.R. 16 febbraio 2000, n. 6, a decorrere dal 1° aprile 2000.
(37) Comma abrogato dall'art. 49, comma 2, L.R. 16 febbraio 2000, n. 6, a decorrere dal 1° aprile 2000. Vedi, anche, il comma 3 dello stesso articolo.
(38) Comma aggiunto dall'art. 19, comma 1, lettera b), L.R. 16 febbraio 2000, n. 6, a decorrere dal 1° aprile 2000.
(39) Con Delib.G.R. 28 dicembre 2001, n. 2966 sono state approvate le direttive in ordine a quanto previsto dal presente comma.
Art. 27
Immissioni, catture, destinazione della fauna selvatica a scopo di ripopolamento (40).
1. La Provincia approva annualmente un programma di immissione, produzione e cattura di specie autoctone nelle zone di ripopolamento e nei centri pubblici di riproduzione nonché di eventuali immissioni integrative e catture da attuare nelle oasi, per garantire un rapporto equilibrato fra le diverse specie.
2. Le catture e le immissioni nelle oasi di protezione e nei parchi regionali sono effettuate nel rispetto del piano faunistico-venatorio provinciale. Sono ammessi prelievi di specie di fauna selvatica la cui presenza determini situazioni di squilibrio nelle zoocenosi o danni rilevanti alle produzioni agricole od al patrimonio forestale.
3. Le immissioni di fauna selvatica, anche se provenienti da allevamenti, possono essere compiute dal Comitato direttivo dell'A.T.C., ovvero, limitatamente ai terreni di pertinenza, dal titolare dell'azienda faunistico-venatoria, dell'azienda agri-turistico-venatoria o della zona cinofila, esclusivamente con esemplari delle specie e sottospecie previste con il piano faunistico-venatorio provinciale e nei limiti dei rispettivi programmi annuali approvati dalla Provincia.
4. Non possono essere compiute immissioni e catture di specie selvatiche se non previa autorizzazione della Provincia.
5. Le immissioni di fauna selvatica devono essere effettuate secondo tempi e modalità idonei a consentirne la sopravvivenza e la riproduzione e ad evitare danni alle produzioni agricole e alle opere approntate sui terreni coltivati ed a pascolo.
6. Delle operazioni di immissioni è redatto apposito verbale che, corredato dalla relativa certificazione veterinaria, costituisce titolo necessario a dimostrare i ripopolamenti effettuati.
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(40) Rubrica così modificata dall'art. 49, comma 1, L.R. 16 febbraio 2000, n. 6, a decorrere dal 1° aprile 2000.
Art. 28
Destinazione della fauna selvatica catturata o abbattuta.
[1. Negli ambiti di cui all'art. 27 si stabilisce quanto segue:
a) per le specie di fauna non cacciabili viene escluso l'abbattimento, mentre possono essere consentite catture e forme di allontanamento dai luoghi di danno temuto;
b) gli animali catturati appartenenti alle specie non cacciabili vengono liberati in località ritenute idonee e, comunque, tali da non suscitare eventuali danni;
c) gli animali catturati appartenenti alle specie cacciabili, quando non possono essere liberati a scopo di ripopolamento o quando vengono abbattuti, possono essere ceduti anche per scopi alimentari, con obbligo della certificazione sanitaria; qualora appartengano alle specie utilizzabili come richiami vivi nell'esercizio venatorio da appostamento, possono altresì essere assegnati dalla Provincia ai cacciatori che li richiedano, ad integrazione del fabbisogno di cui al comma 1 dell'art. 54;
d) gli animali appartenenti alle specie particolarmente protette menzionati all'art. 2 della legge statale possono essere esclusivamente oggetto di cattura per fini scientifici e di studio, sentito l'I.N.F.S. Devono essere quanto prima rimessi in libertà in ambienti ritenuti idonei;
e) la scelta della destinazione degli animali catturati o abbattuti spetta alla Provincia] (41).
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(41) Articolo abrogato dall'art. 49, comma 2, L.R. 16 febbraio 2000, n. 6, a decorrere dal 1° aprile 2000.
Art. 29
Salvaguardia dei nidi.
1. È fatto divieto a chiunque di manipolare, prelevare, detenere o vendere uova e nuovi nati ed in genere esemplari di fauna selvatica con particolare riferimento ai piccoli di ungulati (42).
2. Chi raccoglie uova e nuovi nati di fauna per salvaguardarli da sicura distruzione o morte deve darne comunicazione entro e non oltre ventiquattro ore al competente Ufficio provinciale o ad una guardia venatoria o all'organismo di gestione delle zone di protezione o degli A.T.C., affinché provvedano agli opportuni interventi di tutela.
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(42) Comma così sostituito dall'art. 20, L.R. 16 febbraio 2000, n. 6, a decorrere dal 1° aprile 2000. Il testo originario era così formulato: «1. È fatto divieto a chiunque di prelevare, detenere o vendere uova e nuovi nati ed in genere esemplari di fauna selvatica.».
Capo IV - Organizzazione degli ambiti territoriali per la gestione della fauna selvatica e per la programmazione dei prelievi venatori
Art. 30
Perimetrazione degli Ambiti territoriali di caccia (A.T.C.).
1. La Provincia, sentita la commissione di cui al comma 2 dell'art. 10, definisce i perimetri degli ambiti territoriali di caccia, di cui all'art. 14, comma 1 della legge statale, con riferimento:
a) ai confini naturali o alle opere rilevanti;
b) ai comprensori omogenei di gestione faunistica;
c) alle esigenze specifiche di conservazione e gestione delle specie di fauna selvatica indicate nel piano faunistico-venatorio provinciale.
2. Ogni A.T.C. è denominato con riferimento alla collocazione geografica. La perimetrazione degli A.T.C. è soggetta a conferma o a revisione quinquennale con la stessa cadenza dei piani faunistico-venatori provinciali, entro trenta giorni dall'approvazione degli stessi, e secondo i criteri previsti al comma 1. Detta perimetrazione può essere modificata anche nel corso del quinquennio per motivate esigenze gestionali.
3. La perimetrazione tiene conto dell'esigenza di conservare l'unità delle zone umide e delle altre realtà ambientali di dimensione interprovinciale. Gli A.T.C. comprendenti territori di più province sono perimetrati con provvedimento assunto d'intesa fra le province contigue.
4. Gli A.T.C. hanno dimensioni subprovinciali e la loro conformazione deve tendere ad assicurare una equilibrata fruizione delle opportunità venatorie del territorio provinciale.
5. Gli A.T.C., al fine di consentire un prelievo programmato e qualora le presenze faunistiche lo rendano tecnicamente opportuno, possono individuare distretti di gestione della fauna selvatica stanziale e degli ungulati da proporre alla Provincia per l'approvazione.
6. I confini degli A.T.C. sono indicati con tabelle esenti da tasse, di colore arancione, collocate nei punti di discontinuità delle opere, quali strade, canali e ferrovie o dei confini naturali che li delimitano, e nelle aree di accesso.
7. Il tabellamento degli A.T.C. è effettuato a cura del Comitato direttivo dell'A.T.C. stesso ed è controllato dalla Provincia (43).
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(43) Articolo così sostituito dall'art. 21, L.R. 16 febbraio 2000, n. 6, a decorrere dal 1° aprile 2000. Il testo originario era il seguente: «Art. 30. Perimetrazione degli ambiti territoriali di caccia (A.T.C.). 1. Entro trenta giorni dall'approvazione del piano faunistico-venatorio provinciale, la Provincia, sentite le organizzazioni professionali agricole e la Commissione di cui all'art. 10, definisce i perimetri degli ambiti territoriali di caccia con riferimento:
a) ai confini naturali o alle opere rilevanti;
b) ai comprensori omogenei di gestione faunistica;
c) alle esigenze specifiche di conservazione delle specie di fauna selvatica indicate nel piano faunistico-venatorio provinciale.
2. Ogni A.T.C. è denominato con riferimento alla collocazione geografica. La prima perimetrazione ha carattere sperimentale e può essere modificata entro il 31 gennaio 1995 quando ne sia rilevata l'opportunità tecnica, oppure su richiesta del Comitato direttivo dell'A.T.C. motivata da esigenze gestionali. In seguito la perimetrazione degli A.T.C. è soggetta a revisione quinquennale con la stessa cadenza dei piani faunistico-venatori provinciali e con le stesse modalità previste per la prima perimetrazione.
3. Nella perimetrazione e nella organizzazione della gestione degli A.T.C. si deve tenere conto della esigenza di conservare l'unità delle zone umide e delle altre realtà ambientali di dimensione interprovinciale. Gli A.T.C. comprendenti territori di più province sono perimetrati con provvedimento assunto d'intesa fra le Province contigue.
4. I confini degli A.T.C. sono indicati con tabelle esenti da tasse, di colore arancione, collocate nei punti di discontinuità delle opere, quali strade, canali e ferrovie, o dei confini naturali che li delimitano e nelle aree di accesso.
5. Il tabellamento degli A.T.C. è effettuato a cura del Comitato direttivo dell'A.T.C. stesso ed è controllato dalla Provincia.».
Art. 31
Ambiti territoriali di caccia.
1. Gli A.T.C. sono strutture associative senza scopi di lucro a cui è affidato lo svolgimento delle attività di gestione faunistica e di organizzazione dell'esercizio venatorio in forma programmata nel territorio di competenza.
2. Le attività di interesse pubblico di cui al comma 1 sono svolte sotto il controllo della Provincia, alla quale spettano le funzioni amministrative in materia di caccia e di protezione della fauna.
3. Lo statuto dell'A.T.C. disciplina, sulla base di apposite direttive emanate dalla Regione (44):
a) la composizione del Comitato direttivo;
b) le modalità di rappresentanza dei componenti l'assemblea;
c) la durata in carica, non superiore ad anni cinque, del Comitato direttivo, del Presidente e del Collegio dei revisori dei conti;
d) le modalità per la elezione degli organi;
e) le attribuzioni e modalità di funzionamento degli organi;
f) le condizioni di iscrizione e di ammissione dei cacciatori, nonché le sanzioni disciplinari a carico dei cacciatori iscritti che incorrano in trasgressioni degli obblighi statutari;
g) le cause di incompatibilità del Presidente e dei componenti del Comitato direttivo.
4. L'assemblea dell'A.T.C., entro sessanta giorni dall'emanazione delle direttive di cui al comma 3, approva lo statuto o provvede al suo adeguamento. Entro sessanta giorni dall'approvazione dello statuto o dal suo adeguamento si procede, se necessario, all'elezione del nuovo Comitato direttivo. In tal caso il Comitato direttivo in essere resta in carica fino alla elezione del nuovo.
5. Qualora gli adempimenti di cui al comma 4, non vengano espletati nei termini previsti, provvede la Provincia territorialmente competente, ai sensi del comma 6.
6. In caso di gravi violazioni delle prescrizioni di legge o di inadempienza ai compiti di cui al comma 1, o alla disciplina regionale di cui al comma 3 del presente articolo e al comma 1 dell'art. 35, accertate nell'attività degli organi dell'A.T.C., il Presidente della Provincia prevalente per territorio nomina un Commissario per l'espletamento dei compiti affidatigli. Il Commissario, inoltre, entro sessanta giorni dal suo insediamento, dà corso alle procedure per il rinnovo degli organi dell'A.T.C. Il Presidente ed i componenti del Comitato direttivo responsabile delle violazioni non sono ridesignabili.
7. Per quanto non espressamente disciplinato dalla presente legge e dallo statuto dell'A.T.C., si rinvia alle disposizioni di cui al libro I, titolo II, capo III del codice civile, ove applicabili (45).
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(44) Vedi la Delib.G.R. 12 dicembre 2000, n. 2258 che ha approvato le direttive per la predisposizione dello Statuto di cui al presente articolo.
(45) Articolo così sostituito dall'art. 22, L.R. 16 febbraio 2000, n. 6, a decorrere dal 1° aprile 2000. Il testo originario così disponeva: «Art. 31. Costituzione del comitato direttivo. 1. Entro trenta giorni dall'adozione del provvedimento di cui al comma 1 dell'art. 30, la Provincia, al fine di costituire il Comitato direttivo provvisorio di ogni A.T.C., invita:
a) le organizzazioni professionali agricole maggiormente rappresentative a livello nazionale e presenti in forma organizzata sul territorio a designare complessivamente sei rappresentanti;
b) le associazioni nazionali venatorie riconosciute e presenti in forma organizzata sul territorio a designare complessivamente sei rappresentanti che abbiano la residenza venatoria nell'A.T.C.;
c) le associazioni di protezione ambientale riconosciute presenti nel territorio a designare complessivamente quattro rappresentanti;
d) i Comuni inclusi nell'A.T.C. con le maggiori superfici agro-silvo-pastorali a designare complessivamente quattro rappresentanti.
2. Le designazioni sono effettuate in base al principio della rappresentatività tra persone residenti in un comune compreso nell'A.T.C. fatti salvi i designati di cui alla lett. b) del comma 1.
3. Qualora il numero delle persone designate sia superiore a quello indicato al comma 1, la Provincia provvede alle nomine, nei limiti di legge, in base al principio di rappresentatività.
4. Il Comitato direttivo viene costituito e può esercitare le proprie funzioni quando, scaduto il termine assegnato, sia stata designata almeno la maggioranza dei componenti.
5. Il Comitato costituito elegge il Presidente.
6. Entro un anno dalla sua costituzione, il Comitato direttivo provvisorio approva lo statuto dell'A.T.C.
7. Entro tre mesi dall'approvazione dello statuto si procede alla nomina degli organi dell'A.T.C.».
Art. 32
Organi dell'A.T.C.
1. Sono organi dell'A.T.C.:
a) Il Presidente;
b) il Comitato direttivo;
c) l'assemblea del cacciatori iscritti, dei conduttori dei fondi agricoli inclusi nell'A.T.C. e degli iscritti alle associazioni di protezione ambientale riconosciute ai sensi dell'art. 13 della legge n. 349/1986 residenti nei comuni inclusi nell'A.T.C.;
d) il Collegio dei revisori dei conti. Il Presidente del Collegio dei revisori dei conti deve essere iscritto all'Albo dei revisori contabili.
2. Il Comitato direttivo dell'A.T.C. è composto:
a) per il 30% dai rappresentanti delle organizzazioni professionali agricole maggiormente rappresentative a livello nazionale e presenti in forma organizzata sul territorio;
b) per il 30% dalle associazioni nazionali venatorie riconosciute e presenti in forma organizzata sul territorio;
c) per il 20% dai rappresentanti delle associazioni di protezione ambientale riconosciute e presenti sul territorio;
d) per il 20% dai rappresentanti della Provincia territorialmente interessata.
3. I rappresentanti delle organizzazioni professionali agricole e della Provincia devono risiedere in un Comune compreso nell'A.T.C. I rappresentanti delle associazioni di protezione ambientale devono risiedere nella Provincia in cui è compreso l'A.T.C. Per garantire l'effettiva rappresentanza delle componenti di cui al comma precedente, gli statuti degli A.T.C. stabiliscono che i rappresentanti delle associazioni di protezione ambientale non siano in possesso del tesserino di cui all'art. 49, fatta salva l'esigenza di completare la composizione del Comitato direttivo.
4. In caso di modifica della perimetrazione dell'A.T.C., la Provincia nomina entro trenta giorni un Comitato direttivo provvisorio su designazione dei soggetti di cui al comma 2 (46).
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(46) Articolo così sostituito dall'art. 23, L.R. 16 febbraio 2000, n. 6, a decorrere dal 1° aprile 2000. Il testo originario era così formulato: «Art. 32. Organi dell'A.T.C. 1. Sono organi dell'A.T.C.:
a) il Presidente;
b) il Comitato direttivo;
c) l'assemblea dei cacciatori iscritti, dei proprietari o conduttori dei fondi inclusi nell'A.T.C. e degli iscritti alle associazioni di protezione ambientale riconosciute presenti nel territorio residenti nei comuni inclusi nell'A.T.C.;
d) il Collegio dei revisori dei conti.
2. Lo statuto disciplina:
a) la composizione del Comitato direttivo, nel rispetto delle proporzioni previste dal comma 10 dell'art. 14 della legge statale;
b) la durata in carica, non superiore ad anni cinque, del Comitato direttivo, del Presidente e del Collegio dei revisori dei conti;
c) le modalità per la elezione del Presidente, del Comitato direttivo e del Collegio dei revisori dei conti;
d) le attribuzioni e le modalità di funzionamento degli organi dell'A.T.C.
3. Per la designazione dei rappresentanti degli enti locali nel Comitato direttivo si applicano le disposizioni di cui alla lett. d) del comma 1 dell'art. 31.
4. Per quanto non espressamente disciplinato dalla presente legge e dallo statuto dell'A.T.C., si rinvia alle disposizioni di cui al libro I, Titolo II, Capo III del codice civile, ove applicabili.».
Art. 33
Compiti dell'A.T.C.
1. Gli A.T.C. redigono programmi annuali di attività che contemplano in particolare:
a) la ricognizione delle risorse ambientali, delle presenze faunistiche e dei prelievi venatori programmati;
b) l'incremento delle popolazioni animali selvatiche;
c) la difesa delle colture;
d) le azioni di programmazione ed eventuale limitazione del prelievo venatorio forme di caccia specifiche.
Negli A.T.C. non è consentito immettere o liberare fauna selvatica posteriormente alla data del 31 agosto, ad eccezione degli esemplari provenienti dalle operazioni di cattura consentite dalle province posteriormente alla chiusura del periodo di caccia a ciascuna specie. In caso di avversità atmosferiche la Provincia stabilisce i tempi e le modalità delle immissioni.
2. Gli A.T.C. trasmettono i programmi di cui al comma 1 entro il 31 gennaio di ogni anno alla Provincia che ne controlla la conformità al piano faunistico-venatorio provinciale. In caso di difformità, la Provincia può richiederne la revisione.
3. I Comitati direttivi organizzano gli interventi per il miglioramento degli habitat, promuovono e organizzano le attività di cui al comma 11 dell'art. 14 della legge statale, e provvedono all'attribuzione di incentivi economici ai conduttori dei fondi rustici compresi nel territorio di competenza per le finalità previste alle lettere a), b), c) del medesimo comma.
4. I Comitati direttivi deliberano in ordine all'accesso all'ambito di competenza dei cacciatori che ne fanno richiesta, conformemente agli indirizzi della Regione formulati ai sensi del comma 1 dell'art. 35.
5. I Comitati direttivi provvedono all'erogazione dei contributi per la prevenzione e l'indennizzo dei danni arrecati alle produzioni agricole dalla fauna selvatica.
6. Il Comitato direttivo stabilisce le forme di collaborazione dei cacciatori alla gestione degli A.T.C. ed i riconoscimenti dovuti a compenso delle prestazioni.
7. La Regione entro trenta giorni dell'entrata in vigore della presente legge, fissa la misura massima del contributo che ciascun cacciatore è tenuto a corrispondere in base a criteri di omogeneità ed accessibilità sociale. La Regione può periodicamente aggiornare detto importo. Il Comitato direttivo stabilisce l'entità del contributo annuo alla gestione dell'A.T.C. che ciascun cacciatore deve versare per essere iscritto. Il versamento deve essere effettuato, entro il termine stabilito nello statuto, sul conto corrente intestato al Comitato direttivo dell'A.T.C. L'A.T.C. non può imporre al cacciatore contributi economici che non siano espressamente previsti e disciplinati dalla presente legge.
8. Gli A.T.C., per l'espletamento di attività di servizio, possono dotarsi di strutture di coordinamento tecnico-amministrativo, anche comuni.
9. Per giustificate esigenze faunistiche e particolari situazioni ambientali, il Comitato direttivo dell'A.T.C., entro quindici giorni dall'emanazione del calendario venatorio regionale, può proporre alla Provincia competente ulteriori limitazioni al calendario venatorio concernenti:
a) le modalità di esercizio della caccia;
b) la limitazione delle specie di mammiferi e di uccelli cacciabili;
c) il numero delle giornate settimanali di caccia;
d) i periodi e gli orari di caccia;
e) il carniere giornaliero e stagionale per specie.
10. Le limitazioni proposte divengono operanti qualora siano recepite nel calendario venatorio provinciale di cui al comma 2 dell'art. 50 (47).
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(47) Articolo così sostituito dall'art. 24, L.R. 16 febbraio 2000, n. 6, a decorrere dal 1° aprile 2000. Vedi, anche, il comma 5 dell'art. 49 della stessa legge. Il testo originario così disponeva: «Art. 33. Compiti dell'A.T.C. 1. L'A.T.C. ha compiti di gestione faunistica e di organizzazione dell'esercizio venatorio nel territorio di competenza. A tal fine organizza, sulla base del programma di gestione, gli interventi per il miglioramento degli habitat, promuove ed organizza le attività di cui al comma 11 dell'art. 14 della legge statale e le iniziative ritenute necessarie per preservare o ricostituire una presenza faunistica ottimale.
2. La Provincia controlla la conformità dei programmi annuali degli interventi degli A.T.C. con il piano faunistico-venatorio provinciale. Gli A.T.C. trasmettono detti programmi entro il 31 gennaio di ogni anno alla Provincia, che può richiederne la revisione in caso di difformità.
3. Per giustificate esigenze faunistiche e particolari situazioni ambientali, il Comitato direttivo dell'A.T.C., entro quindici giorni dall'emanazione del calendario venatorio regionale, può proporre alla Provincia competente ulteriori limitazioni al calendario venatorio concernenti:
a) le modalità di esercizio della caccia, mediante la limitazione delle specie di mammiferi e di uccelli stanziali cacciabili;
b) il numero delle giornate settimanali di caccia;
c) i periodi e gli orari di caccia;
d) il carniere giornaliero e stagionale per specie.
4. Le limitazioni proposte divengono operanti qualora siano recepite nel calendario venatorio provinciale di cui al comma 2 dell'art. 50.
5. Il Comitato direttivo può organizzare la gestione tecnica e il prelievo della fauna per aree faunistiche di estensione proporzionata al ciclo biologico delle specie di interesse locale. Il Comitato direttivo propone, inoltre, all'Amministrazione provinciale la delimitazione nel territorio di competenza delle aree per la gestione faunistico-venatoria degli ungulati.
6. I Comitati direttivi degli A.T.C., per l'espletamento di funzioni di servizio, possono dotarsi di strutture tecnico-amministrative e di collaboratori o di personale particolarmente qualificato nel campo della gestione della fauna.
7. La Provincia esercita forme di raccordo tra gli A.T.C. per contribuire a determinare l'uniformità degli interventi gestionali che hanno diretta incidenza sulla fauna selvatica.».
Art. 34
Opzione sulla forma di caccia prescelta.
1. L'opzione sulla forma di caccia prescelta in via esclusiva a norma del comma 5 dell'art. 12 della legge statale ha la durata di un anno e si intende rinnovata se entro il 1° novembre il cacciatore non fa pervenire alla Provincia richiesta di modifica dell'indicazione contenuta nel tesserino regionale.
2. L'opzione per la forma di caccia di cui alla lett. b) del comma 5 dell'art. 12 della legge statale deve essere presentata esclusivamente da coloro che intendono esercitare la caccia da appostamento fisso con l'uso di richiami vivi.
3. Il cacciatore che abbia conseguito l'abilitazione all'esercizio venatorio dopo l'entrata in vigore della presente legge deve comunicare la propria opzione alla Provincia di residenza entro trenta giorni dalla data di detto conseguimento.
Art. 35
Criteri per la iscrizione dei cacciatori agli A.T.C.
1. La Regione disciplina quantità, tempi e modi di accesso dei cacciatori agli A.T.C., fermi restando i criteri indicati al presente articolo e agli articoli 36, 36-bis e 37.
2. Il Comitato direttivo dell'A.T.C. è tenuto a soddisfare le richieste di iscrizione dei cacciatori fino al limite di disponibilità indicato dalla Regione per ciascun A.T.C. con apposito provvedimento.
3. Il cacciatore ha diritto di essere iscritto all'A.T.C. in cui ha la residenza anagrafica, oppure all'A.T.C. in cui sia stato consecutivamente iscritto nelle due stagioni venatorie 1998/1999 e 1999/2000.
4. Gli ulteriori posti che risultano disponibili dopo aver effettuato le iscrizioni sulla base dei criteri di cui al presente articolo, sono assegnati dal Comitato direttivo dell'A.T.C. ai cacciatori richiedenti, secondo le seguenti priorità:
a) residenti nella Provincia;
b) residenti negli A.T.C. dell'Emilia-Romagna con più alta densità venatoria;
c) residenti nella Regione;
d) residenti in altre regioni;
e) italiani residenti all'estero e stranieri (48).
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(48) Articolo così sostituito dall'art. 25, L.R. 16 febbraio 2000, n. 6, a decorrere dal 1° aprile 2000. Vedi, anche, il comma 5 dell'art. 49 della stessa legge. Il testo originario così disponeva: «Art. 35. Criteri per la iscrizione dei cacciatori agli A.T.C. 1. Il Comitato direttivo dell'A.T.C. è tenuto a soddisfare le richieste di iscrizione dei cacciatori fino al limite di disponibilità indicato dalla Regione per ciascun A.T.C. con apposito provvedimento.
2. Il cacciatore ha diritto di essere iscritto all'A.T.C. in cui ha la residenza anagrafica o sia proprietario di fondi agricoli o sia stato iscritto per almeno due anni. A questi limitati fini, in sede di prima applicazione della presente legge, la iscrizione ai territori per la gestione sociale della caccia (T.G.S.C.), disciplinati dagli artt. 40 e seguenti della L.R. 15 maggio 1987, n. 20, e successive modifiche ed integrazioni, è equiparata alla iscrizione all'A.T.C.
3. Il titolare dell'autorizzazione alla costituzione di un appostamento fisso di caccia senza uso di richiami vivi ed i suoi sostituti hanno diritto di essere iscritti all'A.T.C. in cui è compreso l'appostamento.
4. Gli ulteriori posti che risultano disponibili dopo ave effettuato le iscrizioni sulla base dei criteri di cui al presente articolo, sono assegnati dal Comitato direttivo dell'A.T.C. ai cacciatori richiedenti, secondo le seguenti priorità:
a) residenti nella provincia;
b) residenti nelle province dell'Emilia-Romagna a più alta densità venatoria, indicate dalla Regione;
c) residenti nella regione;
d) residenti in altre regioni;
e) italiani residenti all'estero e stranieri.
5. In ogni A.T.C. il Comitato direttivo può ammettere inoltre, secondo le priorità indicate al comma 4, un numero di cacciatori superiore alla densità venatoria indicata dalla Regione quando siano accertate, sulla base di appositi censimenti, modificazioni positive della popolazione faunistica o si sia manifestata l'esigenza di provvedere a specifici prelievi a tutela delle produzioni agricole.».
Art. 36
Modalità di iscrizione.
1. Il cacciatore avente diritto ai sensi del comma 3 dell'art. 35, presenta la domanda di iscrizione al Comitato direttivo dell'A.T.C. L'iscrizione si intende rinnovata qualora il cacciatore non rinunci entro il termine indicato nel provvedimento di cui all'art. 35, comma 1. Il cacciatore che intenda iscriversi ad un A.T.C. diverso da quello di residenza, presenta domanda al Comitato direttivo dell'A.T.C. prescelto. Il Comitato direttivo, soddisfatte le esigenze dei cacciatori aventi diritto ai sensi dell'art. 35, comma 3, attribuisce i residui posti disponibili ai cacciatori che hanno fatto richiesta di iscrizione all'A.T.C. come primo ambito territoriale di caccia, nel rispetto delle priorità previste all'art. 35, comma 4.
2. L'elenco dei cacciatori iscritti viene trasmesso annualmente alla Provincia e al Comune di residenza che annota l'A.T.C. assegnato al cacciatore e l'opzione della forma di caccia prescelta sul tesserino regionale di caccia all'atto del rilascio.
3. Il Comitato direttivo dell'A.T.C. deve motivare l'eventuale rigetto della domanda e comunicarlo all'interessato che può presentare ricorso alla Provincia, il cui giudizio è definitivo (49).
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(49) Il presente articolo, già modificato dall'art. 1, L.R. 19 agosto 1994, n. 34, è stato poi così sostituito dall'art. 26, L.R. 16 febbraio 2000, n. 6, a decorrere dal 1° aprile 2000. Il testo precedente era così formulato: «Art. 36. Modalità di iscrizione. 1. Il cacciatore che ha titolo all'iscrizione all'A.T.C. (Ambiti territoriali di caccia) ai sensi dei commi 2 e 3 dell'art. 35 presenta la relativa domanda al Comitato direttivo entro trenta giorni dalla prima costituzione dello stesso, su modulo predisposto dalla Regione. A partire dalla stagione venatoria 1995/96 il termine di presentazione della domanda scade il 15 marzo di ogni anno.
2. Il cacciatore che intenda richiedere l'iscrizione ad un A.T.C. diverso da quello di residenza verifica la disponibilità del posto presso il Comitato direttivo dell'A.T.C. prescelto presentando la relativa domanda tra il trentunesimo e il quarantacinquesimo giorno dalla prima costituzione dello stesso. A partire dalla stagione venatoria 1995/96 tale domanda va presentata entro il 31 marzo di ogni anno.
3. Il Comitato direttivo dell'A.T.C. accoglie le domande con le priorità previste al comma 4 dell'art. 35 nei limiti consentiti e nel rispetto dell'ordine di presentazione e ne trasmette copia entro il 30 aprile di ogni anno alla Provincia di residenza. Per la stagione venatoria 1994/95 tale data di trasmissione decorre dal quarantaseiesimo giorno successivo alla prima costituzione del Comitato direttivo dell'A.T.C. medesimo. Il Comune di residenza annota l'A.T.C. assegnato al cacciatore e l'opzione della forma di caccia prescelta di cui all'art. 34 sul tesserino regionale di caccia all'atto del rilascio dello stesso.
4. Il mancato accoglimento della domanda deve essere motivato dal Comitato direttivo dell'A.T.C. e comunicato all'interessato che, entro quindici giorni, può fare ricorso alla Provincia competente per territorio per violazione dei criteri previsti all'art. 35. La Provincia deve dare risposta entro quarantacinque giorni. L'accoglimento del ricorso comporta, di diritto, l'iscrizione all'A.T.C. Nel caso che il diniego della iscrizione sia dovuto ad indisponibilità di posti, il cacciatore ha diritto all'iscrizione all'A.T.C. di residenza.
5. Nei periodi in cui vengono svolte le cacce speciali agli ungulati o a specie di uccelli migratori, il Comitato direttivo può consentire l'accesso oltre il limite venatorio esclusivamente nelle località prestabilite purché si siano accertate, anche mediante censimenti, modificazioni positive della popolazione faunistica, ai sensi del comma 8 dell'art. 14 della legge statale. La caccia vagante con il cane è consentita esclusivamente alla beccaccia ed al beccaccino. Il Comitato direttivo può prevedere il pagamento di un corrispettivo a fronte degli impegni di organizzazione.».
Art. 36-bis
Regolazione dei processi di mobilità controllata per l'attività venatoria.
1. In Emilia-Romagna è consentito esercitare la caccia alla fauna migratoria nelle forme, nelle giornate, con le modalità ed alle specie consentite dai calendari venatori regionale e provinciali, al di fuori dell'A.T.C. di appartenenza per un massimo di quindici giorni, dal 1° ottobre al termine della stagione venatoria (50).
2. La Regione, con il provvedimento di cui al comma 1 dell'art. 35, sentite le organizzazioni professionali agricole, nonché le associazioni di cui al comma 1 dell'art. 10, definisce le modalità per individuare il numero dei posti disponibili per ogni A.T.C., l'accesso agli A.T.C. prescelti e l'eventuale corrispettivo che i cacciatori devono versare a fronte degli impegni di organizzazione.
3. Dei posti disponibili in ogni A.T.C., una percentuale è riservata ai cacciatori iscritti in altri A.T.C. della stessa Provincia, mentre i restanti posti vengono assegnati ai cacciatori iscritti in altri A.T.C. della Regione, fatta salva una quota riservata alla Regione per scambi interregionali.
4. In Emilia-Romagna è altresì consentito esercitare la caccia agli ungulati al di fuori dell'A.T.C. di appartenenza secondo tempi e modalità previsti dall'art. 56 e dal regolamento regionale in materia di gestione faunistico-venatoria degli ungulati in Emilia-Romagna, previa domanda all'A.T.C. interessato nei termini previsti nel provvedimento di cui all'art. 35, comma 1 (51).
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(50) Vedi, anche, l'art. 9, comma 11, L.R. 3 luglio 2001, n. 17.
(51) Articolo aggiunto dall'art. 27, L.R. 16 febbraio 2000, n. 6, a decorrere dal 1° aprile 2000.
Art. 37
Interscambi di cacciatori.
1. Per rendere equilibrata e proporzionata alla dotazione faunistica la pressione venatoria sul territorio regionale e nazionale, la Regione promuove scambi infraregionali ed interregionali, riservandosi annualmente per ogni A.T.C. una quota di cacciatori da iscrivere od ammettere.
2. Il cacciatore ammesso ad A.T.C. di altre regioni è tenuto a fare apporre sul proprio tesserino la relativa annotazione da parte del proprio Comune di residenza,
3. Il Comitato direttivo dell'A.T.C., sulla base di modalità da esso stesso determinate e comunicate alla Provincia, può riconoscere ai cacciatori iscritti la facoltà di utilizzare giornate di competenza per ospitare mediante interscambio e senza finalità di lucro un altro cacciatore, anche se residente in altra Regione.
4. La Provincia, sentito l'A.T.C. interessato, su richiesta di associazioni cinofile o venatorie, di un A.T.C. o di altra Provincia, può autorizzare cacciatori che non hanno la possibilità di farlo nell'A.T.C. di appartenenza ad allenare i cani in A.T.C. diverso, fuori dal periodo di caccia, secondo le norme del calendario venatorio (52).
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(52) Articolo così sostituito dall'art. 28, L.R. 16 febbraio 2000, n. 6, a decorre dal 1° aprile 2000. Il testo originario era il seguente: «Art. 37. Interscambi di cacciatori. 1. La Regione promuove scambi interregionali per realizzare una equilibrata distribuzione dei cacciatori sul territorio nazionale e a tal fine determina il numero dei cacciatori non residenti ammissibili in Emilia-Romagna, regolamentandone l'accesso secondo le priorità previste al comma 4 dell'art. 35.
2. Il cacciatore ammesso ad A.T.C. di altre regioni è tenuto a fare apporre sul proprio tesserino la relativa annotazione da parte del proprio Comune di residenza.
3. Il Comitato direttivo dell'A.T.C., sulla base di modalità da esso stesso determinate e comunicate alla Provincia, può riconoscere ai cacciatori iscritti la facoltà di utilizzare giornate di competenza per ospitare sotto forma di interscambio e senza finalità di lucro un altro cacciatore, anche se residente in altra regione.».
Art. 38
Partecipazione dei cacciatori alla gestione dell'A.T.C.
[1. I cacciatori iscritti partecipano alla gestione dell'A.T.C. e sono tenuti a corrispondere a copertura delle spese una quota annuale il cui importo non può superare il doppio della somma stabilita per la tassa regionale relativa all'uso del fucile a più di due colpi.
2. Il Comitato direttivo disciplina, nei limiti e secondo le modalità previste dalla presente legge, le forme della partecipazione anche economica dei cacciatori iscritti alla gestione dell'A.T.C., il sistema sanzionatorio da applicare per l'inosservanza degli obblighi di partecipazione alla gestione ed i riconoscimenti dovuti a compenso delle prestazioni richieste al cacciatore] (53).
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(53) Articolo abrogato dall'art. 49, comma 2, L.R. 16 febbraio 2000, n. 6, a decorrere dal 1° aprile 2000.
Art. 39
Doveri del cacciatore.
1. Il cacciatore ha il dovere di:
a) annotare sul tesserino regionale in modo indelebile le giornate di esercizio, le specie ed il numero dei capi abbattuti;
b) restituire il tesserino regionale di caccia al termine dell'annata venatoria, compilato secondo le modalità stabilite con il calendario venatorio regionale.
Art. 39-bis
Formazione permanente del cacciatore.
1. Le associazioni venatorie, in applicazione dell'art. 34 della legge statale, promuovono l'organizzazione, in accordo con la Provincia, di corsi annuali di formazione sulle tecniche venatorie, sulla cinofilia venatoria e sulle disposizioni legislative e regolamentari per tutti i cacciatori (54).
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(54) Articolo aggiunto dall'art. 29, L.R. 16 febbraio 2000, n. 6, a decorrere dal 1° aprile 2000.
Art. 40
Divieti e facoltà negli A.T.C.
1. Oltre a quanto previsto dalle vigenti leggi sulla caccia, negli A.T.C. è vietato:
a) detenere selvaggina abbattuta a chiunque non sia iscritto all'A.T.C. a meno che non sia in grado di dimostrarne la legittimità del possesso;
b) esercitare la caccia senza essere iscritti all'A.T.C. o senza la prescritta autorizzazione;
c) accedere con mezzi motorizzati alle aree cortilizie o comunque alle pertinenze delle strutture di lavoro agricolo, se non autorizzati dal proprietario o conduttore del fondo nonché alle strade private non aperte al pubblico transito.
2. L'addestramento dei cani è consentito al cacciatore negli A.T.C. in cui ha facoltà di accesso salvo quanto previsto all'art. 37, comma 4 (55).
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(55) Comma così modificato dall'art. 30, L.R. 16 febbraio 2000, n. 6, a decorrere dal 1° aprile 2000.
Capo V - Strutture territoriali d'iniziativa privata per la produzione di fauna selvatica, per la caccia e per le attività cinofile (56)
Art. 41
Centri privati di riproduzione della fauna.
1. La Provincia autorizza la costituzione di centri privati di riproduzione di fauna selvatica allo stato naturale, organizzati in forma di azienda agricola singola, consortile o cooperativa, ove è vietato l'esercizio dell'attività venatoria ed è consentito il prelievo di animali allevati appartenenti a specie cacciabili da parte del titolare dell'impresa agricola, di dipendenti della stessa e di persone nominativamente indicate.
2. I centri privati hanno durata settennale e possono essere rinnovati.
2-bis. L'autorizzazione è subordinata all'assenso scritto dei proprietari o conduttori, singoli o associati, dei fondi rustici compresi nel centro privato (57).
2-ter. La Provincia, per motivate esigenze tecniche, qualora si renda necessario includere nell'area del centro privato terreni per i quali non sia stato possibile ottenere l'assenso richiesto per iscritto dei proprietari o conduttori, può disporre l'inclusione coattiva, stabilendo, con il medesimo provvedimento, la misura e le modalità di pagamento dell'indennità dovuta ai proprietari o conduttori dissenzienti. L'estensione dei terreni da includere coattivamente non può superare il dieci per cento della superficie del centro privato medesimo (58).
3. L'autorizzazione dei centri privati è subordinata all'osservanza di apposito regolamento regionale, da emanarsi entro centoventi giorni dall'entrata in vigore della presente legge, contenente le prescrizioni per l'esercizio delle attività autorizzate (59).
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(56) Rubrica così modificata dall'art. 49, comma 1, L.R. 16 febbraio 2000, n. 6, a decorrere dal 1° aprile 2000.
(57) Comma aggiunto dall'art. 31, L.R. 16 febbraio 2000, n. 6, a decorrere dal 1° aprile 2000.
(58) Comma aggiunto dall'art. 31, L.R. 16 febbraio 2000, n. 6, a decorrere dal 1° aprile 2000.
(59) Vedi il Reg. 28 giugno 1996, n. 22.
Art. 42
Allevamenti.
1. La Provincia autorizza gli allevamenti di specie appartenenti alla fauna selvatica a scopo alimentare, di ripopolamento, ornamentale ed amatoriale.
2. I provvedimenti di autorizzazione:
a) indicano le specie in allevamento, i controlli sanitari e le forme di cattura;
b) hanno durata settennale e possono essere rinnovati;
c) sono revocati quando la gestione ed il funzionamento non siano corrispondenti alle prescrizioni di cui alla lettera a), ovvero quando l'allevamento non sia funzionante per almeno un anno.
3. L'allevamento esercitato dal titolare di impresa agricola non è assoggettato a specifica autorizzazione. Il titolare è tenuto a dare comunicazione alla Provincia dell'avvio dell'attività di allevamento anche al fine di consentire i relativi controlli sul rispetto delle disposizioni emanate a norma della lett. d) del comma 1 dell'art. 62.
4. Le Province possono consentire convenzioni a livello locale tra le associazioni venatorie riconosciute e le organizzazioni professionali agricole al fine di permettere la cessione di prelievo di fauna allevata allo scopo di integrare le entrate delle aziende agricole.
Art. 43
Aziende venatorie.
1. La Provincia autorizza, sentito l'I.N.F.S., l'istituzione di aziende faunistico-venatorie e di aziende agri-turistico-venatorie, a norma dell'art. 16 della legge statale, nei limiti, con la densità e la collocazione territoriale indicati dal piano faunistico-venatorio provinciale, da calcolarsi sulla base della superficie agro-silvo-pastorale come individuata con gli indirizzi di cui all'art. 5, così da garantire una pluralità di utilizzazione faunistico-venatoria del territorio. Qualora l'istanza di istituzione riguardi territori ricadenti sotto la competenza di province diverse, l'autorizzazione all'istituzione compete alla Provincia nella quale insiste la superficie maggiore, sentita la Provincia limitrofa (60).
2. L'autorizzazione scade il 31 dicembre del settimo anno di validità e può essere rinnovata.
3. L'autorizzazione è subordinata all'assenso scritto dei proprietari o conduttori, singoli o associati, dei fondi rustici compresi nell'azienda. Qualora i proprietari o i conduttori dei fondi non si siano costituiti in consorzio con atto pubblico, il rinnovo alla scadenza è subordinato all'assenso scritto dei proprietari o conduttori, ovvero alla dichiarazione sostitutiva dell'atto di notorietà che nulla è mutato. Le domande di rinnovo devono essere presentate almeno sei mesi prima della scadenza. In assenza di contratto in forma scritta di conduzione, nel caso in cui il proprietario e il conduttore non siano d'accordo ai fini dell'assenso, si considera prevalente la volontà del proprietario (61).
4. Ove, per motivate ragioni tecniche, si renda necessario includere nell'area dell'azienda venatoria terreni per i quali non sia stato possibile ottenere l'assenso, richiesto per iscritto, dei proprietari o dei conduttori, la Provincia può disporne l'inclusione coattiva, stabilendo con il medesimo provvedimento la misura e le modalità di pagamento della indennità dovuta ai proprietari o conduttori dissenzienti. L'estensione dei terreni da includere coattivamente non può superare il dieci per cento della superficie dell'azienda medesima. L'inclusione all'interno di una azienda venatoria di terreni demaniali deve essere corredata dal nulla osta dell'Ente competente. Trascorsi sessanta giorni senza risposta il nulla osta si intende accordato (62).
5. La Provincia, con il piano faunistico-venatorio, regola la densità, la collocazione e l'estensione massima complessiva delle aziende faunistico-venatorie ed agri-turistico-venatorie in ogni comprensorio faunistico omogeneo. La Provincia, fatte salve le situazioni esistenti, può altresì regolare la distanza tra le aziende e fra queste e le zone di protezione. La Provincia può consentire che aziende venatorie limitrofe possano costituirsi in consorzi.
6. I confini delle aziende venatorie sono delimitati con tabelle di colore bianco collocate secondo le modalità di cui all'art. 24. Il tabellamento è effettuato a cura dei titolari delle aziende medesime ed è controllato dalla Provincia.
7. Entro il mese di febbraio di ogni anno i titolari dell'autorizzazione di cui al presente articolo presentano alla Provincia un programma di gestione faunistico-venatoria redatto secondo le indicazioni di gestione tecnica ed una relazione sulle attività svolte per l'incremento della fauna e sugli abbattimenti compiuti nella stagione precedente. Nelle aziende faunistico-venatorie non è consentito immettere o liberare fauna selvatica posteriormente alla data del 31 agosto. In caso di avversità atmosferiche, la Provincia stabilisce i tempi e le modalità delle immissioni (63).
8. La Regione emana entro centoventi giorni dall'entrata in vigore della presente legge, mediante direttive vincolanti, norme per l'istituzione, il rinnovo e la revoca delle aziende venatorie, nonché per la gestione tecnica e gli interventi di mantenimento e di miglioramento ambientale nelle stesse, con particolare riferimento alla preservazione o al ripristino di condizioni di nidificazione e sosta nelle zone umide (64).
9. L'accesso alle aziende venatorie istituite nelle aree contigue ai parchi è consentito esclusivamente al titolare della concessione ed ai cacciatori autorizzati dal titolare stesso.
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(60) Comma così sostituito dall'art. 32, comma 1, L.R. 16 febbraio 2000, n. 6, a decorrere dal 1° aprile 2000. Il testo originario era il seguente: «1. La Provincia autorizza l'istituzione di aziende faunistico-venatorie e di aziende agri-turistico-venatorie, a norma dell'art. 16 della legge statale, nei limiti indicati nel piano faunistico-venatorio provinciale ed in modo da assicurare una pluralità di utilizzazione del territorio a fini faunistici e venatori.».
(61) Comma così sostituito dall'art. 32, comma 2, L.R. 16 febbraio 2000, n. 6, a decorrere dal 1° aprile 2000. Il testo originario era così formulato: «3. L'autorizzazione è subordinata all'assenso scritto dei proprietari o conduttori, singoli o associati, dei fondi rustici compresi nell'azienda. Qualora i proprietari o i conduttori dei fondi stessi non si siano costituiti in consorzio con atto pubblico, ad ogni scadenza tale assenso dovrà essere rinnovato mediante firma autenticata dei proprietari o conduttori dei fondi. Le domande di rinnovo, corredate dall'atto di assenso rilasciato dai proprietari o conduttori, devono essere presentate almeno sei mesi prima della scadenza.».
(62) Il primo periodo del presente comma è stato così modificato e gli ultimi due periodi aggiunti dall'art. 32, comma 3, lettere a) e b), L.R. 16 febbraio 2000, n. 6, a decorrere dal 1° aprile 2000.
(63) Il primo periodo del presente comma è stato così modificato e gli ultimi due periodi aggiunti dall'art. 32, comma 4, L.R. 16 febbraio 2000, n. 6, a decorrere dal 1° aprile 2000.
(64) Comma così modificato dall'art. 32, comma 5, L.R. 16 febbraio 2000, n. 6, a decorrere dal 1° aprile 2000.
Art. 44
Tasse regionali.
1. L'autorizzazione all'istituzione di appostamenti fissi, di centri privati di riproduzione della fauna selvatica allo stato naturale, di aziende faunistico-venatorie e agri-turistico-venatorie e i relativi rinnovi sono soggetti a tassa regionale.
2. [Non sono soggetti a tassa i centri privati di riproduzione istituiti negli A.T.C. e nell'ambito di aziende venatorie per produrre in cattività le specie di selvaggina stanziale previste dai relativi programmi di immissioni] (65).
3. Non sono soggetti a tassa gli appostamenti fissi collocati all interno dl aziende venatorie.
4. [Alle aziende agri-turistico-venatorie non si applica la riduzione di cui alle tariffe annesse al D.Lgs. 22 giugno 1991, n. 230 e al D.Lgs. 23 gennaio 1992, n. 31, numero d'ordine 16, nota 4a] (66).
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(65) Comma abrogato dall'art. 49, comma 2, L.R. 16 febbraio 2000, n. 6, a decorrere dal 1° aprile 2000.
(66) Comma abrogato dall'art. 49, comma 2, L.R. 16 febbraio 2000, n. 6, a decorrere dal 1° aprile 2000.
Art. 44-bis
Tassa di concessione regionale per l'abilitazione all'esercizio venatorio.
1. La tassa di concessione regionale per l'abilitazione all'esercizio venatorio, di durata annuale, è determinata, nella misura prevista dalla tariffa delle tasse sulle concessioni regionali, approvata con il D.Lgs. 22 giugno 1991, n. 230 e successive modificazioni.
2. Il versamento della tassa da corrispondere a norma dell'art. 3 della L.R. 23 agosto 1979, n. 26 e successive modificazioni, deve essere effettuato in occasione del pagamento della tassa di rilascio o di rinnovo della concessione governativa per la licenza di porto di fucile per uso di caccia ed ha validità di un anno dalla data di rilascio della concessione governativa.
3. Il pagamento della tassa per gli anni successivi a quello del rilascio deve essere effettuato non prima della data della scadenza annuale.
4. La ricevuta del versamento deve essere allegata al tesserino per l'esercizio venatorio.
5. In caso di difformi scadenze eventualmente riscontrabili tra la data del versamento della tassa regionale e di quella governativa, la validità del versamento della tassa regionale è procrastinata sino alla scadenza della tassa di concessione governativa.
6, La tassa annuale non è dovuta qualora il cacciatore non eserciti l'attività venatoria durante l'anno, ovvero la eserciti esclusivamente all'estero.
7. È esonerato dal versamento della tassa il cacciatore che, prima dell'inizio della stagione venatoria, dichiari, in forma espressa sotto la sua personale responsabilità, di optare per l'esercizio esclusivo nelle aziende venatorie di cui all'art. 43 e di rinunciare all'assegnazione di ambito territoriale di caccia e comunque all'esercizio venatorio in qualsiasi altra forma consentita in territorio non riservato alle aziende stesse.
8. Nell'ipotesi prevista dal comma 7, la dichiarazione del cacciatore deve essere esibita al Comune ai fini del rilascio del tesserino per l'esercizio venatorio e deve essere allegata al tesserino medesimo.
9. La tassa regionale deve essere rimborsata nel caso di diniego della licenza di porto di fucile per uso di caccia.
10. Aumenti della tassa possono essere disposti con legge regionale a norma dell'art. 3 della legge 16 maggio 1970, n. 281 e successive modificazioni (67).
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(67) Articolo aggiunto dall'art. 33, L.R. 16 febbraio 2000, n. 6, a decorrere dal 1° aprile 2000.
Art. 45
Zone e campi per l'addestramento, l'allenamento e le gare dei cani.
1. Le province, anche su richiesta di associazioni venatorie o cinofile riconosciute o di produttori agricoli singoli od associati, previo assenso scritto dei proprietari o conduttori dei fondi territorialmente interessati, in attuazione del piano faunistico - venatorio provinciale, autorizzano l'istituzione e regolano la gestione di:
a) zone, di estensione non inferiore ai 100 ettari, in cui sono permessi l'addestramento, l'allenamento e le gare dei cani da ferma, da cerca, da seguita e da riporto in campo aperto;
b) campi di estensione non superiore ai 40 ettari, per l'addestramento e l'allenamento dei cani;
c) campi recintati, di estensione non inferiore ai 10 ettari, per l'addestramento e l'allenamento dei cani;
d) campi per l'addestramento e l'allenamento di cani da tana in aree delimitate.
Contestualmente all'autorizzazione all'istituzione dei campi di cui alla lettera c) destinati all'addestramento di cani da seguita al cinghiale, la Provincia autorizza l'immissione di cinghiali, regolamentandone altresì le modalità di detenzione e sostituzione.
2. L'istituzione delle zone e dei campi di cui al comma 1 è consentita negli A.T.C. e nelle aziende agri-turistico-venatorie. Nelle aziende faunistico - venatorie sono consentite esclusivamente le attività cinofile di cui al comma 9.
3. Nelle zone e nei campi di cui al comma 1 e nei campi di gara di cui al comma 4 le province autorizzano, secondo le disposizioni della legge statale, l'addestramento, l'allenamento e le gare per cani senza facoltà di sparo, esclusivamente sulle specie cacciabili prodotte in cattività indicate nell'autorizzazione, nonché l'addestramento e l'allenamento dei cani con facoltà di sparo da parte del conduttore, esclusivamente su avifauna selvatica di allevamento appartenente a specie cacciabili indicate nell'autorizzazione e opportunamente marcate. Lo sparo su fauna non marcata al di fuori della stagione venatoria comporta la revoca dell'autorizzazione.
4. All'interno delle zone o dei campi di cui al comma 1, lettere a) e b), la Provincia autorizza l'istituzione di campi di gara. Tali campi di gara, di estensione non superiore ai 40 ettari, non possono essere autorizzati in numero superiore ad uno per ogni zona e campo. Nelle aziende agri-turistico-venatorie tali limitazioni non si applicano. Nel caso di gare cinofile di interesse nazionale ed internazionale, le province possono derogare alle stesse limitazioni nelle zone di cui al comma 1, lettera a). Detti campi di gara costituiscono gli ambiti esclusivi in cui le province possono autorizzare le gare di cani con facoltà di sparo da parte del conduttore, per tutto l'anno, esclusivamente su avifauna selvatica di allevamento appartenente a specie cacciabili indicate nell'autorizzazione e opportunamente marcate. Lo sparo su fauna non marcata comporta al di fuori della stagione venatoria la revoca dell'autorizzazione.
5. La Regione emana direttive sulla modalità di istituzione e di gestione delle zone e dei campi (68).
6. Nelle zone di cui alla lettera a) del comma 1 è vietato l'esercizio venatorio per l'intera durata dell'istituzione. La Provincia, nei limiti del calendario venatorio, può consentire la caccia alla fauna selvatica migratoria da appostamento. Nei campi di cui alla lettera b) del comma 1 e nei campi di gara di cui al comma 4 è ammesso l'esercizio venatorio qualora la Provincia non disponga diversamente.
7. La superficie complessiva destinata alle attività cinofile non ricomprese all'interno di aziende venatorie entra a far parte della quota destinata a gestione privata di cui al comma 5, art. 10 della legge statale. Tali zone e campi sono istituiti per la durata di sette anni e possono essere rinnovati con le stesse modalità.
8. Nelle zone di cui alla lettera a) del comma 1 l'addestramento, l'allenamento e le gare non sono consentiti nel periodo compreso tra il 15 aprile e il 15 luglio, ad eccezione delle aree con prevalente presenza di ungulati, nelle quali tali attività sono sospese sino al 1° agosto.
9. Nelle zone di ripopolamento e cattura, nei centri pubblici e privati di riproduzione di fauna selvatica, nelle aziende venatorie e negli A.T.C. le province possono autorizzare gare per cani da caccia, a condizione che tempi e modi di attuazione non contrastino con le finalità previste per detti istituti. L'autorizzazione deve essere, inoltre, subordinata alle seguenti condizioni:
a) assenso preventivo dei proprietari o conduttori dei fondi territorialmente interessati;
b) preventiva definizione delle misure volte alla salvaguardia della fauna selvatica e delle colture agricole;
c) divieto di sparo. È ammesso il colpo a salve.
Per le aziende venatorie e per i centri privati l'autorizzazione non è subordinata alle condizioni di cui alle lettere a) e b) (69).
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(68) Con Delib.G.R. 14 maggio 2003, n. 840 sono state approvate direttive vincolanti relative alle modalità di istituzione e gestione delle zone e dei campi per l'addestramento e le prove di qualificazione dei cani da caccia di cui al presente comma.
(69) Articolo così sostituito dall'art. 34, L.R. 16 febbraio 2000, n. 6, a decorrere dal 1° aprile 2000. Il testo originario era così formulato: «Art. 45. Zone per l'addestramento e per le prove di qualificazione dei cani da caccia. 1. Le Province, anche su richiesta di associazioni venatorie o cinofile riconosciute o di produttori agricoli singoli od associati, previo assenso scritto dei proprietari o conduttori dei fondi territorialmente interessati, in attuazione del piano faunistico-venatorio provinciale, autorizzano l'istituzione e regolano la gestione di:
a) zone, di estensione non inferiore ai cento ettari, in cui sono permessi l'addestramento, l'allenamento e le gare dei cani da ferma, da cerca, da seguita e da riporto in campo aperto;
b) campi di estensione non superiore ai quindici ettari, per l'addestramento e l'allenamento dei cani da ferma, da cerca, da seguita e da riporto;
c) campi, di estensione non inferiore ai quindici ettari, per l'addestramento e l'allenamento dei cani da seguita in aree recintate;
d) campi per cani da tana in aree delimitate.
2. La Provincia può altresì autorizzare l'istituzione di campi recintati e non inferiori ai dieci ettari, per l'addestramento di cani da seguita al cinghiale.
3. Nelle zone di cui alla lett. a) del comma 1 è vietato l'esercizio venatorio per l'intera durata dell'istituzione. La Provincia, nei limiti del calendario venatorio, può consentire la caccia da appostamento fisso preesistente alla selvaggina migratoria.
4. L'istituzione delle zone di cui ai commi 1 e 2 è consentita negli A.T.C. e nelle aziende agri-turistico-venatorie. Nelle aziende faunistico- venatorie sono consentite le attività cinofile nelle forme compatibili con le finalità aziendali.
5. La superficie complessiva destinata alle attività cinofile entra a far parte della quota destinata a gestioni private. Tali zone sono istituite per la durata di sette anni e possono essere rinnovate con le stesse modalità.
6. Nelle zone di cui alla lett. a) del comma 1 l'addestramento, l'allenamento e le gare non sono consentiti nel periodo compreso tra il 15 aprile e il 15 luglio. Nelle aree con prevalente presenza di ungulati l'addestramento dei cani è sospeso sino al 1° agosto. Nelle zone di cui alle lettere b) e c) del comma 1 le attività sono consentite tutto l'anno con esclusione dei periodi stabiliti con il calendario venatorio per l'addestramento dei cani in campo aperto, fatti salvi i limiti stabiliti con il regolamento regionale per la gestione degli ungulati.
7. La Provincia, su richiesta dei titolari delle zone e dei campi di cui al comma 1, può autorizzare, ai sensi del comma 8, lett. e) dell'art. 10 della legge statale e secondo le disposizioni della legge medesima l'addestramento, l'allenamento e le gare per cani, anche con facoltà di sparo da parte del conduttore, esclusivamente su fauna selvatica di allevamento appartenente a specie cacciabili. A tal fine la Regione approva apposite direttive per la gestione delle zone e dei campi di cui al comma 1. Nelle zone di cui al comma 1 possono altresì svolgersi l'addestramento e l'allenamento dei cani, senza facoltà di sparo, esclusivamente sulle specie stanziali indicate nell'autorizzazione, prodotte in cattività.
8. Nelle zone di ripopolamento e cattura, nei centri pubblici e privati di riproduzione di selvaggina e nelle aziende faunistico-venatorie, le Province possono autorizzare gare per cani da caccia iscritti nei libri genealogici riconosciuti dall'E.N.C.I., alle seguenti condizioni:
a) assenso preventivo dei proprietari o conduttori dei fondi territorialmente interessati;
b) preventiva definizione delle misure volte alla salvaguardia della fauna selvatica e delle colture agricole;
c) divieto di sparo.
9. Alle medesime condizioni di cui al comma 8, negli A.T.C. e nelle aziende venatorie possono essere svolte, previa autorizzazione della Provincia, gare di cani da caccia anche non iscritti nei libri genealogici E.N.C.I., regolarmente denunciati a norma di legge.
10. La Provincia autorizza, sentito l'E.N.C.I. e le associazioni venatorie e in conformità ai criteri di cui alla lett. f) del comma 2 dell'art. 5, l'istituzione di campi di gara fissi. Detti campi sono considerati impianti sportivi ad ogni effetto.».
Art. 45-bis
Fondi chiusi.
1. L'esercizio venatorio è vietato a chiunque nei fondi chiusi da muro o da rete metallica o da altra effettiva chiusura, di altezza non inferiore a metri, 1,20, o da corsi o specchi d'acqua perenni il cui letto abbia la profondità di almeno metri 1,50 e la larghezza di almeno metri 3. 1 fondi chiusi devono essere notificati ai competenti uffici provinciali. I proprietari o i conduttori dei fondi di cui al presente articolo provvedono ad apporre a loro carico adeguate tabellazioni esenti da tasse.
2. Per la protezione delle colture agricole e su richiesta del proprietario o conduttore, la Provincia può autorizzare catture di fauna selvatica nel rispetto delle disposizioni dell'art. 27; la Provincia può altresì, in accordo con il proprietario o conduttore, effettuare catture di fauna selvatica. In entrambi i casi la fauna selvatica catturata viene destinata a scopo di ripopolamento (70).
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(70) Articolo aggiunto dall'art. 35, L.R. 16 febbraio 2000, n. 6, a decorrere dal 1° aprile 2000.
TITOLO II
Esercizio dell'attività venatoria
Capo I - Norme per l'abilitazione all'esercizio venatorio
Art. 46
Commissione per l'abilitazione all'esercizio venatorio.
1. La Provincia istituisce una Commissione per l'abilitazione all'esercizio venatorio e ne regola il funzionamento e la durata in carica.
2. La Commissione è composta da 5 esperti nelle materie di esame previste dal comma 4 dell'art. 22 della legge statale, di cui uno con funzioni di Presidente, nominato dalla Provincia (71).
3. Per ogni componente effettivo è nominato anche un supplente. Le funzioni di segretario della Commissione sono svolte da un collaboratore provinciale incaricato.
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(71) Comma così sostituito dall'art. 36, L.R. 16 febbraio 2000, n. 6, a decorrere dal 1° aprile 2000. Il testo originario così disponeva: «2. La Commissione è composta:
a) da un dirigente della Provincia, esperto in materia di legislazione venatoria, con funzioni di presidente;
b) da quattro esperti nelle altre materie di esame previste dal comma 4 dell'art. 22 della legge statale.».
Art. 47
Attestato di abilitazione.
1. La domanda di ammissione agli esami è presentata dall'interessato alla Provincia di residenza e deve essere corredata dal certificato di residenza e dalla ricevuta di versamento di una somma stabilita dalla Provincia a copertura delle spese di organizzazione dell'esame.
2. La Giunta regionale, entro centoventi giorni dalla entrata in vigore della presente legge, stabilisce e rende noti il programma delle materie di esame e le modalità di svolgimento delle prove, anche al fine di assicurare l'omogeneità delle stesse.
3. Le associazioni venatorie riconosciute organizzano corsi di preparazione tecnica agli esami per l'abilitazione all'esercizio in base al programma regionale.
4. Gli aspiranti cacciatori possono essere ammessi a sostenere la prova d'esame per l'abilitazione a partire dai tre mesi precedenti il compimento del diciottesimo anno di età.
5. L'attestato di abilitazione è rilasciato dal presidente della Commissione.
6. Il giudizio della Commissione è definitivo. Il candidato giudicato inidoneo è ammesso a ripetere l'esame, non prima che siano trascorsi tre mesi dalla data del precedente esame.
Capo II - Norme per l'esercizio venatorio
Art. 48
Esercizio venatorio.
1. Nel territorio della regione Emilia-Romagna l'esercizio venatorio viene svolto nei limiti e nei modi previsti dalla legge statale e dalla presente legge dai cacciatori residenti in possesso del tesserino di cui all'art. 49 e dai non residenti ammessi negli A.T.C. o autorizzati nelle aziende faunistico-venatorie ed agri-turistico-venatorie, in possesso dei tesserini rilasciati dalle rispettive Regioni o Province autonome.
2. L'uso dei falchi è consentito qualora appartengano a specie riprodotte in cattività in conformità alle leggi vigenti, alle convenzioni internazionali ed alle direttive comunitarie. L'uso dell'arco non è consentito (72).
3. L'addestramento e l'allenamento dei falchi in periodo di caccia chiusa possono avvenire previo rilascio di permesso da parte delle province e non possono in alcun caso provocare la predazione di fauna selvatica (73).
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(72) Comma aggiunto dall'art. 37, L.R. 16 febbraio 2000, n. 6, a decorrere dal 1° aprile 2000.
(73) Comma aggiunto dall'art. 37, L.R. 16 febbraio 2000, n. 6, a decorrere dal 1° aprile 2000.
Art. 49
Tesserino regionale per l'esercizio della caccia.
1. Il tesserino regionale di caccia viene consegnato dal Comune ai cittadini ivi residenti, dietro presentazione dei seguenti documenti:
a) licenza di porto d'armi per uso di caccia;
b) attestazione del versamento della tassa di concessione governativa di porto di fucile anche per uso caccia;
c) ricevuta del versamento della tassa di concessione regionale per l'esercizio venatorio;
d) attestazione del versamento delle quote assicurative di cui al comma 8 dell'art. 12 della legge statale;
e) dichiarazione della scelta relativa alla forma di esercizio venatorio di cui al comma 5 dell'art. 12 della legge statale;
f) documento dell'avvenuta iscrizione all'A.T.C. di cui all'art. 36.
2. Il tesserino viene emesso su moduli prodotti dalla Giunta regionale ed il suo rilascio è subordinato alla riconsegna di quello usato dal richiedente nell'ultima stagione venatoria, che deve essere integro e non contraffatto.
3. I Comitati direttivi degli A.T.C. forniscono alla Provincia i dati relativi agli abbattimenti ai fini della programmazione dell'esercizio venatorio per la stagione successiva.
4. Oltre alla forma di caccia di cui al comma 5 dell'art. 12 della legge statale e agli A.T.C. regionale ed extraregionale prescelti, i Comuni di residenza devono assicurare che sul tesserino siano riportati i seguenti dati: numerazione regionale, data di rilascio, licenza di caccia, cognome e nome del titolare, data e luogo di nascita, codice fiscale, indirizzo, professione, tipo di arma utilizzata.
5. In caso di deterioramento e smarrimento il titolare, per ottenere il duplicato del tesserino, deve rivolgersi al Comune di residenza, dimostrando di aver provveduto alla denuncia dell'avvenuta perdita all'autorità di pubblica sicurezza.
6. Nel caso in cui il numero delle giornate di caccia ammesse nella stagione venatoria sia inferiore a quello consentito dalla legge statale, nel nuovo tesserino vanno depennate le giornate di caccia già effettuate, su dichiarazione del titolare, risultanti dalla denuncia all'autorità di pubblica sicurezza.
7. Il titolare della licenza di caccia è autorizzato, durante l'esercizio venatorio, a portare utensili da punta e da taglio atti alle esigenze venatorie.
8. Il tesserino regionale di caccia ai cittadini stranieri e italiani residenti all'estero viene consegnato dalla Provincia dietro presentazione della documentazione necessaria per l'esercizio venatorio nel Paese di provenienza e a norma del D.M. 5 giugno 1978 «Modalità per l'introduzione, la detenzione, il porto e il trasporto all'interno dello Stato di armi temporaneamente importate e determinazione del numero massimo di armi di cui è ammessa l'importazione temporanea».
Art. 50
Calendario venatorio.
1. La Giunta regionale, sentiti l'I.N.F.S. e le Province, regola l'esercizio della caccia, con il calendario venatorio da pubblicarsi entro il 1° giugno di ogni anno. Il calendario venatorio regionale indica:
a) le specie di mammiferi ed uccelli selvatici di cui è consentito l'esercizio venatorio nei comprensori omogenei, nei periodi e con le limitazioni stabilite dai piani faunistico-venatori provinciali;
b) le giornate di caccia, fisse o a libera scelta, in ogni settimana e nei diversi periodi;
c) il carniere massimo giornaliero e stagionale delle specie indicate;
d) i periodi in cui l'addestramento dei cani da caccia può essere consentito.
2. Le province, previo parere dell'I.N.F.S., adottano il calendario venatorio provinciale, con il quale:
a) autorizzano modificazioni dei termini del calendario venatorio regionale nei limiti consentiti dalla legge statale;
b) autorizzano l'esercizio venatorio nelle aziende agri-turistico-venatorie, limitatamente alla fauna di allevamento, dal 1° settembre al 31 gennaio di ogni anno (74).
c) rendono operanti le limitazioni proposte dai Comitati direttivi degli A.T.C. e la protezione ed i divieti relativi alle aree con colture in atto;
d) [riportano i piani di abbattimento di ungulati cacciabili con metodi selettivi, ripartiti per distretto e per AFV, nel rispetto dell'arco temporale massimo di due mesi di cui all'art. 18 della legge statale anche non consecutivi] (75) (76).
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(74) Vedi, anche, l'art. 4, comma 6, L.R. 3 luglio 2001, n. 17.
(75) Lettera abrogata dall'art. 23, comma 1, L.R. 26 luglio 2003, n. 15.
(76) Comma così sostituito dall'art. 38, L.R. 16 febbraio 2000, n. 6, a decorrere dal 1° aprile 2000, poi modificato come indicato nella nota che precede. Il testo originario era così formulato: «2. Le Province, previo parere dell'I.N.F.S., provvedono con proprio calendario venatorio ad autorizzare modificazioni dei termini del calendario venatorio regionale consentite dalla legge statale e ad autorizzare le anticipazioni dell'esercizio venatorio nelle aziende agri-turistico-venatorie limitatamente al fagiano ed alle specie di uccelli acquatici di allevamento. Il calendario venatorio provinciale può rendere operanti le limitazioni proposte dai Comitati direttivi degli A.T.C. a norma dell'art. 33 e la protezione ed i divieti relativi alle aree con colture in atto.».
Art. 51
Provvedimenti limitativi.
1. La Provincia può vietare o ridurre la caccia in tutto il territorio di competenza o in parte di esso, per periodi stabiliti, a determinate specie di fauna selvatica per motivate ragioni connesse alla gestione faunistica o per sopravvenute particolari condizioni ambientali, stagionali o climatiche o per malattie o altre calamità (77).
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(77) Comma così modificato dall'art. 49, comma 1, L.R. 16 febbraio 2000, n. 6, a decorrere dal 1° aprile 2000.
Art. 52
Appostamenti fissi di caccia e rilascio delle autorizzazioni.
1. Sono considerati appostamenti fissi di caccia quelli costituiti in muratura, legno, materie plastiche o plastificate, faesite o materiali simili, comunque approntati stabilmente ed atti a consentire un uso per l'intera stagione venatoria.
2. Sono considerati fissi anche gli appostamenti costituiti da botti, tine, imbarcazioni e simili, stabilmente ancorati al fondo dei corsi e specchi d'acqua, naturali o artificiali, nonché ai margini degli stessi.
3. Sono classificati appostamenti fissi con richiami vivi gli impianti approntati per l'intera stagione venatoria, nei quali l accesso con armi proprie è consentito unicamente a coloro che hanno optato per la forma di caccia di cui alla lett. b) del comma 5 dell'art. 12 della legge statale, per i quali non sono obbligatorie né la residenza né l'iscrizione all'A.T.C. sul quale insiste l'appostamento. In tali impianti è consentito l'uso dei richiami vivi indicati al comma 4 dell'art. 4 della legge statale.
4. Le autorizzazioni di appostamento fisso di caccia, con o senza l'impiego di richiami vivi possono avere durata quinquennale e sono rilasciate dalla Provincia esclusivamente ai titolari di licenza di caccia sulla base di apposito regolamento, in numero non superiore a quello relativo all'annata venatoria 1989/1990 (78).
5. Gli appostamenti fissi sono soggetti al consenso scritto del proprietario o del conduttore del terreno. Il consenso suddetto deve riguardare anche i terreni sui quali il cacciatore interessato intende richiedere la delimitazione della zona di rispetto.
6. L'autorizzazione di appostamento fisso deve essere richiesta dal cacciatore entro il 1° novembre per la stagione venatoria successiva e conferisce al titolare ed ai suoi sostituti od agli invitati l'uso venatorio della località dove l'appostamento è situato e la facoltà di abbattimento degli animali feriti nell'ambito della zona di rispetto.
7. L'autorizzazione di appostamento fisso con l'uso di richiami vivi può essere richiesta da coloro che ne erano in possesso nell'annata venatoria 1989/90 e che abbiano fatto l'opzione di cui alla lett. b) del comma 5 dell'art. 12 della legge statale. La Provincia, qualora se ne realizzi la disponibilità, può autorizzare nuovi appostamenti fissi dando priorità alle richieste avanzate dai cacciatori di età superiore ai sessanta anni, da invalidi e da portatori di handicap, nei limiti indicati nel piano faunistico-venatorio per ogni comprensorio omogeneo.
8. In caso di cessazione dell'attività da parte del titolare, l'autorizzazione è rilasciata prioritariamente ad uno dei sostituti.
9. La Provincia, su indicazione dell'I.N.F.S., con il piano faunistico- venatorio individua i valichi montani interessati alle rotte di migrazione dell'avifauna, dove è comunque vietato l'esercizio venatorio per un raggio di mille metri intorno. Al mancato adempimento la Regione provvede con specifiche prescrizioni contenute nel calendario venatorio regionale.
10. È fatto obbligo al titolare di autorizzazione di appostamento fisso in zona umida di mantenere durante tutto l'anno condizioni ambientali favorevoli alla sosta, al rifugio ed alla nidificazione delle specie selvatiche; eventuali lavori di manutenzione straordinaria richiedenti l'asciutta devono essere autorizzati dalla Provincia.
11. Le strutture aventi le caratteristiche di cui ai commi 1, 2 e 3, predisposte entro il perimetro delle aziende di cui all'art. 16 della legge statale, nel rispetto dei provvedimenti regionali e provinciali, non sono soggette all'autorizzazione e al consenso di cui ai commi 4 e 5 e non richiedono l'esercizio dell'opzione di cui alla lett. b) del comma 5 dell'art. 12 della legge statale. La segnalazione di tali strutture deve far parte del programma di gestione faunistico-venatoria annuale di cui al comma 7 dell'art. 43, e l'attività in essi svolta ne costituisce parte integrante (79).
12. Ciascun cacciatore può essere titolare di una sola autorizzazione di appostamento fisso nel territorio regionale.
13. Nella caccia sia da appostamento fisso che temporaneo è consentito l'uso di richiami ottici, privi di fonti luminose ed acustiche proprie, con funzionamento manuale, meccanico, elettromeccanico ed elettromagnetico. È inoltre consentito l'uso di giostre fornite di stampi nonché di soli stampi, posti a terra o sospesi, fermi o in movimento, anche in penna. Gli stampi in penna sono consentiti solo se appartenenti alle specie cacciabili (80).
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(78) Comma così sostituito dall'art. 39, comma 1, L.R. 16 febbraio 2000, n. 6, a decorrere dal 1° aprile 2000. Il testo originario era il seguente: «4. L'autorizzazione di appostamento fisso di caccia, con o senza l'impiego di richiami vivi, è rilasciata dalla Provincia sulla base di apposito regolamento. Nell'autorizzazione sono indicati i seguenti dati:
a) nominativo del titolare dell'autorizzazione e degli eventuali cacciatori che lo sostituiscono in caso di assenza;
b) distanza minima del capanno o tina principale da altri appostamenti fissi e numero degli appostamenti sussidiari consentiti;
c) distanza minima delle strutture dell'appostamento fisso dal confine delle zone di protezione istituite e dalle strutture private di cui al Capo V del Titolo I;
d) area di rispetto entro cui non è consentito l'esercizio venatorio quando l'appostamento è in esercizio.».
(79) Comma così sostituito dall'art. 39, comma 2, L.R. 16 febbraio 2000, n. 6, a decorrere dal 1° aprile 2000. Il testo originario così recitava: «11. Gli appostamenti fissi comunque predisposti entro il perimetro delle aziende di cui all'art. 16 della legge statale vengono segnalati alla Provincia all'atto di presentazione del piano annuale di prelievo venatorio dell'azienda, per la loro approvazione. Eventuali modifiche vengono segnalate annualmente e non sono soggette né all'obbligo di tabellazione né al consenso previsto al comma 5.».
(80) Comma aggiunto dall'art. 39, comma 3, L.R. 16 febbraio 2000, n. 6, a decorrere dal 1° aprile 2000.
Art. 53
Esercizio venatorio da appostamento temporaneo.
1. L'appostamento temporaneo di caccia viene usato dal cacciatore che per primo abbia approntato il capanno od occupato il terreno sul quale questo viene collocato; di norma si usano capanni portatili prefabbricati.
2. In ogni appostamento temporaneo di caccia non possono cacciare contemporaneamente più di due cacciatori.
3. Quando l'appostamento temporaneo comporta preparazione del sito e l'uso di vegetazione reperita sul posto, il cacciatore deve richiedere il consenso del proprietario o conduttore del terreno, ed ha l'obbligo di rimuovere i materiali usati ed i residui derivati dall'esercizio venatorio al termine dell'attività.
4. L'appostamento temporaneo di caccia in effettivo esercizio usufruisce di una zona di rispetto di centocinquanta metri.
5. È vietato l'esercizio venatorio da appostamento temporaneo a meno di centocinquanta metri dai confini delle zone di protezione, delle aziende faunistico-venatorie e delle zone addestramento cani, dagli immobili, fabbricati, stabili adibiti ad abitazione o da qualsiasi struttura adibita a posto di lavoro, e da vie di comunicazione ferroviarie, nonché da strade carrozzabili e da piste ciclabili regolarmente segnalate fatta eccezione per le strade poderali o interpoderali (81).
6. Il percorso di andata e ritorno dagli appostamenti fissi e temporanei nei periodi, nelle giornate o nelle località in cui il cacciatore non è autorizzato alla caccia vagante deve avvenire con il fucile smontato o chiuso in apposita custodia.
7. La raccolta della fauna selvatica abbattuta, se effettuata dal cacciatore, deve avvenire con il fucile scarico (82). È ammesso l'abbattimento dei selvatici feriti entro centocinquanta metri dall'appostamento anche quando non è consentita la caccia vagante.
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(81) Comma così modificato dall'art. 40, L.R. 16 febbraio 2000, n. 6, a decorrere dal 1° aprile 2000.
(82) Comma così modificato dall'art. 49, comma 1, L.R. 16 febbraio 2000, n. 6, a decorrere dal 1° aprile 2000.
Art. 54
Cattura di uccelli a fini di richiamo.
1. La Provincia, su parere dell'I.N.F.S., istituisce impianti per la cattura e la marcatura delle specie selvatiche ad uso di richiamo, in rapporto al fabbisogno previsto.
2. La gestione degli impianti di cattura e l'attività di marcatura possono essere svolte esclusivamente da personale qualificato proposto dalla Provincia e valutato idoneo dall'I.N.F.S.
3. Possono essere catturati esclusivamente gli esemplari appartenenti alle specie consentite ai sensi delle vigenti disposizioni statali.
Gli esemplari catturati devono essere immediatamente marcati e registrati secondo le indicazioni dell'I.N.F.S.; qualora appartengano ad altre specie devono essere immediatamente liberati.
4. La Regione emana specifiche direttive in ordine alla cattura di uccelli da utilizzare a scopo di richiamo.
5. Gli impianti di cui al comma 1, se in funzione, godono di un'area di rispetto, appositamente tabellata, di raggio non inferiore a m. 300 e non superiore a m. 500 (83).
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(83) Articolo così sostituito dall'art. 41, L.R. 16 febbraio 2000, n. 6, a decorrere dal 1° aprile 2000. Il testo originario era così formulato: «Art. 54. Cattura temporanea e inanellamento di fauna selvatica. 1. La provincia, su parere dell'I.N.F.S., istituisce impianti per la cattura e l'inanellamento delle specie selvatiche ad uso di richiamo, in rapporto al fabbisogno previsto.
2. La gestione degli impianti di cattura e l'attività di marcatura può essere svolta esclusivamente da personale qualificato e valutato idoneo dalla Provincia su parere dell'I.N.F.S.
3. È consentita la cattura esclusivamente delle seguenti specie: tordo bottaccio, tordo sassello, allodola, cesena, storno, merlo, passero, passero mattugia, pavoncella e colombaccio. Gli esemplari catturati devono essere immediatamente marcati e registrati secondo le indicazioni dell'I.N.F.S.; qualora appartengano ad altre specie devono essere immediatamente liberati.
4. La Giunta regionale, entro centoventi giorni dall'entrata in vigore della presente legge, emana specifiche direttive in ordine al soccorso, alla detenzione temporanea ed alla successiva reimmissione della fauna catturata nonché alle forme di marcatura e registrazione secondo le indicazioni fornite dall'I.N.F.S.».
Art. 55
Detenzione e uso dei richiami vivi.
1. In attuazione del comma 1 dell'art. 5 della legge statale, sono consentiti, oltre ai richiami di cattura, la detenzione e l'uso per l'esercizio dell'attività venatoria di richiami allevati appartenenti alle specie cacciabili, secondo le disposizioni da emanarsi a norma della lett. a) del comma 1 dell'art. 62.
1-bis. È consentito l'uso come richiami vivi dei derivati domestici del germano reale e del piccione selvatico provenienti da allevamento (84).
2. La detenzione e l'uso di richiami vivi di cattura appartenenti alle specie di cui al comma 3 dell'art. 54 sono consentiti ad ogni cacciatore che eserciti l'attività venatoria ai sensi della lett. b) del comma 5 dell'art. 12 della legge statale fino a un massimo di dieci unità per specie e fino a un massimo complessivo di quaranta unità; per i cacciatori che esercitano l'attività venatoria da appostamento temporaneo, la detenzione e l'uso sono consentiti fino a un massimo di dieci unità.
3. È vietato l'uso di richiami che non siano identificabili mediante marcatura inamovibile, numerata secondo le indicazioni fornite dall'I.N.F.S.
4. I cacciatori che siano in possesso di specie non più utilizzabili ai fini di richiamo, o di esemplari delle specie di cui al comma 3 dell'art. 54, devono darne comunicazione scritta alla Provincia di residenza entro e non oltre sessanta giorni dall'entrata in vigore della presente legge.
5. La Provincia, in relazione all'opzione venatoria compiuta da ogni cacciatore e previa marcatura, autorizza la detenzione e l'uso dei richiami vivi nei limiti di cui ai commi 1 e 2.
6. Gli esemplari di specie di cui non è consentito l'uso quali richiami devono essere marcati e successivamente liberati o, se inabili al volo, lasciati in consegna ad appositi centri di recupero previa apposita comunicazione scritta alla Provincia di residenza entro e non oltre sessanta giorni dall'entrata in vigore delle variazioni di cui al comma 3 dell'art. 18 della legge statale (85).
7. Gli esemplari di specie di cui è consentito l'uso quali richiami vivi eccedenti il numero consentito, una volta marcati, devono essere posti a disposizione della Provincia per l'assegnazione ad altro cacciatore, oppure liberati. Se inabili al volo possono essere lasciati in consegna ad appositi centri di recupero.
8. I nuovi nati derivanti dall'accoppiamento di richiami marcati devono essere segnalati alla Provincia. Una volta marcati, possono essere lasciati a colui che li detiene a completamento delle quote assegnate fino ai limiti previsti ai commi 1 e 2 ovvero assegnati, entro gli stessi limiti, ad altro cacciatore.
9. Il cacciatore che cessa l'attività, previa segnalazione alla Provincia, può consegnare i richiami di cui dispone ad altro cacciatore entro i limiti di cui ai commi 1 e 2.
10. Chiunque abbatte, cattura, o rinviene uccelli marcati deve darne notizia all'I.N.F.S., o al Comune nel cui territorio è avvenuto il ritrovamento, il quale provvede ad informare il predetto Istituto.
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(84) Comma aggiunto dall'art. 42, comma 1, L.R. 16 febbraio 2000, n. 6, a decorrere dal 1° aprile 2000.
(85) Comma così modificato dall'art. 42, comma 2, L.R. 16 febbraio 2000, n. 6, a decorrere dal 1° aprile 2000.
Art. 56
Gestione venatoria degli ungulati.
1. La gestione faunistico-venatoria degli ungulati è finalizzata alla conservazione delle specie in rapporto di compatibilità con l'ambiente ed al conseguimento degli obiettivi indicati dalla carta regionale delle vocazioni faunistiche del territorio e dai piani faunistico-venatori delle province, ed è disciplinata da apposito regolamento regionale (86).
2. Il prelievo venatorio degli ungulati, con eccezione del cinghiale, è consentito esclusivamente in forma selettiva secondo le indicazioni e previo parere dell'I.N.F.S. I limiti quantitativi, la scelta dei capi ed eventuali prescrizioni sul prelievo sono approvati annualmente dalla Provincia, su proposta degli organismi direttivi dell'A.T.C. e dei concessionari delle aziende venatorie, attraverso l'adozione di piani di prelievo, ripartiti per distretto e per AFV, sulla base delle presenze censite in ogni A.T.C. o azienda venatoria nel rispetto della programmazione faunistico-venatoria provinciale. I tempi e le modalità del prelievo sono stabiliti dal calendario venatorio regionale e dalla normativa regionale in materia di gestione faunistico-venatoria degli ungulati. Le province, su proposta degli A.T.C. e dei concessionari delle aziende venatorie, possono ridurre tali tempi, anche relativamente al numero di giornate settimanali (87).
3. La caccia di selezione è esercitata individualmente, alla cerca o all'aspetto, senza l'uso dei cani e con arma a canna rigata di cui all'art. 13 della legge statale, munita di cannocchiale di mira. Il prelievo del cinghiale, oltre che in forma selettiva, può essere effettuato in battuta o braccata e con il metodo della girata (88).
4. Per il recupero dei capi feriti è consentito l'uso dei cani da traccia purché abilitati in prove di lavoro organizzate dall'E.N.C.I.. I conduttori di cani da traccia sono abilitati dalla Provincia previo corso di istruzione e superamento di una prova d'esame. A tale scopo essi possono fare uso delle armi di cui all'art. 13 della legge statale. Le operazioni, da svolgersi con l'uso di un solo cane, possono essere effettuate anche fuori degli orari previsti per la caccia e nelle giornate di silenzio venatorio su tutto il territorio. Negli ambiti protetti e nelle aziende venatorie la ricerca viene compiuta con l'autorizzazione della Provincia competente o del titolare dell'azienda venatoria. Le spoglie dell'animale recuperato sono di proprietà del cacciatore che lo ha ferito.
5. Il prelievo selettivo degli ungulati e la caccia al cinghiale sono praticati da coloro che risultano in possesso di attestato di idoneità tecnica rilasciato dalla Provincia previa partecipazione agli specifici corsi di formazione e aggiornamento ed esami finali di cui al vigente regolamento regionale, concernente la gestione degli ungulati e caccia al cinghiale in Emilia-Romagna. I corsi di formazione e aggiornamento possono essere svolti, oltreché dalle province, anche dalle associazioni venatorie, di protezione ambientale, dalle organizzazioni professionali agricole, o da altri soggetti pubblici o privati in possesso di specifica esperienza in materia (89).
5-bis. La caccia al cinghiale svolta all'interno di apposite aree recintate autorizzate in base alla normativa vigente, non richiede il possesso dell'attestato (90).
6. Gli organismi direttivi degli A.T.C. avvalendosi delle Commissioni previste dal vigente regolamento regionale sulla gestione degli ungulati e caccia al cinghiale, predispongono la programmazione delle uscite per i prelievi di selezione ed il calendario delle battute al cinghiale nelle zone di caccia previste dal vigente regolamento regionale sulla gestione degli ungulati e caccia al cinghiale, che vengono autorizzati dalla Provincia. [Stabiliscono altresì la quota economica di partecipazione richiesta ai cacciatori che è commisurata all'entità delle spese e dei prelievi programmati] (91).
7. Gli organismi direttivi degli A.T.C. possono altresì prevedere:
a) una quota dei piani annuali di abbattimento di cervidi o bovidi da destinarsi a cacciatori non residenti nell'A.T.C.;
b) un contributo da parte dei cacciatori di ungulati commisurato alle spese di gestione ed organizzazione in rapporto alle opere di prevenzione e salvaguardia ambientale messe in atto, tenuto conto delle eventuali prestazioni di volontariato (92).
8. Per avvistamenti, osservazioni scientifiche, censimenti faunistici, interventi di controllo di cui all'art. 16 ed attività venatoria, è consentita la realizzazione di manufatti (altane), con o senza copertura ed integrati con l'ambiente. Per la realizzazione di tali strutture è necessario il consenso scritto del proprietario o conduttore del terreno, con l'esclusione delle aziende venatorie, ed il parere preventivo della Provincia e, qualora occorra in base alle disposizioni vigenti, l'autorizzazione dell'Ente territoriale competente (93).
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(86) Comma così sostituito dall'art. 43, comma 1, L.R. 16 febbraio 2000, n. 6, a decorrere dal 1° aprile 2000. Il testo originario era così formulato: «1. Il prelievo venatorio degli ungulati è finalizzato al conseguimento degli obiettivi indicati dalla Carta regionale delle vocazioni faunistiche del territorio e dai piani faunistico-venatori delle Province.».
(87) Comma così sostituito dall'art. 23, comma 2, L.R. 26 luglio 2003, n. 15. Il testo originario era così formulato: «2. Il prelievo venatorio degli ungulati, con l'eccezione del cinghiale, è consentito esclusivamente in forma selettiva secondo le indicazioni e previo parere dell'I.N.F.S. Le modalità di prelievo, i limiti quantitativi, la scelta dei capi, i tempi di esecuzione sono proposti dagli organismi direttivi dell'A.T.C. e dai concessionari delle aziende venatorie ed autorizzati dall'Amministrazione provinciale sulla base delle presenze censite in ogni A.T.C. o azienda venatoria nel rispetto della programmazione faunistico-venatoria provinciale.».
(88) Comma così modificato dall'art. 43, comma 2, L.R. 16 febbraio 2000, n. 6, a decorrere dal 1° aprile 2000.
(89) Il primo periodo del presente comma è stato così modificato e il secondo periodo aggiunto dall'art. 43, comma 3, L.R. 16 febbraio 2000, n. 6, a decorrere dal 1° aprile 2000.
(90) Comma aggiunto dall'art. 43, comma 4, L.R. 16 febbraio 2000, n. 6, a decorrere dal 1° aprile 2000.
(91) Periodo soppresso dall'art. 43, comma 5, L.R. 16 febbraio 2000, n. 6, a decorrere dal 1° aprile 2000.
(92) Gli attuali commi 7 e 8 così sostituiscono l'originario comma 7 per effetto dell'art. 43, comma 6, L.R. 16 febbraio 2000, n. 6, a decorrere dal 1° aprile 2000. Il testo dell'originario comma 7 era così formulato: «7. I compiti ed i ruoli assegnati ai T.G.S.C. dal Reg. 15 settembre 1992, n. 38, vengono trasferiti agli organismi direttivi degli A.T.C., per quanto compatibili con le loro funzioni.».
(93) Gli attuali commi 7 e 8 così sostituiscono l'originario comma 7 per effetto dell'art. 43, comma 6, L.R. 16 febbraio 2000, n. 6, a decorrere dal 1° aprile 2000. Il testo dell'originario comma 7 era così formulato: «7. I compiti ed i ruoli assegnati ai T.G.S.C. dal Reg. 15 settembre 1992, n. 38, vengono trasferiti agli organismi direttivi degli A.T.C., per quanto compatibili con le loro funzioni.».
Art. 57
Custodia dei cani.
1. I cani incustoditi sono soggetti al controllo ed alla cattura secondo le modalità stabilite dalla L.R. 25 febbraio 1988, n. 5, concernente norme per il controllo della popolazione canina.
2. Durante i periodi in cui è necessario l'impiego venatorio del cane si procede alla sua cattura nelle zone di protezione della fauna e, comunque, quando esso non si trovi sotto la sorveglianza del proprietario o di chi ne abbia l'obbligo di custodia.
3. Al fine di agevolare la ricerca del proprietario, il personale incaricato segnala al Comitato direttivo dell'A.T.C. nel quale sia stato eventualmente rinvenuto il cane i relativi dati identificativi.
TITOLO III
Disposizioni finali
Art. 58
Vigilanza venatoria d'istituto e volontaria.
1. La vigilanza per la protezione della fauna selvatica, la repressione della caccia e della pesca di frodo, la salvaguardia della flora e la tutela dell'ambiente sono esercitate dalla Provincia ai sensi degli articoli 27, 28 e 29 della legge statale (94).
2. Alla Provincia competono in particolare:
a) le funzioni di vigilanza derivanti dall'applicazione della presente legge e dall'attuazione del piano faunistico-venatorio provinciale e le attività di formazione e di impiego del personale d'istituto e volontario necessario allo svolgimento di tali funzioni;
b) la nomina delle Commissioni, lo svolgimento degli esami e il rilascio degli attestati di idoneità ai cittadini che aspirano alla qualifica di guardia venatoria;
c) il controllo sui corsi gestiti dalle organizzazioni professionali agricole, dalle associazioni venatorie e dalle associazioni di protezione ambientale per la preparazione dei volontari da impegnare nel controllo dell'esercizio venatorio, nella salvaguardia delle produzioni agricole e nella tutela dell'ambiente e della fauna.
3. La Provincia può richiedere all'autorità di pubblica sicurezza la qualifica di guardia giurata per i cittadini che, avendo i requisiti di legge, diano sicuro affidamento d preparazione tecnica e siano disposti ad offrire la loro opera volontariamente e gratuitamente per conto del suddetto ente per le funzioni di cui agli artt. 99 e 100 del D.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, oppure per servizi di vigilanza integrativa di quella d'istituto. La Provincia può altresì avvalersi, ai sensi dell'art. 27 della legge statale, dei raggruppamenti delle guardie ecologiche volontarie attraverso le convenzioni di cui all'art. 9 della L.R. 3 luglio 1989, n. 23, concernente la disciplina del Servizio volontario di vigilanza ecologica.
4. Entro centoventi giorni dall'entrata in vigore della presente legge, la Giunta regionale stabilisce, con propria direttiva, le modalità di svolgimento degli esami per il rilascio della qualifica di guardia volontaria, la composizione delle Commissioni di esame e le modalità per l'esercizio del controllo previsto dalla lett. c) del comma 2. Entro la stessa data, la Giunta regionale approva e pubblica i programmi di esame per la qualifica di guardia venatoria volontaria e per l'aggiornamento delle guardie dipendenti dagli enti locali e delle guardie volontarie già riconosciute (95).
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(94) Con Delib.G.R. 18 luglio 2000, n. 1232 sono state emanate direttive vincolanti alle province in materia di vigilanza venatoria ed ittica, relative agli adempimenti di cui al presente comma.
(95) Con Delib.G.R. 18 luglio 2000, n. 1232 sono state emanate direttive vincolanti alle province in materia di vigilanza venatoria ed ittica, relative agli adempimenti di cui al presente comma.
Art. 59
Coordinamento dei Servizi di vigilanza.
1. La Provincia e i Comitati direttivi degli ambiti territoriali per la caccia programmata predispongono appropriate forme di vigilanza per assicurare comportamenti dei cacciatori rispettosi dei beni e delle attività esercitate sui terreni agricoli.
2. La Provincia coordina l'attività di vigilanza faunistico-venatoria e ittica svolta dal personale degli A.T.C. e dei parchi in collaborazione con i rispettivi enti di gestione, delle organizzazioni professionali agricole, delle associazioni venatorie, piscatorie e naturalistiche, dei raggruppamenti delle guardie ecologiche volontarie, delle aziende faunistico-venatorie e agri-turistico-venatorie nonché delle aziende forestali al fine di ottenere il più razionale ed economico impiego degli addetti.
3. La Regione; con apposito regolamento, fissa criteri organizzativi omogenei sull'impiego delle guardie volontarie, per uniformarne l'espletamento dei relativi compiti (96).
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(96) Comma aggiunto dall'art. 44, L.R. 16 febbraio 2000, n. 6, a decorrere dal 1° aprile 2000.
Art. 60
Divieti.
1. Oltre ai divieti già previsti dalla legge statale e dalle altre norme della presente legge, nel territorio della regione Emilia-Romagna è altresì vietato:
a) disturbare la fauna selvatica negli ambiti protetti, nelle aziende venatorie e negli A.T.C. con metodi e mezzi non giustificati, o comunque tali da allontanarla o danneggiarne la sosta e la riproduzione;
b) attraversare o circolare all'interno degli ambiti di cui al titolo I, capi III e V, con mezzi idonei all'esercizio venatorio, fatta eccezione per i casi di attraversamento motivato, nel qual caso il fucile deve essere tenuto in busta chiusa e scarico, oppure fuori busta, ma smontato;
c) esercitare l'attività venatoria nelle zone o nelle località in cui territorio è tutto o nella maggior parte coperto di neve, ivi compresi i fiumi e i corsi d'acqua benché non ghiacciati, con esclusione delle valli e bacini idrici naturali o artificiali, per la sola caccia ai palmipedi;
d) esercitare l'attività venatoria nelle valli, paludi o altre zone umide naturali o artificiali e lungo corsi d'acqua, quando lo specchio d'acqua è tutto o nella maggior parte coperto di ghiaccio;
e) esercitare l'attività venatoria nei terreni effettivamente sommersi dalle acque in conseguenza di fatti alluvionali, nonché per una fascia di mille metri intorno, limitatamente al tempo dell'alluvione e proporzionalmente allo stato effettivo delle acque;
f) esercitare l'attività venatoria nei boschi e nei terreni che vengono colpiti da incendi, nonché nei terreni compresi nei mille metri intorno, fino all'estinzione degli stessi;
g) esercitare l'attività venatoria nei terreni soggetti a pasturazione artificiale non mirata al normale sostentamento della fauna selvatica, nonché nei cinquecento metri attorno, fino all'esaurimento delle pasture;
g-bis) esercitare l'attività venatoria nelle zone comprese nel raggio di m. 100 da piazzole di campeggio in effettivo esercizio, nell'ambito dell'attività agri-turistica (97);
h) usare sorgenti luminose artificiali, specchi, dispositivi per illuminare i bersagli, apparecchi fulminanti, dispositivi ottici equipaggiati di convertitori d'immagine o di amplificazione elettronica per tiro notturno;
i) sparare a meno di m. 150 dagli stabbi, dagli stazzi e da altri ricoveri, nonché dai recinti destinati al ricovero di effettiva utilizzazione agro-silvo-pastorale, secondo le condizioni produttive del pascolo, e dai recinti dove gli animali sono tenuti in cattività stretta (98);
l) cacciare da appostamenti temporanei in violazione del comma 5 dell'art. 53 (99);
m) cacciare ungulati senza la prescritta autorizzazione (100).
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(97) Lettera aggiunta dall'art. 45, comma 1, L.R. 16 febbraio 2000, n. 6, a decorrere dal 1° aprile 2000.
(98) Lettera così sostituita dall'art. 45, comma 2, L.R. 16 febbraio 2000, n. 6, a decorrere dal 1° aprile 2000. Il testo originario era il seguente: «i) sparare a meno di centocinquanta metri dagli stabbi, dagli stazzi o da altri ricoveri, nonché dai recinti destinati al ricovero ed alla alimentazione del bestiame nei periodi di effettiva utilizzazione agro-silvo-pastorale, secondo le condizioni produttive del pascolo, e dai recinti dove gli animali sono tenuti in cattività stretta;».
(99) Lettera così sostituita dall'art. 45, comma 3, L.R. 16 febbraio 2000, n. 6, a decorrere dal 1° aprile 2000. Il testo originario era il seguente: «l) cacciare da appostamenti temporanei a meno di centocinquanta metri dalle aziende venatorie, dai centri pubblici e privati di riproduzione della fauna selvatica, nonché dalle zone di addestramento cani.».
(100) Lettera aggiunta dall'art. 45, comma 4, L.R. 16 febbraio 2000, n. 6, a decorrere dal 1° aprile 2000.
Art. 61
Sanzioni.
1. Ferma restando l'applicazione delle sanzioni previste dagli articoli 30, 31 e 32 della legge statale, le seguenti violazioni sono così sanzionate:
a) uso di bocconi avvelenati e di altri mezzi non selettivi nelle operazioni di prelievo faunistico-venatorio per fini di controllo della fauna selvatica: da 206 Euro a 1.239 Euro (101);
b) caccia nelle zone di rifugio: da 464 Euro a 1.549 (102);
c) mancato controllo sanitario della fauna selvatica liberata da parte di chi effettua il ripopolamento: da 103 Euro a 619 Euro (103);
d) immissioni di fauna selvatica, compiute al di fuori dei casi consentiti: da 258 Euro a 1.549 (104);
e) immissioni di fauna selvatica secondo periodi e modalità tali da arrecare danni alle colture agricole: da 25 Euro a 154 Euro (105);
f) prelievo, detenzione e vendita di uova e nuovi nati per finalità non consentite: da 51 Euro a 309 Euro (106);
g) omessa comunicazione all'autorità della raccolta uova o nuovi nati di fauna selvatica in situazioni di pericolo e in stato di necessità: da 25 Euro a 154 Euro (107);
h) violazione dell'obbligo di comunicazione al Comune di residenza dell'accesso ad A.T.C. di altre regioni: da 25 Euro a 154 Euro (108);
i) mancato rispetto delle limitazioni alla caccia previste dal programma venatorio annuale dell'A.T.C.: da 103 Euro a 619 Euro (109);
l) mancata compilazione del tesserino di caccia in ogni sua parte; compilazione non conforme alle modalità; mancata riconsegna del tesserino utilizzato nell'ultima stagione venatoria entro il termine di cui all'art. 39, comma 1, lettera b): da 25 Euro a 154 Euro (110);
m) accesso motorizzato alle aree cortilizie o comunque alle pertinenze di strutture di lavoro agricolo senza autorizzazione del proprietario o del conduttore: da 25 Euro a 154 Euro (111);
n) detenzione di tesserino contraffatto o con cancellature ed annotazioni sovrapposte o comunque manomesso: 103 Euro a 826 Euro; detenzione di tesserino deteriorato non perfettamente leggibile: da 25 Euro a 154 Euro (112);
o) false dichiarazioni rese al fine di conseguire in modo fraudolento il titolo di accesso all'A.T.C. ovvero omessa comunicazione di cause ostative al suo rilascio: da 103 Euro a 826 Euro (113);
p) allevamento di specie di fauna selvatica senza autorizzazione della Provincia o mancata comunicazione alla stessa da parte di imprenditore agricolo: a partire da 77 Euro per ciascun capo allevato nonché sequestro e confisca dei capi stessi (114);
q) altre violazioni alle norme regionali sull'allevamento di fauna selvatica: da 77 Euro a 464 Euro e revoca dell'autorizzazione all'allevamento (115);
r) abbattimento o cattura in centri privati di specie selvatiche diverse da quelle allevate, senza l'autorizzazione della Provincia: da 103 Euro a 619 Euro (116);
s) abbattimento o cattura in centri privati di riproduzione della fauna di specie di mammiferi o uccelli nei cui confronti la caccia non è consentita: da 206 Euro a 1.239 Euro (117);
t) addestramento di cani in ambiti protetti: da 103 Euro a 619 Euro (118);
u) addestramento di cani in aziende venatorie senza il consenso del titolare: da 51 Euro a 309 Euro (119);
v) addestramento di cani in periodo non consentito: da 25 Euro a 154 Euro (120);
z) caccia in periodi, giornate ed orari non consentiti o per un numero di giornate superiori al consentito; accesso con armi proprie negli appostamenti fissi con richiami vivi nei periodi e negli orari non consentiti per l'esercizio venatorio: da 103 Euro a 619 Euro (121);
aa) mancato rispetto del carniere giornaliero e stagionale: da 103 Euro a 619 Euro; in ogni caso si applicano altresì il sequestro e la confisca dei capi abbattuti (122);
bb) caccia da appostamento fisso senza autorizzazione: da 103 Euro a 619 Euro (123);
cc) caccia da appostamento fisso senza il rispetto delle distanze del numero dei cacciatori e del numero degli appostamenti sussidiari consentiti: da 103 Euro a 619 Euro (124);
dd) lavori di manutenzione straordinaria richiedenti l'asciutta in appostamento fisso sito in zona umida senza autorizzazione: da 25 Euro a 154 Euro (125);ee) caccia in più di due cacciatori contemporaneamente in appostamento temporaneo: da 25 Euro a 154 Euro (126);
ff) mancato assenso del proprietario o conduttore per l'appostamento temporaneo: da 51 Euro a 309 Euro; mancata rimozione dell'appostamento temporaneo e dei residui al termine della giornata, compresi i richiami e gli stampi: da 25 Euro a 154 Euro (127);
gg) caccia a meno di centocinquanta metri da altro appostamento temporaneo: da 25 Euro a 154 Euro (128);
hh) caccia senza il rispetto delle distanze da ogni appostamento temporaneo o da appostamento fisso in effettivo esercizio: da 103 Euro a 619 Euro;
ii) caccia da appostamento temporaneo a meno di centocinquanta metri da zone di protezione, aziende faunistico - venatorie, immobili, fabbricati, stabili adibiti ad abitazione o qualsiasi struttura adibita a posto di lavoro, nonché da ferrovie, strade carrozzabili e piste ciclabili regolarmente segnalate, fatta eccezione per le strade poderali ed interpoderali: da 103 Euro a 619 Euro (129);
ll) caccia da appostamento fisso o temporaneo a meno di mille metri dai valichi indicati dalle province: da 103 Euro a 619 Euro (130);
mm) andata e ritorno dagli appostamenti fissi e temporanei in periodi, giornate o località in cui il cacciatore non è autorizzato alla caccia vagante, con fucile montato o non chiuso nell'apposita custodia e scarico; raccolta della fauna selvatica abbattuta con fucile carico: da 103 Euro a 619 Euro (131);
nn) detenzione e utilizzo di richiami vivi appartenenti a specie protette: da 206 Euro a 1.239 Euro nonché sequestro e confisca dei richiami (132);
oo) mancata comunicazione scritta alla Provincia del possesso di specie non più utilizzabili come richiami; mancata segnalazione di nuovi nati dall'accoppiamento di richiami marcati; mancata comunicazione all'I.N.F.S. o al Comune territorialmente competente, del rinvenimento di uccelli inanellati: da 51 Euro a 309 Euro (133);
pp) cani vaganti in aree, periodi ed orari non consentiti o senza il dovuto controllo e sorveglianza del possessore: da 25 Euro a 154 Euro (134);
qq) abbandono sul luogo di caccia dei bossoli delle cartucce: da 25 Euro a 154 Euro (135);
rr) mancata notifica del fondo chiuso o mancata apposizione e mantenimento delle tabelle: da 25 Euro a 154 Euro (136);
ss) posta alla beccaccia o caccia da appostamento, sotto qualsiasi forma, al beccaccino: da 206 Euro a 1.239 Euro (137);
tt) sparo da distanza inferiore a centocinquanta metri con uso di fucile da caccia con canna ad anima liscia, o da distanza corrispondente a meno di una volta e mezzo la gittata massima in caso di uso di altre armi, in direzione di immobili, fabbricati e stabili adibiti ad abitazione o posto di lavoro, di vie di comunicazione ferroviaria e di strade carrozzabili, di funivie, filovie ed altri impianti di trasporto a sospensione, di stabili, stazzi, recinti ed altre aree delimitate destinate al ricovero e all'alimentazione del bestiame: da 103 Euro a 619 Euro (138);
uu) trasporto all'interno dei centri abitati e nelle zone ove è vietata l'attività venatoria, ovvero a bordo di veicoli di qualunque genere e comunque nei giorni non consentiti per l'esercizio venatorio, di armi da sparo per uso venatorio che non siano scariche e in custodia o smontate: da 103 Euro a 619 Euro (139);
vv) caccia a rastrello in più di tre persone o utilizzazione a scopo venatorio, di scafandri e tute impermeabili da sommozzatore negli specchi o corsi d'acqua: da 206 Euro a 1.239 Euro (140);
zz) vendita a privati non autorizzati e detenzione, da parte di questi, di reti da uccellagione: da 258 Euro a 1.549 Euro con sequestro e confisca delle reti (141);
aaa) vendita e detenzione di trappole per la fauna selvatica ad esclusione delle finalità di studio, ricerca scientifica e gestione faunistica del territorio da parte degli organismi competenti: da 258 Euro a 1.549 Euro con sequestro e confisca delle trappole (142);
bbb) esercizio in qualsiasi forma del tiro al volo su uccelli a partire dal 1° gennaio 1994, fatto salvo quanto previsto dall'art. 10, comma 8, lettera e) della legge statale: da 103 Euro a 619 Euro (143);
ccc) caccia nei dodici mesi successivi al rilascio della prima licenza senza l'accompagnamento di un cacciatore in possesso di licenza rilasciata da almeno tre anni: da 25 Euro a 154 Euro (144);
ddd) tabellazione abusiva od uso improprio della tabellazione dei terreni; rimozione o danneggiamento tabelle: da 51 Euro a 309 Euro (145);
eee) abbattimento di ungulati, ad eccezione del cinghiale, svolto non in forma selettiva: da 206 Euro a 1.239. Si applicano altresì il sequestro e la confisca dell'arma e dei capi abbattuti (146);
fff) abbattimento di ungulati, ad eccezione del cinghiale, svolto in violazione dei tempi, delle modalità e dei limiti quantitativi di prelievo, nonché della corrispondenza di sesso rispetto ai capi assegnati: da 103 Euro a 619 Euro (147);
ggg) abbattimento di ungulati senza autorizzazione: da 309 Euro a 1.859 Euro. Si applicano altresì il sequestro e la confisca dell'arma e dei capi abbattuti (148);
hhh) utilizzo, nella caccia al cinghiale col metodo della girata, di cani non abilitati a norma del vigente regolamento regionale sulla gestione faunistico-venatoria degli ungulati: da 25 Euro a 154 Euro (149).
2. Per le violazioni alla presente legge non espressamente sanzionate si applica la sanzione amministrativa da 25 Euro a 154 Euro (150).
3. Per le violazioni alle disposizioni contenute nei regolamenti regionali o negli altri atti di attuazione della presente legge e nei provvedimenti e ordinanze emesse dalle Province e dai Comuni in materia faunistico-venatoria, si applica la sanzione amministrativa da 51 Euro a 309 Euro (151).
4. Per le violazioni di cui alle lettere b), i), n) prima parte, o), z), bb), ii), ss), tt), eee), fff) e ggg), oltre alla sanzione pecuniaria, si applica la sospensione del tesserino venatorio da nove giornate di effettivo esercizio venatorio a tutta la stagione (152).
5. Nel caso di reiterazione delle violazioni di cui al presente articolo, è previsto il raddoppio delle relative sanzioni. In caso di ulteriori reiterazioni si applicano le sanzioni di cui al comma 4 (153).
6. Per il contraddittorio e l'esame degli scritti difensivi di cui all'art. 15 della L.R. 28 aprile 1984, n. 21, concernente la disciplina dell'applicazione delle sanzioni amministrative di competenza regionale, provvedono i dirigenti competenti per materia designati dal Presidente della Giunta provinciale.
7. I proventi relativi all'applicazione delle sanzioni amministrative di cui al presente articolo sono introitati dalle Provincie a norma della L.R. n. 21 del 1984.
8. La destinazione della fauna selvatica sequestrata o confiscata avviene secondo le modalità di cui all'art. 28.
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(101) Lettera così modificata dall'art. 2, comma 2 e relativa tabella B, L.R. 13 novembre 2001, n. 38, a decorrere dal 1° gennaio 2002, come prevede l'art. 5 della stessa legge.
(102) Lettera così modificata dall'art. 2, comma 2 e relativa tabella B, L.R. 13 novembre 2001, n. 38, a decorrere dal 1° gennaio 2002, come prevede l'art. 5 della stessa legge.
(103) Lettera così modificata dall'art. 2, comma 2 e relativa tabella B, L.R. 13 novembre 2001, n. 38, a decorrere dal 1° gennaio 2002, come prevede l'art. 5 della stessa legge.
(104) Lettera così modificata dall'art. 2, comma 2 e relativa tabella B, L.R. 13 novembre 2001, n. 38, a decorrere dal 1° gennaio 2002, come prevede l'art. 5 della stessa legge.
(105) Lettera così modificata dall'art. 2, comma 2 e relativa tabella B, L.R. 13 novembre 2001, n. 38, a decorrere dal 1° gennaio 2002, come prevede l'art. 5 della stessa legge.
(106) Lettera così modificata dall'art. 2, comma 2 e relativa tabella B, L.R. 13 novembre 2001, n. 38, a decorrere dal 1° gennaio 2002, come prevede l'art. 5 della stessa legge.
(107) Lettera così modificata dall'art. 2, comma 2 e relativa tabella B, L.R. 13 novembre 2001, n. 38, a decorrere dal 1° gennaio 2002, come prevede l'art. 5 della stessa legge.
(108) Lettera così modificata dall'art. 2, comma 2 e relativa tabella B, L.R. 13 novembre 2001, n. 38, a decorrere dal 1° gennaio 2002, come prevede l'art. 5 della stessa legge.
(109) Lettera così modificata dall'art. 2, comma 2 e relativa tabella B, L.R. 13 novembre 2001, n. 38, a decorrere dal 1° gennaio 2002, come prevede l'art. 5 della stessa legge.
(110) Lettera così modificata dall'art. 2, comma 2 e relativa tabella B, L.R. 13 novembre 2001, n. 38, a decorrere dal 1° gennaio 2002, come prevede l'art. 5 della stessa legge.
(111) Lettera così modificata dall'art. 2, comma 2 e relativa tabella B, L.R. 13 novembre 2001, n. 38, a decorrere dal 1° gennaio 2002, come prevede l'art. 5 della stessa legge.
(112) Lettera così modificata dall'art. 2, comma 2 e relativa tabella B, L.R. 13 novembre 2001, n. 38, a decorrere dal 1° gennaio 2002, come prevede l'art. 5 della stessa legge.
(113) Lettera così modificata dall'art. 2, comma 2 e relativa tabella B, L.R. 13 novembre 2001, n. 38, a decorrere dal 1° gennaio 2002, come prevede l'art. 5 della stessa legge.
(114) Lettera così modificata dall'art. 2, comma 2 e relativa tabella B, L.R. 13 novembre 2001, n. 38, a decorrere dal 1° gennaio 2002, come prevede l'art. 5 della stessa legge.
(115) Lettera così modificata dall'art. 2, comma 2 e relativa tabella B, L.R. 13 novembre 2001, n. 38, a decorrere dal 1° gennaio 2002, come prevede l'art. 5 della stessa legge.
(116) Lettera così modificata dall'art. 2, comma 2 e relativa tabella B, L.R. 13 novembre 2001, n. 38, a decorrere dal 1° gennaio 2002, come prevede l'art. 5 della stessa legge.
(117) Lettera così modificata dall'art. 2, comma 2 e relativa tabella B, L.R. 13 novembre 2001, n. 38, a decorrere dal 1° gennaio 2002, come prevede l'art. 5 della stessa legge.
(118) Lettera così modificata dall'art. 2, comma 2 e relativa tabella B, L.R. 13 novembre 2001, n. 38, a decorrere dal 1° gennaio 2002, come prevede l'art. 5 della stessa legge.
(119) Lettera così modificata dall'art. 2, comma 2 e relativa tabella B, L.R. 13 novembre 2001, n. 38, a decorrere dal 1° gennaio 2002, come prevede l'art. 5 della stessa legge.
(120) Lettera così modificata dall'art. 2, comma 2 e relativa tabella B, L.R. 13 novembre 2001, n. 38, a decorrere dal 1° gennaio 2002, come prevede l'art. 5 della stessa legge.
(121) Lettera così modificata dall'art. 2, comma 2 e relativa tabella B, L.R. 13 novembre 2001, n. 38, a decorrere dal 1° gennaio 2002, come prevede l'art. 5 della stessa legge.
(122) Lettera così modificata dall'art. 2, comma 2 e relativa tabella B, L.R. 13 novembre 2001, n. 38, a decorrere dal 1° gennaio 2002, come prevede l'art. 5 della stessa legge.
(123) Lettera così modificata dall'art. 2, comma 2 e relativa tabella B, L.R. 13 novembre 2001, n. 38, a decorrere dal 1° gennaio 2002, come prevede l'art. 5 della stessa legge.
(124) Lettera così modificata dall'art. 2, comma 2 e relativa tabella B, L.R. 13 novembre 2001, n. 38, a decorrere dal 1° gennaio 2002, come prevede l'art. 5 della stessa legge.
(125) Lettera così modificata dall'art. 2, comma 2 e relativa tabella B, L.R. 13 novembre 2001, n. 38, a decorrere dal 1° gennaio 2002, come prevede l'art. 5 della stessa legge.
(126) Lettera così modificata dall'art. 2, comma 2 e relativa tabella B, L.R. 13 novembre 2001, n. 38, a decorrere dal 1° gennaio 2002, come prevede l'art. 5 della stessa legge.
(127) Lettera così modificata dall'art. 2, comma 2 e relativa tabella B, L.R. 13 novembre 2001, n. 38, a decorrere dal 1° gennaio 2002, come prevede l'art. 5 della stessa legge.
(128) Lettera così modificata dall'art. 2, comma 2 e relativa tabella B, L.R. 13 novembre 2001, n. 38, a decorrere dal 1° gennaio 2002, come prevede l'art. 5 della stessa legge.
(129) Lettera così modificata dall'art. 2, comma 2 e relativa tabella B, L.R. 13 novembre 2001, n. 38, a decorrere dal 1° gennaio 2002, come prevede l'art. 5 della stessa legge.
(130) Lettera così modificata dall'art. 2, comma 2 e relativa tabella B, L.R. 13 novembre 2001, n. 38, a decorrere dal 1° gennaio 2002, come prevede l'art. 5 della stessa legge.
(131) Lettera così modificata dall'art. 2, comma 2 e relativa tabella B, L.R. 13 novembre 2001, n. 38, a decorrere dal 1° gennaio 2002, come prevede l'art. 5 della stessa legge.
(132) Lettera così modificata dall'art. 2, comma 2 e relativa tabella B, L.R. 13 novembre 2001, n. 38, a decorrere dal 1° gennaio 2002, come prevede l'art. 5 della stessa legge.
(133) Lettera così modificata dall'art. 2, comma 2 e relativa tabella B, L.R. 13 novembre 2001, n. 38, a decorrere dal 1° gennaio 2002, come prevede l'art. 5 della stessa legge.
(134) Lettera così modificata dall'art. 2, comma 2 e relativa tabella B, L.R. 13 novembre 2001, n. 38, a decorrere dal 1° gennaio 2002, come prevede l'art. 5 della stessa legge.
(135) Lettera così modificata dall'art. 2, comma 2 e relativa tabella B, L.R. 13 novembre 2001, n. 38, a decorrere dal 1° gennaio 2002, come prevede l'art. 5 della stessa legge.
(136) Lettera così modificata dall'art. 2, comma 2 e relativa tabella B, L.R. 13 novembre 2001, n. 38, a decorrere dal 1° gennaio 2002, come prevede l'art. 5 della stessa legge.
(137) Lettera così modificata dall'art. 2, comma 2 e relativa tabella B, L.R. 13 novembre 2001, n. 38, a decorrere dal 1° gennaio 2002, come prevede l'art. 5 della stessa legge.
(138) Lettera così modificata dall'art. 2, comma 2 e relativa tabella B, L.R. 13 novembre 2001, n. 38, a decorrere dal 1° gennaio 2002, come prevede l'art. 5 della stessa legge.
(139) Lettera così modificata dall'art. 2, comma 2 e relativa tabella B, L.R. 13 novembre 2001, n. 38, a decorrere dal 1° gennaio 2002, come prevede l'art. 5 della stessa legge.
(140) Lettera così modificata dall'art. 2, comma 2 e relativa tabella B, L.R. 13 novembre 2001, n. 38, a decorrere dal 1° gennaio 2002, come prevede l'art. 5 della stessa legge.
(141) Lettera così modificata dall'art. 2, comma 2 e relativa tabella B, L.R. 13 novembre 2001, n. 38, a decorrere dal 1° gennaio 2002, come prevede l'art. 5 della stessa legge.
(142) Lettera così modificata dall'art. 2, comma 2 e relativa tabella B, L.R. 13 novembre 2001, n. 38, a decorrere dal 1° gennaio 2002, come prevede l'art. 5 della stessa legge.
(143) Lettera così modificata dall'art. 2, comma 2 e relativa tabella B, L.R. 13 novembre 2001, n. 38, a decorrere dal 1° gennaio 2002, come prevede l'art. 5 della stessa legge.
(144) Lettera così modificata dall'art. 2, comma 2 e relativa tabella B, L.R. 13 novembre 2001, n. 38, a decorrere dal 1° gennaio 2002, come prevede l'art. 5 della stessa legge.
(145) Lettera così modificata dall'art. 2, comma 2 e relativa tabella B, L.R. 13 novembre 2001, n. 38, a decorrere dal 1° gennaio 2002, come prevede l'art. 5 della stessa legge.
(146) Lettera così modificata dall'art. 2, comma 2 e relativa tabella B, L.R. 13 novembre 2001, n. 38, a decorrere dal 1° gennaio 2002, come prevede l'art. 5 della stessa legge.
(147) Lettera così modificata dall'art. 2, comma 2 e relativa tabella B, L.R. 13 novembre 2001, n. 38, a decorrere dal 1° gennaio 2002, come prevede l'art. 5 della stessa legge.
(148) Lettera così modificata dall'art. 2, comma 2 e relativa tabella B, L.R. 13 novembre 2001, n. 38, a decorrere dal 1° gennaio 2002, come prevede l'art. 5 della stessa legge.
(149) Il presente comma, già modificato dall'art. 2, comma 1, L.R. 19 agosto 1994, n. 34, è stato poi così sostituito dall'art. 46, comma 1, L.R. 16 febbraio 2000, n. 6, a decorrere dal 1° aprile 2000. Successivamente il presente comma è stato poi così modificato come indicato nelle note che precedono. Il testo precedente era così formulato: «1. Ferma restando l'applicazione delle sanzioni previste dagli artt. 30 e 31 della legge statale, le seguenti violazioni sono così sanzionate:
a) uso di bocconi avvelenati e di altri mezzi non selettivi nelle operazioni di prelievo faunistico-venatorio per fini di controllo della fauna selvatica: da Lire 200.000 a Lire 1.200.000;
b) caccia nelle zone di rifugio: da Lire 900.000 a Lire 3.000.000;
c) mancato controllo sanitario della selvaggina liberata da parte di chi effettua il ripopolamento: da Lire 200.000 a Lire 1.200.000;
d) mancata consegna al Servizio veterinario della competente Unità sanitaria locale di specie rinvenute morte o in stato fisico anormale o uccise accidentalmente: da Lire 50.000 a Lire 300.000;
e) immissioni di fauna selvatica compiute al di fuori dei casi consentiti: da Lire 500.000 a Lire 3.000.000;
f) immissioni di selvaggina secondo periodi e modalità tali da arrecare danni alle colture agricole: da Lire 50.000 a Lire 300.000;
g) prelievo, detenzione e vendita di uova e nuovi nati per finalità non consentite: da Lire 100.000 a Lire 600.000;
h) omessa comunicazione all'autorità della raccolta di uova o nuovi nati di fauna selvatica in situazione di pericolo e in stato di necessità: da Lire 50.000 a Lire 300.000;
i) violazione dell'obbligo di comunicazione al Comune di residenza dell'accesso ad A.T.C. di altre regioni: da Lire 50.000 a Lire 300.000;
l) mancato rispetto delle limitazioni alla caccia previste dal programma venatorio annuale dell'A.T.C.: da Lire 200.000 a Lire 1.200.000;
m) mancata compilazione del tesserino di caccia in ogni sua parte; compilazione non conforme alle modalità: da Lire 50.000 a Lire 300.000;
n) accesso motorizzato alle aree cortilizie o comunque alle pertinenze di strutture di lavoro agricolo senza autorizzazione del proprietario o del conduttore: da Lire 50.000 a Lire 300.000;
o) detenzione di tesserino contraffatto o con cancellature ed annotazioni sovrapposte o comunque manomesso: da Lire 200.000 a Lire 1.600.000; detenzione di tesserino deteriorato non perfettamente leggibile: da Lire 50.000 a Lire 300.000;
p) false dichiarazioni rese al fine di conseguire in modo fraudolento il titolo di accesso all'A.T.C. ovvero omessa comunicazione di cause ostative al suo rilascio: da Lire 200.000 a Lire 1.600.000;
q) allevamento di specie di fauna selvatica senza autorizzazione della Provincia: a partire da Lire 150.000 per ciascun capo allevato nonché sequestro e confisca dei capi stessi;
r) altre violazioni alle norme regionali sull'allevamento di fauna selvatica: da Lire 150.000 a Lire 900.000 e revoca dell'autorizzazione all'allevamento;
s) abbattimento o cattura in centri privati di specie selvatiche diverse da quelle allevate, senza l'autorizzazione della Provincia: da Lire 200.000 a Lire 1.200.000;
t) abbattimento o cattura in centri privati di riproduzione della fauna di specie di mammiferi o uccelli nei cui confronti la caccia non è consentita: da Lire 300.000 a Lire 1.800.000;
u) addestramento di cani in ambiti protetti: da Lire 200.000 a Lire 1.200.000;
v) addestramento di cani in aziende venatorie senza il consenso del titolare: da Lire 100.000 a Lire 600.000;
z) addestramento di cani in periodo non consentito: da Lire 50.000 a Lire 300.000;
aa) caccia in periodi, giornate ed orari non consentiti o per un numero di giornate superiori al consentito; da Lire 200.000 a Lire 1.200.000;
bb) mancato rispetto del carniere giornaliero e stagionale: da Lire 200.000 a Lire 1.200.000; in ogni caso si applicano altresì il sequestro e la confisca dei capi abbattuti;
cc) caccia da appostamento fisso senza autorizzazione: da Lire 200.000 a Lire 1.200.000;
dd) caccia da appostamento fisso senza il rispetto delle distanze del numero di cacciatori e del numero degli appostamenti sussidiari consentiti: da Lire 200.000 a Lire 1.200.000;
ee) lavori di manutenzione straordinaria richiedenti l'asciutta in appostamento fisso sito in zona umida senza autorizzazione: da Lire 50.000 a Lire 300.000;
ff) caccia in più di due cacciatori contemporaneamente in appostamento temporaneo: da Lire 50.000 a Lire 300.000;
gg) mancato assenso del proprietario o conduttore per l'appostamento temporaneo o mancata rimozione dell'appostamento temporaneo e dei residui al termine della giornata: da Lire 50.000 a Lire 300.000;
hh) caccia a meno di centocinquanta metri da altro appostamento temporaneo: da Lire 50.000 a Lire 300.000;
ii) caccia senza il rispetto delle distanze da ogni appostamento temporaneo o da appostamento fisso in effettivo esercizio: da Lire 200.000 a Lire 1.200.000;
ll) caccia da appostamento temporaneo a meno di centocinquanta metri da zone di protezione, aziende faunistico-venatorie, immobili, fabbricati, stabili adibiti ad abitazione o qualsiasi struttura adibita a posto di lavoro, nonché da ferrovie e strade carrozzabili, fatta eccezione per le strade poderali o interpoderali: da Lire 200.000 a Lire 1.200.000;
mm) caccia da appostamento fisso o temporaneo a meno di mille metri dai valichi indicati dalle Province: da Lire 200.000 a Lire 1.200.000;
nn) andata e ritorno dagli appostamenti fissi e temporanei in periodi, giornate o località in cui il cacciatore non è autorizzato alla caccia vagante, con fucile montato o non chiuso nell'apposita custodia; raccolta della selvaggina abbattuta con fucile carico: da Lire 200.000 a Lire 1.200.000;
oo) detenzione e utilizzo di richiami vivi appartenenti a specie protette: da Lire 400.000 a Lire 2.400.000, nonché sequestro e confisca dei richiami;
pp) mancata comunicazione scritta alla Provincia del possesso di specie non più utilizzabili come richiami; mancata segnalazione di nuovi nati dall'accoppiamento di richiami marcati; mancata comunicazione all'I.N.F.S. o al Comune territorialmente competente, del rinvenimento di uccelli inanellati: da Lire 100.000 a Lire 600.000;
qq) cani vaganti in aree, periodi ed orari non consentiti o senza il dovuto controllo e sorveglianza del possessore: da Lire 50.000 a Lire 300.000;
rr) abbandono sul luogo di caccia dei bossoli delle cartucce: da Lire 50.0000 a Lire 300.000;
ss) mancata notifica del fondo chiuso o mancata apposizione e mantenimento delle tabelle: da Lire 50.000 a Lire 300.000;
tt) posta alla beccaccia o caccia da appostamento, sotto qualsiasi forma, al beccaccino: da Lire 400.000 a Lire 2.400.000;
uu) sparo da distanza inferiore a centocinquanta metri con uso di fucile da caccia con canna ad anima liscia, o da distanza corrispondente a meno di una volta e mezzo la gittata massima in caso di uso di altre armi, in direzione di immobili, fabbricati e stabili adibiti ad abitazione o posto di lavoro, di vie di comunicazione ferroviarie e di strade carrozzabili, di funivie, filovie ed altri impianti di trasporto a sospensione, di stabili, stazzi, recinti ed altre aree delimitate destinate al ricovero e all'alimentazione del bestiame: da Lire 200.000 a Lire 1.200.000;
vv) trasporto all'interno dei centri abitati e nelle zone ove è vietata l'attività venatoria, ovvero a bordo di veicoli di qualunque genere e comunque nei giorni non consentiti per l'esercizio venatorio, di armi da sparo per uso venatorio che non siano scariche e in custodia o smontate: da Lire 200.000 a Lire 1.200.000;
zz) caccia a rastrello in più di tre persone o utilizzazione a scopo venatorio, di scafandri e tute impermeabili da sommozzatore negli specchi o corsi d'acqua: da Lire 400.000 a Lire 2.400.000;
aaa) vendita a privati non autorizzati e detenzione, da parte di questi, di reti da uccellagione: da Lire 500.000 a Lire 3.000.000 con sequestro e confisca delle reti;
bbb) vendita e detenzione di trappole per la fauna selvatica ad esclusione delle finalità di studio, ricerca scientifica e gestione faunistica del territorio da parte degli organismi competenti: da Lire 500.000 a Lire 3.000.000 con sequestro e confisca delle trappole;
ccc) esercizio in qualunque forma del tiro al volo su uccelli a partire dal 1° gennaio 1994: da Lire 200.000 a Lire 1.200.000;
ddd) caccia nei dodici mesi successivi al rilascio della prima licenza senza l'accompagnamento di un cacciatore in possesso di licenza rilasciata da almeno tre anni: da Lire 50.000 a Lire 300.000;
eee) tabellazione abusiva od uso improprio della tabellazione dei terreni; rimozione o danneggiamento tabelle: da Lire 100.000 a Lire 600.000.».
