XIV Legislatura - Dossier di documentazione | |||||||
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Autore: | Servizio Studi - Dipartimento istituzioni | ||||||
Altri Autori: | Servizio Studi - Dipartimento istituzioni | ||||||
Titolo: | Riforma dell'ordinamento della Repubblica - A.C. 4862 e abb. - Iter alla Camera (prima deliberazione) - Discussione in Assemblea: sedute dal 7 ottobre 2004 al 13 ottobre 2004 | ||||||
Serie: | Progetti di legge Numero: 580 Progressivo: 2 | ||||||
Data: | 11/03/05 | ||||||
Descrittori: |
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Organi della Camera: | I-Affari Costituzionali, della Presidenza del Consiglio e interni | ||||||
Riferimenti: |
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Servizio studi |
progetti di legge |
Riforma dell’ordinamento A.C. 4862 e abb. Iter alla Camera
(prima deliberazione) |
n. 580/2 parte XIX |
11 marzo 2005 |
Camera dei deputati
La documentazione predisposta in occasione dell’esame, in prima deliberazione, del disegno di legge costituzionale A.C. 4862, recante Modificazioni di articoli della parte II della Costituzione, e delle proposte di legge costituzionale abbinate, si articola nei seguenti volumi:
§ dossier n. 580, contenente la scheda di sintesi per l’istruttoria legislativa, le schede di lettura, il testo a fronte tra la Costituzione vigente e le modifiche apportate dall’A.C. 4862, nonché la normativa di riferimento;
§ dossier n. 580/1, contenente i testi dei progetti di legge costituzionale;
§ dossier n. 580/2, suddiviso in più volumi, contenente l’iter dei progetti di legge al Senato e alla Camera, e gli atti e i documenti dell’indagine conoscitiva e delle audizioni informali svolte dalla I Commissione della Camera;
§ dossier n. 580/3, contenente una selezione della recente dottrina in materia;
§ dossier n. 580/4, contenente schede di comparazione su alcuni aspetti dei sistemi costituzionali di cinque Paesi europei (Italia, Francia, Germania, Regno Unito e Spagna);
§ dossier n. 580/5, contenente schede di approfondimento su alcuni aspetti del disegno di legge costituzionale A.C. 4862 (procedimento legislativo; adempimenti normativi; regime dei quorum; sistema elettorale), e una sintesi per temi delle audizioni tenute nel corso dell’indagine conoscitiva svolta dalla I Commissione della Camera.
§ dossier n. 580/6, contenente le schede di lettura sul testo licenziato per l’Assemblea dalla I Commissione della Camera (A.C. 4862-A), il testo a fronte tra la Costituzione vigente e le modifiche apportate dall’A.C. 4862-A, la cronologia dell’iter in Commissione ed altra documentazione;
§ dossier n. 580/7 (Seconda edizione), contenente una scheda di lettura sul testo approvato dalla Camera in prima deliberazione, la cronologia dell’iter alla Camera e un testo a fronte.
DIPARTIMENTO istituzioni – sezione affari costituzionali
SIWEB
I dossier del Servizio studi sono destinati alle esigenze di documentazione interna per l'attività degli organi parlamentari e dei parlamentari. La Camera dei deputati declina ogni responsabilità per la loro eventuale utilizzazione o riproduzione per fini non consentiti dalla legge.
File: ac0555bs.doc
SOMMARIO
Senato della Repubblica
PARTE I:
A.S. 2544 - Testi dei disegni di legge, voti e petizioni presentati al Senato della Repubblica
PARTE II:
A.S. 2544 – Tabelle riepilogative dell’iter del provvedimento. Esame in Commissione affari costituzionali dal 23 ottobre al 13 gennaio 2004
PARTE III:
A.S. 2544 - Esame in Commissione affari costituzionali dal 14 al 16 gennaio 2004. Esame in sede consultiva presso le Commissioni Difesa, Bilancio, Finanze, Istruzione, Industria, Igiene e sanità, Politiche Unione europea, Questioni regionali
PARTE IV:
A.S. 2544 - Esame in Assemblea dal 22 al 29 gennaio 2004
PARTE V:
A.S. 2544 - Esame in Assemblea dal 3 al 10 febbraio 2004
PARTE VI:
A.S. 2544 - Esame in Assemblea dall’11 al 25 febbraio 2004, seduta n. 547
PARTE VII:
A.S. 2544 - Esame in Assemblea dal 25 febbraio, seduta n. 548, al 3 marzo 2004
PARTE VIII:
A.S. 2544 - Esame in Assemblea del 9 marzo al 16 marzo 2004, seduta n. 563
PARTE IX:
A.S. 2544 - Esame in Assemblea dal 16 marzo, seduta n. 564, al 17 marzo 2004, seduta n. 565
PARTE X:
A.S. 2544 - Esame in Assemblea dal 17 marzo, seduta n. 566, al 23 marzo 2004
PARTE XI:
A.S. 2544 - Esame in Assemblea il 24 marzo 2004, sedute nn. 571 e 572
PARTE XII:
A.S. 2544 - Esame in Assemblea il 25 marzo 2004. Approvazione.
Camera dei deputati
I testi dei progetti di legge costituzionale esaminati dalla Camera dei deputati in prima deliberazione sono riportati nel dossier n. 580/1.
PARTE XIII:
A.C. 4862 – Tabelle riepilogative dell’iter del provvedimento. Esame in sede referente e consultiva
PARTE XIV:
A.C. 4862 - Indagine conoscitiva: sedute dall’11 al 26 maggio 2004
PARTE XV
A.C. 4862 - Indagine conoscitiva: sedute dal 15 al 23 giugno 2004. Audizioni informali
PARTE XVI
A.C. 4862 - Discussione in Assemblea: sedute dal 3 agosto al 21 settembre 2004
PARTE XVII
A.C. 4862 - Discussione in Assemblea: sedute dal 22 settembre 2004 al 29 settembre 2004
PARTE XVIII
A.C. 4862 Discussione in Assemblea: sedute dal 30 settembre 2004 al 6 ottobre 2004
PARTE XIX
A.C. 4862 - Discussione in Assemblea: sedute dal 7 ottobre 2004 al 13 ottobre 2004
PARTE XX
A.C. 4862 - Discussione in Assemblea: sedute dal 14 ottobre 2004 al 15 ottobre 2004
INDICE della parte XIX
Seguito discussione in Assemblea
Seduta del 7 ottobre 2004 (Ripresa esame art. 19, esame artt. 20- 23
Seduta dell’8 ottobre 2004 (Ripresa esame art. 23)
Seduta dell’11 ottobre 2004 (Ripresa esame art. 23, esame art. 24)
Seduta del 13 ottobre 2004 (Ripresa esame art. 13, esame artt. 9 e 14-18, ripresa esame art. 22)
RESOCONTO
SOMMARIO E STENOGRAFICO
______________ ______________
523.
Seduta di giovedì 7 oTTOBRE 2004
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE
FABIO MUSSI
indi
DEI VICEPRESIDENTI
PUBLIO FIORI
E MARIO CLEMENTE MASTELLA
E DEL PRESIDENTE
PIER FERDINANDO CASINI
PRESIDENTE.
L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge
costituzionale, già approvato in prima deliberazione dal Senato: Modificazione
di articoli della parte II della Costituzione, e delle abbinate proposte di
legge costituzionale di iniziativa dei deputati Zeller ed altri; Bielli; Spini
e Angioni; Buttiglione ed altri; Contento; Cola; Pisapia; Selva; Selva; Selva;
Bianchi Clerici; Peretti; Volontè; Pisapia; Lusetti ed altri; Zaccheo; Mantini
ed altri; Soda; Olivieri e Kessler; Costa; Serena; Pisicchio ed altri;
Bolognesi ed altri; Paroli; Buontempo; Zeller ed altri; Collè; Vitali ed altri;
Maurandi ed altri; Olivieri; Boato; Stucchi; Cento; Monaco; Pacini; del
Consiglio regionale della Puglia; del Consiglio regionale della Puglia; e dei
deputati Chiaromonte ed altri; Cabras ed altri; Mantini; La Malfa; Briguglio ed
altri; Franceschini; Pisapia; Costa; Perrotta ed altri; Fiori.
Ricordo che nella seduta di ieri si sono svolti gli interventi sul complesso
delle proposte emendative riferite all'articolo 19 e che il relatore e il
Governo hanno espresso il parere.
(Ripresa esame dell'articolo 19 - A.C. 4862 ed abbinate)
PRESIDENTE. Riprendiamo l'esame dell'articolo 19 e delle proposte emendative ad esso presentate (vedi l'allegato A - A.C. 4862 ed abbinate sezione 1).
DONATO BRUNO, Relatore. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
DONATO BRUNO, Relatore. Signor Presidente, a seguito della riunione del Comitato dei nove di questa mattina, intendo rettificare il parere espresso ieri in ordine all'articolo aggiuntivo Boato 19.01. Pertanto, modificando il precedente avviso, il parere della Commissione in ordine alla suddetta proposta emendativa è favorevole.
PRESIDENTE. Il Governo?
ALDO BRANCHER, Sottosegretario di Stato per le riforme istituzionali e la devoluzione. Il Governo concorda con il parere espresso dal relatore.
PRESIDENTE.
Dovremmo ora procedere alla votazione dell'emendamento Leoni 19.2.
Avverto che è stata chiesta la votazione nominale mediante procedimento
elettronico.
Preavviso di votazioni elettroniche (ore 9,40).
PRESIDENTE.
Poiché nel corso della seduta avranno luogo votazioni mediante procedimento
elettronico, decorrono da questo momento i termini di preavviso di cinque e
venti minuti previsti dall'articolo 49, comma 5, del regolamento.
Per consentire il decorso del termine regolamentare di preavviso, sospendo la
seduta.
La seduta, sospesa alle 9,40, è ripresa alle 10,05.
(Ripresa esame dell'articolo 19 - A.C. 4862 ed abbinate)
PRESIDENTE.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Leoni 19.2.
Onorevole Carrara, ha chiesto di parlare?
NUCCIO CARRARA. Sì, signor Presidente, intendo intervenire sul complesso degli emendamenti all'articolo 19.
PRESIDENTE. No, questo non è possibile perchè siamo passati alla votazione dell'emendamento Leoni 19.2.
NUCCIO CARRARA. Signor Presidente, pensavo di intervenire sul complesso degli emendamenti.
PRESIDENTE. È lei che aveva chiesto di parlare...
NUCCIO CARRARA. Mi dispiace, è stato un lapsus. La mattina è sempre possibile una svista...
PRESIDENTE. Onorevole Carrara, lei intende parlare comunque?
NUCCIO CARRARA. Sì, signor Presidente, intendo comunque intervenire.
PRESIDENTE.
Secondo quanto previsto dal regolamento, il suo intervento deve intendersi come
dichiarazione di voto e lei deve attenersi alla materia oggetto
dell'emendamento in esame.
Ha facoltà di parlare, onorevole Carrara.
NUCCIO
CARRARA. Signor Presidente,
stiamo discutendo dell'emendamento soppressivo dell'articolo 19.
Sostanzialmente, si interviene sull'articolo 83 della Costituzione, che
riguarda le modalità di elezione del Presidente della Repubblica. L'articolo 19
del disegno di legge costituzionale introduce alcune novità rispetto al testo
in vigore. Infatti, questo prevede che il Presidente della Repubblica venga
eletto dal Parlamento e che a questa elezione partecipino anche tre delegati
per ogni regione, eletti dai consigli regionali in modo che sia assicurata la
rappresentanza delle minoranze. Alla Valle d'Aosta spetta un solo delegato.
Il nuovo testo, al contrario, prevede che sarà un'Assemblea della Repubblica ad
eleggere il Presidente della Repubblica, la cui composizione risulterà molto
più articolata, rispetto al Parlamento in seduta comune previsto attualmente.
Infatti, parteciperanno all'elezione del Presidente della Repubblica, oltre ai
deputati ed ai senatori, anche i presidenti delle regioni nonché i presidenti
delle province autonome di Trento e Bolzano. Infine, sono previsti anche i
delegati eletti dai consigli regionali, in ragione di due delegati ciascuna.
Una previsione particolare spetta al Trentino-Alto Adige, in quanto ogni
consiglio provinciale potrà eleggere un suo delegato. La Valle d'Aosta avrà
sempre un delegato. Un'ulteriore novità consiste nel fatto che ciascun
consiglio regionale eleggerà un numero ulteriore di delegati, in ragione di uno
ogni milione di abitanti residenti nella regione. Verrà comunque assicurata la
rappresentanza delle minoranze.
Come si vede, l'Assemblea della Repubblica risulta essere diversa da quanto
prescritto nell'attuale Costituzione, che fa riferimento al Parlamento in
seduta comune, anche se integrato da alcuni delegati delle regioni. L'Assemblea
della Repubblica, infatti, allarga i soggetti che eleggono il Presidente della
Repubblica. Per quanto riguarda le modalità di elezione, l'attuale previsione
costituzionale stabilisce che l'elezione del Presidente avvenga a scrutinio
segreto, a maggioranza dei due terzi; solo dopo il terzo scrutinio, è
sufficiente la maggioranza assoluta.
La nuova previsione stabilisce che il Presidente della Repubblica sia eletto a
scrutinio segreto con la maggioranza dei due terzi dei componenti l'Assemblea
della Repubblica, che dopo il terzo scrutinio sia sufficiente la maggioranza
dei tre quinti dei componenti e che dopo il quinto scrutinio sia sufficiente la
maggioranza assoluta. Anche in tal caso, si prevede una maggiore articolazione
rispetto al testo vigente.
Ritengo pertanto che la proposta di soppressione del testo approvato dalla
Commissione non sia saggia, anche se il testo stesso non è blindato e potrà
subire modificazioni nel corso dell'esame da parte dell'Assemblea. Tuttavia,
esso introduce certamente innovazioni rilevanti.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Fontanini. Ne ha facoltà.
PIETRO
FONTANINI. Signor Presidente,
come ha osservato l'onorevole Carrara, stiamo esaminando le proposte di
modifica dell'articolo 83 della Costituzione, in materia di elezione del
Presidente della Repubblica. Il lavoro svolto nella Commissione ha portato alla
predisposizione di un testo maggiormente rispettoso della nuova composizione
sia del Senato federale della Repubblica sia della Camera dei deputati. La
presentazione, da parte dell'opposizione, dell'emendamento in esame, volto a
sopprimere le norme sull'elezione del Presidente della Repubblica, è molto
strana, anche perché abbiamo proposto modifiche significative alle norme
stesse. Il Presidente della Repubblica sarà eletto, oltre che dai membri del
Senato federale e della Camera dei deputati, anche dai rappresentanti dei
consigli regionali, ciascuno dei quali esprimerà due delegati. Un'ulteriore
innovazione rispetto alla Costituzione vigente è costituita dall'introduzione
di una rappresentanza proporzionale alla popolazione di ciascuna regione. Ciò
porterà ad un numero significativo di rappresentanti regionali nell'Assemblea
che dovrà esprimere il nuovo Presidente della Repubblica. Si tratterà, dunque,
di un'Assemblea nella quale saranno presenti non soltanto i membri del
Parlamento nazionale, ma anche esponenti dei parlamenti regionali, che potranno
inviare i propri rappresentanti al fine di esprimere il collegamento già
garantito nel Senato federale della Repubblica anche nel momento in cui si
dovrà procedere all'elezione del Presidente della Repubblica.
Si tratta di un'innovazione ispirata al leit motiv di questa riforma
costituzionale, costituito dall'esigenza di agganciare sempre di più il
territorio alle istituzioni: lo abbiamo già fatto con il Senato federale della
Repubblica e lo stiamo facendo anche con il Presidente della Repubblica,
rispetto al quale si realizza, con la partecipazione dei rappresentanti del
territorio, un momento qualificante all'atto dell'elezione. Ad essa
parteciperanno, fra i rappresentanti degli enti locali territoriali, anche i
rappresentanti delle minoranze, ovvero di coloro che non si riconoscono nella
maggioranza della Camera e del Senato federale. Si prevede dunque la garanzia
che a tale elezione partecipi un bacino di elettori che possa rappresentare
effettivamente la volontà del popolo italiano.
Gli articoli successivi affrontano altre questioni fondamentali riguardanti il
Presidente della Repubblica. Un'ulteriore innovazione significativa è
costituita dalla definizione dei compiti del Presidente, il quale, in virtù del
testo proposto, «rappresenta l'unità federale della Nazione ed è garante della
Costituzione».
Anche questa è una novità che verrà introdotta dalle modifiche proposte dalla
maggioranza e che questa Assemblea si accinge ad esaminare. Quindi cambierà
anche la figura del Presidente della Repubblica visto che dovrà rappresentare
l'unità federale della Repubblica. Come vedete, il termine federale entra
nuovamente all'interno della nostra Costituzione. Si tratta di un concetto
importante; il termine federale rispecchia la volontà che tutti noi della
maggioranza abbiamo di improntare le istituzioni del nostro paese alla
filosofia del federalismo.
Ripeto, si tratta di un aspetto importante e innovativo rispetto all'attuale
Costituzione, la quale verrà modificata dando al nostro paese elementi certi e
sicuri di federalismo.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Volontè. Ne ha facoltà.
LUCA
VOLONTÈ. Signor Presidente,
onorevoli colleghi, l'emendamento Leoni 19.2 persegue l'obiettivo di mantenere
invariato l'articolo 83 della Costituzione. Tale articolo, però, mi sembra
pecchi di alcuni limiti.
Anzitutto vorrei mettere in evidenza il limite delle garanzie. Ieri abbiamo
svolto un lungo, approfondito e a volte ripetitivo dibattito sulle garanzie del
Parlamento nel suo complesso e anche dell'opposizione (che possono essere
interpretate anche in maniera diversa dalle garanzie del Parlamento). Ebbene,
oggi, in base alla Costituzione vigente, l'elezione del Presidente della
Repubblica ha luogo per scrutinio segreto, a maggioranza dei due terzi; dopo il
terzo scrutinio è sufficiente la maggioranza assoluta.
Grazie alla formulazione delle proposte emendative della maggioranza le
garanzie vengono ampliate non di poco. Al riguardo si è svolto un dibattito
importante anche al Senato, dove l'opposizione ha chiesto l'introduzione della
maggioranza dei tre quinti dopo il terzo scrutinio. In tal senso, per
riflessione comune della maggioranza, anche nell'emendamento presentato alla
Camera viene accolta questa esigenza.
Vi è quindi un aumento delle garanzie del Parlamento in tema di elezione del
Presidente della Repubblica; con una maggiore connotazione di questa figura
come organo di assoluta garanzia nei confronti del territorio e del Parlamento
nel suo complesso. Infatti alla formulazione attualmente vigente si aggiunge -
dopo il terzo scrutinio - la possibilità di elezione del Presidente della
Repubblica con una maggioranza dei tre quinti dei componenti del Parlamento.
Non è cosa da poco, e su questo invito l'opposizione a riflettere. La
formulazione che ho poc'anzi citato, quella tuttora vigente, non fornisce
questa ulteriore garanzia per tutto il Parlamento, per tutto lo Stato federale.
Il secondo elemento di grande novità è il numero dei delegati che provengono
dal territorio della Repubblica, qui notevolmente aumentati. Infatti, come
veniva ricordato prima, in occasione dell'elezione del Presidente della
Repubblica ai rappresentanti regionali già previsti - anche se con un
composizione diversa - ne vengono aggiunti di ulteriori, calcolati per ogni
milione di abitanti delle regioni.
Tutto ciò va nella direzione - condivisa da tutta la maggioranza - di
perseguire un principio di sussidiarietà. Non voglio ora citare quanto fatto in
merito all'articolo 114 della Costituzione, né quanto ribadito sul piano
fiscale anche nell'articolo 118 della nostra Carta costituzionale, ossia ciò
che, in qualche modo, ha inciso anche nella rivalutazione dell'articolo 117. Si
amplia la base di rappresentanza per milioni di abitanti delle regioni, che
così concorreranno all'elezione del Presidente della Repubblica. Si vuole
ampliare la platea di rappresentanti territoriali proprio in coerenza con quel
principio di sussidiarietà, in base al quale non si può non intervenire sui
meccanismi dell'Assemblea federale in occasione dell'elezione del Presidente
della Repubblica. La rappresentanza del territorio deve essere in qualche modo
garantita, anche ai consigli regionali, proprio in funzione del numero degli
abitanti delle regioni.
Mi sembra che in questo articolo si porti a compimento un passaggio
fondamentale che abbiamo già affrontato nella discussione sul Titolo V, che non
poteva non essere oggetto anche della riflessione sul Senato federale e, in
conseguenza di questo, della riflessione sulla massima carica della Repubblica,
cioè il Presidente della Repubblica italiana, della Repubblica federale
italiana.
Questi sono i due elementi di assoluta novità: ripeto, da un lato, l'aumento
delle garanzie per il Parlamento e quindi l'aumento del carattere super
partes del Presidente della Repubblica, che, secondo quanto prevederà il
testo al nostro esame, è eletto dalla maggioranza dei tre quinti dei componenti
l'Assemblea mentre, dopo il quarto scrutinio, è sufficiente la maggioranza
assoluta; dall'altro, la perfetta coerenza del principio di sussidiarietà.
Invito pertanto i colleghi, anche quelli dell'opposizione, sensibili - come
abbiamo visto ieri - ad entrambi questi elementi, a riflettere se mantenere o
meno il proprio emendamento soppressivo.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Bricolo. Ne ha facoltà.
FEDERICO
BRICOLO. Signor Presidente,
stiamo parlando della modifica dell'articolo 83 della Costituzione che prevede
appunto le regole che normano l'elezione del Presidente della Repubblica.
Il testo attuale prevede che il Capo dello Stato sia eletto dal Parlamento in
seduta comune dai suoi membri e che alle elezioni partecipino tre delegati per
ogni regione, eletti dal consiglio regionale in modo che sia assicurata la
rappresentanza delle minoranze. La Valle d'Aosta ha un solo delegato. Adesso,
invece, il testo proposto all'Assemblea vuole modificare l'articolo 83,
prevedendo che vi sia un'Assemblea della Repubblica, presieduta dal Presidente
della Camera dei deputati e costituita dai componenti delle due Camere, dai
presidenti delle giunte delle regioni e delle province autonome di Trento e di
Bolzano - questa è una novità - e dai delegati eletti dai consigli regionali.
Ciascun consiglio regionale elegge poi anche due delegati per il Trentino
Alto-Adige, mentre ciascun consiglio provinciale invece elegge un solo
delegato. Anche la Valle d'Aosta elegge un solo delegato. Ciascun consiglio
regionale elegge altresì un numero ulteriore di delegati per ogni milione di
abitanti della regione. L'elezione di tutti i delegati avviene in modo che sia
assicurata comunque la rappresentanza delle minoranze. Anche questo è un
concetto nuovo che è stato introdotto e che permette a tutti gli enti locali di
avere una rappresentanza anche quando il Parlamento si riunisce in seduta
comune per eleggere il Presidente della Repubblica.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Polledri. Ne ha facoltà.
MASSIMO
POLLEDRI. Signor Presidente,
sicuramente questo articolo è importante. Se noi ci chiediamo qual è oggi la
figura più rappresentativa delle istituzioni, quella più vicina alla
cittadinanza, ci accorgiamo che è certamente quella della Presidenza della
Repubblica.
Voglio sottolineare che in questo articolo noi allarghiamo la platea e la
partecipazione cittadina, ma non solo quella cittadina: coinvolgiamo
l'Assemblea della Repubblica, i presidenti delle giunte regionali, persino i
sindaci, e quindi stringiamo un forte «anello» che parte dal cittadino fino
alla Camera, per poter arrivare all'elezione del Presidente della Repubblica.
Bene, mentre stiamo discutendo di tale argomento in questo ramo del Parlamento,
i deputati dell'opposizione - ovviamente sempre nel rispetto delle tattiche -
preferiscono rimanere alla buvette ad intingere il corretto nel
cappuccino...
PIERO RUZZANTE. Quelli della maggioranza vuoi dire...!
MASSIMO POLLEDRI. Queste cose dobbiamo dirle agli italiani! Dobbiamo dire loro che, nel momento in cui si sta discutendo un nodo fondamentale delle garanzie del paese, per una legittima scelta, l'opposizione è concentrata alla buvette a consumare il cappuccino.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Luciano Dussin. Ne ha facoltà.
LUCIANO
DUSSIN. Signor Presidente,
vorrei ribadire la validità del lavoro proposto dalla Casa delle libertà per
rendere più moderna la nostra Costituzione e dare una Carta fondamentale di
indirizzo a noi che dobbiamo operare in questo Parlamento per fornire ai
cittadini le risposte che stanno aspettando, cambiando un po' il sistema che si
è inceppato da diversi anni e i cui danni sono noti ai più.
Anche per quanto riguarda l'elezione del Presidente della Repubblica, è chiara
la nostra impronta federalista. Contrariamente alla sinistra, vogliamo
ampliare, tramite un'Assemblea elettiva, la rappresentanza delle regioni e
degli enti locali, in modo da rafforzare le caratteristiche di imparzialità e
di terzietà che deve avere il Presidente della Repubblica.
Vorrei rilevare, altresì, il fallimento della riforma approvata dalla sinistra
negli ultimi giorni della scorsa legislatura, una riforma che, tra l'altro, è
stata oggetto di referendum popolare in occasione del quale solo un cittadino
su otto ha affermato la validità del lavoro che è stato svolto; nessuna giunta,
neanche del centrosinistra, è riuscita a sfruttare una sola virgola delle false
potenzialità introdotte nel testo che ci accingiamo a modificare.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Stucchi. Ne ha facoltà.
GIACOMO STUCCHI. Signor Presidente, vorrei sottolineare la grande rilevanza, nell'ambito della riforma costituzionale, della questione che stiamo trattando. Infatti, il Presidente della Repubblica deve svolgere un ruolo di garante. Credo che la soluzione individuata, con il concorso di alcune forze dell'opposizione, dalla Casa delle libertà, dal ministro Bossi prima e dal ministro Calderoli ora, e dal relatore, presidente Donato Bruno, sia equilibrata e permetta a tutte le entità istituzionali presenti nella nostra Repubblica di sentirsi adeguatamente rappresentate in una fase cruciale, ossia la scelta della figura del garante costituzionale; quindi, il Parlamento, le regioni, le province e i comuni. Vi è la partecipazione di tutti per eleggere una figura che deve essere garante e protagonista attivo nella vita politica, nella vita istituzionale, perché, in ogni caso, è un certo tipo di rappresentanza ed è un'azione di tipo politico. È opportuno riflettere. Credo che la soluzione individuata nell'articolo sia corretta. Non è accettabile, dunque, l'emendamento soppressivo proposto dai colleghi Leoni ed altri.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Dario Galli. Ne ha facoltà.
DARIO
GALLI. Signor Presidente,
sono entrato in politica non moltissimi anni fa e ho avuto la fortuna di fare
esperienze di tipo amministrativo. Mi sono reso conto sul campo di cosa
significhi avere uno Stato centrale che non tiene conto minimamente delle
esigenze - che sono giuste - dei territori, in particolare di quelli
assolutamente virtuosi che, dal punto di vista della produzione di reddito e
della conseguente tassazione, sono in prima fila quando c'è da dare e in ultima
fila quando c'è da ricevere.
La modifica costituzionale che stiamo esaminando va incontro solo in parte a
quest'esigenza, ma sicuramente è un primo passo importante. In questo senso,
faccio fatica a capire come mai i colleghi della sinistra, che pure avevano
fatto un tentativo di riforma nella scorsa legislatura (più che altro, per
cercare di rubare un po' di voti alla Lega), oggi, che stiamo rivedendo questa
modifica costituzionale, assumano un simile atteggiamento. La volta scorsa, la
modifica è stata attuata con cinque ore di discussione; questa volta una
Presidenza della Camera eccessivamente buonista ha concesso centodieci ore di
discussione e il risultato è che noi siamo in aula di primo mattino e la
sinistra è fuori per cercare di far mancare il numero legale.
PIERO RUZZANTE. Perché la destra non c'è!
DARIO GALLI. Questo non mi sembra un atteggiamento costruttivo; non vi è l'intenzione di entrare nel merito dei problemi per fare il bene della nazione; al contrario, si cerca in tutti i modi di far perdere tempo alla maggioranza. Non mi sembra un buon servizio per il paese, che loro dicono di amare tanto.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Menia. Ne ha facoltà.
ROBERTO
MENIA. Signor Presidente,
devo confessare che mi riesce difficile comprendere l'atteggiamento
dell'opposizione in questa occasione, non solo e non tanto perché, in questo
momento, diserta i banchi, il che è abbastanza normale come atteggiamento
ostruzionistico; piuttosto, si tratta del merito. Infatti, la presentazione di
un emendamento totalmente soppressivo, dinanzi ad un testo che invece, quanto
meno, compie il tentativo di creare una base più ampia nei grandi elettori che
eleggeranno il Presidente della Repubblica - organo supremo di garanzia -, mi
lascia veramente perplesso. Mi domando a cosa servano poi gli appelli al
dialogo quando la volontà di dialogo non si rivela in passaggi cruciali come
questo.
Nel testo all'esame, oggettivamente, si introducono dei miglioramenti rispetto
alla Costituzione vigente, rispetto al sistema attuale che prevede che il
Parlamento, in seduta comune e con l'espressione dei consigli regionali, sia la
base elettorale del Presidente della Repubblica. Nel nostro testo si prevede,
in più, la presenza di altri grandi elettori che rappresentano,
sostanzialmente, i milioni di elettori presenti sul territorio. Ciò, appunto
per dare una base più ampia al corpo elettorale del Presidente.
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE PUBLIO FIORI (ore 10,30)
ROBERTO
MENIA. Vi è poi un ulteriore
elemento di garanzia, costituito dalla diversa strutturazione delle maggioranze
qualificate. Rispetto alla Costituzione vigente - e quindi alla previsione dei
due terzi dei voti - noi introduciamo anche il principio secondo il quale al
terzo scrutinio nel quale ancora non sia stata raggiunta la maggioranza dei due
terzi previsti vi sia un ulteriore passaggio, quello che prevede i tre quinti,
non presente nella Costituzione vigente.
Si tratta per l'appunto evidentemente di un meccanismo di ulteriore garanzia.
PRESIDENTE. Onorevole Menia.
ROBERTO MENIA. Se mi è concesso, Presidente, e concludo il ragionamento che stavo svolgendo, in questa diversa strutturazione dell'elezione del Presidente della Repubblica si tengono evidentemente ...
PRESIDENTE. Deve concludere, onorevole...
ROBERTO MENIA. ...i principi che noi cerchiamo di estrinsecare e quindi una maggiore base elettorale...
PRESIDENTE.
La ringrazio, onorevole Menia.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale,
l'onorevole Lo Presti. Ne ha facoltà.
ANTONINO LO PRESTI. Signor Presidente, rimango veramente basito dinanzi ad un atteggiamento irresponsabile dell'opposizione che rifiuta...
PIERO RUZZANTE. È la maggioranza che non è presente!
ANTONINO LO PRESTI. (Commenti).... Giulio, per favore, non devi rompere le scatole...!
PRESIDENTE. Onorevole, la prego di parlare rivolgendosi al Presidente, grazie.
ANTONINO LO PRESTI. Ma, signor Presidente, già poc'anzi i colleghi mi hanno interrotto ...
PRESIDENTE. Sta bene. Dunque, i colleghi sono pregati di consentire all'onorevole Lo Presti di esprimere la sua posizione.
GONARIO NIEDDU. Sveglia!
ANTONINO LO PRESTI. (Commenti)... Smettetela! Ripeto, rimango letteralmente basito...
PIERO RUZZANTE. È la maggioranza che a quest'ora, alle 10,30, non è presente!
ANTONINO LO PRESTI. ...rispetto ad un atteggiamento irresponsabile dell'opposizione che rifiuta il confronto di fronte ad un argomento così delicato come l'elezione del Presidente della Repubblica (Applausi dei deputati dei gruppi di Alleanza nazionale, di Forza Italia, e dell'Unione dei democratici cristiani democratici di centro. Mi chiedo come sia possibile che i pochissimi rappresentanti presenti in Parlamento...
MARCO BOATO. Non ti preoccupare, avrai tempo per stancarti durante il confronto!
ANTONINO LO PRESTI. L'onorevole Boato blatera, ma non riesco a capire cosa dica; prenda il microfono! Non si può parlare; è impossibile parlare!
PRESIDENTE. Onorevole, deve concludere...
ANTONINO LO PRESTI. Signor Presidente, non ho esaurito il tempo; mi hanno impedito di parlare.
PRESIDENTE. No, onorevole, lei ha esaurito il minuto a sua disposizione. La prego di concludere
ANTONINO LO PRESTI.
L'onorevole Boato mi ha impedito di parlare! Mi deve consentire di osservare
come sia possibile che un argomento così delicato veda i banchi della minoranza
concretamente ed assolutamente vuoti.
Se rifiutate il confronto sulle norme relative all'elezione della Presidente
della Repubblica, mi chiedo come si possa andare avanti su altri argomenti
ancor più delicati, argomenti che riguardano il futuro del nostro paese...
PRESIDENTE.
La ringrazio, onorevole Lo Presti (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza
Italia, di Alleanza nazionale e dell'Unione dei democratici cristiani
democratici di centro - Applausi ironici dei deputati del gruppo dei
Democratici di sinistra-L'Ulivo). Lei ha parlato il doppio del tempo
concesso.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale,
l'onorevole Gibelli. Ne ha facoltà.
ANDREA
GIBELLI. Signor Presidente,
vorrei intervenire a titolo personale per sottolineare le assenze politiche
verificatesi nel corso dell'esame di un provvedimento che prevede, nel merito,
una soluzione che dovrebbe accontentare il centrosinistra, e che dovrebbe
altresì offrire una risposta a chi ci critica da alcune settimane, ma che
invece preferisce, per strumentali posizioni politiche, il silenzio alla
discussione di merito. Basti leggere, infatti, la formulazione del nuovo
articolo 83 della Costituzione, concernente l'elezione del Presidente della
Repubblica, per individuare sostanziali novità rispetto alla normativa vigente.
Senza nulla togliere alla centralità del Parlamento - mi rivolgo a chi, nella
seduta di ieri, è intervenuto per ribadire tale assoluta necessità democratica
-, vorrei precisare che oggi, con l'articolo in esame, si prevede di eleggere
il Presidente della Repubblica attraverso una nuova Assemblea della Repubblica,
composta non più dal solo Parlamento in seduta comune, ma allargata anche ai
governatori delle regioni. In tal senso, viene pienamente attuato il principio
adottato dai padri costituenti, che intendevano con il termine «Repubblica» il
soggetto unificante dei diversi livelli istituzionali.
Pertanto, non si comprende il motivo, se non per ragioni politiche, delle
critiche che, in questi giorni, hanno contraddistinto l'azione, assolutamente
strumentale ed ipocrita, del centrosinistra rispetto all'importante passo che
stiamo compiendo.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Antonio Pepe. Ne ha facoltà.
ANTONIO
PEPE. Signor Presidente,
intervengo per dire che valuto in maniera positiva la nuova formulazione
dell'articolo 83 della Costituzione contenuta nel provvedimento in esame, e
pertanto invito i colleghi a respingere l'emendamento soppressivo Leoni 19.2.
Si tratta, a mio avviso, di un testo sicuramente positivo, poiché, rispetto al
vigente articolo 83 della Costituzione (il quale prevede che partecipino
all'elezione del Presidente della Repubblica tre delegati per ciascuna regione,
eletti dal consiglio regionale), la nuova formulazione consente a tutti i
presidenti delle giunte regionali di partecipare a tale elezione. Vorrei
osservare, altresì, che in tal modo viene garantita la tutela delle regioni con
un'ampia popolazione, poiché prevede che ogni regione con più di un milione di
abitanti avrà diritto ad un numero maggiore di rappresentanti che
parteciperanno all'elezione presidenziale.
Pertanto, si tratta di una proposta da valutare positivamente, così come
ritengo positivo aver modificato l'ultimo comma del vigente articolo 83 della
Costituzione. Si prevede, infatti, che solo dopo il quarto scrutinio sia
sufficiente, per l'elezione del Presidente...
PRESIDENTE. Onorevole Antonio Pepe, concluda!
ANTONIO
PEPE. ... la maggioranza
assoluta, e non più la maggioranza dei due terzi del collegio.
Ribadisco, dunque, il mio giudizio positivo sulla modifica proposta, e quindi
confermo il mio voto contrario all'emendamento soppressivo Leoni 19.2.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Caparini. Ne ha facoltà.
DAVIDE
CAPARINI. Signor Presidente,
intervengo per dire che hanno fatto bene molti colleghi a stigmatizzare il
comportamento dell'opposizione. Si tratta, infatti, di un comportamento
assolutamente legittimo qualora si utilizzino sia il regolamento, sia tutti gli
strumenti che il regolamento stesso consente per condurre una legittima
battaglia politica; tale comportamento diventa, invece, perlomeno camaleontico
e discutibile qualora ci si trovi davanti un'opposizione che, in alcune fasi,
si dimostra disponibile a discutere nel merito e ad approfondire gli argomenti
importanti della riforma costituzionale in esame.
Vorrei ricordare, infatti, che in questo momento stiamo compiendo un atto
importante e decisivo per il futuro del nostro paese, poiché stiamo
modernizzando la nostra Carta costituzionale...
PRESIDENTE. Onorevole Caparini...
DAVIDE
CAPARINI. ... e stiamo cercando
di introdurvi quella funzionalità da tanto tempo auspicata e richiesta.
È proprio per questo motivo che ci aspettavamo - e vorrei evidenziare come
anche da parte della Presidenza vi sia stata tale apertura - un comportamento
che perlomeno entrasse nel merito.
PRESIDENTE. Onorevole Caparini, concluda!
DAVIDE CAPARINI. Concludo, signor Presidente. Invece, purtroppo, ancora una volta dobbiamo registrare un ostruzionismo che rasenta il limite regolamentare...
PRESIDENTE. Grazie, onorevole Caparini!
RENZO INNOCENTI. Lo state facendo voi, l'ostruzionismo!
LUIGI OLIVIERI. L'ostruzionismo lo state facendo voi!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Messa. Ne ha facoltà.
VITTORIO
MESSA. Signor Presidente,
penso che la scelta dell'opposizione di adottare un atteggiamento
ostruzionistico non debba scandalizzare nessuno: infatti, negli anni nei quali
eravamo all'opposizione, anche noi abbiamo tentato di praticare, più di una
volta, tale scelta.
Probabilmente, è momento che può essere criticato. Io non avrei mai scelto di
fare ostruzionismo e di uscire dall'aula, mentre si sta ragionando di riforme
di carattere costituzionale. Vero è che il numero legale dovremmo garantirlo
noi della maggioranza (Applausi polemici dei deputati del gruppo dei
Democratici di sinistra-L'Ulivo) - e ne avremmo, peraltro, i numeri -
perché la maggioranza è, o dovrebbe essere, «abbondante» in quest'Assemblea.
Mi stupisce il fatto che, da quattro anni a questa parte, l'opposizione sia
stata d'accordo, in maniera monolitica, solo quando si è trattato di aumentare
i compensi elettorali ai partiti. In quel caso, non mancava il numero legale
nelle Commissioni e le opposizioni non lasciavano l'aula, perché erano dedite,
evidentemente, a qualcosa che le interessava (Applausi dei deputati dei
gruppi di Alleanza nazionale, di Forza Italia e della Lega Nord Federazione
Padana). Questa è la sottolineatura, un po' amara, che voglio rimarcare,
senza entrare peraltro nel merito di una scelta che l'opposizione può fare e
che nessuno ha il diritto di negarle (Applausi dei deputati dei gruppi di
Alleanza nazionale, di Forza Italia e della Lega Nord Federazione Padana).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Rizzi. Ne ha facoltà.
CESARE RIZZI. Signor Presidente, non sono convinto di ciò che affermava il mio amico Caparini. L'opposizione, fino a prova contraria, fa l'opposizione. Se è fuori dall'aula, a mio avviso, fa anche bene. Il numero legale non lo deve mantenere l'opposizione! Lo deve mantenere la maggioranza (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo)! Si capisce che dormono, poverini, questi qui! Il mattino si svegliano troppo tardi: che vedano di alzarsi un po' più presto e venire in aula (Commenti dei deputati della Lega Nord Federazione Padana, di Forza Italia e di Alleanza nazionale)! L'opposizione faccia ciò che vuole, a noi non ci interessa più di tanto. Il numero legale lo dobbiamo mantenere nella nostra coalizione di maggioranza! Questi qua hanno da fare: è gente che la sera lavora molto, anche se non si capisce come... Il numero legale va mantenuto dalla maggioranza e non dall'opposizione (Applausi polemici dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo - Applausi dei deputati dei gruppi della Lega Nord Federazione Padana, di Forza Italia e di Alleanza nazionale)!
STEFANO STEFANI. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
STEFANO
STEFANI. Signor Presidente,
vorrei capire - lo chiedo a lei, ma avrei potuto chiederlo anche a chi ha
presieduto prima di lei - con quale criterio sono assegnati i tempi per gli
interventi a titolo personale. La fiscalità che lei sta applicando nei nostri
riguardi non è stata assolutamente applicata ieri contro uno dei gruppi
presenti in quest'aula, che aveva completamente esaurito il tempo a propria
disposizione (era di ben sette ore!). Ai colleghi appartenenti a tale gruppo,
quando intervenivano sull'ordine dei lavori, sono stati concessi tempi con
magnanimità e non è stata applicata la fiscalità con la quale lei sta trattando
i colleghi del mio gruppo.
Capisco che, come è giusto, lei deve essere equidistante, ma l'equidistanza ha
un significato preciso (Applausi dei deputati dei gruppi della Lega Nord
Federazione Padana e di Forza Italia).
ANTONIO BOCCIA. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ANTONIO BOCCIA. Signor Presidente, penso che il collega testé intervenuto abbia ragione. È opportuno che la Presidenza conceda almeno cinque minuti per gli interventi a titolo personale. Mi associo pertanto alla richiesta del collega che mi ha preceduto (Applausi dei deputati dei gruppi della Margherita, DL-L'Ulivo e dei Democratici di sinistra-L'Ulivo).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Guido Giuseppe Rossi. Ne ha facoltà.
GUIDO GIUSEPPE ROSSI.
Signor Presidente, intervengo anche per illustrare ciò che sta avvenendo in
aula e che i cittadini non riescono a vedere, ma solo a sentire. Ciò che sta
avvenendo in quest'aula è che l'opposizione non partecipa ai lavori
parlamentari, disonorando il ruolo di parlamentare e ciò deve essere riferito
ai cittadini che ci stanno seguendo.
È importante riferire ciò, anche perché ieri è stato fatto...
MARCO BOATO. Io sono qui!
GUIDO GIUSEPPE ROSSI. Scusa Boato, stai già parlando troppo, impara a rispettare i tuoi colleghi!
MARCO BOATO. Rizzi te l'ha spiegato bene!
GUIDO GIUSEPPE ROSSI.
Non riesci a capirlo! Il tuo passato di estremista te l'impedisce, caro Boato!
Il dibattito che si è svolto ieri, molto ampio, sulla possibilità di approvare,
con maggioranze qualificate, i regolamenti parlamentari, dà il senso di come,
se fosse passata una regola di questo tipo, le opposizioni, soprattutto quella
del centrosinistra avrebbero usato in senso estremistico ed eversivo tale
possibilità.
Lo dobbiamo ricordare ai nostri cittadini ed al paese: vi è una parte del
Parlamento che non sta adempiendo al proprio dovere (Applausi dei deputati
del gruppo della Lega Nord Federazione Padana)!
MARCO BOATO. Ma è in corso un ostruzionismo, Presidente? Ho l'impressione che vi sia un po' di ostruzionismo!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Arrighi. Ne ha facoltà.
ALBERTO
ARRIGHI. Signor Presidente,
intervengo a titolo personale, perché l'atteggiamento dell'opposizione mi rende
particolarmente inquieto. Ci troviamo a discutere dell'elezione del Presidente
della Repubblica. Quest'ultimo rappresenta l'unità nazionale: lo sappiamo ed è
uno dei rudimenti fondamentali che abbiamo appreso nei primi approcci con la
Costituzione. Ora, l'opposizione - che da sempre predica il consociativismo,
che da sempre chiede la partecipazione e che da sempre tende in tutti i modi ad
allargare il più possibile il ruolo, giusto e doveroso, del Presidente che
rappresenta l'unità nazionale - propone un emendamento che sopprime la modifica
costituzionale che allarga la base elettorale per l'elezione del Presidente
della Repubblica rispetto alla Costituzione precedente.
Questo atteggiamento è quanto meno parossistico da parte dell'opposizione di
centrosinistra. Ha ragione il collega Rizzi a dire che è la maggioranza a dover
mantenere il numero legale, ma credo che vi sia un dovere da parte di tutti i
parlamentari, indipendentemente dallo schieramento in cui sono eletti, a
rappresentare la nazione in Assemblea. Ognuno di noi rappresenta la nazione
senza vincolo di mandato: esiste un dovere di partecipare ai lavori
parlamentari e credo che l'opposizione in questo momento non lo stia compiendo (Applausi
dei deputati del gruppo di Alleanza nazionale).
PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Arrighi. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Didonè. Ne ha facoltà.
GIOVANNI DIDONÈ. Signor Presidente, intervengo a titolo personale, per svolgere due osservazioni. Ovviamente, condivido la tesi del mio collega Rizzi, secondo la quale è compito della maggioranza garantire i numeri per procedere nei nostri lavori. Tuttavia, l'emendamento in esame propone di sopprimere l'articolo 19. Da parte dell'opposizione, che in questo momento non è presente in aula e non interviene, non ho sentito altre proposte positive...
MARCO BOATO. Dopo interveniamo!
GIOVANNI DIDONÈ. Noi riteniamo che questo articolo sia importante, perché allarga la base per l'elezione del Presidente della Repubblica. In modo particolare, l'articolo 19 prevede che i delegati siano eletti, nella misura di non meno della metà, tra i sindaci, i presidenti della province o delle città metropolitane. Questo, a mio avviso, è un nuovo modo per coinvolgere maggiormente la nazione nell'elezione del Presidente della Repubblica e far sì che vi sia una maggiore responsabilizzazione da parte di tutti, nel momento in cui si verifica questo evento così importante per la nostra Repubblica.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Meroi. Ne ha facoltà.
MARCELLO
MEROI. Signor Presidente,
credo che lo spettacolo cui stiamo assistendo questa mattina non sia positivo
per la maggioranza e per l'opposizione e per i parlamentari che siedono in
questi banchi. Se è vero che è la maggioranza a dover tutelare il numero legale
- e sarebbe anche il caso che una minima autocritica venisse mossa anche da
questi banchi in cui troppo spesso ci sentiamo soli - credo sia ancora meno
giustificabile l'atteggiamento dell'opposizione che proprio su un articolo
importante svolge un'attività ostruzionistica che non fa certamente onore a
quest'aula.
Tale attività ostruzionistica viene svolta su un articolo che, al contrario,
parla di partecipazione, di coinvolgimento e di un intervento reale sul
territorio di una serie di istituzioni che debbono essere necessariamente
coinvolte in un rapporto, comunque diverso, che questa riforma certamente porta
come fondamento.
Allora, il nuovo testo della modifica dell'articolo 83, che abbiamo proposto e
che oggettivamente allarga la rappresentanza proporzionale rispetto alla
composizione di ciascun consiglio regionale, va proprio necessariamente in
questo senso.
Ancor più strano appare che su una valenza partecipativa di coinvolgimento e di
azione tra i vari organi costituzionali ci sia un'ulteriore assenza di
dibattito, al contrario dal principio dal quale eravamo partiti stamane con
l'intervento del presidente Bruno, che molto opportunamente aveva affermato
che, dopo un lungo dibattito, si era raggiunto un accordo per cercare un
incontro su alcuni aspetti comuni, che ritengo debbano essere ulteriormente
perseguiti (Applausi dei deputati del gruppo di Alleanza nazionale).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Parolo. Ne ha facoltà.
UGO
PAROLO. Considerazioni
sull'atteggiamento dell'opposizione ne sono state fatte a iosa questa mattina.
Avrei poco da aggiungere. Ritengo comunque legittimo usare tutti gli strumenti,
anche se ovviamente sono fortemente criticabili ciò che sta avvenendo e il
comportamento dell'opposizione oggi e nei giorni scorsi rispetto alla riforma
costituzionale in atto.
Quello che, invece, non è accettabile è che l'opposizione tenga un
comportamento collaborativo sia nel Comitato dei nove sia in Commissione e,
invece in questa sede, tenga un atteggiamento distruttivo dettato da un ordine
ricevuto da una persona che oggi non ha nessuna legittimazione popolare.
Questa opposizione prende ordini e ubbidisce a un personaggio che oggi non
rappresenta nessuno (Applausi dei deputati dei gruppi della Lega Nord
Federazione Padana, di Forza Italia, di Alleanza nazionale)! Il fatto che
nel Parlamento ci sia una persona che possa obbligare trecento parlamentari ad
uscire dall'Aula, pur non avendo ricevuto nessuna legittimazione popolare, è un
fatto grave, ed è ancor più grave nel momento in cui si sta scrivendo una
riforma costituzionale.
Di questo bisognerebbe parlare. Questo dovrebbero capire i cittadini italiani e
per queste cose dovrebbero valutare l'atteggiamento dell'opposizione (Applausi
dei deputati dei gruppi della Lega Nord Federazione Padana, di Forza Italia, di
Alleanza nazionale.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Airaghi. Ne ha facoltà.
MARCO
AIRAGHI. Concordo con il
collega Messa. Non possiamo essere sbalorditi o sconvolti dall'atteggiamento
della sinistra, anche perché in questi anni niente più mi può sbalordire
nell'atteggiamento di un'opposizione in cui, nonostante l'età, l'hobby
preferito è giocare al girotondo.
L'atteggiamento immaturo dell'opposizione si rivela anche nel comportamento
odierno, che è sicuramente concesso e anche abbastanza normale nell'attività
del Parlamento italiano, ma, forse, costituisce una grossa contraddizione con
la parallela richiesta di poter avere una discussione approfondita sulle
riforme istituzionali.
Ricordiamo che stiamo modificando la Costituzione, non stiamo scherzando, e
questa opposizione diserta l'aula!
È un atteggiamento sinistro e io credo, concordando con il collega della Lega,
che i cittadini debbano essere messi a conoscenza di questo atteggiamento.
Con l'occasione prego anche il Presidente della Camera dei deputati di valutare con attenzione l'atteggiamento dell'opposizione, che se da un lato fa questo tipo di ostruzionismo, dall'altro chiede che si possano avere dei tempi aggiuntivi con l'unico scopo di ritardare questa riforma. Al contrario, credo che la maggioranza abbia dato ampia disponibilità nel dialogo in Commissione.
PRESIDENTE. Deve concludere, onorevole...
MARCO AIRAGHI. Concludo, signor Presidente. L'ostruzionismo su questo articolo, che, invece, condivido pienamente, mi sembra assolutamente irragionevole (Applausi dei deputati del gruppo di Alleanza nazionale).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Gamba. Ne ha facoltà.
PRESIDENTE. Deve concludere, onorevole Gamba.
PIERFRANCESCO EMILIO ROMANO GAMBA. Quindi, è francamente incomprensibile come l'opposizione possa ancora utilizzare questi mezzucci soporiferi.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Patarino. Ne ha facoltà.
CARMINE SANTO PATARINO.
Signor Presidente, in questi giorni in cui stiamo discutendo di riforma
costituzionale vediamo contrapposti il centrodestra ed il centrosinistra: il
primo vuole che passino i provvedimenti, il secondo vuole impedire che ciò
avvenga. La forma di ostruzionismo praticata dal centrosinistra non mi
spaventa. Hanno ragione l'onorevole Messa e gli altri colleghi quando dicono
che tale atteggiamento fa parte del loro gioco ed è giusto che essi adottino
tali sistemi. Quello che spaventa, invece, non soltanto noi del centrodestra ma
l'intero paese, sono i toni e gli argomenti utilizzati.
I colleghi del centrosinistra parlano di catastrofe, di vergogna, di stupidità,
di mancanza di buon senso, di fine della democrazia, di centrodestra criminale.
Colleghi del centrosinistra, mentre noi abbiamo offerto la possibilità di
discutere ed approfondire gli argomenti perché insieme volevamo fare le
riforme, da parte vostra vi è il solito gioco della criminalizzazione
dell'avversario, che respingiamo con tutte le nostre forze (Applausi dei
deputati del gruppo di Alleanza nazionale).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Vascon. Ne ha facoltà.
LUIGINO VASCON. Signor Presidente, l'atteggiamento che ha assunto questa mattina l'opposizione è a dir poco sconcertante.
Dal centrodestra più
volte sono stati indirizzati inviti autorevoli ad aprire un dibattito ed un
confronto costruttivo.
Stiamo esaminando un punto importantissimo della riforma costituzionale. Si
tratta dell'elezione del Presidente della Repubblica, l'anima portante della
Costituzione. Probabilmente, alla sinistra - come hanno detto i colleghi che mi
hanno preceduto - ben poco importa di questo. Al Comitato dei nove vediamo il
susseguirsi di soggetti che si credono statalisti, quasi nuovi Truman. Forse,
sono esperti in benzina verde o cose del genere, ma non certo di Costituzione.
Sono tuttologi saccenti che, però, in questo momento preferiscono gozzovigliare
alla buvette o in giro per i divani. D'altra parte, non conoscono altre
attività, visto che di professione non ne hanno alcuna.
Di fatto, succede che mentre ci troviamo ad esaminare un provvedimento
importantissimo l'opposizione se ne sta fuori, assumendo un atteggiamento
ostruzionistico a dir poco disastroso. Se il confronto ci deve essere, questo
si deve svolgere in quest'aula, anche se con tesi opposte, perché, per l'amor
del cielo, non possiamo avere la presunzione di avere la verità in tasca. Sta
di fatto che (Applausi dei deputati dei gruppi della Lega Nord Federazione
Padana, di Forza Italia e di Alleanza Nazionale)...
PRESIDENTE.
La ringrazio, onorevole Vascon.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale,
l'onorevole Raisi. Ne ha facoltà.
ENZO
RAISI. Credo sia corretta
l'interpretazione, data anche dal collega Messa, del fatto che questa minoranza
sta assumendo un atteggiamento veramente deplorevole. Mi risulta che nella
scorsa legislatura, quando c'è stato l'unico precedente di dibattito su un
disegno di legge costituzionale, i nostri colleghi - oggi maggioranza, allora
minoranza - abbiano tenuto un comportamento ben diverso, teso ad un confronto
serrato; ma certamente non hanno mai abbandonato durante il dibattito
costituzionale i banchi del Parlamento.
Vorrei però entrare nel merito di quello che ha detto il collega Rizzi, visto
che sono uno dei pochi che egli incontra la mattina verso le 8,30 in
Transatlantico; mi permetto quindi di poterlo dire, proprio perché non ho
alcuno scheletro nell'armadio! Sicuramente è da stigmatizzare il comportamento
di colleghi che si presentano alle 11 in aula, quando la seduta è convocata per
le 9,30. Se però qualcuno mi chiedesse qual è l'aspetto più negativo che ho
riscontrato nel mio primo mandato parlamentare, risponderei che è
l'organizzazione dei lavori: il modo, la gestione e il tempo del nostro lavoro.
Non è possibile che lo scorso giovedì abbiamo concluso i nostri lavori alle 19
e poi siamo dovuti rimanere lo stesso a Roma per fare soltanto tre votazioni il
venerdì mattina! Non è possibile che ieri ci è stato detto che ci sarebbe stata
una seduta notturna, mentre intorno alle 21,15 i lavori sono finiti (Applausi
dei deputati del gruppo della Lega Nord Federazione Padana)!
Credo pertanto che una migliore conduzione dei lavori della Camera non ci
porterebbe ad assistere a sceneggiate come quella di questa mattina (Applausi
dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Landolfi. Ne ha facoltà.
MARIO
LANDOLFI. Personalmente, non ho
fatto mai mistero di nutrire delle perplessità in merito a questa riforma
costituzionale. Nella veste di «eretico», ho partecipato a qualche convegno
organizzato anche dai colleghi della sinistra. In quell'occasione, ho ascoltato
appelli ed esortazioni a scrivere insieme la riforma costituzionale. Però, mi
sembra che questo clima costituente, più volte invocato, non ci sia più,
ammesso che ci sia mai stato.
Mi chiedo dunque perché vi sia questo atteggiamento da parte della sinistra.
Ritengo che non vi sia solamente una volontà di ostruire il cammino delle
riforme, così come non vi è la volontà di entrare nel merito delle riforme. In
realtà, attraverso questa manovra ostruzionistica, la sinistra cerca di
nascondere le proprie carenze e la propria incapacità di guardare al merito
della riforma in esame. Proprio l'altro ieri, il presidente Napolitano ha
richiamato i Democratici di sinistra ad assumere una posizione chiara. Egli ha
detto: cari compagni, dobbiamo decidere se criticare questa riforma perché
troppo federalista o se criticarla perché troppo centralistica (Applausi dei
deputati del gruppo di Alleanza Nazionale).
In realtà, voi non avete le idee chiare! Non avete capito il significato di
questa riforma! Non siete in grado di criticarla! Non siete in grado di
migliorarla! Pertanto vi rifugiate dietro questo comodo ostruzionismo, che sarà
smascherato dal popolo italiano anche nel caso del referendum (Applausi dei
deputati del gruppo di Alleanza Nazionale)!
Per questo, amici della sinistra, colleghi dell'opposizione, vi chiediamo di
entrare in aula, per confrontarci sul merito della questione in modo sereno,
come merita una riforma costituzionale, al netto delle riserve che possiamo
nutrire intorno ad essa (Applausi dei deputati dei gruppi di Alleanza
Nazionale e di Forza Italia).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Marone. Ne ha facoltà.
RICCARDO
MARONE. Mi fa piacere che sul
nostro emendamento soppressivo dell'articolo 19 ci sia stato un così
approfondito dibattito, dato che su di esso avete parlato per più di un'ora.
Ciò quindi vi porta ad approfondire i nostri temi. Complimenti! Per la prima
volta oggi siamo riusciti a confrontarci: noi finora abbiamo parlato molto, voi
molto poco; vedo quindi che state cambiando la vostra strategia (Commenti
dei deputati dei gruppi di Forza Italia e di Alleanza Nazionale)!
Al collega Landolfi vorrei dire che il punto non è che noi abbiamo un giudizio
oscillante sulla vostra riforma...
MARIO LANDOLFI. Lo ha detto Napolitano!
RICCARDO
MARONE. Ma infatti io
condivido il giudizio di Napolitano! Il problema è che è la vostra riforma ad
essere oscillante! Voi oscillate tra federalismo e centralismo con una
disinvoltura straordinaria; sotto questo profilo, condivido pienamente il
giudizio formulato dal presidente Napolitano. L'esempio di questa vostra oscillazione
è fornito anche da questo articolo e dalle modalità di elezione del Presidente
della Repubblica. Le necessità di modificare le modalità di elezione del
Presidente della Repubblica derivano in primo luogo dal Titolo V.
Oggi, abbiamo scritto un articolo 114 che, a mio avviso, non è stato ben
assorbito dalla cultura di chi vuole riformare la Costituzione; in tale
articolo abbiamo stabilito che la Repubblica è formata da comuni, province,
città metropolitane e Stato. Si tratta di una modifica della Costituzione non
solo letterale, in quanto produce (Commenti)...
MARCO BOATO. Volevano il confronto: adesso c'è!
PRESIDENTE.
Colleghi, consentite all'onorevole Marone di concludere il suo intervento.
Prego, onorevole Marone.
RICCARDO
MARONE. Dicevo che abbiamo
disegnato una Repubblica completamente diversa dal passato. Voi, alcune volte,
ci avete seguito sulla strada della riforma del Titolo V; altre volte, avete
compiuto grandissimi passi indietro. Basterebbe pensare all'interesse nazionale
e a tutte le norme di centralizzazione che abbiamo approvato.
Tuttavia, è fuori discussione che, oggi, il Presidente della Repubblica, in
virtù della modifica dell'articolo 114 della Costituzione, rappresenta una
serie di soggetti. Quindi, con riferimento al Capo dello Stato, occorreva
prevedere una modalità di elezione che tenesse ben presente ciò. Infatti, nel
nostro emendamento, abbiamo proposto che, nell'elezione del Presidente della
Repubblica, vi fosse una omogeneità tra i rappresentanti della Camera e quelli
del Senato federale, delle regioni e delle autonomie. A nostro avviso, questo
era il giusto punto di equilibrio che avrebbe potuto garantire una corretta
rappresentanza in sede di elezione del Presidente della Repubblica.
Nella vostra costruzione, invece, vi è innanzitutto un inserimento che non
appare comprensibile, vale a dire quello dei presidenti delle giunte regionali.
Cosa c'entrano i rappresentanti degli esecutivi in un'Assemblea che non ne ha?
Tra l'altro, nella vostra proposta vi è una sostanziale prevalenza dei
rappresentanti della Camera. Infatti, se si legge attentamente il vostro
emendamento, la rappresentanza delle regioni è assolutamente esigua rispetto a
quella complessiva. E, seppure dovessimo sommare quella rappresentanza ai
cosiddetti senatori federali, comunque non si raggiungerebbe mai il numero
della Camera politica. Quindi, per l'elezione del Capo dello Stato, che
dovrebbe rappresentare la Repubblica e quindi i comuni, le province, le città
metropolitane e lo Stato, la prevalenza è certamente della Camera politica.
Esprimeremo dunque un voto contrario su tale modifica che, a nostro avviso, non
appare idonea ad adeguare le modalità di elezione alla riforma costituzionale.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Frigato. Ne ha facoltà.
GABRIELE FRIGATO.
Signor Presidente, vorrei intervenire perché ho seguito il dibattito - in parte
stando in aula, in parte dall'esterno - e nel corso degli interventi sono state
dette alcune cose che dal mio punto di vista vanno sottolineate e, in parte,
anche corrette, per chi ci ascolta, ma soprattutto ai fini degli atti
parlamentari.
I colleghi della maggioranza hanno svolto un'innumerevole serie di interventi,
che - usando il loro vocabolario - potrei definire ostruzionistici. Avete
voluto infatti guadagnare un po' di tempo e dare la possibilità a tutti
colleghi, ma in particolare a quelli iscritti ai gruppi di maggioranza, di
arrivare in tempo «a far numero» affinché la Camera potesse riprendere i lavori
e le votazioni. È giusto che questo sia detto con chiarezza, perché abbiamo
dimostrato in più occasioni, sia in sede di Commissione che in aula, che la
nostra disponibilità a tentare di migliorare il testo da voi proposto sulle
riforme costituzionali ha garantito una presenza costante, generosa e assidua.
Adesso siamo qui, come lo siamo stati nelle scorse settimane, per continuare i
lavori.
Il nostro obiettivo è quello di apportare qualche miglioramento al testo, fin
dove è possibile, anche se il dibattito e la vostra mancanza di disponibilità
ci inducono ad esprimere un giudizio che rimane fortemente negativo sul
provvedimento da voi presentato in quest'aula.
Cari colleghi, per guadagnare tempo, e magari anche qualche voto, si offende il
Parlamento, facendo propaganda spicciola. Si parla di colleghi fermi alla bouvette
o in ritardo perché svegliatisi con comodo; si ironizza su deputati che non
partecipano ai lavori perché svogliati o quant'altro. Ebbene, non credo che
stiate offendendo tanto la minoranza, quanto, complessivamente, il ruolo del
Parlamento, assumendovene fino in fondo la responsabilità. Certo, come in ogni
gruppo di persone ci sono i buoni e i meno buoni. Anche in questo Parlamento
sarà così, ma non credo che a nessuno sia consentito offendere nel suo insieme
la dignità del Parlamento e l'importanza dei lavori cui collaboriamo insieme.
Allora, onorevoli colleghi, credo sia giusto sottolineare come il tentativo
fatto dai gruppi di opposizione sia finalizzato a migliorare il testo. Allo
stesso tempo, nonostante il nostro atteggiamento positivo, manteniamo fermo il
nostro giudizio fortemente negativo sul vostro progetto di riforma
costituzionale e ci comportiamo nei limiti consentiti dal regolamento. Infatti,
intendiamo fare tutto quanto previsto dalle regole parlamentari per risparmiare
al nostro paese una Costituzione che certamente non rappresenta né avanzamento,
né modernità, né migliore funzionalità.
Questi sono i motivi per i quali questa mattina tanti parlamentari dell'opposizione, pur presenti in Parlamento, fino a questo momento non hanno partecipato al dibattito. Lo faranno da adesso per segnalare che soltanto alle 11,15, a fronte della convocazione prevista per le ore 9,30, la maggioranza è forse riuscita ad avere i numeri per poter continuare i lavori.
PRESIDENTE.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale,
l'onorevole Mascia. Ne ha facoltà.
Onorevole Mascia, le ricordo che lei può parlare a titolo personale, in quanto
il suo gruppo ha già esaurito il tempo a sua disposizione.
GRAZIELLA MASCIA.
Signor Presidente, stiamo esaminando le norme costituzionali relative
all'elezione del Presidente della Repubblica. Al riguardo, riteniamo sia
importante mantenere il carattere indiretto di tale elezione, previsto dalla
Costituzione vigente, trattandosi della massima carica istituzionale del nostro
ordinamento. Tale meccanismo di elezione prevede il filtro da parte del
Parlamento, che è espressione diretta della volontà popolare e deve garantire
la partecipazione di tutte le forze politiche del paese.
Pertanto, proponiamo la soppressione dell'articolo proposto dalla maggioranza,
ma proponiamo altresì un testo alternativo che preveda l'elezione del
Presidente della Repubblica da parte del Parlamento in seduta comune - del
quale, in base alla nostra proposta, fa parte il Senato delle regioni, che
assicura la rappresentanza proporzionale delle realtà regionali -, con la
partecipazione dei presidenti dei consigli regionali. In tal modo, si
manterrebbe una modalità di elezione del Presidente della Repubblica tale da
assicurarne la posizione di organo super partes e l'indipendenza, intesa
quale risvolto soggettivo dell'imparzialità del suo agire.
Sottolineo tali aspetti in quanto, da una parte, l'ipotesi della maggioranza
prevede il coinvolgimento nell'assemblea che elegge il Presidente della
Repubblica dei presidenti delle giunte regionali (e ciò è incompatibile con le
caratteristiche di un organo super partes)...
PRESIDENTE. Onorevole Mascia, la prego di concludere.
CESARE RIZZI. È a titolo personale!
GRAZIELLA MASCIA.
Signor Presidente, mi avvio alla conclusione.
Inoltre, come constateremo successivamente esaminando l'articolo 22, nella
proposta della maggioranza si fa riferimento al Presidente della Repubblica
quale garante del programma degli esecutivi.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Mantini. Ne ha facoltà.
PIERLUIGI MANTINI.
Signor Presidente, stiamo esaminando le modifiche proposte alle norme
costituzionali sul Presidente della Repubblica, che, a nostro avviso, è il
massimo organo di garanzia e di equilibrio.
Siamo preoccupati del fatto che anche su questo tema la riforma proposta dalla
maggioranza sia di incerto profilo. Si prevede infatti il coinvolgimento del
Capo dello Stato in compiti politici. L'onorevole Mascia ha poc'anzi ricordato
l'aspetto probabilmente più significativo, costituito dall'assunzione da parte
del Presidente della Repubblica, qualora il testo proposto dell'articolo 70
della Costituzione non sia modificato, di un ruolo di garanzia non della
Repubblica e della Costituzione, bensì del programma di governo, e di un ruolo
di arbitraggio, sussidiario dal punto di vista politico, dirimendo il conflitto
di competenza tra i due rami del Parlamento e determinando così un'ingerenza
nel potere esecutivo e una perdita del profilo di garanzia.
Analogamente, in materia di nomina del Vicepresidente del Consiglio superiore
della magistratura, nutriamo forti dubbi sul testo proposto dalla
maggioranza...
PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Mantini.
ANTONIO SODA. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ANTONIO SODA. Signor Presidente, sto ascoltando le affermazioni della Presidenza: il gruppo di Rifondazione comunista, se ho ben capito, ha esaurito il tempo a disposizione; non so se lo abbia esaurito anche il mio gruppo...
PRESIDENTE. No.
ANTONIO
SODA. Affronteremo il
sistema delle fonti, le questioni legislative (Una voce dai banchi del
gruppo della Lega Nord Federazione Padana: Non ce ne frega un cazzo!)...
Lo so che non ve ne frega un cazzo! Lo so! E questa è la testimonianza del modo
in cui volete scrivere la Costituzione! Non ve ne frega niente (Commenti dei
deputati del gruppo della Lega Nord Federazione Padana)!
PRESIDENTE. Onorevole Soda, le chiedo scusa...
ANTONIO SODA. Ha sentito, signor Presidente?
PRESIDENTE. Chiedo un po' di rispetto per il Parlamento italiano e per la Camera dei deputati: questi termini non sono assolutamente consentiti a nessuno (Applausi)!
ANTONIO
SODA. Dovremo affrontare la
questione del premierato, i rapporti tra il primo ministro e la sua
maggioranza, tra il primo ministro e il Governo, il Parlamento. Dovremo
affrontare il tema del ruolo del Presidente della Repubblica.
Chiedo quali garanzie vi siano in questa Assemblea per un deputato che
partecipa ai lavori di questo processo costituente. Se tali spazi non esistono,
allora dovete prendere atto che i tempi da voi programmati sono insufficienti;
altrimenti vi approverete velocemente degli articoli che a molti non
interessano, mentre credo che tali argomenti interessino enormemente al popolo
italiano.
Chiedo allora quali garanzie si forniscono ad ogni singolo deputato di
partecipare all'esame dei complessi articoli che ci accingiamo ad esaminare.
DONATO BRUNO, Relatore. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
DONATO
BRUNO, Relatore.
L'onorevole Soda ha posto un problema serio. Credo, però, che i gruppi
parlamentari servano proprio in tali casi. Per il gruppo del collega Soda è già
intervenuto l'onorevole Marone; il regolamento prevede che tutti gli altri
deputati dello stesso gruppo che intendano intervenire sul singolo emendamento
possano farlo a titolo personale.
Se il collega Soda, come giustamente pretende, vuole del tempo a disposizione
per meglio sviluppare i propri ragionamenti, dovrebbe concordarlo con il
proprio gruppo. Dopodiché, lo ascolteremo, come abbiamo già fatto per
l'interessante intervento del collega Marone e l'esame del provvedimento
proseguirà. Non possiamo certo cambiare le regole.
Ricordo a tutti che il Presidente della Camera, lasciando perplessi molti in
quest'aula, ha previsto un tempo di 110 ore per la discussione di questo
provvedimento. Ne sono già state utilizzate 70, per argomenti credo anche meno
significativi di quelli posti sul tavolo dal collega Soda. Certo, tutti gli
elementi di questa riforma sono importanti.
Concludo, ricordando che in parte condivido il giudizio del collega Soda, ma
credo che le regole valgano per tutti.
PRESIDENTE.
Onorevole Soda, credo che l'unica vera garanzia per ciascun parlamentare sia il
rispetto del regolamento. Naturalmente, poiché domani sarà convocata la
Conferenza dei capigruppo, credo che questo rilevante argomento potrà - ritengo
doverosamente - essere esaminato in quella sede. La ringrazio, comunque, per il
suo intervento.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale,
l'onorevole Lettieri. Ne ha facoltà.
MARIO
LETTIERI. Solitamente si
richiamano questioni procedurali quando non si vogliono affrontare seriamente e
nel merito i problemi.
Il collega Soda, già ieri pomeriggio, poneva la questione delle garanzie della
veridicità delle elezioni, in relazione alla possibilità di appello alla Corte
costituzionale in caso di non condivisione del verdetto dell'organo interno
alla Camera. Egli denunciava anche alcuni casi scandalosi. Vi sarà nuovamente
uno scandalo se sulle parti più significative di questo provvedimento
l'opposizione non potrà esprimere il proprio parere.
Certo, il confronto avviene soprattutto in Commissione, ma considerato che vi è
stata una netta chiusura su alcune questioni, è bene che l'Assemblea le
affronti in maniera più ampia. Non può essere una questione legata
semplicemente a tempi ristretti.
PRESIDENTE. Onorevole Lettieri, la invito a concludere.
MARIO
LETTIERI. Stamane abbiamo
assistito ad un ostruzionismo all'inverso, attuato dalla maggioranza, i cui
componenti non erano presenti in aula. Ma l'opposizione fa il suo mestiere
quando intende costringere la maggioranza a compiere il proprio dovere e ad
essere presente in aula.
Ritengo che la nostra proposta di sopprimere l'articolo in esame abbia delle
motivazioni valide. Mi auguro che la maggioranza condivida le nostre
argomentazioni.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Ruggeri. Ne ha facoltà.
RUGGERO
RUGGERI. L'articolo 19, cui si
riferisce la proposta di soppressione contenuta nell'emendamento in esame (che
sottoscrivo), contiene un'indicazione probabilmente anche condivisibile. Ma è
necessaria una lettura unitaria della Costituzione e degli organi
costituzionali. Non possiamo cogliere solo un aspetto ed ignorare quanto sta
avvenendo per gli organi di Camera e Senato.
Mi pare che qui non vi sia una visione d'insieme quanto piuttosto un «cocktail»
tra alcuni pesi e contrappesi che, in realtà, non sono i contrappesi dei paesi
che noi vorremmo.
Quindi, fuori dalle parole e dalle metafore, vi è ancora un problema di grave
carenza democratica, di gestione e di controllo degli organismi costituzionali,
il primo dei quali è il Presidente della Repubblica: se priviamo il Presidente
della Repubblica di questa funzione di garanzia primaria, certamente anche le
altre garanzie verranno meno (Applausi dei deputati del gruppo della
Margherita, DL-L'Ulivo).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Giachetti. Ne ha facoltà.
ROBERTO GIACHETTI.
Signor Presidente, mi sembra che questa mattina abbiamo iniziato bene i nostri
lavori, almeno nel senso dell'intenderci, perché credo che l'intervento del
collega Rizzi abbia riportato un minimo di verità all'interno di quest'aula.
Infatti, è del tutto evidente che in questo dibattito - è utile ricordarlo,
perché è stato questo il tratto distintivo di tutti gli interventi e
dell'azione dell'opposizione - noi dobbiamo manifestare la nostra assoluta
contrarietà nel merito di quanto viene proposto sulla proposta di riforma della
Costituzione, ma anche nel metodo.
Stiamo infatti modificando 43 articoli della Costituzione come se stessimo
discutendo un argomento di secondo piano da chissà quanti mesi, quando invece
sostanzialmente ne stiamo discutendo da due settimane. Soprattutto, ne stiamo
discutendo in modo un po' unilaterale, se non consideriamo l'eccezione di
questa mattina; tuttavia, sappiamo perfettamente per quale ragione la
maggioranza non era presente in aula. Ha ragione il collega Rizzi:
l'opposizione deve fare il suo mestiere, deve essere contraria nel merito e nel
metodo, e la maggioranza dovrebbe fare il suo, cioè essere almeno presente in
aula.
PRESIDENTE. Onorevole Giachetti, la prego di concludere.
ROBERTO GIACHETTI. Ho
concluso, Presidente. Accadono poi delle cose veramente singolari per cui
ognuno ritiene di doversi sostituire al ruolo di un altro e torniamo a sentire
ancora una volta il presidente della Commissione che interviene in una materia
che non è nella sua disponibilità, perché decidere dei tempi che spettano ai
gruppi credo spetti alla Presidenza, mentre al presidente della Commissione
spetta intervenire nel merito, essendo anche relatore, delle proposte di
modifica che l'opposizione avanza.
Torno quindi a pregarla, signor Presidente, di far sì, con l'autorevolezza
della sua posizione, che ognuno di noi rispetti i ruoli e i compiti che gli
sono assegnati.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Milana. Ne ha facoltà.
RICCARDO
MILANA. Signor Presidente,
chiedo di sottoscrivere l'emendamento Leoni 19.2. Non posso non sottolineare - io
sono rimasto in aula - ciò che è avvenuto questa mattina, il modo con il quale
più di qualcuno, scaricando la propria frustrazione e la propria rabbia nei
confronti di chi non c'era, se l'è presa con l'opposizione per aver assunto un
atteggiamento molto civile che richiamava soltanto gli esponenti della
maggioranza ad una loro precisa responsabilità.
Ma veniamo al merito. Stiamo parlando degli articoli che riguardano l'elezione
del Capo dello Stato. Anche il meccanismo di elezione è farraginoso e risente
del modo con il quale si è andati avanti nello stilare questo accordo
all'interno della Casa delle libertà, che ha portato ad un equilibrio
pasticciato tra i vari organi dello Stato e, in particolare, ha in qualche modo
affievolito quel ruolo di garante che il Presidente della Repubblica ha e che
deve avere e che, per molti versi, quello che state producendo attenua, se non
cancella.
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MARIO CLEMENTE MASTELLA (ore 11,30)
RICCARDO MILANA. È un atteggiamento che non aiuta ad avere un confronto positivo e costruttivo, ma che ci porta a chiedere al Capo del Governo - proprio perché il rapporto tra Capo dello Stato, Parlamento e Governo è così farraginoso - di ripensare anche i meccanismi di elezione del Presidente della Repubblica, poiché essi risentono di questa farraginosità, di questa inconsistenza, dell'impossibilità di giungere ad un testo chiaro.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Ruta. Ne ha facoltà.
ROBERTO
RUTA. Signor Presidente,
onorevoli colleghi, l'articolo 19 potrebbe rappresentare una nota intonata in
un pianoforte che deve essere accordato, perché nell'insieme non funziona
assolutamente e la dimostrazione è l'assenza in quest'aula di un clima
costituente.
Chiedete all'opposizione per quale motivo resti fuori dell'aula. Ma come si fa
ad essere orgogliosi di partecipare all'esame di una riforma costituzionale
così pasticciata? Per quale motivo i vostri colleghi non vengono, con orgoglio,
in aula a rivendicare la loro presenza in questa discussione? È perché anche
loro comprendono che questa è una riforma costituzionale pasticciata di cui non
vogliono vantarsi, che non funziona e che, fondamentalmente, nessuno vuole!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Ruzzante. Ne ha facoltà.
PIERO
RUZZANTE. Signor Presidente,
intendo sottoscrivere l'emendamento in esame, Leoni 19.2, che ha indotto molti
rappresentanti della maggioranza ad intervenire. Credo non si possa criticare
l'atteggiamento dell'opposizione di questa mattina. Vorrei ricordare che, nella
scorsa legislatura, abbiamo esaminato, con una maggioranza parlamentare
decisamente inferiore rispetto alla vostra, un intero disegno di legge
finanziaria senza i rappresentanti dell'opposizione. Credo abbia ragione il
collega Rizzi che, questa mattina, lo ha affermato in maniera esplicita. Oggi,
il centrodestra conta su oltre trecentocinquanta deputati; alle 11,15 di questa
mattina ne erano presenti poco più di centocinquanta. Vi erano più deputati
fuori dell'aula che dentro! I banchi del Governo erano quasi vuoti: vi erano
solo due rappresentanti del Governo.
Credo che il problema non riguardi i tempi da destinare al sonno o la bouvette.
Probabilmente, molti colleghi della maggioranza non sono così convinti della
riforma che state realizzando, perché, se lo fossero, parteciperebbero e
garantirebbero il numero legale. Ricordo che, a quell'ora del mattino, in caso
di votazione, avreste rischiato di essere messi «sotto», perché erano presenti
in aula più colleghi dell'opposizione che della maggioranza. Credo che questo
fatto debba essere lasciato agli atti.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Bottino. Ne ha facoltà.
ANGELO
BOTTINO. Signor Presidente,
credo che un ampliamento dei tempi sia necessario ed utile alla elaborazione di
un testo di cui non condividiamo alcune parti. Ritengo che, su temi di grande
importanza, il testo in esame debba essere il più condiviso possibile. Quello
in esame è un articolo importante che richiede un'ampia discussione e,
possibilmente, una condivisione. È naturale che l'opposizione, nella
discussione della modifica della Costituzione, poiché il testo è blindato,
chieda ed attui le forme possibili per ampliare il dibattito.
Mi desta meraviglia l'atto di accusare la minoranza, perché l'impegno di essere
presenti in Assemblea negli orari definiti è di tutti. Questa mattina, invece,
la maggioranza non c'era. Credo sia opportuno essere presenti ed ampliare
questa discussione e chiedo anche di sottoscrivere l'emendamento in esame (Applausi
dei deputati del gruppo della Margherita, DL-L'Ulivo).
PRESIDENTE.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento
Leoni 19.2, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la
votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 414
Votanti 408
Astenuti 6
Maggioranza 205
Hanno votato sì 166
Hanno votato no 242).
Indìco la votazione
nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Buontempo 19.76,
non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la
votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 429
Votanti 428
Astenuti 1
Maggioranza 215
Hanno votato no 428).
Prendo atto che
l'onorevole Zanella non è riuscita a votare ed avrebbe voluto esprimere voto
contrario.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Mascia 19.4.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mascia. Ne ha
facoltà.
GRAZIELLA MASCIA.
Presidente, oggi ho tentato di dire in brevissimo tempo che questo nostro
emendamento, che fa seguito all'impianto che abbiamo proposto relativamente al
Senato delle regioni, trova naturalmente una coerenza nell'elezione del
Presidente della Repubblica, laddove, nella composizione dell'Assemblea che lo
elegge si prevede la presenza dei senatori e dei deputati, oltre ai presidenti
dei consigli regionali e delle province autonome di Trento e Bolzano.
Questa impostazione ha l'obiettivo di mantenere il carattere super partes
del Presidente della Repubblica, perché la composizione dell'Assemblea che lo
elegge è strettamente legata alle funzioni di garante della Costituzione che il
Capo dello Stato deve a nostro avviso mantenere. Questa elezione indiretta
della massima carica della Repubblica, filtrata dal Parlamento, come
espressione della volontà popolare, e con la partecipazione certa di tutte le
forze politiche, è la testimonianza e l'espressione migliore per poter
assegnare e mantenere al Capo dello Stato quelle caratteristiche e quei ruoli
già previsti oggi dalla Costituzione, che a nostro avviso verrebbero inquinati
dalla configurazione prospettata, se in questa Assemblea comparissero, così
come viene proposto dall'emendamento della maggioranza, espressioni degli
esecutivi, che nulla hanno a che vedere con un ambito di tal genere.
PRESIDENTE. Onorevole Mascia, concluda!
GRAZIELLA MASCIA. L'«incursione» di esponenti dell'esecutivo introduce naturalmente un elemento che va a modificare fin d'ora il ruolo stesso del Presidente della Repubblica. Riteniamo quindi che questo articolo, che può apparire non particolarmente rilevante, vada invece a modificare in modo strutturale l'impostazione dell'attuale Costituzione. Sollecitiamo quindi i colleghi a votare il nostro emendamento.
PRESIDENTE.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico,
sull'emendamento Mascia 19.4, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la
votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 425
Votanti 271
Astenuti 154
Maggioranza 136
Hanno votato sì 25
Hanno votato no 246).
Prendo atto che
l'onorevole Filippo Maria Drago non è riuscito a votare ed avrebbe voluto
esprimere voto contrario.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Bressa 19.11.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bressa. Ne ha
facoltà.
GIANCLAUDIO BRESSA.
Presidente, questo emendamento ci consente di svolgere una riflessione di
carattere generale sulla materia oggetto delle proposte emendative in esame.
La composizione dell'Assemblea della Repubblica, sensibilmente diversa dalla
vostra, trae origine dal progetto ispiratore della nostra proposta complessiva
di riforma della Costituzione.
In tale proposta appariva del tutto evidente come il Senato federale, che noi
proponevamo, era realmente federale e quindi la rappresentanza del territorio
era garantita in prima istanza. Ora, si tratta dell'elezione di chi è chiamato
davvero a rappresentare la Repubblica, ossia il Capo dello Stato, e non,
secondo la vostra impostazione che ieri abbiamo contestato in maniera blanda, i
deputati e i senatori.
Il vero rappresentante della Repubblica, infatti - colui il quale incarna
davvero la nuova architettura istituzionale -, non può che essere il Presidente
della Repubblica.
Dunque, è giusto che
quest'ultimo venga eletto da un collegio allargato, appunto l'Assemblea della
Repubblica che, a nostro avviso, dovrebbe essere composta, per metà, da
deputati e, per l'altra metà, da senatori nonché da rappresentanti delle
regioni e delle autonomie locali. Questi ultimi devono essere eletti, per metà,
dai Consigli regionali e, per l'altra metà, dai Consigli delle autonomie
locali, secondo le disposizioni stabilite dalla legge.
Con tale architettura, noi diamo davvero rilevanza e corpo costituzionale a
tutti i soggetti che interpretano questa nuova forma repubblicana: il
Parlamento - la Camera ed Senato -; le Assemblee legislative regionali; i
Consigli delle autonomie. Consigli che, vedendosi attribuito il potere di
indicare i rappresentanti chiamati ad eleggere il Presidente della Repubblica -
se, addirittura, non vengono nobilitati - si vedono comunque attribuita una
funzione che li valorizza, rendendoli davvero partecipi della costruzione del
nuovo modello costituzionale.
Riteniamo tutto ciò coerente è ragionevole; a nostro avviso, si tratta
dell'espressione autentica dell'importanza che potrebbe avere l'istituto
dell'Assemblea della Repubblica.
Giova poi fare una brevissima sottolineatura. Noi demandiamo le modalità con
cui tutto ciò avviene a disposizioni recate dalla legge; voi, invece, vi siete
abbastanza attardati nel definire anche le modalità con cui tutto ciò avviene.
Ciò fa parte di un vizio complessivo del vostro modo di riformare la
Costituzione; vizio che consiste nell'«appesantirla» con tutta una serie di
norme le quali tendono a «dettagliare» indicazioni che, invece, dovrebbero
essere di principio. Infatti, in quanto indicazioni di principio, se fossero
davvero chiare, potrebbero essere espresse con poche parole.
Ma questa vostra necessità, per così dire, di scrivere e dettagliare deriva un
po' dalla confusione che vi ispira; un po' dalla mancanza di razionalità
complessiva e di ragionevolezza che avete dimostrato nella costruzione di
questa vostra riforma; un po' anche dal fatto che in tal maniera vi rassicurate
gli uni con gli altri.
Tuttavia, le Costituzioni che tendono a rassicurare l'una parte con l'altra,
avendo la necessità di dettagliare in modo così puntuale e preciso i
dispositivi costituzionali, sono Carte che nascono deboli e che dimostrano un
impianto culturale di partenza debolissimo. Esse, in qualche modo, sono lo
specchio di questa vostra riforma, una verifica di maggioranza che voi
trasformate in riforma della Costituzione (Applausi dei deputati dei gruppi
della Margherita, DL-L'Ulivo e Misto-Verdi-L'Ulivo).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Marone. Ne ha facoltà.
RICCARDO
MARONE. Signor Presidente, a
mio avviso, quando si elabora una norma costituzionale, la vera difficoltà
risiede nell'avere la sensibilità di comprendere gli equilibri che è necessario
esprimere con quella norma. Le norme sono tutte, per così dire, facili, tutte
possibili; di soluzioni se ne possono trovare tante. Il «difficile» è stabilire
quale sia la soluzione che garantisca gli equilibri all'interno della Carta
costituzionale.
Nel caso di specie, si trattava di rendere coerente l'elezione del Presidente
della Repubblica con la riforma del Titolo V; peraltro, ciò costituisce un po'
il problema di fondo della riforma che oggi stiamo esaminando. Ebbene, abbiamo
completamente cambiato il concetto di Repubblica, stabilendo che appunto essa è
composta da diversi soggetti. Ieri, per esempio, abbiamo cercato di affermare
la tesi - ma vedo che non siamo riusciti evidentemente ad essere persuasivi -
che i deputati non rappresentano, da soli, la Repubblica, ormai formata da
diversi enti.
Qui la questione è assolutamente analoga. Il Presidente della Repubblica, infatti,
proprio perché la Repubblica è ormai formata da comuni, province, città
metropolitane, regioni e Stato, deve essere eletto da tali soggetti; non solo,
ma occorre che vi sia anche un equilibrio nella composizione dei rappresentanti
che debbono eleggerlo. Nella vostra proposta - è qui l'ipotesi centralista,
onorevole Landolfi, poiché in questo caso siete stati molto centralisti - vi è
una netta prevalenza dei rappresentanti della Camera, mentre tutto il resto
rimane in larga minoranza rispetto ad essi. Al riguardo, infatti, prevedete la
presenza di 500 deputati, che risultano di gran lunga superiori rispetto ai
senatori, ai rappresentanti delle regioni e ai presidenti delle giunte
regionali.
Noi, invece, abbiamo pensato ad un metodo diverso, prevedendo una platea
elettiva del Presidente della Repubblica composta in maniera assolutamente
paritaria sia dai componenti della Camera dei deputati sia da tutto il resto
dei rappresentanti del mondo delle autonomie locali. Ciò in coerenza non solo
con l'articolo 114, ma anche con un'interpretazione evolutiva dell'articolo 5
della Costituzione.
Vorrei evidenziare come nella vostra proposta, ad esempio, non esista il mondo
delle autonomie locali. Voi, infatti, non immaginate che un tale sistema, cui
abbiamo conferito numerosi poteri e funzioni, e cui abbiamo annesso una così
grande centralità nell'ambito della politica del paese, ai sensi degli articoli
114 e 118 della Costituzione, possa partecipare all'elezione del Presidente
della Repubblica, vale a dire il soggetto che li deve rappresentare.
Nella proposta emendativa in esame, allora, proponiamo che l'Assemblea della
Repubblica venga costituita per metà dai deputati e per l'altra metà dai
senatori, dai rappresentanti delle regioni e da quelli delle autonomie locali.
Ci sembra che ciò rappresenti il giusto punto di equilibrio per garantire che
colui che sarà eletto, vale a dire il nuovo Presidente della Repubblica, sia
alla fine effettivamente il rappresentante della Repubblica, e quindi il vero
rappresentante di tutti i soggetti che la compongono (Applausi dei deputati
dei gruppi dei Democratici di sinistra-L'Ulivo, della Margherita, DL-L'Ulivo e
Misto-Verdi-L'Ulivo).
PRESIDENTE.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento
Bressa 19.11, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la
votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 411
Votanti 394
Astenuti 17
Maggioranza 198
Hanno votato sì 156
Hanno votato no 238).
Prendo atto che
l'onorevole Sandi avrebbe voluto esprimere un voto favorevole.
Prendo atto altresì che l'onorevole Cicala non è riuscito ad esprimere il
proprio voto.
Avverto che l'emendamento Boato 19.77 è stato ritirato dai presentatori.
Passiamo al subemendamento Zeller 0.19.200.1.
Chiedo ai presentatori se accettano la riformulazione proposta dal relatore.
KARL ZELLER. Sì, signor Presidente, accettiamo la riformulazione del nostro subemendamento proposta dal relatore.
PRESIDENTE.
Sta bene.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Boato. Ne ha
facoltà.
MARCO BOATO. Signor Presidente, la riformulazione proposta non cambia ovviamente nulla della sostanza del subemendamento in esame; tuttavia, lo rende più sintetico nella forma, e ciò è opportuno nell'ambito di un testo costituzionale. Come si vede, tale proposta emendativa è firmata, oltre che dalla componente politica delle minoranze linguistiche del gruppo Misto (i deputati Zeller, Brugger, Widmann, Collè e Detomas), anche da me stesso e dai colleghi Bressa, Olivieri e Kessler. Devo tuttavia dare atto al relatore, al Governo e agli altri componenti del Comitato dei nove che, su tale questione, si è registrata una convergenza unanime, e pertanto, preannunzio il mio voto favorevole.
PRESIDENTE.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul
subemendamento Zeller 0.19.200.1, nel testo riformulato, accettato dalla
Commissione e dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la
votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).
(Presenti 425
Votanti 422
Astenuti 3
Maggioranza 212
Hanno votato sì 421
Hanno votato no 1).
Passiamo alla votazione
del subemendamento Duca 0.19.200.3.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Duca. Ne ha
facoltà.
EUGENIO DUCA. Signor Presidente, mi rivolgo al relatore per chiedergli di chiarire le motivazioni sottese al parere espresso su questa proposta emendativa. Si tratta, infatti, di un subemendamento che prevede una mera correzione formale. Non si capisce perché laddove ci sono cinque consiglieri si dica «cinque», dove ce ne sono dieci si dica «dieci», mentre dove ce n'è uno non si dica «uno», ma «uno solo», quasi a voler assumere un atteggiamento riduttivo, se non offensivo.
DONATO BRUNO, Relatore. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
DONATO BRUNO, Relatore. Onorevole Duca, «uno solo» è l'espressione contenuta nel testo della Costituzione vigente. Abbiamo, quindi, ritenuto di non dare parere favorevole al suo subemendamento 0.19.200.3.
PRESIDENTE.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico,
sull'emendamento Duca 0.19.200.3, non accettato dalla Commissione né dal
Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la
votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 429
Votanti 405
Astenuti 24
Maggioranza 203
Hanno votato sì 161
Hanno votato no 244).
Prendo atto che
l'onorevole Tarantino non è riuscito a votare.
Passiamo alla votazione del subemendamento Boccia 0.19.200.7.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Boccia. Ne ha facoltà.
ANTONIO
BOCCIA. Signor Presidente,
vorrei chiedere al presidente Bruno un chiarimento. Nel caso di regioni che
hanno, ad esempio, un milione e 950 mila abitanti, o solo 950 mila, non si
applica il «milione». Quindi, il «milione» è da intendersi come tetto massimo.
Ciò, tuttavia, nella prassi non accade, perché di solito si precisa sempre, in
tutta la legislazione statale, che al di sotto della metà, ossia del 50 per
cento, non si ha diritto ad avere un rappresentante. Al di sopra della metà,
invece, si ha diritto ad averlo (e ciò appare anche più congruo).
Per cui, tenendo conto che vi sono regioni che hanno tra 500 mila e un milione
di abitanti, che non avrebbero alcun rappresentante in più, e regioni che hanno
un milione e mezzo in più di abitanti, che perderebbero un'aliquota non
indifferente di rappresentanza popolare, ritengo che il rispetto della prassi,
ossia consentire che vi sia un rappresentante in più ogni milione di abitanti -
o frazione superiore a 500 mila - sia più congruo. Il Comitato dei nove ha
fatto una valutazione diversa, signor Presidente, ma io insisto per la
votazione di questo subemendamento, anche perché mi pare una soluzione
ragionevole e gradirei che questa mia proposta rimanesse agli atti dei lavori
parlamentari.
PRESIDENTE.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul
subemendamento Boccia 0.19.200.7, non accettato dalla Commissione né dal
Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la
votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 428
Votanti 411
Astenuti 17
Maggioranza 206
Hanno votato sì 172
Hanno votato no 239).
Passiamo alla votazione
del subemendamento Boccia 0.19.200.6.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Boccia. Ne ha
facoltà.
ANTONIO
BOCCIA. Signor Presidente,
anche su questo aspetto si tratta di capire cosa si vuole dire e, soprattutto,
cercare di immaginare che può accadere con la legge che dovrà dare attuazione a
questa previsione. Penso, per esempio, alle comunità montane ed anche a molte
decisioni dei consigli regionali per le quali si è formata una consistente
giurisprudenza amministrativa.
Ho l'impressione che scrivendo, al plurale, rappresentanza delle «minoranze»,
presidente Bruno, si incorrerà in un contenzioso del quale verrà investita la
Corte costituzionale, come già accaduto per comuni, province e regioni. Vi è,
infatti, come ricordato, ormai una vastissima giurisprudenza amministrativa in
materia.
Tutte le «minoranze» chiederanno di poter essere rappresentate, ritenendo che
la Costituzione dia loro il diritto di avere una rappresentanza. Se, infatti,
scriviamo in Costituzione «minoranze», creiamo un principio ed ogni «minoranza»
riterrà di dovere avere una propria rappresentanza e, quindi, il contenzioso
davanti alla Corte costituzionale, a mio avviso, sarà sollevato in tutti i
consigli regionali e provinciali dalle «minoranze» che, in base a qualche
arzigogolo legislativo, rimarranno escluse.
Credo sia nell'interesse generale fare una precisazione: o si applica il
sistema proporzionale come propongo e, allora, è la minoranza ad avere il più
alto numero dei consiglieri in rappresentanza; oppure, si inserisce il termine
«minoranza» e, in questo caso, si capisce che deve essere assicurata
complessivamente alla minoranza una rappresentanza. Ciò presuppone che le
minoranze si mettano d'accordo.
Se, tuttavia, lasciate il testo immutato - così com'è successo nell'esperienza
dei consigli comunali, provinciali e regionali, in cui il contenzioso è stato
notevolissimo e, al riguardo, vi è una giurisprudenza abbastanza costante - è
evidente che si trasferirà il contenzioso alla Corte costituzionale. Penso si
debba trovare un accorgimento e mi rimetto alla valutazione del Comitato dei
nove: peraltro, un pasticcio in più o uno in meno non cambia la sostanza...!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mascia. Ne ha facoltà.
GRAZIELLA MASCIA.
Signor Presidente, l'argomento sollevato dal collega Boccia aveva fatto
discutere già la Commissione nel mese di luglio, quando il testo della
maggioranza presentava questo riferimento al proporzionale. Faccio notare che
la Costituzione attuale parla esattamente di rappresentanza delle minoranze:
utilizzare il termine proporzionale significa tagliare fuori delle minoranze e
ciò è contrario allo spirito attuale della Costituzione. Il collega Boccia
sostiene che, in questo caso, si farebbe riferimento a tutte le minoranze:
ebbene sì, a tutte le minoranze, complessivamente, all'insieme dei delegati che
vengono espressi sul territorio. Oggi già la Costituzione prevede che le
minoranze nel loro insieme possano essere rappresentate e ciò è stato possibile
nel corso di tutti questi decenni.
A noi non piace il testo della maggioranza per le ragioni che ho già indicato
e, innanzitutto, per il fatto che vi è il riferimento ai presidenti delle
giunte; ma, in tal caso, credo si debba dare atto che, invece, è stato fatto un
passo avanti ed il termine proporzionale, che poteva significare semplicemente
una presenza delle maggioranze, è stato modificato con il richiamo ad una
rappresentanza delle minoranze. Pertanto, il voto del nostro gruppo sul
subemendamento in esame sarà contrario.
ANTONIO BOCCIA. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. A che titolo?
ANTONIO BOCCIA. Signor Presidente, per ritirare il mio subemendamento 0.19.200.6.
PRESIDENTE.
Sta bene, onorevole Boccia.
Passiamo al subemendamento Carrara 0.19.200.2.
NUCCIO CARRARA. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
NUCCIO
CARRARA. Signor Presidente,
intervengo a titolo personale per spiegare brevemente le ragioni del mio
subemendamento. Nella Costituzione del 1948 aveva un senso garantire le
minoranze, ma oggi, in un sistema bipolare, deve essere chiaro cosa si intende
per minoranze, se si tratta cioè di minoranze politiche, etniche, religiose
culturali o quant'altro.
Avrei preferito che il termine minoranze fosse sostituito con il termine
«opposizioni», perché in un sistema bipolare vi è una maggioranza e
un'opposizione o più opposizioni; e, comunque, le minoranze sono all'interno
sia della maggioranza sia dell'opposizione. Questo era il significato del mio
subemendamento, ma credo non sia un punto su cui condurre battaglie di
religione e, pertanto, ne annuncio il ritiro.
PRESIDENTE.
Sta bene, onorevole Carrara.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Elio Vito 19.200.
Avverto che, in caso di approvazione dello stesso risulterebbero assorbiti o
preclusi gli emendamenti Leoni 19.73 e 19.78, Boato 19.9 e 19.10, Bressa 19.79
e Boato 19.80.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bressa. Ne ha
facoltà.
GIANCLAUDIO BRESSA.
Signor Presidente, intervengo per continuare, in qualche modo, il discorso
sulla comparazione tra il modello che abbiamo proposto e quello che, attraverso
la votazione di questo emendamento a prima firma Elio Vito, voi sottoponete al
voto dell'Assemblea. Voi immaginate una rappresentanza di due delegati per ogni
consiglio regionale; dopodiché, ciascun consiglio regionale elegge un numero
ulteriore di delegati in ragione di un delegato per ogni milione di abitanti.
A questo modello si contrappone il nostro, che è così strutturato: vi sono 500
deputati, 122 senatori - il nostro Senato, essendo davvero federale, ha un
numero limitato di rappresentanti - e 378 rappresentanti eletti, per metà, dai
consigli regionali e, per altra metà, dai consigli delle autonomie locali,
ossia 169 in rappresentanza delle regioni e 169 in rappresentanza delle
autonomie.
Attraverso questo meccanismo, intendiamo sancire un principio sostanziale. Il
Presidente della Repubblica, che davvero rappresenta l'unità della Repubblica e
questa nuova architettura istituzionale che è stata definita con l'articolo 114
della Costituzione, è eletto da un'Assemblea paritaria, che vede la Camera
politica e, quindi, la rappresentanza politica del paese, da un lato, e,
dall'altro, i rappresentanti dei territori delle regioni e delle autonomie
locali attraverso il Senato, quindi attraverso i rappresentanti eletti
territorialmente che siedono nella seconda Camera delle autonomie, espressione
diretta delle assemblee regionali e dei consigli delle autonomie.
I numeri di 169 rappresentanti delle regioni e 169 rappresentanti delle
autonomie vogliono avere anche il significato della parità sostanziale, della
sostanziale equiordinazione e della sostanziale eguale importanza dal punto di
vista istituzionale delle regioni e del mondo delle autonomie. Credo che questa
costruzione sia molto razionale ed importante.
Perché non prevediamo la presenza dei presidenti delle regioni? Perché
riteniamo che un presidente della regione debba eleggere il Presidente della
Repubblica non in quanto rappresentante di un esecutivo, ma in quanto
rappresentante di un'assemblea regionale, per cui sarà del tutto ragionevole,
stante il numero che attribuiamo alle regioni (ossia 169), che probabilmente
ogni regione designi il proprio presidente.
Ogni regione manderà il proprio rappresentante non in virtù di un accordo di
Governo e di un'elezione che lo ha visto eletto direttamente o indirettamente,
a seconda delle modalità che ogni singola regione ha deciso di darsi, ma in
quanto rappresentante di quell'assemblea legislativa.
Credo che tutti questi aspetti, che potrebbero apparire delle sottigliezze,
diano invece corpo e sostanza all'articolo 114 della Costituzione, a quel
rapporto paritario che si vuole in qualche modo sancire tra l'Assemblea
politica, l'Assemblea rappresentativa delle istanze territoriali, le assemblee
legislative regionali e le autonomie.
Abbiamo immaginato che questa potesse essere davvero una costruzione che desse
un senso compiuto al nuovo termine «Assemblea della Repubblica». La vostra,
come spesso accade in questo vostro tentativo di riforma, è un ibrido, che ha
qualche intuizione anche interessante, ma che la declina poi in modi
pasticciati, confusi e non conseguenti rispetto allo spirito che informa la
nuova Costituzione, a dimostrazione che prendete quanto è scritto nella
Costituzione un po' come capita.
Forse non avete compreso esattamente la portata della novità dell'articolo 114
della Costituzione ed, emendamento dopo emendamento, dimostrate la precarietà
di tenuta complessiva, sotto il punto di vista della ragionevolezza e
dell'armonia, del vostro progetto (Applausi dei deputati dei gruppi della
Margherita, DL-L'Ulivo, dei Democratici di sinistra-L'Ulivo e
Misto-Verdi-L'Ulivo).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Marone. Ne ha facoltà.
RICCARDO
MARONE. Questo emendamento
della maggioranza non ci convince per lo stile con cui state procedendo; in
particolare, voi affermate dei principi e poi lentamente li riassorbite, li
riducete e cercate di contenerli.
La partecipazione dei rappresentanti delle regioni all'Assemblea che deve
eleggere il Presidente della Repubblica costituisce un principio che era già
esistente nel nostro ordinamento sulla base della Costituzione del 1948, ma è
ovviamente anche una logica conseguenza della riforma del Titolo V.
Ebbene, nell'affermare anche voi tale principio - e non potevate non farlo - in
realtà ne riducete la portata in maniera enorme, dato che la rappresentanza
delle regioni è assolutamente esigua rispetto alla composizione complessiva
dell'Assemblea e le autonomie locali non sono proprio rappresentate. Facendo un
sommario calcolo, prevedendo i presidenti delle regioni e delle due province
autonome ed i delegati per le regioni, non arriveremmo a più di 75 rappresentanti
delle regioni, rispetto a 752 tra deputati e senatori. Quindi, si tratta di una
rappresentanza che è circa il 10 per cento dell'Assemblea. Pensate che questo
sia il modo giusto di dare applicazione all'articolo 114 della Costituzione?
Pensate che il Presidente della Repubblica, che rappresenta tutti i suddetti
soggetti, sia in tal modo correttamente eletto?
Vi è un'evidente mancanza di equilibrio nella determinazione della composizione
dell'Assemblea. L'Assemblea è fortemente condizionata innanzitutto dalla Camera
politica, che ha la maggioranza assoluta. Infatti, su un'Assemblea di circa 850
soggetti, 500 costituiscono la Camera politica. Considerando anche i senatori,
che come abbiamo già detto non hanno nulla di federale, avete realizzato
un'Assemblea che nulla ha a che vedere con la nuova articolazione della
Repubblica.
Il problema è questo: non avete ancora assorbito i concetti espressi dal Titolo
V. Si tratta di una nuova articolazione della Repubblica; lo Stato non è più
onnicomprensivo ma è al pari degli altri enti territoriali; dunque, il
Presidente della Repubblica dev'essere rappresentativo di tutti gli enti. Voi,
ancora una volta, state immaginando un Presidente della Repubblica
sostanzialmente rappresentativo solo dello Stato (Applausi dei deputati dei
gruppi dei Democratici di sinistra-L'Ulivo, della Margherita, DL-L'Ulivo e
Misto-Verdi-L'Ulivo).
DONATO BRUNO, Relatore. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
DONATO BRUNO, Relatore. Signor Presidente, intervengo solo per ricordare che all'espressione «Valle d'Aosta» va aggiunta la corrispondente espressione francese «Valée d'Aoste», così come tutte le volte che incontriamo l'espressione «Trentino Alto Adige» dovremo aggiungere l'espressione «Südtirol».
ROBERTO MENIA. Allora io voto contro...!
PRESIDENTE.
L'emendamento risulta, dunque, corretto nel senso di aggiungere, dopo le parole
«Valle d'Aosta», le parole: «Valée d'Aoste».
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico,
sull'emendamento Elio Vito 19.200, nel testo corretto, accettato dalla
Commissione e dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la
votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).
(Presenti 432
Votanti 427
Astenuti 5
Maggioranza 214
Hanno votato sì 240
Hanno votato no 187).
Prendo atto che
l'onorevole D'Agrò non è riuscito a votare ed avrebbe voluto esprimere un voto
favorevole.
Passiamo all'emendamento Perrotta 19.75.
ALDO PERROTTA. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ALDO PERROTTA. Signor Presidente, la Commissione ha presentato un emendamento che recepisce, migliorandolo notevolmente, il mio. Pertanto, lo ritiro.
PRESIDENTE.
Sta bene, onorevole Perrotta.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Elio Vito 19.201.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bressa. Ne ha
facoltà.
GIANCLAUDIO BRESSA. Non
vi è dubbio che questo emendamento migliora il testo della Commissione, in
quanto prevede che, dopo il terzo scrutinio, sia sufficiente la maggioranza dei
tre quinti dei componenti per l'elezione del Presidente della Repubblica.
Tuttavia, è la norma di chiusura che non ci convince, in quanto essa prevede
che dopo il quinto scrutinio è sufficiente la maggioranza assoluta. Ebbene, i
discorsi che abbiamo fatto per l'elezione dei Presidenti di Camera e Senato
vogliamo riprodurli anche per l'elezione del Presidente della Repubblica. È
fuori di dubbio che la figura di Presidente della Repubblica che voi
tratteggiate - ma lo vedremo più compiutamente nel prosieguo del dibattito - ha
una sua dimensione di organo di garanzia, anche se non compiutamente declinata
ed espressa. Il fatto stesso che voi non abbiate deciso di fare un'opzione per
un Presidente della Repubblica governante, in qualche modo attribuisce - per le
cose che avete scritto negli articoli successivi - al Presidente della
Repubblica una funzione di garanzia; ad un certo punto, voi dite addirittura
che è garante della Costituzione (ma vedremo poi meglio, nel dettaglio, questi
aspetti).
Se, allora, la funzione del Presidente della Repubblica è quella di garanzia, è
del tutto evidente che tale funzione deve trovare una sua modalità di espressione
al momento dell'elezione di tale figura. Proprio perché ad eleggerlo è
l'Assemblea della Repubblica, la funzione di garanzia non è più solo rispetto
alle forze politiche, cioè rispetto alle opzioni politiche che si esprimono in
Parlamento e quindi rispetto alle maggioranze governative parlamentari, ma
diventa una funzione di equilibrio e di garanzia rispetto anche ai territori,
quindi alle espressioni delle venti regioni e del mondo delle autonomie locali.
Dunque, proprio perché non vi è più solo questa dimensione tutta politica
(nelle modalità dell'elezione del Presidente della Repubblica, per il tipo di
Assemblea che è stata costruita), appare del tutto evidente che una maggioranza
- quella che noi prefiguriamo (ne discuteremo nel prossimo emendamento) - dei
due terzi dei voti espressi, comunque non inferiore alla maggioranza assoluta
dei componenti, è assolutamente più equilibrata per garantire questa funzione
di garanzia e di unità della Repubblica. Sono aspetti, ripeto, di non poco
conto.
Se il Presidente della Repubblica deve rappresentare davvero la Repubblica, se
deve essere garante della Costituzione, se deve essere garante non solo dei
meccanismi costituzionali, ma anche della pluralità di espressioni politiche,
economiche e sociali, frutto dell'articolazione del nostro paese in venti
regioni e in migliaia di autonomie, è bene che, nel momento in cui tutte queste
persone si ritrovano, debbano in qualche modo concordare su che tipo di figura
debba essere quella del Presidente della Repubblica. Ecco perché, allora,
costringere coloro i quali andranno a comporre l'Assemblea della Repubblica a
trovare una maggioranza larga non è un'operazione di ostruzionismo o un
tentativo per complicare l'elezione di un Presidente della Repubblica: è invece
un esercizio di responsabilità collettiva, oltre che un esercizio di lealtà
costituzionale, che una Costituzione, nel definire i principi portanti di
un'architettura costituzionale, dovrebbe favorire.
Voi invece scivolate, anche in questo caso, nella politica politicante. Siccome
c'è la possibilità che non si riesca a trovare un accordo, cioè che le forze
politiche e le rappresentanze delle istanze territoriali non siano così mature,
responsabili e costituzionalmente leali da trovare un accordo, allora ce la
sbrighiamo con la maggioranza assoluta dei votanti. Tutto questo, a nostro modo
di vedere, non è corretto dal punto di vista costituzionale. Pertanto, voteremo
contro questo emendamento (Applausi dei deputati dei gruppi della
Margherita, DL-L'Ulivo, dei Democratici di sinistra-L'Ulivo e
Misto-Verdi-L'Ulivo).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Marone. Ne ha facoltà.
RICCARDO
MARONE. Ovviamente,
l'emendamento in sé è migliorativo rispetto al testo dell'articolo, perché
introduce il criterio che i primi scrutini debbano prevedere una maggioranza
estremamente qualificata; tuttavia, è il contesto complessivo che non ci
convince. Infatti, ancora una volta, voi prevedete che alla fine il Presidente
della Repubblica, sostanzialmente, può essere eletto dalla Camera dei deputati.
Infatti, con il meccanismo creato, la Camera composta da cinquecento deputati
avrà una tale preponderanza nel numero complessivo dell'Assemblea che,
ovviamente, sarà fortemente determinante nella scelta del Presidente; dunque,
se si prevede una maggioranza assoluta, non vi sarà il rappresentante della
Repubblica, ma un Presidente che è semplicemente il Capo dello Stato, come si
diceva una volta, prima della modifica operata con il decreto del Presidente
della Repubblica n. 1199 del 1971.
Quello che non ci convince è il fatto che, appunto, un soggetto che deve
rappresentare tutti gli enti che compongono la Repubblica possa essere eletto
da una maggioranza e non dal voto di un'Assemblea che sia estremamente rappresentativa.
Nella configurazione dell'Assemblea da noi proposta, abbiamo cercato anche di
togliere forza alla maggioranza politica, in quanto il Presidente della
Repubblica non può essere espressione di tale maggioranza. Dunque, con il
nostro emendamento, proponiamo un'Assemblea che possa eleggere un Presidente
della Repubblica che sia espressione veramente della Repubblica nella sua
variegata composizione e non della maggioranza politica. Con la vostra proposta
dimenticate che esistono altri soggetti, altri enti, altre istituzioni,
caratterizzati da maggioranze politiche completamente diverse (penso alle
regioni, alle autonomie locali), che quindi non possono essere rappresentati da
un Presidente eletto secondo quelle modalità.
Tutto ciò è conseguenza del fatto che, sostanzialmente, non volete veramente
attuare l'articolo 114 della Costituzione (Applausi dei deputati dei gruppi
dei Democratici di sinistra-L'Ulivo e della Margherita, DL-L'Ulivo).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Boato. Ne ha facoltà.
MARCO
BOATO. Signor Presidente,
condivido pienamente quanto affermato poco fa dai colleghi Bressa e Marone.
Volevo ricordare - mi rivolgo in particolare al collega Tabacci - che, più
volte, si è richiamato il modello tedesco, ad esempio con riferimento alla
figura del cancellierato e così via.
Con i nostri emendamenti, dai quali emerge la nostra condivisione in ordine
alla terminologia «Assemblea della Repubblica», ci siamo ispirati al modello
della Repubblica federale di Germania dove, pochi mesi fa, è stato eletto il
nuovo Presidente della Repubblica da parte di un'Assemblea composta esattamente
da tutti i deputati del Bundestag e da un numero identico di componenti
nominati dal Bundesrat.
Quindi, proponendo un'Assemblea composta da tutti i deputati e da un numero
identico di componenti rappresentato dal Senato federale e, per l'altra metà,
da rappresentanti delle regioni e delle autonomie locali, ci ispiriamo ad un
modello equilibrato e autenticamente di tipo federale. Potremmo dire ispirato
ad un federalismo ben temperato, equilibrato e in cui la Camera politica
riveste una grandissima importanza, senza però che sia trascurata la
rappresentanza di tutti gli altri soggetti costitutivi della Repubblica.
Pertanto, sono queste le ragioni per cui annuncio il voto contrario dei Verdi
sull'emendamento Elio Vito 19.201.
PRESIDENTE.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico,
sull'emendamento Elio Vito 19.201, accettato dalla Commissione e dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la
votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).
(Presenti 435
Votanti 432
Astenuti 3
Maggioranza 217
Hanno votato sì 251
Hanno votato no 181).
Passiamo alla votazione dell'emendamento Bressa 19.12.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà.
GIANCLAUDIO BRESSA. Signor
Presidente, vorrei riprendere in breve alcune considerazioni svolte nel
precedente intervento. Il testo dell'emendamento recita: «due terzi dei voti
espressi, comunque non inferiore alla maggioranza assoluta dei componenti».
Questo è un meccanismo che tende a valorizzare il senso di un'Assemblea della
Repubblica che vede la partecipazione di rappresentanti del Parlamento, del
Senato, delle assemblee legislative regionali e delle autonomie locali.
Dobbiamo cominciare a ragionare in termini di responsabilità istituzionale
condivisa.
Le elezioni del Presidente della Repubblica, come degli organi di garanzia,
dovrebbero essere il momento in cui ciascuno si spoglia della propria
particolarità politica e riconosce un valore superiore, ovvero quello della
Repubblica, ipotizzando pertanto che i ruoli di garanzia debbano essere
ricoperti dalle personalità che meglio di altre possono garantire tali
funzioni. Come dicevamo anche prima, in questo caso non si tratta di dare una
garanzia soltanto dal punto di vista della correttezza e delle relazioni
istituzionali. Si tratta anche di garantire i territori, le diversità del
paese, cioè le differenti realtà economiche e sociali, prima ancora che
politiche. Per questo è importante che, nel momento in cui si elegge il Presidente
con uno strumento quale l'Assemblea della Repubblica, si individuino meccanismi
di voto che, in qualche modo, inducano a questa scelta di responsabilità.
L'ho già affermato molte volte, ma non vorrei essere frainteso: non esiste
alcuna contraddizione tra quanto sto dicendo adesso e altre affermazioni da me
fatte, in cui spiegavo che la Costituzione e l'ingegneria costituzionale non
devono costruire la politica del paese. In questo caso, però, non si tratta di
definire la politica del paese, bensì di scegliere la figura istituzionale che
garantisce la Repubblica, la sua unità e i meccanismi costituzionali che la
regolano. È probabilmente il compito di massima responsabilità politica cui
siamo chiamati. Non capisco, allora, come mai si debba nutrire una sfiducia
così grande sulla capacità e sulla responsabilità politica di tutti noi, dei
cittadini italiani e dei loro rappresentanti. Implicitamente, adottando la
formula prevista dall'emendamento a firma Elio Vito ora approvato, state
compiendo un atto di sfiducia complessiva nei confronti del paese. Non vi
fidate e, infatti, affermate che esiste il rischio di non poter mai eleggere un
Presidente della Repubblica.
Credo che questa sia una maniera di accostarsi ai problemi della riforma
costituzionale e alle questioni che caratterizzano la vita politica, sociale,
economica e culturale del nostro paese, non solo non condivisibile, ma anche
imbarazzante. State votando una Costituzione avendo come punto fondante la
sfiducia nel paese e nella sua capacità politica di rappresentare davvero la
Repubblica nella sua unità. È inutile che si parli, come accaduto in altre
occasioni, di lealtà istituzionale, visto che, nel momento in cui siamo
chiamati a definire il principale e supremo atto di lealtà costituzionale e istituzionale,
siamo capaci di trovare soltanto una soluzione così abborracciata. Piuttosto
che il nulla, è meglio inventarsi una «piccola maggioranza» che comunque
risolve un problema.
È veramente triste, dunque, constatare che su una questione così rilevante non
vi sia nemmeno uno scatto di orgoglio e nemmeno una volontà personale,
indipendentemente dall'appartenenza politica, di ribellarsi al fatto di essere
considerati tutti caproni, per cui, senza maggioranze risicate, non si è in
grado di eleggere il Presidente della Repubblica! Ciò è veramente triste ed
umiliante per tutti noi, a prescindere dalle posizioni politiche e dal giudizio
su questa triste, tristissima e scombinata riforma costituzionale (Applausi
dei deputati dei gruppi della Margherita, DL-L'Ulivo e Misto-Verdi-L'Ulivo).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Marone. Ne ha facoltà.
RICCARDO
MARONE. Signor Presidente,
l'emendamento in esame è coerente con la nostra impostazione e si rende ancor
più necessario dopo l'approvazione delle proposte della maggioranza. Infatti, a
seguito della configurazione dell'Assemblea della Repubblica da voi delineata,
si rende necessario un quorum qualificato. Nel caso contrario, come ho
già osservato, il Presidente della Repubblica sarà semplicemente il Presidente
della maggioranza politica del paese all'atto della sua elezione. Ritengo che
ciò debba essere evitato, dal momento che affermiamo - auspicavamo che anche
voi credeste a tale affermazione - che il Presidente della Repubblica
rappresenta l'intero paese e, quindi, tutti i soggetti che fanno parte della
Repubblica: non solo lo Stato, ma anche i comuni, le province, le città
metropolitane e le regioni.
Sarebbe stato necessario costruire un'Assemblea che non avesse una maggioranza
politica coincidente con la maggioranza vincitrice delle elezioni, al fine di
garantire l'elezione di un Presidente che rappresentasse tutti. Abbiamo
proposto la formula contenuta nel nostro emendamento, ma è stata approvata una
proposta diversa, in virtù della quale la Camera assume un peso preponderante
nell'elezione del Presidente della Repubblica: a mio avviso, si sta ripetendo
l'errore commesso dal Senato, a difesa delle proprie prerogative. Tuttavia,
essendo stata introdotta tale composizione, a maggior ragione, è necessaria
l'approvazione dell'emendamento in esame: non può essere eletto un Presidente
della Repubblica con la sola maggioranza assoluta, se nella composizione
dell'Assemblea prevale la maggioranza politica del paese di quel momento.
Il Presidente della Repubblica, infatti, deve essere non soltanto il garante
della Costituzione, ma il rappresentante di tutta la Repubblica, e nella
Repubblica vi sono enti che hanno maggioranze politiche diverse e che hanno lo
stesso diritto di essere rappresentati. Con la vostra proposta, ciò non accade.
Si può, tuttavia, ancora rimediare, approvando l'emendamento in esame e
prevedendo sempre e comunque una maggioranza qualificata che garantisca anche
la partecipazione delle minoranze nell'elezione del Presidente della
Repubblica. Solo in tal modo, questo organo potrà rappresentare effettivamente
tutta la Repubblica. Invece, ancora una volta, vi state costruendo
un'istituzione su misura (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici
di sinistra-L'Ulivo e Misto-Verdi-L'Ulivo).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Frigato. Ne ha facoltà.
GABRIELE FRIGATO.
Signor Presidente, annuncio il mio voto contrario sul testo proposto
dell'articolo 19. Rilevo in primo luogo che la mancata previsione di una
maggioranza qualificata per l'elezione del Presidente della Repubblica rende
sostanzialmente quest'ultimo espressione di una parte del paese, non certamente
dell'unità, dell'equilibrio e della sintesi che tutti, a parole, crediamo
debbano costituire le caratteristiche fondamentali di chi rappresenta l'unità
nazionale.
Vorrei ora evidenziare un secondo elemento. Quando proponiamo di esprimere un
ulteriore delegato per ogni milione di abitanti nelle regioni particolarmente
popolose, dobbiamo pensare anche a regioni come il Veneto, dove risiedono 4
milioni e 642 mila abitanti. Ebbene di questi, ben 642 mila rimarranno senza
rappresentanza. Tale meccanismo, se l'emendamento Boccia fosse stato accolto,
sarebbe stato sicuramente migliorato e corretto (Applausi dei deputati del
gruppo della Margherita, DL-L'Ulivo).
PRESIDENTE.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico,
sull'emendamento Bressa 19.12, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
RENZO INNOCENTI. Guardi, Presidente...!
PIERO RUZZANTE. Presidente, ci sono troppi doppi voti!
PRESIDENTE.
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 412
Votanti 408
Astenuti 4
Maggioranza 205
Hanno votato sì 189
Hanno votato no 219).
Prendo atto che
l'onorevole Gerardo Bianco ha espresso erroneamente un voto contrario mentre
avrebbe voluto astenersi.
Passiamo alla votazione dell'articolo 19.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Alfonso Gianni. Ne
ha facoltà.
ALFONSO
GIANNI. Siamo contrari a
questo articolo e i motivi sono già stati illustrati dalla collega Mascia in
sede di esame delle proposte emendative. Mi limiterò semplicemente a
riassumerle perché è importante che in questo dibattito resti traccia del
nostro punto di vista complessivo.
Con l'articolo in esame si avverte il fiato sul collo dell'impostazione
presidenzialista che sovrintende tutta la controriforma costituzionale pensata,
e purtroppo fin qui messa in atto, dalla maggioranza. Ovviamente, referendum
abrogativo permettendo...
Ci troviamo di fronte alla modificazione di un articolo costituzionale di
grande delicatezza, che rappresenta una delle architravi che reggono il disegno
costituzionale del 1948. Anzi, a mio avviso, si tratta di una delle architravi
di tutti i moderni e avanzati costituzionalismi e sistemi costituzionali,
almeno dalla seconda parte del Novecento in poi.
PRESIDENTE. Onorevole Alfonso Gianni, la invito a concludere.
ALFONSO
GIANNI. La lettura
dell'articolo 83 della Costituzione, sulle modalità di elezione del Presidente
della Repubblica, non sarebbe comprensibile se non si tenesse conto
dell'articolo 87 della vigente Costituzione, in base al quale il Presidente
della Repubblica rappresenta l'unità nazionale. È questa l'unica figura che ha
il dovere costituzionale di rappresentare l'unità nazionale. Alle forze
politiche questo non è richiesto anzi, è meglio che, nei sistemi politici
moderni, queste non pretendano di interpretare tale unità. Ed è proprio per
questo motivo che la figura del Presidente della Repubblica rappresenta una
delle architravi di garanzia in un moderno ed evoluto costituzionalismo: è la
figura che garantisce l'unità costituzionale e, per conseguenza, la libera
dialettica tra i partiti.
Le modalità di elezione di questa carica, quindi, sono estremamente delicate.
Non si può sostenere che il Presidente venga eletto dalle Camere e poi inserire
in questo meccanismo di elezione la presenza dei presidenti degli esecutivi
delle regioni, e via a discendere, in una sorta di orgia presidenzialista, sino
ad arrivare a figure già elette in funzione presidenziale. In tal modo si
creerebbe una «casta dei presidenti». Non so se qualcuno sia personalmente
interessato a far parte di questa élite, chi vi parla ovviamente no. Ma
su questi aspetti non dobbiamo scherzare!
Vi è una concezione della Costituzione e dell'equilibrio delicatissimo dei
poteri che viene completamente lesa. È questa la ragione della nostra assoluta
contrarietà al testo della maggioranza, come specificheremo anche nel prosieguo
dell'esame degli articoli (Applausi dei deputati del gruppo di Rifondazione
comunista).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mantini. Ne ha facoltà.
PIERLUIGI MANTINI. Intendo esprimere il voto contrario del gruppo della Margherita, DL-L'Ulivo. Le ragioni di questo dissenso sono già state illustrate nel corso del dibattito dai miei colleghi. Desidero ora ribadire che in materia di configurazione dei ruoli, dei modelli di elezione e della carica di Presidente della Repubblica si è fin qui proceduto in maniera assolutamente ondivaga.
Nella sostanza, il ruolo
di garanzia del Presidente della Repubblica viene ridotto e direi anche un poi
inquinato: da una parte, come vedremo tra breve - lodevolmente, a nostro avviso
- vengono precisati alcuni poteri sostanzialmente presidenziali, risolvendo i
vecchi quesiti sugli atti formalmente presidenziali; dall'altra, però, il
Presidente della Repubblica viene coinvolto in ruoli politici che non
appartengono a questa figura (mi riferisco, in particolare, al cosiddetto
arbitraggio in materia di competenza legislativa). Devo dire inoltre che,
stando esattamente al testo dell'articolo 19, viene previsto un criterio di
elezione che non salvaguarda l'esigenza di garantire maggioranze
sufficientemente ampie, che quindi vadano al di là del perimetro delle
maggioranze di Governo.
Sia chiaro che la riflessione su questo punto avrebbe dovuto essere anche più
ampia e più profonda di quella che si è avuto modo di svolgere attraverso
l'esame degli emendamenti. Ad esempio, si sarebbe ben potuto immaginare un
criterio più chiaro, con l'elezione del Presidente della Repubblica da parte
del popolo, dopo, ad esempio, tre scrutini in cui non si raggiungono le
maggioranze qualificate previste. Non si è voluta percorrere questa strada e si
è invece percorsa la strada già vista in tema di garanzia del Parlamento e su
altri punti della riforma costituzionale, quella di circoscrivere le nomine e
le scelte politiche sostanzialmente nell'ambito delle maggioranze politiche di
Governo.
Si tratta di un'impostazione profondamente sbagliata, che tra l'altro non ha
tenuto conto delle nostre proposte che tendevano a comporre l'Assemblea della
Repubblica con una più vasta ed ampia partecipazione delle autonomie locali,
attraverso i delegati espressi dai consigli delle autonomie locali. Quindi, in
sostanza, si tratta di una scelta poco espressiva della pluralità dei soggetti
che compongono - o dovrebbero comporre -, in modo più rispettoso delle
autonomie locali, l'Assemblea della Repubblica, una scelta che ancora una volta
restringe il potere decisionale nelle mani delle maggioranze di Governo,
denunciando ancora una volta un certo fastidio per la democrazia ed una certa
incredulità per la capacità dei Parlamenti e delle assemblee elettive di arrivare
a decisioni condivise. Che questo avvenga in materia di elezione del Presidente
della Repubblica è cosa particolarmente grave e non credo di doverlo
sottolineare ancora.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Leoni. Ne ha facoltà.
CARLO
LEONI. Signor Presidente,
signor ministro, i colleghi della I Commissione che appartengono ai gruppi di
opposizione si sono accostati alla lettura e all'esame del testo proveniente
dal Senato senza alcun atteggiamento pregiudiziale ed esaminandolo nel merito,
tanto che debbo confessare che, quando abbiamo visto che chiamavate il seggio
per l'elezione del Capo dello Stato «Assemblea della Repubblica», alcuni di noi
hanno pensato che questa denominazione non fosse una cattiva idea. Poi siamo
andati a leggere il testo e abbiamo visto ciò che gli altri colleghi hanno
criticato nel corso del dibattito di questa mattina e cioè che non è
compiutamente - e quindi non è veramente - un'Assemblea della Repubblica.
Infatti, come è stato ricordato, la Repubblica italiana è costituita da comuni,
province, città metropolitane, regioni e Stato, mentre in questa Assemblea non
vengono rappresentati né i comuni né le province né le città metropolitane, ma
soltanto le regioni e lo Stato. Mancano cioè ben tre dei soggetti costituenti
la Repubblica italiana.
Dunque, solo le regioni e lo Stato. Peraltro, le regioni sono rappresentate dai
presidenti delle giunte regionali, ossia dagli esecutivi. Com'è stato
ricordato, nella nostra formulazione alternativa non escludevamo la possibilità
che un presidente di regione facesse parte dell'Assemblea della Repubblica, ma
lo prevedevamo solo nel caso in cui il consiglio regionale avesse scelto lui e
non altri a rappresentare la regione, ossia come rappresentante dell'assemblea
regionale. Prevedere la partecipazione di rappresentanti - tra l'altro, eletti
direttamente dai cittadini - degli esecutivi ad un'Assemblea di questo tipo è
una palese incongruenza. Dunque, noi, che volevamo una vera Assemblea della
Repubblica, per eleggere il Capo dello Stato abbiamo proposto un meccanismo
diverso, alternativo, che prevedeva la presenza dei comuni, delle province e
delle città metropolitane in misura paritaria. Attraverso le nostre proposte
emendative, abbiamo chiesto che metà di quest'Assemblea fosse costituita dai
membri della Camera dei deputati - ossia di quella Camera che esprime la
fiducia al Governo e nella quale vi è una maggioranza politica - e metà dai
senatori e dai rappresentanti delle regioni e delle autonomie locali. Lo
abbiamo fatto per due ragioni. In primo luogo, per costruire effettivamente
un'Assemblea della Repubblica con una tendenziale parità di tutti i soggetti
che costituiscono la Repubblica, secondo la Costituzione vigente (articolo
114). In secondo luogo, per raggiungere un obiettivo che continua a non essere
in cima alle vostre preoccupazioni, ossia prevedere il massimo delle garanzie
soprattutto, ma non solo, nell'elezione dei vertici istituzionali di fronte al
rischio che queste figure, che devono essere di garanzia per tutti, finiscano
per essere espressione di una sola maggioranza politica. Anche a questo
corrisponde l'idea di un'Assemblea della Repubblica costruita in modo
paritario, al fine di evitare che la sola Camera dei deputati determini le
scelte complessive e che la sola maggioranza politica determini la scelta del
Capo dello Stato. La rappresentanza paritaria scongiurava, invece, questo
rischio. Tuttavia, per mettere un ulteriore tassello a garanzia di imparzialità
abbiamo proposto che, in ultima istanza, fossero necessari due terzi dei voti
espressi a condizione che rappresentassero la maggioranza assoluta dei
componenti l'Assemblea. Non avete voluto accogliere neanche questa proposta. Il
vostro disprezzo e la scarsa considerazione per le istanze di equilibrio e di
garanzia di imparzialità, non dell'opposizione, ma del sistema delle cariche
istituzionali, sono il segno di una scarsa cultura liberale (davvero, molto
scarsa) e di una scarsa lungimiranza. Quando si costruisce il futuro del paese
scrivendo la Costituzione bisognerebbe tenere la testa un po' meno china sui
vertici di maggioranza o sulle contingenti esigenze del senatore o del
deputato, ed alzarla per guardare al futuro di un paese che ha bisogno di un
equilibrio democratico che voi, con questa riforma, non state garantendo (Applausi
dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Lettieri. Ne ha facoltà.
MARIO
LETTIERI. Signor Presidente,
l'elezione del Presidente della Repubblica, a mio avviso, dovrebbe essere
l'atto più alto e rilevante cui le Camere sono chiamate, o meglio, cui
l'Assemblea della Repubblica sarà chiamata. Per questo motivo, il Presidente
della Repubblica non può essere una scelta di maggioranza. Il meccanismo
previsto in questo testo, purtroppo, va in senso opposto: ne vuol fare proprio
una istituzione su misura.
A nostro avviso, l'Assemblea della Repubblica dovrebbe essere costituita in
maniera paritaria, garantendo non soltanto la rappresentanza dei presidenti
delle regioni ma anche quella delle minoranze; gli stessi delegati eletti non
dovrebbero essere espressione soltanto delle regioni con popolazione
numericamente superiore al milione di abitanti.
Non si comprende la ratio di una siffatta limitazione; al riguardo, una
proposta emendativa presentata dal collega Boccia era nel senso di consentire
l'elezione di un delegato anche nel caso in cui la popolazione dell'ente
costituisse, rispetto al milione previsto, una frazione superiore a 500 mila.
Ritengo, perciò, che il meccanismo previsto per l'elezione del massimo garante
della Repubblica, dell'unità del paese, degli equilibri tra i diversi poteri
costituzionali non possa costituire, così come voi pretendereste di fare, una
scelta di parte.
Preannuncio, conseguentemente, il mio voto contrario all'approvazione dell'articolo in esame.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Frigato. Ne ha facoltà.
GABRIELE FRIGATO. La
ringrazio, signor Presidente. Intervengo soltanto per completare la riflessione
già da me esposta dianzi; ritengo che, complessivamente, l'articolo in
questione affidi l'elezione del Capo dello Stato ad una maggioranza,
compromettendone, quindi, il ruolo di garanzia.
Inoltre, desidero davvero sottolineare come la mancata approvazione della
proposta emendativa a firma Boccia sia, per molti aspetti, incomprensibile;
infatti, quando, come è stato previsto, si ritiene di affidare un maggior
numero di delegati alle regioni popolose - stabilendo la misura di uno ogni
milione di abitanti -, andrebbe considerato come generalmente, in disposizioni
siffatte, si consideri, in aggiunta all'ipotesi di un milione, anche quella di
una frazione che superi la metà del milione stesso. Insomma, un delegato per
ogni milione o frazione di milione ove questa superi la metà.
Dunque, in tal modo, abbiamo penalizzato molte regioni; mi riferisco in
particolare alla regione Veneto, dove 642 mila abitanti resteranno privi di una
concreta e doverosa rappresentanza.
PRESIDENTE.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo
19, nel testo emendato.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la
votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).
(Presenti 398
Votanti 395
Astenuti 3
Maggioranza 198
Hanno votato sì 236
Hanno votato no 159).
Prendo atto che gli
onorevoli Tarditi e Antonio Russo avrebbero voluto votare a favore, mentre
hanno erroneamente votato contro.
Passiamo alla votazione dell'articolo aggiuntivo 19.01 Boato.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Marone. Ne ha
facoltà.
RICCARDO
MARONE. Signor Presidente, il
nostro articolo aggiuntivo è coerente con tutte le proposte emendative sinora
presentate circa la diminuzione dell'età della rappresentanza politica; Si
prende atto di una tendenza in atto in tutto il mondo; fortunatamente, vi è un
orientamento verso lo «svecchiamento» ed una rappresentanza sempre più adeguata
alle necessità della lotta politica.
Quindi, un po' in tutto il mondo si sta andando verso un tale processo; invece,
le norme previste dalla Costituzione nascevano in un contesto storico molto
diverso. Seguivano, invero, una loro logica ed erano condivisibili all'epoca;
ma ovviamente la storia va avanti, i costumi cambiano, sicché sovente abbiamo
dovuto accorgerci di quanto il mondo dei giovani e delle rappresentanze
giovanili avessero contribuito a migliorare il livello della politica. Quindi,
con soddisfazione prendiamo atto del parere favorevole che la Commissione ha
espresso sul nostro articolo aggiuntivo il quale, appunto, abbassa a 40 anni il
limite di età per l'elezione a Presidente della Repubblica.
Non comprendiamo perché tale parere favorevole costruisca però una anomalia
rispetto alla complessiva impostazione seguita dalla maggioranza, consistita,
invece, in un atteggiamento di chiusura. Addirittura, per essere eletti
semplicemente senatori si prevedeva occorressero 40 anni; se l'Assemblea non
avesse respinto questa ipotesi, su cui pure era stato espresso parere
favorevole, oggi avremmo una composizione del Senato di tale natura.
Quindi, prendiamo atto con soddisfazione che, sull'argomento in questione, la
maggioranza è addivenuta alla nostra stessa posizione, ma non comprendiamo
perché ciò non sia avvenuto in tutti gli altri casi.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mascia. Ne ha facoltà.
GRAZIELLA MASCIA.
Signor Presidente, intervengo solo per sottolineare che l'articolo aggiuntivo
in esame - riguardo al quale apprezzo il fatto che la maggioranza abbia
cambiato opinione - era naturalmente legato alle proposte emendative, già
precedentemente votate dall'Assemblea, relative all'abbassamento del limite di
età per essere eletti sia alla Camera dei deputati, sia al Senato (vorrei
ricordare che, in quest'ultimo caso, tale limite è stato abbassato da 40 a 25
anni). Credo, infatti, che prevedere la possibilità che venga eletto un
Presidente del Repubblica che abbia 40 anni sia sicuramente legato a questi due
aspetti, che, come già detto, meritano di essere sottolineati.
Do per scontato che l'attuale parere espresso dalla Commissione, e dunque dalla
maggioranza, in relazione al nuovo limite di età di 25 anni, approvato nei
giorni scorsi, venga modificato, ed auspico che, nel successivo esame del
provvedimento da parte del Senato, si consolidi e non si rimetta in discussione
tale principio.
PRESIDENTE. Onorevole Mascia, concluda!
GRAZIELLA MASCIA. Pertanto, spero vi sia nelle prossime occasioni un'ulteriore possibilità di migliorare il testo in esame, abbassando a 18 anni l'età per l'elettorato passivo per la Camera dei deputati ed abbassando, altresì, anche l'età per essere eletti al Senato. Ritengo, in ogni caso, che con l'articolo aggiuntivo in esame stiamo raggiungendo quella coerenza normativa che, in materia costituzionale, ha una grande validità.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà.
GIANCLAUDIO BRESSA.
Signor Presidente, intervengo per dare atto al Governo di essere uscito - come
sarebbe abituato a dire il mio amico Brancher - dalla «consueta stolidità»,
dimostrando, in questa occasione, un atteggiamento coerente rispetto
all'andamento dei lavori dell'Assemblea della Camera dei deputati.
L'approvazione del requisito dei 25 anni per l'elettorato passivo del Senato,
infatti, portava con sé la logica coerenza dell'abbassamento anche dell'età per
poter diventare Presidente della Repubblica. Pertanto, non possiamo che
apprezzare positivamente l'uscita del Governo dall'atteggiamento di «consueta
stolidità», a favore, invece, di una nuova e apprezzabile razionalità.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Boato. Ne ha facoltà.
MARCO
BOATO. Signor Presidente,
vorrei ricordare che nutriamo dissensi radicali su numerose questioni, così
come abbiamo già espresso in occasione dell'esame dell'articolato del
provvedimento. Tuttavia, abbiamo complessivamente rilevato un segnale positivo
(che spero non sia l'unico), poiché abbiamo votato con larghe maggioranze la
riduzione dell'età per l'elettorato passivo per la Camera dei deputati da 25 a
21 anni. Anche se auspicavamo un limite di età di 18 anni, come ha giustamente
ricordato poc'anzi la collega Mascia, vorrei osservare che si tratta comunque
di un passo avanti.
Vorrei ricordare, inoltre, che in Commissione avevamo unanimemente abbassato a
25 anni l'età per l'elettorato passivo per il Senato; successivamente, una
proposta emendativa presentata dalla maggioranza ha indicato la volontà di fare
marcia indietro, ma la maggioranza di questa Assemblea ha opportunamente deciso
di mantenere il requisito dei 25 anni per l'elezione dei senatori. Adesso, mi
auguro che all'unanimità - e do atto anch'io sia al Governo, sia al Comitato
dei nove di aver maturato un parere favorevole - abbasseremo il requisito per
l'elettorato passivo per la Presidenza della Repubblica a 40 anni.
Si tratta di un segno di attenzione ai cambiamenti che si sono verificati
nell'ultimo mezzo secolo, compresi i livelli di maturazione più rapidi delle
nuove generazioni, e dunque raccomando l'approvazione del mio articolo
aggiuntivo 19.01.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Ruzzante. Ne ha facoltà.
PIERO
RUZZANTE. Signor Presidente,
chiedo innanzitutto di sottoscrivere anch'io l'articolo aggiuntivo Boato 19.01.
Come ha già fatto il collega Marone, vorrei sottolineare il comportamento un
po' contraddittorio della maggioranza sul tema del requisito dell'età sia per
la rappresentanza in Parlamento (l'elettorato passivo per la Camera e per il
Senato), sia ora per la carica di Presidente della Repubblica.
Voi, come maggioranza di centrodestra, avete infatti detto «no» alla
possibilità che un giovane di 18 anni potesse diventare deputato, ed eravate
contrari altresì all'abbassamento a 25 anni dell'elettorato passivo per il
Senato, ma adesso esprimete parere favorevole ad un'età minima di 40 anni,
abbassandola rispetto agli attuali 50 anni, per diventare Presidente della
Repubblica.
Qual è la logica, dunque, che la maggioranza di centrodestra sta seguendo? È il
tema che stiamo tentando di chiarire, in questi giorni di dibattito: la
contraddittorietà tra le decisioni assunte. Ieri sera, l'onorevole Bruno aveva
espresso parere contrario sull'articolo aggiuntivo in questione. Noi, invece,
riteniamo che questo articolo aggiuntivo sia giusto, come erano giusti gli
emendamenti che portavano a 18 anni l'età minima per essere eletti deputati e a
21 per essere eletti senatori. Speriamo che il Senato modifichi questa norma,
consentendo ad un giovane che ha compiuto 18 anni di diventare deputato.
PRESIDENTE.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo
aggiuntivo Boato 19.01, accettato dalla Commissione e dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la
votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).
(Presenti 414
Votanti 413
Astenuti 1
Maggioranza 207
Hanno votato sì 407
Hanno votato no 6).
Esame dell'articolo 20 - A.C. 4862 ed abbinate)
PRESIDENTE.
Passiamo all'esame dell'articolo 20 e delle proposte emendative ad esso presentate (vedi
l'allegato A - A.C. 4862 ed abbinate sezione 2).
Ha chiesto di parlare l'onorevole Olivieri. Ne ha facoltà.
LUIGI
OLIVIERI. Signor Presidente,
onorevoli colleghi, ci accingiamo ad esaminare l'articolo 20 del disegno di
legge al nostro esame, che riguarda una materia attualmente disciplinata
dall'articolo 85 della Costituzione vigente.
Sull'articolo non sono stati presentati molti emendamenti, anzi, per la
precisione ne è stato presentato uno solo: l'emendamento Leoni 20.70. Per poter
meglio comprendere la portata sia dell'articolo sia della modifica al nostro
esame è opportuno richiamare il lavoro svolto sulla norma dal Senato della
Repubblica - che non è ancora Senato federale -, dalla Commissione affari
costituzionali della Camera, in sede referente e, infine, dall'aula.
Gli interventi potrebbero sembrare congrui rispetto alle modifiche sinora
intervenute; vi è anche una modifica di sostanza, che riguarda un termine, che
noi proponiamo di riportare a 30 giorni - così come previsto dal testo vigente,
ossia l'articolo 85 della Costituzione -, dalla previsione, formulata nel nuovo
testo, di 60 giorni.
Onorevoli colleghi, per comprendere, fino in fondo, la portata emendativa e la valenza del ragionamento non possiamo non richiamare, se pure per titoli e con brevissime riflessioni, tutto il lavoro svolto questa mattina.
PRESIDENZA DEL PRESIDENTE PIER FERDINANDO CASINI (ore 13)
LUIGI
OLIVIERI. Questa mattina vi sono
stati due voti che presentano una valenza positiva (per l'opposizione,
s'intende). Si tratta di quello che vi è stato poc'anzi sull'articolo
aggiuntivo Boato 19.01, che abbassa il limite di età per poter essere eletti
Presidente Repubblica, recependo un atto di coerenza rispetto a ciò che era
successo ieri in aula, con un voto di maggioranza, quando è stato abbassato il
diritto elettorale passivo per quanto riguarda il Senato federale a 25 anni
rispetto ai 40 dell'attuale previsione. È stata, dunque, seguita una linea di
coerenza, nel rivedere la formulazione della norma anche per quanto riguarda la
nomina del Presidente della Repubblica.
Se questo testo diverrà legge costituzionale - noi speriamo che ciò non avvenga
- l'età per l'elettorato passivo alla carica di Presidente della Repubblica
passerà, dunque, da cinquanta anni a quarant'anni.
Un altro momento positivo della mattinata, sempre dal punto di vista
dell'opposizione, è stata l'accettazione, sull'articolo 19 del subemendamento
Zeller 0.19.200.1, così come riformulato, che ha raccolto una tra le critiche
che avevo sollevato, per conto di tutta l'opposizione, ieri sera, nella
discussione generale sugli emendamenti riferiti allo stesso articolo 19, in
merito alla mancata previsione di una giusta e corretta rappresentanza nella
cosiddetta Assemblea della Repubblica delle due province autonome di Trento e
di Bolzano.
Detto questo, nella mattinata sono state poste in votazione proposte emendative
che non ci trovano assolutamente d'accordo. Intervenendo sinteticamente
sull'articolo 20 e sull'unico emendamento ad esso presentato, non posso non
ribadire la contrarietà e la criticità che abbiamo manifestato esprimendo un
voto contrario sull'articolo 19 (e non mi riferisco all'articolo aggiuntivo
Boato 19.01).
Per quanto ci riguarda, quell'Assemblea non può essere chiamata, in modo
pomposo, Assemblea della Repubblica. Infatti, l'Assemblea della Repubblica
dovrebbe riconoscere l'essenza stessa della nostra Repubblica, ossia il fatto
che la Repubblica è composta dallo Stato, dalle regioni, dalle province, dai
comuni e dalle città metropolitane. Se fosse dipeso da me, avrei anche aggiunto
le comunità montane: così non è compiutamente avvenuto, anche se nella sostanza
tale principio lo si rinviene nell'articolo 118 della Costituzione. L'Assemblea
della Repubblica non è tale, perché, evidentemente, dimentica gran parte di
questi territori e si costituisce su una determinata soggettività politica,
sicuramente legittimata dal voto popolare, ossia la Camera dei deputati e il
cosiddetto Senato federale ed i rappresentanti delle regioni.
Per di più, anziché dare spazio compiuto e complessivo ad una vera
rappresentanza in sede regionale, prevedendo che i rappresentanti in quel
contesto siano espressi direttamente dal voto legislativo di quel territorio
(mi riferisco ai consiglieri regionali), si è voluto, anche in questo caso,
enucleare i rappresentanti dell'esecutivo, persone assolutamente degne di farne
parte, ma che, secondo noi, non possono compiutamente rappresentare quei
territori.
Ma vi è di più, e richiamo le argomentazioni che poc'anzi sono state espresse
dai colleghi intervenuti su quell'articolo in modo sicuramente più compiuto.
Abbiamo sentito la necessità di svolgere una critica - e mi avvio alla
conclusione - sulla previsione che questa cosiddetta Assemblea della Repubblica
non avesse una composizione paritaria, in modo che i suoi componenti non
andassero necessariamente a precostituire maggioranze certe e determinate.
Infatti, proprio il ruolo, la figura, il prestigio e, soprattutto, la valenza
che vogliamo attribuire al Presidente del Repubblica come organo super partes,
con competenze specifiche, e come soggetto istituzionale a cui riferire un
equilibrio complessivo del sistema, comportano che esso non possa essere
l'espressione di una maggioranza politica precostituita.
Per questi motivi, non abbiamo condiviso l'impostazione iniziale, ossia il
superamento della maggioranza dei due terzi dopo le prime tre votazioni e la
previsione di una maggioranza assoluta dopo la terza elezione (il che poi -
passatemi l'espressione - è divenuto solo un allungamento della minestra, con
la previsione di una maggioranza dei tre quinti nelle due successive votazioni,
che, dopo il quinto scrutinio, diventa maggioranza assoluta, facendo sì che
tale figura diventi patrimonio di una maggioranza politica).
Ciò dimostra una sfiducia assai evidente nei confronti di quell'Assemblea della
Repubblica, nella capacità che al suo interno vi sia ragionevolezza o cresca il
consenso sull'elezione di un organo importantissimo quale il Presidente della
Repubblica, che è la massima espressione dell'unità nazionale e dell'equilibrio
complessivo.
Signor Presidente, è evidente che, alla luce di queste argomentazioni,
approfondiremo la nostra riflessione sull'articolo 20, che modifica l'articolo
85 della Costituzione.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Boato. Ne ha facoltà.
MARCO
BOATO. Opportunamente il
collega Olivieri ha inserito questa materia nel contesto più generale delle
nostre critiche svolte più volte dai colleghi Marone, Leoni e Bressa e da me
stesso sull'impianto dell'Assemblea della Repubblica. Come abbiamo più volte
precisato, condividiamo il concetto costituzionale di Assemblea della
Repubblica, ma riteniamo radicalmente inadeguata la sua composizione rispetto
alla definizione istituzionale.
Per quanto riguarda l'emendamento Leoni 20.70, riteniamo opportuno ritirarlo
perché riteniamo che sia accettabile la possibilità che l'Assemblea sia
convocata sessanta giorni prima anziché trenta, come è previsto oggi, essendo
comunque un'Assemblea inadeguata ma più complessa della precedente previsione
costituzionale.
Non voteremo invece, ovviamente, l'articolo nel suo insieme, per i giudizi di
carattere generale che abbiamo più volte dato e che opportunamente il collega
Olivieri poco fa ha ricordato.
PRESIDENTE.
A seguito del ritiro dell'emendamento Leoni 20.70, non risultando proposte
emendative riferite all'articolo 20, procederemo direttamente alla votazione
dello stesso.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo
20.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la
votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).
(Presenti 376
Votanti 371
Astenuti 5
Maggioranza 186
Hanno votato sì 224
Hanno votato no 147)
(Esame dell'articolo 21 - A.C. 4862 ed abbinate)
PRESIDENTE.
Passiamo all'esame dell'articolo 21 e delle proposte emendative ad esso presentate (vedi
l'allegato A - A.C. 4862 ed abbinate sezione 3).
Nessuno chiedendo di parlare, invito il relatore ad esprimere il parere della
Commissione.
DONATO BRUNO, Relatore. La Commissione esprime parere contrario sull'emendamento Bressa 21.70 e raccomanda l'approvazione del suo emendamento 21.25. Il parere è altresì contrario sugli emendamenti Mascia 21.1, Boato 21.2, Leoni 21.3 e Perrotta 21.71.
PRESIDENTE. Il Governo?
ROBERTO CALDEROLI, Ministro per le riforme istituzionali e la devoluzione. Il Governo esprime parere conforme a quello del relatore.
PRESIDENTE.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Bressa 21.70.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Marone. Ne ha
facoltà.
RICCARDO
MARONE. Qui si pone,
ovviamente, ancora una volta il problema di adeguare la Costituzione alla
diversa struttura della Repubblica. Infatti, a seguito della riforma del Titolo
V della Costituzione e della conseguenziale riforma del Senato, nonché della
soppressione del bicameralismo perfetto - che credo andremo ad esaminare nei
prossimi giorni -, si pone il problema di adeguare la norma sulla supplenza del
Presidente della Repubblica nel caso di suoi impedimenti.
Come è a tutti noto, il testo originale della Costituzione prevede che le
funzioni di Presidente della Repubblica, nei casi in cui egli non possa
esercitarle, siano esercitate dal Presidente del Senato.
Questo funziona in un sistema in cui le due Camere avevano identiche funzioni,
ossia in un sistema di bicameralismo perfetto, dove sia la Camera dei deputati
sia il Senato della Repubblica erano Camere politiche.
Nel momento in cui abbiamo intrapreso una strada diversa e ci siamo convinti
che, a seguito dell'introduzione delle modifiche al Titolo V, diventava
necessario e non più differibile prevedere una struttura di Senato federale, ci
sembra che la norma dell'articolo 86 della Costituzione, che voi confermate con
l'articolo 21, comma 1, della vostra riforma, vada adeguata.
È ovvio che sarebbe più logico affidare la sostituzione del Presidente della
Repubblica, nel caso in cui vi siano impedimenti all'esercizio delle sue
funzioni, al Presidente della Camera politica e non a quello del Senato
federale. Questo perché nella nostra costruzione, al contrario di voi, abbiamo
previsto un vero Senato federale. Comprendiamo che non prestiate
particolarmente attenzione alla problematica che abbiamo posto perché voi
stessi non credete troppo al vostro Senato federale. Avete messo un nome a tale
Senato, ma siete ben convinti di voler costruire una Camera politica com'era
prima e come continuerà ad essere secondo la vostra configurazione.
Proprio rispetto a tale configurazione il problema è di scarso rilievo: potete
essere coerenti e lasciare le funzioni di supplenza al Presidente del Senato.
Poiché noi stiamo invece cercando di costruire - anche se non ci riusciamo
visto che le nostre posizioni non vengono prese in considerazione - un
ordinamento omogeneo e razionale, le funzioni di supplenza non possono che
essere attribuite al Presidente della Camera.
Non ci convince la vostra impostazione. In realtà siete ben consci che non
state affatto costruendo un sistema basato su una Camera politica ed una
federale. State, ancora una volta, costruendo un sistema basato su due Camere
politiche con una parvenza di attribuzioni di natura federale. Dunque, potete
mantenere lo schema previsto dall'originario articolo 86 della Costituzione.
Non siamo d'accordo e voteremo a favore dell'emendamento soppressivo in esame.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà.
GIANCLAUDIO BRESSA. Signor Presidente, si tratta di uno degli articoli che rappresentano una spia delle vostra autentiche intenzioni. Come ricordava pochi istanti fa il collega Marone, è del tutto evidente che in una riforma del Parlamento in cui la Camera politica è la Camera dei deputati, il ruolo di supplenza del Presidente della Repubblica dovrebbe naturalmente coincidere con il Presidente della Camera dei deputati. È la Camera politica che deve garantire, in caso di difficoltà del Presidente Repubblica, la sostituzione dello stesso con il proprio Presidente.
Voi non siete di questa
opinione e tradite le intenzioni sottese alla vostra proposta di riforma. È
vero che avete acceduto alle nostre richieste di far sì che al Senato non vi
fossero i rappresentanti delle circoscrizione Estero e che i senatori a vita
non fossero più tali ma diventassero deputati a vita. La logica avrebbe voluto
che tale processo di razionalizzazione fosse completato anche con
l'attribuzione della supplenza del Presidente della Repubblica al Presidente
della Camera. Così non è perché il vostro retropensiero ha prevalso su
qualsiasi altra valutazione. Poiché il Senato che avete pensato nulla ha di
federale ma è sostanzialmente una Camera politica appena appena affievolita,
pensate bene che a sostituire il Presidente della Repubblica debba essere il
Presidente del Senato.
Diverso sarebbe se il vostro Senato fosse veramente federale perché in tal caso
il Presidente del Senato, in quanto rappresentante del mondo delle regioni e
delle autonomie, avrebbe un titolo ed una legittimità ad essere supplente del
Presidente della Repubblica. Così non è perché il vostro Senato è una Camera di
rappresentanza politica.
Pertanto, non possiamo approvare la vostra impostazione e voteremo a favore
dell'emendamento soppressivo in esame.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Alfonso Gianni. Ne ha facoltà.
ALFONSO
GIANNI. Siamo di fronte ad un
punto rivelatore del disegno della maggioranza: mantenere la sostituzione, in
caso di impedimento del Presidente della Repubblica, in capo al Presidente del
Senato - quando il Senato ha cambiato (almeno in parte) funzioni, composizione
e modalità di elezione! - rivela l'intenzione di modificare totalmente la
natura del nostro Stato e quindi di accentuare il processo di disgregazione
dell'unità nazionale, con buona pace di quell'interesse nazionale, che alcuni
colleghi della maggioranza hanno richiamato, seppure assai debolmente, in altre
parti del testo da loro proposto.
Dobbiamo stare molto attenti su questo punto, perché i casi in cui il
Presidente della Repubblica può essere sostituito dal Presidente di uno dei
rami del Parlamento sono evidentemente molteplici e molto spesso rilevano sul
piano dei rapporti con l'esterno, piuttosto che con l'interno, del nostro
paese. Sembrerebbe quindi più logico, da ogni punto di vista, anche all'interno
di una logica di accentuazione del carattere articolato della nostra
istituzione statuale e anche all'interno di una visione federale, mantenere
tali funzioni in capo a quello che, dei due rami del Parlamento, è l'organo
politico per eccellenza e non credo possa esservi ombra di dubbio rispetto al
fatto che l'organo politico con più marcate caratteristiche di questo tipo,
anche nell'impostazione della maggioranza, sia la Camera rispetto al Senato.
Pertanto il nostro gruppo ritiene opportuno che siano spostate tali competenze
al Presidente della Camera e questa è dunque la ragione dell'emendamento che
abbiamo sottoscritto (Applausi dei deputati del gruppo di Rifondazione
comunista).
PRESIDENTE.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico,
sull'emendamento Bressa 21.70, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la
votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 386
Votanti 379
Astenuti 7
Maggioranza 190
Hanno votato sì 151
Hanno votato no 228).
Prendo atto che gli
onorevoli Perrotta, Santori e Cusumano non sono riusciti ad esprimere il
proprio voto.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico,
sull'emendamento 21.25 della Commissione, accettato dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la
votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).
(Presenti 378
Votanti 376
Astenuti 2
Maggioranza 189
Hanno votato sì 375
Hanno votato no 1).
Passiamo alla votazione
dell'emendamento Mascia 21.1.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mascia. Ne ha
facoltà.
GRAZIELLA
MASCIA. Signor Presidente,
come hanno già detto i colleghi che mi hanno preceduto, l'assegnazione al
Presidente del Senato delle funzioni di supplenza del Presidente della
Repubblica ha una storia collegata alla composizione stessa del Senato della
Repubblica, composto da membri più anziani rispetto a quelli della Camera, e
persino una realtà, si diceva, in cui teoricamente la lotta politica sarebbe
stata meno accesa. Questo poi in realtà non sempre è stato così, essendo
comunque il Senato una Camera politica. Ad ogni modo, l'assegnazione di tali
funzioni di supplenza al Senato della Repubblica (la Camera alta, come si è
sempre detto) derivava dalla sua autorevolezza.
Oggi però siamo in una fase diversa, per quanto con visioni diverse, per ciò
che riguarda il sistema parlamentare.
Il nuovo Senato federale perde il carattere dell'anzianità - vista la
fissazione dell'elettorato passivo a venticinque anni -, il Presidente della
Repubblica, coerentemente con tutto ciò, può essere eletto a quarant'anni ed
ora occorre attribuire al Presidente della Camera l'autorevolezza che gli
compete attraverso il riconoscimento allo stesso della supplenza del Presidente
della Repubblica. Non esiste un problema di neutralità - come ci è stato
risposto in sede di Comitato dei nove - in quanto, in un'occasione come questa,
il dato che conta è quello dell'autorevolezza politica, che non può che essere
assegnata al Presidente della Camera.
Dunque - come già accaduto in sede di votazione dell'emendamento relativo
all'età -, spero vi possa essere un ripensamento.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Giachetti. Ne ha facoltà.
ROBERTO GIACHETTI.
Signor Presidente, intervengo a titolo personale, al fine di fornire un
contributo per migliorare un testo che, per le modifiche che introduce,
riteniamo non solo inadeguato, ma dannoso.
Ritengo che, visti i ruoli dei Presidenti di Camera e Senato, sarebbe forse più
opportuno che la supplenza, in caso di impedimento del Presidente della
Repubblica, fosse affidata al Presidente della Camera piuttosto che a quello
del Senato, in considerazione delle funzioni attribuite alle due Camere.
Per tale motivo, invito l'Assemblea ad esprimere un voto favorevole
sull'emendamento in esame.
PRESIDENTE.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico,
sull'emendamento Mascia 21.1, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la
votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 380
Votanti 375
Astenuti 5
Maggioranza 188
Hanno votato sì 142
Hanno votato no 233).
Prendo atto che l'onorevole Cusumano non è riuscito a votare.
PIERO RUZZANTE. Chiedo di parlare per un richiamo al regolamento.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
PIERO
RUZZANTE. Presidente, dovremmo
ora esaminare un emendamento sul quale vi sono diversi iscritti a parlare.
L'articolo 39, comma 4, del regolamento prevede che nessun discorso possa
essere interrotto o rimandato per la sua continuazione da una seduta all'altra;
soprattutto, non può essere disgiunta la fase delle dichiarazioni di voto dalla
votazione.
Dunque, essendo ormai le 13,25 ed essendo previsto che la seduta sia sospesa
alle 13,30, le chiederei di rimandare l'esame di questo emendamento alla
ripresa pomeridiana dei lavori.
PRESIDENTE.
Onorevole Ruzzante, ritengo invece sia opportuno procedere all'esame
dell'emendamento Boato 21.2. Già ieri sera si è verificato un episodio molto
spiacevole, che ha toccato anche il rapporto di correttezza tra l'opposizione e
il Presidente della Camera. Devo dirvi che sono rimasto molto male...
Dunque, procederemo fino alle 13,30 e, se a quell'ora l'esame dell'emendamento
non fosse ancora concluso, continueremo fino alle 13,40 (Applausi dei
deputati del gruppo della Lega Nord Federazione Padana).
Passiamo alla votazione dell'emendamento Boato 21.2.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Marone. Ne ha
facoltà.
RICCARDO MARONE. Signor Presidente (Commenti del deputato Ruzzante)...
PRESIDENTE.
Onorevole Ruzzante, non credo vi sia un obbligo per il Presidente della Camera
di accogliere tutte le richieste dell'opposizione!
Sono le 13,25: se fossero state le 13,30, avrebbe avuto ragione lei. Lei lo sa,
onorevole Ruzzante, perché ho avuto la premura di chiamarla alle 22: ieri sera
è stato compiuto un atto anche scorretto nei confronti del Presidente della
Camera, non da parte del suo gruppo, ma da parte di altri. Adesso sono le 13,25
e io intendo fare il notaio...
Onorevole Marone, ha facoltà di parlare.
RENZO INNOCENTI. Dove è la scorrettezza?
ANTONIO BOCCIA. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Onorevole Boccia, adesso parlerà l'onorevole Marone. Successivamente potrà intervenire anche lei.
RICCARDO MARONE. Signor Presidente (Commenti)...
PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, vi prego, fate parlare l'onorevole Marone!
RICCARDO
MARONE. Signor Presidente,
vorrei semplicemente ricordare che questo emendamento è consequenziale a quelli
presentati in precedenza. La Costituzione vigente prevede un equilibrio tra gli
articoli 85 e 86. Infatti, si recita che la supplenza deve essere svolta dal
Presidente del Senato e che l'Assemblea per eleggere il Presidente della
Repubblica è convocata e presieduta dal Presidente della Camera. Tali norme
sono state così scritte perché la nostra Costituzione è stata sempre attenta
all'equilibrio tra i poteri dei vari organi.
È ovvio, che, nel momento in cui abbiamo presentato il precedente emendamento
con il quale si prevede la supplenza per il Presidente della Camera,
conseguentemente ne abbiamo previsto un altro che, invece, trasferisce la
competenza per quanto concerne la convocazione dell'Assemblea al Presidente del
Senato. Questo, per mantenere e rispettare l'equilibrio previsto dalla nostra
originaria Costituzione.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà.
GIANCLAUDIO BRESSA. Signor Presidente, sostanzialmente condivido le affermazioni fatte dall'onorevole Marone e, pertanto, rinvio alle argomentazioni da lui svolte in precedenza.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Olivieri. Ne ha facoltà.
LUIGI
OLIVIERI. Signor Presidente,
vorrei spiegare il motivo di questo emendamento, già ampiamente illustrato dal
ragionamento dell'onorevole Marone.
È evidente che le riflessioni fatte riflettono la diversità di opinioni
esistenti tra il centrosinistra e la maggioranza di Governo su chi deve essere
il supplente del Presidente della Repubblica. Il centrodestra ritiene che debba
essere il Presidente del Senato federale della Repubblica; noi, invece,
riteniamo che questa sarebbe un'interpretazione corretta qualora non
intervenisse la modifica di natura costituzionale che, al contrario, vi
accingete ad approvare. Mi riferisco al fatto che il Senato diventerà Senato
federale della Repubblica e non sarà più titolare del rapporto fiduciario verso
il Governo né potrà ritenersi Camera politica, in quanto essenzialmente dovrà
rappresentare i territori che costituiscono la Repubblica italiana.
A nostro giudizio, è evidente che la soluzione migliore è quella proposta
dall'emendamento in oggetto.
PRESIDENTE.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico,
sull'emendamento Boato 21.2, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la
votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 367
Votanti 361
Astenuti 6
Maggioranza 181
Hanno votato sì 131
Hanno votato no 230).
PIERO RUZZANTE. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà. Come vede, onorevole Ruzzante, sono le 13,29 e le do la parola...
PIERO
RUZZANTE. Signor Presidente, ho
chiesto la parola sull'ordine dei lavori perché credo sia giusto resti agli
atti che da parte dell'opposizione, in particolare da parte del gruppo che
rappresento, ritengo non vi sia stata alcuna scorrettezza nella giornata di
ieri - credo di poterlo dire - sia nei suoi confronti sia tantomeno nei
confronti della Commissione. Peraltro lo si evince dal resoconto stenografico.
Ieri, il collega Donato Bruno, su sua sollecitazione, ha detto che non si
sarebbe proceduto alle votazioni sull'articolo 19. Si era passati agli
interventi sul complesso degli emendamenti riferiti a tale articolo; quindi il
presidente Bruno avrebbe espresso i pareri della Commissione, tanto che lei
stesso, da quel microfono, ha comunicato ai colleghi che non si sarebbe votato,
cosa che, peraltro, è avvenuta.
Quindi, non siamo andati fuori di una virgola da quanto comunicato a tutti i
colleghi con riferimento all'esame degli emendamenti riferiti all'articolo 19.
Ora, il tempo di durata degli interventi dei colleghi dei gruppi dei
Democratici di sinistra, della Margherita e degli altri gruppi di opposizione
non lo stabiliscono - giustamente - né il Presidente della Camera, né i
rappresentanti dei gruppi della maggioranza né il relatore, bensì il
regolamento e le valutazioni di ciascun gruppo.
Ciò è quanto accaduto ieri. Non ritengo vi sia stata alcuna scorrettezza: il
rapporto di lealtà e correttezza nei confronti della Presidenza della Camera,
chiunque la rappresenti, ha sempre contraddistinto, nel corso della legislatura,
il mio gruppo parlamentare e - ritengo - i gruppi di opposizione. Credo che
quanto accaduto ieri risponda agli impegni in qualche modo assunti e che non vi
sia stato alcun atto di scorrettezza da parte dei gruppi di opposizione.
PRESIDENTE. Onorevole Ruzzante, non voglio alimentare polemiche e pertanto non ritengo di tornare sull'argomento: intelligenti pauca! È inutile che continuiamo... Quando il Presidente della Camera constata, verso la fine della seduta, che vi sono numerosi iscritti a parlare, prende atto, con realismo, del fatto che è difficile che la votazione possa aver luogo entro un determinato tempo, e comunica, proprio per dare certezze di riferimento a tutti i parlamentari, della maggioranza e dell'opposizione, che non si voterà; a quel punto, immediatamente vengono meno tutti gli iscritti a parlare...
PIERO RUZZANTE. È una scelta!
PRESIDENTE.
Dal punto di vista regolamentare è possibile; tuttavia, sotto il profilo del
buon senso e della buona volontà per assicurare il corretto andamento dei
lavori, non ritengo che si tratti di un atteggiamento corretto nei confronti
della Presidenza, soprattutto in considerazione del fatto che la Presidenza
stessa si era impegnata a favorire la conclusione della seduta in modo sereno.
Il seguito del dibattito è rinviato al prosieguo della seduta.
Si riprende la discussione (ore 15,36).
PRESIDENTE.
Avverto che sono state ritirate le seguenti proposte emendative: gli identici
emendamenti Boato 22.74 e Olivieri 22.71, Mereu 22.78, Burtone 22.79, Romoli
22.73, Zeller 22.75, Cossa 22.77, Elio Vito 22.201 e 30.200, nonché i
subemendamenti 0.28.200.252 e 0.28.200.253 della Commissione.
Ricordo che nella parte antimeridiana della seduta è stato votato, da ultimo,
l'emendamento Boato 21.2.
(Ripresa esame dell'articolo 21 - A.C. 4862 ed abbinate)
PRESIDENTE.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Leoni 21.3.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Carrara. Ne ha
facoltà.
NUCCIO
CARRARA. Signor Presidente,
ancora una volta, ci troviamo di fronte ad un tema che non avrebbe dovuto
rappresentare una questione lacerante fra maggioranza e opposizione. Per oltre
cinquant'anni, secondo il dettato costituzionale, il Presidente del Senato è
sempre stato la seconda carica dello Stato, colui il quale sostituisce il
Presidente della Repubblica. Adesso, le opposizioni suggeriscono che questo
ruolo debba essere affidato al Presidente della Camera.
