XIV Legislatura - Dossier di documentazione
Autore: Servizio Studi - Dipartimento istituzioni
Altri Autori: Servizio Studi - Dipartimento istituzioni
Titolo: Riforma dell'ordinamento della Repubblica - A.C. 4862 e abb. - Iter alla Camera (prima deliberazione) - Discussione in Assemblea: sedute dal 7 ottobre 2004 al 13 ottobre 2004
Serie: Progetti di legge    Numero: 580    Progressivo: 2
Data: 11/03/05
Descrittori:
COSTITUZIONE DELLA REPUBBLICA   FEDERALISMO
ORDINAMENTO DELLA REPUBBLICA   PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
SENATO DELLA REPUBBLICA     
Organi della Camera: I-Affari Costituzionali, della Presidenza del Consiglio e interni
Riferimenti:
AC n.4862/14   AS n.2544/14

Servizio studi

 

progetti di legge

Riforma dell’ordinamento
della Repubblica

A.C. 4862 e abb.

Iter alla Camera (prima deliberazione)
Discussione in Assemblea:
sedute dal 7 ottobre 2004 al 13 ottobre 2004

n. 580/2

parte XIX


xiv legislatura

11 marzo 2005

 

Camera dei deputati


La documentazione predisposta in occasione dell’esame, in prima deliberazione, del disegno di legge costituzionale A.C. 4862, recante Modificazioni di articoli della parte II della Costituzione, e delle proposte di legge costituzionale abbinate, si articola nei seguenti volumi:

§         dossier n. 580, contenente la scheda di sintesi per l’istruttoria legislativa, le schede di lettura, il testo a fronte tra la Costituzione vigente e le modifiche apportate dall’A.C. 4862, nonché la normativa di riferimento;

§         dossier n. 580/1, contenente i testi dei progetti di legge costituzionale;

§         dossier n. 580/2, suddiviso in più volumi, contenente l’iter dei progetti di legge al Senato e alla Camera, e gli atti e i documenti dell’indagine conoscitiva e delle audizioni informali svolte dalla I Commissione della Camera;

§         dossier n. 580/3, contenente una selezione della recente dottrina in materia;

§         dossier n. 580/4, contenente schede di comparazione su alcuni aspetti dei sistemi costituzionali di cinque Paesi europei (Italia, Francia, Germania, Regno Unito e Spagna);

§         dossier n. 580/5, contenente schede di approfondimento su alcuni aspetti del disegno di legge costituzionale A.C. 4862 (procedimento legislativo; adempimenti normativi; regime dei quorum; sistema elettorale), e una sintesi per temi delle audizioni tenute nel corso dell’indagine conoscitiva svolta dalla I Commissione della Camera.

§         dossier n. 580/6, contenente le schede di lettura sul testo licenziato per l’Assemblea dalla I Commissione della Camera (A.C. 4862-A), il testo a fronte tra la Costituzione vigente e le modifiche apportate dall’A.C. 4862-A, la cronologia dell’iter in Commissione ed altra documentazione;

§         dossier n. 580/7 (Seconda edizione), contenente una scheda di lettura sul testo approvato dalla Camera in prima deliberazione, la cronologia dell’iter alla Camera e un testo a fronte.

 

DIPARTIMENTO istituzioni – sezione affari costituzionali

SIWEB

 

I dossier del Servizio studi sono destinati alle esigenze di documentazione interna per l'attività degli organi parlamentari e dei parlamentari. La Camera dei deputati declina ogni responsabilità per la loro eventuale utilizzazione o riproduzione per fini non consentiti dalla legge.

File: ac0555bs.doc

 


SOMMARIO

 

Senato della Repubblica

 

PARTE I:

A.S. 2544 - Testi dei disegni di legge, voti e petizioni presentati al Senato della Repubblica

 

PARTE II:

A.S. 2544 – Tabelle riepilogative dell’iter del provvedimento. Esame in Commissione affari costituzionali dal 23 ottobre al 13 gennaio 2004

 

PARTE III:

A.S. 2544 - Esame in Commissione affari costituzionali dal 14 al 16 gennaio 2004. Esame in sede consultiva presso le Commissioni Difesa, Bilancio, Finanze, Istruzione, Industria, Igiene e sanità, Politiche Unione europea, Questioni regionali

 

PARTE IV:

A.S. 2544 - Esame in Assemblea dal 22 al 29 gennaio 2004

 

PARTE V:

A.S. 2544 - Esame in Assemblea dal 3 al 10 febbraio 2004

 

PARTE VI:

A.S. 2544 - Esame in Assemblea dall’11 al 25 febbraio 2004, seduta n. 547

 

PARTE VII:

A.S. 2544 - Esame in Assemblea dal 25 febbraio, seduta n. 548, al 3 marzo 2004

 

PARTE VIII:

A.S. 2544 - Esame in Assemblea del 9 marzo al 16 marzo 2004, seduta n. 563

 

PARTE IX:

A.S. 2544 - Esame in Assemblea dal 16 marzo, seduta n. 564, al 17 marzo 2004, seduta n. 565

 

PARTE X:

A.S. 2544 - Esame in Assemblea dal 17 marzo, seduta n. 566, al 23 marzo 2004

 

PARTE XI:

A.S. 2544 - Esame in Assemblea il 24 marzo 2004, sedute nn. 571 e 572

 

PARTE XII:

A.S. 2544 - Esame in Assemblea il 25 marzo 2004. Approvazione.

 

Camera dei deputati

I testi dei progetti di legge costituzionale esaminati dalla Camera dei deputati in prima deliberazione sono riportati nel dossier n. 580/1.

 

PARTE XIII:

A.C. 4862 – Tabelle riepilogative dell’iter del provvedimento. Esame in sede referente e consultiva

 

PARTE XIV:

A.C. 4862 - Indagine conoscitiva: sedute dall’11 al 26 maggio 2004

 

PARTE XV

A.C. 4862 - Indagine conoscitiva: sedute dal 15 al 23 giugno 2004. Audizioni informali

 

PARTE XVI

A.C. 4862 - Discussione in Assemblea: sedute dal 3 agosto al 21 settembre 2004

 

PARTE XVII

A.C. 4862 - Discussione in Assemblea: sedute dal 22 settembre 2004 al 29 settembre 2004

 

PARTE XVIII

A.C. 4862 Discussione in Assemblea: sedute dal 30 settembre 2004 al 6 ottobre 2004

 

PARTE XIX

A.C. 4862 - Discussione in Assemblea: sedute dal 7 ottobre 2004 al 13 ottobre 2004

 

PARTE XX

A.C. 4862 - Discussione in Assemblea: sedute dal 14 ottobre 2004 al 15 ottobre 2004

 


 

INDICE della parte XIX

Seguito discussione in Assemblea

Seduta del 7 ottobre 2004 (Ripresa esame art. 19, esame artt. 20- 23  3

Seduta dell’8 ottobre 2004 (Ripresa esame art. 23)153

Seduta dell’11 ottobre 2004 (Ripresa esame art. 23, esame art. 24)207

Seduta del 12 ottobre 2004 (Ripresa esame art. 24, esame artt. 25, 31, 41 e 42; ripresa esame artt. 31 e 10, esame art. 13)253

Seduta del 13 ottobre 2004 (Ripresa esame art. 13, esame artt. 9 e 14-18, ripresa esame art. 22)389

 

 


Seguito discussione in Assemblea

 


RESOCONTO

SOMMARIO E STENOGRAFICO

 


______________   ______________


 

523.

 

Seduta di giovedì 7 oTTOBRE 2004

 

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE

FABIO MUSSI

indi

DEI VICEPRESIDENTI

PUBLIO FIORI

E MARIO CLEMENTE MASTELLA

E DEL PRESIDENTE

PIER FERDINANDO CASINI

 


Seguito della discussione del disegno di legge costituzionale: S. 2544 - Modificazione di articoli della parte II della Costituzione (Approvato, in prima deliberazione, dal Senato) (4862) e delle abbinate proposte di legge costituzionale: Zeller ed altri; Bielli; Spini e Angioni; Buttiglione ed altri; Contento; Cola; Pisapia; Selva; Selva; Selva; Bianchi Clerici; Peretti; Volontè; Pisapia; Lusetti ed altri; Zaccheo; Mantini ed altri; Soda; Olivieri e Kessler; Costa; Serena; Pisicchio ed altri; Bolognesi ed altri; Paroli; Buontempo; Zeller ed altri; Collè; Vitali ed altri; Maurandi ed altri; Olivieri; Boato; Stucchi; Cento; Monaco; Pacini; Consiglio regionale della Puglia; Consiglio regionale della Puglia; Chiaromonte ed altri; Cabras ed altri; Mantini; La Malfa; Briguglio ed altri; Franceschini; Pisapia; Costa; Perrotta ed altri; Fiori (72-113-260-376-468-582-721-874-875-877-966-1162-1218-1287-1403-1415-1608-1617-1725-1805-1964-2027-2116-2123-2168-2320-2413-2568-2909-2994-3058-3489-3523-3531-3541-3572-3573-3584-3639-3684-3707-3885-4023-4393-4451-4805-5044) (ore 9,38).

 

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge costituzionale, già approvato in prima deliberazione dal Senato: Modificazione di articoli della parte II della Costituzione, e delle abbinate proposte di legge costituzionale di iniziativa dei deputati Zeller ed altri; Bielli; Spini e Angioni; Buttiglione ed altri; Contento; Cola; Pisapia; Selva; Selva; Selva; Bianchi Clerici; Peretti; Volontè; Pisapia; Lusetti ed altri; Zaccheo; Mantini ed altri; Soda; Olivieri e Kessler; Costa; Serena; Pisicchio ed altri; Bolognesi ed altri; Paroli; Buontempo; Zeller ed altri; Collè; Vitali ed altri; Maurandi ed altri; Olivieri; Boato; Stucchi; Cento; Monaco; Pacini; del Consiglio regionale della Puglia; del Consiglio regionale della Puglia; e dei deputati Chiaromonte ed altri; Cabras ed altri; Mantini; La Malfa; Briguglio ed altri; Franceschini; Pisapia; Costa; Perrotta ed altri; Fiori.
Ricordo che nella seduta di ieri si sono svolti gli interventi sul complesso delle proposte emendative riferite all'articolo 19 e che il relatore e il Governo hanno espresso il parere.

 

(Ripresa esame dell'articolo 19 - A.C. 4862 ed abbinate)

 

PRESIDENTE. Riprendiamo l'esame dell'articolo 19 e delle proposte emendative ad esso presentate (vedi l'allegato A - A.C. 4862 ed abbinate sezione 1).

DONATO BRUNO, Relatore. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DONATO BRUNO, Relatore. Signor Presidente, a seguito della riunione del Comitato dei nove di questa mattina, intendo rettificare il parere espresso ieri in ordine all'articolo aggiuntivo Boato 19.01. Pertanto, modificando il precedente avviso, il parere della Commissione in ordine alla suddetta proposta emendativa è favorevole.

PRESIDENTE. Il Governo?

ALDO BRANCHER, Sottosegretario di Stato per le riforme istituzionali e la devoluzione. Il Governo concorda con il parere espresso dal relatore.

PRESIDENTE. Dovremmo ora procedere alla votazione dell'emendamento Leoni 19.2.
Avverto che è stata chiesta la votazione nominale mediante procedimento elettronico.

 

Preavviso di votazioni elettroniche (ore 9,40).

 

PRESIDENTE. Poiché nel corso della seduta avranno luogo votazioni mediante procedimento elettronico, decorrono da questo momento i termini di preavviso di cinque e venti minuti previsti dall'articolo 49, comma 5, del regolamento.
Per consentire il decorso del termine regolamentare di preavviso, sospendo la seduta.

 

La seduta, sospesa alle 9,40, è ripresa alle 10,05.

Si riprende la discussione.

 

(Ripresa esame dell'articolo 19 - A.C. 4862 ed abbinate)

 

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'emendamento Leoni 19.2.
Onorevole Carrara, ha chiesto di parlare?

NUCCIO CARRARA. Sì, signor Presidente, intendo intervenire sul complesso degli emendamenti all'articolo 19.

PRESIDENTE. No, questo non è possibile perchè siamo passati alla votazione dell'emendamento Leoni 19.2.

NUCCIO CARRARA. Signor Presidente, pensavo di intervenire sul complesso degli emendamenti.

PRESIDENTE. È lei che aveva chiesto di parlare...

NUCCIO CARRARA. Mi dispiace, è stato un lapsus. La mattina è sempre possibile una svista...

PRESIDENTE. Onorevole Carrara, lei intende parlare comunque?

NUCCIO CARRARA. Sì, signor Presidente, intendo comunque intervenire.

PRESIDENTE. Secondo quanto previsto dal regolamento, il suo intervento deve intendersi come dichiarazione di voto e lei deve attenersi alla materia oggetto dell'emendamento in esame.
Ha facoltà di parlare, onorevole Carrara.

NUCCIO CARRARA. Signor Presidente, stiamo discutendo dell'emendamento soppressivo dell'articolo 19.
Sostanzialmente, si interviene sull'articolo 83 della Costituzione, che riguarda le modalità di elezione del Presidente della Repubblica. L'articolo 19 del disegno di legge costituzionale introduce alcune novità rispetto al testo in vigore. Infatti, questo prevede che il Presidente della Repubblica venga eletto dal Parlamento e che a questa elezione partecipino anche tre delegati per ogni regione, eletti dai consigli regionali in modo che sia assicurata la rappresentanza delle minoranze. Alla Valle d'Aosta spetta un solo delegato.
Il nuovo testo, al contrario, prevede che sarà un'Assemblea della Repubblica ad eleggere il Presidente della Repubblica, la cui composizione risulterà molto più articolata, rispetto al Parlamento in seduta comune previsto attualmente. Infatti, parteciperanno all'elezione del Presidente della Repubblica, oltre ai deputati ed ai senatori, anche i presidenti delle regioni nonché i presidenti delle province autonome di Trento e Bolzano. Infine, sono previsti anche i delegati eletti dai consigli regionali, in ragione di due delegati ciascuna. Una previsione particolare spetta al Trentino-Alto Adige, in quanto ogni consiglio provinciale potrà eleggere un suo delegato. La Valle d'Aosta avrà sempre un delegato. Un'ulteriore novità consiste nel fatto che ciascun consiglio regionale eleggerà un numero ulteriore di delegati, in ragione di uno ogni milione di abitanti residenti nella regione. Verrà comunque assicurata la rappresentanza delle minoranze.
Come si vede, l'Assemblea della Repubblica risulta essere diversa da quanto prescritto nell'attuale Costituzione, che fa riferimento al Parlamento in seduta comune, anche se integrato da alcuni delegati delle regioni. L'Assemblea della Repubblica, infatti, allarga i soggetti che eleggono il Presidente della Repubblica. Per quanto riguarda le modalità di elezione, l'attuale previsione costituzionale stabilisce che l'elezione del Presidente avvenga a scrutinio segreto, a maggioranza dei due terzi; solo dopo il terzo scrutinio, è sufficiente la maggioranza assoluta.
La nuova previsione stabilisce che il Presidente della Repubblica sia eletto a scrutinio segreto con la maggioranza dei due terzi dei componenti l'Assemblea della Repubblica, che dopo il terzo scrutinio sia sufficiente la maggioranza dei tre quinti dei componenti e che dopo il quinto scrutinio sia sufficiente la maggioranza assoluta. Anche in tal caso, si prevede una maggiore articolazione rispetto al testo vigente.
Ritengo pertanto che la proposta di soppressione del testo approvato dalla Commissione non sia saggia, anche se il testo stesso non è blindato e potrà subire modificazioni nel corso dell'esame da parte dell'Assemblea. Tuttavia, esso introduce certamente innovazioni rilevanti.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Fontanini. Ne ha facoltà.

PIETRO FONTANINI. Signor Presidente, come ha osservato l'onorevole Carrara, stiamo esaminando le proposte di modifica dell'articolo 83 della Costituzione, in materia di elezione del Presidente della Repubblica. Il lavoro svolto nella Commissione ha portato alla predisposizione di un testo maggiormente rispettoso della nuova composizione sia del Senato federale della Repubblica sia della Camera dei deputati. La presentazione, da parte dell'opposizione, dell'emendamento in esame, volto a sopprimere le norme sull'elezione del Presidente della Repubblica, è molto strana, anche perché abbiamo proposto modifiche significative alle norme stesse. Il Presidente della Repubblica sarà eletto, oltre che dai membri del Senato federale e della Camera dei deputati, anche dai rappresentanti dei consigli regionali, ciascuno dei quali esprimerà due delegati. Un'ulteriore innovazione rispetto alla Costituzione vigente è costituita dall'introduzione di una rappresentanza proporzionale alla popolazione di ciascuna regione. Ciò porterà ad un numero significativo di rappresentanti regionali nell'Assemblea che dovrà esprimere il nuovo Presidente della Repubblica. Si tratterà, dunque, di un'Assemblea nella quale saranno presenti non soltanto i membri del Parlamento nazionale, ma anche esponenti dei parlamenti regionali, che potranno inviare i propri rappresentanti al fine di esprimere il collegamento già garantito nel Senato federale della Repubblica anche nel momento in cui si dovrà procedere all'elezione del Presidente della Repubblica.
Si tratta di un'innovazione ispirata al leit motiv di questa riforma costituzionale, costituito dall'esigenza di agganciare sempre di più il territorio alle istituzioni: lo abbiamo già fatto con il Senato federale della Repubblica e lo stiamo facendo anche con il Presidente della Repubblica, rispetto al quale si realizza, con la partecipazione dei rappresentanti del territorio, un momento qualificante all'atto dell'elezione. Ad essa parteciperanno, fra i rappresentanti degli enti locali territoriali, anche i rappresentanti delle minoranze, ovvero di coloro che non si riconoscono nella maggioranza della Camera e del Senato federale. Si prevede dunque la garanzia che a tale elezione partecipi un bacino di elettori che possa rappresentare effettivamente la volontà del popolo italiano.
Gli articoli successivi affrontano altre questioni fondamentali riguardanti il Presidente della Repubblica. Un'ulteriore innovazione significativa è costituita dalla definizione dei compiti del Presidente, il quale, in virtù del testo proposto, «rappresenta l'unità federale della Nazione ed è garante della Costituzione».
Anche questa è una novità che verrà introdotta dalle modifiche proposte dalla maggioranza e che questa Assemblea si accinge ad esaminare. Quindi cambierà anche la figura del Presidente della Repubblica visto che dovrà rappresentare l'unità federale della Repubblica. Come vedete, il termine federale entra nuovamente all'interno della nostra Costituzione. Si tratta di un concetto importante; il termine federale rispecchia la volontà che tutti noi della maggioranza abbiamo di improntare le istituzioni del nostro paese alla filosofia del federalismo.
Ripeto, si tratta di un aspetto importante e innovativo rispetto all'attuale Costituzione, la quale verrà modificata dando al nostro paese elementi certi e sicuri di federalismo.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Volontè. Ne ha facoltà.

LUCA VOLONTÈ. Signor Presidente, onorevoli colleghi, l'emendamento Leoni 19.2 persegue l'obiettivo di mantenere invariato l'articolo 83 della Costituzione. Tale articolo, però, mi sembra pecchi di alcuni limiti.
Anzitutto vorrei mettere in evidenza il limite delle garanzie. Ieri abbiamo svolto un lungo, approfondito e a volte ripetitivo dibattito sulle garanzie del Parlamento nel suo complesso e anche dell'opposizione (che possono essere interpretate anche in maniera diversa dalle garanzie del Parlamento). Ebbene, oggi, in base alla Costituzione vigente, l'elezione del Presidente della Repubblica ha luogo per scrutinio segreto, a maggioranza dei due terzi; dopo il terzo scrutinio è sufficiente la maggioranza assoluta.
Grazie alla formulazione delle proposte emendative della maggioranza le garanzie vengono ampliate non di poco. Al riguardo si è svolto un dibattito importante anche al Senato, dove l'opposizione ha chiesto l'introduzione della maggioranza dei tre quinti dopo il terzo scrutinio. In tal senso, per riflessione comune della maggioranza, anche nell'emendamento presentato alla Camera viene accolta questa esigenza.
Vi è quindi un aumento delle garanzie del Parlamento in tema di elezione del Presidente della Repubblica; con una maggiore connotazione di questa figura come organo di assoluta garanzia nei confronti del territorio e del Parlamento nel suo complesso. Infatti alla formulazione attualmente vigente si aggiunge - dopo il terzo scrutinio - la possibilità di elezione del Presidente della Repubblica con una maggioranza dei tre quinti dei componenti del Parlamento. Non è cosa da poco, e su questo invito l'opposizione a riflettere. La formulazione che ho poc'anzi citato, quella tuttora vigente, non fornisce questa ulteriore garanzia per tutto il Parlamento, per tutto lo Stato federale.
Il secondo elemento di grande novità è il numero dei delegati che provengono dal territorio della Repubblica, qui notevolmente aumentati. Infatti, come veniva ricordato prima, in occasione dell'elezione del Presidente della Repubblica ai rappresentanti regionali già previsti - anche se con un composizione diversa - ne vengono aggiunti di ulteriori, calcolati per ogni milione di abitanti delle regioni.
Tutto ciò va nella direzione - condivisa da tutta la maggioranza - di perseguire un principio di sussidiarietà. Non voglio ora citare quanto fatto in merito all'articolo 114 della Costituzione, né quanto ribadito sul piano fiscale anche nell'articolo 118 della nostra Carta costituzionale, ossia ciò che, in qualche modo, ha inciso anche nella rivalutazione dell'articolo 117. Si amplia la base di rappresentanza per milioni di abitanti delle regioni, che così concorreranno all'elezione del Presidente della Repubblica. Si vuole ampliare la platea di rappresentanti territoriali proprio in coerenza con quel principio di sussidiarietà, in base al quale non si può non intervenire sui meccanismi dell'Assemblea federale in occasione dell'elezione del Presidente della Repubblica. La rappresentanza del territorio deve essere in qualche modo garantita, anche ai consigli regionali, proprio in funzione del numero degli abitanti delle regioni.
Mi sembra che in questo articolo si porti a compimento un passaggio fondamentale che abbiamo già affrontato nella discussione sul Titolo V, che non poteva non essere oggetto anche della riflessione sul Senato federale e, in conseguenza di questo, della riflessione sulla massima carica della Repubblica, cioè il Presidente della Repubblica italiana, della Repubblica federale italiana.
Questi sono i due elementi di assoluta novità: ripeto, da un lato, l'aumento delle garanzie per il Parlamento e quindi l'aumento del carattere super partes del Presidente della Repubblica, che, secondo quanto prevederà il testo al nostro esame, è eletto dalla maggioranza dei tre quinti dei componenti l'Assemblea mentre, dopo il quarto scrutinio, è sufficiente la maggioranza assoluta; dall'altro, la perfetta coerenza del principio di sussidiarietà.
Invito pertanto i colleghi, anche quelli dell'opposizione, sensibili - come abbiamo visto ieri - ad entrambi questi elementi, a riflettere se mantenere o meno il proprio emendamento soppressivo.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Bricolo. Ne ha facoltà.

FEDERICO BRICOLO. Signor Presidente, stiamo parlando della modifica dell'articolo 83 della Costituzione che prevede appunto le regole che normano l'elezione del Presidente della Repubblica.
Il testo attuale prevede che il Capo dello Stato sia eletto dal Parlamento in seduta comune dai suoi membri e che alle elezioni partecipino tre delegati per ogni regione, eletti dal consiglio regionale in modo che sia assicurata la rappresentanza delle minoranze. La Valle d'Aosta ha un solo delegato. Adesso, invece, il testo proposto all'Assemblea vuole modificare l'articolo 83, prevedendo che vi sia un'Assemblea della Repubblica, presieduta dal Presidente della Camera dei deputati e costituita dai componenti delle due Camere, dai presidenti delle giunte delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano - questa è una novità - e dai delegati eletti dai consigli regionali.
Ciascun consiglio regionale elegge poi anche due delegati per il Trentino Alto-Adige, mentre ciascun consiglio provinciale invece elegge un solo delegato. Anche la Valle d'Aosta elegge un solo delegato. Ciascun consiglio regionale elegge altresì un numero ulteriore di delegati per ogni milione di abitanti della regione. L'elezione di tutti i delegati avviene in modo che sia assicurata comunque la rappresentanza delle minoranze. Anche questo è un concetto nuovo che è stato introdotto e che permette a tutti gli enti locali di avere una rappresentanza anche quando il Parlamento si riunisce in seduta comune per eleggere il Presidente della Repubblica.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Polledri. Ne ha facoltà.

MASSIMO POLLEDRI. Signor Presidente, sicuramente questo articolo è importante. Se noi ci chiediamo qual è oggi la figura più rappresentativa delle istituzioni, quella più vicina alla cittadinanza, ci accorgiamo che è certamente quella della Presidenza della Repubblica.
Voglio sottolineare che in questo articolo noi allarghiamo la platea e la partecipazione cittadina, ma non solo quella cittadina: coinvolgiamo l'Assemblea della Repubblica, i presidenti delle giunte regionali, persino i sindaci, e quindi stringiamo un forte «anello» che parte dal cittadino fino alla Camera, per poter arrivare all'elezione del Presidente della Repubblica.
Bene, mentre stiamo discutendo di tale argomento in questo ramo del Parlamento, i deputati dell'opposizione - ovviamente sempre nel rispetto delle tattiche - preferiscono rimanere alla buvette ad intingere il corretto nel cappuccino...

PIERO RUZZANTE. Quelli della maggioranza vuoi dire...!

MASSIMO POLLEDRI. Queste cose dobbiamo dirle agli italiani! Dobbiamo dire loro che, nel momento in cui si sta discutendo un nodo fondamentale delle garanzie del paese, per una legittima scelta, l'opposizione è concentrata alla buvette a consumare il cappuccino.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Luciano Dussin. Ne ha facoltà.

LUCIANO DUSSIN. Signor Presidente, vorrei ribadire la validità del lavoro proposto dalla Casa delle libertà per rendere più moderna la nostra Costituzione e dare una Carta fondamentale di indirizzo a noi che dobbiamo operare in questo Parlamento per fornire ai cittadini le risposte che stanno aspettando, cambiando un po' il sistema che si è inceppato da diversi anni e i cui danni sono noti ai più.
Anche per quanto riguarda l'elezione del Presidente della Repubblica, è chiara la nostra impronta federalista. Contrariamente alla sinistra, vogliamo ampliare, tramite un'Assemblea elettiva, la rappresentanza delle regioni e degli enti locali, in modo da rafforzare le caratteristiche di imparzialità e di terzietà che deve avere il Presidente della Repubblica.
Vorrei rilevare, altresì, il fallimento della riforma approvata dalla sinistra negli ultimi giorni della scorsa legislatura, una riforma che, tra l'altro, è stata oggetto di referendum popolare in occasione del quale solo un cittadino su otto ha affermato la validità del lavoro che è stato svolto; nessuna giunta, neanche del centrosinistra, è riuscita a sfruttare una sola virgola delle false potenzialità introdotte nel testo che ci accingiamo a modificare.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Stucchi. Ne ha facoltà.

GIACOMO STUCCHI. Signor Presidente, vorrei sottolineare la grande rilevanza, nell'ambito della riforma costituzionale, della questione che stiamo trattando. Infatti, il Presidente della Repubblica deve svolgere un ruolo di garante. Credo che la soluzione individuata, con il concorso di alcune forze dell'opposizione, dalla Casa delle libertà, dal ministro Bossi prima e dal ministro Calderoli ora, e dal relatore, presidente Donato Bruno, sia equilibrata e permetta a tutte le entità istituzionali presenti nella nostra Repubblica di sentirsi adeguatamente rappresentate in una fase cruciale, ossia la scelta della figura del garante costituzionale; quindi, il Parlamento, le regioni, le province e i comuni. Vi è la partecipazione di tutti per eleggere una figura che deve essere garante e protagonista attivo nella vita politica, nella vita istituzionale, perché, in ogni caso, è un certo tipo di rappresentanza ed è un'azione di tipo politico. È opportuno riflettere. Credo che la soluzione individuata nell'articolo sia corretta. Non è accettabile, dunque, l'emendamento soppressivo proposto dai colleghi Leoni ed altri.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Dario Galli. Ne ha facoltà.

DARIO GALLI. Signor Presidente, sono entrato in politica non moltissimi anni fa e ho avuto la fortuna di fare esperienze di tipo amministrativo. Mi sono reso conto sul campo di cosa significhi avere uno Stato centrale che non tiene conto minimamente delle esigenze - che sono giuste - dei territori, in particolare di quelli assolutamente virtuosi che, dal punto di vista della produzione di reddito e della conseguente tassazione, sono in prima fila quando c'è da dare e in ultima fila quando c'è da ricevere.
La modifica costituzionale che stiamo esaminando va incontro solo in parte a quest'esigenza, ma sicuramente è un primo passo importante. In questo senso, faccio fatica a capire come mai i colleghi della sinistra, che pure avevano fatto un tentativo di riforma nella scorsa legislatura (più che altro, per cercare di rubare un po' di voti alla Lega), oggi, che stiamo rivedendo questa modifica costituzionale, assumano un simile atteggiamento. La volta scorsa, la modifica è stata attuata con cinque ore di discussione; questa volta una Presidenza della Camera eccessivamente buonista ha concesso centodieci ore di discussione e il risultato è che noi siamo in aula di primo mattino e la sinistra è fuori per cercare di far mancare il numero legale.

PIERO RUZZANTE. Perché la destra non c'è!

DARIO GALLI. Questo non mi sembra un atteggiamento costruttivo; non vi è l'intenzione di entrare nel merito dei problemi per fare il bene della nazione; al contrario, si cerca in tutti i modi di far perdere tempo alla maggioranza. Non mi sembra un buon servizio per il paese, che loro dicono di amare tanto.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Menia. Ne ha facoltà.

ROBERTO MENIA. Signor Presidente, devo confessare che mi riesce difficile comprendere l'atteggiamento dell'opposizione in questa occasione, non solo e non tanto perché, in questo momento, diserta i banchi, il che è abbastanza normale come atteggiamento ostruzionistico; piuttosto, si tratta del merito. Infatti, la presentazione di un emendamento totalmente soppressivo, dinanzi ad un testo che invece, quanto meno, compie il tentativo di creare una base più ampia nei grandi elettori che eleggeranno il Presidente della Repubblica - organo supremo di garanzia -, mi lascia veramente perplesso. Mi domando a cosa servano poi gli appelli al dialogo quando la volontà di dialogo non si rivela in passaggi cruciali come questo.
Nel testo all'esame, oggettivamente, si introducono dei miglioramenti rispetto alla Costituzione vigente, rispetto al sistema attuale che prevede che il Parlamento, in seduta comune e con l'espressione dei consigli regionali, sia la base elettorale del Presidente della Repubblica. Nel nostro testo si prevede, in più, la presenza di altri grandi elettori che rappresentano, sostanzialmente, i milioni di elettori presenti sul territorio. Ciò, appunto per dare una base più ampia al corpo elettorale del Presidente.

 

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE PUBLIO FIORI (ore 10,30)

 

ROBERTO MENIA. Vi è poi un ulteriore elemento di garanzia, costituito dalla diversa strutturazione delle maggioranze qualificate. Rispetto alla Costituzione vigente - e quindi alla previsione dei due terzi dei voti - noi introduciamo anche il principio secondo il quale al terzo scrutinio nel quale ancora non sia stata raggiunta la maggioranza dei due terzi previsti vi sia un ulteriore passaggio, quello che prevede i tre quinti, non presente nella Costituzione vigente.
Si tratta per l'appunto evidentemente di un meccanismo di ulteriore garanzia.

PRESIDENTE. Onorevole Menia.

ROBERTO MENIA. Se mi è concesso, Presidente, e concludo il ragionamento che stavo svolgendo, in questa diversa strutturazione dell'elezione del Presidente della Repubblica si tengono evidentemente ...

PRESIDENTE. Deve concludere, onorevole...

ROBERTO MENIA. ...i principi che noi cerchiamo di estrinsecare e quindi una maggiore base elettorale...

PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Menia.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Lo Presti. Ne ha facoltà.

ANTONINO LO PRESTI. Signor Presidente, rimango veramente basito dinanzi ad un atteggiamento irresponsabile dell'opposizione che rifiuta...

PIERO RUZZANTE. È la maggioranza che non è presente!

ANTONINO LO PRESTI. (Commenti).... Giulio, per favore, non devi rompere le scatole...!

PRESIDENTE. Onorevole, la prego di parlare rivolgendosi al Presidente, grazie.

ANTONINO LO PRESTI. Ma, signor Presidente, già poc'anzi i colleghi mi hanno interrotto ...

PRESIDENTE. Sta bene. Dunque, i colleghi sono pregati di consentire all'onorevole Lo Presti di esprimere la sua posizione.

GONARIO NIEDDU. Sveglia!

ANTONINO LO PRESTI. (Commenti)... Smettetela! Ripeto, rimango letteralmente basito...

PIERO RUZZANTE. È la maggioranza che a quest'ora, alle 10,30, non è presente!

ANTONINO LO PRESTI. ...rispetto ad un atteggiamento irresponsabile dell'opposizione che rifiuta il confronto di fronte ad un argomento così delicato come l'elezione del Presidente della Repubblica (Applausi dei deputati dei gruppi di Alleanza nazionale, di Forza Italia, e dell'Unione dei democratici cristiani democratici di centro. Mi chiedo come sia possibile che i pochissimi rappresentanti presenti in Parlamento...

MARCO BOATO. Non ti preoccupare, avrai tempo per stancarti durante il confronto!

ANTONINO LO PRESTI. L'onorevole Boato blatera, ma non riesco a capire cosa dica; prenda il microfono! Non si può parlare; è impossibile parlare!

PRESIDENTE. Onorevole, deve concludere...

ANTONINO LO PRESTI. Signor Presidente, non ho esaurito il tempo; mi hanno impedito di parlare.

PRESIDENTE. No, onorevole, lei ha esaurito il minuto a sua disposizione. La prego di concludere

ANTONINO LO PRESTI. L'onorevole Boato mi ha impedito di parlare! Mi deve consentire di osservare come sia possibile che un argomento così delicato veda i banchi della minoranza concretamente ed assolutamente vuoti.
Se rifiutate il confronto sulle norme relative all'elezione della Presidente della Repubblica, mi chiedo come si possa andare avanti su altri argomenti ancor più delicati, argomenti che riguardano il futuro del nostro paese...

PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Lo Presti (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia, di Alleanza nazionale e dell'Unione dei democratici cristiani democratici di centro - Applausi ironici dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo). Lei ha parlato il doppio del tempo concesso.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Gibelli. Ne ha facoltà.

ANDREA GIBELLI. Signor Presidente, vorrei intervenire a titolo personale per sottolineare le assenze politiche verificatesi nel corso dell'esame di un provvedimento che prevede, nel merito, una soluzione che dovrebbe accontentare il centrosinistra, e che dovrebbe altresì offrire una risposta a chi ci critica da alcune settimane, ma che invece preferisce, per strumentali posizioni politiche, il silenzio alla discussione di merito. Basti leggere, infatti, la formulazione del nuovo articolo 83 della Costituzione, concernente l'elezione del Presidente della Repubblica, per individuare sostanziali novità rispetto alla normativa vigente.
Senza nulla togliere alla centralità del Parlamento - mi rivolgo a chi, nella seduta di ieri, è intervenuto per ribadire tale assoluta necessità democratica -, vorrei precisare che oggi, con l'articolo in esame, si prevede di eleggere il Presidente della Repubblica attraverso una nuova Assemblea della Repubblica, composta non più dal solo Parlamento in seduta comune, ma allargata anche ai governatori delle regioni. In tal senso, viene pienamente attuato il principio adottato dai padri costituenti, che intendevano con il termine «Repubblica» il soggetto unificante dei diversi livelli istituzionali.
Pertanto, non si comprende il motivo, se non per ragioni politiche, delle critiche che, in questi giorni, hanno contraddistinto l'azione, assolutamente strumentale ed ipocrita, del centrosinistra rispetto all'importante passo che stiamo compiendo.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Antonio Pepe. Ne ha facoltà.

ANTONIO PEPE. Signor Presidente, intervengo per dire che valuto in maniera positiva la nuova formulazione dell'articolo 83 della Costituzione contenuta nel provvedimento in esame, e pertanto invito i colleghi a respingere l'emendamento soppressivo Leoni 19.2.
Si tratta, a mio avviso, di un testo sicuramente positivo, poiché, rispetto al vigente articolo 83 della Costituzione (il quale prevede che partecipino all'elezione del Presidente della Repubblica tre delegati per ciascuna regione, eletti dal consiglio regionale), la nuova formulazione consente a tutti i presidenti delle giunte regionali di partecipare a tale elezione. Vorrei osservare, altresì, che in tal modo viene garantita la tutela delle regioni con un'ampia popolazione, poiché prevede che ogni regione con più di un milione di abitanti avrà diritto ad un numero maggiore di rappresentanti che parteciperanno all'elezione presidenziale.
Pertanto, si tratta di una proposta da valutare positivamente, così come ritengo positivo aver modificato l'ultimo comma del vigente articolo 83 della Costituzione. Si prevede, infatti, che solo dopo il quarto scrutinio sia sufficiente, per l'elezione del Presidente...

PRESIDENTE. Onorevole Antonio Pepe, concluda!

ANTONIO PEPE. ... la maggioranza assoluta, e non più la maggioranza dei due terzi del collegio.
Ribadisco, dunque, il mio giudizio positivo sulla modifica proposta, e quindi confermo il mio voto contrario all'emendamento soppressivo Leoni 19.2.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Caparini. Ne ha facoltà.

DAVIDE CAPARINI. Signor Presidente, intervengo per dire che hanno fatto bene molti colleghi a stigmatizzare il comportamento dell'opposizione. Si tratta, infatti, di un comportamento assolutamente legittimo qualora si utilizzino sia il regolamento, sia tutti gli strumenti che il regolamento stesso consente per condurre una legittima battaglia politica; tale comportamento diventa, invece, perlomeno camaleontico e discutibile qualora ci si trovi davanti un'opposizione che, in alcune fasi, si dimostra disponibile a discutere nel merito e ad approfondire gli argomenti importanti della riforma costituzionale in esame.
Vorrei ricordare, infatti, che in questo momento stiamo compiendo un atto importante e decisivo per il futuro del nostro paese, poiché stiamo modernizzando la nostra Carta costituzionale...

PRESIDENTE. Onorevole Caparini...

DAVIDE CAPARINI. ... e stiamo cercando di introdurvi quella funzionalità da tanto tempo auspicata e richiesta.
È proprio per questo motivo che ci aspettavamo - e vorrei evidenziare come anche da parte della Presidenza vi sia stata tale apertura - un comportamento che perlomeno entrasse nel merito.

PRESIDENTE. Onorevole Caparini, concluda!

DAVIDE CAPARINI. Concludo, signor Presidente. Invece, purtroppo, ancora una volta dobbiamo registrare un ostruzionismo che rasenta il limite regolamentare...

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Caparini!

RENZO INNOCENTI. Lo state facendo voi, l'ostruzionismo!

LUIGI OLIVIERI. L'ostruzionismo lo state facendo voi!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Messa. Ne ha facoltà.

VITTORIO MESSA. Signor Presidente, penso che la scelta dell'opposizione di adottare un atteggiamento ostruzionistico non debba scandalizzare nessuno: infatti, negli anni nei quali eravamo all'opposizione, anche noi abbiamo tentato di praticare, più di una volta, tale scelta.
Probabilmente, è momento che può essere criticato. Io non avrei mai scelto di fare ostruzionismo e di uscire dall'aula, mentre si sta ragionando di riforme di carattere costituzionale. Vero è che il numero legale dovremmo garantirlo noi della maggioranza (Applausi polemici dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo) - e ne avremmo, peraltro, i numeri - perché la maggioranza è, o dovrebbe essere, «abbondante» in quest'Assemblea.
Mi stupisce il fatto che, da quattro anni a questa parte, l'opposizione sia stata d'accordo, in maniera monolitica, solo quando si è trattato di aumentare i compensi elettorali ai partiti. In quel caso, non mancava il numero legale nelle Commissioni e le opposizioni non lasciavano l'aula, perché erano dedite, evidentemente, a qualcosa che le interessava (Applausi dei deputati dei gruppi di Alleanza nazionale, di Forza Italia e della Lega Nord Federazione Padana). Questa è la sottolineatura, un po' amara, che voglio rimarcare, senza entrare peraltro nel merito di una scelta che l'opposizione può fare e che nessuno ha il diritto di negarle (Applausi dei deputati dei gruppi di Alleanza nazionale, di Forza Italia e della Lega Nord Federazione Padana).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Rizzi. Ne ha facoltà.

CESARE RIZZI. Signor Presidente, non sono convinto di ciò che affermava il mio amico Caparini. L'opposizione, fino a prova contraria, fa l'opposizione. Se è fuori dall'aula, a mio avviso, fa anche bene. Il numero legale non lo deve mantenere l'opposizione! Lo deve mantenere la maggioranza (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo)! Si capisce che dormono, poverini, questi qui! Il mattino si svegliano troppo tardi: che vedano di alzarsi un po' più presto e venire in aula (Commenti dei deputati della Lega Nord Federazione Padana, di Forza Italia e di Alleanza nazionale)! L'opposizione faccia ciò che vuole, a noi non ci interessa più di tanto. Il numero legale lo dobbiamo mantenere nella nostra coalizione di maggioranza! Questi qua hanno da fare: è gente che la sera lavora molto, anche se non si capisce come... Il numero legale va mantenuto dalla maggioranza e non dall'opposizione (Applausi polemici dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo - Applausi dei deputati dei gruppi della Lega Nord Federazione Padana, di Forza Italia e di Alleanza nazionale)!

STEFANO STEFANI. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

STEFANO STEFANI. Signor Presidente, vorrei capire - lo chiedo a lei, ma avrei potuto chiederlo anche a chi ha presieduto prima di lei - con quale criterio sono assegnati i tempi per gli interventi a titolo personale. La fiscalità che lei sta applicando nei nostri riguardi non è stata assolutamente applicata ieri contro uno dei gruppi presenti in quest'aula, che aveva completamente esaurito il tempo a propria disposizione (era di ben sette ore!). Ai colleghi appartenenti a tale gruppo, quando intervenivano sull'ordine dei lavori, sono stati concessi tempi con magnanimità e non è stata applicata la fiscalità con la quale lei sta trattando i colleghi del mio gruppo.
Capisco che, come è giusto, lei deve essere equidistante, ma l'equidistanza ha un significato preciso (Applausi dei deputati dei gruppi della Lega Nord Federazione Padana e di Forza Italia).

ANTONIO BOCCIA. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ANTONIO BOCCIA. Signor Presidente, penso che il collega testé intervenuto abbia ragione. È opportuno che la Presidenza conceda almeno cinque minuti per gli interventi a titolo personale. Mi associo pertanto alla richiesta del collega che mi ha preceduto (Applausi dei deputati dei gruppi della Margherita, DL-L'Ulivo e dei Democratici di sinistra-L'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Guido Giuseppe Rossi. Ne ha facoltà.

GUIDO GIUSEPPE ROSSI. Signor Presidente, intervengo anche per illustrare ciò che sta avvenendo in aula e che i cittadini non riescono a vedere, ma solo a sentire. Ciò che sta avvenendo in quest'aula è che l'opposizione non partecipa ai lavori parlamentari, disonorando il ruolo di parlamentare e ciò deve essere riferito ai cittadini che ci stanno seguendo.
È importante riferire ciò, anche perché ieri è stato fatto...

MARCO BOATO. Io sono qui!

GUIDO GIUSEPPE ROSSI. Scusa Boato, stai già parlando troppo, impara a rispettare i tuoi colleghi!

MARCO BOATO. Rizzi te l'ha spiegato bene!

GUIDO GIUSEPPE ROSSI. Non riesci a capirlo! Il tuo passato di estremista te l'impedisce, caro Boato!
Il dibattito che si è svolto ieri, molto ampio, sulla possibilità di approvare, con maggioranze qualificate, i regolamenti parlamentari, dà il senso di come, se fosse passata una regola di questo tipo, le opposizioni, soprattutto quella del centrosinistra avrebbero usato in senso estremistico ed eversivo tale possibilità.
Lo dobbiamo ricordare ai nostri cittadini ed al paese: vi è una parte del Parlamento che non sta adempiendo al proprio dovere (Applausi dei deputati del gruppo della Lega Nord Federazione Padana)!

MARCO BOATO. Ma è in corso un ostruzionismo, Presidente? Ho l'impressione che vi sia un po' di ostruzionismo!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Arrighi. Ne ha facoltà.

ALBERTO ARRIGHI. Signor Presidente, intervengo a titolo personale, perché l'atteggiamento dell'opposizione mi rende particolarmente inquieto. Ci troviamo a discutere dell'elezione del Presidente della Repubblica. Quest'ultimo rappresenta l'unità nazionale: lo sappiamo ed è uno dei rudimenti fondamentali che abbiamo appreso nei primi approcci con la Costituzione. Ora, l'opposizione - che da sempre predica il consociativismo, che da sempre chiede la partecipazione e che da sempre tende in tutti i modi ad allargare il più possibile il ruolo, giusto e doveroso, del Presidente che rappresenta l'unità nazionale - propone un emendamento che sopprime la modifica costituzionale che allarga la base elettorale per l'elezione del Presidente della Repubblica rispetto alla Costituzione precedente.
Questo atteggiamento è quanto meno parossistico da parte dell'opposizione di centrosinistra. Ha ragione il collega Rizzi a dire che è la maggioranza a dover mantenere il numero legale, ma credo che vi sia un dovere da parte di tutti i parlamentari, indipendentemente dallo schieramento in cui sono eletti, a rappresentare la nazione in Assemblea. Ognuno di noi rappresenta la nazione senza vincolo di mandato: esiste un dovere di partecipare ai lavori parlamentari e credo che l'opposizione in questo momento non lo stia compiendo (Applausi dei deputati del gruppo di Alleanza nazionale).

PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Arrighi. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Didonè. Ne ha facoltà.

GIOVANNI DIDONÈ. Signor Presidente, intervengo a titolo personale, per svolgere due osservazioni. Ovviamente, condivido la tesi del mio collega Rizzi, secondo la quale è compito della maggioranza garantire i numeri per procedere nei nostri lavori. Tuttavia, l'emendamento in esame propone di sopprimere l'articolo 19. Da parte dell'opposizione, che in questo momento non è presente in aula e non interviene, non ho sentito altre proposte positive...

MARCO BOATO. Dopo interveniamo!

GIOVANNI DIDONÈ. Noi riteniamo che questo articolo sia importante, perché allarga la base per l'elezione del Presidente della Repubblica. In modo particolare, l'articolo 19 prevede che i delegati siano eletti, nella misura di non meno della metà, tra i sindaci, i presidenti della province o delle città metropolitane. Questo, a mio avviso, è un nuovo modo per coinvolgere maggiormente la nazione nell'elezione del Presidente della Repubblica e far sì che vi sia una maggiore responsabilizzazione da parte di tutti, nel momento in cui si verifica questo evento così importante per la nostra Repubblica.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Meroi. Ne ha facoltà.

MARCELLO MEROI. Signor Presidente, credo che lo spettacolo cui stiamo assistendo questa mattina non sia positivo per la maggioranza e per l'opposizione e per i parlamentari che siedono in questi banchi. Se è vero che è la maggioranza a dover tutelare il numero legale - e sarebbe anche il caso che una minima autocritica venisse mossa anche da questi banchi in cui troppo spesso ci sentiamo soli - credo sia ancora meno giustificabile l'atteggiamento dell'opposizione che proprio su un articolo importante svolge un'attività ostruzionistica che non fa certamente onore a quest'aula.
Tale attività ostruzionistica viene svolta su un articolo che, al contrario, parla di partecipazione, di coinvolgimento e di un intervento reale sul territorio di una serie di istituzioni che debbono essere necessariamente coinvolte in un rapporto, comunque diverso, che questa riforma certamente porta come fondamento.
Allora, il nuovo testo della modifica dell'articolo 83, che abbiamo proposto e che oggettivamente allarga la rappresentanza proporzionale rispetto alla composizione di ciascun consiglio regionale, va proprio necessariamente in questo senso.
Ancor più strano appare che su una valenza partecipativa di coinvolgimento e di azione tra i vari organi costituzionali ci sia un'ulteriore assenza di dibattito, al contrario dal principio dal quale eravamo partiti stamane con l'intervento del presidente Bruno, che molto opportunamente aveva affermato che, dopo un lungo dibattito, si era raggiunto un accordo per cercare un incontro su alcuni aspetti comuni, che ritengo debbano essere ulteriormente perseguiti (Applausi dei deputati del gruppo di Alleanza nazionale).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Parolo. Ne ha facoltà.

UGO PAROLO. Considerazioni sull'atteggiamento dell'opposizione ne sono state fatte a iosa questa mattina. Avrei poco da aggiungere. Ritengo comunque legittimo usare tutti gli strumenti, anche se ovviamente sono fortemente criticabili ciò che sta avvenendo e il comportamento dell'opposizione oggi e nei giorni scorsi rispetto alla riforma costituzionale in atto.
Quello che, invece, non è accettabile è che l'opposizione tenga un comportamento collaborativo sia nel Comitato dei nove sia in Commissione e, invece in questa sede, tenga un atteggiamento distruttivo dettato da un ordine ricevuto da una persona che oggi non ha nessuna legittimazione popolare.
Questa opposizione prende ordini e ubbidisce a un personaggio che oggi non rappresenta nessuno (Applausi dei deputati dei gruppi della Lega Nord Federazione Padana, di Forza Italia, di Alleanza nazionale)! Il fatto che nel Parlamento ci sia una persona che possa obbligare trecento parlamentari ad uscire dall'Aula, pur non avendo ricevuto nessuna legittimazione popolare, è un fatto grave, ed è ancor più grave nel momento in cui si sta scrivendo una riforma costituzionale.
Di questo bisognerebbe parlare. Questo dovrebbero capire i cittadini italiani e per queste cose dovrebbero valutare l'atteggiamento dell'opposizione (Applausi dei deputati dei gruppi della Lega Nord Federazione Padana, di Forza Italia, di Alleanza nazionale.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Airaghi. Ne ha facoltà.

MARCO AIRAGHI. Concordo con il collega Messa. Non possiamo essere sbalorditi o sconvolti dall'atteggiamento della sinistra, anche perché in questi anni niente più mi può sbalordire nell'atteggiamento di un'opposizione in cui, nonostante l'età, l'hobby preferito è giocare al girotondo.
L'atteggiamento immaturo dell'opposizione si rivela anche nel comportamento odierno, che è sicuramente concesso e anche abbastanza normale nell'attività del Parlamento italiano, ma, forse, costituisce una grossa contraddizione con la parallela richiesta di poter avere una discussione approfondita sulle riforme istituzionali.
Ricordiamo che stiamo modificando la Costituzione, non stiamo scherzando, e questa opposizione diserta l'aula!
È un atteggiamento sinistro e io credo, concordando con il collega della Lega, che i cittadini debbano essere messi a conoscenza di questo atteggiamento.

Con l'occasione prego anche il Presidente della Camera dei deputati di valutare con attenzione l'atteggiamento dell'opposizione, che se da un lato fa questo tipo di ostruzionismo, dall'altro chiede che si possano avere dei tempi aggiuntivi con l'unico scopo di ritardare questa riforma. Al contrario, credo che la maggioranza abbia dato ampia disponibilità nel dialogo in Commissione.

PRESIDENTE. Deve concludere, onorevole...

MARCO AIRAGHI. Concludo, signor Presidente. L'ostruzionismo su questo articolo, che, invece, condivido pienamente, mi sembra assolutamente irragionevole (Applausi dei deputati del gruppo di Alleanza nazionale).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Gamba. Ne ha facoltà.

PIERFRANCESCO EMILIO ROMANO GAMBA. Signor Presidente, come diceva il collega Airaghi, bisogna censurare un atteggiamento non consono ai doveri parlamentari dell'opposizione. D'altra parte - come molti hanno ricordato -, l'ostruzionismo è uno strumento consentito alle opposizioni nell'ambito della dialettica parlamentare. Tuttavia, tale strumento deve comunque avere una finalità, altrimenti diventa fine a se stesso e puerile.
Dunque, si può - in certi casi si deve - svolgere un'azione ostruzionistica se ciò può portare ad un ritardo tale da travalicare determinati termini che possano far decadere un provvedimento. Oppure lo si può fare per difendersi da azioni volte a limitare i diritti delle minoranze o, altresì, per segnalare la particolare gravità ed importanza di un'attività in corso all'opinione pubblica e al paese. Nessuno di questi obiettivi può essere raggiunto dall'attuale opposizione: l'unica reale conseguenza sarà quella di ritardare per tutti i parlamentari, indistintamente tra maggioranza ed opposizione, il ritorno ai territori di provenienza. È chiaro a tutti che la maggioranza, seppur con qualche defezione numerica mattutina, procede speditamente nell'opera di riforma della Costituzione.

PRESIDENTE. Deve concludere, onorevole Gamba.

PIERFRANCESCO EMILIO ROMANO GAMBA. Quindi, è francamente incomprensibile come l'opposizione possa ancora utilizzare questi mezzucci soporiferi.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Patarino. Ne ha facoltà.

CARMINE SANTO PATARINO. Signor Presidente, in questi giorni in cui stiamo discutendo di riforma costituzionale vediamo contrapposti il centrodestra ed il centrosinistra: il primo vuole che passino i provvedimenti, il secondo vuole impedire che ciò avvenga. La forma di ostruzionismo praticata dal centrosinistra non mi spaventa. Hanno ragione l'onorevole Messa e gli altri colleghi quando dicono che tale atteggiamento fa parte del loro gioco ed è giusto che essi adottino tali sistemi. Quello che spaventa, invece, non soltanto noi del centrodestra ma l'intero paese, sono i toni e gli argomenti utilizzati.
I colleghi del centrosinistra parlano di catastrofe, di vergogna, di stupidità, di mancanza di buon senso, di fine della democrazia, di centrodestra criminale. Colleghi del centrosinistra, mentre noi abbiamo offerto la possibilità di discutere ed approfondire gli argomenti perché insieme volevamo fare le riforme, da parte vostra vi è il solito gioco della criminalizzazione dell'avversario, che respingiamo con tutte le nostre forze (Applausi dei deputati del gruppo di Alleanza nazionale).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Vascon. Ne ha facoltà.

LUIGINO VASCON. Signor Presidente, l'atteggiamento che ha assunto questa mattina l'opposizione è a dir poco sconcertante.

Dal centrodestra più volte sono stati indirizzati inviti autorevoli ad aprire un dibattito ed un confronto costruttivo.
Stiamo esaminando un punto importantissimo della riforma costituzionale. Si tratta dell'elezione del Presidente della Repubblica, l'anima portante della Costituzione. Probabilmente, alla sinistra - come hanno detto i colleghi che mi hanno preceduto - ben poco importa di questo. Al Comitato dei nove vediamo il susseguirsi di soggetti che si credono statalisti, quasi nuovi Truman. Forse, sono esperti in benzina verde o cose del genere, ma non certo di Costituzione. Sono tuttologi saccenti che, però, in questo momento preferiscono gozzovigliare alla buvette o in giro per i divani. D'altra parte, non conoscono altre attività, visto che di professione non ne hanno alcuna.
Di fatto, succede che mentre ci troviamo ad esaminare un provvedimento importantissimo l'opposizione se ne sta fuori, assumendo un atteggiamento ostruzionistico a dir poco disastroso. Se il confronto ci deve essere, questo si deve svolgere in quest'aula, anche se con tesi opposte, perché, per l'amor del cielo, non possiamo avere la presunzione di avere la verità in tasca. Sta di fatto che (Applausi dei deputati dei gruppi della Lega Nord Federazione Padana, di Forza Italia e di Alleanza Nazionale)...

PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Vascon.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Raisi. Ne ha facoltà.

ENZO RAISI. Credo sia corretta l'interpretazione, data anche dal collega Messa, del fatto che questa minoranza sta assumendo un atteggiamento veramente deplorevole. Mi risulta che nella scorsa legislatura, quando c'è stato l'unico precedente di dibattito su un disegno di legge costituzionale, i nostri colleghi - oggi maggioranza, allora minoranza - abbiano tenuto un comportamento ben diverso, teso ad un confronto serrato; ma certamente non hanno mai abbandonato durante il dibattito costituzionale i banchi del Parlamento.
Vorrei però entrare nel merito di quello che ha detto il collega Rizzi, visto che sono uno dei pochi che egli incontra la mattina verso le 8,30 in Transatlantico; mi permetto quindi di poterlo dire, proprio perché non ho alcuno scheletro nell'armadio! Sicuramente è da stigmatizzare il comportamento di colleghi che si presentano alle 11 in aula, quando la seduta è convocata per le 9,30. Se però qualcuno mi chiedesse qual è l'aspetto più negativo che ho riscontrato nel mio primo mandato parlamentare, risponderei che è l'organizzazione dei lavori: il modo, la gestione e il tempo del nostro lavoro. Non è possibile che lo scorso giovedì abbiamo concluso i nostri lavori alle 19 e poi siamo dovuti rimanere lo stesso a Roma per fare soltanto tre votazioni il venerdì mattina! Non è possibile che ieri ci è stato detto che ci sarebbe stata una seduta notturna, mentre intorno alle 21,15 i lavori sono finiti (Applausi dei deputati del gruppo della Lega Nord Federazione Padana)!
Credo pertanto che una migliore conduzione dei lavori della Camera non ci porterebbe ad assistere a sceneggiate come quella di questa mattina (Applausi dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Landolfi. Ne ha facoltà.

MARIO LANDOLFI. Personalmente, non ho fatto mai mistero di nutrire delle perplessità in merito a questa riforma costituzionale. Nella veste di «eretico», ho partecipato a qualche convegno organizzato anche dai colleghi della sinistra. In quell'occasione, ho ascoltato appelli ed esortazioni a scrivere insieme la riforma costituzionale. Però, mi sembra che questo clima costituente, più volte invocato, non ci sia più, ammesso che ci sia mai stato.
Mi chiedo dunque perché vi sia questo atteggiamento da parte della sinistra. Ritengo che non vi sia solamente una volontà di ostruire il cammino delle riforme, così come non vi è la volontà di entrare nel merito delle riforme. In realtà, attraverso questa manovra ostruzionistica, la sinistra cerca di nascondere le proprie carenze e la propria incapacità di guardare al merito della riforma in esame. Proprio l'altro ieri, il presidente Napolitano ha richiamato i Democratici di sinistra ad assumere una posizione chiara. Egli ha detto: cari compagni, dobbiamo decidere se criticare questa riforma perché troppo federalista o se criticarla perché troppo centralistica (Applausi dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale).
In realtà, voi non avete le idee chiare! Non avete capito il significato di questa riforma! Non siete in grado di criticarla! Non siete in grado di migliorarla! Pertanto vi rifugiate dietro questo comodo ostruzionismo, che sarà smascherato dal popolo italiano anche nel caso del referendum (Applausi dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale)!
Per questo, amici della sinistra, colleghi dell'opposizione, vi chiediamo di entrare in aula, per confrontarci sul merito della questione in modo sereno, come merita una riforma costituzionale, al netto delle riserve che possiamo nutrire intorno ad essa (Applausi dei deputati dei gruppi di Alleanza Nazionale e di Forza Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Marone. Ne ha facoltà.

RICCARDO MARONE. Mi fa piacere che sul nostro emendamento soppressivo dell'articolo 19 ci sia stato un così approfondito dibattito, dato che su di esso avete parlato per più di un'ora. Ciò quindi vi porta ad approfondire i nostri temi. Complimenti! Per la prima volta oggi siamo riusciti a confrontarci: noi finora abbiamo parlato molto, voi molto poco; vedo quindi che state cambiando la vostra strategia (Commenti dei deputati dei gruppi di Forza Italia e di Alleanza Nazionale)!
Al collega Landolfi vorrei dire che il punto non è che noi abbiamo un giudizio oscillante sulla vostra riforma...

MARIO LANDOLFI. Lo ha detto Napolitano!

RICCARDO MARONE. Ma infatti io condivido il giudizio di Napolitano! Il problema è che è la vostra riforma ad essere oscillante! Voi oscillate tra federalismo e centralismo con una disinvoltura straordinaria; sotto questo profilo, condivido pienamente il giudizio formulato dal presidente Napolitano. L'esempio di questa vostra oscillazione è fornito anche da questo articolo e dalle modalità di elezione del Presidente della Repubblica. Le necessità di modificare le modalità di elezione del Presidente della Repubblica derivano in primo luogo dal Titolo V.
Oggi, abbiamo scritto un articolo 114 che, a mio avviso, non è stato ben assorbito dalla cultura di chi vuole riformare la Costituzione; in tale articolo abbiamo stabilito che la Repubblica è formata da comuni, province, città metropolitane e Stato. Si tratta di una modifica della Costituzione non solo letterale, in quanto produce (Commenti)...

MARCO BOATO. Volevano il confronto: adesso c'è!

PRESIDENTE. Colleghi, consentite all'onorevole Marone di concludere il suo intervento.
Prego, onorevole Marone.

RICCARDO MARONE. Dicevo che abbiamo disegnato una Repubblica completamente diversa dal passato. Voi, alcune volte, ci avete seguito sulla strada della riforma del Titolo V; altre volte, avete compiuto grandissimi passi indietro. Basterebbe pensare all'interesse nazionale e a tutte le norme di centralizzazione che abbiamo approvato.
Tuttavia, è fuori discussione che, oggi, il Presidente della Repubblica, in virtù della modifica dell'articolo 114 della Costituzione, rappresenta una serie di soggetti. Quindi, con riferimento al Capo dello Stato, occorreva prevedere una modalità di elezione che tenesse ben presente ciò. Infatti, nel nostro emendamento, abbiamo proposto che, nell'elezione del Presidente della Repubblica, vi fosse una omogeneità tra i rappresentanti della Camera e quelli del Senato federale, delle regioni e delle autonomie. A nostro avviso, questo era il giusto punto di equilibrio che avrebbe potuto garantire una corretta rappresentanza in sede di elezione del Presidente della Repubblica.
Nella vostra costruzione, invece, vi è innanzitutto un inserimento che non appare comprensibile, vale a dire quello dei presidenti delle giunte regionali. Cosa c'entrano i rappresentanti degli esecutivi in un'Assemblea che non ne ha?
Tra l'altro, nella vostra proposta vi è una sostanziale prevalenza dei rappresentanti della Camera. Infatti, se si legge attentamente il vostro emendamento, la rappresentanza delle regioni è assolutamente esigua rispetto a quella complessiva. E, seppure dovessimo sommare quella rappresentanza ai cosiddetti senatori federali, comunque non si raggiungerebbe mai il numero della Camera politica. Quindi, per l'elezione del Capo dello Stato, che dovrebbe rappresentare la Repubblica e quindi i comuni, le province, le città metropolitane e lo Stato, la prevalenza è certamente della Camera politica.
Esprimeremo dunque un voto contrario su tale modifica che, a nostro avviso, non appare idonea ad adeguare le modalità di elezione alla riforma costituzionale.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Frigato. Ne ha facoltà.

GABRIELE FRIGATO. Signor Presidente, vorrei intervenire perché ho seguito il dibattito - in parte stando in aula, in parte dall'esterno - e nel corso degli interventi sono state dette alcune cose che dal mio punto di vista vanno sottolineate e, in parte, anche corrette, per chi ci ascolta, ma soprattutto ai fini degli atti parlamentari.
I colleghi della maggioranza hanno svolto un'innumerevole serie di interventi, che - usando il loro vocabolario - potrei definire ostruzionistici. Avete voluto infatti guadagnare un po' di tempo e dare la possibilità a tutti colleghi, ma in particolare a quelli iscritti ai gruppi di maggioranza, di arrivare in tempo «a far numero» affinché la Camera potesse riprendere i lavori e le votazioni. È giusto che questo sia detto con chiarezza, perché abbiamo dimostrato in più occasioni, sia in sede di Commissione che in aula, che la nostra disponibilità a tentare di migliorare il testo da voi proposto sulle riforme costituzionali ha garantito una presenza costante, generosa e assidua. Adesso siamo qui, come lo siamo stati nelle scorse settimane, per continuare i lavori.
Il nostro obiettivo è quello di apportare qualche miglioramento al testo, fin dove è possibile, anche se il dibattito e la vostra mancanza di disponibilità ci inducono ad esprimere un giudizio che rimane fortemente negativo sul provvedimento da voi presentato in quest'aula.
Cari colleghi, per guadagnare tempo, e magari anche qualche voto, si offende il Parlamento, facendo propaganda spicciola. Si parla di colleghi fermi alla bouvette o in ritardo perché svegliatisi con comodo; si ironizza su deputati che non partecipano ai lavori perché svogliati o quant'altro. Ebbene, non credo che stiate offendendo tanto la minoranza, quanto, complessivamente, il ruolo del Parlamento, assumendovene fino in fondo la responsabilità. Certo, come in ogni gruppo di persone ci sono i buoni e i meno buoni. Anche in questo Parlamento sarà così, ma non credo che a nessuno sia consentito offendere nel suo insieme la dignità del Parlamento e l'importanza dei lavori cui collaboriamo insieme.
Allora, onorevoli colleghi, credo sia giusto sottolineare come il tentativo fatto dai gruppi di opposizione sia finalizzato a migliorare il testo. Allo stesso tempo, nonostante il nostro atteggiamento positivo, manteniamo fermo il nostro giudizio fortemente negativo sul vostro progetto di riforma costituzionale e ci comportiamo nei limiti consentiti dal regolamento. Infatti, intendiamo fare tutto quanto previsto dalle regole parlamentari per risparmiare al nostro paese una Costituzione che certamente non rappresenta né avanzamento, né modernità, né migliore funzionalità.

Questi sono i motivi per i quali questa mattina tanti parlamentari dell'opposizione, pur presenti in Parlamento, fino a questo momento non hanno partecipato al dibattito. Lo faranno da adesso per segnalare che soltanto alle 11,15, a fronte della convocazione prevista per le ore 9,30, la maggioranza è forse riuscita ad avere i numeri per poter continuare i lavori.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Mascia. Ne ha facoltà.
Onorevole Mascia, le ricordo che lei può parlare a titolo personale, in quanto il suo gruppo ha già esaurito il tempo a sua disposizione.

GRAZIELLA MASCIA. Signor Presidente, stiamo esaminando le norme costituzionali relative all'elezione del Presidente della Repubblica. Al riguardo, riteniamo sia importante mantenere il carattere indiretto di tale elezione, previsto dalla Costituzione vigente, trattandosi della massima carica istituzionale del nostro ordinamento. Tale meccanismo di elezione prevede il filtro da parte del Parlamento, che è espressione diretta della volontà popolare e deve garantire la partecipazione di tutte le forze politiche del paese.
Pertanto, proponiamo la soppressione dell'articolo proposto dalla maggioranza, ma proponiamo altresì un testo alternativo che preveda l'elezione del Presidente della Repubblica da parte del Parlamento in seduta comune - del quale, in base alla nostra proposta, fa parte il Senato delle regioni, che assicura la rappresentanza proporzionale delle realtà regionali -, con la partecipazione dei presidenti dei consigli regionali. In tal modo, si manterrebbe una modalità di elezione del Presidente della Repubblica tale da assicurarne la posizione di organo super partes e l'indipendenza, intesa quale risvolto soggettivo dell'imparzialità del suo agire.
Sottolineo tali aspetti in quanto, da una parte, l'ipotesi della maggioranza prevede il coinvolgimento nell'assemblea che elegge il Presidente della Repubblica dei presidenti delle giunte regionali (e ciò è incompatibile con le caratteristiche di un organo super partes)...

PRESIDENTE. Onorevole Mascia, la prego di concludere.

CESARE RIZZI. È a titolo personale!

GRAZIELLA MASCIA. Signor Presidente, mi avvio alla conclusione.
Inoltre, come constateremo successivamente esaminando l'articolo 22, nella proposta della maggioranza si fa riferimento al Presidente della Repubblica quale garante del programma degli esecutivi.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Mantini. Ne ha facoltà.

PIERLUIGI MANTINI. Signor Presidente, stiamo esaminando le modifiche proposte alle norme costituzionali sul Presidente della Repubblica, che, a nostro avviso, è il massimo organo di garanzia e di equilibrio.
Siamo preoccupati del fatto che anche su questo tema la riforma proposta dalla maggioranza sia di incerto profilo. Si prevede infatti il coinvolgimento del Capo dello Stato in compiti politici. L'onorevole Mascia ha poc'anzi ricordato l'aspetto probabilmente più significativo, costituito dall'assunzione da parte del Presidente della Repubblica, qualora il testo proposto dell'articolo 70 della Costituzione non sia modificato, di un ruolo di garanzia non della Repubblica e della Costituzione, bensì del programma di governo, e di un ruolo di arbitraggio, sussidiario dal punto di vista politico, dirimendo il conflitto di competenza tra i due rami del Parlamento e determinando così un'ingerenza nel potere esecutivo e una perdita del profilo di garanzia.
Analogamente, in materia di nomina del Vicepresidente del Consiglio superiore della magistratura, nutriamo forti dubbi sul testo proposto dalla maggioranza...

PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Mantini.

ANTONIO SODA. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ANTONIO SODA. Signor Presidente, sto ascoltando le affermazioni della Presidenza: il gruppo di Rifondazione comunista, se ho ben capito, ha esaurito il tempo a disposizione; non so se lo abbia esaurito anche il mio gruppo...

PRESIDENTE. No.

ANTONIO SODA. Affronteremo il sistema delle fonti, le questioni legislative (Una voce dai banchi del gruppo della Lega Nord Federazione Padana: Non ce ne frega un cazzo!)...
Lo so che non ve ne frega un cazzo! Lo so! E questa è la testimonianza del modo in cui volete scrivere la Costituzione! Non ve ne frega niente (Commenti dei deputati del gruppo della Lega Nord Federazione Padana)!

PRESIDENTE. Onorevole Soda, le chiedo scusa...

ANTONIO SODA. Ha sentito, signor Presidente?

PRESIDENTE. Chiedo un po' di rispetto per il Parlamento italiano e per la Camera dei deputati: questi termini non sono assolutamente consentiti a nessuno (Applausi)!

ANTONIO SODA. Dovremo affrontare la questione del premierato, i rapporti tra il primo ministro e la sua maggioranza, tra il primo ministro e il Governo, il Parlamento. Dovremo affrontare il tema del ruolo del Presidente della Repubblica.
Chiedo quali garanzie vi siano in questa Assemblea per un deputato che partecipa ai lavori di questo processo costituente. Se tali spazi non esistono, allora dovete prendere atto che i tempi da voi programmati sono insufficienti; altrimenti vi approverete velocemente degli articoli che a molti non interessano, mentre credo che tali argomenti interessino enormemente al popolo italiano.
Chiedo allora quali garanzie si forniscono ad ogni singolo deputato di partecipare all'esame dei complessi articoli che ci accingiamo ad esaminare.

DONATO BRUNO, Relatore. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DONATO BRUNO, Relatore. L'onorevole Soda ha posto un problema serio. Credo, però, che i gruppi parlamentari servano proprio in tali casi. Per il gruppo del collega Soda è già intervenuto l'onorevole Marone; il regolamento prevede che tutti gli altri deputati dello stesso gruppo che intendano intervenire sul singolo emendamento possano farlo a titolo personale.
Se il collega Soda, come giustamente pretende, vuole del tempo a disposizione per meglio sviluppare i propri ragionamenti, dovrebbe concordarlo con il proprio gruppo. Dopodiché, lo ascolteremo, come abbiamo già fatto per l'interessante intervento del collega Marone e l'esame del provvedimento proseguirà. Non possiamo certo cambiare le regole.
Ricordo a tutti che il Presidente della Camera, lasciando perplessi molti in quest'aula, ha previsto un tempo di 110 ore per la discussione di questo provvedimento. Ne sono già state utilizzate 70, per argomenti credo anche meno significativi di quelli posti sul tavolo dal collega Soda. Certo, tutti gli elementi di questa riforma sono importanti.
Concludo, ricordando che in parte condivido il giudizio del collega Soda, ma credo che le regole valgano per tutti.

PRESIDENTE. Onorevole Soda, credo che l'unica vera garanzia per ciascun parlamentare sia il rispetto del regolamento. Naturalmente, poiché domani sarà convocata la Conferenza dei capigruppo, credo che questo rilevante argomento potrà - ritengo doverosamente - essere esaminato in quella sede. La ringrazio, comunque, per il suo intervento.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Lettieri. Ne ha facoltà.

MARIO LETTIERI. Solitamente si richiamano questioni procedurali quando non si vogliono affrontare seriamente e nel merito i problemi.
Il collega Soda, già ieri pomeriggio, poneva la questione delle garanzie della veridicità delle elezioni, in relazione alla possibilità di appello alla Corte costituzionale in caso di non condivisione del verdetto dell'organo interno alla Camera. Egli denunciava anche alcuni casi scandalosi. Vi sarà nuovamente uno scandalo se sulle parti più significative di questo provvedimento l'opposizione non potrà esprimere il proprio parere.
Certo, il confronto avviene soprattutto in Commissione, ma considerato che vi è stata una netta chiusura su alcune questioni, è bene che l'Assemblea le affronti in maniera più ampia. Non può essere una questione legata semplicemente a tempi ristretti.

PRESIDENTE. Onorevole Lettieri, la invito a concludere.

MARIO LETTIERI. Stamane abbiamo assistito ad un ostruzionismo all'inverso, attuato dalla maggioranza, i cui componenti non erano presenti in aula. Ma l'opposizione fa il suo mestiere quando intende costringere la maggioranza a compiere il proprio dovere e ad essere presente in aula.
Ritengo che la nostra proposta di sopprimere l'articolo in esame abbia delle motivazioni valide. Mi auguro che la maggioranza condivida le nostre argomentazioni.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Ruggeri. Ne ha facoltà.

RUGGERO RUGGERI. L'articolo 19, cui si riferisce la proposta di soppressione contenuta nell'emendamento in esame (che sottoscrivo), contiene un'indicazione probabilmente anche condivisibile. Ma è necessaria una lettura unitaria della Costituzione e degli organi costituzionali. Non possiamo cogliere solo un aspetto ed ignorare quanto sta avvenendo per gli organi di Camera e Senato.
Mi pare che qui non vi sia una visione d'insieme quanto piuttosto un «cocktail» tra alcuni pesi e contrappesi che, in realtà, non sono i contrappesi dei paesi che noi vorremmo.
Quindi, fuori dalle parole e dalle metafore, vi è ancora un problema di grave carenza democratica, di gestione e di controllo degli organismi costituzionali, il primo dei quali è il Presidente della Repubblica: se priviamo il Presidente della Repubblica di questa funzione di garanzia primaria, certamente anche le altre garanzie verranno meno (Applausi dei deputati del gruppo della Margherita, DL-L'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Giachetti. Ne ha facoltà.

ROBERTO GIACHETTI. Signor Presidente, mi sembra che questa mattina abbiamo iniziato bene i nostri lavori, almeno nel senso dell'intenderci, perché credo che l'intervento del collega Rizzi abbia riportato un minimo di verità all'interno di quest'aula. Infatti, è del tutto evidente che in questo dibattito - è utile ricordarlo, perché è stato questo il tratto distintivo di tutti gli interventi e dell'azione dell'opposizione - noi dobbiamo manifestare la nostra assoluta contrarietà nel merito di quanto viene proposto sulla proposta di riforma della Costituzione, ma anche nel metodo.
Stiamo infatti modificando 43 articoli della Costituzione come se stessimo discutendo un argomento di secondo piano da chissà quanti mesi, quando invece sostanzialmente ne stiamo discutendo da due settimane. Soprattutto, ne stiamo discutendo in modo un po' unilaterale, se non consideriamo l'eccezione di questa mattina; tuttavia, sappiamo perfettamente per quale ragione la maggioranza non era presente in aula. Ha ragione il collega Rizzi: l'opposizione deve fare il suo mestiere, deve essere contraria nel merito e nel metodo, e la maggioranza dovrebbe fare il suo, cioè essere almeno presente in aula.

PRESIDENTE. Onorevole Giachetti, la prego di concludere.

ROBERTO GIACHETTI. Ho concluso, Presidente. Accadono poi delle cose veramente singolari per cui ognuno ritiene di doversi sostituire al ruolo di un altro e torniamo a sentire ancora una volta il presidente della Commissione che interviene in una materia che non è nella sua disponibilità, perché decidere dei tempi che spettano ai gruppi credo spetti alla Presidenza, mentre al presidente della Commissione spetta intervenire nel merito, essendo anche relatore, delle proposte di modifica che l'opposizione avanza.
Torno quindi a pregarla, signor Presidente, di far sì, con l'autorevolezza della sua posizione, che ognuno di noi rispetti i ruoli e i compiti che gli sono assegnati.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Milana. Ne ha facoltà.

RICCARDO MILANA. Signor Presidente, chiedo di sottoscrivere l'emendamento Leoni 19.2. Non posso non sottolineare - io sono rimasto in aula - ciò che è avvenuto questa mattina, il modo con il quale più di qualcuno, scaricando la propria frustrazione e la propria rabbia nei confronti di chi non c'era, se l'è presa con l'opposizione per aver assunto un atteggiamento molto civile che richiamava soltanto gli esponenti della maggioranza ad una loro precisa responsabilità.
Ma veniamo al merito. Stiamo parlando degli articoli che riguardano l'elezione del Capo dello Stato. Anche il meccanismo di elezione è farraginoso e risente del modo con il quale si è andati avanti nello stilare questo accordo all'interno della Casa delle libertà, che ha portato ad un equilibrio pasticciato tra i vari organi dello Stato e, in particolare, ha in qualche modo affievolito quel ruolo di garante che il Presidente della Repubblica ha e che deve avere e che, per molti versi, quello che state producendo attenua, se non cancella.

 

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MARIO CLEMENTE MASTELLA (ore 11,30)

 

RICCARDO MILANA. È un atteggiamento che non aiuta ad avere un confronto positivo e costruttivo, ma che ci porta a chiedere al Capo del Governo - proprio perché il rapporto tra Capo dello Stato, Parlamento e Governo è così farraginoso - di ripensare anche i meccanismi di elezione del Presidente della Repubblica, poiché essi risentono di questa farraginosità, di questa inconsistenza, dell'impossibilità di giungere ad un testo chiaro.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Ruta. Ne ha facoltà.

ROBERTO RUTA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, l'articolo 19 potrebbe rappresentare una nota intonata in un pianoforte che deve essere accordato, perché nell'insieme non funziona assolutamente e la dimostrazione è l'assenza in quest'aula di un clima costituente.
Chiedete all'opposizione per quale motivo resti fuori dell'aula. Ma come si fa ad essere orgogliosi di partecipare all'esame di una riforma costituzionale così pasticciata? Per quale motivo i vostri colleghi non vengono, con orgoglio, in aula a rivendicare la loro presenza in questa discussione? È perché anche loro comprendono che questa è una riforma costituzionale pasticciata di cui non vogliono vantarsi, che non funziona e che, fondamentalmente, nessuno vuole!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Ruzzante. Ne ha facoltà.

PIERO RUZZANTE. Signor Presidente, intendo sottoscrivere l'emendamento in esame, Leoni 19.2, che ha indotto molti rappresentanti della maggioranza ad intervenire. Credo non si possa criticare l'atteggiamento dell'opposizione di questa mattina. Vorrei ricordare che, nella scorsa legislatura, abbiamo esaminato, con una maggioranza parlamentare decisamente inferiore rispetto alla vostra, un intero disegno di legge finanziaria senza i rappresentanti dell'opposizione. Credo abbia ragione il collega Rizzi che, questa mattina, lo ha affermato in maniera esplicita. Oggi, il centrodestra conta su oltre trecentocinquanta deputati; alle 11,15 di questa mattina ne erano presenti poco più di centocinquanta. Vi erano più deputati fuori dell'aula che dentro! I banchi del Governo erano quasi vuoti: vi erano solo due rappresentanti del Governo.
Credo che il problema non riguardi i tempi da destinare al sonno o la bouvette. Probabilmente, molti colleghi della maggioranza non sono così convinti della riforma che state realizzando, perché, se lo fossero, parteciperebbero e garantirebbero il numero legale. Ricordo che, a quell'ora del mattino, in caso di votazione, avreste rischiato di essere messi «sotto», perché erano presenti in aula più colleghi dell'opposizione che della maggioranza. Credo che questo fatto debba essere lasciato agli atti.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Bottino. Ne ha facoltà.

ANGELO BOTTINO. Signor Presidente, credo che un ampliamento dei tempi sia necessario ed utile alla elaborazione di un testo di cui non condividiamo alcune parti. Ritengo che, su temi di grande importanza, il testo in esame debba essere il più condiviso possibile. Quello in esame è un articolo importante che richiede un'ampia discussione e, possibilmente, una condivisione. È naturale che l'opposizione, nella discussione della modifica della Costituzione, poiché il testo è blindato, chieda ed attui le forme possibili per ampliare il dibattito.
Mi desta meraviglia l'atto di accusare la minoranza, perché l'impegno di essere presenti in Assemblea negli orari definiti è di tutti. Questa mattina, invece, la maggioranza non c'era. Credo sia opportuno essere presenti ed ampliare questa discussione e chiedo anche di sottoscrivere l'emendamento in esame (Applausi dei deputati del gruppo della Margherita, DL-L'Ulivo).

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Leoni 19.2, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (
Vedi votazioni).
(Presenti 414
Votanti 408
Astenuti 6
Maggioranza 205
Hanno votato
166
Hanno votato
no 242).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Buontempo 19.76, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (
Vedi votazioni).
(Presenti 429
Votanti 428
Astenuti 1
Maggioranza 215
Hanno votato
no 428).

Prendo atto che l'onorevole Zanella non è riuscita a votare ed avrebbe voluto esprimere voto contrario.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Mascia 19.4.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mascia. Ne ha facoltà.

GRAZIELLA MASCIA. Presidente, oggi ho tentato di dire in brevissimo tempo che questo nostro emendamento, che fa seguito all'impianto che abbiamo proposto relativamente al Senato delle regioni, trova naturalmente una coerenza nell'elezione del Presidente della Repubblica, laddove, nella composizione dell'Assemblea che lo elegge si prevede la presenza dei senatori e dei deputati, oltre ai presidenti dei consigli regionali e delle province autonome di Trento e Bolzano.
Questa impostazione ha l'obiettivo di mantenere il carattere super partes del Presidente della Repubblica, perché la composizione dell'Assemblea che lo elegge è strettamente legata alle funzioni di garante della Costituzione che il Capo dello Stato deve a nostro avviso mantenere. Questa elezione indiretta della massima carica della Repubblica, filtrata dal Parlamento, come espressione della volontà popolare, e con la partecipazione certa di tutte le forze politiche, è la testimonianza e l'espressione migliore per poter assegnare e mantenere al Capo dello Stato quelle caratteristiche e quei ruoli già previsti oggi dalla Costituzione, che a nostro avviso verrebbero inquinati dalla configurazione prospettata, se in questa Assemblea comparissero, così come viene proposto dall'emendamento della maggioranza, espressioni degli esecutivi, che nulla hanno a che vedere con un ambito di tal genere.

PRESIDENTE. Onorevole Mascia, concluda!

GRAZIELLA MASCIA. L'«incursione» di esponenti dell'esecutivo introduce naturalmente un elemento che va a modificare fin d'ora il ruolo stesso del Presidente della Repubblica. Riteniamo quindi che questo articolo, che può apparire non particolarmente rilevante, vada invece a modificare in modo strutturale l'impostazione dell'attuale Costituzione. Sollecitiamo quindi i colleghi a votare il nostro emendamento.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Mascia 19.4, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (
Vedi votazioni).

(Presenti 425
Votanti 271
Astenuti 154
Maggioranza 136
Hanno votato
25
Hanno votato
no 246).

Prendo atto che l'onorevole Filippo Maria Drago non è riuscito a votare ed avrebbe voluto esprimere voto contrario.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Bressa 19.11.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà.

GIANCLAUDIO BRESSA. Presidente, questo emendamento ci consente di svolgere una riflessione di carattere generale sulla materia oggetto delle proposte emendative in esame.
La composizione dell'Assemblea della Repubblica, sensibilmente diversa dalla vostra, trae origine dal progetto ispiratore della nostra proposta complessiva di riforma della Costituzione.
In tale proposta appariva del tutto evidente come il Senato federale, che noi proponevamo, era realmente federale e quindi la rappresentanza del territorio era garantita in prima istanza. Ora, si tratta dell'elezione di chi è chiamato davvero a rappresentare la Repubblica, ossia il Capo dello Stato, e non, secondo la vostra impostazione che ieri abbiamo contestato in maniera blanda, i deputati e i senatori.
Il vero rappresentante della Repubblica, infatti - colui il quale incarna davvero la nuova architettura istituzionale -, non può che essere il Presidente della Repubblica.

Dunque, è giusto che quest'ultimo venga eletto da un collegio allargato, appunto l'Assemblea della Repubblica che, a nostro avviso, dovrebbe essere composta, per metà, da deputati e, per l'altra metà, da senatori nonché da rappresentanti delle regioni e delle autonomie locali. Questi ultimi devono essere eletti, per metà, dai Consigli regionali e, per l'altra metà, dai Consigli delle autonomie locali, secondo le disposizioni stabilite dalla legge.
Con tale architettura, noi diamo davvero rilevanza e corpo costituzionale a tutti i soggetti che interpretano questa nuova forma repubblicana: il Parlamento - la Camera ed Senato -; le Assemblee legislative regionali; i Consigli delle autonomie. Consigli che, vedendosi attribuito il potere di indicare i rappresentanti chiamati ad eleggere il Presidente della Repubblica - se, addirittura, non vengono nobilitati - si vedono comunque attribuita una funzione che li valorizza, rendendoli davvero partecipi della costruzione del nuovo modello costituzionale.
Riteniamo tutto ciò coerente è ragionevole; a nostro avviso, si tratta dell'espressione autentica dell'importanza che potrebbe avere l'istituto dell'Assemblea della Repubblica.
Giova poi fare una brevissima sottolineatura. Noi demandiamo le modalità con cui tutto ciò avviene a disposizioni recate dalla legge; voi, invece, vi siete abbastanza attardati nel definire anche le modalità con cui tutto ciò avviene. Ciò fa parte di un vizio complessivo del vostro modo di riformare la Costituzione; vizio che consiste nell'«appesantirla» con tutta una serie di norme le quali tendono a «dettagliare» indicazioni che, invece, dovrebbero essere di principio. Infatti, in quanto indicazioni di principio, se fossero davvero chiare, potrebbero essere espresse con poche parole.
Ma questa vostra necessità, per così dire, di scrivere e dettagliare deriva un po' dalla confusione che vi ispira; un po' dalla mancanza di razionalità complessiva e di ragionevolezza che avete dimostrato nella costruzione di questa vostra riforma; un po' anche dal fatto che in tal maniera vi rassicurate gli uni con gli altri.
Tuttavia, le Costituzioni che tendono a rassicurare l'una parte con l'altra, avendo la necessità di dettagliare in modo così puntuale e preciso i dispositivi costituzionali, sono Carte che nascono deboli e che dimostrano un impianto culturale di partenza debolissimo. Esse, in qualche modo, sono lo specchio di questa vostra riforma, una verifica di maggioranza che voi trasformate in riforma della Costituzione (Applausi dei deputati dei gruppi della Margherita, DL-L'Ulivo e Misto-Verdi-L'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Marone. Ne ha facoltà.

RICCARDO MARONE. Signor Presidente, a mio avviso, quando si elabora una norma costituzionale, la vera difficoltà risiede nell'avere la sensibilità di comprendere gli equilibri che è necessario esprimere con quella norma. Le norme sono tutte, per così dire, facili, tutte possibili; di soluzioni se ne possono trovare tante. Il «difficile» è stabilire quale sia la soluzione che garantisca gli equilibri all'interno della Carta costituzionale.
Nel caso di specie, si trattava di rendere coerente l'elezione del Presidente della Repubblica con la riforma del Titolo V; peraltro, ciò costituisce un po' il problema di fondo della riforma che oggi stiamo esaminando. Ebbene, abbiamo completamente cambiato il concetto di Repubblica, stabilendo che appunto essa è composta da diversi soggetti. Ieri, per esempio, abbiamo cercato di affermare la tesi - ma vedo che non siamo riusciti evidentemente ad essere persuasivi - che i deputati non rappresentano, da soli, la Repubblica, ormai formata da diversi enti.
Qui la questione è assolutamente analoga. Il Presidente della Repubblica, infatti, proprio perché la Repubblica è ormai formata da comuni, province, città metropolitane, regioni e Stato, deve essere eletto da tali soggetti; non solo, ma occorre che vi sia anche un equilibrio nella composizione dei rappresentanti che debbono eleggerlo. Nella vostra proposta - è qui l'ipotesi centralista, onorevole Landolfi, poiché in questo caso siete stati molto centralisti - vi è una netta prevalenza dei rappresentanti della Camera, mentre tutto il resto rimane in larga minoranza rispetto ad essi. Al riguardo, infatti, prevedete la presenza di 500 deputati, che risultano di gran lunga superiori rispetto ai senatori, ai rappresentanti delle regioni e ai presidenti delle giunte regionali.
Noi, invece, abbiamo pensato ad un metodo diverso, prevedendo una platea elettiva del Presidente della Repubblica composta in maniera assolutamente paritaria sia dai componenti della Camera dei deputati sia da tutto il resto dei rappresentanti del mondo delle autonomie locali. Ciò in coerenza non solo con l'articolo 114, ma anche con un'interpretazione evolutiva dell'articolo 5 della Costituzione.
Vorrei evidenziare come nella vostra proposta, ad esempio, non esista il mondo delle autonomie locali. Voi, infatti, non immaginate che un tale sistema, cui abbiamo conferito numerosi poteri e funzioni, e cui abbiamo annesso una così grande centralità nell'ambito della politica del paese, ai sensi degli articoli 114 e 118 della Costituzione, possa partecipare all'elezione del Presidente della Repubblica, vale a dire il soggetto che li deve rappresentare.
Nella proposta emendativa in esame, allora, proponiamo che l'Assemblea della Repubblica venga costituita per metà dai deputati e per l'altra metà dai senatori, dai rappresentanti delle regioni e da quelli delle autonomie locali. Ci sembra che ciò rappresenti il giusto punto di equilibrio per garantire che colui che sarà eletto, vale a dire il nuovo Presidente della Repubblica, sia alla fine effettivamente il rappresentante della Repubblica, e quindi il vero rappresentante di tutti i soggetti che la compongono (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-L'Ulivo, della Margherita, DL-L'Ulivo e Misto-Verdi-L'Ulivo).

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Bressa 19.11, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (
Vedi votazioni).
(Presenti 411
Votanti 394
Astenuti 17
Maggioranza 198
Hanno votato
156
Hanno votato
no 238).

Prendo atto che l'onorevole Sandi avrebbe voluto esprimere un voto favorevole.
Prendo atto altresì che l'onorevole Cicala non è riuscito ad esprimere il proprio voto.
Avverto che l'emendamento Boato 19.77 è stato ritirato dai presentatori.
Passiamo al subemendamento Zeller 0.19.200.1.
Chiedo ai presentatori se accettano la riformulazione proposta dal relatore.

KARL ZELLER. Sì, signor Presidente, accettiamo la riformulazione del nostro subemendamento proposta dal relatore.

PRESIDENTE. Sta bene.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Boato. Ne ha facoltà.

MARCO BOATO. Signor Presidente, la riformulazione proposta non cambia ovviamente nulla della sostanza del subemendamento in esame; tuttavia, lo rende più sintetico nella forma, e ciò è opportuno nell'ambito di un testo costituzionale. Come si vede, tale proposta emendativa è firmata, oltre che dalla componente politica delle minoranze linguistiche del gruppo Misto (i deputati Zeller, Brugger, Widmann, Collè e Detomas), anche da me stesso e dai colleghi Bressa, Olivieri e Kessler. Devo tuttavia dare atto al relatore, al Governo e agli altri componenti del Comitato dei nove che, su tale questione, si è registrata una convergenza unanime, e pertanto, preannunzio il mio voto favorevole.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul subemendamento Zeller 0.19.200.1, nel testo riformulato, accettato dalla Commissione e dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (
Vedi votazioni).
(Presenti 425
Votanti 422
Astenuti 3
Maggioranza 212
Hanno votato
421
Hanno votato
no 1).

Passiamo alla votazione del subemendamento Duca 0.19.200.3.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Duca. Ne ha facoltà.

EUGENIO DUCA. Signor Presidente, mi rivolgo al relatore per chiedergli di chiarire le motivazioni sottese al parere espresso su questa proposta emendativa. Si tratta, infatti, di un subemendamento che prevede una mera correzione formale. Non si capisce perché laddove ci sono cinque consiglieri si dica «cinque», dove ce ne sono dieci si dica «dieci», mentre dove ce n'è uno non si dica «uno», ma «uno solo», quasi a voler assumere un atteggiamento riduttivo, se non offensivo.

DONATO BRUNO, Relatore. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DONATO BRUNO, Relatore. Onorevole Duca, «uno solo» è l'espressione contenuta nel testo della Costituzione vigente. Abbiamo, quindi, ritenuto di non dare parere favorevole al suo subemendamento 0.19.200.3.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Duca 0.19.200.3, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (
Vedi votazioni).
(Presenti 429
Votanti 405
Astenuti 24
Maggioranza 203
Hanno votato
161
Hanno votato
no 244).

Prendo atto che l'onorevole Tarantino non è riuscito a votare.
Passiamo alla votazione del subemendamento Boccia 0.19.200.7.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Boccia. Ne ha facoltà.

ANTONIO BOCCIA. Signor Presidente, vorrei chiedere al presidente Bruno un chiarimento. Nel caso di regioni che hanno, ad esempio, un milione e 950 mila abitanti, o solo 950 mila, non si applica il «milione». Quindi, il «milione» è da intendersi come tetto massimo. Ciò, tuttavia, nella prassi non accade, perché di solito si precisa sempre, in tutta la legislazione statale, che al di sotto della metà, ossia del 50 per cento, non si ha diritto ad avere un rappresentante. Al di sopra della metà, invece, si ha diritto ad averlo (e ciò appare anche più congruo).
Per cui, tenendo conto che vi sono regioni che hanno tra 500 mila e un milione di abitanti, che non avrebbero alcun rappresentante in più, e regioni che hanno un milione e mezzo in più di abitanti, che perderebbero un'aliquota non indifferente di rappresentanza popolare, ritengo che il rispetto della prassi, ossia consentire che vi sia un rappresentante in più ogni milione di abitanti - o frazione superiore a 500 mila - sia più congruo. Il Comitato dei nove ha fatto una valutazione diversa, signor Presidente, ma io insisto per la votazione di questo subemendamento, anche perché mi pare una soluzione ragionevole e gradirei che questa mia proposta rimanesse agli atti dei lavori parlamentari.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul subemendamento Boccia 0.19.200.7, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (
Vedi votazioni).
(Presenti 428
Votanti 411
Astenuti 17
Maggioranza 206
Hanno votato
172
Hanno votato
no 239).

Passiamo alla votazione del subemendamento Boccia 0.19.200.6.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Boccia. Ne ha facoltà.

ANTONIO BOCCIA. Signor Presidente, anche su questo aspetto si tratta di capire cosa si vuole dire e, soprattutto, cercare di immaginare che può accadere con la legge che dovrà dare attuazione a questa previsione. Penso, per esempio, alle comunità montane ed anche a molte decisioni dei consigli regionali per le quali si è formata una consistente giurisprudenza amministrativa.
Ho l'impressione che scrivendo, al plurale, rappresentanza delle «minoranze», presidente Bruno, si incorrerà in un contenzioso del quale verrà investita la Corte costituzionale, come già accaduto per comuni, province e regioni. Vi è, infatti, come ricordato, ormai una vastissima giurisprudenza amministrativa in materia.
Tutte le «minoranze» chiederanno di poter essere rappresentate, ritenendo che la Costituzione dia loro il diritto di avere una rappresentanza. Se, infatti, scriviamo in Costituzione «minoranze», creiamo un principio ed ogni «minoranza» riterrà di dovere avere una propria rappresentanza e, quindi, il contenzioso davanti alla Corte costituzionale, a mio avviso, sarà sollevato in tutti i consigli regionali e provinciali dalle «minoranze» che, in base a qualche arzigogolo legislativo, rimarranno escluse.
Credo sia nell'interesse generale fare una precisazione: o si applica il sistema proporzionale come propongo e, allora, è la minoranza ad avere il più alto numero dei consiglieri in rappresentanza; oppure, si inserisce il termine «minoranza» e, in questo caso, si capisce che deve essere assicurata complessivamente alla minoranza una rappresentanza. Ciò presuppone che le minoranze si mettano d'accordo.
Se, tuttavia, lasciate il testo immutato - così com'è successo nell'esperienza dei consigli comunali, provinciali e regionali, in cui il contenzioso è stato notevolissimo e, al riguardo, vi è una giurisprudenza abbastanza costante - è evidente che si trasferirà il contenzioso alla Corte costituzionale. Penso si debba trovare un accorgimento e mi rimetto alla valutazione del Comitato dei nove: peraltro, un pasticcio in più o uno in meno non cambia la sostanza...!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mascia. Ne ha facoltà.

GRAZIELLA MASCIA. Signor Presidente, l'argomento sollevato dal collega Boccia aveva fatto discutere già la Commissione nel mese di luglio, quando il testo della maggioranza presentava questo riferimento al proporzionale. Faccio notare che la Costituzione attuale parla esattamente di rappresentanza delle minoranze: utilizzare il termine proporzionale significa tagliare fuori delle minoranze e ciò è contrario allo spirito attuale della Costituzione. Il collega Boccia sostiene che, in questo caso, si farebbe riferimento a tutte le minoranze: ebbene sì, a tutte le minoranze, complessivamente, all'insieme dei delegati che vengono espressi sul territorio. Oggi già la Costituzione prevede che le minoranze nel loro insieme possano essere rappresentate e ciò è stato possibile nel corso di tutti questi decenni.
A noi non piace il testo della maggioranza per le ragioni che ho già indicato e, innanzitutto, per il fatto che vi è il riferimento ai presidenti delle giunte; ma, in tal caso, credo si debba dare atto che, invece, è stato fatto un passo avanti ed il termine proporzionale, che poteva significare semplicemente una presenza delle maggioranze, è stato modificato con il richiamo ad una rappresentanza delle minoranze. Pertanto, il voto del nostro gruppo sul subemendamento in esame sarà contrario.

ANTONIO BOCCIA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. A che titolo?

ANTONIO BOCCIA. Signor Presidente, per ritirare il mio subemendamento 0.19.200.6.

PRESIDENTE. Sta bene, onorevole Boccia.
Passiamo al subemendamento Carrara 0.19.200.2.

NUCCIO CARRARA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

NUCCIO CARRARA. Signor Presidente, intervengo a titolo personale per spiegare brevemente le ragioni del mio subemendamento. Nella Costituzione del 1948 aveva un senso garantire le minoranze, ma oggi, in un sistema bipolare, deve essere chiaro cosa si intende per minoranze, se si tratta cioè di minoranze politiche, etniche, religiose culturali o quant'altro.
Avrei preferito che il termine minoranze fosse sostituito con il termine «opposizioni», perché in un sistema bipolare vi è una maggioranza e un'opposizione o più opposizioni; e, comunque, le minoranze sono all'interno sia della maggioranza sia dell'opposizione. Questo era il significato del mio subemendamento, ma credo non sia un punto su cui condurre battaglie di religione e, pertanto, ne annuncio il ritiro.

PRESIDENTE. Sta bene, onorevole Carrara.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Elio Vito 19.200.
Avverto che, in caso di approvazione dello stesso risulterebbero assorbiti o preclusi gli emendamenti Leoni 19.73 e 19.78, Boato 19.9 e 19.10, Bressa 19.79 e Boato 19.80.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà.

GIANCLAUDIO BRESSA. Signor Presidente, intervengo per continuare, in qualche modo, il discorso sulla comparazione tra il modello che abbiamo proposto e quello che, attraverso la votazione di questo emendamento a prima firma Elio Vito, voi sottoponete al voto dell'Assemblea. Voi immaginate una rappresentanza di due delegati per ogni consiglio regionale; dopodiché, ciascun consiglio regionale elegge un numero ulteriore di delegati in ragione di un delegato per ogni milione di abitanti.
A questo modello si contrappone il nostro, che è così strutturato: vi sono 500 deputati, 122 senatori - il nostro Senato, essendo davvero federale, ha un numero limitato di rappresentanti - e 378 rappresentanti eletti, per metà, dai consigli regionali e, per altra metà, dai consigli delle autonomie locali, ossia 169 in rappresentanza delle regioni e 169 in rappresentanza delle autonomie.
Attraverso questo meccanismo, intendiamo sancire un principio sostanziale. Il Presidente della Repubblica, che davvero rappresenta l'unità della Repubblica e questa nuova architettura istituzionale che è stata definita con l'articolo 114 della Costituzione, è eletto da un'Assemblea paritaria, che vede la Camera politica e, quindi, la rappresentanza politica del paese, da un lato, e, dall'altro, i rappresentanti dei territori delle regioni e delle autonomie locali attraverso il Senato, quindi attraverso i rappresentanti eletti territorialmente che siedono nella seconda Camera delle autonomie, espressione diretta delle assemblee regionali e dei consigli delle autonomie.
I numeri di 169 rappresentanti delle regioni e 169 rappresentanti delle autonomie vogliono avere anche il significato della parità sostanziale, della sostanziale equiordinazione e della sostanziale eguale importanza dal punto di vista istituzionale delle regioni e del mondo delle autonomie. Credo che questa costruzione sia molto razionale ed importante.
Perché non prevediamo la presenza dei presidenti delle regioni? Perché riteniamo che un presidente della regione debba eleggere il Presidente della Repubblica non in quanto rappresentante di un esecutivo, ma in quanto rappresentante di un'assemblea regionale, per cui sarà del tutto ragionevole, stante il numero che attribuiamo alle regioni (ossia 169), che probabilmente ogni regione designi il proprio presidente.
Ogni regione manderà il proprio rappresentante non in virtù di un accordo di Governo e di un'elezione che lo ha visto eletto direttamente o indirettamente, a seconda delle modalità che ogni singola regione ha deciso di darsi, ma in quanto rappresentante di quell'assemblea legislativa.
Credo che tutti questi aspetti, che potrebbero apparire delle sottigliezze, diano invece corpo e sostanza all'articolo 114 della Costituzione, a quel rapporto paritario che si vuole in qualche modo sancire tra l'Assemblea politica, l'Assemblea rappresentativa delle istanze territoriali, le assemblee legislative regionali e le autonomie.
Abbiamo immaginato che questa potesse essere davvero una costruzione che desse un senso compiuto al nuovo termine «Assemblea della Repubblica». La vostra, come spesso accade in questo vostro tentativo di riforma, è un ibrido, che ha qualche intuizione anche interessante, ma che la declina poi in modi pasticciati, confusi e non conseguenti rispetto allo spirito che informa la nuova Costituzione, a dimostrazione che prendete quanto è scritto nella Costituzione un po' come capita.
Forse non avete compreso esattamente la portata della novità dell'articolo 114 della Costituzione ed, emendamento dopo emendamento, dimostrate la precarietà di tenuta complessiva, sotto il punto di vista della ragionevolezza e dell'armonia, del vostro progetto (Applausi dei deputati dei gruppi della Margherita, DL-L'Ulivo, dei Democratici di sinistra-L'Ulivo e Misto-Verdi-L'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Marone. Ne ha facoltà.

RICCARDO MARONE. Questo emendamento della maggioranza non ci convince per lo stile con cui state procedendo; in particolare, voi affermate dei principi e poi lentamente li riassorbite, li riducete e cercate di contenerli.
La partecipazione dei rappresentanti delle regioni all'Assemblea che deve eleggere il Presidente della Repubblica costituisce un principio che era già esistente nel nostro ordinamento sulla base della Costituzione del 1948, ma è ovviamente anche una logica conseguenza della riforma del Titolo V.
Ebbene, nell'affermare anche voi tale principio - e non potevate non farlo - in realtà ne riducete la portata in maniera enorme, dato che la rappresentanza delle regioni è assolutamente esigua rispetto alla composizione complessiva dell'Assemblea e le autonomie locali non sono proprio rappresentate. Facendo un sommario calcolo, prevedendo i presidenti delle regioni e delle due province autonome ed i delegati per le regioni, non arriveremmo a più di 75 rappresentanti delle regioni, rispetto a 752 tra deputati e senatori. Quindi, si tratta di una rappresentanza che è circa il 10 per cento dell'Assemblea. Pensate che questo sia il modo giusto di dare applicazione all'articolo 114 della Costituzione? Pensate che il Presidente della Repubblica, che rappresenta tutti i suddetti soggetti, sia in tal modo correttamente eletto?
Vi è un'evidente mancanza di equilibrio nella determinazione della composizione dell'Assemblea. L'Assemblea è fortemente condizionata innanzitutto dalla Camera politica, che ha la maggioranza assoluta. Infatti, su un'Assemblea di circa 850 soggetti, 500 costituiscono la Camera politica. Considerando anche i senatori, che come abbiamo già detto non hanno nulla di federale, avete realizzato un'Assemblea che nulla ha a che vedere con la nuova articolazione della Repubblica.
Il problema è questo: non avete ancora assorbito i concetti espressi dal Titolo V. Si tratta di una nuova articolazione della Repubblica; lo Stato non è più onnicomprensivo ma è al pari degli altri enti territoriali; dunque, il Presidente della Repubblica dev'essere rappresentativo di tutti gli enti. Voi, ancora una volta, state immaginando un Presidente della Repubblica sostanzialmente rappresentativo solo dello Stato (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-L'Ulivo, della Margherita, DL-L'Ulivo e Misto-Verdi-L'Ulivo).

DONATO BRUNO, Relatore. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DONATO BRUNO, Relatore. Signor Presidente, intervengo solo per ricordare che all'espressione «Valle d'Aosta» va aggiunta la corrispondente espressione francese «Valée d'Aoste», così come tutte le volte che incontriamo l'espressione «Trentino Alto Adige» dovremo aggiungere l'espressione «Südtirol».

ROBERTO MENIA. Allora io voto contro...!

PRESIDENTE. L'emendamento risulta, dunque, corretto nel senso di aggiungere, dopo le parole «Valle d'Aosta», le parole: «Valée d'Aoste».
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Elio Vito 19.200, nel testo corretto, accettato dalla Commissione e dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (
Vedi votazioni).
(Presenti 432
Votanti 427
Astenuti 5
Maggioranza 214
Hanno votato
240
Hanno votato
no 187).

Prendo atto che l'onorevole D'Agrò non è riuscito a votare ed avrebbe voluto esprimere un voto favorevole.
Passiamo all'emendamento Perrotta 19.75.

ALDO PERROTTA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ALDO PERROTTA. Signor Presidente, la Commissione ha presentato un emendamento che recepisce, migliorandolo notevolmente, il mio. Pertanto, lo ritiro.

PRESIDENTE. Sta bene, onorevole Perrotta.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Elio Vito 19.201.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà.

GIANCLAUDIO BRESSA. Non vi è dubbio che questo emendamento migliora il testo della Commissione, in quanto prevede che, dopo il terzo scrutinio, sia sufficiente la maggioranza dei tre quinti dei componenti per l'elezione del Presidente della Repubblica. Tuttavia, è la norma di chiusura che non ci convince, in quanto essa prevede che dopo il quinto scrutinio è sufficiente la maggioranza assoluta. Ebbene, i discorsi che abbiamo fatto per l'elezione dei Presidenti di Camera e Senato vogliamo riprodurli anche per l'elezione del Presidente della Repubblica. È fuori di dubbio che la figura di Presidente della Repubblica che voi tratteggiate - ma lo vedremo più compiutamente nel prosieguo del dibattito - ha una sua dimensione di organo di garanzia, anche se non compiutamente declinata ed espressa. Il fatto stesso che voi non abbiate deciso di fare un'opzione per un Presidente della Repubblica governante, in qualche modo attribuisce - per le cose che avete scritto negli articoli successivi - al Presidente della Repubblica una funzione di garanzia; ad un certo punto, voi dite addirittura che è garante della Costituzione (ma vedremo poi meglio, nel dettaglio, questi aspetti).
Se, allora, la funzione del Presidente della Repubblica è quella di garanzia, è del tutto evidente che tale funzione deve trovare una sua modalità di espressione al momento dell'elezione di tale figura. Proprio perché ad eleggerlo è l'Assemblea della Repubblica, la funzione di garanzia non è più solo rispetto alle forze politiche, cioè rispetto alle opzioni politiche che si esprimono in Parlamento e quindi rispetto alle maggioranze governative parlamentari, ma diventa una funzione di equilibrio e di garanzia rispetto anche ai territori, quindi alle espressioni delle venti regioni e del mondo delle autonomie locali. Dunque, proprio perché non vi è più solo questa dimensione tutta politica (nelle modalità dell'elezione del Presidente della Repubblica, per il tipo di Assemblea che è stata costruita), appare del tutto evidente che una maggioranza - quella che noi prefiguriamo (ne discuteremo nel prossimo emendamento) - dei due terzi dei voti espressi, comunque non inferiore alla maggioranza assoluta dei componenti, è assolutamente più equilibrata per garantire questa funzione di garanzia e di unità della Repubblica. Sono aspetti, ripeto, di non poco conto.
Se il Presidente della Repubblica deve rappresentare davvero la Repubblica, se deve essere garante della Costituzione, se deve essere garante non solo dei meccanismi costituzionali, ma anche della pluralità di espressioni politiche, economiche e sociali, frutto dell'articolazione del nostro paese in venti regioni e in migliaia di autonomie, è bene che, nel momento in cui tutte queste persone si ritrovano, debbano in qualche modo concordare su che tipo di figura debba essere quella del Presidente della Repubblica. Ecco perché, allora, costringere coloro i quali andranno a comporre l'Assemblea della Repubblica a trovare una maggioranza larga non è un'operazione di ostruzionismo o un tentativo per complicare l'elezione di un Presidente della Repubblica: è invece un esercizio di responsabilità collettiva, oltre che un esercizio di lealtà costituzionale, che una Costituzione, nel definire i principi portanti di un'architettura costituzionale, dovrebbe favorire.
Voi invece scivolate, anche in questo caso, nella politica politicante. Siccome c'è la possibilità che non si riesca a trovare un accordo, cioè che le forze politiche e le rappresentanze delle istanze territoriali non siano così mature, responsabili e costituzionalmente leali da trovare un accordo, allora ce la sbrighiamo con la maggioranza assoluta dei votanti. Tutto questo, a nostro modo di vedere, non è corretto dal punto di vista costituzionale. Pertanto, voteremo contro questo emendamento (Applausi dei deputati dei gruppi della Margherita, DL-L'Ulivo, dei Democratici di sinistra-L'Ulivo e Misto-Verdi-L'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Marone. Ne ha facoltà.

RICCARDO MARONE. Ovviamente, l'emendamento in sé è migliorativo rispetto al testo dell'articolo, perché introduce il criterio che i primi scrutini debbano prevedere una maggioranza estremamente qualificata; tuttavia, è il contesto complessivo che non ci convince. Infatti, ancora una volta, voi prevedete che alla fine il Presidente della Repubblica, sostanzialmente, può essere eletto dalla Camera dei deputati.
Infatti, con il meccanismo creato, la Camera composta da cinquecento deputati avrà una tale preponderanza nel numero complessivo dell'Assemblea che, ovviamente, sarà fortemente determinante nella scelta del Presidente; dunque, se si prevede una maggioranza assoluta, non vi sarà il rappresentante della Repubblica, ma un Presidente che è semplicemente il Capo dello Stato, come si diceva una volta, prima della modifica operata con il decreto del Presidente della Repubblica n. 1199 del 1971.
Quello che non ci convince è il fatto che, appunto, un soggetto che deve rappresentare tutti gli enti che compongono la Repubblica possa essere eletto da una maggioranza e non dal voto di un'Assemblea che sia estremamente rappresentativa.
Nella configurazione dell'Assemblea da noi proposta, abbiamo cercato anche di togliere forza alla maggioranza politica, in quanto il Presidente della Repubblica non può essere espressione di tale maggioranza. Dunque, con il nostro emendamento, proponiamo un'Assemblea che possa eleggere un Presidente della Repubblica che sia espressione veramente della Repubblica nella sua variegata composizione e non della maggioranza politica. Con la vostra proposta dimenticate che esistono altri soggetti, altri enti, altre istituzioni, caratterizzati da maggioranze politiche completamente diverse (penso alle regioni, alle autonomie locali), che quindi non possono essere rappresentati da un Presidente eletto secondo quelle modalità.
Tutto ciò è conseguenza del fatto che, sostanzialmente, non volete veramente attuare l'articolo 114 della Costituzione (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-L'Ulivo e della Margherita, DL-L'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Boato. Ne ha facoltà.

MARCO BOATO. Signor Presidente, condivido pienamente quanto affermato poco fa dai colleghi Bressa e Marone.
Volevo ricordare - mi rivolgo in particolare al collega Tabacci - che, più volte, si è richiamato il modello tedesco, ad esempio con riferimento alla figura del cancellierato e così via.
Con i nostri emendamenti, dai quali emerge la nostra condivisione in ordine alla terminologia «Assemblea della Repubblica», ci siamo ispirati al modello della Repubblica federale di Germania dove, pochi mesi fa, è stato eletto il nuovo Presidente della Repubblica da parte di un'Assemblea composta esattamente da tutti i deputati del Bundestag e da un numero identico di componenti nominati dal Bundesrat.
Quindi, proponendo un'Assemblea composta da tutti i deputati e da un numero identico di componenti rappresentato dal Senato federale e, per l'altra metà, da rappresentanti delle regioni e delle autonomie locali, ci ispiriamo ad un modello equilibrato e autenticamente di tipo federale. Potremmo dire ispirato ad un federalismo ben temperato, equilibrato e in cui la Camera politica riveste una grandissima importanza, senza però che sia trascurata la rappresentanza di tutti gli altri soggetti costitutivi della Repubblica.
Pertanto, sono queste le ragioni per cui annuncio il voto contrario dei Verdi sull'emendamento Elio Vito 19.201.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Elio Vito 19.201, accettato dalla Commissione e dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (
Vedi votazioni).
(Presenti 435
Votanti 432
Astenuti 3
Maggioranza 217
Hanno votato
251
Hanno votato
no 181).

Passiamo alla votazione dell'emendamento Bressa 19.12.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà.

GIANCLAUDIO BRESSA. Signor Presidente, vorrei riprendere in breve alcune considerazioni svolte nel precedente intervento. Il testo dell'emendamento recita: «due terzi dei voti espressi, comunque non inferiore alla maggioranza assoluta dei componenti». Questo è un meccanismo che tende a valorizzare il senso di un'Assemblea della Repubblica che vede la partecipazione di rappresentanti del Parlamento, del Senato, delle assemblee legislative regionali e delle autonomie locali. Dobbiamo cominciare a ragionare in termini di responsabilità istituzionale condivisa.
Le elezioni del Presidente della Repubblica, come degli organi di garanzia, dovrebbero essere il momento in cui ciascuno si spoglia della propria particolarità politica e riconosce un valore superiore, ovvero quello della Repubblica, ipotizzando pertanto che i ruoli di garanzia debbano essere ricoperti dalle personalità che meglio di altre possono garantire tali funzioni. Come dicevamo anche prima, in questo caso non si tratta di dare una garanzia soltanto dal punto di vista della correttezza e delle relazioni istituzionali. Si tratta anche di garantire i territori, le diversità del paese, cioè le differenti realtà economiche e sociali, prima ancora che politiche. Per questo è importante che, nel momento in cui si elegge il Presidente con uno strumento quale l'Assemblea della Repubblica, si individuino meccanismi di voto che, in qualche modo, inducano a questa scelta di responsabilità.
L'ho già affermato molte volte, ma non vorrei essere frainteso: non esiste alcuna contraddizione tra quanto sto dicendo adesso e altre affermazioni da me fatte, in cui spiegavo che la Costituzione e l'ingegneria costituzionale non devono costruire la politica del paese. In questo caso, però, non si tratta di definire la politica del paese, bensì di scegliere la figura istituzionale che garantisce la Repubblica, la sua unità e i meccanismi costituzionali che la regolano. È probabilmente il compito di massima responsabilità politica cui siamo chiamati. Non capisco, allora, come mai si debba nutrire una sfiducia così grande sulla capacità e sulla responsabilità politica di tutti noi, dei cittadini italiani e dei loro rappresentanti. Implicitamente, adottando la formula prevista dall'emendamento a firma Elio Vito ora approvato, state compiendo un atto di sfiducia complessiva nei confronti del paese. Non vi fidate e, infatti, affermate che esiste il rischio di non poter mai eleggere un Presidente della Repubblica.
Credo che questa sia una maniera di accostarsi ai problemi della riforma costituzionale e alle questioni che caratterizzano la vita politica, sociale, economica e culturale del nostro paese, non solo non condivisibile, ma anche imbarazzante. State votando una Costituzione avendo come punto fondante la sfiducia nel paese e nella sua capacità politica di rappresentare davvero la Repubblica nella sua unità. È inutile che si parli, come accaduto in altre occasioni, di lealtà istituzionale, visto che, nel momento in cui siamo chiamati a definire il principale e supremo atto di lealtà costituzionale e istituzionale, siamo capaci di trovare soltanto una soluzione così abborracciata. Piuttosto che il nulla, è meglio inventarsi una «piccola maggioranza» che comunque risolve un problema.
È veramente triste, dunque, constatare che su una questione così rilevante non vi sia nemmeno uno scatto di orgoglio e nemmeno una volontà personale, indipendentemente dall'appartenenza politica, di ribellarsi al fatto di essere considerati tutti caproni, per cui, senza maggioranze risicate, non si è in grado di eleggere il Presidente della Repubblica! Ciò è veramente triste ed umiliante per tutti noi, a prescindere dalle posizioni politiche e dal giudizio su questa triste, tristissima e scombinata riforma costituzionale (Applausi dei deputati dei gruppi della Margherita, DL-L'Ulivo e Misto-Verdi-L'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Marone. Ne ha facoltà.

RICCARDO MARONE. Signor Presidente, l'emendamento in esame è coerente con la nostra impostazione e si rende ancor più necessario dopo l'approvazione delle proposte della maggioranza. Infatti, a seguito della configurazione dell'Assemblea della Repubblica da voi delineata, si rende necessario un quorum qualificato. Nel caso contrario, come ho già osservato, il Presidente della Repubblica sarà semplicemente il Presidente della maggioranza politica del paese all'atto della sua elezione. Ritengo che ciò debba essere evitato, dal momento che affermiamo - auspicavamo che anche voi credeste a tale affermazione - che il Presidente della Repubblica rappresenta l'intero paese e, quindi, tutti i soggetti che fanno parte della Repubblica: non solo lo Stato, ma anche i comuni, le province, le città metropolitane e le regioni.
Sarebbe stato necessario costruire un'Assemblea che non avesse una maggioranza politica coincidente con la maggioranza vincitrice delle elezioni, al fine di garantire l'elezione di un Presidente che rappresentasse tutti. Abbiamo proposto la formula contenuta nel nostro emendamento, ma è stata approvata una proposta diversa, in virtù della quale la Camera assume un peso preponderante nell'elezione del Presidente della Repubblica: a mio avviso, si sta ripetendo l'errore commesso dal Senato, a difesa delle proprie prerogative. Tuttavia, essendo stata introdotta tale composizione, a maggior ragione, è necessaria l'approvazione dell'emendamento in esame: non può essere eletto un Presidente della Repubblica con la sola maggioranza assoluta, se nella composizione dell'Assemblea prevale la maggioranza politica del paese di quel momento.
Il Presidente della Repubblica, infatti, deve essere non soltanto il garante della Costituzione, ma il rappresentante di tutta la Repubblica, e nella Repubblica vi sono enti che hanno maggioranze politiche diverse e che hanno lo stesso diritto di essere rappresentati. Con la vostra proposta, ciò non accade. Si può, tuttavia, ancora rimediare, approvando l'emendamento in esame e prevedendo sempre e comunque una maggioranza qualificata che garantisca anche la partecipazione delle minoranze nell'elezione del Presidente della Repubblica. Solo in tal modo, questo organo potrà rappresentare effettivamente tutta la Repubblica. Invece, ancora una volta, vi state costruendo un'istituzione su misura (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-L'Ulivo e Misto-Verdi-L'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Frigato. Ne ha facoltà.

GABRIELE FRIGATO. Signor Presidente, annuncio il mio voto contrario sul testo proposto dell'articolo 19. Rilevo in primo luogo che la mancata previsione di una maggioranza qualificata per l'elezione del Presidente della Repubblica rende sostanzialmente quest'ultimo espressione di una parte del paese, non certamente dell'unità, dell'equilibrio e della sintesi che tutti, a parole, crediamo debbano costituire le caratteristiche fondamentali di chi rappresenta l'unità nazionale.
Vorrei ora evidenziare un secondo elemento. Quando proponiamo di esprimere un ulteriore delegato per ogni milione di abitanti nelle regioni particolarmente popolose, dobbiamo pensare anche a regioni come il Veneto, dove risiedono 4 milioni e 642 mila abitanti. Ebbene di questi, ben 642 mila rimarranno senza rappresentanza. Tale meccanismo, se l'emendamento Boccia fosse stato accolto, sarebbe stato sicuramente migliorato e corretto (Applausi dei deputati del gruppo della Margherita, DL-L'Ulivo).

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Bressa 19.12, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

RENZO INNOCENTI. Guardi, Presidente...!

PIERO RUZZANTE. Presidente, ci sono troppi doppi voti!

PRESIDENTE. Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (
Vedi votazioni).
(Presenti 412
Votanti 408
Astenuti 4
Maggioranza 205
Hanno votato
189
Hanno votato
no 219).

Prendo atto che l'onorevole Gerardo Bianco ha espresso erroneamente un voto contrario mentre avrebbe voluto astenersi.
Passiamo alla votazione dell'articolo 19.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Alfonso Gianni. Ne ha facoltà.

ALFONSO GIANNI. Siamo contrari a questo articolo e i motivi sono già stati illustrati dalla collega Mascia in sede di esame delle proposte emendative. Mi limiterò semplicemente a riassumerle perché è importante che in questo dibattito resti traccia del nostro punto di vista complessivo.
Con l'articolo in esame si avverte il fiato sul collo dell'impostazione presidenzialista che sovrintende tutta la controriforma costituzionale pensata, e purtroppo fin qui messa in atto, dalla maggioranza. Ovviamente, referendum abrogativo permettendo...
Ci troviamo di fronte alla modificazione di un articolo costituzionale di grande delicatezza, che rappresenta una delle architravi che reggono il disegno costituzionale del 1948. Anzi, a mio avviso, si tratta di una delle architravi di tutti i moderni e avanzati costituzionalismi e sistemi costituzionali, almeno dalla seconda parte del Novecento in poi.

PRESIDENTE. Onorevole Alfonso Gianni, la invito a concludere.

ALFONSO GIANNI. La lettura dell'articolo 83 della Costituzione, sulle modalità di elezione del Presidente della Repubblica, non sarebbe comprensibile se non si tenesse conto dell'articolo 87 della vigente Costituzione, in base al quale il Presidente della Repubblica rappresenta l'unità nazionale. È questa l'unica figura che ha il dovere costituzionale di rappresentare l'unità nazionale. Alle forze politiche questo non è richiesto anzi, è meglio che, nei sistemi politici moderni, queste non pretendano di interpretare tale unità. Ed è proprio per questo motivo che la figura del Presidente della Repubblica rappresenta una delle architravi di garanzia in un moderno ed evoluto costituzionalismo: è la figura che garantisce l'unità costituzionale e, per conseguenza, la libera dialettica tra i partiti.
Le modalità di elezione di questa carica, quindi, sono estremamente delicate. Non si può sostenere che il Presidente venga eletto dalle Camere e poi inserire in questo meccanismo di elezione la presenza dei presidenti degli esecutivi delle regioni, e via a discendere, in una sorta di orgia presidenzialista, sino ad arrivare a figure già elette in funzione presidenziale. In tal modo si creerebbe una «casta dei presidenti». Non so se qualcuno sia personalmente interessato a far parte di questa élite, chi vi parla ovviamente no. Ma su questi aspetti non dobbiamo scherzare!
Vi è una concezione della Costituzione e dell'equilibrio delicatissimo dei poteri che viene completamente lesa. È questa la ragione della nostra assoluta contrarietà al testo della maggioranza, come specificheremo anche nel prosieguo dell'esame degli articoli (Applausi dei deputati del gruppo di Rifondazione comunista).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mantini. Ne ha facoltà.

PIERLUIGI MANTINI. Intendo esprimere il voto contrario del gruppo della Margherita, DL-L'Ulivo. Le ragioni di questo dissenso sono già state illustrate nel corso del dibattito dai miei colleghi. Desidero ora ribadire che in materia di configurazione dei ruoli, dei modelli di elezione e della carica di Presidente della Repubblica si è fin qui proceduto in maniera assolutamente ondivaga.

Nella sostanza, il ruolo di garanzia del Presidente della Repubblica viene ridotto e direi anche un poi inquinato: da una parte, come vedremo tra breve - lodevolmente, a nostro avviso - vengono precisati alcuni poteri sostanzialmente presidenziali, risolvendo i vecchi quesiti sugli atti formalmente presidenziali; dall'altra, però, il Presidente della Repubblica viene coinvolto in ruoli politici che non appartengono a questa figura (mi riferisco, in particolare, al cosiddetto arbitraggio in materia di competenza legislativa). Devo dire inoltre che, stando esattamente al testo dell'articolo 19, viene previsto un criterio di elezione che non salvaguarda l'esigenza di garantire maggioranze sufficientemente ampie, che quindi vadano al di là del perimetro delle maggioranze di Governo.
Sia chiaro che la riflessione su questo punto avrebbe dovuto essere anche più ampia e più profonda di quella che si è avuto modo di svolgere attraverso l'esame degli emendamenti. Ad esempio, si sarebbe ben potuto immaginare un criterio più chiaro, con l'elezione del Presidente della Repubblica da parte del popolo, dopo, ad esempio, tre scrutini in cui non si raggiungono le maggioranze qualificate previste. Non si è voluta percorrere questa strada e si è invece percorsa la strada già vista in tema di garanzia del Parlamento e su altri punti della riforma costituzionale, quella di circoscrivere le nomine e le scelte politiche sostanzialmente nell'ambito delle maggioranze politiche di Governo.
Si tratta di un'impostazione profondamente sbagliata, che tra l'altro non ha tenuto conto delle nostre proposte che tendevano a comporre l'Assemblea della Repubblica con una più vasta ed ampia partecipazione delle autonomie locali, attraverso i delegati espressi dai consigli delle autonomie locali. Quindi, in sostanza, si tratta di una scelta poco espressiva della pluralità dei soggetti che compongono - o dovrebbero comporre -, in modo più rispettoso delle autonomie locali, l'Assemblea della Repubblica, una scelta che ancora una volta restringe il potere decisionale nelle mani delle maggioranze di Governo, denunciando ancora una volta un certo fastidio per la democrazia ed una certa incredulità per la capacità dei Parlamenti e delle assemblee elettive di arrivare a decisioni condivise. Che questo avvenga in materia di elezione del Presidente della Repubblica è cosa particolarmente grave e non credo di doverlo sottolineare ancora.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Leoni. Ne ha facoltà.

CARLO LEONI. Signor Presidente, signor ministro, i colleghi della I Commissione che appartengono ai gruppi di opposizione si sono accostati alla lettura e all'esame del testo proveniente dal Senato senza alcun atteggiamento pregiudiziale ed esaminandolo nel merito, tanto che debbo confessare che, quando abbiamo visto che chiamavate il seggio per l'elezione del Capo dello Stato «Assemblea della Repubblica», alcuni di noi hanno pensato che questa denominazione non fosse una cattiva idea. Poi siamo andati a leggere il testo e abbiamo visto ciò che gli altri colleghi hanno criticato nel corso del dibattito di questa mattina e cioè che non è compiutamente - e quindi non è veramente - un'Assemblea della Repubblica.
Infatti, come è stato ricordato, la Repubblica italiana è costituita da comuni, province, città metropolitane, regioni e Stato, mentre in questa Assemblea non vengono rappresentati né i comuni né le province né le città metropolitane, ma soltanto le regioni e lo Stato. Mancano cioè ben tre dei soggetti costituenti la Repubblica italiana.
Dunque, solo le regioni e lo Stato. Peraltro, le regioni sono rappresentate dai presidenti delle giunte regionali, ossia dagli esecutivi. Com'è stato ricordato, nella nostra formulazione alternativa non escludevamo la possibilità che un presidente di regione facesse parte dell'Assemblea della Repubblica, ma lo prevedevamo solo nel caso in cui il consiglio regionale avesse scelto lui e non altri a rappresentare la regione, ossia come rappresentante dell'assemblea regionale. Prevedere la partecipazione di rappresentanti - tra l'altro, eletti direttamente dai cittadini - degli esecutivi ad un'Assemblea di questo tipo è una palese incongruenza. Dunque, noi, che volevamo una vera Assemblea della Repubblica, per eleggere il Capo dello Stato abbiamo proposto un meccanismo diverso, alternativo, che prevedeva la presenza dei comuni, delle province e delle città metropolitane in misura paritaria. Attraverso le nostre proposte emendative, abbiamo chiesto che metà di quest'Assemblea fosse costituita dai membri della Camera dei deputati - ossia di quella Camera che esprime la fiducia al Governo e nella quale vi è una maggioranza politica - e metà dai senatori e dai rappresentanti delle regioni e delle autonomie locali. Lo abbiamo fatto per due ragioni. In primo luogo, per costruire effettivamente un'Assemblea della Repubblica con una tendenziale parità di tutti i soggetti che costituiscono la Repubblica, secondo la Costituzione vigente (articolo 114). In secondo luogo, per raggiungere un obiettivo che continua a non essere in cima alle vostre preoccupazioni, ossia prevedere il massimo delle garanzie soprattutto, ma non solo, nell'elezione dei vertici istituzionali di fronte al rischio che queste figure, che devono essere di garanzia per tutti, finiscano per essere espressione di una sola maggioranza politica. Anche a questo corrisponde l'idea di un'Assemblea della Repubblica costruita in modo paritario, al fine di evitare che la sola Camera dei deputati determini le scelte complessive e che la sola maggioranza politica determini la scelta del Capo dello Stato. La rappresentanza paritaria scongiurava, invece, questo rischio. Tuttavia, per mettere un ulteriore tassello a garanzia di imparzialità abbiamo proposto che, in ultima istanza, fossero necessari due terzi dei voti espressi a condizione che rappresentassero la maggioranza assoluta dei componenti l'Assemblea. Non avete voluto accogliere neanche questa proposta. Il vostro disprezzo e la scarsa considerazione per le istanze di equilibrio e di garanzia di imparzialità, non dell'opposizione, ma del sistema delle cariche istituzionali, sono il segno di una scarsa cultura liberale (davvero, molto scarsa) e di una scarsa lungimiranza. Quando si costruisce il futuro del paese scrivendo la Costituzione bisognerebbe tenere la testa un po' meno china sui vertici di maggioranza o sulle contingenti esigenze del senatore o del deputato, ed alzarla per guardare al futuro di un paese che ha bisogno di un equilibrio democratico che voi, con questa riforma, non state garantendo (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Lettieri. Ne ha facoltà.

MARIO LETTIERI. Signor Presidente, l'elezione del Presidente della Repubblica, a mio avviso, dovrebbe essere l'atto più alto e rilevante cui le Camere sono chiamate, o meglio, cui l'Assemblea della Repubblica sarà chiamata. Per questo motivo, il Presidente della Repubblica non può essere una scelta di maggioranza. Il meccanismo previsto in questo testo, purtroppo, va in senso opposto: ne vuol fare proprio una istituzione su misura.
A nostro avviso, l'Assemblea della Repubblica dovrebbe essere costituita in maniera paritaria, garantendo non soltanto la rappresentanza dei presidenti delle regioni ma anche quella delle minoranze; gli stessi delegati eletti non dovrebbero essere espressione soltanto delle regioni con popolazione numericamente superiore al milione di abitanti.
Non si comprende la ratio di una siffatta limitazione; al riguardo, una proposta emendativa presentata dal collega Boccia era nel senso di consentire l'elezione di un delegato anche nel caso in cui la popolazione dell'ente costituisse, rispetto al milione previsto, una frazione superiore a 500 mila.
Ritengo, perciò, che il meccanismo previsto per l'elezione del massimo garante della Repubblica, dell'unità del paese, degli equilibri tra i diversi poteri costituzionali non possa costituire, così come voi pretendereste di fare, una scelta di parte.

Preannuncio, conseguentemente, il mio voto contrario all'approvazione dell'articolo in esame.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Frigato. Ne ha facoltà.

GABRIELE FRIGATO. La ringrazio, signor Presidente. Intervengo soltanto per completare la riflessione già da me esposta dianzi; ritengo che, complessivamente, l'articolo in questione affidi l'elezione del Capo dello Stato ad una maggioranza, compromettendone, quindi, il ruolo di garanzia.
Inoltre, desidero davvero sottolineare come la mancata approvazione della proposta emendativa a firma Boccia sia, per molti aspetti, incomprensibile; infatti, quando, come è stato previsto, si ritiene di affidare un maggior numero di delegati alle regioni popolose - stabilendo la misura di uno ogni milione di abitanti -, andrebbe considerato come generalmente, in disposizioni siffatte, si consideri, in aggiunta all'ipotesi di un milione, anche quella di una frazione che superi la metà del milione stesso. Insomma, un delegato per ogni milione o frazione di milione ove questa superi la metà.
Dunque, in tal modo, abbiamo penalizzato molte regioni; mi riferisco in particolare alla regione Veneto, dove 642 mila abitanti resteranno privi di una concreta e doverosa rappresentanza.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 19, nel testo emendato.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (
Vedi votazioni).
(Presenti 398
Votanti 395
Astenuti 3
Maggioranza 198
Hanno votato
236
Hanno votato
no 159).

Prendo atto che gli onorevoli Tarditi e Antonio Russo avrebbero voluto votare a favore, mentre hanno erroneamente votato contro.
Passiamo alla votazione dell'articolo aggiuntivo 19.01 Boato.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Marone. Ne ha facoltà.

RICCARDO MARONE. Signor Presidente, il nostro articolo aggiuntivo è coerente con tutte le proposte emendative sinora presentate circa la diminuzione dell'età della rappresentanza politica; Si prende atto di una tendenza in atto in tutto il mondo; fortunatamente, vi è un orientamento verso lo «svecchiamento» ed una rappresentanza sempre più adeguata alle necessità della lotta politica.
Quindi, un po' in tutto il mondo si sta andando verso un tale processo; invece, le norme previste dalla Costituzione nascevano in un contesto storico molto diverso. Seguivano, invero, una loro logica ed erano condivisibili all'epoca; ma ovviamente la storia va avanti, i costumi cambiano, sicché sovente abbiamo dovuto accorgerci di quanto il mondo dei giovani e delle rappresentanze giovanili avessero contribuito a migliorare il livello della politica. Quindi, con soddisfazione prendiamo atto del parere favorevole che la Commissione ha espresso sul nostro articolo aggiuntivo il quale, appunto, abbassa a 40 anni il limite di età per l'elezione a Presidente della Repubblica.
Non comprendiamo perché tale parere favorevole costruisca però una anomalia rispetto alla complessiva impostazione seguita dalla maggioranza, consistita, invece, in un atteggiamento di chiusura. Addirittura, per essere eletti semplicemente senatori si prevedeva occorressero 40 anni; se l'Assemblea non avesse respinto questa ipotesi, su cui pure era stato espresso parere favorevole, oggi avremmo una composizione del Senato di tale natura.
Quindi, prendiamo atto con soddisfazione che, sull'argomento in questione, la maggioranza è addivenuta alla nostra stessa posizione, ma non comprendiamo perché ciò non sia avvenuto in tutti gli altri casi.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mascia. Ne ha facoltà.

GRAZIELLA MASCIA. Signor Presidente, intervengo solo per sottolineare che l'articolo aggiuntivo in esame - riguardo al quale apprezzo il fatto che la maggioranza abbia cambiato opinione - era naturalmente legato alle proposte emendative, già precedentemente votate dall'Assemblea, relative all'abbassamento del limite di età per essere eletti sia alla Camera dei deputati, sia al Senato (vorrei ricordare che, in quest'ultimo caso, tale limite è stato abbassato da 40 a 25 anni). Credo, infatti, che prevedere la possibilità che venga eletto un Presidente del Repubblica che abbia 40 anni sia sicuramente legato a questi due aspetti, che, come già detto, meritano di essere sottolineati.
Do per scontato che l'attuale parere espresso dalla Commissione, e dunque dalla maggioranza, in relazione al nuovo limite di età di 25 anni, approvato nei giorni scorsi, venga modificato, ed auspico che, nel successivo esame del provvedimento da parte del Senato, si consolidi e non si rimetta in discussione tale principio.

PRESIDENTE. Onorevole Mascia, concluda!

GRAZIELLA MASCIA. Pertanto, spero vi sia nelle prossime occasioni un'ulteriore possibilità di migliorare il testo in esame, abbassando a 18 anni l'età per l'elettorato passivo per la Camera dei deputati ed abbassando, altresì, anche l'età per essere eletti al Senato. Ritengo, in ogni caso, che con l'articolo aggiuntivo in esame stiamo raggiungendo quella coerenza normativa che, in materia costituzionale, ha una grande validità.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà.

GIANCLAUDIO BRESSA. Signor Presidente, intervengo per dare atto al Governo di essere uscito - come sarebbe abituato a dire il mio amico Brancher - dalla «consueta stolidità», dimostrando, in questa occasione, un atteggiamento coerente rispetto all'andamento dei lavori dell'Assemblea della Camera dei deputati.
L'approvazione del requisito dei 25 anni per l'elettorato passivo del Senato, infatti, portava con sé la logica coerenza dell'abbassamento anche dell'età per poter diventare Presidente della Repubblica. Pertanto, non possiamo che apprezzare positivamente l'uscita del Governo dall'atteggiamento di «consueta stolidità», a favore, invece, di una nuova e apprezzabile razionalità.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Boato. Ne ha facoltà.

MARCO BOATO. Signor Presidente, vorrei ricordare che nutriamo dissensi radicali su numerose questioni, così come abbiamo già espresso in occasione dell'esame dell'articolato del provvedimento. Tuttavia, abbiamo complessivamente rilevato un segnale positivo (che spero non sia l'unico), poiché abbiamo votato con larghe maggioranze la riduzione dell'età per l'elettorato passivo per la Camera dei deputati da 25 a 21 anni. Anche se auspicavamo un limite di età di 18 anni, come ha giustamente ricordato poc'anzi la collega Mascia, vorrei osservare che si tratta comunque di un passo avanti.
Vorrei ricordare, inoltre, che in Commissione avevamo unanimemente abbassato a 25 anni l'età per l'elettorato passivo per il Senato; successivamente, una proposta emendativa presentata dalla maggioranza ha indicato la volontà di fare marcia indietro, ma la maggioranza di questa Assemblea ha opportunamente deciso di mantenere il requisito dei 25 anni per l'elezione dei senatori. Adesso, mi auguro che all'unanimità - e do atto anch'io sia al Governo, sia al Comitato dei nove di aver maturato un parere favorevole - abbasseremo il requisito per l'elettorato passivo per la Presidenza della Repubblica a 40 anni.
Si tratta di un segno di attenzione ai cambiamenti che si sono verificati nell'ultimo mezzo secolo, compresi i livelli di maturazione più rapidi delle nuove generazioni, e dunque raccomando l'approvazione del mio articolo aggiuntivo 19.01.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Ruzzante. Ne ha facoltà.

PIERO RUZZANTE. Signor Presidente, chiedo innanzitutto di sottoscrivere anch'io l'articolo aggiuntivo Boato 19.01. Come ha già fatto il collega Marone, vorrei sottolineare il comportamento un po' contraddittorio della maggioranza sul tema del requisito dell'età sia per la rappresentanza in Parlamento (l'elettorato passivo per la Camera e per il Senato), sia ora per la carica di Presidente della Repubblica.
Voi, come maggioranza di centrodestra, avete infatti detto «no» alla possibilità che un giovane di 18 anni potesse diventare deputato, ed eravate contrari altresì all'abbassamento a 25 anni dell'elettorato passivo per il Senato, ma adesso esprimete parere favorevole ad un'età minima di 40 anni, abbassandola rispetto agli attuali 50 anni, per diventare Presidente della Repubblica.
Qual è la logica, dunque, che la maggioranza di centrodestra sta seguendo? È il tema che stiamo tentando di chiarire, in questi giorni di dibattito: la contraddittorietà tra le decisioni assunte. Ieri sera, l'onorevole Bruno aveva espresso parere contrario sull'articolo aggiuntivo in questione. Noi, invece, riteniamo che questo articolo aggiuntivo sia giusto, come erano giusti gli emendamenti che portavano a 18 anni l'età minima per essere eletti deputati e a 21 per essere eletti senatori. Speriamo che il Senato modifichi questa norma, consentendo ad un giovane che ha compiuto 18 anni di diventare deputato.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo aggiuntivo Boato 19.01, accettato dalla Commissione e dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (
Vedi votazioni).
(Presenti 414
Votanti 413
Astenuti 1
Maggioranza 207
Hanno votato
407
Hanno votato
no 6).

 

 

Esame dell'articolo 20 - A.C. 4862 ed abbinate)

 

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 20 e delle proposte emendative ad esso presentate (vedi l'allegato A - A.C. 4862 ed abbinate sezione 2).
Ha chiesto di parlare l'onorevole Olivieri. Ne ha facoltà.

LUIGI OLIVIERI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, ci accingiamo ad esaminare l'articolo 20 del disegno di legge al nostro esame, che riguarda una materia attualmente disciplinata dall'articolo 85 della Costituzione vigente.
Sull'articolo non sono stati presentati molti emendamenti, anzi, per la precisione ne è stato presentato uno solo: l'emendamento Leoni 20.70. Per poter meglio comprendere la portata sia dell'articolo sia della modifica al nostro esame è opportuno richiamare il lavoro svolto sulla norma dal Senato della Repubblica - che non è ancora Senato federale -, dalla Commissione affari costituzionali della Camera, in sede referente e, infine, dall'aula.
Gli interventi potrebbero sembrare congrui rispetto alle modifiche sinora intervenute; vi è anche una modifica di sostanza, che riguarda un termine, che noi proponiamo di riportare a 30 giorni - così come previsto dal testo vigente, ossia l'articolo 85 della Costituzione -, dalla previsione, formulata nel nuovo testo, di 60 giorni.

Onorevoli colleghi, per comprendere, fino in fondo, la portata emendativa e la valenza del ragionamento non possiamo non richiamare, se pure per titoli e con brevissime riflessioni, tutto il lavoro svolto questa mattina.

 

 

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE PIER FERDINANDO CASINI (ore 13)

 

LUIGI OLIVIERI. Questa mattina vi sono stati due voti che presentano una valenza positiva (per l'opposizione, s'intende). Si tratta di quello che vi è stato poc'anzi sull'articolo aggiuntivo Boato 19.01, che abbassa il limite di età per poter essere eletti Presidente Repubblica, recependo un atto di coerenza rispetto a ciò che era successo ieri in aula, con un voto di maggioranza, quando è stato abbassato il diritto elettorale passivo per quanto riguarda il Senato federale a 25 anni rispetto ai 40 dell'attuale previsione. È stata, dunque, seguita una linea di coerenza, nel rivedere la formulazione della norma anche per quanto riguarda la nomina del Presidente della Repubblica.
Se questo testo diverrà legge costituzionale - noi speriamo che ciò non avvenga - l'età per l'elettorato passivo alla carica di Presidente della Repubblica passerà, dunque, da cinquanta anni a quarant'anni.
Un altro momento positivo della mattinata, sempre dal punto di vista dell'opposizione, è stata l'accettazione, sull'articolo 19 del subemendamento Zeller 0.19.200.1, così come riformulato, che ha raccolto una tra le critiche che avevo sollevato, per conto di tutta l'opposizione, ieri sera, nella discussione generale sugli emendamenti riferiti allo stesso articolo 19, in merito alla mancata previsione di una giusta e corretta rappresentanza nella cosiddetta Assemblea della Repubblica delle due province autonome di Trento e di Bolzano.
Detto questo, nella mattinata sono state poste in votazione proposte emendative che non ci trovano assolutamente d'accordo. Intervenendo sinteticamente sull'articolo 20 e sull'unico emendamento ad esso presentato, non posso non ribadire la contrarietà e la criticità che abbiamo manifestato esprimendo un voto contrario sull'articolo 19 (e non mi riferisco all'articolo aggiuntivo Boato 19.01).
Per quanto ci riguarda, quell'Assemblea non può essere chiamata, in modo pomposo, Assemblea della Repubblica. Infatti, l'Assemblea della Repubblica dovrebbe riconoscere l'essenza stessa della nostra Repubblica, ossia il fatto che la Repubblica è composta dallo Stato, dalle regioni, dalle province, dai comuni e dalle città metropolitane. Se fosse dipeso da me, avrei anche aggiunto le comunità montane: così non è compiutamente avvenuto, anche se nella sostanza tale principio lo si rinviene nell'articolo 118 della Costituzione. L'Assemblea della Repubblica non è tale, perché, evidentemente, dimentica gran parte di questi territori e si costituisce su una determinata soggettività politica, sicuramente legittimata dal voto popolare, ossia la Camera dei deputati e il cosiddetto Senato federale ed i rappresentanti delle regioni.
Per di più, anziché dare spazio compiuto e complessivo ad una vera rappresentanza in sede regionale, prevedendo che i rappresentanti in quel contesto siano espressi direttamente dal voto legislativo di quel territorio (mi riferisco ai consiglieri regionali), si è voluto, anche in questo caso, enucleare i rappresentanti dell'esecutivo, persone assolutamente degne di farne parte, ma che, secondo noi, non possono compiutamente rappresentare quei territori.
Ma vi è di più, e richiamo le argomentazioni che poc'anzi sono state espresse dai colleghi intervenuti su quell'articolo in modo sicuramente più compiuto. Abbiamo sentito la necessità di svolgere una critica - e mi avvio alla conclusione - sulla previsione che questa cosiddetta Assemblea della Repubblica non avesse una composizione paritaria, in modo che i suoi componenti non andassero necessariamente a precostituire maggioranze certe e determinate. Infatti, proprio il ruolo, la figura, il prestigio e, soprattutto, la valenza che vogliamo attribuire al Presidente del Repubblica come organo super partes, con competenze specifiche, e come soggetto istituzionale a cui riferire un equilibrio complessivo del sistema, comportano che esso non possa essere l'espressione di una maggioranza politica precostituita.
Per questi motivi, non abbiamo condiviso l'impostazione iniziale, ossia il superamento della maggioranza dei due terzi dopo le prime tre votazioni e la previsione di una maggioranza assoluta dopo la terza elezione (il che poi - passatemi l'espressione - è divenuto solo un allungamento della minestra, con la previsione di una maggioranza dei tre quinti nelle due successive votazioni, che, dopo il quinto scrutinio, diventa maggioranza assoluta, facendo sì che tale figura diventi patrimonio di una maggioranza politica).
Ciò dimostra una sfiducia assai evidente nei confronti di quell'Assemblea della Repubblica, nella capacità che al suo interno vi sia ragionevolezza o cresca il consenso sull'elezione di un organo importantissimo quale il Presidente della Repubblica, che è la massima espressione dell'unità nazionale e dell'equilibrio complessivo.
Signor Presidente, è evidente che, alla luce di queste argomentazioni, approfondiremo la nostra riflessione sull'articolo 20, che modifica l'articolo 85 della Costituzione.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Boato. Ne ha facoltà.

MARCO BOATO. Opportunamente il collega Olivieri ha inserito questa materia nel contesto più generale delle nostre critiche svolte più volte dai colleghi Marone, Leoni e Bressa e da me stesso sull'impianto dell'Assemblea della Repubblica. Come abbiamo più volte precisato, condividiamo il concetto costituzionale di Assemblea della Repubblica, ma riteniamo radicalmente inadeguata la sua composizione rispetto alla definizione istituzionale.
Per quanto riguarda l'emendamento Leoni 20.70, riteniamo opportuno ritirarlo perché riteniamo che sia accettabile la possibilità che l'Assemblea sia convocata sessanta giorni prima anziché trenta, come è previsto oggi, essendo comunque un'Assemblea inadeguata ma più complessa della precedente previsione costituzionale.
Non voteremo invece, ovviamente, l'articolo nel suo insieme, per i giudizi di carattere generale che abbiamo più volte dato e che opportunamente il collega Olivieri poco fa ha ricordato.

PRESIDENTE. A seguito del ritiro dell'emendamento Leoni 20.70, non risultando proposte emendative riferite all'articolo 20, procederemo direttamente alla votazione dello stesso.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 20.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (
Vedi votazioni).
(Presenti 376
Votanti 371
Astenuti 5
Maggioranza 186
Hanno votato
224
Hanno votato no 147)

 

 

(Esame dell'articolo 21 - A.C. 4862 ed abbinate)

 

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 21 e delle proposte emendative ad esso presentate (vedi l'allegato A - A.C. 4862 ed abbinate sezione 3).
Nessuno chiedendo di parlare, invito il relatore ad esprimere il parere della Commissione.

DONATO BRUNO, Relatore. La Commissione esprime parere contrario sull'emendamento Bressa 21.70 e raccomanda l'approvazione del suo emendamento 21.25. Il parere è altresì contrario sugli emendamenti Mascia 21.1, Boato 21.2, Leoni 21.3 e Perrotta 21.71.

PRESIDENTE. Il Governo?

ROBERTO CALDEROLI, Ministro per le riforme istituzionali e la devoluzione. Il Governo esprime parere conforme a quello del relatore.

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'emendamento Bressa 21.70.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Marone. Ne ha facoltà.

RICCARDO MARONE. Qui si pone, ovviamente, ancora una volta il problema di adeguare la Costituzione alla diversa struttura della Repubblica. Infatti, a seguito della riforma del Titolo V della Costituzione e della conseguenziale riforma del Senato, nonché della soppressione del bicameralismo perfetto - che credo andremo ad esaminare nei prossimi giorni -, si pone il problema di adeguare la norma sulla supplenza del Presidente della Repubblica nel caso di suoi impedimenti.
Come è a tutti noto, il testo originale della Costituzione prevede che le funzioni di Presidente della Repubblica, nei casi in cui egli non possa esercitarle, siano esercitate dal Presidente del Senato.
Questo funziona in un sistema in cui le due Camere avevano identiche funzioni, ossia in un sistema di bicameralismo perfetto, dove sia la Camera dei deputati sia il Senato della Repubblica erano Camere politiche.
Nel momento in cui abbiamo intrapreso una strada diversa e ci siamo convinti che, a seguito dell'introduzione delle modifiche al Titolo V, diventava necessario e non più differibile prevedere una struttura di Senato federale, ci sembra che la norma dell'articolo 86 della Costituzione, che voi confermate con l'articolo 21, comma 1, della vostra riforma, vada adeguata.
È ovvio che sarebbe più logico affidare la sostituzione del Presidente della Repubblica, nel caso in cui vi siano impedimenti all'esercizio delle sue funzioni, al Presidente della Camera politica e non a quello del Senato federale. Questo perché nella nostra costruzione, al contrario di voi, abbiamo previsto un vero Senato federale. Comprendiamo che non prestiate particolarmente attenzione alla problematica che abbiamo posto perché voi stessi non credete troppo al vostro Senato federale. Avete messo un nome a tale Senato, ma siete ben convinti di voler costruire una Camera politica com'era prima e come continuerà ad essere secondo la vostra configurazione.
Proprio rispetto a tale configurazione il problema è di scarso rilievo: potete essere coerenti e lasciare le funzioni di supplenza al Presidente del Senato. Poiché noi stiamo invece cercando di costruire - anche se non ci riusciamo visto che le nostre posizioni non vengono prese in considerazione - un ordinamento omogeneo e razionale, le funzioni di supplenza non possono che essere attribuite al Presidente della Camera.
Non ci convince la vostra impostazione. In realtà siete ben consci che non state affatto costruendo un sistema basato su una Camera politica ed una federale. State, ancora una volta, costruendo un sistema basato su due Camere politiche con una parvenza di attribuzioni di natura federale. Dunque, potete mantenere lo schema previsto dall'originario articolo 86 della Costituzione.
Non siamo d'accordo e voteremo a favore dell'emendamento soppressivo in esame.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà.

GIANCLAUDIO BRESSA. Signor Presidente, si tratta di uno degli articoli che rappresentano una spia delle vostra autentiche intenzioni. Come ricordava pochi istanti fa il collega Marone, è del tutto evidente che in una riforma del Parlamento in cui la Camera politica è la Camera dei deputati, il ruolo di supplenza del Presidente della Repubblica dovrebbe naturalmente coincidere con il Presidente della Camera dei deputati. È la Camera politica che deve garantire, in caso di difficoltà del Presidente Repubblica, la sostituzione dello stesso con il proprio Presidente.

Voi non siete di questa opinione e tradite le intenzioni sottese alla vostra proposta di riforma. È vero che avete acceduto alle nostre richieste di far sì che al Senato non vi fossero i rappresentanti delle circoscrizione Estero e che i senatori a vita non fossero più tali ma diventassero deputati a vita. La logica avrebbe voluto che tale processo di razionalizzazione fosse completato anche con l'attribuzione della supplenza del Presidente della Repubblica al Presidente della Camera. Così non è perché il vostro retropensiero ha prevalso su qualsiasi altra valutazione. Poiché il Senato che avete pensato nulla ha di federale ma è sostanzialmente una Camera politica appena appena affievolita, pensate bene che a sostituire il Presidente della Repubblica debba essere il Presidente del Senato.
Diverso sarebbe se il vostro Senato fosse veramente federale perché in tal caso il Presidente del Senato, in quanto rappresentante del mondo delle regioni e delle autonomie, avrebbe un titolo ed una legittimità ad essere supplente del Presidente della Repubblica. Così non è perché il vostro Senato è una Camera di rappresentanza politica.
Pertanto, non possiamo approvare la vostra impostazione e voteremo a favore dell'emendamento soppressivo in esame.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Alfonso Gianni. Ne ha facoltà.

ALFONSO GIANNI. Siamo di fronte ad un punto rivelatore del disegno della maggioranza: mantenere la sostituzione, in caso di impedimento del Presidente della Repubblica, in capo al Presidente del Senato - quando il Senato ha cambiato (almeno in parte) funzioni, composizione e modalità di elezione! - rivela l'intenzione di modificare totalmente la natura del nostro Stato e quindi di accentuare il processo di disgregazione dell'unità nazionale, con buona pace di quell'interesse nazionale, che alcuni colleghi della maggioranza hanno richiamato, seppure assai debolmente, in altre parti del testo da loro proposto.
Dobbiamo stare molto attenti su questo punto, perché i casi in cui il Presidente della Repubblica può essere sostituito dal Presidente di uno dei rami del Parlamento sono evidentemente molteplici e molto spesso rilevano sul piano dei rapporti con l'esterno, piuttosto che con l'interno, del nostro paese. Sembrerebbe quindi più logico, da ogni punto di vista, anche all'interno di una logica di accentuazione del carattere articolato della nostra istituzione statuale e anche all'interno di una visione federale, mantenere tali funzioni in capo a quello che, dei due rami del Parlamento, è l'organo politico per eccellenza e non credo possa esservi ombra di dubbio rispetto al fatto che l'organo politico con più marcate caratteristiche di questo tipo, anche nell'impostazione della maggioranza, sia la Camera rispetto al Senato.
Pertanto il nostro gruppo ritiene opportuno che siano spostate tali competenze al Presidente della Camera e questa è dunque la ragione dell'emendamento che abbiamo sottoscritto (Applausi dei deputati del gruppo di Rifondazione comunista).

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Bressa 21.70, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (
Vedi votazioni).
(Presenti 386
Votanti 379
Astenuti 7
Maggioranza 190
Hanno votato
151
Hanno votato
no 228).

Prendo atto che gli onorevoli Perrotta, Santori e Cusumano non sono riusciti ad esprimere il proprio voto.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 21.25 della Commissione, accettato dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (
Vedi votazioni).
(Presenti 378
Votanti 376
Astenuti 2
Maggioranza 189
Hanno votato
375
Hanno votato
no 1).

Passiamo alla votazione dell'emendamento Mascia 21.1.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mascia. Ne ha facoltà.

GRAZIELLA MASCIA. Signor Presidente, come hanno già detto i colleghi che mi hanno preceduto, l'assegnazione al Presidente del Senato delle funzioni di supplenza del Presidente della Repubblica ha una storia collegata alla composizione stessa del Senato della Repubblica, composto da membri più anziani rispetto a quelli della Camera, e persino una realtà, si diceva, in cui teoricamente la lotta politica sarebbe stata meno accesa. Questo poi in realtà non sempre è stato così, essendo comunque il Senato una Camera politica. Ad ogni modo, l'assegnazione di tali funzioni di supplenza al Senato della Repubblica (la Camera alta, come si è sempre detto) derivava dalla sua autorevolezza.
Oggi però siamo in una fase diversa, per quanto con visioni diverse, per ciò che riguarda il sistema parlamentare.
Il nuovo Senato federale perde il carattere dell'anzianità - vista la fissazione dell'elettorato passivo a venticinque anni -, il Presidente della Repubblica, coerentemente con tutto ciò, può essere eletto a quarant'anni ed ora occorre attribuire al Presidente della Camera l'autorevolezza che gli compete attraverso il riconoscimento allo stesso della supplenza del Presidente della Repubblica. Non esiste un problema di neutralità - come ci è stato risposto in sede di Comitato dei nove - in quanto, in un'occasione come questa, il dato che conta è quello dell'autorevolezza politica, che non può che essere assegnata al Presidente della Camera.
Dunque - come già accaduto in sede di votazione dell'emendamento relativo all'età -, spero vi possa essere un ripensamento.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Giachetti. Ne ha facoltà.

ROBERTO GIACHETTI. Signor Presidente, intervengo a titolo personale, al fine di fornire un contributo per migliorare un testo che, per le modifiche che introduce, riteniamo non solo inadeguato, ma dannoso.
Ritengo che, visti i ruoli dei Presidenti di Camera e Senato, sarebbe forse più opportuno che la supplenza, in caso di impedimento del Presidente della Repubblica, fosse affidata al Presidente della Camera piuttosto che a quello del Senato, in considerazione delle funzioni attribuite alle due Camere.
Per tale motivo, invito l'Assemblea ad esprimere un voto favorevole sull'emendamento in esame.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Mascia 21.1, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (
Vedi votazioni).
(Presenti 380
Votanti 375
Astenuti 5
Maggioranza 188
Hanno votato
142
Hanno votato
no 233).

Prendo atto che l'onorevole Cusumano non è riuscito a votare.

PIERO RUZZANTE. Chiedo di parlare per un richiamo al regolamento.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PIERO RUZZANTE. Presidente, dovremmo ora esaminare un emendamento sul quale vi sono diversi iscritti a parlare. L'articolo 39, comma 4, del regolamento prevede che nessun discorso possa essere interrotto o rimandato per la sua continuazione da una seduta all'altra; soprattutto, non può essere disgiunta la fase delle dichiarazioni di voto dalla votazione.
Dunque, essendo ormai le 13,25 ed essendo previsto che la seduta sia sospesa alle 13,30, le chiederei di rimandare l'esame di questo emendamento alla ripresa pomeridiana dei lavori.

PRESIDENTE. Onorevole Ruzzante, ritengo invece sia opportuno procedere all'esame dell'emendamento Boato 21.2. Già ieri sera si è verificato un episodio molto spiacevole, che ha toccato anche il rapporto di correttezza tra l'opposizione e il Presidente della Camera. Devo dirvi che sono rimasto molto male...
Dunque, procederemo fino alle 13,30 e, se a quell'ora l'esame dell'emendamento non fosse ancora concluso, continueremo fino alle 13,40 (Applausi dei deputati del gruppo della Lega Nord Federazione Padana).
Passiamo alla votazione dell'emendamento Boato 21.2.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Marone. Ne ha facoltà.

RICCARDO MARONE. Signor Presidente (Commenti del deputato Ruzzante)...

PRESIDENTE. Onorevole Ruzzante, non credo vi sia un obbligo per il Presidente della Camera di accogliere tutte le richieste dell'opposizione!
Sono le 13,25: se fossero state le 13,30, avrebbe avuto ragione lei. Lei lo sa, onorevole Ruzzante, perché ho avuto la premura di chiamarla alle 22: ieri sera è stato compiuto un atto anche scorretto nei confronti del Presidente della Camera, non da parte del suo gruppo, ma da parte di altri. Adesso sono le 13,25 e io intendo fare il notaio...
Onorevole Marone, ha facoltà di parlare.

RENZO INNOCENTI. Dove è la scorrettezza?

ANTONIO BOCCIA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Onorevole Boccia, adesso parlerà l'onorevole Marone. Successivamente potrà intervenire anche lei.

RICCARDO MARONE. Signor Presidente (Commenti)...

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, vi prego, fate parlare l'onorevole Marone!

RICCARDO MARONE. Signor Presidente, vorrei semplicemente ricordare che questo emendamento è consequenziale a quelli presentati in precedenza. La Costituzione vigente prevede un equilibrio tra gli articoli 85 e 86. Infatti, si recita che la supplenza deve essere svolta dal Presidente del Senato e che l'Assemblea per eleggere il Presidente della Repubblica è convocata e presieduta dal Presidente della Camera. Tali norme sono state così scritte perché la nostra Costituzione è stata sempre attenta all'equilibrio tra i poteri dei vari organi.
È ovvio, che, nel momento in cui abbiamo presentato il precedente emendamento con il quale si prevede la supplenza per il Presidente della Camera, conseguentemente ne abbiamo previsto un altro che, invece, trasferisce la competenza per quanto concerne la convocazione dell'Assemblea al Presidente del Senato. Questo, per mantenere e rispettare l'equilibrio previsto dalla nostra originaria Costituzione.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà.

GIANCLAUDIO BRESSA. Signor Presidente, sostanzialmente condivido le affermazioni fatte dall'onorevole Marone e, pertanto, rinvio alle argomentazioni da lui svolte in precedenza.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Olivieri. Ne ha facoltà.

LUIGI OLIVIERI. Signor Presidente, vorrei spiegare il motivo di questo emendamento, già ampiamente illustrato dal ragionamento dell'onorevole Marone.
È evidente che le riflessioni fatte riflettono la diversità di opinioni esistenti tra il centrosinistra e la maggioranza di Governo su chi deve essere il supplente del Presidente della Repubblica. Il centrodestra ritiene che debba essere il Presidente del Senato federale della Repubblica; noi, invece, riteniamo che questa sarebbe un'interpretazione corretta qualora non intervenisse la modifica di natura costituzionale che, al contrario, vi accingete ad approvare. Mi riferisco al fatto che il Senato diventerà Senato federale della Repubblica e non sarà più titolare del rapporto fiduciario verso il Governo né potrà ritenersi Camera politica, in quanto essenzialmente dovrà rappresentare i territori che costituiscono la Repubblica italiana.
A nostro giudizio, è evidente che la soluzione migliore è quella proposta dall'emendamento in oggetto.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Boato 21.2, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (
Vedi votazioni).
(Presenti 367
Votanti 361
Astenuti 6
Maggioranza 181
Hanno votato
131
Hanno votato
no 230).

PIERO RUZZANTE. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà. Come vede, onorevole Ruzzante, sono le 13,29 e le do la parola...

PIERO RUZZANTE. Signor Presidente, ho chiesto la parola sull'ordine dei lavori perché credo sia giusto resti agli atti che da parte dell'opposizione, in particolare da parte del gruppo che rappresento, ritengo non vi sia stata alcuna scorrettezza nella giornata di ieri - credo di poterlo dire - sia nei suoi confronti sia tantomeno nei confronti della Commissione. Peraltro lo si evince dal resoconto stenografico. Ieri, il collega Donato Bruno, su sua sollecitazione, ha detto che non si sarebbe proceduto alle votazioni sull'articolo 19. Si era passati agli interventi sul complesso degli emendamenti riferiti a tale articolo; quindi il presidente Bruno avrebbe espresso i pareri della Commissione, tanto che lei stesso, da quel microfono, ha comunicato ai colleghi che non si sarebbe votato, cosa che, peraltro, è avvenuta.
Quindi, non siamo andati fuori di una virgola da quanto comunicato a tutti i colleghi con riferimento all'esame degli emendamenti riferiti all'articolo 19.
Ora, il tempo di durata degli interventi dei colleghi dei gruppi dei Democratici di sinistra, della Margherita e degli altri gruppi di opposizione non lo stabiliscono - giustamente - né il Presidente della Camera, né i rappresentanti dei gruppi della maggioranza né il relatore, bensì il regolamento e le valutazioni di ciascun gruppo.
Ciò è quanto accaduto ieri. Non ritengo vi sia stata alcuna scorrettezza: il rapporto di lealtà e correttezza nei confronti della Presidenza della Camera, chiunque la rappresenti, ha sempre contraddistinto, nel corso della legislatura, il mio gruppo parlamentare e - ritengo - i gruppi di opposizione. Credo che quanto accaduto ieri risponda agli impegni in qualche modo assunti e che non vi sia stato alcun atto di scorrettezza da parte dei gruppi di opposizione.