(150) Comma così modificato dall'art. 2, comma 1 e relativa tabella A, L.R. 13 novembre 2001, n. 38, a decorrere dal 1° gennaio 2002, come prevede l'art. 5 della stessa legge.
(151) Comma così modificato dall'art. 2, comma 1 e relativa tabella A, L.R. 13 novembre 2001, n. 38, a decorrere dal 1° gennaio 2002, come prevede l'art. 5 della stessa legge.
(152) Comma così modificato dall'art. 46, comma 2, L.R. 16 febbraio 2000, n. 6, a decorrere dal 1° aprile 2000.
(153) Comma così sostituito dall'art. 46, comma 3, L.R. 16 febbraio 2000, n. 6, a decorrere dal 1° aprile 2000. Il testo originario era il seguente: «5. Se ogni violazione di cui al presente articolo viene nuovamente commessa, la relativa sanzione è raddoppiata. In caso di ulteriore violazione, la sanzione è triplicata.».
Art. 62
Norme regionali specifiche.
1. La Regione emana mediante direttive vincolanti, criteri di attuazione delle disposizioni della legge statale ed in particolare per le attività o gli adempimenti seguenti:
a) detenzione di uccelli allevati appartenenti alle specie cacciabili e loro uso come richiami;
b) istituzione, rinnovo e revoca, nonché gestione tecnica, delle aziende venatorie;
c) allevamento di fauna selvatica a scopo di ripopolamento, alimentare, ornamentale e amatoriale;
d) svolgimento degli esami di abilitazione all'esercizio venatorio per la qualifica di guardia giurata;
e) modalità di funzionamento del fondo destinato alla prevenzione e al risarcimento dei danni di cui all'art. 18;
f) modalità di istituzione e di gestione delle zone e campi per l'addestramento e per le prove di qualificazione dei cani da caccia (154);
g) soccorso, detenzione temporanea e successiva liberazione di fauna selvatica in difficoltà, nonché altre modalità di cui all'art. 26, comma 6-bis (155) (156).
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(154) Con Delib.G.R. 14 maggio 2003, n. 840 sono state approvate direttive vincolanti relative alle modalità di istituzione e gestione delle zone e dei campi per l'addestramento e le prove di qualificazione dei cani da caccia di cui al presente comma.
(155) Articolo così sostituito dall'art. 47, L.R. 16 febbraio 2000, n. 6, a decorrere dal 1° aprile 2000. Il testo originario così disponeva: «Art. 62. Norme regionali specifiche. 1. La Regione emana, entro centoventi giorni dall'entrata in vigore della presente legge, mediante direttive vincolanti, norme in attuazione delle disposizioni della legge statale ed in particolare per le attività o gli adempimenti seguenti:
a) allevamento, vendita e detenzione di uccelli allevati appartenenti alle specie cacciabili; loro uso come richiami;
b) attività di tassidermia ed imbalsamazione nonché detenzione o possesso di preparazioni tassidermiche e trofei;
c) gestione delle aziende faunistico-venatorie ed agri-turistico-venatorie;
d) allevamento di fauna selvatica a scopo di ripopolamento, alimentare, ornamentale e amatoriale;
e) svolgimento degli esami di abilitazione all'esercizio venatorio o per la qualifica di guardia giurata;
f) modalità di funzionamento del fondo destinato alla prevenzione e al risarcimento dei danni di cui all'art. 17.».
(156) Con Delib.G.R. 28 dicembre 2001, n. 2966 sono state approvate le direttive in ordine a quanto previsto dal presente comma.
Art. 63
Disposizioni transitorie e finali.
1. I T.G.S.C. in essere all'entrata in vigore della presente legge conservano la loro validità fino a quando non divengano esecutivi i provvedimenti relativi alla definizione degli ambiti territoriali per la caccia programmata di cui all'art. 30.
2. Gli organi di gestione e coordinamento dei T.G.S.C. previsti dalla L.R. 15 maggio 1987, n. 20, cessano alla data di costituzione dei Comitati direttivi provvisori degli A.T.C.
2-bis. Nel caso in cui siano già stati perimetrati gli ambiti territoriali di caccia, ma non siano ancora stati costituiti e resi operativi i relativi Comitati direttivi provvisori, le Provincie svolgono gli adempimenti di competenza dei Comitati direttivi provvisori degli A.T.C. ricadenti nei rispettivi territori fino all'avvenuta costituzione dei Comitati medesimi. Le Province si avvalgono degli organi di gestione e coordinamento e delle strutture operative dei T.G.S.C. (Territori per la gestione sociale della caccia). A tal fine le strutture di servizio dei T.G.S.C. restano operanti fino a quando i Comitati direttivi provvisori degli A.T.C. non saranno in grado con proprie strutture di subentrare alle predette, per garantire la continuità dei servizi sul territorio, indispensabili per la corretta gestione dell'attività venatoria e la tutela dell'ambiente (157).
3. In relazione alla prevista cessazione dei T.G.S.C., ciascun organo di cui al comma 2 provvede a redigere un bilancio di chiusura dell'attività, corredato da un inventario dei beni.
4. I fondi che residuano dalla chiusura dei bilanci e i beni dei soppressi organi di gestione e di coordinamento dei T.G.S.C. sono devoluti agli A.T.C. territorialmente competenti, in quanto soggetti che perseguono fini analoghi e che subentrano ad essi nello svolgimento dei compiti dagli stessi finora esercitati, sulla base di criteri concordati tra le associazioni venatorie, agricole e di protezione ambientale, previa liquidazione delle eventuali pendenze finanziarie documentate dal collegio dei Sindaci revisori.
5. I Comitati direttivi provvisori degli A.T.C. decidono le assunzioni del personale dipendente necessario per l'espletamento dei propri compiti sulla base di accordi sindacali, con priorità per l'utilizzo del personale già alle dipendenze dei soppressi organi di gestione e di coordinamento dei T.G.S.C..
6. I vincoli in atto all'entrata in vigore della presente legge relativi alle zone di protezione della fauna, alle aziende venatorie, nonché ad ogni altro vincolo territoriale istituito in attuazione della L.R. 15 maggio 1987, n. 20, e successive modifiche, conservano la loro validità fino alla scadenza naturale e comunque fino a quando non divengano esecutivi i provvedimenti relativi ai corrispondenti vincoli che saranno adottati a norma della presente legge.
7. Sono abrogate la L.R. 15 maggio 1987, n. 20, e successive modificazioni, la L.R. 26 gennaio 1987, n. 3, e successive modificazioni, nonché il Reg. 24 luglio 1989, n. 25.
8. Per le attività la cui disciplina è demandata a specifica regolamentazione, si applicano le disposizioni vigenti fino all'emanazione di detta regolamentazione.
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(157) Comma aggiunto dall'art. 3, L.R. 19 agosto 1994, n. 34.
Art. 64
Disposizioni finanziarie.
1. Agli oneri derivanti dall'attuazione della presente legge si fa fronte nell'ambito delle autorizzazioni di spesa annualmente disposte dalla legge di approvazione del bilancio a norma dell'art. 11 della L.R. 6 luglio 1977, n. 31.
2. Per far fronte all'onere derivante dall'esercizio delle funzioni svolte dalle Province, la Giunta regionale provvede nell'ambito della quota per la partecipazione alle spese sostenute dalle Province del fondo regionale previsto dall'art. 1 della L.R. 28 dicembre 1992, n. 51 ripartita secondo le modalità stabilite dall'art. 2 della legge stessa.
3. [Per far fronte all'onere derivante alle province dall'art. 17, comma 2, escluse le zone di protezione di cui all'art. 19, è istituito un apposito capitolo di spesa nel bilancio regionale «Contributi per la prevenzione e per i danni arrecati alle produzioni agricole ed alle opere approntate sui terreni coltivati e a pascolo dalle specie di fauna selvatica protetta, dal piccione di città, nonché dalla fauna cacciabile nei parchi e nelle riserve naturali regionali»] (158).
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(158) Comma aggiunto dall'art. 48, L.R. 16 febbraio 2000, n. 6, a decorrere dal 1° aprile 2000, poi abrogato dall'art. 5, comma 3, L.R. 12 luglio 2002, n. 15. Per l'anno 2002, ai sensi dell'art. 1, L.R. 20 settembre 2002, n. 23, continua ad applicarsi il presente comma nonostante l'abrogazione disposta dalla suddetta L.R. n. 15/2002.
L.R. 12 luglio 2002, n. 14
Norme per
la definizione del calendario venatorio regionale.
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(1) Pubblicata nel B.U. Emilia-Romagna 12 luglio 2002, n. 100.
Art. 1
Finalità.
1. La presente legge definisce il calendario venatorio regionale, sulla base della competenza legislativa della Regione nella materia della caccia, in conformità al Titolo V della Parte Seconda della Costituzione.
2. Ai fini della tutela della fauna selvatica e delle produzioni agricole, il territorio della regione Emilia-Romagna destinato alla caccia programmata, è sottoposto a tale regime, sulla base della vigente normativa nazionale e regionale e dei rispettivi regolamenti.
3. La caccia agli ungulati è consentita secondo quanto previsto dall'apposito vigente regolamento.
4. I tempi e le modalità dei prelievi in selezione agli ungulati sono stabiliti al fine di garantire la completa attuazione dei piani di prelievo, in quanto condizione necessaria per la conservazione delle specie in un rapporto di compatibilità con gli usi plurimi del territorio e tenuto conto delle esigenze di carattere biologico delle singole specie, delle necessità di natura tecnica e gestionale, nonché delle caratteristiche climatiche ed ambientali della regione Emilia-Romagna.
5. Le Aziende faunistico-venatorie (A.F.V.) ed agri-turistico venatorie provvedono agli abbattimenti in base alle vigenti direttive regionali relative alla gestione delle Aziende medesime ed al vigente regolamento regionale concernente la gestione faunistico-venatoria degli ungulati.
6. Nei limiti dei piani approvati dalla Provincia, i titolari di Aziende faunistico-venatorie possono autorizzare l'abbattimento di un numero di capi di fauna selvatica stanziale superiore a quelli previsti dall'art. 6, purché entro i limiti quantitativi fissati dal piano di abbattimento, il quale potrà essere realizzato fino al 31 dicembre con eccezione per il fagiano e per il cinghiale, per i quali il termine è fissato al 31 gennaio.
7. Nelle Aziende faunistico-venatorie la caccia agli ungulati si svolge secondo i periodi di cui alle lettera c) e d) del comma 1, dell'art. 3. È facoltà del titolare dell'A.F.V. scegliere le giornate di caccia al cinghiale in forma collettiva nel rispetto delle leggi vigenti.
Art. 2
Rapporti tra province e regioni confinanti.
1. La gestione faunistico-venatoria delle aree territoriali prospicienti i corpi idrici interposti tra province diverse, ivi comprese quelle confinanti con la regione Lombardia, viene attuata sulla base dei rispettivi confini amministrativi, salvo diverse specifiche intese stipulate tra gli Àmbiti territoriali di caccia (A.T.C.) interessati, intese che le province competenti renderanno eventualmente operanti, a mezzo di propri atti amministrativi, ove ritenute compatibili rispetto ai propri Piani faunistico-venatori.
Art. 3
Specie cacciabili e periodi di caccia.
1. Le specie cacciabili ed i periodi di caccia sono i seguenti:
a) dalla terza domenica di settembre al 31 dicembre:
tortora (Streptopelia turtur);
merlo (Turdus merula);
allodola (Alauda arvensis);
starna (Perdix perdix);
pernice rossa (Alectoris rufa);
lepre comune (Lepus europaeus);
coniglio selvatico (Oryctolagus cuniculus);
quaglia (Coturnix coturnix);
b) dalla terza domenica di settembre al 31 gennaio:
alzavola (Anas crecca);
beccaccia (Scolopax rusticola);
beccaccino (Gallinago gallinago);
canapiglia (Anas strepera);
cesena (Turdus pilaris);
codone (Anas acuta);
colombaccio (Columba palumbus);
cornacchia grigia (Corvus corone cornix);
fagiano (Phasianus colchicus);
fischione (Anas penelope);
folaga (Fulica atra);
frullino (Limnocryptes minimus);
gallinella d'acqua (Gallinula chloropus);
gazza (Pica pica);
germano reale (Anas platyrhynchos);
ghiandaia (Garrulus glandarius);
marzaiola (Anas querquedula);
mestolone (Anas clypeata);
moretta (Aythya fuligula);
moriglione (Aythya ferina);
pavoncella (Vanellus vanellus);
porciglione (Rallus aquaticus);
tordo bottaccio (Turdus philomelos);
tordo sassello (Turdus iliacus);
volpe (Vulpes vulpes);
c) dal 1° ottobre al 31 gennaio, in forma collettiva, nell'arco temporale massimo di tre mesi anche non consecutivi:
cinghiale (Sus scrofa);
d) ungulati unicamente in forma selettiva, alla cerca e all'aspetto, in cinque giornate settimanali, con esclusione del martedì e del venerdì:
Specie |
Tempi di prelievo |
Sesso |
Classe sociale |
Capriolo |
1 giugno-15 luglio e |
|
|
|
15 agosto-30 settembre |
M |
I, II e III |
|
1 gennaio-10 marzo |
F |
I e II |
|
|
M e F |
0 |
Daino |
1 gennaio-10 marzo |
M e F |
tutte |
Cervo |
10 agosto-15 settembre e |
|
|
|
5 ottobre-15 febbraio |
M |
III e IV |
|
5 ottobre-10 marzo |
M |
I e II |
|
1 gennaio-10 marzo |
F |
I e II |
|
|
M e F |
0 |
Muflone |
1 novembre-31 gennaio |
M e F |
tutte |
Cinghiale |
1 giugno-31 luglio |
M e F |
rossi |
|
1 agosto-31 gennaio |
M e F |
tutte |
2. Per la stagione venatoria 2002-2003 il prelievo selettivo dei caprioli maschi di I, II e III classe, si svolgerà dal 1° agosto al 30 settembre e quello dei cinghiali rossi dal 15 al 31 luglio.
3. La caccia agli ungulati in forma selettiva può essere consentita anche su terreni in tutto o nella maggior parte coperti di neve.
Art. 4
Giornate e forme di caccia.
1. La settimana venatoria è compresa fra il lunedì e la domenica successiva, escludendo i giorni di martedì e venerdì.
2. La caccia alla fauna selvatica stanziale e migratoria è consentita nelle forme sottoindicate, dalla terza domenica di settembre al 31 gennaio:
a) dalla terza domenica di settembre e per le due settimane successive da appostamento e/o vagante con l'uso di non più di due cani per cacciatore in due giornate fisse (giovedì e domenica) di ogni settimana; tale limitazione non si applica alle Aziende agrituristico-venatorie, ove il cacciatore può svolgere fino a tre giornate di caccia settimanali a scelta;
b) dal lunedì successivo alle due settimane di cui alla precedente lettera a) fino al 31 gennaio, da appostamento e/o vagante con l'uso di non più di due cani per cacciatore, in tre giornate a scelta ogni settimana;
c) dal 1° ottobre al 30 novembre, possono essere fruite due giornate in più a scelta ogni settimana per la caccia alla sola migratoria, da appostamento.
3. Le province, mediante i rispettivi calendari venatori, ai sensi della lettera a) del comma 2, dell'art. 50 della L.R. n. 8 del 1994 e successive modifiche, possono determinare l'inizio dell'attività venatoria in forma vagante con l'uso del cane, anche successivamente alla terza domenica di settembre per esigenze connesse all'esercizio dell'attività agricola e per garantire una maggiore tutela della fauna.
4. Le province esercitano le facoltà di cui al comma 2 dell'art. 18 della legge 11 febbraio 1992, n. 157, nei limiti ed alle condizioni ivi previste. Qualora esse prevedano nei rispettivi calendari venatori provinciali, l'anticipazione dell'esercizio venatorio alla data del 1° settembre, la caccia in tale periodo si potrà effettuare nella giornata del 1° settembre - purché non coincidente con il martedì o il venerdì - e nelle successive giornate di giovedì e domenica, esclusivamente da appostamento, fisso o temporaneo, fino alle ore 13, alle specie individuate dalle province, da parte dei cacciatori iscritti agli A.T.C. della Regione Emilia-Romagna, - ciascuno negli àmbiti di iscrizione - e che esercitino la caccia nelle Aziende faunistico-venatorie o da appostamento fisso con richiami vivi.
5. Le specie di cui al comma 4 vengono individuate dalle province tra le seguenti: cornacchia grigia, ghiandaia, gazza, merlo, tortora, germano reale ed altre specie appartenenti alla fauna migratoria acquatica, come da art. 3, comma 1, lettera b).
6. Nel periodo di cui al comma 4, nelle Aziende agri - turistico - venatorie l'esercizio venatorio, consentito ai sensi del comma 2 lettera b) dell'art. 50 della L.R. n. 8 del 1994, e successive modifiche, si svolge per cinque giornate settimanali, secondo gli orari di cui all'art. 5 e senza limitazione di forma di caccia. Per i cacciatora che svolgano l'esercizio venatorio in dette Aziende il numero delle giornate di caccia settimanali non può essere superiore a tre.
7. Le province, nell'àmbito delle facoltà concesse dal comma 2 dell'art. 18 della legge 11 febbraio 1992, n. 157, possono modificare i termini di cui all'art. 3, comma 1, lettera c) previo parere dell'Istituto Nazionale per la Fauna Selvatica.
8. La caccia alla fauna migratoria di cui al comma 1 dell'art. 36-bis della L.R. n. 8 del 1994 e successive modifiche si svolge nelle forme stabilite dal provvedimento adottato dalla Regione ai sensi del comma 2 del medesimo articolo.
9. Per il conteggio del numero delle giornate usufruite per ogni settimana, vengono considerate valide le giornate comunque effettuate sia in Emilia-Romagna sia in altre regioni. Devono essere conteggiate anche le giornate effettuate nelle Aziende venatorie.
10. I derivati domestici del germano reale che non ne presentino il fenotipo selvatico (Anas platyrynchos) possono essere utilizzati come richiami vivi senza l'identificazione mediante marcatura e senza l'obbligo dell'opzione di cui all'art. 12, comma 5, lettera b), della legge n. 157 del 1992.
Art. 5
Orari venatori.
1. La caccia è consentita da un'ora prima del sorgere del sole fino al tramonto. La caccia di selezione agli ungulati è consentita da un'ora prima del sorgere del sole fino ad un'ora dopo il tramonto.
2. La caccia alla fauna selvatica stanziale è consentita dal sorgere del sole. Qualora le province prevedano l'anticipazione dell'esercizio venatorio al 1° settembre, ai sensi dell'art. 4, comma 4, la caccia è consentita fino alle ore 13 negli A.T.C. e fino al tramonto nelle Aziende agrituristico-venatorie.
3. Le province individuano gli orari venatori desumendoli annualmente dalle Effemeridi Aeronautiche fornite dal Centro nazionale di Meteorologia e Climatologia Aeronautica dell'Aeronautica militare.
Art. 6
Carniere.
1. Ogni cacciatore nella stessa giornata di caccia non può abbattere complessivamente più di due capi di fauna selvatica tra le seguenti specie: coniglio selvatico, lepre, fagiano, pernice rossa e starna e comunque non più di un capo di lepre, pernice rossa e starna.
2. Per la starna e la pernice rossa è consentito l'abbattimento, rispettivamente, di non più di cinque capi nella stagione.
3. Per la lepre è consentito l'abbattimento di non più di dieci capi nella stagione.
4. Delle altre specie consentite a norma della presente legge, per ogni giornata di caccia non possono essere abbattuti complessivamente più di venticinque capi, di cui non più di dieci capi di anatidi, dieci folaghe, dieci colombacci e tre beccacce. Per ogni giornata di caccia non possono inoltre essere abbattuti, complessivamente, più di dieci capi delle seguenti specie: beccaccino, gallinella d'acqua, frullino, pavoncella e porciglione. Per la beccaccia è consentito l'abbattimento di non più di venti capi nella stagione.
5. Il numero dei capi abbattuti per ogni giornata di caccia in regioni diverse, non può superare complessivamente il limite previsto dal calendario venatorio della Regione che consente l'abbattimento del maggior numero di capi.
Art. 7
Addestramento dei cani da caccia.
1. L'addestramento e l'allenamento dei cani da caccia sono consentiti dal 15 agosto al giovedì precedente la terza domenica di settembre, dalle ore 7 alle ore 20 escluse le giornate di martedì e venerdì di ciascuna settimana, con l'uso di non più di due cani per conduttore.
2. Le province possono, mediante i rispettivi calendari venatori, modificare i termini sopra indicati, per motivazioni legate a specifiche esigenze territoriali.
3. L'addestramento e l'allenamento dei cani da caccia sono consentiti nei territori aperti all'esercizio venatorio, ad eccezione di quelli ove esistono terreni in attualità di coltivazione e colture specializzate di cui all'art. 8.
4. L'addestramento e l'allenamento dei cani non sono consentiti dopo la pioggia e quando il terreno è ancora bagnato.
5. Nel periodo intercorrente tra l'1 settembre e la terza domenica di settembre, qualora le province abbiano previsto l'anticipazione dell'esercizio venatorio, l'addestramento e l'allenamento di cani da caccia è vietato negli orari o nelle giornate in cui l'esercizio venatorio è consentito.
6. Dal lunedì successivo alla terza domenica di settembre al 31 gennaio è vietato l'addestramento o comunque l'uso del cane, nelle giornate in cui il conduttore non è in esercizio venatorio e nelle giornate di martedì e venerdì di ciascuna settimana.
Art. 8
Misure di salvaguardia dell'ambiente agricolo-forestale.
1. Fermo restando quanto previsto all'art. 21 della legge n. 157 del 1992, l'esercizio venatorio è vietato nelle aie e nelle corti o altre pertinenze di fabbricati rurali, nelle zone comprese nel raggio di m. 100 da immobili, fabbricati, stabili adibiti ad abitazione o a posto di lavoro, piazzole di campeggio, in effettivo esercizio nell'àmbito dell'attività agrituristica, e di m. 50 da vie di comunicazione ferroviaria, da strade carrozzabili, eccettuate le strade poderali e interpoderali, nei giardini e parchi privati, nei terreni adibiti ad attività sportive e nei fondi chiusi o fondi sottratti alla caccia di cui all'art. 15 della legge n. 157 del 1992, opportunamente tabellati.
2. L'esercizio venatorio è altresì vietato nelle aree comprese nel raggio di m. 100 da macchine agricole operatrici in attività.
3. È fatto divieto di sparo, a meno di m. 150 dagli stabbi, dagli stazzi e da altri ricoveri, nonché dai recinti destinati al ricovero ed alla alimentazione del bestiame nei periodi di effettiva utilizzazione agro-silvo-pastorale, secondo le condizioni produttive del pascolo, e dai recinti dove gli animali sono tenuti in cattività stretta.
4. I cani devono essere condotti dal cacciatore in modo che il bestiame al pascolo o gli animali in cattività non siano disturbati o danneggiati.
5. L'esercizio venatorio è vietato in forma vagante, con l'esclusione della caccia di selezione agli ungulati, sui terreni in attualità di coltivazione. Si considerano in attualità di coltivazione:
a) i terreni con coltivazioni cerealicole ed erbacee da seme e da granella, dalla semina al raccolto, ad eccezione dell'erba medica da foraggio e della barbabietola per la sola produzione di radici;
b) le colture orticole e floreali, a cielo aperto o di serra;
c) i vivai ed i terreni in rimboschimento per un periodo di tre anni dall'impianto;
d) i prati artificiali irrigui dalla ripresa della vegetazione al termine dei tagli;
e) i frutteti specializzati;
f) i vigneti e gli uliveti fino alla data del raccolto.
6. L'esercizio venatorio nei vigneti ed uliveti, a raccolto compiuto, oltreché in forma vagante, è ammesso da appostamento fisso o temporaneo. Nei frutteti specializzati, a raccolto compiuto, è ammesso l'accesso dell'ausiliare per lo scovo ed il recupero della fauna selvatica abbattuta. Negli stradoni, nelle capezzagne e negli spazi di separazione degli appezzamenti a frutteto specializzato, a raccolto compiuto, è ammesso il transito con l'arma carica.
7. In deroga alle limitazioni ed ai divieti di cui ai commi precedenti, nei terreni in attualità di coltivazione è ammesso l'accesso del conduttore titolato di operazioni autorizzate di ricerca di ungulati a qualsiasi titolo feriti; nell'àmbito di dette operazioni, il conduttore del cane da traccia deve avere cura di arrecare il minimo danno alle colture.
Art. 9
Norme generali inerenti il tesserino venatorio.
1. Il tesserino venatorio regionale ha validità sull'intero territorio nazionale nel rispetto delle disposizioni vigenti in ciascuna regione.
2 Il cacciatore deve indicare mediante segni indelebili, prima dell'inizio dell'attività, negli appositi spazi, il giorno (G) ed il mese (M) dell'esercizio dell'attività venatoria e contrassegnare, mediante il segno x il tipo di caccia prescelta (V = vagante; A = da appostamento).
Deve altresì indicare, qualora intenda esercitare la caccia in A.T.C., la sigla dell'Àmbito territoriale di caccia nell'apposito riquadro.
Il cacciatore che esercita la caccia in CA deve indicare la sigla del Comprensorio Alpino nel riquadro predisposto per "A.T.C.".
Deve invece indicare solo la sigla della Provincia, nell'apposito riquadro, qualora intenda esercitare la caccia in Azienda faunistico-venatoria o agri - turistico - venatoria.
3. Qualora la caccia sia esercitata in A.T.C. o CA è obbligatorio, appena abbattuto un capo di fauna selvatica stanziale, annotare la sigla corrispondente alla specie abbattuta. Nel caso si tratti di lepre o fagiano, tale capo deve essere contrassegnato mediante il segno x apposto sulla sigla corrispondente, già prestampata, fermi restando i limiti di carniere di cui all'art. 6.
In caso di deposito deve aggiungersi un cerchio intorno alla sigla.
4. Qualora la caccia sia esercitata in A.F.V. (Azienda faunistico-venatoria), la sigla corrispondente ad ogni capo di specie stanziale abbattuta deve essere annotata o contrassegnata entro il termine dell'attività giornaliera.
5. Per i prelievi di fauna selvatica migratoria in forma vagante è obbligatorio per tutti i cacciatori, compresi coloro che esercitano l'attività in A.F.V., indicare la sigla corrispondente ad ogni specie abbattuta, al termine delle giornate di caccia: per i prelievi alla fauna selvatica migratoria da appostamento fisso e temporaneo, l'indicazione di cui sopra deve avvenire ogniqualvolta si cambia o si lascia il sito di caccia; in caso di deposito deve aggiungersi un cerchio intorno alla sigla.
6. I capi appartenenti alla fauna selvatica di allevamento abbattuti in A.T.V. (Azienda agri-turistico-venatoria) non devono essere annotati né contrassegnati sul tesserino.
7. Nel tesserino sono indicate le sigle delle specie più comuni in Emilia-Romagna e pertanto se si abbatte una specie consentita in altre regioni e non riportata in legenda, devono essere indicate le sigle A.S.S. oppure ASM (Altre specie stanziali oppure Altre specie migratone).
8. Il cacciatore, appena terminata la stagione venatoria, deve riportare sulla apposita scheda riepilogativa "caccia stanziale" la sigla del proprio o dei propri A.T.C. ed il numero complessivo di giornate e di capi abbattuti per le singole specie di fauna selvatica stanziale per ciascun A.T.C. di appartenenza. Tale scheda dovrà essere riconsegnata all'A.T.C. entro trenta giorni dal termine della stagione venatoria, compilando tante copie della scheda quanti sono gli A.T.C. di appartenenza.
9. Nel rispetto di quanto stabilito nel comma 1, qualora sia consentito il prelievo di specie interessate dal regime di deroga, ai fini degli adempimenti di cui all'art. 9 comma 3 della Direttiva 79/409 CEE, il cacciatore dovrà compilare, appena terminata la stagione venatoria, la scheda riepilogativa "caccia specie in deroga", indicando l'A.T.C. o la sigla della Provincia, se tali abbattimenti sono stati effettuati in A.F.V., nonché il numero complessivo di giornate e di capi abbattuti per le singole specie. Tale scheda dovrà essere inviata alla Provincia di residenza entro il 28 febbraio.
10. In caso di mancata consegna o anche di incompleta trascrizione dei dati in tali schede sarà applicata la sanzione di cui all'art. 61, comma 2 della L.R. n. 8 del 1994, e successive modifiche.
11. Il cacciatore che usufruisce della facoltà di cui al comma 1 dell'art. 36-bis della L.R. n. 8 del 1994 e successive modifiche, oltre alla compilazione prevista ai commi precedenti, deve altresì compilare prima dell'inizio di ciascuna giornata l'apposita scheda "caccia in mobilità alla fauna migratoria", indicando mediante segni indelebili negli appositi spazi il giorno (G), il mese (M), l'A.T.C. e il numero di autorizzazione relativo alla giornata.
12. In caso di deterioramento o smarrimento del tesserino il titolare per ottenere il duplicato, deve rivolgersi all'Ente delegato al rilascio, dimostrando di aver provveduto alla relativa denuncia all'autorità di Pubblica Sicurezza o locale Stazione dei Carabinieri.
13. II tesserino va riconsegnato all'Ente che lo ha rilasciato, al momento del ritiro di quello relativo alla nuova stagione venatoria.
In caso di mancata riconsegna o di riconsegna di tesserino non integro e contraffatto, l'interessato non potrà ritirare il tesserino relativo alla nuova annata venatoria, a meno che non venga prodotta la denuncia di cui al comma 12.
14. Il tesserino è personale e non cedibile. Chiunque sia in possesso di più di un tesserino di caccia è perseguibile ai sensi di legge.
Art. 10
Disposizioni finali.
1. Le norme di cui alla presente legge si applicano per le stagioni venatorie 2002 - 2003, 2003 - 2004, 2004-2005 e 2005-2006.
2. Al termine della stagione venatoria 2003-2004, gli uffici regionali competenti predispongono e trasmettono alla Giunta regionale una relazione sullo stato di attuazione della presente legge, con particolare riferimento al tema del contenimento degli ungulati.
Art. 11
Entrata in vigore.
1. La presente legge è dichiarata urgente ai sensi e per gli effetti dell'art. 31 dello Statuto ed entra in vigore il giorno successivo alla sua
L.R. 12 luglio 2002, n. 15
Disciplina
dell'esercizio delle deroghe previste dalla direttiva 79/409/CEE. Modifiche
alla L.R. 15 febbraio 1994, n. 8 "Disposizioni per la protezione della fauna
selvatica e per l'esercizio dell'attività venatoria".
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(1) Pubblicata nel B.U. Emilia-Romagna 12 luglio 2002, n. 100.
Art. 1
Finalità.
1. In considerazione dell'accertata necessità di prevenire gravi e ricorrenti danni alle colture agricole, della comprovata inesistenza di altre soluzioni soddisfacenti ed al fine di rafforzare la misura deterrente dei sistemi di dissuasione normalmente autorizzati, nella regione Emilia-Romagna è consentito nel corso delle stagioni venatorie 2002-2003 e 2003-2004, il prelievo in deroga di esemplari appartenenti alle specie di cui alla lettera a), comma 1 dell'art. 2, ai sensi dell'art. 9, comma 1, lettera a) della Direttiva 79/409/CEE e successive modifiche secondo le disposizioni della presente legge.
Art. 2
Specie, mezzi, metodi, tempi e luoghi di prelievo.
1. Il prelievo è consentito:
a) nei confronti degli esemplari appartenenti alle specie Storno (Sturnus vulgaris), Passero (Passer italiae) e Passera mattugia (Passer montanus);
b) con i mezzi di cui all'art. 13, comma 1 della legge 11 febbraio 1992, n. 157;
c) da parte dei cacciatori iscritti agli Àmbiti territoriali di caccia (A.T.C.) della regione Emilia - Romagna, o che vi abbiano accesso per la caccia in mobilità controllata alla fauna migratoria ai sensi dell'art. 36-bis della L.R. n. 8 del 1994, ai titolari di appostamento fisso con l'uso di richiami vivi, o che esercitino la caccia in azienda faunistico-venatoria;
d) per un numero massimo giornaliero e stagionale per ciascun cacciatore, rispettivamente di venticinque e duecento capi di storni e di dieci e cento capi complessivi di passeri;
e) dal 1° settembre al 31 gennaio, nelle giornate, negli orari e nelle forme consentiti per l'esercizio venatorio.
Art. 2-bis
Richiami.
1. Sono consentiti la detenzione e l'uso di stampi, anche in penna, e di richiami vivi provenienti da allevamenti o da catture svolte antecedentemente al D.P.C.M. 21 marzo 1997, appartenenti alle specie di cui all'art. 2 (2).
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(2) Articolo aggiunto dall'art. 1, L.R. 20 settembre 2002, n. 22.
Art. 3
Controlli.
1. La vigilanza sull'applicazione della presente legge è esercitata ai sensi degli articoli 58 e 59 della L.R. n. 8 del 1994 e successive modifiche.
2. I quantitativi di capi prelevati devono essere indicati, a cura dei cacciatori interessati, nell'apposito riepilogo previsto nel tesserino venatorio regionale, il quale dovrà essere inviato alla Provincia di residenza entro il 28 febbraio di ogni anno. Le province elaborano detta documentazione ed entro il 30 aprile la trasmettono alla Regione, che provvede a predisporre la relazione finale di applicazione della presente legge per i competenti organi statali e l'Istituto nazionale per la fauna selvatica (I.N.F.S.), nonché ai fini dei controlli previsti dalla Direttiva 79/409/CEE.
Art. 4
Sospensione del prelievo.
1. La Giunta regionale, su richiesta dell'I.N.F.S., può sospendere il prelievo qualora siano accertate gravi diminuzioni della consistenza numerica delle specie.
Art. 5
Disposizioni finali (3).
1. Ai fini della prevenzione dei danni provocati alle colture ed al patrimonio zootecnico, per il Piccione di città (Columba livia) le province possono predisporre i piani di controllo di cui all'art. 16 della L.R. n. 8 del 1994.
2. (4).
3. Il comma 3 dell'art. 64 della L.R. n. 8 del 1994 è abrogato.
4.(5).
5. Il comma 1-bis dell'art. 5 della L.R. n. 8 del 1994 è soppresso.
6. La L.R. 25 agosto 1997, n. 30, è abrogata.
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(3) Vedi, anche, la Delib.G.R. 2 agosto 2002, n. 1371 con la quale sono stati definiti i criteri per il calcolo della superficie agro-silvo-pastorale ai fini della redazione dei Piani faunistico-venatori provinciali, in attuazione del presente articolo.
(4) Sostituisce l'art. 18, L.R. 15 febbraio 1994, n. 8.
(5) Sostituisce il comma 1 dell'art. 5, L.R. 15 febbraio 1994, n. 8.
Art. 6
Entrata in vigore.
1. La presente legge è dichiarata urgente ai sensi e per gli effetti dell'art. 31 dello Statuto ed entra in vigore il giorno successivo alla sua pubblicazione nel Bollettino Ufficiale della Regione Emilia-Romagna.
L.R.
Friuli-Venezia Giulia 31 dicembre 1999, n. 30
Gestione ed esercizio dell'attività venatoria nella
Regione Friuli-Venezia Giulia
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(1) Pubblicata nel B.U. Friuli-Venezia Giulia 31 dicembre 1999, n. 52, supplemento straordinario n. 10.
Capo I - Princìpi generali
Art. 1
Finalità.
1. La Regione Friuli-Venezia Giulia tutela la fauna, in quanto patrimonio indisponibile dello Stato, secondo metodi di razionale programmazione ai fini faunistici del territorio e disciplina le diverse forme di gestione a seconda delle finalità prevalenti, ivi compreso il prelievo venatorio, mediante criteri di protezione, incremento, conoscenza e utilizzo razionale della fauna, quale risorsa naturale rinnovabile nell'ambito delle competenze di cui gli articoli 4 e 6 dello statuto speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia ed in conformità alla normativa nazionale e comunitaria.
2. Con successiva legge la Regione Friuli-Venezia Giulia provvederà all'individuazione delle forme di tutela, valorizzazione ed incremento della biodiversità della Regione, con particolare riferimento alla fauna selvatica non cacciabile, identificando finalità, criteri di gestione, funzioni dei diversi soggetti istituzionali, nonché le formazioni sociali da coinvolgere nella gestione.
Art. 2
Zona faunistica delle Alpi.
1. Ai fini della presente legge e della legislazione nazionale vigente, in materia faunistico-venatoria, il territorio della Regione Friuli-Venezia Giulia è sottoposto al regime giuridico della Zona faunistica delle Alpi, nella quale la gestione programmata della caccia si attua secondo quanto disposto dal capo II, sezioni II, III e IV.
Art. 3
Territorio a protezione e gestione della fauna.
1. La Regione destina una quota del territorio agro-silvo-pastorale, non inferiore al 10%, alla protezione della fauna e assicura che la percentuale sottratta all'attività venatoria non sia superiore al 20% della superficie agro-silvo-pastorale regionale. In detta percentuale, ricompresa tra il 10 ed il 20%, rientrano i territori ove sia comunque vietata l'attività venatoria anche per effetto di altre leggi o disposizioni.
1-bis. Ai fini dell'applicazione del divieto di cui all'articolo 21, comma 1, lettere e) e f), della legge 11 febbraio 1992, n. 157 (Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio), e ai fini della definizione della superficie cacciabile, di cui alla presente legge regionale, sono considerate carrozzabili le strade di qualsiasi ordine, tipo e dimensione la cui carreggiata risulti interamente ricoperta da un manto bituminoso o cementizio. Non si considerano comunque carrozzabili le seguenti strade a fondo stabilizzato non coperte da manto bituminoso o cementizio: strade poderali, strade interpoderali, strade soggette al divieto di percorrenza con mezzi motorizzati di cui alla legge regionale 15 aprile 1991, n. 15 (Disciplina dell'accesso dei veicoli a motore nelle zone soggette a vincolo idrogeologico o ambientale. Modifica alla legge regionale 22 gennaio 1991, n. 3) e strade vicinali la cui carreggiata abbia una larghezza inferiore a quattro metri. Sono altresì equiparate alle strade interpoderali le strade di servizio ed accesso ai terreni sottoposti a riordino fondiario (2).
1-ter. Fermo restando l'assoluto divieto di esercitare la caccia da natanti in movimento di cui all'articolo 21, comma 1, lettera i), della legge n. 157/1992, nella regione Friuli-Venezia Giulia, in considerazione della particolare forma di caccia agli anatidi che si pratica nella laguna e a mare è consentito l'esercizio venatorio da natanti fermi e saldamente ancorati posti all'interno degli appositi appostamenti fissi a mare detti "collegia" così da considerarsi galleggianti e non più natanti. E altresì consentito l'uso del natante per il recupero della selvaggina abbattuta e/o ferita senza l'uso del fucile, che in queste circostanze deve essere scarico e riposto in custodia (3).
2. Il territorio agro-silvo-pastorale regionale può essere destinato, nella percentuale massima globale del 10%, alla caccia riservata a gestione privata organizzata in aziende faunistico-venatorie, aziende agri-faunistico-venatoria e zone cinofile.
3. La parte del territorio agro-silvo-pastorale regionale non rientrante nelle previsioni dei commi 1 e 2 è destinata a gestione venatoria pubblica, secondo quanto disposto dal capo II, sezione II.
4. Il territorio agro-silvo-pastorale del Friuli-Venezia Giulia viene identificato, con decreto del presidente della Giunta regionale, in armonia con i dati forniti dall'Istituto nazionale di statistica (I.S.T.A.T.), elaborati a seguito dei censimenti generali dell'agricoltura (4).
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(2) Comma aggiunto dall'art. 14, comma 1, L.R. 17 aprile 2003, n. 10.
(3) Comma aggiunto dall'art. 20, comma 31, L.R. 30 aprile 2003, n. 12.
(4) Vedi, al riguardo, il D.P.Reg. 30 gennaio 2002, n. 025/Pres.
Art. 4
Pari dignità di ogni forma di caccia.
1. Ogni forma di caccia ha pari dignità e pari diritti.
2. La Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia disciplina l'attività venatoria nel rispetto delle culture, consuetudini e tradizioni locali sempre che le stesse non contrastino con l'esigenza di crescita e conservazione delle specie oggetto di prelievo.
Art. 5
Autogestione dell'attività venatoria.
1. La gestione dell'attività venatoria è demandata ai cacciatori che la esercitano attraverso i soggetti e istituti previsti e individuati dalla presente legge.
2. La Regione Friuli-Venezia Giulia determina i criteri di gestione dell'attività venatoria nel rispetto del generale principio dell'autogestione.
Capo II - Enti e organismi di gestione faunistico-venatoria
Sezione I - Individuazione delle funzioni
Art. 6
Enti e organismi.
1. Le competenze in materia faunistica e venatoria sono esercitate da:
a) Riserve di caccia, aziende faunistico-venatorie, aziende agri-turistico-venatorie;
b) Distretti venatori;
c) Regione;
d) Province.
Sezione II - Riserve di caccia di diritto
Art. 7
Definizione e funzioni.
1. Il territorio regionale destinato a gestione venatoria pubblica è suddiviso nelle unità territoriali denominate Riserve di caccia, individuate nell'allegato A. Fanno parte delle Riserve di caccia anche le zone di mare antistanti il territorio delle province di Gorizia e Udine fino ad un miglio nautico dalla linea costiera.
2. Le Riserve di caccia, associazioni senza fini di lucro, sono composte dai cacciatori ad esse assegnati, ed operano sui territori di cui al comma 1, delimitati con provvedimento dell'Amministrazione regionale.
3. Al fine del perseguimento della protezione, incremento e razionale sfruttamento del patrimonio faunistico e della gestione dell'esercizio venatorio, le Riserve di caccia provvedono, quali conduttori a fini faunistico-venatori dei fondi rientranti nella previsione dei commi 1 e 2 (5):
a) ad attuare i censimenti ed a predisporre i piani di abbattimento;
b) a predisporre i regolamenti annuali o pluriennali di gestione faunistica e di fruizione venatoria (6);
c) a redigere i consuntivi annuali di gestione faunistico venatoria;
d) a svolgere attività di miglioramento ambientale e iniziative ricreativo-culturali.
4. Nell'ambito delle finalità di cui al comma 3, le Riserve di caccia propongono alle amministrazioni ed enti competenti limitazioni temporanee nell'utilizzo del territorio.
5. Gli atti di cui alle lettere a), b) e c) del comma 3 sono trasmessi al Distretto venatorio di appartenenza entro dieci giorni dalla loro adozione per la loro ratifica e diventano esecutivi con l'esecutività dell'atto di ratifica dell'Assemblea del Distretto medesimo, ai sensi dell'articolo 16 (7).
5-bis. Gli atti di cui al comma 3, lettera b), sono adottati sentita l'Assemblea dei soci (8).
6. Qualora sia omessa l'adozione di un atto obbligatorio di cui al comma 3, lettere a), b) e c), il Presidente del Distretto venatorio di competenza, invia, previa diffida, un commissario per l'adozione dell'atto medesimo.
6-bis. Nelle more dell'approvazione del piano pluriennale di gestione faunistica di cui all'articolo 18, i piani di abbattimento, di cui al comma 3, lettera a) del presente articolo, possono comprendere anche gli abbattimenti di cui al comma 4 del medesimo articolo 18, limitatamente alle specie e con le modalità tradizionali esercitate antecedentemente alla data di entrata in vigore della presente legge (9).
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(5) Alinea così modificato dall'art. 2, comma 2, L.R. 4 settembre 2001, n. 20.
(6) Lettera così modificata dall'art. 14, comma 2, lettera a), L.R. 17 aprile 2003, n. 10.
(7) Il presente comma, già modificato dall'art. 2, comma 3, L.R. 4 settembre 2001, n. 20, è stato poi così sostituito dall'art. 14, comma 2, lettera b), L.R. 17 aprile 2003, n. 10. Il testo precedente era così formulato: «5. Gli atti di cui alle lettere a), b) e c) del comma 3 sono trasmessi al Distretto venatorio di appartenenza entro dieci giorni dalla loro adozione e diventano esecutivi con la ratifica da parte dell'Assemblea del Distretto medesimo.».
(8) Comma aggiunto dall'art. 14, comma 2, lettera c), L.R. 17 aprile 2003, n. 10.
(9) Comma aggiunto dall'art. 14, comma 2, lettera d), L.R. 17 aprile 2003, n. 10.
Art. 8
Statuto.
1. Lo Statuto della Riserva di caccia è adottato dai cacciatori ad esso assegnati, avuto riguardo allo statuto tipo emanato con decreto del Presidente della Giunta regionale, previa deliberazione della medesima, su proposta dell'Assessore competente, e successivamente approvato con provvedimento dell'Amministrazione regionale che determina anche il territorio di competenza delle Riserve di caccia.
2. Lo statuto disciplina in particolare l'organizzazione e il funzionamento della Riserva di caccia, le competenze del Direttore e del Consiglio direttivo, nonché le attività culturali, di gestione e miglioramento ambientale.
Art. 9
Direttore.
1. La Riserva di caccia è gestita dal Direttore eletto in regolare assemblea con voto segreto tra i cacciatori ad essa assegnati. Il direttore ha la legale rappresentanza della Riserva di caccia e dura in carica cinque anni. In caso di cessazione anticipata dell'incarico per qualsiasi motivo, il nuovo Direttore eletto dura in carica sino alla scadenza del periodo restante al compimento del quinquennio.
2. I Direttori devono essere iscritti nell'Elenco regionale dei Direttori di Riserva e dei concessionari di azienda venatoria, di seguito denominato «Elenco», istituito presso l'Amministrazione regionale (10).
3. Qualora i Direttori eletti non risultino iscritti nell'elenco, devono frequentare un apposito corso abilitativo organizzato dall'Amministrazione regionale sulle materie riguardanti la gestione faunistico e venatoria. La partecipazione al corso abilitativo comporta l'iscrizione nell'elenco (11) (12).
4. Trascorsi dodici mesi dall'elezione, la mancata iscrizione nell'Elenco comporta la decadenza dalla carica di Direttore e la nomina da parte del Distretto venatorio competente, di un commissario scelto fra gli iscritti nell'Elenco, per la gestione ordinaria della gestione e l'indizione di nuove elezioni (13).
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(10) Vedi, anche, il D.Dirett. 1° aprile 2004, n. 215.
(11) Comma così modificato dall'art. 14, comma 3, L.R. 17 aprile 2003, n. 10.
(12) Ai sensi del presente comma, con D.Dirett. 1° aprile 2004, n. 215 sono state apportate integrazioni all'elenco dei Dirigenti venatori.
(13) Per l'interpretazione autentica del presente comma, vedi l'art. 27, comma 1, L.R. 4 giugno 2004, n. 18.
Sezione III - Aziende faunistico-venatorie e aziende agri-turistico-venatorie
Art. 10
Aziende faunistico-venatorie.
1. L'Amministrazione regionale autorizza l'istituzione e il rinnovo di aziende faunistico-venatorie, senza fini di lucro, al fine di ripristinare e migliorare l'ambiente naturale per la protezione e l'incremento della fauna.
2. Per le finalità di cui al comma 1 possono essere autorizzate aziende faunistico-venatorie a favore di uno o più proprietari o conduttori che conferiscono in loro terreni al fine di goderne l'utilizzo a scopo venatorio (14).
3. Al fine di assicurare una corretta programmazione faunistico-venatoria, possono essere autorizzate aziende faunistico-venatorie con una percentuale, da stabilirsi con il regolamento di attuazione, di fondi posti all'interno del comprensorio della azienda da includersi coattivamente e non rientranti nelle ipotesi di cui all'articolo 20 della legge regionale 17 luglio 1996, n. 24.
4. Le aziende faunistico-venatorie, nel perseguimento della protezione e incremento del patrimonio faunistico provvedono:
a) ad organizzare censimenti ed a predisporre i piani di abbattimento;
b) a redigere i consuntivi annuali di gestione faunistico-venatoria;
c) a predisporre e a trasmettere all'Amministrazione regionale i bilanci di gestione faunistico-venatoria unitamente a copia dei registri di cui all'articolo 30, comma 3.
5. Gli atti di cui al comma 4, lettere a) e b), devono essere trasmessi al Distretto venatorio di appartenenza entro dieci giorni dall'adozione per la loro ratifica. Gli atti di cui alla lettera a) diventano esecutivi con l'esecutività dell'atto di ratifica dell'Assemblea del Distretto medesimo ai sensi dell'articolo 16 (15).
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(14) Comma così modificato dall'art. 2, comma 4, L.R. 4 settembre 2001, n. 20. Vedi, anche, i commi 5 e 6 del medesimo articolo.
(15) Comma così sostituito dall'art. 14, comma 4, L.R. 17 aprile 2003, n. 10. Il testo originario era così formulato: «5. Gli atti di cui al comma 4, lettere a) e b), devono essere trasmessi al Distretto venatorio di appartenenza entro dieci giorni della loro adozione. Gli atti di cui alla lettera a) diventano esecutivi con la ratifica, ovvero trascorsi venti giorni dalla loro ricezione senza che sia stato adottato alcun provvedimento.».
Art. 11
Aziende agri-turistico-venatorie.
1. L'Amministrazione regionale autorizza l'istituzione e il rinnovo di aziende agri-turistico-venatorie al fine di consentire un'integrazione del reddito delle imprese agricole (16).
2. Per le finalità di cui al comma 1 possono essere autorizzate aziende agri-turistico-venatorie a favore di uno o più soggetti che conferiscono terreni dell'azienda agricola a scopi venatori.
3. La costituzione o il rinnovo di aziende agri-turistico-venatorie è ammessa solo con l'inclusione volontaria dei terreni nel comprensorio dell'azienda.
4. Nell'azienda agri-turistico-venatorie è consentita, per tutta la stagione venatoria, l'immissione e l'abbattimento di fauna di allevamento appartenente alla specie cacciabili.
5. La fruizione venatoria nelle aziende agri-turistico-venatorie non costituisce giornata di caccia ed esime dall'obbligo dell'indicazione delle giornate fruite e dei capi abbattuti.
6. Nelle aziende agri-turistico-venatorie sono consentiti l'addestramento e l'allenamento di cani da caccia e di falchi, nonché l'effettuazione di gare e prove cinofile con cani da ferma, da cerca o da riporto anche con l'abbattimento di fauna di allevamento appartenente alle specie cacciabili durante tutto il periodo dell'anno.
7. Le aziende agri-turistico-venatorie non possono comunque comprendere territori precedentemente individuati quali bandite di caccia e/o zone di ripopolamento e cattura.
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(16) Vedi, anche, l'art. 2, comma 7, L.R. 4 settembre 2001, n. 20.
Art. 12
Norme comuni.
1. Le aziende faunistico-venatorie e le aziende agri-turistico-venatorie devono:
a) interessare non più del 10 per cento del territorio cacciabile di ciascuna Riserva di caccia;
b) conformarsi alla pianificazione faunistico-venatoria e agli indirizzi dei competenti organismi di settore;
c) destinare una superficie non inferiore al 20 per cento del comprensorio dell'azienda a spazi naturali permanenti;
d) essere costituite su terreni posti in continuità e contiguità fra loro per una superficie superiore a 150 ettari e non distare meno di un chilometro tra loro.
2. Fatta eccezione per i fondi inclusi coattivamente all'interno delle aziende faunistico-venatorie, i territori che per qualunque ragione cessino di far parte di un'azienda faunistico-venatoria o di un'azienda agri-turistico-venatoria sono inclusi nelle Riserve di caccia confinanti.
3. Ai legali rappresentanti delle aziende faunistico-venatorie e agri-turistico-venatorie si applicano le disposizioni previste dall'art. 9, commi 2, 3 e 4.
4. Con regolamento di esecuzione della seguente legge, da emanarsi entro 180 giorni dall'entrata in vigore della medesima, sono disciplinate in particolare le condizioni e le modalità per il rilascio, il rinnovo e la revoca dell'autorizzazione di cui al comma 1, nonché le modalità di programmazione delle aziende faunistico-venatorie e agri-turistico-venatorie, e in particolare la creazione degli spazi naturali permanenti, le immissioni ed i prelievi di fauna e le adeguate delimitazioni o recinzioni (17).
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(17) Con D.P.G.R. 25 ottobre 2000, n. 0375/Pres. è stato approvato il regolamento per la disciplina delle aziende faunistico-venatorie ed agri-turistico-venatorie, di cui al presente articolo.
Sezione III-bis - Zone cinofile (18)
Art. 12-bis
Zone cinofile regionali (19).
1. Per gli scopi della cinofilia venatoria relativi all'addestramento e all'allenamento, nonché per le prove di cani da caccia, sono costituite le zone cinofile regionali di Premariacco e del Dandolo di Maniago.
2. L'affidamento delle zone cinofile regionali di Premariacco e del Dandolo di Maniago, non soggette al pagamento della tassa regionale prevista dal comma 2 dell'articolo 27, deve essere effettuato da parte dell'Amministrazione regionale secondo la perimetrazione provvisoria, di cui agli allegati B e C (20).
3. La gestione, senza fini di lucro, delle zone cinofile di cui al comma 1 è affidata alle delegazioni dell'Ente nazionale della cinofilia italiana (E.N.C.I.) competenti per territorio (21).
4. L'associazione affidataria della gestione è tenuta alla salvaguardia delle colture agricole, dell'ambiente e della fauna, al risarcimento dei danni comunque provocati dalla fauna e dall'attività cinofila, al divieto di abbattimento di fauna, all'adozione di un disciplinare per l'utenza e la garanzia d'uso della zona da parte dei soggetti interessati.
5. Ai fini della presente legge, le zone cinofile previste dal comma 1 devono essere tabellate a cura del gestore dell'impianto e rientrano nella percentuale di territorio di cui all'articolo 3, comma 2.
5-bis. La Giunta regionale provvede alla definitiva perimetrazione delle zone cinofile regionali entro un anno dall'acquisizione da parte dell'Amministrazione regionale dell'accordo intercorso tra i soggetti interessati, ivi compresi i proprietari delle aree e la Riserva di caccia competente per territorio, e l'ente affidatario della gestione (22) (23).
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(18) La presente sezione III-bis, unitamente agli articoli che la compongono (articoli 12-bis e 12-ter), è stata aggiunta dall'art. 11, comma 3, L.R. 3 luglio 2000, n. 13.
(19) Con D.P.G.R. 29 gennaio 2001, n. 027/Pres. è stato approvato il regolamento per la disciplina delle zone cinofile.
(20) Comma così sostituito dall'art. 2, comma 8, L.R. 4 settembre 2001, n. 20. Il testo originario era così formulato: «2. Le zone cinofile regionali di Premariacco e del Dandolo di Maniago, individuate negli allegati B e C, non sono soggette al pagamento della tassa regionale prevista dall'articolo 27, comma 2.».
(21) Comma così modificato dall'art. 2, comma 10, L.R. 4 settembre 2001, n. 20.
(22) Comma aggiunto dall'art. 2, comma 11, L.R. 4 settembre 2001, n. 20.
(23) La sezione III-bis, unitamente agli articoli che la compongono (ivi compreso il presente articolo), è stata aggiunta dall'art. 11, comma 3, L.R. 3 luglio 2000, n. 13. Il presente articolo è stato così modificato come indicato nelle note che precedono.
Art. 12-ter
Zone cinofile destinate alle riserve di caccia, alle associazioni venatorie e cinofile e agli imprenditori agricoli.
1. L'Amministrazione regionale, su richiesta delle riserve di caccia, delle associazioni venatorie o cinofile e degli imprenditori agricoli singoli od associati può autorizzare, nei limiti di cui all'articolo 3, comma 2, l'istituzione di zone cinofile per l'addestramento, l'allenamento, le prove e le gare per cani da caccia, se non interessano più del 2 per cento del territorio cacciabile di ciascuna riserva di caccia e se sono costituite su terreni disponibili e posti in continuità e contiguità fra loro.
1-bis. Le riserve di caccia, le associazioni venatorie o cinofile nonché gli imprenditori agricoli singoli o associati possono chiedere all'Amministrazione regionale di limitare l'attività di addestramento, allenamento, prove e gare per cani da caccia, di cui al comma 1, ad un periodo di tempo inferiore all'annata venatoria, ferma restando, per il rimanente periodo, la destinazione della zona cinofila ad esercizio venatorio pubblico nel rispetto del calendario venatorio (24).
2. Qualora la gestione della zona cinofila sia effettuata senza scopo di lucro dalle riserve di caccia e dalle associazioni venatorie e cinofile, le autorizzazioni di cui al comma 1 sono concesse se risulta acquisito il consenso scritto dei proprietari dei terreni.
3. (Comma omesso in quanto oggetto di rinvio da parte del Governo).
4. Con regolamento di esecuzione sono disciplinate, in particolare, le condizioni e le modalità per il rilascio delle autorizzazioni di cui al comma 1 e il rinnovo e la revoca delle autorizzazioni medesime, nonché l'alternatività tra zone cinofile e zone addestramento cani, previste dall'articolo 7, primo comma, della legge regionale 19 dicembre 1986, n. 56 (25).
4-bis. Nelle zone cinofile di cui al presente articolo è ammesso l'abbattimento per tutto il periodo dell'anno esclusivamente di fauna di allevamento appartenente alle specie cacciabili (26) (27).
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(24) Comma aggiunto dall'art. 14, comma 5, lettera a), L.R. 17 aprile 2003, n. 10.
(25) Vedi, al riguardo, il D.P.G.R. 29 gennaio 2001, n. 027/Pres.
(26) Comma aggiunto dall'art. 14, comma 5, lettera b), L.R. 17 aprile 2003, n. 10.
(27) La sezione III-bis, unitamente agli articoli che la compongono (ivi compreso il presente articolo), è stata aggiunta dall'art. 11, comma 3, L.R. 3 luglio 2000, n. 13. Il presente articolo è stato poi così modificato come indicato nelle note che precedono.
Sezione IV - Distretti venatori
Art. 13
Definizione.
1. I Distretti venatori sono unità territoriali omogenee dal punto di vista ambientale e di vocazione faunistica, di usi, consuetudini e tradizioni locali, individuati al fine del coordinamento e della razionalizzazione dell'attività di gestione delle Riserve di caccia delle aziende faunistico-venatorie, delle aziende agri-turistico-venatorie e delle zone cinofile.
2. I Distretti venatori sono individuati dall'allegato A. Eventuali modifiche all'allegato A sono disposte con decreto del Presidente della Giunta regionale, previa deliberazione della medesima, su proposta dell'Assessore regionale competente, sentita la Conferenza permanente dei Presidenti dei Distretti venatori ovvero su proposta dei Direttori di Riserva o del Direttore di Riserva che richiedano la modifica della individuazione del distretto di appartenenza (28).
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(28) Vedi, al riguardo, il D.P.G.R. 22 gennaio 2001, n. 012/Pres e il D.Dirett. 29 maggio 2003, n. 364.
Art. 14
Funzioni.
1. I Distretti venatori esercitano nel territorio di competenza le funzioni relative alla realizzazione degli obiettivi della sezione venatoria del piano regionale pluriennale di gestione faunistica.
2. I Distretti venatori, in attuazione del piano regionale pluriennale di gestione faunistica e degli indirizzi in materia espressi dall'Amministrazione regionale, in particolare provvedono.
a) ad offrire servizi alle riserve di caccia e alle aziende faunistico-venatorie relativamente agli adempimenti di competenza di queste;
b) ad organizzare e coordinare i censimenti e a ratificare i piani di abbattimento delle Riserve di caccia e delle aziende faunistico-venatorie;
c) a coordinare e ratificare i regolamenti annuali o pluriennali di gestione faunistica e di fruizione venatoria delle Riserve di caccia (29);
d) a predisporre i piani di ripopolamento e di tutela della fauna, nonché a programmare le iniziative ambientali da attuare sul territorio;
e) a ratificare la relazione consuntiva annuale sulla gestione faunistico-venatoria delle Riserve di caccia e delle aziende venatorie, comprendente le informazioni faunistiche e i dati statistici sulle attività delle riserve di caccia e delle aziende faunistico-venatorie, aziende agri-turistico-venatorie e zone cinofile;
f) a realizzare le mostre dei trofei dei capi abbattuti nelle Riserve di caccia e nelle aziende faunistico-venatorie;
g) all'eventuale istituzione di centri di raccolta della fauna abbattuta;
g-bis) a dirimere in via equitativa, attraverso un Comitato di saggi composto da tre membri effettivi e due supplenti eletti dall'Assemblea del distretto medesimo fra i propri componenti, i contenziosi che insorgono all'interno delle Riserve e ad irrogare sanzioni disciplinari per infrazioni di lieve entità legate alla violazione di disposizioni regolamentari o statutarie che comportino una sanzione non superiore alla censura scritta. I membri, qualora siano chiamati ad esprimersi su fatti sui quali siano direttamente interessati, sono sostituiti per incompatibilità dai membri supplenti (30).
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(29) Lettera così sostituita dall'art. 14, comma 6, lettera a), L.R. 17 aprile 2003, n. 10. Il testo originario era così formulato: «c) a ratificare i regolamenti annuali di gestione faunistica e di fruizione venatoria delle Riserve di caccia;».
(30) Lettera aggiunta dall'art. 14, comma 6, lettera b), L.R. 17 aprile 2003, n. 10.
Art. 15
Organi.
1. Gli organi dei Distretti venatori sono:
a) l'Assemblea;
b) il Presidente;
b-bis) il Vicepresidente (31).
2. L'Assemblea è composta dai Direttori delle Riserve di caccia ovvero, se delegati, dai vicedirettori delle stesse, nonché dai rappresentanti delle aziende faunistico-venatorie e delle aziende agri-turistico-venatorie o da soggetti incaricati, con delega scritta, dalle stesse e dai gestori delle zone cinofile ricomprese nel territorio del Distretto, in numero non superiore al 10 per cento dei rappresentanti delle Riserve di caccia (32).
3. L'Assemblea svolge le funzioni attribuite al Distretto venatorio ed elegge il Presidente tra i suoi componenti. Il Presidente dura in carica cinque anni qualora, per qualsiasi ragione, cessi dal mandato, viene sostituito per la restante parte del quinquennio.
4. Il Presidente è il rappresentante legale del Distretto venatorio, provvede all'esecuzione delle deliberazioni dell'Assemblea e nomina il Vicepresidente che, in sua assenza, lo sostituisce in ogni sua competenza, nonché il commissario ad acta previsto dall'art. 7, comma 6 (33).
5. Nello svolgimento dei propri compiti i Distretti venatori sono coadiuvati dal servizio autonomo per la gestione faunistica e venatoria.
6. In sede di prima applicazione della presente legge, il Direttore del Servizio autonomo per la gestione faunistica e venatoria individua i componenti dell'Assemblea di ciascun Distretto venatorio e provvede alla convocazione della prima seduta per l'elezione del Presidente. Successivamente, l'Assemblea stessa provvede a prendere atto delle variazioni alla sua composizione.
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(31) Lettera aggiunta dall'art. 14, comma 7, lettera a), L.R. 17 aprile 2003, n. 10.
(32) Comma così sostituito dall'art. 14, comma 7, lettera b), L.R. 17 aprile 2003, n. 10. Il testo originario era così formulato: «2. L'Assemblea è composta dai Direttori delle Riserve di caccia, nonché dai rappresentati dalle aziende faunistico-venatorie e delle aziende agri-turistico-venatorie e dai gestori delle zone cinofile ricomprese nel territorio del Distretto, in numero non superiore al 10 per cento dei rappresentanti delle Riserve di caccia.».
(33) Comma così modificato dall'art. 14, comma 7, lettera c), L.R. 17 aprile 2003, n. 10.
Art. 16
Controllo sugli atti.
1. L'Amministrazione regionale verifica la rispondenza agli indirizzi regionali degli atti adottati dall'Assemblea.
2. Le deliberazioni dell'Assemblea sono trasmesse all'Amministrazione regionale entro dieci giorni dalla loro adozione e diventano esecutive con l'approvazione, ovvero trascorsi venti giorni dalla data della loro ricezione senza che sia stato adottato alcun provvedimento o sospensione dei termini (34).
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(34) Comma così modificato dall'art. 2, comma 12, L.R. 4 settembre 2001, n. 20.
Sezione V - Funzione della Regione
Art. 17
Funzioni di indirizzo generale.
1. Al fine di promuovere e coordinare l'attività degli enti e degli organismi operanti nel settore faunistico e venatorio, la Giunta regionale adotta atti di indirizzo generale.
2. Ai fini di cui al comma 1, la Giunta regionale in particolare adotta direttive generali (35):
a) per la redazione e l'aggiornamento del piano regionale pluriennale di gestione faunistica;
b) per la determinazione degli indici di densità venatoria delle riserve di caccia (36);
c) per la determinazione delle dimensioni minime e massime dei Distretti venatori e delle Riserve di caccia;
d) per l'ammissione ed il trasferimento dei cacciatori nelle riserve di caccia (37);
e) per l'istituzione di oasi di protezione lungo le rotte di migrazione e zone di ripopolamento e cattura;
f) per l'esclusione dei terreni dall'esercizio venatorio;
g) per la riutilizzazione a fini venatori delle aree già precluse alla caccia (38).
3. Le direttive generali di cui al comma 2, lettere f) e g), sono adottate previo parere del Comitato faunistico-venatorio regionale.
4. Le direttive generali di cui al comma 2, lettere a) ed e), sono adottate previo parere del Comitato faunistico-venatorio regionale e dell'organismo di cui all'articolo 21.
5. Le direttive generali di cui al comma 2 lettere b) e c) sono adottate previo parere dell'organismo di cui all'articolo 23.
6. Le deliberazioni della Giunta regionale adottate ai sensi del comma 2 sono pubblicate sul Bollettino Ufficiale della Regione
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(35) Con Delib.G.R. 8 agosto 2000, n. 2513 e con Delib.G.R. 15 marzo 2002, n. 796 sono state approvate le direttive per la determinazione degli indici di densità venatoria e per l'ammissione e il trasferimento dei cacciatori nelle riserve di caccia della Regione, rispettivamente per l'annata venatoria 2000-2001 e per l'annata venatoria 2002-2003. Vedi la Delib.G.R. 7 maggio 2002, n. 1471 che ha abrogato la suddetta Delib.G.R. n. 796/2002.
(36) Vedi, anche, la Delib.G.R. 29 agosto 2003, n. 2593.
(37) Vedi, anche, il D.P.G.R. 1° febbraio 2000, n. 030/Pres.
(38) Vedi, anche, la Delib.G.R. 20 luglio 2000, n. 2137.
Art. 18
Piano regionale pluriennale di gestione faunistica.
1. La Regione adotta il piano regionale pluriennale di gestione faunistica al fine di consentire la conservazione, la riproduzione ed il miglioramento della fauna e la razionale gestione venatoria.
2. Il piano regionale pluriennale di gestione faunistica individua sul territorio gli areali delle singole specie selvatiche, rileva lo stato faunistico e vegetazionale esistente, verifica la dinamica delle singole popolazioni faunistiche ed individua interventi e misure volte al miglioramento dello stato faunistico e ambientale, anche attraverso ripopolamenti e prelievi di fauna con specifiche articolazioni territoriali.
3. Ai fini di protezione, incremento e razionale utilizzo della fauna, il piano regionale pluriennale di gestione faunistica può disporre limitazioni ed esclusioni all'elenco, ai periodi ed alle forme di prelievo delle specie cacciabili su tutto o parte del territorio regionale.
4. Per uniformare la gestione della fauna stanziale nelle aree situate lungo i confini di stato, nel rispetto delle norme comunitarie e degli accordi internazionali, il piano regionale pluriennale di gestione faunistica può disporre, limitatamente ai Distretti venatori interessati, discipline particolari di prelievo venatorio anche in deroga alla vigente normativa.
5. Il piano regionale pluriennale di gestione faunistica è approvato con decreto del Presidente della Giunta regionale, su conforme deliberazione della Giunta stessa, sentiti l'organismo di cui all'articolo 21, il Comitato faunistico-venatorio regionale e l'organismo di cui all'articolo 23, nonché gli enti gestori dei parchi e delle riserve naturali regionali e l'Azienda dei parchi e delle foreste regionali. I pareri devono essere espressi entro trenta giorni dalla richiesta; in caso contrario, si intendono resi favorevolmente. Il piano regionale pluriennale di gestione faunistica è interamente pubblicato sul Bollettino Ufficiale della Regione.
6. Il piano regionale pluriennale di gestione faunistica è aggiornato almeno ogni cinque anni.
7. È fatto obbligo agli Enti preposti alla gestione della fauna e delle attività venatoria di provvedere, nell'ambito delle proprie competenze, al perseguimento degli obiettivi indicati nel piano regionale pluriennale di gestione faunistica.
Art. 19
Funzioni amministrative.
1. L'Amministrazione regionale provvede in particolare:
a) a determinare il numero minimo o massimo di cacciatori da assegnare ad ogni singola Riserva di caccia;
b) a modificare l'elenco e le dimensioni delle Riserve di caccia e dei Distretti venatori;
c) all'assegnazione e trasferimento dei cacciatori nelle Riserve di caccia;
d) all'istituzione di oasi di protezione lungo le rotte di immigrazione e di zone di ripopolamento e cattura, sentito il parere dei Presidenti dei Distretti interessati;
e) ad escludere i fondi dell'esercito venatorio;
f) a disciplinare il prelievo venatorio nelle aree già precluse alla caccia;
g) [alla gestione del Fondo regionale per il miglioramento ambientale e per la copertura rischi, di cui all'articolo 35] (39);
h) all'organizzazione diretta o tramite le province di tutti o parte dei corsi formativi ed abilitativi dei Direttori delle Riserve di caccia, dei responsabili delle aziende faunistico-venatorie delle aziende agri-turistico-venatorie, nonché dei singoli cacciatori.
2. Le competenze regionali previste dalla presente legge sono esercitate dal Servizio autonomo per la gestione faunistica e venatoria, salvo quanto previsto dall'articolo 13, comma 2 e dall'art. 40, commi 10, 10-bis e 11 (40).
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(39) Lettera abrogata dall'art. 5, comma 1, L.R. 29 gennaio 2003, n. 1, a decorrere dalla data di entrata in vigore del provvedimento di cui al comma 3 dell'art. 35 della presente legge.
(40) Comma così modificato dall'art. 7, comma 133, L.R. 26 febbraio 2001, n. 4.
Art. 20
Funzioni di controllo.
1. L'Amministrazione regionale può disporre, in ogni tempo, accessi, ispezioni o verifiche sull'andamento della gestione faunistica e venatoria delle Riserve di caccia e dei Distretti venatori, al fine di assicurare l'ordinato funzionamento degli stessi e, ove sia omesso o ritardato un atto obbligatorio può inviare, previa diffida all'organo responsabile, un commissario anche solo per l'adozione dell'atto medesimo.
2. I Direttori delle Riserve di caccia e i Presidenti dei Distretti venatori sono commissariati dall'Amministrazione regionale qualora siano accertate a loro carico dalle competenti autorità violazioni di legge, regolamentari e gravi irregolarità che compromettano il normale funzionamento degli organismi di appartenenza. I soggetti che sono stati commissariati non possono essere rieletti (41).
2-bis. I provvedimenti di commissariamento di cui ai commi 1 e 2 sono adottati dall'Assessore regionale competente (42).
3. L'Amministrazione regionale può disporre, in ogni tempo, accessi ispezioni o verifiche sull'andamento della gestione delle aziende faunistico-venatorie al fine di assicurare il raggiungimento dell'interesse pubblico della protezione e dell'incremento della fauna e del miglioramento ambientale, ove sia omesso o ritardato un atto obbligatorio, può revocare, previa diffida, la concessione.
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(41) Il presente comma, già sostituito dall'art. 2, comma 1, L.R. 4 settembre 2001, n. 20, è stato poi nuovamente così sostituito dall'art. 14, comma 8, lettera a), L.R. 17 aprile 2003, n. 10. Il testo precedente originario era così formulato: «2. I Direttori delle Riserve di caccia e i Presidenti dei Distretti venatori sono commissariati dall'Amministrazione regionale qualora siano accertate definitivamente a loro carico dalle competenti autorità violazioni di legge, regolamentari e gravi irregolarità che compromettano il normale funzionamento degli organismi di appartenenza.».
(42) Comma aggiunto dall'art. 14, comma 8, lettera b), L.R. 17 aprile 2003, n. 10.
Sezione VI - Istituto faunistico-regionale e organi consultivi della Regione
Art. 21
Istituto faunistico-regionale.
1. L'Istituto faunistico-regionale (I.F.R.) è la struttura tecnico-scientifica per la conservazione della fauna e dei suoi habitat e per la pianificazione faunistica. La sede dell'IFR può essere individuata anche in località diversa dal capoluogo regionale (43).
2. L'I.F.R., in particolare:
a) esprime pareri tecnico - scientifici previsti dalla presente legge e su ogni altra questione inerente la tutela della fauna selvatica e la gestione venatoria che venga ad esso sottoposta dall'Amministrazione regionale;
b) effettua sull'intero territorio regionale studi, ricerche scientifiche e monitoraggi aventi per oggetto la fauna selvatica, in particolare con il rilevamento dei dati biologici, ecologici ed etologici, con censimenti e marcature, con lo studio delle migrazioni ed il rilevamento dei dati biometrici;
c) verifica la distribuzione, la tendenza e la consistenza delle singole specie selvatiche nell'ambito del territorio regionale, anche in rapporto allo stato dell'ambiente nelle sue relazioni con la fauna e la dinamica delle specie stesse;
d) propone e sperimenta interventi volti al miglioramento dello stato faunistico e ambientale, anche attraverso progetti di restauro ambientale, immissioni o prelievi di fauna;
e) promuove e coordina i censimenti relativi alle specie maggiormente minacciate o in pericolo di estinzione;
f) verifica i censimenti effettuati da parte delle Riserve di caccia delle Aziende faunistiche e valuta la congruenza dei relativi prelievi, secondo le procedure stabilite dalla presente legge;
g) propone le azioni per il controllo della fauna selvatica di cui all'articolo 19 della legge 11 febbraio 1992, n. 157;
h) propone misure per la mitigazione dell'impatto provocato da specie selvatiche sulle attività produttive o su altre specie;
i) esprime pareri di cui all'articolo 37;
l) fornisce il supporto conoscitivo per la definizione e la revisione del piano regionale pluriennale di gestione faunistica, per la sospensione temporanea della caccia a determinate specie, ovvero per la limitazione del prelievo venatorio nei loro confronti;
m) esprime il parere relativamente agli elenchi delle specie cacciabili, alla definizione dei calendari venatori, alla istituzione di oasi di protezione lungo le rotte migratorie ed alla individuazione dei valichi montani vietati alla attività venatoria;
n) organizza corsi, incontri, convegni e promuove pubblicazioni anche al fine di una più vasta diffusione delle conoscenze nella materia.
3. Per l'espletamento delle funzioni di cui al comma 2, l'I.F.R. collabora con università, istituzioni di ricerca, enti ed associazioni a livello regionale, nazionale ed internazionale.
4. Ai fini dell'organizzazione, l'I.F.R. è struttura stabile equiparata a Servizio autonomo e per lo stesso può essere prevista una subarticolazione territoriale. Esso è compreso nel Dipartimento per il territorio e l'ambiente.
5. All'I.F.R. è preposto un Direttore in possesso di specifici requisiti nelle materie di competenza e di comprovata esperienza nella gestione della tutela dell'ambiente naturale. All'I.F.R., per assicurarne il funzionamento, è assegnato personale appartenente al ruolo unico regionale. Per lo svolgimento delle attività di direzione e tecnico - scientifica può avvalersi della collaborazione di personale esperto che abbia già svolto funzioni analoghe presso pubbliche amministrazioni, con priorità per i soggetti operanti presso i disciolti Osservatori faunistici.
6. Con il regolamento di attuazione sono individuate le modalità di coordinamento operativo tra i diversi Enti, organismi e soggetti preposti alla gestione faunistica e venatoria (44).
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(43) Il secondo periodo è stato aggiunto dall'art. 18, comma 1, L.R. 15 maggio 2002, n. 13.
(44) Vedi, al riguardo, il regolamento approvato con D.P.Reg. 28 marzo 2003, n. 090/Pres.
Art. 22
Comitato faunistico-venatorio regionale.
1. È istituito, quale organo consultivo della Regione per la tutela della fauna e per la gestione dell'esercizio venatorio. il Comitato faunistico-venatorio regionale.
2. Il Comitato faunistico-venatorio regionale esprime pareri nei casi previsti dagli articoli 17, 18 e 37 e su ogni questione che venga ad esso sottoposta dall'amministrazione regionale in materia faunistico-venatoria.
3. Il Comitato faunistico-venatorio regionale è composto:
a) dall'Assessore regionale competente, in qualità di Presidente;
b) dai Presidenti delle province o dagli Assessori delegati;
c) da sei rappresentanti delle associazioni venatorie;
d) da sei rappresentanti delle organizzazioni professionali agricole;
e) da quattro rappresentanti delle associazioni di protezione ambientale.
4. Il Comitato faunistico-venatorio regionale è nominato con decreto dell'assessore regionale competente.
5. I componenti di cui alle lettere c), d) ed e) sono designati congiuntamente dalle associazioni operanti e maggiormente rappresentative in Regione.
6. I componenti del Comitato faunistico-venatorio regionale restano in carica cinque anni e possono essere riconfermati.
7. Il Comitato faunistico-venatorio regionale è convocato dal Presidente. Per la validità delle sedute è necessaria la presenza della maggioranza dei componenti. Le deliberazioni sono assunte con il voto favorevole dalla maggioranza dei presenti. In caso di parità, prevale il voto del Presidente.
8. Le funzioni di segretario del Comitato faunistico-venatorio regionale sono svolte da un dipendente del Servizio autonomo per la gestione faunistica e venatoria con qualifica non inferiore a segretario.
9. Ai componenti del Comitato faunistico-venatorio regionale è corrisposto un gettone di presenza di lire 100.000/euro 51,65 per ogni seduta ed il rimborso spese spettante ai dipendenti regionali.
Art. 23
Conferenza permanente dei Presidenti dei Distretti venatori.
1. È istituita, quale organo consultivo della Regione per la gestione a fini venatori del territorio, la Conferenza permanente dei Presidenti dei Distretti venatori.
2. La Conferenza permanente dei Presidenti dei Distretti venatori esprime pareri nei casi previsti dagli articoli 13, 17 e 18 e su ogni questione che venga ad essa sottoposta dall'Amministrazione regionale in materia di gestione venatoria, nonché designa componenti delle Commissioni disciplinari di cui all'articolo 25, previa acquisizione dei pareri delle Assemblee dei distretti venatori.
3. La Conferenza permanente dei Presidenti dei Distretti venatori è composta:
a) dall'Assessore regionale competente o, in caso di sua assenza o impedimento, dal Direttore del Servizio autonomo per la gestione faunistica e venatoria con funzioni di Presidente (45);
b) dai Presidenti dei Distretti venatori.
4. La Conferenza permanente dei Presidenti dei Distretti venatori è convocata dal Presidente. Per la validità delle sedute è necessaria la presenza della maggioranza dei componenti. Le deliberazioni sono assunte con il voto favorevole dalla maggioranza dei presenti. In caso di parità, prevale il voto del Presidente.
5. Le funzioni di segretario della Conferenza permanente dei Presidenti dei Distretti venatori sono svolte da un dipendente del Servizio autonomo per la gestione faunistica e venatoria, con qualifica non inferiore a segretario.
6. Ai componenti della Conferenza permanente dei Presidenti dei Distretti venatori è corrisposto un gettone di presenza di lire 100.000/euro 51,65 per ogni seduta ed il rimborso spese spettante ai dipendenti regionali.
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(45) Lettera così modificata dall'art. 2, comma 14, L.R. 4 settembre 2001, n. 20.
Sezione VII - Funzioni delle province
Art. 24
Funzioni in materia della gestione della fauna.
1. Le province svolgono le seguenti attività in materia della gestione della fauna:
a) organizzano la cattura e la distribuzione degli uccelli a fini di richiamo e di allevamento;
b) regolamentano l'allevamento, vendita, detenzione di fauna a scopo di richiamo, ripopolamento alimentare, ornamentale e amatoriale;
c) gestiscono le oasi di protezione destinate al rifugio, alla riproduzione e alla sosta della fauna e le zone di ripopolamento e cattura;
d) istituiscono e gestiscono centri di recupero per il soccorso della fauna in difficoltà,
e) [disciplinano l'attività di tassidermia] (46);
f) verificano la conformità alle norme dell'attività cinotecnica e cinofila (47);
g) organizzano, su delega della Regione, i corsi abilitativi all'esercizio venatorio e all'esercizio della caccia di selezione;
h) istituiscono le Commissioni d'esame nel settore venatorio e della vigilanza volontaria;
h-bis) gestiscono le iniziative di miglioramento ambientale e per la copertura rischi di cui all'articolo 35, concedono i contributi per la conservazione e la valorizzazione di bressane e roccoli di cui all'articolo 10 della legge regionale 1° giugno 1993, n. 29 (Disciplina dell'aucupio), come sostituito dall'articolo 6, comma 34, della legge regionale n. 2/2000, e provvedono al risarcimento dei danni cagionati dalla fauna, compresa quella selvatica protetta di cui all'articolo 1 della legge regionale 25 ottobre 1994, n. 15 (Interventi regionali per il risarcimento dei danni causati da specie animali selvatiche di notevole interesse scientifico e naturalistico) (48);
i) svolgono attività di vigilanza in materia venatoria e materia di protezione e tutela della fauna e irrogano le sanzioni amministrative.
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(46) Lettera abrogata dall'art. 11, comma 1, lettera c), L.R. 1° ottobre 2002, n. 26.
(47) Lettera così modificata dall'art. 14, comma 9, L.R. 17 aprile 2003, n. 10.
(48) Lettera aggiunta dall'art. 5, comma 2, L.R. 29 gennaio 2003, n. 1, con efficacia a decorrere dalla data di entrata in vigore del provvedimento di cui al comma 3 dell'art. 35 della presente legge.
Sezione VIII - Procedimenti disciplinari
Art. 25
Commissioni disciplinari.
1. È istituita, presso la struttura dell'Amministrazione regionale competente in materia di tutela degli ambienti naturali e della fauna, una Commissione disciplinare di primo grado per l'irrogazione di sanzioni disciplinari conseguenti ad illeciti venatori, a violazioni di disposizioni normative e alle prescrizioni degli enti ed organismi preposti al settore. I compiti e le funzioni relativi all'erogazione delle sanzioni disciplinari in materia di esercizio dell'attività venatoria sono svolti dalla struttura dell'Amministrazione regionale competente in materia di tutela degli ambienti naturali e della fauna (49).
2. La Commissione disciplinare di cui al comma 1 è composta da dipendenti regionali di categoria non inferiore alla D di cui almeno uno laureato in giurisprudenza. La Commissione disciplinare è organo autonomo rispetto all'Amministrazione regionale presso la quale è istituita.
3. In caso di infrazioni particolarmente gravi da parte dei cacciatori, il Direttore del Servizio regionale competente ha facoltà di sospendere immediatamente il cacciatore dall'esercizio della caccia, in attesa del relativo provvedimento disciplinare che deve essere comunque adottato entro sessanta giorni dal provvedimento di sospensione.
4. È istituita, presso la struttura dell'Amministrazione regionale competente in materia di tutela degli ambienti naturali e della fauna, una Commissione regionale d'appello di secondo grado avverso i provvedimenti disciplinari adottati dalla Commissione disciplinare di cui al comma 1.
5. La Commissione regionale d'appello è composta da tre membri effettivi e due supplenti di cui uno almeno laureato in giurisprudenza, esterni all'Amministrazione regionale. La Commissione regionale d'appello è organo autonomo rispetto all'Amministrazione regionale presso la quale è istituita.
6. Le Commissioni regionali sono nominate dal Presidente della Regione su proposta dell'Assessore regionale competente.
7. I provvedimenti disciplinari adottati dalla Commissione disciplinare di primo grado sono immediatamente esecutivi e possono essere impugnati, entro il termine di trenta giorni, presso la Commissione regionale d'appello che ha facoltà di modificare anche «in pejus» il giudizio di primo grado.
8. I componenti della Commissione disciplinare di cui al comma 1 e quelli della Commissione regionale d'appello di cui al comma 4, durano in carica cinque anni e possono essere confermati non più di una volta. Non possono essere nominati, ovvero decadono dalla carica, qualora abbiano commesso infrazioni alle leggi sulla caccia, ovvero siano stati sottoposti a provvedimenti disciplinari definitivi comportanti la sospensione dall'esercizio venatorio.
9. Le funzioni di segretario delle Commissioni di cui ai commi 1 e 4 sono svolte da un dipendente del Servizio regionale competente, di categoria non inferiore a C.
10. Ai componenti della Commissione di cui al comma 4 è corrisposto un gettone di presenza di 51,65 euro per ogni seduta ed il rimborso spese spettante ai dipendenti regionali.
11. Le procedure e i criteri per il funzionamento del Comitato di saggi e delle Commissioni di cui ai commi 1 e 4 e per l'irrogazione delle sanzioni disciplinari sono stabiliti con regolamento (50).
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(49) Vedi, al riguardo, l'art. 27, commi 2 e 3, L.R. 4 giugno 2004, n. 18.
(50) Il presente articolo, già modificato dall'art. 14, comma 10, lettere a) e b), L.R. 17 aprile 2003, n. 10, è stato poi così sostituito, al fine di perseguire il principio della razionalizzazione della spesa pubblica, dall'art. 6, comma 33, L.R. 26 gennaio 2004, n. 1, a decorrere dal 1° gennaio 2004 (come prevede l'art. 9 della stessa legge). Il testo precedente era così formulato: «Art. 25. Commissioni disciplinari dei Distretti venatori. 1. L'Amministrazione regionale, per ogni sede distrettuale individuata con proprio provvedimento, nomina una Commissione disciplinare per l'irrogazione di sanzioni disciplinari conseguenti ad illeciti venatori, a violazioni di disposizioni normative e alle prescrizioni degli Enti ed organismi preposti al settore.
2. La Commissione è composta da tre membri effettivi e due supplenti, di cui almeno uno laureato in giurisprudenza, designati alla Conferenza permanenti dei Presidenti dei Distretti venatori.
3. I componenti della Commissione durano in carica cinque anni. Non possono essere nominati, ovvero decadono dalla carica, qualora abbiano commesso infrazioni alle leggi sulla caccia, ovvero siano stati sottoposti a provvedimenti disciplinari definitivi comportanti la sospensione dell'esercizio venatorio.
4. In caso di infrazioni particolarmente gravi da parte dei cacciatori, il Direttore regionale competente ha facoltà di sospendere immediatamente il cacciatore dall'esercizio della caccia, in attesa del relativo provvedimento disciplinare che deve essere comunque adottato entro sessanta giorni dal provvedimento di sospensione.
5. Le funzioni di segretario della Commissione disciplinare sono svolte da un dipendente dal Servizio autonomo per la gestione faunistica e venatoria, con qualifica non inferiore a segretario.
6. Ai componenti della Commissione disciplinare è corrisposto un gettone di presenza di lire 100.000/euro 51,65 per ogni seduta ed il rimborso spese spettante ai dipendenti regionali.
6-bis. È istituita, con sede operativa presso la Direzione regionale delle foreste e della caccia, la Commissione regionale unica di appello di secondo grado avverso i provvedimenti disciplinari adottati dalle Commissioni disciplinari di cui al comma 1, che sono considerate di primo grado. La Commissione regionale unica di appello è composta da tre membri effettivi e due supplenti di cui uno almeno laureato in giurisprudenza. La Commissione è nominata dal Presidente della Regione su proposta dell'Assessore regionale competente. Alla Commissione d'appello si applicano le norme di cui ai commi 3, 5 e 6. I provvedimenti disciplinari adottati dalle Commissioni di primo grado sono immediatamente esecutivi e possono essere impugnati, entro il termine di trenta giorni, presso la Commissione regionale unica di appello che ha la facoltà di modificare anche "in pejus" il giudizio di primo grado.
6-ter. Le procedure e i criteri per il funzionamento del Comitato di saggi e delle Commissioni disciplinari previste dalla presente legge e per l'irrogazione delle sanzioni sono disciplinati con regolamento.».
Con D.Dirett. 14 luglio 2000, n. 281/CP sono state individuate, ai sensi del comma 1 dell'articolo sostituito (soprariportato), le sedi distrettuali con i relativi distretti venatori. A norma dell'art. 6, comma 34, L.R. n. 1/2004, sopracitata, le Commissioni disciplinari dei Distretti venatori già nominate dall'Amministrazione regionale continuano a svolgere la propria funzione fino alla nomina della Commissione disciplinare di cui al comma 1 del nuovo testo del presente articolo.
Capo III - Esercizio dell'attività venatoria
Sezione I - Fruizione venatoria
Art. 26
Tesserino regionale di caccia (51).
1. Per l'esercizio della caccia nel Friuli-Venezia Giulia, oltre ai documenti previsti dalla legislazione venatoria vigente, è necessario il possesso del tesserino venatorio in corso di validità.
2. Il tesserino regionale di caccia per il Friuli-Venezia Giulia è un permesso rilasciato annualmente dall'Amministrazione regionale ed è mezzo di individuazione delle tipologie di fruizione venatoria e di controllo per l'indicazione delle giornate di caccia e delle specie e quantità di fauna prelevata giornalmente.
3. I requisiti per il rilascio del tesserino regionale sono:
a) permesso di valida licenza di porto di fucile per uso caccia, rilasciato in conformità alle leggi di pubblica sicurezza;
b) attestazione del versamento della tassa di concessione governativa di porto di fucile per uso caccia;
c) copertura assicurativa per la responsabilità civile verso terzi, in conformità alla legislazione vigente;
d) pagamento della tassa di concessione di cui all'articolo 27.
4. Alla chiusura della stagione venatoria, il tesserino regionale deve essere restituito agli organismi competenti nei tempi e modi individuati dall'Amministrazione regionale.
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(51) Vedi, anche, il regolamento approvato con D.P.G.R. 20 aprile 2000, n. 0128/Pres. e il regolamento approvato con D.P.Reg. 25 ottobre 2001, n. 0401/Pres.
Art. 27
Tasse di concessione regionale.
1. È istituita la tassa annuale di concessione regionale per il rilascio del tesserino di caccia del Friuli-Venezia Giulia determinata nella misura del 50 per cento della tassa erariale di cui all'articolo 5, n. 1, della tariffa approvata con decreto del Ministro delle finanze 28 dicembre 1995, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale 30 dicembre 1995, n. 303, e successive modificazioni.
2. Per la costituzione e per il rinnovo di aziende faunistico-venatorie e zone cinofile deve essere pagata una tassa annuale di concessione regionale pari a lire 10.000/euro 5,165 per ogni ettaro o frazione di ettaro.
3. Per la costituzione e per il rinnovo di aziende agri-turistico-venatorie deve essere pagata una tassa annuale di concessione regionale pari a lire 50.000/euro 25,82 per ogni ettaro o frazione di ettaro.
4. Il versamento delle tasse di concessione deve essere effettuato entro il 31 marzo di ogni anno sul conto corrente postale intestato alla Tesoreria della Regione Friuli-Venezia Giulia (52).
5. Gli importi della tassa di concessione regionale di cui ai commi 2 e 3 sono aggiornati con decreto del Presidente della Giunta regionale, tenuto conto dell'indice dei prezzi al consumo per famiglie d'impiegati ed operai calcolato dall'Istituto nazionale di statistica (I.S.T.A.T.).
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(52) Limitatamente all'anno 2001, ai sensi dell'art. 8, comma 72, L.R. 26 febbraio 2001, n. 4, il termine per il versamento delle tasse di concessione regionale di cui ai commi 2 e 3 del presente articolo è differito al 30 aprile.
Art. 28
Tipologie di fruizione venatoria.
1. La fruizione venatoria nel Friuli-Venezia Giulia è consentita, nei limiti della presente legge, ai cacciatori:
a) assegnati ad una delle riserve di caccia;
b) concessionari, consorziati di riserva privata o consorziale, legali rappresentanti, proprietari o conduttori associati dei fondi e titolari di permessi di aziende faunistico - venatorie (53);
c) invitati nelle riserve di caccia e nelle aziende faunistico-venatorie;
d) fruitori di aziende agri-turistico-venatorie e aree cinofile.
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(53) Lettera così sostituita dall'art. 14, comma 11, L.R. 17 aprile 2003, n. 10. Il testo originario era così formulato: «b) concessionari, consorziati e titolari di permessi di aziende faunistico-venatorie;».
Art. 29
Cacciatori assegnati alle Riserve di caccia.
1. La domanda di assegnazione ad una Riserva di caccia del Friuli-Venezia Giulia deve essere presentata all'Amministrazione regionale entro il 31 marzo di ogni anno da coloro che a tale data risultino:
a) residenti in Regione da almeno tre anni;
b) in possesso di valida licenza di porto di fucile per uso caccia, rilasciata in conformità alle leggi di pubblica sicurezza;
c) aver sottoscritto un atto di impegno a versare la quota associativa stabilita dalla Riserva di caccia di assegnazione.
2. Per mantenere l'assegnazione ad una Riserva di caccia, ogni cacciatore deve:
a) essere residente in Regione, ovvero, qualora non residente, essere già stato assegnato ad una Riserva di caccia e non essere iscritto ad alcun ambito territoriale di caccia;
b) aver versato la quota associativa annuale entro i termini stabiliti o aver adempiuto alle eventuali diverse forme di partecipazione alla gestione della Riserva prevista dallo statuto, in alternativa a quella economica;
c) risultare in possesso del tesserino di caccia rilasciato dall'Amministrazione regionale per l'annata venatoria di riferimento.
3. Il trasferimento dei cacciatori assegnati alle riserve di caccia è consentito al massimo per cinque volte, previa domanda da presentarsi, decorsi cinque anni dall'ultima assegnazione, entro il 31 marzo, all'amministrazione regionale.
4. Nell'assegnazione o nel trasferimento alle Riserve di caccia devono essere collocati prioritariamente cacciatori residenti da almeno cinque anni nel cui territorio sono comprese le riserve stesse.
5. Nelle riserve di caccia confinanti con i parchi o le Riserve naturali regionali, salva la priorità di cui al comma 4, devono essere assegnati o trasferiti esclusivamente cacciatori residenti da almeno cinque anni nei comuni interessati al parco o riserva naturale.
6. Esaurite le procedure di cui ai commi 4 e 5, i posti non assegnati nella Riserva di caccia confinante con i parchi o le riserve naturali regionali possono essere ricoperti nella misura massima del 50 per cento secondo le direttive generali stabilite ai sensi dell'articolo 17, comma 2, lettera d).
7. La mancanza di uno dei requisiti previsti al comma 2, anche conseguente a sanzioni disciplinari di cui all'articolo 38 e negli altri casi espressamente previsti dalla presente legge, comporta la perdita dell'assegnazione alla Riserva di caccia.
8. Per gravi ed inderogabili ragioni familiari, di salute o di lavoro, l'Amministrazione regionale può prevedere il mantenimento del cacciatore nella Riserva di assegnazione anche in assenza del requisito di cui al comma 2, lettera c), per un periodo massimo di tre anni, salvi in ogni caso i requisiti delle lettere b) dei commi 1 e 2.
Art. 30
Cacciatori in aziende faunistico-venatorie.
1. La caccia nelle aziende faunistico-venatorie può essere esercitata esclusivamente dai concessionari, dai consorziati e dai titolari di permesso di caccia scritto rilasciato dal concessionario dell'azienda faunisatico-venatoria.
2. I soggetti di cui il comma 1 devono risultare in possesso del tesserino regionale di caccia rilasciato dall'Amministrazione regionale per l'annata venatoria di riferimento.
3. L'elenco di coloro che esercitano la caccia nelle aziende faunistico-venatorie deve essere tenuto ed aggiornato in appositi registri.
Art. 31
Inviti nelle Riserve di caccia e nelle aziende faunistico-venatorie.
1. Il cacciatore assegnato ad una Riserva di caccia può invitare giornalmente a caccia un altro cacciatore, purché questo sia in possesso di tesserino venatorio regionale di caccia in corso di validità (54). Il Direttore della Riserva di caccia e i cacciatori di cui all'articolo 28, comma 1, lettera b), dell'azienda faunistico-venatoria possono invitare giornalmente a caccia uno o più cacciatori, purché questo siano in possesso di tesserino venatorio regionale di caccia in corso di validità e siano accompagnati dall'invitante o da un suo delegato (55).
2 L'utilizzo degli inviti di cui al comma 1, deve essere anticipatamente annotato su appositi registri con l'indicazione dei dati relativi al cacciatore invitante e invitato.
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(54) Periodo così modificato dall'art. 2, comma 15, lettera a), L.R. 4 settembre 2001, n. 20.
(55) Periodo così modificato dall'art. 2, comma 15, lettera b) e c), L.R. 4 settembre 2001, n. 20 e dall'art. 14, comma 12, L.R. 17 aprile 2003, n. 10.
Art. 32
Fruitori di aziende agri-turistico-venatorie e zone cinofile.
1. L'abbattimento di fauna d'allevamento nelle aziende agri-turistico-venatorie e nelle zone cinofile è esercitato dai cacciatori in possesso di valida licenza di porto di fucile per uso di caccia, di copertura assicurativa per la responsabilità civile verso terzi in conformità alla legislazione vigente nonché di ricevuta di versamento della tassa di concessione governativa e regionale (56).
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(56) Articolo così sostituito dall'art. 14, comma 13, L.R. 17 aprile 2003, n. 10. Il testo originario era così formulato: «Art. 32. Fruitori di aziende agri-turistico-venatorie e zone cinofile. 1. L'abbattimento di fauna da allevamento nelle aziende agri-turistico-venatorie e nelle zone cinofile è esercitato dai cacciatori in possesso di tesserino venatorio regionale in corso di validità.».
Art. 33
Incompatibilità.
1. Fino a quando tutti i cacciatori non saranno assegnati ad una Riserva di caccia, coloro che esercitano l'attività venatoria in Friuli-Venezia Giulia non possono contemporaneamente essere assegnati a più di una riserva di caccia, ovvero assegnati ad una riserva di caccia ed esercitare l'attività venatoria in qualità di legali rappresentanti, associati o titolari di permesso annuale di azienda faunistico-venatoria o di consorziati di Riserve private di caccia (57).
2. I cacciatori assegnati alle Riserve di caccia non possono essere invitati per più di cinque volte nella medesima Riserva di caccia o azienda faunistico-venatoria durante la stessa stagione venatoria (58).
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(57) Comma così sostituito dall'art. 14, comma 14, lettera a), L.R. 17 aprile 2003, n. 10. Il testo originario era così formulato: «1. Fino a quando tutti i cacciatori non saranno assegnati ad una Riserva di caccia, coloro che esercitano l'attività venatoria in Friuli-Venezia Giulia non possono contemporaneamente essere assegnati a più di una riserva di caccia, ovvero assegnati ad una Riserva di caccia ed essere anche concessionari o consorziati o titolari di permessi di caccia di aziende faunistico-venatorie.».
(58) Comma così modificato dall'art. 14, comma 14, lettera b), L.R. 17 aprile 2003, n. 10.
Art. 34
Aspirante a Riserva di caccia.
1. È considerato aspirante ad una Riserva di caccia il cacciatore che, in attesa della prima ammissione, risulti essere in possesso dei requisiti previsti, dall'articolo 26, comma 3, ed abbia presentato la domanda di ammissione per una Riserva ricadente nel Comune di residenza e che non risulti essere concessionario o consorziato o titolare di permesso di azienda faunistico-venatoria.
2. I soggetti di cui al comma 1 possono essere assegnati, annualmente e anche in soprannumero, alla Riserva di caccia ricadente nel Comune in cui i medesimi risiedano da almeno cinque anni, previo parere favorevole degli organismi statutari della Riserva di caccia a ciò deputati, e cacciare nei limiti dei piani di abbattimento e regolamentari adottati dalla Riserva stessa.
3. L'assegnazione annuale può essere rinnovata alle medesime condizioni di cui al comma 2 a seguito di valutazione favorevole degli organismi statutari della Riserva di caccia a ciò deputati.
4. Gli aspiranti possono esercitare l'attività venatoria nelle Riserve di caccia di temporanea assegnazione solo se accompagnati da uno o più cacciatori delle Riserva espressamente designati dal Direttore della Riserva di caccia medesima.
5. Le valutazioni di cui al comma 3 concorrono alla determinazione del punteggio di ammissione dell'aspirante cacciatore.
6. L'Amministrazione regionale, su parere favorevole degli organismi statutari delle Riserve di caccia a ciò deputati, provvede ad assegnare definitivamente anche in soprannumero gli aspiranti cacciatori nella Riserva di residenza, decorsi cinque anni di assegnazione temporanea.
Capo IV - Altre disposizioni in materia di gestione della fauna
Art. 35
Fondo regionale per il miglioramento ambientale e per la copertura rischi.
1. Per iniziative di miglioramento ambientale, attuate dalle Riserve di caccia e dalle aziende faunistico-venatorie, intese a favorire l'insediamento, la salvaguardia e l'incremento della fauna, per la copertura dei rischi di responsabilità civile dei Direttori di Riserva, e per i danni cagionati dalla fauna, compresa quella selvatica protetta di cui all'articolo 1 della legge regionale n. 15/1994, per la prevenzione e l'indennizzo dei danni, non altrimenti risarcibili, arrecati dalla fauna, compre sa quella selvatica protetta, e dall'esercizio dell'attività venatoria all'agricoltura, nonché per la concessione di contributi per la conservazione e valorizzazione di bressane e roccoli di cui all'articolo 10 della legge regionale n. 29/1993 è istituito il "Fondo per il miglioramento ambientale e per la copertura rischi - funzioni assegnate alle province", alimentato anche con i proventi delle tasse di concessione in materia di caccia (59).
2. L'entità del Fondo di cui al comma 1 è stabilita annualmente con la legge finanziaria.
3. Con regolamento da emanarsi entro il 30 aprile 2003 (60) sono fissati i criteri di riparto del Fondo tra le Amministrazioni provinciali. Con apposito provvedimento la Giunta regionale impartisce gli indirizzi per la concessione dei contributi finalizzati all'attuazione delle iniziative previste dall'articolo 24, comma 1, lettera h-bis) (61).
4. Per la responsabilità civile concernente l'attività di rilevanza pubblica dei Direttori di Riserva e per i danni provocati dalla fauna, le Amministrazioni provinciali sono autorizzate a stipulare apposite polizze, individuando le tipologie dei rischi oggetto della copertura assicurativa (62).
4-bis. Le domande, già presentate all'Amministrazione regionale a valere sul Fondo regionale per il miglioramento ambientale e per la copertura rischi e comunque non ancora liquidate, sono trasferite alle Amministrazioni provinciali, competenti per territorio, per il completamento dei relativi procedimenti amministrativi (63).
4-ter. Le domande di risarcimento danni già presentate all'Amministrazione regionale ai sensi del comma 1 e non ancora liquidate possono essere definite, a richiesta del danneggiato, con la procedura indennitaria (64).
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(59) Comma così sostituito dall'art. 5, comma 3, L.R. 29 gennaio 2003, n. 1, poi così modificato dall'art. 14, comma 15, lettera a), L.R. 17 aprile 2003, n. 10. Il testo originario era così formulato: «1. Per iniziative di miglioramento ambientale, attuate dalle Riserve di caccia e dalle aziende faunistico-venatorie, intese a favorire l'insediamento, la salvaguardia e l'incremento della fauna, per la copertura dei rischi di responsabilità civile dei direttori di Riserva e per i danni cagionati dalla fauna, nonché per la prevenzione ed il risarcimento dei danni, non altrimenti risarcibili, arrecati dalla fauna e dall'esercizio dell'attività venatoria all'agricoltura, è istituito il «Fondo regionale per il miglioramento ambientale e per la copertura dei rischi», alimentato anche con i proventi delle tasse di concessione in materia di caccia.».
(60) Vedi, al riguardo, il regolamento approvato con D.P.Reg. 30 maggio 2003, n. 0158/Pres.
(61) Comma così sostituito dall'art. 5, comma 4, L.R. 29 gennaio 2003, n. 1. Il testo originario era così formulato: «3. Con apposito provvedimento, da emanarsi entro centottanta giorni dall'entrata in vigore della presente legge, la Giunta regionale provvede a disciplinare il funzionamento del Fondo, i criteri di riparto ed i meccanismi di prevenzione, indennizzo ed incentivazione.».
Con riferimento al testo sostituito, soprariportato, vedi il regolamento approvato con D.P.G.R. 11 agosto 2000, n. 0274/Pres.
(62) Comma così sostituito dall'art. 5, comma 5, L.R. 29 gennaio 2003, n. 1. Il testo originario era così formulato: «4. Per la responsabilità civile concernente l'attività di rilevanza pubblica dei Direttori di Riserva e per i danni provocati dalla fauna, l'Amministrazione regionale è autorizzata a stipulare apposite polizze, individuando le tipologie dei rischi oggetto della copertura assicurativa.».
(63) Comma aggiunto dall'art. 5, comma 6, L.R. 29 gennaio 2003, n. 1.
(64 Comma aggiunto dall'art. 14, comma 15, lett. b), L.R. 17 aprile 2003, n. 10.
Art. 36
Sovvenzioni per la reintroduzione di specie di particolare interesse faunistico.
1. L'Amministrazione regionale è autorizzata a concedere sovvenzioni a completo rimborso delle spese sostenute dalle Riserve di caccia di diritto e dalle Riserve di caccia private e consorziali per la reintroduzione di specie di particolare interesse faunistico qualora, successivamente alle reintroduzioni, siano sopravvenuti divieti di caccia alle specie medesime (65).
1-bis. L'Amministrazione regionale è autorizzata a concedere contributi alle Riserve di caccia o agli altri soggetti che esprimano il Presidente "pro tempore" del Distretto venatorio per le spese concernenti l'attività di presidenza (66).
1-ter. L'Amministrazione regionale è autorizzata a concedere contributi alle Riserve di caccia o agli altri soggetti che esprimono il Presidente "pro tempore" del Distretto venatorio per le spese concernenti l'attività di segreteria del Distretto stesso. Per l'erogazione di detti contributi possono essere utilizzati i fondi di cui all'articolo 35 (67).
1-quater. L'Amministrazione regionale è autorizzata a concedere sovvenzioni a completo rimborso delle spese sostenute dalle Riserve di caccia o dagli altri soggetti che esprimono il Presidente «pro tempore» del Distretto venatorio per l'acquisto delle marcature inamovibili di identificazione del prelievo venatorio che devono essere apposte su tutti i capi di ungulati da parte dei cacciatori immediatamente dopo l'abbattimento (68).
1-quinquies. Le sovvenzioni di cui al comma 1-quater comprendono anche gli oneri relativi all'acquisto delle marcature inamovibili di identificazione del prelievo venatorio già effettuate nell'anno 2004 (69).
1-sexies. L'Amministrazione regionale è autorizzata a concedere sovvenzioni a completo rimborso delle spese che le Riserve di caccia o gli altri soggetti che esprimono il Presidente «pro tempore» del Distretto venatorio sostengono per la tutela legale delle deliberazioni adottate dal Distretto venatorio ed approvate dall'Amministrazione regionale (70).
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(65) Vedi, anche, quanto disposto dall'art. 11, commi 1 e 2, L.R. 3 luglio 2000, n. 13. Per il regolamento per la concessione delle sovvenzioni previste dal presente articolo vedi il D.P.G.R. 25 ottobre 2000, n. 0378/Pres.
(66) Comma aggiunto dall'art. 2, comma 16, L.R. 4 settembre 2001, n. 20. Vedi, anche, il comma 18 del medesimo articolo. Vedi, altresì, il regolamento approvato con D.P.Reg. 19 settembre 2002, n. 0284/Pres.
(67) Comma aggiunto dall'art. 14, comma 16, L.R. 17 aprile 2003, n. 10. Vedi, anche, il regolamento approvato con D.P.Reg. 10 ottobre 2003, n. 0363/Pres.
(68) Comma aggiunto dall'art. 27, comma 4, L.R. 4 giugno 2004, n. 18.
(69) Comma aggiunto dall'art. 27, comma 4, L.R. 4 giugno 2004, n. 18.
(70) Comma aggiunto dall'art. 27, comma 4, L.R. 4 giugno 2004, n. 18.
Art. 37
Controllo della fauna.
1. Su motivata e documentata richiesta, l'Assessore regionale delegato in materia di caccia, previo parere dell'Istituto faunistico regionale e del Comitato faunistico venatorio regionale, può autorizzare in ogni tempo e a condizioni predeterminate e controllate la cattura e l'abbattimento di fauna per le finalità di cui all'articolo 19, comma 2 della legge n. 157/1992.
2. Per le specie individuate quali particolarmente protette, l'autorizzazione di cui al comma 1 può essere concessa dall'Assessore regionale delegato in materia di caccia, previa acquisizione di parere conforme dell'Istituto faunistico regionale.
3. I prelievi di cui al presente articolo possono essere effettuati dai soggetti di cui all'articolo 19, comma 2, della legge n. 157/1992 (71).
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(71) Comma così sostituito dall'art. 14, comma 17, L.R. 17 aprile 2003, n. 10. Il testo originario era così formulato: «3. I prelievi di cui al presente articolo possono essere effettuati dai soggetti di cui all'articolo 19, comma 2, della legge n. 157/1992, purché in possesso del tesserino regionale di caccia in corso di validità.».
Capo V - Disposizioni transitorie e finali
Sezione I - Sanzioni
Art. 38
Sanzioni disciplinari.
1. Le violazioni delle disposizioni normative e dei regolamenti annuali di gestione faunistica e di fruizione venatoria delle Riserve di caccia comportano, a carico del cacciatore che le ha commesse oltre alle eventuali sanzioni specificatamente previste per il tipo di illecito, anche la sottoposizione a procedimento disciplinare.
2. Le sanzioni disciplinari consistono in:
a) censura scritta;
b) sospensione dall'esercizio venatorio nella Riserva di assegnazione non superiore ad una stagione venatoria;
c) sospensione dall'esercizio venatorio non superiore ad una annata venatoria;
d) sospensione dall'esercizio venatorio superiore ad una annata venatoria;
d-bis) esclusione dall'esercizio venatorio nella Riserva di assegnazione (72).
3. Le sanzioni disciplinari possono essere comminate anche per giornate di caccia, essere limitate a forme particolari di caccia o specie singolarmente individuate e, quando siano inferiori ad una stagione venatoria, devono riguardare periodi di effettivo esercizio venatorio; la sospensione disciplinare e l'esclusione, adottate in via definitiva dagli organismi di cui all'articolo 25, comportano, nei limiti della stessa, il ritiro del tesserino venatorio regionale nel caso di infrazioni alla normativa venatoria che rientrino fra quelle sanzionate penalmente o nel caso di prelievo di fauna in difformità a quanto previsto dal piano annuale di abbattimento delle Riserve di caccia e delle aziende faunistico-venatorie. Il tesserino regionale di caccia è altresì ritirato qualora un cacciatore commetta nuovamente una infrazione che rientri tra quelle sanzionate amministrativamente o una infrazione ai regolamenti annuali di gestione faunistico-venatoria delle Riserve di caccia (73).
4. Non può essere avviato alcun procedimento disciplinare senza la comunicazione preventiva all'interessato.
5. La sospensione dall'esercizio venatorio superiore ad un'annata venatoria comporta l'impossibilità di esercitare o mantenere le funzioni dirigenziali previste dalla presente legge nell'ambito delle Riserve di caccia e dei Distretti venatori.
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(72) Lettera aggiunta dall'art. 18, comma 2, L.R. 15 maggio 2002, n. 13.
(73) Comma così modificato dall'art. 2, comma 17, L.R. 4 settembre 2001, n. 20 e dall'art. 18, comma 3, L.R. 15 maggio 2002, n. 13.
Art. 39
Sanzioni amministrative non pecuniarie.
1. La mancata tenuta ed aggiornamento dei registri previsti dall'articolo 30, comma 3, nonché la mancata annotazione degli inviti fruibili giornalmente da parte delle aziende faunistico-venatorie comporta la revoca della concessione.
2. [La mancata segnalazione dell'utilizzo dell'invito giornaliero da parte di un cacciatore assegnato ad una Riserva di caccia comporta la decadenza dell'assegnazione alla Riserva stessa] (74).
3. La mancata annotazione anticipata sugli appositi registri degli inviti giornalieri comporta la destituzione del Direttore della Riserva di caccia.
4. Qualora venga accertata la violazione di quanto disposto all'articolo 33, il cacciatore decade dall'assegnazione della Riserva di caccia di appartenenza.
5. Il cacciatore aspirante ad una Riserva di caccia decade dalla temporanea assegnazione qualora eserciti l'attività venatoria in violazione di quanto previsto dall'articolo 34, commi 1 e 4.
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(74) Comma abrogato dall'art. 14, comma 18, L.R. 17 aprile 2003, n. 10.
Sezione II - Norme transitorie e finanziarie
Art. 40
Norme transitorie.
1. Lo statuto-tipo, previsto dall'articolo 8, comma 1, è emanato entro sessanta giorni dalla pubblicazione della presente legge. Lo statuto della Riserva di caccia è adottato entro sessanta giorni dalla pubblicazione dello statuto-tipo sul Bollettino Ufficiale della Regione, dai cacciatori ad essa assegnati.
2. Restano assegnati alle stesse Riserve di caccia i cacciatori che, alla data di pubblicazione della presente legge, risultino soci delle Riserve di caccia di diritto medesime.
3. I cacciatori del Friuli-Venezia Giulia, inseriti nelle graduatorie per l'ammissione e/o il trasferimento nella Riserva di caccia di diritto, predisposte dall'Organo gestore Riserve di caccia di diritto, qualora all'entrata in vigore della presente legge non siano stati ancora assegnati e/o trasferiti, mantengono comunque i punteggi maturati.
4. I Direttori ed i componenti dei Consigli direttivi delle Riserve di caccia in carica all'entrata in vigore della presente legge o successivamente continuano a svolgere le loro funzioni sino al 31 dicembre 2002.
5. In deroga a quanto previsto all'articolo 9, comma 2, i Direttori di Riserva, sino al 31 dicembre 2002, possono esercitare la funzione con la sola partecipazione, entro il 31 dicembre 2000, ad apposito corso di aggiornamento e formazione a frequenza obbligatoria.
6. In caso di mancato funzionamento degli organismi previsti al capo II, sezioni II e IV, la gestione delle Riserve di caccia e dei Distretti venatori è affidata al Servizio autonomo per la gestione faunistica e venatoria che può provvedere alla sospensione dell'attività venatoria nei territori interessati (75).
7. Le Riserve di caccia private o consorziali costituite per regolare concessione possono, se in possesso dei requisiti soggettivi e oggettivi, essere convertite in aziende faunistico-venatorie o aziende agro-turistico-venatorie prioritariamente rispetto ad altri richiedenti ed in deroga ai limiti di estensione territoriale e di distanza, qualora presentino domanda alla Regione almeno un anno prima della scadenza della regolare concessione in essere (76) (77).
8. L'Amministrazione regionale dispone, secondo quanto previsto dall'articolo 17, comma 2, lettera g), la riutilizzazione a fini venatori delle aree precluse alla caccia non ricomprese in parchi o riserve naturali regionali, qualora il loro mantenimento contrasti con la previsione dell'articolo 3, comma 1.
9. Le sanzioni disciplinari irrogate ai cacciatori in virtù del sistema previgente alla presente legge non sono considerate impeditive per l'assunzione della carica di Direttore di Riserva di caccia, qualora riguardino sospensioni inferiori ad un anno.
10. Al fine di garantire la necessaria continuità degli interventi di settore, l'Amministrazione regionale è autorizzata a subentrare, dal 1° gennaio 2000, nei contratti di lavoro anche se attualmente risolti stipulati dall'Organo regionale della Federazione italiana della caccia con i dipendenti già in servizio presso l'Organo gestore delle Riserve di caccia di diritto alla data del 30 giugno 1998 (78).
10-bis. L'Amministrazione regionale è altresì autorizzata a subentrare, dal 1° luglio 2000, nei contratti di lavoro anche se attualmente risolti stipulati dall'Organo regionale della Federazione italiana della caccia con i dipendenti già in servizio presso l'Organo gestore riserve di caccia di diritto alla data del 30 giugno 1999 (79).
11. In fase di prima attuazione le attribuzioni dell'Istituto faunistico regionale sono svolte dal Servizio autonomo per la gestione faunistica e venatoria. A fronte delle urgenti necessità connesse allo svolgimento delle nuove attribuzioni demandate dalla presente legge, nonché in attesa di definire la necessaria dotazione organica di personale con professionalità faunistica, l'Amministrazione regionale è autorizzata a procedere ad assunzioni di personale a tempo determinato per qualifiche non superiori a quella di consigliere e per una durata massima di due anni rinnovabili per una sola volta per un massimo di 12 unità; l'assunzione avviene tenuto conto dei titoli di studio e anche delle esperienze maturate nel settore faunistico (80).
12. Il Servizio autonomo per la gestione faunistica e venatoria è autorizzato a stipulare apposite convenzioni con esperti di provata qualificazione nel settore faunistico e venatorio anche per la soluzione di problemi specifici di settore.
13. I beni mobili, i macchinari e le attrezzature in dotazione agli Osservatori faunistici provinciali alla data di entrata in vigore della presente legge vengono acquisiti dalla Regione.
14. Entro trenta giorni dall'entrata in vigore della presene legge il Consiglio regionale della Federazione Italiana della caccia mette a disposizione dell'Amministrazione regionale i supporti informatici e cartacei, nonché gli archivi storici relativi ai compiti svolti in qualità di Organo gestore delle Riserve di caccia di diritto del Friuli-Venezia Giulia.
15. Qualora l'entrata in vigore della presente legge intervenga durante giudizi disciplinari instaurati e non esaminati o non conclusi in appello secondo la disciplina previgente, ovvero intervenga su procedimenti disciplinari avviati e non conclusi in primo grado, o seppur conclusi ancora appellabili secondo la previgente disciplina, i relativi procedimenti e provvedimenti sono sospesi. I giudizi sospesi sono avviati dall'Amministrazione regionale con comunicazione agli interessati entro trenta giorni dalla costituzione dei nuovi organismi di cui all'articolo 25. I provvedimenti sanzionatori adottati in primo grado e sospesi nell'efficacia a seguito dell'entrata in vigore della presente legge sono appellabili alle competenti commissioni di cui all'articolo 25 nei termini fissati dall'Amministrazione regionale, decorsi i quali le sanzioni diventano definitive.
15-bis. I cacciatori assegnati ad una Riserva di caccia che, a seguito di provvedimento di sospensione, ritiro o mancato rinnovo della licenza di porto di fucile per uso caccia da parte dell'autorità competente, abbiano perso l'assegnazione a detta Riserva di caccia e che successivamente siano risultati estranei ai fatti che hanno determinato detti provvedimenti, potranno, previa domanda da presentarsi dal 1° al 31 marzo di ogni anno, essere riassegnati alla medesima Riserva di caccia anche in soprannumero a decorrere dalla successiva annata venatoria, a prescindere dalla relativa graduatoria. Contestualmente alla presentazione della domanda i richiedenti dovranno depositare presso l'Amministrazione regionale copia dell'atto da cui emerge detta estraneità ed esibire in originale il possesso dei documenti previsti per il rilascio del tesserino venatorio regionale (81).
16. Per la liquidazione dei beni attinenti la gestione delle riserve di caccia di diritto effettuata dall'Organo gestore Riserve, la Giunta regionale nomina un commissario iscritto agli albi provinciali dei commercialisti del Friuli-Venezia Giulia. Le risultanze attive o passive saranno destinate alla Regione.
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(75) Per l'interpretazione autentica del presente comma, vedi l'art. 27, comma 7, L.R. 4 giugno 2004, n. 18.
(76) Il presente comma, già sostituito dall'art. 14, comma 19, lettera a), L.R. 17 aprile 2003, n. 10, è stato poi nuovamente così sostituito dall'art. 6, comma 35, L.R. 26 gennaio 2004, n. 1, a decorrere dal 1° gennaio 2004 (come prevede l'art. 9 della stessa legge). Il testo precedente era così formulato: «7. Le Riserve di caccia private o consorziali costituite per regolare concessione e in possesso dei requisiti oggettivi e soggettivi, possono essere convertite in aziende faunistico-venatorie o in aziende agri-turistico-venatorie entro il 31 dicembre 2003. Qualora non presentino domanda di conversione o non dispongano entro tale data dei requisiti oggettivi e soggettivi decadono dalla concessione con decorrenza dal 1° gennaio 2004.».
(77) Con D.P.G.R. 29 dicembre 2000, n. 0483/Pres. è stato approvato il regolamento di esecuzione del presente comma. Vedi, anche, il Decr. 6 novembre 2001, n. 776.
(78) Comma così modificato dall'art. 7, comma 134, L.R. 26 febbraio 2001, n. 4.
(79) Comma aggiunto dall'art. 11, comma 4, L.R. 3 luglio 2000, n. 13, poi così modificato dall'art. 7, comma 135, L.R. 26 febbraio 2001, n. 4.
(80) Comma così modificato dall'art. 7, comma 134, L.R. 26 febbraio 2001, n. 4.
(81) Comma aggiunto dall'art. 14, comma 19, lettera b), L.R. 17 aprile 2003, n. 10.
Art. 41
Norme finanziarie.
1. Agli oneri derivanti dal disposto di cui all'articolo 24, comma 1, lettera g), le province fanno fronte con i fondi ad esse trasferiti ai sensi dell'articolo 66 della legge regionale 9 marzo 1988, n. 10, come da ultimo modificato dall'articolo 3 della legge regionale n. 1/1993.
2. Gli oneri derivanti dal disposto degli articoli 22, comma 9, 23, comma 6, e 25 comma 6, fanno carico a decorrere dall'anno 2000 al capitolo 150 dello stato di previsione della spesa del bilancio pluriennale per gli anni 1999-2001.
3. Le entrate derivanti dall'applicazione di quanto disposto dall'articolo 27, commi 1, 2 e 3, sono accertate e riscosse sul capitolo 952 dello stato di previsione dell'entrata del bilancio pluriennale per gli anni 1999-2001 e sul corrispondente capitolo di bilancio per gli anni futuri. In relazione al disposto di cui all'articolo 35, comma 1, la denominazione del capitolo 952 è modificata in «Tasse sulle concessioni regionali in materia di caccia».