Per la verità, i nostri colleghi dell'opposizione si sono sforzati di addurre
argomentazioni a sostegno della loro tesi, ma esse sono fortemente
contraddittorie rispetto ad argomentazioni precedentemente svolte. Ne cito una:
quando si è dovuto stabilire il quorum per l'elezione del Presidente
della Camera, nonostante si sia innovato il sistema vigente con l'introduzione
di un quorum dei due terzi per le prime due votazioni, l'opposizione ha
gridato allo scandalo, sostenendo che, comunque, avremmo mantenuto una clausola
di chiusura che avrebbe riportato alla maggioranza assoluta la facoltà di
eleggere il Presidente della Camera. Ma già oggi la maggioranza assoluta elegge
il Presidente della Camera! Loro hanno sostenuto che in un sistema bipolare il
Presidente della Camera avrebbe dovuto essere una figura di garanzia e, quindi,
per la sua elezione si sarebbe dovuto richiedere un quorum rafforzato. A
nulla è valsa l'argomentazione secondo la quale un quorum rafforzato
avrebbe potuto anche bloccare l'elezione del Presidente della Camera. Ho
citato, ad esempio, l'elezione di due giudici della Corte costituzionale
eletti, dopo oltre nove mesi, alla dodicesima votazione. Ciò, ovviamente, è
avvenuto perché noi eravamo maggioranza e loro opposizione e non credo che la
responsabilità o il senso dello Stato abbia abbreviato i tempi.
Allora, mi domando: può il Presidente della Camera - che voi avete affermato
essere Presidente di una parte politica perché eletto a maggioranza -
sostituire il Presidente di tutti, che è l'organo di garanzia per eccellenza?
Anche se non avessimo alcuna argomentazione, sarebbe preferibile lasciare le
cose come stanno. Ma noi oggi, con il Senato federale, abbiamo
un'argomentazione in più per far sì che sia il Presidente del Senato e non
quello della Camera a sostituire il Presidente della Repubblica, perché nel
nuovo Senato federale non c'è più una divisione di parte, non c'è più una
maggioranza e un'opposizione! Anzi, teoricamente, vi dovrebbero essere le
rappresentanze del territorio, quindi il Senato dovrebbe rappresentare l'Italia
nelle sue articolazioni. Quindi, domani il Presidente del Senato sarà naturaliter
imparziale, naturaliter super partes e, comunque,
sicuramente più imparziale del Presidente della Camera!
Vediamo in questa al nostro esame una proposta strumentale, volta forse a
rallentare i lavori della Camera, e la consideriamo palesemente illogica.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mario Pepe. Ne ha facoltà.
MARIO PEPE. Signor Presidente, l'ipotesi formulata nell'emendamento presentato dalla sinistra di affidare la supplenza della Presidenza della Repubblica al Presidente della Camera politica avrebbe avuto senso se il Senato federale fosse stato composto da un numero fisso di senatori per ogni regione, così come avviene nel Senato degli Stati Uniti, dove lo Stato di Washington ha lo stesso numero di senatori dello Stato della California. Ma poiché il Senato federale è una Camera in cui sono rappresentate le regioni in maniera proporzionale al numero di abitanti, credo che la supplenza spetti al Presidente del Senato, perché esso è rappresentativo di tutti gli italiani (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia, di Alleanza Nazionale e dell'Unione dei democratici cristiani e dei democratici di centro)!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Fontanini. Ne ha facoltà.
PIETRO FONTANINI. Signor Presidente, vorrei evidenziare ancora una volta lo strano comportamento da parte dell'opposizione, perché stiamo discutendo dell'articolo 86 della Costituzione, con riferimento al quale i cambiamenti rispetto al testo attuale della nostra Carta costituzionale sono minimali. Anzi, sono cambiamenti dovuti in pratica a norme già approvate da quest'Assemblea, che all'articolo 1 ha istituito il Senato federale della Repubblica. L'articolo 86 infatti, nel testo attuale della Costituzione, stabilisce che le funzioni del Presidente della Repubblica sono esercitate, nel caso in cui quest'ultimo non possa adempierle, dal Presidente del Senato; noi abbiamo solo specificato dal «Presidente del Senato federale della Repubblica»!
Sulla questione, signor
Presidente, si è aperto un contenzioso incredibile in quest'aula, con una serie
di disquisizioni da parte della sinistra che lasciano molto perplessi e che
hanno evidenziato che il Senato federale della Repubblica e il suo Presidente
non possono rappresentare una figura imparziale e super partes per poter
svolgere le funzioni del Presidente della Repubblica nel caso in cui egli non
possa adempierle. Questa è una cosa molto strana, che non riusciamo a capire. I
colleghi della sinistra, che ci accusano di essere neocentralisti, non vogliono
accettare questa nuova assemblea che è il Senato federale della Repubblica e il
suo Presidente come esempio concreto di un'assemblea che trae origine e
rappresenta un collegamento forte con il territorio, perché vuole rappresentare
le istanze del territorio.
Abbiamo scritto tante volte nella Costituzione che la Repubblica italiana si
compone di regioni, comuni, province e città metropolitane, proprio ad indicare
queste componenti molto differenziate che svolgono le attività legislative ed
amministrative all'interno della Repubblica federale.
Quindi, far esercitare al Presidente del Senato federale le funzioni di
Presidente della Repubblica nel caso in cui quest'ultimo non possa adempierle
significa, a nostro avviso, rispettare le esigenze del territorio e confermare
il nuovo messaggio che questa riforma vuole lanciare, ossia una maggiore
attenzione ad un potere non più centralizzato ma aperto alle istanze delle
autonomie territoriali.
È incredibile che, in questo momento, la sinistra, attraverso il metodo
dell'assenza dall'aula, cerchi di rallentare la riforma della Costituzione. È
molto strano! Non riusciamo a comprendere questo atteggiamento che ci impedisce
di andare avanti e di esaminare altri passaggi molto più importanti di quello
in esame, riguardante la supplenza del Presidente della Repubblica.
Sarebbe opportuno che i colleghi della sinistra rientrassero in aula e che si
riaprisse il dibattito. Questa mattina, si sono registrati momenti di convergenza
con l'approvazione, quasi all'unanimità, da parte dell'Assemblea, di una
proposta emendativa della sinistra. Invito i presentatori dell'emendamento
Leoni 21.3 a ritirarlo e a procedere con l'esame di altri punti più
qualificanti di questa riforma per un confronto più serio e più produttivo di
quanto non lo sia in questo momento.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Cristaldi. Ne ha facoltà.
NICOLÒ CRISTALDI. Signor Presidente, siamo al solito «giochetto»: la sinistra non partecipa, ma accusa il centrodestra di non essere in grado di assicurare il numero legale...
MARCO BOATO. Basterebbe venire in aula a votare (Commenti dei deputati dei gruppi di Alleanza Nazionale e di Forza Italia)!
PRESIDENTE.
Onorevole Boato, la richiamo all'ordine! In quest'aula, lei è uno degli esempi
di correttezza. Non scada, per favore, anche lei...
Onorevole Cristaldi, continui.
NICOLÒ CRISTALDI.
Ricordo un colloquio, qualche anno fa, con l'onorevole Napolitano (allora, era
ministro dell'interno ed era stato anche Presidente della Camera); fu un
colloquio non personale, ma in presenza di tante persone. Egli ebbe a criticare
le posizioni di esponenti politici che utilizzavano il sistema della mancanza
del numero legale per condurre una battaglia politica (Applausi dei deputati
dei gruppi di Alleanza Nazionale e di Forza Italia).
Certamente, Napolitano stava - e sta - dall'altra parte, non dalla nostra. Mi
permetto di essere pienamente d'accordo con il Presidente della Camera di
allora, onorevole Napolitano, ed esponente del partito democratico della
sinistra.
A nostro avviso, ricordare continuamente ai deputati della maggioranza il
dovere di assicurare il numero legale è un gesto da contestare. Ogni
parlamentare, sia della maggioranza sia dell'opposizione, ha il dovere di stare
in aula e se le tesi di uno schieramento non sono condivise, ciascun
parlamentare ha il dovere, oltreché il diritto, di alzarsi e di contestarle nel
merito. Non condividiamo il metodo che è stato adottato, ossia passeggiare per
le vie di Roma, mentre altri deputati compiono il loro dovere stando in aula.
Questo «giochetto», che si ripete continuamente, non è soltanto un richiamo
contro maggioranza. Attraverso di esso si lancia un segnale all'intero paese.
L'intero paese, in questo momento, sta notando che, per contrastare le tesi del
centrodestra, non agite con le parole, ma attraverso il metodo della diserzione
dei lavori in aula. È una cosa che condanniamo!
MARCO BOATO. Andrebbe riferito ai colleghi della Casa delle libertà che sono assenti!
ROBERTO MENIA. Ma stai zitto!
PRESIDENTE.
Onorevoli colleghi, onorevole Menia, per cortesia. Non fate questi duetti fuori
dal seminato...!
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale,
l'onorevole Perrotta, che è uno dei deputati più assidui e che spero
contribuisca a mettere pace... Ne ha facoltà.
ALDO
PERROTTA. Signor Presidente, non
commento la situazione perché penso rientri nel gioco delle parti. Vorrei,
invece, soffermarmi sull'emendamento Leoni 21.3 al nostro esame. Esiste un
contrasto, una specie di follia nell'opposizione che, quando affrontiamo le
riforme a maggioranza, vuole garanzie e, quando le facciamo a garanzia, le
vuole a maggioranza. L'emendamento in esame è tipico di questo comportamento (Applausi
dei deputati dei gruppi di Forza Italia e della Lega Nord Federazione Padana).
Abbiamo affermato che la seconda carica dello Stato deve essere il Presidente
del Senato, perché il Presidente della Camera è espressione di una maggioranza
e, quindi, per garantire l'imparzialità assoluta, nel caso venisse meno il
Presidente della Repubblica, ci sembra naturale che il Presidente del Senato,
un'Assemblea che non ha una maggioranza precostituita e dove vi sono anche
rappresentanti delle regioni e delle province, impersonifichi tale garanzia per
tutti i cittadini. Quando diamo il massimo della garanzia, però, la minoranza
del Parlamento vuole che ci esprimiamo a maggioranza; mi sembra una pazzia
collettiva. Vi prego di rinsavire, colleghi dell'opposizione, perché in
Parlamento dobbiamo essere tutti più equilibrati (Applausi dei deputati dei
gruppi di Forza Italia e di Alleanza Nazionale).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Stucchi. Ne ha facoltà.
GIACOMO STUCCHI. Grazie signor Presidente, intervengo sull'emendamento in esame per sottolineare l'importanza di mantenere la previsione della supplenza al Presidente del Senato federale. Proporre una modifica significherebbe delegittimare una figura che, al pari del Presidente della Camera, rappresenta l'intero paese ma, in aggiunta, usufruisce di un meccanismo di elezione cui partecipano componenti, esponenti, rappresentanti ed istituzioni territoriali. Questo ulteriore legame con il territorio, previsto all'interno del Senato federale che ha la sua massima rappresentazione nella figura del Presidente federale, permette di assegnare al Presidente di quella Assemblea un ruolo di garanzia, richiesto a chi è chiamato a sostituire il Presidente della Repubblica. La scelta corretta è continuare su questa strada ed è, perciò, da rigettare l'emendamento teso a modificare tale previsione.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Saia. Ne ha facoltà.
MAURIZIO
SAIA. Signor Presidente,
sull'emendamento al nostro esame il centrosinistra dimostra i propri limiti, in
primo luogo di responsabilità politica. Siamo stupiti nel vedere che sia
firmato da parlamentari quali Bressa e Leoni che, in Commissione affari
costituzionali, hanno mantenuto, indipendentemente dalle proprie posizioni
politiche, un atteggiamento di estrema responsabilità. Abbiamo sentito
l'opposizione usare, per molto tempo, il termine «sovversivo» riferito
all'atteggiamento del centrodestra in merito alle importanti modifiche
costituzionali in esame. Penso, invece, che «sovversivo» sia questo
emendamento, in quanto diretto a scardinare un aspetto rimasto fermo nella
riforma costituzionale.
La figura, rafforzata ad ulteriore tutela, del Presidente del Senato federale
assume maggiori garanzie con questa riforma proprio in quanto non espressione
di una parte politica ma del territorio nazionale nel suo federalismo. Sembra
che il centrosinistra voglia, a tutti i costi, con una palese scusa, scardinare
ciò che, da oltre sessant'anni, è un punto fermo nella nostra Costituzione.
Questo atteggiamento, speculare al comportamento che vediamo attuato in questo
momento in Assemblea, dove non sono presenti i colleghi dell'opposizione che tentano
in tutte le maniere di far mancare il numero legale in un passaggio così
delicato e importante come l'esame dell'articolo 21, dimostra tutti i limiti
della politica e della disomogeneità dei deputati del centrosinistra, che
preferiscono essere assenti piuttosto che dimostrare le loro posizioni diverse
sull'argomento.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Luciano Dussin. Ne ha facoltà.
LUCIANO
DUSSIN. Signor Presidente, il
tema delle garanzie è sicuramente assai importante. Al riguardo, concordiamo
circa l'ipotesi secondo la quale, per i motivi dianzi richiamati, dovrebbe
essere il Presidente del Senato a supplire alle eventuali assenze del
Presidente della Repubblica.
Sottolineavo, in precedenza, come garanzie e imparzialità costituiscano temi
attuali; a tutt'oggi, infatti, continuiamo ad assistere, a tale riguardo, a
molti esempi negativi. Mi viene in mente il funzionamento del Consiglio
superiore della magistratura e la stessa Corte costituzionale: organi
costituzionali che vedono i propri membri schierati palesemente a favore o
contro determinate aree politiche senza coscienza del proprio ruolo che,
invece, dovrebbe caratterizzarsi per imparzialità e terzietà; organi che
influiscono sull'approvazione delle leggi, materia di competenza di un
Parlamento che, pur organo supremo e titolare della sovranità, è molto spesso
ostaggio delle scelte fatte da altri; organi che, come ho già evidenziato,
«sbandierano» la loro appartenenza politica senza avvertire mai il bisogno di
smentire quanto gli organi di stampa, ed i mass media in genere,
denunciano da ormai troppo tempo.
Quindi, il mio intervento è a sostegno della posizione assunta dal nostro
movimento circa il tema della supplenza del Presidente della Repubblica;
infatti, il Presidente del Senato rappresenta una figura che, rispetto al
Presidente del Consiglio, assicura maggiore imparzialità.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Arrighi. Ne ha facoltà.
ALBERTO
ARRIGHI. Signor Presidente, non
sono generalmente abituato a stigmatizzare moralisticamente i comportamenti dei
singoli deputati dei gruppi politici; credo di conoscere a fondo - e, a tale
proposito, mi rivolgo ai colleghi del centrosinistra - l'uso legittimo degli
strumenti di lotta politica, soprattutto nell'ambito delle misure normative
appositamente approntate per regolamentare i lavori parlamentari. Ritengo,
quindi, lecito, nel momento in cui si vuole fermare l'iter di un percorso politico
non condiviso, utilizzare tutti gli strumenti consentiti. Tuttavia, debbo
stigmatizzare alcuni atteggiamenti particolari.
Anzitutto, ritengo che si stia alquanto esagerando, nel momento in cui si
«tocca» un aspetto serio ed importante della discussione ovvero la garanzia che
il Presidente del Senato federale dovrebbe esercitare nei confronti del popolo
italiano quando si sostituisce al Presidente della Repubblica e ne esercita il
ruolo fondamentale. A mio avviso, infatti, si ravvisa al riguardo un atteggiamento
quantomeno disattento da parte del centrosinistra.
Leggendo il regolamento nella parte in cui reca la disciplina della questione
del numero legale, si rinviene una norma varata il 24 settembre 1997, quindi,
immagino (non ero presente durante quella legislatura), sotto la Presidenza
dell'onorevole Violante. Si tratta dell'articolo 48-bis, a norma del
quale, al primo comma, si stabilisce che «è dovere dei deputati partecipare ai
lavori della Camera». A mio avviso, tale dovere è riferito ai deputati di
maggioranza come a quelli di opposizione; al riguardo, ritengo sia dovere di
ciascun gruppo ricordare ai propri deputati la necessità della presenza.
Ritengo quindi che si tenda seriamente e «pesantemente» ad esagerare nel
momento in cui si bloccano continuamente i lavori della Camera; non si può
dichiarare l'intenzione di approvare una riforma costituzionale ampiamente
condivisa dalle parti politiche e contemporaneamente cercare di bloccare i
lavori del Parlamento, impegnato nel tentativo di approdare ad una riforma
necessaria della Costituzione, necessaria perché richiesta da tutte le parti
politiche in diversi anni e momenti della storia. Si tratta della necessità di
modernizzare il nostro apparato costituzionale; nel momento in cui si sta
arrivando al traguardo, non si può imputare alla maggioranza di non volere una
riforma condivisa mentre invece si cerca di bloccare un percorso
costituzionale.
Si tratta di un percorso che, si sa, è disciplinato da regole ben precise, le
quali comportano anche tempi molto lunghi per quanto concerne la possibilità di
riformare la Costituzione.
Stiamo affrontando una riforma importante, che solo questo Governo e questa
maggioranza hanno avuto, nel tempo, il coraggio di proporre. Vorrei si tenesse
presente che quando, nella scorsa legislatura, sono stati toccati alcuni
capitoli della nostra Carta costituzionale, nemmeno allora questi incontrarono
quel consenso che l'attuale maggioranza, invece, sta cercando di trovare, anche
instaurando un dialogo con l'opposizione.
Temo, purtroppo, che molto spesso sia l'atteggiamento assunto dall'opposizione
ad impedire oggi la possibilità di andare alla ricerca, fino in fondo, di quel
dialogo. Posso comprendere come, su alcuni passaggi, esistano alcune difficoltà
per il centrosinistra. Bene: il centrosinistra stia allora in Assemblea fino in
fondo, e non cerchi tutte le volte di rimandare l'approvazione di articoli e di
far saltare, attraverso la mancanza del numero legale, le sedute!
Vedete, onorevoli colleghi del centrosinistra, se voi foste tutti presenti, e
noi non fossimo in aula in numero sufficiente, probabilmente avreste la
possibilità di batterci...
PRESIDENTE. Onorevole Arrighi, concluda!
ALBERTO ARRIGHI. ... nell'approvazione di alcune proposte emendative: evidentemente, voi per primi siete colpevoli dell'assenza di dialogo e dell'incapacità di discutere sul merito del provvedimento in esame (Applausi dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale)!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Caparini. Ne ha facoltà.
DAVIDE
CAPARINI. Signor Presidente, il
tempo a nostra disposizione ci consente di approfondire la discussione su un
punto che, a nostro avviso, riveste una notevole importanza simbolica.
Attribuire al Presidente del Senato federale il potere di supplenza del
Presidente della Repubblica assume, infatti, una connotazione che oltrepassa di
molto la semplice sostituzione, come previsto dal testo della Costituzione
vigente. In questo caso, infatti, in un'ottica di equilibrio tra poteri, si
tratta di attribuire funzioni di supplenza al Presidente di quel Senato
federale che assicura una rappresentanza diretta delle regioni, che vive in
simbiosi con i consigli regionali e con il territorio e che, nell'ambito del
procedimento legislativo, contempla anche la partecipazione dei governatori
regionali.
In tal senso, le accuse che stanno alla base dell'emendamento soppressivo
presentato dal centrosinistra dimostrano una sorta di comportamento
«sclerotico». Mi riferisco a ciò che, purtroppo, nel corso del dibattito di
questi giorni abbiamo avuto modo più volte di evidenziare, vale a dire il fatto
che, a fasi alterne, l'attuale maggioranza viene tacciata di essere a volte
«neocentralista», altre «iperfederalista»: Vorrei ricordare, al riguardo, che
veniamo addirittura accusati di introdurre, all'interno del testo in esame,
elementi che condurranno alla disgregazione del paese!
Tuttavia, all'atto pratico, nel momento in cui si tratta di trovare un
bilanciamento tra poteri e funzioni - e dunque, nel caso di specie, individuare
il soggetto che dovrà surrogare il Presidente della Repubblica in caso di suo
impedimento, che noi proponiamo sia il Presidente del Senato federale
(inserendo, pertanto, un elemento di rappresentanza del territorio che, in base
al nuovo testo della Costituzione, possiede pari dignità) -, vorrei rilevare...
PRESIDENTE. Onorevole Caparini, concluda!
DAVIDE CAPARINI. ... che troviamo sinceramente strumentali, nonché frutto della confusione che regna all'interno del centrosinistra, le accuse di non avere una coerenza di fondo. Noi, invece, proprio per coerenza intendiamo mantenere un filo costante e diretto tra lo Stato, i poteri territoriali e le autonomie locali.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Potenza. Ne ha facoltà.
ANTONIO POTENZA. Signor Presidente, non so perché mi da la parola a titolo personale...
PRESIDENTE. Onorevole Potenza, mi scusi: ha facoltà di intervenire a nome della sua componente politica.
ANTONIO
POTENZA. Da questa mattina,
dalle ore 9,30, sono presente in aula. Mi sento ripetere alcuni concetti, quali
«irresponsabile», «segnali politici», «sovversivi», «limiti della politica»,
«il dovere di un deputato».
Non capisco perché il ministro non sia preoccupato, per la parte politica. I
segnali politici non arrivano certamente da una minoranza. Essi giungono da
questa maggioranza che, in ogni occasione, fa mancare il numero legale. Non
riesco, quindi, a concepire perché non si apra un discorso politico, invece di
mettersi ad accusare una minoranza che non è presente.
Prima di me ha parlato un collega di Alleanza nazionale; parlava di segnali
politici. I segnali politici sono evidenti nei confronti della Lega e dello
stesso ministro. Perché non ne parliamo? Parliamo di questo. Parliamo del
perché non si va avanti e del perché, da questa mattina, sto qui impalato ad
aspettare che qualcuno ci faccia votare, in modo tale da poter dare il nostro
voto responsabilmente, positivo o negativo che sia.
La verità è che, non sapendo che dire, addebitate ad altri realtà che non
appartengono evidentemente al vostro testo, così come - allo stato attuale - è
configurato.
Abbiate, dunque, la compiacenza di trasmettere agli italiani un messaggio di
tipo diverso, che non è quello di chi si trova all'opposizione, ma di chi è
nella maggioranza. Non avete il coraggio di ripetere che avete tanta
insensibilità verso questo progetto di legge, che il ministro non trae le sue
conclusioni, così come democraticamente dovrebbe essere, nel momento in cui
viene a mancare lo spirito di collaborazione e di solidarietà nei suoi
confronti (Applausi dei deputati dei gruppi Misto-Popolari-UDEUR, dei
Democratici di sinistra-L'Ulivo, della Margherita, DL-L'Ulivo e Misto-Verdi-L'Ulivo).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Messa. Ne ha facoltà.
VITTORIO
MESSA. Signor Presidente,
sono parzialmente d'accordo anche con quanto poc'anzi diceva il collega
dell'opposizione, il quale, però, è troppo intelligente per non capire che,
evidentemente, le reprimende di qualche collega non si rivolgevano a lui, ma a
chi, al contrario di lui, preferiva l'«Aventino», ossia essere assente.
Né mi compiaccio troppo di parlare dell'assenza dell'opposizione. È una scelta,
l'ho già detto stamattina, che evidentemente essa ha inteso compiere: buon pro
gli faccia! Ciò che mi lascia stupefatto è il contenuto di alcuni emendamenti.
Colleghi dell'opposizione, assieme a tanti emendamenti di contenuto - che,
indubbiamente, vi sono e sui quali abbiamo lavorato - ve ne sono altri
assolutamente privi di senso.
Noi stiamo esaminando due emendamenti; con il primo alcuni di voi chiedono di
sopprimere il nuovo testo dell'articolo 86 della Costituzione, mantenendo,
quindi, il testo attuale, che prevede che, in caso di supplenza, è il
Presidente del Senato a fare le veci del Presidente della Repubblica. Con
l'emendamento immediatamente successivo voi proponete, invece, che anziché il
Presidente del Senato sia il Presidente della Camera dei deputati a svolgere le
funzioni di supplenza del Presidente della Repubblica. Dovete, dunque, mettervi
d'accordo tra voi.
È evidente - sia a noi, sia a tutta la maggioranza ed a tutti gli italiani -
che se la maggioranza avesse proposto che, in caso di supplenza, il ruolo del
Presidente della Repubblica dovesse essere svolto dal Presidente della Camera,
voi avreste presentato un emendamento di segno assolutamente opposto, solo per
il vezzo, o il piacere, di presentare emendamenti privi di contenuto serio.
Non contesto - l'ho già detto stamattina - il diritto dei deputati
dell'opposizione di rimanere alla buvette. Non lo contesto
assolutamente, ma stigmatizzo il contenuto di alcuni emendamenti che non hanno
assolutamente senso e che, anzi, sono in contrasto con altri emendamenti che
portano le firme degli stessi colleghi dell'opposizione.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Gibelli. Ne ha facoltà.
ANDREA
GIBELLI. Intervengo per
denunciare un atteggiamento contraddittorio del centrosinistra, che da circa
quindici giorni ci impegna su questo provvedimento di importanza straordinaria,
vista la portata delle modifiche della Carta costituzionale. Se, da una parte,
il centrosinistra continua a sostenere l'idea di avere un Parlamento al centro
dell'azione democratica, con tutte le condizioni di garanzia, con questi
emendamenti, che riguardano sostanzialmente un'opinione diversa rispetto ai
poteri sostitutivi delle funzioni del Capo dello Stato, non si capisce perché,
dall'altra, si propone di nominare il Presidente della Camera. Evidentemente il
Presidente del Senato federale rappresenta più complessivamente tutta la
Repubblica proprio nella direzione già indicata nel Titolo V, ossia quella di
avere una serie di organi non subordinati uno all'altro, ma su pari livello
istituzionale. Quindi, migliore elemento di garanzia non potrebbe che essere il
Presidente del Senato federale.
Addirittura, vista la composizione, non è necessario che il Senato federale sia
strettamente collegato ad una maggioranza politica e ciò è ancor più evidente
per la presenza di altri soggetti istituzionali. Ancora una volta si cerca il
dialogo politico e il confronto sui giornali, ma è bene che i nostri radioascoltatori
sulle dirette radio sappiano che il centrosinistra qui dice una cosa e fuori ne
fa un'altra, qui ci chiede garanzie a parole e poi si lamenta sui giornali
rispetto alla necessità di costruire un dialogo.
Il dialogo non si costruisce con i sordi e non si costruisce con chi nemmeno
crede alle proprie idee. Abbiamo elencato almeno un centinaio di interventi di
parlamentari del centrosinistra che hanno dichiarato, sia nel metodo che nel
merito, essere un errore la riforma del Titolo V. È impensabile oggi dare
titolo di credito a chi non crede alle proprie idee.
Per rispondere ai colleghi di centrosinistra che sono intervenuti, debbo dire che non capisco perché si imputa soprattutto questa parte della riforma solo alla Lega. Penso che nella maggioranza il contributo di tutti i partiti porti a risultati di grandissimo equilibrio che qui stiamo votando e rigetto le accuse di chi si presenta in quattro in aula facendo buon viso a cattivo gioco...
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Airaghi. Ne ha facoltà.
MARCO
AIRAGHI. Stiamo discutendo in
questo momento di un articolo particolarmente importante, l'articolo 21
relativo alla supplenza del Presidente della Repubblica.
È del tutto evidente e appare agli occhi di tutti quanto sia grave e delicata
la situazione in cui si debba ricorrere ad un supplente del Presidente della
Repubblica. Perciò, appare ancora più sconvolgente la decisione di questa
opposizione di non discutere un tema così cruciale per il nostro paese.
Capiamo anche le motivazioni per cui questa opposizione non ha una linea
politica comune: obbedisce al comando di un presunto leader, che non è
nemmeno parlamentare, e non è autorizzato da un voto popolare, e che li comanda
a bacchetta.
La totale assenza di linea politica rispecchia la totale assenza di qualsiasi
intervento in favore dell'Italia fatto da questo leader durante la sua
Presidenza dell'Unione europea. Anzi, essa è stata completamente tesa a
danneggiare il nostro paese per danneggiare il Governo di centrodestra. Quindi,
è chiaro che, in assenza di idee, l'unica possibilità dell'opposizione è
un'opposizione distruttiva, un'opposizione allo sfascio e che, quindi, è
semplicemente di ostruzionismo rispetto a questa nostra riforma.
Ripeto ancora una volta: la disponibilità al dialogo è stata ampiamente
dimostrata in questi giorni anche grazie all'attenzione ed all'intelligenza dei
nostri rappresentanti al Comitato dei nove che hanno accolto diverse proposte
emendative dell'opposizione.
L'emendamento in esame, presentato da autorevoli esponenti dell'opposizione,
consentirebbe un interessante confronto sul merito tra maggioranza ed
opposizione. Si tratta di decidere se attribuire la responsabilità della
supplenza del Presidente della Repubblica al Presidente del Senato federale
della Repubblica oppure, come proposto dall'emendamento, al Presidente della
Camera dei deputati. Sarebbe sicuramente interessante ascoltare le motivazioni
addotte dall'opposizione per la proposta avanzata.
Sono convinto della bontà della scelta attualmente proposta nel testo perché il
Presidente del Senato federale della Repubblica ha la funzione di rappresentare
l'intero territorio nazionale e, soprattutto, non ha alcun vincolo di
maggioranza. Pertanto, la formulazione proposta dal disegno di legge mi sembra
di assoluta garanzia e voterò contro l'emendamento in esame.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole D'Agrò. Ne ha facoltà.
LUIGI
D'AGRÒ. Signor Presidente, mi
pare frustrante per un parlamentare intervenire in queste condizioni in aula.
L'argomento si è prestato ad una logica di muro contro muro. La maggioranza
stamattina aveva avuto le avvisaglie di quanto sarebbe potuto avvenire nel
pomeriggio. La stranezza è che non ha preso le contromisure necessarie ed anche
ora siamo in questa sede ad intervenire a titolo personale per tentare di
mettere insieme il numero legale per poter procedere utilmente nei nostri
lavori.
Il concetto di muro contro muro ha evidenziato sostanzialmente tre aspetti. In
primo luogo, vi è stato un grande disinteresse da parte di molti parlamentare
nel dibattito. I più hanno appaltato ai membri della Commissione affari
costituzionali l'onere e l'onore di partecipare al dibattito e di confrontarsi
all'interno del Comitato dei nove per poter procedere ad una riforma così
importante per il nostro paese.
In secondo luogo, nelle pochissime occasioni in cui si è alzato il tono ed il
dibattito ha preso consistenza molti hanno partecipato con proprietà di causa
cercando di apportare quelle modifiche necessarie affinché quanto prefiguriamo
abbia un significato profondo di cambiamento per il nostro paese. I casi sono
stati, purtroppo, troppo pochi, ma in quel momento anche l'opposizione ha
partecipato degnamente al dibattito con una prospettiva diversa da quella del
referendum.
In terzo luogo, credo che quando finiremo questo lunga ed estenuante battaglia
pochi nel paese avranno capito fino in fondo cosa abbiamo compiuto e vi sarà un
vulnus profondo della vera democrazia. Il risultato sarà che questo
Parlamento avrà fatto una riforma che altri immediatamente vorranno modificare
senza quel patto di solidarietà che dovrebbe essere profondissimo in una logica
democratica per cui quando si riesce a cambiare qualcosa ciò ha un significato
per il futuro del paese.
Si tratta di un dato fondamentale del nuovo confronto politico che è in atto,
un confronto in cui la ragione ha perso il proprio significato e la ricerca del
proprio tornaconto è evidente anche nel vuoto di quest'aula.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Vascon. Ne ha facoltà.
LUIGINO
VASCON. Credo, signor
Presidente, come molti dei miei colleghi, che sia avvilente essere in
quest'aula, non tanto per l'assenza dell'opposizione, quanto per la mancanza di
parecchi componenti la maggioranza (Applausi dei deputati del gruppo della
Lega Nord Federazione Padana). Questa è una cosa che purtroppo si ripete
troppo spesso.
Ricordo però ai colleghi che, per l'approvazione di determinati provvedimenti
legislativi, i banchi erano pieni (e questo è un richiamo ai doveri). Penso, ad
esempio, alla legge Gasparri, quando c'eravate tutti. Questa volta, in
occasione di un passaggio parlamentare così importante, mancano gran parte dei
nostri colleghi.
Quindi un esame di coscienza dobbiamo farlo all'interno della Casa delle
libertà (Applausi dei deputati del gruppo della Lega Nord Federazione Padana
e di deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-L'Ulivo e della Margherita,
DL-L'Ulivo)!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Guido Giuseppe Rossi. Ne ha facoltà.
GUIDO GIUSEPPE ROSSI.
Condivido anch'io, signor Presidente, le considerazioni del collega Vascon. Al
tempo stesso, credo che dobbiamo chiarire ai cittadini, che stanno seguendo i
nostri lavori, che quello che sta avvenendo, che è la fotocopia di quanto
avvenuto questa mattina, evidenzia una minoranza che si sottrae scientemente al
dibattito e che, contemporaneamente, accusa la maggioranza di non essere
adeguata al dibattito stesso.
È una sorta di schizofrenia, che ha i suoi effetti negativi, che a mio avviso
sono anche effetti politicamente perversi. Infatti, tutto il dibattito portato
avanti sino ad oggi dai colleghi dell'opposizione verteva su un filo conduttore
comune: la perdita di centralità del Parlamento rispetto al potere esecutivo e
rispetto ad altri poteri. Questo è un tema importante e serio, che affronta la
perdita di rappresentatività delle Assemblee legislative, ma paradossalmente
oggi (ma anche nelle giornate passate) l'attività di ostruzionismo arriva da un
input di carattere extraparlamentare, perché la conduzione politica di
questo ostruzionismo arriva dal signor Romano Prodi, che è la quintessenza
dell'extraparlamentarietà, ovviamente non intesa nel senso che aveva negli anni
Settanta, bensì nel senso di una volontà politica che è estranea al Parlamento
stesso (Applausi dei deputati del gruppo della Lega Nord Federazione Padana)...
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Cola. Ne ha facoltà.
SERGIO COLA. Dobbiamo ringraziare l'opposizione per questa forma di ostruzionismo, perché ha dato finalmente la possibilità a quasi tutta la maggioranza di interloquire e di rappresentare, a mio modo di vedere, il convincimento e la piena adesione alla riforma costituzionale che stiamo approvando. Per la verità, non so se questo emendamento abbia un carattere «sportivo», nel senso di essere meramente dilatorio, oppure se abbia tutti i crismi del convincimento della fondatezza dello stesso. Se così fosse, mi permetto di ricordare, soprattutto a Marone, a Bressa, a Boato, che intervengono quotidianamente e continuamente, che mi pare abbiano veramente peccato di irrazionalità, nel momento in cui hanno proposto siffatto emendamento. È infatti un emendamento che a mio avviso contrasta con tutto l'assetto normativo del provvedimento...
PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Cola.
SERGIO COLA. Ma, signor Presidente, ho già finito il tempo?
PRESIDENTE. Sì, onorevole Cola, il tempo a sua disposizione è terminato. Tuttavia, forse sono stato eccessivamente fiscale con lei. Pertanto, se vuole continuare per altri 30 secondi, ne ha facoltà.
SERGIO
COLA. La ringrazio, signor
Presidente. Ho ascoltato con attenzione l'arguzia dell'onorevole Gerardo
Bianco, nel momento in cui proponeva di cambiare nome al Senato, dato che,
fissando l'età per essere eletto senatore a venticinque anni, non c'è più il senex,
ma il giovane. Forse questa ragione ha indotto a presentare questo emendamento,
ma la sua irrazionalità consiste nel fatto che ci sono altre ragioni che
inducono a ritenere giusta la scelta del Presidente del Senato quale supplente
del Presidente della Repubblica.
Infatti, com'è stato sottolineato reiteratamente, il Senato federale non è un
organo squisitamente politico, ma un organo il cui Presidente rappresenta con
obiettività e non con faziosità la politica italiana.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Boato. Ne ha facoltà.
MARCO
BOATO. Signor Presidente,
cercherò di essere il più possibile garbato. Vorrei svolgere una breve
osservazione di metodo e una di merito.
La questione di metodo. Se fossi un capogruppo della maggioranza, prenderei il
resoconto stenografico dell'intervento del collega Cesare Rizzi di questa
mattina e lo infilerei nelle caselle di tutti i deputati della Casa delle
libertà; se fossi un capogruppo della maggioranza, non cambierei una virgola a
quanto affermato dall'onorevole Rizzi.
Tuttavia, dico ciò non ai deputati presenti - altrimenti mi comporterei come
quell'insegnante che, quando si faceva qualche piccolo sciopero da ragazzi,
criticava gli alunni in classe per protestare con quelli che avevano fatto
sciopero -, che hanno tutto il mio rispetto. Suggerirei ai colleghi della Casa
delle libertà presenti in aula di interloquire con quelli che stanno a spasso,
in quanto ritengo che, se questa è davvero una riforma di portata
straordinaria, forse la convinzione sulla straordinarietà della stessa
dovrebbero esprimerla partecipando ai lavori della Camera dei deputati. Un
collega, questa mattina, ha parlato della mancanza di spirito costituente e lo
avevo visto entrare in aula cinque o sei minuti prima, mentre la maggior parte
di voi era in quest'aula da quasi due ore.
Nel merito, si può non condividere questo emendamento, che qualcuno ha definito
strumentale, sovversivo, confuso, privo di contenuto e contraddittorio.
Tuttavia, si tratta di un emendamento perfettamente coerente con la proposta di
riforma costituzionale che vi abbiamo prospettato attraverso tutte le nostre
proposte emendative. Vi abbiamo proposto che i Presidenti di Camera e Senato,
alla fine, siano eletti dai due terzi dei votanti con una maggioranza non
inferiore alla maggioranza dei componenti e, quindi, con Presidenze di garanzia
sia alla Camera sia al Senato. Ovviamente, avete fatto una scelta diversa,
abbassando la soglia di garanzia.
La nostra proposta, in base alla quale il supplente del Presidente della
Repubblica dovrebbe essere il Presidente della Camera politica, espressa però
con un quorum di garanzia, è perfettamente coerente con tutte le altre
proposte emendative che abbiamo presentato. Si può non condividerla, ma
occorrerebbe quanto meno rispettarla!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Olivieri. Ne ha facoltà.
LUIGI
OLIVIERI. Il nostro emendamento
- che, nonostante il parere contrario della Commissione e del Governo, ci
auguriamo sia approvato - cerca di porre rimedio ad una evidente contraddizione
del testo. Infatti, suggeriamo di sostituire le parole: «del Senato federale
della Repubblica» con le seguenti: «della Camera dei deputati». Penso che sia
intellegibile il motivo.
Non sono altrettanto comprensibili, invece, le ragioni per le quali avete
suggerito, in qualità di supplente, il Presidente del Senato federale della
Repubblica (nome che tale organo dovrebbe assumere se la riforma diventerà
effettivamente legge costituzionale), figura senz'altro prestigiosa e
autorevole, che presiederà una Camera sicuramente importante, ma non politica.
Sotto questo punto di vista, la seconda carica dello Stato - come organo di
garanzia e imparzialità, nonché soggetto che rappresenta in sé l'unità del
paese e della Repubblica - non può che essere il Presidente della Camera.
Al contrario, il vostro ragionamento potrebbe essere corretto qualora non
intervenisse la modifica sostanziale del superamento del bicameralismo
perfetto. Fino ad oggi, le due Camere si distinguono per ragioni di età -
quindi, per diritto elettorale passivo -, mentre le competenze nonché il
rapporto politico e fiduciario con il Governo sono analoghi tra i due rami del
Parlamento. Con la vostra proposta di modifica, non si coglie la ragione di
negare l'evidenza della nostra proposta emendativa.
Per tale ragione, spero che i colleghi, non solo dell'opposizione ma anche
della maggioranza, votino favorevolmente sull'emendamento Leoni 21.3.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Giachetti. Ne ha facoltà.
ROBERTO GIACHETTI. Signor Presidente, vorrei intervenire a titolo personale e vorrei sapere quanto tempo ho a disposizione...
PRESIDENTE. Ha a disposizione un minuto, ma lei sa che sono tollerante. Quindi, se parla anche per un minuto e mezzo...
ROBERTO GIACHETTI. Signor Presidente, le spiego un attimo. Dal momento che qualche intervento è durato oltre tre minuti e mezzo....
PRESIDENTE. È vero, capita spesso con i colleghi del centrosinistra e anche con quelli del centrodestra. Se mi chiedete di essere fiscale, potete stare tranquilli che lo sarò. Se è una richiesta di tutti....
ROBERTO GIACHETTI.
Presidente, se posso concludere la mia richiesta, vorrei farlo...
Dal momento che lei ha fatto un'eccezione per gli altri colleghi, relativamente
all'emendamento in oggetto, credo che almeno tre minuti e mezzo debba averli
anch'io...
PRESIDENTE. Tre minuti e mezzo magari no, ma certamente...
ROBERTO GIACHETTI.
Signor Presidente, allora approfitterò delle registrazioni di Radio Radicale
per mandarle gli interventi, così potrà rendersi conto di quanto sono durati.
Si accorgerà che sono durati anche oltre tre minuti e mezzo. Comunque, mi farò
bastare due minuti. Spero, almeno, di avere la libertà di divagare, così come
hanno fatto tanti miei colleghi, e di non essere costretto a parlare sul merito
dell'emendamento, bensì sul metodo. Credo, infatti, che in quest'aula ciascuno
di noi debba avere gli stessi diritti.
Signor Presidente, abbiamo ascoltato dai colleghi della maggioranza molte
affermazioni che non rispondono al vero. Allora, sarebbe utile, per coloro che
ci ascoltano per radio, sapere che ancora la maggioranza non è in grado di
assicurare il numero legale. I colleghi della maggioranza hanno parlato nelle
stesse condizioni in cui parlano quelli dell'opposizione, ovvero con tutti i
colleghi della maggioranza fuori dall'aula e che vi entrano soltanto per votare
ed assicurare il numero legale. Tuttora, non c'è il numero legale e, quindi, i
colleghi della maggioranza oggi sono stati costretti a parlare senza
l'opposizione. L'opposizione, infatti, al momento di passare ai voti, non ha
mai mancato di essere presente, tanto che non risulta alcuna votazione
effettuata senza il numero legale.
Peraltro, è anche giusto sottolineare - è passato un minuto, e quindi credo di
avere ancora a disposizione qualche secondo per terminare il mio intervento -
che è del tutto evidente - bisogna pur far sapere come vanno le cose in
quest'aula a chi non può assistere alla seduta - lo scontro che sta avvenendo
in questa sede tra alcuni partiti dell'opposizione. Il gruppo di Alleanza
nazionale ancora non ha portato in aula neppure la metà dei propri deputati,
che invece dovrebbero essere qui a votare il provvedimento. L'onorevole Rizzi e
i colleghi della Lega hanno ampiamente messo in evidenza questo scontro. Lo
abbiamo letto stamattina sui giornali; forse riguarda la legge finanziaria e
non necessariamente il provvedimento in oggetto. Chissà, magari si aggiunge ai
problemi nati con questo provvedimento e che proseguono con la finanziaria (Commenti)...
FILIPPO ASCIERTO. Pensa a Prodi e Rutelli!
GIORGIO BORNACIN. Pensa a Prodi e D'Alema!
ROBERTO GIACHETTI.
Signor Presidente, sento un certo brusio.
È evidente ed è bene che si sappia, anche fuori da quest'aula: altro che
opposizione che non consente di lavorare! La maggioranza è spaccata, divisa,
spappolata, esattamente come era tre mesi fa, e sta riproponendo la stessa
sceneggiata sulla riforma costituzionale (e tra poco lo farà anche sulla legge
finanziaria), ai danni del paese.
PRESIDENTE.
Onorevoli colleghi, vorrei fare il punto della situazione dal punto di vista
organizzativo.
Come già sapete, al termine dei lavori di oggi sul disegno di legge
costituzionale, l'ordine del giorno prevede l'esame e la votazione di una
questione pregiudiziale riferita al decreto-legge n. 220 del 2004. Verso le ore
19,30-20 - lasciatemi un minimo margine di flessibilità - l'Assemblea voterà la
pregiudiziale di costituzionalità.
Ricordo anche che sono previste votazioni nella mattinata di domani, con la
conseguente necessità, per i colleghi, di essere presenti, così come,
presumibilmente, lunedì pomeriggio. Dico «presumibilmente» soltanto per
correttezza nei confronti della Conferenza dei presidenti di gruppo, che si
riunirà domani alle 13 per decidere le modalità di prosecuzione dei nostri
lavori.
Richiamo tutti i colleghi, sia della maggioranza sia dell'opposizione, alla
necessità di essere presenti, dal momento che ci troviamo nella fase conclusiva
dell'esame del disegno di legge di revisione costituzionale, soprattutto se vi
è la volontà di terminare tale esame.
(Ripresa esame dell'articolo 21 - A.C. 4862 ed abbinate)
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Duilio. Ne ha facoltà.
LINO
DUILIO. Signor Presidente, mi
consenta di prendere spunto dalla sua raccomandazione ad essere presenti.
Ho ascoltato i colleghi della maggioranza dileggiare l'opposizione per la sua
assenza. Ricordo che stiamo discutendo la riforma della Costituzione, rispetto
alla quale abbiamo una posizione di radicale dissenso. Abbiamo peraltro già
fatto presente che abbiamo intenzione di utilizzare l'unico strumento che ci
consentirà di valutare la bontà di tale testo, vale a dire il referendum. Mi
spiace, tuttavia, che il Presidente consenta che si dileggi l'opposizione, con
un esercizio verbale che tende a nascondere il fatto che la maggioranza, che
dovrebbe essere presente in quanto intende approvare il provvedimento, sia
invece assente.
Ritengo pertanto che tale modo di fare sia offensivo e gratuito. Stiamo
discutendo sullo stravolgimento radicale del disegno costituzionale, stiamo
sostanzialmente archiviando la storia del nostro paese e la maggioranza, che si
assume questa responsabilità, intende portare avanti il provvedimento senza
avere neppure la capacità di assicurare il numero legale. Ritengo che tale modo
di fare sia gratuito e offensivo nei confronti dell'opposizione, e la raccomandazione
del Presidente ad essere presenti va rivolta in primo luogo alla maggioranza.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Ruta. Ne ha facoltà.
ROBERTO
RUTA. Signor Presidente,
intervengo brevemente per sottolineare come questa mattina si sia avuta la
dimostrazione palese del disinteresse e del lassismo con cui si sta svolgendo,
da parte della maggioranza, l'esame della riforma e con cui si vive lo spirito
della riforma stessa. C'è una volontà sotterranea: auspichiamo che non sia
predominante e che non si stiano giocando in realtà sulla riforma
costituzionale altre questioni.
Siamo convinti che la decisione del Presidente della Camera di espungere, su
richiesta di un gruppo della maggioranza, alcune norme contenute nel disegno di
legge finanziaria abbia provocato e stia provocando dissapori. Auspichiamo che
da ciò non derivino ripercussioni sull'esame della riforma. Se così non fosse,
ci troveremmo di fronte alla dimostrazione concreta del fatto che questa
maggioranza non comprende compiutamente il senso della modifica costituzionale
che sta portando avanti e la sua rilevanza.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Lettieri. Ne ha facoltà.
MARIO
LETTIERI. I colleghi che mi
hanno preceduto hanno già avuto modo di evidenziare le modalità davvero
indecorose con le quali si sta procedendo alla discussione sulla riforma della
nostra Costituzione. È chiaro che la responsabilità di ciò va interamente addebitata
alla maggioranza.
Mi rendo conto, però, che i riverberi negativi di questa situazione
sull'opinione pubblica riguarderanno l'intero Parlamento. È bene allora che i
cittadini italiani sappiano che questa maggioranza non è in grado neanche di
garantire la presenza dei propri parlamentari al momento della discussione e
del voto!
Tutto ciò accade perché, oggettivamente, manca la tensione ideale per
affrontare una riforma di questa portata. Certo, qualche sussulto vi è stato
grazie alla presentazione di alcuni emendamenti a firma dell'onorevole Tabacci
e grazie agli interventi autorevoli dei colleghi Bressa, Soda e Gerardo Bianco.
Ma poi tutto è scaduto in un rituale mortificante anche per il ruolo dei
parlamentari. Va preso atto, allora, di questa situazione intollerabile ed
offensiva per il Parlamento e il paese, e occorre rinunciare a questo progetto;
altrimenti, ce lo imporrà il popolo con il referendum. Sarebbe stato opportuno
avere la forza ed il coraggio di nominare un'Assemblea costituente.
Signor Presidente, lei interviene sui grandi temi che riguardano il paese.
Ultimamente ha preso posizione sulla necessità di riformare la normativa in
materia di risparmio, della quale peraltro non parlerò. Ebbene, una sua
autorevole sollecitazione affinché la maggioranza ritiri questo provvedimento
sbagliato credo sarebbe quanto mai opportuna (Applausi dei deputati del
gruppo della Margherita, DL-L'Ulivo).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Ruggeri. Ne ha facoltà.
RUGGERO
RUGGERI. Penso che la
maggioranza (che conta circa 100 deputati in più) stia dimostrando che i suoi
numeri non sono sufficienti per procedere. Probabilmente il Governo (che fatica
ad andare avanti e sta facendo mille promesse senza mantenerne una) si trova di
fronte ad una riforma costituzionale senza avere la capacità di proseguire il
percorso iniziato. State bloccando il Parlamento, state bloccando il paese! Non
avete la possibilità di proseguire nei lavori; state ancora contrattando su
aspetti che riguardano i vostri partiti, e non gli interessi nazionali!
Mi trovo d'accordo con chi, oggi, sostiene la necessità di un vero ritorno alla
politica, al di là del maggioritario e del proporzionale. Il ritorno alla
politica vuol dire mediazione degli interessi, dei valori, e non
contrattazione! Oggi stiamo assistendo, invece, ad una contrattazione, ad uno
scontro!
Il presidente della Commissione sta lavorando molto bene e con serietà; mi
sembra, però, che dietro tutto ciò vi siano dei giochi che egli non riesce a
governare. Quando viene, volutamente, a mancare il numero legale a causa del
comportamento della maggioranza vuol dire che siamo giunti al ridicolo, come è
ridicolo il vostro Governo (Applausi dei deputati del gruppo della
Margherita, DL-L'Ulivo)!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Rizzi. Ne ha facoltà.
CESARE
RIZZI. Signor Presidente, è
da 15 giorni che sento dire che l'Assemblea è bloccata. Sono stati chiamati in
causa il popolo e l'interesse nazionale. In verità, il tempo a disposizione era
ed è moltissimo. Anzi, a dire il vero, uno dei tanti aspetti positivi è proprio
l'aver consumato del tempo.
Ma l'elemento più importante, il più grosso problema che abbiamo di fronte riguarda
proprio lei, signor Presidente. Sono convinto che con l'ostruzionismo si sia
permesso all'opposizione di portare via molto tempo con i suoi interventi,
almeno due o tre ore; ebbene, non vorrei che lei, signor Presidente, concedesse
dell'altro tempo, perché ciò significherebbe che abbiamo lavorato per nulla.
PRESIDENTE.
La ringrazio, onorevole Rizzi. Il Presidente, i problemi, di solito, se li
risolve da solo, come dimostrato ampiamente in questi tre anni.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale,
l'onorevole Banti. Ne ha facoltà.
EGIDIO
BANTI. La stagione balneare è
ormai conclusa, mentre quella delle settimane bianche invernali non è ancora
iniziata. Non credo allora che siano delle ragioni «vacanziere» ad indurre
molti nostri colleghi a non partecipare ai lavori di questa sessione
costituente. Credo che significherebbe recare oltraggio a questi nostri
colleghi, mentre è giusto riconoscere in sede politica che, se non sono
presenti, vuol dire che vi è una ragione politica. Allora, il dovere
dell'opposizione non può che essere quello di rimarcare la presenza di un
dissenso evidente nelle file della maggioranza, una maggioranza che pensa
legittimamente, con cento voti di margine, di poter portare a casa una riforma
costituzionale in maniera autosufficiente e che si accorge di non poterlo fare.
E noi che altro dobbiamo fare se non rimarcarlo...?
Collega Rizzi, è un'ora e mezzo che parlate voi! Non è che il tempo l'abbiamo
tolto noi all'andamento dei lavori parlamentari! Se parlate voi, è perché c'è
un problema politico e i problemi politici si debbono risolvere in maniera -
appunto - politica, riaprendo un dialogo, ma serio e fondamentale, fra
maggioranza ed opposizione su questi temi: quello che fin qui non è avvenuto,
signor Presidente (Applausi dei deputati dei gruppi della Margherita,
DL-L'Ulivo e dei Democratici di sinistra-L'Ulivo)!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Frigato. Ne ha facoltà.
GABRIELE FRIGATO.
Signor Presidente, anch'io sono stato, come molti colleghi, presente in queste
giornate, stamattina e anche oggi pomeriggio, dalle 15,30. Siccome noi non
condividiamo questa riforma, che è obiettivamente pasticciata, confusa e
autoritaria, un insieme costituito da una mediazione che si sta rivelando
impossibile, usiamo e useremo tutti gli strumenti che il regolamento della
Camera mette a disposizione delle forze di opposizione.
Guardatevi in casa, colleghi della maggioranza! Mancano cento o centocinquanta
deputati, costantemente, durante i lavori di quest'aula e sono tutti da
rintracciarsi nelle file della maggioranza! Non credo si tratti di una assenza
occasionale, né di una assenza priva di significato; sono assenze che hanno un
significato politico e che dicono anche a voi di fermarvi rispetto ad una
riforma che non porta elementi positivi per il futuro del nostro paese.
Noi ve l'abbiamo chiesto: fermatevi, fermiamoci, ragioniamo ulteriormente! Mi
pare che questo messaggio arrivi anche da tanta parte dei banchi della
maggioranza.
PRESIDENTE.
Colleghi, d'ora in avanti sarò un po' più severo: va bene che si utilizzi il
tempo assegnato, però bisognerà anche procedere con le votazioni.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole
Carbonella. Ne ha facoltà.
GIOVANNI CARBONELLA.
Signor Presidente, capita sempre a me...!
Vorrei semplicemente rilevare che, come capita spesso, durante i lavori
parlamentari vi sono delle assenze o volute o casuali. Tuttavia, mi pare che
nella giornata odierna abbiamo avuto conferma che le assenze non sono state
assolutamente casuali, tant'è vero che molti deputati della maggioranza sono
intervenuti proprio per coprire quel vuoto, consentendo ad altri di andare a
«pescare» e rintracciare i parlamentari della maggioranza, al fine di garantire
il numero legale.
È quindi oziosa la polemica da parte di alcuni che rivolgono all'opposizione
l'accusa di voler fare ostruzionismo.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà.
GIANCLAUDIO BRESSA. Signor Presidente, questa singolare discussione pomeridiana, che ha consentito alla maggioranza di ricompattarsi almeno nei numeri, ha però sviato l'attenzione dal problema vero, perché, a forza di parlare del sesso degli angeli per consentire a questa Camera di votare la vostra riforma, abbiamo smarrito il senso dell'emendamento che stiamo discutendo.
Tale emendamento afferma che la supplenza del Presidente della Repubblica deve essere esercitata dal Presidente della Camera dei deputati. L'onorevole Perrotta, che, forse, è uno dei pochi che, anche quando è incaricato di perdere tempo, si industria nel portare argomentazioni che hanno una qualche pertinenza, ha svolto un'osservazione non priva di senso politico ed istituzionale. Egli ha affermato che si è pensato al Senato perché il Presidente della Camera politica è espressione della maggioranza politica. È un'osservazione corretta, perché voi avete approvato scorrettamente un quorum che consente alla maggioranza politica di eleggere in solitudine il Presidente della Camera. Allora, è difficile immaginare di contrastare...
NUCCIO CARRARA. Quindi?
GIANCLAUDIO BRESSA.
Quindi, lascia che parli io, Carrara: tu hai avuto molteplici occasioni per
affrontare questo argomento senza cavare un ragno dal buco. Pertanto, lasciami
concludere.
È inutile che voi usiate i vostri errori, i vostri pretesti e le vostre
limitatezze per contestare la ragionevolezza e la razionalità del nostro
progetto. Le cose sono molto semplici, se il diritto costituzionale ha ancora
un barlume di serietà in quest'aula: da una parte, vi sono i poteri politici
fondati sul criterio della rappresentanza; dall'altra parte, vi sono i poteri
di garanzia fondati sul criterio della neutralità. Siete voi che scrivete in
Costituzione - lo vedremo tra poco -, all'articolo 87, che il Presidente della
Repubblica è il Capo dello Stato, rappresenta l'unità federale della nazione ed
è garante della Costituzione. Quindi, stiamo parlando di una figura di
garanzia. Perché vi sia una figura di garanzia, c'è bisogno di quorum
che consentano la votazione in questo senso e c'è bisogno che, anche quando si
parla dei poteri suppletivi, vi sia un minimo di coerenza.
Voi avete accettato questa impostazione: avete approvato un Senato federale
che, a regime, potrà avere una composizione variabile, nel senso che potranno
esservi rappresentanti eletti in momenti diversi.
NUCCIO CARRARA. L'avete voluto voi!
GIANCLAUDIO BRESSA.
Certo che l'abbiamo voluto noi, perché la piena contestualità con l'elezione
dei consigli regionali è una delle poche cose che restituiscono coerenza alla
dimensione federale!
Vi rendete conto che potreste trovarvi nella condizione di avere un Presidente
del Senato che, nel momento in cui dovrebbe sostituire il Presidente del
Repubblica, potrebbe non poterlo fare perché il suo consiglio regionale è stato
sciolto? Questo è un problema tecnico-pratico che, però, avrebbe riflessi
costituzionali rilevantissimi.
Allora, la logica vuole che, quando si mette mano alla Costituzione, la
razionalità deve sempre essere assicurata: non può essere come un canguro, che
salta di qua e di là, un momento c'è e l'altro non c'è. Purtroppo, avete
adottato la cultura del canguro: un momento c'è e un momento non c'è, ed i
risultati sono sotto gli occhi di tutti.
Ecco perché la nostra ipotesi è sensata. È l'ipotesi di un Presidente della
Camera di rappresentanza politica che, secondo il nostro modello, è eletto con
un quorum di garanzia, ossia costringe le forze politiche ad avere un
senso di responsabilità. Pertanto, se voi aveste adottato il nostro modello,
l'obiezione avanzata in precedenza dall'onorevole Perrotta non avrebbe alcun
significato. Tale obiezione ha un qualche significato perché state costruendo
un modello assolutamente irrazionale. Non fateci carico dei vostri errori e
delle vostre storture!
Per questa ragione, esprimeremo un voto favorevole sull'emendamento in esame (Applausi
dei deputati dei gruppi della Margherita, DL-L'Ulivo e Misto-Verdi-L'Ulivo).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Bottino. Ne ha facoltà.
ANGELO
BOTTINO. Signor Presidente, noi
non condividiamo alcuni aspetti di questa modifica costituzionale: riteniamo
che vadano modificati alcuni punti che indubbiamente mi sembra non possano
essere accettati.
Però, vi è un problema: sicuramente, in questo periodo, qualcuno è stato
contagiato dall'influenza, qualcuno lo sarà e qualcuno ha fatto il vaccino.
Tuttavia, è anche necessario essere puntuali e precisi; e quando si tratta di
arrivare in aula puntuali alle 15,30, credo che la maggioranza, che vuol
portare avanti questa sua modifica costituente, debba essere sicuramente
presente. Certo, se non è presente, la minoranza ha uno strumento di difesa,
l'unico che gli resta, ossia quello di attenersi a precisi atti permessi in
democrazia.
Vorrei richiamare però alcuni fatti del passato. Ricordo alcuni atti importanti
- forse più per qualcuno che per la Repubblica - in occasione dei quali non era
presente solo il ministro o il sottosegretario, ma avevamo la fortuna di vedere
in quest'aula tutto il Governo; non faccio nomi, ma credo si tratti di leggi
approvate in questi tre anni che tutti ricordiamo (e che ricorderemo). Allora
vi era una presenza costante e continua; adesso questa presenza non c'è; quindi
vuol dire che qualche problema nella maggioranza esiste. Qualche collega ha
evidenziato gli aspetti dei vari gruppi...
PRESIDENTE.
La ringrazio, onorevole Bottino.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale,
l'onorevole Rusconi. Ne ha facoltà.
ANTONIO
RUSCONI. Signor Presidente,
colleghi, rimandiamo al mittente le accuse che abbiamo ascoltato oggi
pomeriggio perché abbiamo assistito ancora una volta ad un fenomeno insolito:
l'ostruzionismo della maggioranza. È successo stamattina dalle 10 alle 11,15, è
successo oggi pomeriggio dalle 15,30 alle 16,30. In realtà, questo federalismo
non lo volete neanche voi! Questa riforma costituzionale non la vuole neppure
la maggioranza! Perché la parola federalismo indica un foedus, un patto
che unisce; in realtà, chi la propone vuole dividere questo paese!
State inventando una serie di sovrastrutture burocratiche con costi eccessivi a
danno del bilancio dello Stato. Ma chiedete ai comuni e agli enti locali che
cosa pensano del federalismo di questo Governo! Tagli del 20 per cento sui
trasferimenti di quest'anno e blocchi delle assunzioni ancora per il prossimo
anno! Credo che del federalismo che volete propinarci se ne possa e se ne
voglia fare a meno: non c'è una maggioranza che lo vuole e, a mio avviso,
domani mattina si proporrà ancora una volta l'ostruzionismo della maggioranza.
PRESIDENTE.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico,
sull'emendamento Leoni 21.3, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la
votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti e Votanti 405
Maggioranza 203
Hanno votato sì 172
Hanno votato no 233).
Avverto che
l'emendamento Perrotta 21.71 è stato ritirato.
Passiamo alla votazione dell'articolo 21.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Marone. Ne ha
facoltà.
RICCARDO
MARONE. Signor Presidente,
credo che nei prossimi giorni affronteremo argomenti molto delicati e forse
devo augurarmi che essi vengano esaminati all'inizio della seduta, perché
soltanto all'inizio della seduta e alla ripresa pomeridiana riusciamo a parlare
con la maggioranza e solo allora la maggioranza interviene, spesso su argomenti
del tutto diversi da quello in esame (per criticare i colleghi che sono
assenti, quindi, in fondo, criticando se stessa).
Tornando al merito della questione - perché fino ad ora di tutto abbiamo
parlato, tranne che di questo -, la nostra proposta era perfettamente coerente
con tutto il sistema che noi abbiamo impostato. In particolare, come ha
sottolineato il collega Bressa, era coerente con la nostra proposta il fatto
che il Presidente della Camera fosse un presidente di garanzia. Infatti noi
prevedevamo una maggioranza qualificata che garantisse che alla scelta del
Presidente della Camera partecipassero anche le minoranze. Questo non è
avvenuto, voi non lo avete voluto ed avete approvato invece una norma che
stabilisce la necessità della maggioranza assoluta, il che potrà consentire
alla maggioranza - non a voi, perché ragionate con l'idea che sarete sempre
maggioranza, ma questo ovviamente non è - di scegliersi il suo Presidente. Noi
riteniamo invece che sarebbe stato molto più giusto prevedere un meccanismo
diverso per la supplenza del Presidente della Repubblica.
Su questo abbiamo presentato diversi emendamenti e abbiamo cercato di far
comprendere le nostre ragioni. Abbiamo innanzitutto detto che volevamo
continuare a mantenere quell'equilibrio tra i poteri dello Stato che c'era - e
che c'è sempre stato - nella mentalità di chi ha scritto la Carta
costituzionale. Mi pare che oggi tutto questo stia saltando.
Stiamo attribuendo competenze, funzioni e poteri solo per far quadrare il
cerchio. Tra poco, esamineremo un articolo ben più delicato, concernente le
funzioni del Presidente della Repubblica, al quale sono state presentate
proposte emendative che chiedono l'attribuzione di funzioni molto importanti.
Ancora oggi, sebbene siamo giunti alla fase conclusiva dell'esame, non siamo in
grado di avere un quadro completo della riforma che consenta a tutti, alla
maggioranza e all'opposizione, di esprimere un giudizio complessivo e di
comprendere dove stiamo andando e che tipo di organizzazione e di ordinamento
stiamo costruendo. Oggi non siamo in grado di stabilirlo. Stiamo aspettando che
la maggioranza riesca a trovare un procedimento legislativo (ma ancora non è
stato trovato), che si chiarisca quali siano i poteri del premier ed i
poteri del Presidente della Repubblica. È ancora tutto molto vago ed oscuro.
Rispetto a ciò, che è molto grave, quello che state commettendo con riferimento
a quest'articolo è un errore marginale.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà.
GIANCLAUDIO BRESSA. Signor Presidente, intervengo per dichiarare il voto contrario del gruppo della Margherita sull'articolo in esame e, per le motivazioni, rinvio alle dichiarazioni svolte precedentemente.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Trantino. Ne ha facoltà.
ENZO TRANTINO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, questa mattina, intervenendo in aula, il collega Gerardo Bianco ha speso argomenti di puntualità costituzionale in ordine alla riforma che ci accingiamo ad approvare ed ha cercato di svolgere un tema specifico che certamente entrava nel merito della questione, non allontanandosi in divagazioni. Per quanto sappia, l'onorevole Gerardo Bianco è un letterato e non un giurista, sicché, quando si assume il ruolo di sviluppare la tutela del Senato, egli dimentica che, per i giuristi, la tutela (riferisco soltanto, non è un'esibizione) serve ad tuendum eum qui propter aetatem se defendere nequit. Ciò significa che la differenza tra giurista e letterato è la seguente: il letterato è un astronomo, il giurista, invece, è un meteorologo, colui il quale vede da vicino il tempo e non discute, come gli astronomi, dei massimi sistemi. Nel caso di specie, l'onorevole Gerardo Bianco ha discusso dei massimi sistemi e così ha dato modo ai giuristi di prevalere sul piano della concretezza, perché non credo che i senatori abbiano bisogno di essere tutelati con nuove norme bastando quelle che già costituiscono un riconoscimento assoluto per i diritti dell'altra Camera di rappresentanza.
PRESIDENTE.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo
21, nel testo emendato.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la
votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).
(Presenti 412
Votanti 407
Astenuti 5
Maggioranza 204
Hanno votato sì 228
Hanno votato no 179).
Prendo atto che gli onorevoli Dorina Bianchi e D'Agrò non sono riusciti a
votare ed avrebbero voluto esprimere voto favorevole.
(Esame dell'articolo 22 - A.C. 4862 ed abbinate)
PRESIDENTE.
Passiamo all'esame dell'articolo 22 e delle proposte emendative ad esso presentate (vedi
l'allegato A - A.C. 4862 ed abbinate sezione 4).
Ha chiesto di parlare l'onorevole Cabras. Ne ha facoltà.
ANTONELLO
CABRAS. Signor Presidente,
l'articolo 22 concerne le funzioni del Presidente della Repubblica.
Come è noto, si tratta di uno dei punti più controversi della riforma, secondo
il nostro punto di vista e secondo gli argomenti che abbiamo portato
all'attenzione dell'Assemblea e prima ancora della Commissione, in quanto nella
riforma (a parte dirò anche come nel corso della discussione alcuni caratteri e
qualità vadano assumendo un aspetto diverso) si tende a cambiare in maniera
significativa la funzione del Presidente della Repubblica, così come oggi è
prevista in Costituzione.
Se osserviamo gli emendamenti presentati finora, quelli approvati, in larga
parte presentati dalla maggioranza, e le proposte emendative in procinto di
essere ufficializzate, che riguardano, in particolare, il procedimento
legislativo, si evidenzia come attorno alle funzioni del Presidente della
Repubblica si giochi l'equilibrio della riforma e, soprattutto, emerga
l'elemento più critico che abbiamo inteso sottolineare nella discussione, cioè
la contraddittorietà, la confusione e la mancanza di certezza di quello che
sarà l'assetto definitivo nell'equilibrio dei poteri, nella procedura
legislativa e, infine, nel ruolo del premier, aspetto che affronteremo
successivamente.
Che cosa non ci convince della proposta della maggioranza? Nella Costituzione
vigente il Presidente della Repubblica svolge una funzione sostanzialmente e
concretamente di garanzia e di rispetto della Costituzione ed interviene
soprattutto quando si dà corso ad iniziative e provvedimenti che turbano
l'equilibrio tra i poteri della Costituzione. Egli è sottratto alla dialettica
politica in quanto giudica come autorità terza in ogni fase in cui interviene.
Cosa accade oggi in seguito alle proposte già avanzate ed a quelle che si
intravedono? Nelle proposte già formulate, almeno in quelle che sono state
ufficializzate nel dibattito in Commissione, il Presidente della Repubblica
vede ridotta enormemente la propria funzione di garanzia e, di fatto, viene
assimilato a chi prende atto di decisioni altrui, dovendole semplicemente
rendere esecutive senza esercitare alcuna funzione.
Negli emendamenti, alcuni dei quali già presentati ed altri che si stanno
definendo (in parte già circolati in queste ore), riguardanti il procedimento
legislativo e la funzione del primo ministro e, quindi, tutto ciò che è
collegato allo scioglimento del Parlamento e della Camera politica, vi è un
cambiamento. Si attribuiscono al Presidente della Repubblica funzioni più
importanti di quelle ad esso attribuite in origine, trasformandolo però non in
un arbitro e un garante, ma in un soggetto che interviene direttamente nella
dialettica politica tra maggioranza ed opposizione. Si risponde - è vero - alla
critica, da noi avanzata, della riduzione della funzione di garanzia del Presidente
della Repubblica conseguente alla sottrazione di funzioni e poteri, ma i poteri
che si delinea gli siano attribuiti ne trasformano, trascinandolo dentro la
dialettica politica, la funzione e la figura, rispetto al modo in cui è oggi
delineata e rappresentata in Costituzione.
Faccio alcuni esempi.
Secondo una proposta emendativa - ancora da discutere ma già formalizzata -, il
Presidente della Repubblica, nel valutare le condizioni di scioglimento del
Parlamento, non interverrà più secondo l'automatismo da noi criticato.
Valuterà, invece, se la maggioranza che, in ipotesi, designi un Presidente del
Consiglio diverso da quello scaturito dall'esito elettorale sia più o meno
coerente con quella scaturita dal voto. Quindi, dovrà esprimere una valutazione
politica.
Nel procedimento legislativo, in base a proposte non ancora formalizzate ma di
cui già si tiene conto nella discussione, il Presidente della Repubblica
sarebbe chiamato a valutare se un provvedimento, la cui definitiva approvazione
dovrebbe spettare al Senato federale, appartenga o meno al programma di
Governo. Nel caso appartenga al programma di Governo e tratti materia sulla
quale il Senato federale abbia l'ultima parola, il Presidente del Consiglio può
sollevare un'eccezione in modo che venga trasferito alla competenza definitiva
della Camera; ma, al riguardo, chi, appunto, stabilisce se il provvedimento si
ponga all'interno o al di fuori del programma di Governo è il Presidente della
Repubblica.
Capite che tale funzione - che voi pensate di attribuire al Presidente della
Repubblica - è essa stessa una risposta ad una critica da noi avanzata; mi
riferisco alla circostanza che, mentre rafforzate il premier, poi ne
lasciate dipendere la sopravvivenza reale da una Camera federale scollegata
dalla maggioranza politica scaturita dalle elezioni. Camera la quale tratta
materie importanti e fondamentali dell'azione di Governo; quindi, di fatto, con
una mano rafforzate il Governo e con l'altra lo indebolite.
PRESIDENTE. Onorevole...
ANTONELLO
CABRAS. Correggete, poi, tale
critica ma lo fate chiamando il Presidente della Repubblica a decidere se una
materia sia o meno rientrante nel programma di Governo e, quindi,
coinvolgendolo all'interno della dialettica tra maggioranza ed opposizione e
attribuendogli una funzione che, a nostro avviso, il Presidente della
Repubblica non dovrebbe avere.
Infine, voi coinvolgete il Presidente della Repubblica anche su un altro
terreno, a nostro giudizio improprio, che presenta lo stesso profilo critico.
Mi riferisco, in quest'ultimo caso, all'evenienza che una legge regionale ponga
un problema di attribuzioni e si debba ricorrere alla Corte costituzionale.
Ebbene, contrariamente a quanto da noi previsto, voi avete individuato un
procedimento nel quale in realtà il conflitto di attribuzioni viene risolto dal
Parlamento, ma con l'intervento del Presidente della Repubblica, che partecipa
a questa sorta di comitato di controllo con una funzione a nostro avviso del
tutto impropria.
Quindi, riprendendo le nostre critiche di fondo, riteniamo che voi, con gli
emendamenti presentati e con quelli in itinere - alcuni di questi,
infatti, sono circolati o sono stati resi pubblici - rispondete, sì, ad una
critica che stigmatizzava l'indebolimento della funzione del Presidente della
Repubblica, ma gli attribuite funzioni che, a nostro avviso, non aiutano a
risolvere i problemi da noi posti ma anzi lo chiamano a svolgere una funzione
del tutto impropria.
Ritengo dunque che le nostre proposte emendative - almeno quelle presentate
sinora; le altre, ovviamente, saranno meglio precisate quando verranno
formalizzate le vostre proposte di modifica circa la disciplina della funzione
legislativa - tendano a riportare verso un asse di garanzia la funzione
importante del Presidente della Repubblica.
Ora, penso che si possano formulare, anche in questo caso, alcune
considerazioni di ordine politico. Mi scuserà l'onorevole Trantino, ma non sono
né un giurista, né un letterato: sono un ingegnere, e dunque commetterò
sicuramente numerosi errori; tuttavia, nell'ambito della funzione di
rappresentanza che mi è dato esercitare in questa sede, credo che in politica
non esistano né giuristi, né ingegneri, né tantomeno letterati, ma esista solo
la politica.
Credo, allora, che abbiate ancora le idee molto confuse, e la confusione delle
vostre idee si legge negli emendamenti che avete presentato e che via via
subemendate voi stessi. In altri termini, non è ancora chiaro nemmeno a voi
quale debba essere la funzione ultima attribuita al Senato federale.
Vedete, abbiamo discusso molto tra noi deputati dell'opposizione, ed abbiamo
avuto anche fasi di discussione nelle quali sono emersi perfino punti di vista
diversi; tuttavia, alla fine abbiamo scelto una strada che fa funzionare il
sistema. Abbiamo proposto, infatti, che la Camera politica debba essere una, e
qualora si facessero eccezioni a tale scelta, per una parte di materie, si
renderebbe necessario introdurre o mantenere il bicameralismo perfetto.
Voi, invece, prima intraprendete tale scelta, poi mantenete il bicameralismo
perfetto ed infine proponete un sistema nel quale il Senato federale ha
l'ultima parola, introducendo, in tale ipotesi, un ulteriore elemento di
cambiamento, nel caso il Presidente del Consiglio rilevasse che si tratta di
una materia da ricondurre al programma di Governo.
In realtà, come detto prima, avete molta confusione ed idee non del tutto
chiare. In conclusione, signor Presidente ed onorevoli colleghi, vorrei dire,
con riferimento alla mediazione alla quale non avete mai smesso di lavorare sin
dal primo momento in cui avete iniziato a svolgere la discussione sulla riforma
in esame, che tale metodo, trattandosi della Costituzione - come è stato
ricordato fino alla nausea -, già è sbagliato. Quando si tratta della
Costituzione, infatti, si può discutere e ci si può confrontare, ma occorre una
condivisione chiara dell'asse fondamentale, perlomeno al vostro interno, voi
che siete la maggioranza; invece, non c'è ancora nemmeno tra di voi una
condivisione chiara e netta sulla conclusione della riforma in esame!
La mediazione perpetua, che avviene tutti i giorni, su tutti i subemendamenti,
su tutti gli emendamenti e su tutti gli articoli del provvedimento, continua ad
evidenziare che ancora non è chiaro qual è il sistema che avete scelto. Vogliamo
un sistema nel quale il premier sia sì rafforzato, come tutti abbiamo
unanimemente convenuto, ma nell'ambito di un quadro di garanzie nelle quali al
procedimento legislativo sia garantito un percorso che riduca al minimo la
possibilità che insorgano conflitti di attribuzione, senza che vi sia il
bisogno di nominare successivamente delle Commissioni che debbano, a loro
volta, risolvere tali conflitti.
Vorrei rilevare, infine, che la funzione del Presidente della Repubblica
presenta i limiti che ho precedentemente ricordato, mentre il Parlamento, nella
sua articolazione di Camera politica e di Senato federale, possiede elementi di
contraddizione e confusione, che ritroviamo anche nell'articolo in esame e
nelle proposte emendative ad esso riferite, assolutamente evidenti, e che non
possono esser nascosti da nessuno (Applausi dei deputati del gruppo dei
Democratici di sinistra-L'Ulivo).
PRESIDENTE. Nessun altro chiedendo di parlare, invito il relatore ad esprimere il parere della Commissione.
DONATO
BRUNO, Relatore.
Signor Presidente, la Commissione esprime parere contrario sugli identici
emendamenti Mascia 22.1 e Bressa 22.2.
La Commissione esprime invece parere favorevole sull'emendamento Elio Vito
22.200, purché riformulato nel seguente senso: «Indìce le elezioni della Camera
dei deputati e dei senatori e fissa la prima riunione della Camera».
La Commissione esprime parere contrario sugli identici emendamenti Zeller 22.70
e Ladu 22.72, sull'emendamento Nuvoli 22.76 e sull'emendamento Boato 22.10.
La Commissione raccomanda l'approvazione del suo emendamento 22.251. La Commissione esprime parere contrario anche sull'emendamento Bressa 22.15, così come sull'emendamento Perrotta 22.90, mentre raccomanda l'approvazione del suo emendamento 22.252.
PRESIDENTE. Il Governo?
ALDO BRANCHER, Sottosegretario di Stato per le riforme istituzionali e la devoluzione. Il parere del Governo è conforme a quello espresso dal relatore.
MARCO BOATO. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MARCO
BOATO. Signor Presidente, non
so se il relatore intenda dirlo quando lo voteremo, ma le pongo, in ogni caso,
una questione riguardo all'emendamento 22.252 della Commissione: esso non potrà
essere votato, se non in relazione al procedimento legislativo. È bene che
l'Assemblea lo sappia da subito, visto che discuteremo questa materia e,
quindi, non dovremmo votare l'intero articolo.
Mi rivolgo a lei, signor Presidente, perché chieda al relatore un chiarimento
in merito.
PRESIDENTE.
Onorevole Boato, concordo con lei. Il presidente della Commissione, onorevole
Bruno, concorda. Concordiamo tutti...!
Passiamo alla votazione degli identici emendamenti Mascia 22.1 e Bressa 22.2.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mascia. Ne ha
facoltà.
GRAZIELLA MASCIA.
Signor Presidente, il comma 1 dell'articolo 87 della Costituzione vigente
definisce il Presidente della Repubblica Capo dello Stato e rappresentante
dell'unità nazionale. Compito istituzionale del Capo dello Stato è garantire
l'unità e la continuità dell'apparato statuale e, quindi, dell'intera società,
il cui cosiddetto «apparato» ne rappresenta il momento organizzatore supremo.
L'adempimento di tale funzione dovrebbe accompagnare l'esercizio di tutti i
poteri presidenziali, sulla base della convinzione che il Capo dello Stato
sarebbe partecipe, ma non vertice, degli altri poteri statali, che egli
potrebbe condizionare, espletando il fondamentale compito di custode della
Costituzione.
Questa società intera, questa comunità, questo insieme indivisibile di popolo
è, invece, segmentato dal vostro concetto di federalismo. Ciò è talmente
evidente, che voi sostituite il concetto di unità nazionale oggi vigente con
quello di «unità federale della nazione» che, evidentemente, non è la stessa cosa.
Non è la stessa cosa, al punto che siete costretti ad aggiungere che il
Presidente della Repubblica è garante della Costituzione. Dovete, quindi,
ricordare che il Capo dello Stato è garante della Costituzione, perché il
concetto stesso tende a smembrare ciò che, invece, è assolutamente chiaro ed è
già parte integrante del testo vigente della Costituzione.
Ciò sarebbe, già di per sé, un motivo per chiedere la soppressione di questo
articolo che voi proponete, ma vi sono altri punti: ricordo che l'emendamento
poco fa citato dal collega Boato, che non voteremo, è di particolare rilevanza,
perché carica di un ruolo politico la funzione del Presidente della Repubblica,
nel momento in cui egli dovrà verificare i presupposti per autorizzare il primo
ministro ad esporre le motivazioni al Senato federale relativamente
all'attuazione del programma di governo.
Si tratta, dunque, di uno snaturamento del ruolo proprio del Capo dello Stato,
che si aggiunge ad altri elementi presenti nel medesimo articolo, quale la circostanza,
ad esempio, che - con l'emendamento al comma 3 - la maggioranza ridimensiona la
precedente scelta relativa al ruolo del Capo dello Stato nel fissare la prima
riunione della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica (infatti, il
Capo dello Stato potrà fissare la prima riunione solo della Camera dei
deputati). Vi sono altri elementi ancora, sui quali interverranno
successivamente i colleghi; penso, tuttavia, che tali aspetti politici,
presenti nel primo comma e nel subemendamento presentato oggi dal Governo,
siano già più che sufficienti per chiedere la soppressione di quest'articolo.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Marone. Ne ha facoltà.
RICCARDO
MARONE. Passiamo a discutere
dell'articolo 22, che credo costituisca uno dei temi di fondo di questa
riforma. Stiamo parlando, infatti, della riforma dei poteri del Presidente del
Consiglio, primo ministro, della riforma del procedimento legislativo e di
quella dei poteri del Presidente della Repubblica.
Penso che questo articolo sia addirittura il più importante, perché ovviamente
quella del Presidente della Repubblica dovrebbe costituire la norma di chiusura
di tutti gli equilibri costituzionali. Invece, ne discutiamo in maniera
precaria, senza avere un quadro complessivo, con emendamenti presentati
all'ultimo momento e, addirittura, con emendamenti oscuri. Attualmente,
infatti, abbiamo un emendamento su un'ipotesi di riforma del procedimento
legislativo che ancora è in corso di elaborazione, e ci è stata fatta leggere
nelle sue grandi linee, ma non sappiamo ancora se sarà presentata dalla
maggioranza.
Per cui, attualmente, tra i poteri del Presidente della Repubblica ve n'è uno
che ci sembra estremamente oscuro e i cui limiti non riusciamo francamente a
comprendere. Si capisce bene che discutere in queste condizioni di una riforma
e dell'equilibrio dei poteri costituzionali non è facile. Comunque, cerchiamo
di andare avanti e di dare un minimo di razionalità ai lavori di questa Camera.
Che cosa sta avvenendo sostanzialmente? Qui sono possibili due letture: la
prima è quella secondo la quale c'è un preciso disegno di eliminare i poteri
reali e concreti del Presidente della Repubblica per trasferirli al primo
ministro, attribuendogli una serie di poteri di ben minore importanza. Questa
può essere una prima lettura di quanto state facendo.
Una seconda lettura possibile è quella secondo la quale è tutto fatto sulla
base della superficialità e del disordine più assoluto. Non vi trovate nelle
varie ipotesi, non riuscite a chiudere il cerchio e, allora, attribuite una
competenza qua e là, ne togliete una e ne mettete un'altra e alla fine vi
sentite soddisfatti di quanto state facendo.
Non credo che questo sia il giusto modo di procedere. Ciò specie se leggiamo -
come dobbiamo fare - l'articolo 22 in connessione con l'articolo 23, ossia
l'articolo 87 con l'articolo 88 della vigente Costituzione. Una serie di poteri
sembrano essere costruiti più come atti conseguenziali dell'espressione del
potere del primo ministro, rispetto al quale il Presidente della Repubblica non
sembra rivestire alcun ruolo. Qui c'è il vero esautoramento del Presidente
della Repubblica e il vero svuotamento dei suoi poteri. Dall'altra parte,
invece, c'è l'attribuzione di una serie di nuove competenze che, però, non
sembrano certamente bilanciare quelle che al momento vengono sottratte al
Presidente della Repubblica.
Se dobbiamo parlare anche di questa nuova competenza che viene attribuita - e,
lo ripeto, ne parliamo con la riserva di non dire cose sbagliate, visto che non
abbiamo la certezza di cosa stiamo facendo e di quali saranno le norme che
proporrete -, il Presidente della Repubblica dovrebbe avere il potere di
verificare se una legge rientra o meno nel programma della maggioranza, snaturando,
quindi, - lo voglio segnalare - questa che sembra essere una norma di grande
garanzia rispetto al potere del premier di sottrarre le leggi al Senato
e che, in realtà, rende il Presidente della Repubblica partecipe di un
procedimento della maggioranza.
Riflettete perché si tratta di un potere molto pericoloso.
A quel punto, infatti, è il Presidente della Repubblica che deve verificare se
si è o meno all'interno del programma della maggioranza di Governo. Si tratta
di un ruolo che il Presidente della Repubblica non ha mai ricoperto nel nostro
ordinamento e non deve ricoprire. Se gli attribuiamo questo ruolo dobbiamo
necessariamente considerare che ha perso il ruolo generale di garanzia di tutte
le istituzioni. Così trascinate il Presidente della Repubblica nella battaglia
politica perché è ovvio che, a quel punto, vi sarà una discussione sulla
valutazione del Presidente della Repubblica in merito alla pertinenza o meno di
una certa legge con il programma di governo.
Non credo che quando il primo ministro verrà alla Camera a rendere la sua prima
dichiarazione farà un elenco della spesa, ma farà un discorso programmatico di
carattere generale. Quindi, costringerete il Presidente della Repubblica a
stabilire se una certa legge fa parte del programma di governo. Questo
significa trascinare il Presidente della Repubblica nell'agone politico e
fargli perdere completamente la sua funzione di garanzia. È un grosso errore:
riflettete. Forse, pensavate si trattasse di una norma di garanzia, ma è
esattamente il contrario.
Purtroppo ci troviamo a dover discutere di norme future ed a decidere
l'equilibrio delle funzioni degli organi dello Stato senza avere un quadro
complessivo. Vi segnalo quanto può essere grave tutto ciò. Riflettiamoci e,
magari, accantoniamo anche questo articolo. Il punto delicato di questa riforma
è il procedimento legislativo: finché non avremo chiaro quale procedimento
legislativo avete in testa, credo che sarà difficile continuare a discutere
seriamente (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di
sinistra-L'Ulivo).
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MARIO CLEMENTE MASTELLA (ore 17,30)
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà.
GIANCLAUDIO BRESSA.
Signor Presidente, siamo ad un articolo veramente molto importante poiché
riguarda le funzioni del Presidente della Repubblica. La figura istituzionale
del Presidente della Repubblica è sempre stata definita dalla dottrina come la
più difficile e la più sfuggente tra le cariche pubbliche. A tale proposito vi
sono belle pagine di Paladin e il professor Cheli la definisce addirittura, per
certi aspetti, una figura enigmatica.
La dottrina italiana ha utilizzato, per analizzare la figura del Capo dello
Stato, due approcci: uno di tipo deduttivo, l'altro di tipo induttivo. Da tale
duplice attività interpretativa della dottrina sono scaturite due differenti
interpretazioni del ruolo del Capo dello Stato. Da una parte, un Presidente
davvero organo neutro e neutrale di garanzia, un Presidente super partes
slegato da qualsivoglia indirizzo politico; dall'altra, un Presidente sì
garante, ma che aveva avuto in più di un'occasione parte attiva non soltanto
nella tutela della legalità costituzionale, ma anche nella tutela del corretto
funzionamento del sistema istituzionale.
Appare del tutto evidente la volontà della maggioranza e del Governo di non
mantenere più, come nel tempo ha evidenziato la dottrina, quella che Paladin
definì una figura dalle molte facce che svolge un ruolo variabile. Nel momento
in cui il Governo decide di non voler fare più i conti con una figura di Capo
dello Stato che ha tali caratteristiche, due erano le alternative a
disposizione: optare per un Presidente garante o per un Presidente governante.
La maggioranza ha scelto un Presidente della Repubblica di tipo garante
piuttosto che governante. Scegliere un Presidente governante avrebbe
significato, infatti, riprendere il cammino verso l'elezione popolare diretta
del Capo dello Stato. Ciò non si è voluto fare perché si è voluto affidare un
ruolo preminente al Presidente del Consiglio, che diventerà primo ministro.
Se, allora, si è scelta la strada di un Presidente della Repubblica di
garanzia, che tipo di garanzia si è voluto dare a tale Presidente? All'articolo
87, primo comma, dite che il Presidente della Repubblica deve essere
qualificato come garante della Costituzione. In cosa si svolge tale funzione di
garanzia del Presidente della Repubblica?
Come ci insegna spesso il nostro collega Soda, la comparazione ci aiuta a
comprendere. È del tutto evidente che i nostri colleghi senatori si siano
ispirati alla Costituzione spagnola nel ridefinire il ruolo del nostro
Presidente. Il ruolo del re, nella Costituzione spagnola, e quello del
Presidente, nel caso della vostra proposta, hanno infatti molti elementi di
analogia. Addirittura un'espressione era stata presa direttamente dalla
Costituzione spagnola, quando si diceva che (il Presidente della Repubblica)
esercita le funzioni che gli sono espressamente conferite dalla Costituzione;
questo tuttavia costituiva un qualcosa di fortemente limitante e fortunatamente
il dibattito in Commissione ha fatto maturare una posizione diversa, che ha
portato allo stralcio di questa parte. È però del tutto evidente che questo
ruolo di garanzia è assolutamente inefficace, rispetto agli intendimenti
iniziali che sembravano essere propri della maggioranza di Governo, se non vi è
una dichiarazione, che invece nella Costituzione spagnola appare in maniera
esplicita. La Costituzione spagnola dice che (il re) è simbolo di unità e
stabilità ed è anche arbitro e regolatore del funzionamento delle istituzioni.
Non avendo voi voluto inserire questa clausola - arbitro e regolatore del
funzionamento delle istituzioni -, sostanzialmente rendete il Presidente (della
Repubblica) una figura per molti aspetti di mero contorno. Le sue funzioni sono
in qualche modo svuotate di senso. La prova provata è che, mentre sopprimete il
quarto comma dell'articolo 87, che individua una funzione di garanzia
autentica, perché il Capo dello Stato fino ad oggi doveva autorizzare la
presentazione alle Camere dei disegni di legge di iniziativa del Governo
(quindi togliete questo tipo di attribuzione, che era un'attribuzione di
garanzia nei confronti del Parlamento e dell'equilibrio costituzionale), gliene
attribuite però un'altra, con l'emendamento 22.252 appena presentato dalla
Commissione, al quale hanno fatto riferimento i colleghi Mascia, Marone e
Cabras, che individua un ruolo squisitamente politico, perché il Presidente
della Repubblica deve autorizzare la dichiarazione del primo ministro che
chiede che alcune parti, che ritiene essere essenziali per l'attuazione del
programma di Governo, non vengano più attuate dal Senato con la procedura
normale, ma vengano trasferite all'approvazione da parte della Camera.
Questo è un potere squisitamente politico, che crea problemi immensi, perché
nel caso vi sia un Presidente espressione della maggioranza, allora questa è
una colossale finzione, ma nel caso vi sia un Presidente che non è espressione
della maggioranza politica, ciò rischia di creare un conflitto potenziale tra
poteri costituzionali, di dimensioni immense. Vi rendete conto che da quando
avete partorito questo mostro, continuate a generare mostri? Non siete riusciti
a raddrizzare nulla - lo vedremo domani, quando finalmente avremo la
possibilità di conoscere il testo definitivo dell'articolo 70 -, perché la
vostra filosofia di fondo è contorta e non raddrizzabile. Per questi motivi non
sembra soddisfacente la previsione generica dell'essere garante della
Costituzione, se da ciò non discende esplicitamente il ruolo di garante del
regolare funzionamento delle istituzioni. Diversamente, se non c'è questa
dichiarazione esplicita, il ruolo di garanzia è vuoto di ogni concreto
significato: non un garante in senso stretto, perché ciò appartiene alla Corte
costituzionale, né un garante in senso lato, perché questo rischierebbe di
rendere troppo duttile e flessibile la sua figura, proprio nel momento in cui
la volontà della maggioranza governativa è quella di conferire una più chiara
definizione dei rapporti e delle responsabilità anche del Presidente della
Repubblica nell'ambito della forma di Governo.
Questo Presidente, dunque, né arbitro, né garante del regolare funzionamento
delle istituzioni, appare come una figura davvero residuale, per di più
appesantito di poteri politici, che fanno del suo ruolo un potenziale conflitto
tra poteri costituzionali. Quando si parte male, o si ha il coraggio di
riconoscere l'errore o tutti i tentativi di aggiustamento sono viziati
dall'errore iniziale. Questo vostro processo di riforma costituzionale è
viziato dalla mancanza di una visione autenticamente riformatrice ed
autenticamente razionale della riforma. Dal pasticcio, continuate a produrre
innumerevoli pasticci, emendamento dopo emendamento.
LUCIANO VIOLANTE. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
LUCIANO VIOLANTE.
Signor Presidente, intendo porre una questione che, anche se potrebbe apparire
marginale, in realtà non lo è. L'articolo 87, primo comma, della Costituzione
dice che il Presidente della Repubblica è il Capo dello Stato e rappresenta
l'unità nazionale.
Il nostro testo prevede che il Presidente della Repubblica è il Capo dello
Stato, rappresenta l'unità federale della nazione ed è garante della
Costituzione. Vorrei sapere cosa sia l'unità federale, in quanto lo Stato è
federale, la Repubblica è federale, mentre l'unità federale non esiste. Tant'è
che, quando avete parlato di interesse nazionale, non avete parlato di
interesse federale della nazione.
Ritengo che quanto avete scritto possa indurre equivoci profondi sulla natura
del nostro paese. Capisco che i colleghi della Lega siano particolarmente
affezionati a tale formula, ma la formula dell'unità federale della nazione
implica una nazione fatta di più nazioni, cioè quello che sostanzialmente
sostengono le punte più estreme della Lega (vedo che il collega della Lega
annuisce).
A nostro avviso ciò rappresenta una bestemmia civile, in quanto determina la
rottura reale dell'unità nazionale consacrata nella Costituzione (Applausi
dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-L'Ulivo e di Rifondazione
comunista). I valori nazionali sono i valori di tutti e di ciascuno; dunque
parlare di unità federale della nazione vuol dire consacrare un punto di fondo
che non esiste nella nostra storia, non esiste nella nostra tradizione e che è
frutto di una rottura profonda del paese. Il fatto che nel nostro paese ci
siano più nazioni l'una diversa dall'altra è un qualcosa che non esiste e
costituirà un terreno di profonda lotta politica tra noi e voi.
Invito i colleghi a riflettere su tale questione, in quanto siamo ancora in
tempo per correggerla, in caso contrario vi renderete conto di cosa significhi
aver scritto «unità federale della nazione». Ciò vorrà dire aver
definitivamente rotto, dal punto di vista ideale e dei valori del nostro paese,
l'unità dell'Italia (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di
sinistra-L'Ulivo, della Margherita, DL-L'Ulivo, di Rifondazione comunista e
Misto-Verdi-L'Ulivo)!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Spini. Ne ha facoltà.
VALDO
SPINI. Ritengo che a questo
punto si capisca meglio cosa abbia significato da parte vostra togliere
dall'articolo 117 della Costituzione, ora articolo 34, il primo comma, secondo
il quale le regioni nella loro attività legislativa devono rispettare gli
impegni internazionali dell'Italia.
Tutto ciò si collega benissimo a quanto affermato dall'onorevole Violante e
chiedo ad un partito che si chiama Alleanza nazionale cosa abbia a che fare
questo con la difesa dell'unità nazionale. Forse - come mi suggerisce qualche
collega - l'onorevole Fini, a breve, sarà presidente di un partito che si
chiamerà Alleanza federale!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole La Malfa. Ne ha facoltà.
GIORGIO LA MALFA. Signor Presidente, avevo chiesto per tempo la parola su questo tema, prima degli interventi degli onorevoli Violante e Spini, perché volevo rivolgermi al relatore Bruno.
Naturalmente - e me ne
dolgo - non ho predisposto un emendamento su questo punto ma, onorevole Bruno,
non farei una questione politica su tale aspetto, ma ne farei una questione
lessicale. Mi pare chiaro cosa voglia intendere il testo che vogliamo
approvare: abbiamo definito una struttura della Repubblica di carattere
federale e vi è un Presidente della Repubblica che rappresenta l'unità dello
Stato federale italiano. Ma, nello scrivere tale formula, nel primo comma
dell'articolo 87, stabiliamo che il Capo dello Stato rappresenta l'unità
federale della nazione.
Se la parola «unità» è accompagnata da un aggettivo, è chiaro che tale
aggettivo la qualifica dal punto di vista lessicale. Evidentemente, l'unità
federale deve essere diversa dall'unità.
In questa espressione, però, la funzione del Capo dello Stato sarebbe
differente rispetto a quella risultante dalla espressione «unità della
Repubblica costituita in forma federale». Quindi, la questione sollevata
dall'onorevole Violante - ripeto che l'avrei sollevata io stesso e non solo
dopo il suo intervento, in quanto avevo chiesto la parola in anticipo - a mio
avviso richiede una riflessione o un chiarimento.
Vorrei essere tranquillizzato sul fatto che scrivendo «l'unità federale» non
finiamo per indicare qualcosa di diverso da quello che avremmo scritto usando
l'espressione «unità della Repubblica federale italiana» o «unità della nazione
italiana, organizzata in forma federale». Qualora non ricevessi una risposta
adeguata, non mi sentirei di votare contro un emendamento soppressivo.
Pertanto, mi asterrei o voterei favorevolmente, in base alle reazioni.
Per questo motivo sono intervenuto in questa fase del dibattito. Vorrei pregare
il presidente Bruno di dedicare un po' di attenzione a questo aspetto e dare
una risposta. Le sensibilità cui si richiama l'onorevole Violante esistono,
ovviamente, in tutti i gruppi della Camera. Mi rivolgo, ad esempio, anche
all'onorevole Anedda. Esistono gruppi politici per i quali questi temi sono
certamente di grande importanza.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Acquarone. Ne ha facoltà.
LORENZO ACQUARONE.
Signor Presidente, il gruppo Misto-Popolari-UDEUR, che ho l'onore di
rappresentare, è contrario all'espressione «unità federale», per ragioni di
sostanza e anche per ragioni letterali, nonché di stretta natura giuridica.
Per ragioni di sostanza, in quanto il tipo di Stato che si sta definendo - e
che mi auguro non sia approvato in quest'aula e, se dovesse passare, sia cancellato
dal referendum popolare - certamente non può essere definito federale. Infatti,
il concetto di federazione implica Stati sovrani diversi, nazioni diverse, che
in qualche modo confluiscono in un'unità soltanto sotto alcuni profili, non di
carattere generale. Riprenderemo questo aspetto anche in altri momenti del
dibattito.
Da un punto di vista lessicale e giuridico, parlare di unità federale è un non
senso perché o c'è la federazione o c'è l'unità della nazione. Sono due cose
tra di loro diverse: non si può parlare, quindi, di unità federale. Sotto
questo profilo, mi sembra che l'onorevole La Malfa abbia detto cose
estremamente giuste. Uno Stato può essere federale oppure unitario. Penso che
l'opposizione presenterà un progetto alternativo di Stato unitario, a largo
decentramento, regionale, autonomistico - il cosiddetto Stato delle autonomie
-, ma parlare di unità federale è veramente, come con lucidità ha esposto il
collega e amico onorevole Violante, un non senso.
Per questa ragione, penso che si tratti di un'espressione da cancellare e che
non meriti di essere introdotta nella Costituzione. Faccio notare che quanto
approvato finora è contro il federalismo. La Lega non ha saputo resistere e ha
ingoiato rospi talmente grossi da sorprendermi. Infatti, fino ad adesso è stata
approvata una riforma centralista dello Stato, non decentrata. Invece, ci si
limita al gioco delle parole per compiacere chi va nel prato di Pontida, là
dove giran quelli che, pur non avendole proprie, indulgono al piacere quasi masochistico
di indossare le corna celtiche sulla testa!
Se, insomma, le riforme servono a questo scopo, francamente mi sembra che ciò
significhi scherzare con la Costituzione. Onorevoli colleghi, non è lecito
scherzare con la Costituzione (Applausi dei deputati dei gruppi
Misto-Popolari-UDEUR, Democratici di sinistra-L'Ulivo, Margherita, DL-L'Ulivo e
Misto-Socialisti democratici italiani).
DONATO BRUNO, Relatore. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
DONATO BRUNO, Relatore. Signor Presidente, mi fa piacere il ripensamento tardivo del professor Acquarone e del presidente Violante, avvenuto prima che si passasse ai voti. Oggi si è discusso di questo e non è stato presentato alcun emendamento, né vi è stato alcun ripensamento in proposito.
PIERO RUZZANTE. C'è l'emendamento soppressivo!
DONATO
BRUNO, Relatore. Non
vorrei che anche negli argomenti trattati in questi giorni sia stata commessa
qualche superficialità, perché attendere il momento del voto per fare certe
considerazioni credo non giovi al tenore del dibattito, visto che stiamo
parlando di riforme costituzionali. Si tratta di un testo depositato agli atti
prima dell'estate.
Detto questo, non vi è alcun attentato né alla Costituzione né alla figura del
Capo dello Stato. È chiaro che si intende parlare di unità federale della
Repubblica; è stato scelto il termine «Nazione». Non intendo proporre modifiche
del testo, ma nessuno ha voglia, presidente Violante, di spaccare l'Italia e di
fare comizi: nessuno ha questa intenzione.
FRANCESCO GIORDANO. Ognuno parli per sé!
DONATO
BRUNO, Relatore. Forse
a voi è saltata in mente qualche idea balzana, con alcune proposte emendative.
Questa accusa non ci può essere rivolta, e la rimando al mittente.
Ciò premesso, ritengo che il Comitato dei nove, che ha approvato il testo in
esame, possa rivederlo. Propongo pertanto di proseguire nei nostri lavori,
riservandoci di fornire domani mattina una risposta alle giuste preoccupazioni
dell'onorevole professor Acquarone e del presidente Violante (Applausi di
deputati dei gruppi di Forza Italia e Alleanza nazionale).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Mantini. Ne ha facoltà.
PIERLUIGI MANTINI.
Signor Presidente, ringrazio il presidente Bruno per la disponibilità
manifestata, fermo restando che ritengo che l'errore sia palese (mi pare di
capire si tratti di un'opinione condivisa). Si può semmai fare riferimento
all'unità federale della Repubblica, anziché della Nazione. Sarebbe davvero
strano immaginare il contrario, in quanto si tornerebbe alla teoria delle
piccole patrie e non si terrebbe conto del fatto che spesso, anche a livello
locale, si esprimono - nell'azione di governo, nei valori e nelle straordinarie
risorse del nostro territorio - interessi e valori che sono nazionali, senza
per questo essere imputati a un soggetto che si deve federare. La Nazione è una
ed unica, ed è bene che ciò sia affermato esplicitamente nella Costituzione e
che non ci si distragga con altre suggestioni.
Interpreto le parole del presidente Bruno come la manifestazione della
disponibilità del Comitato dei nove a tornare sul punto, e di ciò lo ringrazio.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Menia. Ne ha facoltà.
ROBERTO
MENIA. Signor Presidente,
rivolgo in primo luogo un ringraziamento al presidente Bruno, perché intendevo
formulare proprio la richiesta alla quale egli ha dato risposta. Debbo tuttavia
osservare, a scanso di equivoci, che l'onorevole Violante è stato certamente
abile, come sa essere, ma ha utilizzato argomenti dialettici che vanno a
collidere con il testo dell'articolo in esame.
Nel mio partito si è ripetutamente dibattuto sul senso del termine
«federalismo». Il federalismo, storicamente, è un'altra cosa: esso dovrebbe
essere la tensione all'unità di realtà diverse. Nel nostro caso, ad esempio con
la creazione del Senato federale, avviene esattamente il contrario. Tuttavia,
il termine «federalismo» e la riforma federale hanno assunto un altro
significato, oramai pacificamente accettato sia dalla destra sia dalla
sinistra. Potremmo parlare di devoluzione o di maggiore decentramento, ma è un
dato oggettivo ciò che oggi si intende nel dibattito politico per federalismo.
Si tratta di un concetto diverso rispetto allo sviluppo di uno Stato federale,
ovvero la federazione di diversi Stati per giungere a una struttura statuale
diversa.
Non è tuttavia vero che quanto previsto dal testo in esame sia una bestemmia
civile, in quanto non vi è il riconoscimento del fatto che diverse nazioni vanno
a costituire un soggetto statuale, tant'è che in questo testo si parla di unità
federale della Nazione e non si fa riferimento a più nazioni (peraltro, a mio
avviso la dizione «unità federale della Nazione» è impropria: a me
personalmente basta e avanza l'unità della Nazione).
Dunque, quanto affermato dall'onorevole Violante è, in realtà, una
contraddizione in termini: non si sottende assolutamente un'unità di differenti
nazioni, ma si prevede l'unità di una Nazione unica nella sua realizzazione
federale, per come oggi si intende.
ANDREA LULLI. Ma che dice!
ROBERTO MENIA. Pertanto, non si tratta di una bestemmia civile. Ripeto, a me personalmente, e al mio gruppo, la formula «unità della Nazione» basta e avanza (Applausi dei deputati del gruppo di Alleanza nazionale).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Intini. Ne ha facoltà.
UGO
INTINI. Signor Presidente, non
c'è in Italia alcuna unità federale. Nel nostro paese non ci sono degli Stati
federati tra loro per creare l'unità d'Italia (come, invece, negli Stati
Uniti). Niente affatto! L'Italia è uno Stato nazionale che, saggiamente, ha
decentrato verso regioni, province e comuni compiti amministrativi crescenti. È
questa la realtà.
Per soddisfare le esigenze ideologiche e propagandistiche della Lega Nord si
ricorre ad una terminologia ambigua che sarà usata da chi vuole fare propaganda
(Commenti dei deputati del gruppo della Lega Nord Federazione Padana).
Ogni volta che svolgo dei ragionamenti - pacati, per la verità - i parlamentari
della Lega ritengono opportuno interrompermi e avanzare polemiche del tutto
fuori luogo, ma io svolgerò i miei ragionamenti, che voi cerchiate di
intimidirmi o meno (Applausi dei deputati dei gruppi Misto-Socialisti
democratici italiani, dei Democratici di sinistra-L'Ulivo, della Margherita,
DL-L'Ulivo e di Rifondazione comunista - Applausi polemici dei deputati del
gruppo della Lega Nord Federazione Padana)!
PRESIDENTE. Colleghi, per cortesia! Consentite all'onorevole Intini di proseguire il suo intervento.
UGO
INTINI. Grazie, signor
Presidente.
Attenzione all'ambiguità che si usa per soddisfare tali esigenze: l'ambiguità
tipica di questo testo costituzionale non è un compromesso, non è un punto di
arrivo ma di partenza. Vi è già chi afferma, infatti - mi dispiace, ma si
tratta proprio dei giornali della Lega -, che siamo soltanto all'inizio di
nuove pressioni, nuove spinte per portare ancora più in là la disgregazione
dello Stato unitario. Non siamo d'accordo! Vogliamo che non si giochi sull'ambiguità
e che si chiariscano l'esigenza e l'esistenza di uno Stato unitario. E basta!
Il presidente Bruno sembra disponibile ad un approfondimento in tal senso; spero che ciò si verificherà. Ne prendiamo atto (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Socialisti democratici italiani).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Mattarella. Ne ha facoltà.
SERGIO MATTARELLA.
Desidero rivolgere una domanda al relatore ed alla maggioranza.
Attualmente la Costituzione, come tutti colleghi sapranno, recita, all'articolo
87, che il Capo dello Stato rappresenta l'unità nazionale. Ma perché vi è la
voglia di togliere dalla Costituzione l'espressione «unità nazionale» (Applausi
dei deputati del gruppo della Margherita, DL-L'Ulivo)?
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Ruzzante. Ne ha facoltà.
PIERO
RUZZANTE. L'intervento del
presidente Violante ha posto in evidenza ciò che da giorni in quest'aula stiamo
denunciando. La riforma costituzionale proposta dalla maggioranza manca di una
cornice; ce ne rendiamo conto dal numero di errori presenti nel testo proposto
dalla maggioranza, dai ripensamenti. Ci sono ripensamenti, necessità di
discussione e di nuovi ricorsi al Comitato dei nove, insomma, una sorta di
pressappochismo.
Ancora oggi non avete formalmente presentato il testo relativo al procedimento
legislativo. Ci accorgiamo (solo a seguito della richiesta dell'opposizione di
un chiarimento sull'articolo 87) come nella stessa maggioranza il testo da voi
proposto e discusso per mesi non trovi d'accordo alcuni esponenti della
maggioranza stessa, come il collega La Malfa e il collega Menia, di Alleanza
nazionale.
Non si tratta di un articolo non significativo ma di una norma relativa alle
funzioni del Presidente della Repubblica - un tema assolutamente centrale - e
al valore dell'unità nazionale. Credo che al riguardo vada evidenziato il
pressappochismo con il quale la maggioranza si presenta in aula in occasione di
una discussione così importante come la modifica di oltre 40 articoli della
nostra Costituzione.
Vorrei ricordare al collega Bruno che l'opposizione ha presentato degli
emendamenti, le identiche proposte emendative Mascia 22.1 e Bressa 22.2, che
propongono la soppressione di questo articolo proprio a causa del contenuto
equivoco del relativo testo.
Gradirei sinceramente che qualche costituzionalista mi spiegasse cosa significa
(Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo).
PRESIDENTE. Onorevole Bruno?
DONATO BRUNO, Relatore. Signor Presidente, si vota l'emendamento soppressivo, ed eventualmente la Commissione presenterà un emendamento.
MARCO BOATO. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà
MARCO
BOATO. Signor Presidente,
vorrei dire in altra formula quello che il presidente Bruno ha già detto adesso
e poco fa. È bene, però, che risulti nei nostri atti, affinché non vi siano
incidenti di percorso.
Abbiamo già convenuto col Presidente della Camera, onorevole Casini, che
presiedeva poco fa, che non procederemo al voto finale dell'articolo 22, perché
vi è un ulteriore emendamento della Commissione su cui la stessa deve
riflettere, che è collegato all'articolo 13.
Dovrebbe risultare chiaro che, anche se adesso noi procederemo e la maggioranza
respingerà gli emendamenti soppressivi e passeremo agli emendamenti relativi ai
successivi commi, e nessuno di essi inciderà sul primo comma, la Commissione si
riserva - se poi lo farà o non lo farà, lo vedremo - di presentare domani un
eventuale emendamento sul primo comma dell'articolo 22, senza che questo possa
essere precluso dal prosieguo dei lavori parlamentari.
Credo di avere ripetuto quello che il presidente Bruno in qualche modo aveva
detto, ma così risulterà chiaro ai nostri atti.
PRESIDENTE.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sugli identici
emendamenti Mascia 22.1 e Bressa 22.2, non accettati dalla Commissione né dal
Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la
votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 429
Votanti 420
Astenuti 9
Maggioranza 211
Hanno votato sì 185
Hanno votato no 235).
Passiamo alla votazione dell'emendamento Elio Vito 22.200.
DONATO BRUNO, Relatore. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
DONATO BRUNO, Relatore. Signor Presidente, sull'emendamento Elio Vito 22.200 vi è una proposta di riformulazione, dopo un'ulteriore riflessione da parte del Comitato dei nove, su cui vi è il parere favorevole della Commissione, che recita: «Indice le elezioni della Camera dei deputati e quelle dei senatori e fissa la prima riunione della Camera».
LUCIANO VIOLANTE. Chiedo di parlare per un chiarimento.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
LUCIANO VIOLANTE. Signor Presidente, vorrei chiedere un chiarimento al presidente Bruno. Per quale motivo parliamo di «Camera dei deputati» e di «senatori» e non anche di «Senato»? Ci sarà una ragione!
MARCO BOATO. Perché c'è la contestualità piena.
LUCIANO VIOLANTE. Ho chiesto al presidente Bruno, per cortesia, onorevole Boato!
DONATO
BRUNO, Relatore.
Signor Presidente, mi ha anticipato, ma questo succede! Nel Comitato dei nove è
regola comune, ma il collega Boato lo fa sempre con lo spirito collaborativo!
Vorrei dire che, essendovi la contestualità, vi è dunque un revolving: i
senatori cambiano e dunque è meglio non parlare di Senato, in questo senso! A
proposito dell'altra domanda sulle elezioni, in particolare del perché non si
indicono le elezioni, è proprio per questo motivo che vi sarà una norma
transitoria che andrà a prevedere per la prima volta, e solo per la prima
volta, da parte del Presidente della Repubblica il compito di indire le
elezioni anche per i senatori.
LUCIANO VIOLANTE. E per le suppletive? Viene da sé?
GIANCLAUDIO BRESSA. Le elezioni...!
PRESIDENTE.
Prendo atto che i presentatori dell'emendamento Elio Vito 22.200 accedono alla
proposta di riformulazione presentata dal relatore.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico,
sull'emendamento Elio Vito 22.200, nel testo riformulato, accettato dalla
Commissione e dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato
della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).
(Presenti 420
Votanti 247
Astenuti 173
Maggioranza 124
Hanno votato sì 240
Hanno votato no 7).
Passiamo alla votazione dell'emendamento Boato 22.10.
GIANCLAUDIO BRESSA. Signor Presidente, vorrei...
PRESIDENTE.
Se non capisce, perché parla su quello che non sa...? Parli su quello che sa!
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Giordano. Ne ha
facoltà.
GIANCLAUDIO BRESSA. Perché lei...
PRESIDENTE. Scusi, ho dato la parola all'onorevole Giordano: dopo parlerà lei!
FRANCESCO GIORDANO. Signor Presidente, può apparire una questione di minore rilevanza rispetto alla discussione che si è svolta poc'anzi, però francamente noi non ci rassegniamo e vorremmo capire - deriva da ciò la nostra contrarietà anche all'impianto di questa materia, quella cioè delle prerogative del Presidente della Repubblica - le ragioni per cui siano state costituzionalizzate le autorità amministrative indipendenti e addirittura il CNEL (Commenti).
CESARE RIZZI. Di che vuoi discutere?
FRANCESCO GIORDANO. Ci
sarà un motivo della persistente vocazione ad interrompere i colleghi...!
Vorremmo quindi fare un ragionamento di fondo, che vale anche per i successivi
emendamenti, che riguarda l'incongruenza di voler costituzionalizzare le
autorità amministrative e il CNEL e l'idea che il Presidente della Repubblica
possa in qualche misura - così come viene affermato in questa parte della
normativa - designare i presidenti delle autorità amministrative indipendenti e
il presidente del CNEL.
Troviamo un po' singolare - a parte la nostra critica di fondo nei riguardi di
questa mania di costituzionalizzare organismi che, francamente, non avrebbero
nessuna ragione di essere contemplati da una norma costituzionale - che, mentre
si svuotano le funzioni del Presidente della Repubblica, si diano in qualche
misura dei «palliativi sostitutivi», fino alla nomina dei presidenti delle
autorità amministrative e del CNEL.
In realtà, dovremmo discutere più significativamente di quello che è stato
strutturalmente modificato nell'equilibrio di poteri tra il Presidente della
Repubblica e il Presidente del Consiglio. Onestamente, trovo che questo
palliativo rappresenti una sorta di specchietto per le allodole. La verità è
che si è alterato strutturalmente l'equilibrio a favore del Presidente del
Consiglio, in danno del Presidente della Repubblica.
Aggiungo che è paradossale - e questo avverrà con legge ordinaria -
costituzionalizzare delle strutture che con legge ordinaria vengono designate
dal Governo medesimo, strutture di controllo che sono diretta emanazione del
Governo.
Francamente, ritengo che ci troviamo di fronte anche ad un vizio democratico di
fondo! Su questo emendamento esprimeremo un voto favorevole e, ovviamente,
esprimeremo un voto contrario sull'emendamento 22.251 della Commissione (Applausi
dei deputati del gruppo di Rifondazione comunista).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà.
GIANCLAUDIO BRESSA.
Signor Presidente, prima volevo intervenire non perché non sapessi di cosa
stavamo parlando, ma, siccome la votazione dell'emendamento Elio Vito 22.200
aveva precluso una serie di emendamenti e lei non aveva dato lettura di queste
preclusioni, stavo cercando di capire a che punto fosse l'emendamento Boato
22.10. Dico questo per chiarezza.
Per quanto riguarda invece il merito della questione, noi siamo assolutamente
favorevoli a mantenere il testo originario di questo articolo della
Costituzione. È ben vero che abbiamo costituzionalizzato le autorità
amministrative - e siamo assolutamente convinti della bontà della cosa fatta -,
ma abbiamo stabilito che sarà una legge ordinaria a definire le modalità con
cui queste dovranno essere organizzate e definite. Pertanto, non siamo
d'accordo ad attribuire tali funzioni al Presidente della Repubblica, meno che
mai - come propone il successivo emendamento 22.251 della Commissione - il
potere di nomina del presidente del Consiglio nazionale dell'economia e del
lavoro.
Come è ben noto a tutti quelli che hanno seguito i lavori della Commissione
bicamerale, l'utilità attuale di questo organo è stata oggetto di una
lunghissima valutazione. Pertanto, se non vogliamo rimettere in discussione
l'esistenza del Consiglio nazionale dell'economia del lavoro, sicuramente non
vogliamo che cresca nella considerazione generale, al punto tale che debba
essere il Presidente della Repubblica a nominare il suo presidente.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Marone. Ne ha facoltà.
RICCARDO
MARONE. Signor Presidente,
siamo preoccupati perché ancora non abbiamo il quadro complessivo dei poteri.
Non vorremmo che si conferisse una serie di poteri di non particolare rilievo
per controbilanciare quelli che si vogliono eliminare. Ma per quale motivo non
si lasciano le cose come sono? Il Presidente della Repubblica è un organo di
particolare delicatezza. Andare a toccare equilibri, francamente, ci preoccupa.
Se avessimo un quadro completo, potremmo fare una valutazione. Ciò che non
vogliamo è che si possa affermare che, essendo stati attribuiti diversi poteri,
si possono eliminare altre competenze: questo non ci vedrebbe d'accordo.
La funzione di garanzia del Presidente della Repubblica è fondamentale.
Preferiamo che, nell'incertezza del quadro nel quale stiamo operando e di
fronte al fatto che ancora non capiamo quali siano i poteri del Parlamento,
quale sia il procedimento legislativo e come il Presidente della Repubblica
intervenga in tutto ciò, rimangano gli attuali poteri del Presidente della
Repubblica. Chiediamo, quindi, l'approvazione dell'emendamento in esame.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Acquarone. Ne ha facoltà.
LORENZO ACQUARONE.
Signor Presidente, onorevoli colleghi, concordo con l'onorevole Bressa forse
anche per un profilo diverso. Attraverso la dizione del testo che è stato
presentato, si stabilisce che il Presidente della Repubblica nomina il
presidente delle autorità indipendenti. In qualche misura, costituzionalizziamo
le Autorità indipendenti. Quando esamineremo approfonditamente la parte
relativa alle Autorità indipendenti, il discorso diventerà più complesso.
So benissimo che la dottrina amministrativistica è, sul punto, molto divisa. Il
concetto di autorità indipendente nasce su modelli estranei alla nostra
tradizione giuridica, in cui si vuole sottrarre all'esecutivo la disciplina di
determinate materie. Ma, allora, sono veramente autorità indipendenti. Le
autorità indipendenti attualmente esistenti, se consentite, fanno un po'
sorridere. Indipendenti da chi? Dall'esecutivo? Credo che, per quanto riguarda
l'energia elettrica, il TAR della Lombardia abbia bocciato tutti i
provvedimenti adottati. Un'autorità indipendente dovrebbe essere assolutamente
indipendente.
Credo sia il caso di stralciare il tema delle autorità indipendenti. Poi, in
sede di revisione della nostra pubblica amministrazione, si potrà discutere sul
tipo di indipendenza che hanno. Oggi, attribuire loro questo grande rilievo
quando un giudice monocratico del TAR, se vuole, può sospendere qualsiasi
provvedimento di un'autorità cosiddetta indipendente, francamente, mi sembra al
di fuori della realtà.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Boato. Ne ha facoltà.
MARCO
BOATO. Signor Presidente,
l'intervento dell'onorevole Acquarone mi permette di fare alcuni chiarimenti.
La scorsa settimana, passando da un articolo all'altro, nella fretta, forse,
non ci si è resi conto che è stato approvato dall'Assemblea l'articolo 98-bis,
che recita: «Per lo svolgimento di attività di garanzia o di vigilanza in
materia di diritti e libertà garantiti dalla Costituzione e su materie di
competenza dello Stato ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, la legge,
approvata ai sensi dell'articolo 70, terzo comma, può istituire apposite
Autorità indipendenti, stabilendone la durata del mandato, i requisiti di
eleggibilità e le condizioni di indipendenza. Le Autorità riferiscono alle
Camere su risultati delle attività svolte».
Avendo già votato l'articolo 98-bis, proponiamo, con l'emendamento in
esame, che non siano attribuiti in Costituzione i poteri di nomina del Capo
dello Stato. La maggioranza prevede diversamente, ma la divaricazione non è
abissale.
Le questioni che opportunamente il collega Acquarone ha posto sono demandate
alla legge prevista nell'articolo 98-bis da me ora citato. Si tratta di
questioni che dovranno essere discusse come Parlamento legislatore ordinario
nella prossima legislatura, quando sarà affrontata quella materia.
PRESIDENTE.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento
Boato 22.10, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
PIERO RUZZANTE. Signor Presidente! Ognuno voti per sé!
PRESIDENTE. Ognuno voti per sé!
PIERO RUZZANTE. Come avete ricordato qui ieri...
PRESIDENTE.
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 387
Votanti 386
Astenuti 1
Maggioranza 194
Hanno votato sì 163
Hanno votato no 223).
Indìco la votazione
nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 22.251 della
Commissione, accettato dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la
votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).
(Presenti 403
Votanti 268
Astenuti 135
Maggioranza 135
Hanno votato sì 253
Hanno votato no 15).
Passiamo alla votazione
dell'emendamento Bressa 22.15.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bressa. Ne ha
facoltà.
GIANCLAUDIO BRESSA. Signor Presidente, con l'emendamento in esame esprimiamo la nostra contrarietà al fatto che il Presidente della Repubblica nomini il vicepresidente del Consiglio superiore della magistratura, un organismo che ha già una presidenza definita in Costituzione, quella del Presidente della Repubblica. Credo che non esista al mondo un organo che abbia definita per legge, e quindi sottratta alla propria disponibilità, la nomina del presidente e del vicepresidente, cioè dei propri vertici. Il Presidente della Repubblica deve necessariamente presiedere il Consiglio superiore della magistratura per motivi che non ripeterò ora e che portarono i nostri padri costituenti ad effettuare questa scelta. Pensare di sottrarre a tale organismo anche l'elezione del proprio vicepresidente, significa considerare il Consiglio superiore della magistratura un'assemblea a sovranità limitata. Ciò è assolutamente inaccettabile. L'autonomia della magistratura deve essere garantita anche attraverso le forme della scelta del proprio vicepresidente. Pertanto, chiediamo di mantenere l'attuale dettato costituzionale.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Marone. Ne ha facoltà.
RICCARDO MARONE. Siamo anche noi assolutamente contrari alla scelta di sottrarre la nomina del vicepresidente al CSM. La presidenza prevista in Costituzione da parte del Presidente della Repubblica del Consiglio superiore della magistratura ha una funzione del tutto diversa rispetto a quella che, oggi, la maggioranza intende attribuire con questo potere di nomina. Quella funzione serve a garantire l'equilibrio dei poteri e la funzione dell'organo. In questo caso, invece, l'attribuzione della nomina del vicepresidente assume il significato da parte della maggioranza di una sfiducia verso l'organo nella scelta dei propri vertici. Riteniamo, invece, sia giusto che il Consiglio superiore scelga al proprio interno il vicepresidente e non comprendiamo perché si intenda costituzionalizzare tra i poteri del Presidente della Repubblica anche la nomina del vicepresidente del CSM, scelta che appare non solo incomprensibile ma anche sbagliata.
PRESIDENTE.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico,
sull'emendamento Bressa 22.15, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la
votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 398
Votanti 397
Astenuti 1
Maggioranza 199
Hanno votato sì 166
Hanno votato no 231).
Passiamo alla votazione
dell'emendamento Perrotta 22.90.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Perrotta. Ne ha
facoltà.
ALDO PERROTTA. Signor Presidente, con la proposta a mia firma vorrei sottrarre al Presidente della Repubblica il potere di concedere la grazia; si tratta di una vecchia questione ma debbo osservare che, se approvata, la proposta impedirebbe al Capo dello Stato di concedere, sine die e senza domanda, la grazia (Commenti)... Tuttavia, signor Presidente, poiché i colleghi mi fanno ora osservare, proprio durante questo mio intervento, che un articolo successivo interviene sulla questione, ritiro la mia proposta emendativa.
PRESIDENTE.
Sta bene, onorevole Perrotta.
Avverto che, non essendovi obiezioni, l'esame dell'emendamento 22.252 della
Commissione e la votazione dell'articolo 22 si intendono accantonati, per
essere ripresi dopo l'approvazione dell'articolo 13 riguardante il procedimento
legislativo.
Ricordo inoltre che la Commissione si è riservata di valutare l'opportunità di
formulare un emendamento riferito al primo comma dell'articolo.
Non procederemo ora, quindi, alla votazione dell'articolo 22.
(Esame dell'articolo 23 - A.C. 4862 ed abbinate)
PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 23 e delle proposte emendative ad esso presentate (vedi l'allegato A - A.C. 4862 ed abbinate sezione 5).
Ha chiesto di parlare l'onorevole Leoni. Ne ha facoltà.
CARLO
LEONI. Signor Presidente,
stiamo affrontando uno dei capitoli più importanti più delicati della riforma
costituzionale; è, quindi, giusto vi sia - mi permetto di asserirlo - un clima
di attenzione e di ascolto delle posizioni che si stanno confrontando, anche
perché, effettivamente, sono molto diverse. Sarebbe, altresì, importante che vi
fosse un numero di parlamentari presenti degno dell'argomento che stiamo
trattando.
Abbiamo ormai consolidato da molti anni, in Italia, la pratica del nuovo
sistema politico; sin dalle novità introdotte con i referendum elettorali, con
le elezioni dirette dei sindaci e dei presidenti delle province, con la nuova
legge elettorale per il Parlamento della Repubblica. La lunga sperimentazione
di questa pratica - ormai sono oltre dieci anni che i cittadini italiani
sperimentano un nuovo sistema elettorale e conoscono un nuovo sistema politico
- ha consolidato, non solo tra noi ma nella mente della maggioranza degli
italiani, una serie di convinzioni. Ha permesso, inoltre, alla maggioranza dei
cittadini di apprezzare alcune importanti novità.
La prima riguarda il potere - che effettivamente queste leggi elettorali (o,
almeno, alcune di esse) conferiscono - di scegliere da chi essere governati.
Non intendo dire da quale persona; intendo, piuttosto riferirmi ad un potere
diretto di scegliere una coalizione ed un programma di Governo. In questo
senso, d'altronde, è andata la storia di questi anni.
Faccio gli ultimi due esempi più significativi. La maggioranza degli elettori
che nel 1996 votò per L'Ulivo lo fece non per scegliere una persona (in quel
caso, Romano Prodi), ma per condividere un programma e un messaggio che parlava
di unificazione europea, di europeizzazione dell'Italia e di tenuta della
coesione sociale nel nostro paese, pur nell'ambito di un programma di governo
fortemente innovativo. Allo stesso modo, chi nel 2001 optò per la Casa delle
libertà votò non per scegliere una persona, vale a dire Silvio Berlusconi, ma
perché, dal nostro punto di vista - lasciatemelo dire -, si lasciò convincere
da una serie di promesse, poi non mantenute (ma ciò non conta nell'ambito di
questo discorso), annunciate per l'appunto da Silvio Berlusconi e dalla Casa
delle libertà.
Respingiamo, in altri termini, un'idea del bipolarismo, che troviamo anche
abbastanza rozza, secondo la quale il primo ministro (o il candidato premier)
è il dominus dell'intera situazione politica, mentre riteniamo
opportuno, al contrario, che il perno di una democrazia dell'alternanza, come
quella che stiamo sperimentando, sia la coalizione politica, che si presenta
con un programma dinanzi agli elettori.
Tale convinzione ci induce a sostenere - e lo ribadiremo discutendo emendamento
per emendamento - che non condividiamo, anzi respingiamo, qualsiasi forma e
qualsiasi norma che dovessero introdurre strumenti di ricatto del premier
nei confronti sia della maggioranza, sia del Parlamento, fino al punto di
prevedere che tale potere di ricatto del primo ministro possa condurre ad un
automatismo nello scioglimento della Camera dei deputati.
Se è così, vale a dire se il perno del sistema politico che prevede
l'alternanza tra schieramenti contrapposti non è una persona, bensì una
coalizione, incaricata di realizzare un programma, nel corso di una
legislatura, potrebbe allora accadere che, proprio per poter realizzare meglio
il programma con il quale ci si è presentati di fronte agli elettori,
successivamente sottoposto alla Camera per il voto di fiducia iniziale, quella
coalizione, divenuta successivamente maggioranza in Parlamento, decida di
cambiare il primo ministro.
Ciò è coerente con un'idea della politica che non rimette nelle mani di una
sola persona il destino di una coalizione o del paese. Vorrei rilevare che, nel
corso della legislatura, una coalizione politica può decidere, come è già
accaduto in altri paesi - al riguardo, vorrei rilevare che tutti hanno
ricordato il caso della sostituzione della signora Thatcher con John Major -,
di cambiare il Presidente del Consiglio: a nostro avviso, infatti, ciò che non
va cambiato in corso di legislatura è la maggioranza politica. Sono altresì
convinto che tale questione sia ormai entrata nella testa della maggioranza
degli italiani: mi riferisco all'opposizione a cambiamenti di maggioranza nel
corso di una legislatura, vale a dire a quelli che, in gergo giornalistico,
vengono chiamati i «ribaltoni». Essi, infatti, non sono condivisi né dagli
elettori di centrodestra, né da quelli di centrosinistra.
Un punto delicato, cari colleghi - e mi avvio a concludere -, è tuttavia
rappresentato dal modo con cui intendiamo costruire una norma democratica che
consenta di evitare che avvengano cambi di maggioranza, pur consentendo a tale
maggioranza di scegliere un altro primo ministro nel corso della medesima
legislatura. Vorrei precisare, al riguardo, che siamo contrari ad ogni forma di
irrigidimento e ad ogni automatismo come quelli contenuti nel testo presentato
dalla Casa delle libertà, poiché tali forme di irrigidimento e tali automatismi
conducono a due conseguenze che riteniamo totalmente negative e pericolose.
La prima è costituita dal fatto che, in tal caso, si fuoriuscirebbe - anche se
ci si può giurare il contrario - dalla forma di governo parlamentare, e si
tratterebbe, a nostro avviso, di una scelta grave ed esiziale sia per il
presente sia per il futuro del nostro paese.
La seconda conseguenza negativa sarebbe che, in tal modo, viene spogliato di
tutte le funzioni significative il Presidente della Repubblica, al quale si può
anche concedere - come fosse un contentino - un potere di nomina in più
rispetto a quelli che aveva in precedenza, ma se viene spogliato di una
funzione di garanzia come quella che deve svolgere il Capo dello Stato, davvero
è privato di ogni potere significativo.
Da ciò deriva la nostra proposta, alternativa a quella avanzata dai colleghi
della maggioranza, ossia che il Presidente della Repubblica non emani il
decreto di scioglimento delle Camere - nel caso di sfiducia costruttiva, ad
esempio - qualora verifichi che la nomina del primo ministro indicato nella
mozione ed il voto della Camera sono coerenti con il risultato delle elezioni
per la Camera dei deputati e con il programma della legislatura.
Confermiamo, cioè, con questo dispositivo, il principio secondo il quale la
maggioranza scelta nel corso della campagna elettorale deve essere tale, e non
deve cambiare nel corso della legislatura, e rifiutiamo qualsiasi automatismo
che ci porti fuori dalla forma di governo parlamentare e che spogli il Capo
dello Stato di funzioni essenziali. Si deve affidare allo stesso Capo dello
Stato una valutazione non approssimativa, di generico rispetto del mandato
elettorale, ma di coerenza tra la maggioranza parlamentare che esprime un nuovo
primo ministro e quella emersa dal voto degli elettori. Si fissa, quindi, un
ambito di valutazione chiaro, ma non spogliando il Presidente della Repubblica
di compiti essenziali, che tali debbono rimanere.
Questa è la filosofia che ha accompagnato la proposizione, alternativa, da
parte di gruppi dell'opposizione, al disegno proposto dai colleghi della Casa
delle libertà, che rischia di farci uscire - e gravemente - da una forma di
governo parlamentare. Ad esso contrapponiamo un'idea di completamento della
transizione politica, con una stabilizzazione del sistema, che prevede
l'alternanza tra schieramenti diversi, ma non l'affida ad una normativa rigida
di automatismi, che comprometterebbe il sistema politico ed il suo carattere
democratico, quale noi lo vogliamo costruire. È importante che vi sia quindi, e
sia confermata, tale possibilità di alternativa tra schieramenti contrapposti,
che sia imperniato su una coalizione - e non su una persona - il bipolarismo
democratico italiano e che non siano consentiti indiscriminati cambi di
maggioranza, ma che tale possibilità sia affidata alla valutazione del
Presidente della Repubblica.
Questa è la filosofia che ha ispirato gli emendamenti dell'opposizione (Applausi
dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo).
PRESIDENTE. Nessun altro chiedendo di parlare, invito il relatore ed il Governo a esprimere i pareri sulle proposte emendative presentate.
DONATO
BRUNO, Relatore. Il
parere della Commissione è contrario sugli identici emendamenti Mascia 23.1 e
Boato 23.4. La Commissione esprime altresì parere contrario sugli emendamenti
Zeller 23.70 e Leoni 23.5, mentre raccomanda l'approvazione del suo emendamento
23.250. Il parere è contrario sull'emendamento Bressa 23.73 e sui
subemendamenti Bressa 0.23.200.2 e Mazzuca Poggiolini 0.23.200.1.
La Commissione invita i presentatori dell'emendamento Elio Vito 23.200 al
ritiro, poiché il suo contenuto è recepito negli identici subemendamenti
0.28.200.255 e 0.28.200.256.
La Commissione esprime, inoltre, parere contrario sugli emendamenti Leoni
23.74, Taormina 23.71, Mantini 23.3 e sul subemendamento Boccia 0.23.201.2,
mentre raccomanda l'approvazione del proprio subemendamento 0.23.201.25.
Il parere è contrario sul subemendamento Boccia 0.23.201.1. La Commissione
raccomanda l'approvazione del suo subementamento 0.23.201.26 (Nuova
formulazione) e esprime parere favorevole sull'emendamento Elio Vito
23.201, mentre esprime parere contrario sugli emendamenti Tabacci 23.75 e
Perrotta 23.72.
PRESIDENTE. Qual è il parere del Governo?
ALDO BRANCHER, Sottosegretario di Stato per le riforme istituzionali e la devoluzione. Il parere del Governo è conforme a quello del relatore.
PRESIDENTE.
Passiamo alla votazione degli identici emendamenti Mascia 23.1 e Boato 23.4.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mascia. Ne ha
facoltà.
GRAZIELLA
MASCIA. Si tratta di un
emendamento soppressivo che va ad intaccare l'articolo 88 della Costituzione
relativo ai poteri di scioglimento delle Assemblee parlamentari da parte del
Presidente della Repubblica. Lo scioglimento costituisce uno dei poteri di
maggiore rilievo che il costituente ha attribuito al Presidente della
Repubblica e ha naturalmente fondamentale importanza ai fini dell'esatta
individuazione dell'attuale forma di governo parlamentare.
A noi è presente anche la grande delicatezza che riveste la valutazione dei
presupposti che possono legittimare l'interruzione del mandato elettorale. Non
è un caso che l'articolo 88 attualmente vigente prescriva che questo potere
possa essere esercitato solo dopo che il Presidente della Repubblica ha
consultato i Presidenti delle Camere. È evidente che i Presidenti delle Camere
esprimono un parere non vincolante, ma certamente si tratta di un parere
autorevolmente rappresentato.
Questo elemento di così grande rilevanza, invece, sparisce immediatamente nel
primo comma di cui stiamo parlando. Viceversa, alla lettera a) si
anticipa quanto incontreremo successivamente relativamente a ciò che possiamo
chiamare premierato assoluto, non più come rafforzamento dei poteri del primo
ministro, ma quale figura che forma l'attuale configurazione basata sugli
equilibri tra i diversi poteri, intaccando dunque pesantemente la cultura dei
contrappesi.
La combinazione automatica tra la sfiducia su un provvedimento e lo
scioglimento delle Camere su richiesta del premier che, come si cita
anche in questo articolo, si assume la responsabilità, produce, a nostro
avviso, un ibrido anomalo estremamente pericoloso sia rispetto ai poteri del
Presidente del Consiglio, che diventa primo ministro, sia rispetto al
ridimensionamento dei poteri del Presidente della Repubblica.
Nello stesso articolo, in un comma successivo, si anticipa anche quanto andremo
a verificare relativamente alla forma di governo. In particolare, si fa
riferimento e si introduce una norma antiribaltone. Va da sé, dal nostro punto
di vista, che la preoccupazione rispetto a queste norme non è tanto quella di
mantenere una coerenza con la volontà espressa dall'elettorato, perché questo
fatto può essere risolto - come faremo e lo dimostreremo - attraverso
l'esperienza ormai consolidata, per esempio, della Germania (quella della
sfiducia costruttiva). Qui, invece, si introducono degli irrigidimenti che sono
stati sconsigliati e sono stati ritenuti assolutamente inopportuni da
numerosissimi illustri costituzionalisti. Lo si fa per fino in un modo che
presenta, a mio avviso, delle ulteriori difficili interpretazioni.
Mi richiamo, in particolare, alla parte in cui l'articolo fa riferimento ai
deputati che dovrebbero, con appello nominale, dimostrare di appartenere alla
maggioranza espressa nel momento delle elezioni per poter evitare che il
Governo venga sciolto. È difficile stabilire qual è la maggioranza emersa dalle
elezioni. Soprattutto è difficile dimostrare che un articolo di questo tipo non
entri in collisione con l'articolo 67 della Costituzione, laddove si afferma
che i deputati non hanno vincolo di mandato.
Dunque, credo che sia assolutamente necessario sopprimere l'intero articolo.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Marone. Ne ha facoltà.
RICCARDO
MARONE. Signor Presidente, si
tratta di uno dei punti più delicati e più importanti della riforma
costituzionale: il potere di scioglimento delle Camere da parte del Presidente
della Repubblica. Nella proposta della maggioranza si cerca di trasformare un
potere rilevante del Presidente della Repubblica in un potere imbrigliato da
una serie di regole e norme. Se leggiamo, infatti, il nuovo articolo 88 della
Costituzione, come risulterebbe dall'approvazione degli emendamenti presentati
dalla maggioranza, ci rendiamo conto che il potere del Presidente della
Repubblica viene ad essere fortemente limitato.
Ciò avviene nell'illusione che, stabilendo alcune norme, si possano risolvere i
problemi politici di fondo di un ordinamento. Si tratta di un'illusione perché
non è attraverso le norme che si possono risolvere le crisi politiche di un
sistema. Le norme servono per regolare rapporti di natura ben diversa da quelli
di tipo politico. Il sistema politico deve reggersi su ben altre questioni di
fondo che nessuna norma potrà mai disciplinare.
Detto ciò, in merito all'articolo 88 bisogna svolgere due considerazioni di
fondo. In primo luogo, il Presidente della Repubblica in molti casi diventa
semplicemente l'esecutore della volontà del primo ministro. Questo,
francamente, ci sembra un ruolo sbagliato e non in linea con l'equilibrio dei
poteri necessario in un ordinamento. In secondo luogo, troviamo particolarmente
sbagliata la cosiddetta norma antiribaltone che sancisce il principio secondo
cui esiste una maggioranza espressa dalle elezioni e che si può procedere alla
sostituzione del primo ministro solo se ciò è l'espressione della suddetta
maggioranza. Si tratta di un evidente errore perché non esiste nel nostro
ordinamento una maggioranza espressa dalle elezioni. Innanzitutto, abbiamo più
volte detto di non voler inserire nella Costituzione norme di carattere
elettorale. Se leggiamo la Costituzione non c'è una norma che si riferisca ai
sistemi elettorali; questa, invece, fa prefigurare un sistema elettorale.
Inoltre, se facciamo riferimento all'attuale sistema, non esiste affatto una
maggioranza elettorale, esiste semplicemente un'elezione da cui - oggi in via
materiale, in futuro, se verranno approvate le vostre modifiche, espressamente
- si trae l'indicazione del premier. Comunque, non sta scritto da
nessuna parte che tale elezione porterà una maggioranza elettorale. Potrebbero
esservi, ad esempio, più indicazioni di premier o una maggioranza non
assoluta e, quindi, un Governo che viene espresso dall'Assemblea e non dal
corpo elettorale. Questo è il nostro sistema, non ce ne sono altri. Non so se
voi prefigurate altri sistemi, ma prevedere nella norma che scrivete tale
espressione è certamente sbagliato e non so come potrete chiudere correttamente
il sistema dei poteri.
Detto questo - peraltro abbiamo previsto un meccanismo completamente diverso,
che spiegheremo quando esamineremo le nostre proposte -, ci preme sottolineare
che sta avvenendo esattamente quello che avevamo previsto nell'esame
dell'articolo precedente. La vostra intenzione è quella di togliere poteri
reali al Presidente della Repubblica e vi preparate argomenti per negare questa
circostanza, elencando i vari poteri che gli avete attribuito, che sono però di
ben minore rilevanza. Questo ci sembra un argomento da usare in un'eventuale
campagna pubblica, ma non ci sembra il metodo giusto per riformare la
Costituzione (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di
sinistra-L'Ulivo).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà.
GIANCLAUDIO BRESSA. Come
hanno già detto i colleghi Leoni e Marone, questo articolo è il primo di una
serie di norme, che rappresentano davvero il cuore malato della riforma.
Sottrarre il potere di scioglimento della Camera al Presidente della Repubblica
non è grave solo perché, come ha detto il collega Leoni, si spoglia di un
potere importante e fondamentale il Presidente della Repubblica, ma perché
quello che proponete rappresenta un unicum nel panorama del diritto
costituzionale comparato contemporaneo. Voi, attraverso questo primo tassello
dello scioglimento della Camera dei deputati, cominciate a costruire ciò che il
professor Elia, con felicissima scelta di parole, ha definito premierato
assoluto: una forma di governo atipica, contrastante con i principi del
costituzionalismo, perché realizza una concentrazione di poteri senza
precedenti in una sola persona, tale da far degenerare la stessa forma di Stato
democratico rappresentativo.
Questo risultato si raggiunge rendendo ibridi istituti classici delle forme di
governo parlamentare, quali il rapporto fiduciario e il potere di scioglimento
della Camera politica, con le norme antiribaltone. Si va molto oltre il
premierato inglese, con buona pace del Presidente Pera e di tutti quelli che
amano citare Bill Emmott, a testimonianza della bontà della vostra proposta.
Bill Emmott, questo singolare personaggio inglese, direttore di The
Economist, che ha scritto uno dei libri più belli sulla democrazia inglese,
più che citarlo a sproposito, bisognerebbe leggerlo. Se andiamo a leggere il
suo libro, riusciamo a capire esattamente cosa sia il sistema inglese, che è
completamente diverso da quello che ci state proponendo. Bill Emmott aveva in
mente una forma di governo in cui l'elezione parlamentare del governo non era
semplicemente un elemento del quadro complessivo, ma era il pilastro centrale
dell'assetto istituzionale, la funzione principale della Camera. Cito
testualmente da Bill Emmott: «Il Gabinetto è un comitato scelto per il governo
della nazione, in base alla fiducia dell'Assemblea legislativa».
Nella vostra ipotesi, si va oltre il premierato inglese, perché il modello Westminster,
essendo correlato al bipartitismo prevalente nella composizione della Camera
dei comuni, prevede la responsabilità del premier nei confronti della
sua maggioranza. Se ne perde il consenso, il primo ministro inglese non ha più
il potere di proporre lo scioglimento della Camera alla Regina e deve
dimettersi, come ci insegnano molti precedenti (è il caso di Eden, di Mac
Millan e, da ultimo, della Thatcher). Ciò, per chiarire come la vostra proposta
non abbia nulla a che vedere con il modello inglese; peraltro, neanche con il
modello tedesco, dove, mancando il bipartitismo, si provvede con l'annuncio,
prima delle elezioni, del candidato cancelliere e degli schieramenti di
coalizione, che possono poi essere dissolti solo con lo strumento della
sfiducia costruttiva (solo due casi in cinquant'anni di storia della Repubblica
federale tedesca).
Se, dunque, il vostro modello non trova riscontro nelle più collaudate
esperienze di governo parlamentare, è poi talmente bizzarro da offrire minori
spazi dialettici e minori bilanciamenti, rispetto anche ad altre forme di
governo, come il semipresidenzialismo francese, che non esclude l'ipotesi della
coabitazione. Perfino il poco funzionale sistema israeliano, prima dell'ultima
riforma, aveva un minore grado di automatismo nello scioglimento del Parlamento
monocamerale ed inoltre manteneva l'elezione della Knesset con la
proporzionale.
La forma presidenziale americana si fonda su una forte separazione strutturale
tra Presidente, Congresso e giudici, governando un autentico bilanciamento tra
i poteri. Nel governo direttoriale svizzero, oltre ai numerosi strumenti
referendari, c'è la stabilità quadriennale predeterminata dal Consiglio
federale.
A questo punto, è inutile proseguire in quanto, nel panorama costituzionale
contemporaneo, non si riscontra un modello quale quello che state proponendo.
Solo la vostra ossessione antiribaltone poteva costruire un modello così
rigido, così infarcito di automatismi, tale da sottrarre il primo ministro ad ogni
verifica da parte della sua maggioranza per cinque anni, attribuendogli sempre
potere di vita o di morte sulla Camera politica.
Quando il relatore Bruno afferma che noi non capiamo che si sta cambiando
sistema, rispondo che noi capiamo esattamente che stiamo cambiando sistema, ma
si tratta di un sistema che non solo non ha precedenti, ma calpesta i più
elementari principi del diritto costituzionale. E, più avanti, avremo modo di
illustrarlo compiutamente.
Per questi motivi, evidentemente, esprimeremo un voto favorevole sugli
emendamenti in esame (Applausi dei deputati dei gruppi della Margherita,
DL-L'Ulivo e Misto-Verdi-L'Ulivo).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Banti. Ne ha facoltà.
EGIDIO
BANTI. Signor Presidente, il
collega Bressa ha formulato esempi di carattere comparato sulle legislazioni e
le Costituzioni vigenti in vari paesi dell'Europa e del mondo.
Vorrei svolgere un riferimento storico. Non ci sono precedenti di questa natura
neanche nel periodo dello Statuto Albertino e nemmeno dopo l'entrata in vigore
della legge del 1925 voluta dal Governo Mussolini sulle attribuzioni e
prerogative del capo del Governo, primo ministro, segretario di Stato.
Certamente, il Governo Mussolini non aveva bisogno del voto di fiducia delle
Camere per andare avanti, ma non poteva permettersi di sciogliere le Camere
senza una decisione discrezionale del Capo dello Stato che, in quel caso, era
il Re d'Italia.
Del resto, qui viene messo in discussione il principio della divisione dei
poteri. Se un incidente stradale con impedimento permanente del Presidente del
Consiglio determina lo scioglimento dell'organo legislativo, cioè della Camera
dei deputati, viene meno l'autonomia e la divisione dei poteri.
Evidentemente, si assiste ad una incidenza del potere esecutivo sul potere
legislativo che grida vendetta rispetto ai principi fondamentali della
rivoluzione francese. Quindi, invitiamo la maggioranza ad un ripensamento su
tale punto.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Frigato. Ne ha facoltà.
GABRIELE FRIGATO.
Presidente, trovo particolarmente irrispettoso, anche nella formulazione, il
testo di questo articolo 23, in quanto il Presidente della Repubblica viene
declassato ad un ruolo di passacarte. D'altronde, il Capo dello Stato è
chiamato soltanto a prendere atto di una decisione assunta da altri in tutta
autonomia e con esclusiva responsabilità.
Ripensando anche alla discussione di ieri mattina, mi domando dove sia finita
la centralità del Parlamento, dove sia stata nascosta la sua autonomia e dove
possa essere rintracciato il ruolo di garanzia che il Presidente della
Repubblica, in diverse occasioni, ha esercitato!
Affidare al Presidente del Consiglio lo scioglimento delle Camere porta ad uno
sbilanciamento del nostro sistema, rendendolo privo di garanzie e avviato verso
la china autoritaria.
Mi auguro che da parte di tutti vi sia un supplemento di riflessione ed anche
un sussulto di autonomia. Lo dico ai colleghi dell'UDC che, nei mesi di giugno
e luglio, hanno subito un clima particolarmente infuocato con critiche anche
all'interno della maggioranza.
Mi pare che, tranne che per qualche aggiramento del Presidente del Consiglio e
per qualche critica, sentita qualche volta e oggi soltanto un ricordo lontano,
abbiamo la possibilità di mantenere al sistema politico italiano la centralità
del Parlamento, senza affidare al capo del Governo, in maniera autonoma ed
esclusiva, la possibilità di terminare le legislature.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Mantini. Ne ha facoltà.
PIERLUIGI MANTINI.
Signor Presidente, scriveva Hamilton come sia pericoloso che i rappresentanti
del popolo si sentano di essere essi stessi il popolo. Ritengo, allora, che sia
davvero pericoloso pensare che il Presidente del Consiglio mandi a casa il
Parlamento.
Ritengo anche che in qualche modo abbiate la percezione di tale problema, in
questa strana «involution» che state determinando, coinvolgendo il
Presidente della Repubblica e Capo dello Stato in ruoli politici impropri,
togliendogli invece gli strumenti di garanzia più classici del
costituzionalismo e della storia costituzionale italiana.
Credo che avremo modo di riprendere puntualmente i vari temi, ma davvero vorrei
chiedere all'onorevole Tabacci, attento partecipe e protagonista di questo
dibattito, nonché ai colleghi del centrodestra che hanno a cuore la storia, la
realtà e, spero, il futuro del parlamentarismo e dell'equilibrio dei poteri in
Italia, di dire qualcosa.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Tabacci. Ne ha facoltà.
BRUNO
TABACCI. Signor Presidente,
avevo chiesto la parola a prescindere dall'amabile invito dell'onorevole
Mantini.
Sono fortemente critico nei confronti dell'impostazione dell'articolo 23 per
due ordini di motivi, sui quali ritengo che anche i colleghi dell'opposizione
vogliano riflettere.
Il primo motivo riguarda la previsione relativa allo scioglimento della Camera
politica. Orbene, nella Commissione bicamerale presieduta dall'onorevole
D'Alema, questo marchingegno era già stato preventivato. Ciò vuol dire che la
filosofia alla base del cosiddetto «sindaco d'Italia» viene da molto lontano e
ha finito per provocare tutta una serie di elementi corrosivi, che colpiscono
alla base l'istituto parlamentare.
Se i colleghi dell'opposizione non hanno contezza di questo, è inutile che
discutiamo perché sembra che tale dibattito sia fatto quasi cadendo dalle
nuvole. Ora, mi trovo in contrasto con questa impostazione
«neo-presidenzialista» perché è chiaro che, non essendo né carne né pesce,
mette in crisi l'esecutivo e anche la funzione parlamentare.
Allora, sarebbe meglio far riferimento al sistema all'americana, in cui esiste
un Presidente eletto con poteri di governo, ma anche Camere non dissolvibili
quando il Presidente immagina di dover imporre qualcosa che le stesse non
intendono fare.
Vorrei richiamare alla vostra attenzione l'esperienza dei presidenti delle regioni,
i cosiddetti «governatori», e dei consiglieri regionali. Sono, in piccolo,
quello che dovremmo diventare noi tra qualche tempo. Si tratta di un'esperienza
fortemente negativa; i consigli regionali non svolgono più la funzione
legislativa. Chi svolge la funzione legislativa è il presidente della regione
che, di fatto, esprime la giunta a sua immagine e somiglianza e, nel caso in
cui il consiglio non si adegui all'impostazione del presidente, può
scioglierlo. Quindi, riassume nella funzione di governo anche quella
legislativa.
È questo quello che vogliamo diventare? Credo che in proposito non sia stata
fatta una riflessione adeguata. Tra l'altro, ciò comporta una fortissima
personalizzazione della politica. Vedete cosa sono diventati i governatori? Sono
diventati qualcosa al di fuori della tradizione parlamentare italiana, quasi
che i voti acquisiti di volta in volta fossero diventati personali. C'è
qualcosa che non funziona. Su questo punto il mio dissenso è totale.
L'altro punto concerne la rigidità della procedura con cui la Camera può
opporsi allo scioglimento. La previsione che la mozione in cui si indica il
nome del nuovo primo ministro debba essere presentata da deputati della
maggioranza in numero non inferiore alla maggioranza dei componenti della
Camera costituisce una scelta censurabile sotto diversi aspetti. In primo
luogo, mi chiedo come l'onorevole Berlusconi avrebbe potuto costituire il
Governo nel 1994: con questa procedura, sarebbe stato impossibile, poiché la
maggioranza al Senato non c'era. Si vuole dunque inculcare una decisione che il
paese non intende assumere? Se il paese non intende esprimere una maggioranza,
cosa si fa? Si continua a sciogliere le Camere?
Si tratta di un meccanismo che sarebbe più semplice, e anche più tranquillizzante,
definire presidenziale: sarebbe infatti netta la distinzione tra la funzione
del parlamentare e quella del capo del Governo eletto direttamente dal popolo.
Ritengo che si stia andando verso soluzioni che non hanno una ragionevolezza
adeguata.
Gli amici e colleghi dell'UDC, che intendono introdurre un meccanismo di tipo
proporzionale, come potrebbero innestarlo su questo assetto istituzionale? Il «Tatarellum»
è un'altra cosa rispetto al sistema proporzionale, che induce una mobilitazione
popolare e rafforza il significato dei partiti. Su tali punti, che ho già avuto
occasione di richiamare, vi è dissenso totale.
Tuttavia, caro Bressa, l'opposizione che tu conduci si colloca interamente
nell'ambito di questa logica, ed è dunque destituita di credibilità e di un
respiro profondo: tu sei più bipolarista di quanto lo siano gli estensori del
testo in esame, e dunque non credibile in un contesto di proiezione
parlamentare! Da ciò il mio dissenso, che è profondo, ma anche lontano, lo dico
con molta cordialità, dal modo in cui tu conduci l'opposizione: tu vuoi fare
l'inglese, io vorrei continuare a restare un parlamentare italiano (Applausi
di deputati dei gruppi dell'Unione dei democratici cristiani e dei democratici
di centro, dei Democratici di sinistra-L'Ulivo e di Rifondazione comunista)!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole La Malfa. Ne ha facoltà.
GIORGIO LA MALFA.
Signor Presidente, stiamo certamente esaminando uno dei punti fondamentali del
complesso progetto di riforma costituzionale in esame.
Come ho già avuto modo di affermare in questa sede, mentre ritengo che le norme
sul Titolo V della Costituzione, sul cosiddetto federalismo, siano state il
frutto di un'elaborazione sufficientemente adeguata, sia dal punto di vista
politico sia dal punto di vista tecnico, sul tema della forma di governo (e
dunque del primo ministro e del Presidente della Repubblica) e del procedimento
legislativo, che non a caso è stato accantonato, l'elaborazione politica e
l'elaborazione tecnica non sono ancora, a mio avviso, pervenute ad una
conclusione soddisfacente.
Mi limito pertanto ad annunziare, in linea generale, che non voterò a favore
della formulazione proposta, pur con le modificazioni che verranno introdotte
dalla maggioranza. Come ha sottolineato l'onorevole Tabacci, con un intervento
che condivido, dobbiamo chiarire, sia nella maggioranza sia nell'opposizione,
quale sistema politico intendiamo costruire.
Sono lieto che sia stato eliminato il «mostro» costituito dal capo dell'opposizione,
che avevo concorso, insieme ad altri colleghi, a segnalare. Quel mostro era
figlio di una volontà, presente nel nostro paese, di creare a tutti i costi un
bipartitismo. Ho letto oggi una curiosa intervista dell'onorevole D'Alema, che,
polemizzando con un altro esponente del suo schieramento, afferma: ha un
residuo di proporzionalismo. A me sembra che tale esponente politico abbia più
buonsenso dell'onorevole D'Alema. Il desiderio di collassare la vita politica
di un paese in due schieramenti, l'uno di estrema destra e l'altro di estrema
sinistra (o comunque costretti sempre a combattere), costituisce un errore
profondo.
Nell'articolo 94 della Costituzione sarà inserita una norma che stabilisce,
addirittura, che se il Presidente del Consiglio perde parte della sua
maggioranza e la fiducia gli viene votata da una parte dell'opposizione, questo
sarà motivo sufficiente per lo scioglimento delle Camere. Ma se nella
Costituzione fosse prevalsa un norma simile, l'onorevole D'Alema, in occasione
dell'intervento militare in Kosovo, invece di avere una maggioranza
parlamentare che autorizzava l'invio dei militari nell'area, avrebbe visto
sciolte le Camere proprio nel momento in cui parte della sua maggioranza votava
contro la decisione del Governo e parte dell'opposizione votava a favore! Ma
questa non è materia sulla quale il Parlamento italiano ha sviluppato una
posizione matura.
Invito i colleghi della maggioranza a compiere uno sforzo nel tentativo di
rinviare l'esame dei capitoli che riguardano la formazione delle leggi e la
forma di Stato e di Governo. Non sono temi maturi nella coscienza di questo
Parlamento e danno luogo ad una Costituzione difficilmente gestibile o
difendibile. Se ciò non sarà possibile, evidentemente manifesterò la mia
opinione sui singoli emendamenti ma certamente non potrò votare a favore di
questo progetto.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Gerardo Bianco. Ne ha facoltà.
GERARDO
BIANCO. Onorevoli colleghi,
non devo spendere molte parole, perché le argomentazioni decisive sull'effetto
dell'introduzione di questo tipo di premierato nel nostro sistema
costituzionale e sullo stravolgimento che si determinerà sono state appena
chiaramente espresse dall'onorevole Tabacci. Analoghe argomentazioni sono state
positivamente esposte dall'onorevole La Malfa.
Desidero ricordare che nella Commissione bicamerale, allora presieduta
dall'onorevole D'Alema, vi fu una specie di «operazione gioco», come ricorderà
l'onorevole Tabacci. Si trattò di una sorta di colpo di mano, orchestrato dai
rappresentanti della Lega, che ritenevano di dover rompere non si sa bene quale
forma di solidarietà fra la minoranza e la maggioranza dell'epoca. Fu
praticamente un colpo a dispetto. Oggi, invece, onorevole Bruno, questo
atteggiamento diventa quasi la regola sulla quale dovrebbe essere organizzata
la nostra Costituzione. Ma ciò non appartiene alla nostra tradizione.
Vorrei ricordare ai colleghi dell'UDC (che si richiamano alla tradizione
democratico-cristiana, la nostra tradizione) che la soluzione del problema del
governo del paese e di una maggiore efficienza furono posti sin dagli anni
Settanta e giunsero a soluzione grazie ad una proposta di legge che, guarda
caso, portava la firma dei parlamentari del 1992 e anche del collega Tabacci,
al quale do atto della sua coerenza.
Aggiungo ancora una considerazione. Chi ha esperienza di rapporti con le
autonomie locali (a livello puramente amministrativo) sa quali contrasti si
determinino oggi tra i sindaci - ad elezione diretta - e i consigli comunali,
ridotti sostanzialmente ad una sorta di parata.
Il problema si presenta anche nelle regioni. Se a livello amministrativo
l'elezione diretta trova una sua giustificazione nell'esigenza di buona
amministrazione e quindi di efficacia negli interventi per opere pubbliche o
altre attività amministrative, il sistema andrebbe comunque rivisto in
relazione (uso un'espressione piuttosto andante) alla riduzione di senso e
significato dei consigli comunali o provinciali. La situazione diventa molto
più grave laddove vi è un ruolo legislativo, come in occasione dell'elezione
diretta dei presidenti delle regioni, autonominatisi governatori con una
terminologia che chiarisce ampiamente il tipo di pretesa e di dominio all'interno
del governo delle regioni stesse. Non è certo una bella dizione...
In ogni caso, il conflitto è aperto; molte volte diventa paralizzante e,
comunque, non è certo il modo migliore per amministrare le regioni.
Questa disposizione, con tutto ciò che si collega a questa definizione del premier,
aggrava la situazione. Paradossalmente, il Parlamento si troverà ad essere
ancora più legato rispetto ai consigli regionali, ancora più immobilizzato:
ecco perché dicevo ieri che il princìpio della rappresentanza senza mandato
finirà per essere completamente annullato.
Ci si trova di fronte ad una paralisi, ad una situazione nella quale i
parlamentari sono costretti esclusivamente a seguire gli indirizzi del Governo,
riducendo qualsiasi funzione di carattere rappresentativo e anche legislativo.
Allora, sarebbe stata più logica, come dicono peraltro i maggiori esperti
politologi, a cominciare da Sartori, e sarebbe stata più netta e precisa, e
direi anche per certi aspetti sperimentata,...
PRESIDENTE. Onorevole Gerardo Bianco...!
GERARDO
BIANCO. ... una scelta come
quella del semipresidenzialismo.
Presidente, credo che la sua comprensione per l'importanza di questo argomento
possa consentire qualche secondo in più per il mio intervento.
Ebbene, concludo, visto che voglio stare nelle regole. Questa diventa una delle
più grandi ferite, capovolge il senso della nostra Costituzione, che è basata
nella sua architettura sulla rappresentanza parlamentare: è il ruolo del
Parlamento! Ma c'è anche un grosso pericolo: l'esperienza francese. Leggiamo
quello che stanno scrivendo in Francia, dove pure vi è un semipresidenzialismo
ormai diventato costume del paese: tutti lamentano il rischio che viene a
determinarsi, mancando la intermediazione di un rapporto diretto fra la rappresentanza,
l'esecutivo e le folle.
Voi, con queste leggi, finirete per provocare, come unica risposta politica di
opposizione, i girotondi, i movimenti di massa, perché quando viene meno la
mediazione dei corpi intermedi, della rappresentanza, si stabilisce un rapporto
diretto tra la popolazione ed il capo dell'esecutivo, con il rischio di veder
decadere progressivamente la vita politica e la partecipazione alla stessa, che
è un elemento fondamentale delle democrazie contemporanee!
CESARE RIZZI. Tempo...!
GERARDO BIANCO. Il declino è dietro alle spalle. Si sta assumendo una responsabilità pesante: ecco perché io continuo...
PRESIDENTE. Onorevole...!
GERARDO
BIANCO. ...ad invitare ad una
rimeditazione e ad una riflessione.
Già fu un grosso errore votare con legge costituzionale l'elezione del
presidente delle regioni: fu un grosso errore! Allora io fui uno di quelli che
si dichiarò contrario. Comunque, si dette la possibilità ai consigli regionali
di adottare gli statuti speciali; mi pare che nessuno abbia avuto un momento di
ravvedimento.
La situazione finirà per andare verso un tipo di presidenzialismo che ridurrà
sempre di più gli spazi di politica e di intermediazione. Le società complesse
hanno bisogno di una molteplicità di poteri di riferimento, di coordinamento e
di riduzione ad unità del tutto...
CESARE RIZZI. Tempo...!
PRESIDENTE. Onorevole Bianco...!
GERARDO
BIANCO. Ho finito, Presidente.
Con il presidenzialismo si annulla la stessa possibilità di creare una politica
che sia autenticamente democratica e si marcia a tappe veloci, con la
mediazione, verso il plebiscitarismo (Applausi dei deputati dei gruppi della
Margherita, DL-L'Ulivo, dei Democratici di sinistra-L'Ulivo, di Rifondazione
comunista e Misto-Comunisti italiani).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Rosso. Ne ha facoltà.
ROBERTO
ROSSO. Signor Presidente,
sono meravigliato dall'abilità, anche retorica, con cui gli esponenti della
sinistra in questi quindici giorni ci hanno dimostrato di poter svolgere
qualsiasi ruolo in commedia: di essere un giorno federalisti e secessionisti,
addirittura, quando si parla di reintrodurre misure di salvaguardia
dell'interesse nazionale e, al contempo, ultracentralisti, anzi spaventati di
quel completamento della riforma federalista che già in qualche modo, più
raffazzonato, avevano cercato di proporre loro stessi nella scorsa legislatura.
Ma quello che succede oggi, intorno alla figura del premier, ha
veramente del grottesco. Lo dico perché anch'io, come l'onorevole Tabacci, ho
qualche perplessità sull'impostazione assunta. Io, diversamente da lui, avrei
preferito - lo dico sinceramente - una impostazione in cui, come diceva
Montesquieu, fosse più netta la distinzione tra chi fa le leggi e chi le
esegue, tra un presidente incaricato di eseguire le leggi con il suo Governo ed
un Parlamento chiamato ad adottarle in piena autonomia.
Che sia la sinistra a criticare l'attuale impostazione, avendo letto, come
credo molti in quest'aula, il testo che in Commissione bicamerale voi, non
altri, gli stessi soggetti che sono qui oggi a replicare a se stessi,
contraddicendo il proprio passato...
GIOVANNI RUSSO SPENA. Ti sbagli!
ROBERTO
ROSSO. Voi avevate proposto
formalmente a questo Parlamento e alla nazione una figura di premier ben
più dura - forse in linea con quello che Prodi propone oggi alla vostra
coalizione -, ben meno integrata con il percorso del parlamentarismo di cui voi
- almeno alcuni di voi - avete fatto oggi professione di fede. Ciò non può non
lasciare stupiti coloro che vi ascoltano!
Per questa ragione, quindi, così come per altre che ha sostenuto poc'anzi il
collega Tabacci, vorrei chiedervi - anche nell'intelligenza del percorso che vi
date al fine di ottenere poi un referendum - di avere quanto meno una posizione
che sia comprensibile a voi stessi, a noi altri che siamo dall'altra parte e
agli elettori che vorranno recarsi a questo referendum, per comprendere quale
progetto voi ci proponete.
Capisco che sia difficile contemperare le istanze di cui oggi si faceva
interprete il collega Gerardo Bianco con l'impostazione che continuamente,
quotidianamente, il leader della vostra futura maggioranza - o
opposizione, a seconda di cosa deciderà il popolo italiano - sta impostando sui
giornali, nei vostri colloqui, quel Romano Prodi che interpreta la propria leadership
all'interno della vostra coalizione su basi completamente diverse da quel
potere più mite che il Presidente Berlusconi sta cercando di interpretare in
questo momento come Presidente del Consiglio.
È per questa ragione che vi chiedo, colleghi dell'opposizione, di farci
comprendere su che barca state. È difficile che l'assassino possa dare del
criminale e a chi omette soltanto di prestare soccorso. Voi, in qualche misura,
oggi state facendo questo: ieri avete proposto una figura di premier che
non aveva alcun contemperamento con la prassi parlamentare; oggi ci spiegate
che una impostazione di molto attenuata rispetto a quella che avevate proposto
è invece un crimine contro l'identità parlamentare di questa nostra Repubblica.
Francamente ci lasciate senza parole e ci lasciate anche sbigottiti per poter
continuare un dialogo che alcuni di noi, probabilmente, avrebbero voluto
continuare (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia, di Alleanza
Nazionale, dell'Unione dei democratici cristiani e dei democratici di centro e
della Lega Nord Federazione Padana).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Violante. Ne ha facoltà.
LUCIANO VIOLANTE.
Signor Presidente, si sta svolgendo un dibattito particolarmente rilevante.
Alcuni colleghi - ma non si tratta di parti politiche, posto che il tema è
distribuito all'interno di tutto l'arco di questo Parlamento - sono dei
proporzionalisti, ritengono cioè che il sistema proporzionale sia quello che
meglio garantisce la rappresentanza e la funzionalità delle istituzioni. Poi ci
sono coloro che ritengono che invece bisogna andare ad un sistema bipolare,
caratterizzato o da un sistema maggioritario o da un sistema proporzionale con
vincolo di maggioranza. Mi pare che le tesi siano queste. Altri colleghi
dell'onorevole Tabacci sostengono - se non ho capito male - l'ultima tesi,
quella cioè del sistema proporzionale con vincolo di maggioranza.
Il problema, quindi, non è tanto rivangare chi ha fatto una cosa e chi ne ha
fatta un'altra, ma capire che cosa vogliamo costruire. Da questo punto di
vista, quello che io ritengo il difetto maggiore del testo è la mancanza di
flessibilità. Ciò che consente la rappresentanza di un sistema politico non è
tanto il sistema proporzionale, perché, se mi permette, vorrei dire
all'onorevole Tabacci e ad altri colleghi, che ciò che ha consentito la
governabilità a quell'epoca non era tanto il sistema proporzionale, quanto
l'esistenza di ragioni internazionali e nazionali che escludevano alcuni
partiti dalla governabilità e questo ha consentito di per sé a quelle forze di
governare senza l'alternanza (non c'era alternanza, per difetto, merito,
comunque non c'era alternanza). Infatti, appena si è proposta la possibilità
dell'alternanza, il sistema è crollato, perché non poteva reggere con quel tipo
di regole. Il sistema proporzionale, senza alcune clausole di contorno che
rendano solide le maggioranze di Governo, rischia di essere davvero fortemente
aleatorio. Ripeto, rivangare il passato non serve; il passato aveva quest'altra
clausola (che oggi per fortuna non esiste, perché tutti i partiti sono cambiati
e siamo cambiati).