PRESIDENTE. Onorevole Ruzzante, non voglio alimentare polemiche e pertanto non ritengo di tornare sull'argomento: intelligenti pauca! È inutile che continuiamo... Quando il Presidente della Camera constata, verso la fine della seduta, che vi sono numerosi iscritti a parlare, prende atto, con realismo, del fatto che è difficile che la votazione possa aver luogo entro un determinato tempo, e comunica, proprio per dare certezze di riferimento a tutti i parlamentari, della maggioranza e dell'opposizione, che non si voterà; a quel punto, immediatamente vengono meno tutti gli iscritti a parlare...

PIERO RUZZANTE. È una scelta!

PRESIDENTE. Dal punto di vista regolamentare è possibile; tuttavia, sotto il profilo del buon senso e della buona volontà per assicurare il corretto andamento dei lavori, non ritengo che si tratti di un atteggiamento corretto nei confronti della Presidenza, soprattutto in considerazione del fatto che la Presidenza stessa si era impegnata a favorire la conclusione della seduta in modo sereno.
Il seguito del dibattito è rinviato al prosieguo della seduta.

 

 

Si riprende la discussione (ore 15,36).

 

PRESIDENTE. Avverto che sono state ritirate le seguenti proposte emendative: gli identici emendamenti Boato 22.74 e Olivieri 22.71, Mereu 22.78, Burtone 22.79, Romoli 22.73, Zeller 22.75, Cossa 22.77, Elio Vito 22.201 e 30.200, nonché i subemendamenti 0.28.200.252 e 0.28.200.253 della Commissione.
Ricordo che nella parte antimeridiana della seduta è stato votato, da ultimo, l'emendamento Boato 21.2.

 

 

(Ripresa esame dell'articolo 21 - A.C. 4862 ed abbinate)

 

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'emendamento Leoni 21.3.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Carrara. Ne ha facoltà.

NUCCIO CARRARA. Signor Presidente, ancora una volta, ci troviamo di fronte ad un tema che non avrebbe dovuto rappresentare una questione lacerante fra maggioranza e opposizione. Per oltre cinquant'anni, secondo il dettato costituzionale, il Presidente del Senato è sempre stato la seconda carica dello Stato, colui il quale sostituisce il Presidente della Repubblica. Adesso, le opposizioni suggeriscono che questo ruolo debba essere affidato al Presidente della Camera.
Per la verità, i nostri colleghi dell'opposizione si sono sforzati di addurre argomentazioni a sostegno della loro tesi, ma esse sono fortemente contraddittorie rispetto ad argomentazioni precedentemente svolte. Ne cito una: quando si è dovuto stabilire il quorum per l'elezione del Presidente della Camera, nonostante si sia innovato il sistema vigente con l'introduzione di un quorum dei due terzi per le prime due votazioni, l'opposizione ha gridato allo scandalo, sostenendo che, comunque, avremmo mantenuto una clausola di chiusura che avrebbe riportato alla maggioranza assoluta la facoltà di eleggere il Presidente della Camera. Ma già oggi la maggioranza assoluta elegge il Presidente della Camera! Loro hanno sostenuto che in un sistema bipolare il Presidente della Camera avrebbe dovuto essere una figura di garanzia e, quindi, per la sua elezione si sarebbe dovuto richiedere un quorum rafforzato. A nulla è valsa l'argomentazione secondo la quale un quorum rafforzato avrebbe potuto anche bloccare l'elezione del Presidente della Camera. Ho citato, ad esempio, l'elezione di due giudici della Corte costituzionale eletti, dopo oltre nove mesi, alla dodicesima votazione. Ciò, ovviamente, è avvenuto perché noi eravamo maggioranza e loro opposizione e non credo che la responsabilità o il senso dello Stato abbia abbreviato i tempi.
Allora, mi domando: può il Presidente della Camera - che voi avete affermato essere Presidente di una parte politica perché eletto a maggioranza - sostituire il Presidente di tutti, che è l'organo di garanzia per eccellenza?
Anche se non avessimo alcuna argomentazione, sarebbe preferibile lasciare le cose come stanno. Ma noi oggi, con il Senato federale, abbiamo un'argomentazione in più per far sì che sia il Presidente del Senato e non quello della Camera a sostituire il Presidente della Repubblica, perché nel nuovo Senato federale non c'è più una divisione di parte, non c'è più una maggioranza e un'opposizione! Anzi, teoricamente, vi dovrebbero essere le rappresentanze del territorio, quindi il Senato dovrebbe rappresentare l'Italia nelle sue articolazioni. Quindi, domani il Presidente del Senato sarà naturaliter imparziale, naturaliter super partes e, comunque, sicuramente più imparziale del Presidente della Camera!
Vediamo in questa al nostro esame una proposta strumentale, volta forse a rallentare i lavori della Camera, e la consideriamo palesemente illogica.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mario Pepe. Ne ha facoltà.

MARIO PEPE. Signor Presidente, l'ipotesi formulata nell'emendamento presentato dalla sinistra di affidare la supplenza della Presidenza della Repubblica al Presidente della Camera politica avrebbe avuto senso se il Senato federale fosse stato composto da un numero fisso di senatori per ogni regione, così come avviene nel Senato degli Stati Uniti, dove lo Stato di Washington ha lo stesso numero di senatori dello Stato della California. Ma poiché il Senato federale è una Camera in cui sono rappresentate le regioni in maniera proporzionale al numero di abitanti, credo che la supplenza spetti al Presidente del Senato, perché esso è rappresentativo di tutti gli italiani (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia, di Alleanza Nazionale e dell'Unione dei democratici cristiani e dei democratici di centro)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Fontanini. Ne ha facoltà.

PIETRO FONTANINI. Signor Presidente, vorrei evidenziare ancora una volta lo strano comportamento da parte dell'opposizione, perché stiamo discutendo dell'articolo 86 della Costituzione, con riferimento al quale i cambiamenti rispetto al testo attuale della nostra Carta costituzionale sono minimali. Anzi, sono cambiamenti dovuti in pratica a norme già approvate da quest'Assemblea, che all'articolo 1 ha istituito il Senato federale della Repubblica. L'articolo 86 infatti, nel testo attuale della Costituzione, stabilisce che le funzioni del Presidente della Repubblica sono esercitate, nel caso in cui quest'ultimo non possa adempierle, dal Presidente del Senato; noi abbiamo solo specificato dal «Presidente del Senato federale della Repubblica»!

Sulla questione, signor Presidente, si è aperto un contenzioso incredibile in quest'aula, con una serie di disquisizioni da parte della sinistra che lasciano molto perplessi e che hanno evidenziato che il Senato federale della Repubblica e il suo Presidente non possono rappresentare una figura imparziale e super partes per poter svolgere le funzioni del Presidente della Repubblica nel caso in cui egli non possa adempierle. Questa è una cosa molto strana, che non riusciamo a capire. I colleghi della sinistra, che ci accusano di essere neocentralisti, non vogliono accettare questa nuova assemblea che è il Senato federale della Repubblica e il suo Presidente come esempio concreto di un'assemblea che trae origine e rappresenta un collegamento forte con il territorio, perché vuole rappresentare le istanze del territorio.
Abbiamo scritto tante volte nella Costituzione che la Repubblica italiana si compone di regioni, comuni, province e città metropolitane, proprio ad indicare queste componenti molto differenziate che svolgono le attività legislative ed amministrative all'interno della Repubblica federale.
Quindi, far esercitare al Presidente del Senato federale le funzioni di Presidente della Repubblica nel caso in cui quest'ultimo non possa adempierle significa, a nostro avviso, rispettare le esigenze del territorio e confermare il nuovo messaggio che questa riforma vuole lanciare, ossia una maggiore attenzione ad un potere non più centralizzato ma aperto alle istanze delle autonomie territoriali.
È incredibile che, in questo momento, la sinistra, attraverso il metodo dell'assenza dall'aula, cerchi di rallentare la riforma della Costituzione. È molto strano! Non riusciamo a comprendere questo atteggiamento che ci impedisce di andare avanti e di esaminare altri passaggi molto più importanti di quello in esame, riguardante la supplenza del Presidente della Repubblica.
Sarebbe opportuno che i colleghi della sinistra rientrassero in aula e che si riaprisse il dibattito. Questa mattina, si sono registrati momenti di convergenza con l'approvazione, quasi all'unanimità, da parte dell'Assemblea, di una proposta emendativa della sinistra. Invito i presentatori dell'emendamento Leoni 21.3 a ritirarlo e a procedere con l'esame di altri punti più qualificanti di questa riforma per un confronto più serio e più produttivo di quanto non lo sia in questo momento.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Cristaldi. Ne ha facoltà.

NICOLÒ CRISTALDI. Signor Presidente, siamo al solito «giochetto»: la sinistra non partecipa, ma accusa il centrodestra di non essere in grado di assicurare il numero legale...

MARCO BOATO. Basterebbe venire in aula a votare (Commenti dei deputati dei gruppi di Alleanza Nazionale e di Forza Italia)!

PRESIDENTE. Onorevole Boato, la richiamo all'ordine! In quest'aula, lei è uno degli esempi di correttezza. Non scada, per favore, anche lei...
Onorevole Cristaldi, continui.

NICOLÒ CRISTALDI. Ricordo un colloquio, qualche anno fa, con l'onorevole Napolitano (allora, era ministro dell'interno ed era stato anche Presidente della Camera); fu un colloquio non personale, ma in presenza di tante persone. Egli ebbe a criticare le posizioni di esponenti politici che utilizzavano il sistema della mancanza del numero legale per condurre una battaglia politica (Applausi dei deputati dei gruppi di Alleanza Nazionale e di Forza Italia).
Certamente, Napolitano stava - e sta - dall'altra parte, non dalla nostra. Mi permetto di essere pienamente d'accordo con il Presidente della Camera di allora, onorevole Napolitano, ed esponente del partito democratico della sinistra.
A nostro avviso, ricordare continuamente ai deputati della maggioranza il dovere di assicurare il numero legale è un gesto da contestare. Ogni parlamentare, sia della maggioranza sia dell'opposizione, ha il dovere di stare in aula e se le tesi di uno schieramento non sono condivise, ciascun parlamentare ha il dovere, oltreché il diritto, di alzarsi e di contestarle nel merito. Non condividiamo il metodo che è stato adottato, ossia passeggiare per le vie di Roma, mentre altri deputati compiono il loro dovere stando in aula. Questo «giochetto», che si ripete continuamente, non è soltanto un richiamo contro maggioranza. Attraverso di esso si lancia un segnale all'intero paese. L'intero paese, in questo momento, sta notando che, per contrastare le tesi del centrodestra, non agite con le parole, ma attraverso il metodo della diserzione dei lavori in aula. È una cosa che condanniamo!

MARCO BOATO. Andrebbe riferito ai colleghi della Casa delle libertà che sono assenti!

ROBERTO MENIA. Ma stai zitto!

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, onorevole Menia, per cortesia. Non fate questi duetti fuori dal seminato...!
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Perrotta, che è uno dei deputati più assidui e che spero contribuisca a mettere pace... Ne ha facoltà.

ALDO PERROTTA. Signor Presidente, non commento la situazione perché penso rientri nel gioco delle parti. Vorrei, invece, soffermarmi sull'emendamento Leoni 21.3 al nostro esame. Esiste un contrasto, una specie di follia nell'opposizione che, quando affrontiamo le riforme a maggioranza, vuole garanzie e, quando le facciamo a garanzia, le vuole a maggioranza. L'emendamento in esame è tipico di questo comportamento (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia e della Lega Nord Federazione Padana).
Abbiamo affermato che la seconda carica dello Stato deve essere il Presidente del Senato, perché il Presidente della Camera è espressione di una maggioranza e, quindi, per garantire l'imparzialità assoluta, nel caso venisse meno il Presidente della Repubblica, ci sembra naturale che il Presidente del Senato, un'Assemblea che non ha una maggioranza precostituita e dove vi sono anche rappresentanti delle regioni e delle province, impersonifichi tale garanzia per tutti i cittadini. Quando diamo il massimo della garanzia, però, la minoranza del Parlamento vuole che ci esprimiamo a maggioranza; mi sembra una pazzia collettiva. Vi prego di rinsavire, colleghi dell'opposizione, perché in Parlamento dobbiamo essere tutti più equilibrati (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia e di Alleanza Nazionale).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Stucchi. Ne ha facoltà.

GIACOMO STUCCHI. Grazie signor Presidente, intervengo sull'emendamento in esame per sottolineare l'importanza di mantenere la previsione della supplenza al Presidente del Senato federale. Proporre una modifica significherebbe delegittimare una figura che, al pari del Presidente della Camera, rappresenta l'intero paese ma, in aggiunta, usufruisce di un meccanismo di elezione cui partecipano componenti, esponenti, rappresentanti ed istituzioni territoriali. Questo ulteriore legame con il territorio, previsto all'interno del Senato federale che ha la sua massima rappresentazione nella figura del Presidente federale, permette di assegnare al Presidente di quella Assemblea un ruolo di garanzia, richiesto a chi è chiamato a sostituire il Presidente della Repubblica. La scelta corretta è continuare su questa strada ed è, perciò, da rigettare l'emendamento teso a modificare tale previsione.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Saia. Ne ha facoltà.

MAURIZIO SAIA. Signor Presidente, sull'emendamento al nostro esame il centrosinistra dimostra i propri limiti, in primo luogo di responsabilità politica. Siamo stupiti nel vedere che sia firmato da parlamentari quali Bressa e Leoni che, in Commissione affari costituzionali, hanno mantenuto, indipendentemente dalle proprie posizioni politiche, un atteggiamento di estrema responsabilità. Abbiamo sentito l'opposizione usare, per molto tempo, il termine «sovversivo» riferito all'atteggiamento del centrodestra in merito alle importanti modifiche costituzionali in esame. Penso, invece, che «sovversivo» sia questo emendamento, in quanto diretto a scardinare un aspetto rimasto fermo nella riforma costituzionale.
La figura, rafforzata ad ulteriore tutela, del Presidente del Senato federale assume maggiori garanzie con questa riforma proprio in quanto non espressione di una parte politica ma del territorio nazionale nel suo federalismo. Sembra che il centrosinistra voglia, a tutti i costi, con una palese scusa, scardinare ciò che, da oltre sessant'anni, è un punto fermo nella nostra Costituzione. Questo atteggiamento, speculare al comportamento che vediamo attuato in questo momento in Assemblea, dove non sono presenti i colleghi dell'opposizione che tentano in tutte le maniere di far mancare il numero legale in un passaggio così delicato e importante come l'esame dell'articolo 21, dimostra tutti i limiti della politica e della disomogeneità dei deputati del centrosinistra, che preferiscono essere assenti piuttosto che dimostrare le loro posizioni diverse sull'argomento.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Luciano Dussin. Ne ha facoltà.

LUCIANO DUSSIN. Signor Presidente, il tema delle garanzie è sicuramente assai importante. Al riguardo, concordiamo circa l'ipotesi secondo la quale, per i motivi dianzi richiamati, dovrebbe essere il Presidente del Senato a supplire alle eventuali assenze del Presidente della Repubblica.
Sottolineavo, in precedenza, come garanzie e imparzialità costituiscano temi attuali; a tutt'oggi, infatti, continuiamo ad assistere, a tale riguardo, a molti esempi negativi. Mi viene in mente il funzionamento del Consiglio superiore della magistratura e la stessa Corte costituzionale: organi costituzionali che vedono i propri membri schierati palesemente a favore o contro determinate aree politiche senza coscienza del proprio ruolo che, invece, dovrebbe caratterizzarsi per imparzialità e terzietà; organi che influiscono sull'approvazione delle leggi, materia di competenza di un Parlamento che, pur organo supremo e titolare della sovranità, è molto spesso ostaggio delle scelte fatte da altri; organi che, come ho già evidenziato, «sbandierano» la loro appartenenza politica senza avvertire mai il bisogno di smentire quanto gli organi di stampa, ed i mass media in genere, denunciano da ormai troppo tempo.
Quindi, il mio intervento è a sostegno della posizione assunta dal nostro movimento circa il tema della supplenza del Presidente della Repubblica; infatti, il Presidente del Senato rappresenta una figura che, rispetto al Presidente del Consiglio, assicura maggiore imparzialità.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Arrighi. Ne ha facoltà.

ALBERTO ARRIGHI. Signor Presidente, non sono generalmente abituato a stigmatizzare moralisticamente i comportamenti dei singoli deputati dei gruppi politici; credo di conoscere a fondo - e, a tale proposito, mi rivolgo ai colleghi del centrosinistra - l'uso legittimo degli strumenti di lotta politica, soprattutto nell'ambito delle misure normative appositamente approntate per regolamentare i lavori parlamentari. Ritengo, quindi, lecito, nel momento in cui si vuole fermare l'iter di un percorso politico non condiviso, utilizzare tutti gli strumenti consentiti. Tuttavia, debbo stigmatizzare alcuni atteggiamenti particolari.
Anzitutto, ritengo che si stia alquanto esagerando, nel momento in cui si «tocca» un aspetto serio ed importante della discussione ovvero la garanzia che il Presidente del Senato federale dovrebbe esercitare nei confronti del popolo italiano quando si sostituisce al Presidente della Repubblica e ne esercita il ruolo fondamentale. A mio avviso, infatti, si ravvisa al riguardo un atteggiamento quantomeno disattento da parte del centrosinistra.
Leggendo il regolamento nella parte in cui reca la disciplina della questione del numero legale, si rinviene una norma varata il 24 settembre 1997, quindi, immagino (non ero presente durante quella legislatura), sotto la Presidenza dell'onorevole Violante. Si tratta dell'articolo 48-bis, a norma del quale, al primo comma, si stabilisce che «è dovere dei deputati partecipare ai lavori della Camera». A mio avviso, tale dovere è riferito ai deputati di maggioranza come a quelli di opposizione; al riguardo, ritengo sia dovere di ciascun gruppo ricordare ai propri deputati la necessità della presenza.
Ritengo quindi che si tenda seriamente e «pesantemente» ad esagerare nel momento in cui si bloccano continuamente i lavori della Camera; non si può dichiarare l'intenzione di approvare una riforma costituzionale ampiamente condivisa dalle parti politiche e contemporaneamente cercare di bloccare i lavori del Parlamento, impegnato nel tentativo di approdare ad una riforma necessaria della Costituzione, necessaria perché richiesta da tutte le parti politiche in diversi anni e momenti della storia. Si tratta della necessità di modernizzare il nostro apparato costituzionale; nel momento in cui si sta arrivando al traguardo, non si può imputare alla maggioranza di non volere una riforma condivisa mentre invece si cerca di bloccare un percorso costituzionale.
Si tratta di un percorso che, si sa, è disciplinato da regole ben precise, le quali comportano anche tempi molto lunghi per quanto concerne la possibilità di riformare la Costituzione.
Stiamo affrontando una riforma importante, che solo questo Governo e questa maggioranza hanno avuto, nel tempo, il coraggio di proporre. Vorrei si tenesse presente che quando, nella scorsa legislatura, sono stati toccati alcuni capitoli della nostra Carta costituzionale, nemmeno allora questi incontrarono quel consenso che l'attuale maggioranza, invece, sta cercando di trovare, anche instaurando un dialogo con l'opposizione.
Temo, purtroppo, che molto spesso sia l'atteggiamento assunto dall'opposizione ad impedire oggi la possibilità di andare alla ricerca, fino in fondo, di quel dialogo. Posso comprendere come, su alcuni passaggi, esistano alcune difficoltà per il centrosinistra. Bene: il centrosinistra stia allora in Assemblea fino in fondo, e non cerchi tutte le volte di rimandare l'approvazione di articoli e di far saltare, attraverso la mancanza del numero legale, le sedute!
Vedete, onorevoli colleghi del centrosinistra, se voi foste tutti presenti, e noi non fossimo in aula in numero sufficiente, probabilmente avreste la possibilità di batterci...

PRESIDENTE. Onorevole Arrighi, concluda!

ALBERTO ARRIGHI. ... nell'approvazione di alcune proposte emendative: evidentemente, voi per primi siete colpevoli dell'assenza di dialogo e dell'incapacità di discutere sul merito del provvedimento in esame (Applausi dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Caparini. Ne ha facoltà.

DAVIDE CAPARINI. Signor Presidente, il tempo a nostra disposizione ci consente di approfondire la discussione su un punto che, a nostro avviso, riveste una notevole importanza simbolica. Attribuire al Presidente del Senato federale il potere di supplenza del Presidente della Repubblica assume, infatti, una connotazione che oltrepassa di molto la semplice sostituzione, come previsto dal testo della Costituzione vigente. In questo caso, infatti, in un'ottica di equilibrio tra poteri, si tratta di attribuire funzioni di supplenza al Presidente di quel Senato federale che assicura una rappresentanza diretta delle regioni, che vive in simbiosi con i consigli regionali e con il territorio e che, nell'ambito del procedimento legislativo, contempla anche la partecipazione dei governatori regionali.
In tal senso, le accuse che stanno alla base dell'emendamento soppressivo presentato dal centrosinistra dimostrano una sorta di comportamento «sclerotico». Mi riferisco a ciò che, purtroppo, nel corso del dibattito di questi giorni abbiamo avuto modo più volte di evidenziare, vale a dire il fatto che, a fasi alterne, l'attuale maggioranza viene tacciata di essere a volte «neocentralista», altre «iperfederalista»: Vorrei ricordare, al riguardo, che veniamo addirittura accusati di introdurre, all'interno del testo in esame, elementi che condurranno alla disgregazione del paese!
Tuttavia, all'atto pratico, nel momento in cui si tratta di trovare un bilanciamento tra poteri e funzioni - e dunque, nel caso di specie, individuare il soggetto che dovrà surrogare il Presidente della Repubblica in caso di suo impedimento, che noi proponiamo sia il Presidente del Senato federale (inserendo, pertanto, un elemento di rappresentanza del territorio che, in base al nuovo testo della Costituzione, possiede pari dignità) -, vorrei rilevare...

PRESIDENTE. Onorevole Caparini, concluda!

DAVIDE CAPARINI. ... che troviamo sinceramente strumentali, nonché frutto della confusione che regna all'interno del centrosinistra, le accuse di non avere una coerenza di fondo. Noi, invece, proprio per coerenza intendiamo mantenere un filo costante e diretto tra lo Stato, i poteri territoriali e le autonomie locali.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Potenza. Ne ha facoltà.

ANTONIO POTENZA. Signor Presidente, non so perché mi da la parola a titolo personale...

PRESIDENTE. Onorevole Potenza, mi scusi: ha facoltà di intervenire a nome della sua componente politica.

ANTONIO POTENZA. Da questa mattina, dalle ore 9,30, sono presente in aula. Mi sento ripetere alcuni concetti, quali «irresponsabile», «segnali politici», «sovversivi», «limiti della politica», «il dovere di un deputato».
Non capisco perché il ministro non sia preoccupato, per la parte politica. I segnali politici non arrivano certamente da una minoranza. Essi giungono da questa maggioranza che, in ogni occasione, fa mancare il numero legale. Non riesco, quindi, a concepire perché non si apra un discorso politico, invece di mettersi ad accusare una minoranza che non è presente.
Prima di me ha parlato un collega di Alleanza nazionale; parlava di segnali politici. I segnali politici sono evidenti nei confronti della Lega e dello stesso ministro. Perché non ne parliamo? Parliamo di questo. Parliamo del perché non si va avanti e del perché, da questa mattina, sto qui impalato ad aspettare che qualcuno ci faccia votare, in modo tale da poter dare il nostro voto responsabilmente, positivo o negativo che sia.
La verità è che, non sapendo che dire, addebitate ad altri realtà che non appartengono evidentemente al vostro testo, così come - allo stato attuale - è configurato.
Abbiate, dunque, la compiacenza di trasmettere agli italiani un messaggio di tipo diverso, che non è quello di chi si trova all'opposizione, ma di chi è nella maggioranza. Non avete il coraggio di ripetere che avete tanta insensibilità verso questo progetto di legge, che il ministro non trae le sue conclusioni, così come democraticamente dovrebbe essere, nel momento in cui viene a mancare lo spirito di collaborazione e di solidarietà nei suoi confronti (Applausi dei deputati dei gruppi Misto-Popolari-UDEUR, dei Democratici di sinistra-L'Ulivo, della Margherita, DL-L'Ulivo e Misto-Verdi-L'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Messa. Ne ha facoltà.

VITTORIO MESSA. Signor Presidente, sono parzialmente d'accordo anche con quanto poc'anzi diceva il collega dell'opposizione, il quale, però, è troppo intelligente per non capire che, evidentemente, le reprimende di qualche collega non si rivolgevano a lui, ma a chi, al contrario di lui, preferiva l'«Aventino», ossia essere assente.
Né mi compiaccio troppo di parlare dell'assenza dell'opposizione. È una scelta, l'ho già detto stamattina, che evidentemente essa ha inteso compiere: buon pro gli faccia! Ciò che mi lascia stupefatto è il contenuto di alcuni emendamenti. Colleghi dell'opposizione, assieme a tanti emendamenti di contenuto - che, indubbiamente, vi sono e sui quali abbiamo lavorato - ve ne sono altri assolutamente privi di senso.
Noi stiamo esaminando due emendamenti; con il primo alcuni di voi chiedono di sopprimere il nuovo testo dell'articolo 86 della Costituzione, mantenendo, quindi, il testo attuale, che prevede che, in caso di supplenza, è il Presidente del Senato a fare le veci del Presidente della Repubblica. Con l'emendamento immediatamente successivo voi proponete, invece, che anziché il Presidente del Senato sia il Presidente della Camera dei deputati a svolgere le funzioni di supplenza del Presidente della Repubblica. Dovete, dunque, mettervi d'accordo tra voi.
È evidente - sia a noi, sia a tutta la maggioranza ed a tutti gli italiani - che se la maggioranza avesse proposto che, in caso di supplenza, il ruolo del Presidente della Repubblica dovesse essere svolto dal Presidente della Camera, voi avreste presentato un emendamento di segno assolutamente opposto, solo per il vezzo, o il piacere, di presentare emendamenti privi di contenuto serio.
Non contesto - l'ho già detto stamattina - il diritto dei deputati dell'opposizione di rimanere alla buvette. Non lo contesto assolutamente, ma stigmatizzo il contenuto di alcuni emendamenti che non hanno assolutamente senso e che, anzi, sono in contrasto con altri emendamenti che portano le firme degli stessi colleghi dell'opposizione.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Gibelli. Ne ha facoltà.

ANDREA GIBELLI. Intervengo per denunciare un atteggiamento contraddittorio del centrosinistra, che da circa quindici giorni ci impegna su questo provvedimento di importanza straordinaria, vista la portata delle modifiche della Carta costituzionale. Se, da una parte, il centrosinistra continua a sostenere l'idea di avere un Parlamento al centro dell'azione democratica, con tutte le condizioni di garanzia, con questi emendamenti, che riguardano sostanzialmente un'opinione diversa rispetto ai poteri sostitutivi delle funzioni del Capo dello Stato, non si capisce perché, dall'altra, si propone di nominare il Presidente della Camera. Evidentemente il Presidente del Senato federale rappresenta più complessivamente tutta la Repubblica proprio nella direzione già indicata nel Titolo V, ossia quella di avere una serie di organi non subordinati uno all'altro, ma su pari livello istituzionale. Quindi, migliore elemento di garanzia non potrebbe che essere il Presidente del Senato federale.
Addirittura, vista la composizione, non è necessario che il Senato federale sia strettamente collegato ad una maggioranza politica e ciò è ancor più evidente per la presenza di altri soggetti istituzionali. Ancora una volta si cerca il dialogo politico e il confronto sui giornali, ma è bene che i nostri radioascoltatori sulle dirette radio sappiano che il centrosinistra qui dice una cosa e fuori ne fa un'altra, qui ci chiede garanzie a parole e poi si lamenta sui giornali rispetto alla necessità di costruire un dialogo.
Il dialogo non si costruisce con i sordi e non si costruisce con chi nemmeno crede alle proprie idee. Abbiamo elencato almeno un centinaio di interventi di parlamentari del centrosinistra che hanno dichiarato, sia nel metodo che nel merito, essere un errore la riforma del Titolo V. È impensabile oggi dare titolo di credito a chi non crede alle proprie idee.

Per rispondere ai colleghi di centrosinistra che sono intervenuti, debbo dire che non capisco perché si imputa soprattutto questa parte della riforma solo alla Lega. Penso che nella maggioranza il contributo di tutti i partiti porti a risultati di grandissimo equilibrio che qui stiamo votando e rigetto le accuse di chi si presenta in quattro in aula facendo buon viso a cattivo gioco...

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Airaghi. Ne ha facoltà.

MARCO AIRAGHI. Stiamo discutendo in questo momento di un articolo particolarmente importante, l'articolo 21 relativo alla supplenza del Presidente della Repubblica.
È del tutto evidente e appare agli occhi di tutti quanto sia grave e delicata la situazione in cui si debba ricorrere ad un supplente del Presidente della Repubblica. Perciò, appare ancora più sconvolgente la decisione di questa opposizione di non discutere un tema così cruciale per il nostro paese.
Capiamo anche le motivazioni per cui questa opposizione non ha una linea politica comune: obbedisce al comando di un presunto leader, che non è nemmeno parlamentare, e non è autorizzato da un voto popolare, e che li comanda a bacchetta.
La totale assenza di linea politica rispecchia la totale assenza di qualsiasi intervento in favore dell'Italia fatto da questo leader durante la sua Presidenza dell'Unione europea. Anzi, essa è stata completamente tesa a danneggiare il nostro paese per danneggiare il Governo di centrodestra. Quindi, è chiaro che, in assenza di idee, l'unica possibilità dell'opposizione è un'opposizione distruttiva, un'opposizione allo sfascio e che, quindi, è semplicemente di ostruzionismo rispetto a questa nostra riforma.
Ripeto ancora una volta: la disponibilità al dialogo è stata ampiamente dimostrata in questi giorni anche grazie all'attenzione ed all'intelligenza dei nostri rappresentanti al Comitato dei nove che hanno accolto diverse proposte emendative dell'opposizione.
L'emendamento in esame, presentato da autorevoli esponenti dell'opposizione, consentirebbe un interessante confronto sul merito tra maggioranza ed opposizione. Si tratta di decidere se attribuire la responsabilità della supplenza del Presidente della Repubblica al Presidente del Senato federale della Repubblica oppure, come proposto dall'emendamento, al Presidente della Camera dei deputati. Sarebbe sicuramente interessante ascoltare le motivazioni addotte dall'opposizione per la proposta avanzata.
Sono convinto della bontà della scelta attualmente proposta nel testo perché il Presidente del Senato federale della Repubblica ha la funzione di rappresentare l'intero territorio nazionale e, soprattutto, non ha alcun vincolo di maggioranza. Pertanto, la formulazione proposta dal disegno di legge mi sembra di assoluta garanzia e voterò contro l'emendamento in esame.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole D'Agrò. Ne ha facoltà.

LUIGI D'AGRÒ. Signor Presidente, mi pare frustrante per un parlamentare intervenire in queste condizioni in aula. L'argomento si è prestato ad una logica di muro contro muro. La maggioranza stamattina aveva avuto le avvisaglie di quanto sarebbe potuto avvenire nel pomeriggio. La stranezza è che non ha preso le contromisure necessarie ed anche ora siamo in questa sede ad intervenire a titolo personale per tentare di mettere insieme il numero legale per poter procedere utilmente nei nostri lavori.
Il concetto di muro contro muro ha evidenziato sostanzialmente tre aspetti. In primo luogo, vi è stato un grande disinteresse da parte di molti parlamentare nel dibattito. I più hanno appaltato ai membri della Commissione affari costituzionali l'onere e l'onore di partecipare al dibattito e di confrontarsi all'interno del Comitato dei nove per poter procedere ad una riforma così importante per il nostro paese.
In secondo luogo, nelle pochissime occasioni in cui si è alzato il tono ed il dibattito ha preso consistenza molti hanno partecipato con proprietà di causa cercando di apportare quelle modifiche necessarie affinché quanto prefiguriamo abbia un significato profondo di cambiamento per il nostro paese. I casi sono stati, purtroppo, troppo pochi, ma in quel momento anche l'opposizione ha partecipato degnamente al dibattito con una prospettiva diversa da quella del referendum.
In terzo luogo, credo che quando finiremo questo lunga ed estenuante battaglia pochi nel paese avranno capito fino in fondo cosa abbiamo compiuto e vi sarà un vulnus profondo della vera democrazia. Il risultato sarà che questo Parlamento avrà fatto una riforma che altri immediatamente vorranno modificare senza quel patto di solidarietà che dovrebbe essere profondissimo in una logica democratica per cui quando si riesce a cambiare qualcosa ciò ha un significato per il futuro del paese.
Si tratta di un dato fondamentale del nuovo confronto politico che è in atto, un confronto in cui la ragione ha perso il proprio significato e la ricerca del proprio tornaconto è evidente anche nel vuoto di quest'aula.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Vascon. Ne ha facoltà.

LUIGINO VASCON. Credo, signor Presidente, come molti dei miei colleghi, che sia avvilente essere in quest'aula, non tanto per l'assenza dell'opposizione, quanto per la mancanza di parecchi componenti la maggioranza (Applausi dei deputati del gruppo della Lega Nord Federazione Padana). Questa è una cosa che purtroppo si ripete troppo spesso.
Ricordo però ai colleghi che, per l'approvazione di determinati provvedimenti legislativi, i banchi erano pieni (e questo è un richiamo ai doveri). Penso, ad esempio, alla legge Gasparri, quando c'eravate tutti. Questa volta, in occasione di un passaggio parlamentare così importante, mancano gran parte dei nostri colleghi.
Quindi un esame di coscienza dobbiamo farlo all'interno della Casa delle libertà (Applausi dei deputati del gruppo della Lega Nord Federazione Padana e di deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-L'Ulivo e della Margherita, DL-L'Ulivo)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Guido Giuseppe Rossi. Ne ha facoltà.

GUIDO GIUSEPPE ROSSI. Condivido anch'io, signor Presidente, le considerazioni del collega Vascon. Al tempo stesso, credo che dobbiamo chiarire ai cittadini, che stanno seguendo i nostri lavori, che quello che sta avvenendo, che è la fotocopia di quanto avvenuto questa mattina, evidenzia una minoranza che si sottrae scientemente al dibattito e che, contemporaneamente, accusa la maggioranza di non essere adeguata al dibattito stesso.
È una sorta di schizofrenia, che ha i suoi effetti negativi, che a mio avviso sono anche effetti politicamente perversi. Infatti, tutto il dibattito portato avanti sino ad oggi dai colleghi dell'opposizione verteva su un filo conduttore comune: la perdita di centralità del Parlamento rispetto al potere esecutivo e rispetto ad altri poteri. Questo è un tema importante e serio, che affronta la perdita di rappresentatività delle Assemblee legislative, ma paradossalmente oggi (ma anche nelle giornate passate) l'attività di ostruzionismo arriva da un input di carattere extraparlamentare, perché la conduzione politica di questo ostruzionismo arriva dal signor Romano Prodi, che è la quintessenza dell'extraparlamentarietà, ovviamente non intesa nel senso che aveva negli anni Settanta, bensì nel senso di una volontà politica che è estranea al Parlamento stesso (Applausi dei deputati del gruppo della Lega Nord Federazione Padana)...

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Cola. Ne ha facoltà.

SERGIO COLA. Dobbiamo ringraziare l'opposizione per questa forma di ostruzionismo, perché ha dato finalmente la possibilità a quasi tutta la maggioranza di interloquire e di rappresentare, a mio modo di vedere, il convincimento e la piena adesione alla riforma costituzionale che stiamo approvando. Per la verità, non so se questo emendamento abbia un carattere «sportivo», nel senso di essere meramente dilatorio, oppure se abbia tutti i crismi del convincimento della fondatezza dello stesso. Se così fosse, mi permetto di ricordare, soprattutto a Marone, a Bressa, a Boato, che intervengono quotidianamente e continuamente, che mi pare abbiano veramente peccato di irrazionalità, nel momento in cui hanno proposto siffatto emendamento. È infatti un emendamento che a mio avviso contrasta con tutto l'assetto normativo del provvedimento...

PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Cola.

SERGIO COLA. Ma, signor Presidente, ho già finito il tempo?

PRESIDENTE. Sì, onorevole Cola, il tempo a sua disposizione è terminato. Tuttavia, forse sono stato eccessivamente fiscale con lei. Pertanto, se vuole continuare per altri 30 secondi, ne ha facoltà.

SERGIO COLA. La ringrazio, signor Presidente. Ho ascoltato con attenzione l'arguzia dell'onorevole Gerardo Bianco, nel momento in cui proponeva di cambiare nome al Senato, dato che, fissando l'età per essere eletto senatore a venticinque anni, non c'è più il senex, ma il giovane. Forse questa ragione ha indotto a presentare questo emendamento, ma la sua irrazionalità consiste nel fatto che ci sono altre ragioni che inducono a ritenere giusta la scelta del Presidente del Senato quale supplente del Presidente della Repubblica.
Infatti, com'è stato sottolineato reiteratamente, il Senato federale non è un organo squisitamente politico, ma un organo il cui Presidente rappresenta con obiettività e non con faziosità la politica italiana.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Boato. Ne ha facoltà.

MARCO BOATO. Signor Presidente, cercherò di essere il più possibile garbato. Vorrei svolgere una breve osservazione di metodo e una di merito.
La questione di metodo. Se fossi un capogruppo della maggioranza, prenderei il resoconto stenografico dell'intervento del collega Cesare Rizzi di questa mattina e lo infilerei nelle caselle di tutti i deputati della Casa delle libertà; se fossi un capogruppo della maggioranza, non cambierei una virgola a quanto affermato dall'onorevole Rizzi.
Tuttavia, dico ciò non ai deputati presenti - altrimenti mi comporterei come quell'insegnante che, quando si faceva qualche piccolo sciopero da ragazzi, criticava gli alunni in classe per protestare con quelli che avevano fatto sciopero -, che hanno tutto il mio rispetto. Suggerirei ai colleghi della Casa delle libertà presenti in aula di interloquire con quelli che stanno a spasso, in quanto ritengo che, se questa è davvero una riforma di portata straordinaria, forse la convinzione sulla straordinarietà della stessa dovrebbero esprimerla partecipando ai lavori della Camera dei deputati. Un collega, questa mattina, ha parlato della mancanza di spirito costituente e lo avevo visto entrare in aula cinque o sei minuti prima, mentre la maggior parte di voi era in quest'aula da quasi due ore.
Nel merito, si può non condividere questo emendamento, che qualcuno ha definito strumentale, sovversivo, confuso, privo di contenuto e contraddittorio. Tuttavia, si tratta di un emendamento perfettamente coerente con la proposta di riforma costituzionale che vi abbiamo prospettato attraverso tutte le nostre proposte emendative. Vi abbiamo proposto che i Presidenti di Camera e Senato, alla fine, siano eletti dai due terzi dei votanti con una maggioranza non inferiore alla maggioranza dei componenti e, quindi, con Presidenze di garanzia sia alla Camera sia al Senato. Ovviamente, avete fatto una scelta diversa, abbassando la soglia di garanzia.
La nostra proposta, in base alla quale il supplente del Presidente della Repubblica dovrebbe essere il Presidente della Camera politica, espressa però con un quorum di garanzia, è perfettamente coerente con tutte le altre proposte emendative che abbiamo presentato. Si può non condividerla, ma occorrerebbe quanto meno rispettarla!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Olivieri. Ne ha facoltà.

LUIGI OLIVIERI. Il nostro emendamento - che, nonostante il parere contrario della Commissione e del Governo, ci auguriamo sia approvato - cerca di porre rimedio ad una evidente contraddizione del testo. Infatti, suggeriamo di sostituire le parole: «del Senato federale della Repubblica» con le seguenti: «della Camera dei deputati». Penso che sia intellegibile il motivo.
Non sono altrettanto comprensibili, invece, le ragioni per le quali avete suggerito, in qualità di supplente, il Presidente del Senato federale della Repubblica (nome che tale organo dovrebbe assumere se la riforma diventerà effettivamente legge costituzionale), figura senz'altro prestigiosa e autorevole, che presiederà una Camera sicuramente importante, ma non politica. Sotto questo punto di vista, la seconda carica dello Stato - come organo di garanzia e imparzialità, nonché soggetto che rappresenta in sé l'unità del paese e della Repubblica - non può che essere il Presidente della Camera.
Al contrario, il vostro ragionamento potrebbe essere corretto qualora non intervenisse la modifica sostanziale del superamento del bicameralismo perfetto. Fino ad oggi, le due Camere si distinguono per ragioni di età - quindi, per diritto elettorale passivo -, mentre le competenze nonché il rapporto politico e fiduciario con il Governo sono analoghi tra i due rami del Parlamento. Con la vostra proposta di modifica, non si coglie la ragione di negare l'evidenza della nostra proposta emendativa.
Per tale ragione, spero che i colleghi, non solo dell'opposizione ma anche della maggioranza, votino favorevolmente sull'emendamento Leoni 21.3.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Giachetti. Ne ha facoltà.

ROBERTO GIACHETTI. Signor Presidente, vorrei intervenire a titolo personale e vorrei sapere quanto tempo ho a disposizione...

PRESIDENTE. Ha a disposizione un minuto, ma lei sa che sono tollerante. Quindi, se parla anche per un minuto e mezzo...

ROBERTO GIACHETTI. Signor Presidente, le spiego un attimo. Dal momento che qualche intervento è durato oltre tre minuti e mezzo....

PRESIDENTE. È vero, capita spesso con i colleghi del centrosinistra e anche con quelli del centrodestra. Se mi chiedete di essere fiscale, potete stare tranquilli che lo sarò. Se è una richiesta di tutti....

ROBERTO GIACHETTI. Presidente, se posso concludere la mia richiesta, vorrei farlo...
Dal momento che lei ha fatto un'eccezione per gli altri colleghi, relativamente all'emendamento in oggetto, credo che almeno tre minuti e mezzo debba averli anch'io...

PRESIDENTE. Tre minuti e mezzo magari no, ma certamente...

ROBERTO GIACHETTI. Signor Presidente, allora approfitterò delle registrazioni di Radio Radicale per mandarle gli interventi, così potrà rendersi conto di quanto sono durati. Si accorgerà che sono durati anche oltre tre minuti e mezzo. Comunque, mi farò bastare due minuti. Spero, almeno, di avere la libertà di divagare, così come hanno fatto tanti miei colleghi, e di non essere costretto a parlare sul merito dell'emendamento, bensì sul metodo. Credo, infatti, che in quest'aula ciascuno di noi debba avere gli stessi diritti.
Signor Presidente, abbiamo ascoltato dai colleghi della maggioranza molte affermazioni che non rispondono al vero. Allora, sarebbe utile, per coloro che ci ascoltano per radio, sapere che ancora la maggioranza non è in grado di assicurare il numero legale. I colleghi della maggioranza hanno parlato nelle stesse condizioni in cui parlano quelli dell'opposizione, ovvero con tutti i colleghi della maggioranza fuori dall'aula e che vi entrano soltanto per votare ed assicurare il numero legale. Tuttora, non c'è il numero legale e, quindi, i colleghi della maggioranza oggi sono stati costretti a parlare senza l'opposizione. L'opposizione, infatti, al momento di passare ai voti, non ha mai mancato di essere presente, tanto che non risulta alcuna votazione effettuata senza il numero legale.
Peraltro, è anche giusto sottolineare - è passato un minuto, e quindi credo di avere ancora a disposizione qualche secondo per terminare il mio intervento - che è del tutto evidente - bisogna pur far sapere come vanno le cose in quest'aula a chi non può assistere alla seduta - lo scontro che sta avvenendo in questa sede tra alcuni partiti dell'opposizione. Il gruppo di Alleanza nazionale ancora non ha portato in aula neppure la metà dei propri deputati, che invece dovrebbero essere qui a votare il provvedimento. L'onorevole Rizzi e i colleghi della Lega hanno ampiamente messo in evidenza questo scontro. Lo abbiamo letto stamattina sui giornali; forse riguarda la legge finanziaria e non necessariamente il provvedimento in oggetto. Chissà, magari si aggiunge ai problemi nati con questo provvedimento e che proseguono con la finanziaria (Commenti)...

FILIPPO ASCIERTO. Pensa a Prodi e Rutelli!

GIORGIO BORNACIN. Pensa a Prodi e D'Alema!

ROBERTO GIACHETTI. Signor Presidente, sento un certo brusio.
È evidente ed è bene che si sappia, anche fuori da quest'aula: altro che opposizione che non consente di lavorare! La maggioranza è spaccata, divisa, spappolata, esattamente come era tre mesi fa, e sta riproponendo la stessa sceneggiata sulla riforma costituzionale (e tra poco lo farà anche sulla legge finanziaria), ai danni del paese.

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, vorrei fare il punto della situazione dal punto di vista organizzativo.
Come già sapete, al termine dei lavori di oggi sul disegno di legge costituzionale, l'ordine del giorno prevede l'esame e la votazione di una questione pregiudiziale riferita al decreto-legge n. 220 del 2004. Verso le ore 19,30-20 - lasciatemi un minimo margine di flessibilità - l'Assemblea voterà la pregiudiziale di costituzionalità.
Ricordo anche che sono previste votazioni nella mattinata di domani, con la conseguente necessità, per i colleghi, di essere presenti, così come, presumibilmente, lunedì pomeriggio. Dico «presumibilmente» soltanto per correttezza nei confronti della Conferenza dei presidenti di gruppo, che si riunirà domani alle 13 per decidere le modalità di prosecuzione dei nostri lavori.
Richiamo tutti i colleghi, sia della maggioranza sia dell'opposizione, alla necessità di essere presenti, dal momento che ci troviamo nella fase conclusiva dell'esame del disegno di legge di revisione costituzionale, soprattutto se vi è la volontà di terminare tale esame.

 

 

Si riprende la discussione.

(Ripresa esame dell'articolo 21 - A.C. 4862 ed abbinate)

 

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Duilio. Ne ha facoltà.

LINO DUILIO. Signor Presidente, mi consenta di prendere spunto dalla sua raccomandazione ad essere presenti.
Ho ascoltato i colleghi della maggioranza dileggiare l'opposizione per la sua assenza. Ricordo che stiamo discutendo la riforma della Costituzione, rispetto alla quale abbiamo una posizione di radicale dissenso. Abbiamo peraltro già fatto presente che abbiamo intenzione di utilizzare l'unico strumento che ci consentirà di valutare la bontà di tale testo, vale a dire il referendum. Mi spiace, tuttavia, che il Presidente consenta che si dileggi l'opposizione, con un esercizio verbale che tende a nascondere il fatto che la maggioranza, che dovrebbe essere presente in quanto intende approvare il provvedimento, sia invece assente.
Ritengo pertanto che tale modo di fare sia offensivo e gratuito. Stiamo discutendo sullo stravolgimento radicale del disegno costituzionale, stiamo sostanzialmente archiviando la storia del nostro paese e la maggioranza, che si assume questa responsabilità, intende portare avanti il provvedimento senza avere neppure la capacità di assicurare il numero legale. Ritengo che tale modo di fare sia gratuito e offensivo nei confronti dell'opposizione, e la raccomandazione del Presidente ad essere presenti va rivolta in primo luogo alla maggioranza.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Ruta. Ne ha facoltà.

ROBERTO RUTA. Signor Presidente, intervengo brevemente per sottolineare come questa mattina si sia avuta la dimostrazione palese del disinteresse e del lassismo con cui si sta svolgendo, da parte della maggioranza, l'esame della riforma e con cui si vive lo spirito della riforma stessa. C'è una volontà sotterranea: auspichiamo che non sia predominante e che non si stiano giocando in realtà sulla riforma costituzionale altre questioni.
Siamo convinti che la decisione del Presidente della Camera di espungere, su richiesta di un gruppo della maggioranza, alcune norme contenute nel disegno di legge finanziaria abbia provocato e stia provocando dissapori. Auspichiamo che da ciò non derivino ripercussioni sull'esame della riforma. Se così non fosse, ci troveremmo di fronte alla dimostrazione concreta del fatto che questa maggioranza non comprende compiutamente il senso della modifica costituzionale che sta portando avanti e la sua rilevanza.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Lettieri. Ne ha facoltà.

MARIO LETTIERI. I colleghi che mi hanno preceduto hanno già avuto modo di evidenziare le modalità davvero indecorose con le quali si sta procedendo alla discussione sulla riforma della nostra Costituzione. È chiaro che la responsabilità di ciò va interamente addebitata alla maggioranza.
Mi rendo conto, però, che i riverberi negativi di questa situazione sull'opinione pubblica riguarderanno l'intero Parlamento. È bene allora che i cittadini italiani sappiano che questa maggioranza non è in grado neanche di garantire la presenza dei propri parlamentari al momento della discussione e del voto!
Tutto ciò accade perché, oggettivamente, manca la tensione ideale per affrontare una riforma di questa portata. Certo, qualche sussulto vi è stato grazie alla presentazione di alcuni emendamenti a firma dell'onorevole Tabacci e grazie agli interventi autorevoli dei colleghi Bressa, Soda e Gerardo Bianco. Ma poi tutto è scaduto in un rituale mortificante anche per il ruolo dei parlamentari. Va preso atto, allora, di questa situazione intollerabile ed offensiva per il Parlamento e il paese, e occorre rinunciare a questo progetto; altrimenti, ce lo imporrà il popolo con il referendum. Sarebbe stato opportuno avere la forza ed il coraggio di nominare un'Assemblea costituente.
Signor Presidente, lei interviene sui grandi temi che riguardano il paese. Ultimamente ha preso posizione sulla necessità di riformare la normativa in materia di risparmio, della quale peraltro non parlerò. Ebbene, una sua autorevole sollecitazione affinché la maggioranza ritiri questo provvedimento sbagliato credo sarebbe quanto mai opportuna (Applausi dei deputati del gruppo della Margherita, DL-L'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Ruggeri. Ne ha facoltà.

RUGGERO RUGGERI. Penso che la maggioranza (che conta circa 100 deputati in più) stia dimostrando che i suoi numeri non sono sufficienti per procedere. Probabilmente il Governo (che fatica ad andare avanti e sta facendo mille promesse senza mantenerne una) si trova di fronte ad una riforma costituzionale senza avere la capacità di proseguire il percorso iniziato. State bloccando il Parlamento, state bloccando il paese! Non avete la possibilità di proseguire nei lavori; state ancora contrattando su aspetti che riguardano i vostri partiti, e non gli interessi nazionali!
Mi trovo d'accordo con chi, oggi, sostiene la necessità di un vero ritorno alla politica, al di là del maggioritario e del proporzionale. Il ritorno alla politica vuol dire mediazione degli interessi, dei valori, e non contrattazione! Oggi stiamo assistendo, invece, ad una contrattazione, ad uno scontro!
Il presidente della Commissione sta lavorando molto bene e con serietà; mi sembra, però, che dietro tutto ciò vi siano dei giochi che egli non riesce a governare. Quando viene, volutamente, a mancare il numero legale a causa del comportamento della maggioranza vuol dire che siamo giunti al ridicolo, come è ridicolo il vostro Governo (Applausi dei deputati del gruppo della Margherita, DL-L'Ulivo)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Rizzi. Ne ha facoltà.

CESARE RIZZI. Signor Presidente, è da 15 giorni che sento dire che l'Assemblea è bloccata. Sono stati chiamati in causa il popolo e l'interesse nazionale. In verità, il tempo a disposizione era ed è moltissimo. Anzi, a dire il vero, uno dei tanti aspetti positivi è proprio l'aver consumato del tempo.
Ma l'elemento più importante, il più grosso problema che abbiamo di fronte riguarda proprio lei, signor Presidente. Sono convinto che con l'ostruzionismo si sia permesso all'opposizione di portare via molto tempo con i suoi interventi, almeno due o tre ore; ebbene, non vorrei che lei, signor Presidente, concedesse dell'altro tempo, perché ciò significherebbe che abbiamo lavorato per nulla.

PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Rizzi. Il Presidente, i problemi, di solito, se li risolve da solo, come dimostrato ampiamente in questi tre anni.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Banti. Ne ha facoltà.

EGIDIO BANTI. La stagione balneare è ormai conclusa, mentre quella delle settimane bianche invernali non è ancora iniziata. Non credo allora che siano delle ragioni «vacanziere» ad indurre molti nostri colleghi a non partecipare ai lavori di questa sessione costituente. Credo che significherebbe recare oltraggio a questi nostri colleghi, mentre è giusto riconoscere in sede politica che, se non sono presenti, vuol dire che vi è una ragione politica. Allora, il dovere dell'opposizione non può che essere quello di rimarcare la presenza di un dissenso evidente nelle file della maggioranza, una maggioranza che pensa legittimamente, con cento voti di margine, di poter portare a casa una riforma costituzionale in maniera autosufficiente e che si accorge di non poterlo fare. E noi che altro dobbiamo fare se non rimarcarlo...?
Collega Rizzi, è un'ora e mezzo che parlate voi! Non è che il tempo l'abbiamo tolto noi all'andamento dei lavori parlamentari! Se parlate voi, è perché c'è un problema politico e i problemi politici si debbono risolvere in maniera - appunto - politica, riaprendo un dialogo, ma serio e fondamentale, fra maggioranza ed opposizione su questi temi: quello che fin qui non è avvenuto, signor Presidente (Applausi dei deputati dei gruppi della Margherita, DL-L'Ulivo e dei Democratici di sinistra-L'Ulivo)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Frigato. Ne ha facoltà.

GABRIELE FRIGATO. Signor Presidente, anch'io sono stato, come molti colleghi, presente in queste giornate, stamattina e anche oggi pomeriggio, dalle 15,30. Siccome noi non condividiamo questa riforma, che è obiettivamente pasticciata, confusa e autoritaria, un insieme costituito da una mediazione che si sta rivelando impossibile, usiamo e useremo tutti gli strumenti che il regolamento della Camera mette a disposizione delle forze di opposizione.
Guardatevi in casa, colleghi della maggioranza! Mancano cento o centocinquanta deputati, costantemente, durante i lavori di quest'aula e sono tutti da rintracciarsi nelle file della maggioranza! Non credo si tratti di una assenza occasionale, né di una assenza priva di significato; sono assenze che hanno un significato politico e che dicono anche a voi di fermarvi rispetto ad una riforma che non porta elementi positivi per il futuro del nostro paese.
Noi ve l'abbiamo chiesto: fermatevi, fermiamoci, ragioniamo ulteriormente! Mi pare che questo messaggio arrivi anche da tanta parte dei banchi della maggioranza.

PRESIDENTE. Colleghi, d'ora in avanti sarò un po' più severo: va bene che si utilizzi il tempo assegnato, però bisognerà anche procedere con le votazioni.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Carbonella. Ne ha facoltà.

GIOVANNI CARBONELLA. Signor Presidente, capita sempre a me...!
Vorrei semplicemente rilevare che, come capita spesso, durante i lavori parlamentari vi sono delle assenze o volute o casuali. Tuttavia, mi pare che nella giornata odierna abbiamo avuto conferma che le assenze non sono state assolutamente casuali, tant'è vero che molti deputati della maggioranza sono intervenuti proprio per coprire quel vuoto, consentendo ad altri di andare a «pescare» e rintracciare i parlamentari della maggioranza, al fine di garantire il numero legale.
È quindi oziosa la polemica da parte di alcuni che rivolgono all'opposizione l'accusa di voler fare ostruzionismo.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà.

GIANCLAUDIO BRESSA. Signor Presidente, questa singolare discussione pomeridiana, che ha consentito alla maggioranza di ricompattarsi almeno nei numeri, ha però sviato l'attenzione dal problema vero, perché, a forza di parlare del sesso degli angeli per consentire a questa Camera di votare la vostra riforma, abbiamo smarrito il senso dell'emendamento che stiamo discutendo.

Tale emendamento afferma che la supplenza del Presidente della Repubblica deve essere esercitata dal Presidente della Camera dei deputati. L'onorevole Perrotta, che, forse, è uno dei pochi che, anche quando è incaricato di perdere tempo, si industria nel portare argomentazioni che hanno una qualche pertinenza, ha svolto un'osservazione non priva di senso politico ed istituzionale. Egli ha affermato che si è pensato al Senato perché il Presidente della Camera politica è espressione della maggioranza politica. È un'osservazione corretta, perché voi avete approvato scorrettamente un quorum che consente alla maggioranza politica di eleggere in solitudine il Presidente della Camera. Allora, è difficile immaginare di contrastare...

NUCCIO CARRARA. Quindi?

GIANCLAUDIO BRESSA. Quindi, lascia che parli io, Carrara: tu hai avuto molteplici occasioni per affrontare questo argomento senza cavare un ragno dal buco. Pertanto, lasciami concludere.
È inutile che voi usiate i vostri errori, i vostri pretesti e le vostre limitatezze per contestare la ragionevolezza e la razionalità del nostro progetto. Le cose sono molto semplici, se il diritto costituzionale ha ancora un barlume di serietà in quest'aula: da una parte, vi sono i poteri politici fondati sul criterio della rappresentanza; dall'altra parte, vi sono i poteri di garanzia fondati sul criterio della neutralità. Siete voi che scrivete in Costituzione - lo vedremo tra poco -, all'articolo 87, che il Presidente della Repubblica è il Capo dello Stato, rappresenta l'unità federale della nazione ed è garante della Costituzione. Quindi, stiamo parlando di una figura di garanzia. Perché vi sia una figura di garanzia, c'è bisogno di quorum che consentano la votazione in questo senso e c'è bisogno che, anche quando si parla dei poteri suppletivi, vi sia un minimo di coerenza.
Voi avete accettato questa impostazione: avete approvato un Senato federale che, a regime, potrà avere una composizione variabile, nel senso che potranno esservi rappresentanti eletti in momenti diversi.

NUCCIO CARRARA. L'avete voluto voi!

GIANCLAUDIO BRESSA. Certo che l'abbiamo voluto noi, perché la piena contestualità con l'elezione dei consigli regionali è una delle poche cose che restituiscono coerenza alla dimensione federale!
Vi rendete conto che potreste trovarvi nella condizione di avere un Presidente del Senato che, nel momento in cui dovrebbe sostituire il Presidente del Repubblica, potrebbe non poterlo fare perché il suo consiglio regionale è stato sciolto? Questo è un problema tecnico-pratico che, però, avrebbe riflessi costituzionali rilevantissimi.
Allora, la logica vuole che, quando si mette mano alla Costituzione, la razionalità deve sempre essere assicurata: non può essere come un canguro, che salta di qua e di là, un momento c'è e l'altro non c'è. Purtroppo, avete adottato la cultura del canguro: un momento c'è e un momento non c'è, ed i risultati sono sotto gli occhi di tutti.
Ecco perché la nostra ipotesi è sensata. È l'ipotesi di un Presidente della Camera di rappresentanza politica che, secondo il nostro modello, è eletto con un quorum di garanzia, ossia costringe le forze politiche ad avere un senso di responsabilità. Pertanto, se voi aveste adottato il nostro modello, l'obiezione avanzata in precedenza dall'onorevole Perrotta non avrebbe alcun significato. Tale obiezione ha un qualche significato perché state costruendo un modello assolutamente irrazionale. Non fateci carico dei vostri errori e delle vostre storture!
Per questa ragione, esprimeremo un voto favorevole sull'emendamento in esame (Applausi dei deputati dei gruppi della Margherita, DL-L'Ulivo e Misto-Verdi-L'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Bottino. Ne ha facoltà.

ANGELO BOTTINO. Signor Presidente, noi non condividiamo alcuni aspetti di questa modifica costituzionale: riteniamo che vadano modificati alcuni punti che indubbiamente mi sembra non possano essere accettati.
Però, vi è un problema: sicuramente, in questo periodo, qualcuno è stato contagiato dall'influenza, qualcuno lo sarà e qualcuno ha fatto il vaccino. Tuttavia, è anche necessario essere puntuali e precisi; e quando si tratta di arrivare in aula puntuali alle 15,30, credo che la maggioranza, che vuol portare avanti questa sua modifica costituente, debba essere sicuramente presente. Certo, se non è presente, la minoranza ha uno strumento di difesa, l'unico che gli resta, ossia quello di attenersi a precisi atti permessi in democrazia.
Vorrei richiamare però alcuni fatti del passato. Ricordo alcuni atti importanti - forse più per qualcuno che per la Repubblica - in occasione dei quali non era presente solo il ministro o il sottosegretario, ma avevamo la fortuna di vedere in quest'aula tutto il Governo; non faccio nomi, ma credo si tratti di leggi approvate in questi tre anni che tutti ricordiamo (e che ricorderemo). Allora vi era una presenza costante e continua; adesso questa presenza non c'è; quindi vuol dire che qualche problema nella maggioranza esiste. Qualche collega ha evidenziato gli aspetti dei vari gruppi...

PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Bottino.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Rusconi. Ne ha facoltà.

ANTONIO RUSCONI. Signor Presidente, colleghi, rimandiamo al mittente le accuse che abbiamo ascoltato oggi pomeriggio perché abbiamo assistito ancora una volta ad un fenomeno insolito: l'ostruzionismo della maggioranza. È successo stamattina dalle 10 alle 11,15, è successo oggi pomeriggio dalle 15,30 alle 16,30. In realtà, questo federalismo non lo volete neanche voi! Questa riforma costituzionale non la vuole neppure la maggioranza! Perché la parola federalismo indica un foedus, un patto che unisce; in realtà, chi la propone vuole dividere questo paese!
State inventando una serie di sovrastrutture burocratiche con costi eccessivi a danno del bilancio dello Stato. Ma chiedete ai comuni e agli enti locali che cosa pensano del federalismo di questo Governo! Tagli del 20 per cento sui trasferimenti di quest'anno e blocchi delle assunzioni ancora per il prossimo anno! Credo che del federalismo che volete propinarci se ne possa e se ne voglia fare a meno: non c'è una maggioranza che lo vuole e, a mio avviso, domani mattina si proporrà ancora una volta l'ostruzionismo della maggioranza.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Leoni 21.3, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (
Vedi votazioni).
(Presenti e Votanti 405
Maggioranza 203
Hanno votato
172
Hanno votato
no 233).

Avverto che l'emendamento Perrotta 21.71 è stato ritirato.
Passiamo alla votazione dell'articolo 21.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Marone. Ne ha facoltà.

RICCARDO MARONE. Signor Presidente, credo che nei prossimi giorni affronteremo argomenti molto delicati e forse devo augurarmi che essi vengano esaminati all'inizio della seduta, perché soltanto all'inizio della seduta e alla ripresa pomeridiana riusciamo a parlare con la maggioranza e solo allora la maggioranza interviene, spesso su argomenti del tutto diversi da quello in esame (per criticare i colleghi che sono assenti, quindi, in fondo, criticando se stessa).
Tornando al merito della questione - perché fino ad ora di tutto abbiamo parlato, tranne che di questo -, la nostra proposta era perfettamente coerente con tutto il sistema che noi abbiamo impostato. In particolare, come ha sottolineato il collega Bressa, era coerente con la nostra proposta il fatto che il Presidente della Camera fosse un presidente di garanzia. Infatti noi prevedevamo una maggioranza qualificata che garantisse che alla scelta del Presidente della Camera partecipassero anche le minoranze. Questo non è avvenuto, voi non lo avete voluto ed avete approvato invece una norma che stabilisce la necessità della maggioranza assoluta, il che potrà consentire alla maggioranza - non a voi, perché ragionate con l'idea che sarete sempre maggioranza, ma questo ovviamente non è - di scegliersi il suo Presidente. Noi riteniamo invece che sarebbe stato molto più giusto prevedere un meccanismo diverso per la supplenza del Presidente della Repubblica.
Su questo abbiamo presentato diversi emendamenti e abbiamo cercato di far comprendere le nostre ragioni. Abbiamo innanzitutto detto che volevamo continuare a mantenere quell'equilibrio tra i poteri dello Stato che c'era - e che c'è sempre stato - nella mentalità di chi ha scritto la Carta costituzionale. Mi pare che oggi tutto questo stia saltando.
Stiamo attribuendo competenze, funzioni e poteri solo per far quadrare il cerchio. Tra poco, esamineremo un articolo ben più delicato, concernente le funzioni del Presidente della Repubblica, al quale sono state presentate proposte emendative che chiedono l'attribuzione di funzioni molto importanti. Ancora oggi, sebbene siamo giunti alla fase conclusiva dell'esame, non siamo in grado di avere un quadro completo della riforma che consenta a tutti, alla maggioranza e all'opposizione, di esprimere un giudizio complessivo e di comprendere dove stiamo andando e che tipo di organizzazione e di ordinamento stiamo costruendo. Oggi non siamo in grado di stabilirlo. Stiamo aspettando che la maggioranza riesca a trovare un procedimento legislativo (ma ancora non è stato trovato), che si chiarisca quali siano i poteri del premier ed i poteri del Presidente della Repubblica. È ancora tutto molto vago ed oscuro. Rispetto a ciò, che è molto grave, quello che state commettendo con riferimento a quest'articolo è un errore marginale.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà.

GIANCLAUDIO BRESSA. Signor Presidente, intervengo per dichiarare il voto contrario del gruppo della Margherita sull'articolo in esame e, per le motivazioni, rinvio alle dichiarazioni svolte precedentemente.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Trantino. Ne ha facoltà.

ENZO TRANTINO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, questa mattina, intervenendo in aula, il collega Gerardo Bianco ha speso argomenti di puntualità costituzionale in ordine alla riforma che ci accingiamo ad approvare ed ha cercato di svolgere un tema specifico che certamente entrava nel merito della questione, non allontanandosi in divagazioni. Per quanto sappia, l'onorevole Gerardo Bianco è un letterato e non un giurista, sicché, quando si assume il ruolo di sviluppare la tutela del Senato, egli dimentica che, per i giuristi, la tutela (riferisco soltanto, non è un'esibizione) serve ad tuendum eum qui propter aetatem se defendere nequit. Ciò significa che la differenza tra giurista e letterato è la seguente: il letterato è un astronomo, il giurista, invece, è un meteorologo, colui il quale vede da vicino il tempo e non discute, come gli astronomi, dei massimi sistemi. Nel caso di specie, l'onorevole Gerardo Bianco ha discusso dei massimi sistemi e così ha dato modo ai giuristi di prevalere sul piano della concretezza, perché non credo che i senatori abbiano bisogno di essere tutelati con nuove norme bastando quelle che già costituiscono un riconoscimento assoluto per i diritti dell'altra Camera di rappresentanza.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 21, nel testo emendato.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (
Vedi votazioni).
(Presenti 412
Votanti 407
Astenuti 5
Maggioranza 204
Hanno votato
228
Hanno votato
no 179).
Prendo atto che gli onorevoli Dorina Bianchi e D'Agrò non sono riusciti a votare ed avrebbero voluto esprimere voto favorevole.

 

 

(Esame dell'articolo 22 - A.C. 4862 ed abbinate)

 

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 22 e delle proposte emendative ad esso presentate (vedi l'allegato A - A.C. 4862 ed abbinate sezione 4).
Ha chiesto di parlare l'onorevole Cabras. Ne ha facoltà.

ANTONELLO CABRAS. Signor Presidente, l'articolo 22 concerne le funzioni del Presidente della Repubblica.
Come è noto, si tratta di uno dei punti più controversi della riforma, secondo il nostro punto di vista e secondo gli argomenti che abbiamo portato all'attenzione dell'Assemblea e prima ancora della Commissione, in quanto nella riforma (a parte dirò anche come nel corso della discussione alcuni caratteri e qualità vadano assumendo un aspetto diverso) si tende a cambiare in maniera significativa la funzione del Presidente della Repubblica, così come oggi è prevista in Costituzione.
Se osserviamo gli emendamenti presentati finora, quelli approvati, in larga parte presentati dalla maggioranza, e le proposte emendative in procinto di essere ufficializzate, che riguardano, in particolare, il procedimento legislativo, si evidenzia come attorno alle funzioni del Presidente della Repubblica si giochi l'equilibrio della riforma e, soprattutto, emerga l'elemento più critico che abbiamo inteso sottolineare nella discussione, cioè la contraddittorietà, la confusione e la mancanza di certezza di quello che sarà l'assetto definitivo nell'equilibrio dei poteri, nella procedura legislativa e, infine, nel ruolo del premier, aspetto che affronteremo successivamente.
Che cosa non ci convince della proposta della maggioranza? Nella Costituzione vigente il Presidente della Repubblica svolge una funzione sostanzialmente e concretamente di garanzia e di rispetto della Costituzione ed interviene soprattutto quando si dà corso ad iniziative e provvedimenti che turbano l'equilibrio tra i poteri della Costituzione. Egli è sottratto alla dialettica politica in quanto giudica come autorità terza in ogni fase in cui interviene.
Cosa accade oggi in seguito alle proposte già avanzate ed a quelle che si intravedono? Nelle proposte già formulate, almeno in quelle che sono state ufficializzate nel dibattito in Commissione, il Presidente della Repubblica vede ridotta enormemente la propria funzione di garanzia e, di fatto, viene assimilato a chi prende atto di decisioni altrui, dovendole semplicemente rendere esecutive senza esercitare alcuna funzione.
Negli emendamenti, alcuni dei quali già presentati ed altri che si stanno definendo (in parte già circolati in queste ore), riguardanti il procedimento legislativo e la funzione del primo ministro e, quindi, tutto ciò che è collegato allo scioglimento del Parlamento e della Camera politica, vi è un cambiamento. Si attribuiscono al Presidente della Repubblica funzioni più importanti di quelle ad esso attribuite in origine, trasformandolo però non in un arbitro e un garante, ma in un soggetto che interviene direttamente nella dialettica politica tra maggioranza ed opposizione. Si risponde - è vero - alla critica, da noi avanzata, della riduzione della funzione di garanzia del Presidente della Repubblica conseguente alla sottrazione di funzioni e poteri, ma i poteri che si delinea gli siano attribuiti ne trasformano, trascinandolo dentro la dialettica politica, la funzione e la figura, rispetto al modo in cui è oggi delineata e rappresentata in Costituzione.
Faccio alcuni esempi.
Secondo una proposta emendativa - ancora da discutere ma già formalizzata -, il Presidente della Repubblica, nel valutare le condizioni di scioglimento del Parlamento, non interverrà più secondo l'automatismo da noi criticato. Valuterà, invece, se la maggioranza che, in ipotesi, designi un Presidente del Consiglio diverso da quello scaturito dall'esito elettorale sia più o meno coerente con quella scaturita dal voto. Quindi, dovrà esprimere una valutazione politica.
Nel procedimento legislativo, in base a proposte non ancora formalizzate ma di cui già si tiene conto nella discussione, il Presidente della Repubblica sarebbe chiamato a valutare se un provvedimento, la cui definitiva approvazione dovrebbe spettare al Senato federale, appartenga o meno al programma di Governo. Nel caso appartenga al programma di Governo e tratti materia sulla quale il Senato federale abbia l'ultima parola, il Presidente del Consiglio può sollevare un'eccezione in modo che venga trasferito alla competenza definitiva della Camera; ma, al riguardo, chi, appunto, stabilisce se il provvedimento si ponga all'interno o al di fuori del programma di Governo è il Presidente della Repubblica.
Capite che tale funzione - che voi pensate di attribuire al Presidente della Repubblica - è essa stessa una risposta ad una critica da noi avanzata; mi riferisco alla circostanza che, mentre rafforzate il premier, poi ne lasciate dipendere la sopravvivenza reale da una Camera federale scollegata dalla maggioranza politica scaturita dalle elezioni. Camera la quale tratta materie importanti e fondamentali dell'azione di Governo; quindi, di fatto, con una mano rafforzate il Governo e con l'altra lo indebolite.

PRESIDENTE. Onorevole...

ANTONELLO CABRAS. Correggete, poi, tale critica ma lo fate chiamando il Presidente della Repubblica a decidere se una materia sia o meno rientrante nel programma di Governo e, quindi, coinvolgendolo all'interno della dialettica tra maggioranza ed opposizione e attribuendogli una funzione che, a nostro avviso, il Presidente della Repubblica non dovrebbe avere.
Infine, voi coinvolgete il Presidente della Repubblica anche su un altro terreno, a nostro giudizio improprio, che presenta lo stesso profilo critico. Mi riferisco, in quest'ultimo caso, all'evenienza che una legge regionale ponga un problema di attribuzioni e si debba ricorrere alla Corte costituzionale. Ebbene, contrariamente a quanto da noi previsto, voi avete individuato un procedimento nel quale in realtà il conflitto di attribuzioni viene risolto dal Parlamento, ma con l'intervento del Presidente della Repubblica, che partecipa a questa sorta di comitato di controllo con una funzione a nostro avviso del tutto impropria.
Quindi, riprendendo le nostre critiche di fondo, riteniamo che voi, con gli emendamenti presentati e con quelli in itinere - alcuni di questi, infatti, sono circolati o sono stati resi pubblici - rispondete, sì, ad una critica che stigmatizzava l'indebolimento della funzione del Presidente della Repubblica, ma gli attribuite funzioni che, a nostro avviso, non aiutano a risolvere i problemi da noi posti ma anzi lo chiamano a svolgere una funzione del tutto impropria.
Ritengo dunque che le nostre proposte emendative - almeno quelle presentate sinora; le altre, ovviamente, saranno meglio precisate quando verranno formalizzate le vostre proposte di modifica circa la disciplina della funzione legislativa - tendano a riportare verso un asse di garanzia la funzione importante del Presidente della Repubblica.
Ora, penso che si possano formulare, anche in questo caso, alcune considerazioni di ordine politico. Mi scuserà l'onorevole Trantino, ma non sono né un giurista, né un letterato: sono un ingegnere, e dunque commetterò sicuramente numerosi errori; tuttavia, nell'ambito della funzione di rappresentanza che mi è dato esercitare in questa sede, credo che in politica non esistano né giuristi, né ingegneri, né tantomeno letterati, ma esista solo la politica.
Credo, allora, che abbiate ancora le idee molto confuse, e la confusione delle vostre idee si legge negli emendamenti che avete presentato e che via via subemendate voi stessi. In altri termini, non è ancora chiaro nemmeno a voi quale debba essere la funzione ultima attribuita al Senato federale.
Vedete, abbiamo discusso molto tra noi deputati dell'opposizione, ed abbiamo avuto anche fasi di discussione nelle quali sono emersi perfino punti di vista diversi; tuttavia, alla fine abbiamo scelto una strada che fa funzionare il sistema. Abbiamo proposto, infatti, che la Camera politica debba essere una, e qualora si facessero eccezioni a tale scelta, per una parte di materie, si renderebbe necessario introdurre o mantenere il bicameralismo perfetto.
Voi, invece, prima intraprendete tale scelta, poi mantenete il bicameralismo perfetto ed infine proponete un sistema nel quale il Senato federale ha l'ultima parola, introducendo, in tale ipotesi, un ulteriore elemento di cambiamento, nel caso il Presidente del Consiglio rilevasse che si tratta di una materia da ricondurre al programma di Governo.
In realtà, come detto prima, avete molta confusione ed idee non del tutto chiare. In conclusione, signor Presidente ed onorevoli colleghi, vorrei dire, con riferimento alla mediazione alla quale non avete mai smesso di lavorare sin dal primo momento in cui avete iniziato a svolgere la discussione sulla riforma in esame, che tale metodo, trattandosi della Costituzione - come è stato ricordato fino alla nausea -, già è sbagliato. Quando si tratta della Costituzione, infatti, si può discutere e ci si può confrontare, ma occorre una condivisione chiara dell'asse fondamentale, perlomeno al vostro interno, voi che siete la maggioranza; invece, non c'è ancora nemmeno tra di voi una condivisione chiara e netta sulla conclusione della riforma in esame!
La mediazione perpetua, che avviene tutti i giorni, su tutti i subemendamenti, su tutti gli emendamenti e su tutti gli articoli del provvedimento, continua ad evidenziare che ancora non è chiaro qual è il sistema che avete scelto. Vogliamo un sistema nel quale il premier sia sì rafforzato, come tutti abbiamo unanimemente convenuto, ma nell'ambito di un quadro di garanzie nelle quali al procedimento legislativo sia garantito un percorso che riduca al minimo la possibilità che insorgano conflitti di attribuzione, senza che vi sia il bisogno di nominare successivamente delle Commissioni che debbano, a loro volta, risolvere tali conflitti.
Vorrei rilevare, infine, che la funzione del Presidente della Repubblica presenta i limiti che ho precedentemente ricordato, mentre il Parlamento, nella sua articolazione di Camera politica e di Senato federale, possiede elementi di contraddizione e confusione, che ritroviamo anche nell'articolo in esame e nelle proposte emendative ad esso riferite, assolutamente evidenti, e che non possono esser nascosti da nessuno (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo).

PRESIDENTE. Nessun altro chiedendo di parlare, invito il relatore ad esprimere il parere della Commissione.

DONATO BRUNO, Relatore. Signor Presidente, la Commissione esprime parere contrario sugli identici emendamenti Mascia 22.1 e Bressa 22.2.
La Commissione esprime invece parere favorevole sull'emendamento Elio Vito 22.200, purché riformulato nel seguente senso: «Indìce le elezioni della Camera dei deputati e dei senatori e fissa la prima riunione della Camera».
La Commissione esprime parere contrario sugli identici emendamenti Zeller 22.70 e Ladu 22.72, sull'emendamento Nuvoli 22.76 e sull'emendamento Boato 22.10.

La Commissione raccomanda l'approvazione del suo emendamento 22.251. La Commissione esprime parere contrario anche sull'emendamento Bressa 22.15, così come sull'emendamento Perrotta 22.90, mentre raccomanda l'approvazione del suo emendamento 22.252.

PRESIDENTE. Il Governo?

ALDO BRANCHER, Sottosegretario di Stato per le riforme istituzionali e la devoluzione. Il parere del Governo è conforme a quello espresso dal relatore.

MARCO BOATO. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MARCO BOATO. Signor Presidente, non so se il relatore intenda dirlo quando lo voteremo, ma le pongo, in ogni caso, una questione riguardo all'emendamento 22.252 della Commissione: esso non potrà essere votato, se non in relazione al procedimento legislativo. È bene che l'Assemblea lo sappia da subito, visto che discuteremo questa materia e, quindi, non dovremmo votare l'intero articolo.
Mi rivolgo a lei, signor Presidente, perché chieda al relatore un chiarimento in merito.

PRESIDENTE. Onorevole Boato, concordo con lei. Il presidente della Commissione, onorevole Bruno, concorda. Concordiamo tutti...!
Passiamo alla votazione degli identici emendamenti Mascia 22.1 e Bressa 22.2.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mascia. Ne ha facoltà.

GRAZIELLA MASCIA. Signor Presidente, il comma 1 dell'articolo 87 della Costituzione vigente definisce il Presidente della Repubblica Capo dello Stato e rappresentante dell'unità nazionale. Compito istituzionale del Capo dello Stato è garantire l'unità e la continuità dell'apparato statuale e, quindi, dell'intera società, il cui cosiddetto «apparato» ne rappresenta il momento organizzatore supremo.
L'adempimento di tale funzione dovrebbe accompagnare l'esercizio di tutti i poteri presidenziali, sulla base della convinzione che il Capo dello Stato sarebbe partecipe, ma non vertice, degli altri poteri statali, che egli potrebbe condizionare, espletando il fondamentale compito di custode della Costituzione.
Questa società intera, questa comunità, questo insieme indivisibile di popolo è, invece, segmentato dal vostro concetto di federalismo. Ciò è talmente evidente, che voi sostituite il concetto di unità nazionale oggi vigente con quello di «unità federale della nazione» che, evidentemente, non è la stessa cosa. Non è la stessa cosa, al punto che siete costretti ad aggiungere che il Presidente della Repubblica è garante della Costituzione. Dovete, quindi, ricordare che il Capo dello Stato è garante della Costituzione, perché il concetto stesso tende a smembrare ciò che, invece, è assolutamente chiaro ed è già parte integrante del testo vigente della Costituzione.
Ciò sarebbe, già di per sé, un motivo per chiedere la soppressione di questo articolo che voi proponete, ma vi sono altri punti: ricordo che l'emendamento poco fa citato dal collega Boato, che non voteremo, è di particolare rilevanza, perché carica di un ruolo politico la funzione del Presidente della Repubblica, nel momento in cui egli dovrà verificare i presupposti per autorizzare il primo ministro ad esporre le motivazioni al Senato federale relativamente all'attuazione del programma di governo.
Si tratta, dunque, di uno snaturamento del ruolo proprio del Capo dello Stato, che si aggiunge ad altri elementi presenti nel medesimo articolo, quale la circostanza, ad esempio, che - con l'emendamento al comma 3 - la maggioranza ridimensiona la precedente scelta relativa al ruolo del Capo dello Stato nel fissare la prima riunione della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica (infatti, il Capo dello Stato potrà fissare la prima riunione solo della Camera dei deputati). Vi sono altri elementi ancora, sui quali interverranno successivamente i colleghi; penso, tuttavia, che tali aspetti politici, presenti nel primo comma e nel subemendamento presentato oggi dal Governo, siano già più che sufficienti per chiedere la soppressione di quest'articolo.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Marone. Ne ha facoltà.

RICCARDO MARONE. Passiamo a discutere dell'articolo 22, che credo costituisca uno dei temi di fondo di questa riforma. Stiamo parlando, infatti, della riforma dei poteri del Presidente del Consiglio, primo ministro, della riforma del procedimento legislativo e di quella dei poteri del Presidente della Repubblica.
Penso che questo articolo sia addirittura il più importante, perché ovviamente quella del Presidente della Repubblica dovrebbe costituire la norma di chiusura di tutti gli equilibri costituzionali. Invece, ne discutiamo in maniera precaria, senza avere un quadro complessivo, con emendamenti presentati all'ultimo momento e, addirittura, con emendamenti oscuri. Attualmente, infatti, abbiamo un emendamento su un'ipotesi di riforma del procedimento legislativo che ancora è in corso di elaborazione, e ci è stata fatta leggere nelle sue grandi linee, ma non sappiamo ancora se sarà presentata dalla maggioranza.
Per cui, attualmente, tra i poteri del Presidente della Repubblica ve n'è uno che ci sembra estremamente oscuro e i cui limiti non riusciamo francamente a comprendere. Si capisce bene che discutere in queste condizioni di una riforma e dell'equilibrio dei poteri costituzionali non è facile. Comunque, cerchiamo di andare avanti e di dare un minimo di razionalità ai lavori di questa Camera.
Che cosa sta avvenendo sostanzialmente? Qui sono possibili due letture: la prima è quella secondo la quale c'è un preciso disegno di eliminare i poteri reali e concreti del Presidente della Repubblica per trasferirli al primo ministro, attribuendogli una serie di poteri di ben minore importanza. Questa può essere una prima lettura di quanto state facendo.
Una seconda lettura possibile è quella secondo la quale è tutto fatto sulla base della superficialità e del disordine più assoluto. Non vi trovate nelle varie ipotesi, non riuscite a chiudere il cerchio e, allora, attribuite una competenza qua e là, ne togliete una e ne mettete un'altra e alla fine vi sentite soddisfatti di quanto state facendo.
Non credo che questo sia il giusto modo di procedere. Ciò specie se leggiamo - come dobbiamo fare - l'articolo 22 in connessione con l'articolo 23, ossia l'articolo 87 con l'articolo 88 della vigente Costituzione. Una serie di poteri sembrano essere costruiti più come atti conseguenziali dell'espressione del potere del primo ministro, rispetto al quale il Presidente della Repubblica non sembra rivestire alcun ruolo. Qui c'è il vero esautoramento del Presidente della Repubblica e il vero svuotamento dei suoi poteri. Dall'altra parte, invece, c'è l'attribuzione di una serie di nuove competenze che, però, non sembrano certamente bilanciare quelle che al momento vengono sottratte al Presidente della Repubblica.
Se dobbiamo parlare anche di questa nuova competenza che viene attribuita - e, lo ripeto, ne parliamo con la riserva di non dire cose sbagliate, visto che non abbiamo la certezza di cosa stiamo facendo e di quali saranno le norme che proporrete -, il Presidente della Repubblica dovrebbe avere il potere di verificare se una legge rientra o meno nel programma della maggioranza, snaturando, quindi, - lo voglio segnalare - questa che sembra essere una norma di grande garanzia rispetto al potere del premier di sottrarre le leggi al Senato e che, in realtà, rende il Presidente della Repubblica partecipe di un procedimento della maggioranza.
Riflettete perché si tratta di un potere molto pericoloso.
A quel punto, infatti, è il Presidente della Repubblica che deve verificare se si è o meno all'interno del programma della maggioranza di Governo. Si tratta di un ruolo che il Presidente della Repubblica non ha mai ricoperto nel nostro ordinamento e non deve ricoprire. Se gli attribuiamo questo ruolo dobbiamo necessariamente considerare che ha perso il ruolo generale di garanzia di tutte le istituzioni. Così trascinate il Presidente della Repubblica nella battaglia politica perché è ovvio che, a quel punto, vi sarà una discussione sulla valutazione del Presidente della Repubblica in merito alla pertinenza o meno di una certa legge con il programma di governo.
Non credo che quando il primo ministro verrà alla Camera a rendere la sua prima dichiarazione farà un elenco della spesa, ma farà un discorso programmatico di carattere generale. Quindi, costringerete il Presidente della Repubblica a stabilire se una certa legge fa parte del programma di governo. Questo significa trascinare il Presidente della Repubblica nell'agone politico e fargli perdere completamente la sua funzione di garanzia. È un grosso errore: riflettete. Forse, pensavate si trattasse di una norma di garanzia, ma è esattamente il contrario.
Purtroppo ci troviamo a dover discutere di norme future ed a decidere l'equilibrio delle funzioni degli organi dello Stato senza avere un quadro complessivo. Vi segnalo quanto può essere grave tutto ciò. Riflettiamoci e, magari, accantoniamo anche questo articolo. Il punto delicato di questa riforma è il procedimento legislativo: finché non avremo chiaro quale procedimento legislativo avete in testa, credo che sarà difficile continuare a discutere seriamente (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo).

 

 

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MARIO CLEMENTE MASTELLA (ore 17,30)

 

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà.

GIANCLAUDIO BRESSA. Signor Presidente, siamo ad un articolo veramente molto importante poiché riguarda le funzioni del Presidente della Repubblica. La figura istituzionale del Presidente della Repubblica è sempre stata definita dalla dottrina come la più difficile e la più sfuggente tra le cariche pubbliche. A tale proposito vi sono belle pagine di Paladin e il professor Cheli la definisce addirittura, per certi aspetti, una figura enigmatica.
La dottrina italiana ha utilizzato, per analizzare la figura del Capo dello Stato, due approcci: uno di tipo deduttivo, l'altro di tipo induttivo. Da tale duplice attività interpretativa della dottrina sono scaturite due differenti interpretazioni del ruolo del Capo dello Stato. Da una parte, un Presidente davvero organo neutro e neutrale di garanzia, un Presidente super partes slegato da qualsivoglia indirizzo politico; dall'altra, un Presidente sì garante, ma che aveva avuto in più di un'occasione parte attiva non soltanto nella tutela della legalità costituzionale, ma anche nella tutela del corretto funzionamento del sistema istituzionale.
Appare del tutto evidente la volontà della maggioranza e del Governo di non mantenere più, come nel tempo ha evidenziato la dottrina, quella che Paladin definì una figura dalle molte facce che svolge un ruolo variabile. Nel momento in cui il Governo decide di non voler fare più i conti con una figura di Capo dello Stato che ha tali caratteristiche, due erano le alternative a disposizione: optare per un Presidente garante o per un Presidente governante. La maggioranza ha scelto un Presidente della Repubblica di tipo garante piuttosto che governante. Scegliere un Presidente governante avrebbe significato, infatti, riprendere il cammino verso l'elezione popolare diretta del Capo dello Stato. Ciò non si è voluto fare perché si è voluto affidare un ruolo preminente al Presidente del Consiglio, che diventerà primo ministro.
Se, allora, si è scelta la strada di un Presidente della Repubblica di garanzia, che tipo di garanzia si è voluto dare a tale Presidente? All'articolo 87, primo comma, dite che il Presidente della Repubblica deve essere qualificato come garante della Costituzione. In cosa si svolge tale funzione di garanzia del Presidente della Repubblica?
Come ci insegna spesso il nostro collega Soda, la comparazione ci aiuta a comprendere. È del tutto evidente che i nostri colleghi senatori si siano ispirati alla Costituzione spagnola nel ridefinire il ruolo del nostro Presidente. Il ruolo del re, nella Costituzione spagnola, e quello del Presidente, nel caso della vostra proposta, hanno infatti molti elementi di analogia. Addirittura un'espressione era stata presa direttamente dalla Costituzione spagnola, quando si diceva che (il Presidente della Repubblica) esercita le funzioni che gli sono espressamente conferite dalla Costituzione; questo tuttavia costituiva un qualcosa di fortemente limitante e fortunatamente il dibattito in Commissione ha fatto maturare una posizione diversa, che ha portato allo stralcio di questa parte. È però del tutto evidente che questo ruolo di garanzia è assolutamente inefficace, rispetto agli intendimenti iniziali che sembravano essere propri della maggioranza di Governo, se non vi è una dichiarazione, che invece nella Costituzione spagnola appare in maniera esplicita. La Costituzione spagnola dice che (il re) è simbolo di unità e stabilità ed è anche arbitro e regolatore del funzionamento delle istituzioni.
Non avendo voi voluto inserire questa clausola - arbitro e regolatore del funzionamento delle istituzioni -, sostanzialmente rendete il Presidente (della Repubblica) una figura per molti aspetti di mero contorno. Le sue funzioni sono in qualche modo svuotate di senso. La prova provata è che, mentre sopprimete il quarto comma dell'articolo 87, che individua una funzione di garanzia autentica, perché il Capo dello Stato fino ad oggi doveva autorizzare la presentazione alle Camere dei disegni di legge di iniziativa del Governo (quindi togliete questo tipo di attribuzione, che era un'attribuzione di garanzia nei confronti del Parlamento e dell'equilibrio costituzionale), gliene attribuite però un'altra, con l'emendamento 22.252 appena presentato dalla Commissione, al quale hanno fatto riferimento i colleghi Mascia, Marone e Cabras, che individua un ruolo squisitamente politico, perché il Presidente della Repubblica deve autorizzare la dichiarazione del primo ministro che chiede che alcune parti, che ritiene essere essenziali per l'attuazione del programma di Governo, non vengano più attuate dal Senato con la procedura normale, ma vengano trasferite all'approvazione da parte della Camera.
Questo è un potere squisitamente politico, che crea problemi immensi, perché nel caso vi sia un Presidente espressione della maggioranza, allora questa è una colossale finzione, ma nel caso vi sia un Presidente che non è espressione della maggioranza politica, ciò rischia di creare un conflitto potenziale tra poteri costituzionali, di dimensioni immense. Vi rendete conto che da quando avete partorito questo mostro, continuate a generare mostri? Non siete riusciti a raddrizzare nulla - lo vedremo domani, quando finalmente avremo la possibilità di conoscere il testo definitivo dell'articolo 70 -, perché la vostra filosofia di fondo è contorta e non raddrizzabile. Per questi motivi non sembra soddisfacente la previsione generica dell'essere garante della Costituzione, se da ciò non discende esplicitamente il ruolo di garante del regolare funzionamento delle istituzioni. Diversamente, se non c'è questa dichiarazione esplicita, il ruolo di garanzia è vuoto di ogni concreto significato: non un garante in senso stretto, perché ciò appartiene alla Corte costituzionale, né un garante in senso lato, perché questo rischierebbe di rendere troppo duttile e flessibile la sua figura, proprio nel momento in cui la volontà della maggioranza governativa è quella di conferire una più chiara definizione dei rapporti e delle responsabilità anche del Presidente della Repubblica nell'ambito della forma di Governo.
Questo Presidente, dunque, né arbitro, né garante del regolare funzionamento delle istituzioni, appare come una figura davvero residuale, per di più appesantito di poteri politici, che fanno del suo ruolo un potenziale conflitto tra poteri costituzionali. Quando si parte male, o si ha il coraggio di riconoscere l'errore o tutti i tentativi di aggiustamento sono viziati dall'errore iniziale. Questo vostro processo di riforma costituzionale è viziato dalla mancanza di una visione autenticamente riformatrice ed autenticamente razionale della riforma. Dal pasticcio, continuate a produrre innumerevoli pasticci, emendamento dopo emendamento.

LUCIANO VIOLANTE. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LUCIANO VIOLANTE. Signor Presidente, intendo porre una questione che, anche se potrebbe apparire marginale, in realtà non lo è. L'articolo 87, primo comma, della Costituzione dice che il Presidente della Repubblica è il Capo dello Stato e rappresenta l'unità nazionale.
Il nostro testo prevede che il Presidente della Repubblica è il Capo dello Stato, rappresenta l'unità federale della nazione ed è garante della Costituzione. Vorrei sapere cosa sia l'unità federale, in quanto lo Stato è federale, la Repubblica è federale, mentre l'unità federale non esiste. Tant'è che, quando avete parlato di interesse nazionale, non avete parlato di interesse federale della nazione.
Ritengo che quanto avete scritto possa indurre equivoci profondi sulla natura del nostro paese. Capisco che i colleghi della Lega siano particolarmente affezionati a tale formula, ma la formula dell'unità federale della nazione implica una nazione fatta di più nazioni, cioè quello che sostanzialmente sostengono le punte più estreme della Lega (vedo che il collega della Lega annuisce).
A nostro avviso ciò rappresenta una bestemmia civile, in quanto determina la rottura reale dell'unità nazionale consacrata nella Costituzione (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-L'Ulivo e di Rifondazione comunista). I valori nazionali sono i valori di tutti e di ciascuno; dunque parlare di unità federale della nazione vuol dire consacrare un punto di fondo che non esiste nella nostra storia, non esiste nella nostra tradizione e che è frutto di una rottura profonda del paese. Il fatto che nel nostro paese ci siano più nazioni l'una diversa dall'altra è un qualcosa che non esiste e costituirà un terreno di profonda lotta politica tra noi e voi.
Invito i colleghi a riflettere su tale questione, in quanto siamo ancora in tempo per correggerla, in caso contrario vi renderete conto di cosa significhi aver scritto «unità federale della nazione». Ciò vorrà dire aver definitivamente rotto, dal punto di vista ideale e dei valori del nostro paese, l'unità dell'Italia (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-L'Ulivo, della Margherita, DL-L'Ulivo, di Rifondazione comunista e Misto-Verdi-L'Ulivo)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Spini. Ne ha facoltà.

VALDO SPINI. Ritengo che a questo punto si capisca meglio cosa abbia significato da parte vostra togliere dall'articolo 117 della Costituzione, ora articolo 34, il primo comma, secondo il quale le regioni nella loro attività legislativa devono rispettare gli impegni internazionali dell'Italia.
Tutto ciò si collega benissimo a quanto affermato dall'onorevole Violante e chiedo ad un partito che si chiama Alleanza nazionale cosa abbia a che fare questo con la difesa dell'unità nazionale. Forse - come mi suggerisce qualche collega - l'onorevole Fini, a breve, sarà presidente di un partito che si chiamerà Alleanza federale!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole La Malfa. Ne ha facoltà.

GIORGIO LA MALFA. Signor Presidente, avevo chiesto per tempo la parola su questo tema, prima degli interventi degli onorevoli Violante e Spini, perché volevo rivolgermi al relatore Bruno.

Naturalmente - e me ne dolgo - non ho predisposto un emendamento su questo punto ma, onorevole Bruno, non farei una questione politica su tale aspetto, ma ne farei una questione lessicale. Mi pare chiaro cosa voglia intendere il testo che vogliamo approvare: abbiamo definito una struttura della Repubblica di carattere federale e vi è un Presidente della Repubblica che rappresenta l'unità dello Stato federale italiano. Ma, nello scrivere tale formula, nel primo comma dell'articolo 87, stabiliamo che il Capo dello Stato rappresenta l'unità federale della nazione.
Se la parola «unità» è accompagnata da un aggettivo, è chiaro che tale aggettivo la qualifica dal punto di vista lessicale. Evidentemente, l'unità federale deve essere diversa dall'unità.
In questa espressione, però, la funzione del Capo dello Stato sarebbe differente rispetto a quella risultante dalla espressione «unità della Repubblica costituita in forma federale». Quindi, la questione sollevata dall'onorevole Violante - ripeto che l'avrei sollevata io stesso e non solo dopo il suo intervento, in quanto avevo chiesto la parola in anticipo - a mio avviso richiede una riflessione o un chiarimento.
Vorrei essere tranquillizzato sul fatto che scrivendo «l'unità federale» non finiamo per indicare qualcosa di diverso da quello che avremmo scritto usando l'espressione «unità della Repubblica federale italiana» o «unità della nazione italiana, organizzata in forma federale». Qualora non ricevessi una risposta adeguata, non mi sentirei di votare contro un emendamento soppressivo. Pertanto, mi asterrei o voterei favorevolmente, in base alle reazioni.
Per questo motivo sono intervenuto in questa fase del dibattito. Vorrei pregare il presidente Bruno di dedicare un po' di attenzione a questo aspetto e dare una risposta. Le sensibilità cui si richiama l'onorevole Violante esistono, ovviamente, in tutti i gruppi della Camera. Mi rivolgo, ad esempio, anche all'onorevole Anedda. Esistono gruppi politici per i quali questi temi sono certamente di grande importanza.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Acquarone. Ne ha facoltà.

LORENZO ACQUARONE. Signor Presidente, il gruppo Misto-Popolari-UDEUR, che ho l'onore di rappresentare, è contrario all'espressione «unità federale», per ragioni di sostanza e anche per ragioni letterali, nonché di stretta natura giuridica.
Per ragioni di sostanza, in quanto il tipo di Stato che si sta definendo - e che mi auguro non sia approvato in quest'aula e, se dovesse passare, sia cancellato dal referendum popolare - certamente non può essere definito federale. Infatti, il concetto di federazione implica Stati sovrani diversi, nazioni diverse, che in qualche modo confluiscono in un'unità soltanto sotto alcuni profili, non di carattere generale. Riprenderemo questo aspetto anche in altri momenti del dibattito.
Da un punto di vista lessicale e giuridico, parlare di unità federale è un non senso perché o c'è la federazione o c'è l'unità della nazione. Sono due cose tra di loro diverse: non si può parlare, quindi, di unità federale. Sotto questo profilo, mi sembra che l'onorevole La Malfa abbia detto cose estremamente giuste. Uno Stato può essere federale oppure unitario. Penso che l'opposizione presenterà un progetto alternativo di Stato unitario, a largo decentramento, regionale, autonomistico - il cosiddetto Stato delle autonomie -, ma parlare di unità federale è veramente, come con lucidità ha esposto il collega e amico onorevole Violante, un non senso.
Per questa ragione, penso che si tratti di un'espressione da cancellare e che non meriti di essere introdotta nella Costituzione. Faccio notare che quanto approvato finora è contro il federalismo. La Lega non ha saputo resistere e ha ingoiato rospi talmente grossi da sorprendermi. Infatti, fino ad adesso è stata approvata una riforma centralista dello Stato, non decentrata. Invece, ci si limita al gioco delle parole per compiacere chi va nel prato di Pontida, là dove giran quelli che, pur non avendole proprie, indulgono al piacere quasi masochistico di indossare le corna celtiche sulla testa!
Se, insomma, le riforme servono a questo scopo, francamente mi sembra che ciò significhi scherzare con la Costituzione. Onorevoli colleghi, non è lecito scherzare con la Costituzione (Applausi dei deputati dei gruppi Misto-Popolari-UDEUR, Democratici di sinistra-L'Ulivo, Margherita, DL-L'Ulivo e Misto-Socialisti democratici italiani).

DONATO BRUNO, Relatore. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DONATO BRUNO, Relatore. Signor Presidente, mi fa piacere il ripensamento tardivo del professor Acquarone e del presidente Violante, avvenuto prima che si passasse ai voti. Oggi si è discusso di questo e non è stato presentato alcun emendamento, né vi è stato alcun ripensamento in proposito.

PIERO RUZZANTE. C'è l'emendamento soppressivo!

DONATO BRUNO, Relatore. Non vorrei che anche negli argomenti trattati in questi giorni sia stata commessa qualche superficialità, perché attendere il momento del voto per fare certe considerazioni credo non giovi al tenore del dibattito, visto che stiamo parlando di riforme costituzionali. Si tratta di un testo depositato agli atti prima dell'estate.
Detto questo, non vi è alcun attentato né alla Costituzione né alla figura del Capo dello Stato. È chiaro che si intende parlare di unità federale della Repubblica; è stato scelto il termine «Nazione». Non intendo proporre modifiche del testo, ma nessuno ha voglia, presidente Violante, di spaccare l'Italia e di fare comizi: nessuno ha questa intenzione.

FRANCESCO GIORDANO. Ognuno parli per sé!

DONATO BRUNO, Relatore. Forse a voi è saltata in mente qualche idea balzana, con alcune proposte emendative. Questa accusa non ci può essere rivolta, e la rimando al mittente.
Ciò premesso, ritengo che il Comitato dei nove, che ha approvato il testo in esame, possa rivederlo. Propongo pertanto di proseguire nei nostri lavori, riservandoci di fornire domani mattina una risposta alle giuste preoccupazioni dell'onorevole professor Acquarone e del presidente Violante (Applausi di deputati dei gruppi di Forza Italia e Alleanza nazionale).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Mantini. Ne ha facoltà.

PIERLUIGI MANTINI. Signor Presidente, ringrazio il presidente Bruno per la disponibilità manifestata, fermo restando che ritengo che l'errore sia palese (mi pare di capire si tratti di un'opinione condivisa). Si può semmai fare riferimento all'unità federale della Repubblica, anziché della Nazione. Sarebbe davvero strano immaginare il contrario, in quanto si tornerebbe alla teoria delle piccole patrie e non si terrebbe conto del fatto che spesso, anche a livello locale, si esprimono - nell'azione di governo, nei valori e nelle straordinarie risorse del nostro territorio - interessi e valori che sono nazionali, senza per questo essere imputati a un soggetto che si deve federare. La Nazione è una ed unica, ed è bene che ciò sia affermato esplicitamente nella Costituzione e che non ci si distragga con altre suggestioni.
Interpreto le parole del presidente Bruno come la manifestazione della disponibilità del Comitato dei nove a tornare sul punto, e di ciò lo ringrazio.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Menia. Ne ha facoltà.

ROBERTO MENIA. Signor Presidente, rivolgo in primo luogo un ringraziamento al presidente Bruno, perché intendevo formulare proprio la richiesta alla quale egli ha dato risposta. Debbo tuttavia osservare, a scanso di equivoci, che l'onorevole Violante è stato certamente abile, come sa essere, ma ha utilizzato argomenti dialettici che vanno a collidere con il testo dell'articolo in esame.
Nel mio partito si è ripetutamente dibattuto sul senso del termine «federalismo». Il federalismo, storicamente, è un'altra cosa: esso dovrebbe essere la tensione all'unità di realtà diverse. Nel nostro caso, ad esempio con la creazione del Senato federale, avviene esattamente il contrario. Tuttavia, il termine «federalismo» e la riforma federale hanno assunto un altro significato, oramai pacificamente accettato sia dalla destra sia dalla sinistra. Potremmo parlare di devoluzione o di maggiore decentramento, ma è un dato oggettivo ciò che oggi si intende nel dibattito politico per federalismo. Si tratta di un concetto diverso rispetto allo sviluppo di uno Stato federale, ovvero la federazione di diversi Stati per giungere a una struttura statuale diversa.
Non è tuttavia vero che quanto previsto dal testo in esame sia una bestemmia civile, in quanto non vi è il riconoscimento del fatto che diverse nazioni vanno a costituire un soggetto statuale, tant'è che in questo testo si parla di unità federale della Nazione e non si fa riferimento a più nazioni (peraltro, a mio avviso la dizione «unità federale della Nazione» è impropria: a me personalmente basta e avanza l'unità della Nazione).
Dunque, quanto affermato dall'onorevole Violante è, in realtà, una contraddizione in termini: non si sottende assolutamente un'unità di differenti nazioni, ma si prevede l'unità di una Nazione unica nella sua realizzazione federale, per come oggi si intende.

ANDREA LULLI. Ma che dice!

ROBERTO MENIA. Pertanto, non si tratta di una bestemmia civile. Ripeto, a me personalmente, e al mio gruppo, la formula «unità della Nazione» basta e avanza (Applausi dei deputati del gruppo di Alleanza nazionale).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Intini. Ne ha facoltà.

UGO INTINI. Signor Presidente, non c'è in Italia alcuna unità federale. Nel nostro paese non ci sono degli Stati federati tra loro per creare l'unità d'Italia (come, invece, negli Stati Uniti). Niente affatto! L'Italia è uno Stato nazionale che, saggiamente, ha decentrato verso regioni, province e comuni compiti amministrativi crescenti. È questa la realtà.
Per soddisfare le esigenze ideologiche e propagandistiche della Lega Nord si ricorre ad una terminologia ambigua che sarà usata da chi vuole fare propaganda (Commenti dei deputati del gruppo della Lega Nord Federazione Padana).
Ogni volta che svolgo dei ragionamenti - pacati, per la verità - i parlamentari della Lega ritengono opportuno interrompermi e avanzare polemiche del tutto fuori luogo, ma io svolgerò i miei ragionamenti, che voi cerchiate di intimidirmi o meno (Applausi dei deputati dei gruppi Misto-Socialisti democratici italiani, dei Democratici di sinistra-L'Ulivo, della Margherita, DL-L'Ulivo e di Rifondazione comunista - Applausi polemici dei deputati del gruppo della Lega Nord Federazione Padana)!

PRESIDENTE. Colleghi, per cortesia! Consentite all'onorevole Intini di proseguire il suo intervento.

UGO INTINI. Grazie, signor Presidente.
Attenzione all'ambiguità che si usa per soddisfare tali esigenze: l'ambiguità tipica di questo testo costituzionale non è un compromesso, non è un punto di arrivo ma di partenza. Vi è già chi afferma, infatti - mi dispiace, ma si tratta proprio dei giornali della Lega -, che siamo soltanto all'inizio di nuove pressioni, nuove spinte per portare ancora più in là la disgregazione dello Stato unitario. Non siamo d'accordo! Vogliamo che non si giochi sull'ambiguità e che si chiariscano l'esigenza e l'esistenza di uno Stato unitario. E basta!

Il presidente Bruno sembra disponibile ad un approfondimento in tal senso; spero che ciò si verificherà. Ne prendiamo atto (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Socialisti democratici italiani).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Mattarella. Ne ha facoltà.

SERGIO MATTARELLA. Desidero rivolgere una domanda al relatore ed alla maggioranza.
Attualmente la Costituzione, come tutti colleghi sapranno, recita, all'articolo 87, che il Capo dello Stato rappresenta l'unità nazionale. Ma perché vi è la voglia di togliere dalla Costituzione l'espressione «unità nazionale» (Applausi dei deputati del gruppo della Margherita, DL-L'Ulivo)?

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Ruzzante. Ne ha facoltà.

PIERO RUZZANTE. L'intervento del presidente Violante ha posto in evidenza ciò che da giorni in quest'aula stiamo denunciando. La riforma costituzionale proposta dalla maggioranza manca di una cornice; ce ne rendiamo conto dal numero di errori presenti nel testo proposto dalla maggioranza, dai ripensamenti. Ci sono ripensamenti, necessità di discussione e di nuovi ricorsi al Comitato dei nove, insomma, una sorta di pressappochismo.
Ancora oggi non avete formalmente presentato il testo relativo al procedimento legislativo. Ci accorgiamo (solo a seguito della richiesta dell'opposizione di un chiarimento sull'articolo 87) come nella stessa maggioranza il testo da voi proposto e discusso per mesi non trovi d'accordo alcuni esponenti della maggioranza stessa, come il collega La Malfa e il collega Menia, di Alleanza nazionale.
Non si tratta di un articolo non significativo ma di una norma relativa alle funzioni del Presidente della Repubblica - un tema assolutamente centrale - e al valore dell'unità nazionale. Credo che al riguardo vada evidenziato il pressappochismo con il quale la maggioranza si presenta in aula in occasione di una discussione così importante come la modifica di oltre 40 articoli della nostra Costituzione.
Vorrei ricordare al collega Bruno che l'opposizione ha presentato degli emendamenti, le identiche proposte emendative Mascia 22.1 e Bressa 22.2, che propongono la soppressione di questo articolo proprio a causa del contenuto equivoco del relativo testo.
Gradirei sinceramente che qualche costituzionalista mi spiegasse cosa significa (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo).

PRESIDENTE. Onorevole Bruno?

DONATO BRUNO, Relatore. Signor Presidente, si vota l'emendamento soppressivo, ed eventualmente la Commissione presenterà un emendamento.

MARCO BOATO. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà

MARCO BOATO. Signor Presidente, vorrei dire in altra formula quello che il presidente Bruno ha già detto adesso e poco fa. È bene, però, che risulti nei nostri atti, affinché non vi siano incidenti di percorso.
Abbiamo già convenuto col Presidente della Camera, onorevole Casini, che presiedeva poco fa, che non procederemo al voto finale dell'articolo 22, perché vi è un ulteriore emendamento della Commissione su cui la stessa deve riflettere, che è collegato all'articolo 13.
Dovrebbe risultare chiaro che, anche se adesso noi procederemo e la maggioranza respingerà gli emendamenti soppressivi e passeremo agli emendamenti relativi ai successivi commi, e nessuno di essi inciderà sul primo comma, la Commissione si riserva - se poi lo farà o non lo farà, lo vedremo - di presentare domani un eventuale emendamento sul primo comma dell'articolo 22, senza che questo possa essere precluso dal prosieguo dei lavori parlamentari.
Credo di avere ripetuto quello che il presidente Bruno in qualche modo aveva detto, ma così risulterà chiaro ai nostri atti.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sugli identici emendamenti Mascia 22.1 e Bressa 22.2, non accettati dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (
Vedi votazioni).
(Presenti 429
Votanti 420
Astenuti 9
Maggioranza 211
Hanno votato
185
Hanno votato
no 235).

Passiamo alla votazione dell'emendamento Elio Vito 22.200.

DONATO BRUNO, Relatore. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DONATO BRUNO, Relatore. Signor Presidente, sull'emendamento Elio Vito 22.200 vi è una proposta di riformulazione, dopo un'ulteriore riflessione da parte del Comitato dei nove, su cui vi è il parere favorevole della Commissione, che recita: «Indice le elezioni della Camera dei deputati e quelle dei senatori e fissa la prima riunione della Camera».

LUCIANO VIOLANTE. Chiedo di parlare per un chiarimento.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LUCIANO VIOLANTE. Signor Presidente, vorrei chiedere un chiarimento al presidente Bruno. Per quale motivo parliamo di «Camera dei deputati» e di «senatori» e non anche di «Senato»? Ci sarà una ragione!

MARCO BOATO. Perché c'è la contestualità piena.

LUCIANO VIOLANTE. Ho chiesto al presidente Bruno, per cortesia, onorevole Boato!

DONATO BRUNO, Relatore. Signor Presidente, mi ha anticipato, ma questo succede! Nel Comitato dei nove è regola comune, ma il collega Boato lo fa sempre con lo spirito collaborativo!
Vorrei dire che, essendovi la contestualità, vi è dunque un revolving: i senatori cambiano e dunque è meglio non parlare di Senato, in questo senso! A proposito dell'altra domanda sulle elezioni, in particolare del perché non si indicono le elezioni, è proprio per questo motivo che vi sarà una norma transitoria che andrà a prevedere per la prima volta, e solo per la prima volta, da parte del Presidente della Repubblica il compito di indire le elezioni anche per i senatori.

LUCIANO VIOLANTE. E per le suppletive? Viene da sé?

GIANCLAUDIO BRESSA. Le elezioni...!

PRESIDENTE. Prendo atto che i presentatori dell'emendamento Elio Vito 22.200 accedono alla proposta di riformulazione presentata dal relatore.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Elio Vito 22.200, nel testo riformulato, accettato dalla Commissione e dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).
(Presenti 420
Votanti 247
Astenuti 173
Maggioranza 124
Hanno votato
240
Hanno votato
no 7).

Passiamo alla votazione dell'emendamento Boato 22.10.

GIANCLAUDIO BRESSA. Signor Presidente, vorrei...

PRESIDENTE. Se non capisce, perché parla su quello che non sa...? Parli su quello che sa!
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Giordano. Ne ha facoltà.

GIANCLAUDIO BRESSA. Perché lei...

PRESIDENTE. Scusi, ho dato la parola all'onorevole Giordano: dopo parlerà lei!

FRANCESCO GIORDANO. Signor Presidente, può apparire una questione di minore rilevanza rispetto alla discussione che si è svolta poc'anzi, però francamente noi non ci rassegniamo e vorremmo capire - deriva da ciò la nostra contrarietà anche all'impianto di questa materia, quella cioè delle prerogative del Presidente della Repubblica - le ragioni per cui siano state costituzionalizzate le autorità amministrative indipendenti e addirittura il CNEL (Commenti).

CESARE RIZZI. Di che vuoi discutere?

FRANCESCO GIORDANO. Ci sarà un motivo della persistente vocazione ad interrompere i colleghi...!
Vorremmo quindi fare un ragionamento di fondo, che vale anche per i successivi emendamenti, che riguarda l'incongruenza di voler costituzionalizzare le autorità amministrative e il CNEL e l'idea che il Presidente della Repubblica possa in qualche misura - così come viene affermato in questa parte della normativa - designare i presidenti delle autorità amministrative indipendenti e il presidente del CNEL.
Troviamo un po' singolare - a parte la nostra critica di fondo nei riguardi di questa mania di costituzionalizzare organismi che, francamente, non avrebbero nessuna ragione di essere contemplati da una norma costituzionale - che, mentre si svuotano le funzioni del Presidente della Repubblica, si diano in qualche misura dei «palliativi sostitutivi», fino alla nomina dei presidenti delle autorità amministrative e del CNEL.
In realtà, dovremmo discutere più significativamente di quello che è stato strutturalmente modificato nell'equilibrio di poteri tra il Presidente della Repubblica e il Presidente del Consiglio. Onestamente, trovo che questo palliativo rappresenti una sorta di specchietto per le allodole. La verità è che si è alterato strutturalmente l'equilibrio a favore del Presidente del Consiglio, in danno del Presidente della Repubblica.
Aggiungo che è paradossale - e questo avverrà con legge ordinaria - costituzionalizzare delle strutture che con legge ordinaria vengono designate dal Governo medesimo, strutture di controllo che sono diretta emanazione del Governo.
Francamente, ritengo che ci troviamo di fronte anche ad un vizio democratico di fondo! Su questo emendamento esprimeremo un voto favorevole e, ovviamente, esprimeremo un voto contrario sull'emendamento 22.251 della Commissione (Applausi dei deputati del gruppo di Rifondazione comunista).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà.

GIANCLAUDIO BRESSA. Signor Presidente, prima volevo intervenire non perché non sapessi di cosa stavamo parlando, ma, siccome la votazione dell'emendamento Elio Vito 22.200 aveva precluso una serie di emendamenti e lei non aveva dato lettura di queste preclusioni, stavo cercando di capire a che punto fosse l'emendamento Boato 22.10. Dico questo per chiarezza.
Per quanto riguarda invece il merito della questione, noi siamo assolutamente favorevoli a mantenere il testo originario di questo articolo della Costituzione. È ben vero che abbiamo costituzionalizzato le autorità amministrative - e siamo assolutamente convinti della bontà della cosa fatta -, ma abbiamo stabilito che sarà una legge ordinaria a definire le modalità con cui queste dovranno essere organizzate e definite. Pertanto, non siamo d'accordo ad attribuire tali funzioni al Presidente della Repubblica, meno che mai - come propone il successivo emendamento 22.251 della Commissione - il potere di nomina del presidente del Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro.
Come è ben noto a tutti quelli che hanno seguito i lavori della Commissione bicamerale, l'utilità attuale di questo organo è stata oggetto di una lunghissima valutazione. Pertanto, se non vogliamo rimettere in discussione l'esistenza del Consiglio nazionale dell'economia del lavoro, sicuramente non vogliamo che cresca nella considerazione generale, al punto tale che debba essere il Presidente della Repubblica a nominare il suo presidente.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Marone. Ne ha facoltà.

RICCARDO MARONE. Signor Presidente, siamo preoccupati perché ancora non abbiamo il quadro complessivo dei poteri. Non vorremmo che si conferisse una serie di poteri di non particolare rilievo per controbilanciare quelli che si vogliono eliminare. Ma per quale motivo non si lasciano le cose come sono? Il Presidente della Repubblica è un organo di particolare delicatezza. Andare a toccare equilibri, francamente, ci preoccupa. Se avessimo un quadro completo, potremmo fare una valutazione. Ciò che non vogliamo è che si possa affermare che, essendo stati attribuiti diversi poteri, si possono eliminare altre competenze: questo non ci vedrebbe d'accordo.
La funzione di garanzia del Presidente della Repubblica è fondamentale. Preferiamo che, nell'incertezza del quadro nel quale stiamo operando e di fronte al fatto che ancora non capiamo quali siano i poteri del Parlamento, quale sia il procedimento legislativo e come il Presidente della Repubblica intervenga in tutto ciò, rimangano gli attuali poteri del Presidente della Repubblica. Chiediamo, quindi, l'approvazione dell'emendamento in esame.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Acquarone. Ne ha facoltà.

LORENZO ACQUARONE. Signor Presidente, onorevoli colleghi, concordo con l'onorevole Bressa forse anche per un profilo diverso. Attraverso la dizione del testo che è stato presentato, si stabilisce che il Presidente della Repubblica nomina il presidente delle autorità indipendenti. In qualche misura, costituzionalizziamo le Autorità indipendenti. Quando esamineremo approfonditamente la parte relativa alle Autorità indipendenti, il discorso diventerà più complesso.
So benissimo che la dottrina amministrativistica è, sul punto, molto divisa. Il concetto di autorità indipendente nasce su modelli estranei alla nostra tradizione giuridica, in cui si vuole sottrarre all'esecutivo la disciplina di determinate materie. Ma, allora, sono veramente autorità indipendenti. Le autorità indipendenti attualmente esistenti, se consentite, fanno un po' sorridere. Indipendenti da chi? Dall'esecutivo? Credo che, per quanto riguarda l'energia elettrica, il TAR della Lombardia abbia bocciato tutti i provvedimenti adottati. Un'autorità indipendente dovrebbe essere assolutamente indipendente.
Credo sia il caso di stralciare il tema delle autorità indipendenti. Poi, in sede di revisione della nostra pubblica amministrazione, si potrà discutere sul tipo di indipendenza che hanno. Oggi, attribuire loro questo grande rilievo quando un giudice monocratico del TAR, se vuole, può sospendere qualsiasi provvedimento di un'autorità cosiddetta indipendente, francamente, mi sembra al di fuori della realtà.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Boato. Ne ha facoltà.

MARCO BOATO. Signor Presidente, l'intervento dell'onorevole Acquarone mi permette di fare alcuni chiarimenti.
La scorsa settimana, passando da un articolo all'altro, nella fretta, forse, non ci si è resi conto che è stato approvato dall'Assemblea l'articolo 98-bis, che recita: «Per lo svolgimento di attività di garanzia o di vigilanza in materia di diritti e libertà garantiti dalla Costituzione e su materie di competenza dello Stato ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, la legge, approvata ai sensi dell'articolo 70, terzo comma, può istituire apposite Autorità indipendenti, stabilendone la durata del mandato, i requisiti di eleggibilità e le condizioni di indipendenza. Le Autorità riferiscono alle Camere su risultati delle attività svolte».
Avendo già votato l'articolo 98-bis, proponiamo, con l'emendamento in esame, che non siano attribuiti in Costituzione i poteri di nomina del Capo dello Stato. La maggioranza prevede diversamente, ma la divaricazione non è abissale.
Le questioni che opportunamente il collega Acquarone ha posto sono demandate alla legge prevista nell'articolo 98-bis da me ora citato. Si tratta di questioni che dovranno essere discusse come Parlamento legislatore ordinario nella prossima legislatura, quando sarà affrontata quella materia.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Boato 22.10, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

PIERO RUZZANTE. Signor Presidente! Ognuno voti per sé!

PRESIDENTE. Ognuno voti per sé!

PIERO RUZZANTE. Come avete ricordato qui ieri...

PRESIDENTE. Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (
Vedi votazioni).
(Presenti 387
Votanti 386
Astenuti 1
Maggioranza 194
Hanno votato
163
Hanno votato
no 223).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 22.251 della Commissione, accettato dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (
Vedi votazioni).
(Presenti 403
Votanti 268
Astenuti 135
Maggioranza 135
Hanno votato
253
Hanno votato
no 15).

Passiamo alla votazione dell'emendamento Bressa 22.15.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà.

GIANCLAUDIO BRESSA. Signor Presidente, con l'emendamento in esame esprimiamo la nostra contrarietà al fatto che il Presidente della Repubblica nomini il vicepresidente del Consiglio superiore della magistratura, un organismo che ha già una presidenza definita in Costituzione, quella del Presidente della Repubblica. Credo che non esista al mondo un organo che abbia definita per legge, e quindi sottratta alla propria disponibilità, la nomina del presidente e del vicepresidente, cioè dei propri vertici. Il Presidente della Repubblica deve necessariamente presiedere il Consiglio superiore della magistratura per motivi che non ripeterò ora e che portarono i nostri padri costituenti ad effettuare questa scelta. Pensare di sottrarre a tale organismo anche l'elezione del proprio vicepresidente, significa considerare il Consiglio superiore della magistratura un'assemblea a sovranità limitata. Ciò è assolutamente inaccettabile. L'autonomia della magistratura deve essere garantita anche attraverso le forme della scelta del proprio vicepresidente. Pertanto, chiediamo di mantenere l'attuale dettato costituzionale.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Marone. Ne ha facoltà.

RICCARDO MARONE. Siamo anche noi assolutamente contrari alla scelta di sottrarre la nomina del vicepresidente al CSM. La presidenza prevista in Costituzione da parte del Presidente della Repubblica del Consiglio superiore della magistratura ha una funzione del tutto diversa rispetto a quella che, oggi, la maggioranza intende attribuire con questo potere di nomina. Quella funzione serve a garantire l'equilibrio dei poteri e la funzione dell'organo. In questo caso, invece, l'attribuzione della nomina del vicepresidente assume il significato da parte della maggioranza di una sfiducia verso l'organo nella scelta dei propri vertici. Riteniamo, invece, sia giusto che il Consiglio superiore scelga al proprio interno il vicepresidente e non comprendiamo perché si intenda costituzionalizzare tra i poteri del Presidente della Repubblica anche la nomina del vicepresidente del CSM, scelta che appare non solo incomprensibile ma anche sbagliata.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Bressa 22.15, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (
Vedi votazioni).
(Presenti 398
Votanti 397
Astenuti 1
Maggioranza 199
Hanno votato
166
Hanno votato
no 231).

Passiamo alla votazione dell'emendamento Perrotta 22.90.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Perrotta. Ne ha facoltà.

ALDO PERROTTA. Signor Presidente, con la proposta a mia firma vorrei sottrarre al Presidente della Repubblica il potere di concedere la grazia; si tratta di una vecchia questione ma debbo osservare che, se approvata, la proposta impedirebbe al Capo dello Stato di concedere, sine die e senza domanda, la grazia (Commenti)... Tuttavia, signor Presidente, poiché i colleghi mi fanno ora osservare, proprio durante questo mio intervento, che un articolo successivo interviene sulla questione, ritiro la mia proposta emendativa.

PRESIDENTE. Sta bene, onorevole Perrotta.
Avverto che, non essendovi obiezioni, l'esame dell'emendamento 22.252 della Commissione e la votazione dell'articolo 22 si intendono accantonati, per essere ripresi dopo l'approvazione dell'articolo 13 riguardante il procedimento legislativo.
Ricordo inoltre che la Commissione si è riservata di valutare l'opportunità di formulare un emendamento riferito al primo comma dell'articolo.
Non procederemo ora, quindi, alla votazione dell'articolo 22.

 

(Esame dell'articolo 23 - A.C. 4862 ed abbinate)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 23 e delle proposte emendative ad esso presentate (vedi l'allegato A - A.C. 4862 ed abbinate sezione 5).

Ha chiesto di parlare l'onorevole Leoni. Ne ha facoltà.

CARLO LEONI. Signor Presidente, stiamo affrontando uno dei capitoli più importanti più delicati della riforma costituzionale; è, quindi, giusto vi sia - mi permetto di asserirlo - un clima di attenzione e di ascolto delle posizioni che si stanno confrontando, anche perché, effettivamente, sono molto diverse. Sarebbe, altresì, importante che vi fosse un numero di parlamentari presenti degno dell'argomento che stiamo trattando.
Abbiamo ormai consolidato da molti anni, in Italia, la pratica del nuovo sistema politico; sin dalle novità introdotte con i referendum elettorali, con le elezioni dirette dei sindaci e dei presidenti delle province, con la nuova legge elettorale per il Parlamento della Repubblica. La lunga sperimentazione di questa pratica - ormai sono oltre dieci anni che i cittadini italiani sperimentano un nuovo sistema elettorale e conoscono un nuovo sistema politico - ha consolidato, non solo tra noi ma nella mente della maggioranza degli italiani, una serie di convinzioni. Ha permesso, inoltre, alla maggioranza dei cittadini di apprezzare alcune importanti novità.
La prima riguarda il potere - che effettivamente queste leggi elettorali (o, almeno, alcune di esse) conferiscono - di scegliere da chi essere governati. Non intendo dire da quale persona; intendo, piuttosto riferirmi ad un potere diretto di scegliere una coalizione ed un programma di Governo. In questo senso, d'altronde, è andata la storia di questi anni.
Faccio gli ultimi due esempi più significativi. La maggioranza degli elettori che nel 1996 votò per L'Ulivo lo fece non per scegliere una persona (in quel caso, Romano Prodi), ma per condividere un programma e un messaggio che parlava di unificazione europea, di europeizzazione dell'Italia e di tenuta della coesione sociale nel nostro paese, pur nell'ambito di un programma di governo fortemente innovativo. Allo stesso modo, chi nel 2001 optò per la Casa delle libertà votò non per scegliere una persona, vale a dire Silvio Berlusconi, ma perché, dal nostro punto di vista - lasciatemelo dire -, si lasciò convincere da una serie di promesse, poi non mantenute (ma ciò non conta nell'ambito di questo discorso), annunciate per l'appunto da Silvio Berlusconi e dalla Casa delle libertà.
Respingiamo, in altri termini, un'idea del bipolarismo, che troviamo anche abbastanza rozza, secondo la quale il primo ministro (o il candidato premier) è il dominus dell'intera situazione politica, mentre riteniamo opportuno, al contrario, che il perno di una democrazia dell'alternanza, come quella che stiamo sperimentando, sia la coalizione politica, che si presenta con un programma dinanzi agli elettori.
Tale convinzione ci induce a sostenere - e lo ribadiremo discutendo emendamento per emendamento - che non condividiamo, anzi respingiamo, qualsiasi forma e qualsiasi norma che dovessero introdurre strumenti di ricatto del premier nei confronti sia della maggioranza, sia del Parlamento, fino al punto di prevedere che tale potere di ricatto del primo ministro possa condurre ad un automatismo nello scioglimento della Camera dei deputati.
Se è così, vale a dire se il perno del sistema politico che prevede l'alternanza tra schieramenti contrapposti non è una persona, bensì una coalizione, incaricata di realizzare un programma, nel corso di una legislatura, potrebbe allora accadere che, proprio per poter realizzare meglio il programma con il quale ci si è presentati di fronte agli elettori, successivamente sottoposto alla Camera per il voto di fiducia iniziale, quella coalizione, divenuta successivamente maggioranza in Parlamento, decida di cambiare il primo ministro.
Ciò è coerente con un'idea della politica che non rimette nelle mani di una sola persona il destino di una coalizione o del paese. Vorrei rilevare che, nel corso della legislatura, una coalizione politica può decidere, come è già accaduto in altri paesi - al riguardo, vorrei rilevare che tutti hanno ricordato il caso della sostituzione della signora Thatcher con John Major -, di cambiare il Presidente del Consiglio: a nostro avviso, infatti, ciò che non va cambiato in corso di legislatura è la maggioranza politica. Sono altresì convinto che tale questione sia ormai entrata nella testa della maggioranza degli italiani: mi riferisco all'opposizione a cambiamenti di maggioranza nel corso di una legislatura, vale a dire a quelli che, in gergo giornalistico, vengono chiamati i «ribaltoni». Essi, infatti, non sono condivisi né dagli elettori di centrodestra, né da quelli di centrosinistra.
Un punto delicato, cari colleghi - e mi avvio a concludere -, è tuttavia rappresentato dal modo con cui intendiamo costruire una norma democratica che consenta di evitare che avvengano cambi di maggioranza, pur consentendo a tale maggioranza di scegliere un altro primo ministro nel corso della medesima legislatura. Vorrei precisare, al riguardo, che siamo contrari ad ogni forma di irrigidimento e ad ogni automatismo come quelli contenuti nel testo presentato dalla Casa delle libertà, poiché tali forme di irrigidimento e tali automatismi conducono a due conseguenze che riteniamo totalmente negative e pericolose.
La prima è costituita dal fatto che, in tal caso, si fuoriuscirebbe - anche se ci si può giurare il contrario - dalla forma di governo parlamentare, e si tratterebbe, a nostro avviso, di una scelta grave ed esiziale sia per il presente sia per il futuro del nostro paese.
La seconda conseguenza negativa sarebbe che, in tal modo, viene spogliato di tutte le funzioni significative il Presidente della Repubblica, al quale si può anche concedere - come fosse un contentino - un potere di nomina in più rispetto a quelli che aveva in precedenza, ma se viene spogliato di una funzione di garanzia come quella che deve svolgere il Capo dello Stato, davvero è privato di ogni potere significativo.
Da ciò deriva la nostra proposta, alternativa a quella avanzata dai colleghi della maggioranza, ossia che il Presidente della Repubblica non emani il decreto di scioglimento delle Camere - nel caso di sfiducia costruttiva, ad esempio - qualora verifichi che la nomina del primo ministro indicato nella mozione ed il voto della Camera sono coerenti con il risultato delle elezioni per la Camera dei deputati e con il programma della legislatura.
Confermiamo, cioè, con questo dispositivo, il principio secondo il quale la maggioranza scelta nel corso della campagna elettorale deve essere tale, e non deve cambiare nel corso della legislatura, e rifiutiamo qualsiasi automatismo che ci porti fuori dalla forma di governo parlamentare e che spogli il Capo dello Stato di funzioni essenziali. Si deve affidare allo stesso Capo dello Stato una valutazione non approssimativa, di generico rispetto del mandato elettorale, ma di coerenza tra la maggioranza parlamentare che esprime un nuovo primo ministro e quella emersa dal voto degli elettori. Si fissa, quindi, un ambito di valutazione chiaro, ma non spogliando il Presidente della Repubblica di compiti essenziali, che tali debbono rimanere.
Questa è la filosofia che ha accompagnato la proposizione, alternativa, da parte di gruppi dell'opposizione, al disegno proposto dai colleghi della Casa delle libertà, che rischia di farci uscire - e gravemente - da una forma di governo parlamentare. Ad esso contrapponiamo un'idea di completamento della transizione politica, con una stabilizzazione del sistema, che prevede l'alternanza tra schieramenti diversi, ma non l'affida ad una normativa rigida di automatismi, che comprometterebbe il sistema politico ed il suo carattere democratico, quale noi lo vogliamo costruire. È importante che vi sia quindi, e sia confermata, tale possibilità di alternativa tra schieramenti contrapposti, che sia imperniato su una coalizione - e non su una persona - il bipolarismo democratico italiano e che non siano consentiti indiscriminati cambi di maggioranza, ma che tale possibilità sia affidata alla valutazione del Presidente della Repubblica.
Questa è la filosofia che ha ispirato gli emendamenti dell'opposizione (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo).

PRESIDENTE. Nessun altro chiedendo di parlare, invito il relatore ed il Governo a esprimere i pareri sulle proposte emendative presentate.

DONATO BRUNO, Relatore. Il parere della Commissione è contrario sugli identici emendamenti Mascia 23.1 e Boato 23.4. La Commissione esprime altresì parere contrario sugli emendamenti Zeller 23.70 e Leoni 23.5, mentre raccomanda l'approvazione del suo emendamento 23.250. Il parere è contrario sull'emendamento Bressa 23.73 e sui subemendamenti Bressa 0.23.200.2 e Mazzuca Poggiolini 0.23.200.1.
La Commissione invita i presentatori dell'emendamento Elio Vito 23.200 al ritiro, poiché il suo contenuto è recepito negli identici subemendamenti 0.28.200.255 e 0.28.200.256.
La Commissione esprime, inoltre, parere contrario sugli emendamenti Leoni 23.74, Taormina 23.71, Mantini 23.3 e sul subemendamento Boccia 0.23.201.2, mentre raccomanda l'approvazione del proprio subemendamento 0.23.201.25.
Il parere è contrario sul subemendamento Boccia 0.23.201.1. La Commissione raccomanda l'approvazione del suo subementamento 0.23.201.26 (Nuova formulazione) e esprime parere favorevole sull'emendamento Elio Vito 23.201, mentre esprime parere contrario sugli emendamenti Tabacci 23.75 e Perrotta 23.72.

PRESIDENTE. Qual è il parere del Governo?

ALDO BRANCHER, Sottosegretario di Stato per le riforme istituzionali e la devoluzione. Il parere del Governo è conforme a quello del relatore.

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione degli identici emendamenti Mascia 23.1 e Boato 23.4.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mascia. Ne ha facoltà.

GRAZIELLA MASCIA. Si tratta di un emendamento soppressivo che va ad intaccare l'articolo 88 della Costituzione relativo ai poteri di scioglimento delle Assemblee parlamentari da parte del Presidente della Repubblica. Lo scioglimento costituisce uno dei poteri di maggiore rilievo che il costituente ha attribuito al Presidente della Repubblica e ha naturalmente fondamentale importanza ai fini dell'esatta individuazione dell'attuale forma di governo parlamentare.
A noi è presente anche la grande delicatezza che riveste la valutazione dei presupposti che possono legittimare l'interruzione del mandato elettorale. Non è un caso che l'articolo 88 attualmente vigente prescriva che questo potere possa essere esercitato solo dopo che il Presidente della Repubblica ha consultato i Presidenti delle Camere. È evidente che i Presidenti delle Camere esprimono un parere non vincolante, ma certamente si tratta di un parere autorevolmente rappresentato.
Questo elemento di così grande rilevanza, invece, sparisce immediatamente nel primo comma di cui stiamo parlando. Viceversa, alla lettera a) si anticipa quanto incontreremo successivamente relativamente a ciò che possiamo chiamare premierato assoluto, non più come rafforzamento dei poteri del primo ministro, ma quale figura che forma l'attuale configurazione basata sugli equilibri tra i diversi poteri, intaccando dunque pesantemente la cultura dei contrappesi.
La combinazione automatica tra la sfiducia su un provvedimento e lo scioglimento delle Camere su richiesta del premier che, come si cita anche in questo articolo, si assume la responsabilità, produce, a nostro avviso, un ibrido anomalo estremamente pericoloso sia rispetto ai poteri del Presidente del Consiglio, che diventa primo ministro, sia rispetto al ridimensionamento dei poteri del Presidente della Repubblica.
Nello stesso articolo, in un comma successivo, si anticipa anche quanto andremo a verificare relativamente alla forma di governo. In particolare, si fa riferimento e si introduce una norma antiribaltone. Va da sé, dal nostro punto di vista, che la preoccupazione rispetto a queste norme non è tanto quella di mantenere una coerenza con la volontà espressa dall'elettorato, perché questo fatto può essere risolto - come faremo e lo dimostreremo - attraverso l'esperienza ormai consolidata, per esempio, della Germania (quella della sfiducia costruttiva). Qui, invece, si introducono degli irrigidimenti che sono stati sconsigliati e sono stati ritenuti assolutamente inopportuni da numerosissimi illustri costituzionalisti. Lo si fa per fino in un modo che presenta, a mio avviso, delle ulteriori difficili interpretazioni.
Mi richiamo, in particolare, alla parte in cui l'articolo fa riferimento ai deputati che dovrebbero, con appello nominale, dimostrare di appartenere alla maggioranza espressa nel momento delle elezioni per poter evitare che il Governo venga sciolto. È difficile stabilire qual è la maggioranza emersa dalle elezioni. Soprattutto è difficile dimostrare che un articolo di questo tipo non entri in collisione con l'articolo 67 della Costituzione, laddove si afferma che i deputati non hanno vincolo di mandato.
Dunque, credo che sia assolutamente necessario sopprimere l'intero articolo.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Marone. Ne ha facoltà.

RICCARDO MARONE. Signor Presidente, si tratta di uno dei punti più delicati e più importanti della riforma costituzionale: il potere di scioglimento delle Camere da parte del Presidente della Repubblica. Nella proposta della maggioranza si cerca di trasformare un potere rilevante del Presidente della Repubblica in un potere imbrigliato da una serie di regole e norme. Se leggiamo, infatti, il nuovo articolo 88 della Costituzione, come risulterebbe dall'approvazione degli emendamenti presentati dalla maggioranza, ci rendiamo conto che il potere del Presidente della Repubblica viene ad essere fortemente limitato.
Ciò avviene nell'illusione che, stabilendo alcune norme, si possano risolvere i problemi politici di fondo di un ordinamento. Si tratta di un'illusione perché non è attraverso le norme che si possono risolvere le crisi politiche di un sistema. Le norme servono per regolare rapporti di natura ben diversa da quelli di tipo politico. Il sistema politico deve reggersi su ben altre questioni di fondo che nessuna norma potrà mai disciplinare.
Detto ciò, in merito all'articolo 88 bisogna svolgere due considerazioni di fondo. In primo luogo, il Presidente della Repubblica in molti casi diventa semplicemente l'esecutore della volontà del primo ministro. Questo, francamente, ci sembra un ruolo sbagliato e non in linea con l'equilibrio dei poteri necessario in un ordinamento. In secondo luogo, troviamo particolarmente sbagliata la cosiddetta norma antiribaltone che sancisce il principio secondo cui esiste una maggioranza espressa dalle elezioni e che si può procedere alla sostituzione del primo ministro solo se ciò è l'espressione della suddetta maggioranza. Si tratta di un evidente errore perché non esiste nel nostro ordinamento una maggioranza espressa dalle elezioni. Innanzitutto, abbiamo più volte detto di non voler inserire nella Costituzione norme di carattere elettorale. Se leggiamo la Costituzione non c'è una norma che si riferisca ai sistemi elettorali; questa, invece, fa prefigurare un sistema elettorale. Inoltre, se facciamo riferimento all'attuale sistema, non esiste affatto una maggioranza elettorale, esiste semplicemente un'elezione da cui - oggi in via materiale, in futuro, se verranno approvate le vostre modifiche, espressamente - si trae l'indicazione del premier. Comunque, non sta scritto da nessuna parte che tale elezione porterà una maggioranza elettorale. Potrebbero esservi, ad esempio, più indicazioni di premier o una maggioranza non assoluta e, quindi, un Governo che viene espresso dall'Assemblea e non dal corpo elettorale. Questo è il nostro sistema, non ce ne sono altri. Non so se voi prefigurate altri sistemi, ma prevedere nella norma che scrivete tale espressione è certamente sbagliato e non so come potrete chiudere correttamente il sistema dei poteri.
Detto questo - peraltro abbiamo previsto un meccanismo completamente diverso, che spiegheremo quando esamineremo le nostre proposte -, ci preme sottolineare che sta avvenendo esattamente quello che avevamo previsto nell'esame dell'articolo precedente. La vostra intenzione è quella di togliere poteri reali al Presidente della Repubblica e vi preparate argomenti per negare questa circostanza, elencando i vari poteri che gli avete attribuito, che sono però di ben minore rilevanza. Questo ci sembra un argomento da usare in un'eventuale campagna pubblica, ma non ci sembra il metodo giusto per riformare la Costituzione (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà.

GIANCLAUDIO BRESSA. Come hanno già detto i colleghi Leoni e Marone, questo articolo è il primo di una serie di norme, che rappresentano davvero il cuore malato della riforma. Sottrarre il potere di scioglimento della Camera al Presidente della Repubblica non è grave solo perché, come ha detto il collega Leoni, si spoglia di un potere importante e fondamentale il Presidente della Repubblica, ma perché quello che proponete rappresenta un unicum nel panorama del diritto costituzionale comparato contemporaneo. Voi, attraverso questo primo tassello dello scioglimento della Camera dei deputati, cominciate a costruire ciò che il professor Elia, con felicissima scelta di parole, ha definito premierato assoluto: una forma di governo atipica, contrastante con i principi del costituzionalismo, perché realizza una concentrazione di poteri senza precedenti in una sola persona, tale da far degenerare la stessa forma di Stato democratico rappresentativo.
Questo risultato si raggiunge rendendo ibridi istituti classici delle forme di governo parlamentare, quali il rapporto fiduciario e il potere di scioglimento della Camera politica, con le norme antiribaltone. Si va molto oltre il premierato inglese, con buona pace del Presidente Pera e di tutti quelli che amano citare Bill Emmott, a testimonianza della bontà della vostra proposta. Bill Emmott, questo singolare personaggio inglese, direttore di The Economist, che ha scritto uno dei libri più belli sulla democrazia inglese, più che citarlo a sproposito, bisognerebbe leggerlo. Se andiamo a leggere il suo libro, riusciamo a capire esattamente cosa sia il sistema inglese, che è completamente diverso da quello che ci state proponendo. Bill Emmott aveva in mente una forma di governo in cui l'elezione parlamentare del governo non era semplicemente un elemento del quadro complessivo, ma era il pilastro centrale dell'assetto istituzionale, la funzione principale della Camera. Cito testualmente da Bill Emmott: «Il Gabinetto è un comitato scelto per il governo della nazione, in base alla fiducia dell'Assemblea legislativa».
Nella vostra ipotesi, si va oltre il premierato inglese, perché il modello Westminster, essendo correlato al bipartitismo prevalente nella composizione della Camera dei comuni, prevede la responsabilità del premier nei confronti della sua maggioranza. Se ne perde il consenso, il primo ministro inglese non ha più il potere di proporre lo scioglimento della Camera alla Regina e deve dimettersi, come ci insegnano molti precedenti (è il caso di Eden, di Mac Millan e, da ultimo, della Thatcher). Ciò, per chiarire come la vostra proposta non abbia nulla a che vedere con il modello inglese; peraltro, neanche con il modello tedesco, dove, mancando il bipartitismo, si provvede con l'annuncio, prima delle elezioni, del candidato cancelliere e degli schieramenti di coalizione, che possono poi essere dissolti solo con lo strumento della sfiducia costruttiva (solo due casi in cinquant'anni di storia della Repubblica federale tedesca).
Se, dunque, il vostro modello non trova riscontro nelle più collaudate esperienze di governo parlamentare, è poi talmente bizzarro da offrire minori spazi dialettici e minori bilanciamenti, rispetto anche ad altre forme di governo, come il semipresidenzialismo francese, che non esclude l'ipotesi della coabitazione. Perfino il poco funzionale sistema israeliano, prima dell'ultima riforma, aveva un minore grado di automatismo nello scioglimento del Parlamento monocamerale ed inoltre manteneva l'elezione della Knesset con la proporzionale.
La forma presidenziale americana si fonda su una forte separazione strutturale tra Presidente, Congresso e giudici, governando un autentico bilanciamento tra i poteri. Nel governo direttoriale svizzero, oltre ai numerosi strumenti referendari, c'è la stabilità quadriennale predeterminata dal Consiglio federale.
A questo punto, è inutile proseguire in quanto, nel panorama costituzionale contemporaneo, non si riscontra un modello quale quello che state proponendo. Solo la vostra ossessione antiribaltone poteva costruire un modello così rigido, così infarcito di automatismi, tale da sottrarre il primo ministro ad ogni verifica da parte della sua maggioranza per cinque anni, attribuendogli sempre potere di vita o di morte sulla Camera politica.
Quando il relatore Bruno afferma che noi non capiamo che si sta cambiando sistema, rispondo che noi capiamo esattamente che stiamo cambiando sistema, ma si tratta di un sistema che non solo non ha precedenti, ma calpesta i più elementari principi del diritto costituzionale. E, più avanti, avremo modo di illustrarlo compiutamente.
Per questi motivi, evidentemente, esprimeremo un voto favorevole sugli emendamenti in esame (Applausi dei deputati dei gruppi della Margherita, DL-L'Ulivo e Misto-Verdi-L'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Banti. Ne ha facoltà.

EGIDIO BANTI. Signor Presidente, il collega Bressa ha formulato esempi di carattere comparato sulle legislazioni e le Costituzioni vigenti in vari paesi dell'Europa e del mondo.
Vorrei svolgere un riferimento storico. Non ci sono precedenti di questa natura neanche nel periodo dello Statuto Albertino e nemmeno dopo l'entrata in vigore della legge del 1925 voluta dal Governo Mussolini sulle attribuzioni e prerogative del capo del Governo, primo ministro, segretario di Stato. Certamente, il Governo Mussolini non aveva bisogno del voto di fiducia delle Camere per andare avanti, ma non poteva permettersi di sciogliere le Camere senza una decisione discrezionale del Capo dello Stato che, in quel caso, era il Re d'Italia.
Del resto, qui viene messo in discussione il principio della divisione dei poteri. Se un incidente stradale con impedimento permanente del Presidente del Consiglio determina lo scioglimento dell'organo legislativo, cioè della Camera dei deputati, viene meno l'autonomia e la divisione dei poteri.
Evidentemente, si assiste ad una incidenza del potere esecutivo sul potere legislativo che grida vendetta rispetto ai principi fondamentali della rivoluzione francese. Quindi, invitiamo la maggioranza ad un ripensamento su tale punto.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Frigato. Ne ha facoltà.

GABRIELE FRIGATO. Presidente, trovo particolarmente irrispettoso, anche nella formulazione, il testo di questo articolo 23, in quanto il Presidente della Repubblica viene declassato ad un ruolo di passacarte. D'altronde, il Capo dello Stato è chiamato soltanto a prendere atto di una decisione assunta da altri in tutta autonomia e con esclusiva responsabilità.
Ripensando anche alla discussione di ieri mattina, mi domando dove sia finita la centralità del Parlamento, dove sia stata nascosta la sua autonomia e dove possa essere rintracciato il ruolo di garanzia che il Presidente della Repubblica, in diverse occasioni, ha esercitato!
Affidare al Presidente del Consiglio lo scioglimento delle Camere porta ad uno sbilanciamento del nostro sistema, rendendolo privo di garanzie e avviato verso la china autoritaria.
Mi auguro che da parte di tutti vi sia un supplemento di riflessione ed anche un sussulto di autonomia. Lo dico ai colleghi dell'UDC che, nei mesi di giugno e luglio, hanno subito un clima particolarmente infuocato con critiche anche all'interno della maggioranza.
Mi pare che, tranne che per qualche aggiramento del Presidente del Consiglio e per qualche critica, sentita qualche volta e oggi soltanto un ricordo lontano, abbiamo la possibilità di mantenere al sistema politico italiano la centralità del Parlamento, senza affidare al capo del Governo, in maniera autonoma ed esclusiva, la possibilità di terminare le legislature.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Mantini. Ne ha facoltà.

PIERLUIGI MANTINI. Signor Presidente, scriveva Hamilton come sia pericoloso che i rappresentanti del popolo si sentano di essere essi stessi il popolo. Ritengo, allora, che sia davvero pericoloso pensare che il Presidente del Consiglio mandi a casa il Parlamento.
Ritengo anche che in qualche modo abbiate la percezione di tale problema, in questa strana «involution» che state determinando, coinvolgendo il Presidente della Repubblica e Capo dello Stato in ruoli politici impropri, togliendogli invece gli strumenti di garanzia più classici del costituzionalismo e della storia costituzionale italiana.
Credo che avremo modo di riprendere puntualmente i vari temi, ma davvero vorrei chiedere all'onorevole Tabacci, attento partecipe e protagonista di questo dibattito, nonché ai colleghi del centrodestra che hanno a cuore la storia, la realtà e, spero, il futuro del parlamentarismo e dell'equilibrio dei poteri in Italia, di dire qualcosa.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Tabacci. Ne ha facoltà.

BRUNO TABACCI. Signor Presidente, avevo chiesto la parola a prescindere dall'amabile invito dell'onorevole Mantini.
Sono fortemente critico nei confronti dell'impostazione dell'articolo 23 per due ordini di motivi, sui quali ritengo che anche i colleghi dell'opposizione vogliano riflettere.
Il primo motivo riguarda la previsione relativa allo scioglimento della Camera politica. Orbene, nella Commissione bicamerale presieduta dall'onorevole D'Alema, questo marchingegno era già stato preventivato. Ciò vuol dire che la filosofia alla base del cosiddetto «sindaco d'Italia» viene da molto lontano e ha finito per provocare tutta una serie di elementi corrosivi, che colpiscono alla base l'istituto parlamentare.
Se i colleghi dell'opposizione non hanno contezza di questo, è inutile che discutiamo perché sembra che tale dibattito sia fatto quasi cadendo dalle nuvole. Ora, mi trovo in contrasto con questa impostazione «neo-presidenzialista» perché è chiaro che, non essendo né carne né pesce, mette in crisi l'esecutivo e anche la funzione parlamentare.
Allora, sarebbe meglio far riferimento al sistema all'americana, in cui esiste un Presidente eletto con poteri di governo, ma anche Camere non dissolvibili quando il Presidente immagina di dover imporre qualcosa che le stesse non intendono fare.
Vorrei richiamare alla vostra attenzione l'esperienza dei presidenti delle regioni, i cosiddetti «governatori», e dei consiglieri regionali. Sono, in piccolo, quello che dovremmo diventare noi tra qualche tempo. Si tratta di un'esperienza fortemente negativa; i consigli regionali non svolgono più la funzione legislativa. Chi svolge la funzione legislativa è il presidente della regione che, di fatto, esprime la giunta a sua immagine e somiglianza e, nel caso in cui il consiglio non si adegui all'impostazione del presidente, può scioglierlo. Quindi, riassume nella funzione di governo anche quella legislativa.
È questo quello che vogliamo diventare? Credo che in proposito non sia stata fatta una riflessione adeguata. Tra l'altro, ciò comporta una fortissima personalizzazione della politica. Vedete cosa sono diventati i governatori? Sono diventati qualcosa al di fuori della tradizione parlamentare italiana, quasi che i voti acquisiti di volta in volta fossero diventati personali. C'è qualcosa che non funziona. Su questo punto il mio dissenso è totale.
L'altro punto concerne la rigidità della procedura con cui la Camera può opporsi allo scioglimento. La previsione che la mozione in cui si indica il nome del nuovo primo ministro debba essere presentata da deputati della maggioranza in numero non inferiore alla maggioranza dei componenti della Camera costituisce una scelta censurabile sotto diversi aspetti. In primo luogo, mi chiedo come l'onorevole Berlusconi avrebbe potuto costituire il Governo nel 1994: con questa procedura, sarebbe stato impossibile, poiché la maggioranza al Senato non c'era. Si vuole dunque inculcare una decisione che il paese non intende assumere? Se il paese non intende esprimere una maggioranza, cosa si fa? Si continua a sciogliere le Camere?
Si tratta di un meccanismo che sarebbe più semplice, e anche più tranquillizzante, definire presidenziale: sarebbe infatti netta la distinzione tra la funzione del parlamentare e quella del capo del Governo eletto direttamente dal popolo. Ritengo che si stia andando verso soluzioni che non hanno una ragionevolezza adeguata.
Gli amici e colleghi dell'UDC, che intendono introdurre un meccanismo di tipo proporzionale, come potrebbero innestarlo su questo assetto istituzionale? Il «Tatarellum» è un'altra cosa rispetto al sistema proporzionale, che induce una mobilitazione popolare e rafforza il significato dei partiti. Su tali punti, che ho già avuto occasione di richiamare, vi è dissenso totale.
Tuttavia, caro Bressa, l'opposizione che tu conduci si colloca interamente nell'ambito di questa logica, ed è dunque destituita di credibilità e di un respiro profondo: tu sei più bipolarista di quanto lo siano gli estensori del testo in esame, e dunque non credibile in un contesto di proiezione parlamentare! Da ciò il mio dissenso, che è profondo, ma anche lontano, lo dico con molta cordialità, dal modo in cui tu conduci l'opposizione: tu vuoi fare l'inglese, io vorrei continuare a restare un parlamentare italiano (Applausi di deputati dei gruppi dell'Unione dei democratici cristiani e dei democratici di centro, dei Democratici di sinistra-L'Ulivo e di Rifondazione comunista)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole La Malfa. Ne ha facoltà.

GIORGIO LA MALFA. Signor Presidente, stiamo certamente esaminando uno dei punti fondamentali del complesso progetto di riforma costituzionale in esame.
Come ho già avuto modo di affermare in questa sede, mentre ritengo che le norme sul Titolo V della Costituzione, sul cosiddetto federalismo, siano state il frutto di un'elaborazione sufficientemente adeguata, sia dal punto di vista politico sia dal punto di vista tecnico, sul tema della forma di governo (e dunque del primo ministro e del Presidente della Repubblica) e del procedimento legislativo, che non a caso è stato accantonato, l'elaborazione politica e l'elaborazione tecnica non sono ancora, a mio avviso, pervenute ad una conclusione soddisfacente.
Mi limito pertanto ad annunziare, in linea generale, che non voterò a favore della formulazione proposta, pur con le modificazioni che verranno introdotte dalla maggioranza. Come ha sottolineato l'onorevole Tabacci, con un intervento che condivido, dobbiamo chiarire, sia nella maggioranza sia nell'opposizione, quale sistema politico intendiamo costruire.
Sono lieto che sia stato eliminato il «mostro» costituito dal capo dell'opposizione, che avevo concorso, insieme ad altri colleghi, a segnalare. Quel mostro era figlio di una volontà, presente nel nostro paese, di creare a tutti i costi un bipartitismo. Ho letto oggi una curiosa intervista dell'onorevole D'Alema, che, polemizzando con un altro esponente del suo schieramento, afferma: ha un residuo di proporzionalismo. A me sembra che tale esponente politico abbia più buonsenso dell'onorevole D'Alema. Il desiderio di collassare la vita politica di un paese in due schieramenti, l'uno di estrema destra e l'altro di estrema sinistra (o comunque costretti sempre a combattere), costituisce un errore profondo.
Nell'articolo 94 della Costituzione sarà inserita una norma che stabilisce, addirittura, che se il Presidente del Consiglio perde parte della sua maggioranza e la fiducia gli viene votata da una parte dell'opposizione, questo sarà motivo sufficiente per lo scioglimento delle Camere. Ma se nella Costituzione fosse prevalsa un norma simile, l'onorevole D'Alema, in occasione dell'intervento militare in Kosovo, invece di avere una maggioranza parlamentare che autorizzava l'invio dei militari nell'area, avrebbe visto sciolte le Camere proprio nel momento in cui parte della sua maggioranza votava contro la decisione del Governo e parte dell'opposizione votava a favore! Ma questa non è materia sulla quale il Parlamento italiano ha sviluppato una posizione matura.
Invito i colleghi della maggioranza a compiere uno sforzo nel tentativo di rinviare l'esame dei capitoli che riguardano la formazione delle leggi e la forma di Stato e di Governo. Non sono temi maturi nella coscienza di questo Parlamento e danno luogo ad una Costituzione difficilmente gestibile o difendibile. Se ciò non sarà possibile, evidentemente manifesterò la mia opinione sui singoli emendamenti ma certamente non potrò votare a favore di questo progetto.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Gerardo Bianco. Ne ha facoltà.

GERARDO BIANCO. Onorevoli colleghi, non devo spendere molte parole, perché le argomentazioni decisive sull'effetto dell'introduzione di questo tipo di premierato nel nostro sistema costituzionale e sullo stravolgimento che si determinerà sono state appena chiaramente espresse dall'onorevole Tabacci. Analoghe argomentazioni sono state positivamente esposte dall'onorevole La Malfa.
Desidero ricordare che nella Commissione bicamerale, allora presieduta dall'onorevole D'Alema, vi fu una specie di «operazione gioco», come ricorderà l'onorevole Tabacci. Si trattò di una sorta di colpo di mano, orchestrato dai rappresentanti della Lega, che ritenevano di dover rompere non si sa bene quale forma di solidarietà fra la minoranza e la maggioranza dell'epoca. Fu praticamente un colpo a dispetto. Oggi, invece, onorevole Bruno, questo atteggiamento diventa quasi la regola sulla quale dovrebbe essere organizzata la nostra Costituzione. Ma ciò non appartiene alla nostra tradizione.
Vorrei ricordare ai colleghi dell'UDC (che si richiamano alla tradizione democratico-cristiana, la nostra tradizione) che la soluzione del problema del governo del paese e di una maggiore efficienza furono posti sin dagli anni Settanta e giunsero a soluzione grazie ad una proposta di legge che, guarda caso, portava la firma dei parlamentari del 1992 e anche del collega Tabacci, al quale do atto della sua coerenza.
Aggiungo ancora una considerazione. Chi ha esperienza di rapporti con le autonomie locali (a livello puramente amministrativo) sa quali contrasti si determinino oggi tra i sindaci - ad elezione diretta - e i consigli comunali, ridotti sostanzialmente ad una sorta di parata.
Il problema si presenta anche nelle regioni. Se a livello amministrativo l'elezione diretta trova una sua giustificazione nell'esigenza di buona amministrazione e quindi di efficacia negli interventi per opere pubbliche o altre attività amministrative, il sistema andrebbe comunque rivisto in relazione (uso un'espressione piuttosto andante) alla riduzione di senso e significato dei consigli comunali o provinciali. La situazione diventa molto più grave laddove vi è un ruolo legislativo, come in occasione dell'elezione diretta dei presidenti delle regioni, autonominatisi governatori con una terminologia che chiarisce ampiamente il tipo di pretesa e di dominio all'interno del governo delle regioni stesse. Non è certo una bella dizione...
In ogni caso, il conflitto è aperto; molte volte diventa paralizzante e, comunque, non è certo il modo migliore per amministrare le regioni.
Questa disposizione, con tutto ciò che si collega a questa definizione del premier, aggrava la situazione. Paradossalmente, il Parlamento si troverà ad essere ancora più legato rispetto ai consigli regionali, ancora più immobilizzato: ecco perché dicevo ieri che il princìpio della rappresentanza senza mandato finirà per essere completamente annullato.
Ci si trova di fronte ad una paralisi, ad una situazione nella quale i parlamentari sono costretti esclusivamente a seguire gli indirizzi del Governo, riducendo qualsiasi funzione di carattere rappresentativo e anche legislativo. Allora, sarebbe stata più logica, come dicono peraltro i maggiori esperti politologi, a cominciare da Sartori, e sarebbe stata più netta e precisa, e direi anche per certi aspetti sperimentata,...

PRESIDENTE. Onorevole Gerardo Bianco...!

GERARDO BIANCO. ... una scelta come quella del semipresidenzialismo.
Presidente, credo che la sua comprensione per l'importanza di questo argomento possa consentire qualche secondo in più per il mio intervento.
Ebbene, concludo, visto che voglio stare nelle regole. Questa diventa una delle più grandi ferite, capovolge il senso della nostra Costituzione, che è basata nella sua architettura sulla rappresentanza parlamentare: è il ruolo del Parlamento! Ma c'è anche un grosso pericolo: l'esperienza francese. Leggiamo quello che stanno scrivendo in Francia, dove pure vi è un semipresidenzialismo ormai diventato costume del paese: tutti lamentano il rischio che viene a determinarsi, mancando la intermediazione di un rapporto diretto fra la rappresentanza, l'esecutivo e le folle.
Voi, con queste leggi, finirete per provocare, come unica risposta politica di opposizione, i girotondi, i movimenti di massa, perché quando viene meno la mediazione dei corpi intermedi, della rappresentanza, si stabilisce un rapporto diretto tra la popolazione ed il capo dell'esecutivo, con il rischio di veder decadere progressivamente la vita politica e la partecipazione alla stessa, che è un elemento fondamentale delle democrazie contemporanee!

CESARE RIZZI. Tempo...!

GERARDO BIANCO. Il declino è dietro alle spalle. Si sta assumendo una responsabilità pesante: ecco perché io continuo...

PRESIDENTE. Onorevole...!

GERARDO BIANCO. ...ad invitare ad una rimeditazione e ad una riflessione.
Già fu un grosso errore votare con legge costituzionale l'elezione del presidente delle regioni: fu un grosso errore! Allora io fui uno di quelli che si dichiarò contrario. Comunque, si dette la possibilità ai consigli regionali di adottare gli statuti speciali; mi pare che nessuno abbia avuto un momento di ravvedimento.
La situazione finirà per andare verso un tipo di presidenzialismo che ridurrà sempre di più gli spazi di politica e di intermediazione. Le società complesse hanno bisogno di una molteplicità di poteri di riferimento, di coordinamento e di riduzione ad unità del tutto...

CESARE RIZZI. Tempo...!

PRESIDENTE. Onorevole Bianco...!

GERARDO BIANCO. Ho finito, Presidente.
Con il presidenzialismo si annulla la stessa possibilità di creare una politica che sia autenticamente democratica e si marcia a tappe veloci, con la mediazione, verso il plebiscitarismo (Applausi dei deputati dei gruppi della Margherita, DL-L'Ulivo, dei Democratici di sinistra-L'Ulivo, di Rifondazione comunista e Misto-Comunisti italiani).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Rosso. Ne ha facoltà.

ROBERTO ROSSO. Signor Presidente, sono meravigliato dall'abilità, anche retorica, con cui gli esponenti della sinistra in questi quindici giorni ci hanno dimostrato di poter svolgere qualsiasi ruolo in commedia: di essere un giorno federalisti e secessionisti, addirittura, quando si parla di reintrodurre misure di salvaguardia dell'interesse nazionale e, al contempo, ultracentralisti, anzi spaventati di quel completamento della riforma federalista che già in qualche modo, più raffazzonato, avevano cercato di proporre loro stessi nella scorsa legislatura.
Ma quello che succede oggi, intorno alla figura del premier, ha veramente del grottesco. Lo dico perché anch'io, come l'onorevole Tabacci, ho qualche perplessità sull'impostazione assunta. Io, diversamente da lui, avrei preferito - lo dico sinceramente - una impostazione in cui, come diceva Montesquieu, fosse più netta la distinzione tra chi fa le leggi e chi le esegue, tra un presidente incaricato di eseguire le leggi con il suo Governo ed un Parlamento chiamato ad adottarle in piena autonomia.
Che sia la sinistra a criticare l'attuale impostazione, avendo letto, come credo molti in quest'aula, il testo che in Commissione bicamerale voi, non altri, gli stessi soggetti che sono qui oggi a replicare a se stessi, contraddicendo il proprio passato...

GIOVANNI RUSSO SPENA. Ti sbagli!

ROBERTO ROSSO. Voi avevate proposto formalmente a questo Parlamento e alla nazione una figura di premier ben più dura - forse in linea con quello che Prodi propone oggi alla vostra coalizione -, ben meno integrata con il percorso del parlamentarismo di cui voi - almeno alcuni di voi - avete fatto oggi professione di fede. Ciò non può non lasciare stupiti coloro che vi ascoltano!
Per questa ragione, quindi, così come per altre che ha sostenuto poc'anzi il collega Tabacci, vorrei chiedervi - anche nell'intelligenza del percorso che vi date al fine di ottenere poi un referendum - di avere quanto meno una posizione che sia comprensibile a voi stessi, a noi altri che siamo dall'altra parte e agli elettori che vorranno recarsi a questo referendum, per comprendere quale progetto voi ci proponete.
Capisco che sia difficile contemperare le istanze di cui oggi si faceva interprete il collega Gerardo Bianco con l'impostazione che continuamente, quotidianamente, il leader della vostra futura maggioranza - o opposizione, a seconda di cosa deciderà il popolo italiano - sta impostando sui giornali, nei vostri colloqui, quel Romano Prodi che interpreta la propria leadership all'interno della vostra coalizione su basi completamente diverse da quel potere più mite che il Presidente Berlusconi sta cercando di interpretare in questo momento come Presidente del Consiglio.
È per questa ragione che vi chiedo, colleghi dell'opposizione, di farci comprendere su che barca state. È difficile che l'assassino possa dare del criminale e a chi omette soltanto di prestare soccorso. Voi, in qualche misura, oggi state facendo questo: ieri avete proposto una figura di premier che non aveva alcun contemperamento con la prassi parlamentare; oggi ci spiegate che una impostazione di molto attenuata rispetto a quella che avevate proposto è invece un crimine contro l'identità parlamentare di questa nostra Repubblica. Francamente ci lasciate senza parole e ci lasciate anche sbigottiti per poter continuare un dialogo che alcuni di noi, probabilmente, avrebbero voluto continuare (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia, di Alleanza Nazionale, dell'Unione dei democratici cristiani e dei democratici di centro e della Lega Nord Federazione Padana).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Violante. Ne ha facoltà.