4. In relazione al disposto di cui all'articolo 35, comma 1, è istituito nello stato di previsione della spesa del bilancio pluriennale per gli anni 1999-2001, «per memoria», a decorrere dall'anno 2000, il capitolo 4258 (1.1.190.2.08.14), alla rubrica n. 19 - programma 0.7.2 - spese correnti - categoria 1.9 - sezione VIII - con la denominazione «Fondo regionale per il miglioramento ambientale o per la copertura dei rischi di cui all'articolo 35 della legge regionale 31 dicembre 1999, n. 30».
5. Gli oneri derivanti dal disposto articolo 36, comma 1, fanno carico, a decorrere dall'anno 2000, al capitolo 4255 dello stato di previsione della spesa del bilancio pluriennale per gli anni 1999-2001, la cui denominazione viene di conseguenza così modificata «Spese per corsi e convegni, per la predisposizione e diffusione di materiale didattico-divulgativo concernenti il patrimonio faunistico, per il concorso al risarcimento dei danni provocati dalla fauna selvatica protetta, nonché per il rimborso spese per la reintroduzione di specie di particolare interesse faunistico».
6. Gli oneri derivanti dall'applicazione di quanto disposto dall'articolo 40, commi 10 e 11, fanno carico al capitolo 4259 (2.1.121.1.01.14), che si istituisce nello stato di previsione della spesa del bilancio pluriennale per gli anni 1999-2001, a decorrere dall'anno 2000 alla rubrica n. 19 - programma 0.7.2. - spese correnti - categoria 1.2 - sezione I - con la denominazione «Spese per le retribuzioni, il trattamento di fine rapporto, nonché per i relativi oneri riflessi del personale di cui all'articolo 40, commi 10 e 11, della legge regionale 31 dicembre 1999, n. 30» e con lo stanziamento complessivo di lire 1.100 milioni, suddiviso in ragione di lire 550 milioni per ciascuno degli anni 2000 e 2001. Al relativo onere complessivo di lire 1.100 milioni si provvede mediante storno di pari importo dal capitolo 4271 dello stato di previsione della spesa dei bilanci precitati in relazione al disposto di cui al comma 8.
7. Gli oneri derivanti dall'applicazione di quanto disposto dall'articolo 40, comma 12, fanno carico al capitolo 4260 (2.1.142.1.01.14), che si istituiste nello stato di previsione della spesa del bilancio pluriennale per gli anni 1999-2001, a decorrere dall'anno 2000, alla rubrica n. 19 - programma 0.7.2 - spese correnti - categoria 1.4 - Sezione I - con la denominazione «Spese per la stipula di convenzioni con esperti nel settore faunistico e venatorio» e con lo stanziamento di lire 100 milioni per l'anno 2000. Al relativo onere di lire 100 milioni si provvede per la quota di lire 50 milioni mediante storno di pari importo dal capitolo 886 dello stato di previsione della spesa dei bilanci precitati e per le restanti lire 50 milioni mediante storno di pari importo dal capitolo 4271 dello stato di previsione della spesa dei bilanci precitati, in relazione al disposto di cui al comma 8.
8. In relazione al disposto di cui all'articolo 43, comma 1, lettera f), la spesa complessiva di lire 1.200 milioni, suddivisa in ragione di lire 600 milioni per ciascuno degli anni 2000 e 2001, autorizzata a carico del capitolo 4271 dello stato di previsione della spesa dei bilanci precitati, è revocata e le eventuali somme iscritte per l'anno 1999 e non impegnate entro il 31 dicembre 1999 costituiscono economia di bilancio.
Art. 42
Norme finali.
01. Con regolamento possono essere disciplinati specifici aspetti applicativi della presente legge regionale (82).
1. La Giunta regionale è autorizzata a deliberare i regolamenti per l'esecuzione della presente legge (83).
2. Per l'esercizio delle funzioni attribuite all'Amministrazione regionale dalla presente legge, la Giunta regionale, entro trenta giorni dall'entrata in vigore della medesima, provvede a definire l'assetto organizzativo e le attribuzioni delle strutture regionali deputate al loro assolvimento.
3. Il Consiglio regionale, in adeguamento ai princìpi di efficienza ed efficacia ed ai fini di una razionale organizzazione del servizio di vigilanza venatoria, provvederà, entro un anno dall'entrata in vigore dalla presente legge, a disciplinare il nuovo ordinamento per l'attività di vigilanza ambientale, forestale, ittica e venatoria nella Regione Friuli-Venezia Giulia.
4. Le competenze in materia di pesca sportiva e di mestiere nelle acque interne sono trasferite all'Ente tutela pesca (84).
------------------------
(82) Comma inserito, prima del comma 1, dall'art. 14, comma 20, L.R. 17 aprile 2003, n. 10.
(83) Con D.P.G.R. 1° febbraio 2000, n. 030/Pres. è stato approvato il regolamento recante i criteri e le modalità di cui all'art. 17, comma 2, lettera d), della presente legge. Con D.P.G.R. 20 aprile 2000, n. 0128/Pres. è stato approvato il regolamento concernente il tesserino regionale di caccia disciplinato dall'art. 26. Con D.P.G.R. 11 agosto 2000, n. 0274/Pres. è stato emanato il regolamento recante la disciplina del Fondo istituito dall'art. 35. Con D.P.G.R. 25 ottobre 2000, n. 0375/Pres. è stato approvato il regolamento per la disciplina delle aziende faunistico-venatorie ed agri-turistico-venatorie di cui all'art. 12. Con D.P.G.R. 29 dicembre 2000, n. 0483/Pres. è stato approvato il regolamento di esecuzione dell'art. 40, comma 7.
(84) Comma così modificato dall'art. 11, comma 5, L.R. 3 luglio 2000, n. 13.
Art. 43
Abrogazioni e modifiche.
1. Sono abrogate, in particolare:
a) la legge regionale 30 novembre 1965, n. 29;
b) la legge regionale 10 maggio 1966, n. 5;
c) la legge regionale 25 ottobre 1966, n. 29;
d) la legge regionale 22 gennaio 1968, n. 8;
e) la legge regionale 11 luglio 1969, n. 13, e successive modificazioni ed integrazioni;
f) la legge regionale 3 settembre 1984, n. 46, e successive modificazioni e integrazioni, con esclusione dell'articolo 10;
g) gli articoli 1 e 5, l'articolo 8, primo comma, e l'articolo 10 della legge regionale 19 dicembre 1986, n. 56;
h) l'articolo 5, comma 2, l'articolo 6, comma 6, e gli articoli 9 e 10 della legge regionale 15 maggio 1987, n. 14;
i) l'articolo 57, commi 2 e 3, della legge, regionale n. 10/1988;
l) la legge regionale 31 gennaio 1989, n. 5;
m) gli articoli 1 e 3, l'articolo 4, commi 1 e 2-bis, l'articolo 5, l'articolo 6, commi 1, 2 e 3, e gli articoli 7, 8, 9, 10, 13 e 18 della legge regionale 18 maggio 1993, n. 21, come modificati dalla legge regionale n. 24/1996;
n) l'articolo 1, l'articolo 6, commi da 2 a 8, l'articolo 2, comma 1, e gli articoli 31 e 36 della legge regionale n. 24/1996;
o) l'articolo 71 della legge regionale 30 settembre 1996, n. 42.
2. All'articolo 2, primo comma, della legge regionale n. 56/1986, le parole «all'articolo 21 della legge 27 dicembre 1977, n. 968, è necessario il superamento di un esame da sostenere presso il Comitato provinciale della caccia,» sono sostituite dalle parole «all'articolo 22 della legge 11 febbraio 1992, n. 157, è necessario il superamento di un esame da sostenere presso la Provincia».
3. All'articolo 2, primo comma, della legge regionale n. 56/1986, le parole «al suddetto Comitato provinciale della caccia» sono sostituite le parole «all'Amministrazione provinciale».
4. All'articolo 3, quarto comma, della legge regionale n. 56/1986, le parole «Comitato regionale della caccia» sono sostituite le parole «Comitato faunistico-venatorio regionale».
5. (85).
6. All'articolo 7, primo comma, della legge regionale n. 56/1986, le parole «Nelle zone di cui all'articolo 9 della legge regionale 11 luglio 1969, n. 13, l'addestramento e l'allenamento dei cani da ferma e da caccia» sono sostituite dalle parole «Ogni Riserva di caccia deve destinare una zona di almeno 20 ettari all'addestramento e allenamento dei cani da caccia, che».
7. All'articolo 7, quinto comma, della legge regionale n. 56/1986, dopo le parole «Direttore di Riserva» sono aggiunte le parole «per periodi non superiori a quindici giorni, sentito il Distretto venatorio competente».
8. All'articolo 7, sesto comma, della legge regionale n. 56/1986, le parole «da parte di apposite Commissioni costituite dai Comitati provinciali della caccia» sono sostituite dalle parole «in conformità ai provvedimenti adottati dalle province ai sensi dell'articolo 24, comma 1, lettera f), della legge regionale 31 dicembre 1999, n. 30».
9. All'articolo 7, commi settimo e ottavo, della legge regionale n. 56/1986, le parole «dell'Organo gestore riserve» sono sostitute dalle parole «dei Distretti venatori competenti per territorio».
10. All'articolo 8, secondo comma, della legge regionale n. 56/1986, le parole «i Comitati provinciali della caccia» sono sostituite dalle parole «le Amministrazioni provinciali».
11. (86).
12. All'articolo 1, comma 1, della legge regionale n. 14/1987, dopo la parola «vige» sono abrogate le parole «in forza della legge regionale 10 maggio 1966, n. 5,».
13. All'articolo 5, comma 1, della legge regionale n. 14/1987, le parole «a cura del Comitato provinciale della caccia competente per territorio, il quale rilascerà un attestato di frequenza» sono sostituite dalle parole «ai sensi dell'articolo 24, comma 1, lettera g), della legge regionale 31 dicembre 1999, n. 30».
14. All'articolo 6, comma 2, della legge regionale n. 14/1987, le parole «dei Comitati provinciali della caccia competenti per territorio, i quali ai fini dell'approvazione possono avvalersi anche dell'apporto degli Osservatori faunistici, di cui alla legge regionale 3 settembre 1994, n. 46» sono sostituite dalle parole «dei Distretti venatori».
15. All'articolo 6, comma 3, della legge regionale n. 14/1987, le parole «Comitato regionale della caccia» sono sostituite dalle parole «Comitato faunistico-venatorio regionale».
16. All'articolo 6, comma 5, della legge regionale n. 14/1987, le parole «Comitati provinciali della caccia» sono sostituite dalle parole «Distretti venatori».
17. All'articolo 100 della legge regionale 1° marzo 1988, n. 7, come sostituito dall'articolo 59, comma 1, della legge regionale 30 settembre 1996, n. 42, e all'articolo 140 della medesima legge regionale n. 7/1988, le parole «Servizio della caccia e della pesca» sono sostituite dalle parole «Servizio per la gestione faunistica e venatoria».
18. All'articolo 2, comma 2, della legge regionale 1° giugno 1993, n. 29, le parole «l'Osservatorio faunistico competente per territorio» sono sostituite dalle parole «l'Istituto faunistico regionale».
19. All'articolo 4, comma 1, della legge regionale n. 29/1993, le parole «regionale della caccia, la Commissione regionale di studio sull'avifauna» sono sostituite dalle parole «faunistico-venatorio regionale».
20. All'articolo 5, comma 1, della legge regionale n. 29/1993, le parole «regionale della caccia, la Commissione regionale di studio sull'avifauna» sono sostituite dalle parole «faunistico-venatorio regionale».
21. All'articolo 8 della legge regionale n. 29/1993, le parole «regionale della caccia, la Commissione regionale di studio sull'avifauna e gli Osservatori faunistici di cui alla legge regionale 3 settembre 1984, n. 46» sono sostituite dalle parole «faunistico-venatorio regionale e l'Istituto faunistico regionale».
22. All'articolo 12, comma 2, della legge regionale n. 21/1993, le parole «Comitato provinciale della caccia» sono sostituite dalle parole «Distretto venatorio» e le parole «Osservatorio faunistico competente» sono sostituite dalle parole «Istituto faunistico regionale».
23. All'articolo 14, comma 1, della legge regionale n. 21/1993, le parole «al Comitato provinciale della caccia» sono sostituite dalle parole «all'Amministrazione provinciale».
24. All'articolo 14, comma 2, della legge regionale n. 21/1993, le parole «del Comitato provinciale della caccia» sono sostituite dalle parole «dell'Amministrazione provinciale».
25. All'articolo 16, comma 1, della legge regionale n. 21/1993, dopo la parola «vigilanza» è aggiunta la parola «venatoria» e le parole «Organo Gestore Riserve» sono sostituite dalle parole «Amministrazione regionale».
26. All'articolo 5, comma 1, della legge regionale n. 24/1996, le parole «, sentito il Comitato regionale della caccia ed i Comitati provinciali della caccia, questi ultimi previa acquisizione del parere degli osservatori faunistici di cui alla legge regionale n. 46/1984,» sono abrogate.
27. All'articolo 8, comma 1, della legge regionale n. 24/1996, le parole «Comitato regionale della caccia ed i Comitati provinciali della caccia, questi ultimi previa acquisizione del parere degli osservatori faunistici di cui alla legge regionale n. 46/1984, e l'Organo gestore riserve» sono sostituite dalle parole «Comitato faunistico-venatorio regionale e l'Istituto faunistico regionale».
28. All'articolo 10, comma 1, della legge regionale n. 24/1996, le, parole «e coordinati dagli osservatori faunistici competenti per territorio» sono sostituite dalle parole «, sentito l'Istituto faunistico regionale».
29. All'articolo 12, comma 1, della legge regionale n. 24/1996, le parole «di cui all'articolo 9 della legge regionale 11 luglio 1969, n. 13, alle condizioni previste dall'articolo 2 del regolamento regionale approvato con D.P.G.R. 8 gennaio, 1990, n. 08/Pres., per l'addestramento e l'allenamento dei cani da ferma e da traccia» sono sostituite dalle parole «destinate all'addestramento ed allenamento dei cani da caccia».
30. All'articolo 12, comma 5, della legge regionale n. 24/1996, le parole «dell'Organo gestore riserve» sono sostituite dalle parole «dei Distretti venatori».
31. All'articolo 13, comma 1, della legge regionale n. 24/1996, le parole «l'Organo gestore riserve» sono sostituite dalle parole «il Distretto venatorio competente».
32. All'articolo 17, commi 1 e 2, della legge regionale n. 24/1996, la parola «regionale» è sostituita dalla parola «provinciale».
33. All'articolo 21, comma 1, della legge regionale n. 24/1996, le parole «i Comitati provinciali della caccia gestiscono, tramite gli osservatori faunistici di cui alla legge regionale n. 46/1984,» sono sostituite dalle parole «le province istituiscono e gestiscono».
34. All'articolo 21, comma 2, della legge regionale n. 24/1996, le parole «i Comitati provinciali della caccia» sono sostituite dalle parole «le Amministrazioni provinciali».
35. All'articolo 24, comma 1, della legge regionale n. 24/1996, le parole «predisposta dal responsabile dell'osservatorio faunistico competente per territorio» sono abrogate.
36. All'articolo 36, comma 5, della legge regionale n. 42/1996, dopo le parole «ovvero dei soci,» sono aggiunte le parole «con priorità ai residenti da almeno cinque anni,».
37. All'articolo 1, comma 4, della legge regionale 7 giugno 1999, n. 16, le parole «per l'annata venatoria 1999-2000» sono sostituite dalle parole «dall'annata venatoria 1999-2000».
------------------------
(85) Sostituisce l'art. 4, L.R. 19 dicembre 1986, n. 56.
(86) Sostituisce il primo comma dell'art. 9, L.R. 19 dicembre 1986, n. 56.
Art. 44
Entrata in vigore.
1. La presente legge entra in vigore il giorno della sua pubblicazione sul Bollettino Ufficiale della Regione. Le disposizioni della presente legge, ad eccezione di quelle contenute all'articolo 40, hanno effetto dal 1° gennaio 2000.
Allegato A (87)
(riferito agli articoli 7 e 13)
ELENCO DEI DISTRETTI VENATORI E DELLE RISERVE DI CACCIA DEL FRIULI-VENEZIA GIULIA
Numero |
Distretto venatorio |
Riserve di caccia |
||
1 |
Tarvisiano |
Bordano |
||
|
|
Chiusaforte |
||
|
|
Dogna |
||
|
|
Ligosullo |
||
|
|
Lusevera |
||
|
|
Moggio Udinese |
||
|
|
Paularo |
||
|
|
Pontebba |
||
|
|
Resia |
||
|
|
Resiutta |
||
|
|
Tarvisio - Malborghetto |
||
|
|
Venzone |
||
2 |
Carnia |
Amaro |
||
|
|
Ampezzo |
||
|
|
Arta Terme |
||
|
|
Cavazzo Carnico |
||
|
|
Cercivento |
||
|
|
Comeglians |
||
|
|
Enemonzo |
||
|
|
Forni Avoltri |
||
|
|
Forni di Sopra |
||
|
|
Forni di Sotto |
||
|
|
Laupo |
||
|
|
Ovaro |
||
|
|
Paluzza |
||
|
|
Prato Carnico |
||
|
|
Preone |
||
|
|
Ravascletto |
||
|
|
Raveo |
||
|
|
Rigolato |
||
|
|
Sauris |
||
|
|
Socchieve |
||
|
|
Sutrio |
||
|
|
Tolmezzo |
||
|
|
Treppo Carnico |
||
|
|
Verzegnis |
||
|
|
Villa Santina |
||
|
|
Zuglio |
||
3 |
Valli del Natisone (88) |
Attimis |
||
|
|
Drenchia |
||
|
|
Faedis |
||
|
|
Forgaria nel Friuli |
||
|
|
Gemona del Friuli |
||
|
|
Grimacco |
||
|
|
Magnano in Riviera |
||
|
|
Montenars |
||
|
|
Nimis |
||
|
|
Pulfero |
||
|
|
San Leonardo |
||
|
|
San Pietro al Natisone |
||
|
|
Savogna |
||
|
|
Stregna |
||
|
|
Taipana |
||
|
|
Tarcento |
||
|
|
Torreano |
||
|
|
Trasagnis |
||
4 |
Prealpi Carniche |
Andreis |
||
|
|
Barcis |
||
|
|
Cimolais |
||
|
|
Claut |
||
|
|
Clauzetto |
||
|
|
Erto e Casso |
||
|
|
Frisanco |
||
|
|
Tramonti |
||
|
|
Vito d'Asio |
||
5 |
Colline moreniche |
Artegna |
||
|
|
Buia |
||
|
|
Casacco |
||
|
|
Colloredo di Montalbano |
||
|
|
Fagagna |
||
|
|
Majano |
||
|
|
Moruzzo |
||
|
|
Osoppo |
||
|
|
Pagnacco |
||
|
|
Povoletto |
||
|
|
Ragogna |
||
|
|
Reana del Rojale |
||
|
|
Rive d'Arcano |
||
|
|
San Daniele del Friuli |
||
|
|
San Vito di Fagagna |
||
|
|
Treppo Grande |
||
|
|
Tricesimo |
||
6 |
Pedemontana Pordenonese |
Aviano |
||
|
|
Budoia |
||
|
|
Caneva |
||
|
|
Castelnovo del Friuli |
||
|
|
Cavasso Nuovo |
||
|
|
Fanna |
||
|
|
Maniago |
||
|
|
Meduno |
||
|
|
Montereale Valcellina |
||
|
|
Pinzano al Tagliamento |
||
|
|
Polcenigo |
||
|
|
Sequals |
||
|
|
Travesio |
||
7 |
Collio |
Brazzano |
||
|
|
Capriva |
||
|
|
Cormòns |
||
|
|
Dolegna del Collio |
||
|
|
Farra d'Isonzo |
||
|
|
Giasbana |
||
|
|
Lucinico |
||
|
|
Mernico |
||
|
|
Mossa |
||
|
|
Piedimonte |
||
|
|
Piuma |
||
|
|
Plessiva |
||
|
|
Ruttars - Vencò |
||
|
|
San Floriano del Collio |
||
|
|
San Lorenzo Isontino |
||
|
|
San Mauro - Salcano |
||
|
|
Spessa |
||
8 |
Alta pianura udinese |
Basiliano |
||
|
|
Bicinicco |
||
|
|
Camino al Tagliamento |
||
|
|
Campoformido |
||
|
|
Codroipo |
||
|
|
Coseano |
||
|
|
Dignano |
||
|
|
Flaibano |
||
|
|
Martignacco |
||
|
|
Mereto di Tomba |
||
|
|
Moimacco |
||
|
|
Mortegliano - Lestizza |
||
|
|
Palmonova |
||
|
|
Passian di Prato |
||
|
|
Pavia di Udine |
||
|
|
Pozzuolo del Friuli |
||
|
|
Pradamano |
||
|
|
Remanzacco |
||
|
|
Santa Maria la Longa |
||
|
|
Sedegliano |
||
|
|
[Tavagnacco] (89) |
||
|
|
Trivigliano Udinese |
||
|
|
Udine |
||
9 |
Alta pianura pordenonese |
Arba |
||
|
|
Arzene |
||
|
|
Casarsa della Delizia |
||
|
|
Cordenons |
||
|
|
Fontanafredda |
||
|
|
Roveredo in Piano |
||
|
|
San Giorgio della Richinvelda |
||
|
|
San Martino al Tagliamento |
||
|
|
San Quirino |
||
|
|
Spilimbergo |
||
|
|
Valvasone |
||
|
|
Vivaro |
||
|
|
Zoppola |
||
10 |
Bassa Pianura udinese |
Bagnaria Arsa |
||
|
|
Bertiolo |
||
|
|
Castions di Strada |
||
|
|
Gonars |
||
|
|
Pocenia |
||
|
|
Porpetto |
||
|
|
Rivignano |
||
|
|
Ronchis |
||
|
|
Talmassons |
||
|
|
Teor |
||
|
|
Varmo |
||
11 |
Basa pianura Pordenonese |
Azzano Decimo |
||
|
|
Brughera |
||
|
|
Chions |
||
|
|
Cordovado |
||
|
|
Fiume Veneto |
||
|
|
Morsano al Tagliamento |
||
|
|
Pasiano di Pordenone |
||
|
|
Porcia |
||
|
|
Pordenone |
||
|
|
Prata di Pordenone |
||
|
|
Pravisdomini Salice |
||
|
|
San Vito al Tagliamento |
||
|
|
Sesto al Reghena |
||
|
||||
12 |
Laguna |
Carlino |
||
|
|
Grado |
||
|
|
Latisana |
||
|
|
Lignano Sabbiadoro |
||
|
|
Marano Lagunare |
||
|
|
Muzzana del Turganano |
||
|
|
Palazzolo dello Stella |
||
|
|
Precenicco |
||
|
|
San Giorgio di Nogaro |
||
|
|
Torviscosa |
||
13 |
Carso |
Aurisina |
||
|
|
Basovizza |
||
|
|
Boschini - Peteano |
||
|
|
Doberdò del Lago |
||
|
|
Duino |
||
|
|
Fogliano |
||
|
|
Gabria |
||
|
|
[Gabrovizza] (90) |
||
|
|
Grozzana |
||
|
|
Jamiano |
||
|
|
Malchina |
||
|
|
Monfalcone |
||
|
|
Monrupino |
||
|
|
Muggia |
||
|
|
Opicina |
||
|
|
[Poggio Terza Armata] (91) |
||
|
|
Prosecco |
||
|
|
Ronchi dei Legionari |
||
|
|
Sagrado - San Martino |
||
|
|
Sales |
||
|
|
San Michele del Carso |
||
|
|
Savogna - Rubbia |
||
|
|
Sgonico |
||
|
|
Vallone |
||
|
|
Zaule |
||
14 |
Colli orientali |
Buttrio |
||
|
|
Cividale del Friuli |
||
|
|
Corno di Rosazzo |
||
|
|
Manzano |
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Premariacco |
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Prepotto |
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San Giovanni al Natisone |
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15 |
Pianura Isontina |
Aiello del Friuli |
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Aquileia |
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Campolongo al Torre |
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Cervignano del Friuli |
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Chiopris - Viscone |
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Corona |
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Fiumicello |
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Fratta |
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Gradisca d'Isonzo |
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Mariano del Friuli |
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Medea |
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Morano |
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San Pier d'Isonzo |
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San Vito al Torre |
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Sraranzano |
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San Canzian d'Isonzo |
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Pieris - Begliano - Isola Morosini |
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Romans I |
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Romans II |
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Ruda |
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Tapogliano |
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Terzo d'Aquileia |
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Turriaco |
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Versa |
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Villa Vicentina |
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Villesse |
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Visco |
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(87) Per l'elenco dei distretti venatori e delle riserve di caccia vedi, ora, l'elenco nell'allegato A al D.P.Reg. 20 dicembre 2002, n. 0403/Pres.
(88) Distretto così corretto con avviso di errata corrige pubblicato nel B.U. 2 febbraio 2000, n. 5.
(89) La presente riserva è stata cancellata con D.P.G.R. 22 gennaio 2001, n. 012/Pres.
(90) Vedi, al riguardo, il D.P.G.R. 22 gennaio 2001, n. 012/Pres.
(91) Vedi, al riguardo, il D.P.G.R. 22 gennaio 2001, n. 012/Pres.
Allegato B
(riferito all'articolo 12-bis) (92)
Zona cinofila regionale di Premariacco
Scala 1:25.000
(92) Allegato aggiunto, a norma dell'art. 11, comma 6, L.R. 3 luglio 2000, n. 13, dall'allegato A alla stessa legge. Successivamente il presente allegato è stato poi così sostituito, a norma dell'art. 2, comma 9, L.R. 4 settembre 2001, n. 20, dall'allegato A alla stessa legge.
Allegato C
(riferito all'articolo 12-bis) (93)
Zona cinofila regionale di Dandolo di Maniago
Scala 1:25.000
------------------------
(93) Allegato aggiunto, a norma dell'art. 11, comma 6, L.R. 3 luglio 2000, n. 13, dall'allegato A alla stessa legge. Successivamente il presente allegato è stato poi così sostituito, a norma dell'art. 2, comma 9, L.R. 4 settembre 2001, n. 20, dall'allegato A alla stessa legge.
L.R. 17 aprile 2003, n. 10
Disciplina
del regime di deroga previsto dall'articolo 9 della direttiva n. 79/409/CEE concernente
la conservazione degli uccelli selvatici e modifiche a disposizioni in materia
di tutela della natura, di attività venatoria e di tassidermia.
------------------------
(1) Pubblicata nel B.U. Friuli-Venezia Giulia 23 aprile 2003, n. 17.
Capo I - Disciplina del regime di deroga previsto dall'articolo 9 della direttiva n. 79/409/CEE concernente la conservazione degli uccelli selvatici
Art. 1
Applicazione del regime di deroga previsto dall'articolo 9 della direttiva n. 79/409/CEE. Finalità.
1. Nel corso della stagione venatoria i prelievi in deroga di cui all'articolo 9, paragrafo 1, lettera a) della direttiva n. 79/409/CEE Consiglio del 2 aprile 1979 concernente la conservazione degli uccelli selvatici, da attuarsi nell'àmbito di applicazione delle disposizioni contenute nell'articolo 1, commi 3 e 4, e nell'articolo 9 della legge 11 febbraio 1992, n. 157 (Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio) e nell'articolo 9 della Convenzione relativa alla conservazione della vita selvatica e dell'ambiente naturale in Europa, firmata a Berna il 19 settembre 1979, ratificata ai sensi della legge 5 agosto 1981, n. 503, vengono attuati nella regione Friuli-Venezia Giulia secondo le disposizioni della presente legge.
Art. 2
Attuazione dell'articolo 9, comma 1, lettera a) della direttiva n. 79/409/CEE.
1. In considerazione dell'accertata necessità di prevenire gravi e permanenti danni alle colture agricole, all'itticoltura e della comprovata impraticabilità di altre soluzioni soddisfacenti è autorizzato, in attuazione dell'articolo 9, paragrafo 1, lettera a), della direttiva n. 79/409/CEE e con le modalità e i limiti fissati dal presente articolo, il prelievo in deroga di soggetti appartenenti alle specie: storno (Sturnus vulgaris), cormorano (Phalacrocorax carbo), tortora dal collare orientale (Streptopelia decaocto), colombo domestico (Columba livia var. domestica).
2. Il prelievo può essere realizzato da appostamento fisso, temporaneo o in forma vagante da parte dei cacciatori iscritti alle riserve di caccia o che esercitano la caccia nelle aziende faunistico-venatorie della regione Friuli-Venezia Giulia nonché dagli agenti di vigilanza. Per l'esercizio dell'attività di prelievo è consentito l'utilizzo dei mezzi di cui all'articolo 13 della legge n. 157/1992.
3. I limiti massimi giornaliero e stagionale di soggetti prelevabili nonché gli archi temporali nei quali possono essere effettuati i prelievi sono previsti dall'allegato A).
4. Ulteriori modalità di prelievo sono disciplinate dal vigente calendario venatorio regionale.
Art. 3
Condizioni e controlli.
1. Gli abbattimenti devono essere annotati sul tesserino venatorio regionale secondo le vigenti disposizioni. Entro il 31 marzo di ogni anno i tesserini devono essere restituiti alle riserve competenti, le quali provvederanno entro i successivi sessanta giorni ad inviare alla Direzione regionale delle foreste e della caccia e all'Istituto faunistico regionale i dati riassuntivi relativi a tutti gli abbattimenti effettuati ai sensi dell'articolo 2, al fine degli opportuni controlli e valutazioni.
2. L'Amministrazione regionale, sentito l'Istituto faunistico regionale, è individuata quale autorità abilitata a dichiarare che le condizioni previste dall'articolo 9 della direttiva n. 79/409/CEE sono realizzate.
Art. 4
Limitazione dei prelievi.
1. Il Presidente della Regione, sentito l'Istituto faunistico regionale, adotta provvedimenti di limitazione o sospensione dei prelievi autorizzati dalla presente legge in relazione all'insorgere di variazioni negative dello stato delle popolazioni oggetto del prelievo in deroga di cui all'articolo 2.
Art. 5
Azioni di promozione.
1. L'Istituto faunistico regionale svolge attività di monitoraggio, ricerca e divulgazione aventi per oggetto le specie di cui all'articolo 2.
Art. 6
Sanzioni.
1. Per le violazioni alle disposizioni di cui agli articoli 2 e 3 si applicano le sanzioni previste dalla legge n. 157/1992 e dalla legge regionale 31 dicembre 1999, n. 30 (Gestione ed esercizio dell'attività venatoria nella regione Friuli-Venezia Giulia).
Capo II - Modifiche a disposizioni in materia di tutela della natura, di attività venatoria e di tassidermia
Art. 7
Modifiche alla legge regionale n. 34/1981 concernente norme per la tutela della natura.
1. (2).
2. (3).
3. (4).
4. (5).
5. (6).
6. Gli articoli 25, 26 e 28 della legge regionale n. 34/1981 sono abrogati.
------------------------
(2) Aggiunge i numeri 26-quater, 26-quinquies) e 26-sexies) al primo comma dell'art. 6, L.R. 3 giugno 1981, n. 34.
(3) Sostituisce l'art. 17, L.R. 3 giugno 1981, n. 34.
(4) Aggiunge l'art. 17-bis alla L.R. 3 giugno 1981, n. 34.
(5) Aggiunge l'art. 17-ter alla L.R. 3 giugno 1981, n. 34.
(6) Sostituisce l'art. 24, L.R. 3 giugno 1981, n. 34.
Art. 8
Modifica alla legge regionale n. 53/1981 riguardante lo stato giuridico e il trattamento economico del personale della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia.
1. (7).
------------------------
(7) Sostituisce il quinto comma dell'art. 27, L.R. 31 agosto 1981, n. 53.
Art. 9
Modifica alla legge regionale n. 56/1986 concernente norme in materia di caccia, di allevamento di selvaggina, di tassidermia, nonché di pesca in acque interne.
1. Al settimo e all'ottavo comma dell'articolo 7 della legge regionale 19 dicembre 1986, n. 56 (Norme in materia di caccia, di allevamento di selvaggina, di tassidermia, nonché di pesca in acque interne) (8), come modificato dall'articolo 43, comma 9, della legge regionale n. 30/1999, le parole "dei Distretti venatori competenti per territorio" sono sostituite dalle seguenti: "della Direzione regionale delle foreste e della caccia, sentiti i Distretti venatori competenti per territorio e l'Istituto faunistico regionale".
------------------------
(8) Nel B.U. il provvedimento è indicato erroneamente con la data del 12 dicembre 1986.
Art. 10
Modifiche alla legge regionale n. 14/1987 concernente la disciplina dell'esercizio della caccia di selezione per particolari prelievi di fauna selvatica.
1. All'articolo 4 della legge regionale 15 maggio 1987, n. 14 (Disciplina dell'esercizio della caccia di selezione per particolari prelievi di fauna selvatica) sono apportate le seguenti modifiche:
a) (9);
b) (10).
2. (11).
------------------------
(9) Sostituisce con tre periodi il secondo e il terzo periodo del comma 1 dell'art. 4, L.R. 15 maggio 1987, n. 14.
(10) Sostituisce il comma 2 dell'art. 4, L.R. 15 maggio 1987, n. 14.
(11) Aggiunge il comma 1-bis all'art. 5, L.R. 15 maggio 1987, n. 14.
Art. 11
Modifica alla legge regionale n. 15/1991 concernente la disciplina dell'accesso dei veicoli a motore nelle zone soggette a vincolo idrogeologico o ambientale.
1. Al comma 3 dell'articolo 3 della legge regionale 15 aprile 1991, n. 15 (Disciplina dell'accesso dei veicoli a motore nelle zone soggette a vincolo idrogeologico o ambientale. Modifica alla legge regionale 22 gennaio 1991, n. 3), come sostituito dall'articolo 75, comma 4, della legge regionale n. 42/1996, dopo le parole "gestione delle riserve di caccia" sono aggiunte le seguenti: "e all'esercizio dell'attività venatoria".
Art. 12
Modifica alla legge regionale n. 21/1993 concernente norme integrative e modificative in materia venatoria.
1. (12).
------------------------
(12) Sostituisce il comma 2-bis dell'art. 11, L.R. 18 maggio 1993, n. 21.
Art. 13
Modifiche alla legge regionale n. 24/1996 concernente norme in materia di specie cacciabili e periodi di attività venatoria e ulteriori norme modificative ed integrative in materia venatoria e di pesca di mestiere.
1. (13).
2. Al comma 1 dell'articolo 3 della legge regionale n. 24/1996, come modificato dall'articolo 2, comma 1, della legge regionale n. 20/2001, sono apportate le seguenti modifiche:
a) alla lettera b) sono soppresse le parole "germano reale (Anas platyrhyncos),";
b) alla lettera e), dopo le parole "codone (Anas acuta)," sono aggiunte le seguenti: "germano reale (Anas platyrhyncos),".
3. Al comma 2 dell'articolo 7 della legge regionale n. 24/1996 la parola "due" è sostituita dalla seguente: "tre".
4. Al comma 5 dell'articolo 19 della legge regionale n. 24/1996, dopo le parole "legge n. 157/1992" sono aggiunte le seguenti: "fissati per l'esercizio dell'attività venatoria con le modalità specificate dall'articolo 12, comma 5, lettera b), della legge medesima".
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(13) Aggiunge il comma 1-bis all'art. 2, L.R. 17 luglio 1996, n. 24.
Art. 14
Modifiche alla legge regionale n. 30/1999 riguardante la gestione e l'esercizio dell'attività venatoria nella Regione Friuli-Venezia Giulia.
1. (14).
2. All'articolo 7 della legge regionale n. 30/1999, come modificato dall'articolo 2 della legge regionale n. 20/2001, sono apportate le seguenti modifiche:
a) alla lettera b) del comma 3, dopo la parola "annuali" sono aggiunte le seguenti: "o pluriennali";
b) (15);
c) (16);
d) (17).
3. Al comma 3 dell'articolo 9 della legge regionale n. 30/1999 le parole: "Il superamento del" sono sostituite dalle seguenti: "La partecipazione al".
4. (18).
5. All'articolo 12-ter della legge regionale n. 30/1999, come aggiunto dall'articolo 11, comma 3, della legge regionale n. 13/2000, sono apportate le seguenti modifiche:
a) (19);
b) (20).
6. Al comma 2 dell'articolo 14 della legge regionale n. 30/1999 sono apportate le seguenti modifiche:
a) (21).
b) (22).
7. All'articolo 15 della legge regionale n. 30/1999 sono apportate le seguenti modifiche:
a) (23);
b) (24);
c) al comma 4, dopo le parole "delle deliberazioni dell'Assemblea e nomina" sono inserite le seguenti: "il Vicepresidente che, in sua assenza, lo sostituisce in ogni sua competenza, nonché".
8. All'articolo 20 della legge regionale n. 30/1999, come modificato dall'articolo 2, comma 13, della legge regionale n. 20/2001, sono apportate le seguenti modifiche:
a) (25);
b) (26).
9. Alla lettera f) del comma 1 dell'articolo 24 della legge regionale n. 30/1999 come da ultimo modificato dall'articolo 5, comma 2, della legge regionale n. 1/2003, le parole "regolamentano l'" sono sostituite con le seguenti: "verificano la conformità alle norme dell'".
10. All'articolo 25 della legge regionale n. 30/1999 sono apportate le seguenti modifiche:
a) (27);
b) (28).
11. (29).
12. Al comma 1 dell'articolo 31 della legge regionale 30/1999, come modificato dall'articolo 2, comma 15, della legge regionale n. 20/2001, le parole ", il concessionario ed il consorziato" sono sostituite dalle seguenti: "e i cacciatori di cui all'articolo 28, comma 1, lettera b),".
13. (30).
14. All'articolo 33 della legge regionale n. 30/1999 sono apportate le seguenti modifiche:
a) (31);
b) al comma 2 la parola "tre" è sostituita con la seguente: "cinque".
15. All'articolo 35 della legge regionale n. 30/1999, come modificato dall'articolo 5 della legge regionale n. 1/2003, sono apportate le seguenti modifiche:
a) al comma 1 le parole "e il risarcimento" sono sostituite dalle seguenti: "e l'indennizzo";
b) (32).
16. (33).
17. (34).
18. Il comma 2 dell'articolo 39 della legge regionale n. 30/1999 è abrogato.
19. All'articolo 40 della legge regionale n. 30/1999 sono apportate le seguenti modifiche:
a) (35);
b) (36).
20. (37).
------------------------
(14) Aggiunge il comma 1-bis all'art. 3, L.R. 31 dicembre 1999, n. 30.
(15) Sostituisce il comma 5 dell'art. 7, L.R. 31 dicembre 1999, n. 30.
(16) Aggiunge il comma 5-bis all'art. 7, L.R. 31 dicembre 1999, n. 30.
(17) Aggiunge il comma 6-bis all'art. 7, L.R. 31 dicembre 1999, n. 30.
(18) Sostituisce il comma 5 dell'art. 10, L.R. 31 dicembre 1999, n. 30.
(19) Aggiunge il comma 1-bis all'art. 12-ter, L.R. 31 dicembre 1999, n. 30.
(20) Aggiunge il comma 4-bis all'art. 12-ter, L.R. 31 dicembre 1999, n. 30.
(21) Sostituisce la lettera c) del comma 2 dell'art. 14, L.R. 31 dicembre 1999, n. 30.
(22) Aggiunge la lettera g-bis) al comma 2 dell'art. 14, L.R. 31 dicembre 1999, n. 30.
(23) Aggiunge la lettera b-bis) al comma 1 dell'art. 15, L.R. 31 dicembre 1999, n. 30.
(24) Sostituisce il comma 2 dell'art. 15, L.R. 31 dicembre 1999, n. 30.
(25) Sostituisce il comma 2 dell'art. 20, L.R. 31 dicembre 1999, n. 30.
(26) Aggiunge il comma 2-bis all'art. 20, L.R. 31 dicembre 1999, n. 30.
(27) Sostituisce il comma 4 dell'art. 25, L.R. 31 dicembre 1999, n. 30.
(28) Aggiunge i commi 6-bis e 6-ter all'art. 25, L.R. 31 dicembre 1999, n. 30.
(29) Sostituisce la lettera b) del comma 1 dell'art. 28, L.R. 31 dicembre 1999, n. 30.
(30) Sostituisce l'art. 32, L.R. 31 dicembre 1999, n. 30.
(31) Sostituisce il comma 1 dell'art. 33, L.R. 31 dicembre 1999, n. 30.
(32) Aggiunge il comma 4-ter all'art. 35, L.R. 31 dicembre 1999, n. 30.
(33) Aggiunge il comma 1-ter all'art. 36, L.R. 31 dicembre 1999, n. 30.
(34) Sostituisce il comma 3 dell'art. 37, L.R. 31 dicembre 1999, n. 30.
(35) Sostituisce il comma 7 dell'art. 40, L.R. 31 dicembre 1999, n. 30.
(36) Aggiunge il comma 15-bis all'art. 40, L.R. 31 dicembre 1999, n. 30.
(37) Antepone, prima del comma 1, il comma 01 all'art. 42, L.R. 31 dicembre 1999, n. 30.
Art. 15
Modifiche alla legge regionale n. 26/2002 concernente norme regionali per la disciplina dell'attività di tassidermia.
1. Al comma 2 dell'articolo 2 della legge regionale 1° ottobre 2002, n. 26 (Norme regionali per la disciplina dell'attività di tassidermia), dopo le parole "Provincia competente," è aggiunta la seguente: "non".
2. Al comma 1 dell'articolo 6 della legge regionale n. 26/2002 dopo le parole "animali appartenenti alla specie" è aggiunta la seguente: "protette".
3. Al comma 1 dell'articolo 9 della legge regionale n. 26/2002 dopo le parole "tre anni" sono aggiunte le seguenti: ", nonché a enti e istituzioni pubbliche, quali i musei di storia naturale e gli istituti universitari che, alla data di entrata in vigore della presente legge, risultino regolarmente in possesso di autorizzazione provinciale all'attività di tassidermia".
Art. 16
Modifica alla legge regionale n. 27/2002 concernente norme per il sostegno e il riconoscimento delle associazioni ornitologiche della regione Friuli-Venezia Giulia.
1. Al comma 1 dell'articolo 4 della legge regionale 1° ottobre 2002, n. 27 (Norme per il sostegno e il riconoscimento delle associazioni ornitologiche della regione Friuli-Venezia Giulia), dopo le parole "le associazioni ornitologiche," sono aggiunte le seguenti: "per assumere la gestione di cui all'articolo 2, comma 5, ovvero".
Art. 17
Norme finanziarie.
1. Per le finalità di cui al comma 1-ter dell'articolo 36 della legge regionale n. 30/1999, come aggiunto dall'articolo 14, comma 16, è autorizzata la spesa complessiva di 120.000 euro, suddivisa in ragione di 40.000 euro per ciascuno degli anni dal 2003 al 2005, a carico dell'unità previsionale di base 11.6.23.1.138 dello stato di previsione della spesa del bilancio pluriennale per gli anni 2003-2005 e del bilancio per l'anno 2003, con riferimento al capitolo 3162 (1.1.162.2.08.14) di nuova istituzione nel documento tecnico allegato al bilancio medesimo - Servizio per la conservazione della fauna e della caccia - con la denominazione "Contributi alle riserve di caccia o agli altri soggetti che esprimono il presidente pro tempore del distretto venatorio per le spese di segreteria del distretto" e con lo stanziamento complessivo di 120.000 euro, suddiviso in ragione di 40.000 euro per ciascuno degli anni dal 2003 al 2005.
2. All'onere complessivo di 120.000 euro derivante dalle autorizzazioni di spesa di cui al comma 1 si fa fronte mediante storno di pari importo dall'unità previsionale di base 11.6.23.1.950 dello stato di previsione della spesa del bilancio pluriennale per gli anni 2003-2005 e del bilancio per l'anno 2003, con riferimento al capitolo 4258 del documento tecnico allegato al bilancio medesimo, il cui stanziamento è ridotto di pari importo per gli anni dal 2003 al 2005, intendendosi corrispondentemente ridotta la relativa autorizzazione di spesa.
3. Per le finalità previste dall'articolo 24 della legge regionale n. 34/1981, come modificato dall'articolo 7, comma 5, è autorizzata la spesa complessiva di 52.000 euro, suddivisa in ragione di 26.000 euro per ciascuno degli anni 2003 e 2004, a carico dell'unità previsionale di base 4.5.23.1.1212, che si istituisce a decorrere dall'anno 2003 nello stato di previsione della spesa del bilancio pluriennale per gli anni 2002-2004 - alla funzione obiettivo n. 4 - programma 4.5 - Rubrica n. 23 - spese correnti - con la denominazione "Contributi per iniziative in materia di fauna selvatica e flora spontanea", con riferimento al capitolo 2829 (1.1.152.2.08.11) di nuova istituzione nel documento tecnico allegato al bilancio medesimo - Servizio degli affari amministrativi, contabili e del contenzioso - con la denominazione "Contributi a favore di province, comuni, altri enti pubblici ed associazioni culturali per la valorizzazione, la salvaguardia e la divulgazione delle conoscenze relative alla fauna minore e alla flora" e con lo stanziamento complessivo di 52.000 euro, suddiviso in ragione di 26.000 euro per ciascuno degli anni 2003 e 2004.
4. All'onere complessivo di 52.000 euro derivante dall'autorizzazione di spesa di cui al comma 3 si fa fronte mediante storno di pari importo dall'unità previsionale di base 4.5.23.1.1790 dello stato di previsione della spesa del bilancio pluriennale per gli anni 2002-2004, con riferimento al capitolo 2972 del documento tecnico allegato al bilancio medesimo, il cui stanziamento è ridotto di pari importo per gli anni 2003 e 2004, intendendosi corrispondentemente ridotta la relativa autorizzazione di spesa.
Allegato A
(Riferito all'articolo 2, comma 3)
Limiti e archi temporali per il prelievo in attuazione dell'articolo 9, paragrafo 1, lettera a), della direttiva n. 79/409/CEE
SPECIE |
|
|
TEMPI |
per stagione venatoria |
Limite |
|
|
|
massimo di |
Limite |
Stagione |
|
prelievo |
massimo di |
venatoria |
|
giornaliero |
prelievo |
2002/2003 |
|
per cacciatore |
per cacciatore |
2003/2004 |
|
|
|
|
|
N. uccelli |
N. uccelli |
|
|
|
|
Dalla terza |
STORNO |
20 |
100 |
domenica di |
(Sturnus vulgaris) |
|
|
settembre fino |
|
|
|
al 31 dicembre |
TORTORA DAL |
|
|
Dalla terza |
COLLARE |
|
|
domenica di |
ORIENTALE |
10 |
50 |
settembre fino |
(Streptopelia |
|
|
al 31 dicembre |
decaocto) |
|
|
|
|
|
|
Dalla terza |
CORMORANO |
5 |
20 |
domenica di |
(Phalacrocorax carbo) |
|
|
settembre fino |
|
|
|
al 30 gennaio |
COLOMBO |
|
|
Dalla terza |
URBANO |
10 |
50 |
domenica di |
(Columba livia |
|
|
settembre fino |
var. domestica) |
|
|
al 31 dicembre |
------------------------
L.R.
Lazio 2 maggio 1995, n. 17
Norme per
la tutela della fauna selvatica e la gestione programmata dell'esercizio
venatorio
------------------------
(1) Pubblicata nel B.U. Lazio 30 maggio 1995, n. 15, S.O. n. 4.
(2) Vedi, anche, il D.P.G.R. 8 agosto 2000, n. 606.
TITOLO I
Finalità, principi, disposizioni generali
Art. 1
Finalità.
1. La Regione, nell'osservanza dei principi e delle norme stabiliti dalla L. 11 febbraio 1992, n. 157, delle direttive comunitarie e delle convenzioni internazionali, disciplina la tutela della fauna selvatica e l'attività venatoria secondo metodi di razionale programmazione delle forme di utilizzazione del territorio e di uso delle risorse naturali, al fine della ricostituzione di più stabili equilibri negli ecosistemi.
2. A tal fine la Regione con il concerto delle province:
a) promuove la tutela degli habitat naturali in cui vivono le popolazioni di fauna selvatica e delle oasi e zone di protezione di cui agli articoli 14 e 15;
b) coordina la programmazione dell'uso del territorio orientata anche alle esigenze ecologiche della fauna selvatica;
c) disciplina l'attività venatoria secondo i criteri della commisurazione del prelievo venatorio alla consistenza delle popolazioni faunistiche e della programmazione della caccia in ambiti definiti e regolamentati sulla base di criteri tecnico-scientifici.
3. Per le finalità di cui al comma 2, la Regione promuove ed attua periodicamente studi ed indagini sull'ambiente e sulla fauna selvatica ed adotta le opportune iniziative atte allo sviluppo delle conoscenze ecologiche e biologiche del settore.
4. La Regione, tenuto altresì conto dei motivi tecnico-economici che sono alla base del degrado delle zone montane, promuove lo sviluppo di specifiche iniziative a carattere faunistico e/o venatorio, allo scopo di consentire il graduale rilancio della economia agricola montana.
Art. 2
Attuazione direttive CEE 79/409, 85/411 e 91/244.
1. La Giunta regionale sentito il comitato tecnico faunistico venatorio regionale, in attuazione delle direttive 79/409/CEE, 85/411/CEE e 91/244/CEE provvede ad istituire entro quattro mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge lungo le rotte di migrazione dell'avifauna, segnalate dall'Istituto nazionale per la fauna selvatica (I.N.F.S.), zone di protezione finalizzate al mantenimento ed alla sistemazione, conforme alle esigenze ecologiche degli habitat interni a tali zone e ad esse limitrofi; provvede, inoltre, al ripristino dei biotopi distrutti ed alla creazione di nuovi biotopi. Tali attività concernono particolarmente e prioritariamente le specie di cui all'elenco n. 1 allegato alle citate direttive CEE.
2. La Giunta regionale individua altresì ai sensi dell'articolo 21, comma 3, della L. n. 157 del 1992 entro sei mesi dalla segnalazione dell'I.N.F.S. tutti i valichi montani interessati dalle migrazioni. Le province provvedono alla tabellazione con la scritta «Valico montano divieto di caccia - art. 37 L.R. 2 maggio 1995, n. 17».
3. La Giunta regionale trasmette annualmente al Ministero delle risorse agricole alimentari e forestali e al Ministero dell'ambiente una relazione sulle misure adottate ai sensi del comma 1 e sui loro effetti rilevabili.
3-bis. La Giunta regionale, nel caso in cui ricorrono le ragioni di cui all'articolo 9, paragrafo 1, della dir. 79/409/CEE e successive modifiche, autorizza il prelievo in deroga secondo le modalità di cui all'articolo 35-bis (3).
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(3) Comma aggiunto dall'art. 1, L.R. 30 gennaio 2002, n. 3, a decorrere dal giorno successivo a quello della sua pubblicazione, come prevede l'art. 5 della stessa legge.
Art. 3
Fauna selvatica e specie protette.
1. Fanno parte della fauna selvatica, oggetto della tutela della presente legge, i mammiferi e gli uccelli dei quali esistono popolazioni viventi, stabilmente o temporaneamente, in stato di naturale libertà, nel territorio regionale.
2. Sono particolarmente protette anche sotto il profilo sanzionatorio, le specie di fauna selvatica elencate all'articolo 2, comma 1, lettere a), b) e c) della legge n. 157 del 1992, comunque presenti nel territorio regionale nonché le specie di fauna selvatica autoctona minacciata di estinzione di cui all'articolo 1 della L.R. 28 settembre 1982, n. 48.
3. Le norme della presente legge non si applicano alle talpe, ai ratti, ai topi propriamente detti, alle arvicole.
Art. 4
Divieto di uccellagione e di cattura di mammiferi.
1. Sono vietate in tutto il territorio regionale tutte le forme di uccellagione e di cattura di uccelli e di mammiferi selvatici ed il prelievo di uova, nidi e piccoli nati.
Art. 5
Disciplina attività catture ed inanellamento.
1. La Giunta regionale, su parere vincolante dell'Istituto nazionale per la fauna selvatica (I.N.F.S.), autorizza esclusivamente gli istituti scientifici delle università e del consiglio nazionale delle ricerche ed i musei di storia naturale ad effettuare, a scopo di studio e ricerca scientifica, ai fini delle attività di tutela della fauna e di gestione venatoria di cui alla presente legge, la cattura e l'utilizzazione di mammiferi ed uccelli nonché il prelievo di uova, nidi e piccoli nati.
2. L'attività di cattura temporanea per l'inanellamento degli uccelli a scopo scientifico è autorizzata dalla Regione ed è organizzata e coordinata dall'istituto nazionale per la fauna selvatica d'intesa con l'Osservatorio faunistico di cui all'articolo 18.
3. L'attività di cattura temporanea per l'inanellamento degli uccelli a scopo scientifico può essere svolta esclusivamente da titolari di specifica autorizzazione, rilasciata dal Presidente della Giunta regionale o, su sua delega, dall'assessore regionale competente per materia, in base al parere espresso dall'Istituto nazionale per la fauna selvatica; l'espressione di tale parere è subordinata alla partecipazione a specifici corsi di istruzione, organizzati dallo stesso Istituto, ed al superamento del relativo esame finale.
4. Il Presidente della Giunta regionale, sentito il Comitato tecnico faunistico-venatorio regionale (C.T.F.V.R.) e il parere dell'I.N.F.S., autorizza le province a svolgere l'attività di cattura per l'inanellamento e per la cessione dei richiami vivi consentiti per le forme di caccia espressamente previste dalla presente legge. Per la gestione degli impianti di cattura autorizzati, le province si avvalgono di personale qualificato e valutato idoneo dall'I.N.F.S., il quale svolge, altresì, compiti di controllo e di certificazione dell'attività svolta dagli impianti stessi e ne determina il periodo di attività.
5. La cattura per la cessione a fini di richiamo è consentita solo per esemplari appartenenti alle seguenti specie: allodola, cesena, tordo sassello, tordo bottaccio, merlo, pavoncella e colombaccio (4). Gli esemplari appartenenti ad altre specie eventualmente catturati devono essere inanellati ed immediatamente liberati.
6. È fatto obbligo a chiunque abbatte, cattura o rinviene uccelli inanellati di darne notizia al comune nel cui territorio è avvenuto il fatto, il quale provvede ad informare l'I.N.F.S., l'osservatorio regionale di cui all'articolo 18 e la provincia competente.
7. La provincia, in mancanza di proprie strutture, può rilasciare, su richiesta motivata, autorizzazioni ad organizzazioni professionali agricole presenti nel C.T.F.V.N. di cui all'articolo 8 della L. n. 157 del 1992 e ad associazioni venatorie nazionalmente riconosciute e ad associazioni di protezione ambientale, fornite di strutture adeguate, o a centri di assistenza idonea per il soccorso, per la detenzione temporanea e la successiva liberazione di fauna selvatica in difficoltà. Gli autorizzati dovranno comunicare di volta in volta alla locale stazione del corpo forestale dello Stato ed alla provincia competente per territorio, la specie soccorsa, le cause della detenzione e, in seguito, data e luogo di liberazione o sopravvenuta morte dell'animale, specificandone le cause. La liberazione dovrà comunque avvenire sotto il controllo delle guardie venatorie provinciali, che si avvalgono della collaborazione delle guardie volontarie delle associazioni agricole, di quelle di protezione ambientale presenti nel C.T.F.V.N., nonché di quelle delle associazioni venatorie nazionalmente riconosciute.
8. La Giunta regionale emana specifiche direttive in ordine al soccorso, alla detenzione temporanea ed alla successiva reimmissione della fauna catturata, nonché alle forme di marcatura e registrazione secondo le indicazioni fornite dall'I.N.F.S.
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(4) Periodo così modificato dall'art. 2, L.R. 30 gennaio 2002, n. 3, a decorrere dal giorno successivo a quello della sua pubblicazione, come prevede l'art. 5 della stessa legge.
Art. 6
Attività di ricerca e promozione della conoscenza della fauna e degli habitat.
1. La Regione svolge funzioni di indirizzo e coordinamento nei confronti degli enti locali e degli organismi da essi costituiti e promuove attività di sensibilizzazione avvalendosi della collaborazione e dell'impegno volontario delle organizzazioni professionali agricole, delle associazioni venatorie, delle associazioni di protezione ambientale, nazionalmente riconosciute.
2. La Regione, in collaborazione con gli istituti scientifici e con le autorità scolastiche, promuove iniziative finalizzate a diffondere la conoscenza del patrimonio faunistico e dei metodi per la sua tutela e gestione.
3. L'attività di censimento delle popolazioni di fauna selvatica stanziale e di valutazione delle fluttuazioni numeriche delle popolazioni di avifauna migratoria ai fini del prelievo venatorio è coordinata, secondo metodi e direttive dell'I.N.F.S., dalla Regione e dalle province, in collaborazione con i comitati di gestione degli ambiti territoriali di caccia e con i titolari delle aziende faunistico-venatorie.
4. La Regione promuove, in collaborazione con i competenti servizi delle province, la raccolta e l'elaborazione dei dati relativi alla fauna selvatica anche ai fini della programmazione dei prelievi. Esprime, altresì, pareri e suggerimenti per la gestione faunistica ed il miglioramento o il ripristino degli habitat naturali e seminaturali e degli agroecosistemi.
Art. 7
Regolamentazione tassidermia - Modifiche ed integrazioni della L.R. 2 dicembre 1988, n. 81.
1. L'attività di tassidermia od imbalsamazione e la detenzione o il possesso di preparazione tassidermiche e trofei di cui all'articolo 6 della L. n. 157 del 1992 è regolamentata dalla L.R. 2 dicembre 1988, n. 81 come integrata dal presente articolo.
2. (5).
3. È fatta salva l'attività di tassidermia od imbalsamazione di cui all'articolo 1 della L.R. n. 81 del 1988 svolta da musei ed istituti scientifici universitari per i quali resta comunque l'obbligo delle annotazioni di cui al «comma» 5 della citata legge regionale e delle segnalazioni previste dal comma 2.
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(5) Aggiunge il comma 5-bis all'art. 5, L.R. 2 dicembre 1988, n. 81.
Art. 8
Comitato tecnico faunistico-venatorio regionale.
1. Presso l'Assessorato regionale all'agricoltura, foreste, caccia e pesca è istituito il C.T.F.V.R..
2. Al C.T.F.V.R. sono conferiti i compiti di organo tecnico consultivo per tutto quello che concerne l'applicazione della presente legge ed in particolare per quanto attiene la gestione faunistico-venatoria e ambientale.
3. Il C.T.F.V.R. è composto da:
a) l'assessore regionale all'agricoltura, foreste, caccia e pesca con funzioni di presidente;
b) l'assessore regionale all'ambiente od un suo delegato;
c) gli assessori provinciali al ramo o loro delegati;
d) tre esperti rappresentanti delle organizzazioni professionali agricole maggiormente rappresentative presenti nel C.T.F.V.N.;
e) un rappresentante di ciascuna delle associazioni venatorie riconosciute a livello nazionale;
f) quattro rappresentanti delle associazioni di protezione ambientale maggiormente rappresentative a livello regionale e presenti nel consiglio nazionale per l'ambiente;
g) un docente di zoologia designato dall'Università «La Sapienza» di Roma;
h) un rappresentante regionale dell'Ente nazionale cinofilia italiana (E.N.C.I.).
4. Il dirigente dell'Ufficio - Servizio tecnico faunistico-venatorio regionale di cui all'articolo 54, comma 4, svolge funzioni di segretario. Il comitato nomina tra i propri componenti un vice presidente.
5. Il C.T.F.V.R. è costituito entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge con decreto del Presidente della Giunta regionale, su proposta dell'Assessore all'agricoltura, foreste, caccia e pesca, sulla base delle designazioni delle organizzazioni ed associazioni di cui al comma 3.
6. Le designazioni devono pervenire all'Assessore all'agricoltura, foreste, caccia e pesca entro trenta giorni dalla richiesta, trascorsi i quali si provvede alla nomina anche in mancanza delle designazioni.
7. I membri designati per il comitato devono dimostrare la propria esperienza e competenza in materia faunistico-venatoria, o in materia di gestione della fauna, o in materia di tutela dell'ambiente sulla base di un adeguato curriculum di studi ed attività svolte nel settore.
8. Il C.T.F.V.R. è convocato dal presidente in sessione ordinaria almeno quattro volte all'anno, per formulare pareri e proposte sull'attività della Regione in materia faunistico-venatoria.
9. Le sedute del comitato sono valide in prima convocazione con l'intervento della metà più uno dei presenti ed in seconda convocazione con l'intervento dei componenti presenti; le decisioni sono adottate a maggioranza assoluta dei voti espressi; in caso di parità prevale il voto del presidente.
10. Il presidente, in caso di impedimento, è sostituito dal vice presidente.
11. Il C.T.F.V.R. è convocato mediante avviso inviato a ciascuno dei membri almeno dieci giorni prima della data fissata per l'adunanza. In caso di comprovata urgenza detto termine può essere ridotto a sette giorni. L'avviso di convocazione deve contenere gli argomenti iscritti all'ordine del giorno.
12. Il C.T.F.V.R. dura in carica cinque anni.
Art. 9
Funzioni amministrative.
1. La Regione esercita le funzioni amministrative di programmazione regionale e di coordinamento dei piani faunistico-venatori delle province e svolge compiti di orientamento, di controllo e sostitutivi nei casi previsti dalla presente legge e dal proprio statuto.
2. Le province esercitano le funzioni amministrative in materia di caccia e di protezione della fauna selvatica ai sensi dell'articolo 14 della L. 8 giugno 1990, n. 142, della L. 11 febbraio 1992, n. 157 e della presente legge.
3. La Regione e le province possono avvalersi, nell'espletamento delle rispettive funzioni in materia, oltre che dell'I.N.F.S. della collaborazione di enti ed istituti pubblici e privati specializzati nella ricerca, nonché delle organizzazioni agricole e di protezione ambientale presenti nel C.T.F.V.N. e delle associazioni venatorie nazionalmente riconosciute.
TITOLO II
Pianificazione del territorio.
Istituti per l'incremento della fauna selvatica e per il miglioramento ambientale
Art. 10
Piano faunistico-venatorio regionale.
1. Le finalità di cui all'articolo 10 della L. n. 157 del 1992 sono realizzate attraverso la pianificazione faunistico-venatoria.
2. Ai fini della pianificazione faunistico-venatoria delle province, la Giunta regionale, sentite le competenti commissioni consiliari permanenti, approva, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, gli indirizzi per la elaborazione dei piani provinciali individuati sulla base dei criteri di omogeneità e congruenza forniti dall'I.N.F.S., e dagli studi elaborati dall'università «La Sapienza» di Roma per incarico della Regione Lazio. Decorso il termine ultimo fissato in assenza degli indirizzi regionali le province procedono comunque alla predisposizione dei piani.
3. Il piano faunistico-venatorio, che realizza il coordinamento dei piani provinciali, è predisposto dalla Giunta regionale sulla base dei criteri di omogeneità e congruenza forniti dall'I.N.F.S..
4. La Regione e le province attuano la pianificazione faunistico-venatoria del territorio agro-silvo-pastorale mediante l'individuazione degli Ambiti territoriali di caccia (A.T.C.). In ciascun ambito è nominato, ai sensi e con le modalità di cui all'articolo 14 della L. n. 157 del 1992, un comitato di gestione. L'organismo di gestione degli A.T.C. assolve ai compiti indicati all'articolo 29. Le province, sulla base delle indicazioni del comitato di gestione degli A.T.C., adottano gli opportuni provvedimenti amministrativi di propria competenza.
5. Il piano faunistico-venatorio regionale è approvato dal Consiglio regionale entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge (6) e può essere modificato e/o integrato per comprovate necessità faunistico-ambientali od a seguito di sopravvenuti cambiamenti strutturali, su proposta delle province sentito l'I.N.F.S. ed i rispettivi CTFV.
6. Il piano faunistico-venatorio regionale coordina in particolare:
a) il regime di tutela della fauna selvatica secondo le tipologie territoriali;
b) le attività intese alla conoscenza delle risorse naturali e della consistenza faunistica anche con la previsione di modalità omogenee e di rilevazione e di censimento.
7. Il piano faunistico-venatorio regionale disciplina:
a) gli indirizzi e le modalità di coordinamento dei provvedimenti amministrativi attuativi della presente legge con la normativa regionale in materia di salvaguardia e di tutela delle aree naturali protette nel rispetto dell'articolo 10, comma 3 della L. n. 157 del 1992;
b) gli impegni finanziari per la realizzazione degli indirizzi e degli obiettivi della presente legge (7).
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(6) Vedi la Delib.C.R. 29 luglio 1998, n. 450.
(7) Nelle more dell'attuazione del presente articolo, vedi l'art. 1, L.R. 4 agosto 1997, n. 26.
Art. 11
Pianificazione territorio, destinazioni.
1. Il territorio agro-silvo-pastorale della Regione è destinato per una quota non inferiore al 20 per cento e non superiore al 30 per cento a protezione della fauna selvatica, comprendendo tutte le aree ove sia comunque vietata l'attività venatoria anche per effetto di altre leggi o disposizioni. Detta percentuale deve essere calcolata su base provinciale, in misura che i limiti minimi (20 per cento) e massimi (30 per cento) siano rispettati in ciascuna provincia.
2. Nei territori di protezione, compresi quelli di cui all'articolo 12, comma 1, lettere a) e b) e quelli di cui all'articolo 16 sono vietati l'abbattimento e la cattura a fini venatori e sono previsti interventi atti ad agevolare la sosta della fauna selvatica, la riproduzione, la cura delle prole.
3. Il territorio agro-silvo-pastorale regionale è destinato a caccia riservata, a gestione privata, nella percentuale massima del 15 per cento preferibilmente così ripartito: l'8 per cento ad aziende faunistico-venatorie, il 6 per cento ad aziende agro-turistico-venatorie, l'1 per cento a centri privati di riproduzione della fauna selvatica allo stato naturale. Dette percentuali devono essere calcolate su base provinciale.
4. Sul rimanente territorio agro-silvo-pastorale la Regione promuove forme di gestione programmata della caccia, secondo le modalità stabilite dagli articoli 25, 28 e 29.
Art. 12
Piani faunistico-venatori provinciali.
1. I piani faunistico-venatori provinciali coordinati dal piano faunistico regionale comprendono:
a) le oasi di protezione;
b) le zone di ripopolamento e cattura;
c) i centri pubblici di riproduzione della fauna selvatica allo stato naturale;
d) i centri privati di riproduzione di fauna selvatica allo stato naturale;
e) le aziende faunistico-venatorie e le aziende agroturistico-venatorie;
f) gli ambiti territoriali di caccia;
g) le zone ed i periodi per l'addestramento, l'allevamento e le gare di cani;
h) i criteri per la determinazione del risarcimento, in favore dei proprietari o conduttori dei fondi rustici, per i danni arrecati dalla fauna selvatica alle produzioni agricole alle opere approntate su terreni vincolati per gli scopi di cui alle lettere a), b), c);
i) i criteri per la corresponsione degli incentivi in favore dei proprietari o conduttori dei fondi rustici singoli o associati, che si impegnino alla tutela ed al ripristino degli habitat naturali ed all'incremento della fauna selvatica nelle zone di cui alle lettere a) e b);
l) l'identificazione delle zone in cui sono collocabili gli appostamenti fissi.
2. Entro sessanta giorni dalla pubblicazione degli indirizzi regionali di cui all'articolo 10 le province trasmettono alla Giunta regionale i piani di cui al presente articolo. Qualora entro i suddetti termini le province, non abbiano provveduto agli adempimenti di competenza, la Giunta regionale assegna un termine di trenta giorni, decorso inutilmente il quale, provvede in via sostitutiva, nell'ambito del piano disciplinato dal presente articolo.
3. Le zone di cui al comma 1, devono essere perimetrate con tabelle esenti da tasse regionali apposte a cura dell'ente, associazione o privato che sia preposto o incaricato della gestione della singola zona.
4. La deliberazione che determina il perimetro delle zone da vincolare come indicato al comma 1, lettere a), b) e c), deve essere notificata ai proprietari o conduttori dei fondi interessati e pubblicata mediante affissione all'albo pretorio dei comuni territorialmente interessati.
5. Qualora entro sessanta giorni dalla notifica sia presentata opposizione motivata, in carta semplice ed esente da oneri fiscali, da parte dei proprietari o conduttori dei fondi costituenti almeno il 40 per cento della superficie complessiva che si intende vincolare, la zona non può essere istituita.
6. Il consenso si intende validamente accordato nel caso in cui non sia stata presentata formale opposizione nel termine di cui al comma 5.
7. Nelle zone non vincolate ai sensi del comma 1, lettere a), b) e c) per la opposizione manifestata dai proprietari o conduttori di fondi interessati, resta in ogni caso, precluso l'esercizio dell'attività venatoria. Le province possono destinare le suddette aree ad altro uso nell'ambito della pianificazione faunistico-venatoria.
8. La Regione, sentita la provincia interessata, in via eccezionale ed in vista di particolari necessità ambientali, può disporre la costituzione coattiva di oasi di protezione e di zone di ripopolamento e cattura, nonché l'attuazione dei piani di miglioramento ambientale di cui all'articolo 13.
9. Il territorio dei parchi nazionali, dei parchi naturali regionali e delle riserve naturali, già istituiti ed operanti alla data di entrata in vigore della presente legge, nonché di quelle aree naturali protette istituite od adeguate in attuazione della L. 6 dicembre 1991, n. 394, viene computato, ai fini della determinazione del territorio destinato a protezione della fauna selvatica, nel rispetto della quota prevista dal comma 1 dell'articolo 11.
Art. 13
Piani di miglioramento ambientale.
1. Le province predispongono programmi di miglioramento ambientale tesi a favorire la riproduzione naturale di fauna selvatica nonché piani di immissione di fauna selvatica anche tramite la cattura di selvatici presenti in soprannumero nei parchi nazionali e regionali ed altri ambiti faunistici, in accordo con gli enti gestori, salvo accertamento delle compatibilità genetiche da parte dell'I.N.F.S., sentito il Comitato tecnico faunistico-venatorio provinciale (C.T.F.V.P.), istituito in ogni provincia con gli stessi criteri di istituzione del C.T.F.V.R.
2. Le catture al di fuori delle aree protette, disposte dall'organismo di gestione A.T.C. d'intesa con la competente provincia, sono effettuate dagli agenti dipendenti dalle province in collaborazione con guardie volontarie, delle associazioni venatorie, delle organizzazioni professionali agricole e delle associazioni di protezione ambientale, presenti nel C.T.F.V.N. di cui all'articolo 8 della legge n. 157 del 1992.
Art. 14
Oasi di protezione.
1. Le oasi di protezione, sono destinate alla conservazione della fauna selvatica, a favorire l'insediamento e l'irradiamento naturale delle specie stanziali e la sosta delle specie migratorie attraverso il miglioramento delle capacità faunistiche degli ambienti, ed alla promozione della ricerca faunistica.
2. Il territorio delle oasi deve presentare particolare valenza ecologica dell'habitat in relazione alla possibilità di offrire luogo di rifugio, sosta o riproduzione per le realtà faunistiche particolarmente meritevoli di conservazione.
3. La gestione delle oasi di protezione è affidata dalla provincia ai comitati di gestione degli A.T.C. competenti per comprensorio che possono avvalersi della collaborazione delle associazioni venatorie, delle organizzazioni professionali agricole, delle associazioni di protezione ambientale, nazionalmente riconosciute, stipulando con esse apposite convenzioni.
4. La Giunta regionale, su proposta dell'Assessore all'agricoltura, foreste, caccia e pesca d'intesa con l'Assessore all'ambiente può emanare direttive alle province, sentito l'I.N.F.S. per la gestione delle oasi e delle zone di protezione, finalizzate al raggiungimento degli obiettivi di tutela e d'intervento faunistico delle aree stesse.
5. I soggetti gestori con cadenza triennale dovranno condurre censimenti qualitativi-quantitativi della fauna e documentare la situazione ambientale e faunistica nella sua evoluzione e congruenza con gli obiettivi istitutivi.
6. Ciascuna oasi e zona di protezione deve essere adeguatamente tabellata a cura dell'ente gestore con la scritta «Oasi e zone di protezione - divieto di caccia - art. 14 L.R. n. 17 del 1995».
7. La provincia, su richiesta dell'I.N.F.S., può autorizzare nelle oasi e nelle zone di protezione, catture a scopo di studio o di ricerca scientifica e può, altresì autorizzare, sentito il predetto istituto, le guardie provinciali dipendenti, che si avvarranno della collaborazione delle guardie volontarie delle associazioni venatorie nazionalmente riconosciute, la cattura di determinate specie di fauna selvatica presenti in accertato soprannumero, a scopo di ripopolamento o di reintroduzione, secondo i criteri dettati dalla pianificazione faunistica.
8. I controlli selettivi possono effettuarsi con le modalità di cui all'articolo 35, comma 2.
Art. 15
Zone di ripopolamento e cattura.
1. Le zone di ripopolamento e cattura di cui all'articolo 12, comma 1, lettera b) sono destinate alla riproduzione della fauna selvatica allo stato naturale, al suo irradiamento nelle zone circostanti ed alla cattura della medesima per l'immissione sul territorio, in tempi e condizioni utili all'ambientamento, fino alla ricostituzione ed alla stabilizzazione della densità faunistica ottimale del territorio. Esse devono essere costituite in terreni idonei alle specie per le quali sono destinate e non soggetti a coltivazioni specializzate o suscettibili di particolare danneggiamento per la rilevante presenza di fauna selvatica; in esse è vietata ogni forma di esercizio venatorio. Ogni tre anni deve essere documentata con apposita relazione a cura della provincia la situazione ambientale e faunistica delle zone di ripopolamento e cattura con particolare riferimento ai valori di produttività registrati.
2. Il piano faunistico venatorio deve prevedere incentivi per la salvaguardia della fauna selvatica ed il miglioramento dell'ambiente nonché l'entità minima di fauna selvatica catturabile annualmente.
3. La gestione delle zone di ripopolamento e cattura è affidata ai comitati di gestione A.T.C. competenti per territorio.
4. Ciascuna zona di ripopolamento e cattura deve avere una superficie commisurata alle esigenze biologiche delle specie selvatiche interessate. La zona deve essere adeguatamente tabellata a cura dell'ente gestore con la scritta: «Zona di ripopolamento e cattura - divieto di caccia - art. 15 L.R. 2 maggio 1995, n. 17».
5. Le catture devono essere effettuate in modo da garantire la continuità della riproduzione della fauna selvatica.
Art. 16
Centri pubblici e privati di riproduzione di fauna selvatica.
1. I centri pubblici di riproduzione di fauna selvatica, di cui l'articolo 12, comma 1, lettera c), sono istituiti dalla provincia e fanno parte integrante del piano faunistico venatorio provinciale. Hanno per scopo la riproduzione di fauna selvatica allo stato naturale ai fini di ricostituzione della fauna autoctona, da utilizzare esclusivamente per le azioni di ripopolamento e reintroduzione.
2. I centri pubblici di produzione di fauna selvatica, costituiti di preferenza su terreni demaniali, hanno carattere sperimentale per lo studio e la ricerca sulle tecniche di immissione in natura di fauna selvatica autoctona finalizzata alla reintroduzione e al ripopolamento. Detti centri possono essere gestiti, dalle province, dalle comunità montane, dai comuni, singoli od associati, dai consorzi di gestione dei parchi, dalle università agrarie, nonché dai comitati di gestione degli A.T.C., quando ricadenti nei rispettivi territori. Il controllo e la vigilanza dei centri è affidato alle province.
3. Le aree dei centri pubblici di riproduzione della fauna selvatica autoctona devono essere recintate in modo atto ad impedire la fuoriuscita degli animali allevati e tabellate con la scritta «Centro pubblico di riproduzione della fauna selvatica - divieto di caccia art. 16 L.R. 2 maggio 1995, n. 17».
4. I centri privati di riproduzione di fauna selvatica allo stato naturale di cui all'articolo 12, comma 1, lettera d), organizzati in forma di azienda agricola singola, consortile o cooperativa, sono autorizzati dalla provincia con esclusione di qualsiasi utilizzazione a scopo venatorio. In tali centri è consentito di norma il prelievo mediante cattura degli animali allevati appartenenti alle specie cacciabili, da parte del titolare dell'impresa agricola, dai dipendenti della stessa e dalle persone nominativamente indicate. A richiesta, per ragioni di carattere strettamente sanitario, su conforme parere del C.T.F.V.P. competente per territorio, può essere consentito l'abbattimento dei soggetti malati o menomati da parte del titolare o di altra persona nominativamente indicata, sotto il controllo del competente organo della provincia.
5. L'autorizzazione alla costituzione dei centri privati di cui al comma 4 è subordinata all'osservanza di apposito disciplinare contenente le norme relative ai controlli nonché le prescrizioni per l'esercizio delle attività di riproduzione della fauna selvatica allo stato naturale ed è soggetta a tassa annuale di concessione ai sensi della L.R. 30 maggio 1980, n. 30, e successive modifiche ed integrazioni.
6. Le province organizzano e svolgono attività di vigilanza e di controllo sui centri privati di cui al comma 4. L'istituzione di tali centri dovrà essere autorizzata, di norma, su territori aventi caratteristiche ambientali idonee per le specie in indirizzo produttivo.
Art. 17
Zone per l'allenamento e l'addestramento dei cani e per le gare cinofile.
1. La Giunta provinciale, allo scopo di promuovere l'addestramento e l'allenamento dei cani, l'educazione cinofila e venatoria dei cacciatori, il recupero dei territori marginali e la riduzione dei prelievi della selvaggina riprodotta allo stato brado, sentito il C.T.F.V.P., autorizza la costituzione di zone di addestramento cani affidate alle associazioni venatorie riconosciute a livello nazionale, alle associazioni agricole riconosciute, ai gruppi cinofili dell'E.N.C.I., limitatamente alle seguenti specie riprodotte in allevamento artificiale od in cattività appositamente liberate: fagiano, starna, pernice, colino, quaglia, lepre, cinghiale, germano reale ceppo domestico.
2. La superficie complessiva delle zone addestramento cani non può superare l'1 per cento del territorio agro-silvo-forestale provinciale; quello di una zona non può essere superiore a duecento ed inferiore a venti ettari. Nelle zone con superficie inferiore a cento ettari è consentito l'addestramento dei cani da ferma, in regola con l'iscrizione all'anagrafe canina, con l'azione di recupero cinofilo per la sola specie quaglia, purché di allevamento ed appositamente liberata nell'imminenza della prova addestrativa. Tale attività è consentita nel solo periodo 1° giugno - 15 settembre ed unicamente a coloro che sono in possesso di apposito tesserino cinofilo, debitamente compilato, predisposto dall'Amministrazione provinciale territorialmente competente e rilasciato per il solo tramite dei gestori delle zone di addestramento dei cani. Il tesserino deve contenere i dati anagrafici dell'addestratore e gli estremi dell'iscrizione del cane all'anagrafe canina. In ogni provincia il territorio destinato alle zone di addestramento cani dovrà essere ripartito equamente tra gli aventi titolo.
3. Per il conseguimento dei fini previsti al comma 1, nelle zone addestramento cani aventi superficie superiore a cento ettari è consentita per tutto l'anno l'attività cinegetica con facoltà di sparo alle specie indicate nel comma 1, provenienti da allevamento artificiale o in cattività ed appositamente liberate. L'attività stessa è consentita a coloro che siano in possesso di apposito tesserino cinofilo, debitamente compilato, predisposto dall'amministrazione provinciale competente per territorio e rilasciato per il solo tramite dei gestori delle zone addestramento cani. Il tesserino deve contenere i dati anagrafici dell'addestratore e gli estremi dell'iscrizione del cane all'anagrafe canina (8).
4. La vigilanza per il rispetto delle norme e dei regolamenti venatori all'interno delle zone addestramento cani è affidata alle guardie giurate venatorie volontarie appositamente incaricate dall'associazione alla quale è stata affidata la gestione della zona addestramento cani, nonché a quelli previsti all'articolo 43 della presente legge. La durata dell'autorizzazione è accordata per un periodo di 6 anni ed è rinnovabile. Le zone addestramento cani dovranno essere tabellate su tutto il perimetro e sulle strade interne, con la scritta «Zona addestramento cani - accesso consentito ai soli autorizzati».
5. La domanda di autorizzazione per la zona addestramento cani deve essere inoltrata all'assessorato caccia della provincia dal legale rappresentante provinciale dell'associazione od ente richiedente corredata dai seguenti documenti:
a) mappa catastale 1/4000 e corografie del territorio;
b) consenso dei proprietari o dei conduttori dei fondi con relativo estratto catastale dei territori da assoggettare al vincolo;
c) regolamento per l'accesso ed il funzionamento della zona addestramento cani;
d) certificazione attestante il riconoscimento dell'associazione nazionale od ente richiedente.
6. Le zone addestramento cani in atto al momento della entrata in vigore della presente legge si intendono automaticamente prorogate fino alla scadenza del sesto anno compatibilmente al consenso dei proprietari o conduttori dei terreni inclusi nella zona addestramento cani, se non è intervenuta disdetta. I danni provocati alle colture agricole ed alla fauna selvatica sono a carico del titolare dell'autorizzazione.
7. Nelle zone di ripopolamento e cattura, le province possono autorizzare gare per cani da caccia iscritti e non iscritti nei libri genealogici riconosciuti dall'E.N.C.I. alle seguenti condizioni:
a) assenso preventivo dei proprietari o conduttori dei fondi territorialmente interessati;
b) preventiva definizione delle misure volte alla salvaguardia della fauna selvatica e delle colture agricole;
c) divieto di sparo;
d) parere favorevole del C.T.F.V.P. competente; alle medesime condizioni negli A.T.C. e nelle aziende agroturistico-venatorie, possono essere svolte, previa comunicazione alla provincia, che ha facoltà di divieto, gare di cani da caccia, anche non iscritti nei libri genealogici E.N.C.I., regolarmente denunciati a norma di legge.
8. La Giunta regionale, autorizza, sentito l'E.N.C.I. ed il C.T.F.V.R., l'istituzione di campi di gara fissi che possono avere dimensioni superiori a quelli previsti dalla presente legge. Detti campi nei quali è comunque vietato lo sparo sono considerati impianti sportivi ad ogni effetto. La provincia, pubblica in allegato al programma annuale degli interventi faunistico-venatori, l'elenco delle gare cinofile di rilievo regionale, nazionale o internazionale, organizzate nelle zone e nei campi di gara istituiti nel territorio di competenza.
9. I comitati di gestione degli ambiti territoriali di caccia autorizzano, su richiesta delle locali associazioni venatorie nazionalmente riconosciute, l'istituzione di zone destinate al solo allenamento (9) dei cani, previo assenso dei proprietari o conduttori dei fondi. Tali zone non potranno avere superficie superiore ai tre ettari.
10. Per quanto non previsto dalla presente legge, le amministrazioni provinciali potranno autonomamente disciplinare l'attività cinofila con particolare riferimento all'addestramento e all'allenamento (10) dei cani (11) (12).
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(8) Comma così sostituito dall'art. 87, L.R. 6 febbraio 2003, n. 2. Il testo originario era così formulato: «3. Per il conseguimento dei fini previsti al comma 1, nelle zone addestramento cani aventi superficie superiore a cento ettari è consentita, a partire dal 1° settembre e fino alla data di chiusura generale della caccia, l'attività cinogetica, con facoltà di sparo, alle specie indicate nel comma 1 del presente articolo provenienti da allevamento artificiale o in cattività ed appositamente liberate. Dopo il suddetto periodo tale attività è consentita esclusivamente con le quaglie di allevamento liberate nell'imminenza della prova addestrativa. L'attività stessa è consentita a coloro in possesso di apposito tesserino cinofilo, debitamente compilato, predisposto dall'amministrazione provinciale territorialmente competente e rilasciato per il solo tramite dei gestori delle zone di addestramento cani. Il tesserino, anche in questo caso, dovrà contenere i dati anagrafici dell'addestratore e gli estremi dell'iscrizione del cane all'anagrafe canina.».
(9) Parola così sostituita dall'art. 4, L.R. 28 ottobre 1995, n. 53.
(10) Parola così sostituita dall'art. 4, L.R. 28 ottobre 1995, n. 53.
(11) Comma aggiunto con avviso di rettifica pubblicato nel B.U. 30 giugno 1995, n. 18, poi modificato dall'art. 4, L.R. 28 ottobre 1995, n. 53.
(12) Nelle more dell'attuazione del presente articolo, vedi l'art. 4, L.R. 4 agosto 1997, n. 26.
Art. 18
Osservatorio faunistico venatorio regionale.
1. Allo scopo di favorire lo studio della biologia della fauna selvatica presente sul territorio regionale e controllarne i rapporti con l'ambiente ed i comportamenti in relazione alle modificazioni del territorio, la Giunta regionale, avvalendosi della consulenza ed assistenza dell'I.N.F.S. e della collaborazione di altri enti ed istituti pubblici e privati specializzati nella ricerca, istituisce l'osservatorio faunistico venatorio regionale.
2. L'osservatorio faunistico venatorio regionale ha lo scopo di:
a) sviluppare le attività scientifiche e di ricerca;
b) predisporre lo studio della biologia degli uccelli;
c) effettuare ricerche qualitative e quantitative delle popolazioni nidificanti, migratrici e svernanti.
3. La Giunta regionale, sentito l'I.N.F.S., il C.T.F.V.R., su conforme parere della commissione consiliare permanente agricoltura, stabilisce le modalità di funzionamento dell'attività di studio e di ricerca dell'osservatorio. In dette modalità la Giunta regionale può prevedere l'articolazione dell'osservatorio a livello provinciale.
Art. 19
Allevamenti a scopo ornamentale per ripopolamento e alimentare.
1. Gli allevamenti di fauna selvatica sono distinti in tre categorie:
a) allevamenti di selvatici per fini alimentari non utilizzabili per le immissioni in natura;
b) allevamenti di selvatici per fini di reintroduzione o ripopolamento destinati ad essere liberati in natura;
c) allevamenti di selvatici per fini amatoriali ed ornamentali non utilizzabili per le immissioni in natura.
2. Nel caso in cui gli allevamenti previsti nel comma 1, lettera a) e c), siano gestiti dal titolare di un'impresa agricola, questi è tenuto a dare semplice comunicazione alla provincia dello svolgimento dell'attività con la segnalazione delle specie di fauna selvatica allevate, nel rispetto della normativa vigente ed in particolare di quella igienico-sanitaria.
3. Gli allevamenti per fini alimentari di cui alla lettera a) del comma 1 che abbiano carattere di imprenditorialità a scopo commerciale, al di fuori di quelli di cui al comma 2, devono essere autorizzati dalla provincia dietro versamento della tassa di concessione regionale di cui alla L.R. 2 maggio 1980, n. 30, e successive modifiche ed integrazioni.
4. Gli allevamenti di selvatici a fini di reintroduzione e/o ripopolamento di cui al comma 1, lettera b), riguardano esclusivamente specie autoctone mantenute in purezza. Sono autorizzati dalla provincia competente per territorio.
5. Gli allevamenti di selvatici a scopo ornamentale ed amatoriale di cui al comma 1, lettera c), sono autorizzati, ad esclusione di quelli di cui al comma 2, dalla provincia competente per territorio, per le specie ed il numero di capi sottoindicati:
a) una coppia di starne;
b) una coppia di coturnici;
c) una coppia di pernici rosse;
d) un gruppo di fagiani costituito da un maschio e tre femmine.
I capi in soprannumero nella fase riproduttiva possono essere utilizzati ai soli scopi alimentari. Sono comunque fatti salvi i richiami previsti nell'articolo 5.
6. I titolari degli allevamenti di fauna selvatica devono tenere apposito registro di allevamento, in cui devono essere annotati il numero dei riproduttori e la loro origine, natalità, mortalità, cessioni, eventi patologici significativi, controlli sanitari ed amministrativi eseguiti. Essi devono inoltre adottare tutti gli accorgimenti necessari affinché gli animali non possano disperdersi in natura.
7. Negli allevamenti di selvatici di cui al comma 1, lettera b), deve essere mantenuta una densità limitata secondo i rapporti minimi di seguito indicati:
a) fagiano, dai 30 ai 60 giorni: 0,5 mq per capo; oltre i 60 giorni: 1 mq per capo;
b) pernici, dai 30 ai 60 giorni: 0,25 mq per capo; oltre i 60 giorni: 1 mq per capo;
c) lepri allevate in recinto: 10 mq per capo;
d) ungulati: 1.000 mq di superficie recintata per capo.
8. Il registro di allevamento deve essere vidimato preventivamente dalla provincia competente per territorio.
9. I capi allevati debbono avere un contrassegno inamovibile riportante la dicitura «ripopolamento», «alimentare» o «ornamentale» e l'eventuale numero di codice assegnato dalla provincia all'allevamento.
10. I controlli sugli allevamenti sono effettuati dalle province competenti per territorio.
11. Il controllo sanitario dovrà essere eseguito almeno due volte all'anno a cura del servizio veterinario della Unità sanitaria locale (U.S.L.) competente per territorio.
12. Le autorizzazioni agli allevamenti hanno durata di anni sei e sono rinnovabili.
13. Le eventuali autorizzazioni rilasciate prima dell'entrata in vigore della presente legge a scopo amatoriale e ornamentale nonché gli allevamenti di fauna selvatica a scopo di ripopolamento, sono confermate, compatibilmente con i piani faunistico-venatori, con le modalità del presente articolo, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge.
TITOLO III
Disciplina attività venatoria, mezzi di caccia, gestione programmata ed aziende venatorie
Art. 20
Esercizio dell'attività venatoria.
1. L'attività venatoria è disciplinata dall'articolo 12 della L. n. 157 del 1992 e ai sensi della presente legge.
2. La fauna selvatica abbattuta durante l'esercizio venatorio, nel rispetto delle disposizioni della presente legge, appartiene a colui che l'ha cacciata. Il cacciatore che insegue la fauna selvatica scovata, o sia intento al recupero di quella da lui ferita, non deve subire intromissioni finché non ne abbia abbandonato l'inseguimento o il recupero.
3. L'attività venatoria può essere esercitata da chi abbia compiuto il diciottesimo anno di età e sia munito della licenza di porto di fucile per uso di caccia e delle polizze assicurative per la responsabilità civile verso terzi ed infortuni, con relativi massimali previsti dalla legge dello Stato.
4. Ai fini dell'esercizio dell'attività venatoria è, inoltre, necessario il possesso di un apposito tesserino regionale, rilasciato dalla provincia di residenza, ai sensi della L.R. 10 luglio 1978, n. 31. Nel tesserino sono indicate le specifiche norme inerenti il calendario regionale, nonché la forma di caccia prescelta in via esclusiva e gli ambiti di caccia ove è consentita l'attività venatoria. Per l'esercizio della caccia in regioni diverse da quella di residenza è necessario che, a cura di quest'ultima, siano apposte sul predetto le indicazioni sopra menzionate. La provincia, per il rilascio dei tesserini, si avvale della collaborazione operativa delle associazioni venatorie nazionalmente riconosciute.
5. Il cacciatore ha l'obbligo di comunicare alla provincia di residenza l'eventuale autorizzazione all'accesso in ambiti territoriali di caccia di altre provincie o regioni.
6. Il tesserino regionale deve essere restituito al comune, tramite il quale è stato rilasciato, entro e non oltre il 31 marzo di ogni anno allo scopo di consentire la raccolta dei dati relativi all'annata venatoria di riferimento.
7. Le annotazioni sul tesserino devono effettuarsi in modo indelebile.
8. I comuni devono inviare i tesserini restituiti alla provincia competente entro e non oltre il 30 aprile di ogni anno.
9. L'esercizio dell'attività venatoria è consentito anche ai cittadini italiani residenti all'estero ed ai cittadini stranieri, che ne facciano richiesta in carta legale alle province in conformità alla vigente normativa statale e regionale purché i richiedenti siano provvisti:
a) di attestazione dell'autorità consolare italiana dalla quale risulti che i cittadini suddetti sono muniti di regolare porto d'armi per uso caccia rilasciato dal paese d'origine e che gli stessi sono autorizzati all'importazione temporanea delle armi ad uso venatorio;
b) di polizze assicurative, valide sul territorio italiano, secondo le norme stabilite dall'articolo 12, comma 8, della L. n. 157 del 1992;
c) di attestazione di versamento delle tasse governative e regionali in materia di caccia.
Art. 21
Mezzi di caccia consentiti.
1. L'attività venatoria è consentita con l'uso del fucile con canna ad anima liscia fino a due colpi a ripetizione e semiautomatico, con colpo in canna e caricatore contenente non più di due cartucce, di calibro non superiore al 12, nonché con fucile con canna ad anima rigata a caricamento singolo manuale o a ripetizione semiautomatica di calibro non inferiore a millimetri 5,6 con bossolo a vuoto di altezza non inferiore a millimetri 40. È, altresì, consentito l'uso del fucile a due o tre canne (combinato), di cui una o due ad anima liscia di calibro non superiore al 12 ed una o due ad anima rigata di calibro non inferiore a millimetri 5,6.
2. Nell'attività venatoria è consentito anche l'uso dell'arco e dei falchi, esclusivamente appartenenti alle seguenti specie:
a) Pellegrino (Falco peregrinus);
b) Smeriglio (Falco columoarius);
c) Astore (Accipiter gentilis);
d) Sparviere (Accipiter nisus).
3. I bossoli delle cartucce devono essere recuperati dal cacciatore:
a) di volta in volta in caso di caccia vagante;
b) al momento dell'abbandono dell'appostamento in caso di caccia per appostamento fisso e temporaneo. I bossoli recuperati non possono essere comunque lasciati sul luogo di caccia e devono essere smaltiti nelle forme consentite.
4. Sono vietate tutte le armi e i mezzi per l'esercizio venatorio non esplicitamente ammessi dal presente articolo.
5. Il titolare della licenza di porto di fucile per uso di caccia è autorizzato, per l'esercizio venatorio, a portare, oltre alle armi consentite, gli utensili da punta e da taglio atti alle esigenze venatorie.
Art. 22
Disciplina per l'uso dei falchi.
1. L'uso dei falchi, come mezzo di caccia, è consentito esclusivamente con esemplari appartenenti ad una delle specie elencate all'articolo 21, comma 2, e provenienti da allevamenti nazionali od esteri di provata serietà, oppure legalmente importati da quei paesi ove la cattura e l'esportazione sono permesse, ma strettamente controllate, nell'osservanza della Convenzione di Washington ai sensi della L. 19 dicembre 1975, n. 874.
2. I possessori di falchi per uso di caccia debbono farne notifica alla Regione, tramite la provincia competente per territorio, entro e non oltre tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge.
3. La Regione, tramite le province competenti per territorio, provvede al marcaggio degli esemplari detenuti con contrassegni inamovibili e numerati forniti dall'I.N.F.S., ed alla redazione di una scheda in quadruplice copia, fornita anch'essa dall'I.N.F.S., nella quale sono riportate tutte le notizie relative all'identificazione dei diversi esemplari. Una copia di detta scheda viene archiviata presso la Regione, una presso la competente provincia, una copia è inviata all'I.N.F.S. ed una copia viene rilasciata al possessore del rapace.
4. Le eventuali variazioni di consistenza devono essere denunciate, entro dieci giorni, alla Regione ed alla provincia competente per territorio, con la specificazione del soggetto e dei motivi della variazione verificatasi e degli esemplari cui tale variazione si riferisce.
5. All'atto della denuncia il possessore deve esibire la documentazione che dimostra la provenienza degli eventuali nuovi esemplari detenuti e la destinazione di quelli non più presenti, fatta salva la denuncia di perdita dell'animale. Tale documentazione deve essere conservata dal possessore del falco.
6. Vengono considerati detenuti illegalmente e sequestrati, fatte salve le altre sanzioni previste a termine di legge, i falchi privi di contrassegno e/o per i quali manchi la documentazione di provenienza.
7. I rapaci sequestrati dovranno, nel più breve tempo possibile, essere consegnati all'I.N.F.S., che provvede, seguendo programmi anche coordinati con altri enti o associazioni, al loro reinserimento in natura o al loro utilizzo per finalità scientifiche.
8. L'esercizio al volo dei falchi è consentito nelle zone addestramento cani e all'interno delle aziende faunistico-venatorie ed aziende agro-turistico-venatorie, previa autorizzazione del titolare gestore.
Art. 23
Appostamenti di caccia fissi e temporanei.
1. Sono considerati fissi gli appostamenti di caccia costruiti in muratura o altro materiale solido con preparazione di sito destinati all'esercizio venatorio almeno per un'intera stagione di caccia.
2. Sono anche considerati appostamenti fissi di caccia le tine, le zattere e le imbarcazioni, comunque ancorate nelle paludi o negli stagni o sui margini di specchi di acqua naturali o artificiali e quelli ubicati al largo dei laghi e dei fiumi, purché stabilmente ancorati al fondale, destinati all'esercizio venatorio agli acquatici, verso i quali è consentito l'accostamento con mezzo galleggiante a trazione manuale, utilizzabile anche per il recupero in esercizio di caccia della selvaggina ferita.
3. Gli appostamenti fissi di caccia possono avere anche più di un impianto stabile purché si trovino tutti entro il raggio di metri 150 da quello principale preventivamente indicato.
4. L'autorizzazione per la caccia da appostamento fisso è rilasciata dalla provincia, ha validità per cinque anni e la domanda deve essere corredata da planimetria a scala 1:10.000 indicante l'ubicazione dell'appostamento. È subordinata al possesso da parte del richiedente del consenso scritto, con firma autenticata, del proprietario o del conduttore del terreno, lago o stagno privato, nonché dall'attestazione dell'avvenuto pagamento della tassa di concessione regionale.
5. La provincia sentito il C.T.F.V.P. autorizza la costituzione e il mantenimento degli appostamenti fissi senza richiami vivi che non richiedono l'opzione per la forma di caccia in via esclusiva, la cui ubicazione non deve comunque ostacolare l'attuazione del piano faunistico-venatorio.
6. Non sono considerati fissi, agli effetti della opzione della forma di caccia in via esclusiva, gli appostamenti per l'esercizio venatorio agli ungulati e ai colombacci.
7. Ogni appostamento fisso è soggetto al versamento della tassa di concessione regionale annuale. Alla provincia è dovuta annualmente una somma entro il limite del 50 per cento della tassa regionale a titolo di rimborso spese, oltre gli oneri di bollo.
8. Non è consentito costruire nuovi appostamenti fissi di caccia a distanza inferiore a metri 1.000 dai valichi montani, dai confini delle oasi di protezione e delle zone di ripopolamento e cattura o da altre zone a divieto di caccia e dalle aziende faunistico-venatorie ed agroturistico-venatorie nonché a distanza inferiore a metri 500 da altro appostamento fisso preesistente e dai confini delle zone di addestramento cani.
9. Ferma restando l'esclusività della forma di caccia ai sensi e per gli effetti del disposto di cui all'articolo 30, è consentito, al titolare ed alle persone autorizzate, il vagare o il soffermarsi in attitudine di caccia entro il raggio di 100 metri dall'appostamento fisso per il recupero della fauna selvatica ferita anche con l'uso del cane da riporto.
10. È vietata la caccia ai non autorizzati nel raggio di metri 200 dal capanno principale dell'appostamento fisso regolarmente tabellato.
11. L'accesso all'appostamento fisso con armi proprie e con l'uso di richiami vivi è consentito unicamente a coloro che abbiano esercitato l'opzione per la specifica forma di caccia. Nell'appostamento fisso possono cacciare oltre al titolare non più di tre cacciatori autorizzati dal titolare medesimo.
12. Ogni cacciatore non può essere titolare di più di un'autorizzazione per appostamento fisso nel territorio regionale.
13. Le province non possono rilasciare un numero di autorizzazioni, per la caccia da appostamento fisso, superiore a quello rilasciato nella stagione venatoria 1989/90. Ove si verifichi una possibile capienza, le autorizzazioni disponibili sono rilasciate in via prioritaria:
a) agli ultrasessantenni;
b) agli inabili e ai portatori di handicap fisici;
c) a coloro che, per caso fortuito o per forza maggiore, siano costretti a trovare altro sito in sostituzione dell'appostamento fisso di cui erano titolari o a coloro che, per sopravvenuto impedimento fisico, non siano più in condizioni di esercitare la caccia in forma vagante.
14. Sono temporanei gli appostamenti che non comportino modificazione del sito e siano destinati all'esercizio venatorio per non più di una giornata di caccia. Al termine della giornata il cacciatore deve rimuovere la costruzione dell'appostamento. È consentito il recupero in esercizio di caccia, utilizzando il natante a trazione manuale, della selvaggina eventualmente ferita dagli appostamenti temporanei, nei fiumi e nei laghi anche con l'ausilio del cane.
15. La caccia da appostamento temporaneo va intesa come caccia vagante.
16. La preparazione dell'appostamento fisso di caccia o temporaneo non può essere effettuata mediante taglio di piante da frutto o, comunque, di interesse economico, a meno che non si tratti di residui della potatura, né con l'impiego di parti di piante appartenenti alla flora spontanea protetta di cui alla L.R. 19 settembre 1974, n. 61.
17. La collocazione dell'appostamento deve avvenire in modo tale da non comportare, per effetto dello sparo, il danneggiamento dei frutteti, vigneti o altre colture.
18. I danni provocati alle coltivazioni e/o agli impianti agricoli devono essere risarciti dal cacciatore che li ha cagionati al proprietario e/o conduttore agricolo.
19. L'appostamento temporaneo di caccia viene usato dal cacciatore che per primo abbia approntato il capanno od occupato il terreno sul quale questo viene costruito; di norma si usano capanni portatili prefabbricati.
20. In ogni appostamento temporaneo di caccia non possono cacciare contemporaneamente più di tre cacciatori.
21. L'esercizio venatorio vagante non è ammesso a meno di 200 metri da ogni capanno temporaneo di caccia, quando il medesimo sia in effettivo esercizio.
22. È vietato l'esercizio venatorio da appostamento temporaneo a meno di 150 metri dai confini delle zone di protezione, dagli immobili, fabbricati, stabili adibiti ad abitazione o da qualsiasi struttura adibita a posto di lavoro, e da vie di comunicazione ferroviaria, nonché da strade carrozzabili, fatta eccezione per le strade poderali o interpoderali.
23. L'esercizio venatorio è altresì vietato nel raggio di 1000 metri di distanza dai valichi montani, posti sopra gli 800 metri s.l.m. indicati al precedente comma 8.
24. Il percorso di andata e ritorno dagli appostamenti temporanei nelle giornate o nelle località in cui il cacciatore non è autorizzato alla caccia vagante deve avvenire con il fucile smontato o chiuso in apposita custodia.
25. La raccolta della selvaggina abbattuta, se effettuata dal cacciatore, deve avvenire con il fucile scarico. È ammesso l'abbattimento dei selvatici feriti entro 150 metri dall'appostamento anche quando non è consentita la caccia vagante.
26. Agli appostamenti fissi già costituiti alla data di entrata in vigore della presente legge non si applica la norma di cui all'art. 12, comma 1, lettera l).
Art. 24
Detenzione ed uso dei richiami.
1. Il Consiglio regionale, su proposta della Giunta regionale, che acquisisce il parere dell'I.N.F.S. e del C.T.F.V.R. regolamenta, l'allevamento, la vendita e la detenzione di uccelli allevati appartenenti alle specie cacciabili, nonché il loro uso in funzione di richiami per la caccia da appostamento.
2. La Giunta regionale disciplina la costituzione e la gestione del patrimonio di richiami vivi di cattura appartenenti alle specie elencate nel comma 5 dell'articolo 5. Ad ogni cacciatore che eserciti l'attività venatoria da appostamento fisso in via esclusiva è consentita la detenzione di richiami di cattura in un numero massimo di dieci unità per ogni specie, fino ad un massimo complessivo di quaranta unità. Per i cacciatori che esercitano l'attività venatoria da appostamento temporaneo con i richiami vivi, il patrimonio di cui sopra non può superare il numero massimo complessivo di dieci unità.
3. È vietata la vendita di uccelli di cattura utilizzabili come richiami vivi per l'attività venatoria da appostamento. Nel divieto non rientra la cessione dei richiami vivi consentiti e catturati negli impianti di cui siano titolari le province, ai sensi del comma 4 dell'articolo 5. Il prezzo della suddetta cessione deve essere commisurato al rimborso delle spese di gestione.
4. La sostituzione di un richiamo vivo di cattura può avvenire soltanto dietro consegna alla provincia dell'anello di riconoscimento del richiamo morto da sostituire, ovvero dietro presentazione della denuncia di smarrimento del richiamo stesso.
5. Entro e non oltre tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge i detentori di richiami vivi consentiti devono denunciarne il possesso alla provincia competente per territorio che provvederà all'inanellamento.
6. Alle province spettano compiti di vigilanza e di controllo sull'osservanza delle disposizioni del presente articolo.
Art. 25
Gestione programmata della caccia.
1. La Regione, su indicazione delle province e sentite le organizzazioni professionali agricole maggiormente rappresentative a livello nazionale, ripartisce attraverso il piano faunistico venatorio il territorio agro-silvo-pastorale regionale destinato alla caccia programmata in Ambiti territoriali di caccia (A.T.C.) sub-provinciali, ai sensi degli articoli 11, comma 4, e 12, comma 1, lettera b) ed a termini dell'articolo 14, comma 1 della L. n. 157 del 1992 e secondo i criteri di omogeneità e congruenza previsti dall'articolo 10, comma 11, della legge stessa, in quanto compatibili con la situazione faunistico-venatoria e territoriale laziale. Nella definizione del perimetro degli A.T.C., si deve fare particolare riferimento a:
a) confini naturali o rilevanti opere o manufatti;
b) comprensori quanto più omogenei di gestione faunistica;
c) caratteristiche orografiche e faunistico-vegetazionali;
d) esigenze specifiche di conservazione delle specie di fauna selvatica vocazionale nonché di salvaguardia dell'integrità delle zone umide.
In seguito la perimetrazione degli A.T.C. è soggetta a revisione quinquennale, con le stesse modalità previste per la prima perimetrazione. Nell'osservanza dei suddetti riferimenti, il territorio regionale viene ripartito, in via sperimentale, tenuto conto delle condizioni ambientali e faunistiche della regione nonché della distribuzione dei cacciatori sul territorio, in dieci A.T.C. di numero non inferiore a due per ogni provincia e, comunque, di estensione non inferiore a 60 mila ettari ovvero di estensione non inferiore ad un terzo della superficie dell'altro. Gli A.T.C. sono contraddistinti con la sigla della provincia seguita dal numero d'ordine.
2. La Regione, d'intesa con le regioni confinanti, per esigenze motivate, può altresì individuare ambiti territoriali di caccia interessanti anche due o più province contigue.
3. La Giunta regionale sulla base delle indicazioni del Ministero delle risorse agricole alimentari e forestali, applica l'indice di densità venatoria minima per ogni ambito di caccia in rapporto all'estensione territoriale.
4. La Regione approva sentito il C.T.F.V.R. il regolamento di attuazione del piano faunistico-venatorio regionale che deve prevedere, tra l'altro, le modalità istitutive ed il relativo statuto degli organi di gestione degli ambiti territoriali di caccia, la loro durata in carica nonché le norme relative alla loro prima elezione e ai successivi rinnovi. I criteri di priorità per l'ammissibilità da parte degli organi degli ambiti territoriali di caccia, in presenza di modificazioni positive della popolazione faunistica, accertate mediante censimenti, di un numero di cacciatori superiore a quello definito dall'indice di densità venatoria minima nei singoli territori di competenza, vengono definiti con apposita legge regionale (13).
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(13) Nelle more dell'attuazione del presente articolo, vedi l'art. 2, L.R. 4 agosto 1997, n. 26.
Art. 26
Aree contigue alle aree naturali protette.
(14).
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(14) Articolo abrogato dall'art. 47, comma 1, lettera b), L.R. 6 ottobre 1997, n. 29, come sostituito dall'art. 2, comma 13, L.R. 2 aprile 2003, n. 10.
Art. 27
Province, attività operative e funzioni.
1. Le province controllano che gli A.T.C. attraverso i loro organismi di gestione, provvedano a:
a) regolamentare il prelievo venatorio nel rispetto delle forme e dei tempi di caccia previsti dalla presente legge, in rapporto alla consistenza delle popolazioni di fauna selvatica accertata tramite censimenti effettuati di intesa con gli organi direttivi degli ambiti territoriali di caccia;
b) indicare il numero dei capi di fauna selvatica stanziale prelevabili durante la stagione venatoria;
c) determinare il numero di cacciatori ammissibili in ogni ambito territoriale, in modo che risulti un rapporto cacciatore-territorio utile alla caccia non inferiore alla media regionale, sulla base dei tesserini rilasciati nell'anno precedente;
d) fissare le quote di partecipazione economica da parte dei cacciatori ai fini della gestione dei territori compresi negli ambiti territoriali di caccia in una misura non superiore all'importo della tassa di concessione regionale per fucile a due colpi, ridotta del 50 per cento per la caccia da appostamento fisso.
2. Le quote di partecipazione economica di cui al comma 1, lettera d), sono destinate dagli organi direttivi degli ambiti territoriali di caccia esclusivamente a finalità faunistico-venatorie, nonché allo sviluppo delle attività agricole compatibili con l'ambiente agro-silvo-pastorale sotto l'aspetto faunistico-venatorio.
3. La provincia entro 30 giorni dalla data di esecutività della deliberazione della Giunta regionale di ripartizione del territorio ai sensi dell'articolo 25, provvede a delimitare gli ambiti territoriali di caccia con tabelle esenti da tasse, collocate nei punti di discontinuità delle opere o dei confini naturali che li delimitano e nelle aree di accesso.
4. I successivi interventi di tabellazioni degli ambiti territoriali di caccia sono effettuati a cura degli organi direttivi degli stessi.
Art. 28
Organi degli ambiti territoriali di caccia - A.T.C.
1. L'A.T.C. si configura come associazione privata di secondo grado formata dagli enti locali territorialmente interessati e dalle Associazioni agricole, venatorie nazionalmente riconosciute ed ambientaliste.
A) sono organi dell'A.T.C.:
1) il presidente;
2) il consiglio direttivo;
3) l'assemblea;
4) il collegio dei revisori dei conti.
B) Lo statuto disciplina:
1) la composizione del comitato direttivo, nel numero di 20 rappresentanti, nel rispetto delle proporzioni previste dall'articolo 14, comma 10, della L. n. 157 del 1992;
2) le modalità per la designazione dai rappresentanti dell'assemblea;
3) la durata in carica, non superiore ad anni 5, del comitato direttivo, del presidente e del collegio dei revisori dei conti;
4) le modalità per la elezione del presidente e del collegio dei revisori dei conti;
5) le modalità di funzionamento degli organi dell'A.T.C., le rispettive competenze, nonché le procedure per la sostituzione o la revoca dei componenti.
C) L'assemblea: sarà formata dai delegati delle associazioni e degli enti locali che compongono l'A.T.C.
Il numero dei delegati dell'assemblea non deve necessariamente rispecchiare le proporzioni tra le varie componenti previste per l'organo direttivo, ma deve invece essere rapportato, per quanto riguarda gli enti locali al numero di abitanti, e per quanto riguarda le associazioni alla loro rappresentatività, fermo restando, per le associazioni venatorie e agricole, che la legge statale ammette negli organi direttivi di ciascun A.T.C., quelle nazionali riconosciute ove presenti in forma organizzata sul territorio regionale. L'assemblea, sarà composta dalle sole associazioni che abbiano i requisiti per essere rappresentate nel consiglio direttivo. La verifica dei requisiti delle associazioni che intendono partecipare alla struttura dell'A.T.C. è demandata alla provincia di competenza. Ciascuna associazione avente diritto eleggerà i propri delegati secondo le regole previste dai rispettivi statuti. Per le associazioni venatorie sarà l'UNAVI regionale ad eleggere i propri rappresentanti nell'assemblea. Non essendo rispettate nell'assemblea le proporzioni previste dalla presente legge, si stabilisce che le votazioni avvengano per «stati». Ciascuna componente dell'assemblea (associazioni agricole, associazioni venatorie, associazioni ambientalistiche, nazionalmente riconosciute ed enti locali) separatamente concorrono alla formazione della volontà assembleare con un peso proporzionale alla loro rappresentanza nel consiglio direttivo.
All'assemblea competono i principali compiti:
1) l'elezione dei membri del Consiglio direttivo;
2) le eventuali future modifiche dello statuto dell'Associazione;
3) l'approvazione del bilancio consuntivo e preventivo dell'A.T.C.;
4) le modalità della partecipazione, anche economica, dei cacciatori alla gestione dell'A.T.C.;
5) lo stabilire le linee programmatiche per gli interventi nella gestione dei territori dell'A.T.C. e per il coordinamento delle iniziative delle associazioni aderenti.
D) Il consiglio direttivo.
Il consiglio direttivo è eletto dall'assemblea. Esso è costituito:
1) da un funzionario della provincia, esperto in materia di caccia e addetto al settore;
2) da tre rappresentanti dei comuni della provincia, compresi nell'ambito territoriale a gestione programmata della caccia designati dai comuni con maggiore numero di abitanti;
3) da 6 rappresentanti delle organizzazioni professionali agricole maggiormente rappresentative a livello nazionale residenti nel territorio dell'A.T.C.;
4) da 6 rappresentanti delle associazioni venatorie riconosciute, riunite nell'UNAVI;
5) da 4 rappresentanti scelti tra le associazioni di protezione ambientale presenti nel consiglio nazionale per l'ambiente residenti nel territorio dell'A.T.C.
I comitati di gestione, d'intesa tra loro, entro trenta giorni, dalla loro costituzione, stabiliranno i criteri di iscrizione dei cacciatori agli A.T.C. Oltre ai compiti già fissati dalla legge, al consiglio direttivo spettano tutte le usuali funzioni e poteri del direttivo di un'associazione.
Il consiglio direttivo, al fine di una maggiore efficienza operativa, può prevedere la costituzione di una giunta esecutiva ristretta, nominata dal consiglio, cui sia delegata quanto meno la gestione corrente. L'elezione del consiglio è demandata all'assemblea dei delegati. Ciascuna componente venatoria, agricola, ambientalista ed enti locali, elegge soltanto i rappresentanti ad essa spettanti secondo i criteri che ciascuna componente autonomamente definirà.
Il collegio dei revisori dei conti.
E) È un organo costituito dalla Regione.
Art. 29
Compiti dei Comitati di gestione degli ambiti territoriali di caccia.
1. Il comitato di gestione, entro sei mesi dal suo insediamento, approva, nei limiti di cui all'articolo 27, comma 1, lettere a) e b), un proprio regolamento nel quale devono essere comunque previsti:
a) i piani triennali di utilizzazione del territorio interessato per ciascuna stagione venatoria con i programmi delle immissioni, introduzioni, reintroduzioni e ripopolamento e degli abbattimenti di fauna selvatica;
b) l'istituzione e le modalità-organizzative di centri di allevamento organizzati in forma di azienda agricola della fauna selvatica stanziale, muniti di adeguate strutture per l'ambientamento in libertà;
c) le condizioni perché venga garantita una consistenza di base della fauna selvatica durante tutto l'anno solare;
d) censimenti annuali e piani di prelievo come elementi conoscitivi di programmazione del prelievo venatorio delle specie di interesse, tenuto conto, da una parte, degli incrementi utili annui teorici e dall'altra dell'effettiva produttività delle popolazioni locali;
e) utilizzo delle risorse finanziarie con particolare riferimento ai contributi previsti dall'art. 15, comma 1, dall'articolo 14, comma 11, lettere a), b) e c), e dall'articolo 14, comma 14, della L. n. 157 del 1992.
2. Il comitato di gestione promuove e organizza le attività di ricognizione delle risorse ambientali e della consistenza faunistica, programma gli interventi con le organizzazioni agricole nazionalmente riconosciute, per il miglioramento degli habitat, provvede all'attribuzione degli incentivi economici ai proprietari e ai conduttori dei fondi rustici per:
a) la ricostituzione di una presenza e di una produttività faunistica ottimale nel territorio;
b) le coltivazioni per l'alimentazione naturale dei mammiferi e degli uccelli soprattutto nei terreni dismessi da interventi agricoli ai sensi del regolamento CEE n. 1094/88 del consiglio del 25 aprile 1988, e successive modificazioni;
c) il ripristino di zone umide e di fossati;
d) la differenziazione delle colture;
e) la coltivazione di siepi, cespugli e alberi adatti alla riproduzione della fauna selvatica ed alla nidificazione;
f) la tutela dei nidi e dei nuovi nati di fauna selvatica nonché dei riproduttori;
g) la collaborazione operativa ai fini del tabellamento, della difesa preventiva delle coltivazioni passibili di danneggiamento, della pasturazione invernale degli animali in difficoltà, della manutenzione degli apprestamenti di ambientamento della fauna selvatica.
3. Il comitato di gestione degli A.T.C. provvede, altresì, all'accertamento e all'erogazione di contributi per il risarcimento dei danni arrecati alle produzioni agricole dalla fauna selvatica e dall'esercizio dell'attività venatoria nonché di contributi per interventi, previamente concordati, ai fini della prevenzione delle azioni di danno.
4. I comitati di gestione per il coordinamento tecnico in materia di gestione faunistico-ambientale possono avvalersi di personale tecnico dotato di preparazione specifica cui affidare il coordinamento delle attività.
5. I comitati di gestione per gli scopi di cui al comma 4 possono consorziarsi tra di loro.
6. I comitati di gestione per giustificate esigenze faunistiche e particolari situazioni ambientali possono proporre alle province competenti ulteriori limitazioni al calendario venatorio.
7. Le attività di gestione faunistica dell'A.T.C. vengono programmate per il periodo 1° gennaio-31 dicembre. Il programma annuale degli interventi è trasmesso alla provincia, corredato da una motivata relazione.
8. Il comitato organizza la gestione tecnica della fauna e le modalità dell'esercizio venatorio per aree faunistiche, di estensione proporzionata al ciclo biologico delle specie di interesse locale ed al numero dei cacciatori iscritti. Le modalità organizzative possono prevedere la ripartizione degli iscritti in appositi gruppi o unità di gestione. Il Comitato provvede, inoltre, ad organizzare l'attività di vigilanza, svolta dalle guardie volontarie, di cui all'art. 27, lettera a), della L. n. 157 del 1992, operanti nel territorio dell'A.T.C.
9. Le province, sulla base delle indicazioni dei comitati di gestione degli A.T.C., adottano gli opportuni provvedimenti amministrativi di propria competenza.
Art. 30
Forme esclusive di caccia.
1. Fatto salvo l'esercizio venatorio con l'arco e con il falco l'attività venatoria può essere praticata nel territorio regionale in via esclusiva in una delle seguenti forme:
a) da appostamento fisso;
b) nell'insieme delle altre forme consentite dalla presente legge negli ambiti territoriali di caccia programmata.
2. I cacciatori su indicazione delle province comunicano alla provincia di residenza la forma di caccia prescelta in via esclusiva, da valere per almeno un triennio a decorrere dalla stagione venatoria 1995/96.
3. In deroga a quanto previsto nel comma 2, sulla base di accertate situazioni di impedimento non imputabili alla volontà del cacciatore, le province possono disporre su richiesta dell'interessato, la variazione della forma di caccia anche prima della scadenza.
4. Ogni cacciatore, che ne abbia fatta richiesta, nei modi e nei tempi stabiliti, ha diritto di iscrizione nell'ambito territoriale di residenza, fatta salva l'aspettativa di accedere ad altri ambiti nella Regione Lazio ovvero ad ambiti o comprensori alpini anche in una diversa Regione, previo consenso dei relativi organi di gestione. I titolari di appostamenti fissi e le persone da essi autorizzate sono di diritto iscritti nell'ambito territoriale in cui ricadano i rispettivi appostamenti fissi, anche se al di fuori del proprio ambito di residenza.
Art. 31
Utilizzazione dei terreni agricoli a fini venatori e fondi chiusi.
1. Per l'utilizzazione dei fondi inclusi nel piano faunistico-venatorio regionale ai fini della gestione programmata della caccia, è dovuto ai proprietari o conduttori un contributo finalizzato alla tutela e valorizzazione dell'ambiente, determinato, per ciascun anno finanziario a partire dalla stagione venatoria 1995/1996, con la legge di approvazione del bilancio della Regione, in relazione alla estensione, alle condizioni agronomiche e alle misure dirette alla tutela ed alla valorizzazione dell'ambiente. Tale contributo è gestito dagli organi direttivi degli A.T.C. competenti per territorio.
2. Il proprietario o conduttore di un fondo che intenda vietare sullo stesso l'esercizio dell'attività venatoria deve inoltrare, entro trenta giorni dalla pubblicazione del piano faunistico-venatorio regionale, al Presidente della Giunta regionale una richiesta motivata che, ai sensi dell'articolo 2 della L. 7 agosto 1990, n. 241, dallo stesso è esaminata entro sessanta giorni.
3. La richiesta è accolta se non ostacola l'attuazione della pianificazione faunistico-venatoria di cui agli articoli 11 e 12. È altresì accolta, in casi da individuarsi specificatamente nel regolamento di attuazione di cui all'articolo 25, comma 4, quando l'attività venatoria sia in contrasto con l'esigenza di salvaguardia di colture agricole specializzate, nonché, di produzioni agricole condotte con sistemi sperimentali o a fine di ricerca scientifica, ovvero quando sia motivo di danno o di disturbo ad attività di rilevante interesse economico, sociale o ambientale.
4. Il divieto è reso noto mediante l'apposizione di tabelle, esenti da tasse, a cura del proprietario o conduttore del fondo le quali delimitino in maniera chiara e visibile il perimetro dell'area interessata.
5. Nei fondi sottratti alla gestione programmata della caccia è vietato a chiunque, compreso il proprietario o il conduttore, esercitare l'attività venatoria fino al venir meno delle ragioni del divieto.
6. L'esercizio venatorio è comunque vietato in forma vagante sui terreni in attualità di coltivazione. Si considerano in attualità di coltivazione: i terreni con coltivazioni erbacee da seme; i frutteti specializzati; i vigneti e gli uliveti specializzati fino alla data del raccolto; i terreni coltivati a soia, nonché, a mais per la produzione di seme fino alla data del raccolto. L'esercizio venatorio in forma vagante è, inoltre, vietato sui terreni in attualità di coltivazione individuati dalla Giunta regionale, sentito il settore decentrato dell'agricoltura competente per territorio, su richiesta delle organizzazioni professionali agricole maggiormente rappresentative a livello nazionale, tramite le loro strutture regionali, in relazione all'esigenza di protezione di altre colture specializzate o intensive.
7. I proprietari o conduttori dei terreni in attualità di coltivazione nel periodo della coltura, e comunque fino alla data del raccolto, possono apporre tabelle perimetrali delle dimensioni minime di cm. 30 x 20, con la scritta «Terreno in attualità di coltivazione - Divieto di caccia vagante - articolo 30, legge regionale, n. 17 scadenza divieto il .....», collocate in modo che da una tabella siano visibili le due contigue.
8. L'esercizio venatorio è vietato a chiunque nei fondi rustici chiusi da muro o da rete metallica o da altra effettiva chiusura di altezza non inferiore a metri 1,20, o da corsi o specchi d'acqua perenni il cui letto abbia la profondità di almeno metri 1,50 e la larghezza di almeno 3 metri. Sono equiparati ad effettiva chiusura le recinzioni realizzate con almeno cinque ordini di filo spinato intersecato da fili diagonali a croce di S. Andrea. I fondi chiusi esistenti, qualora non in regola alla data di entrata in vigore della presente legge, e quelli che si intenderà successivamente istituire devono essere notificati a cura del proprietario o del conduttore alla provincia competente per territorio, precisando l'ubicazione e l'estensione del fondo, allegando planimetria catastale in scala 1:2000 con l'indicazione dei relativi confini. I proprietari o i conduttori dei fondi di cui al presente comma provvedono all'apposizione di adeguate tabellazioni esenti da tasse regionali.
9. La superficie dei fondi di cui al comma 2 entra a far parte del territorio agro-silvo-pastorale della Regione, destinato a protezione della fauna selvatica di cui all'articolo 11, comma 1.
Art. 32
Aziende faunistico-venatorie e agro-turistico-venatorie.
1. La giunta provinciale su richiesta degli interessati, sentito l'I.N.F.S., entro i limiti del territorio provinciale agro-silvo-pastorale, previsti dal piano faunistico-venatorio provinciale, di cui all'articolo 12 della presente legge, autorizza:
a) la concessione di aziende faunistico-venatorie per prevalenti finalità di rilevante interesse naturalistico e faunistico, senza fini di lucro, soggette a tassa di concessione regionale, con particolare riferimento alla tipica fauna alpina e appenninica, alla fauna europea e a quella acquatica, secondo le vocazioni ambientali. Le richieste devono essere corredate da programmi di conservazione e di ripristino ambientale ed indicare le specie da produrre, al fine di garantire l'obiettivo naturalistico e faunistico. In tali aziende si applica la normativa vigente di tutela ambientale. La caccia è consentita, al concessionario e alle persone da esso autorizzate per le specie determinanti l'indirizzo faunistico, nelle giornate indicate nel calendario venatorio, secondo i piani di assestamento e di prelievo presentati ed approvati dall'amministrazione provinciale; per le specie non determinanti l'indirizzo faunistico, secondo le limitazioni previste dal calendario venatorio. L'immissione della fauna selvatica, (articolo 16, comma 1, lettera a) della L. n. 157 del 1992) è consentita dalla data di chiusura della caccia fino al 31 agosto. Le aziende faunistico-venatorie, di nuova istituzione, hanno dimensioni non inferiori a 400 ettari;
b) la concessione di aziende agro-turistico-venatorie, ai fini di impresa agricola, soggette a tassa di concessione regionale, nelle quali sono consentiti l'immissione e l'abbattimento, per tutta la stagione venatoria, di fauna selvatica di allevamento. Tali aziende hanno dimensioni non inferiori a 200 ettari.