Qual è oggi il problema reale di questa norma? A mio avviso, è la rigidità:
questo è un sistema troppo rigido. La preoccupazione che esprimeva il collega
Gerardo Bianco è una preoccupazione giusta, perché nelle istituzioni dove c'è
questo sistema - comuni, regioni, province - la rappresentanza non esiste più.
I consigli sono profondamente mortificati. Cos'è un consiglio provinciale, un
consiglio comunale, un consiglio regionale oggi? Lo sappiamo tutti.
È un luogo dove, se stai all'opposizione, ti diverti un po', ma se sei nella
maggioranza non ti diverti neanche, perché devi promettere semplicemente.
Vorremmo evitare che accada ciò. Lo sforzo che dobbiamo compiere nella
riflessione attorno a quest'aspetto, per quanto ci riguarda, non è tanto
rivendicare un'età dell'oro del proporzionalismo che, a mio avviso, non è
esistita, perché quel sistema si è retto, non sul proporzionale, ma sulla
clausola di esclusione di una parte del mondo politico, quanto vedere in che
termini un sistema bipolare possa avere una sua elasticità interna idonea a
cogliere la complessità della società italiana. Questo è il punto vero che
abbiamo davanti ed è qui che il sistema che proponete è in crisi, perché si
ripropone un meccanismo di automatismo tra elezioni e tutto ciò che accade
dopo; non è detto che sia sbagliato, per carità, non credo che nessuno abbia la
soluzione in tasca, taumaturgica, di questi problemi. Si discute tanto di
questi elementi. Il caso francese che ricordava il collega Bianco è
profondamente giusto, perché esiste una non rappresentanza sociale e gli
scontri in Francia sono forti perché le domande della società non arrivano, non
sono mediate. La Germania, che è un paese più complesso della Francia, con
tutti i problemi che ha nell'est, riesce a tenere, grazie ad un sistema dove
c'è il proporzionalismo travestito, ma un sostanziale bipartitismo. Noi abbiamo
il pluripartitismo. Se in questo pluripartitismo ci mettiamo anche il
proporzionale puro, allora arriviamo al disordine generale. Se, invece,
vincoliamo il proporzionalismo all'indicazione del premier e
all'abdicazione della coalizione, si tratta soltanto di vedere che tipo di
bipolarismo costruiamo, non essere pro o contro il bipolarismo.
Credo che, nella discussione che abbiamo davanti, dovremmo cercare di riflettere...
PRESIDENTE. Onorevole Violante...
LUCIANO VIOLANTE. ...più approfonditamente (sto per concludere, Presidente) sui meccanismi e chiediamo un po' più di elasticità al sistema, affinché non lo irrigidiscano, altrimenti alcune spinte sociali, quando arrivano, rischiano di rompere il sistema. Al collega Rosso ricordo che oggi la questione di fondo nelle democrazie moderne non è più chi fa le leggi. Il problema è chi governa e chi controlla. Questa è la democrazia moderna. La questione delle leggi è completamente superata, perché ormai le leggi, quasi dappertutto, sostanzialmente, le fanno le maggioranze parlamentari. Il problema vero è di chi controlla e il problema che avremo in questo Parlamento è chi è capace di controllare l'esecutivo. Credo che, nel corso l'esame di questo articolo, dovremo individuare le formule più giuste per reintrodurre elementi di flessibilità. Noi crediamo di averli introdotti, però può darsi che questa cosa non vada bene. Ne discuteremo. Ma questo è il tema reale che abbiamo davanti, altrimenti rischiamo di avere un sistema in cui la rappresentanza non conta alcunché, le spinte sociali non trovano una mediazione politica e si esprimono direttamente contro gli esecutivi; il terzo si può spezzare perché non è in grado di reggere le spinte che vengono dalla società (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo, della Margherita, DL-L'Ulivo e Misto-Comunisti italiani).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Maura Cossutta. Ne ha facoltà.
MAURA
COSSUTTA. Signor Presidente, mi
inserisco in questa discussione che francamente è molto importante ed
interessante. Siamo arrivati ad uno dei punti cruciali di questa riforma
costituzionale che svela con più trasparenza un impianto che oggettivamente -
non voglio fare la polemica con le parole - sovverte il sistema attuale, quello
dei poteri e dei controlli, e la natura e la qualità del nostro sistema
democratico: un impianto oggettivamente - questo è il giudizio politico -
autoritario. Parliamo del Presidente della Repubblica, che già non è più
garante della Costituzione: egli diventa esecutore del primo ministro. Non solo
c'è il problema dello scioglimento delle Camere; a monte c'è una concezione per
cui, rispetto al primato della titolarità dei diritti delle cariche del sistema
dei poteri, vi il primato del suffragio universale. Ossia, il premier
diventa assoluto - un premierato assoluto - perché è suffragato dal potere del
suffragio universale.
Ha ragione l'onorevole Tabacci. Chiamiamolo come vogliamo, ma ciò rappresenta
il cuore, la natura, le finalità, le caratteristiche del presidenzialismo. Non
vi è più la Repubblica (non importa se federale o unita) parlamentare. Si
tratta di una Repubblica che presenta un accentramento nelle mani di un potere
monocratico, un plebiscitarismo, la forma moderna del bonapartismo.
PRESIDENZA DEL PRESIDENTE PIER FERDINANDO CASINI (ore 19,25).
MAURA
COSSUTTA. Non è un caso che le
obiezioni critiche vengano da parlamentari come gli onorevoli Tabacci e La
Malfa. Penso che l'onorevole Tabacci e l'onorevole La Malfa abbiano introdotto
alcuni elementi critici anche perché, per la loro storia, il loro percorso e le
loro radici, fanno parte di quella cultura costituzionalista che è stata comune
per decenni nel nostro paese, alla quale non appartengono i gruppi di Forza
Italia, della Lega Nord Federazione Padana e di Alleanza nazionale.
Le riflessioni poste dall'onorevole Tabacci devono essere raccolte da noi
personalmente. Anche noi eravamo critici - e lei onorevole Tabacci lo sa -
sulla Bicamerale e sulle idee forza che erano passate come se vi fosse la
necessità di intervenire sulla forma di governo per correggere la fragilità del
sistema politico e la debolezza del sistema decisionale dell'esecutivo contro
lo strapotere dei partiti. Vi era, invece, una crisi della rappresentanza e del
ruolo del Parlamento. Questo era e rimane ancora oggi il tema centrale,
indipendentemente dalla questione del sistema proporzionale o di quello
maggioritario, onorevole Violante. Eravamo contro l'accentramento dei poteri
dell'esecutivo ed a favore dei poteri delle Assemblee elettive anche nelle
regioni e nei comuni. Altri hanno votato i nuovi sistemi elettorali con
l'istituzione dei governatori. Non eravamo d'accordo, perché esisteva un grumo
di deriva del sistema democratico.
PRESIDENTE. Onorevole Cossutta, deve terminare!
MAURA
COSSUTTA. Mi scuso, signor
Presidente, e finisco. Dico ciò non per fare polemica ma per capire quale sia
la direzione verso cui andiamo. Esistono tendenze a semplificare ed a ridurre
gli spazi democratici, tendenze a personalizzare e concentrare il potere
politico, un potere sempre più monocratico per governare senza mediazioni
controllando la maggioranza. Tutto ciò, però, significa minore e non maggiore
democrazia.
Onorevole Rosso, quando chiameremo i cittadini al referendum dovremo dare due
messaggi chiari: voi rompete l'unità e l'universalità del sistema di diritti e
rompete il sistema democratico con una cultura autoritaria e plebiscitaria che
straccia i valori costitutivi del sistema democratico
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Acquarone. Ne ha facoltà.
LORENZO ACQUARONE.
Signor Presidente, onorevoli colleghi, i punti essenziali che trovano il nostro
dissenso sono rappresentati dalla lettera a) e dalla lettera d) del
nuovo articolo 23 della Costituzione. È abbastanza ovvio che in caso di morte
del primo ministro o di sua volontà alle dimissioni scatti il secondo comma e
la maggioranza che ha eletto il primo ministro trovi il sostituto. Il problema
delicato e grave esiste nel caso in cui il primo ministro decida autonomamente
senza alcuna motivazione, assumendosene la completa responsabilità, di
sciogliere le Camere e nel caso della lettera d), ipotesi in cui il
primo ministro sia sfiduciato. Rappresenta una forma di premierato, anche mal
collocata, in quanto inserita tra i poteri del Presidente della Repubblica
mentre la forma di governo dovrebbe essere presa in considerazione in altro
luogo. Stiamo, comunque, dando vita ad una forma incostituzionale sotto il
profilo dei principi del costituzionalismo tradizionale.
Il collega Rosso ha citato Montesquieu; ebbene, Montesquieu sosteneva la tesi,
poi ripresa nella Dichiarazione francese dei diritti dell'uomo, che uno Stato où
la séparation des pouvoirs n'est pas assurèe, n'a point de constitution. In
altri termini, non c'è Costituzione dove non c'è una separazione dei poteri.
Il rafforzamento dei poteri del primo ministro può essere giusto ma deve essere
bilanciato da un rafforzamento dei poteri del Parlamento; ha usato espressioni
dure ma ha ragione l'onorevole Maura Cossutta quando dichiara che ci si avvia
verso forme di bonapartismo o peronismo ovvero verso forme di deriva
plebiscitaria.
Mi riferisco all'idea che il vincitore di una elezione, per gli anni in cui
dura il mandato del Parlamento, sia sostanzialmente quasi legibus solutus, potendo
imporre la propria volontà. Infatti, quando presenta una sua proposta di legge
ed il Parlamento la respinge, avrebbe il potere di sciogliere le Camere;
quindi, ci stiamo conducendo contro i principi del costituzionalismo moderno. È
il problema forse più importante e più delicato della discussione di carattere
costituzionale che si sta svolgendo in questi giorni. Ho l'impressione che la
questione effettivamente sia stata trattata con molta leggerezza e con scarso
approfondimento nonostante sia veramente il punto nodale di questa riforma
costituzionale. Il punto che veramente legittimerebbe, ove fosse approvato, il
ricorso alla volontà popolare.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Delbono. Ne ha facoltà.
EMILIO
DELBONO. Signor Presidente,
vorrei dire all'onorevole Tabacci che non si può, anche con artificio retorico,
mistificare la realtà; non è per niente vero che il cuore di questo articolo
fosse previsto dalla Bicamerale.
Il tema è il potere di scioglimento delle Camere da parte del premier;
questo è il punto. Non si tratta di un elemento di rigidità del sistema, come
ha dichiarato l'onorevole Violante; è un attacco ai principi cardine del
sistema stesso. La democrazia parlamentare viene infinitamente indebolita;
l'articolo poi è incompatibile con il divieto di mandato imperativo dei
deputati perché porta chiaramente all'abrogazione dello stesso. Infatti, ogni
parlamentare eletto, anzitutto rappresenta il popolo e l'unità nazionale, prima
ancora della sua maggioranza. Quindi, si tratta di un articolo anche
inapplicabile. Cosa significa la maggioranza espressa dalle elezioni politiche?
Quanti, per esempio, sono stati eletti nella quota proporzionale, e non con il
maggioritario uninominale, potrebbero tranquillamente aderire ad una nuova
maggioranza in una fase successiva; farebbero parte o meno della maggioranza? E
come è possibile introdurre il principio della costituzionalizzazione del programma,
altro elemento inconsistente (Applausi dei deputati dei gruppi della
Margherita, DL-L'Ulivo e dei Democratici di sinistra-L'Ulivo).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Bottino. Ne ha facoltà.
ANGELO BOTTINO. Ritengo che con la modifica della Costituzione si debba evitare di fare perdere ogni valore alla Carta del 1947. Credo sia preoccupante alterare i rapporti tra esecutivo e Parlamento e concentrare i poteri del Presidente del Consiglio se non si usa un metodo collaborativo di discussione. Ho letto il parere dei costituzionalisti; pareri che mi pare siano, in questo momento, abbastanza preoccupati. Ho ascoltato anche il monito del Presidente Ciampi e penso che il Capo dello Stato abbia centrato l'obiettivo. Penso che tale preoccupazione debba essere sentita da tutti.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Carbonella. Ne ha facoltà.
GIOVANNI CARBONELLA. Solo
pochissime parole, signor Presidente, per dire che l'articolo in questione deve
essere assolutamente soppresso in quanto umilia il ruolo del Presidente della
Repubblica, svilisce quello delle Camere, mortifica il ruolo dei deputati e
cambia il volto sociale del paese in quanto si parte da questa modifica per
trasformare un modello di società. Un modello al quale tutti quanti abbiamo
contribuito al fine di creare un patrimonio culturale e valoriale diverso da
quello che si vuole instaurare.
Ha ragione l'onorevole Gerardo Bianco quando afferma che si vuole creare una
società piramidale, dove c'è solamente un vertice ed una base! In questo caso,
infatti, si mortifica, si umilia, si sconfessa e si annulla l'evoluzione di una
società che vede i corpi intermedi essere parte attiva e filtro tra i vertici e
la base, e dunque si mortifica il pluralismo, che rappresenta il valore
essenziale...
PRESIDENTE. Grazie, onorevole Carbonella.
GIOVANNI CARBONELLA. ...che una società moderna deve avere!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Giachetti. Ne ha facoltà.
ROBERTO GIACHETTI. Signor Presidente, le debbo confessare che non nutro grandi certezze riguardo a questo argomento.
Le devo altresì
confessare che ritengo che il dibattito che proprio su tale questione si è
sviluppato costituisca una discussione di valore, e si tratta di un dibattito
che ha un valore anche nella misura in cui il Parlamento, ed in particolare
questa Assemblea, dovrebbe possedere la forza del dialogo tra le parti e, in talune
occasioni, anche la forza di fermarsi un secondo.
Ho ascoltato parole autorevoli da una parte e dall'altra, signor Presidente, e
non credo che nessuno abbia argomentato in modo strumentale, ostruzionistico od
opportunistico.
Dal momento che ho concluso i secondi a mia disposizione, signor Presidente,
rimetto alla riflessione del relatore e presidente della I Commissione (che in
questo caso credo abbia qualche responsabilità) l'ipotesi di verificare se la
proposta inserita nel testo del provvedimento sia effettivamente una soluzione
matura, oppure se non vi siano, anche alla luce del dibattito svoltosi in
quest'aula, ed al fine di dare dignità e rispetto al nostro dibattito, le
condizioni per prendere del tempo e compiere un'ulteriore riflessione riguardo
a tale norma, magari modificandola...
PRESIDENTE.
Grazie, onorevole Giachetti.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale,
l'onorevole Duilio. Ne ha facoltà.
LINO
DUILIO. Signor Presidente,
concordo con l'onorevole Tabacci quando sostiene che l'attuale situazione è
figlia di cause che risalgono a tempi lontani. Mi riferisco al cosiddetto
sindaco d'Italia, alla tendenza culturale a trasferire nella politica il
modello imprenditoriale ed a una condizione partitica che ha anticipato, in sé,
il potere assoluto dei capi di partito: i partiti, infatti, anticipano sempre -
ahimè - ciò che successivamente accade all'interno delle istituzioni.
Il problema è che stiamo dando vita ad un «pastrocchio»: mi riferisco ad un
premierato absolutus, vale a dire svincolato da qualsiasi controllo -
credo che sia questa la vera questione - e che svilisce il ruolo del
Parlamento. Onorevole Rosso, vorrei dirle che, in questo caso, il problema è
non ciò che si è sostenuto prima, bensì se sia vero o meno che il Parlamento
viene ridotto ad una condizione sostanzialmente insignificante.
Dal momento che ci deve stare a cuore tale questione, si può anche prendere in
considerazione l'ipotesi del premierato; poi, vi sarà chi condividerà o meno
tale scelta, tuttavia, possiamo vedere già adesso come è ridotto il
Parlamento...
PRESIDENTE. Onorevole Duilio, concluda!
LINO DUILIO. ... ed immaginiamo che cosa diventerà in futuro!
PRESIDENTE. Grazie, onorevole Duilio.
LINO DUILIO. Non credo che ciò significhi maggiore democrazia (Applausi dei deputati del gruppo della Margherita, DL-L'Ulivo)!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Lettieri. Ne ha facoltà.
MARIO
LETTIERI. Signor Presidente, il
dibattito ha evidenziato come l'articolo 23 del disegno di legge costituzionale
in esame sia forse il più delicato dell'intero provvedimento. Esso, infatti,
espropria sostanzialmente il Presidente della Repubblica del potere di
scioglimento delle Camere, attribuendolo, di fatto, al Presidente del
Consiglio, il quale diventa, rispetto al Parlamento, un dominus
assoluto: come ha già affermato il collega Acquarone, diviene così un dominus
legibus solutus.
Non so se sarà effettivamente così, tuttavia è certo che vi sarà uno stravolgimento
degli equilibri costituzionali. La separazione dei poteri e l'equilibrio tra
essi sono, in un assetto costituzionale, indispensabili per garantire il
funzionamento del sistema democratico. In quest'aula, forse suscitando anche
qualche «sorrisetto», ho più volte affermato che in questo paese si corre il
rischio di avere un peronismo all'italiana, un peronismo nostrano...
PRESIDENTE. Onorevole Lettieri, concluda!
MARIO LETTIERI. Il testo al nostro esame, purtroppo, lo conferma...
PRESIDENTE.
Grazie, onorevole Lettieri.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale,
l'onorevole Marino. Ne ha facoltà.
MAURO MARIA MARINO.
Signor Presidente, stiamo toccando un punto che fa finalmente respirare a
questa Assemblea un clima costituente; permettetemi, allora, un riferimento
storico.
Vorrei ricordare che nello Statuto albertino, Carta costituzionale ottriata
concessa nel 1848, era previsto il potere discrezionale di scioglimento delle
Camere da parte del Re. Ma lo Statuto albertino, permettetemi, non parlava di
cittadini. Parlava di «regnicoli», e non penso che a ciò vogliamo - o dobbiamo
- ritornare.
L'articolo 88 della Costituzione vigente, nel momento in cui riconosce il
potere di scioglimento delle Camere al Presidente della Repubblica, non lo
intende come un potere discrezionale o frutto del caso, ma come il frutto di
una complessa architettura costituzionale, che fa del Capo dello Stato il
baricentro, delicato e bilanciato, del sistema di potere.
Oggi, con la nuova norma, si assoggetta, di fatto, il potere legislativo a
quello esecutivo. Il Presidente della Repubblica diventa un notaio e si va,
com'è stato notato precedentemente, contro il principio della separazione dei
poteri e si mortifica il ruolo del Parlamento, unica sede del pluralismo in
Italia (Applausi dei deputati dei gruppi della Margherita, DL-L'Ulivo e dei
Democratici di sinistra-L'Ulivo).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Sinisi. Ne ha facoltà.
GIANNICOLA SINISI.
Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor rappresentante del Governo,
l'articolo 23 non pone in gioco la maggiore o minore propensione al federalismo
o al centralismo. Esso pone in gioco la funzione di rappresentanza politica
della Camera ed il ruolo di garante della Costituzione del Capo dello Stato.
Il semplicismo della proposta che avanzate, con una maggioranza uscita dalle
elezioni «ingessata», rende incomprensibile un Parlamento con oltre cinquecento
deputati. Ne basterebbero due, di cui uno faccia l'amministratore delegato, in
rappresentanza del socio di maggioranza. Lo state scoprendo anche voi,
finalmente, che lo Stato non è un'azienda e che le istanze dei cittadini, se
non rappresentate in democrazia, possono prendere strade assai pericolose, come
insegna la storia.
Ripensiamoci insieme e costruiamo insieme una nuova Costituzione, più
rispettosa di tali principi (Applausi dei deputati del gruppo della
Margherita, DL-L'Ulivo).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Grandi. Ne ha facoltà.
ALFIERO
GRANDI. Signor Presidente,
questo articolo è, a mio giudizio, il cuore del provvedimento. Con esso,
infatti, si assiste ad un cambio di qualità di tutto l'impianto.
Nel momento in cui il Presidente della Repubblica non è più organo di garanzia,
si aprono problemi molto seri, e si può discutere - e noi discutiamo in
dissenso - rispetto all'impianto che è stato costruito. A questo punto, si
entra direttamente in collisione con il ruolo dei parlamentari, in particolare
con l'assenza del vincolo di mandato e - di fatto - il Presidente del
Consiglio, come dice del resto il testo di questa norma, diventa l'unico
responsabile dello scioglimento delle Camere.
Ciò è, francamente, un modo inaccettabile di affrontare il rapporto e
l'equilibrio tra i poteri. Vi sono, naturalmente, diversi modelli possibili:
uno di essi è stato ricordato dall'onorevole Tabacci, ossia il modello tipico
degli Stati Uniti. Vi sono altri modelli ancora; se ne possono scegliere molti.
Ciò che non si può scegliere è che nell'ambito di un'unica figura, il
Presidente del Consiglio, vi sia contemporaneamente il vincolo ai parlamentari
e, per di più, l'autodecisione.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Spini. Ne ha facoltà.
VALDO
SPINI. Signor Presidente,
onorevoli colleghi, vorrei capire chi, nella società italiana, in questo
momento avverte il problema di trasferire poteri dal Presidente della
Repubblica al primo ministro. Credo che sia veramente un dialogo fuori della
realtà.
Vi dico «no», non in nome della conservazione, perché nella Commissione
bicamerale per le riforme istituzionali - onorevole Rosso - ho votato per
l'ipotesi semipresidenzialista, sull'esempio di uno dei miei punti di
riferimento, Piero Calamandrei. Non ho paura di eleggere un Presidente della
Repubblica. Ciò di cui ho paura è togliere ad eletti del popolo, ai
parlamentari...
NUCCIO CARRARA. Lo togli al popolo, il diritto!
VALDO SPINI. ...i loro poteri e le loro prerogative, a vantaggio di una specie di «dittatore della coalizione». Certo, il giorno in cui la coalizione sarà, come Retequattro, Canale 5, Italia 1, all'interno dello stesso gruppo azionario, allora sarete contenti! Avrete un dittatore, ma voi stessi non conterete nulla e non sarete in grado di esercitare il vostro mandato parlamentare.
PRESIDENTE.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sugli identici
emendamenti Mascia 23.1 e Boato 23.4, non accettati dalla Commissione né dal
Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la
votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 412
Votanti 407
Astenuti 5
Maggioranza 204
Hanno votato sì 177
Hanno votato no 230).
MAURA COSSUTTA. Signor Presidente, non è possibile! Alcuni votano anche per tre!
RENZO INNOCENTI. Signor Presidente!
PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, scusate, c'erano settanta voti di scarto!
MAURA COSSUTTA. Non è questione di settanta voti, signor Presidente!
PIERO RUZZANTE. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
PIERO RUZZANTE. Signor Presidente, vi era stata una sua dichiarazione, nel primo pomeriggio, se non ricordo male, relativa al passaggio al secondo punto dell'ordine del giorno, che prevede la discussione del disegno di legge di conversione del decreto-legge relativo all'applicazione delle imposte sui mutui e di agevolazioni per le imprese danneggiate da eventi alluvionali, relativamente all'esame e alla votazione di una questione pregiudiziale. Lei aveva dichiarato che si sarebbe passati a tale punto attorno alle 19,30, con un margine...
PRESIDENTE. Attorno alle 19,30-20.
PIERO RUZZANTE. Poiché sono le 19...
PRESIDENTE. Chiedo al presidente della Commissione affari costituzionali: se l'emendamento di cui stiamo cominciando l'esame è, per così dire, complicato, potremmo rinviarlo alla seduta di domani mattina...
DONATO
BRUNO, Relatore.
Presidente, sono tutti articoli complicati, qualcuno di più e qualcuno di meno.
Faccio notare solamente che, se l'andamento dei lavori dovesse continuare ad
essere come quello cui, purtroppo, abbiamo assistito nella giornata di oggi,
chiedo ai colleghi dell'opposizione, che hanno il sacrosanto diritto di
dibattere in aula, se questo modo di procedere li soddisfi. Senza nulla
prevedere su ciò che lei deciderà nella Conferenza dei presidenti di gruppo
convocata per domani, ho la sensazione che qualsiasi tempo dovesse ritenere di
concedere, se l'andamento dei lavori è questo, voteremmo a malapena 30 o 40
emendamenti, senza entrare nel cuore dei problemi.
Lo ripeto: è un appello che rivolgo ai colleghi sia dell'opposizione che della
maggioranza. Non credo che questo sia un modo di procedere dignitoso su una
riforma costituzionale. Quindi, mi sta bene anche interrompere i lavori adesso.
Non è un problema, tanto potremmo fare una sola votazione, quando ne abbiamo ancora
circa duecento. Vorrei capire dall'opposizione come intende procedere (Applausi
dei deputati dei gruppi di Forza Italia e della Lega Nord Federazione Padana).
LUCIANO VIOLANTE. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
LUCIANO VIOLANTE. Signor Presidente, come credo che riconosceranno anche i colleghi della maggioranza e il presidente Bruno, oggi abbiamo anche discusso di cose molto importanti e in termini seri. Invece delle 9.30, abbiamo cominciato alle 11 perché i colleghi della maggioranza non c'erano (Commenti - Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo).
ELIO VITO. Voi dove eravate?
PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, lasciamo concludere l'onorevole Violante, tanto le polemiche...
LUCIANO VIOLANTE. Infatti, se lei ha la pazienza di leggere il resoconto stenografico, vedrà che stamattina si sono svolti tutti interventi dei colleghi della maggioranza.
ELIO VITO. Perché voi non c'eravate!
LUCIANO VIOLANTE. Nel
pomeriggio abbiamo cominciato alle 16.30 perché hanno parlato i colleghi della
maggioranza.
Il problema è il seguente. Se i colleghi della maggioranza sono in aula, noi
discutiamo e lavoriamo. Se non ci sono, non si può chiedere all'opposizione di
sostenere un provvedimento che non condivide. Questo è il problema!
PRESIDENTE.
Onorevoli colleghi, il presidente della Commissione affari costituzionali,
secondo me, ha svolto un intervento pacato, peraltro richiesto dal Presidente
stesso, e si è dichiarato disponibile a terminare ora i lavori. Egli ha fatto
delle considerazioni che saranno oggetto della Conferenza dei presidenti di
gruppo convocata per domani alle 13, alla quale, presidente Bruno, la invito
fin da adesso a partecipare perché, per sapere come potrà proseguire l'iter di
questa riforma costituzionale, ho bisogno del suo aiuto e della sua assistenza.
Come voi sapete, i tempi aggiuntivi vengono concessi sulla base del fatto che
non ci siano ostruzionismi di nessun tipo. Debbo dire che oggi si sono svolti
tantissimi interventi importanti. Poi, come sempre capita in questi casi, ce ne
sono stati molti altri che, invece, forse sono stati ripetitivi e non
essenziali.
Debbo dire anche che capisco le problematiche sollevate; le capiamo tutti. A
mio parere, occorrerà quasi sicuramente che i colleghi vengano già lunedì
mattina, perché difficilmente potremo iniziare (Commenti)... Onorevoli
colleghi...
ELIO VITO. Chiedo di parlare per un richiamo al regolamento.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ELIO VITO. L'articolo 48-bis, votato dall'Assemblea il 24 settembre 1997, su proposta del Presidente Violante, al comma 1 recita che è dovere dei deputati partecipare ai lavori della Camera (Applausi dei deputati del gruppo di Forza Italia). In quell'occasione il Presidente Violante (Commenti) svolse una dotta esposizione su questo dovere dei deputati della maggioranza e dell'opposizione, e non è la prima volta (Applausi polemici dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-L'Ulivo e della Margherita, DL-L'Ulivo)...
PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, l'onorevole Elio Vito ha diritto di parlare come tutti gli altri.
ELIO
VITO.... che sostiene tesi
sulla funzione e sul ruolo del Parlamento, mentre da Presidente della Camera
sosteneva esattamente il contrario.
Quindi, Presidente, credo che lei abbia dato giustamente tempi ampi per l'esame
del provvedimento.
MARCO BOATO. Non è la Conferenza dei presidenti di gruppo questa!
ELIO VITO. La maggioranza sta partecipando al dibattito ed alle votazioni. Sui tempi ampi da lei concessi noi non ci lamentiamo, ma che si lamenti addirittura l'opposizione mi sembra (Applausi dei deputati del gruppo di Forza Italia)...
PRESIDENTE.
Onorevole Vito, non si preoccupi: domani parleremo di queste cose.
Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.
Allegato A
Seduta n. 523 del 7/10/2004
DISEGNO DI LEGGE COSTITUZIONALE: S. 2544 - MODIFICAZIONI DI ARTICOLI DELLA PARTE II DELLA COSTITUZIONE (APPROVATO, IN PRIMA DELIBERAZIONE, DAL SENATO DELLA REPUBBLICA) (4862) ED ABBINATE PROPOSTE DI LEGGE COSTITUZIONALI ZELLER ED ALTRI; BIELLI; SPINI E ANGIONI; BUTTIGLIONE ED ALTRI; CONTENTO; COLA; PISAPIA; SELVA; SELVA; SELVA; BIANCHI CLERICI; PERETTI; VOLONTÈ; PISAPIA; LUSETTI ED ALTRI; ZACCHEO; MANTINI ED ALTRI; SODA; OLIVIERI E KESSLER; COSTA; SERENA; PISICCHIO ED ALTRI; BOLOGNESI ED ALTRI; PAROLI; BUONTEMPO; ZELLER ED ALTRI; COLLÈ; VITALI ED ALTRI; MAURANDI ED ALTRI; OLIVIERI; BOATO; STUCCHI; CENTO; MONACO; PACINI; CONSIGLIO REGIONALE DELLA PUGLIA; CONSIGLIO REGIONALE DELLA PUGLIA; CHIAROMONTE ED ALTRI; CABRAS ED ALTRI; MANTINI; LA MALFA; BRIGUGLIO ED ALTRI; FRANCESCHINI; PISAPIA; COSTA; PERROTTA ED ALTRI; FIORI (72-113-260-376-468-582-721-874-875-877-966-1162-1218-1287-1403-1415-1608-1617-1725-1805-1964-2027-2116-2123-2168-2320-2413-2568-2909-2994-3058-3489-3523-3531-3541-3572-3573-3584-3639-3684-3707-3885-4023-4393-4451-4805-5044)
(A.C. 4862 ed abb. - Sezione 1)ARTICOLO 19 DEL DISEGNO DI LEGGE COSTITUZIONALE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE
Capo II
MODIFICHE AL TITOLO II DELLA PARTE II DELLA COSTITUZIONE
Art. 19.
(Elezione del Presidente della Repubblica).
1. L'articolo 83 della
Costituzione è sostituito dal seguente:
«Art. 83. - Il Presidente della Repubblica è eletto dall'Assemblea della
Repubblica, presieduta dal Presidente della Camera dei deputati, costituita dai
componenti delle due Camere, dai Presidenti delle Giunte delle Regioni e delle
Province autonome di Trento e di Bolzano e dai delegati eletti dai Consigli
regionali in modo che sia assicurata la rappresentanza proporzionale rispetto
alla composizione di ciascun Consiglio. Ciascun Consiglio regionale elegge tre
delegati. La Valle d'Aosta ha un solo delegato. Ciascun Consiglio regionale
elegge altresì un numero ulteriore di delegati in ragione di un delegato per
ogni milione di abitanti nella Regione. I delegati sono eletti, per non meno
della metà, tra i sindaci, presidenti di Provincia o Città metropolitana della
Regione.
Il Presidente della Repubblica è eletto a scrutinio segreto con la maggioranza
dei due terzi dei componenti l'Assemblea della Repubblica. Dopo il quarto
scrutinio è sufficiente la maggioranza assoluta»
PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO 19 DEL DISEGNO DI LEGGE COSTITUZIONALE
Capo
II
MODIFICHE AL TITOLO II DELLA COSTITUZIONE
ART. 19.
(Elezione del Presidente della Repubblica).
Sopprimerlo.
Conseguentemente,
sopprimere l'articolo 20.
19. 2. Leoni, Boato, Bressa, Amici, Cabras, Cusumano, Fistarol, Intini,
Loiero, Maccanico, Maran, Marone, Montecchi, Olivieri, Pappaterra, Soda,
Mascia, Russo Spena, Maura Cossutta, Zanella, Sgobio, Ruggeri, Milana,
Ruzzante, Bottino, Pistone.
Sostituirlo con il
seguente:
1. L'articolo 83 della Costituzione è sostituito dal seguente:
«Art. 83. Il Presidente della Repubblica è eletto a suffragio universale
diretto a maggioranza assoluta dei voti validi.
Quando non è raggiunta la maggioranza assoluta, si procede al ballottaggio tra
i due candidati che hanno riportato il maggior numero di voti. È eletto colui
che ottiene il maggior numero di voti.
Sono elettori i cittadini iscritti nelle liste elettorali per l'elezione della
Camera dei deputati.
Il Presidente della Repubblica è eletto per cinque anni».
Conseguentemente:
sostituire l'articolo 20 con il seguente:
Art. 20. - 1. L'articolo 85 della Costituzione è sostituito dal seguente:
«Art. 85. - Trenta giorni prima della scadenza del termine di cinque anni, i
presidenti dei gruppi parlamentari e i presidenti o segretari dei partiti
politici rappresentati in Parlamento, con la sottoscrizione di cinquantamila
elettori, e i comitati promotori, con la sottoscrizione di centomila elettori,
presentano alle presidenze delle Camere le candidature alla carica di
Presidente della Repubblica con dichiarazione autografa di accettazione del
candidato.
I Presidenti delle due Camere indicono i comizi elettorali fra il trentesimo ed
il quindicesimo giorno antecedente la scadenza del termine di cinque anni.
Quando una delle due Camere è sciolta, o mancano meno di tre mesi alla sua
cessazione, l'elezione ha luogo entro trenta giorni dalla riunione della nuova
Camera. Nel frattempo sono prorogati i poteri del Presidente della Repubblica
in carica.
Le modalità dell'elezione sono regolate con legge dello Stato.»;
all'articolo 21, sostituire il comma 2 con il seguente:
2. All'articolo 86 della Costituzione, il secondo comma è sostituito dal
seguente:
«Dal giorno della constatazione di impedimento permanente, della morte ovvero
delle dimissioni del Presidente della Repubblica, i Presidente delle due Camere
assegnano un termine di otto giorni per la presentazione delle candidature ed
indicono i comizi elettorali per il ventiduesimo giorno successivo, salvo i
maggiori termini quando le Camere sono sciolte o mancano meno di tre mesi alla
loro cessazione».
19. 76. Buontempo.
Sostituirlo con il
seguente:
1. All'articolo 83 della Costituzione, il secondo comma è sostituito dal
seguente:
«All'elezione partecipano i Presidenti di ciascun Consiglio regionale e i Presidenti dei Consigli delle province autonome di Trento e di Bolzano.».
Conseguentemente,
sostituire l'articolo 20 con il seguente:
Art. 20 - 1. All'articolo 85 della Costituzione, il secondo comma è sostituito
dal seguente: «Trenta giorni prima che scada il termine, il Presidente della
Camera dei deputati convoca in seduta comune il Parlamento, integrato dai Presidenti
di ciascun Consiglio regionale e i Presidenti dei Consigli delle province
autonome di Trento e di Bolzano, per eleggere il nuovo Presidente della
Repubblica.».
19. 4. Mascia, Giordano.
Al comma 1, capoverso Art. 83, primo comma, sostituire le parole da: costituita dai fino alla fine del comma con le seguenti: e composta per metà dai deputati e per metà dai senatori e da rappresentanti delle Regioni e delle autonomie locali. I rappresentanti delle Regioni e delle autonomie locali sono eletti per metà dai Consigli regionali e per metà dai Consigli delle autonomie locali, secondo le disposizioni stabilite dalla legge.
Conseguentemente,
all'articolo 43, dopo il comma 3, aggiungere il seguente:
3-bis. Fino all'entrata in vigore della legge di cui all'articolo 83
della Costituzione, i rappresentanti delle autonomie locali sono eletti dal
Consiglio regionale. La suddivisione dei rappresentanti delle Regioni e delle
autonomie locali è effettuata in proporzione alla popolazione delle Regioni,
come risulta dall'ultimo censimento generale, sulla base dei quozienti interi e
dei più alti resti.
19. 11. Bressa, Boato, Leoni, Amici, Cabras, Cusumano, Fistarol, Intini,
Loiero, Maccanico, Maran, Marone, Montecchi, Olivieri, Pappaterra, Soda,
Zanella.
Al comma 1, capoverso
Art. 83, primo comma, primo periodo, sopprimere le parole da:
dai Presidenti fino a: di Bolzano.
19. 77. Boato, Leoni, Bressa, Maura Cossutta, Provera,
Pappaterra, Cusumano, Zanella.
Subemendamenti all'emendamento 19. 200.
All'emendamento 19. 200.,
dopo il primo periodo, aggiungere il seguente:
Per il Trentino-Alto Adige/Südtirol ciascun consiglio provinciale elegge un
delegato.
0. 19. 200. 1. Zeller, Brugger, Widmann, Collè, Detomas, Boato, Bressa,
Olivieri, Kessler.
(Testo modificato nel
corso della seduta).
(Approvato).
All'emendamento 19.
200., secondo periodo, sopprimere la parola:
solo.
0. 19. 200. 3. Duca.
All'emendamento 19.
200., terzo periodo, dopo la parola:
milione aggiungere le seguenti: , o frazione superiore e cinquecentomila,
0. 19. 200. 7. Boccia.
All'emendamento 19.
200., ultimo periodo, sostituire le parole:
che sia assicurata comunque la rappresentanza delle minoranze con la
seguente: proporzionale.
0. 19. 200. 6. Boccia.
All'emendamento 19.
200., ultimo periodo, sostituire la parola:
minoranze con le seguenti: opposizioni.
0. 19. 200. 2. Carrara, Nespoli, Cristaldi, Saia, Lo Presti.
Al comma 1, capoverso
Art. 83, primo comma, primo periodo, sostituire le parole da:
in modo che fino alla fine del comma con le seguenti: . Ciascun
Consiglio regio-nale, elegge due delegati. La Valle d'Aosta-Vallé d'Aoste ha un
solo delegato. Ciascun Consiglio regionale elegge altresì un numero ulteriore
di delegati in ragione di un delegato per ogni milione di abitanti nella
Regione. L'elezione di tutti i delegati avviene in modo che sia assicurata
comunque la rappresentanza delle minoranze.
19. 200. Elio Vito, Anedda, Volontè, Cè, La Malfa, Moroni.
(Testo corretto).
(Approvato).
Al comma 1, capoverso
Art. 83, primo comma, primo periodo, sostituire le parole da:
in modo che fino a: tre delegati con le seguenti: . Ciascun
Consiglio regionale elegge tre delegati, in modo che sia assicurata la
rappresentanza delle minoranze.
19. 73. Leoni, Boato, Bressa, Amici, Cabras, Cusumano, Fistarol, Intini,
Loiero, Maccanico, Maran, Marone, Montecchi, Olivieri, Pappaterra, Soda,
Mascia, Russo Spena, Maura Cossutta, Zanella, Sgobio, Pisapia.
Al comma 1, capoverso
Art. 83, primo comma, primo periodo, sostituire le parole
da: proporzionale fino alla fine del periodo con le seguenti:
delle minoranze.
19. 78. Leoni, Bressa, Boato, Vendola, Maura Cossutta,
Pappaterra, Cusumano, Zanella.
Al comma 1, capoverso
Art. 83, primo comma, secondo periodo, dopo le parole:Consiglio
regionale aggiungere le seguenti: e, per la regione Trentino-Alto
Adige/Südtirol, ciascun Consiglio provinciale.
19. 9. Boato, Leoni, Bressa, Amici, Cabras, Cusumano, Fistarol, Intini,
Loiero, Maccanico, Maran, Marone, Montecchi, Olivieri, Pappaterra, Soda, Maura
Cossutta, Zanella, Sgobio.
Al comma 1, capoverso
Art. 83, primo comma, sopprimere il terzo periodo.
19. 10. Boato, Bressa, Leoni, Amici, Cabras, Cusumano, Fistarol, Intini,
Loiero, Maccanico, Maran, Marone, Montecchi, Olivieri, Pappaterra, Soda, Maura
Cossutta, Zanella, Sgobio.
Al comma 1, capoverso
Art. 83, primo comma, sopprimere il quarto periodo.
19. 79. Bressa, Boato, Leoni, Maura Cossutta, Valpiana,
Pappaterra, Cusumano, Zanella.
Al comma 1, capoverso
Art. 83, primo comma, sostituire il quinto periodo con il seguente:
I rappresentanti delle Regioni sono eletti per metà dai Consigli regionali e
per metà dai Consigli delle autonomie lecali, secondo le disposizioni stabilite
dalla legge.
19. 80. Boato, Leoni, Bressa, Pappaterra, Cusumano, Zanella.
Al comma 1, capoverso Art.
83, secondo comma, dopo il primo periodo, aggiungere il seguente:
Dopo il secondo scrutinio è sufficiente la maggioranza dei tre quinti dei
componenti l'Assemblea.
19. 75. Perrotta.
Al comma 1, capoverso Art. 83, secondo comma, dopo il primo periodo, aggiungere il seguente: Dopo il terzo scrutinio è sufficiente la maggioranza dei tre quinti dei componenti.
Conseguentemente, al
secondo periodo, sostituire la parola:
quarto con la seguente: quinto.
19. 201. Elio Vito, Anedda, Volontè, Cè, La Malfa, Moroni.
(Approvato)
Al comma 1, capoverso
Art. 83, secondo comma, secondo periodo, sostituire la parola:
assoluta con le seguenti: dei due terzi dei voti espressi, comunque non
inferiore alla maggioranza assoluta dei componenti.
19. 12. Bressa, Leoni, Boato, Amici, Cabras, Cusumano, Fistarol, Intini,
Loiero, Maccanico, Maran, Marone, Montecchi, Olivieri, Pappaterra, Soda,
Mascia, Russo Spena, Zanella.
Dopo l'articolo 19,
aggiungere il seguente:
Art. 19-bis. (Età minima del Presidente della Repubblica). - 1.
All'articolo 84, primo comma, della Costituzione, le parole «cinquant'anni»
sono sostituite dalle seguenti: «quarant'anni».
19. 01.
Boato, Bressa, Leoni, Amici, Cabras, Cusumano, Fistarol, Intini, Loiero,
Maccanico, Maran, Marone, Montecchi, Olivieri, Pappaterra, Soda, Mascia, Russo
Spena, Zanella, Ruzzante.
(Approvato)
(A.C. 4862 ed abb. - Sezione 2)
ARTICOLO 20 DEL DISEGNO DI LEGGE COSTITUZIONALE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO
Art. 20.
(Convocazione dell'Assemblea della Repubblica).
1. All'articolo 85 della
Costituzione, i commi secondo e terzo sono sostituiti dai seguenti:
«Sessanta giorni prima che scada il termine, il Presidente della Camera dei
deputati convoca l'Assemblea della Repubblica per eleggere il nuovo Presidente
della Repubblica.
Se la Camera dei deputati è sciolta, o manca meno di tre mesi alla sua
cessazione, la elezione ha luogo entro quindici giorni dalla riunione della
Camera nuova. Nel frattempo sono prorogati i poteri del Presidente in carica».
PROPOSTA EMENDATIVA RIFERITA ALL'ARTICOLO 20 DEL DISEGNO DI LEGGE COSTITUZIONALE
ART. 20.
(Convocazione dell'Assemblea della Repubblica).
Al comma 1, capoverso,
sostituire la parola: Sessanta con la
seguente: Trenta.
20. 70. Leoni, Bressa, Boato, Maura Cossutta, Mantovani, Pappaterra,
Cusumano, Zanella.
(A.C. 4862 ed abb. - Sezione 3)
ARTICOLO 21 DEL DISEGNO DI LEGGE COSTITUZIONALE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO
Art. 21.
(Supplenza del Presidente della Repubblica).
1. All'articolo 86 della
Costituzione, il primo comma è sostituito dal seguente:
«Le funzioni del Presidente della Repubblica, in ogni caso in cui egli non
possa adempierle, sono esercitate dal Presidente del Senato federale della
Repubblica».
2. All'articolo 86, secondo comma, della Costituzione, le parole: «se le Camere sono sciolte o manca meno di tre mesi alla loro cessazione» sono sostituite dalle seguenti: «se la Camera dei deputati è sciolta o manca meno di tre mesi alla sua cessazione».
PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO 21 DEL DISEGNO DI LEGGE COSTITUZIONALE
ART.
21.
(Supplenza del Presidente della Repubblica).
Sopprimerlo.
21. 70. Bressa, Boato, Leoni, Amici, Cabras, Cusumano, Fistarol, Intini,
Loiero, Maccanico, Maran, Marone, Montecchi, Olivieri, Pappaterra, Soda,
Mascia, Russo Spena, Maura Cossutta, Zanella, Sgobio, Pistone.
Al comma 1, capoverso,
sostituire le parole: in cui con la
seguente: che.
21. 25. La Commissione.
(Approvato)
Al comma 1, capoverso, sostituire le parole: del Senato federale della Repubblica con le seguenti: della Camera dei deputati.
Conseguentemente,
sopprimere il comma 2.
21. 1. Mascia, Leoni, Bressa, Boato, Giordano, Zanella.
Al comma 1, capoverso, sostituire le parole: del Senato federale della Repubblica con le seguenti: della Camera dei deputati.
Conseguentemente,
al comma 2, sostituire le parole da: se le Camere sono sciolte fino
alla fine del comma, con le seguenti: «il Presidente della Camera dei
deputati indice la elezione del nuovo Presidente della Repubblica entro
quindici giorni, salvo il maggior termine previsto se le Camere sono sciolte o
manca meno di tre mesi alla loro cessazione» sono sostituite dalle seguenti:
«il Presidente del Senato federale della Repubblica indice la elezione del
nuovo Presidente della Repub-blica entro quindici giorni, salvo il maggior
termine previsto se la Camera dei deputati è sciolta o manca meno di tre mesi
alla sua cessazione».
21. 2. Boato, Bressa, Leoni, Amici, Cabras, Cusumano, Fistarol, Intini,
Loiero, Maccanico, Maran, Marone, Montecchi, Olivieri, Pappaterra, Soda,
Mascia, Giordano, Maura Cossutta, Zanella, Sgobio.
Al comma 1, capoverso,
sostituire le parole: del Senato federale
della Repubblica con le seguenti: della Camera dei deputati.
21. 3. Leoni, Bressa, Boato, Amici, Cabras, Cusumano, Fistarol, Intini,
Loiero, Maccanico, Maran, Marone, Montecchi, Olivieri, Pappaterra, Soda,
Mascia, Pisapia, Maura Cossutta, Zanella, Sgobio, Pistone.
Al comma 1, capoverso,
dopo le parole: Senato federale della
Repubblica aggiungere le seguenti: o, in caso di impossibilità di
quest'ultimo, dal Presidente della Camera dei deputati.
21. 71. Perrotta.
(A.C. 4862 ed abb. - Sezione 4)
ARTICOLO 22 DEL DISEGNO DI LEGGE COSTITUZIONALE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE
Art. 22.
(Funzioni del Presidente della Repubblica).
1. L'articolo 87 della
Costituzione è sostituito dal seguente:
«Art. 87. - Il Presidente della Repubblica è il Capo dello Stato, rappresenta
l'unità federale della Nazione ed è garante della Costituzione.
Può inviare messaggi alle Camere.
Indìce le elezioni delle nuove Camere, dei Presidenti delle Giunte regionali e
dei Consigli regionali, dei Presidenti delle Giunte e dei Consigli provinciali
delle Province autonome di Trento e di Bolzano e ne fissa la prima riunione.
Promulga le leggi ed emana i decreti aventi valore di legge e i regolamenti.
Indìce il referendum popolare nei casi previsti dalla Costituzione.
Nomina, nei casi indicati dalla legge, i funzionari dello Stato e, sentiti i Presidenti
delle due Camere, i presidenti delle Autorità amministrative indipendenti.
Accredita e riceve i rappresentanti diplomatici, ratifica i trattati
internazionali, previa, quando occorra, l'autorizzazione delle Camere.
Ha il comando delle Forze armate, presiede il Consiglio supremo di difesa
costituito secondo la legge, dichiara lo stato di guerra deliberato dalle
Camere.
Presiede il Consiglio superiore della magistratura e ne nomina il Vice
Presidente nell'ambito dei componenti eletti dalle Camere.
Può concedere grazia e commutare le pene.
Conferisce le onorificenze della Repubblica».
PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO 22 DEL DISEGNO DI LEGGE COSTITUZIONALE
ART.
22.
(Funzioni del Presidente della Repubblica).
Sopprimerlo.
*22. 1. Mascia, Pisapia.
Sopprimerlo.
*22. 2. Bressa, Boato, Leoni, Amici, Cabras, Cusumano, Fistarol, Intini,
Loiero, Maccanico, Maran, Marone, Montecchi, Olivieri, Pappaterra, Soda, Russo
Spena, Maura Cossutta, Zanella, Sgobio, Pistone.
Al comma 1, capoverso Art.
87, sostituire il terzo comma, con il seguente:
«Indìce le elezioni della Camera dei
deputati e quelle dei senatori e fissa la prima riunione della Camera.».
22. 200. Elio Vito, Anedda, Volontè, Cè, La Malfa, Moroni.
(Testo modificato nel
corso della seduta).
(Approvato).
Al comma 1, capoverso
Art. 87, terzo comma, sopprimere le parole da:
, dei Presidenti delle Giunte regionali fino a: Bolzano.
*22. 70. Zeller, Collè, Detomas, Brugger, Widmann.
Al comma 1, capoverso
Art. 87, terzo comma, sopprimere le parole da:
, dei Presidenti delle Giunte e dei Consigli fino a: Bolzano.
*22. 72. Ladu, Carboni, Tonino Loddo, Maurandi, Soro.
Al comma 1, capoverso
Art. 87, terzo comma, sopprimere le parole da:
dei Presidenti delle Giunte e dei Consigli fino a Bolazano.
**22. 74. Boato, Leoni, Bressa, Maura Cossutta, Deiana, Pappaterra,
Cusumano, Zanella.
Al comma 1, capoverso
Art. 87, terzo comma, sopprimere le parole da:
, dei Presidenti delle Giunte e dei Consigli provinciali fino a:
Bolzano.
**22. 71. Olivieri, Maran, Kessler, Rosato.
Al comma 1, capoverso
Art. 87, terzo comma, sostituire le parole:
dei Presidenti delle Giunte e dei Consigli provinciali delle Province autonome
di Trento e di Bolzano con le seguenti:delle regioni a statuto
ordinario.
22. 76. Nuvoli, Marras.
Al comma 1, capoverso
Art. 87, terzo comma, sostituire le parole:
dei Presidenti delle Giunte e dei Consigli provinciali delle Province autonome
di Trento e di Bolzano con le seguenti: ad eccezione degli organi delle
Regioni e delle Province di cui all'articolo 116, primo e secondo comma.
*22. 78. Mereu.
Al comma 1, capoverso
Art. 87, terzo comma, sostituire le parole:
dei Presidenti delle Giunte e dei Consigli provinciali delle Province autonome
di Trento e di Bolzano con le seguenti: ad eccezione degli organi delle
Regioni e delle Province di cui all'articolo 116, primo e secondo comma.
*22. 79. Burtone, Enzo Bianco, Finocchiaro, Cardinale, Cusumano, Lumia,
Rosato.
Al comma 1, capoverso
Art. 87, terzo comma, sostituire le parole:
dei Presidenti delle Giunte e dei Consigli provinciali delle Province autonome
di Trento e di Bolzano con le seguenti: ad eccezione degli organi delle
Regioni e Province autonome di cui all'articolo 116, primo e secondo comma.
*22. 73. Romoli, Saro, Collarini, Lenna.
Al comma 1, capoverso
Art. 87, terzo comma, sostituire le parole:
dei Presidenti delle Giunte e dei Consigli provinciali delle Province autonome
di Trento e di Bolzano con le seguenti: ad eccezione degli organi delle
Regioni e Province autonome di cui all'articolo 116, primo e secondo comma.
*22. 75. Zeller, Collè, Detomas, Brugger, Widmann.
Al comma 1, capoverso
Art. 87, terzo comma, sostituire le parole:
dei Presidenti delle Giunte e dei Consigli provinciali delle Province autonome
di Trento e di Bolzano con le seguenti: ad eccezione degli organi delle
Regioni e Province autonome di cui all'articolo 116, primo e secondo comma.
*22. 77. Cossa, Nicolosi.
Al comma 1, capoverso Art. 87, sesto comma, dopo le parole: dello Stato; aggiungere le seguenti: nomina altresì il Presidente del Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro.
Conseguentemente,
all'articolo 24, capoverso Art. 89, terzo comma, dopo le parole:superiore
della magistratura aggiungere
le seguenti: e del Presidente del Consiglio nazionale dell'economia e del
lavoro.
22. 201. Elio Vito, Anedda, Volontè, Cè, La Malfa, Moroni.
Al comma 1, capoverso Art. 87, sesto comma, sopprimere le parole: e, sentiti i Presidenti delle due Camere, i presidenti delle Autorità amministrative indipendenti.
Conseguentemente,
all'articolo 24, capoverso Art. 89, terzo comma, sopprimere le parole:
nonché le nomine dei presidenti delle Autorità amministrative indipendenti.
22. 10. Boato, Bressa, Leoni, Amici, Cabras, Cusumano, Fistarol, Intini,
Loiero, Maccanico, Maran, Marone, Montecchi, Olivieri, Pappaterra, Soda, Maura
Cossutta, Zanella, Sgobio.
Al comma 1, capoverso Art. 87, sesto comma, sostituire le parole: Autorità amministrative indipendenti con le seguenti: Autorità indipendenti e il presidente del Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro.
Conseguentemente,
all'articolo 24, capoverso Art. 89, terzo comma, sostituire le parole:
Autorità amministrative indipendenti con le seguenti: Autorità
indipendenti, del presidente del Consiglio nazionale dell'economia e del
lavoro.
22. 251. La Commissione.
(Approvato)
Al comma 1, capoverso Art. 87, nono comma, sopprimere le parole: e ne nomina il Vicepresidente nell'ambito dei componenti eletti dalle Camere.
Conseguentemente:
all'articolo 24, capoverso Art. 89, terzo comma, sopprimere le parole:
, la nomina del Vice Presidente del Consiglio superiore della magistratura.
all'articolo 31, sopprimere il comma 2.
22. 15. Bressa, Boato, Leoni, Amici, Cabras, Cusumano, Fistarol, Intini,
Loiero, Maccanico, Maran, Marone, Montecchi, Olivieri, Pappaterra, Soda, Maura
Cossutta, Zanella, Sgobio.
Al comma 1, capoverso Art. 87, decimo comma, aggiungere, in fine, le parole: , previa richiesta del Ministro della giustizia.
Conseguentemente,
all'articolo 24, capoverso Art. 89, terzo comma, sopprimere le parole:
, la concessione della grazia.
22. 90. Perrotta.
Al comma 1, capoverso
Art. 87, aggiungere, in fine, il seguente comma:
Autorizza la dichiarazione del Primo ministro al Senato federale della
Repubblica, dopo averne verificato la sussistenza dei presupposti.
22. 252. La Commissione.
(A.C. 4862 ed abb. - Sezione 5)
ARTICOLO 23 DEL DISEGNO DI LEGGE COSTITUZIONALE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE
Art. 23.
(Scioglimento della Camera dei deputati).
1. L'articolo 88 della
Costituzione è sostituito dal seguente:
«Art. 88. - Il Presidente della Repubblica decreta lo scioglimento della Camera
dei deputati ed indìce le elezioni, da tenersi non oltre i successivi sessanta
giorni, nei seguenti casi:
a) su richiesta del Primo ministro, che ne assume la esclusiva
responsabilità;
b) in caso di morte del Primo ministro o di impedimento permanente
accertato secondo le modalità fissate dalla legge;
c) in caso di dimissioni del Primo ministro;
d) nel caso di cui all'articolo 94, terzo comma.
Il Presidente della Repubblica non emana il decreto di scioglimento nei casi di cui alle lettere a), b) e c) del primo comma, qualora entro dieci giorni venga presentata alla Camera dei deputati una mozione, sottoscritta dai deputati appartenenti alla maggioranza espressa dalle elezioni in numero non inferiore alla maggioranza dei componenti della Camera, nella quale si dichiari di voler continuare nell'attuazione del programma e si indichi il nome di un nuovo Primo ministro.
PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO 23 DEL DISEGNO DI LEGGE COSTITUZIONALE
ART.
23.
(Scioglimento della Camera dei deputati).
Sopprimerlo.
*23. 1. Mascia, Russo Spena.
Sopprimerlo.
*23. 4. Boato, Leoni, Bressa, Amici, Cabras, Cusumano, Fistarol, Intini,
Loiero, Maccanico, Maran, Marone, Montecchi, Olivieri, Pappaterra, Soda,
Pisapia, Maura Cossutta, Zanella, Sgobio, Fanfani.
Al comma 1, capoverso
Art. 88, primo comma, alinea, sostituire le parole da:
decreta fino alla fine del capoverso con le seguenti: può, sentito il
suo Presidente, sciogliere la Camera dei deputati. Non può esercitare tale
facoltà negli ultimi sei mesi del suo mandato, salvo che essi coincidano in
tutto o in parte con gli ultimi sei mesi della legislatura.
23. 70. Zeller, Collè, Detomas, Brugger, Widmann.
Al comma 1, capoverso
Art. 88, primo comma, alinea, sostituire le parole da:
decreta fino alla fine del capoverso con le seguenti: , su richiesta del
Primo Ministro, ovvero nel caso in cui non sia possibile formare un Governo coerente
con il risultato delle elezioni, decreta lo scioglimento della Camera dei
deputati ed indice le elezioni entro i successivi sessanta giorni.
Qualora, entro dieci giorni dalla richiesta, venga presentata da almeno un
quarto dei componenti della Camera una mozione, nella quale si dichiari di
voler continuare nell'attuazione del programma di Governo e si indichi il nome
di un nuovo Primo Ministro, essa è posta in votazione entro i successivi cinque
giorni. Nel caso in cui la mozione venga appro-vata, il Presidente della
Repubblica non emana il decreto di scioglimento qualora verifichi che la nomina
del Primo Ministro indicato nella mozione e il voto della Camera sono coerenti
col risultato delle elezioni per la Camera dei deputati e col programma di legislatura.
In caso di scioglimento della Camera successivo all'approvazione della mozione
di cui al comma precedente o di una
mozione di sfiducia, il Presidente della Repubblica nomina un governo di
garanzia elettorale».
23. 5. Leoni, Boato, Bressa, Amici, Cabras, Cusumano, Fistarol, Intini,
Loiero, Maccanico, Maran, Marone, Montecchi, Olivieri, Pappaterra, Soda,
Zanella, Fanfani.
Al comma 1, capoverso
Art. 88, primo comma, alinea, sopprimere le parole:
, da tenersi non oltre i successivi sessanta giorni,
23. 250. La Commissione.
Al comma 1, capoverso
Art. 88, primo comma, lettera a), sopprimere le
parole: , che ne assume la esclusiva responsabilità.
23. 73. Bressa, Boato, Leoni, Maura Cossutta, Titti De Simone,
Pappaterra, Cusumano, Zanella, Fanfani.
Subemendamenti all'emendamento 23. 200.
All'emendamento 23. 200,
alla parte consequenziale, sostituire le parole da:
dei deputati appartenenti fino alla fine dell'emendamento, con le seguenti:
di un quarto dei componenti della Camera, nel caso in cui la mozione venga
approvata il Primo ministro in carica si dimette. Il Presidente della
Repubblica non emana il decreto di scioglimento qualora verifichi che la nomina
del Primo Ministro indicato nella mozione e il voto della Camera sono
coerenti con il risultato delle elezioni della Camera dei deputati e con il
programma di legislatura.
0. 23. 200. 2. Bressa, Boato, Leoni, Pappaterra, Cusumano, Zanella,
Detomas, Maran, Cento, Cabras, Fistarol, Loiero, Marone, Maccanico,
Franceschini, Sinisi, Montecchi, Olivieri, Soda, Mazzuca Poggiolini.
All'emendamento 23. 200,
alla parte consequenziale, dopo le parole:
alla maggioranza dei componenti della Camera, aggiungere le seguenti:
ovvero qualora incorra in situazioni di conflitto di interessi, non sanate a
norma della legge vigente,
0. 23. 200. 1. Mazzuca Poggiolini.
Al comma 1, capoverso Art. 88, primo comma, lettera c), aggiungere, in fine, le parole: , salva l'ipotesi di cui all'articolo 94, quarto comma.
Conseguentemente,
all'articolo 28, comma 1, capoverso Art. 94, aggiungere, in fine, il seguente
comma:
«Qualora sia presentata una mozione di sfiducia, con l'indicazione di un nuovo
Primo ministro, da parte dei deputati appartenenti alla maggioranza espressa
dalle elezioni in numero non inferiore alla maggioranza dei componenti della
Camera, il Primo ministro in carica si dimette. Il nuovo Primo ministro
illustra alle Camere, entro cinque giorni, il programma, sul quale la Camera
dei deputati si esprime con voto per appello nominale».
23. 200. Elio Vito, Anedda, Volontè, Cè, La Malfa, Moroni.
Al comma 1, capoverso
Art. 88, primo comma, sopprimere la lettera
d).
23. 74. Leoni, Bressa, Boato, Maura Cossutta, Alfonso Gianni,
Pappaterra, Cusumano, Zanella, Fanfani.
Al comma 1, capoverso
Art. 88, sopprimere il secondo comma.
23. 71. Taormina.
Al comma 1, capoverso
Art. 88, sostituire il secondo comma con il seguente:
«Il Presidente della Repubblica non procede all'emanazione del decreto di
scioglimento richiesto dal Presidente del Consiglio dei ministri nel caso in
cui, entro dieci giorni da tale richiesta, venga presentata alla Camera dei
deputati una mozione, sottoscritta da un numero di deputati non inferiore alla
maggioranza dei componenti della Camera, nella quale si dichiari di voler
continuare nell'attuazione del programma di governo e si indichi il nome di un
nuovo Primo ministro, ed il Presidente della Repubblica ritenga che
l'indicazione fornita e la maggioranza che ha sottoscritto la mozione siano
coerenti con il risultato delle elezioni politiche e con il proseguimento
dell'attuazione del programma di governo».
23. 3. Mantini.
Subemendamenti all'emendamento 23. 201.
All'emendamento 23.
201., sostituire la parola: venti con la
seguente: dieci.
0. 23. 201. 2. Boccia.
All'emendamento 23.
201., sostituire le parole: e votata con le
seguenti: e approvata con votazione.
0. 23. 201. 25. La Commissione.
All'emendamento 23.
201., sostituire le parole: dai deputati
appartenenti alla con la seguente: almeno dai deputati eletti nella.
0. 23. 201. 1. Boccia
All'emendamento 23.201, sostituire le parole: si indichi il nome di con le seguenti: si designi.
Conseguentemente, al
medesimo emendamento sostituire la parola: indicato
con la seguente: designato.
0. 23. 201. 26. (Nuova formulazione) La Commissione.
Al comma 1, capoverso
Art. 88, secondo comma, sostituire le parole da:
entro dieci giorni fino alla fine del comma, con le seguenti: «alla
Camera dei deputati, entro i venti giorni successivi, venga presentata e votata
per appello nominale dai deputati appartenenti alla maggioranza espressa dalle
elezioni in numero non inferiore alla maggioranza dei componenti della Camera,
una mozione nella quale si dichiari di voler continuare nell'attuazione del
programma e si indichi il nome di un nuovo Primo ministro. In tal caso, il
Presidente della Repubblica nomina il nuovo Primo ministro indicato».
23. 201. Elio Vito, Anedda, Volontè, Cè, La Malfa, Moroni.
Al comma 1, capoverso
Art. 88, secondo comma, sostituire le parole da:
entro dieci giorni fino alla fine del comma, con le seguenti: «la Camera
dei deputati approvi una mozione presentata entro dieci giorni e sottoscritta
da almeno un terzo dei suoi componenti, nella quale si indichi il nome di un
nuovo Primo ministro. La mozione è posta in votazione entro cinque giorni dalla
sua presentazione».
23. 75. Tabacci, Malgieri, La Malfa, Craxi, Cossa, Giuseppe Gianni.
Al comma 1, capoverso Art. 88, secondo comma, sostituire le parole da: dai deputati appartenenti fino a: programma e con le seguenti: «da un numero di deputati non inferiore alla maggioranza dei componenti della Camera, nella quale».
Conseguentemente:
al medesimo capoverso, dopo il secondo comma, aggiungere il seguente:
«Il Presidente della Repubblica, in caso
di prolungata impossibilità di funzionamento del Senato federale della
Repubblica, può decretarne lo scioglimento, sentito il suo Presidente. Non può
esercitare tale facoltà negli ultimi sei mesi del suo mandato, salvo che essi
coincidano in tutto o in parte con gli ultimi sei mesi della legislatura.»
all'articolo 24, capoverso Art. 89, terzo comma, dopo le parole: lo
scioglimento aggiungere le seguenti: del Senato federale della
Repubblica e;
alla rubrica, dopo la parola: Scioglimento aggiungere le seguenti:
del Senato federale della Repubblica e.
23. 72. Perrotta.
RESOCONTO
SOMMARIO E STENOGRAFICO
______________ ______________
524.
Seduta di venerdì 8 ottobre 2004
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE
MARIO CLEMENTE MASTELLA
indi
DEL VICEPRESIDENTE
PUBLIO FIORI,
DEL PRESIDENTE
PIER FERDINANDO CASINI
E DEL VICEPRESIDENTE
FABIO MUSSI
Seguito della discussione del disegno di legge costituzionale: S. 2544 - Modificazione di articoli della parte II della Costituzione (Approvato, in prima deliberazione, dal Senato) (4862) e delle abbinate proposte di legge costituzionale: Zeller ed altri; Bielli; Spini e Angioni; Buttiglione ed altri; Contento; Cola; Pisapia; Selva; Selva; Selva; Bianchi Clerici; Peretti; Volontè; Pisapia; Lusetti ed altri; Zaccheo; Mantini ed altri; Soda; Olivieri e Kessler; Costa; Serena; Pisicchio ed altri; Bolognesi ed altri; Paroli; Buontempo; Zeller ed altri; Collè; Vitali ed altri; Maurandi ed altri; Olivieri; Boato; Stucchi; Cento; Monaco; Pacini; Consiglio regionale della Puglia; Consiglio regionale della Puglia; Chiaromonte ed altri; Cabras ed altri; Mantini; La Malfa; Briguglio ed altri; Franceschini; Pisapia; Costa; Perrotta ed altri; Fiori (72-113-260-376-468-582-721-874-875-877-966-1162-1218-1287-1403-1415-1608-1617-1725-1805-1964-2027-2116-2123-2168-2320-2413-2568-2909-2994-3058-3489-3523-3531-3541-3572-3573-3584-3639-3684-3707-3885-4023-4393-4451-4805-5044) (ore 9,38).
PRESIDENTE. L'ordine del
giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge costituzionale,
già approvato in prima deliberazione dal Senato: Modificazione di articoli
della parte II della Costituzione, e delle abbinate proposte di legge
costituzionale di iniziativa dei deputati Zeller ed altri; Bielli; Spini e Angioni;
Buttiglione ed altri; Contento; Cola; Pisapia; Selva; Selva; Selva; Bianchi
Clerici; Peretti; Volontè; Pisapia; Lusetti ed altri; Zaccheo; Mantini ed
altri; Soda; Olivieri e Kessler; Costa; Serena; Pisicchio ed altri; Bolognesi
ed altri; Paroli; Buontempo; Zeller ed altri; Collè; Vitali ed altri; Maurandi
ed altri; Olivieri; Boato; Stucchi; Cento; Monaco; Pacini; del Consiglio
regionale della Puglia; del Consiglio regionale della Puglia; e dei deputati
Chiaromonte ed altri; Cabras ed altri; Mantini; La Malfa; Briguglio ed altri;
Franceschini; Pisapia; Costa; Perrotta ed altri; Fiori.
Ricordo che nella seduta di ieri sono stati, da ultimo, votati gli identici
emendamenti Mascia 23.1 e Boato 23.4, e che è stato ritirato l'emendamento
Zeller 23.70.
(Ripresa esame dell'articolo 23 - A.C. 4862 ed abbinate)
PRESIDENTE. Riprendiamo
l'esame dell'articolo 23 e delle proposte emendative ad esso presentate (vedi
l'allegato A - A.C. 4862 ed abbinate sezione 1).
Passiamo alla votazione dell'emendamento Leoni 23.5.
Avverto che è stata chiesta la votazione nominale mediante procedimento
elettronico.
Preavviso di votazioni elettroniche (ore 9,39).
PRESIDENTE. Poiché nel
corso della seduta avranno luogo votazioni mediante procedimento elettronico,
decorrono da questo momento i termini di preavviso di cinque e venti minuti
previsti dall'articolo 49, comma 5, del regolamento.
Per consentire il decorso del termine regolamentare di preavviso, sospendo la
seduta.
La seduta, sospesa alle 9,40, è ripresa alle 10,05.
Si riprende la discussione.
(Ripresa esame dell'articolo 23 - A.C. 4862 ed abbinate)
PRESIDENTE. Passiamo
alla votazione dell'emendamento Leoni 23.5.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Giacomo Angelo
Rosario Ventura. Ne ha facoltà.
GIACOMO ANGELO ROSARIO VENTURA.
Signor Presidente, desidero intervenire in relazione anche ad alcune
osservazioni svolte in conclusione della seduta di ieri dal presidente Violante
- con un intervento di spessore, come suo solito - in replica all'onorevole
Tabacci. L'argomento in oggetto era la norma secondo la quale il premier
ha facoltà di richiedere lo scioglimento delle Camere, qualora il suo programma
non venga approvato dalla Camera dei deputati.
L'onorevole Violante ha ritenuto che questa norma conferisca dei poteri
particolari al premier, dando allo stesso una potestà di controllo e di
condizionamento della Camera che farebbe venir meno il bilanciamento dei
poteri. Il presidente Violante, rispondendo all'onorevole Tabacci, ha
richiamato la prima Repubblica affermando (e in ciò condivido quanto ha detto)
che, in realtà, il proporzionalismo e il proporzionale non hanno avuto
particolari meriti come istituti costituzionali, ciò in quanto nella prima
Repubblica, a causa della guerra fredda, non vi era l'alternanza ma una
democrazia bloccata. Vigeva, cioè, quello che Galli ha definito un bipartitismo
imperfetto. Siamo tutti d'accordo, quindi, che una riforma di questo tipo va
comunque realizzata, sia pur secondo le diverse sfaccettature.
Si consideri che in questo nuovo sistema il Presidente del Consiglio è un
istituto diverso dalla Camera dei deputati e viene eletto a suffragio diretto
dal popolo. Quindi, l'essenza di questa novità risiede nella figura del
candidato premier che, sia pur collegata ad una ipotetica maggioranza
parlamentare, è tuttavia istituto autonomo e diverso.
Vi è un unico caso in cui il premier può chiedere al Presidente della
Repubblica - dietro sue dimissioni - lo scioglimento delle Camere: ossia
quando, presentatosi entro dieci giorni dalla sua nomina alla Camera dei
deputati per proporre il proprio programma, il premier non riceva
l'approvazione dell'Assemblea. Si comprenderà che, qualora la maggioranza
eletta insieme al premier, non voti il programma dello stesso premier,
ne risulterà vulnerata l'essenza stessa dell'istituto in base al quale
l'elettorato ha deciso di votare quel premier, quella maggioranza e
consentire l'attuazione del programma di Governo. È questo l'unico caso in tal
senso.
Se, in distonia con la volontà elettorale, venisse meno questa delega di
programma ci troveremmo dinanzi ad una disattesa volontà dell'elettorato
stesso. E quindi non vi è dubbio che si dovrebbe nuovamente far ricorso
all'elettorato e consultare il corpo elettorale. È questo l'unico caso in cui i
poteri del premier sono condizionati dalla Camera. Se il premier
viene esautorato anche di questa potestà mi chiedo che senso abbia questa
riforma. Si tornerebbe ad un istituto squisitamente parlamentare e quindi la
stabilità e governabilità che ci prefiggiamo attraverso questo corpo normativo
verrebbero vulnerate.
Se si è giunti a questa riforma è proprio per gli espedienti del passato,
ultimo dei quali quello del Governo Prodi, quando, attraverso una operazione di
trasformismo da manuale, si portò il presidente D'Alema a prendere il posto di
Presidente del Consiglio, senza assolutamente tener conto della volontà
dell'elettorato, sia pure espressa rispetto ad un indirizzo virtuale
(l'elettorato aveva in qualche modo designato l'onorevole Prodi).
Ripeto, se non si attua l'ipotesi in esame si torna esattamente allo status
ante. Infatti, con questa norma si intende affrancare il premier dai
«corridoismi», dai giochi e dagli «inciuci» parlamentari alla base di tanta
instabilità. Questa è l'unica ipotesi attuabile; ritengo che se non si concede
questa facoltà al premier tanto vale tornare all'istituto così com'è
attualmente organizzato.
Noi non abbiamo altri casi analoghi; nell'ipotesi di dimissioni del premier
per altri motivi, la Camera dei deputati può, attraverso una maggioranza,
indicare un nuovo premier; se il premier viene meno per cause di
forza maggiore, la Camera dei deputati potrà indicare un nuovo premier.
PRESIDENTE. Onorevole Giacomo Ventura...!
GIACOMO ANGELO ROSARIO VENTURA. Ho concluso. Se addirittura la Camera ritiene di sfiduciare il premier, lo sfiducia e si va a nuove elezioni: quello è l'unico potere e l'effetto deterrente che ne deriva, a mio avviso, è proprio fonte di stabilità e quindi di governabilità (Applausi dei deputati del gruppo di Forza Italia).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Schmidt. Ne ha facoltà.
GIULIO
SCHMIDT. Signor Presidente,
osservando alla mia destra il vuoto che risulta dai banchi dell'opposizione (Commenti
dei Democratici di sinistra-L'Ulivo), mi viene da riconsiderare quanto è
stato detto ieri e quanto aveva precisato il presidente Violante nella scorsa
legislatura, e cioè che di fronte ai cittadini italiani il nostro dovere è
quello di essere presenti in aula, di lavorare e di contribuire al bene comune.
Ci troviamo oggi di fronte alla più consistente e rilevante riforma
costituzionale nella storia della Repubblica italiana, e di fronte a questo
fatto ci troviamo, comunque e sempre all'inizio della seduta, a vedere il
Parlamento dimezzato di una larga parte dei suoi parlamentari!
PRESIDENTE. Concluda, onorevole collega!
GIULIO SCHMIDT. Considero questo fatto con amarezza e desidero sottolinearlo (Applausi dei deputati del gruppo di Forza Italia)!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Savo. Ne ha facoltà.
BENITO
SAVO. Signor Presidente,
intendo intervenire su questo argomento, data la rilevanza che esso riveste. Il
collega Ventura, intervenendo prima di me, ha toccato un tema importante,
cercando di esaltare la figura del premier, che deve avere un potere
condizionante e non essere disposto ai cosiddetti «ricatti di corridoio».
Dal mio punto di vista, sono stato sempre contrario agli «inciuci», sono sempre
stato contrario alle camarille; noi non dobbiamo creare le occasioni ed i
presupposti ambientali affinché un premier, una volta eletto dal popolo,
possa avere esorbitanti condizionamenti dai corridoi e, perché no?, anche delle
Camere.
Ognuno deve avere il potere che il popolo conferisce, senza alcuna attentato in
corso d'opera (per attentato intendo quello «politico»), come si è verificato
nel nostro recente passato!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Bricolo. Ne ha facoltà.
FEDERICO
BRICOLO. Signor Presidente,
questo è stato codificato dal centrosinistra come ribaltone con tutte le sue
conseguenze. Di fatto, si prevede che, in caso di dimissioni del premier,
entro dieci giorni dalla richiesta, se viene presentata da almeno un quarto dei
componenti la Camera una mozione nella quale si dichiari di voler continuare
nell'attuazione del programma di Governo e si indichi un nuovo premier,
si apra la possibilità per una nuova maggioranza con un nuovo Governo ed un
nuovo premier.
Dunque, è stato ricodificato il ribaltone, che, di fatto, non porta a nulla di
nuovo nell'atteggiamento del centrosinistra, con tutte le sue conseguenze. Ci
ricordiamo nella passata legislatura quattro Governi con tre premier
differenti, la compravendita dei parlamentari, i cambi di maggioranza, i cambi
di premier: tutto ciò che di fatto ha portato, proprio a causa di questi
atteggiamenti, il centrosinistra a perdere le elezioni.
Qui, di fatto, si teorizza che il popolo attraverso le elezioni indichi una
maggioranza ed un premier, e che poi invece le dinamiche interne al
Parlamento portano a modificare il risultato elettorale e l'indicazione degli
elettori, cambiando completamente maggioranze. Penso che questo costituisca un
ritorno al passato, evidentemente voluto dal centrosinistra, che non accetta la
nuova logica della politica secondo cui la campagna elettorale rappresenta un
momento di chiarezza durante il quale, certamente, si presentano i programmi
elettorali ma, di fatto, si indica anche il nome del candidato premier.
Questa legislatura dimostra come il centrodestra, sicuramente, sia coerente con
questa linea di pensiero. Infatti, questo è il Governo rimasto in carica più a
lungo nella storia della Repubblica. Evidentemente, in cinque anni di Governo,
il centrosinistra non è riuscito in questo, di fatto tradendo il patto concluso
gli elettori. Ci ricordiamo tutti il Governo D'Alema e il Governo Amato,
succeduti al Governo Prodi che, comunque, era stato indicato dagli elettori. Dunque,
nulla di nuovo in questa Assemblea, in cui si rivede lo spirito statalista dei
rappresentanti del centrosinistra che, con questo emendamento, sottoscritto, in
pratica, da tutto il centrosinistra - da rappresentanti della Margherita, dei
Democratici di sinistra, dei Verdi e così via - si ritrovano tutti uniti, con
la volontà di tradire le indicazioni del risultato elettorale cambiando il premier
(Applausi dei deputati dei gruppi della Lega Nord Federazione Padana e di Forza
Italia).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Gibelli. Ne ha facoltà.
ANDREA GIBELLI. In questa Assemblea, signor Presidente, nei giorni scorsi abbiamo ascoltato la richiesta, da parte degli esponenti del centrosinistra, di avere una Costituzione precisa. È sufficiente leggere gli emendamenti che essi propongono per accorgersi che predicano bene ma razzolano molto male. Infatti, sarebbe opportuno capire che cosa si intenda ad esempio - mi riferisco all'emendamento Leoni 23.5 - quando si fa riferimento alla possibilità di formare un nuovo governo in modo coerente con il risultato delle elezioni. Il termine «coerente», nel bizantinismo italiano, potrebbe assumere 23 mila sfumature diverse. O ci si riferisce, secondo il testo del progetto di Costituzione che il centrodestra sta proponendo all'Assemblea, ad una maggioranza che sia esattamente quella espressa da un sistema elettorale, che può essere o meno corretto e condiviso, ma che rappresenta un risultato numericamente individuato in base a un programma presentato precedentemente alle elezioni, oppure il termine «coerente», in Italia, rischia di essere un eufemismo da accademia.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Stucchi. Ne ha facoltà.
GIACOMO STUCCHI. Signor Presidente, capisco che questi interventi relativi ai cambi di maggioranza la interessino abbastanza, vista la sua esperienza in questo, e magari la infastidiscano un po' perché sappiamo tutti...
PRESIDENTE. Non mi sembra di essere stato l'unico a cambiare maggioranza. Se facesse riferimento anche al suo gruppo, vedrebbe se nella storia italiana è stato così o meno (Commenti dei deputati della Lega Nord Federazione Padana).
GIACOMO STUCCHI. Il problema è che noi non lo abbiamo mai fatto in cambio di poltrone, mentre lei lo ha sempre fatto in cambio di poltrone. Questa è la differenza fondamentale.
PRESIDENTE. Si limiti a parlare di ciò di cui deve parlare.
ALESSANDRO CÈ. Calma, Presidente, calma! Stai tranquillo...!
GIACOMO STUCCHI. Signor Presidente, lei deve rispetto alle opinioni di tutti colleghi! Capisco di pungerla sul vivo, però la verità è questa!
PRESIDENTE. Le opinioni sì, ma non le insolenze!
GIACOMO
STUCCHI. Mi dispiace per lei,
ma la verità deve essere raccontata sempre ai cittadini.
Dicevo che se io fossi Prodi, in questo momento sarei molto preoccupato visto
quanto propongono i colleghi dell'Ulivo. Mi verrebbe in mente quello che è
successo, tutti i fatti accaduti in questa Assemblea alla fine del 1997, quando
c'è stato un cambiamento di maggioranza, quando un premier eletto con il
consenso dei cittadini è stato sostituito, dalla sera alla mattina, con un
segretario di partito che non aveva alcuna legittimazione popolare. Poi, le
elezioni regionali sono andate male e c'è stato un ulteriore cambio di Governo.
Questa è la logica che noi vogliamo cambiare.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Didonè. Ne ha facoltà.
GIOVANNI
DIDONÈ. Signor Presidente,
anch'io intervengo a titolo personale. Però, vorrei essere tornare in
argomento, cioè all'emendamento Leoni 23.5. Che cos'è il ribaltone?
Il ribaltone è un accordo che va contro la volontà popolare e, sicuramente, non
vogliamo che ciò accada. L'emendamento che propone la sinistra, invece, a mio
avviso è troppo generico: non viene specificato cosa si intenda evitare con
tale proposta. Ho l'impressione che l'emendamento in esame voglia giustificare
quanto è accaduto dopo il 1996, anno in cui ha vinto le elezioni una coalizione
guidata da Romano Prodi. Improvvisamente, a causa di problemi interni alla
sinistra, all'Ulivo, è stato cambiato il Presidente del Consiglio. Inoltre, al
termine della legislatura, poiché vi è stata una perdita...
PRESIDENTE.
Grazie, onorevole Didonè.
Ha chiesto parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Carrara. Ne ha
facoltà.
NUCCIO
CARRARA. Signor Presidente,
credo sia un buon metodo cercare di capire come stiano effettivamente le cose e
paragonare il nostro testo a quello proposto dai deputati dell'Ulivo. Sono
state presentate due proposte alternative.
La nostra proposta, molto semplice e coerente, prevede il seguente schema: gli
elettori, e solo gli elettori, che sono sovrani, ci indicano chi debba essere
il primo ministro e la maggioranza che lo sosterrà in Parlamento. Sulla base di
questo elementare principio, qualora il primo ministro chiedesse al Presidente
della Repubblica lo scioglimento della Camera, quest'ultima, di norma, verrebbe
sciolta. Il Presidente della Repubblica decreta lo scioglimento anche in caso
di morte o di impedimento permanente del primo ministro, in caso di dimissioni
dello stesso (è un'ipotesi classica) e in caso di presentazione di una mozione
di sfiducia. Ma alla base deve esserci un rapporto stretto tra il voto e
l'indicazione degli elettori ed il primo ministro e la maggioranza, votata
insieme al primo ministro stesso, all'interno della Camera. Poiché il primo
ministro e la sua maggioranza hanno una sorta di pari legittimazione popolare,
la stessa maggioranza, in casi eccezionali, può cambiare il primo ministro, con
i suoi soli voti. Dunque, nel nostro progetto non sono ammessi ribaltoni di
alcun tipo, perché ciò significherebbe tradimento del mandato elettorale e del
verdetto del popolo italiano!
La proposta dell'Ulivo vorrebbe far credere di prevedere le stesse cose, ma in
realtà propone una formula che chiamerei «formula Dini». Si parla, sì, di
coerenza con il voto letterale, ma è una coerenza molto sfumata. Non si capisce
se la coerenza si debba intendere con riferimento all'unica maggioranza uscita
dalle urne o ad altre maggioranze, magari rimpastate successivamente. Non si
capisce se la coerenza si riferisca al programma di quella maggioranza,
espressa dalle urne, oppure al programma condiviso, magari ex post, dopo
le elezioni, da una o più quote dell'opposizione medesima. Quest'ultimo caso
significherebbe sostanzialmente un ribaltone. Infatti, Dini è stato,
certamente, ministro del Governo Berlusconi e forse, tra le sue intenzioni, vi
era quella di realizzare il programma di Berlusconi, ma non lo realizzò con la
maggioranza uscita dalle urne.
Poi, in ultimo, si pone anche la questione circa i governi di garanzia; noi,
francamente, non riusciamo a comprendere quali questi possano essere, atteso
che, a nostro avviso, gli unici governi di garanzia sono quelli che hanno il
consenso popolare.
La ringrazio, Presidente (Applausi dei deputati del gruppo di Alleanza
Nazionale).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Airaghi. Ne ha facoltà.
MARCO
AIRAGHI. Signor Presidente,
discutiamo, oggi, della modifica della Costituzione ed un punto molto
importante e qualificante per il nostro partito è proprio l'articolo ora in
esame; teniamo particolarmente a queste norme di tutela della coalizione uscita
vittoriosa dalle urne, le cosiddette norme antiribaltone.
Francamente, trovo insensato che siano state presentate proposte emendative
soppressive; si tratta, infatti, di un articolo fondamentale, se davvero si
vuole introdurre una forma di premierato. La tutela del premier e della
coalizione che lo sostiene è assolutamente indispensabile e, peraltro, i casi
previsti dall'articolo sono ovvi: la morte del primo ministro, la richiesta del
primo ministro stesso.
Non abbiamo alcuna nostalgia del passato, della «politica dei due forni»,
ovvero di quella dei ribaltoni; ci saremmo volentieri confrontati con
l'opposizione sul tema al fine di comprendere le motivazioni...
PRESIDENTE. Onorevole...
MARCO AIRAGHI. ...alla base della loro contrarietà. La ringrazio, signor Presidente.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Antonio Pepe. Ne ha facoltà.
ANTONIO
PEPE. La ringrazio, signor
Presidente.
Non entro nel merito della polemica sulla presenza o meno, in aula, dei
colleghi del centrosinistra. Si tratta di una loro scelta politica,
condivisibile o meno; comunque, è un loro modo di fare opposizione. Ricordo,
per onestà, che anche noi del centrodestra, a volte, nella scorsa legislatura
usammo questo strumento; ma ricordo, altresì, le accuse che allora venivano dai
banchi del centrosinistra e dall'allora Presidente della Camera.
Venivamo accusati di scarso senso di responsabilità e fu modificato il
regolamento attraverso l'introduzione dell'articolo 48-bis, il quale
prevede che è dovere di tutti i deputati partecipare ai lavori della Camera.
Quanto io contesto è l'atteggiamento del centrosinistra: quando un certo
comportamento viene tenuto dal centrodestra, sarebbe da condannare mentre,
quando è il centrosinistra a tenerlo, andrebbe approvato.
Circa, invece, il merito della proposta emendativa in esame, devo chiarire come
il testo proposto dal centrodestra sia in linea con l'impianto ipotizzato in
ordine alla nuova Carta costituzionale. Prevedere che il Presidente della
Repubblica possa sciogliere la Camera dei deputati su richiesta del primo
ministro - un primo ministro ricordiamolo...
PRESIDENTE.
Grazie, onorevole Antonio Pepe.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale,
l'onorevole Caparini. Ne ha facoltà.
DAVIDE
CAPARINI. La ringrazio, signor
Presidente.
Vorrei osservare come due degli istituti che verrebbero previsti dalla riforma
costituzionale siano collegati l'uno all'altro. Il primo è la sfiducia
costruttiva; il secondo è la cosiddetta norma antiribaltone.
La sfiducia costruttiva è tesa a salvaguardare la stabilità dei Governi e,
quindi, va nella direzione auspicata da tutti, dal programma elettorale del
2001 ma anche, e soprattutto, dai cittadini.
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE PUBLIO FIORI (ore 10,32)
DAVIDE CAPARINI. Infatti, le maggioranze non potranno più cambiare; si tratta, invero, di una intenzione che da tanto, troppo tempo, gli italiani, e soprattutto i padani, desiderano venga costituzionalizzata.
PRESIDENTE. Onorevole...
DAVIDE CAPARINI. La norma antiribaltone, potremmo quindi definirla, Presidente, una norma di salvaguardia della democrazia di questo paese.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Landolfi. Ne ha facoltà.
MARIO
LANDOLFI. Signor Presidente,
preannunzio che voterò contro l'emendamento in esame, poiché, a mio avviso,
esso tende a «sfumare» una disciplina del premierato che ritengo già debole.
Vorrei ricordare che nel corso della discussione sulle linee generali, e prima
ancora in occasione delle polemiche seguite alla presentazione del disegno di
legge costituzionale in esame, ho sentito parlare di un premier
onnipotente.
Orbene, non c'è nulla di tutto questo! Si prevede, infatti, un premier
eletto direttamente dai cittadini, ma che può essere sostituito in almeno tre
casi, vale a dire nel caso venga meno la maggioranza che lo sostiene, nel caso
di impedimento permanente accertato e persino nel caso in cui venga approvata
una mozione di sfiducia. Pertanto, ci troviamo di fronte non ad un primo
ministro forte, ma ad un premier alquanto zoppiccante e sicuramente
«diluito»: ciò, a mio avviso, incide negativamente sul processo riformatore.
Se mi è consentito, signor Presidente, vorrei svolgere anche una piccola
riflessione...
PRESIDENTE. Onorevole Landolfi...
MARIO
LANDOLFI. ... in ordine al
cosiddetto ribaltone.
Esiste sicuramente la necessità - da soddisfare attraverso la prassi politica,
più che tramite norme giuridiche e mediante il recupero della moralità della
politica stessa -, di evitare il tradimento della volontà popolare. Vorrei
tuttavia domandare ai colleghi della maggioranza: ma se un domani dovesse
rendersi necessario un Governo di unità nazionale, forse non sarà possibile
costituirlo, perché vi sarà una norma che vieterà a deputati eletti con
l'opposizione di diventare componenti della maggioranza?
Ritengo che tutto ciò vada ad imbrigliare e ad ingabbiare la politica...
PRESIDENTE. Deve concludere, onorevole Landolfi!
MARIO LANDOLFI. ... mentre penso, al contrario, che sia necessario riflettere riguardo a tale norma.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Luciano Dussin. Ne ha facoltà.
LUCIANO
DUSSIN. Signor Presidente, le
confermo che desidero intervenire a titolo personale. L'emendamento in esame,
presentato dalla sinistra, conferma la sua volontà di governare sia nel
rispetto dell'esito delle consultazioni popolari (e dunque, la volontà del
corpo elettorale), sia senza tale rispetto.
Riteniamo doveroso ed importante ribadire, attraverso un saldo principio
fissato nella Costituzione, che deve esserci coerenza tra le scelte compiute
dal corpo elettorale (vale a dire i cittadini) e chi li rappresenta nei due
rami del Parlamento di questo paese.
Vorrei dire che siamo stanchi di assistere a situazioni che, peraltro,
risultano inspiegabili al di fuori degli ambienti parlamentari. Abbiamo già
osservato quanto è accaduto alla fine della scorsa legislatura, con i vari
Governi di centro-sinistra. Vorrei altresì rilevare che abbiamo assistito al
varo della precedente riforma costituzionale con il voto di una maggioranza
abusiva: ricordo, infatti, che il gruppo di Rifondazione comunista era uscito
dal centrosinistra, ma venne approvata, assieme al gruppo guidato
dall'onorevole Mastella, una riforma costituzionale, vale a dire la «legge
madre» di tutti gli altri riferimenti legislativi, che dà propulsione alla vita
politica dell'intero paese.
Tali eventi non devono più accadere: siamo convinti, infatti, che la previsione
di inserire nella nuova Costituzione tale principio di coerenza, a salvaguardia
dell'esito delle consultazioni elettorali, sia un atto dovuto per il rispetto
che noi, rappresentanti della sovranità popolare, dobbiamo nutrire verso i
nostri cittadini elettori.
Non ci ricordiamo solo situazioni rocambolesche, perché ne abbiamo già viste di
tutti i colori, anche ai livelli più bassi. Vorrei rilevare, infatti, che nella
scorsa legislatura abbiamo assistito non solo a cambi di maggioranza ed a
settori che dall'opposizione si spostavano nella maggioranza e viceversa, ma
anche ad una serie di nomine, a partire dalle più alte cariche dello Stato.
PRESIDENTE. Onorevole Luciano Dussin, concluda!
LUCIANO DUSSIN. Al riguardo, ricordo che il Presidente del Consiglio è stato cambiato tre volte e che vi sono stati ministeri, come ad esempio quello dei lavori pubblici, che hanno visto alternarsi ben cinque ministri. Anche questa...
PRESIDENTE. La
ringrazio, onorevole Luciano Dussin.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale,
l'onorevole Gianni Mancuso. Ne ha facoltà.
GIANNI
MANCUSO. Signor Presidente,
desidero esprimere il mio voto contrario sull'emendamento Leoni 23.5, che
manifesta tutta la sua pericolosità. Se, infatti, dovesse essere approvato, si
minerebbe uno dei pilastri del bipolarismo, un sistema che si basa
sull'espressione chiara dei partiti che formano una coalizione, del programma
di Governo e del leader della coalizione.
È sicuramente una forma di ribaltone mascherato, tanto caro ai partiti del
centrosinistra. Non a caso, quest'emendamento reca le firme di colleghi
rappresentanti, di fatto, tutti i gruppi dello schieramento di centrosinistra,
che hanno praticato materialmente tale ribaltone tra il 1996 ed il 2001,
cambiando molti Governi, nonostante si fosse imboccato un percorso
relativamente nuovo.
Si verrebbe, inoltre, a minare - e questo è, forse, l'aspetto più grave - anche
la poca fiducia residua che ancora alberga tra gli elettori, perché ciò è
considerabile un fatto trasparente che consente di far capire a tutti ciò che
sta accadendo.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Dario Galli. Ne ha facoltà.
DARIO
GALLI. Signor Presidente,
anch'io non sono d'accordo con il contenuto di quest'emendamento, perché mi
pare che il testo proposto dalla maggioranza sia decisamente più coerente con
la logica della riforma. È, quindi, giusto che gli elettori, nell'eleggere il
nuovo Parlamento, abbiano l'esatta indicazione di quel che l'eventuale
maggioranza farà ed hanno diritto di essere al riparo da eventuali successivi
ribaltoni.
Se per qualsiasi motivo, quindi, il primo ministro eletto si dimette, ha senso
non interrompere la legislatura solo se la maggioranza qualificata della
coalizione vincente ha la volontà di continuare sul programma di Governo.
Indicare genericamente una maggioranza può pericolosamente condurre a
situazioni in cui la minoranza, vicina numericamente alla maggioranza, con un
piccolo spostamento di una parte della vecchia maggioranza, può, di fatto,
ribaltare completamente il risultato elettorale.
Mi sembra pertanto che il testo proposto sia decisamente più coerente rispetto
a quest'emendamento.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Trantino. Ne ha facoltà.
ENZO
TRANTINO. Signor Presidente,
onorevoli colleghi, sostengo che basterebbe solo questa norma per dare
contenuto e spessore alla riforma che ci accingiamo a votare. Si tratta,
infatti, di una norma finalmente di forte contenuto morale.
Nelle precedenti legislature assistevamo alla divisione netta tra il cosiddetto
paese reale e quello legale. Oggi, invece, questo vallo viene ad essere
colmato, per la considerazione che l'elezione del premier e la scelta
nominativa dello stesso identifica la volontà popolare mirata al conseguimento
di un risultato personalizzato. Il che significa che, se potessimo definirlo in
termini brevi, è un voto di fiducia che il corpo elettorale esprime nei
confronti del premier, ossia il più alto voto di fiducia che si conosca,
interrompendo il quale, si tradisce la volontà popolare e si vulnera la
Costituzione (Applausi dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Ghiglia. Ne ha facoltà.
AGOSTINO
GHIGLIA. Signor Presidente,
onorevoli colleghi, leggendo i quotidiani di questi giorni si capisce il motivo
per cui la sinistra propone un emendamento di tal fatta. È tale e tanta la
confusione all'interno della coalizione che oggi - e per i prossimi 25 anni -
sta, e starà, all'opposizione in questa paese (Applausi dei deputati del
gruppo di Alleanza Nazionale), che essa avrà bisogno, anche per il futuro,
di tenersi le mani libere.
Non potendo, non sapendo o non volendo decidere chi è che dovrà addossare a se
stesso la responsabilità di governare una nazione, il centrosinistra preferisce
avere, come detto, le mani libere sempre, per poter «defungere» il premier
in corso d'opera, come è capitato - e la storia si sta ripetendo proprio in
questi giorni - al povero Romano Prodi, qualche anno fa.
Quest'emendamento, dunque, testimonia, ancora una volta tutto il sottobosco e della mentalità «ribaltonista» del centrosinistra ed è per questo che esso va assolutamente cassato.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Polledri. Ne ha facoltà.
MASSIMO
POLLEDRI. Signor Presidente,
questo emendamento che sancisce il ribaltone, in realtà, non sa di niente,
ossia non ha la dignità del ricorso al proporzionale: una parte della sinistra,
infatti, propone il ritorno ad un sistema proporzionale. Come dicevo, questo
emendamento non sa di niente: al limite, ha il sapore del «patto della
crostata», degli accordi sanciti all'interno del Palazzo e sempre pronti ad
essere rifatti.
Signor Presidente, vorrei attirare la sua attenzione su ciò che accadrebbe nel
giro di cinque giorni dopo la presentazione della mozione da parte di un quarto
dei componenti della Camera. Ebbene, ricordo il «facite ammuina» della regia
marina di Franceschiello, ossia il principio per cui si passava dall'uno
all'altro. Qui si verificherà la stessa cosa: in dieci giorni avremo
l'«ammuina», il mercato delle vacche: io ti do un parlamentare e tu me ne
restituisci un altro, compro un parlamentare e ne lascio un altro. Questo
sarebbe il «facite ammuina» che ci vuole proporre la sinistra!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Jannone. Ne ha facoltà.
GIORGIO
JANNONE. Signor Presidente,
sarebbe interessante se un giorno questi dibattiti fossero davvero seguiti con
grande serietà degli elettori. Questi ultimi verrebbero così a sapere che il
centrosinistra, ad esempio, non vuole una norma importante come questa
sull'antiribaltone, oppure si accorgerebbero che lo spirito costituente tanto
richiamato dal centrosinistra (e, al riguardo, sarebbe interessante sapere cosa
avrebbero pensato i padri costituenti, ma è sufficiente leggere i verbali e i
resoconti) si riduce a vedere che i deputati del centrosinistra sono
seminascosti dietro le porte dell'aula e rientrano quando si accorgono che c'è
il numero legale.
Ieri abbiamo discusso per ore della presenza dell'aggettivo «federale» in un
articolo, pure importante della nuova Costituzione, dimenticando che lo stesso
aggettivo è presente in buona parte dei modelli di Stati federali (ad esempio,
quelli statunitense, elvetico o tedesco) senza che nessuno si scandalizzi e
dimenticando, soprattutto, che il centrosinistra fa abbondante uso
dell'aggettivo «federale» in campagna elettorale, quando si parla di programmi
e di promesse, e poi tale accezione diventa improvvisamente negativa quando si
tratta di realizzare il federalismo (Applausi dei deputati del gruppo di
Forza Italia).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Guido Giuseppe Rossi. Ne ha facoltà.
GUIDO GIUSEPPE ROSSI.
Signor Presidente, intervengo a titolo personale sulla questione della
stabilità del Governo, che oserei definire fondamentale. Si tratta della
questione politica che si è sviluppata in questi anni a partire dall'inizio
della cosiddetta seconda Repubblica e che ha portato a vicende politiche
alquanto travagliate.
Ebbene, siccome in questo paese non si ha mai il coraggio di affrontare i
problemi in maniera decisiva - optando, ad esempio, per un modello
presidenzialista, con un'elezione diretta del Presidente e con una Camera
legislativa totalmente svincolata dal potere esecutivo - né di compiere scelte
politiche e radicali, ovviamente bisogna trovare sistemi che riescano a
fotografare la complessità della situazione italiana.
Ritengo che la soluzione proposta in questo progetto di riforma costituzionale
vada in tale direzione. Mi riferisco alla possibilità di fotografare il
risultato che esce dalle urne elettorali e, nello stesso tempo, lasciare al
Parlamento e ai parlamentari - come deve essere in un regime parlamentare - la
possibilità di cambiare il primo ministro qualora le condizioni politiche
mutino all'interno del panorama politico nazionale.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Parolo. Ne ha facoltà.
UGO
PAROLO. Signor Presidente,
intervengo a titolo personale per ribadire ciò che hanno già ricordato i
colleghi questa mattina, ossia che, anche di fronte ad una norma come quella in
esame, che pone rimedio ai mali cronici della nostra Repubblica dal dopoguerra
ad oggi, purtroppo, non vi è possibilità di dialogo, poiché l'opposizione
evidentemente ha un solo intento. Si tratta di un intento deliberato di far
perdere tempo e di impedire l'approvazione di questa riforma federale dello
Stato.
È un'opposizione che risponde ad un mandante che - come ho ricordato ieri -
impedisce a duecentocinquanta parlamentari di compiere il proprio dovere; un
mandante, tale signor Prodi, che oggi non rappresenta nessuno e che ha indicato
una strada maestra, quella del muro contro muro, salvo poi sui giornali far
credere il contrario.
Questo è quello che si deve sapere e questa è la verità, al di là degli
evidenti limiti di una maggioranza che, comunque, è in difficoltà a mantenere
il numero legale - questo è un dato di fatto - per una settimana intera (Applausi
dei deputati del gruppo della Lega Nord Federazione Padana).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Patarino. Ne ha facoltà.
CARMINE SANTO PATARINO. L'argomento al nostro esame è sicuramente di grande importanza. Tuttavia, pur apprezzando l'encomiabile sforzo del collega Carrara - cui va il ringraziamento e la gratitudine dell'intero gruppo di Alleanza nazionale per l'intelligenza e la passione con cui sta conducendo questo lavoro -, il quale si è sforzato di illustrare le differenze che intercorrono tra le due proposte (quella del centrodestra, che indica chiaramente come viene eletto il premier e quali sono i poteri conferitigli dal popolo che lo elegge, e quella del centrosinistra, che rimane ancora nel vago e nell'ambiguo), possiamo dire che non c'è da illudersi che possa cambiare l'atteggiamento dell'opposizione. Infatti, su questo o su un altro provvedimento, che riguardi le modalità di elezione del Capo dello Stato o le sue funzioni, la supplenza dello stesso Presidente della Repubblica o, per esempio, i poteri da conferire al Presidente del Consiglio, l'atteggiamento dell'opposizione non cambia, perché è un atteggiamento ostruzionistico dal primo giorno, anche se ci sono stati, e continuano ad esserci, i richiami del Capo dello Stato.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Cola. Ne ha facoltà.
SERGIO
COLA. La parola più
ricorrente che ho ascoltato negli interventi dell'onorevole Bressa,
dell'onorevole Marone e dell'onorevole Boato è «pasticcio», con riferimento al
nostro disegno di legge. Allora, vorrei chiedere agli stessi se sia un
pasticcio pretendere che, nel caso di morte o di dimissioni del Presidente del
Consiglio, la maggioranza espressa dal popolo presenti una mozione e, in un
numero corrispondente alla maggioranza assoluta dei parlamentari, che
rappresentano appunto la volontà popolare, indichi il primo ministro ed esprima
la volontà di continuare il programma di Governo.
Forse, invece, è un pasticcio quello che ella, onorevole Leoni, propone nel suo
emendamento 23.5, nel momento in cui dà questa possibilità almeno a un quarto
dei componenti della Camera, senza indicare l'appartenenza di coloro che dovrebbero
votare la mozione di prosecuzione del mandato.
GIANCLAUDIO BRESSA. Avrò occasione di spiegarglielo!
SERGIO COLA. Ciò, a mio modo di vedere, avviene in spregio ai principi di carattere morale ed etico, che solo a parole voi proclamate e poi, nei fatti, calpestate, come dimostra chiaramente l'esperienza della legislatura precedente.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Menia. Ne ha facoltà.
ROBERTO
MENIA. L'emendamento proposto
dal centrosinistra è sostanzialmente sostitutivo del testo che viene proposto
dalla maggioranza. Le sostituzioni, tuttavia, possono essere migliorative o
peggiorative. Questa, evidentemente, è una sostituzione in peggio.
Di fronte ad una formulazione molto chiara, che elenca quattro casi tassativi
in presenza dei quali si procede allo scioglimento delle Camere (la richiesta
del premier stesso, le sue dimissioni, la morte o l'impedimento e la
mozione di sfiducia), vi è, invece, una formulazione assai fumosa da parte del
centrosinistra, già di per sé stessa, evidentemente, da rifiutare.
Dall'altra parte, poi, la questione del ribaltone - già ampiamente indicata dai
colleghi nella discussione svoltasi - lascia largamente perplessi. Mentre da
parte nostra, infatti, si dice con chiarezza che deve essere la stessa
maggioranza a presentare una mozione e che tale mozione deve essere votata
dalla maggioranza assoluta dei componenti della Camera, la sinistra, con lo
stesso concetto fumoso espresso in precedenza, si riferisce ad una presunta
coerenza con il risultato delle elezioni. In base a quella presunta coerenza
con tale risultato, vedemmo nella scorsa legislatura accadere ciò che accadde,
ad esempio, tra Prodi e D'Alema e tra D'Alema ed Amato. Inoltre, nella mozione
della sinistra si propone il cosiddetto Governo di garanzia, che ci lascia
pensare a vecchi Governi di garanzia e tecnici di infausta memoria, che
significavano la legittimazione morale del ribaltone, che per noi morale e
politica certamente non può essere.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Arrighi. Ne ha facoltà.
ALBERTO
ARRIGHI. Signor Presidente,
onorevoli colleghi, siamo di fronte alla necessità di un ragionamento politico.
È evidente che, nel momento in cui immaginiamo una profonda modernizzazione
della Costituzione, dobbiamo rivedere - e in questo caso viene fatto - il
rapporto esistente tra il corpo elettorale ed il Governo che lo rappresenta. È
chiaro che vi è una spinta verso la democrazia diretta: questo è sempre stato
nei nostri programmi. È chiaro che vi è la necessità di fondo di rispettare il
più possibile la volontà degli elettori.
Nell'emendamento in esame vi è un'espressione veramente inaccettabile: Governo
di garanzia elettorale. Come diceva il collega Menia, ciò ricorda termini
preoccupanti e difficili da inserire all'interno della Costituzione. Parlare di
garanzia elettorale è quasi come parlare di salute pubblica, di governi
tecnici. Siamo di fronte all'anacronismo dell'ingegneria costituzionale. Il
punto debole della sinistra è nel non capire, oggi, quale sia il rapporto nuovo
e profondo tra la volontà del corpo elettorale e la capacità di un Governo di
rappresentare fino in fondo tale volontà. D'altronde, nel momento in cui
vengono meno le condizioni perché un Governo possa svolgere appieno il mandato
conferito dagli elettori, è evidente che si torna alle urne, a meno che non sia
rispettata la volontà degli elettori. I ribaltoni non sono più accettabili (Applausi
dei deputati del gruppo di Alleanza nazionale).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Scherini. Ne ha facoltà.
GIANPIETRO SCHERINI.
Signor Presidente, non entrerò nel merito dell'emendamento in esame, ma vorrei
svolgere alcune considerazioni di carattere generale.
Ho seguito con estremo interesse i lavori, che ormai si protraggono da alcune
settimane con un dibattito molto acceso e molto vivo. So che la Commissione ed
il Comitato dei nove hanno lavorato molto intensamente. Credo meritino un
plauso il relatore, il presidente della I Commissione, onorevole Bruno, ed il
ministro Calderoli, che ha saputo trovare una mediazione con le proposte giunte
anche da parte dell'opposizione. Non possiamo non rimarcare anche la presenza costante
in aula del sottosegretario Brancher, che ha condiviso questa maratona (Applausi
dei deputati dei gruppi di Forza Italia e della Lega Nord Federazione Padana).
Nessuno può dire che stiamo portando avanti questa riforma a colpi di
maggioranza. È vero che a volte siamo stati costretti a garantire il numero
legale, ma si tratta di un nostro dovere. Tuttavia, è anche vero che abbiamo
cercato fino ad oggi di dialogare con l'opposizione. Ne sono la prova i circa
30-40 emendamenti accettati ed approvati all'unanimità. Dobbiamo rimarcare...
PRESIDENTE.
La ringrazio, onorevole Scherini.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale,
l'onorevole Strano. Ne ha facoltà.
NINO
STRANO. Signor Presidente,
onorevoli colleghi, vorrei intervenire forse in dissonanza rispetto
all'atteggiamento assunto questa mattina dalla maggioranza, perché molto
spesso, al di là delle norme antiribaltone, sono gli uomini che contano. E come
non ricordare un uomo che ha dato bell'esempio di sé nei rapporti con i servizi
segreti, nei rapporti di lealtà con la maggioranza e con il paese, un uomo
sempre super partes: sono queste le vere garanzie antiribaltone! Parlo
di Oscar Luigi Scalfaro, un uomo che tutti ricordiamo per la sua correttezza,
la sua precisione, insindacabile nei giudizi ed equo (Applausi dei deputati
dei gruppi di Alleanza nazionale e della Lega Nord Federazione Padana)!
Quindi, cosa discutiamo a fare di leggi, quando invece tutto dipende dagli
uomini? Questo è un omaggio che il nostro gruppo rende a un grande Emerito di
questa Repubblica, sicuri che non sarà dimenticato negli anni e nei secoli (Applausi
dei deputati del gruppo di Alleanza nazionale).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Rizzi. Ne ha facoltà.
CESARE RIZZI. La sinistra ci ripropone, con questo emendamento, un ribaltone, che invece è sempre stato contrario alla volontà del popolo; ma d'altronde, loro, sono degli specialisti dei ribaltoni! Mi ricordo quando, nella passata legislatura, D'Alema fece fuori Prodi e lo mandò sulla poltrona più alta d'Europa, causando dei danni irreparabili.
PRESIDENZA DEL PRESIDENTE PIER FERDINANDO CASINI (ore 11).
CESARE RIZZI.
L'unica cosa che mi preoccupa è che il centrosinistra, prima o poi, scaricherà
questo personaggio. Non scaricatelo Prodi, riproponetelo ancora al popolo!
Riproponetelo! Visto i danni che egli ha fatto in questo paese, il popolo poi
vi darà una risposta ben precisa.
Certo che voi della sinistra siete dei fenomeni: ci presentate un emendamento
con più di dieci firmatari, ma nessuno di questi al momento è presente in aula!
GIANCLAUDIO BRESSA. Non è vero, siamo qui!
CESARE
RIZZI. Sì, c'è il solito...
Questo significa che i vostri emendamenti sono contrari alla volontà del popolo,
che sapete benissimo essere contrario a questi ribaltoni. Da esperti che siete,
presentate questi emendamenti, ma poi non avete il coraggio di venire in aula a
sostenerli. Visto quello che è successo nella passata legislatura e visti i
risultati....
PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Rizzi.
Ha chiesto di parlare
per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Meroi. Ne ha
facoltà.
Adesso però, colleghi, sarò fiscale sul rispetto dei tempi.
MARCELLO
MEROI. Signor Presidente,
vorrei fare una valutazione del testo che proponiamo all'attenzione
dell'Assemblea. È un testo che conferma una stabilità di governo, che non è una
diminuzione dei poteri del Presidente della Repubblica, né un anomalo
allargamento dei poteri del Presidente del Consiglio. È invece un testo a
favore della chiarezza, contro i ribaltoni, che unisce programma e coerenza.
Leggendo attentamente il testo dell'emendamento presentato dall'opposizione,
verrebbe da chiedere a qualsiasi costituzionalista come interpretare l'espressione
«coerente con il risultato delle elezioni». Chi stabilisce qual è la valenza
della coerenza tra una maggioranza di governo, certamente modificata nella sua
essenza, e quella antecedentemente stabilita?
In ultimo, un'annotazione di metodo. Chi ha letto la stampa di oggi avrà
certamente preso atto di quello che il Capo dello Stato definisce un consiglio
di buon governo, cioè l'esigenza, l'urgenza e l'importanza di praticare un
dialogo vero, soprattutto sulle materie costituzionali. Vedere i banchi della
sinistra vuoti, vuol dire certamente capire che da quella parte non si ha né
titolo, né soprattutto coerenza per dare lezioni a nessuno (Applausi dei
deputati del gruppo di Alleanza nazionale)!
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
RICCARDO MARONE. Presidente, avevo chiesto di parlare per dichiarazione di voto!
PRESIDENTE. Però, onorevoli colleghi, in casi del genere avvertitemi prima, perché se dichiaro aperta la votazione, poi non posso più dare la parola ai colleghi che me la chiedono!
RENZO INNOCENTI. L'abbiamo avvertita, Presidente!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Marone. Ne ha facoltà.
RICCARDO
MARONE. Vedo che il nostro
emendamento ha animato molto il dibattito di questa mattina perché,
effettivamente, tratta un tema di grande delicatezza.
Qui non si discute se si vogliano o meno i ribaltoni e se si voglia o meno la
stabilità politica, questa è la confusione di fondo. Qui si discute (Commenti
dei deputati della Lega Nord Federazione Padana)...
PRESIDENTE.
Onorevoli colleghi, per cortesia. Cosa è successo?
Onorevole Marone, perché si interrompe?
RICCARDO
MARONE. Sta parlando lei,
Presidente (Si ride)!
Dicevo, qui si discute della impossibilità di ingessare la politica con le
norme. Voi, ancora una volta, compite una strana operazione; ad esempio,
l'onorevole Landolfi vorrebbe che il premier fosse eletto dal popolo e,
se questa fosse la situazione e la norma, sarebbe tutto coerente con la
impossibilità di sostituirlo. Tuttavia, da una parte lo volete e dall'altra non
lo scrivete nelle vostre norme, in quanto anche voi in realtà non state creando
un nuovo sistema che preveda l'elezione diretta del premier, in quanto
ancora sostenete una logica di carattere parlamentare. Tanto che affidate al
corpo elettorale solo la possibilità dell'indicazione del premier,
lasciando la nomina dello stesso al Presidente della Repubblica.
In queste condizioni è ovvio che non possiate pensare ad una completa
ingessatura che renda il Presidente della Repubblica semplicemente notaio di
una situazione e che renda impossibile la sostituzione del premier in
determinate condizioni.
Vi siete molto soffermati sul nostro emendamento e sul termine «coerente» da
noi adoperato. In particolare, ho sentito qualche deputato domandarsi chi debba
decidere se la maggioranza sia coerente o meno. Lo decide il Presidente della
Repubblica che, a mio avviso, è il soggetto al quale maggiormente può essere
affidata una responsabilità di questo tipo.
Nel vostro sistema vi è un errore evidente; infatti, o avete già configurato un
sistema elettorale, smentendo l'affermazione secondo la quale non volevamo
preconfigurare sistemi elettorali nella Costituzione, o il vostro sistema non
può funzionare.
Nel nostro sistema elettorale, anche nella forma maggioritaria, non esiste una
maggioranza espressa elettoralmente. Ancora oggi, può verificarsi il caso che
un premier non goda della maggioranza elettorale, ma la consegua poi in
Parlamento. In questo caso, come si attua la vostra norma?
Siete convinti che, creando un premier forte, questo primo ministro
riesca a fare politica. È una vera e propria illusione! In questo paese, in
Parlamento, non c'è mai stata una maggioranza così ampia e non c'è mai stato un
Presidente del Consiglio così potente.
Il premier Berlusconi, come se fosse l'ultimo cittadino, dichiara che
vorrebbe realizzare la riforma delle tasse, ma che non gliela fanno fare! Ma
chi glielo impedisce? Evidentemente, nel sistema, non esiste la possibilità che
un uomo determini - come affermate nell'articolo 92 - la politica di un paese.
Non ci riesce Berlusconi, che ha affermato di voler ridurre le tasse ma che è
impedito dalla sua maggioranza, perché al suo interno vi sono persone che non
vogliono abbassarle. Ma allora, cosa significa tutto questo? La politica è
altro, non quella che state costruendo.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà.
GIANCLAUDIO BRESSA.
Signor Presidente, credo che sia doveroso rispondere ai numerosi interventi di
questa mattina, che hanno preso in così seria attenzione il nostro emendamento.
Vedete, cari colleghi, non siamo affatto «ribaltonisti» (Commenti di
deputati del gruppo di Forza Italia).
No, onorevoli colleghi, io vi ho ascoltato con molta attenzione. Vi ho
ascoltato tutti e adesso vi spiego perché non siamo «ribaltonisti», però
statemi ad ascoltare così come io ho ascoltato voi! Ripeto che non siamo
«ribaltonisti» perché abbiamo il rispetto profondo del Parlamento. Noi
intendiamo rafforzare e stabilizzare il Governo, ma nell'ambito di una
dimensione parlamentare. Per noi è importante il Governo ed è importante il
Parlamento, non solo il primo ministro. La logica dell'uomo solo al comando, ci
piace nel ciclismo, ma non nella politica.
I nostri emendamenti si ispirano all'essenza vera del costituzionalismo
moderno. Ve la illustro brevemente, così forse riuscite a comprendere qual è la
nostra filosofia di fondo. Potete anche non condividerla, ma è giusto che non
ne diate un'interpretazione ad uso e consumo vostro, anche perché questo
emendamento deve essere coordinato con tutti gli altri che configurano in
maniera chiara la forma di governo che abbiamo in mente. I nostri emendamenti
si ispirano all'autentico costituzionalismo contemporaneo.
Se la mozione di sfiducia costruttiva è presentata da un quarto dei componenti
la Camera e poi approvata, il Presidente della Repubblica non emana il decreto
di scioglimento, qualora verifichi che la nomina del primo ministro e il voto
della Camera sono coerenti con il risultato delle elezioni. Il risultato delle
elezioni, peraltro, viene confermato nella seduta del Parlamento, quando il
Presidente del Consiglio, cioè il primo ministro che ha vinto le elezioni,
presenta il proprio programma. È, infatti, quel voto parlamentare che definisce
il perimetro della maggioranza che ha vinto le elezioni. Non siamo per
definizione extraparlamentari. Lo scioglimento deve, inoltre, essere coerente
con il risultato delle elezioni nonché con la volontà di proseguire il
programma di legislatura approvato in quella seduta.
Vi è stato un certo
fraintendimento da parte di alcuni colleghi di Alleanza nazionale, circa il
governo di garanzia elettorale. Guardate, cari colleghi, che il governo di
garanzia elettorale - così come l'abbiamo scritto noi - serve proprio ad
evitare che un governo «ribaltonista», che non ottiene la maggioranza in
Parlamento, possa poi gestire le elezioni. Si tratta esattamente di una
clausola opposta a quello che avete evidenziato. Lasciare invece il testo
governativo che voi voterete tra qualche giorno, significherebbe scrivere nella
Costituzione il principio di un premier che può sopravvivere anche con
il solo consenso di una piccola parte minoritaria della sua maggioranza.
Bastano pochi voti e pochi deputati per impedire alla maggioranza di cambiare
il proprio premier coerentemente con il voto elettorale. Ripeto che
bastano pochi voti per impedire alla maggioranza la presentazione della mozione
di sfiducia. In questo passaggio scrivete una cosa falsa dietro la quale vi
barricate.
Si tratta di un meccanismo che non regge, perché mettete in mano il Parlamento
ad un primo ministro e a un gruppo di suoi ascari e pretoriani, che
stringendosi a lui possono esautorare l'intera Camera e impedire la
presentazione di una mozione di sfiducia. Un'eresia di questo genere non
l'avrebbe mai scritta né Georges Vedel né Maurice Duverger, che pure hanno
costruito la Costituzione in Francia su un certo modello di democrazia
parlamentare.
Onorevoli colleghi, se Tony Blair non ha più la sua maggioranza del gruppo
parlamentare laburista, si deve dimettere e la Regina può negargli lo
scioglimento della Camera dei Comuni, anche se fosse lo stesso leader
sconfitto a chiederlo. Tony Blair, infatti, può chiedere che sia sciolta la
Camera soltanto se è la sua maggioranza a chiederlo. Questo rapporto
indissolubile tra il primo ministro e la sua maggioranza è esattamente quello
che noi vogliamo, mentre voi sarete in balìa e prigionieri dell'arbitrio di una
persona.
Infatti, onorevoli colleghi, non si può vivere di rendita per un'intera
legislatura sul giorno delle elezioni: non si tratta del «modello Westminster»,
ma di una sua contraffazione ad usum delphini. Si tratta del modello, in
salsa italiana, di un governo parlamentare autoritario (Applausi dei
deputati dei gruppi della Margherita, DL-L'Ulivo e Misto-Verdi-L'Ulivo).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Delbono. Ne ha facoltà.
EMILIO
DELBONO. Signor Presidente, è
paradossale che sia la Lega a porre la questione del «ribaltonismo». Nel 1995,
quando la Lega decise di «staccare la spina» al Governo Berlusconi, lo fece
sulla scorta di un tradimento del Presidente del Consiglio rispetto ai patti
sottoscritti con la Lega stessa. Si tratta di una premessa fondamentale, in
quanto politicamente può accadere, come ha osservato l'onorevole Bressa, che
siano proprio il Presidente del Consiglio e il suo partito a decidere di
rompere la coerenza con il programma, nel quale possono esservi grandi
obiettivi strategici che riguardano l'intero paese.
Se nel Parlamento, come è accaduto nel 1995, in circostanze delicate della vita
del paese, si costruisce una maggioranza diversa rispetto a quella indicata
dalle elezioni, sarebbe assurdo impedirlo. Vi è, infatti, un principio che
prevale sul vincolo di maggioranza, rappresentato dalla tutela degli interessi
generali del popolo italiano.
PRESIDENTE.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico,
sull'emendamento Leoni 23.5, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la
votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 383
Votanti 380
Astenuti 3
Maggioranza 191
Hanno votato sì 152
Hanno votato no 228).
Prendo atto che
l'onorevole Angela Napoli non è riuscita a votare.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico,
sull'emendamento 23.250 della Commissione, accettato dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la
votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).
(Presenti 410
Votanti 301
Astenuti 109
Maggioranza 151
Hanno votato sì 295
Hanno votato no 6).
Prendo atto che
l'onorevole Zanetta non è riuscito a votare.
Indico la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento
Bressa 23.73...
RICCARDO MARONE. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE.
Revoco l'indizione della votazione. Tuttavia, d'ora in poi non mi riterrò
obbligato a dare la parola a chi la chieda dopo l'indizione della votazione.
Prego, onorevole Marone, ha facoltà di intervenire.
RICCARDO
MARONE. Signor Presidente, con
l'emendamento Bressa 23.73, proponiamo la soppressione delle parole «che ne
assume la esclusiva responsabilità», anche perché continuiamo a non comprendere
cosa ciò significhi. Si tratta di responsabilità giuridica o di responsabilità
politica?
Stiamo discutendo del premier, vale a dire del soggetto che dovrebbe
governare il paese. Fare riferimento alla responsabilità mi sembra paradossale,
a proposito dello scioglimento del Parlamento. Non credo si tratti di una
questione di responsabilità, bensì di equilibri politici e di strategia
politica. Non è stato risolto il problema di fondo, in quanto non è chiaro
quale sistema politico si voglia, e a fronte di spinte che, all'interno della
maggioranza, vanno, da una parte, verso un premierato forte e, dall'altra,
verso il ritorno di un parlamentarismo proporzionale, e dunque di una miscela
contraddittoria, è stata escogitata una formula che soddisfa tutti ma che non funziona
e non può funzionare.
Sono sorpreso che tali posizioni siano condivise dai partiti di grandi
dimensioni. Se si irrigidisce in tal modo il sistema, sarà sufficiente un
piccolo partito o un piccolo gruppo di deputati per ricattare il resto della
maggioranza. Basteranno, in una maggioranza quale quella attuale, dieci
deputati per stabilire se andate a casa o meno!
Ma vi sembra possibile che un'intera maggioranza possa essere nelle mani di un
piccolo gruppo politico che si formi all'interno di quella stessa maggioranza?
E che, appunto, la volontà popolare sia vanificata non perché tutta la
maggioranza ha perso la sua coesione, ma solo per decisione di una sua piccola
parte?
Voi ragionate così perché state pensando come una maggioranza molto forte e con
una rilevante differenza di numeri rispetto alla minoranza. Non sempre questo
accade nel Parlamento; si verificheranno anche casi di maggioranze meno forti e
di minoranze più forti (è l'esempio della precedente legislatura). In tal caso,
con pochi voti di differenza, immaginate quale forza avranno all'interno della
maggioranza i piccoli gruppi, che potranno ricattare i grandi partiti della
coalizione non perché la linea politica non sia quella giusta, o magari perché
si sia tradito il mandato elettorale, ma semplicemente - e ovviamente - per
determinare i rapporti di forza all'interno della coalizione.
Tutto ciò è sbagliato; questa è la negazione della politica, è la negazione
dell'idea di praticare la politica, del tentare di risolvere i problemi
all'interno della maggioranza con un sistema che renda coerente la linea
politica con la volontà dell'elettorato. Ma come potete pensare che il rispetto
della volontà popolare sia garantito da una semplice formula matematica?
Come vi ho dimostrato poc'anzi, i numeri sono quelli: non esiste nel nostro paese la maggioranza elettorale. Ma se anche fosse così, a voi sembra sufficiente dire che i numeri sono quelli e che tali devono rimanere, risolvendo tutto in un calcolo aritmetico della persistenza della maggioranza? La realtà è esattamente il contrario. Il problema non è che la maggioranza deve essere ostaggio di un premier. Il vero problema è che il premier deve essere l'espressione reale della maggioranza. Tutto questo con il vostro meccanismo non si verifica e, per tali ragioni, abbiamo proposto questo emendamento (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Verdi-L'Ulivo).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà.
GIANCLAUDIO BRESSA.
Credo sia importante comprendere un aspetto di grande rilevanza.
In un regime di bipolarismo non bipartitico, come il nostro, non è necessario
che i leader delle coalizioni abbiano la fiducia di quattro o cinque
capi partito né che abbiano attorno a sé un nucleo di fedelissimi, ma che abbiano
la fiducia dell'Assemblea, di tutti i parlamentari eletti come coalizione o,
più precisamente, della maggioranza della maggioranza.
Qual è il regime parlamentare in balia della volontà di una persona la quale,
giocando sul consenso di un numero strettissimo di fedelissimi, impedisce agli
altri parlamentari di esercitare compiutamente il proprio mandato?
Le nostre proposte emendative fanno cadere anche l'assurda e incostituzionale
discriminazione fra deputati di serie A e di serie B. Ritenete che sia
possibile presentare una mozione di sfiducia solo se i deputati della
maggioranza, in numero superiore alla metà più uno dei componenti della Camera,
la sottoscrivano? Ma qual è la logica che vi costringe ad abbassarvi in quel
modo e ad essere ricattati da uno nucleo risicatissimo di persone?
Se avete una maggioranza parlamentare di 20 voti, è sufficiente che 21 deputati
non vogliano sottoscrivere la mozione di sfiducia del premier per far sì
che voi deputati della maggioranza (la maggioranza dei deputati della
maggioranza che lo vogliono sfiduciare) non siate in condizione di presentare
tale mozione. Questo non è il modello inglese, né quello tedesco; non si tratta
di alcun modello presente in una Costituzione contemporanea. È un pasticcio e
mi dispiace per l'onorevole Cola, ancora una volta. È un pasticcio in salsa
italiana che apre la via ad un Governo autoritario, parlamentare!
Si verifica quella profezia delle teorie assolutiste del secolo scorso, che
sognavano un Governo parlamentare autoritario. Si vota una volta ogni cinque
anni, e per tale periodo quel voto viene cristallizzato. Non vi sarà più
possibilità di modificare alcunché. Ma la sovranità appartiene al popolo!
CESARE RIZZI. E lo dite voi che appartiene al popolo...
GIANCLAUDIO BRESSA. I deputati
sono qui proprio perché sono stati votati dal popolo.
È singolare immaginare che la sovranità dal popolo passi al Presidente eletto e
che se ne discuta dopo cinque anni.
Non fatemi fare sempre le stesse citazioni, ma si avvera l'anatema di Rousseau,
riguardo al fatto che il popolo è libero una volta ogni cinque anni: noi a
queste condizioni non ci stiamo, perché per noi la sovranità continua ad
appartenere al popolo ed i deputati rappresentano il popolo in Parlamento (Applausi
dei deputati dei gruppi della Margherita, DL-L'Ulivo e Misto-Verdi-L'Ulivo).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Giovanni Russo Spena. Ne ha facoltà.
GIOVANNI RUSSO SPENA. Presidente, non è a titolo personale!
PRESIDENTE. Onorevole Russo Spena, parli pure...
GIOVANNI RUSSO SPENA. Già il collega Bressa ed il collega Maroni precedentemente (Commenti)...
ALESSANDRO CÈ. Hanno finito i tempi!
GIOVANNI RUSSO SPENA. Che c'è? Qual è il problema?
PRESIDENTE. Onorevole Russo Spena, vorrei precisare che il suo intervento è necessariamente a titolo personale, avendo il suo gruppo esaurito il tempo a disposizione.
GIOVANNI RUSSO SPENA.
Va bene, Presidente, grazie.
Noi ovviamente, come abbiamo sostenuto già nei giorni scorsi, su questo punto
siamo per un sistema di sfiducia costruttiva, ma riteniamo, come diceva ora il
collega Bressa, che la questione sia molto rilevante, in quanto lo schema della
maggioranza e le sue proposte demoliscono difatti, dopo l'azione svolta con la
devoluzione, il secondo pilastro del costituzionalismo democratico: stiamo
fuoriuscendo in qualche misura dal governo parlamentare e viene estenuata la
centralità del Parlamento, fino a renderla una struttura in qualche modo
esangue.
Noi abbiamo sempre creduto - come è apparso evidente sia in Commissione
bicamerale sia quando abbiamo votato per la centralità delle assemblee elettive
dove si forma la rappresentanza nei comuni, nelle province, nelle regioni (non
abbiamo mai votato infatti il cosiddetto «sindaco-potestà» o il «presidente
della regione-governatore») - nella centralità della democrazia parlamentare e
non della democrazia governante: in questo devo dire che ci distinguiamo anche
dalle allusioni, pur...
ROBERTO MENIA. Tempo!
GIOVANNI RUSSO SPENA.
...teoricamente dignitose, che faceva ieri il collega Violante. Siamo convinti
che sia la democrazia parlamentare, e non la democrazia governante, il centro
della democrazia organizzata.
Ritengo che non possiamo oggi fuoriuscire da uno schema che non veda - lo
diceva ora il collega Bressa - nel suffragio universale una volta ogni cinque
anni, in qualche modo, l'investitura del premier. Noi crediamo nelle
elezioni come sede in cui si forma una rappresentanza che, nella democrazia
organizzata, per cinque anni, porta avanti il tema della decisionalità
parlamentare, della decisionalità sulle leggi e del controllo politico. Questa
è la grande differenza che si pone (Applausi dei deputati del gruppo di
Rifondazione comunista)!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Acquarone. Ne ha facoltà.
LORENZO ACQUARONE.
Signor Presidente, onorevoli colleghi, i colleghi che mi hanno preceduto si
sono soffermati sul problema generale di questa forma di democrazia strana. Il
collega Bressa mi pare ricordasse una frase di Rousseau, secondo il quale il
popolo è sovrano il giorno delle votazioni e poi è suddito: non uso la parola
«schiavo», perché, altrimenti, solleverei le irritazioni del mio amico
Giachetti, che è uno studioso di Abramo Lincoln e dell'abolizione della
schiavitù.
Detto questo, io invece vorrei soffermarmi su una questione di carattere
formale. Questo emendamento dice che il premier se «ne assume la
esclusiva responsabilità». Mi pare una affermazione del tutto inutile e
pleonastica, se non per rafforzare l'idea, quasi bonapartistica, di questo premier
che può far tutto.
La Costituzione attualmente vigente e, che tutto sommato - se questa è la
modifica - mi auguro che resti tale, afferma che è vero che il Presidente della
Repubblica può, sentiti i rispettivi presidenti, sciogliere le Camere, o anche
solo una di esse, ma al successivo articolo 89 stabilisce che nessun atto del
Presidente della Repubblica è valido se non è controfirmato dai ministri
proponenti, e che gli atti di particolare importanza devono essere anche
controfirmati dal Presidente del Consiglio dei ministri.
Quindi, se non c'è un Presidente del Consiglio dei ministri disposto a
controfirmare un decreto di scioglimento delle Camere, oggi il Presidente della
Repubblica non le può sciogliere, perché senza la controfirma del Presidente
del Consiglio dei ministri il suo decreto, in base all'articolo 89 della
Costituzione, non è valido. Allora, non riesco a capire perché dobbiamo
scrivere nella Costituzione che il Presidente del Consiglio «se ne assume la
esclusiva responsabilità». Che cosa significa? Significa che ciò esclude la
responsabilità del Consiglio dei ministri che, nell'ipotesi di una proposta di
scioglimento, gli abbia conferito un mandato? No, la responsabilità è di chi
controfirma! Attualmente, chi controfirma deve essere il Presidente del
Consiglio dei ministri. Perciò, questa formula mi sembra del tutto inutile, mi
sembra soltanto una esaltazione, a mio avviso sbagliata, della figura del
Presidente onnipotente, del Presidente del Consiglio (Commenti del deputato
Paolone). Per queste ragioni, al di là delle considerazioni, per così dire,
sostanziali, sulle quali interverremo nel corso della discussione sulle
successive proposte emendative, ritengo che sia del tutto inutile e, come tale,
da non inserire in Costituzione.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Giacomo Angelo Rosario Ventura. Ne ha facoltà.
GIACOMO ANGELO ROSARIO VENTURA.
Signor Presidente, intervengo perché alcuni illustri colleghi, anche cultori di
diritto costituzionale, non possono continuare ad equivocare su un concetto che
emerge chiaramente da queste norme. Il premier, il Presidente del
Consiglio, secondo la previsione contenuta in questo corpo normativo relativamente
alle modalità della sua elezione, è espressione della sovranità popolare, è
eletto a suffragio diretto dal popolo e, quindi, è organo distinto.
L'onorevole Marone si chiedeva quale fosse la maggioranza politica.
Chiaramente, si tratta della maggioranza prevista dal capoverso dell'articolo
92 del progetto di Costituzione in esame, che prevede che la candidatura alla
carica di primo ministro avviene mediante collegamento con i candidati alla
elezione della Camera dei deputati. Quindi, se è vero che il primo ministro non
è più istituto parlamentare ma istituto promanante direttamente dal suffragio
diretto del popolo, deve poter avere una responsabilità propria, distinta da
quella del Consiglio dei ministri, che è altra cosa, distinta dalla maggioranza
politica, che è altra cosa, e distinta dalla Camera dei deputati, che è altra
cosa ancora.
Non si può depauperare questo premier dell'unica facoltà di cui dispone,
cioè quella di chiedere lo scioglimento delle Camere, qualora la maggioranza
politica eletta insieme a lui, alla quale è collegato e con la quale ha
concordato un programma, decida di ribaltarlo, per ragioni «corridoiste», pur
dichiarando di continuare ad attuare lo stesso programma.
A questo premier, portatore di sovranità popolare si vuole conferire un
minimo di attribuzione di potestà, per controbilanciare l'altro potere, quello
camerale, che consiste nella possibilità di richiedere lo scioglimento delle
Camere. Diversamente, diventa un'altra cosa e torna ad essere un istituto
parlamentare. Allora, gli illustri colleghi Maroni, Bressa, Acquarone, e anche
l'onorevole Violante, mi dicano che coerenza ci può essere nella eliminazione
di questa norma se non si modifica quel criterio di elezione del premier,
ripeto, espressione di suffragio elettorale diretto (Applausi dei deputati
del gruppo di Forza Italia).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Maura Cossutta. Ne ha facoltà.
MAURA COSSUTTA. Signor Presidente, noi interveniamo perché vogliamo insistere nel dire - come già ieri, come continueremo in questi giorni e come diremo anche al di fuori di questa Assemblea - che non si tratta di una modifica tecnica ma siamo ad un passaggio delicatissimo del nostro assetto istituzionale e del nostro sistema democratico. È un vero passaggio di sistema e, per questo, lanciamo un allarme, un allarme democratico. Si tratta delle funzioni e delle prerogative del Presidente della Repubblica e del rapporto tra queste funzioni e la forma di Governo. È un passaggio delicatissimo ed è una torsione della cultura democratica e dell'assetto democratico...
BENITO PAOLONE. È in pericolo la democrazia...?
PRESIDENTE. Onorevole Paolone, ho capito: sono forme di goliardia parlamentare!
MARCO BOATO. Credono di essere allo stadio!
PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, nessuno può scagliare la prima pietra, per cortesia, perché nessuno è in grado di farlo (Applausi dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale)!
MAURA COSSUTTA. Signor Presidente, il problema è che stiamo discutendo...
PRESIDENTE. E infatti, lei ha diritto di parlare...
MAURA COSSUTTA. ... della trasformazione del sistema democratico della nostra Repubblica.
PRESIDENTE. Va bene, ma l'unica cosa certa è che lei ha diritto di parlare.
MAURA
COSSUTTA. La ringrazio, signor
Presidente, perché lei gentilmente ha richiamato i colleghi.
Dicevo che questo è uno dei punti più delicati per l'assetto democratico della
nostra Repubblica.
Allora, credo sia una mutazione genetica della natura della Repubblica: non è
più una Repubblica parlamentare. Vi è il primato non soltanto dell'esecutivo,
ma di un potere monocratico, che assume un valore persino superiore a quello
del Presidente della Repubblica (mi riferisco al premierato assoluto), perché -
lo ha ricordato il collega della maggioranza - supportato dal suffragio
universale. Vi è uno stravolgimento del valore della Repubblica democratica.
Colleghi, è la stessa logica e la stessa cultura autoritaria e plebiscitaria
che state usando nella controriforma della magistratura: il magistrato non è
sottoposto alla legge, ma dipende dal popolo! È un'idea distorta del potere,
della partecipazione popolare! Voi supportate il suffragio universale per
garantire poteri monocratici.
Mi rivolgo ai colleghi, in particolare all'onorevole Tabacci. Ieri, si è aperta
una discussione molto seria e molto importante. Vi è, da una parte, il grumo di
una deriva autoritaria e, dall'altra, una falsa idea che ha attraversato anche
quest'aula di poter introdurre in Costituzione elementi per favorire la
stabilità del sistema politico ed elementi che cambiano il sistema elettorale.
I problemi del sistema politico - che ci sono - vanno affrontati con la
politica ed i problemi del nostro sistema politico non riguardano la fragilità
dei poteri dell'esecutivo, ma, al contrario, la riduzione degli spazi
democratici, della partecipazione e del valore della rappresentanza.
PRESIDENTE.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico,
sull'emendamento Bressa 23.73, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la
votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 405
Votanti 401
Astenuti 4
Maggioranza 201
Hanno votato sì 168
Hanno votato no 233).
Avverto che, essendo
stato accolto dai presentatori l'invito al ritiro dell'emendamento Elio Vito
23.200, sono da considerare decaduti i subemendamenti, ad esso riferiti, Bressa
0.23.200.2 e Mazzuca Poggiolini 0.23.201.1.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Leoni 23.74.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Amici. Ne ha
facoltà
SESA
AMICI. Signor Presidente, con
l'emendamento in esame chiediamo la soppressione della lettera d)
nell'attuale formulazione, riguardante un caso di scioglimento della Camera dei
deputati.
È del tutto evidente che dobbiamo provare a fare una lettura che sia un continuum
tra l'attribuzione dei poteri al Capo dello Stato, l'idea dell'assoluta
capacità da parte del premier di condizionare la propria maggioranza e
la decisione, assunta in maniera esclusiva, dello scioglimento.
Questa lettura unica di una serie di disposizioni che stiamo esaminando è la
testimonianza di un presupposto politico, che abbiamo denunciato nel corso
della discussione sulle linee generali e dell'esame delle questioni di merito,
riguardante l'operazione politica che sottostà all'idea di riforma
costituzionale. Le questioni relative al potere di scioglimento della Camera e,
conseguentemente, ad una disarticolazione del rapporto politico tra premier
e la sua maggioranza testimoniano la torsione attraverso la quale si è voluto
immettere nella discussione sulle riforme costituzionali un problema tutto
politico, legato all'incapacità da parte del premier (quindi,
un'incapacità di tipo soggettivo) di «tenere» dentro le coalizioni.
Proprio perché è una discussione politica, quando non si tengono le coalizioni,
l'unico strumento che si ha è quello, di antica memoria, di assumerne un valore
di tipo assoluto. Quindi, diventa un rapporto negato politicamente di lealtà e
di dialettica politica tra il premier e la sua maggioranza, al punto che
lo scioglimento viene, in qualche modo, obbligato proprio dal terzo comma
dell'articolo 94, anche di fronte ad una mozione di sfiducia che determina,
proprio nel momento in cui è presentata, questa disarticolazione del
ragionamento politico.
È del tutto evidente la ragione per la quale si deve sopprimere la lettera d)
del nuovo articolo 88 della Costituzione previsto dall'articolo 23 della
progetto di riforma; al riguardo, invitiamo i colleghi ad una riflessione. Non
mi riferisco soltanto alla denuncia che i colleghi - in particolare, gli
onorevoli Bressa e Marone - hanno fatto negli interventi in Assemblea di ieri
e, anche, di stamani; per noi e per i cittadini italiani è, infatti, più
preoccupante che si tenti di risolvere una difficoltà tutta politica attraverso
una forzatura delle regole costituzionali.
In tal modo, non si compie né un rinnovamento della politica né, tanto meno, si
preserva il patto costituzionale come insieme di regole sottoscritte dai
cittadini per una democrazia più avanzata e più plurale, non già per una
democrazia piegata alle logiche politiche.
Questo è il vero «pasticcio» che stiamo denunciando in questi giorni; un
«pasticcio» che mette insieme elementi di analisi politica con elementi
riguardanti l'ordinamento dello Stato e la sua funzionalità.
State apprestando, proprio con l'esclusività con cui si decide lo scioglimento
della Camera, la possibilità di una rottura tra le proposte programmatiche con
cui ci si sottopone agli elettori e l'azione di Governo, attraverso elementi di
ricatto legati fondamentalmente al futuro non della coalizione ma del premier.
Quanto vi interessa è che il premier, comunque, venga salvaguardato e
non faccia i conti anche con le articolazioni della politica; tale previsione,
sbagliata sul piano politico, è assai grave che venga inserita in Costituzione.
Per questo raccomandiamo che venga approvata almeno la soppressione della
lettera d) di cui al primo comma del nuovo articolo 88 (Applausi dei
deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Elettra Deiana. Ne ha facoltà.
ELETTRA
DEIANA. Signor presidente,
come già l'onorevole Russo Spena ha prima chiarito, ci troviamo dinanzi ad uno
schema che stravolge completamente l'ordinamento repubblicano, capovolgendo quel
virtuoso equilibrio tra potere legislativo, potere esecutivo e potere di
garanzia della legalità della Repubblica affidato al Capo dello Stato che,
nelle moderne democrazie, ha rappresentato, in Italia, con la Costituzione del
1948, un punto altissimo di equilibrio democratico, di garanzia dello Stato di
diritto e delle libertà politiche.
Il vostro progetto si colloca assolutamente all'interno di una ipotesi di governance
presidenzialistica, che capovolge e stravolge, appunto, i principi fondamentali
cui si è ispirata la Carta del 1948 nel delineare il ruolo di garanzia super
partes - e, quindi, di reale garante del funzionamento delle istituzioni -
del Capo dello Stato. Volete ridurlo ad un notaio; praticamente, la Presidenza
della Repubblica diventerebbe l'ufficio notarile, un luogo di timbratura di
decisioni affidate al potere pressoché assoluto - o, comunque, largamente
orientato in questa direzione - del primo ministro o della maggioranza che in
Parlamento sostiene il primo ministro. Quindi, una cancellazione radicale del
ruolo preminente e fondamentale che al Parlamento è attribuito dalla
Costituzione; ruolo decisionale di espressione e rappresentanza del popolo
sovrano, popolo che è in grado di esercitare, durante cinque anni, la propria
sovranità attraverso il mandato affidato al Parlamento...
PRESIDENTE. Onorevole...
ELETTRA DEIANA. ...altrimenti, ci si affida in modo plebiscitario al boss di turno.
PRESIDENTE.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento
Leoni 23.74, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la
votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 401
Votanti 398
Astenuti 3
Maggioranza 200
Hanno votato sì 172
Hanno votato no 226).
Prendo atto che gli
onorevoli Campa e Zanetta non sono riusciti a votare.
Avverto che l'emendamento Taormina 23.71 è stato ritirato dal presentatore.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Mantini 23.3.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Leoni. Ne ha
facoltà.
CARLO
LEONI. Signor Presidente,
come è stato reso chiaro da numerosi interventi svolti dai colleghi
dell'opposizione, vorrei ribadire che ci battiamo affinché, all'interno della
nuova Costituzione, non venga mortificato il ruolo sia del Parlamento sia del
Presidente della Repubblica. Ciò non perché siamo attaccati a visioni «sacrali»
delle istituzioni, ma perché, se venissero «schiacciate» le funzioni delle
Camere e del Capo dello Stato, vorrebbe dire che l'Italia fuoriuscirebbe, dopo
tanti anni, dalla forma di governo parlamentare, e noi non siamo assolutamente
d'accordo.
La nostra opzione, tuttavia, vale a dire la scelta di non mortificare le
funzioni del Presidente della Repubblica e del Parlamento, non significa nella
maniera più assoluta che vogliamo governi deboli: al contrario, desideriamo
esecutivi forti, efficienti ed autorevoli; anche riguardo al primo ministro ed
alle sue prerogative, vorrei dire che non siamo ciechi. Vorrei evidenziare, ad
esempio, che non abbiamo contestato la facoltà di nomina e di revoca dei
ministri, se non altro perché abbiamo già osservato tale facoltà consolidarsi
nel corso dell'esperienza concreta. Al riguardo, desidero ricordare che,
soltanto nell'attuale legislatura, il Presidente del Consiglio Berlusconi ha
potuto sostituire diversi ministri, anche autorevoli: mi riferisco ai ministri Ruggiero,
Scajola e Tremonti e, per ragioni non politiche ed assolutamente rispettabili,
lo stesso ministro Umberto Bossi.
Vorrei osservare, tuttavia, che la vostra proposta in materia di poteri del
Presidente del Consiglio (che diventerà, nel nuovo testo costituzionale, il
primo ministro) è divenuta una vera ossessione. Si tratta di quella stessa
ossessione che abbiamo visto tradursi numerose volte in tanti vostri
interventi, operati nel corso di questi tre anni di legislatura, quando ci
ripetevate, ossessivamente, che avevate ricevuto il mandato elettorale, che
dunque potevate sostanzialmente fare quel che volevate e che, dopo cinque anni,
ne avrete risposto davanti agli elettori.
Questo non è un sistema politico maggioritario, ma una sua versione primitiva e
rozza! Un sistema maggioritario compiuto e democratico, infatti, prevede un
sistema di controllo e di bilanciamenti che voi, al contrario, non solo non
avete proposto, ma avete addirittura rifiutato, respingendo alcune nostre
proposte emendative che andavano proprio in tale direzione.
Ebbene, voi traducete in norma costituzionale tale visione primitiva e rozza di
un sistema politico maggioritario - è questo il salto grave che si sta
compiendo - fino a prevedere un Presidente della Repubblica che, bene che vada,
svolge una funzione notarile, ed un Parlamento che costituisce la prosecuzione
della campagna elettorale per i primi due anni e mezzo, e magari la
preparazione della successiva per gli ultimi due e mezzo. Nel vostro sistema -
ammesso che abbia la dignità per definirsi tale - il Parlamento, se vuole
continuare a vivere, viene ridotto a tribuna propagandistica per un verso e ad
esecutore delle volontà del Governo per l'altro; altrimenti, se non dovesse
rispondere a tale input, se ne andrà a casa, perché così deciderà il
primo ministro.
Riteniamo che, per conservare l'espressione della volontà della maggioranza del
corpo elettorale nel corso di una legislatura, ed anche per avere governi
efficienti ed autorevoli, non sia assolutamente indispensabile umiliare le
funzioni sia del Parlamento sia del Capo dello Stato. Le nostre proposte
emendative, infatti, incluso l'emendamento in esame, dimostrano che ciò si può
fare: è possibile confermare...
PRESIDENTE. Onorevole Leoni, concluda!
CARLO
LEONI. Ho concluso, signor
Presidente. Come stavo dicendo, attraverso le nostre proposte emendative, è
possibile confermare la volontà della maggioranza dei cittadini ed avere
governi efficienti ed autorevoli, ma senza - ribadisco - umiliare le funzioni
del Parlamento e del Presidente della Repubblica.
Se operate una scelta non indispensabile, lo fate come scelta politica; noi,
tuttavia, la consideriamo una scelta grave, ed anche molto pericolosa, per il
futuro democratico del nostro paese (Applausi dei deputati del gruppo dei
Democratici di sinistra-L'Ulivo).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mantini. Ne ha facoltà.
PIERLUIGI MANTINI.
Signor Presidente, noi abbiamo un sogno, che credo sia anche un dovere: quello
di coniugare il parlamentarismo con il bipolarismo, ossia costruire le regole
di un bipolarismo equilibrato e democratico, in cui non vi sia né il dominio
della maggioranza, né il premierato assoluto e neppure soluzioni improvvide ed
originali, quali quelle che ci proponete, mettendo solo nelle mani del premier
lo scioglimento del Parlamento.
L'emendamento a mia firma 23.3 propone, dunque, una soluzione che tenta di
trovare un equilibrio tra il principio fondamentale secondo cui sono i
cittadini a scegliere i governi e quel poco di flessibilità che le istituzioni
rappresentative ed il Parlamento debbono avere nel caso di crisi di Governo.
Richiamiamo, dunque, la vostra attenzione sulla formulazione del mio
emendamento 23.3, che consente - appunto - tale flessibilità, ma tenendo conto
che, in caso di crisi di Governo, debba esservi una maggioranza che propone la
mozione di sfiducia coerente con le elezioni politiche e il proseguimento
dell'attuazione del programma di Governo, secondo il giudizio del Presidente
della Repubblica (Dai banchi dei deputati del gruppo di Alleanza nazionale
si grida: «Tempo!»)... Tempo, proprio per niente, perché parlo per
dichiarazione di voto e pertanto non voglio essere disturbato!
È del tutto ovvio che tale formula fa compiere un passo in avanti nella
stagione del bipolarismo, pur nel rispetto del parlamentarismo. È una formula
che proponiamo a voi, e soprattutto, a quei colleghi, quali l'onorevole Tabacci
- spero che lui non ne se ne abbia a male, ovviamente - citati spesso negli
ultimi giorni quali riferimento di un dibattito. Voglio dire allo stesso
onorevole Tabacci che non si può predicare la nostalgia e praticare soluzioni e
ricette antiparlamentari ed antidemocratiche. Occorre impegnarsi in un più
difficile compito: quello della costruzione degli equilibri.
Il dibattito che si è sviluppato anche ieri è stato pieno di errori, oltre che
di imprecisioni. Vi è stato altresì un pò di «teatrino», con argomenti e
suggestioni fuorvianti. È stato detto di tutto: anche che il bipolarismo è una
polarizzazione sulle estreme... Inviterei, invece, i colleghi a riflettere sul
fatto che è esattamente al confronto di merito - ossia quel confronto cui
sfuggite spesso - sui problemi del paese, che il bipolarismo tende, se
costruito un modo democratico ed equilibrato. È stato ricordato che i
governatori - è un termine, anche a mio avviso, improprio: preferirei parlare
di presidenti delle regioni - sciolgono autonomamente i consigli regionali, il
che non è vero. È stato detto, se non ricordo male dal collega La Malfa, che, a
bipolarismo realizzato, voti singoli quali quello della guerra in Kosovo non si
sarebbero mai potuti svolgere ordinariamente, ma ciò non è vero: perché il
Parlamento, anche in un sistema bipolare, conserva la capacità di confronto e
di unità nazionale sui grandi temi.
Sono stati addotti temi ed argomenti davvero poveri e risibili contro il
bipolarismo, anziché impegnarsi per costruire un bipolarismo moderno,
democratico ed equilibrato. È un'accusa che vi muoviamo, soprattutto a coloro
che predicano non so che, perché anche i discorsi che ho ascoltato sul
proporzionale, più volte in questi giorni, se li devo rapportare all'attualità
politica (e sono certo che l'onorevole Tabacci ascolta ciò che dice l'onorevole
Follini o il presidente Formigoni)...
PRESIDENTE. Onorevole Mantini, la prego di concludere.
PIERLUIGI MANTINI.
Concludo, signor Presidente. Si tratta di discorsi fumosi e ingannevoli, perché
anche con un ritorno al proporzionale, in realtà, nessuno nega la regola
fondamentale del bipolarismo, nessuno nega che il partito dell'onorevole
Tabacci voglia stare in una coalizione di centrodestra e che le stesse proposte
vengono avanzate persino a «pezzi» della Margherita da Formigoni per una sua
lista elettorale che, a dire il vero, somiglia più ad una lista della spesa...
Quindi, il proporzionalismo viene usato male nel dibattito sulle riforme
costituzionali, per impedire, con argomenti più confusi che nostalgici, un
impegno serio e vero per la costruzione delle regole del bipolarismo, per saldare
all'efficienza del Governo, al rispetto per i Governi scelti dai cittadini, le
prerogative del Parlamento. È una mancanza di impegno grave e seria, che si
traduce in un attacco alla tradizione, alla realtà del parlamentarismo ed anche
alla democrazia italiana (Applausi dei deputati del gruppo della Margherita,
DL-L'Ulivo - Applausi polemici dei deputati del gruppo della Lega Nord
Federazione Padana).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Tabacci. Ne ha facoltà.
BRUNO
TABACCI. Signor Presidente,
ieri avevo avuto occasione di anticipare una certa distanza dall'emendamento
Elio Vito 23.201, che verrà posto in votazione successivamente. Però, vorrei
ricordare all'onorevole Mantini che il suo emendamento non è per nulla diverso,
nella sostanza, da quello presentato dai presidenti di gruppo della
maggioranza. Esso risponde alla stessa logica: quella di un bipolarismo
ingessato - che attualmente stiamo vivendo - improntato all'idea che il premier
debba poter usare la sua forza per domare una maggioranza riottosa ed essere in
grado di soffocarne ogni velleità politico-programmatica. Questo è il punto,
tant'è che l'onorevole Mantini fa riferimento sempre alla maggioranza dei
parlamentari.
Quella che propone è una procedura assolutamente ingessata, che si giustifica
con il fatto che vorrebbe rispondere, da un lato, alla difesa del cosiddetto
bipolarismo e, dall'altro, al problema del trasformismo parlamentare. Sul
bipolarismo mi soffermerò tra pochi attimi.
Per quanto riguarda il problema del trasformismo parlamentare, ritengo che
questa battaglia vada vinta non attraverso una convenzione costituzionale, ma
nella formazione di un'etica pubblica, in ultima istanza nel giudizio degli
elettori.
Vorrei ricordare che la «transumanza» parlamentare, ovvero la tradizione per
così dire a cambiare casacca è tipica della seconda Repubblica. Vorrei,
altresì, ricordare che, in undici legislature, sono stati solo undici i
parlamentari che hanno cambiato casacca, perché erano preoccupati del giudizio
degli elettori; invece, dal 1994, sono stati centinaia i colleghi che in
quest'aula hanno cambiato casacca. Vorrei ricordarlo, perché non se ne
dimentichi la ragione e, soprattutto, perché non se ne perda traccia;
diversamente, infatti, la discussione rischia di essere moralistica.
Sono, quindi, certamente lontano dall'emendamento dei colleghi della
maggioranza, ma sono anche lontano dalle motivazioni portate ieri
dall'onorevole Violante. A parte la ricostruzione storica un po' sbrigativa,
sul proporzionalismo sulla quale non desidero tornare (ma vi sarà occasione per
farlo), ieri, l'onorevole Violante ha affermato che è il Governo a fare le
leggi e, quindi, il problema è chi governa e chi controlla.
Nella rassegna stampa di ieri ho letto un'intervista di D'Alema su il Riformista,
in cui si dice che l'idea di Rutelli è viziata da un residuo di cultura
proporzionalista. Mi sono detto: uno più uno fa due. Ho cominciato, quindi, a
ragionare sulle polemiche apparse anche negli ultimi giorni sul cosiddetto
neocentrismo. Mi sono chiesto: cos'è il neocentrismo, una brutta parola,
un'azione negativa, una cosa disdicevole? Sembra proprio che sia così.
In realtà, mi sembra di poter arguire che è il bipolarismo della seconda
Repubblica a non poter essere vissuto come la rivincita rispetto alla storia.
In quest'aula un po' troppi colleghi ragionano così: essi vedono in un
bipolarismo così ingessato la risposta a talune impostazioni che storicamente
sono state battute. Quindi, immaginano di avere, per una via indiretta, una
sorta di riconferma da un giudizio che non può appartenere certamente a questa
ricostruzione distorta.
Credo che l'alternanza sia l'obbiettivo di una democrazia matura, e non un
bipolarismo ingessato. Al riguardo, credo che, purtroppo, il tipo di
discussione che stiamo svolgendo ci dice dove siamo arrivati.
Onorevole Violante, purtroppo se questo è lo stato delle cose, molto lo
dobbiamo anche alla sua elaborazione politica. Non è la conseguenza di un fatto
negativo o di un destino cinico e baro. È così! Ci siete arrivati anche voi.
Avete usato delle scorciatoie.
La Commissione D'Alema ha dato l'impressione che si potesse arrivare al sindaco
d'Italia. Erano tutte cose sbagliate. Prima ne prendiamo atto e meglio è, a
prescindere dal «fiato» che avrà questa riforma parlamentare.
La questione riguarda molto anche voi, anche se alcuni fanno finta di non capire (Applausi dei deputati del gruppo dell'Unione dei democratici cristiani e dei democratici di centro)!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Monaco. Ne ha facoltà.
FRANCESCO MONACO. La
questione di cui ci stiamo occupando è cruciale e, forse, la più delicata e
controversa. Alludo, evidentemente, alla questione del potere di scioglimento
della Camera nel quadro della scelta circa la forma di Governo. Provo a
rappresentare la mia opinione personale, così mi sento più tranquillo. Lo
faccio rivolgendomi all'onorevole Tabacci, al quale volentieri riconosco il
merito di una posizione lineare, coerente e riconoscibile, ma al quale
suggerirei di resistere alla tentazione di fare la caricatura delle posizioni
altrui, come ha fatto anche ieri rivolgendosi al collega Bressa, così da
precostituire un bersaglio troppo facile. Vorrei essere anch'io chiaro ed
onesto, esplicitando la mia posizione e le mie scelte, che sono diverse - credo
- dalle sue.
Io sono per il bipolarismo, per la competizione tra coalizioni di Governo tra
loro alternative. Il bipolarismo, in un sistema politico multipartitico, giova
alla competizione, che è il sale della democrazia. Io sono anche per un mix
di democrazia della rappresentanza e di democrazia governante.
Giudico buona cosa che i cittadini, con il voto, scelgano i loro rappresentanti
in Parlamento, ma anche contestualmente programma, coalizione e guida del
Governo. Ho detto scelgano, non eleggano in forma diretta. Così pure penso che
sia utile...
PRESIDENTE. Onorevole Monaco, deve concludere. Per il suo gruppo ha già parlato l'onorevole Mantini; me l'ha fatto notare l'onorevole Giachetti. Mi dispiace, parli pure ancora un po', ma aveva già parlato l'onorevole Mantini...
FRANCESCO MONACO. Presidente, se è possibile, prenderò la parola sul prossimo emendamento.
PRESIDENTE.
Sta bene, la ringrazio.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico,
sull'emendamento Mantini 23.3, non accettato dalla Commissione né dal
Governo...
ANTONIO SODA. Avevo chiesto di parlare!
PRESIDENTE. Ormai ho aperto la votazione. Me lo dicano prima...!
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la
votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 385
Votanti 382
Astenuti 3
Maggioranza 192
Hanno votato sì 151
Hanno votato no 231).
Prendo atto che gli
onorevoli Taormina, Cicala, Campa e Zanetta non sono riusciti ad esprimere il
loro voto.
Passiamo al subemendamento Boccia 0.23.201.2.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Monaco. Ne ha
facoltà.
FRANCESCO MONACO. Sono
dell'opinione - lo ribadisco - che è bene che i cittadini scelgano i propri
rappresentanti in Parlamento, ma anche contestualmente il programma, la
coalizione e la guida del Governo. Dico «scelgano», non «eleggano» in forma
diretta.
Così pure penso che sia utile mettere a punto congegni che favoriscano la
stabilizzazione dei governi, se possibile governi di legislatura.
In una parola penso che sia bene dare veste e sanzione istituzionale ai
processi politici che si sono autonomamente e un po' caoticamente prodotti
nell'arco degli ultimi dieci anni. Penso che lo si debba fare per conferire
loro ordine, argini, bilanciamenti e garanzie, per non lasciare a se stessi
processi e per evitare sbandamenti e anche regressioni.
Qui stanno il punto, onorevole Tabacci, e il discrimine - mi pare di avere
capito - tra noi.
Segnalo che quei processi politici, che si sono prodotti negli ultimi dieci
anni, e anche taluni adeguamenti elettorali e istituzionali, che abbiamo già
apportato a vari livelli, si proponevano di venire a capo di due serissime
questioni: la prima è il problema della stabilità e dell'efficienza dei
governi, anche per tenere il passo con i nostri partner competitori
europei. Più di quanto ne siamo consapevoli credo che anche questo fattore
esterno abbia operato nel processo riformatore. Quello della stabilità e
dell'efficienza dei governi è un problema irrisolto che ci portiamo dietro dal
famoso ordine del giorno Perassi all'Assemblea costituente.
Il secondo è un problema di democrazia - mi esprimerei così - e quello di
fedeltà al patto con i cittadini elettori ai quali restituire lo scettro, in
quanto sovrani ed arbitri - per dirla con Roberto Ruffilli - per introdurre una
discontinuità rispetto a un tempo nel quale i governi duravano mediamente dieci
mesi e venivano fatti, rifatti e disfatti a urne già chiuse dopo il voto nelle
transazioni tra i vertici di partito.
Vorrei che non smarrissimo tale memoria lunga. Vorrei anche che chi si è fatto
e si fa carico di tale memoria - io mi iscrivo tra questi -, proponendo
soluzioni di cui si trova traccia nei nostri emendamenti, nella bozza Amato al
Senato e già in proposte avanzate nella scorsa legislatura dall'allora
maggioranza, non sia confuso con chi avanza soluzioni inaccettabili come quella
del premier assoluto o onnipotente che dispone a suo piacimento della
sorte del Parlamento, con automatismi e rigidità che scardinano quegli
equilibri e quelle garanzie che sono il cuore stesso del costituzionalismo
democratico moderno. Dunque, Tabacci non attribuisca a noi la responsabilità di
soluzioni e di modelli che non sono nostri ma sono, semmai, largamente
rappresentati nella cultura istituzionale della sua maggioranza.
Vorrei che mi si credesse: è tecnicamente e giuridicamente possibile formulare
soluzioni diverse rispetto a quelle prospettate. Mi riferisco a soluzioni che
si fanno carico dei problemi di governabilità e coerenza del mandato dei
cittadini ai loro rappresentanti senza fuoriuscire dai binari della democrazia
parlamentare e da un sistema di equilibri e di garanzie. Non è necessario né
saggio affidarsi ad un uomo solo al comando. Non nascondo, anzi, la
preoccupazione che soluzioni leaderiste e plebiscitarie come quelle da voi
proposte producano esattamente l'effetto di offuscare in noi tutti la coscienza
del segno positivo dell'evoluzione politico-costituzionale, di appannare la
memoria di quei problemi che stavano all'origine di tale evoluzione e di
alimentare la nostalgia per un tempo che non era, poi, l'età dell'oro. Anche
tra noi ho sentito l'eco di quelle sirene un po' nostalgiche.
Come spero risulti chiaro, sono favorevole ad elementi di democrazia
governante, a congegni di stabilizzazione del Governo: ne avremo bisogno anche
noi, sperabilmente domani. Tuttavia, per fare questo non è necessario adottare
soluzioni bonapartiste, né possiamo chiudere gli occhi di fronte a due macigni
che gravano sulla democrazia italiana e che vanno rimossi prima di introdurre
ulteriori iniezioni di democrazia governante. Mi riferisco, in primo luogo,
all'esigenza di rafforzamento degli istituti e degli organi di garanzia che con
tale testo voi depotenziate: questo è il vero buco nero, la vera priorità delle
priorità, dopo l'introduzione del maggioritario. Il secondo macigno sono quelle
che chiamo le condizioni di contesto - il conflitto d'interessi ed il monopolio
informativo - che solo formalmente non hanno a che fare con le regole
costituzionali, ma hanno a che fare con la Costituzione vivente della
democrazia italiana e con le minacce portate ad essa.
Mi piacerebbe, onorevole Tabacci, che lei ed il suo partito foste reattivi e solleciti contro la concentrazione del potere reale, oltre che contro la concentrazione del potere formale. Sul punto, onestamente, vi vedo spesso un po' distratti (Applausi dei deputati del gruppo della Margherita, DL-L'Ulivo).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Soda. Ne ha facoltà.
ANTONIO
SODA. Signor Presidente,
l'onorevole Tabacci sottolinea costantemente in quest'aula la necessità di un
ritorno ad un sistema entrato in crisi già 15 anni fa.
Nel 1992, un autorevole esponente non certamente della sinistra italiana, che
allora aveva appena assunto la carica di Presidente della Repubblica, si
richiamò a tutte le elaborazioni venute dal mondo del cattolicesimo
democratico, alle precedenti analisi della Commissione Bozzi, agli studi di
Ruffilli, all'avvertita debolezza, come ha detto l'onorevole Monaco, del nostro
sistema di Governo da parte degli stessi costituenti. La necessità di reagire a
precipitazioni autoritarie e dittatoriali quale era stata l'epoca fascista
aveva impedito ai costituenti di avviarsi sulla strada della razionalizzazione
del sistema parlamentare praticata in tutta Europa nell'evoluzione del
costituzionalismo del dopoguerra.
L'onorevole Tabacci sogna un mondo idilliaco, che non è mai esistito! Il
presidente Scàlfaro disse che vi era la necessità di tutelare la prima parte
della Costituzione da ogni tentativo di aggressione e di manomissione. Il tema
fu ripreso da Dossetti nel 1994, il quale parlò di una soglia invalicabile per
la revisione costituzionale, al di là della quale si spezzava il patto
costituzionale, ma che legittimava la necessità di una revisione, anche
profonda, della Costituzione italiana.
Quel Presidente della Repubblica parlò di globale ed organica revisione della
Carta costituzionale, nell'articolazione delle sue istituzioni. Quello era un
sistema che, oltre a non avere - per le ragioni illustrate dal presidente
Violante ieri - la conventio ad escludendum, non aveva in sé, per
ragioni internazionali, neanche la possibilità di un'alternanza di classi
dirigenti al Governo. Esso aveva dunque sostituito alla fisiologica vita
democratica forme di precipitazioni assemblearistiche (questo era il disastro
della Prima Repubblica!). Perché, caro onorevole Tabacci, la necessità delle
riforme nasce dalla consapevolezza che con le forme di assemblearismo puro si
precipita nello sfascio dei conti pubblici, si precipita nella dimensione
colossale del debito pubblico italiano!
Allora la sinistra, o una parte della sinistra, quella di Governo - do atto che
il partito di Rifondazione comunista su questo terreno non si è mai scostato da
una difesa accanita (anche se riconosco la nobiltà della loro battaglia) del
pluralismo proporzionalistico, quasi che non vi possa essere altra forma di
pluralismo, rispetto a quello derivante dal sistema elettorale proporzionale,
né da una difesa acritica della seconda parte della Costituzione -, si è fatta
carico di questi problemi, cercando di proporre delle soluzioni di
razionalizzazione del sistema, per un nuovo equilibrio fra Parlamento e
Governo, respingendo la tentazione della destra di affrontare e risolvere il
problema con la scorciatoia del personalismo, del presidenzialismo e della
mortificazione totale del Parlamento.
Anche in quel testo oggi la rigidità, che non lascia spazio ai processi
politici, apprezzati complessivamente dalle istituzioni e in primo luogo dal Presidente
della Repubblica, rende pericolosa quella forma di premierato. Non ci spaventa
un riequilibrio di poteri tra Governo e Parlamento, perché il rafforzamento del
Governo è indispensabile per garantire anche l'alternanza e per impedire un
male oscuro e perenne del parlamentarismo italiano, il trasformismo. Tuttavia,
non è attraverso formule meccaniche e rigide che si può trovare una soluzione.
A queste domande, onorevole Tabacci, noi rispondiamo. Lei è fermo a quindici
anni fa, quando il tema del riequilibrio fra Governo e Parlamento, che oggi non
è stato ancora risolto, si pose in tutta la sua drammaticità (Applausi dei
deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Maura Cossutta. Ne ha facoltà.
MAURA
COSSUTTA. Onorevole Soda, ho
ascoltato il suo ragionamento e vorrei intervenire in ordine a questa
discussione.
Siamo tutti d'accordo che la riforma proposta dalle destre è una deriva
profonda che esplicita una concezione autoritaria del nostro sistema, con le
conseguenze che abbiamo più volte denunciato. Dunque, come si contrasta questa
deriva culturale e politica? Secondo alcuni, con una difesa rigorosa del
sistema democratico, del sistema dei poteri e delle garanzie riconosciuti dalla
Costituzione o rincorrendo l'idea secondo la quale nella Costituzione bisogna
introdurre modifiche della forma di governo.