LUCIANO VIOLANTE. Signor Presidente, si sta svolgendo un dibattito particolarmente rilevante. Alcuni colleghi - ma non si tratta di parti politiche, posto che il tema è distribuito all'interno di tutto l'arco di questo Parlamento - sono dei proporzionalisti, ritengono cioè che il sistema proporzionale sia quello che meglio garantisce la rappresentanza e la funzionalità delle istituzioni. Poi ci sono coloro che ritengono che invece bisogna andare ad un sistema bipolare, caratterizzato o da un sistema maggioritario o da un sistema proporzionale con vincolo di maggioranza. Mi pare che le tesi siano queste. Altri colleghi dell'onorevole Tabacci sostengono - se non ho capito male - l'ultima tesi, quella cioè del sistema proporzionale con vincolo di maggioranza.
Il problema, quindi, non è tanto rivangare chi ha fatto una cosa e chi ne ha fatta un'altra, ma capire che cosa vogliamo costruire. Da questo punto di vista, quello che io ritengo il difetto maggiore del testo è la mancanza di flessibilità. Ciò che consente la rappresentanza di un sistema politico non è tanto il sistema proporzionale, perché, se mi permette, vorrei dire all'onorevole Tabacci e ad altri colleghi, che ciò che ha consentito la governabilità a quell'epoca non era tanto il sistema proporzionale, quanto l'esistenza di ragioni internazionali e nazionali che escludevano alcuni partiti dalla governabilità e questo ha consentito di per sé a quelle forze di governare senza l'alternanza (non c'era alternanza, per difetto, merito, comunque non c'era alternanza). Infatti, appena si è proposta la possibilità dell'alternanza, il sistema è crollato, perché non poteva reggere con quel tipo di regole. Il sistema proporzionale, senza alcune clausole di contorno che rendano solide le maggioranze di Governo, rischia di essere davvero fortemente aleatorio. Ripeto, rivangare il passato non serve; il passato aveva quest'altra clausola (che oggi per fortuna non esiste, perché tutti i partiti sono cambiati e siamo cambiati).
Qual è oggi il problema reale di questa norma? A mio avviso, è la rigidità: questo è un sistema troppo rigido. La preoccupazione che esprimeva il collega Gerardo Bianco è una preoccupazione giusta, perché nelle istituzioni dove c'è questo sistema - comuni, regioni, province - la rappresentanza non esiste più. I consigli sono profondamente mortificati. Cos'è un consiglio provinciale, un consiglio comunale, un consiglio regionale oggi? Lo sappiamo tutti.
È un luogo dove, se stai all'opposizione, ti diverti un po', ma se sei nella maggioranza non ti diverti neanche, perché devi promettere semplicemente. Vorremmo evitare che accada ciò. Lo sforzo che dobbiamo compiere nella riflessione attorno a quest'aspetto, per quanto ci riguarda, non è tanto rivendicare un'età dell'oro del proporzionalismo che, a mio avviso, non è esistita, perché quel sistema si è retto, non sul proporzionale, ma sulla clausola di esclusione di una parte del mondo politico, quanto vedere in che termini un sistema bipolare possa avere una sua elasticità interna idonea a cogliere la complessità della società italiana. Questo è il punto vero che abbiamo davanti ed è qui che il sistema che proponete è in crisi, perché si ripropone un meccanismo di automatismo tra elezioni e tutto ciò che accade dopo; non è detto che sia sbagliato, per carità, non credo che nessuno abbia la soluzione in tasca, taumaturgica, di questi problemi. Si discute tanto di questi elementi. Il caso francese che ricordava il collega Bianco è profondamente giusto, perché esiste una non rappresentanza sociale e gli scontri in Francia sono forti perché le domande della società non arrivano, non sono mediate. La Germania, che è un paese più complesso della Francia, con tutti i problemi che ha nell'est, riesce a tenere, grazie ad un sistema dove c'è il proporzionalismo travestito, ma un sostanziale bipartitismo. Noi abbiamo il pluripartitismo. Se in questo pluripartitismo ci mettiamo anche il proporzionale puro, allora arriviamo al disordine generale. Se, invece, vincoliamo il proporzionalismo all'indicazione del premier e all'abdicazione della coalizione, si tratta soltanto di vedere che tipo di bipolarismo costruiamo, non essere pro o contro il bipolarismo.

Credo che, nella discussione che abbiamo davanti, dovremmo cercare di riflettere...

PRESIDENTE. Onorevole Violante...

LUCIANO VIOLANTE. ...più approfonditamente (sto per concludere, Presidente) sui meccanismi e chiediamo un po' più di elasticità al sistema, affinché non lo irrigidiscano, altrimenti alcune spinte sociali, quando arrivano, rischiano di rompere il sistema. Al collega Rosso ricordo che oggi la questione di fondo nelle democrazie moderne non è più chi fa le leggi. Il problema è chi governa e chi controlla. Questa è la democrazia moderna. La questione delle leggi è completamente superata, perché ormai le leggi, quasi dappertutto, sostanzialmente, le fanno le maggioranze parlamentari. Il problema vero è di chi controlla e il problema che avremo in questo Parlamento è chi è capace di controllare l'esecutivo. Credo che, nel corso l'esame di questo articolo, dovremo individuare le formule più giuste per reintrodurre elementi di flessibilità. Noi crediamo di averli introdotti, però può darsi che questa cosa non vada bene. Ne discuteremo. Ma questo è il tema reale che abbiamo davanti, altrimenti rischiamo di avere un sistema in cui la rappresentanza non conta alcunché, le spinte sociali non trovano una mediazione politica e si esprimono direttamente contro gli esecutivi; il terzo si può spezzare perché non è in grado di reggere le spinte che vengono dalla società (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo, della Margherita, DL-L'Ulivo e Misto-Comunisti italiani).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Maura Cossutta. Ne ha facoltà.

MAURA COSSUTTA. Signor Presidente, mi inserisco in questa discussione che francamente è molto importante ed interessante. Siamo arrivati ad uno dei punti cruciali di questa riforma costituzionale che svela con più trasparenza un impianto che oggettivamente - non voglio fare la polemica con le parole - sovverte il sistema attuale, quello dei poteri e dei controlli, e la natura e la qualità del nostro sistema democratico: un impianto oggettivamente - questo è il giudizio politico - autoritario. Parliamo del Presidente della Repubblica, che già non è più garante della Costituzione: egli diventa esecutore del primo ministro. Non solo c'è il problema dello scioglimento delle Camere; a monte c'è una concezione per cui, rispetto al primato della titolarità dei diritti delle cariche del sistema dei poteri, vi il primato del suffragio universale. Ossia, il premier diventa assoluto - un premierato assoluto - perché è suffragato dal potere del suffragio universale.
Ha ragione l'onorevole Tabacci. Chiamiamolo come vogliamo, ma ciò rappresenta il cuore, la natura, le finalità, le caratteristiche del presidenzialismo. Non vi è più la Repubblica (non importa se federale o unita) parlamentare. Si tratta di una Repubblica che presenta un accentramento nelle mani di un potere monocratico, un plebiscitarismo, la forma moderna del bonapartismo.

 

 

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE PIER FERDINANDO CASINI (ore 19,25).

 

MAURA COSSUTTA. Non è un caso che le obiezioni critiche vengano da parlamentari come gli onorevoli Tabacci e La Malfa. Penso che l'onorevole Tabacci e l'onorevole La Malfa abbiano introdotto alcuni elementi critici anche perché, per la loro storia, il loro percorso e le loro radici, fanno parte di quella cultura costituzionalista che è stata comune per decenni nel nostro paese, alla quale non appartengono i gruppi di Forza Italia, della Lega Nord Federazione Padana e di Alleanza nazionale.
Le riflessioni poste dall'onorevole Tabacci devono essere raccolte da noi personalmente. Anche noi eravamo critici - e lei onorevole Tabacci lo sa - sulla Bicamerale e sulle idee forza che erano passate come se vi fosse la necessità di intervenire sulla forma di governo per correggere la fragilità del sistema politico e la debolezza del sistema decisionale dell'esecutivo contro lo strapotere dei partiti. Vi era, invece, una crisi della rappresentanza e del ruolo del Parlamento. Questo era e rimane ancora oggi il tema centrale, indipendentemente dalla questione del sistema proporzionale o di quello maggioritario, onorevole Violante. Eravamo contro l'accentramento dei poteri dell'esecutivo ed a favore dei poteri delle Assemblee elettive anche nelle regioni e nei comuni. Altri hanno votato i nuovi sistemi elettorali con l'istituzione dei governatori. Non eravamo d'accordo, perché esisteva un grumo di deriva del sistema democratico.

PRESIDENTE. Onorevole Cossutta, deve terminare!

MAURA COSSUTTA. Mi scuso, signor Presidente, e finisco. Dico ciò non per fare polemica ma per capire quale sia la direzione verso cui andiamo. Esistono tendenze a semplificare ed a ridurre gli spazi democratici, tendenze a personalizzare e concentrare il potere politico, un potere sempre più monocratico per governare senza mediazioni controllando la maggioranza. Tutto ciò, però, significa minore e non maggiore democrazia.
Onorevole Rosso, quando chiameremo i cittadini al referendum dovremo dare due messaggi chiari: voi rompete l'unità e l'universalità del sistema di diritti e rompete il sistema democratico con una cultura autoritaria e plebiscitaria che straccia i valori costitutivi del sistema democratico

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Acquarone. Ne ha facoltà.

LORENZO ACQUARONE. Signor Presidente, onorevoli colleghi, i punti essenziali che trovano il nostro dissenso sono rappresentati dalla lettera a) e dalla lettera d) del nuovo articolo 23 della Costituzione. È abbastanza ovvio che in caso di morte del primo ministro o di sua volontà alle dimissioni scatti il secondo comma e la maggioranza che ha eletto il primo ministro trovi il sostituto. Il problema delicato e grave esiste nel caso in cui il primo ministro decida autonomamente senza alcuna motivazione, assumendosene la completa responsabilità, di sciogliere le Camere e nel caso della lettera d), ipotesi in cui il primo ministro sia sfiduciato. Rappresenta una forma di premierato, anche mal collocata, in quanto inserita tra i poteri del Presidente della Repubblica mentre la forma di governo dovrebbe essere presa in considerazione in altro luogo. Stiamo, comunque, dando vita ad una forma incostituzionale sotto il profilo dei principi del costituzionalismo tradizionale.
Il collega Rosso ha citato Montesquieu; ebbene, Montesquieu sosteneva la tesi, poi ripresa nella Dichiarazione francese dei diritti dell'uomo, che uno Stato où la séparation des pouvoirs n'est pas assurèe, n'a point de constitution. In altri termini, non c'è Costituzione dove non c'è una separazione dei poteri.
Il rafforzamento dei poteri del primo ministro può essere giusto ma deve essere bilanciato da un rafforzamento dei poteri del Parlamento; ha usato espressioni dure ma ha ragione l'onorevole Maura Cossutta quando dichiara che ci si avvia verso forme di bonapartismo o peronismo ovvero verso forme di deriva plebiscitaria.
Mi riferisco all'idea che il vincitore di una elezione, per gli anni in cui dura il mandato del Parlamento, sia sostanzialmente quasi legibus solutus, potendo imporre la propria volontà. Infatti, quando presenta una sua proposta di legge ed il Parlamento la respinge, avrebbe il potere di sciogliere le Camere; quindi, ci stiamo conducendo contro i principi del costituzionalismo moderno. È il problema forse più importante e più delicato della discussione di carattere costituzionale che si sta svolgendo in questi giorni. Ho l'impressione che la questione effettivamente sia stata trattata con molta leggerezza e con scarso approfondimento nonostante sia veramente il punto nodale di questa riforma costituzionale. Il punto che veramente legittimerebbe, ove fosse approvato, il ricorso alla volontà popolare.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Delbono. Ne ha facoltà.

EMILIO DELBONO. Signor Presidente, vorrei dire all'onorevole Tabacci che non si può, anche con artificio retorico, mistificare la realtà; non è per niente vero che il cuore di questo articolo fosse previsto dalla Bicamerale.
Il tema è il potere di scioglimento delle Camere da parte del premier; questo è il punto. Non si tratta di un elemento di rigidità del sistema, come ha dichiarato l'onorevole Violante; è un attacco ai principi cardine del sistema stesso. La democrazia parlamentare viene infinitamente indebolita; l'articolo poi è incompatibile con il divieto di mandato imperativo dei deputati perché porta chiaramente all'abrogazione dello stesso. Infatti, ogni parlamentare eletto, anzitutto rappresenta il popolo e l'unità nazionale, prima ancora della sua maggioranza. Quindi, si tratta di un articolo anche inapplicabile. Cosa significa la maggioranza espressa dalle elezioni politiche? Quanti, per esempio, sono stati eletti nella quota proporzionale, e non con il maggioritario uninominale, potrebbero tranquillamente aderire ad una nuova maggioranza in una fase successiva; farebbero parte o meno della maggioranza? E come è possibile introdurre il principio della costituzionalizzazione del programma, altro elemento inconsistente (Applausi dei deputati dei gruppi della Margherita, DL-L'Ulivo e dei Democratici di sinistra-L'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Bottino. Ne ha facoltà.

ANGELO BOTTINO. Ritengo che con la modifica della Costituzione si debba evitare di fare perdere ogni valore alla Carta del 1947. Credo sia preoccupante alterare i rapporti tra esecutivo e Parlamento e concentrare i poteri del Presidente del Consiglio se non si usa un metodo collaborativo di discussione. Ho letto il parere dei costituzionalisti; pareri che mi pare siano, in questo momento, abbastanza preoccupati. Ho ascoltato anche il monito del Presidente Ciampi e penso che il Capo dello Stato abbia centrato l'obiettivo. Penso che tale preoccupazione debba essere sentita da tutti.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Carbonella. Ne ha facoltà.

GIOVANNI CARBONELLA. Solo pochissime parole, signor Presidente, per dire che l'articolo in questione deve essere assolutamente soppresso in quanto umilia il ruolo del Presidente della Repubblica, svilisce quello delle Camere, mortifica il ruolo dei deputati e cambia il volto sociale del paese in quanto si parte da questa modifica per trasformare un modello di società. Un modello al quale tutti quanti abbiamo contribuito al fine di creare un patrimonio culturale e valoriale diverso da quello che si vuole instaurare.
Ha ragione l'onorevole Gerardo Bianco quando afferma che si vuole creare una società piramidale, dove c'è solamente un vertice ed una base! In questo caso, infatti, si mortifica, si umilia, si sconfessa e si annulla l'evoluzione di una società che vede i corpi intermedi essere parte attiva e filtro tra i vertici e la base, e dunque si mortifica il pluralismo, che rappresenta il valore essenziale...

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Carbonella.

GIOVANNI CARBONELLA. ...che una società moderna deve avere!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Giachetti. Ne ha facoltà.

ROBERTO GIACHETTI. Signor Presidente, le debbo confessare che non nutro grandi certezze riguardo a questo argomento.

Le devo altresì confessare che ritengo che il dibattito che proprio su tale questione si è sviluppato costituisca una discussione di valore, e si tratta di un dibattito che ha un valore anche nella misura in cui il Parlamento, ed in particolare questa Assemblea, dovrebbe possedere la forza del dialogo tra le parti e, in talune occasioni, anche la forza di fermarsi un secondo.
Ho ascoltato parole autorevoli da una parte e dall'altra, signor Presidente, e non credo che nessuno abbia argomentato in modo strumentale, ostruzionistico od opportunistico.
Dal momento che ho concluso i secondi a mia disposizione, signor Presidente, rimetto alla riflessione del relatore e presidente della I Commissione (che in questo caso credo abbia qualche responsabilità) l'ipotesi di verificare se la proposta inserita nel testo del provvedimento sia effettivamente una soluzione matura, oppure se non vi siano, anche alla luce del dibattito svoltosi in quest'aula, ed al fine di dare dignità e rispetto al nostro dibattito, le condizioni per prendere del tempo e compiere un'ulteriore riflessione riguardo a tale norma, magari modificandola...

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Giachetti.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Duilio. Ne ha facoltà.

LINO DUILIO. Signor Presidente, concordo con l'onorevole Tabacci quando sostiene che l'attuale situazione è figlia di cause che risalgono a tempi lontani. Mi riferisco al cosiddetto sindaco d'Italia, alla tendenza culturale a trasferire nella politica il modello imprenditoriale ed a una condizione partitica che ha anticipato, in sé, il potere assoluto dei capi di partito: i partiti, infatti, anticipano sempre - ahimè - ciò che successivamente accade all'interno delle istituzioni.
Il problema è che stiamo dando vita ad un «pastrocchio»: mi riferisco ad un premierato absolutus, vale a dire svincolato da qualsiasi controllo - credo che sia questa la vera questione - e che svilisce il ruolo del Parlamento. Onorevole Rosso, vorrei dirle che, in questo caso, il problema è non ciò che si è sostenuto prima, bensì se sia vero o meno che il Parlamento viene ridotto ad una condizione sostanzialmente insignificante.
Dal momento che ci deve stare a cuore tale questione, si può anche prendere in considerazione l'ipotesi del premierato; poi, vi sarà chi condividerà o meno tale scelta, tuttavia, possiamo vedere già adesso come è ridotto il Parlamento...

PRESIDENTE. Onorevole Duilio, concluda!

LINO DUILIO. ... ed immaginiamo che cosa diventerà in futuro!

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Duilio.

LINO DUILIO. Non credo che ciò significhi maggiore democrazia (Applausi dei deputati del gruppo della Margherita, DL-L'Ulivo)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Lettieri. Ne ha facoltà.

MARIO LETTIERI. Signor Presidente, il dibattito ha evidenziato come l'articolo 23 del disegno di legge costituzionale in esame sia forse il più delicato dell'intero provvedimento. Esso, infatti, espropria sostanzialmente il Presidente della Repubblica del potere di scioglimento delle Camere, attribuendolo, di fatto, al Presidente del Consiglio, il quale diventa, rispetto al Parlamento, un dominus assoluto: come ha già affermato il collega Acquarone, diviene così un dominus legibus solutus.
Non so se sarà effettivamente così, tuttavia è certo che vi sarà uno stravolgimento degli equilibri costituzionali. La separazione dei poteri e l'equilibrio tra essi sono, in un assetto costituzionale, indispensabili per garantire il funzionamento del sistema democratico. In quest'aula, forse suscitando anche qualche «sorrisetto», ho più volte affermato che in questo paese si corre il rischio di avere un peronismo all'italiana, un peronismo nostrano...

PRESIDENTE. Onorevole Lettieri, concluda!

MARIO LETTIERI. Il testo al nostro esame, purtroppo, lo conferma...

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Lettieri.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Marino. Ne ha facoltà.

MAURO MARIA MARINO. Signor Presidente, stiamo toccando un punto che fa finalmente respirare a questa Assemblea un clima costituente; permettetemi, allora, un riferimento storico.
Vorrei ricordare che nello Statuto albertino, Carta costituzionale ottriata concessa nel 1848, era previsto il potere discrezionale di scioglimento delle Camere da parte del Re. Ma lo Statuto albertino, permettetemi, non parlava di cittadini. Parlava di «regnicoli», e non penso che a ciò vogliamo - o dobbiamo - ritornare.
L'articolo 88 della Costituzione vigente, nel momento in cui riconosce il potere di scioglimento delle Camere al Presidente della Repubblica, non lo intende come un potere discrezionale o frutto del caso, ma come il frutto di una complessa architettura costituzionale, che fa del Capo dello Stato il baricentro, delicato e bilanciato, del sistema di potere.
Oggi, con la nuova norma, si assoggetta, di fatto, il potere legislativo a quello esecutivo. Il Presidente della Repubblica diventa un notaio e si va, com'è stato notato precedentemente, contro il principio della separazione dei poteri e si mortifica il ruolo del Parlamento, unica sede del pluralismo in Italia (Applausi dei deputati dei gruppi della Margherita, DL-L'Ulivo e dei Democratici di sinistra-L'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Sinisi. Ne ha facoltà.

GIANNICOLA SINISI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor rappresentante del Governo, l'articolo 23 non pone in gioco la maggiore o minore propensione al federalismo o al centralismo. Esso pone in gioco la funzione di rappresentanza politica della Camera ed il ruolo di garante della Costituzione del Capo dello Stato.
Il semplicismo della proposta che avanzate, con una maggioranza uscita dalle elezioni «ingessata», rende incomprensibile un Parlamento con oltre cinquecento deputati. Ne basterebbero due, di cui uno faccia l'amministratore delegato, in rappresentanza del socio di maggioranza. Lo state scoprendo anche voi, finalmente, che lo Stato non è un'azienda e che le istanze dei cittadini, se non rappresentate in democrazia, possono prendere strade assai pericolose, come insegna la storia.
Ripensiamoci insieme e costruiamo insieme una nuova Costituzione, più rispettosa di tali principi (Applausi dei deputati del gruppo della Margherita, DL-L'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Grandi. Ne ha facoltà.

ALFIERO GRANDI. Signor Presidente, questo articolo è, a mio giudizio, il cuore del provvedimento. Con esso, infatti, si assiste ad un cambio di qualità di tutto l'impianto.
Nel momento in cui il Presidente della Repubblica non è più organo di garanzia, si aprono problemi molto seri, e si può discutere - e noi discutiamo in dissenso - rispetto all'impianto che è stato costruito. A questo punto, si entra direttamente in collisione con il ruolo dei parlamentari, in particolare con l'assenza del vincolo di mandato e - di fatto - il Presidente del Consiglio, come dice del resto il testo di questa norma, diventa l'unico responsabile dello scioglimento delle Camere.
Ciò è, francamente, un modo inaccettabile di affrontare il rapporto e l'equilibrio tra i poteri. Vi sono, naturalmente, diversi modelli possibili: uno di essi è stato ricordato dall'onorevole Tabacci, ossia il modello tipico degli Stati Uniti. Vi sono altri modelli ancora; se ne possono scegliere molti. Ciò che non si può scegliere è che nell'ambito di un'unica figura, il Presidente del Consiglio, vi sia contemporaneamente il vincolo ai parlamentari e, per di più, l'autodecisione.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Spini. Ne ha facoltà.

VALDO SPINI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, vorrei capire chi, nella società italiana, in questo momento avverte il problema di trasferire poteri dal Presidente della Repubblica al primo ministro. Credo che sia veramente un dialogo fuori della realtà.
Vi dico «no», non in nome della conservazione, perché nella Commissione bicamerale per le riforme istituzionali - onorevole Rosso - ho votato per l'ipotesi semipresidenzialista, sull'esempio di uno dei miei punti di riferimento, Piero Calamandrei. Non ho paura di eleggere un Presidente della Repubblica. Ciò di cui ho paura è togliere ad eletti del popolo, ai parlamentari...

NUCCIO CARRARA. Lo togli al popolo, il diritto!

VALDO SPINI. ...i loro poteri e le loro prerogative, a vantaggio di una specie di «dittatore della coalizione». Certo, il giorno in cui la coalizione sarà, come Retequattro, Canale 5, Italia 1, all'interno dello stesso gruppo azionario, allora sarete contenti! Avrete un dittatore, ma voi stessi non conterete nulla e non sarete in grado di esercitare il vostro mandato parlamentare.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sugli identici emendamenti Mascia 23.1 e Boato 23.4, non accettati dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (
Vedi votazioni).
(Presenti 412
Votanti 407
Astenuti 5
Maggioranza 204
Hanno votato
177
Hanno votato
no 230).

MAURA COSSUTTA. Signor Presidente, non è possibile! Alcuni votano anche per tre!

RENZO INNOCENTI. Signor Presidente!

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, scusate, c'erano settanta voti di scarto!

MAURA COSSUTTA. Non è questione di settanta voti, signor Presidente!

PIERO RUZZANTE. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PIERO RUZZANTE. Signor Presidente, vi era stata una sua dichiarazione, nel primo pomeriggio, se non ricordo male, relativa al passaggio al secondo punto dell'ordine del giorno, che prevede la discussione del disegno di legge di conversione del decreto-legge relativo all'applicazione delle imposte sui mutui e di agevolazioni per le imprese danneggiate da eventi alluvionali, relativamente all'esame e alla votazione di una questione pregiudiziale. Lei aveva dichiarato che si sarebbe passati a tale punto attorno alle 19,30, con un margine...

PRESIDENTE. Attorno alle 19,30-20.

PIERO RUZZANTE. Poiché sono le 19...

PRESIDENTE. Chiedo al presidente della Commissione affari costituzionali: se l'emendamento di cui stiamo cominciando l'esame è, per così dire, complicato, potremmo rinviarlo alla seduta di domani mattina...

DONATO BRUNO, Relatore. Presidente, sono tutti articoli complicati, qualcuno di più e qualcuno di meno. Faccio notare solamente che, se l'andamento dei lavori dovesse continuare ad essere come quello cui, purtroppo, abbiamo assistito nella giornata di oggi, chiedo ai colleghi dell'opposizione, che hanno il sacrosanto diritto di dibattere in aula, se questo modo di procedere li soddisfi. Senza nulla prevedere su ciò che lei deciderà nella Conferenza dei presidenti di gruppo convocata per domani, ho la sensazione che qualsiasi tempo dovesse ritenere di concedere, se l'andamento dei lavori è questo, voteremmo a malapena 30 o 40 emendamenti, senza entrare nel cuore dei problemi.
Lo ripeto: è un appello che rivolgo ai colleghi sia dell'opposizione che della maggioranza. Non credo che questo sia un modo di procedere dignitoso su una riforma costituzionale. Quindi, mi sta bene anche interrompere i lavori adesso. Non è un problema, tanto potremmo fare una sola votazione, quando ne abbiamo ancora circa duecento. Vorrei capire dall'opposizione come intende procedere (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia e della Lega Nord Federazione Padana).

LUCIANO VIOLANTE. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LUCIANO VIOLANTE. Signor Presidente, come credo che riconosceranno anche i colleghi della maggioranza e il presidente Bruno, oggi abbiamo anche discusso di cose molto importanti e in termini seri. Invece delle 9.30, abbiamo cominciato alle 11 perché i colleghi della maggioranza non c'erano (Commenti - Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo).

ELIO VITO. Voi dove eravate?

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, lasciamo concludere l'onorevole Violante, tanto le polemiche...

LUCIANO VIOLANTE. Infatti, se lei ha la pazienza di leggere il resoconto stenografico, vedrà che stamattina si sono svolti tutti interventi dei colleghi della maggioranza.

ELIO VITO. Perché voi non c'eravate!

LUCIANO VIOLANTE. Nel pomeriggio abbiamo cominciato alle 16.30 perché hanno parlato i colleghi della maggioranza.
Il problema è il seguente. Se i colleghi della maggioranza sono in aula, noi discutiamo e lavoriamo. Se non ci sono, non si può chiedere all'opposizione di sostenere un provvedimento che non condivide. Questo è il problema!

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, il presidente della Commissione affari costituzionali, secondo me, ha svolto un intervento pacato, peraltro richiesto dal Presidente stesso, e si è dichiarato disponibile a terminare ora i lavori. Egli ha fatto delle considerazioni che saranno oggetto della Conferenza dei presidenti di gruppo convocata per domani alle 13, alla quale, presidente Bruno, la invito fin da adesso a partecipare perché, per sapere come potrà proseguire l'iter di questa riforma costituzionale, ho bisogno del suo aiuto e della sua assistenza.
Come voi sapete, i tempi aggiuntivi vengono concessi sulla base del fatto che non ci siano ostruzionismi di nessun tipo. Debbo dire che oggi si sono svolti tantissimi interventi importanti. Poi, come sempre capita in questi casi, ce ne sono stati molti altri che, invece, forse sono stati ripetitivi e non essenziali.
Debbo dire anche che capisco le problematiche sollevate; le capiamo tutti. A mio parere, occorrerà quasi sicuramente che i colleghi vengano già lunedì mattina, perché difficilmente potremo iniziare (Commenti)... Onorevoli colleghi...

ELIO VITO. Chiedo di parlare per un richiamo al regolamento.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ELIO VITO. L'articolo 48-bis, votato dall'Assemblea il 24 settembre 1997, su proposta del Presidente Violante, al comma 1 recita che è dovere dei deputati partecipare ai lavori della Camera (Applausi dei deputati del gruppo di Forza Italia). In quell'occasione il Presidente Violante (Commenti) svolse una dotta esposizione su questo dovere dei deputati della maggioranza e dell'opposizione, e non è la prima volta (Applausi polemici dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-L'Ulivo e della Margherita, DL-L'Ulivo)...

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, l'onorevole Elio Vito ha diritto di parlare come tutti gli altri.

ELIO VITO.... che sostiene tesi sulla funzione e sul ruolo del Parlamento, mentre da Presidente della Camera sosteneva esattamente il contrario.
Quindi, Presidente, credo che lei abbia dato giustamente tempi ampi per l'esame del provvedimento.

MARCO BOATO. Non è la Conferenza dei presidenti di gruppo questa!

ELIO VITO. La maggioranza sta partecipando al dibattito ed alle votazioni. Sui tempi ampi da lei concessi noi non ci lamentiamo, ma che si lamenti addirittura l'opposizione mi sembra (Applausi dei deputati del gruppo di Forza Italia)...

PRESIDENTE. Onorevole Vito, non si preoccupi: domani parleremo di queste cose.

Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.


 

 

 


 

Allegato A
Seduta n. 523 del 7/10/2004

 

DISEGNO DI LEGGE COSTITUZIONALE: S. 2544 - MODIFICAZIONI DI ARTICOLI DELLA PARTE II DELLA COSTITUZIONE (APPROVATO, IN PRIMA DELIBERAZIONE, DAL SENATO DELLA REPUBBLICA) (4862) ED ABBINATE PROPOSTE DI LEGGE COSTITUZIONALI ZELLER ED ALTRI; BIELLI; SPINI E ANGIONI; BUTTIGLIONE ED ALTRI; CONTENTO; COLA; PISAPIA; SELVA; SELVA; SELVA; BIANCHI CLERICI; PERETTI; VOLONTÈ; PISAPIA; LUSETTI ED ALTRI; ZACCHEO; MANTINI ED ALTRI; SODA; OLIVIERI E KESSLER; COSTA; SERENA; PISICCHIO ED ALTRI; BOLOGNESI ED ALTRI; PAROLI; BUONTEMPO; ZELLER ED ALTRI; COLLÈ; VITALI ED ALTRI; MAURANDI ED ALTRI; OLIVIERI; BOATO; STUCCHI; CENTO; MONACO; PACINI; CONSIGLIO REGIONALE DELLA PUGLIA; CONSIGLIO REGIONALE DELLA PUGLIA; CHIAROMONTE ED ALTRI; CABRAS ED ALTRI; MANTINI; LA MALFA; BRIGUGLIO ED ALTRI; FRANCESCHINI; PISAPIA; COSTA; PERROTTA ED ALTRI; FIORI (72-113-260-376-468-582-721-874-875-877-966-1162-1218-1287-1403-1415-1608-1617-1725-1805-1964-2027-2116-2123-2168-2320-2413-2568-2909-2994-3058-3489-3523-3531-3541-3572-3573-3584-3639-3684-3707-3885-4023-4393-4451-4805-5044)

 


(A.C. 4862 ed abb. - Sezione 1)ARTICOLO 19 DEL DISEGNO DI LEGGE COSTITUZIONALE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE

 

Capo II
MODIFICHE AL TITOLO II DELLA PARTE II DELLA COSTITUZIONE

 

Art. 19.
(Elezione del Presidente della Repubblica).

 

1. L'articolo 83 della Costituzione è sostituito dal seguente:
«Art. 83. - Il Presidente della Repubblica è eletto dall'Assemblea della Repubblica, presieduta dal Presidente della Camera dei deputati, costituita dai componenti delle due Camere, dai Presidenti delle Giunte delle Regioni e delle Province autonome di Trento e di Bolzano e dai delegati eletti dai Consigli regionali in modo che sia assicurata la rappresentanza proporzionale rispetto alla composizione di ciascun Consiglio. Ciascun Consiglio regionale elegge tre delegati. La Valle d'Aosta ha un solo delegato. Ciascun Consiglio regionale elegge altresì un numero ulteriore di delegati in ragione di un delegato per ogni milione di abitanti nella Regione. I delegati sono eletti, per non meno della metà, tra i sindaci, presidenti di Provincia o Città metropolitana della Regione.
Il Presidente della Repubblica è eletto a scrutinio segreto con la maggioranza dei due terzi dei componenti l'Assemblea della Repubblica. Dopo il quarto scrutinio è sufficiente la maggioranza assoluta»

 

 

PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO 19 DEL DISEGNO DI LEGGE COSTITUZIONALE

 

Capo II
MODIFICHE AL TITOLO II DELLA COSTITUZIONE

 

ART. 19.
(Elezione del Presidente della Repubblica).

 

Sopprimerlo.

Conseguentemente, sopprimere l'articolo 20.
19. 2. Leoni, Boato, Bressa, Amici, Cabras, Cusumano, Fistarol, Intini, Loiero, Maccanico, Maran, Marone, Montecchi, Olivieri, Pappaterra, Soda, Mascia, Russo Spena, Maura Cossutta, Zanella, Sgobio, Ruggeri, Milana, Ruzzante, Bottino, Pistone.

Sostituirlo con il seguente:
1. L'articolo 83 della Costituzione è sostituito dal seguente:
«Art. 83. Il Presidente della Repubblica è eletto a suffragio universale diretto a maggioranza assoluta dei voti validi.
Quando non è raggiunta la maggioranza assoluta, si procede al ballottaggio tra i due candidati che hanno riportato il maggior numero di voti. È eletto colui che ottiene il maggior numero di voti.
Sono elettori i cittadini iscritti nelle liste elettorali per l'elezione della Camera dei deputati.
Il Presidente della Repubblica è eletto per cinque anni».

Conseguentemente:
sostituire l'articolo 20 con il seguente:
Art. 20. - 1. L'articolo 85 della Costituzione è sostituito dal seguente:
«Art. 85. - Trenta giorni prima della scadenza del termine di cinque anni, i presidenti dei gruppi parlamentari e i presidenti o segretari dei partiti politici rappresentati in Parlamento, con la sottoscrizione di cinquantamila elettori, e i comitati promotori, con la sottoscrizione di centomila elettori, presentano alle presidenze delle Camere le candidature alla carica di Presidente della Repubblica con dichiarazione autografa di accettazione del candidato.
I Presidenti delle due Camere indicono i comizi elettorali fra il trentesimo ed il quindicesimo giorno antecedente la scadenza del termine di cinque anni.
Quando una delle due Camere è sciolta, o mancano meno di tre mesi alla sua cessazione, l'elezione ha luogo entro trenta giorni dalla riunione della nuova Camera. Nel frattempo sono prorogati i poteri del Presidente della Repubblica in carica.
Le modalità dell'elezione sono regolate con legge dello Stato.»;
all'articolo 21, sostituire il comma 2 con il seguente:
2. All'articolo 86 della Costituzione, il secondo comma è sostituito dal seguente:
«Dal giorno della constatazione di impedimento permanente, della morte ovvero delle dimissioni del Presidente della Repubblica, i Presidente delle due Camere assegnano un termine di otto giorni per la presentazione delle candidature ed indicono i comizi elettorali per il ventiduesimo giorno successivo, salvo i maggiori termini quando le Camere sono sciolte o mancano meno di tre mesi alla loro cessazione».
19. 76. Buontempo.

Sostituirlo con il seguente:
1. All'articolo 83 della Costituzione, il secondo comma è sostituito dal seguente:

«All'elezione partecipano i Presidenti di ciascun Consiglio regionale e i Presidenti dei Consigli delle province autonome di Trento e di Bolzano.».

Conseguentemente, sostituire l'articolo 20 con il seguente:
Art. 20 - 1. All'articolo 85 della Costituzione, il secondo comma è sostituito dal seguente: «Trenta giorni prima che scada il termine, il Presidente della Camera dei deputati convoca in seduta comune il Parlamento, integrato dai Presidenti di ciascun Consiglio regionale e i Presidenti dei Consigli delle province autonome di Trento e di Bolzano, per eleggere il nuovo Presidente della Repubblica.».
19. 4. Mascia, Giordano.

Al comma 1, capoverso Art. 83, primo comma, sostituire le parole da: costituita dai fino alla fine del comma con le seguenti: e composta per metà dai deputati e per metà dai senatori e da rappresentanti delle Regioni e delle autonomie locali. I rappresentanti delle Regioni e delle autonomie locali sono eletti per metà dai Consigli regionali e per metà dai Consigli delle autonomie locali, secondo le disposizioni stabilite dalla legge.

Conseguentemente, all'articolo 43, dopo il comma 3, aggiungere il seguente:
3-bis. Fino all'entrata in vigore della legge di cui all'articolo 83 della Costituzione, i rappresentanti delle autonomie locali sono eletti dal Consiglio regionale. La suddivisione dei rappresentanti delle Regioni e delle autonomie locali è effettuata in proporzione alla popolazione delle Regioni, come risulta dall'ultimo censimento generale, sulla base dei quozienti interi e dei più alti resti.
19. 11. Bressa, Boato, Leoni, Amici, Cabras, Cusumano, Fistarol, Intini, Loiero, Maccanico, Maran, Marone, Montecchi, Olivieri, Pappaterra, Soda, Zanella.

Al comma 1, capoverso Art. 83, primo comma, primo periodo, sopprimere le parole da: dai Presidenti fino a: di Bolzano.
19. 77. Boato, Leoni, Bressa, Maura Cossutta, Provera, Pappaterra, Cusumano, Zanella.

 

Subemendamenti all'emendamento 19. 200.

All'emendamento 19. 200., dopo il primo periodo, aggiungere il seguente: Per il Trentino-Alto Adige/Südtirol ciascun consiglio provinciale elegge un delegato.
0. 19. 200. 1. Zeller, Brugger, Widmann, Collè, Detomas, Boato, Bressa, Olivieri, Kessler.

(Testo modificato nel corso della seduta).
(Approvato).

All'emendamento 19. 200., secondo periodo, sopprimere la parola: solo.
0. 19. 200. 3. Duca.

All'emendamento 19. 200., terzo periodo, dopo la parola: milione aggiungere le seguenti: , o frazione superiore e cinquecentomila,
0. 19. 200. 7. Boccia.

All'emendamento 19. 200., ultimo periodo, sostituire le parole: che sia assicurata comunque la rappresentanza delle minoranze con la seguente: proporzionale.
0. 19. 200. 6. Boccia.

All'emendamento 19. 200., ultimo periodo, sostituire la parola: minoranze con le seguenti: opposizioni.
0. 19. 200. 2. Carrara, Nespoli, Cristaldi, Saia, Lo Presti.

Al comma 1, capoverso Art. 83, primo comma, primo periodo, sostituire le parole da: in modo che fino alla fine del comma con le seguenti: . Ciascun Consiglio regio-nale, elegge due delegati. La Valle d'Aosta-Vallé d'Aoste ha un solo delegato. Ciascun Consiglio regionale elegge altresì un numero ulteriore di delegati in ragione di un delegato per ogni milione di abitanti nella Regione. L'elezione di tutti i delegati avviene in modo che sia assicurata comunque la rappresentanza delle minoranze.
19. 200. Elio Vito, Anedda, Volontè, Cè, La Malfa, Moroni.
(Testo corretto).
(Approvato).

Al comma 1, capoverso Art. 83, primo comma, primo periodo, sostituire le parole da: in modo che fino a: tre delegati con le seguenti: . Ciascun Consiglio regionale elegge tre delegati, in modo che sia assicurata la rappresentanza delle minoranze.
19. 73. Leoni, Boato, Bressa, Amici, Cabras, Cusumano, Fistarol, Intini, Loiero, Maccanico, Maran, Marone, Montecchi, Olivieri, Pappaterra, Soda, Mascia, Russo Spena, Maura Cossutta, Zanella, Sgobio, Pisapia.

Al comma 1, capoverso Art. 83, primo comma, primo periodo, sostituire le parole da: proporzionale fino alla fine del periodo con le seguenti: delle minoranze.
19. 78. Leoni, Bressa, Boato, Vendola, Maura Cossutta, Pappaterra, Cusumano, Zanella.

Al comma 1, capoverso Art. 83, primo comma, secondo periodo, dopo le parole:Consiglio regionale aggiungere le seguenti: e, per la regione Trentino-Alto Adige/Südtirol, ciascun Consiglio provinciale.
19. 9. Boato, Leoni, Bressa, Amici, Cabras, Cusumano, Fistarol, Intini, Loiero, Maccanico, Maran, Marone, Montecchi, Olivieri, Pappaterra, Soda, Maura Cossutta, Zanella, Sgobio.

Al comma 1, capoverso Art. 83, primo comma, sopprimere il terzo periodo.
19. 10. Boato, Bressa, Leoni, Amici, Cabras, Cusumano, Fistarol, Intini, Loiero, Maccanico, Maran, Marone, Montecchi, Olivieri, Pappaterra, Soda, Maura Cossutta, Zanella, Sgobio.

Al comma 1, capoverso Art. 83, primo comma, sopprimere il quarto periodo.
19. 79. Bressa, Boato, Leoni, Maura Cossutta, Valpiana, Pappaterra, Cusumano, Zanella.

Al comma 1, capoverso Art. 83, primo comma, sostituire il quinto periodo con il seguente: I rappresentanti delle Regioni sono eletti per metà dai Consigli regionali e per metà dai Consigli delle autonomie lecali, secondo le disposizioni stabilite dalla legge.
19. 80. Boato, Leoni, Bressa, Pappaterra, Cusumano, Zanella.

Al comma 1, capoverso Art. 83, secondo comma, dopo il primo periodo, aggiungere il seguente: Dopo il secondo scrutinio è sufficiente la maggioranza dei tre quinti dei componenti l'Assemblea.
19. 75. Perrotta.

Al comma 1, capoverso Art. 83, secondo comma, dopo il primo periodo, aggiungere il seguente: Dopo il terzo scrutinio è sufficiente la maggioranza dei tre quinti dei componenti.

Conseguentemente, al secondo periodo, sostituire la parola: quarto con la seguente: quinto.
19. 201. Elio Vito, Anedda, Volontè, Cè, La Malfa, Moroni.
(Approvato)

Al comma 1, capoverso Art. 83, secondo comma, secondo periodo, sostituire la parola: assoluta con le seguenti: dei due terzi dei voti espressi, comunque non inferiore alla maggioranza assoluta dei componenti.
19. 12. Bressa, Leoni, Boato, Amici, Cabras, Cusumano, Fistarol, Intini, Loiero, Maccanico, Maran, Marone, Montecchi, Olivieri, Pappaterra, Soda, Mascia, Russo Spena, Zanella.

Dopo l'articolo 19, aggiungere il seguente:
Art. 19-bis. (Età minima del Presidente della Repubblica). - 1. All'articolo 84, primo comma, della Costituzione, le parole «cinquant'anni» sono sostituite dalle seguenti: «quarant'anni».

19. 01. Boato, Bressa, Leoni, Amici, Cabras, Cusumano, Fistarol, Intini, Loiero, Maccanico, Maran, Marone, Montecchi, Olivieri, Pappaterra, Soda, Mascia, Russo Spena, Zanella, Ruzzante.
(Approvato)

 

 

(A.C. 4862 ed abb. - Sezione 2)

 

ARTICOLO 20 DEL DISEGNO DI LEGGE COSTITUZIONALE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

 

Art. 20.
(Convocazione dell'Assemblea della Repubblica).

 

1. All'articolo 85 della Costituzione, i commi secondo e terzo sono sostituiti dai seguenti:
«Sessanta giorni prima che scada il termine, il Presidente della Camera dei deputati convoca l'Assemblea della Repubblica per eleggere il nuovo Presidente della Repubblica.
Se la Camera dei deputati è sciolta, o manca meno di tre mesi alla sua cessazione, la elezione ha luogo entro quindici giorni dalla riunione della Camera nuova. Nel frattempo sono prorogati i poteri del Presidente in carica».

 

PROPOSTA EMENDATIVA RIFERITA ALL'ARTICOLO 20 DEL DISEGNO DI LEGGE COSTITUZIONALE

 

ART. 20.
(Convocazione dell'Assemblea della Repubblica).

 

Al comma 1, capoverso, sostituire la parola: Sessanta con la seguente: Trenta.
20. 70. Leoni, Bressa, Boato, Maura Cossutta, Mantovani, Pappaterra, Cusumano, Zanella.

 

(A.C. 4862 ed abb. - Sezione 3)

 

ARTICOLO 21 DEL DISEGNO DI LEGGE COSTITUZIONALE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

 

Art. 21.
(Supplenza del Presidente della Repubblica).

 

1. All'articolo 86 della Costituzione, il primo comma è sostituito dal seguente:
«Le funzioni del Presidente della Repubblica, in ogni caso in cui egli non possa adempierle, sono esercitate dal Presidente del Senato federale della Repubblica».

2. All'articolo 86, secondo comma, della Costituzione, le parole: «se le Camere sono sciolte o manca meno di tre mesi alla loro cessazione» sono sostituite dalle seguenti: «se la Camera dei deputati è sciolta o manca meno di tre mesi alla sua cessazione».

 

 

PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO 21 DEL DISEGNO DI LEGGE COSTITUZIONALE

 

ART. 21.
(Supplenza del Presidente della Repubblica).

Sopprimerlo.
21. 70. Bressa, Boato, Leoni, Amici, Cabras, Cusumano, Fistarol, Intini, Loiero, Maccanico, Maran, Marone, Montecchi, Olivieri, Pappaterra, Soda, Mascia, Russo Spena, Maura Cossutta, Zanella, Sgobio, Pistone.

Al comma 1, capoverso, sostituire le parole: in cui con la seguente: che.
21. 25. La Commissione.
(Approvato)

Al comma 1, capoverso, sostituire le parole: del Senato federale della Repubblica con le seguenti: della Camera dei deputati.

Conseguentemente, sopprimere il comma 2.
21. 1. Mascia, Leoni, Bressa, Boato, Giordano, Zanella.

Al comma 1, capoverso, sostituire le parole: del Senato federale della Repubblica con le seguenti: della Camera dei deputati.

Conseguentemente, al comma 2, sostituire le parole da: se le Camere sono sciolte fino alla fine del comma, con le seguenti: «il Presidente della Camera dei deputati indice la elezione del nuovo Presidente della Repubblica entro quindici giorni, salvo il maggior termine previsto se le Camere sono sciolte o manca meno di tre mesi alla loro cessazione» sono sostituite dalle seguenti: «il Presidente del Senato federale della Repubblica indice la elezione del nuovo Presidente della Repub-blica entro quindici giorni, salvo il maggior termine previsto se la Camera dei deputati è sciolta o manca meno di tre mesi alla sua cessazione».
21. 2. Boato, Bressa, Leoni, Amici, Cabras, Cusumano, Fistarol, Intini, Loiero, Maccanico, Maran, Marone, Montecchi, Olivieri, Pappaterra, Soda, Mascia, Giordano, Maura Cossutta, Zanella, Sgobio.

Al comma 1, capoverso, sostituire le parole: del Senato federale della Repubblica con le seguenti: della Camera dei deputati.
21. 3. Leoni, Bressa, Boato, Amici, Cabras, Cusumano, Fistarol, Intini, Loiero, Maccanico, Maran, Marone, Montecchi, Olivieri, Pappaterra, Soda, Mascia, Pisapia, Maura Cossutta, Zanella, Sgobio, Pistone.

Al comma 1, capoverso, dopo le parole: Senato federale della Repubblica aggiungere le seguenti: o, in caso di impossibilità di quest'ultimo, dal Presidente della Camera dei deputati.
21. 71. Perrotta.

 

 

(A.C. 4862 ed abb. - Sezione 4)

 

ARTICOLO 22 DEL DISEGNO DI LEGGE COSTITUZIONALE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE

 

Art. 22.
(Funzioni del Presidente della Repubblica).

 

1. L'articolo 87 della Costituzione è sostituito dal seguente:
«Art. 87. - Il Presidente della Repubblica è il Capo dello Stato, rappresenta l'unità federale della Nazione ed è garante della Costituzione.
Può inviare messaggi alle Camere.
Indìce le elezioni delle nuove Camere, dei Presidenti delle Giunte regionali e dei Consigli regionali, dei Presidenti delle Giunte e dei Consigli provinciali delle Province autonome di Trento e di Bolzano e ne fissa la prima riunione.
Promulga le leggi ed emana i decreti aventi valore di legge e i regolamenti.
Indìce il referendum popolare nei casi previsti dalla Costituzione.
Nomina, nei casi indicati dalla legge, i funzionari dello Stato e, sentiti i Presidenti delle due Camere, i presidenti delle Autorità amministrative indipendenti.
Accredita e riceve i rappresentanti diplomatici, ratifica i trattati internazionali, previa, quando occorra, l'autorizzazione delle Camere.
Ha il comando delle Forze armate, presiede il Consiglio supremo di difesa costituito secondo la legge, dichiara lo stato di guerra deliberato dalle Camere.
Presiede il Consiglio superiore della magistratura e ne nomina il Vice Presidente nell'ambito dei componenti eletti dalle Camere.
Può concedere grazia e commutare le pene.
Conferisce le onorificenze della Repubblica».

 

 

PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO 22 DEL DISEGNO DI LEGGE COSTITUZIONALE

 

ART. 22.
(Funzioni del Presidente della Repubblica).

 

Sopprimerlo.
*22. 1. Mascia, Pisapia.

Sopprimerlo.
*22. 2. Bressa, Boato, Leoni, Amici, Cabras, Cusumano, Fistarol, Intini, Loiero, Maccanico, Maran, Marone, Montecchi, Olivieri, Pappaterra, Soda, Russo Spena, Maura Cossutta, Zanella, Sgobio, Pistone.

Al comma 1, capoverso Art. 87, sostituire il terzo comma, con il seguente:
«Indìce le elezioni della Camera dei deputati e quelle dei senatori e fissa la prima riunione della Camera.».
22. 200. Elio Vito, Anedda, Volontè, Cè, La Malfa, Moroni.

(Testo modificato nel corso della seduta).
(Approvato).

Al comma 1, capoverso Art. 87, terzo comma, sopprimere le parole da: , dei Presidenti delle Giunte regionali fino a: Bolzano.
*22. 70. Zeller, Collè, Detomas, Brugger, Widmann.

Al comma 1, capoverso Art. 87, terzo comma, sopprimere le parole da: , dei Presidenti delle Giunte e dei Consigli fino a: Bolzano.
*22. 72. Ladu, Carboni, Tonino Loddo, Maurandi, Soro.

Al comma 1, capoverso Art. 87, terzo comma, sopprimere le parole da: dei Presidenti delle Giunte e dei Consigli fino a Bolazano.
**22. 74. Boato, Leoni, Bressa, Maura Cossutta, Deiana, Pappaterra, Cusumano, Zanella.

Al comma 1, capoverso Art. 87, terzo comma, sopprimere le parole da: , dei Presidenti delle Giunte e dei Consigli provinciali fino a: Bolzano.
**22. 71. Olivieri, Maran, Kessler, Rosato.

Al comma 1, capoverso Art. 87, terzo comma, sostituire le parole: dei Presidenti delle Giunte e dei Consigli provinciali delle Province autonome di Trento e di Bolzano con le seguenti:delle regioni a statuto ordinario.
22. 76. Nuvoli, Marras.

Al comma 1, capoverso Art. 87, terzo comma, sostituire le parole: dei Presidenti delle Giunte e dei Consigli provinciali delle Province autonome di Trento e di Bolzano con le seguenti: ad eccezione degli organi delle Regioni e delle Province di cui all'articolo 116, primo e secondo comma.
*22. 78. Mereu.

Al comma 1, capoverso Art. 87, terzo comma, sostituire le parole: dei Presidenti delle Giunte e dei Consigli provinciali delle Province autonome di Trento e di Bolzano con le seguenti: ad eccezione degli organi delle Regioni e delle Province di cui all'articolo 116, primo e secondo comma.
*22. 79. Burtone, Enzo Bianco, Finocchiaro, Cardinale, Cusumano, Lumia, Rosato.

Al comma 1, capoverso Art. 87, terzo comma, sostituire le parole: dei Presidenti delle Giunte e dei Consigli provinciali delle Province autonome di Trento e di Bolzano con le seguenti: ad eccezione degli organi delle Regioni e Province autonome di cui all'articolo 116, primo e secondo comma.
*22. 73. Romoli, Saro, Collarini, Lenna.

Al comma 1, capoverso Art. 87, terzo comma, sostituire le parole: dei Presidenti delle Giunte e dei Consigli provinciali delle Province autonome di Trento e di Bolzano con le seguenti: ad eccezione degli organi delle Regioni e Province autonome di cui all'articolo 116, primo e secondo comma.
*22. 75. Zeller, Collè, Detomas, Brugger, Widmann.

Al comma 1, capoverso Art. 87, terzo comma, sostituire le parole: dei Presidenti delle Giunte e dei Consigli provinciali delle Province autonome di Trento e di Bolzano con le seguenti: ad eccezione degli organi delle Regioni e Province autonome di cui all'articolo 116, primo e secondo comma.
*22. 77. Cossa, Nicolosi.

Al comma 1, capoverso Art. 87, sesto comma, dopo le parole: dello Stato; aggiungere le seguenti: nomina altresì il Presidente del Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro.

Conseguentemente, all'articolo 24, capoverso Art. 89, terzo comma, dopo le parole:superiore della magistratura aggiungere
le seguenti
: e del Presidente del Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro.
22. 201. Elio Vito, Anedda, Volontè, Cè, La Malfa, Moroni.

Al comma 1, capoverso Art. 87, sesto comma, sopprimere le parole: e, sentiti i Presidenti delle due Camere, i presidenti delle Autorità amministrative indipendenti.

Conseguentemente, all'articolo 24, capoverso Art. 89, terzo comma, sopprimere le parole: nonché le nomine dei presidenti delle Autorità amministrative indipendenti.
22. 10. Boato, Bressa, Leoni, Amici, Cabras, Cusumano, Fistarol, Intini, Loiero, Maccanico, Maran, Marone, Montecchi, Olivieri, Pappaterra, Soda, Maura Cossutta, Zanella, Sgobio.

Al comma 1, capoverso Art. 87, sesto comma, sostituire le parole: Autorità amministrative indipendenti con le seguenti: Autorità indipendenti e il presidente del Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro.

Conseguentemente, all'articolo 24, capoverso Art. 89, terzo comma, sostituire le parole: Autorità amministrative indipendenti con le seguenti: Autorità indipendenti, del presidente del Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro.
22. 251. La Commissione.
(Approvato)

Al comma 1, capoverso Art. 87, nono comma, sopprimere le parole: e ne nomina il Vicepresidente nell'ambito dei componenti eletti dalle Camere.

Conseguentemente:
all'articolo 24, capoverso Art. 89, terzo comma, sopprimere le parole:
, la nomina del Vice Presidente del Consiglio superiore della magistratura.
all'articolo 31, sopprimere il comma 2.
22. 15. Bressa, Boato, Leoni, Amici, Cabras, Cusumano, Fistarol, Intini, Loiero, Maccanico, Maran, Marone, Montecchi, Olivieri, Pappaterra, Soda, Maura Cossutta, Zanella, Sgobio.

Al comma 1, capoverso Art. 87, decimo comma, aggiungere, in fine, le parole: , previa richiesta del Ministro della giustizia.

Conseguentemente, all'articolo 24, capoverso Art. 89, terzo comma, sopprimere le parole: , la concessione della grazia.
22. 90. Perrotta.

Al comma 1, capoverso Art. 87, aggiungere, in fine, il seguente comma:
Autorizza la dichiarazione del Primo ministro al Senato federale della Repubblica, dopo averne verificato la sussistenza dei presupposti.
22. 252. La Commissione.

 

 

(A.C. 4862 ed abb. - Sezione 5)

ARTICOLO 23 DEL DISEGNO DI LEGGE COSTITUZIONALE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE

 

Art. 23.
(Scioglimento della Camera dei deputati).

 

1. L'articolo 88 della Costituzione è sostituito dal seguente:
«Art. 88. - Il Presidente della Repubblica decreta lo scioglimento della Camera dei deputati ed indìce le elezioni, da tenersi non oltre i successivi sessanta giorni, nei seguenti casi:
a) su richiesta del Primo ministro, che ne assume la esclusiva responsabilità;
b) in caso di morte del Primo ministro o di impedimento permanente accertato secondo le modalità fissate dalla legge;
c) in caso di dimissioni del Primo ministro;
d) nel caso di cui all'articolo 94, terzo comma.

Il Presidente della Repubblica non emana il decreto di scioglimento nei casi di cui alle lettere a), b) e c) del primo comma, qualora entro dieci giorni venga presentata alla Camera dei deputati una mozione, sottoscritta dai deputati appartenenti alla maggioranza espressa dalle elezioni in numero non inferiore alla maggioranza dei componenti della Camera, nella quale si dichiari di voler continuare nell'attuazione del programma e si indichi il nome di un nuovo Primo ministro.

 

PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO 23 DEL DISEGNO DI LEGGE COSTITUZIONALE

 

ART. 23.
(Scioglimento della Camera dei deputati).

 

Sopprimerlo.
*23. 1. Mascia, Russo Spena.

Sopprimerlo.
*23. 4. Boato, Leoni, Bressa, Amici, Cabras, Cusumano, Fistarol, Intini, Loiero, Maccanico, Maran, Marone, Montecchi, Olivieri, Pappaterra, Soda, Pisapia, Maura Cossutta, Zanella, Sgobio, Fanfani.

Al comma 1, capoverso Art. 88, primo comma, alinea, sostituire le parole da: decreta fino alla fine del capoverso con le seguenti: può, sentito il suo Presidente, sciogliere la Camera dei deputati. Non può esercitare tale facoltà negli ultimi sei mesi del suo mandato, salvo che essi coincidano in tutto o in parte con gli ultimi sei mesi della legislatura.
23. 70. Zeller, Collè, Detomas, Brugger, Widmann.

Al comma 1, capoverso Art. 88, primo comma, alinea, sostituire le parole da: decreta fino alla fine del capoverso con le seguenti: , su richiesta del Primo Ministro, ovvero nel caso in cui non sia possibile formare un Governo coerente con il risultato delle elezioni, decreta lo scioglimento della Camera dei deputati ed indice le elezioni entro i successivi sessanta giorni.
Qualora, entro dieci giorni dalla richiesta, venga presentata da almeno un quarto dei componenti della Camera una mozione, nella quale si dichiari di voler continuare nell'attuazione del programma di Governo e si indichi il nome di un nuovo Primo Ministro, essa è posta in votazione entro i successivi cinque giorni. Nel caso in cui la mozione venga appro-vata, il Presidente della Repubblica non emana il decreto di scioglimento qualora verifichi che la nomina del Primo Ministro indicato nella mozione e il voto della Camera sono coerenti col risultato delle elezioni per la Camera dei deputati e col programma di legislatura.
In caso di scioglimento della Camera successivo all'approvazione della mozione di cui al comma precedente o di una
mozione di sfiducia, il Presidente della Repubblica nomina un governo di garanzia elettorale».
23. 5. Leoni, Boato, Bressa, Amici, Cabras, Cusumano, Fistarol, Intini, Loiero, Maccanico, Maran, Marone, Montecchi, Olivieri, Pappaterra, Soda, Zanella, Fanfani.

Al comma 1, capoverso Art. 88, primo comma, alinea, sopprimere le parole: , da tenersi non oltre i successivi sessanta giorni,
23. 250. La Commissione.

Al comma 1, capoverso Art. 88, primo comma, lettera a), sopprimere le parole: , che ne assume la esclusiva responsabilità.
23. 73. Bressa, Boato, Leoni, Maura Cossutta, Titti De Simone, Pappaterra, Cusumano, Zanella, Fanfani.

 

Subemendamenti all'emendamento 23. 200.

All'emendamento 23. 200, alla parte consequenziale, sostituire le parole da: dei deputati appartenenti fino alla fine dell'emendamento, con le seguenti: di un quarto dei componenti della Camera, nel caso in cui la mozione venga approvata il Primo ministro in carica si dimette. Il Presidente della Repubblica non emana il decreto di scioglimento qualora verifichi che la nomina del Primo Ministro indicato nella mozione e il voto della Camera sono
coerenti con il risultato delle elezioni della Camera dei deputati e con il programma di legislatura.
0. 23. 200. 2. Bressa, Boato, Leoni, Pappaterra, Cusumano, Zanella, Detomas, Maran, Cento, Cabras, Fistarol, Loiero, Marone, Maccanico, Franceschini, Sinisi, Montecchi, Olivieri, Soda, Mazzuca Poggiolini.

All'emendamento 23. 200, alla parte consequenziale, dopo le parole: alla maggioranza dei componenti della Camera, aggiungere le seguenti: ovvero qualora incorra in situazioni di conflitto di interessi, non sanate a norma della legge vigente,
0. 23. 200. 1. Mazzuca Poggiolini.

Al comma 1, capoverso Art. 88, primo comma, lettera c), aggiungere, in fine, le parole: , salva l'ipotesi di cui all'articolo 94, quarto comma.

Conseguentemente, all'articolo 28, comma 1, capoverso Art. 94, aggiungere, in fine, il seguente comma:
«Qualora sia presentata una mozione di sfiducia, con l'indicazione di un nuovo Primo ministro, da parte dei deputati appartenenti alla maggioranza espressa dalle elezioni in numero non inferiore alla maggioranza dei componenti della Camera, il Primo ministro in carica si dimette. Il nuovo Primo ministro illustra alle Camere, entro cinque giorni, il programma, sul quale la Camera dei deputati si esprime con voto per appello nominale».
23. 200. Elio Vito, Anedda, Volontè, Cè, La Malfa, Moroni.

Al comma 1, capoverso Art. 88, primo comma, sopprimere la lettera d).
23. 74. Leoni, Bressa, Boato, Maura Cossutta, Alfonso Gianni, Pappaterra, Cusumano, Zanella, Fanfani.

Al comma 1, capoverso Art. 88, sopprimere il secondo comma.
23. 71. Taormina.

Al comma 1, capoverso Art. 88, sostituire il secondo comma con il seguente:
«Il Presidente della Repubblica non procede all'emanazione del decreto di scioglimento richiesto dal Presidente del Consiglio dei ministri nel caso in cui, entro dieci giorni da tale richiesta, venga presentata alla Camera dei deputati una mozione, sottoscritta da un numero di deputati non inferiore alla maggioranza dei componenti della Camera, nella quale si dichiari di voler continuare nell'attuazione del programma di governo e si indichi il nome di un nuovo Primo ministro, ed il Presidente della Repubblica ritenga che l'indicazione fornita e la maggioranza che ha sottoscritto la mozione siano coerenti con il risultato delle elezioni politiche e con il proseguimento dell'attuazione del programma di governo».
23. 3. Mantini.

 

Subemendamenti all'emendamento 23. 201.

All'emendamento 23. 201., sostituire la parola: venti con la seguente: dieci.
0. 23. 201. 2. Boccia.

All'emendamento 23. 201., sostituire le parole: e votata con le seguenti: e approvata con votazione.
0. 23. 201. 25. La Commissione.

All'emendamento 23. 201., sostituire le parole: dai deputati appartenenti alla con la seguente: almeno dai deputati eletti nella.
0. 23. 201. 1. Boccia

All'emendamento 23.201, sostituire le parole: si indichi il nome di con le seguenti: si designi.

Conseguentemente, al medesimo emendamento sostituire la parola: indicato con la seguente: designato.
0. 23. 201. 26. (Nuova formulazione) La Commissione.

Al comma 1, capoverso Art. 88, secondo comma, sostituire le parole da: entro dieci giorni fino alla fine del comma, con le seguenti: «alla Camera dei deputati, entro i venti giorni successivi, venga presentata e votata per appello nominale dai deputati appartenenti alla maggioranza espressa dalle elezioni in numero non inferiore alla maggioranza dei componenti della Camera, una mozione nella quale si dichiari di voler continuare nell'attuazione del programma e si indichi il nome di un nuovo Primo ministro. In tal caso, il Presidente della Repubblica nomina il nuovo Primo ministro indicato».
23. 201. Elio Vito, Anedda, Volontè, Cè, La Malfa, Moroni.

Al comma 1, capoverso Art. 88, secondo comma, sostituire le parole da: entro dieci giorni fino alla fine del comma, con le seguenti: «la Camera dei deputati approvi una mozione presentata entro dieci giorni e sottoscritta da almeno un terzo dei suoi componenti, nella quale si indichi il nome di un nuovo Primo ministro. La mozione è posta in votazione entro cinque giorni dalla sua presentazione».
23. 75. Tabacci, Malgieri, La Malfa, Craxi, Cossa, Giuseppe Gianni.

Al comma 1, capoverso Art. 88, secondo comma, sostituire le parole da: dai deputati appartenenti fino a: programma e con le seguenti: «da un numero di deputati non inferiore alla maggioranza dei componenti della Camera, nella quale».

Conseguentemente:
al medesimo capoverso, dopo il secondo comma, aggiungere il seguente:
«Il Presidente della Repubblica, in caso di prolungata impossibilità di funzionamento del Senato federale della Repubblica, può decretarne lo scioglimento, sentito il suo Presidente. Non può esercitare tale facoltà negli ultimi sei mesi del suo mandato, salvo che essi coincidano in tutto o in parte con gli ultimi sei mesi della legislatura.»
all'articolo 24, capoverso Art. 89, terzo comma, dopo le parole: lo scioglimento aggiungere le seguenti: del Senato federale della Repubblica e;
alla rubrica, dopo la parola: Scioglimento aggiungere le seguenti: del Senato federale della Repubblica e.
23. 72. Perrotta.

 


 


RESOCONTO

SOMMARIO E STENOGRAFICO

 


______________   ______________


 

524.

 

Seduta di venerdì 8 ottobre 2004

 

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE

MARIO CLEMENTE MASTELLA

indi

DEL VICEPRESIDENTE

PUBLIO FIORI,

DEL PRESIDENTE

PIER FERDINANDO CASINI

E DEL VICEPRESIDENTE

FABIO MUSSI

 


Seguito della discussione del disegno di legge costituzionale: S. 2544 - Modificazione di articoli della parte II della Costituzione (Approvato, in prima deliberazione, dal Senato) (4862) e delle abbinate proposte di legge costituzionale: Zeller ed altri; Bielli; Spini e Angioni; Buttiglione ed altri; Contento; Cola; Pisapia; Selva; Selva; Selva; Bianchi Clerici; Peretti; Volontè; Pisapia; Lusetti ed altri; Zaccheo; Mantini ed altri; Soda; Olivieri e Kessler; Costa; Serena; Pisicchio ed altri; Bolognesi ed altri; Paroli; Buontempo; Zeller ed altri; Collè; Vitali ed altri; Maurandi ed altri; Olivieri; Boato; Stucchi; Cento; Monaco; Pacini; Consiglio regionale della Puglia; Consiglio regionale della Puglia; Chiaromonte ed altri; Cabras ed altri; Mantini; La Malfa; Briguglio ed altri; Franceschini; Pisapia; Costa; Perrotta ed altri; Fiori (72-113-260-376-468-582-721-874-875-877-966-1162-1218-1287-1403-1415-1608-1617-1725-1805-1964-2027-2116-2123-2168-2320-2413-2568-2909-2994-3058-3489-3523-3531-3541-3572-3573-3584-3639-3684-3707-3885-4023-4393-4451-4805-5044) (ore 9,38).

 

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge costituzionale, già approvato in prima deliberazione dal Senato: Modificazione di articoli della parte II della Costituzione, e delle abbinate proposte di legge costituzionale di iniziativa dei deputati Zeller ed altri; Bielli; Spini e Angioni; Buttiglione ed altri; Contento; Cola; Pisapia; Selva; Selva; Selva; Bianchi Clerici; Peretti; Volontè; Pisapia; Lusetti ed altri; Zaccheo; Mantini ed altri; Soda; Olivieri e Kessler; Costa; Serena; Pisicchio ed altri; Bolognesi ed altri; Paroli; Buontempo; Zeller ed altri; Collè; Vitali ed altri; Maurandi ed altri; Olivieri; Boato; Stucchi; Cento; Monaco; Pacini; del Consiglio regionale della Puglia; del Consiglio regionale della Puglia; e dei deputati Chiaromonte ed altri; Cabras ed altri; Mantini; La Malfa; Briguglio ed altri; Franceschini; Pisapia; Costa; Perrotta ed altri; Fiori.
Ricordo che nella seduta di ieri sono stati, da ultimo, votati gli identici emendamenti Mascia 23.1 e Boato 23.4, e che è stato ritirato l'emendamento Zeller 23.70.

 

 

(Ripresa esame dell'articolo 23 - A.C. 4862 ed abbinate)

 

PRESIDENTE. Riprendiamo l'esame dell'articolo 23 e delle proposte emendative ad esso presentate (vedi l'allegato A - A.C. 4862 ed abbinate sezione 1).
Passiamo alla votazione dell'emendamento Leoni 23.5.
Avverto che è stata chiesta la votazione nominale mediante procedimento elettronico.

 

Preavviso di votazioni elettroniche (ore 9,39).

 

PRESIDENTE. Poiché nel corso della seduta avranno luogo votazioni mediante procedimento elettronico, decorrono da questo momento i termini di preavviso di cinque e venti minuti previsti dall'articolo 49, comma 5, del regolamento.
Per consentire il decorso del termine regolamentare di preavviso, sospendo la seduta.

 

La seduta, sospesa alle 9,40, è ripresa alle 10,05.

 

Si riprende la discussione.

(Ripresa esame dell'articolo 23 - A.C. 4862 ed abbinate)

 

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'emendamento Leoni 23.5.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Giacomo Angelo Rosario Ventura. Ne ha facoltà.

GIACOMO ANGELO ROSARIO VENTURA. Signor Presidente, desidero intervenire in relazione anche ad alcune osservazioni svolte in conclusione della seduta di ieri dal presidente Violante - con un intervento di spessore, come suo solito - in replica all'onorevole Tabacci. L'argomento in oggetto era la norma secondo la quale il premier ha facoltà di richiedere lo scioglimento delle Camere, qualora il suo programma non venga approvato dalla Camera dei deputati.
L'onorevole Violante ha ritenuto che questa norma conferisca dei poteri particolari al premier, dando allo stesso una potestà di controllo e di condizionamento della Camera che farebbe venir meno il bilanciamento dei poteri. Il presidente Violante, rispondendo all'onorevole Tabacci, ha richiamato la prima Repubblica affermando (e in ciò condivido quanto ha detto) che, in realtà, il proporzionalismo e il proporzionale non hanno avuto particolari meriti come istituti costituzionali, ciò in quanto nella prima Repubblica, a causa della guerra fredda, non vi era l'alternanza ma una democrazia bloccata. Vigeva, cioè, quello che Galli ha definito un bipartitismo imperfetto. Siamo tutti d'accordo, quindi, che una riforma di questo tipo va comunque realizzata, sia pur secondo le diverse sfaccettature.
Si consideri che in questo nuovo sistema il Presidente del Consiglio è un istituto diverso dalla Camera dei deputati e viene eletto a suffragio diretto dal popolo. Quindi, l'essenza di questa novità risiede nella figura del candidato premier che, sia pur collegata ad una ipotetica maggioranza parlamentare, è tuttavia istituto autonomo e diverso.
Vi è un unico caso in cui il premier può chiedere al Presidente della Repubblica - dietro sue dimissioni - lo scioglimento delle Camere: ossia quando, presentatosi entro dieci giorni dalla sua nomina alla Camera dei deputati per proporre il proprio programma, il premier non riceva l'approvazione dell'Assemblea. Si comprenderà che, qualora la maggioranza eletta insieme al premier, non voti il programma dello stesso premier, ne risulterà vulnerata l'essenza stessa dell'istituto in base al quale l'elettorato ha deciso di votare quel premier, quella maggioranza e consentire l'attuazione del programma di Governo. È questo l'unico caso in tal senso.
Se, in distonia con la volontà elettorale, venisse meno questa delega di programma ci troveremmo dinanzi ad una disattesa volontà dell'elettorato stesso. E quindi non vi è dubbio che si dovrebbe nuovamente far ricorso all'elettorato e consultare il corpo elettorale. È questo l'unico caso in cui i poteri del premier sono condizionati dalla Camera. Se il premier viene esautorato anche di questa potestà mi chiedo che senso abbia questa riforma. Si tornerebbe ad un istituto squisitamente parlamentare e quindi la stabilità e governabilità che ci prefiggiamo attraverso questo corpo normativo verrebbero vulnerate.
Se si è giunti a questa riforma è proprio per gli espedienti del passato, ultimo dei quali quello del Governo Prodi, quando, attraverso una operazione di trasformismo da manuale, si portò il presidente D'Alema a prendere il posto di Presidente del Consiglio, senza assolutamente tener conto della volontà dell'elettorato, sia pure espressa rispetto ad un indirizzo virtuale (l'elettorato aveva in qualche modo designato l'onorevole Prodi).
Ripeto, se non si attua l'ipotesi in esame si torna esattamente allo status ante. Infatti, con questa norma si intende affrancare il premier dai «corridoismi», dai giochi e dagli «inciuci» parlamentari alla base di tanta instabilità. Questa è l'unica ipotesi attuabile; ritengo che se non si concede questa facoltà al premier tanto vale tornare all'istituto così com'è attualmente organizzato.
Noi non abbiamo altri casi analoghi; nell'ipotesi di dimissioni del premier per altri motivi, la Camera dei deputati può, attraverso una maggioranza, indicare un nuovo premier; se il premier viene meno per cause di forza maggiore, la Camera dei deputati potrà indicare un nuovo premier.

PRESIDENTE. Onorevole Giacomo Ventura...!

GIACOMO ANGELO ROSARIO VENTURA. Ho concluso. Se addirittura la Camera ritiene di sfiduciare il premier, lo sfiducia e si va a nuove elezioni: quello è l'unico potere e l'effetto deterrente che ne deriva, a mio avviso, è proprio fonte di stabilità e quindi di governabilità (Applausi dei deputati del gruppo di Forza Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Schmidt. Ne ha facoltà.

GIULIO SCHMIDT. Signor Presidente, osservando alla mia destra il vuoto che risulta dai banchi dell'opposizione (Commenti dei Democratici di sinistra-L'Ulivo), mi viene da riconsiderare quanto è stato detto ieri e quanto aveva precisato il presidente Violante nella scorsa legislatura, e cioè che di fronte ai cittadini italiani il nostro dovere è quello di essere presenti in aula, di lavorare e di contribuire al bene comune.
Ci troviamo oggi di fronte alla più consistente e rilevante riforma costituzionale nella storia della Repubblica italiana, e di fronte a questo fatto ci troviamo, comunque e sempre all'inizio della seduta, a vedere il Parlamento dimezzato di una larga parte dei suoi parlamentari!

PRESIDENTE. Concluda, onorevole collega!

GIULIO SCHMIDT. Considero questo fatto con amarezza e desidero sottolinearlo (Applausi dei deputati del gruppo di Forza Italia)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Savo. Ne ha facoltà.

BENITO SAVO. Signor Presidente, intendo intervenire su questo argomento, data la rilevanza che esso riveste. Il collega Ventura, intervenendo prima di me, ha toccato un tema importante, cercando di esaltare la figura del premier, che deve avere un potere condizionante e non essere disposto ai cosiddetti «ricatti di corridoio».
Dal mio punto di vista, sono stato sempre contrario agli «inciuci», sono sempre stato contrario alle camarille; noi non dobbiamo creare le occasioni ed i presupposti ambientali affinché un premier, una volta eletto dal popolo, possa avere esorbitanti condizionamenti dai corridoi e, perché no?, anche delle Camere.
Ognuno deve avere il potere che il popolo conferisce, senza alcuna attentato in corso d'opera (per attentato intendo quello «politico»), come si è verificato nel nostro recente passato!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Bricolo. Ne ha facoltà.

FEDERICO BRICOLO. Signor Presidente, questo è stato codificato dal centrosinistra come ribaltone con tutte le sue conseguenze. Di fatto, si prevede che, in caso di dimissioni del premier, entro dieci giorni dalla richiesta, se viene presentata da almeno un quarto dei componenti la Camera una mozione nella quale si dichiari di voler continuare nell'attuazione del programma di Governo e si indichi un nuovo premier, si apra la possibilità per una nuova maggioranza con un nuovo Governo ed un nuovo premier.
Dunque, è stato ricodificato il ribaltone, che, di fatto, non porta a nulla di nuovo nell'atteggiamento del centrosinistra, con tutte le sue conseguenze. Ci ricordiamo nella passata legislatura quattro Governi con tre premier differenti, la compravendita dei parlamentari, i cambi di maggioranza, i cambi di premier: tutto ciò che di fatto ha portato, proprio a causa di questi atteggiamenti, il centrosinistra a perdere le elezioni.
Qui, di fatto, si teorizza che il popolo attraverso le elezioni indichi una maggioranza ed un premier, e che poi invece le dinamiche interne al Parlamento portano a modificare il risultato elettorale e l'indicazione degli elettori, cambiando completamente maggioranze. Penso che questo costituisca un ritorno al passato, evidentemente voluto dal centrosinistra, che non accetta la nuova logica della politica secondo cui la campagna elettorale rappresenta un momento di chiarezza durante il quale, certamente, si presentano i programmi elettorali ma, di fatto, si indica anche il nome del candidato premier. Questa legislatura dimostra come il centrodestra, sicuramente, sia coerente con questa linea di pensiero. Infatti, questo è il Governo rimasto in carica più a lungo nella storia della Repubblica. Evidentemente, in cinque anni di Governo, il centrosinistra non è riuscito in questo, di fatto tradendo il patto concluso gli elettori. Ci ricordiamo tutti il Governo D'Alema e il Governo Amato, succeduti al Governo Prodi che, comunque, era stato indicato dagli elettori. Dunque, nulla di nuovo in questa Assemblea, in cui si rivede lo spirito statalista dei rappresentanti del centrosinistra che, con questo emendamento, sottoscritto, in pratica, da tutto il centrosinistra - da rappresentanti della Margherita, dei Democratici di sinistra, dei Verdi e così via - si ritrovano tutti uniti, con la volontà di tradire le indicazioni del risultato elettorale cambiando il premier (Applausi dei deputati dei gruppi della Lega Nord Federazione Padana e di Forza Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Gibelli. Ne ha facoltà.

ANDREA GIBELLI. In questa Assemblea, signor Presidente, nei giorni scorsi abbiamo ascoltato la richiesta, da parte degli esponenti del centrosinistra, di avere una Costituzione precisa. È sufficiente leggere gli emendamenti che essi propongono per accorgersi che predicano bene ma razzolano molto male. Infatti, sarebbe opportuno capire che cosa si intenda ad esempio - mi riferisco all'emendamento Leoni 23.5 - quando si fa riferimento alla possibilità di formare un nuovo governo in modo coerente con il risultato delle elezioni. Il termine «coerente», nel bizantinismo italiano, potrebbe assumere 23 mila sfumature diverse. O ci si riferisce, secondo il testo del progetto di Costituzione che il centrodestra sta proponendo all'Assemblea, ad una maggioranza che sia esattamente quella espressa da un sistema elettorale, che può essere o meno corretto e condiviso, ma che rappresenta un risultato numericamente individuato in base a un programma presentato precedentemente alle elezioni, oppure il termine «coerente», in Italia, rischia di essere un eufemismo da accademia.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Stucchi. Ne ha facoltà.

GIACOMO STUCCHI. Signor Presidente, capisco che questi interventi relativi ai cambi di maggioranza la interessino abbastanza, vista la sua esperienza in questo, e magari la infastidiscano un po' perché sappiamo tutti...

PRESIDENTE. Non mi sembra di essere stato l'unico a cambiare maggioranza. Se facesse riferimento anche al suo gruppo, vedrebbe se nella storia italiana è stato così o meno (Commenti dei deputati della Lega Nord Federazione Padana).

GIACOMO STUCCHI. Il problema è che noi non lo abbiamo mai fatto in cambio di poltrone, mentre lei lo ha sempre fatto in cambio di poltrone. Questa è la differenza fondamentale.

PRESIDENTE. Si limiti a parlare di ciò di cui deve parlare.

ALESSANDRO CÈ. Calma, Presidente, calma! Stai tranquillo...!

GIACOMO STUCCHI. Signor Presidente, lei deve rispetto alle opinioni di tutti colleghi! Capisco di pungerla sul vivo, però la verità è questa!

PRESIDENTE. Le opinioni sì, ma non le insolenze!

GIACOMO STUCCHI. Mi dispiace per lei, ma la verità deve essere raccontata sempre ai cittadini.
Dicevo che se io fossi Prodi, in questo momento sarei molto preoccupato visto quanto propongono i colleghi dell'Ulivo. Mi verrebbe in mente quello che è successo, tutti i fatti accaduti in questa Assemblea alla fine del 1997, quando c'è stato un cambiamento di maggioranza, quando un premier eletto con il consenso dei cittadini è stato sostituito, dalla sera alla mattina, con un segretario di partito che non aveva alcuna legittimazione popolare. Poi, le elezioni regionali sono andate male e c'è stato un ulteriore cambio di Governo. Questa è la logica che noi vogliamo cambiare.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Didonè. Ne ha facoltà.

GIOVANNI DIDONÈ. Signor Presidente, anch'io intervengo a titolo personale. Però, vorrei essere tornare in argomento, cioè all'emendamento Leoni 23.5. Che cos'è il ribaltone?
Il ribaltone è un accordo che va contro la volontà popolare e, sicuramente, non vogliamo che ciò accada. L'emendamento che propone la sinistra, invece, a mio avviso è troppo generico: non viene specificato cosa si intenda evitare con tale proposta. Ho l'impressione che l'emendamento in esame voglia giustificare quanto è accaduto dopo il 1996, anno in cui ha vinto le elezioni una coalizione guidata da Romano Prodi. Improvvisamente, a causa di problemi interni alla sinistra, all'Ulivo, è stato cambiato il Presidente del Consiglio. Inoltre, al termine della legislatura, poiché vi è stata una perdita...

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Didonè.
Ha chiesto parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Carrara. Ne ha facoltà.

NUCCIO CARRARA. Signor Presidente, credo sia un buon metodo cercare di capire come stiano effettivamente le cose e paragonare il nostro testo a quello proposto dai deputati dell'Ulivo. Sono state presentate due proposte alternative.
La nostra proposta, molto semplice e coerente, prevede il seguente schema: gli elettori, e solo gli elettori, che sono sovrani, ci indicano chi debba essere il primo ministro e la maggioranza che lo sosterrà in Parlamento. Sulla base di questo elementare principio, qualora il primo ministro chiedesse al Presidente della Repubblica lo scioglimento della Camera, quest'ultima, di norma, verrebbe sciolta. Il Presidente della Repubblica decreta lo scioglimento anche in caso di morte o di impedimento permanente del primo ministro, in caso di dimissioni dello stesso (è un'ipotesi classica) e in caso di presentazione di una mozione di sfiducia. Ma alla base deve esserci un rapporto stretto tra il voto e l'indicazione degli elettori ed il primo ministro e la maggioranza, votata insieme al primo ministro stesso, all'interno della Camera. Poiché il primo ministro e la sua maggioranza hanno una sorta di pari legittimazione popolare, la stessa maggioranza, in casi eccezionali, può cambiare il primo ministro, con i suoi soli voti. Dunque, nel nostro progetto non sono ammessi ribaltoni di alcun tipo, perché ciò significherebbe tradimento del mandato elettorale e del verdetto del popolo italiano!
La proposta dell'Ulivo vorrebbe far credere di prevedere le stesse cose, ma in realtà propone una formula che chiamerei «formula Dini». Si parla, sì, di coerenza con il voto letterale, ma è una coerenza molto sfumata. Non si capisce se la coerenza si debba intendere con riferimento all'unica maggioranza uscita dalle urne o ad altre maggioranze, magari rimpastate successivamente. Non si capisce se la coerenza si riferisca al programma di quella maggioranza, espressa dalle urne, oppure al programma condiviso, magari ex post, dopo le elezioni, da una o più quote dell'opposizione medesima. Quest'ultimo caso significherebbe sostanzialmente un ribaltone. Infatti, Dini è stato, certamente, ministro del Governo Berlusconi e forse, tra le sue intenzioni, vi era quella di realizzare il programma di Berlusconi, ma non lo realizzò con la maggioranza uscita dalle urne.
Poi, in ultimo, si pone anche la questione circa i governi di garanzia; noi, francamente, non riusciamo a comprendere quali questi possano essere, atteso che, a nostro avviso, gli unici governi di garanzia sono quelli che hanno il consenso popolare.
La ringrazio, Presidente (Applausi dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Airaghi. Ne ha facoltà.

MARCO AIRAGHI. Signor Presidente, discutiamo, oggi, della modifica della Costituzione ed un punto molto importante e qualificante per il nostro partito è proprio l'articolo ora in esame; teniamo particolarmente a queste norme di tutela della coalizione uscita vittoriosa dalle urne, le cosiddette norme antiribaltone.
Francamente, trovo insensato che siano state presentate proposte emendative soppressive; si tratta, infatti, di un articolo fondamentale, se davvero si vuole introdurre una forma di premierato. La tutela del premier e della coalizione che lo sostiene è assolutamente indispensabile e, peraltro, i casi previsti dall'articolo sono ovvi: la morte del primo ministro, la richiesta del primo ministro stesso.
Non abbiamo alcuna nostalgia del passato, della «politica dei due forni», ovvero di quella dei ribaltoni; ci saremmo volentieri confrontati con l'opposizione sul tema al fine di comprendere le motivazioni...

PRESIDENTE. Onorevole...

MARCO AIRAGHI. ...alla base della loro contrarietà. La ringrazio, signor Presidente.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Antonio Pepe. Ne ha facoltà.

ANTONIO PEPE. La ringrazio, signor Presidente.
Non entro nel merito della polemica sulla presenza o meno, in aula, dei colleghi del centrosinistra. Si tratta di una loro scelta politica, condivisibile o meno; comunque, è un loro modo di fare opposizione. Ricordo, per onestà, che anche noi del centrodestra, a volte, nella scorsa legislatura usammo questo strumento; ma ricordo, altresì, le accuse che allora venivano dai banchi del centrosinistra e dall'allora Presidente della Camera.
Venivamo accusati di scarso senso di responsabilità e fu modificato il regolamento attraverso l'introduzione dell'articolo 48-bis, il quale prevede che è dovere di tutti i deputati partecipare ai lavori della Camera.
Quanto io contesto è l'atteggiamento del centrosinistra: quando un certo comportamento viene tenuto dal centrodestra, sarebbe da condannare mentre, quando è il centrosinistra a tenerlo, andrebbe approvato.
Circa, invece, il merito della proposta emendativa in esame, devo chiarire come il testo proposto dal centrodestra sia in linea con l'impianto ipotizzato in ordine alla nuova Carta costituzionale. Prevedere che il Presidente della Repubblica possa sciogliere la Camera dei deputati su richiesta del primo ministro - un primo ministro ricordiamolo...

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Antonio Pepe.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Caparini. Ne ha facoltà.

DAVIDE CAPARINI. La ringrazio, signor Presidente.
Vorrei osservare come due degli istituti che verrebbero previsti dalla riforma costituzionale siano collegati l'uno all'altro. Il primo è la sfiducia costruttiva; il secondo è la cosiddetta norma antiribaltone.
La sfiducia costruttiva è tesa a salvaguardare la stabilità dei Governi e, quindi, va nella direzione auspicata da tutti, dal programma elettorale del 2001 ma anche, e soprattutto, dai cittadini.

 

 

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE PUBLIO FIORI (ore 10,32)

 

DAVIDE CAPARINI. Infatti, le maggioranze non potranno più cambiare; si tratta, invero, di una intenzione che da tanto, troppo tempo, gli italiani, e soprattutto i padani, desiderano venga costituzionalizzata.

PRESIDENTE. Onorevole...

DAVIDE CAPARINI. La norma antiribaltone, potremmo quindi definirla, Presidente, una norma di salvaguardia della democrazia di questo paese.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Landolfi. Ne ha facoltà.

MARIO LANDOLFI. Signor Presidente, preannunzio che voterò contro l'emendamento in esame, poiché, a mio avviso, esso tende a «sfumare» una disciplina del premierato che ritengo già debole. Vorrei ricordare che nel corso della discussione sulle linee generali, e prima ancora in occasione delle polemiche seguite alla presentazione del disegno di legge costituzionale in esame, ho sentito parlare di un premier onnipotente.
Orbene, non c'è nulla di tutto questo! Si prevede, infatti, un premier eletto direttamente dai cittadini, ma che può essere sostituito in almeno tre casi, vale a dire nel caso venga meno la maggioranza che lo sostiene, nel caso di impedimento permanente accertato e persino nel caso in cui venga approvata una mozione di sfiducia. Pertanto, ci troviamo di fronte non ad un primo ministro forte, ma ad un premier alquanto zoppiccante e sicuramente «diluito»: ciò, a mio avviso, incide negativamente sul processo riformatore.
Se mi è consentito, signor Presidente, vorrei svolgere anche una piccola riflessione...

PRESIDENTE. Onorevole Landolfi...

MARIO LANDOLFI. ... in ordine al cosiddetto ribaltone.
Esiste sicuramente la necessità - da soddisfare attraverso la prassi politica, più che tramite norme giuridiche e mediante il recupero della moralità della politica stessa -, di evitare il tradimento della volontà popolare. Vorrei tuttavia domandare ai colleghi della maggioranza: ma se un domani dovesse rendersi necessario un Governo di unità nazionale, forse non sarà possibile costituirlo, perché vi sarà una norma che vieterà a deputati eletti con l'opposizione di diventare componenti della maggioranza?
Ritengo che tutto ciò vada ad imbrigliare e ad ingabbiare la politica...

PRESIDENTE. Deve concludere, onorevole Landolfi!

MARIO LANDOLFI. ... mentre penso, al contrario, che sia necessario riflettere riguardo a tale norma.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Luciano Dussin. Ne ha facoltà.

LUCIANO DUSSIN. Signor Presidente, le confermo che desidero intervenire a titolo personale. L'emendamento in esame, presentato dalla sinistra, conferma la sua volontà di governare sia nel rispetto dell'esito delle consultazioni popolari (e dunque, la volontà del corpo elettorale), sia senza tale rispetto.
Riteniamo doveroso ed importante ribadire, attraverso un saldo principio fissato nella Costituzione, che deve esserci coerenza tra le scelte compiute dal corpo elettorale (vale a dire i cittadini) e chi li rappresenta nei due rami del Parlamento di questo paese.
Vorrei dire che siamo stanchi di assistere a situazioni che, peraltro, risultano inspiegabili al di fuori degli ambienti parlamentari. Abbiamo già osservato quanto è accaduto alla fine della scorsa legislatura, con i vari Governi di centro-sinistra. Vorrei altresì rilevare che abbiamo assistito al varo della precedente riforma costituzionale con il voto di una maggioranza abusiva: ricordo, infatti, che il gruppo di Rifondazione comunista era uscito dal centrosinistra, ma venne approvata, assieme al gruppo guidato dall'onorevole Mastella, una riforma costituzionale, vale a dire la «legge madre» di tutti gli altri riferimenti legislativi, che dà propulsione alla vita politica dell'intero paese.
Tali eventi non devono più accadere: siamo convinti, infatti, che la previsione di inserire nella nuova Costituzione tale principio di coerenza, a salvaguardia dell'esito delle consultazioni elettorali, sia un atto dovuto per il rispetto che noi, rappresentanti della sovranità popolare, dobbiamo nutrire verso i nostri cittadini elettori.
Non ci ricordiamo solo situazioni rocambolesche, perché ne abbiamo già viste di tutti i colori, anche ai livelli più bassi. Vorrei rilevare, infatti, che nella scorsa legislatura abbiamo assistito non solo a cambi di maggioranza ed a settori che dall'opposizione si spostavano nella maggioranza e viceversa, ma anche ad una serie di nomine, a partire dalle più alte cariche dello Stato.

PRESIDENTE. Onorevole Luciano Dussin, concluda!

LUCIANO DUSSIN. Al riguardo, ricordo che il Presidente del Consiglio è stato cambiato tre volte e che vi sono stati ministeri, come ad esempio quello dei lavori pubblici, che hanno visto alternarsi ben cinque ministri. Anche questa...

PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Luciano Dussin.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Gianni Mancuso. Ne ha facoltà.

GIANNI MANCUSO. Signor Presidente, desidero esprimere il mio voto contrario sull'emendamento Leoni 23.5, che manifesta tutta la sua pericolosità. Se, infatti, dovesse essere approvato, si minerebbe uno dei pilastri del bipolarismo, un sistema che si basa sull'espressione chiara dei partiti che formano una coalizione, del programma di Governo e del leader della coalizione.
È sicuramente una forma di ribaltone mascherato, tanto caro ai partiti del centrosinistra. Non a caso, quest'emendamento reca le firme di colleghi rappresentanti, di fatto, tutti i gruppi dello schieramento di centrosinistra, che hanno praticato materialmente tale ribaltone tra il 1996 ed il 2001, cambiando molti Governi, nonostante si fosse imboccato un percorso relativamente nuovo.
Si verrebbe, inoltre, a minare - e questo è, forse, l'aspetto più grave - anche la poca fiducia residua che ancora alberga tra gli elettori, perché ciò è considerabile un fatto trasparente che consente di far capire a tutti ciò che sta accadendo.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Dario Galli. Ne ha facoltà.

DARIO GALLI. Signor Presidente, anch'io non sono d'accordo con il contenuto di quest'emendamento, perché mi pare che il testo proposto dalla maggioranza sia decisamente più coerente con la logica della riforma. È, quindi, giusto che gli elettori, nell'eleggere il nuovo Parlamento, abbiano l'esatta indicazione di quel che l'eventuale maggioranza farà ed hanno diritto di essere al riparo da eventuali successivi ribaltoni.
Se per qualsiasi motivo, quindi, il primo ministro eletto si dimette, ha senso non interrompere la legislatura solo se la maggioranza qualificata della coalizione vincente ha la volontà di continuare sul programma di Governo.
Indicare genericamente una maggioranza può pericolosamente condurre a situazioni in cui la minoranza, vicina numericamente alla maggioranza, con un piccolo spostamento di una parte della vecchia maggioranza, può, di fatto, ribaltare completamente il risultato elettorale.
Mi sembra pertanto che il testo proposto sia decisamente più coerente rispetto a quest'emendamento.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Trantino. Ne ha facoltà.

ENZO TRANTINO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, sostengo che basterebbe solo questa norma per dare contenuto e spessore alla riforma che ci accingiamo a votare. Si tratta, infatti, di una norma finalmente di forte contenuto morale.
Nelle precedenti legislature assistevamo alla divisione netta tra il cosiddetto paese reale e quello legale. Oggi, invece, questo vallo viene ad essere colmato, per la considerazione che l'elezione del premier e la scelta nominativa dello stesso identifica la volontà popolare mirata al conseguimento di un risultato personalizzato. Il che significa che, se potessimo definirlo in termini brevi, è un voto di fiducia che il corpo elettorale esprime nei confronti del premier, ossia il più alto voto di fiducia che si conosca, interrompendo il quale, si tradisce la volontà popolare e si vulnera la Costituzione (Applausi dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Ghiglia. Ne ha facoltà.

AGOSTINO GHIGLIA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, leggendo i quotidiani di questi giorni si capisce il motivo per cui la sinistra propone un emendamento di tal fatta. È tale e tanta la confusione all'interno della coalizione che oggi - e per i prossimi 25 anni - sta, e starà, all'opposizione in questa paese (Applausi dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale), che essa avrà bisogno, anche per il futuro, di tenersi le mani libere.
Non potendo, non sapendo o non volendo decidere chi è che dovrà addossare a se stesso la responsabilità di governare una nazione, il centrosinistra preferisce avere, come detto, le mani libere sempre, per poter «defungere» il premier in corso d'opera, come è capitato - e la storia si sta ripetendo proprio in questi giorni - al povero Romano Prodi, qualche anno fa.

Quest'emendamento, dunque, testimonia, ancora una volta tutto il sottobosco e della mentalità «ribaltonista» del centrosinistra ed è per questo che esso va assolutamente cassato.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Polledri. Ne ha facoltà.

MASSIMO POLLEDRI. Signor Presidente, questo emendamento che sancisce il ribaltone, in realtà, non sa di niente, ossia non ha la dignità del ricorso al proporzionale: una parte della sinistra, infatti, propone il ritorno ad un sistema proporzionale. Come dicevo, questo emendamento non sa di niente: al limite, ha il sapore del «patto della crostata», degli accordi sanciti all'interno del Palazzo e sempre pronti ad essere rifatti.
Signor Presidente, vorrei attirare la sua attenzione su ciò che accadrebbe nel giro di cinque giorni dopo la presentazione della mozione da parte di un quarto dei componenti della Camera. Ebbene, ricordo il «facite ammuina» della regia marina di Franceschiello, ossia il principio per cui si passava dall'uno all'altro. Qui si verificherà la stessa cosa: in dieci giorni avremo l'«ammuina», il mercato delle vacche: io ti do un parlamentare e tu me ne restituisci un altro, compro un parlamentare e ne lascio un altro. Questo sarebbe il «facite ammuina» che ci vuole proporre la sinistra!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Jannone. Ne ha facoltà.

GIORGIO JANNONE. Signor Presidente, sarebbe interessante se un giorno questi dibattiti fossero davvero seguiti con grande serietà degli elettori. Questi ultimi verrebbero così a sapere che il centrosinistra, ad esempio, non vuole una norma importante come questa sull'antiribaltone, oppure si accorgerebbero che lo spirito costituente tanto richiamato dal centrosinistra (e, al riguardo, sarebbe interessante sapere cosa avrebbero pensato i padri costituenti, ma è sufficiente leggere i verbali e i resoconti) si riduce a vedere che i deputati del centrosinistra sono seminascosti dietro le porte dell'aula e rientrano quando si accorgono che c'è il numero legale.
Ieri abbiamo discusso per ore della presenza dell'aggettivo «federale» in un articolo, pure importante della nuova Costituzione, dimenticando che lo stesso aggettivo è presente in buona parte dei modelli di Stati federali (ad esempio, quelli statunitense, elvetico o tedesco) senza che nessuno si scandalizzi e dimenticando, soprattutto, che il centrosinistra fa abbondante uso dell'aggettivo «federale» in campagna elettorale, quando si parla di programmi e di promesse, e poi tale accezione diventa improvvisamente negativa quando si tratta di realizzare il federalismo (Applausi dei deputati del gruppo di Forza Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Guido Giuseppe Rossi. Ne ha facoltà.

GUIDO GIUSEPPE ROSSI. Signor Presidente, intervengo a titolo personale sulla questione della stabilità del Governo, che oserei definire fondamentale. Si tratta della questione politica che si è sviluppata in questi anni a partire dall'inizio della cosiddetta seconda Repubblica e che ha portato a vicende politiche alquanto travagliate.
Ebbene, siccome in questo paese non si ha mai il coraggio di affrontare i problemi in maniera decisiva - optando, ad esempio, per un modello presidenzialista, con un'elezione diretta del Presidente e con una Camera legislativa totalmente svincolata dal potere esecutivo - né di compiere scelte politiche e radicali, ovviamente bisogna trovare sistemi che riescano a fotografare la complessità della situazione italiana.
Ritengo che la soluzione proposta in questo progetto di riforma costituzionale vada in tale direzione. Mi riferisco alla possibilità di fotografare il risultato che esce dalle urne elettorali e, nello stesso tempo, lasciare al Parlamento e ai parlamentari - come deve essere in un regime parlamentare - la possibilità di cambiare il primo ministro qualora le condizioni politiche mutino all'interno del panorama politico nazionale.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Parolo. Ne ha facoltà.

UGO PAROLO. Signor Presidente, intervengo a titolo personale per ribadire ciò che hanno già ricordato i colleghi questa mattina, ossia che, anche di fronte ad una norma come quella in esame, che pone rimedio ai mali cronici della nostra Repubblica dal dopoguerra ad oggi, purtroppo, non vi è possibilità di dialogo, poiché l'opposizione evidentemente ha un solo intento. Si tratta di un intento deliberato di far perdere tempo e di impedire l'approvazione di questa riforma federale dello Stato.
È un'opposizione che risponde ad un mandante che - come ho ricordato ieri - impedisce a duecentocinquanta parlamentari di compiere il proprio dovere; un mandante, tale signor Prodi, che oggi non rappresenta nessuno e che ha indicato una strada maestra, quella del muro contro muro, salvo poi sui giornali far credere il contrario.
Questo è quello che si deve sapere e questa è la verità, al di là degli evidenti limiti di una maggioranza che, comunque, è in difficoltà a mantenere il numero legale - questo è un dato di fatto - per una settimana intera (Applausi dei deputati del gruppo della Lega Nord Federazione Padana).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Patarino. Ne ha facoltà.

CARMINE SANTO PATARINO. L'argomento al nostro esame è sicuramente di grande importanza. Tuttavia, pur apprezzando l'encomiabile sforzo del collega Carrara - cui va il ringraziamento e la gratitudine dell'intero gruppo di Alleanza nazionale per l'intelligenza e la passione con cui sta conducendo questo lavoro -, il quale si è sforzato di illustrare le differenze che intercorrono tra le due proposte (quella del centrodestra, che indica chiaramente come viene eletto il premier e quali sono i poteri conferitigli dal popolo che lo elegge, e quella del centrosinistra, che rimane ancora nel vago e nell'ambiguo), possiamo dire che non c'è da illudersi che possa cambiare l'atteggiamento dell'opposizione. Infatti, su questo o su un altro provvedimento, che riguardi le modalità di elezione del Capo dello Stato o le sue funzioni, la supplenza dello stesso Presidente della Repubblica o, per esempio, i poteri da conferire al Presidente del Consiglio, l'atteggiamento dell'opposizione non cambia, perché è un atteggiamento ostruzionistico dal primo giorno, anche se ci sono stati, e continuano ad esserci, i richiami del Capo dello Stato.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Cola. Ne ha facoltà.

SERGIO COLA. La parola più ricorrente che ho ascoltato negli interventi dell'onorevole Bressa, dell'onorevole Marone e dell'onorevole Boato è «pasticcio», con riferimento al nostro disegno di legge. Allora, vorrei chiedere agli stessi se sia un pasticcio pretendere che, nel caso di morte o di dimissioni del Presidente del Consiglio, la maggioranza espressa dal popolo presenti una mozione e, in un numero corrispondente alla maggioranza assoluta dei parlamentari, che rappresentano appunto la volontà popolare, indichi il primo ministro ed esprima la volontà di continuare il programma di Governo.
Forse, invece, è un pasticcio quello che ella, onorevole Leoni, propone nel suo emendamento 23.5, nel momento in cui dà questa possibilità almeno a un quarto dei componenti della Camera, senza indicare l'appartenenza di coloro che dovrebbero votare la mozione di prosecuzione del mandato.

GIANCLAUDIO BRESSA. Avrò occasione di spiegarglielo!

SERGIO COLA. Ciò, a mio modo di vedere, avviene in spregio ai principi di carattere morale ed etico, che solo a parole voi proclamate e poi, nei fatti, calpestate, come dimostra chiaramente l'esperienza della legislatura precedente.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Menia. Ne ha facoltà.

ROBERTO MENIA. L'emendamento proposto dal centrosinistra è sostanzialmente sostitutivo del testo che viene proposto dalla maggioranza. Le sostituzioni, tuttavia, possono essere migliorative o peggiorative. Questa, evidentemente, è una sostituzione in peggio.
Di fronte ad una formulazione molto chiara, che elenca quattro casi tassativi in presenza dei quali si procede allo scioglimento delle Camere (la richiesta del premier stesso, le sue dimissioni, la morte o l'impedimento e la mozione di sfiducia), vi è, invece, una formulazione assai fumosa da parte del centrosinistra, già di per sé stessa, evidentemente, da rifiutare.
Dall'altra parte, poi, la questione del ribaltone - già ampiamente indicata dai colleghi nella discussione svoltasi - lascia largamente perplessi. Mentre da parte nostra, infatti, si dice con chiarezza che deve essere la stessa maggioranza a presentare una mozione e che tale mozione deve essere votata dalla maggioranza assoluta dei componenti della Camera, la sinistra, con lo stesso concetto fumoso espresso in precedenza, si riferisce ad una presunta coerenza con il risultato delle elezioni. In base a quella presunta coerenza con tale risultato, vedemmo nella scorsa legislatura accadere ciò che accadde, ad esempio, tra Prodi e D'Alema e tra D'Alema ed Amato. Inoltre, nella mozione della sinistra si propone il cosiddetto Governo di garanzia, che ci lascia pensare a vecchi Governi di garanzia e tecnici di infausta memoria, che significavano la legittimazione morale del ribaltone, che per noi morale e politica certamente non può essere.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Arrighi. Ne ha facoltà.

ALBERTO ARRIGHI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, siamo di fronte alla necessità di un ragionamento politico. È evidente che, nel momento in cui immaginiamo una profonda modernizzazione della Costituzione, dobbiamo rivedere - e in questo caso viene fatto - il rapporto esistente tra il corpo elettorale ed il Governo che lo rappresenta. È chiaro che vi è una spinta verso la democrazia diretta: questo è sempre stato nei nostri programmi. È chiaro che vi è la necessità di fondo di rispettare il più possibile la volontà degli elettori.
Nell'emendamento in esame vi è un'espressione veramente inaccettabile: Governo di garanzia elettorale. Come diceva il collega Menia, ciò ricorda termini preoccupanti e difficili da inserire all'interno della Costituzione. Parlare di garanzia elettorale è quasi come parlare di salute pubblica, di governi tecnici. Siamo di fronte all'anacronismo dell'ingegneria costituzionale. Il punto debole della sinistra è nel non capire, oggi, quale sia il rapporto nuovo e profondo tra la volontà del corpo elettorale e la capacità di un Governo di rappresentare fino in fondo tale volontà. D'altronde, nel momento in cui vengono meno le condizioni perché un Governo possa svolgere appieno il mandato conferito dagli elettori, è evidente che si torna alle urne, a meno che non sia rispettata la volontà degli elettori. I ribaltoni non sono più accettabili (Applausi dei deputati del gruppo di Alleanza nazionale).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Scherini. Ne ha facoltà.

GIANPIETRO SCHERINI. Signor Presidente, non entrerò nel merito dell'emendamento in esame, ma vorrei svolgere alcune considerazioni di carattere generale.
Ho seguito con estremo interesse i lavori, che ormai si protraggono da alcune settimane con un dibattito molto acceso e molto vivo. So che la Commissione ed il Comitato dei nove hanno lavorato molto intensamente. Credo meritino un plauso il relatore, il presidente della I Commissione, onorevole Bruno, ed il ministro Calderoli, che ha saputo trovare una mediazione con le proposte giunte anche da parte dell'opposizione. Non possiamo non rimarcare anche la presenza costante in aula del sottosegretario Brancher, che ha condiviso questa maratona (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia e della Lega Nord Federazione Padana).
Nessuno può dire che stiamo portando avanti questa riforma a colpi di maggioranza. È vero che a volte siamo stati costretti a garantire il numero legale, ma si tratta di un nostro dovere. Tuttavia, è anche vero che abbiamo cercato fino ad oggi di dialogare con l'opposizione. Ne sono la prova i circa 30-40 emendamenti accettati ed approvati all'unanimità. Dobbiamo rimarcare...

PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Scherini.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Strano. Ne ha facoltà.

NINO STRANO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, vorrei intervenire forse in dissonanza rispetto all'atteggiamento assunto questa mattina dalla maggioranza, perché molto spesso, al di là delle norme antiribaltone, sono gli uomini che contano. E come non ricordare un uomo che ha dato bell'esempio di sé nei rapporti con i servizi segreti, nei rapporti di lealtà con la maggioranza e con il paese, un uomo sempre super partes: sono queste le vere garanzie antiribaltone! Parlo di Oscar Luigi Scalfaro, un uomo che tutti ricordiamo per la sua correttezza, la sua precisione, insindacabile nei giudizi ed equo (Applausi dei deputati dei gruppi di Alleanza nazionale e della Lega Nord Federazione Padana)!
Quindi, cosa discutiamo a fare di leggi, quando invece tutto dipende dagli uomini? Questo è un omaggio che il nostro gruppo rende a un grande Emerito di questa Repubblica, sicuri che non sarà dimenticato negli anni e nei secoli (Applausi dei deputati del gruppo di Alleanza nazionale).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Rizzi. Ne ha facoltà.

CESARE RIZZI. La sinistra ci ripropone, con questo emendamento, un ribaltone, che invece è sempre stato contrario alla volontà del popolo; ma d'altronde, loro, sono degli specialisti dei ribaltoni! Mi ricordo quando, nella passata legislatura, D'Alema fece fuori Prodi e lo mandò sulla poltrona più alta d'Europa, causando dei danni irreparabili.

 

 

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE PIER FERDINANDO CASINI (ore 11).

 

CESARE RIZZI. L'unica cosa che mi preoccupa è che il centrosinistra, prima o poi, scaricherà questo personaggio. Non scaricatelo Prodi, riproponetelo ancora al popolo! Riproponetelo! Visto i danni che egli ha fatto in questo paese, il popolo poi vi darà una risposta ben precisa.
Certo che voi della sinistra siete dei fenomeni: ci presentate un emendamento con più di dieci firmatari, ma nessuno di questi al momento è presente in aula!

GIANCLAUDIO BRESSA. Non è vero, siamo qui!

CESARE RIZZI. Sì, c'è il solito...
Questo significa che i vostri emendamenti sono contrari alla volontà del popolo, che sapete benissimo essere contrario a questi ribaltoni. Da esperti che siete, presentate questi emendamenti, ma poi non avete il coraggio di venire in aula a sostenerli. Visto quello che è successo nella passata legislatura e visti i risultati....

PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Rizzi.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Meroi. Ne ha facoltà.
Adesso però, colleghi, sarò fiscale sul rispetto dei tempi.

MARCELLO MEROI. Signor Presidente, vorrei fare una valutazione del testo che proponiamo all'attenzione dell'Assemblea. È un testo che conferma una stabilità di governo, che non è una diminuzione dei poteri del Presidente della Repubblica, né un anomalo allargamento dei poteri del Presidente del Consiglio. È invece un testo a favore della chiarezza, contro i ribaltoni, che unisce programma e coerenza.
Leggendo attentamente il testo dell'emendamento presentato dall'opposizione, verrebbe da chiedere a qualsiasi costituzionalista come interpretare l'espressione «coerente con il risultato delle elezioni». Chi stabilisce qual è la valenza della coerenza tra una maggioranza di governo, certamente modificata nella sua essenza, e quella antecedentemente stabilita?
In ultimo, un'annotazione di metodo. Chi ha letto la stampa di oggi avrà certamente preso atto di quello che il Capo dello Stato definisce un consiglio di buon governo, cioè l'esigenza, l'urgenza e l'importanza di praticare un dialogo vero, soprattutto sulle materie costituzionali. Vedere i banchi della sinistra vuoti, vuol dire certamente capire che da quella parte non si ha né titolo, né soprattutto coerenza per dare lezioni a nessuno (Applausi dei deputati del gruppo di Alleanza nazionale)!

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

RICCARDO MARONE. Presidente, avevo chiesto di parlare per dichiarazione di voto!

PRESIDENTE. Però, onorevoli colleghi, in casi del genere avvertitemi prima, perché se dichiaro aperta la votazione, poi non posso più dare la parola ai colleghi che me la chiedono!

RENZO INNOCENTI. L'abbiamo avvertita, Presidente!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Marone. Ne ha facoltà.

RICCARDO MARONE. Vedo che il nostro emendamento ha animato molto il dibattito di questa mattina perché, effettivamente, tratta un tema di grande delicatezza.
Qui non si discute se si vogliano o meno i ribaltoni e se si voglia o meno la stabilità politica, questa è la confusione di fondo. Qui si discute (Commenti dei deputati della Lega Nord Federazione Padana)...

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, per cortesia. Cosa è successo?
Onorevole Marone, perché si interrompe?

RICCARDO MARONE. Sta parlando lei, Presidente (Si ride)!
Dicevo, qui si discute della impossibilità di ingessare la politica con le norme. Voi, ancora una volta, compite una strana operazione; ad esempio, l'onorevole Landolfi vorrebbe che il premier fosse eletto dal popolo e, se questa fosse la situazione e la norma, sarebbe tutto coerente con la impossibilità di sostituirlo. Tuttavia, da una parte lo volete e dall'altra non lo scrivete nelle vostre norme, in quanto anche voi in realtà non state creando un nuovo sistema che preveda l'elezione diretta del premier, in quanto ancora sostenete una logica di carattere parlamentare. Tanto che affidate al corpo elettorale solo la possibilità dell'indicazione del premier, lasciando la nomina dello stesso al Presidente della Repubblica.
In queste condizioni è ovvio che non possiate pensare ad una completa ingessatura che renda il Presidente della Repubblica semplicemente notaio di una situazione e che renda impossibile la sostituzione del premier in determinate condizioni.
Vi siete molto soffermati sul nostro emendamento e sul termine «coerente» da noi adoperato. In particolare, ho sentito qualche deputato domandarsi chi debba decidere se la maggioranza sia coerente o meno. Lo decide il Presidente della Repubblica che, a mio avviso, è il soggetto al quale maggiormente può essere affidata una responsabilità di questo tipo.
Nel vostro sistema vi è un errore evidente; infatti, o avete già configurato un sistema elettorale, smentendo l'affermazione secondo la quale non volevamo preconfigurare sistemi elettorali nella Costituzione, o il vostro sistema non può funzionare.
Nel nostro sistema elettorale, anche nella forma maggioritaria, non esiste una maggioranza espressa elettoralmente. Ancora oggi, può verificarsi il caso che un premier non goda della maggioranza elettorale, ma la consegua poi in Parlamento. In questo caso, come si attua la vostra norma?
Siete convinti che, creando un premier forte, questo primo ministro riesca a fare politica. È una vera e propria illusione! In questo paese, in Parlamento, non c'è mai stata una maggioranza così ampia e non c'è mai stato un Presidente del Consiglio così potente.
Il premier Berlusconi, come se fosse l'ultimo cittadino, dichiara che vorrebbe realizzare la riforma delle tasse, ma che non gliela fanno fare! Ma chi glielo impedisce? Evidentemente, nel sistema, non esiste la possibilità che un uomo determini - come affermate nell'articolo 92 - la politica di un paese.
Non ci riesce Berlusconi, che ha affermato di voler ridurre le tasse ma che è impedito dalla sua maggioranza, perché al suo interno vi sono persone che non vogliono abbassarle. Ma allora, cosa significa tutto questo? La politica è altro, non quella che state costruendo.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà.

GIANCLAUDIO BRESSA. Signor Presidente, credo che sia doveroso rispondere ai numerosi interventi di questa mattina, che hanno preso in così seria attenzione il nostro emendamento. Vedete, cari colleghi, non siamo affatto «ribaltonisti» (Commenti di deputati del gruppo di Forza Italia).
No, onorevoli colleghi, io vi ho ascoltato con molta attenzione. Vi ho ascoltato tutti e adesso vi spiego perché non siamo «ribaltonisti», però statemi ad ascoltare così come io ho ascoltato voi! Ripeto che non siamo «ribaltonisti» perché abbiamo il rispetto profondo del Parlamento. Noi intendiamo rafforzare e stabilizzare il Governo, ma nell'ambito di una dimensione parlamentare. Per noi è importante il Governo ed è importante il Parlamento, non solo il primo ministro. La logica dell'uomo solo al comando, ci piace nel ciclismo, ma non nella politica.
I nostri emendamenti si ispirano all'essenza vera del costituzionalismo moderno. Ve la illustro brevemente, così forse riuscite a comprendere qual è la nostra filosofia di fondo. Potete anche non condividerla, ma è giusto che non ne diate un'interpretazione ad uso e consumo vostro, anche perché questo emendamento deve essere coordinato con tutti gli altri che configurano in maniera chiara la forma di governo che abbiamo in mente. I nostri emendamenti si ispirano all'autentico costituzionalismo contemporaneo.
Se la mozione di sfiducia costruttiva è presentata da un quarto dei componenti la Camera e poi approvata, il Presidente della Repubblica non emana il decreto di scioglimento, qualora verifichi che la nomina del primo ministro e il voto della Camera sono coerenti con il risultato delle elezioni. Il risultato delle elezioni, peraltro, viene confermato nella seduta del Parlamento, quando il Presidente del Consiglio, cioè il primo ministro che ha vinto le elezioni, presenta il proprio programma. È, infatti, quel voto parlamentare che definisce il perimetro della maggioranza che ha vinto le elezioni. Non siamo per definizione extraparlamentari. Lo scioglimento deve, inoltre, essere coerente con il risultato delle elezioni nonché con la volontà di proseguire il programma di legislatura approvato in quella seduta.

Vi è stato un certo fraintendimento da parte di alcuni colleghi di Alleanza nazionale, circa il governo di garanzia elettorale. Guardate, cari colleghi, che il governo di garanzia elettorale - così come l'abbiamo scritto noi - serve proprio ad evitare che un governo «ribaltonista», che non ottiene la maggioranza in Parlamento, possa poi gestire le elezioni. Si tratta esattamente di una clausola opposta a quello che avete evidenziato. Lasciare invece il testo governativo che voi voterete tra qualche giorno, significherebbe scrivere nella Costituzione il principio di un premier che può sopravvivere anche con il solo consenso di una piccola parte minoritaria della sua maggioranza. Bastano pochi voti e pochi deputati per impedire alla maggioranza di cambiare il proprio premier coerentemente con il voto elettorale. Ripeto che bastano pochi voti per impedire alla maggioranza la presentazione della mozione di sfiducia. In questo passaggio scrivete una cosa falsa dietro la quale vi barricate.
Si tratta di un meccanismo che non regge, perché mettete in mano il Parlamento ad un primo ministro e a un gruppo di suoi ascari e pretoriani, che stringendosi a lui possono esautorare l'intera Camera e impedire la presentazione di una mozione di sfiducia. Un'eresia di questo genere non l'avrebbe mai scritta né Georges Vedel né Maurice Duverger, che pure hanno costruito la Costituzione in Francia su un certo modello di democrazia parlamentare.
Onorevoli colleghi, se Tony Blair non ha più la sua maggioranza del gruppo parlamentare laburista, si deve dimettere e la Regina può negargli lo scioglimento della Camera dei Comuni, anche se fosse lo stesso leader sconfitto a chiederlo. Tony Blair, infatti, può chiedere che sia sciolta la Camera soltanto se è la sua maggioranza a chiederlo. Questo rapporto indissolubile tra il primo ministro e la sua maggioranza è esattamente quello che noi vogliamo, mentre voi sarete in balìa e prigionieri dell'arbitrio di una persona.
Infatti, onorevoli colleghi, non si può vivere di rendita per un'intera legislatura sul giorno delle elezioni: non si tratta del «modello Westminster», ma di una sua contraffazione ad usum delphini. Si tratta del modello, in salsa italiana, di un governo parlamentare autoritario (Applausi dei deputati dei gruppi della Margherita, DL-L'Ulivo e Misto-Verdi-L'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Delbono. Ne ha facoltà.

EMILIO DELBONO. Signor Presidente, è paradossale che sia la Lega a porre la questione del «ribaltonismo». Nel 1995, quando la Lega decise di «staccare la spina» al Governo Berlusconi, lo fece sulla scorta di un tradimento del Presidente del Consiglio rispetto ai patti sottoscritti con la Lega stessa. Si tratta di una premessa fondamentale, in quanto politicamente può accadere, come ha osservato l'onorevole Bressa, che siano proprio il Presidente del Consiglio e il suo partito a decidere di rompere la coerenza con il programma, nel quale possono esservi grandi obiettivi strategici che riguardano l'intero paese.
Se nel Parlamento, come è accaduto nel 1995, in circostanze delicate della vita del paese, si costruisce una maggioranza diversa rispetto a quella indicata dalle elezioni, sarebbe assurdo impedirlo. Vi è, infatti, un principio che prevale sul vincolo di maggioranza, rappresentato dalla tutela degli interessi generali del popolo italiano.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Leoni 23.5, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (
Vedi votazioni).
(Presenti 383
Votanti 380
Astenuti 3
Maggioranza 191
Hanno votato
152
Hanno votato
no 228).

Prendo atto che l'onorevole Angela Napoli non è riuscita a votare.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 23.250 della Commissione, accettato dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (
Vedi votazioni).
(Presenti 410
Votanti 301
Astenuti 109
Maggioranza 151
Hanno votato
295
Hanno votato
no 6).

Prendo atto che l'onorevole Zanetta non è riuscito a votare.
Indico la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Bressa 23.73...

RICCARDO MARONE. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Revoco l'indizione della votazione. Tuttavia, d'ora in poi non mi riterrò obbligato a dare la parola a chi la chieda dopo l'indizione della votazione.
Prego, onorevole Marone, ha facoltà di intervenire.

RICCARDO MARONE. Signor Presidente, con l'emendamento Bressa 23.73, proponiamo la soppressione delle parole «che ne assume la esclusiva responsabilità», anche perché continuiamo a non comprendere cosa ciò significhi. Si tratta di responsabilità giuridica o di responsabilità politica?
Stiamo discutendo del premier, vale a dire del soggetto che dovrebbe governare il paese. Fare riferimento alla responsabilità mi sembra paradossale, a proposito dello scioglimento del Parlamento. Non credo si tratti di una questione di responsabilità, bensì di equilibri politici e di strategia politica. Non è stato risolto il problema di fondo, in quanto non è chiaro quale sistema politico si voglia, e a fronte di spinte che, all'interno della maggioranza, vanno, da una parte, verso un premierato forte e, dall'altra, verso il ritorno di un parlamentarismo proporzionale, e dunque di una miscela contraddittoria, è stata escogitata una formula che soddisfa tutti ma che non funziona e non può funzionare.
Sono sorpreso che tali posizioni siano condivise dai partiti di grandi dimensioni. Se si irrigidisce in tal modo il sistema, sarà sufficiente un piccolo partito o un piccolo gruppo di deputati per ricattare il resto della maggioranza. Basteranno, in una maggioranza quale quella attuale, dieci deputati per stabilire se andate a casa o meno!
Ma vi sembra possibile che un'intera maggioranza possa essere nelle mani di un piccolo gruppo politico che si formi all'interno di quella stessa maggioranza? E che, appunto, la volontà popolare sia vanificata non perché tutta la maggioranza ha perso la sua coesione, ma solo per decisione di una sua piccola parte?
Voi ragionate così perché state pensando come una maggioranza molto forte e con una rilevante differenza di numeri rispetto alla minoranza. Non sempre questo accade nel Parlamento; si verificheranno anche casi di maggioranze meno forti e di minoranze più forti (è l'esempio della precedente legislatura). In tal caso, con pochi voti di differenza, immaginate quale forza avranno all'interno della maggioranza i piccoli gruppi, che potranno ricattare i grandi partiti della coalizione non perché la linea politica non sia quella giusta, o magari perché si sia tradito il mandato elettorale, ma semplicemente - e ovviamente - per determinare i rapporti di forza all'interno della coalizione.
Tutto ciò è sbagliato; questa è la negazione della politica, è la negazione dell'idea di praticare la politica, del tentare di risolvere i problemi all'interno della maggioranza con un sistema che renda coerente la linea politica con la volontà dell'elettorato. Ma come potete pensare che il rispetto della volontà popolare sia garantito da una semplice formula matematica?

Come vi ho dimostrato poc'anzi, i numeri sono quelli: non esiste nel nostro paese la maggioranza elettorale. Ma se anche fosse così, a voi sembra sufficiente dire che i numeri sono quelli e che tali devono rimanere, risolvendo tutto in un calcolo aritmetico della persistenza della maggioranza? La realtà è esattamente il contrario. Il problema non è che la maggioranza deve essere ostaggio di un premier. Il vero problema è che il premier deve essere l'espressione reale della maggioranza. Tutto questo con il vostro meccanismo non si verifica e, per tali ragioni, abbiamo proposto questo emendamento (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Verdi-L'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà.

GIANCLAUDIO BRESSA. Credo sia importante comprendere un aspetto di grande rilevanza.
In un regime di bipolarismo non bipartitico, come il nostro, non è necessario che i leader delle coalizioni abbiano la fiducia di quattro o cinque capi partito né che abbiano attorno a sé un nucleo di fedelissimi, ma che abbiano la fiducia dell'Assemblea, di tutti i parlamentari eletti come coalizione o, più precisamente, della maggioranza della maggioranza.
Qual è il regime parlamentare in balia della volontà di una persona la quale, giocando sul consenso di un numero strettissimo di fedelissimi, impedisce agli altri parlamentari di esercitare compiutamente il proprio mandato?
Le nostre proposte emendative fanno cadere anche l'assurda e incostituzionale discriminazione fra deputati di serie A e di serie B. Ritenete che sia possibile presentare una mozione di sfiducia solo se i deputati della maggioranza, in numero superiore alla metà più uno dei componenti della Camera, la sottoscrivano? Ma qual è la logica che vi costringe ad abbassarvi in quel modo e ad essere ricattati da uno nucleo risicatissimo di persone?
Se avete una maggioranza parlamentare di 20 voti, è sufficiente che 21 deputati non vogliano sottoscrivere la mozione di sfiducia del premier per far sì che voi deputati della maggioranza (la maggioranza dei deputati della maggioranza che lo vogliono sfiduciare) non siate in condizione di presentare tale mozione. Questo non è il modello inglese, né quello tedesco; non si tratta di alcun modello presente in una Costituzione contemporanea. È un pasticcio e mi dispiace per l'onorevole Cola, ancora una volta. È un pasticcio in salsa italiana che apre la via ad un Governo autoritario, parlamentare!
Si verifica quella profezia delle teorie assolutiste del secolo scorso, che sognavano un Governo parlamentare autoritario. Si vota una volta ogni cinque anni, e per tale periodo quel voto viene cristallizzato. Non vi sarà più possibilità di modificare alcunché. Ma la sovranità appartiene al popolo!

CESARE RIZZI. E lo dite voi che appartiene al popolo...

GIANCLAUDIO BRESSA. I deputati sono qui proprio perché sono stati votati dal popolo.
È singolare immaginare che la sovranità dal popolo passi al Presidente eletto e che se ne discuta dopo cinque anni.
Non fatemi fare sempre le stesse citazioni, ma si avvera l'anatema di Rousseau, riguardo al fatto che il popolo è libero una volta ogni cinque anni: noi a queste condizioni non ci stiamo, perché per noi la sovranità continua ad appartenere al popolo ed i deputati rappresentano il popolo in Parlamento (Applausi dei deputati dei gruppi della Margherita, DL-L'Ulivo e Misto-Verdi-L'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Giovanni Russo Spena. Ne ha facoltà.

GIOVANNI RUSSO SPENA. Presidente, non è a titolo personale!

PRESIDENTE. Onorevole Russo Spena, parli pure...

GIOVANNI RUSSO SPENA. Già il collega Bressa ed il collega Maroni precedentemente (Commenti)...

ALESSANDRO CÈ. Hanno finito i tempi!

GIOVANNI RUSSO SPENA. Che c'è? Qual è il problema?

PRESIDENTE. Onorevole Russo Spena, vorrei precisare che il suo intervento è necessariamente a titolo personale, avendo il suo gruppo esaurito il tempo a disposizione.

GIOVANNI RUSSO SPENA. Va bene, Presidente, grazie.
Noi ovviamente, come abbiamo sostenuto già nei giorni scorsi, su questo punto siamo per un sistema di sfiducia costruttiva, ma riteniamo, come diceva ora il collega Bressa, che la questione sia molto rilevante, in quanto lo schema della maggioranza e le sue proposte demoliscono difatti, dopo l'azione svolta con la devoluzione, il secondo pilastro del costituzionalismo democratico: stiamo fuoriuscendo in qualche misura dal governo parlamentare e viene estenuata la centralità del Parlamento, fino a renderla una struttura in qualche modo esangue.
Noi abbiamo sempre creduto - come è apparso evidente sia in Commissione bicamerale sia quando abbiamo votato per la centralità delle assemblee elettive dove si forma la rappresentanza nei comuni, nelle province, nelle regioni (non abbiamo mai votato infatti il cosiddetto «sindaco-potestà» o il «presidente della regione-governatore») - nella centralità della democrazia parlamentare e non della democrazia governante: in questo devo dire che ci distinguiamo anche dalle allusioni, pur...

ROBERTO MENIA. Tempo!

GIOVANNI RUSSO SPENA. ...teoricamente dignitose, che faceva ieri il collega Violante. Siamo convinti che sia la democrazia parlamentare, e non la democrazia governante, il centro della democrazia organizzata.
Ritengo che non possiamo oggi fuoriuscire da uno schema che non veda - lo diceva ora il collega Bressa - nel suffragio universale una volta ogni cinque anni, in qualche modo, l'investitura del premier. Noi crediamo nelle elezioni come sede in cui si forma una rappresentanza che, nella democrazia organizzata, per cinque anni, porta avanti il tema della decisionalità parlamentare, della decisionalità sulle leggi e del controllo politico. Questa è la grande differenza che si pone (Applausi dei deputati del gruppo di Rifondazione comunista)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Acquarone. Ne ha facoltà.

LORENZO ACQUARONE. Signor Presidente, onorevoli colleghi, i colleghi che mi hanno preceduto si sono soffermati sul problema generale di questa forma di democrazia strana. Il collega Bressa mi pare ricordasse una frase di Rousseau, secondo il quale il popolo è sovrano il giorno delle votazioni e poi è suddito: non uso la parola «schiavo», perché, altrimenti, solleverei le irritazioni del mio amico Giachetti, che è uno studioso di Abramo Lincoln e dell'abolizione della schiavitù.
Detto questo, io invece vorrei soffermarmi su una questione di carattere formale. Questo emendamento dice che il premier se «ne assume la esclusiva responsabilità». Mi pare una affermazione del tutto inutile e pleonastica, se non per rafforzare l'idea, quasi bonapartistica, di questo premier che può far tutto.
La Costituzione attualmente vigente e, che tutto sommato - se questa è la modifica - mi auguro che resti tale, afferma che è vero che il Presidente della Repubblica può, sentiti i rispettivi presidenti, sciogliere le Camere, o anche solo una di esse, ma al successivo articolo 89 stabilisce che nessun atto del Presidente della Repubblica è valido se non è controfirmato dai ministri proponenti, e che gli atti di particolare importanza devono essere anche controfirmati dal Presidente del Consiglio dei ministri.
Quindi, se non c'è un Presidente del Consiglio dei ministri disposto a controfirmare un decreto di scioglimento delle Camere, oggi il Presidente della Repubblica non le può sciogliere, perché senza la controfirma del Presidente del Consiglio dei ministri il suo decreto, in base all'articolo 89 della Costituzione, non è valido. Allora, non riesco a capire perché dobbiamo scrivere nella Costituzione che il Presidente del Consiglio «se ne assume la esclusiva responsabilità». Che cosa significa? Significa che ciò esclude la responsabilità del Consiglio dei ministri che, nell'ipotesi di una proposta di scioglimento, gli abbia conferito un mandato? No, la responsabilità è di chi controfirma! Attualmente, chi controfirma deve essere il Presidente del Consiglio dei ministri. Perciò, questa formula mi sembra del tutto inutile, mi sembra soltanto una esaltazione, a mio avviso sbagliata, della figura del Presidente onnipotente, del Presidente del Consiglio (Commenti del deputato Paolone). Per queste ragioni, al di là delle considerazioni, per così dire, sostanziali, sulle quali interverremo nel corso della discussione sulle successive proposte emendative, ritengo che sia del tutto inutile e, come tale, da non inserire in Costituzione.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Giacomo Angelo Rosario Ventura. Ne ha facoltà.

GIACOMO ANGELO ROSARIO VENTURA. Signor Presidente, intervengo perché alcuni illustri colleghi, anche cultori di diritto costituzionale, non possono continuare ad equivocare su un concetto che emerge chiaramente da queste norme. Il premier, il Presidente del Consiglio, secondo la previsione contenuta in questo corpo normativo relativamente alle modalità della sua elezione, è espressione della sovranità popolare, è eletto a suffragio diretto dal popolo e, quindi, è organo distinto.
L'onorevole Marone si chiedeva quale fosse la maggioranza politica. Chiaramente, si tratta della maggioranza prevista dal capoverso dell'articolo 92 del progetto di Costituzione in esame, che prevede che la candidatura alla carica di primo ministro avviene mediante collegamento con i candidati alla elezione della Camera dei deputati. Quindi, se è vero che il primo ministro non è più istituto parlamentare ma istituto promanante direttamente dal suffragio diretto del popolo, deve poter avere una responsabilità propria, distinta da quella del Consiglio dei ministri, che è altra cosa, distinta dalla maggioranza politica, che è altra cosa, e distinta dalla Camera dei deputati, che è altra cosa ancora.
Non si può depauperare questo premier dell'unica facoltà di cui dispone, cioè quella di chiedere lo scioglimento delle Camere, qualora la maggioranza politica eletta insieme a lui, alla quale è collegato e con la quale ha concordato un programma, decida di ribaltarlo, per ragioni «corridoiste», pur dichiarando di continuare ad attuare lo stesso programma.
A questo premier, portatore di sovranità popolare si vuole conferire un minimo di attribuzione di potestà, per controbilanciare l'altro potere, quello camerale, che consiste nella possibilità di richiedere lo scioglimento delle Camere. Diversamente, diventa un'altra cosa e torna ad essere un istituto parlamentare. Allora, gli illustri colleghi Maroni, Bressa, Acquarone, e anche l'onorevole Violante, mi dicano che coerenza ci può essere nella eliminazione di questa norma se non si modifica quel criterio di elezione del premier, ripeto, espressione di suffragio elettorale diretto (Applausi dei deputati del gruppo di Forza Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Maura Cossutta. Ne ha facoltà.

MAURA COSSUTTA. Signor Presidente, noi interveniamo perché vogliamo insistere nel dire - come già ieri, come continueremo in questi giorni e come diremo anche al di fuori di questa Assemblea - che non si tratta di una modifica tecnica ma siamo ad un passaggio delicatissimo del nostro assetto istituzionale e del nostro sistema democratico. È un vero passaggio di sistema e, per questo, lanciamo un allarme, un allarme democratico. Si tratta delle funzioni e delle prerogative del Presidente della Repubblica e del rapporto tra queste funzioni e la forma di Governo. È un passaggio delicatissimo ed è una torsione della cultura democratica e dell'assetto democratico...

BENITO PAOLONE. È in pericolo la democrazia...?

PRESIDENTE. Onorevole Paolone, ho capito: sono forme di goliardia parlamentare!

MARCO BOATO. Credono di essere allo stadio!

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, nessuno può scagliare la prima pietra, per cortesia, perché nessuno è in grado di farlo (Applausi dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale)!

MAURA COSSUTTA. Signor Presidente, il problema è che stiamo discutendo...

PRESIDENTE. E infatti, lei ha diritto di parlare...

MAURA COSSUTTA. ... della trasformazione del sistema democratico della nostra Repubblica.

PRESIDENTE. Va bene, ma l'unica cosa certa è che lei ha diritto di parlare.

MAURA COSSUTTA. La ringrazio, signor Presidente, perché lei gentilmente ha richiamato i colleghi.
Dicevo che questo è uno dei punti più delicati per l'assetto democratico della nostra Repubblica.
Allora, credo sia una mutazione genetica della natura della Repubblica: non è più una Repubblica parlamentare. Vi è il primato non soltanto dell'esecutivo, ma di un potere monocratico, che assume un valore persino superiore a quello del Presidente della Repubblica (mi riferisco al premierato assoluto), perché - lo ha ricordato il collega della maggioranza - supportato dal suffragio universale. Vi è uno stravolgimento del valore della Repubblica democratica. Colleghi, è la stessa logica e la stessa cultura autoritaria e plebiscitaria che state usando nella controriforma della magistratura: il magistrato non è sottoposto alla legge, ma dipende dal popolo! È un'idea distorta del potere, della partecipazione popolare! Voi supportate il suffragio universale per garantire poteri monocratici.
Mi rivolgo ai colleghi, in particolare all'onorevole Tabacci. Ieri, si è aperta una discussione molto seria e molto importante. Vi è, da una parte, il grumo di una deriva autoritaria e, dall'altra, una falsa idea che ha attraversato anche quest'aula di poter introdurre in Costituzione elementi per favorire la stabilità del sistema politico ed elementi che cambiano il sistema elettorale. I problemi del sistema politico - che ci sono - vanno affrontati con la politica ed i problemi del nostro sistema politico non riguardano la fragilità dei poteri dell'esecutivo, ma, al contrario, la riduzione degli spazi democratici, della partecipazione e del valore della rappresentanza.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Bressa 23.73, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (
Vedi votazioni).
(Presenti 405
Votanti 401
Astenuti 4
Maggioranza 201
Hanno votato
168
Hanno votato
no 233).

Avverto che, essendo stato accolto dai presentatori l'invito al ritiro dell'emendamento Elio Vito 23.200, sono da considerare decaduti i subemendamenti, ad esso riferiti, Bressa 0.23.200.2 e Mazzuca Poggiolini 0.23.201.1.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Leoni 23.74.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Amici. Ne ha facoltà

SESA AMICI. Signor Presidente, con l'emendamento in esame chiediamo la soppressione della lettera d) nell'attuale formulazione, riguardante un caso di scioglimento della Camera dei deputati.
È del tutto evidente che dobbiamo provare a fare una lettura che sia un continuum tra l'attribuzione dei poteri al Capo dello Stato, l'idea dell'assoluta capacità da parte del premier di condizionare la propria maggioranza e la decisione, assunta in maniera esclusiva, dello scioglimento.
Questa lettura unica di una serie di disposizioni che stiamo esaminando è la testimonianza di un presupposto politico, che abbiamo denunciato nel corso della discussione sulle linee generali e dell'esame delle questioni di merito, riguardante l'operazione politica che sottostà all'idea di riforma costituzionale. Le questioni relative al potere di scioglimento della Camera e, conseguentemente, ad una disarticolazione del rapporto politico tra premier e la sua maggioranza testimoniano la torsione attraverso la quale si è voluto immettere nella discussione sulle riforme costituzionali un problema tutto politico, legato all'incapacità da parte del premier (quindi, un'incapacità di tipo soggettivo) di «tenere» dentro le coalizioni.
Proprio perché è una discussione politica, quando non si tengono le coalizioni, l'unico strumento che si ha è quello, di antica memoria, di assumerne un valore di tipo assoluto. Quindi, diventa un rapporto negato politicamente di lealtà e di dialettica politica tra il premier e la sua maggioranza, al punto che lo scioglimento viene, in qualche modo, obbligato proprio dal terzo comma dell'articolo 94, anche di fronte ad una mozione di sfiducia che determina, proprio nel momento in cui è presentata, questa disarticolazione del ragionamento politico.
È del tutto evidente la ragione per la quale si deve sopprimere la lettera d) del nuovo articolo 88 della Costituzione previsto dall'articolo 23 della progetto di riforma; al riguardo, invitiamo i colleghi ad una riflessione. Non mi riferisco soltanto alla denuncia che i colleghi - in particolare, gli onorevoli Bressa e Marone - hanno fatto negli interventi in Assemblea di ieri e, anche, di stamani; per noi e per i cittadini italiani è, infatti, più preoccupante che si tenti di risolvere una difficoltà tutta politica attraverso una forzatura delle regole costituzionali.
In tal modo, non si compie né un rinnovamento della politica né, tanto meno, si preserva il patto costituzionale come insieme di regole sottoscritte dai cittadini per una democrazia più avanzata e più plurale, non già per una democrazia piegata alle logiche politiche.
Questo è il vero «pasticcio» che stiamo denunciando in questi giorni; un «pasticcio» che mette insieme elementi di analisi politica con elementi riguardanti l'ordinamento dello Stato e la sua funzionalità.
State apprestando, proprio con l'esclusività con cui si decide lo scioglimento della Camera, la possibilità di una rottura tra le proposte programmatiche con cui ci si sottopone agli elettori e l'azione di Governo, attraverso elementi di ricatto legati fondamentalmente al futuro non della coalizione ma del premier.
Quanto vi interessa è che il premier, comunque, venga salvaguardato e non faccia i conti anche con le articolazioni della politica; tale previsione, sbagliata sul piano politico, è assai grave che venga inserita in Costituzione.
Per questo raccomandiamo che venga approvata almeno la soppressione della lettera d) di cui al primo comma del nuovo articolo 88 (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Elettra Deiana. Ne ha facoltà.

ELETTRA DEIANA. Signor presidente, come già l'onorevole Russo Spena ha prima chiarito, ci troviamo dinanzi ad uno schema che stravolge completamente l'ordinamento repubblicano, capovolgendo quel virtuoso equilibrio tra potere legislativo, potere esecutivo e potere di garanzia della legalità della Repubblica affidato al Capo dello Stato che, nelle moderne democrazie, ha rappresentato, in Italia, con la Costituzione del 1948, un punto altissimo di equilibrio democratico, di garanzia dello Stato di diritto e delle libertà politiche.
Il vostro progetto si colloca assolutamente all'interno di una ipotesi di governance presidenzialistica, che capovolge e stravolge, appunto, i principi fondamentali cui si è ispirata la Carta del 1948 nel delineare il ruolo di garanzia super partes - e, quindi, di reale garante del funzionamento delle istituzioni - del Capo dello Stato. Volete ridurlo ad un notaio; praticamente, la Presidenza della Repubblica diventerebbe l'ufficio notarile, un luogo di timbratura di decisioni affidate al potere pressoché assoluto - o, comunque, largamente orientato in questa direzione - del primo ministro o della maggioranza che in Parlamento sostiene il primo ministro. Quindi, una cancellazione radicale del ruolo preminente e fondamentale che al Parlamento è attribuito dalla Costituzione; ruolo decisionale di espressione e rappresentanza del popolo sovrano, popolo che è in grado di esercitare, durante cinque anni, la propria sovranità attraverso il mandato affidato al Parlamento...

PRESIDENTE. Onorevole...

ELETTRA DEIANA. ...altrimenti, ci si affida in modo plebiscitario al boss di turno.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Leoni 23.74, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (
Vedi votazioni).
(Presenti 401
Votanti 398
Astenuti 3
Maggioranza 200
Hanno votato
172
Hanno votato
no 226).

Prendo atto che gli onorevoli Campa e Zanetta non sono riusciti a votare.
Avverto che l'emendamento Taormina 23.71 è stato ritirato dal presentatore.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Mantini 23.3.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Leoni. Ne ha facoltà.

CARLO LEONI. Signor Presidente, come è stato reso chiaro da numerosi interventi svolti dai colleghi dell'opposizione, vorrei ribadire che ci battiamo affinché, all'interno della nuova Costituzione, non venga mortificato il ruolo sia del Parlamento sia del Presidente della Repubblica. Ciò non perché siamo attaccati a visioni «sacrali» delle istituzioni, ma perché, se venissero «schiacciate» le funzioni delle Camere e del Capo dello Stato, vorrebbe dire che l'Italia fuoriuscirebbe, dopo tanti anni, dalla forma di governo parlamentare, e noi non siamo assolutamente d'accordo.
La nostra opzione, tuttavia, vale a dire la scelta di non mortificare le funzioni del Presidente della Repubblica e del Parlamento, non significa nella maniera più assoluta che vogliamo governi deboli: al contrario, desideriamo esecutivi forti, efficienti ed autorevoli; anche riguardo al primo ministro ed alle sue prerogative, vorrei dire che non siamo ciechi. Vorrei evidenziare, ad esempio, che non abbiamo contestato la facoltà di nomina e di revoca dei ministri, se non altro perché abbiamo già osservato tale facoltà consolidarsi nel corso dell'esperienza concreta. Al riguardo, desidero ricordare che, soltanto nell'attuale legislatura, il Presidente del Consiglio Berlusconi ha potuto sostituire diversi ministri, anche autorevoli: mi riferisco ai ministri Ruggiero, Scajola e Tremonti e, per ragioni non politiche ed assolutamente rispettabili, lo stesso ministro Umberto Bossi.
Vorrei osservare, tuttavia, che la vostra proposta in materia di poteri del Presidente del Consiglio (che diventerà, nel nuovo testo costituzionale, il primo ministro) è divenuta una vera ossessione. Si tratta di quella stessa ossessione che abbiamo visto tradursi numerose volte in tanti vostri interventi, operati nel corso di questi tre anni di legislatura, quando ci ripetevate, ossessivamente, che avevate ricevuto il mandato elettorale, che dunque potevate sostanzialmente fare quel che volevate e che, dopo cinque anni, ne avrete risposto davanti agli elettori.
Questo non è un sistema politico maggioritario, ma una sua versione primitiva e rozza! Un sistema maggioritario compiuto e democratico, infatti, prevede un sistema di controllo e di bilanciamenti che voi, al contrario, non solo non avete proposto, ma avete addirittura rifiutato, respingendo alcune nostre proposte emendative che andavano proprio in tale direzione.
Ebbene, voi traducete in norma costituzionale tale visione primitiva e rozza di un sistema politico maggioritario - è questo il salto grave che si sta compiendo - fino a prevedere un Presidente della Repubblica che, bene che vada, svolge una funzione notarile, ed un Parlamento che costituisce la prosecuzione della campagna elettorale per i primi due anni e mezzo, e magari la preparazione della successiva per gli ultimi due e mezzo. Nel vostro sistema - ammesso che abbia la dignità per definirsi tale - il Parlamento, se vuole continuare a vivere, viene ridotto a tribuna propagandistica per un verso e ad esecutore delle volontà del Governo per l'altro; altrimenti, se non dovesse rispondere a tale input, se ne andrà a casa, perché così deciderà il primo ministro.
Riteniamo che, per conservare l'espressione della volontà della maggioranza del corpo elettorale nel corso di una legislatura, ed anche per avere governi efficienti ed autorevoli, non sia assolutamente indispensabile umiliare le funzioni sia del Parlamento sia del Capo dello Stato. Le nostre proposte emendative, infatti, incluso l'emendamento in esame, dimostrano che ciò si può fare: è possibile confermare...

PRESIDENTE. Onorevole Leoni, concluda!

CARLO LEONI. Ho concluso, signor Presidente. Come stavo dicendo, attraverso le nostre proposte emendative, è possibile confermare la volontà della maggioranza dei cittadini ed avere governi efficienti ed autorevoli, ma senza - ribadisco - umiliare le funzioni del Parlamento e del Presidente della Repubblica.
Se operate una scelta non indispensabile, lo fate come scelta politica; noi, tuttavia, la consideriamo una scelta grave, ed anche molto pericolosa, per il futuro democratico del nostro paese (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mantini. Ne ha facoltà.

PIERLUIGI MANTINI. Signor Presidente, noi abbiamo un sogno, che credo sia anche un dovere: quello di coniugare il parlamentarismo con il bipolarismo, ossia costruire le regole di un bipolarismo equilibrato e democratico, in cui non vi sia né il dominio della maggioranza, né il premierato assoluto e neppure soluzioni improvvide ed originali, quali quelle che ci proponete, mettendo solo nelle mani del premier lo scioglimento del Parlamento.
L'emendamento a mia firma 23.3 propone, dunque, una soluzione che tenta di trovare un equilibrio tra il principio fondamentale secondo cui sono i cittadini a scegliere i governi e quel poco di flessibilità che le istituzioni rappresentative ed il Parlamento debbono avere nel caso di crisi di Governo.
Richiamiamo, dunque, la vostra attenzione sulla formulazione del mio emendamento 23.3, che consente - appunto - tale flessibilità, ma tenendo conto che, in caso di crisi di Governo, debba esservi una maggioranza che propone la mozione di sfiducia coerente con le elezioni politiche e il proseguimento dell'attuazione del programma di Governo, secondo il giudizio del Presidente della Repubblica (Dai banchi dei deputati del gruppo di Alleanza nazionale si grida: «Tempo!»)... Tempo, proprio per niente, perché parlo per dichiarazione di voto e pertanto non voglio essere disturbato!
È del tutto ovvio che tale formula fa compiere un passo in avanti nella stagione del bipolarismo, pur nel rispetto del parlamentarismo. È una formula che proponiamo a voi, e soprattutto, a quei colleghi, quali l'onorevole Tabacci - spero che lui non ne se ne abbia a male, ovviamente - citati spesso negli ultimi giorni quali riferimento di un dibattito. Voglio dire allo stesso onorevole Tabacci che non si può predicare la nostalgia e praticare soluzioni e ricette antiparlamentari ed antidemocratiche. Occorre impegnarsi in un più difficile compito: quello della costruzione degli equilibri.
Il dibattito che si è sviluppato anche ieri è stato pieno di errori, oltre che di imprecisioni. Vi è stato altresì un pò di «teatrino», con argomenti e suggestioni fuorvianti. È stato detto di tutto: anche che il bipolarismo è una polarizzazione sulle estreme... Inviterei, invece, i colleghi a riflettere sul fatto che è esattamente al confronto di merito - ossia quel confronto cui sfuggite spesso - sui problemi del paese, che il bipolarismo tende, se costruito un modo democratico ed equilibrato. È stato ricordato che i governatori - è un termine, anche a mio avviso, improprio: preferirei parlare di presidenti delle regioni - sciolgono autonomamente i consigli regionali, il che non è vero. È stato detto, se non ricordo male dal collega La Malfa, che, a bipolarismo realizzato, voti singoli quali quello della guerra in Kosovo non si sarebbero mai potuti svolgere ordinariamente, ma ciò non è vero: perché il Parlamento, anche in un sistema bipolare, conserva la capacità di confronto e di unità nazionale sui grandi temi.
Sono stati addotti temi ed argomenti davvero poveri e risibili contro il bipolarismo, anziché impegnarsi per costruire un bipolarismo moderno, democratico ed equilibrato. È un'accusa che vi muoviamo, soprattutto a coloro che predicano non so che, perché anche i discorsi che ho ascoltato sul proporzionale, più volte in questi giorni, se li devo rapportare all'attualità politica (e sono certo che l'onorevole Tabacci ascolta ciò che dice l'onorevole Follini o il presidente Formigoni)...

PRESIDENTE. Onorevole Mantini, la prego di concludere.

PIERLUIGI MANTINI. Concludo, signor Presidente. Si tratta di discorsi fumosi e ingannevoli, perché anche con un ritorno al proporzionale, in realtà, nessuno nega la regola fondamentale del bipolarismo, nessuno nega che il partito dell'onorevole Tabacci voglia stare in una coalizione di centrodestra e che le stesse proposte vengono avanzate persino a «pezzi» della Margherita da Formigoni per una sua lista elettorale che, a dire il vero, somiglia più ad una lista della spesa...
Quindi, il proporzionalismo viene usato male nel dibattito sulle riforme costituzionali, per impedire, con argomenti più confusi che nostalgici, un impegno serio e vero per la costruzione delle regole del bipolarismo, per saldare all'efficienza del Governo, al rispetto per i Governi scelti dai cittadini, le prerogative del Parlamento. È una mancanza di impegno grave e seria, che si traduce in un attacco alla tradizione, alla realtà del parlamentarismo ed anche alla democrazia italiana (Applausi dei deputati del gruppo della Margherita, DL-L'Ulivo - Applausi polemici dei deputati del gruppo della Lega Nord Federazione Padana).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Tabacci. Ne ha facoltà.

BRUNO TABACCI. Signor Presidente, ieri avevo avuto occasione di anticipare una certa distanza dall'emendamento Elio Vito 23.201, che verrà posto in votazione successivamente. Però, vorrei ricordare all'onorevole Mantini che il suo emendamento non è per nulla diverso, nella sostanza, da quello presentato dai presidenti di gruppo della maggioranza. Esso risponde alla stessa logica: quella di un bipolarismo ingessato - che attualmente stiamo vivendo - improntato all'idea che il premier debba poter usare la sua forza per domare una maggioranza riottosa ed essere in grado di soffocarne ogni velleità politico-programmatica. Questo è il punto, tant'è che l'onorevole Mantini fa riferimento sempre alla maggioranza dei parlamentari.
Quella che propone è una procedura assolutamente ingessata, che si giustifica con il fatto che vorrebbe rispondere, da un lato, alla difesa del cosiddetto bipolarismo e, dall'altro, al problema del trasformismo parlamentare. Sul bipolarismo mi soffermerò tra pochi attimi.
Per quanto riguarda il problema del trasformismo parlamentare, ritengo che questa battaglia vada vinta non attraverso una convenzione costituzionale, ma nella formazione di un'etica pubblica, in ultima istanza nel giudizio degli elettori.
Vorrei ricordare che la «transumanza» parlamentare, ovvero la tradizione per così dire a cambiare casacca è tipica della seconda Repubblica. Vorrei, altresì, ricordare che, in undici legislature, sono stati solo undici i parlamentari che hanno cambiato casacca, perché erano preoccupati del giudizio degli elettori; invece, dal 1994, sono stati centinaia i colleghi che in quest'aula hanno cambiato casacca. Vorrei ricordarlo, perché non se ne dimentichi la ragione e, soprattutto, perché non se ne perda traccia; diversamente, infatti, la discussione rischia di essere moralistica.
Sono, quindi, certamente lontano dall'emendamento dei colleghi della maggioranza, ma sono anche lontano dalle motivazioni portate ieri dall'onorevole Violante. A parte la ricostruzione storica un po' sbrigativa, sul proporzionalismo sulla quale non desidero tornare (ma vi sarà occasione per farlo), ieri, l'onorevole Violante ha affermato che è il Governo a fare le leggi e, quindi, il problema è chi governa e chi controlla.
Nella rassegna stampa di ieri ho letto un'intervista di D'Alema su il Riformista, in cui si dice che l'idea di Rutelli è viziata da un residuo di cultura proporzionalista. Mi sono detto: uno più uno fa due. Ho cominciato, quindi, a ragionare sulle polemiche apparse anche negli ultimi giorni sul cosiddetto neocentrismo. Mi sono chiesto: cos'è il neocentrismo, una brutta parola, un'azione negativa, una cosa disdicevole? Sembra proprio che sia così.
In realtà, mi sembra di poter arguire che è il bipolarismo della seconda Repubblica a non poter essere vissuto come la rivincita rispetto alla storia. In quest'aula un po' troppi colleghi ragionano così: essi vedono in un bipolarismo così ingessato la risposta a talune impostazioni che storicamente sono state battute. Quindi, immaginano di avere, per una via indiretta, una sorta di riconferma da un giudizio che non può appartenere certamente a questa ricostruzione distorta.
Credo che l'alternanza sia l'obbiettivo di una democrazia matura, e non un bipolarismo ingessato. Al riguardo, credo che, purtroppo, il tipo di discussione che stiamo svolgendo ci dice dove siamo arrivati.
Onorevole Violante, purtroppo se questo è lo stato delle cose, molto lo dobbiamo anche alla sua elaborazione politica. Non è la conseguenza di un fatto negativo o di un destino cinico e baro. È così! Ci siete arrivati anche voi. Avete usato delle scorciatoie.
La Commissione D'Alema ha dato l'impressione che si potesse arrivare al sindaco d'Italia. Erano tutte cose sbagliate. Prima ne prendiamo atto e meglio è, a prescindere dal «fiato» che avrà questa riforma parlamentare.

La questione riguarda molto anche voi, anche se alcuni fanno finta di non capire (Applausi dei deputati del gruppo dell'Unione dei democratici cristiani e dei democratici di centro)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Monaco. Ne ha facoltà.

FRANCESCO MONACO. La questione di cui ci stiamo occupando è cruciale e, forse, la più delicata e controversa. Alludo, evidentemente, alla questione del potere di scioglimento della Camera nel quadro della scelta circa la forma di Governo. Provo a rappresentare la mia opinione personale, così mi sento più tranquillo. Lo faccio rivolgendomi all'onorevole Tabacci, al quale volentieri riconosco il merito di una posizione lineare, coerente e riconoscibile, ma al quale suggerirei di resistere alla tentazione di fare la caricatura delle posizioni altrui, come ha fatto anche ieri rivolgendosi al collega Bressa, così da precostituire un bersaglio troppo facile. Vorrei essere anch'io chiaro ed onesto, esplicitando la mia posizione e le mie scelte, che sono diverse - credo - dalle sue.
Io sono per il bipolarismo, per la competizione tra coalizioni di Governo tra loro alternative. Il bipolarismo, in un sistema politico multipartitico, giova alla competizione, che è il sale della democrazia. Io sono anche per un mix di democrazia della rappresentanza e di democrazia governante.
Giudico buona cosa che i cittadini, con il voto, scelgano i loro rappresentanti in Parlamento, ma anche contestualmente programma, coalizione e guida del Governo. Ho detto scelgano, non eleggano in forma diretta. Così pure penso che sia utile...

PRESIDENTE. Onorevole Monaco, deve concludere. Per il suo gruppo ha già parlato l'onorevole Mantini; me l'ha fatto notare l'onorevole Giachetti. Mi dispiace, parli pure ancora un po', ma aveva già parlato l'onorevole Mantini...

FRANCESCO MONACO. Presidente, se è possibile, prenderò la parola sul prossimo emendamento.

PRESIDENTE. Sta bene, la ringrazio.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Mantini 23.3, non accettato dalla Commissione né dal Governo...

ANTONIO SODA. Avevo chiesto di parlare!

PRESIDENTE. Ormai ho aperto la votazione. Me lo dicano prima...!

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (
Vedi votazioni).
(Presenti 385
Votanti 382
Astenuti 3
Maggioranza 192
Hanno votato
151
Hanno votato
no 231).

Prendo atto che gli onorevoli Taormina, Cicala, Campa e Zanetta non sono riusciti ad esprimere il loro voto.
Passiamo al subemendamento Boccia 0.23.201.2.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Monaco. Ne ha facoltà.

FRANCESCO MONACO. Sono dell'opinione - lo ribadisco - che è bene che i cittadini scelgano i propri rappresentanti in Parlamento, ma anche contestualmente il programma, la coalizione e la guida del Governo. Dico «scelgano», non «eleggano» in forma diretta.
Così pure penso che sia utile mettere a punto congegni che favoriscano la stabilizzazione dei governi, se possibile governi di legislatura.
In una parola penso che sia bene dare veste e sanzione istituzionale ai processi politici che si sono autonomamente e un po' caoticamente prodotti nell'arco degli ultimi dieci anni. Penso che lo si debba fare per conferire loro ordine, argini, bilanciamenti e garanzie, per non lasciare a se stessi processi e per evitare sbandamenti e anche regressioni.
Qui stanno il punto, onorevole Tabacci, e il discrimine - mi pare di avere capito - tra noi.
Segnalo che quei processi politici, che si sono prodotti negli ultimi dieci anni, e anche taluni adeguamenti elettorali e istituzionali, che abbiamo già apportato a vari livelli, si proponevano di venire a capo di due serissime questioni: la prima è il problema della stabilità e dell'efficienza dei governi, anche per tenere il passo con i nostri partner competitori europei. Più di quanto ne siamo consapevoli credo che anche questo fattore esterno abbia operato nel processo riformatore. Quello della stabilità e dell'efficienza dei governi è un problema irrisolto che ci portiamo dietro dal famoso ordine del giorno Perassi all'Assemblea costituente.
Il secondo è un problema di democrazia - mi esprimerei così - e quello di fedeltà al patto con i cittadini elettori ai quali restituire lo scettro, in quanto sovrani ed arbitri - per dirla con Roberto Ruffilli - per introdurre una discontinuità rispetto a un tempo nel quale i governi duravano mediamente dieci mesi e venivano fatti, rifatti e disfatti a urne già chiuse dopo il voto nelle transazioni tra i vertici di partito.
Vorrei che non smarrissimo tale memoria lunga. Vorrei anche che chi si è fatto e si fa carico di tale memoria - io mi iscrivo tra questi -, proponendo soluzioni di cui si trova traccia nei nostri emendamenti, nella bozza Amato al Senato e già in proposte avanzate nella scorsa legislatura dall'allora maggioranza, non sia confuso con chi avanza soluzioni inaccettabili come quella del premier assoluto o onnipotente che dispone a suo piacimento della sorte del Parlamento, con automatismi e rigidità che scardinano quegli equilibri e quelle garanzie che sono il cuore stesso del costituzionalismo democratico moderno. Dunque, Tabacci non attribuisca a noi la responsabilità di soluzioni e di modelli che non sono nostri ma sono, semmai, largamente rappresentati nella cultura istituzionale della sua maggioranza.
Vorrei che mi si credesse: è tecnicamente e giuridicamente possibile formulare soluzioni diverse rispetto a quelle prospettate. Mi riferisco a soluzioni che si fanno carico dei problemi di governabilità e coerenza del mandato dei cittadini ai loro rappresentanti senza fuoriuscire dai binari della democrazia parlamentare e da un sistema di equilibri e di garanzie. Non è necessario né saggio affidarsi ad un uomo solo al comando. Non nascondo, anzi, la preoccupazione che soluzioni leaderiste e plebiscitarie come quelle da voi proposte producano esattamente l'effetto di offuscare in noi tutti la coscienza del segno positivo dell'evoluzione politico-costituzionale, di appannare la memoria di quei problemi che stavano all'origine di tale evoluzione e di alimentare la nostalgia per un tempo che non era, poi, l'età dell'oro. Anche tra noi ho sentito l'eco di quelle sirene un po' nostalgiche.
Come spero risulti chiaro, sono favorevole ad elementi di democrazia governante, a congegni di stabilizzazione del Governo: ne avremo bisogno anche noi, sperabilmente domani. Tuttavia, per fare questo non è necessario adottare soluzioni bonapartiste, né possiamo chiudere gli occhi di fronte a due macigni che gravano sulla democrazia italiana e che vanno rimossi prima di introdurre ulteriori iniezioni di democrazia governante. Mi riferisco, in primo luogo, all'esigenza di rafforzamento degli istituti e degli organi di garanzia che con tale testo voi depotenziate: questo è il vero buco nero, la vera priorità delle priorità, dopo l'introduzione del maggioritario. Il secondo macigno sono quelle che chiamo le condizioni di contesto - il conflitto d'interessi ed il monopolio informativo - che solo formalmente non hanno a che fare con le regole costituzionali, ma hanno a che fare con la Costituzione vivente della democrazia italiana e con le minacce portate ad essa.

Mi piacerebbe, onorevole Tabacci, che lei ed il suo partito foste reattivi e solleciti contro la concentrazione del potere reale, oltre che contro la concentrazione del potere formale. Sul punto, onestamente, vi vedo spesso un po' distratti (Applausi dei deputati del gruppo della Margherita, DL-L'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Soda. Ne ha facoltà.

ANTONIO SODA. Signor Presidente, l'onorevole Tabacci sottolinea costantemente in quest'aula la necessità di un ritorno ad un sistema entrato in crisi già 15 anni fa.
Nel 1992, un autorevole esponente non certamente della sinistra italiana, che allora aveva appena assunto la carica di Presidente della Repubblica, si richiamò a tutte le elaborazioni venute dal mondo del cattolicesimo democratico, alle precedenti analisi della Commissione Bozzi, agli studi di Ruffilli, all'avvertita debolezza, come ha detto l'onorevole Monaco, del nostro sistema di Governo da parte degli stessi costituenti. La necessità di reagire a precipitazioni autoritarie e dittatoriali quale era stata l'epoca fascista aveva impedito ai costituenti di avviarsi sulla strada della razionalizzazione del sistema parlamentare praticata in tutta Europa nell'evoluzione del costituzionalismo del dopoguerra.
L'onorevole Tabacci sogna un mondo idilliaco, che non è mai esistito! Il presidente Scàlfaro disse che vi era la necessità di tutelare la prima parte della Costituzione da ogni tentativo di aggressione e di manomissione. Il tema fu ripreso da Dossetti nel 1994, il quale parlò di una soglia invalicabile per la revisione costituzionale, al di là della quale si spezzava il patto costituzionale, ma che legittimava la necessità di una revisione, anche profonda, della Costituzione italiana.
Quel Presidente della Repubblica parlò di globale ed organica revisione della Carta costituzionale, nell'articolazione delle sue istituzioni. Quello era un sistema che, oltre a non avere - per le ragioni illustrate dal presidente Violante ieri - la conventio ad escludendum, non aveva in sé, per ragioni internazionali, neanche la possibilità di un'alternanza di classi dirigenti al Governo. Esso aveva dunque sostituito alla fisiologica vita democratica forme di precipitazioni assemblearistiche (questo era il disastro della Prima Repubblica!). Perché, caro onorevole Tabacci, la necessità delle riforme nasce dalla consapevolezza che con le forme di assemblearismo puro si precipita nello sfascio dei conti pubblici, si precipita nella dimensione colossale del debito pubblico italiano!
Allora la sinistra, o una parte della sinistra, quella di Governo - do atto che il partito di Rifondazione comunista su questo terreno non si è mai scostato da una difesa accanita (anche se riconosco la nobiltà della loro battaglia) del pluralismo proporzionalistico, quasi che non vi possa essere altra forma di pluralismo, rispetto a quello derivante dal sistema elettorale proporzionale, né da una difesa acritica della seconda parte della Costituzione -, si è fatta carico di questi problemi, cercando di proporre delle soluzioni di razionalizzazione del sistema, per un nuovo equilibrio fra Parlamento e Governo, respingendo la tentazione della destra di affrontare e risolvere il problema con la scorciatoia del personalismo, del presidenzialismo e della mortificazione totale del Parlamento.
Anche in quel testo oggi la rigidità, che non lascia spazio ai processi politici, apprezzati complessivamente dalle istituzioni e in primo luogo dal Presidente della Repubblica, rende pericolosa quella forma di premierato. Non ci spaventa un riequilibrio di poteri tra Governo e Parlamento, perché il rafforzamento del Governo è indispensabile per garantire anche l'alternanza e per impedire un male oscuro e perenne del parlamentarismo italiano, il trasformismo. Tuttavia, non è attraverso formule meccaniche e rigide che si può trovare una soluzione. A queste domande, onorevole Tabacci, noi rispondiamo. Lei è fermo a quindici anni fa, quando il tema del riequilibrio fra Governo e Parlamento, che oggi non è stato ancora risolto, si pose in tutta la sua drammaticità (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Maura Cossutta. Ne ha facoltà.