2. Le aziende agro-turistico-venatorie, nel rispetto del piano faunistico venatorio, di cui all'articolo 12, comma 1, devono essere:
a) preferibilmente situate nei territori di scarso rilievo faunistico;
b) coincidenti con il territorio di una o più aziende agricole preferibilmente ricadenti in aree ad agricoltura svantaggiata, ovvero dismesse da interventi agricoli ai sensi del regolamento n. 1094/88/CEE, e successive modificazioni.
3. Le aziende agro-turistico-venatorie, nelle zone umide e vallive, debbono (articolo 16, L. n. 157 del 1992) comprendere bacini artificiali ed utilizzare esclusivamente, per l'attività venatoria, fauna acquatica di allevamento, nel rispetto delle convenzioni internazionali.
4. La vigilanza, all'interno delle aziende faunistico-venatorie e delle aziende agro-turistico-venatorie, è affidata alle guardie giurate delle aziende stesse e/o a quelle dell'associazione venatoria dei concessionari, riconosciuta dall'articolo 34, comma 5, della legge n. 157 del 1992 ed alle guardie ed agli agenti previsti dall'articolo 27 della L. n. 157 del 1992.
5. Entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, le concessioni di aziende faunistico-venatorie e di aziende agro-turistico-venatorie, sono prioritariamente rilasciate ai proprietari o conduttori di fondi singoli o associati.
6. La Giunta regionale, sentito il C.T.F.V.R., disciplina il funzionamento delle aziende faunistico-venatorie e delle aziende agro-turistico-venatorie. Tale disciplina, che dovrà essere emanata entro e non oltre 180 giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, conterrà anche la regolamentazione sanzionatoria in rapporto alle fattispecie delle violazioni applicabili ai casi concreti (15).
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(15) Vedi, anche, l'art. 5, L.R. 4 agosto 1997, n. 26 e la Delib.G.R. 29 dicembre 1999, n. 6091.
Art. 33
Prelievo venatorio nelle aziende faunistico-venatorie ed agro-turistico-venatorie.
1. L'esercizio dell'attività venatoria nelle aziende, di cui ai commi 1 e 2 dell'articolo 31, è consentito nel rispetto delle norme della presente legge, con la esclusione dell'opzione per la forma di caccia in via esclusiva di cui all'articolo 30, comma 1.
2. I danni causati all'interno delle aziende faunistico-venatorie e delle aziende agro-turistico-venatorie dalla fauna selvatica cacciabile ai sensi della L. n. 157 del 1992, sono risarciti dal concessionario.
3. Ai proprietari e/o conduttori dei fondi, sono dovuti, dai concessionari delle aziende faunistico-venatorie e delle aziende agro-turistico-venatorie, incentivi per il miglioramento ambientale. Le forme e la misura dell'incentivo vengono concordati, a livello regionale, dall'associazione riconosciuta dei concessionari delle aziende faunistiche venatorie e delle aziende agro-turistico-venatorie, di cui all'articolo 34 della L. n. 157 del 1992, con le organizzazioni agricole regionali maggiormente rappresentative.
4. La presente legge si applica anche alle concessioni di aziende faunistico-venatorie rilasciate ai sensi della L.R. 14 settembre 1982, n. 40, in attesa che venga emanata la disciplina prevista dal comma 6 dell'articolo 32, le suddette aziende continuano ad essere regolamentate dai decreti di concessione regionali, in quanto compatibili con la presente legge. Esse possono essere trasformate in aziende agro-turistico-venatorie, come previsto dall'articolo 36 della L. n. 157 del 1992.
TITOLO IV
Esercizio dell'attività venatoria. Tasse di concessione
Art. 34
Specie cacciabili e periodi di attività venatoria.
1. Ai fini dell'esercizio venatorio è consentito abbattere esemplari di fauna selvatica appartenenti alle seguenti specie e per i periodi sotto indicati (16):
a) specie cacciabili dalla terza domenica di settembre al 31 dicembre: quaglia (Coturnix coturnix); tortora (Strepto pelia turtur); merlo (Turdus merula); passero (Passer italiae); passera mattugia (Passer montanus); passera oltremontana (Passer domesticus); allodola (Alauda arvensis); colino della virginia (Colinus Virginianus); starna (Perdix perdix); pernice rossa (Alectoris rufa); lepre comune (Lepus europaeus); coniglio selvatico (Orjctolagus cuniculus);
b) specie cacciabili dalla terza domenica di settembre al 31 gennaio: storno (Sturnus vulgaris); cesena (Turdus pilaris); tordo bottaccio (Turdus philomelcs); tordo sassello (Turdus iliacus); fagiano (Phasianus colchicus); germano reale (Anas platyrhynchos); folaga (Fulica atra); gallinella d'acqua (Gallinula chloropus); alzavola (Anas crecca); canipiglia (Anas strepera); porciglione (Rallus acquaticus); fischione (Anas penelope); codone (Anas acuta); marzaioia (Anas querquedula); mestolone (Anas clypeata); moriglione (Aythya ferina); moretta (Aythya fuligula); beccaccino (Gallinago gallinago); colombaccio (Columba palumbus); frullino (Lymnocryptes minimus); combattente (Philomachus pugnax); beccaccia (Scolopax rusticola); corvo (Corvus frugilegus); cornacchia nera (Corvus corone); pavoncella (Vanellus vanellus); pittima reale (Limosa limosa); cornacchia grigia (Corvus corone cornix); ghiandaia (Garrulus glandarius); gazza (Pica pica); volpe (Vulpes vulpes);
c) specie cacciabili dal 1° ottobre al 30 novembre: coturnice (Alectoris graeca); capriolo (Capreolus capreolus), cervo (Cervus elaphus); daino (Dama dama); muflone (Ovis musimon);
d) specie cacciabili dal 1° novembre al 31 gennaio: cinghiale (Sus scrofa) (17).
2. Il Presidente della Giunta regionale preso atto della preventiva predisposizione di adeguati piani faunistico-venatori modifica previo parere dell'I.N.F.S. e del C.T.F.V.R., e subordinatamente all'approvazione dei piani faunistico venatori di cui agli articoli 10 e 12, i termini di cui al comma 1 per determinate specie, in relazione alle situazioni ambientali delle diverse realtà provinciali. I termini devono essere comunque contenuti tra il 1° settembre ed il 31 gennaio dell'anno successivo nel rispetto dell'arco temporale massimo indicato al comma 1. La stessa disciplina si applica anche per la caccia di selezione degli ungulati, sulla base di piani di abbattimento selettivi approvati dalla Giunta regionale; la caccia di selezione agli ungulati può essere autorizzata a far tempo dal 1° agosto, nel rispetto dell'arco temporale di cui al comma 1.
3. Con decreto del Presidente della Giunta regionale, sentite le province e l'I.N.F.S. e il C.T.F.V.R., vengono pubblicati, entro e non oltre il 15 giugno di ogni anno il calendario ed il regolamento relativi all'intera stagione venatoria, nel rispetto di quanto stabilito nei precedenti commi (18).
4. Nel calendario venatorio regionale devono essere indicate in particolare:
a) le specie cacciabili e periodi di caccia;
b) le giornate di caccia;
c) il carniere giornaliero ed eventuale carniere stagionale;
d) l'ora legale di inizio e di termine della giornata di caccia.
5. Il numero delle giornate di caccia settimanali non può essere superiore a tre, con possibilità di libera scelta del cacciatore, ad esclusione dei giorni di martedì e venerdì, nei quali l'esercizio dell'attività venatoria non è consentito.
6. La caccia è consentita da un'ora prima del sorgere del sole fino al tramonto. La caccia di selezione agli ungulati è consentita fino ad un'ora dopo il tramonto.
7. Nel calendario venatorio, viene definita l'ora legale d'inizio della giornata venatoria, per periodi quindicinali, sulla base dell'orario ufficiale dell'osservatorio astronomico di Monte Mario; con la stessa cadenza periodica può essere stabilita l'ora legale di termine della giornata venatoria.
8. Il Presidente della Giunta regionale, sentito l'I.N.F.S. e il C.T.F.V.R., tenuto conto delle consuetudini locali, può regolamentare diversamente l'esercizio venatorio da appostamento alla fauna selvatica migratoria nei periodi intercorrenti tra il 1° ottobre ed il 30 novembre anche derogando al numero delle giornate di caccia settimanali consentite, ferma restando l'esclusione dei giorni di martedì e venerdì.
9. Per ogni giornata di caccia il carniere di ciascun titolare di licenza non può superare i venti capi complessivi.
10. L'addestramento e l'allenamento dei cani da caccia è consentito, senza possibilità di sparo, nelle tre settimane precedenti l'apertura della caccia alla selvaggina stanziale con esclusione dei due giorni precedenti l'apertura stessa, nei soli giorni della settimana nei quali è consentita la caccia, nei terreni liberi da colture in atto o incolti, per i quali non sussista il divieto di caccia. L'addestramento non è comunque consentito a distanza inferiore a mt 500 da zone di tutela faunistica. La stessa attività può essere sospesa con provvedimento della provincia per particolari ragioni di tutela e di incremento della fauna.
11. Le province nell'ambito della programmazione territoriale faunistica possono disporre altri divieti alla attività di addestramento dei cani da caccia.
12. Le province entro e non oltre il 15 febbraio di ciascun anno, inviano alla Regione le loro proposte per la formulazione del calendario venatorio.
13. Le province sentiti gli A.T.C. di competenza, regolamentano la caccia al cinghiale, stabilendone, per il territorio di competenza il periodo, i giorni, le zone e le modalità di battuta. Il provvedimento di regolamentazione deve essere adottato e reso pubblico entro la terza domenica di settembre di ogni anno.
14. Dal 1° al 31 gennaio il presidente della provincia ha facoltà di autorizzare, stabilendone le modalità, l'uso dei cani da cerca e da seguito per la caccia alla volpe esclusivamente nei territori liberi alla caccia, e, non interessati alle azioni di immissione di fauna selvatica a scopo di ripopolamento.
15. Le province provvedono al controllo delle specie, in particolare degli animali predatori, di cui al comma 1, nel caso che, moltiplicandosi eccessivamente, arrechino danni gravi alle colture agricole, al patrimonio faunistico ed alla piscicoltura, alterando l'equilibrio naturale.
16. Tale controllo deve essere, comunque, attuato dalle guardie dipendenti dalle province con l'uso di mezzi selettivi, e con la collaborazione delle guardie giurate venatorie volontarie nominate direttamente dalle associazioni venatorie nazionalmente riconosciute.
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(16) Vedi, anche, l'art. 4, comma 2, L.R. 4 agosto 1997, n. 26.
(17) Lettera così sostituita dall'art. 1, L.R. 28 ottobre 1995, n. 53.
(18) Con i provvedimenti di seguito elencati sono stati approvati i calendari relativi alle stagioni venatorie appresso indicate:
- D.P.G.R. 17 luglio 1995, n. 1511, integrato con D.P.G.R. 22 agosto 1995, n. 1692: stagione venatoria 1995-96;
- L.R. 5 agosto 1996, n. 33, allegato C (abrogata poi dall'art. 7, L.R. 4 agosto 1997, n. 26): stagione venatoria 1996-97;
- L.R. 4 agosto 1997, n. 26, allegato C: stagione venatoria 1997-98;
- D.P.G.R. 17 giugno 1998, n. 1107, modificato con D.P.G.R. 5 agosto 1998, n. 1479 e integrato con D.P.G.R. 5 agosto 1998, n. 1480: stagione venatoria 1998-99;
- D.P.G.R. 26 giugno 2000, n. 485, integrato con D.P.G.R. 26 luglio 2000, n. 558, con D.P.G.R. 4 agosto 2000, n. 593, con D.P.G.R. 8 agosto 2000, n. 606 e con D.P.G.R. 19 ottobre 2000, n. 686: stagione venatoria 2000/2001;
- D.P.G.R. 28 giugno 2001, n. 360, integrato con D.P.G.R. 1° agosto 2001, n. 456: stagione venatoria 2001/2002;
- D.P.G.R. 11 luglio 2002, n. 316, integrato con D.P.G.R. 2 agosto 2002, n. 380 e con D.P.G.R. 2 agosto 2002, n. 381: stagione venatoria 2002/2003;
- D.P.G.R. 1° luglio 2003, n. 263: stagione venatoria 2003/2004.
Art. 35
Controllo della fauna selvatica (19).
1. Il Presidente della Giunta regionale sentito il C.T.F.V.R. può ridurre o vietare per periodi prestabiliti talune forme di caccia, anche solo relativamente a determinate località, alle specie di fauna selvatica di cui all'articolo 34, per importanti e motivate ragioni connesse alla consistenza ed alla produttività faunistica, o per sopravvenute particolari condizioni ambientali, stagionali o climatiche o per malattie o altre calamità.
2. La provincia per la migliore gestione del patrimonio zootecnico, per la tutela del suolo, per motivi sanitari, per la selezione biologica, per la tutela del patrimonio storico-artistico, per la tutela delle produzioni zoo-agro-forestali ed ittiche, provvede al controllo delle specie di fauna selvatica anche nelle zone vietate alla caccia. Tale controllo, esercitato selettivamente, viene praticato di norma mediante l'utilizzo di metodi ecologici su parere dell'I.N.F.S.. Qualora da parte dell'I.N.F.S. venga comprovata l'inefficacia dei predetti metodi, la provincia può autorizzare piani di abbattimento. Tali piani devono essere attuati dalle guardie dipendenti delle province stesse. Queste ultime possono avvalersi dei proprietari o conduttori dei fondi sui quali si attuano i piani medesimi, purché muniti di licenza per l'esercizio venatorio, delle guardie forestali e delle guardie comunali munite di licenza per l'esercizio venatorio, e delle guardie giurate volontarie nominativamente designate dalle associazioni venatorie nazionalmente riconosciute. Per interventi di tutela della produzione agricola e zootecnica la provincia può affiancare al proprio personale anche soggetti, muniti di licenza per l'esercizio venatorio, che abbiano frequentato appositi corsi di preparazione organizzati dalla provincia stessa sulla base di programmi concordati con l'INFS. Tali corsi devono fornire una idonea preparazione circa l'ecologia e la gestione delle popolazioni animali selvatiche, la biologia delle specie selvatiche oggetto di controllo nonché le tecniche e le modalità con cui effettuare il controllo stesso (20).
3. Gli eventuali controlli della fauna selvatica nei parchi naturali regionali e nelle riserve naturali regionali per ricomporre squilibri ecologici, sono attuati secondo le disposizioni di cui al comma 6 dell'articolo 22 della L. 6 dicembre 1991, n. 394.
4. Nel caso in cui il controllo della fauna selvatica sia effettuato per motivi sanitari, esso può essere autorizzato su conforme parere dall'unità sanitaria locale.
5. La provincia, per comprovate ragioni di protezione dei fondi coltivati e degli allevamenti, può autorizzare, su proposta delle organizzazioni professionali agricole maggiormente rappresentative a livello nazionale, tramite le loro strutture regionali, piani di abbattimento, attuati dalle guardie dipendenti dalla stessa provincia con la collaborazione dei proprietari o conduttori dei fondi sui quali si attuano i piani medesimi, delle sole forme domestiche di fauna selvatica e delle sole forme inselvatichite di specie di fauna domestica. La provincia può affiancare al proprio personale anche soggetti, muniti di licenza per l'esercizio venatorio, che abbiano frequentato appositi corsi di preparazione organizzati dalla provincia stessa sulla base di programmi concordati con l'INFS. Tali corsi devono fornire una idonea preparazione circa l'ecologia e la gestione delle popolazioni animali selvatiche, la biologia delle specie selvatiche oggetto di controllo nonché le tecniche e le modalità con cui effettuare il controllo stesso (21).
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(19) Vedi, anche, la Delib.G.R. 7 novembre 2003, n. 1116.
(20) L'ultimo periodo è stato aggiunto dall'art. 3, comma 1, L.R. 30 gennaio 2002, n. 3, a decorrere dal giorno successivo a quello della sua pubblicazione, come prevede l'art. 5 della stessa legge.
(21) Il secondo periodo è stato aggiunto dall'art. 3, comma 2, L.R. 30 gennaio 2002, n. 3, a decorrere dal giorno successivo a quello della sua pubblicazione, come prevede l'art. 5 della stessa legge.
Art. 35-bis
Modalità di attuazione dei prelievi in deroga ai sensi dell'articolo 9 della dir. 79/409/CEE e successive modifiche.
1. La Giunta regionale, sentito l'INFS e l'Osservatorio faunistico venatorio regionale di cui all'articolo 18 autorizza, nei casi previsti dall'articolo 9, paragrafo 1, della dir. 79/409/CEE e successive modifiche, il prelievo a carico della specie passero (passer italiae), storno (sturnus vulgaris) e passera mattugia (passer montanus).
2. Il prelievo di cui al comma 1 è consentito, per un massimo di venti capi giornalieri complessivi a persona, a coloro che sono in possesso dei requisiti di cui all'articolo 20 e con i mezzi di cui all'articolo 21, comma 1.
3. Le province determinano le circostanze di tempo e di luogo nonché i periodi di attuazione e gli orari giornalieri del prelievo di cui al comma 1, recependo le indicazioni dell'Osservatorio faunistico venatorio regionale di cui all'articolo 18 e sentito l'INFS.
4. Solo le persone iscritte negli ATC della Regione Lazio possono effettuare il prelievo di cui al comma 1. A tali persone le province rilasciano un apposito modulo su cui devono essere obbligatoriamente riportati i dati giornalieri relativi ai luoghi, ai tempi e agli orari in cui si è effettuato il prelievo, nonché alle specie e alle quantità prelevate; in caso di mancata compilazione del menzionato modulo i soggetti inadempienti sono sospesi per tre anni dalla possibilità di partecipare al prelievo di cui al comma 1 e incorrono altresì nelle sanzioni previste dalla vigente normativa. Entro il 20 marzo di ogni anno il modulo compilato deve essere riconsegnato alla provincia competente ai fini dei rilevamenti statistici.
5. I dati raccolti attraverso l'elaborazione dei moduli di cui al comma 4 costituiscono materiale per l'informativa di cui al comma 6, al fine di studiare la compatibilità delle conseguenze dell'applicazione del prelievo di cui al comma 1.
6. Entra il 31 maggio di ogni anno la Giunta regionale trasmette alla Commissione dell'Unione Europea e all'INFS, allo scopo dì verificare la compatibilità delle conseguenze dell'applicazione del prelievo di cui al comma 1 con le prescrizioni della dir. 79/409/CEE e successive modifiche, una relazione avente ad oggetto le informazioni sull'attuazione del prelievo di cui al comma 1.
7. La Giunta regionale, su richiesta dell'Osservatorio faunistico venatorio regionale di cui all'articolo 18 e sentito l'INFS, può sospendere o limitare il prelievo di cui al comma 1 quando vi siano accertate riduzioni delle popolazioni oggetto del prelievo stesso (22).
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(22) Articolo aggiunto dall'art. 4, L.R. 30 gennaio 2002, n. 3, a decorrere dal giorno successivo a quello della sua pubblicazione, come prevede l'art. 5 della stessa legge.
Art. 36
Importazione di fauna selvatica dall'estero.
1. L'introduzione dall'estero di fauna selvatica viva, purché appartenente alle specie autoctone, è disciplinata dall'articolo 20 della L. n. 157 del 1992.
Art. 37
Divieti.
1. A norma dell'articolo 21 della L. n. 157 del 1992, è vietato a chiunque:
a) l'esercizio venatorio nei giardini, nei parchi pubblici e privati, nei parchi storici e archeologici e nei terreni adibiti ad attività sportive;
b) l'esercizio venatorio nei parchi nazionali, nei parchi naturali regionali, nelle riserve naturali, nei parchi suburbani e nelle zone di importanza naturalistica del litorale romano, individuate con deliberazione del Consiglio regionale;
c) l'esercizio venatorio nelle oasi di protezione e nelle zone di ripopolamento e cattura, nei centri di riproduzione di fauna selvatica, nelle foreste demaniali ad eccezione di quelle che, secondo le disposizioni regionali, sentito il parere dell'I.N.F.S., non presentino condizioni favorevoli alla riproduzione ed alla sosta della fauna selvatica;
d) l'esercizio venatorio ove vi siano opere di difesa dello Stato e ove il divieto sia richiesto a giudizio insindacabile dell'autorità militare, o dove esistano beni monumentali, purché dette zone siano delimitate da tabelle, esenti da tasse, indicanti il divieto;
e) l'esercizio venatorio nelle aie e nelle corti o altre pertinenze di fabbricati rurali; nelle zone comprese nel raggio di 100 metri da immobili, fabbricati e stabili adibiti ad abitazione o a posto di lavoro ed a distanza inferiore a 50 metri da vie di comunicazione ferroviaria e da strade carrozzabili, eccettuate le strade poderali ed interpoderali;
f) sparare da distanza inferiore a 150 metri con uso di fucile da caccia con canna ad anima liscia, o da distanza corrispondente a meno di una volta e mezza la gittata massima in caso di uso di armi con canna rigata o fucile da caccia ad anima liscia caricato a palla, in direzione di immobili, fabbricati e stabili adibiti ad abitazione o a posto di lavoro di vie di comunicazione ferroviaria e di strade carrozzabili, eccettuate quelle poderali ed interpoderali, di funivie, filovie ed altri impianti di trasporto a sospensione; di stabbi, stazzi, recinti ed altre aree delimitate destinate al ricovero ed all'alimentazione del bestiame nel periodo di utilizzazione agro-silvo-pastorale;
g) il trasporto, all'interno dei centri abitati e delle altre zone ove è vietata l'attività venatoria, ovvero a bordo di veicoli di qualunque genere e comunque nei giorni non consentiti per l'esercizio venatorio dalla presente legge e dalle disposizioni regionali, di armi da sparo per uso venatorio che non siano scariche e in custodia;
h) cacciare a rastrello in più di tre persone ovvero utilizzare, a scopo venatorio, scafandri o tute impermeabili da sommozzatore negli specchi o corsi d'acqua;
i) cacciare sparando da veicoli a motore o da aeromobili o da natanti;
l) cacciare a distanza inferiore a cento metri da macchine operatrici agricole in funzione;
m) cacciare qualsiasi specie di fauna selvatica quando i terreni siano in tutto o nella maggior parte coperti di neve;
n) cacciare negli stagni, nelle paludi e negli specchi d'acqua naturali od artificiali in tutto o nella maggior parte coperti da ghiaccio e su terreni allagati da piene di fiumi;
o) prendere o detenere uova, nidi e piccoli di mammiferi ed uccelli appartenenti alla fauna selvatica, salvo che nei casi previsti all'articolo 5, comma 1, o nelle zone di ripopolamento e cattura; nei centri di riproduzione di fauna selvatica e nelle oasi di protezione per sottrarli a sicura distruzione o morte, purché, in tale ultimo caso, se ne dia pronto avviso alla provincia nelle ventiquattro ore successive;
p) usare richiami vivi al di fuori dei casi previsti dalla presente legge;
q) usare richiami vivi non provenienti da allevamenti nella caccia agli acquatici;
r) usare a fini di richiamo uccelli vivi accecati o mutilati ovvero legati per le ali e richiami acustici a funzionamento meccanico, elettromagnetico o elettromeccanico, con o senza amplificazione del suono;
s) cacciare negli specchi d'acqua ove si esercita l'industria della pesca o dell'acquacoltura, nonché nei canali delle valli da pesca, quando il possessore le circondi con tabelle, esenti da tasse, indicanti il divieto di caccia;
t) commerciare fauna selvatica morta, non proveniente da allevamenti, per sagre e manifestazioni a carattere gastronomico;
u) usare munizioni spezzate nella caccia agli ungulati, usare esche o bocconi avvelenati, vischio o altre sostanze adesive, trappole, reti, tagliole, lacci, archetti o congegni similari; fare impiego di civette vive; usare armi da sparo munite di silenziatore o impostate con scatto provocato dalla preda; fare impiego di balestre;
v) vendere a privati e detenere da parte di questi reti da uccellagione;
z) produrre, vendere, detenere trappole per la fauna selvatica salvo quelle destinate alla esecuzione di ricerche scientifiche autorizzate di intesa con gli enti di gestione faunistica competenti per territorio;
aa) l'esercizio in qualunque forma del tiro al volo su uccelli a partire dal 1° gennaio 1994 fatto salvo quanto previsto dall'art. 17, comma 3 (23);
bb) vendere, detenere per vendere, acquistare uccelli vivi o morti, nonché loro parti o prodotti derivati facilmente riconoscibili, appartenenti alla fauna selvatica, che non appartengono alle seguenti specie: germano reale (Anas platyrhynchos); pernice rossa (Alectoris rufa); pernice di Sardegna (Alectoris barbara) starna (Perdix perdix); fagiano (Phasianus colchicus); colombaccio (Columba palumbus);
cc) il commercio di esemplari vivi di specie di avifauna selvatica nazionale non proveniente da alleva menti;
dd) rimuovere, danneggiare o comunque rendere inidonee al loro fine le tabelle legittimamente apposte ai sensi della legislazione nazionale e regionale a specifici ambiti territoriali, ferma restando l'applicazione dell'articolo 635 del codice penale;
ee) detenere, acquistare e vendere esemplari di fauna selvatica, ad eccezione dei capi utilizzati come richiami vivi secondo il disposto di cui agli articoli 5 e 24, della presente legge e della fauna selvatica lecitamente abbattuta, la cui detenzione è regolamentata anche con le norme sulla tassidermia;
ff) la caccia all'avifauna selvatica migratoria sui valichi montani interessati dalle rotte di migrazione per una distanza di 1000 metri dagli stessi nonché la caccia nelle zone interessate dalle rotte di migrazione dell'avifauna segnalate ai sensi dell'articolo 1, comma 5, e dell'articolo 21, comma 2, della legge n. 157 del 1992, ed indicati dalle province ad integrazione del calendario venatorio regionale, sentito l'I.N.F.S.;
gg) addestrare i cani nei fondi chiusi e nei terreni in attualità di coltivazione liberi all'esercizio venatorio;
hh) l'uso di qualsiasi tipo di pastura ad ogni specie di selvaggina;
ii) l'esercizio venatorio nei terreni e nei boschi distrutti o danneggiati dal fuoco; nei terreni rimboschiti da meno di quindici anni nonché nelle tartufaie coltivate e/o controllate, appositamente tabellati. Nei boschi danneggiati dal fuoco il divieto si applica per tutta la stagione venatoria successiva all'incendio, oltre eventualmente per quella in corso;
ll) l'esercizio venatorio, in acque marine antistanti il litorale laziale ad eccezione della fascia di ml 100 dal battente dell'onda;
mm) l'esercizio venatorio, con qualsiasi mezzo, nel territorio posto all'interno del Grande raccordo anulare (G.R.A.) di Roma (24);
nn) vendere, detenere per la vendita ed acquistare selvaggina morta, fatta eccezione per quella proveniente dagli allevamenti a scopo alimentare previsti all'articolo 19 della presente legge;
oo) l'immissione di selvaggina al di fuori di quella immessa in strutture faunistico-venatorie appositamente disciplinate, senza autorizzazione della provincia competente;
pp) la posta serale e mattutina alla beccaccia, nonché la posta serale alla lepre e la caccia da appostamento sotto qualsiasi forma al beccaccino.
2. Per la detenzione, il trasporto e la vendita della selvaggina morta o viva proveniente da allevamenti è necessaria una documentazione indicante la provenienza, il numero e la specie dei capi, compilata a cura del titolare dell'allevamento accompagnata da certificazione sanitaria.
3. Le province provvedono al controllo della documentazione e predispongono ogni accertamento occorrente.
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(23) Lettera così modificata dall'art. 2, L.R. 28 ottobre 1995, n. 53.
(24) Lettera così sostituita dall'art. 2, L.R. 28 ottobre 1995, n. 53.
Art. 38
Divieto bruciatura stoppie.
1. Nel territorio della Regione, dal 1° marzo al 30 novembre, è vietato bruciare nei campi, anche in quelli incolti, le stoppie delle colture graminacee e leguminose, dei prati e delle erbe palustri ed infestanti, nonché gli arbusti e le erbe lungo le strade comunali, provinciali e statali e lungo le autostrade e le ferrovie, salvo gli abbruciamenti per intervento di prevenzione antincendio autorizzato (25).
2. Il divieto di cui al comma 1 non sussiste per le erbe infestanti, rovi, materiali risultanti dalla potatura e simili, riuniti in cumuli e direttamente controllati fino a quando il fuoco sia completamente spento.
3. Per le violazioni alle disposizioni del presente articolo, si applicano le norme vigenti in materia.
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(25) Vedi quanto dispone l'art. 6, L.R. 4 agosto 1997, n. 26.
Art. 39
Custodia dei cani.
1. I cani di ogni razza, compresi quelli a guardia delle abitazioni, delle cose e del bestiame, non devono essere lasciati incustoditi nelle campagne a più di 200 metri dall'abitazione o dal bestiame.
2. Chiunque, tenuto alla custodia anche temporanea di un cane, consenta che esso vaghi per la campagna, è soggetto alla sanzione amministrativa di cui all'articolo 19 della L.R. 9 settembre 1988, n. 63, e successive modificazioni ed integrazioni ed è responsabile a termini di legge di danni eventualmente cagionati dall'animale.
3. I cani trovati a vagare nelle campagne devono essere catturati in conformità all'articolo 11 della L.R. n. 63 del 1988, e successive modificazioni ed integrazioni.
4. I cani trovati a vagare incustoditi nel territorio utile alla caccia, nelle oasi di protezione, nelle zone di ripopolamento e cattura, nei centri di produzione della selvaggina ed in altri territori comunque vincolati ai fini faunistici e venatori, debbono essere catturati.
5. Per tutto quanto non previsto nel presente articolo si applicano le norme di cui alla L.R. n. 63 del 1988 e successive modificazioni ed integrazioni.
Art. 40
Commissione esami e materie per abilitazione venatoria.
1. La Giunta regionale nomina in ciascun capoluogo di provincia, una commissione per il conseguimento dell'abilitazione all'esercizio venatorio con sede presso la provincia nel cui territorio opera. Ogni commissione rimane in carica per la durata dell'organo che ha provveduto alla nomina (26).
2. Gli esami, in particolare, riguardano nozioni sulle seguenti materie:
a) legislazione venatoria:
legislazione venatoria nazionale e regionale;
regolamenti locali di caccia: calendario venatorio ed altre disposizioni;
b) zoologia applicata alla caccia:
cenni sulla classificazione di uccelli e mammiferi;
cenni di ecologia ed etologia, concetto di mimetismo e di migrazione; definizione di selvaggina stanziale e migratoria;
riconoscimento degli uccelli e dei mammiferi italiani, con particolare riferimento alle specie cacciabili e particolarmente protette, elementi (27) dell'habitat e della biologia delle specie più significative, soprattutto quelle cacciabili;
gestione della fauna: concetto di conservazione faunistica, organizzazione del territorio ai fini della gestione faunistica; zone protette, di produzione e di caccia, capacità recettiva del territorio, rapporti tra agricoltura e fauna selvatica, introduzioni, reintroduzioni, ripopolamenti, tecniche di censimento, piani di prelievo, controllo dei carnieri;
c) tutela della natura e principi di salvaguardia delle produzioni agricole:
concetto di conservazione dell'ambiente, capacità faunistica del territorio, miglioramenti ambientali, prevenzione dei danni alle attività produttive: agricole, zootecniche, ittiocolturali, controllo delle popolazioni animali di specie potenzialmente dannose;
rispetto dell'ambiente e delle colture agricole, condizione di coltura in atto, coltivazioni interdette all'accesso da parte del cacciatore, territori non fruibili per l'attività venatoria;
d) armi e munizioni da caccia:
norme che regolamentano la detenzione e l'uso delle armi comuni da caccia;
conoscenza delle armi comuni da caccia e loro munizioni: carabine, fucili e arco;
manutenzione delle armi da caccia;
concetti elementari di balistica;
prove simulate di maneggio con armi comuni da caccia sia a canna liscia che a canna rigata;
e) Regole comportamentali del cacciatore:
regole di prudenza e sicurezza durante l'esercizio venatorio;
rapporti con il mondo agricolo;
partecipazione alle attività di gestione della fauna selvatica e dell'ambiente;
f) Norme di pronto soccorso:
tecniche di emergenza per tamponare un'emorragia da arma da fuoco o da taglio;
norme di comportamento in caso di fratture;
uso del siero antivipera;
g) cinofilia:
nozioni elementari di cinofilia: riconoscimento delle razze canine da caccia e loro impiego, elementi fondamentali del mantenimento e dell'addestramento dei cani da caccia;
nozioni di profilassi delle principali malattie del cane.
3. L'aspirante cacciatore per accedere alla prova orale deve avere superato una prova scritta preliminare consistente nella compilazione di un questionario composto da 15 domande nel quale non sono ammessi più di due errori.
4. L'abilitazione è concessa se il giudizio è favorevole in tutte le materie elencate al comma 2. In caso di idoneità il presidente della commissione rilascia il relativo attestato.
5. La commissione esprime la propria valutazione collegiale con il giudizio di «IDONEO» oppure «NON IDONEO». Il giudizio della commissione è definitivo.
6. Coloro i quali siano stati giudicati «NON IDONEI» possono sostenere una nuova prova di esame trascorsi almeno tre mesi dalla data dell'esame sostenuto, con la procedura di cui al comma 16.
7. L'abilitazione venatoria è necessaria per il rilascio della prima licenza di porto d'armi per uso di caccia e per il rinnovo della stessa in caso di revoca.
8. Le province organizzano corsi per l'aggiornamento sui contenuti innovativi delle leggi nazionali e regionali in materia di tutela faunistica.
9. Nei dodici mesi successivi al rilascio della prima licenza, il cacciatore può praticare l'esercizio venatorio solo se accompagnato da cacciatore in possesso di licenza rilasciata da almeno tre anni, che non abbia commesso violazioni alle norme vigenti in materia comportanti la sospensione o la revoca della licenza ai sensi dell'art. 48 (28).
10. Le norme di cui al presente articolo si applicano anche per l'esecuzione della caccia mediante l'uso dell'arco e del falco.
11. Ciascuna commissione di cui al comma 1 è composta:
a) da un funzionario regionale anche in quiescenza esperto in materie di gestione e tutela della fauna che la presiede, designato dal Presidente della Giunta regionale (29);
b) da cinque membri effettivi e da cinque supplenti, esperti nelle materie indicate nel comma 2, comprendenti, il responsabile del settore caccia dell'amministrazione provinciale e almeno un laureato in scienze biologiche o in scienze naturali, esperto in vertebrati omeotermi, ed un laureato in scienze agrarie e/o forestali, designati dall'Assessore regionale competente in materia;
c) da un dipendente della Provincia, esperto in materia di caccia, con funzioni di segretario (30).
12. Non possono essere nominati componenti della commissione di esame i dirigenti delle associazioni venatorie ed i dirigenti delle associazioni ambientaliste.
13. Ai componenti della commissione spetta il trattamento indicato dall'articolo 16, comma 4, della legge regionale 25 luglio 1996, n. 27 e successive modifiche (31). Per la validità della seduta di esame, è necessaria la presenza del presidente e di cinque commissari. Il presidente in caso di impedimento può delegare un componente della commissione a sostituirlo. Tale componente, a sua volta, viene sostituito dal supplente.
14. Per assicurare il funzionamento della commissione il presidente convoca per ciascuna seduta, a rotazione, due membri supplenti.
15. La spesa relativa all'onere di funzionamento della commissione è a completo carico del bilancio regionale.
16. L'aspirante cacciatore per essere ammesso all'esame deve presentare domanda al Presidente della Commissione di esame provinciale competente per territorio allegando i seguenti documenti:
a) certificato di residenza;
b) certificato medico di idoneità fisica all'esercizio venatorio rilasciato in conformità alle vigenti disposizioni di legge;
c) ricevuta di versamento della somma di L. 20.000, in favore della provincia competente a copertura delle spese di organizzazione dell'esame. La domanda ed il documento di cui alla lettera b) devono essere redatti su carta legale. Prima dell'effettuazione dell'esame, il candidato deve farsi riconoscere mediante esibizione di un documento di riconoscimento non scaduto.
17. Fino alla data di entrata in vigore della presente legge e, comunque, fino all'istituzione ed al funzionamento delle nuove commissioni, restano valide ed operanti le attuali Commissioni d'esame.
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(26) Il secondo periodo è stato aggiunto dall'art. 73, comma 1, lettera a), L.R. 16 aprile 2002, n. 8. Vedi, anche, il comma 2 dello stesso articolo.
(27) Parola così sostituita dall'art. 3, L.R. 28 ottobre 1995, n. 53.
(28) Comma così modificato dall'art. 73, comma 1, lettera b), L.R. 16 aprile 2002, n. 8. Vedi, anche, il comma 2 dello stesso articolo.
(29) Lettera così modificata dall'art. 73, comma 1, lettera c), L.R. 16 aprile 2002, n. 8. Vedi, anche, il comma 2 dello stesso articolo.
(30) Lettera così sostituita dall'art. 73, comma 1, lettera d), L.R. 16 aprile 2002, n. 8 (vedi, anche, il comma 2 dello stesso articolo). Il testo originario era così formulato: «c) da un dipendente della provincia con funzione di segretario avente qualifica non inferiore alla VII qualifica funzionale che potrà essere sostituito in caso di impedimento da un altro dipendente dell'amministrazione provinciale nominato dal presidente.».
(31) Periodo così modificato dall'art. 73, comma 1, lettera e), L.R. 16 aprile 2002, n. 8. Vedi, anche, il comma 2 dello stesso articolo.
Art. 41
Tasse annuali di rilascio delle concessioni regionali.
1. La Regione per conseguire i mezzi finanziari necessari per realizzare i fini previsti dalla presente legge ed in conformità alla L. n. 157 del 1992 istituisce una tassa di concessione regionale non inferiore al 50% e non superiore al 100% della tassa erariale, ai sensi dell'art. 3 della L. 16 maggio 1970, n. 281, e successive modificazioni ed integrazioni per l'abilitazione all'esercizio venatorio.
2. Sono, inoltre, soggetti a tassa di rilascio e alla tassa annuale gli appostamenti fissi, i centri privati di produzione della fauna selvatica allo stato naturale, le aziende faunistico-venatorie ed agro-turistico-venatorie, nella misura e con le modalità di cui alla legge regionale 2 maggio 1980, n. 30, e successive modificazioni ed integrazioni.
3. Le tasse di concessione per le aziende faunistico-venatorie e per le aziende agro-turistico-venatorie, situate nelle zone montane, sono ridotte ad 1/8. Qualora le suddette aziende siano situate in zone svantaggiate, riconosciute tali ai sensi dell'articolo 3, paragrafi 4 e 5, della direttiva 75/268/CEE, e successive modificazioni, ovvero nelle zone depresse di cui alla legge 22 luglio 1966, n. 614, e successive modificazioni, le relative tasse sono ridotte a 1/4 (32).
4. La tassa di cui al comma 1 non è dovuta qualora durante l'anno il cacciatore eserciti l'attività venatoria esclusivamente all'estero.
5. Nel caso di diniego della licenza di porto di fucile per uso di caccia la tassa regionale deve essere rimborsata. La tassa di concessione regionale viene rimborsata, anche, al cacciatore che rinuncia, sin dall'inizio della stagione venatoria, all'assegnazione dell'ambito territoriale di caccia. La tassa di rinnovo non è dovuta qualora non si eserciti la caccia durante l'anno.
6. I proventi della tassa di cui al comma 1, sono utilizzati, ai sensi della L. n. 157 del 1992, almeno nella percentuale del 10%, per il finanziamento o il concorso nel finanziamento di progetti di valorizzazione del territorio, presentati da singoli proprietari o conduttori di fondi che, nell'ambito della programmazione regionale, contemplino tra l'altro, la realizzazione di strutture per l'allevamento di fauna selvatica nonché dei riproduttori nel periodo autunnale, la manutenzione degli apprestamenti di ambientamento della fauna selvatica; l'adozione delle forme di lotta biologica e di lotta integrata; il ricorso a tecniche colturali e a tecnologie innovative non pregiudizievoli per l'ambiente; la valorizzazione agroturistica di percorsi per la visita degli ambienti naturali e la conoscenza scientifica e culturale della fauna selvatica ospite; la manutenzione e pulizia di boschi anche al fine di prevenire incendi.
7. Non sono soggetti a tassa i centri privati di riproduzione allo stato naturale, istituiti dagli organismi direttivi degli A.T.C. o istituiti nelle aziende faunistico-venatorie, per le sole specie di indirizzo faunistico purché non finalizzate alla vendita.
8. Per le aziende faunistico-venatorie ed agri-turistico-venatorie per ogni 100 lire di tassa è dovuta una sopratassa di lire 100 che dovrà essere versata contestualmente alla tassa.
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(32) Comma così sostituito dall'art. 34, L.R. 18 maggio 1998, n. 14.
Art. 42
Risarcimento dei danni alle produzioni agricole.
1. È istituito, ai sensi dell'art. 26, comma 1, della L. n. 157 del 1992 il fondo regionale per la prevenzione e il risarcimento dei danni alle attività agricole. L'entità del fondo è stabilita annualmente con la legge di approvazione del bilancio di previsione annuale regionale.
2. Il fondo è destinato a far fronte ai danni non altrimenti risarcibili prodotti da specie protette o da sconosciuti nel corso dell'attività venatoria. La Regione per il risarcimento dei danni causati da specie particolarmente protette ai sensi dell'articolo 2, comma 1 della L. n. 157 del 1992, si avvarrà dei comuni con le modalità previste dalla L.R. 28 settembre 1992, n. 48.
3. Alla gestione delle somme assegnate provvede la Regione, sentito un comitato tecnico, costituito da ciascuna provincia a norma dell'articolo 26, comma 2, della L. n. 157 del 1992.
4. Gli oneri per il risarcimento dei danni arrecati alle attività agricole dalle specie di fauna selvatica sono a carico:
a) dei titolari delle aziende faunistiche-venatorie, delle aziende agro-turistico-venatorie, dei centri privati di produzione della fauna selvatica, degli allevamenti di fauna selvatica qualora si siano prodotti nei fondi inclusi nelle rispettive strutture;
b) dei proprietari o conduttori dei fondi rustici di cui all'articolo 15, commi 3 e 8, della L. n. 157 del 1992, qualora si siano verificati nei rispettivi fondi;
c) dei titolari delle zone per l'addestramento e per le prove cinofile qualora si siano verificate nei fondi ricompresi in tali zone;
d) degli enti gestori dei parchi e riserve naturali qualora si siano verificati nei fondi ivi compresi.
5. Le disposizioni di cui al comma 4 si applicano anche per le spese relative agli interventi di prevenzione dei danni alle attività agricole.
Art. 43
Vigilanza venatoria.
1. La vigilanza sull'applicazione della presente legge è affidata alle province. Gli agenti di vigilanza delle province, fermo restando le competenze tecniche per la conservazione e gestione della fauna selvatica, rivestono la qualifica di agente di polizia giudiziaria e di pubblica sicurezza ai sensi delle disposizioni legislative vigenti.
2. Gli agenti di vigilanza della provincia possono redigere i verbali di contestazione delle violazioni e degli illeciti amministrativi previsti dalla presente legge e compiere gli altri atti indicati dall'articolo 45 anche fuori dall'orario di servizio.
3. La vigilanza è altresì affidata alle guardie volontarie delle associazioni nazionali venatorie riconosciute dalla L. n. 157 del 1992, dalle organizzazioni professionali agricole e dalle associazioni di protezione ambientale presenti nel C.T.F.V.N., nonché quelle delle associazioni di protezione ambientale, riconosciute dal Ministero dell'ambiente purché alle stesse guardie sia stata riconosciuta la qualifica di guardia giurata ai sensi del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, approvato con R.D. 18 giugno 1931, n. 773.
4. La vigilanza di cui al comma 1 è, altresì, affidata agli ufficiali, sottufficiali e guardie del corpo forestale dello Stato, alle guardie addette ai parchi naturali nazionali e regionali, agli ufficiali ed agenti di polizia giudiziaria, alle guardie giurate comunali, forestali e campestri, alle guardie private riconosciute ai sensi del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza; è affidata, altresì, alle guardie ecologiche e zoofile, previste da leggi regionali, previo superamento degli esami di cui all'articolo 44.
5. Le province su proposta delle associazioni di cui all'articolo 27, lettera b), della L. n. 157 del 1992, coordinano le richieste, a termine di legge, sia per il riconoscimento che per la conferma alla scadenza, della qualifica di guardie venatorie volontarie per i cittadini che, avendone i requisiti, diano sicuro affidamento di preparazione tecnica e siano disposti a prestare volontariamente e gratuitamente la loro opera.
6. Il riconoscimento della qualifica di guardia venatoria volontaria, è subordinato alla frequenza di corsi di qualificazione organizzati dalle province ed al conseguimento di un attestato di idoneità previo esame da parte della commissione di cui all'articolo 44.
7. Gli agenti dipendenti dalle province e le guardie volontarie operano, di norma, nell'ambito della circoscrizione territoriale di competenza.
8. Agli agenti di vigilanza di cui ai commi 1 e 4 è vietato l'esercizio venatorio durante l'espletamento delle loro funzioni di servizio.
9. I corsi di preparazione e di aggiornamento delle guardie per lo svolgimento delle funzioni di vigilanza sull'esercizio venatorio, sulla tutela dell'ambiente e della fauna selvatica e sulla salvaguardia delle produzioni agricole, possono essere organizzati anche dalle associazioni di cui al comma 3, sotto il controllo della Regione.
10. Ai cittadini in possesso, a norma del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, della qualifica di guardia venatoria volontaria alla data di entrata in vigore della presente legge non è richiesto l'attestato di idoneità di cui al comma 6.
11. Le province coordinano l'attività di vigilanza delle guardie volontarie delle associazioni agricole, venatorie e di protezione ambientale.
12. Le province devono, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, nel rispetto della L.R. 24 febbraio 1990, n. 20, adeguare lo stato giuridico degli agenti in servizio di vigilanza con apposito regolamento, in funzione dei compiti derivanti dall'applicazione della presente legge.
13. Detto regolamento stabilisce tra l'altro il contingente numerico degli addetti al servizio di vigilanza venatoria, secondo criteri di economicità e funzionalità, nel rapporto di un valore medio di un agente ogni 3.000 ettari di territorio agro-silvo-pastorale.
Art. 44
Commissione per il rilascio dell'attestato di idoneità per la qualifica di guardie volontarie venatorie.
1. La Giunta provinciale nomina in ciascun capoluogo di provincia una commissione per il rilascio dell'attestato di idoneità di guardia volontaria venatoria.
2. La commissione dura in carica cinque anni ed è così composta:
a) da un funzionario regionale esperto in materia faunistico-venatoria o di polizia locale che la presiede designato dal Presidente della Giunta regionale;
b) da 5 membri effettivi e da 5 supplenti esperti nelle materie previste dall'articolo 40 di cui un rappresentante delle associazioni venatorie maggiormente rappresentative a livello nazionale, designato dagli organismi regionali ed esperto qualificato in materia giuridico-venatoria; un rappresentante delle associazioni agricole maggiormente rappresentative a livello nazionale; un rappresentante delle associazioni ambientalistiche presente nel comitato tecnico scientifico nazionale; un esperto in materie giuridiche, il responsabile del settore caccia dell'amministrazione provinciale e il responsabile del servizio di vigilanza dell'amministrazione provinciale;
c) da un funzionario della provincia, con funzione di segretario, avente qualifica non inferiore alla VII.
3. Il programma di esami è quello stabilito all'articolo 40, comma 2, integrato dalla conoscenza di nozioni del codice di procedura penale relative all'attività di pubblico ufficiale. Le modalità di svolgimento sono quelle previste dall'articolo 40 della presente legge. I componenti di cui al comma 2 fruiranno del trattamento economico indicato dall'articolo 40, comma 13.
Art. 45
Poteri e compiti degli addetti alla vigilanza venatoria.
1. I soggetti preposti alla vigilanza venatoria ai sensi dell'articolo 43 possono chiedere a qualsiasi persona trovata in possesso di armi o arnesi atti alla caccia, in esercizio o attitudine di caccia, la esibizione della licenza di porto di fucile per uso di caccia, del tesserino di cui all'articolo 20, comma 4, del contrassegno della polizza di assicurazione nonché della fauna selvatica abbattuta o catturata.
2. Nel caso di violazioni di cui all'articolo 30 della L. n. 157 del 1992, gli ufficiali e gli agenti che esercitano funzioni di polizia giudiziaria procedono al sequestro delle armi, della fauna selvatica e dei mezzi di caccia, con esclusione del cane e dei richiami vivi autorizzati. In caso di condanna per ipotesi di cui al medesimo articolo 30, comma 1, lettere a), b), c), d) ed e), le armi ed i suddetti mezzi sono in ogni caso confiscati.
3. Quando è sequestrata fauna selvatica, viva o morta, gli ufficiali o agenti la consegnano alla provincia competente la quale, nel caso di fauna viva, provvede a liberarla in località adatta, ovvero, qualora non risulti liberabile, a consegnarla ad un organismo in grado di provvedere alla sua riabilitazione e cura ed alla successiva reintroduzione nel suo ambiente naturale; in caso di fauna viva sequestrata in campagna, e che risulti liberabile, la liberazione è effettuata sul posto dagli agenti accertatori. Nel caso di fauna morta, la provincia provvede alla sua vendita tenendo la somma ricavata a disposizione della persona cui è contestata l'infrazione ove si accerti successivamente che l'illecito non sussiste; nell'ipotesi di illecito riconosciuto, l'importo relativo deve essere versato su un conto corrente intestato alla Regione.
4. Della consegna o della liberazione di cui al comma 3, ufficiali o agenti danno atto in apposito verbale nel quale sono descritte le specie e le condizioni degli esemplari sequestrati, e quant'altro possa avere rilievo ai fini penali.
5. Gli organi di vigilanza che non esercitino funzioni di polizia giudiziaria, i quali accertino, anche a seguito di denuncia, violazioni delle disposizioni sull'attività venatoria, redigono verbali, conformi alla legislazione vigente, nei quali devono essere specificate tutte le circostanze del fatto e le eventuali osservazioni del contravventore, e li trasmettono all'ente da cui dipendono ed alla provincia competente, ai sensi delle disposizioni vigenti, la quale provvede alla contestazione ed alla notifica.
6. Gli agenti venatori dipendenti degli enti locali che abbiano prestato servizio sostitutivo ai sensi della L. 15 dicembre 1972, n. 772, e successive modifiche ed integrazioni, non sono ammessi all'esercizio di funzioni di pubblica sicurezza, fatto salvo, il divieto di cui all'articolo 9 della medesima legge.
TITOLO V
Procedimenti sanzionatori
Art. 46
Sanzioni penali.
1. Per le violazioni delle disposizioni della presente legge e della L. n. 157 del 1992 si applicano le sanzioni penali previsti dall'articolo 30 della stessa L. n. 157 del 1992.
Art. 47
Sanzioni amministrative.
1. Ferme restando le sanzioni previste dall'articolo 31 della L. n. 157 del 1992, le seguenti violazioni sono così sanzionate:
a) caccia nelle zone di rifugio: sanzione amministrativa da L. 500.000 a L. 3.000.000; se la violazione è nuovamente commessa, la sanzione è da L. 1.000.000 a L. 6.000.000;
b) mancata autorizzazione all'immissione e/o mancato controllo sanitario o mancato certificato di origine della selvaggina liberata da parte di chi effettua il ripopolamento: sanzione amministrativa da L. 500.000 a L. 3.000.000;
c) immissioni di fauna selvatica compiute al di fuori dei casi consentiti: sanzione amministrativa da L. 500.000 a L. 3.000.000;
d) prelievo, detenzione e vendita di uova e nuovi nati per finalità non consentite: sanzione amministrativa da L. 100.000 a L. 600.000; se la violazione è nuovamente commessa la sanzione è da L. 200.000 a L. 1.200.000;
e) omessa comunicazione alla provincia della raccolta di uova o nuovi nati di fauna selvatica in situazione di pericolo e in stato di necessità: sanzione amministrativa da L. 50.000 a L. 300.000; se la violazione è nuovamente commessa la sanzione è da L. 100.000 a L. 600.000;
f) violazione dell'obbligo di comunicazione alla provincia dell'accesso ad A.T.C. di altre province e regioni: sanzione amministrativa da L. 50.000 a L. 300.000;
g) mancato rispetto delle limitazioni alla caccia previste dal programma venatorio annuale dell'A.T.C.: sanzione amministrativa da L. 200.000 a L. 1.200.000; se la violazione è nuovamente commessa la sanzione è da L. 400.000 a L. 2.400.000;
h) ai titolari di licenza di caccia trovati sprovvisti di tesserino si applica oltre alla sanzione prevista dalla lettera m) dell'articolo 31 della L. n. 157 del 1992, la sospensione di giorni trenta dall'attività venatoria;
i) caccia in A.T.C. diverso da quello assegnato: sospensione dell'esercizio venatorio per giorni trenta e sanzione amministrativa da L. 300.000 a L. 1.800.000; se la violazione è nuovamente commessa, la sanzione è da L. 500.000 a L. 3.000.000; in caso di ulteriore violazione la sanzione è da L. 700.000 a L. 4.200.000. Se il fatto è commesso mediante sconfinamento in un A.T.C. attiguo a quello assegnato, le sanzioni pecuniarie previste dalla presente lettera sono ridotte di un terzo;
l) accesso motorizzato per le soste nelle aree cortilizie, nelle pertinenze di fabbricati rurali senza autorizzazione del proprietario o del conduttore: sanzione amministrativa da L. 50.000 a L. 300.000; se la violazione è nuovamente commessa, la sanzione è da L. 100.000 a L. 600.000;
m) detenzione di tesserino contraffatto o comunque manomesso: sanzione amministrativa da L. 200.000 a L. 1.200.000;
n) allevamento di specie di fauna selvatica senza le autorizzazioni: sanzione amministrativa da L. 150.000 per ciascun capo allevato nonché sequestro e confisca dei capi stessi;
o) altre violazioni alle norme regionali sull'allevamento di fauna selvatica: sanzione amministrativa da L. 150.000 a L. 900.000 e revoca dell'autorizzazione all'allevamento;
p) abbattimento o cattura in centri privati, di specie selvatiche diverse da quelle allevate, o abbattimento senza autorizzazione delle specie oggetto dell'allevamento: sanzione amministrativa da L. 300.000 a L. 1.800.000; se la violazione è nuovamente commessa la sanzione è da L. 500.000 a L. 3.000.000 con revoca dell'autorizzazione;
q) addestramento di cani in ambiti protetti: sanzione amministrativa da L. 500.000 a L. 3.000.000;
r) addestramento di cani in periodo non consentito: sanzione amministrativa da L. 50.000 a L. 300.000 per singolo cane e se la violazione è nuovamente commessa, la sanzione è da L. 100.000 a L. 600.000 per singolo cane;
s) caccia per un numero di giornate superiore al consentito: sanzione amministrativa da L. 200.000 a L. 1.200.000; se la violazione è nuovamente commessa la sanzione è da L. 400.000 a L. 2.400.000, in entrambi i casi è sospesa l'attività venatoria per trenta giorni;
t) mancato rispetto del carniere giornaliero e stagionale: sanzione amministrativa da L. 200.000 a L. 1.200.000; se la violazione è nuovamente commessa la sanzione è da L. 400.000 a L. 2.400.000; in ogni caso si applica altresì il sequestro e la confisca dei capi abbattuti;
u) caccia all'interno del G.R.A. di Roma: sanzione amministrativa da L. 1.000.000 a L. 6.000.000;
v) caccia da appostamento fisso senza autorizzazione: sanzione amministrativa da L. 400.000 a L. 2.400.000; se la violazione è nuovamente commessa la sanzione è da L. 800.000 a L. 4.800.000 oltre alla sanzione per evasione delle tasse regionali in materia;
z) caccia da appostamento fisso senza il rispetto delle distanze: sanzione amministrativa da L. 200.000 a L. 1.200.000; se la violazione è nuovamente commessa, la sanzione è da L. 500.000 a L. 3.000.000 con sospensione dell'autorizzazione;
aa) mancata rimozione dell'appostamento temporaneo e dei residui al termine della giornata: sanzione amministrativa da L. 50.000 a L. 300.000; se la violazione è nuovamente commessa, la sanzione è da L. 100.000 a L. 600.000;bb) caccia da appostamento temporaneo a meno di 100 metri da zone di protezione, immobili, fabbricati, stabili adibiti ad abitazione o qualsiasi struttura adibita a posto di lavoro, nonché da ferrovie e strade carrozzabili, fatta eccezione per le strade poderali o interpoderali: sanzione amministrativa da L. 200.000 a L. 1.200.000; se la violazione è nuovamente commessa, la sanzione è da L. 500.000 a L. 3.000.000;
cc) caccia da appostamento temporaneo a meno di 1.000 metri da valichi posti sopra gli 800 metri s.l.m. e indicati dalle province: sanzione amministrativa da L. 200.000 a L. 1.200.000; se la violazione è nuovamente commessa, la sanzione è da L. 500.000 a L. 3.000.000;
dd) cattura di specie selvatiche ad uso di richiamo senza specifica autorizzazione: sanzione amministrativa da L. 500.000 a L. 3.000.000;
ee) cattura e detenzione di specie selvatiche ad uso di richiamo diverse da quelle previste dall'articolo 5, comma 2 della legge n. 157 del 1992, nell'ipotesi che si tratti di specie cacciabili: sanzione amministrativa da L. 500.000 a L. 3.000.000; se la violazione è nuovamente commessa, la sanzione è da L. 1.000.000 a L. 6.000.000;
ff) detenzione e utilizzo di richiami vivi non appartenenti a specie cacciabili: sanzione amministrativa da L. 1.000.000 a L. 3.000.000;
gg) detenzione e uso di richiami vivi non provenienti da cattura o da allevamenti, oppure in quantità superiori a quelle consentite, oppure non identificabili mediante marcatura inamovibile: sanzione amministrativa da L. 300.000 a L. 1.800.000; se la violazione è nuovamente commessa, la sanzione è da L. 500.000 a L. 3.000.000;
hh) mancata comunicazione scritta alla provincia del possesso di specie non più utilizzabili come richiami; mancata segnalazione di nuovi nati dall'accoppiamento di richiami marcati; mancata comunicazione all'I.N.F.S. o al comune territorialmente competente, del rinvenimento di uccelli inanellati: sanzione da L. 300.000 a L. 1.800.000;
ii) cani vaganti in aree, periodi ed orari non consentiti o senza il dovuto controllo e sorveglianza del possessore: sanzione amministrativa da L. 50.000 a L. 300.000; se la violazione è nuovamente commessa la sanzione è da L. 100.000 a L. 600.000;
ll) abbandono sul luogo di caccia dei bossoli delle cartucce: sanzione amministrativa da L. 50.000 a L. 300.000; se la violazione è nuovamente commessa, la sanzione è da L. 100.000 a L. 600.000;
mm) mancata notifica del fondo chiuso o mancata apposizione e mantenimento delle tabelle: sanzione amministrativa da L. 100.000 a L. 600.000;
nn) posta serale alla lepre, posta alla beccaccia o caccia da appostamento, sotto qualsiasi forma, al beccaccino: sanzione amministrativa da L. 400.000 a L. 2.400.000;
oo) sparo da distanza inferiore a 150 metri con uso di fucile da caccia con canna ad anima liscia, o da distanza corrispondente a meno di una volta e mezzo la gittata massima in caso di uso di altre armi, in direzione di immobili, fabbricati e stabili adibiti ad abitazione o posto di lavoro, di vie di comunicazione ferroviarie e di strade carrozzabili, di funivie, filovie ed altri impianti di trasporto a sospensione; di stabbi, stazzi, recinti ed altre aree delimitate destinate al ricovero e all'alimentazione del bestiame: sanzione amministrativa da L. 200.000 a L. 1.200.000; se la violazione è nuovamente commessa, la sanzione è da L. 400.000 a L. 2.400.000;
pp) trasporto all'interno dei centri abitati e nelle zone ove è vietata l'attività venatoria, ovvero a bordo di veicoli di qualunque genere e comunque nei giorni non consentiti per l'esercizio venatorio, di armi da sparo per uso venatorio che non siano scariche e in custodia: sanzione amministrativa da L. 400.000 a L. 2.400.000, se la violazione è nuovamente commessa, la sanzione è da L. 800.000 a L. 4.800.000;
qq) caccia a rastrello in più di tre persone o utilizzazione a scopo venatorio, di scafandri e tute impermeabili da sommozzatore negli specchi o corsi d'acqua: sanzione amministrativa da L. 400.000 a L. 2.400.000;
rr) vendita a privati non autorizzati e detenzione, da parte di questi, di reti da uccellagione: sanzione amministrativa da L. 500.000 a L. 3.000.000 con sequestro e confisca delle reti;
ss) vendita a privati non autorizzati e detenzione da parte di questi di trappole per la fauna selvatica ad esclusione delle finalità di studio e ricerca scientifica: sanzione amministrativa da L. 500.000 a L. 3.000.000 con sequestro e confisca delle trappole;
tt) esercizio in qualunque forma del tiro al volo, su uccelli a partire dal 1° gennaio 1994: sanzione amministrativa da L. 200.000 a L. 1.200.000; se la violazione è nuovamente commessa, la sanzione è da L. 500.000 a L. 3.000.000;
uu) caccia nei dodici mesi successivi al rilascio della prima licenza senza l'accompagnamento di un cacciatore in possesso di licenza rilasciata da almeno tre anni: sanzione amministrativa da L. 50.000 a L. 300.000; se la violazione è nuovamente commessa, la sanzione è da L. 100.000 a L. 600.000;
vv) tabellazione abusiva od uso improprio della tabellazione dei terreni, rimozione o danneggiamento tabelle: sanzione amministrativa da L. 300.000 a L. 1.800.000.
2. Per le violazioni alla presente legge, non espressamente sanzionate si applica la sanzione amministrativa da L. 50.000 a L. 300.000.
3. Per le violazioni, alle disposizioni contenute nei regolamenti regionali o negli altri atti di attuazione della presente legge e nei provvedimenti e ordinanze emesse dalle province in materia faunistico-venatoria, si applica la sanzione amministrativa da L. 100.000 a L. 600.000.
Art. 48
Sospensione, revoca e divieto di rilascio della licenza di porto di fucile per uso di caccia, chiusura o sospensione dell'esercizio.
1. Ferme restando le sanzioni penali previste dall'articolo 30 della L. n. 157 del 1992, per quanto attiene la sospensione, la revoca il divieto di rilascio della licenza di porto di fucile per uso di caccia, la chiusura o sospensione dell'esercizio si applicano le norme contenute nell'articolo 32 della stessa L. n. 157 del 1992.
Art. 49
Rapporti sull'attività di vigilanza.
1. Nell'esercizio delle funzioni amministrative di cui all'articolo 9, la Giunta regionale, entro il mese di maggio di ciascun anno, trasmette al Ministro delle risorse agricole alimentari e forestali un rapporto informativo nel quale, sulla base di dettagliate relazioni fornite dalle province, è riportato lo stato dei servizi preposti alla vigilanza, il numero degli accertamenti effettuati in relazione alle singole fattispecie di illecito e un prospetto riepilogativo delle sanzioni amministrative e delle misure accessorie applicate. A tal fine il questore di ciascuna provincia, ai sensi dell'articolo 33 della L. n. 157 del 1992, comunica alla Regione, entro il mese di aprile di ciascun anno, i dati numerici inerenti alle misure accessorie applicate nell'anno precedente.
TITOLO VI
Disposizioni finanziarie, finali e transitorie
Art. 50
Disposizioni finanziarie.
1. Nello stato di previsione dell'entrata del bilancio regionale vengono istituiti due appositi capitoli con le seguenti denominazioni:
capitolo n. 00106 (n.i.) «Proventi delle tasse di concessione regionale per il rilascio dell'abilitazione all'esercizio venatorio, appostamenti fissi di caccia, aziende faunistico-venatorie, centri privati di produzione di fauna selvatica, aziende agro-turistico-venatorie, allevamenti di fauna selvatica»;
capitolo n. 02110 (n.i.) «Proventi delle sanzioni amministrative per violazioni in materia di caccia e di tutela faunistica».
2. Per ciascun anno finanziario successivo a quello di entrata in vigore della presente legge, con la legge di approvazione nel bilancio, vengono iscritti stanziamenti, in misura complessivamente non inferiore ai proventi di cui al comma 1 introitati nell'anno precedente, nei seguenti capitoli di previsione della spesa nel settore XXII (caccia e pesca nelle acque interne):
capitolo n. 13210 denominato: «Rimborso delle spese sostenute dalle province per il rilascio dei tesserini per l'esercizio venatorio»;
capitolo n. 13212 denominato: «Rimborso delle spese sostenute dalle province per il rilascio dei certificati di abilitazione all'esercizio venatorio e per il rilascio degli attestati di idoneità di guardie volontarie»;
capitolo n. 13214 con denominazione così modificata: «Assegnazioni alle province per gli interventi in materia di pianificazione del territorio e miglioramento ambientale previsti nella L.R. 2 maggio 1995, n. 17 dagli articoli 12 e 13»;
capitolo n. 13216 (n.i.) denominato: «Fondo regionale per il risarcimento per i danni provocati dalla fauna selvatica e delle attività faunistico-venatorie previsto nella L.R. 2 maggio 1995, n. 17 dall'articolo 42»;
capitolo n. 13218 (n.i.) denominato: «Spese per interventi ed iniziative concernenti la protezione dell'ambiente ai fini faunistici, la tutela della fauna e la disciplina della caccia e per il finanziamento di studi, ricerche, indagini ed attività promozionali in materia faunistico-venatoria previste nella L.R. 2 maggio 1995, n. 17 dagli articoli 6, 11 e 18»;
capitolo n. 13219 (n.i.) denominato: «Concorso nelle spese sostenute dalle province per l'attuazione dei compiti previsti nella L.R. 2 maggio 1995, n. 17 dell'articolo 5»;
capitolo n. 13220 (n.i.) denominato: «Contributi regionali per l'utilizzo dei fondi inclusi nel piano faunistico-venatorio di cui all'articolo 31, comma 1, della L.R. 2 maggio 1995, n. 17»;
capitolo n. 13221 (n.i.) denominato: «Contributi alle associazioni venatorie operanti nel Lazio riconosciute a livello nazionale dalla L. n. 157 del 1992, articolo 34, comma 5».
3. I singoli stanziamenti annuali dei capitoli suindicati vengono stabiliti, nel rispetto delle norme di cui alla presente legge, con legge di approvazione del bilancio regionale.
Art. 51
Utilizzazione dei proventi regionali.
1. A decorrere dall'anno finanziario successivo a quello di entrata in vigore della presente legge, le entrate derivanti dal gettito delle tasse sulle concessioni regionali per l'esercizio venatorio, per appostamenti fissi, per aziende faunistico-venatorie, per aziende agro-turistico-venatorie per allevamenti di fauna selvatica, per centri privati di produzione di fauna selvatica allo stato naturale e le somme riscosse quale provento delle sanzioni amministrative, sono utilizzate dalla Regione per realizzare i fini della presente legge e delle altre leggi regionali in materia faunistico-venatoria.
2. La Regione trattiene un massimo del 15 per cento di dette entrate per attuare interventi di protezione dell'ambiente, per il finanziamento delle attività di studio ricerca e promozione, nonché, per gli oneri di carattere generale derivanti dall'applicazione della presente legge e delle altre leggi concernenti la materia faunistico-venatoria.
3. La Regione riserva una quota non inferiore ad 1/5 del fondo di cui al comma 2 in favore di iniziative promozionali da parte delle associazioni naturalistiche e protezionistiche riconosciute e prevalentemente operanti nel Lazio sulla base di programmi presentati dalle stesse, finalizzati al miglioramento ambientale ed approvati dalla Giunta regionale.
4. La restante quota 85 per cento delle entrate di cui al comma 1 del presente articolo, viene così ripartita:
a) nella misura del 60 per cento a favore dei comitati di gestione degli A.T.C., in rapporto alla superficie del territorio ed al numero degli iscritti di ogni singolo ambito, di cui la metà finalizzata alla tutela e valorizzazione ambientale prevista dall'articolo 30, comma 1;
b) nella misura del 7 per cento a favore delle province per il finanziamento dei fondi di cui all'articolo 41, comma 5 e all'articolo 42;
c) nella misura del 4 per cento a favore delle province quale concorso nelle spese sostenute per l'attuazione dei compiti previsti nell'articolo 5;
d) nella misura del 4 per cento a favore delle province per le attività tecniche specifiche della caccia previste dalla presente legge;
e) nella misura del 4 per cento a favore delle province per l'esercizio delle funzioni delegate;
f) nella misura del 6 per cento alle associazioni venatorie riconosciute operanti nel Lazio, quale concorso per le spese connesse ai servizi di vigilanza, di cui il 3 per cento da ripartire in egual misura tra le associazioni stesse ed il rimanente 3 per cento in proporzione alla loro documentata consistenza associativa in sede regionale.
5. La Regione determina annualmente, con legge di approvazione del bilancio, le risorse complessivamente destinate agli interventi di cui ai commi precedenti in misura non inferiore ai proventi delle tasse di concessione regionale e delle sanzioni amministrative previste dalla presente legge.
6. Le province presentano annualmente entro il 30 giugno, insieme alle proposte programmatiche, la relazione sulla attività svolta sul risultato conseguito e sulla utilizzazione fatta delle assegnazioni ricevute nell'anno precedente con l'indicazione dei relativi provvedimenti di bilancio nonché, ai sensi della L.R. 12 aprile 1977, n. 15, il rendiconto delle spese effettuate nell'anno precedente nell'esercizio delle funzioni ad esse delegate in materia faunistico-venatoria.
7. Altresì le province entro e non oltre il 30 giugno di ogni anno provvedono a richiedere il rimborso delle spese sostenute e rendicontate per il funzionamento delle commissioni di cui agli articoli 40 e 44.
Art. 52
Relazione sullo stato di attuazione della L. 11 febbraio 1992, n. 157.
1. Al termine dell'annata venatoria 1994/1995 la Giunta regionale trasmette al Ministero per le risorse agricole alimentari e forestali e al Ministero dell'ambiente una relazione sull'attuazione della L. 11 febbraio 1992, n. 157.
Art. 53
Norma transitoria.
1. In via provvisoria ed in prima applicazione della presente legge i comitati di gestione, nelle more del regolamento attuativo dell'articolo 28, sono nominati dal presidente della provincia su designazione degli enti locali, delle organizzazioni professionali agricole, maggiormente rappresentative a livello nazionale, delle associazioni venatorie nazionali riconosciute e delle associazioni di protezione ambientale presenti nel consiglio nazionale per l'ambiente. Essi sono costituiti:
a) da un funzionario della provincia, esperto in materia faunistico-venatoria;
b) da tre rappresentanti dei comuni della provincia, compresi nell'ambito territoriale a gestione programmata della caccia designati dai comuni con maggior numero di abitanti;
c) da sei rappresentanti delle organizzazioni professionali agricole maggiormente rappresentative a livello nazionale residenti nel territorio dell'A.T.C.;
d) da sei rappresentanti delle associazioni venatorie riconosciute, riunite nell'UNAVI;
e) da quattro rappresentanti scelti tra le associazioni di protezione ambientale presenti nel consiglio nazionale per l'ambiente residenti nel territorio dell'A.T.C. (33).
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(33) Vedi anche l'art. 3 L.R. 4 agosto 1997, n. 26.
Art. 54
Servizi tecnici.
1. In sintonia con le direttive dell'I.N.F.S., al fine di supportare tecnicamente gli enti operanti nel territorio regionale destinati alla gestione faunistico-venatoria ed alla tutela della fauna, presso la Regione e presso ciascuna amministrazione provinciale sono istituiti i servizi tecnici faunistici-venatori.
2. I servizi tecnici sono uffici delle competenti strutture regionali e provinciali in materia.
3. Nei servizi tecnici regionali e provinciali devono essere presenti le seguenti figure professionali con specifica preparazione:
laureati in scienze naturali o biologiche;
laureati in scienze agrarie o forestali;
laureati in medicina veterinaria;
geometri;
periti agrari.
4. (34).
5. La Giunta regionale, entro sessanta giorni dalla pubblicazione della presente legge, presenta al Consiglio regionale la proposta per l'approvazione della pianta organica dell'ufficio di cui al comma 4.
6. In fase di prima attuazione e in attesa dei provvedimenti legislativi di cui al comma 5, il servizio tecnico faunistico venatorio regionale si avvarrà dell'attuale personale dell'ufficio caccia, oltre che di personale appositamente comandato dalla Regione o da altri enti pubblici.
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(34) Modifica il 66° settore di cui alla tabella B, L.R. 11 aprile 1985, n. 36 (abrogata poi dall'art. 27, L.R. 1° luglio 1996, n. 25).
Art. 55
Abrogazioni di norme.
Sono abrogate le seguenti leggi regionali:
L.R. 14 settembre 1982, n. 40;
L.R. 19 settembre 1983, n. 67;
Art. 56
Dichiarazione d'urgenza.
1. La presente legge è dichiarata urgente ai sensi dell'articolo 127 della Costituzione e dell'articolo 31 dello Statuto regionale ed entra in vigore il giorno stesso della sua pubblicazione sul Bollettino Ufficiale della Regione Lazio.
Delib.G.R. 7 novembre 2003, n. 1116
Legge
regionale n. 17/1995, art. 35-bis. Prelievo in deroga della specie Storno
(Sturnus Vulgaris). Art. 9 della direttiva n. 79/409/CEE e successive
modifiche.
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(1) Pubblicata nel B.U. Lazio 29 novembre 2003, n. 33.
La Giunta regionale
Su proposta dell'Assessore all'Agricoltura;
Vista la legge regionale 18 febbraio 2002, n. 6 e successive modificazioni concernente la disciplina del sistema organizzativo della Giunta e del Consiglio e le disposizioni relative alla dirigenza ed al personale;
Visto il Reg. 6 settembre 2002, n. 1, riguardante l'organizzazione degli uffici e dei servizi della Giunta regionale;
Vista la legge 11 febbraio 1992, n. 157;
Vista la legge 3 ottobre 2002, n. 221;
Vista la legge regionale 2 maggio 1995, n. 17;
Vista la legge regionale 30 gennaio 2002, n. 3 con la quale è stata modificata la legge regionale n. 17 del 1995;
Vista la legge regionale 6 agosto 1999, n. 14;
Visto il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 21 marzo 1997, concernente: "Modificazioni dell'elenco delle specie cacciabili di cui all'articolo 18, comma 1 della legge 11 febbraio 1992, n. 157", con il quale sono state escluse dall'elenco delle specie cacciabili, tra le altre, la specie Storno (Sturnus vulgaris);
Visto il Piano Faunistico Venatorio Regionale approvato con Delib.C.R. 29 luglio 1998, n. 450;
Vista la direttiva (CEE) n. 79/409 del Consiglio del 2 aprile 1979, concernente la conservazione degli uccelli selvatici;
Considerato che l'articolo 9 della citata Direttiva (CEE) n. 79/409, consente di derogare dalle disposizioni di protezione assoluta, tra le diverse ipotesi, anche per prevenire gravi danni alle colture, al bestiame, ai boschi, alla pesca ed alle acque;
Considerato che il Piano Faunistico Venatorio Regionale, approvato con Delib.C.R. 29 luglio 1998, n. 450, prevede che il controllo delle specie che originano danni accertati viene esercitato nei limiti di legge, sentito l'I.N.F.S., attraverso forme di prelievo venatorio programmato;
Considerato che alcune Province del Lazio hanno richiesto il prelievo in deroga degli storni e passeri a motivo dei danni che le predette specie arrecano a talune coltivazioni agricole sul territorio provinciale;
Considerato che le principali organizzazioni professionali agricole con note n. 470/03 del 6 ottobre 2003, n. 6427 dell'8 ottobre 2003, hanno richiesto il prelievo in deroga degli storni e passeri a motivo dei danni che le predette specie arrecano a talune coltivazioni agricole sul territorio regionale;
Considerato che la Regione ha richiesto con nota n. 91678/07 del 6 ottobre 2003 all'Istituto Nazionale per la Fauna Selvatica (I.N.F.S.) di esprimere, nel merito, un parere;
Considerato che l'I.N.F.S. con nota n. 7849/T- A61 del 15 ottobre 2003 ha valutato favorevolmente il piano di controllo predisposto dalla Regione, in quanto finalizzato alla prevenzione ed al contenimento dei danni che la specie Storno (Sturnus vulgaris) produce alle colture agricole ed in particolare alle colture olivicole;
Considerato, altresì, che nel citato parere, l'I.N.F.S. propone, al fine di ottenere risultati concreti, di prevedere nel suddetto piano che il prelievo avvenga in aree geograficamente localizzate e nei periodi in cui il rischio di danneggiamento per le colture è massimo;
Considerato che, l'Italia è interessata dal passaggio di ingenti quantitativi della specie Storno (Sturnus vulgaris), stimabili quantitativamente in un terzo dei contingenti nidificanti in Europa, corrispondente ad un quantitativo nell'ordine di decine di milioni di individui, e, che se parte di essi sostano per brevi periodi, altri si fermano nel nostro Paese anche per svernare, come nel caso del Lazio;
Considerato che, per le motivazioni sopra riportate, appare necessario applicare interventi di contenimento della specie Storno (Sturnus vulgaris) sul territorio degli ATC del Lazio in corrispondenza degli oliveti e nelle loro immediate vicinanze e fino al completamento della raccolta delle olive (periodo novembre-gennaio);
Ritenuto che, a motivo della diffusa distribuzione sul territorio laziale delle zone olivetate, appare comunque necessario, ai fini della prevenzione dei danni derivabili alle produzioni agricole sopraindicate, autorizzare il predetto prelievo in deroga della specie Storno (Sturnus vulgaris), demandando alle Province, ai sensi del comma 3 dell'articolo 35-bis della legge regionale 2 maggio 1995, n. 17, la determinazione delle circostanze di tempo e di luogo, nonché i periodi di attuazione, gli orari giornalieri del prelievo, previo rilascio ai soli cacciatori iscritti negli ATC della Regione Lazio interessati a tale prelievo, di un apposito modulo sul quale registrare tutti i dati prescritti dal comma 4 dello stesso articolo;
all'unanimità,
Delibera
1. In conformità con le premesse, di autorizzare ai sensi dell'art. 35-bis della legge regionale n. 17 del 1995, il prelievo in deroga alla specie Storno (Sturnus vulgaris) sul territorio degli ATC del Lazio in corrispondenza degli oliveti e nelle loro immediate vicinanze dalla data della presente deliberazione al 31 gennaio 2004, ai soli cacciatori iscritti negli ATC della Regione Lazio in possesso dei requisiti di cui all'art. 20, con i mezzi di cui all'art. 21, comma 1 della stessa legge regionale n. 17 del 1995.
2. Le Province dovranno stabilire, ai sensi del citato articolo 35-bis della legge regionale 2 maggio 1995, n. 17, le modalità di attuazione del prelievo stesso dandone preventiva comunicazione alla Regione Lazio e fermo restando che per ogni giornata di caccia consentita, il cacciatore non potrà prelevare più di venti capi complessivi giornalieri.
3. I cacciatori legittimati al prelievo in deroga della specie sopraindicata hanno l'obbligo di adempiere a quanto disposto dal comma 4 dell'art. 35-bis della legge regionale n. 17 del 1995.
4. Le Province, entro il 30 aprile 2004, provvedono alla elaborazione dei dati di prelievo della predetta specie ed alla trasmissione alla Regione, ai fini degli adempimenti previsti dalla legge n. 221/2002, di una circostanziata relazione contenente, almeno, la specificazione, per ogni A.T.C., delle località interessate al prelievo, del numero dei cacciatori che hanno effettuato il prelievo e del numero di capi prelevati, nonché una valutazione degli effetti dell'azione di prelievo sul territorio provinciale.
5. La mancata riconsegna, da parte dei cacciatori autorizzati al prelievo, alla Provincia entro la data del 20 marzo 2004 del modulo previsto dal comma 4 dell'articolo 35-bis della legge regionale n. 17 del 1995, comporta la sanzione amministrativa prevista dall'articolo 47, comma 3 della legge regionale n. 17 del 1995.
6. Per le inadempienze connesse con l'esercizio del prelievo in deroga, di cui alla presente deliberazione, oltre alle disposizioni di cui al punto 5, si applicano le disposizioni di cui alla legge n. 157 del 1992, alla legge regionale n. 17 del 1995 ed alla legge regionale n. 3 del 2002.
7. La presente deliberazione sarà pubblicata sul Bollettino Ufficiale della Regione Lazio.
L.R.
1 luglio 1994, n. 29
Norme regionali per la protezione della fauna
omeoterma e per il prelievo venatorio
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(1) Pubblicata nel B.U. Liguria 20 luglio 1994, n. 16.
(2) Vedi, anche, il D.Dirig. 15 giugno 1998, n. 62.
TITOLO I
Disposizioni generali.
Art. 1
Finalità.
1. La Regione, nell'ambito delle funzioni che ad essa competono a norma della vigente legislazione e delle direttive comunitarie recepite dallo Stato italiano, disciplina la tutela della fauna selvatica e il prelievo venatorio secondo metodi di razionale programmazione delle forme di utilizzazione del territorio e di fruizione delle risorse naturali. Con il concorso delle Province mantiene o adegua le popolazioni di tutte le specie di mammiferi ed uccelli viventi allo stato selvatico nel suo territorio, ad un livello corrispondente alle esigenze ecologiche e scientifiche della Liguria. Assicura inoltre la protezione, la gestione e la regolazione, con le misure necessarie, dei mammiferi e degli uccelli, delle uova, dei nidi e dei loro ambienti naturali. A tal fine la Regione tiene conto delle peculiari caratteristiche del territorio, delle esigenze produttive, economiche e ricreative e delle consuetudini locali.
2. La Giunta regionale trasmette annualmente ai Ministeri competenti una relazione sulle misure adottate ai sensi del comma 1 e sui loro effetti.
Art. 2
Funzioni amministrative.
1. La Regione esercita le funzioni amministrative di programmazione e di coordinamento dei piani faunistico-venatori delle Province, svolge compiti di orientamento, di controllo, anche sostitutivo, nei casi previsti dalla presente legge e dallo Statuto.
2. Avvalendosi preferibilmente di enti ed istituti pubblici liguri, promuove ed attua studi e indagini sull'ambiente e sulla fauna selvatica e adotta le opportune iniziative atte a sviluppare le conoscenze ecologiche ed etologiche relative al settore.
3. La Regione promuove iniziative di carattere didattico-divulgativo per una maggiore conoscenza del patrimonio faunistico e dell'ambiente naturale, della corretta fruizione delle risorse naturali rinnovabili tramite l'attività venatoria, nonché della relativa normativa in vigore, avvalendosi anche della collaborazione delle associazioni venatorie nazionali e delle associazioni ambientaliste riconosciute.
4. Le Province esercitano le funzioni amministrative in materia di caccia, protezione e controllo della fauna selvatica ai sensi dell'articolo 14 della legge 8 giugno 1990, n. 142, (ordinamento delle autonomie locali), nel rispetto di quanto previsto dalla presente legge.
5. Le Province in attuazione delle direttive 79/409/CEE del Consiglio del 2 aprile 1979, 85/411/CEE della Commissione del 25 luglio 1985 e 91/244/CEE della Commissione del 6 marzo 1991, istituiscono lungo le rotte di migrazione dell'avifauna, segnalate dall'Istituto nazionale per la fauna selvatica, con speciale riguardo a quella acquatica, zone di protezione finalizzate al mantenimento ed alla sistemazione in conformità alle esigenze ecologiche degli "habitat" interni a tali zone o ad esse limitrofi.
TITOLO II
Pianificazione faunistico-venatoria.
Art. 3
Destinazione differenziata del territorio agro-silvo-pastorale.
1. Il territorio agro-silvo-pastorale, soggetto alla pianificazione faunistico-venatoria, comprende i terreni agricoli, con esclusione di quelli situati nelle zone urbane, i terreni incolti, le foreste demaniali e regionali, le zone umide, le spiagge, i corsi d'acqua, i laghi naturali e artificiali ed ogni altra zona verde, attualmente o potenzialmente idonea all'attività di coltivazione dei fondi, di allevamento di specie animali e di silvicoltura.
2. Il territorio agro-silvo-pastorale della Regione è destinato per una quota dal 20 al 30 per cento a protezione e produzione della fauna selvatica, comprendendo nella quota tutte le aree ove sia comunque vietata l'attività venatoria anche per effetto di altre leggi o disposizioni.
3. Il territorio di cui al comma 2 comprende anche le oasi di protezione, le zone di ripopolamento e cattura e i centri pubblici di riproduzione della fauna selvatica allo stato naturale ai fini della ricostituzione delle popolazioni autoctone.
4. Nei territori di protezione, sono vietati l'abbattimento e la cattura a fini venatori e sono previsti interventi atti ad agevolare la sosta della fauna selvatica, la riproduzione e i periodi di dipendenza dei nuovi nati.
5. Il territorio agro-silvo-pastorale regionale può essere destinato nella percentuale massima del 15 per cento a centri privati di riproduzione di fauna selvatica, allo stato naturale, ed a caccia riservata a gestione privata.
6. Il rimanente territorio agro-silvo-pastorale è suddiviso in ambiti territoriali di caccia di cui agli articoli 19 e seguenti.
7. La determinazione delle quote del territorio agro-silvo-pastorale è stabilita nell'ambito del piano faunistico venatorio provinciale.
Art. 4
Zona faunistica delle Alpi.
1. Il territorio agro-silvo-pastorale delle Alpi, caratterizzato dalla consistente presenza della tipica flora e fauna alpina, costituisce una zona faunistica a se stante ed è destinato a protezione e produzione della fauna selvatica per una quota dal 10 al 20 per cento da determinare nell'ambito del piano faunistico venatorio provinciale.
2. Il territorio agro-silvo-pastorale regionale può essere destinato nella percentuale massima del 15 per cento a centri privati di riproduzione di fauna selvatica, ad allevamento, a zone di addestramento, allenamento e gare di cani.
3. Il rimanente territorio agro-silvo-pastorale delle Alpi è suddiviso in comprensori alpini di caccia di cui agli articoli 19 e seguenti.
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Art. 5
Indirizzi regionali per la pianificazione faunistico-venatoria.
1. La Giunta regionale ogni cinque anni, previo parere della Commissione faunistico-venatoria regionale, approva gli indirizzi per la elaborazione dei piani faunistico-venatori provinciali sulla base del documento orientativo dell'Istituto nazionale per la fauna selvatica e dei criteri della programmazione elaborati dai Ministeri competenti ai sensi dell'articolo 10, comma 11 della L. n. 157 del 1992 in quanto compatibili con la situazione del territorio ligure (3).
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(3) Con Delib.G.R. 1° marzo 2000, n. 287 sono stati approvati, ai sensi del presente articolo, gli indirizzi per la pianificazione faunistica venatoria provinciale. Vedi, anche, la Delib.G.R. 30 ottobre 2001, n. 1295.
Art. 6
Piani faunistico-venatori provinciali.
1. Entro centottanta giorni dal ricevimento degli indirizzi di cui all'articolo 5, le Province predispongono piani faunistico-venatori articolati per comprensori omogenei con specifico riferimento alle caratteristiche orografiche e faunistico-vegetazionali.
2. I piani di cui ai comma 1 sono approvati dall'amministrazione provinciale sentito il Comitato faunistico-venatorio provinciale, hanno durata quinquennale e devono prevedere oltre a quanto disposto dall'articolo 10, comma 8, lettere a), b), c), d), e), f), g), h), della legge n. 157 del 1992:
a) la individuazione del territorio agro-silvo-pastorale in cui è ammessa la caccia;
b) la delimitazione della zona delle Alpi;
c) il numero massimo autorizzabile di appostamenti fissi con o senza l'uso dei richiami vivi;
d) l'individuazione delle zone di cui al comma 5 dell'articolo 2 della presente legge.
3. Il piano, nel periodo di validità, può essere aggiornato con le procedure previste per l'approvazione.
4. Le Province trasmettono, entro quindici giorni dalla approvazione, i piani faunistico-venatori alla Regione ai sensi dell'articolo 2.
Art. 7
Perimetrazione e tabellazione.
1. Le Province, approvato il piano faunistico-venatorio, deliberano la perimetrazione delle zone indicate dal piano, degli ambiti territoriali di caccia e dei comprensori alpini, sentito il Comitato faunistico-venatorio provinciale.
Le Province, per la notifica della deliberazione che determina i perimetri delle zone di cui all'articolo 10, comma 8, lettere a), b) e c) della legge n. 157 del 1992, ai proprietari o ai conduttori dei fondi ricadenti in tali zone, seguono le procedure di cui all'articolo 10, commi 13, 14 e 15 della L. n. 157 del 1992 o quelle indicate nei successivi commi. In alternativa alla notifica prevista dall'articolo 10 comma 13 della legge n. 157 del 1992 la Provincia può dare notizia della deliberazione di perimetrazione ai proprietari o conduttori dei fondi perimetrali mediante affissione all'albo pretorio dei comuni territorialmente interessati, nonché comunicazione alle organizzazioni professionali agricole regionali maggiormente rappresentative a livello nazionale.
2. Nelle zone non vincolate per la opposizione dei proprietari o conduttori di fondi interessati è precluso l'esercizio dell'attività venatoria. Le Province possono destinare le suddette aree ad altro uso nell'ambito della pianificazione faunistico-venatoria.
3. Le Province, in via eccezionale ed in vista di particolari necessità faunistiche-ambientali, possono disporre la costituzione coattiva di oasi di protezione e di zone di ripopolamento e cattura anche temporanee.
4. L'esercizio venatorio negli ambiti territoriali della caccia è consentito soltanto dopo la perimetrazione delle zone di cui al comma 1.
5. La tabellazione di cui all'articolo 10 comma 9 della legge n. 157 del 1992 è effettuata:
a) per quanto riguarda i siti di cui all'articolo 10, comma 8, lettere a), b), c), della legge n. 157 del 1992 a cura della Provincia competente;
b) per quanto riguarda i siti restanti, a cura del soggetto preposto alla gestione della singola zona.
6. Le tabelle di segnalazione di divieti o di regimi particolari di caccia sono esenti da tasse regionali e devono essere visibili frontalmente da almeno 30 metri; da ognuna di esse devono potersi scorgere le due adiacenti. Esse devono essere mantenute in buono stato di conservazione e di leggibilità.
7. Le Province dopo la definitiva perimetrazione pubblicano e curano la diffusione della cartografia del piano faunistico-venatorio provinciale.
Art. 8
Utilizzazione dei terreni agricoli ai fini della gestione programmata della caccia. Fondi chiusi.
1. Il proprietario o conduttore di un fondo che, per i motivi previsti dall'articolo 15 della legge n. 157 del 1992, intenda vietare sullo stesso l'esercizio dell'attività venatoria deve inoltrare al Presidente della Giunta provinciale entro trenta giorni dalla pubblicazione del piano faunistico-venatorio provinciale una richiesta motivata che deve essere esaminata entro sessanta giorni. A tal fine il piano è pubblicato per un periodo di quindici giorni all'albo pretorio dei Comuni della Provincia entro quindici giorni dalla data di esecutività.
2. L'esercizio venatorio è comunque vietato in forma vagante sui terreni in attualità di coltivazione. Si considerano in attualità di coltivazione i terreni con coltivazioni erbacee dal la semina fino alla data del raccolto, i prati artificiali e naturali nei periodi di falciatura, i frutteti e le coltivazioni floricole ed orticole specializzate, i vigneti e gli oliveti specializzati fino alla data del raccolto.
3. L'esercizio venatorio è inoltre vietato nei fondi ove si pratica l'allevamento e il pascolo del bestiame allo stato brado e semibrado, purché delimitati da muretti, recinzioni intere o da steccati, recinzioni elettrificate, fili metallici o plastificati, siepi e purché vi sia effettiva presenza di capi di bestiame con il carico per ettaro non inferiore a quintali 20, evidenziati dagli allevatori con apposita tabella esente da tasse, previa comunicazione alle Province.
4. Ai fondi chiusi si applicano, in quanto compatibili, le norme di cui all'articolo 15 della legge n. 157 del 1992.
Art. 9
Piani di miglioramento ambientale e di immissione di fauna selvatica.
1. Le Province, su parere dell'Istituto Nazionale della Fauna Selvatica, predispongono e approvano piani di miglioramento ambientale tesi a favorire il ripristino degli habitat, la sosta dell'avifauna selvatica migratoria, la riproduzione naturale di fauna selvatica autoctona nonché piani di immissione di fauna selvatica. Il ripopolamento può essere effettuato anche tramite immissione di capi provenienti da catture eventualmente effettuate nelle aree protette regionali a seguito di interventi di riequilibrio faunistico, attuati nei modi e con le procedure previste dalla legge regionale di adeguamento alla legge 6 dicembre 1991, n. 394 (legge quadro sulle aree protette).
2. Le attività di cattura e di ripopolamento sono esercitate dalle Province e tendono alla immissione equilibrata sul territorio delle specie di fauna selvatica autoctona fino al raggiungimento delle densità faunistiche ottimali nel rispetto delle potenzialità agricole del territorio. Il ripopolamento è altresì consentito previa autorizzazione della Provincia competente, sentito l'Istituto nazionale per la fauna selvatica mediante l'acquisto o la produzione di selvaggina appositamente allevata, dalle associazioni venatorie nazionali riconosciute. L'immissione è effettuata con la vigilanza della Provincia.
2-bis. A partire dalla stagione venatoria 2003/2004, non è ammesso effettuare immissioni di fauna selvatica allevata o catturata dopo la data del 31 agosto, salvo quanto previsto dall'articolo 16 e per la specie lepre su specifici progetti approvati dalle province (4).
3. Le catture sono effettuate dagli agenti venatori dipendenti dalle Province con la collaborazione delle associazioni venatorie, agricole e di protezione ambientale presenti nel Comitato tecnico faunistico venatorio nazionale di cui all'articolo 8 della legge n. 157 del 1992.
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(4) Comma aggiunto dall'art. 2, L.R. 13 agosto 2002, n. 31. Per una deroga a quanto disposto nel presente comma, vedi l'art. 1, L.R. 20 ottobre 2003, n. 25.
Art. 10
Tutela dei nidi.
1. È vietato effettuare fotografie o riprese cinematografiche agli uccelli selvatici inclusi nell'allegato II della Convenzione di Berna durante le fasi di cova e della dipendenza dei giovani dai genitori, se non dietro autorizzazione rilasciata dalla Regione per motivi particolari di professione o di ricerca scientifica, a persone nominalmente individuate. L'autorizzazione, di durata non superiore ad un anno, deve specificare il sito dove effettuare le fotografie o le riprese, le specie, la distanza minima di avvicinamento al nido, le precauzioni da adottare per minimizzare il disturbo.
Art. 11
Tutela delle pareti rocciose.
1. Le Province, avvalendosi della collaborazione delle associazioni ambientaliste nonché degli organismi direttivi degli ambiti territoriali omogenei e dei comprensori alpini, individuano, entro dodici mesi dall'entrata in vigore della presente legge, le pareti di roccia che risultano sede di nidificazione o di potenziale nidificazione per uccelli inclusi nell'allegato II della Convenzione di Berna. In caso di inerzia delle Province, l'individuazione viene effettuata dalla Giunta regionale.
2. Le Province vietano con apposita delibera l'attività di arrampicata nei periodi ritenuti necessari, provvedendo a collocare opportuna tabellazione.
Art. 12
Piano faunistico venatorio regionale.
1. La Regione, verificata la compatibilità dei piani faunistico venatori provinciali con gli indirizzi di cui all'articolo 5, li coordina nell'ambito del piano faunistico-venatorio regionale. I piani provinciali sono comunque produttivi di effetti se trascorsi novanta giorni dal ricevimento dei relativi atti la Giunta regionale non abbia sollevato rilievi o prescrizioni.
2. Il piano faunistico-venatorio regionale è approvato dal Consiglio regionale su proposta della Giunta, sentita la commissione faunistica regionale, ed ha validità quinquennale. Può essere aggiornato anche prima della scadenza, su richiesta di una o più Province, qualora le situazioni ambientali e faunistiche sulla base delle quali è stato elaborato subiscano sensibili variazioni. La Regione può invitare le Province ad aggiornare il proprio piano faunistico-venatorio qualora la situazione ambientale e faunistica sia sensibilmente cambiata.
3. [Il piano faunistico-venatorio regionale stabilisce:
a) i criteri per sostenere i finanziamenti straordinari per interventi di miglioramento ambientale di interesse sovraprovinciale;
b) i finanziamenti dei censimenti e delle attività di ricerca, informazione e formazione di interesse regionale;
c) l'entità massima della quota di partecipazione che può essere richiesta dagli organismi di gestione dell'ambito territoriale di caccia o del comprensorio alpino ai cacciatori iscritti, nonché la quota di partecipazione dei cacciatori ammessi, così come definiti all'articolo 25 commi 8 e 9] (5).
4. Le Province trasmettono alla Regione entro il 30 giugno di ogni anno una relazione illustrativa dell'esercizio delle funzioni amministrative svolte nell'anno precedente.
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(5) Comma abrogato dall'art. 15, comma 1, lettera b), L.R. 13 agosto 2002, n. 31.
TITOLO III
Zone a destinazione particolare.
Art. 13
Oasi di protezione.
1. Le oasi di protezione di cui all'articolo 10 comma 8 lettera a) della legge n. 157 del 1992 sono destinate alla conservazione della fauna selvatica, anche con interventi di ripristino e miglioramento degli habitat, favorendo l'insediamento e l'irradiamento naturale delle specie stanziali e la sosta delle specie migratorie al fine di preservare il flusso delle correnti migratorie. Nelle oasi di protezione è vietata ogni forma di esercizio venatorio.
2. La gestione delle oasi di protezione è esercitata dalle Province che possono avvalersi delle associazioni agricole, di protezione ambientale o venatorie, nonché degli organi di gestione degli ambiti territoriali di caccia o dei comprensori alpini, stipulando con essi apposite convenzioni.
3. La Provincia, su richiesta dell'Istituto nazionale per la fauna selvatica, può autorizzare nelle oasi di protezione catture a scopo di studio o di ricerca scientifica e, ferme restando le competenze in materia igienico-sanitaria, l'abbattimento per sopravvenute esigenze sanitarie; può altresì autorizzare, sentito il predetto Istituto, le guardie venatorie provinciali alla cattura di determinate specie di fauna selvatica presenti in soprannumero a scopo di ripopolamento di reintroduzione, secondo i criteri dettati dalia pianificazione faunistica.
4. La Provincia, previo parere e con le prescrizioni dell'Istituto nazionale per la fauna selvatica, può intervenire direttamente o indirettamente, anche su richiesta motivata dalle organizzazioni professionali e agricole, per ripristinare i giusti equilibri nella popolazione faunistica e sul territorio.
Art. 14
Zone di ripopolamento e cattura.
1. Le zone di ripopolamento e cattura di cui all'articolo 10 comma 8 lettera b) della legge n. 157 del 1992 sono destinate alla riproduzione della fauna selvatica allo stato naturale, al suo irradiamento nelle zone circostanti ed alla cattura della medesima per l'immissione sul territorio in tempi e condizioni utili all'ambientamento, fino alla ricostituzione e alla stabilizzazione della densità faunistica ottimale. Esse devono essere costituite in terreni idonei e non destinati a coltivazioni specializzate o suscettibili di particolare danneggiamento per la rilevante presenza di fauna selvatica ed hanno la stessa durata di validità del piano faunistico venatorio provinciale, salvo rinnovo.
2. Nelle zone di ripopolamento e cattura è vietata ogni forma di caccia.
3. La gestione delle zone di ripopolamento e cattura è esercitata dalle Province, che possono avvalersi di commissioni costituite in misura paritetica da rappresentanti dei proprietari o conduttori di fondi inclusi nella zona e da rappresentanti dei cacciatori designati dalle associazioni venatorie nazionali riconosciute presenti in forma organizzata sul territorio. La gestione può inoltre essere affidata agli organi di gestione degli ambiti territoriali di caccia o dei comprensori alpini.
4. Ciascuna zona di ripopolamento e cattura deve avere una superficie commisurata alle esigenze biologiche delle specie selvatiche interessate.
5. Le catture devono essere compiute in modo da garantire la continuità della riproduzione della fauna selvatica.
6. La Provincia può ammettere lo svolgimento di prove cinofile con divieto assoluto di sparo e di abbattimento della fauna selvatica e di allevamento e sempre che non si arrechi danno alle colture agricole, nonché alla riproduzione e sviluppo delle specie selvatiche, oggetto di incremento, comunque con esclusione del periodo dal 15 aprile al 15 luglio.
Art. 15
Centri pubblici e privati di riproduzione di fauna selvatica.
1. I centri pubblici di riproduzione di fauna selvatica, di cui all'articolo 10 comma 8 lettera c) della legge n. 157 del 1992 sono istituiti, di preferenza, su terreni di proprietà pubblica giudicati idonei dalle Province. I centri pubblici sono gestiti dalla Provincia e hanno per scopo la riproduzione di fauna selvatica allo stato naturale, ai fini della ricostituzione del patrimonio faunistico autoctono, da utilizzare esclusivamente per il ripopolamento del territorio.
2. Le aree dei centri pubblici di riproduzione della fauna selvatica sono recintate in modo da impedire la fuoriuscita della fauna selvatica.
3. I centri privati di riproduzione di fauna selvatica di cui all'articolo 10 comma 8 lettera d) della legge n. 157 del 1992 organizzati in forma di azienda agricola singola o associata sono autorizzati dalle Province, con esclusione di qualsiasi utilizzazione venatoria salva la possibilità di prelievo degli animali allevati appartenenti alle specie cacciabili da parte del titolare dell'impresa agricola e dei dipendenti della stessa ai sensi di legge.
4. L'autorizzazione alla costituzione dei centri privati di cui al comma 3 è subordinata alla sottoscrizione di apposito disciplinare, redatto dalla Provincia competente, contenente le prescrizioni per l'esercizio delle attività di riproduzione della fauna selvatica allo stato naturale.
5. Le Province svolgono attività di vigilanza e di controllo sui centri di cui al comma 3.
Art. 16
Zone per l'allenamento, l'addestramento dei cani e per le gare cinofile. Regolamentazione dell'attività.
1. Le Province, acquisito il parere del Comitato faunistico provinciale, regolamentano la gestione delle zone di cui all'articolo 10 comma 8 lettera e) della legge n. 157 del 1992 destinate all'addestramento, all'allenamento dei cani da caccia ed allo svolgimento delle gare cinofile da esercitarsi in forma singola o associata da associazioni venatorie o cinofile, imprenditori o conduttori agricoli.
2. Le zone di cui al comma 1 possono essere a carattere transitorio o permanente. Nelle zone a carattere transitorio sono consentite gare cinofile e prove di lavoro con divieto di abbattimento dei selvatici e di allevamento. Nelle zone a carattere permanente può essere consentito l'abbattimento di selvaggina di allevamento appartenente alla fauna cacciabile ai sensi dell'articolo 10, comma 8, della legge n. 157 del 1992 e su conformi direttive emanate dalla Giunta regionale.
3. Le prove cinofile su selvaggina naturale sono autorizzate dalle Province d'intesa con l'Ente nazionale della cinofilia italiana e possono essere consentite nelle oasi di protezione e nelle zone di ripopolamento e cattura, nonché nei parchi regionali e nelle riserve demaniali previe intese con gli enti gestori, fermo restando il divieto di sparo e l'uso temporaneo dei relativi territori.
4. L'addestramento e l'allenamento dei falconiformi in periodo di caccia chiusa possono avvenire con analoghe modalità e nelle zone previste per l'addestramento e l'allenamento dei cani da caccia ove è consentito l'abbattimento della selvaggina di cui ai commi 1 e 2 (6).
5. Le zone a carattere transitorio possono essere istituite dalle Province anche se non previste dal piano venatorio provinciale e non possono avere durata superiore a trenta giorni.
6. La Provincia sentito il Comitato faunistico venatorio provinciale regolamenta l'uso e la gestione dei recinti per l'addestramento dei cani da seguito al cinghiale, nel rispetto delle vigenti norme a tutela degli animali.
7. Nelle aziende faunistico-venatorie le Province possono consentire prove per cani da caccia senza abbattimento del selvatico. Nelle aziende agri-turistico-venatorie le Province possono altresì consentire prove per cani da caccia con abbattimento delle specie cacciabili.
8. Nel mese di marzo le province possono autorizzare e definire le modalità di allenamento cani su beccaccia e su cinghiale, purché ciò avvenga esclusivamente nelle specifiche zone individuate dalle province stesse (7).
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(6) Comma così sostituito dall'art. 3, comma 1, L.R. 13 agosto 2002, n. 31. Il testo originario era così formulato: «4. L'addestramento e l'allevamento dei falchi in periodo di caccia chiusa possono avvenire, previo rilascio di autorizzazione da parte delle Province con le modalità e nelle zone previste per l'addestramento e l'allenamento dei cani da caccia di cui ai commi 1 e 2 e non possono in alcun caso provocare la predazione della fauna selvatica e di allevamento.».
(7) Comma aggiunto dall'art. 3, comma 2, L.R. 13 agosto 2002, n. 31.
TITOLO IV
Organizzazione del prelievo venatorio.
Art. 17
Caccia programmata.
1. L'esercizio venatorio sul territorio agro-silvo-pastorale ricompreso nel piano faunistico-venatorio regionale è ammesso soltanto negli ambiti territoriali di caccia e nei comprensori alpini come disciplinati dalla presente legge o da appostamento fisso ai sensi dell'articolo 29.
2. Ogni cacciatore ha diritto all'accesso ad un ambito territoriale di caccia o in un comprensorio alpino della Regione, con le modalità previste dall'articolo 14 comma 5 della legge n. 157 del 1992, e può avere accesso ad altri ambiti o ad altri comprensori anche compresi in una diversa Regione, previo consenso dei relativi organismi di gestione.
Art. 18
Esercizio della caccia in forma esclusiva.
1. L'attività venatoria può essere praticata nel territorio regionale in via esclusiva in una delle seguenti forme:
a) in forma vagante in zona Alpi;
b) da appostamento fisso;
c) nell'insieme delle altre forme consentite dalla presente legge negli ambiti territoriali di caccia programmata.
2. La scelta delle forme di caccia esclusive avviene rispettivamente con:
a) l'iscrizione in un comprensorio alpino;
b) l'autorizzazione provinciale per la caccia da appostamento fisso;
c) l'iscrizione in un ambito territoriale di caccia.
3. Entro il 30 novembre i cacciatori comunicano alla Provincia di residenza la forma di caccia prescelta in via esclusiva, di cui all'articolo 12 comma 4 della legge n. 157 del 1992, che viene riportata nel tesserino venatorio. In sede di prima applicazione della presente legge, su richiesta dei cacciatori interessati e sulla base di segnalate esigenze, la Provincia può autorizzare, prima dell'inizio della stagione venatoria, la variazione della forma prescelta.
Capo I - Ambiti territoriali di caccia, comprensori alpini e loro gestione
Art. 19
Ambiti territoriali di caccia e comprensori alpini.
1. Gli ambiti territoriali di caccia che devono avere dimensioni subprovinciali ed essere possibilmente omogenei, nonché i comprensori alpini di cui all'articolo 7, vengono delimitati con riferimento:
a) a confini naturali o manufatti rilevanti;
b) a comprensori di gestione faunistica possibilmente omogenei;
c) alle esigenze specifiche di conservazione delle specie di mammiferi e di uccelli selvatici indicate dalla Provincia con il piano faunistico-venatorio;
d) alla pianificazione dei parchi.
2. Le Province provvedono alla delimitazione degli ambiti territoriali di caccia e dei comprensori alpini tenendo conto di quanto stabilito dagli indirizzi regionali per la pianificazione faunistico-venatoria provinciale approvati dalla Giunta regionale ai sensi dell'articolo 5.
3. Nella delimitazione si tiene conto dell'esigenza di conservare l'unità delle realtà ambientali, anche interprovinciali. Gli ambiti territoriali di caccia ed i comprensori alpini comprendenti territori di più Province sono istituiti con provvedimento concordato fra le Amministrazioni provinciali competenti.
4. La delimitazione può essere modificata per iniziativa della Amministrazione provinciale interessata ovvero su richiesta motivata degli organi di gestione degli ambiti territoriali di caccia o dei comprensori alpini (8).
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(8) Articolo così sostituito dall'art. 1, L.R. 29 aprile 1997, n. 15.
Art. 20
Gestione degli ambiti territoriali di caccia e dei comprensori alpini.
1. Gli àmbiti territoriali di caccia ed i comprensori alpini sono gestiti da strutture associative di natura privata che perseguono i fini previsti dalla legge 11 febbraio 1992, n. 157 (norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio) e danno attuazione, per quanto di loro competenza, ai piani faunistici venatori provinciali e agli indirizzi regionali per la pianificazione faunistico venatoria (9).
2. Sono organi delle strutture associative di cui al comma 1:
a) il Comitato di gestione;
b) il Presidente;
c) il Collegio dei revisori dei conti;
c-bis) l'Assemblea degli iscritti (10).
3. Il Comitato di gestione è composto da:
a) tre rappresentanti dei cacciatori, designati congiuntamente dalle Associazioni venatorie riconosciute a livello nazionale e presenti a livello provinciale. Trascorsi trenta giorni dalla richiesta della designazione congiunta, il presidente dell'àmbito territoriale di caccia o del comprensorio alpino nei successivi quindici giorni, qualora non si sia prodotto accordo tra le associazioni interessate, comportante almeno una maggioranza dell'85 per cento dei cacciatori iscritti, provvede a nominare i tre rappresentanti, scegliendoli secondo princìpi di rappresentanza rigorosamente proporzionale in base ai soci a livello provinciale, tra le indicazioni nominative, che le singole associazioni hanno provveduto ad inviare (11);
b) tre rappresentanti delle organizzazioni professionali agricole;
c) due rappresentanti delle associazioni di protezione ambientale;
d) due rappresentanti designati dalla Provincia sentiti i Comuni territorialmente interessati, scelti tra gli esperti qualificati in materia.
4. I membri di cui alle lettere b) e c) del comma 3 devono essere designati congiuntamente dalle associazioni maggiormente rappresentative a livello provinciale. Sono considerati rinunciatari gli enti e le associazioni che dopo trenta giorni dalla richiesta non abbiano ottemperato alla designazione dei propri rappresentanti (12).
5. Il Comitato di gestione dura in carica non più di cinque anni e continua a svolgere le sue funzioni fino all'insediamento del nuovo Comitato.
6. Il Comitato elegge nel proprio seno il presidente fra i rappresentanti di cui alla lettera a) e il vicepresidente fra i rappresentanti di cui alla lettera b).
7. Il collegio dei revisori dei conti è composto da tre membri di cui due eletti dal Comitato di gestione e uno designato dalla Provincia con funzioni di Presidente.
7-bis. Qualora siano accorpati gli àmbiti territoriali di caccia o i comprensori alpini, il Comitato di gestione è insediato dal Presidente dell'Amministrazione provinciale secondo le procedure di cui ai commi 3 e 4 (13).
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(9) Comma sostituito dall'art. 4, comma 1, L.R. 13 agosto 2002, n. 31. Il testo originario era così formulato: «1. Gli ambiti territoriali di caccia e i comprensori alpini sono gestiti da strutture associative di natura privata che perseguono i fini previsti dalla legge n. 157 del 1992 così come definiti dalla Regione e dalle Province nei rispettivi programmi.».
(10) Lettera aggiunta dall'art. 4, comma 2, L.R. 13 agosto 2002, n. 31.
(11) La presente lettera, già sostituita dall'art. 1, L.R. 8 settembre 1999, n. 29, è stata poi nuovamente così sostituita dall'art. 4, comma 3, L.R. 13 agosto 2002, n. 31. Il testo precedente era così formulato: «a) tre rappresentanti dei cacciatori, designati congiuntamente dalle Associazioni venatorie riconosciute a livello nazionale e presenti a livello provinciale;».
(12) Comma così sostituito dall'art. 4, comma 4, L.R. 13 agosto 2002, n. 31. Il testo originario era così formulato: «4. I membri di cui alle lettere b) e c) del comma 3 devono essere designati congiuntamente dalle associazioni maggiormente rappresentative a livello provinciale. Sono considerati rinunciatari gli enti e le associazioni che dopo trenta giorni dalla richiesta non abbiano ottemperato alla designazione dei propri rappresentanti.».
(13) Comma aggiunto dall'art. 5, L.R. 13 agosto 2002, n. 31.
Art. 21
Statuto dell'organismo di gestione degli ambiti territoriali di caccia e dei comprensori alpini.
1. Il Comitato di gestione di cui all'articolo 20 adotta uno statuto entro un anno dalla costituzione dell'ambito territoriale di caccia o del comprensorio alpino.
2. Lo statuto disciplina principalmente:
a) l'iscrizione, la sospensione e l'espulsione dei cacciatori, nonché l'ammissione provvisoria di cui all'articolo 25 commi 8 e 9;
b) la durata in carica comunque non superiore ad anni cinque del Comitato di gestione e del presidente;
c) le competenze degli organi, le modalità di funzionamento, nonché le procedure per la sostituzione e la revoca dei componenti, anche sulla base delle richieste delle Associazioni o degli Enti designanti (14);
d) la sede;
e) i criteri e le modalità della partecipazione, anche economica, dei cacciatori iscritti nel rispetto del limite massimo fissato dalla Regione;
f) le sanzioni disciplinari da irrogare a carico dei cacciatori iscritti per l'inosservanza degli obblighi di partecipazione alla gestione;
f-bis. le modalità attraverso le quali devono essere garantite a tutti i cacciatori iscritti l'accessibilità alle deliberazioni assunte e l'informazione sull'attività svolta dal Comitato di gestione (15);
f-ter. le modalità attraverso le quali l'Assemblea degli iscritti approva i bilanci (16).
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(14) Lettera così sostituita dall'art. 6, comma 1, L.R. 13 agosto 2002, n. 31. Il testo originario era così formulato: «c) le competenze degli organi, le modalità di funzionamento, nonché le procedure per la sostituzione e la revoca dei componenti;».
(15) Lettera aggiunta dall'art. 6, comma 2, L.R. 13 agosto 2002, n. 31.
(16) Lettera aggiunta dall'art. 6, comma 2, L.R. 13 agosto 2002, n. 31.
Art. 22
Compiti degli organi di gestione degli ambiti territoriali di caccia e dei comprensori alpini.
1. Gli organi di gestione degli ambiti territoriali di caccia e dei comprensori alpini:
a) promuovono e organizzano le attività di ricognizione delle risorse ambientali e della consistenza faunistica;
b) programmano gli interventi annuali per il miglioramento degli "habitat";
c) svolgono compiti di gestione faunistica e di ripopolamento;
d) organizzano l'esercizio venatorio;
e) svolgono le attività e assumono le iniziative necessarie a dare attuazione ai compiti che possono essere delegati dalla Provincia (17);
f) organizzano il recupero degli animali selvatici feriti.
2. Le attività di gestione faunistica degli ambiti territoriali di caccia vengono programmate per il periodo 1° febbraio - 31 gennaio. Il programma annuale degli interventi è trasmesso alla Provincia entro e non oltre il 30 settembre dell'anno precedente a quello di riferimento.
Il rendiconto tecnico sull'andamento della gestione faunistico-venatoria dell'annata precedente, deve essere presentato entro il 30 aprile di ogni anno.
3. Gli organi di gestione provvedono altresì all'attribuzione degli incentivi economici ai proprietari e ai conduttori dei fondi rustici per:
a) la ricostituzione di una presenza faunistica ottimale per il territorio;
b) le coltivazioni per l'alimentazione naturale dei mammiferi e degli uccelli soprattutto nei terreni dismessi da interventi agricoli ai sensi del regolamento n. 1094 del Consiglio della CEE del 25 aprile 1988, e successive modificazioni;
c) il ripristino di zone umide e di fossati;
d) la differenziazione delle colture;
e) la coltivazione di siepi, cespugli e alberi adatti alla riproduzione della fauna selvatica;
f) la tutela dei nidi e dei nuovi nati di fauna selvatica nonché dei riproduttori;
g) la collaborazione operativa ai fini del tabellamento, della difesa preventiva delle coltivazioni passibili di danneggiamento, della pasturazione invernale degli animali in difficoltà, della manutenzione degli apprestamenti di ambientamento della fauna selvatica.
4. Per esigenze faunistiche e per particolari situazioni ambientali gli organi di gestione, entro quindici giorni dall'emanazione del calendario venatorio regionale, adottano le eventuali modifiche nel territorio di competenza relativamente alla limitazione delle specie di mammiferi e di uccelli stanziali cacciabili, del numero delle giornate, degli orari, del carniere giornaliero e stagionale per specie. Gli organi di gestione degli ambiti territoriali di caccia e dei comprensori alpini, possono prevedere forme specialistiche di caccia, eventualmente escludentesi a vicenda e a costo differenziato, previa indicazione sul tesserino. Delle modifiche gli organi di gestione danno immediata comunicazione alla Provincia. Le modifiche e le forme di caccia specialistica divengono operanti se la Provincia nei quindici giorni successivi non ne contesta la opportunità tecnica. La decisione della Provincia è definitiva e viene immediatamente comunicata ai Comitati di gestione aventi sede nel territorio provinciale e ai Comuni territorialmente interessati.
5. Gli organi di gestione possono individuare e delimitare, per periodi determinati, aree di rispetto nelle quali l'esercizio della caccia è vietato. Le Province possono autorizzare in dette aree, a scopo di ripopolamento degli ambiti territoriali di caccia relativi, catture di selvaggina stanziale delle specie cacciabili.
6. Qualora agli organismi di gestione dell'ambito territoriale di caccia o del comprensorio alpino sia affidata la gestione di zone di ripopolamento e cattura o di centri pubblici di riproduzione di fauna selvatica, alle riunioni del Comitato di gestione deve essere invitato un tecnico indicato dalla Provincia.
7. Le Province esercitano la vigilanza sull'attività faunistica e venatoria dei comitati di gestione, nonché il coordinamento tecnico degli interventi che hanno diretta incidenza sulla fauna selvatica.
8. Gli organi di gestione per l'espletamento delle proprie funzioni si dotano di una organizzazione e di un coordinamento tecnico corrispondenti alle esigenze dell'ambito territoriale di caccia.
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(17) Vedi anche l'art. 2, L.R. 7 agosto 1996, n. 36.
Art. 23
Gestione finanziaria degli ambiti territoriali di caccia e dei comprensori alpini.
1. La gestione del bilancio degli organismi di gestione degli ambiti territoriali di caccia e dei comprensori alpini persegue le finalità indicate nel piano faunistico venatorio provinciale ed è improntata alla regola del pareggio economico.
2. Ai compiti di cui all'articolo 22 si provvede con le entrate derivanti dalle quote di partecipazione dei cacciatori e con gli eventuali finanziamenti di soggetti pubblici e privati.
Art. 24
Vigilanza provinciale sugli organi di gestione.
1. La Provincia in caso di gravi inadempienze o irregolarità della gestione degli ambiti territoriali di caccia o comprensori alpini può sciogliere gli organi di gestione nominando un Commissario per lo svolgimento della ordinaria amministrazione e per la nomina dei nuovi organi.
Art. 25
Accesso dei cacciatori agli Ambiti territoriali di caccia ed ai Comprensori alpini.
1. Allo scopo di omogeneizzare nel territorio regionale la pressione venatoria, la Giunta regionale, sentite le province, tenuto conto degli indici di densità venatorie minime stabiliti ogni cinque anni dal Ministero competente e sulla base della superficie agro-silvo-pastorale provinciale e del numero dei cacciatori che esistono nella Provincia stessa, stabilisce gli indici ai quali le province devono fare riferimento per la propria programmazione.
2. La Provincia comunica annualmente agli organismi di gestione il numero di cacciatori che possono essere ammessi in ogni Ambito territoriale di caccia tenuto conto degli indici di cui al comma 1.
3. Gli organismi di gestione soddisfano le richieste di accesso dei cacciatori fino al limite di disponibilità di cui al comma 2 e nel rispetto dell'articolo 14 comma 5 della L. n. 157/1992.
4. Il cacciatore ha diritto di accesso all'Ambito territoriale di caccia o al Comprensorio alpino dove ha la residenza anagrafica o dove ha domicilio per motivi di pubblico servizio.
5. Per gli Ambiti territoriali o Comprensori alpini in cui il numero dei cacciatori residenti è superiore al numero dei cacciatori ammissibili, la Provincia provvede a destinare i cacciatori in esubero in altri Ambiti territoriali o Comprensori alpini. La nuova destinazione è effettuata prioritariamente sulla base delle richieste e secondo il relativo ordine cronologico. A tal fine la Provincia fissa il termine entro cui le richieste devono essere presentate. Qualora permanga la situazione di esubero la Provincia destina autoritativamente ad altro Ambito territoriale o Comprensorio alpino i cacciatori di minore età.
6. I posti disponibili dopo le iscrizioni compiute con i criteri di cui ai commi 2 e 3 sono assegnati dagli organismi di gestione degli Ambiti territoriali di caccia o dei Comprensori alpini ai cacciatori richiedenti secondo il seguente ordine di priorità:
a) proprietari o conduttori di terreni compresi nell'Ambito territoriale interessato;
b) soggetti iscritti da almeno un biennio;
c) soggetti residenti nella provincia;
d) soggetti residenti nella regione;
e) soggetti non residenti che svolgono l'attività lavorativa principale nella regione;
f) soggetti residenti in altre regioni.
7. A parità di punteggio vale l'ordine di presentazione della domanda.
8. Il cacciatore che sia titolare dell'autorizzazione alla costituzione di un appostamento fisso di caccia con o senza l'uso di richiami vivi, ha diritto ad essere iscritto all'Ambito o Comprensorio in cui è compreso l'appostamento.
9. Limitatamente alla caccia alla selvaggina migratoria ed al cinghiale gli Ambiti territoriali di caccia e/o i Comprensori alpini possono consentire l'accesso sui territori di competenza e per un numero di giornate prestabilite ad altri cacciatori residenti in altri A.T.C. o C.A. della stessa provincia o di altre province pur ricadenti in altre regioni, anche oltre il limite di densità venatoria.
10. A ciascun cacciatore residente in Liguria è consentito l'esercizio venatorio in mobilità alla selvaggina migratoria negli altri Ambiti territoriali di caccia o Comprensori alpini, oltre a quello di residenza di cui al comma 4, inclusi nel territorio regionale, per un numero massimo di venti giorni, previo il pagamento di una quota aggiuntiva non superiore ad un quarto del costo dell'A.T.C. di interesse.
Tale opportunità è da svolgersi nella forma di appostamento fisso o temporaneo a partire dal 1° ottobre e sino al termine della stagione venatoria.
11. Il numero dei posti disponibili per tale forma di caccia in mobilità è dato, per ogni A.T.C. o C.A., dalla differenza tra il numero complessivo dei cacciatori ammissibili fissato dalle province e il numero dei cacciatori iscritti, sommata alle ammissioni provvisorie autorizzabili di cui al comma 9.
12. Entro il 30 giugno la Provincia indica agli organismi di gestione degli A.T.C. e dei C.A. oltre a quanto previsto al comma 2, il numero massimo entro cui devono essere contenute le ammissioni provvisorie.
13. Ai cacciatori iscritti in altri A.T.C. o C.A. della stessa provincia in cui ricade l'Ambito territoriale di interesse venatorio, è riservato il 65 per cento del numero dei posti disponibili; il 30 per cento è riservato ai cacciatori iscritti in altri A.T.C. o C.A. della Liguria, mentre, per assolvere al principio di reciprocità tra Regioni, il 5 per cento è riservato ai cacciatori extra regionali non iscritti in A.T.C. o C.A. della Regione Liguria. Eventuali posti non occupati all'interno delle percentuali citate, vengono utilizzati dal Comitato di gestione per l'assegnazione, non più distinta come sopra, ai cacciatori che pur avendo fatto richiesta, non hanno potuto essere inclusi nelle fasce di competenza.
14. L'ammissione per la caccia alla selvaggina migratoria in mobilità è consentita previa acquisizione di autorizzazione rilasciata dall'A.T.C. o C.A. di interesse, che ne regolamenta l'accesso secondo le priorità previste al comma 6 lettere a), b) ed e).
15. Le procedure autorizzative sono indicate all'articolo 27-bis.
16. Le domande di iscrizione devono essere prodotte agli organismi di gestione degli A.T.C. o C.A. di interesse venatorio, nel periodo compreso tra il 1° e il 31 luglio.
17. La graduatoria delle iscrizioni dei cacciatori in mobilità per l'attività venatoria alla selvaggina migratoria segue periodi e criteri di cui ai commi 5 e 6 dell'articolo 26.
18. L'esercizio venatorio nelle aree contigue dei parchi individuate dalla Regione ai sensi dell'articolo 3 comma 2 della legge 6 dicembre 1991, n. 394, si svolge nella forma di caccia controllata riservata ai cacciatori aventi diritto all'accesso negli Ambiti territoriali di caccia e dei Comprensori alpini su cui insiste l'area contigua naturale protetta.
19. Per le aree contigue di cui al comma 18 le province, d'intesa con gli organi di gestione del parco e con gli A.T.C. e C.A., stabiliscono protocolli che debbono considerarsi parte integrante della pianificazione faunistica provinciale e, a tal fine, il calendario venatorio provinciale assumerà nelle aree contigue la natura di piano e programma di prelievo.
20. Nelle aree contigue individuate ai sensi del comma 18, la gestione dei piani e programmi di prelievo è affidata al Comitato di gestione degli Ambiti territoriali di caccia o dei Comprensori alpini in cui ricadono le aree interessate d'intesa con l'organismo di gestione del parco (18).
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(18) Articolo così sostituito dall'art. 6, L.R. 3 settembre 2001, n. 28. Il testo originario era così formulato: «Art. 25. Accesso dei cacciatori agli ambiti territoriali di caccia ed ai comprensori alpini. 1. Allo scopo di omogeneizzare nel territorio regionale la pressione venatoria la Giunta regionale, sentite le Province, tenuto conto degli indici di densità venatorie minime stabiliti ogni cinque anni dal Ministero competente e sulla base della superficie agro-silvo-pastorale provinciale e del numero dei cacciatori che esistono nella Provincia stessa, stabilisce gli indici ai quali le Province devono fare riferimento per la propria programmazione.