Non a caso, non abbiamo sottoscritto alcuni emendamenti propositivi in materia
di forma di governo e di premierato, in quanto non siamo d'accordo sul fatto di
introdurre nella Costituzione modifiche del sistema di governo e, tanto più,
del sistema elettorale. Cosa c'entra il dettato costituzionale con i vizi, le
difficoltà, le inefficienze del sistema politico?
Ho sentito il collega della Margherita affermare che occorre un elemento di
stabilizzazione del sistema politico e del sistema maggioritario. Attenzione,
perché si rischiano scivolamenti non previsti!
Onorevole Tabacci, questo è un punto dirimente che misura la cultura
democratica e la coerenza di tale cultura. Anche all'interno del centrosinistra
occorre una riflessione e non importa, onorevole Soda, se la discussione è
cominciata 15 anni fa. Anzi, proprio perché è cominciata 15 anni fa, oggi
potremmo verificare gli effetti negativi di quella discussione.
Dunque, nel nostro ordinamento vige il sistema maggioritario e alcune forze
politiche, legittimamente, propongono un sistema proporzionale. Tuttavia, ciò
non c'entra con le modifiche costituzionali.
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE PUBLIO FIORI (ore 12,15)
MAURA COSSUTTA.
Il sistema maggioritario non evidenzia necessità di modifiche per aumentare la
stabilità dell'esecutivo, ma proprio il contrario, vale a dire il rischio di
semplificazioni del sistema politico, di riduzione del potere delle assemblee
elettive e di personalizzazione della politica.
Dunque, onorevole Tabacci, se per lei - come per noi - questo è un punto
irrinunciabile, la invito coerentemente ad esprimere un voto contrario su
questo testo di controriforma costituzionale.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Carrara. Ne ha facoltà.
NUCCIO
CARRARA. Signor Presidente,
intervengo a titolo personale solo per fornire ai colleghi che mi ascoltano
alcune cifre.
Capisco che si possa essere nostalgici, laudatores temporis acti, ma
occorre anche sapere cosa ci siamo lasciati alle spalle. In 53 anni, fino al
2001, ci sono stati sei anni e mezzo di crisi di Governo. Solo i tempi tecnici
per votare la fiducia hanno assorbito due anni e siamo stati governati per
quattro anni e mezzo da Governi provvisori.
FRANCESCO GIORDANO. Diglielo a Follini e Tabacci!
NUCCIO CARRARA. Allora, è meglio la formula del tempo passato o quella del tempo futuro - che vorremmo introdurre -, in cui il corpo elettorale sceglie chi governa e chi deve fare l'opposizione (Applausi dei deputati dei gruppi di Alleanza nazionale, di Forza Italia e dell'Unione dei democratici cristiani e dei democratici di centro - Commenti dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo)?
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole La Malfa. Ne ha facoltà.
GIORGIO LA MALFA.
Signor Presidente, quello che colpisce di questa discussione è il fatto che gli
interventi dei colleghi affrontano questioni fondamentali, rendendo il
dibattito elevato. Esiste, quindi, una contraddizione tra la fase in cui ci
troviamo, ovvero quella dell'esame degli emendamenti - in cui di fatto la
discussione a carattere generale dovrebbe essere esaurita - e la portata
fondamentale, dal punto di vista politico e costituzionale, degli interventi
che ascoltiamo.
Sono inoltre colpito dal fatto che i contrasti non riflettono un'opinione ormai
perfettamente formata nello schieramento di centrodestra, contrapposta ad una
posizione comune dell'opposizione. Infatti, le mie posizioni, come quelle
dell'onorevole Tabacci e di altri colleghi, non coincidono - lo dico con grande
rispetto - con quelle dell'onorevole Carrara. Ugualmente, le posizioni
dell'onorevole Soda non coincidono con quelle dell'onorevole Maura Cossutta,
così come quelle dell'onorevole Mantini con quelle dell'onorevole Gerardo
Bianco.
L'impressione che ne traggo è che stiamo entrando nel dettaglio di una riforma
costituzionale, mentre molte questioni di fondo sull'assetto che vogliamo dare
al nostro Stato devono ancora essere chiarite completamente. Sulle questioni
della cosiddetta devoluzione, attraverso la lunga elaborazione svolta nell'arco
di questa legislatura e della precedente, il Parlamento è pervenuto ad una
visione abbastanza completa e la maggioranza si è formata un'opinione comune di
come procedere, pur differenziata da quella dell'opposizione. Invece, su tutto
il resto ci muoviamo su un terreno molto più incerto.
Ad esempio, non condivido il giudizio espresso dall'onorevole Carrara
sull'immagine che lui ha proposto degli ultimi cinquant'anni. Onorevole
Carrara, se vuole che le parli da economista, le ricordo che quei cinquant'anni
di instabilità hanno reso l'Italia il settimo paese industriale del mondo,
mentre i dieci anni di stabilità la stanno portando al venticinquesimo posto (Applausi
dei deputati dei gruppi Misto-Liberal-democratici, Repubblicani, Nuovo PSI e
dell'Unione dei democratici cristiani e dei democratici di centro)!
Stiamo attenti, perché quei cinquant'anni e quell'instabilità non erano figli
di un sistema costituzionale, bensì delle condizione politiche dell'Italia nel
dopoguerra. Ma se il 35 per cento dei parlamentari che sedevano alla Camera non
potevano per ragioni storiche o di politica estera partecipare alla formazione
delle maggioranze, è chiaro che l'unica forma di flessibilità diventavano le
crisi di Governo e i cambiamenti dei Presidenti del Consiglio nonché dei
ministri. Il superamento di quella situazione non è dovuto alla nuova
Costituzione, bensì alle nuove condizioni politiche, perché nessuna
Costituzione al mondo vi imporrebbe di accettare la collaborazione con un
partito erede della storia del Novecento, se lo stesso partito non fosse
cambiato nei suoi fondamenti, sia a destra che a sinistra.
Non esiste una Costituzione che possa dare un diritto a chi non lo ha avuto
cinquant'anni fa a sedere nei governi per i prossimi cinquant'anni. Ci sono
condizioni politiche ed ora stiamo rischiando, onorevoli Mantini e Monaco, di
imporre il bipolarismo, quando le condizioni per la sua esistenza sono state
già determinate dall'evoluzione politica della vita italiana e di quella
internazionale.
Rischiamo di darci regole così stringenti da non poter funzionare. Faccio queste
affermazioni, collegandomi anche successivo all'articolo 92 della Costituzione,
dove scriveremo - anzi, scriverete perché non lo voterò, onorevoli colleghi
della maggioranza - una norma che prescrive al Presidente della Repubblica di
designare il Presidente del Consiglio, eletto a maggioranza grazie ad una legge
elettorale congegnata in modo da poter determinare tale risultato. Ma può la
Costituzione imporre al Parlamento di scrivere una legge elettorale di un certo
tipo? E se quel Parlamento, nato dopo la riforma costituzionale, non scriverà
una legge elettorale che consente di identificare un primo ministro, cosa
succederà della società italiana? Non avrà un primo ministro? Sono problemi
troppo complessi.
Onorevoli colleghi, non mi sento di votare questa parte della riforma
costituzionale. In linea di massima, mi asterrò, riservandomi di esprimere voto
favorevole o contrario su ciascun emendamento. Chiedo al Parlamento di voler
riesaminare, con un atto di coraggio politico, se vi sono le condizioni per proseguire
l'esame (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Liberal-democratici,
Repubblicani, Nuovo PSI e di deputati dei gruppi della Margherita, DL-L'Ulivo,
dell'Unione dei democratici cristiani e dei democratici di centro, di
Rifondazione comunista e Misto-Comunisti italiani).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mascia. Ne ha facoltà.
GRAZIELLA MASCIA.
Signor Presidente, intervengo brevemente, anche se questo dibattito meriterebbe
più tempo, per sottolineare un aspetto di carattere esclusivamente politico.
Sono emerse dalla discussione le numerose differenze, dal punto di vista
culturale, esistenti rispetto alle posizioni dei colleghi del centrosinistra,
non solo sul sistema elettorale, ma anche sul concetto di rappresentanza e
persino sul rapporto del Parlamento con la società e con il conflitto sociale
(si tratta di temi su cui continueremo a discutere).
Abbiamo invece ascoltato alcune affermazioni, in particolare dell'onorevole
Tabacci, dalle quali emergono posizioni vicine alle nostre, ad esempio sul
sistema elettorale e sulle norme antiribaltone, che costituiscono un male per
la democrazia e introducono un irrigidimento del sistema che non serve a
nessuno. Mi preme tuttavia sottolineare, onorevole Tabacci, che a differenza
dall'onorevole Soda, il quale pensa che lei sia rimasto a dieci anni fa,
ritengo che lei si collochi nell'attualità politica: dovrebbe spiegare,
infatti, come si conciliano le sue affermazioni quotidiane con la firma apposta
dal suo capogruppo agli emendamenti della maggioranza.
Ritengo si tratti di un'operazione politica: da tre mesi l'UDC dice una cosa
sui giornali, ne fa un'altra in Commissione e ne fa un'altra ancora in
Assemblea. Credo si tratti di una strategia volta a camuffare l'operazione
vergognosa di destrutturazione delle norme democratiche della Costituzione
vigente e a cercare di dare dignità, o comunque una faccia moderata e
dialogante, alla vostra maggioranza. I suoi interventi, onorevole Tabacci, non
vi possono assolvere dalla pesante responsabilità che porterete insieme alla
vostra maggioranza (Applausi dei deputati dei gruppi di Rifondazione
comunista e dei Democratici di sinistra-L'Ulivo).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Violante. Ne ha facoltà.
LUCIANO VIOLANTE.
Signor Presidente, neppure noi siamo fautori di un sistema proporzionale puro.
Richiamo l'attenzione sul fatto che quel sistema si resse e dette stabilità al
paese - come ha correttamente osservato l'onorevole La Malfa - perché vi era
una clausola che escludeva una parte del mondo politico dalla partecipazione al
Governo, di cui, per ragioni storiche diverse, facevano parte sia il suo
partito di provenienza, onorevole Carrara, sia il mio.
Si trattava tuttavia di un'instabilità apparente: lei ha citato, onorevole
Carrara, il cambiamento dei governi, ma a ciò non corrispondeva il cambiamento
della classe dirigente. I partiti erano forti; le farò avere anche i dati sul
livello di rotazione dei ministri, che era bassissimo. Vi era un numero
ridottissimo di nuovi ministri, ma vi erano frequenti cambiamenti di incarico,
per una ragione democratica attinente alla struttura della Democrazia
cristiana: si voleva evitare, in un sistema bloccato, che pochi uomini avessero
troppo potere, e le crisi di governo erano volte a favorire la rotazione dei
soggetti che gestivano le responsabilità. Si trattava, dunque, di un sistema
con punti di riferimento completamente diversi dai nostri.
Per quanto riguarda la situazione attuale, la nostra critica di fondo al
progetto in esame non riguarda il bipolarismo, di cui siamo sostenitori, bensì
l'irrigidimento: quando si pone la vita di un Governo nelle mani di piccole
minoranze, si reca comunque un danno alla politica. Nel momento in cui si
prevede che le maggioranze debbano restare immutate, si consegna
sostanzialmente a una ristretta minoranza della maggioranza una notevole
capacità di ricatto.
Onorevoli colleghi, tale capacità di ricatto si esercita molto di più restando
nel Governo e condizionandolo - a livello di ministeri, sottogoverno, e via
dicendo - di quanto non si possa fare uscendone. Non auspichiamo i cambiamenti
di maggioranza: riteniamo che il voto che elegge una coalizione debba essere
rispettato. Tuttavia, tale esigenza deve essere contemperata con il regime
parlamentare che stiamo costruendo.
PRESIDENTE. Onorevole Violante, la prego di concludere.
LUCIANO VIOLANTE.
Concludo, signor Presidente.
Il punto di dissenso rispetto alla maggioranza è su tale questione.
Noi crediamo che l'impalcatura, così com'è stata impostata, sia troppo rigida e
consegni il Presidente del Consiglio ed il Governo nelle mani di ristrette
minoranze all'interno della maggioranza. Perché, se vi è stato un problema di
crisi, evidentemente una parte della maggioranza non è d'accordo!
Crediamo che le nostre proposte emendative rappresentino una soluzione a ciò;
ma, comunque, chiediamo di verificare attentamente questa situazione, perché
riteniamo che sarebbe utile se trovassimo un modo per mantenere il bipolarismo
ed il divieto di cambio di maggioranze ed evitare che un ristretto numero di
parlamentari abbia in mano la sorte della maggioranza di Governo (Applausi
dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Pacini. Ne ha facoltà.
MARCELLO
PACINI. Desidero raccomandare
che questa grande opera che ci accingiamo a compiere, la modifica della
Costituzione della Repubblica, si svolga con una continuità positiva con la
storia dell'intera Repubblica, anche perché, tecnicamente, interessa proprio
l'applicazione dell'articolo 138 della Costituzione.
Credo che, a causa del cambiamento delle condizioni politiche, occorra avere il
coraggio di modificare non solo la forma di Stato ma anche quella di Governo.
Sono perfettamente e favorevolmente convinto dell'opportunità di votare il
nuovo articolo che ci è stato presentato. Vorrei, però, precisare che la
tradizione che ci lega al passato è estremamente positiva: l'Italia repubblicana
ha saputo superare profondissime divisioni. Semmai, il problema che abbiamo di
fronte è di non creare oggi altre divisioni artificiali, che costituirebbero un
passo indietro.
Quindi, mi permetto di invitare l'opposizione a guardare con meno sospetto il
programma di riforma che stiamo portando avanti. Devo, però, anche invitare i
miei colleghi della maggioranza a non pensare che questa nuova riforma
rappresenti una rottura completa con il passato. Non sarebbe nell'interesse di
tutti: l'Italia è cresciuta proprio con la Costituzione che ci accingiamo a
cambiare. Possiamo affermare che la nostra Carta costituzionale ormai non sia
più adeguata ma sicuramente ha svolto in maniera estremamente efficace i suoi
compiti, in tempi in cui, all'interno del nostro paese, vi erano altre
circostanze politiche e etiche.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Intini. Ne ha facoltà.
UGO
INTINI. In effetti, in 53 anni
abbiamo avuto continue crisi di Governo. Ma non vi è stata instabilità, perché
i partiti di Governo erano quasi sempre gli stessi e ciascun partito aveva
chiari programmi, coerenza e continuità. Abbiamo avuto per decenni - se si
guarda bene - non un eccesso di instabilità ma di stabilità: una mancanza di
ricambio che poi ha contribuito al degrado ed al crollo della prima Repubblica.
Questo non significa essere laudatores temporis actis, come prima si è
detto.
Certo, la distruzione di un sistema politico ha coinciso negli ultimi anni con
il declino del paese. Anche perché si è avviata, dopo la prima Repubblica, una
transizione infinita. La prima Repubblica è stata distrutta ma la seconda non è
stata ancora costruita. Peggio - ed è questo che ci preoccupa in questi giorni
-, si pretende di costruirla in questo modo; e, cioè, a colpi di maggioranza, a
colpi di accetta (Commenti dei deputati del gruppo della Lega Nord
Federazione Padana)... e senza una spinta ideale e culturale vera!
Si pretende di costruire la seconda Repubblica (come è evidente in tutti i
passaggi) partendo da almeno tre sospetti pregiudiziali: il sospetto verso lo
Stato nazionale e la sua storia, il sospetto verso la politica (infatti si
tenta con espedienti tecnico-giuridici di sostituire la politica), il sospetto
verso i partiti e verso il Parlamento e la sua necessità - che gli è
connaturale - di lunghi dibattiti, di mediazioni e anche di nuovi equilibri
trovati al suo interno.
Non si può, onorevoli colleghi, costruire la Repubblica in questo contesto:
bisogna ripartire da zero. Il vento di un referendum deve spazzare i
pasticci fatti in questa interminabile transizione e consentire di ripartire da
zero. Noi speriamo di ripartire da zero in un clima costituente, non in questo (Applausi
dei deputati del gruppo Misto-Socialisti democratici italiani).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Volontè. Ne ha facoltà.
LUCA
VOLONTÈ. Signor Presidente,
intervengo a titolo personale con il pochissimo tempo a disposizione per dare
atto al presidente Violante di alcune osservazioni positive (e anche evolutive
di alcuni pensieri di qualche mese e settimana fa), svolte nell'ultimo
intervento, e per invitare tutti a riflettere sulla opportunità di continuare
questo approfondimento. La riflessione riguarda certamente il sistema di
elezione dei deputati (che per noi è proporzionale di coalizione), la stabilità
del Governo e la sua governabilità, la governabilità all'interno di un
Parlamento nel quale la maggioranza non possa ricattare il premier e
nello stesso tempo non sia ricattata, e lo stesso Parlamento abbia la
possibilità di bilanciare i poteri del premier. Inoltre, occorre
approfondire come questo sia possibile all'interno di un sistema in cui nemmeno
una parte della maggioranza possa essere talmente indispensabile e necessaria
da poter ricattare l'intera maggioranza e lo stesso premier e nello
stesso tempo tenere sotto scacco l'intero Parlamento.
Io immagino, anzi so per certo, che è possibile riflettere su questo,
approfondire il tema rispetto all'utilità dei ragionamenti fatti in quest'aula
da tutti i colleghi a partire da Carrara, La Malfa, Violante, Tabacci ed altri,
dal titolo III in poi, cioè dall'articolo 91 a quelli successivi.
Devo, però, dire - mi permetto di dirlo negli ultimi secondi - all'onorevole
Mascia che quanto alla posizione dell'UDC, come lei sa e come alcuni suoi
compagni di coalizione sanno, gli emendamenti da noi presentati a luglio sono
stati recepiti dalla maggioranza, e diventati patrimonio sul quale iniziare un
confronto che si sta dimostrando utile all'interno del Parlamento.
Forse non ricorda, l'onorevole Mascia, che a proposito di questi emendamenti,
molti dei leader della coalizione cui lei appartiene avevano assicurato
un voto favorevole allora, mentre oggi lo hanno dimenticato.
Mi permetto di fare un'ultima battuta, Presidente, in questo poco tempo
rimasto, invitando tutti gli autorevoli esponenti politici di questa Assemblea
a rimandare la riflessione su ciò che avvenne negli ultimi cinquant'anni ad
un'altra sede. Lo dico io che non sono appartenuto alla storia politica di
questi cinquant'anni della cosiddetta 'Prima Repubblica, perché molte
riflessioni sono state solo accennate in questa sede e bisognerebbe
approfondirle.
Forse lo strumento, da
noi individuato, di approfondire l'esame in una Commissione di indagine sarebbe
stato utile anche al fine di riflettere, non solo del bene e del male degli
ultimi cinquant'anni, ma anche del perché alcuni esponenti, che oggi citano con
orgoglio quella esperienza, contribuirono fortemente affinché quella esperienza
finisse.
Io, che ero fuori da quell'esperienza, vorrei anche poter spiegare ai miei
figli come mai molti di quelli che oggi rilevano l'utilità di quel sistema e
anche i benefìci, oltre alle cose negative accadute, quando venne il momento di
alzarsi in questo Parlamento e di dichiarare il bene e il male non ebbero il
coraggio di farlo!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Grandi. Ne ha facoltà.
ALFIERO
GRANDI. Signor Presidente,
devo dire di essere d'accordo con l'onorevole La Malfa, che non si può valutare
questa riforma un «pezzo» alla volta. Un Presidente della Repubblica,
devitalizzato, ridotto di poteri, ha di fronte un altro dominus, che è
il nuovo Presidente del Consiglio, o Capo del Governo, chiamatelo come volete,
che è un Presidente del Consiglio senza un equilibrio di poteri, di fronte e
con in mano, in sostanza, la maggioranza che lo ha eletto, perché non vi è
dubbio sul fatto che abbia un'arma di ricatto enorme nei confronti della
maggioranza.
Questa non è stabilità, è una cosa diversa: è una semplificazione terribile del
modo di lavorare. Sul passato ci possono essere opinioni diverse.
Non ho difficoltà ad affermare che non sono un entusiasta, e non lo ero, della
Commissione bicamerale e dei suoi lavori. Forse anche per questo, faccio minor
fatica a districarmi nell'ambito delle richieste di coerenza. Però, ritengo sia
un errore tornare al passato ogni volta che ci deve essere un'opinione sul
futuro, perché oggi siamo di fronte ad un problema concreto. Come hanno
affermato altri colleghi - tra cui, sicuramente, l'onorevole Tabacci - questo
sistema non ha equilibrio. Un conto è cercare la stabilità, un altro è cercare
la monocrazia, il potere di decidere in modo unilaterale. L'equilibrio vuole
altri poteri; vuole, appunto, un equilibrio tra i poteri costituzionali. Con
questa norma si conclude una modifica sbagliata.
PRESIDENTE.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul subemendamento
Boccia 0.23.201.2, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
Prego i colleghi di votare ciascuno per sé.
(Segue la votazione).
PIERO RUZZANTE. Signor Presidente, guardi lì!
PRESIDENTE.
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 380
Votanti 375
Astenuti 5
Maggioranza 188
Hanno votato sì 154
Hanno votato no 221).
Passiamo alla votazione
del subemendamento 0.23.201.25 della Commissione.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Amici. Ne ha
facoltà.
SESA
AMICI. Questo subemendamento
della Commissione, con una modifica, pone una questione, per così dire, anche
di sostanza, cioè che la mozione di sfiducia non sia semplicemente votata ma
approvata con votazione. Anche questa potrebbe apparire come una questione
semplicemente semantica ma è del tutto evidente che la necessità di questo
elemento, per così dire, rafforzativo, anche in termini lessicali, testimonia
di una concezione pregnante rispetto alle argomentazioni. Del resto, mi pare
del tutto evidente come la discussione svoltasi poco fa - che ogni tanto si
infiamma - sulle proposte emendative testimoni la necessità che per l'esame
delle modifiche alla nostra Costituzione ci sia sul serio non solo una
Costituente ma anche uno spirito tale da poter intervenire nel merito di un
giudizio sulle fasi politiche e, soprattutto, da poter evitare che il giudizio
sulle fasi politiche si traduca immediatamente, in maniera meccanica, nella
articolazione di tipo normativo. Lo affermo perché è veramente singolare che
noi apriamo un dibattito sul giudizio relativo alla transizione ormai apertasi
da troppo tempo in questo paese, sia sul piano politico, sia sul piano dei
meccanismi elettorali, ed è singolare che noi tentiamo di dare una risposta,
per così dire, affrettata, se non addirittura inutile, cercando di forzare
quella transizione in base al giudizio che ne esprimiamo.
È del tutto evidente che sto intervenendo anche in riferimento all'emendamento
Vito 23.201, perché mi pare che anche in questo caso siamo di fronte ad un
elemento simile. Esso prevede che la fiducia - che, come giustamente si dice,
deve essere approvata con votazione - sia legata ad un tema sul quale siamo
nettamente contrari: si parla, infatti, della maggioranza espressa dalle
elezioni. Vorrei ricordare a me stessa e anche gli altri colleghi che già la
proposta di modifica dell'articolo 92 della Costituzione introduce, quasi come
un ombrello costituzionale, la costituzionalizzazione della legge elettorale.
Lo affermo perché, in quella proposta di modifica dell'articolo 92
esplicitamente è detto che, da questo punto di vista, sarà la legge a
determinare la maggioranza espressa dalle elezioni. Questa operazione, anche
questa, è molto fine e molto chiara nella sua, per così dire, incapacità di
stare all'interno di un ragionamento leale, nella discussione sulle norme
costituzionali. Perciò, di fatto, si sta cercando di inserire nella
Costituzione la costituzionalizzazione della legge elettorale, quasi una
risposta a quel bisogno di transizione irrisolto che sta ponendo tante
questioni, anche di merito, nella discussione appena svoltasi.
Noi ci asterremo sul subemendamento 0.23.201.25 della Commissione ed
esprimeremo voto contrario sull'emendamento Vito 23.201, perché ci pare che il
problema della mozione di sfiducia non possa essere legato a quello della
maggioranza espressa. Infatti, della questione della maggioranza espressa nelle
elezioni non ci è dato conto, in quanto si possono determinare situazioni anche
diverse. La maggioranza si esprime nel Parlamento.
Avremmo preferito la formulazione contenuta in un'altra nostra proposta
emendativa che prevedeva che non si decretasse lo scioglimento della Camera
semplicemente legando la coerenza del risultato delle elezioni della Camera con
il programma di legislatura. Si tratta di due concezioni completamente diverse
di cui una determina in quella maggioranza, espressa dall'elezione, un elemento
di costrizione e non di dialettica politica.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Boato, al quale ricordo che ha un minuto di tempo a sua disposizione. Ne ha facoltà.
MARCO BOATO. Signor Presidente, condivido le considerazioni di carattere generale che poc'anzi... Presidente, un minuto a disposizione va bene, ma preferirei che non vi fosse un comizio, qui, accanto a me (Commenti dei deputati del gruppo della Lega Nord Federazione Padana)!
PRESIDENTE. Ha ragione, onorevole Boato. Colleghi, per favore, consentite all'onorevole Boato di intervenire.
MARCO
BOATO. Condivido le
considerazioni di carattere generale che, poco fa, opportunamente ha svolto la
collega Amici e che riprendono quelle dei colleghi Bressa, Leoni, Marone ed
altri.
Annuncio (e preannuncio nel contempo il voto contrario sull'emendamento Vito
23.201, sul quale interverremo successivamente) l'astensione sul subemendamento
0.23.201.25 della Commissione, che, sia pure nel quadro di un emendamento che
respingeremo, propone una correzione formale condivisibile dell'emendamento
Elio Vito 23.201, laddove sostituisce l'espressione «e votata», con le parole
«e approvata con votazione». Infatti, il termine «votata» non significa
alcunché; si può votare a favore, contro o astenersi. Il Comitato dei nove,
giustamente, precisa che la mozione di sfiducia deve essere «approvata con
votazione».
Ci asterremo, lo ripeto, sul subemendamento in esame e successivamente
spiegheremo i motivi che ci indurranno ad esprimere un voto contrario
sull'emendamento Elio Vito 23.201. La ringrazio, Presidente, e ringrazio anche
i colleghi del gruppo della Lega per la loro tolleranza.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà.
GIANCLAUDIO BRESSA.
Signor Presidente, è evidente che il subemendamento della Commissione in esame
ha un carattere squisitamente formale e spiega meglio il concetto, ma è
altrettanto evidente che il concetto che chiarisce è assolutamente estraneo e,
dunque, non lo possiamo condividere.
Stiamo ragionando sulla cosiddetta mozione di sfiducia al premier, un
atto che, in questo caso, è presentato dai rappresentanti della stessa
maggioranza, perché - come più volte avete sostenuto - il vostro sarebbe un
meccanismo che si basa sulle regole del parlamentarismo, cosa del tutto
destituita di ogni fondamento. Infatti, la scrittura del vostro emendamento
dimostra che non tenete in alcuna considerazione il Parlamento ed i parlamentari.
Prevedere che una mozione di sfiducia debba essere sottoscritta in numero non
inferiore alla maggioranza dei componenti della Camera significa che dividete
l'Assemblea in deputati di serie A e in deputati di serie B, tra chi può
sottoscrivere la mozione e chi non la può sottoscrivere. Per di più, accogliete
un meccanismo ed un principio che rendono prigioniera la maggioranza del
proprio premier. Vorrei richiamare lo stesso esempio che ho fatto
precedentemente: basta un gruppo molto limitato di deputati fedelissimi del premier
che non sottoscrivano la mozione di sfiducia e la maggioranza non è condizione
di sfiduciare il proprio leader, anche se ha intenzione di cambiarlo con
un altro personaggio politico espressione di quella stessa maggioranza. Questo
modo di ingabbiare, di ingessare, di utilizzare la Costituzione per forzare il
sistema politico è profondamente sbagliato. La politica deve essere libera di
esprimersi, di costruire la propria storia, di costruire le proprie proposte.
Cercare di ingabbiare la politica con l'ingegneria costituzionale è un errore
di una gravità assoluta. Le Costituzioni che pretendono di forzare la storia
politica di un paese, immaginando un futuro sempre uguale a se stesso, perché
le ragioni politiche del momento, della convenienza del momento, si trasformano
in precetto costituzionale, sono profondamente sbagliate.
È una riforma che non tiene minimamente in conto l'apporto culturale del
costituzionalismo moderno che consiste nell'opporre un limite alla politica.
Infatti, le Costituzioni servono proprio affinché il potere della politica non
diventi strapotere e arbitrio della stessa; servono per dare una regola e per
stabilire un limite alla politica. State approntando, invece, una riforma dove
la politica prevale sul diritto costituzionale e dove, altresì, la politica
prevarica la storia costituzionale del paese. Ciò è profondamente sbagliato
sicché, per tali motivi, preannuncio il nostro voto contrario all'approvazione
dell'emendamento Elio Vito 23.201; ci asterremo, invece, dal voto per quanto
riguarda il subemendamento 0.23.201.25 della Commissione...
PRESIDENZA DEL PRESIDENTE PIER FERDINANDO CASINI (ore 12,50)
GIANCLAUDIO BRESSA... in quanto, dinanzi alle correzioni di forma, non siamo così protervamente oppositori da votare contro (Applausi dei deputati dei gruppi della Margherita, DL-L'Ulivo, dei Democratici di sinistra-L'Ulivo e Misto-Verdi-L'Ulivo).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Marone. Ne ha facoltà.
RICCARDO
MARONE. Signor Presidente,
l'errore formale che si vuole correggere con la proposta emendativa della
Commissione è alquanto indicativo della scarsa rilevanza attribuita
all'Assemblea. Ricordo che nel testo approvato dal Senato si prevede sia
sufficiente, addirittura senza l'espressione di alcun voto da parte
dell'Assemblea, la sola firma della mozione.
L'avere più volte dimenticato che in questa Assemblea si vota e che le
determinazioni poste in votazione possono essere approvate o respinte indica
bene tale circostanza; infatti, con il termine «votata» volevate significare
votata come vuole il premier, perché il vostro concetto di maggioranza
parlamentare è di eseguire le decisioni del premier. Quindi, era
evidente che questa mozione dovesse essere approvata se «qualcuno» lo
richiedeva; poi, giustamente avete fatto una riflessione e avete proposto la
modifica. Però, ciò è indicativo di un ragionamento complessivo portato avanti
in tutta la riforma costituzionale. La ringrazio, Presidente.
PRESIDENTE. Onorevole Bruno, lei, in qualità di presidente della Commissione bilancio, aveva preannunciato un suo intervento (Si ride) ... Mi scusi, onorevole, ma, per così dire, sono ossessionato dall'onorevole Giancarlo Giorgetti sicché, ogni tanto, mi sbaglio.
DONATO BRUNO, Relatore. Signor presidente, non è la prima volta che lei mi scambia...
PRESIDENTE. Le domando scusa, ma poiché l'onorevole Giancarlo Giorgetti siede proprio dietro di lei, a volte mi sbaglio.
DONATO BRUNO, Relatore. Signor Presidente, dalle considerazioni anche informali acquisite dai colleghi, le chiederei, anche apprezzata la situazione, di sospendere i nostri lavori in modo da consentire al Comitato dei nove, come già si è fatto venerdì scorso in analoga situazione, di riflettere ulteriormente sul subemendamento 0.23.201.25 della Commissione.
MAURA COSSUTTA. Bravi!
PRESIDENTE.
Sta bene, onorevole Bruno.
Rinvio, dunque, il seguito del dibattito ad altra seduta.
Allegato A
Seduta n. 524 dell'8/10/2004
DISEGNO DI LEGGE COSTITUZIONALE: S. 2544 - MODIFICAZIONI DI ARTICOLI DELLA PARTE II DELLA COSTITUZIONE (APPROVATO, IN PRIMA DELIBERAZIONE, DAL SENATO DELLA REPUBBLICA) (4862) ED ABBINATE PROPOSTE DI LEGGE COSTITUZIONALI ZELLER ED ALTRI; BIELLI; SPINI E ANGIONI; BUTTIGLIONE ED ALTRI; CONTENTO; COLA; PISAPIA; SELVA; SELVA; SELVA; BIANCHI CLERICI; PERETTI; VOLONTÈ; PISAPIA; LUSETTI ED ALTRI; ZACCHEO; MANTINI ED ALTRI; SODA; OLIVIERI E KESSLER; COSTA; SERENA; PISICCHIO ED ALTRI; BOLOGNESI ED ALTRI; PAROLI; BUONTEMPO; ZELLER ED ALTRI; COLLÈ; VITALI ED ALTRI; MAURANDI ED ALTRI; OLIVIERI; BOATO; STUCCHI; CENTO; MONACO; PACINI; CONSIGLIO REGIONALE DELLA PUGLIA; CONSIGLIO REGIONALE DELLA PUGLIA; CHIAROMONTE ED ALTRI; CABRAS ED ALTRI; MANTINI; LA MALFA; BRIGUGLIO ED ALTRI; FRANCESCHINI; PISAPIA; COSTA; PERROTTA ED ALTRI; FIORI (72-113-260-376-468-582-721-874-875-877-966-1162-1218-1287-1403-1415-1608-1617-1725-1805-1964-2027-2116-2123-2168-2320-2413-2568-2909-2994-3058-3489-3523-3531-3541-3572-3573-3584-3639-3684-3707-3885-4023-4393-4451-4805-5044)
(A.C. 4862 ed abb. - Sezione 1)
ARTICOLO 23 DEL DISEGNO DI LEGGE COSTITUZIONALE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE
Art. 23.
(Scioglimento della Camera dei deputati).
1. L'articolo 88 della
Costituzione è sostituito dal seguente:
«Art. 88. - Il Presidente della Repubblica decreta lo scioglimento della Camera
dei deputati ed indìce le elezioni, da tenersi non oltre i successivi sessanta
giorni, nei seguenti casi:
a) su richiesta del Primo ministro, che ne assume la esclusiva
responsabilità;
b) in caso di morte del Primo ministro o di impedimento permanente
accertato secondo le modalità fissate dalla legge;
c) in caso di dimissioni del Primo ministro;
d) nel caso di cui all'articolo 94, terzo comma.
Il Presidente della Repubblica non emana il decreto di scioglimento nei casi di cui alle lettere a), b) e c) del primo comma, qualora entro dieci giorni venga presentata alla Camera dei deputati una mozione, sottoscritta dai deputati appartenenti alla maggioranza espressa dalle elezioni in numero non inferiore alla maggioranza dei componenti della Camera, nella quale si dichiari di voler continuare nell'attuazione del programma e si indichi il nome di un nuovo Primo ministro».
PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO 23 DEL DISEGNO DI LEGGE COSTITUZIONALE
ART. 23.
(Scioglimento della Camera dei deputati).
Al comma 1, capoverso
Art. 88, primo comma, alinea, sostituire le parole da:
decreta fino alla fine del capoverso con le seguenti: , su richiesta del
Primo Ministro, ovvero nel caso in cui non sia possibile formare un Governo coerente
con il risultato delle elezioni, decreta lo scioglimento della Camera dei
deputati ed indice le elezioni entro i successivi sessanta giorni.
Qualora, entro dieci giorni dalla richiesta, venga presentata da almeno un
quarto dei componenti della Camera una mozione, nella quale si dichiari di
voler continuare nell'attuazione del programma di Governo e si indichi il nome
di un nuovo Primo Ministro, essa è posta in votazione entro i successivi cinque
giorni. Nel caso in cui la mozione venga approvata, il Presidente della
Repubblica non emana il decreto di scioglimento qualora verifichi che la nomina
del Primo Ministro indicato nella mozione e il voto della Camera sono coerenti
col risultato delle elezioni per la Camera dei deputati e col programma di legislatura.
In caso di scioglimento della Camera successivo all'approvazione della mozione
di cui al comma precedente o di una mozione di sfiducia, il Presidente della
Repubblica nomina un governo di garanzia elettorale.
23. 5. Leoni, Boato, Bressa, Amici, Cabras, Cusumano, Fistarol, Intini,
Loiero, Maccanico, Maran, Marone, Montecchi, Olivieri, Pappaterra, Soda,
Zanella, Fanfani.
Al comma 1, capoverso
Art. 88, primo comma, alinea, sopprimere le parole:
, da tenersi non oltre i successivi sessanta giorni,
23. 250. La Commissione.
(Approvato)
Al comma 1, capoverso
Art. 88, primo comma, lettera a), sopprimere le
parole: , che ne assume la esclusiva responsabilità.
23. 73. Bressa, Boato, Leoni, Maura Cossutta, Titti De Simone,
Pappaterra, Cusumano, Zanella, Fanfani.
Subemendamenti all'emendamento 23. 200.
All'emendamento 23. 200,
alla parte consequenziale, sostituire le parole da:
dei deputati appartenenti fino alla fine dell'emendamento, con le seguenti:
di un quarto dei componenti della Camera, nel caso in cui la mozione venga
approvata il Primo ministro in carica si dimette. Il Presidente della
Repubblica non emana il decreto di scioglimento qualora verifichi che la nomina
del Primo Ministro indicato nella mozione e il voto della Camera sono coerenti
con il risultato delle elezioni della Camera dei deputati e con il programma di
legislatura.
0. 23. 200. 2. Bressa, Boato, Leoni, Pappaterra, Cusumano, Zanella,
Detomas, Maran, Cento, Cabras, Fistarol, Loiero, Marone, Maccanico,
Franceschini, Sinisi, Montecchi, Olivieri, Soda, Mazzuca Poggiolini.
All'emendamento 23. 200,
alla parte consequenziale, dopo le parole:
alla maggioranza dei componenti della Camera, aggiungere le seguenti:
ovvero qualora incorra in situazioni di conflitto di interessi, non sanate a
norma della legge vigente,
0. 23. 200. 1. Mazzuca Poggiolini.
Al comma 1, capoverso Art. 88, primo comma, lettera c), aggiungere, in fine, le parole: , salva l'ipotesi di cui all'articolo 94, quarto comma.
Conseguentemente,
all'articolo 28, comma 1, capoverso Art. 94, aggiungere, in fine, il seguente
comma:
«Qualora sia presentata una mozione di sfiducia, con l'indicazione di un nuovo
Primo ministro, da parte dei deputati appartenenti alla maggioranza espressa
dalle elezioni in numero non inferiore alla maggioranza dei componenti della
Camera, il Primo ministro in carica si dimette. Il nuovo Primo ministro
illustra alle Camere, entro cinque giorni, il programma, sul quale la Camera
dei deputati si esprime con voto per appello nominale».
23. 200. Elio Vito, Anedda, Volontè, Cè, La Malfa, Moroni.
Al comma 1, capoverso
Art. 88, primo comma, sopprimere la lettera
d).
23. 74. Leoni, Bressa, Boato, Maura Cossutta, Alfonso Gianni,
Pappaterra, Cusumano, Zanella, Fanfani.
Al comma 1, capoverso
Art. 88, sopprimere il secondo comma.
23. 71. Taormina.
Al comma 1, capoverso
Art. 88, sostituire il secondo comma con il seguente:
«Il Presidente della Repubblica non procede all'emanazione del decreto di
scioglimento richiesto dal Presidente del Consiglio dei ministri nel caso in
cui, entro dieci giorni da tale richiesta, venga presentata alla Camera dei
deputati una mozione, sottoscritta da un numero di deputati non inferiore alla
maggioranza dei componenti della Camera, nella quale si dichiari di voler
continuare nell'attuazione del programma di governo e si indichi il nome di un
nuovo Primo ministro, ed il Presidente della Repubblica ritenga che
l'indicazione fornita e la maggioranza che ha sottoscritto la mozione siano
coerenti con il risultato delle elezioni politiche e con il proseguimento
dell'attuazione del programma di governo».
23. 3. Mantini.
Subemendamenti all'emendamento 23. 201.
All'emendamento 23.
201., sostituire la parola: venti con la
seguente: dieci.
0. 23. 201. 2. Boccia.
All'emendamento 23. 201.,
sostituire le parole: e votata con le
seguenti: e approvata con votazione.
0. 23. 201. 25. La Commissione.
All'emendamento 23.
201., sostituire le parole: dai deputati
appartenenti alla con la seguente: almeno dai deputati eletti nella.
0. 23. 201. 1. Boccia.
All'emendamento 23.201, sostituire le parole: si indichi il nome di con le seguenti: si designi.
Conseguentemente, al
medesimo emendamento sostituire la parola: indicato
con la seguente: designato.
0. 23. 201. 26 (Nuova formulazione) . La Commissione.
Al comma 1, capoverso
Art. 88, secondo comma, sostituire le parole da:
entro dieci giorni fino alla fine del comma, con le seguenti: alla
Camera dei deputati, entro i venti giorni successivi, venga presentata e votata
per appello nominale dai deputati appartenenti alla maggioranza espressa dalle
elezioni in numero non inferiore alla maggioranza dei componenti della Camera,
una mozione nella quale si dichiari di voler continuare nell'attuazione del
programma e si indichi il nome di un nuovo Primo ministro. In tal caso, il
Presidente della Repubblica nomina il nuovo Primo ministro indicato.
23. 201. Elio Vito, Anedda, Volontè, Cè, La Malfa, Moroni.
Al comma 1, capoverso
Art. 88, secondo comma, sostituire le parole da:
entro dieci giorni fino alla fine del comma, con le seguenti: la Camera
dei deputati approvi una mozione presentata entro dieci giorni e sottoscritta
da almeno un terzo dei suoi componenti, nella quale si indichi il nome di un
nuovo Primo ministro. La mozione è posta in votazione entro cinque giorni dalla
sua presentazione.
23. 75. Tabacci, Malgieri, La Malfa, Craxi, Cossa, Giuseppe Gianni.
Al comma 1, capoverso Art. 88, secondo comma, sostituire le parole da: dai deputati appartenenti fino a: programma e con le seguenti: da un numero di deputati non inferiore alla maggioranza dei componenti della Camera, nella quale.
Conseguentemente:
al medesimo capoverso, dopo il secondo comma, aggiungere il seguente:
«Il Presidente della Repubblica, in caso
di prolungata impossibilità di funzionamento del Senato federale della
Repubblica, può decretarne lo scioglimento, sentito il suo Presidente. Non può
esercitare tale facoltà negli ultimi sei mesi del suo mandato, salvo che essi
coincidano in tutto o in parte con gli ultimi sei mesi della legislatura.»
all'articolo 24, capoverso Art. 89, terzo comma, dopo le parole: lo
scioglimento aggiungere le seguenti: del Senato federale della
Repubblica e;
alla rubrica, dopo la parola: Scioglimento aggiungere le seguenti:
del Senato federale della Repubblica e.
23. 72. Perrotta.
RESOCONTO
SOMMARIO E STENOGRAFICO
______________ ______________
525.
Seduta di lunedì 11 oTTOBRE 2004
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE
PUBLIO FIORI
indi
DEL VICEPRESIDENTE
FABIO MUSSI
E DEL PRESIDENTE
PIER FERDINANDO CASINI
PRESIDENTE.
L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge
costituzionale, già approvato in prima deliberazione dal Senato: Modificazione
di articoli della parte II della Costituzione, e delle abbinate proposte di
legge costituzionale di iniziativa dei deputati Zeller ed altri; Bielli; Spini
e Angioni; Buttiglione ed altri; Contento; Cola; Pisapia; Selva; Selva; Selva;
Bianchi Clerici; Peretti; Volontè; Pisapia; Lusetti ed altri; Zaccheo; Mantini
ed altri; Soda; Olivieri e Kessler; Costa; Serena; Pisicchio ed altri;
Bolognesi ed altri; Paroli; Buontempo; Zeller ed altri; Collè; Vitali ed altri;
Maurandi ed altri; Olivieri; Boato; Stucchi; Cento; Monaco; Pacini; del
Consiglio regionale della Puglia; del Consiglio regionale della Puglia; e dei
deputati Chiaromonte ed altri; Cabras ed altri; Mantini; La Malfa; Briguglio ed
altri; Franceschini; Pisapia; Costa; Perrotta ed altri; Fiori.
Ricordo che, prima dell'inizio della seduta, sono state ritirate le seguenti
proposte emendative: Maninetti 13.19, 13.23, 13.24, 0.13.203.2, 0.13.203.3,
0.13.252.1, 13.32, 13.36, 13.38, 13.44, 0.13.206.4, 0.13.206.1, 0.13.206.2 e
0.13.206.3; Elio Vito 13.200, 13.201, 13.202, 13.203, 13.204, 13.205, 13.206 e
13.207, nonché Boccia 0.23.201.1.
Ricordo, inoltre, che nella seduta dell'8 ottobre è stato votato, da ultimo, il
subemendamento Boccia 0.23.201.2 e che è stato accantonato l'esame del
subemendamento 0.23.201.25 della Commissione.
(Ripresa esame dell'articolo 23 - A.C. 4862 ed abbinate)
PRESIDENTE.
Riprendiamo l'esame dell'articolo 23 e delle proposte emendative ad esso presentate (vedi
l'allegato A - A.C. 4862 ed abbinate sezione 1).
Chiedo al relatore da quale proposta di modifica ritenga opportuno riprendere
l'esame.
DONATO
BRUNO, Relatore.
Signor Presidente, vorrei ricordare all'Assemblea che la scorsa seduta avevamo
interrotto i nostri lavori sul subemendamento 0.23.201.25 della Commissione.
Su questo punto, la stessa Commissione, dopo il dibattito svoltosi in aula, e
in seguito ad un'attenta riflessione - anche perché il testo presentato dalla
Commissione, come si ha modo di vedere, sosteneva tutt'altra cosa -, ha deciso
di riconfermare la proposta di sostituire, all'emendamento Elio Vito 23.201, le
parole «e votata» con l'espressione «e approvata con votazione».
Ciò perché il criterio
che emerge soddisfa sicuramente di più il tenore dell'articolato, e credo che
su questo punto, ad esclusione di qualcuno, sia stata raggiunta una convergenza
abbastanza unanime.
La Commissione, pertanto, raccomanda nuovamente all'Assemblea l'approvazione
del suo subemendamento 0.23.201.25.
PRESIDENTE.
Sta bene.
Passiamo, dunque, alla votazione del subemendamento 0.23.201.25 della
Commissione.
Avverto che è stata chiesta la votazione nominale mediante procedimento
elettronico.
Preavviso di votazioni elettroniche (ore 16,07).
PRESIDENTE.
Poiché nel corso della seduta avranno luogo votazioni mediante procedimento
elettronico, decorrono da questo momento i termini di preavviso di cinque e
venti minuti previsti dall'articolo 49, comma 5, del regolamento.
Per consentire il decorso del termine regolamentare di preavviso, sospendo la
seduta.
La seduta, sospesa alle 16,07, è ripresa alle 16,30.
(Ripresa esame dell'articolo 23 - A.C. 4862 ed abbinate)
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Carrara. Ne ha facoltà.
NUCCIO
CARRARA. Signor Presidente, il
subemendamento in discussione è puramente formale. Esso è, sostanzialmente, una
riscrittura del testo in maniera più chiara. Si intende sostituire
l'espressione «venga presentata e votata», con riferimento ad una mozione che
indichi il primo ministro, in «approvata con votazione per appello nominale».
Nonostante sia evidente che si è di fronte ad un subemendamento del tutto
formale, di riscrittura migliorativa del testo, siamo bloccati su di esso già
da parecchio tempo.
Ciò la dice lunga, ovviamente, sulle reali intenzioni di discutere il merito
del provvedimento che ci accingiamo ad approvare. Da parte delle opposizioni si
vorrebbe fare di tutto affinché questo provvedimento non veda la luce. Ricordo,
tuttavia, sommessamente a chi ha la bontà di ascoltarmi, che ci troviamo di
fronte ad un passaggio cruciale della riforma. Si tratta di un passaggio che,
pur riferendosi al potere di scioglimento della Camera dei deputati da parte
del Capo dello Stato, prefigura già l'impianto del premierato, tema che
affronteremo in seguito.
Cos'è il premierato, per intenderci? Quella riforma della Costituzione che
l'Ulivo propose al proprio elettorato in ben due campagne elettorali, nel 1996
e nel 2001. Nonostante tale riforma sia stata fatta propria anche dalla Casa
delle libertà - che, nel proprio programma, prevedeva solo l'elezione diretta
del Presidente della Repubblica -, nel tentativo di raccogliere il più ampio
consenso possibile sulla riforma costituzionale, l'Ulivo oggi si mette di
traverso, il che, a contrario, significa ciò: che l'Ulivo stesso non
vuole modernizzare il nostro sistema istituzionale. Abbiamo scoperto,
attraverso le parole del capogruppo dei Democratici di sinistra, onorevole
Violante, anche alcune sottili nostalgie del tempo che fu, ossia di quel tempo
in cui, come osservava il medesimo onorevole Violante, vi era quasi una sorta
di «recinto del potere» - il termine è mio, ovviamente -, all'interno del quale
vi era una certa stabilità, ma di potere, perché la classe politica non
cambiava, a fronte di un'odierna stabilità che l'onorevole Violante trova del
tutto marginale, dei Governi.
Noi, con la nostra riforma, vorremmo che si desse vita in futuro ai governi di
legislatura, pienamente legittimati dal corpo elettorale, su un mandato
preciso, perimetrato dal programma elettorale. Noi vorremmo appunto che si
sappia con chiarezza chi governa - perché espresso dal corpo elettorale - e che
si sappia con altrettanta certezza chi si oppone (perché legittimato a fare ciò
dal corpo elettorale medesimo).
Oggi ci sono parecchi «pentiti» su questa strada, ma noi pensiamo che la storia
non possa tornare indietro. Noi pensiamo che gli italiani che ci ascoltano
vogliano - essi sì - essere protagonisti della politica e non dare a nessuno
mandati in bianco.
Noi pensiamo che gli italiani vogliano sapere per chi votare e vogliano
esprimere il primo ministro ed il Governo in conformità ad un programma chiaro
e leggibile, su cui s'impegnino il primo ministro ed il Governo stessi.
Noi siamo, dunque, convinti di essere in perfetta sintonia con il popolo
italiano ed andremo avanti nel percorso della nostra riforma (Applausi dei
deputati del gruppo di Alleanza nazionale).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Stucchi. Ne ha facoltà.
GIACOMO STUCCHI. Signor Presidente, intervengo a titolo personale per rilevare che, quando si parla di riforme costituzionali, si deve avere la massima accortezza, ricercando la migliore formulazione del testo finale. Credo, quindi, sia giusto tentare di compiere qualche sforzo in più per discutere ed individuare una soluzione magari condivisa anche al di fuori dello schieramento di maggioranza. Il confronto in atto quest'oggi, ma anche nelle settimane precedenti, sul contenuto del testo della riforma costituzionale è sicuramente positivo per il paese e non credo che il centrosinistra, sottraendosi ad esso e cercando di utilizzare l'arma del numero legale per impedire la prosecuzione dei nostri lavori, stia rendendo un buon servizio all'interesse del paese. Quest'oggi, per l'ennesima volta, ci troviamo in un'aula in cui la presenza dei deputati della maggioranza...
LUIGI OLIVIERI. È scarsa !
MAURA COSSUTTA. Votiamo!
GIACOMO STUCCHI. ...si sta progressivamente incrementando, mentre tanti deputati del centrosinistra rimangono fuori, volendo utilizzare l'arma della mancanza del numero legale per impedire la prosecuzione dei lavori. Questo non è un modo serio per fare le riforme e credo sia giusto sottolinearlo.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Fontanini. Ne ha facoltà.
PIETRO
FONTANINI. Signor Presidente, il
subemendamento 0.23.201.25 della Commissione si riferisce ad un emendamento
proposto dalla maggioranza che verrà successivamente sottoposto al nostro esame
e che definisce l'iter per non procedere allo scioglimento della Camera
dei deputati.
Per comprendere la ratio di questo subemendamento, dobbiamo, quindi,
rifarci all'emendamento Elio Vito 23.201. In sostanza, il Presidente della
Repubblica non emana il decreto di scioglimento nel caso in cui, entro i 20
giorni successivi, venga presentata e approvata con votazione (e non solo
approvata, come è scritto nel testo dell'emendamento) per appello nominale dai
deputati appartenenti alla maggioranza espressa dalle elezioni in numero non
inferiore alla maggioranza dei componenti della Camera, una mozione nella quale
si dichiari di voler continuare nell'attuazione del programma e si designi un
nuovo primo ministro. In tal caso, il Presidente della Repubblica nomina il
nuovo primo ministro designato.
Questa è la ratio alla base del subemendamento 0.23.201.25 della
Commissione che si sottopone all'approvazione di questa Assemblea. Come si
comprende da quanto ho testé affermato, non si andrà allo scioglimento della
Camera dei deputati quando la maggioranza dei deputati appartenenti a quella
stessa maggioranza espressa al momento delle elezioni presenta tale mozione,
che deve essere approvata con votazione: ciò permette il proseguimento della
legislatura. È una norma di salvaguardia, volta ad impedire che si interrompa
con una certa facilità il lavoro legislativo dell'Assemblea espressa dal voto
politico dopo le elezioni. Tale norma consente di proseguire l'attività
politica a coloro che hanno ricevuto un mandato esplicito da parte del popolo
italiano e che hanno formato una maggioranza, quella stessa maggioranza che,
ove si verifichino le condizioni di cui alle lettere a), b) e c)
del primo comma dell'articolo 88, può impedire che si proceda allo
scioglimento.
C'è ancora, infatti, una volontà forte da parte dei componenti la stessa
maggioranza espressa nelle elezioni politiche di continuare l'attività
legislativa, non più con il primo ministro che era stato designato all'inizio della
legislatura, ma con un nuovo Presidente del Consiglio dei ministri, un nuovo leader
che continuerà con la stessa maggioranza a portare avanti quel programma che ha
ricevuto da parte dei cittadini con un mandato elettorale esplicito.
Quindi, siamo di fronte ad un passaggio importante e delicato di questa riforma
costituzionale. Si tratta di una norma di salvaguardia per continuare
l'attività legislativa da parte della maggioranza.
Il subemendamento proposto dalla Commissione è più che altro tecnico perché
vogliamo sostituire alle parole: «e votata» le parole: «e approvata con
votazione». Ciò significa che c'è una volontà espressa di continuare il
programma di Governo con l'approvazione di questa mozione che - ripeto -
porterà il Presidente della Repubblica a nominare un nuovo primo ministro,
designato sempre da quella maggioranza - questo è l'elemento forte di questo
passaggio della riforma - che è stata espressa alle elezioni in numero non
inferiore alla maggioranza dei componenti la Camera.
Quindi, invito l'Assemblea ad approvare questo subemendamento che la
Commissione propone, che è in sintonia con quanto vedremo più avanti rispetto
all'emendamento 23.201 firmato dal capogruppo della maggioranza, che innova
radicalmente l'articolo 88 della Costituzione.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Meroi. Ne ha facoltà.
MARCELLO
MEROI. Anche questa sera
credo sia necessario intervenire per ribadire alcuni concetti sia nel metodo
sia nel merito rispetto alla norma all'esame dell'Assemblea. Li abbiamo
ricordati già da quindici giorni a questa parte e abbiamo assunto le
responsabilità di una maggioranza, che certamente non è bello vedere in ranghi
non completi. Se su questo, tuttavia, dobbiamo essere chiari, credo che alcune
sottolineature vadano necessariamente fatte.
Qualche collega ricordava giustamente nel dibattito precedente il testo
dell'articolo 48-bis del nostro regolamento, laddove si stabilisce - e
non l'abbiamo fatto sicuramente noi, anche se esso ha una valenza erga omnes
e, quindi, istituzionale - che è dovere dei deputati partecipare ai lavori
della Camera. In quest'aula si ricorda sempre il messaggio del Capo dello
Stato, che è chiaro, forte e anche recentissimo - lo ricordavo intervenendo sulla
stessa materia qualche giorno fa - pronunciato ad Arezzo, quando il Presidente
Ciampi si rivolse al Parlamento chiedendo un intervento comune sui principi
costituzionali.
Credo che la forma di ostruzionismo messa in pratica dall'opposizione non sia corretta,
non sia costituzionale e, soprattutto, non risponda a quello che il Presidente
della Repubblica ci chiede.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Bricolo. Ne ha facoltà.
FEDERICO BRICOLO. Invito
l'Assemblea a votare in modo favorevole sul subemendamento 0.23.201.25 della
Commissione che si riferisce all'emendamento 23.201 presentato dall'onorevole
Elio Vito ed altri. Quest'ultimo emendamento costituisce una norma di
salvaguardia che impedisce il cosiddetto ribaltone, che, invece, era stato
favorito con gli emendamenti che abbiamo bocciato la scorsa settimana e che
erano stati presentati dal centrosinistra.
L'emendamento 23.201 recita: «...entro i venti giorni successivi, venga
presentata e votata - è qui che il subemendamento della Commissione modifica
con «approvata con votazione» - per appello nominale dai deputati appartenenti
alla maggioranza espressa dalle elezioni in numero non inferiore alla
maggioranza dei componenti della Camera, una mozione nella quale si dichiari di
voler continuare nell'attuazione del programma e si indichi il nome di un nuovo
Primo ministro. In tal caso, il Presidente della Repubblica nomina il nuovo
Primo ministro indicato».
È chiaro, dunque, che in caso di dimissioni del premier non si può in
alcun modo cambiare maggioranza, cosa che invece chiedeva il centrosinistra. Si
tratta di una norma di salvaguardia per garantire l'espressione del voto dei
cittadini che, attraverso la maggioranza, sono in grado di controllare il
processo di attuazione del programma elettorale in Parlamento. Ciò serve per
tutelare chiaramente i cittadini e la loro espressione di voto, ma anche per
collegare al programma elettorale la maggioranza parlamentare.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Dario Galli. Ne ha facoltà.
DARIO
GALLI. Signor Presidente,
invito i colleghi a votare a favore del subemendamento in esame che chiarisce
semplicemente i termini di una questione sulla quale dovremmo essere tutti
d'accordo. Non si tratta, dunque, di un subemendamento di principio o che
scardina le cose fin qui dette, per cui l'atteggiamento ostruzionistico
dell'opposizione risulta difficile da capire. Ancora più difficile da capire
risulta l'atteggiamento complessivo, perché se da una parte è vero che i banchi
della maggioranza non sono particolarmente «rigogliosi» di deputati, è anche
vero che tutte le ore concesse per la discussione del provvedimento sono state
chieste dall'opposizione e non dalla maggioranza. Quest'ultima, infatti, aveva
già svolto le discussione che doveva svolgere ed aveva già preso gli accordi
che doveva prendere.
Quanto sta succedendo in aula manifesta semplicemente il disprezzo della
minoranza nei confronti del Parlamento italiano. Queste ore dovevano essere
usate dai colleghi dell'opposizione per chiarire meglio nel merito le loro
posizioni e non dovevano essere un pretesto per far passare una, due o tre
settimane in più per giungere alla conclusione del provvedimento che, comunque,
arriverà alla conclusione. Il discorso che si sta portando avanti è
assolutamente incomprensibile: dopo aver chiesto tutte le ore che ha chiesto
l'opposizione non riesce a dire nulla di sostanziale se non ripetere i soliti
concetti che abbiamo capito, ma sui quali non siamo d'accordo.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Butti. Ne ha facoltà.
ALESSIO
BUTTI. Signor Presidente,
ancora una volta ci troviamo a discutere un importantissimo articolo della
riforma costituzionale che riguarda le modalità di scioglimento della Camera
dei deputati ed il modo in cui evitare tale scioglimento. Eppure, ancora una
volta, mezzo emiciclo è rimasto in Transatlantico. L'Aventino non paga mai e
siamo profondamente convinti che gli assenteisti abbiano sempre torto. Oppure,
gli assenteisti non sono in grado di sostenere tesi credibili in materia di
riforma della Costituzione. Del resto, quella della sinistra di marcar visita è
un'abitudine già evidenziata, ad esempio, durante l'esame della legge
finanziaria.
La sinistra è smemorata: nel 2001 approvò una riforma della Costituzione con
pochissimi voti di scarto infischiandosene, in quel momento, della collegialità
richiamata più volte, anche recentemente, dal Presidente della Repubblica ed
alla quale tutto il centrodestra intende a sua volta richiamarsi.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Luciano Dussin. Ne ha facoltà.
LUCIANO DUSSIN. Signor Presidente, il subemendamento in esame va nel senso della ricerca della garanzia di continuità nell'attuazione del programma di maggioranza e di Governo. Si tratta di una volontà che il paese tutto sta aspettando nel rispetto assoluto degli impegni di programma ma anche degli esiti delle varie consultazioni elettorali. Con questo subemendamento vogliamo ribadire che la stessa maggioranza appoggiata dal corpo elettorale deve insistere e continuare a dar vita ad una legislatura per arrivare ai risultati presentati tramite il programma elettorale che non deve essere assolutamente tradito. Diceva bene prima il collega Stucchi, quando auspicava un confronto. Questo però vediamo che purtroppo non c'è. Quindi, anche su questo subemendamento, sarà la maggioranza che dovrà farsi carico di portare avanti quella correttezza che il corpo elettorale sta aspettando da tutti noi (Applausi dei deputati del gruppo della Lega Nord Federazione Padana).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Lo Presti. Ne ha facoltà.
ANTONINO LO PRESTI.
Prendiamo atto ancora una volta che, anche di fronte ad un subemendamento
meramente tecnico, la minoranza prosegue in questo atteggiamento ottuso e
strumentale, qual è l'ostruzionismo. Ciò dimostra che non avete alcuna idea né
proposte concrete, dato che non ve ne sono state di migliorative, rispetto a
quanto da noi prospettato con il testo in discussione. Gli italiani devono
sapere che noi vogliamo le riforme, mentre voi, cari colleghi della sinistra,
no. Noi vogliamo cambiare il paese, mentre voi no. Noi vogliamo un'Italia più
competitiva, che risponda con la localizzazione ed il rafforzamento delle
autonomie, agli eccessi e alle storture della globalizzazione, mentre voi no.
Insomma, cari colleghi, dite al paese qual è il vostro progetto, se finalmente
riuscirete a mettervi d'accordo, se finalmente riuscirete a stilare un
programma e a trovare un leader degno di interpretarlo! Aspettiamo
ancora questo momento (Applausi dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Parolo. Ne ha facoltà.
UGO PAROLO. Signor Presidente, di fatto siamo di fronte ad un atteggiamento puramente strumentale di chi non vuole assolutamente mandare avanti questa riforma federale e costituzionale, che stiamo discutendo ormai da diverse settimane. È paradossale poi nel merito l'atteggiamento di chi vuole impedire il prosieguo dei lavori. Stiamo votando un subemendamento, che modifica in maniera marginale un emendamento della maggioranza, che sostanzialmente consente la possibilità per una maggioranza, in caso di crisi di Governo e di dimissioni del premier, di ripresentare una mozione per eleggere un nuovo premier, con l'unico vincolo che questa maggioranza sia quella uscita dalle elezioni: esattamente quello che gli italiani ci chiedono da cinquant'anni. È veramente assurdo che l'opposizione, per rispondere a un Diktat di Romano Prodi, non consenta per meri fini elettoralistici il prosieguo di un lavoro di riforma federale e anche di garanzia di Governo, come quello che stiamo portando avanti.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Arrighi. Ne ha facoltà.
ALBERTO
ARRIGHI. Per l'ennesima volta
oggi siamo di fronte ad un tentativo di ostruzionismo. Ormai questo è un
teatrino che si ripete da tempo: ogni volta che inizia la seduta, la sinistra
resta in Transatlantico. Credo che gli italiani che ci seguono per radio o per
televisione debbano sapere che, a fronte di tutte le richieste di maggiore
collegialità nella discussione, portate avanti dalla sinistra, quest'ultima si
rifiuta poi di partecipare alle discussioni. Il popolo italiano deve sapere
che, mentre noi stiamo lavorando per creare una nuova e moderna Costituzione,
capace di far affrontare gli anni a venire nel clima della globalizzazione, il
centrosinistra resta in Transatlantico e probabilmente alla buvette.
Dobbiamo dire con forza all'intero popolo italiano che questo atteggiamento,
questo teatrino, che viene portato avanti quotidianamente dai deputati del
centrosinistra, sta diventando inaccettabile. Coloro che reclamano ogni giorno
la necessità di dover procedere ad una discussione che sia collegiale, sono poi
coloro che si rifiutano di partecipare ai lavori. Non sono certo i deputati di
centrodestra che si stanno rifiutando, bensì quelli del centrosinistra che non
partecipano in alcun modo alle nostre sedute!
MARCO BOATO. Tante chiacchiere per mascherare l'assenteismo della maggioranza! Poteva tenere un tono più basso!
PRESIDENTE.
Onorevole Boato, chieda di intervenire in dichiarazione di voto, se vuole
spiegare le sue ragioni!
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale,
l'onorevole Polledri. Ne ha facoltà.
MASSIMO POLLEDRI.
Onorevoli colleghi, oggi ha ancora senso, in questo paese, parlare di fedeltà e
di rispetto della parola data? Ha ancora senso parlare di un sentimento
dell'onore e della capacità di mantenere gli impegni?
Signor Presidente, dalla gente proviene la richiesta che vengano mantenuti gli
impegni assunti. Noi intendiamo introdurre nella Carta costituzione il
principio del rispetto degli impegni assunti con gli elettori; mancando la
sinistra, ci sentiamo di poter affermare forte e chiara la capacità di
mantenere la parola data, perché è un valore fondamentale di questa coalizione.
Quest'ultima, pertanto, è in grado di mantenere la parola data, inserendo in
Costituzione il principio che la maggioranza votata dagli elettori non si
cambia.
In mancanza dell'appoggio della sinistra, sarà il centrodestra a farsi carico
del rispetto di alcuni valori: fedeltà alla parola data e senso dell'onore.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Nespoli. Ne ha facoltà.
VINCENZO NESPOLI.
Signor Presidente, io, come altri colleghi, vorrei stigmatizzare il fatto che
il centrosinistra chiede, giustamente, l'ampliamento dei tempi, un confronto
minuzioso in Commissione e nel Comitato dei nove; spinge per l'approvazione di
alcuni emendamenti; ci chiede, implorando, di cancellare dalla Costituzione il
capo dell'opposizione, perché, evidentemente, non solo ha difficoltà ad
individuare un leader ma, perdendo, avrebbe maggiori difficoltà ad
individuarne uno. Oggi, continua il meccanismo di espropriazione del
Parlamento, perché assume un atteggiamento politico, anziché istituzionale;
risponde alle logiche dei vertici fuori da quest'aula, come è successo oggi.
Pertanto, non si fanno le riforme, perché così viene stabilito ad un tavolo di
confronto esterno al Parlamento. Si manifesta contro il disegno di legge
finanziaria, ancor prima che vi sia un confronto di merito. Si chiedono, per la
definizione del premier, le primarie preconfezionate.
Se questo è il centrosinistra che ci chiede di essere rispettosi del Capo dello
Stato, noi lo siamo fino in fondo, perché non rifuggiamo il confronto. Sono
loro che fuggono dalle aule istituzionali e dal paese.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Ercole. Ne ha facoltà.
CESARE ERCOLE. Signor Presidente, stiamo assistendo anche oggi ad una situazione fotocopia, alla quale abbiamo assistito la scorsa settimana (giovedì e venerdì). La sinistra non si presenta in aula...
GIOVANNI BELLINI. Siete voi che non vi presentate!
CESARE
ERCOLE... e, con demagogia,
protervia ed ostruzionismo, tenta in ogni modo di bloccare questa grande
riforma federale.
Per quanto riguarda più specificatamente il subemendamento in esame,
continuiamo a ribadire che la proposta della maggioranza è semplice e coerente:
semplice, perché legata direttamente alle proposte emendative della Commissione
e della maggioranza (mi riferisco alla norma antiribaltone) e coerente, perché
è lo stesso popolo che vota il primo ministro e la maggioranza che deve
governare.
Noi stiamo sicuramente dalla parte dei cittadini, del popolo e vogliamo che
questo subemendamento venga approvato (Applausi dei deputati del gruppo
della Lega Nord Federazione Padana).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole La Grua. Ne ha facoltà.
SAVERIO
LA GRUA. Signor Presidente,
anche io condivido il subemendamento della Commissione, presentato per
migliorare l'emendamento Elio Vito 23.201. Quest'ultimo tenta (ci riesce a mio
parere) di migliorare il testo già predisposto dalla Commissione, al fine di
consentire la definizione di una norma antiribaltone che garantisca quella
stabilità dei Governi che è mancata nel passato. Basti pensare che, in cinquant'anni,
si sono alternati al governo dell'Italia 56 Governi differenti. Quindi, la
volontà che esprimiamo con queste proposte emendative trova il gradimento del
popolo italiano.
Questo è il motivo per cui ritengo sia opportuno che il subemendamento venga approvato.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Guido Giuseppe Rossi. Ne ha facoltà.
GUIDO GIUSEPPE ROSSI.
Signor Presidente, anch'io intervengo a titolo personale continuando in questa
azione di disturbo parlamentare; infatti, non siamo più nel campo del
cosiddetto filibustering - come si dice in inglese -, ma in una vera e
propria azione di sabotaggio di questo tentativo di riformare la Costituzione
secondo l'articolo 138 eventualmente, come richiede l'Ulivo, con l'indizione di
un referendum confermativo.
Ebbene, quest'opera di sabotaggio contro la riforma della Costituzione ha un
mandante extraparlamentare, vale a dire il signor Romano Prodi.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Jannone. Ne ha facoltà.
GIORGIO
JANNONE. Signor Presidente,
ritengo che l'articolo 88 della nuova Costituzione, come anche questo
subemendamento, sotto il profilo meramente tecnico sia incontestabile: si
tratta di legare maggiormente le sorti dell'esecutivo a quelle delle Camere.
Finalità largamente condivisa non solo da questo Parlamento, ma anche e
soprattutto dal popolo italiano. Probabilmente è difficile da comprendere per
l'attuale opposizione che, in passato, più volte ha proposto Governi non
rappresentativi della volontà popolare.
Tuttavia, sotto il profilo politico, appare molto grave l'assenza strumentale
dell'opposizione e, forse, è ancora più grave che, nella riunione dell'Ulivo
che si è appena conclusa, si sia posta l'opposizione alla nuova Costituzione
insieme ad altri temi squisitamente politici (insieme alla manifestazione
contro la finanziaria, insieme all'opposizione contro il Governo Berlusconi).
Quindi, ancora una volta, si mischia il sacro, la modifica della Costituzione,
con il profano, vale a dire volontà squisitamente propedeutiche alle possibili
elezioni.
Presidente, non possiamo non richiamare alla sua attenzione e a quella
dell'Ufficio di Presidenza la necessità di utilizzare al meglio l'ampliamento
dei tempi concesso all'opposizione. Se i tempi vengono usati strumentalmente
per rinviare questa riforma costituzionale, allora chiediamo una maggiore
attenzione a questa dilatazione, in quanto può essere accettata fino ad un
certo punto da questa maggioranza.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Boccia, al quale ricordo che ha un minuto di tempo a disposizione, avendo il gruppo della Margherita esaurito i tempi. Ne ha facoltà.
ANTONIO
BOCCIA. Signor Presidente, ho
chiesto di intervenire in quanto ritengo sia necessario chiarire quanto sta
accadendo.
Abbiamo più volte precisato che tutto il centrosinistra non intende partecipare
all'approvazione di una riforma della Costituzione che consideriamo vergognosa;
quindi, non faremo nulla per aiutare la maggioranza a raggiungere questo
obiettivo.
La maggioranza non ha il numero legale per votare la riforma e sta facendo
opposizione a se stessa. In questo momento, ci sono circa centocinquanta
colleghi della maggioranza, mentre ne occorrono duecento. Ciò, evidentemente,
impedisce loro di procedere, quindi gli interventi dei colleghi della
maggioranza sono fatti per perdere tempo, al fine di consentire agli altri
colleghi di arrivare. È bene che si sappia che in questo momento è in atto
un'opposizione della maggioranza a se stessa (Applausi dei deputati dei
gruppi della Margherita, DL-L'Ulivo e dei Democratici di sinistra-L'Ulivo)!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Didonè. Ne ha facoltà.
GIOVANNI DIDONÈ. Signor Presidente, intendo tornare al merito del subemendamento in esame. La settimana scorsa, quando abbiamo esaminato le norme «antiribaltone», la sinistra ha affermato che le Camere e il potere legislativo verrebbero condizionati dalla minaccia di dimissioni del primo ministro. Il subemendamento in esame affronta le modalità di gestione delle Camere da parte del primo ministro. Non si tratta di alcuna subordinazione nei confronti del potere esecutivo: le Camere potrebbero individuare un nuovo primo ministro ed attuare il programma elettorale. Ciò costituisce la garanzia, per il potere legislativo, di essere indipendente da tutti gli altri poteri, compreso quello esecutivo.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Delmastro Delle Vedove. Ne ha facoltà.
SANDRO DELMASTRO DELLE VEDOVE. Signor Presidente, intendo stigmatizzare il comportamento dell'opposizione, indipendentemente da ciò che ha dichiarato poc'anzi l'onorevole Boccia, e sottolineare che l'intervento dell'onorevole Parolo, successivamente ripreso da numerosi colleghi, mi è parso uno fra i più significativi di questi giorni. L'onorevole Parolo ha per primo evidenziato una volontà extraparlamentare, di tipo quasi golpistico, da parte di coloro che sono «eterodiretti» da una persona che ha lasciato la Commissione europea senza lode e con molta infamia.
MARCO BOATO. Sta esagerando! Golpistico è un po' esagerato!
SANDRO DELMASTRO DELLE VEDOVE. I deputati dell'opposizione sono fuori dall'aula, sono probabilmente tutti alla seduta spiritica, perché il loro leader, come si ricorderà, il prode Prodi, in ragione dei suoi rapporti con l'aldilà, si riunì con altri buontemponi, in un momento drammatico, e segnalò il nome di Gradoli. Ora è impegnato, in quanto scrivere una Costituzione alternativa, estraendo dal tavolino a tre gambe una parola alla volta, esige molto tempo. Ecco perché il centrosinistra è fuori dall'aula, in attesa che il guru si pronunci in un modo cadaverico, come sua abitudine (Applausi dei deputati del gruppo di Alleanza nazionale).
MARCO BOATO. È stato un intervento spiritico!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Caparini. Ne ha facoltà.
DAVIDE
CAPARINI. Signor Presidente, la
norma in esame è molto importante: non si tratta infatti di una perdita di
tempo, come ha tentato di far credere il collega Boccia. Si tratta, invece, di
una norma con la quale si è trovato il giusto equilibrio di pesi e contrappesi,
su un elemento fondamentale, come è stato sottolineato anche da numerosi
colleghi del centrosinistra, per la futura Carta costituzionale, costituito dal
rapporto tra un premier forte e la centralità del Parlamento.
Il subemendamento in esame, e il successivo emendamento Elio Vito 23.201,
consentono di raggiungere tale equilibrio, che conferisce legittimità
all'indicazione del premier da parte del popolo e contemporaneamente
mantiene la centralità del Parlamento, che attraverso la propria maggioranza
riesce comunque a continuare l'attuazione del programma elettorale, nel caso di
cambiamento del premier. Ritengo si tratti di un sistema di pesi e
contrappesi che ben sintetizzano da un lato l'esigenza di rispettare la volontà
popolare e dall'altro l'indicazione di un premier forte.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Coronella. Ne ha facoltà.
GENNARO CORONELLA.
Signor Presidente, intervengo per annunciare il voto favorevole sul
subemendamento 0.23.201.25 della Commissione, ma anche per manifestare dissenso
rispetto all'intervento poc'anzi svolto dall'onorevole Boccia, al quale
rispondo chiedendogli il motivo di tale comportamento.
Il motivo è che la sinistra si è defilata e non vuole entrare in aula. Se così
non fosse, grazie ai 150 deputati del centrodestra presenti, come egli afferma,
e quelli della sinistra che invece si trovano nei corridoi della Camera si
potrebbe superare il numero necessario.
Approfitto dell'occasione per sostenere la necessità di questa sacrosanta
riforma, sulla quale ci siamo espressamente impegnati con gli elettori. È una
riforma che stabilisce delle regole, ammoderna il paese e lo rilancia, non come
quell'altra riforma fatta in fretta e furia, con pochissimi voti di scarto...
In particolare, le modifiche ora in discussione sono quelle recate
dall'articolo 23 del provvedimento in esame, dove si prevedono le ipotesi di
scioglimento della Camera dei deputati. Tale articolo fa chiarezza sul mandato
elettorale, che non può essere violato da un accordo di palazzo o di bottega!
PRESIDENTE. La invito a concludere.
GENNARO CORONELLA. La maggioranza che esce dalle urne elettorali deve poter governare il paese. Qualsiasi altra ipotesi equivarrebbe ad un ribaltone, ad un atto di immoralità che violerebbe quell'accordo, quel contratto sottoscritto con gli italiani; se vogliamo veramente onorare questo voto allora lo scioglimento della Camera dei deputati deve essere la conseguenza di tali ipotesi (Applausi dei deputati del gruppo di Alleanza nazionale).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare, per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Lussana. Ne ha facoltà.
CAROLINA LUSSANA.
Intervengo a titolo personale per sostenere il subemendamento in esame. Nei
precedenti interventi i colleghi hanno ben ribadito come si tratti di un
subemendamento tecnico collegato alla successiva proposta emendativa, recante
la firma di tutti i capigruppo della maggioranza.
In tali proposte si affrontano questioni fondamentali: la stabilità di Governo,
la assoluta centralità del Parlamento quale diretta emanazione della volontà
popolare e la possibilità di continuare il percorso di attuazione del
programma. Stiamo discutendo di un tema molto importante e delicato. Dispiace,
onorevole Boccia, che il centrosinistra rifiuti il dialogo e il confronto
nonostante questa maggioranza e il ministro Calderoli abbiano tenuto un
atteggiamento di assoluta apertura e di grande ascolto.
PRESIDENTE. Onorevole, la invito a concludere.
CAROLINA LUSSANA. Apertura ed ascolto che, invece, sono mancati in occasione della precedente riforma costituzionale, approvata a colpi di maggioranza e con quattro voti di scarto; riforma sulla quale adesso dobbiamo necessariamente intervenire, anche con questa norma di assoluto equilibrio.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare, per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Strano. Ne ha facoltà.
NINO
STRANO. Signor Presidente, con
il mio intervento vorrei mantenere un atteggiamento che segua una certa logica.
Mi trovo, infatti, in dissonanza dal mio partito, che insegue questa riforma
costituzionale...
Dopo essere intervenuto la scorsa settimana, parlando dell'emerito padre della
patria, l'onorevole Oscar Luigi Scalfaro, vorrei ora ricordare come le
Costituzioni si interpretino anche in base agli uomini.
Vi è un uomo venuto dal Costarica, leale alla maggioranza, statista
eccezionale, che oggi siede al Senato (induce il desiderio di andare in quel
ramo del Parlamento...), che esprime compiutamente il senso dello Stato, il
senso di appartenenza... Parlo di Lamberto Dini: sono questi gli uomini ai
quali dovremmo fare riferimento...!
Non capisco per quale motivo ci abbarbichiamo tanto su una riforma fine a se
stessa, quando potremmo continuare così... e permettere a Prodi e a tutti i sui
uomini di continuare a vegetare in questo prosieguo di prima Repubblica, a loro
così cara.
Auspico che non si vada avanti su questa riforma... che si rimanga con questa
vecchia buona Costituzione, che tanto ha fatto per i nostri figli, per le
nostre famiglie, per la nostra economia e tanto ci ha fatto risaltare - nel
bene - in tutto il mondo.
Mi trovo in assoluta dissonanza con la maggioranza e voterò contro, credo..., a
tutti gli emendamenti che proporranno per mantenere quest'habitus di
prima Repubblica, che così tanto di buono ha mostrato in questi anni (Applausi
dei deputati dei gruppi di Alleanza nazionale e della Lega Nord Federazione
Padana).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Villani Miglietta. Ne ha facoltà.
ACHILLE VILLANI MIGLIETTA.
Signor Presidente, devo dire sinceramente che non mi meraviglia né mi
scandalizza l'atteggiamento dell'opposizione che, data la sua natura, è un
atteggiamento scontato e comprensibile. Penso che sia strumentale la posizione
dei rappresentanti del centrosinistra che nel Comitato dei nove danno
l'impressione di cercare il dialogo ed assumono una posizione costruttiva, ma
che poi devono, purtroppo per loro, subire gli ordini che vengono dall'alto e
smentirsi in aula nei fatti: quindi, nessuna ricerca di dialogo ma solo
ostruzionismo fine a se stesso; nessuna intenzione di effettuare riforme
costituzionali, rappresentando purtroppo, l'opposizione, la parte più retriva e
conservatrice del Parlamento italiano.
Devo fare, purtroppo, un richiamo alla stessa maggioranza, perché sia presente
in aula, dato che le riforme - ormai è chiaro - le dobbiamo realizzare da soli!
Del resto, ricordo che nella precedente legislatura sono state effettuate delle
scellerate modifiche alla Carta costituzionale, cui ormai stiamo cercando di
porre rimedio con pochissimi voti di maggioranza.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Fasano. Ne ha facoltà.
VINCENZO
FASANO. Signor Presidente, anch'io
intervengo a titolo personale, ma in piena assonanza con quanto già esplicitato
non solo dai colleghi di Alleanza nazionale, ma dall'intera Casa delle libertà.
Su questo subemendamento il mio voto è favorevole e, come deputato della
Campania, già consigliere regionale di una giunta ribaltata nella sua
espressione di volontà popolare, volevo portare questo contributo per ricordare
che anche esponenti nazionali della sinistra si dissero indignati allora di
questo ribaltone campano; oggi vi è, attraverso questo subemendamento e
attraverso la discussione più complessiva sul riordino della nostra
Costituzione, la possibilità di porre un argine a questo vulnus.
Io credo che non ci si debba e non ci si possa sottrarre: evidentemente
l'atteggiamento della sinistra la dice lunga sulla volontà di accogliere
l'appello del Capo dello Stato a scrivere le regole in maniera bipartisan.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Romele. Ne ha facoltà.
GIUSEPPE ROMELE. Signor Presidente, rinuncio ad intervenire.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Maggi. Ne ha facoltà.
ERNESTO MAGGI. Signor Presidente, anch'io rinuncio.
PRESIDENTE.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale,
l'onorevole Gamba. Ne ha facoltà.
Prendo atto che l'onorevole Gamba rinuncia alla dichiarazione di voto.
PRESIDENTE.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale,
l'onorevole Perrotta. Ne ha facoltà.
Prendo atto che l'onorevole Perrotta rinuncia alla dichiarazione di voto.
Passiamo ai voti.
MARCO BOATO. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà (Commenti del deputato Carrara).
MARCO
BOATO. Carrara, posso avere
il diritto di parlare anch'io? Grazie. Signor Presidente, sarò brevissimo.
Credo che sia sotto gli occhi di tutti che cosa sia avvenuto, e cioè che i
colleghi della Casa delle libertà - legittimamente, io non lo contesto - hanno
dovuto perdere un'ora del loro tempo per riuscire a racimolare le truppe per
avere il numero legale.
Chiudiamo qui questa parte, perché è successo ormai tre o quattro volte: è
stata la Casa delle libertà a chiedere al Presidente della Camera di convocarci
anche di lunedì. Per far capire che, però, non c'è nessun settarismo, nessuna
preclusione, nessuna ideologia, nessuna delle sciocchezze che abbiamo ascoltato
per un'ora, annuncio l'astensione sul subemendamento che stiamo per votare.
PRESIDENTE.
La ringrazio, onorevole Boato.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul
subemendamento 0.23.201.25 della Commissione, accettato dal Governo.
(Segue la votazione).
RENZO INNOCENTI. Presidente, doppi voti!
PRESIDENTE.
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).
(Presenti 355
Votanti 215
Astenuti 140
Maggioranza 108
Hanno votato sì 214
Hanno votato no 1).
Prendo atto che il
dispositivo elettronico di voto dell'onorevole Abbondanzieri non ha funzionato.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul
subemendamento 0.23.201.26 (Nuova formulazione) della Commissione,
accettato dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la
votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).
(Presenti 356
Votanti 219
Astenuti 137
Maggioranza 110
Hanno votato sì 216
Hanno votato no 3).
Prendo atto che il
dispositivo elettronico di voto dell'onorevole Abbondanzieri non ha funzionato.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Elio Vito 23.201.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Marone. Ne ha
facoltà.
RICCARDO
MARONE. Signor Presidente,
l'emendamento della maggioranza che delinea i poteri del Presidente della
Repubblica mi sembra il nucleo fondamentale dell'articolo 23; infatti, in
questo caso non stiamo parlando del premier ma dei poteri del Presidente
della Repubblica nello scioglimento delle Camere. Vorrei ricordare la
formulazione originaria dell'articolo della Costituzione che prevede tale
potere del Presidente della Repubblica perché, come è a tutti noto, è una
formulazione molto scarna, direi essenziale posto che il Presidente della
Repubblica può sciogliere le Camere, nulla di più e nulla di meno, sentiti i
loro Presidenti.
I nostri costituenti hanno scelto una formula così essenziale perché,
ovviamente, si tratta di un potere di altissima responsabilità politica, i cui
limiti sono dati, appunto, dalla politica e non certamente dalle norme. Voi
state trasformando quello che era un potere fondamentale di equilibrio della
nostra Carta costituzionale tra funzione esecutiva, legislativa e via dicendo -
del quale il Presidente della Repubblica non ha mai abusato perché, altrimenti,
andremmo su ben altre problematiche - in una funzione del Presidente della
Repubblica puramente notarile. Infatti, rispetto all'originario articolo 88,
dove si dice che il Capo dello Stato può sciogliere le Camere senza alcun
limite e senza alcuna elencazione di ipotesi, sostanzialmente, non avete
attribuito alcun potere al Presidente della Repubblica perché si deve limitare
ad eseguire la volontà di altri.
Se venisse approvato il primo comma dell'articolo 88 nella formulazione
proposta dalla maggioranza, scomparirebbero la «potestà» e il «può», e il
Presidente della Repubblica decreterebbe lo scioglimento della Camera dei
deputati su richiesta del primo ministro, che ne assume la esclusiva
responsabilità, in caso di morte del primo ministro, di dimissioni e nel caso
di cui all'articolo 94, terzo comma. Quindi, il Presidente del Repubblica non
può fare nulla, non ha alcuna possibilità di valutazione ma esegue notarilmente
la volontà del primo ministro. Anche nella seconda ipotesi che delineate il
Presidente Repubblica non emana il decreto di scioglimento qualora un numero di
deputati appartenenti alla maggioranza espressa dalle elezioni - ho già detto
precedentemente che questo è un errore che voi inserite in Costituzione perché
non c'è una maggioranza espressa dalle elezioni - presenti una mozione e la
voti, ma in tal caso il Presidente della Repubblica nomina il nuovo primo
ministro. Credo che anche in questo caso il Presidente della Repubblica si
debba limitare a fare la somma, a contare il numero e nulla di più.
Mi sembra estremamente grave e riduttivo limitare completamente le funzioni del
Presidente della Repubblica in una delle fasi politiche più delicate che
possano esistere nella gestione dell'andamento legislativo della Camera dei
deputati. Voi ampliate enormemente i poteri del premier o del primo
ministro, riducete fortemente o praticamente vanificate i poteri del Presidente
della Repubblica.
Avete attribuito al
Presidente della Repubblica una serie di competenze di basso profilo per
compensare la sottrazione del potere politico più importante di quest'organo,
nella speranza che non vi si possa accusare di aver completamente derubricato
il ruolo del Capo dello Stato nel mantenimento degli equilibri politici della
nostra Repubblica. Ritenete che avere attribuito qualche potere di nomina di
qualche Authority o del vicepresidente del Consiglio superiore della
magistratura possa bilanciare l'enorme sottrazione di poteri al Presidente
della Repubblica. Non è stata confermata la formula originaria dell'articolo 88
che sancisce il potere del Presidente della Repubblica di sciogliere le Camere,
ovviamente in determinate condizioni politiche che voi, tuttavia, non potete
prevedere attraverso un'elencazione normativa così schematica in cui non c'è la
politica. Non vi sono elementi per capire se occorra andare avanti o meno nella
legislatura, non c'è nulla che indichi il mantenimento di quel potere di
equilibrio tra il Presidente della Repubblica e primo ministro, che è
essenziale perché la Costituzione sia equilibrata, perché questa Repubblica
resti una Repubblica parlamentare e perché si possano mantenere correttamente
le funzioni del Presidente della Repubblica e del primo ministro.
L'emendamento della maggioranza non è assolutamente condivisibile ed affronta
il problema dei «ribaltoni» politici in maniera schematica.
PRESIDENTE. Onorevole Marone...
RICCARDO MARONE. Invece (concludo immediatamente, Presidente), non si intende accettare la nostra diversa formulazione, che lascia al Presidente della Repubblica il compito fondamentale di analisi della situazione politica che gli permetta, sulla base, non di un semplice calcolo numerico, ma di una valutazione politica, di decidere se far continuare o meno una legislatura.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale poiché il suo gruppo ha esaurito i tempi, l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà.
GIANCLAUDIO BRESSA.
Signor Presidente, siamo giunti al cuore del problema. Stiamo riflettendo sul
tentativo di razionalizzare in un Governo parlamentare i due istituti che più
lo caratterizzano rispetto ad un Governo presidenziale, ossia lo scioglimento
delle Camere e la sfiducia costruttiva.
Avete mutuato questo disegno dalla Costituzione spagnola del 1978; peccato che
abbiate inserito una condizione che allora non era prevista e che fa sì che
questa vostra ipotesi sia totalmente inaccettabile: la mozione di sfiducia
costruttiva deve essere sottoscritta dai deputati appartenenti alla maggioranza
espressa dalle elezioni in numero non inferiore alla maggioranza dei componenti
delle Camere. In quest'ossessione di voler iperazionalizzare e regolamentare
tutto vi sfugge la capacità di gestire le questioni costituzionalmente
rilevanti. Oltretutto, siete andati oltre qualsiasi logica, dividendo i
parlamentari in deputati di serie A e deputati di serie B, quelli che appartengono
alla maggioranza e quelli che non vi appartengono.
PRESIDENTE. Onorevole Bressa...
GIANCLAUDIO BRESSA. Vi è il rischio che sia leso addirittura l'articolo 67 della Costituzione, che fissa il divieto del mandato imperativo. Credo che questo rappresenti un vulnus gravissimo, che potrebbe anche essere sanzionato dalla Corte costituzionale in quanto lede il principio supremo della democrazia rappresentativa; costituirebbe, dunque, un limite alla stessa legge di revisione (Applausi dei deputati dei gruppi della Margherita, DL-L'Ulivo e Misto-Verdi-L'Ulivo).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Alfonso Gianni, al quale ricordo che ha un minuto di tempo a disposizione. Ne ha facoltà.
ALFONSO GIANNI. Signor Presidente, noi siamo contrari a questo emendamento, perché mortifica il ruolo del Presidente della Repubblica, lo riduce ad un guardiano di notte della maggioranza, così come il grande Marx diceva dello Stato rispetto al capitale. Il secondo argomento, quello trattato da Bressa, riguarda questa assurdità rappresentata da una forma promiscua di maggioranza, che, nella maggioranza, determina la procrastinatura del ruolo del Presidente del Consiglio. Delle due l'una, onorevoli deputati: o si decide un metodo - come noi nella passata legislatura avevamo fatto, - di modifica istituzionale (a partire dalla legge elettorale, naturalmente, che è la base di tutto), sul modello del cancellierato, in cui è il Parlamento che definisce il Presidente del Consiglio (allora è logico che, come Taras Bulba, io ti do la vita, io te la tolgo e io te la ridò), oppure, le norme antiribaltone devono stare dentro il regolamento della Camera, cioè devono essere delle norme non vincolate costituzionalmente, perché altrimenti non avrebbe alcun senso. In caso contrario, si «cozzerebbe» contro l'articolo 67 della Costituzione, che vieta il vincolo di mandato per il singolo parlamentare, e si inibirebbe la libertà del parlamentare, che non può essere conculcata nella espressione della sua volontà politica. Essa può essere limitata, si possono creare dei deterrenti di varia natura, ma non può essere conculcata. Questa soluzione contenuta nell'emendamento della maggioranza è un obbrobrio, un pasticcio inaccettabile, incostituzionale, e, qualora dovesse passare, questo argomento sarà uno dei cavalli di battaglia nella propaganda per il referendum abrogativo. Ci pensi chi è in tempo di farlo (Applausi dei deputati del gruppo di Rifondazione comunista).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Nespoli. Ne ha facoltà.
VINCENZO NESPOLI.
Signor Presidente, parto proprio dalle affermazioni del collega Gianni. Noi
riteniamo che questo sia uno dei motivi per cui faremo il referendum e lo
vinceremo. Qui vi è una visione completamente diversa tra i colleghi del
centrosinistra, che continuano ad arrampicarsi sugli specchi, e le proposte che
la maggioranza articola in aula. È chiaro che i poteri del Presidente della
Repubblica sono una conseguenza della scelta fatta con l'articolo 26, che
modifica l'articolo 92 della Costituzione; vorrei far notare al collega Marone
che in questo articolo, per l'appunto, è indicato tutto quello che lui non ha
sostenuto, perché l'elezione del premier avviene attraverso un
meccanismo che dà a quest'ultimo una maggioranza parlamentare. È scritto nella
proposta di modifica della Costituzione.
Allora è chiaro che, con la indicazione diretta del primo ministro da parte
dell'elettore, abbiamo scelto una democrazia partecipativa, che è un modello
completamente diverso dalla democrazia parlamentare alla quale voi vi volete
continuamente appellare, dimenticando, nel frattempo, che meccanismi del
genere, nella nostra Repubblica, sono presenti ovunque, dai comuni alla
provincia, alla regione, dove si elegge direttamente il sindaco, il presidente
di provincia, il presidente della regione, che ha potere di vita e di morte
sull'assemblea consiliare, non attraverso il meccanismo della sfiducia
costruttiva, che inseriamo in questo caso, ma attraverso il meccanismo della sfiducia
distruttiva, che esiste a livello degli enti locali e dei consigli regionali.
Allora, io vorrei capire a che cosa si appellano i colleghi del centrosinistra.
È chiaro che, nel momento in cui il primo ministro viene indicato dal corpo
elettorale, si modifica completamente il rapporto tra il Parlamento ed il
Presidente della Repubblica, che a quel punto assume la figura notarile di chi
prende atto del dato elettorale. Viene affermato nell'articolo 26, che propone
la modifica dell'articolo 92 della Costituzione che il Presidente della
Repubblica, sulla base dei risultati dell'elezione della Camera dei deputati,
nomina il primo ministro. Il Presidente della Repubblica, notaio, verifica chi
ha indicato il popolo come premier e lo designa a costituire il Governo.
Ed è chiaro che da tale
momento si costituisce un rapporto indissolubile tra volontà popolare,
maggioranza parlamentare, indicazione del premier e Presidente della
Repubblica. Sicché quest'ultimo potrebbe intervenire unicamente per sciogliere
le Camere, qualora, per il venire meno o della maggioranza a sostegno del premier
o - anche per cause naturali - dello stesso premier, si infrangesse tale
rapporto. Al riguardo, si è previsto il meccanismo sostitutivo della sfiducia
costruttiva al fine di permettere alla maggioranza, espressione del corpo
elettorale, di poter continuare a governare per rispettare mandato e programma
elettorali.
Peraltro, lo stesso articolo 88 della Costituzione vigente assegna al
Presidente della Repubblica una funzione notarile; infatti, stabilendo che «Il
Presidente della Repubblica può, sentiti i loro Presidenti, sciogliere le
Camere o anche una sola di esse», attribuisce al Capo dello Stato una funzione
notarile già nell'attuale assetto dei rapporti tra Parlamento, Governo e Presidente
della Repubblica. È dopo l'intervento delle solite consultazioni tra i partiti
che il Capo dello Stato, oggi, nomina il Presidente del Consiglio. In
precedenza, su indicazione dei partiti che costituivano in Parlamento una
maggioranza mentre, più recentemente, su indicazione del dato elettorale, il
Presidente della Repubblica sceglie il candidato premier e lo indica
alle Camere per formare una maggioranza; quindi, egli compone tale tipo di
rapporto nel rispetto dell'articolo 88 della Costituzione vigente.
Noi modifichiamo tale articolo perché si modificano i pesi e contrappesi tra
volontà popolare, esercizio del Governo e rappresentanza parlamentare (e,
quindi, istituzionale). Non credo che il sistema presenti delle sbavature,
onorevole Marone,...
PRESIDENTE. Onorevole Nespoli.....
VINCENZO NESPOLI. ... non lo credo in quanto la maggioranza è individuata in base al nuovo articolo 92 previsto dall'articolo 26 del provvedimento in esame; è, dunque, una maggioranza che, ad un tempo, esce dalle urne e supporta il candidato premier. Quindi, è chiaro che, in siffatto schema costituzionale, il ruolo del Presidente della Repubblica non può che essere quello assegnatogli.
PRESIDENTE.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico,
sull'emendamento Elio Vito 23.201, nel testo subemendato, accettato dalla
Commissione e dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la
votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).
(Presenti 366
Votanti 362
Astenuti 4
Maggioranza 182
Hanno votato sì 212
Hanno votato no 150).
Avverto che gli
emendamenti Tabacci 23.75 e Perrotta 23.72 risultano preclusi.
Passiamo, quindi, alla votazione dell'articolo 23.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mattarella. Ne ha
facoltà.
SERGIO MATTARELLA.
Signor Presidente, ogni Repubblica ordinata come democrazia rappresentativa è
caratterizzata dal modo in cui si articolano i rapporti tra Presidente della
Repubblica, Governo e Parlamento. In ogni sistema, si cerca e si identifica un
punto di equilibrio tra questi soggetti.
L'articolo in questione definisce, appunto, i rapporti tra essi che questa
riforma vuole realizzare. Esso provoca, ad un tempo, la sottrazione al Capo
dello Stato delle sue funzioni principali e la collocazione del Parlamento alla
mercé del Governo; una sua autentica sottomissione al Capo del Governo.
Il Presidente della Repubblica, oggi, in Italia, è un arbitro tra le
istituzioni; è il punto di equilibrio del sistema costituzionale.
Tale ruolo, oggi, il
Capo dello Stato, lo esercita soprattutto con due funzioni: il potere di
scioglimento del Parlamento - perché si addivenga a nuove elezioni - e la
nomina del Capo del Governo. Se quest'ultima funzione è sempre stata vincolata
al rispetto della maggioranza parlamentare - e, dopo la legge elettorale del
1993, allo schieramento che ha vinto le elezioni -, il potere di scioglimento
delle Camere ha sempre posto il presidente della Repubblica come arbitro tra
Governo e Parlamento.
Vi è oggi, intorno a tale ruolo di garanzia svolto dal Capo dello Stato, un
equilibrio, un sistema di bilanciamenti nel quale nessuno è privo di controlli.
Il Presidente della Repubblica, con l'articolo in esame, contro il quale
voteremo, perde tali funzioni, poiché non sarà più il garante del buon
funzionamento del sistema. Tutto verrà concentrato, invece, nelle mani del Capo
del Governo, vale a dire il primo ministro.
Si verifica in tal modo, contestualmente, sia la scomparsa dell'arbitro super
partes, al di sopra delle parti perché estraneo al gioco politico, sia la
sconfinata concentrazione di poteri di un solo organo: il primo ministro.
La funzione arbitrale oggi, nel nostro paese, è sottratta ai protagonisti dello
scontro politico. Non sarà più così: i protagonisti dello scontro politico,
infatti, non avranno più alcun arbitro al di sopra di sé ed al di fuori della
loro cerchia. Viene attribuita al primo ministro una somma di poteri largamente
maggiore di quella di cui gode il Presidente di una Repubblica presidenziale,
poiché questi, in quei sistemi, ha sempre e comunque di fronte a sé un
Parlamento pienamente autonomo e forte.
Con la riforma in esame, inoltre, viene realmente annullato e vanificato il
principio della separazione dei poteri, cardine di ogni democrazia. Viene
rimosso, onorevoli colleghi, e viene ignorato il criterio dei pesi e dei
bilanciamenti tra gli organi costituzionali, sempre applicato - lo ripeto -
nelle democrazie affinché nessuno abbia, da solo, troppo potere.
Concludo, signor Presidente, ricordando che, qualche giorno fa, in questa
Assemblea ho sentito affermare che questo strapotere del primo ministro, che la
riforma in esame vuole realizzare, sarebbe stato proposto, a suo tempo, anche
dalla Commissione bicamerale per le riforme. Orbene, chi lo ha affermato
evidentemente non ne faceva parte, e non ne ha neppure letto gli atti! Quella
proposta prevedeva, al contrario, un rafforzamento del Presidente della
Repubblica, eletto direttamente dal popolo e partecipe delle scelte di politica
estera e della difesa.
Quella proposta, inoltre, configurava un equilibrio tra Capo dello Stato,
Governo e Parlamento che manca del tutto, invece, nella riforma in esame: è
anche per questo motivo che vi siamo fermamente contrari (Applausi dei
deputati del gruppo della Margherita, DL-L'Ulivo)!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Giordano. Ne ha facoltà.
FRANCESCO GIORDANO.
Signor Presidente, lo scioglimento delle Camere costituisce - come è stato
testé sostenuto, con grande efficacia, dall'onorevole Mattarella - uno dei
poteri di maggior rilievo del Presidente della Repubblica, e la modalità con
cui si esercita illumina la natura del governo parlamentare.
La connessione automatica tra la sfiducia su un provvedimento e lo scioglimento
del Parlamento, che prevedete di introdurre con la riforma in esame, riduce
nella sostanza ad una funzione puramente notarile la carica di Presidente della
Repubblica.
In tal senso, essa anticipa la figura «salvifica» del premier, poiché si
tratta di una figura «forte», a fronte di una figura «debole» come quella, per
l'appunto, del Capo dello Stato. La figura forte del premier, infatti,
risulta essere il punto di riferimento di una realtà istituzionale che, con la devolution,
viene frazionata socialmente, istituzionalmente e politicamente. Attraverso
l'articolo in esame, dunque, voi minate l'equilibrio dei poteri fissato dalla
Costituzione repubblicana, ma è l'intero impianto che non regge!
Le stesse norme antiribaltone, in realtà, alludono ad una modifica radicale sia
dello spirito, sia della filosofia della Costituzione italiana in ordine ad uno
dei suoi punti nodali. Viene infatti violato l'articolo 67 della Costituzione,
ed in tale maniera voi strutturate un'ipotesi di governabilità fondata
rigidamente sul sistema dell'alternanza, costruendo le condizioni affinché si
verifichi solo una semplice sostituzione delle classi e dei ceti politici
dirigenti, anziché un processo di ricambio accompagnato anche da un'ipotesi di
trasformazione. Voi, per questa via, sanzionate sia l'impermeabilità delle
istituzioni al conflitto sociale, sia l'impossibilità del conflitto sociale di
modificare gli orientamenti degli Esecutivi.
Se si volesse discutere sulla rappresentanza, occorrerebbe affrontare di petto
l'unica, vera, grande questione sul tappeto: il ripristino della legge
proporzionale. Voi non fate questo. Se ci fosse stata una reale rappresentanza,
per coerenza politica e seguendo anche un'organicità di struttura
costituzionale, avremmo adottato il sistema della sfiducia costruttiva, già
insito nel modello tedesco.
In questo testo, al contrario, siete dentro un altro orizzonte, dentro un'altra
casistica. Alimentate, per questa via, una sistematica passività e, sempre per
tale via, uccidete realmente la rappresentanza (Applausi dei deputati dei
gruppi di Rifondazione comunista, dei Democratici di sinistra-L'Ulivo e della
Margherita, DL-L'Ulivo).
(Ripresa esame dell'articolo 23 - A.C. 4862 ed abbinate)
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Marone. Ne ha facoltà.
RICCARDO
MARONE. Signor Presidente,
credo che l'intervento del collega Nespoli abbia evidenziato uno degli aspetti
di criticità di questo articolo ed anche la volontà, un po' recondita, della
maggioranza. Noi avevamo, infatti, sempre detto che nella Costituzione non
bisognava prefigurare sistemi elettorali. Attraverso l'ambigua formulazione,
contenuta nell'articolo 23, e, successivamente, nell'articolo che riguarda i
poteri del Presidente del Consiglio, apprendiamo che l'unica interpretazione
corretta della norma è che, in questo momento, si sta prefigurando un sistema
elettorale.
L'idea, infatti, che nella norma sia approvata una formulazione del tipo
«maggioranza espressa dalle elezioni» significa che o tale norma sarà
inapplicabile, fin quando verrà modificato il sistema elettorale attuale che,
lo ricordiamo, non prevede maggioranze espresse dalle elezioni, o che avete già
deciso di modificare il sistema elettorale in un certo senso.
Allo stato, avevamo
sempre detto che, in base alla Costituzione, non esistevano criteri di sistemi
elettorali prefigurati. Dobbiamo verificare che ciò che era una nostra
supposizione è, da colleghi della maggioranza, esplicitata come un evidente
principio che si vuole affermare in Costituzione.
La norma dell'articolo 23, dunque, non solo è un'illusione politica, poiché con
essa si pensa di poter ingabbiare in una serie di norme ciò che non si può
ingabbiare - ossia la politica -, ma è anche un errore, perché depotenzia
completamente il ruolo del Presidente della Repubblica, ampliando enormemente
il ruolo del primo ministro e, quindi, alterando tutto il quadro
costituzionale. Noi siamo profondamente contrari a ciò.
Si afferma che la volontà sia di evitare i ribaltoni. Su ciò siamo tutti
d'accordo. Anche la proposta formulata dalle opposizioni presenta una norma di
tale tipo.
Il problema è che nella nostra proposta la norma antiribaltone lascia un certo
margine di interpretazione al Presidente del Repubblica, per cui quest'ultimo
non è semplicemente un soggetto tenuto a fare la somma aritmetica delle firme
che sottoscrivono una mozione. Riteniamo, francamente, che questo ruolo non
possa essere attribuito al Presidente del Repubblica, la cui funzione non può
essere limitata in tal modo. Riteniamo che una definizione più corretta debba
lasciare un margine di flessibilità indispensabile nella politica.
Voi non avete voluto seguire la nostra strada e continuate in questa direzione
che, a nostro avviso, è estremamente sbagliata e non risolverà i problemi.
Infatti, potete approvare tutte le leggi di questo mondo e creare delle gabbie,
ma se non si riesce ad esprimere una maggioranza politica non c'è norma che
tenga; né vi è l'illusione che, attraverso una norma, si possa rendere la
politica coerente con la volontà dell'elettorato.
Pertanto, non condividiamo questa norma e la riteniamo sbagliata. Continuiamo a
rilevare quanto fosse essenziale la norma della Costituzione del 1948 che non
prevedeva alcuna limitazione per il Presidente la Repubblica: gli conferiva il
potere senza indicarne i limiti. È ovvio, infatti, che i limiti ad un potere così
importante ed ampio, quale quello di scioglimento delle Camere, non possono che
essere dati dall'ordinamento nel suo complesso e dalla politica e non certo da
qualche norma procedimentale. Pertanto, esprimeremo un voto contrario sulla
modifica che proponete a questo articolo (Applausi dei deputati del gruppo
dei Democratici di sinistra-L'Ulivo).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Maura Cossutta. Ne ha facoltà.
MAURA
COSSUTTA. Signor Presidente, noi
siamo contrari all'articolo in esame e lo consideriamo il cuore di questa
controriforma costituzionale. È l'articolo che introduce il premierato assoluto
e che dilata i poteri del premier ben oltre quelli previsti dalla
legislazione in Germania e in Inghilterra (mi riferisco al potere di
scioglimento, a quello di nomina e di revoca dei ministri).
Consideriamo questo articolo pericolosissimo per il nostro sistema democratico.
Esso determina una torsione profonda del sistema dei pesi e dei contrappesi ed
uno smantellamento del principio cardine del sistema democratico che è quello
della divisione dei poteri. Di più: si trasforma definitivamente la nostra
Repubblica parlamentare in una monarchia repubblicana: di questo si tratta! Il premier
assoluto diventa il monarca repubblicano, padrone dell'attività e della vita
della Camera e il Parlamento, e persino la sua maggioranza è sotto ricatto
della volontà assoluta di questo premier che scioglie le Camere a suo
piacimento. Egli è eletto direttamente dal popolo e l'investitura popolare gli
garantisce persino il diritto di non chiedere la fiducia all'atto della
presentazione del programma: si dice, infatti, che la fiducia è stata già
garantita dalle urne con l'investitura popolare. Nel frattempo, il Presidente
della Repubblica perde i poteri ed assume solo un ruolo contabile: diventa
l'esecutore dei diktat del premier. Ancora, la Corte
costituzionale è minacciata da una composizione sempre più politica.
Come dicevo, è una torsione del sistema democratico, collega di Alleanza
nazionale, e della concezione democratica alla base del nostro sistema
democratico. Il suffragio popolare non dà il primato nella gerarchia dei poteri
al premier, ma vi è, all'interno di un sistema democratico, una
gerarchia dei poteri che prevede un sistema di pesi e contrappesi ed il ruolo
di garante del Presidente della Repubblica; non si dà, quindi, la supremazia al
premier in quanto investito dal suffragio popolare. Questa è una
concezione moderna, ma è una concezione populista, che affida alla deriva
cesarista il potere dell'investitura popolare: è il nuovo bonapartismo! Questo
è l'argomento che usano i colleghi di Alleanza nazionale per dire che, in
fondo, di fronte alla devolution (questo è il patto tra Alleanza
nazionale e la Lega) che trasferisce tutte le competenze alle regioni, occorre
un bilanciamento centrale.
Invece di intervenire rispetto al ruolo del Parlamento, si decide per il
premierato...
PRESIDENTE. Onorevole Maura Cossutta...
MAURA
COSSUTTA. Presidente, ho finito.
Credo che dobbiamo ragionare anche nel centrosinistra sull'illusione di
risolvere i problemi del sistema politico con le riforme costituzionali, di
avere aperto la strada all'idea di una democrazia di investitura attraverso
l'elezione diretta dei governatori e dei sindaci, e sul fatto di non aver
contrastato, con più decisione, l'ideologia dell'antipolitica contro il ruolo
dei partiti come ruolo di rappresentanza, pensando persino che il maggioritario
fosse la risposta e che dovesse essere completato introducendo ulteriori
garanzie per l'Esecutivo persino nella Costituzione.
Vince, purtroppo, la linea di delegittimare la Costituzione, vince il
presidenzialismo: un uomo solo al comando...
PRESIDENTE. Onorevole Cossutta, la invito a concludere.
MAURA COSSUTTA. Ho concluso, Presidente. Credo che per questo dobbiamo votare con coerenza contro questo articolo, lanciando un allarme democratico e riflettere anche sugli errori del passato (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Comunisti italiani).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Carrara. Ne ha facoltà.
NUCCIO
CARRARA. Rinuncio a capire le
ragioni della sinistra perché ancora una volta, sono contraddittorie: alcuni ci
vorrebbero dare ad intendere che noi quasi toglieremmo potere al Presidente,
altri che se ne starebbero attribuendo troppi. Allora, cerchiamo di comprendere
come effettivamente stanno le cose e leggiamo l'articolo 88; però, cari
colleghi dell'opposizione, leggiamo anche l'articolo 89, per capire qual è il
vero potere del Presidente della Repubblica in materia di scioglimento.
L'articolo 88 recita: «Il Presidente della Repubblica può, sentiti i loro
Presidenti, sciogliere le Camere o anche una sola di esse». Se non leggiamo
nient'altro, sembrerebbe che questo potere del Presidente della Repubblica sia
assoluto, ma non è così, perché l'articolo 89 tuttora vigente dice: «Nessun
atto del Presidente della Repubblica è valido se non è controfirmato dai
ministri proponenti che ne assumono la responsabilità». Ciò significa che il
Presidente della Repubblica non può essere responsabile di un eventuale
scioglimento delle Camere.
Se questa mia tesi sembra peregrina, faccio riferimento a ciò che è avvenuto
nel 1953 in occasione del decreto di scioglimento del Senato. Ho fatto
riferimento a quella data prendendo spunto da una pubblicazione a cura di
Stefano Ceccanti e Salvatore Vassallo. Di questo episodio si occupa Peppino
Calderisi, che è stato nostro collega.
Non voglio esporvi, tuttavia, le tesi di Calderisi perché le trovereste,
naturalmente, di parte. Voglio soltanto leggere i titoli dei giornali di
quell'epoca, dai quali si evince che il potere di scioglimento, secondo
l'opinione pubblica, non apparteneva al Presidente della Repubblica bensì al
Presidente del Consiglio. Cito l'Unità per citarli tutti: «Il Governo
deciso a sciogliere il Senato dopo averne manomesso leggi e poteri.» C'è
scritto: «Il Governo è deciso a sciogliere il Senato (...)», amici della
sinistra, ed è il vostro vate che parla, l'Unità.
Ovviamente gli altri giornali sono allineati su questa lunghezza d'onda. Questa
presunzione di un potere che è in capo al Presidente del Consiglio nasceva da
una prassi consolidata vigente in periodo monarchico, secondo la quale era
stato sempre il Presidente del Consiglio a proporre al Presidente della
Repubblica lo scioglimento delle Camere. Quindi, la Costituzione fu scritta in
un periodo in cui si voleva intendere che il vero potere fosse attribuito al
Presidente del Consiglio. Ma, lasciamo perdere e andiamo avanti.
Successivamente non si è mai verificato che il Presidente della Repubblica
abbia sciolto le Camere perché un giorno ha così deciso, ma se prima lo si
poteva considerare un atto - come si diceva nel 1953 - duumvirale, cioè
concordato tra il Presidente del Consiglio e il Presidente della Repubblica,
dopo diventò un atto notarile, perché di tutto il potere possibile si
impossessavano i partiti.
Furono sempre i partiti, fuori da quest'aula e da quella del Senato, a
stabilire la vita e la morte dei Governi. Sulla base di tale metodo, abbiamo
avuto in 53 anni ben 40 Governi che non sono riusciti a superare l'anno di
durata e ben 5 Governi nati morti perché non hanno mai ottenuto la fiducia e
non hanno potuto governare neppure per un giorno.
Allora, bisogna prendere atto che si vuole modificare il meccanismo e stabilire
un patto tra l'elettore e l'eletto. Si tratta di un patto tra il corpo
elettorale che elegge il primo ministro ed il Governo, di un patto che non può
essere sciolto a cuor leggero, di un patto che deve dare vita a governi di
legislatura. È fin troppo ovvio che il potere di scioglimento del Capo dello
Stato si configuri solo quando tale patto dovesse venire meno. Noi vogliamo
restituire la piena sovranità al popolo strappandola ai partiti (Applausi
dei deputati del gruppo di Alleanza nazionale)!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Alfonso Gianni. Ne ha facoltà.
ALFONSO GIANNI. Signor Presidente, l'intervento dell'onorevole Carrara è stupefacente. Egli, evidentemente, non capisce un accidente della Costituzione e scambia i titoli dei giornali, giusti o sbagliati che siano, che si tratti de Il Secolo d'Italia, de La Padania, de L'Unità o del bollettino parrocchiale, per articoli della Costituzione. Onorevole Carrara, legga l'articolo 88 e non lo confonda con l'articolo 89 che dice un'altra cosa!
NUCCIO CARRARA. Si incrociano!
ALFONSO GIANNI. Lei non lo sa, ma glielo dico io se lei mi permette...
NUCCIO CARRARA. Me lo insegni lei!
ALFONSO GIANNI. Tale articolo dice che il Presidente della Repubblica può, onorevole Carrara non faccia gesti cretini (Commenti dei deputati dei gruppi di Forza Italia, di Alleanza nazionale e della Lega Nord Federazione Padana)... Urlate finché volete tanto tra di voi c'è chi mi intende (Commenti dei deputati dei gruppi di Alleanza nazionale e della Lega Nord Federazione Padana)!
PRESIDENTE. Onorevole Alfonso Gianni, lei ha un eloquio sempre elegante: perché deve cadere in queste trappole?
ALFONSO GIANNI. L'articolo 88 dice che «Il Presidente della Repubblica può, sentiti i loro Presidenti, sciogliere le Camere o anche una sola di esse». Onorevole Carrara, conosce la differenza fra il verbo potere ed il verbo il dovere (Commenti dei deputati del gruppo di Alleanza nazionale)? Se non la sa, e non faccia lo spiritoso, gliela spiego io. Significa che il potere di scioglimento delle Camere è in capo (Commenti dei deputati del gruppo di Alleanza nazionale)... Però, Presidente...
ALESSIO BUTTI. Non puoi insultare!
PRESIDENTE. Mi scusi, onorevole Alfonso Gianni, lei qualche provocazione l'ha lanciata. Se lei invece desidera fare un discorso sereno e pacato lo faccia senza offendere...
ALFONSO GIANNI. La differenza fra potere e dovere lei la conosce: significa che il Presidente della Repubblica (Commenti dei deputati del gruppo di Alleanza nazionale)... E piantatela...! Significa che il Presidente della Repubblica «può», sentiti i Presidenti, sciogliere le Camere, non «deve». Non so se lei capisce questa leggera differenza.
PRESIDENTE. Onorevole Alfonso Gianni, ha esaurito il suo tempo.
MAURIZIO SAIA. Basta!
ALFONSO GIANNI. In questa differenza sta la questione...
PRESIDENTE.
Grazie, onorevole Alfonso Gianni.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto a titolo personale l'onorevole
Gerardo Bianco. Ne ha facoltà.
GERARDO BIANCO. Signor Presidente, credo che l'onorevole Carraro...
NUCCIO CARRARA. Carrara!
GERARDO
BIANCO. Ho assimilato il suo
nome ad un celebre costituzionalista, che non appartiene, però, a questa
Camera.
Come dicevo, credo che abbia fatto una ricostruzione piuttosto approssimativa
delle vicende della nostra storia repubblicana. Non voglio entrare nel merito
di una discussione approfondita di carattere giuridico sull'interpretazione
dell'articolo, ma vorrei ricordare all'onorevole Carrara quanto è avvenuto tra
il 1994 e il 1997 quando i partiti chiedevano determinate soluzioni. Il
Presidente della Repubblica ha apprezzato la situazione in maniera
completamente diversa in base a principi consolidati secondo cui laddove vi è una
maggioranza alla Camera dei deputati ed al Senato il Governo deve continuare.
Ricordo che nel 1994 vi fu un'opinione profondamente diversa sullo scioglimento
della Camera, ma apprezzate le circostanze, che si ritennero di carattere
storico-politico, le Camere furono sciolte.
Esisteva quindi un margine di autonomia di valutazione da parte del Presidente,
evidentemente consolidato dalla prassi e dalla consuetudine parlamentare. Oggi
ci troviamo invece di fronte ad un meccanismo, che potremmo definire automatico.
Quando il collega dice, ad un certo punto, che così si restituisce il potere al
popolo e lo si sottrae ai partiti, questa concezione antipartitica tout
court dimostra una scarsa sensibilità democratica, perché i partiti sono
strumento fondamentale dell'organizzazione della politica nel nostro sistema
democratico. Si ritorna peraltro ad una concezione monarchico-giacobina della
politica, che è agli antipodi della nostra democrazia (Applausi dei deputati
dei gruppi della Margherita, DL-L'Ulivo, dei Democratici di sinistra-L'Ulivo,
di Rifondazione comunista e Misto-Verdi-L'Ulivo).
PRESIDENTE.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo
23, nel testo emendato.
(Segue la votazione).
PIERO RUZZANTE. Presidente, guardi lì!
RENZO INNOCENTI. Presidente, quarto settore...!
MAURA COSSUTTA. Presidente, la Santanché vota doppio!
PRESIDENTE. Avverto i colleghi che disporrò che il dispositivo luminoso del sistema di votazione resti acceso, per consentire ai deputati segretari di effettuare una verifica.
Dichiaro chiusa la
votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva.
Come preannunciato, invito i deputati segretari ad effettuare il controllo
delle tessere di votazione (I deputati segretari ottemperano all'invito del
Presidente - Commenti).
MAURA COSSUTTA. No, Santanché, adesso non la togli la tessera (Commenti dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale)!
RENZO INNOCENTI. Presidente!
PRESIDENTE. Colleghi, state calmi! Adesso accertiamo se vi siano state irregolarità (Commenti dei deputati dei gruppi di Forza Italia, di Alleanza Nazionale, della Lega Nord Federazione Padana e dell'Unione dei democratici cristiani e dei democratici di centro). Onorevoli colleghi...
MAURA COSSUTTA. La penultima fila (Commenti del deputato Airaghi)!
PRESIDENTE.
Colleghi, volete fare silenzio, per favore!
Chiedo ai deputati segretari di tornare ai loro posti (Commenti).
Colleghi, dispongo l'annullamento della votazione, che sarà ora ripetuta.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo
23, nel testo emendato.
(Segue la votazione).
Chiedo a ciascuno di votare per sé, perché adesso si procederà ad un altro accertamento!
Dichiaro chiusa la
votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).
(Presenti 340
Votanti 339
Astenuti 1
Maggioranza 170
Hanno votato sì 184
Hanno votato no 155).
(Esame dell'articolo 24 - A.C. 4862 ed abbinate)
PRESIDENTE.
Passiamo all'esame dell'articolo 24 e delle proposte emendative ad esso presentate (vedi
l'allegato A - A.C. 4862 ed abbinate sezione 2).
Ha chiesto di parlare l'onorevole Leoni. Ne ha facoltà.
CARLO LEONI. Signor Presidente, quando, qualche mese fa, discutemmo in quest'aula dell'attuazione dell'articolo 87 della Costituzione, svolgemmo un dibattito molto teso tra maggioranza ed opposizione.
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE FABIO MUSSI (ore 18,10).
CARLO LEONI. Credo che tutti ci rendemmo conto, maggioranza e opposizione...
PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, per cortesia. Onorevole Roberto Barbieri, onorevole Visco! Prego, onorevole Leoni.
CARLO
LEONI. Tutti ci rendemmo
conto in quell'occasione che avevamo di fronte una serie di nodi da sciogliere
e che il testo costituzionale, nel combinato disposto degli articoli 87 e 89
della Costituzione, doveva essere modificato, con l'adozione di una dizione più
chiara. Prendemmo, soprattutto, coscienza del fatto che la Costituzione avrebbe
dovuto chiarire una serie di questioni.
Mi riferisco, in primo luogo, ad una serie di atti tipici del Presidente della
Repubblica, attraverso i quali esercita la piena sovranità; in secondo luogo,
al principio costituzionale, che doveva essere ribadito, della irresponsabilità
della figura del Presidente della Repubblica e, di conseguenza, alla necessità
di attribuire alla controfirma presidenziale il valore di un atto, è stato
detto notarile, ma, in ogni caso, di mero accertamento della formalità delle
procedure degli atti che vengono seguiti, nel caso di atti tipici del
Presidente della Repubblica; in terzo luogo, all'incongruità dell'aggettivo
utilizzato «proponenti», riferito ai ministri, peraltro chiarita dalla
giurisprudenza costituzionale che li aveva già intesi come «competenti», tanto
più che, allora, discutevamo del potere di grazia. In particolare, l'articolo
del codice di procedura penale concernente le procedure di grazia prevedeva
anche il caso della grazia concessa in assenza di proposta.
All'inizio di questa discussione, è stato esaminato un testo che ci è stato
trasmesso dal Senato; in quello approvato dalla Commissione in sede referente
non è stata prevista la controfirma, ma è stato mantenuto, per ciò che riguarda
l'iniziativa dei ministri, l'aggettivo «proponenti». Ora, al nostro esame vi è
un testo diverso che conserva lo strumento della controfirma. A questo punto, è
chiaro che, procedendo con questa scelta, si intende effettivamente e
definitivamente lasciare alla controfirma un mero carattere di accertamento
formale e viene, con un parere positivo su un nostro emendamento, sostituito
l'aggettivo «proponenti» con «competenti» a proposito dei ministri. Viene anche
accolto un nostro emendamento che aggiunge, come è giusto che sia, riferendoci
al testo della Costituzione, alla concessione della grazia anche la
commutazione delle pene.
L'accoglimento di queste nostre istanze rende il testo indubbiamente più chiaro
rispetto a quello precedente e certe incongruenze e farraginosità del testo
della Costituzione vigente (e mi riferisco al combinato disposto degli articoli
attuali 87 e 89 della Costituzione) vengono maggiormente chiarite.
Sul testo, tuttavia, rimangono alcune nostre contrarietà politiche e mi
riferisco, in particolare, alle procedure che riguardano la lettera a)
dell'articolo 88. Vi è poi nel merito, come abbiamo avuto modo di dire la
settimana scorsa, una nostra contrarietà di sostanza al potere del Presidente
della Repubblica di nominare il vicepresidente del Consiglio Superiore della
Magistratura, i presidenti delle autorità di garanzia ed il presidente del
CNEL.
Infatti, riteniamo si tratti di poteri che cercano goffamente di supplire al
vero danno che viene operato e che i colleghi dell'opposizione hanno ricordato
nella discussione sul precedente articolo: nel prevedere tutte quelle forme di
rigidità che portano ad un automatismo nelle procedure di scioglimento delle
Camere, si toglie al Presidente della Repubblica un ruolo che è e deve rimanere
essenziale, dunque si spoglia il Capo dello Stato di funzioni istituzionali
decisive.
Questa è la grave scelta già operata con il voto di maggioranza sul precedente
articolo. A tale scelta non si può presentare come compensativa quella della
nomina dei Presidenti di alcune authority; dunque, resta la nostra
contrarietà di fondo che viene ribadita in un articolo che, raccogliendo
istanze dell'opposizione, aiuta a sciogliere nodi nella vigente Costituzione
che ancora rimanevano seri e ostativi (Applausi dei deputati del gruppo dei
Democratici di sinistra-L'Ulivo).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole D'Alia. Ne ha facoltà.
GIAMPIERO
D'ALIA. Signor Presidente,
sinceramente non comprendo le ragioni che hanno indotto il collega Leoni a
ritenere che l'articolo 89, nella sua nuova formulazione, non vada bene. Non lo
comprendo in quanto l'impostazione che abbiamo inteso prevedere per l'istituto
della controfirma nasce dall'esigenza di introdurre pochi correttivi ai poteri
presidenziali - e quindi anche ai poteri dell'Esecutivo sotto forma di
controfirma degli atti presidenziali -, tenendo conto della realtà e
dell'applicazione nel tempo di queste disposizioni, nonché degli eventuali
conflitti di attribuzione insorti in alcune circostanze. Abbiamo fatto ciò
chiarendo che l'istituto della controfirma assume una funzione diversa
nell'ipotesi in cui si sia in presenza di atti sostanzialmente presidenziali,
vale a dire quelli sui quali non sussiste proposta da parte di alcun ministro,
rispetto al caso in cui si tratti di atti solo formalmente presidenziali, in
quanto scaturenti da una proposta ministeriale.
Inoltre, abbiamo tenuto conto anche di casi particolari che, in passato, hanno
impegnato questa Camera (ricordo la legge diretta a prevedere una migliore
disciplina della procedura relativa alla concessione della grazia). Dunque,
tutti gli atti propri del Presidente della Repubblica sono indicati nel testo
che deriverà dall'esame di quest'Assemblea, rispetto ai quali la controfirma
viene apposta dal ministro competente ed ha una funzione solo di controllo di
regolarità formale e procedurale dell'atto, posto che il Presidente della
Repubblica per definizione è irresponsabile. Al contrario, per gli atti che non
sono nella disponibilità del Capo dello Stato, ma semplicemente adottati da
quest'ultimo, l'istituto della controfirma comporta che si tratti di atti di
iniziativa.
Abbiamo operato un intervento minimale che serve a chiarire e ad agevolare i
rapporti tra organi costituzionali diversi, in una materia che nel tempo si è rivelata
estremamente delicata e che aveva bisogno di questo tipo di intervento. Lo
abbiamo fatto riconducendo tale intervento sempre nell'ambito dello spirito
della formulazione nell'articolo 89 così come approvato nella Costituzione del
1948, lo abbiamo fatto tenendo conto anche di pronunce o di contenziosi che, su
alcuni casi specifici, sono sorti davanti alla Corte costituzionale.
Per queste ragioni, siamo contrari agli emendamenti soppressivi e riteniamo che
la formulazione risultante dagli emendamenti della maggioranza possa costituire
un ulteriore elemento di chiarezza e di distensione dei rapporti fra organi
costituzionali, nonché, peraltro, un elemento di chiarezza interpretativa, che
in queste circostanze non guasta.
PRESIDENTE. Nessun altro chiedendo di parlare sull'articolo 24 e sulle proposte emendative ad esso presentate, invito il relatore ad esprimere il parere della Commissione.
DONATO
BRUNO, Relatore.
Signor Presidente, la Commissione esprime parere contrario sugli identici
emendamenti Mascia 24.1 e Bressa 24.70; parere favorevole sugli identici
emendamenti Boato 24.2 ed Elio Vito 24.200, nonché sull'emendamento Elio Vito
24.201; parere contrario sugli identici emendamenti Buontempo 24.6 e Perrotta
24.71, nonché sull'emendamento Carrara 24.80; parere favorevole
sull'emendamento Bressa 24.3.
La Commissione esprime altresì parere favorevole sul subemendamento Boccia
0.24.202.1, a condizione che sia riformulato nel senso di sopprimere le parole
«ai sensi dell'articolo 88».
La Commissione, infine, esprime parere favorevole sull'emendamento Elio Vito
24.202 e parere contrario sull'emendamento Leoni 24.4.
PRESIDENTE. Il Governo?
ALDO BRANCHER, Sottosegretario di Stato per le riforme istituzionali e la devoluzione. Il Governo esprime parere conforme a quello del relatore.
PRESIDENTE.
Passiamo alla votazione degli identici emendamenti Mascia 24.1 e Bressa 24.70.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mascia. Ne ha
facoltà.
GRAZIELLA MASCIA.
Signor Presidente, come è stato ricordato, l'articolo 89 della Costituzione
vigente stabilisce che nessun atto del Presidente della Repubblica è valido se
non è controfirmato dai ministri proponenti, che ne assumono la responsabilità.
Vale la pena di ricordare che la controfirma nelle monarchie costituzionali
rispondeva alla necessità di garantire l'irresponsabilità del sovrano,
nonostante fosse preposto alla direzione del potere esecutivo. La controfirma,
dunque, servì nella costruzione dello Stato parlamentare e consentì il
progressivo impossessamento di larga parte dei poteri regi da parte del
Governo.
Oggi nel nostro sistema costituzionale, come è stato ricordato dal collega
Leoni, esistono casi in cui gli atti del Presidente della Repubblica sono atti
sostanzialmente e formalmente presidenziali, e in tal caso la controfirma
assume un valore esclusivamente formale. È stato altresì già sottolineato, in
particolare nel corso dell'esame di provvedimenti relativi all'istituto della
grazia, come la parola «proponenti» vada intesa in realtà nel senso di
«competenti».
Riconosciamo che nel corso dell'iter del provvedimento il Governo e la
maggioranza hanno ritenuto di correggere alcuni elementi da noi contestati,
relativi proprio all'abolizione della controfirma, per quanto formale, e alla
sostituzione del termine «proponenti» con quello di «competenti». Tuttavia,
continuiamo a chiedere la soppressione dell'articolo in esame per ragioni di
merito, con particolare riferimento allo scioglimento delle Camere su richiesta
del primo ministro e alla nomina del vicepresidente del CSM nonché dei
presidenti delle autorità amministrative indipendenti.
Pertanto, pur avendo colto elementi positivi, sia nel corso della discussione
sia nell'espressione dei pareri favorevoli su alcune proposte emendative, permane
la nostra opposizione al contenuto dell'articolo in esame, di cui proponiamo la
soppressione.
PRESIDENTE.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sugli identici
emendamenti Mascia 24.1 e Bressa 24.70, non accettati dalla Commissione né dal
Governo.
(Segue la votazione).
PIERO RUZZANTE. Vede, signor Presidente?
RENZO INNOCENTI. Votano tutti doppio!
PRESIDENTE. Onorevoli, non ripetiamo la scena di prima; sia da una parte sia dall'altra!
Dichiaro chiusa la votazione.
PIERO RUZZANTE. Guardi, signor Presidente!
PRESIDENTE.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 342
Votanti 339
Astenuti 3
Maggioranza 170
Hanno votato sì 138
Hanno votato no 201).
Prendo atto che
l'onorevole Mondello non è riuscita ad esprimere il proprio voto.
Passiamo alla votazione degli identici emendamenti Boato 24.2 e Elio Vito
24.200.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Marone. Ne ha
facoltà.
RICCARDO
MARONE. L'emendamento Boato
24.2 nasce per chiarire definitivamente - a mio avviso - un falso problema. La
terminologia usata dalla Costituzione all'articolo 89 è stata, infatti, da
sempre interpretata univocamente. Ossia, nonostante si ricorresse alla parola
«proponente», in realtà con questa dizione si doveva intendere il termine
«ministri competenti». È solo in questa legislatura che abbiamo potuto
assistere ad un conflitto, fin qui credo inimmaginabile, tra un ministro ed il
Presidente della Repubblica; in occasione di tale vicenda è brillata l'assenza
del Presidente del Consiglio, che doveva risolvere quella disputa. Si è potuto
legittimare tale contrasto solo sulla base di un'interpretazione della norma
apertamente in contrasto con quella consolidatasi nel tempo, da oltre
cinquant'anni!
In sede di riforma della Costituzione, essendosi verificato un caso concreto di
conflitto, si è ritenuto opportuno chiarire che, nell'ipotesi in oggetto, il
termine adeguato sia quello di ministro competente per materia e non quello
proponente. Ciò, appunto, perché la grazia è un atto di competenza esclusiva
del Presidente della Repubblica e se questi ritiene di volerla concedere, non
ha bisogno certo di proposta alcuna. Tra l'altro la grazia è uno dei pochi
poteri che state conservando per questa carica!
Proprio da qui nasce l'esigenza del nostro emendamento, teso a chiarire un
ipotesi che, in realtà non andava affatto chiarita in quanto di interpretazione
pacifica. Si è speculato a lungo, invece, su questa parola e sulla non volontà
di proporre la grazia; un evento simile, ripeto, in cinquant'anni non si è mai
verificato. Sarebbe stato opportuno un intervento del Presidente del Consiglio
che risolvesse tale questione. Ma ciò non si è verificato e, quindi, proponiamo
ora la sostituzione nel testo in esame del termine «proponenti» con
«competenti», che mi auguro risolverà definitivamente il conflitto.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà.
GIANCLAUDIO BRESSA. È
del tutto evidente che si tende a far chiarezza su un problema, su una sorta di
giallo che ci trasciniamo dai tempi dell'Assemblea Costituente. Non ripeto
quanto già affermato in quest'aula in più occasioni ma, durante i lavori della
Assemblea Costituente, è stato del tutto evidente che il dibattito in
quell'occasione portò al termine di ministri competenti e non proponenti. Si
trattò di un vero e proprio infortunio incorso nei lavori di trascrizione.
Con questo emendamento è possibile tornare allo spirito autentico della nostra
Costituzione.
DANIELE FRANZ. Signor Presidente, chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
DANIELE
FRANZ. Volevo sottoporre alla
sua attenta valutazione l'opportunità di far togliere tutte le schede dai
banchi dell'opposizione, anche per evitare, in prospettiva, dubbi
interpretativi.
Considerato che nessuno dei colleghi dell'opposizione è ora presente in aula,
sarebbe opportuno che le schede fossero ritirate (Applausi dei deputati dei
gruppi di Alleanza nazionale e della Lega Nord Federazione Padana).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, l'onorevole Volontè. Ne ha facoltà.
LUCA
VOLONTÈ. Signor Presidente,
invito i deputati del centrosinistra ad entrare in aula e lo dico con il cuore
in mano intervenendo sull'emendamento Boato 24.2. Basterebbe contare il numero
degli emendamenti su questo articolo e il numero dei pareri positivi espressi
dal presidente Bruno rispetto a quelli negativi per rendersi conto che questo è
uno non dei pochi, forse nemmeno dei tanti, articoli in cui il centrodestra e
il centrosinistra hanno trovato motivi di composizione e di sintonia, partendo
da ragioni e da utilità comuni.
Quindi, non capisco come mai anche su questi articoli e su questi emendamenti,
a partire dagli identici emendamenti Boato 24.2 ed Elio Vito 24.200, non ci sia
la possibilità di dare ragione, anche attraverso il voto parlamentare, della
sintonia che si è trovata. Non vorrei che il non voler dar ragione di questa
sintonia sia dovuto anche questa settimana ad un ennesimo incontro dei leader
(Applausi dei deputati dei gruppi dell'Unione dei democratici cristiani e
dei democratici di centro e di Forza Italia).
PIERO RUZZANTE. Chiedo di parlare per un richiamo al regolamento.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
PIERO RUZZANTE. Signor Presidente, intervengo semplicemente per un richiamo all'articolo 8 del regolamento. Come ha già esplicitato il collega Franz, è evidente che quando si chiede il controllo delle tessere questo avvenga su tutta l'aula e non solo in una sua parte. Quindi, quando arriveremo al momento della votazione, sarò ben lieto di associarmi alla richiesta del collega Franz per un controllo accurato delle tessere (Commenti dei deputati del gruppo di Alleanza nazionale).
DANIELE FRANZ. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
DANIELE FRANZ. Signor Presidente, comprendo i suoi scrupoli e credo che abbia inteso il mio intervento come una cortese provocazione. Atteso però che è la settima volta che lo stesso collega entra a prendere tessere evidentemente non sue, almeno dica a questo collega che il numero è stato raggiunto e che può essere sufficiente (Applausi dei deputati del gruppo di Alleanza nazionale)!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Vascon. Ne ha facoltà.
LUIGINO VASCON. Signor Presidente, è inutile stare qui a girarci attorno: dobbiamo avere il coraggio e l'onestà, politica ed intellettuale, di dire le cose come stanno. All'epoca il «sistema» Violante prevedeva, appunto, che, per avere diritto alla diaria, si partecipasse ad un terzo delle votazioni. I colleghi della sinistra, come vedete, si sono assicurati la «pagnotta» e se sono andati: questa è la verità (Applausi dei deputati dei gruppi della Lega nord Federazione Padana, di Forza Italia e di Alleanza nazionale)!
PRESIDENTE. Ha chiesto parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Perrotta. Ne ha facoltà.
ALDO
PERROTTA. Signor Presidente, intervengo
per fare chiarezza con chi ci ascolta. Esiste un emendamento dell'opposizione
che dice di sostituire alla parola «proponenti» la parola «competenti», mentre
un emendamento della maggioranza dice esattamente la stessa cosa, cioè
sostituire alla parola «proponenti» la parola «competenti».
Allora, che sia chiaro a tutti, a chi ci ascolta e a chi non ci ascolta, che si
continua una tattica ostruzionistica anche quando accettiamo i loro
emendamenti. Quindi, è falso ipotizzare che stanno facendo una battaglia per
migliorare la nostra legge perché la stanno facendo nel tentativo di affossare
la devolution (Applausi dei deputati del gruppo di Forza Italia).
PRESIDENTE. Ha chiesto parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Innocenti. Ne ha facoltà.
RENZO
INNOCENTI. Signor Presidente,
onorevoli colleghi, in questo caso si cerca di rappresentare una realtà che non
è quella che noi viviamo all'interno dell'aula. Rendiamoci conto che siamo di
fronte al tentativo da parte delle opposizioni di contrastare ed impedire
l'approvazione di una riforma, come voi la chiamate, della Carta costituzionale
in ben 43 articoli che noi non condividiamo in radice, come impostazione e
finalità, perché è un disegno completamente (Una voce: «Non è vero!»)...
Infatti, siamo di fronte ad una visione che è diversamente finalizzata rispetto
a quella che le opposizioni hanno rappresentato con le proprie proposte
emendative.
Quindi, quando l'onorevole presidente Volontè fa appello alle opposizioni
affinchè collaborino su alcuni emendamenti, in quanto - dice - le loro proposte
sono state accolte, occorrerebbe dire che - ne faceva cenno poco fa l'onorevole
Perrotta - l'opposizione non può collaborare per cambiare le virgole...
PRESIDENTE. Onorevole Innocenti...!
RENZO INNOCENTI. Ho un minuto, Presidente. Forse ha già parlato un collega del mio gruppo per cinque minuti...?
PIERO RUZZANTE. No, io ho parlato per un richiamo al regolamento.
PRESIDENTE. È vero, il collega Ruzzante ha parlato per un richiamo al regolamento, ma prima era intervenuto l'onorevole Marone.
RENZO INNOCENTI. Concludo, Presidente, per dire che la nostra azione ed anche l'atteggiamento ed il comportamento in Aula delle opposizioni è di forte contrasto. Non condividiamo la teoria secondo la quale noi siamo qui a collaborare, anche assicurando il numero legale (siete 188 su circa 360 deputati della maggioranza!), solo per cambiare le virgole, accettando solo emendamenti che cambiano le virgole! No, signori, noi cerchiamo di fare la nostra battaglia contro l'impostazione da voi data al cambiamento della Costituzione, che la stravolge! Le opposizioni faranno di tutto per impedire questo tentativo di stravolgimento della nostra Carta costituzionale!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Pacini. Ne ha facoltà.
MARCELLO
PACINI. Signor Presidente,
sono sorpreso dalle parole del collega che mi ha preceduto, perché in realtà,
da una attenta lettura del provvedimento che stiamo approvando, mi risultano -
forse avrò letto male - esservi moltissime assonanze.
In particolare, ricordo che il nuovo Titolo V che abbiamo approvato, è
consistito sostanzialmente in un grande emendamento apportato alla modifica
introdotta dal centrosinistra nella precedente legislatura; in particolare,
abbiamo compreso che sostanzialmente erano d'accordo anche loro nel favorire il
riequilibrio fra le competenze dello Stato e quelle concorrenti.
Se poi guardiamo alla forma di governo - lo chiarirò meglio nel corso
dell'intervento che mi riservo di svolgere sull'articolo 26 - anche qui si
registra una grande convergenza. Al riguardo potrei citare anche l'autorevole
Vicepresidente che in questo momento presiede i nostri lavori, l'onorevole
Mussi, che aveva fatto affermazioni molto in assonanza...
PRESIDENTE. Onorevole collega...!
MARCELLO
PACINI. Credo che, in realtà,
al di là di quello che possiamo fare con riferimento a singoli aspetti del
provvedimento in esame, noi della maggioranza dobbiamo renderci conto che non
possiamo puntare sul bipolarismo, o fare una grande riforma della Costituzione
in un'epoca, in cui è così importante la democrazia mediatica, in cui il
conflitto quotidiano è sempre presente, in cui il marketing elettorale è
permanente, e avere nello stesso tempo delle posizioni bipartisan.
Penso che dobbiamo prendere atto che è tramontata l'epoca delle Costituenti (e
se avrò tempo illustrerò meglio questo punto di vista), che siamo entrati in
una fase nuova della Costituzione, che ha perso solennità e che quindi è diventata
una Costituzione flessibile, seppure con certe procedure...
PRESIDENTE. Concluda, onorevole Pacini!
MARCELLO
PACINI. Dobbiamo renderci
conto, assumendone la responsabilità, che occorre fare da noi... Questo però
vuol dire che bisogna che venga assicurata la presenza: qui sta la nostra
responsabilità.
Credo, quindi, che certi comportamenti non si possano imputare all'esame del
singolo provvedimento: sono i tempi che richiedono questo tipo di
comportamento. Mi pare che dobbiamo affermare che ormai le norme costituzionali
sono diventate parte del dibattito politico quotidiano e che quindi non ci sia
nulla da fare: occorre trattarle come norme ordinarie.
PRESIDENTE.
Passiamo ai voti (Commenti).
Non credo che le schede inserite nella parte dell'aula alla mia sinistra
possano essere utilizzate abusivamente...
ANTONIO MAZZOCCHI. Non è questo il problema!
PRESIDENTE.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sugli identici
emendamenti Boato 24.2 ed Elio Vito 24.200, accettati dalla Commissione e dal
Governo.
(Segue la votazione).
PIERO RUZZANTE. Presidente, guardi ai banchi centrali!
RENZO INNOCENTI. Ci sono quattordici voti doppi!
PIERO RUZZANTE. Presidente, quarto settore, terzultima fila (Commenti dei deputati dei gruppi di Forza Italia e di Alleanza Nazionale)!
GIANCLAUDIO BRESSA. Al secondo settore, Presidente!
PIERO RUZZANTE. Quarto e quinto settore!
GIANCLAUDIO BRESSA. Guardi il primo settore!
RENZO INNOCENTI. Presidente, quarto e quinto settore! Sono pieni di doppi voti!
ANTONIO BOCCIA. Presidente, guardi al centro!
PRESIDENTE. Dichiaro chiusa la votazione.
RENZO INNOCENTI. Presidente, voti doppi dappertutto (Commenti dei deputati dei gruppi di Forza Italia, di Alleanza Nazionale, della Lega Nord Federazione Padana e dell'Unione dei democratici cristiani e dei democratici di centro)!
PRESIDENTE.
Comunico il risultato della votazione: il sistema elettronico di votazione
rileva che la Camera non è in numero legale per sette deputati.
Il sistema ha già computato automaticamente 7 deputati aggiunti figurativamente
in conseguenza della richiesta del voto nominale. Ai fini della verifica del
numero legale dobbiamo, secondo la prassi consolidata, aggiungere, ove siano in
eccedenza rispetto a quelli già inclusi figurativamente dal sistema, i deputati
intervenuti per dichiarazione di voto che non sono presenti in aula e i
deputati presenti in aula che non hanno preso parte alla votazione. Constato
che non vi sono deputati intervenuti per dichiarazione di voto che non hanno votato
né deputati presenti in aula che non hanno preso parte alla votazione.
LUCA VOLONTÈ. Presidente, c'è Bonaiuti!
PRESIDENTE. Ce ne è uno: l'onorevole Bonaiuti. Quindi, la Camera non è in numero legale per deliberare per sei deputati. Rinvio pertanto la seduta di un'ora.
La seduta, sospesa alle 18,45, è ripresa alle 19,45.
PRESIDENTE.
Dobbiamo procedere nuovamente alla votazione degli identici emendamenti Boato
24.2 e Elio Vito 24.200, nella quale è precedentemente mancato il numero
legale.
Prego i colleghi di entrare in aula, magari affrettandosi...
ANTONINO LO PRESTI. Porte chiuse!
PRESIDENTE. Questo non è un conclave e non si possono chiudere le porte!
ANTONINO LO PRESTI. Allora li computiamo!
PRESIDENTE.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sugli identici
emendamenti Boato 24.2 ed Elio Vito 24.200, accettati dalla Commissione e dal
Governo.
(Segue la votazione).
PIERO RUZZANTE. Quarto settore!
RENZO INNOCENTI. Quarto settore (Commenti)!
PRESIDENTE. Dichiaro chiusa la votazione.
ALESSIO BUTTI. Signor Presidente, il mio dispositivo di voto non funziona!
RENZO INNOCENTI. Quattro o cinque colleghi sono entrati dopo! Non scherziamo (Commenti)!
PRESIDENTE.
Comunico il risultato della votazione: il sistema elettronico di votazione
rileva che la Camera non è in numero legale per 13 deputati. Anche computando i
due deputati presenti che non sono riusciti a votare, ne mancano 11.
Il sistema ha già computato automaticamente 7 deputati aggiunti figurativamente
in conseguenza della richiesta di voto nominale. Ai fini della verifica del
numero legale, dobbiamo, secondo la prassi consolidata, aggiungere, ove siano
in eccedenza rispetto a quelli già inclusi figurativamente dal sistema, i
deputati intervenuti per dichiarazione di voto che non sono presenti in aula ed
i deputati presenti in aula che non hanno preso parte alla votazione. Constato
che, salvo i due colleghi già individuati, non vi sono deputati intervenuti per
dichiarazione di voto che non hanno votato né deputati presenti in aula che non
hanno preso parte alla votazione. Quindi, la Camera non è in numero legale per
deliberare.
Prendo atto che il dispositivo di voto dell'onorevole Butti non ha funzionato e
che l'onorevole Bonaiuti è giunto in aula al momento del voto, ma il numero
legale non è comunque raggiunto.
FILIPPO ASCIERTO. Ce ne sono dieci...!
LUCA VOLONTÈ. L'onorevole Rotondi era qui!
PRESIDENTE. Ora, secondo il regolamento, dovremmo rinviare la votazione di un'altra ora. Quindi, sospendo la seduta...
ANTONIO BOCCIA. Chiedo di parlare per un richiamo al regolamento.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ANTONIO BOCCIA. Signor Presidente, il regolamento in questo caso prevede che si rinvii la seduta di ventiquattr'ore, riprendendola alla stessa ora in cui è mancato il numero legale. Le chiedo se, per cortesia, può verificare ciò che il regolamento prevede al riguardo.
PRESIDENTE. Onorevole Boccia, la Camera non è in numero legale per deliberare e pertanto, a norma del comma 2 dell'articolo 47 del regolamento, rinvio la seduta di un'ora.
La seduta, sospesa alle 19,50, è ripresa alle 20,50.
PRESIDENZA DEL PRESIDENTE PIER FERDINANDO CASINI
PRESIDENTE.
Colleghi, dobbiamo procedere nuovamente alla votazione degli identici
emendamenti Boato 24.2 e Elio Vito 24.200, nella quale è precedentemente
mancato il numero legale. Ricordo che la Commissione ed il Governo hanno
espresso parere favorevole.
Passiamo ai voti.
Ognuno voti per sé, per cortesia!
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sugli identici
emendamenti Boato 24.2 ed Elio Vito 24.200, accettati dalla Commissione e dal
Governo.
(Segue la votazione).
RENZO INNOCENTI. Presidente, guardi il quarto settore!
PIERO RUZZANTE. Signor Presidente, il quarto settore!
RENZO INNOCENTI. Presidente, votano in tre (Commenti)!
PRESIDENTE.
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: il sistema elettronico di votazione
rileva che la Camera non è in numero legale per venti deputati. Il sistema ha
già computato automaticamente dieci deputati aggiunti figurativamente in
conseguenza della richiesta di voto nominale. Ai fini della verifica del numero
legale, dobbiamo, secondo la prassi consolidata, aggiungere, ove siano in
eccedenza rispetto a quelli già inclusi figurativamente dal sistema, i deputati
intervenuti per dichiarazione di voto che non sono presenti in aula ed i
deputati presenti in aula che non hanno preso parte alla votazione (cosiddetti
inerti).
Constato che non vi sono deputati intervenuti per dichiarazione di voto che non
hanno votato né deputati presenti in aula che non hanno preso parte alla
votazione. La Camera, pertanto, non è in numero legale per deliberare.
Apprezzate le circostanze, rinvio la votazione ed il seguito del dibattito alla
seduta di domani.
Allegato A
Seduta n. 525 dell'11/10/2004
DISEGNO DI LEGGE COSTITUZIONALE: S. 2544 - MODIFICAZIONI DI ARTICOLI DELLA PARTE II DELLA COSTITUZIONE (APPROVATO, IN PRIMA DELIBERAZIONE, DAL SENATO DELLA REPUBBLICA) (4862) ED ABBINATE PROPOSTE DI LEGGE COSTITUZIONALI ZELLER ED ALTRI; BIELLI; SPINI E ANGIONI; BUTTIGLIONE ED ALTRI; CONTENTO; COLA; PISAPIA; SELVA; SELVA; SELVA; BIANCHI CLERICI; PERETTI; VOLONTÈ; PISAPIA; LUSETTI ED ALTRI; ZACCHEO; MANTINI ED ALTRI; SODA; OLIVIERI E KESSLER; COSTA; SERENA; PISICCHIO ED ALTRI; BOLOGNESI ED ALTRI; PAROLI; BUONTEMPO; ZELLER ED ALTRI; COLLÈ; VITALI ED ALTRI; MAURANDI ED ALTRI; OLIVIERI; BOATO; STUCCHI; CENTO; MONACO; PACINI; CONSIGLIO REGIONALE DELLA PUGLIA; CONSIGLIO REGIONALE DELLA PUGLIA; CHIAROMONTE ED ALTRI; CABRAS ED ALTRI; MANTINI; LA MALFA; BRIGUGLIO ED ALTRI; FRANCESCHINI; PISAPIA; COSTA; PERROTTA ED ALTRI; FIORI (72-113-260-376-468-582-721-874-875-877-966-1162-1218-1287-1403-1415-1608-1617-1725-1805-1964-2027-2116-2123-2168-2320-2413-2568-2909-2994-3058-3489-3523-3531-3541-3572-3573-3584-3639-3684-3707-3885-4023-4393-4451-4805-5044)
(A.C. 4862 ed abb. - Sezione 1)
ARTICOLO 23 DEL DISEGNO DI LEGGE COSTITUZIONALE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE
Art. 23.
(Scioglimento della Camera dei deputati).
1. L'articolo 88 della
Costituzione è sostituito dal seguente:
«Art. 88. - Il Presidente della Repubblica decreta lo scioglimento della Camera
dei deputati ed indìce le elezioni, da tenersi non oltre i successivi sessanta
giorni, nei seguenti casi:
a) su richiesta del Primo ministro, che ne assume la esclusiva
responsabilità;
b) in caso di morte del Primo ministro o di impedimento permanente
accertato secondo le modalità fissate dalla legge;
c) in caso di dimissioni del Primo ministro;
d) nel caso di cui all'articolo 94, terzo comma.
Il Presidente della Repubblica non emana il decreto di scioglimento nei casi di cui alle lettere a), b) e c) del primo comma, qualora entro dieci giorni venga presentata alla Camera dei deputati una mozione, sottoscritta dai deputati appartenenti alla maggioranza espressa dalle elezioni in numero non inferiore alla maggioranza dei componenti della Camera, nella quale si dichiari di voler continuare nell'attuazione del programma e si indichi il nome di un nuovo Primo ministro».
PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO 23 DEL DISEGNO DI LEGGE COSTITUZIONALE
ART. 23.
(Scioglimento della Camera dei deputati).
Subemendamenti all'emendamento 23. 201.
All'emendamento 23.
201., sostituire le parole: e votata con le
seguenti: e approvata con votazione.
0. 23. 201. 25. La Commissione.
(Approvato)
All'emendamento 23.
201., sostituire le parole: dai deputati
appartenenti alla con la seguente: almeno dai deputati eletti nella.
0. 23. 201. 1. Boccia.
All'emendamento 23. 201, sostituire le parole: si indichi il nome di con le seguenti: si designi.
Conseguentemente, al
medesimo emendamento sostituire la
parola: indicato con la seguente: designato
0. 23. 201. 26 (nuova formulazione) . La Commissione
(Approvato)
Al comma 1, capoverso
Art. 88, secondo comma, sostituire le parole da:
entro dieci giorni fino alla fine del comma, con le seguenti: «alla
Camera dei deputati, entro i venti giorni successivi, venga presentata e votata
per appello nominale dai deputati appartenenti alla maggioranza espressa dalle
elezioni in numero non inferiore alla maggioranza dei componenti della Camera,
una mozione nella quale si dichiari di voler continuare nell'attuazione del
programma e si indichi il nome di un nuovo Primo ministro. In tal caso, il
Presidente della Repubblica nomina il nuovo Primo ministro indicato».
23. 201. Elio Vito, Anedda, Volontè, Cè, La Malfa, Moroni.
(Approvato)
Al comma 1, capoverso
Art. 88, secondo comma, sostituire le parole da:
entro dieci
giorni fino alla fine del comma, con le seguenti: «la Camera dei
deputati approvi una mozione presentata entro dieci giorni e sottoscritta da
almeno un terzo dei suoi componenti, nella quale si indichi il nome di un nuovo
Primo ministro. La mozione è posta in votazione entro cinque giorni dalla sua
presentazione».
23. 75. Tabacci, Malgieri, La Malfa, Craxi, Cossa, Giuseppe Gianni.
Al comma 1, capoverso Art. 88, secondo comma, sostituire le parole da: dai deputati appartenenti fino a: programma e con le seguenti: da un numero di deputati non inferiore alla maggioranza dei componenti della Camera, nella quale.
Conseguentemente:
al medesimo capoverso, dopo il secondo comma, aggiungere il seguente:
«Il Presidente della Repubblica, in caso
di prolungata impossibilità di funzionamento del Senato federale della
Repubblica, può decretarne lo scioglimento, sentito il suo Presidente. Non può
esercitare tale facoltà negli ultimi sei mesi del suo mandato, salvo che essi
coincidano in tutto o in parte con gli ultimi sei mesi della legislatura.»
all'articolo 24, capoverso Art. 89, terzo comma, dopo le parole: lo
scioglimento aggiungere le seguenti: del Senato federale della
Repubblica e;
alla rubrica, dopo la parola: Scioglimento aggiungere le seguenti:
del Senato federale della Repubblica e.
23. 72. Perrotta.
(A.C. 4862 ed abb. - Sezione 2)
ARTICOLO 24 DEL DISEGNO DI LEGGE COSTITUZIONALE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE
Art. 24.
(Controfirma degli atti presidenziali).
1. L'articolo 89 della
Costituzione è sostituito dal seguente:
«Art. 89. - Nessun atto del Presidente della Repubblica è valido se non è
controfirmato dai ministri proponenti, che ne assumono la responsabilità.
Gli atti che hanno valore legislativo e gli altri indicati dalla legge sono
controfirmati anche dal Primo ministro.
Non sono proposti né controfirmati dal Primo ministro o dai ministri i seguenti
atti del Presidente della Repubblica: la richiesta di una nuova deliberazione
alle Camere ai sensi dell'articolo 74, i messaggi alle Camere, la concessione
della grazia, la nomina dei senatori a vita, la nomina dei giudici della Corte
costituzionale di sua competenza, lo scioglimento della Camera dei deputati ai
sensi dell'articolo 88, la nomina del Vice Presidente del Consiglio superiore
della magistratura nonché le nomine dei presidenti delle Autorità
amministrative indipendenti e le altre nomine che la legge attribuisce alla sua
esclusiva competenza».
PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO 24 DEL DISEGNO DI LEGGE COSTITUZIONALE
ART. 24.
(Controfirma degli atti presidenziali).
Sopprimerlo.
*24. 1. Mascia, Giordano.
Sopprimerlo.
*24. 70. Bressa, Boato, Leoni, Amici, Cabras, Cusumano, Fistarol,
Intini, Loiero, Maccanico, Maran, Marone, Montecchi, Olivieri, Pappaterra,
Soda, Russo Spena, Maura Cossutta, Zanella, Sgobio.
Al comma 1, capoverso
Art. 89, primo comma, sostituire la parola:
proponenti con la seguente: competenti.
**24. 2. Boato, Bressa, Leoni, Amici, Cabras, Cusumano, Fistarol,
Intini, Loiero, Maccanico, Maran, Marone, Montecchi, Olivieri, Pappaterra,
Soda, Mascia, Russo Spena, Maura Cossutta, Zanella, Sgobio.
Al comma 1, capoverso
Art. 89, primo comma, sostituire la parola:
proponenti con la seguente: competenti.
**24. 200. Elio Vito, Anedda, Volontè, Cè, La Malfa, Moroni.
Al comma 1, capoverso
Art. 89, terzo comma, sopprimere le parole:
né controfirmati.
24. 201. Elio Vito, Anedda, Volontè, Cè, La Malfa, Moroni.
Al comma 1, capoverso
Art. 89, terzo comma, sopprimere le parole:
, la concessione della grazia.
*24. 6. Buontempo, Carrara, Nespoli, Saia, Cristaldi, Losurdo, Patarino.
Al comma 1, capoverso
Art. 89, terzo comma, sopprimere le parole:
, la concessione della grazia.
*24. 71. Perrotta.
Al comma 1, capoverso
Art. 89, terzo comma, dopo le parole:
concessione della grazia aggiungere le seguenti: richiesta secondo le
modalità previste dalla legge.
24. 80. Carrara, Nespoli, Saia, Cristaldi, Losurdo, Patarino.
Al comma 1, capoverso
Art. 89, terzo comma, dopo le parole:
concessione della grazia aggiungere le seguenti: e la commutazione delle
pene.
24. 3. Bressa, Boato, Leoni, Amici, Cabras, Cusumano, Fistarol, Intini,
Loiero, Maccanico, Maran, Marone, Montecchi, Olivieri, Pappaterra, Soda, Maura
Cossutta, Zanella, Sgobio, Mascia.
Subemendamento all'emendamento 24.202.
All'emendamento 24.
202., aggiungere, in fine, le parole: , la
nomina del Primo ministro ai sensi dell'articolo 88.
0. 24. 202. 1. Boccia.
Al comma 1, capoverso
Art. 89, terzo comma, dopo le parole: ai
sensi dell'articolo 88 aggiungere le seguenti: salva l'ipotesi di cui
alla lettera a).
24. 202. Elio Vito, Anedda, Volontè, Cè, La Malfa, Moroni.
Al comma 1, capoverso
Art. 89, terzo comma, sostituire le parole da:
, la nomina del Vice Presidente fino a: e le altre nomine con le
seguenti: e le nomine.
24. 4. Leoni, Bressa, Boato, Amici, Cabras, Cusumano, Fistarol, Intini,
Loiero, Maccanico, Maran, Marone, Montecchi, Olivieri, Pappaterra, Soda, Maura
Cossutta, Zanella, Sgobio.
RESOCONTO
SOMMARIO E STENOGRAFICO
______________ ______________
526.
Seduta di MARTedì 12 oTTOBRE 2004
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE
PUBLIO FIORI
indi
DEL PRESIDENTE
PIER FERDINANDO CASINI
Seguito della discussione del disegno di legge costituzionale: S. 2544 - Modificazione di articoli della parte II della Costituzione (Approvato, in prima deliberazione, dal Senato) (4862) e delle abbinate proposte di legge costituzionale: Zeller ed altri; Bielli; Spini e Angioni; Buttiglione ed altri; Contento; Cola; Pisapia; Selva; Selva; Selva; Bianchi Clerici; Peretti; Volontè; Pisapia; Lusetti ed altri; Zaccheo; Mantini ed altri; Soda; Olivieri e Kessler; Costa; Serena; Pisicchio ed altri; Bolognesi ed altri; Paroli; Buontempo; Zeller ed altri; Collè; Vitali ed altri; Maurandi ed altri; Olivieri; Boato; Stucchi; Cento; Monaco; Pacini; Consiglio regionale della Puglia; Consiglio regionale della Puglia; Chiaromonte ed altri; Cabras ed altri; Mantini; La Malfa; Briguglio ed altri; Franceschini; Pisapia; Costa; Perrotta ed altri; Fiori (72-113-260-376-468-582-721-874-875-877-966-1162-1218-1287-1403-1415-1608-1617-1725-1805-1964-2027-2116-2123-2168-2320-2413-2568-2909-2994-3058-3489-3523-3531-3541-3572-3573-3584-3639-3684-3707-3885-4023-4393-4451-4805-5044) (ore 10,38).
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge costituzionale, già approvato in prima deliberazione dal Senato: Modificazione di articoli della parte II della Costituzione, e delle abbinate proposte di legge costituzionale di iniziativa dei deputati Zeller ed altri; Bielli; Spini e Angioni; Buttiglione ed altri; Contento; Cola; Pisapia; Selva; Selva; Selva; Bianchi Clerici; Peretti; Volontè; Pisapia; Lusetti ed altri; Zaccheo; Mantini ed altri; Soda; Olivieri e Kessler; Costa; Serena; Pisicchio ed altri; Bolognesi ed altri; Paroli; Buontempo; Zeller ed altri; Collè; Vitali ed altri; Maurandi ed altri; Olivieri; Boato; Stucchi; Cento; Monaco; Pacini; del Consiglio regionale della Puglia; del Consiglio regionale della Puglia; e dei deputati Chiaromonte ed altri; Cabras ed altri; Mantini; La Malfa; Briguglio ed altri; Franceschini; Pisapia; Costa; Perrotta ed altri; Fiori.
(Ripresa esame dell'articolo 24 - A.C. 4862 ed abbinate)
PRESIDENTE. Riprendiamo
l'esame dell'articolo 24 e delle proposte emendative ad esso presentate (vedi
l'allegato A - A.C. 4862 ed abbinate sezione 1).
Ricordo che nella seduta di ieri l'Assemblea non è risultata in numero legale
per deliberare nella votazione degli identici emendamenti Boato 24.2 ed Elio
Vito 24.200. Occorre, pertanto, ripetere la votazione su tali emendamenti.
Avverto che è stata chiesta la votazione nominale mediante procedimento
elettronico.
Preavviso di votazioni elettroniche (ore 10,40).
PRESIDENTE. Poiché nel corso della seduta avranno luogo votazioni mediante procedimento elettronico, decorrono da questo momento i termini di preavviso di cinque e venti minuti previsti dall'articolo 49, comma 5, del regolamento.
La seduta, sospesa alle 10,40, è ripresa alle 11.
(Ripresa esame dell'articolo 24 - A.C. 4862 ed abbinate)
PRESIDENTE.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sugli identici
emendamenti Boato 24.2 ed Elio Vito 24.200, accettati dalla Commissione e dal
Governo.
(Segue la votazione).
PIERO RUZZANTE. Presidente, le tessere!
RENZO INNOCENTI. Presidente, là sono tutti in piedi!
PIERO RUZZANTE. Presidente, guardi là, vi sono doppi voti dappertutto!
PRESIDENTE.
Dichiaro chiusa la votazione.
Avverto che la Camera non è in numero legale per deliberare; rinvio pertanto la
seduta di un'ora.
La seduta, sospesa alle 11,05, è ripresa alle 12,05.
PRESIDENZA DEL PRESIDENTE PIER FERDINANDO CASINI
PRESIDENTE.
Dobbiamo procedere nuovamente alla votazione degli identici emendamenti Boato
24.2 e Elio Vito 24.200, nella quale è precedentemente mancato il numero
legale.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sugli identici
emendamenti Boato 24.2 e Elio Vito 24.200, accettati dalla Commissione e dal
Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la
votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).
(Presenti 392
Votanti 390
Astenuti 2
Maggioranza 196
Hanno votato sì 388
Hanno votato no 2).
Prendo atto che gli
onorevoli Sanza, Berruti e Garnero Santanchè non sono riusciti ad esprimere il
loro voto.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Elio Vito 24.201.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Marone. Ne ha
facoltà.
RICCARDO
MARONE. Signor Presidente,
finalmente, dopo ben cinque votazioni, riusciamo a procedere nell'esame di
questa proposta di riforma della Costituzione della maggioranza. Cominciamo,
ora, ad affrontare una serie di emendamenti tutti condizionati da un caso
contingente: questa è la riprova di come non si debba modificare una
Costituzione. La Costituzione, infatti, andrebbe modificata per ragioni
storiche e dovrebbe sempre essere avulsa dal contesto politico attuale. Questo,
invece, è uno dei casi (e ve ne sono tanti in questa riforma costituzionale) in
cui l'intera formulazione dell'articolo 89 della Costituzione è condizionata
dalle bizze e dai capricci di un ministro che si rifiuta di proporre una
grazia. Lo ripeto: tutto ciò è sbagliato! Non voglio entrare nel merito, perché
commetterei lo stesso errore, ma ritengo che sia sbagliato discutere di temi così
delicati essendo condizionati da vicende specifiche.
Una delle proposte che si pensava di avanzare per risolvere un problema
specifico era quella di abolire la controfirma: in altri termini, si è ritenuto
che, se il ministro non intende apporre la sua firma, eliminando tale istituto,
si risolverebbe il caso. Ciò senza riflettere sulla funzione della controfirma
e senza chiedersi per quale motivo essa fosse prevista nell'originario testo
della Costituzione e se la sua abolizione sia o meno utile.
Detto ciò, credo che la maggioranza abbia svolto una riflessione ed abbia riproposto la necessità della controfirma su una serie di atti, risolvendo la problematica attraverso la sostituzione della parola «proponenti» con il temine «competenti» testé approvata. Si delinea, quindi, definitivamente il quadro preciso delle funzioni nel procedimento degli atti di competenza del Presidente della Repubblica. La firma dei ministri deve essere apposta da questi ultimi in quanto ministri competenti e non perché abbiano proposto un procedimento, quale che sia. La loro firma, che in realtà è una controfirma, è quindi necessaria per dare validità giuridica agli atti, anche perché - come è a tutti noto - il Presidente della Repubblica è irresponsabile.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà.
GIANCLAUDIO
BRESSA. Signor Presidente,
credo che questa sia stata un'utile occasione di riflessione - come ricordava
il collega Marone - dopo le vicende di qualche mese fa, che ci avevano
lungamente intrattenuti su argomenti simili a questo. La questione della
controfirma è seria e molte Costituzioni hanno, in qualche modo, sottratto ad
essa gli atti presidenziali: mi riferisco alla Costituzione francese del 1958,
a quella tedesca, e alla recente Costituzione ceca del 1992, nessuna delle
quali prevede la controfirma. Credo che l'occasione di discutere di tale
questione ci abbia aiutato a definire con maggiore compiutezza quali debbano
essere considerati gli atti propri del Presidente della Repubblica.
La formula che è stata approvata credo che alla fine sia sostanzialmente
ragionevole e che sicuramente aiuti a costruire un'ipotesi più chiara di quanto
non fosse il testo attuale della Costituzione.
Vi è, però, da fare una riflessione. Anche nell'ipotesi della vostra riforma,
il Presidente della Repubblica resta un organo politicamente irresponsabile.
Ecco che, proprio per questa ragione, proprio perché ci ostiniamo a ragionare
come se non volessimo uscire da uno Stato costituzionale e di diritto, come
alcune altre ipotesi di riforma da voi proposte ci farebbero supporre, e
proprio perché siamo convinti e crediamo nello Stato costituzionale e di
diritto, riteniamo che ci debbano essere dei poteri pubblici, per di più di
natura monocratica, che da soli non possono essere considerati insindacabili.
La controfirma, quando non corrisponde ad una proposta ministeriale, con la
scrittura attuale finisce per costituire una forma di controllo e di assunzione
di responsabilità politica per il modo in cui il controllo è esercitato. Credo
che sia un interessante passo in avanti rispetto alle interpretazioni che della
controfirma sono state fatte nel corso di questi anni.