MAURA COSSUTTA. Onorevole Soda, ho ascoltato il suo ragionamento e vorrei intervenire in ordine a questa discussione.
Siamo tutti d'accordo che la riforma proposta dalle destre è una deriva profonda che esplicita una concezione autoritaria del nostro sistema, con le conseguenze che abbiamo più volte denunciato. Dunque, come si contrasta questa deriva culturale e politica? Secondo alcuni, con una difesa rigorosa del sistema democratico, del sistema dei poteri e delle garanzie riconosciuti dalla Costituzione o rincorrendo l'idea secondo la quale nella Costituzione bisogna introdurre modifiche della forma di governo.
Non a caso, non abbiamo sottoscritto alcuni emendamenti propositivi in materia di forma di governo e di premierato, in quanto non siamo d'accordo sul fatto di introdurre nella Costituzione modifiche del sistema di governo e, tanto più, del sistema elettorale. Cosa c'entra il dettato costituzionale con i vizi, le difficoltà, le inefficienze del sistema politico?
Ho sentito il collega della Margherita affermare che occorre un elemento di stabilizzazione del sistema politico e del sistema maggioritario. Attenzione, perché si rischiano scivolamenti non previsti!
Onorevole Tabacci, questo è un punto dirimente che misura la cultura democratica e la coerenza di tale cultura. Anche all'interno del centrosinistra occorre una riflessione e non importa, onorevole Soda, se la discussione è cominciata 15 anni fa. Anzi, proprio perché è cominciata 15 anni fa, oggi potremmo verificare gli effetti negativi di quella discussione.
Dunque, nel nostro ordinamento vige il sistema maggioritario e alcune forze politiche, legittimamente, propongono un sistema proporzionale. Tuttavia, ciò non c'entra con le modifiche costituzionali.

 

 

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE PUBLIO FIORI (ore 12,15)

 

MAURA COSSUTTA. Il sistema maggioritario non evidenzia necessità di modifiche per aumentare la stabilità dell'esecutivo, ma proprio il contrario, vale a dire il rischio di semplificazioni del sistema politico, di riduzione del potere delle assemblee elettive e di personalizzazione della politica.
Dunque, onorevole Tabacci, se per lei - come per noi - questo è un punto irrinunciabile, la invito coerentemente ad esprimere un voto contrario su questo testo di controriforma costituzionale.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Carrara. Ne ha facoltà.

NUCCIO CARRARA. Signor Presidente, intervengo a titolo personale solo per fornire ai colleghi che mi ascoltano alcune cifre.
Capisco che si possa essere nostalgici, laudatores temporis acti, ma occorre anche sapere cosa ci siamo lasciati alle spalle. In 53 anni, fino al 2001, ci sono stati sei anni e mezzo di crisi di Governo. Solo i tempi tecnici per votare la fiducia hanno assorbito due anni e siamo stati governati per quattro anni e mezzo da Governi provvisori.

FRANCESCO GIORDANO. Diglielo a Follini e Tabacci!

NUCCIO CARRARA. Allora, è meglio la formula del tempo passato o quella del tempo futuro - che vorremmo introdurre -, in cui il corpo elettorale sceglie chi governa e chi deve fare l'opposizione (Applausi dei deputati dei gruppi di Alleanza nazionale, di Forza Italia e dell'Unione dei democratici cristiani e dei democratici di centro - Commenti dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo)?

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole La Malfa. Ne ha facoltà.

GIORGIO LA MALFA. Signor Presidente, quello che colpisce di questa discussione è il fatto che gli interventi dei colleghi affrontano questioni fondamentali, rendendo il dibattito elevato. Esiste, quindi, una contraddizione tra la fase in cui ci troviamo, ovvero quella dell'esame degli emendamenti - in cui di fatto la discussione a carattere generale dovrebbe essere esaurita - e la portata fondamentale, dal punto di vista politico e costituzionale, degli interventi che ascoltiamo.
Sono inoltre colpito dal fatto che i contrasti non riflettono un'opinione ormai perfettamente formata nello schieramento di centrodestra, contrapposta ad una posizione comune dell'opposizione. Infatti, le mie posizioni, come quelle dell'onorevole Tabacci e di altri colleghi, non coincidono - lo dico con grande rispetto - con quelle dell'onorevole Carrara. Ugualmente, le posizioni dell'onorevole Soda non coincidono con quelle dell'onorevole Maura Cossutta, così come quelle dell'onorevole Mantini con quelle dell'onorevole Gerardo Bianco.
L'impressione che ne traggo è che stiamo entrando nel dettaglio di una riforma costituzionale, mentre molte questioni di fondo sull'assetto che vogliamo dare al nostro Stato devono ancora essere chiarite completamente. Sulle questioni della cosiddetta devoluzione, attraverso la lunga elaborazione svolta nell'arco di questa legislatura e della precedente, il Parlamento è pervenuto ad una visione abbastanza completa e la maggioranza si è formata un'opinione comune di come procedere, pur differenziata da quella dell'opposizione. Invece, su tutto il resto ci muoviamo su un terreno molto più incerto.
Ad esempio, non condivido il giudizio espresso dall'onorevole Carrara sull'immagine che lui ha proposto degli ultimi cinquant'anni. Onorevole Carrara, se vuole che le parli da economista, le ricordo che quei cinquant'anni di instabilità hanno reso l'Italia il settimo paese industriale del mondo, mentre i dieci anni di stabilità la stanno portando al venticinquesimo posto (Applausi dei deputati dei gruppi Misto-Liberal-democratici, Repubblicani, Nuovo PSI e dell'Unione dei democratici cristiani e dei democratici di centro)!
Stiamo attenti, perché quei cinquant'anni e quell'instabilità non erano figli di un sistema costituzionale, bensì delle condizione politiche dell'Italia nel dopoguerra. Ma se il 35 per cento dei parlamentari che sedevano alla Camera non potevano per ragioni storiche o di politica estera partecipare alla formazione delle maggioranze, è chiaro che l'unica forma di flessibilità diventavano le crisi di Governo e i cambiamenti dei Presidenti del Consiglio nonché dei ministri. Il superamento di quella situazione non è dovuto alla nuova Costituzione, bensì alle nuove condizioni politiche, perché nessuna Costituzione al mondo vi imporrebbe di accettare la collaborazione con un partito erede della storia del Novecento, se lo stesso partito non fosse cambiato nei suoi fondamenti, sia a destra che a sinistra.
Non esiste una Costituzione che possa dare un diritto a chi non lo ha avuto cinquant'anni fa a sedere nei governi per i prossimi cinquant'anni. Ci sono condizioni politiche ed ora stiamo rischiando, onorevoli Mantini e Monaco, di imporre il bipolarismo, quando le condizioni per la sua esistenza sono state già determinate dall'evoluzione politica della vita italiana e di quella internazionale.
Rischiamo di darci regole così stringenti da non poter funzionare. Faccio queste affermazioni, collegandomi anche successivo all'articolo 92 della Costituzione, dove scriveremo - anzi, scriverete perché non lo voterò, onorevoli colleghi della maggioranza - una norma che prescrive al Presidente della Repubblica di designare il Presidente del Consiglio, eletto a maggioranza grazie ad una legge elettorale congegnata in modo da poter determinare tale risultato. Ma può la Costituzione imporre al Parlamento di scrivere una legge elettorale di un certo tipo? E se quel Parlamento, nato dopo la riforma costituzionale, non scriverà una legge elettorale che consente di identificare un primo ministro, cosa succederà della società italiana? Non avrà un primo ministro? Sono problemi troppo complessi.
Onorevoli colleghi, non mi sento di votare questa parte della riforma costituzionale. In linea di massima, mi asterrò, riservandomi di esprimere voto favorevole o contrario su ciascun emendamento. Chiedo al Parlamento di voler riesaminare, con un atto di coraggio politico, se vi sono le condizioni per proseguire l'esame (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Liberal-democratici, Repubblicani, Nuovo PSI e di deputati dei gruppi della Margherita, DL-L'Ulivo, dell'Unione dei democratici cristiani e dei democratici di centro, di Rifondazione comunista e Misto-Comunisti italiani).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mascia. Ne ha facoltà.

GRAZIELLA MASCIA. Signor Presidente, intervengo brevemente, anche se questo dibattito meriterebbe più tempo, per sottolineare un aspetto di carattere esclusivamente politico.
Sono emerse dalla discussione le numerose differenze, dal punto di vista culturale, esistenti rispetto alle posizioni dei colleghi del centrosinistra, non solo sul sistema elettorale, ma anche sul concetto di rappresentanza e persino sul rapporto del Parlamento con la società e con il conflitto sociale (si tratta di temi su cui continueremo a discutere).
Abbiamo invece ascoltato alcune affermazioni, in particolare dell'onorevole Tabacci, dalle quali emergono posizioni vicine alle nostre, ad esempio sul sistema elettorale e sulle norme antiribaltone, che costituiscono un male per la democrazia e introducono un irrigidimento del sistema che non serve a nessuno. Mi preme tuttavia sottolineare, onorevole Tabacci, che a differenza dall'onorevole Soda, il quale pensa che lei sia rimasto a dieci anni fa, ritengo che lei si collochi nell'attualità politica: dovrebbe spiegare, infatti, come si conciliano le sue affermazioni quotidiane con la firma apposta dal suo capogruppo agli emendamenti della maggioranza.
Ritengo si tratti di un'operazione politica: da tre mesi l'UDC dice una cosa sui giornali, ne fa un'altra in Commissione e ne fa un'altra ancora in Assemblea. Credo si tratti di una strategia volta a camuffare l'operazione vergognosa di destrutturazione delle norme democratiche della Costituzione vigente e a cercare di dare dignità, o comunque una faccia moderata e dialogante, alla vostra maggioranza. I suoi interventi, onorevole Tabacci, non vi possono assolvere dalla pesante responsabilità che porterete insieme alla vostra maggioranza (Applausi dei deputati dei gruppi di Rifondazione comunista e dei Democratici di sinistra-L'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Violante. Ne ha facoltà.

LUCIANO VIOLANTE. Signor Presidente, neppure noi siamo fautori di un sistema proporzionale puro. Richiamo l'attenzione sul fatto che quel sistema si resse e dette stabilità al paese - come ha correttamente osservato l'onorevole La Malfa - perché vi era una clausola che escludeva una parte del mondo politico dalla partecipazione al Governo, di cui, per ragioni storiche diverse, facevano parte sia il suo partito di provenienza, onorevole Carrara, sia il mio.
Si trattava tuttavia di un'instabilità apparente: lei ha citato, onorevole Carrara, il cambiamento dei governi, ma a ciò non corrispondeva il cambiamento della classe dirigente. I partiti erano forti; le farò avere anche i dati sul livello di rotazione dei ministri, che era bassissimo. Vi era un numero ridottissimo di nuovi ministri, ma vi erano frequenti cambiamenti di incarico, per una ragione democratica attinente alla struttura della Democrazia cristiana: si voleva evitare, in un sistema bloccato, che pochi uomini avessero troppo potere, e le crisi di governo erano volte a favorire la rotazione dei soggetti che gestivano le responsabilità. Si trattava, dunque, di un sistema con punti di riferimento completamente diversi dai nostri.
Per quanto riguarda la situazione attuale, la nostra critica di fondo al progetto in esame non riguarda il bipolarismo, di cui siamo sostenitori, bensì l'irrigidimento: quando si pone la vita di un Governo nelle mani di piccole minoranze, si reca comunque un danno alla politica. Nel momento in cui si prevede che le maggioranze debbano restare immutate, si consegna sostanzialmente a una ristretta minoranza della maggioranza una notevole capacità di ricatto.
Onorevoli colleghi, tale capacità di ricatto si esercita molto di più restando nel Governo e condizionandolo - a livello di ministeri, sottogoverno, e via dicendo - di quanto non si possa fare uscendone. Non auspichiamo i cambiamenti di maggioranza: riteniamo che il voto che elegge una coalizione debba essere rispettato. Tuttavia, tale esigenza deve essere contemperata con il regime parlamentare che stiamo costruendo.

PRESIDENTE. Onorevole Violante, la prego di concludere.

LUCIANO VIOLANTE. Concludo, signor Presidente.
Il punto di dissenso rispetto alla maggioranza è su tale questione.
Noi crediamo che l'impalcatura, così com'è stata impostata, sia troppo rigida e consegni il Presidente del Consiglio ed il Governo nelle mani di ristrette minoranze all'interno della maggioranza. Perché, se vi è stato un problema di crisi, evidentemente una parte della maggioranza non è d'accordo!
Crediamo che le nostre proposte emendative rappresentino una soluzione a ciò; ma, comunque, chiediamo di verificare attentamente questa situazione, perché riteniamo che sarebbe utile se trovassimo un modo per mantenere il bipolarismo ed il divieto di cambio di maggioranze ed evitare che un ristretto numero di parlamentari abbia in mano la sorte della maggioranza di Governo (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Pacini. Ne ha facoltà.

MARCELLO PACINI. Desidero raccomandare che questa grande opera che ci accingiamo a compiere, la modifica della Costituzione della Repubblica, si svolga con una continuità positiva con la storia dell'intera Repubblica, anche perché, tecnicamente, interessa proprio l'applicazione dell'articolo 138 della Costituzione.
Credo che, a causa del cambiamento delle condizioni politiche, occorra avere il coraggio di modificare non solo la forma di Stato ma anche quella di Governo. Sono perfettamente e favorevolmente convinto dell'opportunità di votare il nuovo articolo che ci è stato presentato. Vorrei, però, precisare che la tradizione che ci lega al passato è estremamente positiva: l'Italia repubblicana ha saputo superare profondissime divisioni. Semmai, il problema che abbiamo di fronte è di non creare oggi altre divisioni artificiali, che costituirebbero un passo indietro.
Quindi, mi permetto di invitare l'opposizione a guardare con meno sospetto il programma di riforma che stiamo portando avanti. Devo, però, anche invitare i miei colleghi della maggioranza a non pensare che questa nuova riforma rappresenti una rottura completa con il passato. Non sarebbe nell'interesse di tutti: l'Italia è cresciuta proprio con la Costituzione che ci accingiamo a cambiare. Possiamo affermare che la nostra Carta costituzionale ormai non sia più adeguata ma sicuramente ha svolto in maniera estremamente efficace i suoi compiti, in tempi in cui, all'interno del nostro paese, vi erano altre circostanze politiche e etiche.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Intini. Ne ha facoltà.

UGO INTINI. In effetti, in 53 anni abbiamo avuto continue crisi di Governo. Ma non vi è stata instabilità, perché i partiti di Governo erano quasi sempre gli stessi e ciascun partito aveva chiari programmi, coerenza e continuità. Abbiamo avuto per decenni - se si guarda bene - non un eccesso di instabilità ma di stabilità: una mancanza di ricambio che poi ha contribuito al degrado ed al crollo della prima Repubblica. Questo non significa essere laudatores temporis actis, come prima si è detto.
Certo, la distruzione di un sistema politico ha coinciso negli ultimi anni con il declino del paese. Anche perché si è avviata, dopo la prima Repubblica, una transizione infinita. La prima Repubblica è stata distrutta ma la seconda non è stata ancora costruita. Peggio - ed è questo che ci preoccupa in questi giorni -, si pretende di costruirla in questo modo; e, cioè, a colpi di maggioranza, a colpi di accetta (Commenti dei deputati del gruppo della Lega Nord Federazione Padana)... e senza una spinta ideale e culturale vera!
Si pretende di costruire la seconda Repubblica (come è evidente in tutti i passaggi) partendo da almeno tre sospetti pregiudiziali: il sospetto verso lo Stato nazionale e la sua storia, il sospetto verso la politica (infatti si tenta con espedienti tecnico-giuridici di sostituire la politica), il sospetto verso i partiti e verso il Parlamento e la sua necessità - che gli è connaturale - di lunghi dibattiti, di mediazioni e anche di nuovi equilibri trovati al suo interno.
Non si può, onorevoli colleghi, costruire la Repubblica in questo contesto: bisogna ripartire da zero. Il vento di un referendum deve spazzare i pasticci fatti in questa interminabile transizione e consentire di ripartire da zero. Noi speriamo di ripartire da zero in un clima costituente, non in questo (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Socialisti democratici italiani).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Volontè. Ne ha facoltà.

LUCA VOLONTÈ. Signor Presidente, intervengo a titolo personale con il pochissimo tempo a disposizione per dare atto al presidente Violante di alcune osservazioni positive (e anche evolutive di alcuni pensieri di qualche mese e settimana fa), svolte nell'ultimo intervento, e per invitare tutti a riflettere sulla opportunità di continuare questo approfondimento. La riflessione riguarda certamente il sistema di elezione dei deputati (che per noi è proporzionale di coalizione), la stabilità del Governo e la sua governabilità, la governabilità all'interno di un Parlamento nel quale la maggioranza non possa ricattare il premier e nello stesso tempo non sia ricattata, e lo stesso Parlamento abbia la possibilità di bilanciare i poteri del premier. Inoltre, occorre approfondire come questo sia possibile all'interno di un sistema in cui nemmeno una parte della maggioranza possa essere talmente indispensabile e necessaria da poter ricattare l'intera maggioranza e lo stesso premier e nello stesso tempo tenere sotto scacco l'intero Parlamento.
Io immagino, anzi so per certo, che è possibile riflettere su questo, approfondire il tema rispetto all'utilità dei ragionamenti fatti in quest'aula da tutti i colleghi a partire da Carrara, La Malfa, Violante, Tabacci ed altri, dal titolo III in poi, cioè dall'articolo 91 a quelli successivi.
Devo, però, dire - mi permetto di dirlo negli ultimi secondi - all'onorevole Mascia che quanto alla posizione dell'UDC, come lei sa e come alcuni suoi compagni di coalizione sanno, gli emendamenti da noi presentati a luglio sono stati recepiti dalla maggioranza, e diventati patrimonio sul quale iniziare un confronto che si sta dimostrando utile all'interno del Parlamento.
Forse non ricorda, l'onorevole Mascia, che a proposito di questi emendamenti, molti dei leader della coalizione cui lei appartiene avevano assicurato un voto favorevole allora, mentre oggi lo hanno dimenticato.
Mi permetto di fare un'ultima battuta, Presidente, in questo poco tempo rimasto, invitando tutti gli autorevoli esponenti politici di questa Assemblea a rimandare la riflessione su ciò che avvenne negli ultimi cinquant'anni ad un'altra sede. Lo dico io che non sono appartenuto alla storia politica di questi cinquant'anni della cosiddetta 'Prima Repubblica, perché molte riflessioni sono state solo accennate in questa sede e bisognerebbe approfondirle.

Forse lo strumento, da noi individuato, di approfondire l'esame in una Commissione di indagine sarebbe stato utile anche al fine di riflettere, non solo del bene e del male degli ultimi cinquant'anni, ma anche del perché alcuni esponenti, che oggi citano con orgoglio quella esperienza, contribuirono fortemente affinché quella esperienza finisse.
Io, che ero fuori da quell'esperienza, vorrei anche poter spiegare ai miei figli come mai molti di quelli che oggi rilevano l'utilità di quel sistema e anche i benefìci, oltre alle cose negative accadute, quando venne il momento di alzarsi in questo Parlamento e di dichiarare il bene e il male non ebbero il coraggio di farlo!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Grandi. Ne ha facoltà.

ALFIERO GRANDI. Signor Presidente, devo dire di essere d'accordo con l'onorevole La Malfa, che non si può valutare questa riforma un «pezzo» alla volta. Un Presidente della Repubblica, devitalizzato, ridotto di poteri, ha di fronte un altro dominus, che è il nuovo Presidente del Consiglio, o Capo del Governo, chiamatelo come volete, che è un Presidente del Consiglio senza un equilibrio di poteri, di fronte e con in mano, in sostanza, la maggioranza che lo ha eletto, perché non vi è dubbio sul fatto che abbia un'arma di ricatto enorme nei confronti della maggioranza.
Questa non è stabilità, è una cosa diversa: è una semplificazione terribile del modo di lavorare. Sul passato ci possono essere opinioni diverse.
Non ho difficoltà ad affermare che non sono un entusiasta, e non lo ero, della Commissione bicamerale e dei suoi lavori. Forse anche per questo, faccio minor fatica a districarmi nell'ambito delle richieste di coerenza. Però, ritengo sia un errore tornare al passato ogni volta che ci deve essere un'opinione sul futuro, perché oggi siamo di fronte ad un problema concreto. Come hanno affermato altri colleghi - tra cui, sicuramente, l'onorevole Tabacci - questo sistema non ha equilibrio. Un conto è cercare la stabilità, un altro è cercare la monocrazia, il potere di decidere in modo unilaterale. L'equilibrio vuole altri poteri; vuole, appunto, un equilibrio tra i poteri costituzionali. Con questa norma si conclude una modifica sbagliata.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul subemendamento Boccia 0.23.201.2, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
Prego i colleghi di votare ciascuno per sé.
(Segue la votazione).

PIERO RUZZANTE. Signor Presidente, guardi lì!

PRESIDENTE. Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (
Vedi votazioni).
(Presenti 380
Votanti 375
Astenuti 5
Maggioranza 188
Hanno votato
154
Hanno votato
no 221).

Passiamo alla votazione del subemendamento 0.23.201.25 della Commissione.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Amici. Ne ha facoltà.

SESA AMICI. Questo subemendamento della Commissione, con una modifica, pone una questione, per così dire, anche di sostanza, cioè che la mozione di sfiducia non sia semplicemente votata ma approvata con votazione. Anche questa potrebbe apparire come una questione semplicemente semantica ma è del tutto evidente che la necessità di questo elemento, per così dire, rafforzativo, anche in termini lessicali, testimonia di una concezione pregnante rispetto alle argomentazioni. Del resto, mi pare del tutto evidente come la discussione svoltasi poco fa - che ogni tanto si infiamma - sulle proposte emendative testimoni la necessità che per l'esame delle modifiche alla nostra Costituzione ci sia sul serio non solo una Costituente ma anche uno spirito tale da poter intervenire nel merito di un giudizio sulle fasi politiche e, soprattutto, da poter evitare che il giudizio sulle fasi politiche si traduca immediatamente, in maniera meccanica, nella articolazione di tipo normativo. Lo affermo perché è veramente singolare che noi apriamo un dibattito sul giudizio relativo alla transizione ormai apertasi da troppo tempo in questo paese, sia sul piano politico, sia sul piano dei meccanismi elettorali, ed è singolare che noi tentiamo di dare una risposta, per così dire, affrettata, se non addirittura inutile, cercando di forzare quella transizione in base al giudizio che ne esprimiamo.
È del tutto evidente che sto intervenendo anche in riferimento all'emendamento Vito 23.201, perché mi pare che anche in questo caso siamo di fronte ad un elemento simile. Esso prevede che la fiducia - che, come giustamente si dice, deve essere approvata con votazione - sia legata ad un tema sul quale siamo nettamente contrari: si parla, infatti, della maggioranza espressa dalle elezioni. Vorrei ricordare a me stessa e anche gli altri colleghi che già la proposta di modifica dell'articolo 92 della Costituzione introduce, quasi come un ombrello costituzionale, la costituzionalizzazione della legge elettorale. Lo affermo perché, in quella proposta di modifica dell'articolo 92 esplicitamente è detto che, da questo punto di vista, sarà la legge a determinare la maggioranza espressa dalle elezioni. Questa operazione, anche questa, è molto fine e molto chiara nella sua, per così dire, incapacità di stare all'interno di un ragionamento leale, nella discussione sulle norme costituzionali. Perciò, di fatto, si sta cercando di inserire nella Costituzione la costituzionalizzazione della legge elettorale, quasi una risposta a quel bisogno di transizione irrisolto che sta ponendo tante questioni, anche di merito, nella discussione appena svoltasi.
Noi ci asterremo sul subemendamento 0.23.201.25 della Commissione ed esprimeremo voto contrario sull'emendamento Vito 23.201, perché ci pare che il problema della mozione di sfiducia non possa essere legato a quello della maggioranza espressa. Infatti, della questione della maggioranza espressa nelle elezioni non ci è dato conto, in quanto si possono determinare situazioni anche diverse. La maggioranza si esprime nel Parlamento.
Avremmo preferito la formulazione contenuta in un'altra nostra proposta emendativa che prevedeva che non si decretasse lo scioglimento della Camera semplicemente legando la coerenza del risultato delle elezioni della Camera con il programma di legislatura. Si tratta di due concezioni completamente diverse di cui una determina in quella maggioranza, espressa dall'elezione, un elemento di costrizione e non di dialettica politica.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Boato, al quale ricordo che ha un minuto di tempo a sua disposizione. Ne ha facoltà.

MARCO BOATO. Signor Presidente, condivido le considerazioni di carattere generale che poc'anzi... Presidente, un minuto a disposizione va bene, ma preferirei che non vi fosse un comizio, qui, accanto a me (Commenti dei deputati del gruppo della Lega Nord Federazione Padana)!

PRESIDENTE. Ha ragione, onorevole Boato. Colleghi, per favore, consentite all'onorevole Boato di intervenire.

MARCO BOATO. Condivido le considerazioni di carattere generale che, poco fa, opportunamente ha svolto la collega Amici e che riprendono quelle dei colleghi Bressa, Leoni, Marone ed altri.
Annuncio (e preannuncio nel contempo il voto contrario sull'emendamento Vito 23.201, sul quale interverremo successivamente) l'astensione sul subemendamento 0.23.201.25 della Commissione, che, sia pure nel quadro di un emendamento che respingeremo, propone una correzione formale condivisibile dell'emendamento Elio Vito 23.201, laddove sostituisce l'espressione «e votata», con le parole «e approvata con votazione». Infatti, il termine «votata» non significa alcunché; si può votare a favore, contro o astenersi. Il Comitato dei nove, giustamente, precisa che la mozione di sfiducia deve essere «approvata con votazione».
Ci asterremo, lo ripeto, sul subemendamento in esame e successivamente spiegheremo i motivi che ci indurranno ad esprimere un voto contrario sull'emendamento Elio Vito 23.201. La ringrazio, Presidente, e ringrazio anche i colleghi del gruppo della Lega per la loro tolleranza.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà.

GIANCLAUDIO BRESSA. Signor Presidente, è evidente che il subemendamento della Commissione in esame ha un carattere squisitamente formale e spiega meglio il concetto, ma è altrettanto evidente che il concetto che chiarisce è assolutamente estraneo e, dunque, non lo possiamo condividere.
Stiamo ragionando sulla cosiddetta mozione di sfiducia al premier, un atto che, in questo caso, è presentato dai rappresentanti della stessa maggioranza, perché - come più volte avete sostenuto - il vostro sarebbe un meccanismo che si basa sulle regole del parlamentarismo, cosa del tutto destituita di ogni fondamento. Infatti, la scrittura del vostro emendamento dimostra che non tenete in alcuna considerazione il Parlamento ed i parlamentari. Prevedere che una mozione di sfiducia debba essere sottoscritta in numero non inferiore alla maggioranza dei componenti della Camera significa che dividete l'Assemblea in deputati di serie A e in deputati di serie B, tra chi può sottoscrivere la mozione e chi non la può sottoscrivere. Per di più, accogliete un meccanismo ed un principio che rendono prigioniera la maggioranza del proprio premier. Vorrei richiamare lo stesso esempio che ho fatto precedentemente: basta un gruppo molto limitato di deputati fedelissimi del premier che non sottoscrivano la mozione di sfiducia e la maggioranza non è condizione di sfiduciare il proprio leader, anche se ha intenzione di cambiarlo con un altro personaggio politico espressione di quella stessa maggioranza. Questo modo di ingabbiare, di ingessare, di utilizzare la Costituzione per forzare il sistema politico è profondamente sbagliato. La politica deve essere libera di esprimersi, di costruire la propria storia, di costruire le proprie proposte. Cercare di ingabbiare la politica con l'ingegneria costituzionale è un errore di una gravità assoluta. Le Costituzioni che pretendono di forzare la storia politica di un paese, immaginando un futuro sempre uguale a se stesso, perché le ragioni politiche del momento, della convenienza del momento, si trasformano in precetto costituzionale, sono profondamente sbagliate.
È una riforma che non tiene minimamente in conto l'apporto culturale del costituzionalismo moderno che consiste nell'opporre un limite alla politica. Infatti, le Costituzioni servono proprio affinché il potere della politica non diventi strapotere e arbitrio della stessa; servono per dare una regola e per stabilire un limite alla politica. State approntando, invece, una riforma dove la politica prevale sul diritto costituzionale e dove, altresì, la politica prevarica la storia costituzionale del paese. Ciò è profondamente sbagliato sicché, per tali motivi, preannuncio il nostro voto contrario all'approvazione dell'emendamento Elio Vito 23.201; ci asterremo, invece, dal voto per quanto riguarda il subemendamento 0.23.201.25 della Commissione...

 

 

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE PIER FERDINANDO CASINI (ore 12,50)

 

GIANCLAUDIO BRESSA... in quanto, dinanzi alle correzioni di forma, non siamo così protervamente oppositori da votare contro (Applausi dei deputati dei gruppi della Margherita, DL-L'Ulivo, dei Democratici di sinistra-L'Ulivo e Misto-Verdi-L'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Marone. Ne ha facoltà.

RICCARDO MARONE. Signor Presidente, l'errore formale che si vuole correggere con la proposta emendativa della Commissione è alquanto indicativo della scarsa rilevanza attribuita all'Assemblea. Ricordo che nel testo approvato dal Senato si prevede sia sufficiente, addirittura senza l'espressione di alcun voto da parte dell'Assemblea, la sola firma della mozione.
L'avere più volte dimenticato che in questa Assemblea si vota e che le determinazioni poste in votazione possono essere approvate o respinte indica bene tale circostanza; infatti, con il termine «votata» volevate significare votata come vuole il premier, perché il vostro concetto di maggioranza parlamentare è di eseguire le decisioni del premier. Quindi, era evidente che questa mozione dovesse essere approvata se «qualcuno» lo richiedeva; poi, giustamente avete fatto una riflessione e avete proposto la modifica. Però, ciò è indicativo di un ragionamento complessivo portato avanti in tutta la riforma costituzionale. La ringrazio, Presidente.

PRESIDENTE. Onorevole Bruno, lei, in qualità di presidente della Commissione bilancio, aveva preannunciato un suo intervento (Si ride) ... Mi scusi, onorevole, ma, per così dire, sono ossessionato dall'onorevole Giancarlo Giorgetti sicché, ogni tanto, mi sbaglio.

DONATO BRUNO, Relatore. Signor presidente, non è la prima volta che lei mi scambia...

PRESIDENTE. Le domando scusa, ma poiché l'onorevole Giancarlo Giorgetti siede proprio dietro di lei, a volte mi sbaglio.

DONATO BRUNO, Relatore. Signor Presidente, dalle considerazioni anche informali acquisite dai colleghi, le chiederei, anche apprezzata la situazione, di sospendere i nostri lavori in modo da consentire al Comitato dei nove, come già si è fatto venerdì scorso in analoga situazione, di riflettere ulteriormente sul subemendamento 0.23.201.25 della Commissione.

MAURA COSSUTTA. Bravi!

PRESIDENTE. Sta bene, onorevole Bruno.

Rinvio, dunque, il seguito del dibattito ad altra seduta.


 

 


Allegato A
Seduta n. 524 dell'8/10/2004


 

DISEGNO DI LEGGE COSTITUZIONALE: S. 2544 - MODIFICAZIONI DI ARTICOLI DELLA PARTE II DELLA COSTITUZIONE (APPROVATO, IN PRIMA DELIBERAZIONE, DAL SENATO DELLA REPUBBLICA) (4862) ED ABBINATE PROPOSTE DI LEGGE COSTITUZIONALI ZELLER ED ALTRI; BIELLI; SPINI E ANGIONI; BUTTIGLIONE ED ALTRI; CONTENTO; COLA; PISAPIA; SELVA; SELVA; SELVA; BIANCHI CLERICI; PERETTI; VOLONTÈ; PISAPIA; LUSETTI ED ALTRI; ZACCHEO; MANTINI ED ALTRI; SODA; OLIVIERI E KESSLER; COSTA; SERENA; PISICCHIO ED ALTRI; BOLOGNESI ED ALTRI; PAROLI; BUONTEMPO; ZELLER ED ALTRI; COLLÈ; VITALI ED ALTRI; MAURANDI ED ALTRI; OLIVIERI; BOATO; STUCCHI; CENTO; MONACO; PACINI; CONSIGLIO REGIONALE DELLA PUGLIA; CONSIGLIO REGIONALE DELLA PUGLIA; CHIAROMONTE ED ALTRI; CABRAS ED ALTRI; MANTINI; LA MALFA; BRIGUGLIO ED ALTRI; FRANCESCHINI; PISAPIA; COSTA; PERROTTA ED ALTRI; FIORI (72-113-260-376-468-582-721-874-875-877-966-1162-1218-1287-1403-1415-1608-1617-1725-1805-1964-2027-2116-2123-2168-2320-2413-2568-2909-2994-3058-3489-3523-3531-3541-3572-3573-3584-3639-3684-3707-3885-4023-4393-4451-4805-5044)

 

(A.C. 4862 ed abb. - Sezione 1)

 

ARTICOLO 23 DEL DISEGNO DI LEGGE COSTITUZIONALE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE

 

Art. 23.
(Scioglimento della Camera dei deputati).

 

1. L'articolo 88 della Costituzione è sostituito dal seguente:
«Art. 88. - Il Presidente della Repubblica decreta lo scioglimento della Camera dei deputati ed indìce le elezioni, da tenersi non oltre i successivi sessanta giorni, nei seguenti casi:
a) su richiesta del Primo ministro, che ne assume la esclusiva responsabilità;
b) in caso di morte del Primo ministro o di impedimento permanente accertato secondo le modalità fissate dalla legge;

c) in caso di dimissioni del Primo ministro;

d) nel caso di cui all'articolo 94, terzo comma.

Il Presidente della Repubblica non emana il decreto di scioglimento nei casi di cui alle lettere a), b) e c) del primo comma, qualora entro dieci giorni venga presentata alla Camera dei deputati una mozione, sottoscritta dai deputati appartenenti alla maggioranza espressa dalle elezioni in numero non inferiore alla maggioranza dei componenti della Camera, nella quale si dichiari di voler continuare nell'attuazione del programma e si indichi il nome di un nuovo Primo ministro».

 

 

PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO 23 DEL DISEGNO DI LEGGE COSTITUZIONALE

 

ART. 23.
(Scioglimento della Camera dei deputati).

 

Al comma 1, capoverso Art. 88, primo comma, alinea, sostituire le parole da: decreta fino alla fine del capoverso con le seguenti: , su richiesta del Primo Ministro, ovvero nel caso in cui non sia possibile formare un Governo coerente con il risultato delle elezioni, decreta lo scioglimento della Camera dei deputati ed indice le elezioni entro i successivi sessanta giorni.
Qualora, entro dieci giorni dalla richiesta, venga presentata da almeno un quarto dei componenti della Camera una mozione, nella quale si dichiari di voler continuare nell'attuazione del programma di Governo e si indichi il nome di un nuovo Primo Ministro, essa è posta in votazione entro i successivi cinque giorni. Nel caso in cui la mozione venga approvata, il Presidente della Repubblica non emana il decreto di scioglimento qualora verifichi che la nomina del Primo Ministro indicato nella mozione e il voto della Camera sono coerenti col risultato delle elezioni per la Camera dei deputati e col programma di legislatura.
In caso di scioglimento della Camera successivo all'approvazione della mozione di cui al comma precedente o di una mozione di sfiducia, il Presidente della Repubblica nomina un governo di garanzia elettorale.
23. 5. Leoni, Boato, Bressa, Amici, Cabras, Cusumano, Fistarol, Intini, Loiero, Maccanico, Maran, Marone, Montecchi, Olivieri, Pappaterra, Soda, Zanella, Fanfani.

Al comma 1, capoverso Art. 88, primo comma, alinea, sopprimere le parole: , da tenersi non oltre i successivi sessanta giorni,
23. 250. La Commissione.
(Approvato)

Al comma 1, capoverso Art. 88, primo comma, lettera a), sopprimere le parole: , che ne assume la esclusiva responsabilità.
23. 73. Bressa, Boato, Leoni, Maura Cossutta, Titti De Simone, Pappaterra, Cusumano, Zanella, Fanfani.

 

Subemendamenti all'emendamento 23. 200.

All'emendamento 23. 200, alla parte consequenziale, sostituire le parole da: dei deputati appartenenti fino alla fine dell'emendamento, con le seguenti: di un quarto dei componenti della Camera, nel caso in cui la mozione venga approvata il Primo ministro in carica si dimette. Il Presidente della Repubblica non emana il decreto di scioglimento qualora verifichi che la nomina del Primo Ministro indicato nella mozione e il voto della Camera sono coerenti con il risultato delle elezioni della Camera dei deputati e con il programma di legislatura.
0. 23. 200. 2. Bressa, Boato, Leoni, Pappaterra, Cusumano, Zanella, Detomas, Maran, Cento, Cabras, Fistarol, Loiero, Marone, Maccanico, Franceschini, Sinisi, Montecchi, Olivieri, Soda, Mazzuca Poggiolini.

All'emendamento 23. 200, alla parte consequenziale, dopo le parole: alla maggioranza dei componenti della Camera, aggiungere le seguenti: ovvero qualora incorra in situazioni di conflitto di interessi, non sanate a norma della legge vigente,
0. 23. 200. 1. Mazzuca Poggiolini.

Al comma 1, capoverso Art. 88, primo comma, lettera c), aggiungere, in fine, le parole: , salva l'ipotesi di cui all'articolo 94, quarto comma.

Conseguentemente, all'articolo 28, comma 1, capoverso Art. 94, aggiungere, in fine, il seguente comma:
«Qualora sia presentata una mozione di sfiducia, con l'indicazione di un nuovo Primo ministro, da parte dei deputati appartenenti alla maggioranza espressa dalle elezioni in numero non inferiore alla maggioranza dei componenti della Camera, il Primo ministro in carica si dimette. Il nuovo Primo ministro illustra alle Camere, entro cinque giorni, il programma, sul quale la Camera dei deputati si esprime con voto per appello nominale».
23. 200. Elio Vito, Anedda, Volontè, Cè, La Malfa, Moroni.

Al comma 1, capoverso Art. 88, primo comma, sopprimere la lettera d).
23. 74. Leoni, Bressa, Boato, Maura Cossutta, Alfonso Gianni, Pappaterra, Cusumano, Zanella, Fanfani.

Al comma 1, capoverso Art. 88, sopprimere il secondo comma.
23. 71. Taormina.

Al comma 1, capoverso Art. 88, sostituire il secondo comma con il seguente:
«Il Presidente della Repubblica non procede all'emanazione del decreto di scioglimento richiesto dal Presidente del Consiglio dei ministri nel caso in cui, entro dieci giorni da tale richiesta, venga presentata alla Camera dei deputati una mozione, sottoscritta da un numero di deputati non inferiore alla maggioranza dei componenti della Camera, nella quale si dichiari di voler continuare nell'attuazione del programma di governo e si indichi il nome di un nuovo Primo ministro, ed il Presidente della Repubblica ritenga che l'indicazione fornita e la maggioranza che ha sottoscritto la mozione siano coerenti con il risultato delle elezioni politiche e con il proseguimento dell'attuazione del programma di governo».
23. 3. Mantini.

 

Subemendamenti all'emendamento 23. 201.

All'emendamento 23. 201., sostituire la parola: venti con la seguente: dieci.
0. 23. 201. 2. Boccia.

All'emendamento 23. 201., sostituire le parole: e votata con le seguenti: e approvata con votazione.
0. 23. 201. 25. La Commissione.

All'emendamento 23. 201., sostituire le parole: dai deputati appartenenti alla con la seguente: almeno dai deputati eletti nella.
0. 23. 201. 1. Boccia.

All'emendamento 23.201, sostituire le parole: si indichi il nome di con le seguenti: si designi.

Conseguentemente, al medesimo emendamento sostituire la parola: indicato con la seguente: designato.
0. 23. 201. 26 (Nuova formulazione) . La Commissione.

Al comma 1, capoverso Art. 88, secondo comma, sostituire le parole da: entro dieci giorni fino alla fine del comma, con le seguenti: alla Camera dei deputati, entro i venti giorni successivi, venga presentata e votata per appello nominale dai deputati appartenenti alla maggioranza espressa dalle elezioni in numero non inferiore alla maggioranza dei componenti della Camera, una mozione nella quale si dichiari di voler continuare nell'attuazione del programma e si indichi il nome di un nuovo Primo ministro. In tal caso, il Presidente della Repubblica nomina il nuovo Primo ministro indicato.
23. 201. Elio Vito, Anedda, Volontè, Cè, La Malfa, Moroni.

Al comma 1, capoverso Art. 88, secondo comma, sostituire le parole da: entro dieci giorni fino alla fine del comma, con le seguenti: la Camera dei deputati approvi una mozione presentata entro dieci giorni e sottoscritta da almeno un terzo dei suoi componenti, nella quale si indichi il nome di un nuovo Primo ministro. La mozione è posta in votazione entro cinque giorni dalla sua presentazione.
23. 75. Tabacci, Malgieri, La Malfa, Craxi, Cossa, Giuseppe Gianni.

Al comma 1, capoverso Art. 88, secondo comma, sostituire le parole da: dai deputati appartenenti fino a: programma e con le seguenti: da un numero di deputati non inferiore alla maggioranza dei componenti della Camera, nella quale.

Conseguentemente:
al medesimo capoverso, dopo il secondo comma, aggiungere il seguente:
«Il Presidente della Repubblica, in caso di prolungata impossibilità di funzionamento del Senato federale della Repubblica, può decretarne lo scioglimento, sentito il suo Presidente. Non può esercitare tale facoltà negli ultimi sei mesi del suo mandato, salvo che essi coincidano in tutto o in parte con gli ultimi sei mesi della legislatura.»
all'articolo 24, capoverso Art. 89, terzo comma, dopo le parole: lo scioglimento aggiungere le seguenti: del Senato federale della Repubblica e;
alla rubrica, dopo la parola: Scioglimento aggiungere le seguenti: del Senato federale della Repubblica e.
23. 72. Perrotta.


 

 


 

RESOCONTO

SOMMARIO E STENOGRAFICO

 


______________   ______________


 

525.

 

Seduta di lunedì 11 oTTOBRE 2004

 

 

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE

PUBLIO FIORI

indi

DEL VICEPRESIDENTE

FABIO MUSSI

E DEL PRESIDENTE

PIER FERDINANDO CASINI

 

 


Seguito della discussione del disegno di legge costituzionale: S. 2544 - Modificazione di articoli della parte II della Costituzione (Approvato, in prima deliberazione, dal Senato) (4862) e delle abbinate proposte di legge costituzionale: Zeller ed altri; Bielli; Spini e Angioni; Buttiglione ed altri; Contento; Cola; Pisapia; Selva; Selva; Selva; Bianchi Clerici; Peretti; Volontè; Pisapia; Lusetti ed altri; Zaccheo; Mantini ed altri; Soda; Olivieri e Kessler; Costa; Serena; Pisicchio ed altri; Bolognesi ed altri; Paroli; Buontempo; Zeller ed altri; Collè; Vitali ed altri; Maurandi ed altri; Olivieri; Boato; Stucchi; Cento; Monaco; Pacini; Consiglio regionale della Puglia; Consiglio regionale della Puglia; Chiaromonte ed altri; Cabras ed altri; Mantini; La Malfa; Briguglio ed altri; Franceschini; Pisapia; Costa; Perrotta ed altri; Fiori (72-113-260-376-468-582-721-874-875-877-966-1162-1218-1287-1403-1415-1608-1617-1725-1805-1964-2027-2116-2123-2168-2320-2413-2568-2909-2994-3058-3489-3523-3531-3541-3572-3573-3584-3639-3684-3707-3885-4023-4393-4451-4805-5044) (ore 16,03).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge costituzionale, già approvato in prima deliberazione dal Senato: Modificazione di articoli della parte II della Costituzione, e delle abbinate proposte di legge costituzionale di iniziativa dei deputati Zeller ed altri; Bielli; Spini e Angioni; Buttiglione ed altri; Contento; Cola; Pisapia; Selva; Selva; Selva; Bianchi Clerici; Peretti; Volontè; Pisapia; Lusetti ed altri; Zaccheo; Mantini ed altri; Soda; Olivieri e Kessler; Costa; Serena; Pisicchio ed altri; Bolognesi ed altri; Paroli; Buontempo; Zeller ed altri; Collè; Vitali ed altri; Maurandi ed altri; Olivieri; Boato; Stucchi; Cento; Monaco; Pacini; del Consiglio regionale della Puglia; del Consiglio regionale della Puglia; e dei deputati Chiaromonte ed altri; Cabras ed altri; Mantini; La Malfa; Briguglio ed altri; Franceschini; Pisapia; Costa; Perrotta ed altri; Fiori.
Ricordo che, prima dell'inizio della seduta, sono state ritirate le seguenti proposte emendative: Maninetti 13.19, 13.23, 13.24, 0.13.203.2, 0.13.203.3, 0.13.252.1, 13.32, 13.36, 13.38, 13.44, 0.13.206.4, 0.13.206.1, 0.13.206.2 e 0.13.206.3; Elio Vito 13.200, 13.201, 13.202, 13.203, 13.204, 13.205, 13.206 e 13.207, nonché Boccia 0.23.201.1.
Ricordo, inoltre, che nella seduta dell'8 ottobre è stato votato, da ultimo, il subemendamento Boccia 0.23.201.2 e che è stato accantonato l'esame del subemendamento 0.23.201.25 della Commissione.

 

 

(Ripresa esame dell'articolo 23 - A.C. 4862 ed abbinate)

 

PRESIDENTE. Riprendiamo l'esame dell'articolo 23 e delle proposte emendative ad esso presentate (vedi l'allegato A - A.C. 4862 ed abbinate sezione 1).
Chiedo al relatore da quale proposta di modifica ritenga opportuno riprendere l'esame.

DONATO BRUNO, Relatore. Signor Presidente, vorrei ricordare all'Assemblea che la scorsa seduta avevamo interrotto i nostri lavori sul subemendamento 0.23.201.25 della Commissione.
Su questo punto, la stessa Commissione, dopo il dibattito svoltosi in aula, e in seguito ad un'attenta riflessione - anche perché il testo presentato dalla Commissione, come si ha modo di vedere, sosteneva tutt'altra cosa -, ha deciso di riconfermare la proposta di sostituire, all'emendamento Elio Vito 23.201, le parole «e votata» con l'espressione «e approvata con votazione».

Ciò perché il criterio che emerge soddisfa sicuramente di più il tenore dell'articolato, e credo che su questo punto, ad esclusione di qualcuno, sia stata raggiunta una convergenza abbastanza unanime.
La Commissione, pertanto, raccomanda nuovamente all'Assemblea l'approvazione del suo subemendamento 0.23.201.25.

PRESIDENTE. Sta bene.
Passiamo, dunque, alla votazione del subemendamento 0.23.201.25 della Commissione.
Avverto che è stata chiesta la votazione nominale mediante procedimento elettronico.

 

Preavviso di votazioni elettroniche (ore 16,07).

 

PRESIDENTE. Poiché nel corso della seduta avranno luogo votazioni mediante procedimento elettronico, decorrono da questo momento i termini di preavviso di cinque e venti minuti previsti dall'articolo 49, comma 5, del regolamento.
Per consentire il decorso del termine regolamentare di preavviso, sospendo la seduta.

 

La seduta, sospesa alle 16,07, è ripresa alle 16,30.

Si riprende la discussione.

 

(Ripresa esame dell'articolo 23 - A.C. 4862 ed abbinate)

 

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Carrara. Ne ha facoltà.

NUCCIO CARRARA. Signor Presidente, il subemendamento in discussione è puramente formale. Esso è, sostanzialmente, una riscrittura del testo in maniera più chiara. Si intende sostituire l'espressione «venga presentata e votata», con riferimento ad una mozione che indichi il primo ministro, in «approvata con votazione per appello nominale». Nonostante sia evidente che si è di fronte ad un subemendamento del tutto formale, di riscrittura migliorativa del testo, siamo bloccati su di esso già da parecchio tempo.
Ciò la dice lunga, ovviamente, sulle reali intenzioni di discutere il merito del provvedimento che ci accingiamo ad approvare. Da parte delle opposizioni si vorrebbe fare di tutto affinché questo provvedimento non veda la luce. Ricordo, tuttavia, sommessamente a chi ha la bontà di ascoltarmi, che ci troviamo di fronte ad un passaggio cruciale della riforma. Si tratta di un passaggio che, pur riferendosi al potere di scioglimento della Camera dei deputati da parte del Capo dello Stato, prefigura già l'impianto del premierato, tema che affronteremo in seguito.
Cos'è il premierato, per intenderci? Quella riforma della Costituzione che l'Ulivo propose al proprio elettorato in ben due campagne elettorali, nel 1996 e nel 2001. Nonostante tale riforma sia stata fatta propria anche dalla Casa delle libertà - che, nel proprio programma, prevedeva solo l'elezione diretta del Presidente della Repubblica -, nel tentativo di raccogliere il più ampio consenso possibile sulla riforma costituzionale, l'Ulivo oggi si mette di traverso, il che, a contrario, significa ciò: che l'Ulivo stesso non vuole modernizzare il nostro sistema istituzionale. Abbiamo scoperto, attraverso le parole del capogruppo dei Democratici di sinistra, onorevole Violante, anche alcune sottili nostalgie del tempo che fu, ossia di quel tempo in cui, come osservava il medesimo onorevole Violante, vi era quasi una sorta di «recinto del potere» - il termine è mio, ovviamente -, all'interno del quale vi era una certa stabilità, ma di potere, perché la classe politica non cambiava, a fronte di un'odierna stabilità che l'onorevole Violante trova del tutto marginale, dei Governi.
Noi, con la nostra riforma, vorremmo che si desse vita in futuro ai governi di legislatura, pienamente legittimati dal corpo elettorale, su un mandato preciso, perimetrato dal programma elettorale. Noi vorremmo appunto che si sappia con chiarezza chi governa - perché espresso dal corpo elettorale - e che si sappia con altrettanta certezza chi si oppone (perché legittimato a fare ciò dal corpo elettorale medesimo).
Oggi ci sono parecchi «pentiti» su questa strada, ma noi pensiamo che la storia non possa tornare indietro. Noi pensiamo che gli italiani che ci ascoltano vogliano - essi sì - essere protagonisti della politica e non dare a nessuno mandati in bianco.
Noi pensiamo che gli italiani vogliano sapere per chi votare e vogliano esprimere il primo ministro ed il Governo in conformità ad un programma chiaro e leggibile, su cui s'impegnino il primo ministro ed il Governo stessi.
Noi siamo, dunque, convinti di essere in perfetta sintonia con il popolo italiano ed andremo avanti nel percorso della nostra riforma (Applausi dei deputati del gruppo di Alleanza nazionale).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Stucchi. Ne ha facoltà.

GIACOMO STUCCHI. Signor Presidente, intervengo a titolo personale per rilevare che, quando si parla di riforme costituzionali, si deve avere la massima accortezza, ricercando la migliore formulazione del testo finale. Credo, quindi, sia giusto tentare di compiere qualche sforzo in più per discutere ed individuare una soluzione magari condivisa anche al di fuori dello schieramento di maggioranza. Il confronto in atto quest'oggi, ma anche nelle settimane precedenti, sul contenuto del testo della riforma costituzionale è sicuramente positivo per il paese e non credo che il centrosinistra, sottraendosi ad esso e cercando di utilizzare l'arma del numero legale per impedire la prosecuzione dei nostri lavori, stia rendendo un buon servizio all'interesse del paese. Quest'oggi, per l'ennesima volta, ci troviamo in un'aula in cui la presenza dei deputati della maggioranza...

LUIGI OLIVIERI. È scarsa !

MAURA COSSUTTA. Votiamo!

GIACOMO STUCCHI. ...si sta progressivamente incrementando, mentre tanti deputati del centrosinistra rimangono fuori, volendo utilizzare l'arma della mancanza del numero legale per impedire la prosecuzione dei lavori. Questo non è un modo serio per fare le riforme e credo sia giusto sottolinearlo.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Fontanini. Ne ha facoltà.

PIETRO FONTANINI. Signor Presidente, il subemendamento 0.23.201.25 della Commissione si riferisce ad un emendamento proposto dalla maggioranza che verrà successivamente sottoposto al nostro esame e che definisce l'iter per non procedere allo scioglimento della Camera dei deputati.
Per comprendere la ratio di questo subemendamento, dobbiamo, quindi, rifarci all'emendamento Elio Vito 23.201. In sostanza, il Presidente della Repubblica non emana il decreto di scioglimento nel caso in cui, entro i 20 giorni successivi, venga presentata e approvata con votazione (e non solo approvata, come è scritto nel testo dell'emendamento) per appello nominale dai deputati appartenenti alla maggioranza espressa dalle elezioni in numero non inferiore alla maggioranza dei componenti della Camera, una mozione nella quale si dichiari di voler continuare nell'attuazione del programma e si designi un nuovo primo ministro. In tal caso, il Presidente della Repubblica nomina il nuovo primo ministro designato.
Questa è la ratio alla base del subemendamento 0.23.201.25 della Commissione che si sottopone all'approvazione di questa Assemblea. Come si comprende da quanto ho testé affermato, non si andrà allo scioglimento della Camera dei deputati quando la maggioranza dei deputati appartenenti a quella stessa maggioranza espressa al momento delle elezioni presenta tale mozione, che deve essere approvata con votazione: ciò permette il proseguimento della legislatura. È una norma di salvaguardia, volta ad impedire che si interrompa con una certa facilità il lavoro legislativo dell'Assemblea espressa dal voto politico dopo le elezioni. Tale norma consente di proseguire l'attività politica a coloro che hanno ricevuto un mandato esplicito da parte del popolo italiano e che hanno formato una maggioranza, quella stessa maggioranza che, ove si verifichino le condizioni di cui alle lettere a), b) e c) del primo comma dell'articolo 88, può impedire che si proceda allo scioglimento.
C'è ancora, infatti, una volontà forte da parte dei componenti la stessa maggioranza espressa nelle elezioni politiche di continuare l'attività legislativa, non più con il primo ministro che era stato designato all'inizio della legislatura, ma con un nuovo Presidente del Consiglio dei ministri, un nuovo leader che continuerà con la stessa maggioranza a portare avanti quel programma che ha ricevuto da parte dei cittadini con un mandato elettorale esplicito.
Quindi, siamo di fronte ad un passaggio importante e delicato di questa riforma costituzionale. Si tratta di una norma di salvaguardia per continuare l'attività legislativa da parte della maggioranza.
Il subemendamento proposto dalla Commissione è più che altro tecnico perché vogliamo sostituire alle parole: «e votata» le parole: «e approvata con votazione». Ciò significa che c'è una volontà espressa di continuare il programma di Governo con l'approvazione di questa mozione che - ripeto - porterà il Presidente della Repubblica a nominare un nuovo primo ministro, designato sempre da quella maggioranza - questo è l'elemento forte di questo passaggio della riforma - che è stata espressa alle elezioni in numero non inferiore alla maggioranza dei componenti la Camera.
Quindi, invito l'Assemblea ad approvare questo subemendamento che la Commissione propone, che è in sintonia con quanto vedremo più avanti rispetto all'emendamento 23.201 firmato dal capogruppo della maggioranza, che innova radicalmente l'articolo 88 della Costituzione.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Meroi. Ne ha facoltà.

MARCELLO MEROI. Anche questa sera credo sia necessario intervenire per ribadire alcuni concetti sia nel metodo sia nel merito rispetto alla norma all'esame dell'Assemblea. Li abbiamo ricordati già da quindici giorni a questa parte e abbiamo assunto le responsabilità di una maggioranza, che certamente non è bello vedere in ranghi non completi. Se su questo, tuttavia, dobbiamo essere chiari, credo che alcune sottolineature vadano necessariamente fatte.
Qualche collega ricordava giustamente nel dibattito precedente il testo dell'articolo 48-bis del nostro regolamento, laddove si stabilisce - e non l'abbiamo fatto sicuramente noi, anche se esso ha una valenza erga omnes e, quindi, istituzionale - che è dovere dei deputati partecipare ai lavori della Camera. In quest'aula si ricorda sempre il messaggio del Capo dello Stato, che è chiaro, forte e anche recentissimo - lo ricordavo intervenendo sulla stessa materia qualche giorno fa - pronunciato ad Arezzo, quando il Presidente Ciampi si rivolse al Parlamento chiedendo un intervento comune sui principi costituzionali.
Credo che la forma di ostruzionismo messa in pratica dall'opposizione non sia corretta, non sia costituzionale e, soprattutto, non risponda a quello che il Presidente della Repubblica ci chiede.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Bricolo. Ne ha facoltà.

FEDERICO BRICOLO. Invito l'Assemblea a votare in modo favorevole sul subemendamento 0.23.201.25 della Commissione che si riferisce all'emendamento 23.201 presentato dall'onorevole Elio Vito ed altri. Quest'ultimo emendamento costituisce una norma di salvaguardia che impedisce il cosiddetto ribaltone, che, invece, era stato favorito con gli emendamenti che abbiamo bocciato la scorsa settimana e che erano stati presentati dal centrosinistra.
L'emendamento 23.201 recita: «...entro i venti giorni successivi, venga presentata e votata - è qui che il subemendamento della Commissione modifica con «approvata con votazione» - per appello nominale dai deputati appartenenti alla maggioranza espressa dalle elezioni in numero non inferiore alla maggioranza dei componenti della Camera, una mozione nella quale si dichiari di voler continuare nell'attuazione del programma e si indichi il nome di un nuovo Primo ministro. In tal caso, il Presidente della Repubblica nomina il nuovo Primo ministro indicato».
È chiaro, dunque, che in caso di dimissioni del premier non si può in alcun modo cambiare maggioranza, cosa che invece chiedeva il centrosinistra. Si tratta di una norma di salvaguardia per garantire l'espressione del voto dei cittadini che, attraverso la maggioranza, sono in grado di controllare il processo di attuazione del programma elettorale in Parlamento. Ciò serve per tutelare chiaramente i cittadini e la loro espressione di voto, ma anche per collegare al programma elettorale la maggioranza parlamentare.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Dario Galli. Ne ha facoltà.

DARIO GALLI. Signor Presidente, invito i colleghi a votare a favore del subemendamento in esame che chiarisce semplicemente i termini di una questione sulla quale dovremmo essere tutti d'accordo. Non si tratta, dunque, di un subemendamento di principio o che scardina le cose fin qui dette, per cui l'atteggiamento ostruzionistico dell'opposizione risulta difficile da capire. Ancora più difficile da capire risulta l'atteggiamento complessivo, perché se da una parte è vero che i banchi della maggioranza non sono particolarmente «rigogliosi» di deputati, è anche vero che tutte le ore concesse per la discussione del provvedimento sono state chieste dall'opposizione e non dalla maggioranza. Quest'ultima, infatti, aveva già svolto le discussione che doveva svolgere ed aveva già preso gli accordi che doveva prendere.
Quanto sta succedendo in aula manifesta semplicemente il disprezzo della minoranza nei confronti del Parlamento italiano. Queste ore dovevano essere usate dai colleghi dell'opposizione per chiarire meglio nel merito le loro posizioni e non dovevano essere un pretesto per far passare una, due o tre settimane in più per giungere alla conclusione del provvedimento che, comunque, arriverà alla conclusione. Il discorso che si sta portando avanti è assolutamente incomprensibile: dopo aver chiesto tutte le ore che ha chiesto l'opposizione non riesce a dire nulla di sostanziale se non ripetere i soliti concetti che abbiamo capito, ma sui quali non siamo d'accordo.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Butti. Ne ha facoltà.

ALESSIO BUTTI. Signor Presidente, ancora una volta ci troviamo a discutere un importantissimo articolo della riforma costituzionale che riguarda le modalità di scioglimento della Camera dei deputati ed il modo in cui evitare tale scioglimento. Eppure, ancora una volta, mezzo emiciclo è rimasto in Transatlantico. L'Aventino non paga mai e siamo profondamente convinti che gli assenteisti abbiano sempre torto. Oppure, gli assenteisti non sono in grado di sostenere tesi credibili in materia di riforma della Costituzione. Del resto, quella della sinistra di marcar visita è un'abitudine già evidenziata, ad esempio, durante l'esame della legge finanziaria.
La sinistra è smemorata: nel 2001 approvò una riforma della Costituzione con pochissimi voti di scarto infischiandosene, in quel momento, della collegialità richiamata più volte, anche recentemente, dal Presidente della Repubblica ed alla quale tutto il centrodestra intende a sua volta richiamarsi.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Luciano Dussin. Ne ha facoltà.

LUCIANO DUSSIN. Signor Presidente, il subemendamento in esame va nel senso della ricerca della garanzia di continuità nell'attuazione del programma di maggioranza e di Governo. Si tratta di una volontà che il paese tutto sta aspettando nel rispetto assoluto degli impegni di programma ma anche degli esiti delle varie consultazioni elettorali. Con questo subemendamento vogliamo ribadire che la stessa maggioranza appoggiata dal corpo elettorale deve insistere e continuare a dar vita ad una legislatura per arrivare ai risultati presentati tramite il programma elettorale che non deve essere assolutamente tradito. Diceva bene prima il collega Stucchi, quando auspicava un confronto. Questo però vediamo che purtroppo non c'è. Quindi, anche su questo subemendamento, sarà la maggioranza che dovrà farsi carico di portare avanti quella correttezza che il corpo elettorale sta aspettando da tutti noi (Applausi dei deputati del gruppo della Lega Nord Federazione Padana).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Lo Presti. Ne ha facoltà.

ANTONINO LO PRESTI. Prendiamo atto ancora una volta che, anche di fronte ad un subemendamento meramente tecnico, la minoranza prosegue in questo atteggiamento ottuso e strumentale, qual è l'ostruzionismo. Ciò dimostra che non avete alcuna idea né proposte concrete, dato che non ve ne sono state di migliorative, rispetto a quanto da noi prospettato con il testo in discussione. Gli italiani devono sapere che noi vogliamo le riforme, mentre voi, cari colleghi della sinistra, no. Noi vogliamo cambiare il paese, mentre voi no. Noi vogliamo un'Italia più competitiva, che risponda con la localizzazione ed il rafforzamento delle autonomie, agli eccessi e alle storture della globalizzazione, mentre voi no.
Insomma, cari colleghi, dite al paese qual è il vostro progetto, se finalmente riuscirete a mettervi d'accordo, se finalmente riuscirete a stilare un programma e a trovare un leader degno di interpretarlo! Aspettiamo ancora questo momento (Applausi dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Parolo. Ne ha facoltà.

UGO PAROLO. Signor Presidente, di fatto siamo di fronte ad un atteggiamento puramente strumentale di chi non vuole assolutamente mandare avanti questa riforma federale e costituzionale, che stiamo discutendo ormai da diverse settimane. È paradossale poi nel merito l'atteggiamento di chi vuole impedire il prosieguo dei lavori. Stiamo votando un subemendamento, che modifica in maniera marginale un emendamento della maggioranza, che sostanzialmente consente la possibilità per una maggioranza, in caso di crisi di Governo e di dimissioni del premier, di ripresentare una mozione per eleggere un nuovo premier, con l'unico vincolo che questa maggioranza sia quella uscita dalle elezioni: esattamente quello che gli italiani ci chiedono da cinquant'anni. È veramente assurdo che l'opposizione, per rispondere a un Diktat di Romano Prodi, non consenta per meri fini elettoralistici il prosieguo di un lavoro di riforma federale e anche di garanzia di Governo, come quello che stiamo portando avanti.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Arrighi. Ne ha facoltà.

ALBERTO ARRIGHI. Per l'ennesima volta oggi siamo di fronte ad un tentativo di ostruzionismo. Ormai questo è un teatrino che si ripete da tempo: ogni volta che inizia la seduta, la sinistra resta in Transatlantico. Credo che gli italiani che ci seguono per radio o per televisione debbano sapere che, a fronte di tutte le richieste di maggiore collegialità nella discussione, portate avanti dalla sinistra, quest'ultima si rifiuta poi di partecipare alle discussioni. Il popolo italiano deve sapere che, mentre noi stiamo lavorando per creare una nuova e moderna Costituzione, capace di far affrontare gli anni a venire nel clima della globalizzazione, il centrosinistra resta in Transatlantico e probabilmente alla buvette.
Dobbiamo dire con forza all'intero popolo italiano che questo atteggiamento, questo teatrino, che viene portato avanti quotidianamente dai deputati del centrosinistra, sta diventando inaccettabile. Coloro che reclamano ogni giorno la necessità di dover procedere ad una discussione che sia collegiale, sono poi coloro che si rifiutano di partecipare ai lavori. Non sono certo i deputati di centrodestra che si stanno rifiutando, bensì quelli del centrosinistra che non partecipano in alcun modo alle nostre sedute!

MARCO BOATO. Tante chiacchiere per mascherare l'assenteismo della maggioranza! Poteva tenere un tono più basso!

PRESIDENTE. Onorevole Boato, chieda di intervenire in dichiarazione di voto, se vuole spiegare le sue ragioni!
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Polledri. Ne ha facoltà.

MASSIMO POLLEDRI. Onorevoli colleghi, oggi ha ancora senso, in questo paese, parlare di fedeltà e di rispetto della parola data? Ha ancora senso parlare di un sentimento dell'onore e della capacità di mantenere gli impegni?
Signor Presidente, dalla gente proviene la richiesta che vengano mantenuti gli impegni assunti. Noi intendiamo introdurre nella Carta costituzione il principio del rispetto degli impegni assunti con gli elettori; mancando la sinistra, ci sentiamo di poter affermare forte e chiara la capacità di mantenere la parola data, perché è un valore fondamentale di questa coalizione. Quest'ultima, pertanto, è in grado di mantenere la parola data, inserendo in Costituzione il principio che la maggioranza votata dagli elettori non si cambia.
In mancanza dell'appoggio della sinistra, sarà il centrodestra a farsi carico del rispetto di alcuni valori: fedeltà alla parola data e senso dell'onore.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Nespoli. Ne ha facoltà.

VINCENZO NESPOLI. Signor Presidente, io, come altri colleghi, vorrei stigmatizzare il fatto che il centrosinistra chiede, giustamente, l'ampliamento dei tempi, un confronto minuzioso in Commissione e nel Comitato dei nove; spinge per l'approvazione di alcuni emendamenti; ci chiede, implorando, di cancellare dalla Costituzione il capo dell'opposizione, perché, evidentemente, non solo ha difficoltà ad individuare un leader ma, perdendo, avrebbe maggiori difficoltà ad individuarne uno. Oggi, continua il meccanismo di espropriazione del Parlamento, perché assume un atteggiamento politico, anziché istituzionale; risponde alle logiche dei vertici fuori da quest'aula, come è successo oggi. Pertanto, non si fanno le riforme, perché così viene stabilito ad un tavolo di confronto esterno al Parlamento. Si manifesta contro il disegno di legge finanziaria, ancor prima che vi sia un confronto di merito. Si chiedono, per la definizione del premier, le primarie preconfezionate.
Se questo è il centrosinistra che ci chiede di essere rispettosi del Capo dello Stato, noi lo siamo fino in fondo, perché non rifuggiamo il confronto. Sono loro che fuggono dalle aule istituzionali e dal paese.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Ercole. Ne ha facoltà.

CESARE ERCOLE. Signor Presidente, stiamo assistendo anche oggi ad una situazione fotocopia, alla quale abbiamo assistito la scorsa settimana (giovedì e venerdì). La sinistra non si presenta in aula...

GIOVANNI BELLINI. Siete voi che non vi presentate!

CESARE ERCOLE... e, con demagogia, protervia ed ostruzionismo, tenta in ogni modo di bloccare questa grande riforma federale.
Per quanto riguarda più specificatamente il subemendamento in esame, continuiamo a ribadire che la proposta della maggioranza è semplice e coerente: semplice, perché legata direttamente alle proposte emendative della Commissione e della maggioranza (mi riferisco alla norma antiribaltone) e coerente, perché è lo stesso popolo che vota il primo ministro e la maggioranza che deve governare.
Noi stiamo sicuramente dalla parte dei cittadini, del popolo e vogliamo che questo subemendamento venga approvato (Applausi dei deputati del gruppo della Lega Nord Federazione Padana).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole La Grua. Ne ha facoltà.

SAVERIO LA GRUA. Signor Presidente, anche io condivido il subemendamento della Commissione, presentato per migliorare l'emendamento Elio Vito 23.201. Quest'ultimo tenta (ci riesce a mio parere) di migliorare il testo già predisposto dalla Commissione, al fine di consentire la definizione di una norma antiribaltone che garantisca quella stabilità dei Governi che è mancata nel passato. Basti pensare che, in cinquant'anni, si sono alternati al governo dell'Italia 56 Governi differenti. Quindi, la volontà che esprimiamo con queste proposte emendative trova il gradimento del popolo italiano.
Questo è il motivo per cui ritengo sia opportuno che il subemendamento venga approvato.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Guido Giuseppe Rossi. Ne ha facoltà.

GUIDO GIUSEPPE ROSSI. Signor Presidente, anch'io intervengo a titolo personale continuando in questa azione di disturbo parlamentare; infatti, non siamo più nel campo del cosiddetto filibustering - come si dice in inglese -, ma in una vera e propria azione di sabotaggio di questo tentativo di riformare la Costituzione secondo l'articolo 138 eventualmente, come richiede l'Ulivo, con l'indizione di un referendum confermativo.
Ebbene, quest'opera di sabotaggio contro la riforma della Costituzione ha un mandante extraparlamentare, vale a dire il signor Romano Prodi.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Jannone. Ne ha facoltà.

GIORGIO JANNONE. Signor Presidente, ritengo che l'articolo 88 della nuova Costituzione, come anche questo subemendamento, sotto il profilo meramente tecnico sia incontestabile: si tratta di legare maggiormente le sorti dell'esecutivo a quelle delle Camere. Finalità largamente condivisa non solo da questo Parlamento, ma anche e soprattutto dal popolo italiano. Probabilmente è difficile da comprendere per l'attuale opposizione che, in passato, più volte ha proposto Governi non rappresentativi della volontà popolare.
Tuttavia, sotto il profilo politico, appare molto grave l'assenza strumentale dell'opposizione e, forse, è ancora più grave che, nella riunione dell'Ulivo che si è appena conclusa, si sia posta l'opposizione alla nuova Costituzione insieme ad altri temi squisitamente politici (insieme alla manifestazione contro la finanziaria, insieme all'opposizione contro il Governo Berlusconi). Quindi, ancora una volta, si mischia il sacro, la modifica della Costituzione, con il profano, vale a dire volontà squisitamente propedeutiche alle possibili elezioni.
Presidente, non possiamo non richiamare alla sua attenzione e a quella dell'Ufficio di Presidenza la necessità di utilizzare al meglio l'ampliamento dei tempi concesso all'opposizione. Se i tempi vengono usati strumentalmente per rinviare questa riforma costituzionale, allora chiediamo una maggiore attenzione a questa dilatazione, in quanto può essere accettata fino ad un certo punto da questa maggioranza.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Boccia, al quale ricordo che ha un minuto di tempo a disposizione, avendo il gruppo della Margherita esaurito i tempi. Ne ha facoltà.

ANTONIO BOCCIA. Signor Presidente, ho chiesto di intervenire in quanto ritengo sia necessario chiarire quanto sta accadendo.
Abbiamo più volte precisato che tutto il centrosinistra non intende partecipare all'approvazione di una riforma della Costituzione che consideriamo vergognosa; quindi, non faremo nulla per aiutare la maggioranza a raggiungere questo obiettivo.
La maggioranza non ha il numero legale per votare la riforma e sta facendo opposizione a se stessa. In questo momento, ci sono circa centocinquanta colleghi della maggioranza, mentre ne occorrono duecento. Ciò, evidentemente, impedisce loro di procedere, quindi gli interventi dei colleghi della maggioranza sono fatti per perdere tempo, al fine di consentire agli altri colleghi di arrivare. È bene che si sappia che in questo momento è in atto un'opposizione della maggioranza a se stessa (Applausi dei deputati dei gruppi della Margherita, DL-L'Ulivo e dei Democratici di sinistra-L'Ulivo)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Didonè. Ne ha facoltà.

GIOVANNI DIDONÈ. Signor Presidente, intendo tornare al merito del subemendamento in esame. La settimana scorsa, quando abbiamo esaminato le norme «antiribaltone», la sinistra ha affermato che le Camere e il potere legislativo verrebbero condizionati dalla minaccia di dimissioni del primo ministro. Il subemendamento in esame affronta le modalità di gestione delle Camere da parte del primo ministro. Non si tratta di alcuna subordinazione nei confronti del potere esecutivo: le Camere potrebbero individuare un nuovo primo ministro ed attuare il programma elettorale. Ciò costituisce la garanzia, per il potere legislativo, di essere indipendente da tutti gli altri poteri, compreso quello esecutivo.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Delmastro Delle Vedove. Ne ha facoltà.

SANDRO DELMASTRO DELLE VEDOVE. Signor Presidente, intendo stigmatizzare il comportamento dell'opposizione, indipendentemente da ciò che ha dichiarato poc'anzi l'onorevole Boccia, e sottolineare che l'intervento dell'onorevole Parolo, successivamente ripreso da numerosi colleghi, mi è parso uno fra i più significativi di questi giorni. L'onorevole Parolo ha per primo evidenziato una volontà extraparlamentare, di tipo quasi golpistico, da parte di coloro che sono «eterodiretti» da una persona che ha lasciato la Commissione europea senza lode e con molta infamia.

MARCO BOATO. Sta esagerando! Golpistico è un po' esagerato!

SANDRO DELMASTRO DELLE VEDOVE. I deputati dell'opposizione sono fuori dall'aula, sono probabilmente tutti alla seduta spiritica, perché il loro leader, come si ricorderà, il prode Prodi, in ragione dei suoi rapporti con l'aldilà, si riunì con altri buontemponi, in un momento drammatico, e segnalò il nome di Gradoli. Ora è impegnato, in quanto scrivere una Costituzione alternativa, estraendo dal tavolino a tre gambe una parola alla volta, esige molto tempo. Ecco perché il centrosinistra è fuori dall'aula, in attesa che il guru si pronunci in un modo cadaverico, come sua abitudine (Applausi dei deputati del gruppo di Alleanza nazionale).

MARCO BOATO. È stato un intervento spiritico!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Caparini. Ne ha facoltà.

DAVIDE CAPARINI. Signor Presidente, la norma in esame è molto importante: non si tratta infatti di una perdita di tempo, come ha tentato di far credere il collega Boccia. Si tratta, invece, di una norma con la quale si è trovato il giusto equilibrio di pesi e contrappesi, su un elemento fondamentale, come è stato sottolineato anche da numerosi colleghi del centrosinistra, per la futura Carta costituzionale, costituito dal rapporto tra un premier forte e la centralità del Parlamento.
Il subemendamento in esame, e il successivo emendamento Elio Vito 23.201, consentono di raggiungere tale equilibrio, che conferisce legittimità all'indicazione del premier da parte del popolo e contemporaneamente mantiene la centralità del Parlamento, che attraverso la propria maggioranza riesce comunque a continuare l'attuazione del programma elettorale, nel caso di cambiamento del premier. Ritengo si tratti di un sistema di pesi e contrappesi che ben sintetizzano da un lato l'esigenza di rispettare la volontà popolare e dall'altro l'indicazione di un premier forte.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Coronella. Ne ha facoltà.

GENNARO CORONELLA. Signor Presidente, intervengo per annunciare il voto favorevole sul subemendamento 0.23.201.25 della Commissione, ma anche per manifestare dissenso rispetto all'intervento poc'anzi svolto dall'onorevole Boccia, al quale rispondo chiedendogli il motivo di tale comportamento.
Il motivo è che la sinistra si è defilata e non vuole entrare in aula. Se così non fosse, grazie ai 150 deputati del centrodestra presenti, come egli afferma, e quelli della sinistra che invece si trovano nei corridoi della Camera si potrebbe superare il numero necessario.
Approfitto dell'occasione per sostenere la necessità di questa sacrosanta riforma, sulla quale ci siamo espressamente impegnati con gli elettori. È una riforma che stabilisce delle regole, ammoderna il paese e lo rilancia, non come quell'altra riforma fatta in fretta e furia, con pochissimi voti di scarto...
In particolare, le modifiche ora in discussione sono quelle recate dall'articolo 23 del provvedimento in esame, dove si prevedono le ipotesi di scioglimento della Camera dei deputati. Tale articolo fa chiarezza sul mandato elettorale, che non può essere violato da un accordo di palazzo o di bottega!

PRESIDENTE. La invito a concludere.

GENNARO CORONELLA. La maggioranza che esce dalle urne elettorali deve poter governare il paese. Qualsiasi altra ipotesi equivarrebbe ad un ribaltone, ad un atto di immoralità che violerebbe quell'accordo, quel contratto sottoscritto con gli italiani; se vogliamo veramente onorare questo voto allora lo scioglimento della Camera dei deputati deve essere la conseguenza di tali ipotesi (Applausi dei deputati del gruppo di Alleanza nazionale).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare, per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Lussana. Ne ha facoltà.

CAROLINA LUSSANA. Intervengo a titolo personale per sostenere il subemendamento in esame. Nei precedenti interventi i colleghi hanno ben ribadito come si tratti di un subemendamento tecnico collegato alla successiva proposta emendativa, recante la firma di tutti i capigruppo della maggioranza.
In tali proposte si affrontano questioni fondamentali: la stabilità di Governo, la assoluta centralità del Parlamento quale diretta emanazione della volontà popolare e la possibilità di continuare il percorso di attuazione del programma. Stiamo discutendo di un tema molto importante e delicato. Dispiace, onorevole Boccia, che il centrosinistra rifiuti il dialogo e il confronto nonostante questa maggioranza e il ministro Calderoli abbiano tenuto un atteggiamento di assoluta apertura e di grande ascolto.

PRESIDENTE. Onorevole, la invito a concludere.

CAROLINA LUSSANA. Apertura ed ascolto che, invece, sono mancati in occasione della precedente riforma costituzionale, approvata a colpi di maggioranza e con quattro voti di scarto; riforma sulla quale adesso dobbiamo necessariamente intervenire, anche con questa norma di assoluto equilibrio.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare, per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Strano. Ne ha facoltà.

NINO STRANO. Signor Presidente, con il mio intervento vorrei mantenere un atteggiamento che segua una certa logica. Mi trovo, infatti, in dissonanza dal mio partito, che insegue questa riforma costituzionale...
Dopo essere intervenuto la scorsa settimana, parlando dell'emerito padre della patria, l'onorevole Oscar Luigi Scalfaro, vorrei ora ricordare come le Costituzioni si interpretino anche in base agli uomini.
Vi è un uomo venuto dal Costarica, leale alla maggioranza, statista eccezionale, che oggi siede al Senato (induce il desiderio di andare in quel ramo del Parlamento...), che esprime compiutamente il senso dello Stato, il senso di appartenenza... Parlo di Lamberto Dini: sono questi gli uomini ai quali dovremmo fare riferimento...!
Non capisco per quale motivo ci abbarbichiamo tanto su una riforma fine a se stessa, quando potremmo continuare così... e permettere a Prodi e a tutti i sui uomini di continuare a vegetare in questo prosieguo di prima Repubblica, a loro così cara.
Auspico che non si vada avanti su questa riforma... che si rimanga con questa vecchia buona Costituzione, che tanto ha fatto per i nostri figli, per le nostre famiglie, per la nostra economia e tanto ci ha fatto risaltare - nel bene - in tutto il mondo.
Mi trovo in assoluta dissonanza con la maggioranza e voterò contro, credo..., a tutti gli emendamenti che proporranno per mantenere quest'habitus di prima Repubblica, che così tanto di buono ha mostrato in questi anni (Applausi dei deputati dei gruppi di Alleanza nazionale e della Lega Nord Federazione Padana).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Villani Miglietta. Ne ha facoltà.

ACHILLE VILLANI MIGLIETTA. Signor Presidente, devo dire sinceramente che non mi meraviglia né mi scandalizza l'atteggiamento dell'opposizione che, data la sua natura, è un atteggiamento scontato e comprensibile. Penso che sia strumentale la posizione dei rappresentanti del centrosinistra che nel Comitato dei nove danno l'impressione di cercare il dialogo ed assumono una posizione costruttiva, ma che poi devono, purtroppo per loro, subire gli ordini che vengono dall'alto e smentirsi in aula nei fatti: quindi, nessuna ricerca di dialogo ma solo ostruzionismo fine a se stesso; nessuna intenzione di effettuare riforme costituzionali, rappresentando purtroppo, l'opposizione, la parte più retriva e conservatrice del Parlamento italiano.
Devo fare, purtroppo, un richiamo alla stessa maggioranza, perché sia presente in aula, dato che le riforme - ormai è chiaro - le dobbiamo realizzare da soli! Del resto, ricordo che nella precedente legislatura sono state effettuate delle scellerate modifiche alla Carta costituzionale, cui ormai stiamo cercando di porre rimedio con pochissimi voti di maggioranza.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Fasano. Ne ha facoltà.

VINCENZO FASANO. Signor Presidente, anch'io intervengo a titolo personale, ma in piena assonanza con quanto già esplicitato non solo dai colleghi di Alleanza nazionale, ma dall'intera Casa delle libertà.
Su questo subemendamento il mio voto è favorevole e, come deputato della Campania, già consigliere regionale di una giunta ribaltata nella sua espressione di volontà popolare, volevo portare questo contributo per ricordare che anche esponenti nazionali della sinistra si dissero indignati allora di questo ribaltone campano; oggi vi è, attraverso questo subemendamento e attraverso la discussione più complessiva sul riordino della nostra Costituzione, la possibilità di porre un argine a questo vulnus.
Io credo che non ci si debba e non ci si possa sottrarre: evidentemente l'atteggiamento della sinistra la dice lunga sulla volontà di accogliere l'appello del Capo dello Stato a scrivere le regole in maniera bipartisan.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Romele. Ne ha facoltà.

GIUSEPPE ROMELE. Signor Presidente, rinuncio ad intervenire.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Maggi. Ne ha facoltà.

ERNESTO MAGGI. Signor Presidente, anch'io rinuncio.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Gamba. Ne ha facoltà.
Prendo atto che l'onorevole Gamba rinuncia alla dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Perrotta. Ne ha facoltà.
Prendo atto che l'onorevole Perrotta rinuncia alla dichiarazione di voto.
Passiamo ai voti.

MARCO BOATO. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà (Commenti del deputato Carrara).

MARCO BOATO. Carrara, posso avere il diritto di parlare anch'io? Grazie. Signor Presidente, sarò brevissimo.
Credo che sia sotto gli occhi di tutti che cosa sia avvenuto, e cioè che i colleghi della Casa delle libertà - legittimamente, io non lo contesto - hanno dovuto perdere un'ora del loro tempo per riuscire a racimolare le truppe per avere il numero legale.
Chiudiamo qui questa parte, perché è successo ormai tre o quattro volte: è stata la Casa delle libertà a chiedere al Presidente della Camera di convocarci anche di lunedì. Per far capire che, però, non c'è nessun settarismo, nessuna preclusione, nessuna ideologia, nessuna delle sciocchezze che abbiamo ascoltato per un'ora, annuncio l'astensione sul subemendamento che stiamo per votare.

PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Boato.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul subemendamento 0.23.201.25 della Commissione, accettato dal Governo.
(Segue la votazione).

RENZO INNOCENTI. Presidente, doppi voti!

PRESIDENTE. Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (
Vedi votazioni).
(Presenti 355
Votanti 215
Astenuti 140
Maggioranza 108
Hanno votato
214
Hanno votato
no 1).

Prendo atto che il dispositivo elettronico di voto dell'onorevole Abbondanzieri non ha funzionato.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul subemendamento 0.23.201.26 (Nuova formulazione) della Commissione, accettato dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (
Vedi votazioni).
(Presenti 356
Votanti 219
Astenuti 137
Maggioranza 110
Hanno votato
216
Hanno votato
no 3).

Prendo atto che il dispositivo elettronico di voto dell'onorevole Abbondanzieri non ha funzionato.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Elio Vito 23.201.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Marone. Ne ha facoltà.

RICCARDO MARONE. Signor Presidente, l'emendamento della maggioranza che delinea i poteri del Presidente della Repubblica mi sembra il nucleo fondamentale dell'articolo 23; infatti, in questo caso non stiamo parlando del premier ma dei poteri del Presidente della Repubblica nello scioglimento delle Camere. Vorrei ricordare la formulazione originaria dell'articolo della Costituzione che prevede tale potere del Presidente della Repubblica perché, come è a tutti noto, è una formulazione molto scarna, direi essenziale posto che il Presidente della Repubblica può sciogliere le Camere, nulla di più e nulla di meno, sentiti i loro Presidenti.
I nostri costituenti hanno scelto una formula così essenziale perché, ovviamente, si tratta di un potere di altissima responsabilità politica, i cui limiti sono dati, appunto, dalla politica e non certamente dalle norme. Voi state trasformando quello che era un potere fondamentale di equilibrio della nostra Carta costituzionale tra funzione esecutiva, legislativa e via dicendo - del quale il Presidente della Repubblica non ha mai abusato perché, altrimenti, andremmo su ben altre problematiche - in una funzione del Presidente della Repubblica puramente notarile. Infatti, rispetto all'originario articolo 88, dove si dice che il Capo dello Stato può sciogliere le Camere senza alcun limite e senza alcuna elencazione di ipotesi, sostanzialmente, non avete attribuito alcun potere al Presidente della Repubblica perché si deve limitare ad eseguire la volontà di altri.
Se venisse approvato il primo comma dell'articolo 88 nella formulazione proposta dalla maggioranza, scomparirebbero la «potestà» e il «può», e il Presidente della Repubblica decreterebbe lo scioglimento della Camera dei deputati su richiesta del primo ministro, che ne assume la esclusiva responsabilità, in caso di morte del primo ministro, di dimissioni e nel caso di cui all'articolo 94, terzo comma. Quindi, il Presidente del Repubblica non può fare nulla, non ha alcuna possibilità di valutazione ma esegue notarilmente la volontà del primo ministro. Anche nella seconda ipotesi che delineate il Presidente Repubblica non emana il decreto di scioglimento qualora un numero di deputati appartenenti alla maggioranza espressa dalle elezioni - ho già detto precedentemente che questo è un errore che voi inserite in Costituzione perché non c'è una maggioranza espressa dalle elezioni - presenti una mozione e la voti, ma in tal caso il Presidente della Repubblica nomina il nuovo primo ministro. Credo che anche in questo caso il Presidente della Repubblica si debba limitare a fare la somma, a contare il numero e nulla di più.
Mi sembra estremamente grave e riduttivo limitare completamente le funzioni del Presidente della Repubblica in una delle fasi politiche più delicate che possano esistere nella gestione dell'andamento legislativo della Camera dei deputati. Voi ampliate enormemente i poteri del premier o del primo ministro, riducete fortemente o praticamente vanificate i poteri del Presidente della Repubblica.

Avete attribuito al Presidente della Repubblica una serie di competenze di basso profilo per compensare la sottrazione del potere politico più importante di quest'organo, nella speranza che non vi si possa accusare di aver completamente derubricato il ruolo del Capo dello Stato nel mantenimento degli equilibri politici della nostra Repubblica. Ritenete che avere attribuito qualche potere di nomina di qualche Authority o del vicepresidente del Consiglio superiore della magistratura possa bilanciare l'enorme sottrazione di poteri al Presidente della Repubblica. Non è stata confermata la formula originaria dell'articolo 88 che sancisce il potere del Presidente della Repubblica di sciogliere le Camere, ovviamente in determinate condizioni politiche che voi, tuttavia, non potete prevedere attraverso un'elencazione normativa così schematica in cui non c'è la politica. Non vi sono elementi per capire se occorra andare avanti o meno nella legislatura, non c'è nulla che indichi il mantenimento di quel potere di equilibrio tra il Presidente della Repubblica e primo ministro, che è essenziale perché la Costituzione sia equilibrata, perché questa Repubblica resti una Repubblica parlamentare e perché si possano mantenere correttamente le funzioni del Presidente della Repubblica e del primo ministro.
L'emendamento della maggioranza non è assolutamente condivisibile ed affronta il problema dei «ribaltoni» politici in maniera schematica.

PRESIDENTE. Onorevole Marone...

RICCARDO MARONE. Invece (concludo immediatamente, Presidente), non si intende accettare la nostra diversa formulazione, che lascia al Presidente della Repubblica il compito fondamentale di analisi della situazione politica che gli permetta, sulla base, non di un semplice calcolo numerico, ma di una valutazione politica, di decidere se far continuare o meno una legislatura.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale poiché il suo gruppo ha esaurito i tempi, l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà.

GIANCLAUDIO BRESSA. Signor Presidente, siamo giunti al cuore del problema. Stiamo riflettendo sul tentativo di razionalizzare in un Governo parlamentare i due istituti che più lo caratterizzano rispetto ad un Governo presidenziale, ossia lo scioglimento delle Camere e la sfiducia costruttiva.
Avete mutuato questo disegno dalla Costituzione spagnola del 1978; peccato che abbiate inserito una condizione che allora non era prevista e che fa sì che questa vostra ipotesi sia totalmente inaccettabile: la mozione di sfiducia costruttiva deve essere sottoscritta dai deputati appartenenti alla maggioranza espressa dalle elezioni in numero non inferiore alla maggioranza dei componenti delle Camere. In quest'ossessione di voler iperazionalizzare e regolamentare tutto vi sfugge la capacità di gestire le questioni costituzionalmente rilevanti. Oltretutto, siete andati oltre qualsiasi logica, dividendo i parlamentari in deputati di serie A e deputati di serie B, quelli che appartengono alla maggioranza e quelli che non vi appartengono.

PRESIDENTE. Onorevole Bressa...

GIANCLAUDIO BRESSA. Vi è il rischio che sia leso addirittura l'articolo 67 della Costituzione, che fissa il divieto del mandato imperativo. Credo che questo rappresenti un vulnus gravissimo, che potrebbe anche essere sanzionato dalla Corte costituzionale in quanto lede il principio supremo della democrazia rappresentativa; costituirebbe, dunque, un limite alla stessa legge di revisione (Applausi dei deputati dei gruppi della Margherita, DL-L'Ulivo e Misto-Verdi-L'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Alfonso Gianni, al quale ricordo che ha un minuto di tempo a disposizione. Ne ha facoltà.

ALFONSO GIANNI. Signor Presidente, noi siamo contrari a questo emendamento, perché mortifica il ruolo del Presidente della Repubblica, lo riduce ad un guardiano di notte della maggioranza, così come il grande Marx diceva dello Stato rispetto al capitale. Il secondo argomento, quello trattato da Bressa, riguarda questa assurdità rappresentata da una forma promiscua di maggioranza, che, nella maggioranza, determina la procrastinatura del ruolo del Presidente del Consiglio. Delle due l'una, onorevoli deputati: o si decide un metodo - come noi nella passata legislatura avevamo fatto, - di modifica istituzionale (a partire dalla legge elettorale, naturalmente, che è la base di tutto), sul modello del cancellierato, in cui è il Parlamento che definisce il Presidente del Consiglio (allora è logico che, come Taras Bulba, io ti do la vita, io te la tolgo e io te la ridò), oppure, le norme antiribaltone devono stare dentro il regolamento della Camera, cioè devono essere delle norme non vincolate costituzionalmente, perché altrimenti non avrebbe alcun senso. In caso contrario, si «cozzerebbe» contro l'articolo 67 della Costituzione, che vieta il vincolo di mandato per il singolo parlamentare, e si inibirebbe la libertà del parlamentare, che non può essere conculcata nella espressione della sua volontà politica. Essa può essere limitata, si possono creare dei deterrenti di varia natura, ma non può essere conculcata. Questa soluzione contenuta nell'emendamento della maggioranza è un obbrobrio, un pasticcio inaccettabile, incostituzionale, e, qualora dovesse passare, questo argomento sarà uno dei cavalli di battaglia nella propaganda per il referendum abrogativo. Ci pensi chi è in tempo di farlo (Applausi dei deputati del gruppo di Rifondazione comunista).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Nespoli. Ne ha facoltà.

VINCENZO NESPOLI. Signor Presidente, parto proprio dalle affermazioni del collega Gianni. Noi riteniamo che questo sia uno dei motivi per cui faremo il referendum e lo vinceremo. Qui vi è una visione completamente diversa tra i colleghi del centrosinistra, che continuano ad arrampicarsi sugli specchi, e le proposte che la maggioranza articola in aula. È chiaro che i poteri del Presidente della Repubblica sono una conseguenza della scelta fatta con l'articolo 26, che modifica l'articolo 92 della Costituzione; vorrei far notare al collega Marone che in questo articolo, per l'appunto, è indicato tutto quello che lui non ha sostenuto, perché l'elezione del premier avviene attraverso un meccanismo che dà a quest'ultimo una maggioranza parlamentare. È scritto nella proposta di modifica della Costituzione.
Allora è chiaro che, con la indicazione diretta del primo ministro da parte dell'elettore, abbiamo scelto una democrazia partecipativa, che è un modello completamente diverso dalla democrazia parlamentare alla quale voi vi volete continuamente appellare, dimenticando, nel frattempo, che meccanismi del genere, nella nostra Repubblica, sono presenti ovunque, dai comuni alla provincia, alla regione, dove si elegge direttamente il sindaco, il presidente di provincia, il presidente della regione, che ha potere di vita e di morte sull'assemblea consiliare, non attraverso il meccanismo della sfiducia costruttiva, che inseriamo in questo caso, ma attraverso il meccanismo della sfiducia distruttiva, che esiste a livello degli enti locali e dei consigli regionali.
Allora, io vorrei capire a che cosa si appellano i colleghi del centrosinistra. È chiaro che, nel momento in cui il primo ministro viene indicato dal corpo elettorale, si modifica completamente il rapporto tra il Parlamento ed il Presidente della Repubblica, che a quel punto assume la figura notarile di chi prende atto del dato elettorale. Viene affermato nell'articolo 26, che propone la modifica dell'articolo 92 della Costituzione che il Presidente della Repubblica, sulla base dei risultati dell'elezione della Camera dei deputati, nomina il primo ministro. Il Presidente della Repubblica, notaio, verifica chi ha indicato il popolo come premier e lo designa a costituire il Governo.

Ed è chiaro che da tale momento si costituisce un rapporto indissolubile tra volontà popolare, maggioranza parlamentare, indicazione del premier e Presidente della Repubblica. Sicché quest'ultimo potrebbe intervenire unicamente per sciogliere le Camere, qualora, per il venire meno o della maggioranza a sostegno del premier o - anche per cause naturali - dello stesso premier, si infrangesse tale rapporto. Al riguardo, si è previsto il meccanismo sostitutivo della sfiducia costruttiva al fine di permettere alla maggioranza, espressione del corpo elettorale, di poter continuare a governare per rispettare mandato e programma elettorali.
Peraltro, lo stesso articolo 88 della Costituzione vigente assegna al Presidente della Repubblica una funzione notarile; infatti, stabilendo che «Il Presidente della Repubblica può, sentiti i loro Presidenti, sciogliere le Camere o anche una sola di esse», attribuisce al Capo dello Stato una funzione notarile già nell'attuale assetto dei rapporti tra Parlamento, Governo e Presidente della Repubblica. È dopo l'intervento delle solite consultazioni tra i partiti che il Capo dello Stato, oggi, nomina il Presidente del Consiglio. In precedenza, su indicazione dei partiti che costituivano in Parlamento una maggioranza mentre, più recentemente, su indicazione del dato elettorale, il Presidente della Repubblica sceglie il candidato premier e lo indica alle Camere per formare una maggioranza; quindi, egli compone tale tipo di rapporto nel rispetto dell'articolo 88 della Costituzione vigente.
Noi modifichiamo tale articolo perché si modificano i pesi e contrappesi tra volontà popolare, esercizio del Governo e rappresentanza parlamentare (e, quindi, istituzionale). Non credo che il sistema presenti delle sbavature, onorevole Marone,...

PRESIDENTE. Onorevole Nespoli.....

VINCENZO NESPOLI. ... non lo credo in quanto la maggioranza è individuata in base al nuovo articolo 92 previsto dall'articolo 26 del provvedimento in esame; è, dunque, una maggioranza che, ad un tempo, esce dalle urne e supporta il candidato premier. Quindi, è chiaro che, in siffatto schema costituzionale, il ruolo del Presidente della Repubblica non può che essere quello assegnatogli.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Elio Vito 23.201, nel testo subemendato, accettato dalla Commissione e dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (
Vedi votazioni).
(Presenti 366
Votanti 362
Astenuti 4
Maggioranza 182
Hanno votato
212
Hanno votato
no 150).

Avverto che gli emendamenti Tabacci 23.75 e Perrotta 23.72 risultano preclusi.
Passiamo, quindi, alla votazione dell'articolo 23.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mattarella. Ne ha facoltà.

SERGIO MATTARELLA. Signor Presidente, ogni Repubblica ordinata come democrazia rappresentativa è caratterizzata dal modo in cui si articolano i rapporti tra Presidente della Repubblica, Governo e Parlamento. In ogni sistema, si cerca e si identifica un punto di equilibrio tra questi soggetti.
L'articolo in questione definisce, appunto, i rapporti tra essi che questa riforma vuole realizzare. Esso provoca, ad un tempo, la sottrazione al Capo dello Stato delle sue funzioni principali e la collocazione del Parlamento alla mercé del Governo; una sua autentica sottomissione al Capo del Governo.
Il Presidente della Repubblica, oggi, in Italia, è un arbitro tra le istituzioni; è il punto di equilibrio del sistema costituzionale.

Tale ruolo, oggi, il Capo dello Stato, lo esercita soprattutto con due funzioni: il potere di scioglimento del Parlamento - perché si addivenga a nuove elezioni - e la nomina del Capo del Governo. Se quest'ultima funzione è sempre stata vincolata al rispetto della maggioranza parlamentare - e, dopo la legge elettorale del 1993, allo schieramento che ha vinto le elezioni -, il potere di scioglimento delle Camere ha sempre posto il presidente della Repubblica come arbitro tra Governo e Parlamento.
Vi è oggi, intorno a tale ruolo di garanzia svolto dal Capo dello Stato, un equilibrio, un sistema di bilanciamenti nel quale nessuno è privo di controlli.
Il Presidente della Repubblica, con l'articolo in esame, contro il quale voteremo, perde tali funzioni, poiché non sarà più il garante del buon funzionamento del sistema. Tutto verrà concentrato, invece, nelle mani del Capo del Governo, vale a dire il primo ministro.
Si verifica in tal modo, contestualmente, sia la scomparsa dell'arbitro super partes, al di sopra delle parti perché estraneo al gioco politico, sia la sconfinata concentrazione di poteri di un solo organo: il primo ministro.
La funzione arbitrale oggi, nel nostro paese, è sottratta ai protagonisti dello scontro politico. Non sarà più così: i protagonisti dello scontro politico, infatti, non avranno più alcun arbitro al di sopra di sé ed al di fuori della loro cerchia. Viene attribuita al primo ministro una somma di poteri largamente maggiore di quella di cui gode il Presidente di una Repubblica presidenziale, poiché questi, in quei sistemi, ha sempre e comunque di fronte a sé un Parlamento pienamente autonomo e forte.
Con la riforma in esame, inoltre, viene realmente annullato e vanificato il principio della separazione dei poteri, cardine di ogni democrazia. Viene rimosso, onorevoli colleghi, e viene ignorato il criterio dei pesi e dei bilanciamenti tra gli organi costituzionali, sempre applicato - lo ripeto - nelle democrazie affinché nessuno abbia, da solo, troppo potere.
Concludo, signor Presidente, ricordando che, qualche giorno fa, in questa Assemblea ho sentito affermare che questo strapotere del primo ministro, che la riforma in esame vuole realizzare, sarebbe stato proposto, a suo tempo, anche dalla Commissione bicamerale per le riforme. Orbene, chi lo ha affermato evidentemente non ne faceva parte, e non ne ha neppure letto gli atti! Quella proposta prevedeva, al contrario, un rafforzamento del Presidente della Repubblica, eletto direttamente dal popolo e partecipe delle scelte di politica estera e della difesa.
Quella proposta, inoltre, configurava un equilibrio tra Capo dello Stato, Governo e Parlamento che manca del tutto, invece, nella riforma in esame: è anche per questo motivo che vi siamo fermamente contrari (Applausi dei deputati del gruppo della Margherita, DL-L'Ulivo)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Giordano. Ne ha facoltà.

FRANCESCO GIORDANO. Signor Presidente, lo scioglimento delle Camere costituisce - come è stato testé sostenuto, con grande efficacia, dall'onorevole Mattarella - uno dei poteri di maggior rilievo del Presidente della Repubblica, e la modalità con cui si esercita illumina la natura del governo parlamentare.
La connessione automatica tra la sfiducia su un provvedimento e lo scioglimento del Parlamento, che prevedete di introdurre con la riforma in esame, riduce nella sostanza ad una funzione puramente notarile la carica di Presidente della Repubblica.
In tal senso, essa anticipa la figura «salvifica» del premier, poiché si tratta di una figura «forte», a fronte di una figura «debole» come quella, per l'appunto, del Capo dello Stato. La figura forte del premier, infatti, risulta essere il punto di riferimento di una realtà istituzionale che, con la devolution, viene frazionata socialmente, istituzionalmente e politicamente. Attraverso l'articolo in esame, dunque, voi minate l'equilibrio dei poteri fissato dalla Costituzione repubblicana, ma è l'intero impianto che non regge!
Le stesse norme antiribaltone, in realtà, alludono ad una modifica radicale sia dello spirito, sia della filosofia della Costituzione italiana in ordine ad uno dei suoi punti nodali. Viene infatti violato l'articolo 67 della Costituzione, ed in tale maniera voi strutturate un'ipotesi di governabilità fondata rigidamente sul sistema dell'alternanza, costruendo le condizioni affinché si verifichi solo una semplice sostituzione delle classi e dei ceti politici dirigenti, anziché un processo di ricambio accompagnato anche da un'ipotesi di trasformazione. Voi, per questa via, sanzionate sia l'impermeabilità delle istituzioni al conflitto sociale, sia l'impossibilità del conflitto sociale di modificare gli orientamenti degli Esecutivi.
Se si volesse discutere sulla rappresentanza, occorrerebbe affrontare di petto l'unica, vera, grande questione sul tappeto: il ripristino della legge proporzionale. Voi non fate questo. Se ci fosse stata una reale rappresentanza, per coerenza politica e seguendo anche un'organicità di struttura costituzionale, avremmo adottato il sistema della sfiducia costruttiva, già insito nel modello tedesco.
In questo testo, al contrario, siete dentro un altro orizzonte, dentro un'altra casistica. Alimentate, per questa via, una sistematica passività e, sempre per tale via, uccidete realmente la rappresentanza (Applausi dei deputati dei gruppi di Rifondazione comunista, dei Democratici di sinistra-L'Ulivo e della Margherita, DL-L'Ulivo).

 

Si riprende la discussione.

 

(Ripresa esame dell'articolo 23 - A.C. 4862 ed abbinate)

 

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Marone. Ne ha facoltà.

RICCARDO MARONE. Signor Presidente, credo che l'intervento del collega Nespoli abbia evidenziato uno degli aspetti di criticità di questo articolo ed anche la volontà, un po' recondita, della maggioranza. Noi avevamo, infatti, sempre detto che nella Costituzione non bisognava prefigurare sistemi elettorali. Attraverso l'ambigua formulazione, contenuta nell'articolo 23, e, successivamente, nell'articolo che riguarda i poteri del Presidente del Consiglio, apprendiamo che l'unica interpretazione corretta della norma è che, in questo momento, si sta prefigurando un sistema elettorale.
L'idea, infatti, che nella norma sia approvata una formulazione del tipo «maggioranza espressa dalle elezioni» significa che o tale norma sarà inapplicabile, fin quando verrà modificato il sistema elettorale attuale che, lo ricordiamo, non prevede maggioranze espresse dalle elezioni, o che avete già deciso di modificare il sistema elettorale in un certo senso.

Allo stato, avevamo sempre detto che, in base alla Costituzione, non esistevano criteri di sistemi elettorali prefigurati. Dobbiamo verificare che ciò che era una nostra supposizione è, da colleghi della maggioranza, esplicitata come un evidente principio che si vuole affermare in Costituzione.
La norma dell'articolo 23, dunque, non solo è un'illusione politica, poiché con essa si pensa di poter ingabbiare in una serie di norme ciò che non si può ingabbiare - ossia la politica -, ma è anche un errore, perché depotenzia completamente il ruolo del Presidente della Repubblica, ampliando enormemente il ruolo del primo ministro e, quindi, alterando tutto il quadro costituzionale. Noi siamo profondamente contrari a ciò.
Si afferma che la volontà sia di evitare i ribaltoni. Su ciò siamo tutti d'accordo. Anche la proposta formulata dalle opposizioni presenta una norma di tale tipo.
Il problema è che nella nostra proposta la norma antiribaltone lascia un certo margine di interpretazione al Presidente del Repubblica, per cui quest'ultimo non è semplicemente un soggetto tenuto a fare la somma aritmetica delle firme che sottoscrivono una mozione. Riteniamo, francamente, che questo ruolo non possa essere attribuito al Presidente del Repubblica, la cui funzione non può essere limitata in tal modo. Riteniamo che una definizione più corretta debba lasciare un margine di flessibilità indispensabile nella politica.
Voi non avete voluto seguire la nostra strada e continuate in questa direzione che, a nostro avviso, è estremamente sbagliata e non risolverà i problemi. Infatti, potete approvare tutte le leggi di questo mondo e creare delle gabbie, ma se non si riesce ad esprimere una maggioranza politica non c'è norma che tenga; né vi è l'illusione che, attraverso una norma, si possa rendere la politica coerente con la volontà dell'elettorato.
Pertanto, non condividiamo questa norma e la riteniamo sbagliata. Continuiamo a rilevare quanto fosse essenziale la norma della Costituzione del 1948 che non prevedeva alcuna limitazione per il Presidente la Repubblica: gli conferiva il potere senza indicarne i limiti. È ovvio, infatti, che i limiti ad un potere così importante ed ampio, quale quello di scioglimento delle Camere, non possono che essere dati dall'ordinamento nel suo complesso e dalla politica e non certo da qualche norma procedimentale. Pertanto, esprimeremo un voto contrario sulla modifica che proponete a questo articolo (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Maura Cossutta. Ne ha facoltà.

MAURA COSSUTTA. Signor Presidente, noi siamo contrari all'articolo in esame e lo consideriamo il cuore di questa controriforma costituzionale. È l'articolo che introduce il premierato assoluto e che dilata i poteri del premier ben oltre quelli previsti dalla legislazione in Germania e in Inghilterra (mi riferisco al potere di scioglimento, a quello di nomina e di revoca dei ministri).
Consideriamo questo articolo pericolosissimo per il nostro sistema democratico. Esso determina una torsione profonda del sistema dei pesi e dei contrappesi ed uno smantellamento del principio cardine del sistema democratico che è quello della divisione dei poteri. Di più: si trasforma definitivamente la nostra Repubblica parlamentare in una monarchia repubblicana: di questo si tratta! Il premier assoluto diventa il monarca repubblicano, padrone dell'attività e della vita della Camera e il Parlamento, e persino la sua maggioranza è sotto ricatto della volontà assoluta di questo premier che scioglie le Camere a suo piacimento. Egli è eletto direttamente dal popolo e l'investitura popolare gli garantisce persino il diritto di non chiedere la fiducia all'atto della presentazione del programma: si dice, infatti, che la fiducia è stata già garantita dalle urne con l'investitura popolare. Nel frattempo, il Presidente della Repubblica perde i poteri ed assume solo un ruolo contabile: diventa l'esecutore dei diktat del premier. Ancora, la Corte costituzionale è minacciata da una composizione sempre più politica.
Come dicevo, è una torsione del sistema democratico, collega di Alleanza nazionale, e della concezione democratica alla base del nostro sistema democratico. Il suffragio popolare non dà il primato nella gerarchia dei poteri al premier, ma vi è, all'interno di un sistema democratico, una gerarchia dei poteri che prevede un sistema di pesi e contrappesi ed il ruolo di garante del Presidente della Repubblica; non si dà, quindi, la supremazia al premier in quanto investito dal suffragio popolare. Questa è una concezione moderna, ma è una concezione populista, che affida alla deriva cesarista il potere dell'investitura popolare: è il nuovo bonapartismo! Questo è l'argomento che usano i colleghi di Alleanza nazionale per dire che, in fondo, di fronte alla devolution (questo è il patto tra Alleanza nazionale e la Lega) che trasferisce tutte le competenze alle regioni, occorre un bilanciamento centrale.
Invece di intervenire rispetto al ruolo del Parlamento, si decide per il premierato...

PRESIDENTE. Onorevole Maura Cossutta...

MAURA COSSUTTA. Presidente, ho finito. Credo che dobbiamo ragionare anche nel centrosinistra sull'illusione di risolvere i problemi del sistema politico con le riforme costituzionali, di avere aperto la strada all'idea di una democrazia di investitura attraverso l'elezione diretta dei governatori e dei sindaci, e sul fatto di non aver contrastato, con più decisione, l'ideologia dell'antipolitica contro il ruolo dei partiti come ruolo di rappresentanza, pensando persino che il maggioritario fosse la risposta e che dovesse essere completato introducendo ulteriori garanzie per l'Esecutivo persino nella Costituzione.
Vince, purtroppo, la linea di delegittimare la Costituzione, vince il presidenzialismo: un uomo solo al comando...

PRESIDENTE. Onorevole Cossutta, la invito a concludere.

MAURA COSSUTTA. Ho concluso, Presidente. Credo che per questo dobbiamo votare con coerenza contro questo articolo, lanciando un allarme democratico e riflettere anche sugli errori del passato (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Comunisti italiani).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Carrara. Ne ha facoltà.

NUCCIO CARRARA. Rinuncio a capire le ragioni della sinistra perché ancora una volta, sono contraddittorie: alcuni ci vorrebbero dare ad intendere che noi quasi toglieremmo potere al Presidente, altri che se ne starebbero attribuendo troppi. Allora, cerchiamo di comprendere come effettivamente stanno le cose e leggiamo l'articolo 88; però, cari colleghi dell'opposizione, leggiamo anche l'articolo 89, per capire qual è il vero potere del Presidente della Repubblica in materia di scioglimento.
L'articolo 88 recita: «Il Presidente della Repubblica può, sentiti i loro Presidenti, sciogliere le Camere o anche una sola di esse». Se non leggiamo nient'altro, sembrerebbe che questo potere del Presidente della Repubblica sia assoluto, ma non è così, perché l'articolo 89 tuttora vigente dice: «Nessun atto del Presidente della Repubblica è valido se non è controfirmato dai ministri proponenti che ne assumono la responsabilità». Ciò significa che il Presidente della Repubblica non può essere responsabile di un eventuale scioglimento delle Camere.
Se questa mia tesi sembra peregrina, faccio riferimento a ciò che è avvenuto nel 1953 in occasione del decreto di scioglimento del Senato. Ho fatto riferimento a quella data prendendo spunto da una pubblicazione a cura di Stefano Ceccanti e Salvatore Vassallo. Di questo episodio si occupa Peppino Calderisi, che è stato nostro collega.
Non voglio esporvi, tuttavia, le tesi di Calderisi perché le trovereste, naturalmente, di parte. Voglio soltanto leggere i titoli dei giornali di quell'epoca, dai quali si evince che il potere di scioglimento, secondo l'opinione pubblica, non apparteneva al Presidente della Repubblica bensì al Presidente del Consiglio. Cito l'Unità per citarli tutti: «Il Governo deciso a sciogliere il Senato dopo averne manomesso leggi e poteri.» C'è scritto: «Il Governo è deciso a sciogliere il Senato (...)», amici della sinistra, ed è il vostro vate che parla, l'Unità.
Ovviamente gli altri giornali sono allineati su questa lunghezza d'onda. Questa presunzione di un potere che è in capo al Presidente del Consiglio nasceva da una prassi consolidata vigente in periodo monarchico, secondo la quale era stato sempre il Presidente del Consiglio a proporre al Presidente della Repubblica lo scioglimento delle Camere. Quindi, la Costituzione fu scritta in un periodo in cui si voleva intendere che il vero potere fosse attribuito al Presidente del Consiglio. Ma, lasciamo perdere e andiamo avanti.
Successivamente non si è mai verificato che il Presidente della Repubblica abbia sciolto le Camere perché un giorno ha così deciso, ma se prima lo si poteva considerare un atto - come si diceva nel 1953 - duumvirale, cioè concordato tra il Presidente del Consiglio e il Presidente della Repubblica, dopo diventò un atto notarile, perché di tutto il potere possibile si impossessavano i partiti.
Furono sempre i partiti, fuori da quest'aula e da quella del Senato, a stabilire la vita e la morte dei Governi. Sulla base di tale metodo, abbiamo avuto in 53 anni ben 40 Governi che non sono riusciti a superare l'anno di durata e ben 5 Governi nati morti perché non hanno mai ottenuto la fiducia e non hanno potuto governare neppure per un giorno.
Allora, bisogna prendere atto che si vuole modificare il meccanismo e stabilire un patto tra l'elettore e l'eletto. Si tratta di un patto tra il corpo elettorale che elegge il primo ministro ed il Governo, di un patto che non può essere sciolto a cuor leggero, di un patto che deve dare vita a governi di legislatura. È fin troppo ovvio che il potere di scioglimento del Capo dello Stato si configuri solo quando tale patto dovesse venire meno. Noi vogliamo restituire la piena sovranità al popolo strappandola ai partiti (Applausi dei deputati del gruppo di Alleanza nazionale)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Alfonso Gianni. Ne ha facoltà.

ALFONSO GIANNI. Signor Presidente, l'intervento dell'onorevole Carrara è stupefacente. Egli, evidentemente, non capisce un accidente della Costituzione e scambia i titoli dei giornali, giusti o sbagliati che siano, che si tratti de Il Secolo d'Italia, de La Padania, de L'Unità o del bollettino parrocchiale, per articoli della Costituzione. Onorevole Carrara, legga l'articolo 88 e non lo confonda con l'articolo 89 che dice un'altra cosa!

NUCCIO CARRARA. Si incrociano!

ALFONSO GIANNI. Lei non lo sa, ma glielo dico io se lei mi permette...

NUCCIO CARRARA. Me lo insegni lei!

ALFONSO GIANNI. Tale articolo dice che il Presidente della Repubblica può, onorevole Carrara non faccia gesti cretini (Commenti dei deputati dei gruppi di Forza Italia, di Alleanza nazionale e della Lega Nord Federazione Padana)... Urlate finché volete tanto tra di voi c'è chi mi intende (Commenti dei deputati dei gruppi di Alleanza nazionale e della Lega Nord Federazione Padana)!

PRESIDENTE. Onorevole Alfonso Gianni, lei ha un eloquio sempre elegante: perché deve cadere in queste trappole?

ALFONSO GIANNI. L'articolo 88 dice che «Il Presidente della Repubblica può, sentiti i loro Presidenti, sciogliere le Camere o anche una sola di esse». Onorevole Carrara, conosce la differenza fra il verbo potere ed il verbo il dovere (Commenti dei deputati del gruppo di Alleanza nazionale)? Se non la sa, e non faccia lo spiritoso, gliela spiego io. Significa che il potere di scioglimento delle Camere è in capo (Commenti dei deputati del gruppo di Alleanza nazionale)... Però, Presidente...

ALESSIO BUTTI. Non puoi insultare!

PRESIDENTE. Mi scusi, onorevole Alfonso Gianni, lei qualche provocazione l'ha lanciata. Se lei invece desidera fare un discorso sereno e pacato lo faccia senza offendere...

ALFONSO GIANNI. La differenza fra potere e dovere lei la conosce: significa che il Presidente della Repubblica (Commenti dei deputati del gruppo di Alleanza nazionale)... E piantatela...! Significa che il Presidente della Repubblica «può», sentiti i Presidenti, sciogliere le Camere, non «deve». Non so se lei capisce questa leggera differenza.

PRESIDENTE. Onorevole Alfonso Gianni, ha esaurito il suo tempo.

MAURIZIO SAIA. Basta!

ALFONSO GIANNI. In questa differenza sta la questione...

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Alfonso Gianni.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto a titolo personale l'onorevole Gerardo Bianco. Ne ha facoltà.

GERARDO BIANCO. Signor Presidente, credo che l'onorevole Carraro...

NUCCIO CARRARA. Carrara!

GERARDO BIANCO. Ho assimilato il suo nome ad un celebre costituzionalista, che non appartiene, però, a questa Camera.
Come dicevo, credo che abbia fatto una ricostruzione piuttosto approssimativa delle vicende della nostra storia repubblicana. Non voglio entrare nel merito di una discussione approfondita di carattere giuridico sull'interpretazione dell'articolo, ma vorrei ricordare all'onorevole Carrara quanto è avvenuto tra il 1994 e il 1997 quando i partiti chiedevano determinate soluzioni. Il Presidente della Repubblica ha apprezzato la situazione in maniera completamente diversa in base a principi consolidati secondo cui laddove vi è una maggioranza alla Camera dei deputati ed al Senato il Governo deve continuare. Ricordo che nel 1994 vi fu un'opinione profondamente diversa sullo scioglimento della Camera, ma apprezzate le circostanze, che si ritennero di carattere storico-politico, le Camere furono sciolte.
Esisteva quindi un margine di autonomia di valutazione da parte del Presidente, evidentemente consolidato dalla prassi e dalla consuetudine parlamentare. Oggi ci troviamo invece di fronte ad un meccanismo, che potremmo definire automatico. Quando il collega dice, ad un certo punto, che così si restituisce il potere al popolo e lo si sottrae ai partiti, questa concezione antipartitica tout court dimostra una scarsa sensibilità democratica, perché i partiti sono strumento fondamentale dell'organizzazione della politica nel nostro sistema democratico. Si ritorna peraltro ad una concezione monarchico-giacobina della politica, che è agli antipodi della nostra democrazia (Applausi dei deputati dei gruppi della Margherita, DL-L'Ulivo, dei Democratici di sinistra-L'Ulivo, di Rifondazione comunista e Misto-Verdi-L'Ulivo).

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 23, nel testo emendato.
(Segue la votazione).

PIERO RUZZANTE. Presidente, guardi lì!

RENZO INNOCENTI. Presidente, quarto settore...!

MAURA COSSUTTA. Presidente, la Santanché vota doppio!

PRESIDENTE. Avverto i colleghi che disporrò che il dispositivo luminoso del sistema di votazione resti acceso, per consentire ai deputati segretari di effettuare una verifica.

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva.
Come preannunciato, invito i deputati segretari ad effettuare il controllo delle tessere di votazione (I deputati segretari ottemperano all'invito del Presidente - Commenti).

MAURA COSSUTTA. No, Santanché, adesso non la togli la tessera (Commenti dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale)!

RENZO INNOCENTI. Presidente!

PRESIDENTE. Colleghi, state calmi! Adesso accertiamo se vi siano state irregolarità (Commenti dei deputati dei gruppi di Forza Italia, di Alleanza Nazionale, della Lega Nord Federazione Padana e dell'Unione dei democratici cristiani e dei democratici di centro). Onorevoli colleghi...

MAURA COSSUTTA. La penultima fila (Commenti del deputato Airaghi)!

PRESIDENTE. Colleghi, volete fare silenzio, per favore!
Chiedo ai deputati segretari di tornare ai loro posti (Commenti).
Colleghi, dispongo l'annullamento della votazione, che sarà ora ripetuta.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 23, nel testo emendato.
(Segue la votazione).

Chiedo a ciascuno di votare per sé, perché adesso si procederà ad un altro accertamento!

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (
Vedi votazioni).
(Presenti 340
Votanti 339
Astenuti 1
Maggioranza 170
Hanno votato
184
Hanno votato
no 155).

 

(Esame dell'articolo 24 - A.C. 4862 ed abbinate)

 

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 24 e delle proposte emendative ad esso presentate (vedi l'allegato A - A.C. 4862 ed abbinate sezione 2).
Ha chiesto di parlare l'onorevole Leoni. Ne ha facoltà.

CARLO LEONI. Signor Presidente, quando, qualche mese fa, discutemmo in quest'aula dell'attuazione dell'articolo 87 della Costituzione, svolgemmo un dibattito molto teso tra maggioranza ed opposizione.

 

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE FABIO MUSSI (ore 18,10).

 

CARLO LEONI. Credo che tutti ci rendemmo conto, maggioranza e opposizione...

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, per cortesia. Onorevole Roberto Barbieri, onorevole Visco! Prego, onorevole Leoni.

CARLO LEONI. Tutti ci rendemmo conto in quell'occasione che avevamo di fronte una serie di nodi da sciogliere e che il testo costituzionale, nel combinato disposto degli articoli 87 e 89 della Costituzione, doveva essere modificato, con l'adozione di una dizione più chiara. Prendemmo, soprattutto, coscienza del fatto che la Costituzione avrebbe dovuto chiarire una serie di questioni.
Mi riferisco, in primo luogo, ad una serie di atti tipici del Presidente della Repubblica, attraverso i quali esercita la piena sovranità; in secondo luogo, al principio costituzionale, che doveva essere ribadito, della irresponsabilità della figura del Presidente della Repubblica e, di conseguenza, alla necessità di attribuire alla controfirma presidenziale il valore di un atto, è stato detto notarile, ma, in ogni caso, di mero accertamento della formalità delle procedure degli atti che vengono seguiti, nel caso di atti tipici del Presidente della Repubblica; in terzo luogo, all'incongruità dell'aggettivo utilizzato «proponenti», riferito ai ministri, peraltro chiarita dalla giurisprudenza costituzionale che li aveva già intesi come «competenti», tanto più che, allora, discutevamo del potere di grazia. In particolare, l'articolo del codice di procedura penale concernente le procedure di grazia prevedeva anche il caso della grazia concessa in assenza di proposta.
All'inizio di questa discussione, è stato esaminato un testo che ci è stato trasmesso dal Senato; in quello approvato dalla Commissione in sede referente non è stata prevista la controfirma, ma è stato mantenuto, per ciò che riguarda l'iniziativa dei ministri, l'aggettivo «proponenti». Ora, al nostro esame vi è un testo diverso che conserva lo strumento della controfirma. A questo punto, è chiaro che, procedendo con questa scelta, si intende effettivamente e definitivamente lasciare alla controfirma un mero carattere di accertamento formale e viene, con un parere positivo su un nostro emendamento, sostituito l'aggettivo «proponenti» con «competenti» a proposito dei ministri. Viene anche accolto un nostro emendamento che aggiunge, come è giusto che sia, riferendoci al testo della Costituzione, alla concessione della grazia anche la commutazione delle pene.
L'accoglimento di queste nostre istanze rende il testo indubbiamente più chiaro rispetto a quello precedente e certe incongruenze e farraginosità del testo della Costituzione vigente (e mi riferisco al combinato disposto degli articoli attuali 87 e 89 della Costituzione) vengono maggiormente chiarite.
Sul testo, tuttavia, rimangono alcune nostre contrarietà politiche e mi riferisco, in particolare, alle procedure che riguardano la lettera a) dell'articolo 88. Vi è poi nel merito, come abbiamo avuto modo di dire la settimana scorsa, una nostra contrarietà di sostanza al potere del Presidente della Repubblica di nominare il vicepresidente del Consiglio Superiore della Magistratura, i presidenti delle autorità di garanzia ed il presidente del CNEL.
Infatti, riteniamo si tratti di poteri che cercano goffamente di supplire al vero danno che viene operato e che i colleghi dell'opposizione hanno ricordato nella discussione sul precedente articolo: nel prevedere tutte quelle forme di rigidità che portano ad un automatismo nelle procedure di scioglimento delle Camere, si toglie al Presidente della Repubblica un ruolo che è e deve rimanere essenziale, dunque si spoglia il Capo dello Stato di funzioni istituzionali decisive.
Questa è la grave scelta già operata con il voto di maggioranza sul precedente articolo. A tale scelta non si può presentare come compensativa quella della nomina dei Presidenti di alcune authority; dunque, resta la nostra contrarietà di fondo che viene ribadita in un articolo che, raccogliendo istanze dell'opposizione, aiuta a sciogliere nodi nella vigente Costituzione che ancora rimanevano seri e ostativi (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole D'Alia. Ne ha facoltà.

GIAMPIERO D'ALIA. Signor Presidente, sinceramente non comprendo le ragioni che hanno indotto il collega Leoni a ritenere che l'articolo 89, nella sua nuova formulazione, non vada bene. Non lo comprendo in quanto l'impostazione che abbiamo inteso prevedere per l'istituto della controfirma nasce dall'esigenza di introdurre pochi correttivi ai poteri presidenziali - e quindi anche ai poteri dell'Esecutivo sotto forma di controfirma degli atti presidenziali -, tenendo conto della realtà e dell'applicazione nel tempo di queste disposizioni, nonché degli eventuali conflitti di attribuzione insorti in alcune circostanze. Abbiamo fatto ciò chiarendo che l'istituto della controfirma assume una funzione diversa nell'ipotesi in cui si sia in presenza di atti sostanzialmente presidenziali, vale a dire quelli sui quali non sussiste proposta da parte di alcun ministro, rispetto al caso in cui si tratti di atti solo formalmente presidenziali, in quanto scaturenti da una proposta ministeriale.
Inoltre, abbiamo tenuto conto anche di casi particolari che, in passato, hanno impegnato questa Camera (ricordo la legge diretta a prevedere una migliore disciplina della procedura relativa alla concessione della grazia). Dunque, tutti gli atti propri del Presidente della Repubblica sono indicati nel testo che deriverà dall'esame di quest'Assemblea, rispetto ai quali la controfirma viene apposta dal ministro competente ed ha una funzione solo di controllo di regolarità formale e procedurale dell'atto, posto che il Presidente della Repubblica per definizione è irresponsabile. Al contrario, per gli atti che non sono nella disponibilità del Capo dello Stato, ma semplicemente adottati da quest'ultimo, l'istituto della controfirma comporta che si tratti di atti di iniziativa.
Abbiamo operato un intervento minimale che serve a chiarire e ad agevolare i rapporti tra organi costituzionali diversi, in una materia che nel tempo si è rivelata estremamente delicata e che aveva bisogno di questo tipo di intervento. Lo abbiamo fatto riconducendo tale intervento sempre nell'ambito dello spirito della formulazione nell'articolo 89 così come approvato nella Costituzione del 1948, lo abbiamo fatto tenendo conto anche di pronunce o di contenziosi che, su alcuni casi specifici, sono sorti davanti alla Corte costituzionale.
Per queste ragioni, siamo contrari agli emendamenti soppressivi e riteniamo che la formulazione risultante dagli emendamenti della maggioranza possa costituire un ulteriore elemento di chiarezza e di distensione dei rapporti fra organi costituzionali, nonché, peraltro, un elemento di chiarezza interpretativa, che in queste circostanze non guasta.

PRESIDENTE. Nessun altro chiedendo di parlare sull'articolo 24 e sulle proposte emendative ad esso presentate, invito il relatore ad esprimere il parere della Commissione.

DONATO BRUNO, Relatore. Signor Presidente, la Commissione esprime parere contrario sugli identici emendamenti Mascia 24.1 e Bressa 24.70; parere favorevole sugli identici emendamenti Boato 24.2 ed Elio Vito 24.200, nonché sull'emendamento Elio Vito 24.201; parere contrario sugli identici emendamenti Buontempo 24.6 e Perrotta 24.71, nonché sull'emendamento Carrara 24.80; parere favorevole sull'emendamento Bressa 24.3.
La Commissione esprime altresì parere favorevole sul subemendamento Boccia 0.24.202.1, a condizione che sia riformulato nel senso di sopprimere le parole «ai sensi dell'articolo 88».
La Commissione, infine, esprime parere favorevole sull'emendamento Elio Vito 24.202 e parere contrario sull'emendamento Leoni 24.4.

PRESIDENTE. Il Governo?

ALDO BRANCHER, Sottosegretario di Stato per le riforme istituzionali e la devoluzione. Il Governo esprime parere conforme a quello del relatore.

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione degli identici emendamenti Mascia 24.1 e Bressa 24.70.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mascia. Ne ha facoltà.

GRAZIELLA MASCIA. Signor Presidente, come è stato ricordato, l'articolo 89 della Costituzione vigente stabilisce che nessun atto del Presidente della Repubblica è valido se non è controfirmato dai ministri proponenti, che ne assumono la responsabilità. Vale la pena di ricordare che la controfirma nelle monarchie costituzionali rispondeva alla necessità di garantire l'irresponsabilità del sovrano, nonostante fosse preposto alla direzione del potere esecutivo. La controfirma, dunque, servì nella costruzione dello Stato parlamentare e consentì il progressivo impossessamento di larga parte dei poteri regi da parte del Governo.
Oggi nel nostro sistema costituzionale, come è stato ricordato dal collega Leoni, esistono casi in cui gli atti del Presidente della Repubblica sono atti sostanzialmente e formalmente presidenziali, e in tal caso la controfirma assume un valore esclusivamente formale. È stato altresì già sottolineato, in particolare nel corso dell'esame di provvedimenti relativi all'istituto della grazia, come la parola «proponenti» vada intesa in realtà nel senso di «competenti».
Riconosciamo che nel corso dell'iter del provvedimento il Governo e la maggioranza hanno ritenuto di correggere alcuni elementi da noi contestati, relativi proprio all'abolizione della controfirma, per quanto formale, e alla sostituzione del termine «proponenti» con quello di «competenti». Tuttavia, continuiamo a chiedere la soppressione dell'articolo in esame per ragioni di merito, con particolare riferimento allo scioglimento delle Camere su richiesta del primo ministro e alla nomina del vicepresidente del CSM nonché dei presidenti delle autorità amministrative indipendenti.
Pertanto, pur avendo colto elementi positivi, sia nel corso della discussione sia nell'espressione dei pareri favorevoli su alcune proposte emendative, permane la nostra opposizione al contenuto dell'articolo in esame, di cui proponiamo la soppressione.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sugli identici emendamenti Mascia 24.1 e Bressa 24.70, non accettati dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

PIERO RUZZANTE. Vede, signor Presidente?

RENZO INNOCENTI. Votano tutti doppio!

PRESIDENTE. Onorevoli, non ripetiamo la scena di prima; sia da una parte sia dall'altra!

Dichiaro chiusa la votazione.

PIERO RUZZANTE. Guardi, signor Presidente!

PRESIDENTE. Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 342
Votanti 339
Astenuti 3
Maggioranza 170
Hanno votato
138
Hanno votato
no 201).

Prendo atto che l'onorevole Mondello non è riuscita ad esprimere il proprio voto.
Passiamo alla votazione degli identici emendamenti Boato 24.2 e Elio Vito 24.200.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Marone. Ne ha facoltà.

RICCARDO MARONE. L'emendamento Boato 24.2 nasce per chiarire definitivamente - a mio avviso - un falso problema. La terminologia usata dalla Costituzione all'articolo 89 è stata, infatti, da sempre interpretata univocamente. Ossia, nonostante si ricorresse alla parola «proponente», in realtà con questa dizione si doveva intendere il termine «ministri competenti». È solo in questa legislatura che abbiamo potuto assistere ad un conflitto, fin qui credo inimmaginabile, tra un ministro ed il Presidente della Repubblica; in occasione di tale vicenda è brillata l'assenza del Presidente del Consiglio, che doveva risolvere quella disputa. Si è potuto legittimare tale contrasto solo sulla base di un'interpretazione della norma apertamente in contrasto con quella consolidatasi nel tempo, da oltre cinquant'anni!
In sede di riforma della Costituzione, essendosi verificato un caso concreto di conflitto, si è ritenuto opportuno chiarire che, nell'ipotesi in oggetto, il termine adeguato sia quello di ministro competente per materia e non quello proponente. Ciò, appunto, perché la grazia è un atto di competenza esclusiva del Presidente della Repubblica e se questi ritiene di volerla concedere, non ha bisogno certo di proposta alcuna. Tra l'altro la grazia è uno dei pochi poteri che state conservando per questa carica!
Proprio da qui nasce l'esigenza del nostro emendamento, teso a chiarire un ipotesi che, in realtà non andava affatto chiarita in quanto di interpretazione pacifica. Si è speculato a lungo, invece, su questa parola e sulla non volontà di proporre la grazia; un evento simile, ripeto, in cinquant'anni non si è mai verificato. Sarebbe stato opportuno un intervento del Presidente del Consiglio che risolvesse tale questione. Ma ciò non si è verificato e, quindi, proponiamo ora la sostituzione nel testo in esame del termine «proponenti» con «competenti», che mi auguro risolverà definitivamente il conflitto.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà.

GIANCLAUDIO BRESSA. È del tutto evidente che si tende a far chiarezza su un problema, su una sorta di giallo che ci trasciniamo dai tempi dell'Assemblea Costituente. Non ripeto quanto già affermato in quest'aula in più occasioni ma, durante i lavori della Assemblea Costituente, è stato del tutto evidente che il dibattito in quell'occasione portò al termine di ministri competenti e non proponenti. Si trattò di un vero e proprio infortunio incorso nei lavori di trascrizione.
Con questo emendamento è possibile tornare allo spirito autentico della nostra Costituzione.

DANIELE FRANZ. Signor Presidente, chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DANIELE FRANZ. Volevo sottoporre alla sua attenta valutazione l'opportunità di far togliere tutte le schede dai banchi dell'opposizione, anche per evitare, in prospettiva, dubbi interpretativi.
Considerato che nessuno dei colleghi dell'opposizione è ora presente in aula, sarebbe opportuno che le schede fossero ritirate (Applausi dei deputati dei gruppi di Alleanza nazionale e della Lega Nord Federazione Padana).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, l'onorevole Volontè. Ne ha facoltà.

LUCA VOLONTÈ. Signor Presidente, invito i deputati del centrosinistra ad entrare in aula e lo dico con il cuore in mano intervenendo sull'emendamento Boato 24.2. Basterebbe contare il numero degli emendamenti su questo articolo e il numero dei pareri positivi espressi dal presidente Bruno rispetto a quelli negativi per rendersi conto che questo è uno non dei pochi, forse nemmeno dei tanti, articoli in cui il centrodestra e il centrosinistra hanno trovato motivi di composizione e di sintonia, partendo da ragioni e da utilità comuni.
Quindi, non capisco come mai anche su questi articoli e su questi emendamenti, a partire dagli identici emendamenti Boato 24.2 ed Elio Vito 24.200, non ci sia la possibilità di dare ragione, anche attraverso il voto parlamentare, della sintonia che si è trovata. Non vorrei che il non voler dar ragione di questa sintonia sia dovuto anche questa settimana ad un ennesimo incontro dei leader (Applausi dei deputati dei gruppi dell'Unione dei democratici cristiani e dei democratici di centro e di Forza Italia).

PIERO RUZZANTE. Chiedo di parlare per un richiamo al regolamento.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PIERO RUZZANTE. Signor Presidente, intervengo semplicemente per un richiamo all'articolo 8 del regolamento. Come ha già esplicitato il collega Franz, è evidente che quando si chiede il controllo delle tessere questo avvenga su tutta l'aula e non solo in una sua parte. Quindi, quando arriveremo al momento della votazione, sarò ben lieto di associarmi alla richiesta del collega Franz per un controllo accurato delle tessere (Commenti dei deputati del gruppo di Alleanza nazionale).

DANIELE FRANZ. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DANIELE FRANZ. Signor Presidente, comprendo i suoi scrupoli e credo che abbia inteso il mio intervento come una cortese provocazione. Atteso però che è la settima volta che lo stesso collega entra a prendere tessere evidentemente non sue, almeno dica a questo collega che il numero è stato raggiunto e che può essere sufficiente (Applausi dei deputati del gruppo di Alleanza nazionale)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Vascon. Ne ha facoltà.

LUIGINO VASCON. Signor Presidente, è inutile stare qui a girarci attorno: dobbiamo avere il coraggio e l'onestà, politica ed intellettuale, di dire le cose come stanno. All'epoca il «sistema» Violante prevedeva, appunto, che, per avere diritto alla diaria, si partecipasse ad un terzo delle votazioni. I colleghi della sinistra, come vedete, si sono assicurati la «pagnotta» e se sono andati: questa è la verità (Applausi dei deputati dei gruppi della Lega nord Federazione Padana, di Forza Italia e di Alleanza nazionale)!

PRESIDENTE. Ha chiesto parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Perrotta. Ne ha facoltà.

ALDO PERROTTA. Signor Presidente, intervengo per fare chiarezza con chi ci ascolta. Esiste un emendamento dell'opposizione che dice di sostituire alla parola «proponenti» la parola «competenti», mentre un emendamento della maggioranza dice esattamente la stessa cosa, cioè sostituire alla parola «proponenti» la parola «competenti».
Allora, che sia chiaro a tutti, a chi ci ascolta e a chi non ci ascolta, che si continua una tattica ostruzionistica anche quando accettiamo i loro emendamenti. Quindi, è falso ipotizzare che stanno facendo una battaglia per migliorare la nostra legge perché la stanno facendo nel tentativo di affossare la devolution (Applausi dei deputati del gruppo di Forza Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Innocenti. Ne ha facoltà.

RENZO INNOCENTI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, in questo caso si cerca di rappresentare una realtà che non è quella che noi viviamo all'interno dell'aula. Rendiamoci conto che siamo di fronte al tentativo da parte delle opposizioni di contrastare ed impedire l'approvazione di una riforma, come voi la chiamate, della Carta costituzionale in ben 43 articoli che noi non condividiamo in radice, come impostazione e finalità, perché è un disegno completamente (Una voce: «Non è vero!»)...
Infatti, siamo di fronte ad una visione che è diversamente finalizzata rispetto a quella che le opposizioni hanno rappresentato con le proprie proposte emendative.
Quindi, quando l'onorevole presidente Volontè fa appello alle opposizioni affinchè collaborino su alcuni emendamenti, in quanto - dice - le loro proposte sono state accolte, occorrerebbe dire che - ne faceva cenno poco fa l'onorevole Perrotta - l'opposizione non può collaborare per cambiare le virgole...

PRESIDENTE. Onorevole Innocenti...!

RENZO INNOCENTI. Ho un minuto, Presidente. Forse ha già parlato un collega del mio gruppo per cinque minuti...?

PIERO RUZZANTE. No, io ho parlato per un richiamo al regolamento.

PRESIDENTE. È vero, il collega Ruzzante ha parlato per un richiamo al regolamento, ma prima era intervenuto l'onorevole Marone.

RENZO INNOCENTI. Concludo, Presidente, per dire che la nostra azione ed anche l'atteggiamento ed il comportamento in Aula delle opposizioni è di forte contrasto. Non condividiamo la teoria secondo la quale noi siamo qui a collaborare, anche assicurando il numero legale (siete 188 su circa 360 deputati della maggioranza!), solo per cambiare le virgole, accettando solo emendamenti che cambiano le virgole! No, signori, noi cerchiamo di fare la nostra battaglia contro l'impostazione da voi data al cambiamento della Costituzione, che la stravolge! Le opposizioni faranno di tutto per impedire questo tentativo di stravolgimento della nostra Carta costituzionale!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Pacini. Ne ha facoltà.

MARCELLO PACINI. Signor Presidente, sono sorpreso dalle parole del collega che mi ha preceduto, perché in realtà, da una attenta lettura del provvedimento che stiamo approvando, mi risultano - forse avrò letto male - esservi moltissime assonanze.
In particolare, ricordo che il nuovo Titolo V che abbiamo approvato, è consistito sostanzialmente in un grande emendamento apportato alla modifica introdotta dal centrosinistra nella precedente legislatura; in particolare, abbiamo compreso che sostanzialmente erano d'accordo anche loro nel favorire il riequilibrio fra le competenze dello Stato e quelle concorrenti.
Se poi guardiamo alla forma di governo - lo chiarirò meglio nel corso dell'intervento che mi riservo di svolgere sull'articolo 26 - anche qui si registra una grande convergenza. Al riguardo potrei citare anche l'autorevole Vicepresidente che in questo momento presiede i nostri lavori, l'onorevole Mussi, che aveva fatto affermazioni molto in assonanza...

PRESIDENTE. Onorevole collega...!

MARCELLO PACINI. Credo che, in realtà, al di là di quello che possiamo fare con riferimento a singoli aspetti del provvedimento in esame, noi della maggioranza dobbiamo renderci conto che non possiamo puntare sul bipolarismo, o fare una grande riforma della Costituzione in un'epoca, in cui è così importante la democrazia mediatica, in cui il conflitto quotidiano è sempre presente, in cui il marketing elettorale è permanente, e avere nello stesso tempo delle posizioni bipartisan.
Penso che dobbiamo prendere atto che è tramontata l'epoca delle Costituenti (e se avrò tempo illustrerò meglio questo punto di vista), che siamo entrati in una fase nuova della Costituzione, che ha perso solennità e che quindi è diventata una Costituzione flessibile, seppure con certe procedure...

PRESIDENTE. Concluda, onorevole Pacini!

MARCELLO PACINI. Dobbiamo renderci conto, assumendone la responsabilità, che occorre fare da noi... Questo però vuol dire che bisogna che venga assicurata la presenza: qui sta la nostra responsabilità.
Credo, quindi, che certi comportamenti non si possano imputare all'esame del singolo provvedimento: sono i tempi che richiedono questo tipo di comportamento. Mi pare che dobbiamo affermare che ormai le norme costituzionali sono diventate parte del dibattito politico quotidiano e che quindi non ci sia nulla da fare: occorre trattarle come norme ordinarie.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti (Commenti).
Non credo che le schede inserite nella parte dell'aula alla mia sinistra possano essere utilizzate abusivamente...

ANTONIO MAZZOCCHI. Non è questo il problema!

PRESIDENTE. Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sugli identici emendamenti Boato 24.2 ed Elio Vito 24.200, accettati dalla Commissione e dal Governo.
(Segue la votazione).

PIERO RUZZANTE. Presidente, guardi ai banchi centrali!

RENZO INNOCENTI. Ci sono quattordici voti doppi!

PIERO RUZZANTE. Presidente, quarto settore, terzultima fila (Commenti dei deputati dei gruppi di Forza Italia e di Alleanza Nazionale)!

GIANCLAUDIO BRESSA. Al secondo settore, Presidente!

PIERO RUZZANTE. Quarto e quinto settore!

GIANCLAUDIO BRESSA. Guardi il primo settore!

RENZO INNOCENTI. Presidente, quarto e quinto settore! Sono pieni di doppi voti!

ANTONIO BOCCIA. Presidente, guardi al centro!

PRESIDENTE. Dichiaro chiusa la votazione.

RENZO INNOCENTI. Presidente, voti doppi dappertutto (Commenti dei deputati dei gruppi di Forza Italia, di Alleanza Nazionale, della Lega Nord Federazione Padana e dell'Unione dei democratici cristiani e dei democratici di centro)!

PRESIDENTE. Comunico il risultato della votazione: il sistema elettronico di votazione rileva che la Camera non è in numero legale per sette deputati.
Il sistema ha già computato automaticamente 7 deputati aggiunti figurativamente in conseguenza della richiesta del voto nominale. Ai fini della verifica del numero legale dobbiamo, secondo la prassi consolidata, aggiungere, ove siano in eccedenza rispetto a quelli già inclusi figurativamente dal sistema, i deputati intervenuti per dichiarazione di voto che non sono presenti in aula e i deputati presenti in aula che non hanno preso parte alla votazione. Constato che non vi sono deputati intervenuti per dichiarazione di voto che non hanno votato né deputati presenti in aula che non hanno preso parte alla votazione.

LUCA VOLONTÈ. Presidente, c'è Bonaiuti!

PRESIDENTE. Ce ne è uno: l'onorevole Bonaiuti. Quindi, la Camera non è in numero legale per deliberare per sei deputati. Rinvio pertanto la seduta di un'ora.

La seduta, sospesa alle 18,45, è ripresa alle 19,45.

PRESIDENTE. Dobbiamo procedere nuovamente alla votazione degli identici emendamenti Boato 24.2 e Elio Vito 24.200, nella quale è precedentemente mancato il numero legale.
Prego i colleghi di entrare in aula, magari affrettandosi...

ANTONINO LO PRESTI. Porte chiuse!

PRESIDENTE. Questo non è un conclave e non si possono chiudere le porte!

ANTONINO LO PRESTI. Allora li computiamo!

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sugli identici emendamenti Boato 24.2 ed Elio Vito 24.200, accettati dalla Commissione e dal Governo.
(Segue la votazione).

PIERO RUZZANTE. Quarto settore!

RENZO INNOCENTI. Quarto settore (Commenti)!

PRESIDENTE. Dichiaro chiusa la votazione.

ALESSIO BUTTI. Signor Presidente, il mio dispositivo di voto non funziona!

RENZO INNOCENTI. Quattro o cinque colleghi sono entrati dopo! Non scherziamo (Commenti)!

PRESIDENTE. Comunico il risultato della votazione: il sistema elettronico di votazione rileva che la Camera non è in numero legale per 13 deputati. Anche computando i due deputati presenti che non sono riusciti a votare, ne mancano 11.
Il sistema ha già computato automaticamente 7 deputati aggiunti figurativamente in conseguenza della richiesta di voto nominale. Ai fini della verifica del numero legale, dobbiamo, secondo la prassi consolidata, aggiungere, ove siano in eccedenza rispetto a quelli già inclusi figurativamente dal sistema, i deputati intervenuti per dichiarazione di voto che non sono presenti in aula ed i deputati presenti in aula che non hanno preso parte alla votazione. Constato che, salvo i due colleghi già individuati, non vi sono deputati intervenuti per dichiarazione di voto che non hanno votato né deputati presenti in aula che non hanno preso parte alla votazione. Quindi, la Camera non è in numero legale per deliberare.
Prendo atto che il dispositivo di voto dell'onorevole Butti non ha funzionato e che l'onorevole Bonaiuti è giunto in aula al momento del voto, ma il numero legale non è comunque raggiunto.

FILIPPO ASCIERTO. Ce ne sono dieci...!

LUCA VOLONTÈ. L'onorevole Rotondi era qui!

PRESIDENTE. Ora, secondo il regolamento, dovremmo rinviare la votazione di un'altra ora. Quindi, sospendo la seduta...

ANTONIO BOCCIA. Chiedo di parlare per un richiamo al regolamento.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ANTONIO BOCCIA. Signor Presidente, il regolamento in questo caso prevede che si rinvii la seduta di ventiquattr'ore, riprendendola alla stessa ora in cui è mancato il numero legale. Le chiedo se, per cortesia, può verificare ciò che il regolamento prevede al riguardo.

PRESIDENTE. Onorevole Boccia, la Camera non è in numero legale per deliberare e pertanto, a norma del comma 2 dell'articolo 47 del regolamento, rinvio la seduta di un'ora.

 

La seduta, sospesa alle 19,50, è ripresa alle 20,50.

 

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE PIER FERDINANDO CASINI

PRESIDENTE. Colleghi, dobbiamo procedere nuovamente alla votazione degli identici emendamenti Boato 24.2 e Elio Vito 24.200, nella quale è precedentemente mancato il numero legale. Ricordo che la Commissione ed il Governo hanno espresso parere favorevole.
Passiamo ai voti.
Ognuno voti per sé, per cortesia!
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sugli identici emendamenti Boato 24.2 ed Elio Vito 24.200, accettati dalla Commissione e dal Governo.
(Segue la votazione).

RENZO INNOCENTI. Presidente, guardi il quarto settore!

PIERO RUZZANTE. Signor Presidente, il quarto settore!

RENZO INNOCENTI. Presidente, votano in tre (Commenti)!

PRESIDENTE. Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: il sistema elettronico di votazione rileva che la Camera non è in numero legale per venti deputati. Il sistema ha già computato automaticamente dieci deputati aggiunti figurativamente in conseguenza della richiesta di voto nominale. Ai fini della verifica del numero legale, dobbiamo, secondo la prassi consolidata, aggiungere, ove siano in eccedenza rispetto a quelli già inclusi figurativamente dal sistema, i deputati intervenuti per dichiarazione di voto che non sono presenti in aula ed i deputati presenti in aula che non hanno preso parte alla votazione (cosiddetti inerti).
Constato che non vi sono deputati intervenuti per dichiarazione di voto che non hanno votato né deputati presenti in aula che non hanno preso parte alla votazione. La Camera, pertanto, non è in numero legale per deliberare.
Apprezzate le circostanze, rinvio la votazione ed il seguito del dibattito alla seduta di domani.

 


 

 


 

Allegato A
Seduta n. 525 dell'11/10/2004

 

DISEGNO DI LEGGE COSTITUZIONALE: S. 2544 - MODIFICAZIONI DI ARTICOLI DELLA PARTE II DELLA COSTITUZIONE (APPROVATO, IN PRIMA DELIBERAZIONE, DAL SENATO DELLA REPUBBLICA) (4862) ED ABBINATE PROPOSTE DI LEGGE COSTITUZIONALI ZELLER ED ALTRI; BIELLI; SPINI E ANGIONI; BUTTIGLIONE ED ALTRI; CONTENTO; COLA; PISAPIA; SELVA; SELVA; SELVA; BIANCHI CLERICI; PERETTI; VOLONTÈ; PISAPIA; LUSETTI ED ALTRI; ZACCHEO; MANTINI ED ALTRI; SODA; OLIVIERI E KESSLER; COSTA; SERENA; PISICCHIO ED ALTRI; BOLOGNESI ED ALTRI; PAROLI; BUONTEMPO; ZELLER ED ALTRI; COLLÈ; VITALI ED ALTRI; MAURANDI ED ALTRI; OLIVIERI; BOATO; STUCCHI; CENTO; MONACO; PACINI; CONSIGLIO REGIONALE DELLA PUGLIA; CONSIGLIO REGIONALE DELLA PUGLIA; CHIAROMONTE ED ALTRI; CABRAS ED ALTRI; MANTINI; LA MALFA; BRIGUGLIO ED ALTRI; FRANCESCHINI; PISAPIA; COSTA; PERROTTA ED ALTRI; FIORI (72-113-260-376-468-582-721-874-875-877-966-1162-1218-1287-1403-1415-1608-1617-1725-1805-1964-2027-2116-2123-2168-2320-2413-2568-2909-2994-3058-3489-3523-3531-3541-3572-3573-3584-3639-3684-3707-3885-4023-4393-4451-4805-5044)

 


(A.C. 4862 ed abb. - Sezione 1)

 

ARTICOLO 23 DEL DISEGNO DI LEGGE COSTITUZIONALE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE

 

Art. 23.
(Scioglimento della Camera dei deputati).

 

1. L'articolo 88 della Costituzione è sostituito dal seguente:
«Art. 88. - Il Presidente della Repubblica decreta lo scioglimento della Camera dei deputati ed indìce le elezioni, da tenersi non oltre i successivi sessanta giorni, nei seguenti casi:
a) su richiesta del Primo ministro, che ne assume la esclusiva responsabilità;
b) in caso di morte del Primo ministro o di impedimento permanente accertato secondo le modalità fissate dalla legge;
c) in caso di dimissioni del Primo ministro;
d) nel caso di cui all'articolo 94, terzo comma.

Il Presidente della Repubblica non emana il decreto di scioglimento nei casi di cui alle lettere a), b) e c) del primo comma, qualora entro dieci giorni venga presentata alla Camera dei deputati una mozione, sottoscritta dai deputati appartenenti alla maggioranza espressa dalle elezioni in numero non inferiore alla maggioranza dei componenti della Camera, nella quale si dichiari di voler continuare nell'attuazione del programma e si indichi il nome di un nuovo Primo ministro».

 

PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO 23 DEL DISEGNO DI LEGGE COSTITUZIONALE

 

ART. 23.
(Scioglimento della Camera dei deputati).

 

Subemendamenti all'emendamento 23. 201.

All'emendamento 23. 201., sostituire le parole: e votata con le seguenti: e approvata con votazione.
0. 23. 201. 25. La Commissione.
(Approvato)

All'emendamento 23. 201., sostituire le parole: dai deputati appartenenti alla con la seguente: almeno dai deputati eletti nella.
0. 23. 201. 1. Boccia.

All'emendamento 23. 201, sostituire le parole: si indichi il nome di con le seguenti: si designi.

Conseguentemente, al medesimo emendamento sostituire la parola: indicato con la seguente: designato
0. 23. 201. 26 (nuova formulazione) . La Commissione
(Approvato)

Al comma 1, capoverso Art. 88, secondo comma, sostituire le parole da: entro dieci giorni fino alla fine del comma, con le seguenti: «alla Camera dei deputati, entro i venti giorni successivi, venga presentata e votata per appello nominale dai deputati appartenenti alla maggioranza espressa dalle elezioni in numero non inferiore alla maggioranza dei componenti della Camera, una mozione nella quale si dichiari di voler continuare nell'attuazione del programma e si indichi il nome di un nuovo Primo ministro. In tal caso, il Presidente della Repubblica nomina il nuovo Primo ministro indicato».
23. 201. Elio Vito, Anedda, Volontè, Cè, La Malfa, Moroni.
(Approvato)

Al comma 1, capoverso Art. 88, secondo comma, sostituire le parole da: entro dieci
giorni fino alla fine del comma, con le seguenti: «la Camera dei deputati approvi una mozione presentata entro dieci giorni e sottoscritta da almeno un terzo dei suoi componenti, nella quale si indichi il nome di un nuovo Primo ministro. La mozione è posta in votazione entro cinque giorni dalla sua presentazione».
23. 75. Tabacci, Malgieri, La Malfa, Craxi, Cossa, Giuseppe Gianni.

Al comma 1, capoverso Art. 88, secondo comma, sostituire le parole da: dai deputati appartenenti fino a: programma e con le seguenti: da un numero di deputati non inferiore alla maggioranza dei componenti della Camera, nella quale.

Conseguentemente:
al medesimo capoverso, dopo il secondo comma, aggiungere il seguente:
«Il Presidente della Repubblica, in caso di prolungata impossibilità di funzionamento del Senato federale della Repubblica, può decretarne lo scioglimento, sentito il suo Presidente. Non può esercitare tale facoltà negli ultimi sei mesi del suo mandato, salvo che essi coincidano in tutto o in parte con gli ultimi sei mesi della legislatura.»
all'articolo 24, capoverso Art. 89, terzo comma, dopo le parole: lo scioglimento aggiungere le seguenti: del Senato federale della Repubblica e;
alla rubrica, dopo la parola: Scioglimento aggiungere le seguenti: del Senato federale della Repubblica e.
23. 72. Perrotta.

 

(A.C. 4862 ed abb. - Sezione 2)

 

ARTICOLO 24 DEL DISEGNO DI LEGGE COSTITUZIONALE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE

 

Art. 24.
(Controfirma degli atti presidenziali).

 

1. L'articolo 89 della Costituzione è sostituito dal seguente:
«Art. 89. - Nessun atto del Presidente della Repubblica è valido se non è controfirmato dai ministri proponenti, che ne assumono la responsabilità.
Gli atti che hanno valore legislativo e gli altri indicati dalla legge sono controfirmati anche dal Primo ministro.
Non sono proposti né controfirmati dal Primo ministro o dai ministri i seguenti atti del Presidente della Repubblica: la richiesta di una nuova deliberazione alle Camere ai sensi dell'articolo 74, i messaggi alle Camere, la concessione della grazia, la nomina dei senatori a vita, la nomina dei giudici della Corte costituzionale di sua competenza, lo scioglimento della Camera dei deputati ai sensi dell'articolo 88, la nomina del Vice Presidente del Consiglio superiore della magistratura nonché le nomine dei presidenti delle Autorità amministrative indipendenti e le altre nomine che la legge attribuisce alla sua esclusiva competenza».

 

PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO 24 DEL DISEGNO DI LEGGE COSTITUZIONALE

 

ART. 24.
(Controfirma degli atti presidenziali).

 

Sopprimerlo.
*24. 1. Mascia, Giordano.

Sopprimerlo.
*24. 70. Bressa, Boato, Leoni, Amici, Cabras, Cusumano, Fistarol, Intini, Loiero, Maccanico, Maran, Marone, Montecchi, Olivieri, Pappaterra, Soda, Russo Spena, Maura Cossutta, Zanella, Sgobio.

Al comma 1, capoverso Art. 89, primo comma, sostituire la parola: proponenti con la seguente: competenti.
**24. 2. Boato, Bressa, Leoni, Amici, Cabras, Cusumano, Fistarol, Intini, Loiero, Maccanico, Maran, Marone, Montecchi, Olivieri, Pappaterra, Soda, Mascia, Russo Spena, Maura Cossutta, Zanella, Sgobio.

Al comma 1, capoverso Art. 89, primo comma, sostituire la parola: proponenti con la seguente: competenti.
**24. 200. Elio Vito, Anedda, Volontè, Cè, La Malfa, Moroni.

Al comma 1, capoverso Art. 89, terzo comma, sopprimere le parole: né controfirmati.
24. 201. Elio Vito, Anedda, Volontè, Cè, La Malfa, Moroni.

Al comma 1, capoverso Art. 89, terzo comma, sopprimere le parole: , la concessione della grazia.
*24. 6. Buontempo, Carrara, Nespoli, Saia, Cristaldi, Losurdo, Patarino.

Al comma 1, capoverso Art. 89, terzo comma, sopprimere le parole: , la concessione della grazia.
*24. 71. Perrotta.

Al comma 1, capoverso Art. 89, terzo comma, dopo le parole: concessione della grazia aggiungere le seguenti: richiesta secondo le modalità previste dalla legge.
24. 80. Carrara, Nespoli, Saia, Cristaldi, Losurdo, Patarino.

Al comma 1, capoverso Art. 89, terzo comma, dopo le parole: concessione della grazia aggiungere le seguenti: e la commutazione delle pene.
24. 3. Bressa, Boato, Leoni, Amici, Cabras, Cusumano, Fistarol, Intini, Loiero, Maccanico, Maran, Marone, Montecchi, Olivieri, Pappaterra, Soda, Maura Cossutta, Zanella, Sgobio, Mascia.

 

Subemendamento all'emendamento 24.202.

 

All'emendamento 24. 202., aggiungere, in fine, le parole: , la nomina del Primo ministro ai sensi dell'articolo 88.
0. 24. 202. 1. Boccia.

Al comma 1, capoverso Art. 89, terzo comma, dopo le parole: ai sensi dell'articolo 88 aggiungere le seguenti: salva l'ipotesi di cui alla lettera a).
24. 202. Elio Vito, Anedda, Volontè, Cè, La Malfa, Moroni.

Al comma 1, capoverso Art. 89, terzo comma, sostituire le parole da: , la nomina del Vice Presidente fino a: e le altre nomine con le seguenti: e le nomine.
24. 4. Leoni, Bressa, Boato, Amici, Cabras, Cusumano, Fistarol, Intini, Loiero, Maccanico, Maran, Marone, Montecchi, Olivieri, Pappaterra, Soda, Maura Cossutta, Zanella, Sgobio.

 


 

 


 

 

RESOCONTO

SOMMARIO E STENOGRAFICO

 


______________   ______________


 

526.

 

Seduta di MARTedì 12 oTTOBRE 2004

 

 

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE

PUBLIO FIORI

indi

DEL PRESIDENTE

PIER FERDINANDO CASINI

 

 


Seguito della discussione del disegno di legge costituzionale: S. 2544 - Modificazione di articoli della parte II della Costituzione (Approvato, in prima deliberazione, dal Senato) (4862) e delle abbinate proposte di legge costituzionale: Zeller ed altri; Bielli; Spini e Angioni; Buttiglione ed altri; Contento; Cola; Pisapia; Selva; Selva; Selva; Bianchi Clerici; Peretti; Volontè; Pisapia; Lusetti ed altri; Zaccheo; Mantini ed altri; Soda; Olivieri e Kessler; Costa; Serena; Pisicchio ed altri; Bolognesi ed altri; Paroli; Buontempo; Zeller ed altri; Collè; Vitali ed altri; Maurandi ed altri; Olivieri; Boato; Stucchi; Cento; Monaco; Pacini; Consiglio regionale della Puglia; Consiglio regionale della Puglia; Chiaromonte ed altri; Cabras ed altri; Mantini; La Malfa; Briguglio ed altri; Franceschini; Pisapia; Costa; Perrotta ed altri; Fiori (72-113-260-376-468-582-721-874-875-877-966-1162-1218-1287-1403-1415-1608-1617-1725-1805-1964-2027-2116-2123-2168-2320-2413-2568-2909-2994-3058-3489-3523-3531-3541-3572-3573-3584-3639-3684-3707-3885-4023-4393-4451-4805-5044) (ore 10,38).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge costituzionale, già approvato in prima deliberazione dal Senato: Modificazione di articoli della parte II della Costituzione, e delle abbinate proposte di legge costituzionale di iniziativa dei deputati Zeller ed altri; Bielli; Spini e Angioni; Buttiglione ed altri; Contento; Cola; Pisapia; Selva; Selva; Selva; Bianchi Clerici; Peretti; Volontè; Pisapia; Lusetti ed altri; Zaccheo; Mantini ed altri; Soda; Olivieri e Kessler; Costa; Serena; Pisicchio ed altri; Bolognesi ed altri; Paroli; Buontempo; Zeller ed altri; Collè; Vitali ed altri; Maurandi ed altri; Olivieri; Boato; Stucchi; Cento; Monaco; Pacini; del Consiglio regionale della Puglia; del Consiglio regionale della Puglia; e dei deputati Chiaromonte ed altri; Cabras ed altri; Mantini; La Malfa; Briguglio ed altri; Franceschini; Pisapia; Costa; Perrotta ed altri; Fiori.

 

(Ripresa esame dell'articolo 24 - A.C. 4862 ed abbinate)

 

PRESIDENTE. Riprendiamo l'esame dell'articolo 24 e delle proposte emendative ad esso presentate (vedi l'allegato A - A.C. 4862 ed abbinate sezione 1).
Ricordo che nella seduta di ieri l'Assemblea non è risultata in numero legale per deliberare nella votazione degli identici emendamenti Boato 24.2 ed Elio Vito 24.200. Occorre, pertanto, ripetere la votazione su tali emendamenti.
Avverto che è stata chiesta la votazione nominale mediante procedimento elettronico.

 

Preavviso di votazioni elettroniche (ore 10,40).

PRESIDENTE. Poiché nel corso della seduta avranno luogo votazioni mediante procedimento elettronico, decorrono da questo momento i termini di preavviso di cinque e venti minuti previsti dall'articolo 49, comma 5, del regolamento.

 

La seduta, sospesa alle 10,40, è ripresa alle 11.

Si riprende la discussione.

 

(Ripresa esame dell'articolo 24 - A.C. 4862 ed abbinate)

 

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sugli identici emendamenti Boato 24.2 ed Elio Vito 24.200, accettati dalla Commissione e dal Governo.
(Segue la votazione).

PIERO RUZZANTE. Presidente, le tessere!

RENZO INNOCENTI. Presidente, là sono tutti in piedi!

PIERO RUZZANTE. Presidente, guardi là, vi sono doppi voti dappertutto!

PRESIDENTE. Dichiaro chiusa la votazione.
Avverto che la Camera non è in numero legale per deliberare; rinvio pertanto la seduta di un'ora.

La seduta, sospesa alle 11,05, è ripresa alle 12,05.

 

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE PIER FERDINANDO CASINI

 

PRESIDENTE. Dobbiamo procedere nuovamente alla votazione degli identici emendamenti Boato 24.2 e Elio Vito 24.200, nella quale è precedentemente mancato il numero legale.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sugli identici emendamenti Boato 24.2 e Elio Vito 24.200, accettati dalla Commissione e dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (
Vedi votazioni).
(Presenti 392
Votanti 390
Astenuti 2
Maggioranza 196
Hanno votato
388
Hanno votato
no 2).

Prendo atto che gli onorevoli Sanza, Berruti e Garnero Santanchè non sono riusciti ad esprimere il loro voto.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Elio Vito 24.201.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Marone. Ne ha facoltà.

RICCARDO MARONE. Signor Presidente, finalmente, dopo ben cinque votazioni, riusciamo a procedere nell'esame di questa proposta di riforma della Costituzione della maggioranza. Cominciamo, ora, ad affrontare una serie di emendamenti tutti condizionati da un caso contingente: questa è la riprova di come non si debba modificare una Costituzione. La Costituzione, infatti, andrebbe modificata per ragioni storiche e dovrebbe sempre essere avulsa dal contesto politico attuale. Questo, invece, è uno dei casi (e ve ne sono tanti in questa riforma costituzionale) in cui l'intera formulazione dell'articolo 89 della Costituzione è condizionata dalle bizze e dai capricci di un ministro che si rifiuta di proporre una grazia. Lo ripeto: tutto ciò è sbagliato! Non voglio entrare nel merito, perché commetterei lo stesso errore, ma ritengo che sia sbagliato discutere di temi così delicati essendo condizionati da vicende specifiche.
Una delle proposte che si pensava di avanzare per risolvere un problema specifico era quella di abolire la controfirma: in altri termini, si è ritenuto che, se il ministro non intende apporre la sua firma, eliminando tale istituto, si risolverebbe il caso. Ciò senza riflettere sulla funzione della controfirma e senza chiedersi per quale motivo essa fosse prevista nell'originario testo della Costituzione e se la sua abolizione sia o meno utile.