2. Le Province fissano altresì il numero massimo entro cui devono essere contenute le ammissioni provvisorie autorizzate a norma dei commi 11 e 12.
3. Sulla base dei predetti indici di densità venatoria minima, le Province provvedono a stipulare accordi volti a fare accedere sul proprio territorio i cacciatori eventualmente in esubero nelle altre.
4. La Provincia comunica annualmente agli organismi di gestione il numero dei cacciatori che possono essere ammessi in ogni ambito territoriale di caccia, tenuto conto degli indici di cui al comma 1.
5. Gli organismi di gestione soddisfano le richieste di accesso dei cacciatori fino al limite di disponibilità di cui al comma 4 e nel rispetto dell'articolo 14 comma 5 della legge n. 157 del 1992.
6. Il cacciatore ha diritto di accesso all'ambito territoriale di caccia o al comprensorio alpino dove ha la residenza anagrafica o dove ha domicilio per motivi di pubblico servizio.
7. Per gli ambiti territoriali o comprensori alpini in cui il numero dei cacciatori residenti è superiore al numero dei cacciatori ammissibili, la Provincia provvede a destinare i cacciatori in esubero in altri ambiti territoriali o comprensori alpini. La nuova destinazione è effettuata prioritariamente sulla base delle richieste e secondo il relativo ordine cronologico. A tal fine la Provincia fissa il termine entro cui le richieste devono essere presentate. Qualora permanga la situazione di esubero la Provincia destina autoritativamente ad altro ambito territoriale o comprensorio alpino i cacciatori di minore età.
8. I posti disponibili dopo le iscrizioni compiute con i criteri di cui ai commi 4 e 5, sono assegnati dagli organismi di gestione degli ambiti territoriali di caccia o dei comprensori alpini ai cacciatori richiedenti secondo il seguente ordine di priorità:
a) proprietari o conduttori di terreni compresi nell'ambito territoriale interessato;
b) soggetti iscritti da almeno un biennio;
c) soggetti residenti nella Provincia;
d) soggetti residenti nella Regione;
e) soggetti non residenti che svolgono l'attività lavorativa principale nella Regione;
f) soggetti residenti in altre Regioni.
9. A parità di punteggio vale l'ordine di presentazione della domanda.
10. Il cacciatore che sia titolare dell'autorizzazione alla costituzione di un appostamento fisso di caccia con o senza l'uso di richiami vivi ha diritto ad essere iscritto all'ambito o comprensorio in cui è compreso l'appostamento.
11. In ogni ambito territoriale di caccia o comprensorio alpino l'organismo di gestione può essere autorizzato dalla Provincia ad ammettere provvisoriamente un numero di cacciatori superiore alla densità venatoria indicata dalla Provincia quando siano specificamente accertate modificazioni positive della popolazione faunistica, seguendo comunque i criteri di priorità indicati al comma 8.
12. Limitatamente alla caccia al cinghiale o a specie di uccelli migratori la Provincia, nelle ipotesi e con i criteri di priorità di cui al comma 11, regolamenta l'accesso oltre il limite venatorio esclusivamente nelle località prestabilite e per le attività venatorie autorizzate. In tale ipotesi l'ammissione comporta il divieto dell'esercizio della caccia per uguale periodo nel restante territorio dello stesso ambito territoriale di caccia o comprensorio alpino nonché di quello in cui il soggetto ha normalmente diritto.
13. La quota dovuta dai cacciatori non appartenenti all'ambito territoriale di caccia o comprensorio alpino provvisoriamente ammessi ai sensi dei commi 11 e 12 va rapportata alle giornate venatorie consentite ed alle quote forfettarie stabilite nel programma annuale di gestione.
14. L'esercizio venatorio nelle aree contigue dei parchi, individuate dalla Regione ai sensi dell'articolo 3 comma 2 della legge 6 dicembre 1991, n. 394, si svolge nella forma di caccia controllata riservata ai cacciatori aventi diritto all'accesso negli ambiti territoriali di caccia e dei comprensori alpini su cui insiste l'area contigua naturale protetta.
15. Per le aree contigue di cui al comma 14 le Province, d'intesa con gli organi di gestione del parco, sentiti gli Enti locali interessati, stabiliscono piani e programmi di prelievo.
16. Nelle aree contigue, individuate ai sensi del comma 14, la gestione dei piani e programmi di prelievo è affidata al Comitato di gestione degli ambiti territoriali di caccia o dei comprensori alpini in cui ricadono le aree interessate, d'intesa con l'organismo di gestione del parco.».
Art. 26
Nuove iscrizioni agli ambiti territoriali o comprensori alpini.
1. Gli iscritti, a partire dal 1° maggio ed entro il 31 maggio di ogni anno, devono far pervenire agli organismi di gestione degli ambiti territoriali di caccia o dei comprensori alpini la conferma di partecipazione per l'anno successivo.
2. Entro la stessa data sono presentate le domande di prima iscrizione ai sensi dei commi 4 e 5 dell'articolo 25.
2-bis. A decorrere dalle iscrizioni relative alla stagione venatoria 2003/2004 la Giunta regionale fissa per due anni l'entità massima della quota di partecipazione che può essere richiesta dagli organismi di gestione dell'àmbito territoriale di caccia o comprensorio alpino ai cacciatori iscritti, nonché la quota di partecipazione dei cacciatori ammessi, così come definiti dall'articolo 25, commi 6 e 7 (19).
3. Gli organismi di gestione, entro il successivo 20 giugno (20) dichiarano la disponibilità dei posti da assegnare per la stagione venatoria dell'anno successivo.
4. Entro il 20 luglio (21) i soggetti interessati ad un ambito territoriale o comprensorio alpino diverso da quello di appartenenza presentano domanda di iscrizione.
5. Sulla base delle conferme e delle domande presentate gli organismi di gestione entro il 30 settembre predispongono la graduatoria per la iscrizione nel rispetto dei criteri dell'articolo 25.
6. La graduatoria è affissa nella sede dell'ambito territoriale di caccia o del comprensorio alpino e nei dieci giorni successivi è trasmessa agli altri ambiti territoriali di caccia e comprensori alpini della Regione e alle Province.
7. [Il cacciatore che intenda accedere ad un ambito o ad un comprensorio di altre Province o Regioni è tenuto a darne comunicazione alla Provincia di residenza] (22).
8. Gli organi di gestione assegnano secondo l'ordine della graduatoria gli ulteriori posti resisi disponibili a seguito dei recessi.
9. Entro il 31 dicembre gli organismi di gestione comunicano l'elenco degli iscritti alla Provincia per gli adempimenti di cui all'articolo 38.
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(19) Comma aggiunto dall'art. 7, L.R. 13 agosto 2002, n. 31.
(20) Limitatamente all'anno solare 1997 il termine è stato fissato al 15 luglio dall'art. 2, L.R. 29 aprile 1997, n. 15.
(21) Limitatamente all'anno solare 1997 il termine è stato fissato al 10 agosto dall'art. 2, L.R. 29 aprile 1997, n. 15.
(22) Comma abrogato dall'art. 11, comma 1, lettera b), L.R. 3 settembre 2001, n. 28.
Art. 27
Interscambi di cacciatori.
1. I Comitati di gestione degli ambiti territoriali di caccia e dei comprensori della zona delle Alpi possono riconoscere ai cacciatori iscritti la facoltà di utilizzare giornate di competenza per ospitare, sotto forma di interscambio e senza finalità di lucro, altri cacciatori anche se residenti in altra Provincia o Regione.
2. [Il cacciatore che accede ad ambiti territoriali di caccia di altre Regioni è tenuto a darne comunicazione alla Provincia di residenza] (23).
3. La Regione promuove scambi interregionali per realizzare una equilibrata distribuzione dei cacciatori sul territorio. A tal fine la Regione e le Province per quanto di competenza possono stipulare convenzioni rispettivamente con altre Regioni o Province. In caso di violazione di norme da parte del cacciatore ospite il cacciatore iscritto risponde in solido.
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(23) Comma abrogato dall'art. 11, comma 1, lettera b), L.R. 3 settembre 2001, n. 28.
Art. 27-bis
Procedure autorizzative.
1. Le ammissioni provvisorie, a seguito degli accordi di reciprocità intrapresi con Enti territoriali anche di altre Regioni, si instaurano tramite una procedura autorizzativa, anche a mezzo fax, curata dagli A.T.C. o C.A. territorialmente competenti.
2. Tale documento, corredato dal versamento richiesto, è da considerarsi elemento probatorio all'ammissione, da allegare al tesserino venatorio che il cacciatore non residente è tenuto ad esibire su richiesta degli agenti di vigilanza (24).
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(24) Articolo aggiunto dall'art. 6, L.R. 2 ottobre 2000, n. 38.
Art. 28
Doveri del cacciatore.
1. Negli ambiti territoriali di caccia e nei comprensori alpini il cacciatore iscritto ha il dovere di:
a) collaborare alla gestione faunistica partecipando alle attività programmate;
b) corrispondere la quota di partecipazione nei tempi stabiliti. La quota può essere mutuata da prestazione d'opera economicamente equivalente;
c) rispettare le eventuali limitazioni dell'esercizio venatorio indicate nel programma venatorio annuale predisposto dall'organismo di gestione.
Capo II - Appostamenti fissi
Art. 29
Esercizio venatorio da appostamento fisso.
1. Sono considerati fissi gli appostamenti costruiti in muratura o altra solida materia con preparazione di sito destinati all'esercizio venatorio almeno per una stagione di caccia. Tutti gli altri sono considerati temporanei.
2. Gli appostamenti fissi possono avere anche più di un impianto stabile purché si trovino tutti entro il raggio di metri 100 da quello principale.
3. Per gli appostamenti all'avifauna selvatica acquatica, collocati in terra ferma, gli impianti devono avere una stabile occupazione di sito e consentire la copertura d'acqua del suolo.
4. L'autorizzazione per la caccia da appostamento fisso è rilasciata dalla Provincia, ha validità di cinque anni e deve essere corredata con planimetria a scala 1:25.000 indicante l'ubicazione dell'appostamento; essa è altresì subordinata al consenso scritto del proprietario o del conduttore del terreno, lago o stagno privato e alla conformità alla normativa urbanistico-edilizia vigente. Dopo il rilascio della suddetta autorizzazione provinciale ai fini della realizzazione degli appostamenti fissi, dovranno essere preventivamente acquisiti i pertinenti titoli edilizi comunali, nonché le altre eventuali autorizzazioni necessarie ove si intervenga su aree assoggettate a vincoli.
5. Non sono considerati fissi agli effetti della opzione della forma di caccia in via esclusiva gli appostamenti per l'esercizio venatorio agli ungulati e per la caccia in forma tradizionale al colombaccio.
6. Non è consentito costruire nuovi appostamenti fissi di caccia a distanza inferiore a 200 metri dai confini delle zone dove è vietata la caccia e a 200 metri da altro appostamento fisso preesistente salvo il consenso dei titolari.
7. Ferma restando l'esclusività della forma di caccia ai sensi e per gli effetti del disposto di cui all'articolo 18, è consentito al titolare ed alle persone autorizzate il vagare o il soffermarsi in attitudine di caccia, entro il raggio di 100 metri dall'appostamento fisso per il recupero della selvaggina ferita anche con l'uso del cane da riporto.
8. È vietata la caccia in forma vagante ad una distanza inferiore a metri 100 dagli appostamenti fissi segnalati con apposite tabelle a cura del titolare, durante l'effettivo esercizio di essi, salvo il consenso del titolare.
9. L'accesso all'appostamento fisso di cui all'articolo 18 comma 1 lettera b) con armi proprie racchiuse in apposito involucro e con l'uso di richiami vivi è consentito unicamente a coloro che abbiano esercitato l'opzione per la specifica forma di caccia. Oltre al titolare possono accedere all'appostamento fisso soltanto due persone ospitate dal titolare medesimo e che abbiano fatto opzione per questa tipologia di caccia.
10. Qualora nell'appostamento fisso siano presenti persone diverse da quelle stabilite al comma 9, le armi presenti non possono essere superiori al numero delle persone in esercizio di caccia che hanno optato per la forma di caccia esclusiva da appostamento fisso.
11. La Provincia non può rilasciare un numero di autorizzazioni per la caccia da appostamento fisso con l'uso dei richiami vivi superiori a quello rilasciato nella stagione venatoria 1989-90. Ove il numero di autorizzazioni attribuite risulti inferiore a quello massimo, le autorizzazioni disponibili sono rilasciate in via prioritaria agli ultrasessantenni e possono essere inoltre rilasciate:
a) al proprietario o al conduttore del fondo su cui si intende costruire l'appostamento fisso di caccia;
b) ai parenti non oltre il secondo grado del titolare della presente autorizzazione;
c) agli inabili e ai portatori di handicap fisici;
d) a coloro che, per caso fortuito o per forza maggiore, siano costretti a trovare altro sito per l'appostamento fisso di cui erano titolari o a coloro che, per sopravvenuto impedimento fisico, non siano più in condizioni di esercitare la caccia in forma vagante;
e) a chi ne faccia richiesta.
12. Così come previsto dall'articolo 14 comma 12 della legge n. 157 del 1992 le Province autorizzano la costituzione e il mantenimento degli appostamenti fissi senza richiami vivi, la cui ubicazione non deve comunque ostacolare l'attuazione del piano faunistico-venatorio.
13. Anche gli appostamenti costituiti da attrezzature smontabili o da riparti di fortuna che non comportino modificazione del sito e siano destinati all'esercizio venatorio per non più di una giornata ivi compresi i cosiddetti «palchi» per la caccia in forma tradizionale al colombaccio sono considerati temporanei (25). Al termine della giornata il cacciatore deve rimuovere il materiale usato per la costruzione dell'appostamento, salvo consenso del proprietario o conduttore del fondo.
14. La preparazione dell'appostamento temporaneo non può essere effettuata mediante taglio di piante da frutto a meno che non si tratti di residui della potatura, né con il taglio di parti di piante appartenenti alla flora spontanea protetta e nel rispetto delle norme vigenti.
15. Il titolare dell'autorizzazione dell'appostamento fisso, previo accordo con il proprietario o conduttore del fondo, provvede di norma, durante il corso dell'anno, al mantenimento delle caratteristiche naturali dell'ambiente circostante, per la tutela della fauna selvatica e della flora, almeno nel raggio di cento metri dall'impianto principale, in relazione allo svolgimento dell'esercizio venatorio.
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(25) Periodo così modificato dall'art. 3, L.R. 7 agosto 1996, n. 36.
Art. 30
Detenzione e uso dei richiami vivi per la caccia da appostamento.
1. Sono vietati l'uso e la detenzione di richiami vivi che non siano identificati mediante anello inamovibile numerato rilasciato dalla Provincia. Le caratteristiche di inamovibilità sono tali quando l'anello è privo di punti di frattura, tanto da renderne impossibile il riutilizzo una volta tolto. I richiami vivi privi di anello sono immediatamente liberati dal personale di vigilanza.
2. La Regione, su parere dell'Istituto nazionale della fauna selvatica, ai sensi dell'articolo 5 della legge n. 157 del 1992, entro centoventi giorni dall'entrata in vigore della presente legge, emana un regolamento per disciplinare l'allevamento, la vendita e la detenzione di uccelli allevati appartenenti alle specie cacciabili, nonché il loro uso in funzione di richiami vivi per la caccia da appostamento (26).
2-bis. Sono utilizzabili uccelli di cattura appartenenti alle specie riportate al comma 4, dell'articolo 4 della L. n. 157/1992 (27).
3. Ad ogni cacciatore che eserciti l'attività venatoria da appostamento fisso in via esclusiva sono consentiti la detenzione e l'uso di richiami di cattura in un numero massimo di dieci unità per ogni specie, fino ad un massimo complessivo di quaranta unità. Ad ogni cacciatore che eserciti l'attività venatoria da appostamento temporaneo con i richiami vivi di cattura è consentita la detenzione e l'uso di un numero massimo complessivo di dieci unità.
3-bis. I limiti di cui ai commi 2-bis e 3 non si applicano ai richiami nati in cattività (28).
4. È vietata la vendita di uccelli di cattura utilizzabili come richiami vivi per l'attività venatoria da appostamento. È consentita invece la cessione dei richiami vivi catturati negli impianti di cui siano titolari le Province.
5. La sostituzione di un richiamo di cattura può avvenire dietro consegna alla Provincia del richiamo morto da sostituire ovvero previa presentazione di certificato del servizio veterinario della USL competente e del relativo anellino ovvero per altri comprovati motivi individuati dalle Province.
6. Le specie decedute o altrimenti perdute non possono essere sostituite se il numero complessivo superi le quantità massime detenibili.
7. Il cacciatore cessando l'attività, può cedere i richiami vivi ad altro cacciatore, previa comunicazione alla Provincia.
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(26) Vedi il Reg. 21 agosto 1995, n. 3.
(27) Comma aggiunto dall'art. 7, L.R. 3 settembre 2001, n. 28.
(28) Comma aggiunto dall'art. 7, L.R. 3 settembre 2001, n. 28.
Art. 31
Autorizzazione alla detenzione e all'uso di falchi per l'esercizio venatorio.
1. Presso ogni Amministrazione provinciale è istituito il registro delle persone autorizzate alla detenzione dei falconiformi utilizzati per l'esercizio venatorio. I falconiformi consentiti impiegati per l'esercizio venatorio devono essere inanellati a norma dell'articolo 36 comma 5 del regolamento CE n. 1808/2001 del 30.08.2001 e successive modificazioni (29).
2. Chi intende esercitare la caccia con i falconiformi deve inoltrare domanda di autorizzazione al Presidente dell'Amministrazione provinciale su apposito modulo predisposto dalla Giunta provinciale (30).
3. La domanda deve essere corredata dalla certificazione circa la legittima provenienza dei falchi, ai sensi della legge 19 dicembre 1975, n. 874 e successive modificazioni e integrazioni.
Il richiedente, ai sensi del presente articolo deve allegare:
a) la copia autenticata della certificazione di nascita dei falconiformi, conforme a quanto enunciato nel regolamento CE n. 1808/2001 (31);
b) copia autenticata della denuncia presentata al Corpo forestale dello Stato, ai sensi dell'articolo 2 della legge 7 febbraio 1992, n. 150.
4. La Provincia, accertata la regolarità della certificazione, rilascia l'autorizzazione.
5. La caccia con i falconiforni è consentita esclusivamente per le località, le specie, i modi ed i giorni nei quali è consentito l'impiego dei cani da ferma (32).
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(29) Comma così sostituito dall'art. 8, comma 1, L.R. 13 agosto 2002, n. 31. Il testo originario era così formulato: «1. Presso ogni Amministrazione provinciale è istituito un registro delle persone autorizzate alla detenzione e all'uso di falchi per l'esercizio venatorio. I falchi impiegati per l'esercizio venatorio devono essere inanellati dall'Istituto nazionale della fauna selvatica ai sensi del decreto del Ministero dell'agricoltura del 31 marzo 1984 (inanellamento e registrazione degli esemplari di falconiformi che vengono introdotti in Italia). Se i falchi provengono da allevamenti nazionali l'inanellamento avviene a cura delle Province.».
(30) Comma così sostituito dall'art. 8, comma 2, L.R. 13 agosto 2002, n. 31. Il testo originario era così formulato: «2. Chi intende detenere e esercitare la caccia con il falco deve inoltrare domanda di autorizzazione al Presidente dell'Amministrazione provinciale su apposito modulo disposto dalla Giunta provinciale.».
(31) Lettera così sostituita dall'art. 8, comma 3, L.R. 13 agosto 2002, n. 31. Il testo originario era così formulato: «a) il certificato C.I.T.E.S. rilasciato dal Ministero dell'agricoltura e foreste, Corpo forestale dello Stato - servizio certificazione C.I.T.E.S.. Il certificato C.I.T.E.S. deve essere intestato al richiedente;».
(32) Comma così modificato dall'art. 8, comma 4, L.R. 13 agosto 2002, n. 31.
Capo III - Strutture private per la caccia e la produzione della selvaggina
Art. 32
Aziende faunistico-venatorie ed aziende agri-turistico-venatorie.
1. La Giunta regionale, su richiesta degli interessati, sentito l'Istituto nazionale della fauna selvatica, entro i limiti fissati dall'articolo 3, comma 4, del territorio agro-silvo-pastorale può:
a) autorizzare l'istituzione di aziende faunistico-venatorie, senza fini di lucro, soggette a tassa di concessione regionale, con particolare riferimento alla tipica fauna alpina e appenninica, alla grossa fauna europea e a quella acquatica; dette concessioni devono essere corredate di programmi di conservazione e di ripristino ambientale al fine di garantire l'obiettivo naturalistico. In tali aziende la caccia è consentita nelle giornate indicate nel calendario venatorio secondo i piani di assestamento e di abbattimento. In ogni caso nelle aziende faunistico-venatorie non è consentito immettere o liberare fauna selvatica posteriormente alla data del 31 agosto (33);
b) autorizzare l'istituzione di aziende agri-turistico-venatorie, soggette a tassa di concessione regionale nelle quali sono consentiti l'immissione e l'abbattimento per tutta la stagione venatoria di fauna selvatica da allevamento (34).
2. Le aziende agri-turistico-venatorie devono preferibilmente:
a) essere situate nei territori di scarso rilievo faunistico;
b) coincidere con il territorio di una o più aziende agricole ricadenti in aree ad agricoltura svantaggiata ovvero dismesse da interventi agricoli ai sensi del regolamento n. 1094/88/CEE e successive modificazioni.
3. La domanda di concessione per la istituzione di aziende agri-turistico-venatorie è presentata dai proprietari o conduttori dei fondi rustici interessati dalla costituzione.
4. La Regione, sentito l'Istituto nazionale della fauna selvatica, disciplina con proprio regolamento il rilascio, la sospensione e la revoca dell'autorizzazione nonché le prescrizioni per la gestione delle aziende di cui al presente articolo (35).
5. L'autorizzazione delle aziende faunistico-venatorie e agri-turistico-venatorie ha la durata di cinque anni. Alla scadenza può essere rinnovata.
6. Salvo quanto previsto nel regolamento di cui al comma 4, l'esercizio dell'attività venatoria nelle aziende di cui al comma 1 è consentito nel rispetto delle norme della presente legge, con la esclusione dell'opzione per la forma di caccia in via esclusiva di cui all'articolo 18, comma 1.
7. Le giornate di caccia esercitate nelle aziende faunistiche-venatorie e in quelle agri-turistico-venatorie rientrano nel computo di quelle settimanali ed annuali.
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(33) Vedi, anche, il Reg. 2 aprile 1997, n. 1.
(34) Vedi, anche, il Reg. 2 aprile 1997, n. 1.
(35) Vedi il Reg. 2 aprile 1997, n. 1.
Art. 33
Allevamenti.
1. La Regione, d'intesa con le Province, previo parere dell'Istituto nazionale per la fauna selvatica, emana specifico regolamento per disciplinare l'allevamento di fauna selvatica a scopo alimentare, di ripopolamento, ornamentale ed amatoriale (36).
2. Nel caso in cui l'allevamento di cui al comma 1 sia esercitato dal titolare di un'impresa agricola, questi è tenuto a dare semplice comunicazione alla Provincia dello svolgimento dell'attività con la segnalazione delle specie di fauna selvatica allevate in conformità all'apposito regolamento regionale.
3. La Provincia ai fini dell'esercizio dell'allevamento a scopo di ripopolamento esercitato anche per il recupero di potenzialità produttive in aree montane o svantaggiate, può consentire al titolare e ad altre persone dal medesimo autorizzate, nel rispetto delle norme della presente legge, il prelievo di mammiferi e di uccelli in stato di cattività con i mezzi di cui all'articolo 39.
4. Gli animali allevati sono marcati o marchiati o inanellati con anello inamovibile a cura dell'allevatore.
5. Le caratteristiche di inamovibilità sono tali quando l'anello è privo di punti di frattura, tanto da renderne impossibile il riutilizzo una volta tolto.
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(36) Vedi il Reg. 17 luglio 1998, n. 1.
TITOLO V
Specie cacciabili e calendario venatorio.
Art. 34
Specie cacciabili e periodi di attività venatoria. Calendario venatorio.
1. Ai fini dell'esercizio venatorio è consentito abbattere esemplari di fauna selvatica appartenenti alle seguenti specie e per i periodi sotto indicati:
a) specie cacciabili dalla terza domenica di settembre al 31 dicembre: quaglia (Coturnix coturnix); tortora (Streptopelia tortur); merlo (Turdus merula); allodola (Alauda arvensis); starna (Perdix perdix); pernice rossa (Alectoris rufa); lepre comune (Lepus europaeus); coniglio selvatico (Oryctolagus cuniculus); minilepre (Silvilagus fioridanus);
b) specie cacciabili dalla terza domenica di settembre al 31 gennaio: cesena (Turdus pilaris); tordo bottaccio (Turdus philomelos); tordo sassello (Turdus iliacus); fagiano (Phasianus colchicus); germano reale (Anas platyrhynchos); folaga (Fulica atra); gallinella d'acqua (Gallinula chioropus); alzavola (Anas crecca); canapiglia (Anas strepera); fischione (Anas penelope); codone (Anas acuta); marzaiola (Anas querquedula); mestolone (Anas clypeata); moriglione (Aythya ferina); moretta (Aythya fuligula); beccaccino (Gallinago gallinago); colombaccio (Columba palumbus); beccaccia (Scolopax rusticola); pittima reale (Limosa limosa); cornacchia griglia (Corvus corone cornix); volpe (Vulpes vulpes); pavoncella (Vanellus-vanellus);
c) specie cacciabili dal 1° ottobre al 30 novembre: coturnice (Alectoris graeca); lepre bianca (Lepus timidus); pernice bianca (Lagopus mutus); fagiano di monte (Tetrao tetrix); camoscio alpino (Rupicapra rupicapra); capriolo (Capreolus capreolus); cervo (Cervus elaphus); daino (Dama dama);
d) specie cacciabili dal 1° ottobre al 31 dicembre o dal 1° novembre al 31 gennaio: cinghiale (Sus scrofa).
2. La Giunta Regionale, d'intesa con le Province, può includere nell'elenco di cui al comma I lettera a) le seguenti specie: passero (Passer italiac); passera mattugia (Passer montanus); passera oltremontana (Passer domesticus); nonché nell'elenco di cui alla lettera b) le seguenti specie: storno (Sturnus vulgaris); ghiandaia (Garrulus glandiarus); gazza (Pica pica); taccola (Corvus monedula); cornacchia nera (Corvus corone), corvo (Corvus frugilegus).
La caccia alle specie anzidette può essere ammessa in quantità limitata. La caccia alle specie anzidette è altresì ammessa alle seguenti condizioni:
a) qualora si tratti di prevenire gravi danni alle colture, al bestiame domestico, ai boschi, alla pesca e alle acque;
b) qualora occorra intervenire per salvaguardare determinati aspetti floristici o faunistici.
3. La Giunta regionale su proposta delle province può anticipare a far data dal 1° agosto e prorogare fino al 31 gennaio, previo parere dell'Istituto Nazionale per la Fauna Selvatica, la caccia di selezione agli ungulati, sulla base di piani di abbattimento selettivo approvati dalla Provincia nel rispetto dell'arco temporale di cui al comma 1 dell'articolo 18 della L. n. 157/1992. I Piani di abbattimento, se non realizzati, sono completati nei mesi di dicembre e gennaio (37).
4. Il Presidente della Giunta regionale, sentito l'Istituto nazionale per la fauna selvatica e la Commissione faunistico-regionale approva entro il 15 giugno di ogni anno il calendario ed il tesserino venatorio relativi all'intera stagione venatoria e all'intero territorio agro-silvo-pastorale, nel rispetto di quanto stabilito nei precedenti commi (38).
5. Nel calendario venatorio regionale devono essere indicate in particolare:
a) le specie cacciabili e i periodi di caccia;
b) le giornate di caccia;
c) il carniere massimo giornaliero e stagionale;
d) l'ora legale di inizio e di termine della giornata di caccia;
e) i periodi e le modalità per l'addestramento degli ausiliari da caccia.
6. Il numero delle giornate di caccia settimanali non può essere superiore a tre, fisse e/o a libera scelta del cacciatore, ad esclusione dei giorni di martedì e venerdì nei quali l'esercizio dell'attività venatoria è sospeso.
7. Fermo restando il silenzio venatorio nei giorni di martedì e venerdì, la Regione, sentito l'Istituto Nazionale per la Fauna Selvatica e tenuto conto delle consuetudini locali, può anche in deroga al comma 5 dell'articolo 18 della L. n. 157/1992, prevedere l'integrazione di due giornate settimanali per l'esercizio venatorio da appostamento alla fauna selvatica migratoria nel periodo intercorrente fra il 1° ottobre ed il 30 novembre (39).
7-bis. La caccia è consentita da un'ora prima del sorgere del sole fino al tramonto. La caccia di selezione agli ungulati è consentita fino ad un'ora dopo il tramonto. La caccia da appostamento fisso o temporaneo alla selvaggina migratoria è consentita fino a mezz'ora dopo il tramonto (40).
8. Il carniere giornaliero e stagionale relativo ai capi di fauna selvatica stanziale e il carniere giornaliero relativo ai capi di fauna selvatica migratoria sono stabiliti annualmente dalla Regione sulla base della consistenza delle singole specie cacciabili sul territorio di competenza (41). I dati relativi alle suddette specie sono derivati da censimenti sul campo per ungulati e fauna alpina. Per le altre specie stanziali, tramite: ricognizione sul territorio; programmazione gestionale degli ambiti territoriali di caccia e comprensori alpini con proiezione degli abbattimenti effettuati nelle stagioni precedenti. Per la fauna migratrice, i dati sono derivati dalle proiezioni degli abbattimenti delle stagioni precedenti e, per quanto riguarda le specie oggetto di deroga (direttiva CEE 79/409 e successive modifiche), sia in base agli abbattimenti delle stagioni precedenti che dai dati rilevati da osservatori ornitologici comandati dalle Amministrazioni provinciali. I risultati di cui sopra devono essere trasmessi dalle Amministrazioni provinciali alla Regione entro il 15 aprile di ogni anno.
9. Non è consentita la posta alla beccaccia né la caccia da appostamento, sotto qualsiasi forma, al beccaccino, così come previsto all'articolo 18, comma 8 della legge n. 157/1992. A tal fine la caccia alla beccaccia è consentita esclusivamente in forma vagante con l'ausilio del cane da ferma o da cerca (42).
10. Fuori dalle zone di cui all'articolo 16, l'addestramento e l'allenamento dei cani da caccia sono consentiti dal 15 agosto alla seconda domenica di settembre nel territorio da aprirsi alla caccia con esclusione del martedì e del venerdì, salvo restrizioni stabilite dalle Province.
11. Le Province hanno la facoltà di vietare il prelievo venatorio per periodi limitati di tempo in quelle aree dove, per ragioni turistiche, si abbiano concentrazioni di persone che rendano pericoloso l'esercizio della caccia per la pubblica incolumità.
12. Il calendario venatorio ligure è armonizzato, per quanto possibile, con quello delle Regioni finitime.
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(37) Comma così sostituito dall'art. 8, L.R. 3 settembre 2001, n. 28. Il testo originario era così formulato: «3. La Giunta regionale, su proposta delle Province, può anticipare a far tempo dal 1° agosto, previo parere dell'Istituto nazionale per la fauna selvatica, la caccia di selezione agli ungulati sulla base di piani di abbattimento selettivi approvati dalla Provincia.».
(38) Vedi, anche, per l'annata venatoria 1994-95 l'art. 2, L.R. 7 settembre 1994, n. 47; per l'annata venatoria 1995-96 l'allegato A alla L.R. 14 agosto 1995, n. 42; per l'annata venatoria 1996-97 l'allegato A alla L.R. 7 agosto 1996, n. 36 (Vedi anche l'art. 1, L.R. 28 ottobre 1996, n. 47); per l'annata venatoria 1997-98 l'allegato A alla L.R. 11 settembre 1997, n. 38; per l'annata venatoria 1998-99 l'allegato A alla L.R. 23 novembre 1998, n. 35; per l'annata venatoria 1999-2000 l'art. 1, L.R. 8 settembre 1999, n. 30; per l'annata venatoria 2000-2001 l'art. 1, L.R. 2 ottobre 2000, n. 38; per l'annata venatoria 2001-2002 l'art. 1, L.R. 3 settembre 2001, n. 28; per l'annata venatoria 2002/2003 il D.P.G.R. 11 giugno 2002, n. 81 e poi l'allegato A alla L.R. 13 agosto 2002, n. 31. Vedi, al riguardo, il D.P.G.R. 6 maggio 2003, n. 92 e il D.P.G.R. 10 maggio 2004, n. 75.
(39) Comma così sostituito dall'art.7, L.R. 2 ottobre 2000, n. 38. Il testo originario era così formulato: «7. Ogni cacciatore, indipendentemente dalla forma di caccia scelta in via esclusiva, non può usufruire di più di cinquantacinque giornate complessive di caccia nella stagione venatoria. Fermo restando il numero complessivo, è consentita la integrazione di due giornate settimanali per la sola caccia alla fauna selvatica migratoria da appostamento nel periodo intercorrente tra il 1° ottobre e il 30 novembre. Le giornate di caccia fruite in altre Regioni debbono essere registrate nel tesserino e sono computate come giornate fruite nel territorio della Liguria.».
(40) Comma aggiunto dall'art. 9, L.R. 13 agosto 2002, n. 31.
(41) Periodo così sostituito dall'art. 8, L.R. 2 ottobre 2000, n. 38. Il testo originario era il seguente: «Il carniere giornaliero e stagionale relativo ai capi di fauna selvatica sia stanziale che migratoria è stabilito annualmente dalla Regione sulla base della consistenza delle singole specie cacciabili sul territorio di competenza.».
(42) Comma così sostituito dall'art. 10, L.R. 13 agosto 2002, n. 31. Il testo originario era così formulato: «9. Non è consentita la posta alla beccaccia né la caccia da appostamento, sotto qualsiasi forma, al beccaccino, così come previsto all'articolo 18, comma 8 della legge n. 157 del 1992.».
Art. 35
Prelievo venatorio del cinghiale e degli altri ungulati.
1. La caccia agli ungulati è attuabile esclusivamente secondo piani numerici di prelievo formulati sulla base della consistenza censita delle diverse popolazioni presenti in ciascun ambito territoriale di caccia, comprensorio alpino o azienda faunistico-venatoria. Il contingente massimo dei capi di cinghiali che possono essere abbattuti non deve essere superiore al 90 per cento delle presenze di cinghiali rilevate in via induttiva. Le modalità della caccia ai diversi ungulati, nel rispetto delle disposizioni stabilite dalle norme statali e regionali, sono definite da specifici regolamenti che le province debbono emanare, per le specie non dichiarate non cacciabili per inconsistenza faunistica, assieme al calendario venatorio provinciale (43).
2. I piani di cui al comma 1 sono redatti secondo le indicazioni fornite dall'Istituto nazionale per la fauna selvatica e vengono approvati dalle Province entro il 15 settembre o entro il 15 luglio nel caso di richiesta di prelievo anticipato al mese di agosto (44).
3. Le Province, sentito il parere del proprio Comitato tecnico consultivo, provvedono ad individuare e delimitare nei territori di rispettiva competenza zone denominate "a rischio agricolo" possibilmente continue e di rilevante ampiezza, nelle quali la presenza di cinghiali allo stato selvatico è sempre considerata incompatibile con la produttività ed il tipo di attività agricole prevalentemente esercitate.
4. Nelle dette zone classificate "a rischio agricolo" è autorizzato, anche nel periodo di divieto della caccia alla specie ed all'interno di ambiti protetti ai fini venatori, l'abbattimento dei cinghiali purché effettuato ad opera degli agenti venatori dipendenti dalle Provincie coadiuvati, se dal caso, da agenti volontari nonché da squadre di cacciatori e conduttori di cani validamente costituite agli effetti della presente legge. I capi di cinghiali abbattuti nel detto periodo di divieto sono a disposizione delle Province che provvedono alla loro destinazione previ i prescritti esami trichinoscopici.
4-bis. Ai fini di far fronte all'emergenza collegata alla presenza del cinghiale le province, durante la stagione venatoria, possono autorizzare, anche in deroga alle modalità di cui al comma 4, nelle aree classificate ''a rischio agricolo'' un programma di prelievo nelle aree soggette agli Istituti di protezione faunistica attraverso specifiche modalità di attuazione e l'affidamento delle iniziative di prelievo a squadre di cacciatori regolarmente istituite ed ammesse all'attività venatoria nell'àmbito di caccia o comprensorio alpino interessato (45).
5. Le aree "a rischio agricolo" non possono interessare i parchi, le riserve naturali e le aree protette, fatta eccezione per le aree classificate come ZIAA (Zone di Interesse Agricolo-Ambientale) dalle rispettive leggi istitutive.
6. Le battute di caccia al cinghiale, svolte in aree protette regionali, devono essere svolte in conformità al regolamento dell'area protetta o, qualora questo non esista, dalle direttive regionali, per iniziativa e sotto la diretta responsabilità e sorveglianza dell'organismo di gestione dell'area di cui si tratta e devono essere attuate dal personale dipendente anche coadiuvato ai sensi dell'articolo 19, comma 2, della legge n. 157 del 1992 (46).
7. L'abbattimento dei cinghiali all'interno delle zone denominate ''a rischio agricolo'' è consentito, sia da parte di singoli cacciatori che di squadre secondo le norme del presente articolo e, per ciò che attiene il singolo cacciatore, anche sulla base di indicazioni redatte dagli àmbiti territoriali di caccia e comprensori alpini, possibilmente indirizzate all'utilizzo di selecontrollori (47).
8. All'esercizio della caccia al cinghiale nell'ambito dei territori non classificati zone "a rischio agricolo" sono ammesse, esclusivamente nei giorni di mercoledì e domenica, squadre di cacciatori sulla base di norme regolamentari emanate dalle Province.
9. Tali norme debbono altresì prevedere l'istituzione da parte delle Province di appositi corsi di preparazione aventi per oggetto le particolari modalità di conduzione della caccia nonché la corretta impostazione dei prelievi di cinghiali e delle comunicazioni di rilevamenti sui capi abbattuti valide anche ai fini gestionali.
10. Le squadre di cacciatori s'intendono validamente costituite ai fini dell'ammissione alla caccia al cinghiale se almeno uno dei rispettivi componenti è in possesso della regolare certificazione attestante la partecipazione ai corsi di preparazione di cui al comma 9.
11. L'avvenuta cattura di ogni cinghiale oltre ad essere immediatamente registrata sul tesserino regionale, deve essere segnalata con l'indicazione del sesso, della classe d'età e della località in cui è avvenuto l'abbattimento, nonché con l'esibizione dell'attestato veterinario relativo alla consegna di campioni per i prescritti esami trichinoscopici, a mezzo lettera raccomandata alla Provincia entro i due giorni successivi. Le relative ricevute debbono essere conservate ed esibite al personale di vigilanza dal caposquadra.
12. L'obbligo della segnalazione non ricorre ove l'avvenuto abbattimento sia stato accertato nei due giorni successivi dagli agenti venatori dipendenti dalle Province i quali presa visione dell'attestato veterinario di cui al comma 11 provvedono a rilasciare all'interessato apposita ricevuta da valere, ad ogni effetto, in luogo della documentazione di cui comma medesimo.
13. Le Province, accertato sulla base delle predette segnalazioni l'abbattimento dei nove decimi dei contingenti stabiliti, provvedono a chiudere la caccia nei territori di competenza entro otto giorni dall'avvenuto accertamento dandone nel contempo adeguata pubblicità.
14. Le Province comunicano alla Regione entro il 15 marzo di ciascun anno una valutazione complessiva circa la gestione faunistica dei cinghiali nei rispettivi territori con particolare riferimento agli abbattimenti effettuati nel corso della precedente stagione venatoria anche nell'ambito delle singole zone «a rischio agricolo" durante il periodo di divieto della caccia alla specie.
15. La caccia agli altri ungulati può essere praticata da coloro che risultano in possesso di attestato di idoneità tecnica rilasciato dalie Province previa partecipazione a specifici corsi di istruzione e superamento di un apposito esame.
16. La caccia al capriolo, cervo, daino e camoscio può essere esercitata esclusivamente in forma selettiva. Per caccia di selezione si intende quella praticata individualmente alla cerca o all'aspetto senza l'uso dei cani e con armi a canna rigata di calibro adeguato munite di cannocchiale di mira. Per il prelievo di un definito numero di capi di determinate specie stabilito dalla Provincia su proposta del Comitato di gestione dell'A.T.C. o del C.A. in base ad appositi indagini il capo abbattuto deve essere controllato da un tecnico dell'ambito territoriale di caccia o del comprensorio alpino entro settantadue ore per i rilevamenti del caso e solo dopo sarà a disposizione del cacciatore. Per il recupero dei capi feriti è consentito l'uso dei cani da traccia purché abilitati da prove di lavoro organizzate dall'ENCI. I conduttori di cani da traccia sono abilitati dalla Provincia previo corso di istruzione e superamento di una prova di esame. A tale scopo essi possono fare uso delle armi di cui all'articolo 13 della legge statale. Le operazioni, da svolgersi con l'uso di un solo cane, possono essere effettuate anche fuori degli orari previsti per la caccia e nelle giornate di silenzio venatorio su tutto il territorio previa comunicazione all'A.T.C. o C.A. di competenza. Negli ambiti protetti e nelle aziende venatorie la ricerca viene compiuta con l'autorizzazione della Provincia competente o del titolare dell'azienda venatoria. Le spoglie dell'animale recuperato sono di proprietà del cacciatore che lo ha ferito (48).
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(43) L'ultimo periodo è stato aggiunto dall'art. 9, L.R. 2 ottobre 2000, n. 38. Vedi, anche, l'art. 14 della stessa legge.
(44) Comma così modificato dall'art. 10, L.R. 2 ottobre 2000, n. 38.
(45) Comma aggiunto dall'art. 11, L.R. 13 agosto 2002, n. 31.
(46) Con Delib.G.R. 11 ottobre 2000, n. 1128 sono state approvate direttive agli enti di gestione dei parchi naturali regionali per il controllo faunistico del cinghiale, ai sensi del presente comma.
(47) Comma così sostituito dall'art. 12, L.R. 13 agosto 2002, n. 31. Il testo originario era così formulato: «7. L'abbattimento dei cinghiali all'interno delle zone denominate "a rischio agricolo" è consentito, sia da parte di singoli cacciatori che di squadre secondo le norme regolamentari di cui ai successivi commi.».
(48) Comma così sostituito dall'art. 9, L.R. 3 settembre 2001, n. 28. Il testo originario era così formulato: «16. La caccia al capriolo, cervo, daino e camoscio può essere esercitata esclusivamente in forma selettiva. Per caccia di selezione si intende quella praticata individualmente, alla cerca o all'aspetto, senza l'uso di cani o con armi a canna rigata di calibro adeguato munite di cannocchiale di mira. Per il prelievo di un definito numero di capi di determinate specie stabilito dalla Provincia su proposta del Comitato di gestione in base ad apposite indagini, il capo abbattuto deve essere controllato da un tecnico dell'ambito territoriale di caccia o del comprensorio alpino entro settantadue ore per i rilevamenti del caso e solo dopo sarà a disposizione del cacciatore. Per il recupero dei capi è consentito l'uso dei cani da traccia purché abilitati in prove di lavoro autorizzate dalle Province. I conduttori dei cani da traccia sono abilitati dalle Province previo corso di istruzione e superamento di una prova di esame.».
Art. 36
Controllo della fauna selvatica.
1. Le Province, indipendentemente dalle disposizioni del calendario venatorio, possono restringere il periodo di caccia o vietare l'esercizio sia per talune forme di caccia che in determinate località, alle specie di fauna selvatica di cui all'articolo 35, per importanti e motivate ragioni connesse alla consistenza faunistica o per sopravvenute particolari condizioni ambientali, stagionali o climatiche o per malattie o altre calamità anche su motivata richiesta degli organismi di gestione dei singoli ambiti territoriali di caccia e comprensori alpini.
2. Le Province, per la migliore gestione del patrimonio zootecnico, per la tutela del suolo, per motivi sanitari, per la selezione biologica, per la tutela del patrimonio storico-artistico, per la tutela delle produzioni zoo-agro-forestali ed ittiche, provvedono al controllo della fauna selvatica, esercitato selettivamente. Lo stesso viene praticato di norma mediante l'utilizzo di metodi ecologici su parere dell'Istituto nazionale per la fauna selvatica o su segnalazione delle organizzazioni professionali agricole. Qualora l'Istituto verifichi l'inefficacia dei predetti metodi, la Provincia può autorizzare piani di abbattimento. Tali piani devono essere attuati dalle guardie venatorie dipendenti dalle Province. Queste ultime possono avvalersi dei proprietari o conduttori dei fondi sui quali si attuano i piani medesimi, purché muniti di licenza per l'esercizio venatorio nonché delle guardie forestali e delle guardie comunali munite di licenza per l'esercizio venatorio e di cacciatori e conduttori di cani.
3. Nel caso che il controllo della fauna selvatica sia effettuato all'interno dei territori inclusi nel sistema regionale delle aree protette definito dalla legge regionale di adeguamento alla legge 6 dicembre 1991, n. 394 (legge quadro sulle aree protette), lo stesso deve essere attuato così come previsto all'articolo 35, comma 6.
4. Il controllo della fauna selvatica per motivi sanitari o per la tutela del patrimonio storico-artistico all'interno dei centri urbani può essere autorizzato dalla Provincia su conforme parere dell'Unità sanitaria locale e sentito l'Istituto nazionale della Fauna Selvatica.
5. La Provincia, per comprovate ragioni di protezione dei fondi coltivati e degli allevamenti nonché di riequilibrio faunistico, può effettuare su proposta delle organizzazioni professionali agricole maggiormente rappresentative a livello nazionale tramite le loro strutture regionali, nel rispetto delle disposizioni della legge 14 agosto 1991, n. 281 (legge quadro in materia di animali di affezione e prevenzione del randagismo) e della legge regionale 24 marzo 1994, n. 16 (nuove norme in materia di randagismo), piani di controllo delle forme domestiche di specie selvatiche e delle forme inselvatichite di specie domestiche.
Art. 37
Importazione di fauna selvatica dall'estero.
1. L'introduzione dall'estero di fauna selvatica viva, purché appartenente alle specie autoctone presenti nel territorio regionale, può essere effettuata in via eccezionale e su autorizzazione della Provincia solo a scopo di ripopolamento e di miglioramento genetico, sentito l'Istituto nazionale per la fauna selvatica.
2. Al fine di prevenire la diffusione di malattie infettive e di garantire l'idoneità della fauna selvatica destinata al ripopolamento, i capi, provenienti da allevamenti nazionali o introdotti dall'estero, prima dell'immissione devono essere sottoposti al controllo sanitario a cura del servizio veterinario dell'Unità sanitaria locale competente.
3. Le autorizzazioni sono accordate dalla Provincia, conformemente a quanto stabilito dall'articolo 20 della legge n. 157 del 1992, prioritariamente a ditte che dispongono di adeguate strutture ed attrezzature per ogni singola specie di selvatici, al fine di avere le opportune garanzie per i controlli, le eventuali quarantene e i relativi controlli sanitari.
4. Tutti i soggetti immessi debbono essere muniti di apposito contrassegno inamovibile.
TITOLO VI
Condizioni per l'esercizio della caccia.
Art. 38
Esercizio dell'attività venatoria.
1. L'attività venatoria è esercitata secondo le norme di cui all'articolo 12 della legge n. 157 del 1992.
2. Ai fini dell'esercizio dell'attività venatoria il tesserino regionale di cui all'articolo 12 comma 12 della legge n. 157 del 1992 è rilasciato annualmente dalla Provincia di residenza e distribuito dalle associazioni venatorie riconosciute a livello nazionale. Nello stesso sono indicate le specifiche norme inerenti il calendario regionale nonché la forma di caccia prescelta in via esclusiva e le zone ove è consentita l'attività venatoria.
3. Nel tesserino deve essere, altresì, indicato l'ambito territoriale di caccia o comprensorio alpino dove il cacciatore è autorizzato ad esercitare l'attività venatoria e le eventuali sospensioni o revoche della licenza di porto di fucile uso caccia nonché della sospensione del tesserino regionale.
4. A decorrere dall'annata venatoria 2000/2001 è adottato il modello di tesserino venatorio a lettura ottica, predisposto dalla Regione Liguria (49).
5. Il rilascio del tesserino è subordinato alla riconsegna di quello usato dal richiedente nell'ultima stagione venatoria (50).
6. Ad ogni cacciatore può essere rilasciato un solo duplicato del tesserino di cui al comma 1 (51).
7. All'inizio della giornata di caccia il cacciatore deve indicare con l'apposizione di un pallino eseguito a penna ad inchiostro indelebile di colore blu scuro o nero, negli appositi riquadri rossi del tesserino venatorio, le seguenti informazioni:
a) il tipo di caccia (da appostamento, vagante, di selezione agli ungulati);
b) il giorno;
c) il mese;
d) la sigla dell'A.T.C. o C.A. prescelto (se fuori Regione indicare la sigla dell'A.T.C. negli appositi spazi in bianco) (52).
8. Il cacciatore deve inoltre indicare con l'apposizione di un pallino negli appositi riquadri rossi di riferimento alla specie di fauna stanziale, al momento del recupero, il comprovato abbattimento (53).
9. I capi di fauna migratoria devono essere segnati al termine della giornata di caccia negli appositi riquadri di riferimento alle specie mediante l'apposizione di un pallino per ogni capo abbattuto (54).
10. Per i cacciatori provenienti da altre Regioni, autorizzati ad esercitare l'attività venatoria negli A.T.C. o C.A. della Liguria ed in possesso di tesserini non compatibili con le modalità di compilazione vigenti nel territorio ligure, la Provincia territorialmente competente, su richiesta degli interessati, rilascia il tesserino venatorio della Regione Liguria con la dicitura "non residente". Ai fini della rilevazione statistica, il tesserino dovrà essere restituito entro il 31 marzo alla Provincia che lo ha rilasciato. 1 cacciatori di cui al presente comma devono altresì compilare i propri tesserini regionali per quanto riguarda giornate e abbattimenti (55).
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(49) Gli attuali commi da 4 a 10 così sostituiscono gli originari commi 4 e 5 per effetto dell'art. 11, L.R. 2 ottobre 2000, n. 38. Il testo dei commi sostituiti era il seguente: «4. Il cacciatore deve annotare sul tesserino regionale all'inizio delle giornate di caccia le giornate di esercizio venatorio e, ad ogni abbattimento, la specie e il numero di capi abbattuti.
5. Il tesserino regionale deve essere restituito alla Provincia che lo ha rilasciato entro il 30 marzo di ogni anno, ai fini delle elaborazioni statistiche da effettuare a cura della Provincia stessa.».
(50) Gli attuali commi da 4 a 10 così sostituiscono gli originari commi 4 e 5 per effetto dell'art. 11, L.R. 2 ottobre 2000, n. 38. Il testo dei commi sostituiti era il seguente: «4. Il cacciatore deve annotare sul tesserino regionale all'inizio delle giornate di caccia le giornate di esercizio venatorio e, ad ogni abbattimento, la specie e il numero di capi abbattuti.
5. Il tesserino regionale deve essere restituito alla Provincia che lo ha rilasciato entro il 30 marzo di ogni anno, ai fini delle elaborazioni statistiche da effettuare a cura della Provincia stessa.».
(51) Gli attuali commi da 4 a 10 così sostituiscono gli originari commi 4 e 5 per effetto dell'art. 11, L.R. 2 ottobre 2000, n. 38. Il testo dei commi sostituiti era il seguente: «4. Il cacciatore deve annotare sul tesserino regionale all'inizio delle giornate di caccia le giornate di esercizio venatorio e, ad ogni abbattimento, la specie e il numero di capi abbattuti.
5. Il tesserino regionale deve essere restituito alla Provincia che lo ha rilasciato entro il 30 marzo di ogni anno, ai fini delle elaborazioni statistiche da effettuare a cura della Provincia stessa.».
(52) Gli attuali commi da 4 a 10 così sostituiscono gli originari commi 4 e 5 per effetto dell'art. 11, L.R. 2 ottobre 2000, n. 38. Il testo dei commi sostituiti era il seguente: «4. Il cacciatore deve annotare sul tesserino regionale all'inizio delle giornate di caccia le giornate di esercizio venatorio e, ad ogni abbattimento, la specie e il numero di capi abbattuti.
5. Il tesserino regionale deve essere restituito alla Provincia che lo ha rilasciato entro il 30 marzo di ogni anno, ai fini delle elaborazioni statistiche da effettuare a cura della Provincia stessa.».
(53) Gli attuali commi da 4 a 10 così sostituiscono gli originari commi 4 e 5 per effetto dell'art. 11, L.R. 2 ottobre 2000, n. 38. Il testo dei commi sostituiti era il seguente: «4. Il cacciatore deve annotare sul tesserino regionale all'inizio delle giornate di caccia le giornate di esercizio venatorio e, ad ogni abbattimento, la specie e il numero di capi abbattuti.
5. Il tesserino regionale deve essere restituito alla Provincia che lo ha rilasciato entro il 30 marzo di ogni anno, ai fini delle elaborazioni statistiche da effettuare a cura della Provincia stessa.».
(54) Gli attuali commi da 4 a 10 così sostituiscono gli originari commi 4 e 5 per effetto dell'art. 11, L.R. 2 ottobre 2000, n. 38. Il testo dei commi sostituiti era il seguente: «4. Il cacciatore deve annotare sul tesserino regionale all'inizio delle giornate di caccia le giornate di esercizio venatorio e, ad ogni abbattimento, la specie e il numero di capi abbattuti.
5. Il tesserino regionale deve essere restituito alla Provincia che lo ha rilasciato entro il 30 marzo di ogni anno, ai fini delle elaborazioni statistiche da effettuare a cura della Provincia stessa.».
(55) Gli attuali commi da 4 a 10 così sostituiscono gli originari commi 4 e 5 per effetto dell'art. 11, L.R. 2 ottobre 2000, n. 38. Il testo dei commi sostituiti era il seguente: «4. Il cacciatore deve annotare sul tesserino regionale all'inizio delle giornate di caccia le giornate di esercizio venatorio e, ad ogni abbattimento, la specie e il numero di capi abbattuti.
5. Il tesserino regionale deve essere restituito alla Provincia che lo ha rilasciato entro il 30 marzo di ogni anno, ai fini delle elaborazioni statistiche da effettuare a cura della Provincia stessa.».
Art. 39
Mezzi per l'esercizio dell'attività venatoria.
1. L'attività venatoria è consentita con l'uso dei mezzi disciplinati dall'articolo 13 della legge n. 157 del 1992.
Art. 40
Abilitazione all'esercizio venatorio.
1. L'abilitazione venatoria è necessaria per il rilascio della prima licenza di porto d'armi per uso di caccia e per il rinnovo della stessa in caso di revoca.
2. Ogni Provincia nomina una commissione per il conseguimento dell'abilitazione all'esercizio venatorio a seguito di esami pubblici. La durata della commissione corrisponde a quella effettiva del consiglio provinciale.
3. La commissione è composta:
a) da un funzionario provinciale che la presiede, designato dalla Provincia;
b) da cinque membri effettivi e da cinque supplenti, esperti nelle materie di cui al comma 4, di cui almeno un laureato in scienze biologiche o in scienze naturali esperto in vertebrati omeotermi, designati dalle Province;
c) da un dipendente della Provincia con funzioni di segretario.
Per le indennità spettanti ai componenti della commissione si applicano le norme di cui alla legge regionale 5 marzo 1984, n. 13 e successive modificazioni e integrazioni.
4. La Giunta regionale stabilisce le modalità per lo svolgimento degli esami, che devono in particolare riguardare le seguenti materie:
a) legislazione venatoria;
b) zoologia applicata alla caccia con prove pratiche di riconoscimento delle specie cacciabili;
c) armi e munizioni da caccia e relativa legislazione;
d) tutela della natura e principi di salvaguardia della produzione agricola;
e) norme di pronto soccorso.
5. L'abilitazione è concessa se il giudizio è favorevole in tutte le materie con un giudizio di idoneità; in caso di idoneità il presidente della commissione rilascia il relativo attestato.
6. Coloro i quali siano stati giudicati inidonei non possono sostenere la prova d'esame prima che siano trascorsi tre mesi.
7. Alla domanda per sostenere la prova d'esame, da presentarsi alla Provincia ove risiede il candidato, debbono essere allegati:
a) il certificato di residenza;
b) il certificato medico di idoneità psico-fisica all'esercizio venatorio rilasciato in conformità alle vigenti disposizioni di legge.
8. Le Province organizzano corsi di preparazione per il conseguimento dell'abilitazione venatoria e per l'aggiornamento sui contenuti innovativi della presente legge, avvalendosi anche della collaborazione delle associazioni venatorie riconosciute.
9. Nei dodici mesi successivi al rilascio della prima licenza di porto d'armi, il cacciatore può praticare l'esercizio venatorio solo se accompagnato da cacciatore in possesso di licenza rilasciata da almeno tre anni che non abbia commesso violazioni alle norme vigenti in materia comportanti la sospensione o la revoca della licenza ai sensi dell'articolo 32 della legge n. 157 del 1992.
10. Le norme di cui al presente articolo si applicano anche per l'esercizio della caccia mediante l'uso dell'arco e del falco.
11. La Provincia tiene il registro degli abilitati all'esercizio venatorio contenente i dati anagrafici, gli estremi del rilascio di abilitazione e del tesserino nonché quelli delle sanzioni, anche accessorie, applicate.
Art. 41
Tasse di concessione regionale.
1. La Regione, per conseguire i mezzi finanziari necessari per realizzare i fini previsti dalla presente legge e dalla legge n. 157 del 1992 istituisce una tassa di concessione regionale per il rilascio dell'abilitazione all'esercizio venatorio nella misura prevista dalla tariffa delle tasse sulle concessioni regionali ai sensi dell'articolo 3 della legge 16 maggio 1970, n. 281 (provvedimenti finanziari per l'attuazione delle Regioni a statuto ordinario) e dell'articolo 23 comma 2 della legge n. 157 del 1992.
2. Sono inoltre soggetti a tasse annuali di concessione regionale gli appostamenti fissi, i centri privati di produzione della selvaggina allo stato naturale, le aziende faunistico-venatorie e le aziende agri- turistico-venatorie nella misura prevista dalla tariffa delle tasse sulle concessioni regionali.
3. Con decorrenza 1° gennaio 1994 le voci ai numeri d'ordine 15, 16 e 17 della tariffa delle tasse sulle concessioni regionali di cui alla legge regionale 15 giugno 1981, n. 21 così come modificata dalla legge regionale 13 gennaio 1993, n. 1, sono quelle riportate nell'allegato A che forma parte integrante della presente legge.
4. La tassa per l'abilitazione venatoria non è dovuta qualora durante l'anno il cacciatore eserciti l'attività venatoria esclusivamente all'estero.
5. Nel caso di diniego della licenza di porto di fucile per uso di caccia la tassa regionale deve essere rimborsata. La tassa di concessione regionale viene rimborsata anche al cacciatore che rinuncia prima dell'inizio della stagione venatoria all'assegnazione dell'ambito territoriale di caccia o del comprensorio alpino. La tassa di rinnovo non è dovuta qualora non si eserciti la caccia durante l'anno.
Art. 42
Utilizzazione dei proventi delle tasse regionali.
1. I proventi delle tasse di cui ai commi 1 e 2 dell'articolo 41 nella percentuale del 90 per cento sono destinati alle Province per esercitare le funzioni amministrative di cui alla legge n. 157 del 1992 e alla presente legge sulla base dei seguenti parametri:
a) 30 per cento in rapporto al numero dei cacciatori residenti nel territorio di ciascuna provincia;
b) 70 per cento in rapporto al territorio agro-silvo-pastorale.
2. Le Province possono rimettere gli ambiti territoriali di caccia e ai comprensori alpini fino ad un massimo del 30 per cento delle somme loro assegnate dalla Regione per l'esercizio delle funzioni amministrative, sulla base dei programmi di intervento di cui all'articolo 22.
Art. 43
Risarcimento dei danni provocati dalla fauna selvatica e nell'esercizio dell'attività venatoria.
1. Le Province destinano una somma non inferiore al 10 per cento delle somme loro assegnate ai sensi dell'articolo 42 alla costituzione di un fondo per la prevenzione e il risarcimento dei danni non altrimenti risarcibili arrecati alle produzioni agricole, zootecniche e alle altre opere approntate sui terreni coltivati e a pascolo dalla fauna selvatica, in particolare da quella protetta, e nell'esercizio dell'attività venatoria e cinofila.
2. Le Province provvedono a disciplinare con proprio regolamento il funzionamento del fondo di cui al comma 1, alla cui gestione è proposto un apposito Comitato (56).
3. Gli eventuali stanziamenti di cui al comma 1 non utilizzati sono impiegati dalle Province per l'esercizio delle funzioni amministrative di cui alla legge n. 157 del 1992 e alla presente legge.
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(56) Vedi anche l'art. 2, L.R. 7 agosto 1996, n. 36.
TITOLO VII
Divieti, vigilanza, sanzioni.
Art. 44
Divieto di uccellagione e di cattura di mammiferi.
1. Ogni forma di uccellagione e di cattura di uccelli e di mammiferi selvatici nonché il prelievo di uova, nidi e piccoli nati sono vietati a norma dell'articolo 3 della legge n. 157 del 1992.
Art. 45
Cattura temporanea e inanellamento.
1. La Regione, su parere dell'Istituto nazionale per la fauna selvatica, può autorizzare esclusivamente gli istituti scientifici dell'Università, il Consiglio nazionale delle ricerche e i musei di storia naturale ad effettuare, a scopo di studio e ricerca scientifica, la cattura temporanea e l'utilizzazione di mammiferi ed uccelli nonché il prelievo di uova, nidi e piccoli nati.
2. L'attività di cattura temporanea per l'inanellamento degli uccelli a scopo scientifico è autorizzata dalla Regione ed è organizzata dall'Istituto nazionale per la fauna selvatica. L'attività di inanellamento può essere svolta esclusivamente dai titolari di specifica autorizzazione, rilasciata dalla Giunta regionale su parere favorevole dell'Istituto nazionale per la fauna selvatica; il parere favorevole è comunque subordinato alla partecipazione a specifici corsi di istruzione, organizzati dallo stesso Istituto, ed al superamento del relativo esame finale.
3. La Regione, sentito il parere dell'Istituto nazionale per la fauna selvatica, autorizza le Province a svolgere l'attività di cattura per l'inanellamento e per la cessione dei richiami vivi consentiti per le forme di caccia espressamente previste dalla presente legge. Per la gestione degli impianti di cattura autorizzati le Province si avvalgono anche tramite convenzioni, di personale qualificato che abbia superato gli esami di cui al comma 2. L'Istituto nazionale per la fauna selvatica svolge compiti di controllo e di certificazione dell'attività svolta dagli impianti stessi e ne determina il periodo di attività.
4. La cattura per la cessione a fini di richiamo è consentita solo per esemplari appartenenti alle seguenti specie: cesena, tordo sassello, tordo bottaccio, storno, merlo, colombaccio, pavoncella, allodola, passero, passera mattugia. Gli esemplari appartenenti ad altre specie eventualmente catturati devono essere immediatamente liberati.
5. Chiunque rinviene uccelli inanellati deve darne notizia all'Istituto nazionale per la fauna selvatica, alla Provincia o al Comune nel cui territorio è avvenuto il rinvenimento che provvedono ad informare il predetto Istituto.
6. Le Province possono stipulare accordi con altre Province ai fini dell'approvvigionamento di limitate quantità di richiami vivi per la cessione.
7. Le Province, su parere dell'Istituto nazionale per la fauna selvatica, disciplinano con apposito regolamento l'inanellamento con anelli numerati inamovibili, l'uso e la sostituzione dei richiami vivi, compresi quelli già legalmente detenuti all'entrata in vigore della presente legge ai sensi delle normative vigenti.
Art. 46
Tassidermia.
1. L'attività di tassidermia ed imbalsamazione e la detenzione o il possesso di preparazioni tassidermiche e trofei sono disciplinate dalla legge regionale 25 gennaio 1984, n. 7, integrata dalle sanzioni previste dalla legge n. 157 del 1992.
Art. 47
Altri divieti.
1. Oltre quanto previsto dall'articolo 21 comma 1 della legge n. 157 del 1992 è vietato:
a) cacciare la fauna selvatica ad una distanza minore di 1000 metri dai valichi montani interessati dalle rotte migratorie individuate dalla Regione su indicazione dell'Istituto nazionale per la fauna selvatica e di un opportuno studio a livello regionale situati sullo spartiacque alpino e appenninico, tirrenico-padano, indipendentemente dalla loro quota;
b) disturbare la fauna selvatica negli ambiti protetti, nelle aziende faunistico-venatorie con metodi e mezzi non giustificati o comunque tali da allontanarla o impedirne la sosta o la riproduzione;
c) esercitare la caccia in un ambito territoriale di caccia o comprensorio alpino diverso da quello assegnato;
d) esercitare la caccia senza avere effettuato le prescritte annotazioni sul tesserino regionale;
e) addestrare i cani nei fondi chiusi e nei terreni in attualità di coltivazione e comunque al di fuori delle modalità e dei termini indicati nel calendario venatorio regionale;
f) immettere cinghiali sia a fini di ripopolamento sia ad ogni altro fine.
2. [È altresì vietato sparare a distanza inferiore a 50 metri limitatamente al tracciato dell'Alta Via dei Monti Liguri escluse le vie di accesso. È consentito l'attraversamento con il fucile carico in posizione di sicurezza] (57).
3. L'utilizzo di apparati di radiocomunicazione durante l'attività venatoria è consentito esclusivamente per motivi di sicurezza e limitato all'utilizzo di apparati di debole potenza denominati CB e ai telefono cellulari (58).
4. È vietato cacciare sui terreni coperti in tutto o per la maggior parte da neve. Per terreni coperti nella maggior parte dalla neve si intendono i terreni circostanti il punto di osservazione, coperti da un manto di neve per oltre la metà della propria estensione, a vista d'occhio, con esclusione della cosiddetta spruzzata (59).
5. Le province sulla base di specifiche e motivate esigenze, possono autorizzare la caccia agli ungulati in deroga a quanto previsto dal comma 4 (60).
6. Non sono mai consentite né la posta né la caccia da appostamento, sia temporaneo che fisso, sotto qualsiasi forma alla beccaccia e al beccaccino. L'attività venatoria alla beccaccia si intende praticabile esclusivamente dal sorgere del sole al tramonto, in forma vagante (61).
7. È vietato il trasporto all'interno dei centri abitati, nelle zone ove è vietata l'attività venatoria, ed anche a bordo di veicoli di qualunque genere di armi da sparo per uso venatorio che non siano scariche e in custodia. È consentito il trasferimento del fucile non in custodia purché visibilmente scarico, nell'attraversamento delle aie e delle corti o altre pertinenze di fabbricati rurali, dal luogo di deposito e/o custodia abituale alla zona venatoria prescelta e viceversa, nonché nell'attraversamento di strade e di vie di comunicazione durante la battuta di caccia (62).
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(57) Comma abrogato dall'art. 3, comma 1, lettera c), L.R. 4 settembre 2001, n. 31.
(58) Comma aggiunto dall'art. 2, L.R. 8 settembre 1999, n. 29.
(59) Comma aggiunto dall'art. 10, L.R. 3 settembre 2001, n. 28.
(60) Comma aggiunto dall'art. 10, L.R. 3 settembre 2001, n. 28.
(61) Comma aggiunto dall'art. 10, L.R. 3 settembre 2001, n. 28.
(62) Comma aggiunto dall'art. 10, L.R. 3 settembre 2001, n. 28.
Art. 48
Vigilanza venatoria.
1. La vigilanza sull'applicazione della presente legge è affidata alle Province e viene svolta dai soggetti indicati dagli articoli 27 e 29 con i poteri di cui all'articolo 28 della legge n. 157 del 1992 (63).
2. Il riconoscimento della qualifica di guardia venatoria volontaria di cui all'articolo 27 comma 1 lettera b) della legge n. 157 del 1992 è subordinata alla frequenza di corsi di qualificazione organizzati dalle Province ed al conseguimento di un attestato di idoneità previo esame della commissione istituita dalla Provincia stessa, nel rispetto dell'articolo 27 comma 4 della legge n. 157 del 1992.
3. Le guardie venatorie volontarie ai fini della presente legge sono agenti di polizia amministrativa e titolari dei poteri di cui all'articolo 13 della legge 24 novembre 1981, n. 689 (modifiche al sistema penale).
4. Gli agenti dipendenti dalle Province e le guardie volontarie operano nell'ambito della circoscrizione territoriale di competenza.
5. A tutti i soggetti cui è affidata la vigilanza venatoria ai sensi del presente articolo è vietata la caccia durante l'esercizio delle loro funzioni.
6. Agli agenti di vigilanza di cui all'articolo 27 comma 1 lettera a) e comma 2 della legge n. 157 del 1992 è altresì vietato l'esercizio venatorio nell'ambito del territorio in cui esercitano la funzione. A tal fine per eventuali richiedenti in ogni ambito territoriale di caccia o comprensorio alpino è riservato un congruo numero di posti per gli agenti di vigilanza che prestino servizio negli ambiti o comprensori adiacenti.
7. I corsi di preparazione e di aggiornamento delle guardie per lo svolgimento delle funzioni di vigilanza sull'esercizio venatorio, sulla tutela dell'ambiente e della fauna selvatica e sulla salvaguardia delle produzioni agricole possono essere organizzati anche dalle associazioni di cui all'articolo 27 comma 1 lettera b) della legge n. 157 del 1992 con l'autorizzazione e la vigilanza della Provincia.
8. La vigilanza sull'applicazione delle leggi per la protezione della fauna selvatica, per la tutela dell'ambiente e la salvaguardia delle produzioni agricole è altresì affidata ai soggetti indicati all'articolo 27 della legge n. 157 del 1992.
9. Ai soggetti in possesso della qualifica di guardia venatoria alla data di entrata in vigore della presente legge non è richiesto l'attestato di idoneità di cui al comma 2.
10. Le Province coordinano l'attività di vigilanza delle guardie volontarie delle associazioni agricole, venatorie e di protezione ambientale. Le guardie volontarie prestano il servizio disarmate.
11. Il Consiglio regionale, con apposito regolamento proposto dalla Giunta, da emanarsi entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, detta norma per uniformare i criteri di selezione, formazione e aggiornamento professionale degli agenti di vigilanza venatoria delle Province. Tale regolamento stabilisce altresì le disposizioni volte ad uniformare i criteri di svolgimento dei servizi di controllo espletati sul territorio da detto personale.
12. Le Province comunicano alle Procure della Repubblica territorialmente interessate i nominativi dei dipendenti inquadrati nell'area di vigilanza, quale il personale di livello superiore al V e i capi-pattuglia, cui viene riconosciuta la qualifica di ufficiale di polizia giudiziaria ai sensi dell'articolo 57 del codice di procedura penale.
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(63) Vedi, anche, l'art. 5, L.R. 2 ottobre 2000, n. 38.
Art. 49
Sanzioni amministrative.
1. Salvo che il fatto non costituisca un reato previsto dall'articolo 30 comma 1 della legge n. 157 del 1992 o non sia altrimenti sanzionato dall'articolo 31 comma 1 della stessa legge, si applica la sanzione amministrativa da lire 100.000 a lire 600.000 per ogni violazione delle disposizioni della presente legge, delle conseguenti norme regolamentari applicative anche provinciali e della legge n. 157 del 1992. La stessa sanzione si applica a chi abusa o usa impropriamente la tabellazione dei terreni. L'immissione abusiva di cinghiali sul territorio è sanzionata mediante il pagamento della somma da lire 300.000 a lire 1.200.000 a capo. La ritardata riconsegna dei tesserini venatori di cui all'articolo 38, comma 5 della presente legge, è sanzionata mediante il pagamento della somma da lire 20.000 a lire 120.000. Per il ferimento o l'abbattimento senza autorizzazione di esemplari di camoscio, capriolo o daino si applica la sanzione amministrativa da lire un milione a lire sei milioni (64).
2. All'accertamento e alla contestazione delle violazioni e alle funzioni conseguenti il mancato pagamento della sanzione in misura ridotta provvede la Provincia ai sensi della legge regionale 2 dicembre 1982, n. 45.
3. I proventi derivanti dall'applicazione delle sanzioni amministrative pecuniarie sono Introitati dalla Provincia territorialmente competente. Sono altresì introitati dalla Provincia i proventi derivanti dalla vendita di fauna morta sequestrata ai sensi dell'articolo 28 comma 3 della legge n. 157 del 1992.
4. Ai sensi dell'articolo 31 comma 3 della legge n. 157 del 1992, per le violazioni alle disposizioni previste dalla Regione con propria normativa o con l'approvazione del calendario venatorio e concernenti l'abbattimento di fauna selvatica non soggetta già a sospensione della licenza di caccia ai sensi della legge medesima, si sospende il rilascio del tesserino regionale per tre mesi. In caso di recidiva la sospensione del rilascio ha durata per anni uno.
5. Si applica altresì la sospensione del tesserino regionale per un periodo minimo di novanta giorni per le violazioni alle disposizioni regionali e provinciali inerenti la caccia agli ungulati. In caso di recidiva è sospeso il rilascio del tesserino per un anno elevabile a due anni per l'abbattimento senza autorizzazione di esemplari di camoscio, capriolo o daino (65).
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(64) L'ultimo periodo è stato aggiunto dall'art. 3, comma 1, L.R. 8 settembre 1999, n. 29.
(65) Comma così modificato dall'art. 3, comma 2, L.R. 8 settembre 1999, n. 29.
Art. 50
Rapporti sull'attività di vigilanza.
1. La Regione entro il mese di maggio di ciascun anno trasmette al Ministro competente un rapporto informativo nel quale, sulla base di dettagliate relazioni fornite dalle Province, è riportato lo stato dei servizi preposti alla vigilanza, il numero degli accertamenti effettuati in relazione alle singole fattispecie di illecito e un prospetto riepilogativo delle sanzioni amministrative e delle misure accessorie applicate secondo quanto disposto dall'articolo 33 comma 1 della legge n. 157 del 1992.
TITOLO VIII
Norme finali e transitorie.
Art. 51
Commissione faunistico-venatoria regionale.
1. Per assolvere le proprie funzioni la Regione, oltre che dei pareri dell'Istituto nazionale per la fauna selvatica nei casi previsti dalla legge n. 157 del 1992, può avvalersi della consulenza tecnico-scientifica della commissione faunistico-venatoria regionale nominata dalla Giunta regionale e composta da:
a) l'Assessore regionale alla caccia o, in caso di assenza o impedimento, un suo delegato con funzioni di Presidente;
b) i Presidenti delle Province o, in caso di assenza o impedimento, loro delegati;
c) il responsabile del Servizio regionale competente in materia di caccia ed il responsabile del Servizio regionale in materia veterinaria o loro delegati;
d) tre rappresentanti delle organizzazioni professionali agricole maggiormente rappresentative a livello nazionale designati dalle rispettive associazioni;
e) un rappresentante per ogni associazione venatoria riconosciuta a livello nazionale ed organizzata a livello regionale, designato dalle rispettive associazioni;
f) un rappresentante per ognuna delle associazioni di protezione ambientale presenti nel consiglio nazionale per l'ambiente riconosciute dal Ministro dell'Ambiente ed organizzate a livello regionale, designato dalle rispettive associazioni e un rappresentante dell'Ente nazionale protezione animali (E.N.P.A.);
g) tre docenti o esperti faunistici indicati dall'Università di Genova, Istituto di zoologia;
h) un rappresentante dell'Ente Nazionale Cinofilia Italiana, delegazione della Liguria;
i) un rappresentante del Corpo forestale dello Stato.
Svolge le funzioni di segretario un dipendente regionale appositamente nominato.
2. Alla nomina della Commissione si procede quando con le designazioni pervenute si raggiunga almeno la metà più uno dei componenti.
3. Ai componenti della Commissione di cui al comma 1 vengono corrisposti, se dovuti, i compensi e i rimborsi spese previsti dalla legge regionale 5 marzo 1984, n. 13 e successive modifiche e integrazioni.
4. La commissione ha sede presso la Regione e dura in carica cinque anni.
5. La commissione si riunisce su convocazione del Presidente o su richiesta di almeno un terzo dei componenti ed è validamente costituita con la partecipazione di almeno la metà più uno dei suoi rappresentanti.
Art. 52
Comitato faunistico-venatorio provinciale.
1. Ogni Provincia istituisce, entro quattro mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, un comitato faunistico-venatorio di cui si avvale, quale organo tecnico-consultivo, per l'espletamento delle funzioni in materia di caccia. Ogni comitato è composto da:
a) il Presidente della Giunta provinciale, o un componente della stessa da lui delegato, in qualità di Presidente del comitato;
b) il responsabile del servizio provinciale competente in materia di caccia;
c) un rappresentante per ognuna delle associazioni venatorie riconosciute in sede nazionale e che risulti presente ed organizzata nella Provincia. La Federazione Italiana della Caccia ha due rappresentanti;
d) un rappresentante per ognuna delle organizzazioni professionali agricole nazionali designato dalle organizzazioni di appartenenza;
e) un rappresentante per ciascuna delle associazioni di protezione ambientale e degli Enti di cui alla lettera f) dell'articolo 51 quando abbiano presenza ed organizzazione propria nell'ambito della provincia (66);
f) un docente o esperto faunistico indicato dall'Università di Genova - Istituto di zoologia;
g) il responsabile dell'Ispettorato ripartimentale delle foreste;
h) il responsabile del Servizio provinciale agro-alimentare della Regione;
i) un medico veterinario esperto in materia faunistica designato dal competente Ordine provinciale dei veterinari.
2. I componenti del comitato durano in carica cinque anni e decadono in caso di assenza ingiustificata a tre sedute consecutive.
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(66) Lettera così sostituita dall'art. 4, L.R. 8 settembre 1999, n. 29: «e) un rappresentante per ognuno dei seguenti enti, associazioni ed organizzazioni: Ente nazionale protezione animali, Italia Nostra, World Wildlife Fund, Federazione Pro Natura, Ente nazionale cinofilia italiana, Unione zoologica italiana, Lega italiana protezione uccelli, Legambiente quando gli stessi sono presenti ed organizzati nella provincia;».
Art. 53
Norma finanziaria.
1. Agli oneri derivanti dalla presente legge si provvede mediante gli stanziamenti iscritti nel bilancio di previsione per l'anno finanziario 1994 ai seguenti capitoli:
a) stato di previsione dell'entrata:
- cap. 0115 «Tasse regionali in materia di caccia previste dall'articolo 23 della legge 11 febbraio 1992, n. 157, destinate al finanziamento degli interventi previsti dalla medesima legge per l'esercizio delle funzioni trasferite in materia di caccia»;
b) stato di previsione della spesa:
- 0628 la cui denominazione e così modificata: «Spese per studi, indagini ed iniziative previsti dalla legge regionale per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio»;
- 2630 la cui denominazione è così modificata: «Somme corrispondenti al 90 per cento delle tasse di cui alla legge regionale per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio da ripartire tra le Province per il finanziamento delle funzioni amministrative in materia ad esse attribuite»;
- 2635 la cui denominazione è così modificata: «Spese occorrenti per l'esercizio delle funzioni amministrative in materia di protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio».
2. Agli oneri di cui all'articolo 51 comma 3 si provvede mediante le seguenti variazioni allo stato di previsione della spesa del bilancio per l'anno finanziario 1994:
- riduzione di lire 2.000.000 in termini di competenza e di cassa del capitolo 2635 «Spese occorrenti per l'esercizio delle funzioni amministrative in materia di protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio»;
- istituzione del capitolo 2636 «Spese per compensi, gettoni di presenza, rimborso spese ai componenti della Commissione faunistico-venatoria regionale» con lo stanziamento di lire 2.000.000 in termini di competenza e di cassa.
3. Agli oneri per gli esercizi successivi si provvede con legge di bilancio.
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Art. 54
Norme transitorie.
1. In attesa dell'approvazione dei piani faunistico-venatori e comunque per la sola annata venatoria 1994-1995, continuano a valere in luogo delle zone da determinare ai sensi dell'articolo 10 comma 3 della legge n. 157 del 1992 le delimitazioni delle oasi di protezione, delle zone di ripopolamento e cattura e dei centri pubblici di produzione di selvaggina effettuate ai sensi della legge n. 968 del 1977. Per la medesima annata venatoria le Province provvedono ad una delimitazione provvisoria degli ambiti territoriali di caccia e dei comprensori alpini.
2. Le Province provvedono alla delimitazione definitiva a partire dalla stagione venatoria 1995-1996, secondo le procedure di cui all'articolo 7.
3. La Giunta regionale, entro sessanta giorni dall'entrata in vigore della presente legge, predispone i moduli per la presentazione delle domande di accesso ai sensi degli articoli 25 e 26 e fissa le relative date di presentazione in prima applicazione.
4. In prima costituzione il comitato di gestione è insediato con atto del Presidente della Provincia entro trenta giorni dalla designazione dei soggetti interessati e i rappresentanti di cui all'articolo 20 comma 4 lettera a) in attesa della costituzione dell'assemblea degli iscritti, sono designati dalle associazioni venatorie nazionali riconosciute ed organizzate sul territorio regionale, maggiormente rappresentate a livello provinciale. Il comitato di gestione così costituito dura in carica due anni.
5. Sono fatte salve le autorizzazioni agli appostamenti fissi costituiti prima dell'entrata in vigore della presente legge in attesa dell'approvazione del piano faunistico venatorio provinciale.
6. In fase di prima applicazione si applicano i criteri di omogeneità e congruenza per la pianificazione faunistico venatoria di cui all'articolo 10 comma 11 della legge n. 157 del 1992, in quanto compatibili.
7. Entro sessanta giorni dall'entrata in vigore della presente legge (67) coloro che detengano richiami vivi appartenenti a specie non più consentite ovvero, se appartenenti a specie consentite, ne detengano un numero superiore a quello stabilito, sono tenuti a farne denuncia alla Provincia al fine di regolarizzare la detenzione.
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(67) Termine prorogato al 30 settembre 1995 dall'art. 3, L.R. 14 agosto 1995, n. 42.
Art. 55
Abrogazione di norme.
1. Sono abrogate le seguenti leggi regionali:
a) 24 giugno 1976, n. 21;
b) 1° giugno 1979, n. 19;
c) 31 dicembre 1984, n. 55;
d) 25 agosto 1989, n. 38.
2. Sono altresì abrogate le seguenti norme:
a) articolo 4 comma 1 lettera h) della legge regionale 25 gennaio 1993, n. 5 come sostituita dall'articolo 4 della legge regionale 16 agosto 1993, n. 38 (68);
b) articolo 5 commi 1 e 2 della legge regionale 18 dicembre 1992, n. 39.
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(68) La suddetta lettera h) è stata poi di nuovo introdotta dall'art. 4, L.R. 7 settembre 1994, n. 47.
Art. 56
Dichiarazione d'urgenza.
1. La presente legge regionale è dichiarata urgente ed entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione del Bollettino Ufficiale della Regione.
Allegato A (69)
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(69) Si omette l'allegato A concernente la tariffa delle tasse sulle concessioni regionali, previsto dall'art. 41, comma 3 della presente legge. Vedi, poi, la tariffa allegata alla L.R. 27 dicembre 1994, n. 66.
L.R. 5 ottobre 2001, n. 34
Attuazione
dell'articolo 9 della Direttiva comunitaria 79/409 del 2 aprile 1979 sulla
conservazione degli uccelli Selvatici.
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(1) Pubblicata nel B.U. Liguria 10 ottobre 2001, n. 10, parte prima.
Art. 1
Finalità.
1. Nell'àmbito di applicazione delle disposizioni contenute nell'articolo 1 commi 3 e 4 e dell'articolo 9 della legge 11 febbraio 1992, n. 157 (norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio), nonché dell'articolo 9 della legge 9 marzo 1989, n. 86 (nome generali sulla partecipazione dell'Italia al processo normativo comunitario e sulle procedure di esecuzione degli obblighi comunitari) e dell'articolo 9 della Convenzione di Berna del 19 settembre 1979, resa esecutiva con legge 5 agosto 1981, n. 503 (ratifica ed esecuzione delle convenzioni relative alla conservazione della vita selvatica e dell'ambiente naturale in Europa, con allegati, adottata a Berna il 19 settembre 1979), la presente legge regionale detta disposizioni per il prelievo in deroga, ai sensi dell'articolo 9 della Direttiva comunitaria n. 79/409 del 2 aprile 1979 e successive modifiche ed integrazioni (2).
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(2) Comma così modificato dall'art. 13, L.R. 13 agosto 2002, n. 31.
Art. 2
Prelievo.
1. Il prelievo è autorizzato ai cacciatori in possesso del tesserino venatorio regionale che ne facciano esplicita richiesta alla Amministrazione Provinciale di competenza e che risultino essere in possesso dell'apposita scheda di prelievo predisposta dalla Regione, rilasciata dalle Provincie anche tramite gli Àmbiti Territoriali di Caccia ed i Comprensori Alpini, con le modalità indicate nell'allegato 1, che fa parte integrante della presente legge, nel rispetto dei termini di tempo, dei modi, delle specie e delle finalità, di cui alle vigenti disposizioni in materia.
2. Entro il 15 giugno di ogni anno la Giunta regionale provvede all'eventuale modifica dell'allegato 1, sulla base di una relazione che ne motivi la fondatezza.
Art. 3
Controlli.
1. La vigilanza sulla applicazione della presente legge è affidata agli agenti della Polizia provinciale, al Corpo forestale dello Stato, nonché alle guardie ecologiche.
2. La specifica scheda per il calcolo del prelievo effettuato in deroga dovrà essere trasmessa alle Amministrazioni provinciali competenti per territorio entro il 31 marzo di ogni anno; le Amministrazioni provinciali dovranno inviare entra il 30 aprile successivo i dati elaborati alla Regione che provvederà a sua volta a trasmetterli all'istituto Nazionale per la Fauna Selvatici per l'ulteriore seguito.
Art. 4
Sospensione del prelievo.
1. La Giunta regionale può sospendere il prelievo quando siano state accertate riduzioni delle popolazioni oggetto dell'intervento programmato.
Art. 5
Sanzioni.
1. La mancata restituzione della scheda di prelievo in deroga entro i termini previsti dall'articolo 3 della presente legge comporta l'applicazione della sanzione di cui all'articolo 49 comma 1 della legge regionale 1° luglio 1994, n. 29 (norme regionali per la protezione della fauna omeoterma e per il prelievo venatorio).
Art. 6
Dichiarazione d'urgenza.
1. La presente legge regionale è dichiarata urgente ed entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nel Bollettino Ufficiale della Regione Liguria.
Allegato 1 (articolo 2) (3)
ELENCO DELLE SPECIE INSERITE IN DEROGA
NEL CALENDARIO VENATORIO REGIONALE
E MODALITÀ DEL LORO PRELIEVO
SPECIE |
LIMITE |
LIMITE |
TEMPI |
MODI DI |
MEZZI |
CONTROLLI |
AUTORITÀ |
|
MASSIMO DI |
MASSIMO DI |
|
PRELIEVO |
|
|
ABILITATA A |
|
PRELIEVO |
PRELIEVO |
|
|
|
|
DICHIARARE CHE |
|
GIORNALIERO |
STAGIONALE |
|
|
|
|
LE CONDIZIONI |
|
PER |
PER |
|
|
|
|
PREVISTE |
|
CACCIATORE |
CACCIATORE |
|
|
|
|
DALL'ART. 9 |
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|
|
|
|
|
|
PUNTO 2 DELLA |
|
|
|
|
|
|
|
DIRETTIVA CEE |
|
|
|
|
|
|
|
409/79 SONO |
|
|
|
|
|
|
|
REALIZZATE |
|
N. UCCELLI |
N. UCCELLI |
|
1) DA |
FUCILE A |
GUARDIE |
I.N.F.S. |
|
|
|
|
APPOSTAMEN- |
CANNA |
VENATORIE |
ISTITUTO |
|
|
|
|
TO FISSO O |
LISCIA CON |
PROVINCIALI |
NAZIONALE |
|
|
|
|
TEMPORANEO |
NON PIÙ DI |
E/O GUARDIE |
FAUNA |
|
|
|
|
|
TRE COLPI |
FORESTALI |
|
|
|
|
|
2) IN FORMA |
|
E/O GUARDIE |
|
|
|
|
|
VAGANTE |
|
ECOLOGICHE |
|
STORNO |
15 |
150 |
15 OTTOBRE |
1 - 2 |
SI |
SI |
SI |
|
|
|
31 GENNAIO |
|
|
|
|
------------------------
(3) Per il nuovo elenco vedi l'allegato B alla L.R. 13 agosto 2002, n. 31.
L.R. 13 agosto 2002, n. 31
Disposizioni
per lo svolgimento della stagione venatoria 2002/2003. Modificazioni alla legge
regionale 1° luglio 1994, n. 29 recante norme in materia di caccia e alla legge
regionale 5 ottobre 2001, n. 34 (attuazione dell'articolo 9 della direttiva
comunitaria 79/409 del 2 aprile 1979 sulla conservazione degli uccelli
selvatici).
------------------------
(1) Pubblicata nel B.U. Liguria 28 agosto 2002, n. 12, parte prima.
Capo I - Calendario venatorio per la stagione 2002/2003
Art. 1
Calendario venatorio.
1. È approvato il calendario venatorio regionale per l'annata venatoria 2002/2003, riportato nell'allegato "A" della presente legge di cui costituisce parte integrante.
Capo II - Modificazioni alla legge regionale 1° luglio 1994, n. 29
Art. 2
Modifiche all'articolo 9 della legge regionale 1° luglio 1994, n. 29.
1. (2).
------------------------
(2) Aggiunge il comma 2-bis all'art. 9, L.R. 1° luglio 1994, n. 29.
Art. 3
Modifiche all'articolo 16 della L.R. n. 29/1994.
1. (3).
2. (4).
------------------------
(3) Sostituisce il comma 4 dell'art. 16, L.R. 1° luglio 1994, n. 29.
(4) Aggiunge il comma 8 all'art. 16, L.R. 1° luglio 1994, n. 29.
Art. 4
Modifiche all'articolo 20 della L.R. n. 29/1994.
1. (5).
2. (6).
3. (7).
4. (8).
------------------------
(5) Sostituisce il comma 1 all'art. 20, L.R. 1° luglio 1994, n. 29.
(6) Aggiunge la lettera c-bis) al comma 2 dell'art. 20, L.R. 1° luglio 1994, n. 29.
(7) Sostituisce la lettera a) del comma 3 dell'art. 20, L.R. 1° luglio 1994, n. 29.
(8) Sostituisce il comma 4 dell'art. 20, L.R. 1° luglio 1994, n. 29.
Art. 5
Inserimento del comma 7-bis all'articolo 20 della L.R. n. 29/1994.
1. (9).
------------------------
(9) Aggiunge il comma 7-bis) all'art. 20, L.R. 1° luglio 1994, n. 29.
Art. 6
Modifiche all'articolo 21 della L.R. n. 29/1994.
1. (10).
2. (11).
------------------------
(10) Sostituisce la lettera c) del comma 2 dell'art. 21, L.R. 1° luglio 1994, n. 29.
(11) Aggiunge le lettere f-bis) e f-ter) all'art. 21, L.R. 1° luglio 1994, n. 29.
Art. 7
Modifica all'articolo 26 della L.R. n. 29/1994.
1. (12).
------------------------
(12) Aggiunge il comma 2-bis all'art. 26, L.R. 1° luglio 1994, n. 29.
Art. 8
Modifiche all'articolo 31 della L.R. n. 29/1994.
1. (13).
2. (14).
3. (15).
4. Al comma 5 dell'articolo 31 le parole "il falco" sono sostituite con le parole "i falconiformi"; le parole "da seguito" sono sostituite con le parole "da ferma".
------------------------
(13) Sostituisce il comma 1 dell'art. 31, L.R. 1° luglio 1994, n. 29.
(14) Sostituisce il comma 2 dell'art. 31, L.R. 1° luglio 1994, n. 29.
(15) Sostituisce la lettera a) del comma 3 dell'art. 31, L.R. 1° luglio 1994, n. 29.
Art. 9
Modifica all'articolo 34 della L.R. n. 29/1994.
1. (16).
------------------------
(16) Aggiunge il comma 7-bis all'art. 34, L.R. 1° luglio 1994, n. 29.
Art. 10
Modifica all'articolo 34 comma 9 della L.R. n. 29/1994.
1. (17).
------------------------
(17) Sostituisce il comma 9 dell'art. 34, L.R. 1° luglio 1994, n. 29.
Art. 11
Modifica all'articolo 35 della L.R. n. 29/1994.
1. (18).
------------------------
(18) Aggiunge il comma 4-bis all'art. 35, L.R. 1° luglio 1994, n. 29.
Art. 12
Modifica all'articolo 35, comma 7 della L.R. n. 29/1994.
1. (19).
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(19) Sostituisce il comma 7 dell'art. 35, L.R. 1° luglio 1994, n. 29.
Capo III - Modifiche alla legge regionale 5 ottobre 2001, n. 34 e disposizioni abrogative e finali
Art. 13
Modifica all'articolo 1, comma 1 della legge regionale 5 ottobre 2001, n. 34.
1. Al comma 1 dell'articolo 1 della legge regionale 5 ottobre 2001, n. 34 (attuazione dell'articolo 9 della direttiva comunitaria 74/409 del 2 aprile 1979 sulla conservazione degli uccelli selvatici) dopo la parola "integrazioni", le parole "per l'annata 2001" sono soppresse.
Art. 14
Sostituzione dell'allegato 1 della L.R. n. 34/2001.
1. L'allegato 1 della L.R. n. 34/2001, come modificato dalla Delib.G.R. 28 maggio 2002, n. 509 è sostituito dall'allegato B alla presente legge, di cui costituisce parte integrante.
Art. 15
Abrogazione di norme.
1. A decorrere dall'entrata in vigore della presente legge:
a) è abrogato il Capo I della legge regionale 3 settembre 2001, n. 28 (disposizioni per lo svolgimento della stagione venatoria 2001/2002. Modificazioni alla legge regionale 1° luglio 1994, n. 29 recante norme in materia di caccia) (20);
b) è abrogato il comma 3 dell'articolo 12 della legge regionale 1° luglio 1994, n. 29 (norme regionali per la protezione della fauna omeoterma e per il prelievo venatorio) (21);
c) cessa di avere efficacia il D.P.G.R. 11 giugno 2002, n. 81.
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(20) La L.R. n. 29/1994 è indicata erroneamente nel B.U. con la data del 10 luglio 1994.
(21) Il provvedimento è indicato erroneamente nel B.U. con la data del 10 luglio 1994.
Art. 16
Dichiarazione di urgenza.
1. La presente legge regionale è dichiarata urgente ed entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nel Bollettino Ufficiale della Regione.
Allegato A
(articolo 1)
CALENDARIO VENATORIO REGIONALE PER LA STAGIONE 2002/2003
Articolo 1
Caccia programmata.
1. Ai fini della razionale gestione delle risorse faunistiche sull'intero territorio della Liguria per l'annata venatoria 2002/2003, si applica il seguente regime di caccia programmata:
1.1. Periodi di caccia:
a) dal 15 settembre all'8 dicembre 2002 la caccia alla selvaggina stanziale è consentita in tutto il territorio della Liguria per tre giornate settimanali e precisamente:
- nella Provincia di Imperia nei giorni di sabato e domenica e in un terzo giorno a scelta, tra lunedì, mercoledì e giovedì, esclusa la Zona Alpi;
- nelle province di Genova, Savona e La Spezia in tre giorni a scelta del cacciatore, fermo restando il silenzio venatorio nei giorni di martedì e venerdì.
Per la zona faunistica delle Alpi resta valida la competenza della Provincia ai sensi del successivo punto 1.5.
Nelle dette giornate, fisse o a scelta, è altresì consentita la caccia alla selvaggina migratoria, sia da appostamento che in forma vagante;
b) dal 2 ottobre al 30 novembre 2002 sulla base delle consuetudini venatorie locali e delle osservazioni relative alle annate precedenti, la caccia alla selvaggina migratoria è consentita ferma restando l'esclusione nei giorni martedì e venerdì per le ulteriori due giornate settimanali in tutto il territorio regionale, su conformi disposizioni emanate dalle province, esclusivamente se praticate da appostamento;
c) non sono mai consentite né la posta né la caccia da appostamento, sia temporaneo sia fisso, sotto qualsiasi forma alla beccaccia e al beccaccino.
L'attività venatoria alla beccaccia si intende praticabile esclusivamente dal sorgere del sole al tramonto in forma vagante;
d) dal 1° dicembre 2002 al 30 gennaio 2003 è consentita la caccia, sia da appostamento che in forma vagante con l'impiego di cani, alla selvaggina migratoria per complessive tre giornate settimanali a scelta del cacciatore, ad esclusione del martedì e del venerdì e di eventuali ulteriori limitazioni. È fatto salvo quanto successivamente disposto per la caccia alla volpe, al fagiano, al cinghiale e ad altri ungulati.
1.2. Specie cacciabili e relativi periodi di caccia:
Nei periodi di tempo di cui al punto 1.1. sono cacciabili le seguenti specie:
a) dal 15 settembre all'8 dicembre 2002: starna, pernice rossa, lepre comune, coniglio selvatico.
Le province, tenuto conto della consistenza faunistica e sentite le indicazioni degli Àmbiti territoriali di caccia (A.T.C). e dei Comprensori alpini (C.A.), possono prolungare il periodo di caccia alle specie stanziali fino al 30 dicembre 2002;
b) dal 15 settembre al 30 dicembre 2002: quaglia, tortora, merlo;
c) dal 15 settembre 2002 al 30 gennaio 2003: cesena, tordo bottaccio, tordo sassello, germano reale, gallinella d'acqua, pavoncella, colombaccio, beccaccia, beccaccino, fagiano, volpe, alzavola, canapiglia, fischione, codone, marzaiola, mestolone, moriglione, moretta, folaga, cornacchia nera, cornacchia grigia, ghiandaia, gazza;
d) dal 2 ottobre al 30 novembre 2002: fagiano di monte, (limitatamente ai soggetti maschi);
- Caccia alla volpe:
è consentita ai singoli cacciatori dal 15 settembre 2002 al 30 gennaio 2003 in ogni giornata aperta alla caccia. Nel periodo compreso tra il 15 dicembre 2002 ed il 30 gennaio 2003 può essere consentita la caccia a squadre, con specifiche autorizzazioni nominative rilasciate dalle province, alle squadre appositamente costituite, con l'impiego di ausiliari, in località determinate, ed in ogni giornata aperta alla caccia.
- Caccia alla pernice rossa ed alla starna: per la pernice rossa e la starna le province possono determinare limitazioni relative ad aree e periodi di caccia.
- Caccia al fagiano di monte: le Amministrazioni provinciali di Savona e di Imperia determinano, sulla base di appositi censimenti di campagna, il contingente del fagiano di monte che può essere abbattuto in relazione alla consistenza faunistica presente sul territorio e determinano le modalità di denunzia dei capi abbattuti ai fini della sospensione del prelievo.
1.3. Specie vietate per insufficiente o non dimostrata consistenza faunistica:
pernice bianca, lepre bianca, coturnice, cervo, daino e camoscio, ad esclusione per il daino delle province di Genova e Savona, e per il camoscio della provincia di Imperia.
1.4. Prelievo venatorio del cinghiale e degli altri ungulati:
a) cinghiale: il prelievo venatorio del cinghiale è consentito nel rispetto delle vigenti disposizioni di legge, secondo le norme regolamentari emanate dalle province e sino all'esaurimento dei contingenti di abbattimento dalle stesse stabiliti, nei seguenti periodi:
dal 15 settembre al 15 dicembre 2002 con facoltà delle province di poter variare le date di apertura e di chiusura, ai sensi dell'articolo 18, comma 2 della legge 11 febbraio 1992, n. 157 (norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio);
b) altri ungulati: il prelievo venatorio degli altri ungulati è attuabile esclusivamente in forma selettiva. Le province, ai sensi dell'articolo 35, comma 2 della L.R. n. 29/1994 e successive modifiche, approvano gli eventuali piani di abbattimento selettivi indicanti i periodi di prelievo nel rispetto dell'arco temporale di cui all'articolo 18, comma 2, della L. n. 157/1992.
1.5. Zona delle Alpi:
l'esercizio della caccia nella zona faunistica delle Alpi è consentito dal 15 settembre 2002 al 30 gennaio 2003 su conformi disposizioni emanate dalle province ai sensi dei commi 4 e 5 dell'articolo 47 della L.R. n. 29/1994, come integrato dall'articolo 10 della L.R. n. 28/2001.
1.6. Orario di caccia:
la caccia è consentita da un'ora prima del sorgere del sole sino al tramonto secondo l'orario di seguito riportato per l'anno 2002:
- dal 15 settembre al 30 settembre dalle ore 6,15 alle ore 19,15 (ora legale);
- dal 1° ottobre al 15 ottobre dalle ore 6,45 alle ore 18,45 (ora legale);
- dal 16 ottobre al 31 ottobre dalle ore 7,00 alle ore 18,30 (ora legale);
- dal 1° novembre al 15 novembre dalle ore 6,15 alle ore 17,15;
- dal 16 novembre al 30 novembre dalle ore 6,30 alle ore 17,00;
- dal 1° dicembre al 15 dicembre dalle ore 6,45 alle ore 16,45;
- dal 16 dicembre al 31 dicembre dalle ore 7,00 alle ore 17,00;
per l'anno 2003:
- dal 1° gennaio al 15 gennaio dalle ore 7,15 alle ore 17,15;
- dal 16 gennaio al 31 gennaio dalle ore 7,00 alle ore 17,30.
1.7. Caccia con l'arco e con il falco:
la caccia con il falco è consentita esclusivamente per le località, le specie, i modi ed i giorni nei quali è consentito il cane da ferma. L'uso dell'arco è consentito per le località, i modi ed i giorni nei quali è consentito l'uso del fucile.
1.8. Allenamento cani:
a) l'allenamento dei cani nel territorio da aprirsi alla caccia, può essere condotto dal 15 agosto all'8 settembre 2002, esclusi i giorni di martedì e venerdì, da un'ora prima del sorgere del sole sino al tramonto;
b) l'addestramento cani per la caccia al cinghiale è regolamentato dalle province, fermo restando quanto stabilito al punto a).
1.9. Carniere massimo:
Per ogni giornata di caccia ciascun cacciatore non può abbattere o catturare un numero di selvatici maggiore di quelli di seguito specificati:
a) Selvaggina stanziale:
- fagiano, starna, pernice rossa, lepre: complessivamente 2 capi, dei quali una sola pernice rossa, una sola starna e una sola lepre;
- fagiano di monte: 1 capo.
b) Selvaggina migratoria: 20 capi complessivamente con il limite di:
- colombaccio: 10 capi;
- beccaccia: 3 capi;
- beccaccino: 2 capi;
- germano reale, gallinella d'acqua, pavoncella: complessivamente 5 capi;
- alzavola, canapiglia, fischione, codone, marzaiola, mestolone, moriglione, moretta, folaga: complessivamente 2 capi;
- cornacchia nera, cornacchia grigia, gazza e ghiandaia: 20 capi per specie;
2. Ciascun cacciatore non può abbattere, nel corso di un'intera annata venatoria, un numero di selvatici maggiore di quello di seguito specificato:
- fagiano: 20 capi;
- lepre, pernice rossa e starna: complessivamente 8 capi.
3. È vietato esercitare l'attività venatoria alle specie di fauna selvatica non comprese nell'elenco di cui all'articolo 1 del presente Calendario venatorio ed al di fuori degli orari e dei periodi consentiti.
Articolo 2
Limitazioni all'attività venatoria.
1. I Presidenti delle Amministrazioni provinciali possono, per i territori di rispettiva competenza, vietare o ridurre la caccia in determinate zone per periodi prestabiliti a determinate specie di fauna selvatica, tra quelle specificate all'articolo 1, per motivate ragioni connesse alla consistenza faunistica o per sopravvenute particolari condizioni ambientali, stagionali e climatiche, nonché per malattie o altre calamità.
Articolo 3
Tesserino per l'esercizio venatorio.
1. Il tesserino a lettura ottica per l'annata venatoria 2002/2003 predisposto dalla Regione Liguria, ai fini della elaborazione statistica deve essere riconsegnato al momento del ritiro di quello della nuova stagione di caccia; coloro che intendessero rinunciare all'attività venatoria dovranno comunque riconsegnare il tesserino della passata stagione 2001/2002 entro e non oltre il 15 ottobre 2002, salvi i casi di smarrimento o furto denunciato all'autorità di Pubblica Sicurezza, alle province competenti per territorio, le quali possono delegare all'operazione le Associazioni venatorie riconosciute.
2. Il tesserino deve essere compilato come disposto dall'articolo 38, della L.R. n. 29/1994 e successive modifiche.
3. Le giornate aggiuntive di cui all'articolo 1, comma 1.1., lettera b) del presente calendario, devono essere identificate all'inizio della giornata, con l'apposizione di un pallino, ben visibile, all'interno del riquadro rosso corrispondente alla tipologia di caccia (appostamento).
4. I cacciatori provenienti da altre regioni autorizzati ad esercitare l'attività venatoria negli A.T.C. o C.A. liguri a cui è stato rilasciato il tesserino venatorio della Liguria, devono altresì compilare i propri tesserini regionali per quanto riguarda giornate e abbattimenti.
5. Il cacciatore è tenuto alla raccolta dei bossoli delle cartucce sparate.
Articolo 4
Sanzioni.
1. Il contravventore alle norme contenute nel presente calendario è soggetto alle sanzioni previste dalla L. n. 157/1992, dalla L.R. n. 29/1994 e dalle altre norme vigenti in materia. In particolare per l'abbattimento di specie cacciabili, ma proibite dalle province, si applicano in analogia le sanzioni previste dall'articolo 30 della L. n. 157/1992.
Articolo 5
Vigilanza.
1. Per quanto riguarda la vigilanza venatoria, trovano specifico riferimento le disposizioni contenute nell'articolo 48 comma 1 della L.R. n. 29/1994.
Allegato B
(articoli 14)
Specie |
Limite |
Limite |
Tempi |
Modi di |
Mezzi |
Controlli |
Autorità |
|
massimo di |
massimo di |
|
prelievo |
|
|
abilitata a |
|
prelievo |
prelievo |
|
|
|
|
dichiarare che le |
|
giornaliero |
stagionale |
|
|
|
|
condizioni previste |
|
per |
per |
|
|
|
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dall'art. 9 punto 2 |
|
cacciatore |
cacciatore |
|
|
|
|
della direttiva |
|
|
|
|
|
|
|
Cee 409/79 |
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|
|
|
|
|
sono realizzate |
|
N. uccelli |
N. uccelli |
|
1) da |
Fucile a |
Guardie |
I.N.F.S. |
|
|
|
|
appostamento |
canna liscia |
venatorie |
Istituto nazionale |
|
|
|
|
fisso o |
con non più |
provinciali |
fauna selvatica |
|
|
|
|
temporaneo |
di tre |
e/o guardie |
|
|
|
|
|
2) in forma |
colpi |
ecologiche |
|
|
|
|
|
vagante |
|
|
|
Storno |
15 |
150 |
5 ottobre |
1-2 |
Si |
Si |
Si |
|
|
|
31 gennaio |
|
|
|
|
Fringuello |
10 |
100 |
5 ottobre |
1-2 |
Si |
Si |
Si |
|
|
|
30 novembre |
|
|
|
|
L.R.
Lombardia 16 agosto 1993, n. 26
Norme per la protezione della fauna selvatica e per
la tutela dell'equilibrio ambientale e disciplina dell'attività venatoria
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(1) Pubblicata nel B.U. Lombardia 19 agosto 1993, n. 33, I S.O.
TITOLO I
Disposizioni generali
Art. 1
Finalità.
1. La regione Lombardia tutela la fauna selvatica secondo metodi di razionale programmazione delle forme di utilizzazione del territorio e di uso delle risorse naturali, nonché disciplina il prelievo venatorio nel rispetto delle tradizioni locali e dell'equilibrio ambientale, nell'ambito delle funzioni ad essa trasferite a norma dell'art. 99 del D.P.R. 24 luglio 1977, n. 616 e nell'osservanza dei principi e delle norme stabiliti dalla legge 11 febbraio 1992, n. 157 di recepimento integrale delle direttive, Dir. 79/409/CEE del consiglio del 2 aprile 1979, Dir. 85/411/CEE della commissione del 25 luglio 1985 e Dir. 91/244/CEE della commissione del 6 marzo 1991, con i relativi allegati, della convenzione di Parigi del 18 ottobre 1950, resa esecutiva con legge 24 novembre 1978, n. 812, e della convenzione di Berna del 19 settembre 1979, resa esecutiva con legge 5 agosto 1981, n. 503.
2. La fauna selvatica, ai sensi dell'art. 1, comma 1, della legge n. 157/92, è patrimonio indisponibile dello Stato, costituisce bene ambientale ed è tutelata e protetta in attuazione dell'art. 3 dello Statuto, nell'interesse della comunità internazionale, nazionale e regionale.
3. L'esercizio dell'attività venatoria è consentito purché non contrasti con l'esigenza di conservazione della fauna selvatica e non arrechi danno alle produzioni agricole.
4. In attuazione delle direttive, Dir. 79/409/CEE, Dir. 85/411/CEE e Dir. 91/244/CEE sono istituite lungo le rotte di migrazione dell'avifauna, segnalate dall'istituto nazionale per la fauna selvatica, zone di protezione finalizzate al mantenimento ed alla sistemazione, conforme alle esigenze ecologiche degli habitat interni a tali zone e ad esse limitrofi e si provvede al ripristino dei biotopi distrutti e alla creazione di biotopi. Tali attività concernono particolarmente le specie elencate nell'allegato I delle citate direttive.
5. La presente legge si prefigge l'obiettivo di mantenere o adeguare la popolazione di tutte le specie di mammiferi ed uccelli, viventi naturalmente allo stato selvatico nel loro territorio, ad un livello corrispondente alle esigenze ecologiche, scientifiche, culturali e ricreative della Lombardia, assicurandone la protezione e la gestione con le misure necessarie per la conservazione dei mammiferi, degli uccelli, delle uova, dei nidi e dei loro ambienti naturali.
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Art. 2
Funzioni regionali e provinciali.
1. La regione esercita le funzioni di programmazione, di indirizzo e di coordinamento ai fini della pianificazione faunistico-venatoria; svolge altresì funzioni di orientamento e di controllo previste dalla presente legge.
2. Le province esercitano le funzioni amministrative in materia di caccia e di protezione della fauna ai sensi dell'art. 14 della legge 8 giugno 1990, n. 142, nel rispetto della legge n. 157/92 e di quanto previsto dalla presente legge.
3. La Giunta regionale si sostituisce alle province in caso di inadempienza nell'espletamento dei compiti previsti dalla presente legge.
4. La Giunta regionale e le province possono avvalersi dell'istituto nazionale per la fauna selvatica quale organo consultivo di carattere scientifico, nonché degli enti ed istituti specializzati di ricerca indicati all'art. 9, comma 5.
Art. 3
Consulta faunistico-venatoria regionale.
1. La Giunta regionale si avvale di una consulta di diciotto membri composta da:
a) l'assessore regionale competente, con funzioni di presidente;
b) tre rappresentanti delle province designati dall'unione regionale delle province lombarde;
c) un rappresentante per ciascuna delle tre organizzazioni professionali agricole maggiormemente rappresentative a livello regionale;
d) un rappresentante per ciascuna delle tre associazioni venatorie maggiormente rappresentative a livello regionale;
e) un rappresentante per ciascuna delle tre associazioni protezionistiche maggiormente rappresentative a livello regionale;
f) tre docenti universitari esperti in problemi faunistici;
g) un rappresentante dell'ente nazionale per la cinofila italiana;
h) il capo del coordinamento regionale del corpo forestale dello Stato, o suo delegato.
2. I componenti della consulta sono nominati dal presidente della Giunta regionale, sulla base dei nominativi proposti dagli enti ed organismi interessati (2).
3. I nominativi di cui al comma 2 devono pervenire al presidente della Giunta regionale entro quindici giorni dalla richiesta, trascorsi i quali il presidente stesso provvede alle nomine tenuto conto delle designazioni pervenute.
4. Il funzionamento della consulta è disciplinato dalla Giunta regionale; svolge funzioni di segretario un funzionario del servizio faunistico regionale.
5. La consulta ha sede presso la Giunta regionale e dura in carica quanto il consiglio regionale.
6. La consulta è costituita entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge con decreto del presidente della Giunta
7. La consulta su richiesa dell'assessore regionale competente può formulare proposte e partecipare alla elaborazione della normativa e delle direttive regionali, nonché degli strumenti e dei contenuti della pianificazione e della programmazione faunistico-venatoria e alla definizione del calendario venatorio.
8. Ai componenti della consulta di cui alle lettere b), c), d), e), f), g), e h) del comma 1 sono attribuiti, ove spettanti, l'indennità, il rimborso delle spese di viaggio e il trattamento di missione previsti dall'art. 2 della L.R. 22 novembre 1982, n. 63 e successive modificazioni.
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(2) Per modifiche al presente comma. si veda il comma 1 dell'art. 4 della L.R. 27 gennaio 1998, n. 1.
Art. 4
Fauna selvatica oggetto della tutela.
1. Fanno parte della fauna selvatica, oggetto della presente legge, i mammiferi e gli uccelli dei quali esistono popolazioni viventi, stabilmente o temporaneamente, in stato di naturale libertà nel territorio regionale.
2. Sono particolarmente protette, anche sotto il profilo sanzionatorio, le specie di fauna selvatica, comunque presenti nel territorio regionale, elencate nell'art. 2, comma 1, della legge n. 157/92, e ricomprese nell'allegato A della presente legge.
3. La tutela della fauna selvatica, a norma dello stesso art. 2 della legge n. 157/92, non comprende le talpe, i ratti, i topi propriamente detti e le arvicole.
Art. 5
Divieto di uccellagione e di cattura di mammiferi selvatici.
1. A norma dell'art. 3 della legge n. 157/92 sono vietati in tutto il territorio regionale ogni forma di uccellagione e di cattura di uccelli e di mammiferi selvatici, nonché il prelievo di uova, nidi e piccoli nati.
Art. 6
Cattura a fini scientifici e soccorso alla fauna in difficoltà.
1. La Giunta regionale, sentito l'istituto nazionale per la fauna selvatica, può autorizzare esclusivamente gli istituti scientifici delle università e del consiglio nazionale delle ricerche e i musei di storia naturale ad effettuare, a scopo di studio e ricerca scientifica, la cattura e l'utilizzazione di mammiferi ed uccelli, nonché il prelievo di uova, nidi e piccoli nati (3).
2. L'attività di cattura temporanea per l'inanellamento degli uccelli a scopo scientifico è organizzata e coordinata dall'istituto nazionale per la fauna selvatica d'intesa con l'osservatorio regionale di cui all'art. 9; tale attività è svolta secondo lo schema nazionale di inanellamento previsto dall'unione europea per l'inanellamento (EURING).
3. L'attività di inanellamento può essere svolta esclusivamente da titolari di specifica autorizzazione, rilasciata dalla Giunta regionale su parere dell'istituto nazionale per la fauna selvatica e subordinata alla partecipazione a specifici corsi di istruzione, organizzati dallo stesso istituto, ed al superamento del relativo esame finale (4).
4. È fatto obbligo a chiunque abbatte, cattura o rinviene uccelli inanellati di darne notizia all'istituto nazionale per la fauna selvatica o al comune nel cui territorio è avvenuto il fatto, il quale provvede ad informare il predetto istituto.
5. La Giunta regionale, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge e sentito l'istituto nazionale per la fauna selvatica, disciplina il soccorso, la detenzione temporanea e la successiva liberazione di fauna selvatica in difficoltà e individua, dandone adeguata pubblicità, i centri di recupero abilitati a ricevere tale fauna, possibilmente situati in ciascun ambito provinciale e gestiti da enti scientifici o da associazioni protezionistiche riconosciute con finalità scientifiche (5).
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(3) Per modifiche al presente comma. si veda il comma 1 dell'art. 4 della L.R. 27 gennaio 1998, n. 1.
(4) Per modifiche al presente comma. si veda il comma 1 dell'art. 4 della L.R. 27 gennaio 1998, n. 1.
(5) Per l'approvazione delle disposizioni attuative relative al presente comma., si veda la Delib.G.R. 27 luglio 1994, n. 5/55655.
Art. 7
Prelievo di richiami vivi.
1. La giunta regionale, sentito l'Istituto Nazionale per la Fauna Selvatica (da ora in poi INFS), delibera, secondo le condizioni contenute nell'allegato "D" alla presente legge, le prescrizioni e le modalità per l'attività di cattura per il prelievo, l'inanellamento e per la cessione dei richiami vivi di cui all'art. 4, commi 3 e 4 della legge n. 157/1992 (6).
2. Le province si avvalgono, per la gestione di ciascun impianto di cattura, di un gestore qualificato e valutato idoneo dall'istituto nazionale per la fauna selvatica; il gestore può avvalersi di collaboratori (7).
3. L'istituto nazionale per la fauna selvatica svolge compiti di controllo e di certificazione dell'attività degli impianti di cattura, determinazione preventivamente il periodo di esercizio.
4. Le province, sentito l'istituto nazionale per la fauna selvatica, determinano il numero complessivo annuale di prelievo degli esemplari delle singole specie ed ogni altra condizione applicativa.
5. Per la cessazione a fini di richiamo è consentita la cattura solo di esemplari appartenenti alle seguenti specie: allodola, cesena, tordo sassello, tordo bottaccio, storno, merlo, passero, passera mattugia, pavoncella e colombaccio; gli esemplari appartenenti ad altre specie eventualmente catturati devono essere inanellati ed immediatamente liberati.
6. È vietata la vendita di uccelli di cattura utilizzabili come richiami vivi per l'attività venatoria da appostamento.
7. Le province cedono gratuitamente i richiami vivi consentiti e catturati negli impianti autorizzati.
8. La provincia, per assicurare la conservazione degli impianti di rilevante interesse arboreo e non più utilizzati, può concedere contributi annuali ai proprietari dei fondi, sempreché i relativi impianti rientrino nell'ambito delle finalità previste dalla legge 1 giugno 1939, n. 1089 (8).
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(6) Comma già modificato dall'art. 4, comma 1della L.R. 27 gennaio 1998, n. 1, in seguito così sostituito dall'art. 1, comma 1 della L.R. 8 maggio 2002, n. 7.
(7) Comma così sostituito dall'art. 1, comma 1 della L.R. 8 maggio 2002, n. 7.
(8) Per l'attuazione del presente articolo si veda la Delib.G.R. 11 aprile 1995, n. 5/66166.
Art. 8
Attività di ricerca e promozoione della conoscenza della fauna.
1. La Giunta regionale si avvale della collaborazione dell'istituto nazionale per la fauna selvatica e degli enti e degli istituti indicati all'art. 9, comma 5, per ricerche concernenti la biologia della fauna selvatica, il reperimento dei dati tecnici sulle condizioni ambientali e faunistiche, la reintroduzione di specie animali, il miglioramento delle tecniche di allevamento e di ambientamento della fauna selvatica autoctona, nonché l'approfondimento delle conoscenze sulla fauna selvatica anche in rapporto con la patologia degli animali domestici e dell'uomo e le migrazioni dell'avifauna.
2. L'attività di censimento delle popolazioni di fauna selvatica stanziale e di valutazione delle fluttuazioni numeriche delle popolazioni di avifauna migratoria ai fini del prelievo venatorio, è coordinata, secondo i metodi e direttive dell'istituto nazionale per la fauna selvatica, dal servizio faunistico regionale e dalle province, in collaborazione con i comitati di gestione degli ambiti territoriali e dei comprensori alpini di caccia.
3. L'attività di cui al comma 2 è svolta dagli agenti dipendenti dalla provincia coadiuvati dagli agenti del corpo forestale dello Stato e con la possibilità di avvalersi della collaborazione organizzata delle guardie volontarie e di altro personale volontario con qualificata esperienza.
4. La Giunta regionale istituisce corsi di preparazione ed aggiornamento per i dipendenti degli enti pubblici che abbiano per compito la tutela della fauna; a tali corsi è ammesso altresì qualsiasi cittadino italiano o straniero che ne faccia richiesta.
5. Per favorire la conoscenza delle specie di fauna selvatica e la diffusione di principi di razionale e corretta gestione delle stesse, la Giunta regionale promuove la collaborazione attiva delle scuole, delle organizzazioni professionali agricole e delle associazioni venatorie e di protezione ambientale.
Art. 9
Osservatorio degli habitat naturali e delle popolazioni faunistiche.
(9).
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(9) Articolo già abrogato dalla L.R. 23 luglio 1996, n. 16. Successivamente il comma 4 del presente articolo è stato nuovamente abrogato dall'art. 1, comma 2, della L.R. 8 maggio 2002, n. 7.
Art. 10
Stazioni ornitologiche.
1. La Giunta regionale, sentiti l'istituto nazionale per la fauna selvatica e la consulta di cui all'art. 3, istituisce stazioni ornitologiche allo scopo di sviluppare le attività per predisporre lo studio della biologia degli uccelli e delle popolazioni ornitiche nei loro rapporti con l'ambiente con cui sono strettamente collegate.
2. I settori e le relative attività sono i seguenti:
a) nidificazione: censimento delle popolazioni nidificanti e studi sulla loro distribuzione e consistenza numerica, sulle uova, sui nidi e sui nidiacei;
b) ecologia: studio sui rapporti fra avifauna ed ambiente, proposte ed iniziative per la salvaguardia di zone di notevole interesse ornitologico ed ambientale;
c) etologia: studio sul comportamento delle varie specie nell'ambiente in cui vivono;
d) migrazione: formazione di nuclei regionali di osservatori e segnalatori, studi qualitativi e quantitativi in materia di censimenti sulle popolazioni svernanti;
e) studi particolareggiati: sistematica, malattie, contaminazioni da metalli e da sostanze nocive, tradizioni, usi e costumi in campo ornitologico.
3. Nell'ambito di ciascuna provincia dovranno funzionare, esclusivamente per i fini scientifici previsti dal presente articolo, una stazione principale per la raccolta dei dati relativi alle migrazioni ed alcuni punti di inanellamento, indicati dall'istituto nazionale per la fauna selvatica ed autorizzati dalla Giunta regionale ai sensi dell'art. 6 (10).
3-bis. Il presidente della giunta regionale può autorizzare associazioni, previo parere dell'INFS e dell'Osservatorio regionale degli habitat naturali e delle popolazioni faunistiche a realizzare impianti esclusivamente dedicati al censimento ed alla produzione di stime sulla consistenza dei flussi di fauna migratoria, favorendo altresì la formazione didattica, culturale e informativa, nonché la valorizzazione delle tradizioni locali, secondo le modalità stabilite dalle singole autorizzazioni che dovranno stabilirne la durata e le modalità di gestione, nel rispetto dei limiti di cui all'articolo 4 della legge n. 157/1992 (11).
4. Le attività di studio e ricerca sono coordinate dall'osservatorio regionale, d'intesa con l'istituto nazionale della fauna selvatica.
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(10) Per modifiche al presente comma. si veda il comma 1 dell'art. 4 della L.R. 27 gennaio 1998, n. 1.
(11) Comma aggiunto dall'art. 1, comma 3 della L.R. 8 maggio 2002, n. 7.
Tassidermia.
1. La normativa regionale di cui alla L.R. 19 agosto 1986, n. 42 «Norme per l'esercizio dell'attività di tassidermia» come modificata dalla L.R. 13 maggio 1988, n. 26 è adeguata, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, alle disposizioni in materia previste dalla legge n. 157/92.
2. A norma dell'art. 30, comma 2, della legge n. 157/92, per la violazione delle disposizioni in materia di imbalsamazione e tassidermia si applicano le medesime sanzioni che sono comminate per l'abbattimento degli animali le cui spoglie sono oggetto del trattamento descritto.
TITOLO II
Istituto per la tutela della fauna e dell'ambiente
Art. 12
Piano faunistico-venatorio regionale.
1. Il piano faunistico-venatorio regionale è predisposto dalla Giunta regionale secondo i criteri di omogeneità e congruenza, sulla base di indicazioni dell'istituto nazionale per la fauna selvatica; il piano regionale assicura il perseguimento degli obiettivi di mantenere e aumentare la popolazione di tutte le specie di mammiferi e uccelli viventi naturalmente allo stato selvatico.
2. Il piano è approvato dal consiglio regionale, ha durata quinquiennale e può essere aggiornato nel periodo di validità.
3. Il piano disciplina in particolare:
a) il regime di tutela della fauna selvatica secondo le tipologie territoriali;
b) le attività tese alla conoscenza delle risorse naturali e della consistenza faunistica, anche con la previsione di modalità omogenee di rilevazione e di censimento;
c) i criteri per la individuazione dei territori da destinare alla costituzione di aziende faunistico-ventorie, di aziende agrituristico-venatorie e di centri privati di riproduzione della fauna selvatica allo stato naturale;
d) gli indirizzi e le modalità di coordinamento della presente legge con la normativa regionale in materia di salvaguardia e di tutela delle aree naturali protette;
e) gli impegni finanziari per la realizzazione degli indirizzi e degli obiettivi della presente legge;
f) il rapporto numerico minimo tra gli agenti di vigilanza dipendenti dalle province ed il territorio agro-silvo-pastorale, nel rispetto delle indicazioni dell'istituto nazionale per la fauna selvatica.