È il ministro che controfirma e che risponde al Parlamento, riportando l'atto all'interno
del circuito della responsabilità politica ed è così che si garantisce la
neutralità politica del Capo dello Stato. Al tempo stesso, sottraendolo al
fatto che debba essere un ministro a proporlo e lasciandolo, invece, alla piena
autonomia del Presidente della Repubblica, si chiarisce ulteriormente un
passaggio interessante.
Noi ci asterremo su questo emendamento, perché esso è parte complessiva
dell'articolo che non ci vede, invece, concordi, ma valutiamo positivamente gli
elementi di novità che questa formulazione porta con sé.
PRESIDENTE.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico,
sull'emendamento Elio Vito 24.201, accettato dalla Commissione e dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).
(Presenti 448
Votanti 277
Astenuti 171
Maggioranza 139
Hanno votato sì 270
Hanno votato no 7).
Passiamo alla votazione degli identici emendamenti Buontempo 24.6 e Perrotta 24.71.
ALDO PERROTTA. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ALDO PERROTTA. Le argomentazioni dell'onorevole Bressa mi hanno convinto; quindi, ritiro il mio emendamento 24.71.
PRESIDENTE.
Sta bene.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Buontempo. Ne ha
facoltà.
TEODORO
BUONTEMPO. Richiamo l'attenzione
dei colleghi perché abbiamo già votato alcuni emendamenti che cambiano di non
poco quanto è previsto dalla Costituzione vigente. Al momento, per una serie di
questioni, il Capo dello Stato può promuovere un suo atto se c'è un ministro
proponente e se lo stesso ministro controfirma i suoi atti, perché, per la
norma generale prevista dalla Costituzione all'articolo 89, il Capo dello Stato
non è responsabile dei suoi atti e, quindi, è il Governo che ne assume la
responsabilità.
Qui adesso è avvenuto qualcosa che mi pare non abbia ricevuto l'attenzione
necessaria, ossia che, approvando gli identici emendamenti Boato 24.2 ed Elio
Vito 24.200, il ministro proponente è diventato ministro competente. Ciò
significa che il Capo dello Stato può emettere un suo atto autonomo e la
controfirma non è più del ministro proponente ma del ministro competente.
Questo, onorevoli colleghi, potrà causare delle difficoltà di equilibrio
istituzionale di non poco conto.
Infatti, finora questi provvedimenti prima di essere formalizzati dal Capo
dello Stato erano già interventi concordati con il Governo. Oggi, non essendo
più necessaria la proposta dei ministri, il Capo dello Stato potrebbe emanare
un suo provvedimento e il ministro competente potrebbe dire «no». In tal modo,
si creerebbe una spaccatura istituzionale di non poco conto.
L'emendamento 24.6 da me presentato insieme ai colleghi Carrara, Nespoli, Saia,
Cristaldi, Losurdo e Patarino chiede di sopprimere le parole «la concessione
della grazia» dal testo dell'articolo 24 proposto dalla Commissione. Per la
concessione della grazia, a Costituzione vigente, è necessaria la proposta del
ministro e l'azione del Capo dello Stato. Il testo della Commissione inserisce,
invece, la concessione della grazia tra gli atti che non sono proposti dal
primo ministro o dai ministri.
Onorevoli colleghi della Casa delle libertà, lo dico con il massimo rispetto
per chi la pensa diversamente: in tal modo si rischia di votare una norma della
Costituzione per un nome e un cognome! Questo è un errore clamoroso che un
Parlamento non può commettere né in senso positivo, né in senso negativo. Nel
momento in cui la concessione della grazia non ha più bisogno del ministro
proponente e della controfirma del ministro proponente rischiamo di approvare
una norma per un nome ed un cognome, con una pressione lobbistica sul Parlamento.
Non può vincere in questo Parlamento la lobby di Lotta continua (Commenti)!
Può piacere o no...
PRESIDENTE. Onorevole Buontempo, ha esaurito il tempo a sua disposizione.
TEODORO
BUONTEMPO. Concludo, signor
Presidente.
Lo dico serenamente, nel rispetto di chi la pensa diversamente, ma sarebbe
colpa grave - e mi rivolgo in particolare ai colleghi della Lega - se si
inserisse nella Costituzione questa maglia larga per concedere la grazia ad una
persona, senza il coraggio di una decisione politica. Preferirei che il
Parlamento votasse a maggioranza positivamente per il caso in questione, ma non
accettasse tali artifizi (Applausi di deputati del gruppo di Alleanza
Nazionale).
PRESIDENTE.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico,
sull'emendamento Buontempo 24.6, non accettato dalla Commissione né dal
Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la
votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 455
Votanti 450
Astenuti 5
Maggioranza 226
Hanno votato sì 65
Hanno votato no 385).
Prendo atto che
l'onorevole Bondi non è riuscito ad esprimere il proprio voto.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Carrara 24.80.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Carrara. Ne ha
facoltà.
NUCCIO
CARRARA. Signor Presidente, è
giusto che noi di Alleanza nazionale, che abbiamo già condotto una battaglia
parlamentare in tale materia, ci sforziamo di spiegare i termini della
questione ed il motivo per cui siamo favorevoli all'emendamento in esame. Il
nuovo testo prevede che la concessione della grazia rientri tra gli atti che
non necessiteranno di una proposta ma richiederanno una controfirma. È ovvio
che ciò non ci può tranquillizzare perché la controfirma potrebbe avere un
valore puramente di legittimità poiché il ministro sarebbe sostanzialmente
tenuto a controfirmare.
Infatti, la concessione della grazia viene introdotta tra quegli atti che, naturaliter,
attengono alla discrezionalità del Presidente della Repubblica, come per
esempio la richiesta di una nuova deliberazione alle Camere oppure i messaggi
alle Camere. Tuttavia, la concessione della grazia è un atto ben più incisivo,
che richiede un'assunzione forte di responsabilità e noi riteniamo che in
questo il Presidente non possa restare solo. Non riteniamo altresì sufficiente
una controfirma ministeriale che rischia di avere un valore di mera legittimazione
dell'atto.
Pertanto, per contenere i danni, suggeriamo che la concessione della grazia
abbia a monte una richiesta e che vi sia una legge che disciplini le modalità
con cui tale richiesta deve essere avanzata. Necessariamente, ci deve essere a
monte qualcuno che richieda la grazia. Non si può pensare che sia il Presidente
della Repubblica, di punto in bianco, in mancanza di alcuna proposta, a
proporre lui a se stesso la concessione della grazia...!
Riteniamo che non si stia facendo un buon lavoro. Pensiamo però che il nostro
emendamento sia ispirato al buonsenso e che per questo vada approvato.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà.
GIANCLAUDIO BRESSA. È del tutto evidente che l'onorevole Carrara, presentando questo emendamento, parte dal presupposto di una presunzione di illegalità negli atti del Presidente della Repubblica. Se vogliamo infatti scrivere in Costituzione che la grazia deve essere richiesta secondo le modalità previste dalla legge, vuol dire che si parte dal presupposto che il Presidente della Repubblica possa muoversi sulla base di atti ispirati all'illegalità. Mi sembra che siamo proprio fuori dalla logica!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Marone. Ne ha facoltà.
RICCARDO MARONE. Stiamo veramente sfiorando il ridicolo, onorevole Carrara, perché, così facendo, si cade nell'ipotesi alla quale accennava il collega Bressa, cioè che qualcuno possa pensare che il Presidente della Repubblica possa concedere la grazia secondo modalità contrarie alla legge (precisare infatti che un qualcosa può avvenire secondo le modalità previste dalla legge mi sembra ovvio e non credo debba essere inserito in Costituzione).
Il problema però è un
altro. Il punto saliente di questo emendamento non è infatti nell'espressione
«secondo le modalità previste dalla legge», bensì nella parola «richiesta». Ciò
si riferisce infatti ad un nome ed un cognome: riguarda cioè, specificamente,
la vicenda di un soggetto che in questo paese non vuole richiedere la grazia.
Allora mi chiedo se possiamo modificare la Costituzione e prevedere in essa
delle norme solo perché dobbiamo disciplinare un caso specifico. Quel caso
specifico lo abbiamo già affrontato in quest'aula in alcune giornate di seduta,
inutilmente perse, perché alla fine non se n'è fatto nulla sul piano della
legislazione ordinaria.
ROBERTO MENIA. Bravo! Proprio così!
RICCARDO MARONE. Lasciamolo dunque alla legislazione ordinaria del Parlamento e non inseriamo in Costituzione aspetti che non hanno alcuna valenza di natura costituzionale. Sono, ripeto, problematiche specifiche ed è veramente paradossale che qualcuno le voglia inserire in Costituzione.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole La Russa. Ne ha facoltà.
IGNAZIO
LA RUSSA. Come si può vedere,
stiamo cercando di non trasformare un momento importante, quale la riscrittura
della Costituzione, in una meschina occasione per cercare di far uscire dal
carcere una persona, senza fargli chiedere la grazia. Quindi non stiamo facendo
niente di drammatico.
Crediamo però che questo emendamento, a differenza di quello che ha detto il
collega, consenta di creare una riserva di legge ordinaria, che potrà
disciplinare i modi necessari per richiedere la grazia. Con questa riforma è
pacifico che non toccherà al ministro dover promuovere l'iter per la grazia.
Ciò non vuol dire però che non vi possa essere la necessità di una richiesta,
la cui disciplina riserveremmo alla legge ordinaria, come sempre avviene in
Costituzione. Questo ci sembra un modo corretto per non immiserire il lavoro di
riscrittura della Costituzione e per tornare ad un livello un po' più alto, che
solo la vicenda Sofri sta rischiando di far dimenticare all'aula del Parlamento
(Applausi dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale)!
PRESIDENTE.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico,
sull'emendamento Carrara 24.80, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la
votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 460
Votanti 452
Astenuti 8
Maggioranza 227
Hanno votato sì 99
Hanno votato no 353).
Prendo atto che l'onorevole Paoletti Tangheroni non è riuscita ad esprimere il proprio voto.
Indìco la votazione
nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Bressa 24.3,
accettato dalla Commissione e dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la
votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).
(Presenti 461
Votanti 457
Astenuti 4
Maggioranza 229
Hanno votato sì 450
Hanno votato no 7).
Passiamo alla votazione
del subemendamento Boccia 0.24.202.1, sul quale la Commissione ed il Governo
hanno espresso parere favorevole, subordinatamente all'espunzione dal testo
delle parole: «ai sensi dell'articolo 88».
Chiedo al presentatore se accetti la riformulazione proposta dalla Commissione.
ANTONIO BOCCIA. Sì, signor Presidente.
PRESIDENTE.
Sta bene.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul
subemendamento Boccia 0.24.202.1, nel testo riformulato, accettato dalla
Commissione e dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la
votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).
(Presenti 471
Votanti 469
Astenuti 2
Maggioranza 235
Hanno votato sì 463
Hanno votato no 6).
Indìco la votazione
nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Elio Vito 24.202,
nel testo subemendato, accettato dalla Commissione e dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la
votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).
(Presenti 469
Votanti 293
Astenuti 176
Maggioranza 147
Hanno votato sì 275
Hanno votato no 18).
Indìco la votazione
nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Leoni 24.4, non
accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la
votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 468
Votanti 463
Astenuti 5
Maggioranza 232
Hanno votato sì 197
Hanno votato no 266).
Prendo atto che
l'onorevole Giuseppe Gianni non è riuscito a votare.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo
24, nel testo emendato.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la
votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Applausi dei
deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-L'Ulivo, della Margherita,
DL-L'Ulivo, di Rifondazione comunista e Misto-Comunisti italiani) (Vedi votazioni).
(Presenti 459
Votanti 450
Astenuti 9
Maggioranza 226
Hanno votato sì 211
Hanno votato no 239).
Prendo atto che
l'onorevole Giuseppe Gianni non è riuscito a votare.
Chiedo al relatore di chiarire come ritiene si possa procedere nei nostri lavori
(Commenti dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-L'Ulivo, di
Rifondazione comunista e Misto-Comunisti italiani).
PRESIDENTE.
Onorevoli colleghi, per cortesia! È il voto libero del Parlamento che si è
espresso! Fatemi la cortesia di farmi capire... Finché non vi sarà serenità,
non potrò dare la parola all'onorevole relatore.
Onorevole Bruno, la prego di non parlare finché i commenti non si saranno
chetati (Commenti dei deputati dei gruppi dei Democratici di
sinistra-L'Ulivo, di Rifondazione comunista e Misto-Comunisti italiani).
Onorevole Ruzzante, la prego di moderare i suoi entusiasmi. L'onorevole Russo
Spena è chiamato allo stesso rigoroso comportamento. L'onorevole Boccia è
pregato di non fare capannelli. L'onorevole Preda è pregato di prendere posto.
Onorevole Loiero!
Onorevoli colleghi, per cortesia.
Prego, onorevole Bruno.
DONATO BRUNO, Relatore. Signor Presidente (Commenti dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo)...
PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, per cortesia, fate parlare l'onorevole relatore!
DONATO BRUNO, Relatore. Signor Presidente, il Comitato dei nove affronterà questo problema tra circa un'ora (era già prevista la sua convocazione); riterrei opportuno accantonare l'esame dell'articolo 25, concernente il giuramento del Presidente della Repubblica, e dei relativi emendamenti mentre potremmo procedere all'esame dell'articolo 26, che riguarda il Governo e il primo ministro.
PRESIDENTE.
Sta bene.
Procediamo allora all'esame dell'articolo 26 (Commenti dei deputati del
gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo)...
PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, vi prego di avere un po' di rispetto, soprattutto di voi stessi e del Parlamento. È stato espresso un voto e va rispettato!
RENZO INNOCENTI. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
RENZO
INNOCENTI. Signor Presidente,
comprendiamo l'esigenza di proseguire i nostri lavori, ma con un voto libero,
come giustamente accade in Parlamento e come lei ha affermato, è stato respinto
un articolo che per noi è importante ed insostituibile rispetto al meccanismo
che è stato previsto nel progetto presentato dalla maggioranza e dal Governo.
Venendo meno alcuni poteri del Presidente della Repubblica, non possiamo
pensare di accantonare questo tema e passare ad un altro argomento, perché si è
verificato un vuoto nella nostra Costituzione.
Dunque, ritengo sia necessario sospendere la seduta per consentire al Comitato
dei nove di riunirsi, in quanto non può passare in sordina un avvenimento
politico che ha visto una grave frattura nella maggioranza in riferimento alla
riforma istituzionale al nostro esame (Applausi dei deputati del gruppo dei
Democratici di sinistra-L'Ulivo).
PRESIDENTE.
Onorevoli colleghi, cerchiamo di essere animati dal buonsenso.
L'onorevole Innocenti ha posto una questione politica; d'altronde, uno dei leader
dell'opposizione, a fronte di un voto difforme della maggioranza che ha
impedito l'approvazione dell'articolo 24, non avrebbe potuto fare diversamente.
Io vedo la questione da un altro punto di vista, che non è quello politico, ma
quello istituzionale, in quanto effettivamente si apre un vuoto che, a mio
parere, richiede da parte del Comitato dei nove una valutazione serena.
Pertanto, piuttosto che procedere nei lavori in una situazione di confusione,
ritengo sia ragionevole - se i capigruppo sono d'accordo - procedere ad una
breve sospensione, al fine di consentire al Comitato dei nove di riunirsi.
Sospendo quindi la seduta...
GIAN FRANCO ANEDDA. Chiedo di parlare.
IGNAZIO LA RUSSA. Presidente!
PRESIDENTE. Colleghi, sospendo la seduta, che riprenderà alle 13.
La seduta, sospesa alle 12,35, è ripresa alle 13,10.
PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, ricordo che, da ultimo, l'Assemblea...
ERNESTO MAGGI. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.
PRESIDENTE.
Onorevole Maggi, le darò la parola subito dopo aver terminato la comunicazione
che stavo leggendo.
Ricordo che, da ultimo, l'Assemblea ha respinto l'articolo 24 e che la seduta è
stata sospesa per consentire la riunione del Comitato dei nove.
Ha facoltà di parlare, onorevole Maggi.
ERNESTO
MAGGI. Signor Presidente, a
dire il vero mi dispiace che mi abbia ignorato quando, a tempo debito, ho
chiesto di parlare e lei ha preferito sostanzialmente tacitarmi. Ritengo che
quanto intendo dire rivesta estrema importanza dal mio punto di vista di
parlamentare che non ha vincoli di mandato. Intendo solo evidenziare, in
particolare al mio gruppo e a chi ci ha guidati a votare in una certa maniera
sull'articolo 24, la mia posizione sostanziale di divergenza totale. Non è
possibile far venir meno il numero legale per ben quattro volte, e fare poi
inopinatamente incursione in aula per imporci di votare in una certa maniera (Applausi
di deputati dei gruppi di Forza Italia e dell'Unione dei democratici cristiani
e dei democratici di centro)!
Questa non è politica! Questa è improvvisazione, che non ci consente di
rispondere con dignità al nostro mandato! Quindi, mi dissocio totalmente (Applausi
di deputati dei gruppi di Forza Italia, della Margherita, DL-L'Ulivo, della
Lega Nord Federazione Padana e dell'Unione dei democratici cristiani e dei
democratici di centro).
PRESIDENTE. Presidente Bruno, le chiedo se intenda riferire all'Assemblea sull'esito dei lavori del Comitato dei nove.
DONATO BRUNO, Relatore. Signor Presidente, non sta a me esprimere valutazioni su quanto è accaduto. Il Comitato dei nove chiede l'accantonamento dell'esame delle norme relative al premier ed al Governo. Propone pertanto di proseguire i lavori con l'esame dell'articolo 25; successivamente si potrebbe passare, accantonando - ripeto - gli articoli relativi al premier, in ordine ai quali è necessaria un'ulteriore riflessione, agli articoli 31 e seguenti.
ANTONIO BOCCIA. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ANTONIO BOCCIA. Signor Presidente, apprezzo moltissimo lo sforzo compiuto dal presidente Bruno in ordine alle modalità di prosecuzione dei lavori, dopo quanto è accaduto. Tuttavia, signor Presidente, non credo lei possa consentire che si continui l'esame dell'articolato.
ROBERTO MENIA. Cosa dici!
ANTONIO
BOCCIA. Infatti, in virtù del
combinato disposto delle norme costituzionali approvate dalla Camera dei
deputati e del vigente articolo 89 della Costituzione, si determina un chiaro
impedimento per la vita della Repubblica, in ordine alla certezza nella guida
del Governo. Non si tratta di una questione che può rimanere irrisolta, né vi
sono nel testo articoli che possono consentire di risolvere il problema.
Ai sensi dell'articolo 88 della Costituzione, nel testo modificato dalla
riforma, con la presentazione ed approvazione di una mozione da parte dei
deputati appartenenti alla maggioranza espressa dalle elezioni in numero non
inferiore alla maggioranza dei componenti della Camera, può essere indicato un
nuovo Primo ministro. Quest'ultimo è nominato dal Presidente della Repubblica,
il quale, stante il vigente articolo 89, dovrebbe vedere controfirmato l'atto
di nomina dal Primo ministro in carica.
È evidente che vi può essere la possibilità che il Presidente in carica,
evidentemente sostituito dalla sua ...
PRESIDENTE. Onorevole...
ANTONIO BOCCIA. Come può suonare il campanello mentre sto affrontando una questione così seria? Non riesco a capire...
PRESIDENTE. Ha concluso onorevole?
PIERLUIGI MANTINI. Calma, Presidente!
ANTONIO BOCCIA. Mi scusi, io sto ponendo un problema così serio e lei mi suona il campanello?
PRESIDENTE. Sì, onorevole, io le suono il campanello!
ANTONIO BOCCIA. E allora se la faccia lei la riforma (Applausi dei deputati dei gruppi della Margherita, DL-L'Ulivo, dei Democratici di sinistra-L'Ulivo, di Rifondazione comunista e Misto-Comunisti italiani)!
PIERLUIGI CASTAGNETTI. Presidente, ma cosa sta facendo! Se ne rende conto?
CARLO LEONI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
CARLO
LEONI. Signor Presidente, il
presidente della I Commissione Bruno ha correttamente riferito che il problema
di fronte al quale ci troviamo dopo il voto di poc'anzi pone un'esigenza di
bilanciamento tra i poteri del Presidente della Repubblica e quelli del Primo
ministro; tutti comprendono ciò. Non è la stessa cosa che il Presidente della
Repubblica possa nominare il presidente del CNEL, delle authority ed il
vicepresidente del CSM con o senza una proposta del ministro.
Il nostro gruppo ritiene che sia impossibile procedere nell'esame senza un
chiarimento preventivo su questi aspetti. Non possiamo pensare che siano
questioni secondarie e quindi andare avanti cogliendo «fior da fiore» i vari
articoli sui quali saremmo pronti a procedere, mentre vi è un macigno da
affrontare che riguarda un tema politico e di lettura del testo in esame: quali
sono dopo questo voto i rapporti tra Presidente della Repubblica e Primo
ministro. La nostra valutazione è che dovremmo interrompere i lavori ed
attendere un chiarimento, visto che non si può procedere ulteriormente (Applausi
dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo).
FRANCESCO GIORDANO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
FRANCESCO GIORDANO.
Signor Presidente, ci associamo alle richieste dei colleghi; e questo per una
ragione evidente: il vecchio testo che, a seguito del voto, resterebbe in
vigore a nostro avviso mal si attaglia alle nuove funzioni definite in tutto
l'articolato del provvedimento.
Per tali ragioni, e per le questioni sollevate poc'anzi dai colleghi, chiediamo
la sospensione dei lavori e lo svolgimento di una discussione su quanto
verificatosi. D'altronde tutto ciò è stato determinato da uno voto difforme
all'interno della stessa maggioranza. Non possiamo esaminare temi così
rilevanti procedendo a salti, senza una linea organica con la quale
confrontarci in tema di riforme! La maggioranza non è presente, si prosegue a
salti e non si comprende bene quali siano i rapporti tra Presidente del
Consiglio e Presidente della Repubblica. Diteci voi se è possibile continuare
in questa maniera (Applausi dei deputati del gruppo di Rifondazione
comunista)!
ARMANDO COSSUTTA. Chiedo di parlare (Commenti dei deputati dei gruppi di Forza Italia e di Alleanza Nazionale).
PRESIDENTE. Ne ha facoltà (Commenti dei deputati dei gruppi di Forza Italia e di Alleanza Nazionale).
RENZO INNOCENTI. Fascisti!
PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, vi prego! Credo che oggi già vi sia un clima di nervosismo sufficiente.
ARMANDO COSSUTTA. Anch'io ritengo, signor Presidente, come già hanno affermato i colleghi poco fa (Commenti dei deputati dei gruppi di Forza Italia e di Alleanza Nazionale)...
PRESIDENTE. Colleghi, per cortesia! Se vogliamo definitivamente far deflagrare la situazione, possiamo farlo!
IGNAZIO LA RUSSA. E sì, ora sospendiamo altri venti minuti...
PRESIDENTE.
In quest'aula, finché la presiedo io, tutti hanno diritto di parlare ed essere
ascoltati; chi non vuole farlo può uscire (Applausi - Commenti del deputato
Boccia).
Onorevole Boccia, lei ha parlato tanto in questi tre anni. Ho scampanellato,
non le ho tolto la parola. Se lei si è innervosito me ne dispiace, se sono io
la causa. Non ne facciamo un affare di Stato... Ho semplicemente scampanellato.
Tutti, da quando siamo parlamentari, abbiamo subito le scampanellate con
tranquillità e serenità!
Ha facoltà di parlare, onorevole Armando Cossutta.
ARMANDO COSSUTTA. Signor Presidente, dicevo, dunque, che non è possibile, come hanno detto altri colleghi, continuare la discussione sull'insieme dell'articolato che ancora dobbiamo esaminare e votare, perché, con la votazione che vi è stata a fine mattinata, si è determinata una modificazione profonda. Non soltanto è indispensabile capire e conoscere qual è l'orientamento della maggioranza, della Commissione, e del presidente della Commissione per dare una sistemazione razionale e logica a questo punto, ma è anche indispensabile capire che cosa si vuol fare perché tutte le altre questioni, onorevole Presidente, sono importantissime, ma nessuna è così importante come questa! Questa, infatti, riguarda i poteri del Presidente della Repubblica, quelli del Presidente del Consiglio e quelli del Parlamento, cioè l'essenza stessa della seconda parte della Costituzione; e mi meraviglio che si possa esitare tanto a prendere una decisione che mi pare indispensabile e comunque saggia: sospendere i lavori per capire come si andrà a finire (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Comunisti italiani - Applausi polemici dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale).
LUANA ZANELLA. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
LUANA
ZANELLA. Signor Presidente,
anche i Verdi si associano alla richiesta di sospensione dei lavori, perché è
di tutta evidenza l'impossibilità di procedere; ma vorrei anche stigmatizzare
quanto è avvenuto in questi due giorni e che effettivamente dà il segno di
quale sia lo spirito costituente della maggioranza.
Credo che questo Parlamento si dovrebbe un po' vergognare, perché la
differenza, la distanza tra lo spirito costituente che ha dato vita al bel
patto costituzionale vigente e quello che invece ispira il dibattito in queste
ore, in questi giorni, dovrebbe dimostrare che vi è la necessità di sospendere
l'esame e di riprenderlo su altri livelli e con ben altro spirito (Applausi
dei deputati del gruppo Misto-Verdi-L'Ulivo).
PIERLUIGI CASTAGNETTI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
PIERLUIGI CASTAGNETTI.
Signor Presidente, desidero completare, anche perché i colleghi ne siano
informati se, per caso, fosse loro sfuggito, il ragionamento dell'onorevole
Boccia.
L'onorevole Boccia credo abbia reagito giustamente - io ho condiviso - perché
stava sviluppando un ragionamento che dovrebbe interessare tutti. Si è
determinata una fattispecie che impone di sospendere l'esame di questo
provvedimento. Egli stava illustrando il caso in cui, con una mozione di
sfiducia, venga sostituito il primo ministro: il Presidente della Repubblica
sarebbe costretto a nominare il successore con un atto controfirmato dal
precedente primo ministro sfiduciato. Se quest'ultimo si opponesse, non
potrebbe rientrare in funzione il nuovo primo ministro: ma vi rendete conto?
NUCCIO CARRARA. Cinquantatré Governi si sono dimessi!
MARCO BOATO. Avete provocato voi questo problema!
PIERLUIGI CASTAGNETTI.
Questa è una fattispecie cui bisogna porre rimedio; non attendiamo un
chiarimento, attendiamo di capire come si uscirà da questa impasse.
Porre tale problema significa rendere un servizio a chi sta portando avanti una
riforma che non ha né capo né coda; a questo punto, però, non possiamo
procedere senza avere chiarito e risolto questo problema!
PRESIDENTE. Lei ha posto il problema e l'hanno posto anche gli altri, tutti in un tempo ragionevole: nessun problema è sorto perché ciò è giusto e fa parte del dibattito politico, a dimostrazione del fatto che la «scampanellata» non era un caso. Non si può far diventare «casi» quelli che non sono tali!
GIAN FRANCO ANEDDA. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
GIAN FRANCO ANEDDA.
Signor Presidente, con molta pacatezza e con un invito alla riflessione vorrei
esortare a rileggere le norme. È uscito dalla Commissione un testo che
riproduce il primo e il secondo comma dell'articolo 89 del testo attuale della
Costituzione: non cambia nulla! Il testo attuale della Costituzione, accettato
e riprodotto nella riforma in esame, fa riferimento ai «ministri proponenti» e
in più stabilisce che gli atti avrebbero già dovuto essere controfirmati dal
primo ministro prima del provvedimento del Presidente della Repubblica.
Nessuno ha posto questioni di incongruenza circa il mantenimento dei primi due
commi attuali dell'articolo 89 della Costituzione, che fanno riferimento ad un
ministro proponente, con l'assetto della riforma che la Camera sta esaminando
in ordine ai poteri del Presidente della Repubblica (Applausi dei deputati
del gruppo di Alleanza Nazionale).
Nella discussione odierna si è aggiunto un altro dato, perché il terzo
comma dell'articolo 89 della riforma in esame, con un emendamento approvato
quasi all'unanimità, è stato abolito. Delle parole «Non sono proposti né
controfirmati» si sono abolite le parole «né controfirmati», ma si è lasciato
«non sono proposti», tuttavia la controfirma rimane. Quindi, se fosse stato
approvato l'articolo 89 nella nuova formulazione, qualunque atto del Presidente
della Repubblica, comprese le nomine, avrebbe dovuto essere proposto dal
ministro diventato competente...
RICCARDO MARONE. No! No!
NUCCIO CARRARA. Controfirmato!
PRESIDENTE. Onorevoli colleghi...
GIAN FRANCO ANEDDA. ...e
controfirmato.
Adesso non è stata ancora approvata la riforma e vige il testo attuale
dell'articolo 89 della Costituzione, quello che, ripeto, è stato riprodotto nei
primi due commi del testo riformato. Allora, dov'è lo stravolgimento e lo scandalo
se parliamo solo delle nomine? Le nomine debbono avere una proposta ed una
controfirma, come stabilisce attualmente la Costituzione. Subentra il
principio, oggi costituzionale perché sancito dalla Corte, della ragionevolezza
in ordine ai rapporti che esistono tra l'esecutivo e il Presidente della
Repubblica. Certo, una cosa è cambiata: il tentativo surrettizio di fare
entrare nella Costituzione un atto che riguarda una singola persona, la grazia
a Sofri (Applausi dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale e di
deputati del gruppo di Forza Italia), stravolgendo un sistema che è vissuto
per anni pacificamente fino a quando non si è preteso, come si pretende, di far
compiere al Presidente della Repubblica, irresponsabile e sopra le parti, un
atto politico che non gli compete (Applausi dei deputati del gruppo di
Alleanza Nazionale e di deputati del gruppo di Forza Italia - Commenti del
deputato Cè).
PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, intervengo solo per chiarire come opera la Presidenza. Ho dato la parola ad un deputato per gruppo e non la concedo a più di un deputato per gruppo perché ciò non è accettabile; dopodiché, dirò una cosa che implica delle conseguenze.
ELIO VITO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ELIO VITO. Signor Presidente, sono d'accordo con il metodo che ha deciso poco fa. Tuttavia, se si sospende la seduta per permettere al Comitato dei nove di compiere alcune valutazioni, alla ripresa dei lavori ci si deve attenere tutti, compresi i colleghi dell'opposizione che hanno partecipato alla riunione di tale Comitato, a quello che riferisce in aula il presidente Bruno: è stato detto che si poteva proseguire nei lavori specificando quali articoli esaminare.
SERGIO SABATTINI. C'è il centralismo democratico!
ELIO
VITO. Se dobbiamo, come è
legittimo e, forse, anche opportuno, svolgere un dibattito politico sul voto
che vi è stato, allora potevamo anche non consentire la riunione del Comitato
dei nove e svolgere direttamente il dibattito politico sull'esito del voto.
Tale esito, lo dico con chiarezza, è la conseguenza di tante cose e dico ai
colleghi dell'opposizione (anche se ognuno è padrone delle proprie scelte,
anche della conseguenza della scelta, liberamente fatta ed annunciata in aula
dall'opposizione e dai colleghi che hanno partecipato al Comitato dei nove, di
presentare emendamenti soppressivi e di votare contro tutti gli articoli della
riforma, anche contro quelli che si condividevano): questo avete deciso. Per
non volervi «sporcare» in alcun modo con la riforma poiché era completamente
sbagliata, avete annunciato di aver presentato emendamenti soppressivi di tutti
gli articoli e, come vi è stato detto dal vostro leader
extraparlamentare Romano Prodi, siete tenuti a votare contro tutti gli articoli
della legge (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia e di Alleanza
Nazionale).
Forse, avete votato anche contro qualcosa che condividevate, ma queste sono
effettivamente le conseguenze della vostra leadership e del vostro modo
di fare politica (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia, di
Alleanza Nazionale e della Lega Nord Federazione Padana).
Comunque, ognuno è padrone di se stesso.
Ciò che ora dobbiamo fare...
PIERLUIGI CASTAGNETTI. È stata la maggioranza!
PRESIDENTE. Onorevoli Colleghi...
ELIO
VITO. Mi sorprende che un
collega generalmente attento e al quale prestiamo attenzione, come il collega
Boccia, sollevi questioni che, invece, sono infondate. Infatti, non vi sono
dubbi sul fatto che, con l'attuale articolo 89 della Costituzione, i poteri del
Capo dello Stato, che, peraltro, abbiamo già definito con l'articolo 87 della
Costituzione (sono stati tutti ampliati, compresi i poteri di nomina delle
Autorità indipendenti), restano immutati. Ma la procedura di cui ha parlato
l'onorevole Boccia è stata espressamente disciplinata dall'articolo 28 sullo
scioglimento delle Camere; si prevede l'indicazione da parte delle Camere del
nuovo premier e la votazione dello stesso con la prescritta maggioranza.
Si tratta del caso cui ha accennato l'onorevole Anedda e al quale nessuno può
sfuggire. Infatti, se sarà approvata la nuova Costituzione, avremo o un premier
indicato e votato dagli elettori o un premier che potrà essere
sfiduciato e sostituito solo da un nome espressamente indicato dalla stessa
maggioranza parlamentare scelta dagli elettori. Dunque, ciò non riguarda né il
potere di nomina né quello di controfirma. In quel caso, non sono gli elettori,
ma la stessa maggioranza parlamentare a nominare il nuovo primo ministro; lo
stabilisce l'articolo 88 della nuova Costituzione. Onorevole Boccia, non
inventiamoci cose che non esistono! Allora, anche il Presidente della
Repubblica può nominarne un altro? E il vecchio può non controfirmare? Ma cosa
c'entra? È il Parlamento a nominarlo direttamente. Credo che tale questione sia
infondata, come lo sono altre questioni che sono state sollevate.
Signor Presidente, il voto del Parlamento che ha respinto un articolo della
Commissione, sicuramente, indurrà la maggioranza e l'opposizione a fare alcune
valutazioni politiche. A mio avviso, il significato di questa bocciatura va
valutato, non rispetto al testo dell'articolo, ma rispetto ad una battaglia che
Alleanza nazionale ritiene di dover condurre ogni qual volta compaia la parola
«grazia». A nostro avviso, è stato respinto un articolo che non meritava di
essere respinto e che conteneva altri elementi, oltre al termine «grazia».
IGNAZIO LA RUSSA. Bastava votare l'emendamento!
ELIO VITO. Ma è questa la libera espressione del voto parlamentare che noi rispettiamo. Crediamo che non determini alcun conflitto con le altre norme del disegno di legge costituzionale al nostro esame. Per ragioni di opportunità, il presidente Bruno ha proposto di continuare l'esame delle norme riguardanti il CSM e la Corte costituzionale, ossia il Titolo IV, e di esaminare domani le disposizioni concernenti il primo ministro. Credo, tuttavia, che vi siano le condizioni per continuare (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia e di Alleanza Nazionale).
LUCA VOLONTÈ. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
LUCA VOLONTÈ. Signor Presidente, i leader politici faranno le valutazioni politiche sull'accaduto. È evidente a tutti, ai membri del Comitato dei nove e all'intera Assemblea, che il voto sulla controfirma cambia la definizione dei rapporti tra Capo dello Stato ed esecutivo. Cambiato questo equilibrio, si deve riflettere per trovarne un altro. Questa è la ragione che ha indotto il Comitato dei nove a proporre l'esame dell'articolo 25. Ogni forza politica farà le proprie valutazioni nella fase costruttiva dei prossimi giorni, partendo da un dato molto semplice, ossia la condivisione di un percorso iniziato a luglio su un testo che ha visto la firma di tutti i presidenti di gruppo e i voti diversi espressi in quest'aula. La responsabilità non può essere attribuita solo ad alcuni membri della maggioranza, ma deve essere di tutti. Tutti, di conseguenza, faranno le proprie valutazioni sui rapporti tra il Capo dello Stato e il primo ministro. Per questo motivo, chiedo all'opposizione di valutare positivamente questa riflessione sorta all'interno del Comitato dei nove, di votare con tutta calma l'articolo 25 e di consentire al Comitato dei nove, nel pomeriggio o domani, di valutare, sul piano tecnico e piano politico, come si possa ritrovare un equilibrio dopo il voto di quest'aula (Applausi dei deputati del gruppo dell'Unione dei democratici cristiani e dei democratici di centro).
ALESSANDRO CÈ. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ALESSANDRO CÈ. Signor Presidente, visto che ci si chiede di fare due valutazioni politiche, ritengo opportuno dire chiaramente qual è il pensiero della Lega Nord Federazione Padana in questo momento. Noi abbiamo preso atto dell'atteggiamento dell'opposizione, che è assolutamente contraria a questo riforma, che alcune volte nelle sue dichiarazioni cade in contraddizione, visto che descrive la riforma come una ricentralizzazione del potere e, nello stesso tempo, la considera in grado di sfasciare lo Stato. Però, riconosco all'opposizione il diritto e forse anche il dovere di contrastare le riforme anche in maniera strumentale, perché è dovere della maggioranza approvare le riforme in cui crede. Caro onorevole Anedda, nonché capogruppo, è inutile che lei venga in quest'aula, come ha fatto nel Comitato dei nove, a rispiegarci qual è la posizione di Alleanza nazionale su questo punto.
IGNAZIO LA RUSSA. Era anche la tua!
ALESSANDRO CÈ. Se vuole, in una parola, le dico chiaramente che la Lega Nord Federazione Padana, da sempre, è (e lo sarà sempre) contraria alla grazia a Sofri; ma altra cosa è essere seri come parlamentari, e lei, come capogruppo, dovrebbe garantire che il suo gruppo in quest'aula voti conformemente alla posizione assunta da lei, a nome del gruppo, sull'intera riforma costituzionale.
TEODORO BUONTEMPO. Non siamo prigionieri!
ALESSANDRO CÈ. Scusa Buontempo, lo sappiamo che ormai tu sei un baronetto e sei qui di passaggio.
TEODORO BUONTEMPO. Avete bocciato l'emendamento!
ALESSANDRO CÈ. Lei, Anedda, ha sottoscritto, anche con il capogruppo della Lega Nord Federazione Padana, un accordo di maggioranza che è riportato nel testo della riforma costituzionale, ha sottoscritto degli emendamenti modificativi assieme a tutti gli altri capigruppo di maggioranza sulle questioni che erano ritenute sostanziali per migliorare la riforma; non è accettabile, non è accettabile - lo ripeto - che si venga in quest'aula con un testo e poi, compattamente, il suo gruppo voti contro quel testo, che è stato concordato dalla maggioranza, perché allora vuol dire che si vuol far trasparire la volontà di bloccare la riforma, di affossarla.
TEODORO BUONTEMPO. Presidente, non si può rivolgere al collega...!
ALESSANDRO
CÈ. Infatti, le
conseguenze che avremo rispetto a questo voto coinvolgono anche le posizioni
fatte emergere, giustamente, nel Comitato dei nove dall'UDC (delle quali poi
parleremo sempre in quella sede): in tal modo si rallenta l'iter di questa
riforma che, con grande difficoltà, sta per essere approvata. Ognuno deve
assumersi le proprie responsabilità di fronte al Parlamento, ma anche di fronte
al paese e agli elettori che hanno votato per la Casa delle libertà.
Dopo aver fatto questa valutazione di massima, credo sia opportuna una
riflessione su questo punto, per vedere come procedere. Però, Presidente
Casini, rientrando in aula, alle 13,10, nonostante il problema importante che
era stato sollevato con la bocciatura dell'articolo 24 in questione, mi sarebbe
piaciuto che i nostri lavori fossero continuati, perché, come è stato detto dal
presidente della Commissione, ci sono alcuni articoli che possono essere
affrontati tranquillamente (l'articolo concernente la Corte Costituzionale,
quello sul CSM), per cui non vedo perché, anche sotto il profilo procedurale,
dobbiamo ostacolare la discussione di questo disegno di legge (Applausi dei
deputati del gruppo della Lega Nord Federazione Padana).
ROBERTO VILLETTI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Onorevole Villetti, il gruppo misto ha già parlato.
MARCO BOATO. Le componenti hanno diritto di parlare!
PRESIDENTE. Va bene, onorevole Villetti, ha un minuto di tempo a disposizione.
ROBERTO VILLETTI.
Signor Presidente, la ringrazio per avermi dato la parola.
Io mi associo alle dichiarazioni che sono state fatte dagli altri colleghi
dell'opposizione, però mi consentirà, Presidente, di dare una risposta
all'onorevole Vito (penso che la meriti). Vede, onorevole Vito, per arrivare ad
un accordo sulla Costituzione - io penso che sarebbe stato un dovere di tutti i
deputati e di tutti i senatori - si sarebbe dovuti partire da un testo
condiviso e si sarebbe dovuti partire innanzitutto da un impegno solenne che
nessuno, né la maggioranza attuale né l'opposizione attuale, se diventerà
maggioranza, come io spero, nelle prossime elezioni politiche, cambierà la
Costituzione.
CESARE RIZZI. È un menagramo questo qua!
ROBERTO VILLETTI. Infatti, questo metodo, secondo il quale la Costituzione cambia con le maggioranze che si determinano ....
PRESIDENTE. Onorevole....
ROBERTO VILLETTI.
...nell'espressione del Governo, è inaccettabile, non è proprio di un paese
civile. Quindi, tale è l'invito che le rivolgiamo e rivolgiamo alla
maggioranza.
Signor Presidente, per quanto riguarda la proposta di sospensione, la
condivido; è la stessa avanzata dagli altri presidenti di gruppo (Applausi
dei deputati del gruppo Misto-socialisti democratici italiani)
PRESIDENTE.
Onorevoli colleghi, distinguiamo i due piani. Una cosa è la questione politica,
derivante dal voto espresso dall'Assemblea: questione che, ovviamente, si
riflette sul testo in esame e che riguarda, quindi, anche il merito della
riforma. Altra cosa è la questione procedurale concernente l'andamento dei
nostri lavori.
Ebbene, dopo la votazione svoltasi circa un'ora e mezzo fa, il Presidente della
Camera dei deputati, come è prassi, ha interpellato il presidente della
Commissione. È quest'ultimo, infatti, che, in questa fase, deve guidare i
nostri lavori, giudicando i riflessi del voto sull'andamento dell'esame del
provvedimento e sulla costruzione del testo.
Per tale ragione, ho, dunque, chiesto al presidente Bruno di precisare in che
modo la Commissione intendesse procedere in vista di un funzionale andamento
dei lavori. Mi corre, quindi, l'obbligo di chiarire agli onorevoli colleghi, e
in particolare ai rappresentanti dell'opposizione, che, proprio per il rispetto
che porto alle regole, non modifico tale metodo; piuttosto, in questo momento,
Presidente e Assemblea devono essere aiutati da chi istruisce l'esame del
provvedimento.
Atteso che sono le ore 13,40 - e si può, quindi, avere un quadro complessivo
della situazione -, vorrei che l'onorevole Bruno...
DONATO BRUNO, Relatore. È proprio questo che volevo chiedere, signor Presidente...
PRESIDENTE. ...ci chiarisse come orizzontarci in questa fase dei nostri lavori. Ovviamente, non concederò un altro dibattito su quanto il relatore si accinge a dire.
DONATO
BRUNO, Relatore. La
ringrazio, signor Presidente.
Già ho chiarito, ma lo ribadisco, che il Comitato dei nove aveva convenuto di
riprendere i lavori dall'esame dell'articolo 25 per passare, quindi, agli articoli
31, 35 e 41. Infine, eventualmente, si sarebbe passati a discutere l'iter
formativo delle leggi - questione che già il Comitato dei nove aveva avuto modo
di approfondire -, lasciando, poi, in ultimo l'esame del premierato.
Considerata, però, l'ora cui siamo giunti, mi rendo perfettamente conto che,
forse - concedendo adesso una sospensione che consenta anche al Comitato dei
nove di riunirsi -, si possono riprendere i lavori seguendo il metodo da me
testé indicato.
PRESIDENTE.
Onorevoli colleghi, rimanete in aula; vi è un problema di fondo. Infatti, i
tempi, nella programmazione dei nostri lavori - cerco di fare tale
dichiarazione con la massima serenità - oggettivamente stringono e, inoltre,
alcune Commissioni sono convocate e debbono lavorare. Vi è, poi, questa
proposta della Commissione affari costituzionali che, in qualche modo, con un
aggiornamento dei nostri lavori, ritiene di poter avere il tempo per compiere
una riflessione.
Allora, onorevole Elio Vito, mi segua nel ragionamento; lei è il capogruppo di
maggioranza relativa. Ebbene, il problema, non è se sospendere adesso la
seduta; la sospensione sarà senz'altro decisa. Il problema è il prosieguo dei
nostri lavori in quanto, essendoci diverse Commissioni convocate per l'esame
dei documenti di bilancio, si deve, a mio avviso, rendere utile il
proseguimento della seduta.
Prevediamo, dunque, questa sera, di avere un andamento del voto che ci consenta
di proseguire in seduta notturna; ciò è assolutamente essenziale per tenere il
ritmo dei lavori (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia, di
Alleanza Nazionale e della Lega Nord Federazione Padana). Questa è la mia
intenzione.
Sospendo, perciò, la seduta, che riprenderà alle 16 con il seguito dell'esame
del provvedimento.
La seduta, sospesa alle 13,45, è ripresa alle 16,10.
PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, prima di riprendere i nostri lavori, vorrei cogliere l'occasione della sua presenza in tribuna per salutare Manuel Rodriguez Cuadros, ministro degli affari esteri della Repubblica del Perù. Lo salutiamo affettuosamente (Applausi), essendo i nostri paesi legati da un rapporto di tradizionale amicizia. La ringrazio, signor ministro (Applausi).
Si riprende la discussione (ore 16,13).
PRESIDENTE. Avverto che l'emendamento Elio Vito 16.200 è stato ritirato dai presentatori.
(Esame dell'articolo 25 - A.C. 4862 ed abbinate)
PRESIDENTE.
Passiamo all'esame dell'articolo 25 e delle proposte emendative ad esso presentate (vedi
l'allegato A - A.C. 4862 ed abbinate sezione 2).
Nessuno chiedendo di parlare, invito il relatore ad esprimere il parere della
Commissione.
DONATO BRUNO, Relatore. Signor Presidente, nell'esprimere parere contrario sugli identici emendamenti Mascia 25.1 e Boato 25.70, interamente soppressivi dell'articolo 25, vorrei suggerirle come procedere nei lavori dell'Assemblea. Subito dopo l'esame dell'articolo 25, potremmo procedere all'esame dell'articolo 31 e, successivamente, degli articoli 35, 41 e 42 del provvedimento.
PRESIDENTE. A cosa si riferiscono tali articoli, onorevole relatore?
DONATO BRUNO, Relatore. Gli articoli in oggetto trattano della Corte costituzionale e del Consiglio superiore della magistratura, escludendo le norme transitorie. Una volta terminato l'esame di tali articoli, avanzerò ulteriori proposte sul prosieguo dei nostri lavori.
PRESIDENTE.
Sta bene.
Prendo atto che il rappresentante del Governo concorda con il parere espresso
dal relatore.
Passiamo, dunque, alla votazione degli identici emendamenti Mascia 25.1 e Boato
25.70.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Perrotta. Ne ha
facoltà.
ALDO
PERROTTA. Signor Presidente,
preciso che intervengo a titolo personale.
Vorrei osservare che l'articolo 25 del provvedimento in esame concerne il
giuramento del Presidente della Repubblica e recita che quest'ultimo, prima di
assumere le sue funzioni, presta giuramento di fedeltà alla Repubblica e di
osservanza della Costituzione dinanzi all'Assemblea della Repubblica.
L'opposizione, attraverso i suoi emendamenti, propone di sopprimerlo, ma allora
cosa faremo? Il Presidente della Repubblica non presterà giuramento? Verrà
eletto e farà ciò che vuole? A chi dovrà giurare fedeltà: alla moglie, ai
figli, alla signora a fianco o al condominio? Cosa dovrà fare? Ditecelo (Commenti)!
MARCO BOATO. Resta la Costituzione vigente!
ALDO
PERROTTA. Secondo noi, il
Presidente della Repubblica, prima di insediarsi, deve giurare fedeltà alla
Costituzione ed alla Repubblica.
Mi sembra quanto meno strano voler sopprimere quest'articolo. Va bene che si
tratta della solita tattica di dire no a tutto, ma credo che anche la decenza
abbia un limite.
MARCO BOATO. La decenza, però, ha un limite per tutti!
PRESIDENTE.
Onorevole Boato, mi faccia la cortesia: presiedo io. Facciamo un patto, almeno
per oggi: mi faccia presiedere!
Gli interventi a titolo personale sono consentiti ai deputati i cui gruppi
hanno esaurito il tempo a propria disposizione - quali la Margherita, nella
fattispecie -, ma io non posso impedire ai gruppi di maggioranza di ricorrere
agli interventi a titolo personale. Tuttavia coloro i quali chiedono di parlare
a titolo personale, debbono attenersi alle regole che si applicano a tali
interventi, ossia debbono contenere il tempo degli interventi. Non lo dico
all'onorevole Perrotta, che è sempre molto rispettoso, ma a coloro i quali
interverranno successivamente. Non posso impedire ai deputati della maggioranza
di chiedere di parlare a titolo personale, perché si è sempre fatto così, da
quando il Parlamento si è dato queste regole. Posso, tuttavia, richiamare ad
usare non più del tempo assegnato a titolo personale. Su ciò, onorevole Boccia,
nonostante alcuni scampanellii di troppo, solitamente sono più magnanimo con
l'opposizione, che ha finito il tempo attribuito ai suoi gruppi...
ANTONIO BOCCIA. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ANTONIO BOCCIA. Signor Presidente, intervengo per dirle - così sarò tranquillo per la serata - che stamattina ho un po' esagerato, e le chiedo scusa (Applausi).
PRESIDENTE.
Onorevole Boccia, la ringrazio. Le posso dire una cosa? Questo vulnus,
che lei ha creato nel rapporto col Presidente, mi ha destato molta amarezza,
però ora, per fortuna, lei si è scusato.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole D'Alia. Ne ha
facoltà.
GIAMPIERO
D'ALIA. Signor Presidente,
francamente non capisco le ragioni di questi identici emendamenti soppressivi,
dato che il testo proposto dalla maggioranza non fa altro che operare un
coordinamento formale tra l'Assemblea federale della Repubblica - che elegge il
Capo dello Stato e che abbiamo già votato, anche nella sua composizione - e il
giuramento che deve essere prestato. Nel testo vigente, il giuramento del Capo
dello Stato avviene davanti al Parlamento in seduta comune, che è l'organo che
attualmente elegge il Capo dello Stato. Nel momento in cui sarà l'Assemblea
della Repubblica competente per l'elezione del Capo dello Stato, mi sembra
naturale, logico e coerente che il Capo dello Stato presti giuramento davanti
alla stessa Assemblea della Repubblica.
Sinceramente, non comprendiamo le ragioni per le quali non si dovrebbe votare
questo testo. Invitiamo pertanto i colleghi del centrosinistra a votare,
insieme a noi, questa formulazione.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Boato. Ne ha facoltà.
MARCO
BOATO. Signor Presidente,
sarò brevissimo. Mi pare che il collega Perrotta sia andato fuori dal seminato,
non rendendosi conto che, sopprimendo quest'articolo, resta in vita l'articolo
91 della Costituzione e che, quindi, il Presidente della Repubblica, prima di
assumere le sue funzioni, giura.
Il collega D'Alia è entrato nel merito, diversamente dall'onorevole Perrotta.
Voglio ricordare al collega D'Alia, ferme restando le diverse opinioni che vi
possono essere in merito - e non polemizzo su ciò - che già oggi l'articolo 91
della Costituzione prevede che il Presidente della Repubblica non giuri di
fronte all'Assemblea che lo ha eletto, trattandosi di un'Assemblea composta da
deputati, senatori e delegati regionali. I delegati regionali, a quel punto,
non fanno più parte della seduta, ma il Presidente della Repubblica giura e
legge il suo discorso di insediamento di fronte al Parlamento in seduta comune.
Nel merito vi è un dibattito che attraversa tutta la riforma e costituisce la
ragione per cui abbiamo presentato l'emendamento soppressivo. Quest'ultimo che
si può discutere, come stiamo facendo, ma una logica istituzionale vi è.
Ripeto, infatti, che già oggi chi elegge il Presidente della Repubblica non è
solo il Parlamento in seduta comune, essendovi anche l'integrazione dei
delegati regionali. Era solo un chiarimento, al fine dell'istruttoria del
nostro dibattito.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Fontanini. Ne ha facoltà.
PIETRO FONTANINI.
Signor Presidente, intervengo solo per invitare i colleghi dell'opposizione a
ritirare gli identici emendamenti Mascia 25.1 e Boato 25.70 soppressivi
dell'articolo 25. Infatti, è stato già approvato l'articolo 19, che stabilisce
che il Presidente della Repubblica è eletto dall'Assemblea della Repubblica, e
bocciare la disposizione sul giuramento del Presidente fatto innanzi
all'Assemblea della Repubblica mi sembra qualcosa di molto strano.
Sollecito, quindi, i colleghi dell'opposizione a ritirare questi emendamenti,
essendo già stato approvato l'articolo riguardante l'elezione del Presidente
della Repubblica. È assai strano il tenore di questi identici emendamenti
soppressivi. D'altronde, verrà posto in votazione il mantenimento dell'articolo
25, in cui viene specificato che il Presidente della Repubblica, prima di
assumere le funzioni, presta giuramento di fedeltà alla Repubblica e di
osservanza alla Costituzione dinanzi all'Assemblea della Repubblica.
PRESIDENTE.
Onorevoli colleghi, ricordo che verrà posto in votazione il mantenimento
dell'articolo 25, essendo stati presentati unicamente due identici emendamenti
soppressivi dell'articolo stesso.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Montecchi. Ne ha
facoltà.
ELENA
MONTECCHI. Signor Presidente,
comprendo, da un lato, gli sforzi degli onorevoli Fontanini e D'Alia di
prendere tempo per cercare di raggiungere il numero legale (Commenti dei
deputati del gruppo di Alleanza Nazionale) e, dall'altro lato, la richiesta
rivolta all'opposizione di votare a favore dell'articolo 25.
Le ragioni per cui in questo momento ci accingiamo a votare l'articolo 25
risiede in un fatto politico accaduto questa mattina: voi siete andati «sotto»
su un articolo con il voto determinante di Alleanza nazionale e gli applausi
del collega La Russa e, a questo proposito, si entra nel merito tecnico
dell'incoerenza dell'opposizione. Colleghi, il re è nudo! Se si deve prendere
tempo, si abbia almeno la decenza di usare altri argomenti (Applausi
polemici dei deputati del gruppo di Forza Italia)! Si abbia almeno il
coraggio politico di dire - come è stato affermato stamani da vostri
illustrissimi rappresentanti - che in Parlamento si discute delle questioni
tecniche perché quelle politiche saranno affrontate (si spera!) questa sera in
un vertice di maggioranza. Cosicché, si spera che, da domani, si potranno
affrontare le questioni politiche (Commenti del deputato Bornacin).
Onorevoli colleghi, in Parlamento si accede per elezione e non per
concorso! Dunque, l'opposizione fa il suo mestiere e noi proponiamo la
soppressione di questo articolo. Ma le ragioni per cui ci troviamo a votare in
modo scombinato risiedono nei vostri conflitti. Non chiamate in causa noi (Applausi
dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-L'Ulivo e Misto-Verdi-L'Ulivo)!
PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, essendo stati presentati due identici emendamenti interamente soppressivi del testo, metterò in votazione il mantenimento dell'articolo 25.
Passiamo ai voti.
PIERO RUZZANTE. Presidente, ognuno voti per sé!
PRESIDENTE.
Non ho ancora aperto la votazione, perché stavo proprio per raccomandare a
ciascuno di votare per sé.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul
mantenimento dell'articolo 25.
(Segue la votazione).
PIERO RUZZANTE. Presidente!
RENZO INNOCENTI. Presidente, guardi là!
PRESIDENTE. Dichiaro chiusa la votazione.
PIERO RUZZANTE. Presidente, ci sono doppi voti dappertutto!
PRESIDENTE.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni) (Commenti dei deputati
del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo).
(Presenti 257
Votanti 252
Astenuti 5
Maggioranza 127
Hanno votato sì 244
Hanno votato no 8
Sono in missione 65 deputati).
Onorevoli colleghi, per
cortesia, fate silenzio!
Prendo atto che gli onorevoli Spina Diana e Dorina Bianchi non sono riusciti ad
esprimere il loro voto e che l'onorevole Pistone ha erroneamente espresso un
voto favorevole.
(Esame dell'articolo 31 - A.C. 4862 ed abbinate)
PRESIDENTE.
Passiamo all'esame dell'articolo 31 e delle proposte emendative ad esso presentate (vedi
l'allegato A - A.C. 4862 ed abbinate sezione 3).
Nessuno chiedendo di parlare, invito il relatore ad esprimere il parere della
Commissione.
DONATO BRUNO, Relatore. Signor Presidente, la Commissione esprime parere contrario sugli identici emendamenti Leoni 31.1 e Mascia 31.3, nonché sugli emendamenti Boato 31.5 e Taormina 31.70 e 31.71. Il parere è favorevole sugli identici emendamenti Leoni 31.72 ed Elio Vito 31.200, mentre vi è un invito al ritiro dell'emendamento Bressa 31.9, in quanto tale disposizione è già presente nell'articolo 87 della Costituzione.
MARCO BOATO. Quindi, è un parere favorevole...
DONATO
BRUNO, Relatore. Si
tratta di un invito al ritiro, giacché la disposizione è già presente
nell'articolo 87 della Costituzione.
La Commissione, infine, esprime parere contrario sull'articolo aggiuntivo
Taormina 31.01.
PRESIDENTE. Qual è il parere del Governo?
ALDO BRANCHER, Sottosegretario di Stato per le riforme istituzionali e la devoluzione. Il parere del Governo è conforme a quello del relatore.
PRESIDENTE.
Prendo atto che l'onorevole Taormina ha ritirato il suo articolo aggiuntivo
31.01.
Passiamo alla votazione degli identici emendamenti Leoni 31.1 e Mascia 31.3.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale,
l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà.
GIANCLAUDIO BRESSA.
Abbiamo discusso di un Senato pseudo-federale. Il risultato del lavoro
riformatore non ha dato un grande risultato: ne è risultata una creatura
vagamente deforme, che di federale ha poco o nulla.
Allora, diventa del tutto singolare che, dopo avere in qualche modo non
considerato nel dovuto modo la composizione della seconda Camera per dare al
nostro Parlamento una Camera autenticamente federale, ci si preoccupi, invece,
di riformare in modo rigorosamente federale il Consiglio superiore della
magistratura.
Noi tutti sappiamo che il secondo comma dell'articolo 117 non è stato
modificato relativamente alle questioni della giurisdizione, per cui le regioni
sono in qualche modo escluse da ogni possibile interferenza con la
giurisdizione. Non si capisce, quindi, la ragione per la quale si vorrebbe che,
secondo l'articolo 104, fosse il Senato federale, integrato dai presidenti
delle regioni e delle province autonome, a nominare un sesto dei componenti
laici. Che interesse possono manifestare mai le regioni al funzionamento
dell'organo che governa la magistratura, visto che con essa non hanno né
possono avere rapporti istituzionali?
Questo è uno dei molti misteri che questa vostra scombinata azione riformatrice
presenta. Quando si tratta di fare una cosa autenticamente federale vi guardate
bene dal farlo, quando si tratta, invece, di un organo di autogoverno della
magistratura, che nulla ha di federale, perché la vostra stessa riforma non ha
modificato al riguardo i termini dell'articolo 117, per cui le materie relative
alla giurisdizione sono rimaste di esclusiva competenza statale, improvvisamente
vi sognate di federalizzare il Consiglio superiore della magistratura.
Tutto questo è vagamente «schizzato» e, ancora una volta, è la dimostrazione
che il vostro progetto di riforma non ha la benché minima coerenza logica
politica e istituzionale. È per questo che chiediamo la soppressione di questo
articolo.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Leoni. Ne ha facoltà.
CARLO
LEONI. Chiedo ai colleghi,
signor Presidente, di prestare un attimo di attenzione all'iter
modificativo che ha seguito questa norma sull'elezione del Consiglio superiore
della magistratura, a partire dal testo vigente della Costituzione, secondo il
quale un terzo dei componenti va eletto dal Parlamento in seduta comune tra
professori ordinari dell'università, eccetera.
Successivamente il Senato ha modificato questa parte, prevedendo, invece -
questo è il testo che è giunto dal Senato - che per un terzo i membri del
Consiglio superiore della magistratura fossero eletti esclusivamente dal
Senato, integrato dai presidenti delle giunte delle regioni e delle province
autonome di Trento e di Bolzano; in sostanza il Senato sequestrava la potestà
elettiva al Parlamento in seduta comune e se la attribuiva interamente,
prevedendo l'integrazione con i presidenti delle regioni e delle province
autonome di Trento e di Bolzano.
Abbiamo molto insistito in Commissione per far presente l'assoluta
irragionevolezza di una norma del genere e, alla fine, c'è stato un parziale
cambiamento, ma assai parziale. Secondo il voto di maggioranza che è stato dato
in I Commissione nella primavera scorsa, la nomina di un terzo dei membri del
Consiglio superiore della magistratura non viene più riservata esclusivamente
al Senato ma viene ripartita tra Camera e Senato (un sesto per ciascun ramo).
Il Senato, però, rimaneva integrato dai presidenti delle giunte delle regioni e
delle province autonome. Anche in questo caso abbiamo fatto presente due
stranezze di tale formulazione. Innanzitutto, non si capisce assolutamente la
ragione di tale integrazione con i presidenti delle giunte per nominare i
membri del Consiglio superiore della magistratura. La seconda stranezza è
continuare ad attribuire un sesto delle nomine al Senato federale.
La nostra insistenza ha portato ad un altro parziale passo verso una
configurazione più ragionevole. La maggioranza ha condiviso, alla fine, la
nostra opinione secondo cui l'integrazione con i presidenti delle giunte non
aveva alcun senso. Vi è stato un progressivo avvicinamento verso la ragionevolezza,
che, però, si ferma ad una soglia: comunque si prevede, seppure per un sesto,
che il Senato debba eleggere una parte dei rappresentanti del Consiglio
superiore della magistratura.
Lo abbiamo detto e ripetuto più volte, lo ha fatto poco fa anche il collega
Bressa: questo per noi non è un vero e pieno Senato federale. Con questa norma
lo confermate: se si trattasse di un vero Senato federale, cioè rappresentativo
delle realtà territoriali e con funzioni di concertazione nei rapporti tra
territori regionali e Stato, non vi sarebbero ragioni per attribuirgli
l'elezione di rappresentanti del Consiglio superiore della magistratura. Si
tratta, infatti, di una materia per la quale l'articolo 117, pure quello da voi
riformulato, non attribuisce una competenza alle regioni.
Piano piano vi siete accorti di alcune contraddizioni esplosive, ma rimane la
grande contraddizione appena citata. Si tratta della ragione per la quale
abbiamo presentato l'emendamento soppressivo sul quale voteremo a favore. Il
suddetto criterio di nomina del Consiglio superiore della magistratura non sta
in piedi se si dovesse prendere sul serio l'idea che andiamo verso la fine del
bicameralismo e la creazione di un Senato federale degno di questo nome.
Purtroppo, macchiate l'aggettivo federale anche con norme di questo tipo.
Ripeto, non ha alcun senso prevedere che il Senato federale partecipi alla
nomina del Consiglio superiore della magistratura (Applausi dei deputati del
gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mascia. Ne ha facoltà.
GRAZIELLA MASCIA.
Signor Presidente, vale la pena di sottolineare che la concentrazione dei
poteri trova un suo bilanciamento, oltre che nel sistema delle forze politiche
e sociali, anche nel ruolo autonomo e nelle funzioni degli organi giudiziari.
Dunque, la Costituzione ha introdotto, in riferimento alle speciali garanzie di
indipendenza della magistratura ordinaria, l'attribuzione dei poteri di
gestione al Consiglio superiore della magistratura. L'articolo 104 della
Costituzione prevede, non a caso, una composizione mista del Consiglio
superiore della magistratura, con membri elettivi e membri di diritto. La
scelta a favore di una composizione mista fu dovuta, all'interno della
Costituente, alla volontà di evitare che l'organo garante dell'autonomia e
dell'indipendenza della magistratura corresse il rischio di trasformarsi in una
struttura chiusa a difesa di posizioni corporative. Questa è la finalità posta
all'interno dell'articolo 104 dell'attuale Costituzione.
Quello che si è tentato di introdurre - come hanno sottolineato i colleghi -
attraverso gli emendamenti presentati al Senato, dove addirittura si delineava
il ruolo dei presidenti delle giunte, non ha nulla a che fare con la storia e
le finalità di tale articolo.
Indipendentemente dalla nuova composizione del Senato e nonostante
l'eliminazione delle incongruenze più evidenti, la previsione di questa
elezione non più da parte del Parlamento in seduta comune, bensì con una
ripartizione dei seggi tra Camera e Senato credo sia assolutamente illogica. Al
di là dell'effettiva rappresentanza territoriale del cosiddetto Senato
federale, non si comprende la ratio secondo la quale un organo
indipendente della magistratura dovrebbe avere una rappresentanza territoriale.
Quindi questa norma è priva di qualsiasi senso logico e per questo pensiamo che
l'approvazione degli identici emendamenti soppressivi in esame sia la scelta
migliore.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Acquarone. Ne ha facoltà.
LORENZO ACQUARONE. Un
giurista considerato di destra, vissuto nel Settecento, Guglielmo von Humboldt,
scriveva che spettano sempre allo Stato almeno quattro funzioni, quelle che lui
rappresentava con la feluca, la spada, la moneta e soprattutto la bilancia, nel
senso che uno Stato ben ordinato deve avere il potere giudiziario separato da
ogni altro potere.
Pertanto non riesco a capire le ragioni per cui l'elezione da parte del
Parlamento in seduta comune sia sostituita da due forme di votazione
parlamentare, quella della Camera e quella del Senato, ma soprattutto non
riesco a capire perché, in questa specifica situazione, debbano fare parte del
Senato cosiddetto federale i presidenti delle giunte regionali. Francamente con
questo sistema viene scardinato il principio della separazione dei poteri. In
qualche misura, c'è una specie di influenza localistica nella gestione ordinata
e razionale degli organi della giustizia.
Il fatto che il Consiglio superiore della magistratura in questi ultimi anni
possa aver funzionato qualche volta bene, qualche volta meno è questione sulla
quale potremmo discutere a lungo (personalmente non mi sento di condividere
tutte le prese di posizione assunte in passato dal Consiglio superiore della
magistratura). Tuttavia, trattandosi di un organo di autogoverno, in sede di
costituente si era detto che sarebbe stato opportuno che non fosse composto da
soli appartenenti alla struttura organizzata dei magistrati, proprio perché non
ci fosse un eccesso di corporativismo. Da ciò l'importanza che all'interno di
tale consesso sedessero membri esperti di diritto o professori ordinari di
materie giuridiche o avvocati con almeno 15 anni di servizio, ma non magistrati
delle giurisdizioni superiori (a differenza della Corte costituzionale). Questo
affinché si potesse avere un organismo temperato, ma pur sempre nell'ottica di
un organismo statuale e non anche di un organismo nel quale intervengono, non
si sa bene a che titolo, rappresentanti delle regioni.
Quindi francamente ritengo che ciò rappresenti un vulnus rispetto ad un
sistema ordinato e razionale e, vorrei anche dire, una ferita all'indipendenza
della magistratura. Pertanto ritengo che questi emendamenti soppressivi siano
sacrosanti.
PRESIDENTE.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sugli identici
emendamenti Leoni 31.1 e Mascia 31.3, non accettati dalla Commissione né dal
Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la
votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 449
Votanti 448
Astenuti 1
Maggioranza 225
Hanno votato sì 188
Hanno votato no 260).
Passiamo alla votazione
dell'emendamento Boato 31.5.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale,
l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà.
GIANCLAUDIO BRESSA.
Anche in questo caso torniamo a ciò che è stato detto pochi istanti fa. Noi
proponiamo che sia la sola Camera dei deputati a nominare i rappresentanti
laici.
Sfugge davvero (quando si esaminerà la questione della Corte costituzionale,
sarà ancora più gustoso affrontare il tema) questa vostra ansia di federalismo
malposto, perché, quando si tratta di essere federali per davvero e di
garantire una rappresentanza autenticamente federale, vi perdete in queste
forme un po' «stortignaccole» di Assemblea federale che vi siete inventati.
Quando si tratta invece di disciplinare, con estrema serietà, l'organo di
autogoverno della magistratura, definendo con compiutezza chi è titolato ad
eleggerlo, scoprite questa anima improvvisamente federalista. È davvero al di
là di ogni comprensione logica quanto voi state facendo. Vi sarebbe stato un
senso - fortunatamente, non avete voluto portare avanti questa ipotesi che, a
mio modo di vedere, sarebbe stata sciagurata - se aveste deciso di attribuire
alle regioni la competenza in materia di giurisdizione. Se aveste adottato
questa scelta, a mio modo di vedere non condivisibile, vi sarebbe stata una
certa logica. Invece, la logica che emerge è che a voi del Senato federale
interessa poco o nulla.
Non vi interessa di concepire un Senato federale; vi interessa di avere il
controllo politico sulla nomina dei membri laici e poiché voi immaginate un
Senato altrettanto politico di quanto non lo sia la Camera dei deputati, ma che
può sfuggire ad alcuni meccanismi di democrazia, pensate di allungare il
controllo politico anche sul Consiglio superiore della magistratura.
Questa è la tristissima, ma evidentissima realtà che emerge dal vostro
emendamento e dal vostro tentativo di riforma.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Leoni. Ne ha facoltà.
CARLO
LEONI. Signor Presidente, un
sistema federale vero ha bisogno non di scarti propagandistici e tanto meno di
contentini. Si attribuisce al Senato federale il potere di nominare alcuni
componenti del CSM, pensando, in tal modo, di istituire il federalismo. Le cose
non stanno così, com'è ovvio, e lo vedremo quando affronteremo il complesso
della procedura legislativa, perché un sistema federale deve, in primo luogo,
stare in piedi, e per stare in piedi ha bisogno di competenze chiare per
ciascun organo istituzionale (per la Camera, per il Senato, per il Governo),
mentre in questo caso vi è un'idea di nuovo molto pasticciata e
propagandistica.
Dal rispetto delle procedure e delle competenze che, con i vostri voti, avete
previsto relativamente all'articolo 117 si deduce chiaramente che, in materia
di giurisdizione, le regioni non hanno alcuna competenza. Ciò vorrebbe dire che
i membri di nomina parlamentare del CSM dovrebbero essere scelti dalla Camera
dei deputati; in realtà, facendo riferimento alle competenze statali, questa
attribuzione è prevista nel testo costituzionale vigente, nonché in quello
modificato con il voto della maggioranza di centrodestra.
Pertanto, non accettare la ragionevolezza che noi proponiamo con questo
emendamento e cioè che sia la Camera dei deputati ad assumere questo onere e
questo compito significa scegliere non la strada di un federalismo che sta in
piedi, ma qualcosa di molto pasticciato. Non è sufficiente alzare una
bandierina per aver fatto il federalismo, e ce ne accorgeremo.
PRESIDENTE.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico,
sull'emendamento Boato 31.5, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la
votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 438
Votanti 436
Astenuti 2
Maggioranza 219
Hanno votato sì 192
Hanno votato no 244).
Avverto che gli onorevoli
Buontempo, Brusco e Osvaldo Napoli non sono riusciti a votare; avverto,
altresì, che l'onorevole Zanella non è riuscita a votare e che avrebbe voluto
esprimere voto favorevole.
Ricordo che gli emendamenti Taormina 31.70 e 31.71 sono stati ritirati.
Passiamo alla votazione degli identici emendamenti Leoni 31.72 e Elio Vito
31.200.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Leoni. Ne ha
facoltà.
CARLO
LEONI. Purtroppo, signor
Presidente, in questo caso non abbiamo la controprova di una riflessione che
dovrebbe essere logica. L'emendamento proposto dall'opposizione vive ormai da
mesi, essendo stato esaminato e respinto dalla Commissione per poi essere
proposto in aula. Dopo il lavoro estivo coordinato dal ministro Calderoli, ci si
è resi conto che avevamo ragione ma, piuttosto che scegliere la strada più
diretta di un parere favorevole sul nostro emendamento, si è scelto di
presentare un identico emendamento a prima firma Elio Vito.
La controprova di cui non disponiamo è per quale ragione una cosa così ovvia -
non solo condivisa ma fatta propria dalla maggioranza - fu osteggiata, senza
comprenderne immediatamente la solare chiarezza, vale a dire il fatto che
sarebbe stato del tutto improprio che rappresentanti di esecutivi regionali e
delle due province autonome partecipassero in forma integrata al voto del
Senato per eleggere i rappresentanti del Consiglio superiore della
magistratura.
Per fortuna, alla fine, ve ne siete resi conto anche voi; un tempo si diceva:
meglio tardi che mai! Siete arrivati effettivamente tardi, ma per condividere
una posizione assolutamente ragionevole.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà.
GIANCLAUDIO BRESSA.
Paradossalmente, due emendamenti identici hanno motivazioni assolutamente
diverse. La nostra proposta di soppressione dell'integrazione da parte dei
presidenti delle giunte delle regioni e delle province autonome di Trento e
Bolzano nasce dalle ragioni che abbiamo fin qui illustrato, cioè dal fatto che
l'organo di autogoverno della magistratura nulla ha di federale, quindi è del
tutto incongruo immaginare che i rappresentanti degli esecutivi delle regioni e
delle province autonome vengano chiamati ad eleggere i membri laici del
Consiglio superiore della magistratura.
Il vostro emendamento, invece, nasce dal fatto che intendete avere il controllo
politico pieno sul Consiglio superiore della magistratura e non volete che
qualcuno possa disturbare il manovratore. Il risultato, purtroppo, non è quello
che ci aspettavamo, essendo piuttosto lontano dalle nostre aspettative rispetto
ai contenuti di una riforma relativa all'organo di autogoverno della
magistratura.
PRESIDENTE.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sugli identici
emendamenti Leoni 31.72 e Elio Vito 31.200, accettati dalla Commissione e dal
Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la
votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).
(Presenti 450
Votanti 447
Astenuti 3
Maggioranza 224
Hanno votato sì 438
Hanno votato no 9).
Prendo atto che gli
onorevoli Paolo Russo e Buontempo non sono riusciti ad esprimere il proprio
voto e che quest'ultimo avrebbe voluto esprimerne uno favorevole.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Bressa 31.9.
DONATO BRUNO, Relatore. Chiedo di parlare per una precisazione.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
DONATO BRUNO, Relatore. Signor Presidente, modificando il precedente avviso, intendo precisare che il parere della Commissione sull'emendamento Bressa 31.9 è favorevole, atteso che la soppressione del secondo comma di questo articolo già vede una disposizione identica nell'articolo 87 della Costituzione che abbiamo precedentemente votato.
PRESIDENTE.
Prendo atto che il rappresentante del Governo concorda con il parere espresso
dal relatore.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Leoni. Ne ha
facoltà.
CARLO
LEONI. Signor Presidente, il
parere favorevole espresso dalla Commissione e dal Governo sull'emendamento in
esame ha quale motivazione il fatto che tale tema è già contenuto altrove.
Tuttavia, abbiamo presentato questo emendamento soppressivo in quanto siamo
contrari nel merito al fatto che sia il Presidente della Repubblica a nominare
il vicepresidente del Consiglio superiore della magistratura. Siamo invece
favorevoli all'attuale testo della Costituzione, secondo il quale il Consiglio
elegge un vicepresidente tra i componenti designati dal Parlamento.
Riteniamo sia più congruo prevedere questa armonia tra poteri diversi nella
nomina del Consiglio superiore della magistratura piuttosto che sia lo stesso
Presidente della Repubblica a nominare il vicepresidente di tale organo, avendo
quest'ultimo un ruolo determinante.
Quindi, perveniamo al medesimo risultato ma noi, nel presentare l'emendamento
soppressivo, siamo stati mossi da una contrarietà di merito e non semplicemente
dal fatto che questo tema è collocato altrove.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà.
GIANCLAUDIO BRESSA. Signor Presidente, riprendendo brevemente le argomentazioni svolte dal collega Leoni, osservo che il presidente Bruno ha espresso parere favorevole sull'emendamento in esame per ragioni sistematiche, mentre il nostro parere favorevole deriva da ragioni politiche di merito. Non riteniamo, infatti, che il Consiglio superiore della magistratura debba essere un'assemblea a sovranità limitata, che non ha la possibilità di eleggere né il presidente né il vicepresidente. Per tale motivo, esprimiamo voto favorevole sull'emendamento in esame, attribuendo a tale voto un significato squisitamente politico.
PRESIDENTE.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico,
sull'emendamento Bressa 31.9, accettato dalla Commissione e dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la
votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).
(Presenti 452
Votanti 449
Astenuti 3
Maggioranza 225
Hanno votato sì 446
Hanno votato no 3).
Passiamo alla votazione
dell'articolo 31.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale,
l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà.
GIANCLAUDIO BRESSA.
Signor Presidente, esprimiamo voto contrario sull'articolo 31, per le ragioni
illustrate poc'anzi. Riteniamo, infatti, del tutto incongruo l'atteggiamento
della maggioranza volto a «federalizzare» l'organo di autogoverno della
magistratura, pur non avendo le regioni alcuna competenza in materia di
giurisdizione. Si tratta di un atteggiamento assolutamente inspiegabile dal
punto di vista della correttezza istituzionale, ma pienamente leggibile dal
punto di vista della volontà di interferire politicamente nell'organo di
autogoverno della magistratura.
Siete federali quando non dovete esserlo, non lo siete quando dovete esserlo.
Ma il vostro gioco è talmente scoperto che è facile far emergere, anzi
esplodere, le vostre contraddizioni. Questo pasticcio, mattone dopo mattone,
acquista sempre più un aspetto impresentabile: è una riforma senza capo né
coda, e ne state dando sempre più ampia dimostrazione.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Leoni. Ne ha facoltà.
CARLO
LEONI. Signor Presidente, i
colleghi probabilmente ricordano che, quando è stato esaminato dalla Camera il
provvedimento sulla riforma del sistema di elezione del Consiglio superiore
della magistratura, ad esso venivano attribuiti, dal Governo e dalla
maggioranza, significati taumaturgici: il cambiamento del sistema di elezione
avrebbe di per sé risolto tutti quelli che venivano indicati dal centrodestra
come i mali da sconfiggere. Abbiamo visto non soltanto che tali mali erano
stati costruiti ad arte, ma anche che il nuovo sistema di elezione non ha
consentito, a chi lo ha proposto, di conseguire il risultato politico
desiderato, vale a dire rendere la componente del Consiglio superiore della
magistratura eletta dai magistrati più paludata e più disponibile a vedere
compromessa la propria autonomia ed indipendenza.
Sono numerose le strade che possono condurre allo stesso risultato. Si è dunque
pensato, come ha ricordato poc'anzi il collega Bressa, di usare la strada della
riforma costituzionale. Il modo in cui vengono disciplinati dall'articolo in
esame i criteri e le procedure di elezione dei rappresentanti del Parlamento
nel Consiglio superiore della magistratura non regge né dal punto di vista
della chiarezza della procedura istituzionale, in quanto la giurisdizione resta
fra le competenze esclusive dello Stato (ci mancherebbe altro!), né dal punto
di vista della corretta impalcatura federale di una nuova Repubblica, come
quella che si afferma di voler disegnare.
Si chiede, in modo contraddittorio, di assumere la responsabilità di eleggere
alcuni membri del Consiglio superiore della magistratura ad un Senato federale
rappresentativo di regioni e realtà territoriali che, invece (come abbiamo
spiegato nei nostri precedenti interventi), dovrebbe essere sede di
concertazione e di dialettica con Stato e Governo sui problemi delle politiche
del territorio, o meglio, dei territori nelle diverse articolazioni regionali.
Inizialmente ritenevate che il Senato, peraltro integrato, dovesse eleggere
tutti i membri del Consiglio superiore della magistratura; in seguito vi siete
«acconciati» ad una idea più modesta, ma comunque contraddittoria, non solo con
l'antico articolo 117 e con quello attuale, ma anche con il rigore nella
ripartizione di competenze tra organi dello Stato indispensabile per far
funzionare un sistema. La vera innovazione in un sistema simile (ne discuteremo
più avanti in sede di esame dell'articolo 13) sarebbe il vero superamento della
logica del bicameralismo paritario, arrendendosi all'idea che una Camera abbia
determinate funzioni e l'altra si occupi di compiti del tutto diversi. Certo, i
due rami del Parlamento devono combinarsi tra loro, ma non fino al punto di
immaginare che possano concorrere insieme, come voi ci proponete con questo
articolo, ad eleggere i rappresentanti dell'organo di autogoverno della
magistratura.
PRESIDENTE. Onorevole Leoni, concluda.
CARLO LEONI. Ricordo che stiamo parlando di uno dei livelli più alti di amministrazione della giurisdizione, competenza che non è riservata alle regioni.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Alfonso Gianni. Ne ha facoltà.
ALFONSO
GIANNI. Come hanno già
ricordato altri colleghi, quello giudiziario è uno dei tre poteri fondamentali
in cui si articola l'equilibrio dei poteri secondo i dettami liberali, in base
alle tesi sostenute da Montesquieu in poi. Se si disarticola questo potere o,
peggio ancora, si concentra il primo (il potere esecutivo) disarticolando gli
altri (il legislativo e il giudiziario) si ottiene una modifica istituzionale
in senso puramente autoritario.
La regionalizzazione del potere di nomina dei membri del Consiglio superiore
della magistratura non ha alcun senso, né dal punto di vista funzionale né da
quello della costruzione istituzionale. Il collega Gerardo Bianco - qualora mi
ascoltasse... - conoscerà perfettamente una delle due versioni fondamentali di
quello che in filosofia viene definito il «rasoio di Ockham»: entia non sunt
multiplicanda praeter necessitatem. Assistiamo ad un allungamento del testo
della Costituzione. La bellezza di un testo giuridico o di una formula matematica
risiedono nella loro rarefazione, nell'essenzialità. Più allungate il brodo più
la minestra risulterà insipida e incomprensibile!
Questa riforma, anche dal punto di vista estetico, è del tutto ributtante. Per
tali ragioni voteremo contro questo articolo (Applausi dei deputati del
gruppo di Rifondazione comunista).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione voto, a titolo personale, l'onorevole Mantini, al quale ricordo che ha un minuto di tempo disposizione. Ne ha facoltà.
PIERLUIGI MANTINI.
Vorrei ricordare ai colleghi della maggioranza che vi accingete a modificare la
natura del Consiglio superiore della magistratura regionalizzandone la
composizione ed impedendo all'organo di autogoverno della magistratura di
eleggere il proprio vicepresidente. Realizzate tutto ciò tra un'assenza e
l'altra, con divisioni interne al vostro schieramento e senza intervenire per
replicare alle nostre argomentazioni.
Mi auguro solo che gli onorevoli Tabacci, Volontè e gli altri colleghi abbiano
ben chiaro che tutto questo è molto grave e avrà riflessi sulla riforma
dell'ordinamento della giustizia, ora in discussione. Il ruolo di colombe forse
non si addice a chi, senza spiegarlo, pretende di modificare dal punto di vista
costituzionale, l'ordinamento della giustizia e la composizione del Consiglio
superiore della magistratura; e lo fa - ripeto - senza argomenti, senza
interventi, senza alcuna passione né tensione e senza giustificazioni. Pensare
che il Consiglio superiore della magistratura debba essere emanazione dei
territori, delle regioni è una bestialità di cui vi assumete la responsabilità.
Negare la libertà di eleggere il vicepresidente ad un organo di autogoverno
come il Consiglio superiore della magistratura è un'altra bestialità.
Purtroppo gli effetti di queste cose, che forse non avranno futuro, si vedranno
nel presente, perché è chiaro che in questo modo si propone una concezione
della giustizia, e anche dei rapporti con la magistratura, che non può che far
male al futuro ed al presente dei rapporti istituzionali del nostro paese.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Sinisi. Ne ha facoltà.
GIANNICOLA SINISI.
Signor Presidente, onorevoli colleghi, intervengo solo per aggiungere un altro
argomento che milita a favore della tesi per cui questa scelta costituisce un
errore grave.
Modificare il sistema di elezione del vicepresidente del CSM prevedendone la
nomina da parte del Presidente della Repubblica, cari colleghi, esporrebbe il
Presidente della Repubblica stesso in maniera gravissima verso le censure che
gli possono essere rivolte. Egli sarà chiamato a formulare almeno tre scelte,
che potrebbero essere tutte e tre contestabili e contestate.
La prima è quella di scegliere tra un rappresentante eletto dal Senato,
piuttosto che dalla Camera; la seconda esporrà il Presidente della Repubblica a
scegliere tra un rappresentante eletto dalla maggioranza ed uno
dall'opposizione; e la terza è quella di avere un vicepresidente che non ha il
consenso del Consiglio superiore della magistratura, e quindi un vicepresidente
di minoranza, che metterà lo stesso Presidente della Repubblica dinanzi ad una
responsabilità molto grave. Per tale motivo chiedo che questo articolo venga
respinto dalla Camera.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Maura Cossutta. Ne ha facoltà.
MAURA
COSSUTTA. Signor Presidente,
anche noi siamo contro questo articolo e ci troviamo ad un altro punto
importante di questa controriforma. Avevamo prima criticato il premierato, in
cui vi è la rottura di quel sistema di equilibrio tra pesi e contrappesi, e
soprattutto la rottura dell'idea della indipendenza dei poteri: l'esecutivo dal
legislativo, il legislativo e quello giudiziario.
Qui vi è un altro tassello di questa vostra concezione, di fatto autoritaria,
che modifica il sistema delle garanzie: è stato modificato il ruolo del
Presidente della Repubblica, e adesso l'altro organo di garanzia, che è il
Consiglio superiore della magistratura. Non si capiscono le motivazioni, non si
comprende perché un giudice dovrebbe essere legato ai cosiddetti 'bisogni del
territorio' (non stiamo certo parlando di servizi sanitari o di servizi
sociali) e quindi vi è dietro una idea dell'attacco all'indipendenza della
magistratura e attraverso questa, che d'altra parte state portando avanti con
la vostra controriforma riguardo alla magistratura, dell'attacco al ruolo del
Consiglio superiore della magistratura.
È quindi un «no», e non è soltanto un «no» dell'opposizione in quest'aula; è un
«no» di tanti magistrati, giuristi, costituzionalisti che lanciano anche per
questo articolo, contro questo articolo, un allarme democratico.
DONATO BRUNO, Relatore. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
DONATO BRUNO, Relatore. Signor Presidente, a seguito dell'approvazione dell' emendamento Bressa 31.9 soppressivo della disposizione che prevede che il Presidente della Repubblica elegge il vicepresidente, automaticamente si rende necessaria una correzione al testo dell'articolo 31, prevedendo la soppressione del quinto comma dell'articolo 104, laddove recita che «il Consiglio elegge un vicepresidente tra i componenti designati dal Parlamento», altrimenti sarebbe incongruo. Quindi, io le chiederei per il voto finale (Commenti)...
PRESIDENTE. Onorevole Bruno, prosegua pure!
DONATO BRUNO, Relatore. Dovrò consultarmi con i colleghi del Comitato dei nove; tuttavia, potrebbe essere presentato un emendamento della Commissione. Mi sembra però che, una volta approvato in un'altra norma il principio secondo cui il Presidente della Repubblica elegge il vicepresidente del Consiglio superiore della magistratura, è chiaro che questo entra in conflitto con quanto stabilito e che quindi debba essere abrogato.
PRESIDENTE.
Abbiamo due strade, onorevole Bressa, mi ascolti.
È ovvio che l'approvazione dell'emendamento che lei ha presentato, correggetemi
se sbaglio, su cui il relatore ha espresso un parere favorevole, prefigura una
distonìa legislativa rispetto alla norma in ordine al vicepresidente del Consiglio
superiore della magistratura. Allora, o approviamo l'articolo 31 con l'accordo,
assunto dal Presidente e da tutta l'Assemblea, che in sede di coordinamento
risolviamo il problema sorto (Commenti)... Calma, stiamo parlando!
Oppure, si vota un emendamento integrato nel senso suggerito dal relatore.
PIERO RUZZANTE. Siamo in dichiarazione di voto sull'articolo!
PRESIDENTE. Avverto che la Commissione, all'unanimità, ha preannunziato la presentazione del seguente emendamento: All'articolo 31, dopo il comma 2, aggiungere il seguente: «2-bis. All'articolo 104 della Costituzione il quinto comma è soppresso».
MARCO BOATO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MARCO BOATO. Signor Presidente, suggerirei di accantonare il voto finale sull'articolo 31; il Comitato dei nove, che si riunirà domani mattina alle 8,30, esaminerà la questione e la sottoporrà all'Assemblea: credo che questa sia la procedura più corretta.
PRESIDENTE. Scusi, onorevole Boato, questa è proprio una cosa banale perché la Commissione ha modificato il parere su un emendamento, tra l'altro, presentato dall'opposizione.
MARCO BOATO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MARCO BOATO. Non sono intervenuto per motivi di tempo, ma gli onorevoli Leoni e Bressa sono intervenuti due volte per spiegare che viene sì approvato il nostro emendamento, ma che lo stesso era inserito in una logica in cui noi non volevamo che il vicepresidente fosse nominato...
PRESIDENTE.
Allora, il problema sarà risolto nel Comitato dei nove.
Avverto che, non essendovi obiezioni, la votazione dell'articolo 31, come
emendato, è da intendersi accantonata.
Avverto che gli articoli aggiuntivi all'articolo 35, Nuvoli 35.03 e Perrotta
35.02, già accantonati nella seduta del 29 settembre, sono stati ritirati dai presentatori.
PIERO RUZZANTE. Quando sono stati ritirati?
PRESIDENTE.
All'inizio della seduta (Commenti del deputato Ruzzante).
Onorevole Ruzzante, qual è il problema? Quando è iniziata la seduta i
presentatori li hanno ritirati.
PIERO RUZZANTE. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
PIERO
RUZZANTE. Scusi Presidente,
avevamo già svolto alcune dichiarazioni di voto sull'articolo 31, eravamo in
fase di votazione sullo stesso articolo ed il relatore si è accorto di un
errore relativamente allo stesso articolo 31. Comunque, siccome si è trovato un
accordo anche con il parere favorevole dei nostri membri del Comitato dei nove,
non eccepisco nulla su questo punto.
Quanto all'articolo 35, il ritiro degli emendamenti avrebbe dovuto essere
comunicato alla ripresa della seduta; abbiamo iscritto un collega a parlare sul
complesso degli emendamenti e comunque ricordo che esiste la possibilità per
venti deputati od un presidente di gruppo di fare proprio un emendamento
ritirato dal proponente.
PRESIDENTE. Onorevole Ruzzante, non evochiamo il complesso degli emendamenti perché si tratta di articoli aggiuntivi. Lei può fare proprie tali proposte emendative e, di conseguenza, posso metterle in votazione. Gli articoli aggiuntivi Nuvoli 35.03 e Perrotta 35.02 sono stati ritirati ma - ripeto - se lei vuole farli propri, li metto in votazione.
PIERO RUZZANTE. No, Presidente.
PRESIDENTE. Sta bene.
(Esame dell'articolo 41 - A.C. 4862 ed abbinate)
PRESIDENTE.
Passiamo all'esame dell'articolo 41 e delle proposte emendative ad esso presentate (vedi
l'allegato A - A.C. 4862 ed abbinate sezione 4).
Nessuno chiedendo di parlare, invito il relatore ad esprimere il parere della
Commissione.
DONATO BRUNO, Relatore. Signor Presidente, la Commissione esprime parere contrario sugli identici emendamenti Mascia 41.1 e Leoni 41.2. Per quanto riguarda l'emendamento Perrotta 41.74, ricordo che è stato ritirato, come è stato ritirato l'emendamento Taormina 41.70. La Commissione esprime parere contrario sugli emendamenti Bressa 41.5, Boato 41.75 e Leoni 41.9, mentre credo siano stati ritirati gli emendamenti Perrotta 41.71, 41.73 e 41.72.
PRESIDENTE. Onorevole Perrotta, conferma che i suoi emendamenti sono stati ritirati?
ALDO PERROTTA. Sì, signor Presidente.
PRESIDENTE. Il Governo?
ALDO BRANCHER, Sottosegretario di Stato per le riforme istituzionali e la devoluzione. Signor Presidente, il parere del Governo è conforme a quello espresso dal relatore.
PRESIDENTE. Sta bene.
Passiamo alla votazione
degli identici emendamenti Mascia 41.1 e Leoni 41.2
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bressa. Ne ha
facoltà.
GIANCLAUDIO BRESSA.
Signor Presidente, vorremmo che questo articolo della Costituzione non venisse
in alcun modo modificato. La Costituzione è l'atto che fonda un nuovo ordine e,
come tale, comporta un accordo fondamentale attorno ad alcuni valori
onnicondivisi, ossia stabilisce le condizioni di unità. Per questo motivo, la
Costituzione è naturalmente superiore a qualsiasi altra norma. Tali condizioni
di unità devono permettere la coesistenza di varie forme di pluralismo:
pluralismo sociale, culturale, politico-istituzionale e delle fonti di diritto.
In questi termini, si può ritenere che unità politica e pluralismo siano in
rapporto di tensione dialettica, costituendo due componenti essenziali che
devono sostenersi reciprocamente. Questa tensione dialettica tra il contenuto
dell'unità politica e le decisioni politiche contingenti è garantita dalla
Corte costituzionale cui spetta, in ragione della sua posizione di organo super
partes, il compito istituzionale di colmare la distanza tra unità e
pluralismo, tra continuità e discontinuità, tra legittimità e legalità.
Dopo che avete ampiamente manomesso la nostra Costituzione, a maggior ragione,
abbiamo bisogno di una Corte costituzionale siffatta, organo super partes
che riesca a dare garanzia del mantenimento dell'unità politica del nostro
paese. Dallo svolgimento di questa funzione di custodia della Costituzione, la
Corte costituzionale trae una specifica legittimità democratica, perché il
principio democratico non è limitato solamente al profilo della selezione dei
rappresentanti della sovranità popolare, ma ricomprende anche la garanzia dei
valori fondamentali costituenti il contenuto dell'unità politica. Lo ripeto:
garanzia dei valori fondamentali che costituiscono il contenuto dell'unità
politica. Questa è la funzione fondamentale di custodia della Costituzione
garantita ed assolta dalla Corte costituzionale. Per questo riteniamo che la
Corte non debba essere toccata. Questa funzione non può essere confusa o
barattata con logiche pseudofederali. La Corte costituzionale deve essere
quella che è stata pensata dai nostri costituenti. Sarebbe un gravissimo errore
immaginare di modificarla, di toccarla. Per questo motivo, esprimeremo un voto
a favore dell'emendamento soppressivo, perché siamo fedeli a questo tipo di
impostazione della Corte. È un valore troppo grande perché possa essere messo
in discussione da una così pasticciata ansia di mettere mano alla nostra
Costituzione.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Pisapia. Ne ha facoltà.
GIULIANO PISAPIA.
Signor Presidente, siamo ad un punto estremamente delicato del tema che stiamo
affrontando che riguarda il Titolo V della Costituzione e, quindi, le garanzie
costituzionali.
Con gli emendamenti Mascia 41.1 (anche da me sottoscritto) e Leoni 41.2
chiediamo la soppressione del testo licenziato dalla Commissione, profondamente
convinti che l'attuale testo della Costituzione sia il migliore testo
possibile, perché garantisce al nostro paese una Corte costituzionale
effettivamente al di sopra delle parti, garante dei diritti individuali e dei
diritti collettivi di tutti i cittadini.
L'articolo 135 della Costituzione ha una valenza di altissimo profilo e incide
profondamente anche sulla prima parte della Costituzione, perché riguarda i
diritti di tutti cittadini e i conflitti di attribuzione tra le regioni
(quindi, i conflitti rispetto a quello che voi chiamate il federalismo). Sono
convinto che, soprattutto dopo le modifiche apportate in questi giorni, che
hanno determinato uno sbilanciamento tra i diversi organi istituzionali,
rafforzando il ruolo del premier rispetto al Parlamento e (per me
questione fondamentale) indebolendo il ruolo super partes anche
del Presidente della Repubblica, sarebbe estremamente pericoloso dare anche una
valenza politica ad una istituzione come la Corte costituzionale, il cui ruolo
è essenziale, sia come giudice delle leggi, sia come arbitro super partes
dei conflitti di attribuzione tra diversi soggetti costituzionali e tra i
diversi soggetti di rango costituzionale.
Per questo ho forti perplessità. Anzi, la nostra è un'assoluta contrarietà alla
prospettiva di aumentare il numero di giudici di designazione parlamentare
rispetto agli altri componenti che sono previsti dall'attuale articolo 135
della Costituzione. Tale prospettiva, infatti, mette in discussione quel
delicato equilibrio tra i poteri dello Stato indispensabile, anche se non
sufficiente, per dare forza a decisivi poteri di garanzia rispetto al sistema
complessivo del nostro ordinamento giuridico.
Se venisse approvato il testo licenziato dalla Commissione, risulterebbe
modificato quel bilanciamento di pesi e contrappesi essenziali per l'assetto di
un organo costituzionale, che ha bisogno il più possibile di indipendenza
soprattutto dagli organi di indirizzo politico.
Un grande giurista, proprio recentemente, ha ricordato che una democrazia è
solida se sa risolvere i problemi dei cittadini e, per far questo, occorrono sì
istituzioni capaci di decidere e di attuare efficacemente le decisioni prese,
ma ciò presuppone il consenso dei cittadini e la garanzia di adeguati controlli
sull'esercizio del potere politico. E l'attuale composizione della Corte
costituzionale - ce lo ha dimostrato in questi decenni - ci garantisce il
rispetto dei principi costituzionali, e soprattutto la tutela dei diritti di
tutti, nonché del principio di eguaglianza dei cittadini di fronte alla legge.
Per questo confidiamo che, almeno su questo punto, l'Assemblea condivida gli
identici emendamenti soppressivi dell'opposizione, nell'interesse di tutti
cittadini, di tutti i parlamentari e, soprattutto, del paese intero (Applausi
dei deputati del gruppo di Rifondazione comunista).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Leoni. Ne ha facoltà.
CARLO
LEONI. Signor Presidente,
come lei e i colleghi sanno, noi gruppi di opposizione abbiamo presentato
emendamenti soppressivi su tutti gli articoli e lo abbiamo fatto per una scelta
politica generale, che è quella di rimarcare anche in questo modo la nostra
contrarietà nei confronti di una riforma che non condividiamo assolutamente,
per ragioni che a questo punto sono note a voi e a chi sta seguendo questa
discussione parlamentare. Ma in questo caso l'emendamento soppressivo non è
motivato soltanto dalla nostra contrarietà generale alla vostra riforma; in
questo caso, noi vogliamo - come ha detto poco fa il collega Bressa -
conservare effettivamente il testo della Costituzione vigente, che è un testo
che prevede un equilibrio delicato e significativo tra i soggetti istituzionali
chiamati a nominare i giudici della Corte costituzionale (quindici: un terzo li
nomina il Presidente della Repubblica, un terzo il Parlamento in seduta comune,
un terzo la magistratura). Trattandosi di un organo di estrema delicatezza
istituzionale, questo è l'equilibrio che più garantisce imparzialità e
correttezza nelle procedure e nelle decisioni.
Voi avete cominciato, colleghi della maggioranza, con un cambiamento
estremistico di questo testo costituzionale.
Infatti, la formulazione approvata dal Senato - e così pervenuta all'esame
della Camera dei deputati - prevedeva sette giudici di nomina del Senato
federale della Repubblica integrato dai presidenti delle giunte delle regioni e
delle province autonome.
Una previsione, purtroppo, rimane anche nel testo attuale, ovvero l'aumento dei
giudici di nomina politica; dopo tante polemiche, dopo tanta propaganda fatta
dal centrodestra su una presunta politicizzazione della Corte costituzionale,
il centrodestra stesso sceglie di aumentare il numero dei giudici di nomina
politica. Nell'altro ramo del Parlamento, questa scelta giungeva sino al punto
di prevedere, appunto, la nomina dei sette giudici solo da parte del Senato.
Teniamo molto
all'approvazione di queste proposte emendative soppressive al fine di
conservare, così com'è, il testo della Costituzione vigente; nel caso, invece,
le proposte soppressive non venissero approvate, sosterremo l'approvazione
degli altri emendamenti presentati dai gruppi dell'opposizione e tesi, per così
dire, a limitare il danno.
Se, perciò, non dovessero essere approvate le proposte soppressive -
ovviamente, mi auguro il contrario e invito i colleghi a votare a favore
dell'approvazione -, cercheremo, come ho testé detto, di limitare al massimo
gli inconvenienti. Ma davvero prego tutti di riflettere sull'assoluta bontà del
testo vigente della nostra Carta; esso, infatti, garantisce quell'equilibrio
tra i soggetti che nominano i giudici della Corte che è essenziale per
garantirne, poi, l'imparzialità e l'autorevolezza.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Acquarone. Ne ha facoltà.
LORENZO ACQUARONE.
Signor Presidente, di questa sgangherata riforma oggi sottoposta al nostro
esame, i punti critici nodali sono, a mio avviso, tre: la cosiddetta devolution,
che, per così dire, ha perso i pezzi per strada; il premierato; gli
istituti di garanzia.
Oggi, trattiamo del fondamentale tra gli istituti di garanzia: la Corte
costituzionale. Al riguardo, ricordo che in quest'aula, per l'istituzione di
siffatto congegno di garanzia, si batté con la lucidità del suo ingegno Piero
Calamandrei. Ebbene, la Corte costituzionale è un istituto apprestato proprio
per risolvere, certo, i problemi di incostituzionalità delle leggi, ma anche, e
forse soprattutto, quelli afferenti ai conflitti tra i poteri dello Stato e tra
regioni e Stato.
Se uno dei fini fondamentali è proprio la risoluzione dei conflitti, il
maggiore di quelli possibili da noi ravvisati nel testo di legge (ma è
difficile trovare una parola corretta per definire il pasticcio sottoposto al
nostro esame) risiede proprio nella circostanza che vi possono essere
provvedimenti legislativi regionali in contrasto con i principi fondamentali
stabiliti da leggi dello Stato o anche conflitti di attribuzione tra regioni e
Stato. Per avere un giudice imparziale, il cosiddetto giudice terzo, abbiamo
bisogno di un organo che possa compiere tali funzioni con libertà e senza
condizionamenti.
La Corte costituzionale, in questi anni, ha dato eccellente prova di sé;
ebbene, ciò è dipeso dal fatto che, nel momento in cui il legislatore
costituente ha riflettuto sulla sua costituzione, ha altresì ritenuto di dover
considerare la qualificazione dei suoi componenti prevedendo che una parte sia
nominata dal Parlamento in seduta comune, un'altra dai giudici delle
magistrature superiori, un'altra ancora, infine, dal Presidente della
Repubblica, altro istituto di garanzia che voi tentate di ridimensionare.
PRESIDENTE. Onorevole...
LORENZO ACQUARONE. Invece, con la norma oggi al nostro esame, verremmo a trovarci nella situazione nella quale, in ipotesi, le regioni soggette al giudizio della Consulta - nei conflitti di attribuzione oppure per il varo di una legge regionale - verrebbero ad essere in qualche modo chiamate a giudicare il proprio stesso giudice.
PRESIDENTE. Onorevole...
LORENZO ACQUARONE. Allora, se questo è, si verifica una violazione palese di quello che deve essere un principio alla base di un istituto di garanzia.
PRESIDENTE. Grazie, onorevole Acquarone...
LORENZO ACQUARONE. Ho
concluso, signor Presidente.
Ha detto bene il collega Pisapia, il quale ha fatto una dichiarazione molto
importante; questa Corte, infatti, ha funzionato bene: non toccatela (Applausi
dei deputati del gruppo Misto-Popolari-UDEUR)!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Olivieri, al quale ricordo che ha un minuto di tempo a disposizione. Ne ha facoltà.
LUIGI
OLIVIERI. Signor Presidente, se
avessimo modo e tempo - so che alcuni colleghi lo hanno sicuramente fatto - di
rivedere i lavori della Costituente e della Sottocommissione nella quale fu
discusso il vigente articolo 135 della Costituzione, potremmo leggere pagine
mirabili. In quella sede, infatti, si trovò un giusto equilibrio, rispecchiato
nell'attuale composizione, tra le tre «anime» della Corte costituzionale. Tali
«anime» si esprimono, infatti, attraverso i cinque giudici di nomina politica,
i cinque magistrati di nomina istituzionale e, infine, i cinque giudici di
nomina giurisdizionale.
Orbene, ho la sensazione che, con il provvedimento in esame, alla Corte
costituzionale non venga attribuito il ruolo che essa attualmente ricopre, vale
a dire, in primo luogo, l'essere il giudice garante della costituzionalità
delle leggi...
PRESIDENTE. Onorevole Olivieri, concluda!
LUIGI OLIVIERI. Concludo, signor Presidente. Essa, inoltre, è anche il giudice dei contrasti tra lo Stato e le regioni. Allora, nel momento in cui analizzassimo il suo vero ruolo, comprenderemmo che stiamo approvando una norma assolutamente sbagliata...
PRESIDENTE.
Grazie, onorevole Olivieri!
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sugli identici
emendamenti Mascia 41.1 e Leoni 41.2, non accettati dalla Commissione né dal
Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la
votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 429
Votanti 425
Astenuti 4
Maggioranza 213
Hanno votato sì 182
Hanno votato no 243).
Passiamo alla votazione
dell'emendamento Bressa 41.5.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale,
l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà.
GIANCLAUDIO BRESSA.
Signor Presidente, vorrei rilevare che siamo finalmente giunti al punto
centrale della questione. Vorrei ricordare, al riguardo, che siamo
assolutamente contrari a qualsiasi tipo di modifica di questa parte della
Costituzione. Voi, invece, adducete la necessità di stabilire una diversa
composizione della Corte costituzionale in ragione del fatto che ci stiamo
avviando verso una forma di federalismo; pertanto, proponete di assegnare al
Senato federale la possibilità di nominare quattro giudici della Consulta.
Non intendo negare il fatto che le Costituzioni di alcune Repubbliche federali
prevedano che la loro Corte costituzionale sia composta in modo tale da
rappresentare un punto di equilibrio tra le istanze centrali e tra quelle
regionali; si tratta di un'impostazione che personalmente non condivido, ma
che, ovviamente, non posso considerare sbagliata o illegittima.
Ciò che considero assolutamente non pertinente, invece, è il fatto che voi
attribuiate ad un Senato federale - che federale non è - la nomina di quattro
membri della Corte. Se avessimo voluto davvero affrontare la questione della
rappresentanza degli interessi regionali in sede di Corte costituzionale...
PRESIDENTE. Onorevole Bressa...
GIANCLAUDIO BRESSA. ...
avremmo potuto scegliere una via più prudente, ma non è avvenuto.
Ciò che, tuttavia, svela davvero le vostre finalità sono le norme transitorie.
Infatti, ritenete che il Senato federale dovrà essere tale solo dal 2011,
mentre viene falsamente «federalizzato» a partire dalla prossima legislatura al
fine di nominare quattro giudici della Corte costituzionale.
Con ciò, dimostrate che l'unica cosa che vi sta a cuore non è «federalizzare»
la Consulta, bensì impossessarvi del controllo politico della Corte
costituzionale stessa, aumentando i giudici di nomina politica, per di più
concentrando la prossima nomina interamente in capo al Senato, sapendo bene
come viene eletto!
Le bugie hanno le gambe corte, ed in questo caso cortissime: durano il tempo di
arrivare all'esame della norma transitoria, che svelerà qual è il vostro
intento riformatore!
A voi di federalizzare la Corte costituzionale non frega assolutamente nulla.
Volete allungare le mani sul controllo della Corte, scelta profondamente
sbagliata ed alla quale noi ci opponiamo (Applausi dei deputati dei gruppi
dei Democratici di sinistra-L'Ulivo e della Margherita, DL-L'Ulivo).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Leoni. Ne ha facoltà.
CARLO
LEONI. Signor Presidente,
avevo detto, invitando i colleghi a votare gli emendamenti soppressivi, che la
cosa migliore che si poteva fare era conservare il testo della Costituzione
così com'è. Non è accaduto. Cerchiamo, con questo e con un altro emendamento
successivo, di limitare danni davvero molto grandi.
Voi avete scelto diverse formulazioni; siete passati dal testo del Senato, che
prevedeva sette giudici, tutti di nomina del Senato federale, ad una
formulazione che ne prevede tre di nomina della Camera e quattro dello stesso
Senato federale. La costante è aumentare - comunque e significativamente - i
giudici di nomina parlamentare. È del tutto evidente, quindi, che l'intento è
quello ricordato poco fa: non diminuire o contenere la presunta
politicizzazione che voi denunciavate nel passato, ma aumentare la quota di
giudici della Corte espressione del Parlamento e, quindi, di nomina politica,
ossia trovare la strada per un controllo politico della Corte costituzionale.
Ciò lo attuate, peraltro, con una certa confusione e con strumenti anche rozzi.
Non vi è, infatti, alcuna ragione al mondo, argomentabile e condivisibile, che
ci possa spiegare la bontà di una norma che dice che tre giudici dovrebbero
essere eletti dalla Camera e quattro dal Senato. Mentre si capisce, purtroppo,
la ragione per la quale voi volete comunque aumentare il numero dei giudici di
nomina politica e pertanto politicizzare ed orientare politicamente la Corte
costituzionale, davvero non si capisce perché, di questi sette giudici, quattro
dovrebbe nominarli il Senato.
Noi controproponiamo un'altra misura, un'altra ripartizione, che porta ad una
scelta di parità tra quelli nominati dalla Camera e quelli nominati dal Senato,
più logica e più congrua. Sarebbe stato indubbiamente meglio, così come nella
Costituzione vigente, prevedere la competenza in materia del Parlamento in
seduta comune, ma giacché tale strada l'avete rifiutata, almeno si salvino
l'apparenza, la faccia e la ragionevolezza della norma, assegnando a Camera e
Senato lo stesso numero di giudici da nominare!
Voi, per ragioni puramente propagandistiche (o, forse, per offrire il
«contentino» ad un certo «ribollire» diffuso tra i vostri senatori sulla fine -
che era stata annunciata e, successivamente, tradita - del bicameralismo
paritario, o forse per cercare di sedare qualche rivolta) dite: ma non vi
preoccupate, quattro giudici li lasciamo a voi... Non è, tuttavia, così che si
riforma la Costituzione.
Mi auguro che nel tempo che ci separa dal momento in cui discuteremo delle
norme transitorie vi sia un ripensamento rispetto all'assurdo per il quale il
Senato federale, con la sua diversa composizione, entrerà in funzione nel 2011,
ma questa norma, cioè questo «contentino» ai senatori e questo aumento del
numero del giudici espressi dal Parlamento, ossia di nomina politica, dovrebbe
applicarsi immediatamente. Tale incongruenza ha dietro di sé un disegno che è
fin troppo facile da capire.
Con questi emendamenti, che tendono a parare un danno così grande, noi vi
chiediamo un'assunzione di responsabilità, condividendo le scelte da noi
proposte.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Boato. Ne ha facoltà.
MARCO
BOATO. Signor Presidente,
oltre agli emendamenti soppressivi, vi sono due nostri emendamenti
significativi su quest'articolo. Sono pochi come numero, ma richiedono - a mio
parere - un'importante riflessione da parte dell'Assemblea. Temo che tale
riflessione non vi sarà nel voto, ma è importante che almeno resti traccia
delle nostre affermazioni, perché penso che, in futuro, si tornerà a pensare a
ciò che abbiamo detto.
Abbiamo ricevuto dal Senato un testo che prevedeva che nessun giudice
costituzionale fosse nominato dalla Camera dei deputati e che sette giudici
fossero nominati dal sedicente Senato federale della Repubblica. Dico
«sedicente» perché, come hanno spiegato i colleghi Leoni e Bressa, questa norma
dovrebbe entrare in vigore già dal 2006, dalla prossima legislatura, quando il
Senato verrà eletto esattamente con le leggi elettorali attualmente vigenti,
nella composizione attuale, senza alcuna contestualità e, quindi, senza neppure
una parvenza di carattere fe-derale. Sarà un Senato identico all'attuale, solo
che avrà l'etichetta di Senato «federale».
In sede referente, dove nessuna delle nostre proposte emendative è stata
accolta, essendoci stato opposto da parte della maggioranza il muro contro
muro, si è apportata una modifica che cerca in modo raffazzonato di correggere
questo clamoroso squilibrio introdotto al Senato. Questa modifica prevede che
il Presidente della Repubblica elegga quattro giudici (non più cinque), che le
magistrature eleggano parimenti quattro giudici (non più cinque), che quattro
giudici siano eletti dal Senato federale (anche quando esso non sarà affatto
federale, a partire dalla prossima legislatura in virtù delle norme
transitorie) e che tre giudici siano eletti dalla Camera dei deputati.
Condividiamo le considerazioni svolte in precedenza dal collega Pisapia e
ribadite, tra gli altri, dagli onorevoli Bressa e Leoni, secondo cui tale
sconvolgimento dell'assetto della Corte è incauto e sbagliato. Tuttavia,
abbiamo comunque presentato l'emendamento Bressa 41.5 che, nel dissenso
sull'impostazione generale, quantomeno mira ad un riequilibrio, prevedendo
l'elezione di tre giudici da parte del Senato federale e di tre giudici da
parte della Camera dei deputati. Credo che, se non vi fosse un pregiudizio
ideologico, qualunque persona di buon senso capirebbe che si tratta di una
proposta equilibrata: non vi è più una seduta comune del Parlamento per
eleggere i giudici, ma tre di essi sono eletti da una Camera e tre dall'altra.
Ciò attribuisce comunque un potere superiore al Senato rispetto a quello
attuale. I colleghi, infatti, sanno che la Camera ha seicentotrenta deputati e
il Senato trecentoquindici senatori: messi insieme nella seduta comune, due
terzi sono i grandi elettori della Camera e un terzo i grandi elettori del
Senato. Pertanto, quando si arriva ad eleggere i giudici separatamente, il
potere del Senato viene già enormemente potenziato rispetto alla situazione
attuale.
La norma contenuta nel nostro emendamento, che prevede vi siano tre giudici
eletti dal Senato e tre dalla Camera, è una disposizione di equilibrio e direi
di buon senso costituzionale, che solo un pregiudizio di carattere ideologico
può portare a respingere. Ci auguriamo che così non sia e, comunque, vogliamo
che la nostra posizione resti agli atti di questo dibattito. Per questo motivo,
invito ad esprimere un voto favorevole sull'emendamento Bressa 41.5.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Mantini. Ne ha facoltà.
PIERLUIGI MANTINI.
Signor Presidente, come è noto, nella tradizione costituzionale italiana, la
Corte costituzionale ha tre componenti: quella politica, quella istituzionale e
quella tecnico-giuridica. Non troviamo nulla di male nel fatto che vi sia -
come proponiamo con questo emendamento - una rappresentanza di componenti
eletti dal Senato federale o delle autonomie, fermo restando che il Senato,
così come emerge dal vostro disegno di legge, non rappresenta affatto le
autonomie e fermo restando che la Corte ha assunto sempre più un connotato di
arbitro nei conflitti di attribuzione.
Dunque, l'emendamento proposto va in questo senso, ma resta il problema che
obiettivamente non avete manifestato chiarezza di idee lungo questo percorso e
che la norma transitoria non è affatto in linea con l'idea di rendere la Corte
un po' più espressiva anche delle rappresentanze territoriale. Quindi, dovete
modificare tale norma e sul punto dovete...
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Siniscalchi. Ne ha facoltà.
VINCENZO SINISCALCHI.
Mi permetto di intervenire non per turbare, in particolare, il momento
chiaramente difficile che stiamo tutti quanti vivendo in un dibattito che non
registra punte di alta preoccupazione, ma per segnalare un mio rilievo, che spero
venga condiviso; mi auguro peraltro di avere successivamente la possibilità di
parlare di questo aspetto.
Sono convinto che questa «terapia» particolare che si sta attuando nei
confronti della Corte costituzionale non stia producendo un conflitto nei
confronti della struttura così armonica che era stata ideata dai Costituenti
del 1948, ma stia arretrando la situazione nei confronti del principio della
suddivisione dei poteri. Ciò per un motivo molto semplice: non stiamo parlando
né di un organo politico, né di un organo giudiziario, né di un organo
legislativo, ma stiamo parlando di un organo estraneo, diverso e sovrastante,
il giudice delle leggi.
Domando, e stimolo le vostre intelligenze, le vostre sensibilità e la vostra
attenzione: è possibile immaginare un giudice delle leggi che debba essere
nominato per buona parte da coloro i quali debbono essere sottoposti al
giudizio sulle leggi? È possibile immaginare una maggioranza di tipo politico e
parlamentare all'interno di questo organismo (Applausi dei deputati del
gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo)?
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Olivieri. Ne ha facoltà.
LUIGI OLIVIERI. Ho la sensazione che non ci rendiamo completamente conto del vulnus che stiamo creando con l'approvazione di questo articolo e con la reiezione dell'emendamento che stiamo discutendo e di quelli che discuteremo tra poco. In buona sostanza, stiamo negando o stiamo incidendo in modo negativo sul principio di fondo, che dovrebbe essere di coscienza comune, secondo il quale la Corte costituzionale ha come obiettivo importante e fondamentale quello di essere il supremo giudice della costituzionalità delle leggi. Invece, andiamo ad aumentare il numero dei componenti di nomina politica. Si va verso una colonizzazione partitica della Corte e quindi si mette in grave discussione...
PRESIDENTE. Onorevole Olivieri...
LUIGI OLIVIERI. Sto concludendo, Presidente. Si mette in pericolo la sua indipendenza. Per questo motivo, questo emendamento va approvato, perché va nella logica della diminuzione...
PRESIDENTE.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico,
sull'emendamento Bressa 41.5, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la
votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 433
Votanti 421
Astenuti 12
Maggioranza 211
Hanno votato sì 183
Hanno votato no 238).
Passiamo alla votazione
dell'emendamento Boato 41.75.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Boato. Ne ha
facoltà.
MARCO
BOATO. Nell'ipotesi
originaria pervenuta dal Senato e varata dalla Commissione (per chi avesse in
mano il testo, mi riferisco all'articolo 3 del disegno di legge e all'articolo
57 della Costituzione) si prevedeva la possibilità per i presidenti delle
giunte regionali e i consigli regionali di essere sentiti dal Senato. Il testo
che ha approvato l'Assemblea qualche giorno fa prevede che partecipino
all'attività del Senato due rappresentanti per ogni regione e per le province
autonome, uno eletto dal consiglio regionale (o dall'Assemblea regionale) della
Sicilia e uno dal consiglio delle autonomie.
Abbiamo discusso a lungo e io non riapro la discussione su questo aspetto. È
una logica che riteniamo troppo riduttiva perché si ha un Senato federale, ma
ha una logica.
Adesso, nell'articolo che riguarda la Corte costituzionale, vengono invece
reintrodotti per l'elezione dei giudici della Corte costituzionale i presidenti
delle giunte e delle province autonome.
A me appare totalmente scoordinato, da un punto di vista sistematico e, come
dicono i politologi, sistemico, questo tipo di previsione normativa. Se aveva
un senso inserire all'interno del Senato federale, sia pure senza diritto di
voto, i presidenti delle giunte, poteva avere un senso prevedere che avessero
diritto di voto sulla nomina dei giudici costituzionali. Però, se i presidenti
delle giunte non compaiono più in rapporto all'integrazione del Senato federale
non si capisce perché debbano ricomparire in riferimento all'elezione dei
giudici costituzionali. Logica sistematica e sistemica vorrebbe, semmai, che si
prevedesse il diritto di voto per quei due rappresentanti del sistema delle
autonomie e del sistema regionale che parteciperanno quotidianamente
all'attività del Senato: potrebbero partecipare sempre senza diritto di voto
mentre avrebbero diritto di voto nel caso dell'elezione dei giudici
costituzionali. In questo caso, invece, vengono totalmente estromessi e
subentrano i presidenti delle regioni e delle province autonome.
Tale modalità di elezione mi pare assolutamente sconnessa e scoordinata. Per
tale motivo, abbiamo presentato l'emendamento 41.75, che sopprime tale ipotesi.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Siniscalchi. Ne ha facoltà.
VINCENZO SINISCALCHI.
Signor Presidente, onorevoli colleghi, sono fermamente convinto che il mancato
accoglimento degli emendamenti soppressivi abbia arrecato un profondo vulnus
al sistema. Non mi pare assolutamente che si possa parlare di una riforma
utile. Non voglio entrare nella dialettica forte sviluppatasi fino a questo
momento e dalla quale abbiamo tratto tutti la netta convinzione che
l'equilibrio raggiunto dal Costituente non corrispondesse a ragioni politiche.
Credo che ciò debba essere evidente a tutti voi, non occorre tornare ai
profondi lavori della Costituente che tanti fino a questo momento hanno
ricordato. Il nucleo di quei lavori consisteva nel dare alla Corte
costituzionale un sistema particolare che la liberasse da qualsiasi ipoteca di
qualsiasi potere: da quello legislativo, da quello giudiziario e da quello
esecutivo.
Si trattava di un fondamento molto moderno: se si ha a mente, ad esempio,
l'organismo equivalente che esiste nella struttura americana, si ha la netta
sensazione che i Costituenti non furono distributori di dosi farmaceutiche
all'interno del sistema, ma furono portati ad individuare le ragioni di un
equilibrio tecnico e decisionale. La Corte costituzionale come può, ad esempio,
risolvere con assoluta autonomia i conflitti di attribuzione se buona parte dei
componenti - ecco perché mi permetto di sottolineare l'importanza
dell'emendamento in esame - traggono il mandato dalle assemblee elettive?
Addirittura, la nomina parlamentare coinvolge le province e le regioni soltanto
in omaggio ad una sorta di tabù che si sta formando intorno alla riforma in
esame. Dovremmo cominciare a definire quest'ultima una gravissima controriforma
che si fa nei confronti delle norme elementari che recano le Costituzioni di
tutti i paesi.
Come si può seriamente credere che questo equilibrio sia raggiunto attraverso
uno squilibrio, che travolge quel numero previsto dalla Costituzione (cinque
giudici di nomina presidenziale, cinque di nomina parlamentare e cinque di
nomina giudiziaria), peraltro proprio incrementando il numero di giudici di
nomina parlamentare (Camera e Senato federale) e creando così quello che
denuncio come un vero e proprio squilibrio?
Non so se tutto questo derivi da una forma di ostilità preconcetta nei
confronti dell'istituto della Corte costituzionale, ma ho la sensazione che,
guidati da forme di prevenzione di carattere tecnico (ma soprattutto politico,
e questo lo ritengo grave), si perda di vista la funzione. Con questo sistema,
la funzione della Corte costituzionale tende praticamente ad essere obliterata.
Ripariamo il danno approvando questo emendamento, che peraltro ha formato
oggetto anche di iniziative emendative (credo però ritirate) da parte di alcuni
deputati della maggioranza.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà.
GIANCLAUDIO BRESSA. Come ha ricordato poco fa il collega Boato, ci troviamo di fronte ad un'incongruenza, anche nella forma. Esiste un Senato federale che non è più integrato dalla presenza dei presidenti delle giunte delle regioni e delle province autonome; al riguardo, abbiamo infatti approvato un'altra modalità. Adesso, improvvisamente, dalle ceneri di una vecchia impostazione ricompare che per eleggere i giudici della Corte costituzionale vengono ripescate queste figure: presidenti autorevolissimi di esecutivi regionali, ma che non si capisce a che titolo debbano essere inglobati in un'Assemblea parlamentare per eleggere i giudici costituzionali. Logica vorrebbe, così come è stato fatto in altri momenti dell'approvazione di questo testo, che vi fosse quanto meno una correttezza di forma. Vorrei capire qual è la logica in base alla quale il Senato federale viene integrato da ventuno rappresentanti nominati dai consigli regionali e delle autonomie locali, mentre poi, quando si tratta di eleggere i giudici della Corte costituzionale, tali rappresentanti scompaiono e vengono ripescati i presidenti degli esecutivi. È un discorso che non si riesce in nessun caso a spiegare.
PRESIDENTE.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico,
sull'emendamento Boato 41.75, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la
votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 437
Votanti 433
Astenuti 4
Maggioranza 217
Hanno votato sì 190
Hanno votato no 243).
Passiamo alla votazione
dell'emendamento Leoni 41.9.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale,
l'onorevole Boato. Ne ha facoltà.
MARCO BOATO. Questa ipotesi emendativa riprende un testo esistente nel progetto della Bicamerale, che prevedeva che non fossero eleggibili a Presidente della Corte i giudici negli ultimi diciotto mesi del loro mandato - allora si prevedeva ventiquattro mesi -, salvo in caso di rielezione. Questo per prevedere, con norma costituzionale, l'impossibilità di quelle Presidenze della Corte costituzionale che, pur autorevolissime nella persona dei giudici che vengono eletti presidenti, portano però a Presidenze che durano a volte poche settimane, a volte pochi mesi. Qualche anno fa, abbiamo avuto il caso di un Presidente della Corte costituzionale durato in carica per alcune settimane estive, nel corso delle quali nessuna sentenza della Corte costituzionale fu emanata; però quel pur autorevolissimo giudice a vita è rimasto Presidente emerito della Corte costituzionale, con tutto ciò che questo comporta. Questa norma emendativa di disciplina, qualora venisse approvata, consentirebbe una maggiore durata in carica e quindi una maggiore autorevolezza ed una maggiore capacità di incisione per i Presidenti della Corte costituzionale, eliminando questa prassi, che si è instaurata negli ultimi anni (ormai decenni), di Presidenze che durano pochissimi mesi. Per questo motivo, invitiamo l'Assemblea ad approvare questo nostro emendamento.
PRESIDENTE.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico,
sull'emendamento Leoni 41.9, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la
votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 439
Votanti 424
Astenuti 15
Maggioranza 213
Hanno votato sì 179
Hanno votato no 245).
Ricordo che gli
emendamenti Perrotta 41.71, 41.73 e 41.72 sono stati ritirati.
Passiamo alla votazione dell'articolo 41.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale,
l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà.
GIANCLAUDIO BRESSA.
Signor Presidente, preannuncio l'espressione del voto contrario da parte del
gruppo della Margherita, DL-L'Ulivo sull'articolo in esame per i motivi
ripetutamente illustrati. Non vogliamo in alcun caso che il testo originario
della nostra Costituzione, relativo alla Corte costituzionale, venga
modificato. Vi sono ragioni profonde che ci inducono a sostenere che il ruolo
di giudice delle leggi, di arbitro super partes che la Corte ha saputo
garantire nel corso di questi anni deve rimanere inalterato. Anche nei momenti
di grande difficoltà che abbiamo vissuto ultimamente, nel corso dei quali la
riforma del Titolo V della Costituzione aveva prodotto elementi di non
chiarissima comprensione relativamente al nuovo percorso costituzionale, anche
perché non accompagnato da leggi attuative, la Corte ha dimostrato di essere in
grado di garantire, anche in condizioni problematiche, la correttezza
dell'andamento delle nostre istituzioni.
Non vogliamo che questa grande ricchezza istituzionale venga cancellata. Lo
abbiamo detto precedentemente: la Corte costituzionale si pone a garanzia dei
valori fondamentali che costituiscono il contenuto dell'unità politica.
Vogliamo che la Corte costituzionale continui a garantire questa funzione
fondamentale. Dallo svolgimento della funzione di custodia della Costituzione
la Corte trae una sua propria specifica legittimazione democratica e noi non
vogliamo che ciò vada perduto. È un patrimonio troppo importante e troppo forte
che ci è stato lasciato dai padri costituenti per poter consentire una modifica
pasticciata della Corte. Per tali motivi, preannuncio l'espressione del voto
contrario su tale articolo.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Siniscalchi. Ne ha facoltà.
VINCENZO SINISCALCHI.
Signor Presidente, preannuncio l'espressione da parte del gruppo dei
Democratici di sinistra-L'Ulivo del voto nettamente contrario sulla modifica
dell'articolo 135 della nostra Costituzione, quindi sull'articolo 41 del testo
in esame. Molte ragioni sono state illustrate e non mi riferisco solo a quelle
di carattere costituzionale che sono evidenti a tutti; sono il vero fondamento
della Carta costituzionale e rappresentano un patrimonio popolare, un
patrimonio democratico. Non occorre essere sofisti né arrampicarsi sugli
specchi né incomodare continuamente i lavori preparatori, che pure sono
illuminanti, della nostra Carta costituzionale, che viene, in questo modo,
vulnerata, devastata ed in qualche punto offesa.
Onorevoli colleghi, dovremmo, a tale riguardo, riflettere maggiormente prima di
esprimere il voto su tale articolo, che è fondamentale. Credo sia una delle
norme fondamentali di questo sistema di stravolgimento dell'assetto
costituzionale della nostra Repubblica. Questa norma sembrerebbe risentire
quasi di una forma di avversione nei confronti dell'istituto.
Mi pare di intravedere, con riferimento alla modifica che ci viene proposta,
una sorta di cultura scettica, indifferente e distante dal valore che
rappresenta la Corte costituzionale in tutti i paesi democratici. Non si
riuscirebbe altrimenti a comprendere per quale motivo, proprio con riferimento
alla composizione della Corte (il che vuol dire riferirsi all'attitudine, al
valore, all'indipendenza dei giudici) si intende distruggere quella proporzione
elaborata con tanta finezza ed accettata da tutti gli attuali costituzionalisti
del nostro paese e non solo.
Vorrei chiedere agli autori di questo testo: vi rendete conto che, su questi
delicatissimi punti, sta crescendo nel paese non soltanto una mobilitazione
ispirata ad un distacco completo dall'impianto di questo provvedimento, ma un
dissenso profondo di tutti gli studiosi? Non ho sentito ancora un solo studioso
di diritto costituzionale che abbia documentato l'esattezza di questo tema, che
è divenuto non un tema di alta politica, ma il luogo in cui si attuano vendette
o si fanno petizioni di principio.
Dobbiamo riconoscere una prevalenza al Senato federale che, in questa
dosimetria di strana farmacia, addirittura elegge un numero maggiore di membri
rispetto alla Camera che, invece, è l'organismo e l'assemblea legislativa di
carattere nazionale, sopraordinata a tutte le altre assemblee legislative.
Onorevoli colleghi, il voto deve essere nettamente contrario.
Tornando al tema centrale della Corte costituzionale, vale a dire quello
dell'analisi delle leggi, della verifica delle leggi nella loro compatibilità
costituzionale, nonché della verifica dei conflitti di attribuzione, degli
squilibri eventuali tra i poteri dello Stato, ivi compreso il Senato federale,
come si può seriamente pensare che la parte più distante dalla composizione
della Corte, cioè i giudici di nomina presidenziale, i giudici derivanti dalle
alte magistrature, eccetera, sia una parte inferiore destinata ad essere
soccombente nei confronti di quella di nomina politico-parlamentare?
Ritengo che, riflettendo su queste proposte nel vostro intimo, nelle vostre intelligenze
e nella vostra sensibilità di legislatori, dobbiate qualche volta prendere le
distanze, come pure è avvenuto nei confronti di questa specie di automatismo,
di questo omaggio continuativo che state facendo nei confronti di un
federalismo che non è tale, nei confronti di una architettura demolitiva delle
norme costituzionali del nostro paese (Applausi dei deputati dei gruppi dei
Democratici di sinistra-L'Ulivo e della Margherita, DL-L'Ulivo).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mascia. Ne ha facoltà.
GRAZIELLA MASCIA.
Signor Presidente, si è già sottolineata l'importanza fondamentale e il compito
delicato assegnato alla Corte costituzionale, affinché possa esercitare il
controllo di legittimità costituzionale delle leggi a garanzia della rigidità
della Costituzione e quindi dei diritti fondamentali.
La composizione della Corte non è casuale sia nel suo numero assoluto, quindici
componenti, sia nella sua ripartizione, vale a dire cinque giudici nominati
dalle supreme magistrature ordinarie e amministrative, cinque dal Presidente
della Repubblica e cinque dal Parlamento in seduta comune.
Solo in questo modo, come l'esperienza ha dimostrato, si ha la certezza di
garantire l'alto grado di unità e di rigore, sapendo che proprio la sua
composizione preclude che, nel suo ambito, si confrontino interessi
giuridicamente rilevanti impersonati dai giudici e poteri in conflitto.
Conflitti che la Corte deve dirimere e che non devono essere riprodotti al suo
interno, come invece accadrebbe nella pretesa logica della rappresentanza
regionale che è all'origine dei sette membri eletti dal Senato. Tale
rappresentanza non farebbe altro che determinare un processo di
politicizzazione di un organo di giustizia costituzionale.
Il fatto di aver ridotto il danno prevedendo quattro membri eletti dal Senato
federale e tre dalla Camera non cambia per nulla la sostanza di questa
valutazione. Lo squilibrio viene ugualmente realizzato e per questa ragione il
nostro voto non potrà che essere contrario.
PRESIDENTE.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo
41.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la
votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).
(Presenti 450
Votanti 448
Astenuti 2
Maggioranza 225
Hanno votato sì 257
Hanno votato no 191).
Prendo atto che l'onorevole Lumia ha erroneamente espresso un voto favorevole mentre avrebbe voluto votare contro.
(Esame dell'articolo 42 - A.C. 4862 ed abbinate)
PRESIDENTE.
Passiamo all'esame dell'articolo 42 e degli unici identici emendamenti soppressivi ad esso
presentati (vedi l'allegato A - A.C. 4862 ed abbinate sezione 5).
Nessuno chiedendo di parlare, prendo atto che il relatore e il rappresentante
del Governo esprimono parere contrario sugli identici emendamenti Boato 42.3 e
Mascia 42.70.
Avverto che essendo state presentate esclusivamente identiche proposte
emendative soppressive, sarà posto in votazione il mantenimento dell'articolo.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bressa. Ne ha
facoltà.
GIANCLAUDIO BRESSA. Signor Presidente, analogamente a quanto abbiamo affermato per la Corte costituzionale, anche relativamente all'articolo 138 in materia di revisione della Costituzione e di leggi costituzionali, siamo favorevoli al mantenimento del testo della Costituzione vigente. Occorre certamente dare atto alla Commissione e al relatore di avere accolto una questione da noi posta, a nostro avviso pregiudiziale. Nel testo licenziato dal Senato era prevista una norma che avrebbe reso impossibile la modifica della Costituzione. In virtù di tale norma, nel caso in cui nella seconda votazione la legge fosse stata approvata da ciascuna delle Camere con una maggioranza inferiore ai due terzi dei componenti, il referendum non sarebbe stato considerato valido se non avesse partecipato al voto la maggioranza degli aventi diritto. È facile comprendere come ciò avrebbe significato blindare definitivamente la Costituzione, e non si tratta di un modo serio di affrontare la questione: un conto è avere una Costituzione rigida, un conto è avere una Costituzione impossibile da modificare. Siamo inoltre contrari alla soppressione dell'ultimo comma dell'articolo 138, laddove si prevede che non si fa luogo a referendum se la legge è stata approvata nella seconda votazione da ciascuna delle Camere a maggioranza di due terzi dei componenti. La ratio di fondo di tale norma è che laddove la Camera, per quattro volte, si sia pronunciata con una larga maggioranza, non c'è motivo per sottoporre la legge a referendum.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Leoni. Ne ha facoltà.
CARLO
LEONI. Signor Presidente,
condivido le considerazioni del collega Bressa. Il testo dell'articolo in esame
licenziato dalla Commissione si limita ad abrogare il terzo comma dell'articolo
138 della Costituzione, a norma del quale non si fa luogo a referendum se la
legge è stata approvata con la maggioranza dei due terzi dei componenti. Il
referendum, dunque, diventerebbe sempre possibile.
Dal momento che la Costituzione, almeno teoricamente, a nostro avviso, dovrebbe
essere modificata con un largo concorso delle forze politiche, e comunque non
soltanto con i voti della maggioranza, riteniamo che la norma costituzionale
vigente, che limita la possibilità di ricorrere al referendum, costituisca un
deterrente significativo per spingere il Parlamento a ricercare la maggioranza
più ampia possibile sulle modifiche della Costituzione. Pertanto, riteniamo
sbagliata e pericolosa l'abrogazione del terzo comma dell'articolo 138 della
Costituzione vigente e voteremo contro il mantenimento dell'articolo.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Pisapia. Ne ha facoltà.
GIULIANO
PISAPIA. Signor Presidente,
siamo favorevoli al mantenimento del testo vigente dell'articolo 138 della
Costituzione. Ritengo peraltro che tale articolo in queste settimane sia stato
sostanzialmente violato. L'attuale testo prevede che non si faccia luogo a
referendum se la legge è stata approvata nella seconda votazione da ciascuna
delle due Camere a maggioranza di due terzi dei suoi componenti. Il
mantenimento di tale formulazione, come è stato già osservato dai colleghi che
mi hanno preceduto, l'onorevole Bressa e l'onorevole Leoni, riveste un
significato estremamente importante e rilevante. Infatti, tale norma induce il
Parlamento a riformare la Costituzione con la più ampia maggioranza possibile, per
trovare quell'unanimità o, quanto meno, quella convergenza che dovrebbe essere
necessaria in tali casi.
Aggiungo che, se non si modifica il testo approvato dalla Commissione affari
costituzionali, si rischia di svuotare un istituto importante come il referendum
popolare, ossia lo strumento che dà voce e voto finale ai cittadini. Saremo
costretti ad indire il referendum anche su modifiche approvate all'unanimità,
quindi con il consenso di tutti i rappresentanti eletti dal popolo. In pratica,
si ricorrerà al referendum anche per modifiche assolutamente formali, sulle
quali sarebbe veramente inutile chiamare il popolo ad esprimersi e a concedere
o meno il proprio parere su una modifica costituzionale.
Ritengo fondamentale mantenere l'attuale norma, proprio per invitare, quasi
spingere il Parlamento, complessivamente, a raggiungere l'unità quando si
modificano norme di carattere costituzionale (Applausi dei deputati del
gruppo di Rifondazione comunista).
PRESIDENTE.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul
mantenimento dell'articolo 42.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la
votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).
(Presenti 449
Votanti 445
Astenuti 4
Maggioranza 223
Hanno votato sì 256
Hanno votato no 189).
Chiedo al relatore, presidente Bruno, di indicarci in che modo ritenga opportuno procedere nei lavori.
DONATO BRUNO, Relatore. Presidente, come lei sa, le proposte inerenti le norme transitorie sono state consegnate ai colleghi del Comitato dei nove soltanto in via informale e quindi non è possibile proseguire con i successivi articoli. Avendo accantonato l'articolo 31, potremmo ora proseguirne l'esame, salvo concedere un tempo adeguato al Comitato dei nove per riunirsi brevemente, anche in considerazione del termine per la presentazione dei subemendamenti, fissato per le ore 18 di oggi. Le chiedo, quindi, di sospendere brevemente la seduta.
PRESIDENTE.
Sta bene. Ritengo pertanto che la seduta possa essere sospesa fino alle 18,30.
Ricordo ai colleghi che questa sera proseguiremo i nostri lavori fino alle 22
circa e che domani, per consentire un tempo adeguato ai lavori delle
Commissioni, nella parte pomeridiana della seduta le votazioni riprenderanno a
partire dalle 18.
Sospendo la seduta.
La seduta, sospesa alle 18,10, è ripresa alle 18,30.
PRESIDENTE. Chiedo al relatore di precisare da quale articolo ritenga opportuno riprendere l'esame del disegno di legge.
DONATO BRUNO, Relatore. Signor Presidente, riterrei opportuno riprendere l'esame dell'articolo 31, sul quale avevamo preso atto che vi era un nuovo emendamento formulato dalla Commissione.
PRESIDENTE. Colleghi, come preannunciato, la Commissione ha presentato l'emendamento 31.250, formulato per sanare il vulnus che si era prodotto...
DONATO BRUNO, Relatore. Esattamente. Potremmo dunque procedere all'esame di tale emendamento per poi passare alla votazione dell'articolo 31, sul quale peraltro si è già svolta un'ampia discussione. Successivamente, potremmo passare all'esame dell'articolo 10, in ordine al quale il Comitato dei nove, pur avendo approfondito alcune considerazioni, non ha ritenuto accoglibili le richieste formulate dalle opposizioni, quindi riprendere l'esame dell'articolo 13 e poi dell'articolo 9, riguardante la materia dell'ineleggibilità e dell'incompatibilità.
PRESIDENTE. Sta bene, onorevole relatore. Le idee sono chiare, il cammino è segnato...!
(Ripresa esame dell'articolo 31 - A.C. 4862 ed abbinate)
PRESIDENTE.
Riprendiamo dunque l'esame dell'articolo 31 e dell'ulteriore emendamento
presentato dalla Commissione.
Avverto che i gruppi hanno rinunciato alla presentazione di subemendamenti a
questo emendamento, frutto di un lavoro comune nel Comitato dei nove, nel testo
da me già letto all'Assemblea: «All'articolo 31, dopo il comma 2, aggiungere il
seguente 2-bis: All'articolo 104 della Costituzione il quinto comma è
soppresso».
Prendo atto che il Governo esprime parere favorevole.
Passiamo alla votazione dell'emendamento 31.250 della Commissione.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale,
l'onorevole Boato. Ne ha facoltà.
MARCO
BOATO. Signor Presidente,
sarò brevissimo. Proprio perché vi era stato un rinvio al Comitato dei nove,
abbiamo rinunciato a subemendare, per correttezza; confermiamo, però, il nostro
giudizio negativo, espresso durante la discussione dai colleghi Leone e Bressa,
sulla proposta, che diventerà norma dopo questo voto, anzi conseguente norma
all'articolo 104 della Costituzione, volta a prevedere che il vicepresidente
del Consiglio superiore della magistratura venga nominato dal Presidente della
Repubblica.
Riteniamo, infatti, giusto che in Costituzione sia previsto, come già oggi, che
il Presidente della Repubblica sia il presidente del Consiglio superiore della
magistratura - questo è giustissimo! -, ma, proprio per questo, riteniamo
sbagliato che il Consiglio superiore della magistratura venga espropriato del
diritto di eleggere il proprio vicepresidente tra i membri laici e non tra i
magistrati dello stesso Consiglio.
Noi riterremmo che dovrebbe rimanere su questo punto il testo della
Costituzione vigente, per cui voteremo contro questo emendamento.
PRESIDENTE.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico,
sull'emendamento 31.250 della Commissione, accettato dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la
votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).
(Presenti 393
Votanti 391
Astenuti 2
Maggioranza 196
Hanno votato sì 225
Hanno votato no 166).
Prendo atto che
l'onorevole D'Agrò non è riuscito ad esprimere il proprio voto ed avrebbe
voluto esprimere un voto favorevole.
Prendo atto altresì che l'onorevole Gastaldi non è riuscito ad esprimere il
proprio voto.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo
31, nel testo emendato.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la
votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).
(Presenti 393
Votanti 388
Astenuti 5
Maggioranza 195
Hanno votato sì 222
Hanno votato no 166).
Prendo atto che
l'onorevole D'Agrò non è riuscito ad esprimere il proprio voto ed avrebbe
voluto esprimere un voto favorevole.
Prendo atto altresì che l'onorevole Gastaldi non è riuscito ad esprimere il
proprio voto.
(Ripresa esame dell'articolo 10 - A.C. 4862 ed abbinate)
PRESIDENTE.
Riprendiamo l'esame dell'articolo 10.
Ricordo che ne era stata accantonata la votazione.
Passiamo dunque alla votazione dell'articolo 10.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Boato. Ne ha
facoltà.
MARCO
BOATO. Signor Presidente,
sarò anche in questo caso molto breve. Noi avevamo, a suo tempo, con il consenso
anche del relatore e del Comitato dei nove, accantonato il tema della votazione
sui titoli di ammissione dei deputati e dei senatori, perché avevamo posto
all'Assemblea e alla Commissione fino alla sede referente l'esigenza di
prevedere una possibilità residuale, pur se limitata, di ricorso alla Corte
costituzionale, laddove vi fosse stata una elezione contestata o una inerzia da
parte del Parlamento al riguardo.
Abbiamo anche ipotizzato - in modo informale in sede di Comitato dei nove,
visto che non siamo più titolari per ragioni di termini della possibilità di
presentare emendamenti - un emendamento che avrebbe dovuto essere fatto proprio
dalla Commissione. Tale emendamento configurava questa possibilità, proprio per
restringerla al massimo ma per prevederla nell'ipotesi in cui non ci fosse
stato un voto amplissimo da parte dell'Assemblea sui titoli di ammissione dei
deputati e dei senatori o ci fosse stata un'inerzia della decisione da parte
dell'aula, come si è verificato in alcuni pur limitatissimi casi, che i
colleghi a suo tempo, discutendo dell'articolo 10, avevano indicato.
Ci dispiace molto che nel Comitato dei nove da parte del relatore, della maggioranza e del Governo non ci sia stato consenso sull'ipotesi da noi prospettata e, per tali motivi, esprimeremo un voto contrario sull'articolo in esame.
PRESIDENTE. Ha chiesto parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Leoni. Ne ha facoltà.
CARLO
LEONI. Signor Presidente,
onorevoli colleghi, ci dispiace dover constatare che su questo punto c'è stata
una chiusura da parte della maggioranza, quando, invece, in un sistema
maggioritario questo tema diventa assolutamente cruciale. Infatti, in un
sistema maggioritario può accadere che una coalizione politica che non
raccoglie la maggioranza assoluta dei voti espressi in un'elezione, poi possa
avere, in virtù della legge elettorale, una più ampia maggioranza in
Parlamento. Quindi, può darsi che una coalizione, che non è maggioranza nel
paese ma lo è in Parlamento, determini con i suoi voti chi è parlamentare e chi
non lo è.
In un sistema maggioritario questo è un tema assolutamente cruciale. Abbiamo
proposto tale tema con i nostri emendamenti ma non sono stati accolti. Come ha
ricordato il collega Boato, ci siamo dichiarati disponibili anche a ragionare
su soluzioni intermedie, tipo quella che richiamava poco fa o la possibilità di
un rinvio per le procedure ad una legge costituzionale. La maggioranza non è
stata disponibile a convergere su ipotesi che, comunque, prevedessero, in ogni
caso, un ricorso alla Corte costituzionale e, quindi, il nostro voto è
contrario, anche con motivazioni molto critiche perché si tratta di un punto di
fondo del bilanciamento dei poteri in un sistema maggioritario.
PRESIDENTE. Ha chiesto parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà.
GIANCLAUDIO BRESSA.
Signor Presidente, credo che la sottrazione dei conflitti elettorali ad un
giudizio imparziale rappresenti davvero un vulnus alla legalità
costituzionale, che dovrebbe essere in qualche modo regolato dalla Costituzione
stessa. In questo caso stiamo ragionando di un sistema elettorale maggioritario
con collegi uninominali, per cui la stragrande maggioranza di noi è chiamata a
giudicare sulle cause di ammissibilità non solo di sé stesso, ma sulle cause di
ineleggibilità di chi ha «corso» contro di noi.
Il diritto politico di chi è stato eletto è esattamente equivalente a quello di
chi è stato sconfitto in questa competizione elettorale; gli interessi degli
sconfitti sono equivalenti a quelli di chi è stato eletto. Per tali motivi, la
necessità di un giudice imparziale è quanto mai sentita e non ha alcun senso
mantenerci dentro la logica del foro interno, dell'autodichia, quando sono in
gioco questioni di così alta rilevanza. Il diritto soggettivo di chi concorre a
libere elezioni di vedersi riconosciuto il proprio titolo all'eleggibilità non
può essere giudicato da chi è stato eletto e solo da lui. Di fronte a questioni
che, in qualche modo, prefigurano un contrasto interpretativo, il giudice non
può essere la Camera stessa.
Noi avevamo accettato l'ipotesi di non sovraccaricare la Corte costituzionale
di potenziali ricorsi, ma non si è voluto riflettere neanche su tale aspetto,
poiché si è contrari alla possibilità da parte della Corte di giudicare sul
diritto soggettivo di un cittadino italiano che ha partecipato alle elezioni.
Queste è molto, molto grave.
PRESIDENTE.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo
10.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la
votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).
(Presenti 432
Votanti 430
Astenuti 2
Maggioranza 216
Hanno votato sì 248
Hanno votato no 182).
(Esame dell'articolo 13 - A.C. 4862 ed abbinate)
PRESIDENTE.
Passiamo all'esame dell'articolo 13 e delle proposte emendative ad esso presentate (vedi
l'allegato A - A.C. 4862 ed abbinate sezione 6).
Avverto che la Commissione ha presentato una nuova formulazione
dell'emendamento 13.254.
Ha chiesto di parlare l'onorevole Cabras. Ne ha facoltà.
ANTONELLO
CABRAS. Signor Presidente,
iniziamo la discussione su uno dei punti cardine della riforma al nostro esame,
quello che ha fatto discutere molto e che, probabilmente, farà discutere ancora
(penso alla prossima lettura al Senato, dove, e non è per nulla scontato, vi
sarà una convergenza rispetto alle decisioni assunte da questa Camera).
Prima in Commissione e poi in aula durante la discussione sulle linee generali,
in particolare quando abbiamo parlato dei poteri del Presidente della
Repubblica, esaminando il tema della riforma dell'attuale bicameralismo
perfetto, abbiamo avanzato una proposta che determinasse un effettivo
cambiamento rispetto alla situazione attuale: il superamento del bicameralismo
perfetto, verso una monocameralismo in senso politico, ossia una sola Camera
politica alla quale attribuire tutte le funzioni legislative in via definitiva,
escludendo alcune materie importanti (le leggi costituzionali), da mantenere
nel regime attuale di bicameralismo perfetto, ed un Senato federale con
funzione di lettura delle leggi, diversa da quella prospettata anche nelle
ultime proposte emendative presentate; in definitiva una Camera federale alla
quale attribuire, nell'ordinarietà della legislazione, mai l'ultima parola, ma,
soltanto in casi sanzionati da una maggioranza qualificata, ossia dal voto di
tre quinti del Senato, una doppia lettura. La nostra idea era la riforma del
bicameralismo perfetto che attribuisse alla Camera dei deputati l'ultima parola
su tutte le leggi, salvo le leggi costituzionali ed alcune leggi fondamentali
dell'ordinamento, con la possibilità per il Senato federale di intervenire nel
processo legislativo, senza dire mai l'ultima parola, ma con la possibilità di
richiedere una procedura di bicameralismo con una maggioranza qualificata di
tre quinti. Abbiamo sostenuto la nostra idea in Commissione ed ora tentiamo di
riproporla in aula attraverso le nostre proposte emendative. La nostra è una
vera idea di superamento del bicameralismo perfetto. Non pensiamo di fare,
attraverso la riforma costituzionale, un favore alla Camera ed un torto al
Senato, ma ci preoccupiamo esclusivamente di introdurre un procedimento
legislativo più snello e che renda più efficiente il sistema, superando tutte
le difficoltà e gli anacronismi che sono stati rappresentati nel corso della
discussione.
La vostra invece è un'idea che procede con un assetto variabile, visto che in
Commissione avete licenziato un disegno nel quale - lo riassumo così - avete
superato il bicameralismo perfetto attribuendo, per una parte di materie,
l'ultima parola alla Camera, per un'altra parte (in particolare i principi
fondamentali delle competenze concorrenti), al Senato, dimenticandovi del fatto
che in questa riforma voi avete previsto anche il rafforzamento del premier
e, quindi, sostanzialmente un maggiore collegamento tra l'azione di Governo e
la maggioranza politica (penso a tutte le discussioni che abbiamo fatto anche
l'altro giorno sul Presidente della Repubblica, sul ruolo del Parlamento e così
via). Però il Senato federale nella vostra concezione è una Camera eletta con
il sistema proporzionale e, quindi, completamente svincolata dalla maggioranza
politica; in sostanza, il vostro disegno non supera assolutamente le
inefficienze, gli anacronismi di oggi, ma, in conclusione, tende a complicare
la situazione, anzi - noi abbia usato una parola -, secondo la versione della
Commissione, «impicca» il premier alle decisioni del Senato. Quindi,
siamo ben lontani da una semplificazione delle procedure.
L'assetto variabile si manifesta con gli emendamenti che avete presentato anche
in aula, modificando il testo (prima quelli della Commissione, poi i subemendamenti).
Sostanzialmente, che cosa tentate di correggere? Rispondendo ad una critica che
noi abbiamo formulato, secondo la quale la maggioranza e il premier, se
rimanesse l'assetto che ha votato la Commissione, sono di fatto incatenati alle
decisioni del Senato per parti anche importanti del programma politico, con il
vostro emendamento, che avete testè presentato, modificate ulteriormente la
procedura e proponete una soluzione di questo tipo: qualora il Presidente del
Consiglio rilevi che nelle materie di competenza del Senato, nelle quali il
Senato dice l'ultima parola, rientri una parte importante del suo programma di
Governo, invoca il Presidente della Repubblica, chiede una procedura
differente, secondo la quale l'ultima parola torna alla Camera. In sostanza,
oggi abbiamo un bicameralismo perfetto, ma se viene approvata la proposta che
voi avete presentato, avremo un sistema assolutamente imperfetto, confuso, un
sistema nel quale non è più chiaro chi ha l'ultima parola, anche perché c'è
l'intervento del Presidente della Repubblica, che viene «tirato per la giacca»
ad esprimere una valutazione politica. In altre parole, egli deve valutare se
una parte di quelle materie sono ricomprese o meno nel programma di Governo,
cambiando quindi il procedimento legislativo.
Aggiungo che si potrebbe dare ancora una lettura forzata a questa proposta che
voi fate; un Presidente del Consiglio, che volesse espropriare completamente il
Senato federale dell'ultima parola che voi gli attribuite con questa proposta,
basterebbe che ricomprendesse, prima del voto, nel suo programma elettorale,
tutte le materie che, in base alla vostra proposta, sono assegnate nella
procedura legislativa in via definitiva al Senato. Siamo in presenza di una
correzione che non fa altro che complicare ulteriormente le cose e rende ancora
più difficile e più confusa la proposta che è davanti a noi.
In conclusione, perché il vostro modo di procedere ha questi elementi di
contraddittorietà e di confusione? Perché avete smarrito il senso di quello che
bisognerebbe fare per rendere il sistema più efficiente e più snello? Perché
avete smarrito il senso della riforma che stiamo facendo? No, io non credo che
voi abbiate smarrito tutto questo; in realtà voi siete appesi al voto dei
senatori, però vi rendete conto che per guadagnare il voto dei senatori non
potete espropriare totalmente il Senato dei poteri dei quali dispone nella
legislazione vigente. Su di voi pende questa mannaia.
Cosa decideranno i senatori quando scopriranno che, anche con l'ultima proposta
emendativa - presentata per rendere la procedura coerente con il rafforzamento
del premier -, gli avete sottratto innumerevoli competenze sicché, alla
fine, in ultima istanza, saranno nella condizione di non poter decidere più
nulla? Questo è il vero problema sul quale vi state misurando senza trovare
soluzioni! Di conseguenza, per così dire, vi arrampicate, presentando
emendamenti e subemendamenti, cambiando le procedure e apprestando altre
soluzioni. Però, incombe su di voi il giudizio del Senato; ritengo pertanto
fareste meglio se, abbandonando tutte le incertezze, sposaste in via definitiva
un asse preciso di riforma, così come anche noi abbiamo chiesto con le nostre
proposte emendative. Sia solo la Camera politica a pronunciarsi in via definitiva
sulla approvazione delle leggi ordinarie e si «usi» il sistema bicamerale
soltanto per quelle costituzionali o fondamentali!
Il Senato federale, infatti, se federale è, interviene nel procedimento
legislativo secondo una procedura che non gli assegna mai l'ultima parola
nell'approvazione delle leggi ordinarie. Voi sapete che tali previsioni
difficilmente potrebbe essere approvate dal Senato e, per questa ragione,
proponete questo insieme di misure, recate da emendamenti e subemendamenti, che
rendono confusa la situazione.
Ritengo, quindi, vi sia, ancora una volta, al fondo di tanta incertezza e
confusione, la difficoltà politica già emersa nel dibattito di oggi in tutta la
sua ampiezza quando si è respinto l'articolo 24 sulla controfirma degli atti
del Presidente della Repubblica. Abbiamo assistito, in quell'occasione, a
dichiarazioni politiche molto importanti, che hanno dato uno spaccato della
grande coesione che, in questo momento, tiene unita la maggioranza e la Casa
delle libertà...
Ritengo non sia questo il clima con il quale noi dovremmo affrontare gli
argomenti di cui stiamo discutendo; sicuramente, trasversalmente - poiché
interessano maggioranza ed opposizione -, si potrebbero trovare punti di
sintesi tali da far convergere su un assetto vero di riforma. Ma ogni volta che
ci avviciniamo al rinvenimento di tali sintesi, interviene sempre qualche
fattore. Sovente, viene presentato un subemendamento sicché si cambia la
procedura e si deve cominciare di nuovo dall'inizio.
Sono convinto che, alla fine di questa discussione, quando, per così dire,
tireremo le somme, il giudizio sarà negativo; quando, soprattutto, qualche
studente di diritto costituzionale considererà gli atti parlamentari di questa
nostra discussione facendosi un'idea di come il Parlamento ha lavorato per una
riforma così importante, temo che il giudizio, sul Parlamento e su noi
parlamentari, non sarà davvero lusinghiero (Applausi dei deputati del gruppo
dei Democratici di sinistra-L'Ulivo).
PRESIDENTE. Non essendovi altri iscritti a parlare, invito il relatore ed il Governo ad esprimere il parere sugli emendamenti riferiti all'articolo 13.
DONATO
BRUNO, Relatore.
Signor Presidente, mi consta siano stati ritirati gli emendamenti Armani 13.2,
13.1 e 13.3, Zeller 13.70, Armani 13.4, Taormina 13.74 e 13.75, Zeller 13.13,
Armani 13.5, Saponara 13.78, Armani 13.6, Carrara 13.31, nonché i
subemendamenti Armani 0.13.250.1 e 0.13.251.1.
Raccomando l'approvazione degli emendamenti 13.250, 13.251 e 13.252 della
Commissione, quest'ultimo nella nuova formulazione.
Per quanto riguarda, poi, gli emendamenti Leoni 13.18, Bressa 13.49 e Tabacci
13.80, nonché il subemendamento Moroni 0.13.1.1, rivolgo ai presentatori un
invito al ritiro, altrimenti, il parere è contrario.
Il parere è, infine, contrario sugli emendamenti Boato 13.73, Leoni 13.50,
Boato 13.15, Mascia 13.9 e 13.76, e Tabacci 13.81, nonché sui subemendamenti
Boato 0.13.250.2, Leoni 0.13.252.5, Pacini 0.13.252.8, Zeller 0.13.252.9 e
0.13.252.10, e Leoni 0.13.252.7.
La Commissione esprime parere contrario sugli emendamenti Zeller 13.72 e
Perrotta 13.71, mentre l'emendamento Carrara 13.41 è stato ritirato. La
Commissione esprime altresì parere contrario sugli emendamenti Mascia 13.82 e
Buontempo 13.79, mentre l'emendamento Armani 13.7 è stato ritirato.
La Commissione esprime parere contrario sui subemendamenti Boato 0.13.253.3 e
Armani 0.13.253.5, 0.13.253.1 e 0.13.253.2.
La Commissione raccomanda l'approvazione del suo emendamento 13.253, che è
stato riformulato nel senso di sostituire, al quinto rigo, la parola «votato»
con la parola «approvato» ed aggiungendo, al sesto rigo, dopo l'espressione
«dalla Camera», l'espressione «ovvero per la tutela delle finalità di cui
all'articolo 120, secondo comma,». La Commissione esprime, inoltre, parere
contrario sul subemendamento Bressa 0.13.253.6 e sull'emendamento Bressa 13.52,
mentre l'emendamento Armani 13.8 è stato ritirato.
La Commissione, infine, raccomanda l'approvazione del suo emendamento 13.254,
nella sua nuova formulazione. Credo sia stato precedentemente annunziato il
termine per la presentazione degli eventuali subemendamenti, sui quali
esprimeremo successivamente il nostro parere.
PRESIDENTE. Il Governo?
ALDO BRANCHER, Sottosegretario di Stato per le riforme istituzionali e la devoluzione. Il Governo esprime parere conforme a quello del relatore.
PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'emendamento Boato 13.73.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mascia. Ne ha facoltà.
GRAZIELLA
MASCIA. Signor Presidente, esistono
numerose ragioni per chiedere la soppressione dell'articolo in esame, poiché,
in tal caso, vengono al pettine tutti i nodi problematici in ordine al contorto
iter legislativo disciplinato da questa riforma costituzionale.
Infatti, sono previsti sostanzialmente quattro procedimenti: un procedimento
bicamerale; un procedimento monocamerale con prevalenza della Camera dei
deputati; un procedimento monocamerale con prevalenza del Senato e, infine, il
caso in cui, se un progetto di legge non fosse approvato nello stesso testo
dalle due Camere, subentrerà una Commissione mista paritetica, composta da 30
deputati e 30 senatori.
Già ciò rappresenta, a nostro avviso, un'espropriazione dei poteri del
Parlamento ed un diktat sull'autonomia e sui poteri delle Camere.
Inoltre, all'interno delle proposte emendative presentate negli ultimi minuti,
si modifica in senso peggiorativo la composizione della citata Commissione
paritetica, poiché si elimina persino il criterio di proporzionalità rispetto
alla composizione delle due Camere.
Come se non bastasse, in tale procedimento si aggiungono ulteriori due
elementi. Il primo è quello relativo ai poteri del Governo, che può sottrarre -
anche in questo caso, sulla base di proprie valutazioni, relativamente alla
priorità stabilita dal proprio programma - all'esame del Senato un determinato
provvedimento e decidere che venga assegnato alla Camera dei deputati se
dovesse corrispondere alle esigenze del proprio programma. A questo punto
interviene, inoltre, il Presidente della Repubblica, il quale, come abbiamo
visto nei giorni scorsi, assume un ruolo politico, poiché viene privato della
propria funzione super partes, poiché dovrebbe valutare quando
effettivamente si determini tale priorità programmatica del Governo.
I problemi, sul punto, sono notevoli. Alcuni di essi riguardano l'iter
legislativo in quanto tale: il rischio che questo procedimento determini una
serie di conflitti di attribuzione e ricorsi alla Corte costituzionale, un
permanente stato di conflitto tra i poteri e lo svilimento dell'efficacia
dell'azione legislativa.
Questa è la conseguenza minima dell'impasse che si determina. Come
risolvete tale rischio? Ancora una volta, in modo autoritario: i Presidenti
delle Camere, secondo gli emendamenti presentati nel corso delle ultime ore,
decidono in ordine alle eventuali competenze tra le due Camere e possono
deferire tale decisione ad un altro Comitato paritetico, composto di quattro
senatori e quattro deputati. Si aggiunge inoltre per completare il quadro,
rispetto al rischio certo che un iter di tale tipo non solo determini impasse,
ma elementi di conflittualità perenne, con conseguenti ricorsi alla Corte
costituzionale, che la decisione di detto Comitato non è sindacabile in alcuna
sede.
Credo che gli elementi di riflessione che ho proposto nel poco tempo a
disposizione siano sufficienti per affermare che il pasticcio compiuto con
questa modifica sia veramente pericoloso e mini profondamente non solo gli
equilibri dello Stato, ma anche i poteri del Parlamento. Nei successivi
emendamenti che abbiamo presentato indicheremo quale potrebbe essere la
soluzione alternativa a tale iter. Per il momento, chiediamo la soppressione di
tutto l'articolo.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Marone. Ne ha facoltà.
RICCARDO
MARONE. Signor Presidente,
giungiamo a discutere il nucleo di questa riforma ed una tra le norme che
doveva essere fondamentale nell'ambito della riscrittura della parte II della
Costituzione. Abbiamo, oltretutto, accantonato a lungo questa parte della
riforma, proprio perché la maggioranza ha per molto tempo stentato a trovare
una formula idonea. Nella versione approvata dal Senato credo fosse la parte
più «obbrobriosa» della riforma stessa. L'articolo 70, così come riscritto dai
senatori, era del tutto incomprensibile ed inapplicabile, come abbiamo, più
volte, dimostrato. I senatori, inoltre, si attribuivano un gigantesco potere, a
scapito della Camera dei deputati.
Tale norma è stata riscritta, ma penso non siano stati affatto risolti i
problemi che la primitiva stesura comportava. Ciò anche per una ragione di
fondo: voi iniziate sempre con grandi affermazioni di principio, con grandi
temi, e, successivamente, un po' alla volta, tali grandi affermazioni di
principio, nella contrattazione all'interno della vostra maggioranza, si
riducono e divengono sempre più insignificanti. Anche su tale aspetto
sosteniamo che il tema di fondo era l'eliminazione del bicameralismo perfetto.
Alla fine, avete proposto un articolo 70 che, per non scontentare i senatori e
per ottenere la loro approvazione, sostanzialmente continua a disegnare il
nucleo forte della legislazione in un sistema bicamerale. Se, infatti,
esaminiamo i diversi commi dell'articolo 70, così come voi l'avete scritto,
constatiamo che il terzo comma - quello che continua a prevedere l'approvazione
in forma bicamerale delle leggi - rappresenta ancora il nucleo forte della
legislazione.
Sostanzialmente, quindi, fate ben poco. Dite di voler eliminare il
bicameralismo perfetto; in realtà, ne togliete solo una parte e per la
stragrande maggioranza delle leggi lasciate operante il bicameralismo. È lo
stesso principio che avete adottato su tutti i grandi temi di questa riforma:
prima avete affermato di voler effettuare alcune scelte e, poi, lentamente le
avete rinnegate.
Avete, oltretutto, il grande problema che, avendo sostanzialmente confermato un
sistema bicamerale, con il terzo comma dell'articolo 70, per eliminare la
difficoltà di approvare il testo legislativo nella stessa forma tra i due rami
del Parlamento, avete «inventato» questa Commissione dei 30, che rappresenta
una supercommissione di superparlamentari, dotati di un potere diverso dagli
altri parlamentari, dimenticandovi che la stessa Costituzione afferma che i
parlamentari hanno tutti gli stessi poteri d'iniziativa parlamentare e di
proporre emendamenti.
Mi chiedo come la norma contenuta nel terzo comma dell'articolo 70 possa
ritenersi costituzionale alla luce delle altre norme sulle competenze dei
singoli parlamentari previste nella Costituzione. Credo che avreste dovuto fare
una riflessione più approfondita su questo tema. State, infatti, prevedendo un
sistema in base al quale, in una fase del procedimento, alcuni parlamentari
hanno poteri più ampi rispetto ad altri, ai quali viene impedito di svolgere
pienamente la loro funzione legislativa di elaborazione delle leggi. Voi avete
stabilito che il parlamentare debba esprimere un voto favorevole o contrario e
che non potrà fare null'altro quando si tratterà di tentare di omogeneizzare i
testi della Camera e del Senato federale. Questo mi sembra un sistema
sbagliato, che creerà deputati di serie A e di serie B. Infatti, i deputati
della Commissione svolgeranno un ruolo ben diverso, di elaborazione e di
costruzione della norma legislativa, che non spetterà agli altri parlamentari.
Credo che si sarebbe dovuta fare una riflessione al riguardo, anche sotto il
profilo della costituzionalità di una norma del genere.
Infine, vorrei sottolineare un altro aspetto. Avete creato un meccanismo che,
ancora una volta, non si addice ad uno Stato federale. In un meccanismo
parlamentare e legislativo di Stato federale è la Camera politica a decidere le
leggi dello Stato: ciò accade in qualsiasi sistema federale esistente al mondo.
Voi, però, o perché siete ben consapevoli di non aver creato un Senato federale
o perché sapete bene che, se il testo fosse formulato diversamente, la vostra
maggioranza al Senato non l'approverebbe mai, avete costruito un sistema
legislativo ibrido, completamente avulso da qualsiasi modello di Stato federale
esistente al mondo. Infatti, nel secondo comma dell'articolo 70, avete previsto
una competenza legislativa piena del Senato in tutta una serie di materie, in
particolare quelle di legislazione concorrente, attribuendo un determinato
ruolo al Governo. Questa è la seconda via d'uscita che avete cercato e, se
forse nelle intenzioni poteva essere lodevole, nei risultati è veramente
scadente. Se nelle intenzioni si voleva limitare il potere del Governo di
trasferire le leggi da un ramo all'altro del Parlamento, di fatto si è
attribuita al Presidente della Repubblica una funzione del tutto impropria,
trascinandolo in un procedimento legislativo. Noi riteniamo che tutto ciò sia
profondamente sbagliato (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di
sinistra-L'Ulivo e Misto-Verdi-L'Ulivo)!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Acquarone. Ne ha facoltà.
LORENZO ACQUARONE.
Signor Presidente, onorevoli colleghi, confesso di non appartenere alla schiera
degli studiosi di diritto pubblico contrari al bicameralismo. Tutto sommato, se
è vero che la navette tra una Camera e l'altra ha portato molti ritardi
nell'approvazione di leggi ritenute importanti per il Parlamento, è altrettanto
vero che la riflessione che interviene nell'approvazione, magari sotto la
spinta emotiva, di un disegno di legge e, quindi, una seconda lettura può molto
spesso essere utile.
Gli antichi studiosi dicevano che era opportuno che le leggi fossero esaminate
prima da giovani, magari anche sotto l'effetto dell'alcool, che passasse un po'
di tempo e che poi venissero riesaminate da persone anziane e sobrie, perché
ciò metteva insieme la vivacità dell'innovazione e la ponderazione sulla
stessa.