Detto ciò, credo che la maggioranza abbia svolto una riflessione ed abbia riproposto la necessità della controfirma su una serie di atti, risolvendo la problematica attraverso la sostituzione della parola «proponenti» con il temine «competenti» testé approvata. Si delinea, quindi, definitivamente il quadro preciso delle funzioni nel procedimento degli atti di competenza del Presidente della Repubblica. La firma dei ministri deve essere apposta da questi ultimi in quanto ministri competenti e non perché abbiano proposto un procedimento, quale che sia. La loro firma, che in realtà è una controfirma, è quindi necessaria per dare validità giuridica agli atti, anche perché - come è a tutti noto - il Presidente della Repubblica è irresponsabile.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà.

GIANCLAUDIO BRESSA. Signor Presidente, credo che questa sia stata un'utile occasione di riflessione - come ricordava il collega Marone - dopo le vicende di qualche mese fa, che ci avevano lungamente intrattenuti su argomenti simili a questo. La questione della controfirma è seria e molte Costituzioni hanno, in qualche modo, sottratto ad essa gli atti presidenziali: mi riferisco alla Costituzione francese del 1958, a quella tedesca, e alla recente Costituzione ceca del 1992, nessuna delle quali prevede la controfirma. Credo che l'occasione di discutere di tale questione ci abbia aiutato a definire con maggiore compiutezza quali debbano essere considerati gli atti propri del Presidente della Repubblica.
La formula che è stata approvata credo che alla fine sia sostanzialmente ragionevole e che sicuramente aiuti a costruire un'ipotesi più chiara di quanto non fosse il testo attuale della Costituzione.
Vi è, però, da fare una riflessione. Anche nell'ipotesi della vostra riforma, il Presidente della Repubblica resta un organo politicamente irresponsabile. Ecco che, proprio per questa ragione, proprio perché ci ostiniamo a ragionare come se non volessimo uscire da uno Stato costituzionale e di diritto, come alcune altre ipotesi di riforma da voi proposte ci farebbero supporre, e proprio perché siamo convinti e crediamo nello Stato costituzionale e di diritto, riteniamo che ci debbano essere dei poteri pubblici, per di più di natura monocratica, che da soli non possono essere considerati insindacabili.
La controfirma, quando non corrisponde ad una proposta ministeriale, con la scrittura attuale finisce per costituire una forma di controllo e di assunzione di responsabilità politica per il modo in cui il controllo è esercitato. Credo che sia un interessante passo in avanti rispetto alle interpretazioni che della controfirma sono state fatte nel corso di questi anni.
È il ministro che controfirma e che risponde al Parlamento, riportando l'atto all'interno del circuito della responsabilità politica ed è così che si garantisce la neutralità politica del Capo dello Stato. Al tempo stesso, sottraendolo al fatto che debba essere un ministro a proporlo e lasciandolo, invece, alla piena autonomia del Presidente della Repubblica, si chiarisce ulteriormente un passaggio interessante.
Noi ci asterremo su questo emendamento, perché esso è parte complessiva dell'articolo che non ci vede, invece, concordi, ma valutiamo positivamente gli elementi di novità che questa formulazione porta con sé.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Elio Vito 24.201, accettato dalla Commissione e dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (
Vedi votazioni).
(Presenti 448
Votanti 277
Astenuti 171
Maggioranza 139

Hanno votato 270
Hanno votato
no 7).

Passiamo alla votazione degli identici emendamenti Buontempo 24.6 e Perrotta 24.71.

ALDO PERROTTA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ALDO PERROTTA. Le argomentazioni dell'onorevole Bressa mi hanno convinto; quindi, ritiro il mio emendamento 24.71.

PRESIDENTE. Sta bene.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Buontempo. Ne ha facoltà.

TEODORO BUONTEMPO. Richiamo l'attenzione dei colleghi perché abbiamo già votato alcuni emendamenti che cambiano di non poco quanto è previsto dalla Costituzione vigente. Al momento, per una serie di questioni, il Capo dello Stato può promuovere un suo atto se c'è un ministro proponente e se lo stesso ministro controfirma i suoi atti, perché, per la norma generale prevista dalla Costituzione all'articolo 89, il Capo dello Stato non è responsabile dei suoi atti e, quindi, è il Governo che ne assume la responsabilità.
Qui adesso è avvenuto qualcosa che mi pare non abbia ricevuto l'attenzione necessaria, ossia che, approvando gli identici emendamenti Boato 24.2 ed Elio Vito 24.200, il ministro proponente è diventato ministro competente. Ciò significa che il Capo dello Stato può emettere un suo atto autonomo e la controfirma non è più del ministro proponente ma del ministro competente.
Questo, onorevoli colleghi, potrà causare delle difficoltà di equilibrio istituzionale di non poco conto.
Infatti, finora questi provvedimenti prima di essere formalizzati dal Capo dello Stato erano già interventi concordati con il Governo. Oggi, non essendo più necessaria la proposta dei ministri, il Capo dello Stato potrebbe emanare un suo provvedimento e il ministro competente potrebbe dire «no». In tal modo, si creerebbe una spaccatura istituzionale di non poco conto.
L'emendamento 24.6 da me presentato insieme ai colleghi Carrara, Nespoli, Saia, Cristaldi, Losurdo e Patarino chiede di sopprimere le parole «la concessione della grazia» dal testo dell'articolo 24 proposto dalla Commissione. Per la concessione della grazia, a Costituzione vigente, è necessaria la proposta del ministro e l'azione del Capo dello Stato. Il testo della Commissione inserisce, invece, la concessione della grazia tra gli atti che non sono proposti dal primo ministro o dai ministri.
Onorevoli colleghi della Casa delle libertà, lo dico con il massimo rispetto per chi la pensa diversamente: in tal modo si rischia di votare una norma della Costituzione per un nome e un cognome! Questo è un errore clamoroso che un Parlamento non può commettere né in senso positivo, né in senso negativo. Nel momento in cui la concessione della grazia non ha più bisogno del ministro proponente e della controfirma del ministro proponente rischiamo di approvare una norma per un nome ed un cognome, con una pressione lobbistica sul Parlamento. Non può vincere in questo Parlamento la lobby di Lotta continua (Commenti)! Può piacere o no...

PRESIDENTE. Onorevole Buontempo, ha esaurito il tempo a sua disposizione.

TEODORO BUONTEMPO. Concludo, signor Presidente.
Lo dico serenamente, nel rispetto di chi la pensa diversamente, ma sarebbe colpa grave - e mi rivolgo in particolare ai colleghi della Lega - se si inserisse nella Costituzione questa maglia larga per concedere la grazia ad una persona, senza il coraggio di una decisione politica. Preferirei che il Parlamento votasse a maggioranza positivamente per il caso in questione, ma non accettasse tali artifizi (Applausi di deputati del gruppo di Alleanza Nazionale).

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Buontempo 24.6, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (
Vedi votazioni).
(Presenti 455
Votanti 450
Astenuti 5
Maggioranza 226
Hanno votato
65
Hanno votato
no 385).

Prendo atto che l'onorevole Bondi non è riuscito ad esprimere il proprio voto.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Carrara 24.80.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Carrara. Ne ha facoltà.

NUCCIO CARRARA. Signor Presidente, è giusto che noi di Alleanza nazionale, che abbiamo già condotto una battaglia parlamentare in tale materia, ci sforziamo di spiegare i termini della questione ed il motivo per cui siamo favorevoli all'emendamento in esame. Il nuovo testo prevede che la concessione della grazia rientri tra gli atti che non necessiteranno di una proposta ma richiederanno una controfirma. È ovvio che ciò non ci può tranquillizzare perché la controfirma potrebbe avere un valore puramente di legittimità poiché il ministro sarebbe sostanzialmente tenuto a controfirmare.
Infatti, la concessione della grazia viene introdotta tra quegli atti che, naturaliter, attengono alla discrezionalità del Presidente della Repubblica, come per esempio la richiesta di una nuova deliberazione alle Camere oppure i messaggi alle Camere. Tuttavia, la concessione della grazia è un atto ben più incisivo, che richiede un'assunzione forte di responsabilità e noi riteniamo che in questo il Presidente non possa restare solo. Non riteniamo altresì sufficiente una controfirma ministeriale che rischia di avere un valore di mera legittimazione dell'atto.
Pertanto, per contenere i danni, suggeriamo che la concessione della grazia abbia a monte una richiesta e che vi sia una legge che disciplini le modalità con cui tale richiesta deve essere avanzata. Necessariamente, ci deve essere a monte qualcuno che richieda la grazia. Non si può pensare che sia il Presidente della Repubblica, di punto in bianco, in mancanza di alcuna proposta, a proporre lui a se stesso la concessione della grazia...!
Riteniamo che non si stia facendo un buon lavoro. Pensiamo però che il nostro emendamento sia ispirato al buonsenso e che per questo vada approvato.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà.

GIANCLAUDIO BRESSA. È del tutto evidente che l'onorevole Carrara, presentando questo emendamento, parte dal presupposto di una presunzione di illegalità negli atti del Presidente della Repubblica. Se vogliamo infatti scrivere in Costituzione che la grazia deve essere richiesta secondo le modalità previste dalla legge, vuol dire che si parte dal presupposto che il Presidente della Repubblica possa muoversi sulla base di atti ispirati all'illegalità. Mi sembra che siamo proprio fuori dalla logica!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Marone. Ne ha facoltà.

RICCARDO MARONE. Stiamo veramente sfiorando il ridicolo, onorevole Carrara, perché, così facendo, si cade nell'ipotesi alla quale accennava il collega Bressa, cioè che qualcuno possa pensare che il Presidente della Repubblica possa concedere la grazia secondo modalità contrarie alla legge (precisare infatti che un qualcosa può avvenire secondo le modalità previste dalla legge mi sembra ovvio e non credo debba essere inserito in Costituzione).

Il problema però è un altro. Il punto saliente di questo emendamento non è infatti nell'espressione «secondo le modalità previste dalla legge», bensì nella parola «richiesta». Ciò si riferisce infatti ad un nome ed un cognome: riguarda cioè, specificamente, la vicenda di un soggetto che in questo paese non vuole richiedere la grazia.
Allora mi chiedo se possiamo modificare la Costituzione e prevedere in essa delle norme solo perché dobbiamo disciplinare un caso specifico. Quel caso specifico lo abbiamo già affrontato in quest'aula in alcune giornate di seduta, inutilmente perse, perché alla fine non se n'è fatto nulla sul piano della legislazione ordinaria.

ROBERTO MENIA. Bravo! Proprio così!

RICCARDO MARONE. Lasciamolo dunque alla legislazione ordinaria del Parlamento e non inseriamo in Costituzione aspetti che non hanno alcuna valenza di natura costituzionale. Sono, ripeto, problematiche specifiche ed è veramente paradossale che qualcuno le voglia inserire in Costituzione.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole La Russa. Ne ha facoltà.

IGNAZIO LA RUSSA. Come si può vedere, stiamo cercando di non trasformare un momento importante, quale la riscrittura della Costituzione, in una meschina occasione per cercare di far uscire dal carcere una persona, senza fargli chiedere la grazia. Quindi non stiamo facendo niente di drammatico.
Crediamo però che questo emendamento, a differenza di quello che ha detto il collega, consenta di creare una riserva di legge ordinaria, che potrà disciplinare i modi necessari per richiedere la grazia. Con questa riforma è pacifico che non toccherà al ministro dover promuovere l'iter per la grazia. Ciò non vuol dire però che non vi possa essere la necessità di una richiesta, la cui disciplina riserveremmo alla legge ordinaria, come sempre avviene in Costituzione. Questo ci sembra un modo corretto per non immiserire il lavoro di riscrittura della Costituzione e per tornare ad un livello un po' più alto, che solo la vicenda Sofri sta rischiando di far dimenticare all'aula del Parlamento (Applausi dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale)!

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Carrara 24.80, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (
Vedi votazioni).
(Presenti 460
Votanti 452
Astenuti 8
Maggioranza 227
Hanno votato
99
Hanno votato
no 353).

Prendo atto che l'onorevole Paoletti Tangheroni non è riuscita ad esprimere il proprio voto.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Bressa 24.3, accettato dalla Commissione e dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (
Vedi votazioni).
(Presenti 461
Votanti 457
Astenuti 4
Maggioranza 229
Hanno votato
450
Hanno votato
no 7).

Passiamo alla votazione del subemendamento Boccia 0.24.202.1, sul quale la Commissione ed il Governo hanno espresso parere favorevole, subordinatamente all'espunzione dal testo delle parole: «ai sensi dell'articolo 88».
Chiedo al presentatore se accetti la riformulazione proposta dalla Commissione.

ANTONIO BOCCIA. Sì, signor Presidente.

PRESIDENTE. Sta bene.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul subemendamento Boccia 0.24.202.1, nel testo riformulato, accettato dalla Commissione e dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (
Vedi votazioni).
(Presenti 471
Votanti 469
Astenuti 2
Maggioranza 235
Hanno votato
463
Hanno votato
no 6).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Elio Vito 24.202, nel testo subemendato, accettato dalla Commissione e dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (
Vedi votazioni).
(Presenti 469
Votanti 293
Astenuti 176
Maggioranza 147
Hanno votato
275
Hanno votato
no 18).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Leoni 24.4, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (
Vedi votazioni).
(Presenti 468
Votanti 463
Astenuti 5
Maggioranza 232
Hanno votato
197
Hanno votato
no 266).

Prendo atto che l'onorevole Giuseppe Gianni non è riuscito a votare.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 24, nel testo emendato.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-L'Ulivo, della Margherita, DL-L'Ulivo, di Rifondazione comunista e Misto-Comunisti italiani) (
Vedi votazioni).
(Presenti 459
Votanti 450
Astenuti 9
Maggioranza 226
Hanno votato
211
Hanno votato
no 239).

Prendo atto che l'onorevole Giuseppe Gianni non è riuscito a votare.
Chiedo al relatore di chiarire come ritiene si possa procedere nei nostri lavori (Commenti dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-L'Ulivo, di Rifondazione comunista e Misto-Comunisti italiani).

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, per cortesia! È il voto libero del Parlamento che si è espresso! Fatemi la cortesia di farmi capire... Finché non vi sarà serenità, non potrò dare la parola all'onorevole relatore.
Onorevole Bruno, la prego di non parlare finché i commenti non si saranno chetati (Commenti dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-L'Ulivo, di Rifondazione comunista e Misto-Comunisti italiani).
Onorevole Ruzzante, la prego di moderare i suoi entusiasmi. L'onorevole Russo Spena è chiamato allo stesso rigoroso comportamento. L'onorevole Boccia è pregato di non fare capannelli. L'onorevole Preda è pregato di prendere posto. Onorevole Loiero!
Onorevoli colleghi, per cortesia.
Prego, onorevole Bruno.

DONATO BRUNO, Relatore. Signor Presidente (Commenti dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo)...

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, per cortesia, fate parlare l'onorevole relatore!

DONATO BRUNO, Relatore. Signor Presidente, il Comitato dei nove affronterà questo problema tra circa un'ora (era già prevista la sua convocazione); riterrei opportuno accantonare l'esame dell'articolo 25, concernente il giuramento del Presidente della Repubblica, e dei relativi emendamenti mentre potremmo procedere all'esame dell'articolo 26, che riguarda il Governo e il primo ministro.

PRESIDENTE. Sta bene.
Procediamo allora all'esame dell'articolo 26 (Commenti dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo)...

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, vi prego di avere un po' di rispetto, soprattutto di voi stessi e del Parlamento. È stato espresso un voto e va rispettato!

RENZO INNOCENTI. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

RENZO INNOCENTI. Signor Presidente, comprendiamo l'esigenza di proseguire i nostri lavori, ma con un voto libero, come giustamente accade in Parlamento e come lei ha affermato, è stato respinto un articolo che per noi è importante ed insostituibile rispetto al meccanismo che è stato previsto nel progetto presentato dalla maggioranza e dal Governo.
Venendo meno alcuni poteri del Presidente della Repubblica, non possiamo pensare di accantonare questo tema e passare ad un altro argomento, perché si è verificato un vuoto nella nostra Costituzione.
Dunque, ritengo sia necessario sospendere la seduta per consentire al Comitato dei nove di riunirsi, in quanto non può passare in sordina un avvenimento politico che ha visto una grave frattura nella maggioranza in riferimento alla riforma istituzionale al nostro esame (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo).

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, cerchiamo di essere animati dal buonsenso.
L'onorevole Innocenti ha posto una questione politica; d'altronde, uno dei leader dell'opposizione, a fronte di un voto difforme della maggioranza che ha impedito l'approvazione dell'articolo 24, non avrebbe potuto fare diversamente. Io vedo la questione da un altro punto di vista, che non è quello politico, ma quello istituzionale, in quanto effettivamente si apre un vuoto che, a mio parere, richiede da parte del Comitato dei nove una valutazione serena.
Pertanto, piuttosto che procedere nei lavori in una situazione di confusione, ritengo sia ragionevole - se i capigruppo sono d'accordo - procedere ad una breve sospensione, al fine di consentire al Comitato dei nove di riunirsi.
Sospendo quindi la seduta...

GIAN FRANCO ANEDDA. Chiedo di parlare.

IGNAZIO LA RUSSA. Presidente!

PRESIDENTE. Colleghi, sospendo la seduta, che riprenderà alle 13.

La seduta, sospesa alle 12,35, è ripresa alle 13,10.

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, ricordo che, da ultimo, l'Assemblea...

ERNESTO MAGGI. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Onorevole Maggi, le darò la parola subito dopo aver terminato la comunicazione che stavo leggendo.
Ricordo che, da ultimo, l'Assemblea ha respinto l'articolo 24 e che la seduta è stata sospesa per consentire la riunione del Comitato dei nove.
Ha facoltà di parlare, onorevole Maggi.

ERNESTO MAGGI. Signor Presidente, a dire il vero mi dispiace che mi abbia ignorato quando, a tempo debito, ho chiesto di parlare e lei ha preferito sostanzialmente tacitarmi. Ritengo che quanto intendo dire rivesta estrema importanza dal mio punto di vista di parlamentare che non ha vincoli di mandato. Intendo solo evidenziare, in particolare al mio gruppo e a chi ci ha guidati a votare in una certa maniera sull'articolo 24, la mia posizione sostanziale di divergenza totale. Non è possibile far venir meno il numero legale per ben quattro volte, e fare poi inopinatamente incursione in aula per imporci di votare in una certa maniera (Applausi di deputati dei gruppi di Forza Italia e dell'Unione dei democratici cristiani e dei democratici di centro)!
Questa non è politica! Questa è improvvisazione, che non ci consente di rispondere con dignità al nostro mandato! Quindi, mi dissocio totalmente (Applausi di deputati dei gruppi di Forza Italia, della Margherita, DL-L'Ulivo, della Lega Nord Federazione Padana e dell'Unione dei democratici cristiani e dei democratici di centro).

PRESIDENTE. Presidente Bruno, le chiedo se intenda riferire all'Assemblea sull'esito dei lavori del Comitato dei nove.

DONATO BRUNO, Relatore. Signor Presidente, non sta a me esprimere valutazioni su quanto è accaduto. Il Comitato dei nove chiede l'accantonamento dell'esame delle norme relative al premier ed al Governo. Propone pertanto di proseguire i lavori con l'esame dell'articolo 25; successivamente si potrebbe passare, accantonando - ripeto - gli articoli relativi al premier, in ordine ai quali è necessaria un'ulteriore riflessione, agli articoli 31 e seguenti.

ANTONIO BOCCIA. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ANTONIO BOCCIA. Signor Presidente, apprezzo moltissimo lo sforzo compiuto dal presidente Bruno in ordine alle modalità di prosecuzione dei lavori, dopo quanto è accaduto. Tuttavia, signor Presidente, non credo lei possa consentire che si continui l'esame dell'articolato.

ROBERTO MENIA. Cosa dici!

ANTONIO BOCCIA. Infatti, in virtù del combinato disposto delle norme costituzionali approvate dalla Camera dei deputati e del vigente articolo 89 della Costituzione, si determina un chiaro impedimento per la vita della Repubblica, in ordine alla certezza nella guida del Governo. Non si tratta di una questione che può rimanere irrisolta, né vi sono nel testo articoli che possono consentire di risolvere il problema.
Ai sensi dell'articolo 88 della Costituzione, nel testo modificato dalla riforma, con la presentazione ed approvazione di una mozione da parte dei deputati appartenenti alla maggioranza espressa dalle elezioni in numero non inferiore alla maggioranza dei componenti della Camera, può essere indicato un nuovo Primo ministro. Quest'ultimo è nominato dal Presidente della Repubblica, il quale, stante il vigente articolo 89, dovrebbe vedere controfirmato l'atto di nomina dal Primo ministro in carica.
È evidente che vi può essere la possibilità che il Presidente in carica, evidentemente sostituito dalla sua ...

PRESIDENTE. Onorevole...

ANTONIO BOCCIA. Come può suonare il campanello mentre sto affrontando una questione così seria? Non riesco a capire...

PRESIDENTE. Ha concluso onorevole?

PIERLUIGI MANTINI. Calma, Presidente!

ANTONIO BOCCIA. Mi scusi, io sto ponendo un problema così serio e lei mi suona il campanello?

PRESIDENTE. Sì, onorevole, io le suono il campanello!

ANTONIO BOCCIA. E allora se la faccia lei la riforma (Applausi dei deputati dei gruppi della Margherita, DL-L'Ulivo, dei Democratici di sinistra-L'Ulivo, di Rifondazione comunista e Misto-Comunisti italiani)!

PIERLUIGI CASTAGNETTI. Presidente, ma cosa sta facendo! Se ne rende conto?

CARLO LEONI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CARLO LEONI. Signor Presidente, il presidente della I Commissione Bruno ha correttamente riferito che il problema di fronte al quale ci troviamo dopo il voto di poc'anzi pone un'esigenza di bilanciamento tra i poteri del Presidente della Repubblica e quelli del Primo ministro; tutti comprendono ciò. Non è la stessa cosa che il Presidente della Repubblica possa nominare il presidente del CNEL, delle authority ed il vicepresidente del CSM con o senza una proposta del ministro.
Il nostro gruppo ritiene che sia impossibile procedere nell'esame senza un chiarimento preventivo su questi aspetti. Non possiamo pensare che siano questioni secondarie e quindi andare avanti cogliendo «fior da fiore» i vari articoli sui quali saremmo pronti a procedere, mentre vi è un macigno da affrontare che riguarda un tema politico e di lettura del testo in esame: quali sono dopo questo voto i rapporti tra Presidente della Repubblica e Primo ministro. La nostra valutazione è che dovremmo interrompere i lavori ed attendere un chiarimento, visto che non si può procedere ulteriormente (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo).

FRANCESCO GIORDANO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FRANCESCO GIORDANO. Signor Presidente, ci associamo alle richieste dei colleghi; e questo per una ragione evidente: il vecchio testo che, a seguito del voto, resterebbe in vigore a nostro avviso mal si attaglia alle nuove funzioni definite in tutto l'articolato del provvedimento.
Per tali ragioni, e per le questioni sollevate poc'anzi dai colleghi, chiediamo la sospensione dei lavori e lo svolgimento di una discussione su quanto verificatosi. D'altronde tutto ciò è stato determinato da uno voto difforme all'interno della stessa maggioranza. Non possiamo esaminare temi così rilevanti procedendo a salti, senza una linea organica con la quale confrontarci in tema di riforme! La maggioranza non è presente, si prosegue a salti e non si comprende bene quali siano i rapporti tra Presidente del Consiglio e Presidente della Repubblica. Diteci voi se è possibile continuare in questa maniera (Applausi dei deputati del gruppo di Rifondazione comunista)!

ARMANDO COSSUTTA. Chiedo di parlare (Commenti dei deputati dei gruppi di Forza Italia e di Alleanza Nazionale).

PRESIDENTE. Ne ha facoltà (Commenti dei deputati dei gruppi di Forza Italia e di Alleanza Nazionale).

RENZO INNOCENTI. Fascisti!

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, vi prego! Credo che oggi già vi sia un clima di nervosismo sufficiente.

ARMANDO COSSUTTA. Anch'io ritengo, signor Presidente, come già hanno affermato i colleghi poco fa (Commenti dei deputati dei gruppi di Forza Italia e di Alleanza Nazionale)...

PRESIDENTE. Colleghi, per cortesia! Se vogliamo definitivamente far deflagrare la situazione, possiamo farlo!

IGNAZIO LA RUSSA. E sì, ora sospendiamo altri venti minuti...

PRESIDENTE. In quest'aula, finché la presiedo io, tutti hanno diritto di parlare ed essere ascoltati; chi non vuole farlo può uscire (Applausi - Commenti del deputato Boccia).
Onorevole Boccia, lei ha parlato tanto in questi tre anni. Ho scampanellato, non le ho tolto la parola. Se lei si è innervosito me ne dispiace, se sono io la causa. Non ne facciamo un affare di Stato... Ho semplicemente scampanellato. Tutti, da quando siamo parlamentari, abbiamo subito le scampanellate con tranquillità e serenità!
Ha facoltà di parlare, onorevole Armando Cossutta.

ARMANDO COSSUTTA. Signor Presidente, dicevo, dunque, che non è possibile, come hanno detto altri colleghi, continuare la discussione sull'insieme dell'articolato che ancora dobbiamo esaminare e votare, perché, con la votazione che vi è stata a fine mattinata, si è determinata una modificazione profonda. Non soltanto è indispensabile capire e conoscere qual è l'orientamento della maggioranza, della Commissione, e del presidente della Commissione per dare una sistemazione razionale e logica a questo punto, ma è anche indispensabile capire che cosa si vuol fare perché tutte le altre questioni, onorevole Presidente, sono importantissime, ma nessuna è così importante come questa! Questa, infatti, riguarda i poteri del Presidente della Repubblica, quelli del Presidente del Consiglio e quelli del Parlamento, cioè l'essenza stessa della seconda parte della Costituzione; e mi meraviglio che si possa esitare tanto a prendere una decisione che mi pare indispensabile e comunque saggia: sospendere i lavori per capire come si andrà a finire (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Comunisti italiani - Applausi polemici dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale).

LUANA ZANELLA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LUANA ZANELLA. Signor Presidente, anche i Verdi si associano alla richiesta di sospensione dei lavori, perché è di tutta evidenza l'impossibilità di procedere; ma vorrei anche stigmatizzare quanto è avvenuto in questi due giorni e che effettivamente dà il segno di quale sia lo spirito costituente della maggioranza.
Credo che questo Parlamento si dovrebbe un po' vergognare, perché la differenza, la distanza tra lo spirito costituente che ha dato vita al bel patto costituzionale vigente e quello che invece ispira il dibattito in queste ore, in questi giorni, dovrebbe dimostrare che vi è la necessità di sospendere l'esame e di riprenderlo su altri livelli e con ben altro spirito (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Verdi-L'Ulivo).

PIERLUIGI CASTAGNETTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PIERLUIGI CASTAGNETTI. Signor Presidente, desidero completare, anche perché i colleghi ne siano informati se, per caso, fosse loro sfuggito, il ragionamento dell'onorevole Boccia.
L'onorevole Boccia credo abbia reagito giustamente - io ho condiviso - perché stava sviluppando un ragionamento che dovrebbe interessare tutti. Si è determinata una fattispecie che impone di sospendere l'esame di questo provvedimento. Egli stava illustrando il caso in cui, con una mozione di sfiducia, venga sostituito il primo ministro: il Presidente della Repubblica sarebbe costretto a nominare il successore con un atto controfirmato dal precedente primo ministro sfiduciato. Se quest'ultimo si opponesse, non potrebbe rientrare in funzione il nuovo primo ministro: ma vi rendete conto?

NUCCIO CARRARA. Cinquantatré Governi si sono dimessi!

MARCO BOATO. Avete provocato voi questo problema!

PIERLUIGI CASTAGNETTI. Questa è una fattispecie cui bisogna porre rimedio; non attendiamo un chiarimento, attendiamo di capire come si uscirà da questa impasse.
Porre tale problema significa rendere un servizio a chi sta portando avanti una riforma che non ha né capo né coda; a questo punto, però, non possiamo procedere senza avere chiarito e risolto questo problema!

PRESIDENTE. Lei ha posto il problema e l'hanno posto anche gli altri, tutti in un tempo ragionevole: nessun problema è sorto perché ciò è giusto e fa parte del dibattito politico, a dimostrazione del fatto che la «scampanellata» non era un caso. Non si può far diventare «casi» quelli che non sono tali!

GIAN FRANCO ANEDDA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GIAN FRANCO ANEDDA. Signor Presidente, con molta pacatezza e con un invito alla riflessione vorrei esortare a rileggere le norme. È uscito dalla Commissione un testo che riproduce il primo e il secondo comma dell'articolo 89 del testo attuale della Costituzione: non cambia nulla! Il testo attuale della Costituzione, accettato e riprodotto nella riforma in esame, fa riferimento ai «ministri proponenti» e in più stabilisce che gli atti avrebbero già dovuto essere controfirmati dal primo ministro prima del provvedimento del Presidente della Repubblica.
Nessuno ha posto questioni di incongruenza circa il mantenimento dei primi due commi attuali dell'articolo 89 della Costituzione, che fanno riferimento ad un ministro proponente, con l'assetto della riforma che la Camera sta esaminando in ordine ai poteri del Presidente della Repubblica (Applausi dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale).
Nella discussione odierna si è aggiunto un altro dato, perché il terzo comma dell'articolo 89 della riforma in esame, con un emendamento approvato quasi all'unanimità, è stato abolito. Delle parole «Non sono proposti né controfirmati» si sono abolite le parole «né controfirmati», ma si è lasciato «non sono proposti», tuttavia la controfirma rimane. Quindi, se fosse stato approvato l'articolo 89 nella nuova formulazione, qualunque atto del Presidente della Repubblica, comprese le nomine, avrebbe dovuto essere proposto dal ministro diventato competente...

RICCARDO MARONE. No! No!

NUCCIO CARRARA. Controfirmato!

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi...

GIAN FRANCO ANEDDA. ...e controfirmato.
Adesso non è stata ancora approvata la riforma e vige il testo attuale dell'articolo 89 della Costituzione, quello che, ripeto, è stato riprodotto nei primi due commi del testo riformato. Allora, dov'è lo stravolgimento e lo scandalo se parliamo solo delle nomine? Le nomine debbono avere una proposta ed una controfirma, come stabilisce attualmente la Costituzione. Subentra il principio, oggi costituzionale perché sancito dalla Corte, della ragionevolezza in ordine ai rapporti che esistono tra l'esecutivo e il Presidente della Repubblica. Certo, una cosa è cambiata: il tentativo surrettizio di fare entrare nella Costituzione un atto che riguarda una singola persona, la grazia a Sofri (Applausi dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale e di deputati del gruppo di Forza Italia), stravolgendo un sistema che è vissuto per anni pacificamente fino a quando non si è preteso, come si pretende, di far compiere al Presidente della Repubblica, irresponsabile e sopra le parti, un atto politico che non gli compete (Applausi dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale e di deputati del gruppo di Forza Italia - Commenti del deputato Cè).

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, intervengo solo per chiarire come opera la Presidenza. Ho dato la parola ad un deputato per gruppo e non la concedo a più di un deputato per gruppo perché ciò non è accettabile; dopodiché, dirò una cosa che implica delle conseguenze.

ELIO VITO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ELIO VITO. Signor Presidente, sono d'accordo con il metodo che ha deciso poco fa. Tuttavia, se si sospende la seduta per permettere al Comitato dei nove di compiere alcune valutazioni, alla ripresa dei lavori ci si deve attenere tutti, compresi i colleghi dell'opposizione che hanno partecipato alla riunione di tale Comitato, a quello che riferisce in aula il presidente Bruno: è stato detto che si poteva proseguire nei lavori specificando quali articoli esaminare.

SERGIO SABATTINI. C'è il centralismo democratico!

ELIO VITO. Se dobbiamo, come è legittimo e, forse, anche opportuno, svolgere un dibattito politico sul voto che vi è stato, allora potevamo anche non consentire la riunione del Comitato dei nove e svolgere direttamente il dibattito politico sull'esito del voto. Tale esito, lo dico con chiarezza, è la conseguenza di tante cose e dico ai colleghi dell'opposizione (anche se ognuno è padrone delle proprie scelte, anche della conseguenza della scelta, liberamente fatta ed annunciata in aula dall'opposizione e dai colleghi che hanno partecipato al Comitato dei nove, di presentare emendamenti soppressivi e di votare contro tutti gli articoli della riforma, anche contro quelli che si condividevano): questo avete deciso. Per non volervi «sporcare» in alcun modo con la riforma poiché era completamente sbagliata, avete annunciato di aver presentato emendamenti soppressivi di tutti gli articoli e, come vi è stato detto dal vostro leader extraparlamentare Romano Prodi, siete tenuti a votare contro tutti gli articoli della legge (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia e di Alleanza Nazionale).
Forse, avete votato anche contro qualcosa che condividevate, ma queste sono effettivamente le conseguenze della vostra leadership e del vostro modo di fare politica (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia, di Alleanza Nazionale e della Lega Nord Federazione Padana).
Comunque, ognuno è padrone di se stesso.
Ciò che ora dobbiamo fare...

PIERLUIGI CASTAGNETTI. È stata la maggioranza!

PRESIDENTE. Onorevoli Colleghi...

ELIO VITO. Mi sorprende che un collega generalmente attento e al quale prestiamo attenzione, come il collega Boccia, sollevi questioni che, invece, sono infondate. Infatti, non vi sono dubbi sul fatto che, con l'attuale articolo 89 della Costituzione, i poteri del Capo dello Stato, che, peraltro, abbiamo già definito con l'articolo 87 della Costituzione (sono stati tutti ampliati, compresi i poteri di nomina delle Autorità indipendenti), restano immutati. Ma la procedura di cui ha parlato l'onorevole Boccia è stata espressamente disciplinata dall'articolo 28 sullo scioglimento delle Camere; si prevede l'indicazione da parte delle Camere del nuovo premier e la votazione dello stesso con la prescritta maggioranza. Si tratta del caso cui ha accennato l'onorevole Anedda e al quale nessuno può sfuggire. Infatti, se sarà approvata la nuova Costituzione, avremo o un premier indicato e votato dagli elettori o un premier che potrà essere sfiduciato e sostituito solo da un nome espressamente indicato dalla stessa maggioranza parlamentare scelta dagli elettori. Dunque, ciò non riguarda né il potere di nomina né quello di controfirma. In quel caso, non sono gli elettori, ma la stessa maggioranza parlamentare a nominare il nuovo primo ministro; lo stabilisce l'articolo 88 della nuova Costituzione. Onorevole Boccia, non inventiamoci cose che non esistono! Allora, anche il Presidente della Repubblica può nominarne un altro? E il vecchio può non controfirmare? Ma cosa c'entra? È il Parlamento a nominarlo direttamente. Credo che tale questione sia infondata, come lo sono altre questioni che sono state sollevate.
Signor Presidente, il voto del Parlamento che ha respinto un articolo della Commissione, sicuramente, indurrà la maggioranza e l'opposizione a fare alcune valutazioni politiche. A mio avviso, il significato di questa bocciatura va valutato, non rispetto al testo dell'articolo, ma rispetto ad una battaglia che Alleanza nazionale ritiene di dover condurre ogni qual volta compaia la parola «grazia». A nostro avviso, è stato respinto un articolo che non meritava di essere respinto e che conteneva altri elementi, oltre al termine «grazia».

IGNAZIO LA RUSSA. Bastava votare l'emendamento!

ELIO VITO. Ma è questa la libera espressione del voto parlamentare che noi rispettiamo. Crediamo che non determini alcun conflitto con le altre norme del disegno di legge costituzionale al nostro esame. Per ragioni di opportunità, il presidente Bruno ha proposto di continuare l'esame delle norme riguardanti il CSM e la Corte costituzionale, ossia il Titolo IV, e di esaminare domani le disposizioni concernenti il primo ministro. Credo, tuttavia, che vi siano le condizioni per continuare (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia e di Alleanza Nazionale).

LUCA VOLONTÈ. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LUCA VOLONTÈ. Signor Presidente, i leader politici faranno le valutazioni politiche sull'accaduto. È evidente a tutti, ai membri del Comitato dei nove e all'intera Assemblea, che il voto sulla controfirma cambia la definizione dei rapporti tra Capo dello Stato ed esecutivo. Cambiato questo equilibrio, si deve riflettere per trovarne un altro. Questa è la ragione che ha indotto il Comitato dei nove a proporre l'esame dell'articolo 25. Ogni forza politica farà le proprie valutazioni nella fase costruttiva dei prossimi giorni, partendo da un dato molto semplice, ossia la condivisione di un percorso iniziato a luglio su un testo che ha visto la firma di tutti i presidenti di gruppo e i voti diversi espressi in quest'aula. La responsabilità non può essere attribuita solo ad alcuni membri della maggioranza, ma deve essere di tutti. Tutti, di conseguenza, faranno le proprie valutazioni sui rapporti tra il Capo dello Stato e il primo ministro. Per questo motivo, chiedo all'opposizione di valutare positivamente questa riflessione sorta all'interno del Comitato dei nove, di votare con tutta calma l'articolo 25 e di consentire al Comitato dei nove, nel pomeriggio o domani, di valutare, sul piano tecnico e piano politico, come si possa ritrovare un equilibrio dopo il voto di quest'aula (Applausi dei deputati del gruppo dell'Unione dei democratici cristiani e dei democratici di centro).

ALESSANDRO CÈ. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ALESSANDRO CÈ. Signor Presidente, visto che ci si chiede di fare due valutazioni politiche, ritengo opportuno dire chiaramente qual è il pensiero della Lega Nord Federazione Padana in questo momento. Noi abbiamo preso atto dell'atteggiamento dell'opposizione, che è assolutamente contraria a questo riforma, che alcune volte nelle sue dichiarazioni cade in contraddizione, visto che descrive la riforma come una ricentralizzazione del potere e, nello stesso tempo, la considera in grado di sfasciare lo Stato. Però, riconosco all'opposizione il diritto e forse anche il dovere di contrastare le riforme anche in maniera strumentale, perché è dovere della maggioranza approvare le riforme in cui crede. Caro onorevole Anedda, nonché capogruppo, è inutile che lei venga in quest'aula, come ha fatto nel Comitato dei nove, a rispiegarci qual è la posizione di Alleanza nazionale su questo punto.

IGNAZIO LA RUSSA. Era anche la tua!

ALESSANDRO CÈ. Se vuole, in una parola, le dico chiaramente che la Lega Nord Federazione Padana, da sempre, è (e lo sarà sempre) contraria alla grazia a Sofri; ma altra cosa è essere seri come parlamentari, e lei, come capogruppo, dovrebbe garantire che il suo gruppo in quest'aula voti conformemente alla posizione assunta da lei, a nome del gruppo, sull'intera riforma costituzionale.

TEODORO BUONTEMPO. Non siamo prigionieri!

ALESSANDRO CÈ. Scusa Buontempo, lo sappiamo che ormai tu sei un baronetto e sei qui di passaggio.

TEODORO BUONTEMPO. Avete bocciato l'emendamento!

ALESSANDRO CÈ. Lei, Anedda, ha sottoscritto, anche con il capogruppo della Lega Nord Federazione Padana, un accordo di maggioranza che è riportato nel testo della riforma costituzionale, ha sottoscritto degli emendamenti modificativi assieme a tutti gli altri capigruppo di maggioranza sulle questioni che erano ritenute sostanziali per migliorare la riforma; non è accettabile, non è accettabile - lo ripeto - che si venga in quest'aula con un testo e poi, compattamente, il suo gruppo voti contro quel testo, che è stato concordato dalla maggioranza, perché allora vuol dire che si vuol far trasparire la volontà di bloccare la riforma, di affossarla.

TEODORO BUONTEMPO. Presidente, non si può rivolgere al collega...!

ALESSANDRO CÈ. Infatti, le conseguenze che avremo rispetto a questo voto coinvolgono anche le posizioni fatte emergere, giustamente, nel Comitato dei nove dall'UDC (delle quali poi parleremo sempre in quella sede): in tal modo si rallenta l'iter di questa riforma che, con grande difficoltà, sta per essere approvata. Ognuno deve assumersi le proprie responsabilità di fronte al Parlamento, ma anche di fronte al paese e agli elettori che hanno votato per la Casa delle libertà.
Dopo aver fatto questa valutazione di massima, credo sia opportuna una riflessione su questo punto, per vedere come procedere. Però, Presidente Casini, rientrando in aula, alle 13,10, nonostante il problema importante che era stato sollevato con la bocciatura dell'articolo 24 in questione, mi sarebbe piaciuto che i nostri lavori fossero continuati, perché, come è stato detto dal presidente della Commissione, ci sono alcuni articoli che possono essere affrontati tranquillamente (l'articolo concernente la Corte Costituzionale, quello sul CSM), per cui non vedo perché, anche sotto il profilo procedurale, dobbiamo ostacolare la discussione di questo disegno di legge (Applausi dei deputati del gruppo della Lega Nord Federazione Padana).

ROBERTO VILLETTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Onorevole Villetti, il gruppo misto ha già parlato.

MARCO BOATO. Le componenti hanno diritto di parlare!

PRESIDENTE. Va bene, onorevole Villetti, ha un minuto di tempo a disposizione.

ROBERTO VILLETTI. Signor Presidente, la ringrazio per avermi dato la parola.
Io mi associo alle dichiarazioni che sono state fatte dagli altri colleghi dell'opposizione, però mi consentirà, Presidente, di dare una risposta all'onorevole Vito (penso che la meriti). Vede, onorevole Vito, per arrivare ad un accordo sulla Costituzione - io penso che sarebbe stato un dovere di tutti i deputati e di tutti i senatori - si sarebbe dovuti partire da un testo condiviso e si sarebbe dovuti partire innanzitutto da un impegno solenne che nessuno, né la maggioranza attuale né l'opposizione attuale, se diventerà maggioranza, come io spero, nelle prossime elezioni politiche, cambierà la Costituzione.

CESARE RIZZI. È un menagramo questo qua!

ROBERTO VILLETTI. Infatti, questo metodo, secondo il quale la Costituzione cambia con le maggioranze che si determinano ....

PRESIDENTE. Onorevole....

ROBERTO VILLETTI. ...nell'espressione del Governo, è inaccettabile, non è proprio di un paese civile. Quindi, tale è l'invito che le rivolgiamo e rivolgiamo alla maggioranza.
Signor Presidente, per quanto riguarda la proposta di sospensione, la condivido; è la stessa avanzata dagli altri presidenti di gruppo (Applausi dei deputati del gruppo Misto-socialisti democratici italiani)

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, distinguiamo i due piani. Una cosa è la questione politica, derivante dal voto espresso dall'Assemblea: questione che, ovviamente, si riflette sul testo in esame e che riguarda, quindi, anche il merito della riforma. Altra cosa è la questione procedurale concernente l'andamento dei nostri lavori.
Ebbene, dopo la votazione svoltasi circa un'ora e mezzo fa, il Presidente della Camera dei deputati, come è prassi, ha interpellato il presidente della Commissione. È quest'ultimo, infatti, che, in questa fase, deve guidare i nostri lavori, giudicando i riflessi del voto sull'andamento dell'esame del provvedimento e sulla costruzione del testo.
Per tale ragione, ho, dunque, chiesto al presidente Bruno di precisare in che modo la Commissione intendesse procedere in vista di un funzionale andamento dei lavori. Mi corre, quindi, l'obbligo di chiarire agli onorevoli colleghi, e in particolare ai rappresentanti dell'opposizione, che, proprio per il rispetto che porto alle regole, non modifico tale metodo; piuttosto, in questo momento, Presidente e Assemblea devono essere aiutati da chi istruisce l'esame del provvedimento.
Atteso che sono le ore 13,40 - e si può, quindi, avere un quadro complessivo della situazione -, vorrei che l'onorevole Bruno...

DONATO BRUNO, Relatore. È proprio questo che volevo chiedere, signor Presidente...

PRESIDENTE. ...ci chiarisse come orizzontarci in questa fase dei nostri lavori. Ovviamente, non concederò un altro dibattito su quanto il relatore si accinge a dire.

DONATO BRUNO, Relatore. La ringrazio, signor Presidente.
Già ho chiarito, ma lo ribadisco, che il Comitato dei nove aveva convenuto di riprendere i lavori dall'esame dell'articolo 25 per passare, quindi, agli articoli 31, 35 e 41. Infine, eventualmente, si sarebbe passati a discutere l'iter formativo delle leggi - questione che già il Comitato dei nove aveva avuto modo di approfondire -, lasciando, poi, in ultimo l'esame del premierato.
Considerata, però, l'ora cui siamo giunti, mi rendo perfettamente conto che, forse - concedendo adesso una sospensione che consenta anche al Comitato dei nove di riunirsi -, si possono riprendere i lavori seguendo il metodo da me testé indicato.

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, rimanete in aula; vi è un problema di fondo. Infatti, i tempi, nella programmazione dei nostri lavori - cerco di fare tale dichiarazione con la massima serenità - oggettivamente stringono e, inoltre, alcune Commissioni sono convocate e debbono lavorare. Vi è, poi, questa proposta della Commissione affari costituzionali che, in qualche modo, con un aggiornamento dei nostri lavori, ritiene di poter avere il tempo per compiere una riflessione.
Allora, onorevole Elio Vito, mi segua nel ragionamento; lei è il capogruppo di maggioranza relativa. Ebbene, il problema, non è se sospendere adesso la seduta; la sospensione sarà senz'altro decisa. Il problema è il prosieguo dei nostri lavori in quanto, essendoci diverse Commissioni convocate per l'esame dei documenti di bilancio, si deve, a mio avviso, rendere utile il proseguimento della seduta.
Prevediamo, dunque, questa sera, di avere un andamento del voto che ci consenta di proseguire in seduta notturna; ciò è assolutamente essenziale per tenere il ritmo dei lavori (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia, di Alleanza Nazionale e della Lega Nord Federazione Padana). Questa è la mia intenzione.
Sospendo, perciò, la seduta, che riprenderà alle 16 con il seguito dell'esame del provvedimento.

La seduta, sospesa alle 13,45, è ripresa alle 16,10.

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, prima di riprendere i nostri lavori, vorrei cogliere l'occasione della sua presenza in tribuna per salutare Manuel Rodriguez Cuadros, ministro degli affari esteri della Repubblica del Perù. Lo salutiamo affettuosamente (Applausi), essendo i nostri paesi legati da un rapporto di tradizionale amicizia. La ringrazio, signor ministro (Applausi).

 

Si riprende la discussione (ore 16,13).

 

PRESIDENTE. Avverto che l'emendamento Elio Vito 16.200 è stato ritirato dai presentatori.

 

(Esame dell'articolo 25 - A.C. 4862 ed abbinate)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 25 e delle proposte emendative ad esso presentate (vedi l'allegato A - A.C. 4862 ed abbinate sezione 2).
Nessuno chiedendo di parlare, invito il relatore ad esprimere il parere della Commissione.

DONATO BRUNO, Relatore. Signor Presidente, nell'esprimere parere contrario sugli identici emendamenti Mascia 25.1 e Boato 25.70, interamente soppressivi dell'articolo 25, vorrei suggerirle come procedere nei lavori dell'Assemblea. Subito dopo l'esame dell'articolo 25, potremmo procedere all'esame dell'articolo 31 e, successivamente, degli articoli 35, 41 e 42 del provvedimento.

PRESIDENTE. A cosa si riferiscono tali articoli, onorevole relatore?

DONATO BRUNO, Relatore. Gli articoli in oggetto trattano della Corte costituzionale e del Consiglio superiore della magistratura, escludendo le norme transitorie. Una volta terminato l'esame di tali articoli, avanzerò ulteriori proposte sul prosieguo dei nostri lavori.

PRESIDENTE. Sta bene.
Prendo atto che il rappresentante del Governo concorda con il parere espresso dal relatore.
Passiamo, dunque, alla votazione degli identici emendamenti Mascia 25.1 e Boato 25.70.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Perrotta. Ne ha facoltà.

ALDO PERROTTA. Signor Presidente, preciso che intervengo a titolo personale.
Vorrei osservare che l'articolo 25 del provvedimento in esame concerne il giuramento del Presidente della Repubblica e recita che quest'ultimo, prima di assumere le sue funzioni, presta giuramento di fedeltà alla Repubblica e di osservanza della Costituzione dinanzi all'Assemblea della Repubblica.
L'opposizione, attraverso i suoi emendamenti, propone di sopprimerlo, ma allora cosa faremo? Il Presidente della Repubblica non presterà giuramento? Verrà eletto e farà ciò che vuole? A chi dovrà giurare fedeltà: alla moglie, ai figli, alla signora a fianco o al condominio? Cosa dovrà fare? Ditecelo (Commenti)!

MARCO BOATO. Resta la Costituzione vigente!

ALDO PERROTTA. Secondo noi, il Presidente della Repubblica, prima di insediarsi, deve giurare fedeltà alla Costituzione ed alla Repubblica.
Mi sembra quanto meno strano voler sopprimere quest'articolo. Va bene che si tratta della solita tattica di dire no a tutto, ma credo che anche la decenza abbia un limite.

MARCO BOATO. La decenza, però, ha un limite per tutti!

PRESIDENTE. Onorevole Boato, mi faccia la cortesia: presiedo io. Facciamo un patto, almeno per oggi: mi faccia presiedere!
Gli interventi a titolo personale sono consentiti ai deputati i cui gruppi hanno esaurito il tempo a propria disposizione - quali la Margherita, nella fattispecie -, ma io non posso impedire ai gruppi di maggioranza di ricorrere agli interventi a titolo personale. Tuttavia coloro i quali chiedono di parlare a titolo personale, debbono attenersi alle regole che si applicano a tali interventi, ossia debbono contenere il tempo degli interventi. Non lo dico all'onorevole Perrotta, che è sempre molto rispettoso, ma a coloro i quali interverranno successivamente. Non posso impedire ai deputati della maggioranza di chiedere di parlare a titolo personale, perché si è sempre fatto così, da quando il Parlamento si è dato queste regole. Posso, tuttavia, richiamare ad usare non più del tempo assegnato a titolo personale. Su ciò, onorevole Boccia, nonostante alcuni scampanellii di troppo, solitamente sono più magnanimo con l'opposizione, che ha finito il tempo attribuito ai suoi gruppi...

ANTONIO BOCCIA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ANTONIO BOCCIA. Signor Presidente, intervengo per dirle - così sarò tranquillo per la serata - che stamattina ho un po' esagerato, e le chiedo scusa (Applausi).

PRESIDENTE. Onorevole Boccia, la ringrazio. Le posso dire una cosa? Questo vulnus, che lei ha creato nel rapporto col Presidente, mi ha destato molta amarezza, però ora, per fortuna, lei si è scusato.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole D'Alia. Ne ha facoltà.

GIAMPIERO D'ALIA. Signor Presidente, francamente non capisco le ragioni di questi identici emendamenti soppressivi, dato che il testo proposto dalla maggioranza non fa altro che operare un coordinamento formale tra l'Assemblea federale della Repubblica - che elegge il Capo dello Stato e che abbiamo già votato, anche nella sua composizione - e il giuramento che deve essere prestato. Nel testo vigente, il giuramento del Capo dello Stato avviene davanti al Parlamento in seduta comune, che è l'organo che attualmente elegge il Capo dello Stato. Nel momento in cui sarà l'Assemblea della Repubblica competente per l'elezione del Capo dello Stato, mi sembra naturale, logico e coerente che il Capo dello Stato presti giuramento davanti alla stessa Assemblea della Repubblica.
Sinceramente, non comprendiamo le ragioni per le quali non si dovrebbe votare questo testo. Invitiamo pertanto i colleghi del centrosinistra a votare, insieme a noi, questa formulazione.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Boato. Ne ha facoltà.

MARCO BOATO. Signor Presidente, sarò brevissimo. Mi pare che il collega Perrotta sia andato fuori dal seminato, non rendendosi conto che, sopprimendo quest'articolo, resta in vita l'articolo 91 della Costituzione e che, quindi, il Presidente della Repubblica, prima di assumere le sue funzioni, giura.
Il collega D'Alia è entrato nel merito, diversamente dall'onorevole Perrotta. Voglio ricordare al collega D'Alia, ferme restando le diverse opinioni che vi possono essere in merito - e non polemizzo su ciò - che già oggi l'articolo 91 della Costituzione prevede che il Presidente della Repubblica non giuri di fronte all'Assemblea che lo ha eletto, trattandosi di un'Assemblea composta da deputati, senatori e delegati regionali. I delegati regionali, a quel punto, non fanno più parte della seduta, ma il Presidente della Repubblica giura e legge il suo discorso di insediamento di fronte al Parlamento in seduta comune.
Nel merito vi è un dibattito che attraversa tutta la riforma e costituisce la ragione per cui abbiamo presentato l'emendamento soppressivo. Quest'ultimo che si può discutere, come stiamo facendo, ma una logica istituzionale vi è. Ripeto, infatti, che già oggi chi elegge il Presidente della Repubblica non è solo il Parlamento in seduta comune, essendovi anche l'integrazione dei delegati regionali. Era solo un chiarimento, al fine dell'istruttoria del nostro dibattito.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Fontanini. Ne ha facoltà.

PIETRO FONTANINI. Signor Presidente, intervengo solo per invitare i colleghi dell'opposizione a ritirare gli identici emendamenti Mascia 25.1 e Boato 25.70 soppressivi dell'articolo 25. Infatti, è stato già approvato l'articolo 19, che stabilisce che il Presidente della Repubblica è eletto dall'Assemblea della Repubblica, e bocciare la disposizione sul giuramento del Presidente fatto innanzi all'Assemblea della Repubblica mi sembra qualcosa di molto strano.
Sollecito, quindi, i colleghi dell'opposizione a ritirare questi emendamenti, essendo già stato approvato l'articolo riguardante l'elezione del Presidente della Repubblica. È assai strano il tenore di questi identici emendamenti soppressivi. D'altronde, verrà posto in votazione il mantenimento dell'articolo 25, in cui viene specificato che il Presidente della Repubblica, prima di assumere le funzioni, presta giuramento di fedeltà alla Repubblica e di osservanza alla Costituzione dinanzi all'Assemblea della Repubblica.

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, ricordo che verrà posto in votazione il mantenimento dell'articolo 25, essendo stati presentati unicamente due identici emendamenti soppressivi dell'articolo stesso.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Montecchi. Ne ha facoltà.

ELENA MONTECCHI. Signor Presidente, comprendo, da un lato, gli sforzi degli onorevoli Fontanini e D'Alia di prendere tempo per cercare di raggiungere il numero legale (Commenti dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale) e, dall'altro lato, la richiesta rivolta all'opposizione di votare a favore dell'articolo 25.
Le ragioni per cui in questo momento ci accingiamo a votare l'articolo 25 risiede in un fatto politico accaduto questa mattina: voi siete andati «sotto» su un articolo con il voto determinante di Alleanza nazionale e gli applausi del collega La Russa e, a questo proposito, si entra nel merito tecnico dell'incoerenza dell'opposizione. Colleghi, il re è nudo! Se si deve prendere tempo, si abbia almeno la decenza di usare altri argomenti (Applausi polemici dei deputati del gruppo di Forza Italia)! Si abbia almeno il coraggio politico di dire - come è stato affermato stamani da vostri illustrissimi rappresentanti - che in Parlamento si discute delle questioni tecniche perché quelle politiche saranno affrontate (si spera!) questa sera in un vertice di maggioranza. Cosicché, si spera che, da domani, si potranno affrontare le questioni politiche (Commenti del deputato Bornacin).
Onorevoli colleghi, in Parlamento si accede per elezione e non per concorso! Dunque, l'opposizione fa il suo mestiere e noi proponiamo la soppressione di questo articolo. Ma le ragioni per cui ci troviamo a votare in modo scombinato risiedono nei vostri conflitti. Non chiamate in causa noi (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-L'Ulivo e Misto-Verdi-L'Ulivo)!

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, essendo stati presentati due identici emendamenti interamente soppressivi del testo, metterò in votazione il mantenimento dell'articolo 25.

Passiamo ai voti.

PIERO RUZZANTE. Presidente, ognuno voti per sé!

PRESIDENTE. Non ho ancora aperto la votazione, perché stavo proprio per raccomandare a ciascuno di votare per sé.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul mantenimento dell'articolo 25.
(Segue la votazione).

PIERO RUZZANTE. Presidente!

RENZO INNOCENTI. Presidente, guardi là!

PRESIDENTE. Dichiaro chiusa la votazione.

PIERO RUZZANTE. Presidente, ci sono doppi voti dappertutto!

PRESIDENTE. Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni) (Commenti dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo).
(Presenti 257
Votanti 252
Astenuti 5
Maggioranza 127
Hanno votato
244
Hanno votato
no 8
Sono in missione 65 deputati).

Onorevoli colleghi, per cortesia, fate silenzio!
Prendo atto che gli onorevoli Spina Diana e Dorina Bianchi non sono riusciti ad esprimere il loro voto e che l'onorevole Pistone ha erroneamente espresso un voto favorevole.

 

(Esame dell'articolo 31 - A.C. 4862 ed abbinate)

 

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 31 e delle proposte emendative ad esso presentate (vedi l'allegato A - A.C. 4862 ed abbinate sezione 3).
Nessuno chiedendo di parlare, invito il relatore ad esprimere il parere della Commissione.

DONATO BRUNO, Relatore. Signor Presidente, la Commissione esprime parere contrario sugli identici emendamenti Leoni 31.1 e Mascia 31.3, nonché sugli emendamenti Boato 31.5 e Taormina 31.70 e 31.71. Il parere è favorevole sugli identici emendamenti Leoni 31.72 ed Elio Vito 31.200, mentre vi è un invito al ritiro dell'emendamento Bressa 31.9, in quanto tale disposizione è già presente nell'articolo 87 della Costituzione.

MARCO BOATO. Quindi, è un parere favorevole...

DONATO BRUNO, Relatore. Si tratta di un invito al ritiro, giacché la disposizione è già presente nell'articolo 87 della Costituzione.
La Commissione, infine, esprime parere contrario sull'articolo aggiuntivo Taormina 31.01.

PRESIDENTE. Qual è il parere del Governo?

ALDO BRANCHER, Sottosegretario di Stato per le riforme istituzionali e la devoluzione. Il parere del Governo è conforme a quello del relatore.

PRESIDENTE. Prendo atto che l'onorevole Taormina ha ritirato il suo articolo aggiuntivo 31.01.
Passiamo alla votazione degli identici emendamenti Leoni 31.1 e Mascia 31.3.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà.

GIANCLAUDIO BRESSA. Abbiamo discusso di un Senato pseudo-federale. Il risultato del lavoro riformatore non ha dato un grande risultato: ne è risultata una creatura vagamente deforme, che di federale ha poco o nulla.
Allora, diventa del tutto singolare che, dopo avere in qualche modo non considerato nel dovuto modo la composizione della seconda Camera per dare al nostro Parlamento una Camera autenticamente federale, ci si preoccupi, invece, di riformare in modo rigorosamente federale il Consiglio superiore della magistratura.
Noi tutti sappiamo che il secondo comma dell'articolo 117 non è stato modificato relativamente alle questioni della giurisdizione, per cui le regioni sono in qualche modo escluse da ogni possibile interferenza con la giurisdizione. Non si capisce, quindi, la ragione per la quale si vorrebbe che, secondo l'articolo 104, fosse il Senato federale, integrato dai presidenti delle regioni e delle province autonome, a nominare un sesto dei componenti laici. Che interesse possono manifestare mai le regioni al funzionamento dell'organo che governa la magistratura, visto che con essa non hanno né possono avere rapporti istituzionali?
Questo è uno dei molti misteri che questa vostra scombinata azione riformatrice presenta. Quando si tratta di fare una cosa autenticamente federale vi guardate bene dal farlo, quando si tratta, invece, di un organo di autogoverno della magistratura, che nulla ha di federale, perché la vostra stessa riforma non ha modificato al riguardo i termini dell'articolo 117, per cui le materie relative alla giurisdizione sono rimaste di esclusiva competenza statale, improvvisamente vi sognate di federalizzare il Consiglio superiore della magistratura.
Tutto questo è vagamente «schizzato» e, ancora una volta, è la dimostrazione che il vostro progetto di riforma non ha la benché minima coerenza logica politica e istituzionale. È per questo che chiediamo la soppressione di questo articolo.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Leoni. Ne ha facoltà.

CARLO LEONI. Chiedo ai colleghi, signor Presidente, di prestare un attimo di attenzione all'iter modificativo che ha seguito questa norma sull'elezione del Consiglio superiore della magistratura, a partire dal testo vigente della Costituzione, secondo il quale un terzo dei componenti va eletto dal Parlamento in seduta comune tra professori ordinari dell'università, eccetera.
Successivamente il Senato ha modificato questa parte, prevedendo, invece - questo è il testo che è giunto dal Senato - che per un terzo i membri del Consiglio superiore della magistratura fossero eletti esclusivamente dal Senato, integrato dai presidenti delle giunte delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano; in sostanza il Senato sequestrava la potestà elettiva al Parlamento in seduta comune e se la attribuiva interamente, prevedendo l'integrazione con i presidenti delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano.
Abbiamo molto insistito in Commissione per far presente l'assoluta irragionevolezza di una norma del genere e, alla fine, c'è stato un parziale cambiamento, ma assai parziale. Secondo il voto di maggioranza che è stato dato in I Commissione nella primavera scorsa, la nomina di un terzo dei membri del Consiglio superiore della magistratura non viene più riservata esclusivamente al Senato ma viene ripartita tra Camera e Senato (un sesto per ciascun ramo).
Il Senato, però, rimaneva integrato dai presidenti delle giunte delle regioni e delle province autonome. Anche in questo caso abbiamo fatto presente due stranezze di tale formulazione. Innanzitutto, non si capisce assolutamente la ragione di tale integrazione con i presidenti delle giunte per nominare i membri del Consiglio superiore della magistratura. La seconda stranezza è continuare ad attribuire un sesto delle nomine al Senato federale.
La nostra insistenza ha portato ad un altro parziale passo verso una configurazione più ragionevole. La maggioranza ha condiviso, alla fine, la nostra opinione secondo cui l'integrazione con i presidenti delle giunte non aveva alcun senso. Vi è stato un progressivo avvicinamento verso la ragionevolezza, che, però, si ferma ad una soglia: comunque si prevede, seppure per un sesto, che il Senato debba eleggere una parte dei rappresentanti del Consiglio superiore della magistratura.
Lo abbiamo detto e ripetuto più volte, lo ha fatto poco fa anche il collega Bressa: questo per noi non è un vero e pieno Senato federale. Con questa norma lo confermate: se si trattasse di un vero Senato federale, cioè rappresentativo delle realtà territoriali e con funzioni di concertazione nei rapporti tra territori regionali e Stato, non vi sarebbero ragioni per attribuirgli l'elezione di rappresentanti del Consiglio superiore della magistratura. Si tratta, infatti, di una materia per la quale l'articolo 117, pure quello da voi riformulato, non attribuisce una competenza alle regioni.
Piano piano vi siete accorti di alcune contraddizioni esplosive, ma rimane la grande contraddizione appena citata. Si tratta della ragione per la quale abbiamo presentato l'emendamento soppressivo sul quale voteremo a favore. Il suddetto criterio di nomina del Consiglio superiore della magistratura non sta in piedi se si dovesse prendere sul serio l'idea che andiamo verso la fine del bicameralismo e la creazione di un Senato federale degno di questo nome. Purtroppo, macchiate l'aggettivo federale anche con norme di questo tipo. Ripeto, non ha alcun senso prevedere che il Senato federale partecipi alla nomina del Consiglio superiore della magistratura (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mascia. Ne ha facoltà.

GRAZIELLA MASCIA. Signor Presidente, vale la pena di sottolineare che la concentrazione dei poteri trova un suo bilanciamento, oltre che nel sistema delle forze politiche e sociali, anche nel ruolo autonomo e nelle funzioni degli organi giudiziari. Dunque, la Costituzione ha introdotto, in riferimento alle speciali garanzie di indipendenza della magistratura ordinaria, l'attribuzione dei poteri di gestione al Consiglio superiore della magistratura. L'articolo 104 della Costituzione prevede, non a caso, una composizione mista del Consiglio superiore della magistratura, con membri elettivi e membri di diritto. La scelta a favore di una composizione mista fu dovuta, all'interno della Costituente, alla volontà di evitare che l'organo garante dell'autonomia e dell'indipendenza della magistratura corresse il rischio di trasformarsi in una struttura chiusa a difesa di posizioni corporative. Questa è la finalità posta all'interno dell'articolo 104 dell'attuale Costituzione.
Quello che si è tentato di introdurre - come hanno sottolineato i colleghi - attraverso gli emendamenti presentati al Senato, dove addirittura si delineava il ruolo dei presidenti delle giunte, non ha nulla a che fare con la storia e le finalità di tale articolo.
Indipendentemente dalla nuova composizione del Senato e nonostante l'eliminazione delle incongruenze più evidenti, la previsione di questa elezione non più da parte del Parlamento in seduta comune, bensì con una ripartizione dei seggi tra Camera e Senato credo sia assolutamente illogica. Al di là dell'effettiva rappresentanza territoriale del cosiddetto Senato federale, non si comprende la ratio secondo la quale un organo indipendente della magistratura dovrebbe avere una rappresentanza territoriale. Quindi questa norma è priva di qualsiasi senso logico e per questo pensiamo che l'approvazione degli identici emendamenti soppressivi in esame sia la scelta migliore.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Acquarone. Ne ha facoltà.

LORENZO ACQUARONE. Un giurista considerato di destra, vissuto nel Settecento, Guglielmo von Humboldt, scriveva che spettano sempre allo Stato almeno quattro funzioni, quelle che lui rappresentava con la feluca, la spada, la moneta e soprattutto la bilancia, nel senso che uno Stato ben ordinato deve avere il potere giudiziario separato da ogni altro potere.
Pertanto non riesco a capire le ragioni per cui l'elezione da parte del Parlamento in seduta comune sia sostituita da due forme di votazione parlamentare, quella della Camera e quella del Senato, ma soprattutto non riesco a capire perché, in questa specifica situazione, debbano fare parte del Senato cosiddetto federale i presidenti delle giunte regionali. Francamente con questo sistema viene scardinato il principio della separazione dei poteri. In qualche misura, c'è una specie di influenza localistica nella gestione ordinata e razionale degli organi della giustizia.
Il fatto che il Consiglio superiore della magistratura in questi ultimi anni possa aver funzionato qualche volta bene, qualche volta meno è questione sulla quale potremmo discutere a lungo (personalmente non mi sento di condividere tutte le prese di posizione assunte in passato dal Consiglio superiore della magistratura). Tuttavia, trattandosi di un organo di autogoverno, in sede di costituente si era detto che sarebbe stato opportuno che non fosse composto da soli appartenenti alla struttura organizzata dei magistrati, proprio perché non ci fosse un eccesso di corporativismo. Da ciò l'importanza che all'interno di tale consesso sedessero membri esperti di diritto o professori ordinari di materie giuridiche o avvocati con almeno 15 anni di servizio, ma non magistrati delle giurisdizioni superiori (a differenza della Corte costituzionale). Questo affinché si potesse avere un organismo temperato, ma pur sempre nell'ottica di un organismo statuale e non anche di un organismo nel quale intervengono, non si sa bene a che titolo, rappresentanti delle regioni.
Quindi francamente ritengo che ciò rappresenti un vulnus rispetto ad un sistema ordinato e razionale e, vorrei anche dire, una ferita all'indipendenza della magistratura. Pertanto ritengo che questi emendamenti soppressivi siano sacrosanti.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sugli identici emendamenti Leoni 31.1 e Mascia 31.3, non accettati dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (
Vedi votazioni).
(Presenti 449
Votanti 448
Astenuti 1
Maggioranza 225
Hanno votato
188
Hanno votato
no 260).

Passiamo alla votazione dell'emendamento Boato 31.5.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà.

GIANCLAUDIO BRESSA. Anche in questo caso torniamo a ciò che è stato detto pochi istanti fa. Noi proponiamo che sia la sola Camera dei deputati a nominare i rappresentanti laici.
Sfugge davvero (quando si esaminerà la questione della Corte costituzionale, sarà ancora più gustoso affrontare il tema) questa vostra ansia di federalismo malposto, perché, quando si tratta di essere federali per davvero e di garantire una rappresentanza autenticamente federale, vi perdete in queste forme un po' «stortignaccole» di Assemblea federale che vi siete inventati. Quando si tratta invece di disciplinare, con estrema serietà, l'organo di autogoverno della magistratura, definendo con compiutezza chi è titolato ad eleggerlo, scoprite questa anima improvvisamente federalista. È davvero al di là di ogni comprensione logica quanto voi state facendo. Vi sarebbe stato un senso - fortunatamente, non avete voluto portare avanti questa ipotesi che, a mio modo di vedere, sarebbe stata sciagurata - se aveste deciso di attribuire alle regioni la competenza in materia di giurisdizione. Se aveste adottato questa scelta, a mio modo di vedere non condivisibile, vi sarebbe stata una certa logica. Invece, la logica che emerge è che a voi del Senato federale interessa poco o nulla.
Non vi interessa di concepire un Senato federale; vi interessa di avere il controllo politico sulla nomina dei membri laici e poiché voi immaginate un Senato altrettanto politico di quanto non lo sia la Camera dei deputati, ma che può sfuggire ad alcuni meccanismi di democrazia, pensate di allungare il controllo politico anche sul Consiglio superiore della magistratura.
Questa è la tristissima, ma evidentissima realtà che emerge dal vostro emendamento e dal vostro tentativo di riforma.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Leoni. Ne ha facoltà.

CARLO LEONI. Signor Presidente, un sistema federale vero ha bisogno non di scarti propagandistici e tanto meno di contentini. Si attribuisce al Senato federale il potere di nominare alcuni componenti del CSM, pensando, in tal modo, di istituire il federalismo. Le cose non stanno così, com'è ovvio, e lo vedremo quando affronteremo il complesso della procedura legislativa, perché un sistema federale deve, in primo luogo, stare in piedi, e per stare in piedi ha bisogno di competenze chiare per ciascun organo istituzionale (per la Camera, per il Senato, per il Governo), mentre in questo caso vi è un'idea di nuovo molto pasticciata e propagandistica.
Dal rispetto delle procedure e delle competenze che, con i vostri voti, avete previsto relativamente all'articolo 117 si deduce chiaramente che, in materia di giurisdizione, le regioni non hanno alcuna competenza. Ciò vorrebbe dire che i membri di nomina parlamentare del CSM dovrebbero essere scelti dalla Camera dei deputati; in realtà, facendo riferimento alle competenze statali, questa attribuzione è prevista nel testo costituzionale vigente, nonché in quello modificato con il voto della maggioranza di centrodestra.
Pertanto, non accettare la ragionevolezza che noi proponiamo con questo emendamento e cioè che sia la Camera dei deputati ad assumere questo onere e questo compito significa scegliere non la strada di un federalismo che sta in piedi, ma qualcosa di molto pasticciato. Non è sufficiente alzare una bandierina per aver fatto il federalismo, e ce ne accorgeremo.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Boato 31.5, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (
Vedi votazioni).
(Presenti 438
Votanti 436
Astenuti 2
Maggioranza 219
Hanno votato
192
Hanno votato
no 244).

Avverto che gli onorevoli Buontempo, Brusco e Osvaldo Napoli non sono riusciti a votare; avverto, altresì, che l'onorevole Zanella non è riuscita a votare e che avrebbe voluto esprimere voto favorevole.
Ricordo che gli emendamenti Taormina 31.70 e 31.71 sono stati ritirati.
Passiamo alla votazione degli identici emendamenti Leoni 31.72 e Elio Vito 31.200.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Leoni. Ne ha facoltà.

CARLO LEONI. Purtroppo, signor Presidente, in questo caso non abbiamo la controprova di una riflessione che dovrebbe essere logica. L'emendamento proposto dall'opposizione vive ormai da mesi, essendo stato esaminato e respinto dalla Commissione per poi essere proposto in aula. Dopo il lavoro estivo coordinato dal ministro Calderoli, ci si è resi conto che avevamo ragione ma, piuttosto che scegliere la strada più diretta di un parere favorevole sul nostro emendamento, si è scelto di presentare un identico emendamento a prima firma Elio Vito.
La controprova di cui non disponiamo è per quale ragione una cosa così ovvia - non solo condivisa ma fatta propria dalla maggioranza - fu osteggiata, senza comprenderne immediatamente la solare chiarezza, vale a dire il fatto che sarebbe stato del tutto improprio che rappresentanti di esecutivi regionali e delle due province autonome partecipassero in forma integrata al voto del Senato per eleggere i rappresentanti del Consiglio superiore della magistratura.
Per fortuna, alla fine, ve ne siete resi conto anche voi; un tempo si diceva: meglio tardi che mai! Siete arrivati effettivamente tardi, ma per condividere una posizione assolutamente ragionevole.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà.

GIANCLAUDIO BRESSA. Paradossalmente, due emendamenti identici hanno motivazioni assolutamente diverse. La nostra proposta di soppressione dell'integrazione da parte dei presidenti delle giunte delle regioni e delle province autonome di Trento e Bolzano nasce dalle ragioni che abbiamo fin qui illustrato, cioè dal fatto che l'organo di autogoverno della magistratura nulla ha di federale, quindi è del tutto incongruo immaginare che i rappresentanti degli esecutivi delle regioni e delle province autonome vengano chiamati ad eleggere i membri laici del Consiglio superiore della magistratura.
Il vostro emendamento, invece, nasce dal fatto che intendete avere il controllo politico pieno sul Consiglio superiore della magistratura e non volete che qualcuno possa disturbare il manovratore. Il risultato, purtroppo, non è quello che ci aspettavamo, essendo piuttosto lontano dalle nostre aspettative rispetto ai contenuti di una riforma relativa all'organo di autogoverno della magistratura.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sugli identici emendamenti Leoni 31.72 e Elio Vito 31.200, accettati dalla Commissione e dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (
Vedi votazioni).
(Presenti 450
Votanti 447
Astenuti 3
Maggioranza 224
Hanno votato
438
Hanno votato
no 9).

Prendo atto che gli onorevoli Paolo Russo e Buontempo non sono riusciti ad esprimere il proprio voto e che quest'ultimo avrebbe voluto esprimerne uno favorevole.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Bressa 31.9.

DONATO BRUNO, Relatore. Chiedo di parlare per una precisazione.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DONATO BRUNO, Relatore. Signor Presidente, modificando il precedente avviso, intendo precisare che il parere della Commissione sull'emendamento Bressa 31.9 è favorevole, atteso che la soppressione del secondo comma di questo articolo già vede una disposizione identica nell'articolo 87 della Costituzione che abbiamo precedentemente votato.

PRESIDENTE. Prendo atto che il rappresentante del Governo concorda con il parere espresso dal relatore.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Leoni. Ne ha facoltà.

CARLO LEONI. Signor Presidente, il parere favorevole espresso dalla Commissione e dal Governo sull'emendamento in esame ha quale motivazione il fatto che tale tema è già contenuto altrove. Tuttavia, abbiamo presentato questo emendamento soppressivo in quanto siamo contrari nel merito al fatto che sia il Presidente della Repubblica a nominare il vicepresidente del Consiglio superiore della magistratura. Siamo invece favorevoli all'attuale testo della Costituzione, secondo il quale il Consiglio elegge un vicepresidente tra i componenti designati dal Parlamento.
Riteniamo sia più congruo prevedere questa armonia tra poteri diversi nella nomina del Consiglio superiore della magistratura piuttosto che sia lo stesso Presidente della Repubblica a nominare il vicepresidente di tale organo, avendo quest'ultimo un ruolo determinante.
Quindi, perveniamo al medesimo risultato ma noi, nel presentare l'emendamento soppressivo, siamo stati mossi da una contrarietà di merito e non semplicemente dal fatto che questo tema è collocato altrove.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà.

GIANCLAUDIO BRESSA. Signor Presidente, riprendendo brevemente le argomentazioni svolte dal collega Leoni, osservo che il presidente Bruno ha espresso parere favorevole sull'emendamento in esame per ragioni sistematiche, mentre il nostro parere favorevole deriva da ragioni politiche di merito. Non riteniamo, infatti, che il Consiglio superiore della magistratura debba essere un'assemblea a sovranità limitata, che non ha la possibilità di eleggere né il presidente né il vicepresidente. Per tale motivo, esprimiamo voto favorevole sull'emendamento in esame, attribuendo a tale voto un significato squisitamente politico.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Bressa 31.9, accettato dalla Commissione e dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (
Vedi votazioni).
(Presenti 452
Votanti 449
Astenuti 3
Maggioranza 225
Hanno votato
446
Hanno votato
no 3).

Passiamo alla votazione dell'articolo 31.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà.

GIANCLAUDIO BRESSA. Signor Presidente, esprimiamo voto contrario sull'articolo 31, per le ragioni illustrate poc'anzi. Riteniamo, infatti, del tutto incongruo l'atteggiamento della maggioranza volto a «federalizzare» l'organo di autogoverno della magistratura, pur non avendo le regioni alcuna competenza in materia di giurisdizione. Si tratta di un atteggiamento assolutamente inspiegabile dal punto di vista della correttezza istituzionale, ma pienamente leggibile dal punto di vista della volontà di interferire politicamente nell'organo di autogoverno della magistratura.
Siete federali quando non dovete esserlo, non lo siete quando dovete esserlo. Ma il vostro gioco è talmente scoperto che è facile far emergere, anzi esplodere, le vostre contraddizioni. Questo pasticcio, mattone dopo mattone, acquista sempre più un aspetto impresentabile: è una riforma senza capo né coda, e ne state dando sempre più ampia dimostrazione.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Leoni. Ne ha facoltà.

CARLO LEONI. Signor Presidente, i colleghi probabilmente ricordano che, quando è stato esaminato dalla Camera il provvedimento sulla riforma del sistema di elezione del Consiglio superiore della magistratura, ad esso venivano attribuiti, dal Governo e dalla maggioranza, significati taumaturgici: il cambiamento del sistema di elezione avrebbe di per sé risolto tutti quelli che venivano indicati dal centrodestra come i mali da sconfiggere. Abbiamo visto non soltanto che tali mali erano stati costruiti ad arte, ma anche che il nuovo sistema di elezione non ha consentito, a chi lo ha proposto, di conseguire il risultato politico desiderato, vale a dire rendere la componente del Consiglio superiore della magistratura eletta dai magistrati più paludata e più disponibile a vedere compromessa la propria autonomia ed indipendenza.
Sono numerose le strade che possono condurre allo stesso risultato. Si è dunque pensato, come ha ricordato poc'anzi il collega Bressa, di usare la strada della riforma costituzionale. Il modo in cui vengono disciplinati dall'articolo in esame i criteri e le procedure di elezione dei rappresentanti del Parlamento nel Consiglio superiore della magistratura non regge né dal punto di vista della chiarezza della procedura istituzionale, in quanto la giurisdizione resta fra le competenze esclusive dello Stato (ci mancherebbe altro!), né dal punto di vista della corretta impalcatura federale di una nuova Repubblica, come quella che si afferma di voler disegnare.
Si chiede, in modo contraddittorio, di assumere la responsabilità di eleggere alcuni membri del Consiglio superiore della magistratura ad un Senato federale rappresentativo di regioni e realtà territoriali che, invece (come abbiamo spiegato nei nostri precedenti interventi), dovrebbe essere sede di concertazione e di dialettica con Stato e Governo sui problemi delle politiche del territorio, o meglio, dei territori nelle diverse articolazioni regionali. Inizialmente ritenevate che il Senato, peraltro integrato, dovesse eleggere tutti i membri del Consiglio superiore della magistratura; in seguito vi siete «acconciati» ad una idea più modesta, ma comunque contraddittoria, non solo con l'antico articolo 117 e con quello attuale, ma anche con il rigore nella ripartizione di competenze tra organi dello Stato indispensabile per far funzionare un sistema. La vera innovazione in un sistema simile (ne discuteremo più avanti in sede di esame dell'articolo 13) sarebbe il vero superamento della logica del bicameralismo paritario, arrendendosi all'idea che una Camera abbia determinate funzioni e l'altra si occupi di compiti del tutto diversi. Certo, i due rami del Parlamento devono combinarsi tra loro, ma non fino al punto di immaginare che possano concorrere insieme, come voi ci proponete con questo articolo, ad eleggere i rappresentanti dell'organo di autogoverno della magistratura.

PRESIDENTE. Onorevole Leoni, concluda.

CARLO LEONI. Ricordo che stiamo parlando di uno dei livelli più alti di amministrazione della giurisdizione, competenza che non è riservata alle regioni.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Alfonso Gianni. Ne ha facoltà.

ALFONSO GIANNI. Come hanno già ricordato altri colleghi, quello giudiziario è uno dei tre poteri fondamentali in cui si articola l'equilibrio dei poteri secondo i dettami liberali, in base alle tesi sostenute da Montesquieu in poi. Se si disarticola questo potere o, peggio ancora, si concentra il primo (il potere esecutivo) disarticolando gli altri (il legislativo e il giudiziario) si ottiene una modifica istituzionale in senso puramente autoritario.
La regionalizzazione del potere di nomina dei membri del Consiglio superiore della magistratura non ha alcun senso, né dal punto di vista funzionale né da quello della costruzione istituzionale. Il collega Gerardo Bianco - qualora mi ascoltasse... - conoscerà perfettamente una delle due versioni fondamentali di quello che in filosofia viene definito il «rasoio di Ockham»: entia non sunt multiplicanda praeter necessitatem. Assistiamo ad un allungamento del testo della Costituzione. La bellezza di un testo giuridico o di una formula matematica risiedono nella loro rarefazione, nell'essenzialità. Più allungate il brodo più la minestra risulterà insipida e incomprensibile!
Questa riforma, anche dal punto di vista estetico, è del tutto ributtante. Per tali ragioni voteremo contro questo articolo (Applausi dei deputati del gruppo di Rifondazione comunista).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione voto, a titolo personale, l'onorevole Mantini, al quale ricordo che ha un minuto di tempo disposizione. Ne ha facoltà.

PIERLUIGI MANTINI. Vorrei ricordare ai colleghi della maggioranza che vi accingete a modificare la natura del Consiglio superiore della magistratura regionalizzandone la composizione ed impedendo all'organo di autogoverno della magistratura di eleggere il proprio vicepresidente. Realizzate tutto ciò tra un'assenza e l'altra, con divisioni interne al vostro schieramento e senza intervenire per replicare alle nostre argomentazioni.
Mi auguro solo che gli onorevoli Tabacci, Volontè e gli altri colleghi abbiano ben chiaro che tutto questo è molto grave e avrà riflessi sulla riforma dell'ordinamento della giustizia, ora in discussione. Il ruolo di colombe forse non si addice a chi, senza spiegarlo, pretende di modificare dal punto di vista costituzionale, l'ordinamento della giustizia e la composizione del Consiglio superiore della magistratura; e lo fa - ripeto - senza argomenti, senza interventi, senza alcuna passione né tensione e senza giustificazioni. Pensare che il Consiglio superiore della magistratura debba essere emanazione dei territori, delle regioni è una bestialità di cui vi assumete la responsabilità. Negare la libertà di eleggere il vicepresidente ad un organo di autogoverno come il Consiglio superiore della magistratura è un'altra bestialità.
Purtroppo gli effetti di queste cose, che forse non avranno futuro, si vedranno nel presente, perché è chiaro che in questo modo si propone una concezione della giustizia, e anche dei rapporti con la magistratura, che non può che far male al futuro ed al presente dei rapporti istituzionali del nostro paese.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Sinisi. Ne ha facoltà.

GIANNICOLA SINISI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, intervengo solo per aggiungere un altro argomento che milita a favore della tesi per cui questa scelta costituisce un errore grave.
Modificare il sistema di elezione del vicepresidente del CSM prevedendone la nomina da parte del Presidente della Repubblica, cari colleghi, esporrebbe il Presidente della Repubblica stesso in maniera gravissima verso le censure che gli possono essere rivolte. Egli sarà chiamato a formulare almeno tre scelte, che potrebbero essere tutte e tre contestabili e contestate.
La prima è quella di scegliere tra un rappresentante eletto dal Senato, piuttosto che dalla Camera; la seconda esporrà il Presidente della Repubblica a scegliere tra un rappresentante eletto dalla maggioranza ed uno dall'opposizione; e la terza è quella di avere un vicepresidente che non ha il consenso del Consiglio superiore della magistratura, e quindi un vicepresidente di minoranza, che metterà lo stesso Presidente della Repubblica dinanzi ad una responsabilità molto grave. Per tale motivo chiedo che questo articolo venga respinto dalla Camera.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Maura Cossutta. Ne ha facoltà.

MAURA COSSUTTA. Signor Presidente, anche noi siamo contro questo articolo e ci troviamo ad un altro punto importante di questa controriforma. Avevamo prima criticato il premierato, in cui vi è la rottura di quel sistema di equilibrio tra pesi e contrappesi, e soprattutto la rottura dell'idea della indipendenza dei poteri: l'esecutivo dal legislativo, il legislativo e quello giudiziario.
Qui vi è un altro tassello di questa vostra concezione, di fatto autoritaria, che modifica il sistema delle garanzie: è stato modificato il ruolo del Presidente della Repubblica, e adesso l'altro organo di garanzia, che è il Consiglio superiore della magistratura. Non si capiscono le motivazioni, non si comprende perché un giudice dovrebbe essere legato ai cosiddetti 'bisogni del territorio' (non stiamo certo parlando di servizi sanitari o di servizi sociali) e quindi vi è dietro una idea dell'attacco all'indipendenza della magistratura e attraverso questa, che d'altra parte state portando avanti con la vostra controriforma riguardo alla magistratura, dell'attacco al ruolo del Consiglio superiore della magistratura.
È quindi un «no», e non è soltanto un «no» dell'opposizione in quest'aula; è un «no» di tanti magistrati, giuristi, costituzionalisti che lanciano anche per questo articolo, contro questo articolo, un allarme democratico.

DONATO BRUNO, Relatore. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DONATO BRUNO, Relatore. Signor Presidente, a seguito dell'approvazione dell' emendamento Bressa 31.9 soppressivo della disposizione che prevede che il Presidente della Repubblica elegge il vicepresidente, automaticamente si rende necessaria una correzione al testo dell'articolo 31, prevedendo la soppressione del quinto comma dell'articolo 104, laddove recita che «il Consiglio elegge un vicepresidente tra i componenti designati dal Parlamento», altrimenti sarebbe incongruo. Quindi, io le chiederei per il voto finale (Commenti)...

PRESIDENTE. Onorevole Bruno, prosegua pure!

DONATO BRUNO, Relatore. Dovrò consultarmi con i colleghi del Comitato dei nove; tuttavia, potrebbe essere presentato un emendamento della Commissione. Mi sembra però che, una volta approvato in un'altra norma il principio secondo cui il Presidente della Repubblica elegge il vicepresidente del Consiglio superiore della magistratura, è chiaro che questo entra in conflitto con quanto stabilito e che quindi debba essere abrogato.

PRESIDENTE. Abbiamo due strade, onorevole Bressa, mi ascolti.
È ovvio che l'approvazione dell'emendamento che lei ha presentato, correggetemi se sbaglio, su cui il relatore ha espresso un parere favorevole, prefigura una distonìa legislativa rispetto alla norma in ordine al vicepresidente del Consiglio superiore della magistratura. Allora, o approviamo l'articolo 31 con l'accordo, assunto dal Presidente e da tutta l'Assemblea, che in sede di coordinamento risolviamo il problema sorto (Commenti)... Calma, stiamo parlando! Oppure, si vota un emendamento integrato nel senso suggerito dal relatore.

PIERO RUZZANTE. Siamo in dichiarazione di voto sull'articolo!

PRESIDENTE. Avverto che la Commissione, all'unanimità, ha preannunziato la presentazione del seguente emendamento: All'articolo 31, dopo il comma 2, aggiungere il seguente: «2-bis. All'articolo 104 della Costituzione il quinto comma è soppresso».

MARCO BOATO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MARCO BOATO. Signor Presidente, suggerirei di accantonare il voto finale sull'articolo 31; il Comitato dei nove, che si riunirà domani mattina alle 8,30, esaminerà la questione e la sottoporrà all'Assemblea: credo che questa sia la procedura più corretta.

PRESIDENTE. Scusi, onorevole Boato, questa è proprio una cosa banale perché la Commissione ha modificato il parere su un emendamento, tra l'altro, presentato dall'opposizione.

MARCO BOATO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MARCO BOATO. Non sono intervenuto per motivi di tempo, ma gli onorevoli Leoni e Bressa sono intervenuti due volte per spiegare che viene sì approvato il nostro emendamento, ma che lo stesso era inserito in una logica in cui noi non volevamo che il vicepresidente fosse nominato...

PRESIDENTE. Allora, il problema sarà risolto nel Comitato dei nove.
Avverto che, non essendovi obiezioni, la votazione dell'articolo 31, come emendato, è da intendersi accantonata.
Avverto che gli articoli aggiuntivi all'articolo 35, Nuvoli 35.03 e Perrotta 35.02, già accantonati nella seduta del 29 settembre, sono stati ritirati dai presentatori.

PIERO RUZZANTE. Quando sono stati ritirati?

PRESIDENTE. All'inizio della seduta (Commenti del deputato Ruzzante).
Onorevole Ruzzante, qual è il problema? Quando è iniziata la seduta i presentatori li hanno ritirati.

PIERO RUZZANTE. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PIERO RUZZANTE. Scusi Presidente, avevamo già svolto alcune dichiarazioni di voto sull'articolo 31, eravamo in fase di votazione sullo stesso articolo ed il relatore si è accorto di un errore relativamente allo stesso articolo 31. Comunque, siccome si è trovato un accordo anche con il parere favorevole dei nostri membri del Comitato dei nove, non eccepisco nulla su questo punto.
Quanto all'articolo 35, il ritiro degli emendamenti avrebbe dovuto essere comunicato alla ripresa della seduta; abbiamo iscritto un collega a parlare sul complesso degli emendamenti e comunque ricordo che esiste la possibilità per venti deputati od un presidente di gruppo di fare proprio un emendamento ritirato dal proponente.

PRESIDENTE. Onorevole Ruzzante, non evochiamo il complesso degli emendamenti perché si tratta di articoli aggiuntivi. Lei può fare proprie tali proposte emendative e, di conseguenza, posso metterle in votazione. Gli articoli aggiuntivi Nuvoli 35.03 e Perrotta 35.02 sono stati ritirati ma - ripeto - se lei vuole farli propri, li metto in votazione.

PIERO RUZZANTE. No, Presidente.

PRESIDENTE. Sta bene.

 

(Esame dell'articolo 41 - A.C. 4862 ed abbinate)

 

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 41 e delle proposte emendative ad esso presentate (vedi l'allegato A - A.C. 4862 ed abbinate sezione 4).
Nessuno chiedendo di parlare, invito il relatore ad esprimere il parere della Commissione.

DONATO BRUNO, Relatore. Signor Presidente, la Commissione esprime parere contrario sugli identici emendamenti Mascia 41.1 e Leoni 41.2. Per quanto riguarda l'emendamento Perrotta 41.74, ricordo che è stato ritirato, come è stato ritirato l'emendamento Taormina 41.70. La Commissione esprime parere contrario sugli emendamenti Bressa 41.5, Boato 41.75 e Leoni 41.9, mentre credo siano stati ritirati gli emendamenti Perrotta 41.71, 41.73 e 41.72.

PRESIDENTE. Onorevole Perrotta, conferma che i suoi emendamenti sono stati ritirati?

ALDO PERROTTA. Sì, signor Presidente.

PRESIDENTE. Il Governo?

ALDO BRANCHER, Sottosegretario di Stato per le riforme istituzionali e la devoluzione. Signor Presidente, il parere del Governo è conforme a quello espresso dal relatore.

PRESIDENTE. Sta bene.

Passiamo alla votazione degli identici emendamenti Mascia 41.1 e Leoni 41.2
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà.

GIANCLAUDIO BRESSA. Signor Presidente, vorremmo che questo articolo della Costituzione non venisse in alcun modo modificato. La Costituzione è l'atto che fonda un nuovo ordine e, come tale, comporta un accordo fondamentale attorno ad alcuni valori onnicondivisi, ossia stabilisce le condizioni di unità. Per questo motivo, la Costituzione è naturalmente superiore a qualsiasi altra norma. Tali condizioni di unità devono permettere la coesistenza di varie forme di pluralismo: pluralismo sociale, culturale, politico-istituzionale e delle fonti di diritto. In questi termini, si può ritenere che unità politica e pluralismo siano in rapporto di tensione dialettica, costituendo due componenti essenziali che devono sostenersi reciprocamente. Questa tensione dialettica tra il contenuto dell'unità politica e le decisioni politiche contingenti è garantita dalla Corte costituzionale cui spetta, in ragione della sua posizione di organo super partes, il compito istituzionale di colmare la distanza tra unità e pluralismo, tra continuità e discontinuità, tra legittimità e legalità.
Dopo che avete ampiamente manomesso la nostra Costituzione, a maggior ragione, abbiamo bisogno di una Corte costituzionale siffatta, organo super partes che riesca a dare garanzia del mantenimento dell'unità politica del nostro paese. Dallo svolgimento di questa funzione di custodia della Costituzione, la Corte costituzionale trae una specifica legittimità democratica, perché il principio democratico non è limitato solamente al profilo della selezione dei rappresentanti della sovranità popolare, ma ricomprende anche la garanzia dei valori fondamentali costituenti il contenuto dell'unità politica. Lo ripeto: garanzia dei valori fondamentali che costituiscono il contenuto dell'unità politica. Questa è la funzione fondamentale di custodia della Costituzione garantita ed assolta dalla Corte costituzionale. Per questo riteniamo che la Corte non debba essere toccata. Questa funzione non può essere confusa o barattata con logiche pseudofederali. La Corte costituzionale deve essere quella che è stata pensata dai nostri costituenti. Sarebbe un gravissimo errore immaginare di modificarla, di toccarla. Per questo motivo, esprimeremo un voto a favore dell'emendamento soppressivo, perché siamo fedeli a questo tipo di impostazione della Corte. È un valore troppo grande perché possa essere messo in discussione da una così pasticciata ansia di mettere mano alla nostra Costituzione.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Pisapia. Ne ha facoltà.

GIULIANO PISAPIA. Signor Presidente, siamo ad un punto estremamente delicato del tema che stiamo affrontando che riguarda il Titolo V della Costituzione e, quindi, le garanzie costituzionali.
Con gli emendamenti Mascia 41.1 (anche da me sottoscritto) e Leoni 41.2 chiediamo la soppressione del testo licenziato dalla Commissione, profondamente convinti che l'attuale testo della Costituzione sia il migliore testo possibile, perché garantisce al nostro paese una Corte costituzionale effettivamente al di sopra delle parti, garante dei diritti individuali e dei diritti collettivi di tutti i cittadini.
L'articolo 135 della Costituzione ha una valenza di altissimo profilo e incide profondamente anche sulla prima parte della Costituzione, perché riguarda i diritti di tutti cittadini e i conflitti di attribuzione tra le regioni (quindi, i conflitti rispetto a quello che voi chiamate il federalismo). Sono convinto che, soprattutto dopo le modifiche apportate in questi giorni, che hanno determinato uno sbilanciamento tra i diversi organi istituzionali, rafforzando il ruolo del premier rispetto al Parlamento e (per me questione fondamentale) indebolendo il ruolo super partes anche del Presidente della Repubblica, sarebbe estremamente pericoloso dare anche una valenza politica ad una istituzione come la Corte costituzionale, il cui ruolo è essenziale, sia come giudice delle leggi, sia come arbitro super partes dei conflitti di attribuzione tra diversi soggetti costituzionali e tra i diversi soggetti di rango costituzionale.
Per questo ho forti perplessità. Anzi, la nostra è un'assoluta contrarietà alla prospettiva di aumentare il numero di giudici di designazione parlamentare rispetto agli altri componenti che sono previsti dall'attuale articolo 135 della Costituzione. Tale prospettiva, infatti, mette in discussione quel delicato equilibrio tra i poteri dello Stato indispensabile, anche se non sufficiente, per dare forza a decisivi poteri di garanzia rispetto al sistema complessivo del nostro ordinamento giuridico.
Se venisse approvato il testo licenziato dalla Commissione, risulterebbe modificato quel bilanciamento di pesi e contrappesi essenziali per l'assetto di un organo costituzionale, che ha bisogno il più possibile di indipendenza soprattutto dagli organi di indirizzo politico.
Un grande giurista, proprio recentemente, ha ricordato che una democrazia è solida se sa risolvere i problemi dei cittadini e, per far questo, occorrono sì istituzioni capaci di decidere e di attuare efficacemente le decisioni prese, ma ciò presuppone il consenso dei cittadini e la garanzia di adeguati controlli sull'esercizio del potere politico. E l'attuale composizione della Corte costituzionale - ce lo ha dimostrato in questi decenni - ci garantisce il rispetto dei principi costituzionali, e soprattutto la tutela dei diritti di tutti, nonché del principio di eguaglianza dei cittadini di fronte alla legge.
Per questo confidiamo che, almeno su questo punto, l'Assemblea condivida gli identici emendamenti soppressivi dell'opposizione, nell'interesse di tutti cittadini, di tutti i parlamentari e, soprattutto, del paese intero (Applausi dei deputati del gruppo di Rifondazione comunista).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Leoni. Ne ha facoltà.

CARLO LEONI. Signor Presidente, come lei e i colleghi sanno, noi gruppi di opposizione abbiamo presentato emendamenti soppressivi su tutti gli articoli e lo abbiamo fatto per una scelta politica generale, che è quella di rimarcare anche in questo modo la nostra contrarietà nei confronti di una riforma che non condividiamo assolutamente, per ragioni che a questo punto sono note a voi e a chi sta seguendo questa discussione parlamentare. Ma in questo caso l'emendamento soppressivo non è motivato soltanto dalla nostra contrarietà generale alla vostra riforma; in questo caso, noi vogliamo - come ha detto poco fa il collega Bressa - conservare effettivamente il testo della Costituzione vigente, che è un testo che prevede un equilibrio delicato e significativo tra i soggetti istituzionali chiamati a nominare i giudici della Corte costituzionale (quindici: un terzo li nomina il Presidente della Repubblica, un terzo il Parlamento in seduta comune, un terzo la magistratura). Trattandosi di un organo di estrema delicatezza istituzionale, questo è l'equilibrio che più garantisce imparzialità e correttezza nelle procedure e nelle decisioni.
Voi avete cominciato, colleghi della maggioranza, con un cambiamento estremistico di questo testo costituzionale.
Infatti, la formulazione approvata dal Senato - e così pervenuta all'esame della Camera dei deputati - prevedeva sette giudici di nomina del Senato federale della Repubblica integrato dai presidenti delle giunte delle regioni e delle province autonome.
Una previsione, purtroppo, rimane anche nel testo attuale, ovvero l'aumento dei giudici di nomina politica; dopo tante polemiche, dopo tanta propaganda fatta dal centrodestra su una presunta politicizzazione della Corte costituzionale, il centrodestra stesso sceglie di aumentare il numero dei giudici di nomina politica. Nell'altro ramo del Parlamento, questa scelta giungeva sino al punto di prevedere, appunto, la nomina dei sette giudici solo da parte del Senato.

Teniamo molto all'approvazione di queste proposte emendative soppressive al fine di conservare, così com'è, il testo della Costituzione vigente; nel caso, invece, le proposte soppressive non venissero approvate, sosterremo l'approvazione degli altri emendamenti presentati dai gruppi dell'opposizione e tesi, per così dire, a limitare il danno.
Se, perciò, non dovessero essere approvate le proposte soppressive - ovviamente, mi auguro il contrario e invito i colleghi a votare a favore dell'approvazione -, cercheremo, come ho testé detto, di limitare al massimo gli inconvenienti. Ma davvero prego tutti di riflettere sull'assoluta bontà del testo vigente della nostra Carta; esso, infatti, garantisce quell'equilibrio tra i soggetti che nominano i giudici della Corte che è essenziale per garantirne, poi, l'imparzialità e l'autorevolezza.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Acquarone. Ne ha facoltà.

LORENZO ACQUARONE. Signor Presidente, di questa sgangherata riforma oggi sottoposta al nostro esame, i punti critici nodali sono, a mio avviso, tre: la cosiddetta devolution, che, per così dire, ha perso i pezzi per strada; il premierato; gli istituti di garanzia.
Oggi, trattiamo del fondamentale tra gli istituti di garanzia: la Corte costituzionale. Al riguardo, ricordo che in quest'aula, per l'istituzione di siffatto congegno di garanzia, si batté con la lucidità del suo ingegno Piero Calamandrei. Ebbene, la Corte costituzionale è un istituto apprestato proprio per risolvere, certo, i problemi di incostituzionalità delle leggi, ma anche, e forse soprattutto, quelli afferenti ai conflitti tra i poteri dello Stato e tra regioni e Stato.
Se uno dei fini fondamentali è proprio la risoluzione dei conflitti, il maggiore di quelli possibili da noi ravvisati nel testo di legge (ma è difficile trovare una parola corretta per definire il pasticcio sottoposto al nostro esame) risiede proprio nella circostanza che vi possono essere provvedimenti legislativi regionali in contrasto con i principi fondamentali stabiliti da leggi dello Stato o anche conflitti di attribuzione tra regioni e Stato. Per avere un giudice imparziale, il cosiddetto giudice terzo, abbiamo bisogno di un organo che possa compiere tali funzioni con libertà e senza condizionamenti.
La Corte costituzionale, in questi anni, ha dato eccellente prova di sé; ebbene, ciò è dipeso dal fatto che, nel momento in cui il legislatore costituente ha riflettuto sulla sua costituzione, ha altresì ritenuto di dover considerare la qualificazione dei suoi componenti prevedendo che una parte sia nominata dal Parlamento in seduta comune, un'altra dai giudici delle magistrature superiori, un'altra ancora, infine, dal Presidente della Repubblica, altro istituto di garanzia che voi tentate di ridimensionare.

PRESIDENTE. Onorevole...

LORENZO ACQUARONE. Invece, con la norma oggi al nostro esame, verremmo a trovarci nella situazione nella quale, in ipotesi, le regioni soggette al giudizio della Consulta - nei conflitti di attribuzione oppure per il varo di una legge regionale - verrebbero ad essere in qualche modo chiamate a giudicare il proprio stesso giudice.

PRESIDENTE. Onorevole...

LORENZO ACQUARONE. Allora, se questo è, si verifica una violazione palese di quello che deve essere un principio alla base di un istituto di garanzia.

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Acquarone...

LORENZO ACQUARONE. Ho concluso, signor Presidente.
Ha detto bene il collega Pisapia, il quale ha fatto una dichiarazione molto importante; questa Corte, infatti, ha funzionato bene: non toccatela (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Popolari-UDEUR)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Olivieri, al quale ricordo che ha un minuto di tempo a disposizione. Ne ha facoltà.

LUIGI OLIVIERI. Signor Presidente, se avessimo modo e tempo - so che alcuni colleghi lo hanno sicuramente fatto - di rivedere i lavori della Costituente e della Sottocommissione nella quale fu discusso il vigente articolo 135 della Costituzione, potremmo leggere pagine mirabili. In quella sede, infatti, si trovò un giusto equilibrio, rispecchiato nell'attuale composizione, tra le tre «anime» della Corte costituzionale. Tali «anime» si esprimono, infatti, attraverso i cinque giudici di nomina politica, i cinque magistrati di nomina istituzionale e, infine, i cinque giudici di nomina giurisdizionale.
Orbene, ho la sensazione che, con il provvedimento in esame, alla Corte costituzionale non venga attribuito il ruolo che essa attualmente ricopre, vale a dire, in primo luogo, l'essere il giudice garante della costituzionalità delle leggi...

PRESIDENTE. Onorevole Olivieri, concluda!

LUIGI OLIVIERI. Concludo, signor Presidente. Essa, inoltre, è anche il giudice dei contrasti tra lo Stato e le regioni. Allora, nel momento in cui analizzassimo il suo vero ruolo, comprenderemmo che stiamo approvando una norma assolutamente sbagliata...

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Olivieri!
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sugli identici emendamenti Mascia 41.1 e Leoni 41.2, non accettati dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (
Vedi votazioni).
(Presenti 429
Votanti 425
Astenuti 4
Maggioranza 213
Hanno votato
182
Hanno votato
no 243).

Passiamo alla votazione dell'emendamento Bressa 41.5.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà.

GIANCLAUDIO BRESSA. Signor Presidente, vorrei rilevare che siamo finalmente giunti al punto centrale della questione. Vorrei ricordare, al riguardo, che siamo assolutamente contrari a qualsiasi tipo di modifica di questa parte della Costituzione. Voi, invece, adducete la necessità di stabilire una diversa composizione della Corte costituzionale in ragione del fatto che ci stiamo avviando verso una forma di federalismo; pertanto, proponete di assegnare al Senato federale la possibilità di nominare quattro giudici della Consulta.
Non intendo negare il fatto che le Costituzioni di alcune Repubbliche federali prevedano che la loro Corte costituzionale sia composta in modo tale da rappresentare un punto di equilibrio tra le istanze centrali e tra quelle regionali; si tratta di un'impostazione che personalmente non condivido, ma che, ovviamente, non posso considerare sbagliata o illegittima.
Ciò che considero assolutamente non pertinente, invece, è il fatto che voi attribuiate ad un Senato federale - che federale non è - la nomina di quattro membri della Corte. Se avessimo voluto davvero affrontare la questione della rappresentanza degli interessi regionali in sede di Corte costituzionale...

PRESIDENTE. Onorevole Bressa...

GIANCLAUDIO BRESSA. ... avremmo potuto scegliere una via più prudente, ma non è avvenuto.
Ciò che, tuttavia, svela davvero le vostre finalità sono le norme transitorie. Infatti, ritenete che il Senato federale dovrà essere tale solo dal 2011, mentre viene falsamente «federalizzato» a partire dalla prossima legislatura al fine di nominare quattro giudici della Corte costituzionale.
Con ciò, dimostrate che l'unica cosa che vi sta a cuore non è «federalizzare» la Consulta, bensì impossessarvi del controllo politico della Corte costituzionale stessa, aumentando i giudici di nomina politica, per di più concentrando la prossima nomina interamente in capo al Senato, sapendo bene come viene eletto!
Le bugie hanno le gambe corte, ed in questo caso cortissime: durano il tempo di arrivare all'esame della norma transitoria, che svelerà qual è il vostro intento riformatore!
A voi di federalizzare la Corte costituzionale non frega assolutamente nulla. Volete allungare le mani sul controllo della Corte, scelta profondamente sbagliata ed alla quale noi ci opponiamo (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-L'Ulivo e della Margherita, DL-L'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Leoni. Ne ha facoltà.

CARLO LEONI. Signor Presidente, avevo detto, invitando i colleghi a votare gli emendamenti soppressivi, che la cosa migliore che si poteva fare era conservare il testo della Costituzione così com'è. Non è accaduto. Cerchiamo, con questo e con un altro emendamento successivo, di limitare danni davvero molto grandi.
Voi avete scelto diverse formulazioni; siete passati dal testo del Senato, che prevedeva sette giudici, tutti di nomina del Senato federale, ad una formulazione che ne prevede tre di nomina della Camera e quattro dello stesso Senato federale. La costante è aumentare - comunque e significativamente - i giudici di nomina parlamentare. È del tutto evidente, quindi, che l'intento è quello ricordato poco fa: non diminuire o contenere la presunta politicizzazione che voi denunciavate nel passato, ma aumentare la quota di giudici della Corte espressione del Parlamento e, quindi, di nomina politica, ossia trovare la strada per un controllo politico della Corte costituzionale. Ciò lo attuate, peraltro, con una certa confusione e con strumenti anche rozzi. Non vi è, infatti, alcuna ragione al mondo, argomentabile e condivisibile, che ci possa spiegare la bontà di una norma che dice che tre giudici dovrebbero essere eletti dalla Camera e quattro dal Senato. Mentre si capisce, purtroppo, la ragione per la quale voi volete comunque aumentare il numero dei giudici di nomina politica e pertanto politicizzare ed orientare politicamente la Corte costituzionale, davvero non si capisce perché, di questi sette giudici, quattro dovrebbe nominarli il Senato.
Noi controproponiamo un'altra misura, un'altra ripartizione, che porta ad una scelta di parità tra quelli nominati dalla Camera e quelli nominati dal Senato, più logica e più congrua. Sarebbe stato indubbiamente meglio, così come nella Costituzione vigente, prevedere la competenza in materia del Parlamento in seduta comune, ma giacché tale strada l'avete rifiutata, almeno si salvino l'apparenza, la faccia e la ragionevolezza della norma, assegnando a Camera e Senato lo stesso numero di giudici da nominare!
Voi, per ragioni puramente propagandistiche (o, forse, per offrire il «contentino» ad un certo «ribollire» diffuso tra i vostri senatori sulla fine - che era stata annunciata e, successivamente, tradita - del bicameralismo paritario, o forse per cercare di sedare qualche rivolta) dite: ma non vi preoccupate, quattro giudici li lasciamo a voi... Non è, tuttavia, così che si riforma la Costituzione.
Mi auguro che nel tempo che ci separa dal momento in cui discuteremo delle norme transitorie vi sia un ripensamento rispetto all'assurdo per il quale il Senato federale, con la sua diversa composizione, entrerà in funzione nel 2011, ma questa norma, cioè questo «contentino» ai senatori e questo aumento del numero del giudici espressi dal Parlamento, ossia di nomina politica, dovrebbe applicarsi immediatamente. Tale incongruenza ha dietro di sé un disegno che è fin troppo facile da capire.
Con questi emendamenti, che tendono a parare un danno così grande, noi vi chiediamo un'assunzione di responsabilità, condividendo le scelte da noi proposte.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Boato. Ne ha facoltà.

MARCO BOATO. Signor Presidente, oltre agli emendamenti soppressivi, vi sono due nostri emendamenti significativi su quest'articolo. Sono pochi come numero, ma richiedono - a mio parere - un'importante riflessione da parte dell'Assemblea. Temo che tale riflessione non vi sarà nel voto, ma è importante che almeno resti traccia delle nostre affermazioni, perché penso che, in futuro, si tornerà a pensare a ciò che abbiamo detto.
Abbiamo ricevuto dal Senato un testo che prevedeva che nessun giudice costituzionale fosse nominato dalla Camera dei deputati e che sette giudici fossero nominati dal sedicente Senato federale della Repubblica. Dico «sedicente» perché, come hanno spiegato i colleghi Leoni e Bressa, questa norma dovrebbe entrare in vigore già dal 2006, dalla prossima legislatura, quando il Senato verrà eletto esattamente con le leggi elettorali attualmente vigenti, nella composizione attuale, senza alcuna contestualità e, quindi, senza neppure una parvenza di carattere fe-derale. Sarà un Senato identico all'attuale, solo che avrà l'etichetta di Senato «federale».
In sede referente, dove nessuna delle nostre proposte emendative è stata accolta, essendoci stato opposto da parte della maggioranza il muro contro muro, si è apportata una modifica che cerca in modo raffazzonato di correggere questo clamoroso squilibrio introdotto al Senato. Questa modifica prevede che il Presidente della Repubblica elegga quattro giudici (non più cinque), che le magistrature eleggano parimenti quattro giudici (non più cinque), che quattro giudici siano eletti dal Senato federale (anche quando esso non sarà affatto federale, a partire dalla prossima legislatura in virtù delle norme transitorie) e che tre giudici siano eletti dalla Camera dei deputati.
Condividiamo le considerazioni svolte in precedenza dal collega Pisapia e ribadite, tra gli altri, dagli onorevoli Bressa e Leoni, secondo cui tale sconvolgimento dell'assetto della Corte è incauto e sbagliato. Tuttavia, abbiamo comunque presentato l'emendamento Bressa 41.5 che, nel dissenso sull'impostazione generale, quantomeno mira ad un riequilibrio, prevedendo l'elezione di tre giudici da parte del Senato federale e di tre giudici da parte della Camera dei deputati. Credo che, se non vi fosse un pregiudizio ideologico, qualunque persona di buon senso capirebbe che si tratta di una proposta equilibrata: non vi è più una seduta comune del Parlamento per eleggere i giudici, ma tre di essi sono eletti da una Camera e tre dall'altra. Ciò attribuisce comunque un potere superiore al Senato rispetto a quello attuale. I colleghi, infatti, sanno che la Camera ha seicentotrenta deputati e il Senato trecentoquindici senatori: messi insieme nella seduta comune, due terzi sono i grandi elettori della Camera e un terzo i grandi elettori del Senato. Pertanto, quando si arriva ad eleggere i giudici separatamente, il potere del Senato viene già enormemente potenziato rispetto alla situazione attuale.
La norma contenuta nel nostro emendamento, che prevede vi siano tre giudici eletti dal Senato e tre dalla Camera, è una disposizione di equilibrio e direi di buon senso costituzionale, che solo un pregiudizio di carattere ideologico può portare a respingere. Ci auguriamo che così non sia e, comunque, vogliamo che la nostra posizione resti agli atti di questo dibattito. Per questo motivo, invito ad esprimere un voto favorevole sull'emendamento Bressa 41.5.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Mantini. Ne ha facoltà.

PIERLUIGI MANTINI. Signor Presidente, come è noto, nella tradizione costituzionale italiana, la Corte costituzionale ha tre componenti: quella politica, quella istituzionale e quella tecnico-giuridica. Non troviamo nulla di male nel fatto che vi sia - come proponiamo con questo emendamento - una rappresentanza di componenti eletti dal Senato federale o delle autonomie, fermo restando che il Senato, così come emerge dal vostro disegno di legge, non rappresenta affatto le autonomie e fermo restando che la Corte ha assunto sempre più un connotato di arbitro nei conflitti di attribuzione.
Dunque, l'emendamento proposto va in questo senso, ma resta il problema che obiettivamente non avete manifestato chiarezza di idee lungo questo percorso e che la norma transitoria non è affatto in linea con l'idea di rendere la Corte un po' più espressiva anche delle rappresentanze territoriale. Quindi, dovete modificare tale norma e sul punto dovete...

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Siniscalchi. Ne ha facoltà.

VINCENZO SINISCALCHI. Mi permetto di intervenire non per turbare, in particolare, il momento chiaramente difficile che stiamo tutti quanti vivendo in un dibattito che non registra punte di alta preoccupazione, ma per segnalare un mio rilievo, che spero venga condiviso; mi auguro peraltro di avere successivamente la possibilità di parlare di questo aspetto.
Sono convinto che questa «terapia» particolare che si sta attuando nei confronti della Corte costituzionale non stia producendo un conflitto nei confronti della struttura così armonica che era stata ideata dai Costituenti del 1948, ma stia arretrando la situazione nei confronti del principio della suddivisione dei poteri. Ciò per un motivo molto semplice: non stiamo parlando né di un organo politico, né di un organo giudiziario, né di un organo legislativo, ma stiamo parlando di un organo estraneo, diverso e sovrastante, il giudice delle leggi.
Domando, e stimolo le vostre intelligenze, le vostre sensibilità e la vostra attenzione: è possibile immaginare un giudice delle leggi che debba essere nominato per buona parte da coloro i quali debbono essere sottoposti al giudizio sulle leggi? È possibile immaginare una maggioranza di tipo politico e parlamentare all'interno di questo organismo (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo)?

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Olivieri. Ne ha facoltà.

LUIGI OLIVIERI. Ho la sensazione che non ci rendiamo completamente conto del vulnus che stiamo creando con l'approvazione di questo articolo e con la reiezione dell'emendamento che stiamo discutendo e di quelli che discuteremo tra poco. In buona sostanza, stiamo negando o stiamo incidendo in modo negativo sul principio di fondo, che dovrebbe essere di coscienza comune, secondo il quale la Corte costituzionale ha come obiettivo importante e fondamentale quello di essere il supremo giudice della costituzionalità delle leggi. Invece, andiamo ad aumentare il numero dei componenti di nomina politica. Si va verso una colonizzazione partitica della Corte e quindi si mette in grave discussione...

PRESIDENTE. Onorevole Olivieri...

LUIGI OLIVIERI. Sto concludendo, Presidente. Si mette in pericolo la sua indipendenza. Per questo motivo, questo emendamento va approvato, perché va nella logica della diminuzione...

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Bressa 41.5, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (
Vedi votazioni).
(Presenti 433
Votanti 421
Astenuti 12
Maggioranza 211
Hanno votato
183
Hanno votato
no 238).

Passiamo alla votazione dell'emendamento Boato 41.75.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Boato. Ne ha facoltà.

MARCO BOATO. Nell'ipotesi originaria pervenuta dal Senato e varata dalla Commissione (per chi avesse in mano il testo, mi riferisco all'articolo 3 del disegno di legge e all'articolo 57 della Costituzione) si prevedeva la possibilità per i presidenti delle giunte regionali e i consigli regionali di essere sentiti dal Senato. Il testo che ha approvato l'Assemblea qualche giorno fa prevede che partecipino all'attività del Senato due rappresentanti per ogni regione e per le province autonome, uno eletto dal consiglio regionale (o dall'Assemblea regionale) della Sicilia e uno dal consiglio delle autonomie.
Abbiamo discusso a lungo e io non riapro la discussione su questo aspetto. È una logica che riteniamo troppo riduttiva perché si ha un Senato federale, ma ha una logica.
Adesso, nell'articolo che riguarda la Corte costituzionale, vengono invece reintrodotti per l'elezione dei giudici della Corte costituzionale i presidenti delle giunte e delle province autonome.
A me appare totalmente scoordinato, da un punto di vista sistematico e, come dicono i politologi, sistemico, questo tipo di previsione normativa. Se aveva un senso inserire all'interno del Senato federale, sia pure senza diritto di voto, i presidenti delle giunte, poteva avere un senso prevedere che avessero diritto di voto sulla nomina dei giudici costituzionali. Però, se i presidenti delle giunte non compaiono più in rapporto all'integrazione del Senato federale non si capisce perché debbano ricomparire in riferimento all'elezione dei giudici costituzionali. Logica sistematica e sistemica vorrebbe, semmai, che si prevedesse il diritto di voto per quei due rappresentanti del sistema delle autonomie e del sistema regionale che parteciperanno quotidianamente all'attività del Senato: potrebbero partecipare sempre senza diritto di voto mentre avrebbero diritto di voto nel caso dell'elezione dei giudici costituzionali. In questo caso, invece, vengono totalmente estromessi e subentrano i presidenti delle regioni e delle province autonome.
Tale modalità di elezione mi pare assolutamente sconnessa e scoordinata. Per tale motivo, abbiamo presentato l'emendamento 41.75, che sopprime tale ipotesi.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Siniscalchi. Ne ha facoltà.

VINCENZO SINISCALCHI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, sono fermamente convinto che il mancato accoglimento degli emendamenti soppressivi abbia arrecato un profondo vulnus al sistema. Non mi pare assolutamente che si possa parlare di una riforma utile. Non voglio entrare nella dialettica forte sviluppatasi fino a questo momento e dalla quale abbiamo tratto tutti la netta convinzione che l'equilibrio raggiunto dal Costituente non corrispondesse a ragioni politiche. Credo che ciò debba essere evidente a tutti voi, non occorre tornare ai profondi lavori della Costituente che tanti fino a questo momento hanno ricordato. Il nucleo di quei lavori consisteva nel dare alla Corte costituzionale un sistema particolare che la liberasse da qualsiasi ipoteca di qualsiasi potere: da quello legislativo, da quello giudiziario e da quello esecutivo.
Si trattava di un fondamento molto moderno: se si ha a mente, ad esempio, l'organismo equivalente che esiste nella struttura americana, si ha la netta sensazione che i Costituenti non furono distributori di dosi farmaceutiche all'interno del sistema, ma furono portati ad individuare le ragioni di un equilibrio tecnico e decisionale. La Corte costituzionale come può, ad esempio, risolvere con assoluta autonomia i conflitti di attribuzione se buona parte dei componenti - ecco perché mi permetto di sottolineare l'importanza dell'emendamento in esame - traggono il mandato dalle assemblee elettive? Addirittura, la nomina parlamentare coinvolge le province e le regioni soltanto in omaggio ad una sorta di tabù che si sta formando intorno alla riforma in esame. Dovremmo cominciare a definire quest'ultima una gravissima controriforma che si fa nei confronti delle norme elementari che recano le Costituzioni di tutti i paesi.
Come si può seriamente credere che questo equilibrio sia raggiunto attraverso uno squilibrio, che travolge quel numero previsto dalla Costituzione (cinque giudici di nomina presidenziale, cinque di nomina parlamentare e cinque di nomina giudiziaria), peraltro proprio incrementando il numero di giudici di nomina parlamentare (Camera e Senato federale) e creando così quello che denuncio come un vero e proprio squilibrio?
Non so se tutto questo derivi da una forma di ostilità preconcetta nei confronti dell'istituto della Corte costituzionale, ma ho la sensazione che, guidati da forme di prevenzione di carattere tecnico (ma soprattutto politico, e questo lo ritengo grave), si perda di vista la funzione. Con questo sistema, la funzione della Corte costituzionale tende praticamente ad essere obliterata. Ripariamo il danno approvando questo emendamento, che peraltro ha formato oggetto anche di iniziative emendative (credo però ritirate) da parte di alcuni deputati della maggioranza.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà.

GIANCLAUDIO BRESSA. Come ha ricordato poco fa il collega Boato, ci troviamo di fronte ad un'incongruenza, anche nella forma. Esiste un Senato federale che non è più integrato dalla presenza dei presidenti delle giunte delle regioni e delle province autonome; al riguardo, abbiamo infatti approvato un'altra modalità. Adesso, improvvisamente, dalle ceneri di una vecchia impostazione ricompare che per eleggere i giudici della Corte costituzionale vengono ripescate queste figure: presidenti autorevolissimi di esecutivi regionali, ma che non si capisce a che titolo debbano essere inglobati in un'Assemblea parlamentare per eleggere i giudici costituzionali. Logica vorrebbe, così come è stato fatto in altri momenti dell'approvazione di questo testo, che vi fosse quanto meno una correttezza di forma. Vorrei capire qual è la logica in base alla quale il Senato federale viene integrato da ventuno rappresentanti nominati dai consigli regionali e delle autonomie locali, mentre poi, quando si tratta di eleggere i giudici della Corte costituzionale, tali rappresentanti scompaiono e vengono ripescati i presidenti degli esecutivi. È un discorso che non si riesce in nessun caso a spiegare.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Boato 41.75, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (
Vedi votazioni).
(Presenti 437
Votanti 433
Astenuti 4
Maggioranza 217
Hanno votato
190
Hanno votato
no 243).

Passiamo alla votazione dell'emendamento Leoni 41.9.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Boato. Ne ha facoltà.

MARCO BOATO. Questa ipotesi emendativa riprende un testo esistente nel progetto della Bicamerale, che prevedeva che non fossero eleggibili a Presidente della Corte i giudici negli ultimi diciotto mesi del loro mandato - allora si prevedeva ventiquattro mesi -, salvo in caso di rielezione. Questo per prevedere, con norma costituzionale, l'impossibilità di quelle Presidenze della Corte costituzionale che, pur autorevolissime nella persona dei giudici che vengono eletti presidenti, portano però a Presidenze che durano a volte poche settimane, a volte pochi mesi. Qualche anno fa, abbiamo avuto il caso di un Presidente della Corte costituzionale durato in carica per alcune settimane estive, nel corso delle quali nessuna sentenza della Corte costituzionale fu emanata; però quel pur autorevolissimo giudice a vita è rimasto Presidente emerito della Corte costituzionale, con tutto ciò che questo comporta. Questa norma emendativa di disciplina, qualora venisse approvata, consentirebbe una maggiore durata in carica e quindi una maggiore autorevolezza ed una maggiore capacità di incisione per i Presidenti della Corte costituzionale, eliminando questa prassi, che si è instaurata negli ultimi anni (ormai decenni), di Presidenze che durano pochissimi mesi. Per questo motivo, invitiamo l'Assemblea ad approvare questo nostro emendamento.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Leoni 41.9, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (
Vedi votazioni).
(Presenti 439
Votanti 424
Astenuti 15
Maggioranza 213
Hanno votato
179
Hanno votato
no 245).

Ricordo che gli emendamenti Perrotta 41.71, 41.73 e 41.72 sono stati ritirati.
Passiamo alla votazione dell'articolo 41.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà.

GIANCLAUDIO BRESSA. Signor Presidente, preannuncio l'espressione del voto contrario da parte del gruppo della Margherita, DL-L'Ulivo sull'articolo in esame per i motivi ripetutamente illustrati. Non vogliamo in alcun caso che il testo originario della nostra Costituzione, relativo alla Corte costituzionale, venga modificato. Vi sono ragioni profonde che ci inducono a sostenere che il ruolo di giudice delle leggi, di arbitro super partes che la Corte ha saputo garantire nel corso di questi anni deve rimanere inalterato. Anche nei momenti di grande difficoltà che abbiamo vissuto ultimamente, nel corso dei quali la riforma del Titolo V della Costituzione aveva prodotto elementi di non chiarissima comprensione relativamente al nuovo percorso costituzionale, anche perché non accompagnato da leggi attuative, la Corte ha dimostrato di essere in grado di garantire, anche in condizioni problematiche, la correttezza dell'andamento delle nostre istituzioni.
Non vogliamo che questa grande ricchezza istituzionale venga cancellata. Lo abbiamo detto precedentemente: la Corte costituzionale si pone a garanzia dei valori fondamentali che costituiscono il contenuto dell'unità politica. Vogliamo che la Corte costituzionale continui a garantire questa funzione fondamentale. Dallo svolgimento della funzione di custodia della Costituzione la Corte trae una sua propria specifica legittimazione democratica e noi non vogliamo che ciò vada perduto. È un patrimonio troppo importante e troppo forte che ci è stato lasciato dai padri costituenti per poter consentire una modifica pasticciata della Corte. Per tali motivi, preannuncio l'espressione del voto contrario su tale articolo.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Siniscalchi. Ne ha facoltà.

VINCENZO SINISCALCHI. Signor Presidente, preannuncio l'espressione da parte del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo del voto nettamente contrario sulla modifica dell'articolo 135 della nostra Costituzione, quindi sull'articolo 41 del testo in esame. Molte ragioni sono state illustrate e non mi riferisco solo a quelle di carattere costituzionale che sono evidenti a tutti; sono il vero fondamento della Carta costituzionale e rappresentano un patrimonio popolare, un patrimonio democratico. Non occorre essere sofisti né arrampicarsi sugli specchi né incomodare continuamente i lavori preparatori, che pure sono illuminanti, della nostra Carta costituzionale, che viene, in questo modo, vulnerata, devastata ed in qualche punto offesa.
Onorevoli colleghi, dovremmo, a tale riguardo, riflettere maggiormente prima di esprimere il voto su tale articolo, che è fondamentale. Credo sia una delle norme fondamentali di questo sistema di stravolgimento dell'assetto costituzionale della nostra Repubblica. Questa norma sembrerebbe risentire quasi di una forma di avversione nei confronti dell'istituto.
Mi pare di intravedere, con riferimento alla modifica che ci viene proposta, una sorta di cultura scettica, indifferente e distante dal valore che rappresenta la Corte costituzionale in tutti i paesi democratici. Non si riuscirebbe altrimenti a comprendere per quale motivo, proprio con riferimento alla composizione della Corte (il che vuol dire riferirsi all'attitudine, al valore, all'indipendenza dei giudici) si intende distruggere quella proporzione elaborata con tanta finezza ed accettata da tutti gli attuali costituzionalisti del nostro paese e non solo.
Vorrei chiedere agli autori di questo testo: vi rendete conto che, su questi delicatissimi punti, sta crescendo nel paese non soltanto una mobilitazione ispirata ad un distacco completo dall'impianto di questo provvedimento, ma un dissenso profondo di tutti gli studiosi? Non ho sentito ancora un solo studioso di diritto costituzionale che abbia documentato l'esattezza di questo tema, che è divenuto non un tema di alta politica, ma il luogo in cui si attuano vendette o si fanno petizioni di principio.
Dobbiamo riconoscere una prevalenza al Senato federale che, in questa dosimetria di strana farmacia, addirittura elegge un numero maggiore di membri rispetto alla Camera che, invece, è l'organismo e l'assemblea legislativa di carattere nazionale, sopraordinata a tutte le altre assemblee legislative. Onorevoli colleghi, il voto deve essere nettamente contrario.
Tornando al tema centrale della Corte costituzionale, vale a dire quello dell'analisi delle leggi, della verifica delle leggi nella loro compatibilità costituzionale, nonché della verifica dei conflitti di attribuzione, degli squilibri eventuali tra i poteri dello Stato, ivi compreso il Senato federale, come si può seriamente pensare che la parte più distante dalla composizione della Corte, cioè i giudici di nomina presidenziale, i giudici derivanti dalle alte magistrature, eccetera, sia una parte inferiore destinata ad essere soccombente nei confronti di quella di nomina politico-parlamentare?
Ritengo che, riflettendo su queste proposte nel vostro intimo, nelle vostre intelligenze e nella vostra sensibilità di legislatori, dobbiate qualche volta prendere le distanze, come pure è avvenuto nei confronti di questa specie di automatismo, di questo omaggio continuativo che state facendo nei confronti di un federalismo che non è tale, nei confronti di una architettura demolitiva delle norme costituzionali del nostro paese (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-L'Ulivo e della Margherita, DL-L'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mascia. Ne ha facoltà.

GRAZIELLA MASCIA. Signor Presidente, si è già sottolineata l'importanza fondamentale e il compito delicato assegnato alla Corte costituzionale, affinché possa esercitare il controllo di legittimità costituzionale delle leggi a garanzia della rigidità della Costituzione e quindi dei diritti fondamentali.
La composizione della Corte non è casuale sia nel suo numero assoluto, quindici componenti, sia nella sua ripartizione, vale a dire cinque giudici nominati dalle supreme magistrature ordinarie e amministrative, cinque dal Presidente della Repubblica e cinque dal Parlamento in seduta comune.
Solo in questo modo, come l'esperienza ha dimostrato, si ha la certezza di garantire l'alto grado di unità e di rigore, sapendo che proprio la sua composizione preclude che, nel suo ambito, si confrontino interessi giuridicamente rilevanti impersonati dai giudici e poteri in conflitto. Conflitti che la Corte deve dirimere e che non devono essere riprodotti al suo interno, come invece accadrebbe nella pretesa logica della rappresentanza regionale che è all'origine dei sette membri eletti dal Senato. Tale rappresentanza non farebbe altro che determinare un processo di politicizzazione di un organo di giustizia costituzionale.
Il fatto di aver ridotto il danno prevedendo quattro membri eletti dal Senato federale e tre dalla Camera non cambia per nulla la sostanza di questa valutazione. Lo squilibrio viene ugualmente realizzato e per questa ragione il nostro voto non potrà che essere contrario.

PRESIDENTE. Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 41.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (
Vedi votazioni).
(Presenti 450
Votanti 448
Astenuti 2
Maggioranza 225
Hanno votato
257
Hanno votato
no 191).

Prendo atto che l'onorevole Lumia ha erroneamente espresso un voto favorevole mentre avrebbe voluto votare contro.

 

(Esame dell'articolo 42 - A.C. 4862 ed abbinate)

 

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 42 e degli unici identici emendamenti soppressivi ad esso presentati (vedi l'allegato A - A.C. 4862 ed abbinate sezione 5).
Nessuno chiedendo di parlare, prendo atto che il relatore e il rappresentante del Governo esprimono parere contrario sugli identici emendamenti Boato 42.3 e Mascia 42.70.
Avverto che essendo state presentate esclusivamente identiche proposte emendative soppressive, sarà posto in votazione il mantenimento dell'articolo.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà.

GIANCLAUDIO BRESSA. Signor Presidente, analogamente a quanto abbiamo affermato per la Corte costituzionale, anche relativamente all'articolo 138 in materia di revisione della Costituzione e di leggi costituzionali, siamo favorevoli al mantenimento del testo della Costituzione vigente. Occorre certamente dare atto alla Commissione e al relatore di avere accolto una questione da noi posta, a nostro avviso pregiudiziale. Nel testo licenziato dal Senato era prevista una norma che avrebbe reso impossibile la modifica della Costituzione. In virtù di tale norma, nel caso in cui nella seconda votazione la legge fosse stata approvata da ciascuna delle Camere con una maggioranza inferiore ai due terzi dei componenti, il referendum non sarebbe stato considerato valido se non avesse partecipato al voto la maggioranza degli aventi diritto. È facile comprendere come ciò avrebbe significato blindare definitivamente la Costituzione, e non si tratta di un modo serio di affrontare la questione: un conto è avere una Costituzione rigida, un conto è avere una Costituzione impossibile da modificare. Siamo inoltre contrari alla soppressione dell'ultimo comma dell'articolo 138, laddove si prevede che non si fa luogo a referendum se la legge è stata approvata nella seconda votazione da ciascuna delle Camere a maggioranza di due terzi dei componenti. La ratio di fondo di tale norma è che laddove la Camera, per quattro volte, si sia pronunciata con una larga maggioranza, non c'è motivo per sottoporre la legge a referendum.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Leoni. Ne ha facoltà.

CARLO LEONI. Signor Presidente, condivido le considerazioni del collega Bressa. Il testo dell'articolo in esame licenziato dalla Commissione si limita ad abrogare il terzo comma dell'articolo 138 della Costituzione, a norma del quale non si fa luogo a referendum se la legge è stata approvata con la maggioranza dei due terzi dei componenti. Il referendum, dunque, diventerebbe sempre possibile.
Dal momento che la Costituzione, almeno teoricamente, a nostro avviso, dovrebbe essere modificata con un largo concorso delle forze politiche, e comunque non soltanto con i voti della maggioranza, riteniamo che la norma costituzionale vigente, che limita la possibilità di ricorrere al referendum, costituisca un deterrente significativo per spingere il Parlamento a ricercare la maggioranza più ampia possibile sulle modifiche della Costituzione. Pertanto, riteniamo sbagliata e pericolosa l'abrogazione del terzo comma dell'articolo 138 della Costituzione vigente e voteremo contro il mantenimento dell'articolo.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Pisapia. Ne ha facoltà.

GIULIANO PISAPIA. Signor Presidente, siamo favorevoli al mantenimento del testo vigente dell'articolo 138 della Costituzione. Ritengo peraltro che tale articolo in queste settimane sia stato sostanzialmente violato. L'attuale testo prevede che non si faccia luogo a referendum se la legge è stata approvata nella seconda votazione da ciascuna delle due Camere a maggioranza di due terzi dei suoi componenti. Il mantenimento di tale formulazione, come è stato già osservato dai colleghi che mi hanno preceduto, l'onorevole Bressa e l'onorevole Leoni, riveste un significato estremamente importante e rilevante. Infatti, tale norma induce il Parlamento a riformare la Costituzione con la più ampia maggioranza possibile, per trovare quell'unanimità o, quanto meno, quella convergenza che dovrebbe essere necessaria in tali casi.
Aggiungo che, se non si modifica il testo approvato dalla Commissione affari costituzionali, si rischia di svuotare un istituto importante come il referendum popolare, ossia lo strumento che dà voce e voto finale ai cittadini. Saremo costretti ad indire il referendum anche su modifiche approvate all'unanimità, quindi con il consenso di tutti i rappresentanti eletti dal popolo. In pratica, si ricorrerà al referendum anche per modifiche assolutamente formali, sulle quali sarebbe veramente inutile chiamare il popolo ad esprimersi e a concedere o meno il proprio parere su una modifica costituzionale.
Ritengo fondamentale mantenere l'attuale norma, proprio per invitare, quasi spingere il Parlamento, complessivamente, a raggiungere l'unità quando si modificano norme di carattere costituzionale (Applausi dei deputati del gruppo di Rifondazione comunista).

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul mantenimento dell'articolo 42.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (
Vedi votazioni).

(Presenti 449
Votanti 445
Astenuti 4
Maggioranza 223
Hanno votato
256
Hanno votato
no 189).

Chiedo al relatore, presidente Bruno, di indicarci in che modo ritenga opportuno procedere nei lavori.

DONATO BRUNO, Relatore. Presidente, come lei sa, le proposte inerenti le norme transitorie sono state consegnate ai colleghi del Comitato dei nove soltanto in via informale e quindi non è possibile proseguire con i successivi articoli. Avendo accantonato l'articolo 31, potremmo ora proseguirne l'esame, salvo concedere un tempo adeguato al Comitato dei nove per riunirsi brevemente, anche in considerazione del termine per la presentazione dei subemendamenti, fissato per le ore 18 di oggi. Le chiedo, quindi, di sospendere brevemente la seduta.

PRESIDENTE. Sta bene. Ritengo pertanto che la seduta possa essere sospesa fino alle 18,30.
Ricordo ai colleghi che questa sera proseguiremo i nostri lavori fino alle 22 circa e che domani, per consentire un tempo adeguato ai lavori delle Commissioni, nella parte pomeridiana della seduta le votazioni riprenderanno a partire dalle 18.
Sospendo la seduta.

La seduta, sospesa alle 18,10, è ripresa alle 18,30.

PRESIDENTE. Chiedo al relatore di precisare da quale articolo ritenga opportuno riprendere l'esame del disegno di legge.

DONATO BRUNO, Relatore. Signor Presidente, riterrei opportuno riprendere l'esame dell'articolo 31, sul quale avevamo preso atto che vi era un nuovo emendamento formulato dalla Commissione.

PRESIDENTE. Colleghi, come preannunciato, la Commissione ha presentato l'emendamento 31.250, formulato per sanare il vulnus che si era prodotto...

DONATO BRUNO, Relatore. Esattamente. Potremmo dunque procedere all'esame di tale emendamento per poi passare alla votazione dell'articolo 31, sul quale peraltro si è già svolta un'ampia discussione. Successivamente, potremmo passare all'esame dell'articolo 10, in ordine al quale il Comitato dei nove, pur avendo approfondito alcune considerazioni, non ha ritenuto accoglibili le richieste formulate dalle opposizioni, quindi riprendere l'esame dell'articolo 13 e poi dell'articolo 9, riguardante la materia dell'ineleggibilità e dell'incompatibilità.

PRESIDENTE. Sta bene, onorevole relatore. Le idee sono chiare, il cammino è segnato...!

 

(Ripresa esame dell'articolo 31 - A.C. 4862 ed abbinate)

 

PRESIDENTE. Riprendiamo dunque l'esame dell'articolo 31 e dell'ulteriore emendamento presentato dalla Commissione.
Avverto che i gruppi hanno rinunciato alla presentazione di subemendamenti a questo emendamento, frutto di un lavoro comune nel Comitato dei nove, nel testo da me già letto all'Assemblea: «All'articolo 31, dopo il comma 2, aggiungere il seguente 2-bis: All'articolo 104 della Costituzione il quinto comma è soppresso».
Prendo atto che il Governo esprime parere favorevole.
Passiamo alla votazione dell'emendamento 31.250 della Commissione.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Boato. Ne ha facoltà.

MARCO BOATO. Signor Presidente, sarò brevissimo. Proprio perché vi era stato un rinvio al Comitato dei nove, abbiamo rinunciato a subemendare, per correttezza; confermiamo, però, il nostro giudizio negativo, espresso durante la discussione dai colleghi Leone e Bressa, sulla proposta, che diventerà norma dopo questo voto, anzi conseguente norma all'articolo 104 della Costituzione, volta a prevedere che il vicepresidente del Consiglio superiore della magistratura venga nominato dal Presidente della Repubblica.
Riteniamo, infatti, giusto che in Costituzione sia previsto, come già oggi, che il Presidente della Repubblica sia il presidente del Consiglio superiore della magistratura - questo è giustissimo! -, ma, proprio per questo, riteniamo sbagliato che il Consiglio superiore della magistratura venga espropriato del diritto di eleggere il proprio vicepresidente tra i membri laici e non tra i magistrati dello stesso Consiglio.
Noi riterremmo che dovrebbe rimanere su questo punto il testo della Costituzione vigente, per cui voteremo contro questo emendamento.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 31.250 della Commissione, accettato dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (
Vedi votazioni).
(Presenti 393
Votanti 391
Astenuti 2
Maggioranza 196
Hanno votato
225
Hanno votato
no 166).

Prendo atto che l'onorevole D'Agrò non è riuscito ad esprimere il proprio voto ed avrebbe voluto esprimere un voto favorevole.
Prendo atto altresì che l'onorevole Gastaldi non è riuscito ad esprimere il proprio voto.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 31, nel testo emendato.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (
Vedi votazioni).
(Presenti 393
Votanti 388
Astenuti 5
Maggioranza 195
Hanno votato
222
Hanno votato
no 166).

Prendo atto che l'onorevole D'Agrò non è riuscito ad esprimere il proprio voto ed avrebbe voluto esprimere un voto favorevole.
Prendo atto altresì che l'onorevole Gastaldi non è riuscito ad esprimere il proprio voto.

 

(Ripresa esame dell'articolo 10 - A.C. 4862 ed abbinate)

 

PRESIDENTE. Riprendiamo l'esame dell'articolo 10.
Ricordo che ne era stata accantonata la votazione.
Passiamo dunque alla votazione dell'articolo 10.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Boato. Ne ha facoltà.

MARCO BOATO. Signor Presidente, sarò anche in questo caso molto breve. Noi avevamo, a suo tempo, con il consenso anche del relatore e del Comitato dei nove, accantonato il tema della votazione sui titoli di ammissione dei deputati e dei senatori, perché avevamo posto all'Assemblea e alla Commissione fino alla sede referente l'esigenza di prevedere una possibilità residuale, pur se limitata, di ricorso alla Corte costituzionale, laddove vi fosse stata una elezione contestata o una inerzia da parte del Parlamento al riguardo.
Abbiamo anche ipotizzato - in modo informale in sede di Comitato dei nove, visto che non siamo più titolari per ragioni di termini della possibilità di presentare emendamenti - un emendamento che avrebbe dovuto essere fatto proprio dalla Commissione. Tale emendamento configurava questa possibilità, proprio per restringerla al massimo ma per prevederla nell'ipotesi in cui non ci fosse stato un voto amplissimo da parte dell'Assemblea sui titoli di ammissione dei deputati e dei senatori o ci fosse stata un'inerzia della decisione da parte dell'aula, come si è verificato in alcuni pur limitatissimi casi, che i colleghi a suo tempo, discutendo dell'articolo 10, avevano indicato.

Ci dispiace molto che nel Comitato dei nove da parte del relatore, della maggioranza e del Governo non ci sia stato consenso sull'ipotesi da noi prospettata e, per tali motivi, esprimeremo un voto contrario sull'articolo in esame.

PRESIDENTE. Ha chiesto parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Leoni. Ne ha facoltà.

CARLO LEONI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, ci dispiace dover constatare che su questo punto c'è stata una chiusura da parte della maggioranza, quando, invece, in un sistema maggioritario questo tema diventa assolutamente cruciale. Infatti, in un sistema maggioritario può accadere che una coalizione politica che non raccoglie la maggioranza assoluta dei voti espressi in un'elezione, poi possa avere, in virtù della legge elettorale, una più ampia maggioranza in Parlamento. Quindi, può darsi che una coalizione, che non è maggioranza nel paese ma lo è in Parlamento, determini con i suoi voti chi è parlamentare e chi non lo è.
In un sistema maggioritario questo è un tema assolutamente cruciale. Abbiamo proposto tale tema con i nostri emendamenti ma non sono stati accolti. Come ha ricordato il collega Boato, ci siamo dichiarati disponibili anche a ragionare su soluzioni intermedie, tipo quella che richiamava poco fa o la possibilità di un rinvio per le procedure ad una legge costituzionale. La maggioranza non è stata disponibile a convergere su ipotesi che, comunque, prevedessero, in ogni caso, un ricorso alla Corte costituzionale e, quindi, il nostro voto è contrario, anche con motivazioni molto critiche perché si tratta di un punto di fondo del bilanciamento dei poteri in un sistema maggioritario.

PRESIDENTE. Ha chiesto parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà.

GIANCLAUDIO BRESSA. Signor Presidente, credo che la sottrazione dei conflitti elettorali ad un giudizio imparziale rappresenti davvero un vulnus alla legalità costituzionale, che dovrebbe essere in qualche modo regolato dalla Costituzione stessa. In questo caso stiamo ragionando di un sistema elettorale maggioritario con collegi uninominali, per cui la stragrande maggioranza di noi è chiamata a giudicare sulle cause di ammissibilità non solo di sé stesso, ma sulle cause di ineleggibilità di chi ha «corso» contro di noi.
Il diritto politico di chi è stato eletto è esattamente equivalente a quello di chi è stato sconfitto in questa competizione elettorale; gli interessi degli sconfitti sono equivalenti a quelli di chi è stato eletto. Per tali motivi, la necessità di un giudice imparziale è quanto mai sentita e non ha alcun senso mantenerci dentro la logica del foro interno, dell'autodichia, quando sono in gioco questioni di così alta rilevanza. Il diritto soggettivo di chi concorre a libere elezioni di vedersi riconosciuto il proprio titolo all'eleggibilità non può essere giudicato da chi è stato eletto e solo da lui. Di fronte a questioni che, in qualche modo, prefigurano un contrasto interpretativo, il giudice non può essere la Camera stessa.
Noi avevamo accettato l'ipotesi di non sovraccaricare la Corte costituzionale di potenziali ricorsi, ma non si è voluto riflettere neanche su tale aspetto, poiché si è contrari alla possibilità da parte della Corte di giudicare sul diritto soggettivo di un cittadino italiano che ha partecipato alle elezioni. Queste è molto, molto grave.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 10.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (
Vedi votazioni).
(Presenti 432
Votanti 430
Astenuti 2
Maggioranza 216
Hanno votato
248
Hanno votato
no 182).

 

(Esame dell'articolo 13 - A.C. 4862 ed abbinate)

 

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 13 e delle proposte emendative ad esso presentate (vedi l'allegato A - A.C. 4862 ed abbinate sezione 6).
Avverto che la Commissione ha presentato una nuova formulazione dell'emendamento 13.254.
Ha chiesto di parlare l'onorevole Cabras. Ne ha facoltà.

ANTONELLO CABRAS. Signor Presidente, iniziamo la discussione su uno dei punti cardine della riforma al nostro esame, quello che ha fatto discutere molto e che, probabilmente, farà discutere ancora (penso alla prossima lettura al Senato, dove, e non è per nulla scontato, vi sarà una convergenza rispetto alle decisioni assunte da questa Camera).
Prima in Commissione e poi in aula durante la discussione sulle linee generali, in particolare quando abbiamo parlato dei poteri del Presidente della Repubblica, esaminando il tema della riforma dell'attuale bicameralismo perfetto, abbiamo avanzato una proposta che determinasse un effettivo cambiamento rispetto alla situazione attuale: il superamento del bicameralismo perfetto, verso una monocameralismo in senso politico, ossia una sola Camera politica alla quale attribuire tutte le funzioni legislative in via definitiva, escludendo alcune materie importanti (le leggi costituzionali), da mantenere nel regime attuale di bicameralismo perfetto, ed un Senato federale con funzione di lettura delle leggi, diversa da quella prospettata anche nelle ultime proposte emendative presentate; in definitiva una Camera federale alla quale attribuire, nell'ordinarietà della legislazione, mai l'ultima parola, ma, soltanto in casi sanzionati da una maggioranza qualificata, ossia dal voto di tre quinti del Senato, una doppia lettura. La nostra idea era la riforma del bicameralismo perfetto che attribuisse alla Camera dei deputati l'ultima parola su tutte le leggi, salvo le leggi costituzionali ed alcune leggi fondamentali dell'ordinamento, con la possibilità per il Senato federale di intervenire nel processo legislativo, senza dire mai l'ultima parola, ma con la possibilità di richiedere una procedura di bicameralismo con una maggioranza qualificata di tre quinti. Abbiamo sostenuto la nostra idea in Commissione ed ora tentiamo di riproporla in aula attraverso le nostre proposte emendative. La nostra è una vera idea di superamento del bicameralismo perfetto. Non pensiamo di fare, attraverso la riforma costituzionale, un favore alla Camera ed un torto al Senato, ma ci preoccupiamo esclusivamente di introdurre un procedimento legislativo più snello e che renda più efficiente il sistema, superando tutte le difficoltà e gli anacronismi che sono stati rappresentati nel corso della discussione.
La vostra invece è un'idea che procede con un assetto variabile, visto che in Commissione avete licenziato un disegno nel quale - lo riassumo così - avete superato il bicameralismo perfetto attribuendo, per una parte di materie, l'ultima parola alla Camera, per un'altra parte (in particolare i principi fondamentali delle competenze concorrenti), al Senato, dimenticandovi del fatto che in questa riforma voi avete previsto anche il rafforzamento del premier e, quindi, sostanzialmente un maggiore collegamento tra l'azione di Governo e la maggioranza politica (penso a tutte le discussioni che abbiamo fatto anche l'altro giorno sul Presidente della Repubblica, sul ruolo del Parlamento e così via). Però il Senato federale nella vostra concezione è una Camera eletta con il sistema proporzionale e, quindi, completamente svincolata dalla maggioranza politica; in sostanza, il vostro disegno non supera assolutamente le inefficienze, gli anacronismi di oggi, ma, in conclusione, tende a complicare la situazione, anzi - noi abbia usato una parola -, secondo la versione della Commissione, «impicca» il premier alle decisioni del Senato. Quindi, siamo ben lontani da una semplificazione delle procedure.
L'assetto variabile si manifesta con gli emendamenti che avete presentato anche in aula, modificando il testo (prima quelli della Commissione, poi i subemendamenti). Sostanzialmente, che cosa tentate di correggere? Rispondendo ad una critica che noi abbiamo formulato, secondo la quale la maggioranza e il premier, se rimanesse l'assetto che ha votato la Commissione, sono di fatto incatenati alle decisioni del Senato per parti anche importanti del programma politico, con il vostro emendamento, che avete testè presentato, modificate ulteriormente la procedura e proponete una soluzione di questo tipo: qualora il Presidente del Consiglio rilevi che nelle materie di competenza del Senato, nelle quali il Senato dice l'ultima parola, rientri una parte importante del suo programma di Governo, invoca il Presidente della Repubblica, chiede una procedura differente, secondo la quale l'ultima parola torna alla Camera. In sostanza, oggi abbiamo un bicameralismo perfetto, ma se viene approvata la proposta che voi avete presentato, avremo un sistema assolutamente imperfetto, confuso, un sistema nel quale non è più chiaro chi ha l'ultima parola, anche perché c'è l'intervento del Presidente della Repubblica, che viene «tirato per la giacca» ad esprimere una valutazione politica. In altre parole, egli deve valutare se una parte di quelle materie sono ricomprese o meno nel programma di Governo, cambiando quindi il procedimento legislativo.
Aggiungo che si potrebbe dare ancora una lettura forzata a questa proposta che voi fate; un Presidente del Consiglio, che volesse espropriare completamente il Senato federale dell'ultima parola che voi gli attribuite con questa proposta, basterebbe che ricomprendesse, prima del voto, nel suo programma elettorale, tutte le materie che, in base alla vostra proposta, sono assegnate nella procedura legislativa in via definitiva al Senato. Siamo in presenza di una correzione che non fa altro che complicare ulteriormente le cose e rende ancora più difficile e più confusa la proposta che è davanti a noi.
In conclusione, perché il vostro modo di procedere ha questi elementi di contraddittorietà e di confusione? Perché avete smarrito il senso di quello che bisognerebbe fare per rendere il sistema più efficiente e più snello? Perché avete smarrito il senso della riforma che stiamo facendo? No, io non credo che voi abbiate smarrito tutto questo; in realtà voi siete appesi al voto dei senatori, però vi rendete conto che per guadagnare il voto dei senatori non potete espropriare totalmente il Senato dei poteri dei quali dispone nella legislazione vigente. Su di voi pende questa mannaia.
Cosa decideranno i senatori quando scopriranno che, anche con l'ultima proposta emendativa - presentata per rendere la procedura coerente con il rafforzamento del premier -, gli avete sottratto innumerevoli competenze sicché, alla fine, in ultima istanza, saranno nella condizione di non poter decidere più nulla? Questo è il vero problema sul quale vi state misurando senza trovare soluzioni! Di conseguenza, per così dire, vi arrampicate, presentando emendamenti e subemendamenti, cambiando le procedure e apprestando altre soluzioni. Però, incombe su di voi il giudizio del Senato; ritengo pertanto fareste meglio se, abbandonando tutte le incertezze, sposaste in via definitiva un asse preciso di riforma, così come anche noi abbiamo chiesto con le nostre proposte emendative. Sia solo la Camera politica a pronunciarsi in via definitiva sulla approvazione delle leggi ordinarie e si «usi» il sistema bicamerale soltanto per quelle costituzionali o fondamentali!
Il Senato federale, infatti, se federale è, interviene nel procedimento legislativo secondo una procedura che non gli assegna mai l'ultima parola nell'approvazione delle leggi ordinarie. Voi sapete che tali previsioni difficilmente potrebbe essere approvate dal Senato e, per questa ragione, proponete questo insieme di misure, recate da emendamenti e subemendamenti, che rendono confusa la situazione.
Ritengo, quindi, vi sia, ancora una volta, al fondo di tanta incertezza e confusione, la difficoltà politica già emersa nel dibattito di oggi in tutta la sua ampiezza quando si è respinto l'articolo 24 sulla controfirma degli atti del Presidente della Repubblica. Abbiamo assistito, in quell'occasione, a dichiarazioni politiche molto importanti, che hanno dato uno spaccato della grande coesione che, in questo momento, tiene unita la maggioranza e la Casa delle libertà...
Ritengo non sia questo il clima con il quale noi dovremmo affrontare gli argomenti di cui stiamo discutendo; sicuramente, trasversalmente - poiché interessano maggioranza ed opposizione -, si potrebbero trovare punti di sintesi tali da far convergere su un assetto vero di riforma. Ma ogni volta che ci avviciniamo al rinvenimento di tali sintesi, interviene sempre qualche fattore. Sovente, viene presentato un subemendamento sicché si cambia la procedura e si deve cominciare di nuovo dall'inizio.
Sono convinto che, alla fine di questa discussione, quando, per così dire, tireremo le somme, il giudizio sarà negativo; quando, soprattutto, qualche studente di diritto costituzionale considererà gli atti parlamentari di questa nostra discussione facendosi un'idea di come il Parlamento ha lavorato per una riforma così importante, temo che il giudizio, sul Parlamento e su noi parlamentari, non sarà davvero lusinghiero (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo).

PRESIDENTE. Non essendovi altri iscritti a parlare, invito il relatore ed il Governo ad esprimere il parere sugli emendamenti riferiti all'articolo 13.

DONATO BRUNO, Relatore. Signor Presidente, mi consta siano stati ritirati gli emendamenti Armani 13.2, 13.1 e 13.3, Zeller 13.70, Armani 13.4, Taormina 13.74 e 13.75, Zeller 13.13, Armani 13.5, Saponara 13.78, Armani 13.6, Carrara 13.31, nonché i subemendamenti Armani 0.13.250.1 e 0.13.251.1.
Raccomando l'approvazione degli emendamenti 13.250, 13.251 e 13.252 della Commissione, quest'ultimo nella nuova formulazione.
Per quanto riguarda, poi, gli emendamenti Leoni 13.18, Bressa 13.49 e Tabacci 13.80, nonché il subemendamento Moroni 0.13.1.1, rivolgo ai presentatori un invito al ritiro, altrimenti, il parere è contrario.
Il parere è, infine, contrario sugli emendamenti Boato 13.73, Leoni 13.50, Boato 13.15, Mascia 13.9 e 13.76, e Tabacci 13.81, nonché sui subemendamenti Boato 0.13.250.2, Leoni 0.13.252.5, Pacini 0.13.252.8, Zeller 0.13.252.9 e 0.13.252.10, e Leoni 0.13.252.7.
La Commissione esprime parere contrario sugli emendamenti Zeller 13.72 e Perrotta 13.71, mentre l'emendamento Carrara 13.41 è stato ritirato. La Commissione esprime altresì parere contrario sugli emendamenti Mascia 13.82 e Buontempo 13.79, mentre l'emendamento Armani 13.7 è stato ritirato.
La Commissione esprime parere contrario sui subemendamenti Boato 0.13.253.3 e Armani 0.13.253.5, 0.13.253.1 e 0.13.253.2.
La Commissione raccomanda l'approvazione del suo emendamento 13.253, che è stato riformulato nel senso di sostituire, al quinto rigo, la parola «votato» con la parola «approvato» ed aggiungendo, al sesto rigo, dopo l'espressione «dalla Camera», l'espressione «ovvero per la tutela delle finalità di cui all'articolo 120, secondo comma,». La Commissione esprime, inoltre, parere contrario sul subemendamento Bressa 0.13.253.6 e sull'emendamento Bressa 13.52, mentre l'emendamento Armani 13.8 è stato ritirato.
La Commissione, infine, raccomanda l'approvazione del suo emendamento 13.254, nella sua nuova formulazione. Credo sia stato precedentemente annunziato il termine per la presentazione degli eventuali subemendamenti, sui quali esprimeremo successivamente il nostro parere.

PRESIDENTE. Il Governo?

ALDO BRANCHER, Sottosegretario di Stato per le riforme istituzionali e la devoluzione. Il Governo esprime parere conforme a quello del relatore.

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'emendamento Boato 13.73.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mascia. Ne ha facoltà.

GRAZIELLA MASCIA. Signor Presidente, esistono numerose ragioni per chiedere la soppressione dell'articolo in esame, poiché, in tal caso, vengono al pettine tutti i nodi problematici in ordine al contorto iter legislativo disciplinato da questa riforma costituzionale.
Infatti, sono previsti sostanzialmente quattro procedimenti: un procedimento bicamerale; un procedimento monocamerale con prevalenza della Camera dei deputati; un procedimento monocamerale con prevalenza del Senato e, infine, il caso in cui, se un progetto di legge non fosse approvato nello stesso testo dalle due Camere, subentrerà una Commissione mista paritetica, composta da 30 deputati e 30 senatori.
Già ciò rappresenta, a nostro avviso, un'espropriazione dei poteri del Parlamento ed un diktat sull'autonomia e sui poteri delle Camere. Inoltre, all'interno delle proposte emendative presentate negli ultimi minuti, si modifica in senso peggiorativo la composizione della citata Commissione paritetica, poiché si elimina persino il criterio di proporzionalità rispetto alla composizione delle due Camere.
Come se non bastasse, in tale procedimento si aggiungono ulteriori due elementi. Il primo è quello relativo ai poteri del Governo, che può sottrarre - anche in questo caso, sulla base di proprie valutazioni, relativamente alla priorità stabilita dal proprio programma - all'esame del Senato un determinato provvedimento e decidere che venga assegnato alla Camera dei deputati se dovesse corrispondere alle esigenze del proprio programma. A questo punto interviene, inoltre, il Presidente della Repubblica, il quale, come abbiamo visto nei giorni scorsi, assume un ruolo politico, poiché viene privato della propria funzione super partes, poiché dovrebbe valutare quando effettivamente si determini tale priorità programmatica del Governo.
I problemi, sul punto, sono notevoli. Alcuni di essi riguardano l'iter legislativo in quanto tale: il rischio che questo procedimento determini una serie di conflitti di attribuzione e ricorsi alla Corte costituzionale, un permanente stato di conflitto tra i poteri e lo svilimento dell'efficacia dell'azione legislativa.
Questa è la conseguenza minima dell'impasse che si determina. Come risolvete tale rischio? Ancora una volta, in modo autoritario: i Presidenti delle Camere, secondo gli emendamenti presentati nel corso delle ultime ore, decidono in ordine alle eventuali competenze tra le due Camere e possono deferire tale decisione ad un altro Comitato paritetico, composto di quattro senatori e quattro deputati. Si aggiunge inoltre per completare il quadro, rispetto al rischio certo che un iter di tale tipo non solo determini impasse, ma elementi di conflittualità perenne, con conseguenti ricorsi alla Corte costituzionale, che la decisione di detto Comitato non è sindacabile in alcuna sede.
Credo che gli elementi di riflessione che ho proposto nel poco tempo a disposizione siano sufficienti per affermare che il pasticcio compiuto con questa modifica sia veramente pericoloso e mini profondamente non solo gli equilibri dello Stato, ma anche i poteri del Parlamento. Nei successivi emendamenti che abbiamo presentato indicheremo quale potrebbe essere la soluzione alternativa a tale iter. Per il momento, chiediamo la soppressione di tutto l'articolo.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Marone. Ne ha facoltà.

RICCARDO MARONE. Signor Presidente, giungiamo a discutere il nucleo di questa riforma ed una tra le norme che doveva essere fondamentale nell'ambito della riscrittura della parte II della Costituzione. Abbiamo, oltretutto, accantonato a lungo questa parte della riforma, proprio perché la maggioranza ha per molto tempo stentato a trovare una formula idonea. Nella versione approvata dal Senato credo fosse la parte più «obbrobriosa» della riforma stessa. L'articolo 70, così come riscritto dai senatori, era del tutto incomprensibile ed inapplicabile, come abbiamo, più volte, dimostrato. I senatori, inoltre, si attribuivano un gigantesco potere, a scapito della Camera dei deputati.
Tale norma è stata riscritta, ma penso non siano stati affatto risolti i problemi che la primitiva stesura comportava. Ciò anche per una ragione di fondo: voi iniziate sempre con grandi affermazioni di principio, con grandi temi, e, successivamente, un po' alla volta, tali grandi affermazioni di principio, nella contrattazione all'interno della vostra maggioranza, si riducono e divengono sempre più insignificanti. Anche su tale aspetto sosteniamo che il tema di fondo era l'eliminazione del bicameralismo perfetto. Alla fine, avete proposto un articolo 70 che, per non scontentare i senatori e per ottenere la loro approvazione, sostanzialmente continua a disegnare il nucleo forte della legislazione in un sistema bicamerale. Se, infatti, esaminiamo i diversi commi dell'articolo 70, così come voi l'avete scritto, constatiamo che il terzo comma - quello che continua a prevedere l'approvazione in forma bicamerale delle leggi - rappresenta ancora il nucleo forte della legislazione.
Sostanzialmente, quindi, fate ben poco. Dite di voler eliminare il bicameralismo perfetto; in realtà, ne togliete solo una parte e per la stragrande maggioranza delle leggi lasciate operante il bicameralismo. È lo stesso principio che avete adottato su tutti i grandi temi di questa riforma: prima avete affermato di voler effettuare alcune scelte e, poi, lentamente le avete rinnegate.
Avete, oltretutto, il grande problema che, avendo sostanzialmente confermato un sistema bicamerale, con il terzo comma dell'articolo 70, per eliminare la difficoltà di approvare il testo legislativo nella stessa forma tra i due rami del Parlamento, avete «inventato» questa Commissione dei 30, che rappresenta una supercommissione di superparlamentari, dotati di un potere diverso dagli altri parlamentari, dimenticandovi che la stessa Costituzione afferma che i parlamentari hanno tutti gli stessi poteri d'iniziativa parlamentare e di proporre emendamenti.
Mi chiedo come la norma contenuta nel terzo comma dell'articolo 70 possa ritenersi costituzionale alla luce delle altre norme sulle competenze dei singoli parlamentari previste nella Costituzione. Credo che avreste dovuto fare una riflessione più approfondita su questo tema. State, infatti, prevedendo un sistema in base al quale, in una fase del procedimento, alcuni parlamentari hanno poteri più ampi rispetto ad altri, ai quali viene impedito di svolgere pienamente la loro funzione legislativa di elaborazione delle leggi. Voi avete stabilito che il parlamentare debba esprimere un voto favorevole o contrario e che non potrà fare null'altro quando si tratterà di tentare di omogeneizzare i testi della Camera e del Senato federale. Questo mi sembra un sistema sbagliato, che creerà deputati di serie A e di serie B. Infatti, i deputati della Commissione svolgeranno un ruolo ben diverso, di elaborazione e di costruzione della norma legislativa, che non spetterà agli altri parlamentari. Credo che si sarebbe dovuta fare una riflessione al riguardo, anche sotto il profilo della costituzionalità di una norma del genere.
Infine, vorrei sottolineare un altro aspetto. Avete creato un meccanismo che, ancora una volta, non si addice ad uno Stato federale. In un meccanismo parlamentare e legislativo di Stato federale è la Camera politica a decidere le leggi dello Stato: ciò accade in qualsiasi sistema federale esistente al mondo. Voi, però, o perché siete ben consapevoli di non aver creato un Senato federale o perché sapete bene che, se il testo fosse formulato diversamente, la vostra maggioranza al Senato non l'approverebbe mai, avete costruito un sistema legislativo ibrido, completamente avulso da qualsiasi modello di Stato federale esistente al mondo. Infatti, nel secondo comma dell'articolo 70, avete previsto una competenza legislativa piena del Senato in tutta una serie di materie, in particolare quelle di legislazione concorrente, attribuendo un determinato ruolo al Governo. Questa è la seconda via d'uscita che avete cercato e, se forse nelle intenzioni poteva essere lodevole, nei risultati è veramente scadente. Se nelle intenzioni si voleva limitare il potere del Governo di trasferire le leggi da un ramo all'altro del Parlamento, di fatto si è attribuita al Presidente della Repubblica una funzione del tutto impropria, trascinandolo in un procedimento legislativo. Noi riteniamo che tutto ciò sia profondamente sbagliato (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-L'Ulivo e Misto-Verdi-L'Ulivo)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Acquarone. Ne ha facoltà.