4. Il piano è corredato da:
a) cartografie del territorio regionale in scala 1:10.000 e 1:100.000 indicanti le emergenze naturalistiche e le utilizzazioni territoriali aventi stretta connessione con la gestione faunistico-venatoria;
b) programma di protezione della fauna selvatica autoctona di cui sia asccertata una diminuzione della popolazione sul territorio regionale.
c) programma di conservazione e ripristino delle zone umide per la tutela dell'avifauna selvatica migratoria;
d) carta delle potenzialità e delle vocazioni faunistiche;
e) programma di salvaguardia delle zone montane per l'incremento e il controllo della tipica fauna selvatica alpina ed appenninica.
Art. 13
Destinazione del territorio agro-silvo-pastorale.
1. Il territorio agro-silvo-pastorale regionale è soggetto a pianificazione faunistico-venatoria finalizzata, per quanto attiene alle specie carnivore, al controllo, alla conservazione delle effettive capacità riproduttive delle loro popolazioni e, per le altre specie, al conseguimento delle densità ottimali ed alla loro conservazione, mediante la riqualificazione delle risorse ambientali e la regolamentazione del prelievo venatorio.
2. La regione realizza la pianificazione di cui all'art. 12, mediante destinazione differenziata del territorio, come previsto nei commi successivi.
3. Il territorio agro-silvo-pastorale della regione utile alla fauna selvatica è destinato, per una quota dal dieci al venti per cento in zona Alpi e per una quota dal venti al trenta per cento nel restante territorio, a protezione della fauna selvatica; in dette quote sono compresi i territori ove è comunque vietata l'attività venatoria anche per effetto di altre leggi o disposizioni (12).
4. Nei territori di protezione, compresi quelli di cui all'art. 14, comma 3, lettere a), b), e c) sono vietati l'abbattimento e la cattura a fini venatori e sono previsti interventi atti ad agevolare la sosta e la riproduzione della fauna.
5. Il territorio agro-silvo-pastorale di ciascuna provincia è destinato nella percentuale massima del quindici per cento ed ambiti privati di cui agli artt. 19, comma 2, 21 e 38, ivi comprendendo fino all'otto per cento del territorio per le aziende agrituristico-venatorie e fino al tre per cento delle zone di allenamento e addestramento dei cani e per prove e gare cinofile.
6. Nel rimanente territorio agro-silvo-pastorale si effettua la gestione programmata della caccia, secondo le modalità stabilite dagli articoli dal 28 al 34.
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(12) Comma così sostituito dall'art. 1, comma 4 della L.R. 8 maggio 2002, n. 7.
Art. 14
Piani faunistico-venatori provinciali.
1. Ai fini della pianificazione generale del territorio agro-silvo-pastorale le province, sentite le organizzazioni agricole, protezionistiche, venatorie e cinofile, predispongono e presentano alla Giunta regionale piani faunistico-venatori articolati per comprensori omogenei con specifico riferimento alle caratteristiche orografiche e faunistico-vegetazionali.
2. I piani sono approvati dal consiglio provinciale, su proposta della Giunta provinciale.
3. I piani hanno durata quinquennale e devono prevedere:
a) le oasi di protezione e le zone di cui all'art. 1, comma 4;
b) le zone di ripopolamento e cattura;
c) i centri pubblici di riproduzione della fauna selvatica allo stato naturale;
d) le aziende faunistico-venatorie e le aziende agrituristico-venatorie;
e) i centri privati di riproduzione di fauna selvatica allo stato naturale;
f) le zone e i periodi per l'addestramento, l'allenamento e le gare di cani;
g) gli ambiti territoriali e i comprensori alpini di caccia;
h) i criteri per la determinazione dell'indennizzo in favore dei conduttori dei fondi rustici per i danni arrecati dalla fauna selvatica e domestica inselvatichita alle produzioni agricole e alle opere approntate su fondi rustici vincolati per gli scopi di cui alle lettere a), b), e c) (13);
i) i criteri per la corresponsione degli incentivi in favore dei proprietari o conduttori dei fondi agricoli, singoli o associati, che si impegnino alla tutela ed al rispristino degli habitat naturali e all'incremento della fauna selvatica nelle zone di cui alle lettere a) e b);
l) l'identificazione delle zone in cui sono collocati e collocabili e gli appostamenti fissi.
4. Le province, ai fini di dare attuazione alla programmazione ed alla gestione della fauna selvatica e dell'ambiente ove la stessa vive, definiscono al proprio interno apposite strutture tecniche, sulla base delle indicazioni fornite dall'istituto nazionale per la fauna selvatica, dotate di personale specializzato.
5. Le zone di cui al comma 3, devono essere perimetrate con tabelle esenti da tasse regionali.
a) quelle di cui alle lettere a), b) e c), a cura della provincia;
b) quelle di cui alle lettere d), e), f) e g) a cura dell'ente, associazione o privato preposto alla gestione della singola zona.
6. Le tabelle di segnalazione di divieto o di regimi particolari di caccia devono essere delle dimensioni di cm. 20 × 30 e collocate lungo tutto il perimetro dei territori interessati in modo che da una tabella siano visibili le due contigue.
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(13) Lettera così modificata dall'art. 1, comma 5 della L.R. 8 maggio 2002, n. 7 e successivamente dall'art. 2., comma 1 della L.R. 20 dicembre 2002, n. 32.
Art. 15
Piani di miglioramento ambientale.
1. Le province predispongono piani di miglioramento ambientale tesi a favorire la sosta dell'avifauna selvatica migratoria, la produzione naturale di fauna selvatica autoctona, nonché piani di immissione di fauna selvatica, anche tramite la cattura di selvatici presenti in soprannumero nei parchi nazionali e regionali ed in altri ambiti faunistici in accordo con gli enti gestori, salvo accertamento delle compatibilità genetiche da parte dell'istituto nazionale per la fauna selvatica e dell'osservatorio regionale, sentite le organizzazioni professionali agricole maggiormente rappresentative a livello regionale tramite le loro organizzazioni provinciali.
2. Le catture e i ripopolamenti sono disposti dalle province e sono finalizzati alla immissione equilibrata sul territorio delle specie di fauna selvatica autoctona, fino al raggiungimento delle densità faunistiche ottimali.
3. Le catture sono controllate dagli agenti venatori dipendenti dalle province con la collaborazione delle guardie volontarie delle associazioni venatorie, agricole e di protezione ambientale.
Art. 16
Consulta faunistico-venatoria provinciale.
1. Le province si avvalgono di una consulta faunistico-venatoria, composta da un rappresentante per ogni ambito territoriale e per ogni comprensorio alpino di caccia, designato dai rispettivi comitati di gestione, e da tre esperti in problemi faunistici agricoli e naturalistici, designati dalle rispettive associazioni; la consulta è presieduta dall'assessore competente ed è nominata dal presidente della provincia.
2. La durata in carica della consulta corrisponde a quella effettiva del consiglio provinciale.
3. I componenti della consulta, nel cui confronti siano state disposte sanzioni concernenti l'esercizio venatorio, sono revocati dal presidente della provincia e comunque non possono più far parte della consulta stessa.
4. Le funzioni di segretario della consulta sono svolte da un dipendente delle strutture organizzative provinciali competenti nella materia.
Art. 17
Oasi e zone di protezione.
1. Le oasi e le zone di protezione di cui all'art. 14, comma 3, lettera a), sono destinate alla conservazione della fauna selvatica, col fine di favorire l'insediamento e l'irradiamento naturale delle specie stanziali e la sosta delle migratorie, nonché di preservare il flusso delle correnti migratorie; nelle oasi è vietata ogni forma di esercizio venatorio (14).
2. Le oasi e le zone di protezione sono istituite dalle province, con le stesse modalità l'istituzione può essere revocata qualora non sussistano, per modificazioni oggettive, le condizioni idonee al conseguimento delle specifiche finalità.
3. La gestione delle oasi o delle zone di protezione è svolta dalla provincia che può affidarla, su presentazione di specifico piano di gestione, ad associazioni di protezione ambientale con provata esperienza nella gestione di aree protette; con l'approvazione del piano di gestione la provincia predispone specifica convenzione con l'ente gestore.
4. Le province, sentiti l'istituto nazionale per la fauna selvatica e l'osservatorio regionale, possono autorizzare nelle oasi e zone di protezione catture a scopo di studio o di ricerca scientifica e possono altresì autorizzare le guardie venatorie dipendenti o quelle dell'ente gestore, alla cattura di determinate specie di fauna selvatica, presenti in accertato soprannumero a scopo di ripopolamento e di reintroduzione, secondo i criteri fissati dalla pianificazione faunistica.
5. Con le modalità di cui al comma 4 le province possono prevedere altresì piani di abbattimento di specie la cui elevata densità non sia sostenibile dall'ambiente e in particolare sia causa di eccessiva predazione su altre specie.
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(14) Comma modificato dall'art. 1 della L.R. 7 agosto 2002, n. 19.
Art. 18
Zone di ripopolamento e cattura.
1. Le zone di ripopolamento e cattura di cui all'art. 14, comma 3, lettera b), sono istituite dalle province e sono destinate alla riproduzione della fauna selvatica allo stato naturale, al suo irradiamento nelle zone circostanti ed alla cattura della medesima per l'immissione sul territorio in tempi e condizioni utili all'ambientamento, fino alla ricostruzione ed alla stabilizzazione della densità faunistica ottimale del territorio.
2. Le zone di cui al comma 1 sono istituite in territori non destinati a coltivazioni specializzate o suscettibili di particolare danneggiamento per la rilevante concentrazione della selvaggina stessa ed hanno la durata di cinque anni, salvo rinnovo; con le stesse modalità possono essere revocate qualora non sussistano, per modificazioni oggettive, le condizioni idonee al conseguimento delle specifiche finalità.
3. Nell'atto di costituzione sono stabiliti anche i criteri di prevenzione dei danni e le modalità del loro indennizzo, alle produzioni agricole nonché gli incentivi per l'incremento e la riproduzione della fauna selvatica, il miglioramento ambientale e il controllo delle specie la cui elevata densità sia causa di eccessiva predazione su altre specie (15).
4. La gestione delle zone di ripopolamento e cattura è svolta dalle province e può essere affidata ai comitati di gestione di cui all'art. 30.
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(15) Comma così modificato dall'art. 2, comma 1 della L.R. 20 dicembre 2002, n. 32.
Art. 19
Centri pubblici e privati di riproduzione di fauna selvatica.
1. I centri pubblici di riproduzione, di cui all'art. 14, comma 3, lettera c), sono istituiti dalle province, che ne curano anche la gestione e hanno per scopo la produzione di fauna selvatica allo stato naturale; le province possono affidarne la gestione ai comitati di gestione di cui all'art. 30.
2. Le province autorizzano la costituzione di centri privati di riproduzione di fauna selvatica allo stato naturale, organizzati in forma di azienda agricola singola, consortile o cooperativa, ove è vietato l'esercizio dell'attività venatoria ed è consentito il prelievo di animali allevati appartenenti a specie cacciabili da parte del titolare dell'impresa agricola, di dipendenti della stessa e di persone nominativamente indicate.
3. L'autorizzazione dei centri privati è subordinata all'osservanza di apposito disciplinare contenente le prescrizioni per l'esercizio delle attività autorizzate.
4. Le province organizzano e svolgono attività di vigilanza e controllo sui centri privati di cui al comma 2.
Art. 20
Modalità di costituzione degli ambiti protetti.
1. La deliberazione che determina il perimetro delle zone da vincolare, di cui agli artt. 17, 18 e 19 è notificata ai proprietari o conduttori dei fondi interessati ed è resa nota, mediante affissione all'albo pretorio dei comuni territorialmente interessati, alle organizzazioni professionali agricole maggiormente operanti a livello provinciale.
2. Qualora nei successivi sessanta giorni sia presentata opposizione motivata, in carta semplice ed esente da oneri fiscali, da parte dei proprietari o conduttori dei fondi costituenti almeno il quaranta per cento della superficie complessiva che si intende vincolare, la zona non può essere costituita.
3. Il consenso dei proprietari o conduttori dei fondi interessati si intende validamente accordato nel caso in cui non sia stata presentata formale opposizione nel suddetto termine di sessanta giorni.
4. Nelle zone non vincolate per la opposizione manifestata dai proprietari o conduttori di fondi interessati, resta in ogni caso, precluso l'esercizio dell'attività venatoria; la provincia può destinare le suddette zone ad altro uso nell'ambito della pianificazione faunistico-venatoria.
5. La provincia, in via eccezionale e per particolari necessità ambientali può disporre la costituzione coattiva di oasi di protezione e di zone di ripopolamento e cattura, nonché l'attuazione di piani di miglioramento ambientale di cui all'art. 15.
Art. 21
Zone per l'allenamento e l'addestramento dei cani e per le gare e le prove cinofile.
1. Le province istituiscono le zone di cui all'art. 14, comma 3, lett. f), destinate all'allenamento ed addestramento dei cani da caccia ed alle gare cinofile e ne affidano la gestione alle associazioni venatorie riconosciute, alle associazioni cinofile ed alle associazioni professionali degli addestratori cinofili, nonché ad imprenditori agricoli singoli o associati.
2. Tali zone sono distinte in zone A, B e C.
3. Le zone A sono destinate alle prove cinofile di interesse almeno provinciale, con divieto di sparo, hanno carattere temporaneo e funzionano per tutta la durata delle prove autorizzate. La provincia, d'intesa con l'ente nazionale della cinofilia, può autorizzare tali prove anche su selvaggina naturale e ne può autorizzare lo svolgimento anche nelle oasi di protezione e nelle zone di ripopolamento e cattura, nonché nei parchi regionali ed in altre aree protette, previe intese con gli enti gestori.
4. Le zone B, di estensione non superiore a mille ettari, hanno durata triennale, sono destinate all'allenamento e all'addestramento dei cani per tutto l'anno, con divieto di sparo, eccetto che con la pistola a salve, e a prove cinofile sia su selvaggina naturale che allevata in cattività.
5. La provincia può autorizzare anche zone B temporanee nel periodo da gennaio ad agosto; può autorizzare inoltre l'istituzione di zone B, di estensione fino a cento ettari, recintate con rete metallica o altra effettiva chiusura destinate all'allenamento e all'addestramento dei cani su lepre comune, può autorizzare altresì zone B di estensione non inferiore a dieci ettari e recintate nei modi di cui sopra, destinate esclusivamente all'allenamento e all'addestramento dei cani da seguita su cinghiale.
6. La provincia può istituire zone B giornaliere, destinate a prove cinofile di interesse sub-provinciale, per cani iscritti e non ai libri genealogici. Dette prove possono essere autorizzate sia su selvaggina di allevamento in zone di limitata estensione, sia su selvaggina naturale anche in terreni a vincolo venatorio.
7. Le zone C, di estensione fra i tre e i cinquanta ettari, hanno durata triennale e sono destinate all'addestramento e all'allenamento dei cani da caccia e dei falchi, anche con l'abbattimento tutto l'anno di fauna riprodotta esclusivamente in allevamento artificiale o in cattività, nonché per le prove cinofile con selvatico abbattuto.
8. Su richiesta del titolare possono essere istituite zone per l'addestramento e l'allenamento dei cani di tipo A, B e C nelle aziende agri-turistico-venatorie e di tipo A e B nelle aziende faunistico-venatorie.
9. È adottato secondo le competenze stabilite dallo Statuto il regolamento attuativo, fermo restando che l'attività cinofila ivi praticata non è assimilabile all'esercizio venatorio o all'addestramento cani nei trenta giorni che precedono l'apertura annuale della stagione venatoria (16) (17) (18).
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(16) Articolo così sostituito dall'art. 1, comma 6 della L.R. 8 maggio 2002, n. 7, ora modificato dall'art. 7 della L.R. 18 giugno 2003, n. 8.
(17) Si veda il Reg. 4 agosto 2003, n. 16: regolamento di attuazione del presente comma.
(18) Comma così modificato dall'art. 1, comma 6, lett. a), della L.R. 5 maggio 2004, n. 12.
TITOLO III
Organizzazione del prelievo venatorio
Art. 22
Esercizio dell'attività venatoria - Tesserino.
1. L'esercizio venatorio è disciplinato dall'art. 12 della legge n. 157/1992 sul territorio individuato dall'art. 13 della presente legge come ammissibile all'esercizio venatorio; ai sensi della presente legge non sono considerate esercizio dell'attività venatoria l'attività di allenamento e l'esposizione dei richiami vivi, di cattura o di allevamento, anche al di fuori dei periodi, giornate e orari di caccia (19).
2. Ai fini dell'esercizio dell'attività venatoria è necessario il possesso di un apposito tesserino predisposto dalla Giunta regionale e rilasciato dalla provincia di residenza ove sono indicate le specifiche norme inerenti al calendario venatorio regionale, nonché la forma di caccia prescelta in esclusiva, l'ambito territoriale o il comprensorio alpino di caccia assegnato (20).
3. I cacciatori residenti in altre regioni possono praticare la caccia in Lombardia, previa annotazione sul tesserino, da parte della provincia interessata, dell'ambito territoriale o del comprensorio alpino di caccia assegnato.
4. Il numero del tesserino annuale deve essere riportato sulla licenza di caccia a cura della provincia che tiene un apposito schedario dei tesserini rilasciati da aggiornare annualmente.
5. Il cacciatore deve annotare in modo indelebile, negli appositi spazi del tesserino personale, il giorno di caccia prescelto nella propria o nelle altre regioni all'atto dell'inizio dell'esercizio venatorio e il numero di capi di selvaggina stanziale [e migratoria] non appena abbattuti, anche al fine di rilevare il dato relativo ai prelievi per specie, secondo lo schema concordato con l'istituto nazionale per la fauna selvatica (21).
6. Il tesserino va restituito alla provincia rilasciante entro il 31 marzo successivo alla data di chiusura della caccia; le province raccolgono in serie storiche i dati sui prelievi venatori inviandoli all'osservatorio regionale per la costituzione di una banca dati sul prelievo venatorio regionale.
7. Il numero di capi di selvaggina migratoria abbattuti va annotato sul tesserino, in modo indelebile, al termine dell'attività giornaliera di caccia e comunque sul posto di caccia (22).
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(19) Comma così sostituito dall'art. 1, comma 7 della L.R. 8 maggio 2002, n. 7.
(20) Per modifiche al presente comma. si veda il comma 1 dell'art. 4 della L.R. 27 gennaio 1998, n. 1.
(21) Parole soppresse dall'art. 1, comma 7 della L.R. 8 maggio 2002, n. 7.
(22) Comma così sostituito dall'art. 1, comma 7 della L.R. 8 maggio 2002, n. 7.
Art. 23
Mezzi, attrezzi ed ausili per l'esercizio dell'attività venatoria (23).
1. L'attività venatoria è consentita con l'uso di:
a) fucile con canna e anima liscia fino a due colpi, a ripetizione e semiautomatico, con colpo in canna e caricatore che non possa contenere più di due cartucce di calibro non superiore al 12;
b) fucile con canna ad anima rigata a caricamento singolo e manuale o a ripetizione semiautomatica di calibro non inferiore a millimetri 5,6 con bossolo a vuoto di altezza non inferiore a millimetri 40;
c) fucile a due o tre canne (combinato), di cui una o due ad anima liscia di calibro non superiore al 12 ed una o due ad anima rigata di calibro non inferiore a millimetri 5,6 con bossolo a vuoto di altezza non inferiore a millimetri 40;
d) arco.
2. È consentito altresì l'uso dei falchi esclusivamente appartenenti a specie autoctone e riprodotte in cattività in conformità alle leggi vigenti, alle convenzioni internazionali ed alle direttive comunitarie.
3. L'addestramento e l'allenamento dei falchi in periodo di caccia chiusa possono avvenire previo rilascio di permesso da parte delle province e non possono in alcun caso provocare la predazione di fauna selvatica.
4. Nella zona faunistica delle Alpi è vietato l'uso del fucile con canna ad anima liscia a ripetizione semiautomatica salvo che il relativo caricatore sia adattato in modo da non contenere più di un colpo.
5. Il cacciatore nell'esercizio dell'attività venatoria è autorizzato a portare, oltre ai cani ed alle armi consentite, gli utensili da punta e da taglio atti alle esigenze venatorie, ad usare richiami vivi di cattura secondo le quantità previste dalla legge n. 157/1992 e richiami vivi di allevamento in voliere, corridore, palloni o similari e in gabbie; ad usare fischi e richiami a bocca o manuali; ad impiegare stampi di legno, plastica o altro materiale riproducenti specie cacciabili e non soggetti imbalsamati delle specie cacciabili, nonché richiami non acustici a funzionamento meccanico (24).
6. I bossoli delle cartucce devono essere recuperati dal cacciatore e non lasciati sul luogo di caccia.
7. Sono vietati tutte le armi e i mezzi per l'esercizio venatorio non esplicitamente ammessi dal presente articolo.
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(23) Rubrica così sostituita dall'art. 1, comma 8 della L.R. 8 maggio 2002, n. 7.
(24) Comma così sostituito dall'art. 1, comma 8 della L.R. 8 maggio 2002, n. 7.
Art. 24
Prelievo venatorio.
1. Per ogni giornata di caccia il cacciatore può prelevare due capi di fauna selvatica stanziale autoctona anche della stessa specie, ad eccezione della lepre comune, lepre bianca coturnice e gallo forcello, di cui è consentito il prelievo di un solo capo (25).
2. Le province, di concerto con i comitati di gestione degli ambiti territoriali e dei comprensori alpini di caccia, previ censimenti della fauna selvatica stanziale e relativi piani di prelievo, provvedono un numero massimo di capi abbattibili, stagionale e giornaliero, per singola specie e per cacciatore (26).
3. Per ogni giornata di caccia all'avifauna selvatica migratoria il cacciatore non può prelevare più di trenta capi, con il limite di due sole beccacce e di dieci capi tra palmipedi e trampolieri per cacciatore.
4. La Giunta regionale nel calendario venatorio annuale deve prevedere variazioni numeriche entro i limiti indicati nei commi precedenti, sentiti l'istituto nazionale per la fauna selvatica e l'osservatorio regionale, tenuto conto delle fluttuazioni numeriche e delle tendenze delle popolazioni oggetto di caccia anche tramite l'elaborazione dei dati di abbattimento delle annate precedenti (27) (28).
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(25) Comma così sostituito dall'art. 1, comma 9 della L.R. 8 maggio 2002, n. 7.
(26) Comma così modificato dall'art. 1, comma 9 della L.R. 8 maggio 2002, n. 7.
(27) Comma così modificato dall'art. 1, comma 9 della L.R. 8 maggio 2002, n. 7.
(28) Si veda il D.Dirig. 14 luglio 2003, n. 11618: Variazioni al numero di specie cacciabili.
Art. 25
Esercizio venatorio da appostamento fisso e temporaneo.
1. Sono fissi gli appostamenti di caccia costruiti in muratura o altra solida materia con preparazione di sito destinati all'esercizio venatorio almeno per un'intera stagione venatoria.
2. Fermi restando i divieti di cui all'art. 43, comma 1, lettera f) e quanto previsto dal comma 8, gli appostamenti fissi non possono essere ricavati da immobili, fabbricati e stabili adibiti ad abitazione o a posto di lavoro, o essere collocati a meno di cento metri dagli stessi, fatta eccezione per i fabbricati rurali; ai fini dell'applicazione della distanza minima di cento metri non sono altresì considerati immobili, fabbricati e stabili adibiti ad abitazione quelli a carattere rurale destinati durante l'effettivo esercizio venatorio esclusivamente al supporto dell'attività venatoria e destinati alla sosta, al riposo del cacciatore e di eventuali ospiti ed alla custodia degli attrezzi di caccia e dei richiami (29).
3. Sono considerati appostamenti fissi di caccia le tine, le zattere e le imbarcazioni ancorate nelle paludi o negli stagni o sui margini di specchi d'acqua naturali o artificiali e quelli ubicati al largo dei laghi e dei fiumi, purché saldamente ancorati al fondale, destinati all'esercizio venatorio agli acquatici, verso i quali è consentito l'accostamento con mezzo galleggiante a trazione manuale, utilizzabile anche per il recupero, in atteggiamento di caccia, della selvaggina ferita.
4. Gli appostamenti all'avifauna selvatica acquatica collocati in terra ferma devono avere una stabile occupazione di sito definita, con la copertura d'acqua del suolo per una durata non inferiore a quattro mesi, pena la revoca dell'autorizzazione, fatta eccezione per quelli impiantati in risaia (30).
5. L'autorizzazione per la caccia da appostamento fisso è rilasciata dalla provincia e ha la validità per tre anni, salvo revoca; la domanda deve essere corredata da planimetria in scala 1:10.000, indicante l'ubicazione dell'appostamento, e dal consenso scritto del proprietario o del conduttore del terreno, lago o stagno privato in quanto l'appostamento importi preparazione del sito con modificazione e occupazione stabile del terreno.
6. Non sono considerati fissi agli effetti della opzione della forma di caccia in via esclusiva, gli appostamenti per l'esercizio venatorio agli ungulati e ai colombacci.
7. Non è consentito impiantare appostamenti fissi di caccia a distanza inferiore a quattrocento metri dai confini delle oasi di protezione, delle zone di ripopolamento e cattura, nonché dei parchi nazionali e riserve naturali (31).
8. Non sono consentiti nuovi appostamenti fissi a distanza inferiore a duecento metri da altro appostamento fisso preesistente; sono in ogni caso fatte salve, anche con riferimento al precedente comma 7, le diverse distanze relative agli appostamenti fissi preesistenti alla data di entrata in vigore della presente legge.
9. Ferma restando l'esclusività della forma di caccia ai sensi per gli effetti del disposto di cui all'art. 35, è consentito al titolare ed alle persone dallo stesso autorizzate solo il recupero, in attitudine di caccia, della selvaggina ferita anche con l'uso del cane da riporto, entro un raggio di cento metri dal capanno.
10. È vietata la caccia in forma vagante ad una distanza minore di metri cento dagli appostamenti fissi segnalati a cura del titolare, durante l'effettivo esercizio di essi, salvo il consenso del titolare stesso.
11. L'accesso all'appostamento fisso con armi proprie e con l'uso dei richiami vivi è consentito unicamente a coloro che abbiano esercitato l'opzione per la specifica forma di caccia. Oltre al titolare possono cacciare nell'appostamento fisso le persone che abbiano scelto tale tipo di caccia, con il consenso del titolare stesso, anche se non risultano soci dell'ambito territoriale o comprensorio alpino della regione ove è ubicato l'appostamento fisso nel quale sono stati invitati, senza versare alcun contributo ulteriore, purché documentino il pagamento del contributo di adesione all'ambito territoriale di caccia o al comprensorio alpino di cui sono soci; in caso di assenza del titolare dell'autorizzazione, l'accesso è consentito agli ospiti previo il possesso della copia dell'autorizzazione stessa. È comunque consentita la presenza nell'appostamento fisso di ospiti osservatori non titolari di licenza di caccia (32).
12. Le province, nella stagione venatoria 1993/94, non possono rilasciare un numero di autorizzazioni per la caccia da appostamento fisso superiore a quello rilasciato nella stagione venatoria 1989/90, ammontante complessivamente a n. 20.940 suddivisi per provincia, come da prospetto di cui all'allegato B alla presente legge.
13. Le autorizzazioni di cui al comma 12 sono rilasciati su richiesta del titolare dell'appostamento fisso già autorizzato per la stagione venatoria 1989/1990, ovvero anche di persona diversa nel caso in cui l'autorizzazione per l'appostamento fisso sia stata rinnovata e confermata anche per gli anni successivi; ove si verifichi una possibile capienza, le autorizzazioni disponibili sono rilasciate in via prioritaria agli ultrasessantenni, ai portatori di handicap fisici e a coloro che, per sopravvenuto impedimento fisico, non siano più in condizioni di esercitare la caccia in forma vagante.
14. Le province autorizzano il titolare di appostamento fisso che, per caso fortuito o per forza maggiore, sia costretto a trovare altro sito, ad impiantare l'appostamento stesso in una zona diversa da quella in cui era stato in precedenza autorizzato.
15. Sono temporanei gli appostamenti che non comportino modificazioni del sito e siano destinati all'esercizio venatorio per non più di una giornata di caccia: al termine della giornata il cacciatore deve rimuovere il materiale usato per la costruzione dell'appostamento; detti appostamenti sono soggetti al consenso verbale del conduttore del fondo, qualora necessitino di preparazione di sito.
16. La caccia da appostamento temporaneo va intesa come caccia vagante.
17. La preparazione dell'appostamento temporaneo non può essere effettuata mediante taglio di piante da frutto o, comunque, di interesse economico, a meno che non si tratti di residui della potatura, né con impiego di parti di piante appartenenti alla flora spontanea protetta.
18. Gli appostamenti temporanei non possono essere situati a distanza inferiore a duecento metri da altro appostamento, nonché delle zone previste dal comma 7.
19. Il titolare dell'autorizzazione dell'appostamento fisso di caccia, previo accordo con il proprietario o conduttore del fondo, provvede durante il corso dell'anno al mantenimento delle caratteristiche naturali dell'ambiente circostante, per la tutela della fauna selvatica e della flora, almeno nel raggio di cento metri dall'impianto.
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(29) Comma già sostituito dalla L.R. 12 ottobre 1993, n. 30, nuovamente così sostituito dall'art. 1, comma 10 della L.R. 8 maggio 2002, n. 7.
(30) Comma così modificato dall'art. 1, comma 10 della L.R. 8 maggio 2002, n. 7.
(31) Comma così modificato dall'art. 1, comma 10 della L.R. 8 maggio 2002, n. 7.
(32) Comma così sostituito dall'art. 1, comma 10 della L.R. 8 maggio 2002, n. 7.
Art. 26
Detenzione ed uso dei richiami vivi per la caccia da appostamento.
1. Acquisito il parere dell'istituto nazionale per la fauna selvatica, con regolamento adottato secondo le competenze stabilite dallo Statuto sono disciplinate, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, l'allevamento, la vendita e la detenzione di uccelli allevati appartenenti alle specie cacciabili muniti di anellini inamovibili rilasciati dalle province anche avvalendosi di associazioni, enti ed istituti ornitologici legalmente riconosciuti a livello nazionale e internazionale, nonché il loro uso in funzione di richiami per la caccia da appostamento (33).
2. In attuazione dell'art. 5, comma 1, della legge n. 157/92, oltre ai richiami di cattura, sono consentiti la detenzione e l'uso per l'esercizio dell'attività venatoria di richiami di allevamento appartenenti alle specie cacciabili.
3. Con regolamento, adottato secondo le competenze stabilite dallo Statuto, è disciplinato il possesso di richiami vivi di cattura appartenenti alle specie di cui all'art. 7, comma 5, consentendo ad ogni cacciatore che eserciti l'attività venatoria ai sensi dell'art. 35, comma 1, lettera b), l'utilizzazione di un numero massimo di dieci unità per ogni specie, fino ad un massimo complessivo di quaranta unità; per i cacciatori che esercitano l'attività venatoria da appostamento temporaneo è consentito l'utilizzo di richiami vivi di cattura nel numero massimo di dieci unità. Tali limitazioni numeriche non riguardano la stabulazione dei richiami appartenenti a più cacciatori contemporaneamente (34) (35).
4. Coloro che, alla data di entrata in vigore della presente legge, detengano richiami vivi appartenenti a specie non consentite ovvero, se appartenenti a specie consentite, ne detengano un numero superiore a quello stabilito dal comma 3, sono tenuti a farne denuncia alla provincia competente al fine di legittimarne il possesso entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge stessa.
5. I richiami vivi possono essere tenuti privi di anello. Per la loro legittima detenzione fa fede, per i richiami di cattura, la documentazione esistente presso la Provincia e, per i richiami di allevamento, la documentazione propria del cacciatore (36).
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(33) Comma prima modificato dall'art. 7 della L.R. 18 giugno 2003, n. 8 e, da ultimo, modificato dall'art. 1, comma 6, lett. b), della L.R. 5 maggio 2004, n. 12.
(34) Comma prima modificato dall'art. 1, comma 11 della L.R. 8 maggio 2002, n. 7 e, da ultimo, modificato dall'art. 1, comma 6, lett. c), della L.R. 5 maggio 2004, n. 12.
(35) Si veda il Reg. 4 agosto 2003, n. 16: regolamento di attuazione del presente comma.
(36) Gli originari commi 5 e 6 sono stati così sostituiti dal presente comma. 5ai sensi dell'art. 2 della L.R. 7 agosto 2002, n. 19.
Art. 27
Zona Alpi e zona appenninica.
1. Il territorio della zona Alpi, individuato in base alla consistente presenza della tipica flora e fauna alpina, è considerato zona faunistica a sé stante.
2. La zona Alpi comprende territori delle province di Bergamo, Brescia, Como, Sondrio, Varese, Lecco ed relativi confini sono determinati dalla Giunta regionale, su proposta delle province, sentite le comunità montane interessate e d'intesa con le altre regioni per i territori confinanti (37).
2-bis. Le province possono istituire all'interno dei comprensori alpini di caccia, di concerto con questi, due distinti comparti venatori, denominati l'uno zona di maggior tutela e l'altro zona di minor tutela, con l'esercizio della caccia differenziato in relazione alla peculiarità degli ambienti e delle specie di fauna selvatica ivi esistenti e meritevoli di particolare tutela (38).
3. Il territorio appenninico della Lombardia ricompreso nell'Oltrepò Pavese è individuato come zona faunistica a sé stante anche ai fini della ricostituzione della fauna tipica e vocazionale ed è denominato zona appenninica; i confini della predetta zona sono determinati dalla Giunta regionale su proposta della provincia di Pavia, sentita la comunità montana interessata.
4. Con regolamento, adottato secondo le competenze stabilite dallo Statuto sono stabilite norme particolari al fine di proteggere la caratteristica fauna e disciplinare l'attività venatoria nel territorio della zona Alpi e della zona appenninica, tenuto conto delle consuetudini e delle tradizioni locali (39) (40).
5. Le province, di concerto con i comitati di gestione dei comprensori alpini di caccia, emanano specifiche disposizioni limitative per l'esercizio venatorio nel comparto di maggior tutela e, relativamente al comparto di minor tutela, possono emanare particolari disposizioni limitative per la caccia alla selvaggina stanziale e per gli appostamenti temporanei, fermo restando che, per la caccia alla selvaggina migratoria vige il calendario venatorio regionale, con il divieto della caccia vagante oltre il 31 dicembre, fatta eccezione per la caccia al cinghiale (41).
6. Le province possono altresì emanare disposizioni limitative per l'esercizio della caccia in forma vagante alla selvaggina stanziale nei territori collinari e montani contigui alla zona Alpi.
7. Le province, sentiti i comitati di gestione interessati, individuano per ogni comprensorio l'altitudine massima raggiungibile in esercizio o attitudine di caccia con mezzi motorizzati; di tale altitudine, che preferibilmente dovrà corrispondere a luoghi facilmente identificabili, è data comunicazione nel calendario venatorio.
8. Le province, su conforme parere dell'istituto nazionale della fauna selvatica, allo scopo di rapportare le popolazioni faunistiche a corrette densità agro-forestali, autorizzano nella zona Alpi, e nella zona appenninica, nel rispetto dei piani annuali di prelievo predisposti sulla base dei relativi censimenti invernali ed estivi, la caccia di selezione agli ungulati ai sensi dell'art.40, comma 11, secondo il regolamento predisposto dalle province stesse ed approvato dalla Giunta regionale.
9. Le province, per una corretta gestione della tipica fauna alpina, possono istituire zone di divieto dell'attività venatoria ad eccezione della caccia in forma selettiva ed esclusiva agli ungulati.
10. Le autorizzazioni di cui al comma 8 per le aziende faunistico-venatorie interprovinciali sono disposte dalla Giunta regionale, sentite le province interessate (42).
11. I cacciatori che per la prima volta intendano essere ammessi alla caccia vagante nella zona Alpi e appenninica, o che vengano riammessi dopo aver subito un anno di sospensione, sono tenuti a superare un colloquio vertente su nozioni agro- faunistiche venatorie relative alle predette zone, da sostenersi presso le province territorialmente interessate avanti alla commissione di cui al successivo art. 44.
12. Non sono tenuti al colloquio di cui al comma 11 coloro che hanno esercitato la caccia in zona appenninica anteriormente alla delimitazione della stessa a norma del comma 3.
13. Nei comparti di maggior tutela, ai sensi del comma 5, al fine di ripristinare l'integrità della abiocenosi animale, è consentita l'immissione di sole specie autoctone, previo parere favorevole e vincolante dell'istituto nazionale per la fauna selvatica e dell'osservatorio regionale (43).
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(37) Comma così modificato dall'art. 1, comma 12 della L.R. 8 maggio 2002, n. 7.
(38) Comma aggiunto dall'art. 1, comma 12 della L.R. 8 maggio 2002, n. 7.
(39) Si veda il Reg. 4 agosto 2003, n. 16: regolamento di attuazione del presente comma.
(40) Comma così modificato dall'art. 1, comma 6, lett. d), della L.R. 5 maggio 2004, n. 12.
(41) Comma così sostituito dall'art. 1, comma 12 della L.R. 8 maggio 2002, n. 7.
(42) Per modifiche al presente comma. si veda il comma 1 dell'art. 4 della L.R. 27 gennaio 1998, n. 1.
(43) Comma così modificato dall'art. 1, comma 12 della L.R. 8 maggio 2002, n. 7.
TITOLO IV
Disposizioni per la gestione della fauna selvatica e per la programmazione dei prelievi venatori
Art. 28
Gestione programmata della caccia.
1. Ai fini di quanto previsto dall'art. 14, comma 3, lettera g), le province, sentite le organizzazioni professionali agricole e le associazioni venatorie, ripartiscono il territorio agro-silvo-pastorale destinato alla caccia programmata, ai sensi dell'art. 13, comma 6, in ambiti territoriali e in comprensori alpini di caccia omogenei e delimitati esclusivamente da confini naturali e/o da ferrovie, autostrade, strade statali o provinciali o altri manufatti evidentemente rilevabili (44).
4. La Giunta regionale disciplina i modi di gestione e di accesso dei cacciatori, compresi quelli residenti in altre regioni, secondo le priorità indicate nell'art. 33.
5. La Giunta regionale, d'intesa con le regioni confinanti, per esigenze motivate, può altresì individuare ambiti territoriali comprensori alpini di caccia interessanti territori contigui.
6. Ferme restando le indicazioni statali concernenti l'indice di densità venatoria, annualmente la Giunta regionale determina, sulla base dei dati censuari, l'indice massimo della densità venatoria nei territori a gestione programmata della caccia, derivante dal rapporto fra il numero di cacciatori, ivi compresi quelli che praticano l'esercizio venatorio da appostamento fisso, ed il territorio agro-silvo-pastorale regionale (45).
7. Ogni cacciatore ha diritto di essere socio dell'ambito territoriale di caccia o del comprensorio alpino di caccia in cui ha la residenza anagrafica; a tal fine il cacciatore conferma la propria iscrizione, anche non continuativa negli anni, attraverso il pagamento della relativa quota entro e non oltre il 31 marzo di ogni anno; ogni cacciatore inoltre può essere socio di un ambito territoriale o comprensorio alpino di caccia della regione diverso da quello di residenza; a tal fine il cacciatore deve farne richiesta entro il 31 marzo di ogni anno e provvedere entro il 31 maggio al pagamento della relativa quota associativa, fermo restando che l'accettazione della domanda da parte dei comitati di gestione è subordinata alla disponibilità di posti il cui numero è stabilito dalla giunta regionale ogni tre anni, secondo i criteri di cui ai commi 4, 5, e 6 ed i parametri di cui all'art. 34, comma 1, lett. c); fatti salvi i diritti acquisiti di permanenza associativa dei soci residenti in Regione Lombardia già iscritti ad ambiti territoriali o comprensori alpini di caccia nelle stagioni venatorie 1998/1999 e quanto stabilito in materia di ammissione dal comma 6, dell'art. 33, le province, al fine di migliorare la gestione del patrimonio faunistico, possono limitare le ammissioni di nuovi soci non residenti per un massimo del venti per cento degli stessi e comunque in numero tale da non ridurre l'indice regionale con riferimento al numero degli ammessi non residenti riscontrato nell'ambito delle stagioni venatorie dal 1998/1999 al 2002/2003 con possibilità di aggiornamento ogni tre anni (46).
8. La provincia può autorizzare, con delibera motivata, i comitati di gestione degli ambiti territoriali e dei comprensori alpini di caccia ad ammettere nei rispettivi territori di competenza un numero di cacciatori superiore a quello fissato, purché si siano accertate, mediante censimenti di cui all'art. 8, modifiche positive della popolazione faunistica stanziale (47).
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(44) Gli originari commi 1, 2 e 3 sono stati così sostituiti dal presente comma. ai sensi dell'art. 1, comma 13 della L.R. 8 maggio 2002, n. 7.
(45) Per modifiche al presente comma. si veda il comma 1 dell'art. 4 della L.R. 27 gennaio 1998, n. 1.
(46) Comma così sostituito dall'art. 1, comma 13 della L.R. 8 maggio 2002, n. 7, poi modificato dall'art. 3 della L.R. 7 agosto 2002, n. 19.
(47) Si veda la Delib.G.R. 19 luglio 1994, n. 5/54912.
Art. 29
Comitati provvisori degli ambiti territoriali e dei comprensori alpini di caccia.
1. In sede di prima attuazione della presente legge il presidente della provincia, entro trenta giorni dall'approvazione del piano faunistico di cui all'art. 14 nomina un comitato provvisorio per ciascun ambito territoriale e comprensori alpini di caccia, composto:
a) da un rappresentante della Provincia, esperto in materia faunistico-venatoria;
b) per gli ambiti territoriali di caccia dal rappresentante del comune con maggior superficie agro-silvo-pastorale compresa nell'ambito stesso;
c) per i comprensori alpini di caccia, dal rappresentante della comunità montana interessata, o dal rappresentante delle comunità montane interessate designato d'intesa tra le stesse;
d) da tre rappresentanti delle organizzazioni professionali agricole;
e) da tre rappresentanti delle associazioni venatorie;
f) da due rappresentanti scelti tra le associazioni protezionistiche.
2. I rappresentanti di cui al comma 1, lettere d), e), ed f), sono designati dalle rispettive organizzazioni provinciali in base al principio della rappresentatività nel territorio e sono scelti fra persone residenti nell'ambito territoriale o comprensorio alpino di caccia.
3. I comitati provvisori eleggono il presidente nel loro seno e rimangono in carica fino alla elezione dei comitati di gestione a norma del comma 4.
4. Il comitato provvisorio, entro sei mesi dlla sua costituzione, approva lo statuto, sentiti i cacciatori iscritti riuniti in assemblea, entro due mesi dalla approvazione dello statuto si procede alla nomina degli organi previsti dallo stesso.
Art. 30
Statuto e organi degli ambiti territoriali e dei comprensori alpini di caccia.
1. Sono organi di ciascun ambito territoriale e comprensorio alpino di caccia:
a) il presidente;
b) il comitato di gestione;
c) l'assemblea dei cacciatori iscritti;
d) il collegio dei revisori dei conti.
2. Lo statuto degli ambiti e dei comprensori e le sue modificazioni sono approvati dall'assemblea dei cacciatori iscritti.
3. Lo statuto disciplina:
a) la durata e la composizione del comitato di gestione in conformità a quanto previsto dall'art. 29, comma 1, della presente legge e dall'art. 14, comma 10, della legge n. 157/92;
b) le modalità per la elezione del presidente, del comitato di gestione e del collegio dei revisori dei conti;
c) le modalità di convocazione e di svolgimento dell'assemblea dei cacciatori iscritti;
d) le modalità di funzionamento degli organi, le rispettive competenze e responsabilità, nonché le procedure per la sostituzione o la revoca dei componenti.
4. I comitati di gestione degli ambiti territoriali di caccia, i cui componenti sono nominati con provvedimento del presidente della provincia, sono, in conformità all'art. 14, comma 10, della legge n. 157/1992, così composti:
a) un rappresentante della provincia;
b) un rappresentante per ognuno dei tre comuni con maggior superficie agro-silvo-pastorale compresa nell'ambito stesso e da essi designati;
c) sei rappresentanti designati dalle organizzazioni professionali agricole, di cui uno indicato dalle associazioni cinofile nominato dall'ente nazionale per la cinofilia italiana;
d) sei rappresentanti designati dalle associazioni venatorie riconosciute a livello nazionale e presenti in forma organizzata sul territorio dell'ambito e designati dai rispettivi organi provinciali;
e) quattro rappresentanti nominati dalle associazioni di protezione ambientale presenti in forma organizzata sul territorio dell'ambito.
5. I rappresentanti di cui al comma 4, lettera d) sono designati dalle rispettive organizzazioni provinciali in base al principio della rappresentatività sul territorio dell'ambito; i rappresentanti devono essere iscritti tra i soci dell'ambito territoriale di caccia e sono indicati nella misura di tre dall'associazione più rappresentativa nell'ambito territoriale di caccia e tre dalle altre associazioni in base al medesimo principio.
6. Il presidente dell'ambito territoriale di caccia è eletto dai componenti il comitato di gestione tra i suoi membri.
7. I comitati di gestione dei comprensori alpini di caccia, i cui componenti sono nominati con provvedimento del presidente della provincia, sono composti da:
a) un rappresentante della provincia;
b) un rappresentante designato dalla comunità montana territorialmente interessata o dal rappresentante delle comunità montane interessate, designato d'intesa tra le stesse;
c) cinque rappresentanti designati dalle associazioni venatorie provinciali presenti in forma organizzata sul territorio del comprensorio, in proporzione ai rispettivi associati ammessi;
d) due rappresentanti designati dall'organizzazione professionale agricola maggiormente rappresentativa sul territorio del comprensorio alpino;
e) due rappresentanti designati dall'associazione di protezione ambientale maggiormente rappresentativa sul territorio del comprensorio alpino;
f) un rappresentante designato dalle associazioni cinofile.
8. La durata in carica dei comitati corrisponde a quella effettiva del consiglio provinciale. Ogni comitato di gestione ha facoltà di spesa nei limiti delle disponibilità di bilancio. La durata in carica dei membri di nomina amministrativa corrisponde a quella effettiva degli organi che li hanno nominati. Per tutti i membri designati è ammessa la revoca da parte degli organi designanti.
9. Il presidente del comprensorio alpino di caccia è eletto direttamente dall'assemblea dei soci tra i componenti del comitato di gestione.
10. La provincia, sentito il comitato di gestione, nomina il collegio dei revisori dei conti, il cui presidente è scelto tra gli iscritti nel registro dei revisori contabili e gli altri due preferibilmente fra gli iscritti all'albo dei dottori commercialisti o nel collegio dei ragionieri e periti aziendali ovvero nel registro dei revisori contabili; il collegio dei revisori dei conti rimane in carica per lo stesso periodo previsto per il comitato di gestione e può essere riconfermato.
11. Al termine dell'esercizio sociale, il comitato di gestione predispone il bilancio consuntivo e preventivo che vengono approvati, entro il 30 aprile dell'anno successivo, dall'assemblea dei soci e li trasmette alla provincia competente corredati della relazione tecnico-finanziaria del collegio dei revisori dei conti.
12. Il bilancio e i verbali di riunione del comitato di gestione debbono essere resi disponibili a chiunque ne faccia richiesta.
13. Qualora i rendiconti presentino dei disavanzi di gestione, o nel caso in cui i comitati non siano in grado di funzionare, ovvero commettano violazioni di legge o prevarichino le proprie competenze anche in riferimento al comma 3, il comitato di gestione viene destituito dal presidente della provincia che provvede a nominare un commissario.
14. Entro sessanta giorni dalla nomina, il commissario di cui al comma 13 riferisce al presidente della provincia per avviare le procedure per il rinnovo del comitato stesso.
15. Gli ambiti territoriali ed i comprensori alpini di caccia conformano i propri statuti ai criteri ed agli indirizzi per la redazione dello statuto adottati dalla giunta regionale. Per quanto non espressamente previsto dalla presente legge e dallo statuto, si rinvia alle disposizioni di cui al libro I, titolo II, capo III, del codice civile, ove applicabili, fermo restando che è fatto divieto agli organi degli ambiti territoriali e dei comprensori alpini di caccia introdurre o attuare regolamenti in contrasto con le norme sull'attività venatoria stabilite dalla presente legge o dal calendario venatorio regionale.
16. Le province predispongono entro il 15 aprile di ogni anno un elenco contenente le sedi, gli indirizzi ed ogni altra informazione ritenuta utile, degli ambiti territoriali e dei comprensori alpini di caccia e lo comunicano entro la stessa data alla regione che provvede a predisporre un elenco a livello regionale ed a fornirlo alle province ed a tutte le associazioni venatorie presenti sul territorio.
17. Le province sono tenute a verificare costantemente il rispetto delle norme della presente legge da parte dei comitati di gestione degli ambiti territoriali e dei comprensori alpini di caccia ed altresì a rendere immediatamente operative le disposizioni applicative regionali. In caso di inadempienze o irregolarità nello svolgimento delle loro funzioni agli ambiti territoriali e ai comprensori alpini di caccia le province applicano il disposto di cui al comma 13.
18. In nessun caso i comitati di gestione degli ambiti territoriali o dei comprensori alpini possono modificare le disposizioni di cui all'art. 32 né apportare modifiche ai periodi agli orari, ai modi ed ai luoghi di caccia o all'elenco delle specie cacciabili o ai limiti di carniere giornaliero o stagionale definiti dalla presente legge, dal calendario venatorio regionale e dai calendari venatori integrativi provinciali.
19. In nessun caso i comitati di gestione degli ambiti territoriali o dei comprensori alpini possono disporre ai propri soci l'obbligo della rinuncia all'iscrizione ad altri ambiti territoriali o comprensori alpini ove gli stessi soci risultino già regolarmente iscritti (48).
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(48) Articolo così sostituito dall'art. 1, comma 14 della L.R. 8 maggio 2002, n. 7.
Art. 31
Compiti dei comitati di gestione.
1. I comitati di gestione di cui all'art. 30, entro quattro mesi dal loro insediamento, sulla base degli indirizzi della pianificazione provinciale, approvano un proprio programma nel quale devono essere previsti:
a) i piani poliennali di utilizzazione del territorio interessato per ciascuna stagione venatoria con i programmi di immissione e dei prelievi di selvaggina e di riqualificazione faunistica, le previsioni sulla realizzazione di interventi di set-aside faunistico e la pianificazione pluriennale degli interventi di gestione e miglioramento ambientale di cui al comma 2 (49);
b) la realizzazione di strutture atte alla produzione, allevamento e adattamento in libertà di fauna selvatica (50);
c) le condizioni perché venga garantita una densità minima di base della fauna selvatica durante tutto l'anno solare (51).
2. I comitati di gestione promuovono e organizzano le attività di ricognizione delle risorse ambientali e della consistenza faunistica, programmano gli interventi per il miglioramento degli habitat, provvedono all'attribuzione di incentivi economici ai conduttori dei fondi rustici per:
a) la ricostituzione di una presenza faunistica ottimale per il territorio;
b) le coltivazioni per l'alimentazione naturale dei mammiferi e degli uccelli (52);
c) il ripristino di zone umide e di fossati;
d) la differenziazione delle colture;
e) la coltivazione di siepi, cespugli, alberi adatti alla riproduzione della fauna selvatica;
f) la tutela dei nidi e dei nuovi nati di fauna selvatica nonché dei riproduttori;
g) la collaborazione operativa ai fini del tabellamento, della difesa preventiva delle coltivazioni passibili di danneggiamento, della pasturazione invernale degli animali in difficoltà, della manutenzione degli apprestamenti di ambientamento della fauna selvatica.
h) la coltivazione dei terreni in modo da prevedere una zona di rispetto agricolo da siepi e fossati di almeno tre metri, libera da coltivazioni (53).
3. Le province erogano annualmente ai comitati di gestione degli ambiti territoriali e dei comprensori alpini di caccia i contributi del fondo di cui all'art. 47, relativi ai danni arrecati alle produzioni agricole dall'esercizio dell'attività venatoria; i comitati di gestione degli ambiti territoriali e dei comprensori alpini di caccia provvedono all'erogazione dei contributi per le finalità del presente comma, secondo i criteri stabiliti dalle singole province (54).
4. Per la stagione venatoria 1994/1995 i comitati di gestione definiscono le modalità per l'esercizio venatorio entro il 31 luglio 1994.
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(49) Lettera così sostituita dall'art. 1, comma 15 della L.R. 8 maggio 2002, n. 7.
(50) Lettera così sostituita dall'art. 1, comma 15 della L.R. 8 maggio 2002, n. 7.
(51) Lettera così modificata dall'art. 1, comma 15 della L.R. 8 maggio 2002, n. 7.
(52) Lettera così sostituita dall'art. 1, comma 15 della L.R. 8 maggio 2002, n. 7.
(53) Lettera aggiunta dall'art. 1, comma 15 della L.R. 8 maggio 2002, n. 7.
(54) Comma così sostituito dall'art. 1, comma 15 della L.R. 8 maggio 2002, n. 7.
Art. 32
Partecipazione economica alla gestione programmata della caccia.
1. Ai fini della partecipazione alla gestione programmata della caccia, i cacciatori sono tenuti a versare ai comitati di gestione degli ambiti territoriali e comprensori alpini di caccia nei quali esercitano l'attività venatoria alla selvaggina migratoria in forma vagante, un contributo-base, di importo non superiore a lire centomila, riducibile fino al cinquanta per cento per la caccia da appostamento fisso, da determinarsi dagli stessi comitati di gestione.
2. Per la caccia alla selvaggina stanziale, il comitato di gestione determina un contributo integrativo in misura non superiore a tre volte il contributo-base di cui al comma 1 negli ambiti territoriali e non superiore a sei volte nei comprensori alpini.
3. I proventi derivanti dai contributi sno utilizzati per il finanziamento delle spese di gestione di ogni ambito territoriale o comprensorio alpino di caccia e sono destinati esclusivamente a finalità faunistico-venatorie. È fatto salvo il diritto per ogni cacciatore che abbia effettuato l'opzione per la caccia in via esclusiva da appostamento fisso di cui all'art. 35, comma 1, lettera b), di accedere in qualsiasi appostamento fisso della regione anche se ubicato nell'ambito territoriale o comprensorio alpino di caccia diverso da quello ove risulta associato, senza dover versare altro contributo di adesione (55).
4. A compenso delle prestazioni richieste al cacciatore per la partecipazione alle attività gestionali degli ambiti territoriali o comprensori alpini di caccia, va prevista un'adeguata riduzione della quota di partecipazione e/o altre forme di riconoscimento, da definirsi nel programma degli interventi di cui all'art. 31, comma 1 (56).
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(55) Comma così modificato dall'art. 1, comma 16 della L.R. 8 maggio 2002, n. 7.
(56) Valori espressi in lire convertiti in euro secondo quanto disposto dall'art. 4 della L.R. 7 agosto 2002, n. 19.
Art. 33
Criteri e modalità d'iscrizione.
1. Il comitato di gestione è tenuto a soddisfare le richieste di iscrizione dei cacciatori fino al limite di disponibilità determinata a norma dell'art. 34, comma 1, lettera c).
2. [Il cacciatore ha diritto di essere iscritto all'ambito territoriale o al comprensorio alpino di caccia in cui ha la residenza anagrafica.] (57).
3. Il cacciatore che sia titolare dell'autorizzazione alla costituzione di un appostamento fisso di caccia con uso di richiami vivi, ha diritto di essere iscritto all'ambito o al comprensorio in cui è compreso l'appostamento. È fatto salvo il diritto per ogni cacciatore che abbia effettuato l'opzione per la caccia in via esclusiva da appostamento fisso di cui all'art. 35, comma 1, lettera b), di accedere in qualsiasi appostamento fisso della regione anche se ubicato nell'ambito territoriale o comprensorio alpino di caccia diverso da quello ove risulta associato, senza dover versare altro contributo di adesione (58).
4. La provincia, sulla base degli indici di densità venatoria programmata, individua gli ambiti e i comprensori a cui possono essere iscritti i cacciatori che risiedono nel capoluogo e nei centri urbani di maggior rilievo.
5. Gli ulteriori posti che risultino disponibili sono assegnati ai cacciatori richiedenti, secondo le seguenti priorità:
a) residenti nella provincia;
b) residenti nelle province della Lombardia a più alta densità venatoria, indicate dalla Giunta regionale;
c) residenti nella regione;
d) residenti in altre regioni e all'estero.
6. Le domande di adesione agli ambiti territoriali o ai comprensori alpini di caccia della regione devono essere presentate nel periodo intercorrente tra il 1° marzo ed il 31 marzo di ogni anno su modulo predisposto dalle province o suo facsimile. Gli associati delle precedenti stagioni venatorie possono confermare la propria adesione anche solo attraverso il pagamento della quota associativa entro e non oltre il 31 marzo di ogni anno; i neo-cacciatori, all'atto del conseguimento della licenza di caccia, hanno diritto ad essere associati allo stesso ambito territoriale o comprensorio alpino di caccia di colui che li dovrà accompagnare per una stagione venatoria ai sensi dell'art. 44, comma 8; nel caso di figli di associati, questi hanno altresì il diritto di praticare la stessa specializzazione di caccia del genitore che li accompagna (59).
7. Il comitato di gestione, entro il 31 maggio, accoglie le domande con l'osservanza delle priorità di cui al comma 5, nei limiti consentiti e nel rispetto dell'ordine di presentazione delle domande stesse e trasmette, entro il 31 luglio di ogni anno, alle province di residenza dei cacciatori le domande pervenute ed accolte per la annotazione sul tesserino regionale di caccia.
8. Il mancato accoglimento della domanda presentata dal cacciatore deve essere motivato e va comunicato all'interessato e alla Provincia entro quindici giorni.
9. Avverso il diniego della iscrizione può essere presentato ricorso alla provincia competente per territorio entro quindici giorni dalla relativa comunicazione all'interessato.
10. La provincia, nei successivi trenta giorni, decide sul ricorso, espletata la necessaria istruttoria; l'accoglimento del ricorso comporta, di diritto, l'iscrizione all'ambito o al comprensorio: nel caso che il diniego dell'iscrizione sia dovuto ad indisponibilità di posti, la provincia può assegnare, d'ufficio, i cacciatori ricorrenti ad altri ambiti o comprensori.
11. Nei periodi in cui vengono svolte le cacce speciali agli ungulati il comitato di gestione può consentire l'accesso oltre il limite di densità venatoria esclusivamente nelle località prestabilite e per le attività venatorie autorizzate.
12. La provincia trasmette alla regione e ad ogni comitato di gestione l'elenco aggiornato dei cacciatori ivi iscritti.
13. Il comitato di gestione, sulla base di modalità determinate d'intesa con la provincia, può consentire al socio di ospitare dopo il primo mese di caccia, senza finalità di lucro, un altro cacciatore che ha scelto la medesima forma di caccia vagante, anche se residente in altra regione. All'ospite è rilasciata un'autorizzazione giornaliera predisposta dall'ambito territoriale o dal comprensorio alpino di caccia; nel caso di prelievo di selvaggina stanziale da parte dell'ospite, la marcatura sul tesserino venatorio è a carico del socio ospitante (60).
14. Il cacciatore che intenda accedere ad un ambito o ad un comprensorio di altre regioni è tenuto a darne comunicazione alla provincia di residenza per l'iscrizione sul tesserino regionale di caccia.
15. La Giunta regionale promuove scambi interregionali per realizzare una equilibrata distribuzione dei cacciatori sul territorio nazionale e a tale fine determina il numero di cacciatori non residenti ammissibili in Lombardia.
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(57) Comma abrogato dall'art. 1 comma 16 della L.R. 8 maggio 2002, n. 7.
(58) Comma così modificato dall'art. 1 comma 16 della L.R. 8 maggio 2002, n. 7.
(59) Comma sostituito dall'art. 1, comma 16 della L.R. 8 maggio 2002, n. 7, poi modificato dall'art. 5 della L.R. 7 agosto 2002, n. 19.
(60) Comma così sostituito dall'art. 1, comma 16 della L.R. 8 maggio 2002, n. 7.
Art. 34
Caccia programmata: compiti delle province.
1. Ai fini del coordinamento della gestione programmata della caccia, le province:
a) regolamentano il prelievo venatorio nel rispetto delle forme e dei tempi di caccia previsti dalla presente legge e dal calendario venatorio regionale, in rapporto alla consistenza delle popolazioni di fauna selvatica stanziale constatata tramite preventivi censimenti effettuati d'intesa con i comitati di gestione;
b) indicano il numero di capi di fauna selvatica stanziale prelevabili durante la stagione venatoria;
c) determinano il numero di cacciatori ammissibili in ogni ambito territoriale e comprensorio alpino di caccia, in modo che risulti un rapporto cacciatore-territorio utile alla caccia non inferiore alla media regionale, sulla base dei tesserini rilasciati l'anno precedente, fermo restando che tale rapporto è differenziato tra zona Alpi e restante territorio;
d) possono individuare di intesa con i comitati di gestione aree a gestione venatoria differenziata per la tutela di particolari specie faunistiche;
e) adottano i provvedimenti disciplinari a carico dei trasgressori alle diposizioni vigenti.
Art. 35
Esercizio della caccia in forma esclusiva.
1. Fatto salvo l'esercizio venatorio con l'arco e con il falco, l'attività venatoria può essere praticata nel territorio regionale in via esclusiva in una delle seguenti forme:
a) vagante nella zona Alpi;
b) da appostamento fisso;
c) nelle altre forme consentite dalla presente legge negli ambiti territoriali di caccia programmata.
1-bis. Il cacciatore che ha optato per la forma di caccia di cui al comma 1, lettera b) può disporre di dieci giornate di caccia vagante alla selvaggina migratoria, da effettuarsi a partire dall'1 novembre di ogni stagione venatoria, negli ambiti territoriali di caccia e nei comprensori alpini della zona Alpi di minor tutela. La fruizione delle dieci giornate è subordinata alla previa comunicazione, da effettuarsi almeno sette giorni prima al comitato di gestione degli ambiti territoriali di caccia o dei comprensori alpini nei quali il cacciatore è iscritto. Il cacciatore che ha optato per le forme di caccia di cui al comma 1, lettere a) e c) può esercitare, a partire dall'1 novembre di ogni stagione venatoria, negli ambiti territoriali di caccia e nei comprensori alpini della zona Alpi di minor tutela nei quali è iscritto, la caccia anche da appostamento fisso, previo consenso del concessionario dell'appostamento stesso. In entrambi i casi la fruizione delle suddette dieci giornate deve essere evidenziata sul tesserino venatorio (61).
2. Fermo restando il numero massimo consentito di giornate di caccia di cui all'art. 40, comma 13, ogni cacciatore iscritto può disporre, a partire dal 1 novembre di ogni stagione venatoria, di un pacchetto di dieci giornate venatorie fruibili in tutti gli ambiti territoriali o comprensori alpini di caccia, esclusivamente nella zona di minor tutela, della provincia di residenza e di quella di ammissione, limitatamente alla caccia alla selvaggina migratoria, sulla base dei criteri approvati dalla Giunta regionale, corrispondendo il contributo base di adesione di cui all'art. 32, comma 1 (62).
2-bis. Al fine di migliorare l'attività venatoria, con riferimento alle forme di caccia esclusiva di cui al comma 1, le Province possono determinare forme di caccia di specializzazione alla selvaggina stanziale d'intesa con i comitati di gestione degli ambiti territoriali di caccia e dei comprensori alpini, sentite le associazioni venatorie provinciali riconosciute (63).
3. L'opzione della forma di caccia, da riportarsi sul tesserino venatorio, ha validità annuale e si intende confermata se entro il 30 novembre di ogni anno non viene presentata alla provincia richiesta di modifica. Le province, entro il 31 dicembre di ogni anno, trasmettono i dati relativi alla giunta regionale (64).
4. Sulla base di motivate esigenze le province possono disporre su richiesta dell'interessato, la variazione della forma di caccia prescelta, anche prima della scadenza triennale, per la stagione venatoria successiva alla data della richiesta.
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(61) Comma aggiunto dalla L.R. 28 ottobre 2003, n. 18.
(62) Comma così sostituito dall'art. 1, comma 17 della L.R. 8 maggio 2002, n. 7.
(63) Comma aggiunto dall'art. 6 della L.R. 7 agosto 2002, n. 19.
(64) Comma così sostituito dall'art. 1, comma 17 della L.R. 8 maggio 2002, n. 7.
Art. 36
Fondo regionale per i contributi a favore dei proprietari o conduttori agricoli.
1. È istituito il fondo regionale per la concessione dei contributi previsti dall'art. 15, comma 1, della legge n. 157/92 ai proprietari o conduttori agricoli.
2. L'entità del fondo è stabilita annualmente con la legge di approvazione del bilancio di previsione anuale regionale.
3. La Giunta regionale definisce le modalità per l'utilizzazione del fondo e, in particolare, determina i criteri per la concessione e la liquidazione dei contributi con riferimento, in via prioritaria, agli interventi di valorizzazione dell'ambiente e di conservazione delle specie di fauna selvatica ed avuto riguardo all'estensione dei fondi rustici e agli indirizzi colturali ivi praticati nel rispetto anche di quanto previsto dall'art. 45, comma 9.
4. La Giunta regionale ripartisce annualmente il fondo di cui al comma 1 alle province che si avvalgono per l'erogazione di una commissione costituita dalle organizzazioni professionali agricole e dai comitati di gestione degli ambiti territoriali o comprensori alpini di caccia interessati.
Art. 37
Limitazioni all'utilizzo di terreni agricoli a fini venatori - Fondi chiusi.
1. Il proprietario o conduttore di un fondo che intenda vietare sullo stesso l'esercizio dell'attività venatoria deve inoltrare, entro trenta giorni dalla pubblicazione del piano faunistico-venatorio provinciale, al presidente della provincia una richiesta motivata che, ai sensi dell'art. 2 della legge 7 agosto 1990, n. 241, dalla stessa è esaminata entro sessanta giorni.
2. La richiesta è accolta se non ostacola l'attuazione della pianificazione faunistico-venatoria di cui agli artt. 12 e 14. È altresì accolta, nel rispetto delle norme regolamentari approvate dal consiglio regionale su proposta della Giunta regionale, quando l'attività venatoria sia in contrasto con l'esigenza di salvaguardia di colture agricole specializzate, nonché di produzioni agricole condotte con sistemi sperimentali o al fine di ricerca scientifica, ovvero quando sia motivo di danno o di disturbo ad attività di rilevante interesse economico, sociale ed ambientale.
3. Il divieto è reso noto mediante l'apposizione di tabelle, esenti da tasse, a cura del proprietario o conduttore del fondo, le quali delimitano in maniera chiara e visibile il perimetro dell'area interessata in conformità all'art. 14, comma 6.
4. Nei fondi sottratti alla gestione programmata della caccia è vietato a chiunque, compreso il proprietario o il conduttore, esercitare l'attività venatoria fino al venir meno delle ragioni di divieto.
5. L'esercizio venatorio è vietato a chiunque nei fondi rustici chiusi da muro o da rete metallica o da altra effettiva chiusura, di altezza non inferiore a metri 1,20 o da corsi o da specchi d'acqua perenni il cui letto abbia la profondità di almeno metri 1,50 e la larghezza di almeno 3 metri.
6. I fondi chiusi esistenti alla data di entrata in vigore della presente legge e quelli che si intenderà successivamente istituire devono essere notificati a cura del proprietario o del conduttore alla Giunta regionale e alla provincia precisando l'estensione del fondo ed allegando planimetria catastale in scala 1:2.000 con l'indicazione dei relativi confini. I proprietari o i conduttori dei fondi di cui al presente comma provvedono ad apporre a loro carico adeguate tabellazioni esenti da tasse regionali.
7. La superficie dei fondi di cui ai commi 1 e 5, entra a far parte della quota del territorio agro-silvo-pastorale della regione, destinata a protezione della fauna selvatica di cui all'art. 13, comma 3.
8. L'esercizio venatorio comunque vietato in forma vagante su terreni in attualità di coltivazione. Si considerano in attualità di coltivazione: i terreni con coltivazioni erbacee da seme; i frutteti specializzati; i vigneti e gli uliveti specializzati fino alla data del raccolto; i terreni coltivati a soia e a riso, nonché a mais per la produzione di seme fino alla data del raccolto. L'esercizio venatorio in forma vagante è inoltre vietato sui terreni in attualità di coltivazione, individuati su richiesta delle organizzazioni professionali agricole maggiormente rappresentative a livello regionale, tramite le loro organizzazioni provinciali, in relazione all'esigenza di protezione di altre colture specializzate o intensive.
9. L'esercizio venatorio è, inoltre, vietato nei fondi ove si pratica l'allevamento e il pascolo del bestiame custodito allo stato brado e semibrado, purché delimitati da muretti, recinzioni in rete o da steccati, fili metallici e plastificati, siepi o altre barriere naturali.
Art. 38
Aziende faunistico-venatorie ed aziende agri-turistico-venatorie.
1. La provincia su richiesta degli interessati e sentito l'istituto nazionale per la fauna selvatica, entro i limiti di cui al precedente art. 13, comma 5, può:
a) autorizzare in modo equilibrato sul territorio l'istituzione di aziende faunistico-venatorie senza fini di lucro, con particolare riferimento alla tipica fauna alpina e appenninica, alla grossa fauna europea e a quella acquatica; le domande devono essere corredate di programmi di conservazione e di ripristino ambientale al fine di garantire l'obiettivo naturalistico. In tali aziende la caccia è consentita nelle giornate indicate dal calendario venatorio secondo i piani di assestamento e di abbattimento. In ogni caso, nelle aziende faunistiche non è consentito immettere o liberare fauna selvatica posteriormente alla data del 31 agosto (65);
b) autorizzare l'istituzione di aziende agri-turistico-venatorie ai fini di impresa agricola, nelle quali sono consentiti l'immissione e l'abbattimento per tutta la stagione venatoria di fauna selvatica di allevamento.
2. Le aziende agri-turistico-venatorie devono preferibilmente:
a) essere situate nei terreni di scarso rilievo faunistico;
b) coincidere con il territorio di una o più aziende agricole ricadenti in aree di agricoltura svantaggiata, ovvero dismesse da interventi agricoli ai sensi del regolamento n. 1094/88/CEE, e successive modificazioni.
3. Le aziende agri-turistico-venatorie nelle zone umide e vallive possono essere autorizzate solo se comprendono bacini artificiali e fauna acquatica di allevamento, nel rispetto delle convenzioni internazionali.
4. La domanda di concessione per la realizzazione delle aziende agri-turistico-venatorie è presentata dai proprietari, affittuari o conduttori dei fondi rustici interessati alla costituzione delle aziende stesse.
5. La Giunta regionale disciplina le procedure e le prescrizioni per la gestione delle aziende di cui al presente articolo.
6. L'esercizio dell'attività venatoria nelle aziende di cui al presente articolo è consentito, nel rispetto delle norme della presente legge, con la esclusione dei limiti di cui all'art. 35, comma 1, e dei limiti di prelievo per la selvaggina stanziale.
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(65) Lettera così modificata dall'art. 1, comma 18 della L.R. 8 maggio 2002, n. 7.
Art. 39
Allevamenti.
1. Con regolamento, adottato secondo le competenze stabilite dallo Statuto, è disciplinato l'allevamento di fauna selvatica a scopo alimentare, di ripopolamento, ornamentale ed amatoriale (66) (67).
2. Il titolare di un'impresa agricola autorizzata è tenuto a dare comunicazione alla provincia dello svolgimento dell'attività con la segnalazione delle specie di fauna selvatica allevate.
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(66) Si veda il Reg. 4 agosto 2003, n. 16: regolamento di attuazione del presente comma.
(67) Comma così modificato dall'art. 1, comma 6, lett. e), della L.R. 5 maggio 2004, n. 12.
TITOLO V
Esercizio dell'attività venatoria
Art. 40
Specie cacciabili e periodi di attività venatoria.
1. Ai fini dell'esercizio venatorio è consentito abbattere gli esemplari di fauna selvatica appartenenti alle specie e per i periodi previsti dall'art. 18, comma 1, della legge n. 157/92, riprodotti nell'allegato C alla presente legge.
2. La regione, nella predisposizione del calendario venatorio regionale, in relazione alle specie di cui all'art. 18, comma 1, della legge n. 157/92 e non comprese nell'allegato II della direttiva 79/409/CEE, attua le disposizioni contenute nell'art. 1, comma 4, della legge n. 157/92 (68).
3. È sempre vietato abbattere o catturare:
a) le femmine del fagiano di monte;
b) i tetraonidi e la coturnice delle Alpi, al di fuori della zona Alpi.
4. Previo parere dell'istituto nazionale per la fauna selvatica, la giunta regionale può modificare i termini per determinate specie in relazione alle situazioni ambientali ed alle tradizioni locali delle diverse realtà territoriali; i termini devono essere comunque contenuti tra il 1 settembre ed il 31 gennaio dell'anno. La modifica è concessa alle province che hanno approvato il proprio piano faunistico venatorio (69).
5. La Giunta regionale, sentito l'istituto nazionale per la fauna selvatica pubblica entro e non oltre il 15 giugno il calendario regionale e le disposizioni relative all'annata venatoria (70).
6. Il numero delle giornate di caccia settimanali non può essere superiore a tre a scelta, con esclusione del martedì e del venerdì nei quali l'esercizio dell'attività venatoria è sospeso.
7. La caccia nel territorio della zona Alpi e zona appenninica è disciplinata dalle particolari disposizioni previste dall'art. 27, commi 4, 5 e 6.
8. Fermo restando il silenzio venatorio nei giorni di martedì e venerdì, la provincia, sentito l'istituto nazionale per la fauna selvatica e tenuto conto delle consuetudini locali, disciplina diversamente l'esercizio venatorio da appostamento fisso alla fauna selvatica migratoria nei periodi intercorrenti fra il 1°ottobre e il 30 novembre, integrandolo con due giornate settimanali di caccia.
9. La caccia è consentita da un'ora prima del sorgere del sole fino al tramonto. La caccia di selezione agli ungulati è consentita fino ad un ora dopo il tramonto.
10. Non è consentita la posta alla beccaccia né la caccia da appostamento, sotto qualsiasi forma, al beccaccino.
11. La caccia agli ungulati si svolge sulla base di preventivi piani di abbattimento e può protrarsi sino alla seconda domenica di dicembre; la caccia al cinghiale può essere praticata fino al 31 gennaio.
12. Nei trenta giorni antecedenti l'apertura generale della stagione venatoria le province disciplinano l'allenamento e l'addestramento dei cani, per cinque giornate settimanali con eccezione del martedì e del venerdì.
13. Ogni cacciatore, indipendentemente dal tipo di caccia esercitato, non può usufruire di più di cinquantacinque giornate complessive di caccia nella stagione venatoria (71).
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(68) Comma così sostituito dall'art. 1, comma 19 della L.R. 8 maggio 2002, n. 7.
(69) Comma così sostituito dall'art. 1, comma 19 della L.R. 8 maggio 2002, n. 7.
(70) Si vedano:
- per l'approvazione del calendario venatorio 1994/1995 la Delib.G.R. 1 luglio 1994, n. 5/54297;
- per l'approvazione del calendario venatorio 1995/1996 la Delib.G.R. 25 febbraio 1995, n. 5/64291 e la Delib.G.R. 20 aprile 1995, n. 5/67436;
- per l'approvazione del calendario venatorio 1996/1997 la Delib.G.R. 31 maggio 1996, n. 6/13797;
- per l'approvazione del calendario venatorio 1997/1998 la Delib.G.R. 12 giugno 1997, n. 6/29313;
- per l'approvazione del calendario venatorio 1999/2000 la Delib.G.R. 14 giugno 1999, n. 6/43569;
- per l'approvazione del calendario venatorio 2000/2001 la Delib.G.R. 18 aprile 2000, n. 6/49640.
(71) Per l'approvazione delle disposizioni attuative relative al presente articolo si veda la Delib.G.R. 27 luglio 1994, n. 5/55655.
Art. 41
Controllo della fauna selvatica.
1. Il presidente della Giunta regionale può vietare o ridurre per periodi prestabiliti la caccia e determinate specie di fauna selvatica di cui all'allegato C, per importanti e motivate ragioni connesse alla consistenza faunistica o per soppravenute particolari condizioni ambientali, stagionali o climatiche o per malattie o altre calamità.
2. Le province, per la migliore gestione del patrimonio zootecnico, per la tutela del suolo, per motivi sanitari, per la selezione biologica, per la tutela del patrimonio storico-artistico, per la tutela delle produzioni zoo-agro-forestali ed ittiche, provvedono al controllo delle specie di fauna selvatica o inselvatichita anche nelle zone vietate alla caccia.
3. Il controllo, esercitato selettivamente, viene praticato, di norma, mediante l'utilizzo di metodi ecologici, su parere dell'istituto nazionale per la fauna selvatica; qualora l'istituto verifichi l'inefficacia dei predetti metodi le province predispongono piani di abbattimento. I piani devono essere attuati dalle guardie venatorie dipendenti dalle province stesse che potranno altresì avvalersi dei proprietari o conduttori dei fondi sui quali si attuano i piani medesimi, purché muniti di licenza per l'esercizio venatorio, nonché delle guardie forestali, degli agenti venatori volontari provinciali e delle guardie comunali munite di licenza per l'esercizio venatorio e delle guardie dipendenti dalle aziende faunistico venatorie, nonché degli operatori espressamente autorizzati dalle province, selezionati attraverso specifici corsi di preparazione alla gestione faunistica (72).
4. Qualora il controllo debba essere effettuato esclusivamente per motivi sanitari o per la tutela del patrimonio storico- artistico all'interno di centri urbani, lo stesso è attuato, su conforme parere dell'ufficiale sanitario competente dal comune interessato, d'intesa con la provincia.
5. Le province, per comprovate ragioni di protezione dei fondi coltivati e degli allevamenti, possono autorizzare, su proposta delle organizzazioni professionali e agricole maggiormente rappresentative a livello regionale, tramite le loro strutture provinciali, piani di abbattimento delle forme domestiche di specie selvatiche e delle forme inselvatichite di specie domestiche attuati dalle guardie venatorie dipendenti dalle province stesse con la collaborazione dei proprietari o conduttori dei fondi sui quali si attuano i piani medesimi e da operatori espressamente autorizzati dalle province, selezionati attraverso specifici corsi di preparazione alla gestione faunistica (73).
6. Nel caso in cui le province intendano adottare il regime di deroga previsto dall'art. 9, comma 1, lettere a) e b), della direttiva 79/409 CEE, sono tenute a fare riferimento alle condizioni specificate dallo stesso articolo con la menzione, tra l'altro, delle specie che formano oggetto dalla deroga, dei mezzi, degli impianti e dei modi di cattura o di prelievo autorizzati, delle condizioni di rischio e delle circostanze di tempo e di luogo in cui la deroga stessa può essere attuata e dei controlli che saranno effettuati, previo parere dell'istituto nazionale della fauna selvatica (74).
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(72) Comma così sostituito dall'art. 2, comma 2 della L.R. 6 marzo 2002, n. 4.
(73) Comma così sostituito dall'art. 2, comma 2 della L.R. 6 marzo 2002, n. 4.
(74) Si veda il D.Dirig. 14 luglio 2003, n. 11618: Variazioni al numero di specie cacciabili.
Art. 42
Ripopolamenti.
1. Le attività di cattura e di ripopolamento sono disposte dalle province e tendono alla riproduzione delle specie autoctone e alla loro immissione equilibrata sul territorio fino al raggiungimento delle densità faunistiche ottimali.
2. L'introduzione o l'immissione di fauna selvatica viva appartenente alle specie autoctone, proveniente da allevamenti nazionali o esteri, è effettuata dalle province nonché previa autorizzazione della provincia competente, dagli ambiti territoriali o comprensori alpini di caccia e dalle associazioni venatorie, in qualunque periodo dell'anno, fatto salvo quanto previsto dall'art. 16, comma 1, della legge n. 157/1992, esclusivamente nei territori e negli istituti di cui all'art. 14 comma 3, della presente legge; in caso di fauna selvatica viva proveniente dall'estero, l'introduzione o l'immissione della stessa è effettuata al solo scopo di ripopolamento e di miglioramento genetico (75).
3. Al fine di prevenire la diffusione di malattie infettive e di garantire l'idoneità della fauna stanziale destinata al ripopolamento i capi provenienti da allevamenti nazionali o introdotti dall'estero, anche se muniti di certificato sanitario all'origine, sono sottoposti al controllo sanitario a cura dell'ufficiale sanitario competente il quale rilascia la relativa autorizzazione.
4. È vietata su tutto il territorio regionale l'immissione del cinghiale.
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(75) Comma così sostituito dall'art. 1, comma 20 della L.R. 8 maggio 2002, n. 7.
Art. 43
Divieti.
1. A norma dell'art. 21 della legge n. 157/92 è vietato a chiunque:
a) l'esercizio venatorio nei giardini, nei parchi pubblici e privati, nei parchi storici e archeologici e nei terreni adibiti ad attività sportive;
b) l'esercizio venatorio nei parchi nazionali; nei parchi naturali regionali e nelle riserve naturali conformemente alla legislazione nazionale in materia di parchi e riserve naturali. Nei parchi naturali regionali costituiti anteriormente alla data di entrata in vigore della legge 6 dicembre 1991 n. 394, la regione adegua la propria legge regionale 30 novembre 1983, n. 86 e successive modificazioni al disposto dell'art. 22, comma 6, della predetta legge entro il 1° gennaio 1995, provvedendo nel frattempo all'eventuale riperimetrazione dei parchi naturali regionali anche ai fini dell'applicazione dell'art. 32, comma 3, della legge medesima;
c) l'esercizio venatorio nelle oasi di protezione e nelle zone di ripopolamento e cattura, nei centri di riproduzione di fauna selvatica, nelle foreste demaniali ad eccezione di quelle che, secondo le disposizioni regionali sentito il parere dell'istituto nazionale per la fauna selvatica, non presentino condizioni favorevoli alla riproduzione ed alla sosta della fauna selvatica;
d) l'esercizio venatorio ove vi siano opere di difesa dello Stato ed ove il divieto sia richiesto a giudizio insindacabile dell'autorità militare, o dove esistano beni monumentali, purché dette zone siano delimitate da tabelle esenti da tasse indicanti il divieto;
e) l'esercizio venatorio nelle aie e nelle corti o altre pertinenze di fabbricati rurali; nelle zone comprese nel raggio di cento metri da immobili, fabbricati e stabili adibiti ad abitazione o a posto di lavoro ed a distanza inferiore a cinquanta metri da vie di comunicazione ferroviaria e da strade carrozzabili, eccettuate le strade poderali ed interpoderali, nonché consortili o vicinali ad uso pubblico (76);
f) sparare da distanza inferiore a centocinquanta metri con uso di fucile da caccia con canna ad anima liscia, o da distanza corrispondente a meno di una volta e mezza la gittata massima in caso di uso di altre armi, in direzione di immobili, fabbricati e stabili ad abitazione o a posto di lavoro: di vie di comunicazione ferroviaria e di strade carrozzabili, eccettuate quelle poderali ed interpoderali; di funivie, filovie, ed altri impianti di trasporto a sospensione; di stabbi, stazzi, recinti ed altre aree delimitate destinate al ricovero ed all'alimentazione del bestiame nel periodo di utilizzazione agro-silvo-pastorale;
g) il trasporto, all'interno dei centri abitati e delle altre zone ove è vietata l'attività venatoria ovvero a bordo di veicoli di qualunque genere e comunque nei giorni non consentiti per l'esercizio venatorio dalle leggi nazionali e dalle disposizioni della presente legge, di armi da sparo per uso venatorio che non siano scariche e in custodia tale divieto non si applica, fuori dai centri abitati, per il trasferimento di cacciatori con armi scariche, unicamente nei giorni consentiti alla caccia, per brevi tratti di attraversamento di strade e ferrovie, fermo restando che il percorso di andata e ritorno dall'appostamento fisso di caccia va effettuato comunque con il fucile scarico (77);
h) cacciare a rastrello in più di tre persone, ovvero utilizzare a scopo venatorio scafandri o tute impermeabili da sommozzatore negli specchi o corsi d'acqua;
i) cacciare sparando da veicoli a motore o da aeromobili o da natanti;
l) cacciare a distanza inferiore a cento metri da macchine agricole in funzione;
m) cacciare su terreni coperti in tutto o nella maggior parte di neve e nei piccoli specchi di acqua circostanti, salvo che nella zona faunistica delle Alpi e nei territori delle comunità montane, [sentito l'INFS,] (78) e su terreni pregiudicati da incendio per un minimo di due anni (79);
n) cacciare negli stagni, nelle paludi e negli specchi d'acqua artificiali in tutto o nella maggior parte coperti da ghiaccio e su terreni allagati da piene di fiume;
o) prendere o detenere uova, nidi e piccoli nati di mammiferi ed uccelli appartenenti alla fauna selvatica, salvo che nei casi previsti dall'articolo 6, comma 1, o nelle zone di ripopolamento e cattura, nei centri di riproduzione di fauna selvatica e nelle oasi di protezione per sottrarli a sicura distruzione o morte, purché, in tale ultimo caso, se ne dia pronto avviso nelle ventiquattro ore successive alla competente provincia;
p) usare richiami vivi al di fuori dei casi previsti dall'art. 26;
q) usare richiami vivi non provenienti da allevamento nella caccia agli acquatici;
r) usare a fini di richiamo uccelli vivi accecati o mutilati ovvero legati per le ali e richiami acustici a funzionamento meccanico, elettromagnetico o elettromeccanico, con o senza amplificazione del suono;
s) cacciare negli specchi d'acqua ove si esercita l'industria della pesca o dell'acquacoltura, nonché nei canali delle valli da pesca, quando il possessore le circondi con tabelle, esenti da tasse, indicanti il divieto di caccia;
t) commerciare fauna selvatica morta non proveniente da allevamenti per sagre e manifestazioni a carattere gastronomico;
u) usare munizione spezzata nella caccia gli ungulati; usare esche o bocconi avvelenati, vischio o altre sostanze adesive, trappole, reti, tagliole, lacci, archetti o congegni similari; fare impiego di civette; usare armi da sparo munite di silenziatore o impostate con scatto provocato dalla preda; fare impiego di balestre;
v) vendere a privati e detenere da parte di questi reti da uccellagione;
z) produrre, vendere e detenere trappole per la fauna selvatica;
aa) l'esercizio in qualunque forma del tiro al volo su uccelli a partire dal 1° gennaio 1994, fatto salvo quanto previsto dall'art. 21, comma 7;
bb) vendere, detenere per vendere, acquistare uccelli vivi o morti, nonché loro parti o prodotti derivati facilmente riconoscibili, appartenenti alla fauna selvatica, che non appartengano alle seguenti specie: germano reale (Anas platyrhynchos); pernice rossa (Alectoris rufa); pernice di Sardegna (Alectoris barbara); starna (Perdix perdix); fagiano (Phasianus colchicus); colombaccio (Columba palumbus);
cc) il commercio di esemplari vivi di specie di avifauna selvatica nazionale non proveniente da allevamenti;
dd) rimuovere, danneggiare o comunque rendere inidonee al loro fine le tabelle legittimamente apposte ai sensi della legislazione nazionale e regionale a specifici ambiti territoriali, ferma restando l'applicazione dell'art. 635 del codice penale;
ee) detenere, acquistare e vendere esemplari di fauna selvatica, ad eccezione dei capi utilizzati come richiami vivi nel rispetto delle modalità previste dalla presente legge e della fauna selvatica lecitamente abbattuta, la cui detenzione è regolamentata anche con le norme sulla tassidermia;
ff) l'uso di segugi per la caccia al camoscio, salva la facoltà della provincia di vietarne l'uso per la caccia agli altri ungulati, sentiti i comitati di gestione degli ambiti territoriali o comprensori alpini di caccia;
gg) abbattere fauna stanziale da appostamento fisso (80).
2. È altresì vietato:
a) abbattere o catturare le femmine accompagnate dai piccoli o comunque lattanti ed i piccoli del camoscio, del capriolo, del cervo, del daino e del muflone di età inferiore ad un anno, fatta eccezione per la caccia di selezione;
b) arrecare disturbo alla selvaggina ovvero causare volontariamente spostamenti della stessa al fine di provocarne la fuoriuscita da ambiti protetti per scopi venatori;
c) detenere e/o usare fonti luminose atte alla ricerca della fauna selvatica durante ore notturne, salvo gli autorizzati dalla provincia competente;
d) addestrare o allenare cani da caccia al di fuori dei periodi e degli orari consentiti, con l'esclusione dei cuccioli di età non superiore a 15 mesi tatuati e iscritti all'anagrafe canina il cui allenamento o addestramento viene disciplinato [dalla Giunta regionale] (81) con regolamento regionale adottato secondo le competenze stabilite dallo Statuto (82);
e) effettuare fotografie o riprese cinematografiche non autorizzate dalla provincia a uccelli selvatici durante la cova o l'allevamento dei piccoli nati (83) (84).
3. La caccia è vietata sui valichi montani interessati dalle rotte di migrazione dell'avifauna per una distanza di mille metri dagli stessi; i valichi sono individuati dalle province sentito l'INFS, e comunque nel comparto di maggior tutela della zona faunistica delle Alpi e devono essere indicati nei piani di cui agli artt. 12 e 14 e nei calendari venatori (85).
4. Ogni cacciatore o gruppo di cacciatori non può usare più di sei cani durante l'esercizio venatorio, fatta eccezione per chi pratica la caccia al cinghiale, ove tale limite sarà determinato dalla provincia competente e comunque non potrà essere superiore a 18 cani (86).
5. Fermi restando i divieti di cui all'art. 5, comma 9 e all'art. 21, comma 1, lettere bb), cc) ed ee) della legge n. 157/1992, è consentita la consumazione anche in pubblico esercizio di fauna selvatica legittimamente abbattuta appartenente alle specie cacciabili (87).
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(76) Lettera così modificata dall'art. 1, comma 21 della L.R. 8 maggio 2002, n. 7.
(77) Lettera così modificata dall'art. 1, comma 21 della L.R. 8 maggio 2002, n. 7.
(78) Parole soppresse dall'art. 7 della L.R. 7 agosto 2002, n. 19.
(79) Lettera così modificata dall'art. 1, comma 21 della L.R. 8 maggio 2002, n. 7.
(80) Lettera aggiunta dall'art. 1, comma 21 della L.R. 8 maggio 2002, n. 7.
(81) Parole soppresse dall'art. 1, comma 6, lett. f), della L.R. 5 maggio 2004, n. 12.
(82) Lettera aggiunta dall'art. 1, comma 21 della L.R. 8 maggio 2002, n. 7, poi sostituita dall'art. 7 della L.R. 7 agosto 2002, n. 19, modificata dall'art. 7 della L.R. 18 giugno 2003, n. 8 e, da ultimo, modificata dall'art. 1, comma 6, lett. f), della L.R. 5 maggio 2004, n. 12.
(83) Lettera aggiunta dall'art. 1, comma 21 della L.R. 8 maggio 2002, n. 7.
(84) Si veda il Reg. 4 agosto 2003, n. 16: regolamento di attuazione del presente comma.
(85) Comma così sostituito dall'art. 1, comma 21 della L.R. 8 maggio 2002, n. 7.
(86) Comma così sostituito dall'art. 1, comma 21 della L.R. 8 maggio 2002, n. 7.
(87) Comma aggiunto dall'art. 1, comma 21 della L.R. 8 maggio 2002, n. 7.
TITOLO VI
Condizioni per l'esercizio della caccia - Vigilanza
Art. 44
Licenza di porto di fucile per uso di caccia e abilitazione all'esercizio venatorio.
1. Ai fini di quanto disposto dall'art. 22, comma 1, della legge n. 157/92, ciascuna provincia nomina una commissione per il conseguimento dell'abilitazione all'esercizio venatorio a seguito di esami pubblici.
2. La provincia stabilisce le modalità per lo svolgimento degli esami, che devono in particolare riguardare nozioni nelle seguenti materie:
a) legislazione venatoria;
b) zoologia applicata alla caccia con prove pratiche di riconoscimento delle specie cacciabili;
c) armi e munizioni da caccia e relativa legislazione;
d) tutela della natura e principi di salvaguardia della produzione agricola;
e) norme di pronto soccorso.
3. L'abilitazione è concessa se il giudizio è favorevole in tutte le materie oggetto di esame. La commissione valuta la preparazione del candidato con un giudizio di idoneità o di inidoneità; in caso di idoneità il presidente della commissione rilascia il relativo attestato.
4. Coloro i quali siano stati giudicati inidonei non possono sostenere la prova d'esame prima che siano trascorsi due mesi.
5. Gli esami sulle precitate materie si svolgono mediante una prova scritta a quiz ed una prova orale in conformità delle disposizioni emanate al riguardo dalla Giunta regionale, fermo restando che:
a) la preparazione e l'esame si effettuano su programma approvato dalla Giunta regionale;
b) ogni candidato è tenuto a versare alla provincia quale rimborso spese di esame un importo fissato dalla Giunta regionale in misura non superiore al cinquanta per cento della tassa regionale per l'abilitazione venatoria, comprensivo degli ausili didattici, nonché del rilascio in carta legale del certificato di abilitazione.
6. L'abilitazione venatoria è necessaria per il rilascio della prima licenza di porto d'armi per uso di caccia e per il rinnovo della stessa in caso di revoca.
7. Le province organizzano, anche avvalendosi della commissione di cui al comma 11, corsi di preparazione per il conseguimento dell'abilitazione venatoria e provvedono all'aggiornamento sui contenuti innovativi della presente legge, anche in collaborazione con le associazioni venatorie riconosciute.
8. Nei dodici mesi successivi al rilascio della prima licenza il cacciatore può praticare l'esercizio venatorio solo se accompagnato da cacciatore in possesso di licenza rilasciata da almeno tre anni, che non abbia commesso violazioni alle norme della presente legge comportanti la sospensione o la revoca della licenza ai sensi dell'art. 50.
9. Le norme di cui al presente articolo si applicano anche per l'esercizio della caccia mediante l'uso dell'arco e del falco.
10. La durata in carica della commissione di cui al comma 1 corrisponde a quella effettiva del consiglio provinciale.
11. Ogni commissione è composta:
a) da un funzionario provinciale esperto in problemi faunistico-venatori, che la presiede, designato dal presidente della provincia;
b) da cinque membri effettivi nominati dal presidente della provincia, esperti nella materia indicata al precedente comma 2, di cui almeno un laureato in scienze biologiche o in scienze naturali esperto in vertebrati omeotermi, nonché di altrettanti supplenti;
c) da un dipendente della provincia con funzioni di segretario.
12. Per il colloquio previsto dall'art. 27 comma 11, le province possono nominare un membro effettivo e uno supplente esperto in gestione faunistica della zona Alpi e della zona appenninica.
13. Alla domanda per sostenere la prova d'esame, da presentarsi alla provincia ove risiede il candidato, deve essere allegato il certificato medico di idoneità fisica all'esercizio venatorio rilasciato a norma delle disposizioni vigenti.
14. Non possono essere membri della commissione provinciale di cui al comma 1 i consiglieri provinciali in carica della provincia stessa.
Art. 45
Tassa di concessione regionale per l'abilitazione all'esercizio venatorio.
1. La regione per conseguire i mezzi finanziari necessari a realizzare i fini previsti dalla presente legge e dalla legge n. 157/92, istituisce la tassa di concessione regionale, ai sensi dell'art. 3 della legge 16 maggio 1970, n. 281, per il rilascio dell'abilitazione all'esercizio venatorio di cui all'art. 44, soggetta a rinnovo annuale.
2. La tassa di cui al comma 1 è fissata per il 1994 nella misura del cinquanta per cento della corrispondente tassa erariale per la licenza di porto di fucile anche per uso di caccia.
3. Il versamento della tassa di concessione regionale deve essere effettuato, a decorrere dal 1994, su apposito conto corrente postale intestato alla tesoreria della regione Lombardia, in occasione del pagamento della tassa di rilascio o di rinnovo della concessione governativa per la licenza di porto d'armi per uso di caccia ed ha la validità di un anno dalla data di rilascio della concessione governativa.
4. Il pagamento della tassa per gli anni successivi deve essere effettuato non prima di quindici giorni dalla scadenza annuale.
5. La ricevuta del versamento deve essere allegata al tesserino per l'esercizio venatorio.
6. Per le difformi situazioni di scadenza eventualmente riscontrabili fra la data di versamento della tassa regionale e quella governativa, la validità del versamento della tassa regionale è procrastinata sino alla scadenza della tassa di concessione governativa.
7. La tassa di concessione regionale non è dovuta:
a) qualora non si eserciti l'attività venatoria durante l'anno;
b) qualora durante l'anno si eserciti l'attività venatoria esclusivamente all'estero.
8. La tassa di concessione regionale deve essere rimborsata:
a) nel caso di diniego della licenza di porto di fucile per uso di caccia;
[b) nel caso di rinuncia alla assegnazione dell'ambito territoriale o del comprensorio alpino di caccia.] (88).
9. I proventi della tassa di cui al comma 1 sono utilizzati anche per il finanziamento o il concorso nel finanziamento di progetti di valorizzazione ambientale presentati anche da singoli proprietari o conduttori di fondi che, nell'ambito della programmazione regionale, contemplino, tra l'altro, la realizzazione di strutture per l'allevamento di fauna selvatica e la salvaguardia dei riproduttori durante le operazioni colturali; la manutenzione degli apprestamenti di ambientamento della fauna selvatica; l'adozione delle forme di lotta biologica e di lotta integrata; il ricorso a tecniche colturali e tecnologie innovatice non pregiudizievoli per l'ambiente; la valorizzazione agro-turistica di percorsi per la visita degli ambienti naturali e la conoscenza scientifica e culturale della fauna selvatica ospite; la manutenzione e pulizia dei boschi anche al fine di prevenire incendi.
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(88) Lettera abrogata dal comma 3 dell'art. 1 della L.R. 10 dicembre 1998, n. 34.
Art. 46
Tasse di concessione regionale.
1. Gli appostamenti fissi, i centri privati di riproduzione della fauna selvatica allo stato naturale, le aziende faunistico-venatorie e le aziende agri-turistico-venatorie sono soggette a tasse di concessione regionale da versare secondo le modalità e nella misura prevista alle corrispondenti voci della tariffa annessa al D.Lgs. 22 giugno 1991, n. 230 e successive modificazioni.
1-bis. L'importo della tassa di concessione regionale per gli appostamenti fissi è ridotto del 50 per cento per i titolari ultra sessantacinquenni e per i portatori di handicap fisici che comportino la riduzione di oltre il 30 per cento della capacità motoria (89).
2. I relativi introiti sono destinati alle province.
3. Le aziende agri-turistico-venatorie sono soggette alle stesse tasse regionali previste per le aziende faunistico-venatorie situate in territori non montani.
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(89) Comma aggiunto dall'art. 1, comma 22 della L.R. 8 maggio 2002, n. 7.
Art. 47
Indennizzo dei danni prodotti dalla fauna selvatica e domestica inselvatichita e nell'esercizio dell'attività venatoria (90).
1. L'indennizzo dei danni arrecati alle produzioni agricole e alle opere approntate su terreni coltivati ed a pascolo dalle specie di fauna selvatica e domestica inselvatichita è a carico:
a) delle province, qualora siano provocati nelle oasi di protezione, zone di ripopolamento e cattura, nei centri pubblici di produzione della selvaggina; le stesse faranno fronte ai danni con la dotazione finanziaria del bilancio regionale riguardante le spese per le funzioni trasferite in materia di caccia;
b) degli ambiti territoriali di caccia o dei comprensori alpini di caccia, qualora si siano verificati nei fondi ivi compresi, per i danni provocati da fauna selvatica e domestica inselvatichita. I danni, che devono essere denunciati entro otto giorni dall'avvenimento, sono quantificati attraverso perizie effettuate da tecnici abilitati, individuati dalle provincie di concerto con i comitati di gestione degli ambiti territoriali o dei comprensori alpini. Le risorse sono reperite nell'ambito della dotazione finanziaria del bilancio regionale assegnata alle provincie per le spese relative alle funzioni trasferite in materia di caccia e sono ripartite dalle stesse in base alle effettive esigenze dei singoli ambiti territoriali o dei comprensori alpini di competenza; gli stessi sono tenuti a compartecipare fino al 10 per cento dei danni quantificati e liquidati, tramite le quote versate dai singoli soci (91);
c) dei titolari delle strutture territoriali private di cui agli artt. 19 e 38 della presente legge, qualora si siano prodotti nei fondi inclusi nelle rispettive strutture;
d) dei proprietari o conduttori dei fondi di cui all'art. 37 della presente legge, qualora si siano verificati nei rispettivi fondi;
e) dei titolari delle zone per l'addestramento e per le prove cinofile di cui all'art. 21 della presente legge, qualora si siano verificati nei rispettivi fondi (92).
2. Le disposizioni di cui al comma 1 si applicano anche alle spese per gli interventi di prevenzione dei danni alle produzioni agricole e alle opere approntate su terreni coltivati ed a pascolo (recinzioni, repellenti, ecc.) solo se preliminarmente concordate ed autorizzate dai comitati di gestione.
3. I nuovi impianti che fruiscono di finanziamenti CEE debbono già prevedere nella domanda di contributo le opere di difesa dei danni provocabili dalla fauna selvatica e domestica inselvatichita. Per tali impianti non sono ammesse richieste di indennizzo danni (93).
4. La provincia provvede alla gestione delle somme assegnate, sentito il Comitato tecnico costituito da ciascuna provincia a norma del comma 2, dell'art. 26 della legge 157/92.
5. La provincia, nei limiti e con le modalità previste dal piano faunistico-venatorio provinciale, provvede alla concessione dei contributi finalizzati alla prevenzione dei danni entro 180 giorni dalla presentazione della relativa domanda e provvede altresì alla liquidazione dei danni accertati entro e non oltre i termini previsti dal comma 3 dell'art. 26 della legge.
6. Le province, qualora accertino ripetuti fenomeni di consistente predazione dei frutti di vigneti e frutteti dovuti all'eccessiva consistenza di una o più specie di fauna selvatica, attuano interventi di sfoltimento della popolazione faunistica interessata, avvalendosi anche della collaborazione delle associazioni venatorie (94).
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(90) Rubrica sostituita dall'art. 2, comma 1 della L.R. 20 dicembre 2002, n. 32.
(91) Lettera sostituita dall'art. 7 della L.R. 18 giugno 2003, n. 8.
(92) Comma così modificato dall'art. 2, comma 1 della L.R. 20 dicembre 2002, n. 32.
(93) Comma così modificato dall'art. 2, comma 1 della L.R. 20 dicembre 2002, n. 32.
(94) Art. già sostituito dall'art. 2, comma 9 della L.R. 2 febbraio 2001, n. 3, successivamente così sostituito dall'art. 1, comma 23 della L.R. 8 maggio 2002, n. 7.
Art. 48
Vigilanza venatoria.
1. La vigilanza sull'applicazione della presente legge è delegata alle province.
2. Gli agenti di vigilanza devono essere dipendenti di ruolo delle province ed ai sensi della vigente legislazione statale hanno la qualifica di agente di polizia giudiziaria e di pubblica sicurezza, ferme restando le competenze tecniche per la conservazione e gestione della fauna selvatica. Essi possono portare durante il servizio e per i compiti di istituto le armi da caccia di cui all'art. 23, nonché armi con proiettili a narcotico. Le armi sono portate e detenute in conformità al regolamento di cui all'art. 5, comma 5, della legge 7 marzo 1986, n. 65.
3. Ferme restando le altre disposizioni della legge 7 marzo 1986, n. 65, gli agenti dipendenti dalle province, esercitano l'attività di vigilanza venatoria, nell'ambito territoriale dell'ente di appartenenza e nei luoghi nei quali sono comandati a prestare servizio, e portano senza licenza le armi di cui sono dotati nei luoghi predetti ed in quelli attraversati per raggiungerli e per farvi ritorno.
4. Gli stessi agenti, oltre alle contestazioni di carattere penale, possono redigere i verbali di contestazione delle violazioni e degli illeciti amministrativi previsti dalla presente legge, e gli altri atti indicati dall'art. 49 anche fuori dall'orario di servizio.
5. Esercitano altresì la vigilanza le guardie volontarie delle associazioni venatorie, agricole e di protezione ambientale, nonché le guardie ecologiche e zoofile previste da leggi regionali ed alle quali sia riconosciuta la qualifica di guardia giurata ai sensi del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, approvato con regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, e che abbiano frequentato appositi corsi nella specifica materia e superati gli esami di idoneità avanti una commissione nominata presso ciascuna provincia dal rispettivo presidente in conformità alle disposizioni di cui all'art. 27, comma 4 della L. n. 157/92.
6. La vigilanza di cui al comma 1, è altresì, affidata agli ufficiali, sottufficiali e guardie del corpo forestale dello Stato, alle guardie addette a parchi nazionali e regionali, agli ufficiali ed agenti di polizia giudiziaria, alle guardie giurate comunali, forestali e campestri ed alle guardie private riconosciute ai sensi del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza.
7. Le province hanno facoltà di richiedere a termini di legge il riconoscimento della qualifica di guardie venatorie volontarie per i cittadini che, avendo i requisiti di legge, diano sicuro affidamento di preparazione tecnica e siano disposti a prestare volontariamente e gratuitamente la loro opera.
8. Gli agenti venatori dipendenti dalle province e le guardie volontarie operano di norma nell'ambito delle circoscrizioni territoriali di competenza.
9. A tutti i soggetti cui è affidata la vigilanza venatoria ai sensi del presente articolo è vietata la caccia durante l'esercizio delle loro funzioni.
10. Agli agenti di vigilanza di cui al comma 1, è altresì vietato l'esercizio venatorio nell'ambito del territorio in cui esercitano le funzioni.
11. I corsi di preparazione e di aggiornamento delle guardie per lo svolgimento delle funzioni di vigilanza sull'esercizio venatorio, sulla tutela dell'ambiente e della fauna e sulla salvaguardia delle produzioni agricole, possono essere organizzati anche dalle associazioni di cui al comma 5, sotto il controllo della regione.
12. I cittadini in possesso, a norma del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, della qualifica di guardia venatoria volontaria alla data di entrata in vigore della presente legge, non necessitano dell'attestato di idoneità di cui al comma 5.
13. Le province coordinano l'attività delle guardie volontarie delle associazioni venatorie, agricole e ambientaliste.
Art. 49
Poteri e compiti degli addetti alla vigilanza venatoria.
1. I soggetti preposti alla vigilanza venatoria ai sensi dell'art. 48, possono chiedere a qualsiasi persona trovata in possesso di armi o arnesi atti alla caccia, in esercizio in attitudine di caccia, l'esibizione della licenza di porto di fucile per uso di caccia, del tesserino di cui all'art. 22, comma 2, del contrassegno della polizza di assicurazione, nonché procedere al controllo delle armi, delle munizioni e del carniere.
2. Nel caso di violazioni di cui all'art. 30 della legge n. 157/92 gli ufficiali ed agenti che esercitano funzioni di polizia giudiziaria procedono, a norma dell'art. 28 della stessa legge, al sequestro delle armi, della fauna selvatica e dei mezzi di caccia, con esclusione del cane e dei richiami vivi autorizzati. In caso di condanna per le ipotesi di cui al medesimo art. 30, comma 1, lettere a), b) c), d) ed e), le armi e i suddetti mezzi sono in ogni caso confiscati.
3. Quando è sequestrata fauna selvatica, viva o morta, gli ufficiali o agenti la consegnano alla provincia competente la quale, nel caso di fauna viva, provvede a liberarla in località adatta ovvero, qualora non risulti liberabile, a consegnarla ad un organismo in grado di provvedere alla sua riabilitazione e cura ed alla successiva reintroduzione nel suo ambiente naturale; in caso di fauna viva sequestrata in campagna, e che risulti liberabile, la liberazione è effettuata sul posto dagli agenti accertatori. Nel caso di fauna morta, la provincia provvede alla sua vendita tenendo la somma ricavata a disposizione della persona cui è contestata l'infrazione, nel caso in cui si accerti che l'illecito non sussiste; nell'ipotesi di illecito riconosciuto, l'importo viene introitato dalla provincia medesima.
4. Della consegna o della liberazione di cui al comma 3, gli ufficiali o agenti danno atto in apposito verbale nel quale sono descritte le specie e le condizioni degli esemplari sequestrati, e quant'altro possa avere rilievo ai fini penali.
5. Gli organi di vigilanza che non esercitano funzioni di polizia giudiziaria, i quali accertino, anche a seguito di denuncia, violazioni delle disposizioni sull'attività venatoria, redigono verbali, conformi alla legislazione vigente, nei quali devono essere specificate tutte le circostanze del fatto e le eventuali osservazioni del contravventore, e li trasmettono all'ente da cui dipendono ed alla provincia competente ai sensi delle disposizioni vigenti.
6. Gli agenti venatori dipendenti degli enti locali, che abbiano prestato servizio sostitutivo ai sensi della legge 15 dicembre 1972, n. 772, e successive modifiche e integrazioni, non sono ammessi all'esercizio di funzioni di pubblica sicurezza, fatto salvo il divieto di cui all'art. 9 della medesima legge.
7. Alle guardie zoofile dell'ente nazionale protezione animali si applicano le disposizioni di cui all'art. 37, comma 3, della legge n. 157/92.
TITOLO VII
Procedimenti sanzionatori
Art. 50
Sanzioni penali. Sospensione, revoca e divieto di rilascio della licenza di porto di fucile per uso caccia, nonché chiusura o sospensione dell'esercizio.
1. Le sanzioni penali concernenti le violazioni della presente legge sono disposte dall'art. 30 della legge n. 157/92.
2. I provvedimenti, nonché le relative procedure e modalità di adozione, concernenti la sospensione, revoca e divieto di rilascio delle licenze di porto di fucile di caccia, nonché quelli relativi alla chiusura o sospensione dell'esercizio commerciale, sono disposti a norma dell'art. 32 della legge n. 157/92.
Art. 51
Sanzioni amministrative statali e regionali - Ritiro tesserino.
1. Ferme restando le sanzioni amministrative previste dall'art. 31, comma 1, della legge n. 157/1992, si applica la sanzione da L. 30.000 a L. 180.000 per tutte le violazioni alla presente legge ed ai regolamenti regionali e provinciali attuativi che non siano già comprese nelle violazioni previste dall'art. 31; la medesima sanzione si applica per gli abusi e l'uso improprio della tabellazione dei terreni.
2. Si applica la sanzione amministrativa da L. 30.000 a L. 180.000 per chi abbatte selvaggina migratoria consentita anche in deroga, in numero superiore a quanto previsto dall'art. 24. Per chi supera, per la caccia vagante, le tre giornate di caccia settimanali o il numero complessivo di giornate per l'intera stagione venatoria, o per chi addestra i propri cani in periodo di divieto o in zone non consentite, o per la mancata sorveglianza dei cani da caccia in luoghi in cui possano arrecare grave danno alla fauna selvatica, se recidivo, la sanzione è raddoppiata.
3. Si applica la sanzione amministrativa di L. 50.000 per la mancata consegna, al termine della stagiona venatoria, del tesserino venatorio.
4. Si applica la sanzione amministrativa da L. 300.000 a L. 1.800.000 per chi abbatte selvaggina stanziale da appostamento fisso; se la violazione è commessa durante i periodi concessi ai sensi dell'art. 40, comma 4, la sanzione è raddoppiata ed è disposto dalla provincia il ritiro del tesserino fino ad un anno.
5. Si applica la sanzione amministrativa da L. 400.000 a L. 1.200.000 per chi volontariamente procura disturbo all'esercizio venatorio anche avvalendosi di strumenti atti all'allontanamento della selvaggina; se l'attività di disturbo è commessa da agenti della vigilanza volontaria di cui al comma 5 dell'art. 48, la sanzione è raddoppiata.
6. Il presidente della provincia provvede alla richiesta del risarcimento del danno arrecato alla fauna stanziale; i relativi introiti sono destinati ai rispettivi comitati di gestione.
7. Le sanzioni accessorie sono quelle stabilite dall'art. 32 della legge n. 157/1992.
8. Le sanzioni amministrative sono irrogate dal presidente della provincia (95) (96).
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(95) Articolo così sostituito dall'art. 1, comma 24 della L.R. 8 maggio 2002, n. 7.
(96) Valori espressi in lire sono convertiti in euro secondo quanto disposto dall'art. 8 della L.R. 7 agosto 2002, n. 19.
TITOLO VII
Disposizioni finanziarie, transitorie e finali
Art. 52
Finanziamenti regionali e piani di riparto.
1. Ai fini dell'attuazione della presente legge la Regione provvede, sulla base delle riscossioni che sono complessivamente affluite al bilancio dell'esercizio precedente per le tasse di concessione regionale relative alla caccia e nella misura individuata annualmente con legge finanziaria regionale, al finanziamento delle seguenti spese:
a) contributi alle province per la predisposizione ed attuazione dei piani faunistico-venatori provinciali e relativi interventi faunistico-venatori e di miglioramento ambientale di cui agli articoli 8, 10, 12, 14 e 15;
b) contributi alle provincie per l'indennizzo dei danni di cui all'articolo 47, comma 1, lettere a) e b) (97);
c) concorso nelle spese sostenute dalle province per l'attuazione dei compiti previsti dall'articolo 7, comma 1, da ripartire in misura direttamente proporzionale alle autorizzazioni per appostamenti fissi;
d) contributi alle province per attività di controllo e vigilanza dei centri privati di produzione nonché delle aziende faunistico-venatorie e delle aziende agri-turistico-venatorie di cui agli articoli 19 e 38, da ripartire sulla base delle corrispondenti tasse regionali;
e) contributi regionali da versare alle province a norma dell'articolo 36;
f) interventi regionali in campo venatorio e di connessa tutela ambientale, nonché per attività tecniche specifiche di ricerca sulla caccia previste dalla presente legge e per iniziative di formazione, promozione e rappresentanza della Regione, di cui agli articoli 8, 10 e 12.
2. La Regione determina annualmente, in sede di bilancio, le risorse complessivamente destinate agli interventi di cui al comma 1, ripartendole nella misura del 90% per gli stanziamenti di cui alle lettere a), b), c), d) ed e) e del restante 10% per lo stanziamento di cui alla lettera f). Il riparto destinato a ciascuna provincia deve essere calcolato nella misura del 60% in base al numero dei cacciatori iscritti agli A.T.C. e C.A. di rispettiva competenza provinciale e per il restante 40% in base alla superficie di territorio utile alla caccia di ogni singola provincia.
3. I finanziamenti regionali per le spese relative alle funzioni trasferite alle province in materia di caccia, di cui al comma 1, lettere a), b), c), d) ed e), sono erogati con acconti annuali e conguagli stabiliti annualmente con deliberazione dalla Giunta regionale (98).
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(97) Lettera sostituita dall'art. 2, comma 3 della L.R. 22 luglio 2002, n. 15, poi modificata dall'art. 2, comma 1 della L.R. 20 dicembre 2002, n. 32, ora sostituita dall'art. 7 della L.R. 18 giugno 2003, n. 8.
(98) Art. così sostituito dall'art. 2, comma 9 della L.R. 2 febbraio 2001, n. 3.
Art. 53
Norma finanziaria.
1. Per le finalità previste dalla presente legge di cui all'art. 52, comma 1, lettera a), b), c), d) ed f) è autorizzata per il 1993 la spesa di parte corrente di lire 2.799.238.400 e precisamente:
a) lire 1.100.000.000 per le attività di cui all'art. 52, comma 1, lettera a);
b) lire 500.000.000 per le attività di cui all'art. 52, comma 1, lettera b);
c) lire 400.000.000 per le attività di cui all'art. 52, comma 1, lettera c);
d) lire 100.000.000 per le attività di cui all'art. 52, comma 1, lettera d);
e) lire 499.238.400 per le attività di cui agli artt. 8 e 10;
f) lire 200.000.000 per le attività di cui all'art. 12.
2. È altresì autorizzata, limitatamente al 1993, la spesa di lire 4.650.000.000 per la gestione dei piani provinciali già presentati ai sensi della L.R. n. 47/78 e successive modificazioni.
3. La somma di cui al precedente comma è ripartita tra le singole province per il venticinque per cento in relazione alle spese sostenute per la vigilanza, per il venticinque per cento per i ripopolamenti, per il venticinque per cento in ragione della loro importanza faunistica, per il quindici per cento in ragione del numero dei tesserini da esse rilasciati e per il dieci per cento in rapporto alla loro superficie agro-forestale.
4. Alla determinazione della spesa derivante dagli interventi di cui al comma 1 e di cui all'art. 36, si provvede a decorrere dall'esercizio finanziario 1994 con legge di approvazione del bilancio dei singoli esercizi ai sensi dell'art. 22, comma 1, della L.R. 31 marzo 1978, n. 34 e sue successive modificazioni ed integrazioni.
5. Al finanziamento dell'onere di lire 7.449.238.400 previsto dai precedenti commi 1 e 2 per l'anno 1993, si provvede mediante riduzione per lire 4.650.000.000 della dotazione finanziaria di competenze di cassa del capitolo 3.2.6.1.762 «Contributi alle amministrazioni provinciali per la realizzazione dei progetti comprensoriali di intervento agro-faunistico-venatorio», per lire 500.000.000 della dotazione finanziaria di competenza e di cassa del capitolo 3.2.6.1.763 «Contributi alle amministrazioni provinciali per il risarcimento dei danni arrecati dalla selvaggina alle produzioni agricole», per lire 299.238.400 della dotazione finanziaria di competenza e di cassa del capitolo 3.2.6.1.764 «Interventi regionali per iniziative e spese in campo venatorio e per la tutela ambientale nonché spese varie interessanti attività tecniche specifiche della caccia» e per lire 2.000.000.000 della dotazione finanziaria di competenza e di cassa del «Fondo globale per oneri relativi a spese correnti per l'adempimento di funzioni normali derivanti da nuovi provvedimenti legislativi» iscritto al capitolo 5.2.1.1.546 dello stato di previsione delle spese del bilancio per l'esercizio finanziario 1993.
6. Agli oneri di cui all'art. 3 si provvede mediante impiego delle somme stanziate negli stati di previsione delle spese del bilancio per l'esercizio finanziario 1993 e successivi sul capitolo 1.2.7.1.322 «Spese per il funzionamento dei consigli, comitati, collegi e commissioni, compresi i gettoni di presenza, le indennità di missione e i rimborsi spese».
7. In relazione a quanto previsto dai precedenti commi, al bilancio di previsione per l'esercizio finanziario 1993 sono apportate le seguenti variazioni:
a) all'ambito 3, settore 2, obiettivo 6, parte I, sono istituiti i seguenti capitoli:
3.2.6.1.3660 «Contributi alle province per la predisposizione dei piani faunistico venatori e di miglioramento ambientale» con la dotazione finanziaria di competenze di cassa di lire 1.100.000.000;
3.2.6.1.3661 «Contributi alle province per il risarcimento dei danni prodotti dalla fauna selvatica e nell'esercizio dell'attività venatoria» con la dotazione finanziaria di competenze di cassa di lire 500.000.000;
3.2.6.1.3662 «Contributi alle province per le spese di gestione di impianti di cattura» con la dotazione finanziaria di competenza e di cassa di lire 400.000.000;
3.2.6.1.3663 «Contributi alle province per la vigilanza e controllo sulle aziende faunistico-venatorie, sulle aziende agri-turistico-venatorie e sui centri privati» con la dotazione finanziaria di competenza e di cassa di lire 100.000.000;
3.2.6.1.3664 «Spese per attività di ricerca, promozione della conoscenza della fauna e per l'istituzione e la gestione delle stazioni ornitologiche» con la dotazione finanziaria di competenza e di cassa di lire 499.238.400;
3.2.6.1.3665 «Spese per la predisposizione del piano faunistico-venatorio regionale» con la dotazione finanziaria di competenza e di cassa di lire 200.000.000;
3.2.6.1.3666 «Contributo alle province per la gestione dei piani già presentati ai sensi della L.R. n. 47/78» con la dotazione finanziaria di competenze di cassa di lire 4.650.000.000;
b) all'ambito 3, settore 2, obiettivo 6, parte I è istituito per memoria il seguente capitolo:
3.2.6.1.3667 «Fondo regionale da ripartire tramite le province per la concessione di contributi a proprietari o conduttori agricoli per l'utilizzazione dei terreni destinati alla caccia programmata».
Art. 54
Norme transitorie.
1. Fino all'emanazione dei regolamenti attuativi previsti dalla presente legge e in quanto compatibili con la stessa, restano in vigore i regolamenti regionali:
a) Reg. 23 novembre 1979, n. 2, riguardante gli allevamenti a scopo amatoriale ed alimentare;
b) Reg. 10 giugno 1980, n. 2, per la disciplina e la gestione della caccia in zona Alpi;
c) Reg. 31 luglio 1989, n. 2, per la gestione delle aziende faunistiche, fermo restando il rispetto delle prescrizioni di cui all'art. 38 comma 1, lett. a);
d) Reg. 26 agosto 1989, n. 3, disciplinante le zone per l'allenamento dei cani e per le gare cinofile.
2. Le aziende agro-venatorie previste dall'art. 18 della L.R. n. 47/78 e successive modificazioni scadono il 31 gennaio 1994 e sino a tale data sono disciplinate dal regolamento regionale 2 ottobre 1989, n. 4; tali aziende possono essere trasformate dalla Giunta regionale, su richiesta del concessionario, in aziende agri-turistico-venatorie.
3. Su richiesta del concessionario da presentarsi entro il 31 gennaio 1994, la Giunta regionale può trasformare le aziende faunistiche di cui al comma 1 lettera c), in aziende agri-turistico-venatorie esclusivamente a favore dei soggetti di cui all'art. 38, comma 4.
4. Le aree a gestione sociale della caccia istituite ai sensi dell'art. 17 della L.R. n. 47/78 e successive modificazioni restano in vigore sino al 31 gennaio 1994.
5. Le zone di ripopolamento e cattura e le oasi di protezione, già istituite dalla Giunta regionale, restano in vigore, salvo diversa destinazione del relativo territorio disposta nei piani provinciali di cui agli artt. 14 e 55, comma 2.
Art. 55
Norme di prima attuazione.
1. In sede di prima attuazione della presente legge la Giunta regionale, entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge stessa delibera gli indirizzi per la redazione dei piani faunistico-venatorio provinciali di cui all'art. 14, comma 1; entro i successivi sessanta giorni le province presentano i piani alla Giunta regionale.
2. Le province che abbiano già presentato alla regione i piani faunistico-venatori a norma della L.R. n. 47/78, come modificata dalla L.R. n. 41/88, possono, entro lo stesso termine di cui al comma 1, limitarsi ad adeguare o integrare i piani predetti.
3. La Giunta regionale approva i piani entro sessanta giorni dal ricevimento.
4. Qualora la provincia non presenti il piano entro il termine di cui al comma 1, né vi provveda, a seguito di diffida ad adempiere entro i successivi trenta giorni, la Giunta regionale provvede in via sostitutiva.
Art. 56
Delega all'assessore regionale competente.
1. I provvedimenti che, a norma della presente legge, sono di competenza del presidente della Giunta regionale sono assunti dall'assessore competente, se delegato.
Art. 57
Rapporti e relazioni.
1. La Giunta regionale trasmette annualmente alle amministrazioni statali competenti una relazione sulle misure adottate ai sensi dell'art. 1, comma 4 e sui loro effetti rilevabili.
2. Nell'esercizio delle funzioni amministrative di cui all'art. 2, la Giunta regionale entro il mese di maggio di ciascun anno trasmette all'amministrazione statale competente un rapporto informativo nel quale sulla base di dettagliate relazioni fornite dalle province, è riportato lo stato dei servizi preposti alla vigilanza, il numero degli accertamenti effettuati in relazione alle singole fattispecie di illecito e un prospetto riepilogativo delle sanzioni amministrative e delle misure accessorie applicate. A tal fine il questore di ciascuna provincia comunica alla Giunta regionale entro il mese di aprile di ciascun anno, i dati numerici inerenti alle misure accessorie applicate nell'anno precedente.
3. Al termine dell'annata venatoria 1994-1995 la Giunta regionale trasmette alle amministrazioni statali competenti una relazione sull'attuazione della presente legge.
Art. 58
Abrogazioni.
1. Sono abrogate le leggi regionali L.R. n. 47/78, L.R. n. 20/84, L.R. n. 41/88, L.R. n. 10/89 e L.R. n. 23/89 ed ogni altra disposizione in contrasto con la presente legge.
Art. 59
Clausola d'urgenza.
1. La presente legge è dichiarata urgente ai sensi dell'art. 127 della Costituzione e dell'art. 43 dello Statuto ed entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nel Bollettino Ufficiale della regione.
La presente legge regionale è pubblicata nel Bollettino Ufficiale della regione.
È fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e farla osservare come legge della regione lombarda.
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Allegato A
(Articolo 4)
Specie protette di cui all'art. 2, comma 1, della legge n. 157/92.
a) mammiferi: lupo (Canis lupus), sciacallo dorato (Canis aureus), orso (Ursus arctos), martora (Martes martes), puzzola (Mustela putorius), lontra (Lutra lutra), gatto selvatico (Felis sylvestris), lince (Lynx lynx), foca monaca (Monachus monachus), tutte le specie di cetacei (Cetacea), cervo sardo (Cervus elaphus corsicanus), camoscio d'Abruzzo (Rupicapra pyrenaica);
b) uccelli: marangone minore (Phalacrocorax pigmeus), marangone dal ciuffo (Phalacrocorax aristotelis), tutte le specie di pellicani (Pelecanidae), tarabuso (Botaurus stellaris), tutte le specie di cicogne (Ciconiidae), spatola (Platalea leucorodia), mignattaio (Plegadis falcinellus), fenicottero (Phoenicopterus ruber), cigno reale (Cygnus olor), cigno selvatico (Cygnus cygnus), volpoca (Tadorna tadorna), fistione turco (Netta rufina), gobbo rugginoso (Oxyura leucocephala), tutte le specie di rapaci diurni (Accipitriformes e falconiformes), pollo sultano (Porphyrio porphyrio), otarda (Otis tarda), gallina prataiola (Tetrax tetrax), gru (Grus grus), piviere tortolino (Eudromias morinellus), avocetta (Recurvirostra avosetta), cavaliere d'Italia (Himantopus himantopus), occhione (Burhinus oedicnemus), pernice di mare (Glareola pratincola), gabbiano corso (Larus audouinii), gabbiano corallino (Larus melanocephalus), gabbiano roseo (Larus genei), sterna zampenere (Gelochelidon nilotica), sterna maggiore (Sterna caspia), tutte le specie di rapaci notturni (Strigiformes), ghiandaia marina (Coracias garrulus), tutte le specie di picchi (Picidae), gracchio corallino (Pyrrhocoras pyrrhocorax);
c) tutte le altre specie che direttive comunitarie o convenzioni internazionali o apposito decreto del presidente del consiglio dei ministri indicano come minacciate di estinzione.