Convengo che la maggioranza degli studiosi e degli operatori è da tempo
contraria al bicameralismo proprio per la lentezza che questo provoca alla
funzione legislativa. Qual è l'elemento che mi spinge a dire di no con forza? È
il fatto che in questo disegno di legge vediamo una supremazia dell'Esecutivo
nei confronti del Parlamento.
La cosa che in questo disegno di legge mi spinge a chiederne la radicale
soppressione è il fatto che, quando una legge sia ritenuta dal Presidente del
Consiglio necessaria per la realizzazione del suo programma, può portarla,
sottraendola alla Camera competente, all'esame della Camera dei deputati, la
quale - come abbiamo visto nella discussione dei giorni scorsi - è succube
perché è sotto la minaccia dello scioglimento.
Se mettiamo insieme il fatto che il Governo può in ogni momento affermare che
un disegno di legge è essenziale alla sua vita (per esempio, la Cirami, il lodo
Schifani, eccetera, sono stati essenziali alla vita di questo Governo),
portarlo di fronte alla Camera dei deputati e poi, con la spada di Brenno
chiedere di approvarlo, altrimenti tutti a casa, il risultato è aberrante.
Vi annoierò a lungo su questi argomenti: non ho parlato sul complesso degli
emendamenti proprio per tenermi il tempo a disposizione per intervenire sui
singoli emendamenti. Questa è la ragione di fondo che mi spinge ad essere
radicalmente contrario all'articolo e, quindi, a chiedere che venga votato
l'emendamento soppressivo (Applausi dei deputati dei gruppi della
Margherita, DL-L'Ulivo e Misto-Popolari-UDEUR).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà.
GIANCLAUDIO BRESSA.
Abbiamo lungamente atteso il testo definitivo dell'articolo 70. Devo dire che
eravamo molto curiosi di capire quale sarebbe stato l'elemento che informava
questo tentativo di mettere ordine rispetto ad un testo uscito dal Senato
assolutamente impresentabile e inaccettabile.
Ricordo solo per memoria che il Servizio studi della Camera aveva effettuato
un'approfondita analisi dell'attività legislativa del 2003 e, su circa cento
leggi approvate nel 2003, oltre quaranta non si sarebbe saputo a chi imputarle,
stante l'assoluta e totale confusione della formazione delle leggi così com'era
uscita dal testo del Senato.
Indubbiamente l'operazione del ministro e del relatore ha in qualche modo
dissipato molti di quei nodi, ma il risultato non è comunque accettabile ed è
gravemente lesivo di una serie di fondamenti costituzionali. Uno l'ha ricordato
poco fa l'onorevole Acquarone e consiste nel ruolo esorbitante dell'Esecutivo
rispetto al Parlamento, in questa figura del primo ministro che diventa in
qualche modo dominus anche del potere legislativo.
Ma non è solo questo l'elemento grave nelle vostre ipotesi. Voi immaginate di
passare da una forma di bicameralismo perfetto ad una forma di bicameralismo
chiaramente imperfetto. Avreste dovuto applicare in questo caso tutti quei
meccanismi iperrazionali che utilizzate quando affrontate la forma di Governo.
Qui, invece, non siete in grado di attuare il benché minimo automatismo. Non
siete in grado di imputare con un minimo di chiarezza le leggi in capo alla
Camera o in capo al Senato e, in caso di disaccordo tra Camera e Senato, non
siete riusciti ad inventare nulla di meglio che una Commissione di trenta
deputati e trenta senatori.
Quando c'era bisogno di meccanismi automatici che non amplificassero il
contenzioso non siete stati capaci di pensarli.
Li avete tutti lasciati rivolti alla forma di Governo che vedremo in seguito
che guasti produrrà al paese. I vostri terzo e quarto comma sono estremamente
significativi e rivelatori della vostra incapacità di affrontare seriamente
tale tema. Quando il Governo decide che talune modifiche siano essenziali per
l'attuazione del suo programma anche il Senato perde completamente qualsiasi
forma di autonomia legislativa. Viene uniformato alla Camera, e si sa che la
Camera è sotto il ricatto costante del primo ministro attraverso il voto di
fiducia.
PRESIDENTE.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico,
sull'emendamento Boato 13.73, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la
votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 447
Votanti 444
Astenuti 3
Maggioranza 223
Hanno votato sì 182
Hanno votato no 262).
Prendo atto che
l'onorevole Buontempo non è riuscito ad esprimere il proprio voto ed avrebbe
voluto esprimere un voto contrario, che l'onorevole Boato avrebbe voluto
esprimere un voto favorevole e che gli onorevoli Amici e Panattoni hanno
erroneamente espresso un voto contrario mentre avrebbero voluto esprimerne uno
favorevole.
Passiamo all'emendamento Leoni 13.18. Chiedo ai presentatori se accedano
all'invito al ritiro formulato dal relatore.
RICCARDO MARONE. No, signor Presidente, e chiedo di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
RICCARDO
MARONE. Signor Presidente, non
ritiriamo l'emendamento in esame perché si tratta della nostra proposta
alternativa rispetto a quella della maggioranza. Ancora una volta, la
maggioranza ha cercato di appropriarsi dei nostri emendamenti ma,
evidentemente, senza capirne lo spirito ed il contesto in cui inserirli. Ciò è
accaduto molte volte ed in particolare in questo caso. La maggioranza ha dovuto
riflettere vari mesi per comprendere come poteva trovare una soluzione
razionale a quel gran pasticcio combinato dal Senato della Repubblica con una
formulazione dell'articolo 70 non solo incomprensibile da un punto di vista
letterale, ma anche assurda da un punto di vista di logica costituzionale.
Abbiamo formulato a luglio una proposta organica in merito alla nostra
concezione dell'ordinamento della Repubblica. Come ben ricorderete, avevamo
proposto un vero Senato federale di dimensioni ben più contenute, con una
composizione completamente diversa e che dovesse svolgere un ruolo
completamente diverso. La nostra impostazione, ovviamente, non è stata seguita
dalla maggioranza che ha approvato qualcosa di diverso, ma ha cercato di
prendere spunto dalla nostra proposta in maniera certamente sbagliata.
Innanzitutto, troviamo inconcepibile l'intrusione eccessiva del premier
nel procedimento legislativo. Già la nostra Costituzione garantisce ampiamente
l'esecutivo nell'ambito del procedimento legislativo: vi sono forme abbreviate
ed accelerate, vi sono i decreti-legge, vi è la fiducia. Si tratta di forme di
intervento dell'Esecutivo sul procedimento legislativo che garantiscono
l'attuazione del programma di Governo, ma sono forme equilibrate che
garantiscono al Parlamento di svolgere la funzione per cui è stato eletto. In
questo caso, invece, pare che l'unico eletto sia il premier e ci
dimentichiamo che a fianco del premier, che ha una funzione esecutiva e
non legislativa, c'è un Parlamento che ha una funzione legislativa e deve
poterla svolgere. Voi avete immaginato una cosa completamente diversa
confondendo, a mio avviso, le necessità dell'Esecutivo con la funzione
legislativa.
La nostra proposta elimina veramente il bicameralismo perfetto dal nostro
ordinamento prevedendolo solo per alcune limitatissime ipotesi come le leggi
costituzionali, di revisione costituzionale e per alcune altre limitatissimi
ipotesi riferite al Titolo V della Costituzione.
Come vedete, quindi, nella nostra impostazione abbiamo effettivamente attuato
la volontà di creare un regime monocamerale legislativo; cosa che voi invece
non fate affatto, perché, come si è dimostrato con il vostro terzo comma, la
stragrande maggioranza delle leggi restano ad approvazione bicamerale. Abbiamo
creato inoltre un procedimento che consente alla Camera dei deputati e al
Senato federale di dialogare tra di loro e di collaborare nell'elaborazione dei
testi legislativi, ma alla fine chi deve decidere è la Camera politica; quindi,
nella nostra formulazione, abbiamo chiarito che l'ultima parola spetta alla
Camera politica, perché così è giusto che sia. Altrimenti, voi non state
costruendo un diverso sistema di approvazione delle leggi, ma state
semplicemente, ancora una volta, cercando di far credere alla gente che
modificate il bicameralismo, mentre in realtà - obbligati a questo dal ricatto
del Senato, che altrimenti non vi approverebbe mai questa legge di riforma -
state confermando in pieno i poteri legislativi del Senato e quindi state
certamente proponendo un sistema legislativo più complesso di quello attuale.
L'unica via di uscita e di semplificazione che voi prevedete di quel processo è
l'intervento del premier: ancora una volta, questo Primo ministro che
incombe sull'attività legislativa e che dovrebbe avere la funzione di risolvere
tutti i problemi. L'abdicazione della funzione del Parlamento nella concezione
della vostra riforma è evidente. Noi siamo profondamente contrari a questo,
perché crediamo che a fianco di un rafforzamento dei poteri del premier,
proprio per mantenere l'equilibrio, sia indispensabile conservare una funzione
fondamentale del Parlamento. Tutto questo nel vostro testo di riforma non c'è,
mentre nel nostro emendamento sussiste. Per questo chiediamo che esso venga
approvato (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di
sinistra-L'Ulivo).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà.
GIANCLAUDIO BRESSA.
Questo emendamento, come ha ricordato adesso il collega Marone, rappresenta la
nostra formulazione dell'articolo 70. Vorrei che lo leggeste bene, perché ho
l'impressione che siate stati un po' distratti, nel corso di questi mesi.
L'articolo 70, così come formulato nel nostro emendamento, consente al
Parlamento di mantenere una propria centralità ed una propria efficienza ed
efficacia nella produzione normativa.
È del tutto evidente che vi siete mossi sotto il ricatto dei senatori, che
continuavano a tirarvi per la giacca, ricordando che anche loro sono
legislatori e non vogliono perdere questa caratteristica e questa peculiarità.
Però tutto ciò ha fatto sì che voi abbiate scritto una normativa
straordinariamente complicata ed illogica, dal punto di vista della coerenza
costituzionale, in cui il ruolo del protagonista, ancora una volta, è quello
del Primo ministro. Il nostro testo dell'articolo 70, invece, prefigura un regime
a prevalenza Camera, se non proprio monocamerale, ma identificando - si badi
bene - un ruolo fondamentale, di responsabilità istituzionale, per il Senato.
La funzione bicamerale noi la riserviamo solo alle leggi di revisione
costituzionale e alle leggi costituzionali, nonché alle materie di perequazione
finanziaria, di cui al terzo e quinto comma dell'articolo 119. L'avevamo anche
riservata al terzo comma dell'articolo 116, ma l'avete cancellato. Dopodiché il
ruolo della Camera diventa in qualche modo non prioritario, ma centrale. Vi è
la possibilità, da parte del Senato, in un numero significativo di materie...
PRESIDENTE. Onorevole Bressa, la invito a concludere.
GIANCLAUDIO BRESSA. ...di trasformare, attraverso una votazione a maggioranza dei tre quinti dei componenti, le norme in leggi bicamerali, dimostrando, in questo, un ruolo istituzionale forte.
CESARE RIZZI. Tempo!
PRESIDENTE. Onorevole Bressa...
GIANCLAUDIO BRESSA. Una maggioranza dei tre quinti può costringere la Camera ad un confronto aperto.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Giordano. Ne ha facoltà.
FRANCESCO GIORDANO.
Signor Presidente, noi abbiamo una nostra proposta su questa delicata materia
dell'iter legislativo; tuttavia, voteremo anche quella proposta dai colleghi
del centrosinistra. Infatti, al di là di alcune questioni di forma, nella
sostanza colgono le nostre stesse urgenze ed il nostro stesso spirito nel
respingere anche il testo proposto dalla maggioranza, che a noi pare
autoritario. Voi, con questa formulazione, state svuotando il Parlamento e lo
rendete del tutto superfluo: l'attività parlamentare diventa semplice finzione.
Se a decidere - non essendovi certezze sulle competenze delle due Camere - deve
essere la Commissione paritetica e, in estrema ratio, alla fine, viene
tirato in ballo lo stesso Presidente della Repubblica, è del tutto evidente
che, in questo modo, il Parlamento non ha più alcuna funzione. È una questione
di grandissimo rilievo, perché, in questo modo, sicuramente si incentiveranno
contrasti e conflitti di competenza. Si determineranno, pertanto, le condizioni
per l'attivazione di ricorsi alla Corte costituzionale. Voi, tuttavia, il
problema lo avete risolto: impedite alla Corte costituzionale di intervenire in
materia.
La verità è che vi ponete per questa via due obiettivi: da una parte,
l'asservimento del Parlamento agli esecutivi e, nella fattispecie, alla
maggioranza e, dall'altra, una paralisi istituzionale che alimenta egoismi
corporativi territoriali.
Infine, per quanto riguarda la figura del Presidente della Repubblica,
francamente trovo inquietante che lo stesso, da garante della Costituzione,
diventi garante dell'attuazione del programma della maggioranza. In questo
modo, state cambiando le carte dell'intera trama democratica della nostra
Costituzione. Quello che state compiendo oggi è gravissimo ed è il punto nodale
della vostra riforma (Applausi dei deputati dei gruppi di Rifondazione
comunista, dei Democratici di sinistra-L'Ulivo e Misto-Comunisti italiani)!
PRESIDENTE.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico,
sull'emendamento Leoni 13.18, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la
votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 444
Votanti 438
Astenuti 6
Maggioranza 220
Hanno votato sì 191
Hanno votato no 247).
Prendo atto che
l'onorevole Boato non è riuscito a votare e che avrebbe voluto esprimere voto
favorevole.
Poiché l'emendamento Armani 13.1, come rilevato dal relatore, è stato ritirato,
la proposta emendativa Moroni 0.13.1.1, trattandosi di un subemendamento
all'emendamento Armani 13.1, risulta decaduta.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Bressa 13.49.
Chiedo ai presentatori se accedano all'invito al ritiro formulato dalla
Commissione.
GIANCLAUDIO BRESSA. Signor Presidente, non accedo all'invito al ritiro e chiedo di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
GIANCLAUDIO BRESSA.
Attraverso i nostri emendamenti intendiamo spiegare il senso della nostra
proposta relativa alla formazione delle leggi. Precedentemente lo abbiamo spiegato
in linea generale e adesso intendiamo farlo più specificatamente.
L'emendamento 13.49, che reca la mia prima firma, descrive le modalità secondo
cui le materie relative alla competenze esclusive dello Stato sono esaminate ed
approvate dalla Camera dei deputati. È del tutto evidente questo tipo di
competenza attribuita alla Camera dei deputati, ma è importante sottolineare il
fatto che, dopo l'approvazione da parte della Camera dei deputati, questi
disegni di legge sono trasmessi al Senato, il quale, però, li può esaminare su
richiesta esplicita dei due quinti dei propri componenti.
Abbiamo voluto adottare questo meccanismo, non prevedendo alcun automatismo, in
quanto riteniamo che, nel rapporto tra Camera e Senato, debba instaurarsi una
sorta di responsabilità istituzionale. Pertanto, le questioni non devono essere
affrontate automaticamente, ma solo quando davvero responsabilmente il Senato
ritenga di dover verificare cosa ha votato la Camera dei deputati.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Alfonso Gianni. Ne ha facoltà.
ALFONSO
GIANNI. Invito ad approvare
l'emendamento Bressa 13.49 che si fonda sulla nostra concezione relativa alla
priorità della funzione politica della Camera rispetto al Senato nella
formazione delle leggi.
È l'unico sistema che impedisce la riproduzione in forme perverse del
bicameralismo, che da perfetto diventerebbe imperfetto o addirittura assurdo.
Almeno, questo emendamento pone un limite: chiarisce quali sono, nei confronti
delle leggi, le responsabilità di una Camera e quelle dell'altra. Dunque, qual
è la priorità e qual è il percorso che le leggi devono seguire. Inoltre, la
presente proposta emendativa fornisce una certezza temporale rispetto
all'approvazione delle leggi e impedisce che la navette tra Camera e
Senato sia imprecisa nelle modalità e nei tempi della sua attuazione.
Insomma, lo definirei un emendamento di buonsenso all'interno, naturalmente, di
un impianto che nel suo complesso non condividiamo, ma che almeno in questo
caso sarebbe sensibilmente migliorato.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Marone. Ne ha facoltà.
RICCARDO
MARONE. Signor Presidente,
questo emendamento riguarda il procedimento legislativo delle materie di cui al
secondo comma dell'articolo 117 della Costituzione, vale a dire le materie di
competenza esclusiva dello Stato, e precede l'emendamento della Commissione e
quindi della maggioranza.
Come si può notare, la maggioranza, nel corso dell'estate, si è appropriata del
nostro emendamento, apportando allo stesso alcune modifiche peggiorative, e ciò
è grave.
In particolare, nell'emendamento della maggioranza non è chiaro il procedimento
seguito dal Senato. Infatti, mentre noi abbiamo previsto che i due quinti dei
senatori possano richiedere di introdurre modifiche - con un potere
d'iniziativa del Senato che, da una parte, ha un significato politico e,
dall'altra, garantisce che possa decidere non la maggioranza del Senato, ma una
quota minoritaria dello stesso -, nella formulazione proposta dalla maggioranza
si prevede semplicemente che il Senato federale, entro trenta giorni, possa
proporre modifiche.
Ciò vuol dire che bisogna iscrivere sempre all'ordine del giorno queste leggi?
Che possono essere iscritte all'ordine del giorno solo se lo deciderà la
maggioranza del Senato? In altri termini, è stato previsto un meccanismo
procedimentale che non garantisce minimamente una reale partecipazione dei
senatori al procedimento legislativo. Ma voi continuate ad avere in testa un sistema
bicamerale e, quindi, continuate a prevedere un automatismo di passaggi fra
Camera e Senato.
Non deve essere così, il Senato - e non la sua maggioranza - deve prendere
l'iniziativa. Questo è il senso del nostro emendamento, certamente migliore
rispetto a quello presentato dalla Commissione.
PRESIDENTE.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico,
sull'emendamento Bressa 13.49, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la
votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 431
Votanti 429
Astenuti 2
Maggioranza 215
Hanno votato sì 177
Hanno votato no 252).
Prendo atto che
l'onorevole Parodi non è riuscito a votare.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul
subemendamento Boato 0.13.250.2, non accettato dalla Commissione né dal
Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la
votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 446
Votanti 443
Astenuti 3
Maggioranza 222
Hanno votato sì 182
Hanno votato no 261).
Ricordo che il
subemendamento Armani 0.13.250.1 è stato ritirato.
Passiamo all'emendamento 13.250 della Commissione.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Marone. Ne ha
facoltà.
RICCARDO
MARONE. Signor Presidente, ho
già avuto modo di evidenziare, intervenendo sul precedente emendamento Bressa
13.49, gli elementi non condivisibili del procedimento in oggetto.
In primo luogo, resta l'automatismo dei passaggi tra Camera dei deputati e
Senato federale. Si tratta di un meccanismo la cui impostazione è sbagliata, in
quanto dovrebbe essere previsto il contrario, vale a dire che la Camera dei
deputati approva le leggi e che il Senato federale, in quanto portatore di interessi
territoriali, possa intervenire nel procedimento, qualora lo ritenga utile, su
iniziativa di una quota di senatori.
Al contrario, si prevede un meccanismo oscuro, in virtù del quale, dopo
l'approvazione da parte della Camera, entro trenta giorni il Senato federale
può proporre modifiche. Cosa significa ciò? Che il provvedimento legislativo
approvato dalla Camera deve essere necessariamente iscritto all'ordine del
giorno del Senato? Che lo decide la maggioranza? Che, dunque, tutto viene
deciso dalla maggioranza del Senato? Riteniamo pertanto che tale procedimento
legislativo non sia corretto, ed esprimeremo voto contrario sull'emendamento in
esame.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mascia. Ne ha facoltà.
GRAZIELLA MASCIA.
Signor Presidente, intervengo per esprimere la nostra contrarietà
all'emendamento in esame, illustrando nel contempo la nostra proposta, che,
agendo proprio sull'assegnazione delle competenze alla Camera e al Senato
operata dal Governo e dalla maggioranza, prevede un centro di imputazione
ultimo nell'iter legislativo. Riteniamo si tratti di un principio di fondo alla
base dei sistemi parlamentari cosiddetti a bicameralismo imperfetto: qualsiasi
modello decisionale di questo tipo, infatti, deve necessariamente prevedere la
sede della decisione di ultima istanza. Nell'ipotesi da noi proposta, si
prevede che il centro ultimo di imputazione di qualsiasi decisione in materia
legislativa sia individuato nella Camera dei deputati.
A tal fine, la nostra proposta mira, da una parte, a garantire tale presupposto
e, dall'altra, a valorizzare anche il ruolo della seconda Camera. Infatti, la
Camera delle regioni potrebbe esercitare il proprio peso politico e
istituzionale nei confronti della Camera dei deputati solo in un'eventuale
seconda deliberazione e a maggioranza dei due terzi. I colleghi del
centrosinistra hanno previsto la maggioranza dei tre quinti; a nostro avviso, è
preferibile la maggioranza dei due terzi, analogamente a quanto previsto per la
revisione costituzionale, ai sensi dell'articolo 138, in modo da garantire un
consenso talmente ampio e plurale da poter intervenire in via definitiva sul
procedimento per l'approvazione della legge. Tale meccanismo è previsto sia per
le leggi di competenza della Camera, su cui ritenga di intervenire il Senato a
maggioranza dei due terzi, sia nel caso inverso, per i disegni di legge di
competenza del Senato. Riteniamo che il rischio che si correrebbe laddove non
fossero adottate soluzioni e scelte chiare nel procedimento legislativo,
sarebbe quello di determinare continui stalli istituzionali, che diverrebbero,
nell'economia e nella funzionalità del nostro ordinamento, gravemente
pregiudizievoli per gli interessi generali del paese.
Noi pensiamo che, in tema di definizione dell'iter legislativo, grazie al
nostro emendamento (che probabilmente risulterà precluso) i problemi sarebbero
tutti risolti nell'ambito del rispetto delle reciproche competenze e della
piena valorizzazione del Parlamento. Ma tutto ciò, con le proposte della
Commissione, non si verificherà; ma questo è un aspetto che rientra in
quell'iter contorto cui prima abbiamo accennato. In ultima analisi, non a caso
si chiede l'intervento autoritario di diversi soggetti: il Governo, i
Presidenti delle Camere, delle Commissioni e dei Comitati.
Ho voluto approfittare della mia dichiarazione di voto contrario
all'emendamento 13.250 della Commissione per ricordare come invece, in modo
razionale e costituzionalmente corretto, era ed è possibile definire l'iter per
la formazione delle leggi.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Violante. Ne ha facoltà.
LUCIANO VIOLANTE. I colleghi che mi hanno preceduto hanno già affrontato il nocciolo di questa tematica. Vorrei porre una questione in ordine alla titolarità del potere legislativo al Senato. In sostanza, in tali casi il potere legislativo è detenuto dalla maggioranza del Senato.
DONATO BRUNO, Relatore. Ma non è la maggioranza politica!
LUCIANO VIOLANTE. Sì,
quindi la maggioranza del Senato, che come sappiamo non ha un indirizzo
politico e quindi può essere diversa di volta in volta, in relazione al
provvedimento, priva la minoranza del momento della capacità di intervento sul
testo. Francamente mi sembra un tema sul quale riflettere. Non so se un'ipotesi
del genere, dal punto di vista della coerenza istituzionale, si regga in piedi.
Mi rivolgo al relatore, presidente Bruno, con riferimento all'ipotesi che la
maggioranza di una Camera decida se quella Camera può intervenire o meno. Siedo
alla Camera già da alcuni anni, come credo anche il relatore. Ebbene, quante
volte una maggioranza parte con una certa idea per poi accorgersi che, nel
prosieguo dei lavori, quella idea va cambiata? Lo stesso testo che stiamo ora
esaminando - è la quinta o sesta versione - ne è la dimostrazione.
Con la vostra ipotesi lasciate alla sola maggioranza la possibilità di
determinare se il Senato possa intervenire o meno su quella materia: mi sembra
un errore grave (mi si passi il termine) o, quanto meno, un grave squilibrio.
Infatti, si priva sostanzialmente della possibilità di rivedere un testo che
magari necessita proprio di essere rivisto. Se non volete accettare la proposta
illustrata prima dai colleghi Marone e Bressa, mi chiedo allora se non sia più
coerente prenderne in considerazione una nuova, che magari preveda la
possibilità di intervento di una determinata minoranza, di un numero
qualificato di senatori. Insomma, che la maggioranza stabilisca se si esamini o
meno un testo credo sia fuori dal contesto politico parlamentare nel quale ci
collochiamo.
Ripeto, non dico che si dovrebbe concedere la possibilità di intervenire ad
ogni senatore (torneremmo così al bicameralismo perfetto), ma comunque sarebbe
opportuno che una quota rilevante di senatori possa chiedere l'esame del
provvedimento, lasciando magari alla parte restante la possibilità di
respingere tale richiesta. Dovrebbe quanto meno essere concessa la possibilità
di chiedere l'esame del provvedimento, altrimenti la maggioranza decide se si
interviene, stabilisce l'ordine del giorno e decide come intervenire; qualunque
sia la maggioranza, che, ripeto, al Senato potrebbe essere mobile in relazione
agli interessi che di volta in volta si costituiscono.
PRESIDENTE.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico,
sull'emendamento della Commissione 13.250, accettato dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la
votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).
(Presenti 455
Votanti 452
Astenuti 3
Maggioranza 227
Hanno votato sì 255
Hanno votato no 197).
Passiamo alla votazione
dell'emendamento Tabacci 13.80.
Prendo atto che i presentatori dell'emendamento non accedono all'invito al
ritiro formulato dal relatore.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico,
sull'emendamento Tabacci 13.80, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la
votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 451
Votanti 440
Astenuti 11
Maggioranza 221
Hanno votato sì 10
Hanno votato no 430).
Prendo atto che
l'onorevole Tabacci non è riuscito a votare e che avrebbe voluto esprimere voto
favorevole.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Leoni 13.50.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale,
l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà.
GIANCLAUDIO BRESSA.
Riprendo un discorso che, a causa del breve tempo rimasto, non ho potuto
sviluppare compiutamente. Mi riferisco alla clausola di responsabilità
istituzionale in capo al Senato. I disegni di legge, nelle materie di cui
all'articolo 117, terzo comma, della Costituzione, nonché altre questioni, sono
esaminati dalla Camera dei deputati e vengono poi trasmessi al Senato.
Qualora il Senato approvi delle modifiche con una maggioranza dei tre quinti,
queste leggi diventerebbero leggi «bicamerali»: quale è il senso di questa
ipotesi? Il senso sta nel fatto che vi è, comunque, anche nelle materie
relative al terzo comma dell'articolo 117, e alle altre materie che vedete
elencate, una centralità della Camera dei deputati che fa partire il
procedimento; il provvedimento viene poi trasmesso al Senato, il quale è
chiamato a svolgere la sua funzione, e dunque ad esaminarlo, non come Camera
politica dai poteri affievoliti, in qualche modo una pallida controfigura della
Camera dei deputati, ma partendo dal presupposto che dovrebbe essere una Camera
federale e in quanto tale rappresentare i territori; quindi, le esigenze che dovrebbe
tutelare non sono quelle della politica politicante, ma quelle degli interessi
dei territori rispetto all'attività legislativa centrale.
Nel caso vi fosse una maggioranza dei tre quinti questa legge diventerebbe
bicamerale: ecco allora esaltata la funzione del Senato come strumento, non
solo di controllo - impropriamente - dell'attività legislativa della Camera, ma
come parte nella codecisione, quando è in grado di rompere i soliti conflitti
politici e si attesta invece su posizioni che siano davvero rispettose degli
interessi territoriali.
Ecco, allora, che in questo modo avremo la costituzione di quel centro in cui
l'attività legislativa statale e quella regionale avrebbero la possibilità di
trovare una armonizzazione. Questo è un principio estremamente originale, che
consente di lasciare una prevalenza della Camera, ma che attribuisce al Senato
una responsabilità istituzionale nella formazione delle leggi di grandissimo
rilievo.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Marone. Ne ha facoltà.
RICCARDO
MARONE. Signor presidente,
come si vede il nostro emendamento contiene due principi, a mio avviso,
estremamente importanti; innanzitutto, il secondo comma dell'emendamento (che
sarebbe poi il terzo) limita il bicameralismo ai disegni di legge
costituzionale e ai disegni di legge sulla perequazione finanziaria. Questa è
l'unica ipotesi di bicameralismo perfetto che resterebbe nel nostro ordinamento
se fosse approvata la nostra proposta.
Per quanto riguarda il procedimento legislativo delle materie di cui al terzo
comma dell'articolo 117 della Costituzione, che voi attribuite alla competenza
del Senato, noi la pensiamo in una maniera completamente diversa; ovviamente,
l'indirizzo politico nell'approvazione dei principi fondamentali nelle materie
del terzo comma deve essere della Camera politica; dopodiché, se i tre quinti
del Senato, e cioè una maggioranza che sia effettivamente rappresentativa delle
regioni e non delle maggioranze politiche, ha un'opinione diversa rispetto a
quella della Camera politica, questa maggioranza potrà introdurre modifiche che
potrebbero essere accettate dalla Camera, diventando in quel caso il
procedimento bicamerale.
Questo che cosa significa? Significa che noi intendiamo che nel Senato federale
si raggiunga una maggioranza che non ricalchi la maggioranza politica di questa
Camera, ma che esprima gli interessi dei territori, e cioè che avvenga quello
che oggi accade nella Conferenza Stato-regioni, dove queste ultime
rappresentano le loro opinioni in quanto tali, a prescindere dalle maggioranze
degli esecutivi che governano quelle regioni.
Noi constatiamo che in questi anni si è riusciti a mantenere una sostanziale
unità di indirizzo nella posizione delle regioni, nonostante esse siano
rappresentate sostanzialmente per la metà da una maggioranza e per l'altra metà
da un'altra.
L'obiettivo che dobbiamo raggiungere, se vogliamo costituire un vero Senato
federale, è che resti questo nel Senato e cioè che le regioni ragionino intorno
agli interessi dei territori e non delle maggioranze e degli esecutivi
rappresentati in quelle regioni.
Voi, invece, state costruendo un Senato federale in cui si ripeterà il
meccanismo politico della Camera dei deputati, e questo è un grave errore!
PRESIDENTE. Ha chiesto parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Mantini. Ne ha facoltà.
PIERLUIGI MANTINI.
Signor Presidente, onorevoli colleghi, credo che sia un assurdo dover parlare
pochi secondi sul testo di revisione costituzionale del bicameralismo in Italia
e lo è tanto più dinanzi all'assurdo che avete messo in campo. Si tratta di un
sistema criticato da tutta la dottrina di qualunque orientamento, che non avete
modificato nonostante le vive attese, e siamo dinanzi ancora ad un procedimento
misto a varie vocazioni, con conflitti da una parte e dall'altra. Noi la nostra
proposta l'abbiamo avanzata, anche se, spesso, abbiamo dovuto elaborarla in
solitudine.
In questo caso il bicameralismo può essere basato solo su un modello, sul fatto
che il Senato federale abbia competenze nelle materie a legislazione
concorrente e in quelle di perequazione tributaria, con la sola possibilità di
richiamo su base volontaria: questo è un sistema semplice, razionale ed
equilibrato. Vi siete rifiutati di andare su questa strada ed avremo grandi
guai.
PRESIDENTE.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico,
sull'emendamento Leoni 13.50, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 452
Votanti 449
Astenuti 3
Maggioranza 225
Hanno votato sì 199
Hanno votato no 250).
Prendo atto che gli
onorevoli Romoli, Gastaldi e Giacomo Angelo Rosario Ventura non sono riusciti
ad esprimere il proprio voto.
Passiamo alla votazione dell'emendamento 13.251 della Commissione.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Russo Spena. Ne ha
facoltà.
GIOVANNI RUSSO SPENA.
Signor Presidente, questo emendamento dimostra - l'hanno già illustrato
precedentemente Mascia, Giordano ed altri colleghi e colleghe, anche di altri
gruppi dell'opposizione - quale sia il punto di degrado raggiunto da questa
controriforma. Vorrei ricordarne soltanto due di fondo.
In primo luogo, come dimostra anche l'emendamento della Commissione, di fatto
nel sistema complessivo passiamo da un sistema di democrazia ad una monocrazia.
I poteri del Presidente del Consiglio e del Capo dello Stato sono, in qualche
modo, unificati e quelli del Capo dello Stato sono subalterni a quelli del
Presidente del Consiglio perché, appunto, diventa un regolatore della
maggioranza. Si tratta di poteri abnormi che mai in nessun ordinamento
democratico sono a disposizione di un solo organo come in questo caso. Inoltre,
il Parlamento decade ad un organo esecutivo del primo ministro, come tramite e
snodo degli ordini che lo stesso vuole che siano assunti in forma legislativa.
Praticamente, ad impartire gli ordini alla maggioranza sono i disegni di legge
del Governo, che non a caso sono svincolati dall'autorizzazione alla
presentazione da parte del Presidente della Repubblica.
In secondo luogo, specificamente create - lo diceva prima anche la collega
Mascia - una confusione indecifrabile, frutto di pressioni contrapposte da
parte di settori della maggioranza, di interessi e anche segnatamente da parte
dei senatori. Noi siamo per il monocameralismo. Abbiamo presentato ed
illustrato emendamenti che, comunque, rispondono ad una logica di sistema
generale, ma voi, invece, intrecciate in maniera confusa ed indecifrabile
monocameralismo imperfetto, bicameralismo, priorità della Camera o, come in questo
caso, del Senato.
Credo che questo eclettismo legislativo sia un dato da rilevare perché, se è
vero che il costituzionalismo democratico, come ci hanno insegnato le madri e i
padri costituenti, è il massimo e scrupoloso equilibrio, questo modo affastellato
di priorità che vengono contraddette, ora anche con questo emendamento della
Commissione, non a caso dimostrano che lo squilibrio regna letteralmente
sovrano: vale solamente il primo ministro sovrano.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione voto l'onorevole Violante. Ne ha facoltà.
LUCIANO VIOLANTE.
Signor Presidente, onorevoli colleghi, questo testo della Commissione riguarda
la potestà legislativa nelle materie concorrenti, quelle nelle quali allo Stato
spetta la fissazione dei principi fondamentali e le regioni poi determinano la
legislazione di dettaglio.
Secondo l'emendamento della Commissione, alla Camera potrebbe essere negata la
possibilità di pronunciare una parola su tutta la materia della legislazione
concorrente. Credo sia uno degli errori più gravi presenti in questo testo. In
sostanza, il Senato decide, mentre la maggioranza della Camera può stabilire se
intervenire o no. La parola finale è data al Senato.
A tale riguardo, devo riprendere un argomento che, più volte, è stato sviluppato
dai colleghi. Una Camera che non ha indirizzo politico non può avere la parola
finale su una legge. È un punto che rientra nei principi fondamentali di tutti
i sistemi costituzionali, perché se quella Camera non dà l'indirizzo politico e
non ha una maggioranza precostituita, l'effetto sarà, molto spesso,
accidentale, il che determinerà conseguenze gravi sui rapporti Stato-regioni.
Il punto assai delicato è che la maggioranza della Camera può richiamare la
legge. Ancora una volta, si toglie ad una quota di deputati, qualunque essi
siano, la possibilità di chiedere la discussione su un testo che riguarda la
legislazione concorrente. Quindi, quei parlamentari che rappresentano l'unità
nazionale e la rappresentanza generale, che è questa Camera secondo il sistema,
potrebbero non dire una parola su tutta la materia della legislazione
concorrente; ciò, francamente, non sta né in cielo né in terra! Come si può
rimediare a ciò? A nostro avviso, vi è un principio fondamentale, che non avete
accolto, ossia che la Camera, che non esprime l'indirizzo politico, non può
pronunciare la parola definitiva. Riflettete, almeno, sulla possibilità di
correggere questo testo, dando ad una quota di deputati la possibilità di
richiamare la legge. Si tratta di materie di grande rilevanza, anche perché,
per la sovrapposizione di temi, tra materie di competenza esclusiva dello
Stato, che spetta alla Camera trattare, e materie di competenza della
legislazione concorrente, può accadere che la Camera fissi alcuni principi e
che il Senato ne fissi altri. Se tale maggioranza esclude la possibilità per la
Camera di intervenire, il pasticcio è colossale.
In relazione a questo testo, credo debba essere rivisto il tutto e stabilito
che sia una quota di deputati a richiamare il testo, non la maggioranza dei
deputati, altrimenti, Presidente, ci troviamo, ancora una volta, di fronte ad
un regime, non so bene se semiparlamentare, quasi parlamentare o ex
parlamentare. Infatti, il procedimento legislativo è nelle mani delle
maggioranze. Questo è contrario a qualunque sistema democratico ed è uno dei
punti che pone in crisi il senso stesso dell'esistenza del Parlamento in un
paese (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-L'Ulivo,
della Margherita, DL-L'Ulivo e Misto-Comunisti italiani).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Gerardo Bianco. Ne ha facoltà.
GERARDO BIANCO. Signor Presidente, condivido pienamente le considerazioni dell'onorevole Violante. Si tratta di una ferita gravissima che, di fatto, conferma la scomparsa del ruolo del Parlamento che è il vero disegno - chiamiamolo così - di questa revisione costituzionale. Avremo una Camera di zoppi, di guerci e di muti dal punto di vista politico. Ci troveremo di fronte ad una parata e se il Senato è diventato il Senato degli juniores, questo diventerà la Camera dei cavalieri, con una sorta di medaglia che dovrà servire soltanto per le parate. Questa è la realtà che va a configurarsi.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà.
GIANCLAUDIO BRESSA.
Signor Presidente, nel condividere integralmente le considerazioni del
presidente Violante, vorrei fare un'ulteriore notazione. Anche quando costruite
norme aberranti, come questa, inserite sempre qualche piccolo impiccio.
Infatti, la normalità della situazione è quella che ha illustrato il presidente
Violante. Siete capaci di inventarvi anche il quarto comma dell'articolo 70 che
rende tale ipotesi finta, perché, attraverso questo comma, qualora il Governo
ritenga che proprie modifiche siano essenziali per l'attuazione del suo
programma approvato dalla Camera oppure per esercitare le funzioni sostitutive
dell'articolo 120, magicamente, tutto il giocattolo torna nelle mani della
Camera.
Allora, ci troviamo in questo duplice paradosso: quello che ha appena ricordato
il collega Violante e poi la correzione a quella aberrazione, che avviene nel
peggiore dei modi possibili, cioè lasciando al Presidente del Consiglio, al
primo ministro, la possibilità di trasformare quella legge a prevalenza Senato
in una legge a prevalenza Camera. Siamo davvero al gioco degli specchi magici,
solo che prima o poi qualcuno si romperà la faccia andando a sbattere addosso a
uno di questi specchi.
PRESIDENTE.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico,
sull'emendamento 13.251 della Commissione, accettato dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la
votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).
(Presenti 454
Votanti 448
Astenuti 6
Maggioranza 225
Hanno votato sì 251
Hanno votato no 197).
Prendo atto che
l'onorevole Luigi Pepe avrebbe voluto esprimere un voto contrario.
I successivi emendamenti Boato 13.15, Mascia 13.9, Mascia 13.76 si intendono
preclusi.
Passiamo alla votazione del subemendamento Leoni 0.13.252.5.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Marone. Ne ha
facoltà.
RICCARDO MARONE. Signor Presidente, questo nostro subemendamento, nonostante sia così piccolo nella sua scrittura, pone un problema rilevante. Noi intendiamo sostituire la enorme quantità di competenze che voi date al procedimento legislativo bicamerale con la nostra proposta. Voi, come ho avuto modo di dire, avete in maniera un po' finta soppresso il bicameralismo perfetto, perché in realtà lo avete lasciato per una enorme quantità di materie. Basta leggere - lo vedremo dopo - l'emendamento 13.252 della Commissione, nel quale sono elencate tutte le materie nelle quali ci sarebbe ancora il bicameralismo perfetto nel nostro paese, se fosse approvata questa riforma.
Noi invece con questo subemendamento proponiamo che resti come procedimento di bicameralismo perfetto esclusivamente il procedimento di revisione della Costituzione, i disegni di legge costituzionale e quelli in materia di perequazione finanziaria di cui all'articolo 119 della Costituzione. Questa ci sembra una vera riforma del procedimento legislativo, non, come al solito, i vostri grandi castelli, che poi producono sempre dei topolini. Alla fine voi sostanzialmente avete fatto finta di abolire il bicameralismo, lo avete lasciato per quasi tutte le materie, avete attribuito una competenza legislativa al Senato, introducendo una novità assoluta nella Costituzione: le competenze degli organi parlamentari possono cambiare se lo decide un premier. Questo è un obbrobrio giuridico, uno dei tanti che andate a fare. State creando un sistema confuso, non state affatto migliorando l'efficienza del Parlamento, state semplicemente mettendo il Parlamento sotto la guida di un premier che, invece di governare, penserà ad imporre al Parlamento le leggi.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà.
GIANCLAUDIO BRESSA.
Signor Presidente, questo è un modo estremamente serio di esercitare
collettivamente la funzione legislativa: leggi di revisione della Costituzione,
altri disegni di legge costituzionale, perequazione finanziaria di cui al terzo
e quinto comma dell'articolo 119.
Se si vuole riformare la funzione legislativa, il procedimento legislativo,
bisogna avere idee chiare.
Questo è un subemendamento che dimostra che noi abbiamo le idee chiare. I
vostri pasticci porteranno alla paralisi del paese.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Boccia. Ne ha facoltà.
ANTONIO
BOCCIA. Signor Presidente,
intervengo solo per evidenziare una contraddizione.
In effetti, si vuole che il Senato federale esamini i disegni di legge
concernenti la determinazione dei principi fondamentali nelle materie di cui
all'articolo 117, secondo comma; ma non si capisce che senso abbia, poi,
prevedere per la conversione in legge dei decreti una riduzione dei termini. I
decreti-legge mantengono la connotazione dell'urgenza e della necessità, mentre
certamente non ritengo vi sia necessità ed urgenza per i principi.
In questo caso, addirittura si verifica il paradosso che, non solo non si
appresta una disciplina tipica; ma neppure si prevede specificamente cosa
avvenga nel caso in cui il Presidente della Repubblica rimetta all'esame del
Parlamento una legge, non intendendo firmarla. Sicché, da una parte si
aggiunge, mentre, dall'altra, si toglie.
PRESIDENTE.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul
subemendamento Leoni 0.13.252.5, non accettato dalla Commissione né dal
Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la
votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 439
Votanti 436
Astenuti 3
Maggioranza 219
Hanno votato sì 187
Hanno votato no 249).
Passiamo, quindi, alla
votazione del subemendamento Pacini 0.13.252.8.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Pacini. Ne ha
facoltà.
MARCELLO
PACINI. Signor Presidente,
onorevoli colleghi, il nostro paese, in questo momento, sta vivendo, tra i
tanti drammi, anche quello di decidere se fare o meno un referendum per abolire
la legge sulla procreazione assistita. Uno dei grandi temi che il referendum
vuole affrontare - e che eventualmente potremmo affrontare noi predisponendo la
nuova legge ovvero emendando quella in vigore - riguarda la ricerca di
frontiera, la ricerca sugli embrioni e sulle cellule staminali.
Tutte le ricerche di frontiera pongono dilemmi etici; per molti, in questa
Assemblea - mi riferisco soprattutto a quanti hanno forti riferimenti religiosi
-, sorgono, quindi, veri e propri drammi interiori. Ritengo che questo, quindi,
sia uno dei grandi temi che forse inavvertitamente ci siamo lasciati sfuggire;
ricordo che, quando questo articolo sarà approvato e quando la Costituzione
sarà stata modificata, su queste materie sarà competente soltanto il Senato;
infatti, essendo la materia della ricerca scientifica prevista dal terzo comma
dell'articolo 117 tra quelle concorrenti e non recando al riguardo alcun
riferimento il secondo comma, tutto sarà affidato alla competenza, appunto, del
Senato.
La nostra Camera potrà soltanto esprimere un parere; ma il giudizio definitivo
sarà dell'altro ramo del Parlamento. Mi chiedo se ciò sia giusto; ritengo sia
profondamente errato affidare al Senato i problemi della ricerca di frontiera e
dei suoi limiti. Cercherò brevemente di spiegare le ragioni.
Il Senato tenderà, così come l'abbiamo concepito, a diventare una Camera
orientata verso i territori, verso i problemi dello sviluppo; orientata ad
assicurare il benessere materiale delle persone e dei cittadini. Se così si
condurrà, il Senato adempirà correttamente, dunque, alla sua funzione. Ma nel
caso di specie non si tratta di assicurare benessere materiale; si tratta
piuttosto di rispettare i nostri valori decidendo nel modo migliore i temi
etici richiamati.
Quindi, ritengo che, proprio perché molti in questa Assemblea sono turbati, la
Commissione dovrebbe cambiare il proprio parere; effettivamente, un parere così
drasticamente negativo su questa proposta emendativa a mia firma - proposta che
vuole semplicemente riportare nella competenza di ambedue le Camere (Senato e
Camera dei deputati) la materia dei limiti della ricerca scientifica - rispetti
la mentalità ed i valori prevalenti all'interno della Casa delle libertà.
Forse, si tratterebbe di un grave errore per non conoscenza dei fatti; in caso
contrario, dovrei concludere che sarebbe stata adottata una soluzione
iperliberista e neopositivista che non corrisponde ai valori della Casa delle
libertà.
Ricordo che la Camera dei deputati, pur con profondo spirito bipartisan,
ha però posto difficoltà allo sviluppo della ricerca scientifica; ritengo che
ora questi temi così problematici sotto il profilo etico destino in molti dei
presenti nuovi scrupoli morali (Applausi di deputati del gruppo di Forza
Italia).
PRESIDENTE.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul subemendamento
Pacini 0.13.252.8, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la
votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 448
Votanti 442
Astenuti 6
Maggioranza 222
Hanno votato sì 15
Hanno votato no 427).
Prendo atto che
l'onorevole Garagnani non è riuscito ad esprimere il proprio voto.
Passiamo alla votazione del subemendamento Zeller 0.13.252.9.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Zeller. Ne ha
facoltà.
KARL
ZELLER. Signor Presidente, il
subemendamento in esame mira a rendere di competenza bicamerale anche le leggi
sulle norme generali in ordine alla tutela della salute e dell'istruzione. La
ragione è semplice: si tratta, innanzitutto, di un atto di coerenza. Non si
capisce, infatti, per quale motivo, per la determinazione dei livelli
essenziali delle prestazioni sociali e per le funzioni fondamentali dei comuni,
sussista un potere di codecisione del Senato, mentre ciò venga negato per le
materie dell'istruzione e della salute.
Esiste, tuttavia, anche una motivazione di merito. Il Senato federale, a nostro
avviso, eserciterà essenzialmente la funzione di rappresentare gli interessi
delle regioni e di fungere, altresì, nelle materie di interesse regionale, da
contrappeso alla Camera politica. Le norme generali sulla tutela della salute e
sull'istruzione rivestono indubbiamente un'importanza fondamentale per le
regioni, in quanto, con la devolution, vengono loro attribuite
competenze esclusive in materia di assistenza ed organizzazione sanitaria e
scolastica, e tali competenze sono indissolubilmente legate alle predette
competenze statali.
Mi permetto di ricordare che, nell'ambito della Costituzione vigente, la tutela
della salute rientra nella competenza concorrente delle regioni, ma è stata
purtroppo trasferita da questa Camera, attraverso la riforma in esame, tra le
competenze esclusive dello Stato. Ci sembra opportuno, allora, assicurare alle
regioni almeno un potere di influenza «mediata», tramite il coinvolgimento del
Senato federale, ragion per cui raccomandiamo all'Assemblea l'approvazione del
nostro subemendamento.
PRESIDENTE.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul
subemendamento Zeller 0.13.252.9, non accettato dalla Commissione né dal
Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la
votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 431
Votanti 424
Astenuti 7
Maggioranza 213
Hanno votato sì 10
Hanno votato no 414).
Indìco la votazione
nominale, mediante procedimento elettronico, sul subemendamento Zeller
0.13.252.10, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la
votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 451
Votanti 446
Astenuti 5
Maggioranza 224
Hanno votato sì 13
Hanno votato no 433).
Passiamo alla votazione
del subemendamento Leoni 0.13.252.7.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Marone. Ne ha
facoltà.
RICCARDO
MARONE. Signor Presidente, con
il subemendamento in esame proponiamo l'abolizione della Commissione
paritetica, composta da trenta deputati e trenta senatori, che dovrebbe aver la
capacità di esprimere un testo condiviso.
Ho già avuto modo di sottolineare che non si comprende come tutto ciò possa
essere inserito nell'ambito del procedimento legislativo, nonché nel quadro
complessivo dei poteri e delle funzioni che ciascuno di noi esercita
all'interno di questa Assemblea. Vorrei rilevare, in particolare, che
l'articolo 71 della Costituzione garantisce ad ogni deputato il potere di
iniziativa legislativa, e dunque la presentazione di emendamenti, di
subemendamenti e via dicendo.
Detto questo, vorrei rilevare che ciò che appare oltretutto abbastanza
paradossale è che, mentre l'esercizio della funzione legislativa può essere
delegato a delle Commissioni parlamentari, come avviene attualmente
(ovviamente, solo con il consenso dei quattro quinti dei componenti della
Commissione stessa, e per provvedimenti che non rivestono un particolare
rilievo), con il provvedimento in esame si propone, invece, di espropriare
l'Assemblea proprio qualora si tratti delle materie più complesse, vale a dire
quando non si riesca a trovare un consenso non tra maggioranza ed opposizione,
ma tra Camera dei deputati e Senato federale (quindi, nel caso sia di
maggioranze uguali, sia di maggioranze diverse).
Nei casi più gravi di conflitto, pertanto, si esproprierebbe il Parlamento e la
Camera dei deputati del loro ruolo, affidando tutto ad una Commissione di 30
«superdeputati» e 30 «supersenatori»!
PRESIDENTE. Onorevole Marone, concluda!
RICCARDO
MARONE. Mi conceda ancora un
minuto, signor Presidente.
Oltretutto, vorrei osservare che non si comprende - e, su questo aspetto, il
Presidente ricoprirà un ruolo particolarmente importante - quando debba
effettivamente esprimersi la predetta Commissione paritetica, poiché è a
discrezione dei Presidenti delle due Assemblee legislative stabilire quando
«l'andirivieni» tra Camera dei deputati e Senato federale è diventato
intollerabile, e dunque decidere quando fare intervenire tale Commissione.
Si faranno dunque intervenire i Presidenti di Camera e Senato nel corso del
procedimento legislativo; tuttavia, mi domando: decideranno loro autonomamente?
Interverranno su richiesta del Governo? Si tratterà, allora, di una libera
decisione dei Presidenti delle due Assemblee, oppure vi sarà una forte
pressione del Governo affinché intervenga finalmente la Commissione paritetica
per concludere la diatriba insorta tra Camera e Senato?
Potranno i due Presidenti di Assemblea svolgere serenamente il loro ruolo e
stabilire quando è effettivamente giusto che si nomini tale Comitato, o saranno
gravati della forte pressione dell'Esecutivo e del premier, che
pretenderà che tale Commissione sia nominata il più presto possibile?
Ancora una volta, dunque, il Parlamento e - fatto ancor più grave - i due
Presidenti di Assemblea sono sotto tutela di un premier (Applausi dei
deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà.
GIANCLAUDIO BRESSA.
Signor Presidente, come ha ricordato il collega Marone, con questo
subemendamento vogliamo eliminare la mostruosità della Commissione paritetica
composta da trenta deputati e da trenta senatori, che rappresenta la fine del
Parlamento.
Voi avete tanto cercato di costruire un'ipotesi di bicameralismo che superasse
il rapporto paritario e siete, invece, riusciti a confezionare un prodotto che
presenta alcune storture intollerabili. Nel vostro meccanismo, i due presidenti
di Camera e Senato hanno un potere assoluto, non controllato da alcuno, ed i
trenta deputati e senatori acquisiscono uno status del tutto diverso da
coloro i quali non faranno parte di tale Commissione. Il risultato di questa
straordinaria operazione è la fine non del bicameralismo, ma del Parlamento (Applausi
dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo)!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Maura Cossutta. Ne ha facoltà.
MAURA
COSSUTTA. Signor Presidente,
stiamo rischiando di arrivare al paradosso. Eravamo abituati a Tremonti ed alla
sua «finanza creativa». Ora ci troviamo di fronte a proposte di «Costituzione
creativa».
Abbiamo già denunciato, in precedenza, l'impianto autoritario di questa riforma
costituzionale, che esautora - di fatto - il ruolo e le funzioni del
Parlamento, che accentra, sempre più, i poteri nelle mani dell'Esecutivo, e che
smantella il sistema delle garanzie ed il principio della divisione dei poteri.
Ritengo che anche rispetto a quest'articolo, la nostra denuncia debba essere
confermata. Lo hanno già detto i colleghi, nell'illustrazione degli emendamenti
precedenti. Credo che anche in questo articolato sulla formazione delle leggi
si riscontri tale approccio autoritario e di svilimento del ruolo del Parlamento,
di accentramento dei poteri nelle mani dell'esecutivo. L'ha già detto il
collega Bressa: a che titolo i Presidenti delle Camere, nel momento in cui si
verifica un conflitto - politico, ovviamente - di posizione e di merito tra le
due Camere, possono intervenire? Chi dà loro tale potere? I Presidenti delle
Camere dovrebbero essere super partes, garantendo le regole, non
intervenire nel meccanismo del conflitto.
Altro aspetto: tale meccanismo interviene sull'uguaglianza del diritto degli
stessi parlamentari, perché vi sarebbero parlamentari «di serie A» e
parlamentari «di serie B»; i parlamentari che esaminano le leggi in prima
lettura e i parlamentari - i saggi, quelli con un potere vero - che, nel
Comitato ristretto, deciderebbero. Non capisco, poi, francamente questa
Commissione di trenta deputati e trenta senatori scelti secondo il criterio di
proporzionalità rispetto alla composizione delle due Camere. È un criterio di
proporzionalità rispetto a che cosa? Rispetto alle maggioranze? Rispetto ai partiti?
Non è chiaro perché un parlamentare, che dovrebbe svolgere il suo mandato nella
pienezza dei propri poteri, dovrebbe essere rappresentato rispetto al merito di
una legge - sulla quale, magari, si vuole esprimere in modo non conforme al
proprio gruppo o alla propria maggioranza - con un criterio di proporzionalità.
Vi sono un guazzabuglio, una confusione, una distorsione, un pasticcio.
Attraverso quest'articolo, infatti, voi avete messo insieme alcuni «pezzetti»;
avete fatto una svendita di questa riforma costituzionale: un pezzo alla Lega,
un pezzo ad Alleanza nazionale e pochi pezzi - francamente - all'UDC (ma sarà
un problema della stessa UDC).
Credo che questo articolo, nel suo insieme, dimostri non solo la confusione, ma
anche la sua pericolosità. Per risolvere il problema rappresentato dal rischio
di immobilismo e di paralisi istituzionale, di fatto, procedete allo
smantellamento delle funzioni delle nostre istituzioni. È un paradosso, perché
in questo modo, anziché rendere più efficaci ed efficienti le decisioni delle
assemblee elettive, sottrarrete al nostro Parlamento il potere decisionale.
Evidentemente, decideranno altre lobby, che a livello territoriale
indirizzeranno il famoso Comitato ristretto o i Presidenti delle Camere, i
quali sceglieranno...
PRESIDENTE. Onorevole Maura Cossutta...
MAURA COSSUTTA. ... in base a criteri non rappresentati in questo Parlamento.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mascia. Ne ha facoltà.
GRAZIELLA MASCIA.
Signor Presidente, intervengo solo per preannunciare il nostro voto favorevole
sul subemendamento in esame, che cerca di intervenire sui uno dei punti più
delicati e controversi della riforma: mi riferisco all'iter legislativo confuso
e pericoloso che è stato delineato ed allo svilimento dell'efficacia
dell'azione legislativa. Come è stato sottolineato, la Commissione, che, a
differenza di quanto previsto nel testo approvato al Senato, è composta da
trenta deputati e trenta senatori, decide in maniera autoritaria ed autonoma
rispetto alle Camere.
Non solo si è eliminato il riferimento al sistema proporzionale nella
composizione di questa Commissione - che comunque non avrebbe risolto il
problema - ma non è nemmeno stabilito alcun criterio in base al quale essa
dovrebbe operare: tutto è assegnato alla discrezionalità dei Presidenti. Per
queste ragioni, invitiamo ad esprimere un voto favorevole sul subemendamento in
esame.
PRESIDENTE.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul
subemendamento Leoni 0.13.252.7, non accettato dalla Commissione né dal
Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la
votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 441
Votanti 439
Astenuti 2
Maggioranza 220
Hanno votato sì 190
Hanno votato no 249).
Passiamo alla votazione
dell'emendamento 13.252 (Nuova formulazione) della Commissione.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Violante. Ne ha
facoltà.
LUCIANO VIOLANTE.
Signor Presidente, l'emendamento in esame concerne la materia relativa
all'approvazione di testi diversificati da parte della Camera e del Senato in
ordine a provvedimenti di grande importanza. In proposito, vi è un'altra
invenzione - se i colleghi me lo permettono - sempre nella chiave del
semiparlamentarismo. Quando il testo approvato dalle due Camere è diverso, i
Presidenti possono - non devono - convocare una Commissione, composta da trenta
deputati e trenta senatori (ossia da sessanta parlamentari, praticamente circa
l'8 per cento dei componenti il Parlamento), incaricata di proporre un testo
unificato da sottoporre al voto finale delle due Assemblee. Se non comprendo
male, ciò significa che non vi sarebbe la possibilità di votare articolo per
articolo: si parla, infatti, di voto finale, ossia di un voto che giunge alla
fine del procedimento.
In primo luogo, vorrei dunque capire cosa significa «voto finale», ossia se si
fa riferimento soltanto al voto che conclude il procedimento (e, quindi, o si
prende o si lascia), oppure se si tratta di un voto articolo per articolo.
In secondo luogo, se anche in tal caso vi è un voto differente, vorrei capire
cosa succede.
In terzo luogo, il fatto che i Presidenti delle due Camere «possono» convocare
tale Commissione significa che la natura del procedimento legislativo cambia a
seconda della disponibilità dei Presidenti? Permettetemelo: siamo impazziti? I
Presidenti definiscono, d'intesa fra loro, qual è il procedimento da seguire,
ossia se decidono i parlamentari o la Commissione! E sulla base di questo testo
non si capisce quale tipo di voto esprimerà il Parlamento e, in caso di voto
differente tra Camera e Senato, non si capisce cosa diavolo succede! Ma che
modo di fare le leggi è questo? Noi ci esponiamo alla farsa, non alla tragedia!
Questa roba verrà studiata nei manuali umoristici e non in quelli
costituzionali, colleghi! In quali paesi i Presidenti stabiliscono discrezionalmente
qual è la procedura da seguire? In quali paesi la Costituzione non prescrive
cosa succede del testo unificato predisposto? E poi, si fa riferimento al testo
unificato delle parti corrette o al testo unificato complessivo? E se il voto è
diverso, cosa succede? Credo che questa roba finirà negli archivi di qualche
museo. Credo che sarà necessaria davvero una pausa di riflessione.
Onorevole Calderoli, lei sta legando il suo nome e il suo cognome ad un
progetto che non sta in piedi, a differenza di lei che vedo abbastanza solido
nella struttura.
Qualcuno dovrà pur spiegare prima o poi - voi non rispondete - come funziona
questo meccanismo. Qui stiamo parlando del ruolo del Parlamento, delle leggi,
delle leggi più importanti che ci siano e le abbandoniamo a procedimenti
casuali, discrezionali e oscuri.
Credo che peggio di così non si potesse fare e credo che chiunque di noi abbia
la possibilità di leggere questo testo non può non desumere che c'è stato il
tentativo di mettere ordine in una materia che è assolutamente disordinata,
senza un filo conduttore e che è stata abbandonata al principio secondo il
quale le maggioranze parlamentari decidono delle sorti delle leggi, privando le
minoranze parlamentari, qualunque esse siano, della possibilità di incidere sul
procedimento legislativo.
Siamo davvero in una situazione che non esiste in nessun paese del mondo e ho
l'impressione che sarà il Senato - spero - a mettere mano a questo procedimento
per renderlo appena più razionale.
Lo ripeto: è un procedimento abbandonato alla discrezione dei Presidenti delle
Camere, che quindi hanno un peso politico di responsabilità e decidono cosa
fare di un testo legislativo. Credo che davvero tutto ciò fuoriesca da
qualunque ambito di ragionevolezza e di serietà (Applausi dei deputati dei
gruppi dei Democratici di sinistra-L'Ulivo, della Margherita, DL-L'Ulivo, di
Rifondazione comunista, Misto-Comunisti italiani, Misto-Socialisti democratici
italiani e Misto-Verdi-L'Ulivo).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Buontempo. Ne ha facoltà.
TEODORO BUONTEMPO.
Ritengo che l'emendamento della Commissione dovrebbe essere accantonato: esso è
stato presentato dalla Commissione successivamente alle proposte emendative
presentate dai parlamentari, tant'è che c'è un mio emendamento, il 13.79,
onorevole Violante, con il quale ho sollevato la questione relativa al fatto
che nel primo testo della Commissione si diceva che la Commissione paritetica
avrebbe redatto un testo da proporre all'Assemblea che non sarebbe stato
emendabile.
Il mio emendamento 13.79 vuole sopprimere le parole: «su di esso non sono
ammessi emendamenti», ritenendole aberranti, e me ne assumo le responsabilità:
non temo certo qualche collega capogruppo, come l'onorevole Cè, che stamattina
diceva che io sono «di passaggio». Io ho visto «di passaggio» ben quattro
capigruppo della Lega che si ritenevano onnipotenti e sono diventati desaparecidos,
di cui non si sa che fine politica abbiano fatto (Applausi di deputati del
gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo). Ritengo aberrante che un testo
possa essere presentato alle Camere e che quel testo non sia emendabile.
Perché ho preso la parola? Se viene approvato l'emendamento della Commissione,
viene precluso il mio emendamento 13.79. Il testo della Commissione cancella la
previsione della non emendabilità e dice, però, che la Commissione presenta un
testo definitivo. Quindi, la non emendabilità del primo testo viene sostituita
dalla parola «definitivo». Ciò significa che se una Camera vota un testo e
l'altra Camera un testo diverso, si costituisce una Commissione composta da
trenta deputati e trenta senatori, i quali redigono un testo che in aula non è
emendabile. Ciò non esiste in nessun paese del mondo, neanche nel paese delle
banane (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di
sinistra-L'Ulivo, della Margherita, DL-L'Ulivo e Misto-Comunisti italiani)!
Una persona può dividersi tra la Repubblica presidenziale, il cancellierato e
la Repubblica parlamentare, ma il principio secondo il quale si presenta un
testo in una Camera elettiva e quel testo non è emendabile è deprecabile.
Prego, invito e supplico la Commissione e il Governo di rivedere questa
fattispecie, perché mi pone seri problemi di coscienza il fatto di votare un testo
sul Senato federale, che già è difficile da digerire. Questa non è
assolutamente ammissibile.
Se è emendabile, lei, onorevole Bruno, lo dica, resti agli atti e abbiamo
risolto i problemi, ma mi pare di capire che non sia così.
Il primo testo, signor presidente, l'ha scritto lei o l'ho scritto io? Chi ha
scritto che la Commissione è incaricata di proporre un testo sulle disposizioni
su cui permane il disaccordo e che il testo proposto dalla Commissione mista
paritetica è sottoposto all'approvazione delle due Assemblee e su di esso non
sono ammessi emendamenti? Questo mi fa sorgere il dubbio che il nuovo testo sia
definitivo e non emendabile.
Quindi, nessuno se la prenda, visto che stiamo scrivendo la Costituzione.
Ognuno si assuma le proprie responsabilità. Quattro capigruppo della Lega sono desaparecidos:
vedremo come finirà per me. Comunque sia, posso anche uscire dalla Camera, ma
non accetto che passi il principio secondo cui la Camera non può emendare un
testo (Applausi di deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-L'Ulivo,
della Margherita, DL-L'Ulivo, di Rifondazione comunista e Misto-Comunisti
italiani)!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà.
GIANCLAUDIO BRESSA. Signor Presidente, il vostro Senato, ormai, è come il periodo ipotetico della nostra grammatica. È il bicameralismo della possibilità, come ricordava il presidente Violante, perché i due Presidenti possono, d'intesa tra loro, istituire una Commissione. È il bicameralismo dell'impossibilità perché, come ricordava il collega Buontempo, non si possono fare emendamenti. È un tragico esempio di irrealtà costituzionale!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Carrara. Ne ha facoltà.
NUCCIO
CARRARA. Signor Presidente, non
voglio spendere molte parole sull'argomento perché devo sempre ribadire che le
argomentazioni dell'opposizione sono pretestuose (Commenti dei deputati del
gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo). Cosa succede oggi se una
Camera non approva il testo come l'ha approvato l'altra Camera? Siamo di fronte
ad una fattispecie del procedimento bicamerale che già conosciamo perché lo
sperimentiamo tutti i giorni.
Non ho il tempo per spiegare il nuovo meccanismo che si vuole introdurre, ma
pensiamo che si debba velocizzare il procedimento legislativo. Dunque, laddove
vi fossero le condizioni, si istituisce una Commissione che propone un testo.
Dopo di che, le due Assemblee rimangono sovrane e nella loro sovranità potranno
dire «sì» o «no». Non c'è nulla di stravolgente, perché anche oggi possiamo
dire «sì» o «no» rispetto a ciò che fa il Senato (Commenti dei deputati del
gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo).
MAURA COSSUTTA. Ma che vuol dire?
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Leoni. Ne ha facoltà.
CARLO LEONI. Vorrei dire al collega Carrara due cose. Se effettivamente l'intenzione fosse quella di velocizzare il procedimento legislativo, allora dovreste ridurre di molto, ma di molto, le materie per le quali è prevista la procedura bicamerale. Noi ne proponiamo soltanto tre: voi esagerate nella previsione della procedura bicamerale perfetta, tanto da farci pensare che l'esito di questa riforma non sarà il superamento della condizione attuale. Quanto, poi, all'altra affermazione del collega Carrara, penso che non abbia detto la verità leggendo i testi sia a noi, sia al suo collega di partito, onorevole Buontempo. Non avrebbe nessun senso che questa Commissione proponesse un testo alle Assemblee e poi si potesse ricominciare da capo. Il collega Carrara ha detto che propone il testo all'Assemblea e quest'ultima lo può modificare come vuole.
DONATO BRUNO, Relatore. Non ha detto questo!
CARLO LEONI. Se le cose non stanno come ha detto l'onorevole Carrara, prego gli altri colleghi del centrodestra di fornire un chiarimento.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Maura Cossutta. Ne ha facoltà.
MAURA
COSSUTTA. Onorevole Carrara, lei
ha esattamente confermato le nostre fortissime preoccupazioni. Insisto sul
fatto che, oltre al ministro Tremonti, abbiamo adesso un altro ministro
creativo, il ministro Calderoli, che mi auguro faccia la stessa fine
dell'altro.
Le nostre preoccupazioni permangono. Gli onorevoli Violante, Mascia, Bressa,
tutti i colleghi e le colleghe hanno chiesto cose molto precise: perché i
Presidenti dovrebbero disporre di un potere discrezionale (non si tratta di un
obbligo, trattandosi di una possibilità, come sottolineato dall'onorevole
Violante)? Perché poi i Presidenti dovrebbero intervenire?
Si prefigurano, relativamente a tale Commissione, poteri e funzioni differenti
tra i vari parlamentari: vi saranno parlamentari che decidono ed elaborano il testo,
quindi parlamentari doc, di «serie A», e parlamentari a cui viene sottoposto
nuovamente il testo sul quale possono esprimere solo il proprio assenso o
diniego, senza intervenire.
Onorevole Carrara, di che cosa sta parlando? È inutile che si arrampichi sugli
specchi! Non solo il Parlamento, già con il premierato assoluto, viene
esautorato, ma cercate di risolvere i problemi giganteschi che avete creato,
con il rischio dell'inceppamento del meccanismo, di immobilismo, di paralisi,
accentrando sempre più il potere nelle maggioranze, derogando ad alcune regole
cardine.
Ditelo francamente: è bene che sia il premier a decidere persino
l'attività legislativa, così andiamo tutti a casa!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Soda. Ne ha facoltà.
ANTONIO
SODA. Signor Presidente, mi
rivolgo soprattutto a lei, perché i poteri sono affidati ai Presidenti delle
Camere. Con riferimento ai procedimenti legislativi, tra le varie Costituzioni
di paesi democratici moderni, due prevedono l'istituzione di Commissioni miste:
mi riferisco alla Francia e alla Germania. Tutte e due si propongono finalità
diverse dalla risoluzione dei conflitti fra le due Camere.
In Germania, è il Bundestag, cioè la Camera dei Lander, che può
chiedere la convocazione di una Commissione paritetica ed i Presidenti delle
Camere non possono a loro arbitrio disporre di questo strumento. E, comunque,
in Germania, per quanto riguarda il termine del procedimento legislativo, vi è
la clausola di salvaguardia di prevalenza del Bundestag, cioè della
Camera politica. In Francia, onorevole Carrara, la Commissione paritetica viene
proposta dal Governo esclusivamente per quei provvedimenti che lo stesso
dichiari urgenti per spezzare la navetta...
NUCCIO CARRARA. Nella nostra proposta, il Governo ha altri strumenti!
ANTONIO
SODA. Al testo formulato
dalla Commissione attivata su responsabilità del Governo, non dai Presidenti
imparziali delle Camere, che tali devono essere, se il Governo concorda, è
sempre possibile presentare emendamenti. State operando una specie di
miscuglio, prendendo da una parte e dall'altra.
Si crea fantasiosamente un percorso legislativo che, come vedremo con quella
clausola finale sulla quale interverrò successivamente, è un vero e proprio
labirinto!
PRESIDENTE.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico,
sull'emendamento 13.252 (Nuova formulazione) della Commissione,
accettato dal Governo.
(Segue la votazione).
RENZO INNOCENTI. Presidente, non è possibile!
PIERO RUZZANTE. Doppi voti dappertutto!
MAURA COSSUTTA. Presidente!
PRESIDENTE.
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).
(Presenti 444
Votanti 434
Astenuti 10
Maggioranza 218
Hanno votato sì 239
Hanno votato no 195).
RENZO INNOCENTI. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
RENZO INNOCENTI. Signor Presidente, vorrei richiamare l'attenzione sul fatto che, da un po' di tempo a questa parte, assistiamo ad un'insopportabile azione di pianisti (Commenti dei deputati dei gruppi di Forza Italia, di Alleanza Nazionale e della Lega Nord Federazione Padana). Colleghi, abbiate pazienza!
PRESIDENTE. Ha perfettamente ragione.
RENZO INNOCENTI. Lei ha detto che vi sarebbe stata tolleranza zero.
PRESIDENTE.
Colleghi, mi auguro che vi sia da parte di tutti la consapevolezza della
delicatezza della materia che stiamo affrontando. La votazione si è svolta
regolarmente. Per la prossima, saremo molto scrupolosi nel compiere le
opportune verifiche.
Passiamo alla votazione del subemendamento Bressa 0.13.253.6.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Marone. Ne ha
facoltà.
RICCARDO MARONE. Il
paradosso della costruzione proposta dalla maggioranza è che, quando non sapeva
come risolvere i problemi, ha cercato di tappare i buchi nelle maniere più
paradossali possibili. Lo ha fatto in precedenza attribuendo un potere
discrezionale ai Presidenti di Camera e Senato sull'andamento del procedimento
legislativo.
In questo caso, prendiamo in considerazione il comma nel quale il Presidente
della Repubblica, su richiesta del Governo, può decidere, quando bisogna
attuare il programma di Governo, di togliere la competenza ad un ramo del
Parlamento e attribuirla ad un altro.
Con il subemendamento in esame proponiamo di eliminare perlomeno che ciò possa
avvenire quando si tratta di esercitare il potere sostitutivo nei confronti
delle regioni. Infatti, nell'ambito dei casi in cui la competenza può essere
trasferita alla Camera, avete inserito anche l'ipotesi dell'intervento di cui
all'articolo 120, secondo comma, della Costituzione. Dunque, quando si tratta
di intervenire sul potere legislativo delle regioni, mettendolo in discussione,
il premier può decidere di estromettere il Senato federale. Francamente,
ciò ci sembra paradossale!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà.
GIANCLAUDIO BRESSA.
Signor Presidente, fino ad ora abbiamo esaminato le torsioni ordinarie che
avete imposto al procedimento di formazione delle leggi, qui esaminiamo i
procedimenti straordinari che inventate per fare ancora peggio.
Sostanzialmente, per effetto dell'emendamento 13.253 della Commissione,
attribuite al Presidente del Consiglio la possibilità di esautorare sempre il
Senato da qualsiasi attività di formazione delle leggi. Infatti, non solo avete
inserito le modifiche essenziali per l'attuazione del programma di Governo, ma
adesso graziosamente aggiungete anche la tutela delle finalità di cui
all'articolo 120, secondo comma, della Costituzione, relativo ai poteri
sostitutivi. Come si diceva una volta: a pensare male si fa peccato, ma ci si
indovina!
Siccome siete perfettamente consapevoli che il vostro procedimento legislativo
non funziona, vi dovete inventare strumenti che attribuiscano al primo ministro
una possibilità di fare le leggi. Solo che, in tal modo, cancellate il
Parlamento, cancellate la democrazia e realizzate un qualcosa di veramente
aberrante!
PRESIDENTE.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul
subemendamento Bressa 0.13.253.6, non accettato dalla Commissione né dal
Governo.
(Segue la votazione).
PIERO RUZZANTE. Presidente!
MAURA COSSUTTA. Terza fila!
PRESIDENTE. Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato
della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 408
Votanti 404
Astenuti 4
Maggioranza 203
Hanno votato sì 169
Hanno votato no 235).
Onorevoli colleghi, siamo tutti stanchi, cerchiamo di stare tranquilli...
RENZO INNOCENTI. Non è possibile!
SERGIO COLA. Uno per tre...!
PIERO RUZZANTE. Cento deputati li avete fuori!
PRESIDENTE.
Onorevoli colleghi, basta (Commenti dei deputati Cristaldi e Cola)!
Onorevole Cristaldi, onorevole Cola, trasmettetemi le vostre segnalazioni per
iscritto.
Passiamo alla votazione del subemendamento Boato 0.13.253.3.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Boato. Ne ha
facoltà.
MARCO BOATO. Signor Presidente, ritengo (Commenti dei deputati del gruppo della Lega Nord Federazione Padana)... Signor Presidente...
PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, basta, per cortesia! Onorevoli colleghi, basta! Cerchiamo di agevolare i lavori: sta parlando l'onorevole Boato!
CESARE RIZZI. Chi se ne frega!
MARCO BOATO. Signor Presidente, ritengo sia opportuno che anche i colleghi della maggioranza leggano l'emendamento 13.253 della Commissione, a cui è riferito il subemendamento in esame. Dopo avere, in numerose disposizioni, diminuito i poteri del Presidente della Repubblica, «sterilizzati» anche con il voto di questa mattina sull'articolo 24, recante modifiche all'articolo 89 della Costituzione, ci troviamo di fronte alla singolare situazione - lo dico con sincera preoccupazione - (Commenti dei deputati del gruppo della Lega Nord Federazione Padana)... C'è un muggito alle mie spalle, se lo si potesse evitare... Probabilmente è riferito alle quote latte, ma non sono in discussione in questo momento!
PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, per cortesia! Faccio anch'io una grande fatica, date una mano...
MARCO
BOATO. Oltretutto, sto
parlando pacatamente, invitando a riflettere (chi è in grado di farlo, lo
farà). L'emendamento della Commissione attribuisce un potere discrezionale
enorme al Presidente della Repubblica, il quale sarà chiamato a decidere se vi
siano i presupposti per autorizzare il Primo ministro ad esporre al Senato
federale le motivazioni in base alle quali dichiara che le modifiche alla
proposta di legge sottoposta all'esame del Senato stesso sono «essenziali»
all'attuazione del programma del Governo.
Sussiste effettivamente il problema relativo al rapporto con il Governo del
Senato, che non ha il potere di concedere e revocare la fiducia e che non può
essere sciolto, rispetto a quello della Camera, che, al contrario, è titolare
del rapporto con il Primo ministro. Tuttavia, ritengo che il modo peggiore di
risolvere tale problema sia quello di esporre politicamente il Presidente della
Repubblica, chiunque ricopra tale carica, attribuendogli il potere di decidere
se il Primo ministro sia o meno autorizzato a presentarsi al Senato.
Se il Presidente della Repubblica lo autorizzasse, verrebbe criticato e
contestato per un atto di coinvolgimento nell'attività del Primo ministro, che,
per ragioni costituzionali, è prettamente politica; qualora il Presidente della
Repubblica decidesse di non autorizzare il Primo ministro, si aprirebbe un
conflitto istituzionale serio e grave fra il Capo dello Stato e il capo del
Governo, con possibili gravissime ripercussioni nell'equilibrio dei rapporti
fra i diversi poteri.
Ci siamo pertanto fatti carico del problema con il subemendamento in esame, sia
nel testo principale sia nella parte conseguenziale, prevedendo di espungere il
ruolo del Presidente della Repubblica, che è assolutamente inaccettabile, e
prevedendo altresì che qualora il Senato decida con la maggioranza dei tre
quinti dei suoi componenti - e dunque del 60 per cento - di non accettare le
modifiche chieste dal Governo, si applichino le disposizioni di cui al terzo
comma, vale a dire il procedimento diventi bicamerale.
A noi pare un tema delicatissimo e proponiamo una soluzione costituzionalmente
coerente e corretta. Il testo che attribuisce questi poteri al Presidente della
Repubblica è costituzionalmente destabilizzante e a mio parere molto grave. Per
tali motivi, invito prima a riflettere e poi a votare il mio subemendamento
0.13.253.3, che permette di correggere questa gravissima anomalia
costituzionale.
PRESIDENTE.
Onorevoli colleghi, per cortesia fate silenzio, anche sulla sinistra!
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Marone. Ne ha
facoltà.
RICCARDO MARONE. Non
so quanti errori siano presenti in questo comma: è veramente difficile capirlo.
Certo, questo testo sembra muovere da una buona intenzione: vi siete resi conto
che concedevate un enorme potere al premier, che avete cercato di
controbilanciare inserendo la figura del Presidente della Repubblica in un
procedimento legislativo, per valutazioni di merito sul programma di Governo. È
un'assurdità!
Pertanto, quella che pareva essere una buona intenzione, ossia bilanciare i
grandi poteri che volete concedere al premier, alla fine, si è risolta
nell'ipotesi di inserire il Presidente della Repubblica nella maggioranza di
Governo! Inoltre avete una concezione del programma del Governo che, se ho ben
compreso, sembra una sorta di lista della spesa che il premier dovrà
esporre la prima volta che si presenta dinanzi alla Camera.
Si pensi alle modifiche ad un disegno di legge: si tratta di qualche comma, di
qualche emendamento. Ebbene, se il premier ritiene che queste proposte
di modifica non rientrino nel programma di Governo (figuriamoci come sia
possibile stabilire una simile eventualità!), può chiedere l'intervento del
Presidente della Repubblica. Quest'ultimo dovrà verificare se quella modifica,
quell'emendamento rientrino o meno nel programma di Governo (quella sorta di
lista della spesa di inizio legislatura). Dopo di che, una volta verificato se
questa proposta rientri o meno nel programma, il Presidente della Repubblica
può autorizzare il Primo ministro a spostare la competenza legislativa da un
ramo all'altro del Parlamento.
Come vedete, siamo di fronte ad un'ipotesi veramente paradossale che non
rispetta alcuna logica costituzionale! Non è pensabile inserirla in un
procedimento legislativo né spostare le competenze in base a valutazioni di
merito sul programma di Governo e su quello che deve fare una maggioranza. Non
vi è alcuna logica costituzionale. State scrivendo una norma al di fuori di
qualsiasi corretto equilibrio delle funzioni all'interno della Costituzione.
Non so se si tratti o meno di ipotesi stravolgenti. In ogni caso, state
«trascinando» il Presidente della Repubblica nel programma di Governo della
maggioranza, come avete già fatto per il Presidente della Camera, che avete
trascinato nel procedimento legislativo. Al di là di qualsiasi valutazione di
merito, si tratta di gravi errori costituzionali che dimostrano la mancanza
sostanziale di una cultura costituzionale. E questo è estremamente grave!
Mi chiedo come si potrà svolgere correttamente un procedimento legislativo in
presenza di tanti interventi esterni e addirittura della possibilità di
espropriare un ramo del Parlamento della propria competenza costituzionale! Si
tratta proprio di questo: espropriare un ramo del Parlamento della propria
competenza costituzionale solo perché un determinato aspetto è inserito nel
programma di Governo.
Francamente non si è mai sentita una cosa del genere. Riteniamo tutto ciò
profondamente sbagliato (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di
sinistra-L'Ulivo).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà.
GIANCLAUDIO BRESSA. Devo
dire che ciò che mi stupisce in voi è la spensieratezza con la quale mettete
mano alla Costituzione. Mi soffermerò solo su una questione specifica, avendo
il collega Maroni ben illustrato le altre tematiche.
In questa proposta della Commissione emerge prepotentemente il ruolo del
Presidente della Repubblica. Vi rendete conto che, così facendo, voi
prefigurate un conflitto di poteri costituzionali di dimensioni colossali?
Affidate al Presidente della Repubblica, che voi avete definito essere garante
della Costituzione, un ruolo squisitamente politico. Delle due l'una: se il
Presidente della Repubblica è asservito alla maggioranza, in quanto espressione
della maggioranza, tutto questo è una colossale finzione e così avremmo un
Parlamento assoggettato ai poteri del Primo ministro ed un Presidente della Repubblica
prigioniero della volontà della maggioranza; oppure, se non è una finzione,
potenzialmente potrebbe portare ad un conflitto tra Presidente del Consiglio,
Presidente della Repubblica e Parlamento, i cui confini, è bene averlo chiaro
in testa fin da subito, porteranno ad uno sfascio istituzionale di dimensioni
ancora ignote a questo paese.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Mantini. Ne ha facoltà.
PIERLUIGI MANTINI.
Signor Presidente, siamo sospesi tra la farsa e la tragedia, ma la situazione è
anche un po' comica, perché noi almeno non abbiamo più i tempi, in quanto
contingentati, per parlare mentre la maggioranza non ha voglia di rispondere!
Voi state trasformando il Capo dello Stato, il Presidente della Repubblica, da
organo super partes ad organo inter partes. Gli effetti sono
stati in parte illustrati, ma mi viene da chiedere: è questo il clima con cui
vogliamo assumere una simile decisione? La sensibilità istituzionale, di cui
lei più volte si è fatto garante, trova qui un concreto momento storico di
evidenza e di attuazione.
So bene che i poteri del Presidente sono limitati; però mi chiedo se non
dobbiamo garantire dibattito, dialogo, riflessione vera, oppure se dobbiamo
andare avanti con questa farsa (Applausi dei deputati del gruppo della
Margherita, DL-L'Ulivo).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Violante. Ne ha facoltà.
LUCIANO VIOLANTE.
Signor Presidente, vorrei leggere con calma quello che c'è scritto nel testo:
quando il Governo ritenga che proprie modifiche ad un disegno di legge
sottoposto all'esame del Senato siano essenziali il Presidente della Repubblica
può autorizzarlo ad esporne le motivazioni. Allora, che cosa accade? Il Governo
potrebbe ritenere che alcune proprie modifiche sono essenziali ed il Capo dello
Stato potrebbe decidere che non se ne possono esporre le motivazioni del
Senato. È una cosa che funziona? In sostanza, il Capo dello Stato avrebbe la
possibilità di impedire al Presidente del Consiglio dei ministri di esporre le
motivazioni per le quali quelle determinate materie rientrano nel programma di
governo. Una certa questione può far parte del programma di governo, ma il Capo
dello Stato potrebbe dire al Presidente del Consiglio: «tu non puoi esporne le
motivazioni». Ma sulla base di che cosa?
Qual è il problema, Presidente? Il problema è che, avendo costruito davvero un
pasticcio legislativo, i colleghi della maggioranza hanno trovato due clausole
di risoluzione: una è quella che affida ai Presidenti delle Camere - come
abbiamo detto poco fa - il potere di individuare la commissione; la seconda
affida al Presidente della Repubblica la possibilità di autorizzare o meno.
Tre autorità, che
dovrebbero essere di garanzia e indipendenti, rientrano a piedi uniti nel
procedimento legislativo e il Presidente della Repubblica, addirittura, entra
nell'attuazione del programma di governo, per cui può decidere se quella certa
materia può essere giocata su un tipo o su un altro di procedura. Ancora una
volta, come per i Presidenti delle Camere, una autorità indipendente e garante
della Costituzione e dell'unità del paese stabilisce quale debba essere la
procedura da applicare e - lo ripeto - non sindacando o autorizzando il Governo
a dire se quella norma fa o meno parte del programma di governo ma
autorizzandolo soltanto ad esporre o a non esporre le motivazioni.
Credo che questa norma andrebbe cassata, quantomeno andrebbe ripensata,
onorevole relatore. Su una cosa di questo genere ritengo che il testo crolli
complessivamente: non esiste in nessun posto del mondo una cosa di questo
genere! Almeno, il testo precedente autorizzava il Presidente del Consiglio ad
esporre, a decidere se quella materia facesse parte del programma di governo;
qui invece chi decide che una certa materia fa parte del programma di governo è
il Presidente del Consiglio, ma spetta al Capo dello Stato autorizzarlo o meno
ad esporre le motivazioni.
Credo si tratti di una disposizione assolutamente incongruente (Applausi dei
deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-L'Ulivo, Misto-Comunisti
italiani e Rifondazione comunista)!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Maura Cossutta. Ne ha facoltà.
MAURA
COSSUTTA. Signor Presidente,
vorrei esporre quattro questioni. In primo luogo, negli articoli precedenti
avete tolto alcune funzioni essenziali al Presidente della Repubblica, mentre
ora lo state trasformando in un esecutore, di fatto, della volontà del premier,
arbitro assoluto - lo avevate deciso negli articoli precedenti - dello
scioglimento delle Camere. Che cosa c'entra il ruolo di garante del Presidente
della Repubblica con questo nuovo potere che affidate, appunto, al Presidente
della Repubblica? Semmai, il potere di garanzia è che il Presidente della
Repubblica non firmi una di queste leggi votate dalla Camera o dal Senato.
Invece, in realtà voi affidate e trasformate il Presidente della Repubblica in
un ruolo ancellare - in un ruolo politico, diceva l'onorevole Violante -,
conferendo al premier effettivamente una supremazia: altro che
Presidente della Repubblica garante super partes!
In secondo luogo, il Governo interviene pesantemente nelle competenze
legislative. In questo caso il potere esecutivo ha non soltanto la supremazia
su quello legislativo, ma anche il potere di distorcere e di derogare dalle
regole stesse delle funzioni legislative delle due Camere. Inoltre, siccome non
relaziona il ministro competente ma il premier, è evidente che in questo
caso esiste un potere di diktat, ricattatorio rispetto alla Camera.
Infatti, il premier, avendo il potere di scioglimento della Camera, nel
momento in cui ritornerà alla Camera, evidentemente, imporrà alla sua
maggioranza di votare la legge.
Infine, l'ultima questione rivela il deficit di cultura democratica di quello
che avete fatto votare negli articoli precedenti, cioè delle modalità del
sistema di elezione delle figure che dovrebbero essere super partes
(Presidente della Repubblica e Presidenti delle Camere).
Credo che, per tali motivi, questo articolo e questo emendamento della
Commissione siano veramente un obbrobrio e vi dovreste non soltanto vergognare,
ma interrogare fino a che punto vorrete arrivare con questo testo di riforma
costituzionale.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Carrara. Ne ha facoltà.
NUCCIO
CARRARA. Onorevoli colleghi, si
sta creando uno putiferio per una questione che non esiste (Applausi
polemici dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo). Vorrei
invitare i colleghi - e soprattutto l'onorevole Violante - a leggere l'articolo
87, che così recita: «Il Presidente della Repubblica autorizza la presentazione
alle Camere dei disegni di legge d'iniziativa del Governo». Ciò significa che
in via del tutto normale oggi il Presidente della Repubblica autorizza e,
quindi, entra nel procedimento legislativo: pertanto, stabiliamo questo punto e
correggiamo le inesattezze dei colleghi dell'opposizione. Dopodiché, siccome
nelle fattispecie in esame si è di fronte ad una prerogativa del Governo che ha
bisogno necessariamente di essere controbilanciata, inevitabilmente deve
intervenire il Presidente della Repubblica perché siamo di fronte ad un caso
che, sostanzialmente, vede il Senato espropriato del diritto di emanare una
legge su cui ha l'esclusiva competenza.
Se il Presidente della Repubblica interviene per autorizzare i semplici disegni
di legge, a maggior ragione deve intervenire per autorizzare la sottrazione al
Senato di una sua prerogativa (Applausi dei deputati dei gruppi di Alleanza
nazionale e di Forza Italia).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Acquarone. Ne ha facoltà.
LORENZO ACQUARONE.
Signor Presidente, onorevoli colleghi, il collega Carrara è troppo intelligente
e preparato per permettersi di prendere in giro la Camera, come ha fatto con il
suo intervento (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di
sinistra-L'Ulivo e della Margherita, DL-L'Ulivo). Infatti, voler parificare
il potere che, attualmente, l'articolo 87 della Costituzione attribuisce al
Presidente della Repubblica al potere attribuito al Presidente della Repubblica
dal testo al nostro esame è una cosa assolutamente paradossale (tutti sanno,
peraltro, che questa autorizzazione non è mai stata applicata; è sufficiente
leggere lo scritto del Presidente Einaudi), per l'elementare ragione che,
nell'ipotesi in cui un Governo presentasse un disegno di legge e nell'ipotesi
del tutto assurda in cui il Presidente della Repubblica non ne autorizzasse la
presentazione, sarebbe sufficiente un deputato - lo ripeto, un deputato -, con
la vigente Costituzione, per la presentazione di quel disegno di legge
all'esame del Parlamento. Il che dimostra che tale norma, mai applicata, è inutilis
transcripta. Qui è diverso, perché ci troviamo di fronte ad un conflitto,
alla possibilità in cui il Senato dica «no» e il Governo ritenga che quel «no»
pregiudichi il suo programma. Allora, il Presidente della Repubblica dovrebbe
autorizzare, entrando politicamente nel meccanismo del procedimento
legislativo.
Questa mattina abbiamo tolto al Presidente della Repubblica il potere di
concedere da solo la grazia. Ora, stabiliamo che il Presidente della Repubblica
possa consentire al Primo ministro di violare il procedimento legislativo
normale. Ma allora ha ragione l'amico Violante: o è un Presidente della
Repubblica succube del Governo, e allora il problema è che mettiamo in piedi
una forma di bonapartismo, ovvero non è della stessa idea, e allora siamo
riusciti, così bravi, ad introdurre nel nostro paese il principio della
diarchia, attualmente presente in Francia, il principio della coabitazione. Ma
vi rendete conto che più presentate proposte emendative per sistemare l'una e
l'altra parte, più attuate sciocchezze costituzionali? L'unica frase seria che
vi può essere detta è che queste sono sciocchezze (Applausi dei deputati dei
gruppi Misto-Popolari-UDEUR, dei Democratici di sinistra-L'Ulivo, della
Margherita, DL-L'Ulivo, di Rifondazione comunista e Misto-Comunisti italiani)!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Boccia. Ne ha facoltà.
ANTONIO BOCCIA. Signor Presidente, pur non condividendo l'impostazione di questo subemendamento, credevo vi fosse una certa coerenza. Ma, dopo l'intervento dell'onorevole Carrara, trovo difficoltà a comprendere la coerenza del loro ragionamento. In questo caso, si prevede che il Presidente della Repubblica possa autorizzare il Primo ministro ad esporre le motivazioni al Senato federale. Quindi, si tratta di un'autorizzazione ad esporre le motivazioni; non c'entra nulla con il procedimento legislativo. Ma se il Presidente della Repubblica non autorizza il Primo ministro ad esporre le motivazioni, il procedimento che è già in corso al Senato che fine fa? Continua il suo iter? Questo passaggio non può rimanere aleatorio! Bisogna prendere una decisione!
NUCCIO CARRARA. È di competenza del Senato! È ovvio!
PRESIDENTE Onorevoli colleghi, non interrompete l'onorevole Boccia.
ANTONIO
BOCCIA. Il Presidente della
Repubblica non ha il potere autorizzativo di far andare avanti il
provvedimento, ha solo il potere autorizzativo di fare esporre le motivazioni.
Ciò significa che il Senato va avanti anche senza che il Primo ministro abbia
esposto le motivazioni, tant'è che si stabilisce «che decide entro trenta
giorni».
Allora, ho l'impressione che vi sia proprio una confusione anche letterale,
perché poi l'ultimo periodo dice: «se tali modifiche non sono accolte (...)».
Ma se il Presidente della Repubblica non autorizza ad esporre le motivazioni,
il procedimento non dovrebbe proprio più continuare, mentre invece qui non si
capisce se continui oppure no. Si aggiunge un altro pasticcio a quelli già
realizzati. Francamente, questo emendamento rende improcedibile il
procedimento.
PRESIDENTE.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul
subemendamento Boato 0.13.253.3, non accettato dalla Commissione né dal
Governo.
(Segue la votazione).
RENZO INNOCENTI. Quarto settore!
PRESIDENTE.
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 406
Votanti 401
Astenuti 5
Maggioranza 201
Hanno votato sì 157
Hanno votato no 244).
Passiamo alla votazione
del subemendamento Armani 0.13.253.5.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Armani. Ne ha
facoltà.
PIETRO
ARMANI. Signor Presidente,
vorrei tranquillizzare i colleghi dell'opposizione proprio illustrando il mio
modestissimo subemendamento, che essenzialmente affronta il problema della
collocazione del ruolo del Presidente della Repubblica nel contesto del
procedimento legislativo.
Il mio subemendamento, infatti, intende proteggere l'indirizzo politico del
Governo di fronte al Senato federale. Si potrebbe tuttavia finire per esporre
il Presidente della Repubblica in misura forse eccessiva al centro della
contesa politica tra gli schieramenti, soprattutto nella logica bipolare ormai
acquisita nel nostro sistema costituzionale, anche alla luce della nuova
formulazione dell'emendamento della Commissione 13.253 che richiama l'articolo
120, secondo comma, della Costituzione. Con il mio emendamento invece si
intende precisare che il Presidente della Repubblica, proprio perché garante
della Costituzione e non parte politica, deve verificare i soli presupposti di
ordine costituzionale legati alla prevista autorizzazione. Quindi, sostanzialmente,
deve operare una mera verifica di legittimità (Applausi dei deputati del
gruppo di Alleanza Nazionale).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà.
GIANCLAUDIO BRESSA. Signor Presidente, mi dispiace deludere l'onorevole Armani, ma questa è una pallidissima foglia di fico, a meno che lui non riesca a spiegare all'Assemblea quali sono i presupposti costituzionali della verifica dei punti che sono essenziali per l'attuazione del programma politico del Governo. Se lui mi dice che c'è una questione o una ipotesi di vizio di costituzionalità, io mi rassereno, perché da questo momento in poi potremo andare davanti alla Corte costituzionale per far decadere i Governi. Infatti, se un programma di Governo è soggetto a legittimità costituzionale, non so dove andremo a finire. Il suo subemendamento, mi dispiace per lei, non serve assolutamente a nulla (Applausi dei deputati dei gruppi della Margherita, DL-L'Ulivo e Misto-Comunisti italiani)!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole D'Alia. Ne ha facoltà.
GIAMPIERO D'ALIA.
Signor Presidente, intervengo brevemente. Intanto vorrei rasserenare il collega
Bressa (capisco che l'ora è tarda). Noi, nel Comitato dei nove, avevamo dato un
parere contrario al subemendamento del collega Armani, ma credo che, anche alla
luce delle considerazioni di alcuni colleghi dell'opposizione, sarebbe
opportuno, se non rivedere il parere, almeno votare a favore dell'emendamento
(cosa che farà il mio gruppo). Collega Bressa, il problema non è la foglia di
fico. È evidente che la competenza di cui parliamo si innesta nel procedimento
legislativo a prevalenza Senato, che, in base all'articolo 117, riguarda la
materia della legislazione concorrente. Questa materia in parte ha contenuto
ordinamentale e può anche essere svincolata dall'attività di indirizzo politico
e, quindi, è giusto che il Senato la esamini senza avere alcuna ipoteca
governativa.
Ma, come è noto, per come è stato configurato l'articolo 117 - non da noi -,
una serie di materie sono certamente riconducibili all'attività di indirizzo
politico del Governo; a tale riguardo, è evidente che, laddove le modifiche
rientrino nell'ambito delle priorità del programma e siano «approvate dalla
Camera» - così recita il testo modificato dalla Commissione -, è necessario che
il Governo eserciti legittimamente il suo diritto-dovere di realizzare il
programma.
MARCO BOATO. Questo lo diceva anche la nostra proposta emendativa!
GIAMPIERO D'ALIA. Mi
dispiace, peraltro, che l'aggiunta da noi fatta - con riferimento alla tutela
delle finalità di cui all'articolo 120 - sia stata sottovalutata a tal punto
dal centrosinistra da proporne la soppressione; ma si tratta di un altro tema.
Evidentemente, il Capo dello Stato, trattandosi della possibilità di un
potenziale conflitto tra il premier ed una Camera non legata dal
rapporto fiduciario con il premier stesso, prima di innescare tale
meccanismo deve verificare se, costituzionalmente, quanto il Governo compie
rientra nell'ambito delle sue prerogative e dell'attività di indirizzo
politico.
PRESIDENTE. Onorevole...
GIAMPIERO D'ALIA. Quindi, è solo per questa ragione che annunciamo il nostro voto favorevole all'approvazione della proposta emendativa in questione.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, Gerardo Bianco. Ne ha facoltà.
GERARDO
BIANCO. Signor Presidente,
ritengo che il subemendamento presentato dall'onorevole Armani sia stato
dettato da una disposizione d'animo gentile. In un certo senso, il termine
«invita» può quasi evocare una serie di convenevoli (quali: si accomodi lei,
prego, e via dicendo); infatti, viene così a verificarsi una sorta di invito e
di possibile ripulsa da parte del Governo.
Quindi, è chiaro che ci troviamo dinanzi all'introduzione di una «tenera nota»
all'interno della Costituzione, che peraltro, poi, per così dire, lascia tutto
il tempo che trova. Voglio infatti far notare all'onorevole D'Alia che egli,
appartenendo ad un movimento che usa lo slogan: «io centro», sarebbe stato
meglio avesse potuto dire: io non c'entro, con questa manipolazione della
Costituzione (Applausi dei deputati dei gruppi della Margherita, DL-L'Ulivo
e dei Democratici di sinistra-L'Ulivo)!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Mantini. Ne ha facoltà.
PIERLUIGI MANTINI.
Voglio solo ringraziare il collega D'Alia per la descrizione della norma e del
meccanismo ad essa sotteso, ma vorrei rivolgergli una domanda. Domanda che non
è originale in quanto è stata già formulata dalla dottrina ed è insita in
riflessioni già svolte al riguardo. Perché, nelle materie a legislazione
concorrente, costruite un meccanismo a prevalenza Senato anziché a competenza
paritaria per poi, invece, far riassumere dalla Camera la competenza del Senato
solo perché il premier ritiene che debba essere così, in ciò
coinvolgendo il Capo dello Stato?
È una domanda semplice che postula anche, come risposta, un modello secondo il
quale le materie a legislazione concorrente siano a competenza paritaria tra le
due Camere; il problema di recuperare la supremazia del Senato attraverso il
coinvolgimento del Capo dello Stato non si dovrebbe proprio porre.
Si tratta di un risiko, un labirinto che state creando per riproporre, anche su
tale aspetto, una sorta di bilanciamento tra devolution, per così dire,
con carità di patria e supremazia dell'interesse nazionale, secondo uno schema
che sta sciaguratamente portando a danneggiare la Costituzione e che, in questo
specifico punto, ci porta alla paralisi ed al ridicolo (Applausi dei
deputati del gruppo della Margherita, DL-L'Ulivo).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Violante. Ne ha facoltà.
LUCIANO VIOLANTE. Signor Presidente, più si legge questa proposta e più veramente non la si comprende, almeno dal mio punto di vista. Innanzitutto, la differenza tra autorizzare ed invitare è nota a tutti; parlo del subemendamento Armani. È chiaro che siamo contro l'approvazione del subemendamento Armani in quanto il meccanismo dell'invito...
PRESIDENTE. Onorevole, mi sembra stiamo discutendo dell'altro subemendamento a firma Armani...
LUCIANO VIOLANTE. La
ringrazio, Presidente, ma ai fini del mio ragionamento è lo stesso. Volevo
infatti richiamare l'attenzione dei colleghi sul seguente elemento. È scritto:
«Il Presidente della Repubblica (...) può autorizzare (...)». Poi, si prevede
che, «se tali modifiche non sono accolte dal Senato», scatta la procedura speciale.
Però, nulla è scritto con riferimento al caso in cui il Presidente della
Repubblica abbia autorizzato.
Allora, ho l'impressione che, leggendo il testo in oggetto, la procedura sia
monca, nel senso che non si fa riferimento al procedimento successivo
all'autorizzazione del Capo dello Stato. Si prevede, infatti, che se il Governo
ritiene che le sue modifiche proposte ad un disegno di legge siano essenziali
per l'attuazione del suo programma, chiede al Presidente della Repubblica di
essere autorizzato ad esporne le motivazioni; il Capo dello Stato potrebbe
rifiutarsi, ma allora questo potrebbe aprire un conflitto.
Inoltre, dal momento che non è previsto cosa dovrebbe accadere successivamente
nel caso in cui il Capo dello Stato dovesse, sì, autorizzare il Primo ministro,
ma le modifiche non dovessero essere approvate, vi è il rischio che
l'autorizzazione del Presidente della Repubblica sia, sostanzialmente, del
tutto inerte, vale a dire priva di effetti.
La vostra intenzione è chiara, ma essa non è scritta nell'emendamento della
Commissione. Infatti, volete che quella procedura si attivi soltanto nel caso
in cui il Capo dello Stato abbia autorizzato il Governo, ma nella proposta in
oggetto ciò non è scritto, poiché prevede che si attiverà soltanto se le
modifiche non verranno accolte dal Senato. Si tratta del segno - ma chiedo
scusa - del non particolare approfondimento della procedura; soprattutto, dal
momento che tutti noi siamo e tutti voi siete persone responsabili, che
conoscete i problemi, vorrei francamente rilevare che il meccanismo che avete
voluto individuare per controbilanciare il potere del Senato federale non è un
meccanismo in grado di funzionare.
Vorrei ribadire, allora, che le leggi o sono bicamerali, ed allora Camera dei
deputati ha la preminenza politica, vale a dire l'ultima parola, oppure si
creano pasticci - chiedo scusa - di questo genere in quanto, nella proposta
avanzata, non è scritto in nessun modo che la procedura prevista dall'ultimo
comma verrà attivata soltanto nel caso in cui il Capo dello Stato abbia
autorizzato il Primo ministro ad esporre le motivazioni al Senato federale,
ferme restando...
PRESIDENTE. Onorevole Violante...
LUCIANO VIOLANTE. ... tutte le obiezioni di carattere sia politico, sia costituzionale che abbiamo mosso su questo coinvolgimento del ruolo del Presidente della Repubblica nell'ambito del procedimento legislativo.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Maura Cossutta. Ne ha facoltà.
MAURA
COSSUTTA. Signor Presidente,
vorrei osservare che abbiamo un premier che, da una parte, vuole
introdurre modifiche ad un disegno di legge sottoposto all'esame del Senato
federale nei casi di competenza esclusiva di tale organo, ma, dall'altra può
sottrarre al Senato stesso tale esame per trasferire il provvedimento alla
Camera deputati, la quale dovrebbe approvare, tra l'altro, in via definitiva le
modifiche proposte, diventando, nella sostanza, un braccio esecutivo del Primo
ministro.
A parte questo, tuttavia, vorrei rivolgermi all'onorevole Armani ed ai colleghi
di Alleanza nazionale, poiché hanno introdotto nella nuova Costituzione il
principio ambiguo dell'interesse nazionale. Personalmente, prefigurerei
l'intervento del Presidente della Repubblica nel caso in cui venga violato il
principio dell'interesse nazionale, in quanto il Capo dello Stato è garante super
partes dell'interesse della Repubblica, e dunque della nazione. In questo
caso, tuttavia, si prevede che il Presidente della Repubblica intervenga a
tutela non dell'interesse nazionale, ma del programma di governo di un premier.
Quali sono, allora, i presupposti costituzionali? Onorevole Armani, vorrei
dirle che si sta arrampicando sugli specchi! Ritengo che sarebbe molto meglio
che lei votasse contro la proposta in questione!
DONATO BRUNO, Relatore. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
DONATO
BRUNO, Relatore.
Signor Presidente, ho seguito il dibattito che si è sviluppato; qualcuno ha
parlato della proposta emendativa che ci apprestiamo a votare e qualcuno ha parlato
di altro, ma succede, attesa la complessità dell'argomento che stiamo
trattando.
Ringrazio l'onorevole Boccia per l'intervento che ha svolto, poiché, nel
rileggere il testo della Commissione, credo che abbia posto l'attenzione
proprio sulle prerogative del Governo e del Presidente della Repubblica, che
non dovrebbero preoccupare più di tanto, anziché costituire lo «sfascio»
paventato da numerosi colleghi.
Vorrei rispondere, inoltre, al presidente Violante in ordine a cosa accadrebbe
una volta che il Presidente della Repubblica abbia autorizzato il Primo
ministro ad esporre le sue motivazioni al Senato federale. In tal caso, credo
che la norma lo preveda chiaramente: il provvedimento rimane di competenza del
Senato federale, che deve decidere entro 30 giorni; se tali modifiche non
dovessero essere accolte, il provvedimento verrà successivamente trasmesso alla
Camera dei deputati.
Se devo dire la verità,
mi è sembrato un modo molto prolisso per dire cose che si leggono abbastanza
facilmente; tuttavia, credo a questo punto che abbiano avuto ragione i colleghi
della maggioranza nell'averlo precisato in maniera più compiuta, atteso che,
fino a questo momento, ancora non è chiaro quale sia l'iter da seguire
qualora il Governo ritenga che le proprie modifiche ad un disegno di legge
possano essere sottratte alla competenza del Senato.
Detto questo, abbiamo espresso, come Commissione, un parere contrario sul
subemendamento Armani 0.13.253.5, ma il dibattito che è seguito - pur non
facendomi cambiare il parere, perché la Commissione ciò ha detto - m'induce a
lasciare all'Assemblea di decidere ciò che essa ritiene più opportuno.
PRESIDENTE.
Sta bene, onorevole Bruno.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul subemendamento
Armani 0.13.253.5, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la
votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).
(Presenti 423
Votanti 418
Astenuti 5
Maggioranza 210
Hanno votato sì 246
Hanno votato no 172).
Ricordo che i
subemendamenti Armani 0.13.253.1 e 0.13.253.2 sono ritirati.
Passiamo alla votazione dell'emendamento 13.253 della Commissione, nel testo
riformulato.
DONATO BRUNO, Relatore. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
DONATO BRUNO, Relatore. Vorrei precisare che la nuova formulazione dell'emendamento 13.253 della Commissione prevede, alla quinta riga, la sostituzione della parola «votato» con «approvato», nonché l'inserimento, alla sesta riga, dopo la parola «Camera», delle parole «ovvero per la tutela delle finalità di cui all'articolo 120, secondo comma». La Commissione, ovviamente, ne raccomanda l'approvazione.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Alfonso Gianni. Ne ha facoltà.
ALFONSO
GIANNI. Signor Presidente, non
so se ci rendiamo conto - mi rivolgo a lei ed all'onorevole Donato Bruno - che
stiamo modificando l'articolo 70 della Costituzione. Tale articolo consta di
una riga e mezza. La modifica complessiva proposta dalla maggioranza fa 112
righe. È una notazione estetica, che ho già fatto su un precedente articolo, ma
che ribadisco avere una sua validità.
Immaginiamo una scuola - ed io lodo gli insegnanti che scelgono per
l'educazione civica non un testo di commento, ma la Costituzione italiana - che
presenta (ai suoi nipoti, onorevole Bruno, o ai suoi figli, onorevole Casini)
un testo dell'articolo 70, che riguarda la formazione delle leggi,
incomprensibile, difficilmente leggibile, lunghissimo e sterminato.
Ci sarà una ragione per la quale si arriva a tal punto? Quando un testo
«sbrodola» - mi passi l'espressione, signor Presidente - vuol dire che le idee
sono confuse. Vi è una essenzialità, una rarefazione nelle formule di giuristi,
frutto di un dibattito, di un'esperienza, di una cultura, di un pensiero e di
un confronto. Quando ciò non c'è, quando un testo è lunghissimo, interminabile,
confuso ed incomprensibile, vuol dire che tale dibattito non vi è stato ed il
pensiero non ha valore.
Nel merito, onorevoli colleghi: siamo di fronte all'introduzione del Governo
direttamente nel processo legislativo. Il Governo, cioè, è guardiano
dell'esecuzione del programma, ovvero lo è il Presidente della Repubblica,
poiché si preoccupa di verificare che i presupposti del programma, della
coerenza, della congruenza con quanto il Governo ha deciso e definito vi siano.
In questo caso, ci troviamo di fronte ad una confusione di ruoli istituzionali.
Riscontriamo un loro sovrapporsi. La notazione che prima svolgevo sulla
lunghezza del testo non è, dunque, peregrina. È dovuta a questo sovrapporsi di
ruoli, a questa «complessificazione» di piani, che rende incomprensibile,
inaccettabile ed inapplicabile questo testo. Pertanto noi votiamo contro
quest'emendamento.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Marone. Ne ha facoltà.
RICCARDO MARONE.
Signor Presidente, credo che, se in precedenza la formula era oscura e confusa,
dopo l'intervento dell'onorevole D'Alia si entri in un ulteriore profilo di
oscurità. Se, infatti, abbiamo aggiunto il termine «costituzionali» all'inciso
«verificati i presupposti» significa che il Presidente della Repubblica non
deve più verificare se si rientri o no nel programma di Governo (che c'entrano,
infatti, i presupposti costituzionali con il programma di Governo)? Non ho
pertanto capito cosa deve verificare il Presidente della Repubblica.
«Verificati i presupposti costituzionali» non riesco francamente a comprendere
cosa possa significare.
Tuttavia, abbiamo chiarito che i presupposti che il Presidente della Repubblica
deve verificare non concernono il fatto che la modifica rientri o meno nel
programma di Governo: infatti, questo lo decide il premier. Il
Presidente della Repubblica non deve fare nulla: egli deve solo mettere il
cappello e cercare di far finta di riequilibrare i poteri; a meno che non
riteniamo che l'espressione «può autorizzare» richiami un'attività
discrezionale del Presidente della Repubblica, creando un conflitto tra
quest'ultimo e il premier. Non si capisce, infatti, qual è il criterio
in base al quale il Presidente della Repubblica può autorizzare o meno il premier:
è semplicemente una facoltà del Presidente Repubblica che troviamo
incomprensibile.
Vorrei segnalare che tutto ciò avviene in relazione alla possibilità che, sulla
base della decisione di un Primo ministro, una Camera possa essere espropriata
della sua competenza. Non stiamo ragionando sul fatto che una legge debba o
meno essere approvata, se bisogna accelerare un procedimento o attuare
rapidamente un programma di Governo: stiamo stabilendo che il leader di
una maggioranza può decidere che una Camera di questa Repubblica possa essere
espropriata dei propri poteri e di una propria competenza, solo perché vi è una
necessità di Governo che lo impone.
PRESIDENTE.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale,
l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà.
Onorevoli colleghi, cerchiamo di comprimere i tempi degli interventi.
GIANCLAUDIO BRESSA. Signor Presidente, l'emendamento 13.253 della Commissione è un vero e proprio fuoco artificiale. Garantisce sicuramente effetti pirotecnici, ma nessuna garanzia sul piano costituzionale. Devo dire la verità: siete riusciti a stupirci! Siamo assolutamente convinti che anche voi siete consapevoli che il quadro che state prospettando con questo procedimento legislativo è sicuramente sballato. La funzione legislativa resta apparentemente incardinata nel Parlamento, ma sono tante e tali le dissociazioni che questo procedimento rischia di grippare e di fondere strada facendo. Avevamo immaginato che il Governo avrebbe potuto aggirare questa impossibilità pratica di gestire la formazione delle leggi, così come l'avete concepita, attraverso strumenti che definirei tradizionali. Ci aspettavamo che voi calcaste molto la mano sulla delega legislativa o stressaste il procedimento con il ricorso a decreti-legge. Invece, vi siete inventati questa follia che ha ottenuto anche l'ultimo botto finale del subemendamento proposto dall'onorevole Armani sui presupposti costituzionali essenziali per l'attuazione del programma votato dalla Camera oppure per l'applicazione dei poteri sostitutivi...
PRESIDENTE.
Grazie, onorevole Bressa.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Acquarone. Ne ha
facoltà.
LORENZO ACQUARONE.
Signor Presidente, a me pare che eundo il pasticcio cresca. Ci troviamo
in una situazione che ha del paradosso: se vi è un Senato riluttante e il
Governo ritiene che le modifiche ad un provvedimento siano fondamentali per
l'attuazione del suo programma o per l'unità nazionale ai sensi dell'articolo
120, esso si rivolge al Presidente della Repubblica. Quest'ultimo lo autorizza ad
esporne le motivazioni, verificati i presupposti costituzionali; dopodiché, se
il Senato per ipotesi non accoglie le modifiche, si ritorna nuovamente alla
Camera. Questo è il disegno prospettato.
Vediamo, allora, da un punto di vista costituzionale, quali sono le eresie che
stiamo compiendo. Il Governo non ha libertà perché è vincolato dal Senato. Può
superare il Senato rivolgendosi al Presidente della Repubblica, che in questo
modo acquista una funzione politica. Ma non mi preoccupa tanto questo, quanto
il fatto che può nascere un conflitto fra il Presidente della Repubblica e il
Governo e che, in futuro, può nascere un conflitto tra il Presidente della
Repubblica e la Camera, ove quest'ultima, per ipotesi, in ultima analisi non
approvi tali modifiche. Il provvedimento viene, quindi, presentato al Senato,
ma il Governo può nuovamente riportarlo alla Camera. E, a questo punto - si
tratta ormai di un chiodo fisso - il Presidente del Consiglio ha l'arma del
ricatto: infatti, alla Camera può esercitare il potere di scioglimento.
Quindi, una materia che era del Senato sfugge al Senato per ritornare alla
Camera, perché mentre per il Senato non c'è il potere di scioglimento per la
Camera sì. Mi pare che francamente ci vuole della fantasia per mettere in piedi
un pasticcio costituzionale di questo tipo! Qui non si tratta di fare un
discorso di fantasia, qui stiamo giocando su una cosa seria: giochiamo sulla
Costituzione. Allora, siccome non c'è assolutamente uno spirito costituente, ma
c'è uno spirito mercantile di do ut des (per cui qualcosa sta bene alla
Lega, qualcosa ad Alleanza nazionale, a Forza Italia, pur di rimanere al
Governo, gli va bene proprio tutto), in questa situazione veramente stiamo
facendo oltraggio alla nostra Costituzione (Applausi dei deputati dei gruppi
della Margherita, DL-L'Ulivo e Misto-Popolari-UDEUR).
PRESIDENTE.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico,
sull'emendamento 13.253 (Nuova formulazione) della Commissione nel testo
subemendato, accettato dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la
votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).
(Presenti 396
Votanti 393
Astenuti 3
Maggioranza 197
Hanno votato sì 246
Hanno votato no 147).
RENZO INNOCENTI. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
RENZO INNOCENTI. Circa un'ora fa ho richiamato la sua attenzione e quella di tutti i colleghi ad una questione legata alla molteplice utilizzazione dei «pianisti» per raggiungere il numero legale (Commenti dei deputati del gruppo della Lega Nord Federazione Padana).
PRESIDENTE. Onorevoli colleghi...
RENZO INNOCENTI. Ho visto dei colleghi che sono dei record ...(Commenti dei deputati dei gruppi di Forza Italia e della Lega Nord Federazione Padana). Signor Presidente, richiamo la sua attenzione, con tutto il rispetto, in modo tale che tale comportamento abbia termine, perché non è possibile mandare avanti la seduta in una condizione in cui, quando si arriva al voto, si quadruplicano addirittura, come ho visto fare in questa circostanza, i voti in un banco. Credo che sia una cosa insopportabile.
PRESIDENTE.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Bressa 13.52.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale,
l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà.
GIANCLAUDIO BRESSA.
Onorevole Bruno, noi non ritiriamo questo emendamento perché qui c'è una
clausola che, se voi aveste avuto un minimo di saggezza, avreste fatto vostra.
Leggo il primo comma dell'emendamento 13.52: «I disegni di legge che contengano
disposizioni relative a materie per cui si dovrebbero applicare procedimenti
diversi sono approvate secondo quello più aggravato». Questo criterio avrebbe
significato l'automatismo, avrebbe eliminato un sacco di complicazioni, di
passaggi, di intese tra i Presidenti e avrebbe restituito al Parlamento la
possibilità di legiferare in maniera decente, non dico accettabile.
Siccome gli automatismi li avete riservati tutti alla forma di Governo - e ci
divertiremo quando arriveremo a quel punto! - capisco che la vostra fantasia
sia esaurita.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Soda. Ne ha facoltà.
ANTONIO
SODA. Questo emendamento
contiene al primo comma un principio che può risolvere un problema nel quale la
Commissione - se ho ben capito - anche con la nuova formulazione si sta
avvitando.
Ha ragione l'onorevole Gianni quando dice che l'articolo 70 è incomprensibile
perché abbiamo ben sei tipi di leggi: leggi bicamerali a prevalenza della
Camera; leggi bicamerali a prevalenza del Senato; leggi a competenza paritaria;
leggi a competenza paritaria ma elaborate da una Commissione paritetica che espropria
l'iniziativa legislativa dei singoli deputati, che non possono presentare
emendamenti, come rilevato dall'onorevole Cossutta e da tanti altri colleghi;
leggi di attuazione del programma, che seguono il loro percorso con questo
intervento aberrante del Presidente della Repubblica.
In questo labirinto il filo di Arianna è affidato a lei, Presidente, e
all'altro capro espiatorio del Presidente del Senato per definire la tipologia
nella quale andare a inserire un disegno, un progetto o una proposta di legge.
Indubbiamente, i due Presidenti delle Camere saranno affiancati da uno stuolo
di tecnici e di funzionari che dovranno definire se una certa legge sulla
sanità è esclusiva, o interferisce con l'organizzazione, o interferisce con la
sicurezza del lavoro, o interferisce con l'ordinamento amministrativo dei
medici, o interferisce con la polizia sanitaria, o con la polizia mortuaria. I
due Presidenti dovranno dire se tale proposta di legge è di competenza
esclusiva della Camera politica.
In tutti gli Stati federali le Corti costituzionali hanno scoperto che le
materie, che sono dei nomen juris, delle indicazioni di lessico, sono
per loro natura trasversali. La nostra Corte ha detto che ogni materia ha una
capacità espansiva. L'urbanistica, ad esempio, attiene al governo del
territorio, attiene al diritto penale quando si sanziona un comportamento
gravemente spregiativo dell'ambiente, attiene alle infrastrutture, attiene ai
trasporti, e così via. Cosa ha scoperto il mondo che voi non volete scoprire?
Ha scoperto che la materia in sé, come assioma o come fenomeno esaustivo ed
integrale, non esiste.
PRESIDENTE. Onorevole Soda...
ANTONIO
SODA. Concludo, signor
Presidente.
Perciò gli Stati federali hanno usato o la clausola di salvaguardia, o la
clausola di prevalenza.
A me sembra che voi facciate come Don Ferrante. Egli, di fronte alla peste,
diceva che in rerum natura vi è o la sostanza o l'accidente. Siccome la
peste non è né sostanza né accidente, ergo la peste non esiste. Voi dite
che una deve essere la tipologia della materia e della legge. I singoli
parlamentari che vorranno, ad esempio, presentare una proposta di legge sulla
sanità dovranno stare attenti a non disciplinare l'ordinamento dei medici, la
polizia sanitaria, eccetera.
No, caro professor Bruno, non è così. Le materie sono trasversali. Poiché voi
proibite le materie trasversali, che esistono in natura, ergo le materie
trasversali non esistono, proprio come diceva Don Ferrante (Applausi dei
deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-L'Ulivo, della Margherita,
DL-L'Ulivo, Misto-Comunisti italiani e Misto-Verdi-L'Ulivo).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Pisapia. Ne ha facoltà.
GIULIANO PISAPIA.
Signor Presidente, preannuncio l'espressione del voto favorevole
sull'emendamento in esame, perché, con poche parole, si riesce a chiarire un
articolo fondamentale della nuova Costituzione, della controriforma
costituzionale che è assolutamente incomprensibile. Se vi fosse stato l'esame
del Comitato per la legislazione - lo dico con assoluta schiettezza - sarebbe
stata bocciata perché incomprensibile da parte di tutti i cittadini, non solo
da parte dei costituzionalisti e degli operatori del diritto.
Credo non sia concepibile che un testo costituzionale, che deve essere compreso
da tutti i cittadini affinché possano esercitare i loro diritti, sia invece
assolutamente illeggibile dal punto di vista razionale, lessicale e logico.
Vi prego di leggere alcuni commi di questo articolo: la funzione legislativa
dello Stato è esercitata collettivamente dalle due Camere per l'esame dei
disegni di legge concernenti le materie, di cui agli articoli 117, secondo
comma (lettere m) e p)), e 119 e così via. Ma come pensate che il
semplice cittadino possa capire i suoi diritti da questo articolo di legge?
Vorrei esprimere solo alcune considerazioni, perché il tempo è tiranno, come,
purtroppo, è tiranna, lo dico con estrema schiettezza, questa maggioranza che
non tiene conto delle ragionevoli osservazioni espresse dall'opposizione.
Stiamo creando due vulnus fondamentali. Per quanto riguarda il primo, i
soggetti che devono mantenere un certo equilibrio, che devono essere super
partes, come i Presidenti della Camera e del Senato, saranno costretti ad
assumere decisioni di carattere politico, con tutti i conflitti di attribuzione
che ciò comporta.
Il secondo è veramente insuperabile se questo articolo verrà approvato. Oggi vi
è un Presidente della Repubblica, giustamente chiamato a censurare il
Parlamento eletto dal popolo solo in due casi: quando viene approvata una legge
che non ha copertura finanziaria o quando è manifestamente anticostituzionale.
In questo caso, invece, il Presidente della Repubblica dovrà esprimere
valutazioni politiche; il che comporterà, ancora una volta, conflitti di
competenza, di attribuzione e, soprattutto, conflitti politici che,
sicuramente, non aiutano il paese né lo sviluppo della democrazia.
PRESIDENTE.
Onorevoli colleghi, al fine di evitare discussioni, vi anticipo che questo sarà
l'ultima votazione di oggi.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico,
sull'emendamento Bressa 13.52, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la
votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 367
Votanti 365
Astenuti 2
Maggioranza 183
Hanno votato sì 130
Hanno votato no 235).
DONATO BRUNO, Relatore. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
DONATO BRUNO, Relatore. Signor Presidente, saremmo dovuti passare all'emendamento 13.254 (Nuova formulazione) della Commissione al quale sono stati presentati diversi subemendamenti. Il Comitato dei nove, si riunirà domani mattina alle 8,30, esprimerà il parere su questi ultimi e, quindi, si potrà proseguire l'esame.
PRESIDENTE. Sta bene. Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.
Allegato A
Seduta n. 526 del 12/10/2004
DISEGNO DI LEGGE COSTITUZIONALE: S. 2544 - MODIFICAZIONI DI ARTICOLI DELLA PARTE II DELLA COSTITUZIONE (APPROVATO, IN PRIMA DELIBERAZIONE, DAL SENATO DELLA REPUBBLICA) (4862) ED ABBINATE PROPOSTE DI LEGGE COSTITUZIONALI ZELLER ED ALTRI; BIELLI; SPINI E ANGIONI; BUTTIGLIONE ED ALTRI; CONTENTO; COLA; PISAPIA; SELVA; SELVA; SELVA; BIANCHI CLERICI; PERETTI; VOLONTÈ; PISAPIA; LUSETTI ED ALTRI; ZACCHEO; MANTINI ED ALTRI; SODA; OLIVIERI E KESSLER; COSTA; SERENA; PISICCHIO ED ALTRI; BOLOGNESI ED ALTRI; PAROLI; BUONTEMPO; ZELLER ED ALTRI; COLLÈ; VITALI ED ALTRI; MAURANDI ED ALTRI; OLIVIERI; BOATO; STUCCHI; CENTO; MONACO; PACINI; CONSIGLIO REGIONALE DELLA PUGLIA; CONSIGLIO REGIONALE DELLA PUGLIA; CHIAROMONTE ED ALTRI; CABRAS ED ALTRI; MANTINI; LA MALFA; BRIGUGLIO ED ALTRI; FRANCESCHINI; PISAPIA; COSTA; PERROTTA ED ALTRI; FIORI (72-113-260-376-468-582-721-874-875-877-966-1162-1218-1287-1403-1415-1608-1617-1725-1805-1964-2027-2116-2123-2168-2320-2413-2568-2909-2994-3058-3489-3523-3531-3541-3572-3573-3584-3639-3684-3707-3885-4023-4393-4451-4805-5044)
(A.C. 4862 ed abb. - Sezione 1)
ARTICOLO 24 DEL DISEGNO DI LEGGE COSTITUZIONALE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE
Art. 24.
(Controfirma degli atti presidenziali).
1. L'articolo 89 della
Costituzione è sostituito dal seguente:
«Art. 89. - Nessun atto del Presidente della Repubblica è valido se non è
controfirmato dai ministri proponenti, che ne assumono la responsabilità.
Gli atti che hanno valore legislativo e gli altri indicati dalla legge sono
controfirmati anche dal Primo ministro.
Non sono proposti né controfirmati dal Primo ministro o dai ministri i seguenti
atti del Presidente della Repubblica: la richiesta di una nuova deliberazione
alle Camere ai sensi dell'articolo 74, i messaggi alle Camere, la concessione
della grazia, la nomina dei senatori a vita, la nomina dei giudici della Corte
costituzionale di sua competenza, lo scioglimento della Camera dei deputati ai
sensi dell'articolo 88, la nomina del Vice Presidente del Consiglio superiore
della magistratura nonché le nomine dei presidenti delle Autorità
amministrative indipendenti e le altre nomine che la legge attribuisce alla sua
esclusiva competenza».
PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO 24 DEL DISEGNO DI LEGGE COSTITUZIONALE
ART. 24.
(Controfirma degli atti presidenziali).
Al comma 1, capoverso
Art. 89, primo comma, sostituire la parola:
proponenti con la seguente: competenti.
*24. 2. Boato, Bressa, Leoni, Amici, Cabras, Cusumano, Fistarol, Intini,
Loiero, Maccanico, Maran, Marone, Montecchi, Olivieri, Pappaterra, Soda, Mascia,
Russo Spena, Maura Cossutta, Zanella, Sgobio.
(Approvato)
Al comma 1, capoverso
Art. 89, primo comma, sostituire la parola:
proponenti con la seguente: competenti.
*24. 200. Elio Vito, Anedda, Volontè, Cè, La Malfa, Moroni.
(Approvato)
Al comma 1, capoverso
Art. 89, terzo comma, sopprimere le parole:
né controfirmati.
24. 201. Elio Vito, Anedda, Volontè, Cè, La Malfa, Moroni.
(Approvato)
Al comma 1, capoverso
Art. 89, terzo comma, sopprimere le parole:
, la concessione della grazia.
*24. 6. Buontempo, Carrara, Nespoli, Saia, Cristaldi, Losurdo, Patarino.
Al comma 1, capoverso
Art. 89, terzo comma, sopprimere le parole:
, la concessione della grazia.
*24. 71. Perrotta.
Al comma 1, capoverso
Art. 89, terzo comma, dopo le parole:
concessione della grazia aggiungere le seguenti: richiesta secondo le
modalità previste dalla legge.
24. 80. Carrara, Nespoli, Saia, Cristaldi, Losurdo, Patarino.
Al comma 1, capoverso
Art. 89, terzo comma, dopo le parole:
concessione della grazia aggiungere le seguenti: e la commutazione delle
pene.
24. 3. Bressa, Boato, Leoni, Amici, Cabras, Cusumano, Fistarol, Intini,
Loiero, Maccanico, Maran, Marone, Montecchi, Olivieri, Pappaterra, Soda, Maura
Cossutta, Zanella, Sgobio, Mascia.
(Approvato)
Subemendamento all'emendamento 24.202.
All'emendamento 24.
202., aggiungere, in fine, le parole: , la
nomina del Primo ministro.
0. 24. 202. 1. Boccia.
(Testo modificato nel corso della seduta).
(Approvato)
Al comma 1, capoverso
Art. 89, terzo comma, dopo le parole: ai sensi
dell'articolo 88 aggiungere le seguenti: salva l'ipotesi di cui alla
lettera a).
24. 202. Elio Vito, Anedda, Volontè, Cè, La Malfa, Moroni.
(Approvato)
Al comma 1, capoverso
Art. 89, terzo comma, sostituire le parole da:
, la nomina del Vice Presidente fino a: e le altre nomine con le
seguenti: e le nomine.
24. 4. Leoni, Bressa, Boato, Amici, Cabras, Cusumano, Fistarol, Intini,
Loiero, Maccanico, Maran, Marone, Montecchi, Olivieri, Pappaterra, Soda, Maura
Cossutta, Zanella, Sgobio.
(A.C. 4862 ed abb. - Sezione 2)
ARTICOLO 25 DEL DISEGNO DI LEGGE COSTITUZIONALE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO
Art. 25.
(Giuramento del Presidente della Repubblica).
1. L'articolo 91 della
Costituzione è sostituito dal seguente:
«Art. 91. - Il Presidente della Repubblica, prima di assumere le sue funzioni,
presta giuramento di fedeltà alla Repubblica e di osservanza della Costituzione
dinanzi all'Assemblea della Repubblica».
PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO 25 DEL DISEGNO DI LEGGE COSTITUZIONALE
ART. 25.
(Giuramento del Presidente della Repubblica).
Sopprimerlo.
*25. 1. Mascia, Russo Spena.
Sopprimerlo.
*25. 70. Boato, Bressa, Leoni, Amici, Cabras, Cusumano, Fistarol,
Intini, Loiero, Maccanico, Maran, Marone, Montecchi, Olivieri, Pappaterra,
Soda, Maura Cossutta, Zanella, Sgobio.
A.C. 4862 ed abb. - Sezione 3)
ARTICOLO 31 DEL DISEGNO DI LEGGE COSTITUZIONALE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE
Capo IV
MODIFICHE AL TITOLO IV DELLA PARTE II DELLA COSTITUZIONE
Art. 31.
(Elezione del Consiglio superiore della magistratura).
1. All'articolo 104,
quarto comma, della Costituzione, le parole: «e per un terzo dal Parlamento in
seduta comune» sono sostituite dalle seguenti: «per un sesto dalla Camera dei
deputati e per un sesto dal Senato federale della Repubblica integrato dai
Presidenti delle Giunte delle Regioni e delle Province autonome di Trento e di
Bolzano».
2. All'articolo 104 della Costituzione, il quinto comma è sostituito dal
seguente:
«Il Presidente della Repubblica nomina il Vice Presidente del Consiglio
superiore della magistratura nell'ambito dei componenti eletti dalle Camere».
PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO 31 DEL DISEGNO DI LEGGE COSTITUZIONALE
Capo IV
MODIFICHE AL TITOLO IV DELLA PARTE II DELLA COSTITUZIONE
ART. 31.
(Elezione del Consiglio superiore della magistratura).
Sopprimerlo.
Conseguentemente,
all'articolo 43, sopprimere il comma 7.
*31. 1. Leoni, Boato, Bressa, Amici, Cabras, Cusumano, Fistarol, Intini,
Loiero, Maccanico, Maran, Marone, Montecchi, Olivieri, Pappaterra, Soda, Maura
Cossutta, Zanella, Sgobio, Pistone.
Sopprimerlo.
Conseguentemente,
all'articolo 43, sopprimere il comma 7.
*31. 3. Mascia, Pisapia.
Sostituirlo con il
seguente:
Art. 31. (Elezione del Consiglio superiore della magistratura). - 1.
All'articolo 104, quarto comma, della Costituzione, le parole: «dal Parlamento
in seduta comune» sono sostituite dalle seguenti «dalla Camera dei Deputati».
Conseguentemente,
all'articolo 43, comma 7, sostituire le parole:
il Senato federale della Repubblica con le seguenti: la Camera dei
deputati.
31. 5. Boato, Bressa, Leoni, Amici, Cabras, Cusumano, Fistarol, Intini,
Loiero, Maccanico, Maran, Marone, Montecchi, Olivieri, Pappaterra, Soda,
Zanella.
Sopprimere il comma 1.
Conseguentemente,
all'articolo 43, sopprimere il comma 7.
31. 70. Taormina.
Al comma 1, sostituire
le parole da: :«e per un terzo fino
alla fine del comma con le seguenti: «per due terzi» fino a: «dal
Parlamento in seduta comune» con le seguenti: «per metà da tutti i magistrati
ordinari, e per metà dal Parlamento in seduta comune».
31. 71. Taormina.
Al comma 1, sopprimere
le parole da: integrato fino alla
fine del comma.
*31. 72. Leoni, Bressa, Boato, Maura Cossutta, Deiana, Pappaterra,
Cusumano, Zanella.
(Approvato)
Al comma 1, sopprimere
le parole da: integrato fino alla
fine del comma.
*31. 200. Elio Vito, Anedda, Volontè, Cè, La Malfa, Moroni.
(Approvato)
Sopprimere il comma 2.
31. 9. Bressa, Boato, Leoni, Amici, Cabras, Cusumano, Fistarol, Intini,
Loiero, Maccanico, Maran, Marone, Montecchi, Olivieri, Pappaterra, Soda, Maura
Cossutta, Zanella, Sgobio.
(Approvato)
All'articolo 31, dopo il
comma 2 aggiugnere il seguente:
2-bis. All'articolo 104 della Costituzione, il quinto comma è soppresso.
31. 250. La Commissione.
(Approvato)
Dopo l'articolo 31,
aggiungere il seguente:
All'articolo 105 della Costituzione è aggiunto il seguente comma:
«I provvedimenti disciplinari nei riguardi dei magistrati sono applicati da una
sezione del Consiglio superiore della magistratura composta da soli membri
eletti dal Parlamento. I componenti di tale sezione non possono esercitare
alcuna altra funzione».
31. 01. Taormina.
(A.C. 4862 ed abb. - Sezione 4)
ARTICOLO 41 DEL DISEGNO DI LEGGE COSTITUZIONALE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE
Capo VI
MODIFICHE AL TITOLO VI DELLA PARTE II DELLA COSTITUZIONE
Art. 41.
(Corte costituzionale).
1. L'articolo 135 della
Costituzione è sostituito dal seguente:
«Art. 135. - La Corte costituzionale è composta da quindici giudici. Quattro
giudici sono nominati dal Presidente della Repubblica; quattro giudici sono
nominati dalle supreme magistrature ordinaria e amministrative; tre giudici
sono nominati dalla Camera dei deputati e quattro giudici sono nominati dal
Senato federale della Repubblica, integrato dai Presidenti delle Giunte delle
Regioni e delle Province autonome di Trento e di Bolzano.
I giudici della Corte costituzionale sono scelti fra i magistrati anche a
riposo delle giurisdizioni superiori ordinaria ed amministrative, i professori
ordinari di università in materie giuridiche e gli avvocati dopo venti anni di
esercizio.
I giudici della Corte costituzionale sono nominati per nove anni, decorrenti
per ciascuno di essi dal giorno del giuramento, e non possono essere nuovamente
nominati.
Alla scadenza del termine il giudice costituzionale cessa dalla carica e
dall'esercizio delle funzioni. Nei successivi tre anni non può ricoprire
incarichi di governo, cariche pubbliche elettive o di nomina governativa o
svolgere funzioni in organi o enti pubblici individuati dalla legge.
La Corte elegge tra i suoi componenti, secondo le norme stabilite dalla legge,
il Presidente, che rimane in carica per un triennio, ed è rieleggibile, fermi
in ogni caso i termini di scadenza dall'ufficio di giudice. L'ufficio di
giudice della Corte è incompatibile con quello di membro del Parlamento, di un
Consiglio regionale, con l'esercizio della professione di avvocato e con ogni
carica ed ufficio indicati dalla legge.
Nei giudizi d'accusa contro il Presidente della Repubblica intervengono, oltre
i giudici ordinari della Corte, sedici membri tratti a sorte da un elenco di
cittadini aventi i requisiti per l'eleggibilità a deputato, che la Camera dei
deputati compila ogni nove anni mediante elezione con le stesse modalità
stabilite per la nomina dei giudici ordinari».
2. L'articolo 3 della
legge costituzionale 22 novembre 1967, n. 2, è sostituito dal seguente:
«Art. 3. - 1. I giudici della Corte costituzionale nominati dal Senato
federale della Repubblica e quelli nominati dalla Camera dei deputati sono
eletti a scrutinio segreto e con la maggioranza dei due terzi dei componenti la
rispettiva Assemblea. Per gli scrutini successivi al terzo è sufficiente la
maggioranza dei tre quinti dei componenti la rispettiva Assemblea».
PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO 41 DEL DISEGNO DI LEGGE COSTITUZIONALE
Capo VI
MODIFICHE AL TITOLO VI DELLA PARTE II DELLA COSTITUZIONE
ART. 41.
(Corte costituzionale).
Sopprimerlo.
Conseguentemente:
all'articolo 43, sopprimere i commi 5 e 6.
*41. 1. Mascia, Pisapia.
Sopprimerlo.
Conseguentemente:
all'articolo 43, sopprimere i commi 5 e 6.
*41. 2. Leoni, Boato, Bressa, Amici, Cabras, Cusumano, Fistarol, Intini,
Loiero, Maccanico, Maran, Marone, Montecchi, Olivieri, Pappaterra, Soda, Russo
Spena, Maura Cossutta, Zanella, Sgobio.
Al comma 1, capoverso
Art. 135, primo comma,
primo periodo, sostituire le parole: è composta da quindici giudici fino
alla fine del comma, con le seguenti: è composta da diciannove giudici. Tre
giudici sono nominati dal Presidente della Repubblica; quattro giudici sono
nominati dalle supreme magistrature ordinaria e amministrative; sei giudici
sono nominati dalla Camera dei deputati e sei giudici sono nominati dal Senato
federale della Repubblica, integrato dai Presidenti delle Giunte delle Regioni
e delle Province autonome di Trento e di Bolzano.
41. 74. Perrotta.
Al comma 1, capoverso Art. 135, primo comma, sostituire il secondo periodo con il seguente: Cinque giudici sono nominati dal Presidente della Repubblica e dieci dal Parlamento in seduta comune.
Conseguentemente:
sopprimere il comma 2
all'articolo 43, sopprimere i commi 5 e 6.
41. 70. Taormina.
Al comma 1, capoverso
Art. 135, primo comma, secondo periodo, sostituire le parole da:
quattro giudici sono nominati dalle supreme magistrature fino alla fine del
comma con le seguenti: cinque giudici sono nominati dalle supreme
magistrature ordinaria e amministrativa; tre giudici sono nominati dalla Camera
dei deputati; tre giudici sono nominati dal Senato federale della Repubblica.
41. 5. Bressa, Leoni, Boato, Amici, Cabras, Cusumano, Fistarol, Intini,
Loiero, Maccanico, Maran, Marone, Montecchi, Olivieri, Pappaterra, Soda,
Zanella.
Al comma 1, capoverso
Art. 135, primo comma, secondo periodo, sopprimere le parole da:
, integrato fino alla fine del periodo.
41. 75. Boato, Leoni, Bressa, Maura Cossutta, Valpiana, Pappaterra,
Cusumano, Zanella.
Al comma 1, capoverso
Art. 135, quinto comma, aggiungere, in fine, il seguente periodo:
Non sono eleggibili a Presidente i giudici negli ultimi diciotto mesi del loro
mandato, salvo in caso di rielezione.
41. 9. Leoni, Boato, Bressa, Amici, Cabras, Cusumano, Fistarol, Intini,
Loiero, Maccanico, Maran, Marone, Montecchi, Olivieri, Pappaterra, Soda, Zanella.
Al comma 1, capoverso
Art. 135, sesto comma, aggiungere, in fine, il seguente periodo:
Non possono essere nominati giudici della Corte coloro che hanno ricoperto, nei
cinque anni antecedenti alla nomina, la carica di membro del Parlamento o di un
Consiglio regionale.
41. 71. Perrotta.
Al comma 2, capoverso
Art. 3, secondo periodo, sostituire le parole:
dei tre quinti fino alla fine del comma con le seguenti: assoluta dei
componenti la rispettiva Assemblea, garantendo la presenza di almeno un nominativo
indicato dalla minoranza.
1-bis. I giudici della Corte costituzionale non possono essere iscritti
ad alcun partito durante il mandato. Non possono altresì essere nominati
giudici della Corte coloro che, nell'anno antecedente alla data della loro nomina,
risultano essere stati iscritti ad un partito politico.
41. 73. Perrotta.
Al comma 2, capoverso
Art. 3, secondo periodo, sostituire le parole: dei tre quinti con la
seguente: assoluta.
41. 72. Perrotta.
(A.C. 4862 ed abb. - Sezione 5)
ARTICOLO 42 DEL DISEGNO DI LEGGE COSTITUZIONALE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO
Art. 42.
(Referendum sulle leggi costituzionali).
1. All'articolo 138 della Costituzione, il terzo comma è abrogato.
PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO 42 DEL DISEGNO DI LEGGE COSTITUZIONALE
ART. 42.
(Referendum sulle leggi costituzionali).
Sopprimerlo.
*42. 3. Boato, Bressa, Leoni, Amici, Cabras, Cusumano, Fistarol, Intini,
Loiero, Maccanico, Maran, Marone, Montecchi, Olivieri, Pappaterra, Soda, Russo
Spena, Maura Cossutta, Zanella, Sgobio.
Sopprimerlo.
*42. 70. Mascia, Pisapia.
Dopo il comma 2,
aggiungere il seguente:
3. All'articolo 138 della Costituzione,
sono aggiunti, in fine, i seguenti commi: «Le leggi costituzionali di revisione
degli statuti delle Regioni Friuli-Venezia Giulia, Sardegna, Sicilia,
Trentino-Alto Adige, Valle d'Aosta sono approvate da ciascuna Camera e
dall'organo legislativo della Regione interessata, con la procedura di cui al
primo comma.
Le leggi costituzionali di revisione degli statuti regionali, di cui al comma
precedente, non sono sottoposte a referendum nazionale».
42. 71. Maurandi, Carboni, Ladu, Tonino Loddo, Soro.
(A.C. 4862 ed abb. - Sezione 6)
ARTICOLO 13 DEL DISEGNO DI LEGGE COSTITUZIONALE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE
Art. 13.
(Formazione delle leggi).
1. L'articolo 70 della
Costituzione è sostituito dal seguente:
«Art. 70. - La Camera dei deputati esamina i disegni di legge concernenti le
materie di cui all'articolo 117, secondo comma, ivi compresi i disegni di legge
attinenti ai bilanci ed al rendiconto consuntivo dello Stato, nonché i disegni
di legge concernenti il coordinamento di cui all'articolo 118, terzo comma,
primo periodo, salvo quanto previsto dal terzo comma del presente articolo.
Dopo l'approvazione da parte della Camera dei deputati, tali disegni di legge
sono trasmessi al Senato federale della Repubblica. Il Senato, su richiesta di
due quinti dei propri componenti formulata entro dieci giorni dalla
trasmissione, esamina il disegno di legge. Entro i trenta giorni successivi il
Senato delibera e può proporre modifiche sulle quali la Camera dei deputati
decide in via definitiva. I termini sono ridotti alla metà per i disegni di
legge di conversione dei decreti-legge. Qualora il Senato federale della
Repubblica non proponga modifiche entro i termini previsti, la legge è
promulgata ai sensi degli articoli 73 e 74.
Il Senato federale della Repubblica esamina i disegni di legge concernenti la
determinazione dei princìpi fondamentali nelle materie di cui all'articolo 117,
terzo comma, salvo quanto previsto dal terzo comma del presente articolo. Tali
disegni di legge, dopo l'approvazione da parte del Senato federale della
Repubblica, sono trasmessi alla Camera dei deputati. La Camera dei deputati, su
richiesta di due quinti dei propri componenti formulata entro dieci giorni
dalla trasmissione, esamina il disegno di legge. Entro i trenta giorni
successivi la Camera dei deputati delibera e può proporre modifiche sulle quali
il Senato federale della Repubblica decide in via definitiva. Qualora la Camera
dei deputati non proponga modifiche entro i termini previsti, la legge è
promulgata ai sensi degli articoli 73 e 74. Qualora il Governo dichiari che le
modifiche proposte dalla Camera dei deputati sono essenziali per l'attuazione
del suo programma e tali modifiche siano approvate dalla Camera dei deputati ai
sensi dell'articolo 94, secondo comma, il disegno di legge è approvato dalla
Camera dei deputati in via definitiva con le modifiche proposte, salvo che,
entro trenta giorni dalla data di trasmissione del disegno di legge, il Senato
federale della Repubblica deliberi di non accogliere le modifiche, con la
maggioranza dei tre quinti dei propri componenti. I termini sono ridotti alla
metà per i disegni di legge di conversione dei decreti-legge.
La funzione legislativa dello Stato è esercitata collettivamente dalle due
Camere per l'esame dei disegni di legge concernenti la perequazione delle
risorse finanziarie e le materie di cui all'articolo 119, e dei disegni di
legge concernenti la determinazione dei princìpi fondamentali
sull'armonizzazione dei bilanci pubblici ed il coordinamento della finanza
pubblica e del sistema tributario, la tutela della concorrenza, la
determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti
civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale,
le norme generali sulla tutela della salute, le funzioni fondamentali di
Comuni, Province e Città metropolitane, il sistema di elezione della Camera dei
deputati e del Senato federale della Repubblica, nonché nei casi in cui la
Costituzione rinvia espressamente alla legge dello Stato o alla legge della
Repubblica, di cui agli articoli 33, sesto comma, 114, terzo comma, 117, commi
quinto e nono, 118, commi secondo e terzo, secondo periodo, 120, secondo e
terzo comma, 122, primo comma, 125, 132, secondo comma, 133, primo comma, e
137, secondo comma. Se un disegno di legge non è approvato dalle due Camere nel
medesimo testo dopo una lettura da parte di ciascuna Camera, i Presidenti delle
due Camere convocano, d'intesa tra di loro, una commissione mista paritetica,
composta secondo il criterio di proporzionalità rispetto alla composizione
delle due Camere, incaricata di proporre un testo sulle disposizioni su cui
permane il disaccordo tra le due Camere. Il testo proposto dalla commissione
mista paritetica è sottoposto all'approvazione delle due Assemblee e su di esso
non sono ammessi emendamenti.
I Presidenti del Senato federale della Repubblica e della Camera dei deputati,
d'intesa tra di loro, decidono le eventuali questioni di competenza tra le due
Camere in ordine all'esercizio della funzione legislativa. I Presidenti possono
deferire la decisione ad un comitato paritetico, composto da quattro deputati e
da quattro senatori, designati dai rispettivi Presidenti sulla base del
criterio di proporzionalità rispetto alla composizione delle due Camere. La
decisione dei Presidenti o del comitato non è sindacabile in alcuna sede».
PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO 13 DEL DISEGNO DI LEGGE COSTITUZIONALE
ART. 13.
(Formazione delle leggi).
Sopprimerlo.
13. 73. Boato, Bressa, Leoni, Amici, Cabras, Cusumano, Fistarol, Intini,
Loiero, Maccanico, Maran, Marone, Montecchi, Olivieri, Pappaterra, Soda,
Mascia, Russo Spena, Maura Cossutta, Zanella, Sgobio.
Al comma 1, sostituire
il capoverso con il seguente:
«Art. 70. - Fatta eccezione per i disegni di legge di cui al secondo comma del
presente articolo, per i quali la funzione legislativa è esercitata
collettivamente dalle due Camere, la Camera dei deputati esamina i disegni di
legge. Tali disegni di legge, dopo l'approvazione da parte della Camera dei
deputati, sono trasmessi al Senato federale della Repubblica. Il Senato
federale della Repubblica, su richiesta di due quinti dei propri componenti
formulata entro dieci giorni dalla trasmissione, esamina il disegno di legge.
Entro i trenta giorni successivi il Senato federale della Repubblica delibera e
può proporre modifiche sulle quali la Camera dei deputati decide in via
definitiva. I termini sono ridotti alla metà per i disegni di legge di
conversione dei decreti-legge.
Qualora il Senato federale della Repubblica non proponga modifiche entro i
termini previsti, la legge è promulgata ai sensi degli articoli 73 e 74.
La funzione legislativa è esercitata collettivamente dalle due Camere per
l'esame dei disegni di legge concernenti le funzioni fondamentali di Comuni,
Province e Città metropolitane, il sistema di elezione della Camera dei
deputati e del Senato federale della Repubblica, l'istituzione di Commissioni
di inchiesta ai sensi dell'articolo 82, i disegni di legge in materia di
competenza regionale quando lo richiedano la tutela dell'unità giuridica o
economica dello Stato, la perequazione delle risorse finanziarie e le materie
di cui all'articolo 119, ad eccezione dei disegni di legge relativi alla
manovra di finanza pubblica. Se un disegno di legge non è approvato dalle due
Camere nel medesimo testo dopo una lettura da parte di ciascuna Camera, i
Presidenti delle due Camere convocano, d'intesa tra di loro, una commissione
mista paritetica, composta in base a criteri di proporzionalità, incaricata di
proporre un testo sulle disposizioni su cui permane il disaccordo tra le due
Camere. Il testo proposto dalla commissione mista paritetica è sottoposto
all'approvazione delle due Assemblee e su di esso non sono ammessi emendamenti.
Qualora la commissione mista paritetica non sottoponga, entro sessanta giorni
dalla data di convocazione, un testo all'approvazione delle due Assemblee, la
Camera dei deputati decide in via definitiva con la maggioranza dei due terzi
dei propri componenti».
13. 2. Armani, Ghiglia, Coronella, Landolfi.
Al comma 1, sostituire
il capoverso con il seguente:
«Art. 70. - La funzione legislativa è esercitata collettivamente dalle due
Camere per i disegni di legge di revisione della Costituzione, per gli altri
disegni di legge costituzionale, per i disegni di legge di cui al terzo comma
dell'articolo 116 e per quelli in materia di perequazione finanziaria di cui al
terzo e quinto comma dell'articolo 119.
I disegni di legge nelle materie assegnate alla competenza esclusiva dello
Stato sono esaminati ed approvati dalla Camera dei deputati. Dopo
l'approvazione da parte della Camera dei deputati, tali disegni di legge sono
trasmessi al Senato federale della Repubblica, il quale, su richiesta di due
quinti dei suoi componenti, formulata entro dieci giorni dalla trasmissione, li
esamina e delibera entro i successivi 30 giorni. Qualora il Senato non approvi
o introduca emendamenti al disegno di legge, questo torna all'esame della
Camera dei deputati, che si pronuncia definitivamente.
Qualora il Senato non proponga modifiche entro i termini previsti, la legge è
promulgata ai sensi degli articoli 73 e 74.
I disegni di legge nelle materie di cui all'articolo 117, terzo comma, e di cui
agli articoli 117, secondo comma, lettere m) e p), 117, quinto e
nono comma, 118, secondo e terzo comma, 120, secondo comma, 122, primo comma,
nonché in materia di sistema di elezione del Senato, sono esaminati dalla
Camera dei deputati. Essi vengono quindi trasmessi al Senato, il quale li
esamina e delibera entro 60 giorni dalla trasmissione. Qualora il Senato non li
approvi o introduca emendamenti, i disegni di legge tornano all'esame della
Camera, la quale li approva definitivamente, pronunciandosi a maggioranza
assoluta dei componenti. Qualora, a maggioranza dei tre quinti dei componenti,
il Senato non approvi o introduca emendamenti ai disegni di legge, si applicano
le disposizioni di cui al primo comma, relativamente alle parti di cui il
Senato abbia in tal modo rifiutato l'approvazione. Qualora il Senato non
proponga modifiche entro i termini previsti, la legge è promulgata ai sensi
degli articoli 73 e 74.
I disegni di legge che contengano disposizioni relative a materie per cui si
dovrebbero applicare procedimenti diversi sono approvati secondo quello più
aggravato.
I termini per l'esame da parte del Senato dei disegni di legge di conversione
dei decreti legge sono ridotti a quindici giorni.
Per le leggi di autorizzazione alla ratifica dei trattati internazionali e per
le relative norme di esecuzione si applicano i procedimenti previsti per le
materie cui i trattati si riferiscono».
13. 18. Leoni, Boato, Bressa, Amici, Cabras, Cusumano, Fistarol, Intini,
Loiero, Maccanico, Maran, Marone, Montecchi, Olivieri, Pappaterra, Soda,
Zanella.
Subemendamento all'emendamento 13. 1.
All'emendamento 13. 1., capoverso Art. 70, primo comma, sostituire le parole da: , ad eccezione dei disegni di legge fino alla fine del comma, con le seguenti: concernenti le materie non comprese nel quarto comma.
Conseguentemente, al
medesimo capoverso:
al secondo comma, primo periodo, sostituire le parole da:
che riguardano fino a: dello Stato con le seguenti: di cui al
primo comma;
sostituire il quarto,
quinto e sesto comma con il seguente:
«La funzione legislativa dello Stato è
esercitata collettivamente dalle due Camere per l'esame dei disegni di legge
concernenti le materie di cui all'articolo 117, terzo comma, la perequazione
delle risorse finanziarie, le funzioni fondamentali dei Comuni, Province e
Città metropolitane, i livelli essenziali garantiti su tutto il territorio
nazionale, le leggi di coordinamento di cui all'articolo 118, terzo comma,
nonché il sistema delle elezioni della Camera dei deputati e del Senato
federale della Repubblica. Tali disegni di legge sono presentati al Senato
federale della Repubblica e devono essere approvati, nell'identico testo, dalle
due Camere».
0. 13. 1. 1. Moroni.
Al comma 1, sostituire
il capoverso con il seguente:
«Art. 70. - La Camera dei deputati esamina i disegni di legge, ad eccezione dei
disegni di legge di cui al quarto comma del presente articolo, per i quali la
funzione legislativa è esercitata collettivamente dalle due Camere.
I disegni di legge che riguardano le materie di cui all'articolo 117, secondo
comma e quelli attinenti ai bilanci, ai rendiconti e alla manovra finanziaria
dello Stato, dopo l'approvazione da parte della Camera dei deputati, sono
trasmessi al Senato federale della Repubblica. Il Senato federale della
Repubblica, su richiesta della maggioranza dei propri componenti formulata
entro dieci giorni dalla trasmissione, esamina il disegno di legge. Entro i trenta
giorni successivi il Senato federale della Repubblica delibera e può proporre
modifiche sulle quali la Camera dei deputati decide in via definitiva. I
termini sono ridotti alla metà per i disegni di legge di conversione dei
decreti-legge.
Qualora il Senato federale della Repubblica non proponga modifiche entro i
termini previsti, la legge è promulgata ai sensi degli articoli 73 e 74.
I disegni di legge che riguardano la determinazione dei principi fondamentali
nelle materie di cui all'articolo 117, terzo comma, dopo l'approvazione da
parte della Camera dei deputati, sono trasmessi al Senato federale della
Repubblica. Il Senato federale della Repubblica, su richiesta di un quinto dei
propri componenti formulata entro dieci giorni dalla trasmissione, esamina il
disegno di legge. Entro i trenta giorni successivi il Senato federale della
Repubblica delibera e può proporre modifiche sulle quali la Camera dei deputati
decide in via definitiva, potendo respingere tali proposte esclusivamente con
la maggioranza assoluta dei propri componenti. I termini sono ridotti alla metà
per i disegni di legge di conversione dei decreti-legge. Qualora il Senato
federale della Repubblica non proponga modifiche entro i termini previsti, la
legge è promulgata ai sensi degli articoli 73 e 74.
La funzione legislativa è esercitata collettivamente dalle due Camere per
l'esame dei disegni di legge concernenti le funzioni fondamentali di Comuni,
Province e Città metropolitane, il sistema di elezione della Camera dei
deputati e del Senato federale della Repubblica, l'istituzione di Commissioni
di inchiesta ai sensi dell'articolo 82, i disegni di legge in materia di
competenza regionale quando lo richiedano la tutela dell'unità giuridica o
economica dello Stato, la perequazione delle risorse finanziarie e le materie
di cui all'articolo 119, ad eccezione dei disegni di legge annuali relativi
alla manovra finanziaria dello Stato. Se un disegno di legge non è approvato
dalle due Camere nel medesimo testo dopo una lettura da parte di ciascuna
Camera, i Presidenti delle due Camere convocano, d'intesa tra di loro, una
commissione mista paritetica, composta in base a criteri di proporzionalità,
incaricata di proporre un testo sulle disposizioni su cui permane il disaccordo
tra le due Camere. Il testo proposto dalla commissione mista paritetica
composta in base a criteri di proporzionalità è sottoposto all'approvazione
delle due Assemblee e su di esso non sono ammessi emendamenti. Qualora la
commissione mista paritetica non sottoponga, entro sessanta giorni dalla data
di convocazione, un testo all'approvazione delle due Assemblee, la Camera dei
deputati decide in via definitiva con la maggioranza dei due terzi dei propri
componenti.
I Presidenti del Senato federale della Repubblica e della Camera dei deputati,
d'intesa tra di loro, decidono le questioni che insorgono in ordine
all'applicazione del secondo, terzo e quarto comma del presente articolo. I
Presidenti possono deferire la decisione ad un comitato paritetico, composto da
quattro deputati e da quattro senatori, designati dai rispettivi Presidenti
sulla base del criterio di proporzionalità rispetto alla composizione delle due
Camere. La decisione dei Presidenti o del comitato non è sindacabile in alcuna
sede legislativa».
13. 1. Armani, Ghiglia, Coronella, Landolfi.
Al comma 1, capoverso
Art. 70, sostituire il primo comma con il seguente:
«I disegni di legge nelle materie assegnate alla competenza esclusiva dello
Stato sono esaminati ed approvati dalla Camera dei deputati. Dopo l'approvazione
da parte della Camera dei deputati, tali disegni di legge sono trasmessi al
Senato federale della Repubblica il quale, su richiesta di due quinti dei
propri componenti, formulata entro dieci giorni dalla trasmissione, li esamina
e delibera entro i successivi trenta giorni. Qualora il Senato non approvi o
introduca emendamenti al disegno di legge, questo torna all'esame della Camera
dei deputati, che si pronuncia definitivamente. Qualora il Senato non proponga
modifiche entro i termini previsti, la legge è promulgata ai sensi degli
articoli 73 e 74».
13. 49. Bressa, Boato, Leoni, Mantovani, Pappaterra, Cusumano, Zanella.
Subemendamenti all'emendamento 13. 250.
All'emendamento 13. 250,
primo periodo, sostituire le parole da:
di cui all'articolo 117 fino alla fine del comma con le seguenti:
assegnate alla competenza esclusiva dello Stato. Dopo l'approvazione da parte
della Camera dei deputati, tali disegni di legge sono trasmessi al Senato
federale della Repubblica, il quale, su richiesta dei due quinti dei suoi
componenti, formulata entro dieci giorni dalla trasmissione, li esamina e
delibera entro i successivi trenta giorni. Qualora il Senato non approvi o
introduca emendamenti al disegno di legge, questo torna all'esame della Camera
dei deputati, che si pronuncia definitivamente.
0. 13. 250. 2. Boato, Leoni, Bressa, Mascia, Amici, Cabras, Cusumano,
Maura Cossutta, Fistarol, Intini, Loiero, Maccanico, Maran, Marone, Montecchi,
Olivieri, Pappaterra, Soda, Zanella, Fanfani.
All'emendamento 13.
250., primo periodo, sostituire le parole:
secondo comma con le seguenti: secondo e terzo comma.
0. 13. 250. 1. Armani.
Al comma 1, capoverso
Art. 70, sostituire il primo comma con il seguente:
«La Camera dei deputati esamina i disegni
di legge concernenti le materie di cui all'articolo 117, secondo comma, fatto
salvo quanto previsto dal terzo comma del presente articolo. Dopo
l'approvazione da parte della Camera, a tali disegni di legge il Senato
federale della Repubblica, entro trenta giorni, può proporre modifiche, sulle
quali la Camera dei deputati decide in via definitiva. I termini sono ridotti
alla metà per i disegni di legge di conversione dei decreti-legge».
13. 250. La Commissione.
(Approvato)
Al comma 1, capoverso
Art. 70, primo comma, primo periodo, dopo le parole:
rendiconto consuntivo dello Stato aggiungere le seguenti: e i disegni di
legge annuali relativi alla manovra finanziaria dello Stato.
13. 3. Armani, Ghiglia, Coronella, Landolfi.
Al comma 1, capoverso Art. 70, primo comma, primo periodo, sopprimere le parole: , nonché i disegni di legge concernenti il coordinamento di cui all'articolo 118, terzo comma, primo periodo.
Conseguentemente, al
medesimo capoverso, terzo comma, primo periodo, dopo le parole:
su tutto il territorio nazionale, aggiungere le seguenti: il
coordinamento di cui all'articolo 118, terzo comma, primo periodo,
13. 70. Zeller, Collè, Detomas, Brugger, Widmann.
Al comma 1, capoverso
Art. 70, primo comma, terzo periodo, sostituire le parole:
di due quinti con le seguenti: della maggioranza.
13. 4. Armani, Ghiglia, Coronella, Landolfi.
Al comma 1, capoverso Art. 70, primo comma, quarto periodo, sopprimere le parole: . Entro i trenta giorni successivi il Senato delibera
Conseguentemente, al
medesimo capoverso:
al medesimo comma, sopprimere il quinto periodo.
al secondo comma:
al quarto periodo, sopprimere le parole:
. Entro i trenta giorni successivi la Camera dei deputati delibera;
al sesto periodo, sostituire le parole da: in via definitiva fino
alla fine del comma con le seguenti: . Il Senato federale della Repubblica
delibera in via definitiva con le stesse modalità, ai sensi dell'articolo 94,
secondo comma.
13. 74. Taormina.
Al comma 1, capoverso Art. 70, primo comma, quarto periodo, sopprimere le parole: . Entro i trenta giorni successivi il Senato delibera
Conseguentemente, al
medesimo capoverso:
al medesimo comma, sopprimere il quinto periodo.
al secondo comma:
al quarto periodo, sopprimere le parole:
. Entro i trenta giorni successivi la Camera dei deputati delibera
al sesto periodo, sostituire le parole da: in via definitiva fino
alla fine del comma con le seguenti: . In caso di approvazione, si
applicano le disposizioni di cui al terzo comma, secondo e terzo periodo.
13. 75. Taormina.
Al comma 1, capoverso Art. 70, sopprimere il secondo comma.
Conseguentemente, al
medesimo capoverso, terzo comma:
al primo periodo, dopo le parole:
l'esame dei disegni di legge concernenti aggiungere le seguenti: la
determinazione dei principi fondamentali nelle materie di cui all'articolo 117,
terzo comma, e.;
dopo il primo periodo, aggiungere il seguente: L'esame dei disegni di
legge concernenti la determinazione dei principi fondamentali nelle materie di
cui all'articolo 117, terzo comma, ha inizio presso il Senato federale della
Repubblica.;
dopo il terzo periodo,
aggiungere i seguenti: Escluso il caso dei
disegni di legge concernenti la perequazione delle risorse finanziarie e le
materie di cui all'articolo 119, qualora la commissione mista paritetica, entro
quaranta giorni dalla data di convocazione, non predisponga un testo da
sottoporre alle due Assemblee o queste ultime non deliberino in via definitiva
entro quindici giorni dalla data di convocazione, la Camera dei deputati decide
in via definitiva. Qualora la deliberazione della Camera dei deputati venga
assunta con una maggioranza inferiore ai tre quinti dei propri componenti, il
Senato federale della Repubblica, entro trenta giorni dalla data di
trasmissione, può deliberare di respingere il disegno di legge a maggioranza
dei tre quinti dei propri componenti. I termini sono ridotti alla metà per i
disegni di legge di conversione dei decreti-legge.
13. 80. Tabacci, Malgieri, Landolfi, La Malfa, Biondi, Craxi, Cossa,
Giuseppe Gianni.
Al comma 1, capoverso Art. 70, sopprimere il secondo comma.
Conseguentemente, al
medesimo capoverso, terzo comma, primo periodo, dopo le parole:
l'esame dei disegni di legge concernenti aggiungere le seguenti: la
determinazione dei principi fondamentali nelle materie di cui all'articolo 117,
concernenti.
13. 13. Zeller, Brugger, Widmann, Collè, Detomas.
Al comma 1, capoverso
Art. 70, sostituire il secondo e il terzo comma con i seguenti:
«I disegni di legge nelle materie di cui
all'articolo 117, terzo comma, e di cui agli articoli 117, secondo comma,
lettere m) e p), 117, quinto e nono comma, 118, secondo e terzo
comma, 120, secondo comma, 122, primo comma, nonché in materia di elezione del
Senato, sono esaminati dalla Camera dei deputati. Essi vengono quindi trasmessi
al Senato, il quale li esamina e delibera entro sessanta giorni dalla
trasmissione. Qualora il Senato non li approvi o introduca emendamenti, i
disegni di legge tornano all'esame della Camera, la quale li approva
definitivamente, pronunciandosi a maggioranza assoluta dei componenti. Qualora,
a maggioranza dei tre quinti, il Senato non approvi o introduca emendamenti ai
disegni di legge, si applicano le disposizioni di cui al primo comma,
relativamente alle parti di cui il Senato abbia in tal modo rifiutato
l'approvazione. Qualora il Senato non proponga modifiche entro i termini
previsti, la legge è promulgata ai sensi degli articoli 73 e 74.
La funzione legislativa dello Stato è esercitata collettivamente dalle due
Camere per l'esame dei disegni di legge di revisione della Costituzione, per
gli altri disegni di legge costituzionale, per i disegni di legge di cui al
terzo comma dell'articolo 116 e per quelli in materia di perequazione
finanziaria di cui al terzo e quinto comma dell'articolo 119».
13. 50. Leoni, Bressa, Boato, Deiana, Titti De Simone, Pappaterra,
Cusumano, Zanella.
Al comma 1, capoverso
Art. 70, sostituire il secondo comma con il seguente:
«Per l'esame dei disegni di legge concernenti la determinazione dei principi
fondamentali nelle materie di cui all'articolo 117, terzo comma, si applicano
le disposizioni di cui al primo comma, fatto salvo che l'esame da parte del
Senato federale della Repubblica può avvenire su richiesta di un quinto dei
propri componenti, formulata entro dieci giorni dalla trasmissione, e che la
Camera dei deputati decide in via definitiva sulle eventuali modifiche proposte
dal Senato, potendo respingere tali proposte esclusivamente con la maggioranza
assoluta dei propri componenti».
13. 5. Armani, Ghiglia, Coronella, Landolfi.
Subemendamento all'emendamento 13. 251.
All'emendamento 13.
251., primo periodo, sostituire le parole:
esamina i disegni di legge fino alla fine del comma con le seguenti: può
esaminare i disegni di legge esclusivamente nei casi disciplinati dal primo e
dal terzo comma del presente articolo.
0. 13. 251. 1. Armani.
Al comma 1, capoverso
Art. 70, sostituire il secondo comma con il seguente:
«Il Senato Federale della Repubblica
esamina i disegni di legge concernenti la determinazione dei princìpi
fondamentali nelle materie di cui all'articolo 117, terzo comma, fatto salvo
quanto previsto dal terzo comma del presente articolo. Dopo l'approvazione da
parte del Senato, a tali disegni di legge la Camera dei deputati, entro trenta
giorni, può proporre modifiche, sulle quali il Senato decide in via definitiva.
I termini sono ridotti alla metà per i disegni di legge di conversione dei
decreti-legge».
13. 251. La Commissione.
(Approvato)
Al comma 1, capoverso Art. 70, secondo comma, sopprimere il sesto periodo.
Conseguentemente,
all'articolo 28, capoverso Art. 94, sopprimere il secondo comma.
13. 15. Boato, Bressa, Leoni, Amici, Cabras, Cusumano, Fistarol, Intini,
Loiero, Maccanico, Maran, Marone, Montecchi, Olivieri, Pappaterra, Soda,
Mascia, Russo Spena, Maura Cossutta, Zanella, Sgobio.
Al comma 1, capoverso Art. 70, secondo comma, sostituire il sesto ed il settimo periodo con i seguenti: Qualora le proposte di modifica siano approvate a maggioranza assoluta dalla Camera dei deputati, il testo viene trasmesso al Senato delle regioni. Qualora il Senato, entro trenta giorni, non deliberi a maggioranza dei due terzi l'approvazione del disegno di legge così come trasmesso alla Camera dei deputati, la legge si intende approvata secondo la nuova formulazione ed è promulgata ai sensi degli articoli 73 e 74 della Costituzione.
Conseguentemente, al
medesimo capoverso, terzo comma, sopprimere il secondo ed il terzo periodo.
13. 9. Mascia, Giordano.