LORENZO ACQUARONE. Signor Presidente, onorevoli colleghi, confesso di non appartenere alla schiera degli studiosi di diritto pubblico contrari al bicameralismo. Tutto sommato, se è vero che la navette tra una Camera e l'altra ha portato molti ritardi nell'approvazione di leggi ritenute importanti per il Parlamento, è altrettanto vero che la riflessione che interviene nell'approvazione, magari sotto la spinta emotiva, di un disegno di legge e, quindi, una seconda lettura può molto spesso essere utile.
Gli antichi studiosi dicevano che era opportuno che le leggi fossero esaminate prima da giovani, magari anche sotto l'effetto dell'alcool, che passasse un po' di tempo e che poi venissero riesaminate da persone anziane e sobrie, perché ciò metteva insieme la vivacità dell'innovazione e la ponderazione sulla stessa.
Convengo che la maggioranza degli studiosi e degli operatori è da tempo contraria al bicameralismo proprio per la lentezza che questo provoca alla funzione legislativa. Qual è l'elemento che mi spinge a dire di no con forza? È il fatto che in questo disegno di legge vediamo una supremazia dell'Esecutivo nei confronti del Parlamento.
La cosa che in questo disegno di legge mi spinge a chiederne la radicale soppressione è il fatto che, quando una legge sia ritenuta dal Presidente del Consiglio necessaria per la realizzazione del suo programma, può portarla, sottraendola alla Camera competente, all'esame della Camera dei deputati, la quale - come abbiamo visto nella discussione dei giorni scorsi - è succube perché è sotto la minaccia dello scioglimento.
Se mettiamo insieme il fatto che il Governo può in ogni momento affermare che un disegno di legge è essenziale alla sua vita (per esempio, la Cirami, il lodo Schifani, eccetera, sono stati essenziali alla vita di questo Governo), portarlo di fronte alla Camera dei deputati e poi, con la spada di Brenno chiedere di approvarlo, altrimenti tutti a casa, il risultato è aberrante.
Vi annoierò a lungo su questi argomenti: non ho parlato sul complesso degli emendamenti proprio per tenermi il tempo a disposizione per intervenire sui singoli emendamenti. Questa è la ragione di fondo che mi spinge ad essere radicalmente contrario all'articolo e, quindi, a chiedere che venga votato l'emendamento soppressivo (Applausi dei deputati dei gruppi della Margherita, DL-L'Ulivo e Misto-Popolari-UDEUR).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà.

GIANCLAUDIO BRESSA. Abbiamo lungamente atteso il testo definitivo dell'articolo 70. Devo dire che eravamo molto curiosi di capire quale sarebbe stato l'elemento che informava questo tentativo di mettere ordine rispetto ad un testo uscito dal Senato assolutamente impresentabile e inaccettabile.
Ricordo solo per memoria che il Servizio studi della Camera aveva effettuato un'approfondita analisi dell'attività legislativa del 2003 e, su circa cento leggi approvate nel 2003, oltre quaranta non si sarebbe saputo a chi imputarle, stante l'assoluta e totale confusione della formazione delle leggi così com'era uscita dal testo del Senato.
Indubbiamente l'operazione del ministro e del relatore ha in qualche modo dissipato molti di quei nodi, ma il risultato non è comunque accettabile ed è gravemente lesivo di una serie di fondamenti costituzionali. Uno l'ha ricordato poco fa l'onorevole Acquarone e consiste nel ruolo esorbitante dell'Esecutivo rispetto al Parlamento, in questa figura del primo ministro che diventa in qualche modo dominus anche del potere legislativo.
Ma non è solo questo l'elemento grave nelle vostre ipotesi. Voi immaginate di passare da una forma di bicameralismo perfetto ad una forma di bicameralismo chiaramente imperfetto. Avreste dovuto applicare in questo caso tutti quei meccanismi iperrazionali che utilizzate quando affrontate la forma di Governo. Qui, invece, non siete in grado di attuare il benché minimo automatismo. Non siete in grado di imputare con un minimo di chiarezza le leggi in capo alla Camera o in capo al Senato e, in caso di disaccordo tra Camera e Senato, non siete riusciti ad inventare nulla di meglio che una Commissione di trenta deputati e trenta senatori.
Quando c'era bisogno di meccanismi automatici che non amplificassero il contenzioso non siete stati capaci di pensarli.
Li avete tutti lasciati rivolti alla forma di Governo che vedremo in seguito che guasti produrrà al paese. I vostri terzo e quarto comma sono estremamente significativi e rivelatori della vostra incapacità di affrontare seriamente tale tema. Quando il Governo decide che talune modifiche siano essenziali per l'attuazione del suo programma anche il Senato perde completamente qualsiasi forma di autonomia legislativa. Viene uniformato alla Camera, e si sa che la Camera è sotto il ricatto costante del primo ministro attraverso il voto di fiducia.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Boato 13.73, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (
Vedi votazioni).
(Presenti 447
Votanti 444
Astenuti 3
Maggioranza 223
Hanno votato
182
Hanno votato
no 262).

Prendo atto che l'onorevole Buontempo non è riuscito ad esprimere il proprio voto ed avrebbe voluto esprimere un voto contrario, che l'onorevole Boato avrebbe voluto esprimere un voto favorevole e che gli onorevoli Amici e Panattoni hanno erroneamente espresso un voto contrario mentre avrebbero voluto esprimerne uno favorevole.
Passiamo all'emendamento Leoni 13.18. Chiedo ai presentatori se accedano all'invito al ritiro formulato dal relatore.

RICCARDO MARONE. No, signor Presidente, e chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

RICCARDO MARONE. Signor Presidente, non ritiriamo l'emendamento in esame perché si tratta della nostra proposta alternativa rispetto a quella della maggioranza. Ancora una volta, la maggioranza ha cercato di appropriarsi dei nostri emendamenti ma, evidentemente, senza capirne lo spirito ed il contesto in cui inserirli. Ciò è accaduto molte volte ed in particolare in questo caso. La maggioranza ha dovuto riflettere vari mesi per comprendere come poteva trovare una soluzione razionale a quel gran pasticcio combinato dal Senato della Repubblica con una formulazione dell'articolo 70 non solo incomprensibile da un punto di vista letterale, ma anche assurda da un punto di vista di logica costituzionale.
Abbiamo formulato a luglio una proposta organica in merito alla nostra concezione dell'ordinamento della Repubblica. Come ben ricorderete, avevamo proposto un vero Senato federale di dimensioni ben più contenute, con una composizione completamente diversa e che dovesse svolgere un ruolo completamente diverso. La nostra impostazione, ovviamente, non è stata seguita dalla maggioranza che ha approvato qualcosa di diverso, ma ha cercato di prendere spunto dalla nostra proposta in maniera certamente sbagliata.
Innanzitutto, troviamo inconcepibile l'intrusione eccessiva del premier nel procedimento legislativo. Già la nostra Costituzione garantisce ampiamente l'esecutivo nell'ambito del procedimento legislativo: vi sono forme abbreviate ed accelerate, vi sono i decreti-legge, vi è la fiducia. Si tratta di forme di intervento dell'Esecutivo sul procedimento legislativo che garantiscono l'attuazione del programma di Governo, ma sono forme equilibrate che garantiscono al Parlamento di svolgere la funzione per cui è stato eletto. In questo caso, invece, pare che l'unico eletto sia il premier e ci dimentichiamo che a fianco del premier, che ha una funzione esecutiva e non legislativa, c'è un Parlamento che ha una funzione legislativa e deve poterla svolgere. Voi avete immaginato una cosa completamente diversa confondendo, a mio avviso, le necessità dell'Esecutivo con la funzione legislativa.
La nostra proposta elimina veramente il bicameralismo perfetto dal nostro ordinamento prevedendolo solo per alcune limitatissime ipotesi come le leggi costituzionali, di revisione costituzionale e per alcune altre limitatissimi ipotesi riferite al Titolo V della Costituzione.
Come vedete, quindi, nella nostra impostazione abbiamo effettivamente attuato la volontà di creare un regime monocamerale legislativo; cosa che voi invece non fate affatto, perché, come si è dimostrato con il vostro terzo comma, la stragrande maggioranza delle leggi restano ad approvazione bicamerale. Abbiamo creato inoltre un procedimento che consente alla Camera dei deputati e al Senato federale di dialogare tra di loro e di collaborare nell'elaborazione dei testi legislativi, ma alla fine chi deve decidere è la Camera politica; quindi, nella nostra formulazione, abbiamo chiarito che l'ultima parola spetta alla Camera politica, perché così è giusto che sia. Altrimenti, voi non state costruendo un diverso sistema di approvazione delle leggi, ma state semplicemente, ancora una volta, cercando di far credere alla gente che modificate il bicameralismo, mentre in realtà - obbligati a questo dal ricatto del Senato, che altrimenti non vi approverebbe mai questa legge di riforma - state confermando in pieno i poteri legislativi del Senato e quindi state certamente proponendo un sistema legislativo più complesso di quello attuale.
L'unica via di uscita e di semplificazione che voi prevedete di quel processo è l'intervento del premier: ancora una volta, questo Primo ministro che incombe sull'attività legislativa e che dovrebbe avere la funzione di risolvere tutti i problemi. L'abdicazione della funzione del Parlamento nella concezione della vostra riforma è evidente. Noi siamo profondamente contrari a questo, perché crediamo che a fianco di un rafforzamento dei poteri del premier, proprio per mantenere l'equilibrio, sia indispensabile conservare una funzione fondamentale del Parlamento. Tutto questo nel vostro testo di riforma non c'è, mentre nel nostro emendamento sussiste. Per questo chiediamo che esso venga approvato (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà.

GIANCLAUDIO BRESSA. Questo emendamento, come ha ricordato adesso il collega Marone, rappresenta la nostra formulazione dell'articolo 70. Vorrei che lo leggeste bene, perché ho l'impressione che siate stati un po' distratti, nel corso di questi mesi. L'articolo 70, così come formulato nel nostro emendamento, consente al Parlamento di mantenere una propria centralità ed una propria efficienza ed efficacia nella produzione normativa.
È del tutto evidente che vi siete mossi sotto il ricatto dei senatori, che continuavano a tirarvi per la giacca, ricordando che anche loro sono legislatori e non vogliono perdere questa caratteristica e questa peculiarità. Però tutto ciò ha fatto sì che voi abbiate scritto una normativa straordinariamente complicata ed illogica, dal punto di vista della coerenza costituzionale, in cui il ruolo del protagonista, ancora una volta, è quello del Primo ministro. Il nostro testo dell'articolo 70, invece, prefigura un regime a prevalenza Camera, se non proprio monocamerale, ma identificando - si badi bene - un ruolo fondamentale, di responsabilità istituzionale, per il Senato.
La funzione bicamerale noi la riserviamo solo alle leggi di revisione costituzionale e alle leggi costituzionali, nonché alle materie di perequazione finanziaria, di cui al terzo e quinto comma dell'articolo 119. L'avevamo anche riservata al terzo comma dell'articolo 116, ma l'avete cancellato. Dopodiché il ruolo della Camera diventa in qualche modo non prioritario, ma centrale. Vi è la possibilità, da parte del Senato, in un numero significativo di materie...

PRESIDENTE. Onorevole Bressa, la invito a concludere.

GIANCLAUDIO BRESSA. ...di trasformare, attraverso una votazione a maggioranza dei tre quinti dei componenti, le norme in leggi bicamerali, dimostrando, in questo, un ruolo istituzionale forte.

CESARE RIZZI. Tempo!

PRESIDENTE. Onorevole Bressa...

GIANCLAUDIO BRESSA. Una maggioranza dei tre quinti può costringere la Camera ad un confronto aperto.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Giordano. Ne ha facoltà.

FRANCESCO GIORDANO. Signor Presidente, noi abbiamo una nostra proposta su questa delicata materia dell'iter legislativo; tuttavia, voteremo anche quella proposta dai colleghi del centrosinistra. Infatti, al di là di alcune questioni di forma, nella sostanza colgono le nostre stesse urgenze ed il nostro stesso spirito nel respingere anche il testo proposto dalla maggioranza, che a noi pare autoritario. Voi, con questa formulazione, state svuotando il Parlamento e lo rendete del tutto superfluo: l'attività parlamentare diventa semplice finzione.
Se a decidere - non essendovi certezze sulle competenze delle due Camere - deve essere la Commissione paritetica e, in estrema ratio, alla fine, viene tirato in ballo lo stesso Presidente della Repubblica, è del tutto evidente che, in questo modo, il Parlamento non ha più alcuna funzione. È una questione di grandissimo rilievo, perché, in questo modo, sicuramente si incentiveranno contrasti e conflitti di competenza. Si determineranno, pertanto, le condizioni per l'attivazione di ricorsi alla Corte costituzionale. Voi, tuttavia, il problema lo avete risolto: impedite alla Corte costituzionale di intervenire in materia.
La verità è che vi ponete per questa via due obiettivi: da una parte, l'asservimento del Parlamento agli esecutivi e, nella fattispecie, alla maggioranza e, dall'altra, una paralisi istituzionale che alimenta egoismi corporativi territoriali.
Infine, per quanto riguarda la figura del Presidente della Repubblica, francamente trovo inquietante che lo stesso, da garante della Costituzione, diventi garante dell'attuazione del programma della maggioranza. In questo modo, state cambiando le carte dell'intera trama democratica della nostra Costituzione. Quello che state compiendo oggi è gravissimo ed è il punto nodale della vostra riforma (Applausi dei deputati dei gruppi di Rifondazione comunista, dei Democratici di sinistra-L'Ulivo e Misto-Comunisti italiani)!

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Leoni 13.18, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (
Vedi votazioni).
(Presenti 444
Votanti 438
Astenuti 6
Maggioranza 220
Hanno votato
191
Hanno votato
no 247).

Prendo atto che l'onorevole Boato non è riuscito a votare e che avrebbe voluto esprimere voto favorevole.
Poiché l'emendamento Armani 13.1, come rilevato dal relatore, è stato ritirato, la proposta emendativa Moroni 0.13.1.1, trattandosi di un subemendamento all'emendamento Armani 13.1, risulta decaduta.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Bressa 13.49.
Chiedo ai presentatori se accedano all'invito al ritiro formulato dalla Commissione.

GIANCLAUDIO BRESSA. Signor Presidente, non accedo all'invito al ritiro e chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GIANCLAUDIO BRESSA. Attraverso i nostri emendamenti intendiamo spiegare il senso della nostra proposta relativa alla formazione delle leggi. Precedentemente lo abbiamo spiegato in linea generale e adesso intendiamo farlo più specificatamente.
L'emendamento 13.49, che reca la mia prima firma, descrive le modalità secondo cui le materie relative alla competenze esclusive dello Stato sono esaminate ed approvate dalla Camera dei deputati. È del tutto evidente questo tipo di competenza attribuita alla Camera dei deputati, ma è importante sottolineare il fatto che, dopo l'approvazione da parte della Camera dei deputati, questi disegni di legge sono trasmessi al Senato, il quale, però, li può esaminare su richiesta esplicita dei due quinti dei propri componenti.
Abbiamo voluto adottare questo meccanismo, non prevedendo alcun automatismo, in quanto riteniamo che, nel rapporto tra Camera e Senato, debba instaurarsi una sorta di responsabilità istituzionale. Pertanto, le questioni non devono essere affrontate automaticamente, ma solo quando davvero responsabilmente il Senato ritenga di dover verificare cosa ha votato la Camera dei deputati.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Alfonso Gianni. Ne ha facoltà.

ALFONSO GIANNI. Invito ad approvare l'emendamento Bressa 13.49 che si fonda sulla nostra concezione relativa alla priorità della funzione politica della Camera rispetto al Senato nella formazione delle leggi.
È l'unico sistema che impedisce la riproduzione in forme perverse del bicameralismo, che da perfetto diventerebbe imperfetto o addirittura assurdo. Almeno, questo emendamento pone un limite: chiarisce quali sono, nei confronti delle leggi, le responsabilità di una Camera e quelle dell'altra. Dunque, qual è la priorità e qual è il percorso che le leggi devono seguire. Inoltre, la presente proposta emendativa fornisce una certezza temporale rispetto all'approvazione delle leggi e impedisce che la navette tra Camera e Senato sia imprecisa nelle modalità e nei tempi della sua attuazione.
Insomma, lo definirei un emendamento di buonsenso all'interno, naturalmente, di un impianto che nel suo complesso non condividiamo, ma che almeno in questo caso sarebbe sensibilmente migliorato.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Marone. Ne ha facoltà.

RICCARDO MARONE. Signor Presidente, questo emendamento riguarda il procedimento legislativo delle materie di cui al secondo comma dell'articolo 117 della Costituzione, vale a dire le materie di competenza esclusiva dello Stato, e precede l'emendamento della Commissione e quindi della maggioranza.
Come si può notare, la maggioranza, nel corso dell'estate, si è appropriata del nostro emendamento, apportando allo stesso alcune modifiche peggiorative, e ciò è grave.
In particolare, nell'emendamento della maggioranza non è chiaro il procedimento seguito dal Senato. Infatti, mentre noi abbiamo previsto che i due quinti dei senatori possano richiedere di introdurre modifiche - con un potere d'iniziativa del Senato che, da una parte, ha un significato politico e, dall'altra, garantisce che possa decidere non la maggioranza del Senato, ma una quota minoritaria dello stesso -, nella formulazione proposta dalla maggioranza si prevede semplicemente che il Senato federale, entro trenta giorni, possa proporre modifiche.
Ciò vuol dire che bisogna iscrivere sempre all'ordine del giorno queste leggi? Che possono essere iscritte all'ordine del giorno solo se lo deciderà la maggioranza del Senato? In altri termini, è stato previsto un meccanismo procedimentale che non garantisce minimamente una reale partecipazione dei senatori al procedimento legislativo. Ma voi continuate ad avere in testa un sistema bicamerale e, quindi, continuate a prevedere un automatismo di passaggi fra Camera e Senato.
Non deve essere così, il Senato - e non la sua maggioranza - deve prendere l'iniziativa. Questo è il senso del nostro emendamento, certamente migliore rispetto a quello presentato dalla Commissione.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Bressa 13.49, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (
Vedi votazioni).
(Presenti 431
Votanti 429
Astenuti 2
Maggioranza 215
Hanno votato
177
Hanno votato
no 252).

Prendo atto che l'onorevole Parodi non è riuscito a votare.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul subemendamento Boato 0.13.250.2, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (
Vedi votazioni).
(Presenti 446
Votanti 443
Astenuti 3
Maggioranza 222
Hanno votato
182
Hanno votato
no 261).

Ricordo che il subemendamento Armani 0.13.250.1 è stato ritirato.
Passiamo all'emendamento 13.250 della Commissione.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Marone. Ne ha facoltà.

RICCARDO MARONE. Signor Presidente, ho già avuto modo di evidenziare, intervenendo sul precedente emendamento Bressa 13.49, gli elementi non condivisibili del procedimento in oggetto.
In primo luogo, resta l'automatismo dei passaggi tra Camera dei deputati e Senato federale. Si tratta di un meccanismo la cui impostazione è sbagliata, in quanto dovrebbe essere previsto il contrario, vale a dire che la Camera dei deputati approva le leggi e che il Senato federale, in quanto portatore di interessi territoriali, possa intervenire nel procedimento, qualora lo ritenga utile, su iniziativa di una quota di senatori.
Al contrario, si prevede un meccanismo oscuro, in virtù del quale, dopo l'approvazione da parte della Camera, entro trenta giorni il Senato federale può proporre modifiche. Cosa significa ciò? Che il provvedimento legislativo approvato dalla Camera deve essere necessariamente iscritto all'ordine del giorno del Senato? Che lo decide la maggioranza? Che, dunque, tutto viene deciso dalla maggioranza del Senato? Riteniamo pertanto che tale procedimento legislativo non sia corretto, ed esprimeremo voto contrario sull'emendamento in esame.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mascia. Ne ha facoltà.

GRAZIELLA MASCIA. Signor Presidente, intervengo per esprimere la nostra contrarietà all'emendamento in esame, illustrando nel contempo la nostra proposta, che, agendo proprio sull'assegnazione delle competenze alla Camera e al Senato operata dal Governo e dalla maggioranza, prevede un centro di imputazione ultimo nell'iter legislativo. Riteniamo si tratti di un principio di fondo alla base dei sistemi parlamentari cosiddetti a bicameralismo imperfetto: qualsiasi modello decisionale di questo tipo, infatti, deve necessariamente prevedere la sede della decisione di ultima istanza. Nell'ipotesi da noi proposta, si prevede che il centro ultimo di imputazione di qualsiasi decisione in materia legislativa sia individuato nella Camera dei deputati.
A tal fine, la nostra proposta mira, da una parte, a garantire tale presupposto e, dall'altra, a valorizzare anche il ruolo della seconda Camera. Infatti, la Camera delle regioni potrebbe esercitare il proprio peso politico e istituzionale nei confronti della Camera dei deputati solo in un'eventuale seconda deliberazione e a maggioranza dei due terzi. I colleghi del centrosinistra hanno previsto la maggioranza dei tre quinti; a nostro avviso, è preferibile la maggioranza dei due terzi, analogamente a quanto previsto per la revisione costituzionale, ai sensi dell'articolo 138, in modo da garantire un consenso talmente ampio e plurale da poter intervenire in via definitiva sul procedimento per l'approvazione della legge. Tale meccanismo è previsto sia per le leggi di competenza della Camera, su cui ritenga di intervenire il Senato a maggioranza dei due terzi, sia nel caso inverso, per i disegni di legge di competenza del Senato. Riteniamo che il rischio che si correrebbe laddove non fossero adottate soluzioni e scelte chiare nel procedimento legislativo, sarebbe quello di determinare continui stalli istituzionali, che diverrebbero, nell'economia e nella funzionalità del nostro ordinamento, gravemente pregiudizievoli per gli interessi generali del paese.
Noi pensiamo che, in tema di definizione dell'iter legislativo, grazie al nostro emendamento (che probabilmente risulterà precluso) i problemi sarebbero tutti risolti nell'ambito del rispetto delle reciproche competenze e della piena valorizzazione del Parlamento. Ma tutto ciò, con le proposte della Commissione, non si verificherà; ma questo è un aspetto che rientra in quell'iter contorto cui prima abbiamo accennato. In ultima analisi, non a caso si chiede l'intervento autoritario di diversi soggetti: il Governo, i Presidenti delle Camere, delle Commissioni e dei Comitati.
Ho voluto approfittare della mia dichiarazione di voto contrario all'emendamento 13.250 della Commissione per ricordare come invece, in modo razionale e costituzionalmente corretto, era ed è possibile definire l'iter per la formazione delle leggi.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Violante. Ne ha facoltà.

LUCIANO VIOLANTE. I colleghi che mi hanno preceduto hanno già affrontato il nocciolo di questa tematica. Vorrei porre una questione in ordine alla titolarità del potere legislativo al Senato. In sostanza, in tali casi il potere legislativo è detenuto dalla maggioranza del Senato.

DONATO BRUNO, Relatore. Ma non è la maggioranza politica!

LUCIANO VIOLANTE. Sì, quindi la maggioranza del Senato, che come sappiamo non ha un indirizzo politico e quindi può essere diversa di volta in volta, in relazione al provvedimento, priva la minoranza del momento della capacità di intervento sul testo. Francamente mi sembra un tema sul quale riflettere. Non so se un'ipotesi del genere, dal punto di vista della coerenza istituzionale, si regga in piedi. Mi rivolgo al relatore, presidente Bruno, con riferimento all'ipotesi che la maggioranza di una Camera decida se quella Camera può intervenire o meno. Siedo alla Camera già da alcuni anni, come credo anche il relatore. Ebbene, quante volte una maggioranza parte con una certa idea per poi accorgersi che, nel prosieguo dei lavori, quella idea va cambiata? Lo stesso testo che stiamo ora esaminando - è la quinta o sesta versione - ne è la dimostrazione.
Con la vostra ipotesi lasciate alla sola maggioranza la possibilità di determinare se il Senato possa intervenire o meno su quella materia: mi sembra un errore grave (mi si passi il termine) o, quanto meno, un grave squilibrio. Infatti, si priva sostanzialmente della possibilità di rivedere un testo che magari necessita proprio di essere rivisto. Se non volete accettare la proposta illustrata prima dai colleghi Marone e Bressa, mi chiedo allora se non sia più coerente prenderne in considerazione una nuova, che magari preveda la possibilità di intervento di una determinata minoranza, di un numero qualificato di senatori. Insomma, che la maggioranza stabilisca se si esamini o meno un testo credo sia fuori dal contesto politico parlamentare nel quale ci collochiamo.
Ripeto, non dico che si dovrebbe concedere la possibilità di intervenire ad ogni senatore (torneremmo così al bicameralismo perfetto), ma comunque sarebbe opportuno che una quota rilevante di senatori possa chiedere l'esame del provvedimento, lasciando magari alla parte restante la possibilità di respingere tale richiesta. Dovrebbe quanto meno essere concessa la possibilità di chiedere l'esame del provvedimento, altrimenti la maggioranza decide se si interviene, stabilisce l'ordine del giorno e decide come intervenire; qualunque sia la maggioranza, che, ripeto, al Senato potrebbe essere mobile in relazione agli interessi che di volta in volta si costituiscono.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento della Commissione 13.250, accettato dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (
Vedi votazioni).
(Presenti 455
Votanti 452
Astenuti 3
Maggioranza 227
Hanno votato
255
Hanno votato
no 197).

Passiamo alla votazione dell'emendamento Tabacci 13.80.
Prendo atto che i presentatori dell'emendamento non accedono all'invito al ritiro formulato dal relatore.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Tabacci 13.80, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (
Vedi votazioni).
(Presenti 451
Votanti 440
Astenuti 11
Maggioranza 221
Hanno votato
10
Hanno votato
no 430).

Prendo atto che l'onorevole Tabacci non è riuscito a votare e che avrebbe voluto esprimere voto favorevole.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Leoni 13.50.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà.

GIANCLAUDIO BRESSA. Riprendo un discorso che, a causa del breve tempo rimasto, non ho potuto sviluppare compiutamente. Mi riferisco alla clausola di responsabilità istituzionale in capo al Senato. I disegni di legge, nelle materie di cui all'articolo 117, terzo comma, della Costituzione, nonché altre questioni, sono esaminati dalla Camera dei deputati e vengono poi trasmessi al Senato.
Qualora il Senato approvi delle modifiche con una maggioranza dei tre quinti, queste leggi diventerebbero leggi «bicamerali»: quale è il senso di questa ipotesi? Il senso sta nel fatto che vi è, comunque, anche nelle materie relative al terzo comma dell'articolo 117, e alle altre materie che vedete elencate, una centralità della Camera dei deputati che fa partire il procedimento; il provvedimento viene poi trasmesso al Senato, il quale è chiamato a svolgere la sua funzione, e dunque ad esaminarlo, non come Camera politica dai poteri affievoliti, in qualche modo una pallida controfigura della Camera dei deputati, ma partendo dal presupposto che dovrebbe essere una Camera federale e in quanto tale rappresentare i territori; quindi, le esigenze che dovrebbe tutelare non sono quelle della politica politicante, ma quelle degli interessi dei territori rispetto all'attività legislativa centrale.
Nel caso vi fosse una maggioranza dei tre quinti questa legge diventerebbe bicamerale: ecco allora esaltata la funzione del Senato come strumento, non solo di controllo - impropriamente - dell'attività legislativa della Camera, ma come parte nella codecisione, quando è in grado di rompere i soliti conflitti politici e si attesta invece su posizioni che siano davvero rispettose degli interessi territoriali.
Ecco, allora, che in questo modo avremo la costituzione di quel centro in cui l'attività legislativa statale e quella regionale avrebbero la possibilità di trovare una armonizzazione. Questo è un principio estremamente originale, che consente di lasciare una prevalenza della Camera, ma che attribuisce al Senato una responsabilità istituzionale nella formazione delle leggi di grandissimo rilievo.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Marone. Ne ha facoltà.

RICCARDO MARONE. Signor presidente, come si vede il nostro emendamento contiene due principi, a mio avviso, estremamente importanti; innanzitutto, il secondo comma dell'emendamento (che sarebbe poi il terzo) limita il bicameralismo ai disegni di legge costituzionale e ai disegni di legge sulla perequazione finanziaria. Questa è l'unica ipotesi di bicameralismo perfetto che resterebbe nel nostro ordinamento se fosse approvata la nostra proposta.
Per quanto riguarda il procedimento legislativo delle materie di cui al terzo comma dell'articolo 117 della Costituzione, che voi attribuite alla competenza del Senato, noi la pensiamo in una maniera completamente diversa; ovviamente, l'indirizzo politico nell'approvazione dei principi fondamentali nelle materie del terzo comma deve essere della Camera politica; dopodiché, se i tre quinti del Senato, e cioè una maggioranza che sia effettivamente rappresentativa delle regioni e non delle maggioranze politiche, ha un'opinione diversa rispetto a quella della Camera politica, questa maggioranza potrà introdurre modifiche che potrebbero essere accettate dalla Camera, diventando in quel caso il procedimento bicamerale.
Questo che cosa significa? Significa che noi intendiamo che nel Senato federale si raggiunga una maggioranza che non ricalchi la maggioranza politica di questa Camera, ma che esprima gli interessi dei territori, e cioè che avvenga quello che oggi accade nella Conferenza Stato-regioni, dove queste ultime rappresentano le loro opinioni in quanto tali, a prescindere dalle maggioranze degli esecutivi che governano quelle regioni.
Noi constatiamo che in questi anni si è riusciti a mantenere una sostanziale unità di indirizzo nella posizione delle regioni, nonostante esse siano rappresentate sostanzialmente per la metà da una maggioranza e per l'altra metà da un'altra.
L'obiettivo che dobbiamo raggiungere, se vogliamo costituire un vero Senato federale, è che resti questo nel Senato e cioè che le regioni ragionino intorno agli interessi dei territori e non delle maggioranze e degli esecutivi rappresentati in quelle regioni.
Voi, invece, state costruendo un Senato federale in cui si ripeterà il meccanismo politico della Camera dei deputati, e questo è un grave errore!

PRESIDENTE. Ha chiesto parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Mantini. Ne ha facoltà.

PIERLUIGI MANTINI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, credo che sia un assurdo dover parlare pochi secondi sul testo di revisione costituzionale del bicameralismo in Italia e lo è tanto più dinanzi all'assurdo che avete messo in campo. Si tratta di un sistema criticato da tutta la dottrina di qualunque orientamento, che non avete modificato nonostante le vive attese, e siamo dinanzi ancora ad un procedimento misto a varie vocazioni, con conflitti da una parte e dall'altra. Noi la nostra proposta l'abbiamo avanzata, anche se, spesso, abbiamo dovuto elaborarla in solitudine.
In questo caso il bicameralismo può essere basato solo su un modello, sul fatto che il Senato federale abbia competenze nelle materie a legislazione concorrente e in quelle di perequazione tributaria, con la sola possibilità di richiamo su base volontaria: questo è un sistema semplice, razionale ed equilibrato. Vi siete rifiutati di andare su questa strada ed avremo grandi guai.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Leoni 13.50, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (
Vedi votazioni).
(Presenti 452
Votanti 449
Astenuti 3
Maggioranza 225
Hanno votato
199
Hanno votato
no 250).

Prendo atto che gli onorevoli Romoli, Gastaldi e Giacomo Angelo Rosario Ventura non sono riusciti ad esprimere il proprio voto.
Passiamo alla votazione dell'emendamento 13.251 della Commissione.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Russo Spena. Ne ha facoltà.

GIOVANNI RUSSO SPENA. Signor Presidente, questo emendamento dimostra - l'hanno già illustrato precedentemente Mascia, Giordano ed altri colleghi e colleghe, anche di altri gruppi dell'opposizione - quale sia il punto di degrado raggiunto da questa controriforma. Vorrei ricordarne soltanto due di fondo.
In primo luogo, come dimostra anche l'emendamento della Commissione, di fatto nel sistema complessivo passiamo da un sistema di democrazia ad una monocrazia. I poteri del Presidente del Consiglio e del Capo dello Stato sono, in qualche modo, unificati e quelli del Capo dello Stato sono subalterni a quelli del Presidente del Consiglio perché, appunto, diventa un regolatore della maggioranza. Si tratta di poteri abnormi che mai in nessun ordinamento democratico sono a disposizione di un solo organo come in questo caso. Inoltre, il Parlamento decade ad un organo esecutivo del primo ministro, come tramite e snodo degli ordini che lo stesso vuole che siano assunti in forma legislativa. Praticamente, ad impartire gli ordini alla maggioranza sono i disegni di legge del Governo, che non a caso sono svincolati dall'autorizzazione alla presentazione da parte del Presidente della Repubblica.
In secondo luogo, specificamente create - lo diceva prima anche la collega Mascia - una confusione indecifrabile, frutto di pressioni contrapposte da parte di settori della maggioranza, di interessi e anche segnatamente da parte dei senatori. Noi siamo per il monocameralismo. Abbiamo presentato ed illustrato emendamenti che, comunque, rispondono ad una logica di sistema generale, ma voi, invece, intrecciate in maniera confusa ed indecifrabile monocameralismo imperfetto, bicameralismo, priorità della Camera o, come in questo caso, del Senato.
Credo che questo eclettismo legislativo sia un dato da rilevare perché, se è vero che il costituzionalismo democratico, come ci hanno insegnato le madri e i padri costituenti, è il massimo e scrupoloso equilibrio, questo modo affastellato di priorità che vengono contraddette, ora anche con questo emendamento della Commissione, non a caso dimostrano che lo squilibrio regna letteralmente sovrano: vale solamente il primo ministro sovrano.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione voto l'onorevole Violante. Ne ha facoltà.

LUCIANO VIOLANTE. Signor Presidente, onorevoli colleghi, questo testo della Commissione riguarda la potestà legislativa nelle materie concorrenti, quelle nelle quali allo Stato spetta la fissazione dei principi fondamentali e le regioni poi determinano la legislazione di dettaglio.
Secondo l'emendamento della Commissione, alla Camera potrebbe essere negata la possibilità di pronunciare una parola su tutta la materia della legislazione concorrente. Credo sia uno degli errori più gravi presenti in questo testo. In sostanza, il Senato decide, mentre la maggioranza della Camera può stabilire se intervenire o no. La parola finale è data al Senato.
A tale riguardo, devo riprendere un argomento che, più volte, è stato sviluppato dai colleghi. Una Camera che non ha indirizzo politico non può avere la parola finale su una legge. È un punto che rientra nei principi fondamentali di tutti i sistemi costituzionali, perché se quella Camera non dà l'indirizzo politico e non ha una maggioranza precostituita, l'effetto sarà, molto spesso, accidentale, il che determinerà conseguenze gravi sui rapporti Stato-regioni. Il punto assai delicato è che la maggioranza della Camera può richiamare la legge. Ancora una volta, si toglie ad una quota di deputati, qualunque essi siano, la possibilità di chiedere la discussione su un testo che riguarda la legislazione concorrente. Quindi, quei parlamentari che rappresentano l'unità nazionale e la rappresentanza generale, che è questa Camera secondo il sistema, potrebbero non dire una parola su tutta la materia della legislazione concorrente; ciò, francamente, non sta né in cielo né in terra! Come si può rimediare a ciò? A nostro avviso, vi è un principio fondamentale, che non avete accolto, ossia che la Camera, che non esprime l'indirizzo politico, non può pronunciare la parola definitiva. Riflettete, almeno, sulla possibilità di correggere questo testo, dando ad una quota di deputati la possibilità di richiamare la legge. Si tratta di materie di grande rilevanza, anche perché, per la sovrapposizione di temi, tra materie di competenza esclusiva dello Stato, che spetta alla Camera trattare, e materie di competenza della legislazione concorrente, può accadere che la Camera fissi alcuni principi e che il Senato ne fissi altri. Se tale maggioranza esclude la possibilità per la Camera di intervenire, il pasticcio è colossale.
In relazione a questo testo, credo debba essere rivisto il tutto e stabilito che sia una quota di deputati a richiamare il testo, non la maggioranza dei deputati, altrimenti, Presidente, ci troviamo, ancora una volta, di fronte ad un regime, non so bene se semiparlamentare, quasi parlamentare o ex parlamentare. Infatti, il procedimento legislativo è nelle mani delle maggioranze. Questo è contrario a qualunque sistema democratico ed è uno dei punti che pone in crisi il senso stesso dell'esistenza del Parlamento in un paese (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-L'Ulivo, della Margherita, DL-L'Ulivo e Misto-Comunisti italiani).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Gerardo Bianco. Ne ha facoltà.

GERARDO BIANCO. Signor Presidente, condivido pienamente le considerazioni dell'onorevole Violante. Si tratta di una ferita gravissima che, di fatto, conferma la scomparsa del ruolo del Parlamento che è il vero disegno - chiamiamolo così - di questa revisione costituzionale. Avremo una Camera di zoppi, di guerci e di muti dal punto di vista politico. Ci troveremo di fronte ad una parata e se il Senato è diventato il Senato degli juniores, questo diventerà la Camera dei cavalieri, con una sorta di medaglia che dovrà servire soltanto per le parate. Questa è la realtà che va a configurarsi.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà.

GIANCLAUDIO BRESSA. Signor Presidente, nel condividere integralmente le considerazioni del presidente Violante, vorrei fare un'ulteriore notazione. Anche quando costruite norme aberranti, come questa, inserite sempre qualche piccolo impiccio. Infatti, la normalità della situazione è quella che ha illustrato il presidente Violante. Siete capaci di inventarvi anche il quarto comma dell'articolo 70 che rende tale ipotesi finta, perché, attraverso questo comma, qualora il Governo ritenga che proprie modifiche siano essenziali per l'attuazione del suo programma approvato dalla Camera oppure per esercitare le funzioni sostitutive dell'articolo 120, magicamente, tutto il giocattolo torna nelle mani della Camera.
Allora, ci troviamo in questo duplice paradosso: quello che ha appena ricordato il collega Violante e poi la correzione a quella aberrazione, che avviene nel peggiore dei modi possibili, cioè lasciando al Presidente del Consiglio, al primo ministro, la possibilità di trasformare quella legge a prevalenza Senato in una legge a prevalenza Camera. Siamo davvero al gioco degli specchi magici, solo che prima o poi qualcuno si romperà la faccia andando a sbattere addosso a uno di questi specchi.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 13.251 della Commissione, accettato dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (
Vedi votazioni).
(Presenti 454
Votanti 448
Astenuti 6
Maggioranza 225
Hanno votato
251
Hanno votato
no 197).

Prendo atto che l'onorevole Luigi Pepe avrebbe voluto esprimere un voto contrario.
I successivi emendamenti Boato 13.15, Mascia 13.9, Mascia 13.76 si intendono preclusi.
Passiamo alla votazione del subemendamento Leoni 0.13.252.5.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Marone. Ne ha facoltà.

RICCARDO MARONE. Signor Presidente, questo nostro subemendamento, nonostante sia così piccolo nella sua scrittura, pone un problema rilevante. Noi intendiamo sostituire la enorme quantità di competenze che voi date al procedimento legislativo bicamerale con la nostra proposta. Voi, come ho avuto modo di dire, avete in maniera un po' finta soppresso il bicameralismo perfetto, perché in realtà lo avete lasciato per una enorme quantità di materie. Basta leggere - lo vedremo dopo - l'emendamento 13.252 della Commissione, nel quale sono elencate tutte le materie nelle quali ci sarebbe ancora il bicameralismo perfetto nel nostro paese, se fosse approvata questa riforma.

Noi invece con questo subemendamento proponiamo che resti come procedimento di bicameralismo perfetto esclusivamente il procedimento di revisione della Costituzione, i disegni di legge costituzionale e quelli in materia di perequazione finanziaria di cui all'articolo 119 della Costituzione. Questa ci sembra una vera riforma del procedimento legislativo, non, come al solito, i vostri grandi castelli, che poi producono sempre dei topolini. Alla fine voi sostanzialmente avete fatto finta di abolire il bicameralismo, lo avete lasciato per quasi tutte le materie, avete attribuito una competenza legislativa al Senato, introducendo una novità assoluta nella Costituzione: le competenze degli organi parlamentari possono cambiare se lo decide un premier. Questo è un obbrobrio giuridico, uno dei tanti che andate a fare. State creando un sistema confuso, non state affatto migliorando l'efficienza del Parlamento, state semplicemente mettendo il Parlamento sotto la guida di un premier che, invece di governare, penserà ad imporre al Parlamento le leggi.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà.

GIANCLAUDIO BRESSA. Signor Presidente, questo è un modo estremamente serio di esercitare collettivamente la funzione legislativa: leggi di revisione della Costituzione, altri disegni di legge costituzionale, perequazione finanziaria di cui al terzo e quinto comma dell'articolo 119.
Se si vuole riformare la funzione legislativa, il procedimento legislativo, bisogna avere idee chiare.
Questo è un subemendamento che dimostra che noi abbiamo le idee chiare. I vostri pasticci porteranno alla paralisi del paese.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Boccia. Ne ha facoltà.

ANTONIO BOCCIA. Signor Presidente, intervengo solo per evidenziare una contraddizione.
In effetti, si vuole che il Senato federale esamini i disegni di legge concernenti la determinazione dei principi fondamentali nelle materie di cui all'articolo 117, secondo comma; ma non si capisce che senso abbia, poi, prevedere per la conversione in legge dei decreti una riduzione dei termini. I decreti-legge mantengono la connotazione dell'urgenza e della necessità, mentre certamente non ritengo vi sia necessità ed urgenza per i principi.
In questo caso, addirittura si verifica il paradosso che, non solo non si appresta una disciplina tipica; ma neppure si prevede specificamente cosa avvenga nel caso in cui il Presidente della Repubblica rimetta all'esame del Parlamento una legge, non intendendo firmarla. Sicché, da una parte si aggiunge, mentre, dall'altra, si toglie.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul subemendamento Leoni 0.13.252.5, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (
Vedi votazioni).
(Presenti 439

Votanti 436
Astenuti 3
Maggioranza 219
Hanno votato
187
Hanno votato
no 249).

Passiamo, quindi, alla votazione del subemendamento Pacini 0.13.252.8.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Pacini. Ne ha facoltà.

MARCELLO PACINI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il nostro paese, in questo momento, sta vivendo, tra i tanti drammi, anche quello di decidere se fare o meno un referendum per abolire la legge sulla procreazione assistita. Uno dei grandi temi che il referendum vuole affrontare - e che eventualmente potremmo affrontare noi predisponendo la nuova legge ovvero emendando quella in vigore - riguarda la ricerca di frontiera, la ricerca sugli embrioni e sulle cellule staminali.
Tutte le ricerche di frontiera pongono dilemmi etici; per molti, in questa Assemblea - mi riferisco soprattutto a quanti hanno forti riferimenti religiosi -, sorgono, quindi, veri e propri drammi interiori. Ritengo che questo, quindi, sia uno dei grandi temi che forse inavvertitamente ci siamo lasciati sfuggire; ricordo che, quando questo articolo sarà approvato e quando la Costituzione sarà stata modificata, su queste materie sarà competente soltanto il Senato; infatti, essendo la materia della ricerca scientifica prevista dal terzo comma dell'articolo 117 tra quelle concorrenti e non recando al riguardo alcun riferimento il secondo comma, tutto sarà affidato alla competenza, appunto, del Senato.
La nostra Camera potrà soltanto esprimere un parere; ma il giudizio definitivo sarà dell'altro ramo del Parlamento. Mi chiedo se ciò sia giusto; ritengo sia profondamente errato affidare al Senato i problemi della ricerca di frontiera e dei suoi limiti. Cercherò brevemente di spiegare le ragioni.
Il Senato tenderà, così come l'abbiamo concepito, a diventare una Camera orientata verso i territori, verso i problemi dello sviluppo; orientata ad assicurare il benessere materiale delle persone e dei cittadini. Se così si condurrà, il Senato adempirà correttamente, dunque, alla sua funzione. Ma nel caso di specie non si tratta di assicurare benessere materiale; si tratta piuttosto di rispettare i nostri valori decidendo nel modo migliore i temi etici richiamati.
Quindi, ritengo che, proprio perché molti in questa Assemblea sono turbati, la Commissione dovrebbe cambiare il proprio parere; effettivamente, un parere così drasticamente negativo su questa proposta emendativa a mia firma - proposta che vuole semplicemente riportare nella competenza di ambedue le Camere (Senato e Camera dei deputati) la materia dei limiti della ricerca scientifica - rispetti la mentalità ed i valori prevalenti all'interno della Casa delle libertà.
Forse, si tratterebbe di un grave errore per non conoscenza dei fatti; in caso contrario, dovrei concludere che sarebbe stata adottata una soluzione iperliberista e neopositivista che non corrisponde ai valori della Casa delle libertà.
Ricordo che la Camera dei deputati, pur con profondo spirito bipartisan, ha però posto difficoltà allo sviluppo della ricerca scientifica; ritengo che ora questi temi così problematici sotto il profilo etico destino in molti dei presenti nuovi scrupoli morali (Applausi di deputati del gruppo di Forza Italia).

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul subemendamento Pacini 0.13.252.8, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (
Vedi votazioni).
(Presenti 448

Votanti 442
Astenuti 6
Maggioranza 222
Hanno votato
15
Hanno votato
no 427).

Prendo atto che l'onorevole Garagnani non è riuscito ad esprimere il proprio voto.
Passiamo alla votazione del subemendamento Zeller 0.13.252.9.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Zeller. Ne ha facoltà.

KARL ZELLER. Signor Presidente, il subemendamento in esame mira a rendere di competenza bicamerale anche le leggi sulle norme generali in ordine alla tutela della salute e dell'istruzione. La ragione è semplice: si tratta, innanzitutto, di un atto di coerenza. Non si capisce, infatti, per quale motivo, per la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni sociali e per le funzioni fondamentali dei comuni, sussista un potere di codecisione del Senato, mentre ciò venga negato per le materie dell'istruzione e della salute.
Esiste, tuttavia, anche una motivazione di merito. Il Senato federale, a nostro avviso, eserciterà essenzialmente la funzione di rappresentare gli interessi delle regioni e di fungere, altresì, nelle materie di interesse regionale, da contrappeso alla Camera politica. Le norme generali sulla tutela della salute e sull'istruzione rivestono indubbiamente un'importanza fondamentale per le regioni, in quanto, con la devolution, vengono loro attribuite competenze esclusive in materia di assistenza ed organizzazione sanitaria e scolastica, e tali competenze sono indissolubilmente legate alle predette competenze statali.
Mi permetto di ricordare che, nell'ambito della Costituzione vigente, la tutela della salute rientra nella competenza concorrente delle regioni, ma è stata purtroppo trasferita da questa Camera, attraverso la riforma in esame, tra le competenze esclusive dello Stato. Ci sembra opportuno, allora, assicurare alle regioni almeno un potere di influenza «mediata», tramite il coinvolgimento del Senato federale, ragion per cui raccomandiamo all'Assemblea l'approvazione del nostro subemendamento.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul subemendamento Zeller 0.13.252.9, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (
Vedi votazioni).
(Presenti 431
Votanti 424
Astenuti 7
Maggioranza 213
Hanno votato
10
Hanno votato
no 414).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul subemendamento Zeller 0.13.252.10, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (
Vedi votazioni).
(Presenti 451
Votanti 446
Astenuti 5
Maggioranza 224
Hanno votato
13
Hanno votato
no 433).

Passiamo alla votazione del subemendamento Leoni 0.13.252.7.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Marone. Ne ha facoltà.

RICCARDO MARONE. Signor Presidente, con il subemendamento in esame proponiamo l'abolizione della Commissione paritetica, composta da trenta deputati e trenta senatori, che dovrebbe aver la capacità di esprimere un testo condiviso.
Ho già avuto modo di sottolineare che non si comprende come tutto ciò possa essere inserito nell'ambito del procedimento legislativo, nonché nel quadro complessivo dei poteri e delle funzioni che ciascuno di noi esercita all'interno di questa Assemblea. Vorrei rilevare, in particolare, che l'articolo 71 della Costituzione garantisce ad ogni deputato il potere di iniziativa legislativa, e dunque la presentazione di emendamenti, di subemendamenti e via dicendo.
Detto questo, vorrei rilevare che ciò che appare oltretutto abbastanza paradossale è che, mentre l'esercizio della funzione legislativa può essere delegato a delle Commissioni parlamentari, come avviene attualmente (ovviamente, solo con il consenso dei quattro quinti dei componenti della Commissione stessa, e per provvedimenti che non rivestono un particolare rilievo), con il provvedimento in esame si propone, invece, di espropriare l'Assemblea proprio qualora si tratti delle materie più complesse, vale a dire quando non si riesca a trovare un consenso non tra maggioranza ed opposizione, ma tra Camera dei deputati e Senato federale (quindi, nel caso sia di maggioranze uguali, sia di maggioranze diverse).
Nei casi più gravi di conflitto, pertanto, si esproprierebbe il Parlamento e la Camera dei deputati del loro ruolo, affidando tutto ad una Commissione di 30 «superdeputati» e 30 «supersenatori»!

PRESIDENTE. Onorevole Marone, concluda!

RICCARDO MARONE. Mi conceda ancora un minuto, signor Presidente.
Oltretutto, vorrei osservare che non si comprende - e, su questo aspetto, il Presidente ricoprirà un ruolo particolarmente importante - quando debba effettivamente esprimersi la predetta Commissione paritetica, poiché è a discrezione dei Presidenti delle due Assemblee legislative stabilire quando «l'andirivieni» tra Camera dei deputati e Senato federale è diventato intollerabile, e dunque decidere quando fare intervenire tale Commissione.
Si faranno dunque intervenire i Presidenti di Camera e Senato nel corso del procedimento legislativo; tuttavia, mi domando: decideranno loro autonomamente? Interverranno su richiesta del Governo? Si tratterà, allora, di una libera decisione dei Presidenti delle due Assemblee, oppure vi sarà una forte pressione del Governo affinché intervenga finalmente la Commissione paritetica per concludere la diatriba insorta tra Camera e Senato?
Potranno i due Presidenti di Assemblea svolgere serenamente il loro ruolo e stabilire quando è effettivamente giusto che si nomini tale Comitato, o saranno gravati della forte pressione dell'Esecutivo e del premier, che pretenderà che tale Commissione sia nominata il più presto possibile?
Ancora una volta, dunque, il Parlamento e - fatto ancor più grave - i due Presidenti di Assemblea sono sotto tutela di un premier (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà.

GIANCLAUDIO BRESSA. Signor Presidente, come ha ricordato il collega Marone, con questo subemendamento vogliamo eliminare la mostruosità della Commissione paritetica composta da trenta deputati e da trenta senatori, che rappresenta la fine del Parlamento.
Voi avete tanto cercato di costruire un'ipotesi di bicameralismo che superasse il rapporto paritario e siete, invece, riusciti a confezionare un prodotto che presenta alcune storture intollerabili. Nel vostro meccanismo, i due presidenti di Camera e Senato hanno un potere assoluto, non controllato da alcuno, ed i trenta deputati e senatori acquisiscono uno status del tutto diverso da coloro i quali non faranno parte di tale Commissione. Il risultato di questa straordinaria operazione è la fine non del bicameralismo, ma del Parlamento (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Maura Cossutta. Ne ha facoltà.

MAURA COSSUTTA. Signor Presidente, stiamo rischiando di arrivare al paradosso. Eravamo abituati a Tremonti ed alla sua «finanza creativa». Ora ci troviamo di fronte a proposte di «Costituzione creativa».
Abbiamo già denunciato, in precedenza, l'impianto autoritario di questa riforma costituzionale, che esautora - di fatto - il ruolo e le funzioni del Parlamento, che accentra, sempre più, i poteri nelle mani dell'Esecutivo, e che smantella il sistema delle garanzie ed il principio della divisione dei poteri.
Ritengo che anche rispetto a quest'articolo, la nostra denuncia debba essere confermata. Lo hanno già detto i colleghi, nell'illustrazione degli emendamenti precedenti. Credo che anche in questo articolato sulla formazione delle leggi si riscontri tale approccio autoritario e di svilimento del ruolo del Parlamento, di accentramento dei poteri nelle mani dell'esecutivo. L'ha già detto il collega Bressa: a che titolo i Presidenti delle Camere, nel momento in cui si verifica un conflitto - politico, ovviamente - di posizione e di merito tra le due Camere, possono intervenire? Chi dà loro tale potere? I Presidenti delle Camere dovrebbero essere super partes, garantendo le regole, non intervenire nel meccanismo del conflitto.
Altro aspetto: tale meccanismo interviene sull'uguaglianza del diritto degli stessi parlamentari, perché vi sarebbero parlamentari «di serie A» e parlamentari «di serie B»; i parlamentari che esaminano le leggi in prima lettura e i parlamentari - i saggi, quelli con un potere vero - che, nel Comitato ristretto, deciderebbero. Non capisco, poi, francamente questa Commissione di trenta deputati e trenta senatori scelti secondo il criterio di proporzionalità rispetto alla composizione delle due Camere. È un criterio di proporzionalità rispetto a che cosa? Rispetto alle maggioranze? Rispetto ai partiti? Non è chiaro perché un parlamentare, che dovrebbe svolgere il suo mandato nella pienezza dei propri poteri, dovrebbe essere rappresentato rispetto al merito di una legge - sulla quale, magari, si vuole esprimere in modo non conforme al proprio gruppo o alla propria maggioranza - con un criterio di proporzionalità.
Vi sono un guazzabuglio, una confusione, una distorsione, un pasticcio. Attraverso quest'articolo, infatti, voi avete messo insieme alcuni «pezzetti»; avete fatto una svendita di questa riforma costituzionale: un pezzo alla Lega, un pezzo ad Alleanza nazionale e pochi pezzi - francamente - all'UDC (ma sarà un problema della stessa UDC).
Credo che questo articolo, nel suo insieme, dimostri non solo la confusione, ma anche la sua pericolosità. Per risolvere il problema rappresentato dal rischio di immobilismo e di paralisi istituzionale, di fatto, procedete allo smantellamento delle funzioni delle nostre istituzioni. È un paradosso, perché in questo modo, anziché rendere più efficaci ed efficienti le decisioni delle assemblee elettive, sottrarrete al nostro Parlamento il potere decisionale. Evidentemente, decideranno altre lobby, che a livello territoriale indirizzeranno il famoso Comitato ristretto o i Presidenti delle Camere, i quali sceglieranno...

PRESIDENTE. Onorevole Maura Cossutta...

MAURA COSSUTTA. ... in base a criteri non rappresentati in questo Parlamento.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mascia. Ne ha facoltà.

GRAZIELLA MASCIA. Signor Presidente, intervengo solo per preannunciare il nostro voto favorevole sul subemendamento in esame, che cerca di intervenire sui uno dei punti più delicati e controversi della riforma: mi riferisco all'iter legislativo confuso e pericoloso che è stato delineato ed allo svilimento dell'efficacia dell'azione legislativa. Come è stato sottolineato, la Commissione, che, a differenza di quanto previsto nel testo approvato al Senato, è composta da trenta deputati e trenta senatori, decide in maniera autoritaria ed autonoma rispetto alle Camere.
Non solo si è eliminato il riferimento al sistema proporzionale nella composizione di questa Commissione - che comunque non avrebbe risolto il problema - ma non è nemmeno stabilito alcun criterio in base al quale essa dovrebbe operare: tutto è assegnato alla discrezionalità dei Presidenti. Per queste ragioni, invitiamo ad esprimere un voto favorevole sul subemendamento in esame.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul subemendamento Leoni 0.13.252.7, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (
Vedi votazioni).
(Presenti 441
Votanti 439
Astenuti 2
Maggioranza 220
Hanno votato
190
Hanno votato
no 249).

Passiamo alla votazione dell'emendamento 13.252 (Nuova formulazione) della Commissione.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Violante. Ne ha facoltà.

LUCIANO VIOLANTE. Signor Presidente, l'emendamento in esame concerne la materia relativa all'approvazione di testi diversificati da parte della Camera e del Senato in ordine a provvedimenti di grande importanza. In proposito, vi è un'altra invenzione - se i colleghi me lo permettono - sempre nella chiave del semiparlamentarismo. Quando il testo approvato dalle due Camere è diverso, i Presidenti possono - non devono - convocare una Commissione, composta da trenta deputati e trenta senatori (ossia da sessanta parlamentari, praticamente circa l'8 per cento dei componenti il Parlamento), incaricata di proporre un testo unificato da sottoporre al voto finale delle due Assemblee. Se non comprendo male, ciò significa che non vi sarebbe la possibilità di votare articolo per articolo: si parla, infatti, di voto finale, ossia di un voto che giunge alla fine del procedimento.
In primo luogo, vorrei dunque capire cosa significa «voto finale», ossia se si fa riferimento soltanto al voto che conclude il procedimento (e, quindi, o si prende o si lascia), oppure se si tratta di un voto articolo per articolo.
In secondo luogo, se anche in tal caso vi è un voto differente, vorrei capire cosa succede.
In terzo luogo, il fatto che i Presidenti delle due Camere «possono» convocare tale Commissione significa che la natura del procedimento legislativo cambia a seconda della disponibilità dei Presidenti? Permettetemelo: siamo impazziti? I Presidenti definiscono, d'intesa fra loro, qual è il procedimento da seguire, ossia se decidono i parlamentari o la Commissione! E sulla base di questo testo non si capisce quale tipo di voto esprimerà il Parlamento e, in caso di voto differente tra Camera e Senato, non si capisce cosa diavolo succede! Ma che modo di fare le leggi è questo? Noi ci esponiamo alla farsa, non alla tragedia! Questa roba verrà studiata nei manuali umoristici e non in quelli costituzionali, colleghi! In quali paesi i Presidenti stabiliscono discrezionalmente qual è la procedura da seguire? In quali paesi la Costituzione non prescrive cosa succede del testo unificato predisposto? E poi, si fa riferimento al testo unificato delle parti corrette o al testo unificato complessivo? E se il voto è diverso, cosa succede? Credo che questa roba finirà negli archivi di qualche museo. Credo che sarà necessaria davvero una pausa di riflessione.
Onorevole Calderoli, lei sta legando il suo nome e il suo cognome ad un progetto che non sta in piedi, a differenza di lei che vedo abbastanza solido nella struttura.
Qualcuno dovrà pur spiegare prima o poi - voi non rispondete - come funziona questo meccanismo. Qui stiamo parlando del ruolo del Parlamento, delle leggi, delle leggi più importanti che ci siano e le abbandoniamo a procedimenti casuali, discrezionali e oscuri.
Credo che peggio di così non si potesse fare e credo che chiunque di noi abbia la possibilità di leggere questo testo non può non desumere che c'è stato il tentativo di mettere ordine in una materia che è assolutamente disordinata, senza un filo conduttore e che è stata abbandonata al principio secondo il quale le maggioranze parlamentari decidono delle sorti delle leggi, privando le minoranze parlamentari, qualunque esse siano, della possibilità di incidere sul procedimento legislativo.
Siamo davvero in una situazione che non esiste in nessun paese del mondo e ho l'impressione che sarà il Senato - spero - a mettere mano a questo procedimento per renderlo appena più razionale.
Lo ripeto: è un procedimento abbandonato alla discrezione dei Presidenti delle Camere, che quindi hanno un peso politico di responsabilità e decidono cosa fare di un testo legislativo. Credo che davvero tutto ciò fuoriesca da qualunque ambito di ragionevolezza e di serietà (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-L'Ulivo, della Margherita, DL-L'Ulivo, di Rifondazione comunista, Misto-Comunisti italiani, Misto-Socialisti democratici italiani e Misto-Verdi-L'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Buontempo. Ne ha facoltà.

TEODORO BUONTEMPO. Ritengo che l'emendamento della Commissione dovrebbe essere accantonato: esso è stato presentato dalla Commissione successivamente alle proposte emendative presentate dai parlamentari, tant'è che c'è un mio emendamento, il 13.79, onorevole Violante, con il quale ho sollevato la questione relativa al fatto che nel primo testo della Commissione si diceva che la Commissione paritetica avrebbe redatto un testo da proporre all'Assemblea che non sarebbe stato emendabile.
Il mio emendamento 13.79 vuole sopprimere le parole: «su di esso non sono ammessi emendamenti», ritenendole aberranti, e me ne assumo le responsabilità: non temo certo qualche collega capogruppo, come l'onorevole Cè, che stamattina diceva che io sono «di passaggio». Io ho visto «di passaggio» ben quattro capigruppo della Lega che si ritenevano onnipotenti e sono diventati desaparecidos, di cui non si sa che fine politica abbiano fatto (Applausi di deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo). Ritengo aberrante che un testo possa essere presentato alle Camere e che quel testo non sia emendabile.
Perché ho preso la parola? Se viene approvato l'emendamento della Commissione, viene precluso il mio emendamento 13.79. Il testo della Commissione cancella la previsione della non emendabilità e dice, però, che la Commissione presenta un testo definitivo. Quindi, la non emendabilità del primo testo viene sostituita dalla parola «definitivo». Ciò significa che se una Camera vota un testo e l'altra Camera un testo diverso, si costituisce una Commissione composta da trenta deputati e trenta senatori, i quali redigono un testo che in aula non è emendabile. Ciò non esiste in nessun paese del mondo, neanche nel paese delle banane (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-L'Ulivo, della Margherita, DL-L'Ulivo e Misto-Comunisti italiani)!
Una persona può dividersi tra la Repubblica presidenziale, il cancellierato e la Repubblica parlamentare, ma il principio secondo il quale si presenta un testo in una Camera elettiva e quel testo non è emendabile è deprecabile. Prego, invito e supplico la Commissione e il Governo di rivedere questa fattispecie, perché mi pone seri problemi di coscienza il fatto di votare un testo sul Senato federale, che già è difficile da digerire. Questa non è assolutamente ammissibile.
Se è emendabile, lei, onorevole Bruno, lo dica, resti agli atti e abbiamo risolto i problemi, ma mi pare di capire che non sia così.
Il primo testo, signor presidente, l'ha scritto lei o l'ho scritto io? Chi ha scritto che la Commissione è incaricata di proporre un testo sulle disposizioni su cui permane il disaccordo e che il testo proposto dalla Commissione mista paritetica è sottoposto all'approvazione delle due Assemblee e su di esso non sono ammessi emendamenti? Questo mi fa sorgere il dubbio che il nuovo testo sia definitivo e non emendabile.
Quindi, nessuno se la prenda, visto che stiamo scrivendo la Costituzione. Ognuno si assuma le proprie responsabilità. Quattro capigruppo della Lega sono desaparecidos: vedremo come finirà per me. Comunque sia, posso anche uscire dalla Camera, ma non accetto che passi il principio secondo cui la Camera non può emendare un testo (Applausi di deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-L'Ulivo, della Margherita, DL-L'Ulivo, di Rifondazione comunista e Misto-Comunisti italiani)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà.

GIANCLAUDIO BRESSA. Signor Presidente, il vostro Senato, ormai, è come il periodo ipotetico della nostra grammatica. È il bicameralismo della possibilità, come ricordava il presidente Violante, perché i due Presidenti possono, d'intesa tra loro, istituire una Commissione. È il bicameralismo dell'impossibilità perché, come ricordava il collega Buontempo, non si possono fare emendamenti. È un tragico esempio di irrealtà costituzionale!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Carrara. Ne ha facoltà.

NUCCIO CARRARA. Signor Presidente, non voglio spendere molte parole sull'argomento perché devo sempre ribadire che le argomentazioni dell'opposizione sono pretestuose (Commenti dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo). Cosa succede oggi se una Camera non approva il testo come l'ha approvato l'altra Camera? Siamo di fronte ad una fattispecie del procedimento bicamerale che già conosciamo perché lo sperimentiamo tutti i giorni.
Non ho il tempo per spiegare il nuovo meccanismo che si vuole introdurre, ma pensiamo che si debba velocizzare il procedimento legislativo. Dunque, laddove vi fossero le condizioni, si istituisce una Commissione che propone un testo. Dopo di che, le due Assemblee rimangono sovrane e nella loro sovranità potranno dire «sì» o «no». Non c'è nulla di stravolgente, perché anche oggi possiamo dire «sì» o «no» rispetto a ciò che fa il Senato (Commenti dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo).

MAURA COSSUTTA. Ma che vuol dire?

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Leoni. Ne ha facoltà.

CARLO LEONI. Vorrei dire al collega Carrara due cose. Se effettivamente l'intenzione fosse quella di velocizzare il procedimento legislativo, allora dovreste ridurre di molto, ma di molto, le materie per le quali è prevista la procedura bicamerale. Noi ne proponiamo soltanto tre: voi esagerate nella previsione della procedura bicamerale perfetta, tanto da farci pensare che l'esito di questa riforma non sarà il superamento della condizione attuale. Quanto, poi, all'altra affermazione del collega Carrara, penso che non abbia detto la verità leggendo i testi sia a noi, sia al suo collega di partito, onorevole Buontempo. Non avrebbe nessun senso che questa Commissione proponesse un testo alle Assemblee e poi si potesse ricominciare da capo. Il collega Carrara ha detto che propone il testo all'Assemblea e quest'ultima lo può modificare come vuole.

DONATO BRUNO, Relatore. Non ha detto questo!

CARLO LEONI. Se le cose non stanno come ha detto l'onorevole Carrara, prego gli altri colleghi del centrodestra di fornire un chiarimento.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Maura Cossutta. Ne ha facoltà.

MAURA COSSUTTA. Onorevole Carrara, lei ha esattamente confermato le nostre fortissime preoccupazioni. Insisto sul fatto che, oltre al ministro Tremonti, abbiamo adesso un altro ministro creativo, il ministro Calderoli, che mi auguro faccia la stessa fine dell'altro.
Le nostre preoccupazioni permangono. Gli onorevoli Violante, Mascia, Bressa, tutti i colleghi e le colleghe hanno chiesto cose molto precise: perché i Presidenti dovrebbero disporre di un potere discrezionale (non si tratta di un obbligo, trattandosi di una possibilità, come sottolineato dall'onorevole Violante)? Perché poi i Presidenti dovrebbero intervenire?
Si prefigurano, relativamente a tale Commissione, poteri e funzioni differenti tra i vari parlamentari: vi saranno parlamentari che decidono ed elaborano il testo, quindi parlamentari doc, di «serie A», e parlamentari a cui viene sottoposto nuovamente il testo sul quale possono esprimere solo il proprio assenso o diniego, senza intervenire.
Onorevole Carrara, di che cosa sta parlando? È inutile che si arrampichi sugli specchi! Non solo il Parlamento, già con il premierato assoluto, viene esautorato, ma cercate di risolvere i problemi giganteschi che avete creato, con il rischio dell'inceppamento del meccanismo, di immobilismo, di paralisi, accentrando sempre più il potere nelle maggioranze, derogando ad alcune regole cardine.
Ditelo francamente: è bene che sia il premier a decidere persino l'attività legislativa, così andiamo tutti a casa!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Soda. Ne ha facoltà.

ANTONIO SODA. Signor Presidente, mi rivolgo soprattutto a lei, perché i poteri sono affidati ai Presidenti delle Camere. Con riferimento ai procedimenti legislativi, tra le varie Costituzioni di paesi democratici moderni, due prevedono l'istituzione di Commissioni miste: mi riferisco alla Francia e alla Germania. Tutte e due si propongono finalità diverse dalla risoluzione dei conflitti fra le due Camere.
In Germania, è il Bundestag, cioè la Camera dei Lander, che può chiedere la convocazione di una Commissione paritetica ed i Presidenti delle Camere non possono a loro arbitrio disporre di questo strumento. E, comunque, in Germania, per quanto riguarda il termine del procedimento legislativo, vi è la clausola di salvaguardia di prevalenza del Bundestag, cioè della Camera politica. In Francia, onorevole Carrara, la Commissione paritetica viene proposta dal Governo esclusivamente per quei provvedimenti che lo stesso dichiari urgenti per spezzare la navetta...

NUCCIO CARRARA. Nella nostra proposta, il Governo ha altri strumenti!

ANTONIO SODA. Al testo formulato dalla Commissione attivata su responsabilità del Governo, non dai Presidenti imparziali delle Camere, che tali devono essere, se il Governo concorda, è sempre possibile presentare emendamenti. State operando una specie di miscuglio, prendendo da una parte e dall'altra.
Si crea fantasiosamente un percorso legislativo che, come vedremo con quella clausola finale sulla quale interverrò successivamente, è un vero e proprio labirinto!

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 13.252 (Nuova formulazione) della Commissione, accettato dal Governo.
(Segue la votazione).

RENZO INNOCENTI. Presidente, non è possibile!

PIERO RUZZANTE. Doppi voti dappertutto!

MAURA COSSUTTA. Presidente!

PRESIDENTE. Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (
Vedi votazioni).
(Presenti 444
Votanti 434
Astenuti 10
Maggioranza 218
Hanno votato
239
Hanno votato
no 195).

RENZO INNOCENTI. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

RENZO INNOCENTI. Signor Presidente, vorrei richiamare l'attenzione sul fatto che, da un po' di tempo a questa parte, assistiamo ad un'insopportabile azione di pianisti (Commenti dei deputati dei gruppi di Forza Italia, di Alleanza Nazionale e della Lega Nord Federazione Padana). Colleghi, abbiate pazienza!

PRESIDENTE. Ha perfettamente ragione.

RENZO INNOCENTI. Lei ha detto che vi sarebbe stata tolleranza zero.

PRESIDENTE. Colleghi, mi auguro che vi sia da parte di tutti la consapevolezza della delicatezza della materia che stiamo affrontando. La votazione si è svolta regolarmente. Per la prossima, saremo molto scrupolosi nel compiere le opportune verifiche.
Passiamo alla votazione del subemendamento Bressa 0.13.253.6.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Marone. Ne ha facoltà.

RICCARDO MARONE. Il paradosso della costruzione proposta dalla maggioranza è che, quando non sapeva come risolvere i problemi, ha cercato di tappare i buchi nelle maniere più paradossali possibili. Lo ha fatto in precedenza attribuendo un potere discrezionale ai Presidenti di Camera e Senato sull'andamento del procedimento legislativo.
In questo caso, prendiamo in considerazione il comma nel quale il Presidente della Repubblica, su richiesta del Governo, può decidere, quando bisogna attuare il programma di Governo, di togliere la competenza ad un ramo del Parlamento e attribuirla ad un altro.
Con il subemendamento in esame proponiamo di eliminare perlomeno che ciò possa avvenire quando si tratta di esercitare il potere sostitutivo nei confronti delle regioni. Infatti, nell'ambito dei casi in cui la competenza può essere trasferita alla Camera, avete inserito anche l'ipotesi dell'intervento di cui all'articolo 120, secondo comma, della Costituzione. Dunque, quando si tratta di intervenire sul potere legislativo delle regioni, mettendolo in discussione, il premier può decidere di estromettere il Senato federale. Francamente, ciò ci sembra paradossale!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà.

GIANCLAUDIO BRESSA. Signor Presidente, fino ad ora abbiamo esaminato le torsioni ordinarie che avete imposto al procedimento di formazione delle leggi, qui esaminiamo i procedimenti straordinari che inventate per fare ancora peggio.
Sostanzialmente, per effetto dell'emendamento 13.253 della Commissione, attribuite al Presidente del Consiglio la possibilità di esautorare sempre il Senato da qualsiasi attività di formazione delle leggi. Infatti, non solo avete inserito le modifiche essenziali per l'attuazione del programma di Governo, ma adesso graziosamente aggiungete anche la tutela delle finalità di cui all'articolo 120, secondo comma, della Costituzione, relativo ai poteri sostitutivi. Come si diceva una volta: a pensare male si fa peccato, ma ci si indovina!
Siccome siete perfettamente consapevoli che il vostro procedimento legislativo non funziona, vi dovete inventare strumenti che attribuiscano al primo ministro una possibilità di fare le leggi. Solo che, in tal modo, cancellate il Parlamento, cancellate la democrazia e realizzate un qualcosa di veramente aberrante!

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul subemendamento Bressa 0.13.253.6, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

PIERO RUZZANTE. Presidente!

MAURA COSSUTTA. Terza fila!

PRESIDENTE. Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 408
Votanti 404
Astenuti 4
Maggioranza 203
Hanno votato
169
Hanno votato
no 235).

Onorevoli colleghi, siamo tutti stanchi, cerchiamo di stare tranquilli...

RENZO INNOCENTI. Non è possibile!

SERGIO COLA. Uno per tre...!

PIERO RUZZANTE. Cento deputati li avete fuori!

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, basta (Commenti dei deputati Cristaldi e Cola)!
Onorevole Cristaldi, onorevole Cola, trasmettetemi le vostre segnalazioni per iscritto.
Passiamo alla votazione del subemendamento Boato 0.13.253.3.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Boato. Ne ha facoltà.

MARCO BOATO. Signor Presidente, ritengo (Commenti dei deputati del gruppo della Lega Nord Federazione Padana)... Signor Presidente...

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, basta, per cortesia! Onorevoli colleghi, basta! Cerchiamo di agevolare i lavori: sta parlando l'onorevole Boato!

CESARE RIZZI. Chi se ne frega!

MARCO BOATO. Signor Presidente, ritengo sia opportuno che anche i colleghi della maggioranza leggano l'emendamento 13.253 della Commissione, a cui è riferito il subemendamento in esame. Dopo avere, in numerose disposizioni, diminuito i poteri del Presidente della Repubblica, «sterilizzati» anche con il voto di questa mattina sull'articolo 24, recante modifiche all'articolo 89 della Costituzione, ci troviamo di fronte alla singolare situazione - lo dico con sincera preoccupazione - (Commenti dei deputati del gruppo della Lega Nord Federazione Padana)... C'è un muggito alle mie spalle, se lo si potesse evitare... Probabilmente è riferito alle quote latte, ma non sono in discussione in questo momento!

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, per cortesia! Faccio anch'io una grande fatica, date una mano...

MARCO BOATO. Oltretutto, sto parlando pacatamente, invitando a riflettere (chi è in grado di farlo, lo farà). L'emendamento della Commissione attribuisce un potere discrezionale enorme al Presidente della Repubblica, il quale sarà chiamato a decidere se vi siano i presupposti per autorizzare il Primo ministro ad esporre al Senato federale le motivazioni in base alle quali dichiara che le modifiche alla proposta di legge sottoposta all'esame del Senato stesso sono «essenziali» all'attuazione del programma del Governo.
Sussiste effettivamente il problema relativo al rapporto con il Governo del Senato, che non ha il potere di concedere e revocare la fiducia e che non può essere sciolto, rispetto a quello della Camera, che, al contrario, è titolare del rapporto con il Primo ministro. Tuttavia, ritengo che il modo peggiore di risolvere tale problema sia quello di esporre politicamente il Presidente della Repubblica, chiunque ricopra tale carica, attribuendogli il potere di decidere se il Primo ministro sia o meno autorizzato a presentarsi al Senato.
Se il Presidente della Repubblica lo autorizzasse, verrebbe criticato e contestato per un atto di coinvolgimento nell'attività del Primo ministro, che, per ragioni costituzionali, è prettamente politica; qualora il Presidente della Repubblica decidesse di non autorizzare il Primo ministro, si aprirebbe un conflitto istituzionale serio e grave fra il Capo dello Stato e il capo del Governo, con possibili gravissime ripercussioni nell'equilibrio dei rapporti fra i diversi poteri.
Ci siamo pertanto fatti carico del problema con il subemendamento in esame, sia nel testo principale sia nella parte conseguenziale, prevedendo di espungere il ruolo del Presidente della Repubblica, che è assolutamente inaccettabile, e prevedendo altresì che qualora il Senato decida con la maggioranza dei tre quinti dei suoi componenti - e dunque del 60 per cento - di non accettare le modifiche chieste dal Governo, si applichino le disposizioni di cui al terzo comma, vale a dire il procedimento diventi bicamerale.
A noi pare un tema delicatissimo e proponiamo una soluzione costituzionalmente coerente e corretta. Il testo che attribuisce questi poteri al Presidente della Repubblica è costituzionalmente destabilizzante e a mio parere molto grave. Per tali motivi, invito prima a riflettere e poi a votare il mio subemendamento 0.13.253.3, che permette di correggere questa gravissima anomalia costituzionale.

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, per cortesia fate silenzio, anche sulla sinistra!
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Marone. Ne ha facoltà.

RICCARDO MARONE. Non so quanti errori siano presenti in questo comma: è veramente difficile capirlo. Certo, questo testo sembra muovere da una buona intenzione: vi siete resi conto che concedevate un enorme potere al premier, che avete cercato di controbilanciare inserendo la figura del Presidente della Repubblica in un procedimento legislativo, per valutazioni di merito sul programma di Governo. È un'assurdità!
Pertanto, quella che pareva essere una buona intenzione, ossia bilanciare i grandi poteri che volete concedere al premier, alla fine, si è risolta nell'ipotesi di inserire il Presidente della Repubblica nella maggioranza di Governo! Inoltre avete una concezione del programma del Governo che, se ho ben compreso, sembra una sorta di lista della spesa che il premier dovrà esporre la prima volta che si presenta dinanzi alla Camera.
Si pensi alle modifiche ad un disegno di legge: si tratta di qualche comma, di qualche emendamento. Ebbene, se il premier ritiene che queste proposte di modifica non rientrino nel programma di Governo (figuriamoci come sia possibile stabilire una simile eventualità!), può chiedere l'intervento del Presidente della Repubblica. Quest'ultimo dovrà verificare se quella modifica, quell'emendamento rientrino o meno nel programma di Governo (quella sorta di lista della spesa di inizio legislatura). Dopo di che, una volta verificato se questa proposta rientri o meno nel programma, il Presidente della Repubblica può autorizzare il Primo ministro a spostare la competenza legislativa da un ramo all'altro del Parlamento.
Come vedete, siamo di fronte ad un'ipotesi veramente paradossale che non rispetta alcuna logica costituzionale! Non è pensabile inserirla in un procedimento legislativo né spostare le competenze in base a valutazioni di merito sul programma di Governo e su quello che deve fare una maggioranza. Non vi è alcuna logica costituzionale. State scrivendo una norma al di fuori di qualsiasi corretto equilibrio delle funzioni all'interno della Costituzione.
Non so se si tratti o meno di ipotesi stravolgenti. In ogni caso, state «trascinando» il Presidente della Repubblica nel programma di Governo della maggioranza, come avete già fatto per il Presidente della Camera, che avete trascinato nel procedimento legislativo. Al di là di qualsiasi valutazione di merito, si tratta di gravi errori costituzionali che dimostrano la mancanza sostanziale di una cultura costituzionale. E questo è estremamente grave!
Mi chiedo come si potrà svolgere correttamente un procedimento legislativo in presenza di tanti interventi esterni e addirittura della possibilità di espropriare un ramo del Parlamento della propria competenza costituzionale! Si tratta proprio di questo: espropriare un ramo del Parlamento della propria competenza costituzionale solo perché un determinato aspetto è inserito nel programma di Governo.
Francamente non si è mai sentita una cosa del genere. Riteniamo tutto ciò profondamente sbagliato (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà.

GIANCLAUDIO BRESSA. Devo dire che ciò che mi stupisce in voi è la spensieratezza con la quale mettete mano alla Costituzione. Mi soffermerò solo su una questione specifica, avendo il collega Maroni ben illustrato le altre tematiche.
In questa proposta della Commissione emerge prepotentemente il ruolo del Presidente della Repubblica. Vi rendete conto che, così facendo, voi prefigurate un conflitto di poteri costituzionali di dimensioni colossali? Affidate al Presidente della Repubblica, che voi avete definito essere garante della Costituzione, un ruolo squisitamente politico. Delle due l'una: se il Presidente della Repubblica è asservito alla maggioranza, in quanto espressione della maggioranza, tutto questo è una colossale finzione e così avremmo un Parlamento assoggettato ai poteri del Primo ministro ed un Presidente della Repubblica prigioniero della volontà della maggioranza; oppure, se non è una finzione, potenzialmente potrebbe portare ad un conflitto tra Presidente del Consiglio, Presidente della Repubblica e Parlamento, i cui confini, è bene averlo chiaro in testa fin da subito, porteranno ad uno sfascio istituzionale di dimensioni ancora ignote a questo paese.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Mantini. Ne ha facoltà.

PIERLUIGI MANTINI. Signor Presidente, siamo sospesi tra la farsa e la tragedia, ma la situazione è anche un po' comica, perché noi almeno non abbiamo più i tempi, in quanto contingentati, per parlare mentre la maggioranza non ha voglia di rispondere!
Voi state trasformando il Capo dello Stato, il Presidente della Repubblica, da organo super partes ad organo inter partes. Gli effetti sono stati in parte illustrati, ma mi viene da chiedere: è questo il clima con cui vogliamo assumere una simile decisione? La sensibilità istituzionale, di cui lei più volte si è fatto garante, trova qui un concreto momento storico di evidenza e di attuazione.
So bene che i poteri del Presidente sono limitati; però mi chiedo se non dobbiamo garantire dibattito, dialogo, riflessione vera, oppure se dobbiamo andare avanti con questa farsa (Applausi dei deputati del gruppo della Margherita, DL-L'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Violante. Ne ha facoltà.

LUCIANO VIOLANTE. Signor Presidente, vorrei leggere con calma quello che c'è scritto nel testo: quando il Governo ritenga che proprie modifiche ad un disegno di legge sottoposto all'esame del Senato siano essenziali il Presidente della Repubblica può autorizzarlo ad esporne le motivazioni. Allora, che cosa accade? Il Governo potrebbe ritenere che alcune proprie modifiche sono essenziali ed il Capo dello Stato potrebbe decidere che non se ne possono esporre le motivazioni del Senato. È una cosa che funziona? In sostanza, il Capo dello Stato avrebbe la possibilità di impedire al Presidente del Consiglio dei ministri di esporre le motivazioni per le quali quelle determinate materie rientrano nel programma di governo. Una certa questione può far parte del programma di governo, ma il Capo dello Stato potrebbe dire al Presidente del Consiglio: «tu non puoi esporne le motivazioni». Ma sulla base di che cosa?
Qual è il problema, Presidente? Il problema è che, avendo costruito davvero un pasticcio legislativo, i colleghi della maggioranza hanno trovato due clausole di risoluzione: una è quella che affida ai Presidenti delle Camere - come abbiamo detto poco fa - il potere di individuare la commissione; la seconda affida al Presidente della Repubblica la possibilità di autorizzare o meno.

Tre autorità, che dovrebbero essere di garanzia e indipendenti, rientrano a piedi uniti nel procedimento legislativo e il Presidente della Repubblica, addirittura, entra nell'attuazione del programma di governo, per cui può decidere se quella certa materia può essere giocata su un tipo o su un altro di procedura. Ancora una volta, come per i Presidenti delle Camere, una autorità indipendente e garante della Costituzione e dell'unità del paese stabilisce quale debba essere la procedura da applicare e - lo ripeto - non sindacando o autorizzando il Governo a dire se quella norma fa o meno parte del programma di governo ma autorizzandolo soltanto ad esporre o a non esporre le motivazioni.
Credo che questa norma andrebbe cassata, quantomeno andrebbe ripensata, onorevole relatore. Su una cosa di questo genere ritengo che il testo crolli complessivamente: non esiste in nessun posto del mondo una cosa di questo genere! Almeno, il testo precedente autorizzava il Presidente del Consiglio ad esporre, a decidere se quella materia facesse parte del programma di governo; qui invece chi decide che una certa materia fa parte del programma di governo è il Presidente del Consiglio, ma spetta al Capo dello Stato autorizzarlo o meno ad esporre le motivazioni.
Credo si tratti di una disposizione assolutamente incongruente (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-L'Ulivo, Misto-Comunisti italiani e Rifondazione comunista)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Maura Cossutta. Ne ha facoltà.

MAURA COSSUTTA. Signor Presidente, vorrei esporre quattro questioni. In primo luogo, negli articoli precedenti avete tolto alcune funzioni essenziali al Presidente della Repubblica, mentre ora lo state trasformando in un esecutore, di fatto, della volontà del premier, arbitro assoluto - lo avevate deciso negli articoli precedenti - dello scioglimento delle Camere. Che cosa c'entra il ruolo di garante del Presidente della Repubblica con questo nuovo potere che affidate, appunto, al Presidente della Repubblica? Semmai, il potere di garanzia è che il Presidente della Repubblica non firmi una di queste leggi votate dalla Camera o dal Senato. Invece, in realtà voi affidate e trasformate il Presidente della Repubblica in un ruolo ancellare - in un ruolo politico, diceva l'onorevole Violante -, conferendo al premier effettivamente una supremazia: altro che Presidente della Repubblica garante super partes!
In secondo luogo, il Governo interviene pesantemente nelle competenze legislative. In questo caso il potere esecutivo ha non soltanto la supremazia su quello legislativo, ma anche il potere di distorcere e di derogare dalle regole stesse delle funzioni legislative delle due Camere. Inoltre, siccome non relaziona il ministro competente ma il premier, è evidente che in questo caso esiste un potere di diktat, ricattatorio rispetto alla Camera. Infatti, il premier, avendo il potere di scioglimento della Camera, nel momento in cui ritornerà alla Camera, evidentemente, imporrà alla sua maggioranza di votare la legge.
Infine, l'ultima questione rivela il deficit di cultura democratica di quello che avete fatto votare negli articoli precedenti, cioè delle modalità del sistema di elezione delle figure che dovrebbero essere super partes (Presidente della Repubblica e Presidenti delle Camere).
Credo che, per tali motivi, questo articolo e questo emendamento della Commissione siano veramente un obbrobrio e vi dovreste non soltanto vergognare, ma interrogare fino a che punto vorrete arrivare con questo testo di riforma costituzionale.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Carrara. Ne ha facoltà.

NUCCIO CARRARA. Onorevoli colleghi, si sta creando uno putiferio per una questione che non esiste (Applausi polemici dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo). Vorrei invitare i colleghi - e soprattutto l'onorevole Violante - a leggere l'articolo 87, che così recita: «Il Presidente della Repubblica autorizza la presentazione alle Camere dei disegni di legge d'iniziativa del Governo». Ciò significa che in via del tutto normale oggi il Presidente della Repubblica autorizza e, quindi, entra nel procedimento legislativo: pertanto, stabiliamo questo punto e correggiamo le inesattezze dei colleghi dell'opposizione. Dopodiché, siccome nelle fattispecie in esame si è di fronte ad una prerogativa del Governo che ha bisogno necessariamente di essere controbilanciata, inevitabilmente deve intervenire il Presidente della Repubblica perché siamo di fronte ad un caso che, sostanzialmente, vede il Senato espropriato del diritto di emanare una legge su cui ha l'esclusiva competenza.
Se il Presidente della Repubblica interviene per autorizzare i semplici disegni di legge, a maggior ragione deve intervenire per autorizzare la sottrazione al Senato di una sua prerogativa (Applausi dei deputati dei gruppi di Alleanza nazionale e di Forza Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Acquarone. Ne ha facoltà.

LORENZO ACQUARONE. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il collega Carrara è troppo intelligente e preparato per permettersi di prendere in giro la Camera, come ha fatto con il suo intervento (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-L'Ulivo e della Margherita, DL-L'Ulivo). Infatti, voler parificare il potere che, attualmente, l'articolo 87 della Costituzione attribuisce al Presidente della Repubblica al potere attribuito al Presidente della Repubblica dal testo al nostro esame è una cosa assolutamente paradossale (tutti sanno, peraltro, che questa autorizzazione non è mai stata applicata; è sufficiente leggere lo scritto del Presidente Einaudi), per l'elementare ragione che, nell'ipotesi in cui un Governo presentasse un disegno di legge e nell'ipotesi del tutto assurda in cui il Presidente della Repubblica non ne autorizzasse la presentazione, sarebbe sufficiente un deputato - lo ripeto, un deputato -, con la vigente Costituzione, per la presentazione di quel disegno di legge all'esame del Parlamento. Il che dimostra che tale norma, mai applicata, è inutilis transcripta. Qui è diverso, perché ci troviamo di fronte ad un conflitto, alla possibilità in cui il Senato dica «no» e il Governo ritenga che quel «no» pregiudichi il suo programma. Allora, il Presidente della Repubblica dovrebbe autorizzare, entrando politicamente nel meccanismo del procedimento legislativo.
Questa mattina abbiamo tolto al Presidente della Repubblica il potere di concedere da solo la grazia. Ora, stabiliamo che il Presidente della Repubblica possa consentire al Primo ministro di violare il procedimento legislativo normale. Ma allora ha ragione l'amico Violante: o è un Presidente della Repubblica succube del Governo, e allora il problema è che mettiamo in piedi una forma di bonapartismo, ovvero non è della stessa idea, e allora siamo riusciti, così bravi, ad introdurre nel nostro paese il principio della diarchia, attualmente presente in Francia, il principio della coabitazione. Ma vi rendete conto che più presentate proposte emendative per sistemare l'una e l'altra parte, più attuate sciocchezze costituzionali? L'unica frase seria che vi può essere detta è che queste sono sciocchezze (Applausi dei deputati dei gruppi Misto-Popolari-UDEUR, dei Democratici di sinistra-L'Ulivo, della Margherita, DL-L'Ulivo, di Rifondazione comunista e Misto-Comunisti italiani)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Boccia. Ne ha facoltà.

ANTONIO BOCCIA. Signor Presidente, pur non condividendo l'impostazione di questo subemendamento, credevo vi fosse una certa coerenza. Ma, dopo l'intervento dell'onorevole Carrara, trovo difficoltà a comprendere la coerenza del loro ragionamento. In questo caso, si prevede che il Presidente della Repubblica possa autorizzare il Primo ministro ad esporre le motivazioni al Senato federale. Quindi, si tratta di un'autorizzazione ad esporre le motivazioni; non c'entra nulla con il procedimento legislativo. Ma se il Presidente della Repubblica non autorizza il Primo ministro ad esporre le motivazioni, il procedimento che è già in corso al Senato che fine fa? Continua il suo iter? Questo passaggio non può rimanere aleatorio! Bisogna prendere una decisione!

NUCCIO CARRARA. È di competenza del Senato! È ovvio!

PRESIDENTE Onorevoli colleghi, non interrompete l'onorevole Boccia.

ANTONIO BOCCIA. Il Presidente della Repubblica non ha il potere autorizzativo di far andare avanti il provvedimento, ha solo il potere autorizzativo di fare esporre le motivazioni. Ciò significa che il Senato va avanti anche senza che il Primo ministro abbia esposto le motivazioni, tant'è che si stabilisce «che decide entro trenta giorni».
Allora, ho l'impressione che vi sia proprio una confusione anche letterale, perché poi l'ultimo periodo dice: «se tali modifiche non sono accolte (...)». Ma se il Presidente della Repubblica non autorizza ad esporre le motivazioni, il procedimento non dovrebbe proprio più continuare, mentre invece qui non si capisce se continui oppure no. Si aggiunge un altro pasticcio a quelli già realizzati. Francamente, questo emendamento rende improcedibile il procedimento.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul subemendamento Boato 0.13.253.3, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

RENZO INNOCENTI. Quarto settore!

PRESIDENTE. Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (
Vedi votazioni).
(Presenti 406
Votanti 401
Astenuti 5
Maggioranza 201
Hanno votato
157
Hanno votato
no 244).

Passiamo alla votazione del subemendamento Armani 0.13.253.5.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Armani. Ne ha facoltà.

PIETRO ARMANI. Signor Presidente, vorrei tranquillizzare i colleghi dell'opposizione proprio illustrando il mio modestissimo subemendamento, che essenzialmente affronta il problema della collocazione del ruolo del Presidente della Repubblica nel contesto del procedimento legislativo.
Il mio subemendamento, infatti, intende proteggere l'indirizzo politico del Governo di fronte al Senato federale. Si potrebbe tuttavia finire per esporre il Presidente della Repubblica in misura forse eccessiva al centro della contesa politica tra gli schieramenti, soprattutto nella logica bipolare ormai acquisita nel nostro sistema costituzionale, anche alla luce della nuova formulazione dell'emendamento della Commissione 13.253 che richiama l'articolo 120, secondo comma, della Costituzione. Con il mio emendamento invece si intende precisare che il Presidente della Repubblica, proprio perché garante della Costituzione e non parte politica, deve verificare i soli presupposti di ordine costituzionale legati alla prevista autorizzazione. Quindi, sostanzialmente, deve operare una mera verifica di legittimità (Applausi dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà.

GIANCLAUDIO BRESSA. Signor Presidente, mi dispiace deludere l'onorevole Armani, ma questa è una pallidissima foglia di fico, a meno che lui non riesca a spiegare all'Assemblea quali sono i presupposti costituzionali della verifica dei punti che sono essenziali per l'attuazione del programma politico del Governo. Se lui mi dice che c'è una questione o una ipotesi di vizio di costituzionalità, io mi rassereno, perché da questo momento in poi potremo andare davanti alla Corte costituzionale per far decadere i Governi. Infatti, se un programma di Governo è soggetto a legittimità costituzionale, non so dove andremo a finire. Il suo subemendamento, mi dispiace per lei, non serve assolutamente a nulla (Applausi dei deputati dei gruppi della Margherita, DL-L'Ulivo e Misto-Comunisti italiani)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole D'Alia. Ne ha facoltà.

GIAMPIERO D'ALIA. Signor Presidente, intervengo brevemente. Intanto vorrei rasserenare il collega Bressa (capisco che l'ora è tarda). Noi, nel Comitato dei nove, avevamo dato un parere contrario al subemendamento del collega Armani, ma credo che, anche alla luce delle considerazioni di alcuni colleghi dell'opposizione, sarebbe opportuno, se non rivedere il parere, almeno votare a favore dell'emendamento (cosa che farà il mio gruppo). Collega Bressa, il problema non è la foglia di fico. È evidente che la competenza di cui parliamo si innesta nel procedimento legislativo a prevalenza Senato, che, in base all'articolo 117, riguarda la materia della legislazione concorrente. Questa materia in parte ha contenuto ordinamentale e può anche essere svincolata dall'attività di indirizzo politico e, quindi, è giusto che il Senato la esamini senza avere alcuna ipoteca governativa.
Ma, come è noto, per come è stato configurato l'articolo 117 - non da noi -, una serie di materie sono certamente riconducibili all'attività di indirizzo politico del Governo; a tale riguardo, è evidente che, laddove le modifiche rientrino nell'ambito delle priorità del programma e siano «approvate dalla Camera» - così recita il testo modificato dalla Commissione -, è necessario che il Governo eserciti legittimamente il suo diritto-dovere di realizzare il programma.

MARCO BOATO. Questo lo diceva anche la nostra proposta emendativa!

GIAMPIERO D'ALIA. Mi dispiace, peraltro, che l'aggiunta da noi fatta - con riferimento alla tutela delle finalità di cui all'articolo 120 - sia stata sottovalutata a tal punto dal centrosinistra da proporne la soppressione; ma si tratta di un altro tema.
Evidentemente, il Capo dello Stato, trattandosi della possibilità di un potenziale conflitto tra il premier ed una Camera non legata dal rapporto fiduciario con il premier stesso, prima di innescare tale meccanismo deve verificare se, costituzionalmente, quanto il Governo compie rientra nell'ambito delle sue prerogative e dell'attività di indirizzo politico.

PRESIDENTE. Onorevole...

GIAMPIERO D'ALIA. Quindi, è solo per questa ragione che annunciamo il nostro voto favorevole all'approvazione della proposta emendativa in questione.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, Gerardo Bianco. Ne ha facoltà.

GERARDO BIANCO. Signor Presidente, ritengo che il subemendamento presentato dall'onorevole Armani sia stato dettato da una disposizione d'animo gentile. In un certo senso, il termine «invita» può quasi evocare una serie di convenevoli (quali: si accomodi lei, prego, e via dicendo); infatti, viene così a verificarsi una sorta di invito e di possibile ripulsa da parte del Governo.
Quindi, è chiaro che ci troviamo dinanzi all'introduzione di una «tenera nota» all'interno della Costituzione, che peraltro, poi, per così dire, lascia tutto il tempo che trova. Voglio infatti far notare all'onorevole D'Alia che egli, appartenendo ad un movimento che usa lo slogan: «io centro», sarebbe stato meglio avesse potuto dire: io non c'entro, con questa manipolazione della Costituzione (Applausi dei deputati dei gruppi della Margherita, DL-L'Ulivo e dei Democratici di sinistra-L'Ulivo)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Mantini. Ne ha facoltà.

PIERLUIGI MANTINI. Voglio solo ringraziare il collega D'Alia per la descrizione della norma e del meccanismo ad essa sotteso, ma vorrei rivolgergli una domanda. Domanda che non è originale in quanto è stata già formulata dalla dottrina ed è insita in riflessioni già svolte al riguardo. Perché, nelle materie a legislazione concorrente, costruite un meccanismo a prevalenza Senato anziché a competenza paritaria per poi, invece, far riassumere dalla Camera la competenza del Senato solo perché il premier ritiene che debba essere così, in ciò coinvolgendo il Capo dello Stato?
È una domanda semplice che postula anche, come risposta, un modello secondo il quale le materie a legislazione concorrente siano a competenza paritaria tra le due Camere; il problema di recuperare la supremazia del Senato attraverso il coinvolgimento del Capo dello Stato non si dovrebbe proprio porre.
Si tratta di un risiko, un labirinto che state creando per riproporre, anche su tale aspetto, una sorta di bilanciamento tra devolution, per così dire, con carità di patria e supremazia dell'interesse nazionale, secondo uno schema che sta sciaguratamente portando a danneggiare la Costituzione e che, in questo specifico punto, ci porta alla paralisi ed al ridicolo (Applausi dei deputati del gruppo della Margherita, DL-L'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Violante. Ne ha facoltà.

LUCIANO VIOLANTE. Signor Presidente, più si legge questa proposta e più veramente non la si comprende, almeno dal mio punto di vista. Innanzitutto, la differenza tra autorizzare ed invitare è nota a tutti; parlo del subemendamento Armani. È chiaro che siamo contro l'approvazione del subemendamento Armani in quanto il meccanismo dell'invito...

PRESIDENTE. Onorevole, mi sembra stiamo discutendo dell'altro subemendamento a firma Armani...

LUCIANO VIOLANTE. La ringrazio, Presidente, ma ai fini del mio ragionamento è lo stesso. Volevo infatti richiamare l'attenzione dei colleghi sul seguente elemento. È scritto: «Il Presidente della Repubblica (...) può autorizzare (...)». Poi, si prevede che, «se tali modifiche non sono accolte dal Senato», scatta la procedura speciale. Però, nulla è scritto con riferimento al caso in cui il Presidente della Repubblica abbia autorizzato.
Allora, ho l'impressione che, leggendo il testo in oggetto, la procedura sia monca, nel senso che non si fa riferimento al procedimento successivo all'autorizzazione del Capo dello Stato. Si prevede, infatti, che se il Governo ritiene che le sue modifiche proposte ad un disegno di legge siano essenziali per l'attuazione del suo programma, chiede al Presidente della Repubblica di essere autorizzato ad esporne le motivazioni; il Capo dello Stato potrebbe rifiutarsi, ma allora questo potrebbe aprire un conflitto.
Inoltre, dal momento che non è previsto cosa dovrebbe accadere successivamente nel caso in cui il Capo dello Stato dovesse, sì, autorizzare il Primo ministro, ma le modifiche non dovessero essere approvate, vi è il rischio che l'autorizzazione del Presidente della Repubblica sia, sostanzialmente, del tutto inerte, vale a dire priva di effetti.
La vostra intenzione è chiara, ma essa non è scritta nell'emendamento della Commissione. Infatti, volete che quella procedura si attivi soltanto nel caso in cui il Capo dello Stato abbia autorizzato il Governo, ma nella proposta in oggetto ciò non è scritto, poiché prevede che si attiverà soltanto se le modifiche non verranno accolte dal Senato. Si tratta del segno - ma chiedo scusa - del non particolare approfondimento della procedura; soprattutto, dal momento che tutti noi siamo e tutti voi siete persone responsabili, che conoscete i problemi, vorrei francamente rilevare che il meccanismo che avete voluto individuare per controbilanciare il potere del Senato federale non è un meccanismo in grado di funzionare.
Vorrei ribadire, allora, che le leggi o sono bicamerali, ed allora Camera dei deputati ha la preminenza politica, vale a dire l'ultima parola, oppure si creano pasticci - chiedo scusa - di questo genere in quanto, nella proposta avanzata, non è scritto in nessun modo che la procedura prevista dall'ultimo comma verrà attivata soltanto nel caso in cui il Capo dello Stato abbia autorizzato il Primo ministro ad esporre le motivazioni al Senato federale, ferme restando...

PRESIDENTE. Onorevole Violante...

LUCIANO VIOLANTE. ... tutte le obiezioni di carattere sia politico, sia costituzionale che abbiamo mosso su questo coinvolgimento del ruolo del Presidente della Repubblica nell'ambito del procedimento legislativo.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Maura Cossutta. Ne ha facoltà.

MAURA COSSUTTA. Signor Presidente, vorrei osservare che abbiamo un premier che, da una parte, vuole introdurre modifiche ad un disegno di legge sottoposto all'esame del Senato federale nei casi di competenza esclusiva di tale organo, ma, dall'altra può sottrarre al Senato stesso tale esame per trasferire il provvedimento alla Camera deputati, la quale dovrebbe approvare, tra l'altro, in via definitiva le modifiche proposte, diventando, nella sostanza, un braccio esecutivo del Primo ministro.
A parte questo, tuttavia, vorrei rivolgermi all'onorevole Armani ed ai colleghi di Alleanza nazionale, poiché hanno introdotto nella nuova Costituzione il principio ambiguo dell'interesse nazionale. Personalmente, prefigurerei l'intervento del Presidente della Repubblica nel caso in cui venga violato il principio dell'interesse nazionale, in quanto il Capo dello Stato è garante super partes dell'interesse della Repubblica, e dunque della nazione. In questo caso, tuttavia, si prevede che il Presidente della Repubblica intervenga a tutela non dell'interesse nazionale, ma del programma di governo di un premier.
Quali sono, allora, i presupposti costituzionali? Onorevole Armani, vorrei dirle che si sta arrampicando sugli specchi! Ritengo che sarebbe molto meglio che lei votasse contro la proposta in questione!

DONATO BRUNO, Relatore. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DONATO BRUNO, Relatore. Signor Presidente, ho seguito il dibattito che si è sviluppato; qualcuno ha parlato della proposta emendativa che ci apprestiamo a votare e qualcuno ha parlato di altro, ma succede, attesa la complessità dell'argomento che stiamo trattando.
Ringrazio l'onorevole Boccia per l'intervento che ha svolto, poiché, nel rileggere il testo della Commissione, credo che abbia posto l'attenzione proprio sulle prerogative del Governo e del Presidente della Repubblica, che non dovrebbero preoccupare più di tanto, anziché costituire lo «sfascio» paventato da numerosi colleghi.
Vorrei rispondere, inoltre, al presidente Violante in ordine a cosa accadrebbe una volta che il Presidente della Repubblica abbia autorizzato il Primo ministro ad esporre le sue motivazioni al Senato federale. In tal caso, credo che la norma lo preveda chiaramente: il provvedimento rimane di competenza del Senato federale, che deve decidere entro 30 giorni; se tali modifiche non dovessero essere accolte, il provvedimento verrà successivamente trasmesso alla Camera dei deputati.

Se devo dire la verità, mi è sembrato un modo molto prolisso per dire cose che si leggono abbastanza facilmente; tuttavia, credo a questo punto che abbiano avuto ragione i colleghi della maggioranza nell'averlo precisato in maniera più compiuta, atteso che, fino a questo momento, ancora non è chiaro quale sia l'iter da seguire qualora il Governo ritenga che le proprie modifiche ad un disegno di legge possano essere sottratte alla competenza del Senato.
Detto questo, abbiamo espresso, come Commissione, un parere contrario sul subemendamento Armani 0.13.253.5, ma il dibattito che è seguito - pur non facendomi cambiare il parere, perché la Commissione ciò ha detto - m'induce a lasciare all'Assemblea di decidere ciò che essa ritiene più opportuno.

PRESIDENTE. Sta bene, onorevole Bruno.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul subemendamento Armani 0.13.253.5, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (
Vedi votazioni).
(Presenti 423
Votanti 418
Astenuti 5
Maggioranza 210
Hanno votato
246
Hanno votato
no 172).

Ricordo che i subemendamenti Armani 0.13.253.1 e 0.13.253.2 sono ritirati.
Passiamo alla votazione dell'emendamento 13.253 della Commissione, nel testo riformulato.

DONATO BRUNO, Relatore. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DONATO BRUNO, Relatore. Vorrei precisare che la nuova formulazione dell'emendamento 13.253 della Commissione prevede, alla quinta riga, la sostituzione della parola «votato» con «approvato», nonché l'inserimento, alla sesta riga, dopo la parola «Camera», delle parole «ovvero per la tutela delle finalità di cui all'articolo 120, secondo comma». La Commissione, ovviamente, ne raccomanda l'approvazione.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Alfonso Gianni. Ne ha facoltà.

ALFONSO GIANNI. Signor Presidente, non so se ci rendiamo conto - mi rivolgo a lei ed all'onorevole Donato Bruno - che stiamo modificando l'articolo 70 della Costituzione. Tale articolo consta di una riga e mezza. La modifica complessiva proposta dalla maggioranza fa 112 righe. È una notazione estetica, che ho già fatto su un precedente articolo, ma che ribadisco avere una sua validità.
Immaginiamo una scuola - ed io lodo gli insegnanti che scelgono per l'educazione civica non un testo di commento, ma la Costituzione italiana - che presenta (ai suoi nipoti, onorevole Bruno, o ai suoi figli, onorevole Casini) un testo dell'articolo 70, che riguarda la formazione delle leggi, incomprensibile, difficilmente leggibile, lunghissimo e sterminato.
Ci sarà una ragione per la quale si arriva a tal punto? Quando un testo «sbrodola» - mi passi l'espressione, signor Presidente - vuol dire che le idee sono confuse. Vi è una essenzialità, una rarefazione nelle formule di giuristi, frutto di un dibattito, di un'esperienza, di una cultura, di un pensiero e di un confronto. Quando ciò non c'è, quando un testo è lunghissimo, interminabile, confuso ed incomprensibile, vuol dire che tale dibattito non vi è stato ed il pensiero non ha valore.
Nel merito, onorevoli colleghi: siamo di fronte all'introduzione del Governo direttamente nel processo legislativo. Il Governo, cioè, è guardiano dell'esecuzione del programma, ovvero lo è il Presidente della Repubblica, poiché si preoccupa di verificare che i presupposti del programma, della coerenza, della congruenza con quanto il Governo ha deciso e definito vi siano.
In questo caso, ci troviamo di fronte ad una confusione di ruoli istituzionali. Riscontriamo un loro sovrapporsi. La notazione che prima svolgevo sulla lunghezza del testo non è, dunque, peregrina. È dovuta a questo sovrapporsi di ruoli, a questa «complessificazione» di piani, che rende incomprensibile, inaccettabile ed inapplicabile questo testo. Pertanto noi votiamo contro quest'emendamento.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Marone. Ne ha facoltà.

RICCARDO MARONE. Signor Presidente, credo che, se in precedenza la formula era oscura e confusa, dopo l'intervento dell'onorevole D'Alia si entri in un ulteriore profilo di oscurità. Se, infatti, abbiamo aggiunto il termine «costituzionali» all'inciso «verificati i presupposti» significa che il Presidente della Repubblica non deve più verificare se si rientri o no nel programma di Governo (che c'entrano, infatti, i presupposti costituzionali con il programma di Governo)? Non ho pertanto capito cosa deve verificare il Presidente della Repubblica. «Verificati i presupposti costituzionali» non riesco francamente a comprendere cosa possa significare.
Tuttavia, abbiamo chiarito che i presupposti che il Presidente della Repubblica deve verificare non concernono il fatto che la modifica rientri o meno nel programma di Governo: infatti, questo lo decide il premier. Il Presidente della Repubblica non deve fare nulla: egli deve solo mettere il cappello e cercare di far finta di riequilibrare i poteri; a meno che non riteniamo che l'espressione «può autorizzare» richiami un'attività discrezionale del Presidente della Repubblica, creando un conflitto tra quest'ultimo e il premier. Non si capisce, infatti, qual è il criterio in base al quale il Presidente della Repubblica può autorizzare o meno il premier: è semplicemente una facoltà del Presidente Repubblica che troviamo incomprensibile.
Vorrei segnalare che tutto ciò avviene in relazione alla possibilità che, sulla base della decisione di un Primo ministro, una Camera possa essere espropriata della sua competenza. Non stiamo ragionando sul fatto che una legge debba o meno essere approvata, se bisogna accelerare un procedimento o attuare rapidamente un programma di Governo: stiamo stabilendo che il leader di una maggioranza può decidere che una Camera di questa Repubblica possa essere espropriata dei propri poteri e di una propria competenza, solo perché vi è una necessità di Governo che lo impone.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà.
Onorevoli colleghi, cerchiamo di comprimere i tempi degli interventi.

GIANCLAUDIO BRESSA. Signor Presidente, l'emendamento 13.253 della Commissione è un vero e proprio fuoco artificiale. Garantisce sicuramente effetti pirotecnici, ma nessuna garanzia sul piano costituzionale. Devo dire la verità: siete riusciti a stupirci! Siamo assolutamente convinti che anche voi siete consapevoli che il quadro che state prospettando con questo procedimento legislativo è sicuramente sballato. La funzione legislativa resta apparentemente incardinata nel Parlamento, ma sono tante e tali le dissociazioni che questo procedimento rischia di grippare e di fondere strada facendo. Avevamo immaginato che il Governo avrebbe potuto aggirare questa impossibilità pratica di gestire la formazione delle leggi, così come l'avete concepita, attraverso strumenti che definirei tradizionali. Ci aspettavamo che voi calcaste molto la mano sulla delega legislativa o stressaste il procedimento con il ricorso a decreti-legge. Invece, vi siete inventati questa follia che ha ottenuto anche l'ultimo botto finale del subemendamento proposto dall'onorevole Armani sui presupposti costituzionali essenziali per l'attuazione del programma votato dalla Camera oppure per l'applicazione dei poteri sostitutivi...

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Bressa.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Acquarone. Ne ha facoltà.

LORENZO ACQUARONE. Signor Presidente, a me pare che eundo il pasticcio cresca. Ci troviamo in una situazione che ha del paradosso: se vi è un Senato riluttante e il Governo ritiene che le modifiche ad un provvedimento siano fondamentali per l'attuazione del suo programma o per l'unità nazionale ai sensi dell'articolo 120, esso si rivolge al Presidente della Repubblica. Quest'ultimo lo autorizza ad esporne le motivazioni, verificati i presupposti costituzionali; dopodiché, se il Senato per ipotesi non accoglie le modifiche, si ritorna nuovamente alla Camera. Questo è il disegno prospettato.
Vediamo, allora, da un punto di vista costituzionale, quali sono le eresie che stiamo compiendo. Il Governo non ha libertà perché è vincolato dal Senato. Può superare il Senato rivolgendosi al Presidente della Repubblica, che in questo modo acquista una funzione politica. Ma non mi preoccupa tanto questo, quanto il fatto che può nascere un conflitto fra il Presidente della Repubblica e il Governo e che, in futuro, può nascere un conflitto tra il Presidente della Repubblica e la Camera, ove quest'ultima, per ipotesi, in ultima analisi non approvi tali modifiche. Il provvedimento viene, quindi, presentato al Senato, ma il Governo può nuovamente riportarlo alla Camera. E, a questo punto - si tratta ormai di un chiodo fisso - il Presidente del Consiglio ha l'arma del ricatto: infatti, alla Camera può esercitare il potere di scioglimento.
Quindi, una materia che era del Senato sfugge al Senato per ritornare alla Camera, perché mentre per il Senato non c'è il potere di scioglimento per la Camera sì. Mi pare che francamente ci vuole della fantasia per mettere in piedi un pasticcio costituzionale di questo tipo! Qui non si tratta di fare un discorso di fantasia, qui stiamo giocando su una cosa seria: giochiamo sulla Costituzione. Allora, siccome non c'è assolutamente uno spirito costituente, ma c'è uno spirito mercantile di do ut des (per cui qualcosa sta bene alla Lega, qualcosa ad Alleanza nazionale, a Forza Italia, pur di rimanere al Governo, gli va bene proprio tutto), in questa situazione veramente stiamo facendo oltraggio alla nostra Costituzione (Applausi dei deputati dei gruppi della Margherita, DL-L'Ulivo e Misto-Popolari-UDEUR).

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 13.253 (Nuova formulazione) della Commissione nel testo subemendato, accettato dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (
Vedi votazioni).
(Presenti 396
Votanti 393
Astenuti 3
Maggioranza 197
Hanno votato
246
Hanno votato
no 147).

RENZO INNOCENTI. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

RENZO INNOCENTI. Circa un'ora fa ho richiamato la sua attenzione e quella di tutti i colleghi ad una questione legata alla molteplice utilizzazione dei «pianisti» per raggiungere il numero legale (Commenti dei deputati del gruppo della Lega Nord Federazione Padana).

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi...

RENZO INNOCENTI. Ho visto dei colleghi che sono dei record ...(Commenti dei deputati dei gruppi di Forza Italia e della Lega Nord Federazione Padana). Signor Presidente, richiamo la sua attenzione, con tutto il rispetto, in modo tale che tale comportamento abbia termine, perché non è possibile mandare avanti la seduta in una condizione in cui, quando si arriva al voto, si quadruplicano addirittura, come ho visto fare in questa circostanza, i voti in un banco. Credo che sia una cosa insopportabile.

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'emendamento Bressa 13.52.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà.

GIANCLAUDIO BRESSA. Onorevole Bruno, noi non ritiriamo questo emendamento perché qui c'è una clausola che, se voi aveste avuto un minimo di saggezza, avreste fatto vostra.
Leggo il primo comma dell'emendamento 13.52: «I disegni di legge che contengano disposizioni relative a materie per cui si dovrebbero applicare procedimenti diversi sono approvate secondo quello più aggravato». Questo criterio avrebbe significato l'automatismo, avrebbe eliminato un sacco di complicazioni, di passaggi, di intese tra i Presidenti e avrebbe restituito al Parlamento la possibilità di legiferare in maniera decente, non dico accettabile.
Siccome gli automatismi li avete riservati tutti alla forma di Governo - e ci divertiremo quando arriveremo a quel punto! - capisco che la vostra fantasia sia esaurita.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Soda. Ne ha facoltà.

ANTONIO SODA. Questo emendamento contiene al primo comma un principio che può risolvere un problema nel quale la Commissione - se ho ben capito - anche con la nuova formulazione si sta avvitando.
Ha ragione l'onorevole Gianni quando dice che l'articolo 70 è incomprensibile perché abbiamo ben sei tipi di leggi: leggi bicamerali a prevalenza della Camera; leggi bicamerali a prevalenza del Senato; leggi a competenza paritaria; leggi a competenza paritaria ma elaborate da una Commissione paritetica che espropria l'iniziativa legislativa dei singoli deputati, che non possono presentare emendamenti, come rilevato dall'onorevole Cossutta e da tanti altri colleghi; leggi di attuazione del programma, che seguono il loro percorso con questo intervento aberrante del Presidente della Repubblica.
In questo labirinto il filo di Arianna è affidato a lei, Presidente, e all'altro capro espiatorio del Presidente del Senato per definire la tipologia nella quale andare a inserire un disegno, un progetto o una proposta di legge.
Indubbiamente, i due Presidenti delle Camere saranno affiancati da uno stuolo di tecnici e di funzionari che dovranno definire se una certa legge sulla sanità è esclusiva, o interferisce con l'organizzazione, o interferisce con la sicurezza del lavoro, o interferisce con l'ordinamento amministrativo dei medici, o interferisce con la polizia sanitaria, o con la polizia mortuaria. I due Presidenti dovranno dire se tale proposta di legge è di competenza esclusiva della Camera politica.
In tutti gli Stati federali le Corti costituzionali hanno scoperto che le materie, che sono dei nomen juris, delle indicazioni di lessico, sono per loro natura trasversali. La nostra Corte ha detto che ogni materia ha una capacità espansiva. L'urbanistica, ad esempio, attiene al governo del territorio, attiene al diritto penale quando si sanziona un comportamento gravemente spregiativo dell'ambiente, attiene alle infrastrutture, attiene ai trasporti, e così via. Cosa ha scoperto il mondo che voi non volete scoprire? Ha scoperto che la materia in sé, come assioma o come fenomeno esaustivo ed integrale, non esiste.

PRESIDENTE. Onorevole Soda...

ANTONIO SODA. Concludo, signor Presidente.
Perciò gli Stati federali hanno usato o la clausola di salvaguardia, o la clausola di prevalenza.
A me sembra che voi facciate come Don Ferrante. Egli, di fronte alla peste, diceva che in rerum natura vi è o la sostanza o l'accidente. Siccome la peste non è né sostanza né accidente, ergo la peste non esiste. Voi dite che una deve essere la tipologia della materia e della legge. I singoli parlamentari che vorranno, ad esempio, presentare una proposta di legge sulla sanità dovranno stare attenti a non disciplinare l'ordinamento dei medici, la polizia sanitaria, eccetera.
No, caro professor Bruno, non è così. Le materie sono trasversali. Poiché voi proibite le materie trasversali, che esistono in natura, ergo le materie trasversali non esistono, proprio come diceva Don Ferrante (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-L'Ulivo, della Margherita, DL-L'Ulivo, Misto-Comunisti italiani e Misto-Verdi-L'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Pisapia. Ne ha facoltà.

GIULIANO PISAPIA. Signor Presidente, preannuncio l'espressione del voto favorevole sull'emendamento in esame, perché, con poche parole, si riesce a chiarire un articolo fondamentale della nuova Costituzione, della controriforma costituzionale che è assolutamente incomprensibile. Se vi fosse stato l'esame del Comitato per la legislazione - lo dico con assoluta schiettezza - sarebbe stata bocciata perché incomprensibile da parte di tutti i cittadini, non solo da parte dei costituzionalisti e degli operatori del diritto.
Credo non sia concepibile che un testo costituzionale, che deve essere compreso da tutti i cittadini affinché possano esercitare i loro diritti, sia invece assolutamente illeggibile dal punto di vista razionale, lessicale e logico.
Vi prego di leggere alcuni commi di questo articolo: la funzione legislativa dello Stato è esercitata collettivamente dalle due Camere per l'esame dei disegni di legge concernenti le materie, di cui agli articoli 117, secondo comma (lettere m) e p)), e 119 e così via. Ma come pensate che il semplice cittadino possa capire i suoi diritti da questo articolo di legge?
Vorrei esprimere solo alcune considerazioni, perché il tempo è tiranno, come, purtroppo, è tiranna, lo dico con estrema schiettezza, questa maggioranza che non tiene conto delle ragionevoli osservazioni espresse dall'opposizione.
Stiamo creando due vulnus fondamentali. Per quanto riguarda il primo, i soggetti che devono mantenere un certo equilibrio, che devono essere super partes, come i Presidenti della Camera e del Senato, saranno costretti ad assumere decisioni di carattere politico, con tutti i conflitti di attribuzione che ciò comporta.
Il secondo è veramente insuperabile se questo articolo verrà approvato. Oggi vi è un Presidente della Repubblica, giustamente chiamato a censurare il Parlamento eletto dal popolo solo in due casi: quando viene approvata una legge che non ha copertura finanziaria o quando è manifestamente anticostituzionale. In questo caso, invece, il Presidente della Repubblica dovrà esprimere valutazioni politiche; il che comporterà, ancora una volta, conflitti di competenza, di attribuzione e, soprattutto, conflitti politici che, sicuramente, non aiutano il paese né lo sviluppo della democrazia.

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, al fine di evitare discussioni, vi anticipo che questo sarà l'ultima votazione di oggi.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Bressa 13.52, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (
Vedi votazioni).
(Presenti 367
Votanti 365
Astenuti 2
Maggioranza 183
Hanno votato
130
Hanno votato
no 235).

DONATO BRUNO, Relatore. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DONATO BRUNO, Relatore. Signor Presidente, saremmo dovuti passare all'emendamento 13.254 (Nuova formulazione) della Commissione al quale sono stati presentati diversi subemendamenti. Il Comitato dei nove, si riunirà domani mattina alle 8,30, esprimerà il parere su questi ultimi e, quindi, si potrà proseguire l'esame.

PRESIDENTE. Sta bene. Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

 


 

 


 

Allegato A
Seduta n. 526 del 12/10/2004

 


DISEGNO DI LEGGE COSTITUZIONALE: S. 2544 - MODIFICAZIONI DI ARTICOLI DELLA PARTE II DELLA COSTITUZIONE (APPROVATO, IN PRIMA DELIBERAZIONE, DAL SENATO DELLA REPUBBLICA) (4862) ED ABBINATE PROPOSTE DI LEGGE COSTITUZIONALI ZELLER ED ALTRI; BIELLI; SPINI E ANGIONI; BUTTIGLIONE ED ALTRI; CONTENTO; COLA; PISAPIA; SELVA; SELVA; SELVA; BIANCHI CLERICI; PERETTI; VOLONTÈ; PISAPIA; LUSETTI ED ALTRI; ZACCHEO; MANTINI ED ALTRI; SODA; OLIVIERI E KESSLER; COSTA; SERENA; PISICCHIO ED ALTRI; BOLOGNESI ED ALTRI; PAROLI; BUONTEMPO; ZELLER ED ALTRI; COLLÈ; VITALI ED ALTRI; MAURANDI ED ALTRI; OLIVIERI; BOATO; STUCCHI; CENTO; MONACO; PACINI; CONSIGLIO REGIONALE DELLA PUGLIA; CONSIGLIO REGIONALE DELLA PUGLIA; CHIAROMONTE ED ALTRI; CABRAS ED ALTRI; MANTINI; LA MALFA; BRIGUGLIO ED ALTRI; FRANCESCHINI; PISAPIA; COSTA; PERROTTA ED ALTRI; FIORI (72-113-260-376-468-582-721-874-875-877-966-1162-1218-1287-1403-1415-1608-1617-1725-1805-1964-2027-2116-2123-2168-2320-2413-2568-2909-2994-3058-3489-3523-3531-3541-3572-3573-3584-3639-3684-3707-3885-4023-4393-4451-4805-5044)

 

(A.C. 4862 ed abb. - Sezione 1)

 

ARTICOLO 24 DEL DISEGNO DI LEGGE COSTITUZIONALE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE

 

Art. 24.
(Controfirma degli atti presidenziali).

1. L'articolo 89 della Costituzione è sostituito dal seguente:
«Art. 89. - Nessun atto del Presidente della Repubblica è valido se non è controfirmato dai ministri proponenti, che ne assumono la responsabilità.
Gli atti che hanno valore legislativo e gli altri indicati dalla legge sono controfirmati anche dal Primo ministro.
Non sono proposti né controfirmati dal Primo ministro o dai ministri i seguenti atti del Presidente della Repubblica: la richiesta di una nuova deliberazione alle Camere ai sensi dell'articolo 74, i messaggi alle Camere, la concessione della grazia, la nomina dei senatori a vita, la nomina dei giudici della Corte costituzionale di sua competenza, lo scioglimento della Camera dei deputati ai sensi dell'articolo 88, la nomina del Vice Presidente del Consiglio superiore della magistratura nonché le nomine dei presidenti delle Autorità amministrative indipendenti e le altre nomine che la legge attribuisce alla sua esclusiva competenza».

 

PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO 24 DEL DISEGNO DI LEGGE COSTITUZIONALE

 

ART. 24.
(Controfirma degli atti presidenziali).

Al comma 1, capoverso Art. 89, primo comma, sostituire la parola: proponenti con la seguente: competenti.
*24. 2. Boato, Bressa, Leoni, Amici, Cabras, Cusumano, Fistarol, Intini, Loiero, Maccanico, Maran, Marone, Montecchi, Olivieri, Pappaterra, Soda, Mascia, Russo Spena, Maura Cossutta, Zanella, Sgobio.
(Approvato)

Al comma 1, capoverso Art. 89, primo comma, sostituire la parola: proponenti con la seguente: competenti.
*24. 200. Elio Vito, Anedda, Volontè, Cè, La Malfa, Moroni.
(Approvato)

Al comma 1, capoverso Art. 89, terzo comma, sopprimere le parole: né controfirmati.
24. 201. Elio Vito, Anedda, Volontè, Cè, La Malfa, Moroni.
(Approvato)

Al comma 1, capoverso Art. 89, terzo comma, sopprimere le parole: , la concessione della grazia.
*24. 6. Buontempo, Carrara, Nespoli, Saia, Cristaldi, Losurdo, Patarino.

Al comma 1, capoverso Art. 89, terzo comma, sopprimere le parole: , la concessione della grazia.
*24. 71. Perrotta.

Al comma 1, capoverso Art. 89, terzo comma, dopo le parole: concessione della grazia aggiungere le seguenti: richiesta secondo le modalità previste dalla legge.
24. 80. Carrara, Nespoli, Saia, Cristaldi, Losurdo, Patarino.

Al comma 1, capoverso Art. 89, terzo comma, dopo le parole: concessione della grazia aggiungere le seguenti: e la commutazione delle pene.
24. 3. Bressa, Boato, Leoni, Amici, Cabras, Cusumano, Fistarol, Intini, Loiero, Maccanico, Maran, Marone, Montecchi, Olivieri, Pappaterra, Soda, Maura Cossutta, Zanella, Sgobio, Mascia.
(Approvato)

 

Subemendamento all'emendamento 24.202.

All'emendamento 24. 202., aggiungere, in fine, le parole: , la nomina del Primo ministro.
0. 24. 202. 1. Boccia.
(Testo modificato nel corso della seduta).
(Approvato)

Al comma 1, capoverso Art. 89, terzo comma, dopo le parole: ai sensi dell'articolo 88 aggiungere le seguenti: salva l'ipotesi di cui alla lettera a).
24. 202. Elio Vito, Anedda, Volontè, Cè, La Malfa, Moroni.
(Approvato)

Al comma 1, capoverso Art. 89, terzo comma, sostituire le parole da: , la nomina del Vice Presidente fino a: e le altre nomine con le seguenti: e le nomine.
24. 4. Leoni, Bressa, Boato, Amici, Cabras, Cusumano, Fistarol, Intini, Loiero, Maccanico, Maran, Marone, Montecchi, Olivieri, Pappaterra, Soda, Maura Cossutta, Zanella, Sgobio.

 

(A.C. 4862 ed abb. - Sezione 2)

 

ARTICOLO 25 DEL DISEGNO DI LEGGE COSTITUZIONALE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

 

Art. 25.
(Giuramento del Presidente della Repubblica).

1. L'articolo 91 della Costituzione è sostituito dal seguente:
«Art. 91. - Il Presidente della Repubblica, prima di assumere le sue funzioni, presta giuramento di fedeltà alla Repubblica e di osservanza della Costituzione dinanzi all'Assemblea della Repubblica».

 

PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO 25 DEL DISEGNO DI LEGGE COSTITUZIONALE

 

ART. 25.
(Giuramento del Presidente della Repubblica).

Sopprimerlo.
*25. 1. Mascia, Russo Spena.

Sopprimerlo.
*25. 70. Boato, Bressa, Leoni, Amici, Cabras, Cusumano, Fistarol, Intini, Loiero, Maccanico, Maran, Marone, Montecchi, Olivieri, Pappaterra, Soda, Maura Cossutta, Zanella, Sgobio.

 

A.C. 4862 ed abb. - Sezione 3)

 

ARTICOLO 31 DEL DISEGNO DI LEGGE COSTITUZIONALE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE

 

Capo IV
MODIFICHE AL TITOLO IV DELLA PARTE II DELLA COSTITUZIONE

 

Art. 31.
(Elezione del Consiglio superiore della magistratura).

1. All'articolo 104, quarto comma, della Costituzione, le parole: «e per un terzo dal Parlamento in seduta comune» sono sostituite dalle seguenti: «per un sesto dalla Camera dei deputati e per un sesto dal Senato federale della Repubblica integrato dai Presidenti delle Giunte delle Regioni e delle Province autonome di Trento e di Bolzano».
2. All'articolo 104 della Costituzione, il quinto comma è sostituito dal seguente:
«Il Presidente della Repubblica nomina il Vice Presidente del Consiglio superiore della magistratura nell'ambito dei componenti eletti dalle Camere».

 

PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO 31 DEL DISEGNO DI LEGGE COSTITUZIONALE

 

Capo IV
MODIFICHE AL TITOLO IV DELLA PARTE II DELLA COSTITUZIONE

 

ART. 31.
(Elezione del Consiglio superiore della magistratura).

Sopprimerlo.

Conseguentemente, all'articolo 43, sopprimere il comma 7.
*31. 1. Leoni, Boato, Bressa, Amici, Cabras, Cusumano, Fistarol, Intini, Loiero, Maccanico, Maran, Marone, Montecchi, Olivieri, Pappaterra, Soda, Maura Cossutta, Zanella, Sgobio, Pistone.

Sopprimerlo.

Conseguentemente, all'articolo 43, sopprimere il comma 7.
*31. 3. Mascia, Pisapia.

Sostituirlo con il seguente:
Art. 31. (Elezione del Consiglio superiore della magistratura). - 1. All'articolo 104, quarto comma, della Costituzione, le parole: «dal Parlamento in seduta comune» sono sostituite dalle seguenti «dalla Camera dei Deputati».

Conseguentemente, all'articolo 43, comma 7, sostituire le parole: il Senato federale della Repubblica con le seguenti: la Camera dei deputati.
31. 5. Boato, Bressa, Leoni, Amici, Cabras, Cusumano, Fistarol, Intini, Loiero, Maccanico, Maran, Marone, Montecchi, Olivieri, Pappaterra, Soda, Zanella.

Sopprimere il comma 1.

Conseguentemente, all'articolo 43, sopprimere il comma 7.
31. 70. Taormina.

Al comma 1, sostituire le parole da: :«e per un terzo fino alla fine del comma con le seguenti: «per due terzi» fino a: «dal Parlamento in seduta comune» con le seguenti: «per metà da tutti i magistrati ordinari, e per metà dal Parlamento in seduta comune».
31. 71. Taormina.

Al comma 1, sopprimere le parole da: integrato fino alla fine del comma.
*31. 72. Leoni, Bressa, Boato, Maura Cossutta, Deiana, Pappaterra, Cusumano, Zanella.
(Approvato)

Al comma 1, sopprimere le parole da: integrato fino alla fine del comma.
*31. 200. Elio Vito, Anedda, Volontè, Cè, La Malfa, Moroni.
(Approvato)

Sopprimere il comma 2.
31. 9. Bressa, Boato, Leoni, Amici, Cabras, Cusumano, Fistarol, Intini, Loiero, Maccanico, Maran, Marone, Montecchi, Olivieri, Pappaterra, Soda, Maura Cossutta, Zanella, Sgobio.
(Approvato)

All'articolo 31, dopo il comma 2 aggiugnere il seguente:
2-bis. All'articolo 104 della Costituzione, il quinto comma è soppresso.
31. 250. La Commissione.
(Approvato)

Dopo l'articolo 31, aggiungere il seguente:
All'articolo 105 della Costituzione è aggiunto il seguente comma:
«I provvedimenti disciplinari nei riguardi dei magistrati sono applicati da una sezione del Consiglio superiore della magistratura composta da soli membri eletti dal Parlamento. I componenti di tale sezione non possono esercitare alcuna altra funzione».
31. 01. Taormina.

 

(A.C. 4862 ed abb. - Sezione 4)

 

ARTICOLO 41 DEL DISEGNO DI LEGGE COSTITUZIONALE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE

 

Capo VI
MODIFICHE AL TITOLO VI DELLA PARTE II DELLA COSTITUZIONE

 

Art. 41.
(Corte costituzionale).

1. L'articolo 135 della Costituzione è sostituito dal seguente:
«Art. 135. - La Corte costituzionale è composta da quindici giudici. Quattro giudici sono nominati dal Presidente della Repubblica; quattro giudici sono nominati dalle supreme magistrature ordinaria e amministrative; tre giudici sono nominati dalla Camera dei deputati e quattro giudici sono nominati dal Senato federale della Repubblica, integrato dai Presidenti delle Giunte delle Regioni e delle Province autonome di Trento e di Bolzano.
I giudici della Corte costituzionale sono scelti fra i magistrati anche a riposo delle giurisdizioni superiori ordinaria ed amministrative, i professori ordinari di università in materie giuridiche e gli avvocati dopo venti anni di esercizio.
I giudici della Corte costituzionale sono nominati per nove anni, decorrenti per ciascuno di essi dal giorno del giuramento, e non possono essere nuovamente nominati.
Alla scadenza del termine il giudice costituzionale cessa dalla carica e dall'esercizio delle funzioni. Nei successivi tre anni non può ricoprire incarichi di governo, cariche pubbliche elettive o di nomina governativa o svolgere funzioni in organi o enti pubblici individuati dalla legge.
La Corte elegge tra i suoi componenti, secondo le norme stabilite dalla legge, il Presidente, che rimane in carica per un triennio, ed è rieleggibile, fermi in ogni caso i termini di scadenza dall'ufficio di giudice. L'ufficio di giudice della Corte è incompatibile con quello di membro del Parlamento, di un Consiglio regionale, con l'esercizio della professione di avvocato e con ogni carica ed ufficio indicati dalla legge.
Nei giudizi d'accusa contro il Presidente della Repubblica intervengono, oltre i giudici ordinari della Corte, sedici membri tratti a sorte da un elenco di cittadini aventi i requisiti per l'eleggibilità a deputato, che la Camera dei deputati compila ogni nove anni mediante elezione con le stesse modalità stabilite per la nomina dei giudici ordinari».

2. L'articolo 3 della legge costituzionale 22 novembre 1967, n. 2, è sostituito dal seguente:
«Art. 3. - 1. I giudici della Corte costituzionale nominati dal Senato federale della Repubblica e quelli nominati dalla Camera dei deputati sono eletti a scrutinio segreto e con la maggioranza dei due terzi dei componenti la rispettiva Assemblea. Per gli scrutini successivi al terzo è sufficiente la maggioranza dei tre quinti dei componenti la rispettiva Assemblea».

 

PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO 41 DEL DISEGNO DI LEGGE COSTITUZIONALE

 

Capo VI
MODIFICHE AL TITOLO VI DELLA PARTE II DELLA COSTITUZIONE

 

ART. 41.
(Corte costituzionale).

Sopprimerlo.

Conseguentemente:
all'articolo 43, sopprimere i commi 5 e 6.

*41. 1. Mascia, Pisapia.

Sopprimerlo.

Conseguentemente:
all'articolo 43, sopprimere i commi 5 e 6.

*41. 2. Leoni, Boato, Bressa, Amici, Cabras, Cusumano, Fistarol, Intini, Loiero, Maccanico, Maran, Marone, Montecchi, Olivieri, Pappaterra, Soda, Russo Spena, Maura Cossutta, Zanella, Sgobio.

Al comma 1, capoverso Art. 135, primo comma, primo periodo, sostituire le parole: è composta da quindici giudici fino alla fine del comma, con le seguenti: è composta da diciannove giudici. Tre giudici sono nominati dal Presidente della Repubblica; quattro giudici sono nominati dalle supreme magistrature ordinaria e amministrative; sei giudici sono nominati dalla Camera dei deputati e sei giudici sono nominati dal Senato federale della Repubblica, integrato dai Presidenti delle Giunte delle Regioni e delle Province autonome di Trento e di Bolzano.
41. 74. Perrotta.

Al comma 1, capoverso Art. 135, primo comma, sostituire il secondo periodo con il seguente: Cinque giudici sono nominati dal Presidente della Repubblica e dieci dal Parlamento in seduta comune.

Conseguentemente:
sopprimere il comma 2
all'articolo 43, sopprimere i commi 5 e 6.

41. 70. Taormina.

Al comma 1, capoverso Art. 135, primo comma, secondo periodo, sostituire le parole da: quattro giudici sono nominati dalle supreme magistrature fino alla fine del comma con le seguenti: cinque giudici sono nominati dalle supreme magistrature ordinaria e amministrativa; tre giudici sono nominati dalla Camera dei deputati; tre giudici sono nominati dal Senato federale della Repubblica.
41. 5. Bressa, Leoni, Boato, Amici, Cabras, Cusumano, Fistarol, Intini, Loiero, Maccanico, Maran, Marone, Montecchi, Olivieri, Pappaterra, Soda, Zanella.

Al comma 1, capoverso Art. 135, primo comma, secondo periodo, sopprimere le parole da: , integrato fino alla fine del periodo.
41. 75. Boato, Leoni, Bressa, Maura Cossutta, Valpiana, Pappaterra, Cusumano, Zanella.

Al comma 1, capoverso Art. 135, quinto comma, aggiungere, in fine, il seguente periodo: Non sono eleggibili a Presidente i giudici negli ultimi diciotto mesi del loro mandato, salvo in caso di rielezione.
41. 9. Leoni, Boato, Bressa, Amici, Cabras, Cusumano, Fistarol, Intini, Loiero, Maccanico, Maran, Marone, Montecchi, Olivieri, Pappaterra, Soda, Zanella.

Al comma 1, capoverso Art. 135, sesto comma, aggiungere, in fine, il seguente periodo: Non possono essere nominati giudici della Corte coloro che hanno ricoperto, nei cinque anni antecedenti alla nomina, la carica di membro del Parlamento o di un Consiglio regionale.
41. 71. Perrotta.

Al comma 2, capoverso Art. 3, secondo periodo, sostituire le parole: dei tre quinti fino alla fine del comma con le seguenti: assoluta dei componenti la rispettiva Assemblea, garantendo la presenza di almeno un nominativo indicato dalla minoranza.
1-bis. I giudici della Corte costituzionale non possono essere iscritti ad alcun partito durante il mandato. Non possono altresì essere nominati giudici della Corte coloro che, nell'anno antecedente alla data della loro nomina, risultano essere stati iscritti ad un partito politico.
41. 73. Perrotta.

Al comma 2, capoverso Art. 3, secondo periodo, sostituire le parole: dei tre quinti con la seguente: assoluta.
41. 72. Perrotta.

 

(A.C. 4862 ed abb. - Sezione 5)

 

ARTICOLO 42 DEL DISEGNO DI LEGGE COSTITUZIONALE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

 

Art. 42.
(Referendum sulle leggi costituzionali).

1. All'articolo 138 della Costituzione, il terzo comma è abrogato.

 

PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO 42 DEL DISEGNO DI LEGGE COSTITUZIONALE

 

ART. 42.
(Referendum sulle leggi costituzionali).

Sopprimerlo.
*42. 3. Boato, Bressa, Leoni, Amici, Cabras, Cusumano, Fistarol, Intini, Loiero, Maccanico, Maran, Marone, Montecchi, Olivieri, Pappaterra, Soda, Russo Spena, Maura Cossutta, Zanella, Sgobio.

Sopprimerlo.
*42. 70. Mascia, Pisapia.

Dopo il comma 2, aggiungere il seguente:
3. All'articolo 138 della Costituzione, sono aggiunti, in fine, i seguenti commi: «Le leggi costituzionali di revisione degli statuti delle Regioni Friuli-Venezia Giulia, Sardegna, Sicilia, Trentino-Alto Adige, Valle d'Aosta sono approvate da ciascuna Camera e dall'organo legislativo della Regione interessata, con la procedura di cui al primo comma.
Le leggi costituzionali di revisione degli statuti regionali, di cui al comma precedente, non sono sottoposte a referendum nazionale».
42. 71. Maurandi, Carboni, Ladu, Tonino Loddo, Soro.

 

(A.C. 4862 ed abb. - Sezione 6)

 

ARTICOLO 13 DEL DISEGNO DI LEGGE COSTITUZIONALE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE

 

Art. 13.
(Formazione delle leggi).

1. L'articolo 70 della Costituzione è sostituito dal seguente:
«Art. 70. - La Camera dei deputati esamina i disegni di legge concernenti le materie di cui all'articolo 117, secondo comma, ivi compresi i disegni di legge attinenti ai bilanci ed al rendiconto consuntivo dello Stato, nonché i disegni di legge concernenti il coordinamento di cui all'articolo 118, terzo comma, primo periodo, salvo quanto previsto dal terzo comma del presente articolo. Dopo l'approvazione da parte della Camera dei deputati, tali disegni di legge sono trasmessi al Senato federale della Repubblica. Il Senato, su richiesta di due quinti dei propri componenti formulata entro dieci giorni dalla trasmissione, esamina il disegno di legge. Entro i trenta giorni successivi il Senato delibera e può proporre modifiche sulle quali la Camera dei deputati decide in via definitiva. I termini sono ridotti alla metà per i disegni di legge di conversione dei decreti-legge. Qualora il Senato federale della Repubblica non proponga modifiche entro i termini previsti, la legge è promulgata ai sensi degli articoli 73 e 74.
Il Senato federale della Repubblica esamina i disegni di legge concernenti la determinazione dei princìpi fondamentali nelle materie di cui all'articolo 117, terzo comma, salvo quanto previsto dal terzo comma del presente articolo. Tali disegni di legge, dopo l'approvazione da parte del Senato federale della Repubblica, sono trasmessi alla Camera dei deputati. La Camera dei deputati, su richiesta di due quinti dei propri componenti formulata entro dieci giorni dalla trasmissione, esamina il disegno di legge. Entro i trenta giorni successivi la Camera dei deputati delibera e può proporre modifiche sulle quali il Senato federale della Repubblica decide in via definitiva. Qualora la Camera dei deputati non proponga modifiche entro i termini previsti, la legge è promulgata ai sensi degli articoli 73 e 74. Qualora il Governo dichiari che le modifiche proposte dalla Camera dei deputati sono essenziali per l'attuazione del suo programma e tali modifiche siano approvate dalla Camera dei deputati ai sensi dell'articolo 94, secondo comma, il disegno di legge è approvato dalla Camera dei deputati in via definitiva con le modifiche proposte, salvo che, entro trenta giorni dalla data di trasmissione del disegno di legge, il Senato federale della Repubblica deliberi di non accogliere le modifiche, con la maggioranza dei tre quinti dei propri componenti. I termini sono ridotti alla metà per i disegni di legge di conversione dei decreti-legge.
La funzione legislativa dello Stato è esercitata collettivamente dalle due Camere per l'esame dei disegni di legge concernenti la perequazione delle risorse finanziarie e le materie di cui all'articolo 119, e dei disegni di legge concernenti la determinazione dei princìpi fondamentali sull'armonizzazione dei bilanci pubblici ed il coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario, la tutela della concorrenza, la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale, le norme generali sulla tutela della salute, le funzioni fondamentali di Comuni, Province e Città metropolitane, il sistema di elezione della Camera dei deputati e del Senato federale della Repubblica, nonché nei casi in cui la Costituzione rinvia espressamente alla legge dello Stato o alla legge della Repubblica, di cui agli articoli 33, sesto comma, 114, terzo comma, 117, commi quinto e nono, 118, commi secondo e terzo, secondo periodo, 120, secondo e terzo comma, 122, primo comma, 125, 132, secondo comma, 133, primo comma, e 137, secondo comma. Se un disegno di legge non è approvato dalle due Camere nel medesimo testo dopo una lettura da parte di ciascuna Camera, i Presidenti delle due Camere convocano, d'intesa tra di loro, una commissione mista paritetica, composta secondo il criterio di proporzionalità rispetto alla composizione delle due Camere, incaricata di proporre un testo sulle disposizioni su cui permane il disaccordo tra le due Camere. Il testo proposto dalla commissione mista paritetica è sottoposto all'approvazione delle due Assemblee e su di esso non sono ammessi emendamenti.
I Presidenti del Senato federale della Repubblica e della Camera dei deputati, d'intesa tra di loro, decidono le eventuali questioni di competenza tra le due Camere in ordine all'esercizio della funzione legislativa. I Presidenti possono deferire la decisione ad un comitato paritetico, composto da quattro deputati e da quattro senatori, designati dai rispettivi Presidenti sulla base del criterio di proporzionalità rispetto alla composizione delle due Camere. La decisione dei Presidenti o del comitato non è sindacabile in alcuna sede».

 

PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO 13 DEL DISEGNO DI LEGGE COSTITUZIONALE

 

ART. 13.
(Formazione delle leggi).

Sopprimerlo.
13. 73. Boato, Bressa, Leoni, Amici, Cabras, Cusumano, Fistarol, Intini, Loiero, Maccanico, Maran, Marone, Montecchi, Olivieri, Pappaterra, Soda, Mascia, Russo Spena, Maura Cossutta, Zanella, Sgobio.

Al comma 1, sostituire il capoverso con il seguente:
«Art. 70. - Fatta eccezione per i disegni di legge di cui al secondo comma del presente articolo, per i quali la funzione legislativa è esercitata collettivamente dalle due Camere, la Camera dei deputati esamina i disegni di legge. Tali disegni di legge, dopo l'approvazione da parte della Camera dei deputati, sono trasmessi al Senato federale della Repubblica. Il Senato federale della Repubblica, su richiesta di due quinti dei propri componenti formulata entro dieci giorni dalla trasmissione, esamina il disegno di legge. Entro i trenta giorni successivi il Senato federale della Repubblica delibera e può proporre modifiche sulle quali la Camera dei deputati decide in via definitiva. I termini sono ridotti alla metà per i disegni di legge di conversione dei decreti-legge.
Qualora il Senato federale della Repubblica non proponga modifiche entro i termini previsti, la legge è promulgata ai sensi degli articoli 73 e 74.
La funzione legislativa è esercitata collettivamente dalle due Camere per l'esame dei disegni di legge concernenti le funzioni fondamentali di Comuni, Province e Città metropolitane, il sistema di elezione della Camera dei deputati e del Senato federale della Repubblica, l'istituzione di Commissioni di inchiesta ai sensi dell'articolo 82, i disegni di legge in materia di competenza regionale quando lo richiedano la tutela dell'unità giuridica o economica dello Stato, la perequazione delle risorse finanziarie e le materie di cui all'articolo 119, ad eccezione dei disegni di legge relativi alla manovra di finanza pubblica. Se un disegno di legge non è approvato dalle due Camere nel medesimo testo dopo una lettura da parte di ciascuna Camera, i Presidenti delle due Camere convocano, d'intesa tra di loro, una commissione mista paritetica, composta in base a criteri di proporzionalità, incaricata di proporre un testo sulle disposizioni su cui permane il disaccordo tra le due Camere. Il testo proposto dalla commissione mista paritetica è sottoposto all'approvazione delle due Assemblee e su di esso non sono ammessi emendamenti. Qualora la commissione mista paritetica non sottoponga, entro sessanta giorni dalla data di convocazione, un testo all'approvazione delle due Assemblee, la Camera dei deputati decide in via definitiva con la maggioranza dei due terzi dei propri componenti».
13. 2. Armani, Ghiglia, Coronella, Landolfi.

Al comma 1, sostituire il capoverso con il seguente:
«Art. 70. - La funzione legislativa è esercitata collettivamente dalle due Camere per i disegni di legge di revisione della Costituzione, per gli altri disegni di legge costituzionale, per i disegni di legge di cui al terzo comma dell'articolo 116 e per quelli in materia di perequazione finanziaria di cui al terzo e quinto comma dell'articolo 119.
I disegni di legge nelle materie assegnate alla competenza esclusiva dello Stato sono esaminati ed approvati dalla Camera dei deputati. Dopo l'approvazione da parte della Camera dei deputati, tali disegni di legge sono trasmessi al Senato federale della Repubblica, il quale, su richiesta di due quinti dei suoi componenti, formulata entro dieci giorni dalla trasmissione, li esamina e delibera entro i successivi 30 giorni. Qualora il Senato non approvi o introduca emendamenti al disegno di legge, questo torna all'esame della Camera dei deputati, che si pronuncia definitivamente.
Qualora il Senato non proponga modifiche entro i termini previsti, la legge è promulgata ai sensi degli articoli 73 e 74.
I disegni di legge nelle materie di cui all'articolo 117, terzo comma, e di cui agli articoli 117, secondo comma, lettere m) e p), 117, quinto e nono comma, 118, secondo e terzo comma, 120, secondo comma, 122, primo comma, nonché in materia di sistema di elezione del Senato, sono esaminati dalla Camera dei deputati. Essi vengono quindi trasmessi al Senato, il quale li esamina e delibera entro 60 giorni dalla trasmissione. Qualora il Senato non li approvi o introduca emendamenti, i disegni di legge tornano all'esame della Camera, la quale li approva definitivamente, pronunciandosi a maggioranza assoluta dei componenti. Qualora, a maggioranza dei tre quinti dei componenti, il Senato non approvi o introduca emendamenti ai disegni di legge, si applicano le disposizioni di cui al primo comma, relativamente alle parti di cui il Senato abbia in tal modo rifiutato l'approvazione. Qualora il Senato non proponga modifiche entro i termini previsti, la legge è promulgata ai sensi degli articoli 73 e 74.
I disegni di legge che contengano disposizioni relative a materie per cui si dovrebbero applicare procedimenti diversi sono approvati secondo quello più aggravato.
I termini per l'esame da parte del Senato dei disegni di legge di conversione dei decreti legge sono ridotti a quindici giorni.
Per le leggi di autorizzazione alla ratifica dei trattati internazionali e per le relative norme di esecuzione si applicano i procedimenti previsti per le materie cui i trattati si riferiscono».
13. 18. Leoni, Boato, Bressa, Amici, Cabras, Cusumano, Fistarol, Intini, Loiero, Maccanico, Maran, Marone, Montecchi, Olivieri, Pappaterra, Soda, Zanella.

 

Subemendamento all'emendamento 13. 1.

All'emendamento 13. 1., capoverso Art. 70, primo comma, sostituire le parole da: , ad eccezione dei disegni di legge fino alla fine del comma, con le seguenti: concernenti le materie non comprese nel quarto comma.

Conseguentemente, al medesimo capoverso:
al secondo comma, primo periodo, sostituire le parole da:
che riguardano fino a: dello Stato con le seguenti: di cui al primo comma;

sostituire il quarto, quinto e sesto comma con il seguente:
«La funzione legislativa dello Stato è esercitata collettivamente dalle due Camere per l'esame dei disegni di legge concernenti le materie di cui all'articolo 117, terzo comma, la perequazione delle risorse finanziarie, le funzioni fondamentali dei Comuni, Province e Città metropolitane, i livelli essenziali garantiti su tutto il territorio nazionale, le leggi di coordinamento di cui all'articolo 118, terzo comma, nonché il sistema delle elezioni della Camera dei deputati e del Senato federale della Repubblica. Tali disegni di legge sono presentati al Senato federale della Repubblica e devono essere approvati, nell'identico testo, dalle due Camere».
0. 13. 1. 1. Moroni.

Al comma 1, sostituire il capoverso con il seguente:
«Art. 70. - La Camera dei deputati esamina i disegni di legge, ad eccezione dei disegni di legge di cui al quarto comma del presente articolo, per i quali la funzione legislativa è esercitata collettivamente dalle due Camere.
I disegni di legge che riguardano le materie di cui all'articolo 117, secondo comma e quelli attinenti ai bilanci, ai rendiconti e alla manovra finanziaria dello Stato, dopo l'approvazione da parte della Camera dei deputati, sono trasmessi al Senato federale della Repubblica. Il Senato federale della Repubblica, su richiesta della maggioranza dei propri componenti formulata entro dieci giorni dalla trasmissione, esamina il disegno di legge. Entro i trenta giorni successivi il Senato federale della Repubblica delibera e può proporre modifiche sulle quali la Camera dei deputati decide in via definitiva. I termini sono ridotti alla metà per i disegni di legge di conversione dei decreti-legge.
Qualora il Senato federale della Repubblica non proponga modifiche entro i termini previsti, la legge è promulgata ai sensi degli articoli 73 e 74.
I disegni di legge che riguardano la determinazione dei principi fondamentali nelle materie di cui all'articolo 117, terzo comma, dopo l'approvazione da parte della Camera dei deputati, sono trasmessi al Senato federale della Repubblica. Il Senato federale della Repubblica, su richiesta di un quinto dei propri componenti formulata entro dieci giorni dalla trasmissione, esamina il disegno di legge. Entro i trenta giorni successivi il Senato federale della Repubblica delibera e può proporre modifiche sulle quali la Camera dei deputati decide in via definitiva, potendo respingere tali proposte esclusivamente con la maggioranza assoluta dei propri componenti. I termini sono ridotti alla metà per i disegni di legge di conversione dei decreti-legge. Qualora il Senato federale della Repubblica non proponga modifiche entro i termini previsti, la legge è promulgata ai sensi degli articoli 73 e 74.
La funzione legislativa è esercitata collettivamente dalle due Camere per l'esame dei disegni di legge concernenti le funzioni fondamentali di Comuni, Province e Città metropolitane, il sistema di elezione della Camera dei deputati e del Senato federale della Repubblica, l'istituzione di Commissioni di inchiesta ai sensi dell'articolo 82, i disegni di legge in materia di competenza regionale quando lo richiedano la tutela dell'unità giuridica o economica dello Stato, la perequazione delle risorse finanziarie e le materie di cui all'articolo 119, ad eccezione dei disegni di legge annuali relativi alla manovra finanziaria dello Stato. Se un disegno di legge non è approvato dalle due Camere nel medesimo testo dopo una lettura da parte di ciascuna Camera, i Presidenti delle due Camere convocano, d'intesa tra di loro, una commissione mista paritetica, composta in base a criteri di proporzionalità, incaricata di proporre un testo sulle disposizioni su cui permane il disaccordo tra le due Camere. Il testo proposto dalla commissione mista paritetica composta in base a criteri di proporzionalità è sottoposto all'approvazione delle due Assemblee e su di esso non sono ammessi emendamenti. Qualora la commissione mista paritetica non sottoponga, entro sessanta giorni dalla data di convocazione, un testo all'approvazione delle due Assemblee, la Camera dei deputati decide in via definitiva con la maggioranza dei due terzi dei propri componenti.
I Presidenti del Senato federale della Repubblica e della Camera dei deputati, d'intesa tra di loro, decidono le questioni che insorgono in ordine all'applicazione del secondo, terzo e quarto comma del presente articolo. I Presidenti possono deferire la decisione ad un comitato paritetico, composto da quattro deputati e da quattro senatori, designati dai rispettivi Presidenti sulla base del criterio di proporzionalità rispetto alla composizione delle due Camere. La decisione dei Presidenti o del comitato non è sindacabile in alcuna sede legislativa».
13. 1. Armani, Ghiglia, Coronella, Landolfi.

Al comma 1, capoverso Art. 70, sostituire il primo comma con il seguente:
«I disegni di legge nelle materie assegnate alla competenza esclusiva dello Stato sono esaminati ed approvati dalla Camera dei deputati. Dopo l'approvazione da parte della Camera dei deputati, tali disegni di legge sono trasmessi al Senato federale della Repubblica il quale, su richiesta di due quinti dei propri componenti, formulata entro dieci giorni dalla trasmissione, li esamina e delibera entro i successivi trenta giorni. Qualora il Senato non approvi o introduca emendamenti al disegno di legge, questo torna all'esame della Camera dei deputati, che si pronuncia definitivamente. Qualora il Senato non proponga modifiche entro i termini previsti, la legge è promulgata ai sensi degli articoli 73 e 74».
13. 49. Bressa, Boato, Leoni, Mantovani, Pappaterra, Cusumano, Zanella.

 

Subemendamenti all'emendamento 13. 250.

All'emendamento 13. 250, primo periodo, sostituire le parole da: di cui all'articolo 117 fino alla fine del comma con le seguenti: assegnate alla competenza esclusiva dello Stato. Dopo l'approvazione da parte della Camera dei deputati, tali disegni di legge sono trasmessi al Senato federale della Repubblica, il quale, su richiesta dei due quinti dei suoi componenti, formulata entro dieci giorni dalla trasmissione, li esamina e delibera entro i successivi trenta giorni. Qualora il Senato non approvi o introduca emendamenti al disegno di legge, questo torna all'esame della Camera dei deputati, che si pronuncia definitivamente.
0. 13. 250. 2. Boato, Leoni, Bressa, Mascia, Amici, Cabras, Cusumano, Maura Cossutta, Fistarol, Intini, Loiero, Maccanico, Maran, Marone, Montecchi, Olivieri, Pappaterra, Soda, Zanella, Fanfani.

All'emendamento 13. 250., primo periodo, sostituire le parole: secondo comma con le seguenti: secondo e terzo comma.
0. 13. 250. 1. Armani.

Al comma 1, capoverso Art. 70, sostituire il primo comma con il seguente:
«La Camera dei deputati esamina i disegni di legge concernenti le materie di cui all'articolo 117, secondo comma, fatto salvo quanto previsto dal terzo comma del presente articolo. Dopo l'approvazione da parte della Camera, a tali disegni di legge il Senato federale della Repubblica, entro trenta giorni, può proporre modifiche, sulle quali la Camera dei deputati decide in via definitiva. I termini sono ridotti alla metà per i disegni di legge di conversione dei decreti-legge».
13. 250. La Commissione.
(Approvato)

Al comma 1, capoverso Art. 70, primo comma, primo periodo, dopo le parole: rendiconto consuntivo dello Stato aggiungere le seguenti: e i disegni di legge annuali relativi alla manovra finanziaria dello Stato.
13. 3. Armani, Ghiglia, Coronella, Landolfi.

Al comma 1, capoverso Art. 70, primo comma, primo periodo, sopprimere le parole: , nonché i disegni di legge concernenti il coordinamento di cui all'articolo 118, terzo comma, primo periodo.

Conseguentemente, al medesimo capoverso, terzo comma, primo periodo, dopo le parole: su tutto il territorio nazionale, aggiungere le seguenti: il coordinamento di cui all'articolo 118, terzo comma, primo periodo,
13. 70. Zeller, Collè, Detomas, Brugger, Widmann.

Al comma 1, capoverso Art. 70, primo comma, terzo periodo, sostituire le parole: di due quinti con le seguenti: della maggioranza.
13. 4. Armani, Ghiglia, Coronella, Landolfi.

Al comma 1, capoverso Art. 70, primo comma, quarto periodo, sopprimere le parole: . Entro i trenta giorni successivi il Senato delibera

Conseguentemente, al medesimo capoverso:
al medesimo comma, sopprimere il quinto periodo.
al secondo comma:
al quarto periodo, sopprimere le parole:
. Entro i trenta giorni successivi la Camera dei deputati delibera;
al sesto periodo, sostituire le parole da: in via definitiva fino alla fine del comma con le seguenti: . Il Senato federale della Repubblica delibera in via definitiva con le stesse modalità, ai sensi dell'articolo 94, secondo comma.
13. 74. Taormina.

Al comma 1, capoverso Art. 70, primo comma, quarto periodo, sopprimere le parole: . Entro i trenta giorni successivi il Senato delibera

Conseguentemente, al medesimo capoverso:
al medesimo comma, sopprimere il quinto periodo.
al secondo comma:
al quarto periodo, sopprimere le parole:
. Entro i trenta giorni successivi la Camera dei deputati delibera
al sesto periodo, sostituire le parole da: in via definitiva fino alla fine del comma con le seguenti: . In caso di approvazione, si applicano le disposizioni di cui al terzo comma, secondo e terzo periodo.
13. 75. Taormina.

Al comma 1, capoverso Art. 70, sopprimere il secondo comma.

Conseguentemente, al medesimo capoverso, terzo comma:
al primo periodo, dopo le parole:
l'esame dei disegni di legge concernenti aggiungere le seguenti: la determinazione dei principi fondamentali nelle materie di cui all'articolo 117, terzo comma, e.;
dopo il primo periodo, aggiungere il seguente: L'esame dei disegni di legge concernenti la determinazione dei principi fondamentali nelle materie di cui all'articolo 117, terzo comma, ha inizio presso il Senato federale della Repubblica.;

dopo il terzo periodo, aggiungere i seguenti: Escluso il caso dei disegni di legge concernenti la perequazione delle risorse finanziarie e le materie di cui all'articolo 119, qualora la commissione mista paritetica, entro quaranta giorni dalla data di convocazione, non predisponga un testo da sottoporre alle due Assemblee o queste ultime non deliberino in via definitiva entro quindici giorni dalla data di convocazione, la Camera dei deputati decide in via definitiva. Qualora la deliberazione della Camera dei deputati venga assunta con una maggioranza inferiore ai tre quinti dei propri componenti, il Senato federale della Repubblica, entro trenta giorni dalla data di trasmissione, può deliberare di respingere il disegno di legge a maggioranza dei tre quinti dei propri componenti. I termini sono ridotti alla metà per i disegni di legge di conversione dei decreti-legge.
13. 80. Tabacci, Malgieri, Landolfi, La Malfa, Biondi, Craxi, Cossa, Giuseppe Gianni.

Al comma 1, capoverso Art. 70, sopprimere il secondo comma.

Conseguentemente, al medesimo capoverso, terzo comma, primo periodo, dopo le parole: l'esame dei disegni di legge concernenti aggiungere le seguenti: la determinazione dei principi fondamentali nelle materie di cui all'articolo 117, concernenti.
13. 13. Zeller, Brugger, Widmann, Collè, Detomas.

Al comma 1, capoverso Art. 70, sostituire il secondo e il terzo comma con i seguenti:
«I disegni di legge nelle materie di cui all'articolo 117, terzo comma, e di cui agli articoli 117, secondo comma, lettere m) e p), 117, quinto e nono comma, 118, secondo e terzo comma, 120, secondo comma, 122, primo comma, nonché in materia di elezione del Senato, sono esaminati dalla Camera dei deputati. Essi vengono quindi trasmessi al Senato, il quale li esamina e delibera entro sessanta giorni dalla trasmissione. Qualora il Senato non li approvi o introduca emendamenti, i disegni di legge tornano all'esame della Camera, la quale li approva definitivamente, pronunciandosi a maggioranza assoluta dei componenti. Qualora, a maggioranza dei tre quinti, il Senato non approvi o introduca emendamenti ai disegni di legge, si applicano le disposizioni di cui al primo comma, relativamente alle parti di cui il Senato abbia in tal modo rifiutato l'approvazione. Qualora il Senato non proponga modifiche entro i termini previsti, la legge è promulgata ai sensi degli articoli 73 e 74.
La funzione legislativa dello Stato è esercitata collettivamente dalle due Camere per l'esame dei disegni di legge di revisione della Costituzione, per gli altri disegni di legge costituzionale, per i disegni di legge di cui al terzo comma dell'articolo 116 e per quelli in materia di perequazione finanziaria di cui al terzo e quinto comma dell'articolo 119».
13. 50. Leoni, Bressa, Boato, Deiana, Titti De Simone, Pappaterra, Cusumano, Zanella.

Al comma 1, capoverso Art. 70, sostituire il secondo comma con il seguente:
«Per l'esame dei disegni di legge concernenti la determinazione dei principi fondamentali nelle materie di cui all'articolo 117, terzo comma, si applicano le disposizioni di cui al primo comma, fatto salvo che l'esame da parte del Senato federale della Repubblica può avvenire su richiesta di un quinto dei propri componenti, formulata entro dieci giorni dalla trasmissione, e che la Camera dei deputati decide in via definitiva sulle eventuali modifiche proposte dal Senato, potendo respingere tali proposte esclusivamente con la maggioranza assoluta dei propri componenti».
13. 5. Armani, Ghiglia, Coronella, Landolfi.

 

Subemendamento all'emendamento 13. 251.

All'emendamento 13. 251., primo periodo, sostituire le parole: esamina i disegni di legge fino alla fine del comma con le seguenti: può esaminare i disegni di legge esclusivamente nei casi disciplinati dal primo e dal terzo comma del presente articolo.
0. 13. 251. 1. Armani.

Al comma 1, capoverso Art. 70, sostituire il secondo comma con il seguente:
«Il Senato Federale della Repubblica esamina i disegni di legge concernenti la determinazione dei princìpi fondamentali nelle materie di cui all'articolo 117, terzo comma, fatto salvo quanto previsto dal terzo comma del presente articolo. Dopo l'approvazione da parte del Senato, a tali disegni di legge la Camera dei deputati, entro trenta giorni, può proporre modifiche, sulle quali il Senato decide in via definitiva. I termini sono ridotti alla metà per i disegni di legge di conversione dei decreti-legge».
13. 251. La Commissione.
(Approvato)

Al comma 1, capoverso Art. 70, secondo comma, sopprimere il sesto periodo.

Conseguentemente, all'articolo 28, capoverso Art. 94, sopprimere il secondo comma.
13. 15. Boato, Bressa, Leoni, Amici, Cabras, Cusumano, Fistarol, Intini, Loiero, Maccanico, Maran, Marone, Montecchi, Olivieri, Pappaterra, Soda, Mascia, Russo Spena, Maura Cossutta, Zanella, Sgobio.

Al comma 1, capoverso Art. 70, secondo comma, sostituire il sesto ed il settimo periodo con i seguenti: Qualora le proposte di modifica siano approvate a maggioranza assoluta dalla Camera dei deputati, il testo viene trasmesso al Senato delle regioni. Qualora il Senato, entro trenta giorni, non deliberi a maggioranza dei due terzi l'approvazione del disegno di legge così come trasmesso alla Camera dei deputati, la legge si intende approvata secondo la nuova formulazione ed è promulgata ai sensi degli articoli 73 e 74 della Costituzione.