Allegato B
(Articolo 25)
Autorizzazioni per appostamenti fissi rilasciate dalle province nella stagione venatoria 1989/90.
- Bergamo n. 5.601
- Brescia n. 10.485
- Como n. 1.995
- Cremona n. 283
- Mantova n. 1.183
- Milano n. 240
- Pavia n. 455
- Sondrio n. 73
- Varese n. 625
I dati numerici concernenti le province di Bergamo, Como e Milano comprendono anche gli appostamenti fissi situati nel territorio delle costituende province di Lecco e di Lodi.
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Allegato C
(Articolo 40)
Specie e periodi previsti dall'art. 18, comma 1, della legge n. 157/92.
a) specie cacciabili dalla terza domenica di settembre al 31 dicembre: quaglia (Coturnix coturnix); tortora (Streptopeia turtur); merlo (Turdus merula); passero (Passer italiae); passera mattugia (Passer montanus); passera oltremontana (Passer domesticus); allodola (Alauda arvensis); colino della Virginia (Colinus virginianus); starna (Perdix perdix); pernice rossa (Alectoris rufa); pernice sarda (Alectoris barbara); lepre comune (Lepus europaeus); lepre sarda (Lepus capensis); coniglio selvatico (Oryctolagus cuniculus); minilepre (Silvilagus floridamus);
b) specie cacciabili dalla terza domenica di settembre al 31 gennaio: storno (Sturnus vulgaris); cesena (Turdus pilaris); tordo bottaccio (Turdus philomelos); tordo sassello (Turdus iliacus); fagiano (Phasianus colchicus); germano reale (Anas platyrhynchos); folaga (Fulica atra); gallinella d'acqua (Gallinula chloropus); alzavola (Anas crecca); canapiglia (Anas strepera); porciglione (Rallus aquaticus); fischione (Anas penepole); codone (Anas acuta); marzaiola (Anas querquedula); mestolone (Anas clypeata); moriglione (Aythya ferina); moretta (Aythya fuligula); beccaccino (Gallinago gallinago); colombaccio (Columba palumbus); frullino (Lymnocryptes minimus); fringuello (Fringilla coelebs); peppola (fringilla montifringilla); combattente (Philomachus pugnax); beccaccia (Scolopax rusticola); taccola (Corvus monedula); corvo (Corvus frugilegus); cornacchia nera (Corvus corone); pavoncella (Vanellus vanellus); pittima reale (Limosa limosa); cornacchia grigia (Corvus corone cornix); ghiandaia (Garrulus glandarius); gazza (Pica pica); volpe (Vulpes vulpes);
c) specie cacciabili dal 1° ottobre al 30 novembre: pernice bianca (Lagopus mutus); fagiano di monte (Tetrao tetrix); francolino di monte (Bonasa bonasia); coturnice (Alectoris graeca); camoscio alpino (Rupicapra rupicapra); capriolo (Capreolus capreolus), cervo (Cervus elaphus); daino (Dama dama); muflone (Ovis musimon), con esclusione della popolazione sarda; lepre bianca (Lepus timidus);
d) specie cacciabili dal 1° ottobre al 31 dicembre o dal 1° novembre al 31 gennaio: cinghiale (Sus scrofa).
Allegato D (99)
(Articolo 7)
Disposizioni e modalità per il prelievo e la cattura dei richiami vivi:
1. L'attività di prelievo e di cattura di uccelli vivi a fini di richiamo non è considerata esercizio di attività venatoria ed è esercitata in presenza delle condizioni di deroga previste dall'art. 9 della direttiva 79/409/CEE, del parere dell'INFS, e nel rispetto delle prescrizioni che seguono.
2. L'attività di cattura per l'inanellamento e per la cessione a fini di richiamo, non sussistendo altre condizioni alternative nella regione, è svolta da impianti della cui autorizzazione è titolare la provincia.
3. L'istituto nazionale per la fauna selvatica stabilisce per gli impianti un congruo periodo di attività, nonché, svolge compiti di controllo e certificazione dell'attività svolta dagli impianti stessi. La vigilanza sull'attività degli impianti è affidata agli agenti venatori della provincia.
4. Le reti utilizzate dagli impianti sono fornite gratuitamente dalla provincia e devono essere restituite entro 5 giorni dalla fine della attività dell'impianto. Le singole province provvedono a stipulare convenzioni con i gestori degli impianti di cattura; tali convenzioni dovranno prevedere, in particolare, gli obblighi dei gestori dell'impianto, i compensi, le prescrizioni, le modalità di pagamento delle spese di gestione, le eventuali assicurazioni, i casi di revoca dell'autorizzazione nonché il numero massimo complessivo di esemplari catturabili per singola specie, determinato dalla provincia per l'intero territorio provinciale e, su tale base, per singolo impianto, non superiore al rapporto annuale di tre capi per cacciatore da appostamento.
5. Gli impianti possono essere fissi o mobili, a reti verticali o orizzontali di tipo tramaglio o mist-netz; gli impianti fissi, costituiti da roccoli, bressane, copertoni o prodine, dovranno essere adeguatamente tabellati a cura della provincia. Tutti gli impianti di cattura, in fase di attività, non possono essere lasciati incustoditi; nel raggio di cento metri dagli impianti di cattura la caccia è vietata. Il gestore, durante il funzionamento dell'impianto, può ammettere la presenza di persone diverse dai collaboratori dichiarati, purché si limitino ad assistere passivamente alla attività di cattura.
6. Il controllo alle reti dovrà essere compiuto almeno entro ogni ora e più frequentemente in caso di condizioni atmosferiche avverse.
7. Ogni esemplare consentito e catturato deve essere immediatamente inanellato in modo inamovibile; la liberazione delle specie non catturabili deve avvenire alle reti per realizzare la selettività della cattura a posteriori, attuata in via principale dalle reti appositamente indicate secondo la maglia dall'istituto nazionale per la fauna selvatica, secondo la circolare 22 novembre 1996, n. 31502 del MIRAAF (ora MIPA) e la circolare 15 gennaio 1999, n. 81619 dello stesso istituto nazionale per la fauna selvatica; il contrassegno inamovibile fornito dalla provincia deve essere apposto sul tarso degli uccelli. I soggetti provvisti di anelli utilizzati in sede internazionale per lo studio delle migrazioni che venissero eventualmente catturati, dovranno essere liberati subito dopo aver trascritto i dati su specifica cartolina da spedire all'istituto nazionale per la fauna selvatica e all'osservatorio regionale.
8. Ogni esemplare catturato verrà messo, dopo l'estrazione dalla rete, in un sacchetto di tela o di stoffa o in altro contenitore e successivamente, su un registro contenente l'iscrizione completa del contrassegno, verrà trascritta la data e l'ora della cattura e la specie catturata; dovrà inoltre essere previsto un registro per segnalare gli esemplari marcati e ceduti, quelli marcati e trattenuti dall'impianto e quelli deceduti.
9. I richiami catturati dovranno essere custoditi in un locale adibito specificatamente allo scopo e mantenuto sempre in condizioni igieniche ottimali di temperatura, umidità ed areazione, con a disposizione acqua e cibo.
10. L'attività di cessione dei richiami è gratuita ed avviene o presso l'impianto di cattura o in centri di distribuzione individuati dalle province che determineranno altresì gli orari di apertura al pubblico e le modalità di fruizione. Ogni anno potranno essere ceduti e trascritti sull'apposito tesserino non più di due esemplari per ogni singola specie per cacciatore, da appostamento fisso o temporaneo, fermo restando che la sostituzione del richiamo di cattura avverrà solo dietro presentazione del richiamo morto da sostituire.
11. Per la gestione di ogni singolo impianto la provincia si avvale di un gestore, valutato idoneo dall'istituto nazionale per la fauna selvatica, il quale gestore, sotto sua stretta responsabilità, può avvalersi di collaboratori, anche con funzioni ausiliarie.
12. Per il funzionamento di ogni impianto è consentito l'uso di non più di venti richiami vivi di cattura per ogni specie e di richiami di allevamento senza limitazione di numero; è consentito altresì l'uso dei mezzi previsti dalla presente legge.
13. Le reti utilizzabili per la cattura consentita dei richiami vivi al fine di realizzare la selettività delle catture devono avere una maglia non inferiore a 32 millimetri di lato per le reti verticali e una maglia non inferiore a 22 millimetri per le reti orizzontali.
14. L'eventuale cessazione dell'attività da parte di un impianto, nel corso dell'anno, dovrà essere comunicata tempestivamente alla provincia competente che provvederà a trasmettere la comunicazione all'istituto nazionale per la fauna selvatica.
15. Per tutte le violazioni alle prescrizioni di cui al presente allegato si applica la sanzione amministrativa da L. 150.000 a L. 900.000. Si applica inoltre la sanzione amministrativa da L. 500.000 a L. 3.000.000 e la sospensione nominale dell'autorizzazione da uno a due anni per chi vende uccelli di cattura in violazione dell'art. 5, comma 9, della legge n. 157/1992.
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(99) Allegato aggiunto dall'art. 1, comma 25 della L.R. 8 maggio 2002, n. 7.
L.R. 7 agosto 2002, n. 18
Applicazione del regime di deroga previsto dall'art. 9 della direttiva 79/409/CEE del consiglio, del 2 aprile 1979,
concernente la conservazione degli uccelli selvatici.
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(1) Pubblicata nel B.U. Lombardia 12 agosto 2002, n. 33, I S.O..
Art. 1
Finalità.
1. Nella Regione Lombardia, secondo le disposizioni della presente legge, nell'arco temporale della stagione venatoria 2002/2003 è autorizzato il prelievo venatorio in deroga, di cui all'articolo 9, comma 1, lettere a) e c), e con le modalità di cui al comma 2 dello stesso articolo della direttiva 79/409/CEE del Consiglio, del 2 aprile 1979, concernente la conservazione degli uccelli selvatici in Europa. Il prelievo venatorio si attua secondo quanto previsto dagli articoli 1, commi 3 e 4, e 9 della L. 11 febbraio 1992, n. 157 (Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio), nonché dall'articolo 9 della Convenzione di Berna del 19 settembre 1979, resa esecutiva con L. 5 agosto 1981, n. 503 (Ratifica ed esecuzione della Convenzione relativa alla conservazione della vita selvatica e dell'ambiente naturale in Europa).
Art. 2
Attuazione dell'articolo 9, comma 1, lettere a) e c), della direttiva 79/409/CEE.
1. Tenuto conto della insufficienza del controllo riduttivo, consentito dall'articolo 41 (Controllo della fauna selvatica) della L.R. 16 agosto 1993, n. 26 (Norme per la protezione della fauna selvatica e per la tutela dell'equilibrio ambientale e disciplina dell'attività venatoria) e successive modificazioni, sulle popolazioni delle specie di passero d'Italia (Passer italiae), passera mattugia (Passer montanus) e storno (Sturnus vulgaris), responsabili di comprovati danni alle colture agricole, cerealicole e frutticole, formalmente certificati da perizie effettuate da esperti agronomi regolarmente abilitati, è autorizzato il prelievo venatorio, al fine di ridurre le popolazioni delle predette specie, in attuazione dell'articolo 9, comma 1, lett. a), della direttiva 79/409/CEE, da attuarsi con appostamento fisso, temporaneo o in forma vagante da parte dei cacciatori iscritti negli ambiti territoriali di caccia (ATC) o comprensori alpini (CA) della Lombardia. A tal fine è autorizzato l'utilizzo dei mezzi di cui all'articolo 13 (Mezzi per l'esercizio dell'attività venatoria) della legge n. 157/92 e all'art. 23 (Mezzi per l'esercizio dell'attività venatoria) della L.R. n. 26/93 nei limiti massimi giornalieri e stagionali, e per gli archi temporali previsti nell'allegato A della presente legge.
2. È autorizzato, in attuazione dell'articolo 9, comma 1, lett. c), della direttiva 79/409/CEE, il prelievo venatorio delle specie fringuello (Fringilla coelebs) e peppola (Fringilla montifringilla), delle quali è certificato il favorevole stato di salute. Il prelievo è attuato attraverso le forme di caccia da appostamento fisso, temporaneo e vagante, con i mezzi di cui all'articolo 13 della legge n. 157/92 e all'articolo 23 della L.R. n. 26/93, nei limiti massimi giornalieri e stagionali, e per gli archi temporali previsti nell'allegato B della presente legge.
Art. 3
Condizioni e controlli.
1. Secondo le disposizioni vigenti gli abbattimenti devono essere annotati sul tesserino venatorio regionale; entro il 31 marzo di ogni anno i tesserini devono essere restituiti alle Province competenti, le quali provvedono, entro i successivi sessanta giorni, ad inviare alla Regione e all'Istituto Nazionale per la Fauna Selvatica (INFS) i dati riassuntivi relativi a tutti gli abbattimenti effettuati ai sensi dell'articolo 2, al fine degli opportuni controlli e valutazioni.
2. La vigilanza sull'applicazione della presente legge è delegata alle Province ai sensi dell'articolo 48 (Vigilanza venatoria) della L.R. n. 26/1993.
3. L'INFS è individuato quale autorità abilitata a dichiarare che le condizioni previste dall'articolo 9, comma 2, della direttiva 79/409/CEE sono realizzate.
Art. 4
Limitazioni dei prelievi.
1. Il Presidente della Giunta regionale, sentito l'INFS, adotta provvedimenti di limitazione o sospensione dei prelievi autorizzati dalla presente legge, in relazione all'insorgere di variazioni negative dello stato delle popolazioni oggetto del prelievo in deroga di cui all'articolo 2.
Art. 5
Azioni di promozione.
1. La Giunta regionale promuove attività di monitoraggio, ricerca e divulgazione aventi per oggetto le specie di cui all'articolo 2.
Art. 6
Sanzioni.
1. Per le violazioni alle disposizioni della presente legge si applicano le sanzioni previste dalla legge n. 157/1992 e dalla L.R. n. 26/1993, da ultimo modificata dalla L.R. n. 7/2002.
Art. 7
Entrata in vigore.
1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nel Bollettino Ufficiale della Regione.
La presente legge regionale è pubblicata nel Bollettino ufficiale della Regione.
È fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e farla osservare come legge della Regione lombarda.
ALLEGATO A (Articolo 2, comma 1)
Elenco specie, limiti, tempi e modalità per il prelievo in deroga in attuazione dell'articolo 9, comma 1, lettera a), della direttiva 79/409/CEE
SPECIE |
Limite massimo di |
Limite massimo di |
TEMPI |
MODALITÀ: |
|
prelievo giornaliero |
prelievo per stagione |
(stagione venatoria |
Vagante, |
|
per cacciatore |
venatoria per |
2002/2003) |
Appostamento temporaneo |
|
(n. uccelli) |
cacciatore (n. uccelli) |
|
Appostamento fisso |
Passero d'Italia |
20 |
100 |
dal 15.09.2002 |
Vagante |
(Passer italiae) |
|
|
al 30.12.2002 |
Appostamento temporaneo |
|
|
|
|
Appostamento fisso |
|
|
|
dall'1.09.2002 |
Appostamento fisso |
|
|
|
al 14.09.2002 |
|
Passera mattugia |
20 |
100 |
dal 15.09.2002 |
Vagante |
(Passer montanus) |
|
|
al 30.12.2002 |
Appostamento temporaneo |
|
|
|
|
Appostamento fisso |
|
|
|
dall'1.09.2002 |
Appostamento fisso |
|
|
|
al 14.09.2002 |
|
Storno |
20 |
100 |
dal 15.09.2002 |
Vagante |
(Sturnus vulgaris) |
|
|
al 30.12.2002 |
Appostamento temporaneo |
|
|
|
|
Appostamento fisso |
|
|
|
dall'1.09.2002 |
Appostamento fisso |
|
|
|
al 14.09.2002 |
|
ALLEGATO B (Articolo 2, comma 2)
Elenco specie, limiti, tempi e modalità per il prelievo in deroga in attuazione dell'articolo 9, comma 1, lettera c), della direttiva 79/409/CEE
SPECIE |
Limite massimo di |
Limite massimo di |
TEMPI |
MODALITÀ: |
|
prelievo giornaliero |
prelievo per stagione |
(stagione venatoria |
Vagante, |
|
per cacciatore |
venatoria per |
2002/2003) |
Appostamento temporaneo |
|
(n. uccelli) |
cacciatore (n. uccelli) |
|
Appostamento fisso |
Fringuello |
5 |
40 |
dal 15.09.2002 |
Vagante |
(Fringilla coelebs) |
|
|
al 30.12.2002 |
Appostamento temporaneo |
|
|
|
|
Appostamento fisso |
Peppola |
5 |
40 |
dal 15.09.2002 |
Vagante |
(Fringilla |
|
|
al 30.12.2002 |
Appostamento temporaneo |
montifringilla) |
|
|
|
Appostamento fisso |
L.R. 5 gennaio 1995, n. 7
Norme per
la protezione della fauna selvatica e per la tutela dell'equilibrio ambientale
e disciplina dell'attività venatoria
(1) Pubblicata nel B.U. Marche 12 gennaio 1994, n. 2.
(2) Vedi, anche, la Delib.G.R. 4 novembre 2002, n. 1914-AG/SCP.
TITOLO I
Disposizioni generali
Art. 1
Finalità.
1. La Regione tutela la fauna selvatica secondo metodi di razionale programmazione dell'utilizzazione del territorio e di uso delle risorse naturali e disciplina il prelievo venatorio nel rispetto delle tradizioni locali e dell'equilibrio ambientale, nell'ambito delle funzioni ad essa trasferite e nell'osservanza dei principi e delle norme stabiliti dalla legge 11 febbraio 1992, n. 157, dalle direttive Comunitarie e dalle convenzioni internazionali.
2. La fauna selvatica costituisce bene ambientale ed è tutelata e protetta in attuazione dell'articolo 5 dello Statuto regionale, nell'interesse della Comunità internazionale, nazionale e regionale.
3. L'esercizio dell'attività venatoria è consentito purché non contrasti con l'esigenza di conservazione della fauna selvatica e non arrechi effettivo danno alle produzioni agricole.
4. È obiettivo della programmazione regionale promuovere il mantenimento e la riqualificazione degli habitat naturali e seminaturali al fine di adeguare ed incrementare la popolazione di tutte le specie di mammiferi ed uccelli, viventi naturalmente allo stato selvatico nel loro territorio, ad un livello corrispondente alle esigenze ecologiche, scientifiche, culturali e ricreative della regione, assicurando l'eliminazione o la riduzione dei fattori di squilibrio e di degrado ambientale.
5. La Regione promuove la realizzazione di specifiche iniziative a carattere naturalistico, faunistico-venatorio, allo scopo di contribuire allo sviluppo dell'economia agricola montana.
Art. 2
Esercizio delle funzioni.
1. Le funzioni amministrative di cui alla presente legge sono attribuite alle province.
2. Le province, per l'espletamento delle proprie funzioni, provvedono ad istituire una commissione tecnica di coordinamento per la gestione faunistica.
3. La Regione esercita le funzioni amministrative, di programmazione, di coordinamento e controllo previste dalla presente legge.
Art. 3
Pianificazione faunistico-venatoria.
1. Il territorio agro-silvo-pastorale regionale è così ripartito:
a) per una quota dal 20 al 25 per cento, di cui fino al 50 per cento riservato alle zone di ripopolamento e cattura di cui all'articolo 9, comprese le aree in cui è comunque vietata l'attività venatoria anche per effetto di altre disposizioni, o nei fondi sottratti alla gestione programmata della caccia ai sensi dell'articolo 21;
b) per una quota fino al 12 per cento, è destinato alla costituzione delle aziende faunistico-venatorie ed a quelle agri-turistico-venatorie di cui all'articolo 13;
c) per una quota massima pari all'1 per cento, è destinato ai centri privati di produzione della selvaggina di cui all'articolo 14;
d) per una quota massima pari al 2 per cento, è destinato a zone per l'allenamento e l'addestramento dei cani e per le gare e le prove cinofile di cui all'articolo 33.
2. Sul rimanente territorio si esercita la gestione programmata della caccia secondo le modalità stabilite dal titolo IV.
3. La pianificazione faunistico-venatoria si articola nel piano regionale e nei piani Provinciali.
4. Il piano faunistico-venatorio regionale e i piani faunistico-venatori Provinciali hanno durata quinquennale e possono essere aggiornati nel periodo della loro validità.
5. Entro il 15 ottobre dell'anno precedente la scadenza del piano faunistico regionale, la Giunta regionale trasmette al Consiglio la proposta di piano faunistico-venatorio regionale.
6. Entro il 31 dicembre il consiglio regionale, sentiti la conferenza regionale delle autonomie e il comitato economico e sociale ai sensi dell'articolo 7 della L.R. 5 settembre 1992, n. 46, le associazioni venatorie e le organizzazioni professionali agricole maggiormente rappresentative a livello regionale, approva il piano, che viene pubblicato nello stesso termine nel bollettino ufficiale della Regione.
7. Entro il 31 gennaio successivo le province, sulla base e in conformità al piano regionale, elaborano la prima stesura dei piani faunistico-venatori di rispettiva competenza, trasmettendoli, entro lo stesso termine, al presidente della Giunta regionale.
8. Entro il 10 febbraio la Giunta regionale trasmette i piani Provinciali alla conferenza regionale delle autonomie ai sensi dell'articolo 15, comma 4, della L.R. n. 46 del 1992.
9. Entro il 31 marzo la Giunta regionale, sulla base del parere della conferenza regionale delle autonomie, formula le proprie osservazioni sui piani Provinciali.
10. Le province approvano i piani faunistici definitivi entro il 30 aprile, tenendo conto delle osservazioni formulate dalla Giunta regionale.
11. Fino all'entrata in vigore del piano faunistico-venatorio regionale conserva efficacia la pianificazione preesistente, con la possibilità per le amministrazioni Provinciali di restituire alla caccia le zone di ripopolamento e cattura in scadenza, fermo restando l'obbligo di istituirne delle altre di pari superficie.
Art. 4
Piano faunistico-venatorio regionale.
1. Il piano faunistico-venatorio regionale detta criteri e indirizzi per la stesura dei piani Provinciali di cui all'articolo 5, anche in base ai criteri forniti dai competenti organi dello Stato ai sensi dell'articolo 10, comma 11, della legge 11 febbraio 1992, n. 157; il piano faunistico-venatorio regionale assicura il perseguimento degli obiettivi di cui all'articolo 1, comma 5.
2. Il piano faunistico-venatorio regionale disciplina:
a) il regime di tutela della fauna selvatica secondo le tipologie territoriali;
b) le attività tese alla conoscenza delle risorse naturali e della consistenza faunistica, anche con la previsione di modalità omogenee di rilevazione e di censimento;
c) i criteri per la individuazione dei territori sui quali possono essere costituite aziende faunistico venatorie, aziende agri-turistico-venatorie e centri privati di riproduzione della fauna selvatica allo stato naturale;
d) gli indirizzi e le modalità di coordinamento delle attività previste dalla presente legge con gli obiettivi ed i criteri previsti dalla normativa regionale in materia di salvaguardia e di tutela delle aree naturali protette;
e) il piano finanziario regionale annuale per la realizzazione degli interventi faunistici-venatori;
f) il rapporto numerico minimo tra gli agenti di vigilanza dipendenti dalle province ed il territorio agro-silvo-pastorale.
3. Il piano faunistico-venatorio regionale è corredato da:
a) cartografie del territorio regionale in scala 1:100.000 e 1:10.000, indicanti le emergenze naturalistiche e le utilizzazioni territoriali aventi stretta connessione con la gestione faunistico-venatoria;
b) carta delle potenzialità e delle vocazioni faunistiche;
c) programma di protezione della fauna selvatica autoctona di cui sia accertata una diminuzione della popolazione sul territorio regionale;
d) programma di salvaguardia delle zone montane per l'incremento e il controllo della tipica fauna selvatica appenninica.
Art. 5
Piani faunistico-venatori Provinciali.
1. I piani faunistico-venatori Provinciali sono articolati per comprensori omogenei e definiscono:
a) le oasi di protezione;
b) le zone di ripopolamento e cattura;
c) i centri pubblici di riproduzione della fauna selvatica allo stato naturale;
d) i centri privati di riproduzione della fauna selvatica allo stato naturale;
e) la densità, la collocazione e la estensione massima complessiva delle aziende faunistico-venatorie ed agro-turistiche-venatorie in ogni comprensorio faunistico omogeneo;
f) le zone e i periodi per l'addestramento, l'allenamento e le gare cinofile;
g) i criteri per la determinazione del risarcimento a favore dei conduttori dei fondi rustici dei danni arrecati dalla fauna selvatica alle produzioni agricole e alle opere approntate su fondi vincolati per gli scopi di cui alle lettere a), b) e c);
h) i criteri per la corresponsione degli incentivi a favore dei proprietari o conduttori dei fondi rustici, singoli o associati, che si impegnino alla tutela ed al ripristino degli habitat naturali e all'incremento della fauna selvatica nelle zone di cui alle lettere a) e b);
i) le zone in cui sono collocabili gli appostamenti fissi;
l) i criteri di miglioramento ambientale tesi a favorire la riproduzione naturale della fauna selvatica;
m) i criteri di immissione della fauna selvatica ai sensi dell'articolo 10, comma 7, della legge n. 157 del 1992;
n) le destinazioni delle zone di cui all'articolo 12, comma 5.
2. Le province si dotano di apposite strutture tecniche per la programmazione e la gestione della fauna selvatica e del relativo ambiente.
Art. 6
Modalità di approvazione dei piani faunistici-venatori Provinciali.
1. Le province, sentite le Comunità montane, approvano i piani faunistici venatori. Le province garantiscono la partecipazione delle organizzazioni professionali agricole, delle associazioni venatorie, delle associazioni di protezione ambientale alla formazione dei piani faunistici-venatori Provinciali.
2. I piani faunistici-venatori hanno durata quinquennale, sono articolati per comprensori omogenei ed hanno i contenuti indicati dall'articolo 5 della presente legge e dagli indirizzi regionali di pianificazione faunistica venatoria.
3. I piani faunistici-venatori Provinciali sono approvati nel rispetto delle procedure di cui all'articolo 3.
4. Il piano faunistico-venatorio provinciale approvato è pubblicizzato a cura della Provincia per le finalità di cui al comma 3 dell'articolo 15 della legge statale e depositato nelle segreterie della Provincia e dei comuni territorialmente interessati per la libera consultazione. Dell'approvazione è dato avviso nel bollettino ufficiale della Regione.
5. Qualora le province non approvino i piani faunistici venatori nel termine previsto, vi provvede, previa diffida, la Giunta regionale in via sostitutiva.
6. Con le procedure di cui al presente articolo e nei termini ivi indicati, le province provvedono alle variazioni dei propri piani faunistico-venatori.
Art. 7
Commissione tecnica provinciale per il coordinamento della gestione faunistica.
1. In ogni Provincia è costituita una commissione tecnica per il coordinamento della gestione faunistica con funzioni consultive.
2. La commissione di cui al comma 1 è convocata e presieduta dal presidente o suo delegato ed è composta da:
a) sette rappresentanti delle associazioni venatorie riconosciute ai sensi dell'articolo 34 della legge n. 157 del 1992;
b) un rappresentante dell'ente nazionale per la cinofilia italiana;
c) tre rappresentanti delle organizzazioni professionali agricole;
d) due rappresentanti delle associazioni di protezione ambientale;
e) un rappresentante per ciascuna delle Comunità montane comprese nel territorio;
f) i presidenti designati dalle organizzazioni di gestione degli ambiti territoriali di caccia istituiti nella Provincia.
3. Svolge funzioni di segretario il dirigente del servizio provinciale competente in materia di caccia o suo delegato.
4. Le associazioni di cui al comma 2, lettere a), c) e d) sono quelle maggiormente rappresentative a livello provinciale.
TITOLO II
Zone di protezione speciale della fauna
Art. 8
Oasi di protezione.
1. Le oasi di protezione sono destinate al rifugio, alla riproduzione ed alla sosta della fauna selvatica.
2. Esse sono costituite in territori idonei per ambienti naturali, ove non esistono consistenti colture specializzate, con preferenza all'interno dei parchi naturali.
3. Nell'ambito delle oasi di protezione sono vietati l'esercizio venatorio, salvo quanto previsto dall'articolo 25.
4. Le oasi di protezione sono istituite dalle province e sono soppresse, nel rispetto delle modalità di cui all'articolo 9, comma 12, qualora non sussistano più, per modificazioni oggettive, certificate dall'istituto nazionale per la fauna selvatica sulla base di specifici censimenti delle specie di interesse faunistico, le condizioni idonee al conseguimento delle loro finalità.
5. Alla gestione delle oasi di protezione, con particolare riguardo ai censimenti annuali, al ripristino dell'ambiente per gli scopi di cui al presente articolo ed alle catture temporanee a scopo scientifico, provvedono le province, che possono avvalersi della collaborazione delle associazioni venatorie, agricole e di protezione ambientale, stipulando con esse apposite convenzioni.
6. La Provincia, sentito l'istituto nazionale per la fauna selvatica, può autorizzare nelle oasi di protezione catture a scopo di studio; può altresì autorizzare il personale di vigilanza, in collaborazione con le associazioni venatorie e le organizzazioni professionali agricole, sentito l'istituto stesso, alla cattura di esemplari viventi di determinate specie di fauna selvatica quando esse arrechino danni rilevanti alle colture agricole o forestali e, per l'eccessivo numero dei capi, turbino l'equilibrio biologico dell'ambiente.
7. La selvaggina catturata ai sensi del comma 6 viene destinata al ripopolamento dei territori depauperati.
8. Delle operazioni compiute si redige processo verbale che costituisce atto fornito di pubblica fede.
Art. 9
Zone di ripopolamento e cattura.
1. Le zone di ripopolamento e cattura sono destinate alla riproduzione della fauna selvatica allo stato naturale, al suo irradiamento nelle zone circostanti ed alla cattura della medesima per l'immissione sul territorio in tempi e condizioni utili all'ambientamento, fino alla ricostituzione e alla stabilizzazione della densità faunistica ottimale del territorio.
2. Le zone di ripopolamento e cattura sono istituite dalle province tenuto conto delle vocazioni faunistiche del territorio, e sono soppresse qualora non sussistano, per modificazioni oggettive, le condizioni idonee al conseguimento delle loro finalità. Nell'atto di costituzione vengono stabiliti i risarcimenti previsti per i danni alle produzioni agricole, nonché gli incentivi per la salvaguardia e l'incremento della fauna selvatica ed il miglioramento ambientale. La istituzione delle zone di ripopolamento e cattura ha efficacia per cinque anni.
3. Le operazioni di cattura e di immissione di fauna selvatica sono disposte dalla Provincia che si avvale, sotto la sua diretta vigilanza, di cacciatori volontari incaricati dalle associazioni venatorie.
4. Ciascuna zona di ripopolamento e cattura deve avere una superficie commisurata alle esigenze biologiche delle specie selvatiche principalmente interessate. L'immissione di soggetti riproduttori avviene in relazione alla superficie della zona stessa.
5. In ogni zona di ripopolamento e cattura devono essere effettuati almeno due censimenti annuali, nel periodo febbraio-marzo per rilevare la consistenza dei riproduttori e nel periodo settembre-ottobre per la verifica del successo riproduttivo.
6. Nel territorio delle zone di ripopolamento le province realizzano attrezzature ed interventi tecnici atti a perseguire gli scopi di protezione e di incremento delle specie di fauna selvatica per le quali esse sono state costituite.
7. Le catture devono essere compiute in modo da garantire la continuità della riproduzione della fauna selvatica. Almeno il 40 per cento della fauna selvatica catturata deve essere liberato nei territori dei comuni ove insiste la zona di ripopolamento e cattura.
8. Nelle zone di ripopolamento e cattura possono essere autorizzate dalle province l'allenamento e l'addestramento dei cani e gare cinofile con divieto assoluto di abbattimento della fauna selvatica, sempre che non si arrechi danno alle colture agricole e non si immetta fauna ad eccezione di quella preventivamente autorizzata.
9. Nel territorio delle zone di ripopolamento e cattura è vietata ogni forma di caccia, salvo quanto previsto dall'articolo 25.
10. Le province, entro sei mesi dall'entrata in vigore della presente legge, formulano, in base alle previsioni del piano faunistico-venatorio provinciale, un programma decennale di destinazione del territorio per la costituzione delle zone di cui al presente articolo. Il programma può essere aggiornato nel periodo della sua validità.
11. Le province possono avvalersi delle associazioni venatorie ed agricole per la gestione delle zone di ripopolamento e cattura, nonché per la vigilanza, attraverso le guardie giurate volontarie, coordinate dalle stesse province.
12. Alla scadenza prevista, il territorio della zona di ripopolamento è restituito alla caccia con le modalità fissate dalle amministrazioni Provinciali, sentita la commissione tecnica di cui all'articolo 7. I cacciatori residenti nell'ambito territoriale in cui insiste la zona e i proprietari o conduttori dei fondi ubicati all'interno della zona che abbiano la disponibilità di almeno due ettari di terreno, anche se non residenti, purché titolari di licenza di caccia, hanno diritto di accedervi in via esclusiva.
Art. 10
Centri pubblici di riproduzione della fauna selvatica allo stato naturale.
1. I centri pubblici di riproduzione della fauna selvatica sono istituiti e gestiti dalle province, di preferenza su terreni demaniali e su quelli ad agricoltura estensiva. Essi hanno per scopo la riproduzione di fauna selvatica allo stato naturale, al fine della ricostituzione del patrimonio faunistico autoctono, da utilizzare esclusivamente per le azioni di ripopolamento o rinsanguamento del territorio provinciale e sono soppressi, nel rispetto delle modalità di cui all'articolo 9, comma 12, qualora non sussistano più le condizioni idonee al conseguimento delle loro finalità.
2. Nel territorio dei centri devono essere realizzate attrezzature ed interventi tecnici atti a perseguire gli scopi di produzione e di incremento delle specie di fauna selvatica per le quali gli stessi sono stati costituiti.
3. Le operazioni di cattura e di immissione di fauna selvatica sono disposte dalla Provincia che si avvale, sotto la sua diretta vigilanza, di cacciatori volontari incaricati dalle associazioni venatorie.
4. In ogni centro di riproduzione della fauna selvatica devono essere effettuati almeno due censimenti annuali, nel periodo febbraio-marzo per rilevare la consistenza dei riproduttori e nel periodo settembre-ottobre per la verifica del successo riproduttivo.
5. Nei centri di cui al comma 1 è vietata ogni forma di caccia, salvo quanto previsto dall'articolo 25.
Art. 11
Zone di ricerca e di sperimentazione faunistica.
1. La Regione, nell'esercizio delle funzioni amministrative di programmazione, sentito il parere delle amministrazioni Provinciali, delle Comunità montane interessate, dell'istituto nazionale per la fauna selvatica, delle associazioni venatorie riconosciute e delle organizzazioni agricole maggiormente rappresentative a livello regionale, istituisce due zone di ricerca e sperimentazione faunistica in ogni Provincia di dimensioni comprese tra 1.500 e 2.000 ettari, al fine di favorire studi sulla biologia della fauna selvatica, sul miglioramento delle tecniche di ambientamento e di incremento della fauna selvatica, in particolare di quella autoctona, e di favorire l'impiego di tecniche agricole idonee per la salvaguardia della fauna e per il ripristino degli habitat.
2. Per la gestione delle zone è istituito un comitato di gestione composto da:
a) l'assessore regionale alla caccia o un suo delegato che ne assume la presidenza;
b) gli assessori Provinciali alla caccia o loro delegati;
c) cinque rappresentanti delle associazioni venatorie riconosciute a livello nazionale operanti nella regione;
d) tre rappresentanti delle associazioni agricole maggiormente rappresentative a livello regionale;
e) un rappresentante regionale dell'ente nazionale cinofilia italiana;
f) un rappresentante indicato dall'università ricadente nella Provincia o comunque nella Regione;
g) il direttore dell'istituto nazionale per la fauna selvatica o un suo delegato.
3. Nel rispetto delle indicazioni fornite dal comitato di cui al comma 2, per la gestione tecnico-amministrativa di ciascuna zona, le province possono istituire apposite commissioni di gestione nelle quali, qualora la zona stessa insista in territorio montano, deve essere assicurata la rappresentanza delle Comunità montane.
4. L'istituzione delle zone di cui al comma 1, avviene con le procedure di cui all'articolo 12 e le province provvedono alle relative tabellazioni secondo le modalità determinate dalla Giunta regionale.
5. Il provvedimento istituito indica il perimetro, l'estensione del territorio, la durata e stabilisce le forme con cui si promuove la collaborazione dei proprietari dei conduttori dei fondi, nonché le modalità straordinarie di tutela della selvaggina e delle attività agricole.
6. Ai fini della istituzione delle zone di cui al comma 1, la Provincia, con la collaborazione delle associazioni venatorie riconosciute e delle organizzazioni agricole, provvede ad acquisire il consenso dei proprietari o conduttori dei fondi compresi nella zona, stipulando specifiche convenzioni riguardanti il rimborso delle spese, comprese quelle di vigilanza, e le eventuali indennità connesse con gli obblighi derivanti dall'attività di ricerca e di sperimentazione.
7. Per tutto il periodo della sperimentazione le zone di cui al presente articolo sono sottoposte al regime previsto dall'articolo 9 per le zone di ripopolamento e cattura.
8. Al termine della sperimentazione il territorio delle zone di cui al comma 1 è restituito alla caccia nel rispetto delle modalità di cui all'articolo 9, comma 12.
9. Nelle zone di cui al presente articolo si applicano le normative e gli incentivi previsti dal reg. 92/2078/CEE e successive modificazioni.
10. Nessun compenso è dovuto ai componenti del comitato di cui al comma 2.
Art. 12
Procedura di costituzione delle zone di protezione speciale.
1. Le province determinano entro il 31 gennaio di ciascun anno, con le modalità stabilite dalla Giunta regionale, il perimetro delle zone da vincolare, ai sensi degli articoli 8, 9 e 10.
2. L'atto che determina il perimetro delle zone di protezione viene notificato ai proprietari o conduttori dei fondi mediante deposito presso la sede dei comuni territorialmente interessati, pubblicazione per estratto nel foglio degli annunzi legali della Provincia e affissione di apposito manifesto nei comuni, frazioni o borgate interessati e Comunicato ai proprietari.
3. Qualora, entro sessanta giorni dalla data della pubblicazione nel foglio degli annunzi legali, sia presentata opposizione motivata, in carta semplice ed esente da oneri fiscali ai sensi dell'articolo 10, comma 14, della legge n. 157 del 1992, da parte di proprietari o conduttori dei fondi costituenti almeno il 40 per cento della superficie complessiva che si intende vincolare, la zona non può essere costituita, salvo quanto stabilito al comma 7.
4. Decorso il termine indicato al comma 3, ove non sia stata presentata opposizione, le province provvedono alla istituzione della zona di protezione.
5. Nelle zone che non siano state vincolate per l'opposizione manifestata, ai sensi del comma 3, dai proprietari o conduttori dei fondi, resta in ogni caso precluso l'esercizio dell'attività venatoria per un periodo non superiore alla validità del piano faunistico provinciale; la Provincia può destinare tali zone ad altro uso nell'ambito della pianificazione venatoria del territorio.
6. I piani faunistico-venatori Provinciali determinano le zone di cui al comma 5, che rientrano nella percentuale del territorio protetto di cui all'articolo 3, comma 1, lettera a).
7. La Giunta regionale determina le modalità di delimitazione del territorio delle zone di cui agli articoli 8, 9, 10 e 15.
8. Qualora ricorrano particolari necessità ambientali, le province possono costituire coattivamente oasi di protezione e zone di ripopolamento e cattura sui territori per i quali sia stata presentata opposizione da parte dei proprietari o conduttori dei fondi ai sensi del comma 3.
TITOLO III
Strutture di iniziativa privata
Art. 13
Aziende faunistico-venatorie e aziende agri-turistico-venatorie.
1. Le province, su richiesta degli interessati e sentito l'istituto nazionale per la fauna selvatica, previo consenso dei proprietari o conduttori dei fondi, nei limiti della quota massima di territorio agro-silvo-pastorale stabilita all'articolo 3, comma 1, lettera b), possono autorizzare:
a) la costituzione di aziende faunistico-venatorie senza fini di lucro, per prevalenti finalità naturalistiche e faunistiche, con particolare riferimento alla tipica fauna appenninica;
b) la costituzione di aziende agri-turistico-venatorie, ai fini di impresa agricola;
c) la trasformazione delle aziende faunistico-venatorie disciplinate dal regolamento regionale 12 aprile 1984, n. 15, in aziende agri-turistico-venatorie.
2. In mancanza di consenso da parte dei proprietari e conduttori dei fondi, per motivate esigenze tecniche legate alla riproduzione ed all'irradiamento della fauna selvatica, le province possono includere coattivamente nel territorio delle aziende di cui al comma 1 porzioni di terreno per superfici non superiori al 10 per cento dell'estensione delle aziende stesse, stabilendo nel provvedimento la misura e le modalità di pagamento dell'indennità da corrispondere ai proprietari dei terreni inclusi, fermo restando la necessità del consenso dei proprietari per l'esecuzione di eventuali opere o interventi nei fondi di rispettiva pertinenza.
3. Coloro che richiedono la costituzione di aziende faunistico-venatorie debbono allegare alla domanda di autorizzazione un programma di conservazione e di ripristino ambientale.
4. Nelle aziende faunistico-venatorie la caccia è consentita nelle giornate indicate dal calendario venatorio di cui all'articolo 30 ai titolari delle aziende e a coloro che siano dagli stessi autorizzati, secondo piani di assestamento e di abbattimento presentati annualmente dai titolari delle aziende ed approvati dalla Provincia. In ogni caso nelle aziende faunistico-venatorie non è consentito immettere o liberare fauna selvatica dalla data del 31 agosto a quella di chiusura della caccia alle relative specie.
5. Nelle aziende agri-turistico-venatorie sono possibili l'immissione e l'abbattimento, senza limitazione di capi, di fauna selvatica di allevamento per l'intera durata della stagione venatoria.
6. Le aziende agri-turistico-venatorie devono:
a) essere preferibilmente situate nei territori di scarso rilievo faunistico;
b) coincidere di preferenza con il territorio di una o più aziende agricole ricadenti in aree di agricoltura svantaggiata, ovvero dismesse da interventi agricoli ai sensi del reg. 88/1094/CEE del consiglio.
7. L'esercizio dell'attività venatoria nelle aziende di cui al comma 1 può essere praticato nelle forme di cui all'articolo 27, indipendentemente dalla scelta effettuata dal cacciatore.
8. Le aziende faunistico-venatorie e le aziende agri-turistico-venatorie sono sottoposte a controllo da parte dell'amministrazione provinciale avvalendosi anche della commissione tecnica di cui all'articolo 7.
9. Il Consiglio regionale determina con regolamento le modalità di costituzione e di funzionamento delle aziende faunistico-venatorie e delle aziende agri-turistico-venatorie di nuova costituzione.
10. Le aziende faunistico-venatorie e agri-turistico-venatorie di nuova costituzione non possono essere confinanti, fra loro deve intercorrere la distanza di almeno 500 metri. Tale distanza deve essere rispettata anche nei confronti di altri istituti faunistici o faunistico-venatori già costituiti (3).
‑‑‑‑‑‑‑
(3) Per l'attuazione del presente articolo vedi il Reg. 9 ottobre 1995, n. 41.
Art. 14
Centri privati di riproduzione della fauna selvatica allo stato naturale.
1. Le province autorizzano la costituzione di centri privati di riproduzione della fauna selvatica allo stato naturale, organizzati in forma di azienda agricola singola, consortile o cooperativa, ove è vietato l'esercizio dell'attività venatoria ed è consentita la cattura con qualsiasi mezzo di animali vivi allevati appartenenti a specie cacciabili, da parte del titolare dell'impresa agricola, di dipendenti della stessa e di persone nominativamente indicate.
2. L'autorizzazione dei centri privati è subordinata all'osservanza di apposito disciplinare contenente le prescrizioni per l'esercizio delle attività autorizzate.
3. La Provincia ha diritto di prelazione sull'acquisto di fauna selvatica prodotta nei centri privati di cui al comma 1; a tal fine la Provincia, entro il mese di novembre di ogni anno, Comunica ai centri privati il proprio fabbisogno.
4. L'autorizzazione alla costituzione di un centro privato di riproduzione di fauna selvatica è revocata qualora il titolare dell'impresa agricola contravvenga alle norme di cui al presente articolo, nonché alle disposizioni impartite con il provvedimento di autorizzazione.
5. In particolare, la revoca è disposta qualora il titolare dell'impresa agricola:
a) non rispetti il diritto di prelazione della Provincia;
b) eserciti nel centro privato l'attività venatoria o ne consenta a terzi l'esercizio.
6. La Provincia, prima di procedere alla revoca dell'autorizzazione, assegna all'interessato un termine di trenta giorni per la presentazione di eventuali deduzioni.
TITOLO IV
Gestione programmata della caccia
Art. 15
Ambiti territoriali di caccia (A.T.C.).
1. Il territorio agro-silvo-pastorale della Regione che non è destinato alle finalità di cui ai titoli II e III, è suddiviso in ambiti territoriali di caccia, nei quali la caccia viene praticata in forma programmata.
2. La Regione, sentite le province, le Comunità montane, le organizzazioni professionali agricole maggiormente rappresentative a livello nazionale presenti sul territorio regionale e le associazioni venatorie riconosciute, ripartisce il territorio agro-silvo-pastorale ai fini della costituzione di ambiti territoriali di caccia, i quali devono essere delimitati, ove possibile, da confini naturali e comunque da confini ben determinati ed individuabili.
3. Il territorio agro-silvo-pastorale è ripartito in ambiti territoriali di caccia sub-Provinciali; in ciascuna Provincia non possono essere costituiti più di tre ambiti territoriali di caccia.
4. La prima perimetrazione di carattere sperimentale, può essere modificata, entro il 31 marzo 1997 su richiesta motivata dei relativi comitati di gestione; in seguito la perimetrazione è soggetta a revisione con la scadenza dei piani faunistici.
5. L'accesso all'ambito territoriale di caccia per l'esercizio venatorio alla lepre, al fagiano, alla starna, alla coturnice e alla pernice rossa spetta di diritto ai residenti nell'ambito stesso. Qualora vi fosse capienza in relazione all'indice di densità venatoria massima di cui al comma 7, l'accesso è consentito anche ai cacciatori residenti in altri ambiti, o che abbiano scelto altri ambiti, sulla base dei seguenti criteri di priorità:
a) proprietari o conduttori di fondi rustici aventi estensione non inferiore a cinque ettari;
b) residenti nella Provincia;
c) residenti nei comuni marchigiani a più alta densità venatoria, individuati dalla Regione;
d) residenti nella Regione;
e) residenti in altre regioni o nella Repubblica di San Marino.
6. In base alla convenzione di amicizia e di buon vicinato del 31 marzo 1939 con la Repubblica di San Marino, i cittadini di detta Repubblica sono ammessi all'esercizio dell'attività venatoria sul territorio regionale, previa iscrizione in un ambito di propria scelta, alle condizioni e nei limiti di cui al presente atto.
7. Ferme restando le indicazioni statali concernenti l'indice di densità venatoria, la Giunta regionale determina annualmente, sulla base dei dati censuari, la densità venatoria massima nei territori a gestione programmata della caccia, costituita dal rapporto fra il numero dei cacciatori, ivi compresi quelli che praticano l'esercizio venatorio da appostamento fisso, ed il territorio agro-silvo-pastorale regionale.
8. Ogni cacciatore residente nella Regione Marche ha diritto di accesso gratuito, a domanda, da presentare all'amministrazione provinciale competente per territorio per la caccia a tutte le specie consentite, escluse lepre, fagiano, starna, pernice rossa e coturnice, in tutti gli ambiti territoriali di caccia istituiti nella regione previo il pagamento di una sola quota. La domanda è presentata contestualmente all'iscrizione dell'ambito territoriale di caccia tramite barramento della sigla della/e e provincia/e in cui il cacciatore intende accedere ed è cura del comitato di gestione dell'ambito destinatario dell'iscrizione predisporre i debiti elenchi per trasmettere alla/e provincia/e (4).
9. La Provincia può autorizzare, con delibera motivata, i comitati di gestione degli ambiti territoriali di caccia ad ammettere nei rispettivi territori di competenza, sulla base delle priorità fissate al comma 5, un numero di cacciatori superiore a quello stabilito purché sia stato accertato, mediante censimenti, un saldo positivo della popolazione delle specie individuate dallo stesso comma.
__________
(4) L'ultimo periodo, aggiunto dall'art. 22, comma 2, L.R. 11 maggio 1999, n. 7, è stato poi così modificato dall'art. 22, comma 2, L.R. 23 marzo 2000, n. 21.
Art. 16
Iscrizione nell'ambito territoriale di caccia.
1. Il cacciatore ha titolo all'iscrizione agli ATC.
2. Per l'iscrizione nell'ATC di residenza, il cacciatore presenta la relativa domanda al comitato di gestione sul modulo predisposto dalla Provincia. Per gli anni successivi, il rinnovo dell'iscrizione all'ATC avviene con il pagamento della quota prevista al comma 5, da effettuarsi entro il 31 maggio.
3. Per l'iscrizione ad un ATC diverso da quello di residenza, il cacciatore presenta la relativa domanda al comitato di gestione dell'ATC prescelto entro il 15 giugno di ogni anno. Il comitato di gestione dell'ATC accoglie le domande con le priorità previste dall'articolo 15, comma 5, nei limiti consentiti e nel rispetto dell'ordine di presentazione, e ne trasmette copia alla Provincia di residenza entro il successivo 30 giugno.
4. Il mancato accoglimento della domanda di cui al comma 3 deve essere motivato dal comitato di gestione dell'ATC e comunicato all'interessato che, entro quindici giorni, può fare ricorso alla Provincia competente per territorio per violazione dei criteri previsti all'articolo 15. La Provincia deve dare risposta entro quarantacinque giorni. L'accoglimento del ricorso comporta di diritto l'iscrizione all'ATC. Nel caso che il diniego dell'iscrizione sia dovuto a indisponibilità di posti, il cacciatore ha diritto all'iscrizione all'ATC di residenza.
5. L'iscrizione ad ogni ambito territoriale di caccia, per quanto riguarda la caccia alle specie di fauna selvatica di cui all'articolo 15, comma 5, è subordinata al versamento annuale di lire 100.000. Per chi esercita la caccia da appostamento fisso, la quota è di lire 30.000, con l'obbligo di curare l'ambiente in maniera idonea nel raggio di m. 100 dall'appostamento o dall'impianto.
6. La Regione attiva scambi interregionali per realizzare un'equilibrata distribuzione dei cacciatori sul territorio nazionale e a tal fine determina, entro il 31 luglio di ciascun anno, il numero dei cacciatori non residenti ammissibili nelle Marche, regolamentandone l'accesso mediante specifici accordi con ciascuna Regione. Per l'esercizio venatorio alle sole specie migratrici, nel rispetto di quantitativi definiti di giornate e cacciatori, il contenuto di tali accordi potrà prevedere deroghe a quanto stabilito dal comma 5 dell'articolo 15 (5).
___________
(5) Il presente articolo, già modificato dall'art. 40, L.R. 5 maggio 1997, n. 12, dall'art. 45, L.R. 5 maggio 1997, n. 28, dall'art. 22, comma 1, L.R. 11 maggio 1999, n. 7 e dall'art. 22, comma 1, L.R. 23 marzo 2000, n. 21, è stato poi così sostituito dall'art. 35, comma 1, L.R. 7 maggio 2001, n. 11. Il testo precedente era così formulato: «Art. 16. Iscrizione nell'ambito territoriale di caccia. 1. Il cacciatore ha titolo all'iscrizione all'A.T.C. e presenta la relativa domanda al comitato direttivo dell'A.T.C. entro sessanta giorni dalla prima costituzione dello stesso su modulo predisposto dalla Provincia. A partire dalla stagione venatoria 1995-1996 il termine di presentazione della domanda scade il 15 marzo di ogni anno.
1-bis. Per la sola stagione venatoria 1997/1998, il termine per la presentazione della domanda di iscrizione scade il 30 giugno 1997. La presentazione di domanda s'intende assolta con il versamento, entro la stessa data, della quota annuale prevista dal successivo comma 5.
1-ter. Per la sola stagione venatoria 1998/1999, il termine per la presentazione della domanda di iscrizione scade il 15 giugno 1998. La presentazione di domanda s'intende assolta con il versamento, entro la stessa data, della quota annuale prevista dal successivo comma 5.
1-quater. Per la sola stagione venatoria 1999-2000 il termine per la presentazione della domanda di iscrizione scade il 31 luglio 1999. La presentazione di domanda si intende assolta con il versamento, entro la stessa data, della quota annuale prevista dal comma 5.
1-quinquies. Per la stagione venatoria 2000-2001 il termine per la presentazione della domanda di iscrizione scade il 30 giugno 2000. La presentazione di domanda si intende assolta con il versamento, entro la stessa data, della quota annuale prevista dal comma 5.
2. Il cacciatore che intenda richiedere l'iscrizione ad un A.T.C. diverso da quello di residenza verifica la disponibilità del posto presso il comitato direttivo dell'A.T.C. prescelto presentando la relativa domanda tra il sessantunesimo e il novantesimo giorno dalla prima costituzione dello stesso. A partire dalla stagione venatoria 1995-1996 tale domanda va presentata entro il 31 marzo di ogni anno.
3. Il comitato direttivo dell'A.T.C. accoglie le domande con le priorità previste dall'articolo 15, comma 5, nei limiti consentiti e nel rispetto dell'ordine di presentazione e ne trasmette copia entro il 30 aprile di ogni anno alla Provincia di residenza.
4. Il mancato accoglimento della domanda deve essere motivato dal comitato direttivo dell'A.T.C. e Comunicato all'interessato che, entro quindici giorni può fare ricorso alla Provincia competente per territorio per violazione dei criteri previsti all'articolo 15. La Provincia deve dare risposta entro quarantacinque giorni. L'accoglimento del ricorso comporta di diritto l'iscrizione all'A.T.C. Nel caso che il diniego dell'iscrizione sia dovuta a indisponibilità di posti, il cacciatore ha diritto all'A.T.C. di residenza.
5. L'iscrizione ad ogni ambito territoriale di caccia, per quanto riguarda la caccia alle specie di fauna selvatica di cui all'articolo 15, comma 5, è subordinata al versamento annuale di lire 100.000; in luogo di detta somma, il cacciatore può corrispondere, sotto il controllo degli enti preposti o del comitato di gestione dell'ambito, due giornate di lavoro per i miglioramenti dell'habitat, la cura dell'ambiente, la partecipazione a catture, i ripopolamenti, i censimenti e il controllo dei predatori. Per chi esercita la caccia da appostamento fisso la quota è di lire 30.000, con l'obbligo di curare l'ambiente in maniera idonea nel raggio di m. 100 dall'appostamento o dall'impianto.
6. La Regione promuove scambi interregionali per realizzare una equilibrata distribuzione dei cacciatori sul territorio nazionale e a tal fine determina, entro il 30 giugno di ciascun anno, il numero dei cacciatori non residenti ammissibili nelle Marche regolamentandone l'accesso secondo le priorità previste al comma 5 dell'articolo 15.».
Art. 17
Statuto e organi degli ambiti territoriali di caccia.
1. Sono organi di ciascun ambito territoriale:
a) l'assemblea dei rappresentanti delle associazioni venatorie riconosciute a livello nazionale cui sono iscritti i cacciatori, dei rappresentanti delle organizzazioni professionali agricole maggiormente rappresentative a livello locale e dei rappresentanti delle organizzazioni protezionistiche maggiormente rappresentative a livello locale;
b) il presidente;
c) il comitato di gestione;
d) il collegio dei revisori dei conti.
2. Lo statuto di ciascun ambito e le sue modificazioni sono approvati dall'assemblea di cui al comma 1, lettera a).
3. Lo statuto disciplina:
a) le modalità di convocazione e di svolgimento dell'assemblea dei rappresentanti delle associazioni venatorie;
b) le modalità per la elezione del presidente, del comitato di gestione e del collegio dei revisori dei conti;
c) le modalità di funzionamento degli organi, le rispettive competenze e responsabilità, nonché le procedure per la sostituzione o la revoca dei componenti.
4. I rappresentanti delle associazioni venatorie nei comitati di gestione sono designati dalle rispettive organizzazioni Provinciali.
Art. 18
Comitati di gestione degli ambiti territoriali di caccia.
1. In ogni ambito territoriale di caccia è costituito un comitato preposto alla gestione dell'ambito medesimo.
2. Il presidente della Provincia, entro trenta giorni dall'approvazione del piano faunistico-venatorio regionale di cui all'articolo 4, nomina, per ciascun ambito territoriale, un comitato così composto:
a) un rappresentante della Provincia, esperto in materia faunistico-venatoria;
b) un rappresentante del comune con maggior superficie agro-silvo-pastorale compreso nell'ambito stesso e un rappresentante delle Comunità montane;
c) tre rappresentanti delle organizzazioni professionali agricole maggiormente rappresentative;
d) tre rappresentanti delle organizzazioni venatorie riconosciute a livello nazionale;
e) due rappresentanti delle organizzazioni protezionistiche.
I rappresentanti di cui alle lettere c), d) ed e) sono designati dalle rispettive organizzazioni Provinciali in base al principio della rappresentatività nel territorio e sono scelti fra persone residenti nell'ambito territoriale di caccia.
3. Non possono essere designati alla carica di presidente o di membro del comitato coloro i quali abbiano commesso negli ultimi cinque anni infrazioni per cui sia stata disposta la sospensione della licenza di caccia.
4. Il comitato di gestione approva entro sessanta giorni dalla nomina il proprio statuto, sentiti i rappresentanti delle associazioni venatorie dei cacciatori, dei coltivatori e degli ambientalisti iscritti all'ambito.
5. Il comitato di gestione rimane in carica tre anni (6).
6. In caso di inerzia o di gestione non rispondente alle necessità, il comitato di gestione dell'ambito è sostituito dalla Provincia; in caso di assenza non giustificata a tre sedute consecutive, il componente il comitato decade ed è sostituito su designazione degli enti o associazioni di cui al comma 2.
7. Per quanto non espressamente disciplinato dalla presente legge e dallo statuto, i comitati di cui al presente articolo sono regolati secondo le disposizioni di cui al libro I, titolo II, capo III del codice civile, in quanto applicabile.
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(6) Comma così modificato dall'art. 35, comma 2, L.R. 7 maggio 2001, n. 11.
Art. 19
Compiti dei comitati di gestione.
1. L'A.T.C. ha compiti di gestione faunistica e di organizzazione dell'esercizio venatorio nel territorio di competenza. A tale fine entro 4 mesi dal loro insediamento i comitati di gestione, sulla base degli indirizzi della pianificazione provinciale, approvano un proprio programma nel quale devono essere previsti:
a) i piani poliennali di utilizzazione del territorio interessato per ciascuna stagione venatoria con i programmi delle immissioni e dei prelievi di fauna selvatica e di riqualificazione ambientale e faunistica;
b) la realizzazione di allevamenti di fauna stanziale, organizzati in forma di azienda agricola e muniti di adeguate strutture per la produzione, l'allevamento e l'adattamento in libertà della fauna selvatica utilizzabile per i programmi di immissione, prelievo e riqualificazione di cui alla lettera a);
c) le condizioni perché venga garantita una consistenza di base della fauna selvatica durante tutto l'anno solare.
2. La Provincia controlla la conformità dei programmi annuali degli interventi degli A.T.C. con il piano faunistico venatorio provinciale.
3. I comitati di gestione trasmettono detti programmi entro il 31 gennaio di ogni anno alla Provincia che può richiederne la revisione in caso di difformità.
4. I comitati direttivi degli A.T.C. per l'espletamento di funzioni di servizio, possono dotarsi con fondi propri di strutture tecniche amministrative e di collaboratori o di personale particolarmente qualificato nel campo della gestione della fauna.
5. La Provincia esercita forme di raccordo tra gli A.T.C. tramite la commissione tecnica provinciale per il coordinamento della gestione faunistica per determinare uniformità degli interventi gestionali della fauna selvatica.
6. I comitati di gestione promuovono ed organizzano le attività di ricognizione delle risorse ambientali e della consistenza faunistica; programmano gli interventi per il miglioramento degli habitat; provvedono all'attribuzione degli incentivi economici ai conduttori dei fondi rustici per:
a) la ricostituzione di una presenza faunistica ottimale per il territorio;
b) le coltivazioni per l'alimentazione naturale della fauna selvatica e degli uccelli, particolarmente nelle zone di sperimentazione di cui all'articolo 11, nelle zone di ripopolamento e cattura di cui all'articolo 9 e nei terreni dismessi da interventi agricoli ai sensi del reg. 88/1094/CEE del consiglio e successive modificazioni;
c) il ripristino di zone umide e di fossati;
d) la differenziazione delle colture;
e) la coltivazione di siepi, cespugli ed alberi adatti alla riproduzione della fauna selvatica;
f) la tutela dei nidi e dei nuovi nati di fauna selvatica nonché dei riproduttori;
g) la collaborazione operativa ai fini del tabellamento, della difesa preventiva delle coltivazioni passibili di danneggiamento, della pasturazione invernale degli animali in difficoltà, della manutenzione degli apprestamenti per l'ambientamento della fauna selvatica.
7. I comitati di gestione provvedono, altresì, al risarcimento dei danni arrecati alle produzioni agricole dalla fauna selvatica e dall'esercizio dell'attività venatoria, nonché all'erogazione di contributi per interventi, previamente concordati, ai fini della prevenzione dei danni medesimi, nelle misure stabilite dalla Provincia ai sensi dell'articolo 34.
8. Il personale tecnico della Provincia, nonché la commissione tecnica provinciale di cui all'articolo 7, verificano i risultati dei programmi presentati dai comitati di gestione e qualora i risultati conseguiti non siano rispondenti ai programmi presentati, ne chiedono ragione e propongono i provvedimenti del caso.
9. Entro il 31 marzo di ogni anno, i comitati presentano alla Provincia il rendiconto tecnico e finanziario relativo all'utilizzo dei finanziamenti loro eventualmente assegnati a carico del bilancio provinciale o regionale.
Art. 20
Fondo regionale per i contributi a favore di proprietari o conduttori agricoli.
1. È istituito il fondo regionale per la concessione di contributi previsti dall'articolo 15, comma 1, della legge n. 157 del 1992 ai proprietari o conduttori di terreni agricoli al quale affluisce una percentuale del gettito delle tasse di concessione regionale di cui all'articolo 35.
2. L'entità del fondo è stabilita annualmente con la legge di approvazione del bilancio di previsione annuale della Regione.
3. La Giunta regionale definisce le modalità per l'utilizzazione del fondo e, in particolare, determina i criteri per la concessione e la liquidazione dei contributi con riferimento, in via prioritaria, agli interventi di valorizzazione dell'ambiente e di conservazione delle specie di fauna selvatica ed avuto riguardo all'estensione dei fondi rustici e agli indirizzi colturali ivi praticati, nel rispetto anche di quanto previsto dall'articolo 19, comma 2.
4. La Giunta regionale ripartisce annualmente il fondo di cui al comma 1 tra le province che si avvalgono, per l'erogazione, dei comitati di gestione degli ambiti territoriali di caccia interessati.
Art. 21
Fondi sottratti alla gestione programmata della caccia.
1. Il proprietario o conduttore di un fondo che intenda vietare sullo stesso l'esercizio dell'attività venatoria deve inoltrare, entro trenta giorni dalla pubblicazione del piano faunistico-venatorio provinciale, richiesta motivata alla Provincia, specificando anche l'eventuale durata del divieto stesso.
2. La Provincia provvede entro i successivi sessanta giorni. La richiesta è accolta se non ostacola l'attuazione della pianificazione faunistico-venatoria, ed inoltre nei casi nei quali l'attività venatoria sia in contrasto con le esigenze di salvaguardia di colture agricole specializzate, nonché di produzioni agricole condotte con sistemi sperimentali, tecniche biologiche, o al fine di ricerca scientifica, ovvero quando sia motivo di danno o di disturbo ad attività di rilevante interesse economico, sociale o ambientale.
3. Il divieto di esercitare l'attività venatoria opera anche nei confronti del proprietario o conduttore del fondo. Tale divieto decade al venir meno delle ragioni per le quali era stato richiesto. La decadenza è dichiarata dalla Provincia.
4. La Giunta regionale determina le modalità per la delimitazione dei confini dei fondi nei quali è vietato l'esercizio dell'attività venatoria ai sensi dei commi 1 e 2.
5. L'esercizio venatorio è vietato e chiunque nei fondi rustici chiusi da muro, rete metallica o altra effettiva chiusura di altezza non inferiore a m. 1,20, nonché da corsi o specchi d'acqua perenni il cui letto abbia la profondità di almeno m. 1,50 e la larghezza di almeno m. 3,00.
6. I fondi chiusi devono essere notificati, a cura del proprietario o del conduttore, alla Giunta regionale e alla Provincia, precisando l'estensione del fondo ed allegando planimetria catastale in scala 1:2000 con l'indicazione dei relativi confini. I proprietari o i conduttori dei fondi provvedono ad apporre a proprio carico adeguate tabellazioni esenti da tasse regionali.
7. La superficie dei fondi di cui ai commi 1 e 5 entra a far parte della quota del territorio agro-silvo-pastorale della regione destinata a protezione della fauna selvatica di cui all'articolo 3, comma 1, lettera a).
8. L'esercizio venatorio è comunque vietato in forma vagante sui terreni in attualità di coltivazione. Si considerano in attualità di coltivazione: i terreni con coltivazioni erbacee da seme; i frutteti specializzati; i vigneti e gli oliveti specializzati fino alla data del raccolto; i terreni coltivati a soia e a riso, nonché a mais per la produzione del seme fino alla data del raccolto, vivai, terreni in imboschimento fino a cinque anni, colture orticole e floreali a pieno campo. L'esercizio venatorio in forma vagante è inoltre vietato sui terreni in attualità di coltivazione, individuati dalla Giunta regionale su richiesta delle organizzazioni professionali agricole maggiormente rappresentative a livello regionale, tramite le loro organizzazioni Provinciali, in relazione all'esigenza di protezione di altre colture specializzate o intensive.
9. L'esercizio venatorio è inoltre vietato nei fondi ove si pratica l'allevamento o il pascolo del bestiame custodito allo stato brado o semibrado, purché delimitati da muretti, recinzioni in rete o steccati, fili metallici o plastificati, siepi o altre barriere naturali, con almeno un numero di capi per ettaro pari a dieci se trattasi di ovini e caprini o a cinque capi se trattasi di bovini ed equini.
TITOLO V
Forme di controllo e di utilizzo della fauna diverse dall'attività venatoria
Art. 22
Cattura ed utilizzazione di fauna selvatica a scopo scientifico e per richiamo.
1. Il dirigente del servizio regionale sport, caccia e pesca, tempo libero, sentito l'istituto nazionale per la fauna selvatica, può autorizzare esclusivamente a scopo di studio e di ricerca scientifica gli istituti scientifici delle università e del consiglio nazionale delle ricerche, nonché i musei di storia naturale, a catturare ed utilizzare esemplari di mammiferi ed uccelli nonché a prelevare le uova, nidi e piccoli nati.
2. Il dirigente del servizio regionale sport, caccia e pesca, tempo libero può inoltre, sentiti l'istituto nazionale per la fauna selvatica e la Provincia interessata, rilasciare autorizzazioni a svolgere attività di cattura temporanea per l'inanellamento degli uccelli a scopo scientifico a coloro che abbiano partecipato a specifici corsi di istruzione, organizzati dallo stesso istituto, e che abbiano superato il relativo esame finale.
3. Il dirigente del servizio regionale sport, caccia e pesca, tempo libero, previo parere dell'istituto nazionale per la fauna selvatica, può autorizzare le province che ne facciano richiesta a gestire impianti finalizzati all'attività di cattura per l'inanellamento e la cessione a fini di richiamo. La cessione ad uso di richiamo è consentita solo per gli esemplari appartenenti alle specie individuate dall'articolo 4, comma 4, della legge n. 157 del 1992 ed è gratuita. Gli esemplari eventualmente catturati appartenenti ad altre specie debbono essere inanellati ed immediatamente liberati.
4. La vendita di uccelli di richiamo provenienti da altre regioni o dall'estero è vietata se non si dimostra la lecita provenienza.
5. Nella gestione degli impianti di cui al comma 3 le province utilizzano personale qualificato e valutato idoneo dall'istituto nazionale per la fauna selvatica.
6. La Giunta regionale ai fini del soccorso, detenzione, terapia e successiva liberazione della fauna selvatica in libertà, si avvale di un centro di recupero adeguatamente attrezzato con ambulatorio veterinario sotto la diretta responsabilità di un veterinario di comprovata esperienza in materia di fauna selvatica avicola e mammiferi selvatici.
7. Chi abbatte, cattura o rinviene uccelli inanellati deve darne notizia all'istituto nazionale per la fauna selvatica o al comune nel cui territorio è avvenuto il fatto, il quale provvede ad informare il predetto istituto.
Art. 23
Allevamenti.
1. Gli allevamenti di fauna selvatica possono avere i seguenti scopi: di ripopolamento, alimentare, ornamentale e amatoriale ovvero di richiamo.
2. Le province autorizzano l'impianto e l'esercizio degli allevamenti di cui al comma 1.
3. Il titolare di un'impresa agricola può impiantare ed esercitare gli allevamenti di cui al comma 1 dandone semplice Comunicazione alla Provincia competente, fermo restando l'obbligo di conformarsi alle prescrizioni dettate dal regolamento di cui al comma 4.
4. Con apposito regolamento, da emanarsi entro quattro mesi dall'entrata in vigore della presente legge, vengono determinate le modalità per il rilascio dell'autorizzazione di cui al comma 2 e quelle relative al rilascio delle autorizzazioni concernenti le attività cinotecniche nel rispetto delle norme di cui alla legge 23 agosto 1993, n. 349 e del decreto 28 gennaio 1994 del ministero delle risorse agricole, alimentari e forestali. In particolare per gli allevamenti a scopo di richiamo vengono disciplinate, sentito l'istituto nazionale per la fauna selvatica, la vendita e la detenzione di uccelli allevati appartenenti alle specie cacciabili nonché il loro uso in funzione di richiamo.
5. Le province, nell'ambito delle prescrizioni dettate con il regolamento di cui al comma 4 e ferme restando le competenze dell'ente nazionale per la cinofilia italiana, autorizzano l'impianto e l'esercizio degli allevamenti di cani da caccia.
6. Lepri, fagiani, stame e coturnici prodotte negli allevamenti di cui al comma 1 non possono essere utilizzati per le immissioni nelle zone di ripopolamento e cattura di cui all'articolo 9 e nelle zone sperimentali di cui all'articolo 11, salvo autorizzazione della Giunta regionale, previo parere favorevole dell'istituto nazionale per la fauna selvatica (7).
(7) Per l'attuazione della presente norma vedi il Reg. 12 gennaio 1996, n. 42.
Art. 24
Attività di tassidermia e imbalsamazione.
1. L'amministrazione provinciale rilascia l'autorizzazione all'esercizio dell'attività di tassidermia ed imbalsamazione previo parere della commissione tecnico-venatoria di cui all'articolo 7 e previo accertamento della buona conoscenza della fauna e delle tecniche della tassidermia e della imbalsamazione.
2. È consentita l'imbalsamazione esclusivamente di esemplari appartenenti:
a) alla fauna selvatica indigena oggetto di caccia, purché catturata nel rispetto di tutte le norme venatorie vigenti;
b) alla fauna esotica, purché l'abbattimento e l'importazione o comunque l'impossessamento siano avvenuti in conformità alla legislazione vigente in materia e non si tratti di specie protette in base ad accordi internazionali;
c) alla fauna domestica.
3. Il tassidermista o l'imbalsamatore deve annotare giornalmente in apposito registro, fornito dall'amministrazione provinciale, tutti i dati relativi agli animali consegnatigli o che comunque vengano in suo possesso anche temporaneo, con particolare riferimento alla specie e provenienza di ogni esemplare. Devono essere inoltre indicate le generalità del cliente che ha consegnato l'animale o le circostanze nelle quali l'imbalsamatore ne è venuto altrimenti in possesso.
4. All'atto della presentazione della istanza di autorizzazione, l'interessato è tenuto ad indicare tutti gli animali, vivi, morti o già preparati, a qualsiasi titolo posseduti.
5. Il tassidermista o l'imbalsamatore deve apporre su tutti gli animali preparati o comunque consegnati al cliente o posti in circolazione un'etichetta inamovibile con l'indicazione del proprio nome, del numero di autorizzazione, della data di preparazione e del numero di riferimento del registro di cui al comma 3.
6. I proprietari o possessori di animali imbalsamati che non rientrino nell'elenco delle specie cacciabili, devono richiedere alla amministrazione provinciale competente, entro sei mesi dall'approvazione della presente legge, la apposizione di un contrassegno inamovibile. L'amministrazione provinciale provvede, dietro rimborso delle spese, con personale qualificato entro il termine massimo di un anno.
Art. 25
Controllo della fauna selvatica.
1. La Giunta regionale, sentiti i comitati di gestione degli ambiti territoriali di caccia, può vietare o ridurre per periodi prestabiliti la caccia a determinate specie di fauna selvatica, fra quelle comprese nell'elenco di cui all'articolo 18 della legge n. 157 del 1992, per importanti e motivate ragioni connesse alla consistenza faunistica o per sopravvenute particolari e gravissime condizioni ambientali, stagionali o climatiche, per malattie o altre calamità.
2. Le province, ai fini della migliore gestione del patrimonio zootecnico, di tutela del suolo, di tutela sanitaria, di selezione biologica, di tutela del patrimonio storico-artistico, di tutela delle produzioni zoo-agro-forestali ed ittiche, provvedono al controllo delle specie di fauna selvatica in sovrannumero anche nelle zone in cui è vietata la caccia. Tale controllo, esercitato selettivamente, viene praticato mediante cattura, ovvero, qualora l'istituto nazionale per la fauna selvatica verifichi l'inefficacia degli altri metodi, mediante piani di abbattimento.
3. I piani di cui al comma 2 sono attuati dalle guardie venatorie dipendenti dalle province. Queste ultime possono avvalersi dei proprietari o conduttori dei fondi sui quali si attuano i piani medesimi, purché muniti di licenza per l'esercizio venatorio, nonché delle guardie forestali e delle guardie comunali munite di licenza per l'esercizio venatorio; possono inoltre avvalersi, ove necessario. delle guardie volontarie di cui all'articolo 37, purché in possesso della licenza di caccia, nonché di operatori, muniti di licenza, all'uopo espressamente autorizzati dalla Provincia, selezionati attraverso appositi corsi di preparazione alla gestione faunistica, direttamente coordinati dal personale di vigilanza della Provincia.
4. Le province, per comprovate ragioni di protezione dei fondi coltivati e degli allevamenti, possono autorizzare, su proposta delle organizzazioni professionali agricole maggiormente rappresentative a livello regionale, tramite le loro strutture Provinciali, piani di abbattimento, attuati attraverso il personale di cui al precedente comma 3, delle forme domestiche di specie selvatiche e delle forme inselvatichite di specie domestiche.
Art. 26
Controllo sanitario della fauna.
1. La selvaggina, comunque liberata, deve essere preventivamente assoggettata, a cura di chi effettua il ripopolamento, ai controlli veterinari che certificano che gli animali sono esenti da malattie contagiose o non siano portatori di germi patogeni.
2. Chiunque rinvenga capi di selvaggina morti o in stato fisico anormale, è tenuto a consegnarli al competente ufficio caccia della Provincia per i necessari accertamenti che può avvalersi delle sezioni locali degli istituti zooprofilattici o istituti universitari.
3. In caso di epizoozia, la Provincia, sentito il servizio veterinario della unità sanitaria interessata, dispone gli interventi tecnici necessari alla salvaguardia del patrimonio faunistico.
TITOLO VI
Esercizio dell'attività venatoria
Art. 27
Esercizio venatorio.
1. Costituisce esercizio venatorio ogni atto diretto all'abbattimento o alla cattura di fauna selvatica mediante impiego dei mezzi di cui all'articolo 13 della legge n. 157 del 1992, nonché il vagare o il soffermarsi con gli stessi mezzi o in attitudine di ricerca della fauna selvatica o di attesa della medesima per abbatterla o catturarla.
2. Ogni altro modo di abbattimento diverso da quelli di cui al comma 1 è vietato, a meno che avvenga per caso fortuito o forza maggiore.
3. Fatto salvo l'esercizio venatorio con l'arco o con il falco, ogni titolare di licenza di caccia deve optare, in via esclusiva, per una delle seguenti forme di caccia:
a) vagante in zona alpi; coloro che optano per tale forma non sono ammessi all'esercizio venatorio nella regione, salvo quanto stabilito dall'articolo 13, comma 7;
b) da appostamento fisso;
c) altre forme consentite dalla legge.
4. L'opzione per la forma di caccia deve essere Comunicata alla Provincia di residenza al conseguimento della abilitazione all'esercizio venatorio e quando viene ripresa l'attività venatoria sospesa; entro il 30 giugno, di ogni anno, i cacciatori che intendono variare l'opzione già presentata devono darne Comunicazione alla Provincia di residenza.
5. La scelta della forma di caccia di cui alle lettere b) e c) del comma 3 consente di esercitare l'attività venatoria anche da appostamenti per la caccia agli ungulati e ai colombacci e da appostamenti fissi senza richiami vivi appartenenti alle specie previste dalla legge n. 157 del 1992.
6. La caccia agli ungulati può essere svolta, oltre che nella forma della braccata, anche in quella di selezione, regolamentata dalle amministrazioni Provinciali.
7. Nei dodici mesi successivi al rilascio della prima licenza, il cacciatore può praticare l'esercizio venatorio solo se accompagnato da cacciatore in possesso di licenza rilasciata da almeno tre anni e che non abbia commesso violazioni alle norme della presente legge, comportanti la sospensione o la revoca della licenza ai sensi dell'articolo 32 della legge n. 157 del 1992.
8. La fauna selvatica abbattuta durante l'esercizio venatorio appartiene a colui che l'abbatte, ovvero a colui che l'abbia ferita o scovata, se non abbia abbandonato l'inseguimento.
9. Non costituisce esercizio venatorio la cattura con qualsiasi mezzo di fauna selvatica viva nei centri privati di produzione allo stato naturale di cui all'articolo 14.
10. L'attività venatoria può essere esercitata da chi abbia compiuto il diciottesimo anno di età e sia munito di licenza di porto di fucile per uso di caccia, di polizza assicurativa per la responsabilità civile verso terzi derivante dall'uso delle armi o degli arnesi utili all'attività venatoria, nonché di polizza assicurativa per infortuni correlata all'esercizio dell'attività venatoria, con i massimali determinati ai sensi dell'articolo 12 della legge n. 157 del 1992.
Art. 28
Abilitazione all'esercizio venatorio.
1. L'esercizio venatorio in qualsiasi forma, compresa quella con l'arco e con il falco, è consentito solo a chi abbia conseguito l'abilitazione all'esercizio venatorio a seguito di pubblici esami davanti ad una commissione nominata dalla Provincia.
2. L'abilitazione venatoria è necessaria per il rilascio della prima licenza di porto d'armi per uso di caccia e per la concessione della stessa in caso di revoca.
3. La Provincia stabilisce le modalità per lo svolgimento degli esami, che devono in particolare riguardare nozioni nelle seguenti materie:
a) legislazione venatoria;
b) elementi di zoologia e biologia della fauna selvatica, con prove pratiche di riconoscimento delle specie cacciabili;
c) armi e munizioni da caccia e relativa legislazione;
d) elementi di ecologia e principi di salvaguardia della natura e della produzione agricola;
e) norme di pronto soccorso.
4. L'abilitazione è concessa se il giudizio è favorevole in tutte le materie oggetto di esame. La commissione valuta la preparazione del candidato con un giudizio di idoneità o inidoneità; in caso di idoneità, il presidente della commissione rilascia il relativo attestato.
5. Coloro i quali siano stati giudicati inidonei non possono sostenere nuovamente la prova d'esame prima che siano trascorsi due mesi.
6. Le prove d'esame di cui al comma 3 consistono in una prova scritta, mediante test a risposta multipla, e una prova orale, in conformità alle disposizioni emanate al riguardo dalla Giunta regionale e secondo un programma approvato dalla Giunta medesima.
7. Ogni candidato è tenuto a versare alla Provincia, quale rimborso spese di esame per l'abilitazione venatoria, un importo, fissato dalla Provincia stessa, non superiore a lire 50.000 e comprensivo degli ausili didattici, nonché del rilascio in carta legale del certificato di abilitazione.
8. Le province organizzano corsi di preparazione per il conseguimento dell'abilitazione venatoria e informano sui contenuti della presente legge, anche in collaborazione con le associazioni venatorie riconosciute.
9. Le norme di cui al presente articolo si applicano anche per l'esercizio della caccia mediante uso dell'arco e del falco.
10. La commissione di cui al comma 1 dura in carica cinque anni ed è composta:
a) da un funzionario provinciale esperto in problemi faunistico venatori designato dal presidente della Provincia, che ne assume la presidenza;
b) da cinque membri, nominati dal presidente della Provincia, esperti nelle materie indicate al comma 3, dei quali almeno uno laureato in scienze biologiche o in scienze naturali ed esperto in vertebrati omeotermi;
c) da quattro rappresentanti indicati dalle associazioni venatorie riconosciute a livello nazionale e maggiormente rappresentative a livello provinciale;
d) da tre rappresentanti indicati dalle associazioni agricole maggiormente rappresentative a livello provinciale;
e) da due rappresentanti indicati dalle associazioni naturalistiche maggiormente rappresentative a livello regionale;
f) da un dipendente della Provincia con funzioni di segretario.
11. La commissione di cui al comma 1 è validamente costituita con la presenza della metà più uno dei componenti.
12. Alla domanda per sostenere la prova d'esame, da presentarsi alla Provincia nel cui territorio il candidato risiede, deve essere allegato certificato medico di idoneità fisica all'esercizio venatorio, rilasciato in conformità alle disposizioni vigenti, nonché il certificato di residenza.
13. Non possono essere membri della commissione di cui al comma 1 i consiglieri Provinciali in carica nella stessa Provincia.
Art. 29
Tesserino di caccia.
1. I titolari di licenza di caccia che esercitano l'attività venatoria sul territorio regionale devono essere in possesso di apposito tesserino.
2. Il tesserino viene rilasciato dal comune di residenza e deve indicare:
a) le generalità del titolare;
b) la forma di caccia praticata in via esclusiva, scelta fra quelle previste dall'articolo 27, comma 3;
c) l'ambito territoriale di caccia prescelto;
d) le specifiche norme stabilite con il calendario venatorio regionale.
3. Ai fini dell'esercizio della caccia da parte di residenti in altre regioni, le indicazioni di cui al comma 2 devono risultare dal tesserino rilasciato dalla Regione di residenza.
4. Il tesserino, su modello stabilito dalla Giunta regionale in conformità a quanto previsto dal calendario venatorio è predisposto dal servizio regionale sport, caccia, pesca e tempo libero ed è valido per una sola stagione venatoria.
5. Il tesserino è personale; non può essere rilasciato più di un tesserino intestato alla stessa persona.
6. In caso di deterioramento involontario o di smarrimento del tesserino, il Comune di residenza ne rilascia un duplicato, previa esibizione di copia della denuncia di smarrimento presentata agli organi di polizia o del vecchio tesserino deteriorato, che deve essere ritirato.
7. Ai fini del rilascio del tesserino ai cittadini della Repubblica di San Marino ivi residenti che scelgono di esercitare la caccia nel territorio della regione, la Giunta regionale provvede a trasmettere all'organo della Repubblica stessa competente in materia di caccia un numero di tesserini pari a quello dei richiedenti.
8. I comuni Comunicano alla Giunta regionale e alla Provincia competente, entro il 15 febbraio di ogni anno, il numero dei tesserini rilasciati nella precedente annata venatoria.
Art. 30
Calendario venatorio regionale (8).
1. Entro il 15 giugno di ogni anno la Giunta regionale, sentito l'istituto nazionale per la fauna selvatica, in relazione alla situazione ambientale delle diverse realtà territoriali ed in conformità alle prescrizioni del piano faunistico-venatorio regionale, stabilisce il calendario venatorio ed il regolamento relativi all'intera annata venatoria (9).
2. Entro il termine indicato al comma 1, il calendario venatorio regionale è pubblicato nel bollettino ufficiale della Regione.
3. Le specie di selvaggina cacciabili sono le seguenti:
a) dal 1° settembre alla data di chiusura, fissata annualmente con il calendario venatorio nel rispetto dell'arco temporale massimo indicato al comma 1 dell'articolo 18 della legge n. 157 del 1992: tortora, (streptopelia turtur), quaglia, allodola, colino della Virginia, starna, pernice rossa, lepre comune, coniglio selvatico, storno, gallinella d'acqua, porciglione, codone, mazzaiola, mestolone, beccaccino, frullino combattente, taccola, corvo, cornacchia nera, pittima reale, cornacchia grigia, ghiandaia, gazza, fagiano;
b) dalla terza domenica di settembre al 31 dicembre: passero, passera mattugia, passera oltremontana, merlo;
c) dalla terza domenica di settembre al 31 gennaio: cesena, tordo bottaccio, tordo sassello, germano reale, folaga, alzavola. canapiglia, fischione, moriglione, moretta, colombaccio, volpe, beccaccia, pavoncella (10);
d) dal 1° ottobre al 30 novembre: capriolo, cervo, daino, coturnice;
e) dal 1° ottobre al 31 dicembre o dal 1° novembre al 31 gennaio: cinghiale (11).
4. L'esercizio venatorio ha inizio e termine secondo gli orari di seguito indicati: settembre:
dal 01 al 15 - ore 5.30/19.30
dal 16 al 30 - ore 6.00/19.15
(vige l'ora legale) ottobre: dal 01 al 15 - ore 5.00/18.00
dal 16 al 31 - ore 5.15/17.30 novembre: dal 01 al 15 - ore 5.30/17.15
dal 16 al 30 - ore 5.50/17.00 dicembre: dal 01 al 15 - ore 6.00/16.40
dal 16 al 31 - ore 6.00/16.45 gennaio: dal 01 al 15 - ore 6.00/17.15
dal 16 al 31 - ore 5.50/17.45
La caccia di selezione agli ungulati è consentita fino ad un'ora dopo il tramonto.
5. Le specie di cui al comma 3 sono cacciabili:
a) dal 1° settembre al 30 settembre - tre giorni fissi: mercoledì, sabato e domenica;
b) dal 1° ottobre al 31 gennaio - tre giorni a scelta del cacciatore, esclusi martedì e venerdì;
c) dal 1° ottobre al 30 novembre - la caccia da appostamento alla selvaggina migratoria è consentita per altri due giorni a settimana, con esclusione comunque del martedì e venerdì.
6. Per ogni giornata di caccia è consentito a ciascun titolare di licenza di abbattere i seguenti capi di selvaggina:
a) selvaggina stanziale:
a1) lepre e coturnice - n. 1 capo;
a2) fagiano, starna e pernice rossa - n. 2 capi, non cumulabili con lepre e coturnice;
a3) cinghiale - n. 1 capo;
b) selvaggina migratoria:
b1) quaglie e tortore - n. 10 capi complessivi;
b2) tordi, merli e cesene - n. 25 capi complessivi;
b3) trampolieri e palmipedi - n. 10 capi complessivi;
b4) colombacci - n. 10 capi complessivi;
b5) beccacce - n. 5 capi.
Il numero massimo di capi abbattibili appartenenti alle specie citate non può superare complessivamente i 30 capi. Per le altre specie non elencate, il numero massimo consentito è complessivamente di 50 capi.
7. La Giunta regionale, per motivi attinenti alla salute e alla sicurezza pubblica, alla sicurezza aerea, alla necessità di prevenire gravi danni alle colture, al bestiame, ai boschi, alla pesca e alle acque o di protezione della flora e della fauna, ovvero per consentire attività di ricerca o di insegnamento o per consentire il ripopolamento o la reintroduzione di specie o l'allevamento connesso a tali operazioni, può autorizzare, con provvedimento motivato, il prelievo venatorio in regime di deroga ai sensi dell'articolo 9, comma 1, della direttiva 79/409/CEE, delle seguenti specie: passero, passera mattugia, passera oltremontana, storno, corvo, cornacchia grigia e taccola.
8. La Giunta regionale può altresì consentire in regime di deroga, ai sensi dell'articolo 9, comma 1, lettera c), della direttiva 79/409/CEE, previo parere dell'istituto nazionale per la fauna selvatica per le specie di cui all'allegato 11, il prelievo venatorio, in condizioni rigidamente controllate, di piccole quantità di esemplari, tra cui le specie sotto indicate e nei limiti seguenti:
a) passero, passera mattugia, passera oltremontana: dalla terza domenica di settembre al 31 dicembre con un numero di capi complessivi prelevabili giornalmente pari a 30 e annualmente pari a 300;
b) storno: dal 1° settembre al 16 dicembre, con un numero di capi prelevabile giornalmente a 30 e annualmente pari a 300;
c) cornacchia grigia, corvo, taccola: dal 1° settembre al 16 gennaio, con un numero di capi complessivi prelevabili giornalmente pari a 50 e annualmente pari a 500.
9. Sono autorizzati ad effettuare il prelievo previsto dal comma 7 e con le modalità di cui al comma 8 coloro che esercitano la caccia da appostamento e che abbiano provveduto a richiedere l'apposito tesserino che consente di indicare i capi prelevati.
10. L'allenamento dei cani da caccia, prima dell'apertura dell'esercizio venatorio, è consentito per tre settimane prima della data di inizio della stagione di caccia per cinque giorni a settimana, esclusi martedì e venerdì dalle ore 5.30 alle ore 20.30. L'allenamento è consentito sulle stoppie, sui calanchi e sui terreni incolti, nei boschi, lungo i corsi d'acqua, sui prati naturali ed anche su quelli artificiali, a condizione che non si arrechi danno alle colture. È comunque vietato a meno di m. 500 dal confine delle aziende faunistico-venatorie e delle aziende agrituristico-venatorie.
11. Ogni cacciatore può allenare ed utilizzare per l'esercizio venatorio contemporaneamente non più di due cani, siano essi da cerca o da ferma, o non più di sei cani segugi.
12. Per la caccia alla volpe e al cinghiale svolta in battuta e nei luoghi interessati dalla presenza di tali specie non si applicano le limitazioni di cui al comma 11.
13. Nel caso in cui divengano operanti nuove norme di legge, nuove convenzioni internazionali o nuove direttive Comunitarie, la Giunta regionale adegua il calendario venatorio, ove già pubblicato, entro trenta giorni dalla entrata in vigore delle nuove disposizioni.
__________
(8) Vedi, anche, la Delib.G.R. 2 luglio 2002, n. 1220-AG/SCP.
(9) Con Delib.G.R. 4 luglio 2000, n. 1377-AG/SCP è stato approvato il calendario venatorio 2000/2001e con Delib.G.R. 1568-AG/SCP è stato approvato il suddetto calendario valevole per l'intera stagione di caccia 2001-2002.
(10) Lettera così sostituita dall'art. 1, L.R. 5 gennaio 1995, n. 8.
(11) La presente lettera, corretta con avviso errata corrige pubblicato nel B.U. 14 giugno 2001, n. 66, è stata così sostituita dall'art. 35, comma 3, L.R. 7 maggio 2001, n. 11. Il testo originario era il seguente: «e) dal 1° novembre al 31 gennaio: cinghiale.».
Art. 31
Esercizio venatorio da appostamento fisso e temporaneo.
1. Sono fissi gli appostamenti di caccia costruiti in muratura o altra solida materia con preparazione di sito, destinati all'esercizio venatorio almeno per un'intera stagione venatoria. L'appostamento cessa di essere fisso quando non vi venga esercitata la caccia da parte degli aventi diritto.
2. Gli appostamenti fissi non possono essere ricavati da immobili, fabbricati e stabili adibiti ad abitazione o a posto di lavoro, o collocati nel raggio di m. 100 dagli stessi e di m. 150 se si spara in direzione dei medesimi.
3. Sono considerati appostamenti fissi di caccia le tine, le zattere e le imbarcazioni ancorate nelle paludi o negli stagni o sui margini di specchi d'acqua naturali o artificiali e quelle ubicate al largo dei laghi e dei fiumi, purché saldamente ancorate al fondale, destinate all'esercizio venatorio agli acquatici, verso le quali è consentito l'accostamento con mezzo galleggiante a trazione manuale, utilizzabile anche per il recupero, in atteggiamento di caccia, della selvaggina abbattuta o ferita.
4. Gli appostamenti all'avifauna selvatica acquatica collocati in terraferma devono avere una stabile e definita occupazione di sito, con copertura d'acqua permanente durante tutto l'anno del suolo, salvo casi di forza maggiore, pena la revoca dell'autorizzazione.
5. L'autorizzazione per la caccia da appostamento fisso è rilasciata dalla Provincia ed ha validità annuale salvo revoca. La domanda per il rilascio della prima autorizzazione deve essere corredata da planimetria in scala 1:10.000 indicante l'ubicazione dell'appostamento e dal consenso scritto del proprietario o del conduttore del terreno, lago o stagno privato, in quanto l'appostamento comporti preparazione del sito con modificazione ed occupazione stabile del terreno.
6. Non sono considerati fissi, agli effetti della opzione della forma di caccia in via esclusiva, gli appostamenti per l'esercizio venatorio agli ungulati, ai colombacci e quelli di cui all'articolo 14, comma 12, legge n. 157 del 1992, senza richiami vivi o che usano richiami non appartenenti alle specie della fauna selvatica.
7. Non è consentito impiantare appostamenti fissi di caccia a distanza inferiore a m. 200 dai confini delle oasi di protezione, delle zone di ripopolamento e cattura, delle zone di ricerca e sperimentazione faunistica, nonché dei parchi, riserve naturali e centri pubblici di produzione della selvaggina.
8. Non sono consentiti nuovi appostamenti fissi a distanza inferiore a m. 300 da altro appostamento fisso preesistente e, per i colombacci, a m. 300 dal capanno principale. Sono in ogni caso fatte salve, anche con riferimento alle disposizioni del comma 7, le diverse distanze relative agli appostamenti fissi preesistenti alla data di entrata in vigore della presente legge, come pure quelle minori distanze che si determineranno con la costituzione degli ambiti protetti.
9. Ferma restando l'esclusività della forma di caccia, ai sensi e per gli effetti del disposto dell'articolo 27, è consentito al titolare e alle persone dallo stesso autorizzate solo il recupero, in attitudine di caccia ed anche con uso del cane, della selvaggina ferita, entro un raggio di m. 200 dall'appostamento o dall'impianto, ove trattasi di appostamento per colombacci o acquatici.
10. Durante l'esercizio venatorio da appostamento è vietata, salvo consenso del titolare, la caccia in forma vagante a una distanza inferiore a m. 200 dall'appostamento stesso o m. 300 dall'impianto, se trattasi di appostamento a colombacci o acquatici.
11. L'accesso all'appostamento fisso con armi proprie e richiami propri delle specie appartenenti alla fauna selvatica cacciabile è consentito unicamente a coloro che, autorizzati dal titolare, abbiano esercitato l'opzione per la specifica forma di caccia.
Oltre al titolare, possono cacciare nell'appostamento fisso le persone che abbiano scelto tale tipo di caccia, in numero non superiore a tre, con il consenso del titolare o in assenza del medesimo. Tale limite non si applica agli appostamenti di cui al comma 19, come pure agli appostamenti senza richiami vivi o che usano richiami non appartenenti alle specie della fauna selvatica cacciabile.
12. Le autorizzazioni sono rilasciate prioritariamente ai titolari dell'appostamento fisso già autorizzati per la stagione venatoria 1989/1990, o a coloro cui tali autorizzazioni sono state trasferite negli anni successivi. Le ulteriori autorizzazioni disponibili sono rilasciate in via prioritaria agli ultrasessantenni, ai portatori di handicap fisici, ai proprietari e conduttori di fondi che lo richiedano, ai familiari in linea diretta dei titolari degli appostamenti fissi che siano deceduti o abbiano smesso l'attività, a coloro che hanno optato per tale forma di caccia ed a coloro che, per sopravvenuto impedimento fisico, non siano più in condizioni di esercitare la caccia in forma vagante.
13. Le province autorizzano il titolare di appostamento fisso, che per caso fortuito o per forza maggiore sia costretto a trovare altro sito, ad impiantare l'appostamento in una zona diversa, con il diritto di ripristinarlo nel luogo precedentemente autorizzato al venir meno dell'impedimento.
14. Il cacciatore che opta per la forma di caccia vagante non può essere titolare di un appostamento fisso con l'uso di richiami vivi appartenenti alle specie cacciabili.
15. Il titolare dell'appostamento fisso di caccia autorizzato, previo accordo con il proprietario o conduttore del fondo, provvede al mantenimento e al miglioramento delle caratteristiche naturali dell'ambiente circostante, per la tutela della fauna e della flora, almeno nel raggio di m. 100 dall'impianto.
16. Sono temporanei gli appostamenti che non comportino eccessive modificazioni del sito e siano destinati all'esercizio venatorio per non più di una giornata di caccia. Al termine della giornata il cacciatore deve rimuovere il materiale usato per la costruzione dell'appostamento. È considerato appostamento temporaneo anche il sostare dietro a riparo naturale, anche se a distanza inferiore a quella indicata nel comma 18.
17. Gli appostamenti temporanei non possono essere situati a distanza inferiore a m. 100 da altro appostamento temporaneo, a m. 200 da un appostamento fisso, a m. 300 dall'impianto, se trattasi di appostamento per colombacci o acquatici, salvo consenso del titolare, e dalle zone previste dal comma 7.
18. L'appostamento fisso per colombacci può essere costituito da un capanno principale e da capanni sussidiari posti nel raggio di m. 200. La distanza di rispetto, pari a m. 200, entro la quale non può svolgersi la caccia vagante o da appostamento temporaneo, va misurata dai capanni sussidiari.
19. Il funzionamento degli appostamenti fissi per colombacci è limitato al periodo 1° ottobre - 15 novembre; il relativo periodo di tabellazione coincide con quello consentito per la caccia. L'attività dell'appostamento può continuare successivamente a tale data esclusivamente da un solo capanno e può essere esercitata solo da coloro che abbiano optato per la caccia da appostamento fisso con richiami vivi.
20. Gli appostamenti fissi devono essere segnalati, a cura del titolare, mediante tabelle esenti da tasse visibili l'una dall'altra e poste al limite della distanza di rispetto.
Art. 32
Detenzione ed uso dei richiami vivi per la caccia da appostamento.
1. Oltre ai richiami di cattura, sono consentiti la detenzione e l'uso per l'esercizio dell'attività venatoria di richiami di allevamento appartenenti alle specie cacciabili.
2. Il Consiglio regionale, su proposta della Giunta regionale e sentito il parere dell'istituto nazionale per la fauna selvatica, disciplina con regolamento, adottato entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, l'allevamento, la vendita e la detenzione di uccelli allevati appartenenti alle specie cacciabili, muniti di anellini inamovibili rilasciati dalle province anche avvalendosi di associazioni, enti ed istituti ornitologici legalmente riconosciuti a livello nazionale e internazionale, nonché il loro uso in funzione di richiami per la caccia da appostamento.
3. Il regolamento di cui al comma 2 disciplina il possesso di richiami vivi di cattura appartenenti alle specie di cui all'articolo 22, comma 3, consentendo, ad ogni cacciatore che eserciti l'attività venatoria da appostamento fisso ai sensi dell'articolo 31, comma 1, di detenere nell'esercizio dell'attività venatoria un numero massimo di dieci unità per ogni specie, fino ad un massimo complessivo di quaranta unità. Ai cacciatori che esercitano l'attività venatoria da appostamento temporaneo è consentito detenere durante l'esercizio venatorio richiami vivi di cattura nel numero massimo complessivo di dieci unità. Qualora l'attività venatoria sia esercitata da più soggetti nello stesso appostamento, il numero massimo dei richiami vivi è raddoppiato. Per lo storno è consentito usare il numero massimo di dieci richiami per ogni cacciatore.
4. Coloro che, alla data di entrata in vigore della presente legge, detengano richiami vivi appartenenti a specie non consentite ovvero, se appartenenti a specie consentite, ne detengano un numero superiore a quello stabilito dal comma 3, sono tenuti a farne denuncia alla Provincia competente entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge stessa, al fine di legittimare la detenzione ed il possesso.
5. È vietato l'uso di richiami vivi di cattura e feriti che non siano identificati mediante anello inamovibile fornito dalla Provincia, numerato secondo le norme regionali, apposto sul tarso di ogni singolo esemplare.
6. La sostituzione di un richiamo di cattura può avvenire soltanto in caso di fuga accidentale o dietro consegna alla Provincia del richiamo vivo o morto, munito di anellino (12).
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(12) Per l'attuazione della presente norma vedi il Reg. 12 gennaio 1996, n. 42.
Art. 33
Zone per l'allenamento e l'addestramento dei cani e per le gare e le prove cinofile.
1. Le province, anche concordemente tra di esse, istituiscono le zone destinate all'allenamento e addestramento dei cani da caccia ed alle gare cinofile, e ne affidano la gestione alle associazioni venatorie riconosciute, alle associazioni cinofile ed alle associazioni professionali degli addestratori cinofili, nonché ad imprenditori agricoli singoli o associati.
2. Tali zone sono distinte in zone A, B, C e D.
3. Le zone A hanno carattere temporaneo e funzionano solo per la durata degli allenamenti, delle prove e delle gare di interesse provinciale, regionale, nazionale o internazionale, con divieto di abbattimento; dette zone, limitatamente alle bandite demaniali, possono avere carattere permanente se definite di particolare interesse cinotecnico.
4. Le attività di cui al comma 3 su fauna selvatica allo stato naturale sono autorizzate dalle province, d'intesa con l'ente nazionale cinofilia italiana, e possono essere consentite nelle oasi di protezione e nelle zone di ripopolamento, nonché nei parchi regionali e bandite demaniali, sentito il parere dell'INFS, previe intese con gli enti gestori, fermo restando il divieto di abbattimento.
5. Le zone B, di estensione fino a tremila ettari, hanno carattere permanente salvo revoca e possono essere utilizzate per tutte le altre gare o prove e per l'addestramento e l'allenamento dei cani per tutto l'anno, con divieto di abbattimento. In tali zone è vietata la caccia.
6. Le zone C, di estensione da tre a cinquanta ettari, hanno carattere permanente e sono istituite per l'addestramento e l'allenamento dei cani, anche con l'abbattimento di fauna di allevamento appartenente a specie cacciabili; il periodo di funzionamento è fissato dalla Provincia.
7. Su richiesta del titolare possono essere istituite zone per l'addestramento e l'allenamento dei cani di tipo C nelle aziende agri-turistico-venatorie e di tipo A e B nelle aziende faunistico-venatorie.
8. Le zone di tipo D o tane artificiali riguardano esclusivamente l'addestramento, l'allenamento e le prove, su fauna allevata, per cani da tana; tali zone, di estensione non superiore ad un ettaro, devono essere recintate.
9. Possono essere altresì istituite zone per l'addestramento e l'allenamento dei cani da seguito con la presenza di cinghiale, di estensione non superiore ai 100 ettari, purché recintate.
10. Le amministrazioni Provinciali possono autorizzare gare cinofile su selvaggina liberata in territorio non vincolato e previo consenso dei proprietari o del conduttore del fondo su cui si svolge la gara.
Art. 34
Risarcimento dei danni prodotti dalla fauna selvatica e nell'esercizio dell'attività venatoria.
1. Per far fronte ai danni non altrimenti risarcibili arrecati alla produzione agricola e alle opere approntate sui terreni coltivati o a pascoli dalla fauna selvatica, in particolare da quella protetta, e dall'esercizio dell'attività venatoria, è costituito un fondo regionale destinato alla prevenzione e ai risarcimenti.
2. I danni arrecati dalle specie selvatiche possono essere risarciti anche mediante polizze assicurative stipulate dalla Provincia o dai comitati di gestione degli ambiti territoriali di caccia.
3. Con il fondo di cui al comma 1, le province, risarciscono i danni provocati dalla fauna selvatica alle coltivazioni agricole nelle oasi di protezione, nelle zone di ripopolamento e cattura, nelle zone di sperimentazione e nei centri pubblici di riproduzione di fauna selvatica.
4. Il risarcimento dei danni provocati nei centri privati di riproduzione di fauna selvatica, nelle aziende faunistico-venatorie, nelle aziende agri-turistico-venatorie e nelle zone per l'addestramento dei cani e per le gare cinofile fa carico ai rispettivi concessionari. Il risarcimento dei danni provocati negli ambiti territoriali di caccia è disposto dai comitati di gestione, d'intesa con le province.
5. Ai fini della gestione del fondo è costituito e preposto un comitato in ciascuna Provincia, composto da:
a) l'assessore provinciale delegato alla materia;
b) tre rappresentanti delle organizzazioni agricole maggiormente rappresentative a livello provinciale;
c) tre rappresentanti delle associazioni venatorie riconosciute a livello nazionale e maggiormente rappresentative a livello provinciale.
6. Il proprietario o conduttore del fondo è tenuto a denunciare immediatamente i danni alla Provincia o al comitato di gestione dell'ambito territoriale di caccia, qualora costituito. Questi procedono tempestivamente, in relazione al tipo di coltura, alle necessarie verifiche anche mediante sopralluoghi ed ispezioni e provvedono alla liquidazione nei novanta giorni successivi.
Art. 35
Tasse di concessione regionale.
1. Sono soggetti a tassa di concessione regionale, all'atto del rilascio o del rinnovo:
a) l'autorizzazione all'esercizio di appostamento fisso;
b) l'autorizzazione all'esercizio delle aziende faunistico-venatorie e delle aziende agrituristico-venatorie;
c) l'autorizzazione all'esercizio di centri privati di riproduzione della fauna selvatica;
d) l'abilitazione venatoria.
2. Le tasse di cui al comma 1, lettere a), b) e c) sono dovute nella misura fissata rispettivamente dalle voci n. 15, n. 16.1 e n. 16.2 della tariffa annessa al D.Lgs. 22 giugno 1991, n. 230 e successive modificazioni.
3. La tassa di cui al comma 1, lettera d), relativa alla voce n. 17, lettere a), b) e c) della tariffa annessa al D.Lgs. 22 giugno 1991, n. 230 e successive modificazioni, è fissata nella misura del cinquanta per cento della tassa erariale di cui al n. 26, sottonumero I, della tariffa annessa al D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 641 e successive modificazioni.
4. La tassa di cui al comma 1, lettera a), qualora l'appostamento sia utilizzato per la caccia al colombaccio ed ai palmipedi e trampolieri e sia costituito da uno o più capanni sussidiari in aggiunta al capanno principale, è dovuta per ciascuno dei capanni autorizzati.
5. La tassa per il rinnovo della abilitazione venatoria non è dovuta qualora il cacciatore non eserciti l'attività venatoria durante l'anno di riferimento, ovvero la eserciti esclusivamente all'estero.
6. Nel caso di diniego della licenza di porto di fucile per uso di caccia, la tassa regionale deve essere rimborsata. La tassa di concessione regionale viene rimborsata inoltre al cacciatore che, rinunciando all'assegnazione dell'ambito territoriale di caccia, rinunci anche all'attività venatoria.
7. Per il finanziamento o il concorso nel finanziamento di progetti di valorizzazione del territorio a fini faunistici presentati dalle associazioni venatorie riconosciute a livello nazionale e maggiormente rappresentative a livello regionale e dalle associazioni agricole maggiormente rappresentative a livello regionale che contemplino, tra l'altro, nell'ambito della programmazione regionale, la creazione di strutture per l'allevamento di fauna selvatica e di riproduttori nel periodo autunnale, la manutenzione degli apprestamenti di ambientamento della fauna selvatica, l'adozione di forme di lotta integrata e di tecnologie innovative non pregiudizievoli per l'ambiente, la valorizzazione agrituristica di percorsi per l'accesso alla natura e alla conoscenza scientifica e culturale della fauna ospite, la manutenzione e pulizia dei boschi anche al fine di prevenire incendi, è utilizzata la percentuale del gettito derivante dalla tassa di cui al comma 1, lettera d), stabilita all'articolo 41, comma 2, lettera a).
Art. 36
Vigilanza venatoria.
1. La vigilanza sull'applicazione della normativa vigente in materia faunistico-venatoria è affidata:
a) agli agenti venatori dipendenti dalle province, che devono espletare tale servizio con almeno un agente dipendente ogni tremila ettari di territorio utile alla caccia o protetto a fini venatori;
b) alle guardie volontarie delle associazioni venatorie, agricole e di protezione ambientale presenti nel comitato tecnico faunistico-venatorio nazionale e a quelle delle associazioni di protezione ambientale riconosciute dai competenti organi statali alle quali sia attribuita la qualifica di guardia giurata ai sensi del R.D. 18 giugno 1931, n. 773.
2. La vigilanza di cui al comma 1 è affidata, altresì, agli ufficiali, sottoufficiali e guardie del corpo forestale dello Stato, alle guardie addette ai parchi regionali, agli ufficiali ed agenti di polizia giudiziaria, alle guardie giurate comunali, forestali e campestri ed alle guardie private riconosciute ai sensi del R.D. 18 giugno 1931, n. 773; è affidata altresì alle guardie ecologiche volontarie riconosciute ai sensi della L.R. 19 luglio 1992, n. 29.
3. Gli agenti svolgono le proprie funzioni nell'ambito della circoscrizione territoriale di competenza.
4. Agli agenti venatori pubblici con compiti di vigilanza è vietato l'esercizio venatorio nell'ambito del territorio in cui esercitano le funzioni. Per le guardie venatorie volontarie tale divieto è limitato al tempo in cui vengono esercitate le funzioni.
5. Le province coordinano l'attività delle guardie volontarie delle associazioni agricole, venatorie e ambientaliste.
Art. 37
Guardie venatorie volontarie ed ecologiche.
1. La qualifica di guardia venatoria volontaria può essere concessa a cittadini in possesso di un attestato di idoneità rilasciato dalle province, previo superamento di un apposito esame.
2. La commissione d'esame per il rilascio dell'attestato di cui al comma 1 è nominata dalla Provincia ed è composta da:
a) un funzionario della Provincia con funzioni di presidente;
b) un funzionario della Regione;
c) un esperto scelto tra i docenti del corso di preparazione e aggiornamento di cui all'articolo 38;
d) due rappresentanti delle associazioni venatorie riconosciute operanti nella Provincia;
e) due rappresentanti delle associazioni professionali agricole maggiormente rappresentative a livello provinciale;
f) due rappresentanti delle associazioni di protezione ambientale maggiormente rappresentative a livello provinciale;
g) un rappresentante dell'ente nazionale cinofilia italiana.
3. La commissione di cui al comma 2 è validamente costituita con la presenza della metà più uno dei componenti.
4. Ai componenti la commissione non è dovuta alcuna indennità.
5. La Giunta regionale stabilisce le materie oggetto di esame e determina le modalità di ammissione all'esame stesso, nonché la procedura del suo svolgimento.
6. I cittadini in possesso della qualifica di guardia venatoria volontaria, a norma del R.D. 18 giugno 1931, n. 773, alla data di entrata in vigore della legge n. 157 del 1992, non sono soggetti all'esame di idoneità di cui al comma 1 ed acquisiscono anche la qualifica di guardia ecologica, ai sensi e per gli effetti di cui alla L.R. n. 29 del 1992.
7. Le province svolgono ogni due anni corsi di aggiornamento per guardie venatorie volontarie. Ai corsi sono tenuti a partecipare, per almeno i due terzi delle lezioni, le guardie venatorie volontarie già abilitate; a quelli svolti dalle province sono tenuti a partecipare gli agenti venatori dipendenti dalla Provincia stessa.
Art. 38
Corsi di preparazione per aspiranti guardie venatorie volontarie.
1. Le province organizzano corsi di preparazione delle aspiranti guardie venatorie volontarie. Per l'organizzazione dei corsi le province possono avvalersi delle associazioni venatorie, agricole e di protezione ambientale di cui all'articolo 36, comma 1, sull'attività delle quali esercitano la vigilanza.
Art. 39
Divieti e limitazioni.
1. È vietato:
a) cacciare nei giardini, nei parchi pubblici e privati, nei parchi storici e archeologici e nei terreni adibiti ad attività sportive;
b) cacciare nei parchi nazionali, nei parchi naturali regionali e nelle riserve naturali, conformemente alla legislazione nazionale in materia di parchi e riserve naturali;
c) cacciare nelle oasi di protezione e nelle zone di ripopolamento e cattura, nei centri di riproduzione della fauna selvatica, nelle foreste demaniali ad eccezione di quelle che non presentino condizioni favorevoli alla riproduzione ed alla sosta della fauna selvatica, individuate con atto della Giunta regionale, sentito il parere dell'istituto nazionale per la fauna selvatica;
d) cacciare ove vi siano opere di difesa dello Stato ed ove il divieto sia richiesto a giudizio insindacabile della autorità militare, o dove esistano beni monumentali, purché dette zone siano delimitate da tabelle esenti da tasse indicanti il divieto;
e) cacciare nelle aie e nelle corti o altre pertinenze di fabbricati rurali salvo quelli in stato di evidente abbandono; nelle zone comprese nel raggio di cento metri da immobili, fabbricati e stabili adibiti ad abitazione o a posto di lavoro e a distanza inferiore a cinquanta metri da vie di Comunicazione ferroviaria e da strade carrozzabili, eccettuate le strade poderali ed interpoderali;
f) sparare da distanza inferiore a centocinquanta metri con uso di fucile da caccia con canna ad anima liscia, o da distanza corrispondente a meno di una volta e mezza la gittata massima in caso di uso di altre armi, in direzione di immobili, fabbricati e stabili adibiti ad abitazione o a posto di lavoro; di vie di Comunicazione ferroviaria e di strade carrozzabili, eccettuate quelle poderali ed interpoderali; di funivie, filovie ed altri impianti di trasporto a sospensione; di stabbi, stazzi, recinti ed altre aree delimitate destinate al ricovero ed all'alimentazione del bestiame nel periodo di utilizzazione agro-silvo-pastorale;
g) trasportare, all'interno di centri abitati e delle altre zone ove è vietata l'attività venatoria, ovvero a bordo di veicoli di qualunque genere e comunque nei giorni non consentiti per l'esercizio venatorio, armi da sparo per uso venatorio che non siano scariche ed inserite nella custodia. L'attraversamento delle zone di divieto di cui alla lettera e) è consentito con armi da fuoco scariche;
h) cacciare a rastrello in più di tre persone ovvero utilizzare, a scopo venatorio, scafandri o tute impermeabili da sommozzatore negli specchi o corsi d'acqua;
i) cacciare sparando da veicoli a motore o da natanti o da aeromobili;
l) cacciare a distanza inferiore a cento metri da macchine operatrici agricole in funzione;
m) cacciare quando il territorio è coperto in tutto o per la maggior parte di neve. È comunque consentita la caccia a palmipedi e trampolieri negli specchi d'acqua artificiali, laghi, stagni e acquitrini, purché non siano in tutto o nella maggior parte coperti da ghiaccio, entro un massimo di mt. 50 dalle relative rive o argini;
n) cacciare negli stagni, nelle paludi e negli specchi d'acqua artificiali in tutto o nella maggior parte coperti da ghiaccio e su terreni allagati da piene di fiume;
o) prendere e detenere uova, nidi e piccoli nati di mammiferi e uccelli appartenenti alla fauna selvatica, salvo che nei casi previsti dall'articolo 22, comma 1, o nelle zone di ripopolamento e cattura, nei centri di riproduzione della fauna selvatica, nelle oasi di protezione, nelle aziende faunistico-venatorie ed agri-turistico-venatorie per sottrarli a sicura distruzione o morte, purché, in tale ultimo caso, se ne dia pronto avviso nelle ventiquattro ore successive alla Provincia competente;
p) usare richiami vivi, al di fuori dei casi previsti dall'articolo 32, comma 1, salvo quanto previsto dall'articolo 31, comma 6;
q) usare richiami vivi non provenienti da allevamento nella caccia agli acquatici salvo quanto previsto dall'articolo 31, comma 6;
r) usare a fini di richiamo uccelli vivi accecati o mutilati, ovvero legati per le ali, e richiami acustici a funzionamento meccanico, elettromagnetico o elettromeccanico, esclusa la civetta meccanica, con o senza amplificazione del suono;
s) cacciare negli specchi d'acqua ove si esercita l'industria della pesca o dell'acquacoltura, nonché nei canali delle valli da pesca quando il possessore le circondi con tabelle esenti da tasse, indicanti il divieto di caccia;
t) commerciare fauna selvatica morta non proveniente da allevamenti per sagre e manifestazioni a carattere gastronomico;
u) usare munizione spezzata per la caccia agli ungulati; usare esche o bocconi avvelenati, vischio o altre sostanze adesive, trappole, reti, tagliole, lacci, archetti o congegni similari; fare impiego di civette vive; usare armi da sparo munite di silenziatore o impostate con scatto provocato dalla preda, fare impiego di balestre;
v) vendere a privati e detenere da parte di questi reti da uccellagione;
z) produrre, vendere e detenere trappole per la fauna selvatica;
aa) esercitare in qualunque forma il tiro a volo su uccelli, fatto salvo quanto previsto dall'articolo 33;
bb) vendere, detenere per vendere, acquistare uccelli vivi o morti, nonché loro parti o prodotti derivati facilmente riconoscibili appartenenti alla fauna selvatica, che non appartengano alle seguenti specie: germano reale (anas platyrhynchos); pernice rossa (alectoris rufa); pernice di Sardegna (alectoris barbara); starna (perdix perdix); fagiano (phasianus colchicus); colombaccio (columba palumbus), salvo quelli provenienti dall'estero muniti della relativa certificazione;
cc) commerciare esemplari vivi di specie di avifauna selvatica nazionale non provenienti da allevamenti, salvo quelli provenienti dall'estero muniti della relativa certificazione e quelli già posseduti e denunciati dalle province fino al loro esaurimento;
dd) rimuovere, danneggiare o comunque rendere inidonee al loro fine le tabelle legittimamente apposte a specifici ambiti territoriali, fermo restando quanto previsto dall'articolo 635 del Codice penale;
ee) detenere, acquistare e vendere esemplari di fauna selvatica, ad eccezione dei capi utilizzati come richiami vivi nel rispetto delle modalità previste dalla presente legge, e della fauna selvatica lecitamente abbattuta;
ff) l'uso dei segugi per la caccia al camoscio;
gg) cacciare in tutti i valichi montani indicati nei calendari venatori ed interessati dalle rotte di migrazione dell'avifauna individuate dalla Regione, su segnalazione dell'istituto nazionale per la fauna selvatica, per una distanza di mille metri dagli stessi;
hh) ricorrere a forme di uccellagione e di cattura di uccelli e di mammiferi selvatici;
ii) utilizzare per l'esercizio venatorio armi e mezzi non rientranti fra quelli ammessi dall'articolo 13 della legge n. 157 del 1992;
ll) cacciare in forma vagante sui terreni in attualità di coltivazione previsti dall'articolo 15, comma 7, della legge n. 157 del 1992, nonché in quelli individuati ai sensi dell'articolo 21, comma 4;
mm) cacciare nei fondi chiusi da muro, rete metallica o da altra effettiva chiusura di altezza non inferiore a m. 1,20 o da corsi o specchi d'acqua perenni il cui letto abbia la profondità di almeno m. 1,50 e la larghezza di almeno m. 3,00;
nn) cacciare nei fondi con presenza di bestiame allo stato brado e semibrado, secondo quanto stabilito all'articolo 21, comma 9;
oo) immettere o liberare fauna selvatica nelle aziende faunistico-venatorie dalla data del 31 agosto a quella di chiusura della caccia alle specie da immettere;
pp) immettere o liberare fauna selvatica nel territorio regionale fatto salvo quanto previsto dagli articoli 14 e 23 della presente legge;
qq) effettuare la posta alla beccaccia e la caccia da appostamento, sotto qualsiasi forma, al beccaccino;
rr) usare, durante l'esercizio venatorio, un numero di cani superiore a quello previsto dall'articolo 30, comma 11;
ss) usare petardi o attrezzi similari per scovare fauna selvatica;
tt) recare disturbo alla fauna selvatica al fine di provocarne la fuoriuscita per scopi venatori da ambiti in cui è vietata la caccia;
uu) usare fonti luminose per la ricerca della fauna selvatica durante le ore notturne, fatte salve eventuali autorizzazioni rilasciate dalla Provincia competente per territorio;
vv) addestrare o condurre cani liberi al di fuori delle zone e dei tempi consentiti dalla presente legge, fatta eccezione per cani da pastore al seguito del bestiame;
zz) abbandonare bossoli di cartucce durante l'esercizio venatorio.
Art. 40
Sanzioni.
1. Ferme restando le sanzioni previste dall'articolo 31 della legge n. 157 del 1992, per la violazione della normativa statale e regionale in materia faunistico-venatoria, salvo che il fatto sia previsto dalla legge come reato, si applicano le seguenti sanzioni amministrative pecuniarie:
a) da lire 200.000 a lire 1.200.000 per tabellazione abusiva, uso improprio della tabellazione dei terreni, rimozione o danneggiamento delle tabelle;
b) da lire 200.000 a lire 1.200.000 per la violazione delle disposizioni di cui all'articolo 39, comma 1, lettera f);
c) da lire 200.000 a lire 1.200.000 per la violazione delle disposizioni di cui all'articolo 39, comma 1, lettera g);
d) da lire 200.000 a lire 1.200.000 per la violazione delle disposizioni di cui all'articolo 39, comma 1, lettera h);
e) da lire 500.000 a lire 3.000.000 per la violazione delle disposizioni di cui all'articolo 39, comma 1, lettera i);
f) da lire 200.000 a lire 1.200.000 per la violazione delle disposizioni di cui all'articolo 39, comma 1, lettera l);
g) da lire 300.000 a lire 1.800.000 per la violazione delle disposizioni di cui all'articolo 39, comma 1 lettere m) ed n);
h) da lire 200.000 a lire 1.200.000 per la violazione delle disposizioni di cui all'articolo 39, comma 1, lettera o);
i) da lire 500.000 a lire 3.000.000 per la violazione delle disposizioni di cui all'articolo 39, comma 1, lettera u); in caso di recidiva, oltre al raddoppio della sanzione ai sensi del comma 4, è prevista altresì la sospensione del tesserino di cui all'articolo 29 per un periodo da uno a tre anni;
l) da lire 200.000 a lire 1.200.000 per la violazione delle disposizioni di cui all'articolo 39, comma 1, lettere v) e z);
m) da lire 300.000 a lire 1.800.000 per la violazione delle disposizioni di cui all'articolo 39, comma 1, lettera cc);
n) da lire 300.000 a lire 1.800.000 per la violazione delle disposizioni di cui all'articolo 39, comma 1, lettera ee);
o) da lire 200.000 a lire 1.200.000 per la violazione delle disposizioni di cui all'articolo 39, comma 1, lettera gg);
p) da lire 300.000 a lire 1.200.000 per la violazione delle disposizioni di cui all'articolo 39, comma 1 lettera ii);
q) da lire 300.000 a lire 1.200.000 per la violazione delle disposizioni di cui all'articolo 39, comma 1, lettera mm);
r) da lire 200.000 a lire 1.200.000 per la violazione delle disposizioni di cui all'articolo 39, comma 1, lettera nn);
s) da lire 100.000 a lire 600.000 per la violazione delle disposizioni di cui all'articolo 39, comma 1, lettera rr) e lettera vv);
t) da lire 200.000 a lire 1.200.000 per la violazione delle disposizioni di cui all'articolo 39, comma 1, lettera ss);
u) da lire 200.000 a lire 1.200.000 per la violazione delle disposizioni di cui all'articolo 39, comma 1, lettera tt);
v) l'esercizio della tassidermia o imbalsamazione senza l'autorizzazione di cui all'articolo 24 è soggetto alla sanzione amministrativa da lire 50.000 a lire 500.000 per ogni capo rinvenuto;
z) la violazione di ogni altro obbligo previsto dall'articolo 24 o dalle prescrizioni contenute nella relativa autorizzazione è soggetto alla sanzione amministrativa da lire 15.000 a lire 150.000 per ogni esemplare cui la violazione si riferisce.
2. Per le violazioni di cui all'articolo 24, a norma dell'articolo 30, comma 2, legge n. 157 del 1992, si applicano le medesime sanzioni comminate per l'abbattimento degli animali le cui spoglie sono oggetto del trattamento descritto.
3. Per le violazioni non espressamente previste si applica la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da lire 200.000 a lire 1.200.000.
4. In caso di recidiva le sanzioni di cui al comma 1 sono raddoppiate.
5. Nelle ipotesi in cui, ai sensi dell'articolo 32 della legge n. 157 del 1992, è prevista la sospensione o la revoca della licenza di fucile per uso di caccia, è disposta altresì, per un periodo di pari durata, la sospensione del tesserino.
6. Le funzioni inerenti all'irrogazione delle sanzioni amministrative sono esercitate dalle province, che riscuotono i relativi proventi.
7. Per quanto non previsto dalla presente legge e dalla legge n. 157 del 1992 si osservano le procedure contemplate nella L.R. 5 luglio 1983, n. 16.