Al comma 1, capoverso
Art. 70, secondo comma, sostituire il sesto ed il settimo periodo con i
seguenti: Qualora le proposte di
modifica siano approvate a maggioranza assoluta dalla Camera dei deputati, il
testo viene trasmesso al Senato delle regioni. Qualora il Senato, entro trenta
giorni, non deliberi a maggioranza dei due terzi l'approvazione del disegno di
legge così come trasmesso alla Camera dei deputati, la legge si intende
approvata secondo la nuova formulazione ed è promulgata ai sensi degli articoli
73 e 74 della Costituzione.
13. 76. Mascia, Giordano.
Al comma 1, capoverso
Art. 70, secondo comma, sesto periodo, sopprimere le parole da:
, salvo che, entro trenta giorni fino alla fine del periodo.
13. 78. Saponara.
Subemendamenti all'emendamento 13. 252 (Nuova formulazione)
All'emendamento 13.
252., primo periodo, sostituire le parole da:
concernenti le materie fino alla fine del comma con le seguenti: di
revisione della Costituzione, per gli altri disegni di legge costituzionale e
per quelli in materia di perequazione finanziaria di cui al terzo e quinto
comma dell'articolo 119.
0. 13. 252. 5. Leoni, Boato, Bressa, Mascia, Amici, Cabras, Cusumano,
Fistarol, Intini, Loiero, Maccanico, Maran, Marone, Montecchi, Olivieri,
Pappaterra, Soda, Zanella, Fanfani.
All'emendamento 13.
252., primo periodo, dopo le parole: le
materie di cui agli articoli aggiungere le seguenti: 33, primo primo
comma,
0. 13. 252. 8. Pacini.
All'emendamento 13.
252., primo periodo, dopo le parole:
lettera m) aggiungere le seguenti: , m-bis), n).
0. 13. 252. 9. Zeller, Brugger, Detomas, Widmann, Collè.
All'emendamento 13.
252., primo periodo, sostituire le parole da:
118, commi secondo e quinto fino alla fine del periodo con le seguenti:
118, commi secondo, terzo, quarto, quinto e settimo, 122, primo comma, 125,
129, primo comma, 132, secondo comma, e 133, primo e secondo comma.
0. 13. 252. 10. Zeller, Brugger, Detomas, Widmann, Collè.
All'emendamento 13.
252., sopprimere il secondo e il terzo periodo.
0. 13. 252. 7. Leoni, Boato, Bressa, Mascia, Amici, Cabras, Cusumano,
Maura Cossutta, Fistarol, Intini, Loiero, Maccanico, Maran, Marone, Montecchi,
Olivieri, Pappaterra, Soda, Zanella, Fanfani.
Al comma 1, capoverso
Art. 70, sostituire il terzo comma con il seguente:
«La funzione legislativa dello Stato è
esercitata collettivamente dalle due Camere per l'esame dei disegni di legge
concernenti le materie di cui all'articolo 117, secondo comma, lettere m)
e p), e 119, l'esercizio delle funzioni di cui all'articolo 120, secondo
comma, il sistema di elezione della Camera dei deputati e per il Senato federale
della Repubblica, nonché nei casi in cui la Costituzione rinvia espressamente
alla legge dello Stato o alla legge della Repubblica, di cui agli articoli 117,
commi quinto e nono, 118, commi secondo e quinto, 122, primo comma, 125, 132,
secondo comma, e 133, secondo comma. Se un disegno di legge non è approvato
dalle due Camere nel medesimo testo i Presidenti delle due Camere possono
convocare, d'intesa tra di loro, una Commissione, composta da trenta deputati e
da trenta senatori, secondo il criterio di proporzionalità rispetto alla
composizione delle due Camere, incaricata di proporre un testo unificato da
sottoporre al voto finale delle due Assemblee. I Presidenti delle Camere
stabiliscono i termini per l'elaborazione del testo e per le votazioni delle
due Assemblee».
13. 252 (Nuova formulazione) . La Commissione.
(Approvato)
Al comma 1, capoverso
Art. 70, terzo comma, primo periodo, sostituire le parole da:
dello Stato fino alla fine del periodo con le seguenti: è esercitata
collettivamente dalle due Camere per l'esame dei disegni di legge concernenti
le funzioni fondamentali di Comuni, Province e Città metropolitane, il sistema
di elezione della Camera dei deputati e del Senato federale della Repubblica,
l'istituzione di Commissioni di inchiesta ai sensi dell'articolo 82, i disegni
di legge in materia di competenza regionale quando lo richiedano la tutela
dell'unità giuridica o economica dello Stato, la perequazione delle risorse
finanziarie e le materie di cui all'articolo 119, salvo quanto previsto dal
primo comma del presente articolo.
13. 6. Armani, Ghiglia, Coronella, Landolfi.
Al comma 1, capoverso
Art. 70, terzo comma, primo periodo, sopprimere le parole:
, la tutela della concorrenza.
*13. 31. Carrara, Nespoli, Saia, Cristaldi, Losurdo, Patarino, Malgieri,
Landolfi.
Al comma 1, capoverso
Art. 70, terzo comma, primo periodo, sopprimere le parole:
, la tutela della concorrenza.
*13. 81. Tabacci, Biondi, Craxi, Cossa, Giuseppe Gianni.
Al comma 1, capoverso
Art. 70, terzo comma, primo periodo, sopprimere le parole:
, le norme generali sulla tutela della salute.
13. 72. Zeller, Collè, Detomas, Brugger, Widmann.
Al comma 1, capoverso
Art. 70, terzo comma, primo periodo, dopo le parole:
tutela della salute, aggiungere le seguenti: l'energia e le reti di
telecomunicazione.
13. 71. Perrotta.
Al comma 1, capoverso
Art. 70, al terzo comma, primo periodo, sopprimere le parole da:
, nonché nei casi in cui fino alla fine del periodo.
13. 41. Carrara, Nespoli, Saia, Cristaldi, Losurdo, Patarino.
Al comma 1, capoverso
Art. 70, terzo comma, sopprimere il secondo e il terzo periodo.
13. 82. Mascia, Giordano.
Al comma 1, capoverso
Art. 70, terzo comma, terzo periodo, sopprimere le parole:
e su di esso non sono ammessi emendamenti.
13. 79. Buontempo.
Al comma 1, capoverso
Art. 70, terzo comma, aggiungere, in fine, il seguente periodo:
«Qualora la commissione mista paritetica non sottoponga, entro sessanta giorni
dalla data di convocazione, un testo all'approvazione delle due Assemblee, la
Camera dei deputati decide in via definitiva con la maggioranza dei due terzi
dei propri componenti».
13. 7. Armani, Ghiglia, Coronella, Landolfi.
Subemendamenti all'emendamento 13. 253.
All'emendamento 13. 253
nuova formulazione sopprimere le parole:
ovvero per la tutela delle finalità di cui all'articolo 120, secondo comma.
0. 13. 253. 6. Bressa, Boato, Leoni, Mascia.
All'emendamento 13.
253., primo periodo, sostituire le parole da:
il Presidente della Repubblica fino a: esporne con le seguenti:
il Primo Ministro ne espone.
Conseguentemente, aggiungere, in fine, il seguente periodo: Nel caso in
cui non abbia accolto tali modifiche pronunciandosi a maggioranza dei tre
quinti dei suoi componenti, si applicano le disposizioni di cui al terzo comma,
relativamente alle sole parti che il Senato non ha accolto.
0. 13. 253. 3. Boato, Bressa, Leoni, Mascia, Amici, Cabras, Cusumano,
Fistarol, Intini, Loiero, Maccanico, Maran, Marone, Montecchi, Olivieri,
Pappaterra, Soda, Zanella, Fanfani.
All'emendamento 13.
253., primo periodo, dopo le parole:
verificati i presupposti aggiungere la seguente: costituzionali.
0. 13. 253. 5. Armani.
(Approvato)
All'emendamento 13.
253., primo periodo, sostituire le parole:
può autorizzare con la seguente: invita.
0. 13. 253. 1. Armani.
All'emendamento 13.
253., primo periodo, sostituire la parola:
autorizzare con la seguente: invitare.
0. 13. 253. 2. Armani.
Al comma 1, capoverso
Art. 70, dopo il terzo comma, aggiungere il seguente:
«Qualora il Governo ritenga che proprie
modifiche a un disegno di legge, sottoposto all'esame del Senato ai sensi del
secondo comma, siano essenziali per l'attuazione del suo programma approvato
dalla Camera ovvero per la tutela delle fina1ità di cui all'articolo 120,
secondo comma, il Presidente della Repubblica, verificati i presupposti, può
autorizzare il Primo ministro ad esporne le motivazioni al Senato federale, che
decide entro trenta giorni. Se tali modifiche non sono accolte dal Senato, il
disegno di legge è trasmesso alla Camera dei deputati che decide in via
definitiva a maggioranza assoluta dei suoi componenti sulle modifiche
proposte».
13. 253. (Nuova formulazione) . La Commissione.
(Approvato)
Al comma 1, capoverso
Art. 70, sostituire il quarto comma con i seguenti:
«I disegni di legge che contengano disposizioni relative a materie per cui si
dovrebbero applicare procedimenti diversi sono approvati secondo quello più
aggravato.
I termini per l'esame da parte del Senato dei disegni di legge di conversione
dei decreti legge sono ridotti a quindici giorni.
Per le leggi di autorizzazione alla ratifica dei trattati internazionali e per
le relative norme di esecuzione si applicano i procedimenti previsti per le
materie cui i trattati si riferiscono».
13. 52. Bressa, Boato, Leoni, Alfonso Gianni, Pappaterra, Cusumano,
Zanella.
Al comma 1, capoverso
Art. 70, quarto comma, al primo periodo, sostituire le parole:
di competenza tra le due Camere in ordine all'esercizio della funzione
legislativa con le seguenti: che insorgono in ordine all'applicazione
del primo, secondo e terzo comma del presente articolo.
13. 8. Armani, Ghiglia, Coronella, Landolfi.
Subemendamenti all'emendamento 13. 254 (Nuova formulazione).
Sostituire le parole da:
primo periodo fino a regolamenti
con le seguenti: secondo periodo, sostituire le parole da «paritetico» a
«senatori» con le seguenti: «composto da dieci deputati e dieci senatori».
0. 13. 254. 1 (Nuova formulazione). Boato, Bressa, Leoni, Mascia.
Sostituire la parte
consequenziale con la seguente:
Conseguentemente al medesimo comma, ultimo periodo, aggiungere la parola
«legislativa».
0. 13. 254. 3 (Nuova formulazione). Leoni, Boato, Bressa.
Alla parte
consequenziale, sopprimere le parole da: al
medesimo comma fino a: delle due Camere.
0. 13. 254. 2 (Nuova formulazione). Boato, Bressa, Leoni, Mascia.
Alla parte
consequenziale, sopprimere le parole da: aggiungere,
in fine, il seguente periodo fino alla fine del periodo.
0. 13. 254. 4 (Nuova formulazione). Bressa, Leoni, Boato,
Mascia.
Alla parte
consequenziale, dopo le parole: su
proposta del Comitato, stabiliscono aggiungere le seguenti: sulla base
di norme previste dai rispettivi regolamenti.
0. 13. 254. 5 (Nuova formulazione). Bressa, Leoni, Boato, Mascia.
Al comma 1, capoverso Art. 70, quarto comma, primo periodo, dopo le parole: tra le due Camere aggiungere le seguenti: , sollevate secondo le norme dei rispettivi regolamenti,.
Conseguentemente,
al medesimo comma, secondo periodo, sopprimere le parole:
sulla base del criterio di proporzionalità rispetto alla composizione delle due
Camere";
aggiungere, in fine, il seguente periodo: I Presidenti delle Camere,
d'intesa tra di loro, su proposta del Comitato, stabiliscono i criteri generali
secondo i quali un disegno di legge non può contenere disposizioni relative a
materie per cui si dovrebbero applicare procedimenti diversi.
13. 254 (Nuova formulazione). La Commissione.
RESOCONTO
SOMMARIO E STENOGRAFICO
______________ ______________
527.
Seduta di mercoledì 13 ottobre 2004
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE
PUBLIO FIORI
indi
DEL PRESIDENTE
PIER FERDINANDO CASINI
E DEL VICEPRESIDENTE
FABIO MUSSI
PRESIDENTE.
L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge
costituzionale, già approvato in prima deliberazione dal Senato: Modificazione
di articoli della parte II della Costituzione, e delle abbinate proposte di
legge costituzionale di iniziativa dei deputati Zeller ed altri; Bielli; Spini
e Angioni; Buttiglione ed altri; Contento; Cola; Pisapia; Selva; Selva; Selva;
Bianchi Clerici; Peretti; Volontè; Pisapia; Lusetti ed altri; Zaccheo; Mantini
ed altri; Soda; Olivieri e Kessler; Costa; Serena; Pisicchio ed altri;
Bolognesi ed altri; Paroli; Buontempo; Zeller ed altri; Collè; Vitali ed altri;
Maurandi ed altri; Olivieri; Boato; Stucchi; Cento; Monaco; Pacini; del
Consiglio regionale della Puglia; del Consiglio regionale della Puglia; e dei
deputati Chiaromonte ed altri; Cabras ed altri; Mantini; La Malfa; Briguglio ed
altri; Franceschini; Pisapia; Costa; Perrotta ed altri; Fiori.
Avverto che la Presidenza ha svolto un'apposita valutazione circa la
possibilità di accettare ed ammettere al voto il subemendamento Boato
0.13.254.1; tale proposta emendativa, tuttavia, alla stregua della prassi
applicativa, non risulta ricevibile, in quanto riferita ad una parte del testo
non oggetto di modifica da parte dell'emendamento della Commissione.
Ricordo che nella seduta di ieri è stato votato, da ultimo, l'emendamento
Bressa 13.52.
Avverto che la Commissione ha testè presentato gli ulteriori emendamenti
13.255, 13.256 e 43.250: i termini per la presentazione di eventuali
subemendamenti sono fissati, rispettivamente, per le 10,10 relativamente agli
emendamenti 13.255 e 13.256 e per le 18 in riferimento all'emendamento 43.250.
(Ripresa esame dell'articolo 13 - A.C. 4862 ed abbinate)
PRESIDENTE.
Riprendiamo l'esame dell'articolo 13 e delle proposte
emendative
ad esso presentate (vedi l'allegato A.C. 4862 ed abbinate - sezione 1).
Dobbiamo ora passare all'esame dei subemendamenti riferiti alla nuova
formulazione dell'emendamento 13.254 della Commissione. Chiedo, dunque, al
relatore si esprimere su di essi il parere della Commissione.
DONATO BRUNO, Relatore. Signor Presidente, la Commissione esprime parere contrario sui subemendamenti Leoni 0.13.254.3, Boato 0.13.254.2 e Bressa 0.13.254.4 e parere favorevole sul subemendamento Bressa 0.13.204.5. Raccomanda l'approvazione degli emendamenti 13.255 e 13.256 della Commissione.
PRESIDENTE. Il Governo?
ALDO BRANCHER, Sottosegretario di Stato per le riforme istituzionali e la devoluzione. Il Governo esprime parere conforme a quello del relatore.
PRESIDENTE. Avverto che è stata chiesta la votazione nominale mediante procedimento elettronico.
Preavviso di votazioni elettroniche (ore 9,45).
PRESIDENTE. Poiché nel corso della
seduta avranno luogo votazioni mediante procedimento elettronico, decorrono da
questo momento i termini di preavviso di cinque e venti minuti previsti
dall'articolo 49, comma 5, del regolamento.
Per consentire il decorso del termine regolamentare di preavviso, sospendo la
seduta.
La seduta, sospesa alle 9,45, è ripresa alle 10,10.
Si riprende la discussione.
(Ripresa esame dell'articolo 13 - A.C. 4862 ed abbinate)
PRESIDENTE. Passiamo
alla votazione del subemendamento Leoni 0.13.254.3.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Fontanini. Ne ha
facoltà.
PIETRO FONTANINI. Ci accingiamo ad
approvare l'articolo 13 che riguarda la formazione delle leggi. I colleghi
dell'opposizione propongono, con un subemendamento, di aggiungere il termine
«legislativa» al testo della Commissione. Vorrei, allora, illustrare
all'Assemblea l'ultimo comma dell'articolo 13. Si tratta di un comma di
chiusura, che chiarisce l'iter legislativo. Il testo, come risulterà anche da
un emendamento della Commissione, prevede che i Presidenti del Senato federale
della Repubblica e della Camera dei deputati, d'intesa tra loro, decidano le
eventuali questioni di competenza tra le due Camere, sollevate secondo le norme
dei rispettivi regolamenti, in ordine all'esercizio dell'azione legislativa. I
Presidenti possono deferire la decisione ad un Comitato paritetico composto da
dieci deputati e quattro senatori (probabilmente questo sarà il risultato
dell'approvazione di un altro emendamento della Commissione); la decisione del
presidente del Comitato non è sindacabile in alcuna sede. I Presidenti delle
Camere, di intesa tra loro, su proposta del Comitato, stabiliscono i criteri
generali secondo i quali un disegno di legge non può contenere disposizioni
relative a materie per cui si dovrebbero applicare procedimenti diversi.
Si tratta di una norma di chiusura, che chiarisce completamente l'iter per la
formazione delle leggi, stabilendo le competenze delle due Camere (il Senato
federale e la Camera dei deputati) e con il contributo del Comitato, composto
da deputati e senatori (che dovranno aiutare i due Presidenti a dirimere alcune
questioni). Si tratta, ripeto, di una norma che completerà l'iter di formazione
delle leggi e, secondo la maggioranza, fornirà completezza a questo aspetto
fondamentale della riforma della Costituzione. L'attuale bicameralismo perfetto
troverà così nuovi sviluppi attraverso il Senato federale della Repubblica e la
Camera dei deputati. Invito i colleghi dell'opposizione ad approvare questa
norma e a rinunciare al loro subemendamento all'emendamento della Commissione che
ho appena illustrato.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Carrara. Ne ha facoltà.
NUCCIO CARRARA. Ancora una volta
dobbiamo intervenire su una proposta dell'opposizione di cui non riusciamo a
comprendere appieno la logica. Avverto allora la necessità di comprendere io
stesso quale potrà essere il nuovo impianto nella formazione delle leggi;
cercherò quindi di riassumerlo brevemente. Il sistema non sarà più a
bicameralismo perfetto: il Senato si occuperà di alcune materie, sulle quali
emanerà le leggi, altre materie saranno di competenza della Camera mentre altre
ancora saranno, invece, oggetto di un procedimento bicamerale.
È inevitabile, allora, che si possa verificare il caso in cui debbano essere
eliminati dei dubbi sulla competenza legislativa. Di conseguenza, si è pensato
bene di prevedere un meccanismo pressibile, cioè alcune proposte potrebbero
esser assegnate all'uno o all'altro ramo del Parlamento dopo un'intesa tra i
rispettivi Presidenti oppure gli stessi Presidenti potranno deferire il compito
ad un Comitato paritetico, il quale adotterà una decisione finale
inappellabile.
A questo punto l'opposizione è di diverso avviso e vorrebbe che la decisione
del Comitato non fosse appellabile in alcuna sede legislativa, lasciando
intendere che le decisione del Comitato potrebbe essere impugnata presso la
Corte costituzionale. Noi non possiamo condividere questo procedimento perché,
dato che ci stiamo sforzando di prevenirli, non possiamo introdurre norme che
aumentino i casi di contenzioso tra le istituzioni. Poiché la sovranità
legislativa è di entrambi i rami del Parlamento, sosteniamo che nessuno possa
interferire in questa sovranità quando l'esercizio della stessa venga
concordato tra i due rami del Parlamento qualora possano sorgere dubbi
interpretativi in ordine all'assegnazione del disegno o della proposta di
legge. Quindi, siamo convinti di aver dato vita ad una norma equilibrata, che
possa prevenire il contenzioso e che sia egualmente rispettosa delle prerogative
della Camera e del Senato.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione voto l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà.
GIANCLAUDIO BRESSA. Signor Presidente, non
è la prima volta che l'onorevole Carrara utilizza un'iperbole per cercare di
giustificare le posizioni del Governo e non è la prima volta che sbaglia.
Qualche istante fa ha detto che vi state sforzando di prevenire il contenzioso.
La vostra riforma è costruita in modo tale che sarà fonte di innumerevoli
contenziosi tra la Camera e il Senato, tra il primo ministro e il Presidente
della Repubblica, tra il primo ministro e il Parlamento, tra le regioni e lo
Stato: è un sabba di conflitti potenziali. Con questo testo avete cercato,
sostanzialmente, di dare l'ultima «picconata» al Parlamento, alla sua autonomia
e alla sua funzione di legislatore.
Infatti, poiché vi siete talmente ingarbugliati sull'attribuzione delle
competenze tra le due Camere ed avete rifiutato, irridendola, la nostra
clausola di chiusura - che proponeva un automatismo e che, quindi, vi poneva al
riparo da tutti i possibili contenziosi interpretativi -, vi inventate un
potere assoluto in capo ai due Presidenti delle Camere per stabilire a chi
debba essere imputata una proposta di legge.
Inoltre, non contenti di fare questo, affiancate la funzione dei due Presidenti
con un Comitato paritetico composto di quattro più quattro persone. La cosa più
incredibile è che il giudizio di questo Comitato e dei due Presidenti è,
sostanzialmente, inappellabile. Quindi, i due Presidenti - e, se vogliono
essere assistiti, il Comitato ristretto - espropriano di una funzione
fondamentale il Parlamento: di fronte ad un aspetto così delicato voi vi
inventate la possibilità di non fare alcun tipo di ricorso.
Il nostro subemendamento, in base al quale non può esserci alcuna forma di
sindacabilità in alcuna sede legislativa, cerca di moderare la vostra
ossessione assolutoria in capo ai due Presidenti e al loro piccolo Comitato.
Vi ricordo che, sulle questioni riguardanti il procedimento, è possibile ricorrere alla Corte, com'è previsto in molte Costituzioni moderne. Avete dimostrato, anche in materia di eleggibilità, di non avere questo tipo di propensione e di non voler investire la Corte costituzionale di temi riguardanti l'attività del Parlamento. Continuate a sbagliare e proponete una norma che è un autentico obbrobrio.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Marone. Ne ha facoltà.
RICCARDO MARONE. Signor Presidente,
onorevoli colleghi, evidentemente vi piacciono le Commissioni e quindi le
istituite continuamente, espropriando, come sempre, il Parlamento della sua
funzione.
Voi prevedete un Comitato di supporto ai Presidenti della Camera e del Senato
(quattro più quattro) che dovrebbe decidere, in via insindacabile e definitiva,
chi è competente, se un ramo o l'altro del Parlamento. Quello
dell'insindacabilità è un criterio che non esiste nel nostro ordinamento.
Neanche le decisioni di quest'Assemblea sono insindacabili, perché, come
sapete, nel nostro paese vi è un giudice che ha la funzione di sindacare le
nostre decisioni.
Voi fate confusione sul fatto che, in questi cinquant'anni, non è stata
prestata particolare attenzione al procedimento legislativo, in particolare da
parte della Corte costituzionale, perché, ovviamente, in presenza di un
bicameralismo perfetto, non emergevano questioni di competenza tra i due rami
del Parlamento. Infatti, ognuno aveva, su tutte le materie, la piena competenza
legislativa. Quindi, la Corte non si è mai occupata di questa problematica.
Completamente diversa è la situazione, se approvate un meccanismo in cui ogni
ramo del Parlamento ha una sua competenza legislativa. È una sciocchezza
giuridica credere che dieci persone possano decidere, magari sbagliando, perché
è nella natura umana errare, che una materia è di competenza di una Camera o
dell'altra e che nessuno possa sindacare questa decisione, neanche la Corte
costituzionale. E se questi dieci deputati sbagliano nello stabilire che un
procedimento è di competenza di un ramo del Parlamento anziché dell'altro? Si
prevede l'assegnazione di una competenza in base, non alla Costituzione, ma
alla decisione di merito dei due Presidenti e di otto persone, decisione di
merito che dichiarate non sindacabile in alcuna sede, neanche davanti alla
Corte costituzionale. Ovviamente, la Corte costituzionale dichiarerà che la
vostra opinione è assolutamente incoerente con il sistema e, in ogni caso, sarà
sindacato il procedimento legislativo, ma voi state commettendo un errore
madornale dal punto di vista della legislazione costituzionale. Non è possibile
pensare che una decisione possa trasferire una competenza in violazione della
Costituzione, dei procedimenti e delle competenze previste dalla stessa, ad un
altro ramo del Parlamento e che nessuno possa sostenere che è sbagliato. Il
procedimento legislativo è garantito dalla Costituzione, dalle competenze
previste dalla Costituzione. Se qualcuno decide, in maniera difforme da quello
che stabilisce la Costituzione, la legge è incostituzionale. Non è possibile
pensare che i due Presidenti possano trasferire, a loro piacimento, da un ramo
all'altro del Parlamento, una competenza legislativa.
L'insindacabilità che voi prevedete rappresenta - lo ribadisco - una
sciocchezza; non è accettabile, e neppure immaginabile, che possa esserci una
decisione, appunto, insindacabile dei Presidenti.
Per tali ragioni, insistiamo per l'approvazione del subemendamento in esame
che, quantomeno, cerca di limitare il danno (Applausi dei deputati del
gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Stucchi. Ne ha facoltà.
GIACOMO STUCCHI. La ringrazio, signor
Presidente; intervengo a titolo personale per sottolineare la particolare
importanza del nuovo articolo 70 della Costituzione recato dal provvedimento di
riforma. Rappresenta una scelta intelligente prevedere la possibilità di
istituire questo Comitato; ritengo che non possa darsi luogo ad alcuna
confusione.
Si tratta, certo, di un metodo moderno, di una nuova visione; un nuovo modo di
trovare soluzioni adeguate all'importanza che possono assumere le questioni
considerate.
Posso anche capire, al riguardo, le critiche formulate dai colleghi
dell'opposizione circa l'impossibilità di chiedere un parere, un intervento
correttivo della Corte costituzionale; però, sicuramente, considerando
determinate sentenze della Consulta, parecchi di noi nutrirebbero taluni dubbi
circa la loro bontà. Nel senso che può capitare di non essere d'accordo con le
sentenze del giudice delle leggi; dobbiamo rispettarle ma non credo si possa
ritenere infallibile la Consulta, essendo essa composta da uomini come tutti
noi.
Dunque, la soluzione proposta, senz'altro innovativa, è efficace e può dare una
risposta alla problematica in oggetto.
Non credo si possa parlare di violazione costituzionale, in quanto stiamo
appunto riformando la nostra Carta; piuttosto, si cambia un metodo, si modifica
un modo di agire.
È giusto, quando si procede nella direzione di modificare una Costituzione,
portare avanti linee d'azione impostate sulla base di un criterio di azione
moderno; criterio che possa permettere al nostro paese di essere finalmente una
grande democrazia e di non essere più alquanto legato a vari bizantinismi.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Luciano Dussin. Ne ha facoltà.
LUCIANO DUSSIN. Signor Presidente,
stiamo inaugurando un nuovo corso legislativo inserendo nella Costituzione
principi molto chiari e schietti; principi che, per fortuna, rimediano ad
alcuni errori prodotti dall'ultima riforma costituzionale, rimasta senza
risultati.
Ricordo ai colleghi del centrosinistra che tutte le loro previsioni sono state,
in realtà, smentite dai risultati nulli: nessuna regione, né a guida del
centrodestra né a guida del centrosinistra, è riuscita ad utilizzare al meglio
gli strumenti attribuiti dalla nuova legge alle regioni stesse (ad esempio, gli
accordi per gestire la sicurezza e l'immigrazione, previsti, appunto, con la
riforma del Titolo V della Costituzione). Nessun risultato si è registrato
neanche sulla base di quanto previsto dall'articolo 116 della Costituzione
(recante il famoso assetto a geometria variabile).
Ciò significa che qualche elemento, nella riforma, non funzionava; noi, invece,
attribuiamo competenze chiare e certe.
Ben venga, quindi, l'introduzione dell'istituto del Comitato paritetico. È ben
accolta, da parte del mio gruppo, la circostanza che la maggioranza rifiuti di
approvare il subemendamento in questione in quanto si vuole, per così dire,
tirare in ballo per l'ennesima volta la Corte costituzionale. A dire il vero,
la Consulta sembra, ogni giorno di più, essere il secondo Parlamento abusivo
del paese. È un organo che non è elettivo; però, sono noti nome e cognome dei
membri della Corte costituzionale con relative appartenenze politiche. Ma è
meglio tralasciare tale aspetto.
PRESIDENTE. Onorevole...
LUCIANO DUSSIN. Voglio ricordare anche un altro elemento; la nostra Costituzione non è un dogma, ma un patto tra uomini. Quindi, è giusto apportare delle modifiche e, se vi saranno errori, vi sarà sempre tempo per rimediare ad essi.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Dario Galli. Ne ha facoltà.
DARIO GALLI. Signor Presidente,
vorrei associarmi anch'io, a titolo personale, a quanto sostenuto dai miei
colleghi, al fine di sottolineare che ritengo importante che siano ben definiti
gli organismi che dovrebbero dirimere eventuali situazioni di contrasto tra i
diversi soggetti istituzionali. Infatti, è stato proprio questo uno dei motivi
per cui la precedente riforma costituzionale non è mai partita e non ha
minimamente funzionato.
Nella riforma costituzionale in esame, comunque, le attribuzioni sono
enormemente più chiare, e dunque i diversi livelli istituzionali potranno
assumere le loro decisioni con una sicurezza indubbiamente maggiore rispetto a
quanto viene previsto attualmente.
A parte questo discorso, relativo all'argomento di cui stiamo discutendo,
vorrei sottolineare nuovamente che ritengo assolutamente privo di ogni senso
dello Stato - visto che di questo si riempiono spesso la bocca i colleghi della
sinistra - l'atteggiamento dell'opposizione di continuare a giocare - come se fossimo
all'asilo! - sulla mancanza del numero legale.
PRESIDENTE. Onorevole Dario Galli, concluda!
DARIO GALLI. Siccome il numero legale c'è, ed allora i colleghi della sinistra stanno rientrando adesso in aula, si può cominciare a lavorare; però, vorrei dire che non è questo il modo di fare le cose (Applausi dei deputati del gruppo della Lega Nord Federazione Padana)!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Ruzzante. Ne ha facoltà.
PIERO RUZZANTE. Signor Presidente, ovviamente l'atteggiamento dell'opposizione è assolutamente chiaro. Ciò che è meno chiaro, invece, è l'atteggiamento della maggioranza, la quale, a distanza di tre settimane dall'avvio della discussione sulle riforme costituzionali, non ha ancora capito che, quando l'inizio della seduta è fissato per le 9,30, i suoi deputati dovrebbero essere presenti in aula alle 9,30, non arrivare alle 10,30...
ANTONIO LEONE. C'eravamo!
PIERO RUZZANTE. ...con un'ora (Commenti dei deputati dei gruppi di Forza Italia, di Alleanza Nazionale e della Lega Nord Federazione Padana)...
PRESIDENTE. Onorevoli colleghi!
PIERO RUZZANTE. Presidente (Commenti dei deputati dei gruppi di Forza Italia, di Alleanza Nazionale e della Lega Nord Federazione Padana)!
PRESIDENTE. Onorevoli colleghi!
PIERO RUZZANTE. Non posso parlare in queste condizioni, signor Presidente (Commenti dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale).
PRESIDENTE. Prosegua, onorevole Ruzzante!
PIERO RUZZANTE. La ringrazio, signor
Presidente.
Si tratta di un aspetto assolutamente chiaro ed evidente a tutti, ed anche gli
osservatori esterni hanno capito che, evidentemente, non c'è molta convinzione
nella maggioranza rispetto a questa riforma. Infatti, se vi fosse un'adeguata
convinzione, è chiaro che verrebbe richiesto qualche sacrificio in più a chi
sta all'interno di una maggioranza di Governo, ed è altresì evidente che, se vi
fosse tale convinzione, i deputati della maggioranza arriverebbero prima al
mattino, e non con un'ora di ritardo.
D'altra parte, è evidente a tutti quanto è avvenuto ieri, in quest'aula, quando
un gruppo della maggioranza ha votato assieme all'opposizione non per
respingere una proposta emendativa presentata dalla stessa maggioranza, ma un
intero articolo (Commenti dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale)...
MASSIMO POLLEDRI. Tempo!
MARCO ZACCHERA. Tempo!
PRESIDENTE. Onorevoli colleghi!
PIERO RUZZANTE. ...di questa riforma costituzionale. Quindi, è inutile...
PRESIDENTE. Onorevole Ruzzante, concluda!
PIERO RUZZANTE. ... attribuire le responsabilità o le colpe all'opposizione: è evidente che vi è uno «scollamento», una difficoltà all'interno della maggioranza, che si evidenzia con l'assenteismo e che si è evidenziata, nella seduta di ieri...
PRESIDENTE. Onorevole Ruzzante, deve concludere!
PIERO RUZZANTE. ...in occasione della votazione sull'articolo 24 del provvedimento in esame!
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul
subemendamento Leoni 0.13.254.3, non accettato dalla Commissione né dal
Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro
chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi
votazioni).
(Presenti 390
Votanti 386
Astenuti 4
Maggioranza 194
Hanno votato sì
137
Hanno votato no 249).
Prendo
atto che l'onorevole Romoli non è riuscito ad esprimere il proprio voto.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul
subemendamento Boato 0.13.254.2, non accettato dalla Commissione né dal
Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro
chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi
votazioni).
(Presenti 409
Votanti 405
Astenuti 4
Maggioranza 203
Hanno votato sì
151
Hanno votato no 254).
Prendo
atto che l'onorevole Nicotra non è riuscito ad esprimere il proprio voto.
Passiamo alla votazione del subemendamento Bressa 0.13.254.4.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Marone. Ne ha
facoltà.
RICCARDO MARONE. Signor Presidente,
vorrei dire che continuiamo a non comprendere l'assurdo meccanismo che è stato
proposto dalla maggioranza. Ancora volta, infatti, si introducono nell'ambito
di un procedimento legislativo - che dovrebbe essere garantito dall'assoluta
certezza della procedura, nonché da norme che non lascino margini di
discrezionalità - delle decisioni di merito, e si propone altresì di attribuire
poteri significativi ad alcuni soggetti, che definirei i «quattro più quattro».
Mi riferisco non a quelli «storici», di cui si parlava tanti anni fa, ma ai
quattro «superdeputati» ed ai quattro «supersenatori» che dovrebbero
comprendere perfettamente la Costituzione: ebbene, essi sono così bravi da
essere i garanti della ripartizione delle competenze, talmente garanti che
nessuno può sindacare le loro decisioni.
Francamente, vorrò costatare quanto tali personaggi reciteranno a memoria la
Costituzione e saranno in grado di capire e decidere tutto.
Lo ripeto, si fanno - ancora una volta - entrare, con una decisione di merito,
i Presidenti delle Assemblee nel procedimento legislativo. Si affida ai Presidenti
delle Assemblee, coadiuvati dai «quattro più quattro», una decisione in base
alla quale si può estromettere un ramo del Parlamento dalla propria competenza.
Lo ripeto ancora una volta: con il meccanismo dell'articolo 70, la Camera ha
oggi alcune competenze, il Senato ne ha altre.
La
stragrande maggioranza delle materie restano bicamerali, poiché, come al
solito, voi fate finte riforme. Ciò che è grave è che la certezza della
delimitazione delle materie dovrebbe essere assoluta.
Di fronte a problemi interpretativi e, quindi, di fronte ad un problema che può
rappresentare un vizio del procedimento legislativo, prevedete che i Presidenti
entrino in tale procedimento con una decisione insindacabile, stabilendo se una
materia è di competenza di un ramo del Parlamento oppure dell'altro.
Anzitutto, mi sembra molto difficile che questi due Presidenti potranno
decidere serenamente, poiché uno dei due dovrà togliere la competenza al
proprio ramo del Parlamento. Mi sembra pertanto che si tratterà di una decisione
estremamente difficile da prendere. Lo ripeto: il problema non è, come oggi, da
dove iniziare a discutere un provvedimento. Oggi, infatti, l'unica decisione
che possono prendere i due Presidenti di comune accordo è decidere se l'esame
di un provvedimento inizi prima alla Camera o al Senato, ma francamente si
tratta di una decisione politica piuttosto irrilevante. In futuro, i due
Presidenti dovranno decidere ben altro: uno dei due dovrà decidere che la
propria Camera non è competente. È pertanto una decisione ben diversa da quella
attuale. Si tratta di una decisione che voi ritenete insindacabile in nessuna
sede, quindi neanche davanti alla Corte costituzionale. Questa è un'assurdità
giuridica.
Noi riteniamo che il meccanismo che voi avete previsto è incostituzionale,
poiché coinvolge i Presidenti d'Assemblea nel procedimento legislativo, facendo
venir meno completamente la loro neutralità rispetto all'andamento dello
stesso, e crea conflitti anziché eliminarli.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà.
GIANCLAUDIO BRESSA. Signor Presidente,
come ricordava poc'anzi il collega Marone, stiamo affrontando la questione
centrale di questa serie di subemendamenti, che avevano - ed hanno - una loro
logica. Noi abbiamo criticato alla radice quanto voi state facendo.
Lo ricordavo nell'intervento precedente: avevamo trovato una clausola di
chiusura, una sorta di automatismo, che consentiva, nella complessità che
indubbiamente si riscontra nel passare da un bicameralismo perfetto a un
bicameralismo non più paritario, l'imputazione della competenza all'una o
all'altra Camera. È uno dei pochi casi in cui una clausola automatica soccorre
il procedimento di formazione delle leggi, perché libera da tutta quella serie
di impacci ed impicci nei quali vi state cacciando senza trovare una via
d'uscita che sia parlamentarmente accettabile.
Non è assolutamente in discussione la serietà di chi andrà a presiedere Camera
e Senato, ma è del tutto inaccettabile immaginare che due Presidenti, o una
microcommissione che li assiste, possano decidere la competenza su una legge e
che tale giudizio sia, per di più, inappellabile.
Voi capite perfettamente che si possono verificare situazioni in cui l'accordo
tra i due Presidenti finisce per squalificare, in forma definitiva e totale,
una delle due Camere. È un'ipotesi assolutamente non accettabile, che svilisce
completamente il ruolo del Parlamento.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Maura Cossutta. Ne ha facoltà.
MAURA COSSUTTA. Signor Presidente, noi
insistiamo: in questi articoli introducete una costruzione sempre più
pasticciata e confusa. Siccome non riuscite a definire criteri logici e
pregnanti per il funzionamento della Camera e del Senato federale e, quindi,
per lo svolgimento dell'attività legislativa, rimandate tutti i conflitti che
si apriranno e tutte le contraddizioni esistenti ad organismi non solo
inventati, ma che assumono poteri che nessuno avrebbe potuto immaginare di
conferire loro.
Addirittura è previsto un Comitato composto da dieci senatori e dieci deputati
(non più quattro più quattro, essendo stata presentata una proposta emendativa
al riguardo). Non solo: nell'emendamento della Commissione eliminate persino il
riferimento al criterio di proporzionalità rispetto alla composizione delle due
Camere. Quindi, vi saranno deputati e senatori con poteri superiori agli altri,
con il massimo potere di discrezionalità, che avranno l'autorità di decidere
sull'attività legislativa delle due Camere. Tutto ciò, senza neanche stabilire
i criteri di nomina da parte dei Presidenti: francamente, non è solo un
pasticcio, ma veramente un azzardo!
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul
subemendamento Bressa 0.13.254.4, non accettato dalla Commissione né dal
Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro
chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi
votazioni).
(Presenti 443
Votanti 440
Astenuti 3
Maggioranza 221
Hanno votato sì
185
Hanno votato no 255).
Passiamo
alla votazione del subemendamento Bressa 0.13.254.5.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale,
l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà.
GIANCLAUDIO BRESSA. Signor Presidente,
siamo sempre nella logica, che più volte abbiamo utilizzato, della riduzione
del danno. In altri termini, anche quando siamo radicalmente contrari alle
soluzioni che proponete, nel caso disperato che questa vostra riforma dovesse
diventare davvero la Costituzione della nostra Repubblica (faremo il possibile
perché ciò non accada, sia in sede parlamentare sia attraverso il referendum),
facciamo almeno in modo che la stessa possa avere un margine minimo di
funzionalità.
Siamo molto scettici anche su questo aspetto ed abbiamo cercato di spiegarlo in
più occasioni: è una riforma sbagliata dal punto di vista culturale e politico
ed è anche destinata a non funzionare. Almeno, cerchiamo di salvare alcune
forme fondamentali: che almeno i due Presidenti agiscano sulla base di una
fonte certa; che almeno ci siano norme regolamentari che ispirino l'azione dei
due Presidenti, affinché questi ultimi non vengano ispirati solo dalle proprie
convinzioni personali!
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul
subemendamento Bressa 0.13.254.5, accettato dalla Commissione e dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro
chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi
votazioni).
(Presenti 445
Votanti 441
Astenuti 4
Maggioranza 221
Hanno votato sì
439
Hanno votato no 2).
Prendo
atto che gli onorevoli D'Agrò e Daniele Galli non sono riusciti ad esprimere il
proprio voto.
Passiamo alla votazione dell'emendamento 13.254 (Nuova formulazione)
della Commissione.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Marone. Ne ha
facoltà.
RICCARDO MARONE. Signor Presidente, ho già parlato a lungo dell'assurdità della norma che prevede questi «superdeputati», che dovrebbero avere la capacità di interpretare perfettamente la Costituzione, a tal punto che le loro decisioni sono insindacabili in tutte le sedi, compresa la Corte costituzionale. Tale fatto si commenta da solo.
Questa
nuova formulazione dell'emendamento della Commissione introduce un elemento ulteriore
di ambiguità: mi riferisco al problema dei provvedimenti legislativi che
abbiano natura mista, ossia che riguardino materie oggetto di un procedimento
legislativo bicamerale, monocamerale Camera o monocamerale Senato.
Il problema è, ovviamente, rilevante e noi lo avevamo risolto in maniera
automatica prevedendo che, quando le materie sono miste, si applichi il
procedimento più aggravato: ci sembrava l'unica soluzione che non desse alcun
margine di discrezionalità rispetto all'individuazione della competenza dei due
rami del Parlamento.
In questo caso, invece, si prevede una formulazione che, francamente, appare
abbastanza incomprensibile. Si prevede, infatti, che i Presidenti delle Camere
stabiliscano i criteri generali secondo i quali un disegno di legge non può
contenere disposizioni relative a materie per cui si dovrebbero applicare
procedimenti diversi.
E se le contiene non è molto chiaro cosa succede e qual è la conseguenza.
Inoltre, cosa significa «criteri generali»? Anche qui abusate di norme di
carattere generale, come il programma del Governo che dovrebbe essere quasi una
lista della spesa.
Cosa significa criteri generali? Una norma rientra in un procedimento o in un
altro? Questo è il quesito che bisogna porsi e che bisognerebbe risolvere. Voi
non sapete risolverlo, tanto è vero che rinviate a criteri generali, ma quando
si hanno i criteri generali bastano quelli scritti nella Costituzione. La
ripartizione della competenza tra Camera e Senato è il criterio generale. Non
ce ne possono essere altri.
Qual è, invece, il criterio attraverso il quale decidere su una singola norma?
Se una legge è composta di più norme, come si deciderà quale ramo del
Parlamento è competente? Con il vostro meccanismo non risolvete questo
problema. Ciò crea confusione legislativa e creerà conflitti tra i due rami del
Parlamento e - suppongo - tanti vizi del procedimento legislativo.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Alfonso Gianni. Ne ha facoltà.
ALFONSO GIANNI. Già ieri, Presidente,
avevo svolto un'annotazione definita estetica che, tuttavia, è fondamentale,
vale a dire la moltiplicazione dei commi, dei cavilli, delle parole, delle
righe e dei riferimenti rispetto ad una norma costituzionale di un rigo e mezzo.
Ciò dimostra la confusione mentale di chi ha scritto queste norme e le
contraddizioni inevitabili nelle quali egli si trova tutte le volte che deve
risolvere un problema concreto. Questa è la ragione per cui ci troviamo di
fronte a questo monstrum dell'articolo 70, dilatato da una riga e mezzo
a centotrentatre righe. Francamente siamo al parossismo.
Condivido le dichiarazioni fatte anche da altri colleghi, secondo le quali,
anziché semplificare le cose, si complicano. La norma diventa illeggibile e fonte
di infinito contenzioso nell'esecuzione pratica. Quindi, è una pessima norma,
che renderà improbabile il percorso legislativo e aumenterà i conflitti di
competenza rispetto al medesimo.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà.
GIANCLAUDIO BRESSA. Non ripeterò le cose
che ho più volte affermato questa mattina. Mi limiterò a svolgere una
riflessione ulteriore circa la non funzionalità del sistema che avete
inventato.
L'emendamento 13.254 della Commissione prevede di aggiungere, in fine, il
seguente periodo: «I Presidenti delle Camere, d'intesa tra di loro, su proposta
del comitato, stabiliscono i criteri generali secondo i quali un disegno di
legge non può contenere disposizioni relative a materie per cui si dovrebbero
applicare procedimenti diversi». Cosa si fa in questo caso? Si fanno due
procedimenti legislativi diversi e noi tutti sappiamo - ieri lo ha ricordato il
collega Soda - che la Corte costituzionale ha affermato ripetutamente come
esistano «materie non materie» che si spalmano trasversalmente su competenze
diverse. Questa è la modernità della legislazione.
Di fronte ad una dimensione moderna di legiferare, che cosa vi inventate? Che
non ci possono essere materie trasversali che possono essere contemporaneamente
affrontate in un unico procedimento legislativo. Cosa facciamo? Sdoppiamo i
procedimenti? È una follia sul piano logico prima ancora che sul piano
giuridico.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Violante. Ne ha facoltà.
LUCIANO VIOLANTE. Non avendo partecipato
alla riunione del Comitato dei nove, ho un dubbio che credo possa essere
chiarito rapidamente.
Era previsto originariamente che il Comitato paritetico dovesse essere
costituito in modo proporzionale, dopo di che si è rinviato ai regolamenti
delle Camere, se non ricordo male.
Questi ultimi sono regolamenti di due Camere strutturalmente diverse che
vengono approvati con maggioranze diverse (se non ricordo male, i tre quinti
alla Camera, la maggioranza assoluta al Senato). Non necessariamente i
regolamenti possono interagire. Tra l'altro, può darsi benissimo che non sia
previsto in tali regolamenti il principio di proporzionalità in quanto, non
essendo stato previsto in Costituzione, vuol dire che non è necessario. Mi
chiedo se non sia il caso, invece, di reintrodurre il principio di
proporzionalità - e non so perché sia stato cancellato - e non rimettere ai
regolamenti delle due Camere la determinazione anche di tale principio.
Infatti, se lo rimettessimo a tali regolamenti, potrebbe anche essere escluso.
Aggiungo che non ho capito se tale Comitato si costituisce all'inizio di ogni
legislatura. Se così fosse, potrebbe essere consultato soltanto a discrezione
dei Presidenti, ma questi potrebbero decidere anche di non consultarlo.
Insomma, vi sono una serie di questioni difficilmente comprensibili.
Sull'emendamento in esame il punto di fondo che mi preme comprendere è se non
sia il caso di reintrodurre il principio di proporzionalità invece che
demandarlo ai regolamenti. Ciò, infatti, può significare il non obbligo di
proporzionalità. Sarebbe il primo caso, se non ricordo male, in cui in
Costituzione non si stabilisce un vincolo di proporzionalità per Commissioni di
questo genere.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti...
LUCIANO VIOLANTE. Presidente, mi scusi, ho chiesto una risposta. È chiaro che il presidente Bruno non è tenuto a fornirla, ma tale risposta potrebbe aiutarci.
PRESIDENTE. Non mi pare che il
presidente Bruno intenda dare una risposta.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale,
l'onorevole Ruzzante. Ne ha facoltà.
PIERO RUZZANTE. Non mi pare indifferente la questione posta dal presidente Violante relativamente al punto....
DONATO BRUNO, Relatore. Lo dicono i regolamenti! Abbiate pazienza!
PIERO RUZZANTE. No, presidente, è
inutile che si inalberi. A nessuno è dato sapere se la vostra parte politica,
nella prossima legislatura, o dopo il 2011, sarà maggioranza od opposizione.
Quindi, credo che la questione interessi tutti i parlamentari nel tentativo di
salvaguardare i diritti della maggioranza ma anche quelli dell'opposizione.
Decidere di togliere la parte relativa ai criteri di proporzionalità della
Commissione può significare - soprattutto per la componente del Senato visto
che lì il regolamento può essere deciso da una maggioranza - che tale
Commissione non garantisce i diritti dell'opposizione. Credo che, invece, tale
elemento sia importante. A prescindere dal fatto che non siamo d'accordo sul
procedimento legislativo che voi avete previsto, riteniamo che tale elemento di
diritto delle opposizioni vada garantito e tutelato.
DONATO BRUNO, Relatore. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
DONATO BRUNO, Relatore. Signor Presidente, i motivi per cui non abbiamo accettato il criterio della proporzionalità sono vari. Innanzitutto, avevamo previsto inizialmente che i componenti del Comitato dovessero essere quattro e quattro. Al di là delle modifiche che abbiamo proposto questa mattina con i colleghi dell'opposizione e della maggioranza portando il suddetto numero a dieci, abbiamo già detto che nel regolamento del Senato verranno tutelate le minoranze. Al Senato - forse a qualcuno non è chiaro - non vi è un problema di maggioranza ed opposizione, ma un problema di maggioranza e minoranza. Quindi, capire qual è il criterio di proporzionalità non è chiaro. Credo sia più serio parlare di tutela delle minoranze, cosa che già abbiamo recepito quando abbiamo parlato dei regolamenti del Senato.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico,
sull'emendamento 13.254 (Nuova formulazione) della Commissione, nel
testo subemendato, accettato dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro
chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi
votazioni).
(Presenti 466
Votanti 460
Astenuti 6
Maggioranza 231
Hanno votato sì
263
Hanno votato no 197).
Prendo
atto che l'onorevole Giuseppe Gianni non è riuscito a votare.
Passiamo alla votazione dell'emendamento 13.255 della Commissione.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Marone. Ne ha
facoltà.
RICCARDO MARONE. Signor Presidente, noi
avevamo proposto il subemendamento nella logica di un Comitato paritetico le
cui decisioni fossero sindacabili; per noi infatti questo è un punto che non
può essere messo in discussione. Anche solo ipotizzare un organo insindacabile
per noi è inaccettabile, quale che ne sia il numero dei componenti; ciò in
quanto anche le minoranze, o le opposizioni, possono sbagliare (ciò è umano).
Non è immaginabile che in un procedimento legislativo si preveda un potere così
ampio nelle mani di un Comitato paritetico, al di là di chi vi partecipi (che
sia espressione della maggioranza o dell'opposizione o della minoranza). Questi
soggetti devono interpretare la Costituzione, devono stabilire se la competenza
è di uno o dell'altro ramo del Parlamento, e poiché tali soggetti possono
sbagliare (è umano che ciò accada) è inimmaginabile che si possa espropriare un
ramo del Parlamento della sua competenza, attribuitagli dalla Costituzione,
sulla base di una decisione insindacabile.
Nel momento in cui la maggioranza insiste sul fatto che i poteri del Comitato
paritetico sono insindacabili, per noi diventa irrilevante il numero dei
componenti di tale Comitato (che siano quattro oppure dieci). Se essi
sbagliano, qualcuno deve poter dire che hanno sbagliato. Riteniamo che ciò lo
debba dire la Corte costituzionale, in quanto è una tipica competenza di tale
organo quella di decidere circa la correttezza del procedimento legislativo.
Voi invece sostenete che la decisione del Comitato paritetico non sia
sindacabile nemmeno in quella sede. A questo punto, francamente, siamo
assolutamente contrari al Comitato paritetico.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Violante. Ne ha facoltà.
LUCIANO VIOLANTE. Signor Presidente,
vorrei replicare all'osservazione svolta poco fa dal presidente Bruno. Se non
ho capito male, egli ha detto che non è stata inserita la clausola di
proporzionalità perché si fa riferimento al Senato, dove non vi sono una
maggioranza ed un'opposizione. Però, proprio ieri abbiamo votato un testo,
proposto dalla Commissione, dove si introduce il meccanismo proporzionale a
proposito di un altro organo. Non ho capito bene, dunque, perché l'organo che
deve deliberare su quel pasticcio del testo unificato da presentare alle
Camere, qualora Senato e Camera abbiano votato diversamente, è costituito con
il criterio proporzionale, mentre questo Comitato paritetico, che deve
deliberare in modo addirittura insindacabile su eventuali questioni di
competenza fra le due Camere, può essere costituito da sole maggioranze.
Mi pare che l'argomento del presidente Bruno non stia in piedi, anche perché il
tipo di motivazione che è stata data è francamente inconsistente.
DONATO BRUNO, Relatore. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
DONATO BRUNO, Relatore. Credo
di aver spiegato prima il motivo per cui i componenti del Comitato paritetico
sono quattro deputati e quattro senatori, con la conseguenza che il criterio di
proporzionalità non può essere certo seguito (ma lo stesso vale nel caso
fossero dieci deputati e dieci senatori).
Ho chiesto però di intervenire su questo emendamento 13.255 della Commissione,
perché mi sembra veramente di assistere ad un qualcosa di diverso, rispetto a
quello che si è verificato nel Comitato dei nove, dove i colleghi
dell'opposizione Boato, Bressa, Leoni e Mascia hanno chiesto, con il
subemendamento 0.13.254.1, che il numero dei componenti di questo Comitato
paritetico fosse portato da quattro a dieci. Proprio per venire incontro alle
esigenze che i colleghi dell'opposizione avevano rappresentato all'attenzione
del Comitato dei nove, abbiamo ritenuto di presentare un emendamento della
Commissione che accogliesse questa loro preoccupazione, o meglio, questa loro
richiesta, o esigenza. In questo momento, però, mi sento dire dal collega
Marone che la questione gli è indifferente - se ho capito bene, voterà contro
l'emendamento della Commissione -, ancorché la proposta emendativa in esame
abbia recepito totalmente...
RICCARDO MARONE. Ma allora non hai sentito quello che ho detto!
DONATO BRUNO, Relatore.
...quello che loro stessi avevano suggerito come riflessione al Comitato dei
nove.
Bisogna che allora ci intendiamo, colleghi, perché a noi il testo che prevede
quattro deputati e quattro senatori va benissimo. A questo punto, se le carte
vengono cambiate nel passaggio dal Comitato dei nove all'Assemblea - peraltro è
un sacrosanto diritto dell'Assemblea votare contro o a favore -, credo sia
opportuno lasciare quattro deputati e quattro senatori. Quindi tutte le
preoccupazioni del presidente Violante cadono automaticamente, perché in tal
caso (con quattro deputati e quattro senatori) il criterio della
proporzionalità non può essere certamente seguito.
Quindi, fermo restando che il Comitato dei nove ha recepito un suggerimento
dell'opposizione, invito alla libertà di voto i colleghi dell'aula al fine di
ripristinare la previsione della composizione di quattro deputati e quattro
senatori per quanto riguarda il Comitato paritetico.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Mascia. Ne ha facoltà.
GRAZIELLA MASCIA. Signor Presidente,
credo che il presidente Bruno abbia compreso bene le posizioni
dell'opposizione. Egli sa che questo Comitato è da noi contestato dal punto di
vista strutturale, per la sua composizione, per la sua finalità e, soprattutto,
perché non si può ricorrere contro le sue decisioni. Mi pare che tale posizione
fosse chiarita non solo dai nostri interventi di ieri, ma anche dagli
emendamenti che abbiamo presentato e che, non a caso, sono legati gli uni agli
altri.
Presidente Bruno, si è discusso a tale riguardo ed il collega Boato ha
sostenuto che la previsione dei dieci membri era quantomeno riferibile
all'attuale Comitato per la legislazione, ma sappiamo tutti che lo stesso non
corrisponde affatto al Comitato paritetico previsto, che avrà il potere di
svuotare l'azione legislativa delle Camere e di assumere decisioni rispetto
all'assegnazione delle competenze che non potranno essere messe in discussione
da nessuno. Pertanto, non si può pensare che un numero possa cambiare il
giudizio politico su una questione così rilevante di questo iter legislativo
(sinceramente, credo che nemmeno il presidente Bruno lo possa ritenere).
Naturalmente, il presidente può decidere come ritiene, rispetto al numero dei
membri: otto, dieci o quattro più quattro. Dal nostro punto di vista, credo che
anche questa mattina fosse assolutamente chiaro come il giudizio strutturale
nei confronti di questo Comitato non possa essere messo in discussione da un
semplice cambiamento del numero dei membri, come si comprende bene dall'insieme
dei nostri subemendamenti.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Leoni. Ne ha facoltà.
CARLO LEONI. Signor Presidente, la
previsione di una composizione di dieci deputati e dieci senatori è contenuta
in un nostro emendamento che sarebbe inammissibile. Quindi, è sicuramente vero
che il numero complessivo di venti è quello che noi abbiamo proposto. Tuttavia,
come è ovvio, noi intendiamo esprimere una valutazione di insieme che parte da
un giudizio negativo sulla struttura, sulle funzioni e sull'esistenza stessa di
questo Comitato. Un conto è che, con riferimento alla composizione di dieci
deputati e dieci senatori, venga accolta l'idea che vada rimosso, come nel caso
di un emendamento precedentemente discusso, il criterio dell'insindacabilità
delle decisioni, un conto è che lo stesso venga mantenuto. Inoltre, vi è una
questione non chiarita, sollevata dal presidente Violante, relativa al criterio
della proporzionalità.
Pertanto, non si può agire, pensando che un singolo emendamento possa far
rivedere un giudizio espresso. Per noi le cose si tengono insieme ed è questa
la ragione per la quale preannunzio l'espressione del voto contrario
sull'emendamento in esame.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Cossutta. Ne ha facoltà.
MAURA COSSUTTA. Signor Presidente,
occorre prefigurare alcune regole in merito ad una questione di rilevantissima
importanza, vale a dire su chi deve decidere sui conflitti di competenza tra
Camera e Senato.
È evidente che è in discussione una cultura democratica e per questo facciamo
riferimento anche ai colleghi della maggioranza, perché non si tratta del
merito di una proposta, ma del sistema della qualità delle regole che
dovrebbero riguardare tutti noi (anche il funzionamento della nostra
Assemblea), e che devono essere chiare, trasparenti ed indicare percorsi certi.
Poiché per voi lo strumento per ottenere tale risultato è il regolamento,
dobbiamo chiarire la questione. Se voi intendete inserire le disposizioni
concernenti il regolamento nella Costituzione, è evidente che dovreste
prevedere nella stessa anche i principi ispiratori che dovranno informare
questo regolamento; altrimenti, viene indicato uno strumento (il regolamento)
che sarà votato da certe maggioranze, ed i criteri verranno stabiliti dalla
maggioranza che voterà il regolamento. Pertanto, non si capisce il motivo per
cui introducete lo strumento del regolamento nella Costituzione.
Nella Costituzione vanno inseriti i principi ispiratori di quel regolamento.
Dunque, i principi ispiratori sia per i regolamenti parlamentari sia per il
Comitato devono essere due: in primo luogo la non insindacabilità, poiché la
Costituzione deve assicurare anche il sistema delle garanzie e le decisioni di
questo Comitato devono poter essere messe in discussione dal ricorso di fronte
alla Corte costituzionale; in secondo luogo il criterio della proporzionalità.
In questo modo non si mette in discussione l'impianto, che a nostro avviso è
pasticciato, ma si rischia di commetere errore su errore. Quando parliamo delle
regole non parliamo di un problema dell'attuale opposizione, ma di un problema
che riguarda tutti!
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico,
sull'emendamento 13.255 della Commissione, accettato dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro
chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi
votazioni).
(Presenti 461
Votanti 456
Astenuti 5
Maggioranza 229
Hanno votato sì
19
Hanno votato no 437).
Prendo
atto che l'onorevole Grillo non è riuscito ad esprime il proprio voto.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico,
sull'emendamento 13.256 della Commissione, accettato dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro
chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi
votazioni).
(Presenti 454
Votanti 452
Astenuti 2
Maggioranza 227
Hanno votato sì
264
Hanno votato no 188).
Passiamo
alla votazione dell'articolo 13.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Violante. Ne ha
facoltà.
LUCIANO VIOLANTE. Presidente, dobbiamo
procedere alla votazione di uno degli aspetti più importanti di questo testo,
vale a dire quello inerente il procedimento legislativo. Le ragioni per le
quali siamo contrari sono state esposte via via nel corso del dibattito e
voglio riassumerle rapidamente.
Sostanzialmente, oggi ci troviamo di fronte ad un procedimento legislativo
principe, vale a dire quello bicamerale, che può essere corretto dalla
posizione della questione di fiducia. Complessivamente, i tipi di procedimento
previsti sono sette, con una grande confusione tra la possibilità di accedere
ad un procedimento o all'altro; mi riferisco al procedimento che riguarda la
competenza esclusiva della Camera con possibilità del Senato di richiamare il
provvedimento. In questa ipotesi, tuttavia, tale possibilità sarebbe
riconosciuta solo alla maggioranza del Senato e non ad un gruppo qualificato.
All'inizio, se non ricordo male, era previsto che i due quinti dei senatori
potevano richiamare il provvedimento, ma questo dato è stato eliminato. La
stessa cosa, al rovescio, è prevista per la materia concorrente, sulla quale è
il Senato ad avere la parola definitiva.
Com'è noto, contestiamo tale meccanismo, in quanto riteniamo che le Camere che
non forniscono indirizzo politico non possano esprimere la parola definitiva
sui progetti di legge. Anche in questo caso la maggioranza della Camera - che è
una maggioranza politica - può precludere all'opposizione la possibilità di
richiamare e discutere il testo proveniente dal Senato.
Quindi, siamo di fronte ad un procedimento legislativo che, in questi casi, è
espropriato ai singoli deputati o a minoranze qualificate degli stessi e che è
totalmente nelle mani delle maggioranze. Come ho accennato ieri, lo stesso iter
di questo provvedimento dimostra quanto importante e utile possa essere un
confronto tra maggioranza e opposizione, in quanto avete cambiato il testo
cinque volte e, ogni volta, avete affermato che il testo era intangibile, segno
che vi siete accorti via via che tale testo non era giusto.
Dunque, le maggioranze - siano esse di destra o di sinistra - non hanno un
sacramento di infallibilità e riconoscere a minoranze qualificate la
possibilità di richiamare i testi, a nostro avviso, è un modo giusto, utile e
necessario per avviare un ripensamento su testi che altrimenti risulterebbero
intangibili.
Inoltre, occorre evidenziare che si registra una notevole estensione del
procedimento bicamerale, previsto per moltissimi punti.
Nel procedimento bicamerale accadono francamente cose un po' singolari.
Infatti, qualora Camera o Senato - a seconda di quale ramo svolga l'esame in
seconda lettura - approvi un testo anche leggermente modificato rispetto a
quello esaminato in prima lettura, è affidata alla discrezionalità dei
Presidenti - e anche questa discrezionalità risulta poco comprensibile - la
possibilità di affidare ad un'apposita Commissione il potere di definire un
testo unificato.
PRESIDENTE. Onorevole Violante, la prego di scusarmi. Vorrei pregare i colleghi in piedi di tornare al loro posto. Onorevole Zanetta, la prego, sta parlando un collega!
LUCIANO VIOLANTE. Signor Presidente, la
ringrazio. Non si comprende bene se tale testo unificato debba riguardare tutto
il provvedimento - come parrebbe da quanto scritto nel testo - o solo le parti
in distonia. Se così fosse, ciò sarebbe davvero assurdo, perché la Commissione
potrebbe intervenire per riscrivere un testo che, invece, dovrebbe avere
un'impronta definitiva, in quanto votato analogamente dalle due Camere. Non è
quindi chiaro cosa si intende per testo unificato. Nel nostro linguaggio
parlamentare per testo unificato si intende un testo che mette insieme proposte
diverse. Non esiste, però, il testo unificato di un emendamento o di un
articolo, in quanto riguarda il complesso della proposizione.
Comunque, il testo unificato andrebbe al voto finale. Ma anche in questo caso,
non è chiaro cosa si intende per voto finale. Non esiste in questo caso la
possibilità di emendare? Bisogna votare articolo per articolo? Esiste soltanto
il voto sul complesso degli emendamenti? Tutto ciò non è chiaro e ricordo che
ieri, durante la discussione, l'onorevole Buontempo ha richiamato un
emendamento, presentato a suo tempo, in cui si proponeva l'inemendabilità di
questo testo, emendamento peraltro respinto. Quindi, se ne deduce che il testo
sia emendabile. Ma allora, cosa stiamo giocando a fare? Se, infatti, si
presenta un testo unificato e poi si ricomincia da capo, tutto mi sembra
inutile. È tutto poco chiaro.
Ma soprattutto, signor Presidente, è poco chiaro lasciare ai Presidenti delle
Camere la scelta riguardo al procedimento legislativo. Credo che questo sia
profondamente sbagliato, in quanto i Presidenti non devono intervenire su
questo punto. Oggi come oggi, dare ai Presidenti delle Camere - autorità che
dovrebbero essere di garanzia - la scelta in merito all'iter da seguire e del
procedimento da concordare, è un fatto estraneo alle nostre prassi parlamentari
e costituzionali.
Vorrei aggiungere che la norma di chiusura - prevista nel caso in cui il
Governo al Senato, nelle materie di competenza della Camera, prema per far
approvare una propria proposta - risulta a mio avviso anch'essa monca. Infatti,
se ho ben capito, può accadere che il Senato proponga la bocciatura di uno
degli articoli. A questo punto, il Governo non può più nulla; infatti,
l'Esecutivo può porre la questione sulla priorità in merito al suo programma
soltanto su proprie proposte, non su quelle altrui. Il voto di bocciatura,
quindi, di per sé non sarebbe manovrabile da parte del Governo.
Inoltre, ripetendo sinteticamente quanto già affermato ieri, per come è
costruito tale meccanismo, non viene definito con chiarezza il rapporto in
merito all'autorizzazione del Presidente della Repubblica nei confronti del
Presidente del Consiglio ad esprimere le motivazioni in base alle quali una
proposta rientra nel programma di Governo e nel voto successivo. Infatti, non
si dice «nel caso dell'articolo o del comma precedente». Tale clausola manca,
con riferimento all'ultima parte dell'emendamento...
PRESIDENTE. Onorevole Violante, la prego di concludere.
LUCIANO VIOLANTE. Signor Presidente, ho forse finito il tempo a mia disposizione?
PRESIDENTE. Certo, onorevole Violante, altrimenti non avrei suonato...
LUCIANO VIOLANTE. Signor Presidente, mi scusi, ma pensavo stesse suonando a causa del chiasso in aula.
PRESIDENTE. Onorevole Violante, ho suonato il campanello perché ha terminato il tempo a sua disposizione.
LUCIANO VIOLANTE. Signor Presidente, sto
terminando. Anche in questo caso, non è chiaro quale sia il peso di tale
clausola e dell'intervento del Presidente della Repubblica.
Il presidente Bruno ha riproposto il vecchio testo relativo al cosiddetto
«quattro più quattro», che peraltro spero sia modificato dal Senato. Come è
stato detto con chiarezza, siamo contrari a dare carattere di definitività a
quel giudizio, perché il fatto che otto persone definiscano...
DONATO BRUNO, Relatore. Più due, ovvero i Presidenti.
LUCIANO VIOLANTE. Sì, più i Presidenti.
Quindi quattro più quattro, più i Presidenti, fa dieci. Allora, credo sia
assurdo che queste persone decidano quale sia la competenza, sottraendo tale
compito costituzionale agli organi cui è affidato. In sostanza, in relazione
alla diversa composizione tra Camera e Senato saranno i Presidenti delle Camera
a decidere quale procedura intraprendere.
Tale complesso di ragioni induce il gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo
a votare contro l'emendamento in oggetto. Spero, peraltro, che il Senato vi
rimetta mano o che il voto popolare cancelli anche questa parte della riforma (Applausi
dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-L'Ulivo e Misto-Comunisti
italiani).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Maccanico. Ne ha facoltà.
ANTONIO MACCANICO. Signor Presidente,
onorevoli colleghi, nelle fasi finali di questa maratona parlamentare, iniziata
nei primi giorni di agosto, ripresa in settembre e proseguita senza soluzione
di continuità e con ritmi spasmodici fino ad ora, è assai difficile sottrarsi a
un sentimento di profonda delusione, di amarezza, di insoddisfazione e di
preoccupazione per il futuro della nostra democrazia.
In alcune fasi del dibattito, si è assistito ad una sorta di desacralizzazione
e di banalizzazione delle tematiche istituzionali che per loro natura
dovrebbero comportare tensione ideale, elaborazione culturale attenta,
riflessione appassionata, visione del futuro, accantonamento di pregiudizi e
particolarismi, sforzo di porsi al di sopra degli interessi contingenti di parte.
A nessuno è venuta in mente, in questa atmosfera così chiusa e stagnante,
l'idea di pronunciare l'invocazione che fu di Benedetto Croce all'inizio del
lavori dell'Assemblea costituente: veni creator spiritus (Commenti dei
deputati del gruppo di Alleanza Nazionale). Sarebbe apparsa del tutto
impropria, falsa, retorica, quasi comica di fronte a un testo di riforma
dell'intera seconda parte della nostra Costituzione che si sapeva frutto
protervo e immodificabile di una negoziazione estenuante tra le componenti di
una maggioranza divisa su tutto, e nella quale ciascuno ha un'ideuzza bandita
come un postulato irrinunciabile, e quasi tutte rigorosamente estranee allo
spirito della nostra Costituzione, alla nostra tradizione giuridica e alle
esigenze di crescita democratica presenti della nostra comunità nazionale.
Non desidero negare, presidente Bruno, che siano stati compiuti sforzi, in
particolare da parte sua, per migliorare i testi, esaminare gli emendamenti,
correggere le storture più macroscopiche. Tuttavia, in realtà, avete limato le
zampe alle mosche, come avrebbe detto Gaetano Salvemini, perché le norme più
qualificanti, le innovazioni più pericolose e l'impianto complessivo della
riforma sono rimasti intatti, e ciò costituisce un colpo durissimo alla
democrazia repubblicana del nostro paese.
Il vizio d'origine risiede nel proposito luciferino di utilizzare l'articolo
138 della Costituzione, previsto dai costituenti per revisioni parziali della
Costituzione stessa, come lo strumento di cui avvalersi per un ribaltamento
completo dell'ordinamento dell'intera seconda parte della Costituzione.
PRESIDENTE. Onorevole Maccanico, la prego di concludere...
ANTONIO MACCANICO. Inserire le assurde
pretese della Lega in un testo comprensivo anche delle contrastanti ed
altrettanto arbitrarie e infondate visioni delle altre componenti della
maggioranza è parsa la via più pratica per consolidare la maggioranza stessa,
fuori da ogni visione organica e coerente del sistema politico. È stato un modo
di procedere irresponsabile, gravido di pericoli per la nostra democrazia, ed
ha recato danni gravi al prestigio del Parlamento italiano e ci porta ad
approvare una Costituzione della maggioranza nella quale una parte ingente del
paese non si riconosce minimamente.
Di fronte alle esigenze di ammodernamento del nostro sistema politico, come è
noto, fu sperimentata per due volte, senza successo, la via delle Commissioni
bicamerali, i cui compiti erano stati stabiliti con legge costituzionale,
proprio in deroga all'articolo 138 della Costituzione. Si era, cioè,
concordemente riconosciuto che una riforma organica dell'assetto istituzionale
richiedeva una procedura nuova, creata ad hoc.
DARIO GALLI. Tempo!
ANTONIO MACCANICO. Falliti i tentativi
compiuti con le Commissioni bicamerali, si è proceduto con l'articolo 138, ma
sempre per introdurre modifiche limitate al testo costituzionale. Tutte le
modifiche introdotte nel nostro sistema nelle precedenti legislature erano
contenute entro precisi confini: la riforma dell'articolo 111 sul giusto
processo, quella sulla forma di governo delle regioni a statuto ordinario e a
statuto speciale, nonché la riforma del Titolo V, che è intervenuta, appunto,
soltanto su un titolo, per quanto importante, della Costituzione, non
sull'intera seconda parte, che disciplina l'intero ordinamento della
Repubblica.
Anche nella X legislatura il Senato approvò un progetto di riforma del
bicameralismo, definito procedurale, che non giunse all'approvazione finale per
la conclusione della legislatura, ma che avrebbe meritato un minimo di
valutazione in questa sede, anziché un totale oblio (Commenti dei deputati
dei gruppi di Alleanza Nazionale e della Lega Nord Federazione Padana).
ALBERTO ARRIGHI. Tempo!
PRESIDENTE. Onorevole Maccanico, la prego di concludere.
ANTONIO MACCANICO. Anche quella fu una
riforma parziale, e dunque opportunamente basata sull'articolo 138.
Il rigoroso ricorso alla procedura dell'articolo 138, occorre tenerlo ben
presente, comporta vincoli molto fermi (Commenti dei deputati dei gruppi
della Lega Nord Federazione Padana e di Alleanza Nazionale)...
DARIO GALLI. Signor Presidente, il tempo!
PRESIDENTE. Colleghi, vi prego di far terminare il collega Maccanico. Onorevole Maccanico, concluda.
ENZO BIANCO. Signor Presidente, lo lasci terminare (Commenti dei deputati dei gruppi della Lega Nord Federazione Padana e di Alleanza Nazionale)!
ALBERTO ARRIGHI. Ma sono cinque minuti che parla!
ANTONIO MACCANICO. ...quelli di non intaccare i principi supremi dell'ordinamento, come afferma un importante sentenza della Corte costituzionale, fra i quali non avrei dubbi a porre anche la forma di governo parlamentare, che fu una solenne scelta della Costituente con l'approvazione dell'ordine del giorno Perassi (Proteste dei deputati dei gruppi della Lega Nord Federazione Padana e di Alleanza Nazionale).
ENZO BIANCO. Signor Presidente, è indecente: lo lasci parlare!
ANTONIO MACCANICO. Con la vostra visione
della forma di Governo si abbandona il modello della democrazia parlamentare;
il collegamento del primo ministro ai candidati dei singoli collegi, come
obbligo costituzionale: è un modo assai chiaro di introdurre l'elezione diretta
del primo ministro, senza sancirla espressamente!
La legittimazione democratica del primo ministro non proviene più dal Parlamento
e dalla fiducia che esso gli conferisce ma direttamente (Proteste dei
deputati dei gruppi della Lega Nord Federazione Padana e di Alleanza Nazionale)...
DARIO GALLI. Signor Presidente, il tempo!
MAURIZIO SAIA. Giachetti, dove sei? Sveglia!
PRESIDENTE. Onorevole Maccanico,
la prego di concludere (Dai banchi dei deputati dei gruppi della Lega Nord
Federazione Padana e di Alleanza Nazionale si grida «Tempo!»).
Onorevole Maccanico, ha superato abbondantemente il tempo assegnatole. La prego
di essere comprensivo...
ANTONIO MACCANICO. Signor Presidente, la
cultura giuridica nazionale, come abbiamo appreso dalle audizioni, è in grande
maggioranza critica verso questo testo (Commenti)...
Nel corso del dibattito, anche dall'interno della maggioranza, si sono levate
voci che raccomandavano prudenza e flessibilità (Proteste dei deputati dei
gruppi della Lega Nord Federazione Padana e di Alleanza Nazionale)...
Anch'io ho fatto una proposta in questo senso...
ENZO BIANCO. Presidente, o gli toglie la parola oppure deve consentirgli di finire!
PRESIDENTE. Onorevole Maccanico, se lo ritiene, la Presidenza autorizza sin da ora, sulla base dei consueti criteri, la pubblicazione del testo della sua dichiarazione di voto in calce al resoconto della seduta odierna.
ANTONIO MACCANICO. Sì, Presidente.
La maggioranza intende andare avanti testardamente. Se è così, allora sarà
inevitabile che il popolo italiano si pronunci su questo testo. Grazie.
DARIO GALLI. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
DARIO GALLI. Presidente, le ricordo
che un suo predecessore alla Presidenza della Camera, l'onorevole Violante,
tolse la parola all'onorevole Silvio Berlusconi, nel corso di un dibattito in
diretta televisiva sulla fiducia, per due secondi...!
Questo signore parla per cinque minuti in più e lei lo lascia parlare! Non mi
sembra il modo di condurre la Camera! La legge è uguale per tutti e sul tempo
non c'è destra o sinistra: basta guardare l'orologio (Applausi dei deputati
dei gruppi della Lega Nord Federazione Padana, di Forza Italia e di Alleanza
Nazionale - Vive proteste dei deputati dei gruppi della Margherita, DL-L'Ulivo
e dei Democratici di sinistra-L'Ulivo)...!
ANTONIO BOCCIA. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. A che titolo, onorevole?
ANTONIO BOCCIA. Sull'ordine dei lavori.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ANTONIO BOCCIA. Intervengo a seguito
delle dichiarazioni dell'onorevole Dario Galli, che danno l'opportunità anche a
noi di esprimere un'opinione sulla questione sollevata.
L'onorevole Dario Galli ha affermato (Commenti del deputato Ballaman)...
ENZO BIANCO. Non ragliare! Non ragliare! (L'onorevole Ballaman si avvicina al banco del deputato Enzo Bianco - Vive proteste dei deputati dei gruppi della Margherita, DL-L'Ulivo e dei Democratici di sinistra-L'Ulivo - Una voce dai banchi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-l'Ulivo: Vai al tuo posto, sei anche un questore!)!
MARCO BOATO. Calderoli, vai al tuo posto!
PRESIDENTE. Colleghi...
ANTONIO BOCCIA. Presidente! Presidente...!
PIERO RUZZANTE. Signor presidente, è una vergogna. È anche un questore (I deputati del gruppo della Lega Nord Federazione Padana si alzano in piedi)!
MICHELE VIANELLO. Fuori i fascisti!
RENZO INNOCENTI. Vergogna!
PRESIDENTE. Onorevole questore, la
prego! Onorevole Ballaman, la prego vivamente (Commenti dei deputati del
gruppo della Lega Nord Federazione Padana - Vive proteste dei deputati del
gruppo della Margherita, DL-L'Ulivo)!
Colleghi, prendete posto per favore! Non è successo nulla, prendete posto (Commenti
dei deputati del gruppo della Margherita, DL-L'Ulivo)!
Colleghi del centrosinistra, vi prego di prendere posto, di stare seduti. Non
complichiamo la situazione! Siamo tutti stanchi e dobbiamo essere comprensivi.
Un po' di responsabilità...! Prego i colleghi del centrosinistra di stare
seduti al loro posto. Date un contributo al prosieguo dei lavori con calma e
serenità (Vive proteste dei deputati del gruppo della Margherita,
DL-L'Ulivo)!
Non ci sono più motivi per continuare in questa situazione, accomodatevi!
Accomodatevi, per favore (Vive proteste dei deputati del gruppo della
Margherita, DL-L'Ulivo)!
Colleghi, non mi costringete a sospendere la seduta! Mettetevi seduti (Proteste
dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-L'Ulivo e della Margherita,
DL-L'Ulivo)!
Colleghi, prendete posto!
NUCCIO CARRARA. Li faccia sedere!
RENZO INNOCENTI. Basta!
NUCCIO CARRARA. Indici la votazione! Fai qualcosa, se no provocano...!
PRESIDENZA DEL PRESIDENTE PIER FERDINANDO CASINI (ore 11,25)
PRESIDENTE. Onorevole Boccia, prosegua pure il suo intervento sull'ordine dei lavori.
ANTONIO BOCCIA. Signor Presidente,
l'onorevole Dario Galli ha sollevato la questione del tempo assegnato dalla
Presidenza all'intervento del collega Maccanico, facendo una serie di
obiezioni, lamentando una differenza di trattamento rispetto a quanto accaduto
nella scorsa legislatura in occasione di un intervento in aula, ripreso in
diretta televisiva, del Presidente Berlusconi, e rivolgendo, ovviamente,
critiche postume alla Presidenza Violante. Devo dire, Presidente, che la
citazione di questo episodio non è calzante perché lei proprio ieri ha
disciplinato i nostri lavori in un modo che abbiamo giudicato giusto e
corretto, nel rispetto del regolamento e delle esigenze di avere in aula alcuni
momenti di confronto serio sulle questioni.
Infatti, ha detto che, rispetto ad interventi giudicati ostruzionistici, specie
della stessa maggioranza, avrebbe consentito di parlare per un minuto e, forse,
anche meno, sempre relativamente al tempo destinato agli interventi a titolo
personale, quindi, senza concedere ulteriori tempi. Anche questa è una rigorosa
applicazione del regolamento che, per il momento, noi abbiamo accettato. Poi
però ha aggiunto che, siccome sussiste il bisogno in alcune circostanze di
effettuare un minimo di confronto, avrebbe consentito soprattutto
all'opposizione, ma anche alla maggioranza, di utilizzare sempre il tempo a
titolo personale ma anche per cinque minuti: è il caso che si stava verificando
(Commenti dei deputati di Alleanza Nazionale).
C'era stato un intervento del presidente Violante su una dichiarazione di
voto di un articolo importantissimo che aveva, consentitemi, elevato la qualità
del dibattito. Allora, noi abbiamo fatto intervenire il presidente Maccanico,
se mi consentite, per tenere alta la qualità del dibattito (Applausi dei
deputati dei gruppi della Margherita, DL-L'Ulivo, dei Democratici di
sinistra-L'Ulivo e Misto-Comunisti italiani).
PRESIDENTE. Onorevole Boccia, concluda il suo intervento.
ANTONIO BOCCIA. Presidente, mi deve far parlare!
PRESIDENTE. Ho capito, ma questo è un intervento metodologico.
ANTONIO BOCCIA. Presidente, lei non
c'era e, quindi, mi deve ascoltare un attimo (Proteste dei deputati del
gruppo di Alleanza Nazionale).
Presidente, mentre il presidente Maccanico parlava, gli sono stati rivolti
epiteti ed insulti irripetibili, che l'onorevole Maccanico probabilmente non ha
ascoltato e mi auguro che non li legga nei nostri resoconti: si sarebbero
potuti verificare incidenti...
Presidente, un questore della Camera si è avvicinato all'onorevole Enzo Bianco
con un fare minaccioso e questo non è tollerabile (Applausi dei deputati dei
gruppi della Margherita, DL-L'Ulivo, dei Democratici di sinistra-L'Ulivo, di
Rifondazione comunista e Misto-Comunisti italiani).
PRESIDENTE. Onorevole Boccia,
anzitutto la ringrazio di questa segnalazione e per aver ricordato in che modo
ho inteso disciplinare i lavori, considerando il fatto che stiamo modificando
diversi articoli della nostra Costituzione e che, quindi, non si tratta di un
dibattito ordinario.
In second'ordine, assumo l'impegno di approfondire i fatti ai quali non ho
assistito e sui quali, quindi, non sono in grado di esprimere un giudizio.
In terzo ordine, se mi consente, ricordo che, qualche mese fa, in quest'aula,
in occasione del suo compleanno, espressi la stima e l'affetto dell'intera
Assemblea nei confronti dell'onorevole Maccanico. Non devo aggiungere altro (Applausi).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto...
ALESSANDRO CÈ. Presidente!
PRESIDENTE. A fine seduta!
ALESSANDRO CÈ. Ma, Presidente!
PRESIDENTE. Onorevole Cè, mi consente di andare avanti?
ALESSANDRO CÈ. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori!
PRESIDENTE. Ma, poi, vorranno intervenire tutti...! Sta bene, onorevole Cè, ha facoltà di parlare.
ALESSANDRO CÈ. Signor Presidente, ognuno di noi vuole continuare i lavori rapidamente, ma, solo per onore di verità, vorrei specificare che nessun insulto inenarrabile è stato rivolto all'onorevole Maccanico (Commenti dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-L'Ulivo e della Margherita, DL-L'Ulivo).
EMILIO DELBONO. Non è vero!
ALESSANDRO CÈ. Lasciatemi parlare!
PRESIDENTE. Onorevole colleghi, lasciamo parlare anche l'onorevole Cè, altrimenti i conti non tornano...!
ALESSANDRO CÈ. Presidente, forse il questore Ballaman ha avuto una reazione emotiva (Commenti dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-L'Ulivo e della Margherita, DL-L'Ulivo); tuttavia, non è accettabile che l'onorevole Enzo Bianco l'abbia apostrofato dicendo: «La smetta di ragliare» (Commenti dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-L'Ulivo e della Margherita, DL-L'Ulivo). Questo non è accettabile!
PRESIDENTE. Approfondiremo anche questo.
RENZO INNOCENTI. Presidente!
PRESIDENTE. Ora basta, non do più la parola a nessuno.
RENZO INNOCENTI. Chiedo di parlare!
PRESIDENTE. No! Onorevoli
colleghi, a fine seduta chiariremo la questione (Commenti dei deputati del
gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo).
Onorevoli colleghi, ho dato la parola all'onorevole Boccia ed all'onorevole Cè,
a un deputato dell'opposizione e ad uno della maggioranza. A fine seduta, lo
ripeto, chiariremo questo problema!
Ha chiesto di parlare di per dichiarazione di voto, a titolo personale,
l'onorevole Mascia. Ne ha facoltà.
GRAZIELLA MASCIA. Signor presidente,
come è stato sottolineato, quello in esame è uno degli articoli più rilevanti e
meriterebbe disponibilità e non il nervosismo che abbiamo registrato nei
colleghi della maggioranza, visto che, sul merito di questa riforma, tutti
saremo tenuti a dare delle spiegazioni.
Credo che la prima critica forte giunta dai banchi dell'opposizione abbia
riguardato l'incomprensibilità di una norma che passa da una riga e mezzo,
nell'attuale Costituzione, a 112 righe, a dimostrazione che il procedimento
legislativo che è stato definito non è immediatamente comprensibile né dai
giuristi né verosimilmente dai parlamentari.
Nel merito, vorremmo rilevare alcune questioni principali. In base al principio
fondamentale dei sistemi parlamentari basati sul bicameralismo imperfetto, si
prevede la sede della decisione di ultima istanza. Nella nostra ipotesi, come
in quelle avanzate dai colleghi del centrosinistra, questo centro ultimo di
imputazione di qualsiasi decisione in materia legislativa è individuato, non a
caso, nella Camera, un'ipotesi, peraltro, che valorizza lo stesso ruolo del
Senato. Le possibili alternative a queste norme chiare nei procedimenti
legislativi sono due: i continui stalli istituzionali o i ricorsi alla Corte
per conflitti di attribuzione.
La maggioranza, anziché affrontare e risolvere positivamente le critiche di
fondo che abbiamo avanzato, ha scelto la strada autoritaria con la
determinazione di uno sconquasso nell'equilibrio dei poteri. Ecco, dunque, che
abbiamo una moltiplicazione dei procedimenti legislativi nella proposta
legislativa che ci accingiamo a votare: una Commissione di trenta deputati e
trenta senatori che espropria il Parlamento e svilisce l'efficacia dell'azione
legislativa; un intervento autoritativo del Governo che decide i punti
essenziali del proprio programma e sottrae alle Camere le proprie competenze;
il Presidente della Repubblica che perde il suo ruolo super partes per
assumere un ruolo politico che entra totalmente nelle valutazioni
programmatiche del Governo; infine, la perdita di ruolo da parte dei Presidenti
delle Camere cui è assegnata una totale discrezionalità per la valutazione di
problemi di competenze in ordine all'esercizio di funzioni legislative, per
questo, si avvalgono di un Comitato paritetico la cui decisione diventa
insindacabile.
Credo che, seppure in poche parole, sono presenti tutti gli elementi di enorme
gravità che entrano in collisione con il costituzionalismo, così come si è
determinato nella nostra Costituzione, cioè con il suo equilibrio, nei suoi
contrappesi di poteri; elementi base sufficienti perché poi al di fuori di
questa aula noi possiamo andare a spiegare la nostra contrarietà e la
pericolosità di questa riforma nel suo insieme. Adesso abbiamo pochi minuti e
ci limitiamo ad annunciare il nostro voto contrario a questo articolo, ma
vorremmo rimanesse agli atti il punto essenziale, che poi svilupperemo meglio
quando la gente sarà chiamata a votare per il referendum (Applausi dei
deputati del gruppo di Rifondazione comunista).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mazzuca Poggiolini. Ne ha facoltà.
CARLA MAZZUCA POGGIOLINI. Signor Presidente,
intervengo per dichiarare il voto contrario dei repubblicani europei sulla
riforma di un delicatissimo articolo della Costituzione, l'articolo 70, in
materia di formazione delle leggi e per dire che sottoscrivo appieno, se me lo
consente, la stupenda dichiarazione di voto contraria espressa dal collega
amico Maccanico, che ho l'onore di conoscere ed apprezzare da tanti anni come
repubblicano.
Desidero anche stigmatizzare il comportamento davvero ignobile tenuto da questa
Assemblea in un momento così alto - che avrebbe dovuto e dovrebbe essere alto e
che invece è così basso (perché voi l'avete reso basso) - di riforma della
Costituzione. Questo articolo è importante e penso che vi sia stata la vostra
volontà di certificare qualcosa che non è chiaro a voi stessi e che sia stato
impossibile prevedere un corretto svolgimento del processo legislativo tra le
due Camere, benché modificate. Ecco perché come, repubblicani europei, noi
votiamo contro questo articolo e contro tutto il provvedimento, che ci
auguriamo il popolo italiano voglia capire e voglia «cassare» con un opportuno
referendum.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Acquarone. Ne ha facoltà.
LORENZO ACQUARONE. Signor Presidente, per evitare incidenti, è così cortese da dirmi quanto tempo ho a disposizione? Credo di avere dieci minuti...
PRESIDENTE. Onorevole, credo che
il gruppo Misto abbia tempo (Commenti del deputato Boato). Non ho
bisogno di Boato che mi faccia la consulenza! Ho capito che lei è il presidente
del gruppo Misto, ma è la Presidenza che deve dire quanto tempo si ha a
disposizione (Applausi dei deputati del gruppo di Forza Italia)!
Onorevole Acquarone, lei ha tre minuti di tempo a disposizione; le componenti
hanno 3 minuti. Il gruppo Misto non ha ancora esaurito il tempo.
Prego, onorevole Acquarone, ha facoltà di parlare.
LORENZO ACQUARONE. Signor Presidente, quando in una discussione seria, come dovrebbe essere quella che attiene alla riforma della Costituzione, si grida «tempo» ad uno dei pochi interventi veramente seri, come quello che ha fatto il collega Maccanico, francamente... Il collega Maccanico ricordava che in quest'aula Croce - certamente laico - aveva invocato il «Veni, creatus Spiritus»; io non so se i colleghi della Lega Nord hanno invocato il dio padano, celtico, eccetera, ma ho l'impressione di sì; ugualmente, non so se coloro i quali hanno scritto le sciocchezze che stiamo per esaminare siano cultori di letteratura moderna e se abitano in via Merulana, ma, se così fosse, direi che questa è la riproduzione di quel bel libro di Gadda e che noi stiamo esaminando: «Quel pasticciaccio brutto di via Merulana».
Infatti,
quando è arrivata in quest'Assemblea la prima formulazione, ebbi occasione di
dire che, pur non essendo tra coloro i quali, più di altri, sono contrari
all'attuale bicameralismo, mi rendevo conto della necessità di razionalizzare
il sistema attualmente vigente (obiettivo non facile!).
L'onorevole De Mita ricorderà, quando era presidente della Commissione deputata
all'esame della materia, come un costituzionalista, certamente meno esperto
dell'onorevole Cé - ma di un qualche livello -, Leopoldo Elia, avesse cercato
di studiare e confrontare molti passaggi (tutti piuttosto difficili).
Nel caso di specie, invece, si era giunti all'esame sin dall'inizio con
un'idea: talune materie appartengono prevalentemente allo Stato, talune altre
alle regioni; poche altre ancora a competenza ugualmente ripartita. Quindi, si
propugnava un qualche sistema, che, pur irrazionale e pasticciato sin
dall'inizio, aveva, però, una qualche logica.
Eundo, attraverso una serie di proposte emendative tra loro
contraddittorie, ne è uscito fuori quel pasticcio di carattere costituzionale
che, francamente, se il fatto non fosse gravemente serio, si potrebbe indicare
agli studenti del primo anno di università come esempio di quel bel libro di
Jhering - del quale certamente i colleghi della Lega sanno tutto - : Serio e
faceto nella giurisprudenza. Nel caso di specie, appunto, saremmo nel
faceto - e si potrebbe soltanto ridere -, se la questione non fosse seria.
Invece, purtroppo, la questione è seria e non possiamo citare Jhering in
siffatto contesto.
La serietà deriva dal fatto che nel testo si contiene, per così dire, un po' di
tutto. Come ha detto con molta chiarezza e pacatezza il collega Violante, in alcuni
casi non si saprebbe bene a chi spetti l'ultima parola. Infatti, il richiamo -
ed è l'aspetto più preoccupante di tutta la vicenda - che il Presidente del
Consiglio può fare perché la Camera a lui «succube» possa, in qualche modo,
respingere una tesi del Senato è valido soltanto quando si tratti del programma
di Governo o di questione che ritenga fondamentale. In tutti gli altri casi, un
organo quale sarà il futuro Senato federale, se mai verrà istituito - e mi
auguro che ciò non avvenga -, non avrebbe alcuna possibilità di essere
sindacato e quindi, su di esso, e su eventuali «sciocchezze» che, in ipotesi,
potrebbe compiere, non potrebbe esercitarsi alcun controllo.
In merito a tali elementi, si è trattenuto a lungo il collega Violante, sicché
mi pare non sia il caso di tediare più a lungo l'Assemblea. Devo riconoscere
che, proseguendo nell'esame del provvedimento, il «pasticcio» iniziale «brutto»
si è per tanti motivi aggravato, come è accaduto anche stamattina, quando si è
approvato l'emendamento 13.255 della Commissione, che ha determinato in dieci
deputati e dieci senatori il numero dei componenti il Comitato i quali
producono un testo definitivo e non sindacabile da alcuno. Mi domando se ciò
significhi: non sindacabile ulteriormente durante l'iter parlamentare o,
invece, non sindacabile neppure dalla Corte costituzionale. Siccome dalla
lettura del testo sembrerebbe non sindacabile da parte di alcuno - e quindi
neppure dalla Consulta -, francamente, ho la sensazione che ci troviamo
veramente dinanzi ad un vulnus portato ai principi della legalità e
della democrazia.
PRESIDENTE. Onorevole...
LORENZO ACQUARONE. Peraltro, signor Presidente, il punto più pericoloso di tutta la vicenda - lo ribadisco ancora una volta - risiede nella possibilità offerta all'Esecutivo di farsi autorizzare. Ieri, ho a lungo insistito su questo concetto di autorizzazione, ancora più grave (e vede come i pasticci vanno avanti crescendo) dopo l'approvazione di uno degli emendamenti a firma Armani, per la verità un po' patetico: autorizzazione che può comportare o un Presidente della Repubblica succube del Presidente del Consiglio o un conflitto di attribuzioni ad altissimo livello. Ciò, in quanto si è attribuito al Presidente del Repubblica una funzione politica che è contraria alla sua funzione di garanzia.
Ma,
soprattutto - e concludo, signor Presidente -, vorrei rilevare che l'aspetto
più preoccupante è l'attribuzione al potere esecutivo, attraverso il rinvio
alla Camera dei deputati di un provvedimento ritenuto importante per il
programma di Governo (e noi sappiamo come sono fatti tali programmi, al cui
interno vi è il tutto ed il contrario di tutto!), della facoltà di far valere
la propria volontà anche nei confronti del potere legislativo, contravvenendo,
in questo modo, al principio fondamentale della separazione dei poteri.
Ho cercato di evidenziare tali questioni nel modo più pacato, anche se,
viceversa, ci sarebbe da indignarsi. Debbo riconoscere che le parole più
importanti che in quest'aula stavano per essere pronunciate erano quelle del
collega Maccanico, cui è stato impedito di parlare: ritengo gravissimo che,
proprio mentre si afferma che occorre il confronto, si impedisca di parlare
proprio ad un collega dell'esperienza e della capacità dell'onorevole Maccanico.
Ho già affermato, suscitando molte reazioni, compresa quella del mio amico
onorevole Giachetti, che quando c'è la «voce del padrone» l'aula si riempie e
si vota rapidamente. Siccome il «padrone» ha detto che il provvedimento
legislativo in esame dovrà essere approvato domani sera, accadrà qualcosa del
genere, alla faccia della democrazia e, soprattutto, del bene che tutti
dovremmo volere alla nostra Costituzione, che rappresenta il patto che ci lega
nell'unità nazionale; sottolineo: non federale, ma nazionale (Applausi dei
deputati dei gruppi Misto-Popolari-UDEUR e della Margherita, DL-L'Ulivo)!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Carrara. Ne ha facoltà.
NUCCIO CARRARA. Signor Presidente,
vorrei ringraziare l'onorevole Violante, poiché ci offre oggettivamente - lo
affermo sinceramente - degli spunti di riflessione, come ha fatto anche oggi.
Credo sia giusto, tuttavia, avere presente ancora una volta l'intero quadro
delle disposizioni che stiamo approvando, e ritengo altresì giusto avere alcuni
punti riferimento.
Al riguardo, vorrei cercare di sintetizzare brevemente il significato
dell'articolo 13 del provvedimento in esame. Tale articolo segna, infatti, la
fine del bicameralismo perfetto e credo che su questo punto vi sia un accordo
unanime. Una volta usciti dal bicameralismo perfetto, tuttavia, le possibili
soluzioni da adottare sono numerose, poiché ci troviamo in un campo non ancora
arato; tutte le soluzioni, pertanto, hanno una loro dignità, anche se
presentano punti di debolezza ed imperfezioni.
Vorrei ricordare che la Commissione bicamerale per le riforme costituzionali,
ad esempio, tentò di individuare una soluzione, proponendo che vi sarebbero
stati provvedimenti «bicamerali», vale a dire approvati da entrambi i rami del
Parlamento, ed altri atti normativi che sarebbero stati approvati dalla Camera
dei deputati in via definitiva, senza escludere, tuttavia, un ulteriore esame
da parte del Senato.
Vorrei osservare che, con il disegno di legge in esame, siamo andati un po'
oltre la soluzione proposta dalla citata Commissione bicamerale. Abbiamo
disposto, infatti, che vi saranno provvedimenti di cui si occuperà in via
esclusiva la Camera dei deputati, vale a dire quelli concernenti le materie di
competenza esclusiva dello Stato; abbiamo previsto, inoltre, che vi saranno
provvedimenti di cui si occuperà il Senato federale, con riferimento
all'articolo 117, terzo comma, del nuovo testo della Costituzione, per le
materie cosiddette concorrenti, ed abbiamo disposto, infine, che vi saranno
provvedimenti esaminati con il metodo ed il sistema «bicamerale»; vorrei
osservare che viviamo tutti i giorni tale sistema, e pertanto sappiamo di cosa
si tratti.
Era nostra intenzione, tuttavia, fare in modo che la navette tra i due
rami del Parlamento, che oggi può essere virtualmente infinita, potesse essere
bloccata, in qualche modo, da un organismo paritetico. Al riguardo, abbiamo
previsto la costituzione di un Comitato a composizione mista, attribuendogli
l'incarico di proporre alle due Camere un testo sostanzialmente inemendabile.
Vorrei svolgere, a questo punto, una riflessione. Mi domando per quale motivo
l'onorevole Violante abbia criticato l'istituzione di tale Comitato.
Mi rendo conto che noi di destra - l'ho già detto l'altro giorno - siamo «figli
di un Dio minore», non siamo «politicamente corretti». Quando proponiamo
qualcosa, siccome proviene da noi, inevitabilmente non può essere accettata,
non è «politicamente corretta», non è proponibile al popolo italiano. Voglio
tuttavia ricordare all'onorevole Violante che, questa volta, non abbiamo fatto
altro che copiare, pari pari, ciò che aveva previsto la Commissione bicamerale
di D'Alema, anzi dell'Ulivo, che per voi è il vangelo, tanto è vero che molti
spunti li avete ripresi nei vostri emendamenti dai lavori di tale Commissione.
L'articolo 94 del testo elaborato dalla Bicamerale, al secondo comma, dice che,
se la Camera che esamina per seconda tali disegni di legge, li approva in un
testo diverso da quello approvato dall'altra Camera, le disposizioni modificate
sono assegnate ad una speciale Commissione formata da un uguale numero di
componenti delle due Camere, nominati dai rispettivi Presidenti in modo da
rispecchiare la proporzione dei gruppi in ciascuna Camera. Tale articolo
prevede inoltre che il testo adottato dalla Commissione speciale, onorevoli
colleghi, sia sottoposto all'approvazione di ciascuna Camera con la sola
votazione finale. Vi chiedo, dunque: perché sbagliamo anche quando riprendiamo
pedissequamente le vostre proposte (Applausi dei deputati del gruppo di
Alleanza Nazionale)?
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Intini. Ne ha facoltà.
UGO INTINI. Signor Presidente,
credo anch'io di avere del tempo a disposizione, ma non ne abuserò. Nel
dichiarare il voto contrario a questo articolo, voglio aggiungere una
riflessione più generale: l'onorevole Maccanico ha tenuto una lezione di
democrazia e di diritto costituzionale, dalla quale voglio partire. Si divide
il paese, si moltiplicano le spese pubbliche ed ora, con questa norma, si
elimina, di fatto, la forma parlamentare della Repubblica. Per la prima volta,
una riforma della Costituzione risponde ad un equilibrio trovato non in
un'Assemblea costituente, non in un intero Parlamento, ma in una maggioranza
parlamentare eletta con il sistema maggioritario. Una riforma della
Costituzione, per la prima volta, risponde all'esigenza di non far cadere un
Governo, risponde all'esigenza di consentire un successo propagandistico ad un
partito della maggioranza, la Lega Nord, che pesa per il 5 per cento del voto
popolare.
Con questa riforma, temo che siamo solo all'inizio di una crisi per la nostra
democrazia. Presto, infatti, chi vuole dividere l'Italia tenterà nuove
forzature. Che accadrà se, e quando, qualcuno proponesse una Lega Sud da
contrapporre alla Lega Nord, con le stesse forzature? Non è, onorevoli
colleghi, un'ipotesi peregrina.
L'onorevole Maccanico è ormai un padre della Repubblica, perché è stato accanto
ai padri della Repubblica. Anche la mancanza di rispetto nei suoi confronti,
anche la mancanza di rispetto generale in quest'Assemblea indica con quale
improvvida leggerezza, con quale inadeguatezza, ci si accinge a riscrivere la
Costituzione. Tutto si tiene e si spiega. Si riscrive la Costituzione anche
perché si disprezza la storia del nostro paese, una storia che l'onorevole
Maccanico, con la sua esperienza personale, rappresenta.
Dobbiamo essere sinceri, a questo punto, almeno per chi in futuro - perplesso,
molto perplesso -, leggerà gli atti di quest'Assemblea, in cui prevalgono i
«costituzionalisti creativi». Vi è un dibattito esplicito in quest'aula, ma vi
è anche qualcosa di non detto, sia nel centrosinistra sia nel centrodestra. Nel
centrosinistra, tutti noi illustriamo emendamenti e votiamo, ma sappiamo che
ciò non serve a nulla, perché la maggioranza ha già deciso tutto. Facciamo il
nostro dovere, ma ormai aspettiamo soltanto il referendum. Molti di noi, tra
cui il sottoscritto, sono consapevoli che il centrosinistra ha sbagliato nella
scorsa legislatura, perché temeva elettoralmente la demagogia localista e
avrebbe voluto svuotarla con una piccola devolution, piccola per
evitarne una più grande, come quella che viene proposta attualmente. Abbiamo
promosso un piccolo danno, per evitarne uno più grande, che oggi si compie.
Lo ha sottolineato, con una lettera, un gentiluomo quale l'onorevole Nesi,
qualche giorno fa, ricordando che, in Consiglio dei ministri, egli votò contro
e ricordando anche le parole che Benedetto Croce, mezzo secolo fa, in una
situazione analoga, rivolgeva ai parlamentari: «Se ci avvediamo di aver
commesso un errore, dobbiamo correggerlo, riconoscendo onestamente il nostro
errore. Ciò vale anche per i deliberati dei nostri comitati e congressi in
materia politica. Il nostro impegno è verso la patria e non verso il nostro
amor proprio».
Nel centrodestra tutti votano, ma vi è al suo interno una minoranza silenziosa,
che poi tanto silenziosa non è, perché qualche volta vota, e vota contro, e,
soprattutto, perché non parla in pubblico, ma parla - e molto - in privato.
Questa minoranza silenziosa più si va avanti e più rimane allibita nel vedere
l'enormità del pasticcio, nel constatare che, per ammodernare il quadro della
Costituzione, si sono messi all'opera non i restauratori, ma gli imbianchini.
Questa minoranza silenziosa pensa e in privato ci dice: ormai, in quest'aula
non c'è più niente da fare; votiamo turandoci il naso, perché altrimenti scatta
il ricatto leghista e il Governo cade. Il danno, fortunatamente, non sarà
irreparabile perché la saggezza degli italiani con un referendum rimedierà alla
dissennatezza dei parlamentari.
A questa minoranza silenziosa diciamo che comprendiamo, se non la sua ragion di
Stato, la sua ragion di coalizione. Ma il prezzo è molto alto, perché
l'opinione pubblica capisce che questo Parlamento si è arreso, che è
inadeguato, che per evitare la demolizione delle istituzioni non conta più
sulle sue forze intellettuali e morali, ma sulla buona stella dell'Italia,
rappresentata, questa volta, dal voto popolare.
Confezionando - e concludo - una cattiva Costituzione, noi delegittimiamo
questo Parlamento e delegittimiamo la politica. Chi ha cavalcato la retorica
dell'antipolitica può persino esserne soddisfatto. Chi vuole, nella politica, a
sinistra ma anche a destra, credere nella sua funzione ne è francamente
umiliato (Applausi dei deputati dei gruppi Misto-socialisti democratici
italiani e dei Democratici di sinistra-L'Ulivo - Applausi polemici dei deputati
del gruppo della Lega Nord Federazione Padana).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Maura Cossutta. Ne ha facoltà.
MAURA COSSUTTA. Signor Presidente,
credo che l'articolo 13 sia molto importante ed abbiamo atteso le riunioni
della maggioranza perché sapevamo che, attorno ad esso, vi erano perplessità
persino da parte dei colleghi della maggioranza. In effetti, l'articolo sulla
formazione delle leggi sarebbe dovuto essere l'architrave, il muro maestro che
avrebbe dovuto sostenere questo sovvertimento (si tratta di ben 43 articoli!)
della Costituzione. Ci saremmo aspettati che, perlomeno dal vostro punto di
vista, in modo logico e coerente, fossero affrontati alcuni aspetti. In primo
luogo, mi riferisco a soluzioni e risposte rispetto all'introduzione del Senato
federale che tenessero insieme questa modifica.
In secondo luogo, siccome stiamo parlando di funzione legislativa e della
formazione delle leggi, mi sarei aspettata un riconoscimento, un'esaltazione ed
una valorizzazione del ruolo delle Assemblee elettive, della Camera e del
vostro Senato federale.
In terzo luogo, avendo voi sostenuto di non voler sovvertire ma migliorare la
Costituzione, ci saremmo aspettati perlomeno la riconferma di quella che fino
ad oggi era stata una cultura di riferimento comune, che aveva delineato il
sistema delle regole e delle garanzie costituzionali.
Non è così! Non è stato raggiunto nessuno di questi tre obiettivi che ci
saremmo aspettati perlomeno dal punto di vista della logica e della coerenza
dell'impianto. Restano, infatti, non tanto zone d'ombra, bensì voragini
rispetto alla chiarezza delle soluzioni che voi proponete a seguito
dell'introduzione del Senato federale. È un pasticcio istituzionale: lo hanno
già detto i colleghi e lo abbiamo ripetuto. E si tratta di obiezioni che
provengono da insigni costituzionalisti del nostro paese. È un pasticcio che
tiene insieme procedimenti diversissimi: un sistema bicamerale, un sistema
monocamerale a prevalenza Camera, un sistema monocamerale a prevalenza Senato e
l'invenzione creativa della Commissione paritetica. Si tratta di un pasticcio
che non indica chiarezza nelle soluzioni rispetto alla modifica che avete
introdotto - e che dovrebbe essere il cardine di questa controriforma -
riguardante il Senato federale.
L'introduzione della Commissione dei «superparlamentari», che dovrebbero
delineare il testo unificato da sottoporre al voto unico della Camera, e del
Comitato dei «quattro più quattro» è un'invenzione creativa assolutamente in
discontinuità con il ruolo e la promozione della funzione legislativa delle
Assemblee elettive. Lo abbiamo già detto: si introducono disparità di poteri
tra parlamentari, per cui vi saranno parlamentari di «serie A» e di «serie B»;
si prevedono una Commissione ed un Comitato attribuendo superpoteri ad alcuni
parlamentari.
C'è a monte, rispetto alla funzione legislativa che è propria del Parlamento,
la supremazia di un ulteriore potere, che non è quello legislativo ma quello
esecutivo, perché il premier si può arrogare il potere di proporre delle
modifiche e, quindi, di avocare...
PRESIDENTE. Onorevole Maura Cossutta...
MAURA COSSUTTA. ... al voto della
Camera - un attimo, Presidente, ho finito - una proposta di legge che viene dal
Senato.
L'ultimo aspetto è il sistema delle regole. Non c'è trasparenza, non c'è
chiarezza e, soprattutto, non c'è democraticità. Voi non avete introdotto
soltanto, di fatto, il premierato assoluto, ma avete ridotto le funzioni e il
ruolo del Presidente della Repubblica, della Corte costituzionale e, persino,
del Consiglio superiore della magistratura.
Oggi, con questo articolo, delineate un assetto istituzionale spostato verso un
sistema monocratico sbilanciato sull'esecutivo. È l'articolo sulla formazione
delle leggi, ma persino questo è sbilanciato sul potere dell'esecutivo e sullo
snaturamento del sistema delle garanzie.
Credo che non ci sia nulla di moderno in questo provvedimento; è antico, molto
antico: meno democrazia e più oligarchia!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Boato. Ne ha facoltà.
MARCO BOATO. Sarò molto breve,
signor Presidente. Anche a nome dei Verdi, ovviamente, dichiaro il voto
contrario all'articolo 13, che introduce il nuovo articolo 70 nel testo
costituzionale.
Proprio perché voglio essere breve, mi richiamo a tutti gli interventi dei
colleghi del centrosinistra e dell'opposizione in generale che sono intervenuti
prima di me, e mi permetto di richiamare, in modo del tutto particolare,
l'intervento del collega Maccanico. Infatti, non solo condivido
quell'intervento nel merito, ma ho provato anche un senso di imbarazzo e di
umiliazione nell'ascoltare in quest'aula - ovviamente non da parte di tutti, ma
da parte di alcuni colleghi del centrodestra - un'unica interlocuzione con il
presidente Maccanico nel gridargli «Tempo! Tempo!» e nel cercare di disturbare
un suo intervento, che si può condividere oppure no - io lo condivido dalla
prima all'ultima parola -, ma che era comunque un intervento motivato,
ragionato e di elevata considerazione sul piano costituzionale.
Credo che sia stata un'umiliazione della Camera e del Parlamento la reazione
che alcuni colleghi del centrodestra hanno avuto nei suoi confronti.
Per concludere, mi richiamo, signor Presidente, alla proposta totalmente alternativa
che avevamo prospettato fin dall'inizio attraverso l'emendamento Leoni ed altri
(compreso il collega Maccanico) 13.18, che prospettava un'ipotesi che si faceva
carico di tutta la complessità di un procedimento bicamerale a bicameralismo
differenziato; era un'ipotesi, radicalmente diversa perché non prevedeva né
Commissioni di sessanta deputati e senatori, né Comitati di otto, eccetera, ma
prevedeva un procedimento razionale e praticabile per quanto riguarda il nuovo
procedimento legislativo.
L'emendamento 13.18 rappresentava la nostra posizione complessiva e per questo
confermo il voto contrario sull'articolo 13, così com'è stato delineato dagli
emendamenti della maggioranza.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo
13, nel testo emendato.
(Segue la votazione).
Dichiaro
chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi
votazioni).
(Presenti 460
Votanti 458
Astenuti 2
Maggioranza 230
Hanno votato sì
256
Hanno votato no 202).
Prendo atto che gli onorevoli Borrelli e Di Serio D'Antona hanno espresso erroneamente voto favorevole mentre avrebbero voluto esprimere voto contrario.
(Esame dell'articolo 9 - A.C. 4862 ed abbinate)
PRESIDENTE. Come suggerito dal
relatore, passiamo ora all'esame dell'articolo 9 e delle proposte
emendative
ad esso presentate (vedi l'allegato A - A.C. 4862 ed abbinate sezione 2).
Ha chiesto di parlare l'onorevole Olivieri. Ne ha facoltà.
LUIGI OLIVIERI. Con l'articolo 9, che
era stato appositamente e appropriatamente accantonato a suo tempo e che ora
esaminiamo, si affronta la questione della ineleggibilità e
dell'incompatibilità e si modifica il primo comma dell'attuale articolo 65
della Costituzione, che così recita: «La legge determina i casi di
ineleggibilità e di incompatibilità con l'ufficio di deputato o di senatore».
La modifica consiste nel sostituire completamente il primo comma con la
seguente dizione: «La legge, approvata ai sensi dell'articolo 70, terzo comma,
determina i casi di ineleggibilità e incompatibilità con l'ufficio di deputato
o di senatore».
Quindi, si tratta di leggi approvate con la procedura prevista dal terzo comma
dell'articolo 70.
Probabilmente, ci si chiede come mai su un intervento che potrebbe correggere
una situazione conseguente al nuovo sistema che la maggioranza ed il Governo
vogliono introdurre sia stato proposto un emendamento soppressivo. Il motivo è
molto semplice e, man mano che i nostri lavori proseguono, si capisce il perché
dell'atteggiamento del centrosinistra sulla riforma in esame. Forse è anche
ora, come vedremo esaminando i successivi articoli, a partire dall'articolo 14,
che si vadano a delineare in modo più semplice possibile le motivazioni per cui
il nostro «no» complessivo sulla proposta di riforma ci ha portato a proporre
emendamenti soppressivi di ogni articolo.
Vorrei spiegare, come abbiamo già fatto illustrando gli articoli esaminati, le
suddette motivazioni. Credo si potrebbero individuare tre grandi categorie di
intervento. Innanzitutto, vi è il rapporto tra lo Stato e le autonomie. In
secondo luogo, vi è la fabbrica delle leggi: non me ne vogliano i colleghi, uso
tale termine per farci capire. Probabilmente, tale riforma sarà soggetta al
referendum popolare, quindi è giusto utilizzare un linguaggio comprensibile.
Esaminando l'articolo precedente abbiamo detto chiaro e tondo che per quanto
riguarda il procedimento legislativo vi è un gravissimo buco nero del progetto
di riforma che porterà non solo alla paralisi, ma all'immobilismo del sistema.
In terzo luogo, vi è la questione di fondo riguardante il premierato.
Per quanto riguarda il primo punto, la maggioranza separa Stato centrale ed
autonomie locali e rifiuta che il Senato sia davvero federale: ormai su questo
ci siamo dilungati e siamo convinti di avere oggettive argomentazioni che
difficilmente la maggioranza potrà confutare nel merito. La maggioranza con una
mano promette la devolution, dichiarando che molte materie saranno di
competenza esclusiva delle regioni, ma con l'altra riporta quasi tutto al
centro con poteri sostitutivi senza limiti e sulla base di un indefinito
interesse nazionale che consente di distruggere le leggi regionali.
Abbiamo una sommatoria di tre interventi: il classico conflitto di attribuzioni
tra lo Stato e le regioni, già normato; la clausola di supremazia; l'interesse
nazionale, che dimostra tutta la mancanza di una visione federale e di un
regionalismo avanzato. Con tale ultimo strumento si fa in modo che il
Parlamento intervenga per dire che una legge di una certa regione non è
conforme all'interesse nazionale. Si tratta di una clausola assolutamente
generica e vacua con cui annullare un procedimento legislativo.
Noi, ovviamente, non siamo assolutamente d'accordo. Il centrosinistra, nella
sua visione di riforma dello Stato, punta sulla cooperazione tra Parlamento,
Governo e autonomie, senza rigide separazioni di materie, bensì valorizzando un
Senato realmente federale, lo sottolineo, e non sedicente federale, eletto in
un momento diverso rispetto alla Camera, con rappresentanti delle autonomie
presenti a pieno titolo. Noi abbiamo cercato di portare avanti questa nostra
iniziativa, con precisi e puntuali interventi emendativi sul corpo delle
proposte legislative provenienti dal Senato, che hanno subito una prima
modifica in Commissione di merito e che successivamente sono state oggetto di
una profonda modifica nel periodo estivo. Tuttavia, queste nostre indicazioni
non sono state accolte, neppure con riferimento ad aspetti di interesse
minimale.
Per quanto riguarda la questione del procedimento legislativo, che ho definito
volgarmente la «fabbrica delle leggi», la maggioranza consente che su moltissime
leggi, quasi tutte quelle più importanti, il Senato, che non dà la fiducia al
Governo - cosa di non poco conto, anzi essenziale -, possa paralizzarne
l'approvazione; solo nel caso in cui il Presidente della Repubblica lo
consentisse, con una valutazione del tutto politica, il veto potrebbe essere
rimosso. È una norma non presente in alcun ordinamento democratico conosciuto
nel mondo; questo peraltro non vuol dire che noi non possiamo essere originali:
l'originalità va benissimo, ma ci vuole una coerenza di natura costituzionale,
che invece è assolutamente avulsa da questo contesto ed in modo particolare da
quella norma.
Noi del centrosinistra - è stato detto poc'anzi, ma lo richiamo succintamente -
prevediamo che, come in tutte le altre democrazie parlamentari, la Camera possa
approvare da sola, alla fine del percorso, la gran parte delle leggi. Non vi è
sistema federale al mondo - dato che in tale tipo di contesto il rapporto
politico fiduciario è con la Camera, per quanto riguarda il nostro paese, e con
il Bundestag, per quanto riguarda il sistema tedesco, ma potremmo
verificarlo anche nel caso degli altri sistemi federali -, in cui l'ultima
parola, per quanto riguarda le leggi, non spetti alla Camera che ha il rapporto
fiduciario con il Governo. Invece noi abbiamo costruito un sistema
assolutamente originale, ma, nella sua peculiarità, di assoluta negatività. Per
le leggi che involgono aspetti di maggiore delicatezza nei rapporti fra centro
e periferia, quindi tutte le cosiddette leggi cornice o leggi quadro, si
prevede che il Senato possa opporsi con l'ampia maggioranza dei tre quinti dei
componenti, cioè di gran parte delle autonomie.
Questa è dunque la nostra proposta, che abbiamo articolato in più proposte
emendative e che abbiamo discusso con voi, cercando forse fin troppo di
insistere, affinché possiate accogliere questa nostra prospettazione, che
peraltro non si riferisce solo ed esclusivamente ad una nostra volontà
emendativa, in quanto essa attribuisce funzionalità al sistema: la Camera che
ha il rapporto fiduciario politico in un sistema federale è in ultima istanza
l'organo abilitato a decidere, mentre il Senato, che è la Camera nella quale vi
è il confronto e la mediazione con i territori e dunque la rappresentanza
compiuta degli interessi di quei territori, è competente ad intervenire sulle
questioni di merito riguardanti le cosiddette leggi cornice, che fissano i
grandi indirizzi e i grandi principi di cui al terzo comma dell'articolo 70
della Costituzione, per poi eventualmente diventare un'assoluta protagonista,
rappresentando in tal modo compiutamente e veramente gli interessi delle
autonomie, quando una maggioranza dei tre quinti dei suoi componenti si
pronunci in quel contesto.
Questo sarebbe un sistema funzionante, una «fabbrica» del sistema delle leggi,
un procedimento legislativo con una sua testa ed una sua concretezza, che
qualora accolto permetterebbe al nostro paese di produrre leggi non solo
necessarie, ma anche effettivamente rappresentative degli interessi provenienti
dal paese stesso.
Questi sono due dei tre motivi di fondo, che mi riservo di approfondire in
dichiarazione di voto sulle varie proposte emendative, che ci inducono a
ribadire la nostra contrarietà (Applausi dei deputati del gruppo dei
Democratici di sinistra-L'Ulivo).
PRESIDENTE. Nessun altro chiedendo di parlare, invito il relatore ad esprimere il parere della Commissione.
DONATO BRUNO, Relatore.
Signor Presidente, ho cercato di prestare attenzione all'intervento del collega
Olivieri, ma sono in discussione proposte emendative soppressive presentate
all'articolo 9 sull'ineleggibilità ed incompatibilità. Il collega non ha
trattato assolutamente questo argomento, ma ha intrattenuto l'Assemblea su
questioni che, probabilmente, verranno affrontate successivamente.
Per quanto riguarda gli emendamenti in esame, la Commissione esprime parere
contrario sugli identici emendamenti Mascia 9.1 e Leoni 9.70.
PRESIDENTE. Il Governo?
ALDO BRANCHER, Sottosegretario di Stato per le riforme istituzionali e la devoluzione. Il Governo esprime parere conforme a quello del relatore.
PRESIDENTE. Avverto che, essendo
stati presentati esclusivamente due identici emendamenti soppressivi, sarà
posto in votazione il mantenimento dell'articolo.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul
mantenimento dell'articolo 9.
(Segue la votazione).
Dichiaro
chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi
votazioni).
(Presenti 445
Votanti 439
Astenuti 6
Maggioranza 220
Hanno votato sì
247
Hanno votato no 192).
(Esame dell'articolo 14 - A.C. 4862 ed abbinate)
PRESIDENTE. Passiamo all'esame
dell'articolo 14 e dell'unica proposta
emendativa
soppressiva ad esso presentata (vedi l'allegato A - A.C. 4862 ed abbinate
sezione 3).
Nessuno chiedendo di parlare, invito il relatore ad esprimere il parere della
Commissione.
DONATO BRUNO, Relatore. Signor Presidente, la Commissione esprime parere contrario sull'emendamento Bressa 14.70.
PRESIDENTE. Il Governo?
ALDO BRANCHER, Sottosegretario di Stato per le riforme istituzionali e la devoluzione. Il Governo esprime parere conforme a quello del relatore.
PRESIDENTE. Avverto che, essendo
stato presentato esclusivamente un emendamento soppressivo, sarà posto in
votazione il mantenimento dell'articolo.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Olivieri. Ne ha
facoltà.
LUIGI OLIVIERI. Signor Presidente, con l'articolo 15 si interviene sull'attuale articolo 72 della Costituzione. La norma disciplina le procedure legislative e l'organizzazione per...
DONATO BRUNO, Relatore. Onorevole Olivieri, stiamo parlando dell'articolo 14!
LUIGI OLIVIERI. Chiedo scusa, presidente, ma penso che ogni tanto si sbagli anche lei.
DONATO BRUNO, Relatore. Se vuole intervenire successivamente...
LUIGI OLIVIERI. Sì, interverremo anche
successivamente.
Signor Presidente, secondo le previsioni del vigente articolo 71 della
Costituzione, l'iniziativa delle leggi appartiene al Governo, a ciascun membro
delle Camere ed agli organi ed enti ai quali sia conferita da legge
costituzionale.
Con l'articolo 14 del suddetto provvedimento si intende sostituire il primo
comma dell'articolo 71 della Costituzione e prevedere che l'iniziativa delle
leggi appartenga al Governo, a ciascun membro delle Camere nell'ambito delle
rispettive competenze ed agli organi ed enti ai quali sia conferita da legge
costituzionale.
L'emendamento Bressa 14.70 si propone la soppressione dell'articolo 14; d'altra
parte, per tutti gli articoli abbiamo presentato emendamenti soppressivi per il
ragionamento complessivo svolto sinora, che poco fa ho cercato di richiamare e
che mi riservo di esplicitare meglio sugli articoli successivi.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul
mantenimento dell'articolo 14.
(Segue la votazione).
Dichiaro
chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi
votazioni).
(Presenti 461
Votanti 457
Astenuti 4
Maggioranza 229
Hanno votato sì
257
Hanno votato no 200).
Prendo atto che l'onorevole De Mita ha erroneamente espresso voto favorevole, mentre avrebbe voluto esprimere voto contrario.
(Esame dell'articolo 15 - A.C. 4862 ed abbinate)
PRESIDENTE. Passiamo all'esame
dell'articolo 15 e delle proposte
emendative
ad esso presentate (vedi l'allegato A - A.C. 4862 ed abbinate sezione 4).
Nessuno chiedendo di parlare, invito il relatore ad esprimere il parere della
Commissione.
DONATO BRUNO, Relatore. La
Commissione esprime parere contrario sugli identici emendamenti Mascia 15.1 e
Leoni 15.2, parere favorevole sull'emendamento Elio Vito 15.200 e formula un
invito al ritiro, altrimenti il parere è contrario, sull'emendamento Boato
15.3.
Il parere è contrario sui subemendamenti Mascia 0.15.201.2 e 0.15.201.4, nonché
sui subemendamenti Bressa 0.15.201.6 e Mascia 0.15.201.5, mentre il parere è
favorevole sull'emendamento Elio Vito 15.201.
La Commissione esprime parere contrario sull'emendamento Bressa 15.4 e sul subemendamento Boato 0.15.202.1; esprime invece parere favorevole sul subemendamento Boccia 0.15.202.2. Il parere è favorevole sull'emendamento Elio Vito 15.202, purché riformulato nel senso di sostituire la parola «regionale» con le seguenti: «delle regioni e delle province autonome», mentre il parere è contrario sugli emendamenti Perrotta 15.72 e 15.71, sugli emendamenti Leoni 15.44 e Tabacci 15.73, nonché sugli articoli aggiuntivi Boato 15.05 e Bressa 15.06.
PRESIDENTE. Il Governo?
ALDO BRANCHER, Sottosegretario di Stato per le riforme istituzionali e la devoluzione. Il Governo concorda con il parere espresso dal relatore.
PRESIDENTE. Vorrei rivolgere,
anche a nome dell'Assemblea, un saluto ai docenti e agli studenti impegnati
nella giornata di formazione a Montecitorio, iniziativa che riprende oggi e che
si svolgerà per l'intero anno scolastico. Si tratta degli studenti
dell'Istituto tecnico industriale «Copernico» di Pomezia - che, tra l'altro, fa
parte del mio collegio elettorale - e degli studenti dell'Istituto tecnico
commerciale per il turismo «Aldo Moro» di Monopoli (Applausi).
Passiamo alla votazione degli identici emendamenti Mascia 15.1 e Leoni 15.5.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Leoni. Ne ha
facoltà.
CARLO LEONI. Signor Presidente, da
questo articolo emergono tre argomenti molto significativi che vorrei, sin
dall'inizio, sottoporre alla sua attenzione e a quella di tutti i colleghi,
anche perché essi richiamano temi che percorrono l'insieme del provvedimento.
Mi riferisco all'aumento dei poteri del Governo, alla mancata condivisione da
parte della maggioranza di argomenti posti dai gruppi dell'opposizione riguardo
alle garanzie del Parlamento e della stessa opposizione e al pericolo di una
corsia preferenziale per iniziative politiche e legislative che in qualche modo
rimandino all'idea delle macroregioni.
La prima questione è contenuta nell'emendamento Elio Vito 15.201, e consiste
nel fatto che il Governo possa chiedere che, decorso il termine previsto dai
regolamenti per i disegni di legge presentati o fatti propri dal Governo, la
Camera dei deputati deliberi articolo per articolo e con votazione finale sul
testo proposto o fatto proprio dal Governo.
Come i colleghi possono notare molto chiaramente, perché questa volta le
intenzioni sono tradotte in modo limpido, l'obiettivo della maggioranza è
quello di fornire al Governo un ulteriore potere nei confronti del Parlamento.
Tale potere si aggiunge alla questione di fiducia, al voto conforme e alla
particolare corsia preferenziale nel calendario dei lavori dell'Assemblea per i
disegni di legge del Governo. Con riferimento all'ultimo punto, anche il nostro
gruppo ritiene congrua tale previsione e, infatti, esiste un emendamento a
nostra firma dove si propone tale meccanismo. Si è però arrivati al punto in
cui, scaduti i termini previsti, si prevedono soltanto le votazioni articolo
per articolo e quella finale. Se il collega Buontempo fosse presente, credo si
ribellerebbe anche in questo caso! Vorrei, però, sottoporre il problema a tutti
i colleghi, in particolare a quelli dell'Unione dei democratici cristiani e dei
democratici di centro. Infatti, dopo il voto di ieri soppressivo dell'articolo
24, abbiamo ascoltato autorevoli interventi da parte di colleghi di tale gruppo
nei quali si affermava che, con tale bocciatura, era stato provocato uno
squilibrio generale e che i poteri del Capo del Governo, rispetto al Presidente
della Repubblica, risultavano troppo sbilanciati. Non so se nel corso della
nottata è stato previsto uno strumento per procedere ad un nuovo bilanciamento,
come chiesto in quest'aula; se posso giudicare in base ai subemendamenti
presentati, direi che ciò non è avvenuto.
Comunque, siamo di fronte ad una norma che conferisce un nuovo potere
all'Esecutivo. Infatti, scaduti i termini previsti dal regolamento, si potranno
chiedere le votazioni articolo per articolo e poi il voto finale non solo
relativamente a disegni di legge del Governo, ma anche su quelli che il Governo
stesso intende fare propri. Questa è la prima enormità.
La seconda enormità, invece, riguarda le proposte di legge di iniziativa
regionale. Infatti è stata prevista una corsia assolutamente prioritaria per le
proposte di legge risultanti dal coordinamento tra più regioni, rispetto a
quelle di semplice iniziativa regionale. La filosofia sottesa a tale norma è
chiara a tutti; da tempo, infatti, settori della Lega - ma non solo - parlano
del progetto di costruire macroregioni o, comunque, di favorire le aggregazioni
tra le regioni più forti, idea esistente anche nel modo con cui è stato
prevista la composizione del Senato federale.
Infine, la terza enormità è quella di respingere gli emendamenti Leoni 15.44 e
Tabacci 15.73 che, se pur in modo diverso, pongono un'identica questione,
suggerita anche dalla maggior parte dei costituzionalisti e fatta propria dalla
cultura democratica che intende costruire i contrappesi e i bilanciamenti
rispetto al sistema elettorale maggioritario. Si tratta della possibilità, a
certe condizioni, di ricorrere alla Corte costituzionale, qualora una certa
quota dei componenti della Camera ravvisi vizi nel procedimento di approvazione
di una legge. È chiaro che non stiamo parlando di ricorsi di merito o di
legittimità, bensì di vizi nel procedimento. Vi accingete a bocciare il nostro
emendamento, respingendo per l'ennesima volta proposizioni presentate da quella
che oggi è l'opposizione, che invece intende inserire nel sistema politico
maggioritario alcuni elementi di garanzia.
Il mancato accoglimento dei nostri emendamenti induce il gruppo dei Democratici
di sinistra-L'Ulivo ad esprimere un voto contrario sull'articolo 15, nonché a
chiedere a tutti i colleghi di esprimere un voto favorevole sugli emendamenti
soppressivi.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà.
GIANCLAUDIO BRESSA. Signor Presidente,
stiamo discutendo di procedure legislative e di organizzazione per Commissioni.
Sono temi apparentemente innocui e, se fossimo in condizioni normali, non
sarebbe possibile immaginare stravolgimenti del diritto costituzionale. Ma
anche nella trattazione di tali argomenti, non centrali rispetto al dibattito
costituzionale, riuscite a superare voi stessi. In qualche modo, con questa
controriforma, state ridisegnando i confini tra la politica e il diritto
costituzionale.
Attraverso la ridefinizione della forma di governo e per il tramite di questa,
state espandendo l'area della politica in modo abnorme, facendo al tempo stesso
arretrare il diritto costituzionale e le sue regole dalle posizioni
storicamente definite in tutte le Costituzioni democratiche.
Sottopongo all'attenzione dell'Assemblea due esempi. Il primo è dato
dall'emendamento Elio Vito 15.201, al quale ha fatto riferimento poc'anzi il
collega Leoni. In virtù di tale emendamento, il Governo può chiedere che,
decorso il termine, la Camera dei deputati deliberi articolo per articolo e con
votazione finale sul testo proposto o fatto proprio dal Governo stesso. Non si
tratta più di porre all'ordine del giorno la questione, affrontata anche da
parte nostra, dell'opportunità che il Governo possa avere una corsia
preferenziale per far approvare provvedimenti considerati indispensabili per la
sua azione. Tale questione, affrontata anche dalla Commissione bicamerale, può
trovare una soluzione piana, da noi proposta, che illustreremo successivamente.
Invece, utilizzate anche questa occasione per attribuire un ulteriore potere
non tanto al Governo, bensì al primo ministro. La vostra organizzazione del
Governo, infatti, è «presidentocentrica»: il primo ministro è tutto ed ha un
rapporto con il suo Governo da «padre padrone». Dunque, mettete in capo al
primo ministro un ulteriore potere nei confronti del Parlamento, avvilendo
ancora di più il ruolo di quest'ultimo. Si prevede che la Camera deliberi
articolo per articolo e con votazione finale sul testo proposto: non sarà
possibile neppure esercitare la più normale delle funzioni parlamentari, vale a
dire quella di proporre emendamenti!
Vi rendete conto del livello di bassezza al quale state riducendo la funzione
del Parlamento e l'attività del parlamentare? Onorevoli colleghi della
maggioranza, vi è un'eccessiva spensieratezza: state votando una cosa
abominevole con un'apparente serenità, che certamente non vi fa onore. Poiché
ciascuno di voi in è grado di comprendere esattamente quello che sta avvenendo,
viene da pensare che la pressione politica alla quale siete sottoposti ottunda
qualsiasi vostra capacità di discernimento, e dunque approvate anche cose
indicibili.
Il secondo esempio è relativo alle macroregioni. È ben vero che è stato
compiuto un passo in avanti, uscendo dalla follia, partorita dal Senato, di
organizzare le Commissioni parlamentari per aree territoriali, quasi a voler
prefigurare, in modo improprio, governi di regioni della nostra Repubblica.
PRESIDENTE. Onorevole Bressa, la prego di concludere.
GIANCLAUDIO BRESSA. Concludo, signor Presidente. Anche l'ipotesi proposta dall'emendamento Elio Vito 15.202 è scarsamente comprensibile: non si capisce perché, quando più regioni adottino la stessa iniziativa legislativa, debbano avere priorità rispetto alle altre. Anche in tale proposta vi è il senso, completamente distorto, della vostra concezione del federalismo.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mascia. Ne ha facoltà.
GRAZIELLA MASCIA. Signor Presidente,
abbiamo presentato non soltanto un emendamento soppressivo dell'articolo in
esame, ma anche alcuni emendamenti volti a sopprimerne le singole parti che non
condividiamo e che riteniamo si collochino in assoluta continuità con le norme
sul procedimento legislativo e con la filosofia dell'impianto normativo che
stiamo esaminando.
L'approvazione dell'emendamento soppressivo consentirebbe di mantenere il testo
della norma costituzionale attualmente vigente, che sarebbe assolutamente
pertinente ed esaustivo anche rispetto a qualsiasi modifica delle norme
costituzionali fosse successivamente adottata: infatti, tutto ciò che deve
essere regolamentato, è già previsto.
Non è un caso che le modifiche introdotte riguardino i poteri del Governo e
determinino lo svilimento del ruolo del Parlamento nonché, come hanno
sottolineato gli onorevoli Leoni e Bressa, l'introduzione di un'ulteriore lobby
di pressione sul Senato, costituita dalle macroregioni.
Voglio sottolineare alcuni tra gli aspetti più rilevanti di questa materia, fra
i quali annovero sia le conseguenze sul piano sociale che questa modifica della
seconda parte della Costituzione comporterà dal punto di vista
giuridico-costituzionale sia lo squilibrio, lo sconquasso nell'equilibrio tra
poteri che ci si accinge ad introdurre. Non è un caso se in quest'ultima
occasione si assegnano al primo ministro dei poteri di intervento, di stabilire
priorità e l'ordine del giorno, persino di assumere proprie deliberazioni
esclusivamente con una votazione finale da parte del Parlamento. Tali ipotesi
rientrano nella concezione di un primo ministro non sottoposto a limiti (o
almeno lo è solo parzialmente); ma questo impianto è l'antitesi stessa del
costituzionalismo e della sua esigenza essenziale di sottoporre il potere a
regole per limitarlo ed evitarne l'esercizio arbitrario. Questo è il tema di
fondo che ricorre in tutto l'impianto di questa modifica costituzionale.
Penso che questa sarà la denuncia più forte che noi porteremo al di fuori di
quest'aula (Applausi dei deputati del gruppo di Rifondazione comunista).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Soda. Ne ha facoltà.
ANTONIO SODA. Vorrei rivolgermi al
Governo e al relatore. Abbiamo escluso dalle normali procedure i trattati
politici, quelli che comportano spese e variazioni di legge. Inoltre abbiamo
escluso anche l'approvazione dei bilanci. Qual è la ragione che porta a tali
esclusioni e quindi al ricorso ad una procedura abbreviata?
È vero che, a volte, giungono in aule distratte anche 10, o persino 14, ratifiche
di trattati. Ma in molti trattati si nascondono scelte politiche di fondo che
incidono sul nostro sistema economico e sui rapporti con l'Europa e con altri
paesi. Chiedo quale sia la ragione per la quale la procedura abbreviata o
semplificata è applicabile a leggi di così rilevante importanza.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sugli identici
emendamenti Mascia 15.1 e Leoni 15.5, non accettati dalla Commissione né dal
Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro
chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi
votazioni).
(Presenti 442
Votanti 436
Astenuti 6
Maggioranza 219
Hanno votato sì
189
Hanno votato no 247).
Prendo
atto che gli onorevoli Crucianelli, Grillo e Sanza non sono riusciti ad
esprimere il proprio voto.
Prendo atto altresì che gli onorevoli Brusco e Paolo Russo non sono riusciti a
votare ed avrebbero voluto esprimere voto contrario.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico,
sull'emendamento Elio Vito 15.200, accettato dalla Commissione e dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro
chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi
votazioni).
(Presenti 468
Votanti 317
Astenuti 151
Maggioranza 159
Hanno votato sì
275
Hanno votato no 42).
Passiamo
alla votazione dell'emendamento Boato 15.3.
Chiedo ai presentatori se accedano all'invito al ritiro del subemendamento
Boato 15.3, rivolto loro dal relatore.
GIANCLAUDIO BRESSA. Sì, signor Presidente.
PRESIDENTE. Sta bene.
Passiamo alla votazione del subemendamento Mascia 0.15.201.2.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Deiana. Ne ha
facoltà.
ELETTRA DEIANA. Il contenuto del
nostro subemendamento va nella direzione di quanto fin qui ampiamente illustrato
dal nostro gruppo e poc'anzi evidenziato dall'onorevole Mascia. Intendiamo
assolutamente evitare - lo denunciamo e lo denunceremo - il tentativo di
svuotare il ruolo del Parlamento, di rendere la Camera politica una sorta di
ufficio notarile del Presidente del Consiglio, del Governo, e farne, di
conseguenza, uno strumento agli ordini della maggioranza di turno.
Con questo subemendamento soppressivo di parte dell'emendamento 15.201,
intendiamo riaffermare l'autonomia e la sovranità della Camera politica, il suo
ruolo legislativo e la sua indipendenza rispetto al Governo. Invece, la
proposta avanzata dalla maggioranza subordina l'attività e le funzioni della
Camera alle iniziative e ai diktat del Governo.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul
subemendamento 0.15.201.2, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro
chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi
votazioni).
(Presenti 457
Votanti 277
Astenuti 180
Maggioranza 139
Hanno votato sì
24
Hanno votato no 253).
Passiamo
alla votazione del subemendamento Mascia 0.15.201.4.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Alfonso Gianni. Ne
ha facoltà.
ALFONSO GIANNI. Signor Presidente, se
lei insiste, parlo volentieri... In questo caso capovolgiamo con una negazione
il senso dell'emendamento Elio Vito 15.201, cui si riferisce il nostro
subemendamento Mascia 0.15.201.4. Si tratta, evidentemente, di una
sottolineatura polemica nei confronti di una realtà che, purtroppo, è già
presente nella nostra Camera e figuriamoci cosa accadrà nella Camera ridisegnata
da questa riforma o controriforma istituzionale, come io preferisco chiamarla.
Già in questa legislatura, dai dati relativi alla chiusura dell'anno 2003,
emerge che oltre il 51 per cento dei disegni di legge sono stati o conversione
di decreti-legge o leggi delega o leggi di iniziativa governativa. In sostanza,
per la prima volta nella storia del Parlamento, almeno dal punto di vista
statistico, siamo già di fronte ad un'inversione di tendenza, vale a dire
l'Esecutivo è più legislativo di quanto non sia legislativo il potere
legislativo.
Con questa controriforma peggioreremmo questa situazione. Vogliamo sollevare
tale questione di carattere generale perché siamo di fronte ad un radicale
capovolgimento dei poteri e delle funzioni, nel senso che uno fa quello che
dovrebbe fare l'altro.
Effettivamente, questo non è sopportabile in un sistema di democrazia liberale (Applausi
dei deputati del gruppo di Rifondazione comunista).
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul
subemendamento Mascia 0.15.201.4, non accettato dalla Commissione né dal
Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro
chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi
votazioni).
(Presenti 457
Votanti 271
Astenuti 186
Maggioranza 136
Hanno votato sì
19
Hanno votato no 252).
Passiamo
alla votazione del subemendamento Bressa 0.15.201.6.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bressa. Ne ha
facoltà.
GIANCLAUDIO BRESSA. Signor Presidente, il
diritto costituzionale, come abbiamo più volte affermato, è ad un tempo il fine
e il confine della politica. Della politica cerca di delimitare l'area in cui
può svolgersi, principalmente a mezzo della definizione di regole, e ne orienta
le manifestazioni verso i valori fondamentali dell'ordinamento: fine e confine
della politica. Analizziamo, allora, con questa chiave di lettura la parte
dell'emendamento Elio Vito 15.201 che vogliamo sopprimere: «Il Governo può
inoltre chiedere che, decorso il termine, la Camera dei deputati deliberi
articolo per articolo e con votazione finale sul testo proposto o fatto proprio
dal Governo».
In questo caso si vede come la politica, il Governo, l'espressione massima
della politica del Governo non abbia nessuna regola rispetto al Parlamento
perché può imporre allo stesso non solo argomenti ma anche modalità di voto.
Allora, il valore fondante dell'ordinamento che vogliamo far apparire
attraverso questo emendamento è che l'unica cosa che veramente vale nella
vostra visione costituzionale è il Governo e i suoi poteri. Voi state
costruendo una riforma costituzionale tutta schiacciata dalla parte del potere
del Governo: tutto ciò è un qualcosa di culturalmente inaccettabile, che vi
pone al di fuori di qualsiasi cultura costituzionale moderna. Anche in questi
piccoli dettagli si vede la vostra protervia verso il perseguimento di un fine
che è la negazione del costituzionalismo moderno.
Vi rendete conto del paradosso in cui ci state cacciando e state cacciando il
paese? State costruendo una Costituzione in cui l'unico potere che conta
davvero è quello del primo ministro: un uomo solo al comando, l'ho detto anche
altre volte, a noi piace solo nel ciclismo, mentre in politica e in
Costituzione è inammissibile!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Olivieri. Ne ha facoltà
LUIGI OLIVIERI. Signor Presidente,
penso che il nostro subemendamento, poc'anzi illustrato dal collega Bressa,
metta in evidenza la forte diversità di cultura tra noi e voi per quanto
riguarda la centralità del Parlamento. Anche noi riconosciamo - un emendamento
successivo evidenzierà tutto ciò - la necessità che il Governo possa avere una
sua priorità nell'ambito del calendario e, quindi, dei lavori della Camera, ma
non possiamo assolutamente tollerare e neppure condividere neanche lontanamente
la possibilità che venga persino a dettare i tempi sui quali e nei quali la
Camera debba fare il proprio lavoro e il proprio mestiere legislativo.
Quindi, siamo di fronte ad una norma priva di logica, se veramente vogliamo
mantenere il necessario rapporto tra potere esecutivo e potere legislativo.
L'Esecutivo ha la sua priorità per quanto riguarda il calendario, ma non può
pensare di dettare i tempi entro i quali il Parlamento deve legiferare.
Per questo motivo, invitiamo tutti i colleghi a votare a favore del nostro
subemendamento, perché volto ad eliminare un'ulteriore bruttura che va a
configurare un primo ministro veramente «strapotente» rispetto ad un Parlamento
indebolito (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di
sinistra-L'Ulivo).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Boato. Ne ha facoltà.
MARCO BOATO. Signor Presidente, il
collega Olivieri, giustamente, ha fatto riferimento all'emendamento Bressa 15.4
che recita: «Su richiesta del Governo sono inseriti con priorità nel calendario
ed iscritti all'ordine del giorno delle Camere, secondo le norme dei rispettivi
regolamenti, i disegni di legge presentati o accettati dal Governo ». Ho voluto
leggere il contenuto di quest'emendamento, che potrebbe essere precluso
dall'approvazione dell'emendamento Elio Vito 15.201, per dimostrare che, da parte
del centrosinistra, vi è la piena assunzione di responsabilità rispetto ad un
corretto rapporto tra Governo e Parlamento e rispetto all'esigenza che il
Governo, quale che esso sia pro tempore, possa vedere inseriti nel
calendario con priorità i propri provvedimenti ed avere la certezza che i
medesimi siano discussi in Parlamento.
Ciò che non condividiamo è che a questo primo periodo, formulato in termini un
po' diversi da quelli che abbiamo utilizzato noi, ma sostanzialmente
condivisibile (tant'è vero che, poc'anzi, non abbiamo votato a favore del
subemendamento soppressivo del primo periodo dell'emendamento Elio Vito
15.201), se ne aggiunga un altro che recita: «Il Governo può, inoltre, chiedere
che, decorso il termine, la Camera dei deputati deliberi articolo per articolo
e con votazione finale sul testo proposto o fatto proprio dal Governo». È una
forma di fiducia impropria. Quindi, vi sono tutti i meccanismi di fiducia con
la deterrenza di scioglimento della Camera che abbiamo già esaminato e che esamineremo
ancora all'articolo 94, ma si aggiunge un ulteriore strumento di forzatura
dell'autonomia del Parlamento che ci sembra inaccettabile, proprio perché al
primo periodo dell'emendamento Elio Vito 15.201 si stabilisce che devono essere
«votati entro tempi certi».
È
questa la garanzia di un equilibrato rapporto fra Parlamento e Governo, come
noi stessi prospettiamo con l'emendamento Bressa 15.4. Questo è un di più che
costituisce un'inaccettabile forzatura costituzionale, anche perché si aggiunge
al voto di fiducia e alla cosiddetta clausola di essenzialità, votata
all'articolo 13. Tutto il sistema, così com'è costruito, diventa inaccettabile,
anche quando si parte da un'esigenza che era stata condivisa anche da noi.
Per questo motivo, esprimeremo un voto a favore sul subemendamento Bressa
0.15.201.6, soppressivo del secondo periodo, e un voto contrario
sull'emendamento Elio Vito 15.201.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Mantini. Ne ha facoltà.
PIERLUIGI MANTINI. Signor Presidente,
siamo in presenza dell'elemento che emerge in tutte le materie e gli articoli
di questa riforma costituzionale, ossia la mancanza di equilibrio. Come
ricordavano i colleghi, non contestiamo la previsione di procedure privilegiate
per rafforzare l'efficacia dell'iniziativa del Governo, ma poniamo ovviamente
la condizione che non si arrivi ad un testo di sapore nettamente regolamentare
e che vi siano contrappesi per l'opposizione. Chiediamo, soprattutto - avremo
modo di riparlarne - che si preveda la possibilità di far ricorso diretto alla
Corte costituzionale, facoltà che avete eliminato. Ora, è prevista una
procedura rafforzata e privilegiata del Governo ed inopportunamente dettagliata
che presenta quei rischi che già il collega Boato illustrava e che invece
avrebbero dovuto essere valutati in sede regolamentare.
Soprattutto, vi è la mancanza di equilibrio, di contrappesi; a fronte del
rafforzamento dei poteri del Governo in Parlamento non vi è alcuna misura di
analogo tenore nei confronti delle opposizioni, al fine di ricreare un
equilibrio conforme ai principi costituzionali.
Si sarebbe forse potuto approfittare di questa situazione e di questa occasione
anche per fare una riflessione più approfondita sul procedimento legislativo -
ovviamente senza regolare tutto in Costituzione - e considerare l'importanza
che potrebbe avere la discussione, alla quale tutti i parlamentari possono
partecipare, sulle linee generali dei provvedimenti, affidando un maggior ruolo
alle Commissioni in sede redigente. Si sveltirebbero in questo modo i lavori
parlamentari. Ma, anche sotto questo profilo, dobbiamo dire che si tratta di
un'occasione persa.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul
subemendamento Bressa 0.15.201.6, non accettato dalla Commissione né dal
Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro
chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi
votazioni).
(Presenti 446
Votanti 444
Astenuti 2
Maggioranza 223
Hanno votato sì
192
Hanno votato no 252).
Passiamo alla votazione del subemendamento Bressa 0.15.201.5. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Deiana. Ne ha facoltà.
ELETTRA DEIANA. Signor Presidente, ancora un emendamento da parte nostra, un «non» che dovrebbe costituire un grande paletto contro quello che è il pericolo di un vero e proprio sconquasso dell'ordinamento democratico del nostro paese, un capovolgimento del rapporto tra i poteri, con un superdimensionamento del potere dell'Esecutivo. Noi vogliamo limitare fortemente questa tendenza, che già peraltro si è affermata con lo straordinario ricorso - già da molto tempo - alla decretazione d'urgenza da parte del Governo, contravvenendo ai limiti e alle urgenze stabilite in sede di Carta costituzionale ed ai limiti posti alle urgenze del Governo. Ma oggi con la proposta della maggioranza ci troveremmo di fronte ad una crescita senza controllo del potere esecutivo e non ad una riduzione, ma ad una evanescenza definitiva del potere legislativo, ad una espropriazione della sovranità legislativa del Parlamento e ad una attribuzione senza limiti di sovranità legislativa all'esecutivo, quindi, con una metamorfosi radicale e sostanziale della differenza delle funzioni tra esecutivo e legislativo, al punto che il Governo può decidere di chiedere alla Camera come procedere nella deliberazione del procedimento, articolo per articolo, e, quindi, sostanzialmente con una sostituzione mostruosa della funzione e, ripeto, un sovvertimento lesivo dei principi della democrazia, dei poteri. Questo è quello che voi state preparando: un Parlamento ridotto a camera, ufficio notarile del Governo e della maggioranza, privo di poteri e quindi sostanzialmente con una evidenza di quello che voi intendete per sovranità popolare, cioè con un popolo che si affida al suo capo, secondo la peggiore tradizione plebiscitaria, peronista e non so bene quale altro aggettivo trovare per definire il vostro progetto antidemocratico (Applausi dei deputati del gruppo di Rifondazione comunista).
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico,
sull'emendamento Mascia 0.15.201.5, non accettato dalla Commissione né dal
Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro
chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi
votazioni).
(Presenti 454
Votanti 348
Astenuti 106
Maggioranza 175
Hanno votato sì
87
Hanno votato no 261).
Prendo
atto che l'onorevole Mazzoni non è riuscita ad esprimere il proprio voto.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Elio Vito 15.201, che preclude il
successivo.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Maran. Ne ha
facoltà.
ALESSANDRO MARAN. Signor Presidente,
colleghi, l'istituto che si introduce, nel secondo comma dell'articolo 94 - una
sorte di questione di Governo, secondo la quale il primo ministro può chiedere
che la Camera dei deputati si esprima con priorità su ogni altra proposta, con
voto conforme alle proposte del Governo - è già stato oggetto di puntuali
osservazioni critiche, di proposte tendenti a limitarne il campo di
applicazione, e questo fin dalle audizioni svolte nei mesi scorsi.
Con la questione di governo, il primo ministro diventerebbe, infatti, il dominus
della funzione legislativa ed ogni sua proposta dovrebbe essere approvata
dall'Assemblea, così ridotta ad un organo di esecuzione. Ciò determinerebbe una
vera e propria torsione dell'istituto, del tutto anomala, con esiti ben più
gravi, in caso di reiezione, rispetto al meccanismo normale della questione di
fiducia. Infatti, quest'ultima, se approvata, produce come risultato l'obbligo
di dimissioni da parte del Presidente del Consiglio, mentre il voto contrario
sulla questione di governo comporterebbe, come conseguenza principale, lo
scioglimento della Camera dei deputati.
Questa sorta di questione di governo avrebbe un campo di applicazione molto più
ampio di quello attuale; resterebbe esclusa la possibilità di porre l'istituto
sull'intero progetto di legge o su taluni disegni di legge quali quelli
costituzionali, esplicitamente lasciati fuori dalla previsione. Poiché non sono
indicate altre esclusioni, la questione potrebbe essere posta sugli oggetti più
disparati, su istituti come la verifica delle elezioni o l'autorizzazione a
procedere. Si avrebbe inoltre una questione di governo decisa esclusivamente
del primo ministro poiché manca, nel progetto di riforma, qualsiasi riferimento
al Consiglio dei ministri.
Poste queste forzature, è stato suggerito, in alternativa, di adottare le
misure previste dall'articolo 102 del progetto di riforma varato della
Commissione bicamerale, in base alle quali viene riconosciuta al Governo la
disponibilità dell'ordine del giorno dell'Assemblea. Tale questione viene
ripresa con l'emendamento in questione, secondo il quale il Governo può
chiedere che un disegno di legge sia votato entro una data determinata - si
tratta, come si suol dire, di una vera e propria ghigliottina - e che, decorso
il termine, la Camera deliberi su ciascun articolo con gli emendamenti proposti
o accettati dallo stesso Governo.
Ma quel che non è possibile immaginare è che si determini l'abbinamento di tali
istituti; abbinamento, per esempio, di una questione di Governo e del voto
bloccato. Un tale intervento alla fine, nel complesso, emarginerebbe
completamente la Camera dal circuito legislativo. Così com'è capitato con
l'interesse nazionale e con la clausola di salvaguardia - unico sistema
federale in cui vengono adottate entrambe le misure sostitutive del controllo
di merito -, anche in questo caso si propone l'abbinamento di due istituti
equivalenti. Si dà quindi al Governo la facoltà di utilizzare più leve che
possono intervenire, in un caso, per consentire al Governo medesimo di
sostituirsi alle regioni e ai governi territoriali, in questo caso, per emarginare
completamente la Camera dal circuito legislativo.
Questa è una previsione che noi non possiamo sostenere (Applausi dei
deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà.
GIANCLAUDIO BRESSA. Lei, Presidente,
giustamente ha fatto presente all'Assemblea come, in caso di approvazione
dell'emendamento Elio Vito 15.201, il mio emendamento 15.4 risulterà precluso.
Però, vorrei che non perdessimo l'occasione di valutare cosa prevedeva questo
emendamento.
Tale proposta, a prima firma del sottoscritto, riprendeva la lettera e la
sostanza delle discussioni intervenute ai tempi della cosiddetta Bicamerale
D'Alema. Abbiamo riproposto, insieme a tutti i colleghi del centrosinistra,
quella che riteniamo sia una corretta visione dei rapporti tra Governo e
Parlamento, prevedendo che «su richiesta del Governo sono inseriti con priorità
nel calendario ed iscritti all'ordine del giorno delle Camere, secondo le norme
dei rispettivi regolamenti, i disegni di legge presentati o accettati dal
Governo».
PRESIDENTE. Onorevole...
GIANCLAUDIO BRESSA. In questo testo vi è un rapporto equilibrato tra poteri; il Governo ha diritto che siano trattati dall'Assemblea parlamentare in tempi certi provvedimenti che ritiene essenziali per l'attuazione del suo programma, ma ciò nel rispetto dell'autonomia del Parlamento, della funzione legislativa del Parlamento e, soprattutto, dei regolamenti che le due Camere si sono date.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico,
sull'emendamento Elio Vito 15.201, accettato dalla Commissione e dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro
chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi
votazioni).
(Presenti 449
Votanti 444
Astenuti 5
Maggioranza 223
Hanno votato sì244
Hanno votato no 200).
Prendo
atto che l'onorevole Sanza non è riuscito ad esprimere il proprio voto.
Avverto che risulta così precluso l'emendamento Bressa 15.4.
Onorevoli colleghi, prima di passare al successivo punto all'ordine del giorno,
esamineremo le restanti proposte emendative riferite all'articolo 15.
Passiamo
alla votazione del subemendamento Boato 0.15. 202.1.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bressa. Ne ha
facoltà.
GIANCLAUDIO BRESSA. Signor Presidente,
intervengo per precisare che il subemendamento in esame fa riferimento alla
parte dell'emendamento Elio Vito 15.202 in cui si stabilisce che le proposte di
legge di iniziativa regionale vengano iscritte all'ordine del giorno della
Camera competente, con priorità per quelle adottate da più consigli o assemblee
regionali in coordinamento tra di loro.
Vorrei comprendere quale sia la ratio alla base della citata proposta
emendativa. Normalmente, infatti, quando si predispone una determinata norma,
deve sussistere una ragione di fondo, a maggior ragione se ci accingiamo a
modificare la Costituzione. Qual è, allora, la ragione di fondo che ci induce a
considerare prioritaria l'iniziativa legislativa assunta da più regioni
rispetto a quella di una singola regione?
Anche in questo caso, dunque, voi dimostrate la vostra scarsità di cultura
politica e costituzionale, poiché ragionate sempre e solo in termini di numeri:
per voi, infatti, è la forza l'elemento portante sia della politica, sia della
Costituzione. Perfino nell'ambito di una questione così elementare, come
potrebbe essere il fatto di porre tutte le regioni su un piano di parità per
quanto concerne l'iniziativa legislativa regionale, scivolate in questa
dimensione incentrata sulla forza, che vi condiziona...
PRESIDENTE. Onorevole Bressa, concluda!
GIANCLAUDIO BRESSA. ...irrimediabilmente - ahimè - in ogni vostro atto politico e riformatore.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Olivieri. Ne ha facoltà.
LUIGI OLIVIERI. Signor Presidente, il
collega Bressa ha già illustrato i motivi della presentazione del nostro
subemendamento, che sottoponiamo all'esame dell'Assemblea, nell'auspicio che
possa essere approvato.
Vorrei dire che non abbiamo assolutamente compreso la ragione per cui,
nell'ambito del sistema che state delineando, conti non la qualità delle
proposte legislative, bensì quanti consigli regionali - sappiamo che è stato
presentato un subemendamento anche su tale punto - presentino alle Camere, per
il loro esame, le proposte di legge di iniziativa regionale.
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE FABIO MUSSI (ore 13)
LUIGI OLIVIERI. Ciò a meno che non vi
sia una riserva mentale rispetto ad altre norme, previste successivamente
dall'articolo 43 del provvedimento in esame, recante le disposizioni
transitorie.
È questo, dunque, il motivo per cui chiediamo che nell'emendamento Elio Vito
15.202 venga soppressa la locuzione «con priorità per quelle adottate da più
consigli o assemblee regionali in coordinamento tra di loro»; pertanto,
invitiamo l'Assemblea ad approvare il subemendamento Boato 0.15.202.1.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul
subemendamento Boato 0.15.202.1, non accettato dalla Commissione né dal
Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro
chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi
votazioni).
(Presenti 445
Votanti 444
Astenuti 1
Maggioranza 223
Hanno votato sì
199
Hanno votato no 245).
Passiamo al subemendamento Boccia 0.15.202.2.
DONATO BRUNO, Relatore. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
DONATO BRUNO, Relatore.
Signor Presidente, intervengo per ricordare che avevo proposto ai presentatori
una riformulazione dell'emendamento Elio Vito 15.202; pertanto, chiedo la
stessa cortesia al collega Boccia. Il parere sulla sua proposta emendativa
rimane favorevole; tuttavia, ai fini del coordinamento del testo, nel suo
subemendamento, dopo la parola «regioni», propongo di aggiungere l'espressione
«o province autonome».
Con tale ulteriore integrazione, confermerò il parere favorevole già espresso
dalla Commissione; invito pertanto l'onorevole Boccia ad aderire a tale
richiesta di riformulazione.
PRESIDENTE. Chiedo all'onorevole Boccia se acceda alla riformulazione proposta dal relatore.
ANTONIO BOCCIA. Signor Presidente, mi scusi, ma si tratta di una questione un po' sottile. Infatti, avevo chiesto al relatore, onorevole Bruno, di riflettere sull'inserimento delle parole «e province autonome», anziché «o provincie autonome», poiché non si tratta della stessa cosa.
PRESIDENTE. Onorevole relatore?
DONATO BRUNO, Relatore. Signor Presidente, la riformulazione che propongo è nel senso di aggiungere le parole «e province autonome», così come per il successivo emendamento Elio Vito 15.202.
PRESIDENTE. Non in senso
disgiuntivo, insomma: la riformulazione è nel senso di aggiungere l'espressione
«e province autonome».
Prendo atto che l'onorevole Boccia accede alla riformulazione proposta dal
relatore.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul
subemendamento Boccia 0.15.202.2, nel testo riformulato, accettato dalla
Commissione e dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro
chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi
votazioni).
(Presenti 451
Votanti 442
Astenuti 9
Maggioranza 222
Hanno votato sì
442).
Passiamo
alla votazione dell'emendamento Elio Vito 15.202.
Avverto che, ove fosse approvato tale emendamento, risulterebbero preclusi i
successivi emendamenti Perrotta 15.72 e 15.71.
Ricordo anche che il parere del relatore sull'emendamento Elio Vito 15.202 è
favorevole subordinatamente alla seguente riformulazione: sostituire le parole
«le proposte di legge di iniziativa regionale» con le seguenti: «le proposte di
legge di iniziativa delle regioni e delle province autonome».
Prendo atto che i presentatori dell'emendamento Elio Vito 15.202 accedono alla
riformulazione proposta dal relatore.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Olivieri. Ne ha
facoltà.
LUIGI OLIVIERI. Signor Presidente,
voglio richiamare il nostro giudizio negativo sull'emendamento Elio Vito
15.202, che abbiamo avuto modo di articolare in modo preciso intervenendo sui
subemendamenti che tentavano - anche se non vi siamo purtroppo riusciti - di
migliorare la proposta emendativa in esame.
La motivazione è molto semplice: non vi è alcuna ragione perché, nell'ambito
dell'esame delle proposte di iniziativa regionale, vi sia una priorità nel caso
in cui tali proposte provengano da più consigli o assemblee regionali in
coordinamento tra di loro. La logica parlamentare ed il buonsenso indicano che
le proposte hanno un proprio ordine cronologico e, semmai, anche un proprio
ordine di qualità. Affermare che, invece, l'ordine è di natura quantitativa,
dal punto di vista dei proponenti, è un'irrazionalità e per questo ribadiamo il
nostro voto contrario.
PRESIDENZA DEL PRESIDENTE PIER FERDINANDO CASINI (ore 13,05).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà.
GIANCLAUDIO BRESSA. Signor Presidente, questo è un modo assolutamente improprio, surrettizio e sbagliato di introdurre l'idea delle macroregioni come un dato politicamente sovraordinato e più forte delle regioni normali. È un tentativo sottile di far passare in Costituzione un principio per noi inaccettabile. Le regioni sono tutte uguali. Non vi è nessuna diversità di peso politico. Di fronte all'iniziativa legislativa, non vale il numero delle regioni che la presentano, ma la qualità e la priorità logico-sistematica delle proposte avanzate.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Boccia. Ne ha facoltà.
ANTONIO BOCCIA. Signor Presidente,
voglio chiedere un attimo di attenzione al presidente Bruno, perché, a
prescindere dalle questioni di merito sollevate, rifletta sulla frase «le
iniziative siano poste all'ordine del giorno della Camera». Non si capisce bene
se ciò significhi inserirle nel programma dei lavori o nell'ordine del giorno
dell'Assemblea. Un conto è porle nel programma dei lavori, altro porle
all'ordine del giorno dell'Assemblea.
Se si trattasse dell'ordine del giorno dell'Assemblea, sarebbe una norma
veramente regolamentare e, dunque, non vedo il bisogno di scriverla in
Costituzione. Se, invece, si vuole dire che l'intera Camera, comprese quindi le
Commissioni, debbono dare precedenza a tali proposte, allora probabilmente
andrebbe adottata una nuova formulazione. Tale priorità, altrimenti, che ha i
difetti dei quali si parlava, finirebbe per essere una norma più propriamente
inseribile nel regolamento di funzionamento delle Camere, magari con un ordine
del giorno, che nella Costituzione.
Penso pertanto che una riflessione in merito non sarebbe inopportuna.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico,
sull'emendamento Elio Vito 15.202, nel testo riformulato, come subemendato,
accettato dalla Commissione e dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro
chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi
votazioni).
(Presenti 431
Votanti 428
Astenuti 3
Maggioranza 215
Hanno votato sì
248
Hanno votato no 180).
Prendo
atto che l'onorevole Buontempo non è riuscito ad esprimere il proprio voto.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Leoni 15.44.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale,
l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà.
GIANCLAUDIO BRESSA. Signor Presidente,
poniamo una questione estremamente rilevante alla quale avevamo fatto cenno
anche in precedenza, e che, invece, è stata da voi completamente disattesa.
Un quarto dei componenti di una Camera può promuovere la questione di
legittimità costituzionale per vizi del procedimento di una legge entro cinque
giorni dalla sua approvazione definitiva. La Corte costituzionale si pronuncia
entro venti giorni.
In questo nuovo sistema c'è bisogno di una norma di questo tipo perché siamo
usciti dal modello di bicameralismo paritario.
Vi
sono, quindi, modalità nel processo di formazione delle leggi che possono
essere oggetto di interpretazione non sempre e non comunque conforme. Il modo
con cui viene imputata una legge - soprattutto con il meccanismo che voi avete
adottato dei due Presidenti e del Comitato «quattro più quattro», titolare
dell'attribuzione della competenza legislativa ad una Camera e all'altra - può
essere foriero di questioni estremamente delicate. Imputare una legge ad una
Camera o all'altra non è un'operazione neutra. Dovrebbe esserlo, ma potrebbe
essere un'operazione capace di condizionare l'esito finale a seconda del tipo
di procedimento prescelto.
Ecco perché, di fronte ad una previsione di questo genere, c'è bisogno di un
pronunciamento della Corte per dirimere eventuali questioni la cui delicatezza
non è il caso di sottolineare ulteriormente, perché è più che comprensibile da
parte di tutti voi. Anche questa volta, avete in qualche modo eliminato il
problema: non ve lo siete posto, a dimostrazione del fatto che per voi la Corte
costituzionale non è un organo super partes e di garanzia, ma sempre una
bestia nera capace di azzannare un super Governo ed un primo ministro
onnipotente.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Olivieri. Ne ha facoltà.
LUIGI OLIVIERI. Signor Presidente,
come diceva poc'anzi il collega Bressa, attribuiamo all'emendamento Leoni 15.44
grande importanza. Rispetto ad esso si verifica la vostra disponibilità a
pensare ad un sistema ove vi sia una effettiva tutela delle opposizioni, un
sistema nel quale queste ultime abbiano la possibilità di promuovere una
verifica concreta e nel quale è essenziale il bilanciamento dei poteri, dei
pesi e contrappesi.
Con questo emendamento chiediamo che un quarto dei componenti di una Camera
possa promuovere una questione di legittimità costituzionale per vizi del
procedimento - e sottolineo vizi del procedimento - di una legge, entro cinque
giorni dalla sua approvazione definitiva. La Corte si pronuncia in termini
estremamente rapidi.
Ho sottolineato l'espressione «vizi del procedimento». Al riguardo, signor
Presidente, onorevoli colleghi, abbiamo avuto modo di discutere a lungo e di
audire valenti costituzionalisti, nonché persone molto esperte della materia,
che ci hanno illustrato i sistemi vigenti in altri paesi, svolgendo interventi
di diritto comparato. Essi hanno individuato tre aree di intervento per quanto
riguarda il giudizio affidato alla Corte costituzionale.
La prima questione, che abbiamo già modo di affrontare con esito negativo, è
quella relativa alla verifica dell'elezione e alla convalida dei poteri. Noi
avremmo preferito un giudice terzo, che agisse con modalità ben definite; voi
avete optato per una giustizia domestica.
La seconda questione riguarda la sindacabilità in materia di procedimento
legislativo e, in genere, gli interna corporis.
La terza questione concerne un giudizio preventivo sulla costituzionalità delle
leggi. Noi non chiediamo un giudizio preventivo riguardante tutti i profili di
costituzionalità della legge, ma ci limitiamo a proporre un giudizio preventivo
di costituzionalità che verta sui vizi del procedimento. È evidente, infatti,
che non vi possono essere arbìtri per quanto riguarda le regole e il modus
procedendi attraverso il quale una Camera arriva a definire un proprio iter
legislativo. Non accogliete neppure questa richiesta, che ha anche l'obiettivo
di non ingolfare il lavoro della Corte costituzionale, e ciò la dice lunga
sulla vostra visione di una maggioranza che prende tutto e che ha una
concezione assolutamente proprietaria del potere.
Non siamo d'accordo e, per questo motivo, speriamo che il nostro emendamento
venga accolto.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Boato. Ne ha facoltà.
MARCO BOATO. In diversi ordinamenti
continentali - completamente diversa è la situazione del Regno Unito - ci sono
istituti di ricorso diretto alla Corte costituzionale. Penso al Recurso de
amparo in Spagna e alla Verfassungsbeschwerde della Repubblica
federale di Germania; ma noi non abbiamo proposto istituti di questo genere, di
cui si è ampiamente discusso a suo tempo nella Commissione bicamerale.