Conseguentemente, al medesimo capoverso, terzo comma, sopprimere il secondo ed il terzo periodo.
13. 9. Mascia, Giordano.

Al comma 1, capoverso Art. 70, secondo comma, sostituire il sesto ed il settimo periodo con i seguenti: Qualora le proposte di modifica siano approvate a maggioranza assoluta dalla Camera dei deputati, il testo viene trasmesso al Senato delle regioni. Qualora il Senato, entro trenta giorni, non deliberi a maggioranza dei due terzi l'approvazione del disegno di legge così come trasmesso alla Camera dei deputati, la legge si intende approvata secondo la nuova formulazione ed è promulgata ai sensi degli articoli 73 e 74 della Costituzione.
13. 76. Mascia, Giordano.

Al comma 1, capoverso Art. 70, secondo comma, sesto periodo, sopprimere le parole da: , salvo che, entro trenta giorni fino alla fine del periodo.
13. 78. Saponara.

 

Subemendamenti all'emendamento 13. 252 (Nuova formulazione)

All'emendamento 13. 252., primo periodo, sostituire le parole da: concernenti le materie fino alla fine del comma con le seguenti: di revisione della Costituzione, per gli altri disegni di legge costituzionale e per quelli in materia di perequazione finanziaria di cui al terzo e quinto comma dell'articolo 119.
0. 13. 252. 5. Leoni, Boato, Bressa, Mascia, Amici, Cabras, Cusumano, Fistarol, Intini, Loiero, Maccanico, Maran, Marone, Montecchi, Olivieri, Pappaterra, Soda, Zanella, Fanfani.

All'emendamento 13. 252., primo periodo, dopo le parole: le materie di cui agli articoli aggiungere le seguenti: 33, primo primo comma,
0. 13. 252. 8. Pacini.

All'emendamento 13. 252., primo periodo, dopo le parole: lettera m) aggiungere le seguenti: , m-bis), n).
0. 13. 252. 9. Zeller, Brugger, Detomas, Widmann, Collè.

All'emendamento 13. 252., primo periodo, sostituire le parole da: 118, commi secondo e quinto fino alla fine del periodo con le seguenti: 118, commi secondo, terzo, quarto, quinto e settimo, 122, primo comma, 125, 129, primo comma, 132, secondo comma, e 133, primo e secondo comma.
0. 13. 252. 10. Zeller, Brugger, Detomas, Widmann, Collè.

All'emendamento 13. 252., sopprimere il secondo e il terzo periodo.
0. 13. 252. 7. Leoni, Boato, Bressa, Mascia, Amici, Cabras, Cusumano, Maura Cossutta, Fistarol, Intini, Loiero, Maccanico, Maran, Marone, Montecchi, Olivieri, Pappaterra, Soda, Zanella, Fanfani.

Al comma 1, capoverso Art. 70, sostituire il terzo comma con il seguente:
«La funzione legislativa dello Stato è esercitata collettivamente dalle due Camere per l'esame dei disegni di legge concernenti le materie di cui all'articolo 117, secondo comma, lettere m) e p), e 119, l'esercizio delle funzioni di cui all'articolo 120, secondo comma, il sistema di elezione della Camera dei deputati e per il Senato federale della Repubblica, nonché nei casi in cui la Costituzione rinvia espressamente alla legge dello Stato o alla legge della Repubblica, di cui agli articoli 117, commi quinto e nono, 118, commi secondo e quinto, 122, primo comma, 125, 132, secondo comma, e 133, secondo comma. Se un disegno di legge non è approvato dalle due Camere nel medesimo testo i Presidenti delle due Camere possono convocare, d'intesa tra di loro, una Commissione, composta da trenta deputati e da trenta senatori, secondo il criterio di proporzionalità rispetto alla composizione delle due Camere, incaricata di proporre un testo unificato da sottoporre al voto finale delle due Assemblee. I Presidenti delle Camere stabiliscono i termini per l'elaborazione del testo e per le votazioni delle due Assemblee».
13. 252 (Nuova formulazione) . La Commissione.
(Approvato)

Al comma 1, capoverso Art. 70, terzo comma, primo periodo, sostituire le parole da: dello Stato fino alla fine del periodo con le seguenti: è esercitata collettivamente dalle due Camere per l'esame dei disegni di legge concernenti le funzioni fondamentali di Comuni, Province e Città metropolitane, il sistema di elezione della Camera dei deputati e del Senato federale della Repubblica, l'istituzione di Commissioni di inchiesta ai sensi dell'articolo 82, i disegni di legge in materia di competenza regionale quando lo richiedano la tutela dell'unità giuridica o economica dello Stato, la perequazione delle risorse finanziarie e le materie di cui all'articolo 119, salvo quanto previsto dal primo comma del presente articolo.
13. 6. Armani, Ghiglia, Coronella, Landolfi.

Al comma 1, capoverso Art. 70, terzo comma, primo periodo, sopprimere le parole: , la tutela della concorrenza.
*13. 31. Carrara, Nespoli, Saia, Cristaldi, Losurdo, Patarino, Malgieri, Landolfi.

Al comma 1, capoverso Art. 70, terzo comma, primo periodo, sopprimere le parole: , la tutela della concorrenza.
*13. 81. Tabacci, Biondi, Craxi, Cossa, Giuseppe Gianni.

Al comma 1, capoverso Art. 70, terzo comma, primo periodo, sopprimere le parole: , le norme generali sulla tutela della salute.
13. 72. Zeller, Collè, Detomas, Brugger, Widmann.

Al comma 1, capoverso Art. 70, terzo comma, primo periodo, dopo le parole: tutela della salute, aggiungere le seguenti: l'energia e le reti di telecomunicazione.
13. 71. Perrotta.

Al comma 1, capoverso Art. 70, al terzo comma, primo periodo, sopprimere le parole da: , nonché nei casi in cui fino alla fine del periodo.
13. 41. Carrara, Nespoli, Saia, Cristaldi, Losurdo, Patarino.

Al comma 1, capoverso Art. 70, terzo comma, sopprimere il secondo e il terzo periodo.
13. 82. Mascia, Giordano.

Al comma 1, capoverso Art. 70, terzo comma, terzo periodo, sopprimere le parole: e su di esso non sono ammessi emendamenti.
13. 79. Buontempo.

Al comma 1, capoverso Art. 70, terzo comma, aggiungere, in fine, il seguente periodo: «Qualora la commissione mista paritetica non sottoponga, entro sessanta giorni dalla data di convocazione, un testo all'approvazione delle due Assemblee, la Camera dei deputati decide in via definitiva con la maggioranza dei due terzi dei propri componenti».
13. 7. Armani, Ghiglia, Coronella, Landolfi.

 

Subemendamenti all'emendamento 13. 253.

All'emendamento 13. 253 nuova formulazione sopprimere le parole: ovvero per la tutela delle finalità di cui all'articolo 120, secondo comma.
0. 13. 253. 6. Bressa, Boato, Leoni, Mascia.

All'emendamento 13. 253., primo periodo, sostituire le parole da: il Presidente della Repubblica fino a: esporne con le seguenti: il Primo Ministro ne espone.
Conseguentemente, aggiungere, in fine, il seguente periodo: Nel caso in cui non abbia accolto tali modifiche pronunciandosi a maggioranza dei tre quinti dei suoi componenti, si applicano le disposizioni di cui al terzo comma, relativamente alle sole parti che il Senato non ha accolto.
0. 13. 253. 3. Boato, Bressa, Leoni, Mascia, Amici, Cabras, Cusumano, Fistarol, Intini, Loiero, Maccanico, Maran, Marone, Montecchi, Olivieri, Pappaterra, Soda, Zanella, Fanfani.

All'emendamento 13. 253., primo periodo, dopo le parole: verificati i presupposti aggiungere la seguente: costituzionali.
0. 13. 253. 5. Armani.
(Approvato)

All'emendamento 13. 253., primo periodo, sostituire le parole: può autorizzare con la seguente: invita.
0. 13. 253. 1. Armani.

All'emendamento 13. 253., primo periodo, sostituire la parola: autorizzare con la seguente: invitare.
0. 13. 253. 2. Armani.

Al comma 1, capoverso Art. 70, dopo il terzo comma, aggiungere il seguente:
«Qualora il Governo ritenga che proprie modifiche a un disegno di legge, sottoposto all'esame del Senato ai sensi del secondo comma, siano essenziali per l'attuazione del suo programma approvato dalla Camera ovvero per la tutela delle fina1ità di cui all'articolo 120, secondo comma, il Presidente della Repubblica, verificati i presupposti, può autorizzare il Primo ministro ad esporne le motivazioni al Senato federale, che decide entro trenta giorni. Se tali modifiche non sono accolte dal Senato, il disegno di legge è trasmesso alla Camera dei deputati che decide in via definitiva a maggioranza assoluta dei suoi componenti sulle modifiche proposte».
13. 253. (Nuova formulazione) . La Commissione.
(Approvato)

Al comma 1, capoverso Art. 70, sostituire il quarto comma con i seguenti:
«I disegni di legge che contengano disposizioni relative a materie per cui si dovrebbero applicare procedimenti diversi sono approvati secondo quello più aggravato.
I termini per l'esame da parte del Senato dei disegni di legge di conversione dei decreti legge sono ridotti a quindici giorni.
Per le leggi di autorizzazione alla ratifica dei trattati internazionali e per le relative norme di esecuzione si applicano i procedimenti previsti per le materie cui i trattati si riferiscono».
13. 52. Bressa, Boato, Leoni, Alfonso Gianni, Pappaterra, Cusumano, Zanella.

Al comma 1, capoverso Art. 70, quarto comma, al primo periodo, sostituire le parole: di competenza tra le due Camere in ordine all'esercizio della funzione legislativa con le seguenti: che insorgono in ordine all'applicazione del primo, secondo e terzo comma del presente articolo.
13. 8. Armani, Ghiglia, Coronella, Landolfi.

Subemendamenti all'emendamento 13. 254 (Nuova formulazione).

Sostituire le parole da: primo periodo fino a regolamenti con le seguenti: secondo periodo, sostituire le parole da «paritetico» a «senatori» con le seguenti: «composto da dieci deputati e dieci senatori».
0. 13. 254. 1 (Nuova formulazione). Boato, Bressa, Leoni, Mascia.

Sostituire la parte consequenziale con la seguente: Conseguentemente al medesimo comma, ultimo periodo, aggiungere la parola «legislativa».
0. 13. 254. 3 (Nuova formulazione). Leoni, Boato, Bressa.

Alla parte consequenziale, sopprimere le parole da: al medesimo comma fino a: delle due Camere.
0. 13. 254. 2 (Nuova formulazione). Boato, Bressa, Leoni, Mascia.

Alla parte consequenziale, sopprimere le parole da: aggiungere, in fine, il seguente periodo fino alla fine del periodo.
0. 13. 254. 4 (Nuova formulazione). Bressa, Leoni, Boato, Mascia.

Alla parte consequenziale, dopo le parole: su proposta del Comitato, stabiliscono aggiungere le seguenti: sulla base di norme previste dai rispettivi regolamenti.
0. 13. 254. 5 (Nuova formulazione). Bressa, Leoni, Boato, Mascia.

Al comma 1, capoverso Art. 70, quarto comma, primo periodo, dopo le parole: tra le due Camere aggiungere le seguenti: , sollevate secondo le norme dei rispettivi regolamenti,.

Conseguentemente,
al medesimo comma, secondo periodo, sopprimere le parole:
sulla base del criterio di proporzionalità rispetto alla composizione delle due Camere";
aggiungere, in fine, il seguente periodo: I Presidenti delle Camere, d'intesa tra di loro, su proposta del Comitato, stabiliscono i criteri generali secondo i quali un disegno di legge non può contenere disposizioni relative a materie per cui si dovrebbero applicare procedimenti diversi.
13. 254 (Nuova formulazione). La Commissione.

 


 

 

 


 

 

RESOCONTO

SOMMARIO E STENOGRAFICO

 


______________   ______________


 

527.

 

Seduta di mercoledì 13 ottobre 2004

 

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE

PUBLIO FIORI

indi

DEL PRESIDENTE

PIER FERDINANDO CASINI

E DEL VICEPRESIDENTE

FABIO MUSSI

 

 


Seguito della discussione del disegno di legge costituzionale: S. 2544 - Modificazione di articoli della parte II della Costituzione (Approvato, in prima deliberazione, dal Senato) (4862) e delle abbinate proposte di legge costituzionale: Zeller ed altri; Bielli; Spini e Angioni; Buttiglione ed altri; Contento; Cola; Pisapia; Selva; Selva; Selva; Bianchi Clerici; Peretti; Volontè; Pisapia; Lusetti ed altri; Zaccheo; Mantini ed altri; Soda; Olivieri e Kessler; Costa; Serena; Pisicchio ed altri; Bolognesi ed altri; Paroli; Buontempo; Zeller ed altri; Collè; Vitali ed altri; Maurandi ed altri; Olivieri; Boato; Stucchi; Cento; Monaco; Pacini; Consiglio regionale della Puglia; Consiglio regionale della Puglia; Chiaromonte ed altri; Cabras ed altri; Mantini; La Malfa; Briguglio ed altri; Franceschini; Pisapia; Costa; Perrotta ed altri; Fiori (72-113-260-376-468-582-721-874-875-877-966-1162-1218-1287-1403-1415-1608-1617-1725-1805-1964-2027-2116-2123-2168-2320-2413-2568-2909-2994-3058-3489-3523-3531-3541-3572-3573-3584-3639-3684-3707-3885-4023-4393-4451-4805-5044) (ore 9,37).

 

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge costituzionale, già approvato in prima deliberazione dal Senato: Modificazione di articoli della parte II della Costituzione, e delle abbinate proposte di legge costituzionale di iniziativa dei deputati Zeller ed altri; Bielli; Spini e Angioni; Buttiglione ed altri; Contento; Cola; Pisapia; Selva; Selva; Selva; Bianchi Clerici; Peretti; Volontè; Pisapia; Lusetti ed altri; Zaccheo; Mantini ed altri; Soda; Olivieri e Kessler; Costa; Serena; Pisicchio ed altri; Bolognesi ed altri; Paroli; Buontempo; Zeller ed altri; Collè; Vitali ed altri; Maurandi ed altri; Olivieri; Boato; Stucchi; Cento; Monaco; Pacini; del Consiglio regionale della Puglia; del Consiglio regionale della Puglia; e dei deputati Chiaromonte ed altri; Cabras ed altri; Mantini; La Malfa; Briguglio ed altri; Franceschini; Pisapia; Costa; Perrotta ed altri; Fiori.
Avverto che la Presidenza ha svolto un'apposita valutazione circa la possibilità di accettare ed ammettere al voto il subemendamento Boato 0.13.254.1; tale proposta emendativa, tuttavia, alla stregua della prassi applicativa, non risulta ricevibile, in quanto riferita ad una parte del testo non oggetto di modifica da parte dell'emendamento della Commissione.
Ricordo che nella seduta di ieri è stato votato, da ultimo, l'emendamento Bressa 13.52.
Avverto che la Commissione ha testè presentato gli ulteriori emendamenti 13.255, 13.256 e 43.250: i termini per la presentazione di eventuali subemendamenti sono fissati, rispettivamente, per le 10,10 relativamente agli emendamenti 13.255 e 13.256 e per le 18 in riferimento all'emendamento 43.250.

 

(Ripresa esame dell'articolo 13 - A.C. 4862 ed abbinate)

 

PRESIDENTE. Riprendiamo l'esame dell'articolo 13 e delle proposte emendative ad esso presentate (vedi l'allegato A.C. 4862 ed abbinate - sezione 1).
Dobbiamo ora passare all'esame dei subemendamenti riferiti alla nuova formulazione dell'emendamento 13.254 della Commissione. Chiedo, dunque, al relatore si esprimere su di essi il parere della Commissione.

DONATO BRUNO, Relatore. Signor Presidente, la Commissione esprime parere contrario sui subemendamenti Leoni 0.13.254.3, Boato 0.13.254.2 e Bressa 0.13.254.4 e parere favorevole sul subemendamento Bressa 0.13.204.5. Raccomanda l'approvazione degli emendamenti 13.255 e 13.256 della Commissione.

PRESIDENTE. Il Governo?

ALDO BRANCHER, Sottosegretario di Stato per le riforme istituzionali e la devoluzione. Il Governo esprime parere conforme a quello del relatore.

PRESIDENTE. Avverto che è stata chiesta la votazione nominale mediante procedimento elettronico.

 

Preavviso di votazioni elettroniche (ore 9,45).

PRESIDENTE. Poiché nel corso della seduta avranno luogo votazioni mediante procedimento elettronico, decorrono da questo momento i termini di preavviso di cinque e venti minuti previsti dall'articolo 49, comma 5, del regolamento.
Per consentire il decorso del termine regolamentare di preavviso, sospendo la seduta.

 

La seduta, sospesa alle 9,45, è ripresa alle 10,10.

Si riprende la discussione.

 

(Ripresa esame dell'articolo 13 - A.C. 4862 ed abbinate)

 

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione del subemendamento Leoni 0.13.254.3.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Fontanini. Ne ha facoltà.

PIETRO FONTANINI. Ci accingiamo ad approvare l'articolo 13 che riguarda la formazione delle leggi. I colleghi dell'opposizione propongono, con un subemendamento, di aggiungere il termine «legislativa» al testo della Commissione. Vorrei, allora, illustrare all'Assemblea l'ultimo comma dell'articolo 13. Si tratta di un comma di chiusura, che chiarisce l'iter legislativo. Il testo, come risulterà anche da un emendamento della Commissione, prevede che i Presidenti del Senato federale della Repubblica e della Camera dei deputati, d'intesa tra loro, decidano le eventuali questioni di competenza tra le due Camere, sollevate secondo le norme dei rispettivi regolamenti, in ordine all'esercizio dell'azione legislativa. I Presidenti possono deferire la decisione ad un Comitato paritetico composto da dieci deputati e quattro senatori (probabilmente questo sarà il risultato dell'approvazione di un altro emendamento della Commissione); la decisione del presidente del Comitato non è sindacabile in alcuna sede. I Presidenti delle Camere, di intesa tra loro, su proposta del Comitato, stabiliscono i criteri generali secondo i quali un disegno di legge non può contenere disposizioni relative a materie per cui si dovrebbero applicare procedimenti diversi.
Si tratta di una norma di chiusura, che chiarisce completamente l'iter per la formazione delle leggi, stabilendo le competenze delle due Camere (il Senato federale e la Camera dei deputati) e con il contributo del Comitato, composto da deputati e senatori (che dovranno aiutare i due Presidenti a dirimere alcune questioni). Si tratta, ripeto, di una norma che completerà l'iter di formazione delle leggi e, secondo la maggioranza, fornirà completezza a questo aspetto fondamentale della riforma della Costituzione. L'attuale bicameralismo perfetto troverà così nuovi sviluppi attraverso il Senato federale della Repubblica e la Camera dei deputati. Invito i colleghi dell'opposizione ad approvare questa norma e a rinunciare al loro subemendamento all'emendamento della Commissione che ho appena illustrato.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Carrara. Ne ha facoltà.

NUCCIO CARRARA. Ancora una volta dobbiamo intervenire su una proposta dell'opposizione di cui non riusciamo a comprendere appieno la logica. Avverto allora la necessità di comprendere io stesso quale potrà essere il nuovo impianto nella formazione delle leggi; cercherò quindi di riassumerlo brevemente. Il sistema non sarà più a bicameralismo perfetto: il Senato si occuperà di alcune materie, sulle quali emanerà le leggi, altre materie saranno di competenza della Camera mentre altre ancora saranno, invece, oggetto di un procedimento bicamerale.
È inevitabile, allora, che si possa verificare il caso in cui debbano essere eliminati dei dubbi sulla competenza legislativa. Di conseguenza, si è pensato bene di prevedere un meccanismo pressibile, cioè alcune proposte potrebbero esser assegnate all'uno o all'altro ramo del Parlamento dopo un'intesa tra i rispettivi Presidenti oppure gli stessi Presidenti potranno deferire il compito ad un Comitato paritetico, il quale adotterà una decisione finale inappellabile.
A questo punto l'opposizione è di diverso avviso e vorrebbe che la decisione del Comitato non fosse appellabile in alcuna sede legislativa, lasciando intendere che le decisione del Comitato potrebbe essere impugnata presso la Corte costituzionale. Noi non possiamo condividere questo procedimento perché, dato che ci stiamo sforzando di prevenirli, non possiamo introdurre norme che aumentino i casi di contenzioso tra le istituzioni. Poiché la sovranità legislativa è di entrambi i rami del Parlamento, sosteniamo che nessuno possa interferire in questa sovranità quando l'esercizio della stessa venga concordato tra i due rami del Parlamento qualora possano sorgere dubbi interpretativi in ordine all'assegnazione del disegno o della proposta di legge. Quindi, siamo convinti di aver dato vita ad una norma equilibrata, che possa prevenire il contenzioso e che sia egualmente rispettosa delle prerogative della Camera e del Senato.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione voto l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà.

GIANCLAUDIO BRESSA. Signor Presidente, non è la prima volta che l'onorevole Carrara utilizza un'iperbole per cercare di giustificare le posizioni del Governo e non è la prima volta che sbaglia. Qualche istante fa ha detto che vi state sforzando di prevenire il contenzioso. La vostra riforma è costruita in modo tale che sarà fonte di innumerevoli contenziosi tra la Camera e il Senato, tra il primo ministro e il Presidente della Repubblica, tra il primo ministro e il Parlamento, tra le regioni e lo Stato: è un sabba di conflitti potenziali. Con questo testo avete cercato, sostanzialmente, di dare l'ultima «picconata» al Parlamento, alla sua autonomia e alla sua funzione di legislatore.
Infatti, poiché vi siete talmente ingarbugliati sull'attribuzione delle competenze tra le due Camere ed avete rifiutato, irridendola, la nostra clausola di chiusura - che proponeva un automatismo e che, quindi, vi poneva al riparo da tutti i possibili contenziosi interpretativi -, vi inventate un potere assoluto in capo ai due Presidenti delle Camere per stabilire a chi debba essere imputata una proposta di legge.
Inoltre, non contenti di fare questo, affiancate la funzione dei due Presidenti con un Comitato paritetico composto di quattro più quattro persone. La cosa più incredibile è che il giudizio di questo Comitato e dei due Presidenti è, sostanzialmente, inappellabile. Quindi, i due Presidenti - e, se vogliono essere assistiti, il Comitato ristretto - espropriano di una funzione fondamentale il Parlamento: di fronte ad un aspetto così delicato voi vi inventate la possibilità di non fare alcun tipo di ricorso.
Il nostro subemendamento, in base al quale non può esserci alcuna forma di sindacabilità in alcuna sede legislativa, cerca di moderare la vostra ossessione assolutoria in capo ai due Presidenti e al loro piccolo Comitato.

Vi ricordo che, sulle questioni riguardanti il procedimento, è possibile ricorrere alla Corte, com'è previsto in molte Costituzioni moderne. Avete dimostrato, anche in materia di eleggibilità, di non avere questo tipo di propensione e di non voler investire la Corte costituzionale di temi riguardanti l'attività del Parlamento. Continuate a sbagliare e proponete una norma che è un autentico obbrobrio.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Marone. Ne ha facoltà.

RICCARDO MARONE. Signor Presidente, onorevoli colleghi, evidentemente vi piacciono le Commissioni e quindi le istituite continuamente, espropriando, come sempre, il Parlamento della sua funzione.
Voi prevedete un Comitato di supporto ai Presidenti della Camera e del Senato (quattro più quattro) che dovrebbe decidere, in via insindacabile e definitiva, chi è competente, se un ramo o l'altro del Parlamento. Quello dell'insindacabilità è un criterio che non esiste nel nostro ordinamento. Neanche le decisioni di quest'Assemblea sono insindacabili, perché, come sapete, nel nostro paese vi è un giudice che ha la funzione di sindacare le nostre decisioni.
Voi fate confusione sul fatto che, in questi cinquant'anni, non è stata prestata particolare attenzione al procedimento legislativo, in particolare da parte della Corte costituzionale, perché, ovviamente, in presenza di un bicameralismo perfetto, non emergevano questioni di competenza tra i due rami del Parlamento. Infatti, ognuno aveva, su tutte le materie, la piena competenza legislativa. Quindi, la Corte non si è mai occupata di questa problematica. Completamente diversa è la situazione, se approvate un meccanismo in cui ogni ramo del Parlamento ha una sua competenza legislativa. È una sciocchezza giuridica credere che dieci persone possano decidere, magari sbagliando, perché è nella natura umana errare, che una materia è di competenza di una Camera o dell'altra e che nessuno possa sindacare questa decisione, neanche la Corte costituzionale. E se questi dieci deputati sbagliano nello stabilire che un procedimento è di competenza di un ramo del Parlamento anziché dell'altro? Si prevede l'assegnazione di una competenza in base, non alla Costituzione, ma alla decisione di merito dei due Presidenti e di otto persone, decisione di merito che dichiarate non sindacabile in alcuna sede, neanche davanti alla Corte costituzionale. Ovviamente, la Corte costituzionale dichiarerà che la vostra opinione è assolutamente incoerente con il sistema e, in ogni caso, sarà sindacato il procedimento legislativo, ma voi state commettendo un errore madornale dal punto di vista della legislazione costituzionale. Non è possibile pensare che una decisione possa trasferire una competenza in violazione della Costituzione, dei procedimenti e delle competenze previste dalla stessa, ad un altro ramo del Parlamento e che nessuno possa sostenere che è sbagliato. Il procedimento legislativo è garantito dalla Costituzione, dalle competenze previste dalla Costituzione. Se qualcuno decide, in maniera difforme da quello che stabilisce la Costituzione, la legge è incostituzionale. Non è possibile pensare che i due Presidenti possano trasferire, a loro piacimento, da un ramo all'altro del Parlamento, una competenza legislativa.
L'insindacabilità che voi prevedete rappresenta - lo ribadisco - una sciocchezza; non è accettabile, e neppure immaginabile, che possa esserci una decisione, appunto, insindacabile dei Presidenti.
Per tali ragioni, insistiamo per l'approvazione del subemendamento in esame che, quantomeno, cerca di limitare il danno (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Stucchi. Ne ha facoltà.

GIACOMO STUCCHI. La ringrazio, signor Presidente; intervengo a titolo personale per sottolineare la particolare importanza del nuovo articolo 70 della Costituzione recato dal provvedimento di riforma. Rappresenta una scelta intelligente prevedere la possibilità di istituire questo Comitato; ritengo che non possa darsi luogo ad alcuna confusione.
Si tratta, certo, di un metodo moderno, di una nuova visione; un nuovo modo di trovare soluzioni adeguate all'importanza che possono assumere le questioni considerate.
Posso anche capire, al riguardo, le critiche formulate dai colleghi dell'opposizione circa l'impossibilità di chiedere un parere, un intervento correttivo della Corte costituzionale; però, sicuramente, considerando determinate sentenze della Consulta, parecchi di noi nutrirebbero taluni dubbi circa la loro bontà. Nel senso che può capitare di non essere d'accordo con le sentenze del giudice delle leggi; dobbiamo rispettarle ma non credo si possa ritenere infallibile la Consulta, essendo essa composta da uomini come tutti noi.
Dunque, la soluzione proposta, senz'altro innovativa, è efficace e può dare una risposta alla problematica in oggetto.
Non credo si possa parlare di violazione costituzionale, in quanto stiamo appunto riformando la nostra Carta; piuttosto, si cambia un metodo, si modifica un modo di agire.
È giusto, quando si procede nella direzione di modificare una Costituzione, portare avanti linee d'azione impostate sulla base di un criterio di azione moderno; criterio che possa permettere al nostro paese di essere finalmente una grande democrazia e di non essere più alquanto legato a vari bizantinismi.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Luciano Dussin. Ne ha facoltà.

LUCIANO DUSSIN. Signor Presidente, stiamo inaugurando un nuovo corso legislativo inserendo nella Costituzione principi molto chiari e schietti; principi che, per fortuna, rimediano ad alcuni errori prodotti dall'ultima riforma costituzionale, rimasta senza risultati.
Ricordo ai colleghi del centrosinistra che tutte le loro previsioni sono state, in realtà, smentite dai risultati nulli: nessuna regione, né a guida del centrodestra né a guida del centrosinistra, è riuscita ad utilizzare al meglio gli strumenti attribuiti dalla nuova legge alle regioni stesse (ad esempio, gli accordi per gestire la sicurezza e l'immigrazione, previsti, appunto, con la riforma del Titolo V della Costituzione). Nessun risultato si è registrato neanche sulla base di quanto previsto dall'articolo 116 della Costituzione (recante il famoso assetto a geometria variabile).
Ciò significa che qualche elemento, nella riforma, non funzionava; noi, invece, attribuiamo competenze chiare e certe.
Ben venga, quindi, l'introduzione dell'istituto del Comitato paritetico. È ben accolta, da parte del mio gruppo, la circostanza che la maggioranza rifiuti di approvare il subemendamento in questione in quanto si vuole, per così dire, tirare in ballo per l'ennesima volta la Corte costituzionale. A dire il vero, la Consulta sembra, ogni giorno di più, essere il secondo Parlamento abusivo del paese. È un organo che non è elettivo; però, sono noti nome e cognome dei membri della Corte costituzionale con relative appartenenze politiche. Ma è meglio tralasciare tale aspetto.

PRESIDENTE. Onorevole...

LUCIANO DUSSIN. Voglio ricordare anche un altro elemento; la nostra Costituzione non è un dogma, ma un patto tra uomini. Quindi, è giusto apportare delle modifiche e, se vi saranno errori, vi sarà sempre tempo per rimediare ad essi.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Dario Galli. Ne ha facoltà.

DARIO GALLI. Signor Presidente, vorrei associarmi anch'io, a titolo personale, a quanto sostenuto dai miei colleghi, al fine di sottolineare che ritengo importante che siano ben definiti gli organismi che dovrebbero dirimere eventuali situazioni di contrasto tra i diversi soggetti istituzionali. Infatti, è stato proprio questo uno dei motivi per cui la precedente riforma costituzionale non è mai partita e non ha minimamente funzionato.
Nella riforma costituzionale in esame, comunque, le attribuzioni sono enormemente più chiare, e dunque i diversi livelli istituzionali potranno assumere le loro decisioni con una sicurezza indubbiamente maggiore rispetto a quanto viene previsto attualmente.
A parte questo discorso, relativo all'argomento di cui stiamo discutendo, vorrei sottolineare nuovamente che ritengo assolutamente privo di ogni senso dello Stato - visto che di questo si riempiono spesso la bocca i colleghi della sinistra - l'atteggiamento dell'opposizione di continuare a giocare - come se fossimo all'asilo! - sulla mancanza del numero legale.

PRESIDENTE. Onorevole Dario Galli, concluda!

DARIO GALLI. Siccome il numero legale c'è, ed allora i colleghi della sinistra stanno rientrando adesso in aula, si può cominciare a lavorare; però, vorrei dire che non è questo il modo di fare le cose (Applausi dei deputati del gruppo della Lega Nord Federazione Padana)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Ruzzante. Ne ha facoltà.

PIERO RUZZANTE. Signor Presidente, ovviamente l'atteggiamento dell'opposizione è assolutamente chiaro. Ciò che è meno chiaro, invece, è l'atteggiamento della maggioranza, la quale, a distanza di tre settimane dall'avvio della discussione sulle riforme costituzionali, non ha ancora capito che, quando l'inizio della seduta è fissato per le 9,30, i suoi deputati dovrebbero essere presenti in aula alle 9,30, non arrivare alle 10,30...

ANTONIO LEONE. C'eravamo!

PIERO RUZZANTE. ...con un'ora (Commenti dei deputati dei gruppi di Forza Italia, di Alleanza Nazionale e della Lega Nord Federazione Padana)...

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi!

PIERO RUZZANTE. Presidente (Commenti dei deputati dei gruppi di Forza Italia, di Alleanza Nazionale e della Lega Nord Federazione Padana)!

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi!

PIERO RUZZANTE. Non posso parlare in queste condizioni, signor Presidente (Commenti dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale).

PRESIDENTE. Prosegua, onorevole Ruzzante!

PIERO RUZZANTE. La ringrazio, signor Presidente.
Si tratta di un aspetto assolutamente chiaro ed evidente a tutti, ed anche gli osservatori esterni hanno capito che, evidentemente, non c'è molta convinzione nella maggioranza rispetto a questa riforma. Infatti, se vi fosse un'adeguata convinzione, è chiaro che verrebbe richiesto qualche sacrificio in più a chi sta all'interno di una maggioranza di Governo, ed è altresì evidente che, se vi fosse tale convinzione, i deputati della maggioranza arriverebbero prima al mattino, e non con un'ora di ritardo.
D'altra parte, è evidente a tutti quanto è avvenuto ieri, in quest'aula, quando un gruppo della maggioranza ha votato assieme all'opposizione non per respingere una proposta emendativa presentata dalla stessa maggioranza, ma un intero articolo (Commenti dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale)...

MASSIMO POLLEDRI. Tempo!

MARCO ZACCHERA. Tempo!

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi!

PIERO RUZZANTE. ...di questa riforma costituzionale. Quindi, è inutile...

PRESIDENTE. Onorevole Ruzzante, concluda!

PIERO RUZZANTE. ... attribuire le responsabilità o le colpe all'opposizione: è evidente che vi è uno «scollamento», una difficoltà all'interno della maggioranza, che si evidenzia con l'assenteismo e che si è evidenziata, nella seduta di ieri...

PRESIDENTE. Onorevole Ruzzante, deve concludere!

PIERO RUZZANTE. ...in occasione della votazione sull'articolo 24 del provvedimento in esame!

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul subemendamento Leoni 0.13.254.3, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (
Vedi votazioni).
(Presenti 390
Votanti 386
Astenuti 4
Maggioranza 194
Hanno votato
137
Hanno votato
no 249).

Prendo atto che l'onorevole Romoli non è riuscito ad esprimere il proprio voto.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul subemendamento Boato 0.13.254.2, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (
Vedi votazioni).
(Presenti 409
Votanti 405
Astenuti 4
Maggioranza 203
Hanno votato
151
Hanno votato
no 254).

Prendo atto che l'onorevole Nicotra non è riuscito ad esprimere il proprio voto.
Passiamo alla votazione del subemendamento Bressa 0.13.254.4.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Marone. Ne ha facoltà.

RICCARDO MARONE. Signor Presidente, vorrei dire che continuiamo a non comprendere l'assurdo meccanismo che è stato proposto dalla maggioranza. Ancora volta, infatti, si introducono nell'ambito di un procedimento legislativo - che dovrebbe essere garantito dall'assoluta certezza della procedura, nonché da norme che non lascino margini di discrezionalità - delle decisioni di merito, e si propone altresì di attribuire poteri significativi ad alcuni soggetti, che definirei i «quattro più quattro». Mi riferisco non a quelli «storici», di cui si parlava tanti anni fa, ma ai quattro «superdeputati» ed ai quattro «supersenatori» che dovrebbero comprendere perfettamente la Costituzione: ebbene, essi sono così bravi da essere i garanti della ripartizione delle competenze, talmente garanti che nessuno può sindacare le loro decisioni.
Francamente, vorrò costatare quanto tali personaggi reciteranno a memoria la Costituzione e saranno in grado di capire e decidere tutto.
Lo ripeto, si fanno - ancora una volta - entrare, con una decisione di merito, i Presidenti delle Assemblee nel procedimento legislativo. Si affida ai Presidenti delle Assemblee, coadiuvati dai «quattro più quattro», una decisione in base alla quale si può estromettere un ramo del Parlamento dalla propria competenza. Lo ripeto ancora una volta: con il meccanismo dell'articolo 70, la Camera ha oggi alcune competenze, il Senato ne ha altre.

La stragrande maggioranza delle materie restano bicamerali, poiché, come al solito, voi fate finte riforme. Ciò che è grave è che la certezza della delimitazione delle materie dovrebbe essere assoluta.
Di fronte a problemi interpretativi e, quindi, di fronte ad un problema che può rappresentare un vizio del procedimento legislativo, prevedete che i Presidenti entrino in tale procedimento con una decisione insindacabile, stabilendo se una materia è di competenza di un ramo del Parlamento oppure dell'altro.
Anzitutto, mi sembra molto difficile che questi due Presidenti potranno decidere serenamente, poiché uno dei due dovrà togliere la competenza al proprio ramo del Parlamento. Mi sembra pertanto che si tratterà di una decisione estremamente difficile da prendere. Lo ripeto: il problema non è, come oggi, da dove iniziare a discutere un provvedimento. Oggi, infatti, l'unica decisione che possono prendere i due Presidenti di comune accordo è decidere se l'esame di un provvedimento inizi prima alla Camera o al Senato, ma francamente si tratta di una decisione politica piuttosto irrilevante. In futuro, i due Presidenti dovranno decidere ben altro: uno dei due dovrà decidere che la propria Camera non è competente. È pertanto una decisione ben diversa da quella attuale. Si tratta di una decisione che voi ritenete insindacabile in nessuna sede, quindi neanche davanti alla Corte costituzionale. Questa è un'assurdità giuridica.
Noi riteniamo che il meccanismo che voi avete previsto è incostituzionale, poiché coinvolge i Presidenti d'Assemblea nel procedimento legislativo, facendo venir meno completamente la loro neutralità rispetto all'andamento dello stesso, e crea conflitti anziché eliminarli.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà.

GIANCLAUDIO BRESSA. Signor Presidente, come ricordava poc'anzi il collega Marone, stiamo affrontando la questione centrale di questa serie di subemendamenti, che avevano - ed hanno - una loro logica. Noi abbiamo criticato alla radice quanto voi state facendo.
Lo ricordavo nell'intervento precedente: avevamo trovato una clausola di chiusura, una sorta di automatismo, che consentiva, nella complessità che indubbiamente si riscontra nel passare da un bicameralismo perfetto a un bicameralismo non più paritario, l'imputazione della competenza all'una o all'altra Camera. È uno dei pochi casi in cui una clausola automatica soccorre il procedimento di formazione delle leggi, perché libera da tutta quella serie di impacci ed impicci nei quali vi state cacciando senza trovare una via d'uscita che sia parlamentarmente accettabile.
Non è assolutamente in discussione la serietà di chi andrà a presiedere Camera e Senato, ma è del tutto inaccettabile immaginare che due Presidenti, o una microcommissione che li assiste, possano decidere la competenza su una legge e che tale giudizio sia, per di più, inappellabile.
Voi capite perfettamente che si possono verificare situazioni in cui l'accordo tra i due Presidenti finisce per squalificare, in forma definitiva e totale, una delle due Camere. È un'ipotesi assolutamente non accettabile, che svilisce completamente il ruolo del Parlamento.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Maura Cossutta. Ne ha facoltà.

MAURA COSSUTTA. Signor Presidente, noi insistiamo: in questi articoli introducete una costruzione sempre più pasticciata e confusa. Siccome non riuscite a definire criteri logici e pregnanti per il funzionamento della Camera e del Senato federale e, quindi, per lo svolgimento dell'attività legislativa, rimandate tutti i conflitti che si apriranno e tutte le contraddizioni esistenti ad organismi non solo inventati, ma che assumono poteri che nessuno avrebbe potuto immaginare di conferire loro.
Addirittura è previsto un Comitato composto da dieci senatori e dieci deputati (non più quattro più quattro, essendo stata presentata una proposta emendativa al riguardo). Non solo: nell'emendamento della Commissione eliminate persino il riferimento al criterio di proporzionalità rispetto alla composizione delle due Camere. Quindi, vi saranno deputati e senatori con poteri superiori agli altri, con il massimo potere di discrezionalità, che avranno l'autorità di decidere sull'attività legislativa delle due Camere. Tutto ciò, senza neanche stabilire i criteri di nomina da parte dei Presidenti: francamente, non è solo un pasticcio, ma veramente un azzardo!

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul subemendamento Bressa 0.13.254.4, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (
Vedi votazioni).
(Presenti 443
Votanti 440
Astenuti 3
Maggioranza 221
Hanno votato
185
Hanno votato
no 255).

Passiamo alla votazione del subemendamento Bressa 0.13.254.5.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà.

GIANCLAUDIO BRESSA. Signor Presidente, siamo sempre nella logica, che più volte abbiamo utilizzato, della riduzione del danno. In altri termini, anche quando siamo radicalmente contrari alle soluzioni che proponete, nel caso disperato che questa vostra riforma dovesse diventare davvero la Costituzione della nostra Repubblica (faremo il possibile perché ciò non accada, sia in sede parlamentare sia attraverso il referendum), facciamo almeno in modo che la stessa possa avere un margine minimo di funzionalità.
Siamo molto scettici anche su questo aspetto ed abbiamo cercato di spiegarlo in più occasioni: è una riforma sbagliata dal punto di vista culturale e politico ed è anche destinata a non funzionare. Almeno, cerchiamo di salvare alcune forme fondamentali: che almeno i due Presidenti agiscano sulla base di una fonte certa; che almeno ci siano norme regolamentari che ispirino l'azione dei due Presidenti, affinché questi ultimi non vengano ispirati solo dalle proprie convinzioni personali!

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul subemendamento Bressa 0.13.254.5, accettato dalla Commissione e dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (
Vedi votazioni).
(Presenti 445
Votanti 441
Astenuti 4
Maggioranza 221
Hanno votato
439
Hanno votato
no 2).

Prendo atto che gli onorevoli D'Agrò e Daniele Galli non sono riusciti ad esprimere il proprio voto.
Passiamo alla votazione dell'emendamento 13.254 (Nuova formulazione) della Commissione.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Marone. Ne ha facoltà.

RICCARDO MARONE. Signor Presidente, ho già parlato a lungo dell'assurdità della norma che prevede questi «superdeputati», che dovrebbero avere la capacità di interpretare perfettamente la Costituzione, a tal punto che le loro decisioni sono insindacabili in tutte le sedi, compresa la Corte costituzionale. Tale fatto si commenta da solo.

Questa nuova formulazione dell'emendamento della Commissione introduce un elemento ulteriore di ambiguità: mi riferisco al problema dei provvedimenti legislativi che abbiano natura mista, ossia che riguardino materie oggetto di un procedimento legislativo bicamerale, monocamerale Camera o monocamerale Senato.
Il problema è, ovviamente, rilevante e noi lo avevamo risolto in maniera automatica prevedendo che, quando le materie sono miste, si applichi il procedimento più aggravato: ci sembrava l'unica soluzione che non desse alcun margine di discrezionalità rispetto all'individuazione della competenza dei due rami del Parlamento.
In questo caso, invece, si prevede una formulazione che, francamente, appare abbastanza incomprensibile. Si prevede, infatti, che i Presidenti delle Camere stabiliscano i criteri generali secondo i quali un disegno di legge non può contenere disposizioni relative a materie per cui si dovrebbero applicare procedimenti diversi.
E se le contiene non è molto chiaro cosa succede e qual è la conseguenza.
Inoltre, cosa significa «criteri generali»? Anche qui abusate di norme di carattere generale, come il programma del Governo che dovrebbe essere quasi una lista della spesa.
Cosa significa criteri generali? Una norma rientra in un procedimento o in un altro? Questo è il quesito che bisogna porsi e che bisognerebbe risolvere. Voi non sapete risolverlo, tanto è vero che rinviate a criteri generali, ma quando si hanno i criteri generali bastano quelli scritti nella Costituzione. La ripartizione della competenza tra Camera e Senato è il criterio generale. Non ce ne possono essere altri.
Qual è, invece, il criterio attraverso il quale decidere su una singola norma? Se una legge è composta di più norme, come si deciderà quale ramo del Parlamento è competente? Con il vostro meccanismo non risolvete questo problema. Ciò crea confusione legislativa e creerà conflitti tra i due rami del Parlamento e - suppongo - tanti vizi del procedimento legislativo.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Alfonso Gianni. Ne ha facoltà.

ALFONSO GIANNI. Già ieri, Presidente, avevo svolto un'annotazione definita estetica che, tuttavia, è fondamentale, vale a dire la moltiplicazione dei commi, dei cavilli, delle parole, delle righe e dei riferimenti rispetto ad una norma costituzionale di un rigo e mezzo. Ciò dimostra la confusione mentale di chi ha scritto queste norme e le contraddizioni inevitabili nelle quali egli si trova tutte le volte che deve risolvere un problema concreto. Questa è la ragione per cui ci troviamo di fronte a questo monstrum dell'articolo 70, dilatato da una riga e mezzo a centotrentatre righe. Francamente siamo al parossismo.
Condivido le dichiarazioni fatte anche da altri colleghi, secondo le quali, anziché semplificare le cose, si complicano. La norma diventa illeggibile e fonte di infinito contenzioso nell'esecuzione pratica. Quindi, è una pessima norma, che renderà improbabile il percorso legislativo e aumenterà i conflitti di competenza rispetto al medesimo.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà.

GIANCLAUDIO BRESSA. Non ripeterò le cose che ho più volte affermato questa mattina. Mi limiterò a svolgere una riflessione ulteriore circa la non funzionalità del sistema che avete inventato.
L'emendamento 13.254 della Commissione prevede di aggiungere, in fine, il seguente periodo: «I Presidenti delle Camere, d'intesa tra di loro, su proposta del comitato, stabiliscono i criteri generali secondo i quali un disegno di legge non può contenere disposizioni relative a materie per cui si dovrebbero applicare procedimenti diversi». Cosa si fa in questo caso? Si fanno due procedimenti legislativi diversi e noi tutti sappiamo - ieri lo ha ricordato il collega Soda - che la Corte costituzionale ha affermato ripetutamente come esistano «materie non materie» che si spalmano trasversalmente su competenze diverse. Questa è la modernità della legislazione.
Di fronte ad una dimensione moderna di legiferare, che cosa vi inventate? Che non ci possono essere materie trasversali che possono essere contemporaneamente affrontate in un unico procedimento legislativo. Cosa facciamo? Sdoppiamo i procedimenti? È una follia sul piano logico prima ancora che sul piano giuridico.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Violante. Ne ha facoltà.

LUCIANO VIOLANTE. Non avendo partecipato alla riunione del Comitato dei nove, ho un dubbio che credo possa essere chiarito rapidamente.
Era previsto originariamente che il Comitato paritetico dovesse essere costituito in modo proporzionale, dopo di che si è rinviato ai regolamenti delle Camere, se non ricordo male.
Questi ultimi sono regolamenti di due Camere strutturalmente diverse che vengono approvati con maggioranze diverse (se non ricordo male, i tre quinti alla Camera, la maggioranza assoluta al Senato). Non necessariamente i regolamenti possono interagire. Tra l'altro, può darsi benissimo che non sia previsto in tali regolamenti il principio di proporzionalità in quanto, non essendo stato previsto in Costituzione, vuol dire che non è necessario. Mi chiedo se non sia il caso, invece, di reintrodurre il principio di proporzionalità - e non so perché sia stato cancellato - e non rimettere ai regolamenti delle due Camere la determinazione anche di tale principio. Infatti, se lo rimettessimo a tali regolamenti, potrebbe anche essere escluso.
Aggiungo che non ho capito se tale Comitato si costituisce all'inizio di ogni legislatura. Se così fosse, potrebbe essere consultato soltanto a discrezione dei Presidenti, ma questi potrebbero decidere anche di non consultarlo. Insomma, vi sono una serie di questioni difficilmente comprensibili.
Sull'emendamento in esame il punto di fondo che mi preme comprendere è se non sia il caso di reintrodurre il principio di proporzionalità invece che demandarlo ai regolamenti. Ciò, infatti, può significare il non obbligo di proporzionalità. Sarebbe il primo caso, se non ricordo male, in cui in Costituzione non si stabilisce un vincolo di proporzionalità per Commissioni di questo genere.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti...

LUCIANO VIOLANTE. Presidente, mi scusi, ho chiesto una risposta. È chiaro che il presidente Bruno non è tenuto a fornirla, ma tale risposta potrebbe aiutarci.

PRESIDENTE. Non mi pare che il presidente Bruno intenda dare una risposta.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Ruzzante. Ne ha facoltà.

PIERO RUZZANTE. Non mi pare indifferente la questione posta dal presidente Violante relativamente al punto....

DONATO BRUNO, Relatore. Lo dicono i regolamenti! Abbiate pazienza!

PIERO RUZZANTE. No, presidente, è inutile che si inalberi. A nessuno è dato sapere se la vostra parte politica, nella prossima legislatura, o dopo il 2011, sarà maggioranza od opposizione. Quindi, credo che la questione interessi tutti i parlamentari nel tentativo di salvaguardare i diritti della maggioranza ma anche quelli dell'opposizione.
Decidere di togliere la parte relativa ai criteri di proporzionalità della Commissione può significare - soprattutto per la componente del Senato visto che lì il regolamento può essere deciso da una maggioranza - che tale Commissione non garantisce i diritti dell'opposizione. Credo che, invece, tale elemento sia importante. A prescindere dal fatto che non siamo d'accordo sul procedimento legislativo che voi avete previsto, riteniamo che tale elemento di diritto delle opposizioni vada garantito e tutelato.

DONATO BRUNO, Relatore. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DONATO BRUNO, Relatore. Signor Presidente, i motivi per cui non abbiamo accettato il criterio della proporzionalità sono vari. Innanzitutto, avevamo previsto inizialmente che i componenti del Comitato dovessero essere quattro e quattro. Al di là delle modifiche che abbiamo proposto questa mattina con i colleghi dell'opposizione e della maggioranza portando il suddetto numero a dieci, abbiamo già detto che nel regolamento del Senato verranno tutelate le minoranze. Al Senato - forse a qualcuno non è chiaro - non vi è un problema di maggioranza ed opposizione, ma un problema di maggioranza e minoranza. Quindi, capire qual è il criterio di proporzionalità non è chiaro. Credo sia più serio parlare di tutela delle minoranze, cosa che già abbiamo recepito quando abbiamo parlato dei regolamenti del Senato.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 13.254 (Nuova formulazione) della Commissione, nel testo subemendato, accettato dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (
Vedi votazioni).
(Presenti 466
Votanti 460
Astenuti 6
Maggioranza 231
Hanno votato
263
Hanno votato
no 197).

Prendo atto che l'onorevole Giuseppe Gianni non è riuscito a votare.
Passiamo alla votazione dell'emendamento 13.255 della Commissione.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Marone. Ne ha facoltà.

RICCARDO MARONE. Signor Presidente, noi avevamo proposto il subemendamento nella logica di un Comitato paritetico le cui decisioni fossero sindacabili; per noi infatti questo è un punto che non può essere messo in discussione. Anche solo ipotizzare un organo insindacabile per noi è inaccettabile, quale che ne sia il numero dei componenti; ciò in quanto anche le minoranze, o le opposizioni, possono sbagliare (ciò è umano). Non è immaginabile che in un procedimento legislativo si preveda un potere così ampio nelle mani di un Comitato paritetico, al di là di chi vi partecipi (che sia espressione della maggioranza o dell'opposizione o della minoranza). Questi soggetti devono interpretare la Costituzione, devono stabilire se la competenza è di uno o dell'altro ramo del Parlamento, e poiché tali soggetti possono sbagliare (è umano che ciò accada) è inimmaginabile che si possa espropriare un ramo del Parlamento della sua competenza, attribuitagli dalla Costituzione, sulla base di una decisione insindacabile.
Nel momento in cui la maggioranza insiste sul fatto che i poteri del Comitato paritetico sono insindacabili, per noi diventa irrilevante il numero dei componenti di tale Comitato (che siano quattro oppure dieci). Se essi sbagliano, qualcuno deve poter dire che hanno sbagliato. Riteniamo che ciò lo debba dire la Corte costituzionale, in quanto è una tipica competenza di tale organo quella di decidere circa la correttezza del procedimento legislativo. Voi invece sostenete che la decisione del Comitato paritetico non sia sindacabile nemmeno in quella sede. A questo punto, francamente, siamo assolutamente contrari al Comitato paritetico.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Violante. Ne ha facoltà.

LUCIANO VIOLANTE. Signor Presidente, vorrei replicare all'osservazione svolta poco fa dal presidente Bruno. Se non ho capito male, egli ha detto che non è stata inserita la clausola di proporzionalità perché si fa riferimento al Senato, dove non vi sono una maggioranza ed un'opposizione. Però, proprio ieri abbiamo votato un testo, proposto dalla Commissione, dove si introduce il meccanismo proporzionale a proposito di un altro organo. Non ho capito bene, dunque, perché l'organo che deve deliberare su quel pasticcio del testo unificato da presentare alle Camere, qualora Senato e Camera abbiano votato diversamente, è costituito con il criterio proporzionale, mentre questo Comitato paritetico, che deve deliberare in modo addirittura insindacabile su eventuali questioni di competenza fra le due Camere, può essere costituito da sole maggioranze.
Mi pare che l'argomento del presidente Bruno non stia in piedi, anche perché il tipo di motivazione che è stata data è francamente inconsistente.

DONATO BRUNO, Relatore. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DONATO BRUNO, Relatore. Credo di aver spiegato prima il motivo per cui i componenti del Comitato paritetico sono quattro deputati e quattro senatori, con la conseguenza che il criterio di proporzionalità non può essere certo seguito (ma lo stesso vale nel caso fossero dieci deputati e dieci senatori).
Ho chiesto però di intervenire su questo emendamento 13.255 della Commissione, perché mi sembra veramente di assistere ad un qualcosa di diverso, rispetto a quello che si è verificato nel Comitato dei nove, dove i colleghi dell'opposizione Boato, Bressa, Leoni e Mascia hanno chiesto, con il subemendamento 0.13.254.1, che il numero dei componenti di questo Comitato paritetico fosse portato da quattro a dieci. Proprio per venire incontro alle esigenze che i colleghi dell'opposizione avevano rappresentato all'attenzione del Comitato dei nove, abbiamo ritenuto di presentare un emendamento della Commissione che accogliesse questa loro preoccupazione, o meglio, questa loro richiesta, o esigenza. In questo momento, però, mi sento dire dal collega Marone che la questione gli è indifferente - se ho capito bene, voterà contro l'emendamento della Commissione -, ancorché la proposta emendativa in esame abbia recepito totalmente...

RICCARDO MARONE. Ma allora non hai sentito quello che ho detto!

DONATO BRUNO, Relatore. ...quello che loro stessi avevano suggerito come riflessione al Comitato dei nove.
Bisogna che allora ci intendiamo, colleghi, perché a noi il testo che prevede quattro deputati e quattro senatori va benissimo. A questo punto, se le carte vengono cambiate nel passaggio dal Comitato dei nove all'Assemblea - peraltro è un sacrosanto diritto dell'Assemblea votare contro o a favore -, credo sia opportuno lasciare quattro deputati e quattro senatori. Quindi tutte le preoccupazioni del presidente Violante cadono automaticamente, perché in tal caso (con quattro deputati e quattro senatori) il criterio della proporzionalità non può essere certamente seguito.
Quindi, fermo restando che il Comitato dei nove ha recepito un suggerimento dell'opposizione, invito alla libertà di voto i colleghi dell'aula al fine di ripristinare la previsione della composizione di quattro deputati e quattro senatori per quanto riguarda il Comitato paritetico.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Mascia. Ne ha facoltà.

GRAZIELLA MASCIA. Signor Presidente, credo che il presidente Bruno abbia compreso bene le posizioni dell'opposizione. Egli sa che questo Comitato è da noi contestato dal punto di vista strutturale, per la sua composizione, per la sua finalità e, soprattutto, perché non si può ricorrere contro le sue decisioni. Mi pare che tale posizione fosse chiarita non solo dai nostri interventi di ieri, ma anche dagli emendamenti che abbiamo presentato e che, non a caso, sono legati gli uni agli altri.
Presidente Bruno, si è discusso a tale riguardo ed il collega Boato ha sostenuto che la previsione dei dieci membri era quantomeno riferibile all'attuale Comitato per la legislazione, ma sappiamo tutti che lo stesso non corrisponde affatto al Comitato paritetico previsto, che avrà il potere di svuotare l'azione legislativa delle Camere e di assumere decisioni rispetto all'assegnazione delle competenze che non potranno essere messe in discussione da nessuno. Pertanto, non si può pensare che un numero possa cambiare il giudizio politico su una questione così rilevante di questo iter legislativo (sinceramente, credo che nemmeno il presidente Bruno lo possa ritenere).
Naturalmente, il presidente può decidere come ritiene, rispetto al numero dei membri: otto, dieci o quattro più quattro. Dal nostro punto di vista, credo che anche questa mattina fosse assolutamente chiaro come il giudizio strutturale nei confronti di questo Comitato non possa essere messo in discussione da un semplice cambiamento del numero dei membri, come si comprende bene dall'insieme dei nostri subemendamenti.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Leoni. Ne ha facoltà.

CARLO LEONI. Signor Presidente, la previsione di una composizione di dieci deputati e dieci senatori è contenuta in un nostro emendamento che sarebbe inammissibile. Quindi, è sicuramente vero che il numero complessivo di venti è quello che noi abbiamo proposto. Tuttavia, come è ovvio, noi intendiamo esprimere una valutazione di insieme che parte da un giudizio negativo sulla struttura, sulle funzioni e sull'esistenza stessa di questo Comitato. Un conto è che, con riferimento alla composizione di dieci deputati e dieci senatori, venga accolta l'idea che vada rimosso, come nel caso di un emendamento precedentemente discusso, il criterio dell'insindacabilità delle decisioni, un conto è che lo stesso venga mantenuto. Inoltre, vi è una questione non chiarita, sollevata dal presidente Violante, relativa al criterio della proporzionalità.
Pertanto, non si può agire, pensando che un singolo emendamento possa far rivedere un giudizio espresso. Per noi le cose si tengono insieme ed è questa la ragione per la quale preannunzio l'espressione del voto contrario sull'emendamento in esame.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Cossutta. Ne ha facoltà.

MAURA COSSUTTA. Signor Presidente, occorre prefigurare alcune regole in merito ad una questione di rilevantissima importanza, vale a dire su chi deve decidere sui conflitti di competenza tra Camera e Senato.
È evidente che è in discussione una cultura democratica e per questo facciamo riferimento anche ai colleghi della maggioranza, perché non si tratta del merito di una proposta, ma del sistema della qualità delle regole che dovrebbero riguardare tutti noi (anche il funzionamento della nostra Assemblea), e che devono essere chiare, trasparenti ed indicare percorsi certi.
Poiché per voi lo strumento per ottenere tale risultato è il regolamento, dobbiamo chiarire la questione. Se voi intendete inserire le disposizioni concernenti il regolamento nella Costituzione, è evidente che dovreste prevedere nella stessa anche i principi ispiratori che dovranno informare questo regolamento; altrimenti, viene indicato uno strumento (il regolamento) che sarà votato da certe maggioranze, ed i criteri verranno stabiliti dalla maggioranza che voterà il regolamento. Pertanto, non si capisce il motivo per cui introducete lo strumento del regolamento nella Costituzione.
Nella Costituzione vanno inseriti i principi ispiratori di quel regolamento. Dunque, i principi ispiratori sia per i regolamenti parlamentari sia per il Comitato devono essere due: in primo luogo la non insindacabilità, poiché la Costituzione deve assicurare anche il sistema delle garanzie e le decisioni di questo Comitato devono poter essere messe in discussione dal ricorso di fronte alla Corte costituzionale; in secondo luogo il criterio della proporzionalità.
In questo modo non si mette in discussione l'impianto, che a nostro avviso è pasticciato, ma si rischia di commetere errore su errore. Quando parliamo delle regole non parliamo di un problema dell'attuale opposizione, ma di un problema che riguarda tutti!

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 13.255 della Commissione, accettato dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (
Vedi votazioni).
(Presenti 461
Votanti 456
Astenuti 5
Maggioranza 229
Hanno votato
19
Hanno votato
no 437).

Prendo atto che l'onorevole Grillo non è riuscito ad esprime il proprio voto.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 13.256 della Commissione, accettato dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (
Vedi votazioni).
(Presenti 454
Votanti 452
Astenuti 2
Maggioranza 227
Hanno votato
264
Hanno votato
no 188).

Passiamo alla votazione dell'articolo 13.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Violante. Ne ha facoltà.

LUCIANO VIOLANTE. Presidente, dobbiamo procedere alla votazione di uno degli aspetti più importanti di questo testo, vale a dire quello inerente il procedimento legislativo. Le ragioni per le quali siamo contrari sono state esposte via via nel corso del dibattito e voglio riassumerle rapidamente.
Sostanzialmente, oggi ci troviamo di fronte ad un procedimento legislativo principe, vale a dire quello bicamerale, che può essere corretto dalla posizione della questione di fiducia. Complessivamente, i tipi di procedimento previsti sono sette, con una grande confusione tra la possibilità di accedere ad un procedimento o all'altro; mi riferisco al procedimento che riguarda la competenza esclusiva della Camera con possibilità del Senato di richiamare il provvedimento. In questa ipotesi, tuttavia, tale possibilità sarebbe riconosciuta solo alla maggioranza del Senato e non ad un gruppo qualificato. All'inizio, se non ricordo male, era previsto che i due quinti dei senatori potevano richiamare il provvedimento, ma questo dato è stato eliminato. La stessa cosa, al rovescio, è prevista per la materia concorrente, sulla quale è il Senato ad avere la parola definitiva.
Com'è noto, contestiamo tale meccanismo, in quanto riteniamo che le Camere che non forniscono indirizzo politico non possano esprimere la parola definitiva sui progetti di legge. Anche in questo caso la maggioranza della Camera - che è una maggioranza politica - può precludere all'opposizione la possibilità di richiamare e discutere il testo proveniente dal Senato.
Quindi, siamo di fronte ad un procedimento legislativo che, in questi casi, è espropriato ai singoli deputati o a minoranze qualificate degli stessi e che è totalmente nelle mani delle maggioranze. Come ho accennato ieri, lo stesso iter di questo provvedimento dimostra quanto importante e utile possa essere un confronto tra maggioranza e opposizione, in quanto avete cambiato il testo cinque volte e, ogni volta, avete affermato che il testo era intangibile, segno che vi siete accorti via via che tale testo non era giusto.
Dunque, le maggioranze - siano esse di destra o di sinistra - non hanno un sacramento di infallibilità e riconoscere a minoranze qualificate la possibilità di richiamare i testi, a nostro avviso, è un modo giusto, utile e necessario per avviare un ripensamento su testi che altrimenti risulterebbero intangibili.
Inoltre, occorre evidenziare che si registra una notevole estensione del procedimento bicamerale, previsto per moltissimi punti.
Nel procedimento bicamerale accadono francamente cose un po' singolari. Infatti, qualora Camera o Senato - a seconda di quale ramo svolga l'esame in seconda lettura - approvi un testo anche leggermente modificato rispetto a quello esaminato in prima lettura, è affidata alla discrezionalità dei Presidenti - e anche questa discrezionalità risulta poco comprensibile - la possibilità di affidare ad un'apposita Commissione il potere di definire un testo unificato.

PRESIDENTE. Onorevole Violante, la prego di scusarmi. Vorrei pregare i colleghi in piedi di tornare al loro posto. Onorevole Zanetta, la prego, sta parlando un collega!

LUCIANO VIOLANTE. Signor Presidente, la ringrazio. Non si comprende bene se tale testo unificato debba riguardare tutto il provvedimento - come parrebbe da quanto scritto nel testo - o solo le parti in distonia. Se così fosse, ciò sarebbe davvero assurdo, perché la Commissione potrebbe intervenire per riscrivere un testo che, invece, dovrebbe avere un'impronta definitiva, in quanto votato analogamente dalle due Camere. Non è quindi chiaro cosa si intende per testo unificato. Nel nostro linguaggio parlamentare per testo unificato si intende un testo che mette insieme proposte diverse. Non esiste, però, il testo unificato di un emendamento o di un articolo, in quanto riguarda il complesso della proposizione.
Comunque, il testo unificato andrebbe al voto finale. Ma anche in questo caso, non è chiaro cosa si intende per voto finale. Non esiste in questo caso la possibilità di emendare? Bisogna votare articolo per articolo? Esiste soltanto il voto sul complesso degli emendamenti? Tutto ciò non è chiaro e ricordo che ieri, durante la discussione, l'onorevole Buontempo ha richiamato un emendamento, presentato a suo tempo, in cui si proponeva l'inemendabilità di questo testo, emendamento peraltro respinto. Quindi, se ne deduce che il testo sia emendabile. Ma allora, cosa stiamo giocando a fare? Se, infatti, si presenta un testo unificato e poi si ricomincia da capo, tutto mi sembra inutile. È tutto poco chiaro.
Ma soprattutto, signor Presidente, è poco chiaro lasciare ai Presidenti delle Camere la scelta riguardo al procedimento legislativo. Credo che questo sia profondamente sbagliato, in quanto i Presidenti non devono intervenire su questo punto. Oggi come oggi, dare ai Presidenti delle Camere - autorità che dovrebbero essere di garanzia - la scelta in merito all'iter da seguire e del procedimento da concordare, è un fatto estraneo alle nostre prassi parlamentari e costituzionali.
Vorrei aggiungere che la norma di chiusura - prevista nel caso in cui il Governo al Senato, nelle materie di competenza della Camera, prema per far approvare una propria proposta - risulta a mio avviso anch'essa monca. Infatti, se ho ben capito, può accadere che il Senato proponga la bocciatura di uno degli articoli. A questo punto, il Governo non può più nulla; infatti, l'Esecutivo può porre la questione sulla priorità in merito al suo programma soltanto su proprie proposte, non su quelle altrui. Il voto di bocciatura, quindi, di per sé non sarebbe manovrabile da parte del Governo.
Inoltre, ripetendo sinteticamente quanto già affermato ieri, per come è costruito tale meccanismo, non viene definito con chiarezza il rapporto in merito all'autorizzazione del Presidente della Repubblica nei confronti del Presidente del Consiglio ad esprimere le motivazioni in base alle quali una proposta rientra nel programma di Governo e nel voto successivo. Infatti, non si dice «nel caso dell'articolo o del comma precedente». Tale clausola manca, con riferimento all'ultima parte dell'emendamento...

PRESIDENTE. Onorevole Violante, la prego di concludere.

LUCIANO VIOLANTE. Signor Presidente, ho forse finito il tempo a mia disposizione?

PRESIDENTE. Certo, onorevole Violante, altrimenti non avrei suonato...

LUCIANO VIOLANTE. Signor Presidente, mi scusi, ma pensavo stesse suonando a causa del chiasso in aula.

PRESIDENTE. Onorevole Violante, ho suonato il campanello perché ha terminato il tempo a sua disposizione.

LUCIANO VIOLANTE. Signor Presidente, sto terminando. Anche in questo caso, non è chiaro quale sia il peso di tale clausola e dell'intervento del Presidente della Repubblica.
Il presidente Bruno ha riproposto il vecchio testo relativo al cosiddetto «quattro più quattro», che peraltro spero sia modificato dal Senato. Come è stato detto con chiarezza, siamo contrari a dare carattere di definitività a quel giudizio, perché il fatto che otto persone definiscano...

DONATO BRUNO, Relatore. Più due, ovvero i Presidenti.

LUCIANO VIOLANTE. Sì, più i Presidenti. Quindi quattro più quattro, più i Presidenti, fa dieci. Allora, credo sia assurdo che queste persone decidano quale sia la competenza, sottraendo tale compito costituzionale agli organi cui è affidato. In sostanza, in relazione alla diversa composizione tra Camera e Senato saranno i Presidenti delle Camera a decidere quale procedura intraprendere.
Tale complesso di ragioni induce il gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo a votare contro l'emendamento in oggetto. Spero, peraltro, che il Senato vi rimetta mano o che il voto popolare cancelli anche questa parte della riforma (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-L'Ulivo e Misto-Comunisti italiani).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Maccanico. Ne ha facoltà.

ANTONIO MACCANICO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, nelle fasi finali di questa maratona parlamentare, iniziata nei primi giorni di agosto, ripresa in settembre e proseguita senza soluzione di continuità e con ritmi spasmodici fino ad ora, è assai difficile sottrarsi a un sentimento di profonda delusione, di amarezza, di insoddisfazione e di preoccupazione per il futuro della nostra democrazia.
In alcune fasi del dibattito, si è assistito ad una sorta di desacralizzazione e di banalizzazione delle tematiche istituzionali che per loro natura dovrebbero comportare tensione ideale, elaborazione culturale attenta, riflessione appassionata, visione del futuro, accantonamento di pregiudizi e particolarismi, sforzo di porsi al di sopra degli interessi contingenti di parte.
A nessuno è venuta in mente, in questa atmosfera così chiusa e stagnante, l'idea di pronunciare l'invocazione che fu di Benedetto Croce all'inizio del lavori dell'Assemblea costituente: veni creator spiritus (Commenti dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale). Sarebbe apparsa del tutto impropria, falsa, retorica, quasi comica di fronte a un testo di riforma dell'intera seconda parte della nostra Costituzione che si sapeva frutto protervo e immodificabile di una negoziazione estenuante tra le componenti di una maggioranza divisa su tutto, e nella quale ciascuno ha un'ideuzza bandita come un postulato irrinunciabile, e quasi tutte rigorosamente estranee allo spirito della nostra Costituzione, alla nostra tradizione giuridica e alle esigenze di crescita democratica presenti della nostra comunità nazionale.
Non desidero negare, presidente Bruno, che siano stati compiuti sforzi, in particolare da parte sua, per migliorare i testi, esaminare gli emendamenti, correggere le storture più macroscopiche. Tuttavia, in realtà, avete limato le zampe alle mosche, come avrebbe detto Gaetano Salvemini, perché le norme più qualificanti, le innovazioni più pericolose e l'impianto complessivo della riforma sono rimasti intatti, e ciò costituisce un colpo durissimo alla democrazia repubblicana del nostro paese.
Il vizio d'origine risiede nel proposito luciferino di utilizzare l'articolo 138 della Costituzione, previsto dai costituenti per revisioni parziali della Costituzione stessa, come lo strumento di cui avvalersi per un ribaltamento completo dell'ordinamento dell'intera seconda parte della Costituzione.

PRESIDENTE. Onorevole Maccanico, la prego di concludere...

ANTONIO MACCANICO. Inserire le assurde pretese della Lega in un testo comprensivo anche delle contrastanti ed altrettanto arbitrarie e infondate visioni delle altre componenti della maggioranza è parsa la via più pratica per consolidare la maggioranza stessa, fuori da ogni visione organica e coerente del sistema politico. È stato un modo di procedere irresponsabile, gravido di pericoli per la nostra democrazia, ed ha recato danni gravi al prestigio del Parlamento italiano e ci porta ad approvare una Costituzione della maggioranza nella quale una parte ingente del paese non si riconosce minimamente.
Di fronte alle esigenze di ammodernamento del nostro sistema politico, come è noto, fu sperimentata per due volte, senza successo, la via delle Commissioni bicamerali, i cui compiti erano stati stabiliti con legge costituzionale, proprio in deroga all'articolo 138 della Costituzione. Si era, cioè, concordemente riconosciuto che una riforma organica dell'assetto istituzionale richiedeva una procedura nuova, creata ad hoc.

DARIO GALLI. Tempo!

ANTONIO MACCANICO. Falliti i tentativi compiuti con le Commissioni bicamerali, si è proceduto con l'articolo 138, ma sempre per introdurre modifiche limitate al testo costituzionale. Tutte le modifiche introdotte nel nostro sistema nelle precedenti legislature erano contenute entro precisi confini: la riforma dell'articolo 111 sul giusto processo, quella sulla forma di governo delle regioni a statuto ordinario e a statuto speciale, nonché la riforma del Titolo V, che è intervenuta, appunto, soltanto su un titolo, per quanto importante, della Costituzione, non sull'intera seconda parte, che disciplina l'intero ordinamento della Repubblica.
Anche nella X legislatura il Senato approvò un progetto di riforma del bicameralismo, definito procedurale, che non giunse all'approvazione finale per la conclusione della legislatura, ma che avrebbe meritato un minimo di valutazione in questa sede, anziché un totale oblio (Commenti dei deputati dei gruppi di Alleanza Nazionale e della Lega Nord Federazione Padana).

ALBERTO ARRIGHI. Tempo!

PRESIDENTE. Onorevole Maccanico, la prego di concludere.

ANTONIO MACCANICO. Anche quella fu una riforma parziale, e dunque opportunamente basata sull'articolo 138.
Il rigoroso ricorso alla procedura dell'articolo 138, occorre tenerlo ben presente, comporta vincoli molto fermi (Commenti dei deputati dei gruppi della Lega Nord Federazione Padana e di Alleanza Nazionale)...

DARIO GALLI. Signor Presidente, il tempo!

PRESIDENTE. Colleghi, vi prego di far terminare il collega Maccanico. Onorevole Maccanico, concluda.

ENZO BIANCO. Signor Presidente, lo lasci terminare (Commenti dei deputati dei gruppi della Lega Nord Federazione Padana e di Alleanza Nazionale)!

ALBERTO ARRIGHI. Ma sono cinque minuti che parla!

ANTONIO MACCANICO. ...quelli di non intaccare i principi supremi dell'ordinamento, come afferma un importante sentenza della Corte costituzionale, fra i quali non avrei dubbi a porre anche la forma di governo parlamentare, che fu una solenne scelta della Costituente con l'approvazione dell'ordine del giorno Perassi (Proteste dei deputati dei gruppi della Lega Nord Federazione Padana e di Alleanza Nazionale).

ENZO BIANCO. Signor Presidente, è indecente: lo lasci parlare!

ANTONIO MACCANICO. Con la vostra visione della forma di Governo si abbandona il modello della democrazia parlamentare; il collegamento del primo ministro ai candidati dei singoli collegi, come obbligo costituzionale: è un modo assai chiaro di introdurre l'elezione diretta del primo ministro, senza sancirla espressamente!
La legittimazione democratica del primo ministro non proviene più dal Parlamento e dalla fiducia che esso gli conferisce ma direttamente (Proteste dei deputati dei gruppi della Lega Nord Federazione Padana e di Alleanza Nazionale)...

DARIO GALLI. Signor Presidente, il tempo!

MAURIZIO SAIA. Giachetti, dove sei? Sveglia!

PRESIDENTE. Onorevole Maccanico, la prego di concludere (Dai banchi dei deputati dei gruppi della Lega Nord Federazione Padana e di Alleanza Nazionale si grida «Tempo!»).
Onorevole Maccanico, ha superato abbondantemente il tempo assegnatole. La prego di essere comprensivo...

ANTONIO MACCANICO. Signor Presidente, la cultura giuridica nazionale, come abbiamo appreso dalle audizioni, è in grande maggioranza critica verso questo testo (Commenti)...
Nel corso del dibattito, anche dall'interno della maggioranza, si sono levate voci che raccomandavano prudenza e flessibilità (Proteste dei deputati dei gruppi della Lega Nord Federazione Padana e di Alleanza Nazionale)... Anch'io ho fatto una proposta in questo senso...

ENZO BIANCO. Presidente, o gli toglie la parola oppure deve consentirgli di finire!

PRESIDENTE. Onorevole Maccanico, se lo ritiene, la Presidenza autorizza sin da ora, sulla base dei consueti criteri, la pubblicazione del testo della sua dichiarazione di voto in calce al resoconto della seduta odierna.

ANTONIO MACCANICO. Sì, Presidente.
La maggioranza intende andare avanti testardamente. Se è così, allora sarà inevitabile che il popolo italiano si pronunci su questo testo. Grazie.

DARIO GALLI. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DARIO GALLI. Presidente, le ricordo che un suo predecessore alla Presidenza della Camera, l'onorevole Violante, tolse la parola all'onorevole Silvio Berlusconi, nel corso di un dibattito in diretta televisiva sulla fiducia, per due secondi...!
Questo signore parla per cinque minuti in più e lei lo lascia parlare! Non mi sembra il modo di condurre la Camera! La legge è uguale per tutti e sul tempo non c'è destra o sinistra: basta guardare l'orologio (Applausi dei deputati dei gruppi della Lega Nord Federazione Padana, di Forza Italia e di Alleanza Nazionale - Vive proteste dei deputati dei gruppi della Margherita, DL-L'Ulivo e dei Democratici di sinistra-L'Ulivo)...!

ANTONIO BOCCIA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. A che titolo, onorevole?

ANTONIO BOCCIA. Sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ANTONIO BOCCIA. Intervengo a seguito delle dichiarazioni dell'onorevole Dario Galli, che danno l'opportunità anche a noi di esprimere un'opinione sulla questione sollevata.
L'onorevole Dario Galli ha affermato (Commenti del deputato Ballaman)...

ENZO BIANCO. Non ragliare! Non ragliare! (L'onorevole Ballaman si avvicina al banco del deputato Enzo Bianco - Vive proteste dei deputati dei gruppi della Margherita, DL-L'Ulivo e dei Democratici di sinistra-L'Ulivo - Una voce dai banchi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-l'Ulivo: Vai al tuo posto, sei anche un questore!)!

MARCO BOATO. Calderoli, vai al tuo posto!

PRESIDENTE. Colleghi...

ANTONIO BOCCIA. Presidente! Presidente...!

PIERO RUZZANTE. Signor presidente, è una vergogna. È anche un questore (I deputati del gruppo della Lega Nord Federazione Padana si alzano in piedi)!

MICHELE VIANELLO. Fuori i fascisti!

RENZO INNOCENTI. Vergogna!

PRESIDENTE. Onorevole questore, la prego! Onorevole Ballaman, la prego vivamente (Commenti dei deputati del gruppo della Lega Nord Federazione Padana - Vive proteste dei deputati del gruppo della Margherita, DL-L'Ulivo)!
Colleghi, prendete posto per favore! Non è successo nulla, prendete posto (Commenti dei deputati del gruppo della Margherita, DL-L'Ulivo)!
Colleghi del centrosinistra, vi prego di prendere posto, di stare seduti. Non complichiamo la situazione! Siamo tutti stanchi e dobbiamo essere comprensivi. Un po' di responsabilità...! Prego i colleghi del centrosinistra di stare seduti al loro posto. Date un contributo al prosieguo dei lavori con calma e serenità (Vive proteste dei deputati del gruppo della Margherita, DL-L'Ulivo)!
Non ci sono più motivi per continuare in questa situazione, accomodatevi! Accomodatevi, per favore (Vive proteste dei deputati del gruppo della Margherita, DL-L'Ulivo)!
Colleghi, non mi costringete a sospendere la seduta! Mettetevi seduti (Proteste dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-L'Ulivo e della Margherita, DL-L'Ulivo)!
Colleghi, prendete posto!

NUCCIO CARRARA. Li faccia sedere!

RENZO INNOCENTI. Basta!

NUCCIO CARRARA. Indici la votazione! Fai qualcosa, se no provocano...!

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE PIER FERDINANDO CASINI (ore 11,25)

PRESIDENTE. Onorevole Boccia, prosegua pure il suo intervento sull'ordine dei lavori.

ANTONIO BOCCIA. Signor Presidente, l'onorevole Dario Galli ha sollevato la questione del tempo assegnato dalla Presidenza all'intervento del collega Maccanico, facendo una serie di obiezioni, lamentando una differenza di trattamento rispetto a quanto accaduto nella scorsa legislatura in occasione di un intervento in aula, ripreso in diretta televisiva, del Presidente Berlusconi, e rivolgendo, ovviamente, critiche postume alla Presidenza Violante. Devo dire, Presidente, che la citazione di questo episodio non è calzante perché lei proprio ieri ha disciplinato i nostri lavori in un modo che abbiamo giudicato giusto e corretto, nel rispetto del regolamento e delle esigenze di avere in aula alcuni momenti di confronto serio sulle questioni.
Infatti, ha detto che, rispetto ad interventi giudicati ostruzionistici, specie della stessa maggioranza, avrebbe consentito di parlare per un minuto e, forse, anche meno, sempre relativamente al tempo destinato agli interventi a titolo personale, quindi, senza concedere ulteriori tempi. Anche questa è una rigorosa applicazione del regolamento che, per il momento, noi abbiamo accettato. Poi però ha aggiunto che, siccome sussiste il bisogno in alcune circostanze di effettuare un minimo di confronto, avrebbe consentito soprattutto all'opposizione, ma anche alla maggioranza, di utilizzare sempre il tempo a titolo personale ma anche per cinque minuti: è il caso che si stava verificando (Commenti dei deputati di Alleanza Nazionale).
C'era stato un intervento del presidente Violante su una dichiarazione di voto di un articolo importantissimo che aveva, consentitemi, elevato la qualità del dibattito. Allora, noi abbiamo fatto intervenire il presidente Maccanico, se mi consentite, per tenere alta la qualità del dibattito (Applausi dei deputati dei gruppi della Margherita, DL-L'Ulivo, dei Democratici di sinistra-L'Ulivo e Misto-Comunisti italiani).

PRESIDENTE. Onorevole Boccia, concluda il suo intervento.

ANTONIO BOCCIA. Presidente, mi deve far parlare!

PRESIDENTE. Ho capito, ma questo è un intervento metodologico.

ANTONIO BOCCIA. Presidente, lei non c'era e, quindi, mi deve ascoltare un attimo (Proteste dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale).
Presidente, mentre il presidente Maccanico parlava, gli sono stati rivolti epiteti ed insulti irripetibili, che l'onorevole Maccanico probabilmente non ha ascoltato e mi auguro che non li legga nei nostri resoconti: si sarebbero potuti verificare incidenti...
Presidente, un questore della Camera si è avvicinato all'onorevole Enzo Bianco con un fare minaccioso e questo non è tollerabile (Applausi dei deputati dei gruppi della Margherita, DL-L'Ulivo, dei Democratici di sinistra-L'Ulivo, di Rifondazione comunista e Misto-Comunisti italiani).

PRESIDENTE. Onorevole Boccia, anzitutto la ringrazio di questa segnalazione e per aver ricordato in che modo ho inteso disciplinare i lavori, considerando il fatto che stiamo modificando diversi articoli della nostra Costituzione e che, quindi, non si tratta di un dibattito ordinario.
In second'ordine, assumo l'impegno di approfondire i fatti ai quali non ho assistito e sui quali, quindi, non sono in grado di esprimere un giudizio.
In terzo ordine, se mi consente, ricordo che, qualche mese fa, in quest'aula, in occasione del suo compleanno, espressi la stima e l'affetto dell'intera Assemblea nei confronti dell'onorevole Maccanico. Non devo aggiungere altro (Applausi).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto...

ALESSANDRO CÈ. Presidente!

PRESIDENTE. A fine seduta!

ALESSANDRO CÈ. Ma, Presidente!

PRESIDENTE. Onorevole Cè, mi consente di andare avanti?

ALESSANDRO CÈ. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori!

PRESIDENTE. Ma, poi, vorranno intervenire tutti...! Sta bene, onorevole Cè, ha facoltà di parlare.

ALESSANDRO CÈ. Signor Presidente, ognuno di noi vuole continuare i lavori rapidamente, ma, solo per onore di verità, vorrei specificare che nessun insulto inenarrabile è stato rivolto all'onorevole Maccanico (Commenti dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-L'Ulivo e della Margherita, DL-L'Ulivo).

EMILIO DELBONO. Non è vero!

ALESSANDRO CÈ. Lasciatemi parlare!

PRESIDENTE. Onorevole colleghi, lasciamo parlare anche l'onorevole Cè, altrimenti i conti non tornano...!

ALESSANDRO CÈ. Presidente, forse il questore Ballaman ha avuto una reazione emotiva (Commenti dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-L'Ulivo e della Margherita, DL-L'Ulivo); tuttavia, non è accettabile che l'onorevole Enzo Bianco l'abbia apostrofato dicendo: «La smetta di ragliare» (Commenti dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-L'Ulivo e della Margherita, DL-L'Ulivo). Questo non è accettabile!

PRESIDENTE. Approfondiremo anche questo.

RENZO INNOCENTI. Presidente!

PRESIDENTE. Ora basta, non do più la parola a nessuno.

RENZO INNOCENTI. Chiedo di parlare!

PRESIDENTE. No! Onorevoli colleghi, a fine seduta chiariremo la questione (Commenti dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo).
Onorevoli colleghi, ho dato la parola all'onorevole Boccia ed all'onorevole Cè, a un deputato dell'opposizione e ad uno della maggioranza. A fine seduta, lo ripeto, chiariremo questo problema!
Ha chiesto di parlare di per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Mascia. Ne ha facoltà.

GRAZIELLA MASCIA. Signor presidente, come è stato sottolineato, quello in esame è uno degli articoli più rilevanti e meriterebbe disponibilità e non il nervosismo che abbiamo registrato nei colleghi della maggioranza, visto che, sul merito di questa riforma, tutti saremo tenuti a dare delle spiegazioni.
Credo che la prima critica forte giunta dai banchi dell'opposizione abbia riguardato l'incomprensibilità di una norma che passa da una riga e mezzo, nell'attuale Costituzione, a 112 righe, a dimostrazione che il procedimento legislativo che è stato definito non è immediatamente comprensibile né dai giuristi né verosimilmente dai parlamentari.
Nel merito, vorremmo rilevare alcune questioni principali. In base al principio fondamentale dei sistemi parlamentari basati sul bicameralismo imperfetto, si prevede la sede della decisione di ultima istanza. Nella nostra ipotesi, come in quelle avanzate dai colleghi del centrosinistra, questo centro ultimo di imputazione di qualsiasi decisione in materia legislativa è individuato, non a caso, nella Camera, un'ipotesi, peraltro, che valorizza lo stesso ruolo del Senato. Le possibili alternative a queste norme chiare nei procedimenti legislativi sono due: i continui stalli istituzionali o i ricorsi alla Corte per conflitti di attribuzione.
La maggioranza, anziché affrontare e risolvere positivamente le critiche di fondo che abbiamo avanzato, ha scelto la strada autoritaria con la determinazione di uno sconquasso nell'equilibrio dei poteri. Ecco, dunque, che abbiamo una moltiplicazione dei procedimenti legislativi nella proposta legislativa che ci accingiamo a votare: una Commissione di trenta deputati e trenta senatori che espropria il Parlamento e svilisce l'efficacia dell'azione legislativa; un intervento autoritativo del Governo che decide i punti essenziali del proprio programma e sottrae alle Camere le proprie competenze; il Presidente della Repubblica che perde il suo ruolo super partes per assumere un ruolo politico che entra totalmente nelle valutazioni programmatiche del Governo; infine, la perdita di ruolo da parte dei Presidenti delle Camere cui è assegnata una totale discrezionalità per la valutazione di problemi di competenze in ordine all'esercizio di funzioni legislative, per questo, si avvalgono di un Comitato paritetico la cui decisione diventa insindacabile.
Credo che, seppure in poche parole, sono presenti tutti gli elementi di enorme gravità che entrano in collisione con il costituzionalismo, così come si è determinato nella nostra Costituzione, cioè con il suo equilibrio, nei suoi contrappesi di poteri; elementi base sufficienti perché poi al di fuori di questa aula noi possiamo andare a spiegare la nostra contrarietà e la pericolosità di questa riforma nel suo insieme. Adesso abbiamo pochi minuti e ci limitiamo ad annunciare il nostro voto contrario a questo articolo, ma vorremmo rimanesse agli atti il punto essenziale, che poi svilupperemo meglio quando la gente sarà chiamata a votare per il referendum (Applausi dei deputati del gruppo di Rifondazione comunista).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mazzuca Poggiolini. Ne ha facoltà.

CARLA MAZZUCA POGGIOLINI. Signor Presidente, intervengo per dichiarare il voto contrario dei repubblicani europei sulla riforma di un delicatissimo articolo della Costituzione, l'articolo 70, in materia di formazione delle leggi e per dire che sottoscrivo appieno, se me lo consente, la stupenda dichiarazione di voto contraria espressa dal collega amico Maccanico, che ho l'onore di conoscere ed apprezzare da tanti anni come repubblicano.
Desidero anche stigmatizzare il comportamento davvero ignobile tenuto da questa Assemblea in un momento così alto - che avrebbe dovuto e dovrebbe essere alto e che invece è così basso (perché voi l'avete reso basso) - di riforma della Costituzione. Questo articolo è importante e penso che vi sia stata la vostra volontà di certificare qualcosa che non è chiaro a voi stessi e che sia stato impossibile prevedere un corretto svolgimento del processo legislativo tra le due Camere, benché modificate. Ecco perché come, repubblicani europei, noi votiamo contro questo articolo e contro tutto il provvedimento, che ci auguriamo il popolo italiano voglia capire e voglia «cassare» con un opportuno referendum.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Acquarone. Ne ha facoltà.

LORENZO ACQUARONE. Signor Presidente, per evitare incidenti, è così cortese da dirmi quanto tempo ho a disposizione? Credo di avere dieci minuti...

PRESIDENTE. Onorevole, credo che il gruppo Misto abbia tempo (Commenti del deputato Boato). Non ho bisogno di Boato che mi faccia la consulenza! Ho capito che lei è il presidente del gruppo Misto, ma è la Presidenza che deve dire quanto tempo si ha a disposizione (Applausi dei deputati del gruppo di Forza Italia)!
Onorevole Acquarone, lei ha tre minuti di tempo a disposizione; le componenti hanno 3 minuti. Il gruppo Misto non ha ancora esaurito il tempo.
Prego, onorevole Acquarone, ha facoltà di parlare.

LORENZO ACQUARONE. Signor Presidente, quando in una discussione seria, come dovrebbe essere quella che attiene alla riforma della Costituzione, si grida «tempo» ad uno dei pochi interventi veramente seri, come quello che ha fatto il collega Maccanico, francamente... Il collega Maccanico ricordava che in quest'aula Croce - certamente laico - aveva invocato il «Veni, creatus Spiritus»; io non so se i colleghi della Lega Nord hanno invocato il dio padano, celtico, eccetera, ma ho l'impressione di sì; ugualmente, non so se coloro i quali hanno scritto le sciocchezze che stiamo per esaminare siano cultori di letteratura moderna e se abitano in via Merulana, ma, se così fosse, direi che questa è la riproduzione di quel bel libro di Gadda e che noi stiamo esaminando: «Quel pasticciaccio brutto di via Merulana».

Infatti, quando è arrivata in quest'Assemblea la prima formulazione, ebbi occasione di dire che, pur non essendo tra coloro i quali, più di altri, sono contrari all'attuale bicameralismo, mi rendevo conto della necessità di razionalizzare il sistema attualmente vigente (obiettivo non facile!).
L'onorevole De Mita ricorderà, quando era presidente della Commissione deputata all'esame della materia, come un costituzionalista, certamente meno esperto dell'onorevole Cé - ma di un qualche livello -, Leopoldo Elia, avesse cercato di studiare e confrontare molti passaggi (tutti piuttosto difficili).
Nel caso di specie, invece, si era giunti all'esame sin dall'inizio con un'idea: talune materie appartengono prevalentemente allo Stato, talune altre alle regioni; poche altre ancora a competenza ugualmente ripartita. Quindi, si propugnava un qualche sistema, che, pur irrazionale e pasticciato sin dall'inizio, aveva, però, una qualche logica.
Eundo, attraverso una serie di proposte emendative tra loro contraddittorie, ne è uscito fuori quel pasticcio di carattere costituzionale che, francamente, se il fatto non fosse gravemente serio, si potrebbe indicare agli studenti del primo anno di università come esempio di quel bel libro di Jhering - del quale certamente i colleghi della Lega sanno tutto - : Serio e faceto nella giurisprudenza. Nel caso di specie, appunto, saremmo nel faceto - e si potrebbe soltanto ridere -, se la questione non fosse seria. Invece, purtroppo, la questione è seria e non possiamo citare Jhering in siffatto contesto.
La serietà deriva dal fatto che nel testo si contiene, per così dire, un po' di tutto. Come ha detto con molta chiarezza e pacatezza il collega Violante, in alcuni casi non si saprebbe bene a chi spetti l'ultima parola. Infatti, il richiamo - ed è l'aspetto più preoccupante di tutta la vicenda - che il Presidente del Consiglio può fare perché la Camera a lui «succube» possa, in qualche modo, respingere una tesi del Senato è valido soltanto quando si tratti del programma di Governo o di questione che ritenga fondamentale. In tutti gli altri casi, un organo quale sarà il futuro Senato federale, se mai verrà istituito - e mi auguro che ciò non avvenga -, non avrebbe alcuna possibilità di essere sindacato e quindi, su di esso, e su eventuali «sciocchezze» che, in ipotesi, potrebbe compiere, non potrebbe esercitarsi alcun controllo.
In merito a tali elementi, si è trattenuto a lungo il collega Violante, sicché mi pare non sia il caso di tediare più a lungo l'Assemblea. Devo riconoscere che, proseguendo nell'esame del provvedimento, il «pasticcio» iniziale «brutto» si è per tanti motivi aggravato, come è accaduto anche stamattina, quando si è approvato l'emendamento 13.255 della Commissione, che ha determinato in dieci deputati e dieci senatori il numero dei componenti il Comitato i quali producono un testo definitivo e non sindacabile da alcuno. Mi domando se ciò significhi: non sindacabile ulteriormente durante l'iter parlamentare o, invece, non sindacabile neppure dalla Corte costituzionale. Siccome dalla lettura del testo sembrerebbe non sindacabile da parte di alcuno - e quindi neppure dalla Consulta -, francamente, ho la sensazione che ci troviamo veramente dinanzi ad un vulnus portato ai principi della legalità e della democrazia.

PRESIDENTE. Onorevole...

LORENZO ACQUARONE. Peraltro, signor Presidente, il punto più pericoloso di tutta la vicenda - lo ribadisco ancora una volta - risiede nella possibilità offerta all'Esecutivo di farsi autorizzare. Ieri, ho a lungo insistito su questo concetto di autorizzazione, ancora più grave (e vede come i pasticci vanno avanti crescendo) dopo l'approvazione di uno degli emendamenti a firma Armani, per la verità un po' patetico: autorizzazione che può comportare o un Presidente della Repubblica succube del Presidente del Consiglio o un conflitto di attribuzioni ad altissimo livello. Ciò, in quanto si è attribuito al Presidente del Repubblica una funzione politica che è contraria alla sua funzione di garanzia.

Ma, soprattutto - e concludo, signor Presidente -, vorrei rilevare che l'aspetto più preoccupante è l'attribuzione al potere esecutivo, attraverso il rinvio alla Camera dei deputati di un provvedimento ritenuto importante per il programma di Governo (e noi sappiamo come sono fatti tali programmi, al cui interno vi è il tutto ed il contrario di tutto!), della facoltà di far valere la propria volontà anche nei confronti del potere legislativo, contravvenendo, in questo modo, al principio fondamentale della separazione dei poteri.
Ho cercato di evidenziare tali questioni nel modo più pacato, anche se, viceversa, ci sarebbe da indignarsi. Debbo riconoscere che le parole più importanti che in quest'aula stavano per essere pronunciate erano quelle del collega Maccanico, cui è stato impedito di parlare: ritengo gravissimo che, proprio mentre si afferma che occorre il confronto, si impedisca di parlare proprio ad un collega dell'esperienza e della capacità dell'onorevole Maccanico.
Ho già affermato, suscitando molte reazioni, compresa quella del mio amico onorevole Giachetti, che quando c'è la «voce del padrone» l'aula si riempie e si vota rapidamente. Siccome il «padrone» ha detto che il provvedimento legislativo in esame dovrà essere approvato domani sera, accadrà qualcosa del genere, alla faccia della democrazia e, soprattutto, del bene che tutti dovremmo volere alla nostra Costituzione, che rappresenta il patto che ci lega nell'unità nazionale; sottolineo: non federale, ma nazionale (Applausi dei deputati dei gruppi Misto-Popolari-UDEUR e della Margherita, DL-L'Ulivo)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Carrara. Ne ha facoltà.

NUCCIO CARRARA. Signor Presidente, vorrei ringraziare l'onorevole Violante, poiché ci offre oggettivamente - lo affermo sinceramente - degli spunti di riflessione, come ha fatto anche oggi. Credo sia giusto, tuttavia, avere presente ancora una volta l'intero quadro delle disposizioni che stiamo approvando, e ritengo altresì giusto avere alcuni punti riferimento.
Al riguardo, vorrei cercare di sintetizzare brevemente il significato dell'articolo 13 del provvedimento in esame. Tale articolo segna, infatti, la fine del bicameralismo perfetto e credo che su questo punto vi sia un accordo unanime. Una volta usciti dal bicameralismo perfetto, tuttavia, le possibili soluzioni da adottare sono numerose, poiché ci troviamo in un campo non ancora arato; tutte le soluzioni, pertanto, hanno una loro dignità, anche se presentano punti di debolezza ed imperfezioni.
Vorrei ricordare che la Commissione bicamerale per le riforme costituzionali, ad esempio, tentò di individuare una soluzione, proponendo che vi sarebbero stati provvedimenti «bicamerali», vale a dire approvati da entrambi i rami del Parlamento, ed altri atti normativi che sarebbero stati approvati dalla Camera dei deputati in via definitiva, senza escludere, tuttavia, un ulteriore esame da parte del Senato.
Vorrei osservare che, con il disegno di legge in esame, siamo andati un po' oltre la soluzione proposta dalla citata Commissione bicamerale. Abbiamo disposto, infatti, che vi saranno provvedimenti di cui si occuperà in via esclusiva la Camera dei deputati, vale a dire quelli concernenti le materie di competenza esclusiva dello Stato; abbiamo previsto, inoltre, che vi saranno provvedimenti di cui si occuperà il Senato federale, con riferimento all'articolo 117, terzo comma, del nuovo testo della Costituzione, per le materie cosiddette concorrenti, ed abbiamo disposto, infine, che vi saranno provvedimenti esaminati con il metodo ed il sistema «bicamerale»; vorrei osservare che viviamo tutti i giorni tale sistema, e pertanto sappiamo di cosa si tratti.
Era nostra intenzione, tuttavia, fare in modo che la navette tra i due rami del Parlamento, che oggi può essere virtualmente infinita, potesse essere bloccata, in qualche modo, da un organismo paritetico. Al riguardo, abbiamo previsto la costituzione di un Comitato a composizione mista, attribuendogli l'incarico di proporre alle due Camere un testo sostanzialmente inemendabile.
Vorrei svolgere, a questo punto, una riflessione. Mi domando per quale motivo l'onorevole Violante abbia criticato l'istituzione di tale Comitato.
Mi rendo conto che noi di destra - l'ho già detto l'altro giorno - siamo «figli di un Dio minore», non siamo «politicamente corretti». Quando proponiamo qualcosa, siccome proviene da noi, inevitabilmente non può essere accettata, non è «politicamente corretta», non è proponibile al popolo italiano. Voglio tuttavia ricordare all'onorevole Violante che, questa volta, non abbiamo fatto altro che copiare, pari pari, ciò che aveva previsto la Commissione bicamerale di D'Alema, anzi dell'Ulivo, che per voi è il vangelo, tanto è vero che molti spunti li avete ripresi nei vostri emendamenti dai lavori di tale Commissione.
L'articolo 94 del testo elaborato dalla Bicamerale, al secondo comma, dice che, se la Camera che esamina per seconda tali disegni di legge, li approva in un testo diverso da quello approvato dall'altra Camera, le disposizioni modificate sono assegnate ad una speciale Commissione formata da un uguale numero di componenti delle due Camere, nominati dai rispettivi Presidenti in modo da rispecchiare la proporzione dei gruppi in ciascuna Camera. Tale articolo prevede inoltre che il testo adottato dalla Commissione speciale, onorevoli colleghi, sia sottoposto all'approvazione di ciascuna Camera con la sola votazione finale. Vi chiedo, dunque: perché sbagliamo anche quando riprendiamo pedissequamente le vostre proposte (Applausi dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale)?

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Intini. Ne ha facoltà.

UGO INTINI. Signor Presidente, credo anch'io di avere del tempo a disposizione, ma non ne abuserò. Nel dichiarare il voto contrario a questo articolo, voglio aggiungere una riflessione più generale: l'onorevole Maccanico ha tenuto una lezione di democrazia e di diritto costituzionale, dalla quale voglio partire. Si divide il paese, si moltiplicano le spese pubbliche ed ora, con questa norma, si elimina, di fatto, la forma parlamentare della Repubblica. Per la prima volta, una riforma della Costituzione risponde ad un equilibrio trovato non in un'Assemblea costituente, non in un intero Parlamento, ma in una maggioranza parlamentare eletta con il sistema maggioritario. Una riforma della Costituzione, per la prima volta, risponde all'esigenza di non far cadere un Governo, risponde all'esigenza di consentire un successo propagandistico ad un partito della maggioranza, la Lega Nord, che pesa per il 5 per cento del voto popolare.
Con questa riforma, temo che siamo solo all'inizio di una crisi per la nostra democrazia. Presto, infatti, chi vuole dividere l'Italia tenterà nuove forzature. Che accadrà se, e quando, qualcuno proponesse una Lega Sud da contrapporre alla Lega Nord, con le stesse forzature? Non è, onorevoli colleghi, un'ipotesi peregrina.
L'onorevole Maccanico è ormai un padre della Repubblica, perché è stato accanto ai padri della Repubblica. Anche la mancanza di rispetto nei suoi confronti, anche la mancanza di rispetto generale in quest'Assemblea indica con quale improvvida leggerezza, con quale inadeguatezza, ci si accinge a riscrivere la Costituzione. Tutto si tiene e si spiega. Si riscrive la Costituzione anche perché si disprezza la storia del nostro paese, una storia che l'onorevole Maccanico, con la sua esperienza personale, rappresenta.
Dobbiamo essere sinceri, a questo punto, almeno per chi in futuro - perplesso, molto perplesso -, leggerà gli atti di quest'Assemblea, in cui prevalgono i «costituzionalisti creativi». Vi è un dibattito esplicito in quest'aula, ma vi è anche qualcosa di non detto, sia nel centrosinistra sia nel centrodestra. Nel centrosinistra, tutti noi illustriamo emendamenti e votiamo, ma sappiamo che ciò non serve a nulla, perché la maggioranza ha già deciso tutto. Facciamo il nostro dovere, ma ormai aspettiamo soltanto il referendum. Molti di noi, tra cui il sottoscritto, sono consapevoli che il centrosinistra ha sbagliato nella scorsa legislatura, perché temeva elettoralmente la demagogia localista e avrebbe voluto svuotarla con una piccola devolution, piccola per evitarne una più grande, come quella che viene proposta attualmente. Abbiamo promosso un piccolo danno, per evitarne uno più grande, che oggi si compie.
Lo ha sottolineato, con una lettera, un gentiluomo quale l'onorevole Nesi, qualche giorno fa, ricordando che, in Consiglio dei ministri, egli votò contro e ricordando anche le parole che Benedetto Croce, mezzo secolo fa, in una situazione analoga, rivolgeva ai parlamentari: «Se ci avvediamo di aver commesso un errore, dobbiamo correggerlo, riconoscendo onestamente il nostro errore. Ciò vale anche per i deliberati dei nostri comitati e congressi in materia politica. Il nostro impegno è verso la patria e non verso il nostro amor proprio».
Nel centrodestra tutti votano, ma vi è al suo interno una minoranza silenziosa, che poi tanto silenziosa non è, perché qualche volta vota, e vota contro, e, soprattutto, perché non parla in pubblico, ma parla - e molto - in privato. Questa minoranza silenziosa più si va avanti e più rimane allibita nel vedere l'enormità del pasticcio, nel constatare che, per ammodernare il quadro della Costituzione, si sono messi all'opera non i restauratori, ma gli imbianchini.
Questa minoranza silenziosa pensa e in privato ci dice: ormai, in quest'aula non c'è più niente da fare; votiamo turandoci il naso, perché altrimenti scatta il ricatto leghista e il Governo cade. Il danno, fortunatamente, non sarà irreparabile perché la saggezza degli italiani con un referendum rimedierà alla dissennatezza dei parlamentari.
A questa minoranza silenziosa diciamo che comprendiamo, se non la sua ragion di Stato, la sua ragion di coalizione. Ma il prezzo è molto alto, perché l'opinione pubblica capisce che questo Parlamento si è arreso, che è inadeguato, che per evitare la demolizione delle istituzioni non conta più sulle sue forze intellettuali e morali, ma sulla buona stella dell'Italia, rappresentata, questa volta, dal voto popolare.
Confezionando - e concludo - una cattiva Costituzione, noi delegittimiamo questo Parlamento e delegittimiamo la politica. Chi ha cavalcato la retorica dell'antipolitica può persino esserne soddisfatto. Chi vuole, nella politica, a sinistra ma anche a destra, credere nella sua funzione ne è francamente umiliato (Applausi dei deputati dei gruppi Misto-socialisti democratici italiani e dei Democratici di sinistra-L'Ulivo - Applausi polemici dei deputati del gruppo della Lega Nord Federazione Padana).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Maura Cossutta. Ne ha facoltà.

MAURA COSSUTTA. Signor Presidente, credo che l'articolo 13 sia molto importante ed abbiamo atteso le riunioni della maggioranza perché sapevamo che, attorno ad esso, vi erano perplessità persino da parte dei colleghi della maggioranza. In effetti, l'articolo sulla formazione delle leggi sarebbe dovuto essere l'architrave, il muro maestro che avrebbe dovuto sostenere questo sovvertimento (si tratta di ben 43 articoli!) della Costituzione. Ci saremmo aspettati che, perlomeno dal vostro punto di vista, in modo logico e coerente, fossero affrontati alcuni aspetti. In primo luogo, mi riferisco a soluzioni e risposte rispetto all'introduzione del Senato federale che tenessero insieme questa modifica.
In secondo luogo, siccome stiamo parlando di funzione legislativa e della formazione delle leggi, mi sarei aspettata un riconoscimento, un'esaltazione ed una valorizzazione del ruolo delle Assemblee elettive, della Camera e del vostro Senato federale.
In terzo luogo, avendo voi sostenuto di non voler sovvertire ma migliorare la Costituzione, ci saremmo aspettati perlomeno la riconferma di quella che fino ad oggi era stata una cultura di riferimento comune, che aveva delineato il sistema delle regole e delle garanzie costituzionali.
Non è così! Non è stato raggiunto nessuno di questi tre obiettivi che ci saremmo aspettati perlomeno dal punto di vista della logica e della coerenza dell'impianto. Restano, infatti, non tanto zone d'ombra, bensì voragini rispetto alla chiarezza delle soluzioni che voi proponete a seguito dell'introduzione del Senato federale. È un pasticcio istituzionale: lo hanno già detto i colleghi e lo abbiamo ripetuto. E si tratta di obiezioni che provengono da insigni costituzionalisti del nostro paese. È un pasticcio che tiene insieme procedimenti diversissimi: un sistema bicamerale, un sistema monocamerale a prevalenza Camera, un sistema monocamerale a prevalenza Senato e l'invenzione creativa della Commissione paritetica. Si tratta di un pasticcio che non indica chiarezza nelle soluzioni rispetto alla modifica che avete introdotto - e che dovrebbe essere il cardine di questa controriforma - riguardante il Senato federale.
L'introduzione della Commissione dei «superparlamentari», che dovrebbero delineare il testo unificato da sottoporre al voto unico della Camera, e del Comitato dei «quattro più quattro» è un'invenzione creativa assolutamente in discontinuità con il ruolo e la promozione della funzione legislativa delle Assemblee elettive. Lo abbiamo già detto: si introducono disparità di poteri tra parlamentari, per cui vi saranno parlamentari di «serie A» e di «serie B»; si prevedono una Commissione ed un Comitato attribuendo superpoteri ad alcuni parlamentari.
C'è a monte, rispetto alla funzione legislativa che è propria del Parlamento, la supremazia di un ulteriore potere, che non è quello legislativo ma quello esecutivo, perché il premier si può arrogare il potere di proporre delle modifiche e, quindi, di avocare...

PRESIDENTE. Onorevole Maura Cossutta...

MAURA COSSUTTA. ... al voto della Camera - un attimo, Presidente, ho finito - una proposta di legge che viene dal Senato.
L'ultimo aspetto è il sistema delle regole. Non c'è trasparenza, non c'è chiarezza e, soprattutto, non c'è democraticità. Voi non avete introdotto soltanto, di fatto, il premierato assoluto, ma avete ridotto le funzioni e il ruolo del Presidente della Repubblica, della Corte costituzionale e, persino, del Consiglio superiore della magistratura.
Oggi, con questo articolo, delineate un assetto istituzionale spostato verso un sistema monocratico sbilanciato sull'esecutivo. È l'articolo sulla formazione delle leggi, ma persino questo è sbilanciato sul potere dell'esecutivo e sullo snaturamento del sistema delle garanzie.
Credo che non ci sia nulla di moderno in questo provvedimento; è antico, molto antico: meno democrazia e più oligarchia!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Boato. Ne ha facoltà.

MARCO BOATO. Sarò molto breve, signor Presidente. Anche a nome dei Verdi, ovviamente, dichiaro il voto contrario all'articolo 13, che introduce il nuovo articolo 70 nel testo costituzionale.
Proprio perché voglio essere breve, mi richiamo a tutti gli interventi dei colleghi del centrosinistra e dell'opposizione in generale che sono intervenuti prima di me, e mi permetto di richiamare, in modo del tutto particolare, l'intervento del collega Maccanico. Infatti, non solo condivido quell'intervento nel merito, ma ho provato anche un senso di imbarazzo e di umiliazione nell'ascoltare in quest'aula - ovviamente non da parte di tutti, ma da parte di alcuni colleghi del centrodestra - un'unica interlocuzione con il presidente Maccanico nel gridargli «Tempo! Tempo!» e nel cercare di disturbare un suo intervento, che si può condividere oppure no - io lo condivido dalla prima all'ultima parola -, ma che era comunque un intervento motivato, ragionato e di elevata considerazione sul piano costituzionale.
Credo che sia stata un'umiliazione della Camera e del Parlamento la reazione che alcuni colleghi del centrodestra hanno avuto nei suoi confronti.
Per concludere, mi richiamo, signor Presidente, alla proposta totalmente alternativa che avevamo prospettato fin dall'inizio attraverso l'emendamento Leoni ed altri (compreso il collega Maccanico) 13.18, che prospettava un'ipotesi che si faceva carico di tutta la complessità di un procedimento bicamerale a bicameralismo differenziato; era un'ipotesi, radicalmente diversa perché non prevedeva né Commissioni di sessanta deputati e senatori, né Comitati di otto, eccetera, ma prevedeva un procedimento razionale e praticabile per quanto riguarda il nuovo procedimento legislativo.
L'emendamento 13.18 rappresentava la nostra posizione complessiva e per questo confermo il voto contrario sull'articolo 13, così com'è stato delineato dagli emendamenti della maggioranza.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 13, nel testo emendato.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (
Vedi votazioni).
(Presenti 460
Votanti 458
Astenuti 2
Maggioranza 230
Hanno votato
256
Hanno votato
no 202).

Prendo atto che gli onorevoli Borrelli e Di Serio D'Antona hanno espresso erroneamente voto favorevole mentre avrebbero voluto esprimere voto contrario.

 

(Esame dell'articolo 9 - A.C. 4862 ed abbinate)

 

PRESIDENTE. Come suggerito dal relatore, passiamo ora all'esame dell'articolo 9 e delle proposte emendative ad esso presentate (vedi l'allegato A - A.C. 4862 ed abbinate sezione 2).
Ha chiesto di parlare l'onorevole Olivieri. Ne ha facoltà.

LUIGI OLIVIERI. Con l'articolo 9, che era stato appositamente e appropriatamente accantonato a suo tempo e che ora esaminiamo, si affronta la questione della ineleggibilità e dell'incompatibilità e si modifica il primo comma dell'attuale articolo 65 della Costituzione, che così recita: «La legge determina i casi di ineleggibilità e di incompatibilità con l'ufficio di deputato o di senatore». La modifica consiste nel sostituire completamente il primo comma con la seguente dizione: «La legge, approvata ai sensi dell'articolo 70, terzo comma, determina i casi di ineleggibilità e incompatibilità con l'ufficio di deputato o di senatore».
Quindi, si tratta di leggi approvate con la procedura prevista dal terzo comma dell'articolo 70.
Probabilmente, ci si chiede come mai su un intervento che potrebbe correggere una situazione conseguente al nuovo sistema che la maggioranza ed il Governo vogliono introdurre sia stato proposto un emendamento soppressivo. Il motivo è molto semplice e, man mano che i nostri lavori proseguono, si capisce il perché dell'atteggiamento del centrosinistra sulla riforma in esame. Forse è anche ora, come vedremo esaminando i successivi articoli, a partire dall'articolo 14, che si vadano a delineare in modo più semplice possibile le motivazioni per cui il nostro «no» complessivo sulla proposta di riforma ci ha portato a proporre emendamenti soppressivi di ogni articolo.
Vorrei spiegare, come abbiamo già fatto illustrando gli articoli esaminati, le suddette motivazioni. Credo si potrebbero individuare tre grandi categorie di intervento. Innanzitutto, vi è il rapporto tra lo Stato e le autonomie. In secondo luogo, vi è la fabbrica delle leggi: non me ne vogliano i colleghi, uso tale termine per farci capire. Probabilmente, tale riforma sarà soggetta al referendum popolare, quindi è giusto utilizzare un linguaggio comprensibile. Esaminando l'articolo precedente abbiamo detto chiaro e tondo che per quanto riguarda il procedimento legislativo vi è un gravissimo buco nero del progetto di riforma che porterà non solo alla paralisi, ma all'immobilismo del sistema. In terzo luogo, vi è la questione di fondo riguardante il premierato.
Per quanto riguarda il primo punto, la maggioranza separa Stato centrale ed autonomie locali e rifiuta che il Senato sia davvero federale: ormai su questo ci siamo dilungati e siamo convinti di avere oggettive argomentazioni che difficilmente la maggioranza potrà confutare nel merito. La maggioranza con una mano promette la devolution, dichiarando che molte materie saranno di competenza esclusiva delle regioni, ma con l'altra riporta quasi tutto al centro con poteri sostitutivi senza limiti e sulla base di un indefinito interesse nazionale che consente di distruggere le leggi regionali.
Abbiamo una sommatoria di tre interventi: il classico conflitto di attribuzioni tra lo Stato e le regioni, già normato; la clausola di supremazia; l'interesse nazionale, che dimostra tutta la mancanza di una visione federale e di un regionalismo avanzato. Con tale ultimo strumento si fa in modo che il Parlamento intervenga per dire che una legge di una certa regione non è conforme all'interesse nazionale. Si tratta di una clausola assolutamente generica e vacua con cui annullare un procedimento legislativo.
Noi, ovviamente, non siamo assolutamente d'accordo. Il centrosinistra, nella sua visione di riforma dello Stato, punta sulla cooperazione tra Parlamento, Governo e autonomie, senza rigide separazioni di materie, bensì valorizzando un Senato realmente federale, lo sottolineo, e non sedicente federale, eletto in un momento diverso rispetto alla Camera, con rappresentanti delle autonomie presenti a pieno titolo. Noi abbiamo cercato di portare avanti questa nostra iniziativa, con precisi e puntuali interventi emendativi sul corpo delle proposte legislative provenienti dal Senato, che hanno subito una prima modifica in Commissione di merito e che successivamente sono state oggetto di una profonda modifica nel periodo estivo. Tuttavia, queste nostre indicazioni non sono state accolte, neppure con riferimento ad aspetti di interesse minimale.
Per quanto riguarda la questione del procedimento legislativo, che ho definito volgarmente la «fabbrica delle leggi», la maggioranza consente che su moltissime leggi, quasi tutte quelle più importanti, il Senato, che non dà la fiducia al Governo - cosa di non poco conto, anzi essenziale -, possa paralizzarne l'approvazione; solo nel caso in cui il Presidente della Repubblica lo consentisse, con una valutazione del tutto politica, il veto potrebbe essere rimosso. È una norma non presente in alcun ordinamento democratico conosciuto nel mondo; questo peraltro non vuol dire che noi non possiamo essere originali: l'originalità va benissimo, ma ci vuole una coerenza di natura costituzionale, che invece è assolutamente avulsa da questo contesto ed in modo particolare da quella norma.
Noi del centrosinistra - è stato detto poc'anzi, ma lo richiamo succintamente - prevediamo che, come in tutte le altre democrazie parlamentari, la Camera possa approvare da sola, alla fine del percorso, la gran parte delle leggi. Non vi è sistema federale al mondo - dato che in tale tipo di contesto il rapporto politico fiduciario è con la Camera, per quanto riguarda il nostro paese, e con il Bundestag, per quanto riguarda il sistema tedesco, ma potremmo verificarlo anche nel caso degli altri sistemi federali -, in cui l'ultima parola, per quanto riguarda le leggi, non spetti alla Camera che ha il rapporto fiduciario con il Governo. Invece noi abbiamo costruito un sistema assolutamente originale, ma, nella sua peculiarità, di assoluta negatività. Per le leggi che involgono aspetti di maggiore delicatezza nei rapporti fra centro e periferia, quindi tutte le cosiddette leggi cornice o leggi quadro, si prevede che il Senato possa opporsi con l'ampia maggioranza dei tre quinti dei componenti, cioè di gran parte delle autonomie.
Questa è dunque la nostra proposta, che abbiamo articolato in più proposte emendative e che abbiamo discusso con voi, cercando forse fin troppo di insistere, affinché possiate accogliere questa nostra prospettazione, che peraltro non si riferisce solo ed esclusivamente ad una nostra volontà emendativa, in quanto essa attribuisce funzionalità al sistema: la Camera che ha il rapporto fiduciario politico in un sistema federale è in ultima istanza l'organo abilitato a decidere, mentre il Senato, che è la Camera nella quale vi è il confronto e la mediazione con i territori e dunque la rappresentanza compiuta degli interessi di quei territori, è competente ad intervenire sulle questioni di merito riguardanti le cosiddette leggi cornice, che fissano i grandi indirizzi e i grandi principi di cui al terzo comma dell'articolo 70 della Costituzione, per poi eventualmente diventare un'assoluta protagonista, rappresentando in tal modo compiutamente e veramente gli interessi delle autonomie, quando una maggioranza dei tre quinti dei suoi componenti si pronunci in quel contesto.
Questo sarebbe un sistema funzionante, una «fabbrica» del sistema delle leggi, un procedimento legislativo con una sua testa ed una sua concretezza, che qualora accolto permetterebbe al nostro paese di produrre leggi non solo necessarie, ma anche effettivamente rappresentative degli interessi provenienti dal paese stesso.
Questi sono due dei tre motivi di fondo, che mi riservo di approfondire in dichiarazione di voto sulle varie proposte emendative, che ci inducono a ribadire la nostra contrarietà (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo).

PRESIDENTE. Nessun altro chiedendo di parlare, invito il relatore ad esprimere il parere della Commissione.

DONATO BRUNO, Relatore. Signor Presidente, ho cercato di prestare attenzione all'intervento del collega Olivieri, ma sono in discussione proposte emendative soppressive presentate all'articolo 9 sull'ineleggibilità ed incompatibilità. Il collega non ha trattato assolutamente questo argomento, ma ha intrattenuto l'Assemblea su questioni che, probabilmente, verranno affrontate successivamente.
Per quanto riguarda gli emendamenti in esame, la Commissione esprime parere contrario sugli identici emendamenti Mascia 9.1 e Leoni 9.70.

PRESIDENTE. Il Governo?

ALDO BRANCHER, Sottosegretario di Stato per le riforme istituzionali e la devoluzione. Il Governo esprime parere conforme a quello del relatore.

PRESIDENTE. Avverto che, essendo stati presentati esclusivamente due identici emendamenti soppressivi, sarà posto in votazione il mantenimento dell'articolo.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul mantenimento dell'articolo 9.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (
Vedi votazioni).
(Presenti 445
Votanti 439
Astenuti 6
Maggioranza 220
Hanno votato
247
Hanno votato
no 192).

 

(Esame dell'articolo 14 - A.C. 4862 ed abbinate)

 

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 14 e dell'unica proposta emendativa soppressiva ad esso presentata (vedi l'allegato A - A.C. 4862 ed abbinate sezione 3).
Nessuno chiedendo di parlare, invito il relatore ad esprimere il parere della Commissione.

DONATO BRUNO, Relatore. Signor Presidente, la Commissione esprime parere contrario sull'emendamento Bressa 14.70.

PRESIDENTE. Il Governo?

ALDO BRANCHER, Sottosegretario di Stato per le riforme istituzionali e la devoluzione. Il Governo esprime parere conforme a quello del relatore.

PRESIDENTE. Avverto che, essendo stato presentato esclusivamente un emendamento soppressivo, sarà posto in votazione il mantenimento dell'articolo.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Olivieri. Ne ha facoltà.

LUIGI OLIVIERI. Signor Presidente, con l'articolo 15 si interviene sull'attuale articolo 72 della Costituzione. La norma disciplina le procedure legislative e l'organizzazione per...

DONATO BRUNO, Relatore. Onorevole Olivieri, stiamo parlando dell'articolo 14!

LUIGI OLIVIERI. Chiedo scusa, presidente, ma penso che ogni tanto si sbagli anche lei.

DONATO BRUNO, Relatore. Se vuole intervenire successivamente...

LUIGI OLIVIERI. Sì, interverremo anche successivamente.
Signor Presidente, secondo le previsioni del vigente articolo 71 della Costituzione, l'iniziativa delle leggi appartiene al Governo, a ciascun membro delle Camere ed agli organi ed enti ai quali sia conferita da legge costituzionale.
Con l'articolo 14 del suddetto provvedimento si intende sostituire il primo comma dell'articolo 71 della Costituzione e prevedere che l'iniziativa delle leggi appartenga al Governo, a ciascun membro delle Camere nell'ambito delle rispettive competenze ed agli organi ed enti ai quali sia conferita da legge costituzionale.
L'emendamento Bressa 14.70 si propone la soppressione dell'articolo 14; d'altra parte, per tutti gli articoli abbiamo presentato emendamenti soppressivi per il ragionamento complessivo svolto sinora, che poco fa ho cercato di richiamare e che mi riservo di esplicitare meglio sugli articoli successivi.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul mantenimento dell'articolo 14.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (
Vedi votazioni).
(Presenti 461
Votanti 457
Astenuti 4
Maggioranza 229
Hanno votato
257
Hanno votato
no 200).

Prendo atto che l'onorevole De Mita ha erroneamente espresso voto favorevole, mentre avrebbe voluto esprimere voto contrario.

 

(Esame dell'articolo 15 - A.C. 4862 ed abbinate)

 

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 15 e delle proposte emendative ad esso presentate (vedi l'allegato A - A.C. 4862 ed abbinate sezione 4).
Nessuno chiedendo di parlare, invito il relatore ad esprimere il parere della Commissione.

DONATO BRUNO, Relatore. La Commissione esprime parere contrario sugli identici emendamenti Mascia 15.1 e Leoni 15.2, parere favorevole sull'emendamento Elio Vito 15.200 e formula un invito al ritiro, altrimenti il parere è contrario, sull'emendamento Boato 15.3.
Il parere è contrario sui subemendamenti Mascia 0.15.201.2 e 0.15.201.4, nonché sui subemendamenti Bressa 0.15.201.6 e Mascia 0.15.201.5, mentre il parere è favorevole sull'emendamento Elio Vito 15.201.

La Commissione esprime parere contrario sull'emendamento Bressa 15.4 e sul subemendamento Boato 0.15.202.1; esprime invece parere favorevole sul subemendamento Boccia 0.15.202.2. Il parere è favorevole sull'emendamento Elio Vito 15.202, purché riformulato nel senso di sostituire la parola «regionale» con le seguenti: «delle regioni e delle province autonome», mentre il parere è contrario sugli emendamenti Perrotta 15.72 e 15.71, sugli emendamenti Leoni 15.44 e Tabacci 15.73, nonché sugli articoli aggiuntivi Boato 15.05 e Bressa 15.06.

PRESIDENTE. Il Governo?

ALDO BRANCHER, Sottosegretario di Stato per le riforme istituzionali e la devoluzione. Il Governo concorda con il parere espresso dal relatore.

PRESIDENTE. Vorrei rivolgere, anche a nome dell'Assemblea, un saluto ai docenti e agli studenti impegnati nella giornata di formazione a Montecitorio, iniziativa che riprende oggi e che si svolgerà per l'intero anno scolastico. Si tratta degli studenti dell'Istituto tecnico industriale «Copernico» di Pomezia - che, tra l'altro, fa parte del mio collegio elettorale - e degli studenti dell'Istituto tecnico commerciale per il turismo «Aldo Moro» di Monopoli (Applausi).
Passiamo alla votazione degli identici emendamenti Mascia 15.1 e Leoni 15.5.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Leoni. Ne ha facoltà.

CARLO LEONI. Signor Presidente, da questo articolo emergono tre argomenti molto significativi che vorrei, sin dall'inizio, sottoporre alla sua attenzione e a quella di tutti i colleghi, anche perché essi richiamano temi che percorrono l'insieme del provvedimento. Mi riferisco all'aumento dei poteri del Governo, alla mancata condivisione da parte della maggioranza di argomenti posti dai gruppi dell'opposizione riguardo alle garanzie del Parlamento e della stessa opposizione e al pericolo di una corsia preferenziale per iniziative politiche e legislative che in qualche modo rimandino all'idea delle macroregioni.
La prima questione è contenuta nell'emendamento Elio Vito 15.201, e consiste nel fatto che il Governo possa chiedere che, decorso il termine previsto dai regolamenti per i disegni di legge presentati o fatti propri dal Governo, la Camera dei deputati deliberi articolo per articolo e con votazione finale sul testo proposto o fatto proprio dal Governo.
Come i colleghi possono notare molto chiaramente, perché questa volta le intenzioni sono tradotte in modo limpido, l'obiettivo della maggioranza è quello di fornire al Governo un ulteriore potere nei confronti del Parlamento.
Tale potere si aggiunge alla questione di fiducia, al voto conforme e alla particolare corsia preferenziale nel calendario dei lavori dell'Assemblea per i disegni di legge del Governo. Con riferimento all'ultimo punto, anche il nostro gruppo ritiene congrua tale previsione e, infatti, esiste un emendamento a nostra firma dove si propone tale meccanismo. Si è però arrivati al punto in cui, scaduti i termini previsti, si prevedono soltanto le votazioni articolo per articolo e quella finale. Se il collega Buontempo fosse presente, credo si ribellerebbe anche in questo caso! Vorrei, però, sottoporre il problema a tutti i colleghi, in particolare a quelli dell'Unione dei democratici cristiani e dei democratici di centro. Infatti, dopo il voto di ieri soppressivo dell'articolo 24, abbiamo ascoltato autorevoli interventi da parte di colleghi di tale gruppo nei quali si affermava che, con tale bocciatura, era stato provocato uno squilibrio generale e che i poteri del Capo del Governo, rispetto al Presidente della Repubblica, risultavano troppo sbilanciati. Non so se nel corso della nottata è stato previsto uno strumento per procedere ad un nuovo bilanciamento, come chiesto in quest'aula; se posso giudicare in base ai subemendamenti presentati, direi che ciò non è avvenuto.
Comunque, siamo di fronte ad una norma che conferisce un nuovo potere all'Esecutivo. Infatti, scaduti i termini previsti dal regolamento, si potranno chiedere le votazioni articolo per articolo e poi il voto finale non solo relativamente a disegni di legge del Governo, ma anche su quelli che il Governo stesso intende fare propri. Questa è la prima enormità.
La seconda enormità, invece, riguarda le proposte di legge di iniziativa regionale. Infatti è stata prevista una corsia assolutamente prioritaria per le proposte di legge risultanti dal coordinamento tra più regioni, rispetto a quelle di semplice iniziativa regionale. La filosofia sottesa a tale norma è chiara a tutti; da tempo, infatti, settori della Lega - ma non solo - parlano del progetto di costruire macroregioni o, comunque, di favorire le aggregazioni tra le regioni più forti, idea esistente anche nel modo con cui è stato prevista la composizione del Senato federale.
Infine, la terza enormità è quella di respingere gli emendamenti Leoni 15.44 e Tabacci 15.73 che, se pur in modo diverso, pongono un'identica questione, suggerita anche dalla maggior parte dei costituzionalisti e fatta propria dalla cultura democratica che intende costruire i contrappesi e i bilanciamenti rispetto al sistema elettorale maggioritario. Si tratta della possibilità, a certe condizioni, di ricorrere alla Corte costituzionale, qualora una certa quota dei componenti della Camera ravvisi vizi nel procedimento di approvazione di una legge. È chiaro che non stiamo parlando di ricorsi di merito o di legittimità, bensì di vizi nel procedimento. Vi accingete a bocciare il nostro emendamento, respingendo per l'ennesima volta proposizioni presentate da quella che oggi è l'opposizione, che invece intende inserire nel sistema politico maggioritario alcuni elementi di garanzia.
Il mancato accoglimento dei nostri emendamenti induce il gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo ad esprimere un voto contrario sull'articolo 15, nonché a chiedere a tutti i colleghi di esprimere un voto favorevole sugli emendamenti soppressivi.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà.

GIANCLAUDIO BRESSA. Signor Presidente, stiamo discutendo di procedure legislative e di organizzazione per Commissioni. Sono temi apparentemente innocui e, se fossimo in condizioni normali, non sarebbe possibile immaginare stravolgimenti del diritto costituzionale. Ma anche nella trattazione di tali argomenti, non centrali rispetto al dibattito costituzionale, riuscite a superare voi stessi. In qualche modo, con questa controriforma, state ridisegnando i confini tra la politica e il diritto costituzionale.
Attraverso la ridefinizione della forma di governo e per il tramite di questa, state espandendo l'area della politica in modo abnorme, facendo al tempo stesso arretrare il diritto costituzionale e le sue regole dalle posizioni storicamente definite in tutte le Costituzioni democratiche.
Sottopongo all'attenzione dell'Assemblea due esempi. Il primo è dato dall'emendamento Elio Vito 15.201, al quale ha fatto riferimento poc'anzi il collega Leoni. In virtù di tale emendamento, il Governo può chiedere che, decorso il termine, la Camera dei deputati deliberi articolo per articolo e con votazione finale sul testo proposto o fatto proprio dal Governo stesso. Non si tratta più di porre all'ordine del giorno la questione, affrontata anche da parte nostra, dell'opportunità che il Governo possa avere una corsia preferenziale per far approvare provvedimenti considerati indispensabili per la sua azione. Tale questione, affrontata anche dalla Commissione bicamerale, può trovare una soluzione piana, da noi proposta, che illustreremo successivamente. Invece, utilizzate anche questa occasione per attribuire un ulteriore potere non tanto al Governo, bensì al primo ministro. La vostra organizzazione del Governo, infatti, è «presidentocentrica»: il primo ministro è tutto ed ha un rapporto con il suo Governo da «padre padrone». Dunque, mettete in capo al primo ministro un ulteriore potere nei confronti del Parlamento, avvilendo ancora di più il ruolo di quest'ultimo. Si prevede che la Camera deliberi articolo per articolo e con votazione finale sul testo proposto: non sarà possibile neppure esercitare la più normale delle funzioni parlamentari, vale a dire quella di proporre emendamenti!
Vi rendete conto del livello di bassezza al quale state riducendo la funzione del Parlamento e l'attività del parlamentare? Onorevoli colleghi della maggioranza, vi è un'eccessiva spensieratezza: state votando una cosa abominevole con un'apparente serenità, che certamente non vi fa onore. Poiché ciascuno di voi in è grado di comprendere esattamente quello che sta avvenendo, viene da pensare che la pressione politica alla quale siete sottoposti ottunda qualsiasi vostra capacità di discernimento, e dunque approvate anche cose indicibili.
Il secondo esempio è relativo alle macroregioni. È ben vero che è stato compiuto un passo in avanti, uscendo dalla follia, partorita dal Senato, di organizzare le Commissioni parlamentari per aree territoriali, quasi a voler prefigurare, in modo improprio, governi di regioni della nostra Repubblica.

PRESIDENTE. Onorevole Bressa, la prego di concludere.

GIANCLAUDIO BRESSA. Concludo, signor Presidente. Anche l'ipotesi proposta dall'emendamento Elio Vito 15.202 è scarsamente comprensibile: non si capisce perché, quando più regioni adottino la stessa iniziativa legislativa, debbano avere priorità rispetto alle altre. Anche in tale proposta vi è il senso, completamente distorto, della vostra concezione del federalismo.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mascia. Ne ha facoltà.

GRAZIELLA MASCIA. Signor Presidente, abbiamo presentato non soltanto un emendamento soppressivo dell'articolo in esame, ma anche alcuni emendamenti volti a sopprimerne le singole parti che non condividiamo e che riteniamo si collochino in assoluta continuità con le norme sul procedimento legislativo e con la filosofia dell'impianto normativo che stiamo esaminando.
L'approvazione dell'emendamento soppressivo consentirebbe di mantenere il testo della norma costituzionale attualmente vigente, che sarebbe assolutamente pertinente ed esaustivo anche rispetto a qualsiasi modifica delle norme costituzionali fosse successivamente adottata: infatti, tutto ciò che deve essere regolamentato, è già previsto.
Non è un caso che le modifiche introdotte riguardino i poteri del Governo e determinino lo svilimento del ruolo del Parlamento nonché, come hanno sottolineato gli onorevoli Leoni e Bressa, l'introduzione di un'ulteriore lobby di pressione sul Senato, costituita dalle macroregioni.
Voglio sottolineare alcuni tra gli aspetti più rilevanti di questa materia, fra i quali annovero sia le conseguenze sul piano sociale che questa modifica della seconda parte della Costituzione comporterà dal punto di vista giuridico-costituzionale sia lo squilibrio, lo sconquasso nell'equilibrio tra poteri che ci si accinge ad introdurre. Non è un caso se in quest'ultima occasione si assegnano al primo ministro dei poteri di intervento, di stabilire priorità e l'ordine del giorno, persino di assumere proprie deliberazioni esclusivamente con una votazione finale da parte del Parlamento. Tali ipotesi rientrano nella concezione di un primo ministro non sottoposto a limiti (o almeno lo è solo parzialmente); ma questo impianto è l'antitesi stessa del costituzionalismo e della sua esigenza essenziale di sottoporre il potere a regole per limitarlo ed evitarne l'esercizio arbitrario. Questo è il tema di fondo che ricorre in tutto l'impianto di questa modifica costituzionale.
Penso che questa sarà la denuncia più forte che noi porteremo al di fuori di quest'aula (Applausi dei deputati del gruppo di Rifondazione comunista).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Soda. Ne ha facoltà.

ANTONIO SODA. Vorrei rivolgermi al Governo e al relatore. Abbiamo escluso dalle normali procedure i trattati politici, quelli che comportano spese e variazioni di legge. Inoltre abbiamo escluso anche l'approvazione dei bilanci. Qual è la ragione che porta a tali esclusioni e quindi al ricorso ad una procedura abbreviata?
È vero che, a volte, giungono in aule distratte anche 10, o persino 14, ratifiche di trattati. Ma in molti trattati si nascondono scelte politiche di fondo che incidono sul nostro sistema economico e sui rapporti con l'Europa e con altri paesi. Chiedo quale sia la ragione per la quale la procedura abbreviata o semplificata è applicabile a leggi di così rilevante importanza.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sugli identici emendamenti Mascia 15.1 e Leoni 15.5, non accettati dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (
Vedi votazioni).
(Presenti 442
Votanti 436
Astenuti 6
Maggioranza 219
Hanno votato
189
Hanno votato
no 247).

Prendo atto che gli onorevoli Crucianelli, Grillo e Sanza non sono riusciti ad esprimere il proprio voto.
Prendo atto altresì che gli onorevoli Brusco e Paolo Russo non sono riusciti a votare ed avrebbero voluto esprimere voto contrario.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Elio Vito 15.200, accettato dalla Commissione e dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (
Vedi votazioni).
(Presenti 468
Votanti 317
Astenuti 151
Maggioranza 159
Hanno votato
275
Hanno votato
no 42).

Passiamo alla votazione dell'emendamento Boato 15.3.
Chiedo ai presentatori se accedano all'invito al ritiro del subemendamento Boato 15.3, rivolto loro dal relatore.

GIANCLAUDIO BRESSA. Sì, signor Presidente.

PRESIDENTE. Sta bene.
Passiamo alla votazione del subemendamento Mascia 0.15.201.2.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Deiana. Ne ha facoltà.

ELETTRA DEIANA. Il contenuto del nostro subemendamento va nella direzione di quanto fin qui ampiamente illustrato dal nostro gruppo e poc'anzi evidenziato dall'onorevole Mascia. Intendiamo assolutamente evitare - lo denunciamo e lo denunceremo - il tentativo di svuotare il ruolo del Parlamento, di rendere la Camera politica una sorta di ufficio notarile del Presidente del Consiglio, del Governo, e farne, di conseguenza, uno strumento agli ordini della maggioranza di turno.
Con questo subemendamento soppressivo di parte dell'emendamento 15.201, intendiamo riaffermare l'autonomia e la sovranità della Camera politica, il suo ruolo legislativo e la sua indipendenza rispetto al Governo. Invece, la proposta avanzata dalla maggioranza subordina l'attività e le funzioni della Camera alle iniziative e ai diktat del Governo.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul subemendamento 0.15.201.2, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (
Vedi votazioni).
(Presenti 457
Votanti 277
Astenuti 180
Maggioranza 139
Hanno votato
24
Hanno votato
no 253).

Passiamo alla votazione del subemendamento Mascia 0.15.201.4.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Alfonso Gianni. Ne ha facoltà.

ALFONSO GIANNI. Signor Presidente, se lei insiste, parlo volentieri... In questo caso capovolgiamo con una negazione il senso dell'emendamento Elio Vito 15.201, cui si riferisce il nostro subemendamento Mascia 0.15.201.4. Si tratta, evidentemente, di una sottolineatura polemica nei confronti di una realtà che, purtroppo, è già presente nella nostra Camera e figuriamoci cosa accadrà nella Camera ridisegnata da questa riforma o controriforma istituzionale, come io preferisco chiamarla. Già in questa legislatura, dai dati relativi alla chiusura dell'anno 2003, emerge che oltre il 51 per cento dei disegni di legge sono stati o conversione di decreti-legge o leggi delega o leggi di iniziativa governativa. In sostanza, per la prima volta nella storia del Parlamento, almeno dal punto di vista statistico, siamo già di fronte ad un'inversione di tendenza, vale a dire l'Esecutivo è più legislativo di quanto non sia legislativo il potere legislativo.
Con questa controriforma peggioreremmo questa situazione. Vogliamo sollevare tale questione di carattere generale perché siamo di fronte ad un radicale capovolgimento dei poteri e delle funzioni, nel senso che uno fa quello che dovrebbe fare l'altro.
Effettivamente, questo non è sopportabile in un sistema di democrazia liberale (Applausi dei deputati del gruppo di Rifondazione comunista).

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul subemendamento Mascia 0.15.201.4, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (
Vedi votazioni).
(Presenti 457
Votanti 271
Astenuti 186
Maggioranza 136
Hanno votato
19
Hanno votato
no 252).

Passiamo alla votazione del subemendamento Bressa 0.15.201.6.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà.

GIANCLAUDIO BRESSA. Signor Presidente, il diritto costituzionale, come abbiamo più volte affermato, è ad un tempo il fine e il confine della politica. Della politica cerca di delimitare l'area in cui può svolgersi, principalmente a mezzo della definizione di regole, e ne orienta le manifestazioni verso i valori fondamentali dell'ordinamento: fine e confine della politica. Analizziamo, allora, con questa chiave di lettura la parte dell'emendamento Elio Vito 15.201 che vogliamo sopprimere: «Il Governo può inoltre chiedere che, decorso il termine, la Camera dei deputati deliberi articolo per articolo e con votazione finale sul testo proposto o fatto proprio dal Governo».
In questo caso si vede come la politica, il Governo, l'espressione massima della politica del Governo non abbia nessuna regola rispetto al Parlamento perché può imporre allo stesso non solo argomenti ma anche modalità di voto. Allora, il valore fondante dell'ordinamento che vogliamo far apparire attraverso questo emendamento è che l'unica cosa che veramente vale nella vostra visione costituzionale è il Governo e i suoi poteri. Voi state costruendo una riforma costituzionale tutta schiacciata dalla parte del potere del Governo: tutto ciò è un qualcosa di culturalmente inaccettabile, che vi pone al di fuori di qualsiasi cultura costituzionale moderna. Anche in questi piccoli dettagli si vede la vostra protervia verso il perseguimento di un fine che è la negazione del costituzionalismo moderno.
Vi rendete conto del paradosso in cui ci state cacciando e state cacciando il paese? State costruendo una Costituzione in cui l'unico potere che conta davvero è quello del primo ministro: un uomo solo al comando, l'ho detto anche altre volte, a noi piace solo nel ciclismo, mentre in politica e in Costituzione è inammissibile!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Olivieri. Ne ha facoltà

LUIGI OLIVIERI. Signor Presidente, penso che il nostro subemendamento, poc'anzi illustrato dal collega Bressa, metta in evidenza la forte diversità di cultura tra noi e voi per quanto riguarda la centralità del Parlamento. Anche noi riconosciamo - un emendamento successivo evidenzierà tutto ciò - la necessità che il Governo possa avere una sua priorità nell'ambito del calendario e, quindi, dei lavori della Camera, ma non possiamo assolutamente tollerare e neppure condividere neanche lontanamente la possibilità che venga persino a dettare i tempi sui quali e nei quali la Camera debba fare il proprio lavoro e il proprio mestiere legislativo.
Quindi, siamo di fronte ad una norma priva di logica, se veramente vogliamo mantenere il necessario rapporto tra potere esecutivo e potere legislativo. L'Esecutivo ha la sua priorità per quanto riguarda il calendario, ma non può pensare di dettare i tempi entro i quali il Parlamento deve legiferare.
Per questo motivo, invitiamo tutti i colleghi a votare a favore del nostro subemendamento, perché volto ad eliminare un'ulteriore bruttura che va a configurare un primo ministro veramente «strapotente» rispetto ad un Parlamento indebolito (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Boato. Ne ha facoltà.

MARCO BOATO. Signor Presidente, il collega Olivieri, giustamente, ha fatto riferimento all'emendamento Bressa 15.4 che recita: «Su richiesta del Governo sono inseriti con priorità nel calendario ed iscritti all'ordine del giorno delle Camere, secondo le norme dei rispettivi regolamenti, i disegni di legge presentati o accettati dal Governo ». Ho voluto leggere il contenuto di quest'emendamento, che potrebbe essere precluso dall'approvazione dell'emendamento Elio Vito 15.201, per dimostrare che, da parte del centrosinistra, vi è la piena assunzione di responsabilità rispetto ad un corretto rapporto tra Governo e Parlamento e rispetto all'esigenza che il Governo, quale che esso sia pro tempore, possa vedere inseriti nel calendario con priorità i propri provvedimenti ed avere la certezza che i medesimi siano discussi in Parlamento.
Ciò che non condividiamo è che a questo primo periodo, formulato in termini un po' diversi da quelli che abbiamo utilizzato noi, ma sostanzialmente condivisibile (tant'è vero che, poc'anzi, non abbiamo votato a favore del subemendamento soppressivo del primo periodo dell'emendamento Elio Vito 15.201), se ne aggiunga un altro che recita: «Il Governo può, inoltre, chiedere che, decorso il termine, la Camera dei deputati deliberi articolo per articolo e con votazione finale sul testo proposto o fatto proprio dal Governo». È una forma di fiducia impropria. Quindi, vi sono tutti i meccanismi di fiducia con la deterrenza di scioglimento della Camera che abbiamo già esaminato e che esamineremo ancora all'articolo 94, ma si aggiunge un ulteriore strumento di forzatura dell'autonomia del Parlamento che ci sembra inaccettabile, proprio perché al primo periodo dell'emendamento Elio Vito 15.201 si stabilisce che devono essere «votati entro tempi certi».

È questa la garanzia di un equilibrato rapporto fra Parlamento e Governo, come noi stessi prospettiamo con l'emendamento Bressa 15.4. Questo è un di più che costituisce un'inaccettabile forzatura costituzionale, anche perché si aggiunge al voto di fiducia e alla cosiddetta clausola di essenzialità, votata all'articolo 13. Tutto il sistema, così com'è costruito, diventa inaccettabile, anche quando si parte da un'esigenza che era stata condivisa anche da noi.
Per questo motivo, esprimeremo un voto a favore sul subemendamento Bressa 0.15.201.6, soppressivo del secondo periodo, e un voto contrario sull'emendamento Elio Vito 15.201.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Mantini. Ne ha facoltà.

PIERLUIGI MANTINI. Signor Presidente, siamo in presenza dell'elemento che emerge in tutte le materie e gli articoli di questa riforma costituzionale, ossia la mancanza di equilibrio. Come ricordavano i colleghi, non contestiamo la previsione di procedure privilegiate per rafforzare l'efficacia dell'iniziativa del Governo, ma poniamo ovviamente la condizione che non si arrivi ad un testo di sapore nettamente regolamentare e che vi siano contrappesi per l'opposizione. Chiediamo, soprattutto - avremo modo di riparlarne - che si preveda la possibilità di far ricorso diretto alla Corte costituzionale, facoltà che avete eliminato. Ora, è prevista una procedura rafforzata e privilegiata del Governo ed inopportunamente dettagliata che presenta quei rischi che già il collega Boato illustrava e che invece avrebbero dovuto essere valutati in sede regolamentare.
Soprattutto, vi è la mancanza di equilibrio, di contrappesi; a fronte del rafforzamento dei poteri del Governo in Parlamento non vi è alcuna misura di analogo tenore nei confronti delle opposizioni, al fine di ricreare un equilibrio conforme ai principi costituzionali.
Si sarebbe forse potuto approfittare di questa situazione e di questa occasione anche per fare una riflessione più approfondita sul procedimento legislativo - ovviamente senza regolare tutto in Costituzione - e considerare l'importanza che potrebbe avere la discussione, alla quale tutti i parlamentari possono partecipare, sulle linee generali dei provvedimenti, affidando un maggior ruolo alle Commissioni in sede redigente. Si sveltirebbero in questo modo i lavori parlamentari. Ma, anche sotto questo profilo, dobbiamo dire che si tratta di un'occasione persa.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul subemendamento Bressa 0.15.201.6, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (
Vedi votazioni).
(Presenti 446
Votanti 444
Astenuti 2
Maggioranza 223
Hanno votato
192
Hanno votato
no 252).

Passiamo alla votazione del subemendamento Bressa 0.15.201.5. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Deiana. Ne ha facoltà.

ELETTRA DEIANA. Signor Presidente, ancora un emendamento da parte nostra, un «non» che dovrebbe costituire un grande paletto contro quello che è il pericolo di un vero e proprio sconquasso dell'ordinamento democratico del nostro paese, un capovolgimento del rapporto tra i poteri, con un superdimensionamento del potere dell'Esecutivo. Noi vogliamo limitare fortemente questa tendenza, che già peraltro si è affermata con lo straordinario ricorso - già da molto tempo - alla decretazione d'urgenza da parte del Governo, contravvenendo ai limiti e alle urgenze stabilite in sede di Carta costituzionale ed ai limiti posti alle urgenze del Governo. Ma oggi con la proposta della maggioranza ci troveremmo di fronte ad una crescita senza controllo del potere esecutivo e non ad una riduzione, ma ad una evanescenza definitiva del potere legislativo, ad una espropriazione della sovranità legislativa del Parlamento e ad una attribuzione senza limiti di sovranità legislativa all'esecutivo, quindi, con una metamorfosi radicale e sostanziale della differenza delle funzioni tra esecutivo e legislativo, al punto che il Governo può decidere di chiedere alla Camera come procedere nella deliberazione del procedimento, articolo per articolo, e, quindi, sostanzialmente con una sostituzione mostruosa della funzione e, ripeto, un sovvertimento lesivo dei principi della democrazia, dei poteri. Questo è quello che voi state preparando: un Parlamento ridotto a camera, ufficio notarile del Governo e della maggioranza, privo di poteri e quindi sostanzialmente con una evidenza di quello che voi intendete per sovranità popolare, cioè con un popolo che si affida al suo capo, secondo la peggiore tradizione plebiscitaria, peronista e non so bene quale altro aggettivo trovare per definire il vostro progetto antidemocratico (Applausi dei deputati del gruppo di Rifondazione comunista).

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Mascia 0.15.201.5, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (
Vedi votazioni).
(Presenti 454
Votanti 348
Astenuti 106
Maggioranza 175
Hanno votato
87
Hanno votato
no 261).

Prendo atto che l'onorevole Mazzoni non è riuscita ad esprimere il proprio voto.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Elio Vito 15.201, che preclude il successivo.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Maran. Ne ha facoltà.

ALESSANDRO MARAN. Signor Presidente, colleghi, l'istituto che si introduce, nel secondo comma dell'articolo 94 - una sorte di questione di Governo, secondo la quale il primo ministro può chiedere che la Camera dei deputati si esprima con priorità su ogni altra proposta, con voto conforme alle proposte del Governo - è già stato oggetto di puntuali osservazioni critiche, di proposte tendenti a limitarne il campo di applicazione, e questo fin dalle audizioni svolte nei mesi scorsi.
Con la questione di governo, il primo ministro diventerebbe, infatti, il dominus della funzione legislativa ed ogni sua proposta dovrebbe essere approvata dall'Assemblea, così ridotta ad un organo di esecuzione. Ciò determinerebbe una vera e propria torsione dell'istituto, del tutto anomala, con esiti ben più gravi, in caso di reiezione, rispetto al meccanismo normale della questione di fiducia. Infatti, quest'ultima, se approvata, produce come risultato l'obbligo di dimissioni da parte del Presidente del Consiglio, mentre il voto contrario sulla questione di governo comporterebbe, come conseguenza principale, lo scioglimento della Camera dei deputati.
Questa sorta di questione di governo avrebbe un campo di applicazione molto più ampio di quello attuale; resterebbe esclusa la possibilità di porre l'istituto sull'intero progetto di legge o su taluni disegni di legge quali quelli costituzionali, esplicitamente lasciati fuori dalla previsione. Poiché non sono indicate altre esclusioni, la questione potrebbe essere posta sugli oggetti più disparati, su istituti come la verifica delle elezioni o l'autorizzazione a procedere. Si avrebbe inoltre una questione di governo decisa esclusivamente del primo ministro poiché manca, nel progetto di riforma, qualsiasi riferimento al Consiglio dei ministri.
Poste queste forzature, è stato suggerito, in alternativa, di adottare le misure previste dall'articolo 102 del progetto di riforma varato della Commissione bicamerale, in base alle quali viene riconosciuta al Governo la disponibilità dell'ordine del giorno dell'Assemblea. Tale questione viene ripresa con l'emendamento in questione, secondo il quale il Governo può chiedere che un disegno di legge sia votato entro una data determinata - si tratta, come si suol dire, di una vera e propria ghigliottina - e che, decorso il termine, la Camera deliberi su ciascun articolo con gli emendamenti proposti o accettati dallo stesso Governo.
Ma quel che non è possibile immaginare è che si determini l'abbinamento di tali istituti; abbinamento, per esempio, di una questione di Governo e del voto bloccato. Un tale intervento alla fine, nel complesso, emarginerebbe completamente la Camera dal circuito legislativo. Così com'è capitato con l'interesse nazionale e con la clausola di salvaguardia - unico sistema federale in cui vengono adottate entrambe le misure sostitutive del controllo di merito -, anche in questo caso si propone l'abbinamento di due istituti equivalenti. Si dà quindi al Governo la facoltà di utilizzare più leve che possono intervenire, in un caso, per consentire al Governo medesimo di sostituirsi alle regioni e ai governi territoriali, in questo caso, per emarginare completamente la Camera dal circuito legislativo.
Questa è una previsione che noi non possiamo sostenere (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà.

GIANCLAUDIO BRESSA. Lei, Presidente, giustamente ha fatto presente all'Assemblea come, in caso di approvazione dell'emendamento Elio Vito 15.201, il mio emendamento 15.4 risulterà precluso. Però, vorrei che non perdessimo l'occasione di valutare cosa prevedeva questo emendamento.
Tale proposta, a prima firma del sottoscritto, riprendeva la lettera e la sostanza delle discussioni intervenute ai tempi della cosiddetta Bicamerale D'Alema. Abbiamo riproposto, insieme a tutti i colleghi del centrosinistra, quella che riteniamo sia una corretta visione dei rapporti tra Governo e Parlamento, prevedendo che «su richiesta del Governo sono inseriti con priorità nel calendario ed iscritti all'ordine del giorno delle Camere, secondo le norme dei rispettivi regolamenti, i disegni di legge presentati o accettati dal Governo».

PRESIDENTE. Onorevole...

GIANCLAUDIO BRESSA. In questo testo vi è un rapporto equilibrato tra poteri; il Governo ha diritto che siano trattati dall'Assemblea parlamentare in tempi certi provvedimenti che ritiene essenziali per l'attuazione del suo programma, ma ciò nel rispetto dell'autonomia del Parlamento, della funzione legislativa del Parlamento e, soprattutto, dei regolamenti che le due Camere si sono date.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Elio Vito 15.201, accettato dalla Commissione e dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (
Vedi votazioni).
(Presenti 449
Votanti 444
Astenuti 5
Maggioranza 223
Hanno votato
sì244
Hanno votato no 200).

Prendo atto che l'onorevole Sanza non è riuscito ad esprimere il proprio voto.
Avverto che risulta così precluso l'emendamento Bressa 15.4.
Onorevoli colleghi, prima di passare al successivo punto all'ordine del giorno, esamineremo le restanti proposte emendative riferite all'articolo 15.

Passiamo alla votazione del subemendamento Boato 0.15. 202.1.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà.

GIANCLAUDIO BRESSA. Signor Presidente, intervengo per precisare che il subemendamento in esame fa riferimento alla parte dell'emendamento Elio Vito 15.202 in cui si stabilisce che le proposte di legge di iniziativa regionale vengano iscritte all'ordine del giorno della Camera competente, con priorità per quelle adottate da più consigli o assemblee regionali in coordinamento tra di loro.
Vorrei comprendere quale sia la ratio alla base della citata proposta emendativa. Normalmente, infatti, quando si predispone una determinata norma, deve sussistere una ragione di fondo, a maggior ragione se ci accingiamo a modificare la Costituzione. Qual è, allora, la ragione di fondo che ci induce a considerare prioritaria l'iniziativa legislativa assunta da più regioni rispetto a quella di una singola regione?
Anche in questo caso, dunque, voi dimostrate la vostra scarsità di cultura politica e costituzionale, poiché ragionate sempre e solo in termini di numeri: per voi, infatti, è la forza l'elemento portante sia della politica, sia della Costituzione. Perfino nell'ambito di una questione così elementare, come potrebbe essere il fatto di porre tutte le regioni su un piano di parità per quanto concerne l'iniziativa legislativa regionale, scivolate in questa dimensione incentrata sulla forza, che vi condiziona...

PRESIDENTE. Onorevole Bressa, concluda!

GIANCLAUDIO BRESSA. ...irrimediabilmente - ahimè - in ogni vostro atto politico e riformatore.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Olivieri. Ne ha facoltà.

LUIGI OLIVIERI. Signor Presidente, il collega Bressa ha già illustrato i motivi della presentazione del nostro subemendamento, che sottoponiamo all'esame dell'Assemblea, nell'auspicio che possa essere approvato.
Vorrei dire che non abbiamo assolutamente compreso la ragione per cui, nell'ambito del sistema che state delineando, conti non la qualità delle proposte legislative, bensì quanti consigli regionali - sappiamo che è stato presentato un subemendamento anche su tale punto - presentino alle Camere, per il loro esame, le proposte di legge di iniziativa regionale.

 

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE FABIO MUSSI (ore 13)

 

LUIGI OLIVIERI. Ciò a meno che non vi sia una riserva mentale rispetto ad altre norme, previste successivamente dall'articolo 43 del provvedimento in esame, recante le disposizioni transitorie.
È questo, dunque, il motivo per cui chiediamo che nell'emendamento Elio Vito 15.202 venga soppressa la locuzione «con priorità per quelle adottate da più consigli o assemblee regionali in coordinamento tra di loro»; pertanto, invitiamo l'Assemblea ad approvare il subemendamento Boato 0.15.202.1.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul subemendamento Boato 0.15.202.1, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (
Vedi votazioni).
(Presenti 445
Votanti 444
Astenuti 1
Maggioranza 223
Hanno votato
199
Hanno votato
no 245).

Passiamo al subemendamento Boccia 0.15.202.2.

DONATO BRUNO, Relatore. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DONATO BRUNO, Relatore. Signor Presidente, intervengo per ricordare che avevo proposto ai presentatori una riformulazione dell'emendamento Elio Vito 15.202; pertanto, chiedo la stessa cortesia al collega Boccia. Il parere sulla sua proposta emendativa rimane favorevole; tuttavia, ai fini del coordinamento del testo, nel suo subemendamento, dopo la parola «regioni», propongo di aggiungere l'espressione «o province autonome».
Con tale ulteriore integrazione, confermerò il parere favorevole già espresso dalla Commissione; invito pertanto l'onorevole Boccia ad aderire a tale richiesta di riformulazione.

PRESIDENTE. Chiedo all'onorevole Boccia se acceda alla riformulazione proposta dal relatore.

ANTONIO BOCCIA. Signor Presidente, mi scusi, ma si tratta di una questione un po' sottile. Infatti, avevo chiesto al relatore, onorevole Bruno, di riflettere sull'inserimento delle parole «e province autonome», anziché «o provincie autonome», poiché non si tratta della stessa cosa.

PRESIDENTE. Onorevole relatore?

DONATO BRUNO, Relatore. Signor Presidente, la riformulazione che propongo è nel senso di aggiungere le parole «e province autonome», così come per il successivo emendamento Elio Vito 15.202.

PRESIDENTE. Non in senso disgiuntivo, insomma: la riformulazione è nel senso di aggiungere l'espressione «e province autonome».
Prendo atto che l'onorevole Boccia accede alla riformulazione proposta dal relatore.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul subemendamento Boccia 0.15.202.2, nel testo riformulato, accettato dalla Commissione e dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (
Vedi votazioni).
(Presenti 451
Votanti 442
Astenuti 9
Maggioranza 222
Hanno votato
442).

Passiamo alla votazione dell'emendamento Elio Vito 15.202.
Avverto che, ove fosse approvato tale emendamento, risulterebbero preclusi i successivi emendamenti Perrotta 15.72 e 15.71.
Ricordo anche che il parere del relatore sull'emendamento Elio Vito 15.202 è favorevole subordinatamente alla seguente riformulazione: sostituire le parole «le proposte di legge di iniziativa regionale» con le seguenti: «le proposte di legge di iniziativa delle regioni e delle province autonome».
Prendo atto che i presentatori dell'emendamento Elio Vito 15.202 accedono alla riformulazione proposta dal relatore.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Olivieri. Ne ha facoltà.

LUIGI OLIVIERI. Signor Presidente, voglio richiamare il nostro giudizio negativo sull'emendamento Elio Vito 15.202, che abbiamo avuto modo di articolare in modo preciso intervenendo sui subemendamenti che tentavano - anche se non vi siamo purtroppo riusciti - di migliorare la proposta emendativa in esame.
La motivazione è molto semplice: non vi è alcuna ragione perché, nell'ambito dell'esame delle proposte di iniziativa regionale, vi sia una priorità nel caso in cui tali proposte provengano da più consigli o assemblee regionali in coordinamento tra di loro. La logica parlamentare ed il buonsenso indicano che le proposte hanno un proprio ordine cronologico e, semmai, anche un proprio ordine di qualità. Affermare che, invece, l'ordine è di natura quantitativa, dal punto di vista dei proponenti, è un'irrazionalità e per questo ribadiamo il nostro voto contrario.

 

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE PIER FERDINANDO CASINI (ore 13,05).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà.

GIANCLAUDIO BRESSA. Signor Presidente, questo è un modo assolutamente improprio, surrettizio e sbagliato di introdurre l'idea delle macroregioni come un dato politicamente sovraordinato e più forte delle regioni normali. È un tentativo sottile di far passare in Costituzione un principio per noi inaccettabile. Le regioni sono tutte uguali. Non vi è nessuna diversità di peso politico. Di fronte all'iniziativa legislativa, non vale il numero delle regioni che la presentano, ma la qualità e la priorità logico-sistematica delle proposte avanzate.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Boccia. Ne ha facoltà.

ANTONIO BOCCIA. Signor Presidente, voglio chiedere un attimo di attenzione al presidente Bruno, perché, a prescindere dalle questioni di merito sollevate, rifletta sulla frase «le iniziative siano poste all'ordine del giorno della Camera». Non si capisce bene se ciò significhi inserirle nel programma dei lavori o nell'ordine del giorno dell'Assemblea. Un conto è porle nel programma dei lavori, altro porle all'ordine del giorno dell'Assemblea.
Se si trattasse dell'ordine del giorno dell'Assemblea, sarebbe una norma veramente regolamentare e, dunque, non vedo il bisogno di scriverla in Costituzione. Se, invece, si vuole dire che l'intera Camera, comprese quindi le Commissioni, debbono dare precedenza a tali proposte, allora probabilmente andrebbe adottata una nuova formulazione. Tale priorità, altrimenti, che ha i difetti dei quali si parlava, finirebbe per essere una norma più propriamente inseribile nel regolamento di funzionamento delle Camere, magari con un ordine del giorno, che nella Costituzione.
Penso pertanto che una riflessione in merito non sarebbe inopportuna.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Elio Vito 15.202, nel testo riformulato, come subemendato, accettato dalla Commissione e dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (
Vedi votazioni).
(Presenti 431
Votanti 428
Astenuti 3
Maggioranza 215
Hanno votato
248
Hanno votato
no 180).

Prendo atto che l'onorevole Buontempo non è riuscito ad esprimere il proprio voto.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Leoni 15.44.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà.

GIANCLAUDIO BRESSA. Signor Presidente, poniamo una questione estremamente rilevante alla quale avevamo fatto cenno anche in precedenza, e che, invece, è stata da voi completamente disattesa.
Un quarto dei componenti di una Camera può promuovere la questione di legittimità costituzionale per vizi del procedimento di una legge entro cinque giorni dalla sua approvazione definitiva. La Corte costituzionale si pronuncia entro venti giorni.
In questo nuovo sistema c'è bisogno di una norma di questo tipo perché siamo usciti dal modello di bicameralismo paritario.

Vi sono, quindi, modalità nel processo di formazione delle leggi che possono essere oggetto di interpretazione non sempre e non comunque conforme. Il modo con cui viene imputata una legge - soprattutto con il meccanismo che voi avete adottato dei due Presidenti e del Comitato «quattro più quattro», titolare dell'attribuzione della competenza legislativa ad una Camera e all'altra - può essere foriero di questioni estremamente delicate. Imputare una legge ad una Camera o all'altra non è un'operazione neutra. Dovrebbe esserlo, ma potrebbe essere un'operazione capace di condizionare l'esito finale a seconda del tipo di procedimento prescelto.
Ecco perché, di fronte ad una previsione di questo genere, c'è bisogno di un pronunciamento della Corte per dirimere eventuali questioni la cui delicatezza non è il caso di sottolineare ulteriormente, perché è più che comprensibile da parte di tutti voi. Anche questa volta, avete in qualche modo eliminato il problema: non ve lo siete posto, a dimostrazione del fatto che per voi la Corte costituzionale non è un organo super partes e di garanzia, ma sempre una bestia nera capace di azzannare un super Governo ed un primo ministro onnipotente.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Olivieri. Ne ha facoltà.

LUIGI OLIVIERI. Signor Presidente, come diceva poc'anzi il collega Bressa, attribuiamo all'emendamento Leoni 15.44 grande importanza. Rispetto ad esso si verifica la vostra disponibilità a pensare ad un sistema ove vi sia una effettiva tutela delle opposizioni, un sistema nel quale queste ultime abbiano la possibilità di promuovere una verifica concreta e nel quale è essenziale il bilanciamento dei poteri, dei pesi e contrappesi.
Con questo emendamento chiediamo che un quarto dei componenti di una Camera possa promuovere una questione di legittimità costituzionale per vizi del procedimento - e sottolineo vizi del procedimento - di una legge, entro cinque giorni dalla sua approvazione definitiva. La Corte si pronuncia in termini estremamente rapidi.
Ho sottolineato l'espressione «vizi del procedimento». Al riguardo, signor Presidente, onorevoli colleghi, abbiamo avuto modo di discutere a lungo e di audire valenti costituzionalisti, nonché persone molto esperte della materia, che ci hanno illustrato i sistemi vigenti in altri paesi, svolgendo interventi di diritto comparato. Essi hanno individuato tre aree di intervento per quanto riguarda il giudizio affidato alla Corte costituzionale.
La prima questione, che abbiamo già modo di affrontare con esito negativo, è quella relativa alla verifica dell'elezione e alla convalida dei poteri. Noi avremmo preferito un giudice terzo, che agisse con modalità ben definite; voi avete optato per una giustizia domestica.
La seconda questione riguarda la sindacabilità in materia di procedimento legislativo e, in genere, gli interna corporis.
La terza questione concerne un giudizio preventivo sulla costituzionalità delle leggi. Noi non chiediamo un giudizio preventivo riguardante tutti i profili di costituzionalità della legge, ma ci limitiamo a proporre un giudizio preventivo di costituzionalità che verta sui vizi del procedimento. È evidente, infatti, che non vi possono essere arbìtri per quanto riguarda le regole e il modus procedendi attraverso il quale una Camera arriva a definire un proprio iter legislativo. Non accogliete neppure questa richiesta, che ha anche l'obiettivo di non ingolfare il lavoro della Corte costituzionale, e ciò la dice lunga sulla vostra visione di una maggioranza che prende tutto e che ha una concezione assolutamente proprietaria del potere.
Non siamo d'accordo e, per questo motivo, speriamo che il nostro emendamento venga accolto.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Boato. Ne ha facoltà.