TITOLO VII
Disposizioni finanziarie
Art. 41
Ripartizione dei proventi.
1. Sono stanziate, per le finalità indicate al comma 2, somme pari almeno alla totalità dei proventi derivanti dalle tasse regionali di concessione in materia di caccia.
2. Le somme di cui al comma 1 sono ripartite come appresso:
a) venticinque per cento alla Regione per i compiti di cui alla presente legge;
b) sessantacinque per cento alle province per l'esercizio delle funzioni di cui alla presente legge, compreso il rimborso spese ai comuni per il rilascio dei tesserini di cui all'articolo 29;
c) dieci per cento alle associazioni venatorie riconosciute a livello nazionale, operanti nella Regione.
Art. 42
Autorizzazioni di spesa.
1. I proventi delle tasse di concessione regionale in materia venatoria affluiscono al capitolo del bilancio regionale 1001003, già istituito nello stato di previsione delle entrate, al titolo I, categoria I, così modificato "proventi delle tasse di concessione regionale in materia venatoria" e, per gli anni successivi, al capitolo corrispondente.
2. Agli oneri derivanti dall'applicazione della presente legge si fa fronte con le entrate di cui al comma precedente.
3. La legge di bilancio determina annualmente l'entità delle seguenti spese a carattere continuativo previste nella presente legge:
a) spese per interventi regionali in campo faunistico e venatorio, per attività tecniche di ricerca in materia di caccia previste dalla presente legge e per iniziative di formazione, promozione e rappresentanza della Regione di cui all'articolo 2, comma 2;
b) spese per l'erogazione alle province di somme occorrenti all'esercizio delle funzioni attribuite di cui all'articolo 2, comma 1;
c) concessione di contributi alle associazioni venatorie per organizzazione di interventi in materia di gestione faunistica e per la realizzazione di convegni e seminari in materia di caccia di cui all'articolo 35, comma 5.
TITOLO VIII
Disposizioni transitorie e finali
Art. 43
Rapporto sull'attività di vigilanza.
1. Le province, entro il 31 marzo di ogni anno, trasmettono alla Regione, ai fini di cui all'articolo 33 della legge n. 157 del 1992, una relazione sullo stato dei servizi preposti alla vigilanza, contenente il numero degli accertamenti effettuati in relazione alle singole fattispecie di illecito, nonché un prospetto riepilogativo delle sanzioni applicate.
Art. 44
Rinvio ed abrogazione.
1. Entro un anno dall'entrata in vigore della presente legge, i titolari delle autorizzazioni rilasciate ai sensi degli articoli 11 e 34 della L.R. n. 8 del 1983 sono tenuti ad adeguarsi alle disposizioni di cui agli articoli 14 e 23.
2. Trascorso tale termine, autorizzazione a suo tempo rilasciata decade di diritto.
3. Fino all'entrata in vigore del regolamento concernente l'istituzione e la disciplina delle aziende faunistico-venatorie e delle aziende agri-turistico venatorie di cui all'articolo 13, continuano ad operare le disposizioni contenute nel regolamento regionale 12 aprile 1984, n. 15.
4. Per quanto non previsto dalla presente legge si osservano le norme della legge n. 157 del 1992, le disposizioni di esecuzione delle convenzioni internazionali e le norme Comunitarie vigenti.
5. Quanto disposto dal comma 4 dell'articolo 15, dal comma 5 dell'articolo 16 ha effetto con l'inizio della stagione venatoria 1996/1997; quanto disposto dal comma 3 dell'articolo 27 ha effetto con l'inizio della stagione venatoria 1995/1996.
6. La L.R. n. 8 del 1983, e successive modificazioni, è abrogata.
Art. 45
Dichiarazione d'urgenza.
1. La presente legge è dichiarata urgente ed entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nel Bollettino Ufficiale della Regione.
Delib.G.R. 13-7-2004 n. 808
L.R. n.
7/1995, art. 30 - Calendario venatorio 2004/2005.
‑‑‑‑‑‑‑‑‑‑‑‑‑‑‑‑
Pubblicata nel B.U. Marche 2 agosto 2004, n. 80.
Vedi, anche, la Delib.G.R. 3 agosto 2004, n. 930.
La Giunta regionale
omissis
Delibera
- di approvare il calendario venatorio in allegato, facente parte integrante e sostanziale della presente deliberazione, valevole per l'intera stagione di caccia 2004/2005.
Calendario venatorio 2004-2005
La stagione venatoria ha inizio il 1° settembre 2004 e termina il 31 gennaio 2005. Le specie di selvaggina cacciabili sono le seguenti:
a) dal 1° settembre al 12 dicembre:
tortora (Streptopelia turtur), quaglia, allodola;
b) dal 1° settembre al 13 gennaio:
gallinella d'acqua, porciglione, codone, marzaiola, mestolone, beccaccino, frullino, combattente, ghiandaia gazza, cornacchia grigia;
e) dal 19 settembre all'8 dicembre:
leprelcomune, coniglio selvatico, pernice rossa, starna, fagiano;
d) dal 19 settembre al 30 dicembre:
merlo;
e) dal 19 settembre al 31 gennaio:
cesena, tordo bottaccio, tordo sassello, germano reale, folaga, alzavola, canapiglia, fischione, moriglione, moreta, colombaccio, volpe, beccaccia, pavoncella;
f) dal 10 novembre al 31 gennaio:
cinghiale, come di seguito specificato;
g) dall 2 ottobre al 29 novembre:
coturnice.
Le specie di selvaggina sopra elencate sono cacciabili:
• settembre: mercoledì 1° - domenica 5 - domenica 12 - domenica 19 - mercoledì 22 - sabato 25 - domenica 26 - mercoledì 29;
· dal 2 ottobre al 31 gennaio: tre giorni a scelta del cacciatore, esclusi martedì e venerdì;
• dal 2 ottobre al 29 novembre: la caccia da appostamento alla selvaggina migratoria è consentita per altri due giorni a settimana con esclusione comunque del martedì e venerdì.
Nei giorni 1 ° - 5 - 12 settembre l'uso del cane è consentito fino alle ore 12.00.
La Giunta regionale potrà vietare la caccia alla starna ed alla coturnice, su proposta delle Province interessate, sentiti i Comitati di gestione degli A.T.C.
La Giunta regionale potrà, inoltre, anticipare l'apertura della caccia al cinghiale, nel rispetto dell'arco temporale massimo, su proposta delle Province interessate, sentiti i Comitati di gestione degli A.T.C.
Regolamento di caccia
L'esercizio venatorio ha inizio e termine secondo gli orari di seguito indicati:
settembre: dal 01 al 15 - ore 5.30/19.30
dal 16 al 30 - ore 6.00 / 19.15 (vige l'ora legale)
ottobre: dal 01 al 15 - ore 6.00 /19.00
dal 16 al 31 - ore 6.15 /18.30 (vige l'ora legale)
novembre: dal 01 al 15 - ore 5.30/17.15 dal 16 al 30 - ore 5.50/17.00
dicembre dal 01 al 15 - ore 6.00 /16.40 dal 16 al 31 - ore 6.00 /16.45
gennaio; dal 01 al 15 - ore 6.00/17.15 dal 16 al 31 - ore 5.50 /17.45
Per ogni giornata di caccia è consentito a ciascun titolare di licenza di abbattere i seguenti capi di selvaggina: a) selvaggina stanziale:
1) lepre e coturnice - n. 1 capo;
2) fagiano e starna - n. 2 capi non cumulabili con lepre e coturnice;
3) cinghiale - n. 1 capo;
le specie elencate ai punti 1 e 2 sono abbattibili nel numero massimo di due capi di cui una sola lepre e una sola coturnice;
b) selvaggina migratoria:
1) quaglie e tortore - n. 10 capi complessivi;
7) tordi, merli e cesene - n. 25 capi complessivi;
3) trampolieri e palmipedi - n. 10 capi complessivi; 4) colombacci - n. 10 capi; 5) beccacce - n. 5 capi.
II numero massimo di capi abbattibili appartenenti alle specie di cui alle lettere a) e b) non può superare complessivamente i 30 capi. Per le altre specie non elencate, il numero massimo consentito è complessivamente di 50 capi.
Caccia al cinghiale
La caccia al cinghiale è svolta in forma individuale o collettiva.
La Provincia regolamenta la caccia al cinghiale in forma collettiva e individua le zone di caccia sulla base della presumibile consistenza e delle condizioni di danno arrecate dall'ungulato.
Per praticare la caccia al cinghiale in forma collettiva è necessario presentare richiesta all'Amministrazione provinciale competente per territorio che, anche previ accordi con le Province interessate delle regioni limitrofe, stabilisce altresì la composizione delle squadre di caccia.
Caccia di selezione
La caccia di selezione, subordinata a preventivi censimenti faunistici, è consentita al daino, al capriolo ed al cinghiale, sulla base di specifiche regolamentazioni provinciali.
Le Province possono autorizzare tale tipo di caccia a far tempo dal 1 ° agosto previa predisposizione dei relativi piani di abbattimento.
Forma di caccia prescelta (Opzione)
L'esercizio venatorio deve essere svolto nel rispetto dell'opzione della forma di caccia espressa al 30/11/1993 (vagante in zona Alpi, da appostamento fisso, altre forme consentite dalla legge) o successivamente, in relazione alla data di conseguimento di nuova abilitazione all'esercizio venatorio.
L'eventuale variazione dell'opzione per la forma di caccia prescelta deve essere comunicata alla Provincia di residenza entro il 30 giugno di ogni anno.
Ambito Territoriale di Caccia (A.T.C.)
Ai residenti negli A.T.C. in regola con l'iscrizione, spetta di diritto l'esercizio venatorio alla lepre, al fagiano, alla starna, alla coturnice e, ovviamente, alle specie migratrici.
In relazione all'indice di densità venatoria massima determinato dalla Regione per ciascun A.T.C. l'esercizio venatorio alle specie sopracitate è svolto dai cacciatori residenti in altri ambiti, o che abbiano scelto altri ambiti, nel rispetto delle priorità fissate dalla 1,. R. n, 7/1995, art. 15, comma 5.
Ai fini dell'esercizio venatorio a tutte le specie consentite, escluse lepre, fagiano, starna e coturnice, ogni cacciatore residente nella regione Marche ha diritto di accesso gratuito, a domanda, da presentare con le modalità di cui all'art. 15, comma 8, della L. R. n. 7/1995, come modificato dall'art. 22 della L R. n., 21/2001.0, all'Amministrazione provinciale competente per territorio, in tutti gli A.T.C. istituiti nella regione una volta assolto il pagamento della quota di iscrizione,
almeno ad un A.T.C.
Tesserino di caccia
Al fine di consentire un ordinato e disciplinato svolgimento dell'attività venatoria, i titolari di licenza per l'esercizio della caccia devono essere in possesso di apposito tesserino predisposto ai sensi dell'art. 29 della legge regionale sulla caccia.
II tesserino, valido su tutto il territorio nazionale, è rilasciato gratuitamente dalla Regione, tramite l'Amministrazione comunale nel cui territorio il richiedente ha la residenza. II Comitato di gestione di ogni ATC provvede a compilare i relativi moduli ed a consegnare ad ogni Comune ricadente nel territorio di propria competenza, i tesserini di caccia relativi ai cacciatori in regola con le norme di iscrizione.
Per ogni giornata di caccia l'intestatario del tesserino deve annotare sullo stesso, in modo indelebile e negli spazi all'uopo destinati, il giorno di caccia, la sigla dell'A.T.C. prescelto e, subito dopo l'abbattimento, i capi delle specie di selvaggina stanziale abbattuti.
Per quanto riguarda le specie migratorie e le specie prelevabili in deroga deve indicare, in modo indelebile e negli spazi all'uopo destinati, il numero dei capi giornalmente abbattuti.
I cacciatori non residenti nella Regione Marche, per praticare l'esercizio venatorio, devono essere in possesso del tesserino rilasciato dalla Regione di residenza ed essere in regola con le norme di iscrizione all'A.T.C. prescelto nella Regione Marche. A tal fine la Regione determina la capienza massima come previsto dal Piano Faunistico-Venatorio Regionale. I dati risultanti saranno comunicati ad ogni singolo A.T.C.
Ai fini del rilascio del tesserino di cui ai punti precedenti ai cittadini della Repubblica di San Marino, ivi residenti, qualora non intervengano nuovi rapporti in materia venatoria tra il Governo italiano e la stessa Repubblica, il Servizio regionale competente provvede a trasmettere un quantitativo di tesserini della Regione, corrispondente al numero dei cacciatori che hanno chiesto di esercitare l'attività venatoria nella Regione Marche, tramite l'Amministrazione provinciale di Pesaro e Urbino, al competente ufficio in materia di caccia della Repubblica stessa.
Per consentire l'elaborazione dei dati ai fini della gestione di un sistema informativo regionale orientato alle esigenze della programmazione faunistico-venatoria, il cacciatore deve consegnare il tesserino della presente stagione venatoria al Comune di residenza al termine della presente stagione venatoria e, comunque, non oltre il mese di febbraio 2005.
Addestramento, allenamento ed uso dei cani
L'allenamento dei cani da caccia è consentito dall'11 agosto fino al 29 agosto per cinque giorni a settimana, esclusi martedì e venerdì, dalle ore 6.00 alle ore 20.00.
L'allenamento è consentito sulle stoppie, su calanchi e sui terreni incolti, nei boschi, lungo i corsi d'acqua, sui prati naturali ed anche su quelli artificiali, su coltivazioni di barbabietole a condizione che non si arrechi danno alle colture. È comunque vietato a meno di m. 500 dal confine delle aziende faunistico-venatorie e delle aziende agri-turisticovenatorie.
Ogni cacciatore può allenare ed utilizzare per l'esercizio venatorio contemporaneamente non più di due cani, siano essi da cerca o da ferma, o non più di sei cani segugi.
Per la caccia alla volpe e al cinghiale svolta in battuta e nei luoghi interessati dalla presenza di tali specie non si applicano le limitazioni di cui sopra.
Le Amministrazioni provinciali, tenuto conto della dislocazione, del numero, della superficie complessiva e dei relativi periodi di funzionamento delle zone per l'allenamento e l'addestramento dei cani e per le gare e le prove cinofile istituite a norma dell'art. 33 della legge regionale 5 gennaio 1995, n. 7, possono ridurre il periodo e l'orario di addestramento e allenamento dei cani fissati dal presente calendario venatorio.
Aziende faunistico-venatorie ed Aziende agri-turistico-venatorie
Le aziende faunistico-venatorie, fermo restando quanto disposto dal vigente regolamento, sono assoggettate alle limitazioni di tempo e di capi stabilite dal presente calendario.
Nel territorio delle aziende agri-turistico-venatorie non destinate a zona di riproduzione e sviluppo della fauna selvatica l'immissione e la caccia di fauna selvatica di allevamento è consentita per tutta la stagione venatoria, fermo restando il divieto di sparo nei giorni di martedì e venerdì.
Divieti e limitazioni
Tra i casi espressamente previsti da leggi e regolamenti vigenti si evidenziano i seguenti divieti e limitazioni:
- abbattere, catturare o detenere esemplari di qualsiasi specie di mammiferi e uccelli appartenenti alla fauna selvatica non compresi tra le specie tacciabili, fatta eccezione per topi propriamente detti, arvicole, talpe e ratti;
- vendere, detenere per vendere, acquistare uccelli vivi o morti nonché loro parti o prodotti derivabili facilmente riconoscibili appartenenti alla fauna selvatica fatta eccezione per germano reale, pernice rossa, pernice di Sardegna, starna, fagiano, colombaccio;
- l'uso di bocconi avvelenati;
- cacciare quando il territorio è coperto in tutto o per la maggior parte di neve. E' comunque consentita la caccia a palmipedi e trampolieri negli specchi d'acqua artificiali, laghi, stagni e acquitrini, purché non siano in tutto o nella maggior parte coperti da ghiaccio entro un massimo di metri 50 dalle relative rive o argini;
- cacciare negli stagni, nelle paludi e negli specchi d'acqua artificiali in tutto o nella maggior parte coperti da ghiaccio o su terreni allagati da piene di fiume;
- cacciare in forma vagante su terreni con le seguenti colture in atto: coltivazioni erbacee da seme o frutto; frutteti specializzati; vigneti e oliveti specializzati fino alla data del raccolto; coltivazioni di soia, di riso, nonché di mais per la produzione di seme o frutto fino alla data del raccolto; vivai, terreni in imboschimento fino a cinque anni; coltivazioni orticole e fioreali di pieno campo;
- cacciare nei soprassuoli delle zone boscate percorsi dal fuoco (art. 10, comma 1, L.R. n. 353/2000); - non è consentita la caccia da appostamento, sotto qualsiasi forma, al beccaccino; - non è consentita la posta alla beccaccia;
- per la protezione della natura e la tutela del paesaggio e della fauna, sull'intero territorio della regione è fatto divieto di dar fuoco alle stoppie derivanti dalle colture graminacee e leguminose, da erbe pratensi, palustri ed infestanti in campagna, da arbusti e da erbe lungo gli argini dei fiumi e dei corsi d'acqua in genere nonché lungo le strade comunali, provinciali, statali, autostrade e strade ferrate a distanza di ml. 100 dagli argini laterali di dette strade. II divieto di cui trattasi non sussiste nelle campagne per i periodi consentiti dagli usi agricoli locali, purché l'incendio di dette materie non arrechi danno immediato a persone, animali e cose. Il materiale risultante dalla distruzione di erbe infestanti, rovi e simili può essere incendiato purché riunito in cumuli. L'operatore deve assistere di persona fino a quando il fuoco sia completamente spento.
Il funzionamento degli appostamenti fissi ai colombacci e la relativa tabellazione sono limitati al periodo 2 ottobre-15 novembre 2004.
Ai cacciatori non residenti nella Regione Marche - fermo restando quanto sarà stabilito dai nuovi accordi da sottoscrivere tra le Regioni Abruzzo, Lazio, Toscana e Umbria, nonché Emilia-Romagna - il prelievo venatorio è consentito esclusivamente nei periodi che risultano comuni ai rispettivi calendari venatori, a decorrere dal 19 settembre 2004.
Sanzioni
Il contravventore alle disposizioni
contenute nel presente calendario venatorio è soggetto alle sanzioni previste
dalla
Legge11 febbraio 1992, n. 157 e dalla legge regionale 5 gennaio 1995, n. 7
Caccia alle specie in deroga
Il prelievo venatorio in regime di deroga è consentito ai sensi dell'art. 9, comma 1, lettera a) della direttiva 79/409/CEE e successive integrazioni, come meglio precisato, dal comma 7 dell'art. 30 della L. R. n. 7/1995 e dalla L.R. n. 221/2002 per prevenire gravi danni alle colture agrarie.
Le specie interessate sono:
- passero, passera mattugia: dal 19 settembre al 30 dicembre, con un numero di capi complessivi prelevabili giornalmente pari a 20 e annualmente pari a 200;
- storno: dal 1 ° settembre al 16 dicembre con un numero di capi complessivi giornalmente pari a 20 e annualmente pari a 200; il prelievo è consentito su tutto il territorio regionale fatta eccezione per le superfici boscate, ossia terreni coperti da vegetazione forestale arborea, associata o meno a quella arbustiva, di origine naturale o artificiale ed in qualsiasi stadio di sviluppo, con un'estensione non inferiore ai 2.000 metri quadrati, una larghezza media non inferiore a 20 metri ed una copertura, intesa come area di incidenza delle chiome, non inferiore al 20 per cento, con misurazioni effettuate dalla base esterna dei fusti;
- taccola: dal 1° settembre al 16 gennaio, con un numero di capi complessivi prelevabili giornalmente pari a 20 e annualmente pari a 200.
Sono autorizzati ad effettuare tali prelievi, con i mezzi di cui all'art. 27 della L. R. n. 7/1995, nel rispetto degli orari delle giornate consentite per l'esercizio venatorio, coloro che esercitano la caccia da appostamento e che abbiano provveduto a far vidimare dal Comune l'apposito spazio predisposto sul tesserino di caccia.
Il regime di deroga di cui all'art. 9, comma 1, lettera c), della direttiva 79/409/CEE, che consente in condizioni rigidamente controllate ed in modo selettivo la cattura, la detenzione o altri impieghi misurati di determinati uccelli in piccole quantità, si applica alla specie:
- fringuello: dal 20 ottobre al 10 novembre con un numero di capi complessivi annualmente pari a 7; il prelievo è consentito su tutto il territorio regionale fatta eccezione per le superfici boscate, ossia terreni coperti da vegetazione forestale arborea, associata o meno a quella arbustiva, di origine naturale o artificiale ed in qualsiasi stadio di sviluppo, con un'estensione non inferiore ai 2.000 metri quadrati, una larghezza media non inferiore a 20 metri ed una copertura, intesa come area di incidenza delle chiome, non inferiore al 20 percento, con misurazioni effettuate dalla base esterna dei fusti.
Sono autorizzati ad effettuare tali prelievi, con i mezzi di cui all'art. 27 della LR n. 7/1995, nel rispetto degli orari delle giornate consentite per l'esercizio venatorio, coloro che esercitato la caccia da appostamento, residenti nella Regione Marche, nel solo A.T.C. di residenza e che abbiano provveduto a far vidimare dal Comune l'apposito spazio predisposto sul tesserino di caccia.
Al fine di consentire la vigilanza sulla salvaguardia delle specie passero, passera mattugia, storno, taccola, fringuello, e trasmettere annualmente alla competente Commissione D.G.XI, tramite gli organi statali preposti, una relazione sulle misure adottate in ordine al prelievo a carico delle specie prelevate in deroga e sui loro effetti applicativi dell'integrale recepimento del regime di deroga previsto dall'art. 9, comma 1, della direttiva 79/409/CEE, i Comuni dovranno restituire i tesserini relativi alla presente stagione venatoria entro e non oltre il 31 marzo 2005.
L.R.
Molise 10 agosto 1993, n. 19
Norme per la protezione della fauna selvatica
omeoterma e per il prelievo venatorio
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(1) Pubblicata nel B.U. Molise 16 agosto 1993, n. 18.
(2) Vedi, anche, il Dec.Ass. 30 luglio 2002, n. 1.
Art. 1
Obiettivi.
1. La Regione Molise, nel rispetto dei princìpi stabiliti dalla legge 11 febbraio 1992, n. 157, delle Convenzioni internazionali e delle Direttive Comunitarie, detta norme destinate a disciplinare l'esercizio della caccia nell'ambito del territorio regionale al fine di proteggere e salvaguardare il patrimonio faunistico, nonché per la tutela dell'agricoltura e dell'ambiente. La Regione, per le suddette finalità promuove la collaborazione attiva degli Enti, delle Associazioni agricole e venatorie, per diffondere e approfondire la conoscenza del patrimonio faunistico e la difesa dell'ambiente.
2. La Regione esercita funzioni amministrative, di programmazione e di coordinamento ai fini della pianificazione faunistico venatoria.
3. La Giunta regionale sentita la Commissione Consiliare competente, propone al Consiglio regionale che li approva i piani pluriennali per gli interventi nel settore della caccia:
a) realizza la pianificazione del territorio mediante la destinazione differenziata del territorio stesso;
b) provvede a pubblicare annualmente entro e non oltre il 15 giugno il calendario venatorio regionale e il relativo regolamento (3);
c) entro un anno dall'entrata in vigore della legge la Regione promuove corsi di formazione sulle caratteristiche innovative della legge stessa.
4. In attuazione delle direttive C.E.E. la Regione provvede ad istituire lungo le rotte di migrazione dell'avi fauna segnalate dall'I.N.F.S., zone di protezione finalizzate al mantenimento degli habitat interni a tali zone e ad essi limitrofi.
5. Su parere dell'I.N.F.S. la Regione può autorizzare esclusivamente Istituti a carattere scientifico a catturare per scopi scientifici. Può inoltre rilasciare allo stesso scopo autorizzazione per inanellare.
6. Emana norme in ordine al soccorso alla detenzione temporanea e alla successiva liberazione di fauna selvatica in difficoltà.
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(3) Con D.P.G.R. 8 agosto 2000, n. 155 sono stati approvati il calendario e il regolamento per l'annata venatoria 1997-1998. Per l'annata 1998-1999 vedi il D.P.G.R. 30 luglio 1998, n. 83; per l'annata 1999-2000 vedi il D.P.G.R. 7 luglio 1999, n. 72 per l'annata 2000-2001 vedi il D.P.G.R. 2 agosto 2000, n. 86.
Art. 2
Tutela e uccellagione.
1. Fanno parte della fauna selvatica, oggetto della tutela della presente legge i mammiferi e gli uccelli dei quali esistono popolazioni viventi, stabilmente o temporaneamente, in stato di naturale libertà nel territorio regionale.
2. Sono particolarmente protette, anche sotto il profilo sanzionatorio, le specie di fauna selvatica elencate all'art. 2, 1° comma lettere a), b) e c) della legge 11 febbraio 1992, n. 157, comunque presenti sul territorio regionale, nonché le specie autoctone minacciate di estinzione riportate annualmente nel calendario venatorio.
3. È vietata in tutto il territorio regionale ogni forma di uccellagione e di cattura di uccelli e di mammiferi selvatici, il prelievo di uova, nidi e piccoli nati; è vietata altresì la cattura di uccelli con mezzi e per fini diversi da quelli previsti dalla presente legge.
Art. 3
Funzioni amministrative.
1. La Regione esercita le funzioni amministrative, di programmazione e di coordinamento ai fini della pianificazione faunistico venatoria e svolge compiti di orientamento, di controllo e sostitutivi nei casi previsti dalla presente legge e dal proprio statuto.
2. Le Province esercitano le funzioni amministrative previste dall'art. 14 della legge 8 giugno 1990, n. 142, dalla legge n. 157 del 1992 e dalla presente legge regionale.
3. La Regione e le Province, nell'espletamento delle rispettive funzioni in materia, si avvalgono sia dell'Istituto nazionale per la fauna selvatica (I.N.F.S.), quale organo scientifico e tecnico di ricerca, che della collaborazione di Enti ed istituti pubblici e privati specializzati nella ricerca.
Art. 4
Catture e inanellamento.
1. La Giunta regionale, su parere dell'I.N.F.S., può autorizzare esclusivamente gli Istituti Scientifici delle Università e del Consiglio Nazionale delle ricerche e i Musei di storia naturale ad effettuare, a scopo di studio e ricerca scientifica, la cattura e l'utilizzazione di mammiferi ed uccelli, nonché il prelievo di uova, nidi e piccoli nati.
2. L'attività di cattura temporanea per l'inanellamento degli uccelli a scopo scientifico può essere svolta esclusivamente da titolari di specifica autorizzazione, rilasciata dalla Giunta regionale, su parere dell'Istituto Nazionale per la fauna selvatica; l'espressione di tale parere è subordinata alla partecipazione a specifici corsi di istruzione, organizzati dallo stesso Istituto, e al superamento del relativo esame finale.
3. Chiunque abbatte, cattura o rinviene uccelli inanellati è obbligato a darne notizia entro 10 gg all'I.N.F.S. o al Comune nel cui territorio è avvenuto il fatto, il quale provvede ad informare il predetto Istituto.
4. Con decreto del Presidente della giunta regionale vengono emanate norme in ordine al soccorso, alla detenzione temporanea ed alla successiva liberazione di fauna selvatica in difficoltà (4).
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(4) Vedi il D.P.G.R. 17 aprile 2002, n. 60 con il quale sono state emanate le norme tecniche di cui al presente comma.
Art. 5
Tassidermia.
1. L'esercizio dell'attività di Tassidermia è subordinato al possesso di regolare iscrizione presso la Camera di Commercio Industria e Artigianato competente per territorio.
2. I dipendenti e titolari di Enti ed Istruzioni Pubbliche (quali Musei di Storia Naturale, Collezioni e Raccolte di interesse didattico scientifico) e gli Istituti Universitari, sono esonerati dal possesso dei documenti di cui al comma precedente, ma non possono esercitare l'attività di tassidermia se non per conto esclusivo degli Enti.
3. L'attività di Tassidermia è consentita esclusivamente nei confronti di esemplari appartenenti:
a) alla fauna selvatica, oggetto di caccia nella Regione Molise o nel restante territorio nazionale;
b) agli uccelli mammiferi provenienti da territorio diverso da quello nazionale (fauna esotica), purché l'abbattimento, l'importazione o, comunque, l'impossessamento siano avvenuti in conformità alla legislazione vigente in materia e nel rispetto degli accordi internazionali;
c) alla fauna, sia indigena che esotica, tradizionalmente allevata per fini amatoriali ed alla fauna domestica. È consentita, inoltre, la preparazione tassidermistica, negli stessi limiti nei quali è permesso l'abbattimento di tutti gli animali di cui sia comprovata la provenienza da allevamenti conformi alle disposizioni vigenti in materia;
d) l'Amministrazione provinciale può autorizzare la preparazione di ogni specie di selvatico deceduto per cause naturali o accidentali.
4. Il tassidermista deve annotare su di un apposito Registro di carico e scarico, vidimato dall'Amministrazione provinciale, tutti i dati relativi agli animali appartenenti alle specie protette eventualmente consegnatigli per la preparazione. Deve, inoltre indicare le generalità di chi ha consegnato l'animale e le circostanze nelle quali ne è venuto in possesso. La responsabilità di qualsiasi illecito è del committente. Sarà cura dello stesso produrre eventualmente una adeguata documentazione di supporto. È responsabile il tassidermista se non ottempera all'obbligo di registrazione ed a quanto previsto dal successivo comma.
5. All'atto della richiesta per la preparazione di cui al precedente comma, viene compilato un modulo, appositamente predisposto in triplice copia, una delle quali viene trasmessa all'Amministrazione provinciale. Nel contempo il tassidermista non potrà procedere alla naturalizzazione dell'esemplare, in attesa dell'esito che, comunque, dovrà essere comunicato dall'Amministrazione provinciale entro il termine di trenta giorni dall'avvenuta segnalazione. In caso di esito sfavorevole la stessa Amministrazione dovrà provvedere alla conservazione ed alla destinazione d'uso a fini didattico scientifici, ai sensi dell'art. 4, comma 1, della legge 7 febbraio 1992, n. 150.
6. Sono esonerati dall'obbligo della predetta segnalazione i Musei di Storia Naturale e le Collezioni scientifiche didattiche non private.
7. Il Tassidermista è obbligato ad apporre su tutti i preparati di esemplari appartenenti a specie protette e consegnati al committente, un contrassegno con il numero di riferimento del Registro, di cui al precedente comma 1. Tale obbligo non è esteso a soggetti zoologici affidati per la preparazione da Enti ed Istituzioni Pubbliche.
8. Eventuali controlli potranno essere effettuati da funzionari debitamente autorizzati dagli organi competenti nel rispetto delle norme costituzionali e legislative vigenti in materia.
9. Chiunque detenga, alla data di pubblicazione della presente legge, esemplari di animali imbalsamati, appartenenti alla fauna protetta, deve inviare, ai fini dell'ulteriore detenzione, il loro elenco all'Amministrazione provinciale, competente per territorio, con lettera raccomandata/avviso di ricevimento entro e non oltre un'anno dalla data sopra citata.
10. È tenuto all'obbligo di cui al comma precedente anche colui che è in possesso di esemplari già dichiarati e/o già contrassegnati, tutto ciò anche al fine di conoscere il patrimonio zoologico regionale.
11. L'Amministrazione provinciale competente per territorio apporrà su ciascuno degli esemplari dichiarati o parte di essi, ovvero sul basamento di sostegno degli stessi, un apposito contrassegno di modello uniforme saldamente fissato.
12. Nei confronti degli inadempienti trovano applicazione le sanzioni previste dagli art. 30 e 31 della legge 11 febbraio 1992, n. 157 per quanto concerne la detenzione ed il possesso di specie protette.
Art. 6
Piano faunistico venatorio regionale (5).
1. Il territorio agro - silvo - pastorale regionale è soggetto a pianificazione faunistico-venatoria finalizzata, per quanto attiene alle specie carnivore, alla conservazione delle effettive capacità riproduttive delle loro popolazioni e, per le altre specie, al conseguimento delle densità ottimali ed alla loro conservazione, mediante la riqualificazione delle risorse ambientali e la regolamentazione del prelievo venatorio.
2. La pianificazione faunistico-venatoria regionale è attuata mediante la destinazione differenziata del territorio.
3. Il territorio agro - silvo - pastorale della Regione, utile all'esercizio venatorio, è destinato per una quota non superiore al 20 per cento a protezione della fauna selvatica, comprendendo tutte le aree ove sia comunque vietata l'attività venatoria anche per effetto di altre leggi o disposizioni.
4. Nei territori di protezione, compresi quelli di cui al successivo art. 10 lettere a), b), e c), sono vietati l'abbattimento e la cattura a fini venatori e sono previsti interventi atti ad agevolare la sosta della fauna, la riproduzione, la cura della prole.
5. Il 15 per cento del territorio agro - silvo - pastorale regionale utile all'esercizio venatorio può essere così destinato:
a) 8 per cento alle aziende faunistico-venatorie;
b) 5 per cento alle aziende agri - turistiche - venatorie;
c) 2 per cento ai centri privati di produzione della selvaggina.
6. Sul rimanente territorio agro - silvo - pastorale la Regione promuove forme di gestione programmata della caccia, stabilite dagli articoli 18 e 20 della presente legge.
7. Il piano faunistico - regionale che realizza il coordinamento dei piani provinciali è predisposto dalla Giunta regionale, sentita la Commissione regionale Competente, è approvato dal Consiglio regionale, ha durata quinquennale e può essere rivisto nel corso della sua efficacia.
8. Il Piano faunistico regionale, oltre a contenere indirizzi generali sulle attività miranti al giusto equilibrio e conservazione della fauna sul territorio deve indicare:
a) i criteri per la determinazione del risarcimento in favore dei conduttori dei fondi rustici per i danni arrecati dalla fauna selvatica alle produzioni agricole e alle opere lettere a), b) e c) del successivo art. 10;
b) i criteri per la corresponsione degli incentivi in favore dei proprietari e conduttori dei fondi rustici singoli o associati che si impegnino alla tutela ed al ripristino degli habitat naturali ed all'incremento della fauna selvatica nelle zone di cui alle lettere a), e b), del successivo art. 10;
c) gli impegni finanziari per la realizzazione degli obiettivi della presente legge;
d) i criteri per l'individuazione dei territori da destinare alla costituzione di aziende faunistiche venatorie, di aziende agro - turistico - venatorie, di centri privati di produzione della fauna selvatica allo stato naturale.
9. Il Piano faunistico regionale deve essere accompagnato da un regolamento attuativo nel quale, tra l'altro, devono essere indicati i tempi per la costituzione dei Comitati di Gestione degli ambiti territoriali di caccia ed il loro insediamento.
10. Il regolamento regionale prevederà i criteri di priorità per l'ammissibilità da parte degli Organi di Gestione, in presenza di modificazioni positive della popolazione faunistica, accertate mediante censimenti, di un numero di cacciatori superiore a quello definito dall'indice di densità venatoria minima nel singolo ambito territoriale di caccia.
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(5) Il piano faunistico venatorio regionale è stato approvato con Delib.C.R. 24 giugno 1998, n.191, pubblicata nel B.U. 1° agosto 1998, n. 15.
Art. 7
Controllo della fauna.
1. La Regione, sentito l'I.N.F.S. , per particolari esigenze anche nelle zone vietate alla caccia provvede al controllo della fauna. Il controllo deve essere selettivo e basato su metodi ecologici. Qualora tali metodi non dovessero risultare efficaci la Regione può autorizzare piani di abbattimento.
Art. 8
Delega di funzioni amministrative.
1. In attuazione della legge n. 142 del 1990, e della legge n. 157 del 1992 e, per l'effettivo decentramento e partecipazione di tutte le categorie interessate ai problemi della fauna e dell'ambiente, sono delegate alle Province le funzioni amministrative in materia di caccia e di protezione della fauna, salvo quelle che la legge dello Stato riserva espressamente alla Regione. Le Province coordinano l'attività delle guardie volontarie delle Associazioni agricole, venatorie ed ambientaliste. È altresì demandata alle Province l'applicazione delle sanzioni per le infrazioni alle norme in materia di caccia.
2. Le Province si avvalgono, quali organi tecnico consultivi, dei Comitati tecnici faunistico-venatori provinciali previsti dalla presente legge. Anche le Province nell'espletamento delle loro funzioni si avvalgono dell'organo scientifico e tecnico di ricerca e consulenza nazionale denominato I.N.F.S. (Istituto Nazionale per la Fauna Selvatica), e possono altresì avvalersi della collaborazione di Enti o Istituti pubblici e delle Associazioni venatorie riconosciute ai sensi delle leggi vigenti.
Art. 9
Organismi tecnici consultivi.
1. La Regione e le Province nell'espletamento delle loro funzioni tecnico-scientifiche, si avvalgono dell'Istituto Nazionale per la Fauna Selvatica (INFS) e, rispettivamente, della Consulta regionale e delle Consulte Provinciali, a cui sono conferiti compiti di organi tecnici consultivi per problemi riguardanti la protezione della fauna selvatica e degli ambienti naturali nonché la disciplina dell'attività venatoria (6).
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(6) Articolo così sostituito dall'art. 1, comma 2, L.R. 20 maggio 2004, n. 15. Il testo originario era così formulato: «Art. 9. Comitati tecnici faunistico-venatori. 1. Il Comitato tecnico faunistico-venatorio provinciale è costituito con deliberazione della Giunta Provinciale ed è così composto:
a) dall'Assessore provinciale alla caccia o da altro amministratore provinciale da lui delegato con funzioni di Presidente;
b) da un rappresentante per ciascuna delle Associazioni venatorie organizzate a livello provinciale e riconosciute in ambito nazionale;
c) da due rappresentanti designati dalle Associazioni ambientaliste organizzate a livello provinciale e riconosciute in ambito nazionale. In caso di mancato accordo, i rappresentanti saranno nominati dalla Giunta Provinciale scelti tra terne di nominativi proposte da ciascuna Associazione;
d) da un rappresentante per ciascuna delle organizzazioni professionali agricole organizzate a livello provinciale e riconosciute in ambito nazionale;
e) da un rappresentante dell'E.N.C.I. ;
f) dal Coordinatore Provinciale del Corpo Forestale dello stato;
g) da un rappresentante designato dalle aziende agro - turistiche - venatorio scelto d'intesa tra quelli esistenti sul territorio Provinciale. In caso di mancato accordo provvede la Giunta Provinciale;
h) da un rappresentante designato di comune intesa dalle aziende faunistico - venatorio presenti nella Provincia. In caso di mancato accordo, il rappresentante sarà nominato dalla Giunta Provinciale tra terne di nominativi proposte da ciascuna azienda faunistica - venatoria;
i) da un rappresentante di ciascun Comitato di Gestione degli ambiti territoriali di caccia;
l) da un rappresentante dei titolari di centri riproduzione della selvaggina presenti sul territorio provinciale. In caso di mancata intesa provvede l'Amministrazione provinciale;
m) da un rappresentante dei Sindaci dei Comuni della Provincia, designato dall'A.N.C.I.;
n) dal Responsabile del Settore caccia della Provincia, con funzioni di Segretario.
2. Ove le disposizioni non dovessero pervenire all'Amministrazione Provinciale entro il termine di 60 giorni dalla data della richiesta, la Giunta Provinciale provvederà d'ufficio.
3. Il Comitato ha sede presso l'Assessorato provinciale competente ed è convocato dal Presidente, o su richiesta scritta e motivata di almeno un terzo dei componenti.
4. I componenti durano in carica fino allo scadere del mandato del Consiglio Provinciale e possono essere riconfermati.».
Art. 9-bis
Consulta regionale.
1. Con decreto del Presidente della Giunta regionale è costituita, presso l'Assessorato competente la Consulta regionale per la caccia, così composta:
a) Assessore regionale alla caccia in qualità di Presidente, o suo delegato;
b) gli Assessori provinciali pro-tempore o consiglieri delegati alla caccia;
c) un rappresentante delle organizzazioni professionali agricole maggiormente rappresentative a livello nazionale ed organizzate nella Regione designato di concerto tra le stesse;
d) un rappresentante per ogni associazione venatoria riconosciuta a livello nazionale ed organizzata in Regione;
e) un rappresentante regionale dell'Ente nazionale cinofila italiana;
f) un rappresentante regionale della Società italiana pro-segugio;
g) un rappresentante delle associazioni naturalistiche e di protezione ambientale, designato di concerto tra le stesse, presenti nel Consiglio nazionale per l'ambiente e che risultino organizzate nella Regione;
h) dal Coordinatore regionale del Corpo forestale dello Stato o suo delegato;
i) un rappresentante degli ambiti territoriali di caccia designato di concerto dagli stessi.
2. Il Presidente, ove lo ritenga opportuno per le peculiarità degli argomenti da trattare, dispone la partecipazione ai lavori della Commissione di un esperto.
3. I componenti, di cui alle lettere c), d), e), f), g) ed h), sono designati dalle rispettive Associazioni ed Enti, entro 15 giorni dalla richiesta.
4. La Consulta è costituita entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge con decreto del Presidente della Giunta regionale sulla base delle designazioni pervenute.
5. Le funzioni di segretario sono svolte da un dipendente addetto al Servizio caccia e pesca della Regione designato dal dirigente responsabile del Servizio stesso.
6. I componenti durano in carica fino allo scadere del mandato del Consiglio regionale e possono essere riconfermati.
7. La Giunta regionale corrisponde a ciascun componente della consulta, che non sia dipendente regionale, il rimborso delle spese di viaggio, ai sensi della normativa regionale vigente in materia (7).
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(7) Articolo aggiunto dall'art. 1, comma 3, L.R. 20 maggio 2004, n. 15.
Art. 9-ter
Consulta provinciale.
1. Presso la Giunta provinciale è istituita la "Consulta provinciale", quale organo tecnico-consultivo della Provincia.
2. La Consulta provinciale è composta da:
a) l'Assessore provinciale pro-tempore o consigliere delegato alla caccia, con funzioni di Presidente;
b) i Presidenti degli Ambiti territoriali di caccia ricadenti nella Provincia, o loro delegati;
c) un rappresentante per ogni associazione venatoria riconosciuta a livello nazionale ed organizzata in Regione;
d) un rappresentante di ciascuna delle organizzazioni professionali agricole organizzate a livello provinciale e riconosciute in ambito nazionale;
e) un rappresentante dell'ENCI o società specializzata, allo stesso ente affiliata, designato di concerto tra le stesse;
f) un rappresentante provinciale della Società italiana pro-segugio;
g) il Coordinatore provinciale del Corpo forestale dello Stato o funzionario da lui delegato;
h) un rappresentante delle associazioni naturalistiche e di protezione ambientale, presenti nel Consiglio nazionale per l'ambiente e che risultino organizzate nella Provincia, designato di concerto tra le stesse, in caso di mancato accordo, i rappresentanti saranno nominati dalla Giunta provinciale scelti tra terne proposte da ciascuna Associazione.
3. Ove le designazioni non dovessero pervenire all'Amministrazione provinciale entro il termine di 60 giorni dalla richiesta, la Giunta provinciale provvede d'ufficio.
4. La Consulta ha sede presso l'Assessorato provinciale competente ed è convocata dal Presidente, o su richiesta scritta e motivata di almeno un terzo dei componenti.
5. I componenti durano in carica fino allo scadere del mandato del Consiglio provinciale e possono essere confermati.
6. L'Amministrazione provinciale può corrispondere a ciascun componente della Consulta il rimborso delle spese di viaggio, ai sensi della normativa vigente in materia, attingendo dai fondi erogati dalla Regione, ai sensi del successivo articolo 41 (8).
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(8) Articolo aggiunto dall'art. 1, comma 3, L.R. 20 maggio 2004, n. 15.
Art. 10
Piani faunistico-venatori provinciali.
1. Ai fini della realizzazione della pianificazione faunistico venatorio regionale, le Province, entro il mese di marzo di ogni anno, predispongono, articolandoli per comprensori, i piani faunistico-venatori.
2. I piani, di cui al comma 1 sono approvati dal Consiglio provinciale su proposta della Giunta e trasmessi alla Giunta regionale per il dovuto coordinamento. Essi devono essere approvati, secondo le procedure previste al precedente articolo 6, comma 7, entro e non oltre 150 giorni dalla trasmissione della delibera del Consiglio provinciale. Trascorso tale termine, gli stessi si intendono approvati (9).
3. I Piani faunistico-venatori devono prevedere:
a) le oasi di protezione, destinate a rifugio, alla riproduzione ed alla sosta della fauna selvatica;
b) le zone di ripopolamento e cattura, destinate alle riproduzione della fauna selvatica allo stato naturale ed alla cattura della stessa per l'immissione nel territorio in tempi e condizioni utili all'ambientamento fino alla ricostituzione e alla stabilizzazione della densità faunistica ottimale per il territorio;
c) i centri pubblici di produzione di fauna selvatica allo stato naturale, ai fini di ricostituzione delle popolazioni autoctone;
d) i centri privati di riproduzione di fauna selvatica allo stato naturale, organizzati in forma di azienda agricola singola, consortile o cooperativa, ove è vietato l'esercizio dell'attività venatoria ed è consentito il prelievo di animali allevati, appartenenti a specie cacciabili, da parte del titolare dell'impresa agricola, di dipendenti della stessa e di persone nominativamente indicate;
e) aziende faunistico-venatorie senza fini di lucro soggette a tassa di concessione regionale, nei limiti della presente legge, nelle quali la caccia è consentita ai solo soci da concedersi in gestione con provvedimento della Giunta regionale a chi ne faccia richiesta;
f) le zone per l'addestramento, l'allenamento e le gare dei cani da caccia anche su fauna selvatica naturale o con l'abbattimento di fauna di allevamento appartenente a specie cacciabili, la cui gestione può essere affidata ad associazioni venatorie e cinofili ovvero ad imprenditori singoli o associati;
g) quagliodromi di superficie normalmente oscillante fra i quattro e dieci ettari, fino al raggiungimento di una superficie massima di 80 ettari, in cui sia consentito l'allenamento e l'addestramento dei cani da ferma anche mediante l'abbattimento di fauna selvatica cacciabile di allevamento da concedersi con provvedimento della Provincia competente per territorio a chi ne faccia richiesta (10);
h) la costituzione ed il mantenimento degli appostamenti fissi senza richiami vivi, la cui ubicazione non deve comunque ostacolare l'attuazione del piano faunistico-venatorio (legge n. 157 del 1992 art. 14, comma 12).
4. Le zone di cui al comma 3 lettere a), b) e c) devono essere perimetrate con tabelle, esenti da tasse, a cura delle Province interessate, mentre quelle alle lettere e), f), g) ed h) a cura dell'Ente, associazione o privato affidatario della singola zona.
5. La deliberazione che determina il perimetro delle zone da vincolare come indicato al comma 3, lettere a), b), c) ed e) deve essere notificata ai proprietari o conduttori dei fondi interessati e/o pubblicata mediante affissione all'albo pretorio dei Comuni territorialmente interessati (11).
6. Qualora nei successivi sessanta giorni sia presentata opposizione motivata, in carta ed esente da oneri fiscali, da parte dei proprietari o conduttori dei fondi costituenti almeno il 40% della superficie complessiva che si intende vincolare, la zona non può essere istituita.
7. Il consenso si intende validamente accordato nel caso in cui non sia stata presentata formale opposizione nel termine di cui al comma 6.
8. Nelle zone non vincolate ai sensi del comma 3 lettera a), b), c), per la opposizione manifesta dei proprietari o conduttori dei fondi interessati, resta, in ogni caso, precluso l'esercizio dell'attività venatoria.
Le Province possono destinare le suddette aree ad altro uso nell'ambito della pianificazione faunistico-venatorio.
9. Le Province in via eccezionale ed in vista di particolari necessità ambientali, possono disporre la costituzione coattiva di oasi di protezione e di zone di ripopolamento e cattura, nonché l'attuazione dei piani di miglioramento ambientale di cui al successivo articolo 11.
10. Nel caso di mancato adempimento da parte delle Province la Regione esercita il potere sostitutivo di cui al precedente articolo 3 comma 1.
11. Le tabelle di segnalazione di divieto o di regimi particolari di caccia devono essere delle dimensioni di cm. 20 per cm. 30, con scritta nera su fondo bianco e collocate lungo tutto il perimetro dei territori interessati, ad una distanza di circa 100 metri e comunque in modo che da una tabella siano visibili le due contigue.
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(9) Comma così sostituito dall'art. 1, comma 4, L.R. 20 maggio 2004, n. 15. Il testo originario era così formulato: «2. I Piani di cui al comma 1 sono approvati dal Consiglio provinciale su proposta della Giunta, e trasmessi alla Giunta regionale per il dovuto coordinamento.».
(10) Lettera così sostituita dall'art. 1, comma 5, L.R. 20 maggio 2004, n. 15. Il testo originario era così formulato: «g) quagliodromi di superficie oscillanti fra i quattro dieci ettari fino al raggiungimento di una superficie massima di 25 ettari, in cui sia consentito l'addestramento dei cani da ferma anche mediante l'abbattimento di fauna selvatica cacciabile di allevamento da concedersi con provvedimento della Giunta Regionale a chi ne faccia richiesta.».
(11) Comma così sostituito dall'art. 1, L.R. 17 luglio 2001, n. 19. Il testo originario era così formulato: «5. La deliberazione che determina il perimetro delle zone da vincolare come indicato al comma 3 lettere a), b), c), e) deve essere notificata ai proprietari o conduttori dei fondi interessati e pubblicata mediante affissione all'albo pretorio dei comuni territorialmente interessati.».
Art. 11
Piani di miglioramento ambientale.
1. Le Province predispongono piani di miglioramento ambientale tesi a favorire la riproduzione naturale di fauna selvatica nonché piani di immissione di detta fauna anche tramite la cattura dei selvatici presenti in soprannumero nei parchi nazionali e regionali ed in altri ambiti faunistici, salvo accertamento delle compatibilità genetiche da parte dell'I.N.F.S. e sentite le organizzazioni professionali agricole maggiormente rappresentative a livello nazionale, tramite le loro strutture regionali.
2. L'attività di cattura e di ripopolamento viene esercitata dalle Province e tende all'immissione equilibrata sul territorio, delle specie di fauna selvatica autoctona, fino al raggiungimento delle densità faunistiche ottimali.
3. Le catture sono effettuate dagli agenti venatori dipendenti dalle Province, con la collaborazione delle guardie volontarie delle associazioni venatorie, agricole e di protezione ambientale presenti nel Comitato tecnico faunistico-venatorio nazionale di cui all'art. 8 della legge 11 febbraio 1992, n. 157.
Art. 12
Oasi di protezione.
1. Le oasi di protezione di cui alla lettera a) del comma 3 dell'art. 10 sono destinate alla conservazione della fauna selvatica, favorendo l'insediamento e l'irradiamento naturale delle specie stanziali e la sosta delle specie migratorie, al fine di preservare il flusso delle correnti migratorie. Nelle oasi di protezione è vietata ogni forma di esercizio venatorio.
2. Le oasi di protezione sono istituite e gestite dalla Provincia, sentito l'I.N.F.S. Con le stesse modalità, l'istituzione di oasi può essere revocata qualora non sussistano, per modificazioni oggettive, le condizioni idonee al conseguimento delle finalità specifiche. Il territorio adibito ad oasi di protezione è delimitato con tabelle indicanti il divieto di caccia, secondo le modalità previste dall'art. 10 comma 11 della presente legge.
3. La Provincia, su richiesta dell'I.N.F.S., può autorizzare nelle oasi di protezione catture a scopo di studio o di ricerca scientifica e può altresì autorizzare, sentito il predetto Istituto, le guardie venatorie dipendenti alla cattura di determinate specie di fauna selvatica presenti in accertato soprannumero, a scopo di ripopolamento o di reintroduzione secondo i criteri dettati dalla pianificazione faunistica.
4. In via eccezionale e per la sola riduzione di determinate specie che pregiudichino l'equilibrio biologico e la funzionalità delle oasi di protezione, la Provincia, sentito l'I.N.F.S., può autorizzare abbattimenti selettivi; le operazioni di abbattimento debbono avvenire alla presenza di dipendenti di Pubblica Amministrazione aventi la qualifica di Agenti di Polizia Giudiziaria e di Pubblica Sicurezza.
4-bis. Le oasi di protezione possono essere trasformate in Parchi regionali (12).
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(12) Comma aggiunto dall'art. 1, comma 6, L.R. 20 maggio 2004, n. 15.
Art. 13
Zone di ripopolamento e cattura.
1. Le zone di ripopolamento e cattura di cui al comma 3 lettera b) dell'art. 10 sono destinate alla riproduzione della fauna selvatica allo stato naturale, al suo irradiamento nelle zone circostanti ed alla cattura della medesima per l'immissione sul territorio in tempi e condizioni utili all'ambientamento fino alla ricostruzione ed alla stabilizzazione della densità faunistica ottimale del territorio. Esse devono essere costituite in terreni idonei e non destinati a coltivazioni specializzate o suscettibili di particolare danneggiamento per la rilevante presenza di fauna selvatica; in esse è vietata ogni forma di esercizio venatorio. Le zone di ripopolamento e cattura hanno una durata di 5 anni salvo rinnovo alla scadenza.
2. Le zone di ripopolamento e cattura sono istituite e gestite dalle province e dalle stesse revocate, qualora non sussistano, per modificazioni oggettive, le condizioni idonee al conseguimento delle finalità specifiche. Ciascuna zona di ripopolamento e cattura deve avere una superficie commisurata alle esigenze biologiche delle specie selvatiche principalmente interessate e deve essere adeguatamente tabellata a cura dell'ente gestore.
3. Le catture devono essere compiute in modo da garantire la continuità della riproduzione della fauna selvatica.
4. Nel caso estremo di superaffollamento della fauna selvatica, recante eccessivo danno alle colture agrarie, la Provincia se non ha i mezzi per procedere all'immediata cattura, è autorizzata a porre in essere le procedure previste dall'art. 19, 2° comma, della legge n. 157 del 1992.
5. Nelle zone di ripopolamento e cattura, la Provincia può autorizzare prove cinofile a carattere nazionale e internazionale, con divieto di abbattimento della fauna selvatica e sempre che tali prove non arrechino danno alle colture agricole ed alla fauna (13).
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(13) Comma così sostituito dall'art. 1, comma 7, L.R. 20 maggio 2004, n. 15. Il testo originario era così formulato: «5. Nelle zone di ripopolamento e cattura, la Provincia può autorizzare gare cinofile con divieto di abbattimento della fauna selvatica e sempre che tali gare non arrechino danno alle colture agricole ed alla fauna.».
Art. 14
Centri pubblici e privati di riproduzione di fauna selvatica.
1. I centri pubblici di riproduzione di fauna selvatica di cui alla lettera c) dell'articolo 10 comma 3 hanno per scopo la riproduzione della fauna selvatica allo stato naturale, ai fini di ricostituzione della fauna autoctona, da utilizzare esclusivamente per le azioni di ripopolamento e rinsanguamento del territorio regionale.
2. I centri pubblici di riproduzione di fauna selvatica sono istituiti, preferibilmente su terreni demaniali, dalle Province che ne curano anche la gestione per la quale possono avvalersi della collaborazione delle Comunità Montane, dei Comuni singoli od associati, nonché degli organi di gestione degli ambiti territoriali di caccia, quando ricadenti nei rispettivi territori.
3. Le Province, sulla base delle previsioni del piano faunistico-venatorio regionale, autorizzano gli imprenditori agricoli singoli o associati o le associazioni venatorie che ne facciano richiesta a costituire centri privati di riproduzione, di cui alla lettera d) dell'articolo 10, della fauna selvatica allo stato naturale (14).
4. La richiesta di autorizzazione deve essere corredata dalla planimetria del territorio interessato, da una relazione illustrativa dell'attività che si intende svolgere e dall'atto comprovante il titolo di proprietà o di possesso dei fondi da vincolarsi. Nella richiesta devono essere elencati i nominativi delle persone autorizzate al prelievo di animali allevati.
5. L'autorizzazione della Provincia fissa i quantitativi minimi per specie che il Centro è tenuto a produrre annualmente ed ogni altra prescrizione per il funzionamento del Centro.
6. Nessuna indennità è dovuta al concessionario per i danni eventualmente arrecati da specie selvatiche alle colture del Centro privato o a quelle circostanti in possesso del titolare del Centro.
7. Le Province, ai fini di ripopolamento, hanno diritto di prelazione sull'acquisto di selvaggina prodotta nei centri privati. A tale scopo entro il mese di novembre di ogni anno, le Province comunicano ai Centri privati il proprio fabbisogno di fauna selvatica.
8. Nei centri privati è consentito il prelievo di animali allevati appartenenti a specie cacciabili da parte del titolare dell'impresa agricola o dell'associazione venatoria, di dipendenti delle stesse e di persone nominativamente indicate. Detto prelievo non costituisce esercizio venatorio (15).
9. Nei Centri privati di riproduzione della fauna selvatica, la caccia è vietata. I Centri sono segnalati da tabelle, previste all'art. 10 comma 11 della presente legge.
10. Le Province esercitano attività di controllo e vigilanza nei centri privati.
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(14) Comma così sostituito dall'art. 1, comma 8, L.R. 20 maggio 2004, n. 15. Il testo originario era così formulato: «3. Le Province, sulla base delle previsioni del piano faunistico-venatorio regionale, autorizzano gli imprenditori agricoli singoli o associati, che ne facciano richiesta, a costituire Centri privati di riproduzione lettera d), art. 10, della fauna selvatica allo stato naturale.».
(15) Comma così sostituito dall'art. 1, comma 9, L.R. 20 maggio 2004, n. 15. Il testo originario era così formulato: «8. Nei Centri privati, è consentito, ai fini di impresa agricola, il prelievo di animali allevati appartenenti a specie cacciabili da parte del titolare dell'impresa agricola, di dipendenti della stessa e di persone nominativamente indicate. Detto prelievo non costituisce esercizio venatorio.».
Art. 15
Zone per l'allenamento e l'addestramento dei cani per le gare degli stessi e quagliodromi.
1. Le Province, nel rispetto del regolamento regionale, istituiscono, su terreni incolti o a coltura svantaggiata, zone destinate all'addestramento, l'allenamento dei cani da caccia ed allo svolgimento delle gare e prove cinofile e ne affidano la gestione alle associazioni venatorie e cinofile, riconosciute a livello nazionale, ovvero ad imprenditori agricoli singoli o associati.
2. Le zone di addestramento cani già in essere, possono continuare l'attività previa istanza da presentare all'Amministrazione provinciale competente per territorio entro e non oltre quattro mesi dall'entrata in vigore della presente legge.
3. Il regolamento regionale potrà prevedere solo ed esclusivamente per le zone affidate in gestione, il divieto di caccia.
4. Le Province, nel rispetto del regolamento regionale, su richiesta degli interessati istituiscono quagliodromi per l'addestramento, l'allenamento e le gare dei cani da caccia in cui è consentito l'abbattimento di fauna selvatica di allevamento. La concessione o revoca viene effettuata dalla Giunta provinciale (16).
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(16) Vedi il Reg. 15 gennaio 1996, n. 1 «Regolamento per i quagliodromi», pubblicato nel B.U. 1° febbraio 1996, n. 2; e il Reg. 24 marzo 1997, n. 1 «Regolamento regionale per le zone addestramento cani e per le gare cinofile», pubblicato nel B.U. 31 maggio 1997, n. 11.
Art. 16
Aziende faunistico-venatorie senza fini di lucro.
1. La Regione, su richiesta degli interessati, sentito l'I.N.F.S. e nei limiti della presente legge, istituiscono per prevalenti finalità naturalistiche e faunistiche, nonché per il potenziamento, lo sviluppo e l'irradiamento della fauna selvatica autoctona, aziende faunistico-venatorie senza fini di lucro in cui non è consentito immettere fauna selvatica successivamente al 31 agosto.
2. Dette concessioni, al fine di garantire l'obiettivo naturalistico e faunistico, devono essere corredate di programmi di conservazione, potenziamento e ripristino di ambienti naturali atti a favorire la riproduzione delle specie cacciabili, nonché dei criteri per il risarcimento dei danni arrecati dalla fauna selvatica alle colture agricole.
3. In dette aziende la caccia è consentita nel pieno rispetto del calendario venatorio e con l'indice di densità minima stabilita per gli altri territori cacciabili della Regione, secondo piani di assestamento e di abbattimento, tali da garantire una presenza costante sui territori interessati di un contingente di riproduttori pari al 30% delle sue risorse faunistiche.
4. Le aziende faunistico-venatorie vengono concesse e revocate dalla Giunta regionale sulla base del regolamento tipo.
5. Le aziende faunistico-venatorie senza fini di lucro, poiché perseguono finalità d'interesse generale, sono soggette a tassa di concessione regionale ridotta (17).
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(17) Vedi il Reg. 8 giugno 1995, n. 1 « Regolamento per le aziende faunistico venatorie senza scopo di lucro», pubblicato nel B.U. 16 giugno 1995, n 13.
Art. 17
Allevamenti di fauna selvatica (18).
1. Le Province, nel rispetto del regolamento regionale, autorizzano gli allevamenti di fauna selvatica, a scopo alimentare, ornamentale, di ripopolamento ed amatoriale (19).
2. L'autorizzazione deve essere rilasciata entro il termine di 60 giorni dalla richiesta.
3. Il titolare di un'impresa agricola può esercitare l'allevamento di fauna selvatica a scopo alimentare, di ripopolamento, ornamentale ed amatoriale, dandone semplice comunicazione alla competente Provincia, secondo le disposizioni dalla medesima emanate.
3-bis. Le Province molisane e gli ambiti territoriali di caccia possono applicare il diritto di prelazione sull'acquisto dei capi prodotti negli allevamenti disciplinati dal presente articolo secondo le procedure individuate al precedente articolo 14, comma 7 (20).
4. Le Province sono delegate all'attuazione di quanto previsto al comma 4 dell'art 17 della legge 11 febbraio 1992, n. 157.
5. Sono soggette ad autorizzazione della Provincia anche le attività relative alla detenzione e allevamento in cattività e creazione di ibridi di volatili di fauna selvatica (21).
6. Gli esemplari prodotti negli allevamenti di cui al comma 1, devono essere muniti di anelli inamovibili.
7. Nelle manifestazioni fieristiche, nelle mostre ornitologiche e negli esercizi commerciali specializzati, possono essere esposti e venduti esclusivamente esemplari muniti di regolari anelli.
8. La Giunta regionale è autorizzata a concedere contributi per l'impianto e la gestione di Centri consortili di allevamento di selvaggina, istituiti dalle Province per il ripopolamento faunistico. Il contributo è concesso sulla base di un programma di spesa, l'erogazione è disposta per il 50 per cento in via d'acconto per il restante 50 per cento previa presentazione della documentazione probatoria della spesa.
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(18) Vedi, anche, il Reg. 29 dicembre 1999, n. 3 riguardante la disciplina degli allevamenti a scopo di ripopolamento ed alimentare.
(19) Comma così sostituito dall'art. 1, comma 10, L.R. 20 maggio 2004, n. 15. Il testo originario era così formulato: «1. Gli allevamenti di fauna selvatica delle specie cacciabili, di cui all'art. 27 della presente legge, a scopo alimentare, di ripopolamento, ornamentale ed amatoriale, sono soggetti ad autorizzazione da parte dell'Amministrazione provinciale competente per territorio.».
(20) Comma aggiunto dall'art. 1, comma 11, L.R. 20 maggio 2004, n. 15.
(21) Comma così sostituito dall'art. 1, comma 12, L.R. 20 maggio 2004, n. 15. Il testo originario era così formulato: «5. Sono soggette ad autorizzazione della Provincia anche le attività relative alla detenzione e allevamento in cattività e creazione di ibridi di volatili. Tali attività possono essere svolte soltanto con esemplari appartenenti alle specie autoctone cacciabili o a quelle esotiche non protette da accordi internazionali.».
Art. 18
Ambiti territoriali di caccia.
1. La Giunta regionale ripartisce il territorio regionale agro-silvo-pastorale destinato alla caccia programmata in non più di quattro ambiti territoriali di caccia, subprovinciali, possibilmente omogenei e delimitati da confini naturali, di estensione non inferiore ai 50.000 ettari (22).
2. D'intesa con le regioni confinanti e per esigenze motivate, la Giunta regionale può altresì individuare ambiti territoriali di caccia interessanti anche due o più Province.
3. Ad ogni ambito di caccia, in rapporto all'estensione territoriale ed alle risorse faunistico ambientali, viene applicato l'indice di densità venatoria minima indicata dal Ministero per l'Agricoltura e Foreste.
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(22) Comma così sostituito dall'art. 1, comma 13, L.R. 20 maggio 2004, n. 15. Il testo originario era così formulato: «1. La Giunta regionale, sentita la Commissione Consiliare competente, ripartisce il territorio regionale agro-silvo-pastorale destinato alla caccia programmata in non più di quattro ambiti territoriali di caccia, subprovinciali, possibilmente omogenei e delimitati da confini naturali, di estensione non inferiore a 60.000 ettari.». Con D.P.G.R. 13 giugno 1994, n. 613, pubblicato sul B.U. 16 luglio 1994, n. 14, il territorio è stato ripartito in tre ambiti territoriali di caccia.
Art. 19
Comitati di gestione degli ambiti territoriali.
1. I Comitati di gestione degli ambiti territoriali per la gestione programmata della caccia, ed i soggetti privati senza scopo di lucro d'interesse pubblico, sono costituiti con provvedimento della Giunta provinciale competente per territorio e sono così composti (23):
a) da cinque rappresentanti delle organizzazioni professionali agricole maggiormente rappresentative a livello nazionale ed organizzate nella provincia di cui uno per organizzazione. Nel caso in cui le associazioni anzidette siano presenti in numero inferiore a cinque, le designazioni necessarie per completare le rappresentative saranno espresse dalle organizzazioni aventi il maggior numero di iscritti;
b) da cinque rappresentanti delle associazioni venatorie riconosciute a livello nazionale ed organizzate nella provincia, di cui uno per associazione;
c) da tre rappresentanti delle Associazioni ambientali, presenti nel Consiglio Nazionale per l'Ambiente ed organizzate nella provincia, di intesa tra le stesse. In caso di mancato accordo, i rappresentanti saranno nominati dalla Giunta provinciale tra terne di nominativi proposte da ciascuna associazione ambientale;
d) dai Sindaci dei tre Comuni territorialmente più estesi ricadenti nell'A.T.C.;
e) da un rappresentante dell'Amministrazione provinciale competente per territorio con voto consultivo.
2. Svolge le funzioni di Segretario, un dipendente dell'Ufficio Caccia competente per territorio con qualifica funzionale non inferiore a VII livello.
3. Le designazioni di nomina o di revoca avvengono ad iniziativa delle rispettive strutture provinciali. Qualora le designazioni non dovessero pervenire all'Amministrazione provinciale entro il termine di 60 giorni dalla data della richiesta, la Giunta provinciale provvederà d'ufficio.
4. I Comitati di gestione degli ambiti territoriali di caccia hanno sede presso le competenti Amministrazioni Provinciali e sono convocati dai rispettivi Presidenti, o su richiesta scritta e motivata di almeno un terzo dei componenti. I componenti durano in carica fino allo scadere del mandato del Consiglio provinciale e possono essere riconfermati una sola volta.
5. I Comitati di gestione così costituiti eleggono nel proprio seno il Presidente e nominano il collegio dei revisori dei conti tra esperti, estranei al Comitato di Gestione, in numero di tre iscritti nell'apposito albo (24).
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(23) Alinea così sostituito dall'art. 1, comma 14, L.R. 20 maggio 2004, n. 15. Il testo originario era così formulato: «1. I Comitati di gestione degli ambiti territoriali per la gestione programmata della caccia, sono costituiti con provvedimento della Giunta provinciale competente per territorio e sono così composti:».
(24) Comma così sostituito dall'art. 1, comma 15, L.R. 20 maggio 2004, n. 15. Il testo originario era così formulato: «5. I Comitati di gestione così costituiti, eleggono nel proprio seno il Presidente ed il Collegio dei revisori dei conti in numero non inferiore a tre.».
Art. 20
Gestione degli ambiti territoriali di caccia funzioni delle province.
1. Ai fini del Coordinamento della gestione programmata della Caccia, le Province:
a) regolamentano il prelievo venatorio nel rispetto della forma o dei tempi di caccia previsti dalla presente legge, in rapporto alla consistenza delle popolazioni di fauna selvatica stanziale accertata tramite censimenti effettuati di intesa con i Comitati di gestione;
b) indicano il numero dei capi di fauna selvatica stanziale prelevabili durante la gestione venatoria;
c) determinano il numero dei cacciatori ammissibili in ogni ambito territoriale, in modo che risulti un rapporto cacciatore territorio utile alla caccia non inferiore alla media regionale sulla base dei tesserini rilasciati l'anno precedente;
d) fissano le quote di partecipazione economica da parte dei cacciatori residenti in Molise a favore dei comitati di gestione in una misura base non superiore al 50% dell'importo della tassa di concessione regionale per l'esercizio venatorio (25).
e) provvedono a comunicarsi il numero dei cacciatori residenti da considerare negli ambiti territoriali di caccia di propria competenza. Per la convalida degli ambiti territoriali di caccia sul tesserino di caccia è sufficiente il timbro della sola Provincia di residenza (26).
2. Le suddette quote, da versare all'Amministrazione provinciale competente, sono da quest'ultima accreditate ai Comitati di gestione ed utilizzate esclusivamente per finalità faunistico-venatorie, nonché per lo sviluppo delle attività compatibili con l'ambiente.
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(25) Lettera così sostituita dall'art. 1, comma 16, L.R. 20 maggio 2004, n. 15. Il testo originario era così formulato: «d) fissano le quote di partecipazione economica da parte dei cacciatori a favore dei Comitati di gestione in una misura base non superiore all'importo della tassa di concessione regionale per fucile a due colpi ridotta al 50% per i cacciatori residenti nel Molise.».
(26) Lettera aggiunta dall'art. 1, comma 17, L.R. 20 maggio 2004, n. 15.
Art. 21
Compiti dei comitati di gestione.
1. Il Comitato di gestione, entro quattro mesi dal suo insediamento, approva un proprio regolamento nel quale devono essere comunque previsti:
a) piani poliennali di utilizzazione del territorio interessato per ciascuna stagione venatoria con i programmi delle immissioni e degli abbattimenti di fauna selvatica;
b) l'istituzione e le modalità organizzative di Centri di allevamento organizzati in forma di azienda agricola della fauna selvatica stanziale, muniti di adeguate strutture venatorie per l'adattamento in libertà;
c) le condizioni perché venga garantita una consistenza di base della fauna selvatica durante l'anno solare.
2. Il Comitato di gestione promuove e organizza le attività di ricognizione delle risorse ambientali e della consistenza faunistica, programma gli interventi per il miglioramento degli habitat, provvede all'attribuzione degli incentivi economici ai proprietari e ai conduttori dei fondi rustici per:
a) la ricostituzione di una presenza faunistica ottimale per il territorio;
b) le coltivazioni per l'alimentazione naturale dei mammiferi e degli uccelli soprattutto nei terreni dismessi da interventi agricoli, ai sensi del regolamento C.E.E. n. 1094 del 1988 del Consiglio del 25 aprile 1988 e successive modificazioni;
c) il ripristino di zone umide e di fossati;
d) la differenziazione delle colture;
e) la coltivazione di siepi, cespugli e alberi adatti alla riproduzione della fauna selvatica ed alla nidificazione;
f) la tutela dei nidi e dei nuovi nati di fauna selvatica nonché dei riproduttori;
g) la collaborazione operativa ai fini del tabellamento, della difesa preventiva delle coltivazioni passibili di danneggiamento, della pasturazione invernale degli animali in difficoltà, della manutenzione degli apprestamenti di ambientamento della fauna selvatica.
3. Il Comitato di gestione degli ambiti territoriali di caccia provvede, altresì, alla erogazione di contributi per il risarcimento dei danni arrecati alle produzioni agricole dalla fauna selvatica nei territori destinati alla caccia programmata, per una percentuale minima del 15% dell'importo stimato dalle Province secondo le procedure, di cui al successivo articolo 32. Lo stesso Comitato provvede, altresì, alla erogazione di contributi per interventi previamente concordati, al fine della prevenzione delle azioni di danno (27).
4. A partire dalla stagione venatoria 1995/96, il Comitato di gestione deve fornire all'Amministrazione provinciale elementi di valutazione al fine della determinazione del contributo da assegnare ai proprietari o conduttori ai sensi del successivo art. 25.
5. Il bilancio preventivo dell'A.T.C. viene approvato dal Comitato di gestione entro il 31 dicembre dell'anno precedente a quello a cui si riferisce ed è inviato alla Provincia, corredato dalla relazione del Collegio dei revisori dei Conti.
6. Ogni A.T.C. ha facoltà di spesa nei limiti delle disponibilità di bilancio.
7. Ogni A.T.C. deve trasmettere alla Provincia, entro il 31 marzo di ogni anno, il rendiconto tecnico finanziario relativo all'esercizio precedente, corredato dalla relazione del Collegio dei revisori dei conti.
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(27) Comma così sostituito dall'art. 1, comma 18, L.R. 20 maggio 2004, n. 15. Il testo originario era così formulato: «3. Il Comitato di gestione degli A.T.C. provvede, altresì, all'erogazione di contributi per il risarcimento dei danni arrecati alle produzioni agricole della fauna selvatica e dall'esercizio dell'attività venatoria nonché di contributi per interventi, previamente concordati, ai fini della prevenzione delle azioni di danno.».
Art. 22
Esercizio dell'attività venatoria.
1. L'attività venatoria si svolge in base ad una concessione che lo Stato rilascia ai cittadini che la richiedono e che posseggono i requisiti previsti dalla legge 11 febbraio 1992, n. 157 e dalla presente legge.
2. Costituisce esercizio venatorio ogni atto diretto all'abbattimento o alla cattura di fauna selvatica secondo le modalità, nei tempi e con l'impiego dei mezzi a ciò destinati, secondo le norme della presente legge; è considerato, altresì, esercizio venatorio il vagare o il soffermarsi con i mezzi destinati a tale scopo o in attitudine di ricerca della fauna o in attesa della medesima per abbatterla o catturarla. Ogni altro modo di abbattimento è vietato, salvo che non avvenga per caso fortuito o per forza maggiore. Non costituisce esercizio venatorio il prelievo di fauna selvatica ai fini di impresa agricola di cui all'art. 10, comma 3, lettera d).
3. La fauna selvatica abbattuta durante l'esercizio venatorio, nel rispetto delle disposizioni della presente legge, appartiene a colui che l'ha cacciata. Il cacciatore che insegue la fauna selvatica scovata o sia intento al recupero di quella da lui ferita non deve subire intromissioni finché non ne abbia abbandonato l'inseguimento o il recupero.
4. L'attività venatoria può essere esercitata da chi abbia compiuto il 18° anno di età e sia munito della licenza di porto di fucile per uso di caccia e delle polizze assicurative RCVT ed infortuni, con relativi massimali, previsti dalla legge dello Stato.
5. Ai fini dell'esercizio dell'attività venatoria è, inoltre, necessario il possesso di un apposito tesserino regionale, rilasciato dalla Provincia di residenza con allegato il calendario regionale riportante, tra l'altro, gli ambiti di caccia ove è consentita l'attività venatoria.
6. Il tesserino, predisposto e stampato a cura della Regione, ha validità per una stagione venatoria e deve essere restituito all'Amministrazione provinciale che l'ha rilasciato entro e non oltre il 1° marzo di ogni anno.
7. Il rilascio del tesserino regionale è, subordinato al possesso di valida licenza di porto d'armi per uso di caccia, all'avvenuto versamento delle tasse prescritte, alla restituzione del tesserino della stagione precedente.
8. Il cacciatore di altre regioni, che intenda praticare la caccia nel territorio di una provincia del Molise, deve fare apporre dalla Provincia stessa sul tesserino rilasciato dalla Regione di residenza, le indicazioni dell'ambito territoriale in cui è stati ammesso. Inoltre è tenuto al pagamento, per ogni ambito territoriale di caccia concesso, di una quota, determinata dalla Provincia, compresa tra l'importo della tassa di concessione governativa al netto dell'addizionale e il triplo della stessa tassa. Il trenta per cento delle suddette entrate deve essere destinato per il miglioramento dell'ambiente e per le colture a perdere, di cui al comma 2 dell'articolo 21 (28).
8-bis. Le quote, di cui al comma 8, da versare all'Amministrazione provinciale competente, sono da quest'ultima accreditate ai rispettivi Comitati di gestione ed utilizzate esclusivamente per finalità faunistico-venatorie, nonché per lo sviluppo delle attività compatibili con l'ambiente (29).
9. In caso di smarrimento, deterioramento o distruzione del tesserino, il titolare può ottenere il duplicato, previa esibizione della copia della denuncia del fatto all'autorità di pubblica sicurezza e delle ricevute del versamento delle tasse per l'esercizio dell'attività venatoria.
10. Fatto salvo l'esercizio venatorio con l'arco e con il falco, l'esercizio venatorio stesso nella Regione Molise può essere praticato in forma vagante e fissa, con o senza l'ausilio del cane.
11. Ogni cacciatore residente nel Molise ha diritto d'accesso gratuito, a domanda in carta libera, da presentare a mano, a mezzo posta o per via fax ad una sola Provincia molisana, a tutti gli ambiti territoriali di caccia istituiti nella Regione, previa il pagamento di una sola quota (30).
11-bis. Le somme introitate da tutti gli ambiti territoriali di caccia della Regione Molise saranno ripartite in parti uguali tra gli ambiti di cui al precedente comma, con l'esclusione di quelle derivanti dall'interscambio (31).
12. Il Comitato direttivo dell'ambito territoriale di caccia, sulla base di modalità da esso determinate e comunicate alla Provincia, può riconoscere, dopo il primo mese di caccia, ai cacciatori residenti iscritti, la possibilità di concedere giornate di propria competenza, per un massimo di dieci giorni per stagione venatoria, ad altro cacciatore residente fuori Regione previo contributo per ogni giorno concesso pari alla venticinquesima parte della quota d'accesso all'ambito territoriale di caccia, prevista per i cacciatori non residenti (32).
12-bis. Le quote, di cui al comma 12, da versare all'Amministrazione provinciale competente, sono da quest'ultima accreditate ai rispettivi Comitati di gestione ed utilizzate esclusivamente per finalità faunistico-venatorie, nonché per lo sviluppo delle attività compatibili con l'ambente (33).
13. La Regione promuove scambi interregionali per realizzare un'equilibrata distribuzione dei cacciatori sul territorio nazionale e tale fine determina il numero dei cacciatori non residenti ammissibili in Molise.
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(28) Comma così sostituito dall'art. 1, comma 19, L.R. 20 maggio 2004, n. 15. Il testo originario era così formulato: «8. Il cacciatore di altre Regioni, che intenda praticare la caccia nel territorio di una Provincia del Molise, deve fare apporre dalla Provincia stessa sul tesserino rilasciato dalla Regione di residenza, le indicazioni dell'ambito territoriale concesso.».
(29) Comma aggiunto dall'art. 1, comma 20, L.R. 20 maggio 2004, n. 15.
(30) Comma così sostituito dall'art. 1, comma 21, L.R. 20 maggio 2004, n. 15. Il testo originario era così formulato: «11. Ogni cacciatore residente nel Molise ha diritto d'accesso gratuito, a domanda, da presentare all'Amministrazione provinciale competente per territorio, a tutti gli ambiti territoriali di caccia, istituiti nella Regione, previo il pagamento di una sola quota.».
(31) Comma aggiunto dall'art. 1, comma 22, L.R. 20 maggio 2004, n. 15.
(32) Comma così sostituito dall'art. 1, comma 23, L.R. 20 maggio 2004, n. 15. Il testo originario era così formulato: «12. Il Comitato direttivo dell'A.T.C., sulla base di modalità da esso determinate e comunicate alla Provincia, può riconoscere ai cacciatori iscritti la facoltà di utilizzare giornate di competenza, dopo il primo mese di caccia, per ospitare sotto forma di interscambio e senza finalità di lucro un altro cacciatore, anche se residente in altra Regione.».
(33) Comma aggiunto dall'art. 1, comma 24, L.R. 20 maggio 2004, n. 15.
Art. 23
Mezzi di caccia consentiti.
1. L'attività venatoria è consentita con l'uso del fucile con canna ad anima liscia fino a due colpi, a ripetizione e semiautomatico, con caricatore contenente non più di due cartucce, di calibro non superiore a 12, nonché con fucile con canna ad anima rigata a caricamento singolo manuale o a ripetizione semiautomatica di calibro non inferiore a millimetri 5,6 con bossolo a vuoto di altezza non inferiore a millimetri 40.
È consentito, altresì, l'uso del fucile a due o tre canne (combinato) di cui una o due ad anima rigata di calibro non inferiore a millimetri 5,6 nonché l'uso dell'arco e del falco.
2. I bossoli delle cartucce devono essere recuperati dal cacciatore e non lasciati sul luogo di caccia.
3. Sono vietate tutte le armi e i mezzi per l'esercizio venatorio non esplicitamente ammessi dal presente articolo.
4. Il titolare della licenza di porto di fucile per uso di caccia è autorizzato, per l'esercizio venatorio, a portare, oltre alle armi consentite gli utensili da punta e da taglio atti alle esigenze venatorie.
Art. 24
Uso dei falchi.
1. L'uso dei falchi come mezzo di caccia è consentito sotto il controllo dell'I.N.F.S. esclusivamente con soggetti provenienti da allevamenti nazionali od esteri di provata serietà, oppure legalmente importati da quei paesi ove la cattura e l'esportazione sono permesse, ma strettamente controllate, nell'osservanza della Convenzione di Washington (legge 19 dicembre 1975, n. 874.)
2. I possessori di falchi per uso di caccia debbono farne notifica alla Regione, tramite l'Amministrazione provinciale competente per territorio, entro tre mesi dall'entrata in vigore della presente legge.
3. L'Amministrazione regionale, avvalendosi dell'I.N.F.S. o del Dipartimento di Biologia Animale dell'Università di Roma e tramite le Amministrazioni Provinciali competenti per territorio, provvederà al marcaggio degli esemplari detenuti che non potranno essere superiori a due con contrassegni inamovibili e numerati forniti dall'I.N.F.S. ed alla redazione di una scheda in quadruplice copia, fornita anch'essa dall'I.N.F.S., dove saranno riportate tutte le notizie relative all'identificazione dei diversi soggetti, una copia verrà archiviata presso l'Amministrazione regionale, una presso la competente Amministrazione provinciale, una copia verrà inviata all'I.N.F.S. ed una copia verrà rilasciata al possessore del rapace.
4. Trascorso il periodo di moratoria suddetto, le variazioni di consistenza dovranno essere denunciate entro 10 giorni all'Amministrazione regionale ed a quella provinciale competente per territorio, con specificazione del soggetto e dei motivi della variazione verificatasi.
5. All'atto della denuncia, il possessore dovrà esibire la documentazione che dimostra la provenienza degli esemplari detenuti e la destinazione di quelli non più presenti, fatta salva la denuncia di perdita dell'animale; tale documentazione dovrà essere conservata dal possessore del falco.
6. Trascorso il periodo di moratoria suddetto, saranno considerati detenuti illegalmente e sequestrati, fatte salve altre sanzioni previste a termine di legge, i falchi privi di contrassegno e/o per i quali manchi la documentazione di provenienza.
7. I rapaci sequestrati dovranno, nel più breve tempo possibile, essere consegnati all'I.N.F.S. che provvederà, seguendo programmi anche coordinati con altri enti o associazioni, al loro reinserimento in natura o al loro utilizzo per finalità scientifiche.
Art. 25
Utilizzazione dei terreni agricoli ai fini della gestione programmata dalla caccia.
Fondi chiusi.
1. Per l'utilizzazione dei fondi inclusi nel piano faunistico-venatorio regionale ai fini della gestione programmata della caccia, è dovuto ai proprietari o conduttori un contributo determinato, per ciascun anno finanziario a partire dalla stagione venatoria 1995/96, dalle Amministrazioni Provinciali, sentiti i Comitati di gestione degli A.T.C. in relazione all'estensione, alle condizioni agronomiche, alle misure dirette alla tutela ed alla valorizzazione dell'ambiente.
2. Il proprietario o conduttore di un fondo che intenda vietare sullo stesso l'esercizio dell'attività venatoria, deve inoltrare entro trenta giorni dalla pubblicazione del piano faunistico-venatorio, al Presidente della Giunta regionale, richiesta motivata che, ai sensi dell'art. 2 della legge 7 agosto 1990, n. 241, dalla stessa è esaminata entro 60 giorni; la richiesta è accolta se non ostacola l'attuazione della pianificazione faunistico-venatoria di cui agli artt. 7 e 8. È altresì accolta, in casi da individuarsi specificatamente con regolamento del Consiglio regionale quando l'attività venatoria sia in contrasto con l'esigenza di salvaguardia di colture agricole specializzate nonché di produzioni agricole condotte con sistemi sperimentali o a fine di ricerca scientifica, ovvero quando sia motivo di danno o di disturbo ad attività di rilevante interesse economico, sociale o ambientale.
3. Il divieto è reso noto mediante l'apposizione di tabelle, esenti da tasse, a cura del proprietario o conduttore del fondo, le quali delimitano in maniera chiara e visibile il perimetro dell'area interessata. Nei fondi sottratti alla gestione programmata della caccia è vietato a chiunque, compreso il proprietario o conduttore, esercitare l'attività venatoria fino al venir meno delle ragioni del divieto.
4. L'esercizio venatorio è comunque vietato in forma vagante sui terreni in attualità di coltivazione. Si considerano in attualità di coltivazione i terreni con coltivazioni erbacee da seme, i frutteti specializzati, i vigneti e gli uliveti specializzati fino alla data del raccolto, i terreni coltivati a soia e a riso, nonché mais per la produzione di seme fino alla data del raccolto. L'esercizio venatorio in forma vagante è, inoltre, vietato sui terreni in attualità di coltivazione individuati dalla Giunta regionale, sentito il settore decentrato competente per territorio, su richiesta delle organizzazioni professionali agricole maggiormente rappresentative a livello nazionale, tramite le loro strutture regionali, in relazione all'esigenza di protezione di altre colture specializzate o intensive.
5. L'esercizio venatorio è vietato a chiunque nei fondi rustici chiusi da muro o da rete metallica o da altra effettiva chiusura, di altezza non inferiore a metri 1,20, o da corsi o da specchi d'acqua perenni il cui letto abbia profondità di almeno metri 1,50 e la larghezza di almeno 3 metri. I fondi chiusi esistenti alla data di entrata in vigore della presente legge e quelli che si intenderà successivamente istituire devono essere notificati a cura del proprietario o del conduttore alla Giunta regionale precisando l'estensione del fondo ed allegando planimetria catastale in scala 1:2000 con l'indicazione dei relativi confini. I proprietari o conduttori dei fondi di cui al presente comma provvedono ad apporre a loro carico adeguate tabellazioni esenti da tasse regionali.
6. La superficie dei fondi chiusi, di cui ai commi 2 e 5, entra a far parte della quota non superiore al 20 per cento del territorio agro-silvo-pastorale della Regione, utile all'esercizio venatorio destinato a protezione della fauna selvatica di cui all'art. 6, comma 3.
Art. 26
Azienda agri-turistico-venatorie.
1. Entro i limiti percentuali del territorio agro-silvo-pastorale regionale utile alla caccia, la Giunta regionale, su richiesta degli interessati, sentito il parere della Commissione Consiliare competente e dell'I.N.F.S., può autorizzare l'istituzione di aziende agri - turistico - venatorie ai fini di impresa agricola, soggette a tassa regionale, nelle quali sono consentiti l'immissione e l'abbattimento per tutta la stagione venatoria di fauna selvatica e di allevamento.
2. Le aziende agri-turistico-venatorie devono:
a) essere preferibilmente situate nei territori di scarso rilievo faunistico;
b) coincidere preferibilmente con il territorio di una o più aziende agricole ricadenti in aree di agricoltura svantaggiata, ovvero dismesse da interventi agricoli ai sensi del regolamento n. 1049/88/CEE e successive modificazioni.
3. La domanda di concessione per l'istituzione di aziende agri-turistico- venatorie è presentata dai proprietari o conduttori dei fondi rustici interessati alla costituzione.
4. La Giunta regionale disciplina le procedure e le prescrizioni per la gestione delle aziende di cui al presente articolo.
5. L'esercizio dell'attività venatoria nelle aziende di cui al comma 1 è consentito nel rispetto delle norme della presente legge (34).
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(34) Vedi il Reg. 23 maggio 1997, n 2 «Regolamento per aziende agri-turistico-venatorie», pubblicato nel B.U. 1° aprile 1997, n. 7.
Art. 27
Specie cacciabili e periodi di attività venatoria.
1. Ai fini dell'esercizio venatorio è consentito abbattere esemplari di fauna selvatica appartenenti alle seguenti specie e per i periodi sotto indicati:
a) specie cacciabili dal 1° settembre al 31 dicembre: quaglia (Coturnix coturnix); tortora (Streptopeia turtur); merlo (Turdus merula); passero (Passer italiae); passera mattugia (Passer montanus); allodola (Alauda arvensis); starna (Perdix perdix); pernice rossa (Alectoris rufa); lepre comune (Lepus europaeus); fagiano (Phasianus colchicus);
b) specie cacciabili dal 1° settembre al 15 gennaio: volpe (Vulpes vulpes);
c) specie cacciabili dalla terza domenica di settembre al 31 gennaio: storno (Sturnus vulgaris); germano reale (Anas platyrhynchos); folaga (Fulica atra); gallinella d'acqua (Gallinula chloropus); canapiglia (Anas strepera); porciglione (Rallus aquaticus); moretta (Aythya fuligula); frullino (Lymnocryptes minimus); fringuello (Fringilla coelebs); peppola (Fringilla montifringilla); combattente (Philomachus pugnax); pavoncella (Vanellus vanellus); pittima reale (Limosa limosa); cornacchia grigia (Corvus corone cornix); ghiandaia (Garrutus glandarius); gazza (Pica pica), Taccola (Corvus monedula) (35);
d) specie cacciabili dalla terza domenica di settembre all'ultimo giorno utile per la caccia: cesena (Turdus pilaris); tordo bottaccio (Turdus philomelos); tordo sassello (Turdus iliacus); alzavola (Anas crecca); fischione (Anas penelope); codone (Anas acuta); mestolone (Anas clipeata); moriglione (Aythya ferina); beccaccino (Gallinago gallinago); colombaccio (Colomba palumbus); beccaccia (Scolopax rusticola), Marzaiola (Anas quequedula) (36);
e) specie cacciabili dal primo ottobre al 30 novembre: coturnice (Alectoring graeca); capriolo (Capreolus capreolus); cervo (Cervus elaphus); daino (Dama dama) (37);
f) specie cacciabili dal primo ottobre al 31 dicembre o dal primo novembre al 31 gennaio: cinghiale (Sus scrofa) (38).
2. La Regione fissa le giornate di caccia a tre settimanali a libera scelta del cacciatore.
2-bis. I termini di cui al comma 1 possono essere modificati per le specie colombaccio (Colomba palumbus), cornacchia grigia (Corvus corone cornix), gazza (Pica pica), ghiandaia (Garrulus glandarius), volpe (Vulpes vulpes) in relazione alle situazioni ambientali delle diverse realtà territoriali. I termini devono essere comunque contenuti tra il 1° di settembre ed il termine utile per la caccia (39).
2-ter. La Regione procede all'adeguamento dinamico dell'elenco delle specie cacciabili, in conformità delle vigenti direttive comunitarie ed alle convenzioni internazionali, ed autorizza prelievi venatori in deroga, in attuazione dell'articolo 9 della direttiva n. 79/409/CEE e dalla legge n. 221/2002 (40).
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(35) Lettera così sostituita dall'art. 1, comma 25, L.R. 20 maggio 2004, n. 15. Il testo originario era così formulato: «c) specie cacciabili dalla terza domenica di settembre al 31 gennaio: storno (Sturnus vulgaris); cesena (turdus pilaris); tordo bottaccio (Turdis philomelos); tordo sassello (Turdus iliacus); germano reale (Anas platyrhynchos); fologa (Fulica atra); gallinella d'acqua (Gallinula chloropus) ; alzavola (Anas crecca); canapiglia (Anas strepera); porciglione (Rallus aquaticus); fischione (Anas penelope); codone (Ansa acuta); marzaiola (Anas quequedula); mestolone (Ans clypeata); moriglione (Aythya ferina); moretta (Aythya fuligula); beccaccino (Gallinago gallinago); colombaccio (columba palumbus); frullino (Lymnocryptes minimus); fringuello (Fringilla coelebs); peppola(Fringilla montifringilla); combattente (Philomachus pugnax); beccaccia (Solopx risticola); taccola (corbus monedula); pavoncella (Vanellus vanellus); pittima reale (Limosa limosa); cornicchia grigia (Corvus cornone cornix); ghiandaia (Garrulus glandarius); gazza (Pica pica).».
(36) Lettera così sostituita dall'art. 1, comma 26, L.R. 20 maggio 2004, n. 15. Il testo originario era così formulato: «d) specie cacciabili dal 1° ottobre al 30 novembre: coturnice (Alecstoris graeca); capriolo (capreolu capreolus); cervo (Cervus elaphus); daino (Dama dama).».
(37) Lettera così sostituita dall'art. 1, comma 27, L.R. 20 maggio 2004, n. 15. Il testo originario era così formulato: «e) specie cacciabili dal 1° ottobre al 31 dicembre o dal 1° novembre al 31 gennaio: cinghiale (Sus scrofa).»
(38) Lettera aggiunta dall'art. 1, comma 28, L.R. 20 maggio 2004, n. 15.
(39) Comma aggiunto dall'art. 1, comma 29, L.R. 20 maggio 2004, n. 15.
(40) Comma aggiunto dall'art. 1, comma 29, L.R. 20 maggio 2004, n. 15.
Calendario venatorio.
1. Entro e non oltre il 15 giugno, la Giunta regionale, sentiti l'Istituto nazionale per la fauna selvatica e la Competente Commissione Consiliare, approva e pubblica il calendario ed il regolamento relativo all'intera stagione venatoria.
2. Nel calendario venatorio regionale devono essere, in particolare, indicate:
a) le specie cacciabili e periodi di caccia;
b) le giornate di caccia;
c) il carniere giornaliero;
d) inizio e termine della giornata di caccia;
d-bis) i periodi e le modalità per l'accesso agli ambiti territoriali di caccia da parte dei cacciatori extraregionali (41);
e) i periodi e le modalità per l'addestramento dei cani da caccia;
f) l'uso dei cani;
g) disposizioni per le gare cinofile;
h) indicazione per la caccia al cinghiale;
i) divieti e sanzioni.
3. Il numero delle giornate di caccia settimanali non può essere superiore a tre, a scelta del cacciatore, ad esclusione dei giorni di martedì e venerdì nei quali l'esercizio dell'attività venatoria è in ogni caso sospeso.
4. La caccia è consentita da un'ora prima del sorgere del sole fino al tramonto. La caccia di selezione agli ungulati è consentita fino ad un'ora dopo il tramonto.
5. La Giunta regionale può definire nel calendario venatorio l'ora legale d'inizio della giornata venatoria, per periodi mensili o quindicinali, indicando con la stessa cadenza periodica, l'ora legale di termine (42).
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(41) Lettera aggiunta dall'art. 1, comma 30, L.R. 20 maggio 2004, n. 15.
(42) Con D.P.G.R. 8 agosto 2000, n. 155 sono stati approvati il calendario e il regolamento per l'annata venatoria 1997-1998. Per l'annata 1998-1999 vedi il D.P.G.R. 30 luglio 1998, n. 83; per l'annata 1999-2000 vedi il D.P.G.R. 7 luglio 1999, n. 72 per l'annata 2000-2001 vedi il D.P.G.R. 2 agosto 2000, n. 86.
Art. 29
Controllo della fauna selvatica.
1. La Giunta regionale, per importanti e motivate ragioni connesse alla consistenza faunistica o per sopravvenute particolari condizioni ambientali, stagionali o climatiche o per malattie o altre calamità, può vietare o ridurre per periodi prestabiliti la caccia a determinate specie di fauna selvatica di cui all'art. 27.
2. Le Province, per la migliore gestione del patrimonio zootecnico, per la tutela del suolo, per motivi sanitari, per la selezione biologica, per la tutela del patrimonio storico - artistico, per la tutela delle produzioni zoo-agro-forestali ed ittiche, provvedono al controllo delle specie di fauna selvatica anche nelle zone vietate alla caccia. Tale controllo, esercitato selettivamente, viene praticato di norma mediante l'utilizzo di metodi ecologici su parere dell'I.N.F.S.. Qualora venga verificata l'inefficacia dei predetti metodi, la Giunta regionale può autorizzare piani di abbattimento. Tali piani devono essere attuati dalle guardie venatorie dipendenti delle Province. Queste ultime possono avvalersi dei proprietari o conduttori dei fondi sui quali si attuano i piani medesimi o di altre persone, purché tutti muniti di licenza per l'esercizio venatorio, nonché delle guardie forestali e delle guardie comunali.
3. Nel caso che il controllo della fauna selvatica sia effettuato nei parchi naturali regionali e nelle riserve naturali regionali per ricomporre squilibri ecologici, lo stesso deve essere attuato dal personale dipendente del parco o da persone residenti nominativamente designate dall'Ente di gestione, munite di licenza per l'esercizio venatorio.
4. La Giunta regionale, per comprovate ragioni, di protezione dei fondi coltivati e degli allevamenti, da forme inselvatichite di specie domestiche, può autorizzare, su proposta delle organizzazioni professionali agricole maggiormente rappresentative a livello nazionale, tramite le loro strutture regionali piani di abbattimento attuati dalle guardie venatorie dipendenti dalle Province con la collaborazione dei proprietari o conduttori dei fondi su cui si attuano i piani medesimi, tutti munite di licenza per l'esercizio venatorio.
Art. 30
Introduzione di fauna selvatica dall'estero.
1. È vietato introdurre nel territorio della Regione Molise fauna selvatica viva proveniente dall'estero senza la preventiva autorizzazione del Ministro dell'Agricoltura e delle Foreste su parere dell'I.N.F.S.
2. L'introduzione di selvaggina dall'estero è comunque regolamentata dall'art. 20 della legge 11 febbraio 1992, n. 157.
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Art. 31
Divieti.
1. Oltre ai divieti contenuti nell'art. 21 comma 1 della legge 11 febbraio 1992, n. 157, nella Regione Molise non è consentito:
a) esercitare la caccia da appostamento fisso a qualsiasi tipo di selvaggina con uso di richiami vivi;
b) la posta alla beccaccia e al beccaccino;
c) esercitare la caccia al colombaccio con colombi ammaestrati;
d) utilizzare civette per la caccia delle allodole;
e) esercitare la caccia sui terreni in attualità di coltivazione, nei frutteti ed in vigneti specializzati;
f) l'abbattimento di giovani nati di cinghiali con manto rigato;
g) bruciare sui campi le stoppie delle colture graminacee e leguminose nonché prati, erbe palustri ed infestanti, anche nei terreni incolti in tutto il territorio della Regione dal 1° aprile al 20 settembre: l'osservanza del periodo temporale predetto può essere derogato, con espressa motivata richiesta del Sindaco del Comune interessato, al Presidente della Provincia; (43)
h) abbandonare e lasciare incustoditi i cani di ogni razza. I cani trovati a vagare sul territorio utile alla caccia in tempo di divieto o sui territori comunque vincolati per fini faunistici e venatori, devono essere catturati;
i) l'esercizio della caccia su terreno in tutto o in gran parte coperto di neve, ad eccezione della caccia ai palmipedi e trampolieri lungo i corsi d'acqua perenne, limitatamente alle specie cacciabili e per i periodi consentiti dalla legge.
1-bis. Per le violazioni ai divieti previsti dalla presente legge, dai regolamenti di attuazione e dal calendario venatorio, per le quali non è espressamente prevista sanzione, si applica la sanzione amministrativa da un minimo di Euro 105,00 ad un massimo di Euro 630,00 (44).
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(43) La Bruciatura delle stoppie è ora disciplinata dall'articolo 3 della legge regionale 30 luglio 1998, n. 8 "Norme in materia di eliminazione delle stoppie"
(44) Comma aggiunto dall'art. 1, comma 31, L.R. 20 maggio 2004, n. 15.
Art. 32
Risarcimento danni alle produzioni agricole.
1. Per far fronte ai danni non altrimenti risarcibili arrecati alla produzione agricola ed alle opere approntate sui terreni coltivati e a pascolo dalla fauna selvatica, in particolare da quella protetta e dall'attività venatoria, è costituito in ogni provincia un fondo destinato alla prevenzione ed ai risarcimenti.
2. In ciascuna Provincia, viene costituito dalla Giunta provinciale un comitato composto dall'Assessore provinciale delegato alla materia, cinque rappresentanti delle organizzazioni professionali agricole, maggiormente rappresentative a livello nazionale e da cinque rappresentanti delle associazioni venatorie riconosciute a livello nazionale, maggiormente rappresentative nella Regione. Il Comitato ha sede presso l'Amministrazione provinciale e dura in carica fino alla scadenza del mandato del Consiglio provinciale. Svolge le funzioni di segretario un dipendente della Provincia, designato dall'Assessore provinciale competente per materia.
3. Il proprietario o il conduttore del fondo è tenuto a denunciare tempestivamente i danni al comitato competente per territorio che procede entro 30 giorni alle relative verifiche anche mediante sopralluoghi ed ispezioni e, nei 90 giorni successivi, alla liquidazione.
4. I danni arrecati dalle specie selvatiche possono essere risarciti anche mediante polizze assicurative stipulate dalle Province o dai Comitati di gestione degli ambiti territoriali di caccia.
5. Il risarcimento dei danni provocati nei centri privati di produzione della selvaggina, nelle aziende faunistiche venatorie ed agri-turistico-venatorie e nelle zone per l'addestramento cani e per gare cinofile, fa carico ai rispettivi concessionari. I danni prodotti nei territori destinati alla caccia programmata vengono valutati e stimati dalle Amministrazioni provinciali competenti per territorio e risarciti dalle stesse attingendo, in parte, dal fondo di cui al precedente comma 1 e in parte dal contributo erogato dai competenti Comitati di Gestione secondo le indicazioni, di cui all'articolo 21, comma 3 (45).
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(45) Comma così sostituito dall'art. 1, comma 32, L.R. 20 maggio 2004, n. 15. Il testo originario era così formulato: «5. Il risarcimento dei danni provocati nei centri privati di produzione della selvaggina, nelle aziende faunistiche - venatorie ed agri - turistico - venatorie e nelle zone per l'addestramento cani e per gare cinofile, fa carico ai rispettivi concessionari. Il risarcimento dei danni provocati negli ambiti territoriali destinati alla caccia programmatica, è disposto dai Comitati di gestione.».
Art. 33
Abilitazione all'esercizio venatorio.
1. In applicazione dell'art. 22 della legge n. 157 del 1992, la licenza di porto di fucile per uso di caccia è rilasciata, secondo le leggi di pubblica sicurezza, a coloro che hanno superato l'abilitazione all'esercizio venatorio sostenuto dinanzi all'apposita Commissione nominata dalla Regione in ciascun capoluogo di provincia.
2. Presso le Amministrazioni Provinciali ha sede la Commissione di cui al precedente comma.
Gli esami devono vertere sulle seguenti nozioni:
a) Legislazione venatoria e in particolare:
- Concetto di fauna selvatica; specie cacciabili e periodi caccia; differenza fra selvaggina Stanziale e Migratoria; concetto di esercizio venatorio; tempi e forme di caccia consentiti; limitazioni all'esercizio venatorio rispetto ai luoghi ed alle modalità; calendario venatorio e concetto di caccia programmata.
Nozioni sulla licenza di caccia (rilascio, validità, rinnovo, assicurazione per responsabilità civile, tesserino venatorio regionale).
Zone di ripopolamento e cattura; oasi di protezione ed ambiti territoriali di caccia.
Addestramento ed utilizzazione dei cani; organi preposti alla gestione della caccia; agenti di vigilanza e loro poteri; sanzioni e procedure;
b) Zoologia applicata alla caccia con prove pratiche di riconoscimento delle specie cacciabili:
- Concetti fondamentali di equilibrio della natura; rapporto fra fauna selvatica ed ambiente naturale; conoscenza delle varie specie di fauna selvatica omeoterma con particolare riferimento alle specie cacciabili ed a quelle protette;
c) Armi e munizioni da caccia:
- Nozioni generali e particolari sui vari tipi di armi e munizioni da caccia; custodia, manutenzione, controllo, trasporto e conservazione delle armi e munizioni; uso corretto delle armi durante l'attività venatoria, gittata delle armi impiegate a distanza di sicurezza da osservare per la prevenzione degli infortuni;
d) Tutela della natura e princìpi di salvaguardia delle colture agricole:
- Rapporto tra agricoltura ed attività venatoria. Rispetto degli ambienti naturali e ripristino dell'habitat per lo sviluppo e l'incremento della fauna selvatica.
Conoscenza delle norme che impediscono o limitano l'esercizio venatorio per il rispetto e la salvaguardia delle colture agricole;
e) Norme di pronto soccorso.
3. La Commissione sarà così composta in base alle materie di cui al comma 1:
a) da numero cinque esperti delle materie di cui innanzi;
b) da numero cinque supplenti;
c) da funzionario del Settore caccia della Provincia, con funzioni di segretario, designato dal Presidente dell'Amministrazione provinciale.
I componenti della Commissione restano in carica tre anni. I commissari effettivi eleggono tra di loro un Presidente. In caso di assenza del Presidente, ne assume le funzioni il commissario più anziano in età.
4. L'abilitazione è concessa se il giudizio è favorevole per tutte e cinque le materie elencate al comma 3 e la commissione valuta la preparazione del candidato con un giudizio di idoneità o di inidoneità; in caso di idoneità il Presidente della commissione rilascia il relativo attestato.
5. Coloro i quali siano stati giudicati inidonei, non possono sostenere la prova d'esame prima che siano trascorsi 3 mesi.
6. Gli esami sulle precisate materie si svolgono mediante una prova scritta a quiz ed una prova orale.
7. L'abilitazione venatoria è necessaria sia per il rilascio della prima licenza di porto d'armi per uso di caccia che per il rinnovo della stessa in caso di revoca.
8. Nei dodici mesi successivi al rilascio della prima licenza, il cacciatore può praticare l'esercizio venatorio solo se accompagnato da cacciatore in possesso di licenza rilasciata da almeno tre anni, che non abbia commesso violazioni alle norme vigenti in materia comportanti la sospensione o la revoca della licenza.
9. Per essere ammesso a sostenere l'esame di abilitazione, il candidato deve presentare domanda in carta legale diretta al Presidente della Commissione presso la provincia di residenza, allegando il certificato medico di idoneità fisica all'esercizio venatorio rilasciato in conformità alle vigenti disposizioni di legge ed il certificato di residenza.
10. Le norme di cui al presente articolo si applicano anche per l'esercizio della caccia mediante l'uso dell'arco e del falco.
11. Ai componenti della Commissione spettano le indennità e rimborsi di cui alla legge regionale 1° marzo 1983, n. 7 Allegato A e successive modificazioni.
Art. 34
Tasse di concessione regionale.
1. La Regione, per conseguire i mezzi finanziari necessari per realizzare i fini previsti dalla presente legge e della legge 11 febbraio 1992, n. 157, istituisce ai sensi dell'art. 3 della legge 16 maggio 1970, n. 281, la tassa di concessione regionale per il rilascio dell'abilitazione all'esercizio venatorio nella misura pari al 50% della tassa erariale di cui al n. 26, sottonumero 1) della tariffa annessa al decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 641 e successive modificazioni.
2. La tassa di cui al comma 1 è soggetta al rinnovo annuale e non è dovuto qualora durante l'anno il cacciatore non eserciti l'attività venatoria o l'eserciti esclusivamente all'estero.
3. La tassa regionale deve essere rimborsata nel caso di diniego della licenza di porto di fucile per uso di caccia ed in caso di rinuncia alla assegnazione dell'ambito territoriale di caccia.
4. Sono inoltre soggetti a tasse annuali di concessione regionale:
a) gli appostamenti fissi;
b) i centri privati di produzione della selvaggina, allo stato naturale;
c) le aziende faunistiche venatorie, in relazione alle quali, quando non sussistano fini di lucro è ridotta ad 1/4;
d) le aziende agri - turistico - venatorie.
5. I proventi della tassa di cui al primo comma sono utilizzati, per le finalità di cui all'art. 23 comma 4 della legge n. 157 del 1992.
Art. 35
Vigilanza venatoria.
1. La vigilanza sull'applicazione della presente legge è affidata alle Province. Gli agenti di vigilanza delle Province, ferme restando le competenze tecniche per la conservazione e gestione della fauna selvatica, rivestono qualifica di agente di polizia giudiziaria e di pubblica sicurezza ai sensi delle disposizioni legislative vigenti. Essi possono portare durante il servizio e per i compiti di istituto le armi da caccia, nonché le armi con proiettili a narcotico. Le armi di cui sopra sono portate e detenute in conformità al regolamento di cui all'art. 5, comma 5 della legge 7 marzo 1986, n. 65.
2. Gli agenti di vigilanza delle Province esercitano la loro attività nell'ambito territoriale dell'ente di appartenenza e nei luoghi nei quali sono comandati a prestare servizio; portano senza licenza le armi di cui sono dotati nei luoghi predetti ed in quelli attraversati per raggiungerli e per farvi ritorno.
3. Gli agenti di vigilanza della Provincia possono redigere i verbali di contestazione delle violazioni e degli illeciti amministrativi previsti dalla presente legge e gli altri atti indicati dall'art. 36 anche fuori dall'orario di servizio.
4. Concorrono alla vigilanza, le guardie volontarie delle associazioni venatorie, agricole e di protezione ambientale presenti nel comitato tecnico faunistico-venatorio nazionale, nonché quelle delle associazioni di protezione ambientale, riconosciute dal Ministero dell'Ambiente, alle quali sia riconosciuta la qualifica di guardia giurata ai sensi del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza approvato con regio decreto 18 giugno 1931, n. 773.
5. La vigilanza di cui al comma l è, altresì, affidata agli ufficiali, sotto ufficiali e guardie del Corpo Forestale dello Stato, alle guardie addette a parchi naturali, nazionali e regionali, agli ufficiali ed agenti di polizia giudiziaria, alle guardie giurate comunali, forestali e campestri, alle guardie private riconosciute ai sensi del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza e alle guardie ecologiche e zoofile riconosciute da legge regionale.
6. Il riconoscimento della qualifica di guardia venatoria volontaria di cui al comma 4 è subordinato alla frequenza di corsi di preparazione organizzati dalle Province ed al conseguimento di un attestato di idoneità, previo esame dinanzi alla commissione di cui al precedente art. 33.
7. A tutti gli agenti di vigilanza è vietata la caccia durante l'esercizio delle loro funzioni.
8. Agli agenti di cui ai commi 1 e 5 con compiti di vigilanza sull'esercizio venatorio è vietata la caccia nell'ambito del territorio in cui esercitano le funzioni (46).
9. Le Province organizzano corsi di preparazione e di aggiornamento delle guardie per lo svolgimento delle funzioni di vigilanza sull'esercizio venatorio, sulla tutela dell'ambiente e della fauna selvatica e sulla salvaguardia delle produzioni agricole.
10. A detti corsi possono partecipare, su richiesta delle rispettive organizzazioni di appartenenza, gli aspiranti «guardie venatorie volontarie » delle associazioni venatorie agricole e di protezione ambientale riconosciute a livello nazionale. Ai cittadini in possesso della qualifica di guardia venatoria alla data di entrata in vigore della presente legge non è richiesto l'attestato di cui al comma 6.
11. Le Province coordinano l'attività di vigilanza delle guardie volontarie delle associazioni venatorie, agricole e di protezione ambientale.
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(46) Comma così sostituito dall'art. 1, comma 33, L.R. 20 maggio 2004, n. 15. Il testo originario era così formulato: «8. Agli agenti di cui ai commi 1, 4 e 5 con compiti di vigilanza sull'esercizio venatorio è vietata la caccia nell'ambito del territorio in cui esercitano le funzioni.».
Art. 36
Poteri e compiti degli agenti di vigilanza venatoria.
1. I soggetti preposti alla vigilanza venatoria, ai sensi dell'art. 35, possono chiedere a qualsiasi persona trovata in possesso di armi o arnesi atti alla caccia, in esercizio o attitudine di caccia, l'esibizione della licenza di porto di fucile per uso di caccia, del tesserino, del contrassegno della polizza di assicurazione nonché della fauna selvatica abbattuta o catturata.
2. Nei casi previsti dall'art. 30 della legge n. 157 del 1992, gli agenti che esercitano funzioni di polizia giudiziaria procedono al sequestro delle armi, della fauna selvatica e dei mezzi di caccia, con esclusione del cane e dei richiami vivi autorizzati. In caso di condanna per le ipotesi di cui al medesimo articolo 30, comma 1, lettere a), b), d) ed e), le armi ed i suddetti mezzi sono in ogni caso confiscati.
3. Quando è sequestrata fauna selvatica, viva o morta, gli ufficiali o agenti la consegnano alla Provincia competente la quale, nel caso di fauna viva, provvede a liberarla in località adatta ovvero, qualora non risulti liberabile, a consegnarla ad un organismo in grado di provvedere alla sua riabilitazione e cura ed alla successiva reintroduzione nel suo ambientale naturale; in caso di fauna viva sequestrata in campagna, e che risulti liberabile, la liberazione è effettuata sul posto dagli agenti accertatori. Nel caso di fauna morta, la Provincia provvede alla sua vendita tenendo la somma ricavata a disposizione della persona cui è contestata l'infrazione ove si accerti successivamente che l'illecito non sussiste; nell'ipotesi di illecito riconosciuto, l'importo relativo deve essere versato su un conto corrente intestato alla Provincia per essere destinato a finalità faunistiche - venatorie.
4. Della consegna o della liberazione di cui al comma 3, gli ufficiali o agenti danno atto in apposito verbale nel quale sono descritte le specie e le condizioni degli esemplari sequestrati, e quant'altro possa avere rilievo ai fini penali.
5. Gli organi di vigilanza che non esercitano funzioni di polizia giudiziaria, i quali accertino, anche a seguito di denuncia, violazioni delle disposizioni sull'attività venatoria, redigono verbali, conformi alla legislazione vigente, nei quali devono essere specificate tutte le circostanze del fatto e le eventuali osservazioni del contravventore, e li trasmettono all'ente da cui dipendono ed alla Provincia competente ai sensi delle disposizioni vigenti.
6. Gli agenti venatori dipendenti degli Enti locali che abbiano prestato servizio sostitutivo ai sensi della legge 15 dicembre 1972, n. 772, e successive modifiche ed integrazioni, non sono ammessi all'esercizio di funzioni di pubblica sicurezza, fatto salvo il divieto di cui all'art. 9 della medesima legge.
Art. 37
Sanzioni penali.
1. Per le violazioni delle disposizioni contenute nella legge 11 febbraio 1992, n. 157 e nella presente legge, si applicano integralmente le sanzioni penali previste nell'art. 30 della legge n. 157 del 1992.
Art. 38
Sanzioni amministrative.
1. Per le violazioni delle disposizioni contenute nella legge 11 febbraio 1992 n. 157 e nella presente legge, salvo che il fatto sia previsto come reato, si applicano integralmente le sanzioni amministrative previste nell'art. 31 della legge n. 157 del 1992.
2. Sono inoltre previste le seguenti sanzioni:
a) L. 5.000 per ogni bossolo non raccolto di proprie cartucce usate;
b) da L. 50.000 a L. 150.000 per ogni cane lasciato incustodito o in allenamento od addestramento in periodi o su territori non consentiti. Se la violazione viene nuovamente commessa la sanzione è raddoppiata;
c) da L. 300.000 a L. 1.200.000 per chi viola le disposizioni di cui all'art. 31, lettera g), della presente legge;
d) L. 50.000 per ogni tabella abusiva o poste in difformità o in contrasto con le disposizioni della presente legge o della legge n. 157 del 1992;
e) da L. 200.000 a L. 1.200.000 per la violazione di cui all'art. 33, ottavo comma, della presente legge.
Art. 39
Sospensione, revoca e divieto di rilascio delle licenze di porto di fucile per uso caccia chiusura o sospensione dell'esercizio.
1. Oltre alle sanzioni penali previste nell'art. 30 della legge 11 febbraio 1992, n. 157, nei confronti di chi riporta sentenza di condanna definitiva o decreto penale di condanna divenuto esecutivo per una delle violazioni di cui al comma 1 dello stesso articolo, l'Autorità amministrativa dispone:
a) la sospensione della licenza di porto di fucile per un periodo da uno a tre anni nei casi previsti dall'art. 30 della legge n. 157 del 1992 comma 1 lettere a), b), d) ed i) nonché di quelle delle lettele f), g) ed h) limitatamente all'ipotesi di recidiva di cui all'art. 99, secondo comma n. 1 del Codice Penale;
b) la revoca della licenza di porto di fucile per uso di caccia ed il divieto di rilascio per un periodo di dieci anni nei casi previsti dall'art. 30 della legge n. 157 del 1992 comma 1 lettere c) ed e), nonché per i fatti delle lettere d) ed i), limitatamente alle ipotesi di recidiva di cui all'art. 99 secondo comma n. 1 del Codice Penale;
c) l'esclusione definitiva della concessione della licenza di porto di fucile per uso di caccia, nei casi previsti dal predetto art. 30, comma l, lettere a), b), c), ed e), limitatamente alle ipotesi di recidiva di cui all'art. 99, secondo comma 1 n. 1 del Codice Penale;
d) la chiusura dell'esercizio o la sospensione del relativo provvedimento autorizzatorio per un periodo di un mese, nel caso previsto dal predetto all'art. 30 comma 1, lettera l), nell'ipotesi di recidiva di cui all'art. 99, secondo comma n. 1 del Codice Penale, la chiusura o la sospensione è disposta per un periodo da due a quattro mesi.
2. I provvedimenti indicati nel comma 1, sono adottati dal questore della Provincia del luogo di residenza del contravventore, a seguito della comunicazione del competente ufficio giudiziario, quando è effettuata oblazione ovvero quando diviene definitivo il provvedimento di condanna.
3. Se l'oblazione non è ammessa, o non effettuata nei 30 giorni successivi all'accertamento, l'organo accertatore dà notizia delle contestazioni effettuate a norma dell'art. 30 legge n. 157 del 1992 comma 1, lettere a), b), c), d ed i), al questore il quale può disporre la sospensione cautelare ed il ritiro temporaneo della licenza a norma delle leggi di pubblica sicurezza.
4. Oltre alle sanzioni amministrative, si applica il provvedimento di sospensione per un anno della licenza di porto di fucile per uso di caccia nei casi indicati dall'art. 31 legge n. 157 del 1992 comma l, lettera a), nonché, laddove la violazione sia nuovamente commessa, nei casi indicati alle lettere b), d), f) e g), del medesimo comma. Se la violazione di cui alla citata lettera a) è nuovamente commessa la sospensione è disposta per un periodo di tre anni.
5. Il provvedimento di sospensione della licenza di porto di fucile per uso di caccia di cui al comma 4 è adottato dal questore della Provincia del luogo di residenza di chi ha commesso l'infrazione, previa comunicazione, da parte della Provincia competente, che è stato effettuato il pagamento in misura ridotta della sanzione pecuniaria o che non è stata proposta opposizione avverso l'ordinanza, ingiunzione ovvero che è stato definito il relativo giudizio.
6. L'organo accertatore dà notizia delle contestazioni effettuate a norma del comma 4 al questore, il quale può valutare il fatto ai fini della sospensione e del ritiro temporaneo della licenza a norma delle leggi di pubblica sicurezza.
Art. 40
Rapporti sull'attività di vigilanza.
1. Nell'esercizio delle funzioni amministrative di cui all'art. 3, la Giunta regionale entro il mese di maggio di ciascun anno trasmette al Ministro dell'Agricoltura e delle Foreste un rapporto informativo nel quale, sulla base di dettagliate relazioni fornite dalle Provincie, è riportato lo stato dei servizi preposti alla vigilanza, il numero degli accertamenti effettuati in relazione alle singole fattispecie di illecito e un prospetto riepilogativo delle sanzioni amministrative e delle misure accessorie applicate. A tale fine il questore di ciascun Provincia comunica alla Giunta regionale, entro il mese di aprile di ciascun anno, i dati numerici inerenti alle misure accessorie applicate nell'anno precedente.
Art. 41
Utilizzazione dei proventi regionali.
1. A decorrere dall'anno finanziario successivo a quello dell'entrata in vigore della presente legge, le entrate derivanti dal gettito delle tasse sulle concessioni regionali per l'esercizio venatorio, per appostamenti fissi, per aziende faunistico-venatorie, per aziende agri-turistico-venatorie, per centri privati di produzione di selvaggina e le somme riscosse quale provento delle sanzioni amministrative, sono utilizzate dalla Regione per realizzare i fini della presente legge.
2. La Regione determina annualmente, con legge di approvazione del bilancio ed in misura non inferiore ai proventi delle tasse di concessione regionale e delle sanzioni amministrative previste nel comma precedente le risorse complessivamente destinate agli interventi seguenti:
a) nella misura del 65% a favore delle Province per la realizzazione del Piano faunistico-venatorio, ripopolamento di selvaggina e miglioramento ambientale, di cui agli articoli 10 e 11 (47);
b) nella misura del 5% a favore delle Province per il finanziamento dei fondi;
c) nella misura del 10% a favore delle Province per i contributi ai proprietari o conduttori per l'utilizzo dei terreni agricoli inclusi nel piano faunistico-venatorio;
d) nella misura massima del 10% per le funzioni delegate alle Province relative alle attività faunistico-venatorie nel rispetto delle finalità previste dalla presente legge (48).
e) nella misura del 2% a favore delle Province per corsi di preparazione e di aggiornamento per agenti di vigilanza sulla caccia, guardie giurate volontarie ed aspiranti guardie volontarie;
f) nella misura massima dell'8% a favore delle Province per la gestione delle zone di ripopolamento e cattura.
3. Le Amministrazioni Provinciali presentano annualmente entro il 30 giugno, insieme alle proposte programmatiche, la relazione sull'attività svolta e sull'utilizzazione fatta delle assegnazioni ricevute nell'anno precedente con l'indicazione dei relativi provvedimenti di bilancio nonché il rendiconto delle spese effettuate nell'anno precedente nell'esercizio delle funzioni ad esse delegate in materia faunistico-venatoria.
4. Le Amministrazioni Provinciali utilizzano le assegnazioni disposte dal presente articolo, nonché le entrate di cui al precedente art. 20 con l'osservanza delle destinazioni programmate.
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(47) Lettera così sostituita dall'art. 1, comma 34, L.R. 20 maggio 2004, n. 15. Il testo originario era così formulato: «a) nella misura del 70%, a favore delle Province per la realizzazione del Piano faunistico-venatorio, ripopolamento di selvaggina e miglioramento ambientale, di cui gli articoli 10 e 11.».
(48) Lettera così sostituita dall'art. 1, comma 35, L.R. 20 maggio 2004, n. 15. Il testo originario era così formulato: «d) nella misura del 5% a favore delle Province per l'esercizio delle funzioni delegate.».
Art. 42
Norma finanziaria.
1. Nello stato di previsione dell'entrata del bilancio regionale vengono istituiti due appositi capitoli con le seguenti denominazioni:
a) «Proventi delle tasse di concessione regionale per l'esercizio venatorio»;
b) «Proventi delle tasse di concessione regionale per aziende faunistico-venatorie, per aziende agri-turistico - venatorie e per centri privati di produzione della fauna selvatica allo stato naturale ed appostamenti fissi»;
c) «Proventi delle sanzioni amministrative per violazioni in materia di caccia e di concessioni».
2. Per ciascun anno finanziario successivo a quello di entrata in vigore della presente legge con la legge di approvazione del bilancio vengono iscritti stanziamenti nei seguenti capitoli di previsione della spesa:
a) «Spese per la stampa del Calendario e regolamento venatorio e dei tesserini per la caccia programmata», articoli 16 e 28;
b) «Spese per la realizzazione del piano faunistico-venatorio, per ripopolamento di selvaggina e miglioramento ambientale» articoli 11 e 12;
c) «Spese per il fondo risarcimento danni alle produzioni agricole prodotti dalla fauna selvatica e dall'attività venatoria» articolo 32;
d) «Spese per contributi ai proprietari o conduttori per l'utilizzo di terreni agricoli» art. 25;
e) «Spese per funzioni amministrazione delegate» art. 3;
f) «Spese per i corsi di preparazione e aggiornamento per agenti di vigilanza sulla caccia, guardie giurate volontarie» art. 35.
3. I singoli stanziamenti annuali dei capitoli vengono stabiliti, nel rispetto delle norme di cui alla presente legge, con legge di approvazione del bilancio regionale.
Art. 43
Disposizioni finali.
1. Il Consiglio regionale approva i regolamenti attuativi della presente legge.
2. Al termine dell'annata venatoria 1994/95 la Giunta regionale trasmette al Ministero dell'Agricoltura e Foreste ed al Ministero dell'Ambiente una relazione sull'attuazione della legge 11 febbraio 1992, n. 157.
3. Per tutto quanto non previsto dalla seguente legge, si applicano le norme contenute nella legge 11 febbraio 1992, n. 157.
4. Sono abrogate la legge regionale 27 luglio 1979, n. 20 e la legge regionale 6 giugno 1988, n. 14.
Art. 44
Norme transitorie.
1. Nelle more di applicazione della presente legge, l'attuale ordinamento, resta in vigore per la stagione venatoria 1993, previo decreto del Presidente della Giunta
Art. 45
Dichiarazione d'urgenza.
1. La presente legge è dichiarata urgente ai sensi dell'art. 127 della Costituzione e dell'art. 38 dello Statuto regionale ed entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione sul Bollettino Ufficiale della Regione.
2. È fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come legge della Regione.