In un altro paese a noi vicino e confinante, la Francia, che abbiamo anche
recentemente visitato con una delegazione della I Commissione, esiste un
istituto assai più ampio dal punto di vista parlamentare, la cosiddetta Saisine
parlamentaire, che prevede il ricorso al Conseil Constitutionnel
(alla Corte costituzionale francese, che pure ha natura diversa dalla nostra),
anche per la possibilità di sollevare una questione di legittimità
costituzionale nel merito delle leggi prima della loro entrata in vigore.
Noi non abbiamo aderito con questo emendamento, che i colleghi intervenuti
prima di me hanno già illustrato, ad ipotesi così ampie. Abbiamo ristretto la
possibilità che una consistente minoranza parlamentare (un quarto dei
componenti della Camera; il quorum per poter esercitare questo ricorso è
molto elevato) possa promuovere questioni di legittimità costituzionale solo ed
esclusivamente per vizi del procedimento, quindi, non per questioni di merito,
ma per questioni di legittimità procedurale.
Ci sembrerebbe che, in un equilibrato sistema di bilanciamento dei poteri,
tanto più con tutte le norme di forzatura che sono state introdotte e che
verranno ulteriormente introdotte - mi riferisco, in particolare, ad alcuni
aspetti dell'articolo 70 della Costituzione, articolo 13 del disegno di legge
in esame che abbiamo discusso questa mattina -, un sistema equilibrato dovrebbe
prevedere per una consistente minoranza (un quarto dei componenti della Camera)
la possibilità di accedere alla Corte per questioni di legittimità
costituzionale solo per vizi del procedimento, stabilendo dei termini
ristrettissimi per questo ricorso (cinque giorni dall'approvazione della
legge), dando alla Corte termini altrettanto ristretti (venti giorni) per la
pronuncia e, addirittura, prevedendo la possibilità di ridurre a dieci giorni i
termini per la pronuncia della Corte, su richiesta del Governo, per ragioni di
necessità e di urgenza.
Quindi, ci siamo fatti carico di prevedere un alto quorum, di limitare
enormemente la possibilità di accesso alla Corte, di prevedere tempi
ristrettissimi per il ricorso e per la pronuncia, che possono essere ridotti
anche della metà, ma altresì di prevedere questa clausola di garanzia sotto il
profilo della legittimità costituzionale del procedimento, che ci sembra
essenziale nel quadro di un equilibrato rapporto tra Parlamento, Governo e
organo supremo di garanzia quale la Corte costituzionale.
Per questo, invitiamo a votare a favore dell'emendamento 15.44.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Violante. Ne ha facoltà.
LUCIANO VIOLANTE. In un precedente
intervento mi è capitato di chiarire un aspetto, ossia come la maggioranza
parlamentare, sulla base di questo progetto, abbia il monopolio del tipo di
procedimento legislativo da assumere. Quindi, si tratta già di un procedimento
molto squilibrato da questo punto di vista.
Qui cerchiamo di contemperare i rapporti tra maggioranza e opposizione, dando
ad una minoranza qualificata (un quarto dei componenti) la possibilità di
ricorrere per alcuni vizi del procedimento alla Corte costituzionale, come
accade in Francia, com'è stato spiegato molto bene dall'onorevole Boato. In
questo Parlamento il gruppo maggiore di opposizione non avrebbe il numero di
parlamentari sufficienti per ricorrere alla Corte, per dirvi quanto è
qualificata questa minoranza.
Questo è uno strumento di riequilibrio. Un sistema parlamentare democratico è
fatto di controlli e bilanciamenti. Qui, sostanzialmente, non abbiamo inserito
nulla sul sistema dei controlli del Parlamento sul Governo; almeno prevediamo
qualcosa sotto il profilo del bilanciamento. Privare anche una minoranza
qualificata di questa possibilità significa rendere ancora più squilibrato il
procedimento che stiamo approvando.
Non capisco davvero qual è il motivo per cui qui non si faccia ciò che si fa
altrove. Ho l'impressione che si abbia una sorta di illusione totalitaria, per
cui una maggioranza, qualunque essa sia, debba avere il monopolio totale della
vita parlamentare.
Questo svuota il Parlamento, signor Presidente. Praticamente, stiamo costruendo
un regime semiparlamentare, in cui il Parlamento non rappresenta più la nazione
nel suo complesso, non ha la rappresentanza generale, ma è spaccato in due tra
una maggioranza che è soltanto un braccio esecutivo del Governo ed una
minoranza che non ha nessun potere e nessuna possibilità di intervenire sui
momenti fondamentali della vita parlamentare.
Credo che questa sia la condanna a morte del Parlamento come l'abbiamo creato e
che è stato un grande elemento di unità nazionale. Si tratta di un altro degli
elementi di rottura delle grandi istituzioni unitarie del nostro paese (Applausi
dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-L'Ulivo, della Margherita,
DL-L'Ulivo e Misto-Verdi-L'Ulivo).
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico,
sull'emendamento Leoni 15.44, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro
chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi
votazioni).
(Presenti 437
Votanti 435
Astenuti 2
Maggioranza 218
Hanno votato sì
185
Hanno votato no 250).
Passiamo
alla votazione dell'emendamento Tabacci 15.73.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Leoni. Ne ha
facoltà.
CARLO LEONI. Signor Presidente, a
noi sarebbe piaciuto avere un'interlocuzione vera con i colleghi della
maggioranza su un tema così rilevante come quello della possibilità di ricorso
alla Corte che, come è stato ricordato, viene disciplinato in modo diverso da
come proponiamo, ma comunque significativo in altri paesi democratici. Non mi
riferisco al relatore ed al rappresentante del Governo, che hanno espresso i
loro pareri, ma all'insieme dei colleghi della maggioranza. Si tratta di un
tema che riguarda, infatti, tutto il Parlamento e ciascun singolo parlamentare.
Si tratta di capire se, per oggi e per il futuro, intendiamo come parlamentari
rinunciare alla possibilità, di fronte ad una maggioranza che rischia di
schiacciare il Parlamento, che una minoranza qualificata ricorra alla Corte,
seppure in modo così selettivo e rigoroso come abbiamo proposto nel nostro
emendamento.
L'emendamento in esame, che oltre a quella dell'onorevole Tabacci reca la firma
di altri autorevoli colleghi della maggioranza, pone lo stesso identico
problema. Infatti, è uguale al nostro nella prima parte. Vorrei chiedere un
chiarimento ed un'interlocuzione ai colleghi della maggioranza su tale punto, e
mi permetto di rivolgermi in particolare ai colleghi dell'UDC. Dopo la
bocciatura dell'articolo 24, i colleghi D'Alia e Volontè sono intervenuti
autorevolmente in quest'aula dichiarando che la bocciatura di tale articolo
costituiva un ulteriore sbilanciamento nell'equilibrio dei rapporti tra il
potere del Capo dello Stato e quello del Capo del Governo. La bocciatura di
quell'articolo - ha detto ieri il collega Volontè - significa che il
bilanciamento va recuperato in altra sede. Come ho detto in un precedente
intervento, non vediamo traccia di tale nuovo bilanciamento.
In ogni caso, penso che chi ha tale preoccupazione - non dico solo i colleghi
dell'UDC ma, mi auguro, la grande maggioranza dei colleghi presenti in
quest'aula - dovrebbe condividere un emendamento secondo cui una minoranza
qualificata ha la possibilità, in casi determinati, di ricorrere alla Corte
costituzionale. Il nostro emendamento, magari, aveva le «stimmate» delle firme
dell'opposizione ed era più difficile da condividere. Tuttavia, un emendamento
che dice nella sostanza le stesse cose e reca firme di autorevoli esponenti
della Casa delle libertà mi auguro sia condiviso da tutti coloro che hanno a
cuore - e spero non siano soltanto i colleghi dell'attuale opposizione - un
sistema più equilibrato, nel quale si mette un freno a fronte del rischio di un
potere della maggioranza soverchiante rispetto ai diritti del Parlamento (Applausi
dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-L'Ulivo e
Misto-Verdi-L'Ulivo).
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico,
sull'emendamento Tabacci 15.73, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro
chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi
votazioni).
(Presenti 429
Votanti 426
Astenuti 3
Maggioranza 214
Hanno votato sì
190
Hanno votato no 236).
Prendo
atto che l'onorevole Emerenzio Barbieri non è riuscito ad esprimere il proprio
voto.
Passiamo alla votazione dell'articolo 15.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Olivieri. Ne ha
facoltà.
LUIGI OLIVIERI. Negli interventi
effettuati sul merito delle nostre proposte emendative, che purtroppo sono
state totalmente respinte da parte della maggioranza - ad eccezione di una
piccola riformulazione, proposta dall'onorevole Boccia, che ha registrato un
accoglimento positivo -, abbiamo spiegato il motivo per cui siamo assolutamente
contrari a questo articolo 15. Peraltro, con tale articolo, si modifica in modo
sostanziale l'attuale formulazione dell'articolo 72 della Costituzione, che,
qualora la riforma al nostro esame diventasse legge costituzionale,
risulterebbe fortemente ampliato, in termini di commi e di disposizioni
normative, rendendo ancora più farraginoso il processo di produzione normativa,
con un'organizzazione diversa del lavoro all'interno delle due Camere, la cui
disciplina dovrebbe essere demandata in modo compiuto ai rispettivi
regolamenti.
Il nuovo articolo 72 non sarà più un articolo semplice, snello, razionale, di
quattro commi, ma sarà un articolo di ben sette commi, totalmente ingestibile.
Sarà un articolo che inciderà in modo negativo sulle tre questioni evidenziate
prima dal collega Leoni, il quale aveva suggerito all'Assemblea di accogliere
le nostre proposte emendative, proprio per introdurre nel testo dei correttivi.
Con l'attuale formulazione dell'articolo 15, siamo in presenza di un'ulteriore aumento
dei poteri del Governo e di un'ulteriore diminuzione del ruolo delle Assemblee
parlamentari; quindi siamo in presenza di uno sbilanciamento assoluto nel
rapporto tra Esecutivo e legislativo, mentre ci incamminiamo verso un sistema
semipresidenziale. Il collega Bressa diceva che forse con troppa allegria vi
cimentate in questa avventura, senza però rendervi conto, a mio avviso, di
quello che state facendo.
Non vi è stata poi, da parte della maggioranza, la condivisione di alcune
norme, necessarie per costruire un corretto rapporto di pesi e contrappesi, per
un giusto bilanciamento dei poteri nel sistema che andate costruendo, con un premier
assolutamente padrone della scena. In particolare, non avete accolto la nostra
indicazione in merito al potere di verifica da attribuire ad un organo terzo, super
partes, per quanto riguarda la valutazione del rispetto del modus
operandi delle Camere nell'ambito del procedimento legislativo. Non avete
accolto la nostra proposta emendativa, che attribuiva alla Corte costituzionale
la possibilità da parte di un determinato numero di deputati di sollevare la
questione, per la verifica di eventuali vizi del procedimento legislativo.
Nell'articolo 15 vi è, inoltre, una disposizione normativa, della quale non
abbiamo ancora capito la ratio, che stabilisce una corsia preferenziale
per quanto riguarda l'esame e la votazione di alcuni disegni di legge
provenienti da alcune regioni, qualora tali regioni li abbiano approvati in
modo coordinato tra di loro (inserendo così un altro elemento di assoluta
iniquità). Per tutti questi motivi, il nostro voto sull'articolo 15 sarà
convintamente contrario.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà.
GIANCLAUDIO BRESSA. Signor Presidente, è in discussione l'articolo 15, concernente le procedure legislative e l'organizzazione per le Commissioni. È un articolo apparentemente semplice, ma se guardiamo il frutto della vostra produzione di riforma costituzionale, ci si accorge che si tratta di un elefantiaco articolo di sei commi. Questa vostra tendenza ad una scrittura costituzionale ipertrofica, con formulazioni più adatte a legge ordinaria, è la misura della vostra inconsistenza di riformatori. Questa ossessione di scrivere tutto non è, come si può immaginare, un omaggio alla Costituzione, un dare valore importante alla Costituzione; è esattamente il suo opposto, è una banalizzazione della Costituzione, a livello di legge ordinaria. Ma in una norma così apparentemente semplice siete riusciti ad inserire dentro due cose abominevoli: mi riferisco allo strapotere del Governo nell'attività del Parlamento, nella definizione dell'ordine del giorno e delle modalità con cui bisogna votare e all'introduzione di una figura politicamente ambigua, una sorta di mostro indefinibile quale quello delle macroregioni che non siete riusciti a costruire da un punto di vista istituzionale e tentate di recuperare politicamente, in un modo assolutamente improprio. Per tutti questi motivi il voto è contrario.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Giachetti. Ne ha facoltà.
ROBERTO GIACHETTI. Signor Presidente, vorrei preannunziare il voto contrario sull'articolo in esame, non solo in ragione di una logica che accompagna il nostro atteggiamento su questo provvedimento, ma perché credo che oggi si sia persa un'occasione, a proposito del dialogo auspicato tra maggioranza e opposizione. La reiezione dell'emendamento Tabacci e del relativo emendamento presentato dal centrosinistra non consente di fare una cosa che, a mio avviso, sarebbe stata di buonsenso, vale a dire cogliere l'occasione per colmare un vuoto che permarrà attraverso l'articolo che non viene modificato e che dava la possibilità alla Camera dei deputati di intervenire per correggere eventualmente, per vizi di forma, eventuali decisioni che fossero state assunte da questa aula non conformi ai regolamenti. Era un'occasione legata all'esigenza di garantire che vi fosse un appello a decisioni palesemente viziate e alle quali né adesso né purtroppo dopo sarà possibile porre rimedio per un voto, a mio avviso, assolutamente frutto della sordità e della incapacità di individuare occasioni per rendere migliore un testo che è indecente, ma che poteva avere...
PRESIDENTE. Grazie, onorevole
Giachetti.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo
15, nel testo emendato.
(Segue la votazione).
Dichiaro
chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi
votazioni).
(Presenti 416
Votanti 410
Astenuti 6
Maggioranza 206
Hanno votato sì
243
Hanno votato no 167).
Onorevoli colleghi, dovremmo ora passare all'esame dei due articoli aggiuntivi Boato 15.05 e Bressa 15.06, ma (Commenti)...
LUIGI OLIVIERI. È una questione importante che riguarda il referendum!
GIANCLAUDIO BRESSA. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
GIANCLAUDIO BRESSA. Signor Presidente,
sono questioni interessanti. I due articoli aggiuntivi pongono il tema del
referendum abrogativo. Tutti sappiamo che la questione del referendum è di
straordinaria delicatezza, anche perché l'andamento della vita politica di
questi ultimi anni non ha consentito un uso reale dello strumento referendario.
Noi proponiamo due modalità per consentire che i referendum, che sono una forma
di espressione autenticamente popolare della volontà rispetto ad una legge,
possono tornare a diventare strumenti utilizzabili nella nostra società
politica. È difficile trattare in pochi minuti una questione così delicata...
PRESIDENTE. Onorevole Bressa,
sull'argomento mi sono state preannunziate diverse richieste di intervento per
dichiarazione di voto, ma alle 13,30, come previsto dall'ordine dell giorno, si
dovrà esaminare un'altra questione su cui, onorevoli colleghi, l'Assemblea sarà
chiamata ad esprimere un voto. Si tratta di un problema collegato ad un
decreto-legge.
Pertanto, rinvio il seguito del dibattito al prosieguo della seduta.
Si riprende la discussione del disegno di legge costituzionale n. 4862 ed abbinate.
PRESIDENTE. Riprendiamo la
discussione del disegno di legge costituzionale n. 4862 ed abbinate.
Ricordo che nella parte antimeridiana della seduta è stato votato da ultimo
l'articolo 15.
Avverto che è in distribuzione il nuovo testo dell'emendamento 43.250 della
Commissione, al quale, a seguito delle intese testé intercorse nell'ambito del
Comitato dei nove, sono state apportate alcune correzioni formali.
(Esame degli articoli aggiuntivi riferiti all'articolo 15 - A.C. 4862 ed abbinate)
PRESIDENTE. Passiamo alla
votazione dell'articolo aggiuntivo Boato 15.05.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bressa. Ne ha
facoltà.
GIANCLAUDIO BRESSA. Signor Presidente, riprendendo alcuni concetti già espressi, sottolineo come l'articolo aggiuntivo in esame è volto a dare effettività all'istituto del referendum abrogativo, che ha perso, per effetto di una serie di circostanze di costume politico, la sua efficacia. Il senso di tale articolo aggiuntivo è sintetizzato nella lettera c), a norma della quale la proposta soggetta a referendum è approvata se ha conseguito la maggioranza dei voti validamente espressi purché non inferiore ad un quarto degli aventi diritto. Tale previsione salvaguarderebbe la serietà della consultazione e consentirebbe di affrontare il referendum abrogativo con un clima politico diverso da quello che ha caratterizzato le consultazioni precedenti. Auspico pertanto l'approvazione dell'articolo aggiuntivo in esame.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Fontanini. Ne ha facoltà.
PIETRO FONTANINI. Signor Presidente, la
maggioranza ha ritenuto di non modificare l'articolo 75 della Costituzione,
riguardante il referendum abrogativo, anche perché si tratta di una materia
estranea alla nostra proposta di riforma costituzionale. Tale riforma, infatti,
riguarda il superamento del bicameralismo perfetto, l'introduzione della devolution
e l'introduzione del premierato.
L'articolo aggiuntivo poc'anzi illustrato dall'onorevole Bressa, oltre ad
aumentare il quorum dei richiedenti, che viene elevato da 500 mila a 750
mila elettori, prevede, alla lettera b), una sorta di potere di veto da
parte della Corte costituzionale, che giudica preventivamente l'ammissibilità
delle richieste di referendum. Tale giudizio preventivo della Corte
costituzionale costituisce un aspetto singolare.
Inoltre, la lettera c) reca un'ulteriore innovazione: la consultazione è
valida qualora i voti espressi non siano inferiori ad un quarto degli aventi
diritto.
In pratica, il 25 per cento dei votanti deve esprimersi in favore
dell'abrogazione della norma soggetta a referendum. È un'ipotesi molto
particolare e non riusciamo a comprendere le motivazioni per ricorrere ad una
tale percentuale. La maggioranza non ha ritenuto di dover affrontare questa
materia in quanto estranea al corpus della riforma costituzionale.
Tuttavia l'argomento merita attenzione, non, però, in questa sede.
Sull'istituto referendario abrogativo si è discusso molte volte. Vi è la
necessità nell'opinione pubblica, e penso anche che in molte forze politiche,
di metter mano a questo istituto. Ma il momento non è opportuno. Riteniamo che
questo articolo aggiuntivo all'articolo 15, che comporta modifiche all'articolo
75 della Costituzione, vada respinto in quanto non attinente alla riforma
costituzionale che la maggioranza ha proposto. Invito i colleghi
dell'opposizione a ritirare questa proposta emendativa.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Carrara. Ne ha facoltà.
NUCCIO CARRARA. Desidero svolgere
un'osservazione preliminare sulla stessa linea del collega Fontanini. Eravamo
determinati a non affrontare questo argomento perché ritenevamo - e riteniamo -
che il vigente articolo 75 della Costituzione disciplini in maniera chiara e
sufficiente l'istituto del referendum abrogativo. Non possiamo non far notare
ai colleghi dell'opposizione (che invito a ritirare questa proposta emendativa)
che ancora una volta, anziché introdurre garanzie democratiche essi le
abbattono o quanto meno le affievoliscono.
Anzitutto si vuole aumentare il numero necessario di elettori che sottoscrivono
la richiesta di referendum affinché questa sia valida, oggi pari a 500 mila e
che secondo la proposta dovrebbe diventare 750 mila; ma con un incremento di
questa soglia si introduce una maggiore difficoltà di ottenere un referendum
abrogativo! In particolare, però, evidenzio la lettera c) del loro
articolo aggiuntivo, dove si sostiene che la proposta soggetta a referendum è
approvata se ha conseguito la maggioranza dei voti validamente espressi, purché
non inferiore ad un quarto degli aventi diritto. Questo significa che oggi,
affinché il referendum sia valido, deve recarsi alle urne la maggioranza più
uno degli aventi diritto e affinché la legge sia abrogata la maggioranza dei
votanti deve esprimersi in tal senso. Secondo lo schema che ci viene proposto,
invece, si affiderebbe una decisione così grave e delicata come l'abrogazione
di una legge ad un numero molto esiguo di elettori: il 25 per cento degli
elettori. Mi chiedo se vogliano introdurre norme di garanzia, norme più
democratiche. Non crediamo che questa sia una norma più democratica, una norma
di garanzia. Forse sarà politicamente corretta. Forse noi di queste cose non ce
ne intendiamo, ma la ragione ci dice che la proposta è priva proprio di
buonsenso e andrebbe ritirata.
Suggerisco ai colleghi di ritirare questa proposta emendativa, in quanto
assurda, illogica e oserei dire, quasi improponibile.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Luciano Dussin. Ne ha facoltà.
LUCIANO DUSSIN. Signor Presidente, per
noi lo strumento del referendum va bene così com'è nelle attuali previsioni
costituzionali. Siamo perfettamente d'accordo nel mantenere il principio che
l'esito referendario sia collegato alla partecipazione della maggioranza
assoluta degli aventi diritto: in primo luogo, perché deve esserci il
coinvolgimento popolare e, in secondo luogo, anche per i rilevantissimi costi
che un referendum impone al paese. Lo strumento deve essere peraltro potenziato
rispettando la volontà dei cittadini, cosa che nel passato è stata molto spesso
dimenticata o glissata (mi ricordo l'esito dei referendum relativi al Ministero
dell'agricoltura, alla RAI e alle trattenute sindacali). Inoltre, il mancato
rispetto del pronunciamento dei cittadini può anche determinare l'assenteismo
alle urne.
Quindi, al di là della necessità di diminuire il numero dei partecipanti alla
consultazione referendaria, bisogna incentivarlo facendo sì che, quelle volte
che i cittadini si recano al referendum, vedano concretizzarsi il loro scopo
nei risultati. Mi ricordo anche delle 700 mila firme raccolte dal gruppo della
Lega Nord e autenticate per abrogare la legge Turco-Napolitano
sull'immigrazione: sono state depositate ma, poi, c'è stato il diniego di
proseguire nel misurarsi con i nostri cittadini per abrogare quella legge. Quindi,
è tutto da rivedere, ma le previsioni per noi devono essere confermate.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Gibelli. Ne ha facoltà.
ANDREA GIBELLI. Signor Presidente,
intervengo a titolo personale perché negli ultimi anni in questo paese si è
fatto largo uso dell'istituto referendario. Mi sembrava di comprendere che
anche a sinistra fosse necessario un intervento per evitare l'abuso dello
strumento referendario come grimaldello per limitare l'azione legislativa del
Governo e considerarlo come uno strumento di contestazione non più
straordinario ma ordinario.
Oggi, leggendo gli emendamenti proposti dagli onorevoli Boato e Bressa, mi
pare, invece, che si predichi bene e si razzoli male. Infatti, da una parte,
ascoltiamo da molti giorni la necessità di dare rigore e velocità all'azione
legislativa e, dall'altra, si trasformano le piazze in qualcos'altro,
attraverso la modifica proposta all'istituto referendario, tra l'altro
legittimo, e uscendo dalla logica di straordinario strumento di democrazia. Non
è accettabile che ci sia una riduzione addirittura di un quarto degli aventi
diritto, perché questo comporterebbe un'istituzione costante dello strumento
referendario, con un esborso oramai pari a quello delle leggi finanziarie
(sappiamo tutti che la convocazione di una consultazione popolare comporta
un'enorme esborso di denaro pubblico). Mi pare che tutto ciò vada nella
direzione della filosofia degli interventi fino ad adesso proposti.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Guido Giuseppe Rossi. Ne ha facoltà.
GUIDO GIUSEPPE ROSSI. Signor Presidente,
intervengo anch'io a titolo personale sull'articolo aggiuntivo Boato 15.05, che
affronta la questione del referendum abrogativo. Dobbiamo sottolineare un
fatto. Nella cultura politica di questo paese spesso e volentieri si è
insistito sul concetto di referendum abrogativo, mentre l'unico esempio di
referendum confermativo è proprio quello che riguarda le modifiche della Carta
costituzionale, così come previsto dall'articolo 138. Tuttavia, sul tema del
referendum la Lega Nord ha, invece, introdotto la possibilità per il popolo,
per la gente, per i cittadini di esprimersi sui cambiamenti anche profondi
dell'ordinamento giuridico e costituzionale del nostro paese a seguito di
trattati internazionali e, soprattutto, a seguito di trattati internazionali
che riguardano l'Unione europea.
Dunque, si registrano grandi cambiamenti nella Costituzione europea (precedentemente,
hanno riguardato il Trattato di Nizza). Non è possibile chiedere un passaggio
referendario nella nostra Costituzione.
Credo che una grande conquista sarà la modifica della Costituzione in tale
direzione, bypassando il concetto di referendum abrogativo che, nei decenni
passati, in alcune occasioni, ha segnato momenti importanti della vita sociale
e culturale di questo paese. Tale strumento è degenerato in un mezzo di lotta
politica utilizzato da alcune forze presenti nel paese, ma ha finito con
l'allontanarsi dai nostri cittadini.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Didonè. Ne ha facoltà.
GIOVANNI DIDONÈ. Signor Presidente,
intervengo sull'articolo aggiuntivo Boato 15.05 che mi trova completamente
discorde. Infatti, ritengo che i «settecentocinquantamila elettori o i cinque
consigli regionali» per la richiesta del referendum popolare siano pochi.
Abbiamo constatato che molti referendum, ampiamente richiesti, non hanno visto
un'ampia partecipazione al voto da parte dei cittadini. Sicuramente, questo
limite va aumentato.
È importante, inoltre, che il quesito referendario sia rispettato.
Precedentemente, il mio collega Dussin ha fatto riferimento...
PRESIDENTE. Onorevole Didonè...
GIOVANNI DIDONÈ. ...al referendum per l'abrogazione del Ministero dell'agricoltura. Ricordo altresì il referendum per l'abrogazione della legge sul finanziamento pubblico ai partiti. I cittadini, in questi giorni, hanno protestato contro l'iniziativa di alcuni colleghi che chiedevano l'aumento dei rimborsi elettorali. Sicuramente, i cittadini vogliono che sia rispettato il quesito referendario e che le istituzioni portino a compimento ciò che essi decidono.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Polledri. Ne ha facoltà.
MASSIMO POLLEDRI. Signor Presidente, intervengo per manifestare la mia contrarietà all'articolo aggiuntivo Boato 15.05. Certamente, occorre rivisitare il meccanismo del referendum, ma credo che, in questo Parlamento, si debba prendere atto di come lo strumento referendario sia stato troppo spesso utilizzato come vicario a causa di una non legittimazione politica. È noto come alcune forze non rappresentate in Parlamento esprimano la propria politica solamente attraverso lo strumento referendario. Bene, forse queste forze farebbero meglio a pensare ad una propria rappresentanza.
PRESIDENTE. Onorevole Polledri...
MASSIMO POLLEDRI. Mi avvio alla conclusione ricordando che le previsioni di quest'articolo aggiuntivo non sono consone ai bisogni degli italiani, perché, in un momento in cui c'è da stringere la cinghia, probabilmente, non ci sono i soldi per decine di referendum, come alcune forze politiche vorrebbero fare.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Vascon. Ne ha facoltà.
LUIGINO VASCON. Signor Presidente, non
capisco i motivi politici che spingono ad intraprendere un'iniziativa
referendaria - peraltro, grande strumento di democrazia - per abrogare una
legge che ancora non è stata approvata; o meglio, appena sarà approvata, sarà
sottoposta a consultazione referendaria.
Mi domando e dico: almeno vogliamo vedere gli effetti che può sortire questa
legge o la bocciamo a priori in funzione di una sconfitta politica
parlamentare? Il 25 per cento, quindi un quarto delle persone che andrebbero a
legalizzare la validità del referendum, a mio avviso, rappresenta una
percentuale estremamente iniqua. Ciò significa che un quarto di popolazione può
decidere sui restanti tre quarti. Quindi, almeno il 50 per cento sarebbe, a mio
avviso, un numero democraticamente significativo. Diverso fu l'intendimento
politico per quanto riguarda l'accoglimento delle 700 mila firme, che all'epoca
la Lega Nord Federazione Padana aveva presentato chiedendo un quesito
referendario su una legge vigente, peraltro sbagliata. Per fortuna poi la
Turco-Napolitano è stata «azzerata» con una nuova legge molto più attuale e
opportuna. Ciò significa che chi è chiamato a decidere sull'ammissibilità di un
referendum a nostro avviso non ha obiettività né giuridica né politica, anzi è
di parte, politicamente esposto. Pertanto, in funzione di ciò poi vediamo
l'accoglimento o meno di quesiti referendari, che peraltro hanno sortito...
PRESIDENTE. Onorevole Vascon, lei ha due minuti di tempo.
LUIGINO VASCON. Concludo, Presidente. ...hanno determinato quello che abbiamo potuto vedere con l'esito referendario sul Ministero dell'agricoltura, che è stato poi capovolto, come è stato come giustamente ricordato dai colleghi.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Perrotta. Ne ha facoltà.
ALDO PERROTTA. Signor Presidente, in effetti questo articolo aggiuntivo ha una doppia lettura. Da una parte c'è da apprezzare sicuramente l'elevazione del numero delle firme necessarie per indire una consultazione referendaria ma, come sempre, poi vi è l'altra faccia della medaglia, e cioè il quarto comma, esattamente alla lettera c), nella quale si prevede che per rendere valido il referendum basta il 25 per cento dei votanti. Vi immaginate che sarebbe questa nazione se i referendum potessero passare con due milioni, due milioni e mezzo di voti? Perché tanti sarebbero i voti necessari nel caso in cui si dovesse arrivare ad avere un quorum del 25 per cento per far passare un referendum. Al danno anche la beffa! Per cui, se è apprezzabile l'aumento del numero delle firme, è sicuramente deprecabile il fatto che l'abbassamento del quorum scenda al 25 per cento. Ed è il motivo per cui invito i colleghi a votare contro.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Dario Galli. Ne ha facoltà.
DARIO GALLI. Signor Presidente,
rilevo una sorta di irregolarità di fondo, di pensiero, nell'articolo
aggiuntivo della minoranza, visto che da una parte rende più difficile il
referendum, elevando a 750 mila le firme per la richiesta, dall'altro però
riduce al 25 per cento degli aventi diritto la validità del referendum stesso,
riducendolo a un qualcosa di molto diverso rispetto a quello che dovrebbe
essere. Quindi, a titolo personale sono assolutamente contrario a questa
impostazione.
Vorrei invece sottolineare il fatto che, se anche in questa riforma si dovesse
mantenere sostanzialmente l'istituto del referendum precedente - e posso capire
anche le motivazioni -, mi auguro che, successivamente, con le modifiche che
stiamo apportando in queste settimane, si arrivi ad un referendum possibilmente
anche propositivo e non solo abrogativo, affinché sia utilizzato meno per
alcune questioni di dettaglio e di più per le grandi questioni, quali le scelte
di carattere europeo.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Leoni. Ne ha facoltà.
CARLO LEONI. Signor Presidente,
capita a tutti, ed è capitato anche a chi parla in questo momento, di dover
intervenire per guadagnare tempo e, quindi, so che interventi di questo tipo
prescindono un po' dal merito.
Vorrei invitare i colleghi ad una riflessione sul merito degli articoli
aggiuntivi riferiti all'articolo 15; ritengo, infatti, che tutti, a destra e a
sinistra, ci preoccupiamo del destino di un istituto importante quale quello
del referendum abrogativo. Abbiamo tutti assistito all'inflazionarsi
dell'istituto nel corso del tempo, sempre meno percepito come uno strumento
utile da parte dei cittadini. Sicché o si decide la sua soppressione o si
cerca, al contrario, di rivitalizzarlo, alla luce dei cambiamenti intercorsi
nel tempo e, soprattutto, alla luce di quanto emerso negli ultimi anni.
Ritengo, infatti, non sia piacevole per nessuno di noi - di referendum
abrogativi, invero, ne sono stati proposti da entrambi gli schieramenti
politici - assistere ad un siffatto decadimento di uno strumento
costituzionale.
Il primo problema che si è potuto spesso individuare afferisce alle 500 mila
firme previste nel 1948 sulla base della popolazione elettorale di allora;
esse, oggi, sono poche in ragione dell'aumento della popolazione elettorale
intervenuto; quindi, la prima necessità che si pone per impedire un eccesso
inflattivo dello strumento referendario consiste nell'aumentare il numero delle
firme necessarie per la promozione del referendum. In entrambi gli articoli
aggiuntivi, proponiamo, dunque, di elevare tale soglia da 500 mila a 750 mila.
La seconda proposta riguarda il momento nel quale la Corte costituzionale si
deve pronunciare sull'ammissibilità del referendum; rinviamo ad una legge
ordinaria la disciplina di tale procedura. Ma si pone, al riguardo, un problema
che, se non ho capito male - si tratta di interventi peraltro comprensibilmente
svolti per guadagnare tempo -, hanno sollevato almeno due colleghi della Lega,
riferendosi al referendum sulla cosiddetta legge Turco-Napolitano.
Ebbene, vi sarebbe una questione da risolvere; infatti, una forza politica o un
gruppo di cittadini si attiva per promuovere un referendum, raccoglie 500 mila
firme - o anche di più -, suscita così un'aspettativa sulla battaglia
referendaria e solo a quel punto la Corte costituzionale si pronuncia
dichiarando, in ipotesi, che il referendum non è costituzionale, deludendo,
così, la spinta che si è potuta esercitare fino a raccogliere diverse centinaia
di migliaia di consensi. Noi proponiamo che la Corte si pronunci prima.
Vengo ora ad una terza questione anch'essa emersa negli ultimi anni; ormai,
raggiungere il quorum di validità è effettivamente proibitivo. Sicché,
se non si vuole - lo ribadisco - lasciare al degrado lo strumento, si deve
intervenire anche sul quorum di validità.
Nel primo articolo aggiuntivo - quello ora in discussione - sosteniamo
l'ipotesi secondo la quale la domanda referendaria è approvata «se ha
conseguito la maggioranza dei voti validamente espressi purché non inferiore ad
un quarto degli aventi diritto».
Si introduce, poi, nel seguente articolo aggiuntivo, un altro criterio secondo
il quale «è approvata se è raggiunta la maggioranza dei voti validamente
espressi e se ha partecipato alla votazione un numero di elettori pari ad
almeno la metà più uno degli elettori che hanno preso parte alle precedenti
consultazioni elettorali per la Camera dei deputati».
Dai calcoli che abbiamo fatto, dal punto di vista numerico, si avrebbe una
tenuta dell'istituto.
Il quorum di validità deve tenere conto di quello che ormai rappresenta
il trend normale di partecipazione al voto.
PRESIDENTE. Onorevole Leoni...
CARLO LEONI. Concludo, Presidente.
Ricorriamo, dunque, al criterio dell'ultimo voto per la Camera dei deputati; il
quorum di validità del referendum deve riferirsi a tale parametro, non
ad una percentuale, invece, astratta.
Queste sono le proposte di merito che noi avanziamo. Vorremmo - ci piacerebbe,
trattandosi di uno strumento che interessa tutti i cittadini - che vi fosse un
confronto su questi argomenti (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici
di sinistra-L'Ulivo).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Mantini, al quale ricordo che ha un minuto di tempo a disposizione. Ne ha facoltà.
PIERLUIGI MANTINI. Signor Presidente,
desidero rispondere all'onorevole Carrara, il quale o non capisce il problema,
oppure fa finta di non capire. La revisione costituzionale dell'istituto
referendario, infatti, è fondamentale, perché - non so se qualcuno se ne è
accorto - oggi in Italia il referendum non c'è!
Infatti, se si somma l'astensionismo fisiologico (che porta a votare, nella
migliore delle ipotesi, non più del 70 per cento, se non meno, degli aventi
diritto) alla posizione di chi fosse contrario al referendum proposto (dunque,
una posizione calcolabile nell'ordine del 20 per cento), ciò fa sì che proprio
chi impartisce l'indicazione ad astenersi dal voto prevale sul 50 per cento
degli elettori! Possiamo anche sostenere che vi è stato un abuso dell'istituto
referendario ed altri argomenti, tuttavia è questo il problema.
La proposta di modifica costituzionale in esame, pertanto, tende a restituire
al nostro ordinamento l'efficacia del fondamentale istituto del referendum
abrogativo.
PRESIDENTE. Onorevole Mantini, concluda!
PIERLUIGI MANTINI. Le ragioni alla base di tale scelta sono state già precedentemente esposte - concludo, signor Presidente -, e pertanto la soglia del 25 per cento più uno...
CESARE RIZZI. Tempo!
PIERLUIGI MANTINI. ...dei voti validi
delle precedenti consultazioni elettorali corrisponde esattamente alla
maggioranza del 50 per cento più uno previsto dal vigente articolo 75 della
Costituzione.
Pertanto, non si propone alcuna innovazione particolare, ma si tratta solo del
tentativo di restituire democrazia...
PRESIDENTE. Onorevole Mantini, deve concludere!
PIERLUIGI MANTINI. ...al nostro ordinamento. È un tentativo che, evidentemente, non vi riguarda!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mascia. Ne ha facoltà.
GRAZIELLA MASCIA. Signor Presidente,
vorrei rilevare che la dottrina si è preoccupata di studiare le caratteristiche
della relazione tra gli istituti della democrazia diretta ed il normale
meccanismo della democrazia rappresentativa. Uno dei connotati essenziali
dell'istituto referendario è costituito sicuramente dalla sua eccezionalità: in
tal modo, infatti, è stato disciplinato dalla vigente Costituzione, con tutti i
criteri ed i parametri che sono stati fissati per poter accedere a tale
istituto.
Ciò che è certo è che l'istituto referendario deve essere inteso quale
strumento di garanzia della società, nonché quale controllo sostitutivo sul
Parlamento, al fine di rendere inefficaci i provvedimenti non più ritenuti in
sintonia con le esigenze sociali.
Vorrei osservare che negli ultimi anni, compresi gli ultimi giorni, ci siamo
trovati e ci troviamo spesso nella situazione, in cui le leggi approvate dalla
Camera dei deputati non corrispondono...
PRESIDENTE. Onorevole Mascia...
GRAZIELLA MASCIA. ... al sentire della
società.
Le proposte emendative già illustrate dal collega Leoni, che abbiamo
sottoscritto, vanno allora nella direzione di garantire, modificando
leggermente i parametri per poter accedere all'istituto referendario, ma
lasciando inalterati i principi di fondo dell'eccezionalità, che tale
meccanismo possa effettivamente funzionare.
PRESIDENTE. Onorevole Mascia, concluda!
GRAZIELLA MASCIA. Riteniamo, dunque, che si tratti di un'esigenza emersa proprio in questi giorni e che l'intera Assemblea dovrebbe affrontare.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Acquarone. Ne ha facoltà.
LORENZO ACQUARONE. Signor Presidente, mi sembra che l'articolo aggiuntivo in discussione sia pieno di buon senso. Infatti, elevare il numero delle firme per richiedere l'indizione del referendum abrogativo costituisce una conseguenza diretta dell'incremento sia della popolazione, sia degli elettori dal 1947 ad oggi; per quanto riguarda, invece, il quorum necessario affinché il referendum sia valido, mi associo toto corde a quanto testé sostenuto dal collega Mantini.
PRESIDENZA DEL PRESIDENTE PIER FERDINANDO CASINI (ore 18,40)
LORENZO ACQUARONE. Nel sistema vigente,
infatti, in cui è richiesta la partecipazione della metà degli aventi diritto,
considerando l'astensionismo che ormai fisiologicamente si registra, è
sufficiente che coloro i quali desiderano la conservazione dei provvedimenti
sottoposti alla consultazione popolare invitino a non votare affinché tutti i
referendum non ottengano alcun risultato.
Poiché la democrazia rappresentativa, ove non abusata, è un istituto
fondamentale del rapporto che deve intercorrere tra le istituzioni ed i
cittadini, perché effettivamente e frequentemente capita o che la legge nel
tempo si riveli inadeguata e le Camere non abbiano la sufficiente sensibilità
per porvi rimedio, oppure che una legge approvata dal Parlamento non
corrisponda alla volontà degli elettori che pure il Parlamento hanno eletto, ho
l'impressione che se noi crediamo ad un istituto quale quello della democrazia
rappresentativa dobbiamo accogliere quest'articolo aggiuntivo, perché
altrimenti nessun referendum potrà, in futuro, essere espletato.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo
aggiuntivo Boato 15.05, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro
chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi
votazioni).
(Presenti 448
Votanti 445
Astenuti 3
Maggioranza 223
Hanno votato sì
194
Hanno votato no 251).
Passiamo
alla votazione dell'articolo aggiuntivo Bressa 15.06.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale,
l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà.
GIANCLAUDIO BRESSA. Signor Presidente,
questo articolo aggiuntivo è un'altra versione per risolvere lo stesso
problema. «La proposta soggetta a referendum è approvata se è raggiunta la
maggioranza dei voti validamente espressi e se ha partecipato alla votazione un
numero di elettori pari ad almeno la metà più uno degli elettori che hanno
preso parte alle precedenti consultazioni elettorali per la Camera dei
deputati». Si cerca, cioè, di inserire un elemento di realismo relativamente
all'effettiva partecipazione dei cittadini al voto.
Nel corso degli ultimi anni, abbiamo, infatti, verificato che la partecipazione
dei cittadini alle competizioni elettorali è in costante e leggera flessione.
Non vi sono stati episodi clamorosi di defezione o di diserzione delle urne,
tuttavia il dato della partecipazione tende progressivamente ad assottigliarsi.
È anche vero che ci troviamo su livelli sicuramente superiori alla media di
altre democrazie consolidate, però è una questione che ritengo vada presa in
considerazione.
Sulla base, dunque, di questo dato di realismo politico, si immagina che la
validità del quorum possa essere calcolata quando un numero di elettori
pari ad almeno la metà più uno di quelli che hanno preso parte alle precedenti
consultazioni elettorali per la Camera dei deputati sia un termine di paragone
realistico. Riteniamo pertanto che con questo articolo aggiuntivo sia possibile
restituire vitalità e senso ad un istituto così importante per la democrazia
della Repubblica, quale il referendum abrogativo.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo
aggiuntivo Bressa 15.06, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro
chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi
votazioni).
(Presenti 431
Votanti 426
Astenuti 5
Maggioranza 214
Hanno votato sì
185
Hanno votato no 241).
(Esame dell'articolo 16 - A.C. 4862 ed abbinate)
PRESIDENTE. Passiamo all'esame
dell'articolo 16 e delle proposte
emendative
ad esso presentate (vedi l'allegato A - A.C. 4862 ed abbinate sezione 5).
Nessuno chiedendo di parlare, invito il relatore ad esprimere il parere della
Commissione.
DONATO BRUNO, Relatore. Il parere della Commissione è contrario sull'emendamento Leoni 16.70. La Commissione raccomanda, invece, l'approvazione del proprio emendamento 16.25; esprime parere contrario sull'articolo aggiuntivo Leoni 16.07, così come sul subemendamento Mascia 0.16.0200.1 e sul subemendamento Boccia 0.16.0200.3. La Commissione esprime altresì parere contrario sul subemendamento Leoni 0.16.0200.2, mentre esprime parere favorevole sull'articolo aggiuntivo Elio Vito 16.0200. Il parere è contrario sul subemendamento Boccia 0.16.011.1 e sull'articolo aggiuntivo Boato 16.011. Per quanto riguarda gli articoli aggiuntivi Saponara 16.012 e Boato 16.010, la Commissione invita i presentatori al ritiro, altrimenti il parere è contrario.
PRESIDENTE. Il Governo?
ALDO BRANCHER, Sottosegretario di Stato per le riforme istituzionali e la devoluzione. Il parere del Governo è conforme a quello del relatore.
PRESIDENTE. Passiamo alla
votazione dell'emendamento Leoni 16.70.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Maran. Ne ha
facoltà.
ALESSANDRO MARAN. Signor Presidente,
intervengo su quest'emendamento soppressivo per illustrare le nostre ragioni.
Anche in questo caso, si evidenzia come l'ampiezza dei poteri del Senato
federale costituisca, come abbiamo detto molte volte e come è stato rilevato in
queste settimane e nei mesi scorsi, l'anomalia di fondo del progetto di
riforma, che non può non interessare anche le procedure legislative nei casi
particolari disciplinati dall'articolo, ossia in relazione agli articoli 73, 74
e 77 della Costituzione.
In questo articolo si propone che tutto avvenga «secondo le rispettive
competenze, ai sensi dell'articolo 70». Tuttavia, il modello di un Senato con
una competenza prevalente su una serie di materie sembra fortemente scontrarsi,
a nostro giudizio, con le esigenze di governabilità che vengono tanto
sbandierate. Il rischio è che, per governare, si ricorra a circuiti decisionali
esterni, che potrebbero sfociare non in una legge, ma in regolamenti o atti non
normativi, oppure, più verosimilmente, che vi sia una spinta verso una
consociazione tra istituzioni, per cui il Governo dovrebbe costantemente
contrattare l'attuazione del proprio indirizzo politico con il Senato.
Inoltre, la distribuzione delle competenze tra Camera dei deputati e Senato
provoca un risultato paradossale, come abbiamo sottolineato più volte: la
titolarità del rapporto fiduciario finisce per indebolire la Camera e
rafforzare il Senato. Tutto ciò, naturalmente, influisce anche sulle procedure
legislative indicate. Per tale motivo, proponiamo questo emendamento
soppressivo.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico,
sull'emendamento Leoni 16.70, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro
chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi
votazioni).
(Presenti 443
Votanti 439
Astenuti 4
Maggioranza 220
Hanno votato sì
186
Hanno votato no 253).
Indìco
la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento
16.25 della Commissione, accettato dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro
chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi
votazioni).
(Presenti 455
Votanti 307
Astenuti 148
Maggioranza 154
Hanno votato sì
285
Hanno votato no 22).
Passiamo
alla votazione dell'articolo 16.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Alfonso Gianni. Ne
ha facoltà.
ALFONSO GIANNI. Signor Presidente, esprimo un giudizio negativo sull'articolo 16, che modifica l'articolo 77 della Costituzione e lo faccio da un'angolazione diversa.
Personalmente,
ho sempre proposto una modifica dell'articolo 77 della Costituzione, come si
può riscontrare negli archivi della legislatura passata; infatti, non ritengo
che tale norma debba rimanere immutata. Tuttavia, la direzione verso la quale
essa andrebbe modificata è diversa e, anzi, opposta rispetto a quella proposta
dalla maggioranza in quest'aula. L'esigenza della modifica deriva anche
dall'esperienza maturata nel corso di questa legislatura, nella quale oltre il
50 per cento delle leggi è di iniziativa governativa. In altre parole, come
dicono i giuristi, siamo di fronte al passaggio da una democrazia parlamentare
ad una democrazia governamentale. Si pone, quindi, l'esigenza di una
delimitazione in sede costituzionale dei casi nei quali il Governo può
ricorrere alla forma del decreto-legge e, quindi, di una delimitazione del
campo e di una specificazione delle caratteristiche dei criteri di necessità e
di urgenza. Infatti, l'esperienza storica, a prescindere dai colori dei Governi
(in particolar modo, mi riferisco all'uso della decretazione di urgenza da
parte di questo Governo, che non ne avrebbe bisogno, considerata la maggioranza
parlamentare di cui gode) dimostra che quella descrizione costituzionale è una
maglia troppo larga, che presenta dei buchi e che può essere facilmente forata.
Allora, se un intervento vi deve essere - come ritengo - sul solo articolo 77
della Costituzione, esso dovrebbe essere in senso restrittivo della potestà
legislativa del Governo di adottare decreti-legge che - come ormai sappiamo -
non hanno quasi mai (salvo che in rarissime eccezioni) i requisiti di necessità,
di urgenza e, soprattutto, di omogeneità.
Vorrei, quindi, preannunciare con queste motivazioni il nostro voto contrario
sull'articolo 16 (Applausi dei deputati del gruppo di Rifondazione
comunista).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Maran. Ne ha facoltà.
ALESSANDRO MARAN. Signor Presidente, intervengo per ribadire ciò che ho già affermato intervenendo sulla precedente proposta emendativa soppressiva. La definizione delle procedure legislative ed i casi indicati proprio con il tentativo di esplicitare che tutto avviene secondo la distribuzione e l'articolazione delle competenze definita dal modello di bicameralismo imperfetto delineato, rivelano, se ancora ve ne fosse bisogno, che proprio l'ampiezza e la composizione del Senato federale (su cui siamo tornati molte volte) costituisce l'anomalia di fondo del progetto di riforma. Per cercare di «metterci una pezza», si tenta di completare questo puzzle, introducendo poteri che riteniamo eccessivi in capo al Presidente del Consiglio, al fine di equilibrare come si può il procedimento legislativo e le competenze.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà.
GIANCLAUDIO BRESSA. Intervengo per esprimere
la mia solidarietà nei confronti del collega Maran e per dichiarare il voto
contrario su questo articolo.
Come giustamente egli ha sottolineato, non è possibile da parte nostra
approvare alcun articolo che faccia riferimento ad un Senato federale, che
federale non è, e ad un Parlamento in cui il potere legislativo è in qualche
modo usurpato dalla figura del primo ministro. Pertanto, tutto ciò che ha a che
fare con questa materia non può che vederci contrari.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo
16, nel testo emendato.
(Segue la votazione).
Dichiaro
chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi
votazioni).
(Presenti 456
Votanti 455
Astenuti 1
Maggioranza 228
Hanno votato sì
258
Hanno votato no 197).
(Esame degli articoli aggiuntivi riferiti all'articolo 16 - A.C. 4862 ed abbinate)
PRESIDENTE. Passiamo alla
votazione dell'articolo aggiuntivo Leoni 16.07.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Olivieri. Ne ha
facoltà.
LUIGI OLIVIERI. Signor Presidente, con
gli articoli aggiuntivi presentati all'articolo 16 si affronta una tematica di
grande rilevanza proprio alla luce del sistema che state costruendo, in cui vi
è un primo ministro assolutamente forte ed un Parlamento che perde sempre più i
propri poteri di produzione legislativa. Come tutti noi sappiamo, la fonte di
produzione legislativa ordinaria, a Costituzione vigente, è il Parlamento. Nel
sistema di bicameralismo perfetto la Camera ed il Senato devono approvare il
progetto di legge nel medesimo testo.
Vi sono situazioni nelle quali l'ordinarietà, ossia la divisione netta tra chi
fa le leggi e chi deve poi eseguirle, viene violata. Tali previsioni sono
disciplinate nell'attuale Costituzione dagli articoli 76 e 77. Accenno solo
alla situazione di straordinaria necessità ed urgenza nella quale il Governo si
arroga la potestà legislativa ed adotta un atto avente forza di legge che, come
tutti sappiamo, deve essere convertito in legge nei sessanta giorni successivi,
pena la sua decadenza.
L'altra situazione è quella prevista dall'articolo 76, che riguarda i decreti
legislativi. In tal caso il Parlamento si spoglia della propria competenza
ordinaria e delega il Governo ad intervenire con normative aventi forza di
legge. Nel delegare l'esercizio della funzione legislativa al Governo il Parlamento
fissa principi e criteri direttivi, un tempo limitato ed oggetti definiti ai
quali il Governo deve attenersi.
Sappiamo che in questi anni - voi ne siete un esempio eclatante - si è abusato
di tale sistema. Le deleghe sono quasi sempre deleghe in bianco.
L'articolo 76 della Costituzione puntualmente non viene rispettato. Nella legge
delega si aggiunge un articolo, o un comma, che prevede il parere delle
competenti Commissioni parlamentari, ma se le Commissioni esprimono il proprio
parere sullo schema di decreto legislativo, il Governo quasi mai si attiene
alle eventuali richieste di modifica avanzate dalle Commissioni. Pertanto,
l'articolo aggiuntivo al nostro esame interviene proprio su questa anomalia,
dando centralità al sistema parlamentare e dignità al nostro lavoro. Si prevede
che gli schemi dei decreti legislativi predisposti dal Governo, sulla base di
una delega attribuita dal Parlamento, siano sottoposti al parere delle
Commissioni parlamentari competenti e che un quinto dei componenti di ciascuna
Camera possa chiedere che il parere sia esaminato ed approvato dall'Assemblea
(nel caso si tratti, per esempio, di un argomento di grande valenza ed
importanza). Si prevede infine l'obbligo, per il Governo, di attenersi al
contenuto dei pareri parlamentari, perché diversamente si ricadrebbe nella
situazione precedente, cioè nella presa in giro del Parlamento.
Questo è dunque il contenuto dell'articolo aggiuntivo Leoni 16.07 e ritengo che
un Parlamento con una sua dignità non possa che approvarlo (Applausi dei
deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-L'Ulivo e della Margherita,
DL-L'Ulivo).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mantini. Ne ha facoltà.
PIERLUIGI MANTINI. Nel breve tempo
contingentato a disposizione, vorrei dire ai colleghi della maggioranza che
quando parliamo di difesa del Parlamento e di riequilibrio dei poteri lo
facciamo in concreto. Voi questo problema non lo avete, e quindi non ve lo
ponete nemmeno.
Il tema del potere del Parlamento sugli schemi di decreti legislativi -
peraltro strumento giuridico (il decreto legislativo) largamente usato ed
abusato da tutti i Governi - è un tema di grande importanza. Sappiamo infatti
che spesso i decreti legislativi del Governo vanno al di là del contenuto delle
deleghe. Pertanto, il meccanismo da noi proposto, quello di rendere possibile,
su richiesta di una minoranza dei componenti della Camera, un esame della
conformità dello schema di decreto legislativo con i principi recati dalla
legge delega è un tema di grande rilievo, che non può essere lasciato solo al
giudizio di costituzionalità. Mi auguro che su questo tema possa svilupparsi un
dibattito all'altezza della questione. Non mi illudo, per il vero, però fateci
almeno la cortesia di capire, se non capite le proposte che vi facciamo e se
non volete nemmeno discuterle, perché votiamo contro la vostra riforma.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Gerardo Bianco. Ne ha facoltà.
GERARDO BIANCO. Da qualche
atteggiamento del nostro relatore, vedo che c'è un certo rammarico per il
ritardo che si sta verificando nell'approvazione di questo testo di riforma.
Credo però che egli possa anche capire il nostro stato d'animo, quello cioè di
chi vede respinto ogni tentativo di introdurre qualche elemento di razionalità
all'interno del testo legislativo in esame; questa speranza, per la verità, io
non l'ho mai nutrita.
Tuttavia, dico anche che qualche aspetto positivo indubbiamente c'è,
nell'approvazione di questa riforma, perché secondo me nasceranno nuove
discipline, che interesseranno non soltanto i giuristi, ma anche i medici e
persone di altre esperienze professionali, come per esempio gli indovini;
nasceranno delle materie interdisciplinari. Forse, sorgeranno anche nuove
cattedre.
Questo è il motivo per cui ritengo che, da tale punto di vista, in seguito
all'approvazione di questo testo, vi sarà una certa fecondità, anche se, a mio
avviso, si tratta di una legislazione psichiatricamente assistita. Sorgeranno
anche nuove forme di diritto, come il diritto «scomparato».
Questo potrebbe essere un effetto derivante dall'approvazione del provvedimento
in esame, ma vi sarà un unico rimedio: l'appello al popolo italiano (Applausi
dei deputati dei gruppi della Margherita, DL-L'Ulivo e Misto-Comunisti
italiani)!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Acquarone. Ne ha facoltà.
LORENZO ACQUARONE. Signor Presidente,
onorevoli colleghi, in linea di principio non sono contrario all'istituto della
delega legislativa; sono contrario all'abuso della stessa. Vi sono materie per
le quali la definizione di criteri generali è utile per poi consentire ai
tecnici di predisporre testi organici.
Secondo le previsioni della nostra Costituzione, l'esercizio della delega è
subordinato alla determinazione di principi e criteri direttivi e soltanto per
tempo limitato e per oggetti definiti. Purtroppo, l'esperienza ci ha insegnato
che, in parte per colpa del Parlamento (che adotta, spesso, criteri direttivi
molto labili; mi riferisco, ad esempio, a quelli elaborati per il così
tormentato provvedimento sull'ambiente, ora in discussione al Senato, con
riferimento ai quali sembra che, per la tutela dell'ambiente, basti dire di non
inquinare per risolvere ogni problema), in parte per colpa del Governo che vara
norme oltre la delega, la sorte di moltissimi decreti legislativi è quella di
finire di fronte alla Corte costituzionale per eccesso di delega.
Come
emerge da studi molto interessanti, predisposti da funzionari della Camera in
questa materia, vi è una prassi in forza della quale la legge delegata, prima
di diventare tale, deve essere esaminata dalle Commissioni parlamentari
competenti e, talora, da alcune Commissioni speciali.
Il suddetto esame, come previsto nell'emendamento, è volto a verificare se il
Governo, nell'esercizio della funzione legislativa, si sia realmente attenuto a
quei limiti che legittimano la possibilità di conferire allo stesso l'esercizio
di una funzione che non gli è propria (quale la funzione legislativa); gli
stessi, pertanto, devono essere seri e concreti.
Poiché l'articolo aggiuntivo in esame prevede che gli schemi dei decreti
legislativi debbano essere sottoposti al parere della Camera e rivestano forza vincolante,
credo che tale proposta emendativa, essendo il controllo limitato non al
merito, poiché è diretto a verificare la rispondenza tra quanto è stato
delegato e quanto è stato osservato, sia seria e meriti di essere approvata.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Violante. Ne ha facoltà.
LUCIANO VIOLANTE. Signor Presidente,
vorrei richiamare l'attenzione dei colleghi e del Comitato dei nove su un
problema che si pose nella scorsa legislatura quando, per l'intensificarsi
delle leggi delega, si sollevò la questione del rapporto tra il parere delle
Commissioni e le decisioni del Consiglio dei ministri. Vi fu, in particolare,
uno scambio di corrispondenza tra l'allora Presidente della Camera ed i vari
Presidenti del Consiglio, di intesa con il Presidente del Senato, perché il
parere delle Commissioni avesse un peso nei confronti delle decisioni del
Governo. Si raggiunse un gentlement agreement secondo il quale il
Governo, se avesse cambiato il testo in modo differente dai suggerimenti delle
Commissioni, avrebbe dovuto ritrasmetterlo alle stesse.
Non so come francamente le cose si siano sviluppate, ma, in ogni caso, ho
l'impressione che il tipo di formalizzazione prevista in questa norma faccia
compiere un passo indietro rispetto al punto in cui siamo arrivati.
Infatti, in sostanza, si dice soltanto che i decreti legislativi si trasmettono
alle Commissioni per i pareri, ma quale sia l'efficacia di questi pareri non è
noto sapere. Adesso, i pareri hanno un effetto, anche se limitato, nel senso
che, se viene confermato il vecchio testo, non vi è alcun problema mentre, se
dovesse modificarlo in modo difforme dai pareri, il Governo lo ritrasmette alle
Commissioni.
Dunque, mi chiedo in che termini si possa formalizzare un peso di questo
genere. D'altra parte, la questione delle fonti è uno dei grandi problemi
democratici e stabilire che, sostanzialmente, non vi è alcuna possibilità reale
per il Parlamento di intervenire sul contenuto specifico delle leggi delegate,
ritengo sia un problema abbastanza delicato dal punto di vista dei rapporti tra
il Parlamento e il Governo.
Mi chiedo quindi se i componenti del Comitato dei nove abbiano già pensato a
tale questione o se, in qualche modo, si possa rafforzare il peso del parere
delle Commissioni parlamentari. Forse renderlo vincolante sarebbe troppo,
tuttavia credo che riconoscere in qualche modo un peso a tale parere sia
materia sulla quale valga la pena di riflettere.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole D'Alia. Ne ha facoltà.
GIAMPIERO D'ALIA. Signor Presidente,
devo dare atto all'onorevole Violante di aver riconosciuto che gli emendamenti
del centrosinistra non sono tecnicamente formulati bene.
Non voglio fare polemiche; tuttavia, quando si cerca di dare lezioni di diritto
costituzionale - non mi sto riferendo evidentemente all'onorevole Violante -
sarebbe opportuno verificare il contenuto degli articoli 76 e 77 della nostra
Costituzione. Infatti, il problema dell'abuso della delega esiste, ma sarebbe
stato opportuno risolverlo nell'ambito dell'articolo 76, sopprimendo la
delegazione legislativa oppure limitandone l'esercizio ad alcune materie e
precisando i principi e i criteri direttivi.
A mio avviso, si potrebbe prevedere che, nel caso in cui il Governo intenda
discostarsi dal parere reso dalle Commissioni, abbia l'obbligo della
motivazione. Ciò consentirebbe comunque un sindacato in sede di Corte
costituzionale molto più chiaro sotto il profilo dell'eccesso della delega.
Mi pare che negli emendamenti proposti dal centrosinistra questo non sia
previsto e non so se qualcuno di tali emendamenti possa essere riformulato in
tal senso; tuttavia, ritengo che questa possa essere l'unica possibilità,
altrimenti avreste dovuto riferire gli emendamenti agli articoli 76 e 77 della
Costituzione.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo
aggiuntivo Leoni 16.07, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro
chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi
votazioni).
(Presenti 462
Votanti 459
Astenuti 3
Maggioranza 230
Hanno votato sì
203
Hanno votato no 256).
Prendo
atto che l'onorevole Buontempo non è riuscito ad esprimere il proprio voto.
Passiamo alla votazione del subemendamento Mascia 0.16.0200.1.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Deiana. Ne ha
facoltà.
ELETTRA DEIANA. Signor Presidente,
proponiamo di introdurre l'aggettivo «vincolante» accanto al parere che le
Commissioni parlamentari devono esprimere sui decreti legislativi presentati
dal Governo.
Ovviamente, si tratta di un paletto che va nel senso di preservare la sovranità
legislativa del Parlamento dall'invadenza crescente e, a seguito della vostra
controriforma costituzionale, devastante del Governo.
La facoltà di decretazione attribuita dalla Costituzione al Governo obbedisce
ai criteri di necessità ed urgenza. Tuttavia, intendo sottolineare che non si
tratta soltanto di criteri, bensì di una logica netta e stringente a cui il
costituente si è ispirato e che percorre l'insieme dell'ordinamento repubblicano,
vale a dire quella di sottrarre il potere legislativo dall'invadenza del potere
esecutivo, circoscrivendo sul piano dei criteri e delle procedure la
possibilità del Governo di intervenire direttamente sul piano legislativo.
Il vostro disegno di revisione costituzionale risponde, invece, al proposito
dichiarato di rovesciare esattamente la logica, rompendo l'equilibrio dei
poteri e delle funzioni nella loro distinzione ed autonomia - cioè, potere
legislativo, potere esecutivo e potere di garanzia sopra le parti della
Presidenza della Repubblica -, con lo svuotamento del potere legislativo e di
garanzia e la relativa concentrazione di tutti i poteri nelle mani del Governo.
Ci troviamo di fronte all'appropriazione del potere legislativo da parte di
quello esecutivo - quindi, da parte della maggioranza - con un drammatico
rovesciamento del criterio di fondo dell'ordinamento della Repubblica, ovvero
quello della distinzione tra i poteri e dell'attribuzione in misura strutturale
e qualificante del potere legislativo al Parlamento.
L'uso del termine «vincolante» rappresenta un paletto, ovvero il tentativo di
impedire la tracimazione e l'eccessiva invadenza del Governo nell'esercizio del
potere legislativo da parte della Camera.
Per queste ragioni, raccomandiamo l'espressione di un voto favorevole sul
subemendamento in oggetto, nella logica di impedire l'eccessiva devastazione
della funzione legislativa della Camera (Applausi dei deputati del gruppo di
Rifondazione comunista).
LUCIANO VIOLANTE. Chiedo di parlare
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
LUCIANO VIOLANTE. Signor Presidente, vorrei fare riferimento all'intervento dell'onorevole D'Alia, per chiedere se sia il caso di seguire il suggerimento avanzato dall'onorevole D'Alia, oppure di rinviare ai regolamenti parlamentari di Camera e Senato la determinazione del peso di questi pareri.
GIAMPIERO D'ALIA. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
GIAMPIERO D'ALIA. Signor Presidente, vorrei acquisire l'orientamento dell'onorevole Violante e dei colleghi del Comitato dei nove rispetto ad una eventuale riformulazione dell'articolo aggiuntivo Elio Vito 16.0200, nel senso di aggiungere, alla fine, le parole «secondo le norme dei rispettivi regolamenti».
LUCIANO VIOLANTE. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
LUCIANO VIOLANTE. Signor Presidente, come noto, faccio parte dell'opposizione. Tale modifica non deve essere gradita a me, ma a voi della maggioranza.
DONATO BRUNO, Relatore. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
DONATO BRUNO, Relatore. Signor Presidente, mi sembra di capire che in questa occasione l'onorevole D'Alia, riprendendo il suggerimento avanzato dall'onorevole Violante sul rinvio ai regolamenti parlamentari, ha ritenuto di proporre all'Assemblea e al Comitato dei nove una riformulazione dell'articolo aggiuntivo Elio Vito 16.0200, che è del seguente tenore: «I progetti dei decreti legislativi, predisposti dal Governo, sono sottoposti al parere delle Commissioni parlamentari competenti, secondo le norme dei rispettivi regolamenti». In proposito, non credo ci siano problemi particolari. Ritengo, insomma, che l'articolo aggiuntivo in questione possa essere riformulato in tal senso.
PRESIDENTE. Sta bene.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul
subemendamento Mascia 0.16.0200.1, non accettato dalla Commissione né dal
Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro
chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi
votazioni).
(Presenti 465
Votanti 460
Astenuti 5
Maggioranza 231
Hanno votato sì
203
Hanno votato no 257).
Passiamo
alla votazione del subemendamento Boccia 0.16.0200.3.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Boccia. Ne ha
facoltà.
ANTONIO BOCCIA. Signor Presidente,
visto che si è aperta una discussione, ritengo utile fare una riflessione: la
questione posta con l'articolo aggiuntivo Leoni 16.07 e con il subemendamento
Mascia 0.16.0200.1 riguarda il rafforzamento del potere delle Commissioni
parlamentari in relazione ai decreti legislativi emanati dal Governo.
È indubbio che avere costituzionalizzato l'obbligo dell'espressione del parere
è un passo in avanti; però, è accaduto spessissimo che di questi pareri il
Governo non abbia tenuto conto. Allora, il problema è come trasferire nella
norma costituzionale un rafforzamento del potere del Parlamento nell'incidere
sul potere del Governo. L'aggiunta, proposta dal presidente Violante
all'articolo aggiuntivo Elio Vito 16.0200, è sicuramente positiva, perché
precisa: «secondo i regolamenti parlamentari».
La domanda è questa: i regolamenti parlamentari possano attribuire potere
vincolante ai pareri espressi dalle Commissioni parlamentari? Se così è,
diventa opportuno rinviare la discussione in sede di revisione o di scrittura
dei nuovi regolamenti parlamentari; ma, se così non è - ed io ho qualche dubbio
che si possa fare -, si migliora certamente il testo rinviando ai regolamenti
parlamentari, ma si corre il rischio di non ottenere l'obiettivo.
Il mio subemendamento 0.16.0200.3, perfino un po' pleonastico, pone dei
paletti, perché attribuisce forza vincolante al parere esclusivamente nel caso
in cui esso sia stato approvato a maggioranza assoluta e limita la fattispecie
solo quando vi sia il mancato rispetto dei princìpi, dei criteri direttivi, dei
tempi e dell'oggetto, determinati nella legge di delega legislativa (cioè
quello che già oggi il Governo dovrebbe fare quando vi è una legge delega).
In buona sostanza, non si capisce perché il presidente Bruno ed il Comitato dei
nove non vogliano accogliere un subemendamento che, in fondo, non fa che
rafforzare quello che già oggi il Governo dovrebbe fare: mantenersi, cioè,
entro i limiti dei criteri direttivi, del rispetto dei princìpi, dei tempi e
dell'oggetto determinati nella legge di delega.
Io, dunque, insisterei affinché, oltre alle modifiche avanzate, che sono
sicuramente opportune, si aggiunga un secondo comma, nel quale venga data la
possibilità con determinati paletti di consentire che il parere delle
Commissioni diventi vincolante.
Mi pare una norma di buonsenso, che risolve anche una diatriba, che abbiamo
spesso discusso in Assemblea, sul ruolo e sul peso del Parlamento in relazione
alle leggi di delega e ai successivi decreti legislativi.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Gerardo Bianco. Ne ha facoltà.
GERARDO BIANCO. Signor Presidente,
vorrei anch'io rivolgere al relatore l'invito a prendere in considerazione
questo subemendamento, che mi pare assolutamente ragionevole. Non è pleonastico
e credo che si iscriva in una logica costituzionale; infatti, esso delimita
quello che, in via più generale, prevedevano le altre due proposte emendative
bocciate.
Dunque, non riesco a comprendere le obiezioni formulate sul subemendamento in
esame, il quale si limita a prevedere il rispetto del principio costituzionale
per cui il Governo deve attenersi rigorosamente ai principi stabiliti nella
legge di delega.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul
subemendamento Boccia 0.16.0200.3, non accettato dalla Commissione né dal
Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro
chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi
votazioni).
(Presenti 468
Votanti 466
Astenuti 2
Maggioranza 234
Hanno votato sì
210
Hanno votato no 256).
Prendo
atto che l'onorevole Ranieli non è riuscito a votare.
Passiamo alla votazione del subemendamento Leoni 0.16.0200.2.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Olivieri. Ne ha
facoltà.
LUIGI OLIVIERI. Signor Presidente,
abbiamo assistito poc'anzi ad uno scambio di opinioni costruttivo a seguito
dell'intervento del presidente del mio gruppo, onorevole Violante, il quale,
peraltro, ha formulato una richiesta su cui non abbiamo avuto risposta.
La questione riguarda la prassi, instaurata nella precedente legislatura,
relativa al caso in cui il Governo si discosti dal parere espresso dalla
Commissione competente sullo schema di decreto legislativo su materie diverse:
in tal caso, il Governo stesso rimetteva il testo alla Commissione, affinché
essa potesse intervenire nuovamente sull'argomento.
Successivamente, il collega D'Alia ha formulato una proposta costruttiva,
preceduta tuttavia da un'accusa che non mi sento di condividere, e non per
motivi pregiudiziali. L'onorevole D'Alia ha sostanzialmente affermato che il
problema esiste, ma che le nostre proposte emendative non sono state formulate
correttamente, in quanto esse sarebbero dovute intervenire sull'articolo 76
della Costituzione, abrogandolo o comunque delimitandone l'ambito di
applicazione.
Se la questione è posta in tali termini, non si tratta di valutare se le
proposte emendative siano o meno formulate correttamente (riteniamo peraltro
che lo siano, tant'è che quella in esame è dirimente rispetto alla questione).
Se è così, perché non avete provveduto direttamente? Perché non avete proposto
riformulazioni e presentato emendamenti, dal momento che avete riconosciuto la
sussistenza del problema?
Il subemendamento Leoni 0.16.0200.2 risolve la questione, perché, anziché
aggiungere al testo dell'articolo aggiuntivo Elio Vito 16.0200 il riferimento
alle norme dei regolamenti parlamentari, si limita a prevedere che il Governo
si attenga al parere parlamentare, definendo la questione. Non vi è dunque la necessità
di fare riferimento ai regolamenti parlamentari e la questione va risolta
definitivamente in sede di revisione costituzionale, trattandosi di una
questione fondante del rapporto tra il potere legislativo e il potere
esecutivo. Nel caso contrario, si porrebbero certamente alcuni problemi, e
pertanto auspico l'approvazione del subemendamento in esame.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul
subemendamento Leoni 0.16.0200.2, non accettato dalla Commissione né dal
Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro
chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi
votazioni).
(Presenti 452
Votanti 450
Astenuti 2
Maggioranza 226
Hanno votato sì
204
Hanno votato no 246).
Prendo
atto che l'onorevole Ranieli non è riuscito votare.
Passiamo alla votazione dell'articolo aggiuntivo Elio Vito 16.0200, del quale è
stata proposta la seguente riformulazione: «I progetti di decreti legislativi,
predisposti dal Governo, sono sottoposti al parere delle Commissioni
parlamentari competenti, secondo le norme dei regolamenti di ciascuna Camera».
Prendo atto che tale riformulazione è accettata dai presentatori e che su di
essa la Commissione ed il Governo esprimono parere favorevole.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo
aggiuntivo Elio Vito 16.0200, nel testo riformulato, accettato dalla Commissione
e dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro
chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi
votazioni).
(Presenti 464
Votanti 285
Astenuti 179
Maggioranza 143
Hanno votato sì
278
Hanno votato no 7).
Indìco
la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul subemendamento
Boccia 0.16.011.1, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro
chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi
votazioni).
(Presenti 454
Votanti 447
Astenuti 7
Maggioranza 224
Hanno votato sì
197
Hanno votato no 250).
Passiamo
alla votazione dell'articolo aggiuntivo Boato 16.011.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Boato. Ne ha
facoltà.
MARCO BOATO. Nella discussione svoltasi
poc'anzi, in relazione all'articolo 76 della Costituzione, è stato ipotizzato
di delimitare meglio le previsioni dell'articolo. Il nostro articolo aggiuntivo
affronta il tema dei decreti-legge e si pone esattamente questo scopo. Si deve
tener conto della degenerazione della prassi non solo di questi anni, ma anche
dei decenni precedenti, in materia di decretazione d'urgenza; si consideri,
inoltre, che la Corte costituzionale è stata costretta ad intervenire nel 1996
per vietare la reiterazione dei decreti-legge non convertiti in legge.
Chi, come me, frequenta da molti anni le Camere - penso al collega Gerardo
Bianco - ricorderà che alcuni decreti-legge hanno addirittura registrato sino a
24 riedizioni. Tutto ciò, dal 1996, non è più possibile. Ritengo che la legge
n. 400 del 1988 sia una buona disciplina; questa norma sull'ordinamento della
Presidenza del Consiglio è stata varata nel corso della X legislatura e fu
elaborata dalla I Commissione del Senato, presieduta dal presidente Elia, di
cui io stesso facevo parte. Trattandosi di una legge ordinaria (la considero
tuttora una buona legge) viene sistematicamente disattesa o derogata da leggi
successive. Considerato tutto ciò, sulla base del lavoro congiunto svolto in
Commissione bicamerale dal centrodestra e dal centrosinistra e sulla base anche
di numerosissime proposte di legge presentate nella scorsa legislatura in
materia di decretazione d'urgenza per modificare l'articolo 77 della
Costituzione, abbiamo ritenuto opportuno costituzionalizzare questi principi,
in parte presenti nella giurisprudenza costituzionale ed in parte della legge
n. 400 del 1988, con i limiti che ho prima ricordato.
Il nostro articolo aggiuntivo 16.011 reca la seguente previsione: «I decreti
contengono esclusivamente misure di immediata applicazione su materie
specifiche ed omogenee. Non possono conferire deleghe legislative, disciplinare
materie per le quali l'articolo 72 impone la procedura normale di esame da
parte delle Camere, ripristinare l'efficacia di disposizioni dichiarate
illegittime dalla Corte costituzionale, reiterare disposizioni di decreti non
convertiti in legge».
La riteniamo una norma assolutamente sintetica e puntuale e auspichiamo che il
nuovo comma previsto nella nostra proposta emendativa sia inserito nel vigente
articolo 77 della Costituzione. Pertanto, invitiamo i colleghi ad approvare
l'articolo aggiuntivo in esame.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Olivieri. Ne ha facoltà.
LUIGI OLIVIERI. Avete appena delineato
l'articolo 76 della Costituzione ed ora stiamo esaminando l'articolo 77. Come
ricordato poc'anzi, la fonte legislativa ordinaria è il Parlamento; solo in
casi di assoluta necessità ed urgenza, questa fonte normativa può essere il
Governo. Sappiamo che in tali casi, ossia in vere situazioni di necessità ed
urgenza, quindi di assoluta straordinarietà, l'articolo 77 (proprio per
evidenziarne la straordinarietà) prevede che qualora le Camere siano sciolte,
queste siano appositamente convocate e si riuniscano entro cinque giorni.
Questa ipotesi interviene nel caso in cui il Governo si arroghi un potere,
emanando norme aventi forza di legge, i decreti-legge; ebbene, qualora il
provvedimento non sia convertito in legge entro sessanta giorni è destinato a
decadere. È prevista, inoltre, la necessità per la Camera di regolare le
situazioni poste in essere e, quindi, i rapporti giuridici eventualmente
intervenuti. È assolutamente fondamentale che questa situazione, non regolata
da una specifica normativa, venga implementata nella Costituzione.
Riteniamo che ciò sia possibile approvando l'articolo aggiuntivo Boato 16.011.
È per tali motivi che auspichiamo venga votato da tutti i colleghi.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà.
GIANCLAUDIO BRESSA. Signor Presidente,
l'articolo aggiuntivo in esame è particolarmente rilevante, poiché avete
stabilito che il Presidente della Repubblica non autorizzi più la presentazione
di decreti-legge. È, dunque, assolutamente indispensabile avere chiarezza
relativamente alle procedure e ai contenuti dei decreti-legge.
Nel presentare questo articolo aggiuntivo, abbiamo creato una vera e propria
norma fotografia, ossia abbiamo preso ad esempio i numerosissimi decreti-legge
che, nel corso di questi anni, avete presentato; li abbiamo valutati con grande
attenzione, li abbiamo radiografati e abbiamo rilevato tutte le manchevolezze
che sistematicamente attuate nella presentazione e nell'approvazione dei
decreti-legge, tant'è vero che, più di una volta, la stessa Corte
costituzionale ve li ha sanzionati. È accaduto anche che questa Assemblea abbia
dichiarato incostituzionale un decreto-legge che avevate presentato. Per questo
motivo, abbiamo elencato quelli che dovrebbero essere i contenuti fondamentali
di un decreto-legge; vogliamo che siano inseriti nella Costituzione affinché,
tutte le volte che un Governo simile al vostro ha la tentazione di presentare
un decreto-legge, lo faccia attenendosi al dettato costituzionale.
«I decreti contengono esclusivamente misure di immediata applicazione su
materie specifiche ed omogenee»: si tratta di un elemento che disattendete
tutte le volte. «Non possono conferire deleghe legislative»: è una cosa che
fate sistematicamente, addirittura prevedendo nuove deleghe.
PRESIDENTE. Onorevole Bressa...
GIANCLAUDIO BRESSA. Ho quasi concluso,
Presidente. «Non possono ripristinare l'efficacia di disposizioni dichiarate
illegittime dalla Corte costituzionale»: siete riusciti a fare anche questo! È
il caso famoso dell'incostituzionalità dichiarata da quest'Assemblea.
È una norma fatta ad immagine e somiglianza della vostra incapacità di
legislatori.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo
aggiuntivo Boato 16.011, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro
chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi
votazioni).
(Presenti 448
Votanti 447
Astenuti 1
Maggioranza 224
Hanno votato sì
201
Hanno votato no 246).
Prendo
atto che l'onorevole Mondello non riuscito a votare.
Prendo atto, altresì, che l'articolo aggiuntivo Saponara 16.012 è stato
ritirato.
Passiamo all'articolo aggiuntivo Boato 16.010.
Chiedo all'onorevole Boato se acceda all'invito al ritiro rivoltogli dal
relatore e dal Governo.
MARCO BOATO. No, signor Presidente, e chiedo di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MARCO BOATO. Signor Presidente, mi
dispiace che il collega Saponara, cui devo dare atto di aver mantenuto coerenza
in questa materia, abbia ritirato il suo articolo aggiuntivo che recitava:
«L'amnistia e l'indulto sono concessi con legge deliberata a maggioranza dei
due terzi dei votanti di ciascuna Camera, in ogni suo articolo e nella
votazione finale». Se non lo avesse ritirato, avremmo potuto esprimere senza
difficoltà un voto favorevole.
Il nostro articolo aggiuntivo in esame recita: «L'amnistia e l'indulto sono
concessi con legge deliberata dalla Camera dei deputati» (perché queste sono
competenze esclusive dello Stato) «a maggioranza dei due terzi dei votanti,
comunque non inferiore alla maggioranza assoluta dei componenti».
Come i colleghi Saponara, Bruno ed altri ricorderanno, su questo testo avevamo
raggiunto un accordo in sede referente della I Commissione affari
costituzionali, dove votammo all'unanimità, e durante il dibattito in aula, che
fu interrotto per l'opposizione di alcuni gruppi. Riteniamo che questa sia la
sede per riproporlo, perché il testo che abbiamo presentato non modifica di una
virgola l'accordo fra centrodestra e centrosinistra - almeno, tra una parte del
centrodestra ed una parte del centrosinistra - che era stato raggiunto in sede
referente e poi in aula. Inoltre, ci permetterebbe di superare parzialmente un
paradosso che si verifica dal marzo 1992. Come tutti ricordano, l'articolo 79,
nella versione della Costituzione del 1948, prevedeva che le leggi di
concessione di amnistia ed indulto fossero di delegazione del Presidente della
Repubblica (questo era un aspetto puramente formale) ed approvate come una
qualunque legge ordinaria. Ciò provocò obiettivamente una proliferazione eccessiva
degli istituti di amnistia e indulto e, al tempo stesso, la reazione (io la
definirei di tipo emergenziale) del Parlamento della X legislatura, che
introdusse una norma, ossia quella vigente - ma lo è dal 1992 non dal 1948 -
che prevede che l'amnistia e l'indulto siano concessi con legge deliberata a
maggioranza dei due terzi dei componenti di ciascuna Camera in ogni suo
articolo e nella relazione finale. Conseguentemente, dal 1992 al 2004, non vi è
più stata una legge per amnistia ed indulto.
Questo ha comportato una sostanziale abrogazione dell'istituto dalla nostra
Carta costituzionale. Il nostro emendamento permette, non di sopprimere di
fatto questo istituto, ma di mantenerlo con una ipotesi di larga convergenza
nel Parlamento, due terzi dei votanti, una maggioranza non inferiore alla
maggioranza assoluta dei componenti, che permetterebbe di riequilibrare una
situazione che si era squilibrata nel 1992. Per questo invitiamo ad approvare
il mio articolo aggiuntivo 16.010.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Leoni. Ne ha facoltà.
CARLO LEONI. Signor Presidente,
colleghi, vi sono istituti - e prima ne abbiamo parlato a proposito del
referendum abrogativo - verso i quali bisogna prendere una decisione, giacché con
l'andare del tempo si rivelano inattuabili. Quello dell'amnistia e
dell'indulto, come ha ricordato poco fa il collega Boato, il Parlamento non lo
utilizza più dal 1992.
In precedenza abbiamo parlato dei referendum abrogativi e abbiamo detto che
quell'istituto rischia di deperire e allora si deve scegliere: o lo si elimina
dalla nostra normativa costituzionale oppure si cerca di renderlo fruibile, di
renderlo praticabile. Di questo noi ci siamo già occupati in questa aula, anche
con una discussione impegnata, seria e sofferta, ma purtroppo senza esito.
Noi riproponiamo un meccanismo, due terzi dei voti espressi, che in ogni caso
evita un rischio che tutti riconoscemmo, vale a dire che una sola maggioranza
politica possa decidere a suo piacimento su un provvedimento di amnistia e di
indulto. Ma, a differenza di quello che ha fatto nel suo emendamento, poi
ritirato, il collega Saponara, noi poniamo un vincolo che riteniamo
assolutamente importante: questi due terzi dei voti espressi debbono però
rappresentare la maggioranza assoluta dei componenti dell'Assemblea, perché
altrimenti noi rischiamo di andare ad una decisione che raccoglie sì due terzi
dei voti espressi, ma che non rappresenta la maggioranza assoluta dei
componenti dell'Assemblea. Questo è un modo rigoroso per disciplinare
un'esigenza di rinnovamento delle procedure di un istituto, che possiamo
benissimo decidere - io non sarei d'accordo, ovviamente - di eliminare
dall'ordinamento, ma lasciarlo nella procedura così com'è significa consegnarci
ad una ipocrisia, perché lo conserviamo, ma sappiamo - e l'esperienza ce lo
dice - che non sarà mai più utilizzato. La strada alternativa che proponiamo è
una strada assolutamente rigorosa (Applausi dei deputati del gruppo
Democratici di sinistra-L'Ulivo).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Maura Cossutta. Ne ha facoltà.
MAURA COSSUTTA. Signor Presidente, la
prima cosa che vorrei dire alle colleghe e ai colleghi è che noi sappiamo che
questa Camera non è innocente. Noi questa discussione sull'indulto e
sull'amnistia l'abbiamo fatta, abbiamo fatto dei tentativi nei mesi scorsi; c'è
stata una discussione molto forte che ha coinvolto le coscienze, le passioni di
ognuno di noi. Un tentativo fallito. Questa Camera non è innocente, nonostante
il Presidente Casini avesse invitato in quest'aula in maniera solenne il Papa e
nonostante in quest'aula i tanti presenti, quasi la maggioranza, all'udienza
del Papa si erano sperticati in applausi alle parole, alle sollecitazioni, agli
inviti del Papa rispetto ad un atto di clemenza necessario, doveroso, non
soltanto per i detenuti, ma per le coscienza civile e democratica del nostro
paese. Quindi, un atto di volontà, di cultura democratica. Questa Camera non è
innocente. Noi oggi ci riproviamo. Voi state stravolgendo la Costituzione;
cambiate 43 articoli; tutto: l'assetto istituzionale, la devolution, la
forma di governo, i ruoli del Presidente della Repubblica, cercando di far
capire che siete maturi per la modernità, per offrire al paese una Costituzione
finalmente moderna.
Non siete capaci, tuttavia, di modificare l'articolo sull'amnistia e
sull'indulto; noi avanziamo una proposta molto seria, che fa riferimento ai due
terzi dei votanti purché non inferiori alla maggioranza assoluta. Quindi, una
maggioranza vera, politica.
Dovete oggi dimostrare quanto con grande ipocrisia dichiarate fuori da
quest'aula; mi riferisco ai tanti ministri cattolici, allo stesso ministro
Buttiglione, che si trova vicino ai principi ed ai valori religiosi su ben
altre questioni.
Questa Camera non è innocente; oggi, potete lavare questa colpa!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Violante. Ne ha facoltà.
LUCIANO VIOLANTE. Signor Presidente, già
il collega Leoni ha illustrato le ragioni di questa proposta emendativa.
Con il mio intervento, mi limiterò, dunque, ad illustrare un tema. Si arrivò a
stabilire l'attuale testo della Costituzione nel 1992, in un momento
particolarmente delicato per la vita politica del paese, quando si temeva che
maggioranze occasionali avrebbero potuto cancellare alcuni reati - in
particolare, fattispecie di corruzione ed altre - e la Camera, a grandissima
maggioranza, votò quel tipo di riforma.
In questi anni, si è dimostrato come sia assai difficile trovare un'intesa tra
maggioranza ed opposizioni di qualunque tipo su tale tema; fu impossibile nella
scorsa legislatura ed è stato impossibile in questa. Personalmente, sono
contrario all'uso abituale dell'amnistia; ma, comunque, si deve prendere atto
che tutti i paesi del mondo conoscono questa valvola di scarico per
fronteggiare particolari momenti.
Se approvata com'è oggi, nel nuovo impianto costituzionale questa resterebbe
l'unica disposizione, se non ricordo male, in cui l'opposizione potrebbe
condizionare l'uso di questo tipo di poteri.
Il collega Leoni ha messo in evidenza con molta chiarezza un elemento: bisogna
sottrarre alla disponibilità della maggioranza parlamentare l'uso di questi
strumenti. La proposta avanzata e sottoscritta dai colleghi Boato, Bressa,
Leoni ed altri sfugge, a mio avviso, a tale obiezione in quanto fa riferimento
ai due terzi dei votanti purché rappresentino la maggioranza assoluta. Mi pare
che in questo quadro, forse, un minimo di riflessione andrebbe condotta; in
sostanza, specie sulla base delle disposizioni votate sinora, questo sarebbe
l'unico caso - lo ribadisco - in cui si darebbe un potere ostruttivo ad una
minoranza.
Si potrebbe anche trovare la ragione; però, mi domando se, in relazione a quanto
finora si è deciso, ed in relazione alla ratio che dette vita alla
riforma del 1992, non sia il caso di riflettere positivamente sulla procedura
proposta dall'articolo aggiuntivo Boato 16.010.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mascia. Ne ha facoltà.
GRAZIELLA MASCIA. Signor Presidente,
intervengo anch'io per sottolineare taluni aspetti sui quali i colleghi, anche
quelli della maggioranza, dovrebbero riflettere.
Come ha già fatto il collega Violante, anch'io mi ricollego al periodo in cui
fu introdotta in Costituzione la disposizione che prevede i due terzi dei
componenti; soglia che difficilmente potrà essere raggiunta, come ha dimostrato
l'esperienza di questi dodici anni. Di qui, la necessità di ricondurre la disciplina
della materia nello spirito della Costituente.
D'altra parte, vorrei sottolineare un aspetto; questa Camera, a più riprese,
negli ultimi anni, ha seminato aspettative rispetto alle condizioni carcerarie
ed al sovraffollamento nelle carceri. Peraltro, non si è potuta servire di uno
strumento legislativo a sua disposizione a causa di quella modificazione
intervenuta in una situazione, per così dire, di emergenza della vita politica
italiana; situazione sulla quale ritengo non si sia ancora riflettuto o non si
sia ancora riflettuto nel modo adeguato.
Dunque, ritengo sia doveroso che questa Camera si riappropri delle sue
prerogative, ripristinando una disposizione che consenta almeno di discutere
dei provvedimenti di amnistia e di indulto - e ve ne sarebbe un gran bisogno,
in riferimento a tante esperienze della vita politica italiana - e di farlo in
modo tale che si possa arrivare poi ad una conclusione positiva, senza
determinare disillusione dopo avere sollecitato legittime aspettative.
Credo che l'ipotesi prospettata con l'articolo aggiuntivo in esame risponda
anche a quanto evidenziato da un dibattito molto impegnato - che, lo vorrei
ricordare, è stato già svolto in Commissione ed avviato in questa Assemblea, ma
non ha potuto essere concluso -, vale a dire all'esigenza di una norma che
garantisca tutti, attraverso una maggioranza dei due terzi dei votanti, con la
garanzia della maggioranza assoluta dei componenti della Camera dei deputati, e
che consentirebbe a ciascuno dei parlamentari dell'attuale legislatura di
presentare proposte che possano essere confrontate secondo l'esigenza della
maggioranza qualificata dei votanti.
DONATO BRUNO, Relatore. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
DONATO BRUNO, Relatore.
Signor Presidente, desidero ringraziare sia il collega Saponara, sia i
presentatori dell'articolo aggiuntivo Boato 16.010 ed altresì spiegare,
tuttavia, il motivo per cui la Commissione ha espresso la propria contrarietà
ad approvare tali proposte emendative in questa sede.
Vorrei ricordare, infatti, che in Assemblea pende un provvedimento che va nella
direzione auspicata dagli articoli aggiuntivi Saponara 16.012 e Boato 16.010.
Credo che stiamo discutendo di una riforma che ha poco o tanto a che fare con
tale argomento allo stesso modo in cui poco o tanto aveva a che fare con la
questione della modifica dell'articolo 68 della Costituzione: infatti, allora
abbiamo chiesto ai colleghi, anche con riferimento alle proposte emendative
condivise, di discuterne in altra sede.
Il motivo è solo questo: nessuno sta affermando che non vi è stata una
riflessione del Comitato dei nove sul merito dell'articolo aggiuntivo in esame;
tuttavia, dal momento che già è stato avviato in Assemblea l'iter per
l'approvazione del provvedimento concernente l'amnistia e di indulto (anche se
al momento è stato rinviato), recante lo stesso contenuto delle proposte
emendative citate, non ritengo sia questa la sede più opportuna per discutere,
poiché il tema merita un dibattito in una sede più appropriata.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà.
GIANCLAUDIO BRESSA. Signor Presidente, mi associo alle dichiarazioni rese dai numerosi colleghi che si sono precedentemente espressi a favore dell'approvazione dell'articolo aggiuntivo in esame. Si tratta, evidentemente, di restituire effettività ad una previsione della nostra Costituzione che, così com'è stata riformata, risulta inapplicata ed inapplicabile.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo
aggiuntivo Boato 16.010, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro
chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi
votazioni).
(Presenti 445
Votanti 442
Astenuti 3
Maggioranza 222
Hanno votato sì
193
Hanno votato no 249).
Prendo atto che l'onorevole Zanella non è riuscita ad esprimere il proprio voto e che avrebbe voluto esprimere voto favorevole.
(Esame dell'articolo 17 - A.C. 4862 ed abbinate)
PRESIDENTE. Passiamo all'esame
dell'articolo 17 e delle proposte
emendative
ad esso presentate (vedi l'allegato A - A.C. 4862 ed abbinate sezione 6).
Nessuno chiedendo di parlare, invito il relatore ad esprimere il parere della
Commissione.
DONATO BRUNO, Relatore. Signor Presidente, la Commissione esprime parere contrario sugli identici emendamenti Mascia 17.1 e Boato 17.70, mentre raccomanda l'approvazione del proprio emendamento 17.25.
PRESIDENTE. Il Governo?
ALDO BRANCHER, Sottosegretario di Stato per le riforme istituzionali e la devoluzione. Il Governo esprime parere conforme a quello del relatore.
PRESIDENTE. Passiamo alla
votazione degli identici emendamenti Mascia 17.1 e Boato 17.70.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mantovani. Ne ha
facoltà.
RAMON MANTOVANI. Signor Presidente, insistiamo per la votazione dell'emendamento Mascia 17.1, soppressivo dell'articolo in esame, poiché abbiamo compreso che si è fatto un passo in avanti e si passa dall'espressione «è autorizzata con legge la ratifica dei trattati internazionali» - senza che si possa comprendere chi autorizza con legge - alla formulazione...
DONATO BRUNO, Relatore. Ai sensi dell'articolo 70!
RAMON MANTOVANI. Onorevole Bruno, sto
dicendo che abbiamo constatato che è stato compiuto un passo avanti, anche se
non ci soddisfa del tutto.
Come dicevo, si passa alla formulazione «è autorizzata con legge (...),
approvata ai sensi dell'articolo 70, primo comma, la ratifica (...)», come
risulterebbe dall'eventuale approvazione dell'emendamento 17.25 della
Commissione.
Vorrei osservare che l'articolo 70, primo comma, del nuovo testo costituzionale
rinvia all'articolo 117, secondo comma. Ci troviamo, dunque, nell'ambito delle
materie di competenza esclusiva dello Stato. Ciò mantiene implicitamente in
vita la materia concorrente indicata da un altro comma dello stesso articolo,
che investe le regioni.
So bene che ciò è stato introdotto non dalla riforma - o dalla controriforma -
attualmente in esame, ma dalla modifica varata nella scorsa legislatura, sulla
quale non siamo mai stati e continuiamo a non essere d'accordo. Vi è, infatti,
una materia concorrente, che riguarda - cito testualmente - i rapporti
internazionali e con l'Unione europea delle regioni; in altri termini, le
regioni mantengono propri rapporti internazionali, che in questo caso si
esclude vengano autorizzati con la ratifica da parte della Camera politica.
Insomma, vi è un guazzabuglio anche in questo caso. Siccome insistiamo sempre
su quegli «articoli fiume» complicati al loro interno ed andremo incontro a
conflitti di competenza, noi riteniamo che, seppure del tutto insoddisfacente,
sarebbe meglio ritornare alla formulazione che parla della competenza delle
Camere per l'autorizzazione con legge alla ratifica dei trattati internazionali
e che non fa riferimento, appunto, a materia esclusiva ed a materia
concorrente, in materia di rapporti internazionali. Vorrei far notare che non
capisco come una regione possa intrattenere, sua sponte, rapporti
«internazionali», giacche normalmente i rapporti «internazionali» sono
intrattenuti tra Stati nazionali. Che, poi, una regione possa intrattenere
rapporti interregionali, all'interno dell'Unione europea è un'altra storia, è
una materia disciplinata dalla stessa Unione europea. Altro è ciò che si
sottende e contro il quale noi ci pronunciamo.
Manterremo pertanto il nostro emendamento soppressivo e ci asterremo sulla
formulazione che viene proposta dalla Commissione, perché consideriamo che,
nonostante tutto, è un passo in avanti rispetto alla formula generica del «si
autorizza con legge»; tuttavia, avendo noi alcune contrarietà su determinati
punti specifici, come ho già spiegato, non possiamo nemmeno esprimere un voto
favorevole.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Calzolaio. Ne ha facoltà.
VALERIO CALZOLAIO. Signor Presidente,
onorevoli colleghi, il testo approvato dal Senato ci riconsegnava, identico,
l'articolo 80 della Costituzione vigente, uno dei pochi articoli lasciati
identici della seconda parte del nostro testo costituzionale.
Eppure, come il presidente Bruno e la Commissione sicuramente sanno, in questi
cinquant'anni, più volte, la dottrina costituzionalista e la riflessione
parlamentare avevano giudicato discutibile il testo formale dello stesso
articolo 80, che distingue i trattati che sottendono l'obbligo di avere una
legge di ratifica in conformità a cinque categorie che non sono onnicomprensive
e che - almeno alcune - sono di difficile interpretazione. È una
classificazione parziale ed incerta. La dottrina ha ragionato molto su ognuna
di tali cinque categorie: quando un trattato è di natura politica e soprattutto
quando non lo è, posto che si tratta di un accordo internazionale quasi sempre
coerente con la politica estera del paese.
La dottrina ha molto discusso su che voglia dire «che importino variazioni del
territorio o oneri alle finanze o modificazioni di leggi». La scelta operata
dal Senato, tuttavia, che noi condividevamo in una certa misura, era di non
toccare l'articolo 80. Tanto noi condividevamo tale scelta che, all'inizio
della legislatura, abbiamo presentato un progetto di legge che, fatto salvo
l'attuale articolo 80 della Costituzione, giungesse in ogni caso ad una
semplificazione delle procedure e ad un'accelerazione dei tempi governativi e
parlamentari di ratifica degli accordi internazionali.
La contraddizione che riscontriamo in questa discussione è che si stanno
modificando molti articoli della seconda parte della Costituzione in modo
improvvisato, discutibile e contraddittorio, creando un guazzabuglio di norme
costituzionali. Non vi è stata alcuna riflessione su articoli che, forse,
avrebbero potuto consentire una razionalizzazione ed una semplificazione delle
norme esistenti.
Ci auguriamo, quindi, che il testo della proposta di legge segua il suo iter in
Commissione affari esteri (se non sbaglio, proprio la Commissione affari
costituzionali, da un anno, è in attesa di un parere dalla Commissione affari
esteri).
Per quanto riguarda il testo, capiamo che l'obiettivo della Commissione è stato
solo quello di rendere coerente con il nuovo procedimento legislativo
dell'articolo 70 il vecchio articolo 80 della Costituzione.
In questo senso, voteremo i nostri emendamenti e ci asterremo sull'emendamento
della Commissione.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sugli identici
emendamenti Mascia 17.1 e Boato 17.70, non accettati dalla Commissione né dal
Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro
chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi
votazioni).
(Presenti 425
Votanti 422
Astenuti 3
Maggioranza 212
Hanno votato sì
177
Hanno votato no 245).
Prendo
atto che l'onorevole Bottino avrebbe voluto esprimere voto favorevole.
Passiamo alla votazione dell'emendamento 17.25 della Commissione.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Boato. Ne ha
facoltà.
MARCO BOATO. Signor Presidente, si
tratta di una questione delicata e do atto, tra l'altro, a molti membri della
Commissione affari esteri, in particolare al collega Ramon Mantovani
intervenuto poco fa, di aver portato all'attenzione della Commissione affari
costituzionali e del Comitato dei nove un problema rilevante.
In realtà, è inesatto dire che il Senato abbia lasciato inalterato l'articolo
80 della Costituzione. Come si può vedere nel fascicolo che è stato pubblicato,
il testo approvato dal Senato modifica l'articolo 80 della Costituzione,
prevedendo che «è autorizzata con legge la ratifica dei trattati
internazionali». Il collega Mantovani, che molto lealmente ha dato atto di
questo dibattito, ed altri colleghi della Commissione affari esteri, in modo
bipartisan, hanno posto la necessità di specificare il procedimento legislativo
previsto per i trattati, superando la dizione generica e indeterminata «è
autorizzata con legge».
Questo è il motivo per cui, avendo io sollevato tale questione anche a nome di
questi colleghi in sede di Comitato dei nove, è stato approvato dal Comitato
stesso l'emendamento 17.25 della Commissione, in cui si specifica che si tratta
di legge approvata ai sensi dell'articolo 70, primo comma. Il che comporta che
sia una legge di competenza della Camera (ciò in quanto vi sono materie di
competenza statale, di cui all'articolo 117, secondo comma), che il Senato la
possa anche richiamare, ma che sia la Camera ad avere la parola definitiva
sull'approvazione dei trattati. Ciò mi sembra quello che si voleva giustamente
ottenere.
Personalmente, invito ad esprimere un voto favorevole sull'emendamento 17.25
della Commissione, che ha affrontato e risolto positivamente il problema posto
dal collega Mantovani.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico,
sull'emendamento 17.25 della Commissione, accettato dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro
chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi
votazioni).
(Presenti 445
Votanti 282
Astenuti 163
Maggioranza 142
Hanno votato sì
277
Hanno votato no 5).
Indìco
la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 17, nel
testo emendato.
(Segue la votazione).
Dichiaro
chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi
votazioni).
(Presenti 443
Votanti 440
Astenuti 3
Maggioranza 221
Hanno votato sì
249
Hanno votato no 191).
Prendo atto che l'onorevole Lezza non è riuscito a votare e che avrebbe voluto esprimere un voto favorevole.
(Esame dell'articolo 18 - A.C. 4862 ed abbinate)
PRESIDENTE. Passiamo all'esame
dell'articolo 18 e delle proposte
emendative
ad esso presentate (vedi l'allegato A - A.C. 4862 ed abbinate - sezione 7).
Nessuno chiedendo di parlare, invito il relatore ad esprimere il parere della
Commissione.
DONATO BRUNO, Relatore. Signor Presidente, la Commissione esprime parere contrario sugli identici emendamenti Mascia 18.1 e Boato 18.70, mentre il parere è favorevole sull'emendamento Elio Vito 18.200. La Commissione esprime parere contrario sugli articoli aggiuntivi Mascia 18.01, Bressa 18.010, nonché sui subemendamenti Bressa 0.18.0200.1 e Boccia 0.18.0200.2. Infine, il parere è favorevole sull'articolo aggiuntivo Elio Vito 18.0200.
PRESIDENTE. Il Governo?
ALDO BRANCHER, Sottosegretario di Stato per le riforme istituzionali e la devoluzione. Signor Presidente, il Governo esprime parere conforme a quello del relatore.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sugli identici
emendamenti Mascia 18.1 e Boato 18.70, non accettati dalla Commissione né dal
Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro
chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi
votazioni).
(Presenti 454
Votanti 451
Astenuti 3
Maggioranza 226
Hanno votato sì
195
Hanno votato no 256)
Prendo
atto che l'onorevole Cicala non è riuscito a votare.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico,
sull'emendamento Elio Vito 18.200, accettato dalla Commissione e dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico
il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi
votazioni).
(Presenti 458
Votanti 302
Astenuti 156
Maggioranza 152
Hanno votato sì
283
Hanno votato no 19).
Prendo
atto che l'onorevole Carli ha erroneamente espresso un voto favorevole, mentre
avrebbe voluto astenersi.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo
18, nel testo emendato.
(Segue la votazione).
Dichiaro
chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi
votazioni).
(Presenti 460
Votanti 456
Astenuti 4
Maggioranza 229
Hanno votato sì
265
Hanno votato no 191).
Passiamo
alla votazione dell'articolo aggiuntivo Mascia 18.01.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mascia. Ne ha
facoltà.
GRAZIELLA MASCIA. Signor Presidente,
come ci spiegano coloro che hanno studiato gli atti della Costituente, questo
articolo fa riferimento all'inchiesta parlamentare come prerogativa delle
Camere in virtù della necessità di assumere conoscenza in relazione ad
inchieste politiche o di controllo sull'operato del Governo. Si tratta di una
prerogativa importante che si aggiunge, completando la possibilità da parte del
Parlamento di interrogare ed interpellare il Governo. È una prerogativa che
riteniamo debba essere maggiormente acquisita e su cui è necessario tornare a
riflettere dopo che il sistema maggioritario ha modificato sostanzialmente la
possibilità di farvi ricorso. Noi abbiamo una serie di casi che testimoniano
questa impossibilità.
Con l'articolo aggiuntivo che proponiamo di introdurre prevediamo la possibilità
da parte di un quinto dei componenti dell'Assemblea di richiedere la
Commissione di inchiesta. Pensiamo che questa sia una garanzia minima per poter
accedere a queste Commissioni da parte delle minoranze, senza peraltro che le
minoranze stesse possano avere un elemento di ricatto nei confronti dell'aula.
Quindi, invitiamo l'Assemblea a votare a favore...
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo
aggiuntivo Mascia 18.01, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro
chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi
votazioni).
(Presenti 451
Votanti 449
Astenuti 2
Maggioranza 225
Hanno votato sì
192
Hanno votato no 257).
Indìco
la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo
aggiuntivo Bressa 18.010, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro
chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi
votazioni).
(Presenti 458
Votanti 453
Astenuti 5
Maggioranza 227
Hanno votato sì
197
Hanno votato no 256).
Indìco
la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul subemendamento
Bressa 0.18.0200.1, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro
chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi
votazioni).
(Presenti 459
Votanti 454
Astenuti 5
Maggioranza 228
Hanno votato sì
197
Hanno votato no 257).
Indìco
la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul subemendamento
Boccia 0.18.0200.2, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro
chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi
votazioni).
(Presenti 457
Votanti 450
Astenuti 7
Maggioranza 226
Hanno votato sì
194
Hanno votato no 256).
Indìco
la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo
aggiuntivo Elio Vito 18.0200, accettato dalla Commissione e dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro
chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi
votazioni).
(Presenti 458
Votanti 278
Astenuti 180
Maggioranza 140
Hanno votato sì
270
Hanno votato no 8).
(Ripresa esame dell'articolo 22 - A.C. 4862 ed abbinate)
PRESIDENTE. Riprendiamo l'esame
dell'articolo 22 e delle proposte
emendative
ad esso presentate, accantonati in altra seduta (vedi l'allegato A - A.C.
4862 ed abbinate sezione 8).
Invito il relatore ed il Governo ad esprimere il parere.
DONATO BRUNO, Relatore. La Commissione raccomanda l'approvazione dei suoi emendamenti 22.253 e 22.252 ed esprime parere contrario sul subemendamento Leoni 0.22.253.1.
PRESIDENTE. Il Governo?
ALDO BRANCHER, Sottosegretario di Stato per le riforme istituzionali e la devoluzione. Il Governo esprime parere conforme a quello del relatore.
PRESIDENTE. Passiamo alla
votazione del subemendamento Leoni 0.22.253.1.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale,
l'onorevole Violante. Ne ha facoltà.
LUCIANO VIOLANTE. Vorrei richiamare
l'attenzione dei colleghi su un aspetto che suscitò qualche discussione alcuni
giorni fa, quando criticammo l'espressione usata nel testo in cui si diceva che
il Capo dello Stato rappresenta l'unità della Nazione federale. Discutemmo
insieme sul concetto di Nazione federale.
Tale concetto scompare, ma adesso ne appare un altro: il Capo dello Stato è
rappresentante della Nazione, ma a rappresentare la Nazione sono i
parlamentari!
Il problema è il seguente: questa benedetta Nazione o è rappresentata dai
parlamentari, o il Capo dello Stato è equiparato ad un qualunque parlamentare,
cosa che naturalmente non sta in piedi. Il senso di fondo è che il Capo dello
Stato deve rappresentare l'unità della Nazione, non l'unità federale della
Repubblica, come qui scrivete.
DONATO BRUNO, Relatore. È garante!
LUCIANO VIOLANTE. È garante della
Costituzione, ma rappresenta l'unità nazionale.
Qui c'è un aspetto non teorico, ma pratico, sul quale vogliamo davvero
insistere. Il problema di scartare il Presidente come rappresentante dell'unità
nazionale è uno dei colpi più gravi che si può infliggere al ruolo del Capo
dello Stato e al senso stesso di questa riforma.
È evidente che l'itinerario teorico, signor Presidente, è un itinerario di
rottura dell'unità nazionale, tant'è che - ripeto - non si scrive più che il
Capo dello Stato rappresenta l'unità nazionale. Ciò è cancellato e credo che
costituisca un vulnus che non possiamo accettare. Lo dico a tutti i
colleghi. Mi riferisco, in particolare, ai colleghi di Alleanza nazionale, che
si sono battuti per l'interesse nazionale. Che senso ha battersi per il
cosiddetto interesse nazionale quando non esiste più la garanzia dell'unità
nazionale?
Allora, chiedo, senza nessuna protervia, che si rifletta su questo aspetto. Per
quale motivo bisogna mantenere il principio secondo il quale il Capo dello
Stato rappresenta l'unità nazionale? Infatti, se non esiste l'unità nazionale,
non esiste neanche un interesse nazionale, cari colleghi, perché l'interesse
nazionale si può ricollegare soltanto all'unità della Nazione.
Su questo aspetto insistiamo veramente e nettamente e ci poniamo come garanti
di un ruolo di fondo del Capo dello Stato, come colui che rappresenta l'unità
della Nazione. Se voi non ci state, cari colleghi, anche di questo dovrete
rispondere davanti al paese (Applausi dei deputati dei gruppi dei
Democratici di sinistra-L'Ulivo, della Margherita, DL-L'Ulivo e Misto-Comunisti
italiani).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Carrara. Ne ha facoltà.
NUCCIO CARRARA. Presidente, mi
verrebbe voglia di dire che l'onorevole Violante farebbe sempre il cosiddetto
gioco delle tre carte (Commenti dei deputati dei gruppi dei Democratici di
sinistra-L'Ulivo e Misto-Comunisti italiani)... Vi chiedo scusa, forse è
anche la stanchezza, però ho detto: mi verrebbe voglia di dire.
Onorevole Violante, noi non vogliamo mettere in discussione l'unità nazionale,
tanto è vero che abbiamo introdotto quell'interesse nazionale che voi avete
soppresso (Commenti dei deputati del gruppo dei Democratici di
sinistra-L'Ulivo)...
PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, ognuno dice quello che vuole. L'onorevole Carrara non ha diritti minori rispetto agli altri parlamentari (Commenti dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo). Onorevoli colleghi, non sta insultando nessuno, sta parlando ed ha il diritto di parlare come gli altri (Applausi dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale).
NUCCIO CARRARA. Signor Presidente, ho
solo detto che noi abbiamo introdotto l'interesse nazionale e loro lo hanno
tolto: è un fatto storico che non smetterò mai di ricordare.
Noi abbiamo una nostra idea di Stato - e su tale termine, come sapete, abbiamo
condotto una battaglia -, ma abbiamo anche una nostra idea di nazione che voi
forse avete smarrito (Commenti dei deputati del gruppo dei Democratici di
sinistra-L'Ulivo). Quando si è trattato di emendare, anche su invito
dell'onorevole Violante, l'espressione «unità federale della nazione», noi
abbiamo osservato che la nazione è una ed è un controsenso parlare dell'unità
federale della nazione. Abbiamo pensato, invece, che fosse più logico accostare
il termine «unità» a quello «federale» proprio per sottolineare che è la
Repubblica, in quanto forma di Stato, che, secondo le previsioni
costituzionali, è articolata in autonomie (Commenti dei deputati del gruppo
dei Democratici di sinistra-L'Ulivo)...
LUCIANO VIOLANTE. Che dici?
PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, vi prego... È un fatto di educazione. Sta parlando l'onorevole Carrara.
NUCCIO CARRARA. È la Repubblica che sta alla nazione come il corpo sta all'anima (Commenti dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo). È esattamente così...
ALFREDO SANDRI. Basta!
PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, vi prego...
NUCCIO CARRARA. La Repubblica è articolata in autonomie e tali autonomie hanno sfere di sovranità proprie. Ebbene, a questo punto dobbiamo ricordare e sottolineare che quelle autonomie devono stare insieme. Ecco perché abbiamo parlato di unità federale. La nazione è una per sua natura: non potrà mai essere divisa e non potrà mai essere federale (Applausi dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Russo Spena. Ne ha facoltà.
GIOVANNI RUSSO SPENA. Signor Presidente,
intervengo brevemente perché ci siamo già espressi nella discussione precedente
su tale punto, ma credo che vada svolta una considerazione.
Non sono abituato, in genere, a riprendere in termini polemici sul piano
nominale gli interventi dei colleghi, ma credo che quando l'onorevole Carrara
definisce un intervento - che ho condiviso - del presidente Violante come il
gioco delle tre carte, egli scopre la difficoltà di fondo, di cui è metafora la
soluzione trovata dalla Commissione, di questa controriforma costituzionale. In
effetti, l'onorevole Carrara difende la dizione «unità federale della
Repubblica» che si basa, come è ovvio, su un ossimoro, perché l'unità federale
della Repubblica, appunto, è un ossimoro. Non si tratta di un'unità che si
articola in autonomie. L'unità federale, di fatto, non esiste. Esiste una
federazione unitaria.
L'unità federale dimostra che questa controriforma costituzionale è fatta non
secondo i principi del federalismo democratico, ma abbattendo tali principi. Il
federalismo è fatto per unire, mentre qui abbiamo un federalismo che devolve,
ed è realizzato come secessione.
Questo è l'ossimoro, questa è la difficoltà di fondo! Quel che non vede
l'onorevole Carrara, ma che invece noi vediamo, perché vogliamo tornare al
testo dell'articolo 87, in base al quale il Capo dello Stato rappresenta
l'unità nazionale, è che lo stesso termine di garante si riferisce di fatto ad
un concetto di statualità, che è puramente ordinamentale, mentre...
PRESIDENTE. Onorevole Russo Spena, la invito a concludere.
GIOVANNI RUSSO SPENA. Concludo Presidente, ma si tratta di un concetto importante, che vorrei ribadire. L'articolo 87 della Costituzione non si riferisce ad un dato ordinamentale, bensì ad un fatto di comunità, cioè ad un concetto di unità nazionale come comunità di nativi indigeni e non nativi, che vivono su un territorio e che sono rappresentati dal Capo dello Stato, ma non un Capo dello Stato che è garante di un ossimoro, cioè di un'unità federale come ordinamento. Ciò è molto diverso e mi meraviglio che i colleghi della maggioranza non colgano la gravità del voto che stanno per esprimere, in modo addirittura suicida per i principi della vita democratica (Applausi dei deputati del gruppo di Rifondazione comunista).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Mantini. Ne ha facoltà.
PIERLUIGI MANTINI. Abbiamo già affrontato
questo tema nella scorsa seduta, ma mi pare con scarsi risultati. Ci saremmo
aspettati un ripensamento, che era stato anche promesso, ma questo non v'è
stato. Credo che qui davvero la confusione regni sovrana. Il concetto sul quale
stiamo ragionando è del tutto chiaro, perlomeno a noi, ma credo lo sia a tutti.
Basti rimettere le cose nell'ordine naturale, cioè che la nazione viene prima
della Repubblica e dell'assetto statuale, che abbiamo dato una configurazione
alla Repubblica, così com'è noto, riconoscendo, sia pure non su un piano di assoluta
equiparazione, lo Stato insieme agli enti di governo territoriale.
Immaginare un'unità federale della nazione significa tornare al concetto delle
piccole patrie, che è un concetto che, a parole, voi dite di non voler mettere
in Costituzione, anche se poi è proprio quello che state facendo.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Leoni. Ne ha facoltà.
CARLO LEONI. Ci aspettavamo che il collega Carrara rispondesse alle questioni molto concrete poste dal presidente Violante, cioè perché secondo questo nuovo testo dell'articolo 87 dovrebbe risultare in Costituzione che la nazione è rappresentata sia dal Presidente della Repubblica, sia dai parlamentari, e perché colui che è il Presidente della Repubblica dovrebbe invece essere ridotto solo a garante della sua unità. Ma soprattutto vi è una domanda di fondo, alla quale lei, collega Carrara, non ha risposto: perché non deve essere più scritto in Costituzione che il Presidente della Repubblica garantisce l'unità nazionale? Qual è il vulnus che secondo voi opera una norma che ha garantito l'unità nazionale nel nostro paese per tanti anni, cioè quella secondo la quale il Presidente della Repubblica rappresenta l'unità nazionale? È una frase semplice, chiara, che lascia intendere bene che se si vuole che questa nazione sia unita è necessario che il Presidente della Repubblica ne rappresenti l'unità. Ancora non capiamo perché (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-L'Ulivo e della Margherita, DL-L'Ulivo)...
PRESIDENTE. La ringrazio,
onorevole Leoni.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul
subemendamento Leoni 0.22.253.1, non accettato dalla Commissione né dal
Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro
chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi
votazioni).
(Presenti 432
Votanti 430
Astenuti 2
Maggioranza 216
Hanno votato sì
187
Hanno votato no 243).
Prendo
atto che l'onorevole Spina Diana non è riuscito ad esprimere il proprio voto e
che ne avrebbe voluto esprimere uno contrario.
Passiamo alla votazione dell'emendamento 22.253 della Commissione.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Violante. Ne ha
facoltà.
LUCIANO VIOLANTE. Signor Presidente,
vorrei ritornare sul tema. Capisco che la frase pronunciata dal collega Carrara
forse è dovuta alla stanchezza; del resto, sono cose che capitano. L'articolo
67 della Costituzione dice che ogni membro del Parlamento rappresenta la
nazione. Credo sia grave svilire il ruolo del Capo dello Stato, non dicendo che
lui rappresenta l'unità della nazione, ma dicendo che rappresenta puramente e
semplicemente la nazione, anche perché il senso che la nazione sia
rappresentata dai parlamentari è determinato dal sistema parlamentare, dal
rapporto con il territorio e via dicendo e dal fatto che non debba esserci
vincolo di mandato.
Credo che la cosa grave sia cancellare il punto che rappresenta l'unità
nazionale. Bisogna spiegare il motivo per cui si intende cancellare questo
principio, anche perché non è sostituibile la rappresentanza dell'unità
nazionale con la garanzia dell'unità federale della Repubblica. Sono concetti
completamente diversi. Il Presidente della Repubblica rappresenta l'unità della
stessa che è federale e lo Stato non è a forma di Repubblica, ma la Repubblica
è una forma di Stato. Prima vi è stata confusione al riguardo. Credo che il
punto di fondo - e lo sottolineo ai colleghi presenti in aula del gruppo di
Alleanza nazionale, che si sono battuti su alcune questioni, e dell'Unione dei
democratici cristiani e dei democratici di centro (solo il gruppo della Lega
credo non sia sensibile a questo tipo di argomenti) - sia il seguente: al paese
occorre spiegare i motivi per cui è stata cancellata la previsione del Capo
dello Stato come rappresentante dell'unità nazionale.
È il segno, permettetemi, che volete svuotare una delle funzioni fondamentali
del Capo dello Stato, a vantaggio di una frammentazione del territorio
nazionale e di una rottura dell'unità nazionale.
Questo è il dato che vi rimproveriamo più pesantemente. Credo che sia tempo di
riflettere su questo dato. Se volete scrivere qualcosa sulla garanzia
dell'unità della Repubblica federale scriviamolo, ma il dato di fondo, a nostro
avviso, è che cancellare il ruolo del Capo dello Stato, come rappresentante
dell'unità nazionale, è una delle lesioni più gravi che si possano fare
all'unità del nostro paese (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici
di sinistra-L'Ulivo e Misto-Comunisti italiani).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mattarella. Ne ha facoltà.
SERGIO MATTARELLA. Signor Presidente,
vorrei rivolgere molto garbatamente un appello ai colleghi della maggioranza,
perché l'unità nazionale, l'unità della Repubblica sono concetti di grande
delicatezza, da «maneggiare» con molta attenzione.
L'unità della Repubblica, l'unità nazionale non sono aggettivabili perché o ci
sono o non ci sono. Non può esservi un'unità settoriale, federale o regionale,
perché aggettivare l'unità nazionale significa negarne l'essenza.
Aggettivare l'unità della Repubblica significa negarne il contenuto. Rivolgo
questo appello con sincerità ai colleghi della maggioranza, perché ci
riflettano bene e pensino bene prima di cambiare questa importante dizione
della nostra Costituzione (Applausi dei deputati dei gruppi della
Margherita, DL-L'Ulivo e dei Democratici di sinistra-L'Ulivo).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Buontempo. Ne ha facoltà.
NUCCIO CARRARA. Signor Presidente, avevo chiesto la parola!
PRESIDENTE. Gliela darò successivamente.
TEODORO BUONTEMPO. Allora, chiedo di parlare a titolo personale.
PRESIDENTE. Prego, onorevole Buontempo, ne ha facoltà.
TEODORO BUONTEMPO. Signor Presidente,
ritengo che occorra riflettere sull'eliminazione del concetto che il Capo dello
Stato rappresenta l'unità della nazione, perché è un valore a cui non possiamo
rinunciare. Dire che il Capo dello Stato è garante della Costituzione e
dell'unità federale della Repubblica è un'altra cosa. Il Capo dello Stato non
rappresenta un organo burocratico, come apparirebbe se venisse approvato l'emendamento
della Commissione (Applausi di deputati dei gruppi dei Democratici di
sinistra-L'Ulivo, della Margherita, DL-L'Ulivo, di Rifondazione comunista e
Misto-Comunisti italiani).
A garanzia della Costituzione vi sono altri organi (tra l'altro in questa
riforma non ne mancano) e comunque vi è la Corte costituzionale a compiere
l'esame di merito per verificare se sia stata compiuta una violazione delle
norme costituzionali. Ciò non compete al Capo dello Stato e, pertanto, dobbiamo
dare un segnale forte: nel momento in cui si rafforza il decentramento
amministrativo, contemporaneamente vi deve essere un contrappeso. Si deve
rafforzare il ruolo del Capo dello Stato come capo della nazione.
Pertanto, voterò contro questo emendamento ed invito i miei colleghi di Alleanza nazionale a chiedere al Governo ed alla Commissione un'ulteriore riflessione, perché si ridefinisca un nuovo testo.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Carrara. Ne ha facoltà.
NUCCIO CARRARA. Signor Presidente, capisco l'entusiasmo sia a destra sia a sinistra, tuttavia ritengo si debba fornire una nota tecnica (Commenti dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-L'Ulivo, di Rifondazione comunista e Misto-Comunisti italiani).
PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, vi prego, siamo tutti stanchi!
NUCCIO CARRARA. Ho già ammesso più volte di essere «figlio di un dio minore»!
PRESIDENTE. Onorevole Carrara, siamo tutti figli dello stesso Dio!
NUCCIO CARRARA. Se noi, per disavventura, respingessimo questo emendamento, resterebbe in vita l'espressione «il Presidente della Repubblica rappresenta l'unità federale della nazione». Allora, rispetto all'espressione «unità federale della nazione» che a nostro avviso è un controsenso, è preferibile il testo che approveremo in cui si afferma che la nazione non può essere disunita e dove il termine «unità» è accostato alla Repubblica, in quanto oggi la Repubblica non è più articolata come prima (Applausi dei deputati dei gruppi di Alleanza Nazionale e di Forza Italia).
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico,
sull'emendamento 22.253 della Commissione, accettato dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro
chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi
votazioni).
(Presenti 460
Votanti 451
Astenuti 9
Maggioranza 226
Hanno votato sì
259
Hanno votato no 192).
Prendo
atto che l'onorevole Boato non è riuscito a votare ed avrebbe voluto astenersi
e che l'onorevole Garagnani avrebbe voluto esprimere un voto favorevole.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico,
sull'emendamento 22.252 della Commissione, accettato dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro
chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi
votazioni).
(Presenti 441
Votanti 432
Astenuti 9
Maggioranza 217
Hanno votato sì
256
Hanno votato no 176).
Indìco
la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 22, nel
testo emendato.
(Segue la votazione).
Dichiaro
chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi
votazioni).
(Presenti 463
Votanti 455
Astenuti 8
Maggioranza 228
Hanno votato sì
264
Hanno votato no 191).
Colleghi, il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.
ANTONIO MACCANICO. Signor Presidente,
onorevoli colleghi, nelle fasi finali di questa maratona parlamentare iniziata
nei primi giorni di agosto, ripresa al rientro delle ferie in settembre e
continuata senza soluzione di continuità, con ritmi spasmodici, fino ai nostri
giorni, è assai difficile sottrarsi ad un sentimento di profonda delusione, di
amarezza, di insoddisfazione e di preoccupazione per il futuro della nostra
democrazia.
In alcune fasi del dibattito si è assistito ad una sorta di desacralizzazione,
di banalizzazione delle tematiche istituzionali che, per loro natura,
dovrebbero comportare tensione ideale, elaborazione culturale attenta,
riflessione spassionata, visione del futuro, accantonamento di pregiudizi e di
particolarismi, sforzo di porsi al di sopra degli interessi contingenti di
parte.
A nessuno è venuto in mente in questa atmosfera così chiusa e stagnante l'idea
di pronunciare l'invocazione che fu di Benedetto Croce all'inizio dei lavori
dell'Assemblea costituente: vem creator Spiritus. Sarebbe apparsa del
tutto impropria, falsa, retorica, direi quasi comica di fronte ad un testo di
riforma della intera seconda parte della nostra Costituzione, che si sapeva
frutto protervo e immodificabile di una negoziazione estenuante tra le
componenti di una maggioranza divisa su tutto, ognuna con una ideuzza brandita
come un postulato irrinunciabile, e quasi tutte rigorosamente estranee allo
spirito della nostra Costituzione, alla nostra tradizione giuridica, alle
esigenze di crescita democratica presenti nella nostra comunità nazionale.
Non desidero negare, presidente Bruno, che siano stati fatti sforzi - in
particolare da parte sua - per migliorare i testi, esaminare emendamenti,
correggere le storture più macroscopiche.
Ma
in realtà avete limato le zampe alle mosche, avrebbe detto Gaetano Salvemini,
perché le norme più qualificanti, le innovazioni più pericolose, l'impianto
complessivo di questa riforma è rimasto intatto, ed esso costituisce un colpo
durissimo alla democrazia repubblicana nel nostro paese.
Il vizio di origine credo sia nel proposito luciferino di usare l'articolo 138
della Costituzione, previsto dai costituenti per le revisioni parziali della
Costituzione, come lo strumento di cui avvalersi per un ribaltamento completo
dell'ordinamento, della intera seconda parte della Costituzione.
Inserire le assurde pretese della Lega in un testo comprensivo anche delle
contrastanti e altrettanto arbitrarie e infondate visioni delle altre
componenti della maggioranza è parso la via più pratica per consolidare la
maggioranza di governo, fuori da ogni visione organica e coerente del sistema
politico.
È stato un modo di procedere irresponsabile, gravido di pericoli per la nostra
democrazia, che ha fatto danni gravi al prestigio del Parlamento italiano e ci
porta ad approvare una costituzione della maggioranza, nella quale una parte
ingente del paese non si riconosce minimamente.
Di fronte alle esigenze di ammodernamento del nostro sistema politico, come è
noto, fu sperimentata due volte, senza successo, la via delle «Commissioni
bicamerali», i cui compiti erano stati stabiliti con legge costituzionale,
proprio in deroga all'articolo 138.
Si era cioè concordemente riconosciuto che una riforma organica dell'assetto
istituzionale richiedeva una procedura nuova, creata ad hoc.
Falliti i tentativi fatti con le «Commissioni bicamerali», si è proceduto con
l'articolo 138, ma sempre per modifiche limitate del testo costituzionale.
Tutte le modifiche introdotte nel nostro sistema nelle passate legislature
erano contenute entro precisi confini: così la riforma dell'articolo 111 sul
giusto processo, quella sulla forma di governo delle regioni a statuto
ordinario e a statuto speciale, così anche la riforma del Titolo V, che
riformava appunto solo un titolo, per quanto importante, della Costituzione,
non l'intera seconda parte, che è come dire l'intero ordinamento della
Repubblica.
Anche nella X legislatura il Senato approvò un progetto di riforma del
bicameralismo, definito «procedurale», che non arrivò alla approvazione finale
per la fine della legislatura, ma che avrebbe meritato un minimo di valutazione
in questa sede, non il totale oblio. Anche quella fu certamente una riforma
parziale, e quindi opportunatamente basata sull'articolo 138.
Il ricorso alla procedura dell'articolo 138 - occorre tenerlo ben presente -
comporta alcuni vincoli molto fermi: quelli di non intaccare i principi supremi
dell'ordinamento, come afferma una importante sentenza della Corte
costituzionale, tra i quali non avrei dubbi a porre anche la forma di governo
parlamentare, che fu una solenne scelta della Costituente con l'approvazione
dell'ordine del giorno Perassi.
Con la vostra revisione della forma di governo si abbandona il modello della
democrazia parlamentare: il collegamento del candidato primo ministro ai
candidati nei singoli collegi come obbligo costituzionale è un modo assai
chiaro di introdurre l'elezione diretta del primo ministro senza sancirla
espressamente. La legittimazione democratica del primo ministro non proviene
più dal Parlamento e dalla fiducia che esso gli conferisce, ma direttamente dal
corpo elettorale.
E ciò comporta, come conseguenza, la sua assoluta preminenza sul Parlamento e
sulla maggioranza parlamentare, che avete sancito in più di una norma.
Anche la cristallizzazione, la cementificazione della maggioranza uscita dalle
elezioni è concetto del tutto estraneo alla forma di governo parlamentare e
all'essenza stessa della democrazia rappresentativa, fondata sulla divisione
del poteri.
È una forma di governo ambigua, che dà al primo ministro un potere smisurato,
sconosciuto anche ai sistemi presidenziali, nei quali le istituzioni
rappresentative hanno autonomia e attribuzioni sulle quali il Capo
dell'esecutivo non ha alcun modo di incidere.
Una riforma così radicale e sconvolgente non credo sia ammissibile attraverso
la procedura dell'articolo 138, perché intacca un principio supremo. Se volete
avventurarvi in questa strada, avete una sola via davanti a voi: un'assemblea
costituente.
Quanto al Senato federale, esso sfugge ad ogni modello presente negli Stati
federali esistenti.
Non si comprende quale sia il vero fondamento della loro rappresentatività
territoriale. Solo una posizione paritaria di tutte le regioni, con l'adozione
della elezione diretta dei rappresentanti regionali, assicurerebbe questa
rappresentatività, come avviene negli Stati Uniti, ove California e Rhode
Island hanno lo stesso numero di senatori.
Quanto ai procedimenti legislativi, nonostante le modifiche proposte è emerso
chiaramente che rimangono macchinosi, complessi, incerti, fonti di sicuri
contenziosi, che ne bloccheranno lo svolgimento normale.
Un altro capitolo è assolutamente carente in questo testo: quello delle
garanzie intese ad evitare la «tirannide» della maggioranza.
Le proposte più significative e pregnanti avanzate dalle opposizioni su questi
temi sono state sistematicamente respinte.
La stessa posizione del massimo garante del sistema, il Presidente della
Repubblica, e la istituzione principale di garanzia, la Corte costituzionale,
escono indeboliti gravemente.
Onorevoli colleghi, la cultura giuridica nazionale, come abbiamo appreso dalle
audizioni, è in stragrande maggioranza molto critica nei confronti di questo
testo e colma di riserve e di preoccupazioni.
Nel corso del dibattito anche dall'interno della maggioranza si sono levate
voci che raccomandavano prudenza, flessibilità, attenzione alle posizioni delle
opposizioni. Si è proposto che la riforma fosse contenuta nei limiti della
correzione al Titolo V della Costituzione, e che i temi maggiori fossero
affidati ad una futura assemblea di revisione costituzionale o assemblea
costituente. Anch'io ho fatto una proposta analoga. Ma tutto mi pare sia stato
inutile. La maggioranza intende andare avanti testardamente.
Se così è, sarà inevitabile che il popolo italiano si pronunci su questo testo.
La Costituzione non è dominio riservato alle maggioranze che si alternano al
Governo; appartiene al popolo, al suo presente e al suo futuro, e sarà esso a
dare la risposta finale, che - non dubito - sarà di condanna senza appello di
questo tentativo di imprimere una grave involuzione al nostro sistema politico.
Allegato A
Seduta n. 527 del 13/10/2004
DISEGNO DI LEGGE COSTITUZIONALE: S. 2544 - MODIFICAZIONI DI ARTICOLI DELLA PARTE II DELLA COSTITUZIONE (APPROVATO, IN PRIMA DELIBERAZIONE, DAL SENATO DELLA REPUBBLICA) (4862) ED ABBINATE PROPOSTE DI LEGGE COSTITUZIONALI ZELLER ED ALTRI; BIELLI; SPINI E ANGIONI; BUTTIGLIONE ED ALTRI; CONTENTO; COLA; PISAPIA; SELVA; SELVA; SELVA; BIANCHI CLERICI; PERETTI; VOLONTÈ; PISAPIA; LUSETTI ED ALTRI; ZACCHEO; MANTINI ED ALTRI; SODA; OLIVIERI E KESSLER; COSTA; SERENA; PISICCHIO ED ALTRI; BOLOGNESI ED ALTRI; PAROLI; BUONTEMPO; ZELLER ED ALTRI; COLLÈ; VITALI ED ALTRI; MAURANDI ED ALTRI; OLIVIERI; BOATO; STUCCHI; CENTO; MONACO; PACINI; CONSIGLIO REGIONALE DELLA PUGLIA; CONSIGLIO REGIONALE DELLA PUGLIA; CHIAROMONTE ED ALTRI; CABRAS ED ALTRI; MANTINI; LA MALFA; BRIGUGLIO ED ALTRI; FRANCESCHINI; PISAPIA; COSTA; PERROTTA ED ALTRI; FIORI (72-113-260-376-468-582-721-874-875-877-966-1162-1218-1287-1403-1415-1608-1617-1725-1805-1964-2027-2116-2123-2168-2320-2413-2568-2909-2994-3058-3489-3523-3531-3541-3572-3573-3584-3639-3684-3707-3885-4023-4393-4451-4805-5044)
(A.C. 4862 ed abb. - Sezione 1)
ARTICOLO 13 DEL DISEGNO DI LEGGE COSTITUZIONALE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE
Art.
13.
(Formazione delle leggi).
1.
L'articolo 70 della Costituzione è sostituito dal seguente:
«Art. 70. - La Camera dei deputati esamina i disegni di legge concernenti le
materie di cui all'articolo 117, secondo comma, ivi compresi i disegni di legge
attinenti ai bilanci ed al rendiconto consuntivo dello Stato, nonché i disegni
di legge concernenti il coordinamento di cui all'articolo 118, terzo comma,
primo periodo, salvo quanto previsto dal terzo comma del presente articolo.
Dopo l'approvazione da parte della Camera dei deputati, tali disegni di legge
sono trasmessi al Senato federale della Repubblica. Il Senato, su richiesta di
due quinti dei propri componenti formulata entro dieci giorni dalla
trasmissione, esamina il disegno di legge. Entro i trenta giorni successivi il
Senato delibera e può proporre modifiche sulle quali la Camera dei deputati
decide in via definitiva. I termini sono ridotti alla metà per i disegni di
legge di conversione dei decreti-legge. Qualora il Senato federale della
Repubblica non proponga modifiche entro i termini previsti, la legge è
promulgata ai sensi degli articoli 73 e 74.
Il Senato federale della Repubblica esamina i disegni di legge concernenti la
determinazione dei princìpi fondamentali nelle materie di cui all'articolo 117,
terzo comma, salvo quanto previsto dal terzo comma del presente articolo. Tali
disegni di legge, dopo l'approvazione da parte del Senato federale della
Repubblica, sono trasmessi alla Camera dei deputati. La Camera dei deputati, su
richiesta di due quinti dei propri componenti formulata entro dieci giorni
dalla trasmissione, esamina il disegno di legge. Entro i trenta giorni
successivi la Camera dei deputati delibera e può proporre modifiche sulle quali
il Senato federale della Repubblica decide in via definitiva. Qualora la Camera
dei deputati non proponga modifiche entro i termini previsti, la legge è
promulgata ai sensi degli articoli 73 e 74. Qualora il Governo dichiari che le
modifiche proposte dalla Camera dei deputati sono essenziali per l'attuazione
del suo programma e tali modifiche siano approvate dalla Camera dei deputati ai
sensi dell'articolo 94, secondo comma, il disegno di legge è approvato dalla
Camera dei deputati in via definitiva con le modifiche proposte, salvo che,
entro trenta giorni dalla data di trasmissione del disegno di legge, il Senato
federale della Repubblica deliberi di non accogliere le modifiche, con la
maggioranza dei tre quinti dei propri componenti. I termini sono ridotti alla
metà per i disegni di legge di conversione dei decreti-legge.
La funzione legislativa dello Stato è esercitata collettivamente dalle due
Camere per l'esame dei disegni di legge concernenti la perequazione delle
risorse finanziarie e le materie di cui all'articolo 119, e dei disegni di
legge concernenti la determinazione dei princìpi fondamentali
sull'armonizzazione dei bilanci pubblici ed il coordinamento della finanza
pubblica e del sistema tributario, la tutela della concorrenza, la
determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti
civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale,
le norme generali sulla tutela della salute, le funzioni fondamentali di
Comuni, Province e Città metropolitane, il sistema di elezione della Camera dei
deputati e del Senato federale della Repubblica, nonché nei casi in cui la
Costituzione rinvia espressamente alla legge dello Stato o alla legge della
Repubblica, di cui agli articoli 33, sesto comma, 114, terzo comma, 117, commi
quinto e nono, 118, commi secondo e terzo, secondo periodo, 120, secondo e
terzo comma, 122, primo comma, 125, 132, secondo comma, 133, primo comma, e
137, secondo comma. Se un disegno di legge non è approvato dalle due Camere nel
medesimo testo dopo una lettura da parte di ciascuna Camera, i Presidenti delle
due Camere convocano, d'intesa tra di loro, una commissione mista paritetica,
composta secondo il criterio di proporzionalità rispetto alla composizione
delle due Camere, incaricata di proporre un testo sulle disposizioni su cui
permane il disaccordo tra le due Camere. Il testo proposto dalla commissione
mista paritetica è sottoposto all'approvazione delle due Assemblee e su di esso
non sono ammessi emendamenti.
I Presidenti del Senato federale della Repubblica e della Camera dei deputati,
d'intesa tra di loro, decidono le eventuali questioni di competenza tra le due
Camere in ordine all'esercizio della funzione legislativa. I Presidenti possono
deferire la decisione ad un comitato paritetico, composto da quattro deputati e
da quattro senatori, designati dai rispettivi Presidenti sulla base del
criterio di proporzionalità rispetto alla composizione delle due Camere. La
decisione dei Presidenti o del comitato non è sindacabile in alcuna sede».
PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO 13 DEL DISEGNO DI LEGGE COSTITUZIONALE
ART.
13.
(Formazione delle leggi).
Subemendamenti all'emendamento 13.254 (Nuova formulazione)
All'emendamento
13. 254. (nuova formulazione) , sostituire le parole da: primo periodo fino a: regolamenti, con le
seguenti: secondo periodo, sostituire la parole da: paritetico a:
senatori con le seguenti: composto da dieci deputati e dieci senatori.
0. 13. 254. 1. Boato, Bressa, Leoni, Mascia.
All'emendamento
13. 254. (nuova formulazione) , sostituire la parte consequenziale con la
seguente:
Conseguentemente, al medesimo comma, ultimo periodo, aggiungere, in fine, la
parola:
legislativa.
0. 13. 254. 3. Leoni, Boato, Bressa.
All'emendamento
13. 254. (nuova formulazione) , alla parte consequenziale, sopprimere le parole
da: al medesimo comma fino a: delle due Camere.
0. 13. 254. 2. Boato, Bressa, Leoni, Mascia.
All'emendamento
13. 254. (nuova formulazione) , alla parte consequenziale, sopprimere le parole
da: aggiungere, in fine, fino alla fine del periodo.
0. 13. 254. 4. Bressa, Leoni, Boato, Mascia.
All'emendamento
13. 254. (nuova formulazione) , alla parte consequenziale, dopo le parole: su proposta del
Comitato, stabiliscono aggiungere le seguenti: sulla base di norme
previste dai rispettivi regolamenti
0. 13. 254. 5. Bressa, Leoni, Boato, Mascia.
(Approvato)
Al
comma 1, capoverso Art. 70, quarto comma, primo periodo, dopo le parole: tra le due Camere aggiungere
le seguenti: , sollevate secondo le norme dei rispettivi regolamenti,
Conseguentemente,
al medesimo comma, secondo periodo, sopprimere le parole: sulla base del
criterio di proporzionalità rispetto alla composizione delle due Camere
aggiungere in fine, il seguente periodo:
I Presidenti delle Camere, d'intesa tra di loro, su proposta del comitato,
stabiliscono i criteri generali secondo i quali un disegno di legge non può
contenere disposizioni relative a materie per cui si dovrebbero applicare
procedimenti diversi.
13. 254. (nuova formulazione) La Commissione.
(Approvato)
All'articolo
13, capoverso articolo 70, quarto comma, secondo periodo, sostituire le parole:
paritetico
composto da quattro deputati e quattro senatori con le seguenti: composto
da dieci deputati e dieci senatori.
13. 255. La Commissione.
Al
comma 1, capoverso articolo 70, dopo il quarto comma, aggiungere il seguente:
«L'autorizzazione da parte del Presidente della Repubblica di cui al precedente
comma può avere ad oggetto esclusivamente le modifiche proposte dal Governo ed
approvate dalla Camera dei deputati».
13. 256. La Commissione.
(Approvato)
(A.C. 4862 ed abb. - Sezione 2)
ARTICOLO 9 DEL DISEGNO DI LEGGE COSTITUZIONALE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO
Art.
9.
(Ineleggibilità ed incompatibilità).
1.
All'articolo 65 della Costituzione, il primo comma è sostituito dal seguente:
«La legge, approvata ai sensi dell'articolo 70, terzo comma, determina i casi
di ineleggibilità e incompatibilità con l'ufficio di deputato o di senatore».
PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO 9 DEL DISEGNO DI LEGGE COSTITUZIONALE
Capo
I
MODIFICHE AL TITOLO I DELLA PARTE II DELLA COSTITUZIONE
ART.
9.
(Ineleggibilità ed incompatibilità).
Sopprimerlo.
*9. 1. Mascia, Giordano.
Sopprimerlo.
*9. 70. Leoni, Boato, Bressa, Amici, Cabras, Cusumano, Fistarol, Intini,
Loiero, Maccanico, Maran, Marone, Montecchi, Olivieri, Pappaterra, Soda, Russo
Spena, Maura Cossutta, Zanella, Sgobio.
(A.C. 4862 ed abb. - Sezione 3)
ARTICOLO 14 DEL DISEGNO DI LEGGE COSTITUZIONALE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO
Art.
14.
(Iniziativa legislativa).
1.
All'articolo 71 della Costituzione, il primo comma è sostituito dal seguente:
«L'iniziativa delle leggi appartiene al Governo, a ciascun membro delle Camere
nell'ambito delle rispettive competenze ed agli organi ed enti ai quali sia
conferita da legge costituzionale».
PROPOSTA EMENDATIVA RIFERITA ALL'ARTICOLO 14 DEL DISEGNO DI LEGGE COSTITUZIONALE
ART.
14.
(Iniziativa legislativa).
Sopprimerlo.
14. 70. Bressa, Boato, Leoni, Amici, Cabras, Cusumano, Fistarol, Intini,
Loiero, Maccanico, Maran, Marone, Montecchi, Olivieri, Pappaterra, Soda,
Mascia, Russo Spena, Maura Cossutta, Zanella, Sgobio.
(A.C. 4862 ed abb. - Sezione 4)
ARTICOLO 15 DEL DISEGNO DI LEGGE COSTITUZIONALE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE
Art.
15.
(Procedure legislative ed organizzazione per commissioni).
1.
L'articolo 72 della Costituzione è sostituito dal seguente:
«Art. 72. - Ogni disegno di legge, presentato alla Camera competente ai sensi
dell'articolo 70, è secondo le norme del suo regolamento esaminato da una
commissione e poi dalla Camera stessa, che l'approva articolo per articolo e
con votazione finale.
Il regolamento stabilisce procedimenti abbreviati per i disegni di legge dei
quali è dichiarata l'urgenza, le modalità e i termini entro cui deve essere
avviato l'esame delle proposte di legge di iniziativa popolare.
Può altresì stabilire in quali casi e forme l'esame e l'approvazione dei
disegni di legge, di cui all'articolo 70, terzo comma, sono deferiti a
commissioni, anche permanenti, composte in modo da rispecchiare la proporzione
dei gruppi parlamentari. Anche in tali casi, fino al momento della sua
approvazione definitiva, il disegno di legge è rimesso alla Camera, se il
Governo o un decimo dei componenti della Camera o un quinto della commissione
richiedono che sia discusso o votato dalla Camera stessa oppure che sia
sottoposto alla sua approvazione finale con sole dichiarazioni di voto. Il
regolamento determina le forme di pubblicità dei lavori delle commissioni.
La procedura normale di esame e di approvazione diretta da parte della Camera è
sempre adottata per i disegni di legge in materia costituzionale ed elettorale
e per quelli di delegazione legislativa.
Il Senato federale della Repubblica, secondo le norme del proprio regolamento,
è organizzato in commissioni. Esprime il parere, secondo le norme del proprio
regolamento, ai fini dell'adozione del decreto di scioglimento di un Consiglio
regionale o di rimozione di un Presidente di Giunta regionale, ai sensi
dell'articolo 126, primo comma.
Le proposte di legge di iniziativa regionale adottate da più Assemblee
regionali in coordinamento tra di loro sono poste all'ordine del giorno della
Camera competente nei termini stabiliti dal proprio regolamento».
PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO 15 DEL DISEGNO DI LEGGE COSTITUZIONALE
ART.
15.
(Procedure legislative ed organizzazione per commissioni).
Sopprimerlo.
*15. 1. Mascia, Giordano.
Sopprimerlo.
*15. 5. Leoni, Boato, Bressa, Amici, Cabras, Cusumano, Fistarol, Intini,
Loiero, Maccanico, Maran, Marone, Montecchi, Olivieri, Pappaterra, Soda, Russo
Spena, Maura Cossutta, Zanella, Sgobio.
Al
comma 1, capoverso Art. 72, quarto comma, sostituire le parole: della Camera con le
seguenti: dell'Assemblea.
15. 200. Elio Vito, Anedda, Volontè, Cè, La Malfa, Moroni.
(Approvato)
Al
comma 1, capoverso Art. 72, quarto comma, aggiungere, in fine, le parole: , di autorizzazione a
ratificare trattati internazionali, di approvazione di bilanci e consuntivi.
15. 3. Boato, Bressa, Leoni, Amici, Cabras, Cusumano, Fistarol, Intini,
Loiero, Maccanico, Maran, Marone, Montecchi, Olivieri, Pappaterra, Soda,
Mascia, Russo Spena, Maura Cossutta, Zanella, Sgobio.
Subemendamenti all'emendamento 15.201
All'emendamento
15.201., capoverso, sopprimere il primo periodo.
0. 15. 201. 2. Mascia, Alfonso Gianni.
All'emendamento
15.201., capoverso, primo periodo, sostituire le parole: Su richiesta del
Governo sono iscritti all'ordine del giorno delle Camere e votati con le
seguenti: Non è consentito al Governo di chiedere che siano iscritti
all'ordine del giorno delle Camere e posti in votazione.
0. 15. 201. 4. Mascia, Vendola.
All'emendamento
15.201., capoverso, sopprimere il secondo periodo.
0. 15. 201. 6. Bressa, Boato, Leoni, Mascia, Maura Cossutta, Pappaterra,
Cusumano, Zanella, Detomas, Maran, Cento, Cabras, Fistarol, Loiero, Marone,
Maccanico, Franceschini, Sinfisi, Montecchi, Olivieri, Soda, Mazzuca
Poggiolini, Russo Spena, Pisapia.
All'emendamento
15.201., capoverso, secondo periodo dopo le parole: Il Governo aggiungere
la seguente: non.
0. 15. 201. 5. Mascia, Alfonso Gianni.
Al
comma 1, capoverso Art. 72, dopo il quarto comma, aggiungere il seguente:
«Su richiesta del Governo sono iscritti all'ordine del giorno delle Camere e
votati entro tempi certi, secondo le norme dei rispettivi regolamenti, i
disegni di legge presentati o fatti propri dal Governo stesso. Il Governo può
inoltre chiedere che, decorso il termine, la Camera dei deputati deliberi
articolo per articolo e con votazione finale sul testo proposto o fatto proprio
dal Governo. I regolamenti parlamentari stabiliscono altresì le modalità di
iscrizione all'ordine del giorno di proposte e iniziative indicate dalle
opposizioni alla Camera e dalle minoranze al Senato, determinandone i tempi di
esame».
15. 201. Elio Vito, Anedda, Volontè, Cè, La Malfa, Moroni.
(Approvato)
Al
comma 1, capoverso Art. 72, dopo il quarto comma, aggiungere il seguente:
«Su richiesta del Governo sono inseriti con priorità nel calendario ed iscritti
all'ordine del giorno delle Camere, secondo le norme dei rispettivi
regolamenti, i disegni di legge presentati o accettati dal Governo».
15. 4. Bressa, Boato, Leoni, Amici, Cabras, Cusumano, Fistarol, Intini,
Loiero, Maccanico, Maran, Marone, Montecchi, Olivieri, Pappaterra, Soda,
Zanella.
Subemendamenti all'emendamento 15.202
All'emendamento
15. 202., capoverso, sopprimere le parole da: , con priorità fino
alla fine dell'emendamento.
0. 15. 202. 1. Boato, Bressa, Leoni, Mascia, Maura Cossutta, Pappaterra,
Cusumano, Zanella, Detomas, Maran, Cento, Cabras, Fistarol, Loiero, Marone,
Maccanico, Franceschini, Sinisi, Montecchi, Olivieri, Soda, Mazzuca Poggiolini,
Pisapia.
All'emendamento
15. 202., capoverso, sostituire le parole: consigli o assemblee
regionali con la seguente: Regioni e provincie autonome.
0. 15. 202. 2. (Testo modificato nel corso della seduta) Boccia.
(Approvato)
Al
comma 1, capoverso Art. 72, sostituire il sesto comma con il seguente:
«Le
proposte di legge di iniziativa delle regioni e delle provincie autonome sono
poste all'ordine del giorno della Camera competente nei termini stabiliti dal
proprio regolamento, con priorità per quelle adottate da più consigli o assemblee
regionali in coordinamento tra di loro».
15. 202. (Testo modificato nel corso della seduta) Elio Vito,
Anedda, Volontè, Cè, La Malfa, Moroni.
(Approvato)
Al
comma 1, capoverso Art. 72, sesto comma, sostituire le parole da: adottate fino a:
della Camera competente con le seguenti: possono concernere
esclusivamente le materie di cui all'articolo 70, secondo comma, e, qualora
siano adottate dalla maggioranza delle Assemblee regionali in coordinamento tra
di loro, sono poste all'ordine del giorno del Senato federale della Repubblica.
15. 72. Perrotta.
Al
comma 1, capoverso Art. 72, sesto comma, sostituire le parole: da più con le
seguenti: dalla maggioranza delle.
15. 71. Perrotta.
Al
comma 1, capoverso Art. 72, aggiungere, in fine, il seguente comma:
«Un quarto dei componenti di una Camera può promuovere la questione di
legittimità costituzionale per vizi del procedimento di una legge, entro cinque
giorni dalla sua approvazione definitiva. La Corte Costituzionale si pronuncia
entro venti giorni, ridotti a dieci su richiesta del Governo per ragioni di
necessità ed urgenza».
15. 44. Leoni, Boato, Bressa, Amici, Cabras, Cusumano, Fistarol, Intini,
Loiero, Maccanico, Maran, Marone, Montecchi, Olivieri, Pappaterra, Soda,
Zanella.
Al
comma 1, capoverso Art. 72, aggiungere, in fine, il seguente comma:
«Un
quarto dei componenti di una Camera può promuovere la questione di legittimità
costituzionale per vizi del procedimento di una legge, entro cinque giorni
dalla sua approvazione definitiva».
15. 73. Tabacci, Malgieri, Landolfi, Biondi, Craxi, Cossa, Giuseppe
Gianni.
Dopo
l'articolo 15, aggiungere il seguente:
Art. 15-bis. (Referendum abrogativo). - 1. All'articolo 75
della Costituzione sono apportate le seguenti modificazioni:
a) il primo comma è sostituito dal seguente: «È indetto referendum
popolare per deliberare l'abrogazione, totale o parziale, di una legge o di un
atto avente valore di legge, quando lo richiedono settecentocinquantamila
elettori o cinque consigli regionali»;
b) al secondo comma è
aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Spetta alla Corte costituzionale
giudicare preventivamente, secondo modalità stabilite dalla legge, se le
richieste di referendum siano ammissibili»;
c) il quarto comma è sostituito dal seguente: «La proposta soggetta a
referendum è approvata se ha conseguito la maggioranza dei voti validamente
espressi purché non inferiore ad un quarto degli aventi diritto».
15. 05. Boato, Bressa, Leoni, Amici, Cabras, Cusumano, Fistarol, Intini,
Loiero, Maccanico, Maran, Marone, Montecchi, Olivieri, Pappaterra, Soda,
Mascia, Russo Spena, Zanella, Mantini.
Dopo
l'articolo 15, aggiungere il seguente:
Art. 15-bis. (Referendum abrogativo). - 1. All'articolo 75 della
Costituzione sono apportate le seguenti modificazioni:
a) il primo comma è sostituito dal seguente: «È indetto referendum
popolare per deliberare l'abrogazione, totale o parziale, di una legge o di un
atto avente valore di legge, quando lo richiedono settecentocinquantamila
elettori o cinque consigli regionali»;
b) al secondo comma è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Spetta
alla Corte costituzionale giudicare preventivamente, secondo modalità stabilite
dalla legge, se le richieste di referendum siano ammissibili.»;
c) il quarto comma è sostituito dal seguente: «La proposta soggetta a
referendum è approvata se è raggiunta la maggioranza dei voti validamente
espressi e se ha partecipato alla votazione un numero di elettori pari ad
almeno la metà più uno degli elettori che hanno preso parte alle precedenti
consultazioni elettorali per la Camera dei deputati».
15. 06. Bressa, Boato, Leoni, Amici, Cabras, Cusumano, Fistarol, Intini,
Loiero, Maccanico, Maran, Marone, Montecchi, Olivieri, Pappaterra, Soda,
Mascia, Giordano, Zanella.
(A.C. 4862 ed abb. - Sezione 5)
ARTICOLO 16 DEL DISEGNO DI LEGGE COSTITUZIONALE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE
Art.
16.
(Procedure legislative in casi particolari).
1.
All'articolo 73, secondo comma, della Costituzione, dopo le parole: «dei propri
componenti,» sono inserite le seguenti: «e secondo le rispettive competenze ai
sensi dell'articolo 70,».
2. All'articolo 74, secondo comma, della Costituzione, dopo le parole: «Se le
Camere,» sono inserite le seguenti: «secondo le rispettive competenze ai sensi
dell'articolo 70,».
3. All'articolo 77, primo comma, della Costituzione, dopo le parole:
«delegazione delle Camere,» sono inserite le seguenti: «secondo le rispettive
competenze ai sensi dell'articolo 70,».
4. All'articolo 77, secondo comma, della Costituzione, dopo le parole: «alle
Camere» sono inserite le seguenti: «competenti ai sensi dell'articolo 70».
5. All'articolo 77, terzo comma, della Costituzione, dopo le parole: «Le
Camere» sono inserite le seguenti: «, secondo le rispettive competenze ai sensi
dell'articolo 70,».
PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO 16 DEL DISEGNO DI LEGGE COSTITUZIONALE
ART.
16.
(Procedure legislative in casi particolari).
Sopprimerlo.
16. 70. Leoni, Boato, Bressa, Amici, Cabras, Cusumano, Fistarol, Intini,
Loiero, Maccanico, Maran, Marone, Montecchi, Olivieri, Pappaterra, Soda,
Mascia, Russo Spena, Maura Cossutta, Zanella, Sgobio.
Sostituire
il comma 4 con il seguente:
4. All'articolo 77, secondo comma, della Costituzione le parole da: «alle
Camere» fino alla fine del comma, sono sostituite dalle seguenti: «alle Camere
competenti ai sensi dell'articolo 70, che si riuniscono entro cinque giorni. La
Camera dei deputati, anche se sciolta, è appositamente convocata».
16. 25. La Commissione.
(Approvato)
Dopo
l'articolo 16, aggiungere il seguente:
Art. 16-bis. (Decreti legislativi). - 1. All'articolo 76 della
Costituzione è aggiunto, in fine, il seguente comma:
«Gli schemi dei decreti legislativi, predisposti dal Governo, sono sottoposti
al parere delle Commissioni parlamentari competenti. Un quinto dei componenti
di ciascuna Camera può chiedere che il parere sia esaminato e approvato dalla
Camera stessa. Il Governo si attiene comunque ai pareri parlamentari.»
16. 07. Leoni, Bressa, Boato, Amici, Cabras, Cusumano, Fistarol, Intini, Loiero, Maccanico, Maran, Marone, Montecchi, Olivieri, Pappaterra, Soda, Mascia, Russo Spena, Maura Cossutta, Zanella.
Subemendamenti all'articolo aggintivo 16.0200.
All'articolo
aggiuntivo 16. 0200, Art. 16-bis, capoverso, dopo le parole: al parere aggiungere
la seguente: vincolante.
0. 16. 0200. 1. Mascia, Vendola.
All'articolo
aggiuntivo 16. 0200, Art. 16-bis, capoverso, aggiungere, in fine, il seguente
periodo:
«Il parere è vincolante per il Governo nel caso in cui sia approvato dalla
maggioranza assoluta dei componenti di una Commissione e concerna il mancato
rispetto dei principi, dei criteri direttivi, dei tempi e dell'oggetto
determinati nella legge di delega legislativa».
0. 16. 0200. 3. Boccia.
All'articolo
aggiuntivo 16. 0200, Art. 16-bis, capoverso, aggiungere, in fine, il seguente
periodo:
«Il Governo si attiene al parere parlamentare».
0. 16. 0200. 2. Leoni, Bressa, Boato, Mascia, Maura Cossutta,
Pappaterra, Cusumano, Zanella, Detomas, Maran, Cento, Cabras, Fistarol, Loiero,
Marone, Maccanico, Franceschini, Sinisi, Montecchi, Olivieri, Soda, Mazzuca
Poggiolini, Russo Spena.
Dopo
l'articolo 16, aggiungere il seguente:
Art. 16-bis. (Decreti legislativi). - 1. All'articolo 76 della
Costituzione è aggiunto, in fine, il seguente comma:
«I progetti dei decreti legislativi, predisposti dal Governo, sono sottoposti
al parere delle Commissioni parlamentari competenti secondo le norme dei
regolamenti di ciascuna Camera.»
16.
0200.
(Testo modificato nel corso della seduta) Elio Vito, Anedda, Volontè,
Cè, La Malfa, Moroni.
(Approvato)
Subemendamento all'articolo aggiuntivo 16.011.
All'emendamento
16. 011., capoverso, premettere, il seguente periodo:
«La presentazione dei provvedimenti provvisori con forza di legge alle Camere è
autorizza dal Presidente della Repubblica che verifica la ricorrenza dei
requisiti di cui al secondo comma; ove il Presidente neghi l'autorizzazione, il
decreto non deve essere trasmesso alle Camere».
Conseguentemente,
al medesimo emendamento, aggiungere la seguente parte consequenziale:
Conseguentemente, all'articolo 22, capoverso Art. 87, dopo il terzo comma,
aggiungere il seguente:
«Autorizza la presentazione alle Camere dei provvedimenti provvisori con forza
di legge ai sensi dell'articolo 77».
0. 16. 011. 1. Boccia.
Dopo
l'articolo 16, aggiungere il seguente:
Art. 16-bis. (Decreti-legge). - 1. All'articolo 77 della Costituzione,
dopo il secondo comma è aggiunto il seguente:
«I decreti contengono esclusivamente misure di immediata applicazione su
materie specifiche ed omogenee. Non possono conferire deleghe legislative,
disciplinare materie per le quali l'articolo 72 impone la procedura normale di
esame da parte delle Camere, ripristinare l'efficacia di disposizioni
dichiarate illegittime dalla Corte costituzionale, reiterare disposizioni di
decreti non convertiti in legge».
16. 011. Boato, Bressa, Leoni, Amici, Cabras, Cusumano, Fistarol, Intini, Loiero, Maccanico, Maran, Marone, Montecchi, Olivieri, Pappaterra, Soda, Mascia, Russo Spena, Maura Cossutta, Zanella, Sgobio.
Dopo
l'articolo 16, aggiungere il seguente:
Art. 16-bis. (Amnistia e indulto). - 1. All'articolo 79 della
Costituzione, il primo comma è sostituito dal seguente:
«L'amnistia e l'indulto sono concessi con legge deliberata a maggioranza dei
due terzi dei votanti di ciascuna Camera, in ogni suo articolo e nella
votazione finale».
16. 012. Saponara.
Dopo
l'articolo 16, aggiungere il seguente:
Art. 16-bis. (Amnistia e indulto). - 1. All'articolo 79 della
Costituzione, il primo comma è sostituito dal seguente:
«L'amnistia e l'indulto sono concessi con legge deliberata dalla Camera dei
deputati a maggioranza dei due terzi dei votanti, comunque non inferiore alla
maggioranza assoluta dei componenti».
16. 010. Boato, Bressa, Leoni, Amici, Cabras, Cusumano, Fistarol, Intini, Loiero, Maccanico, Maran, Marone, Montecchi, Olivieri, Pappaterra, Soda, Mascia, Pisapia, Maura Cossutta, Zanella, Sgobio.
A.C. 4862 ed abb. - Sezione 6)
ARTICOLO 17 DEL DISEGNO DI LEGGE COSTITUZIONALE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO
Art.
17.
(Ratifica dei trattati internazionali).
1.
L'articolo 80 della Costituzione è sostituito dal seguente:
«Art. 80. - È autorizzata con legge la ratifica dei trattati internazionali che
sono di natura politica, o prevedono arbitrati o regolamenti giudiziari, o
importano variazioni del territorio od oneri alle finanze o modificazioni di
leggi».
PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO 17 DEL DISEGNO DI LEGGE COSTITUZIONALE
ART.
17.
(Ratifica dei trattati internazionali).
Sopprimerlo.
*17. 1. Mascia, Russo Spena.
Sopprimerlo.
*17. 70. Boato, Bressa, Leoni, Amici, Cabras, Cusumano, Fistarol,
Intini, Loiero, Maccanico, Maran, Marone, Montecchi, Olivieri, Pappaterra,
Soda, Pisapia, Maura Cossutta, Zanella, Sgobio.
Al
comma 1, capoverso Art. 80, primo comma, dopo le parole: con legge aggiungere
le seguenti: , approvata ai sensi dell'articolo 70, primo comma,
17. 25. La Commissione.
(Approvato)
A.C. 4862 ed abb. - Sezione 7)
ARTICOLO 18 DEL DISEGNO DI LEGGE COSTITUZIONALE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO
Art.
18.
(Bilanci e rendiconto).
1.
All'articolo 81 della Costituzione, il primo comma è sostituito dal seguente:
«Sono approvati ogni anno i bilanci e il rendiconto consuntivo presentati dal
Governo».
PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO 18 DEL DISEGNO DI LEGGE COSTITUZIONALE
ART.
18.
(Bilanci e rendiconto).
Sopprimerlo.
*18. 1. Mascia, Russo Spena.
Sopprimerlo.
*18. 70. Boato, Bressa, Leoni, Amici, Cabras, Cusumano, Fistarol,
Intini, Loiero, Maccanico, Maran, Marone, Montecchi, Olivieri, Pappaterra,
Soda, Pisapia, Maura Cossutta, Zanella, Sgobio.
Al
comma 1, capoverso Art. 81, primo comma, dopo la parola: Governo aggiungere
le seguenti: ai sensi dell'articolo 70, primo comma.
18. 200. Elio Vito, Anedda, Volontè, Cè, La Malfa, Moroni.
(Approvato)
Dopo
l'articolo 18, aggiungere il seguente:
Art. 18-bis. - 1. L'articolo 82 della Costituzione è sostituito dal
seguente:
«Art. 82. - La Camera dei deputati può disporre inchieste su materie di
pubblico interesse. Si procede comunque all'inchiesta quando la proposta è
sottoscritta da un quinto dei componenti l'Assemblea.
Per
lo svolgimento di un'inchiesta la Camera dei deputati nomina fra i propri
componenti una Commissione formata in modo da rispecchiare la proporzione dei
vari gruppi. La Commissione d'inchiesta procede alle indagini e agli esami con
gli stessi poteri e le stesse limitazioni dell'autorità giudiziaria.«
18. 01. Mascia, Pisapia.
Dopo
l'articolo 18, aggiungere il seguente:
Art.
18-bis. (Commissioni parlamentari d'inchiesta). - 1. All'articolo 82
della Costituzione sono apportate le seguenti modificazioni:
a) il primo comma è sostituito dal seguente:
«La Camera dei deputati può disporre, a maggioranza assoluta dei componenti,
inchieste su materie di pubblico interesse.»;
b) al secondo comma, dopo il primo periodo, è aggiunto il seguente:
«La commissione è presieduta da un deputato delle opposizioni».
18. 010. Bressa, Leoni, Boato, Amici, Cabras, Cusumano, Fistarol,
Intini, Loiero, Maccanico, Maran, Marone, Montecchi, Olivieri, Pappaterra,
Soda, Mascia, Giordano, Zanella.
Subemendamenti all'articolo aggiuntivo 18.0200
All'articolo
aggiuntivo 18. 0200., Art. 18-bis, comma 1, secondo periodo, sopprimere le
parole:
istituita dalla Camera.
0. 18. 0200. 1. Bressa, Boato, Leoni, Mascia, Pappaterra, Cusumano,
Zanella, Detomas, Maran, Cento, Cabras, Fistarol, Loiero, Marone, Maccanico,
Franceschini, Sinisi, Montecchi, Olivieri, Soda, Mazzuca Poggiolini, Giordano.
All'articolo
aggiuntivo 18. 0200, Art. 18-bis, capoverso, aggiungere, in fine, il seguente
periodo:
«È particolarmente punita la violazione del segreto istruttorio».
0. 18. 0200. 2. Boccia.
Dopo
l'articolo 18, aggiungere il seguente:
Art. 18-bis. (Commissioni parlamentari d'inchiesta). - 1. All'articolo
82 della Costituzione, l'ultimo periodo del secondo comma è sostituito dai
seguenti: «La Commissione d'inchiesta istituita dalla Camera dei deputati
ovvero con legge approvata dalle Camere ai sensi dell'articolo 70, terzo comma,
procede alle indagini e agli esami con gli stessi poteri e le stesse
limitazioni dell'autorità giudiziaria. Il Presidente della Commissione
d'inchiesta istituita dalla Camera è scelto tra deputati appartenenti a gruppi
di opposizione».
18.
0200.
Elio Vito, Anedda, Volontè, Cè, La Malfa, Moroni.
(Approvato)
(A.C. 4862 ed abb. - Sezione 8)
ARTICOLO 22 DEL DISEGNO DI LEGGE COSTITUZIONALE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE
Art.
22.
(Funzioni del Presidente della Repubblica).
1.
L'articolo 87 della Costituzione è sostituito dal seguente:
«Art. 87. - Il Presidente della Repubblica è il Capo dello Stato, rappresenta
l'unità federale della Nazione ed è garante della Costituzione.
Può inviare messaggi alle Camere.
Indìce le elezioni delle nuove Camere, dei Presidenti delle Giunte regionali e
dei Consigli regionali, dei Presidenti delle Giunte e dei Consigli provinciali
delle Province autonome di Trento e di Bolzano e ne fissa la prima riunione.
Promulga le leggi ed emana i decreti aventi valore di legge e i regolamenti.
Indìce il referendum popolare nei casi previsti dalla Costituzione.
Nomina, nei casi indicati dalla legge, i funzionari dello Stato e, sentiti i
Presidenti delle due Camere, i presidenti delle Autorità amministrative
indipendenti.
Accredita
e riceve i rappresentanti diplomatici, ratifica i trattati internazionali,
previa, quando occorra, l'autorizzazione delle Camere.
Ha il comando delle Forze armate, presiede il Consiglio supremo di difesa
costituito secondo la legge, dichiara lo stato di guerra deliberato dalle
Camere.
Presiede il Consiglio superiore della magistratura e ne nomina il Vice
Presidente nell'ambito dei componenti eletti dalle Camere.
Può concedere grazia e commutare le pene.
Conferisce le onorificenze della Repubblica».
PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO 22 DEL DISEGNO DI LEGGE COSTITUZIONALE
Capo
II
MODIFICHE AL TITOLO II DELLA COSTITUZIONE
ART.
22.
(Funzioni del Presidente della Repubblica).
Subemendamento all'emendamento 22. 253
All'emendamento
22. 253, sostituire le parole: la Nazione con le seguenti: l'unità
nazionale.
Conseguentemente, al medesimo emendamento, sopprimere le parole:
e dell'unità federale della Repubblica.
0. 22. 253. 1. Leoni, Bressa, Ruzzante.
Al
comma 1, capoverso Art. 87, primo comma, sostituire le parole da: l'unità federale fino
alla fine del comma, con le seguenti: la Nazione ed è garante della
Costituzione e dell'unità federale della Repubblica.
22. 253. La Commissione.
(Approvato)
Al
comma 1, capoverso Art. 87, aggiungere, in fine, il seguente comma:
«Autorizza la dichiarazione del Primo ministro al Senato federale della
Repubblica, dopo averne verificato la sussistenza dei presupposti.»
22. 252. La Commissione.
(Approvato)