MARCO BOATO. In diversi ordinamenti continentali - completamente diversa è la situazione del Regno Unito - ci sono istituti di ricorso diretto alla Corte costituzionale. Penso al Recurso de amparo in Spagna e alla Verfassungsbeschwerde della Repubblica federale di Germania; ma noi non abbiamo proposto istituti di questo genere, di cui si è ampiamente discusso a suo tempo nella Commissione bicamerale.
In un altro paese a noi vicino e confinante, la Francia, che abbiamo anche recentemente visitato con una delegazione della I Commissione, esiste un istituto assai più ampio dal punto di vista parlamentare, la cosiddetta Saisine parlamentaire, che prevede il ricorso al Conseil Constitutionnel (alla Corte costituzionale francese, che pure ha natura diversa dalla nostra), anche per la possibilità di sollevare una questione di legittimità costituzionale nel merito delle leggi prima della loro entrata in vigore.
Noi non abbiamo aderito con questo emendamento, che i colleghi intervenuti prima di me hanno già illustrato, ad ipotesi così ampie. Abbiamo ristretto la possibilità che una consistente minoranza parlamentare (un quarto dei componenti della Camera; il quorum per poter esercitare questo ricorso è molto elevato) possa promuovere questioni di legittimità costituzionale solo ed esclusivamente per vizi del procedimento, quindi, non per questioni di merito, ma per questioni di legittimità procedurale.
Ci sembrerebbe che, in un equilibrato sistema di bilanciamento dei poteri, tanto più con tutte le norme di forzatura che sono state introdotte e che verranno ulteriormente introdotte - mi riferisco, in particolare, ad alcuni aspetti dell'articolo 70 della Costituzione, articolo 13 del disegno di legge in esame che abbiamo discusso questa mattina -, un sistema equilibrato dovrebbe prevedere per una consistente minoranza (un quarto dei componenti della Camera) la possibilità di accedere alla Corte per questioni di legittimità costituzionale solo per vizi del procedimento, stabilendo dei termini ristrettissimi per questo ricorso (cinque giorni dall'approvazione della legge), dando alla Corte termini altrettanto ristretti (venti giorni) per la pronuncia e, addirittura, prevedendo la possibilità di ridurre a dieci giorni i termini per la pronuncia della Corte, su richiesta del Governo, per ragioni di necessità e di urgenza.
Quindi, ci siamo fatti carico di prevedere un alto quorum, di limitare enormemente la possibilità di accesso alla Corte, di prevedere tempi ristrettissimi per il ricorso e per la pronuncia, che possono essere ridotti anche della metà, ma altresì di prevedere questa clausola di garanzia sotto il profilo della legittimità costituzionale del procedimento, che ci sembra essenziale nel quadro di un equilibrato rapporto tra Parlamento, Governo e organo supremo di garanzia quale la Corte costituzionale.
Per questo, invitiamo a votare a favore dell'emendamento 15.44.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Violante. Ne ha facoltà.

LUCIANO VIOLANTE. In un precedente intervento mi è capitato di chiarire un aspetto, ossia come la maggioranza parlamentare, sulla base di questo progetto, abbia il monopolio del tipo di procedimento legislativo da assumere. Quindi, si tratta già di un procedimento molto squilibrato da questo punto di vista.
Qui cerchiamo di contemperare i rapporti tra maggioranza e opposizione, dando ad una minoranza qualificata (un quarto dei componenti) la possibilità di ricorrere per alcuni vizi del procedimento alla Corte costituzionale, come accade in Francia, com'è stato spiegato molto bene dall'onorevole Boato. In questo Parlamento il gruppo maggiore di opposizione non avrebbe il numero di parlamentari sufficienti per ricorrere alla Corte, per dirvi quanto è qualificata questa minoranza.
Questo è uno strumento di riequilibrio. Un sistema parlamentare democratico è fatto di controlli e bilanciamenti. Qui, sostanzialmente, non abbiamo inserito nulla sul sistema dei controlli del Parlamento sul Governo; almeno prevediamo qualcosa sotto il profilo del bilanciamento. Privare anche una minoranza qualificata di questa possibilità significa rendere ancora più squilibrato il procedimento che stiamo approvando.
Non capisco davvero qual è il motivo per cui qui non si faccia ciò che si fa altrove. Ho l'impressione che si abbia una sorta di illusione totalitaria, per cui una maggioranza, qualunque essa sia, debba avere il monopolio totale della vita parlamentare.
Questo svuota il Parlamento, signor Presidente. Praticamente, stiamo costruendo un regime semiparlamentare, in cui il Parlamento non rappresenta più la nazione nel suo complesso, non ha la rappresentanza generale, ma è spaccato in due tra una maggioranza che è soltanto un braccio esecutivo del Governo ed una minoranza che non ha nessun potere e nessuna possibilità di intervenire sui momenti fondamentali della vita parlamentare.
Credo che questa sia la condanna a morte del Parlamento come l'abbiamo creato e che è stato un grande elemento di unità nazionale. Si tratta di un altro degli elementi di rottura delle grandi istituzioni unitarie del nostro paese (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-L'Ulivo, della Margherita, DL-L'Ulivo e Misto-Verdi-L'Ulivo).

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Leoni 15.44, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (
Vedi votazioni).
(Presenti 437
Votanti 435
Astenuti 2
Maggioranza 218
Hanno votato
185
Hanno votato
no 250).

Passiamo alla votazione dell'emendamento Tabacci 15.73.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Leoni. Ne ha facoltà.

CARLO LEONI. Signor Presidente, a noi sarebbe piaciuto avere un'interlocuzione vera con i colleghi della maggioranza su un tema così rilevante come quello della possibilità di ricorso alla Corte che, come è stato ricordato, viene disciplinato in modo diverso da come proponiamo, ma comunque significativo in altri paesi democratici. Non mi riferisco al relatore ed al rappresentante del Governo, che hanno espresso i loro pareri, ma all'insieme dei colleghi della maggioranza. Si tratta di un tema che riguarda, infatti, tutto il Parlamento e ciascun singolo parlamentare.
Si tratta di capire se, per oggi e per il futuro, intendiamo come parlamentari rinunciare alla possibilità, di fronte ad una maggioranza che rischia di schiacciare il Parlamento, che una minoranza qualificata ricorra alla Corte, seppure in modo così selettivo e rigoroso come abbiamo proposto nel nostro emendamento.
L'emendamento in esame, che oltre a quella dell'onorevole Tabacci reca la firma di altri autorevoli colleghi della maggioranza, pone lo stesso identico problema. Infatti, è uguale al nostro nella prima parte. Vorrei chiedere un chiarimento ed un'interlocuzione ai colleghi della maggioranza su tale punto, e mi permetto di rivolgermi in particolare ai colleghi dell'UDC. Dopo la bocciatura dell'articolo 24, i colleghi D'Alia e Volontè sono intervenuti autorevolmente in quest'aula dichiarando che la bocciatura di tale articolo costituiva un ulteriore sbilanciamento nell'equilibrio dei rapporti tra il potere del Capo dello Stato e quello del Capo del Governo. La bocciatura di quell'articolo - ha detto ieri il collega Volontè - significa che il bilanciamento va recuperato in altra sede. Come ho detto in un precedente intervento, non vediamo traccia di tale nuovo bilanciamento.
In ogni caso, penso che chi ha tale preoccupazione - non dico solo i colleghi dell'UDC ma, mi auguro, la grande maggioranza dei colleghi presenti in quest'aula - dovrebbe condividere un emendamento secondo cui una minoranza qualificata ha la possibilità, in casi determinati, di ricorrere alla Corte costituzionale. Il nostro emendamento, magari, aveva le «stimmate» delle firme dell'opposizione ed era più difficile da condividere. Tuttavia, un emendamento che dice nella sostanza le stesse cose e reca firme di autorevoli esponenti della Casa delle libertà mi auguro sia condiviso da tutti coloro che hanno a cuore - e spero non siano soltanto i colleghi dell'attuale opposizione - un sistema più equilibrato, nel quale si mette un freno a fronte del rischio di un potere della maggioranza soverchiante rispetto ai diritti del Parlamento (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-L'Ulivo e Misto-Verdi-L'Ulivo).

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Tabacci 15.73, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (
Vedi votazioni).
(Presenti 429
Votanti 426
Astenuti 3
Maggioranza 214
Hanno votato
190
Hanno votato
no 236).

Prendo atto che l'onorevole Emerenzio Barbieri non è riuscito ad esprimere il proprio voto.
Passiamo alla votazione dell'articolo 15.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Olivieri. Ne ha facoltà.

LUIGI OLIVIERI. Negli interventi effettuati sul merito delle nostre proposte emendative, che purtroppo sono state totalmente respinte da parte della maggioranza - ad eccezione di una piccola riformulazione, proposta dall'onorevole Boccia, che ha registrato un accoglimento positivo -, abbiamo spiegato il motivo per cui siamo assolutamente contrari a questo articolo 15. Peraltro, con tale articolo, si modifica in modo sostanziale l'attuale formulazione dell'articolo 72 della Costituzione, che, qualora la riforma al nostro esame diventasse legge costituzionale, risulterebbe fortemente ampliato, in termini di commi e di disposizioni normative, rendendo ancora più farraginoso il processo di produzione normativa, con un'organizzazione diversa del lavoro all'interno delle due Camere, la cui disciplina dovrebbe essere demandata in modo compiuto ai rispettivi regolamenti.
Il nuovo articolo 72 non sarà più un articolo semplice, snello, razionale, di quattro commi, ma sarà un articolo di ben sette commi, totalmente ingestibile. Sarà un articolo che inciderà in modo negativo sulle tre questioni evidenziate prima dal collega Leoni, il quale aveva suggerito all'Assemblea di accogliere le nostre proposte emendative, proprio per introdurre nel testo dei correttivi. Con l'attuale formulazione dell'articolo 15, siamo in presenza di un'ulteriore aumento dei poteri del Governo e di un'ulteriore diminuzione del ruolo delle Assemblee parlamentari; quindi siamo in presenza di uno sbilanciamento assoluto nel rapporto tra Esecutivo e legislativo, mentre ci incamminiamo verso un sistema semipresidenziale. Il collega Bressa diceva che forse con troppa allegria vi cimentate in questa avventura, senza però rendervi conto, a mio avviso, di quello che state facendo.
Non vi è stata poi, da parte della maggioranza, la condivisione di alcune norme, necessarie per costruire un corretto rapporto di pesi e contrappesi, per un giusto bilanciamento dei poteri nel sistema che andate costruendo, con un premier assolutamente padrone della scena. In particolare, non avete accolto la nostra indicazione in merito al potere di verifica da attribuire ad un organo terzo, super partes, per quanto riguarda la valutazione del rispetto del modus operandi delle Camere nell'ambito del procedimento legislativo. Non avete accolto la nostra proposta emendativa, che attribuiva alla Corte costituzionale la possibilità da parte di un determinato numero di deputati di sollevare la questione, per la verifica di eventuali vizi del procedimento legislativo.
Nell'articolo 15 vi è, inoltre, una disposizione normativa, della quale non abbiamo ancora capito la ratio, che stabilisce una corsia preferenziale per quanto riguarda l'esame e la votazione di alcuni disegni di legge provenienti da alcune regioni, qualora tali regioni li abbiano approvati in modo coordinato tra di loro (inserendo così un altro elemento di assoluta iniquità). Per tutti questi motivi, il nostro voto sull'articolo 15 sarà convintamente contrario.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà.

GIANCLAUDIO BRESSA. Signor Presidente, è in discussione l'articolo 15, concernente le procedure legislative e l'organizzazione per le Commissioni. È un articolo apparentemente semplice, ma se guardiamo il frutto della vostra produzione di riforma costituzionale, ci si accorge che si tratta di un elefantiaco articolo di sei commi. Questa vostra tendenza ad una scrittura costituzionale ipertrofica, con formulazioni più adatte a legge ordinaria, è la misura della vostra inconsistenza di riformatori. Questa ossessione di scrivere tutto non è, come si può immaginare, un omaggio alla Costituzione, un dare valore importante alla Costituzione; è esattamente il suo opposto, è una banalizzazione della Costituzione, a livello di legge ordinaria. Ma in una norma così apparentemente semplice siete riusciti ad inserire dentro due cose abominevoli: mi riferisco allo strapotere del Governo nell'attività del Parlamento, nella definizione dell'ordine del giorno e delle modalità con cui bisogna votare e all'introduzione di una figura politicamente ambigua, una sorta di mostro indefinibile quale quello delle macroregioni che non siete riusciti a costruire da un punto di vista istituzionale e tentate di recuperare politicamente, in un modo assolutamente improprio. Per tutti questi motivi il voto è contrario.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Giachetti. Ne ha facoltà.

ROBERTO GIACHETTI. Signor Presidente, vorrei preannunziare il voto contrario sull'articolo in esame, non solo in ragione di una logica che accompagna il nostro atteggiamento su questo provvedimento, ma perché credo che oggi si sia persa un'occasione, a proposito del dialogo auspicato tra maggioranza e opposizione. La reiezione dell'emendamento Tabacci e del relativo emendamento presentato dal centrosinistra non consente di fare una cosa che, a mio avviso, sarebbe stata di buonsenso, vale a dire cogliere l'occasione per colmare un vuoto che permarrà attraverso l'articolo che non viene modificato e che dava la possibilità alla Camera dei deputati di intervenire per correggere eventualmente, per vizi di forma, eventuali decisioni che fossero state assunte da questa aula non conformi ai regolamenti. Era un'occasione legata all'esigenza di garantire che vi fosse un appello a decisioni palesemente viziate e alle quali né adesso né purtroppo dopo sarà possibile porre rimedio per un voto, a mio avviso, assolutamente frutto della sordità e della incapacità di individuare occasioni per rendere migliore un testo che è indecente, ma che poteva avere...

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Giachetti.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 15, nel testo emendato.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (
Vedi votazioni).
(Presenti 416
Votanti 410
Astenuti 6
Maggioranza 206
Hanno votato
243
Hanno votato
no 167).

Onorevoli colleghi, dovremmo ora passare all'esame dei due articoli aggiuntivi Boato 15.05 e Bressa 15.06, ma (Commenti)...

LUIGI OLIVIERI. È una questione importante che riguarda il referendum!

GIANCLAUDIO BRESSA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GIANCLAUDIO BRESSA. Signor Presidente, sono questioni interessanti. I due articoli aggiuntivi pongono il tema del referendum abrogativo. Tutti sappiamo che la questione del referendum è di straordinaria delicatezza, anche perché l'andamento della vita politica di questi ultimi anni non ha consentito un uso reale dello strumento referendario.
Noi proponiamo due modalità per consentire che i referendum, che sono una forma di espressione autenticamente popolare della volontà rispetto ad una legge, possono tornare a diventare strumenti utilizzabili nella nostra società politica. È difficile trattare in pochi minuti una questione così delicata...

PRESIDENTE. Onorevole Bressa, sull'argomento mi sono state preannunziate diverse richieste di intervento per dichiarazione di voto, ma alle 13,30, come previsto dall'ordine dell giorno, si dovrà esaminare un'altra questione su cui, onorevoli colleghi, l'Assemblea sarà chiamata ad esprimere un voto. Si tratta di un problema collegato ad un decreto-legge.
Pertanto, rinvio il seguito del dibattito al prosieguo della seduta.

 

Si riprende la discussione del disegno di legge costituzionale n. 4862 ed abbinate.

PRESIDENTE. Riprendiamo la discussione del disegno di legge costituzionale n. 4862 ed abbinate.
Ricordo che nella parte antimeridiana della seduta è stato votato da ultimo l'articolo 15.
Avverto che è in distribuzione il nuovo testo dell'emendamento 43.250 della Commissione, al quale, a seguito delle intese testé intercorse nell'ambito del Comitato dei nove, sono state apportate alcune correzioni formali.

 

(Esame degli articoli aggiuntivi riferiti all'articolo 15 - A.C. 4862 ed abbinate)

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'articolo aggiuntivo Boato 15.05.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà.

GIANCLAUDIO BRESSA. Signor Presidente, riprendendo alcuni concetti già espressi, sottolineo come l'articolo aggiuntivo in esame è volto a dare effettività all'istituto del referendum abrogativo, che ha perso, per effetto di una serie di circostanze di costume politico, la sua efficacia. Il senso di tale articolo aggiuntivo è sintetizzato nella lettera c), a norma della quale la proposta soggetta a referendum è approvata se ha conseguito la maggioranza dei voti validamente espressi purché non inferiore ad un quarto degli aventi diritto. Tale previsione salvaguarderebbe la serietà della consultazione e consentirebbe di affrontare il referendum abrogativo con un clima politico diverso da quello che ha caratterizzato le consultazioni precedenti. Auspico pertanto l'approvazione dell'articolo aggiuntivo in esame.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Fontanini. Ne ha facoltà.

PIETRO FONTANINI. Signor Presidente, la maggioranza ha ritenuto di non modificare l'articolo 75 della Costituzione, riguardante il referendum abrogativo, anche perché si tratta di una materia estranea alla nostra proposta di riforma costituzionale. Tale riforma, infatti, riguarda il superamento del bicameralismo perfetto, l'introduzione della devolution e l'introduzione del premierato.
L'articolo aggiuntivo poc'anzi illustrato dall'onorevole Bressa, oltre ad aumentare il quorum dei richiedenti, che viene elevato da 500 mila a 750 mila elettori, prevede, alla lettera b), una sorta di potere di veto da parte della Corte costituzionale, che giudica preventivamente l'ammissibilità delle richieste di referendum. Tale giudizio preventivo della Corte costituzionale costituisce un aspetto singolare.
Inoltre, la lettera c) reca un'ulteriore innovazione: la consultazione è valida qualora i voti espressi non siano inferiori ad un quarto degli aventi diritto.
In pratica, il 25 per cento dei votanti deve esprimersi in favore dell'abrogazione della norma soggetta a referendum. È un'ipotesi molto particolare e non riusciamo a comprendere le motivazioni per ricorrere ad una tale percentuale. La maggioranza non ha ritenuto di dover affrontare questa materia in quanto estranea al corpus della riforma costituzionale. Tuttavia l'argomento merita attenzione, non, però, in questa sede.
Sull'istituto referendario abrogativo si è discusso molte volte. Vi è la necessità nell'opinione pubblica, e penso anche che in molte forze politiche, di metter mano a questo istituto. Ma il momento non è opportuno. Riteniamo che questo articolo aggiuntivo all'articolo 15, che comporta modifiche all'articolo 75 della Costituzione, vada respinto in quanto non attinente alla riforma costituzionale che la maggioranza ha proposto. Invito i colleghi dell'opposizione a ritirare questa proposta emendativa.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Carrara. Ne ha facoltà.

NUCCIO CARRARA. Desidero svolgere un'osservazione preliminare sulla stessa linea del collega Fontanini. Eravamo determinati a non affrontare questo argomento perché ritenevamo - e riteniamo - che il vigente articolo 75 della Costituzione disciplini in maniera chiara e sufficiente l'istituto del referendum abrogativo. Non possiamo non far notare ai colleghi dell'opposizione (che invito a ritirare questa proposta emendativa) che ancora una volta, anziché introdurre garanzie democratiche essi le abbattono o quanto meno le affievoliscono.
Anzitutto si vuole aumentare il numero necessario di elettori che sottoscrivono la richiesta di referendum affinché questa sia valida, oggi pari a 500 mila e che secondo la proposta dovrebbe diventare 750 mila; ma con un incremento di questa soglia si introduce una maggiore difficoltà di ottenere un referendum abrogativo! In particolare, però, evidenzio la lettera c) del loro articolo aggiuntivo, dove si sostiene che la proposta soggetta a referendum è approvata se ha conseguito la maggioranza dei voti validamente espressi, purché non inferiore ad un quarto degli aventi diritto. Questo significa che oggi, affinché il referendum sia valido, deve recarsi alle urne la maggioranza più uno degli aventi diritto e affinché la legge sia abrogata la maggioranza dei votanti deve esprimersi in tal senso. Secondo lo schema che ci viene proposto, invece, si affiderebbe una decisione così grave e delicata come l'abrogazione di una legge ad un numero molto esiguo di elettori: il 25 per cento degli elettori. Mi chiedo se vogliano introdurre norme di garanzia, norme più democratiche. Non crediamo che questa sia una norma più democratica, una norma di garanzia. Forse sarà politicamente corretta. Forse noi di queste cose non ce ne intendiamo, ma la ragione ci dice che la proposta è priva proprio di buonsenso e andrebbe ritirata.
Suggerisco ai colleghi di ritirare questa proposta emendativa, in quanto assurda, illogica e oserei dire, quasi improponibile.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Luciano Dussin. Ne ha facoltà.

LUCIANO DUSSIN. Signor Presidente, per noi lo strumento del referendum va bene così com'è nelle attuali previsioni costituzionali. Siamo perfettamente d'accordo nel mantenere il principio che l'esito referendario sia collegato alla partecipazione della maggioranza assoluta degli aventi diritto: in primo luogo, perché deve esserci il coinvolgimento popolare e, in secondo luogo, anche per i rilevantissimi costi che un referendum impone al paese. Lo strumento deve essere peraltro potenziato rispettando la volontà dei cittadini, cosa che nel passato è stata molto spesso dimenticata o glissata (mi ricordo l'esito dei referendum relativi al Ministero dell'agricoltura, alla RAI e alle trattenute sindacali). Inoltre, il mancato rispetto del pronunciamento dei cittadini può anche determinare l'assenteismo alle urne.
Quindi, al di là della necessità di diminuire il numero dei partecipanti alla consultazione referendaria, bisogna incentivarlo facendo sì che, quelle volte che i cittadini si recano al referendum, vedano concretizzarsi il loro scopo nei risultati. Mi ricordo anche delle 700 mila firme raccolte dal gruppo della Lega Nord e autenticate per abrogare la legge Turco-Napolitano sull'immigrazione: sono state depositate ma, poi, c'è stato il diniego di proseguire nel misurarsi con i nostri cittadini per abrogare quella legge. Quindi, è tutto da rivedere, ma le previsioni per noi devono essere confermate.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Gibelli. Ne ha facoltà.

ANDREA GIBELLI. Signor Presidente, intervengo a titolo personale perché negli ultimi anni in questo paese si è fatto largo uso dell'istituto referendario. Mi sembrava di comprendere che anche a sinistra fosse necessario un intervento per evitare l'abuso dello strumento referendario come grimaldello per limitare l'azione legislativa del Governo e considerarlo come uno strumento di contestazione non più straordinario ma ordinario.
Oggi, leggendo gli emendamenti proposti dagli onorevoli Boato e Bressa, mi pare, invece, che si predichi bene e si razzoli male. Infatti, da una parte, ascoltiamo da molti giorni la necessità di dare rigore e velocità all'azione legislativa e, dall'altra, si trasformano le piazze in qualcos'altro, attraverso la modifica proposta all'istituto referendario, tra l'altro legittimo, e uscendo dalla logica di straordinario strumento di democrazia. Non è accettabile che ci sia una riduzione addirittura di un quarto degli aventi diritto, perché questo comporterebbe un'istituzione costante dello strumento referendario, con un esborso oramai pari a quello delle leggi finanziarie (sappiamo tutti che la convocazione di una consultazione popolare comporta un'enorme esborso di denaro pubblico). Mi pare che tutto ciò vada nella direzione della filosofia degli interventi fino ad adesso proposti.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Guido Giuseppe Rossi. Ne ha facoltà.

GUIDO GIUSEPPE ROSSI. Signor Presidente, intervengo anch'io a titolo personale sull'articolo aggiuntivo Boato 15.05, che affronta la questione del referendum abrogativo. Dobbiamo sottolineare un fatto. Nella cultura politica di questo paese spesso e volentieri si è insistito sul concetto di referendum abrogativo, mentre l'unico esempio di referendum confermativo è proprio quello che riguarda le modifiche della Carta costituzionale, così come previsto dall'articolo 138. Tuttavia, sul tema del referendum la Lega Nord ha, invece, introdotto la possibilità per il popolo, per la gente, per i cittadini di esprimersi sui cambiamenti anche profondi dell'ordinamento giuridico e costituzionale del nostro paese a seguito di trattati internazionali e, soprattutto, a seguito di trattati internazionali che riguardano l'Unione europea.
Dunque, si registrano grandi cambiamenti nella Costituzione europea (precedentemente, hanno riguardato il Trattato di Nizza). Non è possibile chiedere un passaggio referendario nella nostra Costituzione.
Credo che una grande conquista sarà la modifica della Costituzione in tale direzione, bypassando il concetto di referendum abrogativo che, nei decenni passati, in alcune occasioni, ha segnato momenti importanti della vita sociale e culturale di questo paese. Tale strumento è degenerato in un mezzo di lotta politica utilizzato da alcune forze presenti nel paese, ma ha finito con l'allontanarsi dai nostri cittadini.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Didonè. Ne ha facoltà.

GIOVANNI DIDONÈ. Signor Presidente, intervengo sull'articolo aggiuntivo Boato 15.05 che mi trova completamente discorde. Infatti, ritengo che i «settecentocinquantamila elettori o i cinque consigli regionali» per la richiesta del referendum popolare siano pochi. Abbiamo constatato che molti referendum, ampiamente richiesti, non hanno visto un'ampia partecipazione al voto da parte dei cittadini. Sicuramente, questo limite va aumentato.
È importante, inoltre, che il quesito referendario sia rispettato. Precedentemente, il mio collega Dussin ha fatto riferimento...

PRESIDENTE. Onorevole Didonè...

GIOVANNI DIDONÈ. ...al referendum per l'abrogazione del Ministero dell'agricoltura. Ricordo altresì il referendum per l'abrogazione della legge sul finanziamento pubblico ai partiti. I cittadini, in questi giorni, hanno protestato contro l'iniziativa di alcuni colleghi che chiedevano l'aumento dei rimborsi elettorali. Sicuramente, i cittadini vogliono che sia rispettato il quesito referendario e che le istituzioni portino a compimento ciò che essi decidono.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Polledri. Ne ha facoltà.

MASSIMO POLLEDRI. Signor Presidente, intervengo per manifestare la mia contrarietà all'articolo aggiuntivo Boato 15.05. Certamente, occorre rivisitare il meccanismo del referendum, ma credo che, in questo Parlamento, si debba prendere atto di come lo strumento referendario sia stato troppo spesso utilizzato come vicario a causa di una non legittimazione politica. È noto come alcune forze non rappresentate in Parlamento esprimano la propria politica solamente attraverso lo strumento referendario. Bene, forse queste forze farebbero meglio a pensare ad una propria rappresentanza.

PRESIDENTE. Onorevole Polledri...

MASSIMO POLLEDRI. Mi avvio alla conclusione ricordando che le previsioni di quest'articolo aggiuntivo non sono consone ai bisogni degli italiani, perché, in un momento in cui c'è da stringere la cinghia, probabilmente, non ci sono i soldi per decine di referendum, come alcune forze politiche vorrebbero fare.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Vascon. Ne ha facoltà.

LUIGINO VASCON. Signor Presidente, non capisco i motivi politici che spingono ad intraprendere un'iniziativa referendaria - peraltro, grande strumento di democrazia - per abrogare una legge che ancora non è stata approvata; o meglio, appena sarà approvata, sarà sottoposta a consultazione referendaria.
Mi domando e dico: almeno vogliamo vedere gli effetti che può sortire questa legge o la bocciamo a priori in funzione di una sconfitta politica parlamentare? Il 25 per cento, quindi un quarto delle persone che andrebbero a legalizzare la validità del referendum, a mio avviso, rappresenta una percentuale estremamente iniqua. Ciò significa che un quarto di popolazione può decidere sui restanti tre quarti. Quindi, almeno il 50 per cento sarebbe, a mio avviso, un numero democraticamente significativo. Diverso fu l'intendimento politico per quanto riguarda l'accoglimento delle 700 mila firme, che all'epoca la Lega Nord Federazione Padana aveva presentato chiedendo un quesito referendario su una legge vigente, peraltro sbagliata. Per fortuna poi la Turco-Napolitano è stata «azzerata» con una nuova legge molto più attuale e opportuna. Ciò significa che chi è chiamato a decidere sull'ammissibilità di un referendum a nostro avviso non ha obiettività né giuridica né politica, anzi è di parte, politicamente esposto. Pertanto, in funzione di ciò poi vediamo l'accoglimento o meno di quesiti referendari, che peraltro hanno sortito...

PRESIDENTE. Onorevole Vascon, lei ha due minuti di tempo.

LUIGINO VASCON. Concludo, Presidente. ...hanno determinato quello che abbiamo potuto vedere con l'esito referendario sul Ministero dell'agricoltura, che è stato poi capovolto, come è stato come giustamente ricordato dai colleghi.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Perrotta. Ne ha facoltà.

ALDO PERROTTA. Signor Presidente, in effetti questo articolo aggiuntivo ha una doppia lettura. Da una parte c'è da apprezzare sicuramente l'elevazione del numero delle firme necessarie per indire una consultazione referendaria ma, come sempre, poi vi è l'altra faccia della medaglia, e cioè il quarto comma, esattamente alla lettera c), nella quale si prevede che per rendere valido il referendum basta il 25 per cento dei votanti. Vi immaginate che sarebbe questa nazione se i referendum potessero passare con due milioni, due milioni e mezzo di voti? Perché tanti sarebbero i voti necessari nel caso in cui si dovesse arrivare ad avere un quorum del 25 per cento per far passare un referendum. Al danno anche la beffa! Per cui, se è apprezzabile l'aumento del numero delle firme, è sicuramente deprecabile il fatto che l'abbassamento del quorum scenda al 25 per cento. Ed è il motivo per cui invito i colleghi a votare contro.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Dario Galli. Ne ha facoltà.

DARIO GALLI. Signor Presidente, rilevo una sorta di irregolarità di fondo, di pensiero, nell'articolo aggiuntivo della minoranza, visto che da una parte rende più difficile il referendum, elevando a 750 mila le firme per la richiesta, dall'altro però riduce al 25 per cento degli aventi diritto la validità del referendum stesso, riducendolo a un qualcosa di molto diverso rispetto a quello che dovrebbe essere. Quindi, a titolo personale sono assolutamente contrario a questa impostazione.
Vorrei invece sottolineare il fatto che, se anche in questa riforma si dovesse mantenere sostanzialmente l'istituto del referendum precedente - e posso capire anche le motivazioni -, mi auguro che, successivamente, con le modifiche che stiamo apportando in queste settimane, si arrivi ad un referendum possibilmente anche propositivo e non solo abrogativo, affinché sia utilizzato meno per alcune questioni di dettaglio e di più per le grandi questioni, quali le scelte di carattere europeo.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Leoni. Ne ha facoltà.

CARLO LEONI. Signor Presidente, capita a tutti, ed è capitato anche a chi parla in questo momento, di dover intervenire per guadagnare tempo e, quindi, so che interventi di questo tipo prescindono un po' dal merito.
Vorrei invitare i colleghi ad una riflessione sul merito degli articoli aggiuntivi riferiti all'articolo 15; ritengo, infatti, che tutti, a destra e a sinistra, ci preoccupiamo del destino di un istituto importante quale quello del referendum abrogativo. Abbiamo tutti assistito all'inflazionarsi dell'istituto nel corso del tempo, sempre meno percepito come uno strumento utile da parte dei cittadini. Sicché o si decide la sua soppressione o si cerca, al contrario, di rivitalizzarlo, alla luce dei cambiamenti intercorsi nel tempo e, soprattutto, alla luce di quanto emerso negli ultimi anni. Ritengo, infatti, non sia piacevole per nessuno di noi - di referendum abrogativi, invero, ne sono stati proposti da entrambi gli schieramenti politici - assistere ad un siffatto decadimento di uno strumento costituzionale.
Il primo problema che si è potuto spesso individuare afferisce alle 500 mila firme previste nel 1948 sulla base della popolazione elettorale di allora; esse, oggi, sono poche in ragione dell'aumento della popolazione elettorale intervenuto; quindi, la prima necessità che si pone per impedire un eccesso inflattivo dello strumento referendario consiste nell'aumentare il numero delle firme necessarie per la promozione del referendum. In entrambi gli articoli aggiuntivi, proponiamo, dunque, di elevare tale soglia da 500 mila a 750 mila.
La seconda proposta riguarda il momento nel quale la Corte costituzionale si deve pronunciare sull'ammissibilità del referendum; rinviamo ad una legge ordinaria la disciplina di tale procedura. Ma si pone, al riguardo, un problema che, se non ho capito male - si tratta di interventi peraltro comprensibilmente svolti per guadagnare tempo -, hanno sollevato almeno due colleghi della Lega, riferendosi al referendum sulla cosiddetta legge Turco-Napolitano.
Ebbene, vi sarebbe una questione da risolvere; infatti, una forza politica o un gruppo di cittadini si attiva per promuovere un referendum, raccoglie 500 mila firme - o anche di più -, suscita così un'aspettativa sulla battaglia referendaria e solo a quel punto la Corte costituzionale si pronuncia dichiarando, in ipotesi, che il referendum non è costituzionale, deludendo, così, la spinta che si è potuta esercitare fino a raccogliere diverse centinaia di migliaia di consensi. Noi proponiamo che la Corte si pronunci prima.
Vengo ora ad una terza questione anch'essa emersa negli ultimi anni; ormai, raggiungere il quorum di validità è effettivamente proibitivo. Sicché, se non si vuole - lo ribadisco - lasciare al degrado lo strumento, si deve intervenire anche sul quorum di validità.
Nel primo articolo aggiuntivo - quello ora in discussione - sosteniamo l'ipotesi secondo la quale la domanda referendaria è approvata «se ha conseguito la maggioranza dei voti validamente espressi purché non inferiore ad un quarto degli aventi diritto».
Si introduce, poi, nel seguente articolo aggiuntivo, un altro criterio secondo il quale «è approvata se è raggiunta la maggioranza dei voti validamente espressi e se ha partecipato alla votazione un numero di elettori pari ad almeno la metà più uno degli elettori che hanno preso parte alle precedenti consultazioni elettorali per la Camera dei deputati».
Dai calcoli che abbiamo fatto, dal punto di vista numerico, si avrebbe una tenuta dell'istituto.
Il quorum di validità deve tenere conto di quello che ormai rappresenta il trend normale di partecipazione al voto.

PRESIDENTE. Onorevole Leoni...

CARLO LEONI. Concludo, Presidente.
Ricorriamo, dunque, al criterio dell'ultimo voto per la Camera dei deputati; il quorum di validità del referendum deve riferirsi a tale parametro, non ad una percentuale, invece, astratta.
Queste sono le proposte di merito che noi avanziamo. Vorremmo - ci piacerebbe, trattandosi di uno strumento che interessa tutti i cittadini - che vi fosse un confronto su questi argomenti (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Mantini, al quale ricordo che ha un minuto di tempo a disposizione. Ne ha facoltà.

PIERLUIGI MANTINI. Signor Presidente, desidero rispondere all'onorevole Carrara, il quale o non capisce il problema, oppure fa finta di non capire. La revisione costituzionale dell'istituto referendario, infatti, è fondamentale, perché - non so se qualcuno se ne è accorto - oggi in Italia il referendum non c'è!
Infatti, se si somma l'astensionismo fisiologico (che porta a votare, nella migliore delle ipotesi, non più del 70 per cento, se non meno, degli aventi diritto) alla posizione di chi fosse contrario al referendum proposto (dunque, una posizione calcolabile nell'ordine del 20 per cento), ciò fa sì che proprio chi impartisce l'indicazione ad astenersi dal voto prevale sul 50 per cento degli elettori! Possiamo anche sostenere che vi è stato un abuso dell'istituto referendario ed altri argomenti, tuttavia è questo il problema.
La proposta di modifica costituzionale in esame, pertanto, tende a restituire al nostro ordinamento l'efficacia del fondamentale istituto del referendum abrogativo.

PRESIDENTE. Onorevole Mantini, concluda!

PIERLUIGI MANTINI. Le ragioni alla base di tale scelta sono state già precedentemente esposte - concludo, signor Presidente -, e pertanto la soglia del 25 per cento più uno...

CESARE RIZZI. Tempo!

PIERLUIGI MANTINI. ...dei voti validi delle precedenti consultazioni elettorali corrisponde esattamente alla maggioranza del 50 per cento più uno previsto dal vigente articolo 75 della Costituzione.
Pertanto, non si propone alcuna innovazione particolare, ma si tratta solo del tentativo di restituire democrazia...

PRESIDENTE. Onorevole Mantini, deve concludere!

PIERLUIGI MANTINI. ...al nostro ordinamento. È un tentativo che, evidentemente, non vi riguarda!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mascia. Ne ha facoltà.

GRAZIELLA MASCIA. Signor Presidente, vorrei rilevare che la dottrina si è preoccupata di studiare le caratteristiche della relazione tra gli istituti della democrazia diretta ed il normale meccanismo della democrazia rappresentativa. Uno dei connotati essenziali dell'istituto referendario è costituito sicuramente dalla sua eccezionalità: in tal modo, infatti, è stato disciplinato dalla vigente Costituzione, con tutti i criteri ed i parametri che sono stati fissati per poter accedere a tale istituto.
Ciò che è certo è che l'istituto referendario deve essere inteso quale strumento di garanzia della società, nonché quale controllo sostitutivo sul Parlamento, al fine di rendere inefficaci i provvedimenti non più ritenuti in sintonia con le esigenze sociali.
Vorrei osservare che negli ultimi anni, compresi gli ultimi giorni, ci siamo trovati e ci troviamo spesso nella situazione, in cui le leggi approvate dalla Camera dei deputati non corrispondono...

PRESIDENTE. Onorevole Mascia...

GRAZIELLA MASCIA. ... al sentire della società.
Le proposte emendative già illustrate dal collega Leoni, che abbiamo sottoscritto, vanno allora nella direzione di garantire, modificando leggermente i parametri per poter accedere all'istituto referendario, ma lasciando inalterati i principi di fondo dell'eccezionalità, che tale meccanismo possa effettivamente funzionare.

PRESIDENTE. Onorevole Mascia, concluda!

GRAZIELLA MASCIA. Riteniamo, dunque, che si tratti di un'esigenza emersa proprio in questi giorni e che l'intera Assemblea dovrebbe affrontare.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Acquarone. Ne ha facoltà.

LORENZO ACQUARONE. Signor Presidente, mi sembra che l'articolo aggiuntivo in discussione sia pieno di buon senso. Infatti, elevare il numero delle firme per richiedere l'indizione del referendum abrogativo costituisce una conseguenza diretta dell'incremento sia della popolazione, sia degli elettori dal 1947 ad oggi; per quanto riguarda, invece, il quorum necessario affinché il referendum sia valido, mi associo toto corde a quanto testé sostenuto dal collega Mantini.

 

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE PIER FERDINANDO CASINI (ore 18,40)

 

LORENZO ACQUARONE. Nel sistema vigente, infatti, in cui è richiesta la partecipazione della metà degli aventi diritto, considerando l'astensionismo che ormai fisiologicamente si registra, è sufficiente che coloro i quali desiderano la conservazione dei provvedimenti sottoposti alla consultazione popolare invitino a non votare affinché tutti i referendum non ottengano alcun risultato.
Poiché la democrazia rappresentativa, ove non abusata, è un istituto fondamentale del rapporto che deve intercorrere tra le istituzioni ed i cittadini, perché effettivamente e frequentemente capita o che la legge nel tempo si riveli inadeguata e le Camere non abbiano la sufficiente sensibilità per porvi rimedio, oppure che una legge approvata dal Parlamento non corrisponda alla volontà degli elettori che pure il Parlamento hanno eletto, ho l'impressione che se noi crediamo ad un istituto quale quello della democrazia rappresentativa dobbiamo accogliere quest'articolo aggiuntivo, perché altrimenti nessun referendum potrà, in futuro, essere espletato.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo aggiuntivo Boato 15.05, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (
Vedi votazioni).
(Presenti 448
Votanti 445
Astenuti 3
Maggioranza 223
Hanno votato
194
Hanno votato
no 251).

Passiamo alla votazione dell'articolo aggiuntivo Bressa 15.06.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà.

GIANCLAUDIO BRESSA. Signor Presidente, questo articolo aggiuntivo è un'altra versione per risolvere lo stesso problema. «La proposta soggetta a referendum è approvata se è raggiunta la maggioranza dei voti validamente espressi e se ha partecipato alla votazione un numero di elettori pari ad almeno la metà più uno degli elettori che hanno preso parte alle precedenti consultazioni elettorali per la Camera dei deputati». Si cerca, cioè, di inserire un elemento di realismo relativamente all'effettiva partecipazione dei cittadini al voto.
Nel corso degli ultimi anni, abbiamo, infatti, verificato che la partecipazione dei cittadini alle competizioni elettorali è in costante e leggera flessione. Non vi sono stati episodi clamorosi di defezione o di diserzione delle urne, tuttavia il dato della partecipazione tende progressivamente ad assottigliarsi. È anche vero che ci troviamo su livelli sicuramente superiori alla media di altre democrazie consolidate, però è una questione che ritengo vada presa in considerazione.
Sulla base, dunque, di questo dato di realismo politico, si immagina che la validità del quorum possa essere calcolata quando un numero di elettori pari ad almeno la metà più uno di quelli che hanno preso parte alle precedenti consultazioni elettorali per la Camera dei deputati sia un termine di paragone realistico. Riteniamo pertanto che con questo articolo aggiuntivo sia possibile restituire vitalità e senso ad un istituto così importante per la democrazia della Repubblica, quale il referendum abrogativo.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo aggiuntivo Bressa 15.06, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (
Vedi votazioni).
(Presenti 431
Votanti 426
Astenuti 5
Maggioranza 214
Hanno votato
185
Hanno votato
no 241).

 

(Esame dell'articolo 16 - A.C. 4862 ed abbinate)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 16 e delle proposte emendative ad esso presentate (vedi l'allegato A - A.C. 4862 ed abbinate sezione 5).
Nessuno chiedendo di parlare, invito il relatore ad esprimere il parere della Commissione.

DONATO BRUNO, Relatore. Il parere della Commissione è contrario sull'emendamento Leoni 16.70. La Commissione raccomanda, invece, l'approvazione del proprio emendamento 16.25; esprime parere contrario sull'articolo aggiuntivo Leoni 16.07, così come sul subemendamento Mascia 0.16.0200.1 e sul subemendamento Boccia 0.16.0200.3. La Commissione esprime altresì parere contrario sul subemendamento Leoni 0.16.0200.2, mentre esprime parere favorevole sull'articolo aggiuntivo Elio Vito 16.0200. Il parere è contrario sul subemendamento Boccia 0.16.011.1 e sull'articolo aggiuntivo Boato 16.011. Per quanto riguarda gli articoli aggiuntivi Saponara 16.012 e Boato 16.010, la Commissione invita i presentatori al ritiro, altrimenti il parere è contrario.

PRESIDENTE. Il Governo?

ALDO BRANCHER, Sottosegretario di Stato per le riforme istituzionali e la devoluzione. Il parere del Governo è conforme a quello del relatore.

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'emendamento Leoni 16.70.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Maran. Ne ha facoltà.

ALESSANDRO MARAN. Signor Presidente, intervengo su quest'emendamento soppressivo per illustrare le nostre ragioni. Anche in questo caso, si evidenzia come l'ampiezza dei poteri del Senato federale costituisca, come abbiamo detto molte volte e come è stato rilevato in queste settimane e nei mesi scorsi, l'anomalia di fondo del progetto di riforma, che non può non interessare anche le procedure legislative nei casi particolari disciplinati dall'articolo, ossia in relazione agli articoli 73, 74 e 77 della Costituzione.
In questo articolo si propone che tutto avvenga «secondo le rispettive competenze, ai sensi dell'articolo 70». Tuttavia, il modello di un Senato con una competenza prevalente su una serie di materie sembra fortemente scontrarsi, a nostro giudizio, con le esigenze di governabilità che vengono tanto sbandierate. Il rischio è che, per governare, si ricorra a circuiti decisionali esterni, che potrebbero sfociare non in una legge, ma in regolamenti o atti non normativi, oppure, più verosimilmente, che vi sia una spinta verso una consociazione tra istituzioni, per cui il Governo dovrebbe costantemente contrattare l'attuazione del proprio indirizzo politico con il Senato.
Inoltre, la distribuzione delle competenze tra Camera dei deputati e Senato provoca un risultato paradossale, come abbiamo sottolineato più volte: la titolarità del rapporto fiduciario finisce per indebolire la Camera e rafforzare il Senato. Tutto ciò, naturalmente, influisce anche sulle procedure legislative indicate. Per tale motivo, proponiamo questo emendamento soppressivo.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Leoni 16.70, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (
Vedi votazioni).
(Presenti 443
Votanti 439
Astenuti 4
Maggioranza 220
Hanno votato
186
Hanno votato
no 253).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 16.25 della Commissione, accettato dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (
Vedi votazioni).
(Presenti 455
Votanti 307
Astenuti 148
Maggioranza 154
Hanno votato
285
Hanno votato
no 22).

Passiamo alla votazione dell'articolo 16.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Alfonso Gianni. Ne ha facoltà.

ALFONSO GIANNI. Signor Presidente, esprimo un giudizio negativo sull'articolo 16, che modifica l'articolo 77 della Costituzione e lo faccio da un'angolazione diversa.

Personalmente, ho sempre proposto una modifica dell'articolo 77 della Costituzione, come si può riscontrare negli archivi della legislatura passata; infatti, non ritengo che tale norma debba rimanere immutata. Tuttavia, la direzione verso la quale essa andrebbe modificata è diversa e, anzi, opposta rispetto a quella proposta dalla maggioranza in quest'aula. L'esigenza della modifica deriva anche dall'esperienza maturata nel corso di questa legislatura, nella quale oltre il 50 per cento delle leggi è di iniziativa governativa. In altre parole, come dicono i giuristi, siamo di fronte al passaggio da una democrazia parlamentare ad una democrazia governamentale. Si pone, quindi, l'esigenza di una delimitazione in sede costituzionale dei casi nei quali il Governo può ricorrere alla forma del decreto-legge e, quindi, di una delimitazione del campo e di una specificazione delle caratteristiche dei criteri di necessità e di urgenza. Infatti, l'esperienza storica, a prescindere dai colori dei Governi (in particolar modo, mi riferisco all'uso della decretazione di urgenza da parte di questo Governo, che non ne avrebbe bisogno, considerata la maggioranza parlamentare di cui gode) dimostra che quella descrizione costituzionale è una maglia troppo larga, che presenta dei buchi e che può essere facilmente forata.
Allora, se un intervento vi deve essere - come ritengo - sul solo articolo 77 della Costituzione, esso dovrebbe essere in senso restrittivo della potestà legislativa del Governo di adottare decreti-legge che - come ormai sappiamo - non hanno quasi mai (salvo che in rarissime eccezioni) i requisiti di necessità, di urgenza e, soprattutto, di omogeneità.
Vorrei, quindi, preannunciare con queste motivazioni il nostro voto contrario sull'articolo 16 (Applausi dei deputati del gruppo di Rifondazione comunista).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Maran. Ne ha facoltà.

ALESSANDRO MARAN. Signor Presidente, intervengo per ribadire ciò che ho già affermato intervenendo sulla precedente proposta emendativa soppressiva. La definizione delle procedure legislative ed i casi indicati proprio con il tentativo di esplicitare che tutto avviene secondo la distribuzione e l'articolazione delle competenze definita dal modello di bicameralismo imperfetto delineato, rivelano, se ancora ve ne fosse bisogno, che proprio l'ampiezza e la composizione del Senato federale (su cui siamo tornati molte volte) costituisce l'anomalia di fondo del progetto di riforma. Per cercare di «metterci una pezza», si tenta di completare questo puzzle, introducendo poteri che riteniamo eccessivi in capo al Presidente del Consiglio, al fine di equilibrare come si può il procedimento legislativo e le competenze.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà.

GIANCLAUDIO BRESSA. Intervengo per esprimere la mia solidarietà nei confronti del collega Maran e per dichiarare il voto contrario su questo articolo.
Come giustamente egli ha sottolineato, non è possibile da parte nostra approvare alcun articolo che faccia riferimento ad un Senato federale, che federale non è, e ad un Parlamento in cui il potere legislativo è in qualche modo usurpato dalla figura del primo ministro. Pertanto, tutto ciò che ha a che fare con questa materia non può che vederci contrari.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 16, nel testo emendato.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (
Vedi votazioni).
(Presenti 456
Votanti 455
Astenuti 1
Maggioranza 228
Hanno votato
258
Hanno votato
no 197).

 

Si riprende la discussione.

 

(Esame degli articoli aggiuntivi riferiti all'articolo 16 - A.C. 4862 ed abbinate)

 

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'articolo aggiuntivo Leoni 16.07.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Olivieri. Ne ha facoltà.

LUIGI OLIVIERI. Signor Presidente, con gli articoli aggiuntivi presentati all'articolo 16 si affronta una tematica di grande rilevanza proprio alla luce del sistema che state costruendo, in cui vi è un primo ministro assolutamente forte ed un Parlamento che perde sempre più i propri poteri di produzione legislativa. Come tutti noi sappiamo, la fonte di produzione legislativa ordinaria, a Costituzione vigente, è il Parlamento. Nel sistema di bicameralismo perfetto la Camera ed il Senato devono approvare il progetto di legge nel medesimo testo.
Vi sono situazioni nelle quali l'ordinarietà, ossia la divisione netta tra chi fa le leggi e chi deve poi eseguirle, viene violata. Tali previsioni sono disciplinate nell'attuale Costituzione dagli articoli 76 e 77. Accenno solo alla situazione di straordinaria necessità ed urgenza nella quale il Governo si arroga la potestà legislativa ed adotta un atto avente forza di legge che, come tutti sappiamo, deve essere convertito in legge nei sessanta giorni successivi, pena la sua decadenza.
L'altra situazione è quella prevista dall'articolo 76, che riguarda i decreti legislativi. In tal caso il Parlamento si spoglia della propria competenza ordinaria e delega il Governo ad intervenire con normative aventi forza di legge. Nel delegare l'esercizio della funzione legislativa al Governo il Parlamento fissa principi e criteri direttivi, un tempo limitato ed oggetti definiti ai quali il Governo deve attenersi.
Sappiamo che in questi anni - voi ne siete un esempio eclatante - si è abusato di tale sistema. Le deleghe sono quasi sempre deleghe in bianco.
L'articolo 76 della Costituzione puntualmente non viene rispettato. Nella legge delega si aggiunge un articolo, o un comma, che prevede il parere delle competenti Commissioni parlamentari, ma se le Commissioni esprimono il proprio parere sullo schema di decreto legislativo, il Governo quasi mai si attiene alle eventuali richieste di modifica avanzate dalle Commissioni. Pertanto, l'articolo aggiuntivo al nostro esame interviene proprio su questa anomalia, dando centralità al sistema parlamentare e dignità al nostro lavoro. Si prevede che gli schemi dei decreti legislativi predisposti dal Governo, sulla base di una delega attribuita dal Parlamento, siano sottoposti al parere delle Commissioni parlamentari competenti e che un quinto dei componenti di ciascuna Camera possa chiedere che il parere sia esaminato ed approvato dall'Assemblea (nel caso si tratti, per esempio, di un argomento di grande valenza ed importanza). Si prevede infine l'obbligo, per il Governo, di attenersi al contenuto dei pareri parlamentari, perché diversamente si ricadrebbe nella situazione precedente, cioè nella presa in giro del Parlamento.
Questo è dunque il contenuto dell'articolo aggiuntivo Leoni 16.07 e ritengo che un Parlamento con una sua dignità non possa che approvarlo (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-L'Ulivo e della Margherita, DL-L'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mantini. Ne ha facoltà.

PIERLUIGI MANTINI. Nel breve tempo contingentato a disposizione, vorrei dire ai colleghi della maggioranza che quando parliamo di difesa del Parlamento e di riequilibrio dei poteri lo facciamo in concreto. Voi questo problema non lo avete, e quindi non ve lo ponete nemmeno.
Il tema del potere del Parlamento sugli schemi di decreti legislativi - peraltro strumento giuridico (il decreto legislativo) largamente usato ed abusato da tutti i Governi - è un tema di grande importanza. Sappiamo infatti che spesso i decreti legislativi del Governo vanno al di là del contenuto delle deleghe. Pertanto, il meccanismo da noi proposto, quello di rendere possibile, su richiesta di una minoranza dei componenti della Camera, un esame della conformità dello schema di decreto legislativo con i principi recati dalla legge delega è un tema di grande rilievo, che non può essere lasciato solo al giudizio di costituzionalità. Mi auguro che su questo tema possa svilupparsi un dibattito all'altezza della questione. Non mi illudo, per il vero, però fateci almeno la cortesia di capire, se non capite le proposte che vi facciamo e se non volete nemmeno discuterle, perché votiamo contro la vostra riforma.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Gerardo Bianco. Ne ha facoltà.

GERARDO BIANCO. Da qualche atteggiamento del nostro relatore, vedo che c'è un certo rammarico per il ritardo che si sta verificando nell'approvazione di questo testo di riforma. Credo però che egli possa anche capire il nostro stato d'animo, quello cioè di chi vede respinto ogni tentativo di introdurre qualche elemento di razionalità all'interno del testo legislativo in esame; questa speranza, per la verità, io non l'ho mai nutrita.
Tuttavia, dico anche che qualche aspetto positivo indubbiamente c'è, nell'approvazione di questa riforma, perché secondo me nasceranno nuove discipline, che interesseranno non soltanto i giuristi, ma anche i medici e persone di altre esperienze professionali, come per esempio gli indovini; nasceranno delle materie interdisciplinari. Forse, sorgeranno anche nuove cattedre.
Questo è il motivo per cui ritengo che, da tale punto di vista, in seguito all'approvazione di questo testo, vi sarà una certa fecondità, anche se, a mio avviso, si tratta di una legislazione psichiatricamente assistita. Sorgeranno anche nuove forme di diritto, come il diritto «scomparato».
Questo potrebbe essere un effetto derivante dall'approvazione del provvedimento in esame, ma vi sarà un unico rimedio: l'appello al popolo italiano (Applausi dei deputati dei gruppi della Margherita, DL-L'Ulivo e Misto-Comunisti italiani)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Acquarone. Ne ha facoltà.

LORENZO ACQUARONE. Signor Presidente, onorevoli colleghi, in linea di principio non sono contrario all'istituto della delega legislativa; sono contrario all'abuso della stessa. Vi sono materie per le quali la definizione di criteri generali è utile per poi consentire ai tecnici di predisporre testi organici.
Secondo le previsioni della nostra Costituzione, l'esercizio della delega è subordinato alla determinazione di principi e criteri direttivi e soltanto per tempo limitato e per oggetti definiti. Purtroppo, l'esperienza ci ha insegnato che, in parte per colpa del Parlamento (che adotta, spesso, criteri direttivi molto labili; mi riferisco, ad esempio, a quelli elaborati per il così tormentato provvedimento sull'ambiente, ora in discussione al Senato, con riferimento ai quali sembra che, per la tutela dell'ambiente, basti dire di non inquinare per risolvere ogni problema), in parte per colpa del Governo che vara norme oltre la delega, la sorte di moltissimi decreti legislativi è quella di finire di fronte alla Corte costituzionale per eccesso di delega.

Come emerge da studi molto interessanti, predisposti da funzionari della Camera in questa materia, vi è una prassi in forza della quale la legge delegata, prima di diventare tale, deve essere esaminata dalle Commissioni parlamentari competenti e, talora, da alcune Commissioni speciali.
Il suddetto esame, come previsto nell'emendamento, è volto a verificare se il Governo, nell'esercizio della funzione legislativa, si sia realmente attenuto a quei limiti che legittimano la possibilità di conferire allo stesso l'esercizio di una funzione che non gli è propria (quale la funzione legislativa); gli stessi, pertanto, devono essere seri e concreti.
Poiché l'articolo aggiuntivo in esame prevede che gli schemi dei decreti legislativi debbano essere sottoposti al parere della Camera e rivestano forza vincolante, credo che tale proposta emendativa, essendo il controllo limitato non al merito, poiché è diretto a verificare la rispondenza tra quanto è stato delegato e quanto è stato osservato, sia seria e meriti di essere approvata.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Violante. Ne ha facoltà.

LUCIANO VIOLANTE. Signor Presidente, vorrei richiamare l'attenzione dei colleghi e del Comitato dei nove su un problema che si pose nella scorsa legislatura quando, per l'intensificarsi delle leggi delega, si sollevò la questione del rapporto tra il parere delle Commissioni e le decisioni del Consiglio dei ministri. Vi fu, in particolare, uno scambio di corrispondenza tra l'allora Presidente della Camera ed i vari Presidenti del Consiglio, di intesa con il Presidente del Senato, perché il parere delle Commissioni avesse un peso nei confronti delle decisioni del Governo. Si raggiunse un gentlement agreement secondo il quale il Governo, se avesse cambiato il testo in modo differente dai suggerimenti delle Commissioni, avrebbe dovuto ritrasmetterlo alle stesse.
Non so come francamente le cose si siano sviluppate, ma, in ogni caso, ho l'impressione che il tipo di formalizzazione prevista in questa norma faccia compiere un passo indietro rispetto al punto in cui siamo arrivati.
Infatti, in sostanza, si dice soltanto che i decreti legislativi si trasmettono alle Commissioni per i pareri, ma quale sia l'efficacia di questi pareri non è noto sapere. Adesso, i pareri hanno un effetto, anche se limitato, nel senso che, se viene confermato il vecchio testo, non vi è alcun problema mentre, se dovesse modificarlo in modo difforme dai pareri, il Governo lo ritrasmette alle Commissioni.
Dunque, mi chiedo in che termini si possa formalizzare un peso di questo genere. D'altra parte, la questione delle fonti è uno dei grandi problemi democratici e stabilire che, sostanzialmente, non vi è alcuna possibilità reale per il Parlamento di intervenire sul contenuto specifico delle leggi delegate, ritengo sia un problema abbastanza delicato dal punto di vista dei rapporti tra il Parlamento e il Governo.
Mi chiedo quindi se i componenti del Comitato dei nove abbiano già pensato a tale questione o se, in qualche modo, si possa rafforzare il peso del parere delle Commissioni parlamentari. Forse renderlo vincolante sarebbe troppo, tuttavia credo che riconoscere in qualche modo un peso a tale parere sia materia sulla quale valga la pena di riflettere.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole D'Alia. Ne ha facoltà.

GIAMPIERO D'ALIA. Signor Presidente, devo dare atto all'onorevole Violante di aver riconosciuto che gli emendamenti del centrosinistra non sono tecnicamente formulati bene.
Non voglio fare polemiche; tuttavia, quando si cerca di dare lezioni di diritto costituzionale - non mi sto riferendo evidentemente all'onorevole Violante - sarebbe opportuno verificare il contenuto degli articoli 76 e 77 della nostra Costituzione. Infatti, il problema dell'abuso della delega esiste, ma sarebbe stato opportuno risolverlo nell'ambito dell'articolo 76, sopprimendo la delegazione legislativa oppure limitandone l'esercizio ad alcune materie e precisando i principi e i criteri direttivi.
A mio avviso, si potrebbe prevedere che, nel caso in cui il Governo intenda discostarsi dal parere reso dalle Commissioni, abbia l'obbligo della motivazione. Ciò consentirebbe comunque un sindacato in sede di Corte costituzionale molto più chiaro sotto il profilo dell'eccesso della delega.
Mi pare che negli emendamenti proposti dal centrosinistra questo non sia previsto e non so se qualcuno di tali emendamenti possa essere riformulato in tal senso; tuttavia, ritengo che questa possa essere l'unica possibilità, altrimenti avreste dovuto riferire gli emendamenti agli articoli 76 e 77 della Costituzione.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo aggiuntivo Leoni 16.07, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (
Vedi votazioni).
(Presenti 462
Votanti 459
Astenuti 3
Maggioranza 230
Hanno votato
203
Hanno votato
no 256).

Prendo atto che l'onorevole Buontempo non è riuscito ad esprimere il proprio voto.
Passiamo alla votazione del subemendamento Mascia 0.16.0200.1.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Deiana. Ne ha facoltà.

ELETTRA DEIANA. Signor Presidente, proponiamo di introdurre l'aggettivo «vincolante» accanto al parere che le Commissioni parlamentari devono esprimere sui decreti legislativi presentati dal Governo.
Ovviamente, si tratta di un paletto che va nel senso di preservare la sovranità legislativa del Parlamento dall'invadenza crescente e, a seguito della vostra controriforma costituzionale, devastante del Governo.
La facoltà di decretazione attribuita dalla Costituzione al Governo obbedisce ai criteri di necessità ed urgenza. Tuttavia, intendo sottolineare che non si tratta soltanto di criteri, bensì di una logica netta e stringente a cui il costituente si è ispirato e che percorre l'insieme dell'ordinamento repubblicano, vale a dire quella di sottrarre il potere legislativo dall'invadenza del potere esecutivo, circoscrivendo sul piano dei criteri e delle procedure la possibilità del Governo di intervenire direttamente sul piano legislativo.
Il vostro disegno di revisione costituzionale risponde, invece, al proposito dichiarato di rovesciare esattamente la logica, rompendo l'equilibrio dei poteri e delle funzioni nella loro distinzione ed autonomia - cioè, potere legislativo, potere esecutivo e potere di garanzia sopra le parti della Presidenza della Repubblica -, con lo svuotamento del potere legislativo e di garanzia e la relativa concentrazione di tutti i poteri nelle mani del Governo.
Ci troviamo di fronte all'appropriazione del potere legislativo da parte di quello esecutivo - quindi, da parte della maggioranza - con un drammatico rovesciamento del criterio di fondo dell'ordinamento della Repubblica, ovvero quello della distinzione tra i poteri e dell'attribuzione in misura strutturale e qualificante del potere legislativo al Parlamento.
L'uso del termine «vincolante» rappresenta un paletto, ovvero il tentativo di impedire la tracimazione e l'eccessiva invadenza del Governo nell'esercizio del potere legislativo da parte della Camera.
Per queste ragioni, raccomandiamo l'espressione di un voto favorevole sul subemendamento in oggetto, nella logica di impedire l'eccessiva devastazione della funzione legislativa della Camera (Applausi dei deputati del gruppo di Rifondazione comunista).

LUCIANO VIOLANTE. Chiedo di parlare

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LUCIANO VIOLANTE. Signor Presidente, vorrei fare riferimento all'intervento dell'onorevole D'Alia, per chiedere se sia il caso di seguire il suggerimento avanzato dall'onorevole D'Alia, oppure di rinviare ai regolamenti parlamentari di Camera e Senato la determinazione del peso di questi pareri.

GIAMPIERO D'ALIA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GIAMPIERO D'ALIA. Signor Presidente, vorrei acquisire l'orientamento dell'onorevole Violante e dei colleghi del Comitato dei nove rispetto ad una eventuale riformulazione dell'articolo aggiuntivo Elio Vito 16.0200, nel senso di aggiungere, alla fine, le parole «secondo le norme dei rispettivi regolamenti».

LUCIANO VIOLANTE. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LUCIANO VIOLANTE. Signor Presidente, come noto, faccio parte dell'opposizione. Tale modifica non deve essere gradita a me, ma a voi della maggioranza.

DONATO BRUNO, Relatore. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DONATO BRUNO, Relatore. Signor Presidente, mi sembra di capire che in questa occasione l'onorevole D'Alia, riprendendo il suggerimento avanzato dall'onorevole Violante sul rinvio ai regolamenti parlamentari, ha ritenuto di proporre all'Assemblea e al Comitato dei nove una riformulazione dell'articolo aggiuntivo Elio Vito 16.0200, che è del seguente tenore: «I progetti dei decreti legislativi, predisposti dal Governo, sono sottoposti al parere delle Commissioni parlamentari competenti, secondo le norme dei rispettivi regolamenti». In proposito, non credo ci siano problemi particolari. Ritengo, insomma, che l'articolo aggiuntivo in questione possa essere riformulato in tal senso.

PRESIDENTE. Sta bene.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul subemendamento Mascia 0.16.0200.1, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (
Vedi votazioni).
(Presenti 465
Votanti 460
Astenuti 5
Maggioranza 231
Hanno votato
203
Hanno votato
no 257).

Passiamo alla votazione del subemendamento Boccia 0.16.0200.3.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Boccia. Ne ha facoltà.

ANTONIO BOCCIA. Signor Presidente, visto che si è aperta una discussione, ritengo utile fare una riflessione: la questione posta con l'articolo aggiuntivo Leoni 16.07 e con il subemendamento Mascia 0.16.0200.1 riguarda il rafforzamento del potere delle Commissioni parlamentari in relazione ai decreti legislativi emanati dal Governo.
È indubbio che avere costituzionalizzato l'obbligo dell'espressione del parere è un passo in avanti; però, è accaduto spessissimo che di questi pareri il Governo non abbia tenuto conto. Allora, il problema è come trasferire nella norma costituzionale un rafforzamento del potere del Parlamento nell'incidere sul potere del Governo. L'aggiunta, proposta dal presidente Violante all'articolo aggiuntivo Elio Vito 16.0200, è sicuramente positiva, perché precisa: «secondo i regolamenti parlamentari».
La domanda è questa: i regolamenti parlamentari possano attribuire potere vincolante ai pareri espressi dalle Commissioni parlamentari? Se così è, diventa opportuno rinviare la discussione in sede di revisione o di scrittura dei nuovi regolamenti parlamentari; ma, se così non è - ed io ho qualche dubbio che si possa fare -, si migliora certamente il testo rinviando ai regolamenti parlamentari, ma si corre il rischio di non ottenere l'obiettivo.
Il mio subemendamento 0.16.0200.3, perfino un po' pleonastico, pone dei paletti, perché attribuisce forza vincolante al parere esclusivamente nel caso in cui esso sia stato approvato a maggioranza assoluta e limita la fattispecie solo quando vi sia il mancato rispetto dei princìpi, dei criteri direttivi, dei tempi e dell'oggetto, determinati nella legge di delega legislativa (cioè quello che già oggi il Governo dovrebbe fare quando vi è una legge delega).
In buona sostanza, non si capisce perché il presidente Bruno ed il Comitato dei nove non vogliano accogliere un subemendamento che, in fondo, non fa che rafforzare quello che già oggi il Governo dovrebbe fare: mantenersi, cioè, entro i limiti dei criteri direttivi, del rispetto dei princìpi, dei tempi e dell'oggetto determinati nella legge di delega.
Io, dunque, insisterei affinché, oltre alle modifiche avanzate, che sono sicuramente opportune, si aggiunga un secondo comma, nel quale venga data la possibilità con determinati paletti di consentire che il parere delle Commissioni diventi vincolante.
Mi pare una norma di buonsenso, che risolve anche una diatriba, che abbiamo spesso discusso in Assemblea, sul ruolo e sul peso del Parlamento in relazione alle leggi di delega e ai successivi decreti legislativi.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Gerardo Bianco. Ne ha facoltà.

GERARDO BIANCO. Signor Presidente, vorrei anch'io rivolgere al relatore l'invito a prendere in considerazione questo subemendamento, che mi pare assolutamente ragionevole. Non è pleonastico e credo che si iscriva in una logica costituzionale; infatti, esso delimita quello che, in via più generale, prevedevano le altre due proposte emendative bocciate.
Dunque, non riesco a comprendere le obiezioni formulate sul subemendamento in esame, il quale si limita a prevedere il rispetto del principio costituzionale per cui il Governo deve attenersi rigorosamente ai principi stabiliti nella legge di delega.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul subemendamento Boccia 0.16.0200.3, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (
Vedi votazioni).
(Presenti 468
Votanti 466
Astenuti 2
Maggioranza 234
Hanno votato
210
Hanno votato
no 256).

Prendo atto che l'onorevole Ranieli non è riuscito a votare.
Passiamo alla votazione del subemendamento Leoni 0.16.0200.2.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Olivieri. Ne ha facoltà.

LUIGI OLIVIERI. Signor Presidente, abbiamo assistito poc'anzi ad uno scambio di opinioni costruttivo a seguito dell'intervento del presidente del mio gruppo, onorevole Violante, il quale, peraltro, ha formulato una richiesta su cui non abbiamo avuto risposta.
La questione riguarda la prassi, instaurata nella precedente legislatura, relativa al caso in cui il Governo si discosti dal parere espresso dalla Commissione competente sullo schema di decreto legislativo su materie diverse: in tal caso, il Governo stesso rimetteva il testo alla Commissione, affinché essa potesse intervenire nuovamente sull'argomento.
Successivamente, il collega D'Alia ha formulato una proposta costruttiva, preceduta tuttavia da un'accusa che non mi sento di condividere, e non per motivi pregiudiziali. L'onorevole D'Alia ha sostanzialmente affermato che il problema esiste, ma che le nostre proposte emendative non sono state formulate correttamente, in quanto esse sarebbero dovute intervenire sull'articolo 76 della Costituzione, abrogandolo o comunque delimitandone l'ambito di applicazione.
Se la questione è posta in tali termini, non si tratta di valutare se le proposte emendative siano o meno formulate correttamente (riteniamo peraltro che lo siano, tant'è che quella in esame è dirimente rispetto alla questione). Se è così, perché non avete provveduto direttamente? Perché non avete proposto riformulazioni e presentato emendamenti, dal momento che avete riconosciuto la sussistenza del problema?
Il subemendamento Leoni 0.16.0200.2 risolve la questione, perché, anziché aggiungere al testo dell'articolo aggiuntivo Elio Vito 16.0200 il riferimento alle norme dei regolamenti parlamentari, si limita a prevedere che il Governo si attenga al parere parlamentare, definendo la questione. Non vi è dunque la necessità di fare riferimento ai regolamenti parlamentari e la questione va risolta definitivamente in sede di revisione costituzionale, trattandosi di una questione fondante del rapporto tra il potere legislativo e il potere esecutivo. Nel caso contrario, si porrebbero certamente alcuni problemi, e pertanto auspico l'approvazione del subemendamento in esame.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul subemendamento Leoni 0.16.0200.2, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (
Vedi votazioni).
(Presenti 452
Votanti 450
Astenuti 2
Maggioranza 226
Hanno votato
204
Hanno votato
no 246).

Prendo atto che l'onorevole Ranieli non è riuscito votare.
Passiamo alla votazione dell'articolo aggiuntivo Elio Vito 16.0200, del quale è stata proposta la seguente riformulazione: «I progetti di decreti legislativi, predisposti dal Governo, sono sottoposti al parere delle Commissioni parlamentari competenti, secondo le norme dei regolamenti di ciascuna Camera».
Prendo atto che tale riformulazione è accettata dai presentatori e che su di essa la Commissione ed il Governo esprimono parere favorevole.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo aggiuntivo Elio Vito 16.0200, nel testo riformulato, accettato dalla Commissione e dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (
Vedi votazioni).
(Presenti 464
Votanti 285
Astenuti 179
Maggioranza 143
Hanno votato
278
Hanno votato
no 7).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul subemendamento Boccia 0.16.011.1, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (
Vedi votazioni).
(Presenti 454
Votanti 447
Astenuti 7
Maggioranza 224
Hanno votato
197
Hanno votato
no 250).

Passiamo alla votazione dell'articolo aggiuntivo Boato 16.011.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Boato. Ne ha facoltà.

MARCO BOATO. Nella discussione svoltasi poc'anzi, in relazione all'articolo 76 della Costituzione, è stato ipotizzato di delimitare meglio le previsioni dell'articolo. Il nostro articolo aggiuntivo affronta il tema dei decreti-legge e si pone esattamente questo scopo. Si deve tener conto della degenerazione della prassi non solo di questi anni, ma anche dei decenni precedenti, in materia di decretazione d'urgenza; si consideri, inoltre, che la Corte costituzionale è stata costretta ad intervenire nel 1996 per vietare la reiterazione dei decreti-legge non convertiti in legge.
Chi, come me, frequenta da molti anni le Camere - penso al collega Gerardo Bianco - ricorderà che alcuni decreti-legge hanno addirittura registrato sino a 24 riedizioni. Tutto ciò, dal 1996, non è più possibile. Ritengo che la legge n. 400 del 1988 sia una buona disciplina; questa norma sull'ordinamento della Presidenza del Consiglio è stata varata nel corso della X legislatura e fu elaborata dalla I Commissione del Senato, presieduta dal presidente Elia, di cui io stesso facevo parte. Trattandosi di una legge ordinaria (la considero tuttora una buona legge) viene sistematicamente disattesa o derogata da leggi successive. Considerato tutto ciò, sulla base del lavoro congiunto svolto in Commissione bicamerale dal centrodestra e dal centrosinistra e sulla base anche di numerosissime proposte di legge presentate nella scorsa legislatura in materia di decretazione d'urgenza per modificare l'articolo 77 della Costituzione, abbiamo ritenuto opportuno costituzionalizzare questi principi, in parte presenti nella giurisprudenza costituzionale ed in parte della legge n. 400 del 1988, con i limiti che ho prima ricordato.
Il nostro articolo aggiuntivo 16.011 reca la seguente previsione: «I decreti contengono esclusivamente misure di immediata applicazione su materie specifiche ed omogenee. Non possono conferire deleghe legislative, disciplinare materie per le quali l'articolo 72 impone la procedura normale di esame da parte delle Camere, ripristinare l'efficacia di disposizioni dichiarate illegittime dalla Corte costituzionale, reiterare disposizioni di decreti non convertiti in legge».
La riteniamo una norma assolutamente sintetica e puntuale e auspichiamo che il nuovo comma previsto nella nostra proposta emendativa sia inserito nel vigente articolo 77 della Costituzione. Pertanto, invitiamo i colleghi ad approvare l'articolo aggiuntivo in esame.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Olivieri. Ne ha facoltà.

LUIGI OLIVIERI. Avete appena delineato l'articolo 76 della Costituzione ed ora stiamo esaminando l'articolo 77. Come ricordato poc'anzi, la fonte legislativa ordinaria è il Parlamento; solo in casi di assoluta necessità ed urgenza, questa fonte normativa può essere il Governo. Sappiamo che in tali casi, ossia in vere situazioni di necessità ed urgenza, quindi di assoluta straordinarietà, l'articolo 77 (proprio per evidenziarne la straordinarietà) prevede che qualora le Camere siano sciolte, queste siano appositamente convocate e si riuniscano entro cinque giorni.
Questa ipotesi interviene nel caso in cui il Governo si arroghi un potere, emanando norme aventi forza di legge, i decreti-legge; ebbene, qualora il provvedimento non sia convertito in legge entro sessanta giorni è destinato a decadere. È prevista, inoltre, la necessità per la Camera di regolare le situazioni poste in essere e, quindi, i rapporti giuridici eventualmente intervenuti. È assolutamente fondamentale che questa situazione, non regolata da una specifica normativa, venga implementata nella Costituzione.
Riteniamo che ciò sia possibile approvando l'articolo aggiuntivo Boato 16.011. È per tali motivi che auspichiamo venga votato da tutti i colleghi.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà.

GIANCLAUDIO BRESSA. Signor Presidente, l'articolo aggiuntivo in esame è particolarmente rilevante, poiché avete stabilito che il Presidente della Repubblica non autorizzi più la presentazione di decreti-legge. È, dunque, assolutamente indispensabile avere chiarezza relativamente alle procedure e ai contenuti dei decreti-legge.
Nel presentare questo articolo aggiuntivo, abbiamo creato una vera e propria norma fotografia, ossia abbiamo preso ad esempio i numerosissimi decreti-legge che, nel corso di questi anni, avete presentato; li abbiamo valutati con grande attenzione, li abbiamo radiografati e abbiamo rilevato tutte le manchevolezze che sistematicamente attuate nella presentazione e nell'approvazione dei decreti-legge, tant'è vero che, più di una volta, la stessa Corte costituzionale ve li ha sanzionati. È accaduto anche che questa Assemblea abbia dichiarato incostituzionale un decreto-legge che avevate presentato. Per questo motivo, abbiamo elencato quelli che dovrebbero essere i contenuti fondamentali di un decreto-legge; vogliamo che siano inseriti nella Costituzione affinché, tutte le volte che un Governo simile al vostro ha la tentazione di presentare un decreto-legge, lo faccia attenendosi al dettato costituzionale.
«I decreti contengono esclusivamente misure di immediata applicazione su materie specifiche ed omogenee»: si tratta di un elemento che disattendete tutte le volte. «Non possono conferire deleghe legislative»: è una cosa che fate sistematicamente, addirittura prevedendo nuove deleghe.

PRESIDENTE. Onorevole Bressa...

GIANCLAUDIO BRESSA. Ho quasi concluso, Presidente. «Non possono ripristinare l'efficacia di disposizioni dichiarate illegittime dalla Corte costituzionale»: siete riusciti a fare anche questo! È il caso famoso dell'incostituzionalità dichiarata da quest'Assemblea.
È una norma fatta ad immagine e somiglianza della vostra incapacità di legislatori.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo aggiuntivo Boato 16.011, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (
Vedi votazioni).
(Presenti 448
Votanti 447
Astenuti 1
Maggioranza 224
Hanno votato
201
Hanno votato
no 246).

Prendo atto che l'onorevole Mondello non riuscito a votare.
Prendo atto, altresì, che l'articolo aggiuntivo Saponara 16.012 è stato ritirato.
Passiamo all'articolo aggiuntivo Boato 16.010.
Chiedo all'onorevole Boato se acceda all'invito al ritiro rivoltogli dal relatore e dal Governo.

MARCO BOATO. No, signor Presidente, e chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MARCO BOATO. Signor Presidente, mi dispiace che il collega Saponara, cui devo dare atto di aver mantenuto coerenza in questa materia, abbia ritirato il suo articolo aggiuntivo che recitava: «L'amnistia e l'indulto sono concessi con legge deliberata a maggioranza dei due terzi dei votanti di ciascuna Camera, in ogni suo articolo e nella votazione finale». Se non lo avesse ritirato, avremmo potuto esprimere senza difficoltà un voto favorevole.
Il nostro articolo aggiuntivo in esame recita: «L'amnistia e l'indulto sono concessi con legge deliberata dalla Camera dei deputati» (perché queste sono competenze esclusive dello Stato) «a maggioranza dei due terzi dei votanti, comunque non inferiore alla maggioranza assoluta dei componenti».
Come i colleghi Saponara, Bruno ed altri ricorderanno, su questo testo avevamo raggiunto un accordo in sede referente della I Commissione affari costituzionali, dove votammo all'unanimità, e durante il dibattito in aula, che fu interrotto per l'opposizione di alcuni gruppi. Riteniamo che questa sia la sede per riproporlo, perché il testo che abbiamo presentato non modifica di una virgola l'accordo fra centrodestra e centrosinistra - almeno, tra una parte del centrodestra ed una parte del centrosinistra - che era stato raggiunto in sede referente e poi in aula. Inoltre, ci permetterebbe di superare parzialmente un paradosso che si verifica dal marzo 1992. Come tutti ricordano, l'articolo 79, nella versione della Costituzione del 1948, prevedeva che le leggi di concessione di amnistia ed indulto fossero di delegazione del Presidente della Repubblica (questo era un aspetto puramente formale) ed approvate come una qualunque legge ordinaria. Ciò provocò obiettivamente una proliferazione eccessiva degli istituti di amnistia e indulto e, al tempo stesso, la reazione (io la definirei di tipo emergenziale) del Parlamento della X legislatura, che introdusse una norma, ossia quella vigente - ma lo è dal 1992 non dal 1948 - che prevede che l'amnistia e l'indulto siano concessi con legge deliberata a maggioranza dei due terzi dei componenti di ciascuna Camera in ogni suo articolo e nella relazione finale. Conseguentemente, dal 1992 al 2004, non vi è più stata una legge per amnistia ed indulto.
Questo ha comportato una sostanziale abrogazione dell'istituto dalla nostra Carta costituzionale. Il nostro emendamento permette, non di sopprimere di fatto questo istituto, ma di mantenerlo con una ipotesi di larga convergenza nel Parlamento, due terzi dei votanti, una maggioranza non inferiore alla maggioranza assoluta dei componenti, che permetterebbe di riequilibrare una situazione che si era squilibrata nel 1992. Per questo invitiamo ad approvare il mio articolo aggiuntivo 16.010.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Leoni. Ne ha facoltà.

CARLO LEONI. Signor Presidente, colleghi, vi sono istituti - e prima ne abbiamo parlato a proposito del referendum abrogativo - verso i quali bisogna prendere una decisione, giacché con l'andare del tempo si rivelano inattuabili. Quello dell'amnistia e dell'indulto, come ha ricordato poco fa il collega Boato, il Parlamento non lo utilizza più dal 1992.
In precedenza abbiamo parlato dei referendum abrogativi e abbiamo detto che quell'istituto rischia di deperire e allora si deve scegliere: o lo si elimina dalla nostra normativa costituzionale oppure si cerca di renderlo fruibile, di renderlo praticabile. Di questo noi ci siamo già occupati in questa aula, anche con una discussione impegnata, seria e sofferta, ma purtroppo senza esito.
Noi riproponiamo un meccanismo, due terzi dei voti espressi, che in ogni caso evita un rischio che tutti riconoscemmo, vale a dire che una sola maggioranza politica possa decidere a suo piacimento su un provvedimento di amnistia e di indulto. Ma, a differenza di quello che ha fatto nel suo emendamento, poi ritirato, il collega Saponara, noi poniamo un vincolo che riteniamo assolutamente importante: questi due terzi dei voti espressi debbono però rappresentare la maggioranza assoluta dei componenti dell'Assemblea, perché altrimenti noi rischiamo di andare ad una decisione che raccoglie sì due terzi dei voti espressi, ma che non rappresenta la maggioranza assoluta dei componenti dell'Assemblea. Questo è un modo rigoroso per disciplinare un'esigenza di rinnovamento delle procedure di un istituto, che possiamo benissimo decidere - io non sarei d'accordo, ovviamente - di eliminare dall'ordinamento, ma lasciarlo nella procedura così com'è significa consegnarci ad una ipocrisia, perché lo conserviamo, ma sappiamo - e l'esperienza ce lo dice - che non sarà mai più utilizzato. La strada alternativa che proponiamo è una strada assolutamente rigorosa (Applausi dei deputati del gruppo Democratici di sinistra-L'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Maura Cossutta. Ne ha facoltà.

MAURA COSSUTTA. Signor Presidente, la prima cosa che vorrei dire alle colleghe e ai colleghi è che noi sappiamo che questa Camera non è innocente. Noi questa discussione sull'indulto e sull'amnistia l'abbiamo fatta, abbiamo fatto dei tentativi nei mesi scorsi; c'è stata una discussione molto forte che ha coinvolto le coscienze, le passioni di ognuno di noi. Un tentativo fallito. Questa Camera non è innocente, nonostante il Presidente Casini avesse invitato in quest'aula in maniera solenne il Papa e nonostante in quest'aula i tanti presenti, quasi la maggioranza, all'udienza del Papa si erano sperticati in applausi alle parole, alle sollecitazioni, agli inviti del Papa rispetto ad un atto di clemenza necessario, doveroso, non soltanto per i detenuti, ma per le coscienza civile e democratica del nostro paese. Quindi, un atto di volontà, di cultura democratica. Questa Camera non è innocente. Noi oggi ci riproviamo. Voi state stravolgendo la Costituzione; cambiate 43 articoli; tutto: l'assetto istituzionale, la devolution, la forma di governo, i ruoli del Presidente della Repubblica, cercando di far capire che siete maturi per la modernità, per offrire al paese una Costituzione finalmente moderna.
Non siete capaci, tuttavia, di modificare l'articolo sull'amnistia e sull'indulto; noi avanziamo una proposta molto seria, che fa riferimento ai due terzi dei votanti purché non inferiori alla maggioranza assoluta. Quindi, una maggioranza vera, politica.
Dovete oggi dimostrare quanto con grande ipocrisia dichiarate fuori da quest'aula; mi riferisco ai tanti ministri cattolici, allo stesso ministro Buttiglione, che si trova vicino ai principi ed ai valori religiosi su ben altre questioni.
Questa Camera non è innocente; oggi, potete lavare questa colpa!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Violante. Ne ha facoltà.

LUCIANO VIOLANTE. Signor Presidente, già il collega Leoni ha illustrato le ragioni di questa proposta emendativa.
Con il mio intervento, mi limiterò, dunque, ad illustrare un tema. Si arrivò a stabilire l'attuale testo della Costituzione nel 1992, in un momento particolarmente delicato per la vita politica del paese, quando si temeva che maggioranze occasionali avrebbero potuto cancellare alcuni reati - in particolare, fattispecie di corruzione ed altre - e la Camera, a grandissima maggioranza, votò quel tipo di riforma.
In questi anni, si è dimostrato come sia assai difficile trovare un'intesa tra maggioranza ed opposizioni di qualunque tipo su tale tema; fu impossibile nella scorsa legislatura ed è stato impossibile in questa. Personalmente, sono contrario all'uso abituale dell'amnistia; ma, comunque, si deve prendere atto che tutti i paesi del mondo conoscono questa valvola di scarico per fronteggiare particolari momenti.
Se approvata com'è oggi, nel nuovo impianto costituzionale questa resterebbe l'unica disposizione, se non ricordo male, in cui l'opposizione potrebbe condizionare l'uso di questo tipo di poteri.
Il collega Leoni ha messo in evidenza con molta chiarezza un elemento: bisogna sottrarre alla disponibilità della maggioranza parlamentare l'uso di questi strumenti. La proposta avanzata e sottoscritta dai colleghi Boato, Bressa, Leoni ed altri sfugge, a mio avviso, a tale obiezione in quanto fa riferimento ai due terzi dei votanti purché rappresentino la maggioranza assoluta. Mi pare che in questo quadro, forse, un minimo di riflessione andrebbe condotta; in sostanza, specie sulla base delle disposizioni votate sinora, questo sarebbe l'unico caso - lo ribadisco - in cui si darebbe un potere ostruttivo ad una minoranza.
Si potrebbe anche trovare la ragione; però, mi domando se, in relazione a quanto finora si è deciso, ed in relazione alla ratio che dette vita alla riforma del 1992, non sia il caso di riflettere positivamente sulla procedura proposta dall'articolo aggiuntivo Boato 16.010.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mascia. Ne ha facoltà.

GRAZIELLA MASCIA. Signor Presidente, intervengo anch'io per sottolineare taluni aspetti sui quali i colleghi, anche quelli della maggioranza, dovrebbero riflettere.
Come ha già fatto il collega Violante, anch'io mi ricollego al periodo in cui fu introdotta in Costituzione la disposizione che prevede i due terzi dei componenti; soglia che difficilmente potrà essere raggiunta, come ha dimostrato l'esperienza di questi dodici anni. Di qui, la necessità di ricondurre la disciplina della materia nello spirito della Costituente.
D'altra parte, vorrei sottolineare un aspetto; questa Camera, a più riprese, negli ultimi anni, ha seminato aspettative rispetto alle condizioni carcerarie ed al sovraffollamento nelle carceri. Peraltro, non si è potuta servire di uno strumento legislativo a sua disposizione a causa di quella modificazione intervenuta in una situazione, per così dire, di emergenza della vita politica italiana; situazione sulla quale ritengo non si sia ancora riflettuto o non si sia ancora riflettuto nel modo adeguato.
Dunque, ritengo sia doveroso che questa Camera si riappropri delle sue prerogative, ripristinando una disposizione che consenta almeno di discutere dei provvedimenti di amnistia e di indulto - e ve ne sarebbe un gran bisogno, in riferimento a tante esperienze della vita politica italiana - e di farlo in modo tale che si possa arrivare poi ad una conclusione positiva, senza determinare disillusione dopo avere sollecitato legittime aspettative.
Credo che l'ipotesi prospettata con l'articolo aggiuntivo in esame risponda anche a quanto evidenziato da un dibattito molto impegnato - che, lo vorrei ricordare, è stato già svolto in Commissione ed avviato in questa Assemblea, ma non ha potuto essere concluso -, vale a dire all'esigenza di una norma che garantisca tutti, attraverso una maggioranza dei due terzi dei votanti, con la garanzia della maggioranza assoluta dei componenti della Camera dei deputati, e che consentirebbe a ciascuno dei parlamentari dell'attuale legislatura di presentare proposte che possano essere confrontate secondo l'esigenza della maggioranza qualificata dei votanti.

DONATO BRUNO, Relatore. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DONATO BRUNO, Relatore. Signor Presidente, desidero ringraziare sia il collega Saponara, sia i presentatori dell'articolo aggiuntivo Boato 16.010 ed altresì spiegare, tuttavia, il motivo per cui la Commissione ha espresso la propria contrarietà ad approvare tali proposte emendative in questa sede.
Vorrei ricordare, infatti, che in Assemblea pende un provvedimento che va nella direzione auspicata dagli articoli aggiuntivi Saponara 16.012 e Boato 16.010. Credo che stiamo discutendo di una riforma che ha poco o tanto a che fare con tale argomento allo stesso modo in cui poco o tanto aveva a che fare con la questione della modifica dell'articolo 68 della Costituzione: infatti, allora abbiamo chiesto ai colleghi, anche con riferimento alle proposte emendative condivise, di discuterne in altra sede.
Il motivo è solo questo: nessuno sta affermando che non vi è stata una riflessione del Comitato dei nove sul merito dell'articolo aggiuntivo in esame; tuttavia, dal momento che già è stato avviato in Assemblea l'iter per l'approvazione del provvedimento concernente l'amnistia e di indulto (anche se al momento è stato rinviato), recante lo stesso contenuto delle proposte emendative citate, non ritengo sia questa la sede più opportuna per discutere, poiché il tema merita un dibattito in una sede più appropriata.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà.

GIANCLAUDIO BRESSA. Signor Presidente, mi associo alle dichiarazioni rese dai numerosi colleghi che si sono precedentemente espressi a favore dell'approvazione dell'articolo aggiuntivo in esame. Si tratta, evidentemente, di restituire effettività ad una previsione della nostra Costituzione che, così com'è stata riformata, risulta inapplicata ed inapplicabile.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo aggiuntivo Boato 16.010, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (
Vedi votazioni).
(Presenti 445
Votanti 442
Astenuti 3
Maggioranza 222
Hanno votato
193
Hanno votato
no 249).

Prendo atto che l'onorevole Zanella non è riuscita ad esprimere il proprio voto e che avrebbe voluto esprimere voto favorevole.

 

(Esame dell'articolo 17 - A.C. 4862 ed abbinate)

 

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 17 e delle proposte emendative ad esso presentate (vedi l'allegato A - A.C. 4862 ed abbinate sezione 6).
Nessuno chiedendo di parlare, invito il relatore ad esprimere il parere della Commissione.

DONATO BRUNO, Relatore. Signor Presidente, la Commissione esprime parere contrario sugli identici emendamenti Mascia 17.1 e Boato 17.70, mentre raccomanda l'approvazione del proprio emendamento 17.25.

PRESIDENTE. Il Governo?

ALDO BRANCHER, Sottosegretario di Stato per le riforme istituzionali e la devoluzione. Il Governo esprime parere conforme a quello del relatore.

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione degli identici emendamenti Mascia 17.1 e Boato 17.70.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mantovani. Ne ha facoltà.

RAMON MANTOVANI. Signor Presidente, insistiamo per la votazione dell'emendamento Mascia 17.1, soppressivo dell'articolo in esame, poiché abbiamo compreso che si è fatto un passo in avanti e si passa dall'espressione «è autorizzata con legge la ratifica dei trattati internazionali» - senza che si possa comprendere chi autorizza con legge - alla formulazione...

DONATO BRUNO, Relatore. Ai sensi dell'articolo 70!

RAMON MANTOVANI. Onorevole Bruno, sto dicendo che abbiamo constatato che è stato compiuto un passo avanti, anche se non ci soddisfa del tutto.
Come dicevo, si passa alla formulazione «è autorizzata con legge (...), approvata ai sensi dell'articolo 70, primo comma, la ratifica (...)», come risulterebbe dall'eventuale approvazione dell'emendamento 17.25 della Commissione.
Vorrei osservare che l'articolo 70, primo comma, del nuovo testo costituzionale rinvia all'articolo 117, secondo comma. Ci troviamo, dunque, nell'ambito delle materie di competenza esclusiva dello Stato. Ciò mantiene implicitamente in vita la materia concorrente indicata da un altro comma dello stesso articolo, che investe le regioni.
So bene che ciò è stato introdotto non dalla riforma - o dalla controriforma - attualmente in esame, ma dalla modifica varata nella scorsa legislatura, sulla quale non siamo mai stati e continuiamo a non essere d'accordo. Vi è, infatti, una materia concorrente, che riguarda - cito testualmente - i rapporti internazionali e con l'Unione europea delle regioni; in altri termini, le regioni mantengono propri rapporti internazionali, che in questo caso si esclude vengano autorizzati con la ratifica da parte della Camera politica.
Insomma, vi è un guazzabuglio anche in questo caso. Siccome insistiamo sempre su quegli «articoli fiume» complicati al loro interno ed andremo incontro a conflitti di competenza, noi riteniamo che, seppure del tutto insoddisfacente, sarebbe meglio ritornare alla formulazione che parla della competenza delle Camere per l'autorizzazione con legge alla ratifica dei trattati internazionali e che non fa riferimento, appunto, a materia esclusiva ed a materia concorrente, in materia di rapporti internazionali. Vorrei far notare che non capisco come una regione possa intrattenere, sua sponte, rapporti «internazionali», giacche normalmente i rapporti «internazionali» sono intrattenuti tra Stati nazionali. Che, poi, una regione possa intrattenere rapporti interregionali, all'interno dell'Unione europea è un'altra storia, è una materia disciplinata dalla stessa Unione europea. Altro è ciò che si sottende e contro il quale noi ci pronunciamo.
Manterremo pertanto il nostro emendamento soppressivo e ci asterremo sulla formulazione che viene proposta dalla Commissione, perché consideriamo che, nonostante tutto, è un passo in avanti rispetto alla formula generica del «si autorizza con legge»; tuttavia, avendo noi alcune contrarietà su determinati punti specifici, come ho già spiegato, non possiamo nemmeno esprimere un voto favorevole.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Calzolaio. Ne ha facoltà.

VALERIO CALZOLAIO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il testo approvato dal Senato ci riconsegnava, identico, l'articolo 80 della Costituzione vigente, uno dei pochi articoli lasciati identici della seconda parte del nostro testo costituzionale.
Eppure, come il presidente Bruno e la Commissione sicuramente sanno, in questi cinquant'anni, più volte, la dottrina costituzionalista e la riflessione parlamentare avevano giudicato discutibile il testo formale dello stesso articolo 80, che distingue i trattati che sottendono l'obbligo di avere una legge di ratifica in conformità a cinque categorie che non sono onnicomprensive e che - almeno alcune - sono di difficile interpretazione. È una classificazione parziale ed incerta. La dottrina ha ragionato molto su ognuna di tali cinque categorie: quando un trattato è di natura politica e soprattutto quando non lo è, posto che si tratta di un accordo internazionale quasi sempre coerente con la politica estera del paese.
La dottrina ha molto discusso su che voglia dire «che importino variazioni del territorio o oneri alle finanze o modificazioni di leggi». La scelta operata dal Senato, tuttavia, che noi condividevamo in una certa misura, era di non toccare l'articolo 80. Tanto noi condividevamo tale scelta che, all'inizio della legislatura, abbiamo presentato un progetto di legge che, fatto salvo l'attuale articolo 80 della Costituzione, giungesse in ogni caso ad una semplificazione delle procedure e ad un'accelerazione dei tempi governativi e parlamentari di ratifica degli accordi internazionali.
La contraddizione che riscontriamo in questa discussione è che si stanno modificando molti articoli della seconda parte della Costituzione in modo improvvisato, discutibile e contraddittorio, creando un guazzabuglio di norme costituzionali. Non vi è stata alcuna riflessione su articoli che, forse, avrebbero potuto consentire una razionalizzazione ed una semplificazione delle norme esistenti.
Ci auguriamo, quindi, che il testo della proposta di legge segua il suo iter in Commissione affari esteri (se non sbaglio, proprio la Commissione affari costituzionali, da un anno, è in attesa di un parere dalla Commissione affari esteri).
Per quanto riguarda il testo, capiamo che l'obiettivo della Commissione è stato solo quello di rendere coerente con il nuovo procedimento legislativo dell'articolo 70 il vecchio articolo 80 della Costituzione.
In questo senso, voteremo i nostri emendamenti e ci asterremo sull'emendamento della Commissione.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sugli identici emendamenti Mascia 17.1 e Boato 17.70, non accettati dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (
Vedi votazioni).
(Presenti 425
Votanti 422
Astenuti 3
Maggioranza 212
Hanno votato
177
Hanno votato
no 245).

Prendo atto che l'onorevole Bottino avrebbe voluto esprimere voto favorevole.
Passiamo alla votazione dell'emendamento 17.25 della Commissione.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Boato. Ne ha facoltà.

MARCO BOATO. Signor Presidente, si tratta di una questione delicata e do atto, tra l'altro, a molti membri della Commissione affari esteri, in particolare al collega Ramon Mantovani intervenuto poco fa, di aver portato all'attenzione della Commissione affari costituzionali e del Comitato dei nove un problema rilevante.
In realtà, è inesatto dire che il Senato abbia lasciato inalterato l'articolo 80 della Costituzione. Come si può vedere nel fascicolo che è stato pubblicato, il testo approvato dal Senato modifica l'articolo 80 della Costituzione, prevedendo che «è autorizzata con legge la ratifica dei trattati internazionali». Il collega Mantovani, che molto lealmente ha dato atto di questo dibattito, ed altri colleghi della Commissione affari esteri, in modo bipartisan, hanno posto la necessità di specificare il procedimento legislativo previsto per i trattati, superando la dizione generica e indeterminata «è autorizzata con legge».
Questo è il motivo per cui, avendo io sollevato tale questione anche a nome di questi colleghi in sede di Comitato dei nove, è stato approvato dal Comitato stesso l'emendamento 17.25 della Commissione, in cui si specifica che si tratta di legge approvata ai sensi dell'articolo 70, primo comma. Il che comporta che sia una legge di competenza della Camera (ciò in quanto vi sono materie di competenza statale, di cui all'articolo 117, secondo comma), che il Senato la possa anche richiamare, ma che sia la Camera ad avere la parola definitiva sull'approvazione dei trattati. Ciò mi sembra quello che si voleva giustamente ottenere.
Personalmente, invito ad esprimere un voto favorevole sull'emendamento 17.25 della Commissione, che ha affrontato e risolto positivamente il problema posto dal collega Mantovani.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 17.25 della Commissione, accettato dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (
Vedi votazioni).
(Presenti 445
Votanti 282
Astenuti 163
Maggioranza 142
Hanno votato
277
Hanno votato
no 5).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 17, nel testo emendato.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (
Vedi votazioni).
(Presenti 443
Votanti 440
Astenuti 3
Maggioranza 221
Hanno votato
249
Hanno votato
no 191).

Prendo atto che l'onorevole Lezza non è riuscito a votare e che avrebbe voluto esprimere un voto favorevole.

 

(Esame dell'articolo 18 - A.C. 4862 ed abbinate)

 

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 18 e delle proposte emendative ad esso presentate (vedi l'allegato A - A.C. 4862 ed abbinate - sezione 7).
Nessuno chiedendo di parlare, invito il relatore ad esprimere il parere della Commissione.

DONATO BRUNO, Relatore. Signor Presidente, la Commissione esprime parere contrario sugli identici emendamenti Mascia 18.1 e Boato 18.70, mentre il parere è favorevole sull'emendamento Elio Vito 18.200. La Commissione esprime parere contrario sugli articoli aggiuntivi Mascia 18.01, Bressa 18.010, nonché sui subemendamenti Bressa 0.18.0200.1 e Boccia 0.18.0200.2. Infine, il parere è favorevole sull'articolo aggiuntivo Elio Vito 18.0200.

PRESIDENTE. Il Governo?

ALDO BRANCHER, Sottosegretario di Stato per le riforme istituzionali e la devoluzione. Signor Presidente, il Governo esprime parere conforme a quello del relatore.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sugli identici emendamenti Mascia 18.1 e Boato 18.70, non accettati dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (
Vedi votazioni).
(Presenti 454
Votanti 451
Astenuti 3
Maggioranza 226
Hanno votato
195
Hanno votato
no 256)

Prendo atto che l'onorevole Cicala non è riuscito a votare.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Elio Vito 18.200, accettato dalla Commissione e dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).
(Presenti 458
Votanti 302
Astenuti 156
Maggioranza 152
Hanno votato
283
Hanno votato
no 19).

Prendo atto che l'onorevole Carli ha erroneamente espresso un voto favorevole, mentre avrebbe voluto astenersi.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 18, nel testo emendato.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (
Vedi votazioni).
(Presenti 460
Votanti 456
Astenuti 4
Maggioranza 229
Hanno votato
265
Hanno votato
no 191).

Passiamo alla votazione dell'articolo aggiuntivo Mascia 18.01.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mascia. Ne ha facoltà.

GRAZIELLA MASCIA. Signor Presidente, come ci spiegano coloro che hanno studiato gli atti della Costituente, questo articolo fa riferimento all'inchiesta parlamentare come prerogativa delle Camere in virtù della necessità di assumere conoscenza in relazione ad inchieste politiche o di controllo sull'operato del Governo. Si tratta di una prerogativa importante che si aggiunge, completando la possibilità da parte del Parlamento di interrogare ed interpellare il Governo. È una prerogativa che riteniamo debba essere maggiormente acquisita e su cui è necessario tornare a riflettere dopo che il sistema maggioritario ha modificato sostanzialmente la possibilità di farvi ricorso. Noi abbiamo una serie di casi che testimoniano questa impossibilità.
Con l'articolo aggiuntivo che proponiamo di introdurre prevediamo la possibilità da parte di un quinto dei componenti dell'Assemblea di richiedere la Commissione di inchiesta. Pensiamo che questa sia una garanzia minima per poter accedere a queste Commissioni da parte delle minoranze, senza peraltro che le minoranze stesse possano avere un elemento di ricatto nei confronti dell'aula.
Quindi, invitiamo l'Assemblea a votare a favore...

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo aggiuntivo Mascia 18.01, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (
Vedi votazioni).
(Presenti 451
Votanti 449
Astenuti 2
Maggioranza 225
Hanno votato
192
Hanno votato
no 257).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo aggiuntivo Bressa 18.010, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (
Vedi votazioni).
(Presenti 458
Votanti 453
Astenuti 5
Maggioranza 227
Hanno votato
197
Hanno votato
no 256).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul subemendamento Bressa 0.18.0200.1, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (
Vedi votazioni).
(Presenti 459
Votanti 454
Astenuti 5
Maggioranza 228
Hanno votato
197
Hanno votato
no 257).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul subemendamento Boccia 0.18.0200.2, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (
Vedi votazioni).
(Presenti 457
Votanti 450
Astenuti 7
Maggioranza 226
Hanno votato
194
Hanno votato
no 256).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo aggiuntivo Elio Vito 18.0200, accettato dalla Commissione e dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (
Vedi votazioni).
(Presenti 458
Votanti 278
Astenuti 180
Maggioranza 140
Hanno votato
270
Hanno votato
no 8).

 

(Ripresa esame dell'articolo 22 - A.C. 4862 ed abbinate)

 

PRESIDENTE. Riprendiamo l'esame dell'articolo 22 e delle proposte emendative ad esso presentate, accantonati in altra seduta (vedi l'allegato A - A.C. 4862 ed abbinate sezione 8).
Invito il relatore ed il Governo ad esprimere il parere.

DONATO BRUNO, Relatore. La Commissione raccomanda l'approvazione dei suoi emendamenti 22.253 e 22.252 ed esprime parere contrario sul subemendamento Leoni 0.22.253.1.

PRESIDENTE. Il Governo?

ALDO BRANCHER, Sottosegretario di Stato per le riforme istituzionali e la devoluzione. Il Governo esprime parere conforme a quello del relatore.

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione del subemendamento Leoni 0.22.253.1.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Violante. Ne ha facoltà.

LUCIANO VIOLANTE. Vorrei richiamare l'attenzione dei colleghi su un aspetto che suscitò qualche discussione alcuni giorni fa, quando criticammo l'espressione usata nel testo in cui si diceva che il Capo dello Stato rappresenta l'unità della Nazione federale. Discutemmo insieme sul concetto di Nazione federale.
Tale concetto scompare, ma adesso ne appare un altro: il Capo dello Stato è rappresentante della Nazione, ma a rappresentare la Nazione sono i parlamentari!
Il problema è il seguente: questa benedetta Nazione o è rappresentata dai parlamentari, o il Capo dello Stato è equiparato ad un qualunque parlamentare, cosa che naturalmente non sta in piedi. Il senso di fondo è che il Capo dello Stato deve rappresentare l'unità della Nazione, non l'unità federale della Repubblica, come qui scrivete.

DONATO BRUNO, Relatore. È garante!

LUCIANO VIOLANTE. È garante della Costituzione, ma rappresenta l'unità nazionale.
Qui c'è un aspetto non teorico, ma pratico, sul quale vogliamo davvero insistere. Il problema di scartare il Presidente come rappresentante dell'unità nazionale è uno dei colpi più gravi che si può infliggere al ruolo del Capo dello Stato e al senso stesso di questa riforma.
È evidente che l'itinerario teorico, signor Presidente, è un itinerario di rottura dell'unità nazionale, tant'è che - ripeto - non si scrive più che il Capo dello Stato rappresenta l'unità nazionale. Ciò è cancellato e credo che costituisca un vulnus che non possiamo accettare. Lo dico a tutti i colleghi. Mi riferisco, in particolare, ai colleghi di Alleanza nazionale, che si sono battuti per l'interesse nazionale. Che senso ha battersi per il cosiddetto interesse nazionale quando non esiste più la garanzia dell'unità nazionale?
Allora, chiedo, senza nessuna protervia, che si rifletta su questo aspetto. Per quale motivo bisogna mantenere il principio secondo il quale il Capo dello Stato rappresenta l'unità nazionale? Infatti, se non esiste l'unità nazionale, non esiste neanche un interesse nazionale, cari colleghi, perché l'interesse nazionale si può ricollegare soltanto all'unità della Nazione.
Su questo aspetto insistiamo veramente e nettamente e ci poniamo come garanti di un ruolo di fondo del Capo dello Stato, come colui che rappresenta l'unità della Nazione. Se voi non ci state, cari colleghi, anche di questo dovrete rispondere davanti al paese (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-L'Ulivo, della Margherita, DL-L'Ulivo e Misto-Comunisti italiani).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Carrara. Ne ha facoltà.

NUCCIO CARRARA. Presidente, mi verrebbe voglia di dire che l'onorevole Violante farebbe sempre il cosiddetto gioco delle tre carte (Commenti dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-L'Ulivo e Misto-Comunisti italiani)... Vi chiedo scusa, forse è anche la stanchezza, però ho detto: mi verrebbe voglia di dire.
Onorevole Violante, noi non vogliamo mettere in discussione l'unità nazionale, tanto è vero che abbiamo introdotto quell'interesse nazionale che voi avete soppresso (Commenti dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo)...

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, ognuno dice quello che vuole. L'onorevole Carrara non ha diritti minori rispetto agli altri parlamentari (Commenti dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo). Onorevoli colleghi, non sta insultando nessuno, sta parlando ed ha il diritto di parlare come gli altri (Applausi dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale).

NUCCIO CARRARA. Signor Presidente, ho solo detto che noi abbiamo introdotto l'interesse nazionale e loro lo hanno tolto: è un fatto storico che non smetterò mai di ricordare.
Noi abbiamo una nostra idea di Stato - e su tale termine, come sapete, abbiamo condotto una battaglia -, ma abbiamo anche una nostra idea di nazione che voi forse avete smarrito (Commenti dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo). Quando si è trattato di emendare, anche su invito dell'onorevole Violante, l'espressione «unità federale della nazione», noi abbiamo osservato che la nazione è una ed è un controsenso parlare dell'unità federale della nazione. Abbiamo pensato, invece, che fosse più logico accostare il termine «unità» a quello «federale» proprio per sottolineare che è la Repubblica, in quanto forma di Stato, che, secondo le previsioni costituzionali, è articolata in autonomie (Commenti dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo)...

LUCIANO VIOLANTE. Che dici?

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, vi prego... È un fatto di educazione. Sta parlando l'onorevole Carrara.

NUCCIO CARRARA. È la Repubblica che sta alla nazione come il corpo sta all'anima (Commenti dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo). È esattamente così...

ALFREDO SANDRI. Basta!

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, vi prego...

NUCCIO CARRARA. La Repubblica è articolata in autonomie e tali autonomie hanno sfere di sovranità proprie. Ebbene, a questo punto dobbiamo ricordare e sottolineare che quelle autonomie devono stare insieme. Ecco perché abbiamo parlato di unità federale. La nazione è una per sua natura: non potrà mai essere divisa e non potrà mai essere federale (Applausi dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Russo Spena. Ne ha facoltà.

GIOVANNI RUSSO SPENA. Signor Presidente, intervengo brevemente perché ci siamo già espressi nella discussione precedente su tale punto, ma credo che vada svolta una considerazione.
Non sono abituato, in genere, a riprendere in termini polemici sul piano nominale gli interventi dei colleghi, ma credo che quando l'onorevole Carrara definisce un intervento - che ho condiviso - del presidente Violante come il gioco delle tre carte, egli scopre la difficoltà di fondo, di cui è metafora la soluzione trovata dalla Commissione, di questa controriforma costituzionale. In effetti, l'onorevole Carrara difende la dizione «unità federale della Repubblica» che si basa, come è ovvio, su un ossimoro, perché l'unità federale della Repubblica, appunto, è un ossimoro. Non si tratta di un'unità che si articola in autonomie. L'unità federale, di fatto, non esiste. Esiste una federazione unitaria.
L'unità federale dimostra che questa controriforma costituzionale è fatta non secondo i principi del federalismo democratico, ma abbattendo tali principi. Il federalismo è fatto per unire, mentre qui abbiamo un federalismo che devolve, ed è realizzato come secessione.
Questo è l'ossimoro, questa è la difficoltà di fondo! Quel che non vede l'onorevole Carrara, ma che invece noi vediamo, perché vogliamo tornare al testo dell'articolo 87, in base al quale il Capo dello Stato rappresenta l'unità nazionale, è che lo stesso termine di garante si riferisce di fatto ad un concetto di statualità, che è puramente ordinamentale, mentre...

PRESIDENTE. Onorevole Russo Spena, la invito a concludere.

GIOVANNI RUSSO SPENA. Concludo Presidente, ma si tratta di un concetto importante, che vorrei ribadire. L'articolo 87 della Costituzione non si riferisce ad un dato ordinamentale, bensì ad un fatto di comunità, cioè ad un concetto di unità nazionale come comunità di nativi indigeni e non nativi, che vivono su un territorio e che sono rappresentati dal Capo dello Stato, ma non un Capo dello Stato che è garante di un ossimoro, cioè di un'unità federale come ordinamento. Ciò è molto diverso e mi meraviglio che i colleghi della maggioranza non colgano la gravità del voto che stanno per esprimere, in modo addirittura suicida per i principi della vita democratica (Applausi dei deputati del gruppo di Rifondazione comunista).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Mantini. Ne ha facoltà.

PIERLUIGI MANTINI. Abbiamo già affrontato questo tema nella scorsa seduta, ma mi pare con scarsi risultati. Ci saremmo aspettati un ripensamento, che era stato anche promesso, ma questo non v'è stato. Credo che qui davvero la confusione regni sovrana. Il concetto sul quale stiamo ragionando è del tutto chiaro, perlomeno a noi, ma credo lo sia a tutti. Basti rimettere le cose nell'ordine naturale, cioè che la nazione viene prima della Repubblica e dell'assetto statuale, che abbiamo dato una configurazione alla Repubblica, così com'è noto, riconoscendo, sia pure non su un piano di assoluta equiparazione, lo Stato insieme agli enti di governo territoriale.
Immaginare un'unità federale della nazione significa tornare al concetto delle piccole patrie, che è un concetto che, a parole, voi dite di non voler mettere in Costituzione, anche se poi è proprio quello che state facendo.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Leoni. Ne ha facoltà.

CARLO LEONI. Ci aspettavamo che il collega Carrara rispondesse alle questioni molto concrete poste dal presidente Violante, cioè perché secondo questo nuovo testo dell'articolo 87 dovrebbe risultare in Costituzione che la nazione è rappresentata sia dal Presidente della Repubblica, sia dai parlamentari, e perché colui che è il Presidente della Repubblica dovrebbe invece essere ridotto solo a garante della sua unità. Ma soprattutto vi è una domanda di fondo, alla quale lei, collega Carrara, non ha risposto: perché non deve essere più scritto in Costituzione che il Presidente della Repubblica garantisce l'unità nazionale? Qual è il vulnus che secondo voi opera una norma che ha garantito l'unità nazionale nel nostro paese per tanti anni, cioè quella secondo la quale il Presidente della Repubblica rappresenta l'unità nazionale? È una frase semplice, chiara, che lascia intendere bene che se si vuole che questa nazione sia unita è necessario che il Presidente della Repubblica ne rappresenti l'unità. Ancora non capiamo perché (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-L'Ulivo e della Margherita, DL-L'Ulivo)...

PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Leoni.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul subemendamento Leoni 0.22.253.1, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (
Vedi votazioni).
(Presenti 432
Votanti 430
Astenuti 2
Maggioranza 216
Hanno votato
187
Hanno votato
no 243).

Prendo atto che l'onorevole Spina Diana non è riuscito ad esprimere il proprio voto e che ne avrebbe voluto esprimere uno contrario.
Passiamo alla votazione dell'emendamento 22.253 della Commissione.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Violante. Ne ha facoltà.

LUCIANO VIOLANTE. Signor Presidente, vorrei ritornare sul tema. Capisco che la frase pronunciata dal collega Carrara forse è dovuta alla stanchezza; del resto, sono cose che capitano. L'articolo 67 della Costituzione dice che ogni membro del Parlamento rappresenta la nazione. Credo sia grave svilire il ruolo del Capo dello Stato, non dicendo che lui rappresenta l'unità della nazione, ma dicendo che rappresenta puramente e semplicemente la nazione, anche perché il senso che la nazione sia rappresentata dai parlamentari è determinato dal sistema parlamentare, dal rapporto con il territorio e via dicendo e dal fatto che non debba esserci vincolo di mandato.
Credo che la cosa grave sia cancellare il punto che rappresenta l'unità nazionale. Bisogna spiegare il motivo per cui si intende cancellare questo principio, anche perché non è sostituibile la rappresentanza dell'unità nazionale con la garanzia dell'unità federale della Repubblica. Sono concetti completamente diversi. Il Presidente della Repubblica rappresenta l'unità della stessa che è federale e lo Stato non è a forma di Repubblica, ma la Repubblica è una forma di Stato. Prima vi è stata confusione al riguardo. Credo che il punto di fondo - e lo sottolineo ai colleghi presenti in aula del gruppo di Alleanza nazionale, che si sono battuti su alcune questioni, e dell'Unione dei democratici cristiani e dei democratici di centro (solo il gruppo della Lega credo non sia sensibile a questo tipo di argomenti) - sia il seguente: al paese occorre spiegare i motivi per cui è stata cancellata la previsione del Capo dello Stato come rappresentante dell'unità nazionale.
È il segno, permettetemi, che volete svuotare una delle funzioni fondamentali del Capo dello Stato, a vantaggio di una frammentazione del territorio nazionale e di una rottura dell'unità nazionale.
Questo è il dato che vi rimproveriamo più pesantemente. Credo che sia tempo di riflettere su questo dato. Se volete scrivere qualcosa sulla garanzia dell'unità della Repubblica federale scriviamolo, ma il dato di fondo, a nostro avviso, è che cancellare il ruolo del Capo dello Stato, come rappresentante dell'unità nazionale, è una delle lesioni più gravi che si possano fare all'unità del nostro paese (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-L'Ulivo e Misto-Comunisti italiani).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mattarella. Ne ha facoltà.

SERGIO MATTARELLA. Signor Presidente, vorrei rivolgere molto garbatamente un appello ai colleghi della maggioranza, perché l'unità nazionale, l'unità della Repubblica sono concetti di grande delicatezza, da «maneggiare» con molta attenzione.
L'unità della Repubblica, l'unità nazionale non sono aggettivabili perché o ci sono o non ci sono. Non può esservi un'unità settoriale, federale o regionale, perché aggettivare l'unità nazionale significa negarne l'essenza.
Aggettivare l'unità della Repubblica significa negarne il contenuto. Rivolgo questo appello con sincerità ai colleghi della maggioranza, perché ci riflettano bene e pensino bene prima di cambiare questa importante dizione della nostra Costituzione (Applausi dei deputati dei gruppi della Margherita, DL-L'Ulivo e dei Democratici di sinistra-L'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Buontempo. Ne ha facoltà.

NUCCIO CARRARA. Signor Presidente, avevo chiesto la parola!

PRESIDENTE. Gliela darò successivamente.

TEODORO BUONTEMPO. Allora, chiedo di parlare a titolo personale.

PRESIDENTE. Prego, onorevole Buontempo, ne ha facoltà.

TEODORO BUONTEMPO. Signor Presidente, ritengo che occorra riflettere sull'eliminazione del concetto che il Capo dello Stato rappresenta l'unità della nazione, perché è un valore a cui non possiamo rinunciare. Dire che il Capo dello Stato è garante della Costituzione e dell'unità federale della Repubblica è un'altra cosa. Il Capo dello Stato non rappresenta un organo burocratico, come apparirebbe se venisse approvato l'emendamento della Commissione (Applausi di deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-L'Ulivo, della Margherita, DL-L'Ulivo, di Rifondazione comunista e Misto-Comunisti italiani).
A garanzia della Costituzione vi sono altri organi (tra l'altro in questa riforma non ne mancano) e comunque vi è la Corte costituzionale a compiere l'esame di merito per verificare se sia stata compiuta una violazione delle norme costituzionali. Ciò non compete al Capo dello Stato e, pertanto, dobbiamo dare un segnale forte: nel momento in cui si rafforza il decentramento amministrativo, contemporaneamente vi deve essere un contrappeso. Si deve rafforzare il ruolo del Capo dello Stato come capo della nazione.

Pertanto, voterò contro questo emendamento ed invito i miei colleghi di Alleanza nazionale a chiedere al Governo ed alla Commissione un'ulteriore riflessione, perché si ridefinisca un nuovo testo.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Carrara. Ne ha facoltà.

NUCCIO CARRARA. Signor Presidente, capisco l'entusiasmo sia a destra sia a sinistra, tuttavia ritengo si debba fornire una nota tecnica (Commenti dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-L'Ulivo, di Rifondazione comunista e Misto-Comunisti italiani).

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, vi prego, siamo tutti stanchi!

NUCCIO CARRARA. Ho già ammesso più volte di essere «figlio di un dio minore»!

PRESIDENTE. Onorevole Carrara, siamo tutti figli dello stesso Dio!

NUCCIO CARRARA. Se noi, per disavventura, respingessimo questo emendamento, resterebbe in vita l'espressione «il Presidente della Repubblica rappresenta l'unità federale della nazione». Allora, rispetto all'espressione «unità federale della nazione» che a nostro avviso è un controsenso, è preferibile il testo che approveremo in cui si afferma che la nazione non può essere disunita e dove il termine «unità» è accostato alla Repubblica, in quanto oggi la Repubblica non è più articolata come prima (Applausi dei deputati dei gruppi di Alleanza Nazionale e di Forza Italia).

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 22.253 della Commissione, accettato dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (
Vedi votazioni).
(Presenti 460
Votanti 451
Astenuti 9
Maggioranza 226
Hanno votato
259
Hanno votato
no 192).

Prendo atto che l'onorevole Boato non è riuscito a votare ed avrebbe voluto astenersi e che l'onorevole Garagnani avrebbe voluto esprimere un voto favorevole.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 22.252 della Commissione, accettato dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (
Vedi votazioni).
(Presenti 441
Votanti 432
Astenuti 9
Maggioranza 217
Hanno votato
256
Hanno votato
no 176).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 22, nel testo emendato.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (
Vedi votazioni).
(Presenti 463
Votanti 455
Astenuti 8
Maggioranza 228
Hanno votato
264
Hanno votato
no 191).

 

Colleghi, il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

 


 


 

TESTO INTEGRALE DELLA DICHIARAZIONE DI VOTO DEL DEPUTATO ANTONIO MACCANICO SULL'ARTICOLO 13 DEL DISEGNO DI LEGGE COSTITUZIONALE N. 4862 ED ABBINATE

 

 


ANTONIO MACCANICO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, nelle fasi finali di questa maratona parlamentare iniziata nei primi giorni di agosto, ripresa al rientro delle ferie in settembre e continuata senza soluzione di continuità, con ritmi spasmodici, fino ai nostri giorni, è assai difficile sottrarsi ad un sentimento di profonda delusione, di amarezza, di insoddisfazione e di preoccupazione per il futuro della nostra democrazia.
In alcune fasi del dibattito si è assistito ad una sorta di desacralizzazione, di banalizzazione delle tematiche istituzionali che, per loro natura, dovrebbero comportare tensione ideale, elaborazione culturale attenta, riflessione spassionata, visione del futuro, accantonamento di pregiudizi e di particolarismi, sforzo di porsi al di sopra degli interessi contingenti di parte.
A nessuno è venuto in mente in questa atmosfera così chiusa e stagnante l'idea di pronunciare l'invocazione che fu di Benedetto Croce all'inizio dei lavori dell'Assemblea costituente: vem creator Spiritus. Sarebbe apparsa del tutto impropria, falsa, retorica, direi quasi comica di fronte ad un testo di riforma della intera seconda parte della nostra Costituzione, che si sapeva frutto protervo e immodificabile di una negoziazione estenuante tra le componenti di una maggioranza divisa su tutto, ognuna con una ideuzza brandita come un postulato irrinunciabile, e quasi tutte rigorosamente estranee allo spirito della nostra Costituzione, alla nostra tradizione giuridica, alle esigenze di crescita democratica presenti nella nostra comunità nazionale.
Non desidero negare, presidente Bruno, che siano stati fatti sforzi - in particolare da parte sua - per migliorare i testi, esaminare emendamenti, correggere le storture più macroscopiche.

Ma in realtà avete limato le zampe alle mosche, avrebbe detto Gaetano Salvemini, perché le norme più qualificanti, le innovazioni più pericolose, l'impianto complessivo di questa riforma è rimasto intatto, ed esso costituisce un colpo durissimo alla democrazia repubblicana nel nostro paese.
Il vizio di origine credo sia nel proposito luciferino di usare l'articolo 138 della Costituzione, previsto dai costituenti per le revisioni parziali della Costituzione, come lo strumento di cui avvalersi per un ribaltamento completo dell'ordinamento, della intera seconda parte della Costituzione.
Inserire le assurde pretese della Lega in un testo comprensivo anche delle contrastanti e altrettanto arbitrarie e infondate visioni delle altre componenti della maggioranza è parso la via più pratica per consolidare la maggioranza di governo, fuori da ogni visione organica e coerente del sistema politico.
È stato un modo di procedere irresponsabile, gravido di pericoli per la nostra democrazia, che ha fatto danni gravi al prestigio del Parlamento italiano e ci porta ad approvare una costituzione della maggioranza, nella quale una parte ingente del paese non si riconosce minimamente.
Di fronte alle esigenze di ammodernamento del nostro sistema politico, come è noto, fu sperimentata due volte, senza successo, la via delle «Commissioni bicamerali», i cui compiti erano stati stabiliti con legge costituzionale, proprio in deroga all'articolo 138.
Si era cioè concordemente riconosciuto che una riforma organica dell'assetto istituzionale richiedeva una procedura nuova, creata ad hoc.
Falliti i tentativi fatti con le «Commissioni bicamerali», si è proceduto con l'articolo 138, ma sempre per modifiche limitate del testo costituzionale. Tutte le modifiche introdotte nel nostro sistema nelle passate legislature erano contenute entro precisi confini: così la riforma dell'articolo 111 sul giusto processo, quella sulla forma di governo delle regioni a statuto ordinario e a statuto speciale, così anche la riforma del Titolo V, che riformava appunto solo un titolo, per quanto importante, della Costituzione, non l'intera seconda parte, che è come dire l'intero ordinamento della Repubblica.
Anche nella X legislatura il Senato approvò un progetto di riforma del bicameralismo, definito «procedurale», che non arrivò alla approvazione finale per la fine della legislatura, ma che avrebbe meritato un minimo di valutazione in questa sede, non il totale oblio. Anche quella fu certamente una riforma parziale, e quindi opportunatamente basata sull'articolo 138.
Il ricorso alla procedura dell'articolo 138 - occorre tenerlo ben presente - comporta alcuni vincoli molto fermi: quelli di non intaccare i principi supremi dell'ordinamento, come afferma una importante sentenza della Corte costituzionale, tra i quali non avrei dubbi a porre anche la forma di governo parlamentare, che fu una solenne scelta della Costituente con l'approvazione dell'ordine del giorno Perassi.
Con la vostra revisione della forma di governo si abbandona il modello della democrazia parlamentare: il collegamento del candidato primo ministro ai candidati nei singoli collegi come obbligo costituzionale è un modo assai chiaro di introdurre l'elezione diretta del primo ministro senza sancirla espressamente. La legittimazione democratica del primo ministro non proviene più dal Parlamento e dalla fiducia che esso gli conferisce, ma direttamente dal corpo elettorale.
E ciò comporta, come conseguenza, la sua assoluta preminenza sul Parlamento e sulla maggioranza parlamentare, che avete sancito in più di una norma.
Anche la cristallizzazione, la cementificazione della maggioranza uscita dalle elezioni è concetto del tutto estraneo alla forma di governo parlamentare e all'essenza stessa della democrazia rappresentativa, fondata sulla divisione del poteri.
È una forma di governo ambigua, che dà al primo ministro un potere smisurato, sconosciuto anche ai sistemi presidenziali, nei quali le istituzioni rappresentative hanno autonomia e attribuzioni sulle quali il Capo dell'esecutivo non ha alcun modo di incidere.
Una riforma così radicale e sconvolgente non credo sia ammissibile attraverso la procedura dell'articolo 138, perché intacca un principio supremo. Se volete avventurarvi in questa strada, avete una sola via davanti a voi: un'assemblea costituente.
Quanto al Senato federale, esso sfugge ad ogni modello presente negli Stati federali esistenti.
Non si comprende quale sia il vero fondamento della loro rappresentatività territoriale. Solo una posizione paritaria di tutte le regioni, con l'adozione della elezione diretta dei rappresentanti regionali, assicurerebbe questa rappresentatività, come avviene negli Stati Uniti, ove California e Rhode Island hanno lo stesso numero di senatori.
Quanto ai procedimenti legislativi, nonostante le modifiche proposte è emerso chiaramente che rimangono macchinosi, complessi, incerti, fonti di sicuri contenziosi, che ne bloccheranno lo svolgimento normale.
Un altro capitolo è assolutamente carente in questo testo: quello delle garanzie intese ad evitare la «tirannide» della maggioranza.
Le proposte più significative e pregnanti avanzate dalle opposizioni su questi temi sono state sistematicamente respinte.
La stessa posizione del massimo garante del sistema, il Presidente della Repubblica, e la istituzione principale di garanzia, la Corte costituzionale, escono indeboliti gravemente.
Onorevoli colleghi, la cultura giuridica nazionale, come abbiamo appreso dalle audizioni, è in stragrande maggioranza molto critica nei confronti di questo testo e colma di riserve e di preoccupazioni.
Nel corso del dibattito anche dall'interno della maggioranza si sono levate voci che raccomandavano prudenza, flessibilità, attenzione alle posizioni delle opposizioni. Si è proposto che la riforma fosse contenuta nei limiti della correzione al Titolo V della Costituzione, e che i temi maggiori fossero affidati ad una futura assemblea di revisione costituzionale o assemblea costituente. Anch'io ho fatto una proposta analoga. Ma tutto mi pare sia stato inutile. La maggioranza intende andare avanti testardamente.
Se così è, sarà inevitabile che il popolo italiano si pronunci su questo testo. La Costituzione non è dominio riservato alle maggioranze che si alternano al Governo; appartiene al popolo, al suo presente e al suo futuro, e sarà esso a dare la risposta finale, che - non dubito - sarà di condanna senza appello di questo tentativo di imprimere una grave involuzione al nostro sistema politico.


 


 

Allegato A
Seduta n. 527 del 13/10/2004

 

DISEGNO DI LEGGE COSTITUZIONALE: S. 2544 - MODIFICAZIONI DI ARTICOLI DELLA PARTE II DELLA COSTITUZIONE (APPROVATO, IN PRIMA DELIBERAZIONE, DAL SENATO DELLA REPUBBLICA) (4862) ED ABBINATE PROPOSTE DI LEGGE COSTITUZIONALI ZELLER ED ALTRI; BIELLI; SPINI E ANGIONI; BUTTIGLIONE ED ALTRI; CONTENTO; COLA; PISAPIA; SELVA; SELVA; SELVA; BIANCHI CLERICI; PERETTI; VOLONTÈ; PISAPIA; LUSETTI ED ALTRI; ZACCHEO; MANTINI ED ALTRI; SODA; OLIVIERI E KESSLER; COSTA; SERENA; PISICCHIO ED ALTRI; BOLOGNESI ED ALTRI; PAROLI; BUONTEMPO; ZELLER ED ALTRI; COLLÈ; VITALI ED ALTRI; MAURANDI ED ALTRI; OLIVIERI; BOATO; STUCCHI; CENTO; MONACO; PACINI; CONSIGLIO REGIONALE DELLA PUGLIA; CONSIGLIO REGIONALE DELLA PUGLIA; CHIAROMONTE ED ALTRI; CABRAS ED ALTRI; MANTINI; LA MALFA; BRIGUGLIO ED ALTRI; FRANCESCHINI; PISAPIA; COSTA; PERROTTA ED ALTRI; FIORI (72-113-260-376-468-582-721-874-875-877-966-1162-1218-1287-1403-1415-1608-1617-1725-1805-1964-2027-2116-2123-2168-2320-2413-2568-2909-2994-3058-3489-3523-3531-3541-3572-3573-3584-3639-3684-3707-3885-4023-4393-4451-4805-5044)

 


(A.C. 4862 ed abb. - Sezione 1)

 

ARTICOLO 13 DEL DISEGNO DI LEGGE COSTITUZIONALE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE

 

Art. 13.
(Formazione delle leggi).

1. L'articolo 70 della Costituzione è sostituito dal seguente:
«Art. 70. - La Camera dei deputati esamina i disegni di legge concernenti le materie di cui all'articolo 117, secondo comma, ivi compresi i disegni di legge attinenti ai bilanci ed al rendiconto consuntivo dello Stato, nonché i disegni di legge concernenti il coordinamento di cui all'articolo 118, terzo comma, primo periodo, salvo quanto previsto dal terzo comma del presente articolo. Dopo l'approvazione da parte della Camera dei deputati, tali disegni di legge sono trasmessi al Senato federale della Repubblica. Il Senato, su richiesta di due quinti dei propri componenti formulata entro dieci giorni dalla trasmissione, esamina il disegno di legge. Entro i trenta giorni successivi il Senato delibera e può proporre modifiche sulle quali la Camera dei deputati decide in via definitiva. I termini sono ridotti alla metà per i disegni di legge di conversione dei decreti-legge. Qualora il Senato federale della Repubblica non proponga modifiche entro i termini previsti, la legge è promulgata ai sensi degli articoli 73 e 74.
Il Senato federale della Repubblica esamina i disegni di legge concernenti la determinazione dei princìpi fondamentali nelle materie di cui all'articolo 117, terzo comma, salvo quanto previsto dal terzo comma del presente articolo. Tali disegni di legge, dopo l'approvazione da parte del Senato federale della Repubblica, sono trasmessi alla Camera dei deputati. La Camera dei deputati, su richiesta di due quinti dei propri componenti formulata entro dieci giorni dalla trasmissione, esamina il disegno di legge. Entro i trenta giorni successivi la Camera dei deputati delibera e può proporre modifiche sulle quali il Senato federale della Repubblica decide in via definitiva. Qualora la Camera dei deputati non proponga modifiche entro i termini previsti, la legge è promulgata ai sensi degli articoli 73 e 74. Qualora il Governo dichiari che le modifiche proposte dalla Camera dei deputati sono essenziali per l'attuazione del suo programma e tali modifiche siano approvate dalla Camera dei deputati ai sensi dell'articolo 94, secondo comma, il disegno di legge è approvato dalla Camera dei deputati in via definitiva con le modifiche proposte, salvo che, entro trenta giorni dalla data di trasmissione del disegno di legge, il Senato federale della Repubblica deliberi di non accogliere le modifiche, con la maggioranza dei tre quinti dei propri componenti. I termini sono ridotti alla metà per i disegni di legge di conversione dei decreti-legge.
La funzione legislativa dello Stato è esercitata collettivamente dalle due Camere per l'esame dei disegni di legge concernenti la perequazione delle risorse finanziarie e le materie di cui all'articolo 119, e dei disegni di legge concernenti la determinazione dei princìpi fondamentali sull'armonizzazione dei bilanci pubblici ed il coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario, la tutela della concorrenza, la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale, le norme generali sulla tutela della salute, le funzioni fondamentali di Comuni, Province e Città metropolitane, il sistema di elezione della Camera dei deputati e del Senato federale della Repubblica, nonché nei casi in cui la Costituzione rinvia espressamente alla legge dello Stato o alla legge della Repubblica, di cui agli articoli 33, sesto comma, 114, terzo comma, 117, commi quinto e nono, 118, commi secondo e terzo, secondo periodo, 120, secondo e terzo comma, 122, primo comma, 125, 132, secondo comma, 133, primo comma, e 137, secondo comma. Se un disegno di legge non è approvato dalle due Camere nel medesimo testo dopo una lettura da parte di ciascuna Camera, i Presidenti delle due Camere convocano, d'intesa tra di loro, una commissione mista paritetica, composta secondo il criterio di proporzionalità rispetto alla composizione delle due Camere, incaricata di proporre un testo sulle disposizioni su cui permane il disaccordo tra le due Camere. Il testo proposto dalla commissione mista paritetica è sottoposto all'approvazione delle due Assemblee e su di esso non sono ammessi emendamenti.
I Presidenti del Senato federale della Repubblica e della Camera dei deputati, d'intesa tra di loro, decidono le eventuali questioni di competenza tra le due Camere in ordine all'esercizio della funzione legislativa. I Presidenti possono deferire la decisione ad un comitato paritetico, composto da quattro deputati e da quattro senatori, designati dai rispettivi Presidenti sulla base del criterio di proporzionalità rispetto alla composizione delle due Camere. La decisione dei Presidenti o del comitato non è sindacabile in alcuna sede».

 

PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO 13 DEL DISEGNO DI LEGGE COSTITUZIONALE

 

ART. 13.
(Formazione delle leggi).

 

Subemendamenti all'emendamento 13.254 (Nuova formulazione)

All'emendamento 13. 254. (nuova formulazione) , sostituire le parole da: primo periodo fino a: regolamenti, con le seguenti: secondo periodo, sostituire la parole da: paritetico a: senatori con le seguenti: composto da dieci deputati e dieci senatori.
0. 13. 254. 1. Boato, Bressa, Leoni, Mascia.

All'emendamento 13. 254. (nuova formulazione) , sostituire la parte consequenziale con la seguente:
Conseguentemente, al medesimo comma, ultimo periodo, aggiungere, in fine, la parola:
legislativa.
0. 13. 254. 3. Leoni, Boato, Bressa.

All'emendamento 13. 254. (nuova formulazione) , alla parte consequenziale, sopprimere le parole da: al medesimo comma fino a: delle due Camere.
0. 13. 254. 2. Boato, Bressa, Leoni, Mascia.

All'emendamento 13. 254. (nuova formulazione) , alla parte consequenziale, sopprimere le parole da: aggiungere, in fine, fino alla fine del periodo.
0. 13. 254. 4. Bressa, Leoni, Boato, Mascia.

All'emendamento 13. 254. (nuova formulazione) , alla parte consequenziale, dopo le parole: su proposta del Comitato, stabiliscono aggiungere le seguenti: sulla base di norme previste dai rispettivi regolamenti
0. 13. 254. 5. Bressa, Leoni, Boato, Mascia.
(Approvato)

Al comma 1, capoverso Art. 70, quarto comma, primo periodo, dopo le parole: tra le due Camere aggiungere le seguenti: , sollevate secondo le norme dei rispettivi regolamenti,
Conseguentemente,
al medesimo comma, secondo periodo, sopprimere le parole:
sulla base del criterio di proporzionalità rispetto alla composizione delle due Camere
aggiungere in fine, il seguente periodo:

I Presidenti delle Camere, d'intesa tra di loro, su proposta del comitato, stabiliscono i criteri generali secondo i quali un disegno di legge non può contenere disposizioni relative a materie per cui si dovrebbero applicare procedimenti diversi.
13. 254. (nuova formulazione) La Commissione.
(Approvato)

All'articolo 13, capoverso articolo 70, quarto comma, secondo periodo, sostituire le parole: paritetico composto da quattro deputati e quattro senatori con le seguenti: composto da dieci deputati e dieci senatori.
13. 255. La Commissione.

Al comma 1, capoverso articolo 70, dopo il quarto comma, aggiungere il seguente:
«L'autorizzazione da parte del Presidente della Repubblica di cui al precedente comma può avere ad oggetto esclusivamente le modifiche proposte dal Governo ed approvate dalla Camera dei deputati».
13. 256. La Commissione.
(Approvato)

 

(A.C. 4862 ed abb. - Sezione 2)

 

ARTICOLO 9 DEL DISEGNO DI LEGGE COSTITUZIONALE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

 

Art. 9.
(Ineleggibilità ed incompatibilità).

1. All'articolo 65 della Costituzione, il primo comma è sostituito dal seguente:
«La legge, approvata ai sensi dell'articolo 70, terzo comma, determina i casi di ineleggibilità e incompatibilità con l'ufficio di deputato o di senatore».

 

PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO 9 DEL DISEGNO DI LEGGE COSTITUZIONALE

 

Capo I
MODIFICHE AL TITOLO I DELLA PARTE II DELLA COSTITUZIONE

 

ART. 9.
(Ineleggibilità ed incompatibilità).

Sopprimerlo.
*9. 1. Mascia, Giordano.

Sopprimerlo.
*9. 70. Leoni, Boato, Bressa, Amici, Cabras, Cusumano, Fistarol, Intini, Loiero, Maccanico, Maran, Marone, Montecchi, Olivieri, Pappaterra, Soda, Russo Spena, Maura Cossutta, Zanella, Sgobio.

 

(A.C. 4862 ed abb. - Sezione 3)

 

ARTICOLO 14 DEL DISEGNO DI LEGGE COSTITUZIONALE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

 

Art. 14.
(Iniziativa legislativa).

1. All'articolo 71 della Costituzione, il primo comma è sostituito dal seguente:
«L'iniziativa delle leggi appartiene al Governo, a ciascun membro delle Camere nell'ambito delle rispettive competenze ed agli organi ed enti ai quali sia conferita da legge costituzionale».

 

PROPOSTA EMENDATIVA RIFERITA ALL'ARTICOLO 14 DEL DISEGNO DI LEGGE COSTITUZIONALE

 

ART. 14.
(Iniziativa legislativa).

Sopprimerlo.
14. 70. Bressa, Boato, Leoni, Amici, Cabras, Cusumano, Fistarol, Intini, Loiero, Maccanico, Maran, Marone, Montecchi, Olivieri, Pappaterra, Soda, Mascia, Russo Spena, Maura Cossutta, Zanella, Sgobio.

 

(A.C. 4862 ed abb. - Sezione 4)

 

ARTICOLO 15 DEL DISEGNO DI LEGGE COSTITUZIONALE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE

 

Art. 15.
(Procedure legislative ed organizzazione per commissioni).

1. L'articolo 72 della Costituzione è sostituito dal seguente:
«Art. 72. - Ogni disegno di legge, presentato alla Camera competente ai sensi dell'articolo 70, è secondo le norme del suo regolamento esaminato da una commissione e poi dalla Camera stessa, che l'approva articolo per articolo e con votazione finale.
Il regolamento stabilisce procedimenti abbreviati per i disegni di legge dei quali è dichiarata l'urgenza, le modalità e i termini entro cui deve essere avviato l'esame delle proposte di legge di iniziativa popolare.
Può altresì stabilire in quali casi e forme l'esame e l'approvazione dei disegni di legge, di cui all'articolo 70, terzo comma, sono deferiti a commissioni, anche permanenti, composte in modo da rispecchiare la proporzione dei gruppi parlamentari. Anche in tali casi, fino al momento della sua approvazione definitiva, il disegno di legge è rimesso alla Camera, se il Governo o un decimo dei componenti della Camera o un quinto della commissione richiedono che sia discusso o votato dalla Camera stessa oppure che sia sottoposto alla sua approvazione finale con sole dichiarazioni di voto. Il regolamento determina le forme di pubblicità dei lavori delle commissioni.
La procedura normale di esame e di approvazione diretta da parte della Camera è sempre adottata per i disegni di legge in materia costituzionale ed elettorale e per quelli di delegazione legislativa.
Il Senato federale della Repubblica, secondo le norme del proprio regolamento, è organizzato in commissioni. Esprime il parere, secondo le norme del proprio regolamento, ai fini dell'adozione del decreto di scioglimento di un Consiglio regionale o di rimozione di un Presidente di Giunta regionale, ai sensi dell'articolo 126, primo comma.
Le proposte di legge di iniziativa regionale adottate da più Assemblee regionali in coordinamento tra di loro sono poste all'ordine del giorno della Camera competente nei termini stabiliti dal proprio regolamento».

 

PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO 15 DEL DISEGNO DI LEGGE COSTITUZIONALE

 

ART. 15.
(Procedure legislative ed organizzazione per commissioni).

Sopprimerlo.
*15. 1. Mascia, Giordano.

Sopprimerlo.
*15. 5. Leoni, Boato, Bressa, Amici, Cabras, Cusumano, Fistarol, Intini, Loiero, Maccanico, Maran, Marone, Montecchi, Olivieri, Pappaterra, Soda, Russo Spena, Maura Cossutta, Zanella, Sgobio.

Al comma 1, capoverso Art. 72, quarto comma, sostituire le parole: della Camera con le seguenti: dell'Assemblea.
15. 200. Elio Vito, Anedda, Volontè, Cè, La Malfa, Moroni.
(Approvato)

Al comma 1, capoverso Art. 72, quarto comma, aggiungere, in fine, le parole: , di autorizzazione a ratificare trattati internazionali, di approvazione di bilanci e consuntivi.
15. 3. Boato, Bressa, Leoni, Amici, Cabras, Cusumano, Fistarol, Intini, Loiero, Maccanico, Maran, Marone, Montecchi, Olivieri, Pappaterra, Soda, Mascia, Russo Spena, Maura Cossutta, Zanella, Sgobio.

 

Subemendamenti all'emendamento 15.201

All'emendamento 15.201., capoverso, sopprimere il primo periodo.
0. 15. 201. 2. Mascia, Alfonso Gianni.

All'emendamento 15.201., capoverso, primo periodo, sostituire le parole: Su richiesta del Governo sono iscritti all'ordine del giorno delle Camere e votati con le seguenti: Non è consentito al Governo di chiedere che siano iscritti all'ordine del giorno delle Camere e posti in votazione.
0. 15. 201. 4. Mascia, Vendola.

All'emendamento 15.201., capoverso, sopprimere il secondo periodo.
0. 15. 201. 6. Bressa, Boato, Leoni, Mascia, Maura Cossutta, Pappaterra, Cusumano, Zanella, Detomas, Maran, Cento, Cabras, Fistarol, Loiero, Marone, Maccanico, Franceschini, Sinfisi, Montecchi, Olivieri, Soda, Mazzuca Poggiolini, Russo Spena, Pisapia.

All'emendamento 15.201., capoverso, secondo periodo dopo le parole: Il Governo aggiungere la seguente: non.
0. 15. 201. 5. Mascia, Alfonso Gianni.

Al comma 1, capoverso Art. 72, dopo il quarto comma, aggiungere il seguente:
«Su richiesta del Governo sono iscritti all'ordine del giorno delle Camere e votati entro tempi certi, secondo le norme dei rispettivi regolamenti, i disegni di legge presentati o fatti propri dal Governo stesso. Il Governo può inoltre chiedere che, decorso il termine, la Camera dei deputati deliberi articolo per articolo e con votazione finale sul testo proposto o fatto proprio dal Governo. I regolamenti parlamentari stabiliscono altresì le modalità di iscrizione all'ordine del giorno di proposte e iniziative indicate dalle opposizioni alla Camera e dalle minoranze al Senato, determinandone i tempi di esame».
15. 201. Elio Vito, Anedda, Volontè, Cè, La Malfa, Moroni.
(Approvato)

Al comma 1, capoverso Art. 72, dopo il quarto comma, aggiungere il seguente:
«Su richiesta del Governo sono inseriti con priorità nel calendario ed iscritti all'ordine del giorno delle Camere, secondo le norme dei rispettivi regolamenti, i disegni di legge presentati o accettati dal Governo».
15. 4. Bressa, Boato, Leoni, Amici, Cabras, Cusumano, Fistarol, Intini, Loiero, Maccanico, Maran, Marone, Montecchi, Olivieri, Pappaterra, Soda, Zanella.

 

Subemendamenti all'emendamento 15.202

All'emendamento 15. 202., capoverso, sopprimere le parole da: , con priorità fino alla fine dell'emendamento.
0. 15. 202. 1. Boato, Bressa, Leoni, Mascia, Maura Cossutta, Pappaterra, Cusumano, Zanella, Detomas, Maran, Cento, Cabras, Fistarol, Loiero, Marone, Maccanico, Franceschini, Sinisi, Montecchi, Olivieri, Soda, Mazzuca Poggiolini, Pisapia.

All'emendamento 15. 202., capoverso, sostituire le parole: consigli o assemblee regionali con la seguente: Regioni e provincie autonome.
0. 15. 202. 2. (Testo modificato nel corso della seduta) Boccia.
(Approvato)

Al comma 1, capoverso Art. 72, sostituire il sesto comma con il seguente:
«Le proposte di legge di iniziativa delle regioni e delle provincie autonome sono poste all'ordine del giorno della Camera competente nei termini stabiliti dal proprio regolamento, con priorità per quelle adottate da più consigli o assemblee regionali in coordinamento tra di loro».
15. 202. (Testo modificato nel corso della seduta) Elio Vito, Anedda, Volontè, Cè, La Malfa, Moroni.
(Approvato)

Al comma 1, capoverso Art. 72, sesto comma, sostituire le parole da: adottate fino a: della Camera competente con le seguenti: possono concernere esclusivamente le materie di cui all'articolo 70, secondo comma, e, qualora siano adottate dalla maggioranza delle Assemblee regionali in coordinamento tra di loro, sono poste all'ordine del giorno del Senato federale della Repubblica.
15. 72. Perrotta.

Al comma 1, capoverso Art. 72, sesto comma, sostituire le parole: da più con le seguenti: dalla maggioranza delle.
15. 71. Perrotta.

Al comma 1, capoverso Art. 72, aggiungere, in fine, il seguente comma:
«Un quarto dei componenti di una Camera può promuovere la questione di legittimità costituzionale per vizi del procedimento di una legge, entro cinque giorni dalla sua approvazione definitiva. La Corte Costituzionale si pronuncia entro venti giorni, ridotti a dieci su richiesta del Governo per ragioni di necessità ed urgenza».
15. 44. Leoni, Boato, Bressa, Amici, Cabras, Cusumano, Fistarol, Intini, Loiero, Maccanico, Maran, Marone, Montecchi, Olivieri, Pappaterra, Soda, Zanella.

Al comma 1, capoverso Art. 72, aggiungere, in fine, il seguente comma:
«Un quarto dei componenti di una Camera può promuovere la questione di legittimità costituzionale per vizi del procedimento di una legge, entro cinque giorni dalla sua approvazione definitiva».
15. 73. Tabacci, Malgieri, Landolfi, Biondi, Craxi, Cossa, Giuseppe Gianni.

Dopo l'articolo 15, aggiungere il seguente:
Art. 15-bis. (Referendum abrogativo). - 1. All'articolo 75 della Costituzione sono apportate le seguenti modificazioni:
a) il primo comma è sostituito dal seguente: «È indetto referendum popolare per deliberare l'abrogazione, totale o parziale, di una legge o di un atto avente valore di legge, quando lo richiedono settecentocinquantamila elettori o cinque consigli regionali»;

b) al secondo comma è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Spetta alla Corte costituzionale giudicare preventivamente, secondo modalità stabilite dalla legge, se le richieste di referendum siano ammissibili»;
c) il quarto comma è sostituito dal seguente: «La proposta soggetta a referendum è approvata se ha conseguito la maggioranza dei voti validamente espressi purché non inferiore ad un quarto degli aventi diritto».
15. 05. Boato, Bressa, Leoni, Amici, Cabras, Cusumano, Fistarol, Intini, Loiero, Maccanico, Maran, Marone, Montecchi, Olivieri, Pappaterra, Soda, Mascia, Russo Spena, Zanella, Mantini.

Dopo l'articolo 15, aggiungere il seguente:
Art. 15-bis. (Referendum abrogativo). - 1. All'articolo 75 della Costituzione sono apportate le seguenti modificazioni:
a) il primo comma è sostituito dal seguente: «È indetto referendum popolare per deliberare l'abrogazione, totale o parziale, di una legge o di un atto avente valore di legge, quando lo richiedono settecentocinquantamila elettori o cinque consigli regionali»;
b) al secondo comma è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Spetta alla Corte costituzionale giudicare preventivamente, secondo modalità stabilite dalla legge, se le richieste di referendum siano ammissibili.»;
c) il quarto comma è sostituito dal seguente: «La proposta soggetta a referendum è approvata se è raggiunta la maggioranza dei voti validamente espressi e se ha partecipato alla votazione un numero di elettori pari ad almeno la metà più uno degli elettori che hanno preso parte alle precedenti consultazioni elettorali per la Camera dei deputati».
15. 06. Bressa, Boato, Leoni, Amici, Cabras, Cusumano, Fistarol, Intini, Loiero, Maccanico, Maran, Marone, Montecchi, Olivieri, Pappaterra, Soda, Mascia, Giordano, Zanella.

 

(A.C. 4862 ed abb. - Sezione 5)

 

ARTICOLO 16 DEL DISEGNO DI LEGGE COSTITUZIONALE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE

 

Art. 16.
(Procedure legislative in casi particolari).

1. All'articolo 73, secondo comma, della Costituzione, dopo le parole: «dei propri componenti,» sono inserite le seguenti: «e secondo le rispettive competenze ai sensi dell'articolo 70,».
2. All'articolo 74, secondo comma, della Costituzione, dopo le parole: «Se le Camere,» sono inserite le seguenti: «secondo le rispettive competenze ai sensi dell'articolo 70,».
3. All'articolo 77, primo comma, della Costituzione, dopo le parole: «delegazione delle Camere,» sono inserite le seguenti: «secondo le rispettive competenze ai sensi dell'articolo 70,».
4. All'articolo 77, secondo comma, della Costituzione, dopo le parole: «alle Camere» sono inserite le seguenti: «competenti ai sensi dell'articolo 70».
5. All'articolo 77, terzo comma, della Costituzione, dopo le parole: «Le Camere» sono inserite le seguenti: «, secondo le rispettive competenze ai sensi dell'articolo 70,».

 

PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO 16 DEL DISEGNO DI LEGGE COSTITUZIONALE

 

ART. 16.
(Procedure legislative in casi particolari).

Sopprimerlo.
16. 70. Leoni, Boato, Bressa, Amici, Cabras, Cusumano, Fistarol, Intini, Loiero, Maccanico, Maran, Marone, Montecchi, Olivieri, Pappaterra, Soda, Mascia, Russo Spena, Maura Cossutta, Zanella, Sgobio.

Sostituire il comma 4 con il seguente:
4. All'articolo 77, secondo comma, della Costituzione le parole da: «alle Camere» fino alla fine del comma, sono sostituite dalle seguenti: «alle Camere competenti ai sensi dell'articolo 70, che si riuniscono entro cinque giorni. La Camera dei deputati, anche se sciolta, è appositamente convocata».
16. 25. La Commissione.
(Approvato)

Dopo l'articolo 16, aggiungere il seguente:
Art. 16-bis. (Decreti legislativi). - 1. All'articolo 76 della Costituzione è aggiunto, in fine, il seguente comma:
«Gli schemi dei decreti legislativi, predisposti dal Governo, sono sottoposti al parere delle Commissioni parlamentari competenti. Un quinto dei componenti di ciascuna Camera può chiedere che il parere sia esaminato e approvato dalla Camera stessa. Il Governo si attiene comunque ai pareri parlamentari.»

16. 07. Leoni, Bressa, Boato, Amici, Cabras, Cusumano, Fistarol, Intini, Loiero, Maccanico, Maran, Marone, Montecchi, Olivieri, Pappaterra, Soda, Mascia, Russo Spena, Maura Cossutta, Zanella.

 

Subemendamenti all'articolo aggintivo 16.0200.

All'articolo aggiuntivo 16. 0200, Art. 16-bis, capoverso, dopo le parole: al parere aggiungere la seguente: vincolante.
0. 16. 0200. 1. Mascia, Vendola.

All'articolo aggiuntivo 16. 0200, Art. 16-bis, capoverso, aggiungere, in fine, il seguente periodo: «Il parere è vincolante per il Governo nel caso in cui sia approvato dalla maggioranza assoluta dei componenti di una Commissione e concerna il mancato rispetto dei principi, dei criteri direttivi, dei tempi e dell'oggetto determinati nella legge di delega legislativa».
0. 16. 0200. 3. Boccia.

All'articolo aggiuntivo 16. 0200, Art. 16-bis, capoverso, aggiungere, in fine, il seguente periodo: «Il Governo si attiene al parere parlamentare».
0. 16. 0200. 2. Leoni, Bressa, Boato, Mascia, Maura Cossutta, Pappaterra, Cusumano, Zanella, Detomas, Maran, Cento, Cabras, Fistarol, Loiero, Marone, Maccanico, Franceschini, Sinisi, Montecchi, Olivieri, Soda, Mazzuca Poggiolini, Russo Spena.

Dopo l'articolo 16, aggiungere il seguente:
Art. 16-bis. (Decreti legislativi). - 1. All'articolo 76 della Costituzione è aggiunto, in fine, il seguente comma:
«I progetti dei decreti legislativi, predisposti dal Governo, sono sottoposti al parere delle Commissioni parlamentari competenti secondo le norme dei regolamenti di ciascuna Camera.»

16. 0200. (Testo modificato nel corso della seduta) Elio Vito, Anedda, Volontè, Cè, La Malfa, Moroni.
(Approvato)

Subemendamento all'articolo aggiuntivo 16.011.

All'emendamento 16. 011., capoverso, premettere, il seguente periodo:
«La presentazione dei provvedimenti provvisori con forza di legge alle Camere è autorizza dal Presidente della Repubblica che verifica la ricorrenza dei requisiti di cui al secondo comma; ove il Presidente neghi l'autorizzazione, il decreto non deve essere trasmesso alle Camere».

Conseguentemente, al medesimo emendamento, aggiungere la seguente parte consequenziale:
Conseguentemente, all'articolo 22, capoverso Art. 87, dopo il terzo comma, aggiungere il seguente:
«Autorizza la presentazione alle Camere dei provvedimenti provvisori con forza di legge ai sensi dell'articolo 77».
0. 16. 011. 1. Boccia.

Dopo l'articolo 16, aggiungere il seguente:
Art. 16-bis. (Decreti-legge). - 1. All'articolo 77 della Costituzione, dopo il secondo comma è aggiunto il seguente:
«I decreti contengono esclusivamente misure di immediata applicazione su materie specifiche ed omogenee. Non possono conferire deleghe legislative, disciplinare materie per le quali l'articolo 72 impone la procedura normale di esame da parte delle Camere, ripristinare l'efficacia di disposizioni dichiarate illegittime dalla Corte costituzionale, reiterare disposizioni di decreti non convertiti in legge».

16. 011. Boato, Bressa, Leoni, Amici, Cabras, Cusumano, Fistarol, Intini, Loiero, Maccanico, Maran, Marone, Montecchi, Olivieri, Pappaterra, Soda, Mascia, Russo Spena, Maura Cossutta, Zanella, Sgobio.

Dopo l'articolo 16, aggiungere il seguente:
Art. 16-bis. (Amnistia e indulto). - 1. All'articolo 79 della Costituzione, il primo comma è sostituito dal seguente:
«L'amnistia e l'indulto sono concessi con legge deliberata a maggioranza dei due terzi dei votanti di ciascuna Camera, in ogni suo articolo e nella votazione finale».

16. 012. Saponara.

Dopo l'articolo 16, aggiungere il seguente:
Art. 16-bis. (Amnistia e indulto). - 1. All'articolo 79 della Costituzione, il primo comma è sostituito dal seguente:
«L'amnistia e l'indulto sono concessi con legge deliberata dalla Camera dei deputati a maggioranza dei due terzi dei votanti, comunque non inferiore alla maggioranza assoluta dei componenti».

16. 010. Boato, Bressa, Leoni, Amici, Cabras, Cusumano, Fistarol, Intini, Loiero, Maccanico, Maran, Marone, Montecchi, Olivieri, Pappaterra, Soda, Mascia, Pisapia, Maura Cossutta, Zanella, Sgobio.

 

A.C. 4862 ed abb. - Sezione 6)

 

ARTICOLO 17 DEL DISEGNO DI LEGGE COSTITUZIONALE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

 

Art. 17.
(Ratifica dei trattati internazionali).

1. L'articolo 80 della Costituzione è sostituito dal seguente:
«Art. 80. - È autorizzata con legge la ratifica dei trattati internazionali che sono di natura politica, o prevedono arbitrati o regolamenti giudiziari, o importano variazioni del territorio od oneri alle finanze o modificazioni di leggi».

 

PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO 17 DEL DISEGNO DI LEGGE COSTITUZIONALE

ART. 17.
(Ratifica dei trattati internazionali).

Sopprimerlo.
*17. 1. Mascia, Russo Spena.

Sopprimerlo.
*17. 70. Boato, Bressa, Leoni, Amici, Cabras, Cusumano, Fistarol, Intini, Loiero, Maccanico, Maran, Marone, Montecchi, Olivieri, Pappaterra, Soda, Pisapia, Maura Cossutta, Zanella, Sgobio.

Al comma 1, capoverso Art. 80, primo comma, dopo le parole: con legge aggiungere le seguenti: , approvata ai sensi dell'articolo 70, primo comma,
17. 25. La Commissione.
(Approvato)

 

A.C. 4862 ed abb. - Sezione 7)

 

ARTICOLO 18 DEL DISEGNO DI LEGGE COSTITUZIONALE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

 

Art. 18.
(Bilanci e rendiconto).

1. All'articolo 81 della Costituzione, il primo comma è sostituito dal seguente:
«Sono approvati ogni anno i bilanci e il rendiconto consuntivo presentati dal Governo».

 

PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO 18 DEL DISEGNO DI LEGGE COSTITUZIONALE

 

ART. 18.
(Bilanci e rendiconto).

Sopprimerlo.
*18. 1. Mascia, Russo Spena.

Sopprimerlo.
*18. 70. Boato, Bressa, Leoni, Amici, Cabras, Cusumano, Fistarol, Intini, Loiero, Maccanico, Maran, Marone, Montecchi, Olivieri, Pappaterra, Soda, Pisapia, Maura Cossutta, Zanella, Sgobio.

Al comma 1, capoverso Art. 81, primo comma, dopo la parola: Governo aggiungere le seguenti: ai sensi dell'articolo 70, primo comma.
18. 200. Elio Vito, Anedda, Volontè, Cè, La Malfa, Moroni.
(Approvato)

Dopo l'articolo 18, aggiungere il seguente:
Art. 18-bis. - 1. L'articolo 82 della Costituzione è sostituito dal seguente:
«Art. 82. - La Camera dei deputati può disporre inchieste su materie di pubblico interesse. Si procede comunque all'inchiesta quando la proposta è sottoscritta da un quinto dei componenti l'Assemblea.

Per lo svolgimento di un'inchiesta la Camera dei deputati nomina fra i propri componenti una Commissione formata in modo da rispecchiare la proporzione dei vari gruppi. La Commissione d'inchiesta procede alle indagini e agli esami con gli stessi poteri e le stesse limitazioni dell'autorità giudiziaria.«
18. 01. Mascia, Pisapia.

Dopo l'articolo 18, aggiungere il seguente:
Art. 18-bis. (Commissioni parlamentari d'inchiesta). - 1. All'articolo 82 della Costituzione sono apportate le seguenti modificazioni:
a) il primo comma è sostituito dal seguente:
«La Camera dei deputati può disporre, a maggioranza assoluta dei componenti, inchieste su materie di pubblico interesse.»;
b) al secondo comma, dopo il primo periodo, è aggiunto il seguente:
«La commissione è presieduta da un deputato delle opposizioni».
18. 010. Bressa, Leoni, Boato, Amici, Cabras, Cusumano, Fistarol, Intini, Loiero, Maccanico, Maran, Marone, Montecchi, Olivieri, Pappaterra, Soda, Mascia, Giordano, Zanella.

 

Subemendamenti all'articolo aggiuntivo 18.0200

All'articolo aggiuntivo 18. 0200., Art. 18-bis, comma 1, secondo periodo, sopprimere le parole: istituita dalla Camera.
0. 18. 0200. 1. Bressa, Boato, Leoni, Mascia, Pappaterra, Cusumano, Zanella, Detomas, Maran, Cento, Cabras, Fistarol, Loiero, Marone, Maccanico, Franceschini, Sinisi, Montecchi, Olivieri, Soda, Mazzuca Poggiolini, Giordano.

All'articolo aggiuntivo 18. 0200, Art. 18-bis, capoverso, aggiungere, in fine, il seguente periodo: «È particolarmente punita la violazione del segreto istruttorio».
0. 18. 0200. 2. Boccia.

Dopo l'articolo 18, aggiungere il seguente:
Art. 18-bis. (Commissioni parlamentari d'inchiesta). - 1. All'articolo 82 della Costituzione, l'ultimo periodo del secondo comma è sostituito dai seguenti: «La Commissione d'inchiesta istituita dalla Camera dei deputati ovvero con legge approvata dalle Camere ai sensi dell'articolo 70, terzo comma, procede alle indagini e agli esami con gli stessi poteri e le stesse limitazioni dell'autorità giudiziaria. Il Presidente della Commissione d'inchiesta istituita dalla Camera è scelto tra deputati appartenenti a gruppi di opposizione».

18. 0200. Elio Vito, Anedda, Volontè, Cè, La Malfa, Moroni.
(Approvato)

 

(A.C. 4862 ed abb. - Sezione 8)

 

ARTICOLO 22 DEL DISEGNO DI LEGGE COSTITUZIONALE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE

 

Art. 22.
(Funzioni del Presidente della Repubblica).

1. L'articolo 87 della Costituzione è sostituito dal seguente:
«Art. 87. - Il Presidente della Repubblica è il Capo dello Stato, rappresenta l'unità federale della Nazione ed è garante della Costituzione.
Può inviare messaggi alle Camere.
Indìce le elezioni delle nuove Camere, dei Presidenti delle Giunte regionali e dei Consigli regionali, dei Presidenti delle Giunte e dei Consigli provinciali delle Province autonome di Trento e di Bolzano e ne fissa la prima riunione.
Promulga le leggi ed emana i decreti aventi valore di legge e i regolamenti.
Indìce il referendum popolare nei casi previsti dalla Costituzione.
Nomina, nei casi indicati dalla legge, i funzionari dello Stato e, sentiti i Presidenti delle due Camere, i presidenti delle Autorità amministrative indipendenti.

Accredita e riceve i rappresentanti diplomatici, ratifica i trattati internazionali, previa, quando occorra, l'autorizzazione delle Camere.
Ha il comando delle Forze armate, presiede il Consiglio supremo di difesa costituito secondo la legge, dichiara lo stato di guerra deliberato dalle Camere.
Presiede il Consiglio superiore della magistratura e ne nomina il Vice Presidente nell'ambito dei componenti eletti dalle Camere.
Può concedere grazia e commutare le pene.
Conferisce le onorificenze della Repubblica».

 

PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO 22 DEL DISEGNO DI LEGGE COSTITUZIONALE

 

Capo II
MODIFICHE AL TITOLO II DELLA COSTITUZIONE

 

ART. 22.
(Funzioni del Presidente della Repubblica).

Subemendamento all'emendamento 22. 253

All'emendamento 22. 253, sostituire le parole: la Nazione con le seguenti: l'unità nazionale.
Conseguentemente, al medesimo emendamento, sopprimere le parole: e dell'unità federale della Repubblica.
0. 22. 253. 1. Leoni, Bressa, Ruzzante.

Al comma 1, capoverso Art. 87, primo comma, sostituire le parole da: l'unità federale fino alla fine del comma, con le seguenti: la Nazione ed è garante della Costituzione e dell'unità federale della Repubblica.
22. 253. La Commissione.
(Approvato)

Al comma 1, capoverso Art. 87, aggiungere, in fine, il seguente comma:
«Autorizza la dichiarazione del Primo ministro al Senato federale della Repubblica, dopo averne verificato la sussistenza dei presupposti.»
22. 252. La Commissione.
(Approvato)